ANNO XVII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1965 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE BIMESTRALE 
DI SERVIZIO 


Spedizione in abbonamento postale -Gruppo IV 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione primo: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E . INTERNAZIONALE 
. pog. 599 
Sezione secondo: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
)) 649 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE )) 686 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 735 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 766 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE )) 828 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE ll 855 

Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI 

RASSEGNA DI DOTTRINA. pag. 95 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 101 
QUESTIONI )) 113 
. CONSULTAZIONI )) IP 

Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correole, 
Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; 


le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Benedetto Saccari e Mario Fane.fli. 

Coordinamento generale: avvocoti 
Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

LA REDAZIONE, Il primo triennio di applicazione del nuovo capitolato 

generale . 

TRACANNA L., Limiti della competenza della Corte di Giustizia della 
e.E.E., ex art... 177, lett. a) del Trattato -Dfritto comunitario e 
diritto interno innanzi alla Corte Costituzionale ed alla Corte 
di Giustizill . 

BACCARI B., Considerazioni sulla disposizione dell'art. 65 del t.u. 
12 luglio 1934, n. 1214 (leggi sull'ordinamento della Corte dei 
Conti) e sugli effetti della sentenza emessa in sede di regolamento 
pr~ventivo di giurisdizione . 

FRENI A., Osservazioni sulle controversie relative ai rapporti di impiego 
dei dipendenti degli enti pubblici economici . 

CARUSI F., Il giudizio incidentale di legittimit� costituzionale 

BAFILE C., Sulla soggezione all'imposta straordinaria sul patrimonio 
dei residenti nel Territorio Libero di Trieste 

CORREALE L., Ancora del regime fiscale delle delegazioni di pagamento 
tratte dai Comuni sulle imposte di consumo -Autonomia 
rispetto al mutuo garantito �-Trattamento di favare ai fini della 
legge 589/49 -Limiti 

~NIA., In tema di inesatto adempimento dell'obbligazione tributaria 

SEMBIANTE R., Produzione ordinaria, produzione di serie e produzione 
� specializzata nell'interpretazione dell'art. 1, commi 5 e 6 della 
legge 19 luglio 1941, n. 771 . 

MANDO' G., Agevolazioni tributarie in materia di acquisti di area gi� 
edificata e solo parzialmente riedificabile 

FAVARA F., Osservazioni sull'accertamento dei profitti di contingenza 

MARZANO A., In tema di delimitazione dei laghi demaniali e delle 
spiagge 

DEL GRECO G., Sugli effetti giuridici e sulla notifica della domanda 
arbitrale . 

CARAMAZZA I. F., Le forche caudine dell'art. 5 del codice penale 

Il, 113 

I, 629 

I. 650 
I, 659 
I, 700 
I, 777 

I, 782 
I, 789 

I, 796 

I, 807 
I, 822 
I, 830 
I, 835 

I, 855 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' 


-Concessionario delle acque -Diritto 
soggettivo verso la p.a. ed i terzi, con 
nota di G. MANDO', 664. 

-Concessione -Poteri della p.a. -Imposizione 
di costruzione di un partitore 
delle acque durante il rapporto di 
concessione -Insussistenza del relativo 
potere -Competenza del Tribunale 
Regionale delle Acque, con nota 
di G. MANDO', 664. 

-Leggi impositive di un sovracanone 
ai concessionari a favore dei bacini 
imbriferi montani �-Contrasto con 
particolari leggi di incentivazione in 
base alle quali la concessione fu assentita 
-Violazione del principio di 
eguaglianza e della libert� di iniziativa 
economica -Esclusione, 599. 

-Utenze utilizzate nel trentennio anteriore 
al 1884 -Titolari -Posizione 
giuridica, 888. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Demanio. 

ALBERGHI 

-Gestione diretta del locatore -Nulla 
osta di cui all'art. 6 1. 2 marzo 1963, 

n. 191 -Capacit� professionale -Nozione, 
741. 
AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Contratti dello Stato -Asta pubblica 
e licitazione privata -Momento perfezionativo 
del contratto -Verbale di 
aggiudicazione, con nota di P. SACCHETTO, 
686. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 

APPALTO 

-Appalto di opera pubblica -Arbitrato 
in caso d'opera -Condizioni, 850. 

-Appalto di opera pubblica -Richiesta 
e di equo compenso -Ex art. 1664, 
secondo comma, e.e. -Inammissibilit� 
in corso d'opera. 850. 

-Appalto pubblico -Contratto -Mancata 
approvazione nel termine -Conseguenze, 
842. 

-Appalto pubblico -Contratto -Rescissione 
per mancata approvazione nei 
termini -Competenza arbitrale -Sussiste, 
835. 

-V. anche Imposta di registro. 

APPELLO 

-Estinzione del procedimento -Provvedimenti 
modificativi della sentenza 
impugnata che ne impediscono il passaggio 
in giudicato -Nozione, con 
nota di F. CARUSI, 699. 

-Riesame dei punti della sentenza oggetto 
di censure implicite o connessi 
con quelli impugnati -Ammissibilit�, 
con nota di A. FRENI, 693. 

-V. anche Corte Costituzionale, Procedimento 
civile. 

ARBITRATO 

-Notifica della domanda arbitrale direttamente 
all'Amministrazione -Validit�, 
con nota di G. DEL GRECO, 

838. 
-V. anche Appalto. 
ATTI AMMINISTRATIVI 

-Declaratoria di incostituzionalit� della 
norma presupposta -Rilevabilit� d'ufcio, 
con nota di S, LA PORTA, 751. 

-Manifesta ingiustizia del provvedimento 
-Sindacato di merito -Inammissibilit� 
della relativa censura, 743. 

-Promozione per merito di guerra Diniego 
-Obbligo di motivazione Non 
sussiste, 743. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Dogana, Giustizia amministrativa. 

CACCIA E PESCA 

-Conferimento della gestione delle riserve 
di caccia alle Sezioni della Federazione 
della Caccia -Legittimit�, 615. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VI 

-Limitazione del diritto dei privati -Corte dei Conti -Regolamento pn:ven,~ 
operato dalla legge regionale costitutivo 
di giurisdizione -Inammissibilit� 
tiva delle riserve di caccia -Insussi-
Sentenza della Corte di Cassazione -. 
. stenza, 615. Inefficacia, con nota di B. BACCARI, . 

649.
-Trentino-Alto Adige -Costituzione 
' 
del territorio regionale in riserva di -Decreti presidenziali di esproprio in . 
caccia -Violazione del principio del applicazione della legge sulla nazio. 
giusto procedimento -Insussistenza, nalizzazione dell'energia elettrica 


615. 
Natura legislativa -Controversie Ricorso 
al Consiglio di Stato -Improponibilit�, 
673. 
CASSAZIONE 

-Domicilio fiscale attribuito d'ufficio Controversia 
-Giurisdizione Consiglio 

-. Omesso deposito del ricorso -Diritto 

di Stato, 682.

del controricorrente ad ottenere la 
declaratoria di improcedibilit� del ri-
Ente pubblico economico -Istituto 
corso stesso ed il rimborso delle spese Poligrafico dello Stato -Rapporto di 


-Presupposti, con nota di P. SACimpiego 
-Controversie -A.g.o. -GiuCHETTO, 
688. risdizione -Sussiste, con nota di A. 
FRENI, 659.


-Ricorso -Esposizione sommaria dei 
fatti -Trascrizione della parte espo-
Ente pubblico economico -Rapporto 
sitiva della sentenza impugnata o di di impiego -Controversia -Art. 493, 
altra sentenza pronunciata nella conn. 
3, c.p.c. -Questione di legittimit� 
troversia a cui il ricorso si riferisce -costituzionale per pretesa violazione 
Sussistenza del requisito, 725. degli artt. 1, 35 e 98 Cost. -Manifesta 

infondatezza, con nota di A. FRENI, 

-Ricorso -Interesse -Fattispecie, con 

659.
nota di A. �FRENI, 693. 
-Espropriazione per p.u. -Esecuzione 
dell'opera -Relitti -Omessa retroces


CINEMATOGRAFIA sione -Domanda di risarcimento dei 
danni -Mancanza della previa dichia-
Eccezione di illegittimit� costituziorazione 
di inservibilit� dei relitti nale 
dell'art; 5 1. 21 aprile 1962, n. 161 Difetto di giurisdizione, con nota di 

-Infondatezza, 736. 
A. FRENI, 693. 

-Opere vietate ai minori -Art. 9. d.P.R. -Espropriazione per p.u. -Espropria11 
novembre 1963, n. 2029 -Contezione 
di beni non necessari all'esenuto, 
736. cuzione dell'opera pubblica -Comportamento 
illegittimo della p.a. Domanda 
di risarcimento dei danni 


COMMERCIO 

-Giurisdizione ordinaria -Sussiste, 
con nota di A. FRENI, 693. 

-Commercio al pubblico -Vendite stra


-Giudiziaria ed amministrativa -Cri


ordinarie o di. liquidazione -Neces


terio distintivo -Petitum sostanziale,

sit� dell'autorizzazione della Camera 

con nota di G. MANDO', 664.

di Commercio -Violazione della libert� 
di iniziativa economica -Esclu-
Giurisdizione dell'Intendente di Fi, 
sione, 620. nanza sulle contravvenzioni per mancato 
pagamento del canone di abbonamento 
alla R.A.I. -Giurisdizione 
COMMISSIONI TRIBUTARIE speciale -Questione di costituzionalit� 
-Infondatezza, 608. 
-V. Imposta straordinaria sul patri


-Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 

,monio, Imposte e tasse in genere. 

amministrativa -Discriminazione Criteri 
-Petitum sostanziale -Prospettazione 
della domanda -Irrilevanza,

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

828. 
-Atti della p.a. -Controversie -Giu-
Istituto Poligrafico dello Stato -Conrisdizione 
ordinaria ed amministrativa troversie -D.l.C.p.S. 22 settembre 1947, 
-Criterio di discriminazione, 682. n. 1107 -Irrilevanza ai fini del giu




INDICE 
VII 

dizio -Questione di legittimit� costituzionale 
-Inammissibilit�, con nota 
di A. FRENI, 659. 

-Modificazione iniziale della competenza 
territoriale -Cumulo soggettivo 
di domande connesse per l'oggetto o 
per il titolo -Nozione, 717. 

-Modificazione successiva della competenza 
territoriale per ragioni di connessione 
-Quando ricorre, 717. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
Corte dei Conti -Concorso per 
referendario -Provvedimento di esclusione 
-� Impugnativa -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato, con nota di 

B. BACCARI, 649. 
-Tribunale Superiore Acque Pubbliche 
-Giurisdizione di legittimit� -Invasione 
della sfera della giurisdizione 
di merito -Difetto di giurisdizione, 
con nota di G. MANDO', 665. 

-CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Autolinee -Conflitto di competenza 

tra l'Ispettorato compartimentale 

m.c.t.c. e il Comune interessato Interesse 
al ricorso di quest'ultimo Sussistenza, 
742. 
-Autolinee urbane ed interurbane -
Competenza -Determinazione -Criteri, 
742. 

-Locazioni poste in essere da un ente 
pubblico -Differenze con la concessione, 
689. 

- 
V. anche Acque pubbliche, Radiotelevisione. 


CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI 

- 
V. Corte Costituzionale. 

-CONSORZI AMMINISTRATIVI 

- 
V. Opere pubbliche. 

CONTABILITA' GENERALE DELLO 
STATO 

-V. Amministrazione dello Stato, Appalto, 
Contratti pubblici. 

-CONTRATTI PUBBLICI 

-Esclusione dalla gara -Delega del 
relativo potere ad organi periferici Esercizio 
diretto da parte del Ministero 
-Legittimit�, 7 4 7. 

-Esclusione dalla gara -Forme del 
provvedimento -Libert� -Fattispecie, 
747� 

-Esclusione dalla gara -Motivazione 
del provvedimento -Limiti, 747. 

-Esclusione dalla gara -Norma limitativa 
dell'obbligo di motivazione Illegittimit� 
-Esclusione, 7 4 7. 

-V. anche Amministrazione dello Statd; 
Appalto. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzioni -Inammissibilit� 
di ricorso contro atti amministrativi 
esecutivi di d.P. Reg. Sic. non 
impugnato in termini, 626. 

-Giudizi incidentali di legittimit� costituzionale 
-Pronunce della Corte Natura 
ed effetti nel processo principale 
-Efficacia nel processo d'appello 

Modificazione degli effetti della 
sentenza impugnata che la stessa 
questione abbia diversamente deciso 
incidenter tantum sotto il vigore della 
VII disp. trans. della Costituzione Sussiste, 
con nota di F. CARUSI, 699. 

-Sindacato di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Leggi abrogate Appartenenza 
della questione al giudizio 
di rilevanza, 599� 

<:;ORTE DEI CONTI 

- 
V. Competenza e giurisdizione. 

COSA GIUDICATA 

-Giudicato sulla giurisdizione -Estremi, 
con nota di G. MANDO', 664. 
-V. anche Appello, Giustizia amministrativa. 


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 

-V. Atti amministrativi, Caccia, Cinematografia, 
Competenza e giurisdizione, 
Corte Costituzionale, Impiego 
pubblico, Procedimento civile. 

DANNI 

-V. Competenza e giurisdizione, Giudizio 
civile e penale, Occupazione, 
Responsabilit� civile. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Demanio artistico e storico -Piano 
regolatore generale -Vincolo di zona 
-Preventivo di nulla-osta della Sovraintendenza 
ai monumenti -Illegittimit�, 
748. 

-Demanio -Laghi pubblici -Confini, 
con nota di A. MARZANO, 830. 

-Demanio -Laghi p1:1bblici -Spiaggia 
-Demanialit� -Esclusione, con nota 
di A. MARZANO, 830. 

-Demanio -Acque pubbliche -Laghi 
-Confini tra bene demanial� e propriet� 
privata -Provvedimento prefettizio 
di delimitazione -Mancanza 
-Competenza del Tribunale delle 
Acque -Sussiste, con nota di A. 
MARZANO, 830. 

DOGANA 

-Classificazione delle merci -Annullamento 
di provvedimento istitutivo di 
licenza di importazione -Formazione 
del giudicato -Irrilevanza, 749. 

-Controversie -Provvedimento ministeriale 
-Motivazione per relationem Legittimit�, 
con nota di T. ALIBRANDI, 
7 59. 

-Prodotti coperti da marchio o brevetto 
-Valore imponibile -R�devance 
-Esclusione, con nota di T. ALIBRANDI, 
759. 

ENERGIA ELETTRICA 

-E.N.EL. -Atto di nomina dell'amministratore 
dei beni espropriati -Natura 
di atto a rilevanza esterna, 673. 

ENTRATE PATRIMONIALI DELLO 
STATO 

-Ingiunzione di pagamento -Caratteristiche 
-Opposizione giudiziaria Effetto 
-Posizione processuale delle 
parti -Differenze rispetto al procedimento 
monitorio ordinario, 712. 

ESPROPRIAZIONE' PER P.U. 

-Dichiarazione di p.u. per legge Primo 
atto del procedimento -Impugnazione 
autonoma -Omissione -Conseguenze, 
735. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Energia elettrica, Occupazione. 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE 

-Lesioni personali -Sentenza penale 
irrevocabile di condanna -Giudizio 
civile di liquidazione del danno -Preclusione 
nascente dal giudicato penale 
sulla cc sussistenza del fatto � -Portata, 
732. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Esecuzione di giudicato -Effetti automatici 
della pronuncia di annullamento, 
749. 

-Provvedimento presidenziale decisoriodi 
ricorso straordinario -Ricorso giurisdizionale 
-Organo legittimato a 
contraddire -Individuazione, 750. 

-Silenzio rigetto -Mancata impugnativa 
-Successivo provvedimento esplicito 
-Impugnativa -Preclusione Esclusione, 
750. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Decadenza dall'impiego per mancata 
assunzione del servizio -Parere del 
Consiglio di amministrazione -Contenuto, 
741. 

-Impiegato pubblico -Cumulo tra 
pensione e trattamento di attivit� Art. 
14 1. 12 aprile 1949, n. 149 e 
successive modifiche -Abrogazione Esclusione, 
736. 

-Impiegato pubblico -Cumulo tra 
pensione e trattamento di attivit� Divieto 
-Applicabilit�, 737. 

-Impiegato pubblico, -Cumulo tra 
pensione e trattamento di attivit� Divieto 
-Eccezione di illegittimit� 
costituzionale -Infondatezza, 736. 

-Impiegato pubblico -Indennit� integrativa 
ex art. 2 1. 27 maggio 1959, 

n. 324 -Cumulo -Divieto -Eccezione 
di illegittimit� costituzionale -Infondatezza, 
737. 
- 
V. anche Competenza e giurisdizione, 
Pensioni. 

IMPOSTA DI CONSUMO 

- 
V. Imposta di registro. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per l'incremento costruzioni 
edilizie -Acquisto di aree 
coperte da costruzione, a scopo di 


INDICE 
IX 

demolizione e successiva riedificazione, 
con nota di G. MANDO', 807. 

-Agevolazioni per l'incremento costruzioni 
edilizie -Acquisto di area parzialmente 
fabbricabile, con nota di 

G. 
MANDO' 807. 
-Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 
1949, n. 589, con norme per l'esecuzione 
di opere pubbliche di interesse 
degli enti locali -Contestabilit� 
della richiesta -Non necessaria, con 
nota di L. COREALE, 781. 

-Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 
1949, n. 589, con norme per l'esecuzione 
di opere pubbliche di interesse 
degli enti locali -Estensione agli atti 
che, come mezzo al fine, sono in correlazione 
con l'atto espressamente previsto, 
anche se con lo stesso non 
necessariamente connessi o derivati, 
con nota di L. CORREALE, 781. 

-Agevolazioni tributarie recate dal 
d.lgt. 7 giugno 1945, n. 322, per i 
conferimenti di danaro in societ� 
aventi l'unico ed esclusivo scopo della 
ricostruzione edilizia -Aumento di 
capitale di societ� che, con scopo statutario 
della ricostruzione di stabilimenti 
industriali, esplichi in concreto 
attivit� gestoria dello stesso -Esclusione, 
814. 

-Convenzione fra Comune ed esattore 
-Tesoriere per delegazione di pagamento 
sulle imposte di consumo gestite 
direttamente dal Comune da 
emettersi per estinzioni di mutui contratti 
dal Comune -Atto autonomamente 
tassabile, con nota di L. CORREALE, 
781. 

-Disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti � per intrinseca loro natura 
� le une dalle altre -Concetto 
ed estremi per unicit� della tassazione, 
con nota di L. CORREALE, 781. 

-Distinzione tra vendita ed appalto Criterio 
dell'ordinaria produzione Assorbente 
rispetto a quello della prevalenza 
di materie, merci, o prodotti 
sulla prestazione di opera, con nota 
di R. SEMBIANTE, 795. 

-Distinzione tra vendita ed appalto Principi 
stabiliti dalla legge 19 luglio 
1941, n. 771 -Applicabilit� nella 
interpretazione di leggi posteriori in 
materia di registro, con nota di R. 
SEMBIANTE, 795. 

-Societ� -Concentrazione di aziende 
sociali -Aumento di capitale mediante 
apporto di ramo aziendale Tassa 
fissa -Presupposti -Necessit� 
della preesistenza di almeno due 
aziende -Esclusione, con nota di 

P. 
SACCHETTO, 804. 
-Societ� -Sovraprezzo azioni di nuova 
emissione -Imposta proporzionale Esclusione, 
774. 

- 
V. anche Imposte e tasse in genere. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Agevolazioni tributarie previste per i 
capi di famiglia numerosa -Produzione 
di reddito da parte dei capi 
famiglia numerosa, in quanto facciano 
parte di societ� di fatto -Applicabilit� 
dell'agevolazione -Esclusione, 766. 

-Soggetti passivi -Complessi di beni 
privi di personalit� giuridica e con 
autonomia patrimoniale -Applicabilit�, 
766. 

-Soggetti passivi -Societ� di fatto Accertamento 
del reddito nei confronti 
della societ� stessa -Possibilit� 
di enucleare la quota qi reddito spettante 
ad un socio che gode di age-. 
volazioni tributarie per i redditi da 
lui singolarmente prodotti -Esclusione, 
766. 

JMPOST A GENERALE SULL'ENTRATA 

-Obbligo del pagamento in abbonamento 
-Erronea corresponsione a 
mezzo marche -Efficacia estintiva 
della obbligazione tributaria, con nota 
di A. FRENI, 789. 

IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO 


-Accertamento -Facolt� di accertamento 
da parte della Commissione 
Distrettuale -Abrogazione ad opera 
dell'art. 5 della legge 5 gennaio 1956, 

n. 
1 -Non sussiste, So1. 
-Accertamento -Facolt� della Commissione 
Distrettuale di eseguire l'accertamento 
in caso di accertamento nullo 
proposto dall'Ufficio -Sussiste, 801. 

- 
� imposta personale -Cittadini italiani 
residenti a Trieste -Non vi sono 
soggetti, con nota di C. BAFILE, 777. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Societ� immobiliari -Aree fabbricaOCCUPAZIONE 
bili -Esenzione, con nota di A. AN


-Occupazione d'urgenza d'immobile

GELINI ROTA, 769. 

per l'esecuzione di opera pubblica Mancato 
perfezionamento alla scaIMPOSTE 
E TASSE IN GENERE denza del biennio cj.ella procedura 
espropriativa -Impossibilit� della re


-Imposta .di registro -Disposizione 

stituzione dell'immobile -Diritto del

preclusiva del giudizio di stima rela


proprietario al risarcimento del danno

tivamente agli acquisti ai pubblici 

-Criteri dj liquidazione del risarci


incanti -Violazione del principio 

mento in quanto sostitutivo della re


della capacit� contributiva -Esclu


stituzione del bene -Inapplicabilit�

sione, 625. 

dell'art. 42 1. 25 giugno 1865, n. 2359, 
-Procedimenti innanzi alle Commis


725� 

sioni -Comunicazioni della Segreteria 

-Occupazione d'urgenza preordinata

-Forma -Firma dell'originale da 

alla espropriazione per p.u. -Mancato 

parte del consegnatario -Non neces


perfezionamento nel biennio della

saria, 818. 

procedura espropriativa -Inapplica


-Procedimenti innanzi alle Commisbilit� 
del principio della indennit� 
sioni -Notificazioni di atti processuali unica, 721. 
-Firma dell'originale da parte del con


-Occupazione d'urgenza d'immobile

segnatario -Necessit�, 818. 

per l'esecuzion� di opera pubblica 


-Restituzione di imposta -Interessi Protrazione ultrabiennale senza titolo 
ex lege 26 gennaio 1961, n. 29 -Dedell'occupazione 
-Diritto del propriecorrenza 
dalla data di entrata in tario di essere indennizzato non solo 
vigore della legge, 814. della perdita del bene, ma anche della 

mancata utilizzazione del medesimo 

I

-V. anche Competenza e giurisdizione. .,

dalla data dell'occupazione al soddisfo 

~ 

-Valutazione di tale ulteriore inden


IMPUGNAZIONE 

nizzo -Indennizzabilit� del danno 
in re ipsa subito dal proprietario per 

-V. Appello. 

tale mancata utilizzazione, mediante 
corresponsione degli interessi legali

INGIUNZIONE 

sulla somma liquidata a titolo di 
risarcimento per la perdita del bene 


-V. Entrate patrimoniali. 

Risarcibilit� del maggior pregiudizio 
che il proprietario dimostri di aver 

LOCAZIONE 

subito per effetto della indisponibilit� 
del bene -Sussiste, 725. 

-Alienazione della cosa locata -Patto 
in deroga alla regola legale della surrogazione 
dell'acquirente, al momento 


OPERE PUBBLICHE 

dell'acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni 
derivanti dal contratto di loca-
Appalto di opere pubbliche -Facolt� 


zione -Ammissibilit� -Legittimazione di riduzione del quinto -Condizioni, 
dell'alienante in proprio e non quale con nota di G. DEL GRECO, 838. 
mandatario dell'acquirente a speri


-Opere idrauliche di seconda e terza

mentare le azioni nascenti dal rap


categoria -Contributi -Liquidazione

porto locatizio, 689. 

-Prescrizione estintiva decennale -
V. anche Concessioni amministrative. 


Decorrenza, 707. 
-Opere idrauliche di� terza categoria 


OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Obbligo di contributo a carico dei 
consorzi degli interessati nella relativa 

-Condicio juris -Deficienza della mede


spesa sostenuta dallo Stato anche per

sima per causa imputabile alla parte 

le opere eseguite anteriormente alla

avente interesse contrario al suo avve


costituzione dei Consorzi -Sussiste,

ramento -Produzione ope legis degli 

707.
stessi effetti dell'avveramento -Esclusione, 
con nota di P. SACCHETTO, -V. anche Appalto, Competenza e giu


686. risdizione. 

INDICE XI 

PENSIONI 

-Pensioni ai salariati delle istituzioni 
locali di assistenza e beneficenza Normativa 
modificativa della precedente 
disciplina per l'iscrizione alla 
Cassa di previdenza -Adozione del 
principio di eguaglianza Esclusione, 
6o5. 

PIANO REGOLATORE DI RICOSTRUZIONE 


-Approvazione precedente al piano regolatore 
intercomunale -Illegittimit� 
-Non sussiste, 745. 

-Decreto di approvazione -Obbligo di 
notifica -Non sussiste, 744. 
-Determinazione di zone -Sindacato 

giurisdizionale -Inammissibilit�, 746. 
-Osservazioni al progetto -Obbligo di 
specifica confutazione -Non sussiste, 

746. 
-Piano finanziario -Redazione e approvazione 
-Modalit�, 744. 
-Previsione di zona -Miglioramento 
di comunicazioni -Opportunit� -Sindacato 
Inammissibilit�, 746. 

-Previsione di zona in funzione di molteplici 
scopi -Variante -Illegittimit� 
della previsione -Esclusione, 747. 

-Pubblicazione sulla G.U. -Omissione 
-Conseguenze, 745. 

-Vincoli di zona e destinazione di aree 
a impianti di interesse pubblico 
lndennizzabilit� -Esclusione, 744. 

-V. anche Demanio. 

PRESCRIZIONE 

-Prescrizione breve dei crediti per interessi 
ed altre prestazioni periodiche Fondamento 
-Inapplicabilit� riguardo 
a debito unico a pagamento rateizzato 
-Inapplicabilit� riguardo ai contributi 
per opere idrauliche di terza categoria, 
707. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Conclusioni -Formulazione specifica 
-Effetti, con nota di A. FRENI, 693. 

-Decisione della causa -Questione di 
giurisdizione -Carattere necessariamente 
preliminare -Precedenza della 
sola questione riguardante la regolare 
costituzione del rapporto processuale, 
con nota di A. FRENI, 6g2. 

-Disposizioni limitative della prova Carattere 
pubblicistico -Non sussiste 
-Rilevabilit� ex officio judicis della 
loro violazione -Esclusione, 713. 

-Domande nuove -Divieto -Ipotesi, 
con nota di A. FRENI, 693. 

-Domande -Interpretazione -Apprezzamento 
incensurabile del giudice di 
merito, con nota di A. FRENI, 693. 

-Giudizio di rinvio -Principio della 
immutabilit� della posizione processuale 
delle parti nel precedente giudizio 
di appello col conseguente divieto 
di formulare nuove conclusioni, 
dedurre nuove prove e produrre nuovi 
documenti -Eccezi�ni, 713. 

-Intervento di terzo ad istanza di parte 
-Ipotesi -Nozione, 721. 

-Materiale probatorio -Utilizzabilit� 
nello stesso giudizio a scopo diverso 
da quello per il quale esso fu raccolto 
-Ammissibilit�, con nota di P. SACCHETTO, 
686. 

-Qu�stione di legittimit� costituzionale 
-Ordinanza del giudice a quo di 
di trasmissione degli atti alla Corte 
Costituzionale -Natura ed effetti, con 
nota di F. CARUSI, 699. 

-Riunione di cause connesse -Facolt� 
discrezionale del giudice -Insindacabilit� 
in Cassazione del provvedimento, 
717. 

-V. anche Appello. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Appello -Effetto devolutivo -Limiti 
fissati dai motivi -Richieste dibattimentali 
-Irrilevanza -Richieste di 
assoluzione formulate nei motivi di 
appello -Riduzione e modificazione 
della pena -Illegittimit�, con nota 
di I. F. CARAMAZZA, 858. 

-Esecuzione -Giudizio di rinvio relativo 
ad alcuni tra pi� imputati Competenza 
a provvedere in sede esecutiva 
nei confronti degli altri, 857. 

-Notificazioni all'imputato che non si 
sia presentato per l'interrogatorio Deposito 
nella Cancelleria o Segreteria, 
606. 

PROFITTI DI GUERRA 

-A vocazione dei profitti eccezionali di 
contingenza -Accertamento -Obbligo 
di accertamento separato per ogni singola 
annualit�, con nota di F. FAVARA, 
821. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

RADIOTELEVISIONE 

-Concessione dei s�rvizi alla R.A.I. Violazione 
dell'art. 43 Cost. -Esclusione, 
6o8. 

REATO 

Contravvenzione -Elemento psicologico 
-Buona fede -Rilevanza -Condizioni 
-Fattispecie, con nota di I. F. 
CARAMAZZA, 855. 

RESPONSABILITA' CIVILE 

-Condanna al risarcimento dei danni 
definitivamente liquidati -Preclusione 
di altre azioni risarcitorie per il medesimo 
fatto illecito, 723. 

RICORSO AMMINISTRATIVO 

-Alternativit� con il ricorso giurisdizionale 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
750. 

- 
V. Giustizia amministrativa. 

SENTENZA 

-Contraddittoriet� di motivazione 
Quando ricorre e pu� essere utilmente 
denunciata, con nota di P. SACCHETTO, 
686. 

-Dovere del giudice di merito di motivare 
il proprio convincimento -Portata, 
725. 

SICUREZZA PU:6BLICA 

-Autorizzazione prefettizia per l'esercizio 
delle attivit� di vigilanza o di 
custodia di propriet� mobiliari o immobiliari 
-Violazione della libert� di 
scelta del lavoro -Insussistenza, 622. 

SOCIETA' 

-V. Imposta di registro, Imposta di ricchezza 
mobile, Imposta straordinaria 
sul patrimonio. 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Trattato sulla Comunit� economica 
europea -Interpretazione in via pregiudiziale 
nel giudizio in corso dinanzi 
ai giudici nazionali -Obbligo 

da parte di detti giudici di rimettere 
l'interpretazione alla Corte di Giustizia 
-Poteri della Corte in base alla 
pronuncia di rinvio -Limiti, con nota 
di L. TRACANNA, 628. 

-Trattato sulla Comunit� economica europea 
-Obbligo a carico degli Stati 
membri, della consultazione preventiva 
della Commissione sulla emanazione 
di provvedimenti che riguardino 
le condizioni di concorrenza del Mercato 
Comune -Legittimazione dei singoli 
cittadini ad eccepire la inosservanza 
dell'obbligo dinanzi ai giudici 
nazionali -Non sussiste -Obbligo di 
informazione preventiva in materia di 
cc aiuti concessi dagli Stati >> ai sensi 
dell'art. 93 del Trattato -Legittimazione 
dei singoli cittadini a eccepire 
l'inosservanza di detto obbligo -Non 
sussiste -Divieto, ai sensi dell'art. 93 
di nuove restrizioni allo stabilimento 
dei cittadini degli Stati membri -Suo 
valore precettivo nei rapporti tra 
gli Stati membri e i loro cittadini Divieto, 
ai sensi dell'art. 37, di introdurre 
nuovi monopoli nazionali a carattere 
commerciale -Suo valore precettivo 
nei rapporti tra gli Stati membri 
ed i loro cittadini, con nota di 

L. TRACANNA, 628. 
-Trattato sulla Comunit� economica 
europea -Rilevanza sugli ordinamenti 
degli Stati membri all'atto di entrata 
in vigore del Trattato -Prevalenza 
delle fonti comunitarie sulle fonti degli 
ordinamenti interni, con nota di L. 
TRACANNA, 628. 

- 
Trattati sulla Comunit� economica europea 
-Interpretazione delle norme da 
parte della Corte dei Conti di Giustizia 
-Sua rilevanza nei confronti del 
giudice nazionale in ordine al provvedimento 
emanto dallo Stato membro, 
con nota di L. TRACANNA, 6z9. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

- 
V. Caccia. 

VENDITA 

-Vendita di armi -Licenza dell'autorit� 
amministrativa -cc Condicio juris � 
-Carattere del provvedimento, con 
nota di P. SACCHETTO, 686. 

- 
V. anche Imposta di registro. 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

Sl maggio 1965, n. 38 . pag. 599 
Sl maggio 1965, n. 40 . 605 
6 luglio 1965, n. 57 606 
6 luglio 1965, n. 58 608 
6 luglio 1965, n. 59 615 
6 luglio 1965, n. 60 620 
6 luglio 1965, n. 61 622 
6 luilio 1965, n. 62 625 
6 luglio 1965, n. 63 626 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE 

15 luglio 1965, n. 66 . . pag. 628 

GIUR1.SDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 26 novembre 1964, n. 2808 pag. 766 
Sez. I, 14 gennaio 1965, n. 70 . 769 
Sez. I, 15 gennaio 1965, n. 85 . 774 
Sez. I, 26 febbraio 1965, n. 320 777 
Sez. I, 12 marzo 1965, n. 416 . 781 
Sez. Un., 2 aprile 1965,� n. 567 686 
Sez. I, 14 aprile 1965, n. 690 . 688 
Sez. Un., 8 maggio 1965, n. 859 649 
Sez. III, 11 maggio 1965, 898 . 689 
Sez. I, 24 maggio 1965, n. 1003 789 
Sez. Un., 25 maggio 1965, n. 1025 659 
Sez. I, 25 maggio 1965, n. 1036 795 
Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1256 664 
Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1257 692 
Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1396 673 
Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1048 682 
Sez. I, 14 luglio 1965, n. 1497 699 
Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1546 707 
Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1551 . 801 
Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1560 . 804 
Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1571 807 
Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1574 . 712 
Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1577 . 717 
Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1583 . 814 
Sez. Un. 17 luglio 1965, n. 1591 721 
Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1619 . 814 
Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1628 828 
Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1653 . 723 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XIV 

Sez. I, 21 luglio 1965, n. 1686 818 
Sez. I, 22 luglio 1965, n. 1715 725 
Sez. I, 27 luglio 1965, n. 1786 821 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

8 giugno 1965, n. 14 . 

TRIBUNALE 

Napoli, Sez. I, 2 agosto 1965 . 

LODI ARBITRALI 

17 febbraio 1965, n. 8 

17 febbraio 1965, n. 9 . 

16 marzo 1965, n. 17 

8 giugno 1965, n. 37 . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATNE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 6 novembre 1964, n. 23 
Sez. IV, 23 aprile 1965, n. 349 
Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 384 

Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 385 

Sez. IV, 5 maggio 1965, n. 404 

Sez. IV, 5 maggio 1965, n. 405 

Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 420 

Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 426 

Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 427 

Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 455 

Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 457 

Sez. IV, 16 giugno 1965, n. 496 

Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 149 . 

Sez. VI, 12 marzo 1965, n. 162 

Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 247 

Sez. VI, 2 aprile 1965, n. 216 

CORTE DEI CONTI 

Sez. Riun., 12 marzo 1965 (ordinanza) �. . pag. 649. 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 18 febbraio 1964, n. 219 pag. 855 
Sez. I, 23 giugno 1964, n. 645 857 
Sez. IV, 23 settembre 1964 858 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


RASSEGNA DI DOTTRINA 

A. 
AMORTH, Impugnabilit� e disapplicazione dei regolamenti e degli 
atti generali (Il Consiglio di Stato, 1964, II, 368) pag. 95 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Provvedimenti legislativi (segnalazioni) 
. pag. 101 

Disegni e proposte di legge 

Disegno n. 2457 -Approvazione delle finalit� e delle linee direttive 
generali del programma di sviluppo emanato per il quinquennio 
1965-1969 102 

Provvedimenti legislativi sottoposti a giudb:io di costituzionalit� 

-Disposizioni di legge delle quali � stata (in tutto od in parte) 
dichiarata l'illegittimit� costituzionale: 


Codice civile, art. 27 4, secondo comma . ~ 103 
Codice di procedura penale, art. 173 103 
Codice di procedura penale, art. 392, primo comma 103 

R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31 
104 
D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, art. unico 
104 
-Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stata dichiarata 
non fondata la questione di legittimit� �costituzionale: 


R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50 
104 
R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 45, 48 104 
Legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 36 104 
R.D. 
18 giugno 1931, n. 773, art. 134 . 105 
R.D.L. 24 ottobre� 1935, n. 2049, art. 11 105 
Legge 26 marzo 1936, n. 526 . 105 
R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246 105 
Legge 19 gennaio 1939, n. 294, artt. 1, 2, 15 105 
D.P.R. 28 giugno 1955, n. 630, art. 15 . 
105 
D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5, art. 3 105 
Legge 4 aprile 1956, n. 212, artt. 2, 3, secondo comma, art. 8 105 
Legge 6 dicembre 1962, n. 1643 105 
D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670 
105 
D.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36 . 
106 
D.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138 
106 
D.P.R. 14 marzo 1963, n. 219, 
106 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XVI 

Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stato promosso 
giudizio di legittimit� costituzionale . 

Disposizioni di legge in rapporto alle quali, sulle questioni sollevate, 
sono intervenute pronunce della Corte Costituzionale di 
inammissibilit�, di manifesta infondatezza o di restituzione degli 
atti per il giudizio di rilevanza . 

QUESTIONI 

LA REDAZIONE, Il primo triennio di applicazione del nuovo capitolato 
generale 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

pag. 106 


112 

pag. 113 

pag. 125 

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125 
126 
126 


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126 

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Acque pubbliche 
Amministrazione pubblica 
Antichit� e belle arti 
Appalto 
Archivi di Stato 
Assicurazioni 
Atti amministr�tivi 
Avvocati e procuratori 
Bellezze artistiche e natu


rali 
Cinematografia 
Commercio . 
Comuni e provincie 
Comunit� econ. europea 
Concessioni amministrative 
Contributi e finanziamenti 
Costituzione 
Dazi doganali 
Edilizia econ. e popolare 
Esecuzione fiscale 
Espropriazione per p.u. 
Fallimento 
Ferrovie 
Impiego pubblico 
Imposta di registro 

pag. 117 Imposta generale sull' en


117 trata 

118 Imposte e tasse . 

118 Invalidi di guerra 

118 Leggi e decreti 

118 Mezzogiorno 

119 Miniere 

119 Monopolio 

Obbligazioni e contratti 

119 Opere pubbliche 

119 Polizia 

119 Poste e telegrafi 

120 Prescrizione . 

120 Procedimento civile 

120 Propriet� 

120 Prova 

121 Regioni. 

121 Responsabilit� civile . 

121 Ricorsi amministrativi 

122 Societ� . 

122 Strade 

122 Successione 

123 Trattati e convenzioni in


123 ternazionali 

124 Turismo 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

E INTERNAZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 31 maggio 1965, n. 38 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Papaldo -Soc. Meridionale, Elettricit�: e E.N.EL. (n.c.) Presidente 
del Consiglio dei Ministri e Ministero LL.PP. (sost. 
avv. gen. dello Stato Albisinni). 

Corte Costituzion~e -Sindacato di legittimit� costituzionale in 

via incidentale -Leggi abrogate -Appartenenza de�a qu�.~ 
stione al giudizio di rilevanza. � � ' � 
(1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

Acque pubbliche -Leggi impositive di un sovracanone ai concessionari 
a favore dei bacini imbriferi montani -Contrasto con 
particolari leggi di incentivazione in base alle quali la concessione 
fu assentita -Violazione del principio di eguaglianza 
e della libert� di iniziativa economica -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 41; l. 27 dicembre 1953, n. 953, art. 1; I. 30 dicembre 1959, 

n. 1254, art. l; l. 11 luglio 1913, n. 985, art. 3). 
Non spetta alla Corte Costituzionale' il giudizio sopra questioni di 
abrogazione delle leggi, ma al giudice a quo, nelr ambito del procedimento 
logico attraverso cui egli formula la questione. di Z�gittim#� 
costituzionale, e quindi nelr ambito del giudizio di rilevanza 4ella questione 
stessa (1). 

(1) La questione era stata sollevata dal Tribunale Superiore delle acque pu.b7 
�bliche con due identiche ordinanze 23 novembre 1963 (Gozzetta Ufficiale, 2 mag� 
gio 1964, n. 108). 
Mette conto di segnalare, circa la prima massima, l'affermazione della sentenza,. 
secondo cui spetta esclusivamente al Giudice a quo, nell'ambito del giudizio di rile� 
vanza, la competenza a decidere se una determinata legge sia stata o meno abrogata. 
Sembra per� che tale affermazione, indubbiamente esatta nell'ambito della fattispecie 
decisa, non possa essere generalizz;ta con riferimento ad ogni legge. Il limite 
� dato dall'identificazione della legge direttamente sottoposta al sindacato di legit� 



600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La legge 27 dicembre 1953 n. 959, interpretata autenticamente 
dalla legge 30 dicembre 1959 n. 1254, con l'imporre a carico dei concessionari 
di acque pubbliche un sovracanone a favore dei bacini 
imbriferi montani, non viola n� il principio di eguaglianza, n� quello 
di iniziqtiva economica. Infatti, sia che si attribusca natura di � legge 
di incentivazione� alla legge 11 luglio 1913 n. 985 -che prevedeva 
la concessione gratuita di acque pubbliche per determinati beni di 
utilit� genemle -sia che tale natura non possa ad essa attribuirsi, 
le norme denunciate sono state emanate per uno scopo di pubblico 
generale interesse, quale la tutela dei territori montani, previsto dalfart. 
44 Cost., ed alla stregua di criteri generali ed obbiettivi; inoltre 
limposizione del sovracanone, che costituisce un nuovo e diverso onere 
a favore di Enti distinti dallo Stato {i Comuni montani) non significa 
revoca della gratuit� del canone, che � rimasta inalterata (2). 

(Omissis). -2. -L'Avvocatura dello Stato ha rilevato preliminarmente 
che il Tribunale Superiore ha omesso di esaminare se con la 
legge 27 dicembre 1953, n. 959, interpretata autenticamente dalla legge 
30 dicembre 1959, n. 1254, fossero state abrogate le agevolazioni concesse 
con la legge 11 luglio 1913, n. 985: se avesse escluso la detta abrogazione, 
quel Giudice non avrebbe avuto ragione di porre la questione di 

I' 

I.I:;
timit� costituzionale. Se di questa legge si trattasse, non potrebbe contestarsi, 
infatti, il potere-dovere della Corte Costituzionale di affrontare anche il problema 

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della sua attuale validit�, come presupposto della competenza stessa della Corte, 
che giudica della legittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di 
legge, ma vigenti. N� a ci� pu� costituire ostacolo la sentenza 30 gennaio 1962, n. 1 
che esamin� una legge abrogata, in quanto, per i particolari asp�tti che condizionarono 
l'insorta question� (abrogazione della legge ex nunc) essa doveva considerarsi 
ancora vigente. 

Se, viceversa, il giudizio di abrogazione, come nella specie, riguardasse non 
la legge denunciata, ma. una legge a questa anteriore e che da questa si assume 
abrogata o modificata, allora esattamente la questione inciderebbe solo sulla rilevanza, 
vale a dire s~lla estensione della validit� di una norma indiscutibilmente 
vigente; ed in tal caso, secondo la costante giurisprudenza della Corte, non resterebbe 
che deferire al giudizio di rilevanza dato dal Giudice a quo (tuttavia, per 
delle eccezioni a tale principio, nel senso della censurabilit� del giudizio di rilevanza 
allorch� esso appaia o del tutto insussistente o abnorme, si veggano le 
sentenze della stessa Corte 7 marzo 1964, n. 14, in questa Rassegna, 1964, 627; 
11 dicembre 1964, n. 109, in questa Rassegna, 1964, 1008). 

(2) Per i precedenti circa la legitimit� costituzionale della legge sui sovra
�canoni a favore dei bacini imbriferi montani, cfr. la sentenza della stessa Corte 
4 luglio 1957, n. 122 (Relaz. Avv. Stato per gli anni 1956-60, I, 244). 
Sui problemi pi� specifici offerti dalla fattispecie, la Corte ha volutamente 
lasciato impregiudicata sia la questione dell'esistenza e definizione della c.d. �leggi 
di incentivazione ", sia l'identificazione in detta categoria della legge 11 luglio 
1913, n. 985. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 601 

carattere generale circa la tutela costituzionale garantita alle cosiddette 
leggi di incentivazione. 

La Corte osserva che il Tribunale Superiore� ha impostato la questione 
sul presupposto che le disposizioni denunziate non hanno avuto 
leffetto di abrogare la legge del 1913, rispetto alla quale, ancora vigente, 
le disposizioni predette hanno determinato un contrasto ai fini della 
legittimit� costituzionale, non una incompatibilit� agli effetti dell'abrogazione. 
Tale impostazione attiene sostanzialmente al giudizio di rilevanza 
perch� costituisce la base del procedimento logico attraverso cui 
il giudice a quo ha formulato la questione di legittimit� costituzionale. 
E la Corte, nella cui competenza non rientra il giudicare sopra questioni 
di abrogazioni delle leggi, ritiene che il giudizio sulla costituzionalit� 
delle norme denunziate debba essere fondato sulla base adottata dal 
Tribunale Superiore. 

3. -Le suindicate disposizioni della legge 30 dicembre 1959 e della 
legge 27 dicembre 1953 violerebbero gli artt. 3 e 41 della Costituzione 
tanto se tali disposizioni si riferiscano a concessioni nei riguardi delle 
quali esistevano condizioni di favore in dipendenza delle leggi cosiddette 
di incentivazione, del cui asserito carattere si dir� in seguito, 
quanto se si riferiscano a concessioni per le quali quelle condizioni non 
esistevano. 
Nel vagliare le questioni, le due ipotesi saranno tenute distinte, 
dando la precedenza all'esame relativo alla ipotesi in cui non esistano 
leggi di incentivazione. Tale questione riveste carattere generale, giacch� 
la sua soluzione, se fosse nel senso dell'illegittimit�, sarebbe assorbente 
rispetto alla questione riflettente l'ipotesi dell'esistenza di leggi 
di incentivazione. 

In riferimento ad entrambe le ipotesi, la Corte ritiene che non sia 
influente ai fini del decidere l'accertamento del carattere del sovracanone. 
Il denunziato contrasto delle norme in esame con gli artt. 3 e 41 
della Costituzione; secondo i profili sotto i quali la denunzia � stata 
formulata, pu� essere giudicato esistente o non in base a criteri che 

:Il: da osservare, tuttavia, che, anche ammessa tale particolare categoria di 
leggi, esse non potrebbero sfuggire ai principi generali dell'ordinamento, quali: 
natura ordinaria, e non costituzionale delle loro disposizioni; esclusione di una 
qualunque protezione costituzionale; loro tutela solo nell'ambito del rapporto fra 
legge speciale e legge ordinaria (art. 15 disp. legge in generale), e, quindi, questione 
di abrogazione, non di incostituzionalit�; infine (ci� che � dato desumere 
proprio da certi passaggi della motivazione della sentenza in rassegna) applicazione 
a queste leggi del principio rebus sic stantibus; il che, sul piano pi� strettamente 
positivo, si pone come incompatibilit� delle leggi stesse con un sistema nuovo e 
sopravvenuto, che rende impossibile l'equilibrio �del rapporto di specialit� di cui 
si � detto. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

602 

valg�no indipendentemente dalla determinazione della natura della 
prestazione pecuniaria imposta dalle norme predette. 

4. -Per quanto si riferisce alla violazione dell'art. 3 della Costituzione 
rispetto alle ipotesi in cui non esistano leggi di incentivazione, 
le ordinanze deducono che la disparit� di trattamento tra i concessionari 
dei bacini di pianura e quelli dei bacini montani sarebbe illegittima 
perch� fondata sul presupposto che essi si trovino in condizioni obiettive 
diverse, mentre la condizione dei due gruppi di concessionari rispetto 
ai Comuni montani sarebbe identica. La violazione del, principio di 
uguaglianza sussisterebbe anche perch� la misura del sovracanone fissata 
dalla legge non sarebbe commisurata alla capacit� contributiva del 
concessionario, n� all'importanza della concessione, n� alle esigenze 
dei Comuni montani, che ne sono i beneficiari. 
Queste censure sono infondate. 

Il legislatore ha ritenuto di dovere approntare un corpo di norme 
a favore dei territori montani, ispirandosi ad uno scopo di pubblico -�~ 
generale interesse in armonia con una norma della Costituzione, contenuta 
nell'art. 44, secondo comma. In questo sistema si inseriscono le 
norme in esame. 

Mentre non sono sindacabili, sotto l'aspetto della violazione del 
principio di uguaglianza, i criteri in base ai quali la misura del sovracanone 
� stata stabilita ed i criteri in base ai quali il provento deve 
essere impiegato; non appare criticabile l'imposizione di una particolare 
prestazione pecuniaria ai concessionari dei bacini montani, commisurata 
alla stregua di criteri generali ed obiettivi, non riscontrandosi alcun 
eccesso nell'esercizio del potere discrezionale del legislatore, il quale ha 
ragionevolmente posto a carico dei concessionari dei bacini montani un 
concorso per l'approntamento degli aiuti da portare alle popolazioni di 
quei territori dalle cui risorse i concessionari traggono beneficio. 

Le stesse considerazioni valgono per giudicare infondata la censura 
di violazione del principio di uguaglianza nell'ipotesi di esistenza di una 
legge di incentivazione. 

~ innegabile che, con le dispo~izioni denunziate, il legislatore ha 
creato una disparit� di trattamento tra concessionari che godevano ugualmente 
della esenzione del canone, imponendo un nuovo obbligo ai soli 
concessionari dei bacini montani. Ma tale disparit� non appare illegittima, 
essendo immune da irragionevolezza la norma che l'ha determinata; 
e ci� per i motivi gi� esposti. 

5. -Le disposizioni denunziate violerebbero il princ1p10 di libert� 
di iniziativa economica privata, in quanto imporrebbero una illegittima 
compressione di tale iniziativa al solo scopo di tutelare interessi di 
natura economica di altri soggetti, e cio� dei Comuni montani. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 603 

Questa censura, riferendosi ad entrambe le ipotesi, ha carattere 
J>i� generale e deve quindi essere esaminata per prima. 

La Corte non ha ragione di modificare il principio enunciato con 
la sentenza del 30 dicembre 1958, n. 78, alla quale nelle ordinanze 
si fa riferimento. 

Qui non si tratta di disposizioni adottate a favore di una categoria 
..economica a carico di un'altra categoria. La prestazione imposta � a 
favore di enti pubblici di importanza fondamentale, quali sono i Comuni, 
per raggiungere scopi di carattere generale. 

Non � possibile, quindi, parlare di illegittime distorsioni che ver:
rebbero a determinarsi nel campo della libert� economica. 

6. -Prima di passare all'altro aspetto della questione relativa al 
,contrasto col principio di libert� di iniziativa economica, prospettata 
in riferimento ai casi in cui i concessionari traggano benefici da leggi 
-di incentivazione, occorre delimitare il campo dell'indagine. 
Giova notare, anzitutto, che la questione proposta non si riferisce 
ad un preteso obbligo del legislatore di fare onore agli affidamenti dati 
con la concessione di esenzioni o di altri benefici, nel senso che il legislatore 
stesso non potrebbe revocare tali benefici se non per apprezzabili 
ragioni. La questione qui prospettata ha un ambito ben pi� ristretto : 
si riferisce ad una asserita tutela costituzionale nei riguardi degli impegni 
.assunti con leggi cosiddette di incentivazione. 

Per quanto sia superfluo, la Corte deve, in secondo luogo, precisare 
che la questione non pu� esere esaminata in riferimento ad una categoria 
indeterminata di leggi, rispondenti ad un tipo astratto, quello di leggi 
�di incentivazione. :B ovvio, invece che la questione debba essere esaminata 
e risolta in confronto di una determinata legge, qualificata come 
legge di incentivazione: nel caso attuale la legge 11 luglio 1913, n. 985. 

Secondo le ordinanze, � legge di incentivazione quella dettata al 
fine specifico di ottenere che il privato, in vista di vantaggi che si realiz:
zerebbero in concreto e solo se ed in quanto egli compia l'attivit� prevista 
dalla legge, realizzi un determinato compito ritenuto utile per la 
collettivit�, realizzazione che in mancanza della legge non si sarebbe 
avuta o si sarebbe avuta in misura o con modalit� diverse. Sempre 
�secondo le ordinanze, simili leggi sarebbero state previste dal legislatore 
costituente nell'art. 41 della Costituzione l� dove si affida alla legge la 
determinazione dei programmi e dei controlli opportuni perch� l'attivit� 
�economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai 
fini sociali. Le leggi di questo tipo godrebbero di una particolare tutela 
costituzionale, giacch� esse, siccome leggi di direttiva economica giusta 
le previsioni dell'art. 41, avrebbero. insito un carattere di imperativit� 
:s� da non essere suscettibili di modificazioni fino a che non sia stato 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

realizzato il programma avuto di mira dalle leggi stesse. E pertanto le 
attivit� promosse dalla leggi di incentivazione sfuggirebbero all'imposizione 
di quei limiti, vincoli ed obblighi con cui lo Stato esercita, in 
conformit� al medesimo art. 41, la sua funzione di indirizzo dell'iniziativa 
privata. 

La legge 11 luglio 1913, n. 985, avrebbe il carattere di legge di 
incentivazione giacch� il legislatore volle assicurare ai costruttori di 
alcuni impianti adeguati vantaggi, rappresentati, fra l'altro, dalla gratuit� 
della concessione come necessaria contropartita del rischio e dell'onerosit� 
dell'impresa. Onde l'illegittimit� della norma che ha imposto il 
sovracanone. 

Ma, pur non apparendo necessario, ai fini della presente contro


versia, prendere posizione in ordine alla categoria delle leggi di incen


tivazione, ancora non compiutamente elaborata, e a parte la difficolt� 

di applicare ad una legge, vecchia di mezzo secolo, concetti che nem


meno oggi sono definitivi, la Corte non ritiene di riscontrare nella 

norma impugnata la denunciata violazione dell'art. 41. 

Quella legge, preordinata alla realizzazione di determinate opere 

di pubblico interesse, accord�, in vista di tale interesse, ai privati che 

erano chiamati a realizzarle ai fini di una concessione amministrativa~ J, 

taluni particolari benefici. Ci� non importa per�, che a lunga distanza fil 

di tempo e in una situazione storica ed economica del Paese notevol,


I

mente cambiata, il legislatore non possa, senza urtare contro i precetti . 
' 
costituzionale in materia di programmazione economica, introdurre un 
nuovo onere a carico dei privati che re�lizzarono quelle opere e sono 
tuttora titolari della concessione. . 

~ 

L'imposizione del sovracanone non significa revoca della gratuit� 

del canone, gratuit� che � rimasta inalterata. Il sovracanone, quale che 

sia la sua natura, costituisce un nuovo e diverso onere a favore di enti 

distinti dallo Stato (i Comuni montani), onere a cui sono stati assogget


tati, con legge generale, tutti i concessionari che si trovavano in una 

determinata posizione, al fine di far fronte a sopraggiunte esigenze di 

pubblico interesse, il cui soddisfacimento rispondeva anche all'orienta


mento segnato da una norma costituzionale (art. 44, secondo comma). 

In armonia con il sistema generale che aveva trovato la sua defi


nitiva formulazione nell'art. 52 del t.u. sulle acque, la legge ha conferito 

ai Comuni montani un diritto nei confronti di tutti coloro che, qualunque 

fosse la loro situazione rispetto allo Stato, ritraevano una utilit� dalla 

montagna, trasformandola in ricchezza nelle zone di pianura, senza che 

alle popolazioni della montagna ne risultasse un apprezzabile beneficio. 

Non �, pertanto, illegittimo che il legislatore abbia accordato qualche 

compenso a favore di quelle popolazioni e che, a tal fine, non abbia fatto 

discriminazioni fra i concessionari. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 605 

CORTE COSTITUZIONALE, 31 maggio 1965, n. 40 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Fragali -Ospedale civile � Vittorio Emanuale II � di Catania 
(avv. Torrisi e Schiavone) c. Ministero Tesoro (vice avv. gen. Stato 
Macioti). 

Pensioni civili e militari -Pensioni ai salariati delle istituzioni 
locali di assistenza e beneficenza -Normativa modificativa 
della precedente disciplina per l'iscrizione alla Cassa di previdenza 
-Adozione del principio di eguaglianza -Esclusione. 
(Cost., art. 3; 1. 22 novembre 1962, n. 1646, artt. 34, 35). 

Gli articoli 34 e 85 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, contenenti 
interpretazione autentica delr art. 34 della legge 24 maggio 1952, 

n. 610, per virt� dei quali vengono richiesti requisiti diversi, rispetto 
a quelli precedentemente prescritti, per la iscrizione dei salariati alle 
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza non viola il principio 
di eguaglianza enunciato dalr art. 3 Cast., in quanto la differenza di 
trattamento di tali salariati rispetto a quello assicurato ai salariati degli 
altri enti locali corrisponde alla diversit� delle funzioni di ognuna delle 
categorie dalle quali i salariati stessi dipendono (1). 
(Omissis). -3. -Quali che siano le norme suscettibili di essere 
investite per illegittimit� costituzionale, questa Corte ritiene che il 
prindpio di parit� non � stato violato sotto nessuno dei profili considerati 
dalla Corte dei Conti; gli unici che in questa sede possono essere 
valutati. 

Non � infatti priva di razionalit� una disparit� di trattamento pensionistico 
tra i salariati degli istituti di beneficenza e quelli degli altri 
enti focali. Differenze tra quegli istituti e questi enti sussistono con 
riferimento alla natura, all'attivit�, al modo di finanziamento, al diverso 
contenuto dell'interesse pubblico che hanno competenza a realizzare, 
alla diversa natura di questo interesse e al diverso grado della sua 

(1) La questione era stata introdotta con ordinanza della III Sezione giurisdizionale 
della Corte dei Conti, 20 marzo 1964 (Gazzetta Ufficiale, 27 giugno 
1964, n. 157). 
La Corte ha dichiarato non� fondata la questione seguendo la sua costante 
giurisprudenza in materia di eguaglianza, nel senso della relativit� del principio, 
applicato alle varie Situazioni considerate e protette. 

Qualche precedente fra i pi� recenti: C.C., 16 febbraio 1963, n. 7, Giur. Cost., 
1963, 61; 8 giugno 1963, n. 81, Giur. Cast., 1963, 680; 27 febbraio 1962, n. 8, 
Giur. Cast., 1962, 96; 28 novembre 1961, n. 64, Giur. Cast., 1961, 1224. In dottrina, 
tra gli altri, ESPOSITO, Eguaglianza e Giustizia nell'art. 3 della Costituzione, Saggi, 
Padova, 1954, 17 e segg.; BATTAGLINI, Appunti per una ricostruzione del concetto 
di eguaglianza nell'art. 3 Cast., Arch. rie. giur., 1960, 649; STENDARDI, Ancora sul 
concetto di eguaglianza e sulle applicazioni concrete, Foro pad., 1961, I, 938. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

606 

intensit�; ed � ovvio che tali dissomiglianze debbono ripercuotersi 
sul trattamento di ciascuno dei due gruppi di salariati, i cui compiti 
rispettivi sono peraltro differenziati in relazione altres� alle varie esigenze 
che prospettano le funzioni di ognuna delle categorie di enti 
dai quali i salariati dipendono. Tanto pi� quelle difformit� debbono 
ripercuotersi sul rapporto di lavoro di ciascun gruppo, in quanto varie 
sono le possibilit� finanziarie degli enti sui quali grava il carico complessivo 
della pensione (quelli datori di lavoro e quelli pensionistici), 
e in vario grado tali enti possono sopportare-quel carico. :E: compito 
soltanto della legge ordinaria valutare gli interessi in giuoco e graduarne 
secondo gli aspetti concreti la disciplina, non avendo il principio 
costituzionale di eguaglianza sottratto al legislatore la potest� 
di riconoscere le differenze che la realt� esprime e di adeguare ad esse 
le proprie determinazioni (sentenza 26 giugno 1957, n. 105). 

La disparit� di fatto che risulta dall'applicazione del criterio di 
ripartizione impugnato, a seconda che il trattamento dei p�nsionati sia 
stato irrevocabilmente determinato� prima o dopo l'entrata in vigore 
della norma denunciata, � �quella che talora si collega al succedersi delle 
leggi; e non � eliminabile in sede di controllo di legittimit� costituzionale 
ove non risultino lesi diritti fbndamentalmente garantiti. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 57 -Pres. Ambrosini -
Rel. Verz� -Lodi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. Stato Guglielmi). 

Procedimento penale � Notificazioni all'imputato che non si sia 
presentato per l'interrogatorio -Deposito nella Cancelleria ~ 

o Segreteria. 
(Cost., art. 24; c.p.p., art. 173). 
Non pu� ritenersi soddisfatta r esigenza fondamentale del contraddittorio 
nel caso in cui, pur essendo possibile adottare una forma di 
notificazione tale da porre il contenuto delr atto nella effettiva sfera di 
conoscibilit� del destinatario, si faccia ricorso ad altra forma di notificazione 
-quale quella prescritta dalrart. 173 c.p.p. per Timputato 
renitente alr interrogatorio -dalla quale deriva una semplice presunzione 
legale di conoscenza (1), 

(1) La questione era stata proposta dal Tribunale di Brescia con ordinanza 
2 aprile 1964 (Gazzetta Ufficiale, 11 luglio 1964, n. 169). 
' 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 607 

{Omissis). -La questione � fondata. 

La norma impugnata ha il carattere di una sanzione per un comportamento 
processuale dell'imputato. Pur essendo reperibile nel suo 
domicilio, il renitente non gode del diritto di ricevere notizia degli 
atti processuali nella forma di notificazione prevista dall'art. 169 del 
c.p.p., soltanto per non avere ubbidito all'ordine del giudice di presentarsi 
per l'interrogatorio. Alla forma di notificazione adottata per coloro 
che possono in qualunque momento essere rintracciati, viene sostituita 
-senza plausibile motivo -quella del deposito degli atti, la quale 
non d� la stessa certezza di conoscibilit� da parte del destinatario, 
importando � solamente una presunzione legale di conoscenza. Il che 
costituisce una ingiustificata diminuzione di garanzie del diritto di 

�.difesa. 
Mentre per il latitante o l'evaso la notifica a' sensi dell'art. 170 

del c.p.p. non comporta la limitazione di alcun diritto, in quanto essi 
si sono resi irreperibili ed hanno quindi posto la giustizia in condizioni 
di dovere -in mancanza di altra possibilit� -ricorrere a questa forma 
di notificazione, lo stesso non pu� dirsi per l'imputato renitente.� 

La notificazione degli atti processuali � uno strumento necessario 
ed indispensabile per instaurare il contraddittorio e per dar modo all'imputato 
di provvedere alla sua difesa. Questa esigenza fondamentale 

, non pu� ritenersi soddisfatta nel caso in cui J?Uf essendo possibile 
adottare una forma di notificazione tale da portare il contenuto del1'
atto nella effettiva sfera di conoscibilit� del destinatrio, si faccia 
ricorso ad altra forma di notifica, dalla quale deriva una semplice presunzione 
legale di conoscenza. 

Pertanto, la norma i~pugnata, che -senza necessit� e senza che 
ne ricorrano i presupposti -prescrive per il renitente la notificazione 
a termini dell'art. 170, primo capoverso, del c.p.p., limita la garanzia 
del diritto di difesa per ci� che attiene alla instaurazione del contraddittorio,. 
ponendosi cos� in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. 


{Omissis). 

Decisione conforme all'orientamento della Corte circa l'interpretazione del 
secondo comma Cost., secondo cui il diritto di difesa, ivi proclamato, va inteso 
()Ome possibilit� effettiva di agire in giudizio, come garanzia di contraddittorio e 
di assistenza tecnico-professionale del difensore ed in particolare, come rimozione 
di ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti sullo svolgimento del processo. 
Da ultimo, Corte Cost., 3 maggio 1963, n. 59, Giur. Cost., 1963, 529. In dottrina, 
VASSALLI, Sul diritto di difesa giudiziaria nell'istruzione penale, Scriti giuridici in 
onore della CEDAM, 581 e segg.; M. CAPPELLETIT, nota alla sentenza Corte Cost., 
22 dicembre 1961, n. 70, Giur. Cost., 1961, 1282. Cfr. anche CAVALLARI, La notificazione 
nel processo pendle, Milano, 1959. Sulle notificazioni all'imputato all'estero 
dr. Corte Cost., 23 aprile 1965, n. 31, in questa Rassegna, 1965, 287. 



608 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 58 -Pres. Ambrosini -
Rel. Castelli Avolio -Talamonti (n.c.) c. Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr�). 

Radiotelevisione -Concessione dei servizi alla R.A.I. -Violazione 
dell'art. 43 Cost. -EscJusione. 

(Cost., art. 43; r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, art. 1 e segg.). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione dell'Intendente di 
finanza sulle contravvenzioni per mancato pagamento del 
canone di abbonamento alla R.A.I. -Giurisdizione speciale Questione 
di costituzionalit� � Infondatezza. 

(Cost., art. 102; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 36). 

Non contrasta con rart. 43 della Costituzione la normativa dettata 
dal r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246 che prevede raffidamento in concessione 
del servizio della radiotelevisione ad una societ� privata, la R.A.I., 
in quanto lo Stato si � riservato poteri assai ampi di direzione, disciplina 
e controllo diretti a garantire il puntuale conseguimento di quei 
fini di utilit� generale cui istituzionalmente tende detto servizio nel 
regime di pubblicit� derivante dal monopolio statale (1). 

L'art. 36 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 che, in relazione alr art. 1 
e seguenti del r.d.l. 25 marzo 1923, n. 796, attribuisce alrintendente 
di finanza la cognizione delle contravvenzioni per quanto riguarda il 
pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni, non contrasta 
cori rart. 102 della Costituzione perch� il costituente non ha 
voluto seni' altro sopprimere le giurisdizioni speciali, tra le quali rientra 

(1) L'ordinanza del Triounale di Ascoli Piceno 1� luglio 1963 � pubblicata 
nella Gazzetta Ufficiale, 31 ottobre 1964, n. 269. 
In tema di costituzionalit� della disciplina della radio e televisione si consultino: 
Corte Cost., 8 giugno 1963, n. 81, Foro it., 1963, I, 1943, sulla infondatezza delle 
questioni di costituzionalit� (sollevate nel medesimo procedimento dallo stesso tribunale 
di Ascoli Piceno) degli artt. 1, 2 e 19 r.d.l. n. 246 del 1938 che comminano un'ammenda 
a chi detenga apparecchi radioriceventi senza corrispondere il canone di abbonamento, 
annotata da M. S. GIANNINI, Ancora in tema di prezzo e di tassa, Giur. cost., 
1964, 692; Corte Cost., 11 luglio 1961, n. 46, Giur. it., 1961, I, 1, 1145, sull'illegittimit� 
costituzionale del disegno di legge del Consiglio provinciale di Bolzano 
contenente norme sulla " parit� dei gruppi linguistici nelle radiotrasmissioni �; Corte 
Cost., 13 luglio 1960, n. 59, Foro it., 1960, I, 1065, sulla legittimit� costituzionale 
del monopolio statale della televisione, su cui leggasi PALLADINO, Corti Brescia, 
Venezia, Trieste, 1963, 394. In dottrina, sull'argomento in generale, si veda PmRANDREI, 
Radio, televisione e costituzione, Scritti in onore di A. C. ]emolo, Milano, 
1963, III, 521. Cfr. anche Relaz. Avv. Stato, 1955-60, I, n. 46. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 609 

detta competenza delilntendente di finanza, ma soltanto ha inteso 
sottoporlo a rivisione da effettuarsi, ad opera del Parlamento, nel termine 
di un quinquennio, che peraltro non ha carattere perentorio (2). 

(Omissis). -1. -� da premettere che essendosi provveduto alla 
notificazione e alla pubblicazione dell'ordinanza di rinvio nella sua interezza, 
cio� nella motivazione e nel dispositivo, la incertezza gi� lamentata 
dall'Avvocatura dello Stato circa la identificazione dell'oggetto del 
giudizio risulta eliminata. Sostanzialmente, con la rinnovazione della 
notifica, � stato portato a conoscenza del Presidente del Consiglio dei 
Ministri lesplicito riferimento contenuto nell'ordinanza emessa dal Tribunale 
alle questioni che erano state sollevate dal Pubblico Ministero 
nel corso del giudizio. Giudicata infatti non fondata la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 19 del d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, 
in relazione all'art. 3 della Costituzione, il Tribunale ritenne invece 
fondate le altre questioni proposte dal P.M., e cio� quelle che concernono 
le disposizioni dell'art. l e segg. dello stesso d.l. 21 febbraio 
1938, non pi� in riferimento all'art. 3, ma all'art. 43 della Costituzione, 
e dell'art. 86 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in relazione agli 
artt. 1 e segg. del d.l. 25 marzo 1928, n. 796, e in riferimento all'art. 102 
della Costituzione. Pu� cos� ammettersi che si sia chiaramente raggiunta 
la identificazione dell'oggetto del giudizio: precisamente, con 
la prima questione si assume in contrasto con lart. 48 della Costituzione 
l'affidamento del servizio delle radiotelevisioni ad una societ� privata 
-la R.A.l. -invece della gestione del servizio in modo diretto da 
parte dello Stato o di un ente pubblico; con la seconda si assume la 
illegittimit� della permanenza della giurisdizione speciale dell'Intendenza 
di finanza per quanto riguarda il pagamento del canone per le 
radioaudizioni, in contrasto col divieto posto per le giurisdizioni speciali 
col citato art. 102. 

2. -La denuncia di incertezza � stata peraltro affacciata sotto 
diverso aspetto, rispetto alla prima questione. L'Avvocatura rileva 
laffermazione, contenuta nell'ordinanza del Tribunale, circa la incostituzionalit� 
di �.tutta la disciplina giuridica eretta sul' presuppos1;,9 
(2) Per quanto riguarda la conservazione delle giurisdizioni speciali preesistenti 
alla Costituzione e la non perentoriet� della disposizione trans. VI, cfr., da ultimo, 
Corte Cost., 31 marzo 1965, n. 17, in questa Rassegna, 1965, I, 266; Corte Cost., 
22 novembre 1962, n. 92, Foro it., 1962, I, 2051; Corte Cost., 15 giugno 1960, 
n. 41, id., 1960, I, 1262; e in dottrina CmEPPA, Leggi nuove e giurisdizioni speciali 
preesistenti, Giur. costit., 1962, 1501. 

610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della concessione ad una societ� privata del servizio della radiotelevisione
�, ed afferma che si avrebbe cos� una indeterminata indicazione 
dell'oggetto di questa parte del giudizio, insufficiente rispetto a quanto 

prescrive l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Non sembra per� 
che l'indicazione generica delle norme imp�gnate, col richiamo agli 
artt. 1 e segg. del d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, e successive modificazioni, 
sia tale da comportare effettiva incertezza circa l'oggetto del 
giudizio. Se � vero, infatti, che l'onere, di cui al menzionato art. 23, 
di indicare le norme che si denunciano come viziate, incombente alla 
parte che solleva reccezione di incostituzionalit�, trova la sua giustificazione 
nell'esigenza di delimitare in maniera chiara e precisa la 
materia del contendere, � altres� vero che � da ritenersi sufficiente, a 
tal f�rie, l'indicazione anche di un intero testo legislativo, se la relativa 
censura di legittimit� sia tale da investire tutte le norme contenute nel 
provvedimento denunziato (v. sentenze della Corte Costituzionale, n. 18 
del 6 luglio 1956 e n. 53 del 5 giugno 1962). Nel caso in esame, traendosi 
motivo dalla presunta illegittimit� della concessione alla R.A.I. del 
se.rvizio di radiodiffusione, e dal conseguente contrasto con l'art. 43 
d�lla Costituzione di tutta la legislazione " eretta sul presupposto di 
quella concessione�, la censura � stata sollevata appunto contro gli. 
artt. 1 e segg. del citato d.l. 21 febbraio 1938, cio� contro l'intero testo 
legislativo, in quanto concernente, in blocco, la disciplina degli abbonamenti 
alle radioaudizioni. Ed infatti il detto d.l. � costituito da una 
serie di norme organiche, intimamente collegate, che pongono una 
r~golamentazione completa nel settore, investendo analiticamente tutte 
le situazioni relative, dall'imposizione dell'obbligo di pagamento alla 
misura del canone, dalle modalit� del versamento alla disciplina della 
cessazione dell'obbligo stesso, dalle esenzioni alle sanzioni per le inadempienze. 
Lo stretto nesso che unisce le disposizioni contenute nel 

denunziato d.l. d� ragione del loro globale deferimento alla Corte. 

3. -L'Avvocatura dello Stato ha anche lamentato la insufficienza 
del giudizio di rilevanza, rispetto, ancora, alla: prima questione, in 
quanto sostiene che il Tribunale non ha, fra l'altro, notato che la questione 
medesima non avrebbe ragion d'essere ai fini del giudizio prin..: 
cipale, giacch� l'obbligo della corresponsione� della tassa per la detenzione 
degli apparecchi, cui � connessa la sanzione penale, sussiste sia 
nel caso che il servizio venga svolto per �concessione da una societ�, 
sia che venga esplicato da uno dei soggetti indicati nell'art. 43 della 
Costituzione. 
Senonch� questa osservazione dell'Avvocatura circa un tal difetto 
della rilevanza non sembra esatta, giacch� la questione sollevata, come 
si desume dall'ordinanza del Tribunale, investe, formalmente, appunto 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS; COSTITUZIONALE E 1NTERNAZIONALE 611 

le norme che sorreggono, in concreto, l'imputato a carico del prevenuto. 
Sar� o meno fondata la questione -e ci� dovr� risultare dal1'
esame di merito della questione stessa -, ma sembra non dubbio che, 
dal punto di vista del Tribunale, secondo cio� i termini del ragionamento 
che si deve porre a base dell'incidente di costituzionalit� giusta 
il disposto dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, frutto del riscontro 
fra la norma costituzionale, di cui si lamenta la violazione, e le norme 
impugnate, dovrebbe essere -s'intende, in ipotesi -:-la immediata, 
concreta caduta di tutte le disposizioni riguardanti la concessione, e 
fra esse anche la norma penale, parte essenziale, ritenuta indispensabile 
in tutto il sistema, e che � quella che sta a base del processo 
contro il prevenuto, col conseguente effetto, quindi, del proscioglimento 
del medesimo. 

Le eccezioni pregiudiziali vanno pertanto respinte. 

4. -Passando all'esame del merito della prima questione, ritiene 
la Corte che non possa sostenersi che contrasti col disposto dell'art. 43 
della Costituzione laffidamento in concessione ad un societ� privata 
del servizio delle radiotelevisioni. 
La disposizione dell'art. 43 �, com'� noto, espressione dell'evoluzione 
dei concetti informatori in materia di intervento dello Stato e 
degli enti pubblici, in genere, nel campo ee;onomico, e prevede la sostituzione 
della pubblica gestione alla gestione privata in quei settori 
che, come quelli attinenti ai tipi di imprese contemplate nell'articolo 
stesso, maggiormente sono suscettibili di assumere importanza sotto il 
profilo del pubblico interesse. Lo scopo essenziale della norma; attraverso 
la sottrazione al privato del potere di disposizione relat.ivo alle 
suddette imprese, � la eliminazione della eventualit� che il privato, 
col peso della propria impresa -e naturalmente si tratta di imprese 
della massima dimensione -, possa direttamente e profondamente 
influire su interi settori economici, con le conseguenze di ordine politico 
e sociale che a tale influenza sono connesse. 

La facolt� concessa al legislatore di riservare direttamente o trasferire 
allo Stato, agli enti pubblici o alle collettivit� di utenti o lavoratori 
le imprese nell'art. 43 indicate, rispecchia la preoccupazione del 
Costituente di garantire uno strumento idoneo a porre le attivit� economiche 
in parola sotto il controllo dello Stato o di enti pubblici allo 
s.copo di evitare quegli inconvenienti e di ottenere i risultati di carattere 
economico e sociale che lo Stato democratico si prefigge. 

Ma � evidente che l'esigenza cui fa riscontro la norma costituzionale 
in esame potr� ritenersi rispettata ogni volta che con apposite 
disposizioni, il conseguimento di" tali risultati venga assicurato. 



612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La concessione amministrativa consente il raggiungimento di fini 
di interesse generale collegati all'esercizio dei servizi pubblici, attraverso 
un'attivit� svolta da un privato e non direttamente dallo Stato o 
dall'ente pubblico titolare del servizio, in vista del fatto che 1a gestione 
in concessione pu� presentarsi, in alcuni easi, pi� favorevole, in quanto -~ 
permette una maggiore snellezza nell'espletamento del servizio, libera 
lo Stato o l'Ente pubblico dall'onere dell'esercizio, e ci� specialmente 
quando trattasi di attivit� tecnicamente complesse, che richiedano forti 
spese di impianto e notevole impegno di gestione. Ond'� che la concessione 
risponde, in tali casi, alla sostanziale esigenza di poter ottenere 
servizi migliori e pi� efficienti con minore impegn9 per lente 
concedente. In definitiva, soddisfa ad una esigenza di utilit� economicosociale 
che coincide con quella che informa lart. 43 della Costituzione. 

D'altra parte � evidente, che qualora il Costituente, che ovviamente 
era a conoscenza del tradizionale istituto della concessione, ne 
avesse voluto esdudere l'applicazione riguardo ai servizi pubblicizzati 
a norma dell'art. 43, avrebbe espresso tale volont� attraverso una 
norma specifica, mentre il silenzio serbato al riguardo pu� bene essere 
interpretato come ammissione della possibilit� del sistema anche ai fini 

Ir

specifici della attuazione del precetto costituzionale. 
Ma � da notare che, in questi casi, lo Stato o l'ente pubblico non 
si limita ad affidare al privato l'esercizio del servizio, ma si riserva poteri 
assai ampi di direzione, di disciplina, di controllo, tutti tendenti a 

,

garantire, a seconda del diverso tipo della concessione, e quindi di . 
diversa intensit�, il puntuale conseguimento dei fini di utilit� generale. , 
E pur dovendosi riconoscere che il privato concessionario innegabil


I

mente persegue scopi suoi propri di utilit�, questi sono per� sempre 
coordinati e subordinati al conseguimento dei fini pubblici, attraverso 
le norme che in concreto disciplinano lesercizio delle singole concessioni. 


5. -Nel caso del serv1z10 di radiodiffusione bisogna riconoscere 
che attraverso un vasto piano, che stabilisce una minuta disciplina per 
lo svolgimento in concessione del servizio, � assicurato il conseguimento 
di quella finalit� di pubblico generale interesse che lo Stato potrebbe 
prefiggersi di raggiungere attraverso la gestione diretta o l'affidamento 
del servizio ad un ente pubblico. La maggioranza assoluta delle azioni 
della R.A.I. � detenuta dall'I.R.I. e pu� essere trasferita solo allo Stato 
italiano o ad altro ente pubblico nazionale e previa autorizzazione del 
Ministro delle Poste di concerto col Ministro del Tesoro (convenzione 
26 gennaio 1952, art. 3); lo statuto dell'ente (sic) concessionario e le 
sue variazioni devono essere approvati dal Ministro delle Poste e delle 
Telecomunicazioni, come pure la nomina del presidente ed eventual

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 613 

mente del consigliere delegato (artt. 5, 6 d.l.C.p.S. 3 april� 1947, 
n. 428); l'emanazione delle direttive di massima, culturali, artistiche, 
educative ecc. dei programmi di radiodiffusione e la vigilanza sulla 
loro attuazione � affidata ad un Comitato istituito presso il Ministero 
delle Poste, e composto di un presidente, nominato dalla Presidenza 
del Consiglio dei Ministri di concerto coi Ministri delle Poste e della 
Pubblica Istruzione, e da membri in rappresentanza del Ministero della 
Pubblica Istruzione e della Societ� Italiana Autori, oltre che da scrittori, 
musicisti ed autori drammatici designati dall'Accademia dei Lincei, 
e dalle organizzazioni di categoria (d.l.C.p.S. cit., art. 9); le tariffe da 
praticarsi agli utenti e i diritti spettanti all'ente sono determinati con 
decreto del Ministro delle Poste (convenzione cit.; art. 8); la R.A.I. � 
tenuta a predisporre trimestralmente il piano di massima dei programmi 
�da svolgersi nei tre mesi successivi, ed a sottoporlo prima al parere del 
detto Comitato istituito presso il Ministero delle Poste e poi all'approvazione 
del Ministro (art. 8 d.l.C.p.S. cit.); del Consiglio di amministrazione 
dell'Ente fanno parte membri destinati alla Presidenza del 
Consiglio dei Ministri e dai Ministeri degli Esteri, dell'Interno, del 
Tesoro, delle Finanze e delle Poste (convenzione cit., art. 5). Il compito 
di esercitare l'alta vigilanza per assicurare l'indipendenza e l'obiettivit� 
delle radiodiffusioni � affidato ad una Commissione di parlamentari 
composta di trenta membri designati pariteticamente dai Presidenti 
delle due Camere tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, 
le deliberazioni della Commissione vengono eseguite attraverso le disposizioni 
all'uopo impartite dalla Presidenza del Consiglio al Presidente 
dell'Ente concessionario (d.l.C.p.S. cit., artt. 11, 12, 13). Alla R.A.I. � 
vietato di prendere accordi �con Stati, enti e cittadini esteri su questioni 
interessanti il servizio delle radiodiffusioni, senza la preventiv'l 
autorizzazione del Ministero delle Poste, sentiti i Ministeri interessati; 
per gravi motivi di ordine pubblico il Ministro dell'Interno pu� modificare 
il piano di massima dei programmi e degli orari, e per gli stessi 
motivi, o per ragioni militari, o per grave necessit� pubblica, il Governo, 
inteso il Consiglio dei Ministri, con decreto del Presidente della Repubblica 
potr� sospendere o limitare l'esercizio o prendere possesso degli 
impianti ed uffici, senza che la R.A.I. abbia diritto a nessuna speciale 
indennit� (convenzione cit., art. 20). Infine, nei casi di inadempienza 
dell'ente o di inosservanza delle disposizioni vigenti, o di g:i:avi irregolarit� 
nel servizio, � prevista l'applicazione di una ammenda da parte 
del Ministero delle Poste e, in caso di recidiva, � prevista la revoca 
della concessione con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta 
del Ministro delle Poste, sentito il parere della Commissione 
parlamentare o del Comitato ministeriale, a seconda che le inadempienze 
si riferiscano, rispettivamente, al lato politico o a quello culturale


3 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

614 

artistico delle trasmissioni. Ci� a prescindere dalle numerose altre i;estr�zioni 
ed obbligazioni di interesse tecnico ed organizzativo pure imposte 
alla R.A.I. e dal generico potere di vigilanza sull'andamento del servizio� 
attribuito al Governo dagli artt. 1 e segg. del d.l. n. 428 del 1947, checontemplano 
il sistema dei vincoli e non ne lasciano al di fuori alcun 
settore della vita e dell'attivit� dell'ente concessionar�o, dalla consistenza 
patrimoniale all'organizzazione amministrativa e tecnica. 

In relazione a questa vasta rete di interferenze e di controlli, Jo. 
speciale rapporto di concessione stabilito�� con la R.A.I., sia che lo si 
intenda come un rapporto di sostituzione, in cui il privato � un esercente 
dell'attivit� della quale titolare � lo Stato, per conto del qualeil 
privato agisce, sia che lo si intenda come uno speciale rapporto� 
organico, per cui il privato si presenterebbe quale mezzo indiretto 
attraverso cui lo Stato raggiunge i suoi fini, questo speciale rapporto� 
costituisce uno strumento valido per la realizzazione dei fini cui istituzionalmente 
tende il servizio di radiodiffusione nel regime di pubblicit� 
che gli deriva dalla riserva della titolarit� del servizio stesso allo Stato. 
Bisogna pertanto riconoscere che, come gi� in diversa occasione ebbe� 
a rilevare questa Corte (sentenza 6 luglio 1960, n. 59, che tratta del' 
monopolio statale televisivo), esso � perfettamente inquadrabile nella 
disciplina dell'art. 43 della Costituzione. 

6. -Circa la seconda questione, riguardante la legittimit� costituzionale 
dell'art. 36 della legge 7 gennaio 1929, in relazione alle disposizioni 
del d.l. 21 febbraio 1938, per asserito contrasto con l'art. 102� 
della Costituzione, basta osservare che il suo presupposto, cio� lauto-matica 
soppressione delle giurisdizioni speciali alla scadenza del ter-� 
mine per la revisione stabilita dalla VI disposizione transitoria della 
Costituzione, � stato gi� pi� volte esaminato dalla Corte che lo ha 
respinto. La Corte ha affermato che il Costituente non ha voluto� 
senz'altro sopprimere le giurisdizioni speciali preesistenti all'entrata in 
vigore della Costituzione, ma soltanto sottoporle a revisione :;id opera 
del Parlamento, e che il quinquennio, entro cui tale revisione doveva 
essere effettuata, non � termine perentorio; onde le giurisdizioni speciali 
legittimamente continuano a svolgere le loro funzioni fino a quando� 
non si sar� proceduto alla loro revisione (sentenze n. 41 del 1� marzo� 
1957, n. 41 del 10 giugno 1960 e n. 92 del 13 novembre 1962). Non 
essendo d'altra parte dubbio che la cognizione delle contravvenzioni 
attribuite all'Intendente di finanza dagli artt. 21 e 36 della citata legge� 
del 1929 concreti una giurisdizione speciale, non pu� ritenersi non 
applicabile anche ad essa il principio posto dalla Corte circa la soprav-vivenza 
delle giurisdizioni speciali, epper� la questione appare manifestamente. 
infondata. -(Omissis). � 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 615 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 59 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Papaldo -Giunta Provinciale di Bolzano (avv. Guarino), Provincia 
di Trento {avv. Morelli), Regione Trentino-Alto Adige (sost. 
avv. gen. Stato Guglielmi). 

Caccia -Trentino-Alto Adige -Costituzione del territorio regionale 
in riserva di caccia -Violazione del principio del giusto 
procedimento -Insussistenza. 

(l. reg. T.AA., 7 settembre 1964, n. 30). 
Caccia -Limitazione del diritto dei privati operato dalla legge 
regionale costitutiva delle riserve di caccia -Insussistenza. 

(t.u., 5 giugno 1934, n. 1016, artt. 44, 67; Cost., artt. 41, 42, 43). 

C;:iccia -Conferimento della gestione delle riserve di caccia alle 
Sezioni della Federazione della Caccia -Legittimit�. 

(Cost., artt. 5, 18, 118; t.u., art. 67, 5 giug~o 1939, n. 1016; d.m. 19 luglio 
1961: Statuto T.AA., art. 11, n. 4). 

La costituzione di diritto in riserva di caccia dell'intero territorio 
regionale del Trentino-Alto Adige, escluse le zone riservate dai privati, 
operata dalla legge regionale 7 settembre 1964, n. 30, non viola il principio 
del giusto procedimento, giacch� non ha avuto alcun effetto lesivo 
nei riguardi della tutela dei diritti e degli interessi di Enti o persone 
situati nella Provincia (1). 

Il nostro ordinamento non riconosce al proprietario terriero un 
diritto alla selvaggina come pertinenza o frutto del fondo, n� un diritto 
alfesclusivo esercizio della caccia sul fondo stesso: la facolt� di esercitare 
la caccia non �, quindi, insita nel diritto di propriet� fondiaria, 
ma � un aspetto del diritto di libert�. Non contrasta pertanto la .legge 
regionale 7 settembre 1964 n. 30 con i principi sanciti negli artt. 41, 
42 e 43 della Costituzione {2). 

� pienamente legittimo, da parte della Regione,� il conferi mento 
della gestione delle riserve di caccia alle Sezioni della Federazione 
della caccia, poich� tale conferi mento non solo � in armonia con quanto 
disposto dall'art. 67 del t.u. sulla caccia, ma non viola n� il principio 
costituzi_onale della libert� di associazione, in quanto non crea nuove 
situazioni monopolistiche, n� il diritto della Provincia, giacch� questa 
non ha alcun potere in materia di caccia (3). 

(1) La questione era stata sollevata dalla Giunta Provinciale di Bolzano con 
ricorso 13 novembre 1964 (Gazzetta Ufficiale, 9 gennaio 1965, n. 7). 
La pronuncia in esame trae origine dal richiamo della Provincia di Bolzano 
alla decisione costituzionale del 2 marzo 1962, n. 13, in cui la Corte affermava in 



616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -2. -La Provincia si lagna che la legge regionale abbia 
costituito di diritto in riserva di caccia l'intero territorio regionale, 
escluse le zone riservate dai privati; violando cos� il principo del giusto 
procedimento. 

L'esigenza del giusto procedimento fu affermata da questa Corte 
con la invocata decisione del 2 marzo 1962, n. 13, sulla base del rispetto 
dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato: rispetto cui � vincolata 
anche la Regione Trentino-Alto Adige in virt� dell'art. 4 del suo 
Statuto. Ma questa esigenza non ha carattere di assolutezza. Non �, 
infatti, ancorata ad una inesistente " riserva � a favore dell' Amministrazione, 
ma � ispirata alla tutela dei diritti e degli interessi. La legge 
regionale� allora impugnata, sostituendo una propria generale determinazione 
ai singoli atti amministrativi, faceva cadere di colpo quella 
tutela che lordinamento statale appresta attraverso lespletamento dei 
singoli procedimenti con il seguito di controlli, di ricorsi amministrativi 
e rimedi giurisdizionali. 

Nel caso attuale la legge regionale, come .si dir� pi� i:tmpiamente 
in seguito, nulla sottrae a chicchessia, n� agli enti pubblici n� ai privati 
proprietari, giacch�, in sostanza, nulla innova rispetto alla situazione 
precedente. La sostituzione di una dichiarazione legislativa a quella 
amministrativa non ha, dunque, avuto alcun effetto lesivo nei riguardi 
della tutela dei diritti e degli interessi. 

E pertanto la Corte, pur mantenendo fermo il proprio orientamento 
circa lesigenza del giusto procedimento ai sensi della decisione 

~11 
" 

sopra richiamata, giudica che in questo caso quel principio non trova 
applicazione. 

via generale lesigenza del giusto procedimento, in relazione ad una legge regionale 
allora impugnata, che sostituiva una propria generale determinazione ai singoli atti 
amministrativi. Ma la necessit� di tale affermazione non trova luogo in questo caso, 
in cui non � dato vedere alcuna violazione di diritti ed interessi legittimi dei privati 
e degli enti compresi nella Regione. 

(2) Il principio fu gi� affermato dalla Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1960, n. 2687 
(in questa Rassegna, 1961, 18). Analogamente il Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 dicembre 
1963, n. 1019, ha ha ritenuto manifestamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale, per violazione dell'art. 42 Cost., dell'art. 44, terzo comma, 
del t.u. sulla caccia. 
Per la natura e limiti del diritto di caccia si veda la voce Caccia, Noviss. dig. 
it., II, Torino, 1958, ed Encicl. dir., V, Milano, 1959, 746. 

(3) Gi� altra volta la Provincia di Bolzano ha ricorso alla Corte Cost. assumendo 
il proprio diritto a regolare la materia della caccia nell'ambito della Provincia 
stessa, in occasione della costituzione del Comitato Provinciale della caccia da 
parte della Regione. Si veda sent. Corte Cost., 7 dicembre 1964, n. 101 (in questa 
Rassegna, 1964, 1005, ove, in nota, richiamo della sent. Corte Cost., 26 giugno 1962, 
n. 69). 

PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 617 

3. -Non � fondata la censura relativa alla violazione degli artt. 41, 
42 e 43 della Costituzione. 
Si pu�, anzitutto, rilevare che � la legge nazionale che ha derogato 
rispetto alla zona delle Alpi, alle norme generali del testo unico sulla 
caccia concernenti limiti e modalit� per la costituzione delle riserve ed 
in particolare ha derogato alla disposizione contenuta nell'art. 44 circa 
l'indennit� da corrispondersi al proprietario dissenziente. Queste deroghe, 
pur non essendo espresse, sono chiare, giacch� risultano necessariamente 
dal fatto che tutto il territorio ricadente in quella zona, 
escluse le zone riservate dai privati, pu� essere sottoposto a riserva ai 
sensi dell'art. 67 del medesimo testo unico senza altre formalit� o altri 
vincoli che non siano quelli previsti da questa disposizione. E nessuno 
ha contestato la legittimit� costituzionale di queste norme statali. 

Poich�, come si � detto, � pacifico in fatto che, in base alla legge 
nazionale, tutte le zone non riservate dai privati erano state costituite 
in riserva, la legge regionale non ha fatto altro che cristallizzare questa 
situazione, rendendola definitiva e permanente. 

La realt� � che con questa legge nulla � stato tolto ai proprietari 
se non la ipotetica ma remota possibilit� di riavere liberi i propri terreni 
nel caso che qualche Comune revocasse la costituzione della riserva, 
dato e non concesso che tale revoca fosse ammissibile. 

Ora, se questo � l'unico effetto della legge regionale, la Corte 
ritiene che non ricorrano i presupposti per un raffronto della legge 
regionale , con gli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione; giacch� la 
Regione non ha sostanzialmente mutato la situazione di fatto e di 
diritto gi� esistente in base alla legge nazionale. 

Comunque, anche se queste considerazioni non si dovessero ritenere 
sufficienti, la questione resterebbe ugualm�nte infondata. 

Il nostro ordinamento non riconosce al proprietario del terreno n� 
un diritto a fare propria la selvaggina come pertinenza o frutto del 
fondo n� un diritto ali' esclusivo esercizio della caccia sul fondo stesso 
n� un diritto a costituire su di esso una riserva di caccia. La facolt� 
di esercitare la caccia non � insita nel diritto di propriet� fondiaria, 
ma � un aspetto del diritto di libert�, il cui esercizio subisce limitazioni 
per la salvaguardia dell'incolumit� delle persone, per la protezione 
della fauna, per la tutela delle colture e dei prodotti agricoli, per la 
disciplina della caccia come attivit� sportiva. 

Costituendo in via permanente la riserva di caccia sui terreni non 
riservati dai privat~ la legge regionale ha attuato questi fini che sono 
anche propri dell'ordinamento statale. Cos� facendo, non ha violato 
gli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione. 

Non ha violato gli artt. 41 e 43. Non ha creato n� trasferito alcuna 
impresa o comunque alcuna attivit� di carattere economico, giacch�, 



618 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

nell'affidare �.lle Sezioni della Federazione della caccia la gestione delle 
riserve, la Regione ha conferito !o!d esse l'esercizio di facolt� di carattere 
pubblico per il raggiungimento di fini di pubblico interesse. Si vedr� 
fra poco se questo conferimento sia, sotto altri aspetti, legittimo; ma � 
certo che non se ne pu� contestare la legittimit� alla stregua degli articoli 
41 e .43, per l'applicazione dei quali non sussistono i presupposti. 

N� si ha la violazione dell'art. 42, perch� nessuna espropriazione 
� stata effettuata, non esistendo alcun diritto da espropriare. 

4. -Si esaminano ora le censure relative alla legittimit� del conferimento 
della gestione alle Sezioni provinciali della Federazione della 
caccia. Tali censure sono state ripetute sotto vari aspetti in qiversi 
motivi del ricorso. � opportuno vagliarle per gruppi. 
Non sussiste contrasto tra la legge impugnata ed i principi enunciati 
da questa Corte con la decisione n. 69 del 1962, la quale dichiar� 
illegittime alcune disposizioni del testo unico delle leggi sulla caccia 
per contrasto con l'art. 18 della Costituzione, in quanto quelle norme 
violavano il diritto di libert� di associazione. Nella specie, questo diritto 
� pienamente riconosciuto e tutelato sia nei riguardi di altre associazioni 
di cacciatori sia dei cacciatori non iscritti ad alcuna associazione. 

N� valgono ai fini della presente decisione le considerazioni che si 
leggono nella stessa sentenza �circa i poteri della Federazione italiana 
della caccia in relazione a quelli spettanti alle Amministrazioni provin


ciali ed ai Comitati provinciali della caccia. La sentenza deline� la 
situazione della Federazione nei rapporti con lo Stato e con altri enti; 
e ci� fece ai fini di stabilire se fossero legittime o non le norme che �' 
imponevano l'obbligo dell'iscrizione alla Federazione. Ma la Corte non 
neg� la legittimit� delle norme relative alla istituzione ed all'ordinamento 
di quell'Ente. 


Non si pu� quindi trarre da quella sentenza alcun valido argomento 
per contestare la legittimit� della legge impugnata che affida 
-'--senza esclusivit� -:--alle Sezioni provinciali della Federazione la 
gestione delle riserve. 

L'altra decisione ricordata dalla Provincia, quella del 1961, n. 13, 
non ha alcuna influenza nel caso attuale. Fu allora dichiarata l'illegittimit� 
di alcune norme di una legge di altra Regione, in quanto avevano 
posto in essere un sistema tale da determinare illegittimi monopoli 
ed illegittime esclusioni in pregiudizio di organi e di persone non 
appartenenti a quella !legione. Ma la stessa sentenza dichiar� non censurabile, 
in linea di principio, il fatto che la Regione si avvalesse di una 
associazione locale. 

Nella specie, si ripete, la legge regionale non solo non ha creato 
nuove situazioni monopolistiche, ma anzi ha aperto gli accessi ad altre 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 619 

:associazioni di cacciatori, come ai cacciatori non iscritti ad alcuna associazione. 


Non �, poi, esatto che la legge regionale non potesse affidare la 
:gestione delle riserve alle Sezioni della Federazione, giacch� avrebbe 
<lovuto affidarla, semmai, a libere associazioni o ad individui o ai loro 

raggruppamenti. 

Intanto, � da ricordare che nessun sostanziale contrasto sussiste 
tra la legge regionale e quella nazionale su questo punto, poich� anche 
il pi� volte ricordato art. 67 del testo unico non tanto consente quanto 
impone che la riserva cc sia ceduta alla rispettiva Sezione della Federazione 
�. Quindi anche se fosse esatto ritenere che questa norma 
sarebbe l'espressione di un principio generale dell'ordinamento al cui 
rispetto la �Regione � vincolata, in nessuna violazione di tale principio 
csarebbe incorsa la legge regionale. 

N� pu� dirsi che ci sia stata violazione di altri principi della Costituzione, 
peraltro non espressamente enunciati nel ricorso, giacch�, 
dimostrato che non sussiste alcun attentato al diritto di libert� di associazione, 
non pu� contestarsi la legittimit� della norma regionale, che 
non ha ritenuto di affidare a privati o a gruppi di privati lesercizio 
delle riserve. 

N�, infine, � fondato l'assunto che, essendo la Federazione per la 
caccia un ente pubblico le cui funzioni sono determinate dalla legge 
.statale per essere esercitate nell'ambito dell'ordinamento statale, la 
legge regionale non avrebbe potuto attribuire alla Federazione funzioni 
diverse da quelle che la legge dello Stato affida a tale Ente. Si afferma, 
infatti, nel ricorso che tra le funzioni dell'Ente non sono comprese le 
attivit� � direttamente operative quali sono quelle che attengono alla 
diretta gestione della riserva di caccia � � 

Ora, se con ci� si vuole sostenere che le Sezioni della Federazione 
non potrebbero gestire riserve, si dice cosa inesatta, in quanto, come 
si � visto, � proprio la legge nazionale che impone la cessione delle 
riserve alle Sezioni (non importa se provinciali o comunali) della Federazione. 


Se, poi, la tesi della Provincia fosse nel senso che la legge regionale 
non avrebbe potuto affidare funzioni alle Sezioni di un Ente nazionale, 
tale tesi sarebbe infondata, giacch�, continuando le Sezioni della Federazione 
ad esistere e ad operare nel territorio della Regione, nulla 
vietava che alle Sezioni provinciali venisse affidata la gestione delle 
riserve. 

� 5. -La legge impugnata non ha yioiato alcun diritto delle Provincie 
e dei Comuni. 
Non ha sottratto imlla alle Provincie, non avendo queste alcun 
potere in materia di caccia, n� in virt� dello Statuto speciale, n� per 



620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

effetto delle leggi statali. Baster� richiamare in proposito la sentenza 
di questa Corte n. 101 del 1964. 

In particolare, la legge in esame non ha violato l'art. 11, n. 4, dello 
Statuto, che attribuisce alla Provincia di Bolzano competenza in materia 
di usi e costumi locali. Questa norma non ha imposto il ripristino di 
tutti gli istituti preunitari: quando lo Statuto ha voluto consentire tale 
ripristino lo ha detto esplicitamente, come, per esempio, in materia di 
masi chiusi e di comunit� familiari rette da antichi statuti o consuetudini. 
. 

La Regione non era, quindi, tenuta a rimettere in vigore ~n ordinamento 
che era venuto a cessare fin dal 1931 e che si sarebbe presentato 
in contrasto con l'ordinamento nazionale della stessa materia. 

Niente, poi, � stato tolto ai Comuni. 

Come risulta dall'art. 67 del testo unico e dal d.m. 19 luglio 1961, 
contenente le norme per il funzionamento delle riserve comunali di 
caccia della zona faunistica delle Alpi, i Comuni possono costituire 
riserve a condizione che queste siano cedute alla rispettiva Sezione 
della Federazione della caccia con diritto a percepire un canone. Tale 
diritto di natura pecuniaria, che � l'unico spettante ai Comuni, � stato 
mantenuto e la misura ne � stata determinata con criteri sulla cui 
legittimit� il ricorso non muove censura. 

Il ricorso denuncia la violazione del principio generale dell'autonomia 
degli enti locali, sancito negli artt. 5 e 118 della Costituzione e 
ribadito negli artt. 13 e 14 dello Statuto regionale. 

Nemmeno questa doglianza � fondata, giacch� dalle norme invocate 
non si pu� trarre un divieto per la Regione di affidare alcune 
funzioni a Sezioni locali di un Ente nazionale, qualunque sia la natura 
di tali organi, non essendo da escludersi in certi casi particolari, come 
quello in esame, che tale conferimento possa essere effettuato nei 
riguardi di formazioni locali, dotate o non di personalit� giuridica, 
anzi nei riguardi dei Comuni. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 60 -Pres. Ambrosini -
Rel. Jager (Camera di Consiglio). 

Commercio al pubblico -Vendite straordinarie o di liquidazione Necessit� 
dell'autorizzazione della Camera di Commercio Violazione 
della libert� di iniziativa economica -Esclusione. 
(Cost., art. 41; r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 294, artt. 1, 2, 15). 

Le disposizioni del r.d.l. 19 gennaio 1939 n. 294, convertito nella 
legge 2 giugno 1939 n. 739, le quali condizionano alla previa autorizzazione 
della Camera di Commercio, e per casi tassativamente indicati, 
le vendite straordinarie e di liquidazione, non sono .in contrasto con il 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 621 

principio della libera iniziativa economica enunciato dalTart. 41 Cost., 
avendo esse non gi� lo scopo di limitare l'iniziativa economica privata, 
ma di prevenire e reprimere vere e proprie frodi a danno dei commercianti 
onesti e dei consumatori incauti (1). 

(Omissis). -Con il decreto legge 19 gennaio 1939 n. 294, convertito 
in legge 2 giugno 1939 n. '739, si ritenne opportuno disciplinare 
le vendite straordinarie o di liquidazione, considerando tali le � forme 
di vendita al pubblico, con le quali un commerciante cerca di esitare 
in breve tempo tutte le proprie merci o gran parte di esse, presentando 
al pubblico la vendita come occasione particolarmente favorevole � 
(art. 2, primo comma). 

Si dispose pertanto che potessero effettuare vendite di merci sotto 
tale forma �soltanto coloro, che avessero ottenuto una preventiva autorizzazione 
della Sezione commerciale dei Consigli provinciali delle 
corporazioni (ora, Camere di commercio, industria e agricoltura), la 
quale avrebbe potuto concederla in una serie �di casi compresi in un 
elenco contenuto nella stessa legg� (artt. 1, 4, 5 e 8); e furono previste 
sanzioni penali (ammenda) e amministrative (ritiro della licenza di 
commercio) a carico di chi avesse effettuato una vendita straordinaria 
o di liquidazione senza avere ottenuto la preventiva autorizzazione, o 
avesse comunque contravvenuto alle disposizioni legislative (art. 15). 

Un esame accurato della disciplina della materia non induce tuttavia 
a ritenere giustif�.cate le critiche ad essa rivolte. Ne risulta infatti 
che sono sufficientemente specificate le ipotesi, nelle quali � consentita 
la concessione della autorizzazione, nonch� quelle in cui tale autorizzazione 
non � nemmeno necessaria. 

D'altra parte, sembra innegabile la opportunit� che attivit� di 
questo genere siano soggette a controllo, onde evitare forme di concorrenza 
sleale e mistificazioni a danno degli acquirenti. 

Queste considerazioni trovano conferma in una circolare n. 1198/C 
del 21 gennaio 1959 del Ministero dell'Industria e del Commercio, diramata 
in seguito alla constatazione che l'applicazione delle norme sopra 
ricordate non sarebbe stata fatta dalle varie Camere di commercio 
secondo criteri uniformi, poich� alcune di esse avrebbero ritenuto neces


(1) Questione decisa con procedimento in Camera di Consiglio, non essendovi 
stata costituzione di parte nel giudizio. 
Essa era stata originata dall'ordinanza 16 luglio 1964 del Pretore di Foggia 
(Gazzetta Ufficiale, 26 settembre 1964, n. 238). Tale ordinanza � massimata in 
Foro it., 1964, II, 430 (con nota di GOTTI PoRCINARI, Giur. agraria it., 1964, 579). 
Sulle norme impugnate: BoDDA, Nuova rassegna, 1955, Il, 1451; SARTEscm, Monit. 
trib., 1939, 481. 

Decisione di indiscutibile esattezza, dovendosi escludere la compressione della 
autonomia economica del cittadino ogni volta che la legge intervenga a porvi limitazioni 
per motivi di utilit� generale. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

622 

saria la speciale autorizzazione anche in casi non previsti dalla legge 
e � senza tenere alcun conto del principio generale di lihert� stabilito 
dall'art. 41 della Costituzione in materia di iniziativa economica 
privata�. 

Tale circolare considera in modo ancor pi� particolareggiato una 
numerosa serie di casi, per i quali dispone che non � necessaria l'autorizzazione 
prevista dalle norme denunciate, ovvero che sussistono i 
presupposti richiesti affinch� essa venga concessa. N� vi � ragione di 
supporre che le disposizioni ivi contenute non siano osservate dalle 
Camere di commercio, e tanto meno dal Prefetto, al quale gli interessati 
possono proporre ricorso contro le deliberazioni di esse (art. 14). 

Si deve concludere pertanto chenon soltanto il testo e il contenuto 
delle norme, ma anche il modo in cui esse risultano e.5sere interpretate 
ed osservate o fatte osservare, non possono essere considerati in contrasto 
con i principi dell'art. 41 della Costituzione, avendo quale scopo 
non gi� di limitare l'iniziativa economica privata, ma di prevenire e 
reprimere vere e proprie frodi a danno dei commercianti onesti e dei 
consumatori incauti; e che, nella ipotesi che l'applicazione in concreto 
di esse non risultasse conforme a tali principi, sussistano garanzie sufficienti 
ad assicurare la tutela dei diritti protetti dalla Costituzione. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 61 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali -Anastasi e Lemma (n.c.) e Presidente dei Ministri 
(Sost. ayv. gen. Stato Chiarotti). 

Sicurezza pubblica -Autorizzazione prefettizia per l'esercizio delle 
attivit� di vigilanza o di custodia di propriet� mobiliari o 
immobiliari -Violazione della libert� di scelta del lavoro Insussistenza. 
(Cost., art. 4; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 134). 

La norma delfart. 134 delle leggi di P.S., la quale subordina ad 
autorizzazione prefettizia l'esercizio delle attivit� di vigilanza o dt 
custodia di propriet� mobiliari o immobiliari non contrasta con r art. 4 
della Costtuzione, poich� la norma stessa garantisce alla comunit� che 
un'attivit� autonomamente svolta � conforme alle esigenze della sicurezza 
pubblica e a quelle della libert� dei cittadini, con i quali le guardie 
giurate private possono venire in relazione: in modo da non potersi 
temere attentati alr una o al( altra (l). 

(1) Questione sollevata con due contestuali ordinanze 8 marzo 1963 dal 
Pretore di Oppido Mamertina, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, 23 maggio 
1964, n. 126). 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 623 

(Omissis). -A torto il Pretore invoca l'art. 4 della Costituzione per 
spiegare il dubbio da lui avanzato sulla legittimit� costituzionale della 
norma denunciata. 

Il predetto art. 4 � enuncia il principio che impone allo Stato �di 
favorire il massimo impiego delle attivit� libere (sentenza 16 gennaio 
1957, n. 3, Foro it., 1957, I, 206) e di de~erminare e di mantenere situazioni 
economiche sociali e giuridiche. tali da aprire concretamente alla 
generalit� dei cittadini la possibilit� di procurarsi un posto di lavoro 
(sentenze 7 giugno 1963, n. 105 e 26 maggio 1965, n. 45). Il medesimo 
art. 4 della Costituzione riconosce al cittadino un diritto alla scelta 
dell'attivit� 'lavorativa e del modo di esercitarla, come un mezzo fondamentale 
di attuazione dell'interesse allo sviluppo della sua personalit�; 
un diritto presidiato dal divieto di creare e di lasciar sussistere nell'ordinamento 
norme che pongano o consentano di porre limiti a tale libert� 

o che tale libert� direttamente o indirettamente rinneghino (citata sentenza 
26 maggio 1965, n. 45). � 
Ma � incontestabile che il principio della libert� di scegliere una 
attivit� di lavoro non � leso da limitazioni poste dalla legge a tutela 
di altri interessi e di altre esigenze sociali {sentenza 15 marzo 1960, 

n. 12): ogni libert� trova contemperamenti al contatto di sfere concorrenti, 
che siano ugualmente meritevoli di protezione costituzionale (sentenze 
5 giugno 1956, n. l; 16 gennaio 1957, n. 2; 20 aprile 1959, n. 27; 
21 gennaio 1960, n. l; 13 febbraio 1960, n. 6). Sul fondamento di tali 
premesse questa Corte ha ritenuto che non comprima il diritto al lavoro 
l'iscrizione in albi professionali (sentenza 16 gennaio 1957, n. 3), la 
determinazione di requisiti particolari per l'accesso ai posti di lavoro 
e in genere la determinazione di modi e di condizioni per l'assunzione 
dei lavoratori (sentenza 8 aprile 1958, n. 30 e cit. sentenza 7 giugno 1963, 
n. 105), la posizione di norme dirette a disciplinare praticamente la soddisfazione 
del bisogno di impiego (sentenza 9 aprile 1957, n. 53): ha 
per� giudicato che limite di legittimit� delle restrizioni ad ogni diritto 
di libert� � che questo non ne risulti praticamente soppresso ovvero 
gravemente affievolito o cpmpresso ( cit. sentenza 13 febbraio 1960), e, 
a proposito del diritto al lavoro, ha negato valore alle limitazioni che 
chiudono l'esercizio di una professione entro una cerchia avente le 
caratteristiche delle antiche e tramontate corporazioni locali (sentenza 
17 marzo 1961, n. 13). 
Sull'interpretazione dell'art. 4 della Costituzione, cfr., da ultimo, Corte Cost., 
9 giugno 1965, n. 45, Foro it., 1965, I, 1119 e 22 giugno 1963, n. 105, id., 1963, 
I, 1577. Per le precedenti pronunce della Corte in tema di diritto al lavoro si 
consultino le numerose sentenze citate in motivazione. 

In dottrina sull'art. 134 del t.u. di P.S., BONITO, Attribuzione della quaUfica 
di pubblico ufficiale alle guardie particolari giurate, Riv. polizia, 1963, 273. 



624 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Ora, l'art. 134 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, contenente il testo 
unico delle leggi di pubblica sicurezza, � tra le norme che regolano 
l'accesso all'esercizio di una attivit� di lavoro, ma non eliminano o 
eccessivamente ed intollerabilmente riducono la libert� della sua scelta. 
Esige la licenza prefettizia per svolgere opera di vigilanza o custodia 
di propriet� mobiliari o immobiliari od opera di investigazione, di 
ricerca o di informazione per conto di privati; e, mentre chiaramente 
allude ad un'ipotesi di lavoro esplicato in modo professionale, non mira 
ad altro che ad accertare lesistenza di specifiche condizioni: la cittadinanza 
italiana, la ~apacit� di obbligarsi, l'immunit� da condanne per 
delitto non colposo, l'esclusione di ogni compito che implichi esercizio 
di pubbliche funzioni o permetta menomazione della libert� individuale 
dei terzi. Verificata la concorrenza di codeste circostanze, l'autorizzazione 
non potr� essere negata: la discrezionalit� amministrativa � pertanto 
limitata, il che assicura contro il pericolo di arb�tri lesivi della 
libert� costituzionalmente riconosciuta. 

La disciplina legislativa ha, del resto, la sua ragione. A parte la 
disposizione dell'art. 255 del regolamento 6 maggio 19'40, n. 635, che, 

secondo quanto era previsto nel testo unico anteriore ma non � stato 
ripetuto in quello vigente, attribuisce alle guardie particolari il potere 
di stendere verbali nell'adempimento del servizio cui sono destinate e 
per tali verbali stabilisce che fanno fede in giudizio fino a prova contraria, 
� importante notare che la professione di cui si tratta, ha, nella 
soddisfazione di un bisogno privato di informazione e in quello di 
protezione della propriet� privata, scopi convergenti con le finalit� della 
funzione di polizia, e per� � stata ritenuta attivit� integrativa di questa: 
ci� spiega il perch� la professione di guardia particolare non sia permessa 
se non previo accertamento di un minimo di requisiti idonei ad g 
affidare contro gli, abusi. L'opera di tali guardie il pi� delle volte si 
risolve in un servizi0 organizzato, che implica utilizzazione di uomini 

I 
armati; pertanto � logico che, prima di ammetterne l'esplicazione, si 
ricerchi se il suo fine sia lecito e se essa verr� a dispiegarsi in un ambito 
di legalit�. 

Non � dunque il libero esercizio di una attivit� di lavoro che si 
restringe con la norma denunciata, ma si garantisce alla comunit� che 
una attivit� autonomamente scelta � conforme alle esigenze della sicurezza 
pubblica e a quelle della libert� dei cittadini con i quali le guardie 
private possono venire in relazione; in modo da non potersi temere 
attentati all'una e all'altra. Per il che non basta certamente, come invece 
ravvisa il giudice a quo, l'applicazione delle norme che regolano il 
porto delle armi. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 625 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1962, n. 62 -Pres. Ambrosini -

Rel. Benedetti -Maffei e Benigni (n.c.) e Presidente Consiglio dei 

Ministri _(Sost. Avv. Gen. Stato Chiarotti). 

Imposte e tasse -Imposta di registro -Disposizione preclusiva del 

giudizio di stima relativamente agli acquisti ai pubblici incanti 

-Violazione del principio della capacit� contributiva -Esclu


sione. 

(Cost., art. 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50). 

La disposizione dell'art. 50 della vigente legge di registro, la quale 

secondo l'univoca interpretazione giurisprudenziale ~ esclude dal 
giudizio di accertamento di maggior valore gli atti di acquisto di immobili 
ai pubblici incanti, non importa alcuna sperequazione tra contribuenti, 
e quindi violazione del principio della capacit� contributiva di 
ciascuno, dato che gli acquisti ai pubblici incanti, a differenza di quelli 
del libero mercato, danno unassoluta garanzia sull'autenticit� del prezzo 
pagato ed una ragionevole presunzione della corrispondenza di tale 
prezzo al valore di libero mercato del bene acquistato (1). 

(Omissis). -La questione non � fondata. 

Il diverso criterio di valutazione, dettato dalla norma in esame per 
le vendite di beni ai pubblici incanti, si adegua alle evidenti ed irinegabili 
differenze esistenti tra siffatte vendite e quelle in libero commercio. 
� ben noto che con il sistema della vendita ai pubblici incanti 
il trasferimento di un bene si realizza attraverso la rigorosa osservanza 
di regole minuziose, unitariamente rivolte a garantire il regolare svolgimento 
di una gara. 

Gli appositi mezzi di pubblicit�, l'osservanza delle forme e dei termini 
per la celebrazione dell'asta, la determinazione di un prezzo base, 
il libero concorso delle offerte, la sorveglianza costante delle pubbliche 
autorit� rivolta ad evitare qualsiasi turbativa o fraudolenta dell'incanto, 
sono tutti strumenti che la legge ha predisposto perch� l'asta pubblica 
assolva il suo scopo: consentire il conseguimento del giusto prezzo dei 
beni sotto il segno della libert� economica e mediante il gioco della 

(1) La questione era stata sollevata dalla Commissione Provinciale delle 
Imposte di Avellino con due ordinanze 6 dicembre 1963 e 29 maggio 1964, pubblicate, 
rispettivamente, sulla Gazzetta Uffciale, 13 giugno 1964, n. 144 e 13 feLbraio 
1965, n. 39. 
Il principio esposto nella sentenza � stato pi� volte espresso anche in decisioni 
delle Commissioni Centrali. Si ricordano la dee. Comm. Centr., Sez. V, 24 gennaio 
1940, n. 21586, Boll. dee., 1940, n. 114; Comm. Centr., S.U., 24 maggio 1950, 

n. 13733, Rass. tasse, 1951, 350; Comm. Centr., Sez. V, 12 ottobre 1955, n. 74872, 
Giur. imp., 1956, 505. 

626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
I 
-:-:

normale concorrenza e cio� di un prezzo corrispondente al valore di ~ 

" 

mercato dei beni stessi. " 

Chiara quindi appare la ragione della norma in esame: il legislatore 
ha ritenuto superflua, sulla base di una sua discrezionale valuta, 
' 
zione, qualsiasi indagine sulla d�terminazione del valore del bene ven. 
. 
duto ai pubblici incanti, ed ha conseguentemente escluso l'ammissibilit� 
del giudizio di stima, sia perch� le vendite effettuate con tale sistema 
a differenza di quello del libero mercato -danno una assoluta garanzia 
sull'autenticit� del prezzo pagato, sia perch�, quando l'asta � stata celebrata 
nella rigorosa osservanza delle forme e dei termini dalla legge 
stabiliti, pu� a giusta ragione presumersi che il prezzo di aggiudicazione 
sia veramente corrispondente neila misura massima possibile, in 
quel dato luogo e in quel momento, a quel valore venale del bene acquistato 
su libero mercato, che rappresenta ci� che il procedimento valutativo 
ricerca. 

Nessun privilegio, pertanto, la norma denunciata riserba a favore 
di coloro che si rendano aggiudicatari di beni nei pubblici incanti e, 
conseguentemente, a nessuna ingiusta sperequazione essa d� fo.ogo. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1965, n. 63 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Jaeger -Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
dello Stato Guglielmi) c. Regione Siciliana (avv. F. Santoro Passarelli). 


Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzioni -Inammissibilit� 
di ricorso contro atti amministrativi esecutivi di d.P. Reg. Sic. 
non impugnato in termini. 

(l. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). 
I 

I decreti assessoriali emessi in attuazione del decreto del Presidente 

I 

della Regione Siciliana n. 2 del 4 maggio 1954, previsto dalrart. 7 
della legge regionale 7 dicembre 1963, n. 61, hanno natura di meri atti 
amministrativi �ese,cutivi. 

Non essendo stato impugnato il secondo nei termini di legge, � 
inammissibile il ricorso alla Corte Costituzionale del Presidente del Consiglio, 
che elevi conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione sorto 
per effetto dei predetti decreti assessoriali (1). 

(1) Il Presidente del Consiglio aveva elevato conflitto di attribuzione a seguito 
dei decreti assessoriali 7 giugno 1962, n. 1100, 1202, 1104, 1105, 1123 T. in 
materia di agevolazioni fiscali a favore di opifici industriali. Tali provvedimenti, che 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 627 

(Omissis). -Il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri 
contro la Regione siciliana, oggetto della causa, � configurato come 
diretto alla risoluzione di un conflitto di attribuzione fra lo Stato e la 
Regione, sorto per effetto di taluni decreti assessoriali emanati in data 
7 giugno 1962; esso si conclude per� con la richiesta che la Corte promuova 
in via incidentale la questione di illegittimit� costituzionale 
dell'art. 7 della legge regionale 7 dicembre 1953, n. 61, e solo in via 
subordinata si chiede che venga dichiarata rincompetenza della Regione, 
e in specie dell'Assessore alle finanze, ad emanare i provvedimenti 
impugnati, e di conseguenza pronunciato l'annullamento di essi. 

La difesa della Regione ha concluso invece in via principale per la 
inammissibilit� del ricorso, in linea subordinata perch� sia dichiarata la 
legittimit� costituzionale dello stesso art. 7 della legge regionale suddetta, 
e conseguentemente sia riconosciuta la competenza degli organi 
della Regione. 

La Corte non ritiene peraltro necessario procedere ali' esame delle 
questioni sulla legittimit� costituzionale della legge regionale stessa, 
posto che il conflitto di attribuzione � proposto dal Presidente del Consiglio 
come sorto per effetto dei suddetti decreti assessoriali emanati il 
7 giugno 1962. 

A giudizio della Corte, tali provvedimenti regionali hanno natura 
di meri atti amministrativi esecutivi, posti in essere per l'attuazione del 
decreto del Presidente della Regione, n. 2 del 4 maggio 1954, previsto 
dall'art. 7 della legge regionale 7 dicembre 1953, n. 61. Tale decreto 

seguivano il d. P. Reg. Sic. 4 maggio 1954, n. 2, venivano denunciati in relazione 
all'art. 28 Cost., nonch� agli artt. 17 e 86 dello Statuto Reg. Sic. La Corte, accogliendo 
leccezione sollevata dalla .Regione, dichiarava, inammissibile il ricorso, non 
essendo stato il d. P. sopra cit. tempestivamente impugnato. Nel merito, analoga 
questione era stata decisa, in conformit� dell'assunto sostenuto dalla difesa dello 
Stato, con sentenza 15 giugno 1960, n. 89, Giur. Cost., 1959, 685. (Cfr. anche 
sent. 24 novembre 1958, n. 60, Giur. Cost., 1958, 908; 80 dicembre 1958, n. 76, 
ivi~ 1958, 965). 

Sul problema dell'osservanza dei termini di cui all'art. 89 della legge 11 marzo 
1958, n. 87 la giurisprudenza della Corte ha diversi precedenti; � per� nuova la 
species in esame, in cui si eleva conflitto di attribuzioni a seguito di decreti esecutivi 
di altro provvedimento amministrativo. 

In presenza di atti esecutivi e non di atti conseguenziali (FRAGOLA, Atti amministrativi 
collegati, Foro it., 1952, III, 47), la soluzione adottata dovrebbe ritenersi 
accettabile. In senso conforme in dotrina (M. S. GIANNINI, Giustizia amministrativa, 
1961, 185; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, 1954, II, 190; LANDI-POTENZA, 
Manuale di diritto amministrativo, 1968, 614) e nella giurisprudenza del Consiglio 
di Stato (Sez. V, 8 marzo 1946, Riv. amm., 1946, 197; Sez. IV, 29 dicembre 1948, 
Foro amm., 1948, I, 200; Sez. VI, 27 agosto 1951, Racc. Cons. Stato, 1951, 956; 
Ad. pJen. Cons. Stato 25 marzo 1957, n. 5, Riv. amm., 1957, 406). 



628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del Presidente regionale non � stato impugnato ed i provvedimenti 
emessi dall'Assessore regionale per le finanze, di concerto con quello 
per l'industria e commercio, sono in funzione del decreto presidenziale, 
cui li collega un legame indiscutibile. 

La dichiarazione della inammissibilit� del ricorso del Presidente 
del Consiglio dei Ministri per la risoluzione del conflitto di attribuzione 
mporta pertanto l'inammissibilit�, sia della domanda di dichiarazione 
di incompetenza della Regione siciliana, e in particolare delrAssessore 
alle finanze, nella materia in contestazione, sia dell'istanza di annullamento 
dei provvedimenti impugnati. -(Omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 15 luglio 
1964, n. 66 -Pres. Donner -Rel. Lecourt -Avv. Gen. Lagrange 
(conf.) -Costa (avv. Costa, Stendardi) c. E.N.E.L. (avv. M.S. Giannini) 
-Governo della Repubblica Italiana (avv. Stato Tracanna). 

.:~ 

Trattati internazionali -Trattato sulla Comunit� economica europea 
-Interpretazione in via pregiudiziale nel giudizio in corso 
dinanzi ai giudici nazionali -Obbligo da parte di detti giudici 
di rimettere l'interpretazione alla Corte di Giustizia -Poteri 
della Corte in base alla pronuncia di rinvio -Limiti. 

Trattati internazionali -Trattato sulla Comunit� economica europea 
-Rilevanza sugli ordinamenti degli Stati membri all'atto 
di entrata in vigore .del Trattato -Prevalenza delle fonti 
comunitarie sulle fonti degli ordinamenti interni; 

Trattati internazionali -Trattato sulla Comunit� economica europea 
-Obbligo a carico degli Stati membri, della consultazione 
preventiva della Commissione sulla -emanazione di provvedimenti 
che riguardano le condizioni di concorrenza del Mercato 
Comune -Legittimazione dei singoli cittadini a eccepire la 

inosservanza dell'obbligo dinanzi ai giudici nazionali -Non 
sussiste -Obbligo di informazione preventiva in materia di 
� aiuti concessi dagli Stati � ai sensi dell'art. 93 del Trattato Legittimazione 
dei singoli cittadini a eccepire l'inosservanza 
di detto obbligo -Non sussiste -Divieto, ai sensi dell'art. 93 
di nuove restrizioni allo stabilimento dei cittadini degli Stati 
membri -Suo valore precettivo nei rapporti tra gli Stati 
membri e i loro cittadini -Divieto, ai sensi dell'art. 37, di 
introdurre nuovi monopoli nazionali a carattere commerciale Suo 
valore precettivo nei rapporti tra gli Stati membri e i 
loro cittadini. 



PARTE I, SEZ. I, _GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 629 

Trattati internazionali -Trattati sulla Comunit� economica europea 
-Interpretazione delle norme da parte della Corte dei 
Conti di Giustizia -Sua rilevanza nei confronti del giudice 
nazionale in ordine al provvedimento emanato dallo Stato 
membro. 

In forza dell'art. 177 del Trattato sulla Comunit� Economica europea, 
i Giudici nazionali, le sentenze dei quali non siano impugnabili 
per il diritto interno, sono obbligati a chiedere alla Corte di Giustizia, 
di statuire in via pregiudiziale, sulla interpretazione del Trattato, qualora 
venga sollevata dinnanzi ad essi una questione vertente su detta 
interpretazione. Ove il provvedimento di rinvio sia formulato in modo 
impreciso, la Corte pu� desumerne soltanto le questioni riguardanti la 
interpretazione del Trattato, esclusa ogni questione circa l'applicazione 
del Trattato al singolo caso, nonch� circa la compatibilit� di una norma 
giuridica interna col Trattato stesso ed esclusa, altresi, ogni indagine 
circa i moventi o gli scopi del rinvio (1). 

(1-4) Limiti della competenza della Corte di Giustizia della 

e.E.E. ex art. 177 lett. a) del Trattato -Diritto comunitario e 
diritto interno innanzi alla Corte Costituzionale ed alla Corte di 
Giustizia ("). 
1. -Con la statuizione della prima massima la Corte di Giustizia (la sentenza 
� pubblicata in Foro it., 1964, 137) ha ritenuto la propria competenza alla funzione 
interpretativa pregiudiziale di cui all'art. 177, lett. A) del Trattato C.E.E., sotto il 
profilo che, nella specie, sussistesse il potere-dovere della Corte di decidere la 
questione stessa, interpretando il provvedimento di rinvio al fine di desumere le 
questioni di interpretazione, onde statuire su queste, prescindendo dalle questioni 
di applicazione concreta del Trattato ed anche da quelle circa la compatibilit� di 
una norma giuridica interna con trattato stesso. 
La Corte ha soggiunto che lart. 177 ed il principio della separazione tra la 

competenza dei giuridici nazionali e quella della Corte stessa, non consentirebbe a 

quest'ultima di cc esaminare i fatti n� sindacare i movimenti e gli scopi del rinvio �. 

Nel caso deciso dalla Corte, l'ordinanza 16 gennaio 1964 del Conciliatore di 

Milano (che faceva seguito alla precedente ordinanza 10 settembre 1963 con la 

quale lo stesso Conciliatore aveva rimessa alla Corte Costituzionale la questione 

della legittimit� della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 sull'E.N.E.L. anche per asse


rito contrasto con l'art. 11 della Costituzione), rimetteva direttamente alla Corte 

Costituzionale la questione della legittimit� della legge sull'E.N.E.L. e contempo


raneamente alla Corte di Giustizia, a quest'ultima per l'indagine pregiudiziale di 

legittimit� o meno della legge italiana 6 dicembre 1962, n. 1643 e successivi 

diritti del Presidente della Repubblica, in relazione alle norme del Trattato indi


cate nell'ordinanza stessa. 

Quindi, doppio e contemporaneo rinvio (con conseguente sospensione a doppio 
titolo) disposto in modo autonomo, giacch� l'ordinanza, a prescindere dall'esito 

(") Lo studio �� stato gi� pubblicato nella Giurisprudenza Costituzionale, 1964, 1381-1404. 

4 



. 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

. 

A differenza degli ordinari trattati internazionali, il Trattato sulla: 
Comunit� economica europea ha istituito un proprio ordinamento giuridico, 
integrato nel[ ordinamento degli Stati membri all'atto dell' entrata 
in vigore del Trattato, che i Giudici nazionali sono tenuti ad osservare. 
Questa integrazione postula la prevalenza delle norme promananti 
dalle fonti comunitarie sulle leggi interne posteriori con esseincompatibili, 
le quali non potranno essere quindi, opponibili al[ ordinamento 
giuridico comunitario (2). 


L'art. 102 del Trattato Comunit� economica europea circa l'obbligodella 
consultazione preventiva della Commissione in relazione alla emanazione 
di provvedimenti suscettibili di provocare una distorsione nelle 
condizioni di concorrenza del Mercato Comune, importa esclusivamente 
un obbligo degli Stati verso la Comunit�, ma non attribuisce ai 
singoli diritti che i Giudici nazionali sono tenuti a tutelare: di conseguenza, 
i singoli non possono eccepire mediante l'art. 177, finadempienza 
dello Stato n� la carenza della Commissione. 
Analoga portata deve riconoscersi all'art. 93 dello stesso Trattato,.. 

i 

del nuovo giudizio in Corte Costituzionale, si � riservata la propria diretta compe-� 

I.,

tenza a giudicare in concreto della pretesa dedotta in giudizio, a seguito della 

interpretazione data dalla Corte di Giustizia e quest'ultima, nella sentenza, ha 

invitato il Giudice ad applicare al caso concreto i principi interpretativi affermati .. 

' 

In sostanza, l'interpretazione era staia chiesta ed il rinvio era stato disposto ' . 
per l'acclaramento di una asserita violazione del Trattato ad opera della legge . 
6 dicembre 1962, n. 1643 sull'E.N.E.L.; e, si noti, senza che da parte dell'attore 

I

Costa si fosse fatta menzione di diritti soggettivi derivanti dal Trattato e, com~ 
tali, lesi dalla norma di legge emanata dallo Stato italiano, ove si prescinda dalla 
produzione, fatta nell'udienza di conclusioni, di un'azione della Edisonvolta a luf. 
intestata. 


In tale situazione, la Corte di Giustizia ha affermato la competenza ex art. 177 ,_ 
lett. a) del Trattato, per le ragioni che si sono sopra riferite. 


L'Avvocatura Generale aveva, al riguardo, eccepito l'incompetenza, nel caso, 
della Corte all'esercizio della funzione interpretativa ex art. 177 negando la � pregiudizialit� 
� perch� l'ordinanza di rimessione non poteva riferirsi, se giustamenteinterpretata, 
a questione di interpretazione del Trattato ai fini della applicazione� 
di questo al caso concreto dedotto in giudizio negando, quindi, ed in modo assoluto, 
la rilevanza della questione stessa la quale si sostanziava in un giudizio di accertamento 
di una asserita violazione del Trattato che sarebbe stata posta in atto con 
la l�gge 6 dicembre 1962, n. 1643 da parte italiana, con la conseguenza che, men-� 
tre il Giudice italiano avrebbe dovuto applicare al caso concreto questa ultima 
senza poterne sospendere l'applicazione, non si sarebbe potuto, attraverso il proce-� 
dimento della richiesta di interpretazione, introdurre, ad iniziativa di un G~udice e,. 
conseguentemente, del privato cittadino di uno Stato membro, la questione concreta 
violazione degli obblighi del Trattato, da proporsi soltanto mediante il procedimento 
stabilito �dagli artt. 169 e 170 del Trattato stesso, con la legittimazione 
attiva (esclusiva) della Commissione o degli Stati, e con gli effetti espressamente 
previsti dall'art. 171, nel senso che le norme di legge rimangono in vigore, pur 
dopo la sentenza della Corte, fino a quando lo Stato, anche in ottemperanza all'ob-




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 631 

in materia di " aiuti concessi dagli Stati � e del relativo obbligo di 
informazione preventiva che vincola solo gli Stati, senza creare diritti 
soggettivi per i singoli. 

L'obbligo sancito nell'art. 53 circa il divieto di nuove restrizioni 
allo stabilimento dei cittadini degli stati membri, ha valore direttamente 
ed immediatamente precettivo nei rapporti tra gli Stati membri ed i 
loro cittadini. 

Altrettanto deve dirsi per l'obbligo, anch'esso di contenuto negativo, 
posto dall'art. 37 del Trattato per gli Stati membri di astenersi 
dall'introdurre nuovi monopoli nazionali a carattere commerciale, nei 
limiti in cui sono intesi a recare nuove discriminazioni tra i cittadini 
degli Stati membri, per quanto riguarda la possibilit� di approvvigionamento 
e di smercio {3). 

In relazione al contenuto ed alla portata della norm.a interpretata, 
spetta al Giudice di merito ogni indagine volta ad accertare se ne 
ricorrano gli estremi di applicazione in relazione al concreto provvedimento 
o comportamento dello Stato in questione (4). 

bligo generale p�sto dall'art. 5 del Trattato, non prende i provvedimenti conformi 
alla esecuzione della sentenza. 

Disattendendo l'eccezione, basata sul rispetto delle due diverse competenze 
della Corte, ciascuna con propri presupposti e condizioni, la Corte di Giustizia ha 
affermato la propria competenza in sede interpretativa pregiudiziale delle norme 
del Trattato invalidanti, secondo la tesi sostenuta nel giudizio di merito, tutta in 
blocco la legge italiana 6 dicembre 1962, n. 1643 sull'E.N.E.L. e l'ha affermata 
in termini che vanno dall'interpretazione della stessa richiesta di interpretazione 
(anche se formulata in modo impreciso) alla possibilit� di interpretare le norme 
oggetto della richiesta, prescindendo dai moventi e dagli scopi della stessa 
(cio� in sostanza dalla rilevanza della questione di interpretazione per il giudizio 
di merito), nonch�. alla facolt� di interpretare le norme stesse anche in caso di 
conflitto con le norme interne. 

In questa linea, la Corte ha inteso confermare e rafforzare il suo precedente 
orientamento giurisprudenziale circa la portata dell'art. 177, che ha formato oggetto 
di studio e di commento anche nella dottrina italiana (1). 

""" 

Ora, se la Corte ha, in base al Trattato, certamente la competenza, in 
via. pregiudiziale (fondata sulla nota ratio di garanzia di uniformit� di interpretazione 
con le relative conseguenze sulla applicazione del Trattato da parte dei Giudici 

(1) Cfr. BERRI, Sulla efficacia delle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunit� 
europee in materia di interpretazione giurisprudenziale autentica ai sensi dell'art. 177 del 
Trattato, Giust. civ., 1963, 1226; DURANTE, Giudizio pregiudiziale, rapporto tra ordinamenti 
e principio di effettivit� nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunit� 
Europee, Rie. di diritto internazionale, 1963, 415, con le sentenze da entrambi riportate; ed 
inoltre le sentenze 6 aprile 1962, n. 13/61 (Foro it., 1962, I, 1625); 5 febbraio 1963, n. 26/62 
(riportata in Riv. di diritto internazionale, 1963, 405); 27 marzo 1963, nn. 28, 29 e 30/62 
(Foro it., 1963, I, 1325). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

632 

dei sei Paesi della Comunit�) e se � vero che la Corte stessa ha, in base ai principi 
generali, la competenza ad interpretare i limiti della propria competenza in questa 
funzione, non sembra meno vero che ci� deve avvenire nei confini dell'esatta interpretazione 
generale del sistema della pluralit� degli ordinamenti che vengono, sotto 
vari aspetti, in considerazione nel Mercato Comune, e della conseguente delimitazione 
dell'ordinamento comunitario e di quello dei singoli Stati aderenti. 

Sotto questo aspetto, ci sembra che il problema dei limiti della funzione 
interpretativa della Corte superi gli aspetti pi� propriamenti procedurali, per 
incidere sul campo sostanziale del valore che alle norme del Trattato pu� essere 
riconosciuto nell'ordinamento degli Stati membri in presenza di norme successivamente 
emanate dagli stessi Stati. 

Invero, nel caso di specie, per affermare la propria competenza ex art. 177, 
lett. a) del Trattato, la Corte di Giustizia ha dovuto risolvere prima e necessariamente 
la questione della prevalenza delle norme del Trattato anche per il Giudice 
interno nei confronti delle norme di legge eventualmente non conformi emanate 
successivamente. 

Se, quindi; la premessa non apparisse esatta, quanto meno sotto il profilo della 
forza con la quale le norme comunitarie e le norme di legge interna si presentano 
al Giudice italiano in fase di applicazione, altrettanto dubbia dovrebbe sembrare 
l'affermazione della competenza basata sulla semplice constatazione di una richiesta 
di interpretazione, avulsa da qualunque considerazione circa la pregiudizialit� 
della stessa. 

Sono questi gli aspetti che vogliamo brevemente esaminare. 

Circa i profili che potremmo qualificare di dettaglio, si pu� essere d'accordo 
con la Corte. Questa pu� certamente, nell'ambito della competenza ex art. 177, 
interpretare la domanda di interpretazione ad essa indirizzata dal Giudice nazionale, 
ritenendola valida per la parte che concerne la competenza interpretativa e 
disattendendola per le altre (ad esempio per ci� che concerne l'applicazione), cos� 
come pu� accogliere una domanda redatta in forma confusa ed ambigua (2); egualmente, 
pu� concordarsi sull'affermazione contenuta in altre sentenze della Corte, 
circa l'irrilevanza della giurisdizione o della competenza del Giudice a quo o della 
impugnabilit� della pronuncia di questo. 

Peraltro, non s�mbra che, in base allo stesso ordinamento comunitario, si 
possa consentire circa la completa astrazione dall'indagine della rilevanza, strettamente 
connessa a quella circa la pregiudizialit� della questione insorta, innanzi al 
Giudice, quanto meno in quella assolutezza con la quale l'astrazione stessa si trova 
affermata in questa come in altre precedenti pronuncie della Corte di Giustizia. 

Ed, a nostro avviso, giova ripeterlo, si tratta di problemi che non hanno 
importanza meramente processuale, ma toccano il problema sostanziale dei limiti 
della tutela del diritto comunitario da parte degli organi giurisdizionali interni in 
fase di cognizione. 

Nella dottrina italiana si � discusso se la competenza interpretativa ex art. 177, 
lett. a) concerna le sole norme internazionali del Trattato o anche le norme comunitarie 
e quelle degli ordinamenti statali connessi (3). 

Ora, pur ammettendosi, contrariamente a quanto sostiene una parte della stessa 

dottrina, che la competenza comprenda l'interpretazione di tutte le norme dell'ordi


namento comunitario e non soltanto di quelle che si riferiscono alla determinazione 

degli obblighi e dei diritti che gli Stati contraenti hanno assunto sul piano interna


(2) Cfr. le sentenze della Corte di Giustizia n. 13/6! del 6 aprile 1962 e n. 26/62 del 
5 febbraio 1963 gi� citate. 
(3) Cfr. DURANTE, Giudizio pregiudiziale, ecc. Riv. di diritto internazionale, 1963, 415. 

PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 63$ 

zionale, deve, peraltro, riconoscersi che la competenza interpretativa � contenuta 
entro certi limiti e cio�, oltre a quelli circa lesclusione di ogni indagine in ordine 
alla concreta applicazione della norma interpretata (che spetta alla competenza 
dei giudici nazionali) e circa lesclusione dell'indagine in ordine al valore formale 
delle norme da interpretare nell'ambito degli ordinamenti inter11i dei singoli Stati, 
anche a quello costituito dall'effettivo carattere pregiudiziale delle questioni da 
interpretare nel senso che la competenza ex art. 177, lett. a) presuppone, oltre alla 
richiesta formale, la verifica che si tratti, quanto meno, di una questione di interpretazione 
del Trattato rivolta alla Corte in via pregiudiziale. Il che presuppone, 
a sua volta, che il Giudice nazionale, per decidere la controversia a lui sottoposta 
abbia necessit� di-applicare il Trattato, come premessa del sillogismo giuridico della 
propria decisione . 

.Si tratta, quindi, dell'applicazione, da parte del Giudice nazionale, di norme 
comunitarie direttamente applicabili nel proprio ordinamento in quanto creatrici 
di diritti ed interessi dei singoli che il Giudice � chamato a tutelare (principalmente 
le e.cl. norme self-executing quali, ad es., l'art. 85 circa la concorrenza sleale e 
l'art. 12 circa i dazi doganali). 

In questi casi, l'art. 177 consente od impone� ai Giudici stessi di sospendere 
l'applicazione della norma comunitaria (che essi avrebbero competenza ad applicare 
ove non versassero nel dubbio interpretativo), per devolvere l'interpretazione all'organo 
esclusivamente competente, cio� alla Corte di Giustizia. 

Questa interpreter� la norma con valore ed efficacia assoluti, analoghi a 
quelli derivanti dall'interpretazione autentica (4). 

Per assicurare e garantire l'uniformit� dell'interpretazione delle norme del 
Trattato e l'armonizzazione della giurisprudenza in questa materia i sei Stati 
membri hanno rinunciato con l'art. 177, lett. a), per le proprie autorit� giurisdizionali, 
alla potest� e competenza all'interpretazione stessa, indubbiamente ad esse 
spettanti in ordine alla risoluzione delle singole controversie, ed anzi, costituenti 
la pi� delicata e gelosa attribuzione della funzione giurisdizionale. 

E certo che in questo modo si realizza anche una tutela indiretta e supplementare 
delle situazioni soggettive che i singoli cittadini derivano dalle norme del 
Trattato anche nei confronti degli Stati. Peraltro, deve pur sempre trattarsi di una 
questione di interpretazione che concerne l'applicazione concreta di questa o di 
quella norma del Trattato, dalla quale il cittadino pretende di derivare la pretesa 
fatta valere innanzi al Giudice nazionale. 

La Corte di Giustizia pu�, s�, disinteressarsi della scelta delle questioni da 
parte del Giudice nazionale, della concreta applicazione che il Giudice stesso far� 
dell'interpretazione ottenuta, ed anche, come dice la sentenza che si annota, dei 
11 fatti di causa ,, nonch� dei moventi della richiesta; col limite, peraltro, che ne 
controlli l'oggetto e lo scopo, in quanto deve trattarsi di richiesta di interpretazione 
pregiudiziale di norme del Trattato, cio� di interpretazione chiesta in funzione 
dell'applicazione di norme comunitarie da parte del Giudice nazionale ad un 
caso concreto. 

Questa esigenza, che risulta chiara dal sistema del Trattato nel quale deve 
essere necessariamente inquadrata la norma dell'art. 177, � stata ovviamente avvertita 
in dottrina (5), e dalla stessa giurisprudenza della Corte che si �, prima della 

(4) Cfr. Corte di Giustizia, sentenza 27 marzo 1963, Da Costa ed altri contro Amministrazione 
Olandese delle Imposte, Foro it., 1963, I, 1325. 
(5) Cfr. RoDI�RE: (L'art. 177 .du Trait� de Rome instituant la Communaut� �conomique 
europ�enne et l'interpr�tation du Trait�, Foro it., 1964, 57, 1 e segg.) esige c\le �la question 
d'interpretation paraisse commander la solution du proc�s �. 

634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sentenza in esame, sempre riferita all'interpretazione di � norme del Trattato che 
incidono sulla situazione dei singoli" (6), nonch� dalla stessa requisitoria dell'avvocato 
generale Lagrange nel giudizio di cui si tratta, nella quale, facendosi il 
punto sulla giurisprudenza della Corte, si pone il ragionevole dubbio che il rispetto 
della competenza dei Giudici nazionali (sul <;J.Uale la giurisprudenza spesso � stata 
basata) non possa significare che la competenza debba riconoscersi � sans aucun 
limite ni reserve de sorte, par exemple dans les cas ou la question pos�e serait 
manif estement sans aucun rapport avec k litige au principal: faudrait il en pareil 
cas que la Cour se croit tenue de donner une interpretation abstrait du Trait� 
qu'il presenterait dans ces conditions comme une prise de position purement doctrinale, 
sans aucun lien avec la solution d'un litige, alors que cette interpretation pourrait 
porter sur des questions de grande importance ou susceptible de cr�er de graves 
conflits avec les jurisdictions nationales " (7). 

Comunque, e checch� ne sia di questo dubbio anche per i casi in cui la 
richiesta sia stata avanzata per questioni di interpretazione delle norme del Trattato 
che il Giudice nazionale � chiamato concretamente ad applicare, a noi sembra 
che lart. 177 esiga, ai fini dell'ammissibilit� della questione di interpretazione e 
del riconoscimento della relativa competenza della Corte, che questa controlli il 
provvedimento di rinvio quanto meno sotto il pro:l�.lo che l'interpretazione verta 
su norme del Trattato che il Giudice � chiamato ad applicare in concreto. 

Questa indagine, imposta, a nostro avviso, dal sistema, non importa affatto 
violazione, ma, invece, rispetto della separazione delle competenze della Corte e 
dei Giudici nazionali, in quanto impedisce a questi ultimi di sconfinare con richieste 
di interpretazione che esulano dalla concreta applicazione (quale che essa sar�!) 
delle norme del Trattato. 

E si tratta di indagine che la Corte pu� compiere prima facie, in base allo 
stesso contenuto del provvedimento di remissione e degli atti relativi. 

:B stato, al riguardo, osservato come il sistema del rinvio alla Corte di Giustizia 
ai sensi dell'art. 177 sia stato congegnato su quello della rimessione alla 
nostra Corte Costituzionale, regolato dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 
in ragione della sostanziale affinit� delle due competenze (8). 

. Peraltro, in base al nostro siste)lla di rinvio in Corte Costituzionale, il Giudice 
di merito � obbligato a pronunciarsi sulla rilevanza e la Corte Costituzionale se 
ha ritenuto, in base alla propria ormai costante giurisprudenza di non potere controllare 
il merito di questo giudizio, ha, altrettanto costantemente, deciso per la propria 
competenza e controllare se il giudizio � stato fatto ed � stato motivato adeguatamente. 


Analogo controllo dovrebbe ammettersi, nella specie, da parte della Corte di 
Giustizia per quanto attiene al potere-dovere dei Giudici nazionali di richiedere 
l'interpretazione delle norme del Trattato solo allorquando essi queste norme debbano 
applicare per la soluzione della controversia. 

Questo � il presupposto per la valida remissione della questione di interpretazione 
e, conseguenziah�ente, per lesercizio della competenza da parte della Corte. 

Un controllo della valutazione della rilevanza entro i limiti cennati, non solo 
sembra ammissibile, ma doveroso da parte della Corte di Giustizia : con la differenza, 
nei riguardi dell'analogo controllo della Corte Costituzionale italiana, che 
esso neanche potrebbe dirsi di vera e propria rilevanza, ma piuttosto di semplice 

(6) Cfr. Co11te di Giustizia, sent. n. 26/62 del 5 Eebbra:io 1963, Foro it., 1963, I, 449. 
(7) Cfr . .la requisitoria dell' avv. generale M. Lagrande in Foto it., 1964, IV, 143� 
(8) Cfr. BERRI, Sulla efficacia delle sentenze della Corte, ecc., Giust. civ., 1963, I, 1227. 

PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E; INTERNAZIONALE 635 

-constatazione che la questione debba essere o meno decisa mediante l'applicazione 
.di norme del Trattato. 

Presupposto della competenza della Corte di Giustizia ex art. 177, lett. a) del 
'Trattato � che una questione di interpretazione sorga innanzi alla giurisdizione di 
uno degli Stati membri investito, appunto, di una controversia per la risoluzione 
�della quale si debba applicare una norma del Trattato: sicch� questa appaia come 
premessa del sillogismo giuridico adoperato per risolvere la controversia. 

Solo in tal caso la questione di interpretazione si presenta come � pregiudi_
ziale >>, secondo la formula testualmente usata nell'art. 177, primo comma, che, 
.nel suo chiaro ed universale significato romanistico, postula il necessario riferimento 
-alla controversia (9). E solo in questa fattispecie, la norma comunitaria dell'art. 177, 
.integrata nel nostro come negli ordinamenti degli altri Stati della C.E.E., autorizza 
il Giudice o lo obbliga a sospendere il processo nel quale egli deve applicare 
-quella norma, per farla interpretare con valore assoluto e vincolante, salvo il 
:potere del Giudice nazionale di applicarla, una volta interpretata in astratto, al 

�Concreto sottoposto alla sua cognizione. 
~ in sostanza, una deroga alla delicata e gelosa funzione propria di ogni 
<Giudice (quella di interpretare norme di applicare al caso concreto) che si giustifica 
.agevolmente e logicamente sul piano comunitario in considerazione della cennata 
~sigenza di una uniformit� di interpretazione e di una armonizzazione della giuri::
sprudenza circa le norme del Trattato come tali. Conseguentemente, e per le stesse 
mgioni, si giustifica la sospensione del processo ed, insieme, dell'applicazione della 

norma comunitaria, in attesa che questa sia interpretata dalla Corte con valore 

.erga omnes. 

Diversa �, invece, la situazione nella quale innanzi alla giurisdizione nazionale 
::si debba applicare non gi� la norma del Trattato, ma la norma di legge interna, 
anche se si assuma, come nel caso, che questa sia stata emanata in violazione 

.della prima. 
Questa situazione �, a nostro avviso, fuori della stessa previsione normativa 
-Oell'art. 177, oltre che della sua ratio e della sua portata. 
In questo caso il Giudice italiano non pu� sospendere il processo e, con esso, 
l'applicazione della legge interna (come, invece ha preteso di fare il Conciliatore 
.di Milano) per chiederne sostanzialmente il giudizio di conformit� al Trattato. 

Nessuna norma, n� comunitaria n� interna, gli consente tale sospensione, 
-0.ovendo egli applicare la legge interna, salva rimessione alla Corte Costituzionale 
-0ve abbia dubbi circa la legittimit� della norma, come fece lo stesso Conciliatore 
.di Milano con la prima Ordinanza del 10 settembre 1963. 

In altre parole, il Giudice nazionale non � Giudice del conflitto tra la norma 
..comunitaria e quella nazionale e non pu� chiedere, in via di interpretazione, che la 
'Corte dirima il conflitto stesso, per il quale � ordinata dallo stesso Trattato altra e 

diversa competenza, quella, appunto, stabilita dagli artt. 169 e 170, con diversi 
:presupposti, diverse condizioni e diversa legittimazione (10). 
N� ci sembra che la esatta delimitazione della competenza interpretativa della 
�Corte sia un problema di interesse soltanto co~unitario, pur avendo nell'ambito 

(9) I Romani indicavano con i termini formulae praejudiciales o praeiudicia i giudizi 
-che servivano come normativa di giudizi successivi e non come fini a se stessi, pur costituendo, 
iin quell'ordinamento, una forma autonoma di tutekt giuridica. (Cfr. CHIOVENDA, 
.lst. dr. processuale, Roma, 1934, I, 193). 

(10) Sotto questo aspetto, riteniamo giusta la sentenza della Corte di Appello di Amiens 
�9 maggio 1963 circa l'incompetenza della Magistratura �rancese a dirimere i conflitti insorgenti 
tra la Legislazione nazionale ed il Trnttato (Foro it., 1963, Il, 295), pronuncia confermata 
.dalla Commissione francese con sentenza 22 ottobre 1964 (Foro it., 1965, IV, 38, con nota 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

636 

dell'ordinamento comunitario la sua precisa rilevanza. Essa � importante anche 
per il diritto interno, stante la integrazione delle norme del Trattato nell'ordinamento 
dei sei Paesi della comunit� e dei riflessi diretti quanto alla competenza 
ed ai poteri del Giudice ed ai diritti delle parti in causa. 

2. -Con la seconda massima, la Corte di Giustizia ha inteso, partendo dall'inesatto 
presupposto che, nella specie fossero stati fatti valere innanzi al Giudice 
di merito diritti di un privato cittadino immediatamente derivabili dal Trattato(
il che, per la verit�, non era esatto, giacch� il Costa aveva agito quale utente del 
servizio), cogliere l'occasione, oltre che interpretare il contenuto e la portata delle 
norme specificamente denunciate; di definire la natura e la efficacia delle norme 
del Trattato nell'ordinamento comunitario . 
.Secondo la Corte, l'ordinamento creato dal Tratt~to, a differenza di quello 
derivante dagli ordinari trattati internazionali, � un ordinamento sovranazionale, 
a carattere istituzionale ed autonomo che si integra, peraltro, negli ordinamenti 
giuridici degli Stati membri e che i giudici nazonali sono tenuti ad osservare per 
effetto della autolimitazione senza limiti di durata che, in determinati settori, gli 
Stati hanno operato nella sfera delle proprie sovrane competenze, allo scopo, 
appunto, di creare un ordinamento vincolante per i cittadini e per gli Stati stessi.. 

Da questa impostazione la Corte deduce, come corollario, il principio della 
prevalenza dell'ordinamento comunitario sui provvedimenti unilaterali successivi, 
adottati dagli Stati in contrasto con l'ordinamento stesso, con la conseguenza della 
" inopponibilit� n di tali difformi provvedimenti all'ordine comune. 

La Corte spiega che questo corollario discende dagli affermati principi della 

integrazione delle norme delle fonti comunitarie nel diritto di ciascun Stato mem


bro, nonch� dalla considerazione della ratio, dello scopo e dei termini stessi del 

Trattato, accettato dagli Stati membri, a condizione di reciprocit�, con impegni 

e vincoli di carattere assoluto e non condizionato, quanto alla loro osservanza, 

dalla emanazione di ulteriori (e conformi) provvedimenti legislativi interni. 

Fin qui la Corte, la quale nell'ultima parte della motivazione su questo capo 
riassume il 'suo concetto circa la " preminenza n del diritto comunitario nella autonomia 
della fonte di produzione di questo diritto, a sua volta derivante dal trasferimento 
di competenza effettuato dagli Stati nei settori indicati dal Trattato con 
conseguente limitazione definitiva dei diritti sovrani. 

Circa questa definizione della natura e della portata delle norme comunitarie 
in genere nei riguardi degli ordinamenti degli .Stati membri affermata per la prima 
volta nella sentenza che si annota (sulla scorta della impostazione gi� delineata 
nella precedente sentenza 26/62, gi� citata), si pu� dire che essa si fonda essenzialmente 
sulla concezione della integrazione .diretta dei due ordinamenti (comunitario 
e statale) "mediante la propagazione diretta degli effetti normativi dell'uno 
all'altro ordinamento senza necessit� di adattamento specifico n� di trasposizione 

di CATALANO); cos� c6me riteniamo esaitte le osservazioni dell'avv. generale Roemer nelle 
conclusioni 12 dicembre 1962 alla causa n. 26/62 (Raccolta della Giurisprudenza della Corte, 
1~3, I, 333 e segg.): circa la reiezione delle� domande di decisioni pregiiudiziali � manifestamente 
abusive � e circa il punto secondo cui l'art. 177 prevede la possibilit� e lobbligo 
del rinvio a titolo pregiudiziale soltanto per le quesci.oni di interpretazione non gi� per quelle 
di incompatibilit� tra il diritto interno ed il diritto comunitario n (ibidem, 46); nonch� 
l'altra affermazione secondo cui �l'interpretazione (dell'art. 12 del Trattaito) pu� avere inte-� 
resse per il Giudice (olandese) solo nel caso che egli sappia di doverlo applicare (ibidem, 35)




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 637 

di norme �, concezione che supera quella ordinaria del sistema internazionale come 
:Sistema di coordinazione orizzontale, in cui ciascuno degli Stati membri conserva 
integralmente la propria sfera normativa (11). 

Secondo questa concezione teorica l'autonomia ed indipendenza di ciascuno 
dei due ordinamenti non vuol dire separazione, ma, invece, intima e diretta compenetrazione 
che si rivela proprio allorch� la normativa comunitaria, pur scaturendo 
da una propria ed autonoma fonte di produzione, si esplica con efficacia immediata 
e diretta nei confronti delle persone fisiche e giuridiche degli .Stati membri 
le quali sono, ad un tempo, soggetti sia dell'ordinamento comunitario che degli 
ordinamenti interni. 

Non sembra dubbio che la Corte di Giustizia abbia competenza, in base al 
sistema comunitario, ad interpretare il sistema stesso anche per quanto attiene alle 
questioni principali e, per cos� dire, di fondo circa la natura e la portata delle 
norme comunitarie e lefficacia dello stesso nei riguardi degli ordinamenti nazionali. 

Nell'ambito di questa competenza la Corte ha dichiarato il principio della 
preminenza dell'ordinamento comunitario in genere su quello dei singoli Stati con 
il corollario della inopponibilit� dei provvedimenti legislativi emanati dagli Stati 
stessi in contrasto con le norme comunitarie. 

La Corte stessa ha evitato qualunque riferimento ai sistemi costituzionali interni 
circa i rapporti tra i due ordinamenti (statale e comunitario), ovviamente per il 
rispetto del principio per cni la competenza della Corte non comprende tale materia 
disciplinata dal diritto costituzionale di ogni Stato e, nel nostro, di indubbia competenza 
della Corte Costituzionale. 

Peraltro, � altrettanto chiaro come la netta affermazione dei principi da 
parte della Corte abbia posto o riproposto, in tutta la sua attualit�, il problema dei 
rapporti tra i due ordinamenti, essendo evidente che, stante la coesistenza, la autonomia 
ed, entro certi limiti, la integrazione per gli stessi e la diversit� di competenze 
interpretative stabilite a garanzia del sistema, non possa parlarsi concretamente 
di " preminenza " del diritto comunitario su quello interno, in particolare 
per quanto concerne lordinamento italiano e tenendo conto che il problema sorge 
per i Giudici che devono applicare le leggi successive difformi dalla norma comunitaria, 
se non a patto di identificare nell'ordinamento stesso la norma od il principio 
della preminenza (12). 

Ora, proprio sul problema la nostra Corte Costituzionale, alla quale indubbiamente 
spetta, anche in base al sistema comunitario, la competenza ad interpretare 
la costituzione italiana per quanto attiene sia ai rapporti tra l'ordinamento 
statale e gli ordinamenti ad essi esterni che alla identificazione del sistema delle 
fonti del diritto interno e della natura ed efficacia delle diverse fonti, con la nota 
sentenza n. 14 del 24 febbraio -7 marzo 1964 sull'E.N.E.L. (13), ha affermato 
seguenti due principi : 

1) l'art. 11 della Costituzione Italiana deve essere interpretato come norma 
che consente al legislatore di dare esecuzione con legge ordinaria ai Trattati con i 
quali si assumano limitazioni alla sovranit� e, quindi, anche al Trattato C.E.E.; 

(n) Cfr. MoNAco, Primi lineamenti di diritto pubblico europeo, Milano, 1962, 61-62; 
Diritto comunitario e diritto interno avanti la Corte Costituzionale, Giur. it., 1964, I, 
l, 1312-1318. 
(12) Non ci occupiamo, per il momento, delle 1tesi che partendo dall'autonomia de� due 
sistemi, si limitano ad affermare, senza peraltro dimoslitare, che 1a supremazia delle norme 
comunitarie consegue alla � automatica sostituzione delle norme interne con altre norme 
idonee ad attuare l'adeguamento� (MIGLIAZZA, La normalizzazione dell'energia elettrica ed 
il diritto delle comunit� europee, Foro ,pad., 1964, IV, 18). 
(13) Cfr. in questa Rassegna, 1964, I, 627. 

638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2) la norma dell'art. 11, per tutti i trattati e le convenzioni da essa previsti, 
" non importa alcuna deviazione dalle regole vigenti in ordine alla efficacia 
nel diritto interno degli obblighi assunti dallo Stato nei rapporti con gli altri Stati, 
non avendo l'art. 11 conferito alla legge ordinaria, che rende esecutivo il Trattato 
una efficacia superiore a quella propria di tale fonte di diritto )) . 

Com'� agevole intendere, i due principi interpretativi affermati dalla Corte 
Costituzionale hanno portata generale, concernono cio�, linserimento nel nostro 
diritto di tutti gli obblighi assunti dallo Stato nei rapporti con gli altri Stati, mediante 
accordi internazionali, a prescindere dagli effetti degli accordi stessi negli ordinamenti 
esterni al nostro. Il problema � visto sotto il doppio profilo: sostanziale 
-(della limitazione della sovranit�) e formale e strumentale (degli effetti o conseguenze 
di tale limitazione), ed � risolto allo stesso modo, nel senso cio�, che l'accordo 
internazionale che disponga, in ipotesi, anche il massimo delle limitazioni o 
delle rinuncie alla sovranit� consentite dall'art. 11 possa legittimamente essere reso 
J;isecutivo nel nostro ordinamento �con legge ordinaria, come � avvenuto per il 
Trattato C.E.E., e che, anche in tal caso, alla legge ordinaria non pu� attribuirsi, 

I I nel nostro sistema di fonti, una efficacia o vigore maggiore di quelli propri della 
legge ordinaria. 

Corollario di questa interpretazione � stato quello per cui la Corte Costituzionale 
ha espressamente disconosciuto che la difformit� tra la legge di esecuzione 
dei trattati stipulati ai sensi dell'art. 11 e le successive leggi emanate dal nostro 
Stato dia luogo a questioni di legittimit� costituzionale, trattandosi, invece, di 
problema che deve essere posto e risolto secondo i principi della successione delle 
leggi nel tempo. 

In sostanza la Corte Costituzionale, interpretando la norma costituzionale 

Iidell'art. 11 in relazione al sistema delle fonti nel nostro ordinamento, ha affermato 
il principio che le leggi di esecuzione dei Trattati stipulati in base all'art. 11 

. 

.

stesso hanno la capacit� di produzione giuridica e di resistenza alla abrogazione 

. 

propria del tipo al quale le leggi stesse appartengono, e non diversa e maggiore, 
non avendo l'art. 11 (al pari del precedente art. 10) costituzionalizzato il principio 
del cosiddetto adattamento automatico e neanche quello della conformit� della , 
legge ordinaria ai trattati ed, in genere al diritto internazionale particolare (14). 

iI 

(14) Com'� noto, nella nostra dottrina l'opinione prevalente circa l'[nterpretazione 
dell'art. Io della Costituzione esclude che il principio dell':adattamento automatico al diritto 
I 

internazionale generale fissato nell'art. stesso si estenda al diritto internazionale pattizio ~ 

(neanche sotto il profilo della considerazione del principio pacta sunt servanda) cos� come ; 
esclude che l'art. IO contenga il principio della subordinazione della legge ordinaria agli 
obblighi assunti con i trattati internazionali (MoRTATI, Istituzione, 5a ed., 975; LA PERGOLA, 
Costituzione ed adattamento dell'ordinamento interno all'ordinamento internazionale, Milano, 
I96I, 317-320). Secondo questa dottrina il val.ore delle regole di adattamento al diritto internazionale 
pattizio �, in generale, allorch� la norma di tsecuzione sia posta con legge formale, 
quello proprio e tipico di tale fonte; potendo, quindi, la legge di esecuzione ess�re estinta 
-0 modificata, allo stesso modo da un successivo atto del Parlamento. La stessa dottrina ha 
anche posto in rilievo la necessit� di una impostazione unitaria del problema del rapporto 
tra ordinamento interno ~ orientam�:nto internazionale sotto il profilo costituzionale: considerando, 
cio�, -insieme con l'art; Io anche l'art. II, che, anzi, in quanto espressamente 
prevede la rinuncia alla sovranit�, a determinate condizioni ed in particolari settori, sarebbe 
.da considerare il pi4 rilevante per la problematica dci rapportli stessi. 

La stessa Corte Costituzionale, nella precedente sentenza n. 32 del I8 maggio 1960, 
conformemente al sopra indicato prevalente indirizzo dottrinale, ha escluso dall'adattamento 
automatico dell'art. 10 -il &ritto internazionale pattizio, per il quale vigono, quindi, le 
regole ordinarie senza che dalle norme esecutive degli accordi internazionali scaturisca alcun 
limite per le successive leggi di pari forza e grado. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 639 

Sulla esattezza dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, ci sembra che 
non possa dubitarsi per il nostro ordinamento, che � quello (occorre non dimenticarlo) 
nel quale il Giudice italiano f; chiamato ad applicare anche le norme comunitarie 
immesse nell'ordinamento stesso. 

La sentenza. ha suscitato vivaci reazioni sia negli ambienti comunitari che in 
alcuni nostri studiosi che si occupano di problemi comunitari, e le reazioni sono 
state le pi� diverse specie dopo la pubblicazione della sentenza con la quale la 
Corte di Giustizia ha affermato il principio della preminenza del diritto comuni. 
tario sui diritti interni. 

Le 1'ormi di adattamento hanno, quindi, sia come vis abrogans che come resistenza 
alla abrogazione la forza ed il valore della fonte da cui promanano. 

Deroghe ed eccezioni sono state, dalla .stessa prevalente dottrina, individuate ed esattamente 
poste in luce e, con esse, la possibilit�, in generale, che tra la categoria delle norme 
costituzionali (o super costituzionali) e quelle delle norme aventi valore ed efficacia della 
legge ordinaria esista un tertium genus, cost~tuito da norme promananti da fonti atipiche o 
intermedia, caratterizzate dalla dissociazione delle due componenti dalle quali risulta l 'efficacia 
dell'atto di un determinato �tipo� e cio� la vis abrogans e la resistenza nei confronti 
dei successi vi atti di abrogazione. 

Cos� una norma pu� essere cc declassata � allorch�, .pur trattandosi di norma costituzionale, 
per espressa esposizione dell'organo che la emana sia modificabile od abrogabile con 
legge ordinaria; per converso, una norma pu� essere cc rinforzata � allorch� si stabilisca che, 
per quanto emanata nella forma della legge ordinaria, essa possa essere abrogata o modificata 
soLo con legge costituzionale. In altri termini si possono avere figure normative atipiche 
od intermedie, in cui il valore de!I'atto non corrisponde, per eccesso o per difetto, alla 

c.d. forza normale del tipo al quale esse appartengono (cfr. CRISAFULLI, Lezioni di diritto 
costituzionale, Padova, 1962, 340 e segg.). 
La dottrina ha iindividuato specificamente nell'art. ro della Costituzione una prima 
fattispecie di tali fonti atipiche od intermedie: precisamente nel!' adattamento automatico del 
nostro ordinamento al diritto internazionale generale stabilito nell'art. ro, primo comma. 

In vero, posto che le norme immesse dall'art. ro, primo comma, per adabtare l'ordinamento 
iinterno anche alle variazioni successive delle norme internazionali di carattere generale 
abbiano v.alore ed efficacia di norme costituzionali, il procedimento di formazione delle 
norme stesse sarebbe chiaramente &verso dal procedimento di revisione costituzionale (LA 
PERGOLA, oif'. cit., 281). 

Ma l'esempio forse pi4 cospicuo viene desunto dalla fattispecie dell'adeguamento al 
diritto internazionale convenzionale o patrizio, giacch� ove si ritenga, secondo la dottrina 
sovra esposta e da noi non condivisa, che l'art. IO, primo comma, ponga, .per la garanzia 
del rispetto del principio generale pacta sunt servanda, una garanzia costituzionale, per l'adempimento 
degli obblighi scaturenti dai trattati internazionali, e quindi un preciso vincolo alle 
leggi ordinaa-ie nei confronti della legge di esecuzione di un determinato trattato iinternazionale, 
la legge di esecuzione dov�ebbe annoverar.si tra le fonti atipiche od intermedie anzi 
descritte, in quanto pur emanata nella forma e nel procedimento proprio della legge ordinaria, 
avrebbe .di questa la normale efficacia attiva, cio� la vis abrogans e, ~n pi�, il superiore 
grado di resistenza proprio delle norme costituzionali. 

Se invece, si ritiene con la dottriina pi�. autorevole e prevalente che l'art. ro della 
Costituzione (e cos�, a nostro avviso, anche l'art. rr per la identica ratio) non pone, nel 
nostro ordinamento, un limite o vincolo obiettivo alla legge, ma solo un obbligo diretto 
agli organi dello Stato (dr. LA PERGOLA, op. cit., 312) alla legge dii esecuzione di trattati 
internazionali non pu� che riconoscersi il valore ed efficacia della legge ordinaria, sia CO!Ile 
forza attiva che come resistenza alla abrogazione. Ci�, peraltro, in via generale e normale, 
giacch�, in fattispecie particolari ed eccezionali indicate nella stessa Costituzione o in .leggi 
costituzionali, alle norme di esecuzione, pur essendo emanate nella forma della legge ordinaria, 
deve riconoscersi una forza o efficacia superiore a quella della ~egge ordinaria sotto il 
profilo della resistenza alla abrogazione, in modo che possano ricondursi alla categoria delle 
fonti ad efficacia atipica. Gli esempi addotti dalla dottrina concernano: le norme di esecuzione 
dei trattati relativi alla condizione giuridica dello straniero (art. IO, secondo comma, 



640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Cos�, CATALANO: Portata dell'art. 11 della Costituzione in relazione ai Trattati 
istitutivi delle Comunit� Europee (Foro it., 1964, I, 465) il quale dissente dalla 
interpretazione dell'art. 11, ritenendo che questa importi una competenza assoluta 
del nostro legislatore a� dettare norme su materia per le quali si sia operata la 
rinuncia alla sovranit� o il trasferimento di competenza consentiti, appunto, dal1'
articolo stesso: sicch� si avrebbe, una " usurpazione del potere legislativo � da 
parte del parlamento italiano in forza della preclusione costituita dell'art. 11 che 
ne risulterebbe, quindi, violato (15). 

Altri, come il Migliazza (16), pur affermando il principio della prevalenza del 
diritto comunitario su quello statuale, ha escluso la competenza della Corte Costituzionale 
a risolvere il conflitto tra norma comunitaria e norma interna successiva, 
per la ragione che si tratterebbe di conflitto di competenza tra due sistemi diversi: 
sicch� il contrasto tra il principio dell'adeguamento necessario delle norme interne 
a quelle comunitarie e la legge ordinaria dovrebbe, se mai, porsi solo dinanzi al 
Giudice ordinario. 

Secondo lo Stendardi (17), il Giudice nazionale, nel caso di conflitto tra legge 
ordinaria nazionale e norma del Trattato sostanzialmente costituzionale, dovr� dare 
la prevalenza a quest'ultima, anche se anteriore, dichiarando illegittima la norma 
nazionale posteriore e disapplicandola nel caso concreto; mentre nel caso di con-

della Costituzione), le norme di esecuzione dei patti lateranensi (art. 7, secondo comma, della 
Costituzione), le leggi di esecuzione dei trattati relativi a materie di competenza normativa 
delle regioni. 

Nel primo caso il costituente ha stabilito un preciso limite alla legge, statuendo che le 
norme relative alla �ondizione dello straniero debbano confermarsi ai trattati che disciplinano 
la materia. 

In altri termini, le norme esecutive delle convenzioni in esame, pur essendo emanat~ 

I 
~ nella forma delle leggi ordinarie, sono sottratte alla possibilit� di abrogazione o modifiche @
da parte di leggi ordinarie successive che non siano emanate in esecuzione di accordi inter. 
nazionali successivi ed incompatibili con quelli ai quali le prime norme si riferiscono. 

Anche le norme di esecuzione dei patti laternnensi (art. 7, secondo comma, della Costituzione), 
pur essendo emanate nella forma di leggi ordinarie, hanno una particolare e 
diversa resistenza all'abrogazione, in quanto, per effetto dell'art. 7, ,secondo comma, della m 
Costituzione, �non possono essere abrogate o modificate da successive leggi emanate nella 
stessa forma. 

I

Ci� perch� la norma costituzionale ha inteso, secondo l'opinione che riteniamo fondata, 
costituzionalizzare, con conseguente limite alla futura normativa, non il contenuto delle 

I

singole clausole, ma il sistema concordatario, in se stesso considerato, come sistema di rego


lamentazione dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia: cfr. MoRTATI, Istituzioni, 5a ed., 

1962, 1075� 

Infine, per le materie di competenza normativa della regione, in deroga del criterio 
normale e generale circa l'adattamento al diritto internazionale pattizio, il costituente ha 
stabilito un espresso Limite alla competenza legislativa di tre delle regioni a statuto speciale 
(Sardegna, Trentino A.A. e Val d'Aosta) mentre la dottrina lo ritiene implicitamente esteso 
anche alla Sicilia nonch� alle regioni a statuto comune. Con la conseguenza, anche qui, che 
le norme poste dalla Regione in esecuzione di un accordo internazionale non possono essere 
abrogate o modificate da a1'tre leggi regionali, se non in conseguenza di un nuovo accordo 
che disciplina la stessa materia. 

(15) Questa tesi il CATALANO ha ripetuto, esprimendo, peraltro, qualche dubbio, dopo 
la pubblicazione della sentenza 15 luglio 1964 della Corte di Giu&tizia, nello studio Portata 
dei trattati istitutivi delle Comunit� Europee e limiti dei poteri sovrani degli Stati membri, 
Foro it., 1964, IV, 152. 
(16) La nazionalizzazione dell'energia elettrica ed il diritto delle comunit� eurofJ'!e, 
Foto it., 1964, IV, 18. 
(17) STENDARDI, La declaratoria di illegittimit� di tena legge nazionale ordinaria contraria 
alle no1-me del Trattato istitutivo della e.E.E., Foro pad., 1964, V, 18. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 641 

tlitto tra legge ordinaria nazionale e norma ordinaria del Trattato, lo stesso Giudice 
dovrebbe limitarsi a dichiarare l'applicabilit� della norma nazionale posteriore �perch� 
espressione, nell'ambito interno, di una volont� nazionale precedente, di riconoscere 
le norme comunitarie gi� recepite come disciplinatrici della stessa materia �. 

Per il Ribolzi (18), �gli eventuali provvedimenti legislativi ed anche amministrativi 
che risultino contrari al Trattato... vanno annullati dai competenti organi 
giudiziari nazionali � � 

Questo Autore segue la tesi della incompetenza del legislatore nazionale nelle 
materie nelle quali vi sarebbe stata rinuncia alla sovranit� a favore degli organi 
comunitari: con la conseguenza che la legge nazionale successiva e difforme sarebbe 
illegittima sotto il profilo costituzionale, in quanto espressione di un potere sovrano 
� in un ambito in cui tale sovranit� non sussiste �. Alla stessa conclusione dovrebbe 
pervenirsi nei riguardi di leggi che regolino materie attribuite alla competenza degli 
organi comunitari. 

Conclusivamente, sembra che questo Autore ritenga che, per l'ordinamento 
interno, si tratti di un conflitto di norme di competenza della Corte Costituzionale, 
conflitto che, invece, � stato da quest'ultima negato con la ricordata sentenza del 
7 marzo 1964, n. 14. 

Altri Autori nostri sono stati pi� cauti, riconoscendo la esattezza della impostazione 
e delle conclusioni alle quali � pervenuta la nostra Corte Costituzionale 
de iure condito per il nostro ordinamento, ma invocando l'esaudimento delle istanze 
comunitarie atte a dare concreta preminenza a questo diritto e nei limiti in cui 
pu� essere consentito dagli Accordi di Roma mediante una precisa garanzia anche 
di ordine costituzionale (19). 

Altri, pur accettando, per l'ordinamento interno, l'impostazione e le conclusioni 
della Corte Costituzionale, le ha criticate per quanto attiene alla concezione 
dell'inserimento del diritto comunitario secondo la tradizionale teoria della recezione 
dei trattati internazionali e, basandosi inve:::e sul principio della integrazione 
diretta e della interpenetrazione tra i due ordinamenti, � giunto a postulare il 
riconoscimento, di una maggiore efficacia, quanto meno delle norme comunitarie 
direttamente applicabili nell'ordinamento interno, anche sul piano costituzionale, 
come norme proprie dell'ordinamento comunitario, a prescindere dal congegno di 
recezione nell'ordinamento italiano (20). 

Questa categoria di norme costituirebbe, nell'ordinamento interno, un particolare 
genus che, appartenendo all'ordinamento comunitario e, quindi, ad un ordinamento 
autonomo rispetto a quello statale, sarebbe capace di propagare direttamente 
in seno a questo i suoi effetti normativi. 

Ne conseguirebbe che la legge nazionale posteriore incompatibile col Trattato 
o con i regolamenti comunitari verrebbe a trovarsi in una specie di inefficacia 
temporanea, non potendo esplicare i suoi effetti fin tanto che esiste la norma comunitaria 
con cui � in contrasto (21). 

Recentemente, la sentenza della Corte Costituzionale � stata commentata nella 

� Giurisprudenza Costituzionale � da M. Bon V,alsassina (22), mentre la stessa sen


(18) RIBOLZI, La nazionalizzazione dell'energia elettrica in Italia e la Comunit� economica 
europea, Foro pad., 1964, V, 26-34. 
(19) BERRI, Esecutivit� delle decisioni dell'Alta Autorit� della C.E.C.A. e problemi 
sull'inserimento del diritto comunitario nell'ordinamento italiano, Giust. civ., 1964, III, 130. 
(20) Cfr. GoRI, La preminenza del diritto delle Comunit� Eura(Jee sul diritto interno 
degli Stati membri, Giur. it., 1964, I, 10/'3� 
(21) Cfr. GoRI, loc. cit., 1084-1085. 
(22) BoN VALSASSINA, Considerazioni sulla sentenza n. 14 della Corte Costituzionale, 
Giur. cost., 1964, 133� 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
tenza in relazione con la sentenza 15 luglio 1964 della Corte di Giustizia della 


642 

C.E.E. � stata commentata da Manlio Mazziotti (23). 
Il primo, premesso che il giudizio di conformit� costituzionale sarebbe statoinesattamente 
impostato in relazione all'art. 11 della Costituzione, mentre avrebbe 
dovuto chiedersi in relazione all'art. 10, segue la tesi sopra ricordata (nella nota 14), 
secondo cui, pur dovendosi escludere che l'adattamento automatico dell'art. 10 si 
00 I' 
' 
. 
estenda al diritto internazionale pattizio, non di meno dallo stesso art. 10 si desumerebbe, 
a tutela del principio pacta sunt servanda, una garanzia costituzionale 
drca la conformit� delle nostre leggi anche alle norme internazionali di origine 
convenzionale. Secondo l'Autore, che dissente dalla sopra riferita tesi del La Pergola, 
l'art. 10 avrebbe la funzione di porre un limite alla normazione interna a 
garanzia del rispetto del principio generale pacta sunt servanda: con la conseguenza, 
affermata dall'Autore senza ulteriore dimostrazione, che la legge di esecuzione 
del trattato stipulato ai sensi dell'art. 11 della Costituzione non potrebbe 
essere abrogata o derogata secondo gli ordinari principi vigenti in materia di succe_
ssione delle leggi nel tempo. 
Mazziotti, richiamate, a proposito dell'interpretazione dell'art. 11 della Costituzione, 
le tesi di Mortati e di Monaco, circa la possibilit� che, in base all'art. stesso, 
lo Stato consenta con legge ordinaria alle limitazioni di sovranit� ai fini previsti 
dalla norma costituzionale ed entro i limiti desumibili dalla stessa C-Ostituzione, 
revoca il dubbio che le limitazioni di sovranit� assunte in base all'art. 11, come 
quelle oggetto dei trattati C.E.E. possono, in base all'art. stesso, essere rese esecutive 
nel nostro ordinamento mediante legge ordinaria (secondo la interpretazione 
della Corte Costituzionale) e non con legge di revisione costituzionale. 
Anche a prescindere da questa perplessit� circa il rango della legge di esecuzione, 
il Mazziotti, argomentando dal contesto della norma costituzionale del1'
art. 11, sostiene che il carattere �permissivo " della norma dovrebbe pi� rettamente 
intendersi come carattere precettivo, sia per quanto concerne i fini indicati 
che i mezzi necessari per il raggiungimento dei fini. 
Ne deriverebbe, secondo il Mazziotti, un limite alla legge ordinaria successiva,
� nel senso che questa non potrebbe derogare su singoli punti alle norme di � 
esecuzione del trattato nel quale � stata attuata la rinuncia di sovranit�, senza 
contraddire all'art. 11, ma soltanto riassumere interamente la sovranit� stessa, 
ritirandosi dall'organizzazione internazionale e modificando conseguentemente il 
il diritto interno. 
Conseguenza di questa costruzione � che la norma di esecuzione sarebbe da 
annoverare, quanto a resistenza alla abrogazione, nella sopra indicata categoria 
delle fonti atipiche; quindi analoga .alle leggi di esecuzione dei patti lateranensi ed 
alla legge regolatrice della condizione giuridica dello straniero, ai sensi dell'art. 10, 
secondo comma della Costituzione. 
Sempre secondo il Mazziotti, la Corte Costituzionale avrebbe dovuto esaminare 
la questione, in relazione all'art. 11, del contrasto tra la legge istitutiva dell'E.
N.E.L. e la legge di esecuzione dei Trattati di Roma ed, in via preliminare, 
chiedere alla Corte di Giustizia la interpretazione ai sensi dell'art. 177, lett. a) del 
Trattato. 
Se questa �, secondo il Mazziotti la interpretazione dell'art. 11 e del rango 
delle norme� di esecuzione dei trattati stipulati ai sensi dell'art. 11, non � per lui 
accettabile, d'altro canto, il principio affermato dalla Corte di Giustizia della C.E.E. 
circa la � prevalenza ,, del diritto comunitario sul diritto interno successivo, in sede 
di concreta applicazione da parte del Giudice italiano. 
(23) MAzzIOTTI, Appunti sulla sentenza della Corte Costituzionale riguardante la legie 
istitutiva dell'ENEL, Giur. cost., 444. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 643 

A giudizio del Mazziotti, il principio della � prevalenza " vale e pu� servire 
a dirimere i conflitti nell'ambito del diritto comunitario, facendo considerare invalidi 
ed in violazione degli obblighi assunti dagli stati membri gli atti giuridici da 
questi posti in violazione del Trattato, con la soggezione al procedimento stabilito 
dagli articoli 169 e 170 e con le conseguenze previste dall'art. 171 dello stesso 
Trattato. 

Ma sotto il profilo del diritto interno degli Stati, poich� la Comunit� non pu� 
considerarsi uno Stato federale, basato unitariamente su di una Costituzione federale, 
ed i rapporti tra Stato e Comunit� sono basati su di un trattato internazionale 
che gli Stati possono modificare con accordo successivo, modificando contemporaneamente 
la competenza della Comunit�, nulla vieta che gli Stati stessi, i quali 
hanno conservato la loro soggettivit� internazionale e la loro sovranit� anche nei 
campi nei quali si sono impegnati a non esercitarla a favore delle istituzioni comunitarie, 
riprendano concretamente l'esercizio della sovranit� stessa, immettendo nel1'
ordinamento norme contrastanti col diritto comunitario. Queste norme, pur essendo 
in violazione degli obblighi assunti dallo Stato con la adesione alla Comunit�, sono 
pienamente valide per il diritto interno e derogano altrettanto validamente al diritto 
comunitario, a meno che si rinvenga nell'ordinamento degli Stati una norma di 
di rango supercostituzionale atta ad invalidare ogni regola di diritto posteriore che 
fosse in contrasto con le norme comunitarie. Il Mazziotti conclude il suo studio, 
chiarendo che con norma successiva interna si possa in linea di principio derogare 
al Trattato: soltanto che, stante la interpretazione da lui data all'art. 11, egli pone 
in dubbio che la deroga si possa porre con legge ordinaria. 

Da ultimo, nella nostra dottrina � intervenuto autorevolmente nel dibattito 
il Monaco (24) il quale, premesso che l'art. 11, introdotto storicamente per la 
partecipazione dell'Italia ad istituzioni internazionali -del tipo delle Nazioni 
Unite -strutturate col tradizionale sistema a configurazione orizzontale, non si 
presta a coprire con la sua formula le nuove strutture di cooperazione internazionale 
integrata a configurazione verticale, e premesso che l'art. 11, interpretato prevalentemente 
avuto riguardo allo strumento degli accordi internazionali con le relative. 
norme interne di adattamento, difficilmente potrebbe costituire � la chiave di solu:. 
zione del problema del rapporto tra diritto comunitario e diritto interno italiano "� 
passa ad esaminare, per respingerla, la tesi sostenuta, come sopra riferito, da 
Catalano, circa la incompetenza del nostro Stato a legiferare in materia regolata. 
dal trattato, venendo alla conclusione che la legge di esecuzione del Trattato � � 
una legge ordinaria, n� l'art. 11 la pu� trasformare in una super legge e, tanto 
meno, in una legge di efficacia pari a quella delle leggi costituzionali ". 

Secondo Monaco la soluzione deve essere cercata altrove e cio� sul piano dei 
rapporti tra ordinamento interno ed ordinamento comunitario. 

E qui l'Autore ripropone la tesi, gi� sopra riferita, circa l'inesattezza in materia, 
del riferimento al rapporto classico trattato-legge interna di .esecuzione, trattandosi 
di rapporti di integrazione tra due ordinamenti diversi ma interpenetrabili attra~ 
verso la efficacia diretta ed immediata nell'ordinamento interno, e per i Giudici 
interni, di due categorie di norme: le gi� ricordate disposizioni self executing del 
Trattato e le norme contenute nei regolamenti comunitari, dotati, come tali, del 
carattere dell'immediatezza. 

Aderendo alla impostazione della Corte comunitaria, Monaco ritiene che la 
norma fondamentale di carattere generale che sancisce la prevalenza del diritto 
comunitario nel diritto interno � quella contenuta nell'art. 5 del Trattato, che impone 
agli Stati di adottare tutte le misure. atte ad assic-urare l'adempimento degli obblighi 

(24) MoN~co, Diritto comunitario e diritto interno davanti. la Corte Costituzionale, 
(;iur. it., 1964, I, 1, 1312. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

644 

derivanti dal trattato e vieta ogni atto che rischi di compromettere la realizzazione 
degli scopi del Trattato stesso. 
Da questa norma discenderebbe una serie di obblighi, in primis, quello di 
emanare diritto interno conforme al diritto comunitario. 

Ci� premesso, il Monaco non esclude che, anche mediante una interpretazione 
evolutiva dell'art. 11, si possa giungere ad una soluzione di considerarlo in funzione 
di adeguamento del diritto interno al diritto cor.'l.unitario, come norma che imporrebbe 
l'adeguamento continuo del diritto interno al diritto comunitario e che 
sarebbe, quindi, violata da un successivo atto normativo in contrasto col Trattato, 
a simiglianza di quanto opera l'art. 10, primo comma; circa l'adattamento automatico 
al diritto internazionale generale. Ci sarebbe, per l'art. 11, una sorta di adattamento 
automatico resa necessaria anche dalla considerazione che all'adeguamento 
non sarebbe sufficiente la legge di esecuzione, essendovi nel diritto comunitario, 
atti normativi (quali i regolamenti) che non dipendono per l'efficacia interna, dalla 
legge di esecuzione, essendo destinati ad agire immediatamente negli ordinamenti 
interni. 

Giunto a questo punto Monaco prospetta un'ultima soluzione, sempre fon


data sull'interpretazione evolutiva dell'art. 11. Le limitazioni di sovranit� �per


messe ,, dall'art. 11 possono giungere anche a consentire l'inserimento nel sistema 

normativo italiano delle fonti comunitarie previste dai Trattati che sono, appunto, 

di integrazione europea. 

Introdotte nel nostro ordinamento, essi avrebbero la prevalenza conforme alla 

loro natura ed al loro scopo, con la conseguenza della inapplicabilit� delle norme 

interne con esse incompatibili. 

""" 

Quello che si pu� dire per la maggior parte di queste tesi e che esse, mentre 

riecheggiano le argomentazioni della Corte di Giustizia circa la preminenza del 

diritto comunitario sul diritto interno, non sembrano aver identificato la norma o 

il principio, nel nostro sistema costituzionale, sui quali la prominenza dovrebbe 

basarsi ai fini della sua concreta applicazione per il diritto interno. 

Invero, per una soluzione del problema de iure condito, sembra da scartare 

la possibilit� che la Corte Costituzionale, ritornando sulla propria interpretazione, 

accolga la tesi che la rinuncia alla competenza normativa fatta, per alcuni settori, 

nel Trattato C.E.E. a favore degli organi comunitari, importi sul piano costituzio


nale interno una incompetenza assoluta del legislatore italiano, tale che la legge 

successiva, qualunque essa sia, dovrebbe essere disattesa dal Giudice italiano (25). 

Questo assunto appare nettamente in contrasto, oltre che con la nostra Costi


tuzione, con la stessa interpretazione dei Trattati europei (26), in base ai quali lo 

Stato italiano, pur assumendo l'obbligo di conformare il proprio ordinamento all'or


dinamento comunitario, non ha certo rinunciato alla competenza di disciplinare 

con proprie norme la materia che forma oggetto dei Trattati stessi, s� che possa 

ritenersi sussistente la preclusione di carattere assoluto della quale si discorre da 

(25) Cfr. GoR1, l.c., col. 1084-1085. 
(26) Cfr. CATALANO, l.c.; STENDARDI, cit., Foro it., 1964, V, 18 e RrnoLzr, ibidem, V, 
26; per la dottrina tedesca Ophiils, Neue juristiche Wochenschrift, 1963, 1751. Questo A., a 
commento della sentenza della Corte di Giustizia 26/62 del 5 febbraio 1963 (gi� citata), 
sostiene la tesi della incompetenz.a degli Stati per effetto della rinuncia alla sovranit� fatta 
nel Trattato (� Ein Staat der Hoheitsrechte iibertragen hat, kann sie nicht mehr ausiiben �), 
pur esprimendo, nel caso, perplessk� circa il carattere di norma self-executing attribuito alla 
Corte ali' art. 12 del Trattato. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTJ.TUZIONALE E INTERNAZIONALE 645 

:alcuni degli Autori sopra citati, preclusione che sarebbe sostanzialmente contraria 
.alla stessa autonomia dell'ordinamento statale come ordinamento originario. 

N� ci sembra, quanto alla tesi sostenuta dagli altri Autori sopra citati, a 
prescindere da quelle che non� offrono alcuna dimostrazione della norma o del 
principio sui quali dovrebbe fondarsi, per diritto interno, la prevalenza del diritto 
�Comunitario su quello statuale e l'inapplicabilit� di quest'ultimo, da parte del 
Giudice italiano, allorch� sia in contrasto col primo (MIGLIAzzA, STENDARDI, l.c.); 
<:he le tesi stesse siano riuscite a dimostrare, attraverso l'interpretazione dell'art. 11 
della Costituzione, una maggiore resistenza all'abrogazione della legge di esecuzione 
dei trattati stipulati ai sensi dell'art. 11, sicch� la legge stessa sarebbe da 
<:omprendere, sotto questo aspetto, nel sopraindicato tertium genus delle fonti 
.atipiche (BoN VALSASSINA, MAzzrorn). 

Non ci sembra che possa condividersi, invero, l'interpretazione dell'art. 11 
nel senso che di esso discenda un limite alla normazione interna a garanzia del 
rispetto del principio generale pacta sunt servanda, per le stesse ragioni sopra 
esposte allorch� abbiamo riferito la tesi di La Pergola circa i limiti dell'adattamento 
automatico di cui all'art. 10, primo comma, della Costituzione. � 

N� ci sembra che si possa argomentare col Mazziotti, sempre in tema di interpretazione 
dell'art. 11 della Costituzione, nel senso che, una volta operata la 
rinuncia della sovranit� ai fini della stipulazione dei Trattati di Roma e degli altri 
previsti, pi� o meno direttamente, dall'art. 11, si venga a porre in essere una 
situazione non solo cc permessa � ma altres� � voluta � dalla Costituzione: sicch�, 
mentre lo Stato potrebbe riassumere interamente la sovranit�, ritirandosi dall' organizzazione 
internazionale a favore della quale ha operato la rinuncia; non potrebbe 
derogare su singoli punti alla �norma di esecuzione del Trattato, la quale resisterebbe, 
quindi, a tali parziali interventi legislativi, mentre non resisterebbe alla 
modifica del diritto interno conseguente alla riassunzione integrale della sovranit�. 

Il vero � che, .come ha esattamente rilevato il Monaco, dall'interpretazione 
dell'art. 11, anche a prescindere dalla accennata difficolt� di riferimento alla realt� 
delle istituzioni di integrazione europea, non pu� ricavarsi l'esistenza di un limite 
.costituzionale alla potest� interna di legiferare nelle materie ricadenti nella sfera 
del Trattato di Roma; e ci� perch�, come dice lo stesso Autore, l'art. 11 non pu� 
trasformare in una legge avente efficacia di legge costituzionale la legge ordinaria 
che esso espressamente prevede come legge di esecuzione del Trattato nel quale 
� attuata la rinuncia alla sovranit�. 

� anche vero che il Monaco stesso ha prospettato una doppia possibilit� di 
interpretazione cc evolutiva � dell'art. 11: a) attribuendo allo stesso l'effetto di un 
adeguamento continuo del diritto interno al diritto comunitario, in funzione della 
:partecipazione del nostro Paese agli enti di integrazione europea; b) configurando 

tra le limitazioni di sovranit� contemplate nell'articolo anche, e come limitazione 
estrema, la diretta inserzione delle fonti comunitarie nel sistema normativo italiano 
con efficacia immediata (come nel caso dei regolamenti e delle norme self-executing) 
d, in ogni caso, con efficacia prevalente sulle norme emanate dalle fonti del diritto 
statale, in tutti i caso in cui, secondo il diritt.o comunitario, dovrebbe ammettersi 
tale prevalenza. 

Con questo, le norme comunitarie non verrebbero ad essere costituzionalizzate; 
e non potrebbero, quindi, produrre, sotto il profilo costituzionale, l'invalidazione 
delle norme interne con esse contrastanti: prevarrebbero, peraltro, sulle 
norme interne, nella concreta applicazione giudiziale, senza che queste ultime 
possano esplicare alcun effetto contrario. 

Non vi � dubbio che le soluzioni indicate dal Monaco in via di interpretazione 

"' evolutiva ,, dell'art. 11 si presentino come particolarmente suggestive e tali da 

soddisfare, ove potessero ritenersi fondate su norme o principi del nostro ordina


5 



646 ~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento positivo, la maggior parte delle istanze e delle esigenze invocate dalla Cortedi 
Giustizia e dagli Autori che sostengono, sotto vari profili, la tesi dell'integrazione 
diretto dal diritto comunitario nel diritto interno. 

Ma � proprio sul fondamento delle due soluzioni per il diritto interno, ed in 
particolare, per il nostro diritto costituzionale, che si addensano forti dubbi ed, R 
nostro avviso, non facilmente dissipabili. 

Fortemente dubitabile �, anzitutto, l'interpretazione dell'art. 11 secondo cui 
questo operi l'adattamento automatico e continuo del nostro diritto interno al dirittocomunitario, 
a somiglianza di quanto l'art. 10, primo comma, opera nei riguardi 
del diritto internazionale generale. 

Applicando tutti i principi ermeneutici, letterali, logici, sistematici e storici, 
non sembra che possa dedursi una tale funzione di adattamento dall'art. 11, che �successivo 
all'art. 10 nel quale, secondo la ricordata prevalente interpretazione dottrinale, 
l'adattamento automatico del diritto interno al diritto internazionale � 
disposto solo per il diritto internazionale generale, con esclusione del diritto internazionale 
pattizio in generale, per il quale l'adattamento avviene mediante singoli 
ordini di esecuzione, autorizzati, a seconda dei casi, con singoli e specifici provve-dimenti 
legislativi (artt. 80 e 87 della Costituzione). 

Di fronte a questo sistema che la Costituzione ha stabilito in via generale e� 
senza eccezioni per l'adattamento del diritto interno al diritto internazionale pattizio, 
deve apparire altres� fortemente dubbia l'interpretazione dell'art. 11, prospettata_ 
nella seconda soluzione del Monaco, nel senso che l'effetto della rinuncia alla sovranit� 
contemplata nell'articolo stesso potrebbe essere quello di rendere direttamenteoperante 
nel nostro ordinamento, con carattere di immediatzza ed, in ogni caso, 
di prevalenza le norme emanate �dalle fonti comunitarie, le quali verrebbero, come� 
tali, ad inserirsi direttamente nel sistema normativo italiano . 

.Senonch�, e per quanto la soluzione appaia assai suggestiva, anche di questa 
inserzione diretta non sembra potersi fondatamente parlare sul piano dell'interpretazione 
dell'art. 11 che si limita a consentire, in determinati casi ed a determinate� 
condizioni, specificabili rinuncie finalizzate per gli scopi indicati nell'articolo stesso, 
e ci� anche mediante atto di legislazione ordinaria, senza innovare o modificare le� 
norme ed i principi costituzionali che regolano l'esecuzione dei trattati in diritto 
interno e, quindi, senza attribuire alla particolare, se si vuole, categoria dei trattati 
stipulati nell'ambito dell'art. 11 un trattamento diverso, sotto questo aspetto, da 
quelli stipulati in generale sul piano internazionale. 

Naturalmente, per quanto gi� sopra ricordato, noi non possiamo sottoscrivere� 
neanche la tesi del Mazziotti che, pur negando all'art. 11 la funzione di norma di 
adatta~ento automatico del diritto al diritto comunitario, attribuisce alla legge di 
esecuzione del trattato stipulato ai sensi dell'art. 11 la resistenza all'abrogazione-propria 
delle norme emanate dalle fonti atipiche del nostro ordinRIDento. 

Anche per questa interpretazione non � dato rinvenire un sicuro fondamento 
nell'art. 11 : ed essa ci sembra, oltre tutto, in contrasto con la negazione da parte 
dello stesso Mazziotti, della preminenza del diritto comunitario in b�se al nostro� 
ordinamento positivo, sulla esatta considerazione che le ragioni addotte dalla Corte 
di Giustizia e riprese dal Monaco sono valide a dimostrare tale preminenza per 
l'ordinamento istituito dal Trattato, cio� per l'ordinamento comunitario e non per� 
gli ordinamenti interni ed, in particolare, per quello italiano. 

Esauriente ci sembra, al riguardo, l'osservazione del Mazziotti, secondo cui 
l'art. 5 del Trattato, sancendo l'obbligo a carico degli Stati di emanare diritto internoconforme 
al diritto comunitario, sembra alquanto in contrasto con la tesi dell'inserzione 
diretta delle fonti normative comunitarie con carattere di immediatezza e, 
comunque, con carattere di prevalenza sulle norme emanate dalle fonti interne: 
alla quale considerazione potremmo aggiungere quella desumibile dall'art. 171 dello




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIO,NALE E INTERNAZIONALE 647 

stesso Trattato, secondo cui, in caso di accertamento da parte della Corte di Giustizia, 
di violazione degli obblighi del Trattato, sembra permanere l'efficacia 
della norma contraria in diritto interno (salve, naturalmente, le diverse disposizioni 
di quest'ultimo), pur essendo lo Stato inadempiente � tenuto a prendere i provvedimenti 
che la sentenza della Corte di Giustizia comporta ". 

""" 

Lo excursus dei vari studi e delle tesi in esse sostenute mostra chiaramente 
che, pur dovendosi ritenere, in linea di principio, la supremazia del diritto comunitario 
in base all'ordinamento dei Trattati C.E.E., �l princio stesso ed alle concrete 
applicazioni non pu� ritenersi corrispondere un sicuro fondamento positivo di diritto 
interno che valga a fare ritenere concretamente applicabile dai nostri Giudici la 

� preminenza " affermata dalla Corte di Giustizia per tutte le normi;i comunitarie 
e non soltanto per quelle self-executing, nel caso di norme interne successive e contrastanti 
emanate con la stessa � forza " della legge di esecuzione dei Trattati C.E.E. 
Il problema si sposta, quindi, sul terreno de iure condendo sembrando che, 
per attuare concretamente questa preminenza, occorra ll.eoessariamente una revisione 
costituzionale per gli Stati che, come il nostro, non hanno una norma di tale genere 
nel proprio ordinamento costituzionale n� possono correttamente desumerla in via 
di interpretazione. 

Sotto questo profilo dovrebbe essere anche valutata la sospensione del Conciliatore 
di Milano e le altre analoghe che, poco meditatamente dovessero ancora 
essere disposte ai nostri Giudici. � 

Tutti gli sforzi al riguardo, lodevoli in quanto espressione dello spirito europeistico 
che li anima, ci sembrano inaccettabili sul piano giuridico e qualcuno, 
anzi, aberrante (27). 

Dovendosi affrontare il problema de iuro ccindendo, -sembra da condividersi 
l'idea espressa dal Monaco (28) nel senso che l'ordinamento comunitario attuato 
con gli Accordi di Roma postuli una revisione della teoria delle fonti del diritto in 

(27) Cos�, come non possiamo condividere l'opinione di coloro che vedono una preclusione 
assoluta per il legislatore di dettare norme nei settori di competenza degli organi 
comunitari, n� l'opinione di chi afferma senz'altr-0 la preminenza delle norme comunitarie 
sulle norme interne a prescindere dal!' indagare se questa preminenza possa o meno essere 
riconosciuta in base all'attuale ordinamento costituzionale, non possiamo, d'altro canto, 
neanche concepire come, interpretandosi l'attuale ordinamento costituzionale, �possa pervenirsi 
alla conclusione per cui la legge nazionale posteriore incompatibile col T:rattato o con le 
norme comunitarie, pur non potendosi considerare viziata alla base e nulla sotto il profilo 
costituzionale, verrebbe a trovarsi in una specie di ineffifficacia :relativa o di� inopponibilit� � 
all'ordine comune, fintanto che esista la norma comunitaria, ovvero fino a quando il Trattato 
non vengo denunciato. Tanto meno possiamo ammettere che il Giudice italiano risolva il 
conflitto tra norma �com1.mitaria e norma nazionale successiva nel senso proposto dallo 
STENDARDI, e cio�, ove :riconosca che la prima abbia �sostanziale contenuto costituzionale � 
dichiari illegittima e disapplichi la seconda ad essa non conforme, senza neanche rinviare 
a�la Corte Costituzionale I 
Questa inammissibile conclusione per il nostro ordinamento costituzionale (che conosce 
norme cosdtuzionalmente valide o invalide, ma non norme inefficaci o temporaneamente 
inopponibilil) deve apparire t;mto pi� grave ove si pensi che con essa il Giudice interno 
sarebbe facoltizzato a sospendere l'applicazione di una legge, come quella sull'E.N.E.L., che 
� una legge di grande riforma di una fondamentale strutture economico-sociale del nostro 
ordinamento, emanata in base all'art. 43 della Costituzione e :ritenuta costituzionalmente 
legittima dalla stessa nostra Corte Costituzionale! 

(28) MoNAco, Primi lineamenti di diritto publbico europeo, cit., 64; Diritto comunitario 
e diritto interno avanti la Corte .costituzionale, cit., Giur. it., 1964, I, I, 1318. 

648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ciascuno degli ordinamenti degli Stati aderenti, in considerazione dell'autonomia 
dell'Ente sovranazionale a carattere istituzionale e dell'efficacia immediata che le 
norme comunitarie hanno, nei casi previsti, negli ordinamenti interni, in forza d�lla 
compenetrazione degli ordinamenti che appartengono al sistema comunitario, compenetrazione 
che rende possibile la propagazione diretta degli effetti normativi 
nell'interno degli ordinamenti dei sei Paesi aderenti, senza� necessit� dell'adattamento 
specifico o della trasposizione della norma, propri del tradizionale adattamento 
dell'ordinamento agli obblighi sanciti con i Trattati internazionali. 

L'autonomia dell'ordinamento comunitario e, nello stesso tempo, il rapporto 
di integrazione con gli ordinamenti interni degli Stati membri, dovrebbero condurre 
a dare rilievo costituzionale, in ciascuno di. questi, alle fonti di produzione dell' ordinamento 
comunitario {che, come materia costituzionale di questo ordinamento, 
potrebbero ben costituire materia costituzionalmente rilevante anche per i diritti 
interni), collocimdole al giusto posto della gerarchia delle fonti di produzione del 
diritto interno che consenta all'ordinamento comunitario di realizzare compiutamente 
le finalit� per le quali � stato istituito, in condizioni di uniformit� per tutti gli 
ordinamenti degli Stati membri (29). 

.. .. .. 

8-4. -Le massime contenute nei numeri 8-4 concernono il merito dell'interpretazione 
e la separazione di questa dalla concreta applicazione, espressamente rimessa 
al Giudice nazionale. 

Su quest'ultimo punto, null'altro vi � da osservare, se non che, nel caso di 
specie, il Conciliatore di Milano non potrebbe mai svolgere gli accertamenti indicati 
dalla Corte, esulando questi dalla propria giurisdizione e competenza nonch� 
dallo stesso oggetto della lite (il che conferma lassoluta inesistenza di un rapporto 
di pregiudizialit� tra l'oggetto della caUS'l e l'interpretazione del Trattato). 

Circa l'interpretazione degli artt. 102 e 98 del Trattato, rispettivamente in 
materia di distorsione delle condizioni di concorrenza sul mercato comune e del 
relativo obbligo di consultazione con la Commissione ed in materia di norme circa 
gli " aiuti ,, e del relativo obbligo di informazione preventiva, non possiamo che 
consentire con l'affermazione che si tratta di obblighi che vincolano gli Stati sul m 
piano internazionale e non attribuiscono ai singoli diritti o interessi da fare valere 
nei confronti degli Stati stessi; neanche, quindi, col procedimento di interpretazione 

I.� 

ex art. 177 del Trattato. 

< 

Questa soluzione sembra restringere, come � stato osservato in dottrina, la 
portata del principio della supremazia del diritto comunitario, affermata dalla Corte 
in termini generali, alle norme direttamente esecutive del diritto stesso, mentre 
per le altre la Corte stessa non ammette la tutela dei singoli attraverso il procedimento 
di interpretazione. 

II

Per queste norme sussiste la legittimazione esclusiva degli Stati e della commissione 
a fare valere l'eventuale violazione del procedime11to stabilito negli 
llrtt. 169 e 171 del Trattato. � 

L. TRACANNA 
(29) In sostanza, la revlSlone costituzionale di cui discorriamo � stata auspicata nella 
requisitoria dell'avvocato generale Lagrange e nella causa conclusa con la sentenza che 
anotiamo (Foro it., 1964, IV, 143)� L'avv. Lagrange ha insist�to infatti sull'autonomia e 
sulla compenetrabilit� dei due ordinamenti, anche sotto il profilo delle fonti di produzione, 
senza ovviamente, occuparsi dell'interpretazione della nostra Costituzione, _ma auspicandone 
una modifica. 

SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 maggio 1965, n. 859 -Pres. 
Torrente -Est. Cortesani -P.M. Criscuoli {diff.) -Presidenza del 
Consiglio dei ministri (avv. Stato Agr�) c. Nicotera (avv.ti Ferrari, 
Lessona). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Corte dei conti -Concorso per referendario � 
Provvediment-0 di esclusione � Impugnativa � Giurisdizione 
del Consiglio di Stato. 

(r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, t.u. delle leggi sull'ordinamento della Corte dei 
conti, art. 65; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, t.u. delle leggi sul Consiglio di 
Stato, artt. 26 e 29). 
Avverso il provvedimento che nega l'ammissione al concorso per 
referendario della Corte dei conti pu� proporsi ricorso al Consiglio di 
Stato, non alle sezioni riunite della Corte dei conti (1). 

II 

CORTE DEI CONTI, Sezioni riunite, ordinanza 12 maggio 1965 -
Pres. Carbone -Est. De Stefano -P.M. Cataldi-Nicotera (avv. 
Ferrari, C. Lessona). 

Competenza e giurisdizione -Corte dei conti � Regolamento 
prev~ntivo di giurisdizione � Inammissibilit� � Sentenza 
della Corte di Cassazione � Inefficacia. 
(Cost., art. 111, terzo comma; c.p.c., artt. 37, 41, primo comma, 362 e 367; 

r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, regolamento per la procedura nei giudizi davanti 
alla Corte dei conti, art. 26; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, t.u. delle leggi sull'ordinamento 
della Corte dei conti, art. 71). 
Il regolamento preventivo di giurisi#zi�ne non � ammissibile per i 
giudizi pendenti davanti alla corte dei conti e, quindi, la sentenza 
emessa dalla Corte di cassazione in quella sede � priva di effetti in tali 
giudizi {2). 



650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I I

:].

�.�. 
.:::! 

.);

Il ricorso � privo di consistenza giuridica e va rigettato. :~ 
Com'� noto, la Corte dei Conti venne istituita con la legge 14 agosto ;:.: 


_::;j 

.;:.:

1862, n. 800 allo scopo di assicurare un controllo di legittimit� sugli 
atti della P.A. Una siffatta specifica attivit�, esplicata attraverso un sindacato 
esterno e in una nozione di assoluta indipendenza, trova un ulte


. riore riconoscimento nella carta costituzionale in vigore, che inquadra 
la Corte dei Conti tra gli organi ausiliari del Governo, ne assicura la 
piena autonomia di fronte ad esso (art. 100) e ne delimita in concret� 
le attribuzioni (art. 103). Ond'� che, pur prescindendo da un'approfondita 
indagine sulla precisa natura delle funzioni di questo supremo 
organo dello Stato considerato da taluni costituzionale e da altri di 
rilevanza costituzionale, secondo un contrasto tuttora vivo in dottrina, 
la indiscutibile preminenza dei suoi poteri non tard� a richiamare 
l'attenzione del legislatore sul problema della giurisdizione relativa ai 
rapporti di impiego dei propri dipendenti. A colmare una lacuna della 
-~ 
legge n. 800 del 1862, fu infatti attribuita, con l'art. 28 della legge 25 
giugno 1908, n. 290, alla Corte. dei Conti a Sezioni riunite la definizione 
in forma contenziosa di tutti i reclami del suo personale e tale principio 
venne poi trasfuso nelle varie leggi, via via succedutesi nel tempo, quali 
il r.d 5 settembre 1909, n. 652, artt. 1 e 2, il r.d. 30 dicembre 19'23, 

n. 3084 (art. .S, ultimo comma) e, infine, la legge 3 aprile 1933, n. 255 
contenente modificazioni all'ordinamento della Corte dei Conti (art. 14, 
ultimo comma), cui si ricollega l'art. 65 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214 
tuttora vigente. 
Quest'ultima norma � cosl formulata � Spetta alla Corte dei Conti 
a Sezioni riunite la definizione in forma contenziosa di tutti i reclami 
dei suoi impiegati ed agenti e di chiunque vi abbia interesse relativi. alla 
nomina, promozione e disciplina, o comunque attinenti al rapporto di 


(1-2) Considerazioni sulla disposizione dell'art. 65 del t.u. 12 lu�. 
glio 1934, n. 1214 (leggi sull'ordinamento della Corte dei Conti) 
e sugli effetti della sentenza emessa in sede di regolamento preventivo 
di giurisdizione. 


Le questioni, di cui alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
ed all'ordinanza delle sezioni riunite della Corte dei conti, inducono a talune 
considerazioni. 


Gi� altra volta, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ebbero ad esaminare 
il fondamento e l'estensione della disposizione contenuta nell'art. 65 del t.u. 12 luglio 
1934, n. 1214, in rapporto, per vero, ad un caso alquanto diverso (Cass., Sez. 
Un., 27 ottobre 1948, n. 1784, Foro it., 1949, I, 453; cfr. pure, ivi, CASULLI, La 
giurisdizione esclusiva della Corte dei conti sui reclami del proprio personale attinenti 
al rapporto di impiego). Pi� precisamente si trattava, allora, di stabilire sela 




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 651 


impiego, per motivi di competenza, eccesso di potere o violazione di 
legge �. Senonch� il contenuto letterale della disposizione anzidetta 
<determin� subito � un contrasto esegetico, acuito dalla individuazione 
-anch'essa controversa -dei motivi che hanno indotto il legislatore 
�ad attribuire alla Corte dei Conti questa specifica potest� giurisdizionale. 
Invero una parte della dottrina sulla scorta anche dei lavori preparatori 
della legge n. 290 del 1908 ritiene che la � ratio � della 
norma debba essere ricercata nella esigenza di sottrarre gli atti del 
massimo organo di controllo della P.A. al sindacato di un organo diverso, 
quale il Consiglio di Stato, mentre, secondo altri, la speciale disciplina 
legislativa � de qua � sarebbe stata predisposta dalla Corte dei Conti, 
per quanto concerne la nomina e lo svolgimento della carriera, allo scopo 
di garantire ad essa una sempre maggiore indipendenza nell'esercizio 
<lelle sue funzioni. N� � qui il caso di pronunziarsi su questo punto, che, 
.del resto, non forma oggetto specifico del ricorso. 

Il problema relativo alla giurisdizione speciale della Corte dei Conti 
�viene prospettato questa volta sotto un diverso profilo giuridico, che 
non ha precedenti n� dottrinali, n� giurisprudenziali. Esso concerne 
Tapplicabilit� o meno dell'art. 65 del cit. t.u. anche nei confronti di chi 
non faccia ancora parte del personale della Corte, ma abbia presentato 
domanda di ammissione al concorso per referendario e voglia impugnare 
il provvedimento del Presidente, con cui sia stato escluso dal parte.
ciparvi. 

-disposizione in esame si applicasse anche ai magistrati della Corte dei conti (1). 
Nell'occasione la� soluzione fu affern;iativa, rigettandosi il ricorso proposto dagli interessati 
avverso la decisione del Consiglio di Stato, che aveva dichiarato il proprio 
difetto di giurisdizione (Cons. di Stato, 15 gennaio 1947, n. 5, Riv. Corte conti, 
1948, VI, 17; v. pure, ivi, il parere 15 aprile 1948, reso dall'Adunanza generale del 
Consiglio di Stato). 

A sostegno di quella sentenza furono addotti nella motivazione vari argomenti, 
.alcuni dei quali avrebbero dovuto aver valore anche per il caso, di cui ora si tratta. 
In particolare, si fece allora ricorso alla ratio della norma, su cui le stesse Sezioni 
�unite della Corte di Cassazione nella sentenza, che qui si annota, dopo averne 

fatto cenno, hanno ritenuto di non doversi pronunciare 
Senonch�, la ratio di una norma incide in modo determinante sull'interpreta
�zione da darvi. Ed, invero, nella specie, trattandosi appunto di interpretare la norma 

(1) Per quanto riguarda le nomine dei consiglieri della Corte dei conti, provvedendosi 
ad esse con decreti del Capo dello Stato su proposta del Presidente del Consigli� dei Ministri, 
la Corte medesima ha ritenuto che questo nelle sue determinazioni su tali nomine agisce con 
un lato potere discrezionale, svincolato dall'osservanza di quegli adempimenti fissati dalla 
giurisprudenza in relazione all'esercizio delle analoghe funzioni da parte del consiglio di 
.amministrazione, onde qualsiasi censura, che investa la valutazione del Consiglio dei Ministri 
circa il grado di capacit�, le benemerenze, le qualit� ecc. degli scrutinati concerne il merito 
-e non rientra quindi nella competenza delle sezioni riunite (Col'lte dei conti, 1�8 giugno 1954, 
.Riv. Corte conti, 1954, III, 258). 

652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si sostiene dalla difesa dell'Amministrazione ricorrente che nella 
ipotesi in esame la giurisdizione della Corte a Sezioni riunite trae fondamento 
dalla generica dizione della norma, la quale espressamente 
menziona tra i destinatari di essa non soltanto gli impiegati ed agenti, 
ma altres� chiunque vi abbia interesse relativo alla nomina, sempre 
quando i reclami siano comunque attinenti al rapporto di impiego. Con 
tali specifiche locuzioni si sarebbe conferito alla Corte un potere giurisdizionale 
anche sui soggetti estranei che abbiano presentato domanda 
di ammissione al concorso, per quanto concerne lesame delle impugnazioni 
proposte contro i provvedimenti, emessi dal Presidente in pendenza 
dell'espletamento del concorso stesso e quindi della costituzione 
del rapporto d'impiego. A sua volta il resistente, pur rimettendosi alla 
giustizia di questa S.C., contesta una siffatta tesi, osservando che la 
disposizione anzidetta � limitata al contenzioso relativo al pubblico 
impiego dei dipendenti della Corte dei Conti e non potrebbe ritenersi 
estesa anche a coloro, nei confronti dei quali quel particolare rapporto 
non si � ancora costituito. 

Orbene l'art. 65 del t.u. n. 1214 del 1934 costituisce una deroga 
rispetto al principio generale fissato dall'art. 29, comma prima, n. 1 del 

t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, secondo cui sono attribuiti alla giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, fra l'altro, 
" i ricorsi relativi al rapporto d'impiego prodotti dagli impiegati dello 
Stato �. Ci� esige una interpretazione restrittiva della norma in esame 
e, conseguentemente, comporta la necessit� di considerare l'interesse alla 
nomina con una certa concretezza di contenuto che trascende la semplice 
presentazione della domanda di ammissione al concorso. Se � 
verq, infatti, che la istanza predetta fa parte di quel complesso di atti, � 
i quali, nel loro graduale e progressivo " iter �, concorrono a integrare 
il provvedimento costitutivo del rapporto di pubblico impiego e ne 
legittimano la impugnazione fino al compimento dell'atto terminale, � 
pur vero che il provvedimento di esclusione dal concorso, creando una 
soluzione di continuit� nel processo formativo, importa lonere di una 
impugnazione autonoma, la quale, attraverso l'eventuale annullamento 
in questione, la ratio di questa era .comunque da valutarsi, sia che andasse ricercata 

nell'esigenza di sottrarre gli atti del massimo organo di controllo della pubblica 

amministrazione al sindacato di un organo diverso, come il Consiglio di Stato, sia 

che andasse ricercata nell'esigenza di garantire, in relazione alla nomina ed allo 

svolgimento della carriera, una sempre maggior indipendenza ali' esercizio delle 

funzioni della Corte dei conti (sono le due tesi, che si menzionano dalle stesse 

Sezioni Unite della Corte di Cassazione): una tale valutazione, infatti, avrebbe 

dovuto indurre ad una conclusione diversa da quella adottata, la quale non si rivela 

armonizzabile con alcuna delle due richiamate esigenze. 

D'altro canto, anche la lettera della disposizione, di cui si tratta, dove si fa 

espressa menzione � di tutti i reclami �, oltre che degli impiegati e degli agenti. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 653 

di quel determinato atto, ripristini il corso delle attivit� giuridiche 
preordinate al conseguimento del risultato finale. Trattasi, pii\ specificamente, 
di uno di quegli atti che, rispetto .alla fattispecie legali di cui 
al cit. art. 65, si pongono in una fase preparatoria e sono lesivi di un 
interesse legittimo, ben distinto da quello definitivo che sorge solo con 
l'espletamento del concorso. Detto interesse, in quanto prodromico o 
preliminare, esula dalla fase costitutiva del rapporto e, non identificandosi 
con essa, � idoneo a giustificare una diversa tutela giurisdizionale. 
Ond'� che la impugnazione del prpvvedimento anzidetto, proposta 
allorquando � ancora ben lontana la conclusione del procedimento 
amministrativo di specie, non configura, in un concorso esterno, quel 
� minimum � di interesse alla nomina richiesto dalla norma in parola, 
n� ipotizza ancora un reclamo comunque attinente al rapporto d'in:ipiego. 
In tal caso, quindi, � da escludere che la relativa controversia 
rientri nella giurisdizione speciale della Corte dei Conti, ma deve ritenersi, 
invece, che la cognizione di detto reclamo spetti al Consiglio di 
Stato, cui, secondo il preciso disposto dell'art. 26 t.u. n. 1054 del 1924, 
ogni cittadino pu� ricorrere per la tutela di un proprio legittimo interesse. 


Convalida siffatta interpretazione un ulteriore rilievo, desumibile 
dai precedenti legislativi " in subiecta materia �. Invero secondo le leggi 
anteriori a quella vigente, tutte identiche nella loro formulazione letterale, 
la giurisdizione della Corte dei Conti a Sezioni riunite era espressamente 
limitata alle controversie relative al proprio personale, mentre 
l'art. 65 del vigente t.u., includendovi i reclami proposti da � chiunque 
abbia interesse alla nomina �, ha esteso la � potestas iudicandi � anche 
a chi non sia ancora inquadrato nei ruoli del personale. Senonch� detta 
norma venne emessa a seguito di delegazione conferita al Governo dal!'
art. 82 della legge n. 255 del 1983 �per riordinare, coordinare e pubblicare 
in testo unico tutte le norme di legge riguardanti lordinamento 
della Corte dei Conti, con facolt� di introdurre quelle disposizioni complementari 
e integrative che si rendessero necessarie >1 secondo quanto 
viene precisato dal successivo art. 85, onde non � presumibile che in 

" di chiunque vi abbia interesse relativi alla nomina... o comunque attinenti al 

rapporto di impiego�, appare, data l'ampiezza della locuzione usata (alle parole 

" tutti " e � chiunque ,, ed alle espressioni � interesse relativi � e " o comunque 

attinenti � bisogna pur attribuire un significato), tale da consentire un'interpreta


zione, per la quale spetti alla Corte dei conti anche la definizione delle controversie 

riguardanti i provvedimenti di esclusione da un concorso~ interpretazione che, alla 

stregua di quanto osservato in ordine alla ratio della norma, addirittura si imponeva. 

Questa conclusione non sembra ostacolata dalla legge 3 aprile 1933, n. 255, 

contenente la delega, in forza della quale fu emanato il t.u. 12 luglio 1934, n. 1214. 

Del resto, le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione riconoscono che la 

disposizione in esame ha esteso la potestas iudicandi della Corte dei conti pure a 



654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
quella sede si siano potuti ampliare cos� notevolmente la portata e i r-.� 
.< 
�~ limiti della giurisdizione speciale della Corte dei Conti sino al punto 
da assoggettare ad essa -e sottrarre, conseguentemente, al proprio 
giudice naturale anche 
coloro che, chiedendo di essere ammessi ad un 
concorso, sono portatori di una � spes � molto vaga per il conseguimento 
della nomina. 
Alla stregua della questione sottoposta ali' esame di questa S.C. resta 
fuori dell'ambito del dt. art. 65 per difetto dei presupposti di carattere 
soggettivo e oggettivo; soggettivo in quanto la domanda di ammissione 
ad un concorso esterno -non pone ancora gli aspiranti in una posizione 
giuridica tale da configurare l'interesse alla nomina sotto un particolare 
aspetto di concretezza; oggettivo perch� il reclamo contro il provvedimento 
di esclusione da un concorso non potrebbe mai identificarsi con 
una controversia comunque attinente al rapporto d'impiego. 
Dichiarandosi la giurisdizione del Consiglio di Stato a conoscere 
dei ricorsi proposti dal dott. Nicotera, resta ovviamente assorbita la I eccezione di illegittimit� costituzionale della norma anzidetta. 
II 
{Omissis). -Ritenuto che possa disporsi la riunione dei giudizi 
istituiti coi due ricorsi proposti a queste Sezioni Riunite dal dott. Giuseppe 
Nicotera, vertendo esse sostanzialmente sullo stesso oggetto ed 
identici essendo i motivi che li sorreggono; 
chi non sia ancora inquadrato nei ruoli del personale, conformemente alla citata legge 
di delega, ma ritengono che l'interpretazione dianzi proposta, riguardando ipotesilimite, 
urterebbe contro tale legge, mentre prevedendosi in questa {con l'art. 35) 
genericamente la facolt� per il governo di introdurre nel testo unico le necessarie 
disposizioni � complementari ed integrative � alle norme di legge riguardanti I'ordinamento 
della Corte dei conti, una distinzione nei sensi accennati non si giustifica, 
allorquando possa essere spiegata la ratio della prospettata estensione e cos� 
riportata la norma da interpretare, in aderenza alla sua lettera, nell'ambito delle 
facolt� accordate con la delega. 
La disposizione, di cui si tratta, quindi, potrebbe ben costituire una deroga 
non solo a quella dell'art. 29, comma primo, n. 1, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 
(giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato), la quale � pure essa una disposizione 
di carattere speciale, ma anche a quella dell'art. 26 dello stesso testo unico 
(giurisdizione generale di legittimit� del Consiglio di Stato), senza dover per questo 
restar limitata, attraverso un'interpretazione restrittiva, con riferimento alla nomina, 
dall'indispensabile presenza di un aspetto di concretezza, che le Sezioni Unite della 
Corte di Cassazione stimano rilevante e non riscontrano nella specie, ma che la 
-norma da interpretare, nella sua vasta comprensivit� (ancor pi� evidente se paragonata 
alla norma contenuta nel n. 1 del comma primo dell'art. 29 sopra citato), 
non sembra postulare. 
Ad ogni modo, giover�, peraltro, ricordare che, come � messo in rilievo dalla 
ordinanza delle Sezioni Unite della Corte dei conti, nella. specie non si trattava di un 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 655� 

che il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per rego-� 

lamento di giurisdizione, proposto in pendenza del giudizio vertente 

innanzi il Consiglio di Stato, tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri� 

ed il dott. Nicotera, per l'annullamento degli stessi provvedimenti im


pugnati innanzi queste Sezioni Riunite, non possa spiegate effetti nel 

presente giudizio, essendo le � questioni di giurisdizione �, per le quali 

l'art. 41, comma primo, del c.p.c. consente di sperimentare il regola-. 

mento preventivo, unicamente quelle contemplate dall'art. 37 dello 

stesso codice, e cio� le questioni inerenti al cc difetto di giurisdizione 

del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione �,. 

non anche quelle rel�tive al difetto di giurisdizione del giudice spe-� 

ciale nei confronti di altro giudice o della p.a., del che � dato riscon


trare puntuale conferma nell'art. 367 dello stesso codice, il quale 

disciplina, con riferimento al solo procedimento innanzi al giudice 

ordinario, le modalit� di sospensione del processo di merito in pen


denza del regolamento preventivo di giurisdizione; 

che dalla cennata limitazione discende come, nella ipotesi in cui 

la lite non sia stata instaurata dinanzi al giudice ordinario, il difetto 

di giurisdizione non possa essere opposto che in via successiva e, cio�, 

mediante impugnazione della decisione che si ritenga di aver invaso la 

sfera di competenza attribuita ad altri organi giurisdizionali, facendosi 

cos� ricorso al rimedio apprestato dall'art. 362 c.p.c., nel quale � stato 

sostanzialmente trasfuso l'art. 3, n. 3, della kgge 31 marzo 1877, n. 3761; 

che a siffatte afferma'.?ioni conforta anche il precetto costituzionale 

l� dove (art. 111, comma terzo) ammette contro le �decisioni� del 

provvedimento di esclusione dal concorso (cui l'aspirante era stato ammesso), provvedimento 
che pur sempre si porrebbe con carattere di strumentalit� rispetto alla. 
nomina, bens� di un provvedimento di esclusione dalle prove scritte e .orali del 
concorso, a seguito della valutazione dei titoli, nonch� del provvedimento . che 
approvava la graduatoria del concorso stesso, onde, di fatto, pure l'accennato aspetto 
di concretezza sussisterebbe. 

""" 

Rilevato ci� non pu�, t~tt~via, conveuirsi su quanto si osserva nell'ordinanza 

delle sezioni riunite della Corte dei �onti in merito all'inammissibilit� del regola


mento preventivo di giurisdizione rispetto ai giudizi pendenti davanti ai Giudici 
' speciali ed in particolare davanti alla Corte medesima. 

Nel senso dell'ammissibilit�, anche rispetto ai giudizi pendenti davanti .al Con


siglio di Stato, del regolamento preventivo di giurisdizione, peraltro, molto recente


mente le Sezioni Uuite della Corte di Cassazione hanno ribadito il loro insegnamento, 

conforme alle tesi sempre sostenute dall'Avvocatura dello St�to (Cass., Sez. Un., 

28 aprile 1964, n. 1016, in questa Rassegna, 1964, I, 472), e sul punto si rimanda 

il lettore a quanto gi� esposto con apposita relativa nota nell'occasione (v. in questa 

Rassegna, 1964, I, 473), valendo di certo il principio anche rispetto ai giudizi pen


denti davanti alla Corte dei conti . 

. N�, data tale ammissibilit�, pu� dubitarsi dell'effetto necessariamente sospen




656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Consiglio di Stato e della Corte dei Conti il ricorso in Cassazione 
per i soli motivi inerenti alla giurisdizione, con ci� manifestamente 
confermando la precedente situazione legislativa, secondo la quale 
l'organo regolatore non pu� intervenire in questi casi se non dopo che 
una � decisione� sia stata emanata; 

che l'istituto del regolamento di giurisdizione non pu� trovare 
applicazione nei giudizi innanzi alla Corte dei Conti nemmeno per 
effetto del richiamo operato dall'art. 26 del regolamento di -procedura 
approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, il quale dispone bens� la 
osservanza delle � norme della procedura civile �, ma solo in quanto 
esse siano � applicabili � e non siano modificate dalle disposizioni dello 
stesso regolamento o, a maggior ragione, dalle disposizioni delle leggi 
concernenti la Corte dei Conti, le quali, nel loro insieme configurano 
un sistema speciale, sufficientemente organico, strutturato su istituti 
propri, quali, ai fini che interessano, il ricorso in cassazione, per annullamento 
di gi� emessa decisione, prevista dall'art. 71 del t.u. 12 luglio 
1934, n. 1214; 

che, inoltre, l'applicabilit� delle norme richiamate postula non 
soltanto l'attitudine del sistema richiamante a recepire e adattare agli 
istituti gi� propri, l'istituto richiamato, ma ben anche la idoneit� di 
quest'ultimo ad essere applicato in ambito diverso da quello originario, 

sivo della proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione per il giudizio 
pendente davanti al Giudice speciale, mentre deve ritenersi che la pronuncia emessa 
da detto Giudice nelle more del procedimento per il regolamento preventivo di 
giurisdizione sia inficiata dal difetto di giurisdizione e, quindi, per ci� solo, annullabile 
dalla Corte di Cassazione (v. pure in merito la nota succitata e Cass., 11 dicembre 
1950, n. 2705; cfr. anche, per�, Cass., Sez. Un., 31 marzo 1950, n. 877): 
conseguenza a fortiori applicabile per la pronuncia emessa dal Giudice speciale nel 
processo proseguito dopo che la sua giurisdizione � stata esclusa a seguito del ricorso 
per regolamento preventivo di giurisdizione, se una siffatta pronuncia non debba 
ritenersi addirjttura ,inesistente. Altra � la questione, poi, dell'inefficacia della sentenza 
della -Corte di Cassazione, adombrata nella spe�ie dalla Corte dei conti, per 
l'incompletezza del contraddittorio, sul presupposto di un litisconsorzio necessario, 
questione del tutto particolare, in merito alla quale non pare qui il caso di soffermarsi. 

""" 

Quanto si � finora osservato andrebbe diversamente visto, come � ovvio, se 

� la definizione in forma contenziosa di tutti i reclami � previsti nella disposizione 
in esame e da questa demandata alla Corte dei conti sostanzialmente concretasse 
l'esplicazione di un attributo connesso alla tutela della indipendenza della Corte 
stessa nell'esercizio delle sue funzioni di controllo, quale :i;lotere autonomo, cos� da 
implicare con riferimento all'ingerenza di altro organo statuale in subiecta materia 
non una questione di giurisdizione ma un conflitto di attribuzione tra poteri dello 
Stato, previsto dall'art. 134 della Costituzione. :E: la tesi appena accennata nell'ordinanza 
delle Sezioni riunite della Corte dei conti, che, dopo quanto da essa ritenuto, 
non � stata considerata, ma che appare, invero, la pi� idonea a meglio garantire 
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PARTE I, SEZ, II, GIURIS, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 657 

il che nella specie deve negarsi, per il regolamento preventivo di giurisdizione, 
la volta che il legislatore -come fatto palese dal raffronto 
fra fart. 41 e l'art. 362 c.p.c. -ha chiaramente dato addivedere di 
volerlo circoscrivere alla sola ipotesi contemplata dall'art. 37 c.p.c.; 

che la inapplicabilit�. -riaffermata ed elevata a dignit� di precetto 
costituzionale -del regolamento preventivo di giurisdizione in 
qualsiasi tipo di giudizio instaurato innanzi la Corte dei Conti, dispensa 
il Collegio dal considerare se la sua competenza a definire in � forma 
contenziosa � tutti i � reclami � dei dipendenti della Corte o di � chiunque 
vi abbia interesse�, � comunque attinenti al rapporto di impiego � 
(art. 65 t.u. n. 1214 del 1934), si atteggi, oltre che formalmente, anche 
sostanzialmente come una vera e propria giurisdizione e non possa 
piuttosto concretare la esplicazione di un necessario attributo, posto a 
tutela della sancita indipendenza della Corte dei Conti, nell'esercizio 
delle sue funzioni di controllo, quale � potere autonomo � neutrale ed 
estraneo alla p.a., s� che la ingerenza nella subietta materia di altro 
organo statuale possa dischiudere ingresso non ad una � questione di 
giurisdizione�, ma ad un conflitto di attribuzioni tra i poteri dello 
Stato�, quale previsto dall'art. 134 della Carta Costituzionale; 

che, per tutte le esposte considerazioni come non pu� farsi luogo 
a sospensione del procedimento nei giudizi innanzi la Corte dei Conti 

quell'indipendenza. Con questo, peraltro, non si vuol sostenere che tale tesi, senza 
dubbio di grande interesse e certamente accettabile per il collegamento tra la disposizione 
in esame e la tutela dell'indipendenza della Corte nell'esercizio del suo potere 
di controllo (confortata pure dalla surriportata dizione della norma), debba essere 
accolta, giacch� l'esercizio di una funzione di ordine costituzionale da parte della 
Corte dei conti potrebbe non essere � sufficiente a collocarla tra gli organi costituzionali 
,, quanto meno �ai fini dell'art. 134 della Costituzione� (v. GuGLIELMI, 
I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, La Corte costituzionale -raccolta 
di studi-, R�ma, 1957, 433; v. pure, ivi; 443, con riferimento a quanto sostenuto 
dallo stesso autore, Corte dei conti e questioni di legittimit� costituzionale, in questa 
Rassegna, 1962, 69). D'altra parte, mentre almeno il Parlamento, cui la Corte ha 
l'obbligo di riferire sui risultati del riscontro eseguito, pu� far valere gli effetti del 
controllo sul piano costituzionale (v. GuGLIELMI, I conflitti cit., 433) ed i relativi provvedimenti 
della Corte medesima restano sottratti al sindacato giurisdizionale (v. SANDULLI, 
In materia di giurisdizione nei confronti dei decreti di assoggettamento di 
enti pubblici al controllo della Corte dei conti e nei confronti degli atti di controllo 
della Corte, CGiust. civ., 1964, I, 1336, e ZAGARI, Osservazioni sul controllo della 
Corte dei conti sugli enti pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 475; cfr. per� anche 
ANELLI, Sulla sindacabilit� in sede giurisdizionale degli atti di controllo della Corte 
dei conti, Foro amm., 1965, II, 71), il potere della Corte di definire i reclami anzidetti, 
nonostante il rilevato collegamento, resterebbe sottoposto alla Corte di Cassazione 
e, conseguentemente, sia pur in limitate ipotesi, i provvedimenti in materia 
potrebbero, come � accaduto, venir sottratti a quel potere ed assoggettati al sindacato 
di altri organi statuali, intaccandosi cos�, senza rimedio, l'autonomia della Corte 
dei conti. 



658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

allorch� sia illegittimamente instaurato innanzi alle Sezioni Unite della 
Cassazione il regolamento preventivo di giurisdizione, cos� non pu� 
riconoscersi effetto, negli stessi giudizi, alla sentenza delle Sezioni Unite 
resa a seguito del proposto ricorso, posto che la inapplicabilit� dell'istituto 
alle giurisdizioni speciali vizia in radice l'intero procedimento 
dal suo atto introduttivo a quello terminale; 

che non altro seguito, se non quello dianzi indicato, � possibile, 
quindi, dare, nel presente giudizio, alla sentenza pronunciata dalle 
Sezioni Unite della Cassazione il 18 febbraio 1965 (della quale il solo 
dispositivo � stato alla segreteria di queste Sezioni Riunite comunicato 
il 10 corrente con biglietto di cancelleria a norma dell'art. 388 c.p.c.), 
sul ricorso per r�golamento preventivo di giurisdizione, proposto dalla 
Presidenza del Consiglio dei Ministri nel giudizio innanzi al Consiglio 
di Stato introdotto coi due ricorsi del dott. Nicotera; sentenza, che, 
oltre tutto, sembra fare riferimento soltanto al primo dei due ricorsi 
a queste Sezioni Riunite ed al secondo dei due proposti al Consiglio 
di Stato, non pure agli altri due ricorsi proposti rispettivamente, nella 
stes�sa data del 1� agosto 1963 al Consiglio di Stato e del 12 dicembre 
1963 a queste Sezioni Riunite; non solo, ma sembra altres� identificare 
l'oggetto del giudizio in un provvedimento di diniego di ammissione 
al concorso a referendario d�lla Corte, laddove, da una parte, 
i primi due ricorsi del 1� agosto 1963 concernono la negata ammissione, 
non al concorso -al quale il dott. Nicotera fu regolarmente 
ammesso -ma alle prove di esame scritte ed orali, da parte della 
Commissione esaminatrice, per insufficiente punteggio dalla stessa attribuito 
al dott. Nicotera nel precedente esame dei titoli (trattandosi, 
appunto, di concorso" per titoli ed esami) e, dall'altra, i secondi riporsi 

Non � questa, tuttavia, la sede per approfondire una questione di tanta importanza; 
che investe non solo la natura della funzione di controllo della Corte dei 
conti, ma la posizione della Corte stessa nell'ordinamento costituzionale (v. in proposito, 
per tutti, DE V ALLES, Questioni controversie sulla posizione costituzionale 
della Corte dei conti, Studi in occasione del primo centenario della Corte dei conti 
nell'unit� d'Italia, Milano, 1963, 121) nonch� l'ambito di applicazione dell'art. 134 
della Costituzione (v. pure, in argomento, oltre a La Corte costituzionale e il conflitto 
di attribuzione, in questa Rassegna, 1948, 7-8, 1, e Rocco, A proposito di 
alcuni dissensi interpretativi dell'art. 134 della Costituzione, ivi, 1948, 9, l; AzzARITI, 
I conflitti di .attribuzione tra i poteri dello Stato secondo la nuova Costituzione, 
Problemi attuali di diritto costituzionale, Milano, 1951; SALVATORI, Conflitti di 
attribuzione, Enciclopedia forense, vol. Il, Milano, 1958, e LucIFREDI, Attribuzioneconflitto, 
Enciclopedia del diritto, vol. IV, Milan�, 1959; cfr., altres�, FOLIGNO, 
1 soggetti nel contenzioso costituzionale, in questa Rassegna, 1957, 87). Qui sembra 
sufficiente aver delineato gli aspetti della questione ed osservato come essa si 
colleghi ai ricordati problemi di fondo, richiamando l'attenzione sulla gravit� delle 
conseguenze da non sottovalutare almeno nel piano teorico e sulla possibilit�, per 
ovviarvi, di adombrare la tesi innanzi prospettata. 

B. BACCARI 

PARTE I, SEZ. II, GWRIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 659 

del 12 dicembre 1963, impugnano il provvedimento che approva la 
graduatoria generale di merito di concorso; 

che, peraltro, �avanti di procedere a qualsiasi pronuncia sulla giurisdizione, 
si rende necessario verificare la regolare instaurazione del 
contraddittorio, in conformit� dell'insegnamento della Corte di Cassazione, 
che, nella ipotesi di litisconsorzio necessario con incompleto 
contraddittorio, nega ogni effetto a qualsiasi pronuncia sulla giurisdizione 
-ivi compresa quella in sede di regolamento di giurisdizione e 
ci� tanto nei riguardi di coloro che non furono parti, quanto nei 
riguardi delle stesse parti, nei confronti delle quali la pronuncia sulla 
giurisdizione sia stata emessa. -{Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1965, n. 1025 -Pres. 
Lonardo � Est. Mirabelli -P.M. Di Majo (conf.) -Istituto Poligrafico 
dello Stato (avv. Stato Casamassima) c. 'Pessolano (avv. 
Cioffi). 

Competenza e giurisdizione � Ente pubblico economico � Rapporto 
di impiego -Controversie � Art. 493, n. 3 c.p.c. -Questione 
di legittimit� costituzionale per pretesa violazione degli articoli 
1, 35 e 98 Cost. � Manifesta infondatezza. 

(c.c.p., art. 429, n. 3; Cost., artt. 1, 35, 98 e 103). 

Competenza e giurisdizione -Istituto Poligrafico dello Stato � 
Controversie � D.L.C.P.S. 22 settembre 1947, n. 1107 � Irrilevanza 
ai fini del giudizio � Questione di legittimit� costituzionale 
� Inammissibilit�. 

(d.l.C.p..S, 22 settembre 1947, n. 1107; l. 11 marzo 1953, n. 87, art.� 23, 
comma secondo). 
Competenza e giurisdizione -Ente pubblico economico � Istituto 
Poligrafico dello Stato -Rapporto di impiego � Controversie 


A.G.O. -Giurisdizione -Sussiste. 
(c.p.c., art. 429, n. 3; r.d. 20 giugno 1929, n. 1058; r.d.I. 9 luglio 1936, n. 1380). 
:E: manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
per violazione degli artt. 1, 85 e 98 Cost., della norma delTart. 429, 

n. S c.p.c., la quale attribuisce alla giurisdizione ordinaria le controversie 
relative ai rapporti di impiego dei dipendenti degli enti pubblici 
economici (1). 
(1-3) Osservazioni sulle controversie relative ai rapporti di 
impiego de~ dipendenti della pubblica economia. 
Con questa decisione, di indubbia esattezza, La Corte regolatrice interviene 
ancora una volta nell'annosa ed ostinata disputa apertasi sin dal 1945 sull'art. 429, 

n. 3, c.p.c. (per un.'ampia panoramica in materia cfr. Rassegna di giurisprudenza sul 

660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La questione di legittimit� costituzionale del d.l.C.p.S. 22 settembre 
1947, n. 1107, contenente modificazioni deli ordinamento delilstituto 
Poligrafico dello Stato, non incidendo tale provvedimento sulla 
natura dell' ent� e sul regolamento dei rapporti di impiego, non ha rilevanza 
al fine di decidere sulla giurisdizione in ordine alle controversie 
relative ai rapporti di impiego dei dipendenti delilstituto (2). 

L'Istituto Poligrafico dello Stato � un ente pubblico economico e 
pertanto le controversie relative ai rapporti di impiego dei suoi dipendenti 
rientrano nella giurisdizione dell' A.G.O. e non in quella del giudice 
amministrativo {3). 

(Omissis). -L'Istituto ricorrente sostiene che la competenza giurisdizionale 
a conoscere delle controversie in materia di impiego del 
personale delflstituto mede5imo spetta all'Autorit� Giudiziaria ordinaria, 
in quanto l'Istituto va considerato come ente pubblico economico, 
�che agisce nell'ambito di applicazione dell'art. 429, n. 3 c.p.c., secondo 
finterpretazione che di tale norma � stata data, con giurisprudenza 
ormai costante, sia da queste Sezioni Unite che dal Consiglio di Stato. 

Il controricorrente oppone a questa tesi, in primo luogo l'eccezione 
di illegittimit� costituzionale della stessa norma �contenuta nel citato 

n. 3 dell'art. 429 c.p.c.; in secondo luogo, l'eccezione di illegittimit� 
costituzionale del d.l.C.p.S. 22 settembre 1947, n. 1105, che, a suo avviso, 
ha impresso all'Istituto ricorrente il carattere di ente economico concorrenziale, 
di cui questo precedentemente difettava; infine la contestazione 
appunto, della natura di ente pubblico economico concor-� 
renziale dell'Istituto medesimo. 
Le tre eccezioni proposte dal controricorrente vanno esaminate 
nell'ordine. 

libro II del c.p.c., a cura di Stella-Richter e Torrente, Il, Milano, 1961, 554 e segg.; 
nonch� N. JAEGER, Novissimo Digesto Italiano, IV, voce Controversie individuali 
di lavoro, 751 e segnatamente 754 e segg.; D. MARCHETTI, Enciclopedia del diritto, 
X, Milano, 1962, voce Controversie individuali di lavoro, 349 e segnatamente 356 
e segg.) e, negando la dedotta illegittimit� costituzionale della norma e riaffermando 
la giurisdizione dell' a.g.o. per le controversie di lavoro dei dipendenti . dell'Istituto 
Poligrafico dell� Stato, in quanto ente pubblico economico, ribadisce la sua giurisprudenza, 
ormai corisolidi!'ta, in ordine alla permanenza, pur dopo la soppressione 
dell'ordinamento corporativo e il nuovo assetto costituzionale, dell'attribuzione al 
giudice ordinario, col rito speciale del lavoro, delle controversie relative ai rapporti 
di lavoro dei dipendenti di enti pubblici economici, cio� degli enti sostanzialmente 
contemplati dall'art. 429, n. 3, c.p.c. Infatti il riferimento fatto dalla norma all'inquadramento 
degli enti nelle disciolte associazioni sindacali di diritto pubblico � 
assunto nella norma stessa, non come presupposto dell'attribuzione della giurisdizione, 
ma come mero indice della natura economica degli enti considerati, la quale � invece 
la vera ragione dell'attribuzione all'a.g.o., secondo i principi, delle dette controversie, 
in considerazione del fatto che gli e.p.e. operano nella sfera economica al 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 661 

La prima questione, concernente l'asserita illegittimit� costituzionale 
dell'art. 429, n. 3 c.p.re., in relazione agli artt. 1, 85 e 98 della Costituzione, 
� manifestamente infondata, come queste Sez. Un. hanno avuto 
ripetutamente occasione di affermare. 

Ed invero, i diritti dei lavoratori, cui si riferiscono le prime due 
norme citate, trovano piena ed adeguata tutela dinanzi alla giurisdizione 
ordinaria, secondo i principi contenuti nel Titolo IV della 
parte II della stessa Costituzione, e la disciplina della competenza giurisdizionale 
sulle controversie relative a diritti soggettivi, in particolari 
materie, quale pu� essere quella del pubblico impiego, cui si riferisce 
il citato art. 98, � dalla stessa Costituzione {art. 108, primo comma), 
devoluta alla legge ordinaria. 
.. La seconda questione, concernente la legittimit� costituzionale del 

d.l.C.p.S. n. 1105 del 1947, non ha rilevanza in questa lite, sia in quanto 
la natura dell'Ente va dedotta dal complesso delle norme che lo regolano 
e delle attivit� 'che esplica, e non in relazione ad un solo atto legislativo, 
di limitato contenuto. 
Sulla terza questione queste Sezioni Unite, recisamente modificando 
lopinione espressa in relazione alla prima delle controversie concernenti 
il rapporto di impiego dei dipendenti dell'Istituto Poligrafico 
dello Stato, venuta in esame (Cass., Sez. Un., 4 marzo 1950, n. 551), ha, 
con successive costanti pronunce (Cass., 9 giugno 1952, n. 1645; 24 giugno 
1958, n. 1928; 10 agosto 1954, n. 2909; 17 febbraio 1962, n. 821), 
affermato che l'Istituto medesimo � ente pubblico che svolge attivit� 
economica in regime di libera concorrenza, rientrante nell'ambito di 
applicazione del citato n. 8 dell'art. 429 c.p.c. 

Ed invero, perch� la natura concorrenziale di un ente pubblico 
economico possa essere esclusa occorre rehe sia accertato che la produ


pari dei privati imprenditori e in concorrenza con costoro e che non sussiste alcun 
motivo di differenziazione nella regolamentazione dei rapporti di lavoro di questi 
enti e delle imprese private. Onde s'intende come, scomparso l'indice deirinquadramento 
sindacale, debba aliunde accertarsi la natura economica dell'e.p., affermandola 
o negandola a seconda che l'ente svolga o meno prevalentemente attivit� 
economica in regime di concorrenza (in arg. v., da ultimo, Cass., 17 febbraio 1964, 

n. 348, in questa Rassegna, 1964, I, 666, con nota di osservazione), ma non sia 
perci� venuta meno la giurisdizione dell'a.g.o., che perdura, permanendo la ratio 
dalla quale � stata determinata, con riguardo alle controversie di lavoro degli enti 
pubblici economici. 
Individuata la ratio dell'attribuzione all'a.g.o. delle suddette controversie nella 
sostanziale equiparazione degli enti pubblici economici alle imprese private dei 
corrispondenti settori e nella conseguenziale equiparazione dei rapporti di lavoro 
degli uni e delle altre, si intende agevolmente come in questa materia la sola tutela 
giurisdizionale possibile sia quella ordinaria relativa ai diritti soggettivi e non permanga 
a lato della giurisdizione ordinaria per i diritti la giurisdizione amministrativa 
per gli interessi. 



662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione di questo si svolga in regime di esclusiva, quanto in una dellepossibili 
direzioni, e cio� che, per norma legislativa o regolamentare, 
l'Amministrazione dello Stato sia tenuta a ricevere i beni o servizi prodotti 
dall'ente esclusivamente da questo, e non da altro produttore, 
oppure che lente sia tenuto a fornire i beni o servizi prodotti esclusivamente 
alla P.A., e non a privati. 

Poich�, come � stato aocertato dalle precedenti pronunce di queste� 
Sez. Un. e non � sostanzialmente contestato dal controricorrente, tale� 
vincolo di esclusiva non sussiste, nei riguardi dell'Istituto Poligrafico 
dello Stato, in nessuna delle due direzioni, sia in quanto non � inibito� 
alla P.A. di fornirsi presso produttori privati per nessuno dei beni prodotti 
dall'Istituto, e neppure per il fabbisogno di carte valori, che costituisce 
la prevalente produzione di questo, sia in quanto all'Istituto � 
affidata, in base alle stesse norme costitutive, la produzione di edizioni' 
scientifiche, artistiche e letterarie, destinate al pubblico commercio, 
non pu� non essere confermato che l'Istituto svolga attivit� economica 
in regime di concorrenza, sia pure con le limitazioni imposte dallestesse 
norme che lo regolano. 

In proposito � stato acutamente osservato (JEMOLO, Impiegati di enti pubblicf 
economici, ecc., Foro it., 1948, I, 743 e segg.) che la parit� di condizioni da farsi 
ai dipendenti degli enti pubblici economici rispetto ai dipendenti delle altre aziende, 
che operano nei medesimi settori della produzione o del commercio, comporta che� 
le controversie di lavoro di tali dipendenti siano portate dinanzi ai medesimi organi 
giurisdizionali e ricevano qui la stessa protezione. Altrimenti, " sarebbe capovoltoquel 
concetto di eguaglianza che dovrebbe costituire la giustificazione dell'art. 429,.. 

n. 3, e gli enti pubblici economici assurgerebbero al rango di quella che una volta 
si diceva testa del turco �. 
La rilevata equiparazione degli e.p.c. alle aziende private, anche se non sf 
vuole riconoscere natura privata al rapporto di lavoro con gli e.p.c., comporta chetali 
rapporti vengano trattati alla stessa stregua e sottoposti alla stessa disciplina 
sostanziale e processuale dei rapporti privati {App., Roma, 31 agosto 1949, Dir. lav., 
1950, Il, 86). E la conseguenza � quella rilevata dallo ]EMOLO nel penetrante saggio 
dianzi citato: " La degradazione ad interesse di quello che in un rapporto privato� 
sarebbe stato diritto, in virt� della considerazione del bene preminente, che � la 
migliore organizzazione della P.A., cessa allorch� si considerano certe branche della 

P.A. avulse da questa ed equiparate ad aziende private: l'interesse torna ad essere 
diritto. Ma per quella equiparazione medesima l'interesse del dipendente a vedere 
gerita l'azienda secondo le migliori regole, perseguito l'interesse dell'azienda e non. 
il capriccio del proprietario, interesse che era assunto ad interesse legittimo per 
quelle stesse considerazioni che avevano fatto degradare il diritto ad interesse legit. 
timo, ritorna ad essere considerato e trattato quale interesse semplice �. 

In questo senso � orientata la giurisprudenza prevalente di merito e della Corte� 
di Cassazione. Cfr., per tutte, Cass., 23 febbraio 1945, n. 110, Foro amm., 1945, 
II, 25; SO gennaio 1951, n. 267, Giur. it., 1951, I, l, 394; 4 maggio 1957, n. 1499, 
Giur. lav., Mass., 1957, 105, e da ultimo Cass., 20 maggio 1958, n. 1687, Giur. it., 
1958, I, 1, 1984 e 16 maggio 1959, n. 1454, Foro it., 1960, I, 647, che, a proposito. 
della lamentata esclusione degli interessi legittimi, che discenderebbe dall'attribu




PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 663 

Ulteriore conferma di questa tesi si ritrova nella norma dell'art. 3 
del r.d. 20 giugno 1929, n. 1058, che abilita l'Istituto anche ad intraprendere 
pubblicazioni per conto proprio o di privati, con l'osservanza 
di particolari formalit�. 

La prevalenza dell'attivit� istituzionale diretta alla produzione della 
carta moneta e delle carte valori in genere, sulla quale fermarono la 
attenzione queste Sezioni Unite nella prima pronuncia, citata innanzi, 
e sulla quale insiste la difesa del controricorrente, non ha influenza sulla 
qualificazione della natura dell'ente, in quanto, se � indubbio che l'istituzione 
di un ente pubblico economico risponde in ogni caso ad uno 
specifico e prevalente pubblico interesse, l'esistenza di tale interesse non 
inibisce che l'attivit� produttiva dell'ente si svolga in regime di concorrenza; 
e che, in particolare, l'Istituto Poligrafico svolga una attivit� 
economica concorrenziale fu riconosciuto anche in quella prima deci~ 
sione, che neg� a tale elemento il valore decisivo, che fovece riveste. 

Attivit� partkolarmente concorrenziale �, poi, quella svolta dall'Istituto 
nella produzione di carta, assunta in attuazione del r.d.l. 9 Iu~ 
glio 1936, n. 1380, nell'ambito della quale si '� svolto, il rapporto di 

zione all'a.g.o. delle controversie previste dall'art. 429, n. 3, osservano che " le 
situazioni soggettive che, se il rapporto fosse di impiego pubblico, potrebbero � e 
dovrebbero essere qualificate come interessi legittimi, assumono nei rapporti di 
lavoro con enti pubblici la stessa rilevanza che avrebbero avuto se l'ente non fosse 
pubblico e cio� di diritto soggettivo perfetto o di meri interessi semplici non tutelabili 
davanti al giudice�. In dottrina, si vedano, nello stesso senso: PALMERINI, 
Assicurazioni, 1950, 2, 73; RABAGLIETTI, Giur. compl. Cass. civ., 1950, 2, 358. 

Stupisce quindi il diverso principio affermato da Cass., 13 febbraio 1963, 

n. 283, Foro amm., 1963, II, 325, la quale ammette che nei rapporti dei dipendenti 
di e.p.c. possano residuare situazioni di interesse legittimo, tutelabili innanzi 
al giudice amministrativo, senza avvertire l'insanabile. contrasto di tale assunto con 
la individuata ratio dell'attribuzione al giudice qrdinario delle controversie di lavoro 
di tali enti. 
Le Sezioni Unite, con la sentenza in esame, ribadiscono senza riserve la giurisdizione 
del giudice ordinario sulle controversie di lavoro in questione, come controversie 
relative a diritti soggettivi, senza tenere alcun conto� della pretesa, ma 
inesistente, concorrente giurisdizione del giudice amministrativo limitatamente agli 
interessi legittimi. 

Ed � da ritenere che in questo senso la giurisprudenza si consolider�. 

Sulla prima massima, che risolve la questione dianzi accennata, prospettata 
non in termini di abrogazione tacita dell'art. 429, n. 3, c.p.c., a seguito del d.l.Igt. 
23 novembre 1944, n. 369, ma di conformit� ai principi costituzionali, cfr., da ultimo, 
in senso conforme, Cass., 20 maggio 1958, n. 1687, e 16 maggio 1959, n. 141$4, cit., 
che negano il contrasto della norma con gli artt. 39, 103 e 113 Cost. Ineccepibile, 
con riferimento al preteso contrasto dell'art. 429, n. 3 con gli artt. l, 35 e 98 Cost., 
il contrario rilievo della decisione in esame che " i diritti dei lavoratori, cui si 
riferiscono le prime due norme citate, trovano piena ed adeguata tutela dinanzi 
alla giurisdizione ordinaria, secondo i principi contenuti nel titolo IV della parte II 
della stessa Costituzione, e la disciplina della �competenza giurisdizionale sulle contro




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

664 

impiego di cui si tratta, in quanto con tale provvedimento legislativo 
� passata nel patrimonio dell'Istituto l'azienda di una sola impresa produttrice 
di carta, senza che fosse assorbita dall'Istituto stesso l'intera 
produzione della carta occorrente per le produzioni dell'Istituto medesimo 
e per il fabbisogno della P.A., s� che la produzione di carta � 
svolta dall'Istituto in diretta concorrenza con i privati produttori. 

Deve essere conf�rmato, quindi, che il rapporto di impiego dei 
dipendenti dell'Istituto Poligrafico dello Stato rientra. nell'ambito di 
applicazione dell'art. 429, n. 3, c.p.c., s� che, competente a conoscere 
delle relative controversie � l'Autorit� Giudiziaria ordinaria. 

Il ricorso proposto dall'Istituto va, pertanto, accolto. -(Omissis). 

versie relative a diritti soggettivi, in particolari materie, quale pu� essere �quella del 

pubblico impiego, cui si riferisce il citato art. 98, � dalla stessa Costituzione 
-(art. 103, primo comma), devoluta alla legge ordinaria '" 

La seconda massima fa corretta applicazione dell'art. 23, secondo comma, 

I. 
11 marzo 1953, n. 87. 
Sulla terza massima, dopo la difforme Cass., 4 marzo 1950, n. 551, Foro it., 
I 1950, I, 399, cfr., nel senso qui affermato, Cass., 9 giugno 1952, n. 1645, Foro it., 
1952, I, 843; 24 giugno 1953, n. 1923, Foro it., Rep., 1953, 1059, n. 83; 10 agosto 

.

I1954, n, 2909, Giust. civ., 1954, 1927; 17 febbraio 1962, n. 321, Foro amm., 

I
I
V,' 
' 

1962, II, 241. 

A. FRENI 
I ' 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1256 -Pres. 
Torrente -Est. Iannelli -P.M. Criscuoli (conf.) -Ministero LL.PP. 
{avv. Stato Albisinni) c. Viscogliesi ed altri (avv.ti Mazzullo, Piag


I 

gio, Barra Caracciolo ). 
:~ 

Cosa giudicata -Giudicato sulla giurisdizione -Estremi. 
(e.e., art. 2909). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessionario delle acque � 
Diritto soggettivo verso la p.a. ed i terzi. 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione -Poteri della p.a. � 
Imposizione di costruzione di un partitore delle acque durante 
il rapporto di concessione � Insussistenza del relativo potere � 
Competenza del Tribunale Regionale delle Acque. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 43; Regol. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 17). 
Competenza e giurisdiz'ione -Giudiziaria ed amministrativa 
Criterio distintivo -� Petitum � sostanziale. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 665 

Competenza e giurisdizione -Tribunale Superiore Acque Pubbli


che -Giurisdizione di legittimit� -Invasione della sfera della 

giurisdizione di merito -Difetto di giurisdizione. 

(t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 201). 

Il giudicato sulla giurisdizione si forma quando vi sia, da parte 
del giudice di merito, una pronuncia contemporanea e sulla �giurisdizione 
e sul merito, ovvero quando sulla giurisdizione si sia pronunciata 
la Corte di Cassazione (1). 

Dalla concessione di acque pubbliche deriva per il concessionario, 
per la durata della stessa, un diritto soggettivo perfetto (sia pure condizionato 
nel suo sorgere al pubblico interesse) alla utilit� inerente alla 
concessione stessa, nei confronti sia dei terzi che della P .A., diritto 
che � suscettibile di compressione, per effetto di esercizio di una potest� 
da parte dell'Amministrazione, soltanto nelle ipotesi all'uopo indicate 
dalla legge. Al di fuori di tali ipotesi, pertanto, � da escludere che 
rAmministrazione abbia un generale potere di intervento, durante lo 
svolgimento del rapporto di concessione, s� che possa regolare il rapporto 
medesimo diversamente da come convenuto in origine (2). 

(1) Com'� noto, la giurisprudenza della S.C. di Cassazione ha a lungo oscillato 
tra le opposte tesi se si formi o meno il giudicato sulla giurisdizione quando la 
sentenza abbia pronunciato solo su di essa, senza decidere il� merito. 
L'indirizzo favorevole al " giudicato formale � sulla giurisdizione, che � da 
considerarsi prevalente, � seguito tra� le altre dalle seguenti sentenze della S.C.: 
6 ottobre 1954, n. 3341, Foro it., Rep., 1954, voce Competenza civile, n:. 412; 
17 ottobre 1955, n. 3225, ibidem, voce Cosa giudicata, n. 54; 8 febbraio 1958, 

n. 406, ibidem, voce Competenza civile, n. 444; 22 febbraio 1960, n. 292, Foro it., 
Mass., 1960, 67. Cass., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 
27 4, e 698, con note di richiami. 
All'incontro, e conformemente alla decisione in rassegna, ritengono che il 
giudicato sulla giurisdizione si formi soltanto quando il giudice di merito abbia 
pronunciato, espressamente o per implicito, decidendo anche sul merito (oltrech� 
quando la decisione promani dalla Corte di Cassazione), mentre esso non si formi 
se si tratta di pronuncia negativa e, quindi, declinatoria della giurisdizione a favore 
di altro Giudice, le sentenze seguenti della rS.C.: '22 maggio 1959, n. 1573, Foro 
amm., 1959, II, 1, 245; 15 marzo 1960, n. 527, Foro amm., 1960, II, 297; 3 marzo 
1961, n. 456, Foro it., Mass., 1961, 101; 20 agosto 1962, n. 2603, Giust. cfo., 1963, 
I, 827; 25 luglio 1964, n. 2059, in questa Rassegna, 1964, I, 1039; 20 febbraio 1965~ 

n. 284, Foro it., Mass., 1965, 71. 
In dottrina, si confronti sul punto, R. SANDULLI, In tema di giudicato stdla 
giurisdi.zione, Giust. civ., 1960, I, 1932; ANDRIOLI, Commento al c.p.c., Napoli, 
1954, I, 146; D'ONOFRIO, Commento al c.p.c., Torino, 1957, I, 82 e segg.; 
GrnmcEANDREA, Le impugnazioni civili, Milano, 1952, II, 12 e segg. 

(2) Che dall'atto di concessibne di acque pubbliche derivi al concessionario, 
per la durata della concessione, un diritto soggettivo perfetto alla utilit� inerente 
allo sfruttamento dell'acqua, � principio pi� volte affermato dalla giurisprudenza, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

666 

Non pu� ritenersi fondato n� sul disposto dell'art. 42 del t.u. 

n. 1775/1933 n� sulla norma di cui all'art. 17 del Regolamento n. 1285 
del 1920, il provvedimento con il quale l'Amministrazione disponga, nel 
corso del rapporto di concessione, la costruzione di un partitore delle 
acque tra le varie utenze, ed a spese dei concessionari. Eppertanto, 
riconosciuta la inesistenza nell'Amministrazione del potere di imposizione 
della costruzione della detta opera, la giurisdizione a conoscere 
della controversia insorta in dipendenza del detto provvedimento � del 
Tribunale regionale delle acque pubbliche, quale giudice dei diritti 
subiettivi, e non gi� del Tribunale Superiore delle AA.PP. (3). 
Il criterio distintivo tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione 
amministrativa � dato non dalla formulazione conclusiva della domanda 
(petitum formale), ma dalla reale natura della controversia, ossia dall'oggetto 
del giudizio, individuato dalla causa petendi e dal petitum 
(petitum sostanziale) (4). 

Il difetto di giurisdizione che legitti'1pa la impugnazione delle decisioni 
del Consiglio di Stato (del quale il Tribunale Superiore delle 

la quale; peraltro, precisa che l'interesse pubblico, nei casi previsti dalla legge, 
consente l'affievolimento di tale diritto soggettivo: cfr., in tal senso, Cass., 31 dicem~ 
bre 1955, n. 3969, Foro it., Mass., 1955, 862; Cass., 7 aprile 1956, n. 1014, Riv. 
amm., 1056, II, 553; Cons. Stato 19 maggio 1956, n. 385, Riv. amm., 1957, II, 
127; Trib. Sup. AA.PP., 12 giugno 1960, Mass. amm., 1961, I, 229; Cass., 4 agosto 
1960, n. 2289, Giust. civ., 1961, I, 304; Cass., 28 ottobre 1961, n. 2481, ibidem, 
1712; Cass., Sez. Un., 30 gennaio 1965, n. 159, Foro amm., 1965, I, 53. 

In dottrina, sulla natura del diritto del concessionario di acque publiche, 
cfr. BuscA, Le acque nella legislazione italiana, Torino, 1962, 128 e segg.; v., peraltro, 
per considerazioni critiche di carattere generale, CARusr, In tema di concessione 
d'uso di. beni pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 1065 e segg., in part. 
1075 e segg. 

(3) Sulla specifica questione, oggetto della pronuncia in rassegna, non risultano 
precedenti editi, all'infuori della decisione annullata 12 giugno 1961, n. 7 del 
Tribunale Sup. AA.PP., publicata in Acque, bon., costruz., 1961, 260. 
Che rientri nella competenza giurisdizionale del T.S.A. una controversia avente 
ad oggetto la legittimit� di adempimenti imposti dalla p.a. ad un concessionario 
di a,cqua pubblica, nell'esercizio dei poteri di polizia fluviale, ai sensi dell'art. 42 
del t.u. n. 1775 del 1933, � affermato dalla decisione 17 ottobre 1961 del Trib. Sup. 
AA.PP., Mass. amm., 1962, I, 54. 

~ poi, come �� noto, giurisprudenza consolidata che la giurisdizione spetta al 
giudice amministrativo, quando la controversia ha per oggetto un preteso esercizio 
scorretto del potere discrezionale della p.a., mentre spetta al giudice ordinario 
quando il privato contesta in radice la stessa es�stenza del potere esercitato: cfr., 
tra le altre, Cass., Sez. Un., 12 maggio 1962, n. 984, Giur. it., 1963, I, 1, 624; 
3 luglio 1961, n. 1583, Foro it., Mass., 1961, 403. 

(4) Giurisprudenza pacifica: cfr., da ultimo, Cass., 29 marzo 1963, n. 789, 
Giust. civ., 1963, I, 2665; 24 marzo 1964, n. 663, id., 1964, I, 1135, e in questa 
Rassegna, 1964, I, 668; Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 894, in questa Rassegna, 
1964, I, 848; 20 febbraio 1965, n. 283, Il Consiglio di Stato, 1965, Il, 133. 

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 667 

Acque Pubbliche ha gli stessi poteri) sussiste anche in ordine al contenuto 
della decisione stessa, secondo che, in relazione alla natura della 
-eontroversia, al Consiglio di Stato sia attribuito il sindacato di semplice 
legittimit� od anche di� merito: talch� si ha difetto di giurisdizione del 
_giudice di legittimit� anche nel caso in cui la decisione impugnata abbia 
oltrepassato i limiti stabiliti per la giurisdizione di mera legittimit�, 
�invadendo la sfera della giurisdizione di merito (5). 

(Omissis). -Dei ricorsi deve, anzitutto, disporsi la riunione, trattandosi 
di impugnative avverso la stessa sentenza. 

Col primo mezzo di entrambi le ricorrenti denunciano la violazione 
:sia degli artt. 140, 143, 198 e segg. del t.u. sulle acque pubbliche, approvato 
con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, sia dei principi generali in 
tema di discriminazione fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, 
nonch� il difetto di giurisdizione e l'omessa insufficiente e 
contraddittoria motivazione, il tutto in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 
.e 5 c.p.c. 

Premesso che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, adito 
come giudice di legittimit�, ha ritenuto la propria giurisdizione, mal-
grado avesse riconosciuto che le fonti normative ed il principio generale 
-O.i diritto, richiamati dall'Amministrazione nel provvedimento impugnato, 
non legittimassero il potere impositivo del partitore, per essere 
le une estranee alla fattispecie e l'altro, addirittura, inesistente nella 
�vigente legislazione sulla materia, le ricorrenti sostengono che quel 
-Collegio doveva, in forza di tale presupposto, non gi� ritenere la propria 
giurisdizione ed annullare un provvedimento emanato, per suo 
:stesso riconoscimento, dall'Amministrazione fuori di ogni potest� discre:
zionale ma declinare, invece, la giurisdizione medesima, trattandosi di 
-controversia sottratta alla competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. 
Rilevano, inoltre, che, a sorreggere la sentenza impugnata, 
neppure � sufficiente tosservazione in essa contenuta che ex adverso, 
J>iuttosto che essere stata negata la esistenza di ogni e qualsiasi potere 
dell'Amministrazione durante lo svolgimento del rapporto di conces:
sione, era stato dedotto di avere lAmministrazione stessa ecceduto dai 
limiti del potere concessole, posto che, a parte l'inesattezza in fatto delTaffermazione, 
in quanto le controparti avevano sostenuto sostanzialmente 
la tesi poi accolta dalla sentenza, il Tribunale Superiore non 

(5) Nello stesso senso, con riferimento alla impugnazione per Cassazione di 
'decisioni del Consiglio di Stato, del quale il Tribunale Superiore AA.PP. ha gli 
.stessi poteri, cfr. Cass., 2 marzo 1957, n. 741, Foro it., Mass., 1957, 150, 8 mag_
gio 1959, n. 1350, id., 1959, 350. 
G. MANDO' 

668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

poteva tener conto di quella che era stata la prospettazione delle parti 
ma doveva, piuttosto, valorizzare laccertamento, cui esso stesso era 
pervenuto, che n� le disposizioni di legge n� il principio di diritto ai 
quali si era fatto riferimento nel provvedimento impugnato stavano a. 
giustificare lesistenza del potere di imposizione dell'opera idraulica. 

Rilevato, poi, che la sentenza impugnata, nella seconda parte della 
motivazione, avrebbe fatto richiamo anche alla funzione igienica del 
partitore per l'abitato di Isola Liri, per argomentarne, ricorrendo tale 
finalit� di pubblico interesse, la legittimit�, in astratto, dell'intervento 
amministrativo e, conseguentemente, lesistenza del potere discrezionale� 
dell'Amministrazione e sottolineato che la sentenza stessa avrebbe, tuttavia, 
caratterizzato lesercizio del potere suddetto, nel caso in oggetto, 
illegittimo, per l'asserita incongruit� rispetto all'interesse pubblico del 
mezzo tecnico all'uopo disposto, pervenendo egualmente all'annullamento 
del provvedimento impugnato, le ricorrenti lamentano che il 
Tribunale Superiore abbia esorbitato, anche sotto questo aspetto, dall'ambito 
della propria giurisdizione. Deducono, in proposito, che, poich� 
le impugnazioni proposte lamentavano la illegittimit� del decreto ministeriale, 
del quale si chiedeva l'annullamento per violazione di legge e ~ 
per eccesso di potere, il Tribunale Superiore avrebbe dovuto decidere 
su tali doglianze, nei limiti fissati dal disposto dell'art. 143, lett. a) del t.u. 

I

sulle acque pubbliche, ossia in sede di legittimit�, per pronunciare o 
non lannullamento del decreto medesimo, senza arrogarsi, nel contempo, 
cos� come s'era arrogato, l'apprezzamento tecnico della congruit� 

II

o meno del partitore per la tutela igienica del centro di Isola Liri, dato 
che ci� involgeva, ai sensi della lett. b) dell'art. citato, una questione 
di merito, della cui cognizione non era stato investito, a parte che, nell'esercizio 
di siffatta giurisdizione, non poteva limitarsi ad annullare il 
~
I 

provvedimento ma doveva pronunciare anche nel merito, a norma delr:~ 
!'art. 198 del t.u. suddetto, cosa che non avrebbe fatto, lasciando la 
causa praticamente insoluta. 


Da parte della resistente Ippolito-Pisani si eccepisce che la questione 
sollevata col mezzo di ricorso � improponibile, essendo stata gi� 
decisa, sia pure per implicito, nel giudizio precedente relativo all'impugnativa 
del decreto ministeriale del 1949, in virt� della prima sentenza 
del Tribunale Superiore, di quella successiva di queste Sezioni 
Unite e della decisione del Tribunale Superiore in sede di rinvio. 
Richiamato, al riguardo, il principio che il difetto di giurisdizione del 
giudice adito deve essere rilevato d'ufficio in ogni stato e grado del 
giudizio, . si sostiene che il Tribunale Superiore, quando con la prima 
sentenza ha rigettato i ricorsi contro il primo decreto ministeriale, 
avrebbe, per ci� solo, presupposto la propria giurisdizione e che la 
conferma dell'esattezza di tale pronuncia � stata, poi, data da queste 
Sezioni Unite, con la cassazione di quella decisione con rinvio, conte



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 669 

nente implicitamente l'affermazione della giurisdizione del giudice 
amministrativo, dato che, diversamente, esse avrebbero ex officio sottratto 
la controversia alla cognizione del Tribunale Superiore in sede 
di legittimit� ed annullato la sentenza impugnata senza rinvio. 

L'eccezione della resistente Ippolito-Pisani non regge. 
A parte che la presente causa non � la prosecuzione della precedente 
ma � autonoma rispetto a quella, non fosse altro per la diversit� 
dei provedimenti oggetto dell'impugnativa, per cui non pu� dirsi che 
le questioni pregiudiziali che non furono allora sollevate fossero suscettibili 
successivamente di preclusione, � appena il caso di osservare, conformemente 
al consolidato indirizzo di queste Sezioni Unite (cfr. sent. 

n. 2059 del 1964 da ultimo), che, perch� possa parlarsi di formazione 
del giudicato sulla giurisdizione e, quindi, di una preclusione del riesame 
della questione nei successivi stati e gradi del processo, � necessario 
che sia intervenuta, da parte del giudice, una pronuncia contemporanea 
sulla giurisdizione e sul merito ovvero che sulla giurisdizione si sia pronunciata 
la Corte di Cassazione. Fuori di tali ipotesi -nessuna delle 
quali ricorre nel caso di che trattasi ~il difetto di giurisdizione pu� 
essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, di 
guisa che esso ritualmente � stato dedotto dall'Amministrazione dei 
LL.PP. in sede di ricorso contro il decreto ministeriale del 1958. 
Nel merito la doglianza � fondata. 
:B pacifico tra le parti ~e, del resto, la sentenza impugnata espressamente 
lo ha riconosciuto -che dalla concessione di acque pubbliche, 
per la durata della stessa, deriva al concessionario, nei confronti 
sia dei terzi che della Pubblica Amministrazione, un diritto perfetto 
all'utilit� inerente alla concessione medesima, diritto che � suscettibile 
di compressione, per effetto dell'esercizio di una potest� da parte del!'
Amministrazione, soltanto nelle ipotesi all'uopo indicate dalla legge. 
La sentenza ha, poi, identificato quali siano i casi nei quali la potest� 
suddetta � riconosciuta all'Amministrazione e ne ha inferito che quella, 
nella specie, esercitata in concreto, con l'imposizione del partitore, non 
fosse in essi compresa. 
Orbene non pu� dirsi che la decisione meriti su questo punto censura. 
Invero la circostanza che nel t.u. sulle acque pubbliche si trovano 
contenute delle norme le quali riconoscono determinate potest� all' Amministrazione, 
non significa che questa abbia un generale potere di 
intervento, durante lo svolgimento del rapporto di concessione, s� che 
possa regolare il rapporto medesimo diversamente da come convenuto 
in origine. Quelle norme, infatti, devono intendersi come altrettante 
deroghe al principio comune a tutte le concessioni, in forza del quale 
il concessionario � titolare di un diritto soggettivo perfetto, sia pure 
condizionato nel suo sorgere al pubblico interesse, come tale sottratto 



670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla discrezionalit� indiscriminata dell' Amministrazi�ne. Trattasi di 
disposizioni specifiche, regolatrici di ipotesi tipiche, dalle quali non � 
permesso trarre elementi per una interpretazione analogica oppure 
estensiva; con un'applicazione al di fuori ed oltre il loro ambito e, tanto 
meno, ricavarne un principio di massima, per effetto del quale sia consentito 
all'Amministrazione di adottare ogni e qualsiasi provvedimento 
per una migliore utilizzazione delle acque, sia pure in funzione del 
pubblico interesse. In altre parole, l'intervento dell'Amministrazione, 
nel corso del rapporto di concessione, trae origine da un potere normativamente 
precostituito, rispetto al quale soltanto il concessionario 
viene a trovarsi in posizione di assoggettamento, talch� l'intervento 
stesso o si esplica in conformit� delle tassative norme di legge o non 
pu� esplicarsi affatto. N'� riprova la considerazione che, se fosse diversamente, 
se cio� all'Amministrazione dovesse spettare un generale 
potere discrezionale di modificare autoritativamente la concessione, 
dovrebbe, in tal caso, non solo dubitarsi della stessa esistenza di un 
diritto soggettivo del concessionario, restando svuotato di ogni contenuto 
concreto il rapporto di concessione, quanto reputarsi, addirittura, 
superflua la casistica del t.u. sulle acque pubbliche relativamente agli 
interventi da parte dell'Amministrazione per il soddisfacimento del 
pubblico interesse. 

E la decisione, come per la negazione del mentovato potere generale 
dell'Amministrazione, parimenti � ineccepibile nella parte in cui 
ha negato che una fonte di legittimazione per l'imposizione del partitore 
potesse rinvenfrsi nel disposto delfart. 42 del t.u. citato e dell'art. 
17 del regolamento n. 1285 del 1920, entrambi richiamati, come 
gi� detto, nel provvedimento impugnato. Infatti la prima norma stabilisce 
l'obbligo dei concessionari al mantenimento in regolare stato� di 
funzionamento delle opere di ra�colta, derivazione, ecc., che siano gi� 
esistenti, inoltre pone ai medesimi lonere della regolazione delle derivazioni, 
da effettuarsi in modo che non si introducano acque eccedenti 
la portata dei rispettivi canali, nonch� dello smaltimento delle acque 
sovrabbondanti e, da ultimo, fissa l'obbligo della adozione di modalit� 
per la misura dell'acqua derivata e .per la cura delfistallazione e del 
regolare funziovamento degli apparecchi relativi; tutte imposizioni 
queste che non hanno nulla di comune con l'imposizione del partitore, 
soprattutto per la loro diversa finalit�. � 

La seconda norma, poi, in quanto presuppone che esistano gi� 
opere dirette ad assicurare la incolumit� dell'alveo o del bacino, della 
navigazione e dei canali ecc., e che .circostanze sopravvenute rendano 
necessarie delle variazioni alle opere medesime, non consente che 
I'Amministrazione possa imporre al concessionario, oltre alla modifica 
di opere in atto relative alla concessione, l'effettuazione di opere nuove, 
qual'� quella disposta, nella specie, del partitore. Ed � ovvio che, 

:~ 

I 


I


I 


I


I 


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PARTE I, SEZ, II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 671 

anche qui, trattandosi di una disposizione limitativa del libero esercizio 

del diritto soggettivo nascente dalla concessione, la interpretazione 
della norma debba essere restrittiva e con la massima aderenza al caso 
concreto. 

Ma, una volta riconosciuta, attraverso un'esatta interpretazione della 
legge, la inesistenza nell'Amministrazione del potere per la imposizione 
del partitore, sia per essere le norme richiamate nel relativo decreto 
estranee alla fattispecie e tali da non ammettere alcuna discrezionalit�, 
sia per essere mancante una generale potest� in materia il Tribunale 
Superiore doveva, ci� posto, pervenire ad una decisione ben diversa 
da quella adottata. 

:�:, s�, vero che la sentenza impugnata ha fatto leva anche sull'argomento 
che da parte dei concessionari non era stata contestata l'esistenza 
di ogni e qualsiasi potere dell'Amministrazione, per essere stato 
dedotto, invece, che questa avesse ecceduto dai limiti del potere eccezionalmente 
concessole dalla legge, ma l'argomento, pi� che sorreggere 
la decisione, ne accentua l'erroneit�. Anzitutto perch� il Tribunale 
Superiore ha ritenuto, sia pure implicitamente, che fosse sufficiente, ai 
fini della determinazione della giurisdizione, un controllo relativo alla 
esistenza non gi� del determinato e specifico potere che l'Amministrazione 
aveva esercitato in concreto ma di un generico potere di intervento 
dell'Amministrazione stessa durante lo svolgimento del rapporto 
di concessione, il che implica, per la conseguenza indefettibile che dal 
rapporto medesimo non deriverebbe pi�. al concessionario un diritto 
soggettivo bens� semplicemente e solo un interesse protetto, la negazione 
dei principi che regolano la materia, oltre a risolversi in una 
contraddizione con quella parte della sentenza nella quale � stato correttamente 
escluso che nella legislazione sulle acque vi fosse un principio 
di ordine generale relativo all'esistenza di un generico potere di 
intervento dell'Amministrazione in tema di concessione. In secondo 
luogo perch� il Tribunale ha attribuito valore a quella che sarebbe 
stata la prospettazione data dalle parti all'interesse di cui essi avevano 
chiesto la tutela, ossia al fatto che, anzich� essere stato negato in radice 
il potere di cui l'atto impugnato costituiva l'estrinsecazione, erasi sostenuto, 
piuttosto, che la questione avesse ad oggetto il modo di esercizio 
del potere, mostrando di trascurare, in tal modo, il principio ormai consolidato 
nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite, secondo il quale 
il criterio distintivo tra la giurisdizione ordinaria e la gurisdizione amministrativa 
� dato non dalla formulazione conclusiva della domanda 
(petitum formale), ma della reale natura della controversia, ossia dal1'
oggetto del giudizio, individuato dalla causa petendi e dal petitum 
(petitum sostanziale), donde la esigenza di tener conto delle deduzioni 
formulate e dei termini in cui la questione risulta concretamente impostata, 
al fine di stabilire se, in rapporto ad essi e con riferimento alla 



672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disciplina legale della materia, l'interesse individuale che si assume 
leso sia, in realt�, configurabile, obiettivamente, come diritto� soggettivo 
o come interesse legittimo. 

Orbene, proprio dall'applicazione del principio suddetto alla fattispecie 
concreta, pi� precisamente alla situazione rispetto alla quale, 
con la sentenza impugnata, si � giunti alla conclusione della inesistenza 
del potere impositivo del partitore da parte dell'Amministrazione, attraverso 
la qualificazione giuridica delle questioni prospettate e l'esame 
delle norme vigenti in subiecta materia, vale a dire dopo aver individuato 
il petitum sostanziale, il Tribunale Superiore doveva declinare 
la propria giurisdizione e dichiarare che la competenza giurisdizionale, 
per le questioni dedotte in giudizio, in relazione alla causa petendi e al 
petitum, era del Tribunale Regionale, quale giudice dei diritti subiettivi. 

N� giova in contrario l'argomentazione della sentenza concernente 
le ragioni igieniche allegate anche a sostegno del provvedimento di 
imposizione del partitore, ove si consideri che il Tribunale Superiore 
ha ritenuto, in definitiva, che neppure le f�nalit� indicate, appena accennate 
nel provvedimento, servissero a dimostrare la legittimit� dell'operato 
dell'Amministrazione, posto che la costruzione del partitore, a 
parere del Collegio, era sicuramente eccessiva rispetto alle finalit� medesime. 
Invero, anche quando si dovesse caratterizzare l'argomentazione 
suddetta, tale da dimostrare l'esistenza di un potere discrezionale 
dell'Amministrazione, in quanto giustificato dalla tutela del pubblico 
interesse attinente all'igiene del centro di Isola Liri -sebbene la 
sentenza impugnata non abbia chiarito in base a quali principi o disposizioni 
lo fosse -� da rilevare che il Tribunale Superiore ha, tuttavia, 
giudicato illegittimo l'esercizio del detto potere ed annullato il decreto 
ministeriale anche per l'asserita incongruit� del mezzo con esso disposto. 

Peraltro, poich� secondo il Tribunale, lAmministrazione avrebbe 
agito in realt� per motivi diversi da quelli concernenti l'igiene, devesi 
argomentare, per ci� solo, che restassero integri il diritto soggettivo dei 
privati concessionari ed i poteri di tutela del giudice ordinario, ci� 
che sta a confermare la inesistenza del potere discrezionale in concreto 
esercitato e, conseguentemente, il gi� rilevato difetto di giurisdizione. 
V'� da aggiungere che, dall'argomentazione della sentenza, si riscontra 
chiaramente che il Tribunale Superiore, sebbene investito del sindacato 
di legittimit� del provvedimento impugnato e non anche del� merito 
dell'atto, come sarebbe stato se si fosse trattato di uno dei casi previsti 
dall'art. 143, lett. b) del t.u. sulle acque, ha, nondimeno, esplicato un 
controllo riguardante il secondo aspetto del provvedimento stesso, esprimendo 
un apprezzamento circa la idoneit� del partitore in rapporto 
alle finalit� igieniche, ossia un apprezzamento del mezzo per lo scopo 
da raggiungere, il quale, costituendo un'attribuzione di merito amministrativo, 
non � censurabile in sede di legittimit�, per modo che non v'� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 673 

dubbio che il Tribunale Superiore, anche sotto questo profilo, abbia 
travalicato i limiti posti alla sua giurisdizione. 

Al riguardo, posto, com'� noto, che i poteri del Tribunale Superiore 
sono quelli stessi che le leggi sulla giustizia amministrativa attribuiscono 
al Consiglio di Stato e che il primo, nell'esercizio della giurisdizione 
di legittimit�, pu� annullare gli atti amministrativi e, nell' esercizio 
della giurisdizione di merito, anche modificarli e sostituirli (art. 
198 t.u. cit.), � appe~a il caso di riCordare l'insegnamento di queste 
Sezioni Unite (da ultimo sent. nn. 741del1957 e 1350 del 1959), secondo 
il quale il difetto di giurisdizione, che legittima la impugnazione delle 
decisioni del Consiglio di Stato, sussiste anche in ordine al contenuto 
della decisione stessa, secondo che, in relazione alla natura della controversia, 
al Consiglio di Stato sia attribuito sindacato di semplice legittimit� 
o anche di merito, talch� si� ha difetto di giurisdizione del giudice 
di legittimit� anche nel caso in cui la decisione impugnata abbia oltrepassato 
i limiti stabiliti per la giurisdizione di mera legittimit�, invadendo 
la sfera della giurisdizione di merito. 

E, per finire, neanche pu� considerarsi sufficiente a dimostrare che 
l'Amministrazione avesse ecceduto dai limiti di un potere che, in ipotesi, 
le fosse spettato, l'altra argomentazione della sentenza, attinente alle 
clausole inserite nelle concessioni, dato che pure essa risulta dichiaratamente 
diretta alle dimostrazioni del difetto nell'Amministrazione della 
potest� di imposizione del partitore, a parte che largomentazione stessa, 
per essere afferente all'esame del contenuto della concessione-contratto, 
riguarderebbe, per ci� solo, i diritti subiettivi derivanti dalla concessione 
e, di conseguenza, il Tribunale Superiore avrebbe decampato, 
anche sotto questo ulteriore aspetto, dai limiti posti alla sua competenza 
giurisdizionale. -(Omissis).. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1396 -Pres. 
Mastrapasqua -Est. Salemi -P.M. Di Majo (conci. conf.) -Ministero 
Industria e Commercio {avv. Stato Carafa) c. Ditta F.lli 
Mascolo (avv. Viola) -E.N.EL. (avv.ti Galateria, Guarino, Piccardi) 
-D?Aiuto. 

Competenza e giurisdizione -Decreti presidenziali di esproprio 
in applicazione della legge sulla nazionalizzazione dell'energia 
elettrica -Natura legislativa -Controversie -Ricorso al Consiglio 
di Stato -Improponibilit� 

(1. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4). 
Energia elettrica -E.N.EL. Atto di nomina dell'amministratore 
dei beni espropriati -Natura di atto a rilevanza esterna. 



674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I decreti emanati in base all'art. 4, n. 10, della legge 6 dicembre 
1962, n. 1643 sono da considerarsi, per espressa volont� di legge, 
decreti legislativi e non provvedimenti amministrativi, con la conseguenza 
che non sussiste sugli stessi la giurisdizione del Consiglio di 
Stato. 

Qualora si ritenesse che tale norma di delegazione ed il conseguente 
provvedimento presidenziale di trasferimento fossero viziati da 
illegittimit� costituzionale uniGa conseguenza sarebbe che si tratterebbe 
di � illegittimo atto avente forza di legge �. Ma siffatta invalidit� non 
varrebbe a trasformare il decreto legislativo in atto soggettivamente 
ed oggettivamente amministrativo, presupposto per la sottoposizione 
all'art. 113 della Costituzione e per l'affermazione della sussistenza 
della giurisdizione amministrativa (1). 

La nomina dell'amministratore provvisorio � da considerarsi atto 
di rilevanza esterna in quanto, non avendo l'E.N.EL. al momento della 
pubblicazione del decreto di esproprio la disponibilit� materiale dei 
beni espropriati, la sua attivit� viene ad incidere su rapporti che tuttora 

interessano l'impresa elettrica e quindi non pu� escludersi che detta 

II

(1) Segnaliamo l'importante decisione che la Suprema Corte ha pronunciato 
in relazione alla natura del provvedimento delegato di esproprio di imprese elet~ 
triche emesso in forza dell'art. 4, n. 10, della l. 6 dicembre 1962, n. 1143. La 
decisione ha esattamente esteso anche a tali provvedimenti la giurisprudenza, ormai 
consolidata, fissata dalla fondamentale decisione del 15 gennaio 1953, n. 107 (Giur~ 
it., I, 94, 1953) che, come noto, negava la competenza (affermata, invece, dall'Adunanza 
Plenaria del Consiglio di Stato del 20 marzo 1952, Giur. it., IV, 144, 
I1952) del giudice amministrativo a conoscere dei decreti di esproprio " aventi 
valore di legge ordinaria � emanati in base alla delega prevista dall'art. 5 della 

l. 
12 maggio 1950, n. 230. 
Sull'ampio dibattito cui diedero luogo la citata legge e la successiva c.d. 
" Legge Stralcio ,, possono trovarsi esaurienti indicazioni bibliografiche nella nota 
redazionale pubblicata in Giur. cost. del 1956, 1043 segg. Adde le note pubblicate 
nei fascicoli 9 ottobre e 11 dicembre del 1951 di questa Rassegna, nonch� nel 
fascicolo 6-7 del 1952, i motivi dei ricorsi per regolamento di giurisdizione presentati 
dalla Amministrazione e decisi con la sentenza del 1953 cit. 
La Corte Costituzionale ha avuto occasione di affermare la legittimit� costituzionale 
della delega contenuta nella cit. legge del 1950 con la dee. 25 maggio 1957, 
n, 60 (Racc. Uff.le, 1957, III, 122). 
Per una esposizione gener~le del problema cfr. Rel. Avv.ra Stato 1956-60, I, 
608 e segg, Relativamente alla decisione in rassegna, � interessante segnalare che 
la sentenza � stata pronunciata su regolamento preventivo di giurisdizione promosso 
in relazione ad un ricorso dinanzi al Consiglio di Stato. 
La sentenza pertanto, ribadisce, implicitamente, il consolidato. insegnamento 
circa la proponibilit� del regolamento di giurisdizione anche rispetto ai giudizi 
pendenti dinanzi al Consiglio di Stato {cfr. Cass., 28 aprile 1964, n. 1016, in quest� 
Rassegna, 1964, 472). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 675 


attivit� possa determinare, in astratto, lesione di interessi giuridicamente 
protetti (2). 
Peraltro, nella specie, anche in ordine a tale atto deve escludersi 
la giurisdizione del ConsigUo di Stato in quanto atto non impugnato 

(2) La seconda massima non pu� essere condivisa. A parte che potrebbe 
dubitarsi -e il rilievo avrebbe carattere assorbente -che l'atto di nomina dell'amministratore 
provvisorio sia da qualificarsi come atto amministrativo e, di conseguenza, 
suscettibile di essere impugnato dinanzi all'autorit� amministrativa, anche 
a volerlo qualificare come tale non sembra che si possa accedere alla tesi adottata 
dalle Sezioni Unite. 
L'atto con efficacia esterna, infatti, � quello che possiede de iure la forza di 
produrre una modificazione nella sfera giuridica dei terzi; cio�, in base al principio 
della nominativit� degli atti amministrativi, quell'atto in cui si manifesta l'attivit� 
della p.a. nella realizzazione dei suoi fini istituzionali. 

Ora, sembra da negarsi che l'atto di nomina di una persona fisica ad un ufficio 
possieda tale capacit�. Come � noto esso assolve il compito esclusivamente strumentale 
di mettere in grado l'ufficio di agire concretamente; rappresenta, quindi, 
il necessario prius di quelle manifestazioni di volont� che possiedono efficacia esterna. 
Queste sole assumono rilievo per l'ordinamento e nella regolamentazione positiva 
si rivengono argomenti per far ritenere che per esse non interessa, almeno in generale, 
la persona fisica che le formula, ma solo che esse siano comunque condotte ad effetto. 
Quindi, dal punto di vista che ci interessa, non �ssume rilievo la persona nella sua 
� individualit� fisica ", ma nella sua capacit� di offrire un � servizio personale ,, 
(GIANNINI). 

Di ci� si ha conferma nel fatto che si ritiene debba riferirsi direttamente 
all'ufficio non solo lattivit� della persona fisica preposta ad esso in base ad un 
atto di assunzione in servizio annullato o dichiarato nullo, ma addirittura del c.d. 
funzionario di fatto (in presenza della necessit� ed indifferibilit� di compiere un 
certo atto). 

Pervero � da ricordare che, se questa � la regola, ci sono dei casi in cui tale 
servizio personale non �, per espressa. volont� di legge, disgiungibile dalla persona 
nella sua individualit� fisica e, quindi, il suo atto di nomina ad un ufficio pu� 
assumere efficacia esterna, non diretta per�, ma solo riflessa: ed infatti �tale atto 
non � impugnabile di per s�, ma solo ed in quanto i vizi che lo inficiano si ripercuotono 
sulla legittimit� dell'atto da esso posto in essere in tale veste. 

Si pu� citare ad esempio il caso delle Commissioni di esame. 

I membri. che ne sono chiamati a far parte debbono necessariamente possedere 

i requisiti richiesti dalle norme dell'Amministrazione che bandisce il concorso, ma 

la loro mancanza nel singolo componente non � motivo di illegittimit� dell'atto 

di nomina e, quindi, di impugnabilit� ex se, ma solo eventuale motivo per far 

valere la illegittimit� dei risultati cui lorgano strumentale cui esso appartiene sia 

pervenuto. 

In tali casi i requisiti richiesti dalla legge sembrano assumere il rilievo di un 
presupposto essenziale e la preposizione all'ufficio di un soggetto che ne sia sfornito 
inficia sia la legittimit� della nomina, sia gli atti che esso soggetto abbia posto in 

essere in tale veste, mentre normalmente, come si � sottolineato, tale mancanza 
inficia solo la nomina, ma non gli atti posti in essere. Anche in tale caso peraltro 
l'atto di nomina non acquista diretta rilevanza esterna e non � autonomamente 
impugnabile, mentre i vizi della nomina si risolvono in vizi dall'atto di chi � stato 
ill�gittimamente nominato. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

676 

per propri vizi di legittimit�, ma perch� la pretesa illegittimit� del ~ 
decreto presidenziale, sotto il profilo costituzionale, importerebbe il 
travolgimento conseguenziale dell'atto medesimo (3). 

(Omissis). -Sostiene l'Amministrazione ricorrente che il d.P.R. 

n. 1670 del 7 ottobre 1963 (col quale � stato disposto il trasferimento 
all'E.N.EL. dell'impresa elettrica dei F.lli Mascolo), emanato in base 
alla 1. 6 dicembre 1962, n. 1643, ha forza di legge e l'atto di nomina 
dell'amministratore provvisorio dell'impresa medesima � meramente 
conseguenziale al provvedimento legislativo di trasferimento ed ha 
natura interna, in quanto, con esso, l'E.N.EL. provvede nell'ambito 
della sua organizzazione ed ai fini del suo funzionamento. 
Mancherebbe, pertanto, secondo la ricorrente, il presupposto necessario 
della giurisdizione del Consiglio di Stato, cio� l'esistenza di un 


La tesi sostenuta dalla Cassazione potrebbe, quindi, essere almeno in parte 

condivisa, solo se attribuisse all'atto di nomina dell'amministratore provvisorio tale 

particolare rilevanza, ma esistono in essa ostacoli insormontabili a tale conclusione. 

Si pu� infatti, osservare che essa n� richiede requisiti specifici per tale nomina, 

n� pone il termine iniziale dei sessanta giorni per la consegna . al nominato dei beni, 

temporaneamente amministrati dal rappresentante legale degli espropriati, al mo


mento della sua emanazione ma invece si riferisce a quello della sua comunicazione 

mostrando cos�, anche sotto l'aspetto meramente formale, che gli espropriati non 

hanno alcun interesse giuridicamente rilevante alla persona fisica dell'amministratore, 

ma solo alla indicazione di un centro di imputazione finale degli atti facenti capo 

all'E.N.EL. 

Inoltre, dalla legge si ricava, da un lato, che sussiste perfetta assimilazione del


l'amministratore provvisorio nell'E.N.EL. in quanto si dichiara espressamente che 
questi agisce sotto le direttive degli organi centrali dello stesso e la sua attivit� �, 
. quindi, meramente strumentale; dall'altro, l'unico interesse giuridicamente protetto 


che i terzi hanno dopo l'espropriazione, perfetta al momento della pubblicazione 
dei decreti presidenziali, � solo all'indennizzo. 

In proposito si pu� osservare che esso � rapportato giu'ridicamente al momento 
dell'espropriazione, ma di fatto � quantificato solo al momento della consegna dei 
beni organizzati ad impresa all'amministratore e quindi, se si volesse indicare un 
periodo in cui potrebbe verificarsi una lesione agli interessi degli espropriati, esso 
andrebbe individuato in quello di gestione del custode, non certo in quello dell'amministratore 
provvisorio. 

(3) Il dissenso sull'inquadramento giuridico dato dalla Corte Suprema all'atto 
di nomina in questione non va esteso peraltro all'ulteriore affermazione che si legge 
nella decisione in ordine alla esclusione, nella specie, della giurisdizione del Consiglio 
di Stato in relazione all'atto medesimo, impugnato non per vizi propri di legittimit�, 
ma la cui invalidit� sarebbe dovuta derivare in via riflessa dalla pretesa 
illegittimit� costituzionale del decreto presidenziale di trasferimento. Riproponendosi 
con ci� un problema non del �modo,, in cui il potere della pubblica Amministrazione 
sia stato esercitato, ma di �carenza� di potere della medesima, l'esclusione della 
giurisdizione del giudice degli interessi appare rispondente ai principi enunciati 
nella decisione annotata. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 677 

atto amministrativo, che si ritenga illegittimo e lesivo degli interessi 
del cittadino. 

In via subordinata, si deduce che una tutela giurisdizionale mai 
potrebbe competere nella specie, al Consiglio di Stato, quale giudice 
degli interessi, in quanto, negandosi, in radice, all'Amministrazione, il 
potere di trasferire all'E.N.EL. l'impresa Mascolo, si viene cosl a far 
valere un diritto subiettivo perfetto, da azionarsi davanti al giudice 
-Ordinario. 

Il ricorso � fondato. 
La ditta F.lli Mascolo, col ricorso proposto davanti al Consiglio di 
Stato, ha investito, anzitutto, il provvedimento ( d.P.R. 7 ottobre 1963, 

n. 1670) di trasferimento dell'impresa elettrica all'E.N.EL., provvedimento 
emanato in base alla legge 6 dicembre 1962, n. 1643. 
L'art. 4, n. 10, di tale legge dispone che i trasferimenti alfE.N.EL. 
<lelle imprese esercenti industrie elettriche a sono attuati con decreti 
aventi valore di legge ordinaria �. Trattasi, evidentemente, di decreti 
1egislativi, emanati in base a delega delle Camere al Governo, ai sensi 
<legli artt. 76 e 77 della Costituzione, non di provvedimenti amministrativi, 
con la conseguenza che non sussiste la giurisdizione dell'organo 
.amministrativo come sopra adito. 

� noto, invero, che, ai sensi dell'art. 26 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, 
sul Consiglio di Stato, la giurisdizione (non esclusiva) di tale organo 
.esige, quale indefettibile presupposto, un atto soggettivamente, oltre 
che oggettivamente, amministrativo, cio� un atto o provvedimento �che 
sia emanato da un'autorit� amministrativa, ovvero da un corpo amministrativo 
deliberante, sicch� il ricorso al Consiglio di Stato non pu� 
Tivolgersi, n� contro una legge, n� contro un atto avente forza di legge, 
.quale �, nella specie, detto provvedimento di trasferimento all'E.N .EL. 

N� vale obiettare che f art. 76 della Carta costituzionale consente 
1a delega al Governo della funzione legislativa e che questa si concreta 
nella possibilit� di porre in essere provvedimenti idonei ad innovare 
.all'ordine legislativo preesistente, sicch� la delega non sarebbe ammissibile 
per porre in essere atti che adempiano una funzione semplicemente 
applicativa dell'ordinamento medesimo e, quindi, per emanare 
con valore di legge, atti consistenti nell'esercizio di funzione amministrativa; 
in tal caso, dovrebbe ravvisarsi un'elusione del precetto dell'art. 
113 della Costituzione (norma che vieta ogni limitazione di tutela 
-contro gli atti della p.a.), e la relativa legge di delegazione dovrebbe 
�considerarsi incostituzionale. 

I provvedimenti, con i quali vengono trasferite all'E.N .EL. le 
imprese elettriche, sarebbero atti certamente amministrativi, avendo 
Tiguardo al loro intrinseco contenuto, in quanto costituirebbero manifestazioni 
concrete di volont�, nell'esercizio di una potest� ammini� 



678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strativa; pertanto, l'incostituzionalit� della delega legislativa importerebbe 
che i provvedimenti di trasferimento dovrebbero considerarsi 
comuni atti amministrativi, come tali suscettibili di impugnazionedavanti 
al Consiglio di Stato. 

Siffatto assunto non pu� condividersi. 
Gi� la Corte Costituzionale ha avuto occasione di esaminare la 
questione della costituzionalit� della delegazione al Governo dellefunzioni 
legislative, la quale abbia per oggetto decreti-provvedimento, 
ed ha escluso (sentenza 25 maggio 1957, n. 60, S.A.l.V.E. c. Ente Colonizzazione 
Delta Padano), relativamente alla cosiddetta legge Sila {legge12 
maggio 1950, n. 230) ed alla cosidetta legge stralcio (legge 21 ottobre 
1950, n. 841), che le norme di tali leggi (artt. 5 e 1, rispettivamente), 
che sanciscono la delegazione al Governo dell'esercizio di funzione non 
sostanzialmente legislativa, autorizzandolo ad emanare leggi-provvedimento, 
siano viziate da illegittimit� costituzionale. Ha osservato, a1 
riguardo, la Corte costituzionale che la funzione legislativa non consiste 
esclusivamente nella produzione di norme giuridiche generali ed 
astratte, pur dovendosi desumere, dallo spirito dell'ordinamento costituzionale, 
che, come la legge singolare ha natura eccezionale, cosl la 
delegazione di leggi-provvedimento presuppone particolari situazioni 
di interesse generale che, da un lato, sono suscettibili soltanto di valutazione 
politica e, dall'altro, implicano un giudizio tale che, per ragioni 
specialmente tecniche, non pu� essere formulato direttamente dal Parlamento. 
In relazione a tali principi, la Corte Costituzionale ha, quindi,. 
ritenuto che, nell'applicazione delle due leggi menzionate, l'attivit� in. 
cui si esplicano i poteri delegati al Governo non si esaurisce in attivit� 
amministrativa, n� si espl�ca in atti di autorit� amministrativa, trattandosi 
di decreti sostanzialmente legislativi, e che non � esatto che, con 
dette norme, si sarebbe artificiosamente attribuito carattere legislative> 
ad atti sostanzialmente amministrativi, allo scopo di sottrarli ai normali 
controlli dei competenti organi giurisdizionali, in violazione dell'art. 113. 
della Costituzione. 
Orbene, non pu� fondatamente negarsi che anche la delegazione 
al Governo per l'attuazione dei trasferimenti delle imprese elettriche� 
all'E.N.EL. (delegazione, per la quale, con l'art. 4 della 1. 6 dicem


bre 1962, n. 1643, � stata usata formula analoga a quella adottata nella 
citata legge Sila), sia stata determinata da particolari situazioni di 
interesse generale, in relazione alle finalit� economico-sociali cui la 
legge istitutiva dell'E.N.EL. � ispirata, come � stato riconosciuto proprio 
dalla Corte Costituzionale, che, decidendo, con recente sentenza 
(7 marzo 1964, n. 14), su questioni di legittimit� costituzionale sollevate� 
relativamente a tale legge e dichiarandole non fondate (in riferimento. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 679 

agli artt. 3, 4, 41, 43 e 67 della Carta), ha posto in rilievo, fra l'altro, i 
fini di �utilit� generale� che il Parlamento si � proposto di raggiungere. 

Comunque, pur riconoscendosi che eccezioni di illegittimit� costituzionale 
possono avere rilevanza anche nel giudizio sulla giurisdizione, 
secondo quanto � stato gi� affermato da questo Supremo Collegio, 
tuttavia, nella specie, deve escludersi che le questioni di incostituzionalit� 
sollevate col ricorso al Consiglio di Stato, si presentino come 
pregiudiziali al problema della giurisdizione, di cui all'istanza per 
regolamento preventivo. 

Invero, si ritenga fondata, o meno, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 4 della citata legge n. 1643 e del provvedimento 
dotato di forza legislativa, che la ditta Mascolo ha impugnato davanti 
al Consiglio di Stato, deve riconoscersi che la .risoluzione di tale questione 
non ha alcuna rilevanza, ai fini della pronuncia sulla giurisdizione, 
poich� non potrebbe mai ritenersi la sussistenza di un atto 
amministrativo, atto che costituisce il presupposto della giurisdizione 
amministrativa, come si � detto. 

Qualora fossero ritenuti viziati da illegittimit� costituzionale la 
norma di delegazione legislativa ed il provvedimento presidenziale di 
trasferimento, unica conseguenza sarebbe, come � stato gi� affermato, 
da questa Corte regolatrice, con le sentenze 15 gennaio 1953, n. 107-109, 
che si tratterebbe di illegittimo atto avente forza di legge, a siffatta invalidit� 
non varrebbe evidentemente a trasformare il decreto legislativo 
in un atto di natura diversa e, precisamente, in atto soggettivamente 
ed oggettivamente amministrativo, presupposto per la sottoposizione 
alfart. 113 della Costituzione e per l'affermazione della sussistenza "� 
della giurisdizione amministrativa: 

L'eventuale dichiarazione, da parte della Corte Costituzionale, di 
illegittimit� costituzionale altro effetto non potrebbe avere che quello di 
far perdere efficacia alla legge di delega ed ai provvedimenti presidenziali, 
cui � stata impressa, dal Parlamento, la qualifica di atti aventi 
forza di legge, non potendo la Corte Costituzionale sostituire la propria 
volont� a quella del Parlamento, che ha ritenuto di rivestire il provvedimento 
impugnato dalla ditta Mascolo, delle forme proprie "della legislazione 
delegata, poich� � noto che il sindacato di costituzionalit� deve 
rimanere nell'ambito della mera legittimit�, che importa un esame di 
carattere giuridico e non pu� sconfinare in una valutazione di opportunit� 
politica. 

Pertanto, la statuizione legislativa contenuta nell'art. 4, n. 10, della 

I. n. 1643 delf anno 1962, � decisiva per la determinazione dell'organo 
competente al sindacato dell'atto delegato e preclude che questo possa 
essere qualificato diversamente, ai fini della sua impugnabilit�. 
A conclusione diversa da quella del difetto di giurisdizione del 
Consiglio di Stato non pu� giungersi esaminando la questione sotto il 



680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

profilo del criterio distintivo tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione 
ordinaria. ' 

Com'� noto, tale criterio non � dato dal modo con cui la parte prospetta 
la pretesa fatta valere in giudizio, bens� dal cosidetto petitum 
sostanziale, cio� dall'intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite 
in funzione della reale protezione accordata dall'ordinamento giuridico 
alla posizione del privato posta a fondamento della pretesa (Cass., da 
ultimo, sent. n. 663 dell'anno 1964 e n. 179 delfanno 1963). 

Nella specie, col proposto ricorso al Consiglio di Stato, contestandosi 
la legittimit� del trasferimento dell'azienda elettrica all'E.N.EL., 
in quanto la legge che autorizza tale trasferimento ed il relativo provvedimento 
incostituzionale, si deduce, non un esercizio viziato del potere, 
da parte della P.A., bens� la mancanza dei presupposti che condizionano 
l'esistenza stessa del potere. L'invalidit� della delega legislativa avrebbe 
l'effetto di escludere la pertinenza del potere e determinerebbe un difetto 
assoluto del potere medesimo nell'organo che ha emanato il provvedimento 
invalido e lesivo del diritto di propriet�. 

Orbene, se si considera che la giurisdizione del Consiglio di Stato 
presuppone che non si contesti la sussistenza del potere e che si investano 
soltanto le modalit� di esercizio di esso (inosservanza di forme e 
di limiti previsti, con norme di azione, per l'esclusiva tutela dell'inte~ 
resse pubblico), e si ha riguardo all'oggetto sostanziale della domanda 
come sopra concretamente impostata, in funzione della causa petendi, 
cio� del titolo dedotto in giudizio, �deve riconoscersi che razione proposta 
dall'impresa � diretta, in sostanza, a far valere, attraverso la dichiarazione 
di inesistenza di un qualsiasi potere limitativo discrezionale 
della P.A. e la negazione, quindi, di ogni fondamento giuridico, ai poteri 
in concreto �sercitati d�lrAmministrazione medesima, con i provvedimenti 
impugnati, un interesse individuale (di cui si lamenta la lesione), 
obiettivamente non altrimenti configurabile che come diritto soggettivo 
perfetto. 

Trattandosi di controversia che investe il diritto soggettivo del 
singolo, deve ritenersi che la giurisdizione spetta al giudice ordinario, 
davanti al quale, cio� nel giudizio di merito, potranno essere sollevate 
le questioni di illegHtimit� costituzionale, che questa Corte ritiene irrilevanti, 
come si � dett~, ai fini della decisione sulla giurisdizione del 
Consiglio di Stato, la quale, indipendentemente dalla dedotta illegittimit�, 
comunque va esclusa. 

La giurisdizione del Consiglio di Stato non sussiste neppure relativamente 
all'impugnazione del provvedimento di nomina dell'amministratore 
provvisorio. 

Nel sistema della legge, il trasferimento dell'impresa elettrica 
all'E.N.EL., col conseguente trapasso della titolarit� giuridica di tutti 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI Dl GH,JRISDIZIONE 681 

i beni e rapporti relativi all'impresa medesima, ha effetto dalla data di 
pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale, dei decreti delegati di espropriazione, 
come espressamente dispone l'art. 2 del d.P.R. 4 febbraio 1963, 

n. 36. Tuttavia, va considerato che la disponibilit� effettiva di detti 
beni, da parte dell'E.N.EL., ha luogo con la �consegna� (prevista 
dalla medesima norma) da effettuarsi dai legali rappresentanti dei soggetti 
espropriati {imprese che ese11dtano in via esclusiva o principale 
le attivit� dell'industria elettrica, ai sensi dell'art. 1 della 1. n. 1643 del 
1962), all:amministratore provvisorio nominato dall'E.N.EL. 
Tale amministratore � un organo dell'E.N.EL., ente cui l'a\tivit� 
dell'amministratore medesimo � riferibile, per effetto del rapporto organico 
che viene a costituirsi con la deliberazione di nomina. 

Orbene, che l'atto di nomina dell'amministratore provvisorio sia 
da qualificare atto interno dell'ente, come tale non suscettibile di gravame, 
giusta quanto si deduce dalla difesa dell'Amministrazione ricorrente, 
non sembra potersi sostenere. 

Com'� noto, le attivit� interne della P.A. esauriscono la ioro funzione 
nell'ambito dell'Amministrazione medesima, senza produrre effetti 
giuridici fra questa ed � singoli. Nella specie, l'atto di nomina dell'amministratore 
provvisorio non pu� assimilarsi ad attivit� dell'Amministrazione 
che provveda alla conservazione ed utilizzazione di beni di sua 
propriet�, poich� dei beni gi� appartenenti alle imprese elettriche e dei 
quali � stato operato il trasferimento all'E.N.EL., con la pubblicazione 
del relativo provvedimento, lente non ha ancora il possesso, la disponibilit� 
materiale, che deve esserle data mediante consegna, da parte 
del legale rappresentante dell'impresa, costituito custode dei beni medesimi. 
L'attivit� dell'amministratore provvisorio e, quindi, dell'E.N.EL.; 
cui essa risale, viene ad incidere su rapporti che tuttora riguardano 
ed interessano l'impresa elettrica, cio� il terzo; pertanto, non pu� escludersi 
che det<ta attivit� possa determinare, in astratto, lesione di interessi 
giuridicamente protetti, e la nomina dell'amministratore, in quanto 
fa sentire la propria influenza su altri soggetti, su rapporti esterni, va 
considerato atto di rilevanza esterna, cio� di rilevanza nell'ordinamento 
generale. 

Senonch�, � da tenere presente che, nel rkorso al Consiglio di 
Stato, l'impresa non ha dedotto alcun vizio proprio della deliberazione 
di nomina dell'amministratore provvisorio, essendosi limitata a denunciare 
l'invalidit� � derivata � di detta deliberazione; cio� a dedurre che 
l'illegittimit� del provvedimento di trasferimento dell'azienda, per il 
preteso eccesso di delega legislativa, travolgerebbe la conseguenziale 
nomina dell'amministratore provvisorio. 

Il fatto che non siano denunciati vizi autonomi della deliberazione 
di nomina dell'amministratore provvisorio e che si faccia soltanto rifer�



" " 
682 RASSEGNA DEL'.l:.'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento alla pretesa invalidit� dell'atto di trasferimento, importa che si '"11: 
denuncia, in sostanza, la carenza del potere della P.A., non una moda-, 
lit� di esercizio di tale potere affetta da vizi. Pertanto, per le ragioni I 
gi� dette rigua:rido all'impugnazione del provvedimento di trasfer�-::; 
mento, va escluso il potere giurisdizionale del Consiglio di Stato e deve 
accogliersi il ricorso per regolamento di giurisdizione, dichiarandosi 
che questa spetta al giudice ordinario. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1408 -Pres. Lonardo, 
Est. Spaziani, P.M. Tavolaro (conf.) -S.p.A. Ugolotti Luigi 
e Figli {avv.ti Jemolo e Menoni) c. Ministero Finanze (avv. Stato 
Foligno). � 

Competenza e giurisdizione -Atti della p.a.� Controversie -Giurisdizione 
ordinaria ed amministrativa � Criterio di discriminazione. 


(l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). 
I

Competenza e giurisdizione -Domicilio fiscale attribuito d'ufficio 
� Controversia � Giurisdizione Consiglio di Stato. ,

I

(t.u. 5 luglio 1951, n. 573, art. 18; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 10; 
d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). 
I

I

Se si contesta resistenza stessa di un potere discrezionale della 

P.A., ovvero si sostiene che il potere medesimo � stato esercitato al di ~ 
fuori dei limiti tassativi posti dalle norme che lo attribuiscono, la cognizione 
della controversia appartiene al giudice ordinario; viceversa, se 

I

si deduce r esercizio scorretto del potere discrezionale da parte della 
P.A., sotto il profilo della incompetenza e della inosservanza delle 
prescrizioni f armali o dell'eccesso di potere, nelle sue diverse mani


I 

festazioni, la cognizione della causa spetta alla giurisdizione ammi, 
nistrativa (1). 

Ove si deduca la illegittimit� del provvedimento con il quale fAmministrazione 
finanziaria abbia stabilito aufficio il domicilio fiscale di 
un contribuente, la relativa controversia non pu� considerarsi compresa 
nelr ambito di previsione delr art. 22 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, e 
va, quindi, attribuita alla cognizione del Consiglio di Stato e non alla 
cognizione delle Commissioni tributarie (2). 

(1) Giurisprudenza consolidata. Oltre ai precedenti richiamati dalla stessa 
-sentenza massimata (Sez. Un., 18 giugno 1962, n. 1530, Foro it., Rep., 1962, v. 
I

competenza n. 43-44 e Sez. Un., 12 maggio 1962, n. 984, Foro pad., 1962, I, 1134) 
cfr. sent. Sez. Un., 23 marzo 1964, n. 662, in questa Rassegna, 1964, 1027 e le 
altre decisioni ivi citate in nota. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURIS))lZIONE 683 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso incidentale -il cui 
esame deve necessariamente precedere quello del ricorso principale l'Amministrazione 
finanziaria dello Stato deduce il difetto di giurisdi:
zione delle commissioni tributarie a conoscere della controversia, assumendo 
che contro il provvedimento, che attribuisce la competenza ad 
eseguire l'accertamento ad un ufficio diverso da quello nel cui distretto 
il contribuente aveva il suo domicilio fiscale, non sarebbe consentito 
_gravame se non alla g�urisdizione del Consiglio di Stato. 


La censura � fondata. 

Per norma generale le societ� commerciali e, comunque, gli enti 
<Collettivi hanno il domicilio -fiscale nel comune, dove si trova la loro 
sede legale (art. 11 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1339; art. 17 del t.u. 5 luglio 
1951, n. 573: art. 9, comma quinto; del vigente t.u. delle imposte 
�dirette approvate con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645). 

Ai fini di una pi� adeguata tassazione dei redditi, per�, l'art. 18 
del t.u. n. 573 del 1951 ha concesso all'Amministrazione finanziaria la 
facolt� -confermatale dall'art. 10 del t.u. n. 645 del 1958 -di attribuire 
la competenza ad eseguire l'accertamento, anzich� all'ufficio delle 
imposte nel cui distretto si trova la sede legale della societ� o dell'ente, 
.al diverso ufficio nel cui ristretto si trova la sede amministrativa o lo 
:stabilimento principale dell'una o dell'altro: il che importa ipso iure 
.cambiamento del domicilio fiscale. 

Nella fattispecie, contro l'atto con il quale il Ministero delle 

. :Finanze, avvalendosi dell'anzidetta facolt�, ha attribuito all'ufficio 
.distrettuale di Langhirano la competenza a procedere all'accertamento 
�dei redditi a carico della S.p.A. Ugolotti Luigi e Figli, avente la sede legale 
in Milano, dove, quindi, era anche il suo domicilio fiscale, la 
:societ� stessa � insorta con ricorso alla commissjone distrettuale, assumendo 
che l'adottato provvedimento fosse contrario alla lettera e alla 
.ratio della norma, addotta a fondamento di essa e volta, invece, ad 
attuare le garanzie previste a tutela e a favore del contribuente; fosse, 
cio�, inficiato da eccesso di potere e fosse, inoltre, mancante di motivazione. 
Dopo queste premesse, la societ� ha chiesto che il provvedi


(2) Sulla questione decisa con la sentenza massimata non risultano precedenti 
-editi, se non la decisione della Commissione Centrale, 7 marzo 1962 (Pres. Tor.
rente), Riv. leg. fisc., 1964, 1771. In dottrina, in senso conforme, MAFFEZZONI, 
Enciclopedia del diritto, v. Domicilio fiscale, n. 3. 
La Corte ha fatto esatta applicazione dei principi sulla discriminazione tra 
:giurisdizione ordinaria e amministrativa, enunciati nella prima massima, nonch� 
�<!Orretta interpretazione della norma di cui all'art. 18 t.u., 5 luglio 1951, n. 573 
.(ora art. 10 t.u., 29 gennaio 1958, n. 645). 

Atteso, invero, che tale norma conferisce all'Amministrazione Finanziaria 
-Intendente di finanza o Ministro -il potere di operare lo spostamento .del 
<domicilio fiscale del contribuente, attraverso l'attribuzione della competenza ad 



684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA10 

mento ministeriale fosse annullato e competente ad eseguire l'accertamento 
dei propri redditi fosse dichiarato l'ufficio distrettuale di Milano. 
La ricorrente societ� U golotti, dunque, non nega in radice la esistenza 
del potere discrezi�nale dell'Amministrazione finanziaria di attribuire 
la competenza per l'accertamento dei redditi ad un ufficio diverso da 
quello nel cui distretto la societ� stessa ha la propria sede legale, ma 
censura il modo con il quale il potere della P.A. � stato in concreto 
esercitato. Il che determina la devoluzione della controversia alla giurisdizione 
amministrativa. La discriminazione delle controversie spettanti 
alla cognizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria da quelle riservate 
alla gurisdizione amministrativa dev'essere fatta, per vero, individuando 
l'oggetto del giudizio con riferimento sia alla causa petendi 
sia al petitum, con riferimento, cio�, al c.d. petitum sostanziale: per 
conseguenza, se il privato contesta in radice la stessa esistenza di un 
potere discrezionale della P.A. ovvero sostiene che il potere medesimo 
� stato esercitato al di fuori dei limiti tassativi posti dalle norme, che 
lo attribuiscono, la cognizione della controversia appartiene al giudice 
ordinario: viceversa, se si deduce -come nella specie -l'esercizio 
scorretto del potere discrezionale da parte della P.A. sotto il profilo 
della incompetenza o della inosservanza delle prescrizioni formali o 
dell'eccesso di potere nelle sue diverse manifestazioni, la cognizione 
della causa spetta alla giurisdizione amministrativa {Sez. Un., 18 giugno 
1962, n. 1530; Sez. Un., 12 maggio 1962, n. 984). 

N�, per escludere la competenza giurisdizionale del Consiglio di 
Stato e per ritenere quella delle commissioni tributarie, potrebbe farsi 
richiamo all'art. 22 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, il quale ha demandato 
alle citate commissioni la cognizione delle controversie tra l'Amministrazione 
finanziaria e i contribuenti relative all'applicazione delle 
imposte dirette. Ai fini della interpretazione di tale disposizione, con 
riferimento alla questione che ne occupa, �, infatti, da rilevare che, a 
norma degli artt. 41 del citato decreto legge, 23 del r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516 e 31 del t.u. n. 645 del 1958, il ricorso alle commissioni tributarie 
� dato contro l'accertamento, che costituisce l'atto iniziale e pi� 
eseguire l'accertamento ad un ufficio diverso da quello che sarebbe stato compe


tente secondo i criteri generali stabiliti dalla legge, appare evidente che il diritte> 

soggettivo del contribuente alla imposizione da parte dell'ufficio competente in base 

a dette regole generali si affievolisce proprio per effetto dell'atto amministrativo 

che costituisce esercizio dell'indicato potere. Sicch�, dinanzi ad un atto ammini


strativo di tale natura, il contribuente non pu� far valere alcun diritto soggettivo, 

sibbene, soltanto, l'interesse legittimo al corretto esercizio del potere discrezionale f 
dalla legge attribuito alla p.a. E da tale configurazione della posizione giuridica 

!!.:,_

..!_._', 


soggettiva del contribuente discende che potrebbe negarsi che la controversia rientri ~ 
nella giurisdizione generale di legittimit� del Consiglio di Stato, solo ove potesse ., 
affermarsi che la protezione dell'interesse di cui si discute sia specificamente attri



PARTE I, SEZ. ll, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 685 

importante del procedimento d'imposizione. Il che esclude, ove si deduca 
la illegittimit� del provvedimento con il quale l'Amministrazione finanziaria 
abbia stabilito di ufficio il domicilio fiscale di una societ� o di un 
imprenditore, che la relativa controversia possa considerarsi compresa 
nell'ambito di previsione dell'art. 22 del r.d.l. n. 1639 e, quindi, attribuita 
alla cognizione delle commissioni tributarie anzich� alla giurisdizione 
del Consiglio di Stato. Anche nella fattispecie, pertanto, trova 
applicazione il principio gi� affermato da questa Corte, per cui l'art. 6 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, sul contenzioso amministrativo, 
non deroga, per la materia tributaria, al sistema della bipartizione delle 
competenze tra giudici ordinari ed amministrativi, a seconda che nella 
pretesa dedotta in giudizio si configuri un diritto soggettivo o un interesse 
(Sez. Un., 18 febbraio 1955, n. 474; Sez. Un., 15 agosto 1951, 

n. 2519). 
Devesi, dunque, in accoglimento del ricorso incidentale, cessare la 
denunziata decisione, dichiarandosi la giurisdizione amministrativa. 


(Omissis). 

buita alla giurisdizione delle commissioni tributarie. Peraltro, come ha esattamente 
precisato la sentenza massimata, la competenza delle Commissioni � circoscritta 
alle controvers1e riguardanti � lapplicazione delle imposte dirette '" e sorge, pertanto, 
solo a seguito del concreto atto di imposizione e per le contestazioni relative 
all'imposizione stessa. Prima e indipendentemente dall'atto di imposizione, l'impugnativa 
di un provvedimento che si pretenda lesivo di un interesse legittimo non. 
pu� dunque che appartenere alla giurisdizione del Consiglio di Stato. 

Le stesse argomentazioni valgono, ovviamente, per converso, a confermare 
che, ove lAmministrazione finanziaria non si sia avvalsa del potere di determinare 
il mutamento del domicilio fiscale del contribuente, le controversie sulla competenza 
territoriale dell'ufficio finanziario, che sorgano in sede di� impugnativa del!'
atto di accertamento, rientrano indubbiamente nella cognizione delle commissioni 
tributarie. 

Va infine osservato che per l'attribuzione, �in ogni caso, alla cognizione delle 
commissioni tributarie delle controversie in ordine al domicilio fiscale si era invece 
pronunciata la stessa Amministrazione finanziaria con la circolare 23 febbraio 1953, 

n. 350400 (Riv. leg. -f�sc., 1963, 464). 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567 -Pres. Mastropasqua 
-Est. Cesaroni -P.M. Tavolaro (conf.) -Societ� Industriale 
Commerciale e Rappresentanze {'avv. Castiglione-Humani) 

c. Fabbrica Nazionale d'Armi (avv.ti. Sicilia, Ghia). 
Sentenza -Contraddittoriet� di motivazione -Quando ricorre e 
pu� essere utilmente denunciata. 

(c.p.c., artt. 132, n. 4 e 360, n. 5; disp. att. c.p.c., art. 118). 

Procedimento civile -Materiale probatorio -Utilizzabilit� nello 
stesso giudizio a scopo diverso da quello per il quale esso fu 
raccolto -Ammissibilit�. 

(c.p.c., artt, 115, 116). 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contratti dello 
Stato -Asta pubblica e licitazione privata -Momento perfezionativo 
del contratto -Verbale di aggiudicazione. � 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3, 4 e 16). 
Vendita -Vendita di armi -Licenza dell'autorit� amministrativa 
� Condicio juris � -C�rattere del provvec;limento. 

(t.u. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 28, 31 e segg.; t.u. appr. con d.P.R. 
19 agosto 1948, n. 1184, art. l; 1. 23 dicembre 1950, n. 1004; art. 1). 
Obbligazioni e contratti -�Condicio juris � -Deficienza della 
medesima per causa imputabile alla parte avente interesse 
contrario al suo avveramento -Produzione � ope legis � degli 
stessi effetti dell'avveramento -Esclusione. 

(e.e., art. 1359). 

La contraddittoriet� di motivazione della sentenza, intesa come 
inconciliabilit� delle ragioni esposte dal giudice, deve risolversi in una 
mancanza di motivi per iimpossibilit� di ricostruire il processo logicogiuridico 
della ratio decidendi e non pu�, perci�, essere utilmente 
denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata se ne 


PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVJLE 

687 

aggiunga unaltra, basata su fatti, rilievi, osservazioni ed argomenti, 
che da soli giustifichino la decisione presa (I). 

Il materiale probatorio raccolto ad un certo fine pu�, nello stesso 
giudizio e fra le stesse parti, essere utilizzato anche ad altro scopo, 
per sostenere qltre domande ed eccezioni (2). 

Nei contratti stipulati all'asta pubblica od a licitazione privata, a 
norma della legge .di contabilit� generale dello Stato, il vincolo contrattuale 
sorge dal verbale di aggiudicazione, non occorrendo ulteriori f ormalit� 
intese ad accertare gli elementi essenziali del negozio, e ci� 
qnche quando sia prevista una successiva stipulazione formale del 
contratto {3). 

Secondo la disciplina di cui al d.P.R. 19 agosto 1948, n. 1184, vigente 
fino al 31 �dicembre 1952, era fatto divieto a chiunque di fabbricare, 
introdurre nello Stato, esportare, porre in vendita o cedere a qualsiasi 
titolo armi senza licenza dell'Autorit� amministrativa. Lo stesso divieto 
� previsto dalla legge di P.S. e dal relativo regolamento, che contiene 
le disposizioni riguardanti le domande tendenti ad ottenere l'autorizzazione 
.a raccogliere, detenere, importare ed esportare armi da guerra. 
Il provvedimento amministrativo di licenza non � un elemento volontario 
del negozio, n� un elemento essenziale di esso, ma un fatto, che 
per legge deve sopravvenire ad un contratto gi� perfetto, perch� questo 
possa produrre i suoi effetti, nel che, appunto, si sostanzia la condicio� 
juris (4). 

(1) Il giudice deve. infatti, dare della decisione adottata �ragione adeguata 
e non infirmata nella sua base logica da considerazioni fra loro in contrasto, s� da 
elidersi a vicenda �: Cass., 3 agosto 1964, n. 2323, Foro it., Mass., 1964, 623; 
per un'applicazione dello stesso principio v. Cass., 29 aprile 1965, n. 753, in questa 
Rassegna, 1965, I, 502, nella motivazione (504). 
(2) Conf. Cass., 22 gennaio 1957, n. 193, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 84, 
sub 2; 15 ottobre 1956, n. 3602, ivi, 1956, 1218. 
(3) Conf. Cass., 9 ottobre 1956, n. 3421, Giust. civ., Mass. Cass., 1956, 1159 
ed ivi riferimenti ed in particolare: Cass., 30 gennaio 1964, n. 263, in questa 
Rassegna, 1964, I, 489, con nota del CARusr, anche per altra funzione che l'aggiudicazione 
ha nella formazione del contratto. 
(4) La sentenza in rassegna avverte che �l'atto permissivo della p.a. viene a 
configurarsi come una condicio iuris imposta dalla legge, che, operando dal di fuori 
del contratto, ne subordina lefficacia �: cfr. anche Cass., 5 agosto 1948, n. 1394, Giur. 
it., Mass., 1948, 332. Per una applicazione dello stesso principio, che configura l'autorizzazione 
non gi� come integrante la capacit� e la volont� dell'ente, sibbene come 
requisito estrinseco al negozio e perci� sopraggiungibile dopo la sua conclusione, 
v,, in materia di autorizzazione agli acquisti degli enti ecclesiastici, Cass., 16 maggio 
1961, n. 595, Giust. civ., Mass. Cass., 1961, 239, con nota (sub 1) di richiami; 
v. anche Cons. Stato, Sez. I, par. 5 novembre 1962, n. 1787, Il diritto ecclesiastico, 
1963, II, 92 e segg. 

688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Mai potrebbe considerarsi come avverata la condicio juris, che sia 
mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario 
al suo avveramento, non potendo una finzione sostituirsi al fatto richiesto 
dalla legge affinch� il negoziO abbia la sua attuazione (5). 

(5) Conf. Cass., 16 novembre 1960, n. 3071, Gust. civ., Mass. Cass., 1960, 1196 
(sub 3); 14 agosto 1953, n. 2736, Foro it., Mass., 1953, 520. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1965, n. 690 -Pres. Pece Est. 
D'Amico -P.M. Caccioppoli (conf.) -Opera valorizzazione 
Sila (avv.ti Mirabelli, Finelli) c. Gentile Davide (avv. Tassoni) e 
Gentile Donato (avv. Salerno). 

Cassazione -Omesso deposito del ricorso -Diritto del controri


corrente ad ottenere la declaratoria di improcedibilit� del 

ricorso stesso ed il rimborso delle spese -Presupposti. 

(c.p.c., artt. 369, 370). 

Quando il ricorrente abbia omesso di depositare tempestivamente 

IIil ricorso, il resistente -che abbia regolarmente notificato e depositato 
il controricorso -ha diritto ad ottenere la declaratoria di improcedibilit� 
del ricorso stesso ed il rimborso delle spese (l). ~% 

(1) Giurisprudenza costante. Per l'affermazione che il termine di giorni venti 
dalla notifica, stabilito dall'art. 369 c.p.c., ha carattere perentorio e la relativa 
Iimprocedibilit� dev'essere rilevata anche di ufficio, ove il controricorrente non 
abbia sollevato alcuna eccezione, cfr. da ultimo: Cass., 25 gennaio 1965, n. 128, 
Foro it., Mass., 1965, 23; 8 agosto 1964, n. 2279, Id., Mass., 1964, 611; 
24 febbraio 1964, 403, ivi, 98; 29 luglio 1963, n. 2132, Id., Mass., 1963, 611; 
14 marzo 1962, n. 532, Id., Mass., 1962, .155. 

Nel medesimo senso e con l~ precisazione che il resistente -il quale abbia 
proposto, nel termine di legge, il controricorso e lo abbia regolarmente depositato ha 
diritto al rimborso delle spese, anche se non abbia eccepito l'improcedibilit� del 
ricorso: Cass., 13 novembre 1964, n. 2733, Foro it., Mass., 1964, 729; 28 febbraio 
1963, n. 492, Id., Mass., 1963, 141; 6 febbraio 1962, n. 219, Id., Mass., 1962, 61. 

Gi� in precedenza, infatti, la Suprema Corte aveva ripetutamente chiarito che 
nessuna disposizione di legge impone alla parte, contro la quale sia diretto un 
ricorso per cassazione, di accertarsi, prima di costituirsi, che il ricorso sia stato 
depositato e non sia quindi improcedibile: detta parte, infatti, ha il diritto di 
opporre immediatamente le sue difese per mezzo del controricorso, che pertanto 
-ove regolarmente notificato e depositato -fa sorgere il diritto al rimborso 
delle spese: cfr. Cass., 23 maggio 1959, n. 1581, Foro it., Mass., 1959, 298, nonch� 
ulteriori richiami in Rassegna di giurisprudenza sul C.P.C., diretta da STELLARICHTER 
e TORRENTE, 1961, tomo secondo, 1961, sub art. 370, n. 11. 

P. SACCHETTO 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 689 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 maggio 1965, n. 898 -Pres. 
Giansiracusa -Est. Aliotta -P.M. Pedote (conf.) -Comune di Bologna 
(avv.ti Turazza, Gherardi, Guidoboni) c. Commissariato G.I. 
(avv.ti Marinangeli, Urbani, Amorth). 

Locazione � Alienazione della cosa locata -Patto in deroga alla 
regola legale della surrogazione dell'acquirente, al momento 
dell'acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto 
di locazione . Ammissibilit� . Legittimazione dell'alienante 
in proprio e non quale mandatario dell'acquirente a 
sperimentare le azioni nascenti dal rapporto locatizio. 
(e.e., art. 1602). 

Concessioni amministrative -Locazioni poste in essere da un ente 
pubblico � Differenze. 
(e.e., artt. 822 e segg., 1571 e segg.). 

La norma contenuta nelfart. 1602 e.e. ha la precipua funzione di 
regolare i rapporti tra venditore ed acquirente della cosa locata. Essa 
ha carattere dispositivo, epper� le parti contraenti ben possono convenire 
che il rapporto locatizio continui a svolgersi nei confronti delf alienante, 
al quale pu� essere temporaneamente conservata la qualit� di 
locatore con la conseguente legittimazione in proprio e non quale mandatario 
delfacquirente a sperimentare tutte le azioni derivanti dal rapporto 
locatizio, compresa quella diretta ad ottenere il rilascio delfimmobile 
per finita locazione (1). 

Mentre nella concessione rente �pubblico agisce quale titolare di 
un potere di supremazia, emettendo il relativo atto amministrativo, nello 
stipulare la locazione esso agisce, invece, nella stessa veste di un privato, 
in posizione paritetica rispetto alla controparte. Oggetto della concessione 
in uso � di regola un b�ne demaniale, mentre oggetto della locazione 
� sempre e soltanto il godimento di un bene patrimoniale. Il corrispettivo 
o canone della concessione � costituito da un'obbligazione 
pecuniaria a carattere pubblicistico, che ha sostanzialmente natura di 
tassa, anche se genericamente designato come � provento del pubblico 
demanio �; viceversa, nella locazione, il corrispettivo � costituito dalrobbligazione 
privatistica di pagare un determinato canone locatizio (2). 

(1) Conf. Cass., 8 marzo 1960, n. 441, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 169; 
v. anche Cass., 8 febbraio 1964, n. 297, Foro it., Mass., 1964, 72. 
(2) V. Cass., 12 giugno 1963, n. 1575, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 744 
(ove riferimenti); 5 luglio 1962, n. 1718, ivi, 1962, 852 (importante massima sub l); 
6 aprile 1961, n. 732, ivi, 1961, 304. A parte l'affermazione che anche i beni del 
patrimonio indisponibile possono � formare oggetto di negozi di diritto privato, 
quando si verichino determinati presupposti, nei modi stabiliti nelle norme che li 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

690 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente Comune denunzia 
la violazione dei principi generali in tema di trasferimento delle azioni 
spettanti al locatore nei confronti del conduttore nel caso di alienazione 
dell'immobile locato. 

Pi� particolarmente sostiene: a) che, contrariamente a quanto ritenuto 
dalla Corte d'Appello, il Commissariato, che aveva venduto l'immobile 
locato, difettava di legittimazione attiva, perch� il rapporto iniziale 
tra locatore, proprietario e conduttore subisce, per effetto del1'
alienazione della cosa locata, una modificazione soggettiva, trasferendosi 
nella sua titolarit� all'acquirente, salvo che questi non abbia voluto 
conservare al venditore il diritto a permanere nel godimento dell'immobile 
e a mantenere per proprio conto ed interesse la titolarit� del 
rapporto con il terzo conduttore; b) che del pari erroneamente la Corte 
d'Appello ha ritenuto che il patto 6� del contratto di vendita esaurisse 
la sua efficacia tra i contraenti, mentre invece costituiva una chiara 
conferma del fatto che costoro erano consapevoli della necessit� che 
qualunque azione contro il conduttore dovesse essere proposta dall' acquirente; 
per cui il consenso prestato al venditore ad agire per il rilascio 
dell'immobile locato poneva in essere una sostituzione processuale in 
ipotesi non consentita dalla legge. 

Il motivo � infondato, anche se la motivazione dell'impugnata sentenza 
va sulla questione opportunatamente rettificata. Occorre, infatti, 
rilevare che, secondo. la tesi seguitr. dalla prevalente giurisprudenza e 
dottrina, data la natura personale e obbligatoria della locazione, che 
non presuppone quindi necessariamente nel locatore la qualit� di proprietario 
della cosa locata, anche chi non rivesta pi� tale qualit�, ma 
abbia comunque legittimamente conservato a qualsiasi titolo la dispo


.riguardano (art. 828 e.e.)� (cfr. anche Cass., Sez. Un., 24 maggio 1956, n. 1758, 
Foro pad., 1956, I, 982, con nota critica del BERNARDINI; contra, invece, l'importante 
sentenza delle Sez. Un., 4 ottobre 1955, n. 2790, id., 1955, I, 1114, in part. 
�1115), la sentenza in rassegna accoglie importanti principi, formulati nella massima 
surriferita, mostrando di intendere l'esatta struttura e la natura dell'atto di �oncessione 
d'uso di beni demaniali. Se manca, nella sentenza, il riconoscimento, ben auspicabile, 
della fondamentale unit� funzionale della pi� ampia categoria dei beni pubblici, 
in contrapposto ai beni meramente patrimoniali (art. 1 r.d. 18 novembre 1923, 
:n. 2440; SANDULLI, Beni pubblici, Enciclopedia del diritto, vol. V, Milano, 1959, 
277 e segg.), vi si avverte, tuttavia, l'essenziale autoritativit� ed unilateralit� della 
concessione, negozio di diritto pubblico, in contrapposto con la locazione, contratto 
di diritto privato; la sentenza, inoltre, non manca di sottolineare -e ci� molto 
opportunamente -la fondamentale diversit� di natura e, quindi, di regime giuridico 
del canone delle concessioni rispetto a quello di locazione: su tutti questi 
concetti si veda: CARUSI, In tema di concessioni d'uso di beni pubblici, in questa 
Rassegna, 1964, I, 1066 e segg.; ID., Inapplicabilit� alle concessioni di beni pubblici 
del blocco dei canoni delle locazioni e degli affitti privati, ivi, 1965, I, 321 
e segg. (ove anche riferimenti di legislazione, dottrina e giurisprudenza). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVn.E 691 

nibilit� della cosa locata, pu� continuare' a svolgere i rapporti relativi 
alla locazione, purch� lo faccia senza pregiudizio dei diritti del nuovo 
proprietario. Ci� non contrasta con il dis,Posto dell'art. 1602 e.e., il 
quale stabilisce il subentro dell'acquirente dal momento dell'acquisto 
nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione, 
quando questa sia opponibile allo stesso ai sensi dei precedenti artt. 1599 
e 1600 e.e. Infatti, mentre queste due ultime disposizioni sono dettate 
nell'esclusivo interesse del conduttore, la norma contenuta nell'art. 1602 
� invece sancita nel precipuo interesse di regolare i rapporti tra venditore 
e acquirente della cosa locata. Essa ha evidentemente carattere 
dispositivo; per cui le parti contraenti ben possono invece convenire 
che il rapporto locatizio continui a svolgersi nei confronti delfalienante, 
al quale pu� essere temporaneamente conservata la qualit� di locatore, 
e resta quindi legittimato in proprio, e non quale mandatario dell'acquirente, 
a sperimentare tutte le azioni derivanti dal rapporto locatizio, 
compresa quella diretta ad ottenere il rilascio dell'immobile per finita 
locazione. 

Il che appunto si verifica nella specie, in quanto con il patto 6� del 
contratto di vendita il compratore �cardinale Lercaro conservava al 
venditore Commissariato della Giovent� Italiana la titolarit� del rapporto 
locatizio, affinch� questi ottenesse dal conduttore Comune di 
Bologna il rilascio dell'immobile, per poter adempiere a sua volta all'obbligo 
che gli competeva di effettuare la consegna all'acquirente. Non 
sussiste quindi il denunziato difetto di legittimazione attiva. 

Del pari infondato � il secondo. motivo, con il quale il ricorrente 
Comune denuncia la violazione dei principi generali in materia di distinzione 
tra rapporto di concessione amministrativa in uso e locazione, 
nonch� violazione degli artt. 657 e segg. c.p.c., sostenendo che, contrariamente 
a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, il rapporto posto 
in �ssere con la scrittura 21 aprile 1950 avrebbe natura di concessione 
in uso e non di locazione, sia per la veste del proprietario locatore, sia 
per la natura dei beni destinati a soddisfare un interesse pubblico; per 
cui non era ammissibile la procedura di sfratto. ~ noto, in proposito, 
quali siano le differenze fondamentali tra fa concessione avente per 
oggetto l'uso di un bene pubblico e la locazione. Mentre, infatti, nella 
concessione l'ente pubblico agisce quale titolare di un potere di supremazia, 
emettendo il relativo atto amministrativo, nello stipulare invece 
la locazione agisce nella stessa veste di un qualsiasi privato, in posizione 
paritetica con lo stesso; nel rapporto di concessione in uso, salvo casi 
eccezionali, che nella specie non ricorrono, oggetto � fuso di un bene 
demaniale, nella locazione oggetto � sempre e soltanto il godimento di 
un bene patrimoniale; nella concessione il corrispettivo � costituito 
da una obbligazione pecuniaria a carattere pubblicistico (canone della 
concessione), che ha sostanzialmente natura di tassa, anche se generica




692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

m'ente classificato nelle leggi in materia quale � provento del pubblico 
demanio�, nella locazione il corrispettivo � costituito dall'obbligazione 
privatistica di pagare un determinato canone locatizio. Non hanno 
�nvece alcuna rilevanza i presunti caratteri distintivi, ai quali accenna 
il ricorrente. Non la qualit� del soggetto che d� il godimento del bene, 
potendo un ente pubblico agire sia nelrambito del diritto pubblico, 
effettuando delle concessioni, sia nell'ambito del diritto privato, stipulando 
contratti di locazione. N� ha rilevanza il fatto che i beni in 
questione erano naturalmente diretti a soddisfare un interesse pubblico, 
potendo anche i beni del patrimonio indisponibile, normalmente diretti 
a soddisfare un pubblico servizio (art. 826 e.e.), formare oggetto di negozi 
di diritto privato, quando si verifichino determinati presupposti, 
nei modi stabiliti nelle norme che li riguardano (art. 828 e.e.). Il che si 
verificava appunto nel caso in esame, in quanto la colonia marina aveva 
da tempo di fatto perduta la sua concreta destinazione ad un pubblico 
servizio per la realizzazione delle finalit� proprie del Commissariato 
della Giovent� Italiana, essendo ormai da vari anni detenuta dal Comune 
di Bologna. 

In applicazione di tali principi � evidente che il negozio de quo, 
come esattamente ritenuto dalla Corte d'Appello, aveva carattere di 
locazione, sia perch� il Commissariato della Giovent� Italiana, nel dare 
il godimento della colonia marina al C:omune di Bologna, non ag� in 
una posizione di supremazia, non avendo emesso alcun atto amministrativo 
di concessione, ma in una posizione paritetica, come qualsiasi 
contraente privato; sia perch� oggetto del contratto fu il godimento di 
un bene patrimoniale; sia, infine, perch� il corrispettivo pattuito non 
costituiva una tassa, ma una semplice obbligazione privatistica di pagare 
un canone mensile in danaro. 

Pertanto il ricorso va rigettato e il ricorrente Comune va condannato 
alla perdita del deposito (art. 381 c.p.c.) e, quale soccombente, 
a pagare al Commissariato le spese del giudizio di Cassazione (artt. 385 
e 91 c.p.c.). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1257 -P..res. 
Lonardo -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli {conf.) -Nisi (avv.ti 
Lopes e Fernandez) c. Assessorato ai LL.PP. della Regione Siciliana 
{avv. Stato Coronas). 

Procedimento civile � Decisione della causa -Questione di giuri


sdizione -Carattere necessariamente preliminare � Precedenza 

della sola questione riguardante la regolare costituzione del 

rapporto processuale. 

(c.p.c., artt. 37, 187, 276). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 693, 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p.u. -Esecuzione 
dell'opera -Relitti -Omessa retrocessione -Domanda di 
risarcimento dei danni -Mancanza della previa dichiarazione 
di inservibilit� dei relitti -Difetto di giurisdizione. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 60 e 61). 
Competenza e giurisdizione -Esprop"riazione per p.u. -Espropriazione 
di beni non necessari all'esecuzione dell'opera pubblica Comportamento 
illegittimo della p.a. -Domanda di risarcimento 
dei danni -Giurisdizione ordinaria -Sussiste. 

Procedimento civile -Domande nuove -Divieto -Ipotesi. 

(c.p.c., artt. 184, 190 e 345). 

Procedimento civile -Domande -Interpretazione -Apprezzamento 
incensurabile del giudice di merito. 

(c.p.c., art. 360). 

Procedimento civile -Conclusioni -Formulazione specifica Effetti. 


(c.p.c., art. 189). 

Appello � -Riesame dei punti della sentenza oggetto di censure 
implicite o connessi con quelli impugnati -Ammissibilit�. 

(C.J?.C., artt. 112, 342). 

Cassazione -Ricorso -Interesse -.Fattispecie. 
(c.p.c., art. 100). 

La questione di giurisdizione ha sempre e necessariamente carattere 
preliminare rispetto ad ogni altra questione di rito o di merito, ad 
eccezione di quella riguardante la regolare costituzione del rapporto 
processuale {l). 

L'insussistenza di un diritto subiettivo alla retrocessione delle porzioni 
degli immobili espropriati sopravanzati all'esecuzione delfopera 
pubblica, prima della emanazione del decreto di cui alfart. 61 della 
legge sulla espropriazione per p.u., comporta il difetto di giurisdizione 

{1) In senso conforme: Cass., 10 dicembre 1957, n. 4624; 8 febbraio 1958, 

n. 406; 28 febbraio 1958, n. 599; 20 ottobre 1962, n. 3051, Foro it., Mass., 1957, 
938; 1958, 77; 1958, 116; 1962, 855. Per i rapporti tra questione di giurisdizione 
e questione di costituzionalit� cfr. Cass., 28 aprile 1963, n. 1017, in questa Rassegna, 
1964, I, 683 e segg., con nota di richiami. 
In dottrina, sul problema dell'ordine che deve essere seguito nell'esame delle 
.questioni da decidere, v. CH1cco, Questioni di precedenza e precedenza di questioni, 
Foro it., 1955, IV, 96. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

0.
anche in ordine alla domanda di risarcimento dei danni per la mancata 
retrocessione (2). 
Rientra nella giurisdizione ordinaria la domanda con la quale


.

lespropriato chiede il risarcimento dei danni non per la mancata retrocessione, 
ma per avere la p.a., per negligenza, imprudenza ed imperizia,. . 
espropriato una superficie maggiore di quella necessaria per resecuzione 
delf opera di pubblica utilit� (3). 


Non possono essere proposte domande nuove nel giudizio di primogrado 
per la prima volta con la comparsa conclusionale o in appello (4). 

(2) Le Sezioni Unite ribadiscono ancora una volta che per la proponibilit�. 
dell'azione di risarcimento dei danni nei confronti della p.a. occorre la lesione 
di un diritto soggettivo: in arg. cfr. FOLIGNO, La pretesa responsabilit� della P.A. 
per la lesione di interessi legittimi, in questa Rassegna, 1963, 1 e segg.; nonch�, 
Cass., 25 luglio 1964, n. 2064, ivi, 1964, I, 861 e segg., con nota di richiami. 
La massima fa corretta applicazione del principio, costantemente affermat<>' 
dalla giurisprudenza, che in tema di retrocessione parziale non sussiste un dirittO' 
soggettivo alla retrocessione e manca quindi la giurisdizione del giudice ordinario, 
prima della dichiarazione amministrativa di inservibilit� dei relitti: in arg. cfr., da. 
ultimo, Cass., 15 ottobre 1964, n. 2590, in questa Rassegna, 1964,. I, 899 e segg., 
con nota di richiami. 

{3) L'affermazione, apodittica e incidentale, contenuta nella sentenza, della. 
giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda di risarcimento dei 
danni per l'asserito esproprio di una superficie maggiore di quella occorrente alla. 
esecuzione dell'opera pubblica, non pu� essere condivisa. Infatti la domanda non� 
contesta il potere di esproprio ma l'esercizio del potere stesso; manca, a seguito� 
della dichiarazione di p.u., un diritto soggettivo del quale possa affermarsi la lesione; 
ed infine l'accertamento della necessit� dei beni espropriati all'esecuzione dell'opera 
pubblica involge un giudizio tecnico discrezionale, che, similmente a quello che 
involge l'accertamento del rapporto di utilit� tra i relitti e l'opera pubblica compiuta 
(Cass., 15 ottobre 1964, n. 2590, dianzi citata), esclude l� possibilit� di un 
sindacato giudiziario: nel senso che sia insindacabile nel merito la valutazione 
fatta dall'Amministrazione circa l'estensione da dare ad una espropriazione, cfr. 
Cons. Stato, Sez. IV, 17 marzo 1950, n. 152, Relazione dell'Avvocatura dello Stato 
per gli anni 1942.1950, II, 164. 


(4) La massima applica correttamente il disposto degli artt. 190, secondo. 
comma, e 345 c.p.c. Invero, le comparse conclusionali devono avere carattere� 
esclusivamente illustrativo delle conclusioni gi� fissate dinanzi all'istruttore, con la 
conseguenza che quelle conclusioni non possono essere modificate e che il giudice� 
non pu� prendere in esame conclusioni difformi, senza violare una norma che tende 
a garantire la regolarit� del contraddittorio. In arg. cfr., per tutte, Cass., 12 otto-� 
bre �1956, n. 3558, Giur. it., 1957, I, 1, 1158; 28 gennaio 1957, n. 299; 12 ottobre� 
1957, n. 3790, Foro it., Mass., 1957, 60 e 745; Sez. Un., 1� giugno 1964, n. 1356,. 
in questa Rassegna, 1964, I, 721 (sub 3), con nota di richiami. 
Parimenti nel giudizio di appello non possono essere proposte domande nuove: 
cfr. Cass;, Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 992, in questa Rassegna, 1964, I, 682" 
(sub 3). La giurisprudenza ha anche affermato che non pu� essere riproposta in 
appello una domanda irritualmente proposta in primo grado: Cass., 7 novembre� 
1958, n. 3650, Foro it., Mass., 1958, 755. Ed � stata considerata inammissibile, 
come nuova, la domanda che, essendo stata proposta in primo grado, sia stata 
poi rinunziata espressamente o implicitamente, perch� non riprodotta nelle conclu



PARTE I, SEZ. m, �GIURISPRUDENZA CIVll..E 695 

Incombe al giudice di merito -con apprezzamento incensurabile il 
compito di interpretare, nella loro esatta portata, le deduzioni e le 
conclusioni delle parti (5). 

La precisazione delle conclusioni, prescritta dali art. 189 c.p.c., ha 
lo scopo di fissare definitivamente la volont� delle parti in rapporto 
all'obietto della lite; pertanto, mentre in caso di generico richiamo 
alle precedenti difese, il giudice deve tener conto di tutte indistintamente 
le richieste, che siano state in precedenza formulate, poich� quel 
generico richiamo lascia presumere che la parte abbia inteso mantenerle 
ferme, diversamente � da dirsi, quando, in quell'udienza, la parte abbia 
specificato le proprie domande ed istanze, perch� in questa seconda 
ipotesi legittimamente il giudice prende in considerazione soltanto le 
domande espressamente formulate, dovendosi ritenere implicitamente 
rinunciate tutte le altre non riproposte (6). 

Il giudice di appello si mantiene nei limiti dei suoi poteri, quando 
porta il suo esame sui punti della sentenza, che hanno costituito oggetto 
di censura esplicita o implicita o siano con quelli impugnati necessariamente 
connessi (7). 

Il giudice di appello, che, in parziale accoglimento del gravame, 
in luogo della pronuncia negativa della giurisdizione, dichiari solo irritualment� 
proposta una domanda, non danneggia, ma al contrario reca 
vantaggio alla parte, che, quindi, non ha interesse all'impugnativa per 
cassazione (8). 

sioni definitive (App. Cagliari, 27 giugno 1959 e 9 maggio 1959, Rass. giur. sarda, 
1959, 775 e 389). Per l'ammissibilit� anche in sede di precisazione delle conclusioni 
di richieste dell'attore contro l'interventore in causa fussu fudicis, purch� contenute 
nei limiti della domanda originaria, v. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, 
in questa Rassegna, 1964, I, 698 (sub 2). 

(5) Giurisprudenza costante. Cfr. Cass., 7 dicembre 1962, n. 3299; 15 giugno 
1963, n. 1607; 26 giugno 1964, n. 1693, Foro it., Mass., 1962, 922; 1963, 
470; 1964, 442. 
(6) In senso conforme, cfr., per tutte, Cass., 18 aprile 1962, n. 766;. 20 agosto 
1962, n. 2603; 15 giugno 1964, n. 1522; 22 luglio 1964, n. 1956, Foro it., Mass., 
1962, 231 e 743; 1964, 396 e 507. 
(7) La massima fa corretta applicazione dei principi, richiamandosi ai poteri 
del giudice d'appello e ripudiando la formula del divieto di reformatio in peius, 
adottata in altre occasioni (cfr. Cass., 22 febbraio 1947, n. 242, Foro it., 1947, I, 
743) e mutuata dalla procedura penale. 
(8) Massima di indubbia esattezza. L'interesse all'impugnativa, che � specificazione 
del pi� generale interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), deve essere apprezzato 
in relazione all'utilit� giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame potrebbe 
derivare al proponente. Perci�, tale utilit� non sussiste -e manca quindi l'interesse 
al gravame -quando la pronunzia sia, come nel caso, pi� vantaggiosa per 
la parte: cfr. Cass., 13 giugno 1958, I�. 1997 e 18 giugno 1959, n. 1909, Foro it., 
Mass., 1958, 403; 1959, 357. 
In dottrina v., da ultimo, ATTARDI, L'interesse ad agire, Padova, 287 e 
segg., 1958. 

A. FRENI 

696 RASSEGNA DELL'AVVOCATQRA DELLO STATO 

(Omissis). -Preliminare � l'esame del ricorso incidentale dell' Assessorato 
ai LL.PP. della Regione Siciliana, perch� con esso si solleva 
una questione di difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria. 
Si duole il ricorrente incidentale che la Corte d'Appello, dichiarando 
l'inammissibilit� della domanda di risarcimento danni (perch� 
proposta, o, meglio, riproposta dopo averla abbandonata, nella comparsa 
conclusionale) abbia implicitamente riconosciuto la propria competenza. 
E posto che la domanda di retrocessione era gi� stata ritenuta 
improponibile per mancanza del provvedimento di cui all'art. 61 della 
legge di espropriazione 25 giugno 1865, n. 2359, il ricorrente incidentale 
lamenta che non sia stata confermata la declaratoria di difetto di 
giurisdizione, che il Tribunale aveva riferito anche alla domanda di 
ristoro sul riflesso che, come quella di retrocessione, si basava sull' accertamento 
di un diritto su�iettivo, che non era mai sorto. 

Le censure, cos� formulate, sarebbero fondate, se non partissero 
da una errata prospettazione della fattispecie concreta. Effettivamente 

I ' 

la questione di giurisdizione ha�sempre e necessariamente carattere preliminare 
rispetto ad ogni altra questione di rito o di merito, ad eccezione 
di quella riguardante la regolare costituzione del rapporto processuale 
(Cass., Sez. Un., 20 ottobre 1962, n. 305), per cui il giudice, 

I ~ prima di dichiarare improponibile una domanda, deve riconoscere la 
propria giurisdizione; ed ove questa venga contestata deve dire se la 

. 

. 

. 
. 

contestazione abbia oppur no fondamento. Del pari � esatto che il 
negativo accertamento del diritto subiettivo alla retrocessione parziale, 
per mancata emanazione del decreto di cui all'art. 61 legge espropriazione, 
comporta il difetto di giudisdizione anche in ordine alla domand� 
di risarcimento danni causati dalla non operata retrocessione, perch�, 
come gi� � stato ritenuto da questo Supremo Collegio, la posizione 
dell'espropriato, in attesa della dichiarazione d'inservibilit� del bene a 
quella �determinata opera pubblica, non pu� essere configurata oltre i 
termini dell'aspettativa e l'adempimento � disposto da una norma di 
azione, fa cui inosservanza non pu� costituire base per una domanda di 
risarcimento dei danni (Cass., 9 ottobre 1963, n. 2679). Senonch�, la 
Nisi (che con scrittura difensiva 14 marzo 1960 aveva chiesto il risarcimento 
danni " per mancata retrocessione della parte di terreno non 
utilizzata nell'opera prevista n) nell'atto di appello sostenne che la 
domanda di risarcimento danni non era fondata sulla non operata retrocessione, 
bens� nell'illegittimo comportamento della P.A., che, per negligenza, 
imprudenza e imperizia, aveva espropriato 16.000 mq. di terreno 
per l'esecuzione di un'opera, per la quale erano sufficienti 12.000. A 
prescindere se l'azione aquiliana, cos� formulata, era stata veramente 
proposta in primo grado con la comparsa conclusionale, oppure fu 
proposta, per la prima volta, nell'atto di appello, la domanda di 
-risarcimento danni ex art. 2043 e.e. appartiene sicuramente alla com




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 687 

petenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria, trattandosi di materia nella 
quale si fa questione di un diritto soggettivo, ma � stata proposta 
irritualmente o perch� formulata per la prima volta con la comparsa 
conclusionale {art. 190, secondo comma, c.p.c.) o perch� proposta per 
la prima volta in appello (art. 345 c.p.c.). 

Il ricorso incidentale va, pertanto, rigettato. 
La reiezione del ricorso incidentale rende pi� agevole lesame di 
quello principale. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione 
degli artt. 189, mo� e 360, n. 3 e 5, c.ip.c. ed afferma che la difformit� 
tra le generiche conclusioni dell'ultima udienza e quelle riportate 
nella comparsa conclusionale non poteva essere rilevata d'ufficio, in 
quanto costituiva una mera irregolarit�, per di pi� sanata dal comportamento 
processuale del convenuto, che si era occupato della domanda 
di risarcimento. Non era neppure ipotizzabile la rinuncia alla domanda 
di risarcimento, dal momento che l'interesse a richiedere la retrocessione 
era venuto meno a seguito della utilizzazione, da parte dell'Assessorato, 
del relitto chiesto in citazione. 
La censura non ha fondamento. Al giudice di merito incombe il 
compito di interpretare, nella loro esatta portata, le conclusioni e le 
deduzioni delle parti (Cass., 26 giugno 1964, n. 1693) e nulla impedisce 
che il giudice, malgrado un'omissione materiale o una imprecisione 
di terminologia, si convinca che la parte abbia inteso insistere in una 
conclusione apparentemente abbandonata; ma, nel caso di specie, il 
giudice di merito ha, con diffusa motivazione, dimostrato che all'udienza 
di precisazione delle conclusioni (che, ovviamente, � quella in cui le 
conclusioni vengono effettivamente precisate e non quella precedentemente 
f�ssata per tale incombenza, cui segu�, per�, un rinvio) il procuratore 
dell'attrice aveva insistito specif�camente su quelle formulate in. 
citazione, omettendo il richiamo a conclusioni adottate con successivi 
atti del giudizio e da questo comportamento ha tratto il convinci-. 
mento di una rinuncia implicita ad ogni altra richiesta. Trattasi di uh 
apprezzamento incensurabile in questa sede, perch�, come si � accennato, 
la interpretazione del contenuto della domanda e della attivit� 
processuale delle parti costituisce un apprezzamento di merito (Cass., 
15 giugno 1963, n. 1617; 7 dicembre 1962, n. 3299); ma la Corte di 
merito ne ha tratto anche un principio, conforme alla giurisprudenza 
di questo Supremo Collegio. Invero, � la precisazione delle conclusioni, 
prescritte dall'art. 1891 c.p.c., ha lo scopo di f�ssare def�nitivamente la 
volont� delle parti in rapporto all'obietto della: lite; pertanto, mentre 
in caso di generico richiamo alle precedenti difese, il giudice deve tener 
conto di tutte indistintamente le richieste che siano state in precedenza 
formulate, poich� quel generico richiamo lascia presumere� che la parte 
abbia inteso mantenerle ferme, diversamente � a dirsi quando, in quel




698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'udienza, la parte abbia ben specificato~ le proprie dom�nde ed istanze, 
perch�, in questa seconda ipotesi, legittimamente il giudice prende in 
considerazione soltanto le domande espressamente formulate, dovendosi 
ritenere implicitamente rinunciate tutte le altre non riproposte (Cass., 
22 luglio 1964, n. 1956; 15 giugno 1964, n. 1522; 20 agosto 1962, n. 2603; 
18 aprile 1962, n. 766). 

Con il secondo e terzo motivo, che si esaminano congiuntamente, 
perch� contengono, in sostanza, un'unica censura, la ricorrente denuncia 
la violazione degli artt. 189, 324, 329, 342 e 360, n. 5, c.p.c. e assume 
che la pronuncia di inammissibilit� emanata dalla Corte di merito 
costituisce una reforrnatio in peius rispetto alla declaratoria di difetto 
di giurisdizione e che l'esame della questione sulla ammissimilit� era 
invece preclusa dal giudicato formatosi in tale capo per mancata impugnazione 
del convenuto. 

La censura, cosl formulata, muove da un evidente equivoco ed � 
persino dubbio che la ricorrente abbia interesse a proporla. Il Tribunale, 
poich� in primo grado la domanda di danni era stata avanzata �per 
mancata retrocessione della parte di terreno non utilizzata nell'opera: 
prevista �, di�hiar� il difetto di giurisdizione dell'a.g.o., sia in ordine a 
quella di retrocessione che a quella di risarcimento danni, negando quindi 
l'esistenza di un diritto soggettivo a favore della Nisi. La Corte d'Ap" 
pello ha accolto parzialmente il gravame della Nisi e, in luogo di una 
pronuncia negativa sulla giurisdizione, ha dichiarato irritualmente proposta 
la domanda della Nisi, facendo, a favore di questa, espressa salvezza 
dell'azione aquiliana, da proporsi nelle forme e nei modi prescritti 
dal codice di rito. In tale situazione pu� dirsi, senza necessit� 
di far ricorso a formule valide per il processo penale, che il giudice 
d'appello si mantien� nei limiti dei suoi poteri, quando porta il suo 
esame sui punti della sentenza che hanno costituito oggetto di censura 
esplicita o implicita o siano con quelli impugnati necessariamente connessi. 
La Corte di Palermo, investita del riesame della domanda di 
risarcimento dei danni, in ordine alla quale era stato dichiarato il difetto 
di giurisdizione, ha rilevato che tale domanda, dapprima abbandonata, 
era stata poi riproposta con comparsa conclusionale, e ne ha pronunciato 
l'irritualit�, com'era nei suoi poteri, perch� il giudice non pu� 
prendere in esame, senza violare il �principio del contraddittorio fra le 
parti, conclusioni contenute-in comparsa conclusionale che siano difformi 
da quelle formulate dinanzi all'istruttore all'udienza di rimessione al 
Collegio. Quando poi il giudice di merito, nel rilevare tale irritualit�, 
non danneggia, ma, al contrario, reca vantaggio ad una parte, non pu� 
questa dolersi con una impugnazione .e, in particolare, con ricorso per 
Cassazione, perch� l'esercizio del diritto di impugnazione deriva dalla 
esistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile, il quale � dato 
dal concreto pregiudizio che, da una pronuncia, possa derivare alla parte. 



PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 

699 

Con c10 perde ogni interesse lesame della censura relativa ad un 
:preteso giudicato, comunque insussistente, dato che la pronuncia di 
primo grado era stata impugnata dalla Nisi e che l'Assessorato, pienamente 
vittorioso, non aveva lonere di proporre impugnazione incidentale, 
essendo sufficiente lespresso richiamo delle eccezioni e delle dedu:
zioni da esso avanzate in prime cure. -(Omissis). 

�CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1965, n. 1497 -Pres. Vistoso 
-Est. Giannattasio -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Agricoltura e 
Foreste e Sezione speciale per la riforma fondiaria presso l'O.N.C. 
(avv. Stato Savarese) c. Cosimini (avv.ti Doria, Turco). 

:Procedimento civile -Questione di legittimit� costituzionale Ordinanza 
del giudice �a quo � di trasmissione degli atti 
alla Corte Costituzionale -Natura ed effetti. 

(I. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23, 24). 
Appello -Estinzione del procedimento -Provvedimenti modificativi 
della sentenza impugnata che ne impediscono il 
passaggio in giudicato -Nozione. 
(c.p.c., art. 338). 

<Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit� costituzionale 
-Pronunce della Corte -Natura ed effetti nel processo 
principale -Efficacia nel processo d'appello -Modificazione 
degli effetti della sentenza impugnata che la stessa questione 
abbia diversamente deciso � incidenter tantum � sotto il 
vigore della VII disp. trans. della Costituzione -Sussiste. 
(Cost., art. 134; I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. l; I. 11 marzo 1953, n. 87, 

artt. 23, comma secondo, 29; c.p.c., art. 338). 

Il provvedimento con cui il giudice, ritenendo rilevante e non 
-manifestamente infondata una question~ di legittimit� costituzionale 
di una disposizione di legge o di un atto avente forza di legge, dispone 
!immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospen,,
dendo il giudizio in corso, anche se erroneamente adottato sotto forma 
di sentenza, ha natura di ordinanza, poich� non definisce il giudizio, 
-n� una questione del giudizio e non attribuisce o nega ad alcuna delle 
parti un bene della vita, ma solo determina una situazione processuale, 
che non � fine a se stessa, ma � strumentale rispetto alla decisione 

della causa (1). . 

(1) Cfr. Cass., 6 febbraio 1959, n. 374, Foro it., 1959, I, 352; 12 giugno 1958, 
.:n. 1956, Giust. civ., Mass. Cass., 1958, 702; ma si vedano, comunque, Corte Cost., 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

700 

Allorquando l'art. 338 c.p.c. statuisce che l'estinzione del procedimento 
i[appello {o di revocazione, nei casi previsti dai numeri 4 e 5 
dell'art. 395) fa passare in giudicato la sentenza impugnata�� salvo che 
ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel 
procedimento estinto >1, esso esige provvedimenti modificativi, che non 
abbiano contenuto meramente ordinatorio, come l'ordinanza di cui 
all'art. 23 della legge n. 87 del 1953, ma incidano sulla sentenza di 
primo grado, operando una sostituzione parziale della pronuncia, ossia 
modificandola su qualche capo autonomo della lite (2). 


La pronuncia della Corte Costituzionale opera nel giudizio a quo 
come una pronuncia giurisdizionale e vincola il giudice principale con 
l'efficacia di un giudicato. Essa viene a costituire parte integrante del 
processo principale, � dentro di esso e, per la forza vincolante che le 
� impressa dalla legge, qualora intervenga nel corso del giudizio di 

I 

9 aprile 1963, n. 40, Giur. cost., 1963, 146 e segg. e 20 dicembre 1962, n. 109, 
id., 1962, 1464 e segg. 

I 

(2) In tema si veda Cass., 8 aprile 1952, n. 946, Giur. it., 1953, I, 1, 61 e segg.,. 
segnatamente, 63, in motivazione, con nota sfavorevole del GrumcEANDREA; si veda . 
..
I

anche in questa Rassegna, 1964, I, 520, nota 2. # 

(3) La sentenza cassata leggesi in questa Rassegna, 1964, I, 519 e segg., con nota 
I. 
critica del CARUSI. In senso conforme alla sentenza ora in rassegna v. Cass., Sez. Un., ,

.

22 gennaio 1958, n. 147, Giust. civ., 1958, I, 1093 e segg., con nota di riferimenti; 

I,

18 aprile 1962, n. 770, id., 1962, III, 251 e segg., in part. 253; Cass., 9 ottobre 1963, . 

n. 2683, in questa Rassegna, 1964, I, 84 (in part. 93: �la pronuncia opera nel giudizie> 
a quo come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il giudice con l'efficacia 
di un giudicato: questo effetto si produce sia per le pronunce di accoglimento, . 
sia per quelle di rigetto �). Y. 
,~ 

(1-3) Il giudizio incidentale di legittimit� costituzionale. 

II=~~ 

Con la perspicua sentenza in rassegna pu� dirsi ormai consolidata, sul tema, 
la giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, che, prendendo le mosse dai 
concetti svolti nella nota ordinanza 23 giugno 1956 delle Sezioni Unite (Giust. civ., 
1956, CXXI) e condividendo l'orientamento esegetico di autorevole dottrina, specie 
processualistica, ha riconosciuto la stretta interdipendenza funzionale, corrente, de 
jure condito, fra processo costituzionale e processo incidentato ed ha affermato che il 
dato funzionale, costante e necessario della pronunzia della Corte sulle questioni di 

I 

legittimit� costituzionale, sollevate � nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorit� 

giurisdizionale � (art. 23 1. 11 marzo 1953, n. 87), � quello di operare nel giudizio 

a quo " come una decisione giurisdizionale �, ossia vincolando il giudice e le parti 

" con l'efficacia di un giudicato �. 

In tal modo, sembrano definitivamente dissipati quei dubbi e quegli equivoci 

interpretativi di qualche giudice di merito, che, anche alimentati da suggestive, 

quanto aprioristiche dottrine, scarsamente aderenti ai dati del diritto positivo, non 

hanno mancato di dar vita, come dimostra il caso di specie, ad appassionanti dibat


titi giudiziari. Vero � che in sede dottrinale una nuova, qualificata opinione � stata di 

recente formulata, a contestare la funzione giurisdizionale della Corte. Si � affermato, 

<'OS�, che la pronuncia di rigetto della medesima " come tale, nessun effetto dirette> 

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PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILE 701 

appello, modifica sostanzialmente gli effetti della sentenza impugnata, 
che la stessa questione abbia diversamente decisa incidenter tantum 
in virt� dei poteri temporaneamente riconosciuti al giudice ordinario� 
dalla VII disp. trans. della Costituzione (pi� specificamente, ove la 
sentenza della Corte Costituzionale sostituisca alla dichiarazione di 
illegittimit� costituzionale di un decreto presidenziale di approvazione 
del piano particolareggiato di espropriazione fondiaria � per violazione 
dei limiti della delegazione concessa in materia dal potere legislativo � 
la dichiarazione, diametralmente opposta, che il detto decreto non � 
viziato da eccesso di potere legislativo ai sensi delfart. 76 della Costituzione, 
essa, intervenendo nel processo d'appello, modifica sostanzialmente 
la sentenza impugnata, che conteneva la prima della due declaratorie, 
impedendone �il passaggio in cosa giudicata ai sensi e per gli 
effetti delfart. 338 c.p.c.) (3). 

produce nel giudizio dinnanzi al giudice a quo, fra le parti e nemmeno nei confronti 
del giudice, il quale semplicemente dovr�, come per l'innanzi, continuare ad applicare 
le leggi in vigore � (BALLADORE-PALLmru, Effetti e natura delle sentenze �della 
Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1965, 163). Secondo questa tesi, la Corte Costituzionale 
non avrebbe ricevuto dalla legge alcun potere di decidere, ma solo di 
accertare la illegittimit� costituzionale di una data norma, dal che conseguirebbero 
determinati effetti ipso iure. Non si avrebbe, per�, l'emanazione di un parere, ma 
" di un vero e proprio atto di accertamento, produttivo degli effetti propri di tali 
atti e ben diversi sia da quelli del parere sia da quelli della decisione del giudice ,, 
(Aut., op. cit., 167). Tutto l'istituto farebbe perno, pertanto, sull'art. 136 Cost., a 
mente del quale non la sola efficacia, ma la stessa validit� della legge verrebbe 
meno dopo la pubblicazione della sentenza dichiarativa dell'illegittimit� costituzionale, 
con la conseguente, necessaria reviviscenza delle norme rimaste abrogate 
dalla legge ora dichiarata incostituzionale (Aut., op., Zoe. cit.). Gi� la singolarit� di 
questo risultato vale a rendere scettici sulla accettabilit� delle premesse. Quando, 
poi, quella tesi afferma che presupposto dell'art. 136 Cost. � l'accertamento della 
stessa invalidit� della legge e precisa essere cc inconcepibile un atto il quale sia 
illegittimo, la cui illegittimit� sia stata accertata nel modo dovuto e il quale continui 
ad essere valido � (Aut., op. cit., 167), deve replicarsi che proprio il non equivoco 
dettato dall'art. 136 Cost. dimostra che il sindacato della Corte pu� sfociare non 
solo dentro, ma anche fuori del processo incidentato, in una mera declaratoria di 
illegittimit� di norme e non di atti. 

Secondo il sistema, il valore di tale declaratoria, come decisione della questione 
di costituzionalit� in funzione del processo a quo, � quello di una pronuncia circa 
l'inapplicabilit� della norma incostituzionale ritenuta rilevante per la decisione del 
caso concreto. Tale declaratoria costituir�, poi, il dato fondamentale perch�, ope 
constitutionis, si verifichi l'inefficacia della norma medesima erga omnes. Come si 
vede, il legislatore costituzionale si � ben guardato dal creare addirittura una giurisdizione 
di annullamento degli atti del Parlamento come tali e sarebbe arbitrario 
argomentare dalla illegittimit� e dalla inefficacia delle norme la invalidit� degli 
stessi atti legislativi (pi� diffusamente, sul punto, v. nostro scritto: Gli effetti delle 
pronunzie della Corte Costituzionale ecc., in La Corte Costituzionale (Raccolta 
di studi), Supplemento di questa Rassegna, 1957, 228 e segg.). 



702 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Ragioni di ordine logico impongono di esaminare, 
con precedenza, i motivi terzo e quarto del ricorso del Ministero del1'
Agricoltura e Foreste e della Sezione specia1e riforma fondiaria del-
1'0.N.C. in Campania. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano 
violazione dell'art. 11. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, dell'art. 23 1. 11 marzo 
1953 n. 87, in relazione alla VII disp. trans. della Costituzione, e falsa 
applicazione dell'art. 310 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 1 e 3, c.p.c. 
Si assume, con tale censura, che l'ordinanza di rinvio alla Corte Costituzionale, 
emessa dal giudice d'appello, significando il difetto, nel 
giudice ordinario, del potere di risolvere la questione di legittimit� 
costituzionale, ha, ~ostanzialmente, contenuto di una sentenza, che pone 
nel nulla la sentenza di primo grado per la parte in cui ha pronunciato 
sulla relativa questione; ch�, se cosl non fosse, potrebbe verificarsi 
contraddittoriet� di giudicati tra la sentenza del primo giudice e quella 
della Corte Costituzionale. Con il quarto motivo, denunciando violazione 
dell'art. 338 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, dello stesso codice, 
i ricorrenti sostengono che l'ordin~nza di rimessione alla Corte Costituzionale 
potrebbe configurarsi �ome una sentenza in bianco, destinata 
ad essere riempita con la pronuncia costituzionale, per cui, considerato 


'

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Ifil 

Peraltro, anche a spostare il problema sul piano della teoria degli atti giuridici, 
resta acconcio avvertire che l'invalidit� corrisponde pur sempre ad una specifica 
figura furis, ossia ricorre. solo in quanto disposta dalla legge, mentre essa non � 
neppure la sola conseguenza della disformit� dal diritto � potendosi avere sanzioni 
diverse, o addirittura la semplice inefficacia � (cos�, nella moderna dottrina civilistica 
del negozio giuridico, ScOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuri


I

dico, Napoli, 1950, 401). 
Sembra, pertanto, che la riferita opinione dottrinale ometta di cogliere anche 

I 

la portata fondamentale degli artt. 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 l. 11 marzo '"-=:; 
1953, n. 87. Non v'ha dubbio, in linea di principio, che scartare l'applicazione 
della legge incostituzionale rientri nella missione naturale del giudice (DuEz, Le 
controle furidictionnel de la constitutionnalit� des lois ecc., in � M�langes M. 
HAURIOU �, Paris, 1929, 223) e neppure � dubbio che, con riferimento a tale 
principio, fu formulato il secondo comma della VII disp. trans. della Costituzione. 
Orbene -ed � stato gi� notato -se giurisdizionale era l'attivit� del giudice 
ordinario, svolta a mente della cennata norma, non si vede come e perch� non lo 
dovrebbe pi� essere qu.ella svolta, al suo posto, dalla Corte, la quale, non si sa 
perch�, pur rispetto alla controversia concreta, dovrebbe emettere un atto di accertamento, 
che si assume ben diverso, funzionalmente, dalla decisione del giudice. 

Senonch�, si ripete, � proprio il dato di diritto positivo a contraddire a siffatta 
opinione: a mente della VII disp. trans. Cost., dell'art. 1 l. cost. 9 febbraio 1948, 

n. 1 e dell'art. 23 l. 11 marzo 1953, n. 87, la Corte Costituzionale, prima di accertare 
con efficacia erga omnes e al di fuori del processo incidentato la eventuale 
incostituzionalit� di una data norma, �decide� una questione del giudizio a quo 
(applicabilit� o inapplicabilit� di quella norma ritenuta rilevante per la decisione di 
un caso concreto), ossia esercita, precisamente, una funzione giurisdizionale. Proprio 
per questo si spiega perch� -a prescindere dalla costituzione o meno innanzi 

PARTE I, SEZ. ID, GIUIUSPRUDENZA CIVILE 

703 

anche che competente ad emetterla � il magistrato giudicante e che 
natura decisoria ha quella che ritiene manifestamente infondata la 
, questione e che detta natura non pu� modificarsi secundum eventum, 
essa va in ogni caso qualificata come provvedimento decisorio, che 
modifica quel giudizio di legittimit� costituzionale emesso incidentalmente 
dal giudice di primo grado e d� luogo all'ipotesi dell'art. 338 


del codice di procedura civile. 

Questo Supremo Collegio non ritiene fondate tali censure. Supe


rato, dalla sentenza 19 giugno 1959 della Corte d'Appello di Napoli, 

non impugnata, il problema dell'applicabilit� alla sospensione del giu


dizio civile, ordinata a norma dell'art. 23 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, 

delle disposizioni del codice di rito civile, che regolano la sospensione 

del processo (art. 295 e segg.) ed in p�rticolare quelle, che comminano 

f estinzione del processo {art. 297, in relazione all'art. 307, comma terzo) 

nel caso di mancata riassunzione entro il termine di sei mesi dalla 

cessazione della causa di sospensione -e ci� in armonia a quanto 

ritenuto dalla Corte di Cassazione (Cass., 2 ottobre 1959, n. 2634) 


non sembra possa dubitarsi che rordinanza con la quale il giudice 

d'appello, in applicazione del ricordato art. 23 della legge n. 87 del 

alla Corte delle parti del giudizio principale ( � ci� che � indispensabile in ogni proce" 
dimento a carattere contenzioso � soltanto che i soggetti che l'ordinamento considera 
legittimi contraddittori siano messi in grado, mediante la comunicazione dell'inizio 
del procedimento, di conoscere che della questione sia stata investita l'autorit� � : 
SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce d~lla Corte Costituzionale ecc., 
Riv. trim. dir. pubbl., 1959, 28, nota)_:_ la Corte medesima debba sempre giudicare 
nei limiti della questione sollevata dal giudice a quo, nonch� sugli atti del processo 
principale (cfr., su tale punto, il nostro scritto: Decisioni di rigetto della Corte 
Costituzionale ed estinzione del processo d'appello incidentato, in questa Rassegna, 
1963, 168 e 171 sub nota 46). Che si tratti, poi, di una decisione di accoglimento 

o di rigetto resta. indifferente ai fini della sua efficacia. (giurisdizionale) inter partes, 
nel processo e pan-processuale. Questa efficacia �, n� pi�, n� meno, quella di 
qualunque decisione giurisdizionale su una questione di diritto, pregiudiziale alla 
pronunzia di merito {art. 393 c.p.c.; cfr. nostro scritto ult. cit., 168, nonch� l'altro 
nostro scritto: Gli effetti delle pronunzie della Corte Costituzionale ecc., cit., 239 
e segg.). Tutto ci� spiega meglio lo stesso concreto funzionamento del peculiare e 
solo eventuale effetto erga omnes, connesso dalla Costituzione (art. 136), come � 
stato notato, non gi� alla pronuncia in s� della Corte, ma ad una pi� complessa fattispecie, 
costituita anche dalla pubblicazione della sua decisione e dalla vacatio 
prevista dal primo comma dell'art. 136 Cost. (SANDULLI, op. cit., 43; su tutto l'argomento 
si vedano anche i nostri scritti in questa Rassegna, 1964, I, 87 e segg. e 
521 e segg.). 
Appare, pertanto, confermata l'esattezza dell'insegnamento dell'annotata sentenza 
e resta auspicabile che esso, nella sua autorevole chiarezza, rappresenti un 
contributo decisivo all'esatta comprensione dell'istituto. 

F. CARUSI 

704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1953, sospende il processo civile, rimettendo alla Corte Costituzionale 
la decisione di una questione di legittimit� costituzionale, non possa 
considerarsi provvedimento idoneo a modificare, ai sensi dell'art. 338 
c.p.c., gli effetti della sentenza impugnata, che la stessa questione abbia 
deciso incidenter tantum, in virt� dei poteri temporaneamente riconosciuti 
agli organi della giurisdi;::ione ordinaria dalla VII disposizione 
transitoria della Costituzione, prima dell'entrata in funzione della Corte 
Costituzionale. 

Innanzi tutto, almeno formalmente, il provvedimento previsto dall'art. 
23 � un'ordinanza, anche se erroneamente adottato sotto la forma 
della sentenza (Cass., 6 febbraio 1959, n. 374), in quanto non ha alcuno 
degli effetti propri della sentenza a norma dell'art. 279 c.p.c. Esso, 
infatti, non definisce il giudizio, n� una questione del giudizio, non 
attribuisce n� nega ad alcuna delle parti un bene della vita, ma solo 
determina una situazione processuale, che non � fine a se stessa, ma 

I

� strumentale rispetto alla decisione della causa. 

La legge, poi, non a caso dispone che il provvedimento di cui si 
discute sia adottato con la forma dell'ordinanza, perch� il giudice, 
davanti al quale � proposta la questione di legittimit� costituzionale 

I

di una legge o che tale questione sollevi d'ufficio, esercita, in relazione 
alla stessa, soltanto un potere ordinatorio, diretto a disporre o meno ' 
la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, che � competente 
a decidere sulla questione avente carattere preliminare e quindi risolve ..


I

un incidente relativo al processo, di cui ordina, a secondo dei casi, la� . 
prosecuzione o la sospensione (Cass., 12 giugno 1958, n. 1956). Il prov, 
vedimento del giudice non � mai suscettibile di passaggio in cosa 

Igiudicata formale, quando dispone soltanto sul processo, ordinandone ' 
la sospensione; ma non assume natura decisoria neppure quando m 
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
perch� esso non vincola i futuri giudici dello stesso processo, 
davanti ai quali, per espressa disposizione di legge (art. 24, comma 

I 

secondo, legge n. 87 del 1953), leccezione pu� essere riproposta. 

La verit� � che, allorquando l'art. 338 c.p.c. stabilisce che l'estinzione 
del procedimento di appello (o di revocazione nei casi previsti 
dai numeri 4 e 5 dell'art. 39'5) fa passare in giudicato la sentenza 
impugnata " salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti 
pronunciati nel procedimento estinto�, esige provvedimenti 
modificativi che non abbiano un contenuto meramente ordinatorio, 
ma che incidano sulla sentenza di primo grado, operando una sostituzione 
parziale della pronuncia, modificando, cio�, questa su qualche 
capo autonomo della lite, e tale non � certo l'ordinanza di cui all'art. 23 
della legge n. 87 del 1953, che non � idonea ad acquistare lautorit� e 
lefficacia della sentenza e che non importa la modificazione degli effetti 
della precedente sentenza, ma ne sospende soltanto lefficacia. 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 70.5 

Assai pi� delicato � il problema sollevato con il primo e con il 
secondo motivo del ricorso. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano 
violazione e falsa applicazione dell'art. 338, in relazione agli articoli 
295-310 e 324 c.p.c., violazione dell'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, 
falsa applicazione degli artt. 23, 29 e 30 1. 11 marzo 1953, n. 87, in 
relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Si afferma che la natura del 
processo costituzionale, la portata della relativa decisione ed il rapporto 
con il processo principale sono diversi a seconda che la questione 
di costituzionalit� riguardi un atto-norma o un atto-provvedimento. 
Nel primo caso, l'episodio di costituzionalit� ha le caratteristiche della 
incidentalit� e delle pregiudizialit� ed ha un oggetto proprio, la cui 
rilevanza si svincola dall'esigenza del processo principale e, in caso di 
accoglimento, d� luogo ad una pronuncia valida veramente erga omnes. 
Nel secondo caso, l'oggetto del giudizio di costituzionalit� coincide con 
quello del giudizio principale {che tende proprio a far dichiarare illegitti.
ma la situazione che trova il suo titolo in quel provvedimento), per 
cui la giurisdizione della Corte Costituzionale � pi� propriamente di 
annullamento anzich� di abrogazione, e di diritto subiettivo anzich� 
di diritto obiettivo, e quindi la efficacia erga omnes non � dissimile 
da quella di una pronuncia di annullamento emessa dal Consiglio di 
Stato. 

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa 
applicazione dell'art. 338, in relazione agli artt. 295-310 e 324 c.p.c., 
violazione �dell'art. 1 1. cast. 9 febbraio 1948 n. 1, falsa applicazione 
dell'art. 136 della Costituzione e 30, ultimo comma, 1. 11 marzo 1953, 

n. 87, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., ed assumono che, ove 
sia impugnato un atto-provvedimento, il giudizio costituzionale si ordina 
nell'ambito di un solo rapporto giuridico processuale, di cui costituisce 
una fase, con la conseguenza che, estintosi il processo, il punto di diritto 
affermato in sede costituzionale resta fisso ed immutabile; pertanto la 
pronuncia emessa dalla Corte Costituzionale -si afferma -va considerata 
come emessa nel corso del processo, ai fini dell'art. 310 c.p.c. 
e comunque dovrebbe in ogni caso fare stato sul punto di diritto deciso, 
ricorrendo l'identica ratio dell'art. 393 c.p.c. 
Si tratta di stabilire quale sia l'efficacia della sentenza della Corte 
Costituzionale, che dichiara infondata la questione di costituzionalit� 
di un decreto presidenziale di approvazione di un piano particolareggiato 
di espropriazione fondiaria, rispetto alla opposta decisione, pronunciata 
fra le stesse parti dal giudice di primo grado, quando aveva 
vigore il regime provvisorio di cui alla VII disp. trans. della Costituzione, 
nell'eventualit� di mancata o di intempestiva riassunzione del 
giudizio d'appello dopo la fase costituzionale. Pi� precisamente, occorre 
stabilire se la sentenza della Corte Costituzionale rientri tra i provvedimenti 
che sopravvivono all'estinzione del processo (art. 310 c.p.c.) e 



706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che modificano la sentenza di primo grado, ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 338 c.p.c. 

La tesi accolta dalla Corte di merito poggia essenzialmente sul!'
affermata autonomia del processo costituzionale rispetto a quello principale, 
anche se quest'ultimo ne � l'occasione, ma, pur senza ripudiare, 
in linea di principio, la dedotta autonomia, quella tesi � contrastata 
non soltanto dalla quasi unanime dottrina, che ha esaminato ex professo 
il problema, ma anche da autorevolissima giurisprudenza. Gi� la Corte 
Costituzionale, con la sentenza 11 luglio 1961 n. 54, intese affermare 
il principio che le pronunce di rigetto della Corte esplicano un effetto 
preclusivo nei confronti del processo principale, sia pure soltanto 
inter partes e limitatamente alle questioni decise, ma il problema della 
natura e dell'efficacia della sentenza della Corte Costituzionale, che 
dichiara infondata la questione di legittimit� costituzionale, doveva 
essere affrontato e risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 
le quali, con la sentenza 18 aprile 1962 n. 770, affermavano che, 
sebbene le decisioni che dichiarano infondate le eccezioni di illegittimit� 
costituzionale emesse dalla Corte Costituzionale non facciano 
stato erga omnes {come invece fanno quelle che le dichiarano fondate), 
tuttavia si deve ritenere che, limitatamente alla causa principale, in 
occasione della quale sono emesse, queste precludono il riesame della 
questione al giudice che ne rimise la cognizione alla Corte Costituzionale. 
Si tratta infatti -ritenevano le Sezioni Unite -di pronunce 
emesse, normalmente, con sentenza, dall'unico giudice competente un
�a� volta che di esse fu ritenuta la non manifesta infondatezza -e 
non sembra si possa ad esse disconoscere l'effetto che avrebbe una 
sentenza �messa dallo stesso giudice che ha rimesso la questione, se 
avesse avuto il potere di pronunciarla, nello stesso processo. Se egli 
avesse potuto risolverla in via meramente incidentale, una volta decisa 
la questione, non avrebbe certo potuto riesaminarla nella stessa causa. 
La conseguenza di questo stato di cose -concludevano le Sezioni 
Unite -� che la decisione della Corte Costituzionale, che dichiara 
l'infondatezza delle eccezioni, si deve ritenere emessa dal giudice a quo 
del processo, e deve avere la stessa portata di una sua decisione incidentale 
sulla questione. 

Ad analoghi concetti si era gi� ispirata una precedente sentenza 
delle Sezioni Unite {Cass., 22 gennaio 1958, n. 147); agli stessi si � 
richiamata una pi� recente sentenza di questo Supremo Collegio (Cass., 
9 ottobre 1963, n. 2683). 

Se, dunque, la pronuncia della Corte Costituzionale opera nel giudizio 
a quo come una pronuncia giurisdizionale e vincola il giudice 
principale con lefficacia di un giudicato, detta pronuncia viene a costituire 
parte integrante del processo principale, � dentro di esso, e, per 
la forza vincolante che ad essa � impressa dalla legge, qualora inter




PARTE I, SEZ, m, GIURISPRUDENZA C1VILE 707 

venga nel corso del giudizio d'appello, modifica sostanzialmente gli ' 
effetti della sentenza impugnata, che la stessa questione abbia diversamente 
deciso incidenter tantum, in virt� dei poteri temporaneamente 
riconosciuti al giudice ordinario dalla VII disp. trans. della Costituzione. 
Pi� specificamente, ove la sentenza della Corte Costituzionale 
sostituisca alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale di un decreto 
presidenziale di approvazione del piano particolareggiato di espropriazione 
fondiaria � per violazione dei limiti della delega concessa in 
materia dal potere legislativo � la dichiarazione, diametralmente opposta, 
che il detto decreto presidenziale non ha violato gli artt. 4 e 20 
della legge di delegazione 21 ottobre 1950 n. 841, n� l'art. 8 della legge 
18 maggio 1951, n. 333 e non � viziato da eccesso di potere legislativo, 
ai sensi dell'art. 76 della Costituzione, detta sentenza, che sia intervenuta 
nel processo d'appello, modifica sostanzialmente la sentenza 
impugnata, che conteneva la prima delle due dichiarazioni e ne impedisce 
il passaggio in cosa giudicata, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 
338 c.p.c. 

La denunciata sentenza va, pertanto, cassata e la c�usa va rinviata, 
per nuovo esame, ad altra Corte d'Appello, che dovr� uniformarsi 
al criterio di diritto, or ora enunciato. -{Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1546 -Pres. 
Favara -Est. Mirabelli -P.M. Pedote (parz. diff.) -Consorzio 
Idraulico del Panaro {avv. Dallari) c. Ministeri Lavori Pubblici e 
Tesoro (avv. Stato Del Greco). 

Opere pubbliche -Opere idrauliche di terza categoria -Obbligo 
di contributo a carico dei consorzi degli interessati nella relativa 
spesa sostenuta dallo Stato anche per le opere eseguite 
anteriormente alla costituzione dei Consorzi -Sussiste. 

(t.u. 25 luglio 1904, n. 523, artt. 8, 18, 33 e 45; d.l. 28 febbraio 1935; 
n. 248, art. 3). . 
Prescrizione -Prescrizione breve dei crediti per interessi ed altre 
prestazioni periodiche -Fondamento -Inapplicabilit� riguardo 
a debito unico a pagamento rateizzato -Inapplicabilit� riguardo 
ai contributi per opere idrauliche di terza categoria. 

(e.e. art. 2948, nn. 1-4). 
Opere pubbliche -Opere idrauliche di seconda e terza categoria Contributi 
-Liquidazione -Prescrizione esttntiva decennale Decorrenza. 


(r.d. 19 novembre 1921, n. 1688, art. 3; d.l. 28 febbraio 1935, n. 248, 
art. 3; e.e.; art. 2946). 

708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Il contributo per opere idrauliche di terza categoria deve essere 
versato allo Stato dai Consorzi idraulici anch� per le opere eseguite 
anteriormente alla costituzione dei consorzi stessi, qualora lo Stato I. 
' 
' 
non abbia esercitato la facolt� di esazione diretta dai singoli proprietari 
interessati (1). 
Criterio informatore delrart. 2.948, nn. 1-4, e.e. � quello di liberare 
il debitore dalle prestazioni scadute, non richieste tempestivamente dal 
creditore, quando si tratti di prestazioni periodiche, in relazione ad una 
causa debendi continuativa e, pertanto, rimane esclusa dal( ambito di 
tale previsione fipotesi di un debito unico, rateizzato in pi� versamenti 
periodici, e quella dei relativi interessi inclusi nei singoli versamenti, 
giacch� identica � la causa debendi sia della prestazione principale 
che della prestazione accessoria. Rimane di conseguenza inapplicabile 
la prescrizione di cui al n. 4 delr art. 2948 e.e. al credito per contributi 
per opere idrauliche di terza categoria, bench� trattisi di debito dovuto 
in pi� annualit� (2). 
I contributi per le opere idrauliche di seconda e terza categoria 
sono liquidati ogni biennio dall'Ingegnere Capo del Genio Civile e 
vengono ammortizzati in rate annuali, dai Consorzi o dai proprietari 
interessati, nel trentennio successivo alla liquidazione, epper� la prescrizione 
estintiva decennale del diritto dello Stato di percepirli decorre 
dalla data in cui il credito diviene esigibile e va liquidato e cio� dalla 
scadenza del biennio nel quale furono compiute le opere cui i contributi 
si riferiscono, di guisa che non possono essere richiesti, n� iscritti a ruolo 
per il successivo trentennio, contributi relativi ad opere eseguite nei 
bienni scaduti precedentemente al decennio dalla data delrintimazione 
{3). 
{Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione 
degli artt. 8, 18, 33, 45 e 46 del t.u. sulle opere idrauliche 25 luglio 
1904, n. 523, modificato con la legge 13 luglio 1911, n. 774, e con il 
r.d. 1.9 dicembre 1921, n. 1688, e del d.l. 28 febbraio 1935, n. 248, in 
(1) Sulla natura di onere reale dei contributi di cui trattasi, gravanti, quindi, 
sui titolari dei diritti di propriet� del fondo al momento dell'esazione, senza diritto 
a rivalsa verso coloro che erano proprietari al momento del compimento delle 
opere, v. anche Cass., 9 agosto 1943, n. 2133, Foro it., Mass., 1943, 522, sub 10 
(relativa ai contributi di bonifica). 
(2) Sulla prima parte della massima cfr. Cass., 16 maggio 1962, n. 1105, 
Foro it., 1962, I, 2099, sub 3, nonch� Sez. Un., 1� giugno 1964, n. 1356, in questa 
Rassegna, 1964, I, 721, sub 2. 
(3) La sentenza in rassegna esclude che l'esigibilit� del credito di cui trattasi =~ 
abbia inizio dalla liquidazione, " giacch�, qualora si opinasse in questo senso, si I:: 
lascerebbe alla assoluta discrezionalit� del creditore la determinazione del momento :: 
iniziale del periodo di prescrizione, per un debito di cui si � gi� verificato il fatto ; 

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PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 709 

relazione all'art. 180 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, il Consorzio ricorrente 
sostiene che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe affermato 
che i Consorzi idraulici sono tenuti al pagamento dei contributi 
anche per opere idrauliche eseguite anteriormente alla costituzione dei 
�consorzi stessi, mentre nel sistema legislativo � prevista la riscossione 
diretta dai proprietari interessati ed i consorzi non sono abilitati a 
riscuotere dai consorziati contributi anteriori ad un biennio. 

La censura � infondata. 

Esattamente, infatti, la sentenza impugnata ha rilevato che dalla 
retta interpretazione dello stesso art. 33 del t.u. sulle opere idrauliche, 
invocato dal ricorrente, risulta, in modo indubbio, che soggetti passivi 
dell'obbligo di versamento dei contributi nei confronti dello Stato sono 
i consorzi idraulici e che soltanto allo scopo di assicurare una sollecita 
riscossione, nel caso di carenza della costituzione dei consorzi, � attribuito 
alla Pubblica amministrazione il potere di ripartire tra i singoli 
proprietari interessati il contributo liquidato in riferimento . alla massa 
e richiederne direttamente il versamento. 

�Esattamente, anche, la sentenza impugnata ha rilevato che, poich� 
a sensi dell'art. 46 dello stesso t.u. i contributi hanno carattere di oneri 
reali e quindi, come questa Corte ha gi� chiarito da tempo (Cass., 9 agosto 
1943, n. 2133), gravano sui soggetti che sono titolari del diritto di 
propriet� al momento dell'esazione, senza diritto di rivalsa verso coloro 
che erano proprietari al momento del compimento delle opere, l'assoggettamento 
dei consorzi al pagamento di contributi, relativi ad opere 
eseguite anteriormente alla costituzione dei consorzi stessi, non altera 
l'incidenza dell'onere contributivo nei confronti dei soggetti destinatari 
della soggezione. 

Infine, del pari esattamente, la Corte del merito ha rilevato che, 
qualora anche dovesse essere ritenuta esatta la tesi, sostenuta dal Consorzio, 
secondo cui lo stesso non avrebbe la facolt� di pretendere il 
versamento delle quote di contributo dai consorziati, nelle forme particolari 
previste dal medesimo art. 46, qualora i contributi si riferiscano 
ad obblighi sorti anteriormente ad un biennio, purtuttavia il Consorzio 
deve essere ritenuto pur sempre titolare di un diritto di rivalsa nei con


che lo genera �, ossia � l'esecuzione delle opere � � Con tale affermazione, in s� 
considerata, non si � tenuto conto del principio, secondo il quale qualsiasi credito 
() debito dello Stato diventa esigibile nel momento in cui si � concluso il procedimento 
contabile, che per� nella specie deve uniformarsi al particolare limite di 
tempo del biennio. La sentenza avverte, per�, che, se � vero che, in base al principio 
generale, di cui all'art. 2935 e.e., la prescrizione dovrebbe decorrere dalla data di 
compimento delle predette opere, " con la norma speciale, contenuta nel citato art. 3 
�del r.d. 19 novembre 1921, n. 1688, il momento in cui il debito diviene esigibile � 

rinviato alla scadenza di ogni biennio, allo scopo di permettere agli uffici competenti 
di evitare un eccessivo frazionamento delle operazioni contabili ". 



710 RASSEGNA DELL~AVVOCATURA DELLO STATO 

fronti di costoro, e.sercitabile nei modi ordinari, s� che nessun aggravio~ 
in definitiva, deriva al Consorzio in conseguenza dell'assoggettamento. 
a tale contribuzione. 

Deve essere confermato, quindi, che a norma degli artt. 8, 18, 33 e45 
del t.u. 25 luglio 1904, n. 523, e dell'art. 3 del d.l. 28 febbraio 1935, 

n. 248, il contributo per le opere idrauliche di terza categoria deveessere 
versato allo Stato dai Consorzi idraulici anche per le opere .eseguite� 
anteriormente alla costituzione dei consorzi stessi, qualora lo Statcr 
non abbia esercitata la facolt� di esazione diretta dai proprietari interessati, 
prevista dal secondo comma dell'art. 33 del t.u. 
E pertanto poich� tali contributi costituiscono oneri reali, che sonodovuti 
da chi al tempo dell'esazione � titolare della propriet� del fondo 
su cui gravano, senza diritto di rivalsa sui precedenti proprietari, seal 
momento dell'esazione il consorzio idraulico previsto dal t.u. sulle 
opere idrauliche del 1904 sia costituito, � il consorzio stesso tenuto al 
pagamento verso lo Stato. 

Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione del-l'�rt. 
2948, n. 4, cc., in relazione agli artt. 8, 32, 45 e 46 del citato t.u., I 
nonch� dell'art. 3 del d.l. 28 febbraio 1935, n. 248, il consorzio ricor,.. 
rente sostiene che erroneamente la sentenza impugnata ha discono


I

sciuto nei contributi, di cui si discute, il carattere della annualit� ed' 

I ~ 

il conseguente assoggettamento alla prescrizione quinquennale. 
Anche tale censura � infondata. 
La Corte del mer�to ha fatto, invece, esatta applicazione del prin-


r~

cipio, gi� affermato da questa Corte {Cass., 16 maggio 1962, n. 1105)~ ~: 
secondo il quale criterio informatore dell'art. 2948, nn. 1-4, e.e. � quello. 
di liberare il debitore dalle prestazioni scadute, non richieste tempesti ... 
vamente dal creditore, quando le prestazioni siano periodiche, in relazione 
ad una causa debendi continuativa, e pertanto rimane -eselusa 
dall'ambito di tale previsione l'ipotesi in cui si tratti di un debito unico; 
rateizzato in pi� versamenti periodici, e secondo cui, inoltre, quandonei 
versamenti rateizzati siano inclusi gli interessi sulla somma dovuta, 
~nche il debito di interessi si sottrae all'applicazione della prescrizionequinquenn�le, 
giacch� identica � la causa debendi sia della prestazione 
principale che della prestazione degli interessi. 

Deve essere confermato, quindi, che la prescrizione di cui all'articolo 
2948, n. 4, non � applicabile al debito per il pagamento di contributi 
per opere idrauliche di terza categoria, bench� tale debito .sia 
dovuto in pi� annualit�. � 

Con il terzo motivo di ricorso,. per�, il consorzio medesimo, denun-' 
ciando violazione degli artt. 2934 e 2935 e.e., in relazione al citato art. 3 
del cl.I.I. 28 febbraio 1935, n. 248, sostiene che ha errato la �sentenza 
impugnata, quando, pur affermando che il momento in cui sorge il creditodello 
Stato per il pagamento dei contributi per opere idrauliche � quello




PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVlLE 711 

della liquidazione, ha poi applicato la prescrizione alle singole . ann.aw / 

lit� iscritte a ruolo, senza rilevare che tali annualit� si-riferivano per 

la maggior parte a contributi dovuti per opere compiute anteriormente 

al decennio dalla data delringiunzione. 

Questa censura � fondata. 

Secondo la previsione contenuta nell'art. 3 del r.d. 19novembre1921, 

n. 1688, che ha modificato gli artt. 32 e 33 del t.u. del 1904, ed al quale 
fa riferimento il cit. art. 3 del r.d. 28 febbraio 1935, n. 248, infatti, i 
contributi, di cui si tratta, vengono liquidati alla fine di ogni biennio 
. dalringegnere capo del Genio Civile, salvo ad essere iscritti a ruolo 
in rate annuali nel trentennio successivo alla liquidazione. 

Da tale statuizione si deduce che il debito dei contributi sorge 
alla fine di ciascun biennio, per quanto riguarda le opere compiute. nel 
biennio medesimo. 

Ed invero, poich� fatto generatore del debito di contributo � I'ese~ 
cuzione delle opere, ove dovesse farsi applicazione del principio ge:Q~ 
rale sancito dall'art. 2935 e.e., il periodo di prescrizione dovrebbe decorrere 
dalla data del compimento delle singole opere. Ma, con la norma 
speciale contenuta nel citato art. 3 del r.d. 19 novembre 1921, n. l~~, 
il momento in cui il debito diviene esigibile � rinviato alla scadenza 
di ogni biennio, allo scopo di permettere agli uffici competenti di evitare 
un eccessivo frazionamento delle operazioni contabili, nonch� lonere di 
contabiFzzazione di partite di minima entit�, e consentire, invece, �!!tali 
uffici, di compiere gli accertamenti occorrenti in relazione a perioQ.j 
di una certa durata e su importi di consistente entit�. ; , 

Ora, dalla norma speciale medesima risulta che appunto la. scadenza 
del biennio � la data in cui il credito diviene esigibile e. ;va 
liquidato. 

Non pu� essere ritenuto, infatti, che l'esigibiJ.it� del credito,�bbia 
inizio dalla. liquidazione, come ha affermato la. ~entenza -impugx;iata 
-pur senza trarre da tale affermazione le opportune . conseguenze i~ 
riferimento agli atti di causa ~, giacch�, qualora si opinasse in 'questo 
senso, si lascerebbe alla assoluta discrezionalit� del creditore la determinazione 
. del momento iniziale del periodo di prescrizione per un 
debito di cui si � gi� verificato il fatto che lo genera, �i ; � 

��N� tanto meno pu� essere ritenuto che la prescrizione decorra dalla 
data dell'iscrizione del debito nei ruoli di riscossione -come in �ffetti 
ha giudicato la sentenza impugnata, che ha dichiarato prescritte le 
annualit� iscritte anteriormente all'anno 1950 -giacch� l'iscrizione nei 
ruoli � il mezzo attraverso il quale viene esercitata la pretesa, non il fatto 
generatore del debito n� il momento iniziale della esigibilit�. 

La sentenza impugnata, cio�, ha equivocato in due punti, nell'interpretazione 
delle norme suddette: in primo luogo, in quanto ha ritenuto 
che la liquidazione del contributo da parte del Genio Civile fosse 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

712 

ratto dal quale il debito di contributo nasce, mentre fonte del debito � 
il compimento della massa delle opere eseguite in ogni singolo biennio; 
in secondo luogo, in quanto ha identificato la liquidazione con l'iscrizione 
delle annualit�, bench� negli atti di causa risultassero inserite, a 
cura dell'Amministrazione, le singole liquidazioni biennali e fosse chiaramente 
indicato che le varie annualit� si riferivano ad opere compiute 
e liquidate in bienni antecedenti. 

Deve essere precisato, quindi, che, in applicazione dell'art. 3 del 

r.d. 19 novembre 1921, n. 1688, e dell'art. 3 del d.l. 28 febbraio 1935, 
n. 248, secondo cui i contributi per le opere idrauliche di seconda e 
terza categoria sono liquidati ogni biennio dall'ingegnere capo del 
Genio Civile e vengono ammortizzati in rate annuali, dai consorzi o dai 
proprietari interessati, nel trentennio successivo alla liquidazione, la 
prescrizione estintiva decennale del diritto dello Stato a percepire i 
contributi medesimi decorre dalla scadenza del biennio nel quale furono 
compiute le opere, cui i contributi si riferiscono, e non dalla data della 
liquidazione, o dalla data della intimazione di pagamento, di guisa che 
non possono essere ricbiesti, n� iscritti a ruolo per il successivo biennio, 
contributi relativi ad opere eseguite nei bienni scaduti precedentemente 
al decennio dalla data dell'intimazione.� 
La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata in questo punto 
e la causa va rimessa ad altra Corte d'appello che, in applicazione 
del principio ora enunciato, dopo avere accertato l'ammontare delle 
opere eseguite in ogni biennio e dei contributi ad esse afferenti, con 
riferimento alle liquidazioni effettuate dagli uffici competenti, applicher� 
la prescrizione estintiva decennale a quei contributi che risultino 
relativi ad opere eseguite nei bienni scaduti anteriormente al decennio 
dalla data dell'ingiunzione. 

In conseguenza del parziale accoglimento del ricorso, va disposta 
la restituzione del deposito al consorzio ricorrente, mentre sulle spese 
di questo grado provveder� la Corte di rinvio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1574 -Pres. 
Vistoso -Est. Giannattasio -P.M. Gentile (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Tavassi) c. Societ� Magnadyne {avv.ti Zaaruolo, 
Sequi). 

Entrate patrimoniali dello Stato -Ingiunzione di pagamento � 
Caratteristiche -Opposizione giudiziaria -Effetto -Posizione 
processuale delle parti -Differenze rispetto al procedimento 
monitorio ordinario. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2 e segg.; c.p.c., artt. 633 e segg.). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 713 

Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Principio della immu


tabilit� della posizione processuale delle parti nel precedente 

giudizio di appello col conseguente divieto di formulare nuove 

conclusioni, dedurre nuove prove e produrre nuovi docu-. 

menti -Eccezioni. 

(c.p..c., art. 394). 
Procedimento civile -Disposizioni limitative della prova -Carattere 
pubblicistico -Non sussiste -Rilevabilit� �ex officio 
judicis � della loro violazione -Esclusione. 

(c.p.c., art. 112, ult. parte). 

L'ingiunzione disciplinata dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639 � ratto 
forma le di un procedimento monitorio sui generis, apprestato per la 
spedita riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri 
enti pubblici minori. Nel quadro di siffatto procedimento, essa cumula 
in s� le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, 
di guisa che r opposizione del debitore costituisce la domanda giudiziale, 
che apre e introduce un ordinario procedimento cognitivo e, diversamente 
dal procedimento monitorio ordinario, con inversione della posizione 
processuale delle parti, nel senso, cio�, che il creditore procedente 
assume la veste di convenuto, mentre il debitore intimato e opponente 
diviene attore e deve dare la prova delfinfondatezza del credito 
da lui impugnato (1). 

Il principio della normale immutabilit� nel giudizio di rinvio della 
posizione processuale, che le parti rispettivamente avevano nel giudizio 
di appello, definito con la sentenza cassata, con il conseguente divieto 
per esse di formulare nuove conclusioni, dedurre nuove prove e produrre 
nuovi documenti, non � assoluto e subisce anzitutto una eccezione 
sostanziale, quando la sentenza di annullamento determina un mutamento 
di situazione processuale, tale da far sorgere r esigenza delr esplicazione 
di una nuova attivit� difensiva in corrispondenza del mutamento 
medesimo. Le condizioni di ammissibilit� di nuove conclusioni, 

(1) Cfr. Cass., 8 giugno 1963, n. 4, 1530, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 721; 
21 marzo 1963, �n. 691, Ibidem, 319, sub 2; 13 ottobre 1961, n. 2125, Id., Mass. 
Cass., 1961, 939. Ma Cass., 16 luglio 1963, n. 1950, Riv. leg. fisc., 1963, 2307, 
sottolinea che la speciale procedura ingiunzionale � consentita, per la riscossione 
delle entrate patrimoniali, soltanto quando si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili, 
in base a titolo precostituito; e Cass., 27 gennaio 1964, n. 183, in questa 
Rassegna, 1964, I, 357, con nota, precisa che, avendo il procedimento previsto dal 
t.u. n. 639 del 1910 carattere esecutivo, l'opposizione all'ingiunzione di pagamento 
relativa ad entrate patrimoniali deve essere proposta non gi� innanzi al giudice 
competente secondo-le regole del foro erariale, ma innanzi a quello territorialmente 
competente secondo le norme ordinarie del codice di rito. 

114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come della deduzi<~ne di nuove prove o della produzione di nuovi documenti 
possono, quindi, verificarsi in ipotesi da esaminare volta per 
volta, tra cui rientrano quella della diversa qualificazione giuridica del 
rapporto controverso, quella delr applicabilit� del fus superveniens e, 
massimamente, quella dell'annullamento della sentenza per vizio del 
procedimento (2). 

Le disposizioni limitative della prova non hanno carattere pubblicistico, 
ma sono dettate nell'interesse delle sole parti, onde nulla vieta 
alle stesse di rinunciare ad avvalersene, con la conseguenza che la loro 
violazione non � rile'liabile di ufficio dal giudice e non pu� essere pi� 
eccepita dalla parte, che in un primo tempo ha prestato acquiescenza 
al provvedimento adottato al di fuori di quelle limitazioni (3). 

(Omissis). -�con il secondo motivo, che ragioni di ordine logico 
impongono di esaminare per primo, si censura la sentenza impugnata, 
denunciand� la violazione del r.d. 14 aprile 1910, n. 639 e la falsa 
applicazione degli artt. 633 e segg. c.p.c., dell'art. 2697 e.e., in relazim;1e 
a�'art. 360, n. 3, dello stesso codice di rito. Si assume che le ingiunzioni 
emesse ai sensi della legge n. 639 del 1910 hanno natura e carattere 
di titolo esecutivo e, trattandosi di ingiunzione fiscale, spetta all' opponente 
di fornire la prova del proprio buon diritto, mentre l'opposto pu� 
restare inattivo. Nel caso di specie -si obietta -le opponenti, dopo 
av�r apoditticamente affermato che si trattava di un comune procedim~
nto monitorio, si erano riservate ogni dimostrazione sulla pretesa 
inesistenza del proprio debito a dopo che l'attore avesse corrisposto 
al, proprio onere probatorio. 

La censura cos� formulata �, in astratto, non priva di fondamento, 
perch�, trattandosi di azione promossa dall'Amministrazione finanziaria 
dello. Stato in base al memorandum d'intesa con le potenze vincitrici 
dell\1ltimo conflitto mondiale (d.l. 3 febbraio 1949, n. 177) non pu� 
certo sostenersi che lo Stato abbia agito al pari di un privato, al di 
fuori. cio� della sfera della P.A., per cui trova applicazione il principio 
pi� volte affermato da questo Supremo Collegio, secondo cui l'ingiun


(2) Cfr. Cass., 16 maggio 1963, n. 1237, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 590-591, 
sub 2, con richiami; 19 aprile 1962, n. 781, Id., Mass. Cass., 1962, 388-389; 
25 marzo 1960, n. 629, Id., 1960, 1438 e segg., con ampi riferimenti (sub 1) di 
dottrina �e giurisprudenza. 
(3) La sentenza in rassegna precisa, pertanto; che " l'assunzione di nuove 
prove in sede di rinvio pu� essere contrastata dalla controparte, ma, ove questa 
al contrario vi aderisca, il giudice non pu� respingerla d'ufficio, perch� tali prove e 
in particolare la prova per testimoni non attengono all'ordine pubblico, ma sono 
dettate per l'esclusiva tutela di interessi privati, a meno che la prova non sia 
richiesta ad substantiam " . 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 715 

-zione fiscale, disciplinata dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639, � l'atto formale 
,di un procedimento monitorio sui generis, apprestato per la spedita 
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici 
minori. Nel quadro di siffatto procedimento essa cumula in s� le 
caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa 
�Che l'opposizione del debitore costituisce la domanda giudiziale, che apre 
�e introduce un ordinario procedimento cognitivo, e, diversamente dal 
procedimento monitorio ordinario, con inversione della posizione processuale 
delle parti e cio� nel senso che il creditore procedente assume 
la veste di� convenuto mentre il debitore intimato ed apponente diviene 
attore e deve dare la prova dell'infondatezza del credito da lui impugnato 
(Cass., 8 giugno 1963, n. 1530; 21 marzo 1963, n. 691). 

Senonch� tutto ci� prescinde dalla considerazione fondamentale ed 
assorbente che, nel giudizio di rinvio, le attuali resistenti hanno adempiuto 
al proprio onere probatorio con la produzione di documenti e con 
T offerta di una prova per testimoni, per cui tutto si riduce a stabilire 
�se tale prova poteva essere fornita in sede di rinvio. Il problema forma 
oggetto del primo motivo di ricorso, con il q�ale lAmministrazione 
ricorrente censura la sentenza, denunciando la violazione e la falsa 
applicazione degli artt. 394 e 395 e la falsa applicazione dell'art. 389, 
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Osserva l'Amministrazione che, 
avendo le controparti limitato le proprie conclusioni in appello a sentir 
dichiarare la legittimit� del contraddittorio e a sentirsi assolvere da ogni 
domanda avversaria, con il favore delle spese, non avrebbero potuto 
chiedere, in sede di rinvio, prove testimoniali mai richieste nei prece
�denti gradi di giudizio. Premesso che non ricorreva nella specie l'ipotesi 
�eccezionale operante solo quando, a seguito della pronuncia della Corte 
Suprema, la controversia riceva nel giudizio di rinvio una nuova impostazione, 
la ricorrente sostiene che ha errato la corte di rinvio ritenendo 
che la eccezione circa la preclusione dei mezzi istruttori fosse a sua 
volta preclusa per la tardivit� della deduzione {sollevata per la prima 
volta nelle conclusioni definitive e non gi� nella comparsa conclu
�~;ionale, come si legge nella sentenza), in quanto i principi racchiusi 
nell'art. 394 c.p.c. attengono all'ordine dei giudizi e sono applicabili 
anche d'ufficio, senza dire che nel giudizio di appello, qual'� il giudizio 
<li rinvio, vige il principio della preclusione di domande nuove. 

Il giudice di rinvio, cio�, avrebbe dovuto negare, anche d'ufficio, 
ogni possibilit� di sviluppo delle conclusioni di controparte, in quanto 
diverse da quelle prese nel giudizio in cui fu pronunciata la sentenza 
cassata. 

La censura � infondata per un duplice ordine di considerazioni. 
lnnanzi tutto il principio della normale immutabilit�, nel giudizio di 
rinvio, della posizione processuale, che le parti rispettivamente avevano 
.nel giudizio di appello, definito con la sentenza cassata, con il conse




716 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

guente divieto per esse di formulare nuove conclusioni, dedurre nuove 
prove e produrre nuovi documenti, non � senza eccezioni e subisce 
una eccezione sostanziale, quando la sentenza di annullamento determina 
un mutamento di situazione � processuale, tale da far sorgere 
lesigenza dell'esplicazione di una nuova attivit� difensiva in corrispondenza 
del mutamento medesimo. Le condizioni di ammissibilit� di 
nuove conclusioni, come della deduzione di nuove prove o della produzione 
di nuovi documenti possono, quindi, verificarsi in ipotesi da 
esaminare volta per volta, tra cui rientrano quella della diversa qualificazione 
giuridica del rapporto controverso, quella dell'applicabilit� 
del jus superveniens e massimamente quella dell'annullamento della 
sentenza per vizio di procedimento (Cass., 16 maggio 1963, n. 1237; 
19 aprile 1962, n. 781). Nel caso di specie l'annullamento avvenne 
appunto per un vizio del procedimento {pretesa nullit� dell'atto di 
citazione) e questa Suprema� Corte con la sentenza 31 luglio 1958, 

n. 2822 rinvi� la causa ad altra corte � per il giudizio di merito �, che 
non si era svolto n� dinanzi al primo n� dinanzi al secondo giudice. 
In secondo luogo, in sede di rinvio, lAmministrazione oggi ricorrente 
non si oppose affatto all'ammissione della prova dedotta, in via 
subordinata dalla Soc. Magnadyne, ma, al contrario, dopo aver chiesto 
autorizzazione alla corte, indic� le persone che intendeva far interrogare 
come testimoni, anche se poi rinunci� alla loro escussione. 
Orbene lassunzione di nuove prove in sede di rinvio pu� essere contrastata 
dalla controparte, ma, ove questa al contrario vi aderisca, il 
giudice non pu� respingerla d'ufficio, perch� tali prove, e in particolare 
la prova per testimoni, non attengono all'ordine pubblico, ma 
sono dettate per esclusiva tutela di interessi privati, a meno che la 
prova non sia richiesta ad substantiam. Le disposizioni limitative della 
prova, cio�, non hanno carattere pubblicistico ed essendo dettate nell'interesse 
relativo ed esclusivo delle sole parti nulla vieta alle stesse 
di rinunciare ad avvalersene, con la conseguenza che la loro violazione 
non � rilevabile d'ufficio dal giudice, e nemmeno pi� dalla parte, che, 
in un primo tempo, ha fatto acquiscenza al provvedimento adottato 
al di fuori di quelle limitazioni. 

Con il terzo motivo lAmministrazione ricorrente denuncia la sen,. 
tenza impugnata, a norma dell'art. 360, n.. 5, c.p.c., per insufficienza e 
contraddittoriet� della motivazione in ordine all'esame delle prove ed 
all'attribuzione di maggior efficacia alle prove avversarie. 

Anche tale censura � priva di fondamento. La Corte di-merito, con 
-~ 
logica e diffusa motivazione, poggiata essenzialmente sulla prova documentale 
e cio� sulle due lettere 14 e 18 settembre 19'45 della ditta 
Sideros bis alla Magnadyne nonch� sull'assegno inviato dalla stessa f~ 
Sideros bis in data 26 aprile 1945, con lettera di accompagnamento . 
. 
nella quale, questa ditta, in nome della Rogers di Berlino, riconosceva, 



PARTE i, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

in epoca successiva alle postazioni contenute nell'estrattd conto prodotta 
dal Demanio, un credito della Magnadyne di oltre 60.000 lire, 
ha dedotto sia che si sono svolte operazioni tra la Magnadyne e la 
Rogers di Berlino in tempo successivo a quello indicato nell'estratto 
conto, sia che la Magnadyne era creditrice e non debitrice, se le veniva 
inviato un assegno di L. 60.000. Orbene, il vizio di contraddittoriet� 
della motivazione e quello di motivazione insufficiente od omessa, previsti 
dal n. 5 dell'art. 360 c.p.c., possono essere ritenuti sussistenti in 
quanto incidano sul ragionamento del giudice di merito, in modo da 
rilevare un contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte, tale da 
non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto 
a base della decisione, ovvero in quanto palesino la deficienza o addirittura 
la mancanza di esame su punti decisivi della controversia prospettati 
dalle parti o rilevabili d'ufficio {Cass., 10 ottobre 1963, n. 2728). 
Tali vizi non possono quindi consistere in apprezzamenti dei fatti .e 
delle prove difformi da quelli pretesi dalla parte, perch� spetta soltanto 
al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento e 
all'uopo valutare le prove, controllarne l'attendibilit� e la concludenza, 
scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dim�strare 
i fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, dar prevalenza all'uno 

o all'altro. mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla 
legge, stabilire se sussistano fatti idonei a dar fondamento a presunzioni 
semplici; tutto ci� rientrando nel suo potere discrezionale a norma 
dell'art. 116 c.p.c. {Cass., 6 n<wembre 1963, n. 2952). 
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con le conseguenze di legge. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1577 -Pres. Fibbi Est. 
Giannattasio -P.M. Pedace (conf.) -Casassa (avv. Bracco) c. 
Langione (avv. Jossa) e Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). 

Competenza e giurisdizione -Modificazione iniziale della competenza 
territoriale -Cumulo soggettivo di domande connesse 
per l'oggetto o per il titolo -Nozione. 
(c.p.c., art. 33). 

Competenza e giurisdizione -Modificazione successiva della competenza 
territoriale per ragione di connessione -Quando ricorre. 
(c.p.c., art. 40). 

Procedimento civile -Riunione di cause connesse -Facolt� discrezionale 
del giudice -Insindacabilit� in Cassazione del provvedimento. 
(c.p.c., art. 274). 


718 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La modificazione iniziale della competenza territoriale pu� verificarsi 
unicamente allorch� pi� domande contro pi� persone, essendo 
connesse per l'oggetto o per il titolo, siano proposte congiuntamente e 
contemporaneamente ad uno stesso giudice e. precisamente a quello 
del luogo di residenza o domicilio di una delle parti (1). 

La modificazione �successiva della competenza territoriale per ragione 
di connessione si ha allorch�, ricorrendo ridentit� anche soltanto 
parziale dei soggetti e di uno degli elementi obiettivi dell'azione, le 
domande connesse, da decidere in un unico processo, siano state proposte 
separatamente a giudici diversi (2). 

Qualora pi� domande connesse siano proposte separatamente ed 
in tempi diversi allo stesso giudice, non si pone un problema di modificazione 
della competenza territoriale per ragioni di connessione, ma 
un problema di riunione di cause connesse, pendenti innanzi allo stesso 
giudice, che� sia competente per le diverse cause singolarmente considerate. 
In tale eventualit�, la riunione pu� essere suggerita da motivi 

i 

di opportunit�, senza peraltro che il giudice sia tenuto a provvedervi, 

I.,

(1) Cfr. Cass., 28 luglio 1964, n. 2135, Giur. it., Mass., 1964, 710: �il principio 
di cUi all'art. 33 c.p.c., relativo alla modificazione della competenza per 
territorio per effetto del cumulo soggettivo delle domande contro pi� convenuti, 
trova applicazione solo quando le cause, che, a norma degli artt. 18 e 19 c.p.c., 
' dovrebbero essere proposte dinanzi a giudici diversi, siano connesse per il titolo 
I

o per loggetto, per cui � consentita all'attore la�facolt� di chiamare in giudizio pi� 
convenuti, che risiedono in luoghi diversi, davanti al giudice del luogo di residenza ,,~ 
di uno di essi. Lo spostamento della competenza territoriale � giustificato, quindi, 
solo dalla connessione derivante dall'oggetto o dal titolo dedotto in giudizio �. :: 
La sentenza in rassegna avverte, altres�, che, ai fini del cumulo soggettivo di cui 
all'art. 33 c.p.c., �non basta l'interesse nella causa per attribuire la qualit� di < 
convenuto e fondarvi uno spostamento di competenza, ma � necessario che il 
convenuto abbia un interesse reale a contraddire la pretesa dell'attore, per cui la 
competenza per connessione pu� essere esclusa dal giudice, quando una delle 
azioni apparisca prima facie artificiosa e preordinata al fine di spostare la competenza 
territoriale �. Sulla tassativit� dei casi di spostamento di competenza per 
connessione v. Cass., 28 luglio 1964, n. 2111, Giur. it., Mass., 1964, 701. 
(2) Sulla . tassativit� delle ipotesi in base alle quali pu� operarsi uno spostamento 
di competenza da un giudice ad un altro per ragioni di connessione (artt. da 
31 a 36 c.p.c.) v. Cass., 28 luglio 1964, n. 2111 cit. alla nota precedente, cui adde 
Cass., 5 ottobre 1964, n. 2513, Giur. it., Mass., 1964, 843; 6 dicembre 1963, 
n. 3103, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1447, con nota di riferimenti di dottrina 
e giurisprudenza. Sul concetto di connessione oggettiva, v. Cass., 7 aprile 1964, 
n. 781, Giur. it., Mass., 1964, 249: � per aversi fra pi� cause il vincolo della 
connessione oggettiva, atto a determinare la. necessit� del simultaneus processus 
(e quindi lo spostamento di competenza di cui all'art. 40 c.p.c., o, secondo i casi, 
l'assorbimento della competenza arbitrale da parte del giudice ordinario), � necessario 
che sussista �identit� di petitum o di causa petendi, o, almeno, che tra i 
rispettivi elementi obiettivi vi sia un'effettiva ed assoluta interdipendenza. Un 
rapporto di mera affinit� ed un collegamento meramente accidentale ed estrinseco, 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 719 

restando il relativo provvedimento affidato alla sua facolt� discrezionale;�. 
in relazione alla natura delle cause, alla loro interdipendenza pi� o meno� 
accentuata ed al loro stato di istruzione. Epper� la pronuncia �he ordini� 

o neghi la riunione di pi� cause per ragioni di connessione o di oppoi-> 
tunit� processuale, in quanto atto di esercizio di una facolt� discre-i 
zionale del giudice, non � sindacabile in Cassazione, neppure in sede� 
di regolamento di cdmpetenza (3). 
(Omissis). -Devesi, preliminarmente, ordinare l'estromissione dal� 
giudizio deirAmministrazione finanziaria dello Stato, che non � parte 
riel giudizio tra il ricorrente� Casassa e Langione Ugo, nel nome, in cui 
� intervenuta la sentenza 20 giugno 1964 del Tribunale di Torino, 
gravata per regolamento di competenza. Gistanza di regolamento d1� 
�ompetenza non poteva, infatti, essere proposta e notificata che nei 
confronti delle parti nel cui contraddittorio fu pronunciata la sentenz'a 
impugnata, uniche legittimate passivamente. � � � , 

Nel merito il Collegio osserva che non trova applicazione l'art. 
33 c.p.c. Secondo tale disposizione le cause contro pi� persone, che; �: 
norma degli artt. 18 (foro generale delle persone fisiche) e -19 (foro gene-' 
raie delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute), dovrebbero 
essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l'og-� 
getto o per il titolo, possono essere proposte davanti al giudice del 
luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello 
stesso processo. Secondo tale disposizione, la modificazione iniziale della 
competenza territoriale pu� verificarsi unicamente allorch� le domande 
siano proposte congiuntamente e contemporaneamente ad uno stesso 

invece, non postulano alcuna variazione di competenza n ; v. anche, in argomento;� 
Cass., 20 settembre 1961, n. 2036, Giust. civ., Mass. Cass., 1961, 894, �.mb 2 e 3,' 
con richiami. Per un �aso di applicazione dell'art. 40 c.p.c., in relazione ad un� 
chiamata in garanzia impropria, con conseguente riconoscimento della legittimit� 
della rimessione della causa al giudice preventivamente adito, v. Cass., 12 aprile 
1965, n. 647, Giur. it., Mass., 1965,' 228. Sulla continenza di cause v. Cass., 26 luglio 
1963, n. 2067, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 977, sub l, con richiami; 22 settembre 
1962, n. 2772, Id., Mass. Cass., 1962, 1309, sub l, con richiami; 9 agosto 1961,' 

n. 1938, Id., Mass. Cass., 1961, 852 e 16 marzo 1961, n. 588, Ibidem, 236, sub l, 
con richiami anche di dottrina. 
(3) Cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 1963, n. 392, Giur. it., Mass., 1963, 128: 
� la riunione di pi� cause � possibile non solo nel caso di connessione in . senso 
proprio, ma anche quando ricorra per motivi di economia processuale una semplice 
opportunit� di decidere contemporaneamente pi� controversie. La sussitenza' 
di una vera e propria connessione � necessaria perch� si abbia spostamento di 
competenza da un giudice ad un altro, ai si:msi dell'art. 40 c.p.c., non perch�, 
possa svolgersi un simultaneus prooessus fra due procedimenti gi� pendenti innanzi 
allo stesso giudice. Rientra nella facolt� discrezionale . del giudice di merito valutare' 
l'opportunit� o meno di riunire pi� cause ai sensi dell'art. 274 c.p.c., adeguandosi 
al principio dell'economia processuale ". ' ' 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

720 

giudice e precisamente al giudice del luogo di residenza o domicilio 
:~ 
di una delle parti, non gi� nel caso in cui le domande connesse siano 
proposte bensi allo stesso giudice, ma separatamente ed in momenti 
diversi. Inoltre, ai fini del cumulo soggettivo, non basta l'interesse nella 
causa per attribuire la qualit� di convenuto e fondarvi uno spostamento 
di competenza, ma � necessario che il convenuto abbia un interesse 
reale a contraddire la pretesa dell'attore; per cui la competenza per 
connessione pu� essere esclusa dal giudice quando una delle azioni 
apparisca prima facie artifidosa e preordinata al fine di spostare la 
competenza territoriale. � 

Nel caso in cui le domande siano proposte separatamente ed in 
tempi diversi, sia pure allo stesso giudice, non si pone un problema 
di modificazione della competenza territoriale per ragioni di connessione, 
ma un problema di riunione di cause connesse pendenti davanti 
allo stesso giudice, che sia competente per le diverse cause singolarmente 
considerate (art. 274 c.p.c.). In tale eventualit�, la riunione pu� 
essere suggerita da motivi di opportunit�, senza peraltro che il giudice 
sia tenuto a provvedervi, restando il provvedimento affidato alla sua 
facolt� discrezionale, in relazione alla natura delle cause, alla loro interdipendenza 
pi� o meno accentuata, al loro stato di istruzione. Ed � 
ovvio che la pronuncia che ordini, oppure neghi, la riunione di pi� 
cause per ragioni di connessione o di opportunit� processuale, appunto 
perch� costituisce una facolt� discrezionale del giudice, non � sindacabile 
in Cassazione, neppure in sede di regolamento di competenza. 

Ma, nel caso in esame, non trova neppure applicazione l'art. 40 c.p.c., 
che regola non pi� la modificazione iniziale, ma la modificazione successiva 
della competenza territoriale per ragione di connessione. Perch� 
si verifichi questa figura di connessione, atta a spostare la competenza, 
non solo occorre l'identit� dei soggetti (anche soltanto parziale) e di 
uno degli elementi obiettivi dell'azione, ma � indispensabile che le 

domande connesse, da decidere in un unico processo, siano proposte 
separatamente a giudici diversi, mentre, nella fattispecie, le domande 
connesse sono state proposte sia pure separatamente, ma allo stesso 
giudice. 

Ora, poich� la domanda che il Casassa ha proposto nei confronti 
del Langione, quale appaltatore delle imposte di consumo di Pinerolo, 
appartiene alla competenza territoriale del Tribunale di Pinerolo; poich�.
il Langione, nella qualit�, convenuto dinanzi al Tribunale di Torino, 
ha sollevato, nel primo atto difensivo, l'eccezione di incompetenza per 
territorio; poich�, infine, il Tribunale di Torino ha negato, con provvedimento 
discrezionale e insindacabile, -la riunione con l'altra causa 
dal Casassa promossa contro lAmministrazione :finanziaria dello Stato, 
l'istanza di regolamento di competenza va rigettata, con le conseguenze 
di legge. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 721 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1591 -Pres. 
Mastropasqua -E~. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Cassa 
per il Mezzogiorno (avv. Stato Foligno) c. Sorvillo (avv. De Cesare) 
e Impresa l.C.I. Eugenio Grassetto (avv.ti Pastore, Vesci, Turco). 

Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione 
per p.u. -Mancato perfezionamento nel biennio della 
procedura espropriativa -Inapplicabilit� del principio della 
indennit� unica. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, comma primo, ult. parte, 73). 
Procedimento civile -Intervento di terzo ad istanza di parte Ipotesi 
-Nozione. 
(c.p.c., art. 106). 

Nel caso di occupazione d'urgenza preordinata aliespropriazione 
il presupposto deliindennit� unica (di espropriazione con gli interessi 
legali dalla data di inizio delioc�upazione) viene meno, allorch� la 
pronuncia espropriativa non segua nel biennio di validit� delioccupazione, 
in quanto tale omissione dimostra che i anticipata occupazione 
dell'immobile non fu in realt� preordinata alla pronuncia del decreto 
di espropriazione nel termine di legge, con la conseguenza che non pu� 
giustificarsi il diniego del diritto del privato aliautonoma indennit� di 
occupazione (1). 

(1) Come gi� si � avuto occasione di avvertire (in questa Rassegna, 1964, I, 
879, nota 7), la Corte di Cassazione, dopo avere affermato che, per le occupazioni 
preordinate all'espropriazione per l'esecuzione di opere ferroviarie, l'indennit� di 
occupazione consiste negli interessi legali sull'importo dell'indennit� di espropriazione, 
ha esteso tale criterio, come regola, a tutte le occupazioni d'urgenza preordinate 
all'espropriazione (cfr. Cass., 29 maggio 1964, n. 1352, Giur. it., Mass., 
1964, 436), sottolineando, per�, ch�, tale principio ha� da valere solo nel caso che 
l'espropriazione segua nel biennio di legge (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, 
n. 1164, Foro it., 1961, I, 1699, in part. 1703). In caso diverso, l'indennit� non � 
pi� unica, ma anche quella di occupazione per il biennio legittimo va liquidata con 
autonomo criterio {Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, sopracitata; v. anche 
Cass., 19 ottobre 1955, n. 3309, Giust. civ., Mass. Cass., 1955, 1240-1241, sub 3, 
nonch� Sez. Un., 28 maggio 1954, n. 1702, Foro it., Mass., 1954, 346-347, con 
nota di richiami (sub 1). A questi concetti si adegua la sentenza in ra~~egna, la 
quale non manca altres� di ribadire l'insegnamento che � quando un bene sia stato 
occupato d'urgenza dalla p.a. e sia decorso il biennio previsto dall'art. 73 1. 25 giugno 
1865, n. 2359, senza che il Prefetto abbia pronunciato l'espropriazione per 
pubblica utilit� del bene stesso, l'ulteriore detenzione di questo diviene illegittima, 
con la conseguenza che l'ente occupante, come detentore senza titolo, � tenuto a 
restituire il bene, ovvero a risarcire il danno, qualora la restituzione, per le opere 
compiute o per altro motivo, non sia pi� possibile, e la relativa azione per la 
restituzione o per il ristoro del danno � di competenza dell' A.G.O. perch� la contestazione 
cade sopra un diritto che si pretende leso dall'autorit� amministrativa. 

~22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'intervento di un terzo nel processo � configurabile, ove sia provocato 
su istanza di parte, in relazione a due ipotesi distinte e cio� 
se la causa venga ritenuta comune al terzo, o se la parte pretenda di 
essere. garantita dallo stesso. La prima previsione, presupponendo la 
comunanza delr oggetto e della causa petendi, lascia immutati i limiti 
deltoriginaria contestazione, in quanto il terzo diventa litisconsorte 
della parte che ha provocato fintervento; la seconda, al contrario, viene 
ad ampliare la materia del contendere, nel senso che, correlativamente 
alla causa petendi del[ originario rapporto processuale, si instaura un 
rapporto accessorio di garanzia, di cui unici contraddittori sono la parte 
che ha provocato fintervento del terzo e quest'ultimo {2). 

Se il decreto di espropnaz10ne intervenga successivamente al decorso del biennio 
dell'occupazione d'urgenza, l'illegittimit� della detenzione del bene da parte della 

p.a. viene a cessare nel giorno della sopravvenuta espropriazione, che rende legittima, 
.da tale epoca, lattivit� dell'amministrazione. In siffatta ipotesi al proprietario 
deLbene epropriato spettano: 1) l'indennit� per l'occupazione temporanea legittima; 
2) l'indennit� di espropriazione nella misura stabilita nel relativo decreto, o, in caso 
di opposiziorie, in quella determinata dagli organi giurisdizionali previsti dalla legge 
:sulle� espropriazioni per p.u.; 3) il risarcimento del danno per il periodo corrente 
-dalla �scadenza del ripetuto biennio alla data di emanazione del decreto di espro_
priazione " (nello stesso senso v. Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, in questa Rassegna, 
,19~; I, 337, sub 2; 28 luglio 1964,. n, 2142, ld., 1964, I, 733 e seg., sub l, ed ivi � 
nota di ulteriori riferimenti giurisprudenziali. 
Sull'autonomia dei due istituti, dell'occupazione in via d'urg�nza e dell'espropriazione 
per p.u., v. Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, sopra citata, sub l, in questa 
Rassegna, 1965, I, 337 ed ivi (338) nota di ulteriori riferimenti di giurisprudenza. 
]n dottrina, sul problema relativo al risarcimento del danno conseguente a:d occupazione 
abusiva da parte della p.a. di immobile privato per la costruzione di opera 
pu~blica, v. SANDULLI R., Sull'occupa::1;ione sine. titulo da parte dell'amministrazione 
di immobili: privati destinati ad opere pubbliche, Giust. civ., 1961, I, 1266 e segg. 

(2) Conf. Cass., 23 maggio 1962, n. 1176, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 593 . 
. Quanto. a:lla prima parte della massima della sentenza in rassegna, non manca, 
:tuttavia, giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, secondo la quale, ai fini 
.della: comunanza di causa di cui all'art. 106 .c.p.c., non � necessaria l'identit� sia 
dell'oggetto che del titolo, ma � sufficiente quella di lJ.nO solo di tali elementi: 
cfr. Cass., 11 giugno 1957, n. 2169, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 844; 27 marzo 
1962, n. 622, Id., Mass. Cass., 1962, 298. Quanto alla seconda parte della massima, 
_deve." avvertirsi che le o~cillazioni giurisprudenziali sull'applicabilit� dell'art. 106 
c.p.c, �. ai ~casi di garanzia impropria sembrano doversi risolvere per la soluzione 
affermativa, con la �limitazione del rispetto. della competenza. Non manca, infatti, 
gi�risprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale l'art. 106 c.p.c. autorizza 
la phiamata in garanzia del terzo dinanzi allo stesso giudice, competente per l'azione 
principale e. per quella di regresso, qualunque sia il rapporto di garanzia, propria 
o .impropria dedotto a sostegno della seconda azione: cfr. Cass., 28 novembre 1953, 
n..3619,. Giust. civ,, 1953, 3384, con richiami; 13 febbraio 1961, n. 316, Id., Mass. 
Cas&., 1961, 123. S�lle nozioni di garanzia propria . ed impropria v. Cass., 5 febbraio.
1957, n. 442, Giust. civ., 1957, 825 e segg.: �nella garanzia propria, i. cui 
casi sono determinati da:l diritto sostanziale, il garante � impegnato all'adempimento 
della stessa obbligazione del garantito, in quanto tale obbligo gli deriva dalla 

PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVJLE 723 

trasmissione di un diritto o da un vincolo di coobbligazione, che d�� luogo, fra 
coloro che vi sono soggetti, a ragioni di rivalsa, pa~ziale o totale, dopo aver soddisfatto 
il creditore comune, sicch� il petitum del chiamante, nei riguardi del terzo, 
si identifica con quello dell'attore principale contro i.I garantito e . la inadempienza 
� unica, donde la connessione obiettiva e diretta del titolo � (v. anche App. Firenze, 
2 settembre 1963, Foro it., Rep., 1964, voce Garanzia, col. 1111, n. 2). :!;:, comunque, 
da sottolineare che la Suprema Corte regolatrice ammette che la parte convenuta 
possa chiamare nel giudizio taluno, non solo al fine di. essere indennizzata delle 
conseguenze della lite (e nella garanzia impropria si ha, appunto, secondo la giurisprudenza, 
una chiamata del terzo per riversare sul medesimo le conseguenze della 
lite principale: cfr. CosTA, L'intervento in causa, Torino, 1953, 228), ma anche 
a quello della propria liberazione, per l'individuazione di altro unico responsabile. 

In tale caso si ritiene vi sia, pi� propriamente, comunione di cause (v. sul punto 
anche Trib. Piacenza, 10 gennaio 1963, Foro it., Rep., 1963, voce Intervento in 
causa, c. 1422, nn. 18-21) e si insegna dalla Cassazione che non � necessario che 
lattore estenda la domanda .contro il terzo, poich� la chiamata del medesimo 

�tende appunto a supplire al difetto della chiamata da parte dell'attore mediante 
la citazione in giudizio e dal momento in cui il terzo ha accettato il contraddittorio 
e preso conclusioni di merito egli diventa parte in causa e il giudice, provvedendo 
sulla domanda attrice, pu� dichiararlo responsabile o assolverlo al pari del primo 
convenuto �: Cass., 3 luglio 1959, n. 2114, in Giur. it., i960,, I, 1, 427 e segg., 
con nota del COSTA e in Riv. dir, proc., 1960, 478 e segg., �on not~ del CA.RNELUTTI; 
21 marzo 1962, n. 577, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 276. Altra volta, la Corte 
di Cassazione ammette che, nell'ipotesi di garanzia impropria, pu� nascere nel corso 
del �giudizio �stretta connessione tra le cause�,. quando il convenuto principale 
abbia citato in giudizio il terzo � non solo ai fini di un'eventuale rivalsa, in caso 
di sua soccombenza, ma per le necessit� di trattazione della causa e della sua stessa 
difesa, essendo unicamente al terzo .imputato l'illecito che genera l'inadempienza 
di entrambi �: cos� Cass., 5 febbraio 1957, n. 442, Giust. civ., 1957, ;r, 828 (in 
motivazione); v. anche Cass., 28 luglio 1960, n., 221(), Id., Mass.. Cass., 1960, 825. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1653, -Pres. Fibbi 

-Est. Perrone-Capano -P.M. Pedote {conf.) -Ministero LL.PP. 

(avv: Stato Tracanna) c. Fabbri (avv. Dallari). 

Responsabilit� civile -Condanna al risarcimento dei danni definitivamente 
liquidati � Preclusione di altre azioni risarcitorie 
per il medesimo fatto illecito. 
(e.e., artt. 1218, 1223, 2043, 2056, 2909; c.p.c., artt. 279; n. 3, 324). 

La condanna al risarcimento dei danni definitivamente� liquidati 
�saurisce ed assorbe tutte le possibili ragioni o pretese del danneggiato, 
s� da precludere altre azioni risarcitorie per il medesimo fatt� illecito (1). 

(1) Infatti (cfr. artt. 1223 e 2056 e.e.), �in relazione alle valutazioni dell'entit� 
del danno da fatto illecito, l'id quod interest deve tener conto di qualsiasi pregiudizio 
economico causato dal fatto del terzo � (Cass., 13 aprile 1964, n. 858, 
Ciur. it., Mass., 1964, 272, sub 2; in dottrina v. GRAZIANI, Appunti sul lucro ces

724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sante, Studi di diritto civile e commerciale, Napoli, 1953, 298), cosicch� " quando 
si tratti di danni che si proiettano nel futuro, come nell'ipotesi di danni per lucro 
cessante, i quali per la loro stessa natura non possono essere determinati nel loro 
ammontare con assoluta precisione, � legittima la liquidazione con criterio equitativo 
� (Cass., 23 luglio 1964, n. 1986, Giur. it., Mass., 1964, 648; per la necessit� 
di adottare, in caso di condanna al pagamento di una somma capitale una tantum 
a titolo di risarcimento di danni futuri, un opportuno correttivo " atto ad evitare 
che si verifichi un'ingiusta locupletazione in favore del danneggiato, nella misura 
corrispondente alla maggiore utilit� che gli deriva dal fatto che gli � stato messo 
a disposizione anticipatamente il capitale liquidato >>, v. Cass., 13 luglio 1964, 

n. 1873, Giur. it., Mass., 1964, 612; v. anche Cass., 30 novembre 1963, n. 3069, 
in questa Rassegna, 1964, I, 102-108, sub 5 ed ivi nota di richiami). Peraltro, � 
noto che il giudicato, in linea di principio, " oltre ad operare sul piano processuale, 
mediante il vincolo imposto al giudice in ogni processo futuro, influisce sulla preesistente 
situazione di diritto sostanziale, impedendo che questa possa ottenere un 
diverso regolamento giudiziale � (Cass., 5 maggio 1965, n. 810, Giur. it., Mass., 
1965, 290-291, sub c; v. anche LIEBMAN, Corso di diritto processuale civile, Milano, 
1952, 239: " la cosa giudicata deve valere indiscutibilmente come manifestazione 
ultima e definitiva della disciplina giuridica del rapporto deciso � ). 
La Corte di Cassazione ha, comunque, precisato che: � il principio che 
l'azione ed il giudizio di risarcimento del danno debbono, in linea generale, essere 
unitari, nel senso che in unico giudizio debbono essere fatti valere non soltanto i 
danni attuali, ma altres� i danni futuri, dev'essere delimitato, nel senso che, affinch� 
sia imposta l'unicit� del giudizio, occorre -oltre alla sussistenza attuale delle cause 
del danno futuro -altres� che quest'ultimo danno si presenti con carattere di 
certezza, quanto all'an ed anche gi� concretamente valutabile, sia pure in via di 
ragionevole approssimazione, per ci� che riguarda il quantum. Se non sussistono 
tali condizioni, il giudizio originario non pu� comprendere anche i danni futuri e, 
correlativamente, la perdita dell'azione, sia pure a seguito del compimento del 
periodo prescrizionale, quanto ai danni attuali, non pu� travolgere la possibilit~ di 
successiva azione quanto ai danni futuri" (Cass., 27 febbraio 1962, n. 363, Giur. it., 
Mass., 1962, 123); e che: �in materia di responsabilit� aquiliana domina il principio 
della risarcibilit� di tutti i danni, in qualsiasi momento verificatisi, sempre che 
possano ricollegarsi con rigoroso nesso di causalit� all'evento lesivo posto in essere 
dall'obbligato al risarcimento. Pertanto, non pu� opporsi ad una seconda domanda 
di liquidazione, concernente un danno aggravatosi o manifestatosi dopo la definizione 
di un primo giudizio, l'eccezione della cosa giudicata. Avendo il secondo 
giudizio per oggetto un petitum diverso da quello del primo, nel corso del quale 
mancarono in tutto o in parte gli elementi obiettivi per la liquidazione dei danni 
futuri, non ancora manifestatisi in guisa da potersi ritenere effetto inevitabile di una 
causa efficiente allora in atto, o verificatisi in misura minore, non pu� ritenersi che 
il precedente giudicato abbia compreso quei danni. Pertanto, pu� darsi ingresso 
ad una ulteriore domanda di liquidazione, sempre che il nuovo danno sia ricollegabile, 
con nesso di causa ad effetto, all'evento dannoso, su cui si fondava la prima 
pretesa risarcitoria � (Cass., 21 luglio 1962, n. 1999, Giur. it., Mass., 1962, 719). 
Si � osservato in sede dottrinale che � ogni giudicato ha una efficacia limitata alla 
clausola implicita rebus sic stantibus, come ormai viene pacificamente ammesso, 
sia;,_ pure con alcune riserve, specialmente in ordine alla pratica portata di tale 
limite, che qui non � il caso di ricordare. Ogni sentenza, in altri termini, fa stato 
tra le parti nei confronti delle quali � stata pronunciata, fino a quando la situazione 
esterna non muta, determinando fattori nuovi {si badi, non nuove prove di 
fattori gi� delibati dalla sentenza), decisivi in ordine ai rapporti giuridici delle 
parti, che gi� hanno originato la controversia. Cos�, ad esempio, quando il locatore, 

�' 
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:-: 

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PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDE;NZA CIVILE 725 

:soccombente nella causa di rilascio per necessit� personale, ripresenta, in una 
successiva causa, il fatto nuovo del matrimonio del figlio, l'efficacia del precedente 
giudicato in ordine alla inesistenza del diritto al rilascio del locatore cade e la 
proponibilit� della nuova domanda � indiscussa. Cos� il debitore che diventi creditore 
per un rapporto nuovo, sorto dopo il giudicato sostanziale sulla sua condanna, 
pu� in sede di esecuzione invocare la compensazione. Questo limite del giudicato 
�, a sua volta, coordinato logicamente e funzionalmente col principio, per cui il 
giudicato stesso copre il dedotto e il deducibile � (cos� PAIARDI, Riflessioni sulla 
.efficacia della sentenza pronunciata allo stato degli atti, Riv. dir. proc., 1958, 125, 
il quale sottolinea la fondamentale differenza fra la nozione di sentenza � allo 
stato delle cose ,, e sentenze " allo stato degli atti (processuali) �, rispetto alle 
quali ultime la giurisprudenza della Corte di Cassazione � consolidata, nel senso 
che siffatte decisioni, le quali si fondano sulla constatata mancanza o insufficienza 
della prova dei fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, hanno da valere 
tipicamente come sentenze di rigetto dell'una o dell'altra e, quindi, sono suscettibili 
di passare in cosa giudicata (cfr. Cass., 13 dicembre 1958, n. 3898, Giust. civ., Mass. 
Cass., 1958, 1406, sub 3, con richiami). In dottrina si veda: PAIARDI, Riflessioni 
.ecc., cit., Zoo. cit., 123 e segg. e, meno di recente, SATIA, Sentenze allo stato degli 
atti, Riv. dir. comm., 1934; II, 325 e segg. Infine, quanto al rapporto fra giudicato 
penale e giudizio civile di liquidazione del danno, v' Trib. Napoli, 2 agosto 1965, 
Marchitiello c. FF.SS., in questa Rassegna, 1965, I, 732. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 luglio 1965, n. 1715 -Pres. Vistoso 
-Est. Onnis -P.M. Gentile (conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici 
(avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Tarantino (avv. Sangiorgi). 

Cassazione -Ricorso -Esposizione sommaria dei fatti -Trascrizione 
della parte espositiva della sentenza impugnata o di 
altra sentenza pronunciata nella controversia a cui il ricorso 
si riferisce -Sussistenza del requisito. 
(c.p.c., art. 366, n. 3). 

Occupazione -Occupazione d'urgenza d'immobile per l'esecuzione 
di opera pubblica -Mancato perfezionamento alla scadenza�� 
del biennio della procedura espropriativa -Impossibilit� della 
restituzione dell'immobile -Diritto del proprietario al risarcimento 
del danno -Criteri di liquidazione del risarcimento 
in quanto sostitutivo della restituzione del bene -Inapplicabilit� 
dell'art. 42 I. 25 giugno 1865, n. 2359. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056). 
Sentenza -Dovere del giudice di merito di motivare il proprio 
convincimento -Portata. 
(c.p.c., art. 132, n. 4, arg. ex art. 360, n. 5). 

Occupazione -Occupazione d'urgenza d'immobile per l'esecuzione 
di opera pubblica -Protrazione ultrabiennale senza titolo 
dell'occupazione -Diritto del proprietario di essere indenniz


10 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

726 

zato non solo della perdita del bene, ma anche della mancata 
utilizzazione del medesimo dalla data dell'occupazione al soddisfo 
-Valutazione di tale ulteriore indennizzo -Indennizzabilit� 
del danno � in re ipsa � sub�to dal proprietario per talemancata 
utilizzazione, mediante corresponsione degli interessi 
legali sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la 
perdita del bene -Risarcibilit� del maggior pregiudizio cheil 
proprietario dimostri di aver sub�to per effetto della indisponibilit� 
del bene -Sussiste. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056). 
Il disposto dell'art. 366, n. 3, c.p.c., a mente del quale il ricorso per� 
cassazione deve contenere, a pena ainammissibilit�, r esposizione sommaria 
dei fatti di causa, pu� ritenersi adempiuto, quando nel ricorso 
stesso sia stata trascritta la parte espositiva della sentenza impugnata 

o di altra sentenza pronunciata anch'essa nella controversia a cui il 
ricorso si riferisce (1). 
L'art. 42 l. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo il quale non pu� tenersf 
conto, nel calcolare rindennit� di espropriazione, delr aumento di valore� 
che all'immobile espropriato derivi dalr esecuzione delr opera pubblica, 
presuppone che l� procedura, pur iniziata con r occupazione anticipata� 
delrimmobile in via aurgenza, abbia trovato il suo normale momento 
conclusivo con l'emanazione del decreto di espropriazione, epper� non 
� applicabile ai fini della liquidazione del risarcimento del danno dovuto 
al proprietario, in caso di protrazione ultrabiennale delr oocupazione


{1) Cfr. Cass., 17 luglio 1954, n. 2540, Foro it., Mass., 1954, 514. Ci� perch�� 
-in correlazione col disposto dell'art. 379 c.p.c., secondo cui all'udienza di discussione 
il relatore riferisce � i fatti rilevanti per la decisione del ricorso � -� neces-� 
sario che l'esposizione, sia pur sommaria dei fatti; sia contenuta nel ricorso, onde il 
precetto di legge in tanto pu� ritenersi assolto in quanto nel ricorso stesso e non gi�. 
per relationem si rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizionedei 
fatti di causa: cfr. Cass., 28 ottobre 1959, n. 3131, Foro it., Mass., 1959, 588, 
con nota di riferimenti (sub 9). Non sarebbe, pertanto, sufficiente il riferimento alla 
parte espositiva delle sentenze pronunziate nel corso del giudizio, se non trascrittenel 
ricorso: cfr. Cass., 27 novembre 1957, n. 4498, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 
1712, sub 2, con richiami. Peraltro, il ricorso � ammissibile, se il fatto pu� essere 
desunto dallo svolgimento dei motivi contenuto nel ricorso: Cass., 30 giugno 1956,. 

n. 2409, Giust. civ., Mass. Cass., 1956, 813, con nota (sub 1) �di richiami. Per l'analoga 
soluzione, secondo cui l'esposizione sommaria dei fatti, prescritta per il controrieorso 
dall'art. 370 c.p.c. col rinvio all'art. 366 stesso codice, pu� ritenersi adempiuta 
�allorch� sia dato rinvenire nel controricorso, attraverso gli argomenti addotti 
a confutazione del ricorso, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dei 
fatti di causa, senza necessit� di attingere ad altre fonti�, v. Cass., 11 dicembre 1964,.. 
n. 2862, in questa Rassegna, 1964, I, 1106, sub 1. 

PARTE I, SEZ. llI, GIURISPRUDENZA CIVll..E 727 

senza remissione della pronuncia espropriativa, per la perdita del bene, 
trasformato in sede stabile dell'opera pubblica. Tale liquidazione non 
deve tenere conto esclusivamente delle condizioni della zona al momento 
dell'occupazione, ma-anche delle migliori condizioni della medesima 
al momento della pronuncia del giudice, e ci� in quanto il risarcimento 
� il sostitutivo della restituzione del bene, onde deve equivalere 
al bene stesso, nel momento in cui viene pagato, che si presume immediatamente 
successivo alla sentenza di condanna (2). 

Per dare ragione del proprio convincimento il giudice di merito 
non � tenuto a compiere unanalisi particolareggiata di tutte le deduzioni 
e ragioni delle parti, delle quali devono considerarsi implicitamente 
respinte quelle non espressamente esaminate, o logicamente 
incompatibili con la decisione (3). 

(2) Ma, quanto alla prima parte della massima, � il caso di ricordare che, 
altt~ volta, proprio la Suprema Corte regolatrice -trattandosi di stabilire se nella 
liquidazione del risarcimento del danno, sostitutivo della mancata restituzione 
dell'immobile, dovesse tenersi conto o meno del vincolo costituito dalla destinazione 
prevista nel piano di ricostruzione, dopo avere avvertito che la legge regolatrice dei 
piani di ricostruzione richiama l'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, che, 
interpretato in coordinazione col successivo art. 42, sancisce il principio, per cui 
l'indennit� di espropriazione deve essere sottratta ad ogni indebito arricchimento 
e ad ogni ingiusto sacrificio del soggetto espropriato -non ha esitato ad adottare 
in linea di massim� la soluzione negativa, affermando che � i principi di cui sopra, 
vigenti in tema di regolare procedimento di espropriazione, a maggior ragione devono 
essere applicati, come gi� notato altra volta da questa stessa Sezione (sent. n. 206 
del 1963), quando, come nella specie in esame, si verta in tema di illegittima occupazione 
del bene (sine titulo) da parte della pubblica amministrazione�: Cass., 
14 dicembre 1963, n. 3166, in questa Rassegna, 1964, I, 113-114 (sub 2). Quanto 
alla seconda parte della massima, v., in senso conforme, Cass., Sez. Un., 7 dicembre 
1964, n. 2858, Giur. it., Mass., 1964, 958-959 (sub 2); Cass., 20 gennaio 1964, 
n. 107, in questa Rassegna, 1964, I, 320-321, con nota di riferimenti; 14 dicembre 
1963, n. 3166, cit., ibidem, 113-114 (sub 1), ed ivi nota di ulteriori riferimenti, 
fra cui Cass., 10 ottobre 1962, n. 2919, Giur. it., Mass., 1962, 984, ove si avverte 
che il risareimento sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile (oltre all'indennizzo 
per il mancato godimento) "soddisfa ed esaurisce tutti 'i diritti spettanti 
a tal titolo al proprietario, al quale, pertanto, non compete alcun altro compenso 
per il successivo trasferimento del diritto di propriet� " . 
-(3) -Cfr. Cass., 10 giugno 1960, n. 1549, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 577-578, 
sub 4, con richiami. V. anche Cass., 5 febbraio 1958, n. 332, Id., Mass. Cass., 
1958, _ 114 (sub 3). Omessa motivazione ricorre, invece, quando il giudice abbia 
trascurato di considerare un punto decisivo: Cass., 15 marzo 1957, n. 878, Id., 
Mass. Cass., 1957, 350 (sub 1), con richiami di -dottrina e giurisprudenza. Sulla 
nozione di punto decisivo come � circostanza obiettiva acquisita alla causa e idonea 
a determin~re una decisione diversa da quella adottata " v. Cass., i'6 febbraio 1965, 

n. 250, in -questa Rassegna, 1965, I, 339-344 (sub 11) ed ivi nota di riferimenti. 
Sulla nozione -di insufficienza di motivazione, che, in contrapposto all'omissione di 
motivazione, ricorrerebbe quando il giudice, pur non obliterando il punto de()isivo, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

728 

In caso di protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione 
di immobile, effettivamente adibito a sede stabile di opera pubblica, la 
corresponsione degli interessi legali (dalla data delr occupazione a 
quella del pagamento) sulla somma liquidata al proprietario a titolo 
di risarcimento per la perdita del bene vale di regola ad indennizzarlo 
per la mancata utilizzazione del bene medesimo dalla data della sua 
occupazione ed � sempre dovuta, indipendentemente dalla prova del . 
pregiudizio sofferto, il quale � da ritenersi in re ipsa, poich� qualunque 
bene � fonte per il suo proprietario di utilit� svariatissime, che sarebbe 
impossibile anche solo tentare di enumerare o semplicemente descrivere. 
Tale prova � necessaria soltanto per conseguire, com'� possibile, un 
risarcimenfo in misura maggiore per il danno effettivamente subito in 
dipendenza dell'indisponibilit� del bene dalla data dell'occupazione a 
quella del pagamento del controvalore del bene medesimo (4). 

{Omissis). -~ preliminare l'esame della eccezione sollevata dai 
resistenti relativa alla inammissibilit� del ricorso perch� non conter


I

rebbe la esposizione dei fatti della causa. 
J.,'eccezione � manifestamente infondata. 
Secondo l'insegnamento di questa Corte Suprema, il disposto del


I

l'art. 366 n. 3 c.p.c., per cui il ricorso per cassazione deve contenere, 

.

sotto pena di inammissibilit�, la esposizione sommaria dei fatti della . 
causa, pu� considerarsi adempiuto quando nel ricorso stesso sia stata 

~~

I 

trascritta la parte espositiva della sentenza impugnata o di altra sentenza 
pronunciata anch'essa nella controversia cui il ricorso si riferisce 
(sent. 17 luglio 1954, n. 2540). '

I 

Nella specie, i motjvi di ricorso redatti a stampa seguono alla copia d 
integrale della sentenza impugnata; il che soddisfa nel migliore dei 

l

modi l'esigenza dell'articolo citato. � , 
Nel merito, la ricorrente Amministrazione, con il primo motivo 
, 

' 

deduce,, in rapporto all'art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e. falsa applicazione 
degli artt. 2043, 2056, 1223, 936 e 2041 e.e.; 42 della legge n. 2359 

.

del 1865 e sostiene che la Corre di merito, ai f�ni della determinazione 

I

del valore del fondo occupato e trasformato dalla p.a., avrebbe dovuto 

si sia limitato ad una affermazione apodittica, senza alcuna valutazione degli elementi 
probatori, posti a base della decisione in ordine al punto ritenuto decisivo, 

v. Cass., 15 marzo 1957, n. 878, cit., loc. cit. 
(4) Sulla prima parte della massima v., in senso conforme, Cass., Sez. Un., 
1� giugno 1964, n. 1356, in questa Rassegna, 1964, I, 721-722 (sub 1) ed ivi nota 
di riferimenti. Sulla seconda parte della massima v., in senso conforme, Cass., 
18 giugno 1964, n. 1569, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 715; 21 aprile 1964, n. 945, 
Id., Mass. Cass., 1964, 425 (sub 1). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 729 

riferirsi al valore che esso aveva al momento della occupazione nelle 
condizioni in cui a quel tempo si trovava, e quindi, come se ,l'opera 
pubblica non fosse stata eseguita; ci� in aderenza al principio enunciato 
dell'art. 42 della legge n. 2359 del 1865, che vieta di tenere conto nella 
determinazione della indennit� di espropriazione dell'aumento di valore 
derivato al fondo dalla esecuzione dell'opera pubblica, principio che, 
costituendo espressione della norma generale, che vieta larricchimento 
senza causa, sarebbe applicabile nei casi di legittima espropriazione, 
come in quelli di occupazione illegittima. 

Il motivo � infondato. 
La Corte di merito, nello stabilire il valore dell'immobile con 
riguardo alle mod:if�cazioni subite dalla zona circostante e nel ritenere 
non riferibili alle occupazioni illegittime gli artt. 42 della legge sulla 
espropriazione per p.u. e 38 della legge urbanistica, ha fatto puntuale 
applicazione dei principi in materia ripetutamente affermati da questa 
Suprema Corte con giurisprudenza costante, alla stregua dei quali -'occorre 
ancora ripetere -qualora alla occupazione provvisoria dell'immobile 
non segua, entro il biennio di cui ali' art. 73 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359, lespropriazione di esso, il proprietario, il quale 
non possa ottenere la restituzione, per essere stata eseguita l'opera pubblica, 
ha diritto al risarcimento del danno, il quale deve essere liquidato 
con riferimento allo stato di fatto in cui si trovava il fondo al momento 
della occupazione, senza, cio�, tenere conto degli incrementi successivamente 
apportativi dalla p.a. Tuttavia, non delle condizioni della zona 
al momento della occupazione si deve tenere conto, ma delle migliorate 
condizioni della medesima al momento della liquidazione. Ci� 
in quanto il risarcimento � il sostitutivo della restituzione del bene 
e, quindi, deve equivalere al bene stesso, al momento in cui viene 
pagato, che si presume immediatamente successivo alla sentenza di 
condanna. 
L'art. 42 della legge sulla espropriazione per p.u., per il quale non 
pu� tenersi conto nel calcolare l'indennit� delraumento di valore che 
all'immobile espropriato deriva dall'esecuzione dell'opera pubblica, presupponendo 
che la procedura iniziatasi con la occupazione d'urgenza: 
abbia trovato il suo normale momento conclusivo con lemanazione del 
decreto di espropriazione, non � applicabile ai fini della liquidazione 
dei danni conseguenti ad occupazione provvisoria divenuta illegittima 
p1:3r non essere sopravvenuto nel termine di legge il decreto di espropriazione 
(cfr. Sez. Un., 17 dicembre 1964, n. 2858; Cass., 18 dice.i~ 
bre 1964, n. 2879; 20 gennaio 1964, n. 107; 14 dicembre 1963, n. 3166; 
24 novembre 1962, n. 3184; 23 maggio 1962, n. 1189; 16 maggio 1962, 

n. 1105; 14 maggio 1962, n. 1002; 14 dicembre 1960, n. 3249; 22 lu7 
glio 1960, n. 2087). 

730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le argomentazioni, che la ricorrente, per infirmare la esattezza della 
decisione impugnata, pretende di ricavare dalfart. 936 e.e., non sono 
pertinenti al giudicato della Corte di merito, la quale, nella determinazione 
del valore del bene, ha bens� tenuto conto, in aderenza alfinsegnamento 
sopra riportato di questo Collegio Supremo, delle mutate 
condizioni ambientali in cui esso in atto si trova.va, ma non degli incrementi 
apportati al bene stesso dalla p.a., come si vuole dalla difesa 
della ricorrente per giustificare il richiamo ali' art. 936 e.e. 

Del pari, per sostenere lapplicabilit� anche nella specie dell'art. 42 
della legge sulla espropriazione, non � affatto pertinente -la citazione 
della sentenza di questa Corte Suprema 14 dicembre 1960, n. 3249, 
perch� � proprio questa sentenza, che con la prima massima afferma 
il principio della non applicabilit� del detto art. 42, ai fini della liquidazione 
dei danni conseguenti ad occupazione provvisoria, divenuta 
illegittima per non essere sopravvenuto nel termine di legge il decreto 
di espropriazione. 

Infondato si presenta anche il secondo motivo con il quale la ricorrente 
Amministrazione, in rapporto all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c., denunciando 
violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223 e.e., 
nonch� omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della 
controversia, lamenta che la Corte di merito sulla somma liquidata a 
titolo di risarcimento abbia fatto decorrere gli interessi legali dalla data 
della occupazione senza darne adeguata motivazione, ma limitandosi 
ad invocare la costante giurisprudenza del Collegio Supremo. 

Il lamentato difetto di motivazione non sussiste, avendo la Corte 
di merito riportato, a sostegno della propria decisione, una massima 
consolidata di questa Corte Suprema. 

Con ci� lobbligo della motivazione deve considerarsi pienamente 
adempii.tto, essendo giurisprudenza costante che il giudice di merito, 
per dare ragione del proprio convincimento, non � tenuto a compiere 
una analisi particolareggiata di tutte le deduzioni e ragioni delle parti 
delle quali devono considerarsi implicitamente respinte quelle non 
espressamente esaminate o logicamente incompatibili con la decisione 
(sen. 10 giugno 1960, n. 1549). 

La quale non � suscettibile di alcuna censura perch� anche sul 
punto' questa Corte Suprema ha, con ripetuti e costanti pronunciati, 
affermato il principio che in tema di occupazione illegittima -protrattasi 
oltre il biennio -di terreno da parte della p.a., se findennizzo 
pari al valore venale del bene risarcisce il proprietario del danno per 
la perdita del bene stesso, resta, tuttavia, da risarcire la perdita per la 
mancata utilizzazione del bene dalla data della occupazione al momento 
del pagamento del detto indennizzo. E tale mancata utilizzazione viene 
di regola valutata pari alfinteresse sulla somma liquidata a titolo di 

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PARTE I, SEZ. III, GIUlUSPRUDENZA CIVILE 

indenizzo dalla data di occupazione a quella di pagamento (Sez. Un., 
1� giugno 1964, n. 1356; Cass., 21 aprile 1964, n. 945; 18 giugno 1964, 

n. 1569; 12 giugno 1960, n. 1590; 23 agosto 1962, n. 2641; 16 maggio 
1962, n. 1105; 14 maggio 1962, n. 1002). 
Vero � che questa Corte Suprema na completato il detto principio, 
:stabilendo che il criterio della corresponsione degli interessi legali non 
~sclude il risarcimento di un maggiore pregiudizio che il proprietario 
dimostri di avere subito in dipendenza della indisponibilit� del bene 
stesso nel predetto periodo {Cass., 18 giugno 1964, n. 1569; 21 aprile 
1964, n. 945). 

Per altro, ci� non autorizza il ragionamento inverso della difesa 
,della ricorrente che non siano dovuti neanche gli interessi ove risulti 
�che la mancata disponibilit� del bene non ha arrecato al privato verun 
pregiudizio. 

Invero, essendo il pregiudizio in re ipsa, perch� qualunque bene � 
fonte per il suo proprietario di utilit� svariatissime, che sarebbe impossibile 
anche tentare di enumerare o semplicemente descrivere, l'ipotesi 
prospettata dalla ricorrente non � ammissibile. 

Gli interessi sono sempre dovuti indipendentemente dalla prova 
-del pregiudizio sofferto, che �, invece, necessaria soltanto nel caso in 
.cui si pretende un risarcimento in misura maggiore. 

Infondato, infine, � anche il terzo motivo con il �quale la ricorrente, 
.deducendo, in rapporto all'art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2043 e.e., 72 e 73 della legge . sulle espropriazioni 
25 giugno 1965, n. 2359, lamenta che la Corte di merito, nel liqui.-
Oare il danno, non abbia considerato che la illegittimit� della occupazione 
decorreva dalla fine del biennio e non dall'inizio dell'occupa:
zione stessa. 

Invero, se tale distinzione ha rilevanza, ove alla occupazione abu:
siva oltre il biennio sopravvenga la espropriazione, onde, in tal caso, al 
proprietario del bene spettano l'indennit� per occupazione temporanea 
legittima, l'indennit� di espropriazione ed il risarcimento del danno per 
il periodo relativo alla occupazione illegittima ed a tale ipotesi si rife:
riscono le decisioni citate, la distinzione stessa � senza esito nel caso 
.che il risarcimento del danno costituisca l'equivalente del bene, che 
lAmministrazione, non avendo completato la procedura di esproprio, 
sarebbe stata-in obbligo di restituire al privato, ove non fosse stato 
�occupato e trasformato dall'opera pubblica. 

In tal caso, come � stato ampiamente detto, il risarcimento � commisurato 
al valore venale del bene. 
Per le considerazioni su esposte, il ricorso deve essere rigettato. 


(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 2 agosto 1965 -Pres. Capozzi 


Est. Capasso -Marchitiello (avv.ti Zito, Marino) c. Amministra


zione FF. SS. (avv. Stato Carusi). 


Giudizio civile e penale -Lesioni personali -Sentenza penale 
irrevocabile di condanna -Giudizio civile di liquidazione del 
danno -Preclusione nascente dal giudicato penale sulla 
� sussistenza del fatto � -Portata. 
(c.p.p., art. 27). 

Per danni posteriori alla sentenza penale irrevocabile di condanna,. 
dei quali il giudice civile pu� conoscere senza violare il giudicato, 
devono intendersi solo quelli sopravvenuti e diversi e non gi�, nel caso 
di lesioni personali, i postumi gi� esistenti alla data della pronunzia 
del giudice penale e da questi non riconosciuti (1). 

I 
' 

{Omissis). -Nel merito va osservato che il diritto della istante ili 
al risarcimento del danno cagionatole dal fatto reato, oggetto della 
sentenza penale di condanna {ora giudicato) del pretore di Nocera 
Inferiore del 20 gennaio 1958, si fonda sul disposto dell'art. 27 del 
codice di rito penale. 

Detta norma, come � noto, attuando il principio dell'unit� della 

giurisdizione, attribuisce alla sentenza penale irrevocabile di condanna 

il valore di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni ed il risarci


mento del danno quanto alla sussistenza del � fatto �. 

Ora, nella nozione di fatto devono ritenersi compresi tutti gli ele


menti materiali costitutivi del reato, nella sua entit� concreta, che il 

giudice penale deve necessariamente tenere presenti ai fini del giudizio 

di responsabilit� e dell'applicazione della pena. Da tale principio, ormai 

pacifico in dottrina e giurisprudenza, si trae che nessun vincolo � posto 

al giudice civile per raccertamento dei danni che non si concretano 

nell'evento lesivo del reato; laddove, quanto ai danni che si sostanziano 

nella lesione del bene penalmente tutelato, la sentenza irrevocabile di 

(1) Cfr. Cass., 4 maggio 1954, n. 1377, Giust. civ., 1954, 1034: �La sentenza 
penale irrevocabile di condanna, a norma dell'art. 27 c.p.p., ha autorit� 
di cosa giudicata anche in ordine alle conseguenze dannose derivanti dal reato e, 
quindi, nel successivo giudizio civile di liquidazione del danno, non pu� discutersi 
circa la maggiore gravit� o minore entit� delle lesioni personali accertate in sede 
penale, salvo che si tratti di conseguenza dannosa verificatasi dopo la sentenza 
penale �; v. anche Cass., 11 dicembre 1957, .n. 4655, Giust. civ., Mass. Cass., 1957 ~ 
1764. Sulla portata della condanna al risarcimento del danno definitivamente liquidato 
v., poi, Cass., 20 luglio 1965, n. 1653, in questa Rassegna, 1965, I, 723 ed ivi 
nota di riferimenti di dottrina e giuriprudenza. 

PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 733 

condanna ha autorit� di �cosa giudicata in ordine alla sussistenza del 
fatto in tutti i suoi particolari elementi costitutivi accertati e ritenuti 
nel giudizio penale. 

Cos�, in tema di lesioni, se in una sentenza penale irrevocabile 
di condanna sia rimasto accertato che esse abbiano prodotto una 
malattia per un certo tempo, anche questa durata rientra nel fatto 
accertato e nella cosa giudicata, e non pu� essere ulteriormente valutata 
nel giudizio civile di liquidazione del danno. Il testo legislativo 
(art. 27 c.p.c.) consente soltanto l'accertamento dei nuovi effetti dannosi 
verificatisi dopo la sentenza penale, oltre quelli dal giudice penale 
vagliati e tenuti presenti. 

E la questione, se per danni posteriori alla sentenza, dei quali il 
giudice civile pu� conoscere senza violare il giudicato, debbasi intendere 
solo quelli sopravvenuti e diversi o anche le conseguenze della 
medesima causa verificatesi posteriormente al giudizio penale, deve 
risolversi nel senso che l'accertamento civile pu� avere ad oggetto solo 
i primi e non anche le seconde. 

Invero, secondo il chiaro disposto della norma, gli ulteriori effetti 
dannosi devono essersi verificati successivamente alla sentenza penale, 
cio� devono essere insorti in tempo successivo, perch�, se si tratta di 
postumi, gi� esistenti alla data della pronunzia di tale sentenza, ma 
non riconosciuti dal giudice penale, un ulteriore accertamento non pu� 
essere esperito dal giudice civile senza che si verifichi violazione del 
giudicato (Cass., 11 dicembre 1957, n. 4655; 23 novembre 1954, n. 4299). 

La continuazione di un processo morboso, gi� ritenuto chiuso dal 
giudice penale, non rientra, dunque, nella nozione di nuove conseguenze, 
perch� non di danno nuovo si tratta, bens� della medesima 
situazione lesiva, non suscettibile, come tale, di diversa valutazione da 
parte del giudice civile. 

Ora, nel caso di specie, la istante, oltre al risarcimento dei danni 
derivatile dal fatto lesivo oggetto del giudicato penale, ha chiesto anche 
l'attribuzione di quelli successivi al giudicato medesimo, adducendo 
{vedi atto di citazione) " la permanenza delle sofferenze, purtroppo 
immutate, nonostante gli anni decorsi e le continue e dispendiose cure 
cui si � assoggettata �; ma, con ci�, ad evidenza pone, come fatto 
generatore degli ulteriori pretesi danni, la protrazione di quegli stessi 
postumi, che, invece, vennero categoricamente esclusi dal giudice 
penale. 

Con la. sentenza del 20 gennaio 1958 (vedi copia in prod. delle 
parti) fu, infatti, ritenuto che la Marchitiello guar� dalle lesioni riportate 
in giorni quaranta senza postumi, osservandosi, nella parte motiva, che 
il tentativo di accollare all'imputato le conseguenze di una sinupatia 
frontale cronica, da cui essa era affetta da vecchia data, era stato fru




734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strato dalle chiare affermazioni contenute nella perizia d'ufficio, redatta 
dallo specialista in malattie nervose dott. Gangero. 
Nessun dubbio, quindi, che l'�ccertamento di quei postumi, gi� 
esclusi dal giudice penale, non possa aver luogo in questa sede. 

E, che si tratti delle stesse conseguenze, di cui si pretendeva il 
riconoscimento con la sentenza penale, alla quale sarebbero preesistite, 
risulta dalla documentazione sanitaria esibita, comprovante che la Marchitiello, 
sia precedentemente che dopo il giudicato, e senza soluzione 
di continuit�, adott� le medesime cure per i postumi che pretendeva 
e pretende esserle derivati dalle riportate lesioni (vedi cert. in data 
29 settembre� 1959 �e 5 novembre 1959 dei dottori Goffredo e Giuseppe 
Torre; ricette mediche relative agli anni dal 1955 al 1959, in prod. attr.). 

Deve, pertanto, respingersi la richiesta di consulenza tecnica perch� 
l'eventuale riconoscimento di postumi sarebbe irrilevante ai fini della 
attribuzione di risarcimento per danni successivi alla sentenza penale 
irrevocabile. 

Per questo capo, dunque, la domanda va rigettata. -(Omissis). 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPJ\UDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 novembre 1964, n. 23 -Pres. 
Bozzi -Est. Tozzi -Di Marino (avv.ti Senatore, Santacroce) c. Prefetto 
di Salerno (avv. Stato Vitucci). 

Espropriazi�ne per p.u. -Dichiarazione di p.u. per legge -Primo 
atto del procedimento -Impugnazione autonoma -Omissione 
-Conseguenze. 

Quando la pubblica utilit� di una categoria di opere sia dichiarata 
per legge, � autonomamente impugnabile il primo atto del procedimento 
con il quale vengano individuati i beni da espropriare: tale � il 
provvedimento con il quale il Prefetto, ordinata resecuzione del piano, 
riconosce che le opere da effettuare rientrano nelle previsioni della 
legge, e dunque completa la dichiarazione legislativa di p.u. con la 
indicazione concreta delle espropriazioni da eseguire e dei lavori da 
effettuare. Per conseguenza la mancata impugnativa di quel primo atto 
rende inammissibile ogni censura, attinente alla dichiarazione di p.u., 
che venga successivamente sollevata in'sede di ricorso contro il decreto 
di espropriazione (1). . 

(1) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, SO aprile 1954, n. 402, Gittr. 
it., 1954, III, 169 e, pi� di recente, Cons. Stato, Sez. IV,.14 febbraio 1962, n. 188, 
Riv. giur. edilizia, 1962, I, 481.. In senso contrario, per quanto � dato intendere 
dalle massime, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, SO maggio 1962, n. S96, iv.i, 1962, I, 1115, 
e Cons. Stato, Sez. IV, 14 marzo 1961, n. 174, ivi, 1961, I, S67. Per la dottrina 
cfr. RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit�, Torino, 1964, 401 e segg.; per 
qualche riferimento, FIORI, In tema di redazione dei piani regolatori 'di zona da 
parte dei Consorzi per lo sviluppo. industriale, in questa Rassegna, 1964, I, 1111. 
Circa l'inammissibilit� della censura attinente alla dichiarazione di p.u. che 
sia proposta in sede di ricorso avverso il decreto di espropriazione, Cons. Stato, 
Sez. IV, 27 dicembre 196S, n. 954, Riv. giur. edilizia, 1964, I, 245, con nota 
di richiami. 

E:: interessante rilevare come la sentenza in� esame a sostegno della tesi accolta 
abbia fatto riferimento al noto problema della pref�ssione del termine di cui all'art. lS 
della legge del 1865 nei casi di dichiarazione di p.u. per legge, che � stato pure 
risolto nel senso che detta pref�ssione debba essere effettuata nell'atto amministrativo 
che d� inizio alla fase del procedimento di espropriazione: sul punto, cfr. di 
recente, Cons. Stato, Sez. IV, 4 marzo 1964, n. 106, in questa Rassegna, 1964, I, 536. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

736 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 aprile 1965, n. 349 -Pres. Polistina 
-Est. Landi -S.p.A. Adelphia Cinematografica (avv. Riccio) 

c. Ministero Turismo e Spettacolo (avv. Stato Lancia). 
Cinematografia -Eccezione di illegittimit� costituzionale del


l'art. 5 1. 21 aprile 1962, n. 161 -Infondatezza. 
(Cost., artt. 21 e 102; 1. 21 aprile 1962, n. 161, art. 5). 


Cinematografia -Opere vietate ai minori -Art. 9 d.P.R. 11 novembre 
1963, n. 2029 -Contenuto. 

(d.P.R. 11 novembre 1963, n. 202~, art. 9). 
� manifestamente infondata, sia in relazione alfart. 21 che alfart. 
102 della Costituzione, reccezione di illegittimit� costituzionale dell'art. 
5 della legge 21 aprile 1962, n. 161, che subordina al parere delle 
apposite commissioni amministrative rammissione di minori agli spettacoli 
cinematografici (1). 

L'art. 9 d.P.R. 11 novembre 1963, n. 2029, stabilendo che nelle 
ipotesi ivi considerate le opere cinematografiche (o teatrali) debbano 
essere vietate in ogni caso ai minori, non ha gi� inteso prescrivere che, 
ove quelle ipotesi non si verifichino, il divieto sia illegittimo; pertanto 
la proibizione pu� essere egualmente disposta quando alla medesima 
conclusione si possa correttamente pervenire attraverso la valutazione 
di merito dell'opera considerata (2). 

(1) Nulla in termini. In dottrina, cfr. Fms, Censura, Enciclopedia del di~itto, 
Milano, 1960. Per la qualificazione come provvedimento amministrativo del parere 
delle Commissioni, cfr. Trib. Roma, 21 dicembre 1963, Riv. pen., 1964, Il, 559, 
con nota di VENDI'ITI. 
(2) Non risultano precedenti in termini. La massima sembra senz'altro da 
condividere, sol che si consideri che la fonte normativa del potere delle Commissioni 
rimane pur sempre l'art. 5 della legge n. 161 del 1962, rispetto alla quale 
la norma dell'art. 9 si pone in funzione di regolamento di attuazione, e dunque 
in posizione meramente sussidiaria. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28aprile1965, n. 384 -Pres. De Marco 
-Est. Landi-Ballerini (avv. Dallari) c. Ministero Tesoro (avv. Stato 
Casamassima). 

Impiego pubblico -Impiegato pubblico -Cumulo tra pensione e 
trattamento di attivit� -Art. 14 1. 12 aprile 1949, n. 149 e .'

' 

successive modifiche -Abrogazione 

Impiego pubblico -Impiegato pubblico 
trattamento di attivit� -Divieto costituzionale 
-Infondatezza. 

-Esclusione. 

I' 
. 

~ 

-Cumulo tra pensione e 
Eccezione di illegittimit� 

' 

I. 
. 

~ 

~ 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 737 

Impiego pubblico -Impiegato pubblico -Indennit� integrativa 

ex art. 2 I. 27 maggio 1959, n. 324 -Cumulo -Divieto -Ecce


zione di illegittimit� _costituzionale -Infondatezza. 

Impiego pubblico -Impiegato pubblico -Cumulo tra pensione e 
trattamento di attivit� -Divieto -Applicabilit�. 

(Cost., artt. 2, 3, 4, 35, 36 e 37; 1. 12 aprile 1949, n. 149, art. 14; 1. 8 aprile 
1952, n. 212, art. 14; 1. 15 febbraio 1958, n. 46; 1. 27 maggio 1959, n. 324, art. 2). 

L'art. 14 della legge 12 aprile 1949 n. 149, successivamente modificato 
con l. 8 aprile 1952 n. 212, non � stato abrogato per effetto della 
legge 15 febbraio 1958 n. 46, contenente � nuove norme sulle pensioni 
ordinarie a carico dello Stato �, la quale ha sostituito solo parzialmente 
le disposizioni preesistenti (1). 

� manifestamente infondata l'eccezione di illegittimitd costituzionale 
dell'art. 14 l. 12 aprile 1949 n. 149, e successive modifiche, che 
prevede il divieto di cumulo tra pensione e trattamento di nuova attivit� 
per impiegati pubblici, sia in relazione agli artt. 4, 35, 36 e 37 che 
agli artt. 2 e 3. della Costituzione {2). 

In relazione alle stesse norme della Costituzione � manifestamente 
infondata l'eccezione di illegittimit� costituzionale dell'art. 2 l. 27 maggio 
1959 n. 324 in quanto vieta il cumulo dell'indennit� integrativa 
speciale, spettante per il titolo della pensione e per quello di attivit� 
di servizio (3). 

Il divieto di cumulo di cui all'art. 14 l. 12 aprile 1949 n. 149 concerne 
non soltanto il cumulo di pensione e trattamento di attivit� 

(1) Non risultano precedenti in termini. La massima non pu� non essere 
condivisa. 
(2-3) Circa il preteso contrasto dell'art. 14, 1. 12 aprile 1949, n. 149 con gli 
artt. 4, 35, 36 e 37 della Costituzione, l'infondatezza dell'eccezione di illegittimit� 
c�stituzionale, sollevata con l'ordinanza 3 aprile 1962 del Cons. di Stato, Sez. IV 
(Foro it., 1963, III, 48), risultava gi� dalla decisione 22 giugno 1963, n. 105 della 
Corte Costituzionale (ivi, I, 1527). In precedenza il Consiglio di Stato aveva dichiarato 
la non manifesta infondatezza della eccezione con la sentenza 27 luglio 1962, 

n. 490, della IV Sezione, Foro amm., 1962, I, 954, e Riv. giur. lav., 1962, Il, 633, 
con nota di CALABR�. Intervenuta la decisione della Corte Costituzionale, il Consiglio 
di Stato vi si adegua con la sentenza in rassegna. 
Risulta, invece, del tutto nuova la questione di legittimit� della norma in 
questione con riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. Sotto il primo profilo, il Consiglio 
di Stato ha esattamente osservato che i � diritti inviolabili " garantiti �dall'art. 2 
sono unicamente quei diritti naturali e fondamentali dell'uomo che -in una 
prospettiva alquanto giusnaturalistica -possono considerarsi come anteriori alla 
posizione dell'ordinamento: tale non �, per certo, il diritto a pensione, che rappresenta 
una creazione positiva del singolo ordinamento. Quanto alla censura di viola




738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

corrisposti dal medesimo ente pubblico, ma anche quello di trattamenti 
corrisposti da due diversi enti, e si riferisce sia ai trattamenti di 
attivit� per impiegati di ruolo sia a quelli per dipendenti non di ruolo 

o in periodo di prova o di esperimento {4). 
(Omissis). -:� infondata la tesi dell'abrogazione dell'art. 14 delle 
leggi 12 febbraio 1949 n. 149 ed 8 aprile 1952 n. 212, per incompatibilit� 
con la legge 15 febbraio 1958 n. 46, contenente � nuove norme 
sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato �. Tale ultima legge ha 
sostituito solo parzialmente quelle preesistenti, concernenti la materia 
stessa; e le disposizioni che si vorrebbero abrogate non possono ritenersi 
incompatibili, perch� disciplinano l'ipotesi del cumulo tra pensione 
e trattamento d'attivit�, di cui la legge sopravvenuta non si 
occupa. 

La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 14 I. 12 aprile 
1949 n. 149, modificato dall'art. 141. 8 aprile 1952 n. 212, � stata dichiarata 
infondata dalla Corte Costituzionale (sent. 22 giugno 1963, n. 105) 
con riferimento agli artt. 4, 35, 36 e 37 Cost.; e pertanto in questa sede 
debbono ritenersi manifestamente infondati i profili svolti dal ricorrent� 
in rapporto agli artt. 4 e 36 cit. 

Restano da esaminare le doglianze relative all'asserito contrasto tra 
le .norme legislative surrichiamate, e gli artt. 2 e 3 Cost. 

I � diri~ti inviolabili� dell'uomo, garantiti dall'art. 2, non sono gi� 
i � diritti soggettivi perfetti � o i � diritti quesiti �, bens� i diritti naturali 
e fondamentali dell'uomo, cio�, talmente inerenti alla natura ed 
alla persona umana, che questa deve portarli con s� dovunque, e vederli 
rispettati in qualsiasi ordinamento. Il diritto a pensione non � un prius 
rispetto a qualsiasi ordinamento, bens�, una creazione positiva del 
singolo ordinamento. Il concetto, poi, di diritto quesito, non costituisce 

zione dell'art. 3, � ormai un dato acquisito dell'elaborazione giurisprudenziale che 
il principio di eguaglianza di fronte alla legge non vada inteso come esigenza di 
parit� assoluta. Su questi presupposti l'infondatezza della questione proposta risulta 
di tutta evidenza. 

(4) Sul punto che il divieto di cumulo si riferisca anche alle ipotesi di doppio 
trattamento corrisposto da enti diversi, purch� pubblici, cfr. Cons. Stato, Ad. gen., 
8 maggio 1958, n. 159, Consiglio di Stato, 1958, I, 287; Cons. Stato, Sez. IV, 
20 dicembre 1961, n. 748, ivi, 1961, I, 2136. Circa l'estensione del divieto a 
dipendenti non di ruolo, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 24 giugno 1960, n. 686, Foro 
amm., 1960, I, 777, con nota di CANNADA-BARTOLI. Per la caratterizzazione degli 
estremi di fatto che individuerebbero il rapporto impiegatizio in relazione alla 
norma in esame, Cons. Stato, Ad. gen., 29 marzo 1962, n. 321, Consiglio di Stato, 
1964, I, 1868. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 739 

un principio di diritto costituzionale, ma concerne la successione temporale 
delle norme giuridiche, e l'eventuale conservazione delle posizioni 
giuridiche precostituite: ora, non esiste nella Costituzione una 
norma che prescriva, come si esprime il ricorrente, la � intangibilit� � 
dei diritti, cio� che vieti al legislatore ordinario di modificare, limitare 

o ritogliere, con una norma sopravvenuta, un diritto riconosciuto da 
una norma anteriore. 
La censura di violazione dell'art. 3, secondo il ricorrente, troverebbe 
conforto in un passo della motivazione della citata sentenza della 
Corte Costituzionale. In verit�, il testo si inizia con le parole � Particolarmente 
le parti private hanno insistito sul fatto che l'imposizione 
del limite... crea notevoli disparit� ... �, e quindi non esprime il pensiero 
della Corte, ma riassume quello delle parti; e la conclusione � sarebbe 
certamente opportuno che il legislatore portasse la propria attenzione 
su tali sperequazioni � contiene un apprezzamento di merito su taluni 
difetti delle norme legislative, ma non si pu� interpretare come indicativa 
di un vizio di costituzionalit�. Sta di fattp, che il contrasto tra 
le leggi limitative del cumulo di pensione, e l'art. S, non � stato esaminato 
ex professo dalla Corte, e la questione deve essere quindi delibata 
in questa sede. 

La Sezione, peraltro, � d'avviso che la soluzione deUa controversia 
sia gi� implicita nelle altre considerazioni . della sentenza citata. Il principio 
di eguaglianza di fronte alla legge, sancito dall'art. S, non corrisponde 
alla �parit� assoluta�, ci� che, se fosse vero, renderebbe impos~ 
sibile lesercizio della funzione legislativa, che impone anzi di dettare 
norme differenziate in relazione alla molteplicit� delle situazioni, oggettive 
e soggettive, che vanno disciplinate nell'interesse generale; ma vieta 
soltanto le differenziazioni arbitrarie, fondate sul sesso, la razza, la 
lingua, la religione, le opinioni politiche, le condizioni personali e 
sociali, intese a favorire o a porre in condizioni deteriori l'individuo 
che abbia o non abbia talune di quelle qualit�; o in altri termini, le 
differenziazioni che non trovino una giustificazione nella natura stessa 
dei rapporti che si vogliono regolare. La Corte Costituzionale ha implicitamente 
escluso la violazione del principio d'eguaglianza, quando, sia 
pure a proposito dell'art. 36, ha rilevato che Ǐ proprio della natura 
della pensione, in correlazione alla funzione che essa assolve, di collegarsi 
nell' an e nel quantum alla particolare situazione personale e familiare 
degli aventi diritto �; mentre il godimento d'un trattamento di 
attivit� viene � quanto meno a ridurre lesigenza previdenziale (per 
natura variabile da situazione a situazione) in funzione della quale la 
provvidenza pensionistica fu predisposta �. Si pu� concludere che non 
sono situazioni eguali, e quindi ingiustificatamente discriminate, quella 
del pensionato che trae i propri mezzi di vita esclusivamente dal trat




740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tamento di quiescenza, e quella del pensionato che continua a svolgere 
un'attivit� lavorativa retribuita, perch� � proprio della pensione adeguarsi 
alle situazioni personali e familiari dei beneficiari. E non v'� 
nemmeno differenziazione arbitraria tra il pensionato dipendente pubblico, 
colpito dal cumulo, ed il pensionato che esercita una libera 
professione, o contrae un rapporto di lavoro o d'impiego privato, che 
continua a percepire fintero trattamento: il divieto di cumulo non ha 
infatti una funzione punitiva o repressiva, contro il pensionato che si 
dedichi ad attivit� lavorativa retribuita, ma � diretto soltanto a contenere 
l'onere delle pensioni gravanti sulle finanza pubblica, quando il 
pensionato tragga altri mezzi di vita dalla retribuzione parimenti gravante 
sulla finanza pubblica. 

Pertanto, anche le questioni di costituzionalit� fondate sull'asserita 
violazione degli artt. 2 e 3 vanno dichiarate� manifestamente infondate. 

Gli stessi motivi d'illegittimit� costituzionale sono stati dedotti a 
proposito dell'art. 2 1. 27 maggio 1959, n. 324, in quanto vieta il cumulo 
dell'indennit� integrativa speciale spettante per il titolo della pensione, 
e per quello d'attivit� di servizio. Le considerazioni svolte pi� sopra 
valgono del pari a questo proposito; e quindi anche tale ulteriore questione 
di costituzionalit� devesi dichiarare manifestamente infondata. 

Ci� premesso, la Sezione pu� procedere all'esame delle varie censure, 
concernenti l'impugnato provvedimento del Ministero del Tesoro. 

L'art. 14 1. 12 aprile 1949 n. 149 concerne non soltanto il cumulo 
di pensione e trattamento di attivit� corrisposti dal medesimo ente pubblico, 
ma anche quello del cumulo di trattamenti corrisposti da due 
diversi enti, entrambi pubblici: tale interpretazione � ormai pacifica, 
e non viene addotto alcun argomento che possa indurre a riesaminarla. 
La norma � rivolta infatti a ridurre l'aggravio della finanza pubblica, 
intesa con riferimento al complesso degli enti che da essa traggono i 
mezzi, e non gi� laggravio della finanza di ciascun ente singolarmente 
considerato. 

Gli emolumenti corrisposti dagli enti pubblici sono sempre gravati 
dalle ritenute erariali, �quando la legge espressamente non li esoneri. 
Si tratta d'un �principio generale di diritto finanziario, in quanto i redditi, 
comunque ed a qualsiasi titolo percepiti, sono soggetti ai relativi 
tributi. 

Infine, la legge non distingue tra i trattamenti d'attivit� corrisposti 
per gli impieghi di ruolo o' stabili, e quelli dei dipendenti non di ruolo 

o in periodo di prova o d'esperimento. La ragione posta a base del 
divieto di cumulo non ha riguardo allo stato giuridico, che il dipendente 
assume presso lente pubblico cui presta la sua attivit�, ma semplicemente 
al fatto della percezione continuativa dell'emolumento. (
Omissis). 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 741 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 385 -Pres. De 
Marco, Est. Tozzi-Bolognese (avv.ti Amendola, Sorrentino) c. Ministero 
Turismo e Spettacolo (avv. Stato Vitucci) e Barattolo (n.c.). 

Alberghi -Gestione diretta del locatore -Nulla osta di cui all'art. 6 

I. 2 marzo 1963, n. 191 -Capacit� professionale -Nozione. 
La capacit� professionale, di cui all'art. 6 della legge 2 marzo 1963, 

n. 191, non deve essere interpretata come capacit� specifica ad esercitare 
il mestiere di albergatore bem1, come capacit� di organizzazione 
-imprenditoriale in genere: pertanto, il nulla osta previsto da detta norma 
deve essere concesso al locatore che pur non avendo mai esercitato 
attivit� alberghiera dia sicuro affidamento, per la capacit� dimostrata 
in altri settori, che l'albergo sar� gestito con criteri di sana ammini.
strazione {1). 

(1) Non risultano precedenti in termini. Circa il preminente rilievo del pubblico 
interesse nella materia de qua, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 dicembre 1964, 
n. 1382, Consiglio di Stato, 1964, I, 2153. . 
La massima suscita perplessit�. Proprio in considerazione della ratio della 
norma, che la stessa sentenza individua non gi� nell'intento di favorire il proprietario 
dell'immobile bens� nell'esigenza, di pubblico interesse, di promuovere l'industria 
alberghiera, sembrerebbe pi� coerente subordinare il rilascio del nulla osta all'ac-
certamento di una specifica competenza del richiedente. E, d'altra parte, l'affermazione 
che questi pu� sempre farsi coadiuvare nella gestione dell'albergo da persona 
<li sicura pratica del ramo alberghiero � di quelle che provano troppo, giacch� 
.su questa strada si potrebbe concludere con l'esclusione anche di quella pur generica 
capacit� imprenditoriale richiesta dal Consiglio di Stato, posto che qualsiasi 
persona, pur se priva di qualsiasi esperienza commerciale, pu� avere quel minimo 
<li accortezza necessaria per farsi coadiuvare da un esperto. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 maggio 1965, n. 404 -Pres. De 
Marco ~ Est. Fragomeni-Bartoli (avv. Prosperi) c. Ministero Affari 
Esteri (avv. Stato Gentile). 

Impiego pubblico -Decadenza dall'impiego per mancata assunzione 
del servizio -Parere del Consiglio di amministrazione Contenuto. 


(d.P.R. IO gennaio 1957, n. 3, art. 127, lett. e). 
Il parere del consiglio di amministrazione, richiesto per pronunciare 
la decadenza dall'impiego per mancata assunzione (o riassunzione) 
del servizio entro il termine prefisso, deve sostanziarsi in una pronuncia 
che non tanto abbia riguardo alla constatazione del fatto obbiettivo 
della mancata assunzione (o riassunzione), ma anche e soprattutto 
esprima la valutazione dell'organo consultivo circa la sussistenza del 

li 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

742 

presupposto soggettivo della volontariet� delr abbandono del servizio,, 
considerando tutti gli elementi che caratterizzano situazioni del genere, 
particolarmente quando, come nella specie, l'interessato denunci specifici 
motivi di impedimento alla esecuzione dell'ordine ricevuto (1)~ 

(1) La massima � in connessione con l'affermazione che nell'ipotesi dell'art. 127, 
lett. e) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 la decadenza dall'impiego non possa essere� 
ritenuta ipso iure in relazione al fatto obiettivo della mancata assunzione o riassunzione 
del servizio nel termine prefisso, e che la dichiarazione di decadenza non sia un 
atto amministrativo dovuto, ma abbia un contenuto di discrezionalit� amministrativa,. 
nell'esercizio della quale l'Amministrazione � tenuta, volta a volta, a compiere gli 
acce.rtamenti e le valutazioni che i singoli casi richiedono (cos� Cons. Stato, Sez. IV, 
20 maggio 1960, n. 503, Consiglio di Stato, 1960, I, 897). In questo ordine di idee 
numerose volte il giudice amministrativo ha ritenuto la necessit� di specifici accertamenti 
sulle cause di impedimento del dipendente (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 
11 marzo 1964, n. 226, ivi, 1964, I, 556; Cons. giust. amm. sic., 7 giugno 1963,. 
n. 146, ivi, 1963, I, 1121). Per quanto concerne la volontariet� dell'assenza, una 
soluzione pi� rigorosa di quella adottata con la decisione in rassegna trovasi in 
Cons. Stato, Sez. IV, 31 ottobre 1961, n. 515, ivi, 1961, I, 1610, dal quale sembra 
possibile desumere che la volont� di non prestare servizio sarebbe insita nel comportamento 
omissivo del soggetto. � 
Per qualche riferimento, cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 10 gennaio 1964~ 

n. 465, in questa Rivista, 1964, I, 932. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 maggio 1965., n. 405 -Pres. 
De Marco -Est. Napolitano -Comune di Bollate (avv. Locati) 

c. Ispettorato M.C.T.C. per la Lombardia {avv. Stato Mataloni) 
nonch� Soc. Autoservizi Grattoni s.p.a. {avv. Gismondi) e Soc. Ferrovie 
Nord Italia (n.c.). 
Concessioni amministrative -Autolinee -Conflitto di competenza 
tra l'Ispettorato compartimentale m.c.t.c. e il Comune inte


ressato -Interesse al ricorso di quest'ultimo -Sussistenza.. 

Concessioni amministrative -Autolinee urbane ed interurbane Competenza 
-Determinazione -Criteri. 

Poich� l'Amministrazione comunale ha un interesse sostanziale a 
far valere la competenza attribuitale dalle vigenti disposizioni in materia 
di concessione di pubbliche autolinee, deve ritenersi ammissibile 
il ricorso con il quale un Comune impugna il provvedimento delrlspettorato 
della motorizzazione ctvile e dei trasporti in concessione, con if 
quale viene autorizzato l'esercizio di una autolinea interessante il territorio 
del Comune stesso {l). 

I

(1) Cfr. nello stesso senso, per l'analoga fattispecie del ricorso avverso il 
provvedimento che autorizza l'intensificazione stagionale di una autolinea interfe-

I 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 743 

A' sensi delfart. 46 d.P.R. 28 giugno 1955 n. 771, mentre f Amministrazione 
comunale � competente ad accordare concessioni di autoservizi 
che si svolgano interamente nelfambito del territorio del 
Comune, appartiene alla competenza delflspettorato compartimentale 
della motorizzazione civile il provvedere alla concessione di autolinee 
relative al collegamento di diversi Comuni {2). 

rente nel percorso del servizio filoviario svolgentesi in territorio comunale, Cons. 
Stato, Sez. VI, 22 gennaio 1964, n. 39, Foro it., 1964, III, 104. 

(2) La massima non p�� non essere condivisa trattandosi di puntuale applicazione 
dell'art. 46 d.P.R. 28 giugno 1955, n. 771, il quale ha sostituito l'art. 2 
della 1. 28 settembre 1939, n. 1822, e deve ormai considerarsi l'unica fonte normativa 
regolatrice della materia, non essendo richiamabili nella specie n� l'art. 131 
del t.u. della legge comunale e provinciale del 1915, n� gli artt. 1, n. 4 e 15 r.d. 
15 ottobre 1925, n. 2578. Nello stesso senso della decisione in rassegna il Consiglio 
di Stato si era gi� espresso con le pronunce 23 ottobre 1963, n. 782, Consiglio di 
Stato, 1963, I, 1460 e 25 ottobre 1961, n. 793, Foro it., 1962, III, 16: conforme 
� il parere della II Sezione, 30 aprile 1958, n. 333, Foro it., Rep., 1958, voce: 
automobili (serv.) n. 33. Cfr. pure Cons. Stato, Sez. IV, 30 ottobre 1957, n. 984, 
ivi, 1957, voce: sindaco n. 31, e Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 1958, n. 2, ivi, 
1958, voce: automobili (serv.) n. 15. Per qualche riferimento ai poteri del Ministro 
dei trasporti in relazione alla competenza degli Ispettorati compartimentali, secondo 
la circolare 12 novembre 1955, n. 510, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 1964, 
n. 1002, Consiglio di Stato, 1964, I, 1444. 
Per la dottrina, ROMANO, La disciplina delle autolinee in regime di conce~ 
sione, Ammin. it., 1956, 585 e segg. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 420 -Pres. 
De Marco -Est. Potenza -Raparelli (avv. Donato) c.� Ministero 
Difesa-Aeronautica (avv. Stato Vitucci). 

Atto amministrativo -Promozione per merito di guerra -Diniego 
-Obbligo di motivazione -Non sussiste. 

Atto amministrativo -Manifesta ingiustizia del provvedimento Sindacato 
di merito -Inammissibilit� della relativa censura. 

A' sensi delfart. 97 r.d.l. 28 gennaio 1935 n. 314, integrato dalla 
legge 26 gennaio 1942 n. 148, non sussiste obbligo di motivazione per i 
provvedimenti di promozione per merito di guerra dei sottufficiali delf 
Aeronautica (1). 

(1) Durante l'illtimo conflitto la disciplina del procedimento per conferire �ai 
militari dell'Aeronautica la promozione per meriti di guerra escludeva in termini 
espliciti che le Commissioni, chiamate a valutare le proposte, dovessero esporre i 
motivi per i quali esprimevano il loro giudizio (art. 97 del r.d.l. 28 gennaio 1935, 
n. 314, con la modifica di cui alla I. 26 gennaio 1942, n. 138). 

744 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non � ammissibile, in sede di ricorso di legittimit�, quella censura 
che, sotto la formula della manifesta ingiustizia, deduca in realt� un 
difetto del provvedimento che involge una sfera di valutazioni discrezionali 
(2). � 

Entrata in vigore la legge 12 novembre 1955, n. 1137, il sistema � stato 
mutato. Per l'art. 134 il potere di decidere sulla propo~ta spetta al Ministro, 
mentre le Commissioni di avanzamento esprimono solo un parere. Nella specie 
veniva in discussione la legittimit� di un giudizio espresso nel 1949 e perci� 
non motivato. 

In un caso analogo il Consiglio di Stato aveva ritenuto illegittimo il giudizio 
della Commissione per essersi questa espressa sfavorevolmente su una proposta 
senza indicarne le ragioni {IV Sez., 25 ottobre 1961, n. 480). A tale decisione il 
ricorrente faceva richiamo. 

La decisione in rassegna ha ripudiato la precedente interpretazione, e -con 
.specifico richiamo alle norme che si trattava di applicare -ha riconosciuto �he il 
giudizio della Commissione, ancorch� non motivato, era legittimo. 

Sotto un diverso profilo, la decisione in esame ha pure escluso che la necessit� 
della motivazione potesse derivare dall'art. 113 della Costituzione, confermando 
l'orientamento prevalente secondo il quale non sussiste un generale obbligo di 
motivazione del provvedimento amministrativo: sul punto cfr.: RlvALTA, La motivazione 
degli atti amministrativi, Milano, 1960, 164; Juso, Motivi .e motivazione 
del provvedimento amministrativo, Milano, 1963, 56 e segg.; per la giurisprudenza 
cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 marzo 1963, n. 128, Cons. Stato, 1963, I, 416, e Cons. 
Stato, Sez. IV, 22 giugno 1962, n. 429, Giust. civ., 1962, Il, 289. 

(2) Puntuale applicazione di noti principi di teoria generale. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 426 -Pres. 
De Marco -Est. Gasparrini -Ceresa ed altri (avv.ti Bolleti e 
Zegretti) c. Ministero LL.PP. e Ministero Trasporti (avv. Stato 
Dallari) nonch� Comune di Torino (avv.ti Comba e Borda). 

Piano regolatore -Vincoli di zona e destinazione di aree a impianti 
di interesse pubblico -Indennizzabilit� -Esclusione. 

Piano regolatore -Piano finanziario -Redazione e approvazione Modalit�. 


Piano regolatore � Decreto di approvazione -Obbligo di notifica Non 
sussiste. 

Se, per effetto dell'entrata in vigore di un piano regolatore generale, 
unarea compresa nel piano risulti destinata a sede di impianti di pubblico 
interesse in modo tale che i proprietari non possano disporne in 
maniera che contrasti con la destinazione cui rarea � vincolata, detti 
vincoli, pur essendo immediatamente efficaci ed operativi non costituiscono 
espropriazione (mancando il trasferimento coattivo delfim




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 745 

mobile dalfuno alfaltro soggetto) n� imposizione di servit� (mancando 

la costituzione di un diritto reale a favore di altro fondo), e pertanto 

non sono indennizzabili (1). 

Il piano finanziario, di cui agli artt. 18 e 30 della legge urbanistica~ 

non deve essere redatto ed approvato insieme al piano regolatore gene


rale, ma soltanto all'atto in cui il Comune delibera di procedere agli 

espropri (2). 

Nessun obbligo ha il Comune di notificare agli"interessati il decreto 

presidenziale di approvazione di un piano regolatore generale, essendo 

sufficiente il deposito del piano, a libera visione del pubblico, presso la 

Segreteria comunale (3). 

(1) La sentenza in rassegna, unitamente alle decisioni nn. 428 e 449 del 1965 
(di cui si omette la pubblicazione, perch� identiche a quella considerata), si inserisce 
in un orientamento giurisprudenziale che, malgrado le perplessit� manifestate dalla 
dottrina (cfr. D'ANGELO, In tema di disposizioni del p.r.g. immediatamente operative, 
Riv. giur. edilizia, 1961, I, 786), pu� dirsi ormai consolidato. Sul punto della irrlmediata 
operativit� delle prescrizioni di zona, cfr., di recente, Cons. Stato, Sez. V, 
31 gennaio 1964, n. 128, ivi, 1964, I, 465; Cons . .Stato, Sez. V, 22 novembre 1963, 
n. 959, ivi, 1964, 177; Cons. Stato, Sez. V, 26 giugno 1964, n. 825, ivi, 1964, 1231. 
Quanto alla non indennizzabilit� dei vincoli imposti con i piani regolatori, 
cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 1964, n. 161, ivi, 1964, I, 785. Con questa 
decisione e con la 25 marzo 1964, n. 156 della IV Sezione (Riv. giur. edilizia, 1964, 
I, 779, con nota di PALMA) il Consiglio di Stato ha altres� dichiarato la manifesta 
infondatezza della questione di legittirrlit� costituzionale degli artt. 7, 8, 9, 10, 11 
della legge urbanistica in relazione all'art. 42, terzo comma, della Costituzione. 
Limitatamente all'art. 7, nn. 2 e 3 di tale legge, l'eccezione di illegittimit� costituzionale 
� stata invece rimessa alla Corte Costituzionale dal Cons. Giust. Amm. 
Reg. Siciliana con l'ordinanza 10 febbraio 1964, n. 1, ivi, 1964, I, 456. 

(2) L'unico precedente in termini che risulta � la decisione 7 marzo 1962, 
n. 225, Riv. giur. edilizia, 1962, I, 457, con la quale il Consiglio di Stato ha ritenuto 
che il piano finanziario debitamente approvato debba corredare il progetto di 
piano particolareggiato. 
{3) Massima di evidente esattezza. Nello stesso senso, irrlplicitamente, Cons. 

o 

Stato, Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 149, Riv. giur. edilizia, 1963, I, 758. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 maggio 1965, n. 427 -Pres. 
De Marco -Est. Gasparrini -Carello ed altri (avv.ti Evangelista, 
Sacco e Menghini) c. Ministero LL.PP. e Ministero Trasporti (avv. 
Stato Dallari) e Comune di Torino (avv. Astuti). 

Piano regolatore -Pubblicazione sulla G.U. -Omissione -Conseguenze. 


Piano regolatore Approvazione precedente al piano regolatore 
intercomunale -Illegittimit� -Non sussiste. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

746 

Piano regolatore � Determinazione di zone . Sindacato giurisdi� 
zionale � Inammissibilit�. 

Piano regolatore � Osservazioni al progetto � Obbligo di specifica 
confutazione . Non sussiste. 

La pubblicazione di un p.r.g. sulla Gazzetta Ufficiale non � che 
-.na formalit� estrinseca, che non costituisce elemento essenziale ed 
integrale dell'atto; pertanto la sua eventuale omissione pu� essere invocata 
al fine della determinazione del termine utile per ricorrere ma non 
anche per chiedere l'annullamento del p.r. stesso {1). 

Poich� non � necessario che i piani regolatori intercomunali precedano 
nel tempo i piani regolatori generali dei singoli Comuni, non 
sussiste illegittimit� di quel piano comunale che sia stato approvato 
prima del relativo p.r. intercomunale {2). . 

Ogni indagine sull'uso che un Comune faccia della discrezionalit� 
tecnica attribuitagli dalla legge, nel procedere alla divisione in zone 
del proprio territorio, importa un giudizio di merito inammissibile in 
sede di ricorso di legittimit� {3). 

Poich� le osservazioni proposte dagli interessati in sede di pubblicazione 
del progetto di piano regolatore non sono ricorsi i quali richiedano, 
in caso di reiezione, una specifica motivazione, ma costituiscono 
un semplice apporto collaborativo dato dai cittadini alla formazione 
del piano, l'Amministrazione non � tenuta a confutarle una per una ed 
analiticamente (4). 

(1) Conforme Cons. Stato, Sez. IV, 6 febbraio 1959, n. 200, Riv. giur. edilizia, 
1959, I; 262. 
(2) Non risultano precedenti in termini. La massima sembra da condividere. 
{3) Massima di evidente esattezza che di~cende dalla natura di atto normativo 
del p.r.g. Sul punto cfr. D'ANGELO, Rassegna critica di giurisprudenza sui piani 
regolatori generali, Riv. giur. edilizia, 1961, II, 3, 25 e segg. 

(4) Cfr., nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 27 febbraio 1959, n. 269, 
Riv. giur. edilizia, 1959, I, 269; Cons. Stato, Sez. IV, 23 ottobre 1960, n. 1004, ivi, 
1960, I, 117; Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 1964, n. 156, ivi, 1964, I, 779. In 
dottrina, SPAGNUOLO VIGORITA, Rassegna di giurisprudenza sui piani di ricostruzione, 
ivi, 1958, II, 152 e segg. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 455 -Pres. 
De Marco -Est. Tozzi -Soc. ace. sempl. Paracchi (avv.ti Bodda, 
Zola e Contaldi) c. Ministeri LL.PP. e Trasporti (avv. Stato Agr�) 
e Comune di Torino (avv.ti Borda e Comba). 

Piano regolatore -Previsione di zona -Miglioramento di comu� 
nicazioni � Opportunit� . Sindacato -Inammissibilit�. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 747 

:Piano regolatore -Previsione di zona in funzione di molteplici 
scopi -Variante -Illegittimit� della previsione -Esclusione. 

La valutazione deli opportunit� di migliorare le comunicazioni gi� 
�esistenti, mediante una particolare previsione del piano regolatore, inve.
stendo il merito deliatto, non� pu� essere sindacata in sede di ricorso 
di legittimit� (1). 

Allorquando una previsione di piano regolatore sia in funzione e# 
molteplici scopi, la variante successivamente adottata, che faccia venir 
meno una di queste finalit�, non importa l'illegittimit� della previsione 
la quale continua pur sempre a mirare alla soddisfazione di altre esigenze 
pubbliche (2). 

(1) Massima di evidente esattezza. 
(2) Non constano precedenti in termini. 
�CONSIGLlO DI STATO, Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 457 -Pres. De 
Marco -Est. Urciuoli-Viva (avv.ti Flascassoviti, Gasparri) c. Ministero 
Grazia e Giustizia {avv. Stato Faranda). 

�Contratti pubblici -Esclusione dalla gara -Delega del relativo 
potere ad organi periferici ~ Esercizio diretto da parte del 
Ministero -Legittimit�. 

(Regolamento sqlla contabilit� generale dello Stato, art. 68). 

� �Contratti pubblici -Esclusione dalla gara -Forme del provvedimento 
-Libert� -Fattispecie. 

(Regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, art. 68). 

�Contratti pubblici -Esclusione dalla gara -Motivazione del provvedimento 
-Limiti. 

(Regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, art. 68). 

�Contratti pubblici 
-Esclusione dalla gara -Norma limitativa dell'obbligo 
di motivazione -Illegittiniit� -Esclusione. 
(Regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, art. 68; Cost., artt. 41, 
97, 111, 113; I. 30 marzo 1942, n. 511). 

La circostanza che il potere di escludere un concorrente da una 
,gara contrattuale sia stato demandato neliavviso aasta dal Ministero 
competente ad organi periferici (nella specie, Procure Generali), non 
pu� comportare di per s� delega privativa, in assenza di una espressa 
�.volont� in tal senso. Pertanto deve ritenersi legittimo il provvedimenta 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

748 

con il quale il Ministero, sostituendosi all'organo periferico, disponga 
direttamente l'esclusione di una ditta dalla gara (1). 

Poich� per i provvedimenti di esclusione dalle gare, adottati a sensi 
dell'art. 68, secondo comma, del regolamento di contabilit�, non sono 
previste forme particolari che possano condizionarne l'efficacia o la 
validit�, l'esclusione pu� essere disposta anche con telegramma (2). 

Il provvedimento di esclusione da una gara contrattuale, essendo 
un atto a contenuto fortemente discrezionale, non richiede una specifica 
motivazione, e ci� sia in relazione ad evidenti esigenze di ordine amministrativo, 
sia e prevalentemente nell'interesse degli stessi esclusi a che� 
non sia reso di pubblica ragione l'esito negativo degli accertamenti compiuti 
dalla P.A. (3). 

L'art. 68 del Regolamento di contabilit�, in quanto esclude l'obbligo 
di motivare i provvedimenti di esclusione dalle gare contrattuali, 
non � in contrasto con il sistema della legislazione f armale, ordinaria 
e costituzionale (4). 

(1) La massima fa esatta applicazione di noti principi. Cfr. in dottrina. 
CARusI, In tema di delegazior:ie amministrativa, in questa Rassegna, 1964, 700; 
GARGIULO, In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici, ivi, 1964, 539. 
(2) Non risultano precedenti in termini. 
(3) Nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 1954, n. 790, Giust. civ .� 
1955, II, 137; Cons. Stato, Sez. IV, 21 luglio 1949, n. 276, Riv. amm., 1950, 101. 
In dottrina, cfr. RoENRSSEN, I contratti della pubblica amministrazione, Bologna. 
1959, 132 e segg. 
(4) La questione era stata gi� risolta nello stesso senso, particolarmente in 
riferimento al preteso contrasto con l'art. 113 della Costituzione, dalla decisione 
21 genaio 1955, n. 132 della V Sezione, Foro amm., 1955, I, 2, 131. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 giugno 1965, n. 496 -Pres. De 
Marco -Est. Landi-Luserta (avv. Sorrentino) c. Ministero LL.PP., 
Ministero dei Trasporti e Ministero P.I. {avv. Stato Faranda) nonch� 
Comune di Caserta (n.c.). 

Demanio e patrimonio -Demanio artistico e storico -Piano regolatore 
generale -Vincolo di zona -Preventivo nulla-osta della 
Sovrintendenza ai monumenti -Illegittimit�. 

Poich� la legge urbanistica non prevede l'inserzione di provvedimenti 
discrezionali della P.A. nella concreta attuazione dei vincoli' 
di zona, che debbono essere stabiliti direttamente dal piano, � da ritenere 
illegittima quella prescrizione di p.r. che subordini il rilascio di 



PARTE I, SE'Z. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 749 

licenze di costruzioni, atte a trasformare l'assetto di una zona di interesse 
storico-artistico, al nullaosta della competente Sovrintendenza ai monumenti 
(1). 

(1) Sul punto specifico oggetto della decisione non risultano precedenti in 
termini. Con la decisione, Sez. VI, 22 gennaio 1964, n. 32 (in questa Rivista, 
1964, I, 918, con ampia nota di GARGIULO), il Consiglio di Stato ha confermato 
l'assoluta indipendenza del potere del Ministro della p.i. di imporre vincoli ai sensi 
dell'art. 21, I. 1� giugno 1939, n. 1089 dall'esistenza e dall'applicazione dei piani 
regolatori e dei regolamenti edilizi (per qualche riferimento al riguardo, cfr. Cons. 
Stato, Sez. VI, 23 ottobre 1963, n. 788, Riv. giur. ed., 1963, I, 1334; Cons. Stato, 
Sez. VI, 13 maggio 1964, n. 396, ivi, 1964, I, 881; in dottrina, MAZZAROLLI, I piani 
regolatori urbanistici, Padova, 1962, 353 e segg.). Circa l'autonomia della licenza 
edilizia comunale rispetto all'autorizzazione della Sovrintendenza cfr. anche SPADACCINI, 
Diritto edilizio speciale, Roma, 1962, 387 e segg., con ampie indicazioni 
della giurisprudenza. 
La decisione in rassegna si segnala per la particolare impostazione della 
motivazione che fa leva non tanto sul principio dell'autonomia dei due diversi 
procedimenti autorizzativi, quanto piuttosto sul concetto che il vincolo �di zona 
debba risultare in ogni sua modalit� direttamente dal piano regolatore, con previsioni 
di valore generico che prescindano dall'intervento caso per caso dell'autorit� 
amministrativa. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 149 -Pres. De Martino 
Rosaroll -Est. Pezzana -Soc. n. c. Biscotti Panettoni Colussi 
(avv.ti Allorio, Carboni) c. Ministero Commercio Estero (avv. Stato 
Peronaci). 

Giustizia amministrativa -Esecuzione di giudicato -Metti automatici 
della pronuncia di annullamento. . 
(t.u., 26 gennaio 1924, n. 1054, art. 27, n. 4). 

Dogana -Classificazione delle merci -Annullamento di provvedimento 
istitutivo di licenza di importazione -Formazione 
del giudicato -Irrilevanza. 

(Tariffa doganale, voce 19.02 a/" beta I e II). 

Non occorre alcuna specifica esecuzione da parte della p.a. della 
pronuncia del giudice amministrativo, con la quale sia stato annullato 
un provvedimento che subordini ad autorizzazione l'esercizio di una 
attiv.it� del privato, perch� in questo caso l'interessato pu� senz'altro 
esplicare l'attivit� stessa (1). 

(1) La massima � puntuale applicazione del princ1p10 secondo il quale il 
ricorso ex art. 27, n. 4 � proponibile soltanto ove sia riscontrabile una situazione 
di fatto in contrasto con i profili di diritto affermati con la pronuncia passata in 

750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il provvedimento, con il quale fAmministrazione, in -ottemperr.mza 
al giudicato amministrativo, abbia eliminato una voce doganale dalrelenco 
delle merci la cui importazione � sottoposta ad autorizzazione 
ministeriale, lascia impregiudicata ogni questione sulla classificazione 
in concreto delle merci, che dovr� essere fatta dai competenti uffici 
doganali secondo i consueti criteri merceologici {2). 

giudicato (cfr. ALIBRANDI, Giudizio di ottemperanza e motivazione della decisione, 
in questa Rassegna, 1965, II, 349, con indicazioni della dottrina). Sul punto della 
automaticit� dell'effetto ablativo della pronuncia di annullamento, cfr. Cons. Stato, 
Sez. VI, 23 ottobre 1963, n. 792, Foro it., 1964, III, 50. 

(2) La massima sembra interessante soprattutto per la implicita accettazione di 
quel noto orientamento che identifica loggetto del giudizio innanzi al giudice amministrativo 
nel provvedimento impugnato (cos�, Gu1cc1ARDI, La giustizia amministrativa, 
Padova, 1953,' 212 e segg.; ROMANO A., La pregiudizialit� nel processo 
amministrativo, 1958, 260 e segg.; CAssARINo, Le situazioni giuridiche e l'oggetto 
della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, 339 e segg.; in senso contrario, 
per�, cfr. PrRAs, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962, I, 
262 e segg.). 
In questo ordine di idee, infatti, il problema della classificazione della merce, 
di cui si tratta nella singola specie, rileva nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato 
unicamente al fine di stabilire la sussistenza dell'interesse a ricorrere, e dunque 
come presupposto che non � coperto dal giudicato. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 12 marzo 1965, n. 162 -Pres. Toro Est. 
Benvenuto -Maurizi (avv. D1Audino) c. Ministero industria e 
commercio, Prefetto di Roma (avv. Stato Ricci) e Soc. Esso Standard 
italiana (avv. Zanchini). 

Giustizia amministrativa -Provvedimento presidenziale decisorio 
di ricorso straordinario -Ricorso giurisdizionale -Organo 
legittimato a contraddire -Individuazione. 

Giustizia amministrativa -Silenzio rigetto -Mancata impugnativa 
-Successivo provvedimento-esplicito -Impugnativa -Preclusione 
-Esclusione. 

Ricorso straordinario -Alternativit� con il ricorso giurisdizionale 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 113; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 34, secondo e terzo comma). 

Nel ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento, emanato dal 
Presidente della Repubblica in sede decisoria di ricorso straordinario al 
Capo dello Stato, fAmministrazione � legittimata a contraddire non 
gi� a mezzo delfUfficio del Presidente della Repubblica, sibbene a 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 751 

mezzo di quel Dicastero, il cui titolare ha assunto �on la controfirma 
la responsabilit� dell'atto impugnato (1). 

La mancata impugnativa del silenzio qualificato, serbato dalr Amministrazione 
dopo la diffida dell'interessato, non � di per s� preclusiva 
della possibilit� di proporre ricorso contro ratto esplicito, ove questo 
venga successivamente emanato (2). 

� manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit� costituzionale, 
per contrasto con rart. 113 della Costituzione, del principio secondo 
il quale il ricorrente in sede straordinaria non pu� poi impugnare per 
errores in decidendo, con ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato, 
la decisione presidenziale a lui sfavorevole (3). 

{1) Nello stesso senso cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 1955, n. 461, 
Il Consiglio di Stato, 1955, I, 788, e Giust. civ., 1956, Il, 176. 

(2) Giurisprudenza costante: cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 3 maggio 1960, n. 8, 
Foro it., 1961, III, 41, e Giust. civ., 1961, Il, 189; Cons. Stato, Sez. VI, 15 marzo 
1961, n. 264, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 594, e Foro amm., 1961, I, 1059. 
(3) Con la sentenza lo febbraio 1964, n. l, la Corte Costituzionale (in questa 
Rassegna, 1964, I, n. 3) ha dichiarato la illegittimit� costituzionale del secondo e 
terzo comma dell'art. 34 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato in quanto �il 
procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente 
della Repubblica non assicura ai controinteressati la possibilit� della tutela 
giurisdizionale �. 
L'altro aspetto del problema, e cio� l'eventuale illegittimit� costituzionale del 
precetto dell'alternativa contenuta nell'art. 34 delle leggi del Consiglio di Stato. 
con riferimento alla posizione subiettiva del ricorrente, verr� esaminato dalla stessa 
Corte Costituzionale a seguito dell'ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione 
le quali hanno ritenuto non manifestamente infondata la questione. Contrasta con 
l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite attraverso. l'ordinanza pubblicata il 
17 febbraio 1965 (in questa Rassegna, I, 1059) la decisione annotata successivamente 
intervenuta, la quale si rif� ad argomentazioni disattese dalla Cassazione 
e riconosciute non fondate anche in sede dottrinale (cfr. CoNTI, Ancora sul(am;. 
missibilit� del ricorso straordinario al Presidente. della Repubblica (in questa 
Rassegna, 1962, 3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 247 -Pres. Aru Est. 
Manzari � -Compagnia industrie saccarifere S. Eufemia Lamezia 
{avv. Selvaggi) c. Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato 
Carafa). 

Atto amministrativo -Declaratoria di incostituzionalit� della 
norma presupposta -Rilevabilit� d'ufficio. 

Bench� in via di principio i vizi dell'atto amministrativo non siano 
rilevabili d'ufficio, tuttavia gli atti emanati in virt� di una norma successivamente 
dichiarata incostituzionale possono essere annullati dal Con




752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siglio di Stato anche in mancanza di una specifica istanza di parte: e ci� 
in vista della superiore esigenza di escludere che impedimenti di ordine 
processuale (quale la mancanza di una specifica deduzione) consentano 
che norme incostituzionali trovino ancora applicazione da parte del 
giudice {l). 

(Omissis). -Come accennato in narrativa, nelle more del giudizio 
la Corte costituzionale, con sentenza n. 35 del 24 giugno 1961 ha dichiarato 
fillegittimit� costituzionale della 1. 7 luglio 1959, n. 490, che attribuiva 
al Ministro per f agricoltura e le foreste, di concerto con il Ministro 
per findustria ed il commercio, la facolt� di determinare il programma 
annuale di coltivazione delle barbabietole da zucchero e le 
modalit� di attuazione del detto programma. Poich� fatto impugnato 
trovava il suo fondamento giuridico esclusivamente in tale legge, devesi 
preliminarmente esaminare quale incidenza abbia sul presente giudizio 
la predetta dichiarazione di incostituzionalit�, emessa a seguito di eccezione 
sollevata in altro processo. 

La questione dei limiti di efficacia della sentenza di accoglimento 
della Corte costituzionale non � nuova e non solo ha richiamato fattenzione 
della dottrina, ma � passata ripetutamente al vaglio della giurisprudenza 
sia di questo Consiglio che della Corte di Cassazione. L'intensa 
e approfondita elaborazione ha consentito di raccogliere un largo 
consenso di opinioni per lo meno sugli aspetti pi� generali del delicato 
problema. Cosl precisato che la cessazione di efficacia della norma 
dichiarata incostituzionale presenta caratteristiche proprie che non 
consentono di assimilarla ad istituti tradizionali ed, in. particolare, a 
quelli della abrogazione o dell'jus superveniens e che la forma illegittima 
per contrasto con la Costituzione, non pu� per questo qualificarsi 
nulla o inesistente, � stato chiarito: 

a) che la dichiarazione di illegittimit� costituzionale di una norma,. 
in quanto incide direttamente sull'ordinamento giuridico, opera erga 
omnes, cio� anche fuori dell'ambito del rapporto processuale in cui � 
stata invocata ed ottenuta; 

(1) Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato ha confermato l'orientamento 
espresso in Adunanza plenaria, 8 aprile 1963 n. 8, Il Consiglio di Stato, 
1963, I, 508 (per qualche riferimento cfr. anche Cass., 22 giugno 1963, n. 1707, 
Giur. it., 1963, I, 1, 1377). 
La massima non sembra da condividere. In precedenza la giurisprudenza aveva 
adottato diverse soluzioni, e cio�: 1) improcedibilit� del ricorso per inesistenza 
dell'atto emesso in virt� di norma .dichiarata incostituzionale (Cons. Stato, Sez. VI, 
10 febbraio 1960, n. 51, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 271); 2) cessazione della 
materia del contend�re, per essere l'atto che si impugna ormai privo di validit�. 
giuridica (Cons. giust. amm. sic.; 19 gennaio 1962, nn. 10 e 19, ivi, 1962, I, 174);: 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 753 

b) che la dichiarazione predetta ha efficacia ex tunc e non ex 
nunc, perch� l'accertato contrasto della norma con i precetti della 
Costituzione o di altra legge costituzionale risale al momento dell' entrata 
in vigore di quella, se posteriore, ed �, quindi, originario. E tale 
retroattivit� opera non solo nel giudizio in cui la questione di legittimit� 
costituzionale fu sollevata, ma, data l'efficacia erga omnes della 
pronuncia di incostituzionalit�, si estende a tutti i rapporti non ancora 
esauriti, altrimenti si verrebbe a determinare una disparit� di trattamento 
aggravata dalla circostanza che l'intervenuta dichiarazione di 
incostituzionalit� rende improponibile ex novo la questione incidentale 
rispetto alla medesima norma. Secondo la logica del sistema, l'inefficacia 
della norma dichiarata incostituzionale, non pu� essere quindi, assoluta 
e totale. Essa deve operare per il passato come per il futuro, salvo il 
limite derivante da quelle situazioni giuridiche divenute ormai definitive 
ed intangibili per effetto di altri fattori estrinsechi (cosa giudicata, prescrizioni, 
decadenza, ecc.); che neutralizzano ab extra le conseguenze 
che la pronuncia di incostituzionalit� � di per s� idonea a produrre; 

e) infine, che la norma dichiarata incostituzionale non pu� pi� 
trovare applicazione ministerio iudicis, il che vale quanto dire che deve 
essere disattesa dal giudice, anche ex officio, rispetto a tutti i rapporti 
controversi e compresi quelli precostituiti. 

Questi principi, tratti dalla corretta interpretazione dell'art. 136 
della Costituzione e dell'art. 30, terzo comma; della 1. 11 marzo 1953, 

n. 87, coordinati con l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, 
n. 1, sono stati di recente confermati anche dalle Sez. Un. della Corte di 
Cassazione {sentenza 22 giugno 1963,' n. 1707) e questa Sezione ritiene 
che non vi siano motivi per disattenderli. 
Tuttavia, essi, in sede di applicazione ai giudizi dinanzi agli organi 
di giustizia amministrativa, hanno dato luogo a particolari difficolt�, 
a causa della natura e della struttura di tali giudizi, caratterizzati dal 
termine di decadenza entro cui l'atto, ritenuto illegittimo deve essere 
impugnato, per cui sul ricorrente grava l'onere di dedurre, al momento 

3) difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per essersi trasformate -a 
seguito della pronuncia di incostituzionalit� -le originarie posizioni di interesse 
legittimo in diritto soggettivo {Cons. Stato, Sez. VI, 30 maggio 1962, n. 454, ivi, 
1962, I, 1047). Ma di queste tesi, la prima (e la seconda che in quella si converte) 
non vedevano come l'atto amministrativo, pur dopo l'accertata incostituzionalit� 
della norma su cui si fonda, conservi tuttavia la propria autonomia siccome manifestazione 
di un diverso potere; mentre la terza -a prescindere dal rilievo che 
essa finisce con il privare l'interessato della giurisdizione di annullamento -non 
pu� essere accettata, perch� l'illegittima attribuzione all'autorit� amministrativa 
di un potere discrezionale non equivale ad inesistenza del potere. 



754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso della costituzione del processo, salvo i motivi aggiunti nei casi 
in cui sono ammissibili, le singole illegittimit� che intende far valere, 
cio� fornire fin dall'inizio tutti gli elementi idonei a identificare ci� 
che sar� oggetto del giudizio, e, quindi, della decisione. Nell'intento di 
superare tali difficolt� � stato, di volta in .volta, ritenuto che la norma 
dichiarata incostituzionale debba ritenersi inesistente per trarne l'illazione 
che tale va considerato anche l'atto amministrativo emesso in b11se 
alla norma medesima, onde il ricorso proposto contro di esso dovrebbe 
essere dichiarato cc improcedibile per inesistenza dell'atto impugnato � 
(Cons. di Stato, Sez. VI, dee. 10 febbraio 1960, n. 51); che la dichiarazione 
di incostituzionalit� fa cessare la materia del contendere, in quanto 
l'Amministrazione sarebbe obbligata a considerare l'atto impugnato 
come privo di giuridica validit� (Cons. di giustizia amministrativa per 
la Regione siciliana, dee. 19 gennaio 1962, nn. 10 e 19) o che la pronuncia 
di illegittimit� costituzionale di una norma che attribuisce alla 
Pubblica Amministrazione un potere discrezionale, trasforma ex tunc le j:j 
originarie posizioni d'interesse legittimo in diritto soggettivo, con il 
conseguente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (Cons. di 
Stato, Sez. VI, dee. 30 maggio 19i62, n. 454). 

I' 

Ma anche tale particolare profilo della questione che qui interessa ' '

II.:

passato al vaglio della Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali 
di questo Consiglio, che, rilevate le incongruenze derivanti dalle pre


.

dette contrastanti pronuncie, con decisione dell'8 aprile 1963, n. 8, riguar, 
. 
dante una fattispecie su cui si appalesava influente la medesima sentenza 
della Corte Costituzionale 24 giugno 1961, n. 35, che dichiara 
l'illegittimit� costituzionale della 1. 7 luglio 1959, n. 490, ha escluso che 
la norma dichiarata incostituzionale possa considerarsi inesistente, ha 
precisato che l'atto amministrativo, pur dopo l'accertata incostituzio


I' 

Ir

nalit� della norma su cui si. fonda, conserva la propria autonomia siccome 
manifestazione di un diverso potere ed ha chiarito, inoltre che il 
predetto accertamento non produce alcuna modificazione sulla competenza 
giurisdizionale, perch� l'illegittima attribuzione all'autorH� 
ammin.istrativa di un potere discrezionale non equivale ad inesistenza 

'

I 

La decisione riportata, come si � detto, offre motivo per tornare sulla questione 
relativa� agli effetti della pronuncia di incostituzionalit� di una norma sul ricorso 
giurisdizionale per l'annullamento di un atto amministrativo, che di quella norma 
abbia fatto applicazione. 

Del problema e delle soluzioni di volta in volta prospettate (richiamate nella 
prima parte della pronuncia del Consiglio di Stato) ci siamo gi� occupati, annotando 
la decisione adottata dall'Adunanza plenaria il 10 aprile 1963, n. 8 (cfr. in questa 
Rassegna, 1963, 147 e segg.). Richiamandoci, dunque, a quelle osservazioni riprendiamo, 
qui, il tema per occuparcene sotto un altro profilo, collegato al primo, e 
che ha costituito, poi, loggetto della decisione riportata. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 755 

del potere, ha poi affermato che il regime processuale dei giudizi di 

competenza degli organi giurisdizionali amministrativi deve essere coor


dinato con il sindacato di costituzionalit� retto prevalentemente da 

norme di grado superiore, non potendosi privare il ricorrente del van


taggio di una pronuncia di annullamento dell'atto amministrativo 

impugnato. 

Tale coordinamento, se svolto, sulla base della corretta valutazione 

dei precetti contenuti nell'art. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1, e nel


l'art. 136, primo comma, della Costituzione, conduce a riconoscere al 

giudice amministrativo in via generale il potere di rilevare d'ufficio il 

vizio di legittimit� -che investe di riflesso l'atto amministrativo una 

volta dichiarata l'illegittimit� costituzionale della norma -e di pro


nunciare l'annullamento dell'atto. 

Infatti l'aver attribuito al giudice il potere di sollevare d'ufficio la 

questione di costituzionalit� (art. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1) 

non avrebbe significato se tale potere non dovesse essere preordinato 

alla definizione del giudizio. Definizione che, in quanto l'illegittimit� 

della norma si riverbera sull'atto impugnato e non sui presupposti pro


cessuali, non pu� che concretarsi in una pronuncia di annullamento, 

anche, perch�, osserva l'adunanza plenaria, l'adozione di una formula 

diversa da quella di accoglimento, potrebbe essere pregiudizievole per 

il ricorrente che rimarrebbe privato del risultato positivo dell'azione di 

annullamento. 

In particolare, per quanto attiene all'ipotesi che la questione di 
costi.tuzionalit� non sia stata sollevata nel giudizio in .corso n� dal ricorrente, 
n� d'ufficio, ma sia nota al momento della decisione la sentenza 
della Corte Costituzionale che, in altro giudizio abbia dichiarato l'il~ 
. legittimit� costituzionale della legge -e questa � la fattispecie che 
qui precisamente ricorre -ladunanza plenaria con la citata decisione 
ha rilevato che " la questione di costituzionalit� pu� essere sollevata 
per la prima volta in qualsiasi momento del giudizio: dimodoch� � 
certo che, se anch'essa non � stata dedott� nel ricorso, il ricorrente, o 
il giudice d'ufficio, possono sempre sollevarla, finch� non sia intervenuta 

Nell'esporre i motivi per i quali, a nostro avviso, non poteva accettarsi la 
tesi dell'annullabilit� dell'atto, rilevammo che per �na sola via era sostenibile tale 
tesi, e cio� ritenendo l'atto ab origine viziato per effetto della sopravvenuta dichiarazione 
di incostituzionalit�, che retroagisce ex tunc. Ed aggiungemmo: " Poich� 
dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte, la legge non 
ha pi� efficacia, non solo per quanto riguarda la disciplina giuridica dei casi futuri, 
ma anche per quanto attiene alla valutazione dei fatti passati, questi ultimi, quando 
siano ancora sub iudice, sarebbero da giudicare come se la norma di legge non 
fosse mai esistita. Il giudizio di legittimit� di un atto dovrebbe, alLora, fondarsi 
sull'ordinamento giuridico qual' era al momento della emanazione del provvedimento, 

' . . ::::: ,, . m .

0~ 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

756 

una decisione definitiva. Senonch�, in quanto la sentenza della Corte 
Costituzionale ha efficacia erga omnes, la questione non pu� essere 
nuovamente sollevata, se la legge � stata dichiarata incostituzionale: e 
quando ci� malgrado gli ,atti le siano rimessi, la Corte, com'� noto, 
dichiara la questione manifestamente infondata perch� gi� decisa. Ed 
allora, mentre se non esistesse alcuna pronuncia della Corte nulla 
vieterebbe al ricorrente o al giudice di sollevare la questione, qui si 
incontrerebbe proprio una preclusione, la quale deriverebbe dal fatto 
che il vizio di costituzionalit� della legge � stato gi� affermato, e che, 
quindi, la legge ha cessato d'aver efficacia. Ora, di fronte ad un effetto 
che non necessariamente legato ad una istanza di parte, e che non 
circoscritto nell'ambito di un determinato giudizio, � evidente che 
sarebbe fuori luogo introdurre disparit� di regime, che deriverebbe non 
dall'applicazione delle norme costituzionali, ma da una supposta resistenza 
che le norme ordinarie del procedimento innanzi al Consiglio 
di Stato opporrebbero alle norme costituzionali �. 

L'indirizzo segnato da questa esauriente decisione dell'Adunanza 
plenaria deve essere confermato. 

Si pu� aggiungere che la deroga, in tal modo introdotta rispetto al 
principio che il giudice amministrativo pu� rilevare d'ufficio soltanto 
le questioni attinenti alla giurisdizione e al rapporto processuale, mentre 
per quanto attiene al merito il suo sindacato deve attenersi rigorosamente 
ai motivi dedotti dal ricorrente, trova una adeguata giustificazione 
della complessa funzione del giudizio costituzionale incidentale 
che � ambivalente, perch� pur essendo preordinato alla risoluzione della 
controversia in occasione della quale la questione di costituzionalit� � 
stata proposta (tanto che la questione non pu� proporsi se non in quanto 
sia rilevante ai fini del decidere la controversia), assolve nel contempo 
la funzione assoluta di garantire losservanza dei precetti costituzionali 
e di assicurare la necessaria coerenza dell'ordinamento generale. Dal 
che deriva la prosecuzione del giudizio costituzionale anche quando 
venga meno l'interesse delle parti o si estingua il giudizio nel quale fu 
sollevata la questione, nonch� l'effetto della cessazione erga omnes 

senza considerare la norma incostituzionale. Si prospetterebbe, cio�, il problema 
dell'accoglimento del ricorso per un motivo che, tutt'al pi�, andrebbe considerato 
solo come implicitamente dedotto. dal ricorrente � (v. in questa Rassegna, loc. cit., 
148). Tale ultimo problema � proprio quello affrontato e deciso dalla pronuncia 
annotata, che ha ritenuto essere rilevabile d'ufficio il vizio di legittimit� che investe 
di riflesso l'atto amministrativo una volta dichiarata l'illegittimit� costituzionale 
della norma. 

A nostro avviso la breccia, coscientemente aperta nel principio secondo cui 
il giudice amministrativo, nell'esame della illegittimit� del provvedimento, � vincolato 
ai motivi dedotti dalle parti, � una inevitabile conseguenza della tesi, che 

--� ---J�; 

~ 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 757 

dell'efficacia della norma con la pubblicazione della sentenza dichiarativa 
d'incostituzionalit�. 

Ora � opportuno questo interesse generale ed obiettivo, questa esigenza 
indefettibile dell'espunzione dell'ordinamento giuridico delle 
norme dichiarate incostituzionali e quindi incapaci di conseguire, neppure 
indirettamente, ulteriori applicazioni da parte del giudice (tanto � 
vero che la questione di illegittimit� costituzionale viene sollevata da 
un giudice che non � competente a risolverla solo in funzione e in relazione 
strumentale con altrq giudizio nel quale la norma di incerta legittimit� 
costituzionale � rilevante ai fini del decidere), che vale ad escludere 
la sopravvivenza di impedimenti di ordine processuale che possano 
precludere al giudice di trarre tutte le conseguenze derivanti dalla 
dichiarazione di incostituzionalit� di una norma. 

A ben considerare non sussiste neppure una sostanziale differenza 
tra l'ipotesi in cui il giudice amministrativo solleva d'ufficio la questione 
di legittimit� costituzionale di una norma -in quanto rilevante ai fini 
del decidere la controversia a lui proposta -e l'ipotesi nella quale 
egli debba d'ufficio trarre le conseguenze, dalla dichiarazione d'incostituzionalit� 
gi� pronunciato, in un giudizio in cui la norma abbia decisoria 
rilevanza. 

Ed invero nella prima ipotesi il giudice amministrativo, nel sollevare 
d'ufficio la questione di legittimit� costituzionale, da un lato soddisfa 
all'accennata esigenza di carattere generale di mettere in moto il 
meccanismo di espunzione dall'ordinamento giuridico delle norme incostituzionali, 
dall'altro invece (proprio perch� pu� sollevare la questione 
solo in quanto rilevante ai fini di decidere la controversia a lui sottoposta), 
egli promuove la declaratoria della Corte Costituzionale al fine 
specifico di decidere la controversia, e deve, poi, adeguare la sua pronuncia 
alla d~cisione della Corte Costituzionale. 

Sussistendo in tal caso lobbligo, che dalla legge costituzionale gli 
deriva, di proporsi d'ufficio il motivo di illegittimit� deriv�nte dalla 
incostituzionalit� della legge, deve necessariamente ritenersi che il medesimo 
obbligo sussista nell'ip,otesi che la questione di costituzionalit� sia 

sembra avviata a consolidarsi nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, della 
.annullabilit� dell'atto per effetto della dichiarata incostituzionalit� della norma. Ad 
indurre il Consiglio di Stato ad introdurre tale deroga ai principi � valsa, in sostanza, 
la seguente argomentazione: come il giudice amministrativo pu� sollevare d'ufficio 
la questione di legittimit� costituzionale di una norma, cos� gli � lecito rilevare 
�<l'ufficio le conseguenze che, dalla dichiarazione di incostituzionalit� gi� pronunciata, 
derivino nel giudizio in cui la norma abbia decisoria rilevanza, dal momento che 
tra le due ipotesi non sussiste una sostanziale differenza. 

Simile affermazione non � contestabile, sotto un profilo generale, posto che, 

come ha pure rilevato la decisione annotata, � imperiosa l'esigenza di assicurare 

,.12 



.. .. 
758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� 

stata gia sollevata e decisa in occasione di altro giudizio. Nell'una e


. 

nell'altra ipotesi, che si sono considerate, opera in altri termini lo stesso� 
obbligo a carico del giudice amministrativo di adeguare la sua pronuncia 

i 

al giudicato costituzionale, senza che l'interesse generale a tale adem~ 


~

pimento possa incontrare preclusione nel difetto di apposita deduzione 
da parte del ricorrente in funzione del suo interesse particolare. 

Non � perci� tanto sotto il profil� dell'interesse del ricorrente a ottenere 
la pronunzia di annullamento che vanno escluse altre formule di 
definizione del giudizio (cessazione della materia del contendere, soprav-venuto 
difetto di giurisdizione) diverse dall'accoglimento del ricorso, 
quanto per la considerazione obiettiva che l'impedimento di ordine processuale 
(al quale soggiace l'interesse particolare del ricorrente), che 
preclude l'accoglimento della domanda di annullamento in difetto del1'
osservanza di deduzione specifica del motivo di impugnazione, non 
pu� resistere n� sopravvalere, ma deve anzi cedere a caducarsi di fronte 
alla prescrizione di carattere costituzionale, che impone al giudice -nell'interesse 
generale avanti precisato -di trarre tutte l_e conseguenze che� 
derivano dalla dichiarazione di incostituzionalit� della norma (pronunciata 
in occasione dello stesso o di altro giudizio) pronunciata dalla 
Corte Costituzionale. 

II 

I 
~ 

la coerenza dell'ordinamento giuridico, la quale certo non sarebbe salvaguardata 

ii' 

ove al giudice fosse precluso di trarre dalla dichiarazione di incostituzionalit� le� 
conseguenze valide per il giudizio pendente. 
Non sembra, peraltro, che la segnalata esigenza debba necessariamente portare,. 
come afferma la decisione, ad introdurre un'eccezione al principio secondo cui la 

I

materia del decidere � solo quella fornita, con i motivi di impugnazione, dalle parti. 
Ci� sarebbe inevitabile se effettivamente la dichiarazione di incostituzionalit� della 
norma determinasse l'invalidit� originaria dell'atto che ne ha fatto applicazione. 

.

Su questo punto, per brevit�, ci riportiamo alle osservazioni contenute nella nota 

Ipi� sopra richiamata, limitandoci, in questa sede, ad aggiungere che impostando� 
il tema principale non gi� in termini di validit�-invalidit� dell'atto bens� in termini 
di efficacia-inefficacia, sarebbe superato anche il problema affrontato dalla decisione. 
Ritenendo, infatti, che la, dichiarazione di incostituzionalit� della norma 
operi nel senso di paralizzare l'efficacia dell'atto amministrativo (per l'esatta portata 
di tale affermazione rinviamo allo scritto richiamato), � chiaro che non vi sarebbe 
pi� alcuna necessit� di una pronuncia giurisdizionale che ripristini una situazione 
conforme al diritto. Dalla inettitudine dell'atto a spiegare ulteriori effetti scaturirebbe, 
invero, il venir meno dell'interesse al ricorso e al giudice non resterebbe 
che prenderne atto (questa volta s�, d'ufficio), senza necessit� di porsi il problema 
di superare, in qualche modo, i precisi limiti delineati con i motivi di ricorso al 
fine di pervenire ad una pronuncia caducatoria dell'atto. E si salverebbe, in tal 
modo, anche il principio pi� volte ricordato precludendo recisamente ogni possibile, 
futuro tentativo di far passare per la breccia cos� aperta altre eccezioni, che :6ni-rebbero 
col compromettere l'intero sistema di giustizia amministrativa. 

S. LA PORTA 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 759 

Sembra altres� che quanto esposto valga a superare il dubbio, se, 
in seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale (promossa in occasione 
di altro giudizio) intervenuta in pendenza di una controversia 
davanti al Consiglio di Stato nella quale la norma dichiarata incostituzionale 
sia rilevante ai fini del decidere, non debba il ricorrente dedurre 
con motivo aggiunto l'illegittimit� che ne deriva, dell'atto impugnato. 

La conclusione � quindi nel senso che, proposto il ricorso quando 
gi� era operante la decisione della Corte Costituzionale, o intervenuta 
questa in pendenza di giudizio, il Consiglio di Stato deve d'ufficio (per 
le stesse ragioni per cui deve farne applicazione nello stesso giudizio 
nel quale abbia sollevato d'ufficio la questione di incostituzionalit�) adeguarsi 
ad essa ed eliminare nell'ambito della sua competenza ogni effetto 
della norma che la Corte Costituzionale con efficacia erga omnes ha 
espunto dall'ordinamento giuridico. 

Per quanto sopra considerato l'atto impugnato dalla Compagnia 
Industrie saccarifere S. Eufemia Lamezia, essendo stato emanato in 
attuazione della I. 7 luglio 1959, n. 490 dichiarata incostituzionale deve 
essere annullato restando assorbite le censure dedotte con il ricorso. --' 
(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 2 aprile 1965, n. 216 -Pres. Breglia 
-Est. Longo -S.p.A. Unione Chimica Italo-Belga {avv.ti Cutrera. 
Ferrari) c. Ministero Finanze (avv. Stato Raffaele Bronzini). 

Dogana -Controversie -Provvedimento ministeriale . Motivazione. 
per relationem -Legittimit�. 

Dogana -Prodotti coperti da marchio o brevetto -Valore imponibile 
-R�devance -Esclusione. 

Deve ritenersi legittimo il provvedimento del Ministro delle Finanze 
che, nel de'cidere una controversia doganale, motivi per relationem 
attraverso il richiamo al parere del Collegio dei periti doganali, anche 
se tale parere tragga la sua motivazione dalla relazione istruttoria dell'Ufficio 
tecnico centrale delle dogane (1). 

Quando una r�devance stabilita contrattualmente a favare del venditore 
estero rappresenti esclusivamente la remunerazione della con


(1) Cfr., nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. VI, 27 marzo 1963, n. 151, 
Consiglio di Stato, .,1963, I, 452; Cons. Stato, Sez. VI, 21 giugno 1961, n. 568, 
Foro amm., 1961, I, 1270; cos� pure implicitamente, Cons. Stato, Sez. IV, 8 novembre 
1961, n. 554, Consiglio di Stato, 1961, I, 1844. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

760 

cessione di diritti di fabbricazione e vendita di prodotti finiti coperti 
da brevetto e marchio di propriet� del produttore estero, il relativo 
importo non pu� essere reincorporato nel valore imponibile in dogana (2). ~� 

{Omissis). -Il motivo di difetto assoluto di motivazione o, quanto 
meno, di insufficiente motivazione, dedotto nel primo mezzo di impugnativa, 
non � fondato. Invero, il decreto ministeriale impugnato � 
motivato ob relationem mediante il richiamo, contenuto nelle premesse, 
al parere del Collegio dei periti doganali. In proposito, la Sezione ha 
gi�, in altra occasione, affermato che il provvedimento del Ministro 
delle Finanze, decisorio di una controversia doganale, � legittimamente 
motivato attraverso il richiamo del parere del predetto Collegio (VI, 
27 marzo 1963, n. 151). 

Vero � che, nella �specie, lanzidetto parere trae la sua motivazione 
dalla richiamata relazione istruttoria dell'Ufficio tecnico centrale delle 
dogane; ma, poich� ques�ultima costituisce parte integrante del parere 
medesimo, il rinvio ad esso -contenuto nel provvedimento impugnato 
-comprende anche la succitata relazione. 

Che, poi, il decreto ministeriale si riferisca, ai fini della determinazione 
del valore imponibile, ai prezzi praticati sul mercato internazionale, 
non � ragione per ritenere che abbia inteso introdurre una 
motivazione diversa ed autonoma rispetto a quella enunciata dall'Ufficio 
centrale e fatta propria dal Collegio dei periti; tale riferimento, 
infatti, costituisce soltanto un giudizio conclusivo, il quale si basa sulle 
premesse valutative enunciate negli atti predetti; premesse secondo le 
quali dovrebbe ritenersi che il valore dichiarato in dogana � appunto 

(2) La sentenza in rass~gna lascia perplessi, sia quanto alla soluzione della 
specifica questione portata all'esame del Consiglio di Stato sia quanto all'affermazione 
della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo che implicitamente 
risulta dalla decisione della questione di merito. 
Sotto il secondo profilo, non potendosi dubitare che la controversia di specie 
fosse relativa alla determinazione del valore dell'imponibile in dogana, la sentenza 
a prima vista parrebbe inserirsi nell'orientamento gi� enunciato con la decisione 
25 luglio 1964, n. 565 della VI Sezione {in questa Rassegna, 1965, I, 174 e in 
Foro it., 1965, III, 90). Tale orientamento sembra, peraltro, contraddittorio con il 
principio -affermato dalle Sezioni Unite nella fondamentale decisione 4 aprile 
1964, n. 733 (in questa Rassegna, 1964, I, 845) -secondo il quale il criterio di 
discriminazione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, in subiecta 
materia � da individuare nel consueto criterio della distinzione fra diritto soggettivo 
ed interesse legittimo. In effetti, ed in applicazione di siffatto principio, la controversia 
di specie, che verteva circa l'incorporazione della r�devance nel valore 
imponibile, inerendo per un verso alla determinazione quantil!ativa del debito di 
imposta e sottraendosi, per altro aspetto, a qualsiasi discrezionalit� dell'autorit� 
competente {visto che si trattava di definizione di un punto di mero diritto), sembra 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 761 

inferiore del 10% rispetto al prezzo normale della merce corrente sul 
mercato internazionale. 

Fondati, invece, sono i profili di censura dedotti nei motivi aggiunti. 

Secondo i principi ed i criteri dettati dalle disposizioni preliminari 
alla tariffa doganale (artt. 18-23 del d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1105), 
i dazi di importazione per le merci {come quella di cui si discute) tassate 
ad valorem, sono commisurati sul valore imponibile delle merci 
medesime, che � il prezzo normale, quello cio� convenuto a seguito di 
una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza fra un compratore 
ed un venditore indipendenti. Allorquando le merci importate 
formano oggetto di una vendita effettuata nelle predette condizioni, il 
prezzo di fattura pu� egualmente essere considerato come valore imponibile. 


L'art. 20, poi, pone alcune condizioni in presenza delle quali soltanto 
una vendita pu� considerarsi effettuata. in regime di libera concorrenza 
fra un compratore ed un venditore indipendenti. Occorre, cio�; 
che il pagamento del prezzo della merce costituisca la sola condizione 
effettiva della transazione; che il prezzo convenuto non sia influenzato 
da relazioni commerciali, finanziarie o d'altro genere, contrattuali o 
non, che potrebbero esistere al di fuori di quelle create dalla vendita 
stessa; che nessuna parte del ricavato della vendita o della utilizzazione 
della merce spetti direttamente o indirettamente al venditore. 

Per l'ipotesi, inoltre, che le merci da valutare siano coperte da 
marchio di fabbrica o di commercio stranieri o siano importate per 
essere vendute sotto detto marchio, anche dopo avere sub�to una lavorazione 
complementare, l'art. 22 precisa che la determinazione del valore 
imponibile deve essere compiuta considerando che il prezzo normale 

qualificabile come questione di diritto soggettivo; con l'ulteriore conseguenza della 
affermazione della giurisdizione del giudice ordinario. Queste conclusioni non contrastano 
che apparentemente con la' decisione n. 65 del 1964, nella quale -pur 
vertendosi genericamente in materia di determinazione dell'imponibile -bene� a 
ragione � stata ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo per una fattispecie 
in cui non era contestabile lesistenza del potere discrezionale della p.a. di 
procedere ad accertamenti diretti del valore normale delle merci, in Junzione correttiva 
del prezzo di fattura. Sicch� sembra lecito concludere come, �particolarmente 
dopo la sentenza n. 733 del 1964, ogni generalizzazione nella materia in esame sia 
logicamente impossibile e praticamente pericolosa, perch� l'indagine sulla questione 
di giurisdizione non pu� formularsi indipendentemente dalle caratteristiche proprie 
di ogni concreta fattispecie. 

Nel merito la decisione del Consiglio di Stato non pu� essere condivisa. A 
prescindere dalla questione di fatto circa l'interpretazione della convenzione commerciale 
di cui si discuteva, ed in particolare del valore della clausola istitutiva 
della r�devance, sta di fatto che, ai sensi dell'art. 22 delle disposizioni preliminari 
della tariffa doganale, una r�devance del tipo considerato (che sia, cio�, remunerazione 
dell� concessione per lo sfruttamento del prodotto importato) non pu� non 



762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comprenda il valore del diritto di utilizzazione del brevetto e del 
marchio di fabbrica o di commercio; relativo a dette merci. 

Ai fini della loro inclusione nel valore imponibile, sono altres� da 
considerare, ai sensi delYart. 23, ultimo comma, gli sconti od altre riduzioni 
di prezzo praticati nei confronti dei concessionari unici, rappresentanti 
esclusivi od altri intermediari similari. 

Sul contenuto, portata ed interpretazione delle norme succitate non 
v'� questione fra le parti. Controversia sussiste, invece, sul punto se il 
prezzo di fattura della merce importata, corrispondente al valore dichiarato 
al momento della verifica, possa ritenersi un prezzo normale, ossia 
un prezzo convenuto in una vendita effettuata in condizioni di libera 
concorrenza fra un compratore ed un venditore indipendenti. 

L'Amministrazione finanziaria, sulla �base di alcune clausole di un 
contratto stipulato fra la ricorrente e la societ� belga esportatrice, ha 
ritenuto che il prezzo risultante dalla fattura, non possa considerarsi 
normale, alla stregua dei criteri suindicat~ in quanto, per effetto degli 
accordi intercorsi fra le due societ�, la compravendita sarebbe stata 
stipulata al di fuori delle condizioni di libera concorrenza e di reciproca 
indipendenza delle parti; e, conseguentemente, ha determinato il valore 
imponibile della merce in misura maggiore del 10% rispetto a quello 
denunciato. 

Pi� precisamente, premesso che in forza del contratto suddetto 
la Union Chimique Belge ha �concesso alla Unione Chimica Italo-Belga, 
a partire dal 1? gennaio 1959, lesclusivit� di fabbriCazione e vendita 

essere incorporat~ nel. va:lore imponibile in dogana. Sul punto la sentenza si limita 
ad osservare che l'art. 22 neila specie non sarebbe invocabile "perch� esso si riferisce 
a merci di per se stesse oggetto di brevetto o coperte da marchio, e non 
riguarda perci� l'ipotesi in esame nella quale il brevetto ed il marchio concernono 
prodotti finiti, per la cui fabbricazione sono adoperate le materie prime importate �, 
dove, a parte la sostanziale apoditticit� della motivazione, occorre ricordare come 
uno spunto testuale per 1'accoglimento della opposta interpretazione sia contenuto 
nella prima nota interpretativa all'art. 3 della Definizione del valore in Dogana di 
Bruxelles (resa esecutiva con legge 31 ottobre 1952, n. 1976), la quale inquadra 
nella previsione dell'art. 3 (cui corrisponde sostanzialmente l'art. 22 delle disposizioni 
preliminari della tariffa)� anche l'ipotesi di merce allo stato di parziale manufatturazione. 
Sembra quindi legislativamente escluso che la norma dell'art. 22 si 
riferisca unicamente alle materie prime : ci� che, d'altra parte, � anche conforme 
alla ratio della disposizione, la quale � preordinata ad evitare che si attribuisca alle 
"specialit� � lo stesso valore delle merci ordinarie (sul punto, cfr. CALDERONI, 
Valore in dogana delle merci, 1955, 51 e segg.). 

Per l'analogo problema della assoggettabilit� all'imposta di R.M. delle r�devances 
stabilite per la concessione di brevetti da parte di imprenditori residenti 
all'estero, senza stabile organizzazione in Italia, cfr. Comm. prov. Genova, 30 aprile 
1964, Dir. prat. trib., 1965, II, 21, con nota di CROCETTA. 

T. ALIBRANDI 
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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 763 

in Italia delle specialit� farmaceutiche di marchio U .C.B. di propriet� 
�della societ� fornitrice, lAmministrazione rileva: a) che lart. III del 
contratto stabilisce che la ditta italiana pagher� a quella belga una 
r�devance uguale al 7% della cifra d'affari realizzata in Italia mediante 
la vendita delle specialit� stesse; tale r�devance, ai sensi degli artt. 20 e 
�e 22 delle disposizioni preliminari alla Tariffa, deve essere reincorporata 
nel valore imponibile in dogana, in quanto, sebbene pagata sul 
prezzo di vendita del prodotto finito in Italia, incide nella stessa misura 
su tutti i componenti del prezzo stesso e quindi anche sul prezzo delle 
materie prime importate; b) che gli artt. IX e XI del contratto pongono 
a carico della societ� italiana le spese commerciali, di pubblicit� e di 
propaganda, nonch� quelle di viaggio e di soggiorno dei funzionari e 

�dei tecnici inviati in Italia ai fini della collaborazione tecnica e scientifica 
fra le due societ�; anche tali oneri, pur riferendosi alla fase indu:.
striale e ai prodotti finiti, si ripercuotono sulle materie prime importate, 
in quanto componenti del costo finale. 

Pertanto, lAmministrazione ha concluso che, in aggiunta al 7% di 
aggiustamento derivante dalle r�devances, debbasi procedere ad una 
ulteriore maggiorazione del 2-3%, in riferimento agli oneri suindicati; 
:sicch� la maggiorazione del 10% richiesta dalla Dogana � da ricono.
scere come dovuta. 

Ritiene il Collegio che le argomentazioni addotte a sostegno del 
�cos� determinato aumento del valore imponibile della merce non pos.
sano essere, nel caso in esame, condivise. � 

~ di fondamentale importanza il rilievo che laccennato contratto 
�Concerne soltanto la concessione alla ricorrente della esclusivit� di fabbricazione 
e di vendita in Italia delle specialit� farmaceutiche coperte 
�da marchio U.C.B. di propriet� della societ� belga. Oggetto del contratto 
-come la stessa Amministrazione non disconosce -�, pertanto, 
la concessione in esclusiva alla ricorrente del diritto di utilizzazione 
-0.el brevetto belga per la fabbricazione e la vendita in Italia delle 
:specialit� medicinali coperte dall'anzidetto marchio. Coerentemente 
all'oggetto ed ai limiti dei rapporti contrattuali, � previsto dall'art. VI, 
il pagamento alla societ� belga di una r�devance del 7% sulla cifra 
�complessiva realizzata mediante la vendita delle specialit� farma
�ceutiche. 

Orbene, tale r�devance, nell'equilibrio giuridico-economico del 
contratto, rappresenta esclusivamente la remunerazione della concessione 
dei suindicati diritti di fabbricazione e vendita di prodotti coperti 
da brevetto e marchio di propriet� della societ� belga. Essa non riguarda, 
invece, l'acquisto della materia prima dalla medesima societ�. 

Il richiamo che l'Amministrazione fa, nell'intento di superare tale 
�-obiezione, alle disposizioni degli artt. 20 e e 22, non � conferente. Da 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

764 

un lato, non � consentito, sulla base delle clausole contrattuali, affermare 
che una parte del ricavato della vendita e della utilizzazione della 
merce spetti direttamente o indirettamente al venditore, dal momento 
che il pagamento della r�devance �� diretto a remunerare esclusiva-. 
mente la concessione dei suindicati diritti. Dall'altro, l'art. 22 � inesattamente 
invocato, perch� esso si riferisce a merci di per se stesse oggetto 
di brevetto o coperte da marchio, e non riguarda, perci�, l'ipotesi in 
esame, nella quale il brevetto ed il marchio concernono prodotti finiti, 
per la cui fabbricazione sono adoperate le materie prime importate. 

Del resto, la tesi che la r�devance pagata all'esportatore, sebbene 
rapportata al prezzo del prodotto finito in Italia, finisca con l'incidere, 
nella stessa misura, anche sul prezzo delle materie prime, appare sfornita 
di dimostrazione. Nella specie, anzi, essa condurrebbe ad una 
duplicazione del relativo onere, poich� la societ� importatrice, oltre 
a pagare la percentuale stabilita, dovrebbe addossarsi un eguale 
aumento del valore imponibile della materia prima, che non trova 
giustificazione in una effettiva e concreta posizione di favore ad essa 
riservata nell'acquisto della merce importata. 

Analoghe considerazioni possono svolgersi relativamente all'aggiustamento 
del 3% del valore imponibile, effettuato dall'Amministrazione 
con riferimento agli altri particolari oneri suindicati, i quali tutti trovano 
causa e ragione, come il pagamento della r�devance, nell'oggetto e nei 

I 

limiti contrattuali, come sopra individuati. i! 
L'indagine, piuttosto, va spostata sulla clausola dell'art. II, per r 
la quale la ricorrente si � impegnata a dare la preferenza alla societ� 
belga per l'acquisto delle materie necessarie alla fabbricazione dei pro


I 
dotti farmaceutici, perch� il prezzo di costo di quest'ultima, tenuto 

conto della r�devance, non. sia pi� elevato di quello ottenuto con l'ac


quisto di materie di altra provenienza. Potrebbe, infatti, sostenersi che 

il prezzo convenuto � influenzato dalle particolari relazioni esistenti . fra 

le due societ�, e precisamente dal pagamento della r�devance, ivi richia


mato {art, 20 e), o che, comunque, il collegamento di tale impegno d� 

preferenza con gli anzidetti rapporti, potrebbe determinare una ridu


zione di prezzo delle materie prime a favore della ricorrente {art. 23, 

ultimo comma). 

Si evince dalla surriportata clausola che, in sostanza, l'obbligo di 

preferenza assunto dalla ricorrente .� operativo nei limiti in cui, a parit� 

di condizioni e tenuto conto della r�devance, il costo delle materie 

prime non incida sul costo finale del prodotto, s� da importare la forI~ 


mazione di un prezzo delle specialit� pi� elevato di quello ottenuto 

con l'acquisto di materie di altra provenienza. 

Si pu� assumere che, nella indicata situazione, la societ� belga 

abbia interesse a fornire le materie prime ad un prezzo pi� favorevole, 

I 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 765 

allo scopo di evitare che la societ� ricorrente possa sottrarsi all'impegno 
cui � vincolata. Ma pu�, con eguale validit�, obbiettarsi che l'interesse 
della societ� fornitrice � quello di offrire la merce a quel prezzo che 
le consenta il massimo profitto, ossia ad un prezzo uguale a quello 
richiesto in Belgio o altrove, poich� in tal caso -a parit�, insomma, 
di prezzi -la ricorrente sarebbe sempre vincolata all'assunto impegno 
preferenziale. 

La clausola in esame, pertanto, non � in s� decisiva. Occorrerebbe 
che, di volta in volta, e in concreto, lAmministrazione pervenisse 
aliunde, attraverso la considerazione di elementi diversi alla determinazione 
del prezzo normale della merce, maggiore di quello risultante 
dalla fattura. 

Del resto, la stes&a Amministrazione -dopo avere determinato il 
valore imponibile in bas�e ai criteri che sopra si sono ritenuti erronei ha 
fatto riehiamo, ma per escluderla, ad una presunzione -non dimostrabile 
-di sconti invisibili fra le due ditte, che sono collegate da 
permanenti rapporti di affari comuni e dal comune interesse di tenere 
meno elevati i costi dei prodotti finiti per evidenti ragioni concorrenziali 
di mercato. Tali semplici presunzioni, se pur� plausibili, non possono 
tuttavia avere ingresso nella materia in controversia. -{Omissis). 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 novembre 1964, n. 2808 -Pres. 
Celentano -Est. Arienzo -P.M. Tavolaro {conf.) -Savona Michele 
{avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). 

Imposta di ricchezza mobile -Soggetti passivi -Complessi di 
beni privi di personalit� giuridica e con autonomia patrimoniale 
-Applicabilit�. 

(t.u. 24 agosto 1877, n. 4021; t.u. 5 luglio 1951, n. 1573; t.u:'-29 gennaio 
1958, n. 645). 
Imposta di ricchezza mobile -Soggetti passivi -Societ� di fatto Accertamento 
del reddito nei confronti della societ� stessa Possibilit� 
di enucleare la quota di reddito spettante ad un 
socio che gode di agevolazioni tributarie per i redditi da lui 
singolarmente prodotti -Esclusione. 

Imposta di ricchezza mobile -Agevolazioni tributarie previste 
per i capi di famiglia numerosa -Produzione di reddito 
da parte dei capi famiglia numerosa, in quanto facciano 
parte di societ� �di fatto -Applicabilit� dell'agevolazione Esclusione. 


(1. 20 marzo 1940, n. 224; d.l. 17 giugno 1944, n. 87, art. 6; d.1.1. 19 ottobre 
1944, n. 384; d.l. 10 settembre 1947, n. 892, art. 9; 1. 27 giugno 1961, n. 551). 
Ai sensi degli artt. 2 e 29, primo comma, del t.u. 24 agosto 1877, 

n. 4021 sulfimposta di ricchezza mobile, deve ritenersi che possono 
essere soggetti passivi dell'obbligazione tributaria, oltre ai singoli individui 
e agli enti morali, anche quei complessi di beni che, sebbene non 
dotati di personalit� giuridica, abbiano una destinazione unitaria o una 
certa autonomia patrimoniale (1). 
Di conseguenza il reddito prodotto da una societ� di fatto � legittimamente 
accertato e tassato nei confronti della societ� stessa, quale 

(1-3) Massime esatte. Le prime due confermano una giurisprudenza ormai 

consolidata; la terza � un'applicazione specifica della giurisprudenza stessa. 
Non v'� dubbio che i capi di famiglia numerosa possono godere di particolari 

.esenzioni ed agevolazioni tributarie; ma non � del pari dubbio che le agevolazioni 

e le esenzioni si rapportano pur sempre ad un soggetto passivo di imposta, che il 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 161 

autonomo soggetto passivo delfimposta, distinto dai soci, e che conse


guentemente non � consentito enucleare la quota del reddito spettante 

ad un socio e considerarlo come da lui prodotto ai fini delfapplicazione 

delle agevolazioni tributarie che competono alle persone dei soci (2). 

Le agevolazioni tributarie previste per i capi di famiglia nume


rosa -anche in considerazione del loro carattere personale -possono 

essere applicate solo al reddito da essi prodotto e non possono, invece, 

essere estese al reddito di una societ� di fatto di cui essi facciano parte, 

essendo la societ� di fatto un soggetto tributario� distinto ed autonomo 

dalle persone dei soci (3). 

{Omissis). -Con funico complesso motivo di ricorso il contri


buente, premesso che l'agevolazione fiscale concessa ai capi di famiglia 

numerosa, da lui gi� goduta dal 1947, sulla quota di utili spettantegli 

quale socio della societ� di fatto fratelli Savona, gli � stata negata per 

il periodo dal 1� giugno 1956 al 30 giugno 1961, sostiene che l'esenzione 

prevista per i contribuenti capi di famiglia numerosa sia applicabile alle 

quote del reddito di ricchezza mobile ad essi attribuiti quali soci di 

una societ� collettiva, previa scomposizione ed attribuzione ai singoli 

soci del reddito globale. 

Il ricorso � destituito di giuridico fondamento. 

La societ� di fatto fratelli Savona, alla quale partecipa il ricorrente, 
ha una propria autonoma capacit� tributaria, distinta da quella del 
�soci che la compongono, essendo soggetto passivo dell'imposta di ric


chezza mobile. 

La possibilit� di autonoma imposizione tributaria risulta dagli artt. 

2 e 29 primo comma della legge istitutiva dell'imposta di R.M., t.u. 

24 agosto 1877, n. 4021, relativi il primo alle persone e agli enti in 

genere soggetti al tributo e il secondo alle societ� di fatto, che ai fini 

fiscali, sono considerate come unico contribuente. Tali nmme sono 

state interpretate, anche da questo S.C., nel senso che possono essere 

soggetti passivi deirobbligazione tributaria, oltre ai singoli individui 

e agli enti morali, anche quei complessi di beni che, sebbene non dotati 

di personalit� giuridica, abbiano una destinazione unitaria e una certa 

autonomia patrimoniale. Il t.u. 5 luglio 1951, n. 573 ha, poi, previsto 

reddito ha prodotto e nei confronti del quale tale reddito viene accertato e tassato. 
Val quanto dire che se soggetto passivo � il capo della famiglia numerosa, di quelle 
esenzioni ed agevolazioni costui potr� godersi; se altri � il soggetto passivo, tenuto 
al pagamento dell'imposta, quelle agevolazioni ed esenzioni non potranno essere 
invocate, quali che siano i rapporti fra il soggetto passivo dell'imposta ed il capo 
della famiglia numerosa, non essendo ammissibile, n� sotto il profilo giuridico n� 
sotto il profilo logico, una trasposizione del genere; non � possibile, cio�, che 
assuma veste di contribuente, allo scopo di godere di una certa esenzione, chi in 
base alla legge di imposta, questa figura non riveste. 



768 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

espressamente l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi a 
carico degli enti di fatto nei confronti dei quali il presupposto del tributo 
si verifica in modo unitario e, infine, il t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, 
ha testualmente riprodotto il principio sopraricordato che sono soggetti 
passivi del rapporto tributario, oltre alle persone fisiche e giuridiche, 
alle societ� e alle associazioni, anche le altre organizzazioni di 
persone o di beni prive di personalit� giuridica e non appartenenti �a 
soggetti tassabili in base al bilancio, nei confronti delle quali il presupposto 
dell'imposta si veril�ca in modo unitario e autonomo. 

Orbene, se il reddito, prodotto dalla societ� di fatto fratelli Savona, 
� legittimamente accertato e tassato nei confronti della societ� stessa, 
quale autonomo soggetto passivo dell'imposta distinto dai sed, non � 
consentito enucleare la quota del reddito spettante ad un socio e considerarlo 
come da lui prodotto ai fini dell'applicazione delle agevolazioni 
:6.scali che competono alle persone dei soci. Siffatta operazione �, 
esclusa non solo dalle citate norme, relative all'autonomia tributaria 
delle societ� di fatto, ma anche da quelle che prevedono il bene:6.cio 
tributario invocato dal ricorrente. 

L'agevolazione tributaria a favore del contribuente che abbia a 
carico sette o pi� :6.gli ha carattere personale in quanto � limitata al 
soggetto giuridico che versi nelle condizioni previste. La legge istitutiva 
14 giugno 1928, n. 1312, disponeva l'agevolazione per gli impiegati 
e dipendent~ anche se pensionati, dello Stato, degli enti autarchici e 
parastatali aventi a carico sette o pi� :6.gli e per coloro che, pur non 
appartenendo al detto personale, avessero a carico dieci o pi� figli 
(art. 2). Successivamente, la I. 20 marzo 1940, n. 224, in sostituzione della 
citata norma, ha disposto che godono delle esenzioni coloro che abbiano 
a carico sette o pi� :6.gli e il cl.I.I. 19 ottobre 1944, n. 384 ha riaffermato 
che l'esenzione tributaria per i capi di famiglie numerose sono limitate a 
coloro i quali abbiano realmente a carico sette o pi� :6.gli. Trattasi di 
un'agevolazione :6.scale soggettiva e cli carattere personale prevista per 
i 'capi di famiglia numerosa e, quind~ i contribuenti che versano nelle 
condizioni per goderla possono chiederne lapplicazione al reddito da 
essi prodotto, ma non anche lestensione al reddito di una societ� di 
fatto, di cui facciano parte, che, come si � detto, � un soggetto tributario 
distinto ed autonomo dalle persone dei soci. 

N� a diverse conclusioni pu� pervenirsi con riguardo alle modalit� 
di applicazione del beneficio. L'agevolazione tributaria fu prevista nella 
legge istitutiva come una riduzione proporzionale del reddito accertato 
a carico dei capi di famiglia numerosa, elevata con successive disposizioni 
da L. 100.000 a L. 200.000 e a L. 500.000 (d.l. 17 giugno 1944, 

n. 87, art. 6; d.l. 1� settembre 1947, n. 892, art. 9). In seguito, introdotto 
in via generale il minimo esente per l'imposta di R.M. dall'art. 13 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 769 

1. 11 gennaio 1951, n. 25, fu disposto, con l'art. 32 1. 5 gennaio 1956, 
n. 1, che le quote esenti erano elevate a L. 4 milioni a favore di coloro 
che versa vano nelle condizioni di cui al primo comma dell'art. 30 
d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 384 sopracitato. Il successivo t.u. 29 gennaio 1958, 
n. 645, art. 161, poi, conferm� in L. 4 milioni la quota ammessa in 
detrazione dal reddito di R.M. delle categorie B, C-1 e C-2 ai sensi 
dell'art. 89 (che la prevede in via generale in L. 240.000) e determin� 
in L. 500.000, come previsto dal d.l. 1� settembre 1947, n. 892, la riduzione 
proporzionale dei redditi personali e reali (R.M., terreni, fabbricati 
e reddito agrario) al netto delle quote fisse a~esse in detrazione. 
Infine, la legge 27 giugno 1961, n. 551 ha fissato l'agevolazione in questione 
nella riduzione proporzionale dei redditi, personali e reali, accertati 
ai fini dell'imposta di R.M., al netto della quota esente di cui all'art . 
.89 t.u. 1959, n. 645, in modo che rimanga esente una quota complessiva 
di L. 5.000.000. 
Orbene, come � reso palese dalle ricordate norme, l'applicazione 
dell'agevolazione -costituita dalla riduzione proporzionale del reddito 
sola o congiunta alla detrazione della quota fissa prevista in via generale 
ovvero speciale per i capi di famiglia numerosa -, ha riferimento 
.esclusivo al reddito prodotto dal titolare dell'agevolazione stessa e all'accertamento 
fiscale nei suoi confronti cosicch� non � legittimo, anche 
con riguardo alla concreta applicazione, trasferire il beneficio al reddito 
prodotto da altro soggetto. 

Irrilevante �, poi, la circostanza che il competente ufficio distrettuale 
delle imposte dirette abbia, per il periodo fino al 1956 e dopo 
jl 1961, applicato la riduzione sulla quota del reddito spettante al 
contribuente quale compartecipe alla societ� di fatto. Tale operato, 
.erroneamente ritenuto legittimo dalla sentenza impugnata, non ha modificato 
il rapporto sostanziale tributario per il godimento dell'esenzione 
n� costituisce titolo per una diversa applicazione della legge nel periodo 
in contestazione. N�, infine, possono trarsi argomenti a favore della 
tesi del ricorrente dalla 1. 27 giugno 1961, n. 551, la quale ha modificato 
l'importo dell'agevolazione elevando la riduzione proporzionale dei 
redditi a L. 5.000.000. senza apportare, peraltro, alcuna modifica al 
carattere soggettivo del beneficio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. 1, 14 gennaio 1965, n. 70 -Pres. Ros


sano -Est. Gambogi -P.M. Tuttolomondo (diff.) -Soc. Edilizia Cen


trale (avv. Galli) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). 

Imposta straordinaria sul patrimonio -Societ� immobiliari -Aree 

fabbricabili -Esenzione. 

(t.u., 9 maggio 1950, n. 203, art. 78, lett'. a). 



770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'esenzione fisca"le di cui all'art. 78, "lett. a) del t.u. approvato con 
decreto pres. 9 maggio 1950, n. 203, spetta anche alle societ� immobiliari 
che, avendo sub�to la distruzione per cause belliche di edifici, abbiano 
�ricostruito gli edifici stessi sulle aree di risulta della demolizione e li 
abbiano nuovamente locati, e ci� anche se la ricostruzione sia avvenuta 

dopo il decorso del quinquennio di legge (1). � 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso la cc Edil~zia Centrale Il, 
premesso di aver posseduto nel periodo di legge solo le aree di risulta 
della demolizione di suoi edifici distrutti per cause belliche e di aver 
poi ,ricostruito essa stessa, su dette aree, immobili nuovamente dati. in 
locazione, denunzia la. violazione, falsa interpretazione ed errata applicazione 
dell'art. 78, lett. a), del t.u. apJ?rovato con d.P. 9 maggio 1950, 

n. 203, nonch� dell'art. 812 e.e., censura altres� la decisione impugnata 
per difetto di motivazione. 
La doglianza � fondata sotto il primo profilo, essendo la decisione 

impugnata incorsa nei lamentati vizi di erronea interpretazione ed appli


cazione di legge. 

Devesi anzitutto osservare che non pu� essere accolta la tesi della 

Finanza secondo cui anche attraverso il semplice criterio interpretativo 

letterale alla espressione cc beni immobili urbani �, usata dal testo di 

legge, non si potrebbe attribuire che il ristretto significato di � fabbri


cati urbani �. 

Tale assunto si basa su due argomenti, e cio�: a) impossibilit� di 

conciliare la endiadi � propriet� e gestione� con le aree fabbricative, 

che sarebbero oggetto di propriet�, nia non di gestione in senso proprio; 

b) impossibilit� di comprendere dette aree fabbricative nel catasto ur


bano, dovendo la classificazione relativa aver riguardo alla destinazione 

attuale e non alla ubicazione dei fondi. 

Entrambi tali argomenti sono infondati. 
Al primo, infatti, si pu� replicare che i due termini della endiadi 
sono scindibili e che quello di gestione pu� riferirsi ai soli fabbricati, 

(1) La sentenza in esame non pu� non essere accolta con esplicite riserve in 
quanto, pur motivando diffusamente in ordine all'interpretazione dell'art. 78 lett. a) 
t.u. 9 maggio 1950, n. 203, trascura la pi� semplice considerazione che le cc aree 
fabbricabili " costituiscono una categoria di beni aventi caratteristiche e valori del 
tutto propri, ed a cui non possono estendersi le norme relative in genere agli 
immobili urbani e in specie quelle che stabiliscono per essi esenzioni fiscali a motivo 
della loro scarsa redditivit� dipendente dal blocco dei fitti. 
La conferma di ci� pu� trarsi agevolmente considerando che, secondo la 
stessa sentenza in esame, la semplice conservazione delle aree fabbricabili, in 
quanto naturalmente collegata alla speculazione dipendente dal loro continuo 
incremento di valore, esorbita dai limiti di una normale gestione patrimoniale ai 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 771 

mentre la espressione " propriet� n pu� concernere ogni genere di immobili; 
e che, d'altra parte, non � escluso che un suolo edificabile sia 
destinato ad uno sfruttamento economico autonomo, ch� prescinda 
dalla edificazione, e che dia luogo, quindi, ad una attivit� di gestione, 
come nel caso di un'area urbana destinata a parcheggio di autoveicoli 

o simili. 
Per quanto, invece, concerne la classificazione delle aree edificabili 
nel catasto urbano, anche ammesso che unico criterio distintivo sia 
quello della destinazione attuale e non della ubicazione del suolo, si 
potr� magari giungere a definire fondo rustico ogni terreno sul quale 
non si sia mai edif�cato, ma non certo addossare la stessa definizione 
alle aree ubicate in un centro cittadino e risultanti dalla demolizione 
di edifici distrutti per cause belliche: la destinazione ad immobile 
urbano di tali aree � un carattere ormai indelebile di esse e non pu� 
essere obliterata per il fatto puramente contingente e temporaneo che 
gli edifici distrutti non siano stati ancora ricostruiti. 

Pertanto, se la norma di cui all'art. 78, lett. a) del t.u. dovesse interpretarsi 
solamente secondo il significato proprio delle parole, senza 
considerare la volont� del legislatore, non vi sarebbero sufficienti motivi 
testuali per attribuire alla espressione � beni immobili n un significato 
diverso da quello che detta espressione ha nella fondamentale disposizione 
dell'art. 812 c:c., la quale, appunto, elenca per primo il suolo 
tra i beni immobili. 

Pi� appropriato sostegno alla tesi che nega nella specie la esenzione 
fiscale si ritrova, quindi, nella decisione impugnata, la quale invoca la 
volont� del legislatore, affermando che la esenzione stessa fu concessa 
al solo scopo di alleggerire la pressione fiscale sulle societ� immobiliari 
che, possedendo esclusivamente edifici inquilinari locati con contratti 
sottoposti al vincolo di legge, avessero veduto ridursi a propor.zioni 
minime il loro reddito a causa della rapidissima svalutazione della 
moneta verificatasi alla fine della guerra. 

Tale ricostruzione della mens legis risponde ad una notoria situa-

sensi dell'art. 78 1ett. a) t.u. n. 203 del 1950. Eppure deve riconoscersi che nulla 

.� immaginabile di meno impegnativo di una gestione patrimoniale consistente in 

una astensione completa di attivit�. 

Pertanto, anzich� porre l'accento sulla concreta destinazione riservata alle 

singole aree fabbricabili e determinare per di pi� l'assurdit� pratica di una tassa


zione dipendente dalla valutazione del comportamento delle contribuenti nel quin


quennio 1945-1950 in base all'attivit� da esse svolta anche successivamente, la 

formula cc immobili urbani � di cui alla norma in esame deve essere interpretata 

con totale esclusione delle aree fabbricabili, qualunque sia stato il modo della 

loro formazione. 

G. ANGELINI ROTA 

772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione economica; ma devesi riconoscere che essa, oltre che non essere 
basata su lavori preparatori, trova ostacolo nel testo di legge, nel quale, 
come si � veduto, non � agevole attribuire alla espressione cc beni immobili 
urbani � il ristretto signiRcato di cc fabbricati urbani �. D?altra 
parte, per�, deve escludersi che rientri nella ratio della legge la esenzione 
dalla imposta patrimoniale di societ� immobiliari che, esclusivamente 
od assieme alla gestione di case locate abbiano, nei cinque 
anni di legge, svolto attivit� di speculazione immobiliare, acquistando 
e vendendo ediRci od aree fabbricabili. Tale forma di speculazione, 
specialmente per quanto concerne il suolo edificabile, non � certo favorita 
dal legislatore; e se � vero che fattuale regime di particolare rigore 
�fiscale riservato a questo aspetto della propriet� immobiliare urbana 
ancora non esisteva nel 19'50, non � peraltro nemmeno pensabile che 
la legge di tale epoca addirittura volesse favorire, dal punto di vista 
tributario, le societ� che speculavano sulle aree ediRcabili. 

Occorre quindi dare al testo di legge una interpretazione che, pur 
non forzandone la lettera, tenga per� conto della evidente impossibilit� 
logica, e sistematica di un privilegio fiscale concesso a siffatta forma 
di speculazione immobiliare. 

Ora, per escludere, che la esenzione di cui alla lett. a) delfart. 78 
del t.u. possa spettare a societ� immobiliari che nel periodo edittale 
abbiano svolto, anche solo in parte, attivit� di speculazione commerciale 
sugli immobili, e particolarmente sulle aree fabbricabili, basta 
concentrare la esegesi del testo non sulla espressione cc beni immobili 
urbani �, che pu� essere lasciata al suo naturale signiRcato, bens� sulla 
gi� veduta endiadi cc propriet� e gestione �, che, rettamente interpretata, 
non pu� certo estendersi alla nozione di speculazione commerciale, 
ma deve essere limitata ai concetti della conservazione della 
propriet� immobiliare e della gestione di essa come bene fruttifero in 
senso proprio e non come oggetto di attivit� diretta all'incremento del 
capitale attraverso le fluttuazioni dei valori relativi dei beni immobili 
e della moneta. 

Quello che, insomma, devesi considerare, cos� interpretando la 
legge, non � il genere di beni posseduto dalla societ� nel periodo quinquennale, 
bens� fuso effettivo che di tali beni la societ� ha fatto, fossero 
essi ediRci od aree fabbricabili. 

Attraverso questo criterio, anche il caso di specie pu� trovare soddisfacente 
soluzione, sebbene in esso ci si trovi di fronte ad un immobile 
del tutto sui generis e cio� f area di risulta dalla demolizione di edifici 
�rbani distrutti per cause belliche. 


Spostando, infatti, findagine dalla ricerca della precisa definizione 
giuridica da darsi a codesto immobile all'uso che di esso ha fatto la 
societ� proprietaria durante il periodo di legge, ogni difficolt� termi



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 773 

nologica � superata. Di fronte ad un caso del genere il giudice dovr� 
limitarsi ad accertare quale destinazione la societ� abbia dato al terreno 
nel quinquennio 1945-1950; se su di esso sia stato ricostruito un 
immobile e questo sia stato nuovamente affittato, la societ� non avr� 
�con ci� valicato i limiti dei concetti di propriet� e gestione del fabbricato, 
perch� il riparare i danni di guerra {si siano questi concretati 
nel solo danneggiamento o nelia totale distruzione) allo scopo di poter 
nuovamente locare redificio riparato o ricostruito � attivit� che rientra 
sempre nella amministrazione, sia pure straordinaria, di un patrimonio 
immobiliare. Se, invece, rarea edificabile di risulta sia stata ad altri 
rivenduta, o sia stata conservata per attendere un ulteriore aumento dei 
prezzi, si verser� allora nel campo della speculazione commerciale, che 
fa venir meno, anche nel semplice concorso con le altre attivit�, il beneficio 
fiscale. 

Trattasi quindi di un ~ontrollo di fatto, da eseguire caso per caso, 
e non di una classificazione astratta di generi di attivit� sociale; come 
chiaramente, del resto, si desume dal testo di legge che, con l'ultima 
parte della lett. a) dell'art. 78, concede l'esenzione anche alle societ� 
nel cui atto costitutivo siano state previste operazioni � di commerdo 
�; non � l'attivit� ordinaria, statutaria della societ� che si deve 
<:!Onsiderare, ma quella che sia stata di fatto svolta negli anni dal 1945 
.al 1950; attivit� che non deve essere stata, come appunto si � detto, 
� commerciale � � 

Devesi infine affermare, come logico corollario di quanto si � premesso, 
che laddove nel quinquennio di legge la societ� siasi limitata 
come nella specie, a lasciare l'immobile distrutto od il terreno di risulta 
in tale stato, questa attivit� negativa, di per s� dubbia agli effetti di 
cui si discute, non pu� esser valutata che � a posteriori �, con riguardo 
.al momento della decisione del giudice; se l'immobile � stato ricostruito 
e poi dato in locazione dalla societ� dopo il decorso del quinquennio 
1a esenzione spetta ugualmente perch�, in tal caso, l'indugio a ricostruire 
non pu� essere attribuito ad intento speculativo e pu�, anzi, 
trovare la sua pi� logica spiegazione nella necessit� di reperire i capitali 
necessari alla ricostruzione, sempre nei limiti della attivit� di amministrazione 
del patrimonio immobiliare. Non sarebbe certo logico, 
secondo quanto dovrebbesi ritenere seguendo lo strettissimo criterio 
adottato dalla decisione impugnata, che la esenzione spettasse alla 
societ� che ha seguitato a percepire dai suoi inquilini un canone, sia 
pure ridotto dalla svalutazione ai minimi termini, e non a quella che, 
in attesa di poter ricostruire l'immobile distrutto, nulla addirittura medio 
tempore ha percepito. 

La decisione impugnata deve essere quindi cassata in accoglimento 
<lei mezzo di ricorso; e la causa deve esser rinviata per nuovo esame 

13 



774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . 

alla Commissione Centrale la quale applicher� il seguente princ1p10di 
diritt�: �la esenzione fiscale di cui all'art. 78, lett. a) del t.u. �pprovato 
con d.P. 9 maggio 1950, n. 203, spetta anche alle societ� immobiliari 
che, avendo subito la distruzione per cause belliche di edifici, 
abbiano ricostruito gli edifici stessi sulle aree di risulta dalla loro demolizione 
e li abbiano nuovamente locati, anche se la ricostruzione sia 
avvenuta dopo il decorso del quinquennio di legge�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1965, n. 85 -Pres. Vistose> 
-Est. Montanari Visco -P.M. Caccioppoli (conf.) -Soc. finanziaria 
sviluppo� industria e agricoltura (avv. Menegazzi) c. MinisteroFinanze 
(avv. Stato Ricci). 

Imposta di registro -Societ� -Sovrapprezzo azioni di nuova emissione 
-Imposta proporzionale -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8, secondo comma; tariffa all. A. 
artt. 85 e 81). 
L'imposta proporzionale di registro, prevista dalr articolo 85 dellatariffa 
all. A legge di registro, si applica ai conferimenti destinati aa 
aumentare il fondo sociale e che si traducono nelr aumento del capitale 
sociale: pertanto, a tale imposta non � soggetto il sovrapprezzo delle� 
azioni, che, pur incrementando il patrimonio della societ�, non � destinato 
ad aumentare il capitale (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo di gravame, la societ� ricorrente-assume 
che la somma in questione e tassata in sede di verifica non fu 
versata dai soci a titolo di sovraprezzo, bens� a titolo di � conguaglio-dividendi 
�. Rileva al riguardo la Corte che f accertamento della destinazione 
e dello scopo della maggior somma pagata dagli azionisti 
rispetto al valore nominale delle azioni di nuova emissione � il risultatodi 
una indagine di fatto, alla quale ha proceduto il giudice di merito 
e che per la sua natura non � sindacabile in sede di mera legittimit�. 

Quanto al secondo motivo di gravame, con il quale si deduce fer-ronea 
applicazione degli artt. 1 e 8 della legge di registro e degli 
artt. 81 e 85 della tariffa A va rilevato che la ricorrente, nell' a:ffermareche 
l'imposta non sarebbe dovuta per il caso del sovraprezzo azionario, 
fa richiamo ad una precedente sentenza di questa Corte Suprema 

(n. 3411 del 19 novembre 1959). La ricorrente assume che. debba distin(
1) La soluzione, anche se lascia perplessi, deve accettarsi in relazione al� 
costante orientamento della Cassazione. 
� ' 

' 

. 

r::: 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 

guersi fra incremento patrimoniale e vero e proprio aumento del. capitale 
sociale, quest'ultimo solo essendo assoggettabile all'imposta proporzionale 
ai sensi delrart. 85 della tariffa all. A, e che, essendo il 
sovrapprezzo un versamento richiesto ai nuovi soci come condizione 
per acquistare una quota del nuovo capitale, non potrebbe farsi ricorso 
alcuno all'applicazione analogica della norma sopra indicata. 

Osserva questa Corte che non pu� riconoscersi certamente al sovraprezzo 
e cio� alle somme percepite dalla societ� per la emissfone di 
azioni ad un prezzo superiore al loro valore nominale, natura di reddito. 
Le somme predette, che i nuovi azionisti debbono versare in 
aggiunta al valore nominale delle azioni affinch� sia evitata la sperequazione 
nei confronti dei vecchi azionisti e perch� venga raggiunta 
una sostanziale parit� di trattamento con costoro, hanno natura di conferimento. 
Esattamente la precedente sentenza n. 3411 del 1959 riconobbe 
che, avendo la legge 15 ottobre 1925 n. 1802 stabilito espressamente 
lesenzione del sovra prezzo dall'imposta di ricchezza mobile e 
avendo il legislatore del 1942 disposto, con l'art. 2430 e.e., che il sovraprezzo 
non possa essere distribuito ai soci fino a che non sia integralmente 
ricostituita la riserva legale e cio� fino a che tale riserva non 
abbia raggiunto il liinite di cui all'art. 2428, deve considerarsi accolto 
il prevalente indirizzo dottrinale che ravvisava nel sovraprezzo la natura 
di conferimento o apporto patrimoniale: infatti il legislatore ha assoggettato 
il sovraprezzo stesso a un regime analogo a quello della riserva 
legale e lo ha destinato a garantire i creditori sociali insieme al capitale 
sociale e alla riserva legale anzidetta, fino all'integrale ricostituzione 
di questa ultima. 

Escluso che il sovraprezzo abbia natura di reddito, non ne consegue 
per�, come ha rilevato la sentenza sopra citata, che esso debba 
essere assoggettato al trattamento fiscale degli aumenti di capitale previsto 
dagli artt. 81 e 85 della tariffa all. A della legge di registro. Va 
osservato al riguardo, infatti, che trattasi di un conferimento che serve 
ad incrementare il patrimonio della societ�, ma non ad aumentarne il 
capitale. Il sovraprezzo si aggiunge al capitale sociale, ma ne resta 
giuridicamente distinto, come resta distinto dalla riserva legale. :� vietata 
la sua distribuzione ai soci fino a che, come si � rilevato, la riserva 
legale non sia stata portata al massimo di legge ed esso deve figurare 
nel bilancio fra le riserve facoltative o i fondi speciali. Appena la riserva 
legale raggiunge il quinto del caI?_itale sociale, il predetto cespite patrimoniale 
si render� disponibile e potr� essere utilizzato. Se esso verr� 
ripartito tra i soci, la deliberazione assembleare sconter� l'imposta graduale 
di registro (art. 89 tariffa). Se verr� passato a capitale, per sopperire 
alle perdite subite, sconter� la sola imposta fissa. Se verr� portato 
ad aumento di capitale, sar� applicata l'imposta proporzionale di regi




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

776 

stro di conferimento (art. 85 in relazione all'art. 81 tariffa). Infatti con 
il passaggio della riserva a capitale si accresce la garanzia dei creditori 
e nuovi mezzi economici vengono stabilmente acquisiti dalla societ� 
per essere indirizzati a scopi produttivi: non pu� quindi dubitarsi che 

si tratti di atto soggetto all'imposta proporzionale di registro. 
Le predette osservazioni, gi~ contenute nella sentenza citata n. 3411 
del 1959, sono pienamente condivise da questo Collegio, il quale deve 
pure rilevare che l'assunto che l'art. 85 della tariffa assoggetti a tributo 
ogni conferimento e che per individuare i conferimenti tassabili si 
debba avere riguardo solo all'effettivo trasferimento di ricchezza (anche 
se non determini variazione alcuna del capitale sociale), non pu� certamente 
spiegare come il sovraprezzo, se viene assoggettato all'imposta 
proporzionale quando incrementa il patrimonio, debba esserlo di nuovo 
se viene passato a capitale. Nessuna ragione sussiste perch� la stessa 
imposta debba colpire prima il versamento del sovraprezzo e poi il 
passaggio a capitale della riserva con tale sovraprezzo costituita. 
Erroneamente quindi la Corte di merito ha riferito l'imposta in 
questione, che � prevista per i soli aumenti di capitale, anche agli 

Iincrementi del patrimonio costituenti una fattispecie estranea alla previsione 
legislativa di cui all'art. 85 della tariffa all. A della legge di 
registro. N� vale fare riferimento alla disposizione di cui all'art. 8, 
secondo comma, del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, la quale stabilisce 
che un atto non nominativamente indicato nella tariffa � soggetto alla 
tassa stabilita dalla tariffa stessa per l'atto col quale per la sua natura 
e per i suoi effetti esso ha maggiore analogia. L'applicazione di tale 
disposizione alla fatti:specie non � possibile, anzitutto, perch� non si 
tratta di .atti aventi natura od effetti analoghi, ma di atti sostanzialmente 
diversi. La distinzione sul piano giuridico ed economico 
dei due concetti di capitale e di patrimonio sociale � netta e va 
notato che ne � conseguenza il fatto che non sempre alla variazione 
dell'uno corrisponde la variazione dell'altro. In secondo luogo deve 
osservarsi che, una volta riconosciuta l'inapplicabilit� al sovraprezzo 
dell'imposta proporzionale prevista dalla tariffa agli artt. 85 e 81, non 
si verifica l'ipotesi di un atto non assoggettato ad alcuna tassa di registro, 
per cui in tale caso potrebbe farsi luogo al procedimento analogico 
previsto dalla disposizione di cui all'art. 8 citato. Invero il caso del 
sovraprezzo rientra sempre nella previsione della legge tributaria in 
questione e dovrebbe sempre, in relazione ad esso, trovare applicazione 
uno specifico articolo della tariffa. La citata sentenza del 1959 ha 
rilevato al riguardo che possono darsi due ipotesi: o il nuovo socio 
assume f obbligazione di pagare il sovra prezzo e allora sar� applicabile 
la cosiddetta imposta di obbligo; oppure, in caso diverso, sar� soggetta 
all'imposta di quietanza prevista dall'art. 60 della tariffa la ricevuta 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 

da cui risulti il contestuale pagamento del sovraprezzo effettuato 
dal socio. 

Pertanto, trovando il caso del sovraprezzo comunque una sua regolamentazione 
nella legge del registro e dovendo il sovraprezzo medesimo 
essere assoggettato, a seconda delle varie ipotesi, sempre ad una 
specifica imposta non sarebbe legittimo il ricorso all'analogia ai sensi 
dell'art. 8, secondo comma, legge citata. 

Quindi la sentenza della Corte di Milano impugnata va cassata. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 febbraio 1965, n. 320 -Pres. Rossano 
-Est. Alliney -P.M. Raja ( conf.) -Serra Carafa D'Andria 
(avv.ti Romano, Asquini e Giannini) c. Ministero Finanze (avv. 
Stato Soprano). 

Imposta straordinaria sul patrimonio -� imposta personale Cittadini 
italiani residenti a Trieste -Non vi sono soggetti. 

(d.l. 29 marzo 1947, n. 143). 
L'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio � una tipica 
imposta personale diretta a colpire non i beni per se stessi e in quanto 
situati in un determinato territorio, bens� il complesso unitario di beni 
siccome spettanti ad una data persona; non sono quindi soggetti alfimposta, 
nemmeno per i beni sit,uati nel restante territorio dello Stato, i 
cittadini italiani residenti a Trieste alla data del 28 marzo 1947, perch� 
la legge istitutiva (d.l. 29 marzo 1947, n. 143) non fu estesa al Territorio 
Libero di Trieste, al tempo soggetto al Governo Militare Alleato (1). 

(Omissis). -Ha preminente rilievo, rispetto a tutti gli altri, il 
terzo motivo del ricorso, col quale si denuncia la violazione degli artt. 1, 
2, 5, 32 e 45 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203 in relazione agli artt. 23 e 25 

(1) Sulla soggezione all'imposta straordinaria sul patrimonio 
dei residenti nel Territorio Libero di Trieste. 
La decisione pronunciata dalla S.C. non pu� essere condivisa. La immunit� 
per i cittadini di Trieste da un tributo al quale sono oggetti anche gli stranieri, � 
manifestamente inconcepibile. :i!: opportuno tuttavia mettere in luce gli errori di 
impostazione sui quali si sorregge la pronuncia che si annota. 

:i!: esatto che, durante il periodo di occupazione, la potest� legislativa nel 
Territorio Libero di Trieste era attribuita al Governo Militare Alleato, sicch� la 
legge italiana non aveva efficacia in quel territorio se non a seguito di un provvedimento 
di estensione del Governo Alleato (Cass., 12 ottobre 1959, n. 2779, Mass., 
Giur. it., 580; Sez. Un., 31 luglio 1952, n. 2451, Foro pad., 1952, I, 1292, con nota 
di E. VOLLI, I poteri normativi del G.M.A. di Trieste), provvedimento che non � 



778 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR\\ DELLO STATO 
della Costituzione, per avere la Commissione Centrale ritenuta l'esistenza, 
nella specie, della contestata obbligazione tributaria. 
La censura � fondata. 
Pur ammettendo che il d.l. 29 marzo 1947 n. 143, istitutivo dell'imposta 
straordinaria progressiva sul patrimonio, non fu esteso al Territorio 
Libero di Trieste, allora soggetto al Governo Militare Alleato, la 
Commissione Centrale ha tuttavia ritenuto che � per effetto di tale 
mancata estensione furono esenti {dalla detta imposta) le persone col� 
residenti relativamente ai beni situati in quella circoscrizione... e non 
intervenuto per il d.l. 29 marzo 1947, n. 143 istitutivo dell'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio. 
Ma da questa giusta premessa se pu� discendere l'esclusione (ammessa dalla 
Amministrazione Finanziaria con sua circolare e non contestata nella fattispecie) 
dal complesso del patrimonio tassabile dei beni situati nel Territorio di Trieste, non 
discende di certo l'immunit� dall'imposta per i beni situati nella restante parte del 
territorio dello Stato. 
L'errore fondamentale della pronunzia si trova nell'inesatta nozione assunta 
di imposta personale e di estensione della legge nello spazio. 
L'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio � di certo un'imposta 
persoru;ile (� sul patrimonio complessivo posseduto da ciascun contribuente �, art. 1 
del d.l. n. 143 del 1947, a cui �sono soggette le persone fisiche�, art. 2); ma ci� 
n9n significa necessariamente che il campo di applicabilit�-dell'imposta debba 
circoscriversi territorialmente ai confini dello Stato e personalmente ai cittadini 
soggetti alla legge italiana. 
Del resto l'imposta sul patrimonio, se � personale, ha tuttavia (art. 5) un 
contenuto oggettivo perch� � considera il patrimonio in s�� (UcKMAR, Le tre 
imposte straordinariie sul patrimonio, Milano, 1948, 21) ed anzi fa riferimento ai 
singoli patrimoni esistenti nello Stato a chiunque appartenenti (SALERNI, Le imposte � 
/{)
1� 
straordinarie sul patrimonio, Milano, 1951, 122). Non ha quindi alcuna importanza �' 
il fatto che la legge istitutiva sia stata o no estesa nello spazio al territorio di 1~ 
Trieste (o, allo stesso modo, di un altro Stato estero) e che le persone fisiche : 
obbligate siano o no soggette, come cittadini, alla legge dello Stato. L'imposta ha 
un suo ambito territoriale (beni situati nello Stato) e ad essa sono soggetti (sono �.� 
� contribuenti �, secondo il testo dell'art. 1) tutti i possessori di beni siti nel terri~ 
torio dello Stato, siano essi cittadini italiani, residenti o no nel territorio dello 
Stato, siano essi stranieri. 
La personalit�, per altro sui generis dell'imposta, non conduce quindi alla 
conclusione cui. � pervenuta la S.C. 
Altro evidente errore si .pu� rilevare nella semplicistica affermazione che 
non avendo la legge istitutiva dell'imposta avuto efficacia del Territorio di Trieste, 
l'obbligazione tributaria non � sorta. Come � noto, bisogna distinguere l'efficacia 
della legge come tale nello spazio del territorio dello Stato da cui promana, dalla 
estensione della legge stessa con riferimento a fatti che si siano verificati fuori del 
territorio o ad opera di sudditi di altro Stato (A. BERLIRI, Principi di diritto tributario, 
Milano, 1952, I, 103; A. D. GIANNINI, I concetti fondamentali del diritto 
tributario, Torino, 1956, 51). Che la legge istitutiva dell'imposta non abbia avuto 
efficacia spaziale nel Territorio di Trieste � cosa, come si � visto, pacifica; ma ci� 
non esclude che ai cittadini ivi residenti, per un fatto considerato dalla legge ita




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 779 

per i beni siti nel restante territorio dello Stato, perch� non vi sarebbe 
:stata alcuna ragione per una simile estensione, dato che la legge sottopone 
al tributo anche gli stranieri per i beni situati nel territorio dello 
.Stato 11, 

.Ora codesto argomentare non pu� essere condiviso in quanto 
.discende da una inesatta nozione del tributo di cui si discute. 

Si tratta, nella specie, di una tipica imposta personale, diretta cio� 
a colpire l'insieme dei beni posseduti dal contribuente, considerati, non 
nella loro oggettivit�, ma in quanto spettanti a una data persona. 

liana (possesso di un patrimonio nel territorio dello Stato), la norma tributaria 
-debba essere estesa. 

La contraddittoriet� della pronunzia � ancor pi� grave perch� in essa si d� 
per pacifico che alla data del 28 marzo 1957 i residenti a Trieste fossero citta<
lini italiani. � 

Su questo presupposto non poteva nascere alcun dubbio sulla legittimit� della 
pretesa tributaria, perch� ovviamente la semplice residenza al di fuori del territorio 
dello Stato (a Trieste o altrove) non pu� influire in alcun modo, come emerge 
-chiaramente dal capoverso dell'art. 5 del d.l. n. 143 che considera in modo parti-
colare i cittadini italiani residenti in Italia in contrapposto a quelli non residenti 
-contemplati nel primo comma; 

Se mai dalla premessa che i residenti a Trieste sono cittadini italiani, poteva 
�discendere il quesito se la residenza a Trieste fosse da considerare nazionale o 
.estera agli effetti del capoverso dell'art. 5 per stabilire se l'imposta dovesse colpire 

anche i beni esistenti fuori del t�rritorio dello Stato e quindi anche nel Territorio 

Libero di Trieste. Ma questa questione esulava dalla materia controversa. 

In verit� � discutibile se nel 1947 agli effetti particolari dell!\ legge istitutiva 
�dell'imposta straordinaria sul patrimonio i residenti nel Territorio Libero di Trieste, 
ove la norma non si estendeva territorialmente, fossero da considerare italiani o 
.stranieri; indipendentemente dal pi� complesso problema concernente la cittadinanza 
in senso proprio dei residenti a Trieste e la soggezione del Territorio alla 
:sovranit� italiana '(problema che non pu� essere trattato in questa sede), nel limi


tato campo di applicazione dell'art. 5 del d.l. n. 143 che contempla italiani e 
stranieri (e non ammette un tertium genus), i residenti a Trieste sembrerebbero 
-equiparabili piuttosto agli stranieri (cio� non soggetti direttamente alla legge dello 
Stato italiano) e non ai .cittadini italiani. 

Ma, come si � visto, in quanto stranieri (si ripete, ai soli effetti del d.l. n. 143), 
i residenti a Trieste sono incontestabilmente soggetti all'imposta relativamente ai 
beni siti nel territorio dello Stato italiano. 

L'ultimo argomento adottato dalla decisione annotata lascia veramente scon
�Certati: " Non essendo i cittadini italiani residenti a Trieste equiparabili agli stranieri 
(e, si sottintende, nemmeno ai citadini italiani veri e propri), manca la legge che, 
a norma dell'art. 23 della Costituzione, legittimi l'applicazione del tributo nei 
.loro confronti �. 

Che in termini di pura speculazione di diritto internazionale ed agli effetti 
.generali possa anche configurarsi per i residenti a Trieste una categoria a s� stante 
non pienamente riconducibile n� a quella dei cittadini n� a quella degli stranieri 
n� a quella degli apolidi, � problema forse legittimamente proponibile ma che non 
interessa in questa sede. � chiaro per� che la legge istitutiva dell'imposta quando 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

780 

Ne porge conferma l'art. 1 del citato d.l., che la definisce appunto 
come imposta straordinaria progressiva sul patrimonio complessivo 
posseduto dal contribuente alla data del 28 marzo 1947. 

Dato questo suo specifico carattere, � dunque evidente che l'im


posta in parola non riguarda i beni per se stessi e in quanto situati in 
un determinato territorio, ma nella loro complessiva e unitaria appartenenza 
a un dato soggetto, con la conseguenza che essa non pu� 
essere applicata alle persone che non vi sono state assoggettate dalla 
legge. 

Ora, poich� il 28 marzo 1947, data di riferimento stabilita dal 

d.l. n. 143 del 1947, la Serra aveva la propria residenza a Trieste, ne 
segue che ~essendo mancata, come la Commissione Centrale ha bene 
avvertito, l'estensione di tale provvedimento legislativo al Territorio 
parla di cittadini italiani e stranieri che siano possessori di beni esistenti nel territori<> 

dello Stato, comprende in queste due categorie tutto il genere umano; il problema 
consister� allora solo nel classificare i soggetti con incerto status nell'una o nel!'
altra categoria, ma non potr� di certo affermarsi che la mancanza di espressa 
menzione dei residenti a Trieste (o degli apolidi o di altri eventuali appartenenti 
a categorie anomale) sottrae questi dalla soggezione all'imposta. Come, indubbiamente, 
negli stranieri sono da ricomprendere gli apolidi, cos� anche i residenti a 
Trieste vanno inclusi in una delle due categorie contemplate nella norma .tributaria. 

:i'.!: troppo semplicistico laffermare che i residenti a Trieste in quanto cittadini. 
italiani (ammesso che lo siano in termini generali) non possono essere equiparati 
agli stranieri agli speciali effetti della norma tributaria in discussione, senza peraltro 
nemmeno porre il problema se la qualit� di cittadini italiani, che escluderebbe 
I'assimilabilit� agli stranieri, non possa far considerare i residenti a Trieste come 
veri e propri cittadini italiani. 

Certo � che, secondo la decisione in rassegna, sarebbe soggetto all'imposta 
istituita dalla legge italiana tutto il genere umano ad eccezione dei residenti a 
Trieste, proprio perch� essi sono cittadini italiani. 

Ma ancor pi� grave apparir� l'affermazione se si considera che con l'aver 
creato un genus tanto particolare per i residenti a Trieste, se ne � cancellata la loro� 
esistenza giuridica. Poich� nessuna legge, n� italiana n� straniera, e nessuna convenzione 
internazionale contemplano in modo specifico e diretto i residenti a. 
Trieste, costoro (argomentando come fa la sentenza), non essendo n� cittadini 
italiani, n� stranieri, n� apolidi, resterebbero del tutto al di fuori di ogni legge, sia 
di quelle che impongono doveri sia di quelle che costituiscono diritti. I residenti 
a Trieste, fuori del loro Territorio Libero, non sarebbero nulla per lo Stato italiano 
(come pure per gli altri Stati), perch� tutte le norme, da quella penale a quella 
sul godimento dei diritti civili, contemplano soltanto, oltre i cittadini, gli stranieri 
e tutt'al pi� gli apolidi e mai la categoria a s� stante dei cittadini italiani resi


11 

denti a Trieste �; se quest'ultima non potesse davvero essere 11 equiparabile � ad 
una delle cat�gorie fondamentali, i residenti a Trieste verrebbero a trovarsi giuridicamente 
(come la decisione annotata li ha considerati agli effetti dell'imposta 
patrimoniale) al di� fuori del genere umano. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 

Libero di Trieste -l'obbligazione tributaria nei confronti della stessa 
non � sorta. 

N� importa che, a norma dell'art. 5 del citato decreto, l'imposta 
straordinaria sia dovuta anche dallo straniero, relativamente ai beni 
esistenti nello Stato, poich�, non essendo i cittadini italiani residenti a 
Trieste equiparabili agli stranieri, manca la legge che, a norma dell'art. 
23 della Costituzione, legittimi l'applicazione del tributo nei loro 
confronti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1965, n. 416 -Pres. Pece Est. 
Perrone-Capano -P.M. Gentile (conf.) -Comune di Castel 
Guelfo (avv. Gualandi) -c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). 

Imposta di registro -Convenzione fra Comune ed Esattore -Tesoriere 
per delegazione di pagamento sulle imposte di consumo 
gestite direttamente dal Comune da emettersi per estinzioni di 
mutui contratti dal Comune -Atto autonomamente tassabile. 

Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e 
derivanti � per intrinseca loro natura � le une dalle altre Concetto 
ed estremi per unicit� della tassazione. 

Imposta di registro -Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 1949, 

n. 589 con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di interesse 
degli enti locali -Contestualit� della richiesta -N,on 
necessaria. 
Imposta di registro -Agevolazioni recate dalla legge 3 agosto 1949, 

n. 589 con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di i~teresse 
degli enti locali -Estensione agli atti che, come mezzo 
al fine sono in correlazione con l'atto espressamente previsto, 
anche se con lo stesso non necessariamente connessi o derivati. 
(t.u. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9; T.A., art. 28, tab. C, art. al t.u. predetto; 
I. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18). 
L'atto con il quale fEnte cui � affidato il servizio di Tesoreria 
eomunale unitamente a quello di riscossione delle imposte dirette, si 
impegna ad estinguere i mutui concessi ad un Comune con il pagamento, 
con l'onere del non riscosso per riscosso, delle delegazioni di 
pagamento che il Comune avrebbe emesso sui proventi delle imposte 
di consumo, tenute in gesti�me diretta e versati, all'uopo, alla Tesoreria 
predetta, non costituisce contratto di esattoria o a questo equiparabile, 



782 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

ma atto autonomo di assunzione di obbligazioni altrui, soggetto alf imposta 
di registro prevista dalrart. 28, della T.A. ammessa al L.O.R. (1). 

Le disposizioni necessariamente connesse o derivanti per loro intrinseca 
natura le une dalle altre, soggette, a norma delfart. 9, secondo 
comma, della L.0.R., alla sola tassazione della disposizione che d� 
luogo alfimposta pi� grave, sono soltanto quelle fra le quali intercorre, 
in forza della legge e non per mera volont� delle parti, una concatenazione 
o compenetrazione di carattere oggettivo, tale da riassorbire 
tutte le disposizioni in un unico negozio giuridico, quali elementi indispensabili 
del negozio stesso (2). 

(1-4) Ancora del regime fiscale delle delegazioni di pagamento 
tratte dai Comuni sulle Imposte di consumo -Autonomia rispetto 
al mutuo garantito -Trattamento di favore ai fini della legge 
589/49 -Limiti. 

Le statuizioni oggetto delle prime tre massime tratte dalla sentenza in nota 
hanno fatto retta applicazione della legge e dei principi. Quelle oggetto della quarta 
massima, inquadrate nel principio ormai consolidato, per il quale, salvo diversa 
disposizione di legge, il diritto al trattamento triqutario agevolato riguarda non solo 
gli atti direttamente ed espressamente agevolati, ma anche quelli che, come mezzo 

i al fine, sono in correlazione con i primi, anche se non necessariamente connessi o 
derivanti. gli uni dagli altri, possono essere condivise per i soli casi in cui l'imposta 

I 
.di registro � liquidata e richiesta ai Comuni. Non per casi in cui l'imposta stessa 

.

I� liquidata e richiesta alla parte che assume con i Comuni l'impegno di estinzione 

. 
liare dell'agevolazione recata dall'art. 18 della I. 3 agosto 1949, n. 589. 
Nessun dubbio sia per il caso risolto dalla sentenza in nota, che per quelli � 
. 

del mutuo con il pagamento delle emanande delegazioni. Ci� per il carattere pecu


analoghi, del carattere autonomo rispetto al contratto di mutuo stipulato dai 
Comuni, delle delegazioni di pagamento tratte sui proventi delle imposte di consumo, 
in gestione diretta dei Comuni stessi. Le ragioni sono di un duplice ordine: uno 
dato dal fatto che, nel caso risolto, non di delegazione di pagamento si �, in realt�, 
trattato, ma dell'obbligo assunto dal Tesoriere Comunale di provvedere direttamente 
all'Ente mutuante al pagamento d~lle future delegazioni che il Comune 
sarebbe andato ad emettere sui proventi delle imposte di consumo, a tale riguardo 
vincolate e versati volta a volta nelle Casse della Tesoreria. L'altro dato dal fatto 
che, ai fini dell'imposta di consumo (e ci� vale in via di principio per le delegazioni 
in generale), per le delegazioni di pagamento, l'art. 94 del t.u. sulla Finanza locale 
non potr� non essere, per indeclinabile canone di ermeneutica giuridica, limitato 
alle disposizioni che risultano compatibili con la riscossione delle imposte di consumo 
stesse, alle quali le agevolazioni si riferiscono. Per tali imposte la garanzia 
del non riscosso per riscosso non opera, in via generale e di principio perch� essa 
presuppone, necessariamente, per la sua concreta applicazione, la' presenza di ruoli, 
la cui consegna costituisce l'esattore debitore dell'ammontare dei tributi dagli stessi 
risultanti (art. 5, secondo comma, r.d. 17 ottobre 1922, n. 1401). La ragione � chiara: 
intanto si potr� pretendere che l'esattore, ad una determinata scadenza, versi incondizionatamente 
una somma predeterminata, in quanto la somma stessa risulti gi� 
dovuta dai contribuenti; in quanto, in altri termini, sia stato gi� determinato l'imponibile 
e sia stato liquidato il rapporto tributario da cui deriva lentrata, la cui 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 783 

La legge 3 ago~to 1949, n. 589, con norme per agevolare resenzione 
di opere pubbliche di interesse degli enti locali e le leggi integrative 
e modificative della stessa non subordinano le agevolazioni tributarie 
alfuopo previste al requisito forma�e delf espresso richiamo nell 
atto agevolato (3). 

In applicazione del principio per il quale, salvo diversa disposizione 
di legge, il diritto al trattamento tributario agevolato riguarda 
anche gli atti che, come mezzo al fine, siano in correlazione con ratto 
direttamente agevolato, pur non essendo con esso necessariamente connessi 
o derivanti, le agevolazioni previste dalla ricordata legge 3 ago-

riscossione � affidata all'Esattore. Per le imposte di �onsumo nulla di tutto ci�: 
esse, per il preciso disposto dell'art. 48 dello stesso t.u. della Finanza locale sono 
esigibili non con le norme stabilite per la riscossione delle imposte dirette, bens� 
con quelle � stabilite per la 'riscossione delle imposte indirette �. La qual cosa � la 
conseguenza necessitata del fatto che per le imposte di consumo manca, data la 
natura del particolare tributo e le caratteristiche della sua imposizione, la predeterminazione 
dei singoli ammontari con conseguente formazione di un ruolo preventivo 
di riscossione. L'obbligazione sorge di volta in volta in relazione al determinarsi o 
meno di alcuni specifici rapporti e per essa manca il distacco temporale tra l'accertamento 
dei presupposti dell'imposta e la sua liquidazione da un lato e la riscossione 
dell'imposta dall'altro; come avviene per le imposte dirette. 

Da ci� l'impossibilit� tecnica di pretendere dall'Esattore Tesoriere, senza una 
esplicita autonoma assunzione del relativo obbligo, la garanzia del non riscosso 
per riscosso. 

La qual cosa esclude, in radice, sia per i casi del genere di quello risolto in 
cni l'atto di assunzione dell'obbligo di pagamento delle delegazioni � separato e 
distinto da quello di mutuo per la cui estinzione l'obbligo stesso � posto, sia per i 
casi in cui l'atto di assunzione di obbligo sia lo stesso di stipulazione del mutuo, di 
un utile richiamo all'art. 9, secondo comma, della L.O.R. Gli estremi a tal fine 
richiesti e chiaramente precisati dalla sentenza in nota, per i quali l'unicit� di tassazione 
ha luogo nel caso in cui un medesimo atto contenga pi� disposizioni necessariamente 
connesse e derivanti per l'intrinseca loro natura, le une dalle altre, 
ricorrono, infatti, nei soli casi in cui per le disposizioni stesse ricorra una concatenazione 
strutturale, oggettiva, concettuale delle disposizioni stesse, secondo lo 
schema tipico del negozio e con una causa giuridica che assolva la stessa funzione 
economica e sociale. 

Ne restano escluse le concatenazioni occasionali, soggettive, non concettuali, 
quale che sia la finalit� che le concatenazioni stesse vogliono attuare. La ragione 
� di intuitiva evidenza: in questi ultimi casi, infatti, delle singole disposizioni � 
dato concepirne l'esistenza anche senza la concatenazione predetta e per ci� stesso 
viene meno la necessit� di evitare il carattere vessatorio di una distinta tassazione 
per il caso in cui pi� disposizioni, anche se distinte, sono caratterizzate da una 
concatenazione fogica s� da essere riassorbite in unico rapporto. Concetto questo 
chiaramente posto in . evidenza dalla Corte di Cassazione nella sentenza in nota, 
laddove ha precisato che ai fini di una unica tassazione il rapporto di interdipendenza 
deve essere tale da riassorbire tutte le disposizioni in un unico negozio giuridico, 
quali elementi indispensabili del negozio stesso. 



784 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

sto 1949, n. 589, sono operanti per tutti gli atti e contratti occorrenti 
per l'attuazione della legge stessa, anche se n�n necessariamente connessi 
o derivanti (4). _,. 

(Omissis). -Con i primi due motivi di ricorso, che riguardano 
sostaniialment� un'unica questione, si censura l'impugnata sentenza 
nella parte in cui ha ritenuto che nella convenzione del 18 settembre 
1956 non fossero configurabili gli estremi di un contratto di esattoria, 
ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 della tabella allegata C alla 
legge del registro (che contempla gli atti da registrarsi gratuitamente), 
n� fosse ravvisabile un atto insuscettibile di tassazione autonoma. 

La censura � infondata. 

Invano il ricorrente si sofferma ad analizzare le differenze che intercorrono 
fra le delegazioni di pagamento nel diritto privato, regolate 
dagli artt. 1268 e seguenti del codice civile, e le delegazioni sulle imposte 
di consumo, previste e disciplinate dall'art. 94 del testo unico per la 
finanza locale. E fuor di luogo vengono richiamate le norme sulla riscossione 
delle imposte dirette, nonch� le disposizioni della legge comunale 
e provinciale in materia di riscossione delle entrate e di pagamento 
delle spese degli enti locali. Non sono questi gli argomenti che possano 
essere utilmente invocati per la soluzione della guestione di cui trattasi, 
che consiste nello stabilire se nella convenzione del 18 settembre 1956 
possa ravvisarsi un contratto di esattoria o a questo equiparabile, da 
registrarsi gratuitamente, o un atto insuscettibile di tassazione autonoma, 
o se invece debba ravvisarsi {come hanno ritenuto i giudici di 

� La qual cosa � assolutamente esatta. 
Lettera, infatti, spirito informatore della norma ed applicazione giurisprudenziale 
portano, necessariamente, a ritenere che : 

a) disposizione indipendente � quella di rapporto o negozio giuridico autonomamente 
previsto dalle Tariffe allegate alla legge di registro; 

b) tale disposizione � tassata in via separata e distinta sempre che non 
costituisca un elemento integratore del negozio giuridico posto in essere, secondo 
lo schema tipico del negozio, quale � fissato dalla legge; 

c) l'intervento della legge, dovendo soddisfare all'esigenza di una connessione 
obiettiva ed inscindibile fra le varie disposizioni, che assolva alla medesima 
causa giuridica -�per l'intrinseca loro natura � richiede l'art. 9 citato -deve 
determinare una situazione non di accessoriet� della disposizione, ma di connaturale 
compenetrazione, con lesclusione di quei casi in cui la stessa impone delle cautele 
richieste da esigenze di opportunit� amministrativa che non influiscono sulla possibilit� 
di concepire il negozio giuridico anche senza le cautele predette. 

Escluso un utile richiamo all'art. 9, secondo comma, della L.O.R., per i casi 
del genere resta da stabilire se ed in quali limiti all'economia delle leggi 589/49' 
con norme sulle opere pubbliche d'interesse degli Enti locali, opera il principio 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

785 

merito) un atto di assunzione di obbl~gazioni altrui, soggetto al corrispondente 
trattamento tributario. 

Ai fini di tale questione, devesi anzitutto rilevare che la convenzione 
del 18 settembre 1956 non apport� alcuna modifica al servizio 
di riscossione delle imposte di consumo, che continu� ad essere gestito 
direttamente dal Comune di Castelguelfo. Con la convenzione in parola, 
della cui tassazione si discute, il Comune, riaffermando espressamente 
che avrebbe mantenuto la gestione diretta delle imposte di consumo, si 
impegn� solo a versare i relativi proventi, giorno per giorno, nella 
cassa della tesoreria comunale, sottoponendoli a vincolo in favore della 
Cassa di Risparmio di Bologna, alla quale, con precedenti contratti, era 
stato affidato il servizio della tesoreria comunale, nonch� quello della 
riscossione delle imposte dirette. La Gassa di Risparmio, a sua volta, 
si obblig� di provvedere all'estinzione dei mutui che sarebbero stati 
concessi al Comune dal Monte di Bologna, impegnandosi di pagare 
a quest'ultimo l'importo delle delegazioni che all'uopo il Comune avrebbe 
rilasciato sulle imposte di consumo (gestite e riscosse dallo stesso Comune). 
E pur riservandosi il diritto di trattenere, fino a concorrenza 
dell'importo delle delegazioni, i proventi delle imposte di consumo 
che sarebbero stati versati dal Comune nelle casse della tesoreria comunale, 
la Cassa di Risparmio si obblig� tuttavia a pagare direttamente al 
Monte di Bologna tutte le somme a questo dovute dal Comune (in 
dipendenza dei predetti mutui), anche se superiori all'importo delle 
imposte in realt� riscosse. � certo, infatti, che la Cassa di Risparmio 
assunse anche l'obbligo del non riscosso come riscosso; e quest'obbligo 

\ 

recepito dalla giurisprudenza per il quale, salvo diversa disposizione di legge, il 
diritto al trattamento tributario agevolato riguarda anche gli atti che come mezzo 
al fine, siano in correlazione con l'atto direttamente agevolato pur non essendo con 
esso necessariamente connesso o derivante. Il principio predetto, come � stato gi� 
accennato, potr� operare per il caso in cui l'imposta � liquidata e richiesta ai 
Comuni, ma non alla parte che con il Comune ha assunto le relative obbligazioni. 
L'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, infatti, ha previsto una equiparazione 
ai fini tributari degli Enti locali allo Stato per gli atti occorrenti all'attuazione della 
legge stessa. Da ci� deriva che, a norma dell'art. 94 della L.O.R. nei casi in cui 
l'imposta � dovuta alle parti private, nulla dovreb):>e opporsi una volta riconosciuta 
l'autonomia dell'atto tassabile rispetto a quello espressamente agevolato, a che 
l'imposta sia accertata liquidata e percetta nei confronti della parte privata predetta. 
Cos� limitatamente all'ipotesi in cui l'appaltatore dell'imposta di consumo o l'esattore 
tesoriere assuma l'obbligo di provvedere al pagamento dell'importo delle 
delegazioni anche in mancanza di provvista di cassa. 

Tale distinzione si impone dal momento che nella disciplina normativa posta 
dall'art. 94 della L.0.R. non trova applicazione il principio della solidariet� posto 
in Via generale dal precedente art. 93. 

L. CORREALE 

786 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

importava che, quali che fossero i proventi delle imposte di cortsumo, 
anche se inferiori.all'ammontare delle rate di ammortamento dei mutui, 
la Cassa di Risparmio era pur sempre tenuta al pagamento delle rate 
stesse, senza poter opporre al creditore (Monte di Bologna) la deficienza 
dei proventi delle imposte di consumo sulle quali il Comune avesse 
rilasciato le delegazioni di pagamento. 

Essendo questi i precisi termini della convenzione intercorsa fra 
le parti, quali risultano dalla denunciata sentenza, esattamente i giudici 
di merito hanno ritenuto che con quella convenzione " non venne introdotta 
nessuna modifica al contratto di esattoria, stipulato tra la Cassa 
di Risparmio e il Comune di Castelguelfo con il precedente contratto 
9 luglio 1955 �. Appare manifesta la giuridica impossibilit� di ravvisare 
nella convenzione del 18 settembre 1956 (le cui clausole, innanzi riassunte, 
non formano oggetto di contestazione) gli estremi di un contratto 
di esattoria, o di un contratto equiparabile a quello di esattoria, ai sensi 
e per gli effetti dell'art. 12 della tabella allegato e alla legge di registro. ~ 
Il contratto di esattoria, che va registrato gratuitamente, deve riguar


"':., 

dare necessariamente la riscossione di tributi, mentre la convenzione -~ 
in parola aveva per oggetto obbligazioni di tutt'altra natura, inerenti 

I

ai mutui che il Comune di Castelguelfo intendeva contrarre con il 

~.' 

Monte di Bologna e con la garanzia della Cassa di Risparmio. I. 
Esatta � anche l'altra considerazione della Corte d'Appello, secondo 
' 
cui il contratto in questione " non era diretto a disciplinare la materia I, , 


... 

I 
.
delle delegazioni da rilasciarsi a norma dell'art. 94 del t.u. per la 
finanza locale, in quanto, nella fattispecie, non venne affidato il ser


.

I

vizio di esazione delle imposte di consumo all'esattore delle imposte 
dirette, ma si convenne l'autonomo obbligo della Cassa di Risparmio 
di pagare direttamente al Monte di Bologna l'importo delle delegazioni 
che il Comune sarebbe andato ad emettere, attuandosi in tal -modo una 
convenzione autonoma da assoggettarsi alla normale imposta di registro 
prevista per tale tipo di convenzione �. In sostanza, la Cassa di Risparmio 
assunse l'obbligo di provvedere direttamente all'estinzione dei mutui 
che il Monte di Bologna avrebbe concesso al Comune di Castelguelfo, ,

I

indipendentemente dalla riscossione delle imposte di consumo, sulle 
quali sarebbero state emesse le delegazioni di pagamento, e al di fuori 
dello schema tipico delle delegazioni esattoriali previste dall'art. 94 del 

t.u. 
per fa finanza locale. 
L'obbligazione, in tal modo assunta dalla Cassa di Risparmio, non 
solo non incideva sul contratto di esattoria, precedentemente stipulato 
col Comune, ma non concretava neppure una disposizione insuscettibile 
di autonoma tassazione, ai sensi dell'art. 9 della legge di registro, non 
trattandosi di obbligazione necessariamente connessa con i mutui da 
contrarre, n� di obbligazione legata ai mutui stessi da un vincolo di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 'I'RtBUTARIA 787 

necessaria derivazione. A parte che trattavasi di atti distinti, ed a parte 
che i contratti di mutuo erano ancora da stipulare, qui � sufficiente 
ricordare che, giusta la giurisprudenza di questa Suprema Corte, le 
disposizioni necessariamente connesse o derivanti per la loro intrinseca 
natura le une dalle altre, che per l'art. 9 della legge del registro sono 
soggette ad un'unica tassazione (come se comprendessero la sola dispo~ 
sizione che d� luogo all'imposta pi� grave), sono soltanto quelle fra le 
quali intercorra, in forza della legge e non per mera volont� dell� parti, 
una concatenazione o compenetrazione di carattere oggettivo, tale da 
riassorbire tutte le disposizioni in un unico negozio giuridico, quali 
elementi indispensabili del negozio stesso. Il che, nella specie, non si 
verificava. -(Omissis). 

I primi due motivi di ricorso, pertanto, sono infondati e debbono 
essere rigettati. 

Ugualmente infondato � il terzo motivo, col quale si denuncia la 
violazione � di norme cogenti per l'ufficio fiscale impositore del tributo �. 
Le norme violate sarebbero le istruzioni contenute in una circolare in 
data 4 settembre 1962 del Ministero delle finanze. Ma, a parte che tale 
circolare riguarda casi diversi da quello attuale, � noto che le circolari 
ministeriali sono atti interni della pubblica amministrazione, destinati 
unicamente ad indirizzare e regolare in modo uniforme t attivit� degli 
organi inferiori, atti che non hanno efficacia vincolante e che non possono 
spiegare effetti . giuridici nei confronti di altri soggetti, estranei 
alla pubblica Amministrazione, neppure ai fini della interpretazione 
di determinate norme di legge. 

Fondato, invece, � il quarto motivo, col quale si denuncia la violazione 
dell'art. 18 della I. 3 agosto 1949, n. 589, nonch� difetto di motivazione, 
per aver la Corte di merito ritenuto che la convenzione del 
18 settembre 1956 non potesse usufruire del trattamento fiscale stabilito 
per gli atti stipulati dallo Stato. 

Al fine di escludere che nella specie fosse applicabile l'agevolazione 
tributaria invocata dal Comune, la Corte d'Appello ha addotto tre 
diversi ordini di ragioni : 1) che << per espressa disposizione di legge i 
benefici fiscali devono essere invocati dalle parti nello stesso contesto 
dell'atto�: il che, nella specie, non era avvenuto; 2) che la convenzione 
del 18 settembre 1956 era autonoma nei confronti del contratto 
di mutuo, che in quell'epoca il Comune doveva ancora stipulare, � non 
essendo una convenzione necessariamente connessa e dipendente dal 
contratto stesso �; 3) che la detta convenzione � non rientrava nelle 
finalit� previste dalla iegislazione speciale per le agevolazioni fiscali 
concesse ai mutui contratti per l'esecuzione di opere pubbliche nell'interesse 
degli enti locali �. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

788 

La prima affermazione � senza dubbio destituita di fondamento, in 
quanto n� la legge 3 agosto 1949, n. 589, n� le norme integrative e modificative, 
contenute nelle successive leggi in materia, subordinano la 
concessione delle agevolazioni tributarie da esse previste al requisito 
formale che tali agevolazioni siano espressamente invocate nello stesso 
atto che deve beneficiarne. N� una siffatta subordinazione � prescritta 
da altre leggi applicabili nella specie, o dai principi generali del diritto 
tributario. Anzi, con sentenza 8 febbraio 1963, n. 233, questa Suprema 
Corte ha ritenuto che, ai fini dell'applicazione di un beneficio fiscale, 
�non � necessario che risultino dall'atto tutte le condizioni che occorrono 
per l'applicazione del beneficio stesso, quando ci� non sia espressamente 
richiesto dalla legge. E il beneficio tributario che in realt� competa 
� ugualmente applicabile, salvo diversa disposizione di legge, oltre 
che nel caso in cui non sia stato espressamente invocato nell'atto che 
pu� beneficiarne, anche nel caso che le parti abbiano in un primo tempo 

invocato un diverso e non applicabile beneficio. 

Infondata � anche la seconda considerazione in base alla quale la 
Corte di merito ha negato l'applicabilit� dell'agevolazione prevista dalla 
legge 3 agosto 1949, n. 589, cio� quella del trattamento fiscale stabilito 
per gli atti stipulati dallo Stato. � esatto -e gi� innanzi lo si � rilevato 
-che la convenzione in esame non pu� ritenersi necessariamente 
connessa con i predetti mutui, ai sensi dell'art. 9 della legge di registro; 
ma questa norma � del tutto estranea alla questione da risolvere, che 
non riguarda la tassabilit� �li un atto o di negozio, ma l'applicabilit� 
di un beneficio. E l'agevolazione tributaria invocata dal Comune � applicabile 
a tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione della citata 
legge del 3 agosto 1949, anche se non necessariamente connessi o non 
derivanti necessariamente gli uni dagli altri, come chiaramente risulta 
dall'art. 18 della stessa legge. Del resto, � principio pi� volte affermato 
da questa Suprema Corte che salvo diversa disposizione di legge, il 
diritto al trattamento tributario speciale riguarda anche gli atti che, 
come mezzo a fine, siano in correlazione con l'atto che gode dell'agevolazione, 
pur non essend� con esso necessariamente connessi o derivanti. 

Quanto all'ultima ragione addotta dalla� Corte di merito, risulta 
manifesto il difetto di motivazione, che il ricorrente denuncia. La Corte 
d'Appello si � limitata ad affermare che la convenzione in parola � non 
rientrava nelle finalit� previste dalla legislazione speciale �, ma non 
ha affatto dimostrato di aver esaminato e valutato il testo della convenzione, 
n� ha accertato quali fossero in concreto le finalit� che le 
parti intesero perseguire con l'assunzione dei predetti mutui e con le 
relative obbligazioni. Sosteneva e sostiene il Comune che tali finalit� 
erano precisamente quelle previste dalla legge 3 agosto 1949, la quale 
mira ad agevolare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

789 

enti locali, e che, di conseguenza, erano applicabili le agevolazioni 
tributarie concesse con lart. 18 della stessa legge. Su questo punto 
manca nell'impugnata sentenza un'adeguata motivazione: e poich�, 
�come innanzi si � visto, sono giuridicamente infondate le altre ragioni 
addotte per negare l'applicabilit� del beneficio, devesi accogliere il 
quarto motivo di ricorso, con conseguente cassazione della denunciata 
:sentenza e rinvio ad altro giudice per nuovo esame. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 maggio 1965, n. 1003 -Pres. Pece Est. 
Straniero -P.M. Tavolaro (conf.). -Soc.n.c. Trottmann (avv.ti 
De Crescienzo e Forgione) c. Ministero Finanze {avv. Stato Cavalli). 

Imposta generale sull'entrata -Obbligo del pagamento in abbonamento 
-Erronea corresponsione a mezzo marche -Efficacia 
estintiva dell'obbligazione tributaria. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 37 e 47). 
Il pagamento dell'imposta generale sulrentrata, irregolarmente effettuato 
dal contribuente a mezzo marche, anzich� nella prescritta forma 
delr abbonamento, non d� luogo, quando non superi l'ammontare del 
canone dovuto, ad una questione di rimborso ai sensi dell'art. 47, comma 
primo, della legge sull'i.g.e. ed � efficace ad estinguere, integralmen,te 

o pro quota, il debito di imposta, salva l'applicazione della pena pecuniaria 
di cui all'art. 37 della legge medesima (1). 
(1) Con la sentenza in esame la Cassazione ha fornito per la prima volta una 
interpretazione coordinata delle norme degli artt. 37, primo comma, e 47, primo 
-comma, della legge sull'i.g.e. che, gi� disattesa dai giudici di merito nella stessa 
oeausa, appare suscettibile di riserve. 
Non sembra infatti dubitabile che, specialmente in materia tributaria in cui 
le forme assumono importanza particolare a tutela degli interessi sia del Fisco che 
<lei contribuenti, � affinch� la solutio sia liberatoria ed estingua quindi il rapporto 
,giuridico obbligatorio � necessario che il debitoi:e presti esattamente ci� che deve, 
nel modo e nei termini stabiliti dalla legge � (BERLIRI, Principi di diritto tributario, 
Milano, 1957, 301). Onde nella specie, l'irregolare pagamento dell'i.g.e. a mezzo 
marche anzich� in abbonamento, non poteva essere equiparato ad un esatto adempimento, 
ma doveva dar luogo soltanto ad un problema di ripetizione di somma, 
risolto negativamente dal legislatore con l'art. 47, primo comma, della legge organica 
sull'i.g.e. 

(1) In tema di inesatto adempimento dell'obbligazione tributaria. 
La soluzione affermativa e niente affatto convincente data dalla sentenza .in 
.esame alla questione, sulla quale non constano precedenti editi, se nell'i.g.e. in 
abbonamento l'erronea applicazione di marche da parte del contribuente, in luogo 

il4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

790 

{Omissis). -La controversia, determinata dal pagamento, da parte 
della Trottmann, dell'imposta i.g.e. mediante applicazione di marche, 
anzich� nella forma del canone di abbonamento prescritta dalla legge, 
e dalla successiva istanza, rivolta dalla stessa Trottmann all'Ufficio del 
Registro affinch� l'ammontare del pagamento irregolarmente eseguito� 
fosse detratto dalla maggior somma liquidata successivamente a su0> 
carico in sede di abbonamento, � stata, dalle parti e dai giudici di merito,. 
essenzialmente impostata, sin dalla prima fase del giudizio, sotto il profilo 
della interpretazione dell'art. 37 della legge organica sull'i.g.e. e� 
della possibilit� o meno di un suo coordinamento con il successivo 
art. 47 d�lla legge medesima. 

Dalla constatazione che l'art. 37 si limita a comminare una pena 
pecuniaria (nella misura da un decimo alla met� della somma corrispondente 
all'imposta irregolarmente versata) a carico di colui che, 
essendo obbligato, dalle disposizioni contenute nella legge e nel relativo 
regolamento, a corrispondere l'imposta in abbonamento o in altro modo 
virtuale, ne abbia, invece, effettliato il pagamento a mezzo di marche 
ovvero del sistema dei conti correnti postali, la Trottmann trasse, infatti, 
immediatamente argomento per sostenere sia che la previsione, da parte� 
della legge, dell'unica sanzione della pena pecuniaria dimostrerebbe la 
volont� del legislatore di ritenere sostanzialmente valido il pagamento� 
agli effetti della estinzione del debito di imposta sia che siffatto convincimento 
dovrebbe, a sua volta, condurre alla conseguenza che il successivo 
pagamento, effettuato a seguito della liquidazione dei canoni di 
abbonamento, debba essere considerato, fino alla concorrenza delle 

dell'adempimento secondo le prescritte modalit�, possa determinare, sino a concor-xenza 
delle marche applicate, l'estinzione dell'obbligazione tributaria, � basata sulle-. 
seguenti proposizioni : 

1) l'art. 47 della legge organica sull'i.g.e., che esclude il rimborso dell'imposta 
erroneamente corrisposta a mezzo di marche applicate dal contribuente, concerne 
esclusivamente l'ipotesi in cui manchi l'obbligazione tributaria e non riguarda 
invece l'ipotesi in cui l'obbligazione tributaria debba essere adempiuta in altro 
modo, cio� in modo diverso da quello segu�to dal contribuente con lapplicazione 
delle marche; 

2) in tale ipotesi, e cos� quando l'i.g.e. debba essere assolta in abbonamento, 
l'erronea applicazione delle marche, pur non costituendo esatto adempimento, per 
vizio di forma, vale tuttavia ad estinguere l'obbligazione tributaria, come � dato 
desumere dagli artt. 35 e 37 della legge organica sull'i.g.e., i quali per l'inesatt�" 
adempimento si limitano a comminare solo una sanzione pecuniaria, ponendo " un 
regime assolutamente compatibile col riconoscimento dell'efficacia estintiva � dell'inesatto 
adempimento. 

L'equiparazione che per tale via viene fatta dell'inesatto adempimento all'adempimento 
contrasta con i principi generali ed appare inspiegabile in una materia 
come quella tributaria, improntata ad un rigorismo anche formale che non trova. 
riscontro nel diritto comune. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 791 

somme in precedenza versate, un duplicato di imposta, ripetibile dal 
contribuente. 

Sul richiamo dell'art. 47, comma primo, secondo il quale l'imposta 
erroneamente corrisposta a mezzo di marche applicate dal contribuente 
non � rimborsabile, integrato dalla sentenza impugnata col rilievo che 
il divieto del rimborso costituisce in tal caso un principio tradizionale 
del diritto tributario, espressamente trasfuso nell'art. 45 della vigente 
legge sul bollo 25 giugno 1953, n. 492, i giudici di merito hanno, viceversa, 
fatto essenziale assegnamento per la prospettazione della ratio 
decidendi sulla cui base hanno ritenuto di dover rigettare la domanda 
della Trottmann. Ora, questo Supremo Collegio, chiamato a giudicare 
del contrasto di interpretazione, a seguito del ricorso della Trottmann, 
fondato, nell'unico suo motivo, sulla violazione delle suindicate disposizioni 
di legge, oltre che sul vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, 

n. 5, c.p.c., ritiene che le censure di merito della ricorrente, la quale ribadisce 
le premesse ed i principi gi� riferiti, siano sostanzialmente fondate. 
Non vi � dubbio, invero, in primo luogo, che, per giustificare 
l'applicazione al caso concreto della norma di cui all'art. 47, non sia 
sufficiente il fatto che la Trottmann abbia corrisposto l'i.g.e., mediante 
applicazione sulle singole fatture rilasciate ai clienti, nel convincimento 
di dover corrispondere l'imposta in quella forma anzich� per abbonamento, 
senza aver, quindi, presentato alcuna dichiarazione a tale ultimo 
fine e prima che lAmministrazione, in mancanza della denuncia, avesse 
effettuato un qualsiasi accertamento in ordine a quanto dovuto a termine 
di canoni. 

La verit� � invece che " anche per l'obbligazione tributaria affinch� la solutio 
sia liberatoria ed estingua quindi il rapporto giuridico obbligatorio � necessario 
che il debitore presti esattamente ci� che deve, nel modo e nei termini stabiliti dalla 
legge " (A. BERLIRI, Principi di diritto tributario, II/I, Milano, 1957, 301). 

Di conseguenza lapplicazione di marche in luogo del pagamento in denaro 
presso gli uffici finanziari o dove sia consentito a mezzo del servizio dei e.e. postali, 
n�ri pu� valere come adempimento e non pu� comportare la liberazione del debitore, 
perch� egli cos� facendo non presta esattamente ci� che deve, nel modo dovuto. 

Tale affermazione, assolutamente conforme ai principi, � ancora pi� evidente 
se si acceda alla dottrina (BERLIERI, op. cit., 170) che ravvisa nell'applicazione e 
nell'annullamento delle marche un fare (e correlativamente nelle imposte che si 
assolvono in tal modo delle obbligazioni di fare), essendo pi� macroscopica la 
diversit� della prestazione eseguita (applicazione di marche e cio� fare) rispetto 
all'obbligazione dovuta (pagamento di una somma di denaro, cio� dare) e la conseguente 
applicazione del principio civilistico che " il debitore non pu� liberarsi 
eseguendo una prestazione diversa " (art. 1197 e.e.). Peraltro, anche a considerare 
l'applicazione di marche come un modo di assolvere alla prestazione di dare, certo 
� che a questo modo di pagamento il debitore pu� fare ricorso solo quando la legge 
glielo prescriva o gli�lo consenta e non quando la legge richiede un diverso modo 
di adempimento; altrimenti non potr� conseguire la liberazione dall'obbligazione. 

Che il debitore, il quale non esegua esattamente la prestazione dovuta 



792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Trottmann era in realt� un soggetto avente obbligo d'imposta 

i.g.e. per il solo fatto del conseguimento di entrate afferenti al suo commercio 
e, pertanto, soggette ad imposta, indipendentemente dalla presentazione 
della prescritta denuncia e, a maggior ragione, indipendentemente 
da qualsiasi accertamento da parte della Finanza perch� questo 
Supremo Collegio ha gi� precisato (sentenza del 30 dicembre 1963, 
n. 2916) che il debito d'imposta sorge nel momento del verificarsi del 
presupposto, ovverosia della situazione di fatto alla quale la legge ricollega 
il debito stesso, non gi� nell'altro nel quale l'ufficio finanziario 
effettua il proprio accertamento, in quanto (sentenza 29 luglio 1963, 
n. 2116) l'accertamento tributario, pure avendo il fine di accertare e 
valutare gli elementi costitutivi del debito d'imposta, ha natura meramente 
dichiarativa del debito medesimo, che sorge direttamente dalla 
volont� della legge e non gi� da quella dell'Amministrazione. I pagamenti 
da essa eseguiti, sia pure in forma non consentita dalla legge, al 
fine di soddisfare l'imposta non potevano, di conseguenza, posto che 
l'Amministrazione aveva accertato che il loro ammontare non era superiore 
ai canoni di abbonamento dovuti, essere considerati in ipotesi I 
ripetibili nel quadro dell'indebito oggettivo ex art. 2033 e.e. e, quindi, 
l 

non potevano neppure ritenersi compresi nella sfera giuridica della 
norma richiamata, posto che la presenza in quest'ultima dell'espressione 
' 
� rimborso � ed il logico riferimento concettuale di detta espressione '

Ir

soltanto a ci� che l'Amministrazione, per difetto originario, o per fatto 
sopravvenuto, non abbia comunque diritto di ritenere, chiariscono sufficientemente 
che l'errore di � corresponsione � preso in esame dalla 

' 

(art. 1218 e.e.) non consegua la liberazione dall'obbligazione, significa che all'ob. 
bligazione stessa egli rimane tenuto ad adempiere secondo le prescritte modalit�; . 
mentre ci� che ha prestato in modo difforme dal dovuto, essendo privo di una 
causa di giustificazione, potr� dar luogo ad un problema di ripetizione di indebito. 


I

La sentenza in esame, invece, giunge nel caso alla conclusione opposta e in 
contrasto con i principi, e cio� a prospettarsi un problema di �ripetizione di indebito 
con riguardo al pagamento dell'imposta in abbonamento (cio� alla prestazione 
dovuta) eseguito dal contribuente dopo l'erronea applicazione delle marche (prestazione 
non dovuta e difforme da quella dovuta) . 

.S'intende, al contrario, agevolmente come nel caso, il problema di ripetizione 
d'indebito non potesse prospettarsi con riguardo al pagamento dell'i.g.e. in abbonamento 
(ripetesi, prestazione dovuta) ma dovesse porsi con riferimento alle marche 
erroneamente applicate e dovesse risolversi negativamente per il disposto del ricordato 
art. 47. 

Tale norma, infatti, contempla tutte le ipotesi in cui vi sia stata una prestazione 
non dovuta e cos� l'ipotesi di prestazione eseguita in mancanza di un'obbligazione 
tributaria, come l'ipotesi di prestazione difforme da quella dovuta, giacch� 
in entrambe le ipotesi la situazione � la medesima: la prestazione � priva di una 
causa di giustificazione. N�, cos� intesa, la disciplina realizzata dalla norma contrasta 
con i principi, ai quali, anzi, si conforma. Invero, proprio secondo i principi, come 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 793 

legge tributaria � quello, di sostanza, che postula lesistenza di un titolo 
giustificativo dell'obbligo di pagamento in realt� insussistente, non gi� 
l'altro, di forma, che incide soltanto sulle modalit� da seguirsi riguardo 
all'adempimento di un obbligo realmente esistente ed � idoneo soltanto 
ad attribuire all'adempimento medesimo la qualifica della irregolarit�. 

Tale qualifica, a sua voJta, se pur avrebbe potuto in ipotesi indurre 
il legislatore a considerare il pagamento siccome� inefficace ad estinguere, 
per intero o pro quota, il debito d'imposta, in quanto giustificato 
nella sua decisione dal maggior disagio delfAmministrazione nella individuazione 
del contribuente e dall'imputabilit� del fatto ad esclusiva 
attivit� del contribuente medesimo, ha, invece, in realt�, determinato, 
nel sistema della legge, soltanto previsioni di sanzioni pecuniarie, sole 
(art. 37 per le marche in luogo dell'abbonamento) ovvero congiunte 
ad una integrazione di pagamento pari all'aggio corrispondente all' acquisto 
delle marche {art. 35 per le marche in luogo del servizio dei conti 
correnti postali), cio� un regime assolutamente compatibile, per sua 
natura, con il riconoscimento dell'efficacia estintiva e tale, pertanto, da 
rendere lAmministrazione obbligata a procedere, in sede di accertamento, 
alla conseguente detrazione e a non pretendere, come ha fatto 
invece nel caso della Trottmann, l'intero versamento dei canoni di 
abbonamento. 

Il richiamo ai principi della legge sul bollo in tema di non rimborsabilit� 
del prezzo delle marche erroneamente applicate ma regolarmente 
annullate ed alla estensibilit� dei principi medesimi anche in 
tema: di marche i.g.e., sotto il profilo che vi sia stato comunque un 

si � visto, anche nell'ipotesi che la prestazione eseguita non sia quella dovuta, il 
problema del trattamento da farsi alla prestazione stessa si pone e non pu� che 
porsi in termini di rimborso, atteso che il debitore rimane tenuto all'esatta esecuzione 
della prestazione dovuta. :I!: invece la diversa interpretazione, data dalla Corte. 
che. porta a conseguenze contrarie ai principi generali e che quindi non � rispondente 
ai canoni ermeneutici fondamentali, in mancanza di argomenti validi a , 
giustificare la sovversione del sistema. Argomenti che non sono forniti dalle norme 
degli artt. 35 e 37 della legge organica sull'i.g.e., invocate dalla sentenza. 

Invero le norme indicate, contenute nel titolo X che tratta delle sanzioni, non 
postulano affatto la supposta ed inverosimile equiparazione dell'inesatto adempimento 
all'adempimentq. Esse ribadiscono invece che l'obbligazione tributaria deve essere 
adempiuta secondo le modalit� prescritte dalla legge e rafforzano, con la comminatoria 
di una sanzione, il divieto di fare ricorso a modi diversi, anche se, in definitiva, 
idonei a far conseguire al creditore lo stesso vantaggio (BERLIRI, op. cit., 303). 
Detta sanzione, in considerazione che ovviamente diversa � la posizione del contribuente 
che ha eseguito una prestazione difforme da quella dovuta rispetto a quella 
del contribuente che non ha eseguito alcuna prestazione, � adeguata a questa 
diversa situazione ed � perci� inferiore alla sanzione prevista per l'ipotesi in cui 
non sia stata eseguita alcuna prestazione (art. 30). Questa soltanto � la ragione degli 
artt. 35 e 37. 



794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consumo di beni tale da non poter essere considerato come non avvenuto, 
� pertanto inconferente perch�, nel sistema della legge, l'annullamento 
delle marche da parte della Trottmann non ha costituito un 
fatto a s� stante, che si esauriva in se stesso mediante un consumo di 
beni, ma era idoneo a conseguire un risultato utile, anche se non ad viam 
juris e tale, quindi, sotto quesfultimo profilo, da soggiacere a sanzione. 

L'annullamento in questione, per i suoi riflessi positivi sull'adempimento 
del debito, pone piuttosto, in relazione al singolo caso in 
esame, un secondo problema, inerente alla duplicazione del tributo 
che, per effetto del pagamento integrale dei canoni, sorge sino alla 
concorrenza delle somme sostanzialmente pagate due volte. :E: questa 
duplicazione, in altri termini, che, in ordine al secondo pagamento, 
senza dubbio erroneamente corrisposto pro quota perch� privo di causa, 
si presta ad essere inquadrata sotto il profilo dell'art. 47 sia quanto al 
diritto della contribuente ad ottenere il rimborso sia eventualmente al 
diniego del rimborso medesimo, se, trattandosi di versamenti fatti a 
mezzo del servizio dei conti correnti postali, la relativa istanza fosse 

Del resto, che tali norme considerino solo il profilo della sanzione adeguata 
si evince altres� dal diverso trattamento che esse rispettivamente riservano all'erronea 
applicazione di marche a seconda che siano state violate le norme sul pagamento 
a mezzo del servizio dei e.e. o le norme sul pagamento in abbonamento o in altro 
modo virtuale. Nella prima ipotesi, in considerazione delle minori possibilit� di ., 
errori circa le modalit� di corresponsione dell'imposta (art. 9) e dell'eventuale frazionamento 
del corrispettivo costituente una unica entrata (art. 35), � prevista, 
oltre la sanzione, la refusione dell'aggio corrispondente alle marche applicate, che, 
invece, per inversa ragione, non � prevista nell'altra ipotesi. 

La previsione della refusione dell'aggio nell'art. 35 e non anche nell'art. 37 

le l'omessa considerazione del costo intrinseco delle marche costituiscono un'ulteriore 
ragione per escludere che l'importo corrispondente alle marche erroneamente applicate 
abbia un qualche rilievo ai fini dell'adempimento dell'obbligazione tributaria da 
assolvere in altro modo, essendo inspiegabile la perdita che altrimenti la Finanza 

I verrebbe a subire in dipendenza dell'omessa esecuzione della prestazione secondo 
le prescritte modalit�. 

Sembra quindi potersi concludere che l'erronea applicazione di marche, quando 
l'i.g.e. debba essere pagata a mezzo del servizio dei e.e. o in abbonamento o in 
altro modo virtuale, non vale ad estinguere l'obbligazione tributaria, che continua a 
dover essere adempiuta negli altri modi indicati, cos� come in genere ogni prestazione 
difforme da quella dovuta. Per di pi�, a differenza che nelle altre ipotesi di 
erronea prestazione, essa non d� neppure �luogo a possibilit� di rimborso, come 
appunto prescrive l'art. 47, in conformit� ad un tradizionale principio, gi� applicato 
per l'imposta di bollo e ora stabilito in modo espresso dalla nuova legge (art. 45 

d.P. 25 giugno 1953, n. 492). La ragione dell'esclusione del rimborso risiede nel 
fatto che l'erronea applicazione di marche da parte del contribuente, a ben guardare, 
non � suscettibile di essere considerata in termini di pagamento di indebito 
(cos�, ma dubitativamente, ALLoruo, Ripetizione dell'imposta di bollo, Dir. prat. 
trib., 1956, II, 351 e part. 355). Infatti, se le marche si considerano, secondo l'opi

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 

:stata dall'interessata presentata oltre il termine di un anno dall'effettuato 
pagamento. All'esame di questo aspetto nuovo della causa prov-, 
-veder� peraltro il giudice di rinvio. 

Il ricorso va perci� accolto e la causa va rinviata ad altro giudice 
�di merito, che si de8igna in altra Sezione della stessa Corte d'Appello 
-di Genova, la quale provveder� anche sulle spese del giudizio di cassa:
zione e si conformer� al principio di diritto che il pagamento dell'im


posta i.g.e., irregolarmente effettuato dal contribuente a mezzo marche, 
.anzich� nella prescritta forma dell'abbonamento, non d� luogo, quando 
non superi lammontare del canone di abbonamento dovuto, ad una 
questione di rimborso ai sensi dell'art. 47, comma primo, della legge 
�organica sull'i.g.e. ed � efficace ad estinguere, integralmente o pro quota, 
il debito d'imposta, salva lapplicazione della pena pecuniaria di cui 
.all'art. 37 della legge medesima. -(Omjssis). 

-nione comune, come beni economici suscettibili di consumo, questo, una volta avve.
nuto, � irriversibile (A. BERLIRI, La legge del bollo, Milano, 1953, 101; STAMMATI, 
.Imposta generale sull'entrata, 269); se invece si considerano come titoli di credito 
in senso largo {ALLoruo, op. loc. cit.) o pi� specificamente come titoli di legittima-
zione (D'AMATI, L'imposta di bollo, Torino, 1962, 179 e segg.) la conseguenza � 
-che quando il titolo non sia stato utilizzato nei modi richiesti, il contribuente perde 
1a possibilit� di farne un uso profittevole per l'avvenire, o, come bene rileva D'AMATI 

�che l'emittente � sciolto da ogni obbligo, indipendentemente dal fatto che il 
�prenditore abbia o meno conseguito la situazione collegata col particolare titolo 
-O.i legittimazione �. 
A. FRENI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1965, n. 1036 -Pres. 
Favara -Est. Rossi -P.M. Polimeni (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Graziano) c. Consorzio portuale di Livorno soc. coop. 
a r.l. (avv.ti Romanelli e Bassano). 

]mposta di registro � Distinzione tra vendita ed appaltO � Principi 
stabiliti dalla legge 19 luglio 1941, n. 771 -Applicabilit� nella 
interpretazione di leggi posteriori in materia di registro. 

(l. 19 luglio 1941, n. 771; dcl.II. luog. 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 
1946, n. 221). 
]mposta di registro -Distinzione tra vendita ed appalto -Criterio 
dell'ordinaria produzione -Assorbente rispetto a quello della 
prevalenza di materie, merci o prodotti sulla prestazione di 
opera. 

(1. 19 luglio 1941, n. 771, art. 1, commi quinto e sesto). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

796 

I principi stabiliti dalla legge 19 luglio 1941, n. 771, in materia 
di imposta di registro devono applicarsi nell'interpretazione di qualsiasi 
legge tributaria successiva che riguardi detta imposta (1). 

La legge n. 771 del 1941, per la determinazione della prevalenza 
del lavoro o della materia, si � riferita, in via esclusiva, al valore rispettivamente 
dell'opera o della materia, considerando appalto, agli effetti 
dell'imposta di registro, il contratto comprendente, oltre alla prestazioned'opera, 
anche la forni tura di materie, merci o prodotti, ove tali f orniture 
non siano prevalenti per prezzo o valore rispetto al prezzo <> 
valore globale {art. 1, primo comma) (2). 

{Omissis). -L'Amministrazione ricorrente -deducendo violazione 
e falsa applicazione dell'art. 1, commi quinto e sesto, della legge� 
19 luglio 1941, n. 771 e dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in 
generale, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. -censura la sentenza 
impugnata per avere negato il carattere di compravendita al contratto25 
marzo 1949, sul riflesso che le grue fomite dalla Societ� Rinieri, pur� 
costituendo ordinaria produzione della societ� stessa, n�n erano prodotte 
in serie, siccome costruite su apposita ordinazione del Consorzio. 

La Corte del merito -si sostiene dalfAmministrazione -ha, 
violandone la lettera, arbitrariamente interpolato il testo dell'art. r 
della legge n. 771 del 1941, introducendovi, come equivalente del concetto 
di " ordinaria produzione �, il concetto di " produzione in serie �~ 

(1) La prima massima pu� considerarsi ormai pacifica. La Corte Suprema ha 
costantemente (sent. 29 aprile 1954, n. 1332, resa in causa 1SAMIA c. Finanze; sent. 
3 luglio 1957, n. 2588, resa in causa Finanze c. SIMMA; sent. 13 febbraio 1961. 
n. 317, resa in causa Finanze c. SIF) ritenuto che ogni qualvolta sia necessario, in 
materia di imposta di registro e relative agevolazioni od esenzioni, distinguere tra 
vendita ed appalto, debbasi ricorrere ai criteri distintivi sanciti nell'art. 1 della 
l. n. 771 del 1941 e non a quelli elaborati dalla dottrina sulla base della normativa 
contenuta nel codice civile. 
(2) Produzione ordinaria, produzione di serie e produzionespecializzata 
nell'interpretazione dell'art. 1, commi 5 e 6 della 
legge 19 luglio 1941, n. 771. 
La legge n. 771 del 1941, recante �provvedimenti in materia di imposta di 
registro sugli appalti � ed accordante, in concreto, speciali agevolazioni a detti 
rapporti, allo scopo di eliminare incertezze ed appianare difficolt� in sede di 
registrazione, ha dettato specifici criteri di differenziazione tra appalto e vendita 
valevoli agli effetti tributari. 

Pi� precisamente l'art. l, al primo comma, sancisce doversi qualificare appalt0> 
il contratto � comprendente fornitura di materie, merci o prodotti e prestazioni di 
opera � allorch� � il prezzo o valore delle materie, merci e prodotti non costituisca 
la parte prevalente del prezzo o valore globale�. 

Il quinto comma del medesimo articolo soggiunge, per�, che " qualunque sia 
il valore delle materie, merci o prodotti impiegati nella lavorazione, si considerano




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 797 

che � in contrasto con la possibilit� (la quale non priva del carattere 
di compravendita la foi;nitura di cose costituenti l'oggetto della produzione 
ordinaria della ditta fornitrice) che le cose stesse � subiscano 
nella fabbricazione variazioni o adattamenti su richiesta o ordinazione 
dell'acquirente �. 

La censura non � fondata. 

Le agevolazioni tributarie concesse con i decreti 7 giugno 1945, 

n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221 per la ricostruzione o riparazione, tra 
l'altro, degli impianti industriali distrutti o danneggiati da eventi bellici 
devono intendersi limitate ai contratti che, agli effetti dell'imposta di 
registro, possano essere qualificati come appalti a norma della legge 
19 luglio 1941, n. 771 (� Provvedimenti in materia d'imposta di registro 
sugli appalti � ), i principi stabiliti dalla quale devono perci� applicarsi 
nell'interpretazione e nell'applicazione di qualsiasi legge posteriore relativa 
a tale imposta. 
Come � noto, nell'interpretazione delle norme di diritto comune, 
si ha appalto o vendita, a seconda dell'oggetto che, rispettivamente, 
�, nel primo, un'obbligazione di dare e insieme di fare (quest'ultima 
prevalente sulla prima, con gestione a rischio dell'appaltatore) e, nel 
secondo, un'obbligazione di dare {cfr. Cass., 29 novembre 1963, n. 3067, 
686/1960 ecc.}. 

La legge tributaria del 1941 -che si propose di dettare dei criteri 
precisi per discriminare gli appalti dalle vendite, e cos� evitare le diffi


vendite ai fini tributari i contratti con i quali una ditta si obbliga a consegnare cose 
che costituiscono loggetto della sua ordinaria produzione �. Il comma successivo, 
poi, enuncia gli elementi dai quali desumere il carattere di ordinariet� della produzione, 
primo 'fra tutti �quello dell'ordinaria organizzazione industriale e attrezzatura 
tecnica della ditta produttrice... �. 

Attesa la formulazione della norma � chiaro come il secondo criterio abbia 
carattere assorbente rispetto al primo, in quanto ogni indagine diretta all'accertamento 
dell'eventuale prevalenza delle prestazioni rispetto alle merci o alle materie, 
si appalesa inutile tutte le volte che oggetto del contratto sia una cosa che rientri 
nella � normale produzione � della ditta. 

Peraltro, la rigidit� del principio ha, in certo senso, favorito o, perlomeno, 
occasionato una serie di tentativi diretti chiaramente a restringerne la portata ed 
a limitare il concetto di produzione ordinaria entro limiti del tutto ina�cettabili. 

Lo strumento impiegato -non senza qualche successo -per allargare le 
maglie dell'enunciato criterio restrittivo, � stata la considerazione della cosa fornita 
con riguardo ora alla sua quantit�, ora alla sua complessit� ed agli inevitabili 
riflessi che tali caratteristiche importano rispetto all'organizzazione della ditta produttfice. 
Cos� si � ritenuto doversi escludere che l'ordinaria produzione possa avere 
ad oggetto grandi motori per navi costruiti su espressa ordinazione (App. Napoli, 
17 febbraio 1958, Finanze c. Lauro) od impianti rispondenti a determinate caratteristiche 
di capacit�,. resistenza o dimensione (App. Roma, 15 aprile 1954, Finanze 

c. � UNES) o complessi di cose costituenti impianti unitari (App. Bologna, 20 dicembre 
1955, Finanze c. SIMMA). 

798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

colt� che in numerosi casi pratici si presentavano per identificare la 
natura dei rapporti sottoposti aliesame degli uffici finanziari -� partita, 
bens�, dal medesimo criterio della prevalenza del lavoro o della 
materia, ma, per la determinazione di tale prevalenza si � riferita, in 
via esclusiva, al valore, rispettivamente dell'opera o della materia, considerando 
appalto, agli effetti dell'imposta di registro, il contratto comprendente, 
oltre alla prestazione d'opera, anche la fornitura di materie, 
merci o prodotti, ove tali forniture non siano prevalenti per prezzo o 
valore rispetto al prezzo o valore globale {art. 1, primo comma). 

Inol~re, prescindendosi dalla valutazione delle materie, merci o 
prodotti impiegati nella lavorazione, ha considerato vendite i contratti 
con i quali una ditta si obbliga a consegnare cose costituenti l'oggetto 
della sua ordinaria produzione {art. citato, quinto comma), mentre, nel 
comma successivo, ha definito l'ordinaria produzione come quella del1'
ordinaria organizzazione industriale e attrezzatura tecnica del produttore, 
indicando gli elementi da cui essa pu� essere desunta, e precisando 
che non hanno influenza eventuali variazioni o adattamenti �: 
subiti, nella fabbricazione, dai prodotti su richiesta o ordinazione del-

I 

1'acquirente. 
Alla stregua dei criteri stabiliti dalla legge, la Corte di Firenze �~

I 

ha negato la qualifica di compravendita al contratto 25 marzo 1949, 

' 

osservando che le grue fornite al Consorzio portuale di Livorno non 

,

potevano costituire produzione in serie della Societ� Rinieri, giacch� .

i,

I00 

~ doveroso riconoscere che, sotto il profilo teorico, la Corte Suprema ha 
respinto simili tentativi di alterare la portata della disposizione legislativa in esame, 

fili

ribadendo, in armonia con lesplicito dettato legislativo, che eventuali variazioni 
od adattl1-menti sub�ti dalle. cose oggetto di fornitura a richiesta dell'acquirente, non 
valgono ad escludere la vendita quando dette cose formano oggetto della normale 
produzione della ditta fornitrice. 

Senonch�, a tali affermazioni di principio, non sempre � seguita una corretta 
definizione dei casi di specie esaminati, probabilmente per la difficolt� di prescindere, 
nella valutazione delle singole fattispecie, dal criterio richiamato nel primo 
comma dell'art. 1 citato, con l'inevitabile conseguenza che, pi� di una volta, si � 
di fatto deciso in base alla "prevalenza delle prestazioni " anche quando trattavasi 
di cose oggetto di " ordinaria produzione " . 

Il segnalato salto logico tra premesse teoriche e conseguenze pratiche, esattamente 
rilevato nella sentenza della Cassazione 30 luglio 1960, n. 2235 (R. ALBANO, 
I crit�ri distintivi tra appalto e vendita ecc., Riv. nav., 1961, 2, 264) e giustificato 
con lo specioso argomento della pretesa " severit� del criterio restrittivo enunciato. 
nel quinto comma dell'art. 1 " (op., loc. cit.) vale a dire con un motivo prettamente 
extragiuridico, ricorre puntualmente anche nella sentenza in esame laddove, 
nel considerare fondata la pronuncia dei giudici di appello, vuoi sotto il profilo 
della " prevalenza ", vuoi sotto quella della " ordinaria produzione �, essa rivela 
una sintomatica indifferenza circa la diversa portata dai due criteri ed una evidente 
dimenticanza del carattere assorbente del secondo rispetto al primo. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 799 

questa, -a differenza di altra Societ�, la OMAS di Livorno, che aveva 
fornito al Consorzio altre grue, la fornitura delle quali aveva dato luogo 

a controversia della medesima natura (pure sottoposta al suo esame) 
tra il Consorzio stesso e la Finanza -eseguiva costruzioni meccaniche 
in genere, e non era specializzata nella produzione di apparecchi di 
sollevamento, ed altres� ritenendo provato dal Consorzio, mediante 
f esibizione del contratto e dell'allegato capitolato d'appalto, che, nelfimporto 
globale dell'opera, il prezzo delle materie prime era stato 
considerato dai contraenti pari al costo della mano d~opera. 

La decisione si fonda, perci�, su un duplice accertamento di fatto, 
uno dei quali, e cio� quello dell'equivalenza tra materia e lavoro non 
ha costituito neppure oggetto d'impugnazione in questa sede da parte 
del ricorrente. � 

In queste circostanze, la censura mossa alla Corte del merito, di 
avere dapprima riconosciuto che le grue costituivano ordinaria produzione 
della Societ� Rinieri, e poi escluso che gli apparecchi avessero 
formato oggetto di compravendita, in quanto non costruiti in serie, troverebbe 
la ricorrente priva di interesse alla doglianza; ma questa, per 
di pi�, non ha pregio. 

L'indagine della Corte � stata, invero, diretta ac� accertare, non 
tanto se le grue costituissero oggetto di produzione industriale in serie, 
ma correttamente, in aderenza al disposto della legge, se la societ� 
produttrice fosse in grado, con la propria organizzazione industriale e 

Solo cos� pu� spiegarsi il rimprovero mosso all'Amministrazione di non aver 
contestato la sussistenza nel caso di specie del requisito della � prevalenza � ; mentre 
� chiaro che essa Amministrazione non aveva nessuna� ragione di discutere tale 
problema per il semplice ma assorbente motivo che a fondamento della tesi difensiva 
era stato posto il criterio della � ordinaria produzione �. 

A queste difficolt� derivanti, come si � accennato, dalla rigidit� delle norme 
tributarie in esame, se ne sono aggiunte altre di natura pi� squisitamente interpretativa 
riguardanti la definizione del concetto di ordinaria produzione. 

Il problema centrale consiste nel determinare la linea di confine -indubbiamente 
sottile in una numerosa serie di casi -tra le ipotesi in cui eventuali 
� variazioni o adattamenti ,, richiesti od ordinati dall'acquirente possano essere 
soddisfatti dalla ditta produttrice con lordinaria � organizzazione industriale e 
attrezzatura tecnica �, da quelle, invece, in cui la ditta medesima possa soddisfare 
le specifiche esigenze del compratore solo con innovazioni pi� o meno profonde 
della propria ordinaria struttura produttiva. 

Un primo orientamento giuridisprudenziale, accolto prevalentemente dalle 
magistrature di merito (App. Napoli, 17 febbraio 1958, Finanze c. Lauro; App. 
Firenze, 15 dicembre 1961, Finanze c. Cons. portuale di Livorno, questa ultima 
oggetto del ricorso deciso con la sentenza annotata), ed anche dalla Corte Suprema 
(Cass., 13 febbraio 1961, n. 317, Finanze c. Soc. Imprese Ferroviarie), ha ritenuto 
di dover identificare lordinaria produzione nella produzione di serie giacch�, fuori 
di tal caso, �oltre a prevalere l'elemento del lavoro su quello della materia, non 



800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con la propria attrezzatura tecnica, di fornire all'altro contraente apparecchi 
aventi le caratteristiche descritte nel contratto 25 marzo 1949. 

E con l'accertamento che -contrariamente a quanto aveva sostenuto 
l'Amministrazione appellante -la Societ� Rinieri non era specializzata 
nella costruzione di apparecchi di sollevamento la Corte ha 
escluso che, al tempo della � commessa � lorganizzazione industriale 
e l'attrezzatura tecnica della societ� fossero idonee alla costruzione 
delle grue richieste dal Consorzio. 

L'apprezzamento di puro merito compiuto al riguardo dalla Corte, 
siccome consono ai principi di legge e suffragato da una motivazione 
adeguata, per quanto succinta, � incensurabile dalla Corte Suprema, ed 
escludendo che la produzione di cui � causa avesse i requisiti richiesti 
dal combinato disposto dei commi quinto e sesto dell'art. 1 della legge 
tributaria, rende superflua qualsiasi ulteriore indagine sulle caratteristich~ 
della produzione stessa. -(Omissis). 

sempre � sufficiente l'ordinaria organizzazione e l'attrezzatura tecnica dell'imprenditore" 
(Cass., n. 317-1961 cit.). L'erroneit� dell'assunto appare evidente sol che 
si consideri come la legge stessa ammetta la possibilit� di adattamenti delle cose 
ordinariamente prodotte alle speciali esigenze dell'acquirente senza che ci� valga 
ad escludere, di per s�, il requisito dell'ordinariet� quale risulta delineato nella 
previsione legislativa. Tutt'al pi�, come la Corte medesima ha osservato (sent. 
30 luglio 1960, n. 2235), la produzione della cosa fornita su � ordinazione e con 
caratteristiche specifiche, potr� costituire indizio dell'estraneit� di essa alla ordinaria 
produzione ( ... ), ma non ne � senz'altro dimostrazione, perch�, secondo la 
norma ( ... ), occorre � che la cosa �sia frutto della ordinaria organizzazione industriale 
e attrezzatura tecnica: e non pu� escludersi un prodotto da tale ambito, 

solo perch� possiede particolarit� rispetto alla normale produzione " . 

La sentenza in esame ammett� implicitamente che il criterio della produzione 
in serie sia sostanzialmente estraneo al dettato legislativo, ma sembra introdurre un 
nuovo concetto nella tormentata materia, quando, nel dichiarare esente da vizi 
logici la pronuncia dei giudici di appello, parifica l'idoneit� dell'organizzazione 
ind�striale e dell'attrezzatura tecnica della ditta alla � specializzazione " della 
medesima. 

Bench�� 1a motivazione non offra elementi sufficienti per intendere esattamente 
di quali sviluppi interpretativi il concetto possa essere suscettibile nell'applicazione 
della norma in esame, deve peraltro respingersi il tentativo di sostituire ancora una 
volta un criterio diverso a quello adottato .dal legislatore. 

Tra produzione specializzata e produzione ordinaria il rapporto non � di 
identit�: in particolare non pu� escludersi che una ditta, specializzata nella produzione 
di un bene, possa, senza necessit� di creare un'attrezzatura specifica ad hoc 
e quindi utilizzando i propri normali impianti, dedicarsi alla produzione di beni 
diversi i quali, proprio in relazione alle capacit� deffapparato produttivo della 
ditta medesima, .debbano considerarsi oggetto di produzione ordinaria. 

I 


Dal che si ottiene ulteriore conferma che il carattere ordinario o meno della 
produzione deve desumersi non gi� dalle caratteristiche della cosa prodotta, ma 
dalle capacit� produttive della ditta fornitrice in relazione, ripetesi, alle sua organizzazione 
ed alla sua attrezzatura tecnica. 

R. SEMBIANTE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 801 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1551 -Pres. Favara 
-Est. Cesaroni -P.M. Gedda (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Cavalli) c. Fabiani. 

Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Accertamento Facolt� 
della Commissione Distrettuale di eseguire l'accertamento 
in caso di accertamento nullo proposto dall'Ufficio Sussiste. 
(t.u., 9 maggio 1950, n. 203, art. 48). 

Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Accertamento Facolt� 
di accertamento da parte della Commissione Distrettuale 
-Abrogazione ad opera dell'art. 5 della legge 5 gen� 
naio 1956, n. 1 -Non sussiste. 
(t.u., 9 maggio 1950, n. 203, art. 48; I. 5 gennaio 1956, n. l, art. 5). 

La facolt� conferita. alle Commissioni distrettuali delle imposte 
dirette dalr art. 48 del t.u. 9 maggio 19'50, n. 203, sulla imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio di compiere accertamenti non proposti 
dagli Uffici distrettuali, deve intendersi comprensiva anche di quella 
�i eseguire gli accertamenti medesimi quando l'Ufficio abbia compiuto 
un accertamento da considerarsi assolutamente nullo (caso di accertamento 
notificato a contribuente defunto) (1). 

L'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, sull'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio che conferisce alle C ammissioni distrettuali 
delle imposte dirette la facolt� di compiere aufficio accertamenti non 
proposti dall'Ufficio distrettuale e di rettificare gli accertamenti proposti 

o concordati non � stato abrogato dall'art. 5 della legge 5 gennaio 1956, 
n. l, riferibile soltanto alle norme sull'imposta di ricchezza mobile e 
non applicabili quindi ad altre imposte aventi carattere speciale rispetto 
alla normativa generale del contenzioso tributario (2). 
(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente censura 
la decisione della Commissi�n� Centrale denunciando la viofazione del1'
art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. 

(1-2) Decisione pregevole ed esattissima. La legge sull'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio, analogamente ad altre leggi sulla finanza straordinaria 
del periodo post bellico, ha fissato il principio che l'accertamento possa essere sempre 
eseguito dalle Commissioni distrettuali senza preclusioni formali, sia in rettifica 
dell'accertamento dell'Ufficio delle Imposte (anche se vi sia stJ;tto concordato seguito 
da iscrizione a ruolo), sia, in via sostitutiva, quando l'accertamento non sia stato 
proposto. Scopo della norma � evidentemente quello di assicurare una maggiore 
-efficenza nell'applicazione dell'imposta consentendo, fino a che non si sia verificata 



802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con esso la ricorrente sostanzialmente sostiene: a) che il ragionamento 
della decisione impugnata � errato perch�, avendo l'ufficio operato 
un accertamento nullo, la Commissione distrettuale poteva avvalersi 
della facolt� di cui l'art. 48 sopra citato; b) che, attesa la ratio� della

11 

norma, diretta ad impedire ogni possibile evasione del tributo, la detta 
facolt� deve ritenersi estesa non solo ai casi di omessa o insufficiente 
valutazione dell'ufficio, ma anche ai casi comunque considerati nulli, 
senza. distinzione fra accertamenti � non proposti � ed accertamenti 

11 

proposti �. La censura � fondata. 

A norma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, istitutivo dell'imposta 
straordinaria progressiva sul patrimonio, le Commissioni di 
prima istanza hanno facolt� di eseguire di ufficio gli accertamenti non 

proposti dagli uffici distrettuali e di elevare le cifre di patrimonio fissate 
dagli Uffici o concordate fra i contribuenti e gli uffici, anche se gi� 
iscritte a ruolo. 

Tale attivit�, che pu� esercitarsi quando sia scaduto il termine 
concesso all'amministrazione attiva per lesplicazione del proprio potere 
di accertamento, si concreta, quindi, in un potere diretto ed autoritario 
di imposizione, comprendente, da un lato, la facolt� di aumentare i 
~ 

I 

cespiti gi� accertati dagli uffici finanziari, e di procedere, dall'altro, 
agli accertamenti di cespiti omessi. 

II 

Attivit�, quindi, sostanzialmente consistente nell'applicazione della 

.

legge al caso concreto, operata da organi posti super partes, nel con.


' 

traddittorio degli interessati, al fine di impedire ogni possibile evasione 
dal tributo, quando ropera degli uffici sia stata insufficiente, o comunque , 
manchevol�. 

.�'f< 

-~ 

la prescrizione, di eliminare eventuali evasioni, totali o parziali, ad opera di un 
organo' che dia ampie garanzie. Bene a ragione pertanto la S.C. ha ritenuto come 

�non proposto ,, l'accertamento radicalmente nullo. Il principio dovrebbe essere 
ulteriormente ampliato, ammettendosi la facolt� di accertamento da parte delle 
Commissioni anche nelle ipotesi di nullit� non assoluta. Infatti l'art. 48 del t.u. 
9 maggio 1950, n. 203 (conforme all'art. 48 del cl.I. 29 marzo 1947, n. 143, istitutivo 
dell'imposta), nel prevedere le due ipotesi dell'accertamento non proposto 
e di quello proposto e rettificabile, considera ogni possibilit� di accertamento una 
terza categoria di accertamenti proposti ma invalidi, non assoggettabili n� a 
revisione in aumento n� a nuovo accertamento sostitutivo, � in netto contrasto 
con lo scopo .della norma. 
La seconda massima segue il principio affermato nella sentenza Sez. Un., 
2 marzo 1964, n. 465 (in questa Rassegna, 1964, I, 554, con riferimento ai profitti 
di regime) alla quale le Sezioni della Cassazione stanno ora adeguandosi dopo le 
difformi pronuncie (Sez. I, 24 febbraio 1964, n. 404, ivi, 1964, I, 756, con ampia 
nota critica; Sez. I, 15.febbraio 1965, n. 235, ivi, 1965, I, 210, con altra nota critica). 
:il: da rilevare, peraltro, che queste due sentenze sono, di pochi giorni, precedenti 
alla pronuncia del 2 marzo delle Sezioni Unite, alla quale la giurisprudenza 
successiva, come si � detto, deve uniformarsi). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 808 

Nella specie, l'Ufficio distrettuale Imposte dirette di Forl�, pure 
avendo operato in termine l'accertamento e cio� entro il 31 dicembre 
1956, lo aveva notificato all'intestatario, Lolli Venerando, quando questi 
era gi� defunto, per cui l'accertamento stesso venne ritenuto nullo, 
non potendosi instaurare un rapporto giuridico di imposta con un soggetto 
non pi� esistente. 

Ne consegue che ben poteva la Commissione distrettuale effettuare 
essa laccertamento a norma dell'art. 48 sopra citato, trovandosi di 
fronte ad un atto, non soltanto privo di efficacia giuridica, ma sostanzialmente 
inesistente per mancanza del soggetto nei cui confronti l'atto 

. doveva operare. 
L'affermazione contraria contenuta nella decisione impugnata si 
basa, quindi, su un equivoco, in quanto dal fatto che _l'ufficio delle 
Imposte di Forl� aveva comunque eseguito l'accertamento, la Commissione 
Centrale � stata tratta a considerare come venuto ad esistenza 
un atto che non poteva, invece, rivelarsi come manifestazione della 
volont� in essa espressa, per difetto del soggetto passivo, idoneo a 
subirne gli effetti. 
N� potrebbesi, per conseguenza, sostenere che la Commissione 
distrettuale, agendo di propria iniziativa, si sarebbe sostituita all'ufficio 
fiscale competente per sanare la nullit� in cui esso era incorso ed eludere 
il termine entro il quale avrebbe dovuto validamente procedere all'accertamento. 
Deve, invece, considerarsi, come sopra rilevato, che la Commissione 
distrettuale procedendo ali' accertamento aveva agito sua spante, 
non gi� per eliminare un vizio di un atto �nvalido; ma per sostituirsi 
unilateralmente all'ufficio fiscale, rimasto praticamente inerte. 
S'impone, pertanto, sul punto il riesame della causa, non potendosi 
nemmeno invocare nella specie, l'art. 5, comma terzo, della legge n. 1 
del 5 gennaio 1956, che sopprime la facolt� concessa alle Commissioni 
distrettuali delle imposte di aumentare i redditi accertati dagli uffici e 
di �accertare i redditi omessi, trattandosi di una nonna applicabile soltanto, 
come deciso da questa Corte Suprema con sent. n. 465 del 1964, 
alle disposizioni del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sulla ricchezza mobile, 
e non riferibile, quindi, ad altre norme, sia pure di analogo contenuto, 
aventi, come nel caso, carattere speciale rispetto alla normativa generale 
del contenzioso tributario. 
In conseguenza, accolto il ricorso, deve essere cassata la sentenza 
impugnata e rinviato il giudizio alla stessa Commissione Centrale, la 
quale si atterr� al seguente principio di diritto. � La facolt�, conferita 
alla Commissione distrettuale per le imposte dirette dall'art. 48 del t.u. 
approvato con legge 9 maggio 1950, n. 203, sull'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio, di compiere accertamenti non proposti dagli 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

804 

uffici distrettuali, deve intendersi comprensiva anche di quella di eseguire 
gli accertamenti medesimi quando l'Ufficio abbia compiuto, un 
accertamento da considerarsi assolutamente nullo perch� operato nei 

confronti di un contribuente defunto, anzich� dei suoi eredi, nei rapporti 
dei quali, perci�, non vi � alcun valido accertamento proposto 
-~ 
dall'Ufficio in tale loro riconosciuta qualit��, -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1560 -Pres. Fibbi 
-Est. Malf�tano -P.M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Soprano) c. Soc. Rhodiatoce p.a. (avv. Tamborini). 

Imposta di registro -Societ� -Concentrazione di aziende sociali Aumento 
di capitale mediante apporto di ramo aziendale Tassa 
fissa -Presupposti -Necessit� della preesistenza di 
almeno due aziende -Esclusione. 

(r.d.l. 5 marzo 1942, n. 192 convertito nella 1. 21 giugno 1942, n. 820), 
. Il beneficio della registrazione a tassa fissa, previsto dalf art. 1 del 

r.d.l. 5 marzo 1942, n. 192 per la concentrazione di aziende, si applica 
anche quando l'apporto consista in singoli cespiti f armanti oggetto del 
commercio delf apportante, e non soltanto quando si tratti di beni organizzati 
unitariamente in un complesso aziendale. 
Poich� l'apporto pu� essere realizzato, secondo l'esplicito dettato 

legislativo, a favore non solo di societ� esistenti ma anche di societ� da 
costituire, non � necessaria la preesistenza di almeno due aziende, ma 
� sufficiente che l'apporto alla nuova societ� provenga da un altro solo 
organismo. 

Presupposto necessario e suff~ciente per l'applicazione del beneficio 
� che l'apporto (di azienda o di singola attivit�) sia tale da potenziare 
forganismo produttivo del soggetto cui l'apporto stesso venga conferito, 
sia tale soggetto gi� esistente od ancora da costituire {l). 

(1) Com'� noto, le concentrazioni di aziende sociali -a differenza delle 
fusioni di societ�, che comportano l'estinzione degli enti sociali che si fondono o 
vengono incorporati -consistono nell'apporto di determinate attivit� di societ� 
preesistenti ad un'altra (esistente o da costituire) senza per altro che le societ� 
apportanti vengano meno, anche se il loro oggetto resti limitato a causa dell'effettuato 
apporto (v. su tale nozione: SALANDRA, Concentrazione di Aziende sociali, 
Foro it., 1937, I, 63). 
Sull'ambito di applicazione del beneficio previsto -per le concentrazioni di 
aziende -dall'art. 1 r.d.l. 5 marzo 1942, n. 192, non constano precedenti, all'infuori 
della sentenza lo giugno 1962 della Corte di Appello di Milano (Foro pad., 
1962, I, 1055) avverso la quale venne proposto il ricorso deciso dalla Suprema 
Corte con la sentenza che si annota. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

805 

(Omissis). ,...-Con runico motivo di ricorso YAmministrazione delle 
finanze denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 r.d.l . 
..5 marzo 1942, n. 192, in relazione alYart. 8 della legge del registro e 

.all'art. 81 della relativa tariffa ali. A. 

Premette la ricorrente che nella fattispecie si trattava di un confe


rimento eseguito con scrittura privata depositata presso il notaio Guasti 

il 14 ottobre 1946, dalla Montecatini della propria azienda per la pro


duzione ed il commercio del carburo di calcio, acido acetico e nylon, 

.alla societ� per azioni Elettrochimica del Toce (oggi Rhodiatoce) costi


tuita il 3 ottobre 1946 ed avente eguale oggetto della branca aziendale 

.conferitale. 

Si assume che esulava in concreto il presupposto di fatto della pre


visione di legge, ossia �la concentrazione di aziende�, concetto questo 

che richiede la preesistenza di almeno due aziende che si vanno a 

concentrare in una sola. 

La censura � infondata. 

Vedasi soltanto, per l'applicazione dell'agevolazione de qua anche nel caso in 
.cui la societ� apportante sia in stato di liquidazione, Cass. Sez. I, 30 gennaio 1964, 

n. 257, Giust. civ., 1964, I, 257, ed ivi richiami su tale specifico punto. 
La Suprema Corte, per altro, ha avuto ripetutamente occasione di pronun-
ciarsi a proposito delle analoghe norme agevolatrici susseguitesi nel tempo, ed in 
-particolare (oltre che, con meno recenti sentenze, in relazione all'art. 1 r.d.l. 13 novembre 
1931, n. 1434: Cass., 4 agosto 1941, n. 2690, Foro it., 1942, I, 253; Cass., 
5 agosto 1948, n. 1389, �Riv. legisl. fisc., 1948, 777) in relazione all'art. 2 del d.l. 
7 maggio 1948, n. 1057, ed all'art. 29 della 1. 6 agosto 1954, n. 603: vedansi le 
.gentenze 6 ottobre 1956, n. 3374 (Riv. legisl. fisc., 1957, 122), 26 ottobre 1959, 

n. 3086 ivi, 1960, 485), e 18 dicembre 1963, n. 3188 (Giust. civ., 1964, I, 615) 
nonch� -con particolare riguardo agli aumenti di capitale deliberati per facilitare 
le fusioni e le concentrazioni -la sentenza 14 ottobre 1963, n. 2745 (in questa 
Rassegna, 1964, I, 157). 
Con le richiamate sentenze la Suprema Corte, modificando il primitivo orientamento 
adottato con la sentenza del 1941, aveva gi� ripetutamente affermato il 
:Principio, ora accolto dalla sentenza in esame, secondo cui il beneficio della tassa 
fissa -previsto per la concentrazione di aziende -si applica non soltanto quando 
:si verifichi l'apporto di un complesso aziendale, ma anche quando l'apporto abbia 
.ad oggetto singoli cespiti. 

Su tale discutibile criterio, vedansi in dottrina -in senso sostanzialmente 
favorevole -ROMANI, Agevolazioni tributarie agli effetti dell'imposta di registro 
.e concentrazione di aziende, Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 711 e ANToNINI, Consi.
derazioni intorno ad alcuni aspetti tributari delle " concentrazioni aziendali ,, , Giur. 
it., 1960, IV, 57. 

La sentenza in esame, poi, ha esplicitamente affermato che -per l'applica
�zione del beneficio de quo -non � necessaria la preesistenza di almeno due organismi, 
ma � sufficiente che nella societ� nuova confluisca l'apporto anche di una 
:sola societ� preesistente. 

Ora, tale ulteriore affermazione (gi� implicita, per vero, in taluna delle sentenze 
precedenti) appare in primo luogo contrastante con il tenore letterale della 

15 



806 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

� noto che lo spirito informatore dei vari provvedimenti concernenti 
le agevolazioni fiscali sulle fusioni di societ� e sulle concentrazioni 
di aziende sociali � stato sempre quello di favorire il rafforzamento 
degli organismi industriali e commerciali attraverso la costituzione di 
enti sociali pi� rispondenti agli interessi generali della economia 
nazionale. 

E sotto tale decisivo aspetto, questa Corte Suprema ha gi� avuto 
occasione di precisare {sent. 3374 del 1956; 3580 del 1959; 88 del 1963) 
che, in tema di concentrazione di aziende, lapporto pu� consistere 
anche in singoli cespiti formanti oggetto del commercio dell'apportante 
e non necessariamente in unit� di beni organizzati in azienda; e se 
l'apporto pu� essere fatto non solo a societ� esistente ma anche a quelle� 

norma, che prevede la concentrazione di " aziende sociali � (e cio� almeno due)' 
mediante apporto di attivit� in una societ� (diversa da quelle) gi� esistenti O� 
da costituire. 

Sotto il profilo sistematico, poi, va notato che il primo comma della norma 
de qua prevede il beneficio per gli atti di fusione delle societ�, presupponendo. 

I quindi ovviamente che gli organismi preesistenti siano almeno due: e poich� il 
beneficio per la concentrazione di aziende � previsto su di un piano di rigoroso 

I

parallelismo con quello concesso per gli atti di fusione -e ad integrazione di 
quello -non sembra dubitabile che anche il presupposto essenziale -rappre� 
sentato dalla pluralit� degli" organismi preesistenti -debba essere identico. 

Che se, infine, si risalga alla ratio della norma, non sembra che essa possa. 
essere -come afferma la Suprema Corte -quella di potenziare l'organismo 

iproduttivo del sogg~tto cui l'apporto viene conferito : in tal caso, essa si realizzerebbe 
tutte le volte che vi �, da parte di una societ�, un conferimento di beni od 
attivit� ad una societ� nuova, venendosi cos� a confondere tale nozione con quella 
di "concentrazione�, alla quale invece il legislatore ha inteso attribuire una 
distinta e specifica portata. 

Il vero � che il legislatore, nel predisporre il beneficio di cui trattasi, ha 
voluto favorire il processo di rafforzamento dell'economia nazionale attraverso il 

I

~ 

riassestamento ed un pi� funzionale coordinamento degli organismi economici gi� 
esistenti: scopo che si realizza quando pi� rami di attivit� vengano distaccati da 

~ 

pi� organismi (nei quali non trovavano la loro piena valorizzazione) per potenziarsi 
reciprocamente, assorbiti in un nuovo organismo unitario, e non quando, con 
l'apporto di un solo organismo preesistente, convenga nella nuova societ� una 
branca aziendale la cui consistenza -corrie tale -rimane identica a quella che 
possedeva nell'ente da cui proviene, non distinguendosi da qualsiasi comune conferimento. 


:� soltanto dalla pluralit� degli apporti, cio�, che deriva il conferimento alla 
nuova societ� di una potenzialit� economica superiore alla somma dei corrispondenti 
elementi patrimoniali, nel loro distinto valore obiettivo: verificandosi cos� 
quel rafforzamento della situazione economica nazionale anteriore che il legislatore 
ha inteso favorire, indipendentemente dall'espansione economica che la costituzione 
di una societ� nuova in ogni caso comporta. 

Non sembra quindi che possa convenirsi nelle conclusioni alle quali � perve-� 
nuta, al riguardo, la Suprema Corte, operando un'estensione pressoch� indiscriminata. 
del beneficio de quo. � 

P. SACCHETTO 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 807 

da costituire, secondo l'esplicito dettato legislativo, ne consegue che 
a recare apporti non debbano essere necessariamente due organismi, 
ma possa essere anche uno solo. 

� necessario, quindi, e sufficiente ai :6ni dell'applicazione della 
norma di favore che l'apporto (di azienda o di altra attivit� o cespite) 
sia tale da raggiungere il :fine di potenziare lorganismo produttivo del 
soggetto cui lapporto stesso viene conferito, sia tale soggetto gi� esistente, 
sia esso ancora da costituire. 

Ci�, appunto, si � verillcato nella fattispecie, in cui, per effetto della 
concentrazione nella societ� per azioni Elettrochimica del Toce della 
branca aziendale della Montecatini, avente eguale oggetto di quello 
della nuova societ�, � stato raggiunto il :fine della legge di favore, cio�, 
la costituzione di un ente sociale pi� rispondente agli interessi generali 
della economia nazionale. -(Omissis). � 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1571 -Pres. Fibbi Est. 
Alliney -P.M. Pedote {concl. conf.) -Cimicchi (avv. De Pasquale) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Salto). 

Imposta di registro -Agevolazioni per l'incremento costruzioni 
edilizie -Acquisto di area parzialmente fabbricabile. 

(I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). 
Imposta di registro -Agevolazioni per l'incremento costruzioni 
edilizie -Acquisto di aree coperte da costruzione, a scopo di 
demolizione e successiva riedificazione. 

(I. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 19). 
Il beneficio fiscale di cui all'art. 14 della legge n. 408 del 1949 �ompete 
all'intera area acquistata solo quando questa sia, nel suo complesso, 
edificabile; nel caso in cui, invece, l'area acquistata sia edificabile solo 
parzialmente, il beneficio trova applicazione limitatamente a tale porzione 
fabbricabile {l). 

Le agevolazioni tributarie di cui all'art. 14 della legge n. 408 del 
1949, per l'acquisto di aree fabbricabili spettano, a norma dell'art. 19 
della legge stessa, anche nell'ipotesi in cui l'area stessa venga acquistata 
per demolirvi un edificio preesistente e costruirne un altro, meglio 
e pi� ampiamente utilizzabile (2). 

(1-2) Agevolazioni tributarie in materia di acquisti di area gi� 
edificata e solo parzialmente riedificabile. 

La prima massima � indubbiamente esatta. Contro la pretesa del contribuente, 
il quale -avendo acquistato a scopo di costruzione di casa di abitazione non di 
lusso un'area (gi� edificata) della quale, peraltro, solo minima parte era edificabile 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

808 

(Omissis). -Il primo mezzo del ricorso investe la sentenza denunciata 
per asserita violazione degli artt. 112, 184 e 345 c.p.c. 

L'Amministrazione Finanziaria -argomenta il ricorrente -aveva 
chiesto, nell'atto di appello, che, in riforma della sentenza impugnata, 
la Corte di merito: a) rigettasse, in via principale, l'opposizione proposta 
dal Cimicchi contro l'ingiunzione fiscale; b) pronunciasse, in via 
subordinata, la compensazione delle spese di causa. 

Queste erano le istanze -rimaste immutate in tutto il corso del 
giudizio di appello -proposte dall'appellante, questi i soli temi in 
ordine ai quali dovevano esplicarsi il riesame e il potere di censura del 
giudice di secondo grado. 

Senonch� -prosegue il deducente -la Corte d.'Appello, traendo 
spunto da una tesi � appena ad adombrata �, cosl dice la sentenza, 
dall'Amministrazione Finanziaria, ha circoscritto l'inapplicabilit� del 
beneficio fiscale alla porzione inedificabile dell'area -ritenendo, entro 
questi limiti, legittima l'ingiunzione -e ha conseguentemente ridotto 
il beneficio alla parte concernente la restante porzione dell'immobile. 
Ma in questo modo la Corte di merito � incorsa in una palese ultrapetizione, 
per avere pronunciato -in violazione dell'art. 112 c.p.c. su 
una domanda non proposta e che, peraltro, non sarebbe stata ammissibile, 
anche se proposta, nel giudizio di appello, stante il divieto sancito 
dall'art. 345, primo comma, c.p.c. 

Le censura � infondata. 

L'impugnazione dell'Amministrazione Finanziaria era diretta al 
riconoscimento, negato dal primo giudice, che al Cimicchi non spettasse, 
in nessuna misura, l'invocata agevolazione tributaria, sul rilievo 
che la compravendita da lui conclusa aveva avuto per oggetto, non 

intendeva ottenere il riconoscimento del privilegio fiscale di cui all'art. 14 della 
Legge Tupini in relazione all'intera area, il S.C. ha esattamente statuito l'applicabilit� 
del detto beneficio alla sola porzione effettivamente fabbricabile, correlativamente 
negandolo alla residua parte di terreno. 

La soluzione � corretta alla luce dell'interpretazione letterale e logica del!'
art. 14 citato. 

Sotto il profilo letterale, � decisivo il rilievo che la detta norma contempla 
espressamente gli acquisti di � aree edificabili � ed � fin troppo evidente che tale 
non � un terreno (sia pure parte di un pi� vasto appezzamento acquistato con unico 
atto), rispetto al quale operino divieti di costruzione imposti dalla p.a. o limitazioni 
in tal senso previste da norme o disposizioni speciali (nel caso di specie, la maggior 
parte dell'area era stata dal Comune predestinata a sedime di una nuova strada). 

Sotto il profilo logico, � altrettanto chiaro che lo scopo delle norme di agevolazione 
tributaria contenute nella legge n. 408 del 1949 � quello di favorire ed 
incrementare le costruzioni edilizie : in particolare, l'acquisto di un'area in tanto 
pu� fruire del beneficio in quanto esso sia necessario presuppooto per l'edificazione 
su di essa di una casa di abitazione non di lusso. 

Esattamente rileva la sentenza annotata che sussiste � uno stretto collega




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

809 

un'area edificabile, ma un edificio in buono stato di conservazione. 
Ora questa pretesa -mirante ali' obiettivo massimo del rigetto, per 
totale infondatezza, dell'opposizione promossa dal Cimicchi -racchiudeva 
virtualmente, anche se inespressa, la minore pretesa che l'ingiunzione 
fosse ritenuta legittima almeno per la parte dell'imposta afferente 
alla porzione dell'area di cui era incontroversa la inedificablit�. Conseguentemente 
la Corte di merito, accogliendo, entro questi limiti, l'appello 
dell'Amministrazione delle Finanze, non ha esorbitato -come 
inesattamente si afferma -dall'ambito del gravame, ma ha semplicemente 
adeguato la propria pronuncia ad una, pacifica, situazione di 
fatto che non consentiva, a suo giudizio, l'accoglimento integrale delle 
doglianze espresse dall'appellante. N� importa che, nel giudizio di 
appello, l'Amministrazione finanziaria non avesse riaffacciata la tesi, 
accennata in prime cure, secondo cui il beneficio sarebbe, semmai, 
spettato per la sola parte edificabile dell'area, poich�, nell'attribuire il 
bene controverso, il giudice non pu� non tener conto degli elementi, 
acquisiti al processo, che limitano l'entit� di tale attribuzione. 

Del resto, la doglianza del ricorrente non � neppure sorretta, sul 
punto in esame, da legittimo interesse, perch� interessata a dolersi del1'
accoglimento, soltanto parziale, dell'appello era lAmministrazione 
finanziaria, non il Cimiochi. 

Il primo motivo del ricorso va conseguentemente rigettato. 
Si denuncia, col secondo motivo, la violazione degli artt. 13 e 14 
della legge 2 luglio 1949, n. 408, sull'incremento delle costruzioni edilizie. 

La Corte d'Appello -assume il ricorrente -ha limitato il beneficio 
fiscale alla sola parte (mq. 19) edificabile dell'area in questione, sul 
rilievo che, da tempo anteriore al rogito di acquisto, sulla rimanente 

mento teleologico tra acqusto dell'area e costruzione sull'area, e soltanto dalla 
coesistenza di questi due ultimi elementi deriva il diritto al trattamento fiscale di 
favore n (cfr. sul punto: VINCI, La denuncia per la conferma dei privilegi tributari 
in favore dell'edilizia nuova, 1964, 57, 95 e segg.). 

Sullo specifico punto di diritto, in tema di interpretazione dell'art. 14 della 
legge n. 408 del 1960, non risultano precedenti del S.C., il quale, invece, pronunciando 
sull'identica questione che sorge in tema di interpretazione dell'art. 2 del 

cl.I.I. 7 giugno 1945, n. 322, modificato dalla legge 26 marzo 1946, n. 221, con 
sentenza 29 aprile 1959, n. 1260 (Giust. civ., 1959, I, 1515) e 3 agosto 1964, n. 2209 
(in questa Rassegna, 1964, I, 953) ha affermato il principio che i benefici fiscali 
previsti, in tema di ricostruzione di edifici distrutti per eventi bellici dalle citate 
leggi, non possono trovare applicazione per l'acquisto di un'area sulla quale non 
� possibile ricostruire per effetto di divieto della p.a. o per altre limitazioni previste 
da norme speciali (nello stesso senso, cfr. Comm. Centr. dee. 18 aprile 1958, n. 4002, 
Giur. imp., 1960, 153). 
Accettato il principio enunciato nella, massima in commento, � opportuno 
brevemente accennare ad alcune questioni collaterali su cui la sentenza in rassegna 
non si sofferma. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

810 

porzione di mq. 521 nessuna costruzione poteva essere eseguita, in 
quanto vincolata, in conformit� del piano regolatore cittadino, a sede 
stradale. 

Dato per� che -come � stato accertato nel giudizio di merito i 
detti mq. 19, uniti ad altra area adiacente di propriet� di esso Cimicchi, 
sono stati utilizzati; secondo la dichiarata finalit� dell'acquisto, per la 
costruzione, sul complesso � sedime di risulta �, di un nuovo edificio, 
la Corte d'Appello si argomenta -avrebbe dovuto considerare realizzata, 
nel caso specifico, la fattispecie prevista dall'art. 14 legge citata 
e ritenere, conseguentemente, applicabile il beneficio fiscale all'intera 
area di mq. 540, questa essendo stata in realt� acquistata all'esclusivo 
fine di costruirvi una casa di abitazione non di lusso. 

Anche a questa censura va negato fondamento. 

Un primo problema concerne la puntualizzazione del momento in cui deve 
sussistere il requisito della � edificabilit� " dell'area, onde possa applicarsi il beneficio 
fiscale. 

In alcune controversie, vari contribuenti hanno sostenuto che -pur in presenza 
di un vincolo di inedificabilit� alla data dell'acquisto dell'area e della registrazione 
del relativo atto -la Finanza non potesse richiedere il tributo ordinario 
all'atto della registrazione, ma dovesse, invece, attendere la scadenza dei termini previsti 
dalla Legge agevolativa (e cio�, nel caso, dall'art. 13 della Legge n. 408/1949, 
con le successive proroghe) per l'inizio e l'ultimazione delle costruzioni, non potendosi 
escludere che, nel frattempo, il vincolo di inedificabilit� venisse eliminato. 

L'argomentazione � evidentemente erronea, perch� i principi che regolano 
l'imposta di registro comportano che le agevolazioni previste dalla legge possano 
applicarsi solo ove le condizioni da queste volute sussistano al momento in cui 
l'atto viene stipulato e presentato alla registrazione: il fatto dell'effettiva costruzion� 
della casa di abitazione (nel termine di legge) rileva nel senso che esso comporta 
la conferma della concessione del beneficio fiscale provvisoriamente riconosciuto al 
momento della registrazione dell'atto di acquisto di un'area edificabile, ma non gi� 
nel senso di determinare retroattivamente l'applicabilit� di un beneficio che, all'atto 
della registrazione, non competeva al negozio per l'attuale mancanza del requisito 
della edificabilit� dell'area. 

In tal senso, si � pronunciata costantemente la giurisprudenza nei casi in cui 
si � presentata la questione (cfr. Comm. Centr. 27 novembre 1958, n. 9752, Riv. 
giur., 1960, I, 368 e Comm. Centr. 27 novembre 1958, n. 10233, Giur. imp., 1960, 
317, emesse in sede di interpretazione della legge reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2). 

Altro problema che pu� prospettarsi in tema di registrazione di atto di acquisto 
di area solo parzialmente edificabile � quello se il beneficio fiscale debba essere 
limitato alla effettiva estensione della porzione fabbricabile o possa essere, invece, 
applicato anche alla porzione di area (pur se inedificabile) che non ecceda il doppio 
della superficie della parte edificabile. 

:� noto, infatti, che il secondo comma dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, 

n. 408 dispone che � sulla parte del suolo attiguo al fabbricato la quale ecceda il 
doppio dell'area coperta, � dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta ordinaria di 
registro ed ipotecaria ". 
In relazione a tale disposizione pu� sostenersi (ed � stato sostenuto: veggasi 
ampia nota redazionale in Giur. imp., 1960, 448) che, non prevedendo la legge 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 811 

Il fatto che una minuscola porzione dell'area di cui si discute fosse 
utilizzabile, in quanto non compresa nel piano regolatore, e sia stata 
in effetti utilizzata per il completamento dell'edificio eretto sul fondo 
adiacente non toglie rilevanza, agli effetti fiscali, all'altro fatto che la 
parte preponderante dell'area stessa era esclusa, al momento dell'ac
�quisto, da qualsiasi possibilit� di ed�f�cazione. 

Il beneficio fiscale di cui all'art. 14 della legge n. 408 nel 1949 
-compete, rispetto all'intera area acquistata, quando questa sia nel suo 
complesso edificabile: non certo nel caso, completamente estraneo alla 
previsione della norma, in cui l'area sia edificabile soltanto in parte e 
T acquisto della stessa sia rivolto al fine di rendere possibile o di integrare 
la costruzione da eseguire su altro fondo. In tale ipotesi, infatti, 
1'estensione del beneficio all'intera area sarebbe priva di causa in man-

alcuna limitazione che permetta di ritenerla inapplicabile in caso di limitata edif�'<!
abilit� dipendente da un vincolo pubblico, non vi � ragione di negare il riconoscimento 
del beneficio a quella parte di area inedificabile che non ecceda il doppio 
�della superficie della ~uova costruzione. 

Ma tale tesi -implicitamente disattesa dalla sentenza in rassegna, che ha 
limitato il privilegio alla sola estensione dell'area fabbricabile (ed edificata) -non 
regge ad una compiuta analisi interpretativa della norma dell'art. 14, legge citata. 

Non vale, invero, dire che la legge non esclude l'applicabilit� della disposizione 
del secondo comma dell'articolo citato � dedurne perci� la sua applicabilit� 
al caso in esame (limitazione di edif�cabilit� per precedente vincolo): che � troppo 
facile ribattere che tale secondo comma, va interpretato in correlazione al precedente 
�Comma, il quale si riferisce solo alle�� aree edif�cabili � in quest'ultimo menzionate, 
mentre rimane fuori dalla previsione legislativa e, quindi dall'agevolazione, il ter-reno, 
anche se costituente parte di un'area acquistata con un unico contratto, che 
non sia suscettibile di destinazione alla costruzione di edif�ci. 

Se si approfondisce ulteriormente l'indagine, � poi agevole accertare che la 
ragione della disposizione di cui al capoverso dell'art. 14 in esame � da individuarsi 
nell'impossibilit� dell'integrale utilizzazione dell'area fabbricabile per la costruzione 
�dell'edificio, dovendo una parte di essa servire all'osservanza della distanza da 
altri fabbricati vicini e ad altre esigenze del costruendo edif�cio, sicch� � il presupposto 
della agevolazione stessa non � meramente obiettivo, ma in funzione della 
mancata integrale utilizzazione di un'area edificabile per le esigenze di quella 
contigua edificata� (Com. Centr., 3 marzo 1960, n. 25713, Dir. prat. trib., 1962, 
11, 282 e Giur. imp., 1961, 446). 

Difettando il presupposto della norma di agevolazione, il beneficio di cui 

all'art. 14 citato non pu� riconoscersi applicabile all'area attigua a quella effettiva


mente edif�cata (anche nella misura non eccedente il doppio di quest'ultima) ed 

inutilizzata per preesistenti vincoli panoramici, di piano regolatore, ecc. (conforme, 

VINCI, op. cit., 98). 

Con la seconda massima, la Cassazione riafferma -sia pure di sfuggita e 
�senza riesame della questione -il proprio ormai costante indirizzo giurisprudenziale 
sulla applicabilit� del beneficio di cui all'art. 14 della legge n. 408 del 1949 
.anche se sull'area acquistata insistano costruzioni, destinate alla demolizione per la 
lwo sostituzione con altro edif�cio meglio e pi� ampiamente utilizzabile. 

Nello stesso senso (oltre alla sent. 23 maggio 1961, n. 1213, Foro it., 1961, I, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATVRA DELLO STATO

812 

canza dell'essenziale e oggettivo requisito stabilito dalla legge: che~ 
cio�, larea sia interamente edificabile e che, sull'area medesima, la 
costruzione sorga entro i termini stabiliti dall'art. 13 della legge citata. 

Questa pone -nell'armonico sistema delle sue varie disposizioni uno 
stretto collegamento teleologico tra acquisto dell'area e costruzione 
sull'area, e soltanto dalla coesistenza di questi due elementi deriva il 
diritto al trattamento fiscale di favore. 

D'altronde, l'esattezza della tesi qui sostenuta -doversi il beneficio 
proporzionare alla parte oggettivamente edificabile dell'area -� 
confermata dalla disposizione del secondo comma dell'art. 14 I.e., a 
termini del quale � sulla parte del suolo attigua al fabbricato, la quale 
ecceda il doppio dell'area coperta, � dovuta, a costruzione ultimata, 
l'imposta ordinaria di registro ed ipotecaria�. 

Non sussistendo, pertanto, la denunciata violazione di legge, il 
ricorso principale va rigettato. � 

Con l'unico mezzo del ricorso incidentale l'Amministrazione finanziaria 
censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione 
dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, nonch� per violazione 
e falsa applicazione degli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge 
in generale. 

Assume la ricorrente: la Corte di Torino ha ritenuto che se anche 
letteralmente il beneficio -previsto dall'art. 14 della legge n. 408 del 
1949 -si riferisce alle aree fabbricabili, pronte per essere edificate, la 
ratio della legge consente sicuramente anche l'interpretazione estensiva, 

1333, emessa in tema di esenzione da imposta di consumo), cfr. Cass., 25 marzo 1962,. 

n. 1191, Giust. civ., 1962, I, 1661; Cass., 28 giugno 1963, n. 1752, Giust. civ., 1964, 
I, 203, e Giur. it., 1963, I, 1434; Cass., 27 gennaio 1964, n. 128, Foro it., 1964, I, 
1299 ed in questa Rassegna, 1964, 363 con nota. 
Allo stesso indirizzo sembra ora adeguarsi anche la Commissione Centrale, con 
decisione 8 marzo 1962, n. 86397, Riv. leg. f�sc., 1963, n. 1511, dopoch� tale 
Collegio aveva prevalentemente avallato la tesi fiscale della inapplicabilit� del beneficio 
alla fattispecie (veggansi, da ultimo, le decisioni 5 aprile 1961, n. 40904, Giur. 
imp., 1963, 180; 17 novembre 1961, n. 82860, Dir. prat. tribu., 1963, Il, 160; 
23 marzo 1962, n. 86810, Riv. giur., 1963, I, 432; 14 maggio 1962, n. 88372, Riv. 
giur., 1964, l, 292). Contrarie all'attuale orientamento del Supremo Collegio sono 
anche le sentenze 4 marzo 1960 della Corte di Appello di Firenze {Riv. trib. loc., 
1960, 72 e Giur. tosc., 1960, 391) e 5 febbraio 1960 della stessa Corte (in Riv. giur., 
1960, I, 831), entrambe emesse con riferimento all'esecuzione dall'imposta di 
consumo. 

In dottrina, si confronti in senso favorevole all'indirizzo del S.C., ScARINCI, In 

tema di acquisto di case da demolire per successiva ricostruzione, Riv. dir. fin., 
1957, Il, 120, e, in senso contrario, CONTE, Demolizioni volontarie, Amm. it., 1958, 
1061; PERSIA, In tema di esenzione della legge n. 408 (la ricostruzione di case 
comunque distrutte), ivi, 1958, 449; LIMONTA, L'esenzione dell'imposta nella ricostruzione 
di edifici distrutti, ivi, 1958, 537. 

G. MANDO' 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 813 
\ 

secondo la quale, se anche l'area � coperta da costruzioni che le parti 
si impegnano di demolire allo scopo di ricostruirvi, l'obiettivo dell'incremento 
degli alloggi � ugualmente raggiunto e tanto basta per far 
luogo al beneficio. Senonch�, cos� ragionando, la Corte di merito -prosegue 
la ricorrente -non ha interpretato estensivamente la norma sopra 
menzionata, ma ne ha analogicamente estesa la disciplina al caso, da 
essa non previsto, dell'area coperta da costruzioni, e quindi non immediatamente 
edificabile: donde la violazione dell'art. 14 delle Preleggi, 
non essendo l'interpretazione analogica ammissibile in materia fiscale. 
Peraltro, la stessa Corte d'Appello, dopo avere post�lato, a sostegno 
della suddetta tesi interpretativa, la condizione che cc con la nuova 
costruzione si sia conseguito in concreto il risultato finale di un effettivo 
incremento edilizio quantitativo e qualitativo '" si � subito dopo 
contraddetta, non dando coerente rilievo al fatto, pure da essa accertato, 
che nella specie la parte di area in concreto utilizzata per la nuova 
costruzione era assai inferiore a quella originariamente coperta dalla 
vecchia costruzione. 

La censura -dovuta a inesatta comprensione dell'iter logico 
seguito dalla sentenza impugnata -� priva di fondamento oggettivo. 

La Corte di merito ha bens� affermato che rettamente il Tribunale 
aveva enunciato -nelle premesse della sentenza appellata -l'anzidetto 
principio di diritto (conforme, del resto, ai consolidati insegnamenti 
di questa Corte Suprema, secondo cui le agevolazioni tributarie 
previste dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, per l'acquisto di 
aree fabbricabili, spettano, a norma dell'art. 19 della legge stessa, anche 
nell'ipotesi in cui l'area stessa venga acquistata per demolirvi l'edificio 
e costruirne in sostituzione un altro, meglio e pi� ampiamente utilizzabile). 


Ma ha subito dopo rilevato, censurando la decisione del primo 
giudice: a) che, relativamente all'estensione di mq. 521, tale principio 
di diritto non poteva nella specie ricevere applicazione, in quanto si 
trattava di area vincolata a sede stradale e perci� inedificabile; b) che, 
per quanto concerneva i restanti 19 mq., non sorgeva questione, poich� 
su tale minuscola porzione del fondo non insisteva, nemmeno in minima 
parte, la vecchia costruzione. 

L'anzidetto principio di diritto -praticamente non applicato � 
rimasto pertanto allo stato di una semplice, seppur corretta, enunciazione 
teorica, che nessuna influenza ha avuto, n� avrebbe potuto 
avere, sulla decisione denunciata. 

E poich� le censure dell'Amministrazione finanziaria mettono 
esclusivamente in discussione lesattezza di tale principio, senza investire, 
neppure di riflesso, le vere ragioni poste a fondamento della pronuncia 
impugnata, ne discende che anche il ricorso incidentale deve 
essere rigettato. (Omissis). 



814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1583 -Pres. Pece 
-Est. D'Anniento -P.M. De Marco {conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Masi) c. Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti 
di aziende -industriali (avv. Dottarelli). 

Imposte e tasse in genere -Restituzione di imposta -Interessi 
ex legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza dalla data di 
entrata in vigore della legge. 

(l. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 5). 
Per i pagamenti indebiti effettuati per tasse e imposte prima delrentrata 
in vigore della legge 26 gennaio 1961 n. 29, dei quali, prima 
di tale data, sia stata chiesta la restituzione e non sia stata definita la 
relativa controversia, sono dovuti gli interessi di mora previsti dalrart. 
5 con detorrenza dalla data di entrata in vigore della legge 
(16 ma'Zo 1961) e mm dalla data della domanda di Mstituzlcne pro-1. 


posta In epoca anteriwe (1). 

1 

(1) La massima, conforme a quella precedentemente affermata con la sen; 
tenza 30 gennaio 1964, n. 257 (in questa Rassegna, 1964, I, 373, con nota) puo 
dirsi ormai costante. La pronunzia appare corretta. :� appena il caso di rilevare 
che lo stesso principio vale all'inverso per tutte le obbligazioni tributarie sorte 
anteriormente e non adempiute alla data di entrata in vigore della legge. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1~5, n. 1619 -Pres. Rossano 
-Est. Cesaroni -P . .M. Gentile (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Correale) re. S.p.A. Fratelli Pardini (avv. prof. Scandale). 

Imposta di registro -Agevolazioni tributarie recate dal d.lgt. 
7 giugno 1945, n. 322 per i conferimenti di danaro in societ� ~ 
aventi l'unico ed esclusivo scopo della ricostruzione edilizia Aumento 
di capitale di societ� che, con scopo statutario della 
ricostruzione di stabilimenti industriali, esplichi in concreto 
attivit� gestoria dello stesso -Esclusione. 
(d.l.lgt. 7 giugno 1945, n. 322; d.l. 16 marzo 1946, n. 321, art. 3). 

La delibera di aumento di capitale di una societ� per azioni avente, 
in base all'atto costitutivo, come unico ed esclusivo scopo la ricostruzione 
del proprio stabilimento industriale, non � ammessa al( agevolazione 
tributaria della tassa fissa di registro prevista dall'art. 5 del d.l. 
7 giugno 1945, n. 322 in relazione all'art. 3 del d.l. 16 marzo 1946, n. 321, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 815 

nel caso in cui dal verbale di approvazione del bilancio risulti che la 
societ� stessa abbia svolto attivit� gestoria dello stabilimento industriale 
ricostruito (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 5 del d.l. 7 giugno 1945, n. 322 e 
3 del d.l. 16 marzo 1946, n. 221, nonch� i vizi di omessa, insufficiente e 
contraddittoria motivazione, sostenendosi che, avuto riguardo allo scopo 
di dette norme (favorire la ricostruzione edilizia e industriale) e al carattere 
chiaramente obbiettivo delle agevolazioni fiscali contemplate, la 
loro applicabilit� doveva essere ritenuta od esclusa, in cons1derazione 
soltanto dell'attivit� in �concreto espletata, e non in relazione allo scopo 
sociale, identificabile, come detto nella impugnata sentenza, in via 
esclusiva attraverso la lettera dello statuto societario. 

Con il secondo tnezzo si denuncia la violazione degli artt. 2328, 

n. 3, 1362, 1366 e.e. per avere la Corte di merito negato qualsiasi rilevanza 
giuridica, ai fini della precisazione dell'oggetto e dello scopo della 
societ�, alla delibera assembleare del 31 ottobre 1950, con la quale era 
stato approvato il primo bilancio di eserdzio dell'industria molitoria 
per il periodo dicembre 1948-$0 giugno 1950, nel che era la conferma, 
(1) La sentenza in nota ha fatto retta applicazione della legge e dei principi. 
I dd.ll. n. 322 del 1945 e 321 del 1946 sono stati emanati allo scopo dichiarato 
di favorire, per alti fini sociali, la ricostruzione edilizia (art. 1 del d.l.l. 322/45) 
ed industriale (art. 3 del d.l.l. 221/46) resa necessaria dalle distruzioni determinate 
dai noti eventi bellici dell'ultimo conflitto mondiale. Per l'attuazione di tale scopo 
i ricordati provvedimenti normativi, dopo aver fissato i limiti temporali nel cui 
rispetto la ricostruzione avrebbe dovuto essere effettuata, ha posto una serie di 
agevolazioni, a contenuto chiaramente obbiettivo, per gli atti e contratti che 

avevano per oggetto gli edifici o gli impianti distrutti o danneggiati ovvero in 
relazione l�gica necessaria con la ricostruzione degli stessi. A fianco, pertanto, delle 
compravendite di aree, degli appalti di ricostruzione dei finanziamenti delle opere 
relative, hanno previsto, i ricordati provvedimenti normativi, i conferimenti in societ� 
commerciali, assicurando, per questi ultimi, il carattere obiettivo dell'ageyolazione, 
con limitare il trattamento di favore a quelle Societ� che avessero � l'unico ed 
esclusivo scopo della ricostruzione " . 

Unificati attraverso il requisito della destinazione, le varie ipotesi contemplate, 
i dd.ll. 322/45 e 221/46, condizionano, pertanto, la loro portata normativa 
al fatto obiettivo della ricostruzione, che assurge, in sede di applicazione, a fattore 
sostanziale e non formale, concreto e non ipotetico, esclusivo e non concomitante 

con altri fatti anche se strumentali rispetto alle ricostruzioni. Ui ci� � chiaro indice 
nelle pregresse statuizioni della Corte di Cassazione, la quale nella sentenza n. 1354 
del 19 aprile 1957 ebbe a precisare che � ai fini delle agevolazioni fiscali, di cui 
al combinato disposto dell'art. 4 del d.l.lgt. 7 giugno 1945, n. 322 e dell'art. 3 
del d.1.1. 25 marzo 1946, n. 221, � sufficiente che il finanziamento delle opere di 
ricostruzione degli edifici distrutti o gravemente danneggiati da eventi bellici, sia 



816 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per riconoscimento degli stessi organi sociali responsabili, che la formula 
statutaria relativa ali' oggetto era comprensiva della indicata attivit� 
di gestione dell'opificio. 

Si lamenta, infine, con il terzo mezzo del ricorso, che la Corte di 
merito, fuorviata dal convincimento che presupposto dell'agevolazione 
fosse quello di carattere formale risultante dalla formula statutaria del1'
oggetto sociale, abbia omesso di esaminare effettivamente lesercizio 
di attivit� diversa, che, se accertato, avrebbe dovuto portare all'affermazione 
della legittimit� della eseguita tassazione suppletiva. 

Le censure suesposte, che, completandosi a vicenda, si esaminano 
congiuntamente, sono fondate. 

Come � noto, i decreti legge n. 322 del 1945 e 221 del 1946 furono 
emanati al fine di favorire la ricostruzione edilizia (il primo) e la ricostruzione 
industriale (il secondo) mediante una serie di agevolazioni 
fiscali a contenuto obbiettivo, in ordine ai contratti aventi ad oggetto 
le compravendite di edifici o di impianti distrutti o danneggiati, gli 
acquisti di aree fatti a scopo di ricostruzione, ovvero i contratti di 
appalto occorrenti per le riparazioni o ricostruzioni medesime. 

Con l'art. 5 del citato decreto n. 322 del '45 venne, inoltre, accor


in funzione obbiettiva delle predette opere di ricostruzione... '" ed ancora, nella 
stessa sentenza, che " la ratio della legge consiste nel concedere lagevolazione 
fiscale non gi� ai finanziamenti preventivi dei lavori di ricostruzione, ma a quelli 
che obbiettivamente siano concessi per sopperire alla spesa dei predetti lavori �. 

Dato ci�, � chiaro che, per i conferimenti di danaro in Societ�, lo scopo chi( 
solo pu� determinare l'operativit� delle ricordate norme, � quello sostanziale, in 
concreto, perseguito dalla Societ� e non quello dichiarato, o solamente quello 
dichiarato, che in tutto o in parte pu� non coincidere con la realt� obiettiva. 

Ogni diversa soluzione risulta chiaramente incompatibile con le finalit� delle 
norme di particolare favore fiscale perch�, in ossequio ad un elemento di carattere 
formale, comporterebbe l'operativit� delle norme stessa ai casi, per i quali il sacrificio 
dello Stato alla rinunzia alla tassazione normale, non trova la sua contropartita 
nel raggiungimento dello scopo sociale (ricostruzione) in vista del quale il sacrificio 
stesso � stato ipotizzato. Non a caso, infatti, il trattamento di favore nelle sue varie 
ipotesi � stato, per cos� dire, obiettivizzato. Nei privilegi obiettivi -� noto -la 
concreta loro operativit� � condizionata all'attivit� fiscalmente agevolata e non 
al modo di essere del soggetto, che, doveva non essere elevato a ruolo determinante, 
con conseguente possibilit� di estensione della tutela a settori non solo non 
considerati, ma dichiaratamente fuori da ogni previsione di trattamento di favore. 

La conclusione alla quale si � pervenuti trova sicuro riscontro nella retta 
applicazione del principio generale, secondo cui la tassazione ai fini dell'imposta 
di registro va adeguata al contenuto ed agli effetti sostanziali dell'atto tassato, 
indipendentemente dal titolo e dalla forma apparente. Tale principio implica 
necessariamente che, in tema di agevolazione fiscale, le relative .condizioni siano 
accertate con gli stesssi criteri e che in particolare siano valutati secondo la obiettiva 
e concreta loro manifestazione nella realt�, e non soltanto secondo la loro 
enunciazione e qualificazione formale. 

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I -: 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 817 

data una speciale agevolazione (imposta fissa di registro) a tutti i conferimenti 
(sia in sede di atto costitutivo, che di aumenti di capitale) in 
societ� cc che abbiano lo scopo esclusivo ed unico della ricostruzione 
edilizia od industriale � � 

Accanto, pertanto, alla compravendita di aree e fabbricati e agli 
appalti di ricostruzione, la legge ha previsto uno speciale trattamento 
di favore anche per i conferimenti in societ�, sempre ch�, per�, tali 
conferimenti siano, in concreto, riferibili ad una effettiva attivit� di 
ricostruzione, in armonia con lo specifico intento legislativo, volto ad 
agevolare le ricostruzioni dopo le offese belliche. 

Tale presupposto, infatti, la legge ha espressamente indicato nello 
scopo unico di ricostruzione perseguito dalle societ�, quale elemento 
sintomatico dell'effettiva destinazione dei conferimenti verso lattivit� 
di ricostruzione. Il che significa che l'art. 5 sopra citato deve essere 
interpretato con riferimento all'attivit� economica in concreto esercitata, 
e non soltanto a quella risultante dalla lettera dello statuto, giacch�, 
altrimenti, non solo verrebbe frustata la finalit� della legge con la 
estensione dell'agevolazione ad atti non connessi all'opera di ricostruzione, 
ma sarebbe, altres�, agevolata la frode fiscale con la semplice 
dichiarazione di una attivit� diversa da quella perseguita. 

La legge, in altri termini, postosi il problema dei conferimenti delle 
societ�, ha previsto anche per essi una speciale agevolazione fiscale, 
ma si � anche cautelata dalle evasioni con la limitazione dichiarata 
del fine unico di ricostruzione, il quale come elemento di certezza dell'effettiva 
destinazione delle somme alla ricostruzione, in vista della 
quale il beneficio � concesso, non pu� logicamente prescindere dal 
dato obbiettivo che solo pu� determinare loperativit� del trattamento 
di favore. 

In ci� la conferma che ai fini del presupposto dell'agevolazione 
non � sufficiente fermarsi alle risultanze formali dell'atto costitutivo, 
ma occorre riferirsi all'attivit� concreta della societ�. 

Evidente, pertanto, lerrore in cui � incorsa la Corte d'Appello 
di Firenze con la sentenza impugnata, allorch� ha ammesso a godere 
del beneficio fiscale la Societ� Pardini nonostante l'esplicito riconoscimento 
del fatto che la sua attivit� sociale, al tempo in cui deliber� l'aumento 
di capitale, fosse, in concreto, rivolta all'industria molitoria e 
non si limitasse, come dichiarato nello statuto, alla ricostruzione dell'opificio. 


N� si dica che, avendo riferimento all'attivit� sostanzialmente 
attuata, rispetto a quella formale risultante dallo statuto, si verrebbe a 
confondere il presupposto della agevolazione, con il diverso profilo della 
destinazione del danaro, avente rilevanza unicamente ai fini della disapplicazione 
dell'agevolazione, giacch�, come si � dimostrato, la questione 



818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del mutamento dell'oggetto sociale, attiene esattamente alla ricerca deI 
presupposto del trattamento fiscale privilegiato, e non alla decadenza 
del trattamento stesso. 

Dimostrato, quindi, che non ricorre, nella fattispecie, il presupposto 
per la applicazione dell'agevolazione fiscale, diveniva del tutto 
ultranea anche l'indagine, in cui si � indugiata la Corte, diretta a stabilire 
se l'aumento di capitale e il finanziamento in tal modo ottenuto 
dalla societ� Pardini fossero in concreto ed esclusivamente diretti alla 
ricostruzione del molino od anche alla sua gestione, posto che il punto 
decisivo della controversia andava, invece, ricercato nel presupposto 
obbiettivo del trattamento di favore, cio� nell'esistenza o meno del 
fatto impeditivo del diritto al beneficio nel senso, gi� precisato, dell'attivit� 
effettivamente esercitata e non di quella formalmente indicata 
nell'atto costitutivo della societ�. 

S'impone, pertanto, il riesame della causa,� con il conseguente rinvio 
ad altro giudice, il quale si atterr� al seguente principio di diritto: 
� la delibera di aumento di capitale di una societ� per azioni, avente, 
in base all'atto costitutivo, come unico ed esclusivo scopo la ricostruzione 
del proprio stabilimento industriale, non pu� essere ammessa al 
beneficio della tassa fissa prevista dall'art. 5 del d.l. 7 giugno 1945, 

I

.

n. 322, in relazione all'art. 3 d.l. 16 marzo 1946, n. 321, quando risulti 
dal verbale. di approvazione del bilancio che la societ� stessa abbia 
'

svolto attivit� estranea a quella di ricostruzione, per il venir meno, in 
' 
tale ipotesi, del presupposto dello scopo sociale unico ed esclusivo� della . 
'

I

~

ricostruzione, previsto dalle norme sopra citate �. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1965, n. 1686 -Pres. Favara 
-Egt. Saya -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Soprano) c. Ottolenghi (avv. Novelli). 

Imposte e tasse in genere -Procedimenti innanzi alle Commissioni 
. Notificazioni di atti processuali -Firma dell'originale 
da parte del consegnatario -Necessit�. 

(r.d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89). 
Imposte e tasse in genere -Procedimenti innanzi alle Commissioni 
. Comunicazioni della segreteria -Forma -Firma dell'originale 
da parte del consegnatario -Non necessaria. 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 38 e 45). 
L'art. 89 del r.d. Il luglio 1907, n. 560 (esteso dagli artt. 97, 99, 102 
e 105 a tutti gli atti del procedimento innanzi alle Commissioni) che 
prescrive la necessit� della sottoscrizione delforiginale di notifica da 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 819 

parte del consegnatario o la menzione dei motivi della mancanza di 
essa, � di generale applicazione anche nei procedimenti in materia di 
imposte indirette per effetto del richiamo contenuto nell'art. 31 del r.d. 
7 agosto 1936, n. 1639 (1). 

L'art. 38 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, richiamato dall'art. 45, prescrive 
che l'appello dell'Ufficio deve essere comunicato al contribuente 
qualora esso non sia contenuto nell'atto di notificazione della decisione. 
Per la semplice comunicazione, fatta a cura della segreteria, in mancanza 
di espresse disposizioni si osserva la forma prescritta dall'art. 
136 c.p.c. che non richiede lo sottoscrizione dell'originale da parte del 
consegnatario o la menzione dei motivi della mancanza di essa (2). 

(Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente Amministrazione 
deduce che il qit. art. 89 Reg. per l'imposta di ricchezza mobile approvato 
con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, il quale disciplina le modalit� di 
notificazione delle dichiarazioni e delle rettificazioni da parte dell'ufficio 
in materia di imposta di ricchezza mobile, non era applicabiltl' 
poich� nella fattispecie non si trattava della notifica di un atto di accertamento, 
bens� della notifica di un atto processuale relativo inoltre ad 
un'imposta indireUa (imposta di successione). 

{l-2) La prima massima riconferma il principio, ormai pacifico, della generale 
applicazione nei procedimenti innanzi alle Commissioni, sia per le imposte dirette 
che per quelle indirette, dell'art. 89 del r.d. 11 luglio 1907, n. 560 (sostanzialmente 
identico all'art. 38 del t.u. 19 gelli).aio 1958, n. 645) in materia di notificazioni 
(Cass., 29 gennaio 1964, n. 228, Riv. leg. 'f�sc., 1964, 863; 23 giugno 1964, n. 1648, 
ivi, 1731). ti: da notare per� che le forme in queste norme stabilite riguardano soltanto 
le notificazioni eseguite da messi comunali e messi speciali autorizzati; quando 
invece l'Ufficio si sia servito dei normali mezzi di notificazione ad opera di ufficiali 
giudiziali ed equiparati (e quindi anche dei messi di conciliazione) si applicano le 
norme del c.p.c. che non prescrivono la firma dell'originale da parte del consegnatario 
o la menzione dei motivi dell'omessa sottoscrizione (Cass., 20 novembre 1964, 

n. 
2771, in questa Rassegna, 1964, I, 1150). 
La sentenza lascia in ombra un'altra questione, oggetto del secondo motivo 
dichiarato assorbito; giova per� ricordare che la S.C., con le sentenze sopra citate, 
ha ripetutamente affermato che la mancanza della sottoscrizione dell'originale, se 
realmente richiesta, non inficia la validit� della notificazione, non essendo la nullit� 
comminata dalla legge e non trattandosi di requisito essenziale per il raggiungimento 
dello scopo e che in ogni modo, anche se potesse configurarsi una nullit� 
certamente non assoluta, sarebbe sempre da ammettere la sanatoria con effetto 
ex tunc a seguito della costituzione dell'interessato o della rinnovazione della 
notifica che il giudice � tenuto a disporre a norma dell'art. 291 c.p.c. 
Esattissima appare la seconda massima che chiarisce un punto solo vagamente 
trattato in precedenti decisioni (sent. 1648/64, cit.) e individua nell'ambito del 
procedimento tributario una distinzione tra notificazioni e comunicazioni del tutto 
analoga di quella vigente nel procedimento civile. 



820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura non � fondata, come questa Corte ha gi� avuto modo 
ripetutamente di decidere {cfr. Cass., 29 gennaio 1964, n. 288; Cass., 
23 giugno 1964, n. 1648). 

Giova anzitutto premettere che la questione va esaminata non in 
base al vigente t.u. delle leggi sulle imposte dirette (d.P. 29 gennaio 1958, 

n. 645), in quanto questo � entrato in vigore successivamente alla data 
in cui � stato proposto il ricorso alla Commissione Centrale delle imposte, 
di cui trattasi, bens� in relazione alla legislazione anteriore, ossia 
agli art. 97 e segg. r.d. 11 luglio 1907, n. 560, i quali, se pur dettati 
espressamente per l'imposta .. di ricchezza mobile, erano estensivamente 
applicabili a tutte le imposte dirette. 
Ci� posto, si rileva che � vero quanto deduce l'Amministrazione 
sulla previsione del ricordato art. 89 relativamente agli atti di natura 
tributaria sostanziale compiuti dall'ufficio, ma la disposizione era espressamente 
richiamata dagli artt. 97, 99, 102 e 105 per i ricorsi avanti le 
commissioni tributarie, sicch� per il contenzioso tributario delle imposte 
dirette valeva la regola dettata dal predetto art. 89 in ordine alla sottoscrizione 
del consegnatario dell'atto nella ricevuta ovvero all'enunciazione 
del motivo (rifiuto o impedimento). Sopravvenne successivamente 
per le imposte indirette il r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, il quale, 
mentre nulla dispose in ordine alla notificazione degli atti processuali 
(come analogamente nulla dispose il relativo Regolamento approvato 
con r.d. 8 luglio 1937, n. 1516), stabil� all'art. 31 che le disposizioni concernenti 
i procedimenti davanti le commissioni per le imposte dirette 
erano applicabili anche ai procedimenti davanti le commissioni per le 
imposte indirette. 

Da ci� consegue chiaramente come la censura in esame risulti 
destituita di giuridico fondamento, concernendo la cit. disposizione del1'
art. 89, per effetto del ricordato richiamo dei successivi artt. 97, 99, 102, 
105, anche gli atti processuali ed essendo la medesima applicabile, in 
virt� del cit. art. 31 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, altres� alle imposte 
indirette. 

Fondato � invece il terzo mezzo, che per evidenti ragioni logiche, 
va esaminato anteriormente al secondo. 

Con esso la ricorrente Amministrazione deduce che il cit. art. 89, 
se pur riferibile in linea di principio anche al procedimento avanti le 
commissioni tributarie per le imposte indirette, non era applicabile 
nella specie, in quanto esso concerne la notificazione ed in relazione 
ad essa prescrive la sottoscrizione del destinatario nella ricevuta, ovvero 
la menzione del rifiuto o dell'impedimento, mentre nel caso in esame 
non trattavasi di notificazione, ma di mera comunicazione, alla quale 
non pu� essere estesa la disciplina dettata per la prima. 

Al riguardo osserva la Corte che a norma degli artt. 38 e 45 del cit. 

r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, il contribuente deve essere reso edotto della 
I


I 


.�' 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 821 

impugnazione proposta della Finanza o in via autonoma, se essa viene 
proposta successivamente alla notificazione dell'avviso della sentenza 
impugnata, ed in tal caso si osservano le norme sulla comunicazione 
�degli atti processuali, trattandosi di un atto che deve essere compiuto 
�dalla segreteria della commissione adita: ovvero con lo stesso avviso di 
notificazione da parte della Finanza della decisione impugnata, nel 
�qual caso l'irritualit� o nullit� della notifica colpisce necessariamente 
l'intero atto notificato. 

Nella specie, ricorrendo la prima ipotesi, la Finanza non aveva 
:alcun onere di notificare l'interposto gravame al contribuente, il quale 
�doveva essere informato di ci� mediante comunicazione da parte della 
segreteria dell'adita Commissione centrale. Pertanto risulta inapplicabile 
la disposizione del pi� volte richiamato art. 89, la quale concerne 
unicamente le notificazioni da eseguire dalla Finanza, come parte del 
rapporto tributario, e non gi� le comunicazioni demandate alla segreteria 
dell'organo decidente, da farsi a cura delle persone preposte al 
servizio di cancelleria. Rispetto a tali comunicazioni, in mancanza di 
disposizioni speciali, valgono le norme generali del codice di procedura 
civile, le quali, com'� noto, non prescrivono la sottoscrizione della ricevuta 
da� parte del destinatario (art. 136 c.p.c.). 

Si deve perci� concludere che, essendo stata l'impugnazione proposta 
successivamente alla notifica della decisione impugnata e dovendo 
quindi essere soltanto comunicata dalla segreteria della Commissione 
�centrale ai contribuenti, non pu� trovare applicazione la norma in 
questione. 

L'accoglimento di detta censura importa lassorbimento del secondo 
mezzo, con cui la Finanza deduce che, in ogni caso, l'asserita nullit� 
concerneva unicamente la notificazione e perci� non poteva importare 
l'inammissibilit� dell'impugnazione, ma doveva essere fissato un termine 
da parte della Commissione Centrale entro il quale procedere a nuova 
notifica. � evidente infatti come tale mezzo ha per necessario presupposto 
l'applicabilit� del cit. art. 89, il quale, invece, come gi� si � detto 
non � nella specie applicabile. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1965, n. 1786 -Pres. Pece 
-Est. Roperti -P.M. De Ruggiero (conf.) -Tavaz~ani (avv.ti Fabbrici 
e Romeo) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). 

Profitti di guerra -Avocazione dei profitti eccezionali di contingenza 
-Accertamento -Obbligo di accertamento separato 
per ogni singola annualit�. 

(r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436; d.l. Pres. 28 aprile 1947, n. 330; t.u. 24 agosto 
1877, n. 4021). 
16 



822 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I pro-fi,tti eccezionali di contingenza soggetti ad avocazione non 
possono essere accertati globalmente ed unitariamente in relazione altintero 
periodo di tempo in cui essi sono stati conseguiti, ma, applicandosi 
le norme in materia di imposta di ricchezza mobile richiamate� 
daltart. 13 cpv. del t.u., 3 giugno 1943 n. 598, debbono essere accertati 
separatamente anno per anno (1). 

(Omissis). -Col primo mezzo il ricorrente denuncia la violazione� 
e falsa applicazione degli artt. 183 e 184 c.p.c. in relazione all'art. 360, 

n. 3, stesso codice per avere la Corte di merito a torto ritenuto che la 
domanda da lui formulata in corso di causa costituisse domanda nuova 
e fosse come tale improponibile. 
La censura � fondata. La Cort~ di merito, pur riconoscendo la 
identit� del petitum e cio� della somma di lire 32.000.000, che rimaneva 
la stessa, ha considerato invece nuova, per mutamento del presuppostcr 
di fatto della causa petendi, la domanda proposta con la censura del 
4 ottobre 1960, rispetto alle conclusioni formulate nell'atto di citazionee 
ci� perch�, a suo avviso, l'originaria domanda di . risarcimento del 

I 

(1) Osservazfoni sull'accertamento dei profitti di contingenza. 
Nella sentenza in es11me la Cassazione ha confermato l'orient�mento gi� 
espresso nella decisione 1<> agosto 1959, n. 2442 (Giust. civ., 1959, I, 1409 e Foro� 

IIit., 1959, I, 1478, in entrambe le riviste con richiami), orientamenti secondo cui il 
richi�mo alle cc norme valevoli in materia di imposta straordinaria sui profitti di 
gu~rra � contenuto nell'ultimo comma dell'art. 18 del r.d.l. n. 436 del 1946 (come� 
modificato dall'art. 1 del d.l. c.P.S. n. 330 del 1947) si estenderebbe -salvo 
deroga espressa -a tutte le disposizioni che regolano l'attivit� di accertamento� 

I 

di detta imposta, ed in particolare anche alla disposizione che -per effetto del 

I

rinvio contenuto nell'art. 13 c.p.v. del r.d. 3 giugno 1943, n. 598 alle cc norme 
vigenti per l'applicazione delle imposte sui redditi di ricchezza mobile -prevede 
l'annualit� dell'accertamento. 

Siffatto orientamento, fondato su una argomentazione di carattere meramente 
letterale, non pu� essere condiviso. I � profitti eccezionali di contingenza � (gi� 
definiti � di speculazione ,, ) sono, com'� noto, redditi che il legislatore ha voluto� 
individuare e separare dai redditi ordinari (ed anche dai sopraredditi di guerra) in 
ragione della loro particolare origine: essi sono infatti caratterizzati dall'essere 
stati conseguiti durante la guerra ed il dopoguerra mediante alcune attivit� specificatamente 
indicate, e -per di pi� -qualificate dall'essere o contra legem in 
quanto contrarie alle norme in materia di ammassi e di calmieri, o anche non 
illegali ma riguardate come odiose e perci� ritenute dall'ordinamento giuridico non 
meritevoli di giustificare la conservazione degli arricchimenti da esse derivati 
(l'ordinamento a volte persegue le finalit� politico-sociali di cui � portatore non 
mediante il riconoscere o negare la validit� del modus adquirendi di un arricchimento 
ma mediante il negare un titulus retinendi all'arricchimento pur legalmente 
acquisito: cfr., in materia di commento all'art. 2041 e.e., BETII, Teoria generale 
delle obbligazioni, III, 138). !<: evidente, ed � stato pi� volte sottolineato dalla 
dottrina e dalla giurisprudenza (cfr. ScANDALE-DoNATONE, Imposta straordinaria sui 
profitti di guerra e sui profitti eccezionali di contingenza, 1947, 234; BELLI, La: 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 828 

danno, nella misura pari all'ammontare della somma ~ersata dal Tavazzani 
a titolo di imposta presupponeva un comportamento illecito dell'Amministrazione 
finanziaria, mentre la successiva domanda di restituzione 
della somma stessa si fondava sul diverso presupposto dell'indebito 
oggettivo. :Il: evidente per� lerrore nel quale sono incorsi i giudici 
di merito, che hanno creduto di scorgere nella originaria formulazione 
della domanda una azione di risarcimento di danno per responsabilit� 
civile, mentre, in effetti, non si trattava che di una azione diretta a 
recuperare lequivalente pecuniario della somma versata, per illegittimit� 
dell'imposizione fiscale. Ed infatti il Tavazzani in nessun modo in 
citazione aveva dedotto un comportamento illecito della Finanza, e s� 
era invece richiamato espressamente alla illegittimit� dell'accertamento 
tributario nei propri confronti, contestando la propria obbligazione in 
materia di profitti di contingenza. 

Il Tavazzani, avendo in un primo momento qualificata la propria 
domanda come risarcitoria, ne aveva poi -con la comparsa del 4 otto-� 
bre 1960 -precisato il carattere restitutorio. E cio�, costantemente il 
Tavazzani si era riportato alla illegittimit� dell'accertamento quale 

finanza straordinaria, Rass. avv. Stato, 1952, 128, nonch� l'esemplare motivazione 
della decisione 29 marzo 1949, n. 2037 della Commissione Centrale, pubblicata in 
Dir. prat. trib., 1950, II, 106), che il prelievo e l'attribuzione alla collettivit� di 
arricchimenti cos� individuati e qualificati intendono perseguire finalit� di giustizia 
pi� che procurare entrate all'erario, come peraltro confermato e dalla esplicita 
configurazione del prelievo come " avocazione ,, in un primo tempo totale, e solo 
in seguito ridotta all'80% (sulla distinzione tra la "avocazione� ed "imposizione� 
cfr. FOLIGNO, Confisca dei beni e avocazione dei profitti di regime, 1945, 17) e 
dal carattere per larga parte retroattivo del provvedimento che l'ha disposto. Tutto 
ci�, ben s'intende, non contraddice la natura tributaria dell'istituto, affermata da 
una giurisprudenza numerosa e ormai da tempo consolidata (in proposito, cfr. 
Relazione Avvocatura Generale dello Stato, 1942-50, 300, e 1951-55, 983). Per i 
menzionati caratteri, l'avocazione dei profitti di contingenza trova nel nostro ordinamento 
stretta analogia con l'avocazione dei profitti " derivati dalla partecipazione 

o adesione al regime fascista �, profitti questi che sono anch'essi individuati dal!'
essere stati originati da' attivit� specificatamente indicate, ed in merito alle quali 
l'ordinamento ha espresso un giudizio di valore negativo conseguentemente ritenendone 
l'inidoneit� a giustificare la conservazione degli arricchimenti per loro 
mezzo conseguiti. 
Ora, per laccertamento dei profitti di contingenza come dei profitti di 
regime, malgrado largomentazione desumibile dalla meccanica per vero troppo elementare 
dei richiami contenuti nel testo di alcune norme, non sembra possa applicarsi 
il criterio dell'annualit� dell'accertamento previsto per laccertamento dei 
redditi di ricchezza mobile. Questi redditi {ed, in certa misura, anche i sopraredditi) 
hanno intrinseco carattere di continuit� nel tempo; sicch� la separata e distinta 
considerazione di " periodi d'imposta ,, risponde alla necessit� concettuale di individuare 
nel continuo la parte che afferisce al presente, prima ancora che alle 
necessit� tecniche dell'imposizione. Ha scritto il GIANNINI, I concetti fondamentali 
del diritto tributario, 1956, 176, a proposito della distinzione tra imposte periodiche 



824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

causa petendi ed aveva sempre tenuto fermo il petitum nella richiesta 
di restituzione, da parte della Finanza, di quanto da esso Tavazzani 
pagato a titolo di profitti di contingenza. E l'Amministrazione nessuna 
eccezione aveva avanzata durante il giudizio di primo grado, circa la 
pi� precisa formulazione della domanda attrice. Il che mentre, da un 
lato, importa -in ogni caso -accettazione del contraddittorio, vale 
peraltro a confermare che il Tavazzani aveva posto in essere una semplice 
emendatio o non anche una inammissibile mutatio libelli. 


Con il secondo mezzo il Tavazzani ha denunciato che la Corte 
d'Appello, avendo ritenuta la improcedibilit� della domanda, non avrebbe 
dovuto esaminarne il merito. 

La censura � teoricamente esatta ma perde rilevanza e resta assorbita 
dall'avvenuto accoglimento del primo mezzo del ricorso. Infatti, 
ritenuta, a seguito di detto accoglimento, la procedibilit� della domanda 
del Tavazzani, ci� legittima l'esame del merito gi� effettuato dalfimpugnata 
sentenza. 

Avverso le conclusioni alle quali la Corte d'Appello � pervenuta, 

I 

con l'accennato esame del merito, il ricorrente insorge deducendo la 
violazione e falsa applicazione dei criteri di accertamento della imposta 

I 

I
I
ra 
. 

ed istantanee, che solo quando " una situazione di fatto (costituente presupposto ' 
di imposta) non � di per se stessa circoscritta entro un tempo limitato, occorre che 

, 

.

il legislatore intervenga per delimitare il periodo di tempo a cui deve aversi 
riguardo"� 

Al contrario, i profitti eccezionali di contingenza (come quelli di regime) sono ' 
caratterizzati da un lato, come si � visto, da una precisa individualit� derivante da ~ ci� che il legislatore li tiene distinti, a ragione della loro " origine n, dal flusso 
dei redditi ordinari o straordinari, e dall'altro da una essenziale saltuariet� ed 
eccezionalit�; di tal che il riferimento dei profitti di contingenza ad un " periodo 

I ~ 
::

di imposta � della durata di un anno non risponde ad alcuna necessit� e neppure 
utilit�, ed inoltre sarebbe concettualmente improprio potendo dividersi in periodi 
solo ci� che � continuo {nel senso che l'avocazione dei profitti di contingenza � '

I 
imposta istantanea, il FOLIGNO, op, cit., 75; nello stesso senso implicitamente la 
sentenza della Corte di Cassazione 19 ottobre 1954, n. 3864, Giur. it., 1955, I, 951, 
nella quale -per i profitti di regime -si afferma che l'affare che ha dato luogo 
al profitto " va tenuto distinto da ogni altro negozio avente diversa causa ,, e 
pertanto non � possibile la compensazione tra profitto dell'uno e perdite degli 
altri negozi). 

Del resto, il legislatore, disponendo nel 1946 l'avocazione a decorrere dal 1939, 
non ha dettato alcuna norma per gli anni pi� lontani, come sarebbe stato tecnicamente 
necessario ove si fosse ritenuta essenziale l'annualit� degli accertamenti; cos� 
implicitamente consentendo (o quanto meno non vietando) l'accertamento globale 
ed unitario dei profitti in questione. Il che � confermato dalla previsione di un 
termine di prescrizione (rectius di decadenza) unico per l'accertamento dei profitti 
di contingenza, che priva di rilevanza, anche a tale effetto, la circostanza che essi 
siano stati realizzati nell'uno o nell'altro degli anni del decennio 1939-1948. 

F. FAVARA 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 

straordinaria sui profitti di contingenza (art. 1 d.l.P. 28 aprile 1947 

n. 330, sostitutivo dell'art. 18 d.l. 27 maggio 1946 n. 436; art. 15 r.d. 
3 giugno 1943 n. 598, d.l. 18 agosto 1944 n. 199; t.u. 28 agosto 1877 
n. 4021, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.). Con tale mezzo il ricorrente 
deduce che inesattamente la Corte d'Appello ha ritenuto la legittimit� 
dell'accertamento globale dei profitti eccezionali di contingenza, laddove 
detto accertamento avrebbe dovuto essere fatto dalla Finanza con 
riferimento a ciascuna annualit�. 
La censura � fondata. Questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione 
di esaminare la questione in una fattispecie analoga con sentenza 

n. 2442 del 1� agosto 1959, risolvendola in senso contrario all'avviso 
espresso dalla sentenza impugnata, n� la difesa dell'Amministrazione 
resistente prospetta elementi nuovi e tali da indurre a mutare orientamento. 
Sostanzialmente la Corte di merito ha ritenuto la legittimit� del!'
accertamento globale sulla base delle seguenti considerazioni: a) che 
per i profitti di contingenza non � obbligatorio l'accertamento annuale 
previsto dalla legge sull'imposta di R.M. in quanto essi non costituiscono 
reddito ordinario accertabile anno per anno, ma sono il prodotto 
di un'attivit� speculativa da considerare globalmente con la conseguenza 
che pu� essere compiuto un unico accertamento per l'intero 
periodo preso in considerazione; b) che per l'imposta sui profitti di 
contingenza la legge prevede l'accertamento col metodo induttivo sconosciuto 
per l'imposta di R.M. ed a tale accertamento indiretto si ricorre 
proprio allorch� bisogna prendere in esame periodi di tempo piuttosto 
lunghi; e) che sarebbe praticamente impossibile agli uffici finanziari 
procedere ad accertamenti annuali essendo stato preso come termine 
iniziale per la formazione dei profitti di contingenza il 1� gennaio 1939, 
mentre la legge istitutiva di tale imposta � di molto posteriore al detto 
termine. 

Tali argomentazioni sono da disattendere. 

L'obbligazione tributaria nasce idealmente nel momento in cm s1 
determina la situazione di fatto che la legge considera generatrice del 
debito di imposta: L'esistenza di detta obbligazione costituisce condi� 
zione necessaria perch� possa concretamente instaurarsi tra lo Stato ed 
il contribuente un legittimo rapporto tributario. Il mezzo strumentale 
di ricerca, determinazione e liquidazione del tributo � il cosidetto accer~ 
tamento, la cui specifica funzione � quella di stabilire, con efficacia 
esecutoria, l'esistenza ed ammontare di un credito tributario. Ed il 
legislatore allo scopo di far s� che il rapporto tributario mantenga il 
necessario collegamento con la situazione di fatto generatrice dell' obbliigazione, 
.rispecchiandone i mutamenti, ha prescritto il rinnovo annuale 
dell'accertamento. Disposizione questa che, mirando a determinare l'adeguamento 
dell'imposta alle effettive condizioni del contribuente, sta a 



826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
presidiare tanto gli interessi dell'erario quanto quelli del soggetto passivo 
dell'imposizione. Nel caso di specie l'obbligo dell'accertamento 
annuale risulta sancito dagli artt. 8 e 22 del t.u. sull'imposta di R.M. 
24 agosto 1877 n. 4021, cui fa richiamo l'art. 13 del t.u. 3 giugno 1943 
n. 598 in materia di imposta straordinaria sugli utili relativi allo stato 
~ 
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-
-
826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
presidiare tanto gli interessi dell'erario quanto quelli del soggetto passivo 
dell'imposizione. Nel caso di specie l'obbligo dell'accertamento 
annuale risulta sancito dagli artt. 8 e 22 del t.u. sull'imposta di R.M. 
24 agosto 1877 n. 4021, cui fa richiamo l'art. 13 del t.u. 3 giugno 1943 
n. 598 in materia di imposta straordinaria sugli utili relativi allo stato 
~ 
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-
-
di guerra, al quale, a sua volta, riporta l'art. 1 del d.l. 27 aprile 1947 

n. 33 sui profitti eccezionali di speculazione, applicato a carico del 
Tavazzani. 
Detti artt. 8 e 22 del t.u. n. 4021 del 1877 recitano testualmente: 
u l'imposta sar� applicata ai contribuenti a norma dei diritti certi o 
presunti che essi percepiscono ogni anno... �, � l'imposta sar� commisurata 
sui redditi dell'anno precedente al mese della dichiarazione �. 
Il principio dell'annualit� dell'accertamento risulta, altres�, confermato 
dal d.P. 5 luglio 1951 n. 573 sulla dichiarazione dei redditi soggetti ad 
imposte dirette. 

Ora tanto pi� necessario si appalesa nella specie l'osservanza di 
dette disposizioni in quanto nel periodo di tempo unitariamente considerato 
(1940-1945) l'apprezzamento e la distribuzione delle merci (tes


I

suti) dal cui commercio il Tavazzani avrebbe tratto gli eccezionali 
profitti dei quali � stata disposta l'avocazione, subirono una disciplina 
quanto mai mutevole che non pu� non avere variamente influito sulla 

I 

situazione di fatto generatrice della obbligazione tributaria. ~ 
Le stesse vicende politiche e militari impressero al mercato delle 

I 

merci soggette al blocco nei singoli anni innanzi indicati, caratteristiche 
cos� diverse da fare apparire assolutamente necessaria per ciascuno di 
essi una separata rilevazione onde impedire che ad es. fatti, episodi, 
e circostanze verificatesi negli anni 1943-1945 e che potevano solo per 
questo periodo costituire indice di una situazione legittimatrice della 
imposizione, potessero essere utilizzati per l'imposizione relativa agli ;

I

anni precedenti. 

N� il richiamo fatto dalla legge al sistema di accertamento per via 
induttiva giustifica il ripudio, da parte dell'impugnata sentenza, della 
rilevazione annuale del diritto, perch�, a prescindere che il metodo di 
accertamento per via indiretta (induttiva) � stato introdotto dalla citata 
legge n. 330 del 1947_ non in sostituzione di quello diretto previsto per 
l'imposta di ricchezza mobile, ma per aggiungersi a quest'ultimo come 
ulteriore strumento per facilitare l'accertamento dei profitti di contingenza, 
il ricorso al metodo induttivo non implica necessariamente un 
accertamento globale {unitario) per' tutto il periodo preso in considerazione, 
in luogo di quello per singole annualit�, non essendo questo 
ultimo accertamento incompatibile col metodo induttivo predetto. 

:�: poi vano porre in risalto -come fa l'impugnata sentenza a 
presidio della tesi accolta -che sarebbe praticamente impossibile 
procedere a separati accertamenti annuali a distanza di tempo, perch� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 827 

la eventualit� di tali inconvenienti non pu� condurre ad una interpretazione 
della legge diversa da quella risultante dal chiaro testo della 
norma, non rientrando fra i compiti dell'interprete quello di correggere 
la legge. 

N� giova, altres�, richiamare i diversi criteri di riscossione che 
vigono per l'imposta di R.M. e per quella sui profitti di contingenza, 
posto che lesistenza di criteri di deroga, rispetto all'imposta mobiliare 
in materia di riscossione, non importa affatto che debba sussistere anche 
un criterio di accertamento diverso da quello dell'annualit�, proprio 
-Oell'imposta mobiliare. Le norme emanate in deroga alle disposizioni 
vigenti per la riscossione dell'imposta di R.M., aventi la finalit� di assi.
curare la riscossione della straordinaria imposta sui profitti di contin_
genza, rendono evidente l'intento del legislatore che, limitatamente alla 
riscossione di detto tributo straordinario, dovessero applicarsi norme 
'speciali diverse da quelle generali previste per l'imposta mobiliare, 
mentre per quanto attiene all'accertamento dovevano applicarsi i gi� 
ricordati criteri stabiliti dal t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, richiamato 
immediatamente dal r.d. 3 giugno 1943 n. 598 e mediatamente dal 
,.(IJ. 27 maggio 1946 n. 436 istitutivo dell'imposta straordinaria sui profitti 
-O.i speculazione. 

N�, infine, ha maggior pregio il richiamo fatto dalla convenuta 
Amministrazione sempre a sostegno del carattere globale dell'accertamento 
accolto dall'impugnata sentenza, alla legge 23 dicembre 19'48 

n. 1451 che all'art. 2 per i profitti di contingenza ha stabilito un termine 
unico di prescrizione delrazione di accertamento della Finanza fissan-
Oolo al 31 dicembre 1951. Infatti, l'unicit� del periodo di prescrizione 
non ha altro significato che la fissazione di un termine finale agli accertamenti 
riguardanti il decennio preso in considerazione (1� gennaio 1939-
31 dicembre 1948) m� non importa affatto che siano esclusi separati 
.accertamenti con riferimento alle singole annualit�. Da tutte le suesposte 
,considerazioni discende, dunque, senza possibilit� di dubbio, lobbligo 
-Oel separato accertamento annuale della imposta straordinaria sui pro:
fitti di contingenza. 
Consegue che si deve accogliere il ricorso. -(Omissis). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 

DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1628 -Pres. 
Torrente -Est. Jannelli -P.M. Di Majo (conf.) -Consorzio Unico� 
di Bonifica della Bassa Parmense ed altri (avv. Menoni) c. Societ� 
Immobiliare Spizzene (n.c.) e Ministero LL.PP. {avv. Stato Albisinni). 


Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Discriminazione -Criteri -Petitum 
sostanziale -Prospettazione della domanda -Irrilevanza. 

(l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E). 
Acque pubbliche -Utenze utilizzate nel trentennio anteriore al 
1884 -Titolari -Posizione giuridica. 

(1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 2, lett. b). 
Al fine di stabilir;e la comp�tenza giurisdizionale del giudice ordinario 
o del giudice amministrativo occorre aver riguardo, in appUcazione 
del criterio del petitum sostanziale e indipendentemente dalla 
formulazione adottata nella domanda, alla posizione giuridica di diritto� 
soggettivo o di interesse legittimo che l'istante intenda far valere (1). 

(1) Principio consolidato. Per i criteri distintivi della giurisdizione cfr: Cass., 
Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 894, in questa Rassegna, 1964, I, 848; id., 24 marzo 1964,. 
n. 663, ibidem, 668; id., 29 marzo 1963, n. 789, Giust. civ., 1963, I, 2665; Cass., 
2 febbraio 1963, n. 179, Foro it., 1963, I, 1199; id., 13 ottobre 1962, n. 2996, 
Foro amm., 1963, I, 157; id., 10 ottobre 1962, n. 2926, Giust. civ., 1963, I, 811; 
Cass., Sez. Un., 28 luglio 1962, n. 2209, ibidem, 848; id., 18 giugno 1962, n. 1530, 
Giur. it., 1963, I, l, 1407; Cass., 25 novembre 1961, n. 2731, Giust. civ., 1962, I, 
18; Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1960, n. 259, in questa Rassegna, 1960, 61 e 
rispettivi richiami ai precedenti. Sulla concorrenza dei due criteri del petitum e 
della causa petendi con prevalenza per� della causa petendi, cfr.: Cons. Stato� 
8 luglio 1963, n. 542, Cons. Stato, 1963, I, 1009; Trib. Napoli, 1� giugno 1964, 
Temi nap., 1964, I, 400; id., 18 agosto 1962, Dir. giur., 1963, 62. 
In dottrina, da ultimo, cfr.: K:c..rsTCHE DE LA GRANGE, L'oggetto della 
domanda ai fini della competenza giudiziaria del Consiglio di Stato, Giur. it.,. 
1963, I, 1, 1407; ]EMOLO, Studi Betti, 1962, V, 257; SALVIA, Considerazioni sulla 
discriminazione della competenza fra autorit� giudiziaria ordinaria e la giurisdizione� 
amministrativa, Giur. sic., 1960, 473; BuscA, Le acque nella legislazione italiana> 
1962, 402 segg, 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 829 

Il titolare di utenza riconosciuta per antico uso � portatore di un 
diritto soggettivo perfetto, tutelabile, in quanto tale, dinanzi altautorit� 
giudiziaria italiana (2). 

(Omissis). -N� l'argomento � fondato sotto il secondo aspetto, 
posto che, per stabilire la competenza giurisdizionale del giudice ordinario 
e del giudice amministrativo, non basta che il petitum consista, 
in relazione alle espressioni meramente letterali adottate dalla parte, 
nella domanda di annullamento dell'atto amministrativo, ma occorre 
accertare il contenuto intrinseco dell'azione esperita, costituito dal1'
oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio, e cio� se la parte 
istante abbia inteso far valere un diritto soggettivo ovvero un interesse 
legittimo. Per vero � il petitum sostanziale quello che conta e, poich� 
lo stesso si desume congiuntamente dai due elementi della domanda 
(petitum) e della natura della controversia {causa petendi), ne consegue 
che, ove un giudice ordinario sia investito della decisione di una 
causa, nella quale il privato, oltre a chiedere il riconoscimento e la 
tutela di un proprio diritto soggettivo, si faccia a domandare, come 
mezzo al fine, l'annullamento dell'atto amministrativo lesivo di quel 
diritto, deve il giudice non gi� dichiararsi incompetente ma limitarsi 
a conoscere dell'esistenza del diritto che sia stato leso dall'atto e, avuto 
riguardo agli effetti di questo, dichiararne 1a illegittimit� senza annullarlo. 

Orbene � pacifico che, nella specie, gli Enti ricorrenti lamentano 
la lesione di un diritto soggettivo per effetto della nuova concessione, 
1'esercizio della quale, venendo ad incidere su quel determinato quantitativo 
delle acque del Taro e del Ceno loro riconosciuto per antico 
diritto all'uso, ne farebbe diminuire la disponibilit�. N� pu� dubitarsi, 
d'altra parte, dell'esistenza del presupposto, vale a dire che i titolari 
di utenze riconosciute per antico uso siano portatori di un diritto sog


(2) Giurisprudenza costante. Cfr.: Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 891, in 
questa .Rassegna, 1964, 673, con nota redazionale; Foro it., 1964, I, 1848; Giur. it., 
1964, I, 1, 1142; Giust. civ., 1964, I, 1600; Cass., 24 febbraio 1962, n. 123, Giur. 
it., 1963, I, 1, 538; Trib. Sup. Acque, 14 giugno 1961, n. 7, Acque, bonif., costruz., 
1961, 260; id., 16 maggio 1961, nn. 4 e 5, Foro amm., 1961, 11, 542 e 541; Cass., 
15 luglio 1959, n. 2294, Foro it., 1959, I, 1271; Giust. civ., 1959, I, 1662; Acque, 
bonif., costruz., 1959, 263; Trib. Sup. Acque, 16 agosto 1956, Foro amm., 1956, 
Il, 3, 35 e Acque, bonif., costruz., 1956, 399; Cass., Sez. Un., 10 luglio 1956, 
n. 2550, Foro amm., 1957, n. 1, 20, con nota di CANNADA BARTOLI, In 
tema di antiche utenze; Acque, bonif., costruz., 1956, 598, con nota di CALANDRA; 
Giust. civ., 1956, I, 1646; id., 7 giugno 1954, n. 1837, Foro it., 1955, I, 352; Trib. 
Sup. Acque, 11 dicembre 1953, Acque, honif., costruz., 1954, 157. Contra, per un 
diritto soggettivo condizionato, cfr. Trib. Sup. Acque, 12 aprile 1958, n. 11, Acque, 
honif., costruz., 1958, 392, cassata dalla citata sentenza n. 2294 del 1959 della 
Corte di Cassazione. 

830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gettivo perfetto, tutelabile, come tale, avanti all'autorit� giudiziaria 
ordinaria. Sebbene f Amministrazione dei LL.PP. non lo contesti in 
questa sede, sar� sufficiente richiamare la giurisprudenza di queste 
Sezioni Unite {sent. n. 891 del 1964 da ultimo), secondo la quale gli 
antichi utenti devono ritenersi, addirittura durante il corso della procedura 
di riconoscimento ed anche rispetto alla Pubblica Amministrazione, 
titolari di un diritto soggettivo, il contenuto del quale deve intendersi 
non gi� circoscritto al solo riconoscimento dell'utenza ma attinente, 
altr�s�, al quantitativo di acqua, che, in forza di esso, i medesimi 
potranno continuare a derivare. -{Omissis). 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 giugno 1965, n. 14 -Pres. 
Stella-Richter -Est. Ferrati -Bussinello ed altri (avv. Tumedei) e 
Club Nautico Bardolino (avv. Giudiceandrea) c. Ministero LL.PP. 
e Ministero Finanze (avv. Stato Del Greco). 

Demanio e patrimonio -Demanio -Acque pubbliche � Laghi � 
Confini tra bene demaniale e propriet� privata � Provvedimento 
prefettizio di delimitazione -Mancanza -Competenza 
del Tribunale delle acque -Sussiste. I 

(e.e., art. 950; r.d. 10 dicembre 1895, n. 726, art. 3; r.d. 11 dicembre 1933, 

n. 1775, art. 140). 
Demanio e patrimonio -Demanio -Laghi pubblici -Confini. 

i

(e.e., artt. 822, 943). 

Demanio e patrimonio -Demanio -Laghi pubblici � Spiaggia � 

I

� 
Demanialit� -Esclusione. 
(e.e., artt. 822, 943; r.d. 10 dicembre 1895, n. 726; r.d. 11 dicembre 1933, ' 

n. 1775, art. 1) . 
I 

Il Tribunale delle Acque � competente ad accertare i confini tra 
i laghi demaniali e le propriet� private indipendentemente daU:esistenza 

I 

o meno del provvedimento prefettizio di delimitazione ex art. 3 del 
r.d. 1� dicembre 1895, n. 726 (1). 
(1) In tema di delimitazione dei laghi demaniali e delle 
spiagge. 
Principio gi� affermato dalla sentenza impugnata (Trib. Acque Venezia, 
26 agosto 1963, Foro it., 1963, I, 2215 con richiami). Conf.: Trib. Acque Milano, 
30 gennaio 1962, Foro pad., 1964, I, 762, con diligente nota di NoNNis, Dei laghi 
e�dei criteri per la delimitazione della spiaggia lacuale; Trib. Acque Torino, 12 gennaio 
1960, Giust. civ., 1960, I, 624 e Acque, b 0onif., costruz., 1960, 64, con richiami 
peraltro imprecisi; Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1959, n. 2920 (con riguardo all'analoga 
ipotesi di cui all'art. 94 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523, che ha sostituito l'art. 166 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), Acque, bonif., costruz., 1959, 458, con 
nota di V ARRIALE; id., Sez. Un., 25 giugno 1943, n. 1598, Foro jt., Mass., 1943, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 831 

Il confine dei laghi coincide con il livello raggiunto dalle acque 
nelle piene ordinarie {2). 

Il demanio lacuale non comprende le spiagge (3). 

(Omissis). -Non bisogna infatti dimenticare� che la controversia 
� insorta perch� lAmministrazione ha voluto dare esecuzione ad un 
proprio provvedimento di delimitazione della propriet� demaniale ed 
� perfettamente inutile soffermarsi ad esaminare se l'esecuzione di quel 
decreto sia avvenuta secondo la procedura all'uopo stabilita dalla legge 
e con il rispetto di tutte le formalit� dettate a garanzia dei privati. In 
particolare non ha nessuna importanza che nella specie non sia intervenuto 
il provvedimento prefettizio previsto dall'art. 3 del regolamento 

394. Contra: Trib. Acque Torino, 5 aprile 1955, Giur. it., 1955, I, 2, 504, resa 
nella stessa vertenza decisa poi con la sentenza 12 gennaio 1960 dallo stesso 
Tribunale, sopra citata. 
Il principio, che la decisione in rassegna si limita a richiamare nei termini 
di cui alla citata sentenza n. 2920 del 1959 delle Sezioni Unite (sottolineando cio� 
la funzione esclusivamente amministrativa esplicata dal Prefetto nella delimitazione 
dei confini demaniali), � motivato, in altre decisioni, con richiamo all'art. 950 

. 

e.e. e sulla necessit� di coordinare gli artt. 3 del r.d. 1� dicembre 1895, n. 726 e 
94 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523 con la disposizione di cui all'art. 140, lett. b) 
del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775. 
Per la delimitazione della spiaggia del mare cf., invece, artt. 28 e 32 del 
codice della navigazione e art. 58 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, nel testo 
modificato con d.lg. 13 luglio 1954, n. 747; in argomento, con riguardo alla competenza 
dell'autorit� amministrativa nella determinazione dei limiti della spiaggia, 
cf. Cass., 5 agosto 1949, n. 2231, Giur. compl. Cass. civ., 1949, 3�, 1022 e, in motivazione, 
Foro it., 1950, I, 290, con nota di GAETA; Trib. Acque Cagliari, 6 agosto 
1952, Acque, bonif., costruz., 1953, 467. 

(2) Conf.: Trib. Acque Milano, 21 gennaio 1964, Foro pad., 1964, I, 761, 
con nota di NoNNis, citata {relativa, come quella in rassegna, al lago di Garda); 
App. Roma, 15 maggio 1959, Foro it., Rep., 1960, 25, n. 38 (che ammette tuttavia 
altri mezzi di indagine). 
(3) La decisione con la quale il Tribunale Superiore ha riformato, sul punto, 
la sentenza impugnata, � suscettibile di critica e di discutibile efficacia risolutiva 
sono le argomentazioni addotte a sostegno. Al fine di escludere .. la demanialit� delle 
spiaggie dei laghi pubblici non � infatti suffifficiente il difetto, nell'art. 822 e.e., di 
una esplicita previsione (sotto il vigore del codice civile del 1865 i laghi non erano 
compresi fra i beni demaniali elencati all'art. 476, ma ci� non aveva impedito 
l'affermazione della loro demanialit�); n�, allo stesso fine, sembrano determinanti 
le argomentazioni che il Tribunale Superiore ritiene di dover desumere dalla disposizione 
dell'art. 2 del r.d. 1� dicembre 1895, n. 726 (da intendere, specie con riguardo 
alla rubrica del successivo art. 3, come relativo alle controversie sui limiti della 
zona demaniale) e dall'art. 1, considerato che l'�uso pubblico � costituisce appunto 
uno degli aspetti in cui si esplica la funzione della demanialit� (GAETA, Nuovissimo 
digesto italiano, IX, 920; QuERCI, Enciclopedia �del diritto, XII, 97; SANDULLI, ivi, 
V, 286). Anzi, � proprio dal complesso delle disposizioni del r.d. 1� dicembre 1895, 
n. 726 che si desume il carattere demaniale delle spiaggie dei laghi pubblici, neces

832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1� dicembre 1895, n. 726. La funzione che il Prefetto esercita ai sensi 
di quella norma (al pari di quella prevista dall'art. 94 t.u. sulle opere 
idrauliche 25 luglio 1904, n. 523) � puramente di polizia idraulica, 
attinente al buon regime delle acque, con effetti permissivi o proibitivi 
riguardo ad opere da eseguire da privati nelle zone di appartenenza 
dell'alveo: si tratta di una �ompetenza strettamente amministrativa, 
estranea alla funzione giurisdizionale intesa a dirimere conflitti inerenti 
a diritti soggettivi, dal che discende che il decreto prefettizio di delimitazione 
ha efficacia puramente dichiarativa della demanialit� del 
terreno. Ci� importa che, esista o meno quel decreto, resta ferma la 
competenza del giudice ordinario specializzato a stabilire il limite tra 
la propriet� demaniale e la propriet� privata quando al riguardo insorgano 
contestazioni (Cass., sent. 17 ottobre 1959, n. 29,20). 

Nella specie quindi, poich� i privati sono insorti �ontestando la 
natura demaniale degli appezzamenti tutt'ora in loro possesso ed hanno 
proposto una vera e propria azione di accertamento -accertamento 
negativo della demanialit� che si risolve in accertamento positivo della 
propriet� privata -il giudice � tenuto a pronunciare su di essa. 

Questo implica la necessit� di individuare i confini del lago: trat.., 
tasi di un lago, quello di Garda, che � indiscutibilmente pubblico e 
come tale appartenente al Demanio dello Stato e pertanto i confini 
del medesimo segnano necessariamente il limite della zona demaniale. 

�: demaniale, infatti, non solo l'acqua del lago, ma anche l'invaso 
che la contiene, vale a dire l'alveo: al riguardo non sussistono dubbi. 

sariamente presupposto nella disciplina � per la vigilanza e per le concessioni delle 
spiagge dei laghi pubblici e delle relative pertinenze �; una diversa soluzione, 
infatti, non potrebbe conciliarsi con le disposizioni dettate al capo II (relativo all'uso 
ed alle modalit� di concessione delle spiagge lacuali) e, in particolare, con l'art. 34 
(" la concessione si intende fatta nei limiti dei diritti che competono al pubblico 
demanio �) e con l'art. 4 che, nel disciplinare il passaggio di tratti di spiaggia 
nella categoria dei beni patrimoniali dello Stato (quando si � riconosca che un 
tratto d� spiaggia non � pi� nece11sario all'uso pubblico �), presuppone necessariamente 
la demanialit� della spiaggia lacuale. 

La soluzione positiva del problema sulla demanialit� delle spiagge dei laghi 
pubblici trova conforto, inoltre, nell'esclusione del diritto di accessione, stabilito 
dall'art. 943 e.e. (richiamato nella sentenza in rassegna col solo fine di utilizzarne 
i criteri per la determinazione dei confini naturali del lago), nella necessit� di 
permessi, licenze o concessioni per l'utilizzazione delle spiagge lacuali (artt. 6, 
seconda comma, e 27 r.d. 1'0 dicembre 1895, n. 726; art. 97, lett. n) r.d. 25 luglio 
1904, n. 523) e nella mancata imposizione di servit�, oneri ed obblighi che, se le 
spiagge dei laghi pubblici fossero suscettibili di propriet� privata, sarebbero certamente 
previsti, cos� come sono previsti per i corsi d'acqua (artt. 77 e 79 cod. nav.; 
art. 52 r.d. 11 luglio 1913, n. 959; art. 12 r.d. 25 luglio 1904, n. 523; art. 226 r.d. 
27 luglio 1934, n. 1265), per le strade (artt. l, 3-6 e 11-19 r.d. 8 dicembre 1933, 

n. 1740), per le ferrovie (artt. 208, 211 e 234-241 1. 30 marzo 1865, n. 2248, all. F; 
artt. 5 e 65-77 r.d. 9 maggio 1912, n. 1447), per le opere militari (1. 20 dicembre 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNJ'!URE 833 

Ora per stabilire cosa si debba intendere per alveo del lago ritiene 
il Tribunale Superiore che si possa uti�mente far capo alla norma del1'
art. 943 e.e., a mente della quale il terreno che l'acqua copre quando 
essa � all'altezza dello sbocco del lago o dello stagno appartiene al 
proprietario del lago o dello stagno, ancorch� il volume dell'acqua 
venga a scemare, mentre il proprietario non acquista alcun diritto sopra 
la terra lungo la riva che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria. 

� vero che detta norma � diretta principalmente ad escludere la 
possibilit� che i movimenti dell'acqua lacuale importino accessione a 
danno o a favore del proprietario del lago, ma appunto per questo 
dalla norma medesima si evince qual'� secondo il legislatore I'estensione 
del lago e correlativamente il limite entro il quale va contenuta 
la propriet� del medesimo, sia essa di un privato {lesistenza di laghi 
privati � pacificamente ammessa nella vigente legislazione), sia essa 
<lello Stato. 

Quel limite si identifica dunque con il livello naturale del lago e 
cio� con quel livello che il lago raggiunge nelle sue piene ordinarie 
all'altezza dello sbocco: tutto quanto risulta al disotto di quel livello 
costituisce alveo del lago e segue il regime giuridico del lago stesso. 

{Omissis). -In ordine alla questione della demanialit� delle spiagge 
lacuali � sufficiente rilevare che manca una esplicita previsione legislativa 
in materia e che l'art. 822 e.e., mentre include espressamente nel 
demanio pubblico la spiaggia del mare, tace circa la spiaggia dei laghi 

1932, n. 1849; r.d. 4 maggio 1936, n. 1388) e, in genere, per ogni categoria di 
beni demaniali: argomentazioni (alle quali, come per le precedenti, la decisione 
in rassegna non ha riguardo) che hanno appunto determinato la dottrina a sostenere 
la demanialit� delle spiagge dei laghi pubblici, in base a criteri analoghi 
a quelli che reggono la demanialit� deHa spiaggia del mare {SANDULLI, op. cit., 282; 
CAMMEO, Corso di diritto amministrativo, ristampa 1960, 466, PESCATORE, Commentario 
al codice civile, U.T.E.T., III, I, 96 e 509; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, 
IV, 1958, 80; Mrccou, Le acque pubbliche, 1958, 47; contra, ma solo 
implicitamente, BuscA, Le acque nella legislazione italiana, 1962, 180). 

Ulteriore rilievo alla deci'$ione in rassegna, quantomeno sotto il profilo deHa 
�contraddittoriet� delle soluzioni prospettate, sembra doversi fare, infine, in ordine 
alla rilevanza attribuita, ai fini in esame, alle esigenze di pubblica utilit�. Il Tribunale 
Superiore, infatti, ricordando un orientamento che ha il suo immediato precedente 
neHa citata sentenza 26 gennaio 1964 del Tribunale deHe acque di Milano, 
�osserva che il demanio lacuale non pu� estendersi anche alla spiaggia, � tanto pi� 
<:he le esigenze di pubblica utilit�, cui dovrebbero sopperire le spiagge lacuali, 
possono essere appagate neHo spazio delimitato daHe piene ordinarie e possono 
essere soddis-f atte, caso per caso, con idonei provvedimenti espropriativi �; subito 
dopo, per�, con un'affermazione evidentemente incompatibile con la �prima, conclude 
nel ritenere � che non tutti i terreni posti a margine deHe acque lacuali sono 
demaniali, ma occorre che a quel requisito obbiettivo se ne aggiunga un altro, 
l'idoneit� di quel tratto di terreno a soddisfare un'esigenza pubblica �, in tal senso 



834 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e pone questi agli effetti della demanialit� sul medesimo piano dei 
fiumi, dei torrenti o delle altre acque definite pubbliche dalle leggi in 
materia: se ne � quindi dedotto che il demanio lacuale non possa 
estendersi anche alla spiaggia, tanto pi� che le esigenze di pubblica 
utilit�, cui dovrebbero sopperire le spiagge lacuali, possono essere appa-. 
gate nello spazio delimitato dalle piene ordinarie e possono essere 
soddisfatte, caso per caso, con idonei provvedimenti espropriativi. 

Del resto quando nel regolamento 1� dicembre 1865 si parla a pi� 
riprese di spiagge dei laghi cc in uso pubblico� {art. 1) e si parla di 
controversie cc sulla propriet� delle spiagge� (art. 2) si viene implicitamente 
ad ammettere la possibilit� che, pur essendo il lago pubblico, 
la spiaggia sia privata; si viene, in altri termini, a riconoscere che non 
tutti i terreni posti a margine delle acque lacuali sono demaniali, ma 
occorre che a quel requisito obbiettivo se ne aggiunga un altro, l'idoneit� 
di quel tratto di terreno a soddisfare un'esigenza pubblica. 

� questo in sostanza il principio che si ricava dalle sentenze della 
Corte di Cassazione richiamate dagli appellanti: anzi, nella sentenza 
16 aprile 1942 n. 992 risulta espressamente i.fermata, da un lato, la 
nat:ura privata delle sponde e rive dei laghi pubblici, salvo per i porti, 
gli scali lacuali e gli accessi, e, dall'altro, la soggezione ad uso pubblico 
delle spiagge dei medesimi laghi, intese queste come il terreno lasciato 
scoperto dalle acque. -(Omissis). 

richiamando la sentenza 18 marzo 1948, n. 433 della Corte di Cassazione (Riv. 
amm., 1948, 216) che invece, e proprio in base al r.d. 1� dicembre 1895, n. 726, 
riconobbe espressamente carattere demaniale alle spiagge dei laghi pubblici: rimane 
cio� dubbio se, ad avviso del Tribunale Superiore, l'idoneit� della spiag;gia a 
soddisfare un'esigenza pubblica costituisca requisito costitutivo della demanialit� 

o semplice presupposto di fatto per un provvedimento di espropriazione. 
In argomento cfr., inoltre, Trib. Acque Torino, 14 luglio 1962, Foro pad., 
1962, I, 1222, con nota di BuscA, In tema di usucapione di spiaggia lacuale (nelle 

I

quali l'autore precisa, opportunamente, che in tanto pu� aversi acquisto per usucapione 
in quanto la zona non costituisca pi� spiaggia in senso proprio); per l'esclu: 
sione deUa demanialit�, invece, cfr. Cass., Sez. Un., 16 aprile 1942, n. 922, Mon. 
Trib., 1942, 290 e, in motivazione, Giur.. it., 1942, I, 1, 312. 

Sulla differenza tra lido e spiaggia, messa in rilievo anche nella sentenza in 

rassegna, cfr.: GAETA, op. cit., 921, con critica alla tesi del VASSALLI. 

In tema di concessioni amministrative, con decisioni che sembrano presupporre, 
almeno implicitamente, la demanialit� delle spiagge dei laghi pubblici, cfr.: 
Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2481, Foro it., 1962, I, 271; Cons. Stato, Il, 
14 ottobre 1960, n. 1024, Cons. Stato, 1961, I, 1524; Trib. Sup. Acque, 27 marz~ 
1958, Acque, bonif., costruz., 1958, 390; Cons. Stato, Il, 19 febbraio 1958, n. 127, 
Cons. Stato, 1958, I, 367. � 

Sulla demanialit� dei laghi, cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 20 giugno 1958, 

n. 2141, Giur. it., 1958, I, 2, 1125 con nota di BuscA. 
I

A. MARZANO 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 835 

LODO ARBITRALE, 17 febbraio 1965, n. 8 (Roma) -Pres. Figliolia 


Impresa Trischitta (avv. Lilla) c. Istituto Autonomo Case Popolari 

di Messina (avv. Brancati) e Ministero LL.PP. (avv. Stato Azzariti). 

Appalto -Appalto pubblico -Contratto -Rescissione per mancata 
approvazione nei termini -Competenza arbitrale -Sussiste. 

(d.m. 28 maggio 1895, artt. 13 e 42).' 
Il Collegio arbitrale � competente a giudicare anche nel caso che 
il contratto di appalto non sia stato approvato, sia per il principio dell'autonomia 
della clausola compromissoria rispetto al contratto, e sia 
perch� con ravvenuta aggiudicazione, si perfeziona il vincolo contr�ttuale 
tra le parti (1). 

(Omissis). -Va, anzitutto, esaminata la fondatezza o meno dell'eccepita 
inammissibilit� dell'istanza di arbitrato avanzata dall'Avvocatura 
nella prima memoria del 14 dicembre 1964 e ribadita nella 
comparsa di replica delrll gennaio 1965, sotto il profilo che, essendosi 
il contratto di appalto 28 giugno 1960 sciolto su richiesta dell'impresa, 
fondata sull'art. 13 del capitolato generale, prima ancora che fosse 
intervenuta l'approvazione del medesimo da parte del competente 
Ministero dei Lavori Pubblici, il vincolo contrattuale non si era perfezionato. 
Conseguirebbe da ci�, secondo il dedotto assunto difensivo, 
che sulla clausola compromissoria prevista in contratto non si sarebbe 
mai formato un valido incontro delle volont� delle parti contraenti, 
venendo cos� a mancare il presupposto giustificativo delle speciale competenza 
arbitrale. 

Questa tesi � contrastata dal difensore dell'impresa in base al prin


(1) La massima non pu� essere condivisa. L'argomentazione relativa all'autonomia 
della clausola compromissoria, rispetto al contratto nel quale � espressa, non 
� pertinente. Essa ha valore per l'ipotesi in cui il contratto risulti parzialmente 
invalido, ma non ha significato quando -come nella specie -� in discussione 
la stessa esistenza del contratto. La seconda argomentazione trascura in primo 
luogo i termini di fatto della controversia, e cio� che lo stesso appaltatore invocava 
la mancata approvazione del contratto nei termini di legge, per sostenere il proprio 
diritto alla rescissione. Inoltre, confonde le conseguenze derivanti dall'aggiudicazione, 
in base alla quale mentre il vincolo giuridi�o � perfetto ed efficace nei 
riguardi del privato, non � efficace nei confronti dell'Amministrazione fin quando 
non intervenga l'approvazione. 
Anche a ritenere l'approvazione atto amministrativo autonomo, condizionante 
la sola efficacia del contratto (CIANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1964, 294), � 
evidente che quando manchi, il negozio non � idoneo a regolare i rapporti tra i 
contraenti, proprio in difetto della condicio iuris alla quale lordinamento giuridico 
ricollega il completamento della fattispecie, per la produzione delle conseguenze 
giuridiche proprie del negozio. 

Sui limiti della competenza arbitrale e connesse questioni, cfr. retro, 402. 



836 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

c1p10 delfautonomia della clasuola compromissoria -da considerare 
come negozio giuridico a s� stante -nei confronti del contratto che 
la contenga. 

Il Collegio, premesso che l'eccezione relativa al difetto di competenza 
arbitrale � stata proposta, in maniera formale, in un momento 
successivo alla sua costituzione si ritiene legittimamente investito dalf 
esame della medesima. In proposito osserva che tra i principi fondamentali, 
che valgono per tutti i contratti in cui una delle parti sia la 
Pubblica Amministrazione, vi � quello secondo cui l'aggiudicazione 
definitiva, che segua all'esperimento di una licitazione privata, equivale, 
a ogni effetto legale, al contratto. L'aggiudicazione, infatti, non 
� un atto preparatorio, ma l'atto conclusivo di tutto il procedimento 
contrattuale per cui, quando essa � definitiva, ha il valore giuridico 
del contratto, non occorrendo ulteriori formalit� dirette ad accertare 
gli elementi essenziali del negozio. Ci� si verifica anche nell'ipotesi in 
cui sia prevista una successiva stipulazione formale del contratto, la 
quale non altro rappresenta che un'attivit� ulteriore che nulla aggiunge 
all'esistenza e alla perfezione del vincolo contrattuale in conformit� 
dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 19'23, n. 2440 (in questo senso, vedi: 
Cass., Sez. I, 9 ottobre 1956, Caruso c. Ferrovie dello Stato). Cos� pure, 
l'approvazione del contratto da parte dell'Amministrazione, che segue 
dopo la redazione formale della convenzione, non attiene alla formazione 
e all'esistenza giuridica dell'atto, ma ne costituisce solamente un 
requisito di esecutivit�. Nella fattispecie, pertanto, con l'aggiudicazione 
definitiva verificatasi il 19 agosto 1959, il contratto acquist� giuridica 
esistenza a tutti gli effetti. 

L'infondatezza della proposta eccezionale appare, quindi, manifesta 
per l'inconsistenza del presupposto sul mancato incontro delle 
volont� e ci� indipendentemente dall'ulteriore esatta argomentazione 
dedotta dall'impresa istante, cui sopra si � fatto cenno, circa la piena 
autonomia negoziale della clausola compromissoria nei confronti del 
contratto in cui la stessa sia ricompresa. -{Omissis). 

LODO ARBITRALE, 17 febbraio 1965, n. 3 {Roma) -Pres. Cesareo -
Soc. S.B.A.R.E.C. {avv. Palandri) c: Ministero Difesa-Esercito (avv. 
Stato Lancia). 

Arbitrato -Notifica della domanda arbitrale direttamente all'Amministrazione 
-Validit�. 

(1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). 
Opere pubbliche -Appalto di opere pubbliche -Facolt� di riduzione 
del quinto -Condizioni. 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 11; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 344). 

PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 837 

La domanda arbitrale non costituisce ratto istitutivo del relativo 
giudizio. Pertanto essa � validamente notificata alfAmministrazione, 
�.invece che all'Avvocatura dello Stato (1). 

La facolt� del{ Amministrazione di ridurre di un quinto {importo 
delfappalto, va interpretata nel quadro dei principi generali che rego.
Zano i contratti, tra i quali quelli di cui alfart. 1375 e.e., che fa obbligo 
alle parti di tenere una condotta ispirata a buona fede, in modo da 
.evitare reciproci inutili danni (2). � 

{Omissis). -Del pari infondata, pur nella sua indubbia seriet�, � 
l'eccezione -anche essa dedotta dalla difesa della A.M. nella sua 
prima memoria -di nullit� della domanda di arbitrato per essere stata 
la stessa notificata alla A.M. direttamente e non tramite l'Avvocatura 
Generale dello Stato, in violaZione del disposto dell'art. 1 della legge 
25 marzo 1958 n. 260, perch� se � vero che per la norma su menzionata 
tutti gli atti istitutivi di giudizi dinanzi alla giurisdizione ordinaria, 
.amministrativa e speciale, nonch� dinanzi ad arbitri, devono essere 
notificati presso l'Avvocatura dello Stato a pena di nullit�, � anche vero 
-che, ai fini della norma su riportata, per atto istitutivo di un giudizio, 
iv;i compreso il giudizio arbitrale, non pu� che intendersi quello e 

(1) Sugli effetti giuridici e sulla notifica della . domanda 
.arbitrale. 
A. -L'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260, prescrive che debbono 
-essere notificati presso l'Avvocatura dello Stato a pena di nullit� da rilevarsi d'uffi
�cio, gli � atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi agli arbitri ". La Cassazione 
(in questa Rassegna, 1964, 973) ha gi� confermato l'inderogabilit� della 
norma, evidentemente preordinata a disciplinare in modo unitario le notifiche degli 
.atti giudiziali riguardanti le amministrazioni statali, qualunque sia la controversia 
-che le interessi o il giudice che debba occuparsene. 
Il lodo in rassegna non contrasta il principio, ma vi apporta una sostanziale 
limitazione, attraverso la duplice proposizione del non esistere processo quando 
manchi il giudice che deve occuparsene, e dell'esservi un giudice arbitrale solo a 
:seguito dell'accettazione del mandato conferito dalle parti. Poich� la domanda 
.arbitrale, e cio� l'atto con il quale gli appaltatori dichiarano di voler deferire agli 
arbitri le contestazioni con le amministrazioni appaltanti, � anteriore a tale 
momento, la normativa ricordata non sarebbe applicabile. 

B. -L'assunto non ha il minimo fondamento, ed � subito opportuno precisare 
-che della giurisprudenza indicata a presunto conforto, la sentenza 29 luglio 1963, 
n. 2127 della Cassazione, non riguardava � analoga fattispecie >>, essendo stata 
Tesa in arbitrato privato, e perci� facoltativo. 
Quanto ai lodi, quelli del 12 marzo 1958 e del 28 luglio 1960, avevano ritenuta 
sanata la nullit� della domanda arbitrale, per l'intervenuta costituzione della 
Amministrazione; e quelli del 6 luglio 1929 e 9 gennaio 1930, avevano considerate 
valide domande notificate ad organo non legittimato passivamente (prefetto, invece 

17 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

838 

quello soltanto che, sotto il prof�lo processuale, d� inizio al processo, 
inteso questo in senso tecnico. 

Solo in relazione ad un processo tecnicamente considerato e ad un 
atto ad esso relativo pu�, infatti, parlarsi di nullit� e per di pi� di nullit� 

assoluta ed insanabile. � 

Ora il concetto di processo � intimamente legato a quello di giudice� 
e non pu� prescindere da esso, perch� il processo altro non � se non 
l'attivit� delle parti dinanzi ad un giudice e l'attivit� direzionale e decisoria 
di quest'ultimo diretta a rendere giustizia alle parti. 

Ne consegue che non pu� esservi processo senza giudice. 

E, poich� nel giudizio arbitrale, � l'accettazione da parte degli 
arbitri che investe costoro della facolt� di decidere la controversia sottoposta 
al loro giudizio e che d� quindi il via a� tutta la loro attivit� 
processuale e giurisdizionale, � di tutta evidenza che, precedentemente 
a tale accettazione, non esistendo ancora l'organo giudicante, non � 

possibile parlare di instaurazione del rapporto processuale. 

In tale senso si � di recente pronunziata anche la Suprema Corte-di 
Cassazione, esplicitamente negando, in analoga fattispecie, che il 
momento iniziale del giudizio arbitrale possa farsi coincidere con la 
notifica della domanda di arbitrato o con quella dell'atto di designa-

del ministro dei lavori pubblici): quindi, a prescindere dalla loro inesattezza, si 
trattava di decisioni non conferenti. 

C. -Dalle due proposizioni accennate, attraverso le quali si articola la motivazione 
del lodo, l'unica da prendere in considerazione e discutere, � la seconda. 
La prima ripete un principio processuale in via di massima esatto, ma ovviamente� 
condizionato dalla peculiare struttura dell'arbitrato pubblico. 
Ci� posto, il primo appunto da muoversi al lodo, � di non aver colta la 
sostanziale distinzione tra arbitrato rituale tipico (detto anche libero o facoltativo), 
ed arbitrato obbligatorio {detto anche forzato o necessario). Dottrina e giurisprudenza 
(BIAMONTI, Enpiclopedia dir., 1958, II, 930; VECClllONE, L'arbitrato, 1953, 
215) sono, invece, concordi nel giudicare quest'ultimo come istituto distinto, perch� 
originato non da un negozio giuridico di diritto privato, ma da un provvedimentodi 
imperio. Il legislatore, in alcuni casi, impone che determinate controversie siano 
sottoposte a giudizio di collegi arbitrali, che devono essere costituiti ed agire 
secondo norme fissate coattivamente. Di qui il carattere tipicamente pubblicistico 
riconosciuto all'istituto, appunto perch� previsto dalla superiore volont� del legislatore, 
e non d(). quella delle parti. Ed anzi a questo proposito, � opportuno ricordare 
che proprio perch� tali collegi hanno fonte nella legge, viva � stata la disputa per 
identificarne, di volta in volta, l'esatta natura giuridica, validamente sostenendosi 

-in base alle accennate peculiarit� -la possibilit� che fossero vere e proprie 
giurisdizioni speciali (VECCHIONE, op. cit., 225). 

Immediata conseguenza di quanto si � detto, nell'arbitrato obbligatorio � il 
carattere permanente dell'org.mo giudicante; che, nel momento in cui insorge la 
controversia, gi� esiste per previsione legislativa, e del quale sono pure precisati i 
membri, attraverso l'indicazione delle qualifiche e del procedimento necessari per 
la loro individuazione. Membri che, per di pi�, fanno parte del collegio non in 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI EFORNITURE 839 

zione degli arbitri {Cass. Civ., Sez. I, 29 luglio 1963, n. 2127, Mass. 
Giust. civ., 1963, 997). 

Non valendo a costituire il rapporto processuale, la istanza con la 
quale una delle parti manifesta la propria volont� che sia costituito il 
Collegio Arbitrale non ha ovviamente carattere processuale e non � 
soggetta, quanto alla notifica, al disposto di cui all'art. 1, della legge 
25 marzo 1958, n. 260 (v. in tal senso lodo 6 luglio 1929, Impresa Lombardiani 
c. Ministero LL.PP. e Azienda Autonoma Statale della Strada, 
Giur. oo.pp., 1930, I, 132; lodo 9 gennaio 1930, Impresa Del Vigo 

c. Ministero LL.PP., Giur. oo.pp., 1930, 97; lodo 22 marzo 1958. Impresa 
Edilizia Moscatelli c. Amministrazione dei LL.PP., in SERRI BARILE, 
Giur. arb., Mass., 465, X; e, da ultimo, lodo 28 luglio 1960, Fallimento 
De Poroellinis c. Ministero Difesa-Esercito, Giust. civ., Rep., 1961, voce 
Compr. e arb.itr., tomo I, 620, n. 108). 
L'eccezione di nullit� della domanda di arbitrato alla luce della 
giurisprudenza . deve essere quindi respinta siccome infondata. 

(Omissis). -Nel merito, con i quesiti proposti, che comprendano 
sostanzialmente una sola censura, non: contesta la S.B.A.R.E.C. la facolt� 
della p.a. di aumentare o di ridurre di un quinto i contratti in esame, 

forza di impegno liberamente assunto, ma per dovere d'ufficio, connesso alla loro 
posizione di magistrato o di pubblico funzionario (in questa Rassegna, 1964, 51). 

D. -Va aggiunto, che il lodo non solo non indica quale dovesse essere -in 
via generale, o almeno nella specie -l'atto introduttivo del giudizio (come, per 
completezza, risultava doveroso), ma trascura di prendere in esame chiare disposizioni 
dei capitolati generali, che identificano l'atto suddetto proprio nella domanda 
arbitrale. 
Secondo il sistema delineato nel capitolato generale 28 maggio 1895 sui 
lavori pubblici, dopo la conclusion~ della fase amministrativa di cui agli artt. 22. 
23, 100 e 109 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350, l'appaltatore era tenuto, nel 
termine perentorio di trenta giorni, a " notificare la domanda per l'arbitrato � con 
specifica precisazione delle controversie a delle questioni su cui era chiesto il 
giudizio degli arbitri (artt. 45 e 46 cit., cap. gen.). L'Amministrazione, nei. trenta 
giorni successivi, poteva notificare, in risposta, eventuali deduzioni " circa la posizione 
e la formula delle questioni sui cui gli arbitri sono chiamati a decidere ,, . 
In seguito, su istanza di entrambe le parti, o di quella pi� diligente, aveva luogo 
la presentazione della domanda di nomina degli arbitri; e dopo l'insediamento 
del collegio, la " trasmissione... al Collegio medesimo, dei documenti e delle 
memorie ,, (artt. 47 e 48). 

Il sistema � sostanzialmente riprodotto negli artt. 54-57 del r.d. 17 marzo 1932, 

n. 366 per i lavori del genio militare, e negli artt. 41-44 del capitolato generale 
9 aprile. 1909 per le opere ferroviarie. Ed agevolmente se ne desume, che proprio 
la domanda arbitrale, intesa come l'atto con il quale l'impresa contesta il provvedimento 
di definizione della fase amministrativa, segnava l'inizio del relativo procedimento, 
non potendosi altrimenti giustificare la perentoriet� del termine per la 

840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma contesta che di tale facolt� essa abbia fatto opportuno e tempestivo 
uso, in concreto, sul rilievo che, il provvedimento di riduzione fu dalla 
stessa adottato per entrambi i contratti quando i contratti medesimi 
erano ormai stati eseguiti per met�, e i materiali, afferenti al quinto 
ridotto, erano gi� stati, per obbligo contrattuale, acquistati dalla impresa 
assuntrice ed anche versati alla A.M. per il prescritto collaudo. 

La censura � fondata. 
Se � vero che la facolt� della p.a. di variare, in pi� o in meno di 
un quinto, l'importo contrattuale discende dall'art. 11 del r.d. 18 novembre 
1923 n. 2440 e nella specie anche da apposita clausola convenzionale 
(art. 18 del capitolato generale), � altres� vero che si tratta 
pur sempre di una facolt� e non di un arbitrio, facolt� che attribuita 
alla p.a. nel superiore interesse dello Stato per il conseguimento di 
pubbliche finalit�, non pu�, come tale, svincolare l'amministrazione 
stessa ___.. n�, atteso lo spirito e la lettera della norma, in concreto la 
svincola -dall'osservanza dei principi generali che regolano la materia 
dei contratti, primo fra tutti quello di cui all'art. 1375 e.e., il quale fa 
obbligo ai contraenti di dare corso alla esecuzione del contratto secondo 
buona fede, comportandosi cio� in modo tale da non recarsi reciprocamente 
quei danni che � possibile evitare con la normale diligenza e 
prudenza. 
Se pure applicabile a tutti i contratti stipulati dalla p.a. e quindi 
anche a quelli in esame, la norma di cui all'art. 11 del menzionato 

notifica, la formale precisazione del suo contenuto, la perentoriet� del termine per 
le controdeduzioni dell'Amministrazione sulla � posizione e formula delle questioni 
da decidere � � ln particolare la possibilit� di concorde presentazione della richiesta 

I ' 

l

di designazione degli arbitri, e la diretta trasmissione di documenti e memorie al 

~ 

Collegio, senza bisogno di ulteriore attivit� processuale, sono incombenti che dimostrano 
lesistenza di un rapporto contenzioso gi� in atto, evidentemente introdotto 
dalla domanda arbitrale. Per questi motivi, la migliore dottrina {VECCHIONE, op. cit., 

I ~ 318; CIANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1964, 822, e la giurisprudenza (lodo 13 dicembre 
1961, Giur. oo.pp., 1963, 20), non avevano esitato ad individuare nella domanda 
ripetuta l'inizio del giudizio arbitrale. � 

La conclusione � definitivamente ribadita e rafforzata dal nuovo capitolato 
generale 16 luglio 1962, n. 1063, che tassativamente prescrive (art. 46) l'onere 
della notifica della domanda arbitrale presso lAvvocatura Generale dello Stato 
� ai sensi e per gli effetti dell'art. 11 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, modificato 
dalla legge 25 marzo 1958, n. 260 �; ed esplicitamente aggiunge (articolo 47, 
secondo comma), che nel caso di rifiuto della competenza arbitrale, la parte attrice 
� ove intenda proseguire il giudizio, deve proporre domanda al giudice competente 
�, entro il termine perentorio� previsto nel precedente art. 46. 

(2) La facolt� dell'Amministrazione di ridurre (o anche aumentare) di un quinto 
l'importo dell'appalto, � d'ordine generale sancito oltre che dalla legge di contabilit� 
di Stato (art. 11, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440), dall'art. 344 della legge sulle 
opere pubbliche del 1865. Per di pi� � prevista, in termini pressoch� uniformi, dai 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS, IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 841 

r.d. 2440 del 1923 va cio� intesa, e in organico concetto, conciliata con 
i principi generali del diritto e con �e norme contrattuali particolari. 
Libera di esercitare la facolt� di riduzione di cui alla norma citata, 
la p.a. nel caso in esame, attesa la peculiare tecnica contrattuale dei 
collaudi preliminari e definitivi e dell'anticipato approntamento a tal 
fine di tutte le materie prime occorrenti, doveva quindi assumere la 
relativa iniziativa con congrua tempestivit�, per evitare alla S.B.A.R.E.C. 
un onere superfluo, quello cio� dell'acquisto, per obbligo contrattuale~ 
di materie prime, che si sarebbero di poi rese inutili a seguito della 
disposta riduzione. 

Tenuta a rispettare, nel contesto del congegno contrattuale, il principio 
della buona fede e quello della corretta esecuzione, la p.a., nel 
caso in esame, non era libera infatti di esercitare indiscriminatamente 
la facolt� derivatale dal menzionato art. 11, ma doveva esercitare la 
detta facolt� in armonia con le norme contrattuali, cos� da evitare 
superflui e prevedibili danni alla S.B.A.R.E.C. 

Ne consegue che, non avendo ci� fatto e non avendo dato esecuzione 
di buona fede ai contratti stipulati, la p.a. ha fatto un uso non 
corretto della facolt� di riduzione concessale dalla menzionata norma 
ed � quindi tenuta a risarcimento dei relativi danni (v. lodo 25 giugno 
1933, Impresa Soc. E. Parrini e C. c. Ministero LL.PP., cit. Mass. 
Giur. arb., col. 527, b, II; loro 28 aprile 1940, Impresa lng. Giuseppe 
Cecchi c. Ministero LL.PP., Giur. arb., Mass., col. 529, VI). 

singoli capitolati generali delle varie amministrazioni (art. 14, cap. gen. Ministero 
LL.PP. del 1962; art. 19 condiz. gen. Genio mii.; art. 15 cap. gen. amm. F.S.). 
Non pu�, quindi, non sus�itare profonda perplessit�, che il lodo -facendo riferimento, 
come sembra, all'elemento formale della riproduzione della facolt� citata 
nel capitolato speciale -abbia applicato una disposizione (art. 1375 e.e.) dettata 
esclusivamente per i contratti, omettendo di considerare che, in ogni caso e quanto 
meno in via di principio non � consentito che taluno possa dolersi dell'uso anche 
arbitrario, che altri faccia di un potere attribuitogli dalla legge. 

Sembra, inoltre, opportuno tener presente che la facolt� ripetuta (come quella 
correlativa della rescissione ex art. 345 legge oo.pp.), trae giustificazione dal carattere 
pubblico degli scopi, ai quali � costantemente rivolta lattivit� amministrativa; 
� manifestazione dei poteri che, nonostante lesistenza del vincolo contrattuale, 
spettano all'Amministrazione al fine di far sempre corrispondere l'opera appaltata 
alle mutevoli esigenze del pubblico interesse (GIANNINI A. D., Giur. oo.pp., 1941, 
I, 346). 

In relazione a tanto � corrente opinione (CIANFLONE, op. cit., 461), che in 
base alla facolt� di riduzione (o di aumento) dell'importo dell'appalto, questo si 
deve ritenere fin dall'origine fissato, anzich� nella cifra indicata in contratto, in 
una misura oscillante fra i quattro quinti ed i sei quinti di essa. Pertantq. a tale 
misura variabile, devono essere ricondotti i diritti ed i doveri reciproci delle parti: 
e, conseguentemente l'appaltatore ha diritto all'esecuzione dei soli quattro quinti 
dell'importo contrattuale, senza poter avanzare pretese di risarcimento n� per il 



842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La domanda di rimborso delle spese relative al materiale afferente 
il quinto ridotto, formulata dalla S.B.A.R.E.C. in sede di istanza di 
arbitrato e confermata nelle successive difese, deve essere perci� accolta. 
-(Omissis). 

fatto della riduzione del quinto, n� per le modalit� attraverso le quali la riduzione 
~ ordinata. Questo concetto sembra definitivamente chiarito, dall'ultima parte, del 
primo comma del cit. art. 14 del cap. gen. ll. pp. del 1962, secondo cui l'esercizio 
della facolt� pi� volte detta, � consentita " senza che perci� spetti indennit� alcun'.a 
all'appaltatore 11 (nello stesso senso, cfr. u.p., art. 19 cap. gen. 1895; cit., art. 15, 
primo comma, cap. gen. F.S.). 

G. DEL GRECO 
LODO ARBITRALE 16 marzo 1965, n. 17 {Roma) -Pres. Severini Impresa 
Binetti (avv. Giordano) c. I.S.E.S. e Ministero LL.PP. 
( avv. Stato Carbone Carmelo). 

Appalto -Appalto pubblico -Co.n:tratto -Mancata approvazione 
nel termine -Conseguenze. 

(d.m. 28 maggio 1895, art. 13). 
Il termine di quattro mesi, previsto nell'art. 13 del capitolato generale 
oo.pp. 28 maggio 1895, per l'approvazione del contratto di appalto, 
� comprensivo anche della registrazione del relativo decreto presso la 
Corte dei Conti. Qualora la registrazione non intervenga nel termine 
suddetto, l'appaltatore ha diritto di recedere dal contratto, pure se il 
provvedimento di approvazione sia stato tempestivamente adottato (1). 

(Omissis). -La questione fondamentale che il Collegio deve 
affrontare concerne l'interpretazione dell'art. 13, primo e secondo 
comma, del capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti 
dal Ministero dei Lavori Pubblici, approvato con d.m. 28 maggio 1895. 
Dispone testualmente tale norma, nei due commi predetti, che: << L'approvazione 
del contratto, in conformit� dell'art. 110 del regolamento 

(1) Il lodo ha ritenuto che i quattro mesi previsti dall'art. 13 dell'abrogato 
capitolato generale LL.PP. per l'approvazione del contratto di appalto, sono comprensivi 
anche della registrazione . del relativo decreto. Di tal che l'eventuale 
recesso notificato dall'appaltatore dopo l'approvazione, ma prima della registrazione 
del provvedimento, sarebbe pienamente efficace. 
L'assunto, che � assistito da larga e perspicua motivazione, non convince. Il 
nostro ordinamento, quando usa l'espressione " decreto di approvazione del c~ntratto 
,, , si riferisce specificamente all'atto con il quale il Ministro, o l'altra autont� 
che nf' sia autorizzata, approva il contratto, nell'esercizio della propria attivit� di 

I ' 

controllo attinente al merito. N� sembra conferente il richiamo alla ratio legis, '

I 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 843 

:sulla contabilit� generale dello Stato, dovr� essere data nel termine di 
mesi quattro dal giorno della sua stipulazione. 

In caso di ritardo oltre il predetto termine, l'appaltatore avr� 
-diritto di ottenere lo scioglimento del contratto, ma non potr� preten
�dere alcun compenso, salvo soltanto il rimborso delle spese effettive 
�sostenute per la stipulazione del contratto ". 

Sostiene in proposito il Binetti che nel termine di quattro mesi 
<leve intervenire oltre l'approvazione ministeriale, anche la registrazione 
alla Corte dei Conti, quando il valore del contratto, come nel 
caso, in esame, lo richiede, in modo che nel termine stesso il contratto 
-divenga esecutivo: in mancanza, l'appaltatore ha il diritto di recedere 
dal contratto, sicch�, nella specie, deve riconoscersi piena validit� al 
suo recesso ritualmente comunicato alla Pubblica Amministrazione il 
15 ottobre 1962, anteriormente alla data di registrazione del decreto 
di approvazione 11 ottobre 1962; registrazione effettuata il 16 novembre 
1962, quando cio� erano ormai abbondantemente decorsi i quattro 
mesi dalla stipulazione del contratto, avvenuta il 7 maggio 1962. 

Eccepisce invece la convenuta Pubblica Amministrazione {Mini


stero per i Lavori Pubblici e l'Istituto per lo sviluppo dell'edilizia 

sociale) che la previsione � limitata all'atto di approvazione ministe


riale e quindi non sussisterebbe il diritto da parte del Binetti di essere 

sciolto dal contratto a norma del citato art. 18. 

Osserva al riguardo preliminarmente il Collegio arbitrale che, 
mentre non risulta alcun precedente giurisprudenziale da parte della 
Corte Suprema di Cassazione, si sono invece occupati della questione 
sia il Consiglio di Stato quanto la Corte dei Conti. Quest'ultima, con 
la risoluzione 1� agosto 1952, n. 434 {in Foro amministrativo, 1953, 
III, 4) ha ritenuto sufficiente, pur non tacendo dubbi e riserve, che 
entro i quattro mesi intervenga l'approvazione da parte del Ministero. 

individuata nella necessit� di eliminare, entro un congruo periodo di tempo, la 

situazione di incertezza nella quale resterebbe l'appaltatore fino al momento della 

mentre sussiste nella sua pienezza prima del decreto di approvazione, che � di 

registrazione del decreto di approvazione. Infatti � evidente che tale incertezza 

controllo del merito della contrattazione, in seguito si attenua notevolmente, atti


nendo la registrazione alla sola legittimit� del decreto di approvazione. 

Con l'entrata in vigore del nuovo capitolato generale 16 luglio 1962, n. 1063, 

la questione � testualmente risolta nel senso sostenuto dall'Amministrazione. L'art. 4, 

dopo aver ridotto a 60 giorni il termine per l'emanazione del decreto di approva


zione, aggiunge che di esso viene data " immediata comunicazione all'appaltatore, 

anche prima della registrazione alla Corte dei Conti � (secondo comma); e che 

"qualora l'approvazione non abbia luogo nel termine di cui al secondo comma, 

l'aggiudicatario pu� svincolarsi da ogni impegno � (quinto comma). Pertanto, la 

facolt� di recesso � testualmente limitata alla mancata emanazione, nel termine 
-.di legge, del solo provvedimento di approvazione del contratto. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

844 

.,,I

Il Consiglio di Stato, invece, con il parere 12 giugno 1961 n. 928 
e con l'altro parere 20 aprile 1953, n. 330 {in Il Consiglio di Stato, 1953, 
1007) ha considerato necessaria, entro il detto termine, anche la regi~ 
strazione del decreto da parte della Corte dei Conti: e tale orienta. 


.

mento ha successivamente ribadito con precise ed acute osservazioni 

I tra l'altro, con la decisione 25 ottobre 1960, n. 1155 (in Il Consiglio 
di Stato, 1961, 1, 1032). 

L'orientamento del Consiglio di Stato � condiviso unanimemente 
dalla dottrina che si � occupata della materia ( cfr. in proposito: SEPE, 
Contratto di diritto amministrativo -Contratti della Pubblica Amministrazione, 
in cc Enciclopedia del diritto �, Giuffr�, voi. XI, pag. 1012; 
RoEHRSSEN, I contratti della Pubblica Amministrazione, Zanichelli, 1959, 
pag. 329 e segg.; CASTELLI Avouo, Sulla natura contrattuale delfappalto 
di opere pubbliche, Scritti giuridici in onore di S. Romano, 
Padova). 

T.ale secondo indirizzo ritiene il Collegio arbitrale sia assolutamente 
da preferire e vada quindi seguito. 

Al riguardo occorre prendere le mosse da un principio, ormai 
comunemente accolto in giurisprudenza e dalla dottrina, principio che 
trovasi perspicuamente chiarito nella sentenza 15 novembre 1960, 

n. 
9042 della Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite. 
Non � dubbio -ha rilevato il Supremo Collegio -che la registrazione 
costituisca una condicio juris dell'efficacia pratica del contratto 
dal momento che leseguibilit� di quest'ultimo � evidentemente 
impedita dal rifiuto del visto da parte della Corte dei Conti, onde essa 
viene sostanzialmente a porsi, ad ogni effetto, sullo stesso piano del" 
rapprovazione, almeno secondo quell'interpretazione dottrinale, condivisa 
dalla pressoch� costante giurisprudenza, per la quale l'approva


I 

zione non � elemento di perfezione del contratto, quale parte integrativa 
e decisiva della volont� di uno dei contraenti, ma soltanto 
condicio juris dell'efficacia del medesimo. D'altra parte, il visto della 
Corte dei Conti, se pur formalmente distinto del decreto di approva


I 

Ii

zione per il quale � prescritto, viene sostanzialmente ad integrare il 

medesimo nel senso, corrispondente alla gi� rilevata natura, che gli 

attribuisce ad ogni effetto, compreso evidentemente quello per il quale 

il decreto conclude il procedimento nei riguardi dell'Amministrazione, 

e viene, di conseguenza, a vincolarla, un'efficacia che precedentemente 

esso non aveva perch� condizionata per l'appunto alla registrazione 

e in particolare alla circostanza saliente che la registrazione pu� essere 

eventualmente negata per un motivo di illegittimit� direttamente in~ 

rente alla regolarit� formale del decreto stesso. 

Dal che deriva che f�no a quando la registrazione alla Corte dei 

Conti non intervenga, non pu� sostenersi che la Pubblica Amministra




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 845 

zione debba considerarsi vincolata dal contratto e sia tenuta ad 
eseguirlo. 

Stabilito cos� quali siano la natura e la funzione della registrazione 
da parte della Corte dei Conti e chiarito conseguentemente come essa 
condizioni, quale elemento integrante l'approvazione, l'efficacia del 
contratto nei confronti della Pubblica Amministrazione e la sua esecuzione, 
devesi necessariamente dedurre, per imprescindibili ragioni 
logiche, che, ogni qualvolta una disposizione di legge (in senso materiale) 
si riferisca all'approvazione per farne conseguire l'insorgenza del 
vincolo e la esecutivit� del contratto comprende ineluttabilmente anche 
la registrazione del provvedimento di approvazione: quest'ultimo, 
invero, � inidoneo a produrre tali effetti, i quali si ricollegano indissolubilmente 
alla registrazione, sicch� la registrazione medesima, anche 
se la terminologia usata dal legislatore non sia proprio corretta, rientra 
nella previsione della norma giuridica. , 

Il caso tipico, e nel contempo decisivo, � fornito dall'art. 19 della 
legge 18 novembre 1923, n. 2440, contenente norme sull'amininistrazione 
del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato. Dispone 
infatti detta norma: " Gli atti di aggiudicazione definitiva ed i contratti, 
anche se stipulati per corrispondenza ai sensi del precedente 
art. 17 non sono obbligatori per l'amministrazione finch� non sono 
approvati dal ministro o dall'ufficiale all'uopo delegato e non sono 
eseguibili che dopo l'approvazione. 

(Omissis). 

I decreti di approvazione dei contratti di importo eccedente le 

L. 20.000 (successivamente aumentate) sono sottoposti alla registrazione 
della Corte dei Conti �. 
Nonostante che la formula legislativa possa risultare criticabile 
sotto un profilo rigorosamente tecnico--giuridico, non pare dubbio che 
soltanto ad un esame superficiale e approssimativo, che non tenga 
conto della disciplina dell'efficacia dei contratti della Pubblica Amministrazione, 
possa apparire che la stessa Pubblica Amministrazione resti 
vincolata con la mera approvazione e il contratto a seguito di questa 
diventi eseguibile: mentre � pacifico e inoppugnabile che il vincolo 
diventi efficace o il contratto sia eseguibile soltanto se sia intervenuta 
la registrazione, la quale viene in sostanza ad integrare il provvedimento 
di approvazione e ne fa quindi scaturire gli effetti predetti. 
Peraltro � da aggiungere che anche la formula adottata dal legislatore 
potrebbe essere accettabile, sul rilievo peraltro imposto dai principi 
generali, secondo cui laccenno generale contenuto nel primo comma 
concerne soltanto i contratti per cui non � richiesta la registrazfone, i 
quali diventano vincolanti ed eseguibili appena ottenuta l'approvazione; 
per gli altri invece, rispetto ai quali la registrazione alla Corte 
dei Conti � prescritta, la disciplina dell'obbligatoriet� e della esegui




846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bilit� sorge dal combinato disposto del primo e terzo comma della 
norma riportata, dato che esse possono scaturire soltanto da un'appro~ 
vazione integrata dalla registrazione. 

N� regge l'obiezione, peraltro acutamente sostenuta dal patrocinio 
del Ministero dei Lavori Pubblici e dell'Istituto per Io' sviluppo del1'
edilizia sociale, secondo cui, cos� ragionando, si sarebbe costretti a 
considerare l'approvazione propriamente detta e la registrazione come 
un atto complesso, mentre i due atti conservano la loro autonomia. 
Senza infatti approfondire l'indagine sulla nozione di atto complesso, 
variamente inteso nell'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, risulta 
sufficiente e �decisivo rileyare che la ricordata figura giuridica attiene 
alla struttura dell'atto giuridico, non gi� alla sua funzione, che � quella 
che invece viene in discussione ai fini qui considerati; rispetto alla � 
funzione, invero, si hanno innumeri casi nel nostro ordinamento giuridico 
(ed il fenomeno � stato rilevato ed accolto pacificamente) per 
cui un determinato effetto sia collegato non gi� ad un solo atto, bens� :::; 

.::j

ad una molteplicit� di atti, che sono necessari e prescritti a tal fine. .�� 
Sicch� non esiste quel rapporto tra la premessa posta concernente la 
natura giuridica della registrazione e l'autonomia strutturale dell'atto 
rispetto all'approvazione propriamente detta. 

Ci� posto in linea generale, occorre ritornare specificatamente sulla 
norma del citato art. 13 del capitolato generale per gli appalti delle 
opere dipendenti daf Mini~tero dei Lavori Pubblici, approvato con 

d.m. 28 maggio 1895. Precisamente bisogna ricercare la ratio di tale 
disposizione e stabilire quindi la ragione per cui il legislatore ha 
concesso la facolt� all'appaltatore di " ottenere lo scioglimento del 
contratto,, se l'approvazione del medesimo non segua nel termine di 
quattro mesi dal giorno della sua stipulazione. 
Su tale ragione non occorre molto soffermarsi, tanto essa risulta 
evidente dal disposto e dal sistema legislativo, come pacificamente 
ritenuto sia in dottrina che in giurisprudenza. Si tratta invero di un 
mezzo di tutela che il legislatore ha voluto offrire all'appaltatore per 
non lasciarlo, oltre un determinato. termine, in una situazione di incertezza 
rispetto alla sorte che il contratto gi� stipulato potr� avere, se 
esso cio� diverr� efficace ed eseguibile ovvero se non produrr� alcun 
effetto concreto. Va in proposito sottolineato come, dopo la stipulazione 
del contratto e sino al momento in cui vi sia la certezza che il 
contratto avr� esecuzione, per essere intervenuta l'approvazione e la 
registrazione alla Corte dei Conti, la posizione dell'appaltatore si presenta 
particolarmente delicata. Egli invero deve approntare i mezzi 
pecuniari e strumentali necessari, deve preordinare l'organizzazione 
indispensabile, � costretto a non assumere altri impegni in vista di 
quello per cui ha contrattato, pu� essere anche obbligato dall'Amministrazione 
appaltante ad iniziare subito i lavori, anche prima del



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 847 

l'approvazione e della registrazione, a norma dell'art. 337 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, all. F, contenente il testo delle leggi sui lavori 
pubblici. Ora, appunto questa situazione particolarmente delicata di 
incertezza e di sospensione, il legislatore ha preso in considerazione 
con il ricordato art. 13 del capitolato generale del 1895, stabilendo che, 
se essa non cessa nel termine di quattro mesi dalla stipulazione del 
contratto, l'appaltatore ha diritto di rc ottenere lo scioglimento del 
contratto �. � 

Premesso ci�, appare di tutta evidenza come, disattendendo I'orientamento 
accolto dal Collegio arbitrale, la ratio legis non risulterebbe 
raggiunta, in quanto ---anche dopo l'approvazione ministeriale e prima. 
della registrazione ---permane inalterato quello stato di pendenza del 
negozio, che � causa di incertezza in ordine alla sua esecuzione effettiva, 
e permane conseguentemente quella posizione onerosa dell'appaltatore 
presa in considerazione dal legislatore appunto per la sua enorme 
onerosit� con la previsione di quel mezzo idoneo a risolverla previsto 
dall'art. 13 del citato capitolato generale del 1895. E giova in proposito 
aggiungere che il controllo della Corte dei Conti, se pure concemehte 
la legittimit� dell'atto, con esclusione di qualsiasi indagine sul merito, 
ha pur sempre un ambito molto esteso, concernendo tutti i vizi di legittimit� 
{incompetenza, eccesso di potere, violazione della legge in senso 
stretto) e particolarmente la regolarit� dell'impegno di spesa da parte 
della Pubblica Amministrazione:. regolarit� che non poche volte, come 
i casi ricordati in dottrina e in giurisprudenza dimostrano, � st�ta negata 
dal supremo organo di controllo in relazione alle possibilit� di bilancio, 
che lAmministrazione attiva intendeva superare per motivi anche amministrativamente 
apprezzabili ma giuridicamente inammissibili. 

Da quanto detto discende chiaro ed univoco come, avendo inteso 
stabilire il legislatore, con l'art. 13 di cui si discorre, un termine massimo 
per la fase di pendenza del contratto, conferendo al di la di esso 
un potere di recesso all'appaltator~, debba comprendersi in detto termine 
anche la registrazione, dato che l'approvazione propriamente detta 
non fa cessare la situazione di pendenza del contratto, divenendo questo 
veramente efficace ed eseguibile soltanto al momento dell'intervenuta 
registrazione. 

Ci� posto e sebbene le superiori osservazioni, per la loro perentoriet�, 
potrebbero dispensare da ogni ulteriore esame, pu� riuscire utile 
per completezza di indagine, soffermarsi sul parere sopra ricordato 
della Corte dei Conti, la quale, come gi� si � accennato, si � espressa, 
sia pure nascondendo varie perplessit� e gravi dubbi, in senso contrario. 

Le . argomentazioni addotte dalla Corte dei Conti a sostegno della 
sua pronuncia possono riassumersi come segue: 
a) La prima si fonda sugli artt. 114 e 115 del r.d. 23 maggio 1924, 

n. 327, contenente il regolamento per lesecuzione della legge sull' am

848 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

ministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato. 
L'art. 114 dispone testualmente: 

� Quando nel capitolato d'oneri e nello schema di contratto sia 
stabilito un termine per l'approvazione, il contraente ha diritto di essere 
liberato da ogni suo impegno, ove entro il termine stesso non venga 
emesso il decreto di approvazione. 

All'uopo egli deve notificare all'Amministrazione appaltante la sua 
volont� di sciogliersi dall'impegno mediante dichiarazione che per� 
rimane priva di effetti, se prima che pervenga all'Amministrazione, 
il decreto di approvazione sia stato gi� emesso. 

Il contraente dichiaratosi sciolto dall'impegno assunto non pu� 
pretendere compensi di sorta �. 
Uart. 115 recita poi: 

� I decreti di approvazione dei contratti devono essere trasmessi 
alla Ragioneria centrale e se di importo eccedente le L. 20.000 (successivamente 
aumentate) anche alla Corte dei Conti per l'esame, il riscontro 
e la registrazione di loro competenza �. 

Dal tenore testuale di dette norme -si afferma -risulterebbe, 
a modifica del disposto dell'art. 13 del capitolato generale 1895, che il 
diritto di recesso dell'appaltatore sarebbe condizionato soltanto ed in 
ogni caso all'approvazione ministeriale, restando invece estranea alla 
previsione legislativa la registrazione. Ma, cos� opinando, si dimentica, 
a parte l'inidoneit� del procedimento ermeneutico adottato, che le 
disposizioni degli artt. 114 e 115 sopra riportate fanno parte di un regolamento 
di esecuzione alla 1. 18 novembre 1923, n. 2440 sulla contabilit� 
generale dello Stato gi� citata e pertanto non possono contenere dei 
precetti contrastanti con quelli di detta legge: precisamente esse non 
possono considerarsi gi� approvate e qul.ndi vincolante ed eseguibile 
un contratto, per cui � richiesta la registrazione, quando l'art. 19 gi� 
citato della medesima legge richiede all'uopo, e la stessa Corte dei 
Conti ne conviene, espressamente in detto parere, sia il decreto di 
approvazione ministeriale sia la registrazione. Conseguentemente i 
detti articoli vanno intesi nell'unico modo possibile, in stretta connessione 
ai principi generali e alla ratio legis nonch� alla disposizione 
dell'art. 19 della legge 18 novembre 1923, n. 2440, nel senso cio� che il 
primo comma dell'art. 114 concerne unicamente i contratti, per cui non 
sia richiesta la registrazione alla Corte dei Conti, mentre, quando tale 
registrazione � prescritta, al di l� di qualsiasi imprecisione terminologica, 
~a ricercata l'effettiva essenza della volont� della legge, come occorre 
fare all'interpretazione di norme giuridiche a norma dell'art. 12, primo 
comma delle Preleggi; pertanto, non pu� prescindersi dalla registrazione 
stessa ai fini di stabilire l'efficacia e la eseguibilit� del contratto 
e conseguentemente anche ai fini di determinare i diritti delle parti 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 849 

fissati dalla legge in relazione al momento in cui lefficacia e la eseguibilit� 
suddette si sono realizzate. 

Non diversa pu� essere l'interpretazione delle norme suddette, se 
ad esse si intende dare una portata generale e quindi nessuna modificazione 
scaturirebbe in effetti dalle medesime rispetto al ricordato art. 13 
del capitolato generale sotto l'aspetto che qui interessa. Ma non � da 
tacere di una corrente, la quale ritiene che l'art. 114 cit. sia applicabile 
sol quando nel capitolato di oneri o nello schema di contratto sia stabilito 
un termine per l'approvazione del contratto, ma mancano delle 
clausole intese a precisare l'accordo dei contraenti rispetto al maturare 
del termine, cos� che la citata disposizione avrebbe valore di norma 
suppletiva e potrebbe trovare applicazione nei casi in cui faccia parte 
integrante del contratto un capitolato generale, nel quale la portata 
dell'espressione � approvazione� sarebbe adoperata con significato diverso. 
Sic�h� essa non tornerebbe applicabile in tema di opere pubbliche 
dipendenti dal Ministero dei Lavori pubblici, appunto perch� vi � una 
esplicita previsione dell'art. 13 rispetto alle conseguenze scaturenti dal 
decorso del termine e il legislatore usa in tale articolo la parola � approvazione 
� nel senso tecnico, in relazione alla sua ratio, ossia di atto che 
produca la efficacia e leseguibilit� del contratto. 

b) Il secondo argomento sarebbe dato dal fatto che, mentre il 
regolamento sulla contabilit� dello Stato avrebbe carattere normativo, 
il capitolato generale sarebbe di natura contrattuale, sicch�, a seguito 
dell'emanazione del primo, vi sarebbe stata una sostituzione automatica 
della clausola contenuta nell'art. 13 capitolato generale nei sensi indicati 
dall'art. 114 .del regolamento. 

A parte quanto si � detto in ordine alla interpretazione di tale ultima 
norma, che peraltro risulta decisivo, deve aggiungersi che ormai � 
concordemente ripudiata lopinione che assegna ai capitolati generali, 
per i contratti che interessano lo Stato, natura contrattuale, essendo 
pacificamente riconosciuto il loro carattere normativo regolamentare 
(cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, in Repertorio Foro italiano, 1963, 
vooo Opere pubbliche, n. 29, Cass., 17 maggio 1963, n. 1266, ibidem, 
col. 33). Di guisa che, se pur il cit. art. 114 potesse �interpretarsi in 
maniera diversa di quella superiormente indicata, il che � da escludere 
per le due ragioni precisate, si sarebbe in presenza, stante la medesima 
natura giuridica delle due normative, di un fenomeno di succei>sione 
di leggi, rispetto al quale quella speciale del capitolato generale resisterebbe 
comunque a quella generale successivamente emanata. Il suddetto 
rapporto di specialit� risulta sicuro, sol che si rilevi che il citato 
art. 114 � perfettamente analogo, come ha riconosciuto pure la difesa 
dell'Amministrazione, al corrispondente art. 110 del regolamento di 
contabilit� generale dello Stato del 1885, che il regolamento ricordato 
23 maggio 1924, n. 827 ha sostituito: ora, se lart. 13 del capitolato 



850 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

generale conteneva una disciplina propria per le opere pubbliche 
dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici rispetto a quella generale 
dell'art. 110 reg. 1885, � evidente come trasfusa quest'ultima nel corrispondente 
art. 114 da una successiva normativa generale, quale quella 

del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, la prima rimanga in vigore in base ai 
principii fondamentali che regolano il fenomeno ricordato della successione 
di leggi. 

Il superiore rilievo dimostra chiaramente come sotto nessun aspetto 
possa accogliersi la tesi criticata, che la medesima Corte dei Conti si 
faceva carico, invitando l'Amministrazione ad essere cauta in proposito, 
dato che in sede giurisdizionale o arbitrale avrebbe potuto essere adottata 
un'opposta soluzione. 

N� alcun elemento contrario potrebbe comunque ricavarsi dal d.p. 
16 luglio 1962, n. 1063, il quale ha introdotto alcune modificazioni al 
capitolato generale del 1895, precisamente in relazione alla norm�, 
ricordata dalla difesa dell'Amministrazione, secondo cui 1'Amministrazione 
deve procedere entro due mesi all'approvazione del contratto e 
deve darne comunicazione all'appaltatore. Tale norma infatti � diretta 
come risulta evidente, a sollecitare, con l'imposizione degli obblighi sud


detti, l'Amministrazione attiva, onde essa compia rapidamente quanto 
di sua competenza a tutela maggiore dell'appaltatore e in modo, altres�, 
che resti un congruo termine alla Corte dei Conti per provvedere alla 
registrazione del decreto; essa per� non interferisce per nulla sul diritto 
al recesso che rimane regolato anche per i contratti stipulati successivamente 
alla disciplina dell'art. 13 del capitolato generale del 1895. 

Non sembra dubbio perci� al Collegio, in base alle superiori osservazioni 
che nella specie il diritto al recesso vada riconosciuto al Binetti, 
come tempestivamente esercitato. -(Omissis). 

LODO ARBITRALE, 8 giugno 1965, n. 37 {Roma) -Pres. Potenza . 
Impresa Farsura {avv. Vescovini) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato 
Azzariti). 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Arbitrato in corso d'opera Condizioni. 
(d.P.R., 16 luglio 1962, n. 1063, art. 44). 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Richiesta di equo compenso 
ex art. 1664, secondo comma, e.e. -Inammissibilit� in corso 
d'opera. 

Il giudizio arbitrale in corso d'opera � ammissibile anche quando 

la controversia porti in discussione un presunto notevole aggravio fidnalnl-.1=�:. 
ziario nell'esecuzione dei lavori, tale da causare grave turbamento e e . 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 851 

previsioni economiche considerate dall'appaltatore, e da porre in pericolo 
la puntuale ultimazione dei lavori (1). 

L'equo indennizzo di cui al secondo comma dell'art. 1664 e.e., � 
basato sullo scarto tra oneri previsti ed imprevisti all'atto della conclusione 
dell'appalto. Pertanto, il relativo giudizio � possibile solo a 
lavori ultimati, quando la prestazione dell'appaltatore sia stata totalmente 
adempiuta. Infatti solo tenendo conto dell'intera prestazione, � 
possibile giudicare se le condizioni S"javorevoli verificatesi in una frazione 
del contratto, siano state eventualmente compensate in frazioni 
successive (2). 

(Omissis). -L'Amministrazione convenuta ha eccepito in via preliminare 
la inammissibilit� della domanda da arbitrato in corsoc d'opera 
sotto un duplice profilo: 1) perch� la rilevanza economica delle riserve, 
in relazione alla importanza totale dell'appalto, non � tale da portare 
notevole pregiudizio all'andamento dei lavori; 2) perch� la natura stessa 
delle riserve richiede, per la loro esatta soluzione, la ultimazione dei 
lavori, potendosi avere solo allora una precisa visione del rapporto 
numerico fra giorni lavorativi e giorni in cui i lavori furono sospesL 

(1) Per l'arbitrato in corpo di opera, l'abrogato capitolato generale del 1895, 
all'art. 44, lett. b), faceva generico riferimento alla controversia � la cui natur.a, ad 
avviso di una delle parti, non consente che la risoluzione sia differita ". 
L'espressione era stata variamente intesa; sostenendosi da taluno che l'indifferibilit� 
doveva essere giudicata in relazione ali' oggettivit� della controversia; ed 
affermandosi da altri la necessit� di una valutazione anche soggettiva, in rapporto 
alle condizioni dell'appaltatore (cfr.: CIANFLONE, L'appalto oo.pp., 1964, 818). 

Il nuovo capitolato generale del 1962 ha espressamente aggiunte le controversie 
di particolare rilevanza economica, da valutarsi in relazione all'importo 
totale dell'appalto, e sempre che siano tali da portare serio pregiudizio al buoll 
andamento dei lavori. In questi casi, infatti, l'appaltatore pu� trovarsi in gravi 
difficolt� rispetto alle previsioni generali di spesa ed alla propria organizzazione e 
potenzialit� aziendale; di tal che risulta di interesse per lAmministrazione la pronta 
risoluzione del contrasto, al fine di evitare dannose sospensioni o ritardi nella 

realizzazione dell'opera. . 

(2) La maggiore onerosit�, che il secondo comma dell'art. 1664 e.e. intende 
compensare, deve essere riferita all'intera prestazione e non ai singoli lavori. 
Infatti la prestazione dell'appaltatore � costit.uita dall'intera esecuzione dell'opera, 
ed � possibile che la maggiore onerosit�, riguardante singoli momenti o aspetti della 
prestazione, risulti compensata o attenuata nel progresso dell'opera (cfr., con 
richiami, CIANFLONE, op. cit., 440). Risponde, pertanto, a logica ineccepibile la 
decisione in rassegna, non essendo possibile in corso d'opera esprimere un fondato 
giudizio, n� sulla presunta maggiore onerosit� della prestazione dell'impresa, n� 
tanto meno sull'ammontare di essa. 
Va aggiunto che finora la giurisprudenza arbitrale e la dottrina hanno costantemente 
ritenuto aplicabile agli appalti pubblici il secondo comma dell'art. 1664 e.e. 
L'assunto offre il fianco a profonde perplessit�, sulle quali cfr., in questa Rassegna, 
1964, 415. 



852 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sotto il primo profilo la eccezione deve essere disattesa, poich� la 
pretesa di aver sopportato per circostanze non previste maggiori oneri 
:finanziari del cospicuo importo di L. 468.191.870 come dettagliato nella 
parte motiva della domanda di arbitrato, ha una rilevanza economica 
notevole anche in relazione alla importanza totale del contratto .di 
appalto. Gli oneri finanziari denunciati, infatti, sono superiori al quarto 
dell'importo netto dei lavori e sono di poco inferiori al sesto del loro 
importo lordo. Se si tiene conto, poi, che i suddetti oneri sono circoscritti 
ai lavori eseguiti a tutto il 15 febbraio 1964 e che a tale epoca 
erano stati contabilizzati opere per un importo lordo di L. 2.344.957.731, 
contro il pagamento di rate di acconto per complessive L. 1.470.900.000 
l'indennizzo preteso dalla impresa si pone in rapporto di uno a cinque 
con l'importo lordo dei lavori eseguiti e di circa di uno a tre con le 
rate di acconto percepite. :B evidente, perci�, che il preteso esborso di 
una somma pari a circa mezzo miliardo, in aggiunta alle spese per i 
lavori contabilizzati e con detrazione delle anticipazioni ricevute, comporta 
una notevole esposizione finanziaria, che incide notevolmente sul 
bilancio economico di una impresa, anche di indiscussa consistenza 
patrimoniale, perch� turba fortemente il piano finanziario predisposto 
per la esecuzione dei lavori e pone in essere quanto meno uno stato di 
pericolo per la loro puntuale ultimazione. 

N� varrebbe obbiettare che nel corso dell'arbitrato il contratto � 
stato consensualmente ridotto ai lavori contabilizzati fino al giorno 
8 novembre 1964, per un importo lordo di L. 2.557.834.915, per cui 
sarebbe da escludere la concreta sussistenza di qualsiasi pregiudizio 
dalla mancata risoluzione della vertenza. 

Tale constatazione, infatti, scaturisce da un , giudizio ex post, 
rispetto al momento della proposizione, della domanda, mentre I'apprezzamento 
relativo alla rilevanza economica della controversia deve essere 
riferito alla situazione di fatto che si andava a profilare in tale momento 
e che, nella ipotesi di cui alla lettera b) dell'art. 44 del capitolato generale 
di appalto, si eleva a presupposto della domanda di arbitrato in 
corso d'opera. 

Sotto il secondo profilo, invece, la eccezione appare fondata. La 
pretesa avanzata dalla impresa si riallaccia alla disposizione di cui al 
secondo comma dell'art. 1664 e.e., il quale abilita l'appaltatore a richiedere 
un equo compenso quando nel corso dell'opera si manifestano 
difficolt� di e:>ecuzicme derivanti da cause geologiche, idriche e simili, 
non previste dalle parti, che rendono notevolmente pi� onerosa la prestazione. 


In relazione a tale fattispecie legale, l'impresa assume che nel corso 
dei lavori landamento idrico del Po ha determinato un anormale, 
imprevisto ed imprevedibile prolungamento del tempo occorrente per 
la esecuzi�ne dei lavori appaltati, imponendo sospensioni che, per fre




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 853 

quenza e durata, hanno turbato notevolmente l'economia del contratto, 
determinando gravosi ed imprevisti oneri finanziari. 

Una pretesa di tal genere � stata accampata nel corso dei lavori 
in riferimento alla citata ipotesi di cui alla lettera b) dell'art. 44 del 
capitolato generale, per cui la domanda potrebbe aver corso solo nel 
caso in cui la decisione immediata della vertenza potesse consentire 
affimpresa di ottenere un equo indennizzo per i maggiori oneri incontrati 
fino alla data della proposizione della domanda. 

Essendo questo l'obiettivo da raggiungere con l'arbitrato in corso 
d'opera sub specie lettera b) del citato art. 44, la proponibilit� della 
domanda resta condizionata al raggiungimento di tale finalit� per cui 
a nulla varrebbe decidere la questione proposta con il primo quesito, 
qualora non fosse possibile decidere, allo stato, quelle proposte con il 
secondo ed il terzo punto. 

Ancorch�, infatti, si desse risposta affermativa a~ primo quesito, la 
decisione rimarrebbe una sterile affermazione di principio, in quanto 
l'indagine commessa con detto quesito non ha una propria autonomia, 
ma costituisce lantecedente logico rispetto a quella demandata al Collegio 
con il secondo ed il terzo quesito, nei quali si chiede la concreta 
determinazione della maggiore durata dei lavori e dei maggiori oneri 
finanziari sopportati. 

Orbene una risposta al secondo e terzo quesito pu� essere data 
solo quando la prestazione e tutta la prestazione dell'appaltatore sia 
stata adempiuta. Ci� perch� i pretesi maggiori oneri si riallacciano a 
circostanze obbiettive di carattere continuativo, la cui efficienza causale 
si estende a tutto larco contrattuale, influendo positivamente o negativamente 
sulla complessiva prestazione dell'appaltatore. 

Nella fattispecie si assume che l'eccezionale andamento idrico del 
Po impose numerose e lunghe sospensioni dei lavori non prevedibili e 
non previste, per cui fimpresa sub� oneri finanziari che non potevano 
essere valutati al momento della stipulazione del contratto. Dato e non 
concesso che tale assunto fosse fondato, la valutazione di tale asserita 
causa di danno non pu� essere circoscritta ad una frazione del contratto, 
ma deve essere estesa a tutta la prestazione contrattuale, giacch� 
le gi� verificate condizioni sfavorevoli all'andamento dei lavori potrebbero 
trovare una compensazione anche modesta nelle successive condizioni 
idriche del fiume, particolarmente favorevoli per la esecuzione 
degli ulteriori lavori. 

La necessit� di un accertamento complessivo, in relazione a tutta 
la prestazione dell'appaltatore, appare ancor pi� necessaria nella fattispecie, 
ove la controversia si incentra Jlel raffronto fra le medie dei 
giorni lavorativi risultanti dai rilevamenti effettuati negli anni antecedenti 
alla esecuzione dei lavori ed i giorni lavorativi effettivamente 
utilizzati nel corso del contratto, fino alla data di proposizione della 

18 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

854 

domanda di arbitrato in corso d'opera. ~ chiaro, perci�, che ove daf 
raffronto scaturisse un accertamento favorevole alla pretesa accampata 
dall'impresa, tale raffronto dovrebbe essere compiuto in relazione a tutta 
la prestazione, non gi� ad una frazione anche cospicua di essa. 

Deduce l'impresa che nel momento della proposizione dell'arbitrato� 
la previsione della durata effettiva dei lavori era stata superata di ben 
sedici mesi, per cui il danno sarebbe certo, determinabile e risarcibile, 
qualunque potesse essere l'andamento successivo dei lavori. In tale 
generica postulazione si prescinde dal considerare che il concreto ammontare 
del preteso danno o, pi� esattamente, l'equo indennizzo dovuto,. 
ancorch� potesse essere allo stato accertato nell' an debeatur, con riferimento 
al momento della proposizione della domanda di arbitrato, 
non lo potrebbe essere relativamente al quantum, poich�, la estensione 
dei maggiori oneri non previsti si riallaccia ad una situazione obbiettiva 
suscettibile di cristallizzarsi solo quando l'intera prestazione sa stata. 
adempiuta. Allo stato, invece, resta fuori di qualsiasi possibilit� di valu.> 
tazione la situazione di fatto verificatasi dopo la domanda di arbitrato, 
cosicch�, .ove tale situazione fosse stata particolarmente favorevole per 
la esecuzione degli ulteriori lavori, lo scarto fra il tempo previsto per 

la complessiva esecuzione della prestazione e quello effettivamente 
impiegato ne rimarrebbe direttamente influenzato. 

Ilj 
j 

La possibilit� di determinare nel corso dei lavori la estensione 
dello scarto fra il previsto e l'imprevisto e la conseguente impossibilit� -~ 

z; 

�:~

di liquidare un equo indennizzo che si adegui agli effettivi maggiori 
oneri sopportati nella esecuzione della prestazione contrattuale dell'appaltatore, 
rende inammissibile la domanda, che potr� essere riproposta 
a lavori esauriti, secondo le comuni norme dettate per le controversie 
scaturenti dal contratto di appalto. -(Omissis). 

'

I 



SEZIONE SETI'IMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1964, n. 219 -Pres. 
Vista -Rel. Malinverni -P.M. Biscotti -Rie. Paoletti. 

Reato � Contravvenzioni � Elemento psicologico -Buona fede � 

Rilevanza � Condizioni � Fattispecie. 

(c.p., artt. 5, 42, 45; I. 11 giugno 1959, n. 405, art. 7; d.P. 30 giugno 1959, 

n. 420, art. 343). 
La ricerca delrintenzione � di regola irrilevante nelle contravven:
Zioni. Tuttavia si deve riconoscere forza scusante alla buona fede 
.quando sia dimostrato che l'autore del fatto o della omissione ha compiuto, 
da parte sua, tutto quello che era necessario per dare esatto 
adempimento alla disposizione della legge, la cui violazione appaia 
.quindi determinata da un errore inevitabile, che deve ragguagliarsi 
-alla forza maggiore (1). 

(Omissis). -:il: pacifico che l'attuale imputato, nell'incertezza determinata 
dalla esistenza delle due disposizioni in contrasto tra loro, si 
rivolse all'U.T.I.F. di Terni, il quale autorizz� la ditta Umbrogas a 
Tiempire le bombole per autotrazione riel mese di gennaio 1961 con il 
permess� n. 7, registrato il 29 dicembre 1960, e che le operazioni di 

(1) Le forche caudine dell'art. 5 del codice penale. 
Questa interessante sentenza si pone fuori di un orientamento ormai ultraven-
tennale assunto dalla Suprema Corte in ordine all~ irrilevanza dell' erro1� vel ignoratia 
iuris in materia penale. 

Come � noto, si � sempre affermato che per la sussistenza del dolo non sono 
-necessari n� la coscienza dell'antigiuridicit� dell'azione n� la volont� di violare la 
legge penale, e si � escluso che l'ignoranza della legge penale potesse comunque 
.avere effetto scriminante. (Cfr. Cass., 21 febbraio 1964, n. 346, in questa Rassegna, 
1965, 423, con nota di richiami). 

Sorge per� in alcuni casi un� grave problema di coscienza per il giudicante, 
-che, in omaggio al summum ius, si vede costretto a condannare, ma nel contempo 
si rende conto di come quella condanna si risolva in una summa iniuria. Si tratta 
-di casi limite, pi� volte richiamati da vari autori, relativi all'errore di diritto indotto 
da atti o da acquiescenza della pubblica Autorit�, da precedenti giudicati, da pareri 
espressi da organi amministrativi, o relativi addirittura all'ignoranza totale della 
norma, causata, ad es., dall'interruzione delle vie��di comunicazione in tempo di 
.;guerra (Cfr. PIACENZA, Errore ed ignoranza di diritto in materia penale, Torino, 1960). 



856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
imbottigliamento furono eseguite con l'osservanza delle prescrizioni 
dell'art. 7 della legge 11 giugno 1959, n. 405. 
j' 
. 
;);;.,
856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
imbottigliamento furono eseguite con l'osservanza delle prescrizioni 
dell'art. 7 della legge 11 giugno 1959, n. 405. 
j' 
. 
;);;.,
Ci� premesso in punto di fatto, per la decisione del ricorso si deve 
esaminare se il fatto del Paoletti, di avere in base all'autorizzazione 
rifornito i serbatoi mobili per l'autotrazione, costituisca reato. �-� 

La risposta � negativa giacch�, fermo restando che nelle contravvenzioni 
la ricerca dell'intenzione sia di regola irrilevante, non pu� 
tuttavia negarsi la forza scusante della buona fede, quando come nella 
specie, sia dimostrato che l'autore del fatto o �della omissione abbia 
compiuto da parte sua tutto quello che era necessario per dare esatto 
adempimento alla disposizione della legge, la cui violazione appaia 
quindi determinata da un errore inevitabile che deve ragguagliarsi alla 
forza maggiore. -(Omissis). 

La Suprema Corte, che ha sempre seguito un orientamento rigoristico in tema 
di delitti, ha talvolta ceduto ad un impulso equitativo, come nella specie, in materia 
di contravvenzioni. Se per� da un lato si pu� condividere tale atteggiamento, dall'altro 
non ci si pu� esimere dal rilevare come per giungere a tale risultato sia necessario 
ricorrere a forzature logico-giuridiche. 

L'argomento cui si fa generalmente ricorso per giustificare la formula assolutoria 
� quello che si riallaccia al principio generale di diritto ad impossibilia nemo 
tenetur (cfr. MANZINI, -Trattato, 1948, II, 29). Sembra per� che tale principio contrasti 
col chiaro disposto dell'art. 5 c.p., e questo sia che si voglia vedere in tale 
norma la consacrazione di un obbligo di conoscenza della legge (cfr. GALLO, Colpa 
penale, voce dell'Enciclopedia del diritto), sia, e a maggior ragione, se vi si scorga 
invece una presunzione di conoscenza iuris et de iure (cfr. PIACENZA, Tentativi di 
soluzione di un vecchio problema: elemento psicologico e c. d. buona fede nelle 
contravvenzioni, Giust. pen., 1954, II, 750). 

N� si giustifica d'altronde l'applicazione di un tale principio alle contravvenzioni 
e non anche ai delitti. 

La sentenza che si annota ricorre invece ad un altro argomento per giustificare 
la formula assolutoria: � I'errore inevitabile che deve ragguagliarsi alla forza. 
maggiore �. Formula estremamente oscura e che sembra ancora pi� oscura se la 
si mette in relazione con la formula di proscioglimento adottata: " il fatto non 
� preveduto dalla legge come reato �. 

Concordemente, infatti, in dottrina e giurisprudenza si considera la forza 
maggiore come causa di esclusione della colpevolezza, e pi� precisamente di quella 
base essenziale della colpevolezza che si sostanzia nella coscienza e volont� dell'atto 
(cfr. MANZINI, op. cit., II, 6; ANroLISEI, Manuale di diritto penale, 1963, I, 303). 

Ora non si vede come l'ignoranza della norma penale possa incidere sull'elemento 
psicologico, posto che, a mente del dettato legislativo, tale elemento psicologico 
concerne solo la fattualit� criminosa e non anche la sua valutazione normativa. 
(Tutto ci� naturalmente a meno di non voler rimettere in discussione l'art. 5 c.p.). 

N� si riesce a comprendere come l'annotata sentenza, avendo posto l'accento 
sul profilo psicologico della condotta, escludendone la riprovevolezza, invece di 
adottare la formula " il fatto non costituisce reato " si avvalga invece di quella 
" il fatto non � preveduto dalla legge come reato ". Formula, quest'ultima, che sta 
ad indicare come il fatto materiale non si inquadri esattamente nella fattispecie 
prevista dalla norma incriminatrice speciale (cos�: SABATINI, Classificazione e: 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 857 

gerarchia delle formule di proscioglimento, Scritti in onore di Manzini, Padova, 1954, 
551; LEONE, Trattato di diritto processuale penale, 1961, Il, 126 segg.; Cass., 
1� marzo 1951, Giust. pen., 1951, III, 908). Che sta ad escludere cio� la materialit� 

' criminosa ascritta all'imputato. 

Una duplice contraddizione, dunque: dapprima il ricorso al concetto di forza 
maggiore, che si fa incidere per� non sulla colpevolezza, sebbene su uno stato psicologico 
di " conoscenza giuridica � che nella colpevolezza non rientra, non richiedendosi 
dal nostro legislatore la coscienza dell'antigiuridicit� dell'azione; in secondo 
luogo il ricorso ad una formula di proscioglimento che si attaglia non gi� all'elemento 
soggettivo sebbene a quello oggettivo del reato. 

Sembra proprio di poter concludere che ogni tentativo (d'altronde lodevole e 
umanissimo) volto a temperare il rigido dettato dell'art. 5 c.p. sia destinato a 
passare per le forche caudine di un vizio logico-giuridico inevitabile, cos� come � 
altrettanto vero che, in taluni casi, sentenze ineccepibili da un punto di vista 
dogmatico, lasciano un senso profondo di insoddisfazione (cos� ad es. Cass., 
4 marzo 1947, Giust. pen., 1948, Il, 227, 338; Cass., 21 aprile 1964, Foro it., 

1965, II, 17). . 
Non rimane che auspicare un intervento legislativo che, sull'esempio di num�rosi 
codici stranieri, temperi il rigore dell'art. 5 c.p. 
Se � vero infatti, come si legge nella Relazione al Progetto definitivo, che 
tale norma � dettata da una inderogabile necessit� politica, non � men vero che 
tale principio, applicato rigorosamente e senza eccezioni di sorta, troppe volte si 
traduce in una palese violazione delle pi� elementari esigenze di giustizia sostanziale. 
N� si pu� lasciare il magistrato dinanzi ali' alternativa fra una condanna 
ineccepibile ma iniqua da un lato ed una assoluzione equa ma giuridicamente non 
convincente dall'altro. 

I. F. CARAMAZZA 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 giugno 1964, n. 645 -Pres. Macaluso 
-Rel. De Mattia -P.M. Moscarini {conf.) -Conflitto competenza 
in procedimento penale c. Negozio. 

Procedimento penale -Esecuzione . Giudizio di rinvio relativo 
ad alcuni tra pi� imputati -Competenza a provvedere in 
sede esecutiva nei confronti degli altri. 
(c.p.c., artt. 581 e segg., 591 e segg., 628). 

Nel caso in cui la Corte di Cassazione abbia pronunciato sentenza 
di annullamento con rinvio nei confronti di alcuni soltanto tra pi� 
imputati, il giudice di rinvio � competente in modo esclusivo a provvedere 
in sede di esecuzione, anche in relazione agli imputati rimasti 
estranei al giudizio di rinvio. Tale principio vale anche per i provvedimenti 
relativi all'applicazione dell'amnistia e delfindulto {l). 

(1) Giurisprudenza costante: Cass., 20 ottobre 1961, Giust. pen., 1962, III, 
184; Cass., 24 febbraio 1961, Giust. pen., 1961, III, 488; Cass., 7 ottobre 1958, 
Giust. pen., 1959, III, 332. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO,

858 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 23 settembre 1964, n. 1400 -Pres. 
Carpanzano -Rel. Obreker -P.M. Scardia {conf.) -Rie. Righi. 


Procedimento penale -Appello -Effetto devolutivo -Limiti fissati 
dai motivi -Richieste dibattimentali -Irrilevanza -Richieste 
di assoluzione formulate nei motivi di appello -Riduzione e 
modificazione della pena -Illegittimit�. 

L'effetto devolutivo dell'appello � determinato dal contenuto dei 
motivi presentati e non gi� dalle richieste proposte nel dibattimento. 
Per conseguenza, ove l'imputato impugnante si sia limitato a richiedere 
nei motivi di appello l'assoluzione, il giudice non pu� concedere riduzioni 
o modificazioni della pena irrogata in primo grado anche se in 
udienza siano state presentate istanze in tal senso (1). 

(1) Giurisprudenza costante in ordine ai limiti dell'effetto devoluto dell'appello 
penale. Tale orientamento, da tempo consolidatosi, ha trovato la sua pi� 
chiara formulazione nella sentenza 26 febbraio 1955 delle Sez. Un. Penali (Giust. 
pen., 1955, III, 397). In tale pronuncia il Supremo Collegio ha fissato il concetto 
di � capi �, � parti � e � punti � della sentenza, escludendo che possa operarsi una 
distinzione fra i motivi che si rivolgono a censurare soltanto alcune disposizioni della 
sentenza e motivi che investono in pieno il merito della causa e che consentirebbero 
un riesame dell'intero provvedimento. In tal modo vengono rigorosamente 
iI:l�ssati i limiti del principio tantum devolutum quantum appallatum, nel senso di 
precludere al giudice di secondo grado il riesame di ogni singolo capo della decisione 
che non sia stato specificamente gravato nei motivi di appello, anche se r 
concettualmente il capo non gravato possa ritenersi compreso in quello gravato per 
rapporto, di continenza, e tale minore richiesta sia stata avanzata in dibattimento 

I

(la fattispecie della sentenza annotata costituisce esempio classico di tale � continenza 
": contestatosi nei motivi di appello globalmente la responsabilit� penale 
assumendo l'imputato di non aver commesso il fatto, si sarebbe voluto sottoporre 
all'esame del gi�dice di secondo grado la richiesta di una riduzione di pena sub 
specie della continenza di tale motivo in quello pi� ampio tempestivamente e 
ritualmente presentato). 

In dottrina cfr. SABATINI G., Connessione di disposizione nella sentenza annullata 
parzialmente e poteri del giudice di rinvio, Giust. pen., 1954, III, 213 ed ivi 
richiami di dottrina e giurisprudenza. 

I. F. CARAMAZZA 

PARTE SECONDA 




RASSEGNA DI DOTTRINA 



A. 
AMoa�rn:, Impugnabilit� e disapplicazione dei regolamenti e degli atti generali 
(Il Consiglio di Stato, 1964, Il, 368 e segg.). 
Con l'articolo in rassegna l'A. affronta il delicato problema dell'impugnabilit� 
�dinnanzi al giudice amministrativo dei regolamenti e degli atti amministrativi assimilabili 
a contenuto non normativo, e dell'ammissibilit� della disapplicazione di tali 
.atti da parte dello stesso giudice. L'A. prende le mosse dalla ormai consolidata giurisprudenza 
del Consiglio di Stato secondo la quale i regolamenti e gli atti amministrativi 
generali sono provvedimenti impugnabili avanti le giurisdizioni amministrative, 
sia pure con alcune particolarit� circa il momento ed il modo della loro impugnazione. 
Il Consiglio di Stato, infatti, ha ritenuto direttamente impugnabile il regolamento 
{o l'atto amministrativo generale) quando esso � di per se stesso lesivo di un interesse 
legittimo del cittadino il quale deve proporre i mezzi giurisdizionali a sua difesa nel 
termine prescritto per la proponibilit� del ricorso, mentre quando la lesione consegue 
ad un atto applicativo del regolamento l'impugnativa deve essere proposta avverso 
tale atto congiuntamente, per�, a pena di inammissibilit�, all'impugnativa del regolamento 
o dell'atto generale di cui si denuncia la illegittimit�. 

Di fronte a siffatto ormai consolidato atteggiamento giurisprudenziale, rileva 
l'Armorth, la dottrina h.a assunto una posizione critica. 

La posizione pi� radicale risale a quegli autori (Gu1cc1ARDI, VITTA e, i:er la p!� 
antica dottrina, MASSA, Il sindacato giurisdizionale della IV Sezione sulla legittimit� 
dei regolamenti, Archivio di diritto pubblico, 1903, 162), i quali negano la stessa 
impugnabilit� dei regolamenti per il loro sostanziale carattere normativo, ma che 
tuttavia ammettono, in via di eccezione (eccezione che per l'A invalida la teoria 
stessa), l'impugnazione di una disposizione regolamentare quando essa incida direttamente 
su una posizione giuridica gi� fornita di tutela. 

Altre osservazioni in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale hanno trovato 
la loro origine in considerazioni di carattere pratico, come ad esempio la difficolt� 
di discernere quando la disposizione regolamentare incida direttamente sulla posizione 
soggettiva tutelata e quando invece la lesione consegua al provvedimento appli
�cativo; ci� particolarmente in tema di modifiche di piante organiche sia in relazione 
.alle posizioni soggettive di coloro che alla data della modifica regolamentare sono 
gi� in rapporto di impiego con l'ente, sia in riferimento alla situazione di chi successivamente 
entra in tale rapporto. Sarebbe necessario per questi ultimi, ad esempio, 
procedere alla immediata impugnativa di tutte le disposizioni regolamentari precedenti 
�che appaiano illegittime ed immediatamente lesive? 

Ma l'opposizione maggiore e pi� motivata all'insegnamento giurisprudenziale provieIJ.
e da quegli autori (RoMANO A., Osservazioni sulla impugnabilit� dei regolamenti 
della pubblica amministrazione, Riv. trim. dir. pubbl., 1955, 870 e segg., CANNADABARTOLI, 
Disapplicazione di regolamenti da parte del Consiglio di Stato, Giuris. cost., 
1959, 518 e Disapplicazione di atti amministrativi illegittimi e giurisdizione del Consiglio 
di Stato, Giuris. it. 1953, III, 75), i quali ritengono che sia consentito anche al 
giudice amministrativo, oltre che al giudice ordinario, in forza dell'art. 5 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, all. E sul contenzioso amministrativo, la disapplicazione delle 
disposizioni regolamentari e degli atti generali ritenuti illegittimi. In tal modo si 
eviterebbero quelle conseguenze palesemente ingiuste della soluzione giurisprudenziale 
consistenti nella perenne incertezza circa la necessit� di impugnare direttamente il 
regolamento ritenuto illegittimo ovvero di attendere per l'impugnativa l'atto applica


19 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

96 

tivo. Secondo la dottrina citata sarebbe necessario e sufficiente sempre l'atto applicativo� 
ai fini dell'impugnativa e con questa si domanderebbe la disapplicazione della dispo. 
sizione regolamentare illegittima e l'annullamento conseguente dell'atto di applicazione. 


Tale soluzione, si � rilevato, permetterebbe di evitare un'altra incongruenza dell'impostazione 
giurisprudenziale attuale consistente nel ritenere ammissibile l'annullamento 
della disposizione rego!amentare limitatamente alla posizione soggettiva del 
solo ricorrente e non anche per gli altri destinatari della disposizione stessa malgrado 
il suo carattere normativo; infatti ricorrendo alla disapplicazione sarebbe perfettamente 
spiegabile la persistenza della disposizione regolamentare illegittima. La dottrin� 
citata dall'A., secondo la quale comunque non sarebbe in ogni caso ammissibile 
la richiesta al giudice amministrativo di disapplicazione in via principale della disposizione 
regolamentare o dell'atto generale, necessitando sempre l'impugnazione di un 
atto applicativo, ritiene di trovare il fondamento dell'estensione dell'istituto della 
disapplicazione degli atti amministrativi al giudizio dinnanzi alla giurisdizione 
amministrativa nel principio costituzionale della piena legalit� di tutti gli atti delle 
pubbliche autorit� e del pieno controllo giudiziario dei loro vizi. 

Esposti in tal modo i termini del problema ed indicate le soluzioni giurisprudenziali 
ed i rilievi critici della dottrina, l'Amorth dichiara di aderire sostanzialmente� 
alla impostazione data dalla giurisprudenza e si accinge a quella che definisce "una 
difesa della consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato�. 

Egli rileva, in primo luogo, c_he pu� ritenersi pacifica ormai l'ammissibilit� dell'impugnativa 
diretta dei regolamenti e degli atti generali ritenuti illegittimi quando 
la lesione della posizione soggettiva del privato sia conseguenza diretta ed immediata 
della disposizione regolamentare. Rileva, altres�, che il contrasto che si � delineato 
tra la soluzione giurisprudenziale e l'impostazione della dottrina innanzi indicata 
riguarda soltanto la necessit�, affermata dal Consiglio di Stato, dell'impugnativa, 
insieme con l'atto applicativo, della disposizione regolamentare, necessit� esclusa da. 
quegli autori che estendono al giudizio amministrativo l'istituto della inapplicabilit� 
degli atti amministrativi illegittimi e della loro disapplicazione e che ritengono, di 
conseguenza, sufficiente la sola impugnativa dell'atto applicativo. 

In realt�, ritiene l'Amorth, la necessit� dell'impugnativa sia dell'atto di applicazione 
che della disposizione regolamentare deriva dalle stesse ragioni per le quali 
concordemente si ammette l'ammissibilit� dell'impugnativa diretta delle disposizioni 
regolamentari di per se stesse lesive in via immediata delle situazioni soggettive dei 

privati. Infatti, a parte l'ipotesi in cui si denunciano vizi propri dell'atto applicativo 
(ad esempio incompetenza dell'organo), ia lesione dell'interesse tutelato trova la sua -~ 
causa, anzi la sua " concausa �, proprio nel contenuto della disposizione regolamentare.. 

Esclusa l'ipotesi che l'atto di applicazione di tale disposizione costituisca provvedimento 
esecutivo, l'atto applicativo contiene un apporto volitivo proprio dell'autorit� 
emanante il quale, per�, � collegato con un nesso indistr�ttibile alla disposizione regolamentare, 
sicch� la lesione dell'interesse tutelato deriva necessariamente e sempre 
anche dal contenuto della norma regolamentare o dell'atto generale. In sostanza il 
provvedimento applicativo, ritiene l'A., costituisce lo strumento per realizzare la 
disposizione regolamentare, strumento necessario perch� la disposizione trapassi dall'astratto 
e dal generale al concreto ed al singolo. Pertanto, cos� nell'ipotesi in cui la 
disposizione sia gi� in grado di produrre direttamente la lesione, come nell'ipotesi in 
cui abbisogni di un atto applicativo, la lesione dell'interesse tutelato deriva sempre 
dalla disposizione regolamentare per cui � conforme al nostro sistema di giustizia 
amministrativa che insieme al provvedimento applicativo sia impugnata anche la 
norma del regolamento o l'atto generale. 

Le considerazioni sv.olte, comportano, ad avviso dell'A., il superamento dell'impostazione 
data al problema da quegli autori che hanno fatto riferimento alla disap,,.




PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 97 

plicazione degli atti amministrativi. In particolare l' Amorth critica l'impostazione del 
Rom.ano (op. cit.) il quale distingue un duplice contenuto della disposizione regolamentare: 
un contenuto rapportabile allo schema delle volizioni-azioni, laddove si 
tratta di disposizioni immediatamente lesive e come tali direttamente impugnabili, 
ed un contenuto rapportabile allo schema delle volizioni-preliminari, laddove la disposizione 
fungerebbe soltanto da guida necessaria per l'azione ,dell'autorit� amministrativa. 
In questa seconda ipotesi la lesione sarebbe, secondo il Romano, sempre 
riconducibile all'atto applicativo. Sfuggendo, pertanto, le volizioni-preliminari alla 
possibilit� di impugnativa data la loro non incidenza sulle situazioni soggettive,� la 
loro illegittimit� potrebbe essere fatta valere soltanto in via indiretta e cio� attraverso 
l'istituto della disapplicazione in tal modo esteso ai giudizi amministrativi. 

L'Amorth critica la distinzione, nell'ambito della disposizione regolamentare, 
proposta dal Romano tra volizioni-azioni e volizioni-preliminari, sotto il profilo che 
i1 'contenuto di un regolamento ha sempre carattere normativo e si pone quindi in 
ogni caso come statuizione di carattere generale e astratto e non come un insieme di 
tanti singoli provvedimenti raccolti in un'unica disposizione. 

L'A., inoltre, critica il rapporto che il Romano pone tra il provvedimento applicativo 
(atto amministrativo in senso stretto) e la disposizione regolamentare (volizionepreliminare). 
� 

Escluso, infatti, che tale rapporto sia riconducibile allo schema del procedimento 

o possa essere equiparato a quello tra norma legislativa ed atto amministrativo o tra 
legge e regolamento, sembra all' A. che tra i due atti sia da ravvisare una � concorrenza 
all'azione amministrativa � nel senso che entrambi possano ritenersi causativi 
della lesione che il ricorrente lamenta. Alla luce di siffatte considerazioni, l'A. rileva 
che � fuor di luogo parlare di disapplicazione delle disposizioni regolamentari o degli 
atti generali al fine di dimostrare l'irrilevanza dell'impugnativa del regolamento unitamente 
all'atto applicativo. 
Pervenuto in tal modo ad una sostanziale adesione all'indirizzo giurisprudenziale 
consolidato in materia, l'Amorth sottopone tale indirizzo a taluni rilievi critici in 
relazione ad alcune � non giuste e non giustificate � conseguenze che da esso si fanno 
derivare. Egli censura in primo luogo quella giurisprudenza che, particolarmente per 
i rapporti giuridici � in atto �, richiede l'impugnazione della disposizione regolamen~ 
tare direttamente lesiva; tale giurisprudenza, a par�re dell'A., oblitera la necessit� 
che per la proponibilit� del ricorso � necessaria l'attualit� dell'interesse, sicch� non 
pu� negarsi che, pur avendo la disposizione regolamentare una diretta incidenza sull'interesse 
sostanziale tutelato, possa in fatto non sussistere quell'attualit� della lesione 
che soltanto attraverso l'atto applicativo da � direta ed eventuale � diviene � diretta 
ed attuale�. Diversamente ragionando un impiegato appena assunto in servizio avrebbe 
l'onere di impugnare subito tutte le disposizioni regolamentari che ritenga direttamente 
lesive dei suoi interessi al fine di evitare la declaratoria di inammissibilit� di 
un suo eventuale ricorso avverso un atto applicativo di siffatte disposizioni. In secondo 
luogo l'A. auspica una revisione della giurisprudenza nel senso di ammettere una 
impugnazione � implicita � dei regolamenti e degli atti generali nei ricorsi avverso i 
provvedimenti applicativi di tali disposizioni nei quali in sostanza si muovano censure 
di illegfttimit� alle disposizioni stesse; di tale larghezza dovrebbe beneficiare anche 
l'onere del deposito del rego~amento impugnato potendosi supplire con il principio 
� iura novit curia "� 

L'Amorth, infine, a conclusione del suo studio, accenna ad una questione non 
molto approfondita di solito e non priva, invece, di importanza; quella cio� della sorte 
della disposizione regolamentare impugnata dopo la pronuncia di annuilamento da 
par-te del giudice amministrativo. Tale questione � risolta dalla dottrina che distingue 
nel contenuto della disposizione regolamentare {ROMANO, op. cit.) volizioni-azioni e 
volizioni-preliminari nel senso che l'annullamento dei regolamenti direttamente impu




98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gnati perch� lesivi di per s� di posizioni soggettive rilevanti non si estende al di l� 
del singolo caso deciso giacch� � la singola volizione che viene annurata; mentre 
l'annullamento delle volizioni-preliminari, ove <e ne rifiuti la disapplicazione, avrebbe 
efficacia "erga omnes" dato il carattere normativo dell'atto. L'A., per�, ribadisce 
ancora una volta il suo dissenso dalla proposta distinzione tra volizioni-azioni e volizioni-
preliminari come contenuto della disposizione regolamentare e ritiene che in 
nessun caso possa essere pronunciato l'annullamento di una norma regolamentare con 
effetto limitato ad un solo soggetto giacch� una disposizione normativa � per s� unitaria; 
�ci� tanto nell'ipotesi di annullamento per vizi di forma quanto nell'ipotesi in 
cui siano stati riscontrati vizi di sostanza. L'unica dfferenza tra la posizione del 
ricorrente e quella dei terzi estranei interessati dalla pronuncia di annullamento consisterebbe. 
nel fatto che l'effetto ripristinatorio (ex tunc) si avrebbe soltanto per il 
ricorr�nte, mentre nei confronti dei soggetti estranei, mostratisi acquiescenti rispetto 
alla norma non impugnata, l'annullamento della disposizione regolamentare non 
avrebbe efficacia ripristinatoria, ma diverrebbe operante soltanto dal momento della 
pronuncia del giudice amministrativo (ex nunc). 

L'interessante studio in rassegna ci trova sostanzialmente consenzienti. 

Costituisce ormai ius receptum l'affermazione che le norme regolamentari e i 
provvedimenti a contenuto generale non normativo debbono essere autonomamente ~ 
impugnati quando led�n� in via diretta ed immediata un interesse tutelato, mentre 
possono essere impugnati contestualmente all'atto applicativo allorch�, come normalmente 
accade, soltanto con l'emanazione dell'atto di applicazione si verifica la lesione 

IIdell'interesse protetto. 

Del pari costante � la giurisprudenza sulla impossibilit� per il giudice amminif=''


strativo di disapplicare atti ormai divenuti inoppugnabili (cfr. in tal senso tra le 

w 

decisioni pi� recenti, Cons. Stato, 19 giugno 1964, n. 714, Il Consiglio di Stato, 1964, 
I, 1202; Cons. Stato, 20 ottobre 1964, n. 1048, ivi, 1964, I, 1703; Trib. Sup. Acque, 

,

30 gennaio 1964, n. 7, in questa Rassegna, 1964, I, 398 con nota di GuGLIELMI e Cass., 

.

Sez. Un., 12 gennaio I965, n. 63 in questa Rassegna, 1965, I, 290 con nota di SACCHETTO; wl 

I' 
inoltre in dottrina in vario senso GuGLIELMI, Rass. Avv. Stato, I952, 37 e segg.; LuGo, 
La dichiarazione incidentale di inefficacia dell'atto amministrativo, Scritti giuridici in :-:

.� . 

memorie di P: Calamandrei, V, Padova, I958, 43; FERRUCCI, Sulla pretesa impossibilit� 

.

di disapplicare i regolamenti illegittimi da parte del Consiglio di Stato, Democrazia e . 
diritto, I96o, n. 4, 102; CANNADA-BARTOLI, Principio soggettivo del processo ammini,' 


I 
. 
.

strativo e legittimazione a ricorrere, Foro amm., 1963, I, 331; GIANNINI M. S., Discorso 
generale sulla. giustizia amministrativa, Riv. dir. proc., 1963, 522; ROMANELLI, I regola. 
menti governativi, Riv. polizia, 1963, 545). 


La giustificazione, comunemente addotta, di siffatto costante orientamento giurisprudenziale 
� costituita dalla considerazione che, ammettendosi la possibilit� per il 
giudice amministrativo di disapplicare l'atto illegittimo non impugnato a suo tempo, 
verrebbero ad essere elusi i termini perentori posti dalla legge per la proposizione dei 
ricorsi in sede di giurisdizione amministrativa. lli 

Siffatta considerazione � indubbiamente esatta. Peraltro, in relazione ai particolari 
aspetti del problema esaminati dall'A., sembrano potersi prospettare ulteriori considerazioni. 


Si consideri, infatti, l'applicazione di tale istituto al giudizio amministrativo effettuata 
da quella parte della dottrina richiamata dall'Amorth, la quale in sostanza sostituisce 
alla necessit� di impugnare contestualmente l'atto applicativo e la disposizione 
regolament�re la possibilit� di impugnare soltanto il primo chiedendo al giudice 
amministrativo la disapplicazione della norma regolamentare ritenuta illegittima. In 
siffatta ipotesi non sorge questione in ordine alla elusione di termini perentori giacch�, 
.comunque, l'interesse a ricorrere sorge soltanto con l'atto applicativo e rispetto alla 
impugnativa della norma regolamentare non si � verificata alcuna decadenza. 

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PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

99 

Ci sembra che in realt� la ragione che esclude la possibilit� di estendere l'istituto 
della disapplicazione al giudizio amministrativo sia da ricercare nella funzione che 
il legislatore ha assegnato a tale istituto. 

L'art. 5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo va, in effetti, posto 
in stretta correlazione con il precedente art. 4 che sancisce per il giudice ordinario il 

� divieto di repressione " degli atti amministrativi; esso costituisce un correttivo di 
tale divieto nel senso che supplisce alla impossibilit� per il giudice ordinario di 
annullare o di revocare l'atto della pubblica autorit�. 

Non ci sembra dubbio che la possibilit� di disapplicare l'atto illegittimo rappresenti 
un minus rispetto al potere di annullamento che per sua natura ha carattere 
radicale, sicch� laddove � consentito il maggiore potere di eliminare dal mondo 
giuridico l'atto illegittimo non � luogo a parlare di possibilit� di disapplicazione dello 
stesso. Consegue che, essendo il potere di annullamento assorbente rispetto a quello di 
disapplicazione, non v'� ragione di .estendere al giudizio amministrativo la norma 
dell'art. 5 la quale in tanto trova giustificazione in quanto venga riferita ai poteri di 
cognizione e di decisione del giudice ordinario. � 

Circa poi il rapporto tra la disposizione regolamentare e l'atto applicativo, ci 
sembra che debba essere posto nel dovuto rilievo la circostanza che il nesso indistruttibile 
tra i due termini debba essere identificato nel fatto che l'atto applicativo 
rende concreta, attuale ed immediata quella lesione che � gi� implicitamente contenuta 
nella norma regolamentare; e ci� anche quando il regolamento. attribuisce un 
potere discrezienale all'autorit� amministrativa sicch� l'atto applicativo viene ad essere 
caratterizzato da una propria autonomia, salva l'ipotesi in cui si censuri il solo atto 
di applicazione. 

Certo � innegabile che l'indagine pi� delicata in questo campo � propria quella 
diretta a stabilire quando la lesione dell'interesse tutelato deriva immediatamente 
dalla norma regolamentare ovvero soltanto per il tramite dell'atto applicativo. 

Siffatta indagine deve essere condotta con gli stessi criteri elaborati dalla giurisprudenza 
del Consiglio di Stato per gli atti del procedimento ed � comune ad ogni 
ipotesi in cui sia dubbia l'esistenza dell'attualit� della lesione dell'interesse tutelato. 

L'Amorth ritiene che non possa farsi riferimento al concetto di procedimento per 
spiegare il rapporto che corre tra la disposizione regolamentare e l'atto applicativo; 
tuttavia, a parte l'ipotesi non infrequente particolarmente per gli atti generali in cui 
� possibile che ricorra propria la figura del procedimento complesso (ad es. bando di 
concorso e provvedimento di approvazione della graduatoria), � innegabile che debba 
farsi applicazione del criterio per il quale � ammessa la impugnazione degli atti 
preparatori quando essi abbiano autonomia funzionale e siano suscettibili di per se 
stessi di ledere situazioni soggettive rilevanti, mentre nelle altre ipotesi, nel presupposto 
che la lesione derivi soltanto dall'atto terminale, l'impugnazione degli atti preparatori 
deve essere effettuata contestualmente all'impugnazione dell'atto terminale (Cons. 
Stato, z aprile r96o, n. 256, Relazione Consiglio di Stato, anni r958-rg6o, vol. ID, 334). 

Non ci sembra, infine, che possano condividersi i rilievi critici che l'A. muove 
all'indirizzo giurisprudenziale n� che possano essere accolte le conclusioni cui egli 
giunge. 

In particolare, non sembra ammissibile una impugnazione " implicita ,, delle disposizioni 
regolamentari o degli atti generali in quanto ci� equivarrebbe in sostanza ad 
ammettere il principio della sufficienza dell'impugnativa del solo atto applicativo o 
dell'atto terminale del procedimento con la possibilit� di denunciare anche i vizi degli 
atti precedenti non impugnati. Inoltre con la c.d. impugnazione " implicita � verrebbero 
eluse le norme relative al deposito degli atti impugnati, n� sembra possa farsi 
riferimento, comunque soltanto per i regolamenti e giammai per gli atti a contenuto 
generale, al principio iura novit curia, in quanto i regolamenti sono pur sempre atti 
amministrativi in senso stretto sia pure a contenuto normativo. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

100 

Neanche pu� condividersi la soluzione proposta dall'A. circa i~ pro?lema della 
sorte della disposizione regolamentare dopo l'annullamento. Escluso, mfatt1, che possa 
accogliersi l'opinione del Romano il quale, come.s~ � .inn~n~i preci~~to,.disti?~e n.ell'ambito 
della disposizione regolamentare tra vohz10m-az1om e voltz1om-prehmmar1 e 
ammette per le prime un annullamento con effetto limitato a solo ricorrente e per l~ 
seconda un annullamento con efficacia erga omnes, ci sembra non possa ammettersi 
neppure, come fa l'A., che l'annullamento della dis~osizione ~ego~men~are oper~ in 
ogni caso erga omnes, salvo a ritenersi poi che nei confront~ ~e1 ter~1 estranei al 
giudizio essa operi con efficacia ex nunc, mentre nei confronti del ricorrente con 
effetto ex tunc e quindi in via ripristinatoria. 

A noi sembra che, una volta ammessa l� natura soggettiva e non oggettiva della 
giurisdizione del Consiglio di Stato, non sussista alcuna vali~~ ragione ?er negare che 
l'annullamento del regolamento operi limitatamente alla pos1z1one del ricorr~nte .e .non 
anche dei terzi estranei che non hanno proposto impugnazione avverso la d1spos1z10ne 
ritenuta illegittima. . 

L'efficacia dell'annullamento nei confronti dei terzi potr�, a nostro avviso, ammettersi 
soltanto ricorrendo ai principi elaborati in ordine al problema della efficacia 
oggettiva e soggettiva del giudicato amministrativo e sempre nel presupposto che 
l'annullamento giurisdizionale produca i suoi effetti soltanto per la p~rte ~he h~ 
proposto l'impugnazione. Potr� farsi riferimento, quindi, a secon?a d.e1. casi e dei 
motivi di gravame che hanno determinato l'annullamento della d1spos1z1one regola~ 
mentare o all'istituto della estensione automatica del giudicato, come accade per .1 
provvedimenti indivisibili, ovvero all'estensione discrezionale l� quale trov:i acc?g~1mento 
nel caso di annullamento di provvedimenti divisibili (ad esempio atti plurimi). 

A. QUARANTA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 



PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI * 

D.P.R. 5 GIUGNO 1965, N. 758 -Reca norme sul cumulo di stipendi e pensioni a 
carico dello Stato e di enti pubblici, in applicazione della legge 5 dicembre 1964, 
n. 1268 (G.U. w luglio 1965, n. 170). 
LEGGE 20 GIUGNO 1965, N. 724 -Proroga al 31 dicembre 1965 il termine di cui alla 
legge 16 dicembre 1964, n. 1400, in materia di appalti e revisione di prezzi di opere 
pubbliche (G.U. 2 luglio 1965, n. 161). 

D.P.R. 26 GIUGNO 1965, N. 723 -Approva la nuova tariffa dei dazi doganali d'importazione 
e le relative disposizioni preliminari. L'entrata in vigore � fissata al giorno 
della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. 10 luglio 1965, n. 16o, suppl. ord.). 
D.P.R. 26 GIUGNO 1965, N. 958 -Reca norme di attuazione dello Statuto speciale 
�d�lla Regione Friuli-Venezia Giulia, in materia di patrimonio indisponibile della 
Regione (G.U. 13 agosto 1965, n. 202). 

n.P.R. 26 GIUGNO 1965, N. 959 -Reca norme di attuazione dello Statuto speciale 
�della Regione Friuli-Venezia Giulia, in materia di istituzioni pubbliche di assistenza 
-e �beneficenza (G.U. 13 agosto 1965, n. 202)., 
D.P.R. 26 GIUGNO 1965, N. 96o -Reca norme di attuazione dello Statuto speciale 
.della Regione Friuli-Venezia Giulia, in materia di controllo sugli atti delle provincie, 
-dei comuni e dei consorzi tra tali enti (G.U. 13 agosto 1965, n. 202). 
LEGGE 14 LUGLIO 1965, N. 81.8 -Dispone che il corso dei termini processuali, sca
�denti tra il 10 agosto ed il 15 settembre, � sospeso di diritto fino a tale ultima data; 
.precisa ipotesi di inapplicabilit� della sospensione, cosi in materia civile come in 
materia penale; stabilisce, per la materia amministrativa, che il corso dei termini 

non rimane sospeso nel procedimento di sospensione dell'esecuzione del provvedimento 

impugnato (G.U. 20 luglio 1965, n. 180). 

LEGGE 14 LUGLIO. 1965, N. 901 -Delega il Governo della Repubblica ad emanare 
norme per l'istituzione di Enti di sviluppo nelle 1Marche e nell'Umbria, e per adeguare 
.gli Enti e le Sezioni di Riforma Fondiaria, che vengono trasformati in Enti di svi


luppo, ai compiti che con la stessa legge di delega vengono indicati, ed a quelli di 
�Cui al D.P.R. 23 giugno 1962, n. 948 (G.U. 31 luglio 1965, n. 190). 

LEGGE 14 LUGLIO 1965, N. 91I -Eleva da lire 250.000 a lire I.000.000 il limite di 
valore degli appalti, conclusi verbalmente o per corrispondenza, esenti da registrazione 
in termine fisso (G.U. 2 agosto 1965, n. 192). 

LEGGE 14 LUGLIO 1965, N. 963 -Reca norme per la disciplina della pesca (marittima), 
esercitata nelle acque rientranti nelle attribuzioni conferite dalle leggi vigenti 
.al Ministero della Marina Mercantile e, limitatamente ai cittadini italiani, nel mare 

libero (G.U. 14 agosto 1965, n. 203). 

* Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

102 

LEGGE 2I LUGLIO I965, N. 904 -Reca modificazioni ed integrazioni alla legge 
I8 aprile I962, n. I67, contenente disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili 
per l'edilizia economica e popolare. Tra l'altro, e cos� in relazione alla 
dichiarata illegittimit� costituzionale di alcune norme di detta legge n. I67, disponecirca 
l'indennit� di espropriazione, per la quale stabilisce che la determinazione va 
fatta nei modi previsti dall'art. I3 della legge I5 gennaio I885, n. 2892, e circa la 
facolt� dei proprietari di aree comprese nei piani, e non destinate agli usi previsti 
dall'art. 4 lettere a) e e) della stessa legge n. I67, di costruire direttamente case di 
tipo economico o popolare (G.U. 3I luglio I965, n. I90). 

LEGGE 2I LUGLIO I965, N. 939 -Reca agevolazioni tributarie varie, con effetto dal 
IO luglio I964, per le costruzioni, modificazioni, trasformazioni e riparazioni navali. 

(G.U. 5 agosto Ig65, n. I95). 
DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

DISEGNO DI LEGGE, n. 2457 (presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri 
il 16 giugno 1965):, Approvazione delle finalit� e delle linee direttive generali der 
programma di sviluppo emanato per il quinquennio I965-69. 

� la prima volta che nell'ordinamento giuridico del nostro Paese si vuole inserireun 
atto avente valore di legge (per la differenza tra valore e forza di legge, v. SANDULLI,, 
in Riv. trim. Dir. Pubbl., I957� 269) avente per contenuto l'approvazione di � finalit� � 
e di "direttive generali� dell'azione poiitico-economica del Governo. 

Il nostro ordinamento costituzionale non ignora la c.d. legge formale e cio� quell'atto 
giuridico che �_ approvato dal Parlamento e promulgato dal Capo dello Stato,. 
ma non innova nell'ordine legislativo preesistente: esempio tipico ne � la legge di 
bilancio (v. SANDULLI, Legge, Nuovissimo Digesto Italiano, n. 3). 

Balza tuttavia evidente la differenza tra questa legge formale e quella cui sL 
riferisce il disegno in esame. 

La legge di bilancio, infatti, pure non innovando nell'ordine legislativo preesistente� 
crea vincoli di rilevanza giuridica per i cittadi�1, per gli organi dell'Amm.ne e per lo� 
stesso legislatore ordinario (attraverso il meccanismo dell'art. 8I). 

La legge che approver� il programma di sviluppo non creer�, invece, alcun obbligogiuridico 
per i cittadini in genere, n� detter� prescrizioni la cui inosservanza implichi 
sanzioni di carattere penale, civile o amministrativo. Ci� non significa, peraltro, che 
questa legge avr� soltant~ valore di dichiarazione solenne di principio puramente� 
politico-economico. 

Essa, infatti, creer�� situazioni di rilevanza giuridica il cui contenuto potr� essere� 
costituito da particolari posizioni di legittimo vantaggio per quegli imprenditori che� 
conformeranno la loro attivit� economica alle finalit� e direttive del programina (ad 
esempio mediante preferenza nella discrezionale concessione di crediti agevolati laddoveil 
fondo sia minore dell'importo delle richieste, pure tutte accoglibili secondo la legge). 

Altre situazioni giuridicamente rilevanti saranno poste in essere dopo l'approva


zione del programma in relazione alla attivit� delle imprese pubbliche (intese per tali 

anche le societ� a partecipazione statale). 

Qui, peraltro, bisogna subito avvertire che la posizione giuridica di queste imprese� 

considerate come soggetti di diritto nei confronti della legge di approvazione del pro


gramma � in tutto simile a quella delle imprese private, nel senso che, nemmeno nei 

loro riguardi la legge implica (attraverso il programma) comandi immediatamente impe


rativi e muniti di sanzione per la inosservanza. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 103 

Tuttavia vincoli giuridicamente rilevanti all'osservanza del programma e allo svolgimento 
di attivit� tesa a realizzarlo potranno per le imprese pubbliche essere costituiti 
se non direttamente dalla legge di approvazione da comandi degli organi di Governo, 
cui, � attribuito dalle leggi vigenti il potere di direttiva e controllo sulle imprese stesse. 
Questi organi, come � noto, si identificano nel Ministro delle Partecipazioni Statali cui 
la 1. n. I589 del I956, nello spirito se non nella lettera, ha attribuito quel potere che 
egli esercita concretamente sopra e mediante gli enti di gestione (v relazione alla 
cit. 1. n. I589 del I956, Legislazione Italiana, I957� 506 e segg.). 

Tanto � detto, d'altronde, esplicitamente nello stesso programma ,(cap. III, n. I9) 
che indica nel Ministro delle Partecipazioni Statali colui che deve esercitare poteri di 
controllo e vigilanza sulle imprese pubbliche per l'attuazione del programma � al 
livello di amministrazione attiva�. 

Ci limitiamo a questi brevi cenni sui problemi giuridici, che, ci sembra, si presentano 
con carattere di immediatezza dopo l'approvazione del programma, consci, peraltro, 
che quanto abbiamo detto pu� appena essere considerato il sommario di pi� 
approfonditi studi che questa nuova ed interessante esperienza legislativa ampiamente 
merita (v. intanto G. FERRI, Rivista Dir. Comm., 1965, I, 193). � 

PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI 
SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' 

DISPOSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA L'JLLEGITTIMITA' 
COSTITUZIONALE 

CODICE CIVILE, art. 274, secondo comma (Ammissibilit� dell'azione). 

Della disposizione indicata, per la parte in cui dispone che la decisione, sull'ammissibilit� 
dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternit� o maternit� naturale, 
abbia luogo con decreto non motivato e non soggetto a reclamo, nonch� per la parte 
in cui esclude il contraddittorio e l'assistenza dei difensori, � stata dichiarata l'illegittimit� 
costituzionale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione 
(Corte Cost., sent. 12 luglio 1965, n. 70, G.U. 17 luglio 1965, n. 178 ed. spec.; v. ordinanza 
di rimessione 30 settembre 1964 del Tribunale di Milano, G.U. 30 gennaio 1965, 

n. 26, ed. spec., segnalata in questa Rassegna, retro, II, 13). 
CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 173 (Notificazione all'imputato latitante, evaso o 
renitente). 

Per la parte concernente la notificazione di atti, ai sensi del primo capoverso 
dell'art. 170 c.p.p., nei confronti dell'imputato renitente, � stata dichiarata l'illegittimit� 
costituzionale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione (Corte Cost., sent. 6 luglio 
1965, n. 57, G.U. 10 luglio 1965, n. 171, ed. spec.; questione rimessa dal Tribunale di 
Brescia con ordinanza del 2 aprile 1964, G.U. 11 luglio 1964, n. 169, ed. spec.; ed in 
questa Rassegna, I964, II, 132). 

CO))ICE DI PDOCEDURA PENALE, art. 392, primo comma (Forme dell'istruzione). 

In riferimento all'art. 24 della Costituzione, � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale 
dell'indicata disposizione, nella parte in cui, con l'inciso cc in quanto sono 
applicabili�, rende possibile di non applicare all'istruzione sommaria le norme di 
cui agli articoli 304 bis, 304 ter e 304 quater dello stesso codice di procedura penale 



104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Corte Cost., sent. 26 giugno 1965, n. 52, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, ed. spec.; v. ordinanza 
di rimessione del 4 marzo 1965 del Pretore di Imola, G.U. 30 aprile 1965, n. I09, 
ed. spec., riassunta in questa Rassegna, retro, II, 47). 

R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3270 (Legge tributaria sulle successioni): art. 31. 
� stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 53 
della Costituzione, delle disposizioni del primo e del secondo comma dell'art. 31 
indicato, �in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le 
aziende industriali e commerciali � (Corte Cost., sent. I2 luglio 1965, n. 69, G.U. 17 
luglio 1965, n. 178, ed. spec.; l'ordinanza di rimessione 3 giugno 1964 della Commissione 
provinciale delle imposte di Perugia, G.U. 30 gennaio 1965, n. 26, ed. spec., � 
segnalata in questa Rassegna, retro, II, 14). 

D.P.R. I4 LUGLIO 1960, N. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo 
degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini): art. unico. 
Della disposizione indicata, per la parte concernente l'obbligatoriet� erga omnes 
dall'art. 55 del contratto nazionale di lavoro 114 luglio 1959 (esperimento obbligatorio 
del tentativo di conciliazione), � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, per 
violazione dell'art. l della legge 14 luglio 1959, n. 741, in riferimento all'art. 76, della 
Costituzione (Corte Cost., sent. 6 luglio 1965, n. 56, G.U. IO luglio 1965, n. 171, 
ed. spec.; la decisione � stata resa in relazione a tre ordinanze di rimessione, una del 
Tribunale e due della Corte di Appello di Napoli, segnalate in questa Rassegna, 1964, 
ll, 49, 97). 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA 
NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3269 (Legge del registro): art. 50. 
La questione di legittimit� costituzionale della disposizione, di cui al secondo 
comma dell'art. 50 della legge del registro, concernente le imposte dovute per gli 
acquisti di beni ai pubblici incanti, � stata, in, riferimento agli articoli 3 e 53 della 
Costituzione, dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 6 luglio lg65, n. 62, G.U. IO 
luglio 1965, n. 171, ed. spec.; la questione era stata rimessa dalla Commissione provinciale 
delle imposte di Avellino, con ordinanze del 6 dicembre 1963, G.U. 13 giugno 
1964, n.144, ed. spec., e del 29 maggio 1964, G.U. 13 febbraio 1965, n. 39, ed. spec., 
riassunte in questa Rassegna, 1964, II, 92 e retro, II, 14). 

R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3270 (Legge tributaria sulle successioni): artt. 45 e 48. 
In relazione alle indicate disposizioni, concernenti la prova dei debiti ai fini della 
deducibilit� dall'attivo ereditario, � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'articolo 
53 della Costituzione, la sollevata questione di legittimit� costituzionale (Corte 
Cost., sent. 26 giugno 1965, n. 50, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, ed. spec.; v. ord. di rimessione 
della Commissione provinciale delle imposte di Palermo, G.U. 27 giugno 1964, 

n. 157� ed. spec., ed in questa Rassegna, 1964, II, 92). 
LEGGE 7 GENNAIO 1929, N. 4 (Norme per la repressione delle violazioni delle leggi 
finanziarie): art. 36. 

La questione di legittimit� costituzionale dell'indicata norma, concernente la giurisdizione 
dell'Intendente di Finanza, � stata, in riferimento all'art. 102 della Costituzione, 
dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 6 luglio 1965, n. 58, G.U. 10 luglio 
1965, n. 171, ed. spec.; ord. di rimessione lo luglio 1963 del Tribunale di Ascoli Piceno, 

G.U. 31 ottobre 1964, n. 269, ed in questa Rassegna, 1964, II, 179). 

PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 105 

R.D. 18 GIUGNO 1931, N. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza): art. 134. 
La questione di legittimit� costituzionale, sollevata in relazione alla disposizione 
indicata, concernente la speciale autorizzazione richiesta per la prestazione di opera di 
vigilanza o custodia di propriet� mobiliari o immobiliari, � stata, in riferimento all'articolo 
4 della Costituzione, dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 6 luglio 1965, 

n. 61, G.U. IO luglio 1965, n. 171, ed. spec.; v. ord. di rimessione del Pretore di Oppido 
Mamertina, G.U. 23 maggio 1964, n. 126, ed. spec., ed in questa Rassegna, 1964, II, 93). 
R.D.L. 24 OTTOBRE 1935, N. 2049 convertito in LEGGE 26 MARZO 1936, N. 526 (Pubblicit� 
dei prezzi degli alberghi): art. 11, modificato dal D.P.R. 28 GIUGNO 1955, N. 630 
(Decentramento dei servizi del Commissariato per il turismo): art. 15. 
La questione di legittimit� costituzionale delle indicate norme, sollevata in riferimento 
all'art. 21, secondo comma, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata 
(Corte Cost., sent. 12 luglio 1965, n. 68, G.U. 17 luglio 1965, n. 17'8, ed. spec.; ord. di 
rimessione 8 febbraio 1964 del Pretore di Pieve di Cadore, G.U. 26 settembre 1964, 
ed in questa Rassegna, 1964, Il, 179). 

R.D.L. 21 FEBBRAIO 1938, N. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni). 
La questione di legittimit� costituzionale delle indicate norme � stata, in riferimento 
all'art. 43 della Costituzione, dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 6 luglio 
1965, n. 58, G.U. IO luglio 1965, n. I71, ed. spec.; v. ord. di rimessione IO luglio I963 
del Tribunale di Ascoli Piceno, G.U. 3I ottobre I964, n. 269, ed in questa Rassegna, 
I964, II, I79� con richiamo a precedente pronuncia della Corte Costituzionale). 

LEGGE I9 GENNAIO I939. N. '294 (Norme per la disciplina delle vendite straordinarie 

o di liquidazione): artt. I, 2, I5. 
� stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale delle 
indicate norme, in riferimento all'art. 4I della Costituzione (Corte Cost., sent. 6 luglio 
I965, n. 6o, G.U. IO luglio I965, n. 171, ed. spec.; l'ordinanza di rimessione del I6 luglio 
1964, del Pretore di Foggia, G.U. 26 settembre I964, n. 238, e ria&sunta in questa 

Rassegna, I964, II, 179). 

D.P.R. I I GENNAIO I956, N. 5 (Compensi ai componenti di commissioni, consigli, 
comitati o collegi operanti nelle Amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, 
e delle commissioni giudicatrici dei concorsi di ammissione e di promozione 
nelle carriere statali) : art. 3. 
La questione di legittimit� costituzionale della disposizione indicata, sollevata in 
riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata 
(Corte Cost., sent. I2 luglio 1965, n. 67, G.U. I7 luglio 1965, n. I78, v. ordinanza di 
rimessione 7 luglio I964 del Conciliatore di Monsummano Terme, G.U. 29 agosto 1964, 

n. 2I2, ed in questa Rassegna, 1964, II, 133). 
LEGGE 4 APRILE 1956, N. 212 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale): 
art. 2, art. 3 secondo comma, art. 8. 

Le questioni di legittimit� costituzionale sollevate in relazione alle disposizioni 
indicate sono state, in riferimento agli articoli 2I e 49 della Costituzione, dichiarate 
non fondate (Corte Cost., sent. 26 giugno I965, n. 49, G.U. 3 luglio 1965, n. I63, ed. 
spec.; v. ordinanza di rimessione 28 febbraio I964 del Pretore di Roma, G.U. 23 maggio 
1964, n. I26, riassunta in questa Rassegna, I964, II, 96, ove richiamo a precedente 
pronuncia, in argomento, della Corte Costituzionale). 

LEGGE 6 DICEMBRE I962, N. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica 
e trasferimento ad esso delle imprese esercenti" le industrie elettriche). 

D.P.R. I5 DICEMBRE I962, N. 1670 (Organizzazione dell'Ente nazionale per l'energia 
elettrica). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

::.06 

D.P.R. 4 FEBBRAIO 1963, N. 36( Norme relative ai trasferimenti all"Ente nazionale per 
l'energia elettrica delle imprese esercenti le industrie elettriche). 
D.P.R. 25 FEBBRAIO 1963, N. 138 (Norme relative agli indennizzi da corrispondere 
alle imprese assoggettate a trasferimento all'Ente nazionale per l'energia elettrica). 
D.P.R. 14 MARZO 1963, N. 219 (Trasperimento all'Ente nazionale per l'energia elet~ 


trica dell'impresa della societ� per azioni Edisonvolta). :-:�

" 

Sono state dichiarate non fondate le questioni di legittimit� costituzionale delle 
norme indicate, in riferimento agli articoli 81, quarto comma, 47, 25, 102, secondo 
comma, u3 e 76 della Costituzione (Corte Cost., sent. 12 luglio 1965, n. 66, G.U. 
17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.; v. ordinanza di rimessione 16 gennaio 1964 del Giudice 
conciliatore di Milano, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed in questa Rassegna, 1964, Il, 
134, con richiamo ad altra pronuncia, in argomento, della Corte Costituzionale). 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

CODICE CIVll.E, art. 26o (Poteri dei genitori). 

In relazione alla disposizione indicata, per la parte con cui � attribuito in via 
primaria al padre l'esercizio della patria potest� sul figlio naturale riconosciuto da 
entrambi i genitori, il Tribunale per i minorenni di Torino ha ritenuto non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3 
e 29 della Costituzione (Ord. 1$ maggio 1965, G.U. 17 luglio 1965; n. 178, ed. spec.). 

CODICE CIVILE, art. 274 (Ammissibilit� dell'azione). 

Il Tribunale di Siracusa ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimit�, 
in riferimento agli articoli 24 e l l l della Costituzione, per la disposizione dell'art. 
274 del codice civile con la quale � esclusa ogni impugnativa del provvedimento 
circa l'ammissibilit� dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternit� o maternit� 
naturale (Ord. 29 dicembre 1964, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). Di detta . 
disposizione, per altro, � intanto gi� stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale (Corte 

Cost., sent. 12 luglio 1965, n. 70, retro, 103). 

. 

CODICE PENALE, art. 28 (Interdizione dai pubblici uffici). 

.

In relazione alla disposizione indicata, per la parte (secondo comma, n. 5), in cui 

IJ 

_::

� previsto che l'interdizione dai pubblici uffici priva il condannato delle pensioni e 
degli assegni, che siano a carico dello Stato o di altro ente pubblico, il Tribunale di 
Varese ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
in riferimento agli articoli 3, primo comma, 27, terzo comma, 38, secondo 
comma, e 47, primo comma, della Costituzione (Ord. 6 maggio 1965, G.U. 3 luglio 
1965, n. 163, ed. spec.). 

CODICE PENALE, art. 81 (Pi� violazioni di una o di diverse disposizioni di legge con 
una o pi� azioni. Reato continuato). 

Il Pretore di Pesaro, ritenendo applicabili le disposizioni in tema di reato continuato 
soltanto al caso di piil violazioni risultanti da pi� azioni o omissioni, e non 
anche al caso di violazioni plurime derivanti da unica az�one od omissione, ha ipotizzato 
un contrasto della norma indicata con i principi di cui all'art. 3 della Costituzione 
(Ord. 3 marzo 1965, G.U. rn luglio I965, n. 171, ed. spec.). 

CODICE PENALE, art. 196 (Obbligazione civile per le ammende inflitte a persona 
dipendente). 


Il Pretore di Saluzzo ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale della disposizione relativa all'obbligazione civile per le am




PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 107 

mende, ipotizzando un contrasto con l'art. 27, primo comma, della Costituzione (Ord. 
I8 maggio I965, G.U. I7 luglio I965, n. I78, ed. spec.). 

CODICE PENALE, art. 327 (Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle 
leggi o degli atti dell'autorit�). 

In relazione alle ipotesi di reato, di cui alla norma indicata, il Tribunale di 
Rovigo ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
in riferimento agli articoli 3 e 21 della Costituzione (Ord. 21 giugno I965� 

G.U. 28 agosto I965, n. 216, ed. spec.). 
CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 392, primo comma (Forme dell'istruzione). 

Il Tribunale di Sondrio ed il Pretore di Milano, con ordinanze, rispettivamente, 
del 14 e del 24 maggio 1965 (entrambe in G.U. l 7luglio 1965, n. 178, ed. spec.) hanrio 
rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimit�, in riferimento all'art. 24 
della Costituzione, per la parte della disposizione indicata, con cui � reso possibile non 
applicare all'istruzione sommaria le norme di cui agli articoli 304 bis, 304 ter e 304 
quater dello stesso codice di procedura penale. La disposizione in parola, per altro, e 
nei sensi precisati, � gi� stata dichiarata costituzionalmente ;illegittima (Corte Cost .� 
sent. 26 giugno 1965, n. 52, retro, 103). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 398 (Poteri del pretore nei procedimenti con 
istruzione sommaria). 

In relazione alla disposizione dell'ultimo comma dell'art. 398 indicato, secondo 
cui � da ritenere consentita l'emissione del decreto di citazione, nei giudizi dinanzi al 
pretore, senza il previo interrogatorio dell'imputato, ed ipotizzando un contrasto con 
!!art. 24, comma secondo, della Costituzione, il Pretore di Chieti (ord. 8 maggio 1965, 

G.U. I7 luglio 1965, n. 178, ed. spec.) e quello di Reggio Emilia .(ord. 5 luglio 1965, 
G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.) hanno rimesso la questione all'esame della 
Corte Costituzionale. Analogamente ha provveduto il Comandante del porto di Trapani, 
con riguardo al rinvio operato dall'art. I238 del codice della navigazione alle norme 
per i giudizi di competenza del pretore (Ord. 23 giugno 1965, G.U. 28 agosto 1965, 
n. 2I6, ed. spec.). 
LEGGE 20 MARZO 1865, N. 2248, all. F (Legge sui lavol"i pubblici): art. 317. 

Nel rilievo che con la disposizione indicata sarebbe stato dato al Governo di 

stabilire, nell'esercizio di un potere regolamentare, � pene di polizia e multe �, .e p�r 

ipotizzato contrasto con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, il Pretore di 

Borgo San Lorenzo ha ritenuto non manifestamente infondata la sollevata questione 

di legittimit� costituzionale (Ord. 23 giugno 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.). 

R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in 
materia di boschi e di terreni montani): artt. 10 e l l. 
Delle disposizioni indicate, e nel rilievo, tra l'altro, che sarebbe . demandato ad 
organi amministrativi di emanare, nella soggetta materia, norme penalmente sanzionate~ 
il Tribunale di Ascoli Piceno ha ritenuto dubbia la legittimit� costituzionale, in riferimento 
agli articoli 3, 25 e 70 della Costituzione (Ord. 12 aprile 1965, G.U. I7 luglio 
1965, n. 178, ed. spec.). � 

T.U. 8 LUGLIO 1924 (Testo unico delle disposizioni legislative per l'imposta di fabbricazione 
sugli spiriti) : art. 37, terzo comma. , 
In relazione alla indicata disposizione, ed in quanto con essa � da ritenere vinco~ 
lato, sulla base di presunzione iuris et de iure, l'accertamento di fatti penalmente 
' sanzionati, 
il Tribunale di Belluno ha ritenuto non manifestamente infondata la questione 
di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione 
(Ord. 30 aprile 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

108 

R.D. 29 LUGLIO 1927, N. 1443 (Norme per disciplinare la ricerca e la coltivazione 
delle miniere): art. 45. 
Per la disposizione indicata, che non prevede indennit� a favore del proprietario 
del suolo, al quale venga sottratta la disponibilit� di cava o torbiera data in concessione 
a terzi, la Sezione di Corte di appello di Reggio Calabria ha ritenuto di dover 
promuovere il giudizio di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 42, 
terzo comma, e 43 della Costituzione (Ord. 10 luglio 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, 
ed. spec.). 

R.D. 18 GIUGNO 1931, N. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurecca): art. 156. 
R.D. 6 MAGGIO 1940, N. 635 (Regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi 
di pubblica sicurezza): artt. 285 e 286. 
Il Pretore di Avezzano ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni 
indicate, che vietano le collette e le questue senza licenza del questore, salvo quanto 
disposto in materia ecclesiastica (Ord. 14 giugno 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, 
ed. spec.). In relazione alle stesse disposizioni, ed in riferimento agli articoli 17, 18, 
19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, la Corte Costituzionale ebbe a dichiarare 
non fondata la questione (Sent. 26 gennaio 1957, n. 2, G.U. 30 gennaio 1957, n. 27, 
ed. spec.). 

T.u. 3 MARZO 1934, N. 383 (Legge comunale e f>rovinciale): art. 260. 
Il Consiglio comunale di Cavriago ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale della disposizione indicata, circa la competenza 
dei Consigli di prefettura in materia di responsabilit� degli amministratori e dei 
dipendenti dei comuni, in riferimento all'art. 103, 5econdo comma, della Costituzione 
(Delib. 5 marzo 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.). Analoga questione � stata 
sollevata dal Consiglio comunale di Brescello, per la relazione della disposizione indi�� 
cata con quella di cui al n. 8 dell'art. 15 del t.u. 16 maggio 1960, n. 570, ai riferimenti 
relativi al quale -oltre, p. 110 -si fa rinv,io. 

R.D. 17 AGOSTO 1935, N. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli 
infortuni sul lavoro e delle malattie professionali): art. 4. 
In relazione alla disposizione, che limita, in determinate ipotesi, la responsabilit� 
civile del datore di lavoro, che abbia provveduto all'assicurazione del dipendente per 
gli infortuni, ai sensi della legge indicata, e per ipotizzato contrasto con gli articoli 3, 
35 e 38 della Costituzione, il Tribunale di Milano ha rimesso la questione all'esame 
della Corte Costituzionale (Ord. 25 marzo 1965, G.U. 10 luglio 1g65, n. 171, ed. spec.). 

R.D. 4 OTTOBRE 1935, N. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della 
previdenza sociale): art. 111. 
LEGGE 4 APRILE 1952, N. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria 
per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti): art. 23. 
In relazione alle disposizioni indicate, che prevedono, a carico degli inadempienti 
al versamento dei contributi, il pagamento di una somma aggiuntiva, con funzione 
risarcitoria, e che attribuiscono ampio potere discrezionale all'Istituto nazionale della 
previdenza sociale di ridurre quella somma stessa, quando sia presentata domanda di 
oblazione, il Pretore di Civitacastellana ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale, in riferimento ag\i articoli 3 e 23 deila Costtuzione 
(Ord. 24 giugno 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.). 

D.L.L. 7 GENNAIO 1946, N. 1 (Ricostituzione delle ammini5trazioni comunali su basi 
elettive). 
Il Consiglio comunale di Pomezia, in relazione (a quanto sembra) al disposto dell'art. 
15 del t.u. 16 maggio 1960, n. 570, ed in quanto in esso sono trasfuse norme del 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 

D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1, ha sollevato per quest'ultimo la questione di legittimit� 
costituzionale (e la questione sembra proposta anche per il D.L.L. 25 giugno 1944, 
n. 151, che la disposizione transitoria XV della Costituzione dichiar� come convertito 
in legge), rilevando che il luogotenente del regno non avrebbe potuto emanare leggi 
� al di fuori del presupposto dell'urgenza, e senza osservare la necessaria forma del 
decreto legge� (Delib. 8 aprile 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). 
LEGGE w AGOSTO 1950, N. 648 ( Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di 
guerra): art. 62, terzo comma; art. 64. 

In quanto le disposizioni indicate non prevedono un trattamento pensionistico di 
guerra in favore dei figli adulterini, la Corte dei Conti, seconda sezione giurisdizionale 
per le pensioni di guerra, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 38, primo comma, 30, terzo comma, 
e 3, primo comma, della Costituzione (Ord. 23 marzo 1965, G.U. 28 agosto 1965, 

n. 216, ed. spec.). 
LEGGE 19 GENNAIO 1955, N. 25 (Disciplina dell'apprendistato): art. 6. 

La questione di legittimit� costituzionale della norma, che stabilisce un limite di 
et� per l'assunzione di lavoratori in qualit� di apprendisti, � parsa, al Tribunale di 
�altanissetta, non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 35 della Costituzione 
(Ord. 7 aprile 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). 

LEGGE 23 MARZO 1956, N. 136 (Modificazioni al testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali): art. 43. 

La disposizione dell'art. 43 � stata denunciata insieme con le disposizioni degli 
articoli 82 e 83 del nuovo t.u. 16 maggio 1960, n. 570, alle segnalazioni relative al 
quale -oltre, p. 110 -si fa rinvio. 

LEGGE 4 APRILE 1956, N. 212 (Norme per la disciplina della prapaganda elettorale): 
art. 8, comma primo. 

Il Pretore di Assisi ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento 
all'art. 21 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale della norma che 
disciplina la propaganda elettorale con manifesti, tabelle, ecc., e prevede sanzion~ 
penali a carico dei trasgressori (Ord. 12 maggio 1965, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, ed. 
spec.). La questione, relativamente a disposizioni dell'indicato art. 8, ed in riferimento 
allo stesso art. 21, nonch� all'art. 49, della Costituzione, � stata in precedenza dichiarata 
non fondata (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964, n. 48, G.U. 27 giugno 1964, n. 157, 
ed. spec., segnalata in questa Rassegna, 1964, II, 89; Corte Cost., sent. 26 giugno 1965, 

n. 49, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, ed. spec., v. retro, II, 105). 
LEGGE 27 DICEMBRE 1956, N. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti di persone 
pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�): art. 3, ultimo comma; art. 12, 
primo comma. 

In relazione alle disposizioni circa il soggiorno obbligato di persone pericolose, il 
Pretore di Larino ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale, in riferimento agli articoli z, 3, primo comma, e 32, primo comma, della 
Costituzione (Ord. 4 maggio 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed.. spec.). 

D.P.R. 26 APRILE 1957, N. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 
4 aprile 1952, n. 218 sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per 
l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti): art. 10, ultimo comma. 
In relazione alla disposizione che vieta di tener conto dei servizi militari' agli 
effetti dei diversi trattamenti pensionistici, il Tribunale di Genova ha ritenuto non 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

110 

manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, per eccesso rispetto 
alla legge di delega 4 aprile 1952, n. 218 ed in riferimento all'art. 77 della Costituzione 
(Ord. 23 marzo 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). 

D.P.R. 16 MAGGIO 1960, N. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione degli 
organi delle amministrazioni comunali): artt. 14 e 15. 
Il Consiglio comunale di Maenza ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni contenute nell'art. 15, nn. 3 
e 9 del t.u. indicato, concernenti casi di ineleggibilit� alla carica di consigliere 
comunale, per ipotizzato contrasto con gli articoli 3 e 51, primo comma, della Costituzione 
(Delib. 15 giugno 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). 

I Consigli comunali di Albi, Bassiano e Celenza Valfortore hanno analogamente 
rimesso la questione, per il solo n. 9 del citato art. 15 (Delib com. Albi 5 marzo 1965, 

G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.; delib. com. Bassiano 5 giugno 1965, G.U. 17 luglio 
1965, n. 178, ed. spec.; delib. com. Celenza Valfortore 26 marzo 1965, G.U. 28 agosto 
1g65, n. 216, ed. spec.). 
Il Consiglio comunale di Vico Equense ha sollevato la questione di legittimit� 
costituzionale per la disposizione di cui al n. 8 dello stesso art. 15, in riferimento agli 
articoli 3 e 22 della Costituzione (Delib. 13 marzo 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, 
ed. spec.). 

Il Consiglio comunale di Brescello, riferendosi alla medesima disposizione del 

n. 8 dell'art. 15, che sancisce l'ineleggibilit� per gli amministratori del comune o di 
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza poste sotto la sua vigilanza, dichiarati 
responsabili in via amministrativa o giudiziaria, ha prospettato la questione sotto altro 
profilo, in riferimento all'art. 103 della Costituzione, ed in relazione alla natura delle 
funzioni da ritenere attribuite ai Consigli di prefettura, ai sensi dell'art. 26o del t.u, 
3 marzo 1934, n. 383, in materia di responsabilit�, appunto, degli amministratori locali 
(Delib. 27 febbraio 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.; e vedasi l'ordinanza del 
Comune di Cavriago, in ordine al detto art. 26o del t.u. del 1934: retro, II, 108). 
Il Consiglio comunale di Civitaluparella, infine, ha ritenuto non manifestamente 
infondate le questioni di legittimit� costituzionale sollevate per l'intero art. 15 del 

t.u. del 196o, in riferimento agli articoli 3, 51, 24 e II3 della Costituzione, nonch� per 
l'art. 14 dello stesso t.u., in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione (Delib. 
10 marzo 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). 
In relazione alle accennate questioni, e per riferimenti a pronunce gi� in argomento 
rese dalla Corte Costituzionale, nonch� ad altre precedenti ordinanze di rimessione, 
v. retro, Il, 49, So. 

Si veda, inoltre, la segnalazione relativa alla questione di legittimit� costituzionale 
sollevata per il D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1, per la parte, � da ritenere, concernente le 
norme sulle ineleggibilit�, trasfuse nel t.u. del 1960 (retro, 108). 

D.P.R. 16 MAGGIO 196o, N. 570 (Testo unico del/e leggi per la composizione degli 
organi delle amministrazioni comunali): artt. 82, 83. 
In relazione alle disposizioni indicate, disciplinanti i ricorsi avverso decisioni adottate 
dai consigli comunali in materia di eleggibilit�, e contro le operazioni per le 
elezioni dei consiglieri comunali, sono state sollevate questioni di legittimit� costituzionale: 


-dal Consiglio comunale di Ravarino, per le disposizioni dell'art. 82, terzo 
comma, e dell'art. 83, secondo comma, in riferimento all'art. III, primo comma, della 
Costituzione (Delib. 8 aprile 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.); 

-dal Consiglio comunale di Castello d'Argile, per le disposizioni dell'art. 82, 
nonch� per quelle, nel detto art. 82 trasfuse, di cui all'art. 43 della legge 23 marzo 
1956, n. 136, in riferimento agli articoli 101, 102, 103, 104, 108, III, 24, 25 e disposi-� 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 

:zione transitoria VI della Costituzione (Delib, 15 maggio 1965, G.U. 31 luglio 1965, 

n. 191, ed. spec.); 
-dal Consiglio comunale di 'Lanciano, per le stesse disposizioni dell'art. 82 

del t.u. del 1960 e dell'art. 43 della legge n. 136 del 1956, in riferimento agli articoli 
101, 102, 103, 108, 24 e 25 della Costituzione (Delib. 31 maggio 1965, G.U. 31 luglio 
1965, n. 191, ed. spec.); 

-dal Consiglio comunale di Castelfranci, per la disposizione del quarto comma 
dell'art. 82, in riferimento all'art. II1 della Costituzione (Delib. 13 marzo 1965, G.U. 
31 luglio 1965, n. 191, ed. spec.); 

-dal Consiglio provinciale di Reggio Emilia, per gli articoli 82 e 83, in riferimento 
all'art. 24 della Costituzione (Delib. 25 marzo 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, 
<ed. spec.); 

-dal Consiglio comunale di Civitaluparella, per gli articoli 82 e 83, in riferimento 
agli articoli 101, 102 e 103 della Costituzione (Delib. 10 marzo 1965, G.U. 
28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). 

Per riferimenti a pronunce gi� rese, in materia, dalla Corte Costituzionale, nonch� 
.ad altre ordinanze di rimessione: retro, II, 50, 81. 

D.P.R. 14 LUGLIO 196o, N. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali dei lavoratori 
.dipendenti dalle imprese industriali) : art. unico. 
In relazione alla disposizione indicata, che rende obbligatorio erga omnes l'accordo 
interconfederale 18 ottobre 1950 sui licenziamenti individuali, e per la parte concernente 
il deferimento delle vertenze a collegi di conciliazione o di arbitrato, il Tribunale 
di Milano ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
per eccesso rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959, n. 741, ed in riferimento 
all'art. 76 della Costituzione (Ord. 27 gennaio 1965, G.U. IO luglio 1965, n. 171, 
�ed. spec.). Le stesse questioni risultano gi� rimesse, con precedenti ordinanze, all'esame 
della Corte Costituzionale (v. in questa Rassegna, retro, Il, 50; id., 1964, II, 210). 

n.P.R. 14 LUGLIO 1960, N. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
�operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini): art. unico. 
Per ritenuto eccesso rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959, n. 741, ed in riferimento 
all'art. 76 della Costituzione, il Tribunale di Fermo ha rimesso alla Corte 
Costituzionale la questione di legittimit�� della disposizione indicata, che rende obbligatorio 
erga omnes l'accordo collettivo 24 luglio 1959, per la parte (articoli 55 e 56) 
-concernente l'obbligatoriet� del tentativo di conciliazione nonch� la fissazione di un 
termine di decadenza per la proposizione di istanze e reclami in ordine al rapporto 
di lavoro ed alla relativa retribuzione (Ord. 30 aprile 1965, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, 
�ed. spec.). Sulla questione, si vedano riferimenti in questa Rassegna: retro, II, 81; 
id., 1964, Il, 210. 

D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 777 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Arezzo, Firenze, Grosseto, 
Livorno, Lucca, Massa Carrara, Pisa, Pistoia e Siena): art. unico. 
In relazione all'indicata norma, che rende obbligatorie erga omnes le disposizioni 
dell'accordo collettivo integrativo 2 ottobre 1959 per gli operai dipendenti dalle industrie 
edilizie della provincia di Lucca, e per la parte concernente le somme da 
accantonare nell'interesse dei lavoratori, il Pretore di Viareggio ha ritenuto non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale, per eccesso rispetto alla 
legge di delega ed in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione (Ord. 11 maggio 
1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). 

20 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 866 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Catanzaro, Cosenza tr 
Reggio Calabria): art. unico. 
In relazione alla disposizione indicata, per la parte con cui sono rese obbligatorie 
erga omnes le norme dell'art. 11 dell'accordo integrativo 11 luglio 1959 per gli operai 
edili della provincia di Reggio Calabria, la Corte di Cassazione, terza sezione penale;. 
ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
(Ord. 26 febbraio 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, ed. spec.). 

n.P.R. 2 GENNAIO 1962, N. 346 (Norme sul trattamento economico e normativo per i 
dipendenti da ristoranti, trattorie, ecc.): art. unico. 
In relazione alla disposizione indicata, che rende obbligatorio erga omnes l'accordonazionale 
15 maggio 1959 per i lavoratori dipendenti da imprese esercenti ristoranti, 
trattorie, ecc., il Pretore di Campobasso ha ritenuto n<in manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 76 della Costituzione e 
con riguardo al limite' temporale per l'esercizio del potere legislativo delegato con la. 
legge 10 ottobre r9fu, n. 1027 (Ord. 26 aprile 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). 

LEGGE 12 GIUGNO 1962, N. 567 (Norme in materia di affitto di fondi rustici). 

Della legittimit� costituzionale della legge indicaia, nel suo complesso, ha dubitatoil 
Tribunale di Bologna, con riferimento ai principi di cui agli articoli 41, primo e 
secondo capoverso, 42, primo capoverso, e 44 della Costituzione (Ord. 18 luglio 1964, 

G.U. 28 agosto 1965, n. _216, ed. spec.). 
LEGGE 3 FEBBRAIO 1963, N. 126 (Disciplina della riproduzione bovina): artt. 2 e 3.. 
Il Pretore di Vicenza ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di 


I

legittimit� costituzionale delle norme indicate, in riferimento agli articoli 41 e 42 della. 
Costituzione (Ord. 21 maggio 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, ed. spec.). 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI, SULLE QUESTIONI 

IlSOLLEVATE, SONO INTERVENUTE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE 
DI INAMMISSIBILITA', DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI PER IL GIUDIZIO DI RILEVANZA (*) 

R.D. 30 APRil.E 1936, N. 1138 (Approvazione del regolamento per la riscossione delle 
i

imposte di consumo): art. 173, secondo comma. 
Inammissibilit� dichiarata con sentenza 26 giugno 1965, n. 53 (G.U. 3 luglio 1965, 

n. 163, ed. spec.; ord. di rimessione 4 luglio 1963 del Pretore di Trinitapoli, G.U. 12 settembre 
1964, n. 225; v. in questa Rassegna, 19614, Il, 179). 
D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 865 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Avellino, Benevento,. 
Caserta, Napoli e Salerno). 
Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza 26 giugno 1965, n. 54 (G.U.: 
3 luglio 1965, n. 163, ed. spec. Le ordinanze di rimessione del Pretore di Ottaviano, 

G.U. 26 settembre 1964, n. 238, ed. spec., sono segnalate in questa Rassegna, 1964,. 
II, 181, con riferimento al D.P.R. 11 dicembre 1961, n. 1642, quale indicato nelle ordinanze 
stesse). 
(") n �presente elenco viene fatto per aggiornamento di informazione, con riguardo alla, 
segnalazione, contenuta in questa Rassegna, delle ordinanze di rimessione. 

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.1 

QUESTIONI 


IL PRIMO TRIENNIO DI APPLICAZIONE 

DEL NUOVO CAPITOLATO GENERALE 

Il 1<> settembre 1965 si conclude il primo triennio di applicazione del nuovo Capitolato 
Generale �d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici. 
La grande importanza pratica della materia disciplinata dal Capitolato e le lunghe 
polemiche -non ancora del tutto sopite -che hanno accompagnato la' sua emanazione 
rendono opportuno un attento esame dell'esperienza finora compiuta, al fine di 
valutare adeguatamente, sulla scorta di elementi obbiettivi, la rispondenza della nuova 
disciplina, specialmente nelle parti che pi� si discostano dal sistema seguito dal vecchio 
Capitolato del 1895, alle effettive esigenze pratiche, oltre che ai principi della Costitu-� 
zione e dell'ordinamento giuridico. 

Il contributo� che la lunga esperienza dell'Avvocatura dello Stato pu� offrire a 
quest'opera di ponderata valutazione delle norme del nuovo Capitolato riguarda, per 
ora, soltanto le norme di carattere processuale contenute nel Capo VI, dato che, relativamente 
alle norme di carattere sostanziale, applicabili soltanto ai contratti conclusi 
successivamente all'entrata in vigore del Capitolato, l'esperienza giudiziaria di questi 
tre anni non � stata cosi ampia da consentire la formulazione di un giudizio meditato 
ed esauriente. Le norme dettate per la definizione delle controversie, invece, sono state 
sottoposte al vaglio di un'esperienza sufficientemente estesa, essendone stata riconosciuta 
l'applicabilit�, secondo� la tesi sostenuta, fin dall'inizio, dall'Avvocatura; anche alle liti 
relative ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore <lel Capitolato (cfr. Cass. 
19 gennaio 1963, n. 67; 12 giugno 1963, n. 1568; 23 luglio 1964, n. 1989; 9 aprile 1965. 

~~ . 

Limitando, perci�, il giudizio alle norme di carattere processuale, si pu� con piena 

tranquillit� affermare che, alla prova dell'applicazione pratica, il sistema introdotto 

dal nuovo Capitolato ha dimostrato di rispondere pienamente sia all'obbiettiva tutela 
degli interessi dell"Amministrazione che alla doverosa salvaguardia dei benintesi interessi 
degli appaltatori. 

Le innovazioni introdotte dal nuovo Capitolato nella disciplina del contenzioso 
possono, come � noto, riassumersi in quattro punti: 

1) l'arbitrato per la definizione delle controversie tra l'Amministrazione e l'appaltatore 
non � pi� obbligatorio, ma facoltativo: la parte attrice pu� adire il giudice 
ordinario, invece degli arbit{'i, e la parte convenuta nel giudizio arbitrale pu� escludere 
la competenza degli arbitri (art. 47); 

2) la sentenza arbitrale � impugnabile, secondo le disposizioni del codice di 
procedura civile, anche per violazione delle regole di diritto (art. 51); 

3) il collegio arbitrale � composto da tre arbitri di nomina eteronoma e da due 
arbitri nominati dalle parti (art. 45: precedentemente tutti gli arbitri erano di nomina 
eteronoma); 

4). non.� pi� _previsto alcun deposito di somme a garanzia delle spese del giudizio 
arbitrale e degli onorari degli arbitri. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

114 

Quanto alle prime due riforme, � bene chiarire, anzitutto, che esse sono state 
imposte dalla necessit� di adeguare la disciplina del Capitolato ai principi fondamentali 
dell'ordinamento ed alle norme della nuova Costituzione. 

Il Capitolato Generale, com'� ormai pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza, 
ha natura di regolamento e, come tale, non pu� ovviamente contenere norme 
contrarie, non solo alla Costituzione ed alle leggi costituzionali, ma neanche alle leggi 
01dinaric ed ai principi generali da queste ricavabili (a'rtt. 4 e 15 delle Disposizioni 
sulla legge h generale). 

01bene, la norma del vecchio Capitolato che sanciva l'inimpugnabilit� del lodo 
era evidentemente in contrasto con l'art. 111 della Costituzione, dato che sottraeva 
una pronuncia giurisdizionale (qual'� il lodo dichiarato esecutivo dal Pretore) al controllo 
di legittimit� della Corte di Cas&azione. La sua abrogazione era, pertanto, necessaria, 
tanto pi� che essa, anche a prescinder~ dalla sua palese incostituzionalit�, si 
trovava in contrasto anche con l'art. 829 c.p.c., che, consentendo l'esclusione, per 
volont� delle parti, dell'impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto, 
evidentemente preclude la possibilit� che, con una norma di regolamento, venga annullato 
il potere conferito alle parti e sia sancita, in ogni caso, l'inimpugnabilit�. 

L'inimpugnabilit� del lodo non poteva, perci�, non essere eliminata, ed � chiaro 
che, di conseguenza, non poteva pi� logicamente reggersi il sistema dell'arbitrato 
obbligatorio. Una volta ammessa l'impugnativa del lodo per violazione delle regole di 
diritto, non avrebbe senso, infatti, sottrarre al giudice ordinario la cognizione, in primo 
grado, di tutte le controversie fra Amministrazione appaltante e appaltatore, anche di 
quelle che involgono questioni prevalentemente giuridiche (e che, contrariamente alla 
opinione -o meglio, al pregiudizio --corrente, sono la maggioranza). La decisione 
di queste ultime spetterebbe pur sempre, in definitiva, al giudice ordinario di appello 
od alla Cassazione, e non si saprebbe, quindi, scorgere ragione .alcuna che possa 
giustificare l'obbligatorio ricorso all'arbitrato. 

Del resto, l'abolizione dell'arbitrato obbligatorio era resa necessaria anche dalla 
palese illegittimit� della norma che lo sanciva. Un regolamento non pu�, infatti, 
imporre un arbitrato obbligatorio senza porsi in contrasto con il principio generale 
secondo il quale spetta al giudice ordinario giudicare sulle liti aventi per oggetto diritti 
soggettivi. 

Vero � che la legge attribuisce alle parti, entro certi limiti, la potest� di compromettere 
in arbitri le controversie tra di loro insorte (art. 806 c.p.c.), ovvero anche tutte 
le controversie nascenti da un determinato contratto (art. 808), ma ci�, appunto, 
esclude che questa libera potest� conferita all'autonomia privata possa essere annullata 
da una norma regolamentare che, in una certa materia, imponga in ogni caso l'arbitrato, 
senza aver riguardo alla volont� delle parti. La legge, d'altra parte, consente 
che siano deferite agli arbitri solo liti gi� sorte ovvero liti che possono sorgere da un 
determinato contratto; non ammette, invece, che possano essere sottratte alla competenza 
del giudice ordinario tutte le controversie in genere che possano sorgere da una 
intera serie di contratti della stessa specie. 

Le due riforme fondamentali del contenzioso dei pubblici appalti (facoltativit� 
dell'arbitrato e impugnabilit� del lodo per violazione delle regole di diritto) hanno 
rappresentato, quindi, dal punto di vista giuridico, semplicemente l'adattamento della 
disciplina del Capitolato ai principi posti dalle fonti normative superiori (Costituzione 
e legge ordinaria). E non pu� che sorprendere il fatto che da qualche parte sia stata 
ventilata una revisione, cui non appare possibile por mano senza incorrere in palesi 
violazioni della Costituziom;, della legge ordinaria e della logica del sistema. 

� ben noto che la facoltativit� dell'arbitrato e l'impugnabilit� del lodo sono state 
introdotte nel nuovo Capitolato, non tanto per le fondate e gravi ragioni di opportunit� 
pratica che militano a favore del nuovo sistema, quanto proprio per la riconosciuta 
illegittimit� del sistema antico. 


PARTE II, QUESTIONI 115 

La Corte dei Conti, infatti, con la deliberazione n. 81 del 25 ottobre 1956 aveva 
rifiutato la registrazione del decreto ministeriale 3 maggio 1956, col quale si approvava 
il nuovo Capitolato in un testo che conservava le vecchie disposizioni sull'obbligatoriet� 
dell'arbitrato e sull'inimpugnabilit� del lodo. E il rifiuto d1 registrazione venne 
motivato, non solo in base all'erronea forma (decreto ministeriale) data all'atto regolamentare 
in contrasto con l'art. 87 della Costituzione, ma anche, e sopratutto, per la 
riconosciuta illegittimit� dell'arbitrato. obbligatorio e dell'esclusione della impugnativa 
per violazione di legge. 

I giusti e fondati rilievi della Corte vennero accolti dal Governo e tradotti nel 
nuovo testo del Capitolato, approvato con il D.P.R. n. 1063 del 1962. 

Una decisione adottata in maniera cos� meditata e consapevole, con il concorso 
del massimo Organo di controllo, non potrebbe evidentemente esser rimessa in discussione, 
senza che si pervenga, in definitiva, alla stessa, necessaria conclusione. 

Ma, pi� che insistere sulla irreversibilit� della riforma, giova sottolineare il fatto 
che un ritorno al passato, ancorch� potesse ritenersi possibile (e non lo �), sarebbe 
sicuramente inopportuno. L'esperienza del primo triennio di applicazione ha dimostrato, 
infatti, che anche dal punto di vista pratico; la riforma era auspicabile e 
necessaria. 

D'accordo con l'Amministrazione dei Lavori Pubblici, l'Avvocatura dello Stato ha 
mstantemente seguito il criterio di escludere la competenza arbitrale per tutte le 
controversie aventi ad oggetto questioni prevalentemente giuridiche (di interpretazione 
di leggi, regolamenti, capitolati o contratti) e di lasciare, invece, alla competenza del 
Collegio arbitrale adito dall'app<1;ltatore, le controversie di natura prevalentemente 
tecnico-amministrativa. In tal modo, limitata l'applicazione del� giudizio arbitrale a 
quei casi in cui esso pu� ritenersi preferibile in considerazione della particolare natura 
della controversia, si � conseguita, per tutti gli altri casi, in cui le controversie sono 
state sottoposte al giudice ordinario, una serie di vantaggi pratici di evidente rilevanza. 

Anzitutto, si � ottenuto un decentramento territoriale quanto mai opportuno: 
svolgendosi il processo non pi� necessariamente a Roma (come avveniva in regime di. 
arbitrato obbligatorio), ma dinanzi al giudice competente per territorio (ossia, pii� 
vicino al luogo ove � stata eseguita l'opera pubblica), si sono realizzati tutti quei 
grandi ed evid�nti vantaggi, specialmente in tema di istruttoria, che sono connessi 
con il principio fondamentale del decentramento territoriale del giudizio di lo grado, 
principio comune a tutte le legislazioni processuali moderne. In secondo luogo, sono 
state sottoposte, fin dall'origine, al giudice ordinario, istituzionalmente competente a 
conoscerne, le cause in cui si dibattevano questioni giuridiche, la cui soluzione, in 
quasi settanta anni di giurisprudenza arbitrale, si era cristallizzata in massime ispirate 
pi� a criteri di soggettiva �equit�'' che non al formale e sostanziale rispetto della 
legge. Di tutte queste questioni � in corso un fruttuoso riesame, il cui prevedibile 
risultato sar� quello di ribadire e sanzionare il carattere vincolante ed inderogabile 
delle norme e dei principi di legge applicabili ai pubblici appalti. 

Se a questi risultati, la cui importanza non pu� certo sottovalutarsi, si aggiunge il 
sensibilissimo minore costo del giudizio ordinario rispetto a quello arbitrale, si comprende 
come anche gli appaltatori, specialmente ove si tratti di imprese di piccole o 
medie dimensioni, si avvalgono di frequente, come risulta dai dati in possesso del!'
Avvocatura, della facolt� di adire direttamente il giudice ordinario territorialmente 
competente. In realt�, le proteste che si sono udite contro pretesi abusi della facolt� 
di declinatoria e gli auspici di ripristino del vecchio sistema rispecchiano l'opinione e 
gli interessi di una ristretta parte delle imprese appaltatrici, e, cio�, di alcune grandi 
imprese, insensibili al maggior costo del giudizio arbitrale ed allo svantaggio della 
concentrazione di tutte le controversie a Roma, e sensibili, invece, agli spuri, anche se 
consistenti, vantaggi che quel sistema poteva, a volte, ad esse surrettiziamente offrire. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Del resto, com'� oen noto, nei Capitolati generali della Cassa del Mezzogiorno (sia 

116 

in quello del 6 luglio I954, che, e con maggior ampiezza, in quello recentissimo del 

IO aprile I965) e delle Ferrovie dello Stato (3 maggio-I4 luglio I922) la facolt� di decli


X 

natoria � da tempo prevista ed � sempre stata esercitata dall'Amministrazione in base 
ai criteri sopra indicati, senza che siano mai stati rilevati inconvenienti di sorta. 
In realt�, il ripetuto argomento secondo il quale il giudizio arbitrale consentirebbe 
una definizione pi� rapida della controversia (e la declinatoria sarebbe, quindi, solo un .

Iespediente per ottenere dannose dilazioni), si rivela, alla prova dei fatti, del tutto 
inconsistente. I giudizi arbitrali, come � documentato dalla realt� quotidiana, attraverso 
la consueta serie di proroghe del termine per il deposito del lodo, si trascinano normalmente 
per anni, con il seguito, poi, dell'impuguativa per nullit�, tanto pi� frequente 
<>ggi che, in ossequio alla Costituzione, essa � esperibile anche per violazione di regole 
di diritto. L'esperienza, perci�, depone senz'altro nel senso di confermare i grandi 
vantaggi e di escludere i pretesi difetti del sistema dell'arbitrato facoltativo. 

Le stesse considerazioni possono valere anche per le altre riforme introdotte dal 
nuovo Capitolato, e in particolare per l'abolizione del deposito preventivo a garanzi.i 
delle spese del giudizio arbitrale e degli onorari degli arbitri. Tale riforma, oltre che 
necessaria per adeguare la disciplina arbitrale ai principi fissati negli artt. 3 e 24 
della Costituzione (secondo l'interpretazione che la Corte Costituzionale ha accolto nel 
dichiarare la incostituzionalit� della cautio pro expensis nel processo ordinario: cfr. 
smt. n. 67 del I96o), � stata estremamente opportuna al fine di escludere definitivamente 
la possibilit� che si ripetano gli abusi cui i depositi preventivi e l'autoliquidazione 
degli onorari degli arbitri hanno dato luogo in passato. Ed anche tale riforma, 
<>vviamente, � conforme al beninteso interesse delle imprese appaltatrici, almeno eh 
�quelle cui non � indifferente l'onere di un notevole immobilizzo di somme per tutto il 
tempo del giudizio arbitrale. 

Infine, l'ultima riforma -l'introduzione degli arbitri nominati dalle parti -si e 
anch'essa rivelata, nell'esperienza di questi tre anni e per generale consenso, equa ed 
opportuna. 

Concludendo, sotto ogni aspetto pu� dirsi che la disciplina del contenzioso contenuta 
nel nuovo Capitolato si � rivelata, alla prova della pratica applicazione, pienamente 
idonea a garantire gli effettivi ed apprezzabili interessi, tanto dell'Amministrazione 
appaltante, quanto delle imprese appaltatrici. 

Ogni suggerimento di tornare al vecchio deprecabile sistema dell'arbitrato obbligatorio, 
ispirato dagli interessi coalizzati di alcune grandi imprese che, in passato, 
attraverso l'abrogato sistema si sono spesso assicurati dei grossi vantaggi con gran 
danno dell'Erario, non solo troverebbe insormontabili ostacoli di ordine giuridico, m'l 

I.si ravviserebbe del tutto inammissibile sotto il profilo della convenienza sia dell'Amministrazione 
c_he delle imprese appaltatrici. 

LA REDAZIONE 



CONSULTAZIONI 


.ACQUE PUBBLICHE 

,concessioni per forza motrice. 

l) Se l'art. 4, 1. 6 dicembre 1962, n. 1643, che stabilisce come le concessioni 
.di derivazione di acque per forza motrice trasferite all'Enel non hanno scadenza, 
_possa estendersi a derivazioni di acqua distinte da quelle concesse per forza 

motrice, ma collegate al processo produttivo di energia elettrica (n. 83), 

�Opere di arginamento compiute da privati -Diritto al rimborso. 
2) Se spetti al privato il rimborso delle spese effettuato per la modificazione di 
.argini preposti alla tutela del regime dei corsi d'acqua (n. 8.4). 

cOpere .di ripristino a carico del Ministero agricoltura e foreste per la bonifica del 
delta Padano. 

3) Se dalla legge 27 luglio 1957, n. 595, che autorizzava il Ministero dell'agri
�coltura e. foreste ad assumere a suo carico, per il territorio del delta Padano, le 
.spese di ripristino per opera di bonifica, derivino diritti soggettivi o interessi legittimi 
(n. 84). 

Responsabilit� civile -Danni causati da bradisismo. 
4) Se una p.a. possa essere chiamata a rispondere dei danni causati da fenomeni 
di bradisismo negativo conseguenti a sfruttamento di giacimenti di metano 
sulla base di concessione assentita da altra P.A. (n. 84). 

Contributi per manutenzioni di beni venduti alla P.A. 

5) Se, essendosi convenuto fra una P.A. e un privato che la prima debba acqui.
stare dal secondo determinati beni per il loro valore, secondo lo stato d'uso, possa 
portarsi in diminuzione del valore di detti beni il contributo erogato dallo Stato 
per la formazione o la manutenzione dei beni stessi (n. 84) . 

. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Affidamento di lavori -Procedimento civile. 
l) Se, in caso di "affidamento� di lavoro da una P.A. ad altra P.A.; gli atti 
�di esecuzione vengano svolti dall'affidatario in nome proprio e sia questi passivamente 
legittimato a resistere in. giudizio nelle eventuali cause relative (n. 298) . 

.Archivi di Stato. 

2) Se sia vincolabile con la dichiarazione di notevole interesse storico previsto 
dall'art. 36 e d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, un archivio di propriet� di uno 
straniero (n. 299). 

3) Se sia necessario chiarire a quale titolo viene effettuata al privato la notificazione 
del provvedimento di cui all'art. 36 citato (n. 299). 
4) In quale forma possa effettuarsi la notifica del provvedimento al proprietario 
<lei beni residente all'Estero (n. 299). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

118 

Responsabilit� civile. 

5) Se possa ritenersi valida ed operante per l'Amministrazione una clausola 
liberatoria di responsabilit� che fosse posta nei contratti stipulati dall'Amministrazione 
stessa con le ditte cui fossero commessi i lavori di manutenzione e di ripristino 
di munizionamenti (n. 300). 

Ufficiale rogante. 

6) Se il funzionario dell'Amministrazione delle Finanze, delegato in qualit� di 
ufficiale rogante presso l'Ente Autonomo � Esposizione Universale di Roma � (EUR). 
sia autorizzato, ai sensi dell'art. 17 r.d. 25 luglio 1937, n. 1022, al rilascio di copie 
autentiche di contratti anche a terzi che non sono intervenuti quali parti contraenti 
(n. 301). 

ANTICHITA' E BELLE ARTI 

Esercizio del diritto di prelazione. 

Se sia valida la determinazione del valore di una parte degli immobili assoggettati 
al diritto di prelazione di cui all'art. 31 I. 10 giugno 1939, n. 1089, allorch� 
in tale determinazione la Commissione nominata ai sensi del terzo comma dell'articolo 
citato, non abbia tenuto conto del prezzo stabilito nel contratto (n. 55). 

APPALTO 

Fallimento. 

1) Se i crediti. vantati dalla P.A. nei confronti di una impresa appaltatrice e 
derivanti da inadempienze contrattuali, possano essere soddi9fatti mediante incameramento 
della cauzione qualora l'impresa stessa sia stata successivamente dichiarata 
fallita (n. 285). 

Vendita di cosa futura -Distinzione. 
2) Se, stipulatosi contestualmente un duplice negozio, relativo l'uno alla vendita 
per contanti di una superficie edificatoria, riguardante l'altro la vendita di un 
immobile ove il venditore dovr� costruire per l'acquirente, col pagamento del prezzo 
differito secondo gli stati di avanzamento, integra questo secondo negozio una 
fattispecie di vendita di cosa futura o non piuttosto di appalto (n. 286). 

ARCHIVI DI STATO 

1) Se sia vincolabile con la dichiarazione di notevole interesse storico prevista 
dall'art. 36 d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, un archivio di propriet� di uno straniero 
(n. 2). 

2) Se sia necessario chiarire a quale titolo viene effettuata al privato la notificazione 
del provedimento di cui all'art. 36 citato (n. 2). 
3) In quale forma possa effettuarsi la notifica del provvedimento al proprietario� 
dei beni residente all'estero (n. 2). 

ASSICURAZIONI 

Chiamata in causa della Societ� assicuratrice nei giudizi di responsabilit� civifo. 

Se sia opportuno in linea di massima chiamare in causa la societ� assicuratrice� 
nei giudizi di responsabilit� civile contro l'Amministrazione (n. 66). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 119 

ATTI AMMINISTRATIVI 

Interesse pubblico. 

1) Se l'emanazione di un provvedimento amministrativo presupponga in ogni 
caso l'attualit� del pubblico interesse (n. 11). 

AVVOCATI E PROCURATORI 

Conservatore dei RRJ!I. -Consulenza dell'Avv. Stato. 

Se il conservatore dei regi~tri immobiliari possa avvalersi direttamente della 
consulenza dell'Avvocatura dello Stato per ci� che concerne l'esercizio delle funzioni 
ad esso demandate dal codice civile o se tale consulenza potr� essere richiesta 
unicamente dal Ministero della Giustizia al quale � riservata la valutazione dell'interesse 
dell'Amministrazione nel caso da sottoporre all'Avvocatura (n. 67). 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Regioni. 

1) Se possa' ritenersi legittima l'imposizione, nella regione siciliana, di vincolo 
paesistico effettuato con decreto del Ministro per la P.I. invece che con decreto 
del Presidente regionale e senza previo concerto con lAssessore al Turismo (n. 14). 

2) Se il provvedimento di convalida del vincolo di cui sopra emesso dal Presidente 
regionale possa avere efficacia ex tunc (n. 14). 

3) Se il Presidente regionale possa adottare, n~lla fattispecie de qua, provvedimento 
di revoca della revoca della sospensione dei lavori, ex art. 8 legge 29 giugno 
1939, n. i497, disposta dal Ministro per la P.I. e se in caso di inerzia del primo, 
possa provvedervi il Governo in sede di controllo sostitutivo (n. 14). 

4) Se il Presidente regionale abbia il potere di includere nel vincolo paesistico 
localit� non contenute nel parere o nella proposta della Commissione provinciale 
(n. 14). 

5) Se in caso di illegittimit� del vincolo paesistico, come sopra, possa l'autorit� 
giudiziaria penale, chiamata ad applicare l'art. 734 c.p., disapplicare il provvedimento 
di vincolo (n. 14). 

CINEMATOGRAFIA 

Costituzioni in pegno accese sui contributi cinematografici da parte di Societ� successivamente 
fallite. 

Se, allorch� colui il quale abbia ceduto il diritto ai premi ed ai contributi 
previsti per i films ammessi alla programmazione obbligatoria venga dichiarato 
fallito, il creditore pignoratizio o il curatore potranno entrare in possesso delle 
somme dovute senza un provvedimento del giudice delegato (n. 33). 

COMMERCIO 

Specialit� medicinali estere. 

1) Se una ditta, concessionaria esclusiva di vendita per l'Italia, di specialit� 
medicinali prodotte da altra ditta estera, possa essere titolare della registrazione 
della specialit� medicinali stesse (n. 23). 



120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2) Se nell'ipotesi di cui sopra -l'autorizzazione al commercio possa essere rilasciata 
anche alla ditta concessionaria (n. 23). 

Vendita diretta dai produttori agricoli. 

3) Se a norma della 1. 9 febbraio 1963, n. 59 i produttori agricoli possano vendere 
direttamente al dettaglio senza munirsi della licenza di cui al r.d. 16 dicembre 1926, 

n. 2174, le carni ottenute dagli animali macellati e sezionati (n. 24). 
' 

COMUNI E PROVINCIE 

Licenza di costruzione. 

Se possa ritenersi legittima la deliberazione con la quale la Giunta Comunale, 
in via di sanatoria, autorizzi deroghe a una licenza di costruzione; subordinando 
tale autorizzazione al previo pagamento, da parte dell'impresa che ha operato tali 
deroghe, di una somma a titolo di oblazione volontaria (n. l 16). 

COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA 

Trattati e cot:ivenzioni internazionali -Impugnabilit� decisione della Commissione. 

l} Se possa uno Stato membro impugnare. dinanzi alla Corte di Giustizia una 
decisione emanata dalla Commissione della CEE e avente, come destinatari, soggetti 
diversi dallo stato stesso (n. 2). 

Trattato istitutivo -Accordi �verticali � fra Imprese -Applicabilit� art. 85. 

2) Se debba escludersi l'applicabilit� dell'art. 85 del Trattato agli accordi � verticali 
� fra Imprese o se debba invece vagliarsi in concreto il contenuto delle clausole 
dell'accordo al fine di stabilire l'applicabilit� o meno di detta norma (n. 2). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Gara. 

Se l'assentimento della concessione per il serv1z10 di rimorchio nei porti e negli 
altri luoghi di approdo possa avvenire senza l'espletamento di una gara (n. 75). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Ente Zolfi Italiani -Crediti vantati nei confronti della Regione Siciliana. 

l) Se la Regione possa approvare un rendiconto in cui figurano contabilmente 
entrate le quali non trovino riscontro in un atto giuridicamente efficace e operativo 
(n. 54). 

2) Se in mancanza di un provvedimento legislativo e di un diritto soggettivo 
sia utile, sempre per l'inserimento nel bilancio dei q::mtributi dovuti all'~nte Zolfi; 
il riconoscimento da parte della Regione dell'utilit� ricevuta per la creazione degh 
uffici dell'ente (n. 54). 

Finanziamento concesso dall'IRFIS -Legge 12 febbraio 1955, n. 38 -Fallimento della 
societ� mutuataria -Contributo nel pagamento degli interessi concesso dalla 
Cassa per il Mezzogiorno. 

3) Se nel caso di fallimento della Societ� mutuataria, alla quale la Cassa per il 
Mezzogiorno abbia concesso un contributo sull'ammontare degli interessi, la Cassa 
.stessa rimanga obbligata al versamento del contributo fin quando l'Istituto mutuante 



PARTE II, CONSULTAZIONI 121 

non avr� ottenuto il pagamento del suo credito o si sar� addivenuti alla chiusura 
del fallimento (n. 55). 

Imputabilit� del valore del contributo per la manutenzione di beni venduti alla P.A. Insussistenza. 



4) Se, essendosi convenuto tra la P.A. ed un privato che la prima debba acquistare 
dal secondo determinati beni per il loro valore, secondo lo stato d'uso, possa 
portarsi in diminuzione del valore di detti beni il contributo erogato dallo Stato 
per la formazione o la manutenzione dei beni stessi (n. 56). 

COSTITUZIONE 

Imposta di registro. 

1) Se sia fondata, in relazione all'art. 24 Cost., la questione di illegittimit� 
costituzionale delle norme di cui all'art. 21, l. 3 maggio 1948, n. 799, che prevede 
la liquidazione provvisoria dell'imposta sulla base dell'imponibile determinato 
dalla decisione della Commissione distrettuale (n. 30). 

2) Se sia fondata la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 148 legge 
di registro, in relazione all'art. 3 Cost. (n. 30). 

DAZI DOGANALI 

Contravvenzioni -Continuazione. e Configurabilit�. 

1) Se, in tema di classificazione controversa di merci ai sensi dell'art. 1 t.u. 
9 aprile 1911, n. 330, le ammende di cui agli artt. 118 e 119 legge doganale debbano 
essere applicate a tutte le operazioni successive analoghe alla prima che ha formato 
oggetto di contestazione, anche se effettuate nelle more del procedimento da concludersi 
con decisione ministeriale, o sia invece configurabile la continuazione ai 
sensi dell'art. 8 della l. 7 febbraio 1929, n. 4 (n. 28). 

Svincolo depositi effettuati da spedizionieri. 

2) Se, nel caso di somme depositate da spedizioniere doganale all'atto dello 
sdoganamento della merce importata che debbano essere in seguito restituite, sia 
titolare del diritto alla restituzione lo stesso spedizioniere ovvero il proprietario 
della merce (n. 29). 

3) Se nella ipotesi di cui sopra il pagamento possa effettuarsi a mani dello spedizioniere 
quale indicatore al pagamento (n. 29). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alienazione stabili -Interessi. 

1) Se gli interessi maturatisi sulle somme ricavate dalla alienazione degli stabili 
popolari, versate su conti correnti speciali della Cassa DD.PP., siano da considerare 
soggetti al vincolo di destinazione previsto dall'art. 21 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, 
mod. art. 11 l. 27 aprile 1962, n. 231, ovvero siano liberamente pagabili agli Enti 
costruttori degli alloggi popolari venduti (n. 167). 

Mutuo individuale. 

2) Se le Cooperative edilizie possano, ai sensi dell'art. 151 t.u. 28 aprile 1939, 

n. 1165, stipulare i contratti di assegnazione formale, di mutuo edilizio individuale e 
di riscatto per alloggi a mezzo di notaio oltre che in forme amministrative (n. 168). 
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122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ESECUZIONE FISCALE 

Imposta di registro. 

Se il credito per imposta di registro, oggetto di esecuzione forzata, debba considerarsi 
estinto col pagamento effettuato dal debitore a mani dell'ufficiale giudiziario 
incaricato del pignoramento (n. 71). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Accordo sull'indennit�. 

1) Se gli accordi stipulati in tema di indennit� di espropriazione si possono 
considerare negozi autonomi ai fini dell'imposta di registro (n. 205). 

Decorso del termine -art. 13, l. 25 giugno 1865, n. 2359. 

2) Se la dichiarazione di pubblica utilit� divenga inefficace per il s~m~lic~ e 
inutile decorso del solo termine fissato per il compimento delle espropnaz10m o 
unicamente per l'inutile scadenza del successivo termine fissato per il compimento 
dell'opera (n. 206). 

Indennit� -Decreto di svincolo. 

3) Se la Cassa DD.PP., depositaria di una inden~it� ~i espropriazione, po~sa 

-~ 

.,

valutare la regolarit� del decreto di svincolo emesso a1 sensi dell'art. 55, I. 25 gmgno 
1865, n. 2359 (n. 207). 

4) Se sia legittimo un decreto di svincolo emesso quando la determinazione 
dell'ammontare della indennit� di espropriazione non sia ancora divenuta definitiva 
rispetto a tutti gli interessati (n. 207). 

Ricorso straordinario avverso il decreto di espropriazione per gli impianti di rifornimento 
idrico dei Comuni Vesuviani. 

5) Se sia competente ad istituire il ricorso straordinari~, avverso. il decreto di 

I

esproprio emesso ,dal Prefetto dietro richiesta della Cassa per 11 Mezzogiorno, il Ministero 
del Turismo (n. 208). 

IFALLIMENTO 

Crediti vantati dalla P.A. nei confronti di imprese appaltatrici -Compensabilit� con 
la cauzione. 

1) Se i crediti vantati dalla P.A. nei confronti di un~ im~resa ~ppal~trice e 
derivanti da inadempienze contrattuali, possano essere soddisfatti ~ed1ante m?a~eramento 
della cauzione qualora l'impresa stessa sia stata successivamente dichiarata 
fallita (n. 91). 

Cinematografia. 

I 

2) Se, allorch� colui il quale abbia ceduto il diritto ai premi e ai contributi 

;

previsti per i films ammessi alla programmazione obbligato~ia venga dichiarato fallito, 
il creditore pignoratizio o il curatore potranno entrare m possesso delle somme 
dovute senza un provvedimento del giudice delegato (n. 92). 

I 



PARTE II, CONSULTAZIONI 123 

Finanziamento concesso dall'l.R.F.1.S., l. 12 febbraio 1955, n. 38 -Fallimento societ� 

mutuataria -Contributo pagamento interessi concesso dalla Cassa per il Mez


zogiorno. 

3) Se nel caso. di fallimento della societ� mutuataria, alla quale la Cassa per 
il Mezzogiorno abbia concesso un contributo sull'ammontare degli interessi, la Cassa 
stessa rimanga obbligata al versamento del contributo fin quando l'Istituto mutuante 
non avr� ottenuto il pagamento del suo credito o si sar� addivenuti alla chiusura 
del fallimento (n. 93). 

FERROVIE 

Agevolazioni tariffarie -Industrializzazione del Mezzogiorno. 

1) Se possano ritenersi suscettibili delle agevolazioni tariffarie per trasporti attinenti 
alla industrializzazione per il Mezzogiorno, di cui all'art. 2, commi a) b), 

d.m. 2 maggio 1958, le traverse e le rotaie destinate alla costruzione di impianti di 
raccordo tra gli stabilimenti industriali e la rete delle FF.SS. (n. 367). 
Autisti. 

2) Se le norme relative alla responsabilit� dei dipendenti FF.SS. addetti alla 
guida di automezzi dell'Azienda, e che prevedono un risarcimento solo parziale, 
siano estensibili anche agli autisti FF.SS. che guidano macchine di propriet� dell'Ispettorato 
Generale della Motorizzazione Civile dei Trasporti in concessione (n. 368). 

Concessioni speciali -Viaggi dei ciechi. 

3) Se la concessione speciale di cui all'art. 2, lett. a), punto, I, d.m. 8 giugno 
1962, che prevede l'applicazione della tariffa n. 6 (riduzione del 50%) per i 
viaggi dei ciechi e dei loro accompagnatori, possa ritenersi estensibile a tutte le 
possibili ipotesi di attivit� lavorativa, anche atipica (n. 369). 

Tasse di nolo -Prescrizione. 

4) Quale sia il termine di prescnz10ne dell'azione per il pagamento delle c.d. 
� tasse di nolo >>, previste dall'art. 32 del Capitolato per l'impianto e l'esercizio dei 
binari di raccordo (n. 370). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Avventizi -Assicurazione obbligatoria. 

1) Se possa ritenersi escluso dall'obbligo della assicurazione obbligatoria a mente 
dell'art. 38, r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 l'impiegato remunerato con retribuzione 
giornaliera (n. 584). 

2) Se siano dovuti i versamenti contributivi di cui sopra relativi al periodo di 
tempo in cui, pur sussistendo il rapporto di impiego, non sia stata per� corrisposta 
la retribuzione (n. 584). 

3) Se la prescrizione del diritto al risarcimento ex art. 2116 e.e. sia quinquennale 
ovvero decennale (n. 584). 

4) Se tale prescrizione decorra dal momento della cessazione del rapporto ovvero 
dall'et� di pensionamento dell'impiegato (n. 584). 

Personale a contratto dell'ANAS -Legge 31 dicembre 1962, n. 1845. 

5) Se i contratti stipulati dall' ANAS con i singoli dipendenti debbano intendersi 
superati dal nuovo contratto collettivo nazionale (n. 585). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

124 

Personale della GESCAL. 

6) Se dopo l'entrata in vigore della l. 14 febbraio 1963, n. 60, con la quale � 
stata soppressa l'INA-Casa sia automaticamente caduta la convenzione tra essa e 
la Gestione per la regolamentazione dei rapporti relativi al personale (n. 586). 

7) Se l'INA possa pretendere dalla GESCAL il rimborso di somme maggiori di 
quelle che risultano dovute al personale, a decorrere dal 10 luglio 1964, a seguito 
della assunzione alle dirette dipendenze dell'Ente, deliberata d;i questo e accettata 
dai singoli (n. 586). 

8) Se la GESCAL, dopo aver rimborsato integralmente all'INA le maggiori 
somme da questa versate al personale, possa poi rivalersi meCliante ritenuta nei 
confronti dei singoli impiegati (n. 586). 

9) Se per il periodo 10 luglio 1964-31 gennaio 1965 l'anzianit� degli impiegati 
possa venr computata due volte ai fini del trattamento di quiescenza, l'una nell'ambito 
del rapporto con l'INA e l'altra nell'ambito del rapporto con la GESCAL (n. 586). 

Personale addetto al controllo delle carte valori. 

10) Se al personale tecnico addetto al controllo della lavorazione delle carte 
valori, chiamato a svolgere, per esigenze di servizio, mansioni amministrative, competa 
l'assegno. forfetario, sostitutivo dello straordinario, nella misura del 54% ovvero 
nella ridotta misura del 47% (n. 587). 

IMPOSTA DI'REGISTRO 

Acquisto di aree. . 

1) Se, fuori delle ipotesi espressamente previste dalla 1. 24 gennaio 1962, n. 23, 
le agevolazioni fiscali di cui all'art. 14, I. 2 luglio 1949, n. 408 possano applicarsi 
agli atti di acquisto di aree nelle quali sia stata gi� iniziata la costruzione di 
edifici (n. 219). 

Costituzione. 

2) Se sia fondata, in relazione all'art. 24 Cost., la questione di legittimit� 
costituzionale delle norme di cui all'art. 21, l. 3 maggio 1948, n. 799, che prevede 
la liquidazione provvisoria dell'imposta sulla base dell'imponibile determinata dalla 

decisione della Commissione Distrettuale (n. 220). 

3) Se sia fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 148 legge 
di registro, in relazione all'art. 3 Cost. (n. 220). 

Cottimi fiduciari -Gara ufficiosa -Verbale di aggiudicazione -Non ha valore di 
controllo. 

4) Se il verbale di gara ufficiosa relativa ai cottimi fiduciari possa, ai fini dell'applicazione 
dell'imposta di registro, essere considerato verbale di aggiudicazione 
ai sensi dell'art. 16 legge di contabilit� di Stato, e quindi valido come contratto 

(n. 221). 
Decreto ingiuntivo. 

5) Se la inefficacia per mancata notifica, a norma dell'art. 644 c.p.c., del decreto 
ingiuntivo possa esimere il ricorrente dall'obbligo di corrispondere l'imposta graduale 
di registro prevista dal combinato disposto degli artt. 28 r.d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1531 e n4 della T.A., annessa alla l.o.r. nonch� la imposta proporzionale prevista 
dal combinato disposto dell'art. 72 della J.o.r. e 2 e 3 della T.A. annessa (n. 222). 
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PARTE Il, CONSULTAZIONI 125 

Delegazioni di pagamento. 

6) Se le delegazioni di pagamento tratte sul gettito delle imposte di consumo 
costituiscano atto inscindibile dei mutui garantiti (n. 223). 

7) Se le agevolazioni fiscali di cui all'art. 3 d.l. II gennaio 1945, n. 51 siano 
applicabili anche agli articoli che, come mezzo al fine, sono in correlazione con gli 
atti che godono delle agevolazioni (n. 223). 

Esecuzione fiscale. 

8) Se il credito per imposta di registro, oggetto di esecuzione forzata, debba 
considerarsi estinto col pagamento effettuato dal debitore a mani dell'ufficiale giudiziario 
incaricato del pignoramento (n. 224). 

Accordi sull'indennit� .di espropriazione. 

9) Se gli accordi stipulati in tema di indennit� di espropriazione si possano 
considerare negozi autonomi ai fini dell'imposta di registro (n. 225). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Acque minerali naturali medicinali o da tavola. 

1) Se, commesso un errore in sede di accertamento dell'imposta IGE ai sensi 
dell'art. 10, d.l. 19 ottobre 1944, n. 348, l'Amministrazione debba annullare l'atto 

(n. 107). 
2) Se, risultato illegittimo l'atto terminale del procedimento amministrativo, 
mantenga validit� ed efficacia il parere della Camera di Commercio (n. 107). 

Concessioni di autostrade. 

3) Se l'esecuzione prevista dall'art. 8, I. 24 luglio 1961, n. 729, comprenda anche 
l'IGE sui pagamenti corrisposti dall'ANAS, a titolo di rimborso, alle societ� concessionarie 
di autostrade senza pagamento di pedaggio per la costruzione dei restanti 
tratti autostradali previsti dall'art. 13, I. 2 febbraio 1961, n. 59 (n. 108). 

IMPOSTE E TASSE 

Credito agrario. 

1) Se il beneficio fiscale previsto dall'art. 21 del d.l. 5 luglio 1928, n. 176o e 
dall'art. 1 della 1. 4 ottobre 1955, n. 1883, per le operazioni di credito agrario competa 
quando l'operazione non sia tutta contenuta nella cambiale agraria, ma nel negozio 
vi siano clausole che modifichino o estendano il negozio cambiario (n. 389). 

Imposta sulla pubblicit�. 

2) Se rientri nella previsione della norma di cui all'art. 6 T.A. d.P.R. 24 giugno 
1954, n. 342 (il quale prevede l'assoggettabilit� ad imposta della pubblicit� 
effettuata mediante esposizione di prodotti in vetrine site in luoghi pubblici diversi 
da quello dove si svolge il commercio e la fabbricazione dei prodotti) il caso di 
vetrinette pubblicitarie infisse nella parte esterna di una delle pareti del negozio 

(n. 390). 
Imposta di fabbricazione sui filati. 

3) Se la pena pecuniaria prevista dall'art. 38 del d.l. 6 ottobre 1948, n. 1200, per 
l'omesso o ritardato pagamento dei diritti di licenza, si applichi anche nei confronti 
del fabbricante oltre che dell'esercente la vendita (n. 391). 



126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nuove imprese artigiane. 

4) Se ai fini dell'applicazione delle agevolazioni previste dall'art. 8, l. 29 luglio 
1957, n. 635, sia rilevante la data di costituzione della societ� che gestisce 
l'impresa ovvero la data di inizio dell'impresa stessa (n. 392). 

INVALIDI DI GUERRA 

Assegni -Ritenute in caso di ricovero ospedaliero. 

Se le ritenute previste dall'art. 32, l. 10 agosto 1950, n. 648, a carico degli assegni 
a favore di invalidi di guerra, di cui agli artt. 28, primo comma, 29, 30 e 31 della 
citata legge, debbano essere effettuate nei soli casi di ricovero ospedaliero ovvero 
anche quando il ricovero avvenga presso appositi istituti non ospedalieri in cui vengono 
apprestate le cure di cui gli invalidi dovessero necessitare (n. 19). 

LEGGI E DECRETI 

Decreti legge. 

Se, nel caso di soppressione di alcune parti di un decreto-legge ad opera della 
legge di conversione, essa soppressione abbia effetto, ex tunc, dalla data di pubblicazione 
o da quella di entrata in vigore della legge (n. 14). 

MEZZOGIORNO 

Ricorso straordinario avverso il decreto di espropriazione per gli z"mpianti di rifornimento 
idrico dei Comuni Vesuviani. 

1) Se sia competente ad istruire il ricorso straordinario, avverso il d~creto ~i 
esproprio emesso dal Prefetto dietro richiesta della Cassa per il Mezzogiorno, il 
Ministero dell'Interno (n. 30). 

Finanziamento concesso dall'IRFIS, l. 12 febbraio 1955, n. 38 -Fallimento della 

societ� mutuataria -Contributo nel pagamento degli interessi concesso dalla 

Cassa per il Mezzogiorno. 

2) Se nel caso di fallimento della societ� mutuataria alla quale la Cassa per il 
Mezzogiorno abbia concesso un contributo sull'ammontare degli interessi, la Cassa 
stessa rimanga obbligata al versamento del contributo fin quando l'istituto mutuante 
non avr� ottenuto il pagamento del suo credito o si sar� addivenuti alla chiusura 
del fallimento (n. 31). 

MINIERE 

Regioni -Regione Siciliana. 

1) Se in sede di impugnazione di un decreto concernente la decadenza da concessione 
di miniera di zolfo siano rilevanti le eccezioni di incostituzionalit� della 
normativa introdotta con legge della Regione Siciliana 30 giugno 1964, n. 16 (n. 17). 

2) Se sia rilevante, nell'ipotesi prospettata, la eccezione di incostituzionalit� 
della norma che prevede la decadenza dalla concessione in caso di sospensione della 
coltivazione, quando la decadenza sia stata comminata per mancato pagamento delle 
retribuzioni al personale (n. 17). � 

3) Quando ricorra l'eccesso di potere legislativo e se tale vizio sia sindacabile 
dalla Corte Costi~uzionale (n. 17). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 127 

MONOPOLIO 

Giudizi pendenti all'atto della soppressione dell'Azienda Banane. 

, .Se, dopo la soppressione .dell'Azienda Autonoma Banane. (I. 9 ottobre 1964, 

n. 986), l'Ammi.\].istrazione dei Monopoli di Stato debba subentrare in tutti i giudizi 
pendenti, nei quali era parte l'Ente soppresso (n. 46). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Contributi per la manutenzione di beni poi venduti alla p.a. . 
r) Se, essendosi convenuto fra una p.a. ed un privato che la prima debba acquistare 
dal secondo determinati b�ni per il loro valore, secondo lo stato d'uso, possa 
portarsi in diminuizione del valore di detti beni il contributo erogato dallo� Stato 
per la formazione o la manutenzione dei beni stessi (n. 42). 

Distinzione fra vendita di cosa futura ed appalto -Fattispecie. 
2) Se, stipulatosi contestualmente un duplice negozio, relativo l'uno alla vendita 
per contanti di una superficie edificatoria, riguardante l'altro la vendita di un immobile 
che il venditore dell'area vi dovr� costruire per l'acquirente, col pagamento del 
prezzo differito secondo gli stati d'avanzamento, integri questo secondo negozio una 
fattispecie di vendita di. cosa futura o non piuttosto di appalto (n. 43). 

OPERE PUBBLICHE 

Atto dei costruttori. 

Se il requisito previsto dalla I. ro febbraio 1962, n. 57, per l'ammissione delle 
imprese ai pubblici appalti debba essere posseduto al momento della formulazione 
dell'offerta (n. 64). 

POLIZIA 

Autorizzazione all'impianto di f�bbriche e depositi di materiali esplosivi. 

r) Se i poteri dell'autorit� di P.S. di cui al relativo t.u., artt. ro e 11 e relativi 
alla revocabilit� delle autorizzazioni di Polizia per l'impianto di fabbriche e depositi 
di materiali esplosivi vengano in qualche modo limitati dalle norme di cui all'art. 3, 
cap. I, all. B) al regolamento, che d� facolt� al Ministro dell'Interno di ordinare .1a 
soppressione o modificazione di opifici gi� autorizzati divenuti pericolosi in conseguenza 
dell'estendersi dei fabbricati urbani o della costruzione di una pubbliqi 
strada (n. 34). 

2) Se, in caso ,di revoca, pqssa il titolare dell'autorizzazione vantare. un diritto 
al risarcimento dei danni (n. 34). 

POSTE E TELEGRAFI 

Pubblicit�. 

r) Se l'Amministrazione p.t. possa consentire l'uso di speciali annunci postali a 
carattere pubblicitario, richiesti da enti che non abbiano direttamente scopo di lucro 
'(n. rr6). 


2) Se sia legittima la ripresa, da parte dell'Amministrazione pp.tt., dell'attivit� 
pubblicitaria nell'ambito delle disposizioni di cui al d.l.C.p.S. 15 settembre 1946, 

n. 622 e successive modificazioni (n. 117). 
21 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

128 

PRESCRIZIONE 

Ferrovie -Tasse di nolo. 

1) Quale sia il termine di prescrizione sull'azione per il pagamento delle c.d. 
" tasse di nolo �, previste dall'art. 32 ciel Capitolato per l'impianto e l'esercizio dei 
binari di raccordo (n. 49). 

Impiego pubblico -Avventizi -Assicurazione obbligatoria. 
2) Se la prescrizione del diritto al risarcimento ex art. 2116 e.e. sia quinquennale 
oppure decennale (n. 50). 

3) Se tale prescrizione decorra dal momento della cessazione del rapporto ovvero 
dall'~t� di pensiona~ento dell'impiegato (n. 50). 

Obbligazioni della p.a. 

4) Se sia applicabile-la prescrizione presuntiva alle obbligazioni contratte dalla 

p.a. (n. 51). 
PROCEDIMENTO CIVILE 

Amministrazione pubblica -Affidamento dei lavori -Legittimazione passiva. 

Se, in caso di " affidamento � di lavori da una pubblica Amministrazione ad 
altra pubblica Amministrazione, gli atti di esecuzione vengano svolti dall'affidatario 
in nome proprio e sia questi quindi passivamente legittimato a resistere in giudizo 
nelle eventuali cause relative (n. 33). 

PROPRIETA' 

Responsabilit� civile -Danni ad immobili -Prova. 

Se la prova della propriet� degli immobili danneggiati da incidenti di volo possa 
fornirsi a mezzo di atto di notoriet� o dichiarazione giurata prodotti dai danneggiati 
(n. 40). 

PROVA 

Propriet� -Responsabilit� civile. 

Se la, prova della propriet� degli immobili danneggiati da incidenti di volo 
possa fornirsi a mezzo di atto di notoriet� o dichiarazione giurata prodotti dai danneggiati 
(n. 2). 

REGIONI 

Agevolazioni fiscali per assunzione diretta, da parte dei Comuni siciliani degli autoservizi 
per viaggiatori in regime di concessione. 

1) Se la I. 11 novembre 1964, n. 27, sia attualmente in vigore e se, conseguentemente, 
le agevolazioni previste dalla I. 29 novembre 1962, n. 1698, si applichino 
esclusivamente agli atti occorrenti per la municipalizzazione degli autoservizi comunali 
a Catania, Palermo e Trapani (n. 126). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 
129 

Regione siciliana -Tutela paesistica. 

2) Se possa ritenersi legittima l'imposizione, nella Regione siciliana, di vincolo 
paesistico effettuato con decreto del Ministro per la P.I. invece che con decreto del 
Presidente regionale e senza previo concerto con l'Assessore al turismo (n. 127). 

3) Se il provvedimento di convalida del vincolo di cui sopra emesso dal Presidente 
regionale possa avere efficacia ex tunc (n. 127). 

4) Se il Presidente regionale possa adottare, nella fattispecie de qua, provvedimento 
di revoca della revoca della sospensione dei lavori, ex art. 8, 1. 29 giugno 1939� 

n. 1497� disposta dal Ministro per la P.I. e se, in caso d'inerzia del primo, possa 
provvedervi il Governo in sede di controllo sostitutivo (n. 127). 
5) Se il Presidente regionale abbia il potere di includere nel vincolo paesistico 
localit� non contenute nel parere o nella proposta della Commissione provinciale 

(n. 
127). 
6) Se in caso di illegittimit� del vincolo paesistico, come sopra, possa l'autorit� 
giudiziaria penale, chiamata ad applicare l'art. 734 c.p., disaplicare il provvedimento 
di vincolo (n. 127). 

Contributi e finanziamenti -Ente Zolfi Italiani -Crediti vantati nei confronti della 
Regione siciliana. 

7) Se la Regione possa approvare un rendiconto in cui figurano contabilmente 
entrate le quali non trovino riscontro in un atto giuridicamente efficace e operativo 
(n. 128). 

8) Se in mancanza di un provvedimento legislativo e di un diritto soggettivo sia 
utile, sempre per l'inserimento nel bifancio dei contributi dovuti all'Ente Zolfi, il 
riconoscimento da parte delle Regioni dell'utilit� ricevuta per la creazione degli 
uffici dell'Ente (n. 128). 

Regione siciliana -Miniere di zolfo. 

9) Se in sede di impugnazione di un decreto concernente la decadenza .da 
concessione di miniera di zolfo siano rilevanti le eccezioni di incostituzionalit� della 
normativa introdotta con legge della Regione. siciliana 30 giugno 1964, n. 16 (n. 129). 

10) Se sia rilevante, nell'ipotesi prospettata, la eccezione di incostituzionalit� 
della norma che prevede fa decadenza dalla concessione in caso di sospensione 
delle coltivazioni, quando la decadenza sia stata comminata per mancato pagamento 
delle retribuzioni al personale (n. 129). 

l) Quando ricorra l'eccesso di potere legislativo e se tale vizio sia sindacabile 
dalla Corte costituzionale (n. 129); 

RESPONSABILITA' CIVILE 

Amministrazione pubblica. 

1) Se possa ritenersi valida e operante per l'�mministrazione una clausola liberatoria 
di responsabilit� che fosse posta nei contratti stipulati dall'Amministrazione 
ste~sa con le ditte cui fossero commessi lavori di manutenzione e di ripristino di 
munizionamenti (n. 216). 

Assicurazioni -Chiamata in causa della societ� assicuratrice. 
2) Se sia opportuno, in linea di massima, chiamare in causa la societ� assicuratrice 
nei giudizi di responsabilit� civile contro l'Amministrazione (n. 217). 



RASSEGNA DELL'.AVVOCATURA ~ELLO STATO

130 

Circolazione di autoveicoli. 

3) Se, transatti i danni prodotti a privati dalla circolazione di veicoli dell'Amministrazione, 
questa debba corrispondere compensi per l'opera di consulenti tecnici 

o di studi di consulenza infortunistica (n. 218). 
Danni causati da bradisismo. 

� 4) Se una P.A. possa essere chiamata a rispondere dei danni causati da fenomeni 
di bradisismo negativo conseguenti a sfruttamento di. giacimenti di metano 
sulla base di concessione assentita da altra P.A. (n. 219). 

Danni ad immobili -Propriet� -Prova. 

5) Se la prova della propriet� di immobili danneggiati da incidenti di volo possa 
fornirsi a mezzo di atto di notoriet� o dichiarazione giurata prodotti dai danneggiamenti 
(n. 220). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Ricorso straordinario avverso il decreto di espropriazione per gli impianti di rifornimento 
idrico dei Comuni Vesuviani. 

Se sia competente ad istruire il ricorso straordinario, avverso il decreto di esproprio 
emesso dal Prefetto dietro richiesta della Cassa per il Mezzogiorno, il Ministro 
dell'Interno (n. 11). 

SOCIETA' 

Se sia ammissibile una societ� di fatto tra una Societ� di capitali ed una 
societ� di persone (n. 110). 

STRADE 

Concessione di autostrade -J.g.e. 

1) Se l'esecuzione prevista aall'art. 8, 1. 24 luglio 1961, n. 729, comprenda anche 
l'i.g.e. sui pagamenti corrisposti dall'ANAS, a titolo di rimborso, alle societ� concessionarie 
di autostrade senza pagamento di pedaggio per la costruzione dei restanti 
tratti autostradali previsti dall'art. 13, 1. 2 febbraio 1961, n. 59 (n. 59). 

Impianti distributori carburanti. 

2) Se sia legittima una richiesta di aggiornamento dei canoni per l'occupazione 
delle aree demaniali da parte dei gestori dei distributori di carburante, rispettando 
le formalit� di legge ai sensi dell'art. 37, 1. 7 febbraio 1961, n. 59 (n. 60). 

3) Se la suddetta legge 7 febbraio 1961, n. 59 contrasti con l'art. 23 della Costituzione 
(n. 6o). 

4) Se per la riscossione del maggior canone l'Amministrazione possa usare lo 
strumento dell'ingiunzione previsto dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639 (n. 6o). 

SUCCESSIONE 

Successione dello Stato italiano a cittadino venezuelano. 

Se lo Stato possa diventare titolare di un usufrutto ex lege in virt� di un rapporto 
che non rientra in nessuna delle due fattispecie ex lege previsto dal .codice civile 

(n. 74). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 131 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Comunit� economica europea -Trattato istitutivo -Accordi � verticali � fra imprese Applicabilit� 
dell'art. 85. 

1) Se possa uno stato membro impugnare dinanzi alla Corte di Giustizia una 
decisione emanata dalla Commissione della C.E.E., ed avente, come destinatari, soggetti 
diversi dallo stato stesso. (n. 20). 

2) Se debba escludersi l'applicabilit� dell'art. 85 del Trattato agli accordi �verticali 
" fra imprese o se debba invece vagliarsi in concreto il contenuto delle clausole 
dell'accordo al fine di stabilire l'applicabilit� o meno di detta norma (n. 20). 

TURISMO 

Enti lirici. 

1) Se sia legittima la esclusione dalle sovvenzioni statali in favore delle manifestazioni 
liriche e concertistiche italiane all'Estero delle persone, societ�, ed enti 
in genere che, oltre all'attivit� lirica, esplicano, anche attraverso le sole persone 
del dirigente, presidente o legale rappresentante, attivit� di commerciante, artigiano, 
professionista o pubblico impiegato (n. 17). 

2) Se possa disporsi la soppressione delle misure di garanzie, richieste a pena 
di decadenza dalla concessione delle sovvenzioni statali, e relative all'esatto adempimento 
delle obbligazioni assunte verso gli scritturati per la stagione lirica 
all'Estero (n. 17). 

3) Se l'erogazione delle sovvenzioni statali debba essere subordinata alla dimostrazione, 
da parte degli enti lirici, dell'eseguita ritenuta di acconto prevista dalla 

1. 21 aprile 1962, n. 226 (n. 17). 
Presidente e Consigli di Amministrazione -E.P.T. 

4) Se la durata in carica del Presidente dell'E.P.T. debba necessariamente coincidere 
con quella del Consiglio di Amministrazione dell'Ente stesso (n. 18). 



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