ANNO XVI -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1964 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Pubblicazione di servizio 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA 
NAZIONALE 
COSTITUZIONALE E INTERpag. 
627 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE 
su QUESTIONI DI GIURI:. 
� 666 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE . � 698 
Sezione� quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � 741 
Sezione quinto: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � 756 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQBLICHE APPALTI E FORNITURE 
UE PUB
� 792 
Sezione settimo: GIURISPRUDENZA PENALE � 801 

Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI 

RASSEGNA DI DOTTRINA . pag. 117 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 125 
QUESTIONI � 136 
CONSULTAZIONI � 141 

Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
Michele Savarese, Giorgio Zagori, Franco Carusi~ Ugo Gargiulo, Leonida Correale, 

Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; 
le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Benedetto Baccari e Mario . Fanelli. 


Coordinamento generale: avvocati 
Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. 




Elenco delle principali annotazioni a sentenze 
G. ZAGARI, La giurisdizi~ in tema di rapporti di lavoro degli insegnanti 
delle scuole nei Convitti Nazionali . pag. 670 
G. ZAGARI, Giurisprudenza in materia di indennizzi per i beni italiani 
nei territori ceduti alla Jugoslavia D 686 
F. C::ARUSI, In .tema di delegazione amministrativa . � 700 
F. CARUSI, Su un caso 
di credito . 
di affermata tutela aquiliana di un diritto 
D 707 
F. CARUSI; Sostituzione e non rapporto organico . 736 
A. TERRANOVA, I limiti del sindacato di legittimit� del Consiglio di 
Stato in materia di avanzamento a scelta degli ufficiali � 746 
L. CORREALE, Osservazioni sul regime fiscale delle cessioni di credito 
verso la P.A. in dipendenza di appalti di lavori o forniture 
di merci e in relazione a finanziamenti di somme .concessi dalle 
Aziende ed Enti previsti dal 1'.d. 375/36 . 779 
O. FIUMARA, .Ancora sull'impugnazione principale in luogo di quella 
incidentale, �on applicazione <il processo davanti alle Commissioni 
tributarie 785 
G. MATALONI, Osservazioni sugli aspetti tributari della successione 
nelle Commende del S.M.0.M. . 789 



INDICE ANALITICO-ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

......:. 
Antiche utenze -Pronunzia del giudice 
ordinario in pendenza de'Ja procedura 
di riconoscimento -Effetti sul 
provvedimento amministrativo, 674. 

-Sentenza dei Tribunali delle aa.pp. Notificazione 
del dispositivo all'avvocato 
e non al procuratore costituito Validit�, 
79. 

-Sentenza del Tribunale 'superiore -Ricorso 
per cassazione -Termine, 792. 
-V. anche Competenza e giurisdizione. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E 
DEGLI ENTI PUBBLICI 

-De'egazione amministrativa -Natura 
giuridica -Effetti -Responsabilit� del 
de'.egato verso i terzi -Delegazione 
del.'Amministrazione LL.PP. agli Istituti 
Case Popolari, con nota di F. CARUSI, 
698. 

-Ente Pubb'.ico Economico -E!ementi 
di individuazione, 666. 

-Rappresentanza in giudizio -Disciplina 
positiva -Individuazione della 
Amministrazione legittimata alla causa 
e de:J'organo legittimato al processo 
-Onere dei terzi e non dello 
Stato attore in giudizio, 732. 

-Rappresentanza in giudizio -Necessit� 
della duplice indicazione dell' Amministrazione 
legittimata alla causa 
e dell'organo legittimato al processo 
a pena di nullit� insanabLe della 
� vacatio in jus � -Non occorrono 
formule speciali o solenni, 732. 

-Rappresentanza in giudizio -"Jus 
�superveniens � -Portata, 731. 

-Soppressione e liquidazione di Enti 
di diritto pubb'.ico e di altri Enti, 
sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti 
a vigilanza dello Stato, e comunque 
interessanti la finanza stata'.e Liquidazione 
G.R.A. -Tutela giudizi�ria 
di diritto di credito vantato 
contro la G.R.A. -Necessit� del previo 
esperimento di procedimento amministrativo 
per il riconoscimento del 
credito -Non sussiste, 724. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Ferrovie, Responsabilit� civile. 

ANTICHITA' E BELLE ARTI 

-Opere dirette alla ricerca di cose di 
interesse archeologico senza la prescritta 
concessione -Fattispecie legale 
di reato contrastante con gli artt. 27 e 
41 della Costituzione -Esclusione, 662. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Sospensione 
dei lavori -Dipendenza da fatti 
ascrivibili a colpa dell'Amministrazione 
-Inapplicabilit� dell'art. 35 del 
capitolato generale del 1895, 793. 

-Appalto di opere ferroviarie -Situazione 
finale -Vincolativit� per l'appaltatore 
e non per l'Amministrazione 
FF.SS. -Diritto dell'Amministrazione 
delle FF.SS. di ripetere gli acconti 
che risultino versati in pi� del dovuto 
in base al conto finale accettato 
dall'appaltatore, 723. 

-V. anche Imposta di registro, Opere 
pubbliche, Responsabilit� civile. 

APPELLO 

-Domande nuove -Mutamento della 
� causa petendi � -Fattispecie in tema 
di azione per occupazione abusiva da 
parte della P.A., 682. 

-V. anche Procedimento civile, Spese 
giudiziali. 

ARBITRATO 

-Intervento di terzo � iussu iudicis � Ammissibilit�, 
797. 

ASSICURAZIONI 

- 
V. Previdenza e assistenza. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Conversione -Presupposti, 696. 
-Ordinanze d! urgenza -Ordinanze 
sindacali emesse ai sensi de:J'art. 20 

t.u. 8 dicembre 1923, n. 1740 -Natura 
-Definitivit�, 753. 
- 
V. anche Amministrazione dello Stato, 
Esecuzione fiscale. 

CASSAZIONE 

-Incensurabilit� da parte della Corte 
di Cassazione degli apprezzamenti di 
fatto dei giudici di merito -Non si 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VI 

estende a quelli riguardanti le atti-
Istruzione pubblica -Convitti naziovit� 
processuali svolte dalle parti, 732. nali ed educandati -Scuole annesse 
-Questione nuova -Preclusione -Doai 
convitti -Incaricati di insegnamento 
manda di risarcimento di danni per -Rapporto di lavoro -Natura privaco'.
pa extracontrattuale -Deduzione tistica -Giurisdizione ordinaria, 670. 
in Cassazione di colpa contrattuale --Occupazione d'urgenza protratta olInammissibilit�, 
710. tre il biennio -Danni -Competenza 
giurisdizionale del giudice ordina


-Ricorso incidentale condizionato -Am


rio, 682.

missibilit�, 727. 
-Regolamento di competenza -Con~

-V. anche Acque pubbliche, Imposte 

vertibilit� in regolamento di giurisdi


e Tasse, Impugnazione, Responsabilit� 

zione -Limiti, 670. 

civile, Spese giudiziali, Trasporto. 

-Regolamento di giurisdizione -QueCOMMISSIONI 
TRIBUTARIE stione di legittimit� costituzionale Poteri 
della Corte di Cassazione -Li


-V. Imposte e Tasse. 

miti, con nota di G. ZAGARI, 683. 
-Riforma fondiaria -Sicilia -Terreni

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

soggetti a riforma -Sesto residuo 


-Acque pubbliche -Utenze utilizzate Diritto soggettivo -Non sussiste nel 
trentennio anteriore al 1884 -Con


Giurisdizione A.G.O. -Non sussi


troversia con la P.A., in pendenza del 

ste, 669. 

procedimento di riconoscimento giu


-Sentenza che dichiara difetto di giu


risdizionale -Competenza dell' A.G.O. 

risdizione e rigetta domanda risarci


-Sussiste, 674. 

toria -Regolamento di giurisdizione -
Amministrazione dello Stato ed Enti Inammissibilit�, 681. 
Pubblici -Rapporto con i dipendenti -. 

-Terremoto -Piano Rego!atore di Mes


Mancanza dell'atto formale di no


sina -" Area compresa nel Piano -Con


mina -Disciplina privatistica -Contro


troversia tra Amministrazione Finan


versia -Giurisdizione ordinaria, 696. 

ziaria e l.A.C.P. -Giurisdizione ordi-
Competenza del Tribunale superiore naria, 672. 
delle acque pubbliche -Controversie 

-Trattati di' pace -Territori ceduti 

su interessi legittimi in materia di dall'Italia -Indennizzo -.Controveracque 
pubbliche, 750. sia -Questione .di diritto soggettivo -
Difetto di giurisdizione -Questione Giurisdizione del g.o., con nota di 

di legittimit� costituzionale -PregiuG. 
ZAGARI, 683. 
dizialit� -Limiti, con nota di G. ZA-
V. anche Cosa giudicata, ResponsabiGARI, 
683. lit� civile. 


-Ente Pubblico Economico -Ente Au


COMUNE

tonomo .Mostra d'Oltremare -Rapporto 
di impiego -Controversie --V. Elezioni, Responsabilit� civile. 


A.G.O. -Competenza -Sussiste, 666. 
CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 
-Espropriazione per p.u. -Decreto di 


-V. Opere pubbliche. 

esproprio -Contestazione del potere 
giurisdizionale del giudice ordina


CONFISCA 

rio, 682. 

-V. Fascismo. 

-Falso civile -Tribunale privo di giurisdizione 
nella causa di merito -CONTENZIOSO TRIBUTARIO 
Querela di falso incidentale -Difetto 


-V. Imposte e Tasse. 

di giurisdizione, 679. 

-Giurisdizione ordinaria e amministraCOR,
TE COSTITUZIONALE 
tiva -Criteri di discriminazione --V. Competenza e giurisdizione, TratProspettazione 
della domanda -Irritato 
internazionale, Trieste. 
levanza -� Petitum � sostanziale,. 668. 
COSA GIUDICATA

-Impiego pubblico -Controversia patrimoniale 
-Giurisdizione esclusiva del -Giudicato sulla giurisdizione -SenConsiglio 
di Stato -Limiti, 679. tenza precedente che abbia dichia.rato 



INDICE 
VII 

la 
giurisdizione del giudice adito e 

non sia stata impugnata, con nota di 

F. CARUSI, 698. 
-V. anche Giustizia amministrativa. 
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 

-:C.eggi, decreti e regolamenti -Riserva 
di legge in materia penale -Legge 
sulla repressione degli abusi di stupefacenti 
-Elenchi delle specialit� 
stupefacenti pubblicati dal Ministero 
della Sanit� -Violazione della riserva 
di legge -Esclusione, 630. 

-Parlamento -Cost. art. 67 -Libert� 
dei membri del par'.amento -Divieto 
di mandato imperativo -Libert� per 
il parlamentare di votare contro le 
direttive del Partito -Preteso contrasto 
de'.la legge n. 1643 del 1962 con l'art. 
67 cost. -Infondatezza del'a questione, 
con nota di L. TRACANNA, 627. 

-V. anche Antichit� e Belle Arti, Elezioni, 
Esecuzione fisca!e, Espropriazione 
per p.u., F�scismo, Imposte e 
Tasse, Giudizio di legittimit� costituzionale, 
Ordinamento giudiziario, 
Previdenza e Assistenza, Prostituzione, 
Tasse e Imposte comunali, Trattato 
internazionale, Trieste. 

DANNI 

-V. Prescrizione, Responsabilit� civile, 
Trasporti. 

DANNI DI GUERRA 

-V. Guerra, Competenza e giurisdizione. 


DECADENZA 

-Domanda proposta innanzi a giudice 
incompetente -Tempestiva riassunzione 
innanzi al giudice dichiarato 
competente -Effetto impeditivo della 
decadenza -Sussiste, 716. 

DEMANIO 
-V. Antichit� e Belle Arti, Elettrodotti. 


DONAZIONI 

- 
V. Enti pubblici. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


- 
V. Imposta di, registro. 

ELETTRODOTTI 
-Servit� di elettrodotto perpetua ed 
inamovibile -Competenza prefettizia, 
750. 

ELEZIONI 
-Elezioni amministrative -Elezioni comunali 
-Impugnative e ricorsi -Azione 
popolare -Limiti -Riparto dei 
consiglieri del comune fra le frazioni 
-Ricorso del cittadino -Esclusione, 
755� 
-Disciplina della propaganda elettorale 
-Violazione del diritto di espressione 
e diffusione del pensiero -Non sussiste, 
655. 

ENTI PUBBLICI 
-Capacit� di donare -Ammissibilit�, 


729. 
- 
V. anche Amministrazione dello Stato, 
Competenza e giurisdizione, Imposta 
di registro. 

ESECUZIONE FISCALE 

-Inammissibilit� dell'opposizione agli 
atti esattoriali sui mobili del debitore 
da parte del coniuge o di parenti o 
affini entro il terzo grado, giusta l'art. 
207 t.u. imposte dirette -Contrasto 
con gli artt. 24 e� 42 della Costituzione 
-Non sussiste, 634. 

-Ingiunzione -Opposizione giudiziaria 
-Revoca o annullamento dell'ingiunzione 
da parte dell'A.G.O. -Inammissibilit�, 
con nota di L. CORREALE, 
7i7


-Ingiunzione a norma dell'art. 144 
della legge di registro -Natura Atto 
amministrativo, con nota di L. 
CORREALE, 777. 


- 
V. anche Imposte e Tasse. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Cost. art. 43 -Requisito dei fini di 
utilit� generale ~ Sindacato della Corte 
Costituziona'e -Limiti, con nota di 

L. 
TRACANNA, 627. 
- 
Determinazione dell'indennit� nei casi 
in cui sia applicabile l'art. 13 della 

1. 16 gennaio 1885, n. 2892, per il 
risanamento della citt� di Napoli, 730. 
-Determinazione dell'indennit� -Stima 
del valore delle aree espropriande Carattere 
edificatorio -Criterio di ac-� 
certamento, 719. 

-Espropriazione Farziale -�pplicazione 
art. 40, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 Portata 
della norma, 730. 

- 
Espropriazione parziale -Determinazione 
indennit� -Applicazione art. 
40, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Portata 
della norma -Inderogabilit�, 719, 



RASSECNA DE:l.L'AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 

-Giun~a speciale per le espropriazioni 
per p.u. presso la Corte d'Appello di 
Napoli -' Giurisdizione speciale -Composizione 
-Funzione -Capacit� di 
di dare giudizi tecnici, 730. 

-Indennit� -Deposito presso la Cassa 
DD.PP. -Determinazione giudiziale 
in seguito ad opposizione dell'espropriato 
-Condanna dell'espropriante al 
pagamento della relativa somma Inammissibilit� 
-Necessit� del deposito 
presso la Cassa DD.PP. -Sussiste, 
722. 

-Indennit� originaria e supplementare 
di espropriazione -Deposito presso la 
Cassa Depositi e Prestiti -Necessit� 
del previo esperimento della particocolare 
procedura predisposta dal legislatore 
per il pagamento, 730. 

-Occupazione illegittima di terreno da 
parte della P.A. -Risarcimento per 
la mancata utilizzazione del bene Interesse 
legale sulla somma liquidata 
a titolo di risarcimento per la perdita 
dell'immobile, 721. 

-Occupazione di urgenza di immobile Scadenza 
del biennio di cui all'art. 73, 

1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Illiceit� 
della ulteriore detenzione dell'immobile 
Sopravvenienza del decreto 
espropria tivo -Cessazione dell'illiceit� 
-Risarcimento dei danni per il periodo 
di illecita detenzione dell'immobile 
-Criteri di liquidazione, 733. 
- 
V. anche Competenza e giurisdizione, 
Riforma fondiaria. 

FALSO 

- 
V. Competenza e giurisdizione. 

�FASCISMO 

-Sanzioni contro il fascismo -Confisca 
dei beni -Natura di pena -Esclusione 
-Contrasto con gli artt. 25 e 
27 della Costituzione -Non sussiste, 
648. 

FERROVIE 

-Ferrovie dello Stato -Rappresentanza 
dell'Amministrazione -Potere di rappresentanza 
dei direttori compartimentali 
-Non esclude il potere di 
rappresentanza del Ministro dei Trasporti, 
716. 

-V. anche Responsabilit� civile, Trasporti. 


GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 


-Giudizio incidentale di legittimit� costituzionale 
-Rilevanza -Sindacato 
della Corte Costituzionale -Limiti Insussistenza 
"prima facie� del giudizio 
-Insindacabilit� del giudizi� di 
rilevanza, con nota di L. TRACANNA, 
627. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Corte Costituzionale. 

GIUOCO D'AZZARDO 
-Esercizio di casa da giuoco in Taormina 
-Sanatoria, 901. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
-Esecuzione di giudicato -Richiesta 
restituzione di immobili espropriati e 
gi� destinati con successivi atti al 
pubblico interesse -Inammissibilit� � Fattispecie, 
751. 
-Ricorso giurisdizionale per l'esecuzione 
del giudicato -Estensione al giudicato 
amministrativo, 679. 
-Scusabilit� deli'errore -Sindacato del 
Consiglio di Stato -Limiti, 741. 
-V. anche Sicilia. 

GUERRA 

-Territori ceduti dall'Italia -Beni italiani 
-Condizione giuridica -Ex proprietari 
-Posizione rispetto allo Stato 
Italiano, con nota di G. ZAGARI, 683. 

- 
V. anche Opere pubbliche. 

IMPIEGO PUBBLICO 

.,

-Ufficiale dell'esercito -Avanzamento " 
a scelta -Censura di disparit� di trattamento 
-Ammissibilit�, con nota di 

A. 
TERRANOVA, 746. 
-Ufficiale dell'esercito -Avanzamento 
a scelta -Disparit� di trattamento Definizione, 
con nota di A. TERRANOVA, 
746. 

-Ufficiale dell'esercito -Avanzamento 
a scelta -Sindacabilit� del giudice 
amministrativo, con nota di A. TERRANOVA, 
746. 

-Ufficiale deTesercito -Avanzamento 
a scelta -Natura -Sistema del merito 
comparativo -Esclusione, con nota 
di A. TERRANOVA, 746. 

- 
Ufficiale dell'esercito -Avanzamento 
a scelta -Giudizio di legittimit� Poteri 
istruttori -Limiti -Acquisizione 
documentazione personale degli 
altri ufficiali scrutinati -Esclusione 


INDICE IX 

Acquisizione dati parziali a mezzo 
stralci o copie parziali document:izione 
personale altri scrutinati -Ammissibilit� 
-Limiti, con nota di A. 
TERRANOVA, 746. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 

IMPOSTA COMPLEMENTARE SUL 
REDDITO 

-Contributi agricoli unificati -Detrazione 
dal coacervo dei redditi a norma 
dell'art. 8 del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3062 -Ammissibilit�, 769. 
-Maggiori oneri derivanti dal Lodo 
De Gasperi e dalla tregua mezzadrile Detrazione 
dal coacervo dei redditi a 
norma dell'art. 8 del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3062 -Inammissibilit�, 769. 

IMPOSTA DI REGISTRO 
-Agevolazioni tributa.rie a favore di 
cooperative edilizie -Prima assegnazione 
-Socio di' cooperative edilizie Nozione 
-Comprende anche una persona 
giuridica, con nota di GIORGIO 
AZZARITI, 765. 
-Cessione di credito verso la P.A., dipendente 
da appalti d.i lavori e forniture 
di merci, in relazione a finanziamenti 
concessi dalle Aziende o Enti 
di credito contemplati dal r.d.l. 12 
marzo 1936, n. 375 a favore di ditte 
commercia'i ed industriali -Aliquote 
ridotte Correlazione fra i due negozi 
-Estremi -Criteri di determinazione, 
con nota di L. CORREALE, 777. 
-Cooperative edilizie -Atti re'.ativi ad 
operazioni non previste, dallo statuto -
Tass� fissa -Esclusione, 7jo. 
-Societ� commerciale -Deliberazione 
di proroga adottata dopo la scadenza 
del termine di durata di societ� -Tassazione 
-Imposta proporzionale Inapp'.
icabilit�, 776. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 
-Commenda del Sovrano Militare Ordine 
di Malta -Morte del titolare Passaggio 
dei diritti sulla commenda 
all'erede, con nota di G. MATALONI, 
788. 
-Immobili -Valore� venale in comune 
commercio -Determinazione -Criteri 
in relazione alla destinazione, 764. 

IMPOSTA IPOTECARIA 
-Agevo'azioni tributarie -Costruzioni 
di case popolari ed economiche -Ipoteca 
concessa al comune per garantire 
la restituzione delle somme con


cesse dall'Istituto Case popolari -Natura 
del negozio a garanzia del quale 
l'ipoteca � concessa, 775. 

-Agevo'.azioni tributarie -Costruzioni 
di case popolari ed economiche -Rapporti 
obbligatori . rivolti a procurare 
fondi necessari alla costruzione -Natura 
tipica o atipica, 774. 

-Agevolazioni tributarie -Mutuo della 
Cassa DD.PP. all'Istituto autonomo 
case popolari con garanzia dei Comuni 
interessati -Condizioni soggettive 
e oggettive, 774. 

IMPOSTA STRAORDINARIA IMMOBILIARE 


-Azienda di credito a carattere individuale 
-Cumulo dei beni con quelli 
del titolare; 772. 

-Rettifica dell'accertamento a norma 
dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, 
203 -Abrogazione tacita a norma dell'art. 
5 della l. n. 1 del 1956 -Ricorrenza, 
756. 

IMPOSTE E TASSE 
-Controversie tributarie -Forme e privilegi 
della procedura di riscossione Competenza 
del Tribuna~e del foro 
dello Stato -App'icabilit�, 773. 
-Decisione Commissione Centrale -Ricorso 
per Cassazione a norma. dell'art. 
111 della Carta costituzionale -Termine 
previsto dall'art. 352 del c.p.c. 
-Operativit�, 783. 
-Procedimento davanti alla Commissione 
Centrale -Pluralit� di impugnazioni 
-Riunione -Applicabilit� 
del'.e norme di diritto processuale comune, 
con nota di O. FIUMARA, 785. 
-Ricorso alla Commissione Centrale 
delle Imposte -Contro.ricorso proposto 
a norma dell'art. 48, secondo e sesto 
comma, del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 
-Mancata cognizione del controricorso 
-Effetti -Violazione del principio 
del contraddittorio -Nullit� 
della decisione emessa sul ricorso Sussistenza, 
784. 

IMPUGNAZIONI 
-Pluralit� di impugnazioni contro la 
stessa sentenza -Obbligo in ogni caso 
di riunione e di decisione contestuale, 
con nota di O. FIUMARA, 785. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 
-Cessione di crediti � pro solvendo � a 
scopo di garanzia accettata dalla P.A. 
debitrice ceduta -Efficacia traslativa Sussiste, 
723. 



X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

OCCUPAZIONE 
-V. Competenza e giurisdizione, Espropriazione. 


OPERA PIA 
. -Provvedimenti di vigilanza della autorit� 
prefettizia -Ricorso. gerarchico 
-Termine di giorni 30 -App:icabilit�, 
754� 

OPERE PUBBLICHE 
-Costruzione case per lavora'tori -Controversie 
con le imprese appaltatrici Legittimazione 
esclusiva delle stazioni 
appaltanti, 797. 
-Costruzione di case per lavoratori -
Rapporti tra Gestione case per lavoratori 
e stazioni appaltanti -Concessione 
amministrativa, 797. 
-Ricostruzione di edifici distrutti per 
cause di guerra -Azione 'di rivalsa 
contro l'Amministrazione appaltante Competenza 
del collegio arbitrale, 794. 
-V. anche Appalto, Arbitrato. 

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO 
-Giustizia militare -Conferimento temporaneo 
da parte del procuratore generale 
militare delle funzioni di Giudice 
istruttore ai procuratori militari 
e viceversa -Contrasto col principio 
dell'indipendenza del Giudice_ -Esclusione, 
637. 

PRESCRIZIONE 
-Fatto costituente reato -Estinzione 
del reato per amnistia -Decreto di 
archiviazione del giudice penale -Potere 
del giudice civile di accertamento 
del carattere pena'.mente illecito 
del fatto ai fini ed in funzione 
della determinazione del termine e 
della decorrenza della prescrizione del 
diritto al risarcimento del danno Presupposti 
-Elementi di fatto nuovi 
e diversi determinanti il potere-dovere 
del giudice civile del rapporto 
all'autorit� giudiziaria penale, 7'27� 
-Interruzione a mezzo di domanda 
proposta davanti a giudice incompetente 
-Effetto sospensivo -Sussiste, 

716. 
-Prescrizione breve del credito per interessi 
ed altre prestazioni periodiche 
-Criterio informatore -Inapplicabilit� 
al credito di restituzione dei 
frutti vantato nei� confronti del possessore 
di mala fede, 721. 
-V. anche Responsabilit� civile. 


PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

-' Controversie in tema di previdenza 
ed assistenza obbligatoria -Previo ricorso 
in via amministrativa -Contrasto 
con l'art. 113 della Costituzione 
-Esclusione, 650. 

PRoqmIMENTO CIVILE 

-Conclusioni delle parti -Rispetto del 
principio del contraddittorio, 721. 

-Esecuzione di sentenza d'appel:o Acq.iescenza 
~ Non sussiste, 725. 

-Intervento in causa -Chiamata in 
causa � jussu judicis � del terzo responsabile 
-Domande dell'attore contro 
il terzo -Non necessit� della notifica 
dell'atto di citazione o della comunicazione 
di comparsa -Ammissibilit� 
di domande anche in sede di precisazione 
delle conclusioni, con nota 
di F. CARUSI, 698. 

-Onere della prova -Diniego di ammissione 
di prova testimonia'e su fatti 
pacifici -Omissione di valutazione di 
fatti da parte del giudice -Illegittimit�, 
727. 

-Potere discrezionale del giudice di 
va!utazione delle prove -Estensione Giudizio 
sulla sussistenza del fatto 
notorio -Insindacabilit� da parte 
della Corte di Cassazione, 734. 

-V. anche Amministrazione de'lo Stato, 
Prescrizione, Spese giudiziali. 

PROSTITUZIONE 

-L. 20 febbraio 1958, n .75, sull'abolizione 
della rego'�mentazione della 
prostituzione -Fattispecie lega'.e prevista 
dall'art. 3, n; 8 (favoreggiamento 

o sfruttamento dera prostituzione altrui) 
-Contrasto con l'art. 25 della 
Costituzione -Esclusione, 641. 
RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 

-V. Amministrazione dello Stato, Ferrovie. 


REATO 

-V. Prescrizione. 

REGOLAMENTO EDILIZIO COMUNALE 


-Approvazione da parte del Ministero 
dei LL.PP. -Limiti -Modificazione 
del contenuto del regolamento -Illegittimit�, 
750. 


INDICE 
XI 

REQUISIZIONE 

-Requisizioni operate dalle Forze armate 
al!eate -Indennit� di requisizione 
di beni mobili -Determinazione 
-Criteri, 712. 

RESPONSABILITA' CIVILE 

-Appalto della costruzione di case popolari 
col contributo statale -Cessione 
� pro solvendo � dei cr.editi del-� 
Impresa appaltatrice alla Banca finanziatrice 
-Pagamento del contributo 
statale all'Impresa appaltatrice invece 
che all'Istituto Autonomo Case Popolari 
-Successivo fallimento dell'Impresa 
-Nocumento della Banca cessionaria 
-Sussiste -Responsabi1it� 
aquiliana de!la P.A., con nota di F. 
CARUSI, 707. 

-Azione di risarcimento di danni conseguenti 
ad apprestamento di ricovero 
antiaereo pubblico da parte del Comune 
-Legittimazione passiva del Comune 
e non dello Stato, con nota di 

F. CARUSI, 735. 
-Discrezionalit� della P.A. -Insindacabilit� 
da parte dell'A.G.O. -Limiti -Non 
si estende alle modalit� di uso del 
mezzo tecnico prescelto dalla P.A., 712. 
-Efficienza causale di pi� co:pe concorrenti 
alla produzione dell'evento Apprezzamento 
del giudice di merito 
-Incensurabilit� in Cassazione, 711. 
~Fatto dannoso considerato dalla legge 
come reato -Estinzione del reato per 
amnistia -Prescrizione del diritto al 
risarcimento -Decorrenza, 720. 
-Fatto illecito con carattere permanente 
-Prescrizione del diritto al risarcimento 
del danno -Decorrenza, 
713� 

-Responsabilit� aquiliana -Concorso 
del fatto colposo del creditore -Dovere 
del creditore di impedire l'aggravarsi 
del danno -Limiti, 713. 

-Responsabilit� della P.A. per attivit� 
legittima -Caratteristiche delle rispettive 
azioni -Concorso alternativo delle 
medesime, 713. 

- 
Trasporto ferroviario di persone durante 
l'occupazione alleata -Danni 
causati da omissione di vigi'.anza da 
parte del persona'.e ferroviario -Responsabilit� 
delle FF.SS., 727. 

RICORSO AMMINISTRATIVO 

- 
V. Opera Pia. 

RIFOR.tVIA FONDIARIA 
-Espropriazioni -Determinazione dell'indennit� 
-Criteri, 725. 
-Soggetti del rapporto di espropriazione 
-Soggetto obbligato al pagamento 
deTindennit� e legittimato passivamente 
alla causa relativa alla liquidazione 
de]a medesima, 725. 

SENTENZA 

-Interpretazione del dispositivo -Necessit� 
di riferimento alla motivazione, 
711. 

SICILIA 
-Consiglio di Giustizia amministrativa Decisioni 
-Impugnabilit� -Modi e 
limiti, 694. 
-Provvedimenti del Prefetto -Fattispecie 
-Impugnazione -Competenza, 
694. 
-V. anche Competenza e giurisdizione. 

SOCIETA' 

-V. Imposta di registro, Imposta ipotecaria. 


SPESE GIUDIZIALI 

-Proposizione di nuova eccezione nel 
giudizio di appello -Condanna alle 
spese indipendentemente dal'a soccombenza 
-Potere discrezionale del 
giudice di merito -Insindacabilit� da 
parte della Corte di Cassazione, 720. 

TASSE ED IMPOSTE COMUNALI 

-Imposta di famiglia -Interpretazione 
autentica dell'art. 17 del t.u. finanza 
locale circa l'autonomia della determinazione 
della base imponibi:e e 
dell'accertamento rispetto ai tributi 
erariali -Contrasto con l'art. 53 della 
Costituzione,. Non sussiste,. 643, 

TERREMOTI 

-Messina -Aree danneggiate -Cessione 
ex art. 31 !. n.. 466 del 1910 -Efficacia 
� ope legis � -Non sussiste Necessit� 
di attci amministrativo di 
trasferimento, 673. 

- 
V. anche Competenza e giurisdizione. 

TRASPORTO 

-Trasporto ferroviario di persone Anormalit� 
dell'esercizio -Fattispecie, 
716. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

-Trasporto ferroviario di cose -Crediti 
del vettore, 7 IO. 

-Trasporto ferroviario di persone Danni 
al viaggiatore -Anormalit� 
dell'esercizio ferroviario -Concetto Onere 
della prova, 716. 

-Trasporto ferroviario di cose Facolt� 
di modificazione delle clausole del 
contratto -Compete solo al mittente 
e non anche al destinatario, 7 IO. 

-Trasporto ferroviario di persone -Riconoscimento 
da parte del giudice di 
merito della sussistenza della anormalit� 
dell'esercizio -Incensurabilit� 
in Cassazione, 716. 

-Trasporto ferroviario di persone -Trasporto 
� combinato � con servizi automobilistici 
e di navigazione -Trasbordi 
su pulmann e motonave -Biglietto 
unico rilasciato dalle FF.SS. Trasporto 
cumulativo di persone -Non 
sussiste, 716. 

TRATTATO INTERNAZIONALE 
-Cost. 
naria 
art. 11 -Forza 
de'.le norme di 
di legge ordiesecuzione 
del �' 
trattato -Contrasto con la legge di 
esecuzione -Non d� luogo a questioni 
di legittimit� costituzionale per 
contrasto con l'art. 11 cost., con nota 
di L. TRACANNA, 627. 
. " 
-V. anche Competen:g;a e giurisdizione, 
Guerra. 
TRIESTE 
-Poteri normativi ed amministrativi attribuiti 
al Commissario generale del 
Governo dal decreto del Presidente 
della Repubblica 27 ottobre 1954, in 
esecuzione al �memorandum� di Londra 
del 5 ottobre 1954 -Decreto commissariale 
30 dicembre 1957, n. 200 -
Illegittimit� costituzionale con riferimento 
agli artt. 23, 76 e 77 de]a Costituzione 
-Esclusione, 658. 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

7 marzo 1964, n. 14 pag. 627 
19 maggio 1964, n. 36 630 
16 giugno 1964, n. 42 634

D 

16 giugno 1964, n. 43 637 
16 giugno 1964, n. 44 � 641 
16 giugno 1964, n. 45 643 
16 giugno 1964, n. 46 648 
16 giugno 1964, n. 47 650 
16 giugno 1964, n. 48 655 
23 giugno 1964, n. 53 658 
23 giugno 1964, n. 54 662 

GIURISDIZIONI CNILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 13 luglio 1963, n. 1857 pag. 727 
Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128 698 
Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 348 � 666 
Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 350 792 
Sez. I, 24 febbraio 1964, n. 404 � 756 
Sez: Un., 3 marzo 1964, n. 476 .. 706 
Sez. I, 9 marzo 1964, n. 513 . 764 
Sez. I, 11 marzo 1964, n. 522 . D 765 
Sez. Un., 24 marzo 1964, n. 663 668 
Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847 669 
Sez. III, 13 aprile 1964, n. 860 � 710 
Sez. III, 13 aprile 1964, n. 861 710 
� Sez. I, 14 aprile 1964, n. 874 . 769 
Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 890 672 
Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 891 673 
Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 898 679 
Sez. I, 16 aprile 1964, n. 900 . 770 
Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 991 680 
Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 992 682 
Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 994 772 
Sez. I, 27 aprile 1964, n. 1008 712 
Sez. Un., 28 aprile 1964, n. 1017 683 
Sez. I, 28 aprile 1964, n. 1021 773 
Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039 712 
Sez. Un., 11 maggio 1964, n. 1120 694 
Sez. III, 13 maggio 1964, n. 1148 715 
Sez. I, 18 maggio 1964, n. 1213 719 
Sez. Un., 19 maggio 1964, n. 1222 '696 
Sez. Un., 23 maggio 1964, n. 1268 774 
Sez. III, 27 maggio 1964, n. 1302 720 



XIV RASSEGNA DELL,AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 1� giugno 1964, n. 1355 
Sez. Un., 1� giugno 1964, n. 1356 
Sez. Un., 6 giugno 1964, n. 1397 
Sez. I, 9 giugno 1964, n. 1425 
Sez. I, 15 giugno 1964, n. 151'8 
Sez. I, 18 giugno 1964, n. 1568 
Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1815 
Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1819 
Sez. I, 14 luglio 1964, n. 1895 
Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1906 
Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1908 
Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1909 
Sez. I, 24 luglio 1964, n. 2019 
Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2054 
Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2056 
Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142 

TRIBUNALI 

Napoli, _sez. I, 16 aprile 1964 

LODI 'ARBITRALI 

21 marzo 1964, n. 12 
$ agosto 1964, n. 61 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 5 febbraio 1964, n. 5 
Ad. Plen., 22 maggio 1964, n. 11 
Sez. IV, 13 maggio 1964, n. 503 
Sez. IV, 24 giugno 1964, n. 834 
Sez. V, 28 febbraio 1964, n. 295 
Sez. V, 6 marzo 1964, n. 328 . 
Sez. V, 13 marzo 1964, n. 364 
Sez. V, 17 aprile 1964, n. 506 

GIURISDIZIONI PENALI 

TRIBUNALI 

L'Aquila, 18 aprile 1964 

pag. 776 
721 
777 
722 
723 
724 
725 
)) 783 
784 
729 
� 793 
730 
731 
785 
� 788 
B 

733 

pag. 735 

pag. 794 
� 796 

pag. 741 
746 
� 750 
D 750 
� 751 
753 
� 754 
� 754 

pag. 801 

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SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
RASSEGNA DI DOTTRINA 
P. GAsPARRI, Teoria giuridica della Pubblica Amministrazione -Nozioni 
introduttive (recensione) pag. 117 
C. MoRTATI, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalit� 
(�Quaderni della Giurisprudenza costituzionale�, I) (recensione) 122 
MASSIMARIO COMPLETO DELLA GIURISPRUDENZA DEL CONSIGLIO DI 
STATO 1932-1961 (a cura della Rassegna "11 Consiglio di Stato�) 
(recensione) 124 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
Provvedimenti legislativi 
Disegni e proposte di legge 
Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit�: 
-Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stata dichiarata 
non fondata la questione di legittimit� costituzionale . 
-Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stato promosso 
giudizio di legittimit� costituzionale 
� 
125 
126 
130 
132 
QUESTIONI 
A. Cmcco, 
all'uso 
Lo stadio 
pubblico 
formativo della demanialit� e la destinazione 
� 136 
CONSULTAZIONI 
Indice siStematico delle consultazioni . � 141 


PARTE PRIMA 



-:~ -:~ 

GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 7 marzo 1964, n. 14 -Pres. Ambrosini -
Rel. Papaldo -Costa (avv. Stendardi) -Societ� Edisonvolta {avv. 
Sorrentino, Dedin, Pizzi) -E.N.E.L; (avv. Piccardi, Galateria, Giannini, 
Santoro-Passarelli) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato 
Tracanna). 

Giudizio di legittimit� costituzionale -Giudizio incidentale di 
legittimit� costituzionale -Rilevanza -Sindacato della Corte 
Costituzionale -Limiti -Insussistenza � prima facie � del 
giudizio -Insindacabilit� del giudizio di rilevanza. 

(l. 11 marzo 1!153, n. 87, art. 23). 
Costituzione della Repubblica -Parlamento ~ Cost. art. 67 Libert� 
dei membri del Parlamento -Divieto di mandato 
imperativo -Libert� per il parlamentare di votare contro le 
direttive del partito -Preteso contrasto della legge n. 1643 
del 1962 con l'art. 67 Cost. -Infondatezza della questione. 
(Cast., art. 67). 

Espropriazione per pubblico interesse -Cost. art. 43 -Requisito 
dei fini di utilit� generale -Sindacato della Corte Costituzionale 
-Limiti.. 
(Cast., art. 43). 

Trattato internazionale -Cost. art. 11 -Forza di legge ordinaria 
delle norme di esecuzione del trattato -Contrasto con la 
legge di esecuzione -Non d� luogo a questione di legittimit� 
costituzionale per contrasto con l'art. 11 Cost. 
(Cast., art. 11). 

La Gorle Costituzionale non pu� sindacare il merito del giudizio 
di rilevanza pronunciato dal giwdioe a quo, se esiste una congrua motivazione; 
mentre potrebbe dichiarare inammissibile la ca~ incidentale 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

628 

se la rilevanza del giudizio di merito apparisae prima facie insussistente 
(1). 

In base all'art. 67 della Costituzkme viene assicurata la libert� dei 
membri del Parlamento nell'esprimere il loro voto, con la conseguenza 
che, i parlamentari sono liberi di votare secondo gli indirizzi del partito, 
ma sono anche liberi di sottrarvisi.� Non � fondata la questione di legittimit� 
costituzionale della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, in riferimento 
all'art. 67 della Costituzione (2). 

(1) Le questioni sopra indicate sono state risolte dalla Corte Costituzionale 
con la �:Perspi�ua ed importantissima sentenza, della quale omettiamo la intera motivazione 
in diritto (gi� pubblicata in Foro it. 1964, I, 465). 
Poche parole circa la prima massima con la quale la Corte riafferma il 
proprio orientamento in materia di controllo del presupposto della � rilevanza n 
della questione di legittimit� costituzionale sul giudizio di merito, nel senso che 
la valutazione della rilevanza spetti esclusivamente al Giudice del merito ed alla 
Corte non competa se non controllare che il giudizio sia stato formulato e motivato 
(sentenze 22 dicembre 1961, n. 78; 2 marzo 1962, n. 13 e 10 aprile 1962, n. 32). 

Peraltro, la sentenza che 'annotiamo ipotizza, conformemente alla tesi prospettata 
in giudizio di!!lla Avvocatura, la possibilit� di casi-limite, nei quali risulti 
evidente �prima facie� l'assoluta erroneit� della valutazione da parte del Giudice 
a quo, e, quindi, la sostanziale mancanz;a del requisito. E per questi casi afferma, 
in linea generale, la propria competenza agli effetti di � dichiarare inammissibile 
la causa incidentale 11. 

Questa previsione aippare esatta, e tende, appunto, a mantenere il controllo 
della Corte sui presupposti della instaurazione del giudizio costituzionale nei 
giusti confini segnati dall'attuale nostro sistema, evitando che possa essere rimessa 
la questione di legittimit� costituzionale mediante una lite che � una semplice ed 
artificiosa parvenza, creata al solo scopo di investire la Corte, direttamente e 
princ:palmente, della questione stessa. 

(2) Con la seconda massima la Corte, pur riaffermando, implicitamente, la 
propria competenza al controllo del procedimento di formazione delle leggi, ha, 
in sostanza, accolto la ecceziO'lle -proposta dall'Avvocatura -circa la estraneit� 
dell'art. 67, concernente lo status di membro del parlamento, a quel procedimento, 
regolato, invece, dagli artt. 70 e segg. della Carta Costituzionale. 
La Corte ha anche mostrato di accogliere la tesi di merito prospettata dalla 
Avvocatura, secondo .cui l'appartenenza dei membri del parlamento ai partiti 
(appartenenza istituzionalizzata sia nella fase della candidatura che in quella di 
~serclZio del m.iindato) non importa contraddizione o menomazione del principio 
sancito nell'art. 67, in quanto � garantita la libert� del parlamentare di sottrarsi 
in ogni momento alla c.d. disciplina di partito;� nonch� la tesi per cui, se il voto 
risulti espresso in base ai regolamenti parlamentari ed il disegno di legge risulti 
appmvato con regolare maggioranza ed articolo per articolo, secondo quanto 
prescritto nell'art. 72, 1� comma della Costituzione, la legge stessa deve ritenersi 
regolarmente approvata in base al precetto costituzionale; per il quale non pu� 
avere rilevanza se non la volont� espressa ool voto dai singoli parlamentari e non 
i motivi, anche se dichiarati, che avrebbero ispirato il voto stesso, ossia I'� iter.� 
psicologico-politico attraverso il quale ciascun singolo parlamentare ha ritenuto di 
potersi determinare al voto favorevole piuttosto che a quello contrario. 


PARTE I, SEZ. I; GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 629 

Spetta alla Corte Costituzionale il sindacato di legittimit� su�fesistenza, 
nelle leggi, dei fini di utilit� generale ai sensi dell'art. 43 della 
Costituzione, tenendo conto dell' awrezzamento di tali fini compiuto 
dalforgano legislativo (3). 

Ai sensi .dell'art. 11 della Costituzione � possibile stipulare trattati 
con cui si assumano limitazioni della sovranit�, dandovi esecuzione 
con legge ordinaria, senza per� che una legge -la quale contenga 
disposizioni difformi da quei patti ......,. possa essere co~rata incosti


(3) Con la terza massima la Corte ha affrontato la questione centrale di 
merito proposta avverso la nazionalizzazione dell'energia elettrica in Italia: 
questione che, sotto il profilo strettamente giuridico, concerneva la esistenza o meno 
dei "fini di utilit� generale" previsti dall'art. 43 per la riserva di determinate 
attivit� economiche e per il trasferimento di imprese o categorie di imprese. 
La Corte ha riaffermato, anzitutto, la propria competenza al sindacato di 
legittimit� sulla esistenza dei fini di utilit� generale, secondo l'orientamento gi� 
seguito con le note sentenze n. 11 del 23 giugno 1960 (centrale del latte) e n, 59 
del 13 luglio 1960 (monopolio statale della televisione). 

Premessa questa aff�rmazione, la Corte si � addentrata, nei riguardi della legge 
impugnata, in un controllo che, pur restando nell'ambito segnato dalle due precedenti 
sentenze, contiene indubbiamente aspetti e profili ben pi� penetranti. La 
Corte ha, invero, indicato, come compresi nell'indagine di legittimit�, oltre al 
controllo circa I'� an � dello apprezzamento dei fini di. utilit� generale espressa-. 
mente stabiliti dal precetto costituzionale, anche il controllo di questo apprezzamento, 
sia pure nei limiti della assenza di criteri illogici, arbitrari o contraddittori 
ovvero di contrasto con i presupposti di fatto. Ha aggiunto che si dovrebbe egualmente 
concludere per la esistenza d'un vizio di legittimit� � se si accertasse che la 
legge abbia predisposto mezzi inidonei o contrastanti con lo scopo che essa doveva 
conseguire ovvero risultasse che gli organi legislativi si siano serviti della legge 
per realizzare una finalit� diversa da quella di utilit� generale con la norma 
costituzionale additata �. 

L'esito di queste indagini � stato pienamente favorevole alla legittimit� della 
legge di nazionalizzazione. 

Nondimeno, con questa sentenza la Corte sembra aver posto per la prima 
volta con assoluta chiarezza di terminf il problema della estensione e dei limiti 
del proprio sindacato di legittimit� in tutta la estensione consentita. nell'attuale 
sistema, estensione che comprende tutti gli aspetti sopra indicati, mentre esclude 
la indagine circa � la scelta dei fini e dei mezzi � rispetto a cui il controllo di 
legittimit� si deve arrestare entro i limiti al di l� dei quali il controllo stesso 
costituirebbe una inammissibile ingerenza nella sfera di discrezionalit� politica 
spettante all'organo legislativo. 

Pur con questa necessaria discriminazione, resta l'accennata ampia delimi


tazione del contenuto e della estensione del sindacato di legittimit� costituzionale. 

Com'� noto, in dottrina si sostiene l'ammissibilit� del sindacato dell'eccesso 
di potere nei riguardi delle leggi principalmente allorch� il legislatore, com'� nel 
caso della nazionalizzazione, sia vincolato da una norma costituzionale di scopo 
alla quale non pu� contraddire: cfr. MoRTATI, fatituzioni, IV, 838 e sul controllo, 
in genere, deHa discrezionalit� legislativa nel nostro sistema costituzionale; sulla 
ammissibilit� dello eccesso di potere legislativo, cfr. anche lo studio di TRACANNA, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

630 


tuzionale neppure p.er violazione indiretta dell'art. 11 attraverso il contras,
to con la legge esecutiva del trattato (4). 

La illegittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, Raccolta 
di st�di costituzionali dell'Avvocatura dello Stato, Roma, 1957, 104 e segg. 
dello e�>tratto. 

(4) L'ultima massima concerne la conformit� della legge suN'ENEL all'art. 11 
della Costituzione, sotto il profilo di una pretesa violazione di alcune norme del 
Trattato di Roma 25 marzo 1957 sulla Comunit� Economica Europea. 
Trattandosi di questione che � stata rimessa anche alla Corte di Giustizia della 
Comunit�, la quale si � solo di recente pronunciata, se ne rinvia lesame ad altro 
numero della Rassegna sia per quanto attiene ai profili strettamente costituzionali 
che a quelli comunitari. 

LUCIANO TRACANNA 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 maggio 1964, n. 36 -Pres. Ambrosini -
Rel. Petrocelli -, Bedon e Temperini (avv. Ragno) e Presidente 
Consiglio Ministri (avv. Stato Varvesi). 

Costituzione della Repubblica -Leggi, decreti e regolamenti Riserva 
di legge in materia penale -Legge sulla repressione 
degli abusi di stupefacenti -Elenchi delle specialit� stupefacenti 
pubblicati dal Ministero della Sanit� -Violazione della 
riserva di legge -Esclusione. 

(1. 22 pttobre 1954, n. 1041, artt. 1, 3, 6, 18, 25, Cost. art. 25). 
Non violano la riserva di legge posta dall'art. 25 della Costituzione 
per lq-materia penale le disposizioni della legge 22 ottobre 1954, n. 1041, 
contenenti sanzioni penali per l'illecito uso di sostanze stupefacenti, 
indicate .negli appositi elenchi approvati dal Ministero della Sanit�; 
ci� in quanto le singole voci degli elenchi a cui tali disposizioni fanno 
rinvio costituiscono indicazioni particolareggiate che, per le variabili 
forme de~la sostanza e per le continue e rinnovate indagini cui � soggetta, 
si sottraggono alla� possibilit� di una anticipata specificazione da parte 
della legge; e questa, a:altra parte, non soltanto indica la condotta 
vietata, ma anche l'oggetto materiale del delitto, idoneamente designato, 
al fine� di una sufficiente posizion� della fattispecie penale, con respressione 
a sostanze o. preparati indicati nelfelenco degli stupefacenti� (1). 

(1) La sentenza trae ongme da quattro o�rdinanze di rmvio, a CO'Iltenuto 
pressocch� analogo del Tribunale di Milano, in data 30 ottobre 1963, del Giudice 
Istruttore presso il Tribunale di Venezia, in data 14 e 16 novembre 1963, e del 
Giudice Istruttore presso il Tribunale di Massa, in data 5 dicembre 1963, tutte 
pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio 1964, n. 21. 

PARTE I, SE'Z. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

631 

(Omissis). -:E: opportun� ricordare che gli elenchi degli stupefacenti 
esistevano, obbedendo a molteplici finalit�, ancor prima della 
1egge impugnata (v., tra l'altro, il d.m. 18 febbraio 1937, modificato con 

d. c. g. 24 gennaio 1942, in G.U. 7 febbraio 1962, n. 31). Ma ci� che 
soprattutto importa � il collocare questa legge, e gli elenchi cui essa 
si riferisce, nel quadro degli accordi internazionali in materia, accordi 
1e cui iniziali manifestazioni rimontano ai primi decenni del secolo, e 
riguardano non soltanto gli stupefacenti come piaga sociale da combattere, 
ma tutto il complesso delle progressive esperienze inerenti all'uso 
normale di tali sostanze, per scopi commeTciali, terapeutici e scientifici. 
(Convenzione di Ginevra del 19 febbraio 1925, approvata in Italia con 
r.d.l. 31 dicembre 1928, n. 3517; Convenzione di Ginevra del 13 luglio 
1931, approvata con I. 16 gennaio 1933, n. 130; Protocollo di Parigi del 
19 novembre 1948, approvato con I. 27 ottobre 1959, n. 1070, ecc.). 
In questi accordi, tra le finalit� degli Stati contraenti, preminente � 
quella relativa alla precisa identificazione delle sostanze aventi azione 
stupefacente, finalit� che si realizza appunto mediante la formulazione 
di elenchi, inclusi nel testo degli accordi e quindi negli atti dei singoli 
Stati, e sottoposti inoltre a tutto un meccanismo di continuo aggiornamento. 
E ci� in ispecie dopo che i progressi raggiunti dalla chimica e 
dalla farmacologia moderna hanno condotto alla realizzazione di droghe 
sintetiche, con la conseguente necessit� di disciplinarne la fabbricazione 
e la distribuzione e di combatterne i crescenti e deplorevoli abusi 
(v. preambolo del Protocollo di Parigi del 19 novembre 1948). :�: da 
aggiungere che la �disciplina internazionale degli stupefacenti, gi� affidata 
a un Comitato centrale permanente presso la Societ� delle Nazioni, 
La Corte costituzionale ribadisce la sua giurisprudenza in materia di " riserva 
di legge �. Con le sentenze richiamate nel testo della decisione, invero, la Corte 
aveva escluso la violazione di tale riserva a proposito di prestazioni patrimoniali, 
imposte in base alla legge, ancorch� non prefissate in un limite massimo (sent. 
26 gennaio 1957, n. 4, Giur. it., 1957, I, 1, 209, circa il c.d. " diritto di contratto � 
a favore dell'Ente risi); di attribuzione di competenze tecnico-amministrative 
all'autorit� amministrativa, al fine del soddisfacimento di esigenze di carattere 
variabile e contingente (sent. 27 marzo 1962, n. 31, Giur. it., 1962, I, 1, 915, circa 
le caratteristiche di lunghezza e di frenatura delle trattrici agricole); d~ determinazione 
della pena, proporzionalmente al valore del bene oggetto della tutela penale 
(sent. 12 marzo 1962, n. 15, Giur. it., 1962, I, 1, 647, circa le ammende ai contravventori 
di divieti di caccia e pesca, proporzionalmente alle bestie catturate o 
uccise o ferite). 

Con la presente sentenza, infine, la Corte afferma il principio, parallelo a 
quello " quoad poenam � di cui alla sentenza n. 15 del 1962, che, anche " quoad 
delictum �, la riserva di legge non va intesa in senso formalistico, ma in senso 
funzionale, in relazione alla materia oggetto della tutela penale. 

In dottrina cfr. PECORARO ALBANI, Riserva di legge, regolamento, norma 
penale in bianco, Riv. it. dir. proc. pen., 1959, 762, segg. F01s, La riserva di 
legge, Milano, 1962. 



632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� posta attualmente sotto la sorveglianza di. una Commissione degli 
stupefacenti presso l'ONU alla quale i singoli Stati aderenti alle convenzioni 
devono far capo, per tutto ci� che concerne la fabbricazione e 
distribuzione dei prodotti e relativi limiti, rigorosamente stabiliti. Tali 
precisazioni erano opportune per significare come priva di fondamento 
sia lasserzione che nella formazione _degli elenchi lAmministrazione 
competente sia arbitra di includere o escludere questa o quella materia, 
mentre � evidente che le specifiche qualificazioni compiute a livello 
internazionale fanno di questi elenchi niente altro che l'attuazione degli 
accordi intervenuti fra gli Stati contraenti. La stessa I. n. 1041, che 
contro gli abusi dispone una reazione penale �ben pi� severa che non 
quella stabilita nel codice, deve la sua emanazione anche alle sollecitazioni 
pervenute all'Italia dalla Commissione stupefacenti dell'ONU 
(Atti parlamentari, Senato della Repubblica 1953, doc. 314, p. 2). 

La questione relativa al valore e alla posizione che lelenco degli 
stupefacenti assume in relazione alla struttura del precetto penale non 
si presenta nuova a questa Corte; pu� essere riportata ad altre questioni 
analoghe gi� decise con precedenti sentenze. 

Atti e provvedimenti dell'Amministrazione aventi per oggetto determinazioni 
di prezzi, denominazioni tipiche di prodotti, modifiche a 
norme della circolazione stradale, ecc., rispondenti a . valutazioni di 
carattere tecnico o oontingente, in connessione con precetti penali posti 
a garanzia della loro osservanza (sentenze n. 103 del 1957, n. 4 del 1958, 

n. 15 e 31 del 1962, ecc.) sono stati ritenuti legittime manifestazioni 
dell'attivit� normativa dell'Amministrazione, e le loro. specifiche statuizioni 
considerate al di fuori del precetto penale, il quale deve ritenersi 
gi� integralmente costituito con la generica imposizione di obbedienza 
a quegli atti e provvedimenti. 
Nella questione �in esame l'aspetto particolare che viene posto in 
luce � che l'art. 6 si riferisce non, in genere, a sostanze stupefacenti, 
bens� a �sostanze o preparati indicati nell'elenco degli stupefacenti�. 
Con ci�, tuttavia, non si d� luogo a un precetto penale la cui fonte 
sarebbe, come si assume, parte nella legge e parte nell'atto amministrativo 
(elenco degli stupefacenti). Il precetto penale, ai :fini della 
riserva di legge, riceve intera la sua enunciazione con la generale 
imposizione del divieto. Le singole voci degli� elenchi a cui essa fa 
rinvio, costituiscono indicazioni particolareggiate� che, per le variabili 
forme della sostanza e ,per le continue e rinnovate indagini cui � 
soggetta (ben cinque elenchi si sono avuti successivamente alla I. n. 1041, 
di cui l'ultimo, approvato con d.m. 4 giugno 1960, revoca tutte le 
precedenti disposizioni) si sottraggono alla possibilit� di una anticipata 
specificazione da parte della legge. Indubbiamente questo concorso 
fra norme di legge e statuizioni amministrative, di cui continuamente . 
si manifesta la necessit� nella disciplina giuridica, deve verificarsi con 

I~ 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 633 

la piena osservanza delle norme costituzionali e, in particolare, quando 
ricorrano precetti penali, della riserva di legge di cui all'art. 25 della 
Costituzione. Ma la Corte ritiene che, tale osservanza non sia venuta 
meno nella legge in esame. 

Con la formula dell'art. 6 non soltanto � stata, dalla legge, indicata 
la condotta vietata (vendita senza autorizzazione, acquisto, cessione, 
detenzione, ecc.), ma anche l'oggetto materiale del delitto. Il quale 
deve ritenersi idoneamente designato, al fine di una sufficiente posizione 
della fattispecie penale, con la espressione � sostanze o preparati indicati 
nell'elenc.o degli stupefacenti�. 

Del resto non � stato mai posto in dubbio che nelle figure di reato 
prevedute dagli artt. 446-447 c.p. la enunciazione del precetto da 
parte della legge fosse completa,� pur essendo l'oggetto materiale indicato, 
puramente e semplicemente, con la locuzione � sostanze stupefacenti 
�. Si � riconosciuto a tal proposito, in uno degli scritti difensivi, 
con riferimento alle predette norme del �codice, che in esse il precetto 
rimaneva posto esdusivamente dalla legge, mentre gli elenchi valevano, 
tutt'al pi�, per il giudice come utile guida di carattere tecnico. Ma ci� 
altro non significa se non che il precetto era dalla legge sufficientemente 
posto con quella formula, pur nella sua genericit�. Ora, lart. 6 della 

1. n. 1041 nulla sostanzialmente ha tolto alla formula del codice; n� 
pu� dirsi che il precetto non sia posto dalla legge sol perch� questa 
fa richiamo all'elenco degli stupefacenti. La formula dell'art. 6 � non 
meno sufficiente a costi.tuire il precetto penale, in quanto, lasciando 
ferma in tutta la sua validit� la indicazione generica della precedente, 
vi aggiunge un ulteriore elemento di certezza. Le due formule, d'altra 
parte, si equivalgono anche in ci�, che con nessuna di esse si elimina 
l'esigenza di un accertamento tecnico. Alla quale si ottempera dall'art. 6 
mediante il rinvio agli elenchi, che di accertamenti tecnici sono il 
risultato; mentre negli artt. 446, 447 c.p. siffatta esigenza rimane necessariamente 
implicita nella stessa astratta locuzione di � stupefacenti �, 
che della sostanza indica gli effetti ma non contiene la individuazione. 
Tutto ci� con la seguente rilevante differenza: che nell'applicazione 
delle norme del codice gli accertamenti subivano le incertezze, le 
insufficienze, le difformit� delle valutazioni disposte volta per volta dal 
giudice, mentre nella ipotesi dell'art. 6 della legge impugnata la preventiva 
indicazione degli elenchi fornisce la garanzia di una qualificazione 
unitaria, valevole, in base agli accordi internazionali, per tutti 
gli Stati contraenti e in tutti i casi di uso illecito che la realt� presenta 
all'esame del magi:strato. Per il quale, del resto, la possibilit� della 
indagine tecnica resta pur ferma, ed � quella che � propria della sua 
funzione: accertare cio� se, in concreto, la sostanza che ha dato luogo 
al procedimento corrisponda oppur no ad una delle categorie indicate 
negli elenchi. -(Omissis). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

634 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 42 -Pres. Ambrosini -
Rel. Chiarelli -Dell'Albani e Cascione {n.c.) e Presidente Consiglio 
Ministri (avv. Stato Guglielmi). 

Esecuzione fiscale -Inammissibilit� dell'opposizione agli atti 
esattoriali sui mobili del debitore da parte del coniuge o di 
parenti o affini entro il terzo grado, giusta l'art. 207 t.u. 
imposte dirette -Contrasto con gli artt. 24 e 42 della Costituzione 
-Non sussiste. 

(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. b; Cost. artt. 24, 42). 
L'art. 207 lett. b) del t.u. sulle imposte dirette, approvato con 

D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, secondo il quale l'opposizione di terzo 
prevista dati:art. 619 c.p.c. non pu� essere proposta dal coniuge o da 
parenti o affini entro il terzo grado del contribuente o del coobbligato, 
re"lativamente ai mobili esistenti nella casa di ooitazione del debitore 
(a meno che non si tratti di beni costituiti in dote prima della presentazione 
della dichiarazione annuale o della notifica dell'avviso di accertamento 
delrimposta) si inquadra nel sistema delle garanzie patrimoniali 
delle obbligazioni, regolato da norme di diritto sostanziale. 
Di conseguenza, tale norma non contrasta con l'art. 24 della Costi


tuzione, dato che essa non esclude la difesa processuale di una situazione 
giuridica riconosciuta; n� contrasta con rart. 42 della Costituzione, 
in quanto, secondo lo stesso testo costituzionale, che prevede limiti ai 
modi di acquisto e di godimento della propriet�, la legge ordinaria pu� 
disporre che non sia opponibile ai terzi, o ad alcuno di essi, il titolo di 
acquisto di una cosa mobile, destinata a garantire l'adempimento di una 
obbligazione (1). 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale delf 
art. 207, Iett. b), del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi 
s�lle imposte dirette) � stata sollevata con riferimento alfart. 24, primo 
comma, e alrart. 42, secondo comm�, della Costituzione. 

(1) L'ordinanza 15 febbraio 1963 del Pretore di Avola, che ha dato luogo 
al giudizio di legittimit� costituzionale, � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 
18 maggio 1963 n..132. 
Circa la presunzione legale " iuris et de iure �, che assiste i beni mobili 
nella casa di abitazione del debitore e ne rende legittima lesecuzione forzata, 
anche in danno al proprietario: Cass. 7 febbraio 1952, n. 304, Giur. Compl. Ca,ss. 
Civ., Hl52, I, 203; Cass. 30 luglio 1949, n. 2070, Foro it., �1950, I, 872. 

Con sentenza 18 febbraio 1960, n. 4 (Giur. it., 1960, I, 1, 501) la stessa 
Corte aveva dichiarato non fondata la questione di legittimit� costituzionale, con 
riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione, dell'art. 63 t.u. 17 ottobre 1922, 

n. 1401, sulla riscossione delle imposte dirette, contenente disposizioni anal�ghe. 

PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTiTUZIONALE E INTERNAZIONALE 635 

Si assume nell'ordinanza che la norma impugnata, col disporre che 
l'opposizione di terzi, per quanto riguarda i mobili esistenti nella casa 
-del debitore d'imposta, non pu� essere proposta dal coniuge di lui o 
dai suoi parenti ed affini {salvo i casi di beni costituiti in dote entro 
un certo termine), viola il principio secondo cui tutti possono agire in 
giudizio per la tutela dei propri diritti. 

Inoltre, nella stessa norma si scorge una violazione dell'art. 42 
Cast., in quanto, col privare il coniuge o il parente del debitore della 
-difesa del suo diritto sui mobili, sostanzialmente si verrebbe ad annullare 
il suo diritto di propriet� sui medesimi. 

Ritiene la Corte che la questione sia infondata sotto entrambi gli 
aspetti. 

2. -L'art. 2Cfl, lett. b), t.u. sulle imposte dirette si inquadra, pur 
con la particolarit� delle sue disposizioni, nel sistema delle garanzie 
patrimoniali delle obbligazioni, regolato da norme di diritto sostanziale. 
�, infatti, la legge sostanziale che stabilisce quali beni costituiscono 
la garanzia dei diritti del creditore. Esattamente � stato osservato 
che la norma che determina l'oggetto su cui pu� essere esercitata 
lazione esecutiva del creditore � una norma di diritto materiale, perch� 
delimita l'ambito entro il quale pu� essere usato lo strumento processuale 
fornito al creditore per la realizzazione del suo 'diritto, e stabilisce 
quali diritti del debitore e, in genere, quali situazioni giuridiche 
possono essere sacrificate perch� sia soddisfatto tale diritto attraverso 
I'es.ecuzione coattiva. 

In questa determinazione dell'oggetto dell'azione esecutiva, l'ordinamento 
giuridico, da una parte pone, come � noto, delle limitazioni 
alla responsabilit� patrimoniale del debitore, sottraendo �a detta azione 
alcune categorie di beni a lui appartenenti; dall'altra, in casi determinati 
e per ragioni attinenti alla peculiarit� di certi rapporti, rafforza la 
garanzia del credito, assoggettando all'azione esecutiva alcuni beni 
che si trovino in una particolare situazione locale, indipendentemente 
dall'esistenza �di eventuali �diritti di terzi su di essi. Sono in �questo 
senso quelle norme, -come l'art. 622 c.p.c. e l'art. 207 in esame, le quali, 
nell'esecuzione forzata, negano ad alcuni soggetti l'azione di separazione, 
relativamente alle cose mobili che si trovino nella casa del 
debitore. 

Le ragioni, di carattere pubblico e di interesse generale, che ispirano 
la norma dell'art. 207, lett. b), sono di tutta evidenza. Essa si 
collega alle finalit�, proprie del procedimento di esecuzione fiscale, 
di assicurare la riscossione delle imposte e di evitare fraudolente simulazioni, 
e non � in contrasto, a giudizio di questa Corte, con l'art. 24, 
primo comma, della Costituzione, il quale garantisce la difesa in giu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO

636 

dizio dei diritti soggettivi, considerati nella configurazione e nei limiti 
che ad essi derivano dal diritto sostanziale; in particolare, dalla tutela 
assicurata dalla legge ad altri diritti e ad altri interessi, giudicati degni 
di protezione giuridica, secondo criteri di reciproco coordinamento. 

Nel caso in esame, la legittimazione a proporre opposizione di 
terzo trova un limite, per il congiunto del debitore, nella tutela del 
rapporto tributario, voluta dalla legge sul fondamento dell'esigenza di 
ordine pubblico, gi� ricordata, di assicurare l'adempimento del debito 
d'imposta e di impedire che fobbligato possa sottrarsi ad esso, col 
favore di persone a lui legate da vincoli familiari. 

Il legislatore, quindi, non ha escluso, in violazione dell'art. 24 
della Costituzione, la difesa processuale di una situ.azione giuridica da 
esso stesso riconosciuta, ma ha disposto, con norma che appartiene 
alla disciplina sostanziale del rapporto d'imposta, una garanzia di 
adempimento dell'obbligo tributario, basandosi sulla situazione della 
cosa mobile nella abitazione del debitore; situazione che lo stesso 
coniuge o parente del debitore pu� aver concorso a creare, e delle 
cui eventuali conseguenze fiscali egli dov:eva essere comunque a 
conoscenza. 

3. -Ugualmente infondata � la questione di legittimit� costituzionale 
dedotta in relazione all'art. 42, secondo comma, della Costituzione. 
Com'� noto, tale articolo, nel riconoscere e garantire la propriet� 
privata, attribuisce alla legge ordinaria la determinazione dei modi 
di acquisto e di godimento di essa e dei suoi limiti. La legge ordinaria 
pu�, quindi, disporre che non sia opponibile ai terzi, o ad alcuni 
di essi, il titolo di acquisto della cosa mobile, destinata a garantire 
l'adempimento di un'obbligazione. 

Nella specie il legislatore, nel coordinare la tutela del diritto di 
propriet� con la tutela del diritto di credito tributario, ed al fine di 
assicurare, nell'interesse sociale, la soddisfazione di quest'ultimo, ha 
escluso per il coniuge e per il parente o affine entro il terzo grado 
del debitore d'imposta la possibilit� di far valere l'eventuale titolo d� 
acquisto nei confronti dell'esattore, attribuendo rilevanza determinante 
alla posizione della cosa mobile nell'abitazione del debitore. 

1


La norma, che trova riscontro in altre norme di diritto comune 
le quali, ai fini della tutela di un diritto di credito, attribuiscono rilevanza 
alla posizione locale della cosa mobile, anche in pregiudizio 
dei diritti dei terzi su di essa (v. artt. 2756, 2760, 2761, 2764 e.e.), non 
contrasta con la Costituzione, rientrando in quella disciplina del diritto� 
di propriet�, dei suoi modi �di acquisto e dei suoi limiti, demandata, 
come si � visto, alla legge ordinaria. 


PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 637 

N� vale in contrario la considerazione che nel caso dell'art. 207 
la costituzione in dote � avvenuta tra terzi, rispetto al debitore d'imposta, 
giacch�, come si � innanzi accennato e come � stato esattamente 
rilevato dalla difesa dello Stato anche in armonia con una precedente 
�decisione di questa Corte, il coniuge e �n terzo sanno, o hanno l'onere 
<li sapere, che, costituendo beni mobili in dote in costanza di matrimonio, 
li assoggettano all'eventuale espropriazione forzata per debiti 
d'imposta diretta, qualora le cose stesse siano trovate nell'abitazione 
del contribuente. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 43 -Pres. Ambrosini. -
Rel. Manca -G.I. presso il Tribunale Militare di Roma -Sezione 
di Cagliari e Presidente Consiglio Ministri {avv. Stato Chiarotti). 

Ordinamento giudiziario -Giustizia militare -Conferimento 
temporaneo da parte del Procuratore Generale militare delle 
funzioni di Giudice Istruttore ai procuratori militari e viceversa 
-Contrasto col principio dell'indipendenza del Giudice 
-Esclusione. 

(r.d. 19 ottobre 1923, n. 2316, art. 15; I. 24 dicembre 1928, n. 3241, art. 4; 
Cost. art. 108). 
La disposizione del vigente ordinamento giudiziario militare, /,a 
quale consente al Procuratore Generale militare di conferire, per urgenti 
ragioni di servizio, ai vice procuratori militari, ai giudici relatori ed ai 
.sostituti-procuratori militari di (LSSUmere temporaneamente, e comunque 
per non oltre tre mesi, le funzioni di giudici istruttori, e viceversa, non 
.� in contrasto col principio delfindipendenza del giudic.e, stabilito 
dalfart. 108 della Costituzione, in quanto, nelfattuale organizzazione 
della giustizia militare, il Procuratore Generale adotta gli anzidetti 
provvedimenti non ai fini delfaccusa, ma ai fini del regolare e sol.
lecito funzionamento della giustizia (1). 

(Omissis). -Il contrasto dell'ultimo comma dell'art. 15 del r.d. 
19 ottobre 1923 .con l'art. 108, secondo comma, della Costituzione si 
verificherebbe, anzitutto, perch� i provvedim�nti contemplati dalla 
norma denunziata, provenendo dal Procuratore generale militare, capo 

(1) L'ordinanza 15 maggio 1963 del Giudice Istruttore presso il Tribunale 
militare territoriale di Roma -.Sez. autonoma di Caglia:ri, � pubblicata sulla Gazzetta 
Ufficiale 21 luglio 1963, n. 201. 
Il principio secondo il quale la legge deve assicurare l'indipendenza e l'imparzialit� 
del giudice, anche speciale, trovasi enunciato, oltre che nelle sentenze 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

638 

del pubblico ministero, determinerebbero la prevalenza del pubblico 
ministero, organo che, a parere del giudice a quo, avrebbe qualit� di 
parte, sul magistrato giudicante, dato che questo � posto in dipendenza 
disciplinare nei confronti del Procuratore generale e sul quale 
lo stesso Procuratore generale esercita la sorveglianza anche a mezzo� 
del Procuratore militare. 

L'asserto � infondato. Quei provvedimenti sono adottati dal Pro~ 
curatore generale non nella sua qualit� di capo del pubblico ministero 
militare, bens� nella sua veste di capo dell'ufficio preposto organicamente 
a tutta la magistratura militare (art. 50 dell'Ordinamento 
giudiziario militare approvato con r.d. 9 settembre 1941, n. 1022). 

Dicendo che la norma in esame � in armonia con il sistema dell'ordinamento 
giudiziario militare, non si vuole affermare che ci� 
basti per ammetterne la legittimit� costituzionale. Anche le norme 
relative alla giustizia militare devono non contrastare con i principi 
della Costituzione; ed in particolare per quanto attiene all'indipendenza 
dei giudici, vale pure rispetto a quelli militari lenunciazione 
fatta da questa . Corte con la sentenza n. 92 del 1962, secondo cui 
anche presso gli organi di giurisdizione speciale debbono essere garantite 
l'indipendenza e la imparzialit� del giudicante. � anche da riconoscere 
lesattezza, in linea di principio, dell'affermazione contenuta 
nell'ultima parte dell'ordinanza, -r,he la necessit� di soddisfare le esigenze 
di servizio non pu� sopraffare lesigenza di ordine costituzionale 
di assicurare l'indipendenza dei giudici. Ma la rispondenza della 
norma in esame al sistema dell'ordinamento della giustizia militare 
ed alle sue esigenze viene qui posta in rilievo, non per dichiarare 
infondata -solo per questo -la censura di illegittimit� bens� per 
tenere presente il criterio enunciato dalla Corte nella s�entenza n. 108 
del 1962, nel senso che il requisito dell'indipendenza dei giudici speciali 
purch� resti sempre sostanzialmente saldo, �deve essere considerato 
in relazione ai particolari aspetti di ciascun tipo di giurisdizione. 

Ora, nell'attuale organizzazione della giustizia militare il Procu


della Corte costituzionale citate nel testo della motivazione (20 dicembre 1962, 

n. 108, Giur. it., 1003, I, 1, 305; 27 novembre 1962, n. 92, ivi, I, 1, 322; 13 dicembre 
1963, n. 156, Giust. pen., 1964, I, 10), nella precedente giurisprudenza 
della stessa Corte (sent. 5 maggio 1959, n. 22, Giur. cost., 1959, 319). 
Circa la legittimit� dell'attribuzione al Ministro della Difesa di provvedere 
alle assegnazioni del personale della giustizia militare alle singole funzioni ed 
alle varie sedi (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 17 dicembre 1957, n. 1204, Giur. cost., 
1958, 1073). 

Per la legittimit� della norma dell'ordinamento giudiziario ordinario che 
consente l'applicazione dei pretori o degli aggiunti giudiziari �d altro mandamento 
del distretto, nella questione sollevata con ordinanza 20 marzo 1963 del 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 639 

ratore generale. � rorgano che deve dare garanzia di imparzialit� 
nell'adottare i provvedimenti di carattere contingibile previsti dalla 
norma denunziata. Questi provvedimenti sono necessari non ai fini 
dell'accusa ma ai fini del regolare e sollecito funzionamento della giustizia: 
con tale intento la legge li affida al Procuratore generale, il 
quale non pu� adottarli per finalit� diverse. 

N� ha rilevanza il fatto che il magistrato militare investito delle 
funzioni in virt� del provvedimento :::tdottato dal Procuratore generale 
sia in rapporto di dipendenza gerarchica da costui a norma dell'art. 16 
del r.d. 19 ottobre 1923, n. 2316. Anche nell'esercizio delle funzioni 
temporaneamente a lui affidate il magistrato militare � soggetto soltanto 
alla legge: il principio sancito nell'art. 101 della Costituz�one 
non pu� non valere per chiunque eserciti funzioni giurisdizionali, 
pure se non veste la toga del magistrato ordinario. E, pertanto, quale 
che sia il rapporto tra il magistrato militare cui sono affidate le funzioni 
ed il Procuratore generale e il Procuratore militare, l'esercizio 
di quelle funzioni non pu� non essere indipendente e libero da ogni 
influenza e da ogni soggezione di carattere gerarchico e disciplinare. 
Non soltanto qualunque ordine o mandato ma anche qualsiasi direttiva, 
istruzione, suggerimento da parte del Procuratore generale o 
del Procuratore militare costituirebbero una illegittima intromissione .. 
in una sfera di responsabilit� che non ammette altri vincoli all'infuori 
di quelli della legge. 

Altri aspetti sotto i quali, secondo l'ordinanza, si rileverebbe l'illegittimit� 
della norma denunziata sarebbero dati dal fatto che essa 
non dispone alcunch� in ordine alla precostituzione del giudice e 
fissa una insufficiente disciplina sia nei riguardi del momento in cui 
le funzioni istruttorie possono essere affidate sia nei riguardi della 
durata delle funzioni conferite. All'uopo, nell'ordinanza si fa notare 
che le funzioni istruttorie potrebbero �ssere conferite anche dopo che 
l'istruzione sommaria abbia avuto termine e quindi dopo che si � in 
grado di avem un'idea del modo con cui potrebbe concludersi un 

Pretore di Bordighera (Foro it., 1963, Il, 167) cfr. la sentenza della Corte n. 156 
del 1963 gi� citata. In dottrina, conforme PisANI, In tema di legittimit� costituzionale 
delle disposizioni che disciplinano l'applicazione temporanea dei magistrati, 
Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 579 segg.; contra, FosCHINI, Giudici in nome 
del popolo, non gi� Commissari del Capo, della Corte, Foro it., 1963, II, 167 cit. 

Infine, in ordine al principio della c.d. � interpretazione adeguatrice �, citato 

nell'ultima parte della sentenza, per escludere la violazione del precetto costitu


zionale a cagione di una eventuale interpretazione deformata della norma ordi


naria, cfr. le precedenti sentenze della stessa Corte 14 luglio 1958, n. 49, Giur. 

cost., 1958, 577; 2 luglio 1958, n. 46, ivi, 569; 26 gennaio 1957, n. 24, ivi, 1957, 

373; 2 luglio 1956, n. 8, ivi, 1956, 602. ' 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

640 

procedimento. Si aggiung�e che, pur non essendo prevista una potest� 
di revoca nel conferimento delle funzioni, la mancanza di un termine 
minimo inderogabile di durata permetterebbe l'esercizio di una potest� 
di revoca. 

Con questi rilievi, l'ordinanza fa trasparire la preocx:upazione che 
dall'esercizio della facolt� di conferire le funzioni al termine dell'istruttoria 
e della facolt� di toglierle da un momento all'altro possano essere 
create o agevolate situazioni nelle quali l'indipendenza del giudice 
correrebbe il pericolo di menomazioni. 

L'accenno ad eventuali ripercussioni nei riguardi della precostituzione 
del giudice � stato fatto non per prospettare una violazione 
dell'art. 25 della Costituzi(lne, ma, come si evince sicuramente dalla 
motivazione e dal dispositivo dell'ordinanza stessa, per addurre un 
ulteriore argomento circa il contrasto con l'art. 108, secondo comma. 
Comunque, anche se la questione dovesse essere esaminata rispetto 
all'art.' 25, basterebbe riportarsi alla sentenza n. 156 del 1963, la quale 
ha dichiarato che i provvedimenti analoghi a quelli contemplati dalla 
norma qui denunziata non contrastano con il principio della precostituzione 
del giudice, essendo essi necessari per la continuit� e la prontezza 
della funzione giurisdizionale. 

Quanto agli altri rilievi in ordine alla violazione dell'art. 108, 
secondo comma, � da osservare che essi non si riferiscono, in sostanza, 
ad un contrasto tra la norma denunziata e la norma costituzionale, 
ma agli inconvenienti che potrebbero derivare dall'applicazione della 
norma denunziata, ove questa applicazione fosse preordinata a scopi 
non legittimi. Ora, � da rilevare, da un lato, che la incostituzionalit� 
di una norma non pu� essere basata esclusivamente sul fatto che essa 
possa dar luogo ad abusi, e, dall'altro, che ai fini del sindacato di legittimit� 
costituzionale, � buona regola -non perduta mai di vista dalla 
Corte -quella di far prevalere, rispetto ad una norma di dubbio significato, 
quella interpretazione secondo cui la norma sia fatesa in un 
senso conforme alla Costituzione. 

La Corte ritiene che una interpretazione in tal senso sia fondata: 
nel senso, cio�, che i provvedimenti previsti dalla norma denunziata 
sono atti emessi dal Procuratore generale non ai fini della accusa ma 
ai fini del retto e sollecito funzionamento della giustizia e che pertanto 
essi non possano essere adottati se non per fini obiettivi, giustificati 
dalle esigenze di servizio: men che meno potrebbero essere adottati 
per attentare all'indipendenza del giudice. Se talvolta, per avventura, 
fossero ispirati a finalit� diverse, sarebbero illegittimi e, come tali, 
determinerebbero le reazioni previste dall'ordinamento; n� sarebbe da 
escludere la possibi1it� dell'astensione e della ricusazione, ove ne ricorrano 
i presupposti. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 641 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 44 -Pres. Ambrosini -
Rel. Verz� -Marchetti (n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. 
Stato Foligno). 

Prostituzione � L. 20 febbraio 1958 n. 75 sull'abolizione della 
regolamentazione della prostituzione -Fattispecie legale 
prevista dall'art. 3 n. 8 (favoreggiamento o sfruttamento della 
prostituzione altrui) -Contrasto con l'art. 25 della Costituzione 
-Esclusione. 

(I. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, n. 8; Cost. art. 25). 
La norma di cui all'art. 3 n. 8 della legge 20 febbraio 1958 n. 75, 
che punisce chiunque favorisca o sfrutti la prostituzione altrui, non � 
in contrasto con il principio della riserva di legge stabilito dall'art. 25 
della Costituzione, in quanto i concetti di agevolazione e di sfruttamento 
della prostituzione presentano una obiettivit� ben de-finita, anche 
perch� da tempo acquisiti nel codice penale e sottoposti a lunga elaborazione 
dottrinale e giurisprudenziale (1). 

{Omissis). -2. -La questione, la cui rilevanza ai fini della decisione 
del processo principale appare evidente, non � fondata. 

:�: da premettere che non � affatto pertinente il richiamo al principio 
della libert� personale dei cittadini ed a quello della personalit� 
penale, gar�ntiti dagli artt. 13 e 27 della Costituzione. Invece, la norma 

(1) La questione di legittimit� costituzionale traeva ongme dalla ord~nanza 
4 luglio 1963 del Tribunale di Firenze, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 ago� 
sto 1963, n; 231. 
La sentenza 27 maggio 1961, n. 27, della Corte Costituzionale, citata nella 
motivazione, � pubblicata in Giur. it., 1961, I, l, 1403, con ampia nota di richiami. 

La stessa Corte, con la sentenza 23 marzo 1964, n. 23 (in questa Rassegna, 
1964, 257) . aveva affermato che non sussiste violazione costituzionale allorquando 
il precetto penale sia espresso in maniera non equivoca, ancorch� la sua interpretazione 
comporti un margine di discrezionalit�, perch� ci� � insito in ogni giudizio 
diretto alla applicazione di norme giuridiche. Ed � strano che sia la Corte C�stituzionale 
a dovere richiamare l'attenzione dei giudici del merito sulla ampiezza 
dei loro poteri nell'interpretare la legge, correggendo una certa "tendenza formalistica 
che praticamente ne importerebbe limitazione. 

Il rilievo appare tanto pi� pertinente nella materia in esame, in cui esiste 
una impe>nente produzione giurisprudenziale della Corte Suprema di Cassazione, 
che ha chiaramente identificato le fattispecie legali dei de1:tti previsti dall'art. 3, 

n. 8 della c.d. � legge Merlin '" 
Basti riom:dare, fra le tante, Cass. 6 marw 1961, Fusco, Giust. pen., 1962, 
II, 572 segg.; 7 luglio 1961, CANNONE, ivi, II, 423; 6 novembre 1963, BROGLIO, 
ivi, 1964, II, 82; 23 aprile 1963, SPINELLI, ivi, 1964, II, 80; 17 aprile 1963, RosATO, 
ivi, 1964, II, 84; 5 aprile 1963, MoVILLA, ivi, 1964, II, 81. 

3 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

642 

che d� fondamento legale alla potest� punitiva, ed espressamente sancisce 
la non retroattivit� della legge nel tempo, � contenuta nell'art. 25 
della Costituzione, il quale, nel secondo �comma, dispone che: � nessuno 
pu� essere punito se non in forza di una legge, che sia entrata 
in vigore prima del fatto commesso li. La questione, nei termini propos.
ti dall'ordinanza, pu� essere quindi esaminata soltanto in riferimento 
all'art. 25. 

3. -Il Tribunale afferma che la formulazione della norma impugnata, 
la quale punisce colui che � in qualsiasi modo favorisca o sfrutti 
la prostituzione altrui li � generica, priva di contenuto e non concreta 
perci� una espressa ed individuata previsione del fatto costituente 
reato; dal che deriverebbe un contrasto col precetto costituzionale 
della espressa riserva di legge in materia penale, richiesta dall'art. 25 
della Costituzione. 
La Corte ritiene che siffatto apprezzamento non � giustificato. 

Particolari ragioni di tutela della dignit� umana hanno indotto il 
legislatore ad abolire la regolamentazione della prostituzione, la registrazione, 
il tesseramento e qualsiasi altra degradante qualificazione o 
sorveglianza sulle donne che esercitano la prostituzione. Il legislatore 
non si � per� limitato a dare una nuova disciplina, ma, preoccupato 
delle conseguenze dannose che possano derivarne, ha seguito anche 
un'altra direttiva, che appare riprodotta nel titolo della legge in esame 
(lotta contro lo sfruttamento della prostituzione). Ha emanato quindi 
nuove norme penali, atte a reprimere la diffusione di questo male 
sociale, prevedendo -nell'art. 3 della ripetuta legge -varie ipotesi 
criminose, onde punire quelle attivit� che in qualsiasi modo vengano 
a ledere l'interesse che si intende tutelare. 

I concetti di agevolazione e di sfruttamento della prostituzione 
altrui presentano una obbiettivit� ben definita, anche perch� acquisiti 
da tempo nel codice penale e sottoposti a lunga elaborazione dottrinale. 
Essi hanno un preciso ed inconfondibile significato, che non si 
presta ad equivoche interpretazioni. Allargare il raggio di applicazione 
della previsione legislativa fino a comprendere attivit� che prima 
rimanevano impunite non significa svuotare di contenuto la norma, ma 
estenderla e rafforzarla. E la circostanza che sia stata usata una formula, 
la quale, pur essendo di pi� ampio contenuto, risulti sinteticamente 
espressa, non costituisce un vizio della norma -siccome ritiene 
rordinanza di rimessione -ma un fatto normale in materia penale. 
Ed invero, tutti i comandi giuridici sono per loro natura di carattere 
generale ed astratto; ed � ben noto che, nell'indicare i fatti tipici costituenti 
reato, la legge a volte fa una descrizione minuta di essi, ma 
spesso si limita a dare un'ampia nozione del fatto, senza scendere a 
particolari di esecuzione. E gi� questa Corte ha avuto occasione di 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 643 

affermare in proposito che � il principio in virt� del quale nessuno 
pu� essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto 
come reato dalla legge {art. 1 del Codice penale) non� � attuato nella 
legislazione penale seguendo sempre un criterio di rigorosa descrizione 
del fatto. Spesso le norme penali si limitano ad una descrizione 
sommaria ed all'uso di espressioni meramente indicative, realizzando 
nel miglior modo possibile lesigenza di una previsione tipica dei fatti 
costituenti reato � {sent. n. 27 del 23 maggio 1961). 

Bisogna infine rilevare che queste nuove figure di reato, sottoposte 
al vaglio della dottrina e della giurisprudenza, sono state efficacemente 
determinate nei loro contorni e limiti. Onde, sotto qualsiasi 
aspetto esaminata, la censura della norma appare priva di fondamento. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 45 -Pres. Ambrosini -
Rel. Cassandro -Zoo.asi (avv. Casarini, Fabbrici, Viola) e Presidente 
Consiglio Ministri (avv. Stato Foligno). 

Tasse ed imposte comunali -Imposta di famiglia -Interpretazione 
autentica dell'art. 17 del t.u. finanza locale circa l'autonomia 
della determinazione della base imponibile e dell'accertamento 
rispetto ai tributi erariali -Contrasto con l'art. 53 
della Costituzione -Non sussiste. 

(r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 117; I. 16 settembre 1960, !Il. 1014, 
art. 18; I. 15 febbraio 1963, n. 150, art. unico; Cost. art. 53). 
La facolt�, riconosciuta agli uffici accertatori dei Comuni dalrart. 
18 della legge 16 settembre 1960 n. 1014, considerata, dalla legge 
15 febbraio 1963 n. 150, come interpretazione autentica delfart. 117 

t.u. finanza locale, di accertare, in guisa autonoma dagli uffici erariali 
la base imponibile delI'imposta di famiglia, non viola il principio dell,a 
capacit�. contributiva del contribuente stabilito dal'l"art. 53 della Costituzion�. 
La legge impugnata, infatti, non ha modificato I'oggetto delfimposta, 
n� gli elementi da tenere presenti nell� determinazi.one dell'imponibile, 
n� il modo in cui essi devono essere assunti; ma il suo 
effetto retroattivo si � limitato ad un punto non essenziale della figura 
del tributo, e ad eliminare intorno ad esso dubbi ed incertezz@ (1). 
(1) Il Tribunale di Modena, nel giudizio civile Zanasi -Comune di Modena, 
con ordinanza 20 giugno 1963 (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 1963, n. 231) sollevava 
la questione di legittimit� costituzionale delle norme in epigrafe, sotto il 
profilo che la retroattivit� connessa alla lOYo natura interpretativa costitnisse 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -Il problema sottoposto all'esame della Corte � 
quello, come si esprime testualmente l'ordinanza, della " costituzionalit� 
della retroattivit� tributaria n. Vero � che nel testo � profilato anche un 
contrasto tra la legge impugnata e il principio, che si trarrebbe dal1'
art. 119 della Costituzione, per il quale finanza locale e finanza statale 
devono essere coordinate fra loro, ma la questione di costituzionalit� 
che ne discende, non � stata esplicitamente proposta dal giudice a quo, 
che s�embra anzi volerne prescindere, sicch� un'interpretazione coerente 
dell'ordinanza porta ad escludere che essa sia stata sottoposta al giudizio 
di questa Corte. 

A maggior ragione devono essere considerate fuori dei� limiti del 
presente giudizio le numerose questioni che la difesa della parte privata 
ha sollevato nelle deduzioni e, ampiamente, nella discussione orale, in 
relazione a numerosi precetti costituzionali (artt. 3, 5, 23, 25, ecc.). 

2. -Il Tribuna1e di Modena non ignora la giurisprudenza di questa 
Corte, secondo la quale una legge tributaria retroattiva (come ogni altra 
Ilegge non penale), non � di per s� viziata di incostituzionalit�, e che il 
carattere retroattivo di una legge siffatta pu� comportare un'illegittimit� 
costituzionale soltanto �se porti, come sua conseguenza, la violazione di ~ 

un precetto o di un principio contenuti nella Costituzione. In conse� 
guenza, l'ordinanza propone la questione nei confronti dell'art. 53 della 

violazione del prmc1p10 della capacit� contributiva del cittadino, sancito dall'art. 
53 della Costituzione. 

La legge impugnata segnava il traguardo di un quasi ventennale d~battito 
dottrinale e giurisprudenziale circa l'interdipendenza o, per converso, l'autonomia, 
dell;imposizione tributaria comunale rispetto a quella statale. 

L'art. 117 �del t.u. per la finanza locale, dispone, infatti: �L'imposta (di 
famiglia) colpisce l'agiatezza della famiglia desunta dai redditi o proventi di 
qualsiasi natura e da ogni altro indice apparente di agiatezza �. � 

Il successivo art. 119 disponeva: � Per i contribuenti assoggettati all'imposta 
-complementare di Stato, le aliquote dell'imposta di famiglia sono applicate agli 
imponibili che servono di base alla determinazione della complementare, senza 
che occorrano ulteriori accertamenti da parte del Comune � � 

L'art. 119 fu abrogato dall'art. 19 d.1.1. 8 marzo 1945, n. 62, per cud ogni 
collegamento fra le due imposte avrebbe dovuto ritenersi escluso. 

Senonch� la Corte Suprema di Cassazione interpret� l'abrogazione dell'art. 
119 non nel senso di un completo sganciamento della imposta di famiglia 
da quella ce>mplementare, ma, di �na integrazione di due serie di fattori: da un 
lato e con carattere di rigidit� e di obbligatoriet�, l'accertamento dei redditi 
erariali da parte degli uffici statali; dall'altro, la valutazione induttiva dello stato 
di agiatezza con elementi tratti " aliunde n e liberamente valutati dagli uffici 
comunali (Sez. Un. 14 agosto 1959, n. 2524, Riv. leg. fisc., 1960, 232; Sez. Un. 
12 ottobre 1960, n. 2688, ivi, 1960, 688; Sez. I, 9 marze> 1961, n. 519, ivi, 
1961, 1369). 



PARTE I, SEZ; I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 645 

Costituzione, e precisamente della norma �Contenuta nel primo comma 
di esso, la quale afferma che � tutti sono tenuti a concorrere alle spese 
pubbliche in ragfone della loro capacit� contributiva �. A rafforzare 
questa impostazione della questione, l'ordinanza aggiunge che la retr�attivit� 
della legge impugnata conduce anche alla violazione delle norme 
contenute negli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione. 

3. -Il problema della cc �retroattivit� della legge tributaria � sorge 
non soltanto quando la legge ponga a base della prestazione un fatto 
verificatosi nel passato, ma anche quando essa alteri, modifichi o trasformi, 
con effetto retroattivo, gli elementi essenziali dell'obbligazione 
tributaria e i criteri di valutazione che vi sono connessi, quali risultano 
da una precedente normativa. Se, infatti, per. �capacit� contributiva 
s'intende l'idoneit� del contribuente a corrisp�ndere la prestazione 
coattivamente imposta e se tale idoneit� deve porsi in relazione, non 
gi� con la concreta capacit� di ciascun contribuente, ma col presupposto 
al quale la prestazione stessa � collegata e con gli elementi essenziali 
dell'obbligazione tributaria, si deve anche ritenere che, quando la legge 
assuma a presupposto un fatto o una situazione passati -non pi� 
esistenti, perci�, al momento in cui essa entra in vigore -, ovvero 
innovi, estendendo i suoi effetti al passato, gli elementi dai quali la 
prestazione trae i suoi caratteri essenziali, il rapporto che deve sussi-
Tale orientamento suscit� vivaci contrasti di dottrina (FORTE, Sulla determinazione 
dell'imponibile nell'imposta di famiglia, Giur. it., 1960, I, 1, 1151; 
ALLoruo, Prof�1i giuridico-formali del problema della valutazione del reddito agli 
effetti della imposta di famiglia, ivi, I, 1, 1165), rilevandosi che, senz'uopo di 
intervento legislativo, nessun dubbio potesse sussistere sull'autonomia assoluta fra 
le due imposte, e che la questione era � resa opfoabile unicamente dalla resistenza 
dei contribuenti e da una giurisprudenza priva di basi nella legge (FORTE, In tema 
di autonomia dell'imposta di famiglia e di norme interpretative, Giur. it., 1963; 
I, 1, 411). 

La questione sembr� risolta con l'entrata in vigore dell'art. 18 della I. 16 settembre 
1960, n. 1014, col quale si stabiliva che �l'accertamento e la determina-; 
zione della base imponibile per l'imposta di famiglia sono distinti ed autonomi 
da quelli riguardanti i tributi erariali �. 

Ma fu una breve tregua. Infatti sorse subito il problema (del resto gi� adombrato 
dall'Allorio nello scritto succitato) se la nuova legge contenesse una norma 
interpretativa o innovativa. La Cassazione adott� questa seconda tesi, escludendo 
che la legge del 1960 tro�vasse applicazione ai rapporti anteatti (Sez. I, 28 luglio 
1962, n. 2226, Giur. it., 1963, I, 1, 409). 

Nell'intento, infine, di risolvere la dibattuta questione, l'art. unico della 

I. 15 febbraio 1963, n. 150, dispose: 
� All'art. 18 della legge 16 settembre 1960, n. 1014, � agg.iunto il seguente 
comma: " Il primo comma del presente articolo costituisce interpretazione auten.,. 
tica dell'art, 117 del testo unico per la finanza locale approvato con regio decreto 



646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stere tra imposizione e capacit� contributiva, pu� risultare spezzato 
e il precetto costituzionale ( � in ragione della capadt� �contributiva �) 
violato. Pu�, non risulta necessariamente spezzato: il che vuol dire 
che il venir meno di questo rapporto non pu� essere affermato in via 
generale e in astratto, ma deve essere verif�.cato di volta in volta, in 
relazione alla singola legge tributaria. Sono questi i motivi per i quali 
la Corte ha affermato che una legge tributaria retroattiva non �comporta 
per se stessa la violazione del principio della capacit� contributiva 
(sent. n. 9 del 1959), respingendo, con ci�, e la tesi che codesta violazione 
si verifichi in ogni caso, e l'altra, opposta, che essa non abbia 
mai luogo. 

4. -Se si tengono presenti queste ragioni, la questione sollevata 
dal Tribunale di Modena deve essere dichiarata non fondata. 
La 1. 15 febbraio 1963, n. 150, si � limitata, infatti, a com.ferire 
all'art. 18, primo comma, della I. 16 settembre 1960, n. 1014, valore 
di legge interpretativa e, con ci�, efficacia retroattiva. Ora, la norma, 
alla quale tale efficacia � stata conferita, stabilisce che �l'accertamento 
e la determinazione della base imponibile per l'imposta di famiglia 
sono distinti ed autonomi da quelli riguardanti i tributi eraria�i �. Essa 

Ifu emanata dopo che si era disputato a lungo in dottrina e in giurisprudenza 
sugli effetti che comportava la abrogazione dell'art. 119 

I

I'.-�"

del t.u. per la finanza locale, approvato con .r.d. 14 settembre 1931, ; 

n. 1175, il quale stabiliva, invece, che, per la determinazione della 
14 settembre 1931, 111. 1175, a seguito della �abrogazione dell'art. 119 dello stesso 
testo unico disposta dall'art. 19 del decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 
1945, n. 62 " �. 

Indubbiamente, dal punto di v.ista della politica legislativa, non � certo che 
la nuova norma abbia contribuito a chiarire le idee ed a facilitare i rapporti fra 
le parti e la definizione delle controversie; e ne � eloquente riprova l'appendice 
(J{)Stituzionale decisa con l'annotata sentenza. 

Nella successione delle leggi, !invero, si riscontrano: a) una legge retroattiva 
(la legge del 1963 aggiunge un secondo comma alla legge del 1960); b) una legge 
interpretativa (iJ secondo comma della legge del 1960, aggiunto con la legge del 
1963, Contiene interpretazione aute:ntica dell'art. 117 t.u. finanza locale). 

Sotto il prof�l~ costituzionale, peraltro, nulla pu� fondatamente l'ilevarsi in 
merito alle due leggi. 

L'ordinanza del Tribunale di Modena aveva fatto riferimento ad una pretesa 
violazione del principio della capacit� contributiva (art. 53 della Costituzione~. 
Ma esattamente la Corte Costituzionale ha ruevato che la retroattivit� delle norme 
in parola (o pi� precisamente, la loro interpretazione vincolata) non tocca i temi 
sostanziali dei requisiti per la tassazione, dei modi dell'accertamento ecc. 

Conseguentemente, poich� la riserva di irretroattivit� � valida solo !)er la 
legge penale, la Corte ha confermato la sua consolidata giurisprudenza sulla 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 647 

base imponibile dell'imposta di famiglia, dovessero essere assunti� gli 
imponibili cc che servirono di base alla determinazion�e della complementare
�. Non occorre qui decidere quale fosse �la esatta interpretazione 
da dare all'intervenuta abrogazione, ad opera del cl.I.I. 8 marzo 
1945, n. 62, della norma ora ricordata, se quella, cio�, sostenuta dalla 
Commissione Centrale delle Imposte e in un primo tempo anche dalla 
Cassazione, o, viceversa, quella successiva della Cassazione medesima, 
che divenne prevalente. Ai fini del� giudizio di legittimit� della legge, 
� sufficiente accertare che la facolt�, riconosciuta agli uffici accertatori 
del Comune, di valutare, in guisa autonoma dagli uffici erariali, la 
base imponibile dell'imposta di famiglia, non ha violato la capacit� 
contributiva nel senso in cui � stata definita. A prescindere dalla tesi 
che i redditi possono essere assunti e valutati diversamente in relazione 
ad imposte diverse per oggetto e p�r struttura, la legge impugnata non 
ha modificato l'oggetto dell'imposta, che � rimasto a l'agiatezza della 
famiglia desunta dai redditi o proventi di qualsiasi natura e da ogni 
altro indice apparente di agiatezza� (art. 117 del cit. t.u. per la finanza 
locale), n� gli elementi che devono essere tenuti presenti nella determinazione 
dell'imponibile e il modo come devono essere assunti in 
questa determinazione (lett. a, b, e ed del medesimo art. 117). L'effetto 
retroattivo della legge si � limitato a un punro non ess�nziale della 
figura del tributo, e ad eliminare intorno ad esso dubbi e ~ncertezze. 
E cos� operando non ha al certo violato il principio della capacit� 
contributiva. -(Omissis). 

ammissibilit� di leggi retroattive in materia tributaria (sent. 30 di�embre 1958, 

n. 81, Giur. it., 1959, I, 1, 385; sent. 9 marzo 1959, n. 9, cit. in motivazione, ivi, 
I, 1, 1015). 
Anche sotto il profilo soggettivo, poi, con riferimento, cio�, al condizionamento 
del poteTe giudiziario da parte del potere legislativo nell'interpretazione 
vincolata di una legge (profilo, questo, peraltro, non sollevato nell'ordinanza di 
remissione) le leggi in esame appaiono costituzionalmente legittime. 

A proposito di leggi interpretative, infatti (del resto espressamente ammesse 
dall'art. 73 dello Statuto albertino, che pure era fondato sul principio della divisione 
dei poteri), e nel� silenzio della vigente Costituzione, la Corte Costituzionale 
ne ha riconosciuto l'ammissibilit�, rilevando che � anche la legge interpretativa 
innova all'ordine legislativo preesistente: il quid ruJVi che essa introduce in tale 
ordine consiste nell'attribuire a certe norme anteriori un significato obbligatorio 
per tutti (con conseguente esclusione di ogni altra possibile interpretazione). Altra 
� la funzione del potere giudiziario: la quale consiste nell'adozione di decisioni 
vincolate all'ordinamento normativo" (sent. 8 luglio 1957, n. 118, Giur. it., 1957, 
I, l, 1314). 

I limiti entro i quali pu� spaziare l'interi}refazione legislativa sono poi stati 
fissati dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza, nell'osservanza della 
duplice esigenza: rispetto dei giudicati, ed esclusione dell'intento di interferire 
nei giudizi in corso. 



648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 46 -Pres. Ambrosini 

-Rel. Petro�elli -Grendene (n.c.), Presidente Consiglio Ministri e 

Amm.ne Finanze Stato (avv. Stato Tracanna). 

Fascismo -Sanzioni contro il fascismo -Confisca dei beni -Natura 
di pena -Esclusione -Contrasto con gli artt. 25 e 27 della Costituzione 
-Non sussiste. 

(d.l.l. 27 luglio 1944, n. 159, art. 9;. Cost. artt. 25 e 27). 
Le disposizioni relative alle sanzioni contro il fascismo non contengono, 
n� nel testo, n� nell'eccezionale ragione e finalit� loro, nul.la 
che comunque significhi una brusca interruzione del principio della 
personalit� della pena, nettamente poi riaffermato dal! art. 27 de,lla 
Costituzione. 

Pertanto, giacch� la confisca disposta con fart. 9 del d.l.l. 27 luglio 
1944, n. 159, sebbene riferibile ai comportamenti di un so"lo soggetto, 
� tale da potersi disporre anche contro soggetti diversi ed anche fuori 
del! azione penale, essa � una misura cui non pu� essere riconosciuto 
carattere di pena; per conseguenw, essa non d� luogo a violazione del 
principio della irretroattivit� della legge penale (l). � 

(Omissis). -Nel merito la questione non � fondata. 

Con sentenza n. 29 del 1961 questa Corte ha ritenuto, conformemente 
alla varia disciplina giuridico-positiva delristituto, che la confisca 
non si presenta sempre di eguale natura e in unica configurazione, 
ma assume, in dipendenza delle diverse finalit� che la legge le attribuisce,. 
diverso carattere, che pu� essere di pena come anche di misura 
non penale. 

Nell'ordinanza di rimessione il giudice a quo esprime l'avviso 
che alla confisca di cui all'art. 9 del d.Ll. 27 luglio 1944 sia stato 
attribuito carattere di vera e propria pena, in corrispondenza di una 
autonoma figura di reato che la norma avrebbe creato. E poich� i 

(1) L'ordinanza 14 luglio 1962 del Tribunale di Padova, che ha dato luogoal 
giudizio di legittimit� costituzionale, � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 
27 luglio 1963, n. 201. 
Con la precedente sentenza 9 giugno 1961, n. 29, indicata in motivazione,. 
la Corte costituzionale aveva dichiarato non fondata la analoga questione sollevata 
in relazione all'art. 1 del cl.I.I. 26 marzo 1946, n. 134 (Giur. it., 1961, I, 1, 856. 

e ampia nota di richiami). fil 

:Il: da ricordare, peraltro, che la giurisprudenza della Corte Suprema di 
Cassazione, creatasi intorno alla figura giuridica della confisca dei beni nel sistema 
delle sanzioni contro il fascismo, a partire dalla fondamentale sentenza delle 
Sez. Un. Pen. 14 febbraio 1948 (Foro it., 1948, Il, 123), poneva una fondamentale 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 649 

comportamenti costitutivi di tale reato sono anteriori alla norma stessa, 
ci� importerebbe violazione del principio della irretroattivit� della legge 
penale, riaffermato dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. 

�: da premettere che la interpretazione del giudice a quo, secondo 
la quale alla confisca sarebbe stato attribuito dall'art. 9 carattere di 
pena, si pone in contrasto con l'orientamento in definitiva affermatosi 
nella giurisprudenza, specialmente con la sentenza della Cassazione a 
Sez. Un. del 14 febbraio 1948 (ribadita da numerosi successivi pronunciati), 
con cui il carattere di pena fu nettamente escluso, in conformit�, 
del resto, con la prevalente _�lottrina. A parte per� questi significativi 
orientamenti, � il testo medesimo dell'art. 9 che presenta, ad avviso 
della Corte, elementi sufficienti per confermare la predetta interpretazione. 
L'ordinanzll: di rimessione ritiene di poter far addebito alla norma 
impugnata di una formulazione poco felice. Anche a voler ritenere 
fondato un siffatto apprezzamento, � tuttavia innegabile che dal testo 
della norma risulta ben certo : che la confisca dei beni � disposta 

� senza pregiudizio dell'azione penale�; che � nel caso di azione 
penale � la confisca � pronunciata dall'Autorit� giudiziaria che emette 
la condanna; e, � in caso diverso 11 dal tribunale competente per territorio, 
su richiesta dell'Alto Commissariato. Da ci� risulta evidente, a 
parte la discutibile esattezza dei termini, che la confisca pu� essere 
disposta anche indipendentemente dall'azione penale, anche quando 
questa non possa essere promossa o proseguita per l'avvenuta morte 
del reo, e per conseguenza anche contro gli eredi ed aventi causa (nel 
caso esaminato dalla citata sentenza della Cassazione a Sez. Un. la 
confisca era stata disposta contro gli eredi di persona gi� deceduta all'entrata 
in vigore della norma). Ci� � pi� che sufficiente per escludere che 
con la norma impugnata la confisca abbia assunto natura di pena, 
avendo la pena carattere strettamente personale, e non potendo pertanto 
incidere su soggetti diversi dal reo. A tal proposito la Corte non pu� 
che riportarsi alle considerazioni gi� svolte nella gi� citata sentenza 

n. 29 del 1961; vale a dire che le disposizioni relative alle sanzioni contro 
il fascismo non contengono, n� nel testo n� nella eccezionale ragione e 
distinzione tra l'ipotesi di confisca prevista dall'ar( 1 d.I.1. 26 marzo 1946, n. 134, 
attribuendo a questa il carattere di pena, non applicabile, in caso di estinzione 
del reato per morte dell'imputato, agli eredi di questi, e l'ipotesi di confisca ex 
art. 9 d.1.1. 27 luglio 1944, n. 159, la quale, essendo svincolata dall'azione penale, 
tale carattere non ha. 

La Corte Costituzionale, per converso, sia nella sentenza del 1961 che in 

quella in rassegna, ha ritenuto che, in entrambe le ipotesi, sia da escludere il 

carattere di pena, solo .per la quale opera il divieto della retroattivit�. ~ un altro 

esempio, questo, del tentativo di inalveare entro principi ed istituti generali 

-attraverso l'interpretazione adeguatrice -istituti anomali, creati per fronteg


giare situazioni eccezionali e transeunti. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

650 

:finalit� loro, nulla che comunque significhi una brusca interruzione 
del principio della personalit� della pena, nettamente poi riaffermato 
dall'art. 27 della Costituzione. Pertanto, giacch� la confisca disposta 
con f art. 9 del d.1.1. 27 luglio 1944, sebbene riferibile ai comportamenti 
di un .dato soggetto, � tale da potersi disporre anche contro soggetti 
diversi e: anche al di fuori delfazione penale, � una misura cui non pu� 
essere riconosciuto carattere di pena. Per conseguenza essa non d� 
luogo a violazione del principio della irretroattivit� della legge 
penale. ~(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 47 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali -Sonaglia (avv. Patrizi), I.N.P.S. (avv. Nardone) e 
Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Varvesi). 

Previdenza ed assistenza -Con.troversie in tema di previdenza e 
assistenza obbligatoria -Previo ricorso in via amministrativa Contrasto 
con l'art. 113 della C�stituzione -Esclusione. 

(c.p.c. art. 460; r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, artt. 97 e 98; Cost. art. 113). 
Non contrastano con il principio della tutela contro gli atti della 
P.A., sancito dall'art. 113 della Costituzione, le disposizioni _dettate 
dalle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria che 
subordinano al previo esperimento del ricorso amministrativo alrI.N.P.S., 
la proponibilit� delfazione giudiziaria (1). 

(Omissis). ---2. -Indubbi:amente il precetto contenuto nell'invocato 
art. 113 della Costituzione per cui, contro gli atti della pubblica 
amministrazione, � ammessa � sempre � la tutela giurisdizionale, pro


(1) L'ordinanza di remissione 4 aprile 1963 della Corte d'Appello di Torino 
� pubblicata nella Gazzetta Ufficial,e 31 agosto 1963, n 231. 
Con la presente sentenza, la Corte Costituzionale ribadisce la sua oramai 
consolidata giurisprudenza richiamata nel testo della motivazione, in tema di 
tutela giudiziale contro gli atti della P.A. 

Essa, invero, ha gi� rilevato come l'art. 113 della Costituzione non possa 
significare che contro l'atto amministrativo il cittadino abbia la facolt� di invocare 
la tutela giurisdizionale in . ogni caso nella medesima maniera e con i medesimi 
effetti. Il proposito del costituente fu di gamntire al diritto del cittadino, che si 
senti&se leso dall'atto della Pubblica amministrazione, di richiedere la tutela 
giurisdizionale, non gi� quello di eliminare il potere del legislatore ordinario di 
regolare i modi e lefficacia di questa, assicurando contro l'atto amministrativo 
una particolare tutela amministrativa e garantendo, in relazione con questa, i 
rimedi giurisdizionali previsti dall'ordinamento (-sent. 7 luglio 1962, n. 87, Giur. it., 
1962, I, 1, 1281). 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 651 

�dama l'inviolabilit� del diritto a tale tutela. Ma quel precetto, come 
non afferma che il cittadino possa conseguire la protezione giudiziaria 
sempre nella medesima maniera e con i medesimi effetti (sentenza 
3 luglio 1962, n. 87), cos� non vieta che la legge ordinaria possa regolare 
il modo di esercizio del diritto a quella protezione, in guisa da renderla 
concreta (sentenza 14 giugno 1956, n. 1), purch�, si intende, non siano 
scelte modalit� che rendano impossibile o difficile l'esercizio del diritto. 

Questa Corte ha gi� escluso che contrasti con il predetto art. 113 
la legge che assicura contro l'atto dell'amministrazione, dapprima una 
protezione amministrativa, e, di poi, in relazione a questa, rimedi 
giurisdizionali diretti soltanto, o ad ottenere il risarcimento del danno 
cagionato dall'esecuzione dell'atto dell'amministrazione (citata sentenza 
3 luglio 1962, n. 87) o ad impedire l'esecuzione di tale atto 
{sentenza 7 giugno 1963, n. 107). E non � sostanzialmente diversa 
l'ipotesi di norme, come quelle sulle quali la Corte di Torino ha appuntato 
i suoi dubbi, che condizionano l'esperimento dell'azione giudiziaria, 
nel caso di prestazioni previdenziali, alla proposizione di una 
istanza amministrativa, e, decisa questa in senso sfavorevole, ad un 
ri-corso ad un organo amministrativo costituito a tale. scopo presso 
l'istituto erogatore delle prestazioni. 

3. -Le norme denunziate pongono lonere del .procedimento preliminare 
nel presupposto che l'Istituto nazionale della previdenza 
sociale, dovendo, come pubblica amministrazione, conformare a legalit� 
il proprio comportamento, non rifiuter� le prestazioni la cui 
richiesta atl:ui la volont� della legge, e le adempir� senza che vi sia 
bisogno della costrizione di una sentenza di condanna; ed � chiaro, 
allora, che quelle norme tendono a far s� che siano portate avanti 
l'autorit� giudiziaria soltanto le controversie non eliminabili per com-
La Costituzione garantisce, quindi, la tutela giurisdizionale in ogni caso, ma 
non in ogni tempo e indipendentemente da qualsiasi forma; le� parole � tutti � 
e �sempre '" degli artt. 24 e 113, ribadiscono l'eguaglianza di diritto e di fatto 
di tutti i cittadini per quanto riguarda la possibilit� di chiedere ed ottenere la 
tutela giurisdizionale nei confronti di altri privati, dello Stato o .di enti pubblici 
minori (sent. 31 marno 1961, n. 21, ivi, 1961, I, 1, 529), ma non escludono la 
legittimit� delle misure che impongano condizioni ed oneri per la valida cootituzione 
del rapporto processuale, a tutela di interessi pubblici o con riferimento 
a categorie o presupposti oggettivi (sent. 29 navembre 1960, n. 67, ivi, 1961, 
I, 1, 273), e congrui termini, anche se perentori e di decadenza (sent. 22 novembre 
1962, n. 93, ivi, 1963, I, 1, 98). 

Le disposizioni che richiedono l'esaurimento di un procedimento amministrativo 
per la proposizione de1l'azione giudiziaria, come quell� in esame, non 
ledono, quindi, il principio dell'art. 113, perch� si limitano a regolare le modalit� 
di esercizio delle azioni dei cittadini per la tutela gurisdizionale dei propri diritti, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

652 

posizione extragiudiziale. Ci� non vuol dire escludere o limitare la 
tutela giurisdizionale. 

Questa tutela � garantita � sempre � dalla Costituzione, non certo 
nel senso che si imponga una sua relazione di immediatezza con il 
sorgere del diritto; e pertanto non ha pregio obiettare che condizionare 
razione all'espletamento di un procedimento amministrativo � procrastinarne 
l'e:ercizio. Questa Corte ha costantemente ritenuto la legittimit� 
cosituzionale di disposizioni che impongono oneri diretti ad evitare 
l'abuso del diritto alla tutela giurisdizionale (sentenze 21 aprile 1962, 

n. 40; 27 aprile 1963, n. 56; 25 maggio 1963, n. 83; 27 giugno 1963, 
n. 113); e si percorre la stessa via logica quando si riconoscono non 
pregiudizievoli all'esercizio di quel diritto norme, come le denunciate, 
che vogliono evitarrie, se non l'abuso, l'eccesso, e vogliono indirizzarlo 
perci� verso un suo uso adeguato, ancorandolo ad una determinazione 
dell'opportunit�: di promuovere l'azione giudiziaria, che maturi dopo 
un apprezzamento della fondatezza della pretesa, compiuta alla stregua 
delle risultanze emerse in un procedimento preliminare di natura 
amministrativa. 
Un sistema del genere non subordina la tutela giurisdizionale 
all'interesse della pubblica amministrazione, perch� soddisfa soltanto x� 
ad un'esigenza di economia processuale, e quindi ad un interesse della ' stessa funzione giurisdizionale; nemmeno limita la protezione giudiziaria 
in vista di una potest� di imperio della pubblica amministrazione, 
perch� mantiene l'assoggettamento di questa all'interesse della . 
' 
parte privata, imponendole di esaminarne i rilievi, per evitare razione 

Igiudiziari�. E infine neanche � esatto che tal sistema d�, al diritto 
soggettivo, la medesima tutela che � prevista per gli interessi legittimi, 
perch�, pur utilizzando il mezzo del ricorso amministrativo, esso 

Inon vuole che in sede giurisdizionale si accerti il vizio dell'atto del1'
amministrazione e che il diritto quindi sia garantito attraverso la 
eliminazione di quell'atto, ma esige che, nella sede predetta, il diritto 

nelle materie in cui un particolare interesse pubblico lo richieda, e, lungi dal 
negarla, postulano la tutela giurisdizionale di tali diritti (sent. 7 giugno 1963, 


n. 107, ivi, 1963, I, 1, 1189). . 
Le altre sentenze, citate in motivazione, 26 aprile 1962, n. 40; 27 aprile 
1963, n. 56; 25 maggio (8 giugno) 1963, n .. 83; 27 giugno (3 lugl:o) 1963, n. 113, 
sono pubblicate .in Giur. it., rispettivamente, 1962, I, 1, 1056; e 1963, I, 1, 834; 
I, 1, 1053; I, 1, 1175). 


Per quanto concerne la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, 
oltre le sentenze citate nella decisione in rassegna (sent. 19 settembre 1963, 


n. 2567, Foro it. Mass., 1963, col. 730; sent. 18 giugno 1959, n. 1913, ivi, 1959, 
col. 359; sent. 10 dicembre 1957, n. 4654, ivi, 1957, col. 943), v. anche sent. 
18 luglio 19-63, n. 1966 (ivi, 1963, col. 571) nell'analogo caso dell'art. 58 t.u. 
sugli assegni familiari, apprnvato con d.p.r. 30 maggio 1955, n. 797. 

PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE .653 

si accerti come direttamente ed immediatamente garantito dall'ordinamento 
giuridico: la Corte di cassazione ha infatti da ultimo rilevato 
che l'azione giudiziaria in materia di prestazioni previdenziali ha per 
oggetto, non l'impugnazione della decisione del comitato esecutivo 
(sentenza 19 settembre 1963, n. 2567), ma l'esame della domanda nella 
sua integrit�, sotto tutti i profili che le parti ritengono di sottoporre 
al giudice (sentenza 18 giugno 1959, n. 1913). 

Infondatamente poi si assume che l'adempimento dell'onere in 
discussione si risolve in uno svantaggio del creditore della prestazione 
prev~denziale. Costui ne � anzi favorito, perch� trova, nel procedimento 
amministrativo, un modo di soddisfazione della pretesa facilmente 
invocabile, e non dispendioso: baster� avere presente la semplicit� 
di contenuto che pu� avere la domanda di prestazione e il fatto 
che, se questa concerne una pensione di invalidit� o l'assistenza antitubercolare, 
il costo degli accertamenti svolti nel procedimento amministrativo 
restano a carico dell'Istituto nazionale della previdenza 
sociale anche quando si risolvono a favore dell'istante, e perci� anche 
quando, se fosse proposta azione giudiziaria, l'istante dovrebbe sostenerne 
la spesa, perch� ne � rigettata la domanda. L'onere si risolve 
nel vantaggio del creditore della prestazione pure perch� questi viene 
posto in grado di conoscere integralmente le posizioni di difesa dell'Istituto 
prima di deliberare sull'opportunit� di esperire l'azione giu
�diziaria, e corre quindi un minor rischio di soccombenza. Un ritardo 
dell'Istituto nel pronunziarsi sulla domanda nella prima fase del procedimento 
non � senza rimedi, perch�, secondo la giurisprudenza della 
Corte di cassazione (10 dicembre 1957, n. 4654), esso � vincibile me-
0.iante una diffida a provvedere sull'istanza amministrativa, in applicazione 
di noti principi di diritto. 

4. -Si sostiene altres� che, nella specie, un pregiudizio alla tutela 
giurisdizionale viene a determinarsi perch� le norme denunciate prevedono, 
per ricorrere al comitato esecutivo, un termine la cui inutile 
�decorrenza fa decadere dall'azione giudiziaria; e, pe:r giunta,, un termine 
che, essendo di novanta giorni, � assai breve al confronto di 
quello quinquennale stabilito per l'esperimento di quell'azione, dopo 
�che se ne � conservato lesercizio. 
Deve per� ritenersi che la fissazione del termine contestato ha 
la funzione di assicurare il rispetto del principio di obbligatoriet� del 
procedimento amministrativo anche nella fase di riesame del provvedimento 
negativo dell'Istituto; e cos� � pure della sanzione di decadenza 
comminata per la inosservanza di quel termine. Sono numerose 
le situazioni soggettive che l'ordinamento sottopone ad un regime di 
<lecadenza, per il mancato esercizio entro un breve termine dei poteri 



, . 

RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

654 

che attribuisce, o per il mancato compimento di un determinato atto. 
Con lapplicare tale regime alla prestazione di previdenza, la legge 
ha soltanto ritenuto che pure riguardo a questa era opportuno eliminare 
nel pi� breve tempo l'inoertezza nel diritto a conseguirla. Sarebbe 
assurdo intendere che l'art. 113 della Costituzione assicura � sempre � �'?. 
la tutela giurisdizionale, per affermare la perpetuit�, che vorrebbe 
dire per proclamare la perennit�' di ogni diritto soggettivo e l'impossibilit� 
di assoggettarlo a decadenza o a prescrizione: non � utile nel1'
attuale sede decidere se la decadenza comminata dalle norme denunciate 
comporti soltanto l'estinzione della efficacia della domanda di 
prestazione, come sostiene l'Istituto nazionale della previdenza sociale, 
o la preclusione dell'azione giudiziaria. 
Quanto al termine stabilito per il ricorso al comitato esecutivo, 
esso era di trenta giorni in base al testo originario dell'art. 98 del 
r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827; fu portato a novanta giorni con l'art. 1 
della 1. 5 febbraio 1957, n. 18, per rendere meglio possibile al titolare 
del diritto, come spiega la relazione che accompagn� la proposta, un 
ponderato esame delle ragioni opposte dall'Istituto contro la domanda. 
Il termine di novanta giorni � superiore a quello generalmente previsto 
per il ricorso al Consiglio di Stato, e non pu� essere pertan(to 
ritenuto incongruo alle esigenze della difesa amministrativa del creditore 
della prestazione; specie perch� la giurisprudenza afferma che 
l'Istituto nazionale della previdenza sociale deve accertare con completezza 
gli elementi che possono giustificare la pretesa alla prestazione, 
indipendentemente cio� da ogni impulso probatorio dell'interessato. 
Non ha importanza opporre che si � reputato opportuno di 
concedere un maggior tempo di cinque anni per la propos�zione del!
ili 
l'azione giudiziaria, ove anche il comitato esecutivo respinga n ricorso. m 
Cotesto termine quinquennale � di prescrizione, e non � possibile 
saggiare sulla sua misura la congruit� di quello trimestrale; che � di 
decadenza, fncide, nella specie, sulla durata di un procedimento, che 
per giunta, � di natura_ amministrativa, e soddisfa alla necessit� di 
non ritardare, nel concorrente interesse del creditore, gli accertamenti 
di riesame necessari ad una migliore valutazione della domanda di 
prestazione. 
5. -Altra ragione di pregiudizio alla tutela giurisdizionale si 
avrebbe perch� la materia del procedimento amministrativo limita 
quella del processo giudiziario, e il giudice resta perci� vincolato 
agli accertamenti compiuti nella sede anteriore. 
Non risulta per� da alcuna delle norme del r.d.l. 4 ottobre 1935, 
n. 1827, che il giudice debba formare il suo convincimento soltanto 
sulla base delle prove raccolte nella sede amministrativa. Lo ha escluso 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 655 

quella giurisprudenza della quale si � gi� fatto cenno, per cui il procedimento 
giurisdizionale non ha a suo scopo l'impugnazione della 
decisione del comitato esecutivo dell'Istituto, ma tende direttamente 
all'accertamento del diritto alla prestazione. Lo esclude, del resto, il 
Codice di procedura civile, il quale all'art. 463 stabilisoe che, nei 
processi relativi a domande .di prestazioni previdenziali, il giudice � 
nmmalmente assistito da consulenti tecnici, e all'art. 465, secondo 
comma, che, nei procedimenti di appello segu�ti a decisioni fondate 
su accertam�nti compiuti da consulenti tecnici, obbliga alla nomina 
di un consulente: entrambe le due disposizioni non avrebbero senso 
se il processo giurisdizionale dovesse svolgersi sul solo fondamento 
degli accertamenti compiuti nella fase amministrativa. :�: vero esclusivamente 
che il giudice trova ristretto il petitum e la causa petendi 
dell'azione giudiziaria dal petitum e dalla causa petendi del procedimento 
preliminare. Ma ci� accade, perch� soltanto su ci� che fu domandato 
in sede amministrativa, e in relazione al titolo dedottovi, si � 
ottemperato all'onere legale, e questa ragione riduce la portata del1'
obiezione, dovendosi il principio da essa richiamato riconnettere al 
divieto generale di dilatare la res iudicanda fuori dai confini segnati 
dagli atti processuali ai quali la legge conferisce la forza di determinare 
i limiti del decidere; e pertanto in tale principio l'obiezione stessa 
trova l'�mbito delle sue conseguenze. ~ (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 48 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Bonifacio -Fusco e Scibilia (n.c.) e Presidente Consiglio 
Ministri (avv. Stato Chiarotti). 

Elezioni amministrative e politiche � Disciplina della propaganda 
elettorale -Violazione del diritto di espressione e diffusione 
del pensiero � Non sussiste. 

(1. 4 aprile 1956, n. 212, artt. 1, 8; Cost. art. 21). 
eart. 1 della legge 4 aprile 1956, n. 212, che detta disciplina. per 
fuso della propaganda elettorale, ed il successivo art. 8 che reca sanzioni 
penali per l'inosservanza delle relative prescrizioni non sono in 
contrasto con il principio del diritto della libero espressione del pensiero, 
sancito dalfart. 21 della Costituzione, dato che essi si limitano 
a regolare resercizio di .tale diritto ed a garantirne la effettivit� (1). 

(1) Il. giudizio di legittimit� costituzionale era stato promosso e.on ordinanza 
15 ottobre 1963 del Pretore di Lipari, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 30 novembre 
1963, n. 312. La questione, peraltro, era stata ritenuta manifestamente 
infondata dal Tribunale di Verona (30 marzo 1960, Riv. pen., 1960, II, 885). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

656 

(Omissis). -1. -L'art. della 1. 4 apriJ.e 1956, n. 212, stabilisce che 
durante la campagna elettorale l'affissione �di stampati, �di giornali 
murali od altri e di manifesti di propaganda (commi primo e terzo) � 
consentita soltanto negli spazi a ci� destinati in ogni Comune, distinti 
secondo che l'utilizzazione avvenga da parte di candidati, partiti e 
gruppi politici partecipanti alle elezioni o da parte di chiunque altro 
(comma secondo), e proibisce le iscrizioni murali o su fondi stradali, 
rupi, argini, palizzate e recinzioni (ultimo comma); l'art. 8, comma 
quarto, determina, fra l'altro, le sanzioni penali a carico di chi contravvenga 
alle predette disposizioni. 

La Corte � chiamata a decidere, in relazione alla questione solle� 
vata nella ord~nanza di rimessione, se le statuizioni dell'art. 1 e, conseguentemente, 
la norma penale contenuta nell'art. 8, comma quarto, 
costituiscano violazione del diritto di manifestare liberamente il proprio 
pensiero con le parole, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione 
(art. 21, comma primo, Cast.) e del divieto di sottoporre la stampa ad 
autorizzazione o censura (art. 21, comma secondo). 

La questione appare infondata sotto entrambi gli aspetti. 

2. -L'art. 21, comma primo, della Costituzione riconosce sia il 
diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero sia quello del 
libero us� dei mezzi di divulgazione, e gi� nella prima sentenza del 
5 giugno 1956 la Corte afferm� che l'uno e l'altro godono della stessa 
garanzia costituzionale: il nesso di indispensabile strumentalit� del 
secondo rispetto al primo esclude, sotto questo profilo, una distinzione 
che l'art. 21 in nessun modo consente�. 
La Corte, nel confermare questo precedente, ritiene che le disposizioni 
impugnate, che non toccano minimamente il diritto di mani� 
fostare liberamente il proprio pensiero, non comportino neppure violazione 
del diritto di usare liberamente dei mezzi che ne realizzano la 
diffusione giacch�, in quanto si limitano a disciplinarne l'esercizio, 
esse appaiono estrinsecazione di un potere del legislatore ordinario 
del quale la Corte, in riferimento a varie fattispecie e con ripetute e 
costanti pronunzie, ha riconosciuto la piena legittimit� sempre che il 
diritto attribuito dalla Costituzione non venga ad essere snaturato. 

Per la legittimit� costituzionale delle norme che disciplinano l'esercizio del 
diritto di libert� di espressione, senza comprimerlo, cfr. la sentenza della Corte 
richiamata nella motivazione, 5 giugno 1956, n. 1 (Giur. it., 1956, I, 1, 545) a 
proposito del quinto comma dell'art. 113 t.u. delle leggi di P.S. 

In dottrina, viene ritenuta contrastante con l'art. 21 della Costituzione 
l'interpretazione della legge in esame data con la circolare def Ministero dell'Interno 
13 settembre 1960, n. 580 V, secondo la quale non pu� essere consentita 
affissione di manifesti elettorali prima del quinto giorno dal decreto di convoca




PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 651 

E va ricordato che, proprio in applicazione di questo principio allora 
per la prima volta affermato, la Corte nella citata sentenza del 1956 
ritenne che non fosse in contrasto con l'art. 21 della Costituzione il 
comma quinto dell'art. 113 del t.u. delle leggi di P.S. (r.d. 18 giugno 
1931, n. 773), nel quale � disposto che � le affissioni non possono 
farsi fuori dei luoghi destinati dall'autorit� competente �. 

L'ordinanza di rimessione afferma che la 1. 4 aprile 1956, n. 212, 
limita �temporaneamente ed eccezionalmente�, in occasione delle 
elezioni, la libert� di affissione che, invece, � illimitata in periodo extraelettorale, 
e da ci� fa discendere il dubbio sulla sua legittimit� costituzionale. 
Ora, . a parte la considerazione che l'affissione in genere 
incontra anche in altre leggi una serie di divieti e di limitazioni a 
tutela. di pubblici interessi, � da osservare che proprio durante la 
campagna el~torale la concomitante e pi� intensa partecipazione di 
partiti e di cittadini alla propaganda politica determina una situazione 
che giustifica l'intervento del legislatore ordinario diretto a regolarne 
il concorso. La 1. 4 aprile 1956 ha dettato una disciplina contenuta 
entro questi limiti, con norme che non sono ispirate, come sostiene 
I'A vvocamra dello Stato, alla tutela della propriet� (e basta in pro~ 
posito rilevare che neppure col consenso del proprietario del muro, 
dell'edificio ecc. sarebbe lecito procedere all'affissione fuori degli appositi 
spazi), ma tendono a porre tutti in condizioni di parit�: ad assicurare, 
cio�, che in uno dei momenti essenziali per lo svolgimento 
della vita democratica, questa non sia di fatto ostacolata da situazioni 
economiche di svantaggio o politiche di minoranza. 

Alla luce di queste -considerazioni le norme impugnate, in quanto 
si limitano a regolare l'esercizio del diritto attribuito dall'art. 21 della 
Cos.Utuzione e ci� fanno senza violarlo, ma .anzi -nel particolare 
settore oggetto della loro disciplina -garantendone la effettivit�, sono 
costituzionalmente legittime. 

3. -La questione � infondata anche in riferimento al secondo 
comma dell'art. 21 della Costituzione. 
� di tutta evidenza, infatti, che le norme denunziate non instaurano, 
n� direttamente n� indirettamente, alcuna forma di censura sulla 

zione dei comizi elettorali (DE GIORGIO, Note in tema d� disciplina giuridica della 
p.ropaganda elettorale, Riv. polizia, 1963, 190). 

Ma, a parte la questione di merito, per cui anche una temporanea e congrua 
limitazione della propaganda pu� rientrare nell'� iter " formativo della disciplina 
organica del settore, demandata alla Giunta Municipale, � da rilevarn che una 
prassi eventualmente non conforme alla legge, non rende, per ci� solo, quest'ultima 
viziata di illegittimit� costituzionale dovendo prevalere il principio della interpretazione 
aileguatrice (v. retro pag. 637 segg.). 



658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

���:i

stampa elettorale; ed � del pari certo che nessun potere di autoriz.> 


zazione esse conferiscono alla pubblica autorit�. La legge, infatti, 
determina direttamente le misure (art. 1, comma secondo) ed il numero (
art. 2, comma secondo) degli spazi da riservare all'affissione; fissa i 
termini entro i quali occorre provvedere alla loro individuazione 
(art. 2, comma primo) e ripartizione (artt. 4, comma primo, e 5, comma 
secondo); indica i soggetti legittimati all'affissione (art. 1, commi primo 
e secondo) e prescrive, in genere, tutte le modalit� di applicazione 
dell� disposta disciplina, senza lasciare alla Giunta comunale il minimo 
potere discrezionale. E ci� � a dirsi anche per la concreta assegnazione 
degli spazi, giacch� questa avviene, per quanto riguarda i partiti, i 
gruppi politici e i candidati, secondo l'ordine di ammissione delle 
liste o delle candidature (art. 4, comma terzo) e, per quanto riguarda 
gli altri soggetti che non partecipano direttamente alla campagna 
elettorale, in base a semplice domanda, che non ha altra funzione 
che quella di render noto il prop-Osito di procedere all'affissione e che 

determina ipso iure l'obbligo dell'amministrazione .di assegnare gli 
spazi secondo modalit� anch'esse rigidamente stabilite dalla legge 
(art. 3, commi quarto e quinto). -(Omissis). 

I

I. 
CORTE COSTITUZIONALE, 23 giugno 1964, n. 53 -Pres. Ambrosini, 
Rel. Cassandra -Soc. p. az. Arrigoni (avv. Barile) -Presidente 
Consiglio Ministri e Amministrazione Finanze dello Stato (avv. 

'

I

Stato Coronas). 

Trieste -Poteri normativi ed amministrativi attribuiti al Commissario 
generale del Governo dal decreto del Presidente 
della Repubblica 27 ottobre 1954, in esecuzione al �memorandum 
� di Londra del 5 ottobre 1954 -Decreto commissariale 
30 dicembre 1957 n. 200 -Illegittimit� costituzionale 
con riferimento agli artt. 23, 76 e 77 della Costituzione Esclusione. 


(de�reto comm. 30 dicembre 1957, n. 200; d.p.r. 27 ottobre 1954 -Cost. 
art. 23, 76, 77). 


Il persistere della sovranit� italiana sul territorio di Trieste ovvero 
la successiva sua restaurazione, non escludono che, nella zona A �i 
detto territorio, in seguito a straordinari eventi ed accordi internazionali, 
quale il � Memorandum � di Londra del 5 ottobre 1954, si sia 
potuto legittimamente insturare un regime particolare .di amministrazione 
e di governo, quale quello che si riassume nella figura e nei poteri 
del Commissario generale. Conseguentemente, non contrasta con gli 
artt. 23, 76 e 77 della Costituzione il decreto 30 dicembre 1957, n. 200, 



PARTE. I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 659 

da questi emanato, che estende, con modificazioni, nel"la zona A del 
territorio di Trieste la legge 6 agosto 1954, n. 603, istitutiva delfimposta 
sUlle societ� (l). 

{Omissis): -1. -La Corte non ritiene necessario, ai fini del presente 
giudizio, esaminare e risolvere puntualmente le questioni di diritto 
internazionale che l'interpretazione dell'art. 21 del Trattato di pace ha 
fatto sorgere e segnatamente se, con l'entrata in vigore di questo, sia 
venuta a oessare la sovranit� italiana sul Territorio libero di Trieste e, 
nell'ipotesi che codesta cessazione abbia avuto luogo, come la sovranit� 
dello Stato sia stata ripristinata o come si sia verificata la � riannessione 
� della zona A di quel territorio allo Stato italiano. 

Ritiene, infatti, la Corte che o si accolga la tesi, che appare preferibile, 
secondo la quale la sovranit� italiana sul Territorio triestino non 
� mai cessata, o si accolga laltra secondo la quale essa sovranit� � stata 
ripristinata in conseguenza del Memorandum d'intesa, immediatamente, 

o gradualmente, attraverso un idoneo comportamento dello Stato italiano, 
la questione della conformit� alla Costituzione dei poteri conferiti 
al Commissario generale del Governo, cos� come ora � sottoposta 
all'esame della Corte, non subisce modificazioni di termini. :�: da ronsiderare 
infatti che il persistere della sovranit� italiana sul Territorio di 
Trieste o la sucoessiva sua restaurazione non escludono che, nella zona 
A di questo Territorio, in seguito a straordinari eventi e ad accordi 
(1) La questione di legittimit� costituzionale era stata sollevata con ordinanza 
13 maggio !H63 della Commissione provinciale delle imposte di Trieste (Gazzetta 
Ufficiale 26 ottobre 1963, n. 281). 
Essa si ricollega ad analoga questione 'sollevata con ordinanza 25 agosto 1956 
del Giudice conciliatore di Trieste (Giur. cast., 1956, 1125); questione, peraltro, 
dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale per omessa motivazione sulla 
rilevanza (sent. 8 l�glio 1957, n. 108, Foro it., 1957, I, 1358). 

Nella sentenza in rassegna, viceversa, il problema viene affrontato e risolto 

sul presupposto della piena legittimit� del decreto del Presidente della Repubblica 

27 ottobre 1954, che, s�lla base di un titolo internazionale, quale il � Memoran


dum � di Londra del 5 ottobre 1954, attribuiva poteri normativi ed amministrativi 

al Commissario Generale del Governo. 

La legittimit�, anche formale, del citato decreto presidenziale era gi� stata 

riconosciuta dal Cons. di Stato in A. Plen. con le decisioni 27 ottobre 1961, n. 19 

e 20 dicembre 1961, n. 24 (Foro it., 1962, III, 1), che ne avevano ravvisato �il 

fondamento giuridico nell'art. 87, ottavo comma, della Costituzione. 

La Corte ha� accolto anche il secondo profilo difensivo prospettato dall'Avvocatura, 
consistente nel richiamo all'art. 70 della legge costituzionale .31 gennaio 
1963, n, 1, sullo Statuto speciale Friuli-Venezia Giulia. Essa ha affermato, infatti, 
che con questa disposizione, " il carattere extra ordinem del regime del Territorio 
di Trieste � stato riconosciuto e, per quanto necessario, convalidato dal legislatore 
costituzionale � � 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

660 

internazionali, si sia potuto legittimamente instaurare un regime particolare 
di amministrazione e di governo, quale quello che si riassume 
nella figura e nei poteri del Commissario generale. 

2. -Occorre, a questo fine, fare riferimento al Menwrandum d'intesa 
siglato a Londra il 5 ottobre 1954 tra i governi d'Italia, del Regno Unito, 
degli Stati Uniti e della Jugoslavia, e ai presupposti che lo occasionarono: 
fimpossibilit� di a tradurre in atto le clausole del Trattato di 
pace � e la volont� manifestata dalle potenze occupanti di non assumere 
ulteriormente la responsabilit� per l'amministrazione del Territorio 
di Trieste. In oonseguenza di ci� fu concluso un a practical 
arrangement � o, come si esprime il testo italiano, furono adottate 
� misure pratiche �, che si concretarono nel passaggio all'amministrazione 
italiana e a quella jugoslava, rispettivamente, della zona A e 
della zona B del Territorio triestino. Italia e Jugoslavia concordarono 
insieme, in uno "statuto speciale� allegato al Memorandum, misure per 
assicurare nelle zone che, in base alle disposizioni del Menwrandum, 
passavano nella rispettiva sfera di amministrazione, � i-diritti dell'uomo 
e delle libert� fondamentali senza distinzione di razza, di sesso, 
di lingua e di religione n. Si adottava pertanto una soluzione di carattere 
provvisorio e straol'dinario, conseguenza di uno stato di necess�t�, 
com'era del resto confermato anche dalla natura dell'atto diplomatico, 
col quale la si adottava, che � stato ritenuto anomalo ed eccezionale. 
Il problema di fondo non veniva perci� n� risoluto n� pregiudicato. 
Per l'Italia questo problema significava l'ulteriore destino della zona B, 
di una parte, ci�, di territorio nazionale sulla quale l'Italia intendeva 
conservare e riaffermare i suoi diritti. Conforme a questa situazione e 
dettato dal proposito di salvaguardare queste esigenze giuridiche, storiche 
e politiche, fu il comportamento dello Stato italiano, che si 
espresse nel fatto che il Parlamento discusse intorno al Memorandum 
senza giungere ad adottare alcuna decisione, e nell'altro che i poteri 
esercitati mediante un Commissario generale del Governo nella zona 
passata all'amministrazione italiana si collegarono (o ne furono la 
continuazione) a quelli esercitati dai Comandi militari alieati prima 
d�ll'entrata in vigore del Trattato di pace e, nella medesima forma e 
misnra, dopo l'entrata in vigore di questo, giusta l'art. 1 dello cc Strumento 
per il regime provvisorio del Territorio libero di Trieste n, allegato 
al Trattato stesso, il quale appunto stabilisce che �fino all'assunzione 
dei poteri da parte del governatore, il Territorio libero continuer� 
ad ess�ere amministrato dai Comandi militari alleati, entro le 
rispettive zone di competenza n. In questo quadro va considerata la 
particolare natura ed estensione dei poteri del Commissario generale 
di Governo e segnatamente di quelli legislativi: continuazione dei 
poteri esercitati gi� dai Comandi alleati. N� questo comportamento 
dello Stato italiano dettato dalla straordinaria situazione del Territorio 



PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 661 

triestino, non assimilabile, o quanto meno non identificabile a quella 
dei territori in via di annessione dopo la prima guerra mondiale, fu 
contraddetto da talune necessarie misure e interventi legislativi dello 
Stato italiano direttamente efficaci nel Territorio triestino, che rest� 
nella sua peculiare configurazione, senza che ne risultasse compromessa 
la posizione politica internazionale dell'Italia in materia. Sono questi 
i motivi che rendono non sostenibile la tesi illustrata dalla difesa della 
Societ� Arrigoni, secondo la quale non sarebbe stato necessario un 
regime speciale per l'amministrazione della zona, che, a ben gua:r:dare, 
si risolve in una critica della valutazione del momento storico e della 
tut~la degli interessi nazionali compiut� dallo Stato italiano nel 1954. 

3. -L'Avvocatura dello Statp insiste sul carattere decisivo, ai fini 
della soluzione della questione di legittimit�, dell'entrata in vigore 
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, contenente lo � Statuto 
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia�, e segnatamente sull'art. 
70 di essa. E a ragione. L'interpretazione che di questo articolo 
sostiene la difesa della Societ� Arrigoni non sembra accoglibile. Le 
norme contenute in quell'articolo devono essere interpretate, com'� 
ovvio, nel sistema dello Statuto, e comportano il passaggio dei poteri 
amministrativi dal Commissario generale del Governo al Commissario 
del Governo per la Regione, al Prefetto e alla Regione nell'runhito della 
rispettiva .competenza, quale � stabilita dall'ordinamento regionale� e 
dall'ordinamento statale. Ma comportano anche la cessazione dell'esercizio 
di ogni potere legislativo da parte del Commissario generale di 
Governo e del suo successore, il Commissario di Governo. Nell'ambito, 
infatti, del Territorio di Trieste, ricompreso nei .confini della Regione 
a statuto speciale, Friuli-Venezia Giulia, il potere legislativo sar� esercitato 
dallo Stato e dalla Regione nei limiti della rispettiva competenza. 
I residui poteri di amministrazione del Commissario generale, quelli, 
vale a dire, che non rientrano nelle previste attribuzioni della Regione, 
del Prefettq e del Commissario di Governo, passano anch'essi a questo 
ultimo, ma senza confondersi con le competenze che ordinariamente 
a lui spettano, e saranno esercitati � f�no a quando non sar� diversamente 
disposto con legge della Repubblica � : tra questi sono da ricomprendere 
le competenze regolate nei commi 3 e 4 dell'art. 70 dello Statuto. 
Con che la peculiarit� della situazione del Territorio triestino � rico-nosciuta 
anche dallo Statuto speciale. 
Le parti hanno discusso se con questo medesimo art. 70 il legislatore 
costituzionale ha inteso sanare o convalidare f esercizio da parte 
del Commissario generale di poteri legislativi. La Corte ritiene che la 
difesa della parte privata lo neghi a torto. L'interpretazione che occorre 
dare, come si � or ora visto, all'art. 70 porta a ritenere -anche in 
assenza di un'esplicita dichiarazione �di convalida -, che il carattere 
extra ordinem del regime del Territorio di Trieste � stato riconosciuto 



662 RASSEGNA DELL'AVVOCAT"QRA DELLO STATO 

e, per quanto necessario, convaHdato dal legislatore costituzionale; 
che, ,anzi, sotto il profilo di una particolare amministrazione, � stato 
altres� confermato. Sicch� anche per questo motivo non pu� essere dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale del decreto impugnato. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 23. giugno 1964, n. 54 -Pres. Ambrosini -
Rel. Sandulli -Forte (n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. 
Stato Foligno). 

Antichit� e belle arti -Opere dirette alla ricerca di cose di interesse 
archeologico senza la prescritta concessione -Fattispecie 
legale di reato contrastante con gli artt. 27 e 41 della Costituzione 
-Esclusione. 
(1. ~ giugno 1939, n. 1089, artt. 45, 68; Cast. artt. 27, 41). , 


La vigente legis'lazione riserva allo Stato in propriet� (ed in Sicilia 
alla Regione) quali beni indisponibili, le cose di interesse archeologico 
non venute ancora in luce; ed in relazione a tale principio nessuno, '

I

senza un atto �amministrativo di concessione o di autorizzazione, pu� 
intraprendere la ri�erca delle cose anzidette. Pertanto le sanzioni penal' 
connesse aU'inosservanza di tale divieto non contrastano con il principio 
della personalit� della pena posto dall'art. 27 della eostituzione; 
n� con quello della riserva di legge in materia di iniziativa economica 
posto dall'art. 41 della stessa (1). 

(Omissis). -I. -La vigente legislazione riserva allo Stato (in Sicilia 
alla Regione: art. 33 Statuto sic.) la propriet� delle cose d'interesse 
archeologico non venute ancora alla luce (artt. 44, 46, 47 e 49 I. 1� giugno 
1939, n. 1089) e configura tali cose come appartenenti al � patrii:
nonio indisponibile � (art. 826, secondo comma e.e.), salva la possibilit� 
per l'Amministrazione di disporre,� successivamente alla ricognizione e 
alla individuazione della loro entit�, la cessione a terzi (tra l'altro, i 
citati articoli autorizzano l'Amministrazione a lasciare ai ritrovatori 


(1) L'ordinanza 15 giugno 1963 del Pretore di Avola, che aveva sollevato la 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 45 e 68 della I. 1 giugno 1939, 
n. 1089, � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1963, n. 281. 
Decisione di indubbia esattezza. Il diritto di ricerca delle cose assoggettate 
a tutela artistica, invero, � collegato al principio della loro appartenenza allo Stato, 
a titolo originario (Cass. 12 ottobre 1954, n. 3623; Foro it., 1955, I, 1, 497; cfr. 
anche CAPACCIOLI, Rassegna di giurisprudenza sulla tutela di cose di' interesse 




PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 66S 

-una parte degli oggetti). In relazione a ci� la legge dispone che, fuori 
� dell'Amministrazione, nessuno -neanche il proprietario del fondo possa 
effettuare ricerca delle cose anzidette, senza un atto amministra-� 
tivo -di volta in volta di concessione o di autorizzazione -che a 
ci� lo legittimi (artt. 45 e 47 legge cit.), e che chiunque scopra fortuitamente 
simili cose � tenuto a non asportarle, ad assicurarne la conservazione 
e a farne immediata denuncia all'autorit� amministrativa 
(art. 48). In tal modo l'ordinamento, avendo di mira la conservazione 
del patrimonio culturale della nazione, intende preservare le cose in 
�questione dai pericoli di una ricerca incoordinata, incontrollata e 
incauta, e d�a ogni azione depredatoria. 
Al fine di assicurare una pi� piena osservanza degli anzidetti 
preoetti, gli artt. 67 e 68 della legge citata li sanzionano penalmente. 
Tra l'altro il secondo di tali articoli punisce con l'ammenda il fatto di 
chi si dedichi alla rioerca archeologica su fondi propri o altrui senza 
averne ottenuto, rispettivamente, autorizzazione o concessione da parte 
dell'autorit� amministrativa. 
Il reato, cos� configurato (per la sussistenza del quale non riveste 
alcuna importanza il fatto che nella zona della ricerca esistano effettivamente 
degli oggetti vetusti, che l'esistenza ne sia nota all'agente, e 
che essi effettivamente posseggano interesse archeologico), presuppone 
dunque nell'agente la volont� di svolgere quell'attivit� che va sotto il 
nome di ricerca archeologica, che la legge interdice ai soggetti non 
legittimati dal necessario provvedimento amministrativo. Il fatto punito 
� � perci� sicuramente un fatto proprio del soggetto cui la sanzione 
penale viene comminata. 
Ci� � sufficiente -in piena coerenza con i precedenti di questa 
Corte in materia (sentenza n. 3 del 1956, 39 del 1959, 67 e 79 del 1963) a 
far escludere che esso sia in contrasto col precetto .contenuto nel 
primo comma dell'art. 27 Cost., secondo cui � la responsabilit� penale 
� personale �. 

2. -Del pari � da escludere che la disposizione dell'art. 25 della 
I. 1� giugno 1939, n. 1089, che prevede la potest� dis.crezionale di 
accordare la concessione amministrativa di rioerca archeologica su 
fondi altrui, e quella che consente all'Amministrazione {senza fissare 
alcuna specificazione delimitativa del relativo potere) di imporre in 
artistico e �storico, Milano, 1962, 58 e segg.). Al ritrovatore ed al proprietario 
del fondo compete solo un diritto di credito verso la P.A., consistente nella concessione 
di un premio in danaro o di parte delle cose ritrovate, da stahilirsi se�ondo 
le no,rme degli artt. 44 segg della legge, e llS segg. del regolamento 20 gennaio 
191S, n. S6S. 

� Pertanto � pienamente conforme ai principi generali la necessit� di un atto 
squisitamente discrezionale dell'Amministrazione preposta alla tutela delle cose 



RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

664 


tale occasione le prescrizioni che ritenga opportune, violino la regola 
della riserva di legge da osservare -CX>me pi� volte questa Corte ha 
affermato (sent. n. 103 del 1957, 4 e 5 del 1962) -ai sensi dell'art. 41 
Cast. in ogni caso di limitazione dell'iniziativa economica privata per 
:ragioni di utilit� sociale. 

Con la sentenza n. 12 del 1963, in riferimento alla disciplina normativa 
della concessione amministrativa di certi beni patrimoniali indisponibili, 
questa Corte ha affermato �he l'art. 41, mentre riguarda �le 
garanzie necessarie a preservare la libert� di scelta e di svolgimento 
delle attivit� economiche proprie dei privati da interventi che la 
restringano in modo arbitrario �, non acCX>rda alcuna particolare protezione 
ai privati concessionari, che � vengono ad essere abilitati all' esercizio 
di attivit� altrimenti loro precluse, ed a godere cos� di un ampliamento 
della loro sfera giuridica, pur nei limiti e secondo le condizioni 
ritenute dal concedente necessarie alla salvaguardia degli interessi pubblici 
legati all'utilizzazione del bene �. 

Ora, tali concetti trovano applicazione anche nel caso in esame, 
nel quale, se � vero che non si � in presenza della concessione di beni 
pubblici, tuttavia la concessione amministrativa ha la funzione di 
accordare a soggetti altrimenti non legittimati la possibilit� di ricercare 
e portare alla luce oggetti appartenenti alla categoria dei beni pubblici. 
Attivit� in relazione alla quale, come non potrebbe essere considerata 
illegittima una disciplina che precludesse qualsiasi iniziativa privata, 
cos� -a maggior ragione -non pu� esser considerata illegittima una 
disciplina che, nell'ammettere l'iniziativa privata con l'assenso della 
autorit� amministrativa, conferisca a questa poteri altamente discrezionali 
(e quindi, comunque, strettamente correlati al fine da perseguire) 
in ordine al rilascio della concessione e alla determinazione delle 
modalit� del suo esercizio. � 

N�, una volta ammesso ci�, � il caso di pensare -secondo un 
profilo adombrato nelrordinanza di rimessione -a una illegittimit� 

d'arte, per la ricerca nel sottosuolo o altrove, di tali beni. Dal che deriva, ovviamente, 
la legittimit� costituzionale delle sanzibni penali comminate per la violazione 
delle norme atte ad assicurare il concreto esercizio di tale .attivit� della P.A. 

Legittimit� costituzionale sia in relazione all'art. 27 della Costituzione, dato 
che le sanzioni sono dirette alla repressione penale di ~na iniziativa � contra 
legem " del soggetto, e non di un fatto non riconducibile alla sua imputabilit�; 
sia in relazione all'art. 41 della 'Costituzione, dato che la tutela dell'iniziativa 
economica privata � limitata, appunto, alla sfera privatistica, e non pu� interferire 
in campi che sono di pertfoenza esclusiva della P.A. 

Le sentenze della Corte costituzionale, citate in motivazione, 14 febbraio 
1962, n. 4 e 5; 16 febbraio 1003, n. 12; 15 maggio 1963, n. 67; 8 giugno 1963, 

n. 79, sono pubblicate in Giur. it., rispettivamente, 1962, I, 1, 497 e 498; 1963, 
I, 1, 702; 1963, I, 1, 1083; 1963, I, 1, 1063. 

PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 665 

derivante alla disposizione impugnata dal fatto che il potere ampiamente 
discrezionale accordato alfAmministrazione sarebbe � astrattamente 
� in grado di � rendere possibile un trattamento diverso in 
situazioni identiche �. Se � vero che l'impiego di ogni potere discrezionale 
pu� essere distorto, e che uno dei pi� frequenti modi di distorsione 
� appunto quello noto sotto il nome di disparit� di trattamento, 
ci� non pu� valere, di per s� solo, a far escludere la possibilit� che la 
legge �conferisca all'autorit� amministrativa -:. l� dove non vi si opponga 
una riserva di legge o alcun altro precetto costituzionale -poteri 
latamente discrezionali. Contro l'eventuale impiego della discrezionalit� 
per realizzare una disparit� di trattamento sar� possibile, del resto, 
far valere le garanzie di legalit� concesse dairordinamento : . risolvendosi 
ci� in un vizio di legittimit� dell'atto della pubblica Amministrazione 
(tenuta ad osservare i precetti costituzionali di imparzialit� e di uguaglianza), 
sono ammessi infatti in simili casi il sindacato e la repressione 
nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali. -(Omissis). 

-


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SEZIONE SECONDA 
.�> 
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GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 348 -Pres. 
Tavolaro -Est. Felicetti -P.M. Pepe (conf.) -Ente Autonomo 
Mostra d'Oltremare (avv. Stato Soprano) c. Grieco (avv. Bussi e 
Bo;rselli). 
Amministrazione dello Stato ed Enti Pubblici 
Economico -Elementi di individuazione. 
-Ente Pubblico 
Competenza e giurisdizione -Ente Pubblico Economico -Ente 
Aut. Mostra d'Oltremare -Rapporto di impiego -Controversie 
-A.G.O. -Competenza -Sussiste. 
Allo scopo aindividuare se un ente pubblico sia o non a carattere 
economico, occorre guardare non tanto al fine eh' esso persegue, il 
quale � sempre un fine di pubblico interesse, bens� all' att.ivit�, considerata 
nel suo intrinseco aspetto, che l'ente � chiamato a svolgere. La 
natura �economica deU'attivit� di un ente pubblico � adeguatamente 
rilevata� dall'essere tale attivit�, produttiva di beni o di servizi, esplicabili 
da qualsiasi impresa privata, immedJiatamente diretta ad un fine 
di lucro ancorch� strumentale collegata con il fine pubblico delI' ente 
e dall'essere e8ercitata, o quanto meno potenzialmente esercitabile, in 
regime di concorrenza. Ricorrendo tali presupposti, l'ente pubblico 
esercente si pone sul medesimo piano di un privato, il quale eserciti 
attivit� analoghe, senza che nell'esplicazione dell'attivit� stessa possa 
riconm~cersi all'ente alcun potere autoritario e di supremazia. Pertanto, 
i rapporti ifimpiego con i suoi dipendenti restano regolati dal diritto 
privato e le controversie ad essi relative rientrano nella giurisdizione 
del giudice ordinario (1). 
ij 
m 
(1-2) La sentenza si legge in Foro it., 1964, I, 666 con ampia nota di richiami. 
La prima massima enunciata dalla Cassazione � del tutto pacifica e non su di 
essa� verteva la controversia. 
Tale massima costituisce la premessa maggiore del sillogisma attraverso cui 
la Suprema Corte � giunta alla conclusione che il rapporto di lavoro dei dipendenti 
della Mostra d'Oltremare sia sottratto alla giurisdizione del Consiglio di Stato e 
debba essere conosciuto dall' A.G. 
Ma nella premessa minore di tale sillogisma, e cio� nell'affermazione che 
l'Ente Mostra d'Oltremare abbia i requisiti e i caratteri posti come elementi di 



PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiUR�SDIZIONE 667 

L'Ente Autonomo della Mostra d'Oltremare � un ente pubblico 
economico. Pertanto, le controversie d'impiego dei suoi dipendenti 
rientrano nella giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria e non 
in quella del giudice amministrativo (2). 

individuazione dell'ente pubblico economico, non possiamo convenire. 

In sostanza la convinzione della Suprema Cmte si basa sul fatto che � risultato 
accertato che l'Ente Mostra d'Oltremare gestiva delle attivit� economiche quali: 
sfruttamento dell'Arena Flgrea, mediante spettacoli a pagamento, concessioni di 
terreni per teatri, pubblici esercizi, ecc. Secondo la Suprema Corte tali elementi 
dimostrerebbero la natura meramente economi~a dell'Ente Mostra. � 

Orbene noi riteni~mo che tali elementi di fatto non siano invece di per s� 
sufficienti a dimostrare che l'Ente Mostra d'Oltremare � un ente pubblico economico 
e ci� proprio in relazione ai criteri distintivi fissati dalla stessa Cassazione nella 
prima massima. 

Invero ove si tenga conto che tra i fini istituzionali dell'Ente (art. 1 d.l. 
6 maggio 1948, n. 1314) vi � quello di perseguire cc finalit� attinenti alla valmizzazione 
economica e turistica della citt� di Napoli � sembra evidente potersi 
concludere che le attivit� enunciate dalla Cassazione si inquadrano nel perseguimento 
diretto dei fini primari dell'Ente e non costituisCO'llo un'attivit� meramente 
strumentale economica. 

In altre parole con le rappresentazioni teatrali e con le altre attivit� connesse 
ed affini l'Ente Mostra non� si limita a gestire un patrimonio a fini di lucro, ma 
realizza in via diretta quelle finalit� che ad esso sono istituzionalmente demandate. 

Sar� pertanto opportuno che l'importante questione venga sottoposta ad un 
nuovo esame della Corte Regolatrice. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 marzo 1964, n. 506 -Pres. 
Celentano -Est. Laporta -P.M. Criscuoli (conf.) -Segalerba 
{avv. Romanelli) c. Buzzi Giuseppina {avv. Salvucci e Ghio). 

Competenza e giurisdizione -Provvedimenti d'urgenza ex articolo 
700 c.p.c. -Questione di giurisdizione -Configurabilit� Regolamento 
preventivo di giurisdizione -Proponibilit�. 

(c.p.c. artt. 41 e 700). 
Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Licenza di 
esercizio commerciale -Ricorso ex art. 700 c.p.c. -Difetto 
di giurisdizione A.G.O. -�Reivindicatio� e azione per ottenere 
sentenza costitutiva di trasferimento -Difetto di giurisdizione 
A.G.O. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E art. 4). 
Il provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. � inteso ad attuare, 
con funzione cautelare, una tutela giurisdizionale preventiva in attesa 
del giudizio di merito; pertanto anche rispetto ad esso pu� prospet




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

668 

tarsi una questione di giurisdizione che pu� dar luogo al regolamento 
preventivo di giurisdizione (1). 

Eccede i limiti della giurisdizione delfA.G.O. concedere provvedimenti 
cautelari (nella specie sequestro) relativi ad una licenza amministrativa 
nonch� cono~cere su domande tendenti ad ottenere una 
declaratoria di propriet�, ovvero una sentenza costitutiva di trasf erimento, 
della licenza stessa (2). 

(1) Giurisprudenza ormai consolidata: cfr. il recentissimo precedente di 
Sez. Un. 27. 2. 1004, in questa Ra8segna, 1004, 468, con nota di richiami. 
�(2) Nella specie il proprietario di un immobile, fondando la propria pretesa 
su pattuizioni contrattuali, richiedeva al locatario la consegna della licenza di 
esercizio del cinema gestito nell'immobile locato. Il Pretore, adito ai sensi del1'
art. 700 c.p.c., aveva ordinato al locat!ll'io la consegna della licenza e il locatario 
aveva proposto regolamento di giurisdizione sia in relazione al procedimento 
dinnanzi al Pretore, sia in relazione al giudizio di merito dinnanzi al Tribunale 
iniziato dal proprietario e con il quale era richiesta, tra l'altro, una deolMatoria di 
propriet� dell'attrice sulla licenza e una sentenza costitutiva di trasferimento 
della licenza stessa. 

Le Sez. Un. hanno correttamente messo in luce che la licenza -come tale non 
pu� essere oggetto di un diritto di propriet� da parte del privato e, richiamandosi 
ad un recente precedente (Cass. 13 febbraio 1003, n. 886, in Giur. it., 
1004, I, 1, 215, con nota di richiami; cfr. pure Giust. civ., 1963, I, 1626 e Foro 
amm., 1963, II, 322), hanno dichiarato che, se pure deve .ritenersi consentito 
all'A.G.0. di autorizzare sequestri che incidano esclusivamente su rapporti di 
diri:tto privato tra concessionari e terze persone e che si mantengano -in ogni 
caso -estranei al rapporto di concessione ed alla sfera soggettiva della P.A., 
tuttavia "non pu� mettersi in dubbio che all'A.G.O. � vietato di interferire con 
un provvedimento di sequestro su di un atto amministrativo di concessione (ovvem 
di autorizzazione) cos� come avviene allorch� la misura cautelare disposta operi 
sul rapporto di concessione provocandone la sospensione �. 

Pertanto � stato dichiarato il difetto di giurisdizione per quanto riguarda 

il ricorso ex art. 700 proposto dal proprietario. Il difetto di giurisdizione � stato 

aJ.tres� dichiarato per quanto riguarda le domande di merito tend�nti ad' ottenere 

la declaratoria di propriet� della licenza e la sentenza costitutiva di trasferimento 

della licenza, dato l'evidente e macroscopico contrasto di tali domande con il 

disposto dell'art. 4 della legge n. 2248 del 1865 all. E. 

Per riferimenti cfr. Cass. 21 marzo 1959, n. 864, in Foro amm. Il, 1, 120. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 marzo 1964, n. 663 -Pres. 
MastropRsqua -Est. Straniero -P.M. Criscuoli (conf.) -Sgadari 
{avv. Maniscalco Basile, Fornario) c. Assessore per l'Agricoltura 
e Foreste della Regione Siciliana (avv. Stato Agr�). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ammm1strativa 
-Criteri di discriminazione� -Prospettazione della 
domanda -Irrilevanza -�Petitum� sostanziale. 

(l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 

PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiUR�SDiZ�ONE 669 

Competenza e giurisdizione -Riforma fondiaria -Sicilia -Ter


reni soggetti a riforma -Sesto residuo -Diritto soggettivo 


Non sussiste -Giurisdizione A.G.O. -Non sussiste. 

(1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104). 
Il criterio distintivo tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione 
amministrativa non � dato dal modo con cui la parte prospetta la pretesa 
fatta valere in giudizio ma dal cosidetto petitum sostanziale, e 
cio� dalla intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite, e in funzione 
della reale protezione accordata dall'ordinamento giuridico al"la. 
posiz.ione del privato posta a fondamento della pretesa sicch� il diritto 
medesimo, oltre che affermato dall'interessato, sia effet;tivamente ed 
obiettivamente configurabile alla stregua dell'ordinamento in virt� di 
una protezione diretta ed immediata, tale da escludere un qualsiasi 
potere discrezionale di incidenza da parte della pubblica ammini.
strazione (1). 

Nelfambito della legge siciliana di riforma agraria la pretesa del 
proprietario soggetto a scorporo di effettuare la trattenuta del sesto dei 
terreni gi� compresi nel piano di individuazione e di conferi mento non 
pu� essere qualificata di diritto soggettivo ma di diritto affievolito sia 
perch� la istanza relativa non produce alcuna modificazione dello 
status di vincolo gi� esistente per effetto del decreto di individuazione 
e di conferimento, n� tanto meno determina, nemmeno limitatamente 
alle zone idealmente corrispondenti alla �quota del sesto, la reviviscenza 
del diritto soggettivo e gi� degradato a diritto affievolito, per 
effetto del suddetto decreto, sia perch� le relat.ive operazioni da compiersi 
dalla P.A. e inquadrabili sempre nello speciale procedimento 
di espropriazione, comportano da parte sua f esercizio di un potere di 
discrezionalit� tecnico-amministrativa, quale la scelta dei terreni e la 
valutazione delle garanzie offerte per il migUoramento dei terreni, 
sindacabile solo dal g.a. e non comportano affatto l'accertamento di 
un limite quantitativo della espropriazione pr@determinata automaticamente 
per legge (2). 

(1) Giurisprudenza consolidata; cfr. per tutte, Cass. 29 marzo 1963, n. 789, 
in Giust. civ., 1963, I, 2665, con am;pia nota di richiami. 
(2) Non risultano precedenti. Per riferimenti cfr. nota di richiami alla sentenza 
in rassegna, .in Giust. civ., 1964, I, 1136. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847 -Pres. 
Tavolaro -Est. Sparvieri -P.M. CriscuoJi (conf.) -Convitto Nazionale 
Vittorio Emanuele II di Napoli (avv. Carrano) c. Mattiello 
{avv. Gerardi). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza Convertibilit� 
in regolamento di giurisdizione -Limiti. 

Competenza e giurisdizione -Istruzione pubblica -Convitti nazio


nali ed educandati -Scuole annesse ai convitti -Incaricati di 

insegnamento -Rapporto di lavoro -Natura privatistica. -
:-� 

Giurisdizione ordinaria. 

(r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410). 
Nel caso in cui la sentenza impugnata mediante regolamento di 
competenza contenga soltanto una pronuncia sulla giurisdizione anzich� 
sulla competenza, il proposto regolamento di competenza si converte 
in regolamento di giurisdizione quando siano state osservai-e tutte le 
norme contenute negli artt. 364 s.s. c.p.c., richiamati neliultima parte 
deliart. 41, comma primo, del codice stesso (1). 

L'istituzione da parte dei convitti nazionali, ove ne ravvisino la 
necessit� (art~ unico r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, che modifica l'art. 134 
reg. 1� settembre 1925, n. 2009), di classi o corsi completi aistruzione 
media classica, tecnica, scientifica, e magistrale, in cui l'insegnamento 

La giurisdizione in tema di rapporto di lavoro degli insegnanti 
delle scuole dei Convitti Nazionali. 

(1-2) La sentenza si legge in Giust. Civ., 1964, I, 1392. Le Sez. Un. hanno 
affrontato, con la decisione annotata, il problema della natura del rapporto di 
lavoro degli incaricati all'insegnamento nelle scuole annesse ai Convitti Nazionali 
e lo hanno risolto affermandone la natura privatistica, con il cornllario della competenza 
dell'A.G.O. a conoscere le controversie nascenti da quel rapporto. 

Tale insegnamento � in contrasto con la prevalente giurisprudenza di merito 
che ha visto le controversie in questione sottoposte al Consiglio di Stato, mentre 

i giudici ordinari declinavano la propria giurisdizione. 

Le Sezioni motivano il loro orientamento sul rilievo che lattivit� scolastica 
dei Convitti sarebbe facoltativa, accessoria rispetto ai fini pubblici istituzionali di 
quegli Enti e si concreterebbe in una attivit� meramente economica e quindi 
non pubblicistica. 

Non riteniamo di poter aderire ad una tale ricostruzione dell'istituto, che 
sembra in contrasto con una corretta interpretazione delle finalit� e dell'attivit� 
dei Convitti Nazionali. 

Invero, non occorre una minuta esegesi dei testi legislativi riguardanti i 
Convitti Nazionali per escluderne il carattere di enti pubblici economici. 
E in proposito sufficiente richiamare gli artt. 118 e segg. del r.d. 6 maggio 
1923, n. 1054 e in gen�ra:le il Regolamento di cui al r.d. 1� settembre 1925, 

n. 2009 da cui si evince che lo scopo istituzionale dei Convitti � l'istruzione e I� 
sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti, e quindi il fine e la 
funzione dei Convitti sono preminentemente educativi e non dvolti alla produzione 
di un reddito. 
D'altra parte il Supremo Collegio ha avuto modo di indicare con chiarezza 
sin dalla nota pronuncia a Sez. Un. 12 luglio 1951, n. 1915, i caratteri distintivi 
degli Enti Pubblici Economici, precisando che � il concetto di attivit� economica 



PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI G�UR1SDIZIONE 671 

� affidato per incarico (ed ai quali � concesso il riconoscimento della 
validit� degli studi e degli esami premsto dall'art. 51, reg. 4 maggio 
1925, n. 653, soltanto se funzionino secondo l'ordinamento stabilito 
per le corrispondenti scuole statali) non rientra tra i fini pubblici istituzionali 
dei convitti nazionali, ma costituisce l'esercizio iure privatorum 
di una mera facolt� degli stessi; nell'espletamento di tale attivit� 
scelastica i convitti nazionali agiscono, quindi, come gli enti privati 

idoneo a caratterizzare l'Ente Pubblico ai fini della classificazione e dell'inquadramento 
di esso importa che l'Ente operi nel campo della produzione ... e intervenga . 
nei vari settori -agricolo, industriale, commerciale, creditizio, assicurativo svolgendo 
un'attivit� non dissimile da quella esercitata dall'azienda privata e 

che perci� rappresenta non un modo necessario per la diretta realizzazione di un� 

fine pubblico, bens� un mezzo per conseguire degli utili con la partecipazione 

alla vita degli affari. 

Alla luce di tale insegnamento non pu� dubitarsi che il Convitto Nazionale 

non pu� in alcun modo ritenersi un Istituto a carattere economico. 

Invero pur espletando una certa attivit� economica, che � d'altronde necessaria 

per la vita stessa dell'Ente, non si pu� dire che operi in regime di libera concor


renza�, in quanto ad esso � imposto .il rispetto di precise norme regolamentari e 

pi� in generale delle direttive delle Autorit� di Vigilanza, che vengono a pesare 

anche nella misura e co-rresponsione d,egli stipendi. Ma naturalmente il motivo 

principale per il quale i Convitti Nazionali non possono considerarsi Enti Pubblici 

Economici � quello che il fine che lo Stato si � prefisso con la creazione di essi 

e il fine che essi stessi perseguono con la loro attivit� istituzionale non � quell� 

di conseguire degli utili, ma quello di realizzare direttamente l'educazione dei 

giovani che frequentano l'Istituto. 

Ci� vale naturalmente anche per l'attivit� che il Convitto esplica nelle 

scuole annesse. 

� da ricordare infatti che ai sensi del r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410 nei 

Convitti Nazionali possono istituirsi dei corsi completi d'istruzione media classica, 

tecnica, scientifica e magistrale. 

Il decreto citato modificava il precedente art. 142 del Regolamento di cui al 

r.d. 1� settembre 1925, n. 2009 che disponeva �i convittori che non possono 
ottenere l'iscrizione negli Istituti medi di istruzione per mancanza di posti disponibili, 
possono essere riuniti nel Convitto, col consenso delle famiglie, in classi affidate 
a professori legalmente abilitati scelti dal rettore ... n. 
L'istituzione delle classi era pertanto limitata al caso che i convittori non 

trovassero posto negli Istituti di istruzione gnvernativi. 

L'esperienza didattica mostr� per� che, specialmente nei grandi convitti con 
�numerosi convittori, le finalit� educative dell'Istituto potevano essere pi� agevol


mente raggiunte con l'istituzione di scuole dipendenti direttamente dal Con


vitto stesso. 

Col decreto del 1931, n. 1410 veniva pertanto modificato l'art. 142 del 

Regolamento e si stabil�, in linea generale, e senza i limiti precedenti, che i 

Convitti posso istituire Scuole annesse. 

Non � pertanto chi non veda che quella scolastica non � che una specifica


zione della generale attivit� educativa svolta dal Convitto per il raggiungimento 

delle proprie finalit� istituzionali. 

Ne consegue che i professori delle scuole annesse rientrando tra i dipendenti 
dell'Amministrazione del Convitto sono a tutti gli effetti impiegati di ente pubblico. 



672 RASSEGNA DELI,'AVVOCATURA DELLO STATO 

ai quali sia data rautorizzazione <!istituire e gestire una scuol� privata 
parificata alla scuola pubblica entro certi limiti e per determinati 
effetti, sicch� i rapporti tra essi ed il personale insegnante hanno 
carattere privatistico (2). 

D'altronde anche in tal caso la chiara lettera della norma elimina qualsiasi 
possibilit� di contestazione. Stabilisce infatti il r.d. n. 1410 del 1931: 

� La istituzione delle classi o dei corsi deve essere deliberata dai Consigli 
di Amministrazione dei Convitti ed � subordinata all'approvazione del Ministero 
della Pubblica Istruzione, sentito il parere della competente Giunta per la istruzione 
media. 
Le classi o i corsi saranno a totale carico delle amministrazioni dei Convitti 

e gli insegnamenti saranno affidati per incarico. 

Le famiglie che chiedano l'iscrizione degli alunni alle scuole interne sono 
tenute a versare alla Cassa del Convitto un contributo da fissarsi dal Consiglio di 
Amministrazione in misura non inferiore all'ammontare delle corri>J>ondenti tasse 
gavernative. 

La vigilanza immed.iata e continua sulle classi o sui oorsi costituiti nel modo 
anzidetto � affidata al Rettore � . 

Non � pertanto seriamente contestabile che l'attivit� scolastica del Convitto 
ha la stessa finalit� educativa di preminente interesse pubblico dell'attivit� istituzionale 
del Convitto. 

In altre parole, pure mediante l'istituzione di classi e corsi di istruzione il 
O:mv;itto tende a raggiungere in via principale e diretta lo scopo educativo e 
formativo che gli � proprio e cio� quel fine pubblicistico che deve perseguire. 

Ulteriore conferma di queste gi� evidenti considerazioni sta nella natura di 

�contributo� della somma che le famiglie degli alunni debbono paga.re alla'cassa del 
del Convitto e il cui ammontare viene fissato dal Con&iglio di Amministrazione. 
Non si tratta quindi di un vero e proprio corrispettivo, ma solo di una 
contribuzione molto affine alla tassa scolastica e che viene stabilita dal Consiglio 
di Amministrazione avendo riguardo non a considerazioni speculative, ma al 
superiare mteresse pubblico persegudto dal Convitto, cosicch� l'unico limite che 
viene posto dalla Legge � che il contributo non venga stabilito in misura inferiore 
all'ammontare delle corrispondenti tasse governative. 

Riteniamo pertanto che possa concludersi che il rapporto dei professori 
incaricati dell'insegnamento presso le scuole annesse ai C-Onvitti Nazionali ha natura 
di pubblico impiego e che le controversie nascenti da tale rapporto siano sottoposte 
alla giurisdizione esclusiv~ del Consiglio di Stato. 

Vogliamo, infine, richiamare l'attenzione su una recentissima decisione analoga 
a quella annotata (cfr. Sez. Un. 17 febbraio 1964 n. 348, Ente Autonomo Mostra 
d'Oltremare c. Grieco, in questa Rassegna retro, 666). 

G. ZAGARI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 890 -Pres. 
Flore -Est. D'Anniento -P.M. Criscuoli {conf.) -Finanze (avv. 
Stato Foligno) c. I.A.C.P. di Messina (avv. Brancali). 

Competenza e giurisdizione � Terremoto � Piano Regolatore di 

Messina � Area compresa nel Piano -Controversia tra Ammi


nistrazione Finanziaria e I.A.C.P. � Giurisdizione ordinaria. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. -4; c.p.c. art. 41). 

PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZIONE 673 

Terremoti -Messina -Aree danneggiate -Cessione ex art. 31 

I. n. 466 del 1910 -Efficacia� ope legis � -Non sussiste -Necessit� 
di atto amministrativo di trasferimento. � 
(I. 13 luglio 1910 n. 466, art. 31). 
In base al criterio del � petitum sostanziale � per la discrimina


zione tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa, spetta al 

giudice ordinar.io conoscere della controversia tra l'Amministraz,ione 

finanziaria deUo Stato, che assuma di essere proprietaria di un'area 

inclusa nel piano regolatore di Messina, facendo valere, cos�, una 

pretesa di carattere patrimoniale sorgente da un diritto soggettivo 

perfetto, e l'Istituto per le case popolari, il quale sostenga di essere 

succeduto nella propriet� dell'area rivendicata al Comune di Messina 

che l'a'IJrebbe, a sua volta, ricevuta direttamente dallo Stato per effetto 

dellart. 31 della l. 13 luglio 1910, n. 466. 

La norma dell'art. 31, primo comma, della l. 13 luglio� 1910, n. 466, 

la quale dispone che � i terreni espropriati dallo Stato� nei territori 

danneggiati dal terremoto di Messina del 28 dicembre 1908, sono 

ceduti ai rispettivi Comuni � non opera il trapasso di propriet� ipso 

iure dei terreni medesimi; il suddetto trapasso, come risulta dall'ultimo 

comma dello stesso art. 31, il quale dispone che non sono ceduti ai 

Comuni quei terreni che potranno occorrere allo Stato per le proprie 

esigenze o per provvedere ad opere o servizi pubblici, � infatti suc


cessivo ad una valutazione da parte dello Stato circa ropportunit� di 

conservare i beni per le sue esigenze, il che postula la necessit� di 

un provvedimento, risultante sia pure da facta concludentia, nel senso 

che il bene sia ritenuto no.n occorrente allo Stato. 

(1-2) Sulla questione di specie non risultano precedenti. 

; La sentenza cassata � riassunta in Foro it., rep. 1960, v. Terremoti� n. 7, 
Giur. Sic., 1960, 918 (per altri riferimenti cfr. Mass. Giust. Civ., 1964, 401). 
�)li.chiamiamo lattenzione sulla seconda massima con cui la Corte di Cassa, 
in accoglimento delle argomentazioni dell'Avvocatura, ha affermato il prin.
4,pfo che la cessiooe ai Comuni dei terreni espropriati dallo Stato nei territori 
danneggiati dal terremoto di Messina prevista dall'art. 31, I c. della I. 13 luglio 1910 

n. 466 non avveniva ope legis ma solo attraverso un concreto atto di trasferimento. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 891 -Pres. 
Tavolaro -Est. Iannelli -P.M. Crismoli -Ministero LL.PP. (avv. 
Stato Buonvino) c. Petern� (avv. Iemolo e Scuderi). 

Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche -U~enze utilizzate 
nel trentennio anteriore al 1884 -Controversia con la 

5 



674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
P.A. in pendenza del procedimento di riconoscimento giurisdizionale 
-Competenza dell'A.G.O. -Sussiste. 
(1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 2 
lett. b). 
Acque pubbliche -Antiche utenze -Pronunzia del giudice ordinario 
in pendenza della procedura di riconoscimento -Effetti 
sul provvedimento amministrativo. 
(1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 193S, n. 1775, art. 2 
lett. b). 
I titolari di antiche utenze di acque pubbliche. che risultino derivate 
ed utilizzate per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione 
della legge 10 agosto 1884, n. 2664, hanno, di fronte alla p;.bblica 
amministrazione, un diritto sogget.tivo al riconoscimento delle medesime, 
il cui contenut� rion � circoscritto al solo riconoscimento della 
utenza ma attiene anche al quantitativo di acqua che in forza di esso, 
potr� continuare ad essere derivato dall'utente (1). 
La d@cisione del giudice ordinario di declaratoria del diritto soggettivo 
dell'antico utente, non importa riconoscimento del diritto di 
utenza nei confronti dell'amministrazione e, .tanto meno, costituisce 
una pronuncia che tenga luogo del decreto di riconoscimento del 
diritto, dovendo intendersi subordinata, per una definitiva produttivit� 
di effetti, al sopravvenire, in modo aderente, del provvedimento 
amministrativo di riconoscimento e, comunque, tale da doversi ulteriormente 
armonizzare, sul piano giuridico-patrimoniale, col modo di 
essere di questo. Essa � giustificata dalla esigenza di non lasciare senza 
alcuna protezione la condizione dell'antico utente durante il tempo 
richiesto per la emanazione, da parte dei competenti organi, del decreto 
di riconoscimento (2). 
I.. 
ill 
~ �' 
(Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento sia il Ministero 
dei LL.PP., sia i Castorina e Trigona denunciano il difetto temporaneo 
di giurisdizione e la incompetenza del Tribunale Regionale delle Acque 
Pubbliche, nonch� la violazione dell'art. 3 del t.u. 11 dicembre 1933, 
(1-2) Con la prima massima la Corte di Cassazione ha affermato la natura di 
diritto soggettivo anche nei confmnti della P.A., della posizione dell'antico utente 
di un'acqua che abbia presentato istanza di riconoscimento sulla quale sia ancora 
:in corso l'istruttoria da parte dell'Autorit� Amministrativa. 
Tale importante decisione � lo sviluppo dell'indirizw gi� formatosi con la 
sentenza 15 luglio 1959, n. 2294 delle stesse Sez. Un. (in Foro it., 1959, I, 1271) 
con la quale era stata cassata la contraria pronuncia del Tribunale Superfo.re delle 
Acque 12 aprile 1958, n. 11, (Acque Bonifiche e Costruzioni 1958, 392, con nota 



PARTE I, SEZ. II, GIUR .. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZiONE 675 

n. 1775, e dell'art. 5 del Regolamento approvato con r.d. i4 agosto 1920, 
n. 1285, in relazione all'art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4 c.p.c. Sostengono i 
ricorrenti che la posizione di diritto soggettivo degli antichi utenti di 
acqua pubblica, ai sensi degli artt. 2 e 3 del suddetto t.u., nelle more 
della procedura di riconoscimento, attiene ad un principio avente una 
portata non, come affermato dalla sentenza denunciata, generale, ma 
limitata, nel senso che l'antico utente pu� far valere la menzionata 
posizione nei confronti dei privati e non anche della Pubblica Amministrazione, 
rispetto alla quale avrebbe, invece, semplicemente un interesse 
legittimo, tutelabile davanti al Tribunale Superiore delle Acque, 
quale organo in unico grado della giustizia amministrativa, specie 
quando egli chieda, con l'azione proposta, come il Patern�-Castello e 
la Leoni avrebbero chiesto nel caso in oggetto, l'affermazione del proprio 
diritto all'utenza e quando, comunque, non potrebbe non derivare, 
implicitamente, dalla pronuncia, l'affermazione del diritto stesso. 
Il Ministero dei LL.PP. osserva, inoltre, che poich� il diritto al 
riconoscimento dell'antica utenza, in base a titolo legittimo o al possesso 
trentennale anche del quantitativo di acqua effettivamente utilizzata 
durante tale periodo, � subordinato .all'accertamento dei detti 
presupposti, previa un'apposita istruttoria, l'accoglimento del generale 
principio affermato dal Tribunale Superiore avrebbe l'effetto di porre, 
sostanzialmente, nel nulla il procedimento amministrativo, con l'ulteriore 
conseguenza che il giudice ordinario verrebbe a sostituirsi agli 
organi amministrativi nel riconoscimento medesimo. Rileva, infine, che 
il .riferimento alla sentenza n. 2294 del 1959 di queste Sezioni Unite 
da parte del Tribunale Superiore, a sostegno della propria decisione, 
non pu� considerarsi puntuale, per essere stata quella sentenza pronunciata 
in sede di opposizione al decreto del Ministro e non avendo 

. essa 
affermato che il diritto dell'antico utente sussista, prima e al di 
fuori del riconoscimento, anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, 
e che, d'altra parte, non � concepibile negare a questa, in 
pendenza del riconoscimento e quando ancora il diritto di che trattasi 
� in corso di accertamento istruttorio, il potere di disposizione di altre 
acque, sul riflesso della loro interferenza con quelle �9.i un'antica utenza, 
devolvendo la 'pronuncia, su tale oggetto, all'autorit� giudiziaria ord�-

contraria di Conte) e di Cass. 24 gennaio 1962, n. 123, Rep. Foro it., 1962, 25, 
in cui la posizione di diritto soggettivo del titolare di un'antica utenza, in pendenza 
del riconoscimento, era stata dichiarata nei confronti dei terzi. 

Si erano rilevate in corso di causa le 11 aporie " cui veniva a dar luogo un 

tale indirizzo e, in particolare, la circostanza che la cognizione dell'A.G.0. sulla 

sussistenza del diritto di utenza, i. pendenza del procedimento amministrativo 

di riconoscimento, av.rebbe, in buona sostanza, posto nel nulla, rendendola inutile 

e superflua, la procedura di.riconoscimento disciplinata dall'art. 3 del t.u. del 1933 e 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

676 

naria e vincolando, conseguentemente, l'Amministrazione nell'esame, 

che 
le � riservato, sul diritto al riconoscimento. 
La censura non ha fondamento. 
Va precisato, anzitutto, che non v'�, in sostanza, contestazione 

circa il diritto soggettivo del titolare di un'antica utenza al ricono~ 
scimento della medesima, posto che la questione sollevata dai ricorrenti 
riflette solo i limiti della tutela giudiziaria dell'utente d'acqua 

. pubblica non ancora riconosciuto, ossia il punto se, data senz'altro per 
ammessa l'esistenza del menzionato diritto, al quale, una volta che ne 
siano accertati i presupposti, non pu� che far riscontro una attivit� 
vincolata dei competenti organi amministrativi, si debba, tuttavia, ritenere, 
diversamente dalla denunciata sentenza, che il suo contenuto sia 
circoscritto al solo riconoscimento della utenza, cio� dell'utilizzazione 
dell'acqua in s�, con esclusione di quanto attiene alla misura 
dell'utenza stessa, per essere la determinazione di questa, trattandosi 
dell'uso di un bene demaniale, soggetta eventualmente, al fine di contemperare 
l'interesse pubblico con quello privato, ad una valutazione 
discrezionale dell'autorit� amministrativa, di guisa che colui che ha 
diritto al riconoscimento di un'antica utenza si debba considerare 
investito, in pari tempo, nei confronti dell'Amministrazio~e, di un 
interesse legittimo relativamente alla determinazione concreta della 
misura dell'utenza stessa. 

Or 
� sufficiente, al riguardo, richiamare l'art. 2, lett. b) del t.u. 

n. 1775 del 1933 sulle acque pubbliche, il quale stabilisce che il rico�
noscimento del diritto di utenza spetta 
a chi si trovi nelle condizioni 
ivi specificate " limitatamente al quantitativo di acqua e di forza 
motrice effettivamente utilizzata durante il trentennio �, per inferirne 

che, con detta disposizione, � assicurata, senz'altro, all'antico utente, 

�~ 

insieme col diritto al riconoscimento, la stessa misura di acqua e di 
forza motrice precedentemente goduta. 

La norma, infatti, con la sua letterale chiarezza, sta a significare 
che la misura delle utenze di antico diritto non deve essere minore 
di quanto essa sia stata in passato, onde il decreto di riconoscimento, 
atteso�n suo carattere meramente dichiarativo, non pu� avere ad oggetto 
il diritto dell'utente in una diversa misura. 

In netto contrasto con la tesi dei ricorrenti �, perci�, la fattispecie 
legale, la quale, nell'attribuire, sotto determinate condizioni, il diritto 

dell'art. 5 del Regolamento n. 1283 del 1920 violando le norme medesime e 
facendo s� che il Mag.istrato Ordinario si venisse a pronunciare sul riconoscimento� 
dell'antica utenza non gi� .in sede di opposizione al deoreto, che sul riconoscimento 
stesso deve rendere il Ministro, ma in via principale, invadendo in sostanza 
le attribuzioni dell'Amministrazione. 


PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GlURISD�ZIONE 677 

al. riconoscimento delle antiche utenze, specifica anche, in modo inequivoco, 
quale debba essere il contenuto del diritto stesso. 

Ma altre ragioni stanno contro la detta tesi. 

Invero non sembra che si possa scindere dal diritto soggettivo c10 
che ne costituisce, in realt�, l'oggetto, di guisa che il diritto al riconoscimento 
di un'antica utenza, in tanto � configurabile nella sua sostanza, 
in quanto venga riferito ad una quantit� determinata di acqua pubblica, 
altrimenti verrebbe ad essere svuotato del suo concreto contenuto, 
come nel caso, appunto, in cui la determinazione della misura 
dell'utenza fosse rimessa al potere discrezionale dell'Amministrazione. 
Il riconoscimento delle antiche utenze potrebbe in questa guisa, come 
� stato rilevato esattamente dalla sentenza impugnata, ridursi ad una 
mera lustra e perdere, conseguentemente, la funzione assegnatagli 
dalla legge. Questa, infatti, ha inteso condizionare il permanere degli 
antichi diritti di utenza al riconoscimento amministrativo, previo l'accertamer�to 
dei soli requisiti indicati dal gi� ricordato art. 2, lett. b), del 

t.u. del 1933, ed � proprio in ci� che � dato ravvisare la differenza 
saliente tra il decreto di riconoscimento e quello di concessione di acqua 
pubblica, rispetto al quale lAmministrazione ha il pi� ampio potere 
discrezionale. 
D'altra parte, se nei confronti di privati -com'� pacifico -il 
diritto dell'antico utente deve ritenersi, ai fini della tutela, preesistente 
al riconoscimento da parte dell'Amministrazione e se nei confronti di 
questa -com'� egualmente incontestato -l'incompleto riconoscimento 
involge, agli stessi fini, una questione di diritti e non di interessi, 
la posizione dell'antico utente non pu� non considerarsi identica, 
ove egli lamenti la lesione del proprio diritto da parte del privato ma 
a seguito di un atto dell'Amministrazione. Basta, invero, che lantico 
utente sia titolare di un diritto soggettivo, per dovere riconoscere allo 
stesso la possibilit� di difendere la propria posizione caratterizzata 
come tale, indipendentemente dall'interferenza dell'Amministrazione 
nel fatto lesivo, per effetto della quale non pu� certo essere mutata 
la natura della pretesa fatta valere dal primo. 

Queste Sezioni Unite, gi� in altre decisioni (sentenze nn. 1837 del 
1954 e 2294 del 1959), hanno negato alcun potere all'Amministrazione, 
in sede di riconoscimento delle antiche utenze, relativamente alla 
determinazione della misura di cui i titolari possono continuare ad 

Tale indubqia incongruenza � stata superata dalle Sez. Un. con l'affermazione 
contenuta nella seconda massima, e, cio�, dichiarando che la pronuncia 
del giudice ordinario si limita all'affermazione del diritto dell'antico utente, 
pendente la procedura di riconoscimento, di continuare ad usare dell'acqua pubblica 
nella misura precedentemente utilizzata, ma non interferisce nel procedi




RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

678 

usUfruire, precisando, in piena aderenza con il gi� citato art. 2, lett. b), 
del t.u. del 1933 e conformemente al carattere dichiarativo del riconoscimento, 
che questo, per ci� che attiene alla misura del diritto delf 
utente, incontra un limite nel quantitativo di acqua effettivamente 
utilizzata durante il trentennio come calcolato nella detta norma, ed 
avvertendo che il limite stesso va inteso nel senso che il riconoscimento 
deve aver luogo per la misura in cui racqua � stafa in effetti goduta. 

Orbene,. nel concorso dei fatti costitutivi del diritto, sarebbe un 
non senso ammettere che f Amministrazione, prima del riconoscimento, 
abbia, riguardo alla determinazione della misura della utenza, quel 
potere che essa, invece, non ha in sede di riconoscimento. 

Resta fermo, pertanto, che, di fronte alla necessit� del riconoscimento 
delle antiche utenze, ove ne ricorrano i presupposti, l'Amministrazione 
non ha la facolt� di ridurne la misura, nemmeno nel momento 
che precede il riconoscimento stesso. 

Ci� posto, � agevole dimostrare che anche le altre argomentazioni 
�del Ministero ricorrente sono prive di valore decisivo. 
Invero l'esigenza del procedimento istruttorio che deve seguire 
alla domanda di riconoscimento di un'antica utenza e la possibilit� 

I

che la domanda medesima sia in tutto o in parte accolta o, addirittura, 

rigettata, come previsto dall'art. 5, secondo comma, �del Regolamento 

approvato con r.d. 14 agosto IH20, n. 1285, altro non significano che il 

diritto al riconoscimento �delle antiche utenze,. fondate che siano su un 

titolo legittimo o sul possesso trentennale, � sempre subordinato all' ac


certamento di uno di tali presupposti e, in pari tempo, quando trattisi 

di possesso trentennale, a quello del quantitativo di acqua effettiva


mente utilizzata durante il detto periodo. 

Se, infatti, il riconoscimento deve essere consentito in ogni caso, 

in �perfetta corrispondenza di ci� che, in esito alfapposita istruttoria, 

sia stato accertato in ordine alla esistenza ed al contenuto del titolo o 

del possesso, l'eventualit� che la domanda relativa risulti giustificata 

soltanto in parte, non incide in alcun modo sull'essenza della pretesa 

mento e sul pl"OVVedimento amministrativo di riconoscimento di competenza del1'
Autorit� Amministrativa. 

La soluzione adottata lascia forse qualche dubb1o sul rigoce dei principi, 
non potendo non lasciar perplessi il fatto che un privato possa vedersi �riconosciuto 
dall'A.G.0. nei confronti della P.A. un diritto soggettivo sull'esistenza del quale 
deve poi per legge pronunziarsi proprio la stessa autorit� amministrativa. 

:il: peraltro necessario rilevare che tale soluzione, pur con le perplessit� sopra 
accennate, sembra -di fatto -tener sufficiente conto della principale esigenza 
<lell' Amministrazione che � quella di non vedere vanificata o comunque compromessa 
dalla pmmincia giurisdizionale la autonomia e indipendenza della propria 
azione amministrativa. 



PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI G1URISDIZIONE 

679 

che con essa si fa valere ma attiene, piuttosto, alla prova della pretesa 
del diritto vantato dal titolare di antica utenza. 

Quanto, poi, al valore della decisione def giudice ordinario, � 
chiaro che essa non implica il riconoscimento del diritto di utenza nei 
confronti dell'Amministrazione e, tanto meno, costituisce una pronuncia 
che tenga luogo del decreto di riconoscimento del diritto, dovendo 
intendersi subordinata, per una definitiva produttivit� di effetti, al 
sopravvenire, in modo aderente, del provvedimento amministrativo di 
riconoscimento e, comunque, tale da doversi ulteriormente armonizzare, 
sul piano giuridico-patrimoniale, col modo di essere di questo. 

Invero il giudice ordinario, con la sua pronuncia, afferma il diritto 
dell'antico utente, pendente la procedura di riconoscimento, di continuare 
ad usare dell'acqua pubblica, nei limiti della misura effettivamente 
utilizzata durante il periodo all'uopo previsto dalla legge ma 
non interferisce, con ci�, nella detta procedura o nel provvedimento 
che la conclude, dal momento che egli accorda, in sostanza, la reclamata 
tutela ad una sistemazione di diritto condizionato, ossia al concreto 
contenuto del vantato diritto di utenza. La pronuncia, quindi, 
lungi dal risolversi in un� riconoscimento anticipato del fondamento 
di tale diritto, � giustificata dall'esigenza di non lasciare senza alcuna 
protezione la condizione dell'antico utente durante. l'arco di tempo, 
che non � sicuramente. breve, richiesto per l'emanazione, da parte dei 
oompetenti organi amministrativi, del decreto di riconoscimento. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 898 -Pres. 
Lonardo -Est. Corduas -P.M. Criscuoli {conf.) -Mauro� (avv. 
Ferrara e Albertazzi) c. Presidente -Consiglio Ministri (avv. Stato 
Giorgio Azzariti). 

Giustizia amministrativa -R.icorso giurisdizionale per J'esecuzione 
del giudicato -Estensione al giudicato amministrativo. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. n. 4; Cost. art. 133). 
Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Controversia 
patrimoniale -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato Limiti. 


(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 30). 
Competenza e giurisdizione -Falso civile -Tribunale privo di 
giurisdizione nella causa di merito -Querela di falso incidentale 
-Difetto di giurisdizione. 

(c.p.c. art. 221). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

680 

I 

Il potere del Consiglio di Stato a conoscere, a norma dell'art. 27, 

n. 4, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, dei ricorsi diretti ad ottenere 
l'adempimento dell'ol:ibligo deliautorit� amministrativa di conformarsi 
al giudicato dei Tribunali ordinari, deve ritenersi esteso anche al caso 
di denegata esecuzione dei giudicati amministrativi (1). 
La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato si estende a tutte 
le controversie derivanti dal rapporto di pubblico impiego e, quindi. 
anche a quelle che abbiano contenuto patrimoniale, ogni qual volta 
la pretesa fatta valere in giudizio abbia per titolo il predetto rapporto; 
la cognizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, invece, � limitata alle 
sole. questioni attinenti a diritti patrimoniali meramente conseguenziali 
deU'atto (2). 

Il tribunale non pu� conoscere, in via incidentale, della querela 
di falso proposta in corso di una causa su cui non ha potere di giudicare 
per difetto di giurisdizione (3). 

(1) Le Sez. Un. ribadiscono, richiamandolo esj;Jressamente, l'indirizzo segnato 
nella nota decisione 8 luglio 1953, n. 2157 (che si legge in questa Rassegna, 1953, 
278 e in Foro It., 1953, 1081, con nota di richiami) nella quale, confermando la 
giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 3 luglio 
1952, n. 13 in Foro it., 1953, III, 96 con richiami), si afferm� la legittimit� della 
estensione del rime:dio di cui all'art. 27, n. 4 t.u. sul Consiglio di Stato, all'esecuzione 
del giudicato amministrativo (contra, cfr. GuGLIELMI, L'obbligo dell'Amministrazione 
di conformarsi al giudicato, in questa Rassegna, 1953, 1). 
(2) Giurisprudenza consolidata -cfr. Cass. 11 luglio 1962, n. 1852 in Rep. 
Foro it., 1962, 1370, 14 luglio 1962 -Rep. Foro it., 1962, n. 1372 e, da ultimo, 
Sez.. Un. 5 agosto 1963, n. 2194 in questa Rassegna, 1964, I, 22 con nota di 
richiami. 
(3) Piana applicazione di un principio logico prima che giuridico per cui 
il Tribunale carente di giurisdizione nella causa principale difetta di gforisdizione 
anche rispetto alla querela di falso proposta in via incidentale ai sensi del!'
art. 221 c.p.c. 
Oltre tutto, basta ricordare che, perch� possa iniziarsi il procedimento incidentale 
di querela di falso, occorre, a norma dell'art. 222 c.p.c., che il giudice 
ritenga rilevante ai fini del giudizio di documento impugnato; ond'� che, se il. 
giudice ritenga di non avere giurisdizione a conoscere della domanda proposta in 
via principale, ci� significa implicitamente che il documento impugnato non pu�. 
essere rilevante ai fini della decisione della causa. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 991 -Pres. 
Lonardo -Est. Cesaroni -P.M. Criscuoli (conf.) -Cherubini (avv. 
Mesiano e Tessier) c. Ministeri Interno e LL.PP. (avv. Stato. 
Foligno). 


PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURiSDiZIONE 681 

Competenza e giurisdizione -Sentenza che dichiara difetto di 

giurisdizione e rigetta domanda risarcitoria -Regolamento 

di giurisdizione -Inammissibilit�. 

(c.p.c. art. 41). 
� inammissibile il regolamento di giurisdizione proposto avverso 
una sentenza di merito quale � quella che oltre a dichiarare il 
difetto di giurisdizione rispetto ad una domanda di risarcimento di 
danni, ha esaminato e rigettato nel merito la domanda stessa (1). 

. (1) Piana applicazione dell'inequivoco tenore dell'art. 41 c.p.c.: cfr. da ultimo, 
Cass. 20 gennaio 1964, n. 124 Mass. Foro it., 1964, 33. Interessante la fattispecie 
su cui le Sez. Un. si sono pronunziate in sede di .regolamento di giurisdizjone. 
L'azione � stata proposta da due architetti che avevano predisposto, pe;r incarico 
di due societ�, il collaudo delle opere in cemento armato relative ad un fabbricato 
condominiale. Il Prefetto non aveva accettato il collaudo perch� compiuto da 
architetti e non da ingegneri. 

I due internssati citavano allora il Ministero dell'Interno e il Ministero dei 
LL.PP. perch� fosse dichiarato il loro diritto, quali architetti, a rendere il collaudo 
di opere in cemento armato e per ottenere il risarcimento dei danni. 

L'Avvocatura dello Stato, nel costituirsi in giudizio, eccepiva l'improponibilit� 
della domanda in quanto diretta all'accertamento dell'illegittimit� di un atto 
discrezionale della P.A. (r.d. 16 nove:iribre 1939, n. 2229, art. 4) sottratto., come 
tale, al sindacato del g.o. e, nel merito, deduceva l'infondatezza della domanda 
perch� la distinzione fra le due professioni di ingegnere e di architetto � contenuta 
nell'art. 1 del r.d.l. 16 novembre 1939, n. 2229. 

Il Tr:bunale di Venezia dichiarava il difetto di giurisdizione e rigettava la 
domanda di risarcimento. Trattandosi di sentenza che pronunciava anche nel 
merito non era contestabile l'inammissibilit� del regolamento di giurisdizione. 

Per quanto riguarda la questione di fondo, non esaminata dalla Corte Regolatrice, 
� evidente che la domanda dei due architetti si rivolgeva contro il diniego 
di licenza del Prefetto ai sensi dell'art. 4 r.d.l. n. 2229 del 1939: atto tipicamente 
discrezionale rispetto al quale lo status professionale del collaudatore � assunto, 
nella fattispecie legislativa, come condizione necessaria (presuppo,sto), ma non 
sufficiente, per l'ottenimento della licenza. 

Nel giudizio iniziato dai due architetti, pertanto, la questione di diritto 

soggettivo poteva rivestire, al pi�, carattere di incidentalit�, o meglio di pregiu


dizialit�; ma essa sarebbe ricaduta, nondimeno, nella competenza del Consiglio 

di Stato: art. 28 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. 

Per un precedente in termini, in materia di incompetenza del giudice ordi


nario in tema di diniego di qualit� soggettiva (quale presupposto per concorrere 

per l'appalto di gestione esattoriale), pur in contrasto con lo status professionale 

di esattore, risultante dall'iscrizione all'Albo cfr. Cons. Giust. Amm. Reg, Sic., 

20 ottobre 1960, n. 295 confermato dalla Suprema Corte. 

Altra questione interessante, rimasta assorbita dalla pronuncia pregiudiziale 

di difetto di giurisdizione, era quella riguardante la legittimazione attiva a pro


porre la domanda: se essa spettasse anche agli architetti ovvero al solo proprietario 

cui era stata negata la licenza ex art. 4 del r.d.l. n. 2229 del 1939. 

La seconda soluzione sembra la pi� corretta essendo la domanda diretta 

contro un atto amministrativo che ledeva -almeno in modo diretto -solo la 

sfera giuridica del proprietario mentre la lesione lamentata dagli architetti sembra 

risolversi in un mero pregiudizio di fatto non assistito da tutela giurisdizionale. 



682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 992 -Pres. 
Celentano -Est. Felicetti -P.M. Tavolaro (conf.) -Bellini (avv. 
}emolo) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Carbone). 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p.u. -Decreto 
di esproprio -Contestazione del potere giurisdizionale del 
giudice ordinario. . 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 1. 25 giugno 1865, n. 2359). 
Co~petenza e giurisdizione -Occupazione d'urgenza protratta 
oltre il biennio -Danni -Competenza giurisdizionale del 
giudice ordinario. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73). 
Appello -Doinande nuove -Mutamento della � causa petendi � Fattispecie 
in tema di azione per occupazione abusiva da 
parte della P .A. 

(c.p.c., art. 345). 

Quando non viene in oontegt;azione il potere discrezionak espropriativo 
della P.A., la eventuale deiclaratoria di illegittimit� dell'atto 
mnminigf;rativo di espropriazione -presupposto necessario della domanda 
di rwarcimento dei da:nni conseguenziali -rientra nella com


I 
~

petenza giurisdizionale amminmrativa e non in quella giurisdizionale 
ordinaria (1). I 

Il decorso del biennio fissato perentoriamente dalr art. 73 d.ella 
legge n. 2359 del 1865 senza che l'oocupazione temporanea dei beni 
sia seguita dalla pronuncia del decreto di espropriazione, fa divenire 
illegittima l'ulteriore occupazione, in quanto si traduce in abuso del 
potere espropriativo, ossia in un comportamento illecito della P.A., 
come tale inidone'o ad affievolire il diritto di propriet� e tanto meno -: 
a degradarlo a sempHce interesse rifiesso. Consegwenten�ente, spetta 
all'autorit� giudiziaria ordinaria la cognizione dalle conseguenze patrimoniali 
dannose della oocupazione divenuta illegittima, en:tro i con-fini 
temporali della durata della illegittimit� e con il limite obiettivo della 
impossibilit� di un risarcimento in forma speci-fica, mediante restituzione, 
ogni qualvolta questa sia impedita dalla trasformazione del bene 
con permanente destinazione a pubbli!ca utilit� o anche dalla sopravvenuta 
regolare espropriazione del bene stesso (2). 

In appello non solo non � consentito il mutamernto del petitum ma 
nemmeno possono dedursi presupposti d� fatto e conseguenti situa


(1) cfr. Sez. Un. 25 novembre 1961, n. 2731, Giust. Civ. Mass., 1961, 1224 
con note di richiami. 
(2) cfr. Cass. 20 gennaio 1964, n. 109, Giust. Civ .. Ma.ss., 1964, 49. 
I 



PARTE I, SE'Z. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiURiSD.IZIONE 

683 

zioni giuridiche, non prospettati in primo grado, sicch� ne risulti, c&ttraverso 
il mutamento dei fatti costitutivi del diritto, fatto vakre in 
giudizio, la proposizione di un'azione mdicalmente diversa da quella 
proposta con la domanda introduttiva del giudizio. 

Tale modificazione sussiste allorch� "t'attore in appello chieda la 
condanna della convenuta amministrazione al pagamento di una 
somma dovuta, come indennit� di oocupazione temporanea e di espropriazione, 
in virt� di un contratto di diritto pubblico da accertarsi, 
al posto del risarcimento dei danni derivanti da presunta. illegittimit� 
del decreto di espropriazione chiesti in primo grado (3). 

(3) cfr. Cass. 30 gennaio 1964, n. 255, Giust. Civ. Mass., 1964, 110. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 aprile 1964, n. 1017 -Pres. 
Tavolaro -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) -
Selveg {avv. Segui Nicol� ed altri) c. Ministero Tesoro (avv. Stato 
Arias). 

Competenza e giurisdizione -Difetto di giurisdizione -Q.uestione 
di legittimit� costituzionale -Pregiudizialit� -Limiti. 

(I.e. 9 febbraio 1948, n. 1, 'c.p.c. artt. 37 e 187). 
Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Questione 
di legittimit� costituzionale -Poteri della Corte di 
Cassazione -Limiti. 

{c.p.c. art. 382, 1� co.). 
Guerra -Territori ceduti dall'Italia -Beni italiani -Condizione 
giuridica -Ex proprietari -Posizione rispetto allo Stato 
Italiano. 

{l. 5 dicembre 1949, n. 1064; I. 8 novembre 1956, n. 1325). 
Competenza e giurisdizione -Trattati di pace -Territori ceduti 
dall'Italia -Indennizzo -Controversia -Questione di diritto 
soggettivo -Giurisdizione dell'a.g.o. 

(1. 5 dicembre 1949, n. 1064; I. 8 novembre 1956, n. 1325). 
La q�estione di legitti:nit� costituzionale � pregiudizidle al problema 
riguardante la giurisdizione, nel caso in cui lo stabilire se il 
privato possa invocare un diritto soggettivo o un interesse legittimo 
dipenda dalla norma impugnata di incostituzionalit�. 

Altrimenti il giudice non pu� prendere in esame la questione di 
legittimit� costituzionale, se non dopo avere disatteso l,e eccezioni 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

684 

pregiudiziali attinenti (/Jlla sussistenza dei presupposti processuali 
(prima, fra esse, quella di difetto di giurisdizione) {l). 

Per il disposto dell'art. 382, primo comma, c.p.c. che regola le 
pronuncie della corte di c assaziolfl.e quando decide una questione di 
giurisdizione e per i principi fondamentali del nostro sist-ema processuale, 
la Corte di Cassazione, investita della questione di giurisdizione, 
ha il compito esclusivo di dichiarare la giurisdizione, mentre ogni 
decisione sulle altre questioni di rito o di merito (compresa quella 
relativa alla sussistenza di una condizione dell'azione) sar� devoluta 
al giudice di rinvio sia esso il giudioe ordinario o il giudice amministrativo 
(2). 

Sui beni dei cittadini italiani situati in territori ceduti regolati 
dall'All. XIV del Trattato di pace, i proprietari conservano il loro diritto 
di propriet� sicch�, se essi non possono essere pi� restituiti ai legittimi 
proprietari, per effetto di eventuali provvedimenti di nazionalizzazione 
o altri simili, il diritto del privato viene a trasferirsi, nella sua 
integrit�, sulla indennit� che lo Stato espropriante eventualmente ebbe 
� pagare. 

Lo stesso Trattato di pace, reso esecutivo in Italia e le eventuali 

norme dettate dallo Stato a regolare la materia, disciplinano -la posi


zione soggettiva del cittadino espropriafo nei confronti de.ilo Stato 

italiaoo (3). 

Per effetto del Trattato di pace e delle convenzioni italo-jugoslave 

che disciplinano la sorte dei beni dei cittadini italiani siti nei territori 

ceduti alla Jugoslavia e non restituiti a seguito di provvedimenti di 

nazionalizzazione, i proprietari espropriati hanno un diritto soggettivo 

all'indennizzo che lo stesso Governo jugoslavo, in virt� degli accordi 

intercorsi col Governo italiano, ha versato a questo una tantum e che 

lo Stato si � legislativamente impegnato a� ripartire tra i cittadini 

secondo i criteri stabiliti nelle stesse leggi disciplinatrici della materia. 

Pertanto spetta al giudice ordinario la competenza a decidere le 

relative controversie sorte tra gli espropriati e lo Stato italiano in 

ordine al'l'indennizzo suddetto (4). 

(Omissis). -Col primo motivo del suo ricorso, la societ� SELVEG 
censura la sentenza impugnata, per aver dato la precedenza, nell'esamedelle 
questioni pregiudiziali, alla questione relativa al difetto di giuri


(1) Le Sez. Un. confermano il proprio insegnamento in tema di precedenza 
tra questione di giurisdizione e questione di legittimit� costituzionale (cfr. pertutte, 
Cass. 20 ottobre 1962, n. 3051, Rep. Foro it., 1962, v. Competenza civ. 
n. 22 e l'ampia nota di richiami alla sentenza in rassegna in Foro it., 1964, I, 1146). 

PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZIONE 685 

sdizione, anzich� alla questione di legittimit� costituzionale della legge 
8 novembre 1956, n. 1325, sollevata dalla stessa ricorrente; e chiede che 
queste Sezioni Unite vogliano, ritenendo [eccezione non manifestamente 
infondata, rimettere la questione alla Corte Costituzionale ai 
sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

Sia la censura suddetta, sia la richiesta che ne consegue, sono per� 
prive di fondamento. :� certamente esatto -e questa Corte Suprema 
lo ha pi� volte riconosciuto �-che, in alcune ipotesi, la questione di 
legittimit� costituzionale pu� presentarsi come pregiudiziale al problema 
riguardante la giurisdizione, nel caso cio� che dall'applicabilit�, o meno, 
della norma impugnata di incostituzionalit�, dipenda lo stabilire se il 
privato possa invocare un diritto soggettivo o soltanto un interesse legittimo; 
ma non � quest� l'ipotesi che ricorre nell'attuale controversia. 

Nella specie, la questione di merito sollevata dalla SELVEG, 
consiste nello stabilire se l'indennizzo (non ancora, nel caso concreto, 
liquidato) spettante alla stessa SEL VEG per la nazionalizzazione dei 
suoi beni situati nei territori ceduti, a seguito del trattato di pace, alla 
Jugoslavia, ad opera del Governo di tale Stato, debba essere liquidato 
con i criteri dettati dalla legge 5 dicembre 1949, n. 1064, ovvero con 
quelli diversi stabiliti dalla successiva (e tuttora vigente) legge 8 novembre 
1956, n. 1325. La societ� attrice chiedeva che il Tribunale volesse 
dichiarare che l'indennizzo dev' esser liquidato secondo la legge del 
1949; naturalmente, per giungere a tale risultato, occorrerebbe che la 
successiva legge del 1956 non fosse applicata, ed a tal fine la SELVEG 
impugna la legge medesima di incostituzionalit�. �: quindi chiara la 
rilevanza della questione di legittimit� costituzionale (a parte ogni giudizio 
sulla manifesta infondatezza o meno di essa) per la decisione di 
merito; ma,all' esame del merito, � naturalmente pregiudiziale la pronunzia 
sulla giurisdizione del giudice adito. Come ha stabilito questa 
Corte Suprema (ad esempio, sentenza 17 ottobre 1956, n. 3677), il 
giudice non pu� prendere in esame la questione di legittimit� costituzionale, 
se non dopo aver disatteso le eccezioni pregiudiziali attinenti 
alla sussistenza dei presupposti processuali (prima fra esse, quella 'di, 
difetto di giurisdizione). Se, infatti, il giudice dichiari (com'� avvenuto 
nella specie) il proprio difetto di giurisdizione, egli non � pi� chiamato 
a decidere nel merito, e perci� la questione di legittimit� costituzionale 
non ha, o non pu� avere, nel giudizio che con quella pronunzia si 

In dottrina cfr. TORRENTE, Foro it., 1957, I, 94; CAPPELLETTI, Questioni e 
regolamenti di giurisdizione e di competenza e questioni di legittimit� della legge, 
in Giur. it., 1958, I, 1, 899; BILE, La questione di legittimit� costituzionale nel]'
ordine di precedenza delle questioni, e autori ivi richiamati. 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

686 

conclude, alcuna rilevanza; sar� compito del giudice competente (cio�, 
secondo la pronunzia impugnata, del Consiglio di Stato), dover valutare 
se l'eccezione �, o meno, manifestamente infondata, e dover prendere 
i provvedimenti conseguenti. 

N� potrebbe dirsi (unica ipotesi, come s'� accennato, in cui la 
questione di legittimit� costituzionale dev'essere presa in esame con 
precedenza sulla questione di giurisdizione) che lo accertamento della 
legittimit� costituzionale, o meno, della legge n. 1325 del 1956 possa 
avere influenza sulla , determinazione della competenza giurisdizionale 
a decidere la controversia de qua. 

La societ� ricorrente lamenta che la Corte d'Appello abbia compiuto 
l'esame relativo alla esistenza di un diritto soggettivo perfetto, 

o di un semplice interesse legittimo {concludendo che nella specie il 
privato � titolare di un interesse legittimo, e perci� la competenza � . 
del giudice amministrativo), soltanto alla stregua della legge n. 1064 
del 1949; mentre l'esame in questione avrebbe dovuto essere compiuto 
anche in base alle norme della successiva legge del 1956, che � appunto 
quella impugnata d'incostituzionalit�; onde. sulla risoluzione della questione 
di giurisdizione, avrebbe potuto avere influenza l'accertamento 
della legittimit� costituzionale, o meno, del ph� recente testo legislativo. 
L'assunto per� non � esatto. 
L'indagine rivolta ad accertare la competenza giurisdizionale fu, 
infatti, espletata dalla sentenza impugnata ave11do riguardo, nel suo 

(2) La massima applica correttamente il chiaro disposto dell'art. 382 I, c. 
c.p.c.: non si pu� invero non convenire nel principio che, avendo le Sez. Un. 
affermata la giurisdizione dell'a.g.o. negata dal giudice di merito, l'esame della non 
manifesta infondatezza della questione di legittimit� costituzionale sollevata da una 
parte spetta al giudice di rinvio, trattandosi di questione che viene ad incidere 
su di una condizione dell'azione (l'esistenza del diritto) e si risolve pertanto in 
una questione di merito. � 
(3-4) Giurisdizione in materia di indennizzi per i beni italiani 
nei territori ceduti alla Jugoslavia. 

Non sfuggir� all'attenzione dei lettori l'importanza dei principi enunciati dalla 
Corte Suprema eon la sentenza in rassegna. 

L'affermazione di un diritto soggettivo perfetto del cittadino nei confronti 
dello Stato Italiano all'indennizzo previsto e regolato dalle leggi n. 1064 del 1949 
e n. 1325 del 1956 non pu� essere condivisa perch� in manifesto contrasto col 
dato testuale della legislazione vigente e perch� in contrasto con quei principi pi� 
volte affermati dalla stessa Corte di Cassazione e che avevano fatto ritenere che 
si stesse formando uno jus receptum nella delicata e grave materia della giurisdizione 
in materia di indennizzi a cittadini italiani per i beni situati in. territori ex 
nemici in territori ceduti dall'Italia a seguito del Trattato di pace. (cfr. ampi richiami 
di giurisprudenza e dottrina in nota alla sentenza in rassegna, Foro it., 1964, I, 
1946; ad.de: GurcCIARDI, Indennizzo per i beni tunisini e competenza giurisdizionale, 
Giur. It., 1959, III, 7). 



PARTE I, SE'Z. II, GIUR. SU Q~TIONI DI GIURISDlZIONE 687 

complesso, a tutta la legislazione diretta a regolare l'indennizzo per i 
beni situati in territori ceduti, e di cui all'allegato XIV del Trattato di 
pace; e se la sentenza stessa (oltre che ad argomenti che ritenne tratti 
dalla ratio legis) ebbe a riferirsi testualmente alla legge del 1949, ci� 
avvenne perch� � proprio questa prima legge -tuttora in vigore per 
una gran parte -che detta i criteri fondamentali in materia (e da essa 
perci� deve tuttora dedursi la posizione soggettiva riconosciuta al privato 
dall'ordinamento giuridico), mentre la legge del 1956, lasciando 
immutati quei criteri fondamentali, ebbe ad innovare soltanto sulla 
determinazione concreta dell'indennizzo (sostituendo, come si � detto, 
al principio proporzionale quello differenziale). In nulla, quindi, l'accertamento 
della legittimit� costituzionale della legge del 1956 poteva 
avere rilevanza sulla determinazione del giudice competente; onde la 
decisione della Corte di merito sul punto in cui (a differenza di quanto 
aveva ritenuto il Tribunale) prese in esame in via pregiudiziale la 
questione di giurisdizione, e, avendola risolta in senso negativo, omise 
di esaminare se la questione di legittimit� costituzionale fosse o meno 
fondata, � ispirata ad esatti criteri logici, e costituisce puntuale applicazione 
dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, per cui il giudice deve 
sollevare la questione suddetta solo se essa � rilevante per la decisione 
della controversia. 

N�, d'altra parte, questa Corte Suprema potrebbe essa stessa 
-come chiede la societ� ricorrente nello stesso primo motivo del 

Nella nota di TRACANNA (Sulla natura giuridica della pretesa del cittadino 
italiano ... in questa Rassegna, 1959, I, con richiami) si era gi� osservato che nello 
studio dei problemi di indennizzo a seguito del Trattato di Pace occorre partire da 
due premesse fondamentali che debbono necessariamente servire da inquadramento 
all'indagine giuridica circa la consistenza dell'interesse individuale protetto: 
Ja prima, che il danno lamentato dal cittadino italiano sia per la privazione tempo;
ranea che definitiva del bene ad opera di atti e di fatti delle autorit� delle Potenze 
ex nemiche non �, sotto alcun aspetto riferibile e, quindi, imputabile allo Stato 
Italiano. in base ai comuni principi sulla responsabilit�; la seconda, che � necessario 
localizzare l'indagine stessa alle fonti no.rmative che hanno regolato la materia 
nel diritto interno, in quanto il Trattato, come convenzione internazionale, � fonte 
come tale di diritti e di obblighi solo tra gli Stati contraenti e non per i singoli 
cittadini. 

Nonostante qualche espressione forse non del tutto perspicua contenuta 
nella sentenza in rassegna, non riteniamo che la Suprema Corte abbia voluto 
revocare in discussione i principi ,sopra enunciati e gi� da essa cos� autorevolmente 
e meditamente affermati (cfr., per tutte Sez. Un.,15 agosto 1958, n. 2872, Foro .it., 
1958, I, 1246 e, ivi, 1959, I, 1155): baster� ricordare che l'autonomia e indipendenza 
dell'ordina.mento internazionale e di quelli statali costituiscono il fondamento 
stesso della dottrina internazionalistica (MONACO, Manuale di diritto internazionale, 
1949, 71; A.NzILLOTTI, Teoria generale della responsabilit� dello Stato 
nel .diritto internazionale, Firenze, 1902, 133, ID., Il diritto internazionale nei 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

688 

ricorso -esa;minare se la questione di legittimit� costituzionale sia o 
meno manifestamente infondata, e, ove non la ritenga tale, rimettere 
gli atti alla Corte Costituzionale. Una tale decisione, evidentemente, 
non potrebbe essere presa nel caso che queste Sezioni Unite, confermando 
la decisione dei giudici di appello, riconoscessero che l'autorit� 
giudiziaria ordinaria � carente di giurisdizione; perch�, come si � detto, 
in tal caso la questione di legittimit� costituzionale non �vrebbe alcuna 
rilevanza in questo processo, e sarebbe rimessa al giudice competente 
(cio�, in ipotesi, al Consiglio di Stato) la valutazione sulla manifesta 
infondatezza o meno dell'eccezione. Ma la questione non pu� essere 
sollevata in questa sede, neanche nel caso (che � quello che ricorre in 
realt�, come sar� detto esaminando il secondo motivo del ricorso) che 
la Cassazione riconosca che, in subiecta materia, il privato � titolare di 
un diritto soggettivo perfetto, e che perci� deve dichiararsi quella 
competenza giurisdizionale del giudice ordinario che la Corte di merito 
ha invece negato. 

In tal caso, infatti, alla Corte Suprema non rester� altro compito se 
non quello di dichiarare la giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, 
mentre ogni altra decision~, sulle altre questioni di rito o di 
merito, sar� devoluta al giudice di rinvio. Ci� risulta, testualmente, 
dall'art. 382, primo comma, c.p.c., che regola le pronunzie della Corte 
Suprema quando decide una questione di giurisdizione, stabilendo che 
la Corte statuisce sulla giurisdizione (e solo su questa, oltre che eventualmente 
sulla competenza); e si ricava dai principi fondam�entali del 
nostro sistema processuale, ed in particolare da quello relativo al doppio 
grado di giurisdizione. Infatti, se il giudice d'appello, ritenendosi 
(erroneamente) privo di giurisdizione, si � astenuto dal prendere in 
esame una domanda riguardante il merito della causa (qual'�, nella 
specie, la questione di legittimit� costituzionale della legge n. 1325), 
la parte sarebbe privata della garanzia del giudizio d'appello, se detta 
questione di merito fosse affrontata e risolta dalla Corte Suprema. 

Spetter� perci� al giudice di rinvio prendere in esame, cos� come 

laltra eccezione pregiudiziale che (come si vedr�) lAmministrazione 

giudizi interni, Bologna, 1905, 41; BALLADORE-PALLmRI, Diritto internazionale 
pubblico, 1946, 50; PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, 1948, Il, 12). 

Resta il fatto, peraltro, che le Sez. Un. hanno ritenuto che la posizione che 

l'ordinamento (leggi n. 1064 del 1949 e n. 1325 del 1956) assicura al cittadino gi� 

proprietario di beni situati in territori ceduti alla Repubblica jugoslava abbia la 

consistenza di diritto soggettivo, tutelabile quindi dinanzi all'a.g.o. 

Tale conclusione si basa su di una esegesi delle norme di diritto interno 

sopra ricordate, dalle quali sarebbe desumibile che il legislatore avrebbe inteso 

aocordare una tutela diretta alla posizione del privato e non una semplice tutela 

indiretta e strumentale. 


PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 689 

resistente ripropone in questa sede col suo ricorso incidentale, anche la 
questione di legittimit� costituzionale, che la Corte di Roma omise di 
valutare. 

Respinto cos� il primo motivo del ricorso principale, deve essere 
esaminata la questione di giurisdizione, riproposta col secondo motivo 
del ricorso medesimo. Su questo punto, le censure della societ� SELVEG 
sono fondate. 

La Corte di merito ha 'ritenuto che il privato � titolare di un semplice 
interesse legittimo ad ottenere l'indennizzo per i beni posti nei: 
territori ceduti alla Repubblica Federale Popolare Jugoslava, e dal 
governo di questa nazionalizzati per la riforma agraria, o per altri motivi, 
in base alle seguenti considerazioni: a) il problema dev'essere risolto, 
non in base alle disposizioni contenute nel trattato di pace {che, d'altronde, 
fu su questo punto modificato dagli accordi successivi fra 
Italia e Jugoslavia), ma in base alla legislazione interna italiana; b) che, 
in concreto, la legge del 1949 non disciplina la materia a tutela degli 
interessi individuali, ma soltanto nel pubblico interesse: alla Pubblica 
Amministrazione � attribuito il potere di disporre il sacrificio totale o 
parziale, dei diritti individuali; e) il richiamo all'istituto dell'espropriazione 
per pubblica utilit�. non ha fondamento, perch� non si tratta di 
stabilire se il cittadino ha un diritto soggettivo nei confronti dello Sfato 
jugoslavo, che ha espropriato i beni, ma quale posizione soggettiva sia . 
fatta allo stesso cittadino dalla legge italiana; d) l'Italia intervenne sul 
piano internazionale, non per tutelare gli interessi dei suoi cittadini, ma, 
per un interesse pubblico: scopo degli accordi con la Jugoslavia fui 
quello di ottenere un indennizzo quale compenso, sia pure parziale, 
della perdita di territorio e di reddito nazionale relativa ai territori 
ceduti; e) la liquidazione dell'ndennizzo {rimessa negli accordi interna


\ zionali allo Stato italiano) fu regolata nella legge del 1949 con criteri 
\ del tutto discrezionali, come risulta dalla circostanza che lo Stato non 
\assunse neanche l'obbligo di erogare l'intera somma pagata dalla Jugo


\" 

'----


E intanto interessante osservare che le Sez. Un. non hanno inteso affermare 
che in ogni caso di indennizzo ricollegabile al Trattato di pace la posizione 
del cittadino sia di diritto soggettivo. 

La Corte ha, anzi, espo:essamente, sia pure incidentalmente, confermato la 
propria giurisprudenza riguardante la posizione dei cittadini rispetto alle norme 
che regolano l'indennizzo per beni italiani posti nel territoro di Stato ex nemici, 
ribadendo che dspetto a tali norme il cittadino vanta solo un interesse legittimo. 

Ha, peraltro, ritenuto la Corte Regolatrice che non sia assimilabile a tale 
situazione il caso di indennizzo per beni posti in territori gi� soggetti alla sovranit� 
italiana e ceduti a seguito del Trattato di pace. 

�La differenza consisterebbe in ci�: che mentre il Trattato di pace prevede 
un diritto degli Stati ex nemici di confiscare i beni posti nei foro territori e 

6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

690 

slavia, e dal ,fatto che la valutazione dei beni � rimessa al potere 
discrezionale di una Commissione, di cui fanno parte, in maggioranza, 
magistrati e funzionari dello Stato, il cui compito � tutelare il pubblico 
interesse. 

Tali argomenti, cos� riassunti, non reggono alle censure della societ� 
ricorrente. La Corte di merito ha posto a fondamento della sua decisione 
una stretta analogia fra la situazione dei proprietari dei beni siti 
nei territori ceduti, ed espropriati dalla Repubblica jugoslava, con 
quella dei proprietari dei beni siti nei territori delle potenze alleate 
ed associate, e confiscati ai sensi dell'art. 79 del trattato di pace; e si � 
richiamata alla giurisprudenza di questa Corte che ha costantemente 
ritenuto che il cittadino � titolare di un semplice interesse legittimo, non 
solo, in genere, per l'indennizzo per danni di guerra, ma, in particolare, 
per rindennit� per la perdita dei beni in Tunisia, di cui al d.l. 6 aprile 
1948, n. 521, cne d�, esecuzione al citato art. 79 del trattato di pace 
(cfr. la sentenza 29 gennaio 1953, n. 235). Ma, -come risulta dalle 
espresse disposizioni del trattato di pace, una simile analogia non sussiste. 
L'art. 79, infatti, che regola la sorte dei beni italiani posti nel 
territorio degli Stati ex nemici, concede a questi ultimi il pieno diritto 
di confiscare detti beni, in relazione alle domande per lammontare delle 
riparazioni di guerra contro l'Italia ed i suoi cittadini; onde � evidente, 
in questo caso, che il provvedimento va posto in relazione ad un rapporto 
di carattere internazionale (eventi bellici) : i cittadini perdono la 
loro propriet� proprio a causa delle vicende di guerra, e sono -di 
fronte allo Stato italiano -in una posizione analoga ai proprietari che 
hanno sub�to, in genere, danni per effetto della guerra, e, perci�, agli 

appartenenti a cittadini italiani, per i beni siti �in territori ceduti tale diritto di 
confisca non �, invece, previsto. 

Il cittadino italiano pertanto continua a vantare anche nei confronti dello 
Stato cessionario �il proprio diritto di propriet� e se i beni vengono nazionalizzati 
il diritto si trasferisce sull'indennizzo e pu� essere, quindi, fatto valere nei confronti 
dello Stato italiano che quell'indennizzo, nella specie, ha ricevuto dallo 
Stato jugoslavo. 

Non � questa la sede per affrontare tutti i gravi problemi che involge la 
delicata questione. 

Baster� rilevare che la meditata e pregevole ricostruzione che la Suprema 
Corte ha fatto dell'istituto dell'indennizzo sembra viziata da due errori di fondo 
che ne inficiano in radice la validit�: 

a) la misura di nazionalizzazione dei beni italiani nei territori ceduti non 
pu� non considerarsi come una conseguenza sia pure indiretta degli eventi 
bellici e del Trattato di pace: pertanto le stesse considerazioni che hanno indotto 
a ritenere che la pretesa all'indennizzo per i beni posti nei territori ex nemici abbia 
la consistenza di interesse legittimo, debbono altres� valere nel caso di beni italiani 
posti nei territori ceduti a seguito del Trattato di pace; 



PARTE I, SEZ. Il, GIUR. SU QUESTIONI DI GlURISDlZl'.ONE 691 

uni come agli altri, alla luce della legislazione interna italiana, non pu� 
competere un diritto soggettivo, ma un semplice interesse legittimo 
all'indennizzo (concesso e liquidato in modo discrezionale dallo Stato 
italiano). Ma lo stesso art. 79 eccettua dalle disposizioni ivi dettate i 
beni dei cittadini italiani situati in territori ceduti (punto 6, lettera f) 
rinviando per essi all'allegato XIV. Questo, a sua volta, pone un principio 
ben diverso; che cio� tali beni � saranno rispettati su una base 
di parit�, rispetto ai diritti dei cittadini dello Stato successore� e che 
�non potranno essere trattenuti o liquidati ai sensi delfart. 79, ma 
dovranno essere restituiti ai proprietari, liberi da vincoli di qualsiasi 
natura o di ogni altra misura di alienazione, di amministrazione forzosa 

o di sequestro � (punto 9, ali. XIV, primo e terzo comma). Da tali 
norme, risulta chiaro -con l'affermazi<me .di principio che i beni 
devono essere restituiti ai proprietari -che i privati conservano il loro 
diritto di propriet� -e cio� un diritto soggettivo perfetto; mentre, nel 
caso di misure di nazionalizzazione, o analoghe (non dirette specificamente 
contro cittadini italiani), si verifica un fenomeno, di cui non 
.pu� negarsi la stretta analogia con l'espropriaZione per pubblica utilit�; 
con la conseguenza, che il diritto del privato viene a trasferirsi, nella 
sua integrit�, sulla indennit� che lo Stato espropriante eventualmente 
abbia a pagare. 
:� ben vero che, come na osservato la Corte di merito, il trattato 
di pace regola in tal. modo soltanto i rapporti tra il cittadino espropriato 
e lo Stato strartiero, mentre la posizione soggettiva del cittadino. 
medesimo nei confronti dello Stato italiano dev'essere regolata esclusivamente 
dalla legislazione interna. Ma non pu� dimenticarsi, da una 

b) in definitiva, 'la soluzione della Cassazione presuppone che quando lo 
Stato Italiano ha trattato con la Jugoslavia la misura e la cor.responsicine dell'indennizzo. 
l'abbia fatto in veste di mandata:rio dei cittadini ex proprietari dei 
beni nazionalizzati. 

Solo in base a tale presupposto pu� spiegarsi che il cittadino-possa far valere, 
come diritto soggettivo, verso lo Stato italiano quella pretesa all'indennizzo che 
-in thesi -dovrebbe vantare verso lo Stato cessionario che gli ha espropriato .i beni. 

Ma � appena il caso di rilevare come la teoiria dello� Stato che agisca sul piano 

internazionale non in proprio ma quale mandatario di privati o gestore dei loro 

interessi � affatto estranea al diritto amministrativo interno, e ancor pi�, se -possi


bile, al diritto internazionale. 

La teoria del mandato non regge alla critica, non risultando poi in nessun 

modo la fonte di un tale mandato. 

Ma ove si escluda che, nel tratta.re la miSm:a e la corresponsione degli inden


nizzi, lo Stato italiano abbia agito per conto dei cittadini interessati, ne consegue 

che il cittadino non potr� far valere verso lo Stato italiano il preteso diritto che 

si assume vantasse verso lo Stato jugoslavo. 

Tale diritto si era estinto a causa della nazionalizzazione dei beni italiani


disposta dal governo jugoslavo. Lo Stato italiano sul piano internazionale ottenne 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

692 

parte, che lo stesso trattato di pace fu reso esecutivo in Italia (d.l.p. 
28 novembre 1947, n. 1430), ed � venuto perci� a far parte delle nostre 
fonti legislative; cos� come del resto furono resi esecutivi con provvedimenti 
legislativi i successivi accordi italo-jugoslavi del 23 maggio 1949 
(legge 10 marzo 1955, n. 121), e del 18 dicembre 1954 (d.p. 11 marzo 
1955, n. 210); e che, d'altra parte, anche le leggi del 1949 e del 1956, 
chti del resto espressamente a quegli accordi si sono richiamate, devono 
essere interpretate alla luce delle suddette convenzioni internazionali, 
dovendosi presumere che lo Stato italiano non abbia inteso, nell'emanare 
le norme dirette .a dare pratica attuazione a quanto convenuto, 
nei confronti dei propri cittadini, sottrarsi agli impegni assunti sul piano 
internazionale. 

Ora, le disposizioni dell'allegato XIV del trattato di pace concernente 
i beni dei cittadini italiani nei territori ceduti, e che non possono 
esse.re interpretate se non nel senso sopra ricordato, non sono state 
-contrariamente a quanto ritenne la Corte d'Appello -modificate, 
nella loro sostanza, dalle convenzioni italo-jugoslave. Avendo il governo 
Jugoslavo, in applicazione di una propria politica di nazionalizzazione; 
proceduto all'espropriazione anche di beni appartenenti a cittadini 
italiani, e potendo vantare questi un diritto ad ottenere un indennizzo 
dallo Stato jugoslavo, per la difficolt� di riscuotere detto indennizzo fu 
ritenuto conveniente che la Jugoslavia versasse il complesso delle indennit� 
dovute direttamente al governo italiano. A tale scopo (ed a stabilire 
i criteri per la valutazione dei beni, ad opera di una Commissione 
mista italo-jugoslava) fu diretto l'accordo del 23 maggio 1949 (col sucoessivo 
accordo del 1954 fu invece f�ssato un indennizzo in misura 
forfetaria). In detto accordo fu precisato che esso non si riferiva ai beni 
confiscati ai sensi dell'art. 79 d~l trattato di pace (art. 1), n� ai beni 
mobili passati in propriet� della Repubblica Federale Popolare Jugoslava 
in virt� del diritto internazionale di guerra (art. 6). 

:�: perci� chiaro cne con gli accordi predetti fu posto in essere un 
particolare congegno, a mezzo del quale, invece di indennizzare singolarmente 
i proprietari dei beni nazionalizzati, la Jugoslavia vers� I'in


da quel 'governo la corresponsione cli un indennizzo forfettario per tutti i 
beni espropriati. 

H cittadino ex proprietario si trova pemi� a vantare verso lo S.tato italiano 
non un diritto soggettivo, ma solo un interesse legittimo a che la ripa.tizione del 
contributo avvenga secondo i criteri posti dalla legge. � 

Sembra pertanto che, per una pi� aderente applioazione dei principi e delle 
norme che regolano la materia e per evidenti ragioni di perequazione tra la 
posizione dei proprietari di beni posti nel territorio degli Stati ex nemici e quella 
dei proprietari di beni posti in territori ceduti dall'Italia a seguito del Trattato di 
paoe, sia auspicabile un riesame del.J.a grave e delicata questione da parte della 
Corte Regolatrice. 

G. ZAGARI 

PARTE I, SEZ. Il, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZIONE 693 

dennizzo al governo italiano, onde questo, attesa la natura dell'operazione, 
restava evidentemente obbligato a distribuire fra gli aventi 
diritto le somme cos� riscosse. Non, quindi -come ha ritenuto la 
Corte di merito -indennit� versata per compensare parzialmente 
l'Italia dei perduti territori e del perduto reddito; ma somme versate al 
governo italiano invece che ai privati cittadini espropriati, che ne 
avrebbero avuto diritto. Chiarita cos� fintenzione delle Alte parti contraenti, 
ne deriva che le leggi interne (del 1949 e del 1956), con cui 
l'Italia regol� la liquidazione degli indennizzi ai cittadini ex-proprietari 
di beni nazionalizzati, costituirono lapplicazione degli accordi internazionali 
suddetti, e non fecero che regolare la distribuzione, fra gli interessati 
che ne avevano diritto, dell'indennit� complessiva che il governo 
italiano aveva ricevuto (agendo nell'interesse dei suoi cittadini) da 
quello jugoslavo. Contrariamente a quanto ha ritenuto la sentenza impugnata, 
quindi, quella distribuzione fu regolata non in ragione di un 
pubblico interesse, ma proprio a garanzia degli interessi individuali, 
che in tal modo vennero a ricevere dalla legge quella piena tutela, che 
contraddistingue i diritti soggettivi perfetti. Ci� � reso ancora pi� 
evidente dal fatto cne, nella indennit� ri�evuta dalla Jugoslavia, fu 
compreso anche il prezzo dei beni non sottoposti a misure di��naz�onalizzazione, 
ma liberamente venduti dai cittadini italiani al governo 
jugoslavo (art. 10 dell'accordo 23 maggio 1949); in relazione. al quale 
(costituendo quel prezzo la controprestazione dovuta al venditore per 
una libera compravendita) non pu� certo dubitarsi che il privato, venditore, 
fosse titolare di un diritto soggettivo. Ora, anche la corresponsione 
di quel prezzo ai privati da parte del governo italiano fu regolato 
quanto alla liquidazione, dalle stesse norme previste per, la -corresponsione 
dell'indennizzo per i beni nazionalizzati (art. 6, legge 5 dicembre 
1949, n. 1064, art. 1, legge 8 novembre 1956, n. 1325, in relazione 
all'art. 3, legge 31 luglio 1952, n. 1131); onde deve� ritenersi che il 
legislatore abbia considerato identica la posizione soggettiva dei venditori 
e dei proprietari espropriati, cio�, non potendo contestarsi un 
diritto soggettivo alla riscossione del prezzo, abbia ritenuto diritto 
soggettivo anche la riscossione dell'indennizzo per lavvenuta nazionalizzazione. 


Alla stessa conclusione deve pervenirsi in base ali' esegesi letterale 
delle leggi che hanno regolato la materia; le quali� stabiliscono che 
� agli aventi diritto � {art. 5, legge del 1949) sar� liquidato un indennizzo, 
e ne stabiliscono le misure con criteri che non lasciano alcun 
margine di valutazione discrezionale (secondo la legge del 1949, cio�, 
la distribuzione proporzionale del complessivo indennizzo ricevuto dal 
governo jugoslavo; secondo la legge del 1956, la distribuzione con criterio 
differenziale, cio� decrescente in relazione al maggior valore dei 



' 

RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

694 . 
beni); ed ecettuano i beni liquidati in applicazione dell'art. 79 del 
trattato di paoe, l'indennizzo per la perdita dei quali, come si � detto, 
� considerato -alla pari di ogni altro danno di guerra -come un 
semplice interesse legittimo. Ed �, a questo proposito, significativo il 
confronto� del testo delle leggi ora ricordate, con quella (cui invece la 
sentenza impugnata ha fatto riferimento) regolante il risarcimento per 
la perdita dei beni in Tunisia, ai s�ensi dell'art. 79 del Trattato di pace; 
legge che non parla di << aventi diritto n, �ma dispone che i cittadini 
�possono chiedere di essere indennizzati n {art. 1), e che richiama esplicitamente, 
dichiarandole applicabili, le leggi relative al risarcimento 
dei danni di guerra (art. 11), riferimento che, invece, � omesso nelle 
legg� n, 1064 del 1949 e n. 1325 del 1956; e tale risarcimento, com'� 
pacificamente riconosciuto, d� luogo ad un semplice interesse legittimo. 
~, infine, da notare che (anche qui contrariamente a quanto ritenuto 
dalla Corte di merito) la Commission� istituita dall'art. 5, legge 5 dicembre 
1949, n. 1064, non ha alcun potere discrezionale per la liquidazione 
degli indennizzi (perch�, come si � detto, la distribuzione della 
somma agli aventi diritto � regolata dalla legge), ma deve limitarsi a 
stabilir.e il valore dei b.eni al 1938 (cfr. art. 1, legge 8 novembre 1956, 

n. 1325); onde il suo giudizio si riduce ad un apprezzamento tecnico, 
di carattere peritale, dal quale -come in ogni altro apprezzamento 
del genere -esula ogni carattere di discrezionalit�. 
Per tali motivi deve ritenersi che il privato � titolare di un diritto 
soggettivo perfetto all'iridennizzo di cui alle leggi ricordate. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 maggio 1964, n. 1120 -Pres. 
Lonardo -Est. Lenti -P.M. Criscuoli (conf.) -Comune di Palermo 
(avv: Orlando) c. Assessorato LL.PP. Regione Siciliana e Prefetto 
di Palermo {avv. Stato Foligno). 

Sicilia -Provvedimenti del Prefetto -Fattispecie -Impugnazione 
-Competenza. 

Sicilia -Consiglio di Giustizia amministrativa -Decisioni -Impugnabilit� 
-Modi e limiti. 

(d.l. 6 gennaio 1948, n. 674, art. 5, III; I. Reg. Sic. 27 ottobre 1951, n. 1402) . 
.Le decisioni pronunciate dal Consiglio di Giustizia amministrativa 
presso la Regione Siciliana possoiw essere impugnate dinanzi alla Corte 
di Cassazione solo per assoluto difetto di giurisdizione e non per motivi 
di merito-(1). 

(1-2) Per la mi~liore intelligenza dei termini in cui si � posta dinnanzi alla 
Suprema Corte la delicata questione d�lla posizfone del Prefetto che opera nelle 



PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIUR�SDiZIONE 695 

Il Prefetto che opera nelle provincie facenti parte di Regione a 
,ytatuto speciale (per es. Regione Siciliana) non � organo regioride ma 
orgario dello Stato; pertanto .i provvedimenti da lui emessi neiU'esercizio 
della competenza a lui spettante in materia deferita anche alla 

provincie facenti parte di Regione a statuto speciale, � opportuno chiarire la 
situazione di fatto che ha dato luogo alla vertenza. 

Con decreto n. 5842 del 20 giugno 1955 _l'Assessore Regionale ai LL.PP. 
approv� il progetto redatto dall'Amministrazione Comunale di Palermo, per la 
.costruzione della via Villafranca, dell'importo di L. 150.000.000, di cui L. 10.350.000 
per espropriazioni, (tale approvazione importava ex )egge dichiarazione di p.u.: 
art. 2 1. Reg. Sic. 2 agosto 1954, n. 32); dichiar� inoltre i lavori urgenti e indifferibili, 
e pose l'onere della spesa suddetta a caric� del bilancio regionale. Il 
provvedimento rientrava nella previsione della 1. 2 agosto 1964 cit. per la quale la 
R�gione .Siciliana � autorizzata ad intervenire anche nella esecuzione di opere 
pubbliche che siano di competenza degli enti locali, destinando all'uopo i fondi 
previsti dalle singole leggi di finanziamento, purch� l'ente. locale. interessato ne 
faccia dchiesta (art. 23 1. cit.). 

In forza di tale provvedimento, il Comune di Palermo chiese ed ottenne dal 
Prefetto di essere autorizzato ad occupare in via di urgenza gli immqbili necessari; 
esegu� l'opera e nel frattempo cur� il perfezionamento della procedura espropriativa. 

Dovendosi seguire il procedimento abbreviato �previsto dalla 1. 27 ottobre 
1951, n. 1402, il Prefetto, con suo decreto del 9 settembre 1958, determin� 
la indennit� da co�rrispondere ai proprietari. Con ordinanza, poi, del 9 settembre 
1958 ordin� all'Assessorato Regionale dei LL.PP di versaTe l'indennit� stessa 
presso la Cassa DD. e PP. 

Poich�, per�, nelle more, il Comune comunic� che uno dei proprietari aveva 
ceduto gratuitamente gli immobili espropriandi, l'Assessorato dei LL.PP. richiese 
alla Prnfettura che venisse modificata l'ordinanza suddetta e rilev� inoltre che, 
eocedendo l'indennit� la somma di L. 10.350.000 pari all'impegno assunto per le 
espropriazioni con il D.A. 20 giugno 1955, n. 5342, dovevano emettersi due 
distinti provvedimenti di versamento, uno a -carico della Regione per la somma 

. 
suddetta di L. 10.350.000 e l'altro a carico del Comune per la eccedenza. Il 
Prefetto, con ordinanza del 27 gennaio 1959, modific� la precedente ordinanza del 
9 settembre 1958, ripartendo l'onere del deposito nel senso richiesto dall'Amministrazione 
Regionale. 

Il Comune impugn� dinanzi al C.G.A. per la Regione Siciliana il provve.dimento 
del Pa:-efetto per eccesso di potere, in quanto avendo l'Assessorato Regionale 
assunto il finanziamento per l'intera opera, sarebbe stata ingiustificata la 
ripartizione dell'onere. Si costituirono l'Assessorato LL.PP. �e il Prefetto deducendo 
improponibilit� del ricorso, per difetto di giurisdizione, trattandosi, invero, di una 
contrwersia insorta tra il Comune di Palermo (proprietario ed esecutore della 
costruita strada e quindi ente espropriante) e la Regione (finanziatrice dell'opera) 
in ordine all'obbligo di pagamento della indennit� di espropriazione; nella quale, 
pur non controvertendosi con il proprietario espropriato, in ordine al diritto alla 
misura dell'indennit� nei suoi confronti, si faceva tuttavia questione circa l'obbligo 
del pagamento dell'indennit� stessa (identificazione del soggetto debitore) ugualmente 
appartenente alla competenza del giudice ordinario. Il C.G.A. dichiarava 
il proprio difetto di giurisdizione. 

Avverso tale decisione il Comune proponeva il ricorso deciso con la sentenza 
in rassegna. 



696 RASSEG:NA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Regione per ragioni di de.centramento, sono atti di natura amministrativa 
statale e non regionale, impugnabili dinanzi alla Adunanza 
Plenaria del Consiglio di Stato, dopo che abbia provveduto iJ Consiglio 
di Giustizia amministrativa (2). 

La pronuncia delle Sez. Un. che ha accolto le tesi prospettate dall'Avvocatura, 
appare del tutto conforme alle disposizioni che attualmente regolano, attraverso 
lelaborato e delicato coordinarsi di norme principali e transitorie, la posizione del 
Prefetto nella Regione Siciliana. 

Della meditata e perspicua motivazione sembra interessante la conferma 
della funzione statale e non regionale del Consiglio di Giustizia Amministrativa 
della Regione Siciliana che ha portato le Sez. Un. a disattendere la tesi secondo 
cui agli effetti dell'art. 5 del d.l.p. 6 maggio 1948, n. 645 la natura dell'attivit� 
del Prefetto sarebbe da accertare � non attraverso il criterio burocratico soggetfivo, 
ma attraverso il criterio funzionale e �biettivo �. � 

La Cassazione ha invece affermato che gli atti del Prefetto emessi in forza 
di una propria comP,etenza in materia riservata alla Regione hanno comunque 
natura statale e non regionale. In giurisprudenza: conforme Cons. St. Ad. Plen. 
23 giugno 1952, n. 3 in Cons. St., 1953, I, 672 (con nota di richiami); id., 26 ottobre 
1953, n. 18, ivi, 867; 24 maggio 1954, n. 16; ivi, 1954, I, 465; 29 ottobre 1956, 
ivi, 1956, I, 1116; Cass. 6 dicembre 1951, n. 2733, Foro it., 952, I, 316, 29 ottobre 
1962, n. �3049, Rep. Foro it., 1952; v. Sicilia, n. 31; in dottrina, contra, SANDULLI, 
Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, 569 e segg. '

I

con ampie indicazioni di dottrina e giurisprudenza; cfr. altres� nota di Sandulli alla 
sentenza in rassegna, Giust. Civ., 1964, 1298. 

Nella specie, peraltro, come ha acutamente rilevato la Suprema Corte, l'atto 
del Prefetto era da ritenere statale non solo sotto il profilo soggettivo sopra illustrato, 
ma anche in relazione alla materia della espropriazione che per la Regione 
Siciliana deve a tutt'oggi considerarsi rimasta nella sfera di attribuzioni dello Stato. 

Richiami~mo l'attenzione sulla dimostrazione rigorosa e puntuale, che su tale 
punto fornisce la sentenza in rassegna. � 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 maggio 1964, n. 1222 -Pres. 
Lonardo -Est. Cesaroni -P.M. Criscuoli (conf.) -Albanese {avv. 
IYAbbiero) c. Ministero Interno (avv. Stato Varvesi). 

Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato ed 
Enti Pubblici -Rapporto con i dipendenti -Mancanza dell'atto 
formale di nomina -Disciplina privatistica -Controversia 
-Giurisdizione ordinaria. 

Atto amministrativo -Conversione -Presupposti. 

La costituzione di un rapporto di impiego pubblico non di ruolo 
ha, come presupposto indispensabile, accanto alla natura di ente pubblico 
di uno dei soggetti del rapporto, la e!M,stenza di un atto formale 

I

di nomina; in difetto di tale atto formale, l'attivit�, spiegata d:al singolo 



PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIUR�SDIZIONE 697 

neliambito dei fini propri dell'.ente, non pu� dar .luogo che ad un 
rapporto di natura privata, ossia ad un rapporto contrattuale con prestazioni 
corrispettive che potr�, secondo le sue concrete modalit� di 
attuazione, essere un vero e propri.o rapporto di impiego privato, 
ovvero un contratto di prestazione autonoma di opera professionale (1). 

Perch� un atto amministrativo abbia gli eff�tti pmpri di un atto 
di natura diversa, oocorre che esso presenti tutti gli elementi propri 
di quest'u.ltimo e che sia dichiarato operativo, a tali effetti, daliautorit� 
che lo ha emanato (2). 

(1) Giuri5prudenza consolidata (cfr., da ultimo, Sez. Un. 4 gennaio 1964 n. 5 ' 
e 20 gennaio 1964, n. 127 in questa Rassegna, 1964, 27�2; cfr. peraltro, ivi, le osservazioni 
critiche della nota alle sentenze citate). 
(2) Circa i principi della conversione degli atti amministrativi cfr. BonDA, 
La conversione degli atti amministrativi; DE PoRcELLINis, L'elemento della volont� 
nella conversione degli atti amministrativi illegittimi, Riv. dir. pubblico, 1940, I, 
401; GAsPARRI, Sulla conversione degli atti amministrativi invalidi, Giur. Compl. 
Cass., 1954, 3� q.n. 3555; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1962, 319, 
343 e 364; ZANOBINI-CoRso, 1954, 332; LANDI-POTENZA, Manuale, 1963, 290, autori 
ivi citati. 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128 -Pres. 
Lonardo -Est. Giannattasio -P.M. Pepe {conf.) -Ministero LL.PP . 
. (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. De Domenico (avv.ti Romano, Crisafulli). 


Cosa giudic�ta -Giudicato sulla giurisdizione -Sentenza precedente 
che abbia dichiarato la giurisdizione del giudice adito 
e non sia stata impugnata. 
(c.p.c., art. 324). 

Procedimento civile -Intervento in causa -Chiamata in causa 
� jussu judicis � del terzo responsabile -Domande dell'attore . 
contro il terzo -Non necessit� della notifica dell'atto di citazione 
o della comunicazione di comparsa -Ammissibilit� di 
domande anche in sede di precisazione delle conclusioni. 

� (c.p.c., artt. 107, 270). 

Amministrazione pubblica -Delegazione amministrativa -Natura 
giuridica -Effetti -Responsabilit� del delegato verso i terzi Delegazione 
dell'Amministrazione. LL.PP. agli Istituti Case 
Popolari. 

(1. 9 agosto 1954, n. 640, art. 3, comma secondo e segg.). 
Il giudicato suUa giurisdizione, che preclude il riesame della 
questione nei sucoessivi stati e gradi del processo, pu� formarsi non 
soltanto in funzione della pronuncia adottata dalla Corte di Cassazione 
ai sensi degli artt. 41 e 367 c.p.c. od in funzione del passaggio 
in giudicato di una decisione di merito, che presupponga il riconoscimento, 
sia pur:e implicito, della competenza giurisdizionale del giudice 
che l'ha .pronunciata, ma anche nel caso in cui una precedente sentenza 
abbia esplicitamente dichiarato la giurisdizione del � giudice 
adito e tale pronuncia non sia stata tempestivamente e ritualmente 
impugnata (1). 

(1) Trattasi di giudicato formale. In senso conforme v. Cass., 16 marzo 1960, 
n. 538, Foro it., 1961, I, 510; Sez. Un., 22 luglio 1960, n. 2084, Giust. civ., 1960, 
I, 1932, con ampia nota del SANDULLI (R.), ove si imposta organicamente il pro

PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIViLE 699 

La chiamata del terzo responsabile nel processo per ordine del 
giudice tende a supplire. al difetto di attivit� da parte dell'attore, per 
cui, dal momento nel quale ha accettato il contraddittorio e preso conclusioni 
di merito, il terzo diviene parte in causa e le richieste specifiche 
formulate dall'attore contro di lui, purch� contenute nei limiti 
della .domanda originaria, non possono qualificarsi come domande 
nuove e devono ritenersi proponibili per la prima volta anche in sede 
di precisazione delle conclusioni, n� � necessario che contro il chiamato 
fattore estenda la sua domanda mediante noti'fica delfatto di 
citazione o comunicazione di comparsa (2). 

La � delegazione amministrativa � costituisce un istituto peculiare 
del diritto pubblico e non �, senz'altro, assimilabile al mandato, 
per cui non possono ad essa indiscriminatamente applicarsi i princip� 
propri di quest'istituto. Nella delegazione intersoggettiva, in particolare 
(che, a differenza di quella interorganica, la quale opera nel"
fambito di uno stesso ente pubblico, opera invece tra enti diversi), 

blema e si d� conto dello stato della giurisprudenza e della dottrina; Cass., 6 aprile 
1962, n. 728, Foro it., Mass., 1962, 216; 18 aprile 1962, n, 772, id., 234; Sez. Un., 
11 ottobre 1963, n. 2710, Giust. civ., 1964, I, 108 e n. 2711,, Riv. dir. P"'OC., 1964, 
353 e segg., con nota del FERRI (C.), ove si es�mina anche il problema dell'estensione 
alle sentenze sulla giurisdizione dell'efficacia della cosa giudicata sostanziale. 
In senso contrario alla formazione del giudicato sostanziale sui presupposti processuali 
v. dottrina ivi citata a pag. 357, nota 18. Ma si � avvertito in dottrina che 
u ancorch� la giurisdizione stessa sia un presupposto process�ale, tuttavi� la decisione 
sulla questione di giurisdizione implica necessariamente l'accertamento della 
esistenza o della inesistenza del diritto, cio� della pretesa fatta valere. E quindi 
anche le intercorse decisioni sulla giurisdizion� sono decisioni di merito agli effetti 
della limitazione posta dall'art. 41, comma prima, c.p.c. � (ZANzuccm, Diritto 
processuale civile, I, Milano 1948, 45, n. 49). Sul concetto di efficacia panprocessuale 
del giudicato (a proposito di competenza �regolata� dalla Cas~azione) 

v. REDENTI, Il giudicato sul punto di diritto, Scritti giuridici in onore di F. Camelutti, 
vol. II, Padova 1950, 695 e seg. 
(2) ronf. Cass., 30 aprile 1959, n. 1293, Giust. civ., 1959, I, 990; 21 marzo 
1962, n. 577, Foro it., 1962, I, 1506. Secondo Cass., 3 luglio 1959, n. 2114, Giwr. 
it., 1960, I,, 1, 428, � la parte convenuta pu� chiamare nel giudizio taluno non 
solo al fine di essere indennizzata delle conseguenze della lite, ma anche a quello 
della propria liberazione, per l'individuazione di altro unico responsabile. In tal 
easo, attesa la comunione della controversia, non � necessario che rontro il chiamato 
l'attore estenda la domanda di risarcimento, poich� la chiamata del terzo 
nel processo tende appunto a supplire al difetto della chiamata da parte dell'attore 
mediante la citazione in giudizio e dal momento in cui il terzo ha accettato i1 
contraddittorio e preso conclusioni di merito egli diventa parte in causa ed il giwdice, 
provvedendo sulla domanda attrice, pu� dichiararlo responsabile o assolverlo 
al pari del convenuto �. In argomento v. la nota critica del CosTA, Sull'intervento 
coatto del legittimato senza P"'oposizione di domande, Giwr. it., 1960, cit., I, 1, 427 
e segg., secondo il quale non pu� essere pronunciata rondanna del terzo, se l'attore 
non lo chiede. 

700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
la legittimazione, attribuita al delegato, all'esercizio, entro i limiti 
prefiysati nell'atto di conferimento, di poteri e funzioni spettanti al 
delegante, rwn pu� essere giuridicamente qualificabile in base alle 
rwzioni privatistiche del mandato e della rappresentanza, n� pu� dirsi .~ 
che l'ente delegato operi oome un organo, sia pure straordinario, del-fil 
f ente delegante. In realt�, detta delegazione, importando una deroga 
(preventivamente consentita dalla legge) alle norme sulla competenza 
amministrativa, pone il delegato, nei limiti della delega e per la durata 
di essa, in una condizione pari a quella del delegante: questi, a sua 
volta, viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella 
posizione di soggetto investito di funzioni di controllo. Il che importa 
che, di regola, salvo che fatto di conferimento non disponga altrimenti, 
il delegato � investito del potere di provvedere, rispetto all'oggetto 
della delega, in nome� proprio e rwn in veste di rappresentante del-
l altro soggetto, pur se per conto e nell'interesse di quest'ultimo. Da 
ci� consegue che l'ente delegato � direttamente responsabile, nei confronti 
dei terzi, degli atti posti in essere in esecuzione della delega, 
senza che in contrario possano aver rilievo .le eventuali ripercussioni 
ed implicazioni degli atti st�ssi nell'ambito del rapporto interno con 
il delegante e la lor.o incidenza nella sfera giuridica del medesimo. 
Le l�gge 9 agosto 1954, n. 640 conferisce, in via astratta, all' Amministrazione 
dei Lavori Pubblici il potere di delegare le proprie attribuzioni 
e le relative incombenze agli Istituti per le Case Popolari, ma 
f Amministrazione stessa, nell'avvalersi in concreto di tale potere, � 
libera di contenere la delega nei limiti che reputi pi� opportuni, circoscrivendo 
i compiti specificament(f demandati alfehte delegato. Occorre, 
pertanto, pur sempre procedere, caso per caso, ad un'indagine sul con~ 
tenuto e la estensione della delega, qualora insorgarw contestazioni al 
riguardo e si debba accertare se l'attivit� dell'ente delegato abbia o ,' 
meno esorbitato dai limiti ad essa imposti {3). 
-(3) conf. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2710, Giust. civ., 1964, I, 109 e 
n. 2711, id., Mass. Cass., 1963, 1270 e segg.; e di recente Cass. 13 agosto 
1964, n. 2307, recante lo stesso insegnamento di massima. 
(3) In tema di dele~azione amministrativa. 
f!; opinione diffusa in dottrina che la delegazione (interorganica), sia legislativa 
che amministrativa, comporti il trasferimento volontario da un organo (legislativo 
o amministrativo) ad un altro dell'esercizio di una competenza propria del 
primo, che ne resta titolare e pu� revocare ad nutum l'incarico, stabilendo limiti 
e modalit� del suo espletamento ( 1). 
(1) Cfr. TosATo, Le leggi di delegazione, Padova 1931, 56 e segg.; 0RIGONE, Delegazione 
legislativa, Nuovo Digesto Italiano, IV, Torino 1938, 653; RESTA, La revoca degli 
atti amministrativi, Parte generale, Milano 1935, 212; MoRTATI, Istituzioni di diritto pub



PARTE I, SEZ. fil, GIURISPRUDENZA CIVILE 701 

Un organo pu�, consentendolo la legge, delegare ad un altro soltanto l'esercizio 
di una funzione, che gli compete e che pu� esercitare, se vuole, direttamente 
(2); �la delegazione presuppone che l'intero potere sia proprio dell'organo 
delegante ed il trasferimento ad altri del suo esercizio sia il risultoto di un libero 
atto di volont� del medesimo� (3). Isolata � rimasta quella opinione dottrinale, 
che, sulle orme del Ducurr (4), ha ritenuto che la competenza del delegato derivi 
direttamente dalla legge e riduce l'atto di delegazione ad una semplice condizione 
per il suo esercizio (5). 

Per restare al tema propostoci, osserveremo che le caratteristiche della dele-gazione 
amministrativa con efficacia esterna, ossia rilevante nei confronti dei terzi, 
verso cui � diretta l'attivit� del delegato, possono cos�. riassumersi. (6): a) la d_ispositivit� 
e non la dichiarativit� dell'atto di delega o la sua natura autorizzativa, see0ndo 
la quale l'atto rimuoverebbe l'impedimento all'esercizio di una preesistente competenza 
del delegato sullo stesso oggetto; b) la preesistenza di una compeJ;enza del 
delegante a provvedere direttamente su un dato oggetto; e) la volontariet� della 
attribuzione al delegato da parte del delegante dei poteri e facolt� necessari a 
provvedere sul medesimo oggetto entro i limiti e secondo le modalit� stabiliti dal 
delegante; d) la revocabilit� e la precariet� di tale attribuzione; e) l'autoritativit� 
dell'atto di delega; f) la necessit� che la delega sia previamente consentita da una 
norma di iegge, in quanto apporti una variazione all'ordine legislativo delle compe-tenze 
e, comunque, da una norma di efficacia pari a quella che ha stabilito le 
attribuzioni spettanti al delegante (7). 

Non � mancato in dottrina, tuttavia, chi ha ritenuto di avvertire che la nostra 
Costituzione repubblicana avrebbe introdotto un tipo di delega diverso da quello 
tradizionale, che prescinderebbe dalla possibilit� dell'esercizio diretto del potere, 
di cui pur sia titolare il delegante . .Si citano, in proposito (8), nel campo della 
delegazione legislativa, l'ipotesi prevista dall'art. 79, comma primo, Cost. ( � L~amnistia 
e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione 
delle Camere �) (9), e, nel campo della delegazione amministrativa, quella prevista 
dall'art. 118, comma terzo, Cost. (11 La regione esercita normalmente le sue funzioni 
amministrative delegandole alle province, ai comuni o ad altri enti locali, o valendosi 
dei loro uffici � ). Questa tesi osserva, in linea di principio, che l'atto di delegazione 

blico, Padova, r952, .r48, 359 e 363; v. anche SANDULLI, Manuale di dir. amm., Napoli, 
r955, 282; per il G1ANNINI M.S., invece, si trasferisce la stessa titolarit� del potere, cfr. Lezioni 
�i dir. amm., voi. I, Milano, r950, 300. 


(2) BALLADORE PALLIERI, Diritto costituzionale, Milano, r953, 23r. 
(3) MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 363. 
(4) Droit constitutionnel, r907, 444, cit. da CrANFLONE, La supplenza nelle funzioni 
amministrative, Riv. trim. dir. pubbl., r955, 869, nota 48. �'' 
(5) Cfr. DE VALLEs, Teoria giuridica della organizzazione dello Stato, voi. I, Padova, 
r93r, 233 e segg.; FRANCHINI, La delega:#one amministrativ(l, Milano, r950, 60 e segg., 
74 e segg., r37, r66; sulla natura 'di negozio autorizzativo dell'atto 'di delegazione, In., 
op. cit., r56 e segg.; per la critica della tes� v. CRrscuou, La delegazione del potere legislativo, 
r9ro, r7, cit. da CrANFLONE, op. loc. cit.; MIELE, Delega (dir. amm.), in Enciclopedia 
del diritto, voi. XI, Milano, 1962, 909; sul normale carattere 'dell'autorizzazione, di essere 
emessa su sollecitazione dell'interessato e non gi� di ufficio, cfr. BARTHOLINI, La delegazione 
legislativa in materia di amnistia e indulto, Riv. trim. dir. pubbl., r955, 497. 
(6) MIELE, Delega ecc., cit., 909 e segg. 
(7) MIELE, Delega ecc. cit., 9ro-9II e segg.; sul problema v. anche FRANCHINI, La 
delegazione 
ecc. cit., 89 e segg. 
(8') BARTHOLINr, Delegazione legislativa ecc., cit., 494 e segg., 498 e segg. 


(9) In tal senso v. anche TESAURO, lst. dir. pubbl., I, Torino, r960, 275 e segg.; contra, 
invece, MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 363. 

RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

� non � che uno speciale modo fra gli altri, attraverso il quale si esplica, in quanto 
lo consenta l'ordinamento, il potere di cui si sia investiti � (ro) e che "l'ordinamento 
pu� anche disporre che il potere venga esplicato in un dato modo attraverso 
atti di delegazione� (n), per inferirne che pu-0 aversi delegazione anche quando 
l'atto sia necessario al fine dell'esercizio del potere, ovvero sia compiuto da chi 
a non ha se non eccezionalmente la possibilit� giuridica di conseguire direttamente 
gli scopi della funzione � (l 2). � 
Mentre altra tesi dottrinale, concependo la delegazione intersoggettiva come 
trasferimento di poteri sostanziali dal delegante al delegato, che restringe la sfera 
di capacit� del delegante a favore del delegato (13), ha negato che di delegazione 
vera e propria si tratti, nelle ipotesi previste dal secondo e terzo comma dell'art. 118 
Cost., affermando trattarsi, in tali casi, di investitura di un rapporto organico' improprio 
(14), quelle ipotesi sono accettate come caso di vera delegazione dalla pi� 
recente dottrina, che si � occupata dell'argomento (15). Si tratta, come si � visto, di 
delegazione fra due enti, ossia, secondo l'espressione usata dalle sentenze in rassegna, 
di delegazione intersoggettiva. Posta come indubbia la giuridicit� del rapporto 
delegatorio interorganico con efficacia esterna (16), in quanto disciplinato da una 
norma dell'ordinamento generale (17), mentre da taluno si distingue fra delegazione 


. (fra uffici 
di uno stesso ente) ed affidamento di funzioni (da un ente pubblico 
ad un altro), caratterizzato quest'ultimo da ci� che "per una medesima materia 
l'attivit� di dirigenza o di esecuzione viene separata da quella di alta amministrazione 
e di direzione� (18), da altri si osserva che una tale separazione � riscontrabile 
anche nel caso di delega (con �efficacia esterna) all'interno di uno stesso ente, 
come � il caso della delega fatta dal Ministro dell'Interno ai prefetti ex artt. 214 e 
217 t.u. leggi p.s. 18 giugno 1931, n. 773 (19) e si ritiene possibile e giustificato un 

I

concetto unitario di delegazione amministrativa all'interno di uno stesso ente <> 
fra enti diversi. A questa dottrina, che rappresenta la pi� recente ed autorevole 
sistemazione della materia, attinge l'insegnamento delle due sentenze in rassegna, 
allorch� sottolinea che il delegato agisce in nome proprio (20) e sotto la propria 
responsabilit�: Trattasi, invero, di un fenomeno �li sostituzione, comunque rilevante 
per' l'ordinamento giuridico generale, ed � caratteristica pacifica dell'istituto che 

� il sostituto, o per investitura della legge o per investitura derivante dal sostituito, 
(10) BARTHOLINI, op. cit., 495; ma gi� FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 74, 81, l6r.. 
(n) BARTHOLINI, op. Zoe. cit. 
(12) BARTHOLINI, op. cit.' 499� 
(I3) Contro la necessit� di questo dato v. MIELE, Delega ecc., cit., 910. 
(14) Titolarit� di organo. di un ente pubblico da parte di un ente pubblico minore' 
dr. BENVENUTI, L'organizzazione impropria della Pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. 
pubbl., 1956, 968 e segg. 
(I5) MIELE, Delega ecc., cit., 906. 

(I6) SANDULLI, Manuale ecc., cit., n6; GIANNINI M.S., Lezioni di dir. amm., voi. I, 
cit., n4. 

(I7) Si parli di rapporto intersoggettivo, di soggettivit� di competenze: DE VALLEs, 
Teoria ecc., cit., u7 e segg.; di rapporto interpersonale: GAsPARRI, Corso di dir. amm., 
voi. I, Bologna 1953, 186 e segg.; di personalit� strumentale: MIELE, Principi di dir. amm., 
Pisa, I945> 85 e seg., 97; .ovvero di rapporto riflessivo: RoMANO, Nozione e natura degli 
organi costituzionali dello Stato, in Scritti minori, voi. I, Milano, I950, 27 e segg.; o uniroggettivo: 
PucLIATTI, Il rapporto giuridico unisoggettivo, Diritto civile: metodo, teoria, 
pratica (Saggi), Milano, 1951, 471 e segg.; SILVESTRI, L'attivit� interna della Pubblica Amministrazione, 
Milano, 1950, 20; per considerazioni di carattere generale, cfr. MoRTATI, Istituzioni 
ecc., cit., 144 e seg. 

(18) GIANNINI M.S., Lezioni ecc., cit., 3or. 
(19) MIELE, Delega ecc., cit., 908. 
(20) v. anche MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 359�. 
~ 




PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 703 

� legittimato a far valere un diritto, un obbligo, o un'attribuzione, che rientrano 
nella sfera di. competenza del sostituito, operando, a differenza del rappresentante, 
sotto la sua personale responsabilit� e con propria efficacia giuridica, ossia con una 
efficacia giuridica, che non � quella stessa che se l'attivit� fosse stata posta� in 
essere dal sostituito � (21). 

Cos� inquadrata, la delegazione amministrativa si distingue nettamente dal 
mandato e dalla rappresentanza anche per l'oggetto (22) e perch� prescinde dal 
consenso del delegato (23). La delega fra organi si distingue, inoltre, dalla supplenza, 
poich� questa � fondata esclusivamente sulla legge ed attiene non gi� ad 
una sostituzione nell'attivit�, ma all'assunzione di una posizione giuridica a 'titolo 
originario, che non determina alcun rapporto fra supplente e supplito (24). Il rapporto 
delegatorio �, ovviamente, autonomo rispetto a quello di gerarchia (25), pur 
comportando una posizione di preminenza o di supremazia del delegante (26). 
E, bens�, concepibile, ove consentita dalla legge, una delega del superiore all'inferiore 
con efficacia esterna (da non confondere con una mera ripartizione interna 
di attribuzioni), nel qual caso il primo conserva i poteri che gli sono propri a titolo 
diverso dalla competenza (27). 

Le due sentenze in rassegna, pur parlando di posizione "pari� (28) del delegato 
rispetto al delegante (l'espressione pu� valere ad escludere che il delegante sia, 
come tale, un superiore gerarchico e, quindi, ad escludere che sia dato ricorso al 
delegante in via gerarchica contro gli atti del delegato) ammettono sostanzialmente 
la preminenza di questi su quello, allorch� insegnano che il delegante � viene a trovarsi 
rispetto agli atti di esecuzione della delega nella posizione di soggetto. investito 

(21) MIELE, Principi ecc., cit., 90, il quale pone in evidenza. come il concetto si spieghi, 
distinguendo tra attivit� e risultato e precisa che � rappresentante e sostituto spiegano in 
tale veste un'attivit� che � propria di essi e non riferibile al rappresentato o sostituito; la 
loro attivit� ha una rilevanza giuridica, che necessariamente concerne la sfera di competenza, 
del rappresentato o del sostituito; tuttavia: mentre il rappresentante opera con .la stessa efficacia 
giuridica che se la stessa ,attivit� fosse posta in essere dal rappresentato, e quindi, nei 
limiti della legge o della volont� del suo rappresentato, non incorre personalmente in 
responsabilit�, n� subisce altre conseguenze del suo agire, il sostituito opera come se la 
propria attivit� non interessass� altri che lui, e quindi ne sopporta i rischi o ne riceve 
i vantaggi, pur se i risultati di essa concernono la sfera di competenza del sostituito >>, 
op. cit., 91-92. 
(22) FRANCHINI, op. cit., 34 e seg. 
(23) MIELE, Delega ecc., cit., 907; FRANCHINI, op. cit., 148 e segg.; per qualche eccezione 
v. artt. 3 e 4 r .d. 9 luglio 1939, n. 1238. 
(24) CIANFLONE, La sttpplenza ecc., cit., 774 e segg.; sulla differenza fra delegazione 
interorganica e decentramento burocratico v. FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 29: �il 
decentramento amministrativo si risolve in una misura generale ed obbligatoria, a differenza 
della delegazione, che... � innanzi tutto un mezzo giuridico concreto ed individuale, offerto 
ad un organo per sgravarsi temporaneamente del peso dell'esercizio della propria competenza 
senza rinunciare definitivamente ad essa �. Sui limiti di delegabilit� delle attribuzioni 
v. FRANCHINI, op. cit., 182 e segg. 
(25) Per una assimilazione, ma in quanto si disconosce che il caso -art. u8, commtl 
secondo, Cost; -sia di vera delegazione, v. MoRTATI, Ist., ecc., cit., 444; v. anche BEN� 
VENUTI, L'organizzazione ecc., cit., 988, secondo il quale, riducendosi il rapporto di delega 
ex art. u8 Cost. ad un rapporto organico improprio, il c.d. delegante � conserva gli stessi 
poteri del superiore gerarchico �. 
(26) MIELE, Delega ecc., cit., 9I4. 
(27) RESTA, La revoca ecc., cit., 212, nota 8; FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 174 
cd implicitamente MIELE, Delega ecc., cit., 910; v. anche GARGIULO, In tema di delega a 
decidere i ricorsi gerarchici, in questa Rassegna, 1964, 539. 
(28) Cfr. FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 174. 

704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
di funzioni di controllo�. In dottrina, si riconosce tale potest� di controllo (29), 
Da taluno (30) si parla di a ingerenza � e di a potere di avocazione ,, del delegante 
in ordine all'attivit� delegata. Va sottolineata, invero, la potest� del delegante di 
impartire istruzioni e direttive al delegato, non solo nell'atto di delega, ma successivamente 
e, deve ritenersi, anche rispetto al singolo atto da compiere dal delegato, 
realizzando, in tal modo, un intervento diretto del delegante, che � il connotato 
peculiare dell'istituto e vale a distinguere la delega ex lege dal decentramento 
(cfr. art. 121, comma quarto, Cost.: a Il Presidente della Giunta ... dirige le funzioni 
amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del 
Governo centrale�; v. anche art. 47, comma primo, I. cost. 26 febbraio 1948, n. 3; 
art. 44, comma secondo, 1. cost. 26 febbraio 1948, n. 4; art. 35 1. cast. 26 febbraio 
1948, n. 5). Parlare di precariet� di una delega, ohe solo con legge potrebbe 
essere revocata (nel caso ex art. 118, comma secondo, Cast., � trattandosi di competenza 
delegata con legge non pu� sussistere la avocazione o la sostituzione da parte 
dell'amministrazione statale �) (3 l) appare, invero, un fuor d'opera, e d'altra parte 
la distinzione fra trasferimento della stessa titolarit� delle funzioni e trasferimento 
del solo potere di esercizio delle medesime resta sul piano delle pure costruzioni 
concettuali, tant'� vero che non manca chi avverte che, essendo la funzione pubblica 
attivit�, che si fonda sul potere sovrano, essa, per sua natura, non pu� appartenere 
che allo Stato, onde solo l'esercizio ne �pu� essere affidato ad altri enti pubblici 
o anche a privati, o direttamente dalla legge o mediante atti di investitura 
appositi � (32). 
L'abrogazione (revoca) di una delega intersoggettiva ex lege e l'abrogazione 
di una norma legislativa di decentramento autarchico restituirebbero entrambe l'eser} 
cizio della funzione all'ente di origine (salvo il problema, nel secondo caso, della ~ .:� 
non reviviscenza della norma organizzativa, dato che la mera abrogazione di una 
norma non fa rivivere la precedente norma abrogata). Ed infine la stessa eccezionalit� 
in alcuni casi positivi di delega fatta con legge (regionale) del potere del delegante 
di sottrarre (sempre, beninteso, con legge regionale) l'esercizio delle funzioni 
all'ente delegato (33) conferma la difficolt� di distinguere fra i due istituti, ove si 
prescinda dalla considerazione della esistenza, nel caso di delegazione, della potest� di 
intervento del delegante mediante l'emanazione di direttive particolari, vincolanti per 
il delegato (34). In proposito, deve avvertirsi che, anche a prescindere dal caso pi� I 
(29) GIANNINI M. S., Lezioni ecc., cit., 300, che sottolinea, per�, la mancanza di precisi 
elementi per stabilire entro quali limiti e con �quali effetti; MIELE, Delega ecc., cit., 914, che 
dal carattere derivato della delega inferisce non solo la sua revocabilit� e la possibilit� del 
delegante d'impartire direttive anche vincolanti al delegato, ma ancora � la possibilit� 
di annullare per illegittimit� gli atti emanati dal delegato in base alla delegazione >>, salva 
esclusione deducibile dal diritto positivo nel singolo caso. 
(30) SANDUILI, Manuale ecc., cit., 282. 
(31) MORTATI, lstituz. ecc., cit., 444� 
(32) GIANNINI M. S., Lezioni ecc., cit., n5. 
(33) Cfr. art. n8, comma terzo, Cost.; sul punto v. BARTHOLINl, Deleg. legisl. ecc., 
cit., 498 e segg.; ma v. art. l, n. 3, I. IO febbraio 1953, n. 62; v. anche i rilievi del BENVENUTI, 
L'organizzazione impropria ecc., cit., 981, secondo �l quale l'espressione � la Regione 
esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole ... ecc. � non allude ad un 
obbligo inderogabile. � 
(34) Significativo � ricordare che, de jure condito, il decentramento auta<!'chico avviene 
anch'esso con l'emanazione di direttive obbligatorie di mer.ito, contestuali o successive ai 
decreti legislativi di decentramento, ma sempre di carattere generale, che escludono, questa 
volta, un intervento del� Governo nel singolo caso: cfr. art. 4, comma secondo, legge 
II marzo 1953, n. 150 ed in argomento LucIFREDI e CoLETTI, Decentramento amministrativo, 
Torino, 1956, 59 e segg., 75 e segg. 


PARTE I, SE'Z. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 705 

evidente di direttive impartite con latto di delega, che sia rivestito della forma di 
legge, o dal caso che sia la stessa norma che prevede la delegazione a qualificare le 
direttive come vincolanti (cfr. art. 39, comma secondo, I. 10 febbraio 1953, n. 62, sulle 
regioni, laddove si prevede che � la Giunta regionale pu� impartire ulteriori direttive 
cui gli enti suddetti devono attenersi nell'esercizio delle funzioni delegate �), � la 
delega e il rapporto che ne nasce fra delegante e d.elegato imprimono alle direttive 
un'efficacia vincolante che ne fa qualcosa pi� di semplici consigli e raccomandazioni 
al delegato � (35) e che �il carattere vincolante di tali direttive ... importa che gli 
atti compiuti dal delegato in disformit� di esse abbiano a considerarsi illegittimi, perch� 
emanati in violazione dei limiti prefissi all'esercizio delle funzioni delegate� (36). 

Quanto ai casi positivi di delegazione amministrativa (rectius: di norme di 
delegazione, che prevedono e permettono la deroga di competenza o l'affidamento 
di funzioni, attribuendo il potere all'organo o all'ente, competente in ordine ad una 
determinata materia, di rendere competente un altro organo o ente sulla stessa 
materia), si ricordano: come casi di delegazione all'interno di un ente: quelli ex 
artt. 214 e 217 t.u. leggi p.s. 18 giugno 1931, n. 773; art. 127 r.d. 12 febbraio 1911, 

n. 297; artt. 25 l. 9 giugno 1947, n. 530 e 26 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839; art. 90 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839; artt. 2 r.d. 1 marzo 1888, n. 5247 e 2 d.I. 10 luglio 
1924, n. 1100; art. 156 r.d. 4 febbraio 1915, n. 148; art. 67 r.d. 12 febbraio 1911. 
n. 297; artt. 1-5 r.d. 9 luglio 1939, n. 1238; artt. 19 e 52 r.d. 18 novembre 1923, 
n. 2440 (37), avvertendo che talora spetta al delegante la scelta del delegato (38) 
e che la delegazione pu� essere prevista a favore del titolare dell'organo, non solo 
impersonalmente, ma nominatim (39). 
Come casi pi� importanti. di delegazione fra enti (.40) possono citarsi quelli ex 
art. 118 Cost.; artt. 6, 44, 47 e 49 st. Sa. (I. cost. 26 febbn;tio 1948, n. 3); artt. 4 e 
44 st. A. (I. cost. 26 febbraio 1948, n. 4); artt. 13, 14 e 35 st. T. (I. cost. 26 feb


(35) MIELE, Delega ecc., cit., 915. 
(36) MIELE, op. !oc. ult. cit.; secondo il FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 153, le 
modalit� prefisse dal delegante al delegato costituiscono condizioni che � limitano la competenza 
� di quest'ultimo; v. �nche stesso Aut., op. cit., 169. 
(37) Cfr. MIELE, Delega ecc., cit., 9o6; per la distinzione fra casi di deleg~ di firma 
con effetti rispetto ai terzi e e.cl. delega di firma �per ordine � v. FRANCHINI, op. cit., 
125 e segg. 
(38) Ck. anche FRANCHIN1, La delegazione ecc., cit., 174; questa particolarit� costituisce, 
oltre a quella della espressa menzione ex lege di funzionari --< Sottosegretari di Stato -che 
� non ~anno attribuzioni proprie ed esercitano, nel rispettivo dicastero, le attribuzioni che 
loro vengono delegate dal ministro �: art. 2 d.I. IO luglio 1924, n. uoo, uno degli elementi 
su cui possono fondarsi le pi�. serie obiezioni� alla teoria che l'atto delegatorio sia 
una semplice autorizzazione all'esercizio di una competenza gi� attribuita dalla legge 
al delegato. 
(39) FRANCHIN1, La delegazione ecc., cit., 191 e segg., ove si avverte che, in tal caso, 
il mutamento del titolare dell'ufficio porta ipso iure alla cessazione degli effetti dell'atto 
di delega. 
(40) Diverse sono, invece, le ipotesi in cui la legge prevede il potere di un ente di 
sostituirsi ad un altro ente, nello svolgimento di determinate attivit�, a prescindere da un 
atto di delegazione dell'ente sostituito; qui pu� essere esatto parlare di competenza alternativa, 
condizionata: cfr. DE VALLEs, op. cit., 235 e seg., sia pure con le riserve del caso 
in ordine all'uso nei rapporti fra enti del termine "competenza� (ma v. FoRTI, Diritto 
amministrativo, voi. I, Napoli, 1931, 205: �la capacit� di diTitto pubblico... costituisce la 
competenza amministrativa della persona giuridica pubblica n): cfr. art. 2 d.l.lgt. 10 agosto 
1945, n. 517; art. 3 d.l.lgt. 12 ottobre 1945, n. 690; artt. r e segg. I. IO agosto 1950, 
n. 646; art. 58 d.I. C.P.S. ro aprile 1947, n. 261; art. 15 l. 27 ottobre 1951, n. 1402; 
art. 4 I. 9 aprile 1953, n. 297. 
7 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

706 

braio 1948, n. 5); art. 39 I. 10 febbraio 1953, n. 62 (41), avvertendo che la Costituzione 
prescrive che la delega dello Stato alle Regioni sia fatta con legge e l'art 39 

I. 10 febbraio 1953, n. 62 richiede che la delega delle Regioni agli altri enti locali 
sia fatta e revocata con legge regionale. Quanto ai casi di delegazione a mezzo di 
atto amministrativo, si rende opportuno stabilire la differenza tra delega intersoggettiva 
e concessione traslativa, mediante la quale l'Amministrazione .attribuisce ad 
un s.oggetto diverso potest� o facolt� inerenti a diritti suoi propri ( 42). 
In dottrina � stato osservato che �mentre l'autorit� delegante non si priva 
dei propri poteri in ordine all'attivit� delegata e conserva, quindi, ingerenza in 
ordine a essa (potere di avocazione), non altrettanto pu� dirsi che avvenga nel 
rapporto di concessione, salvo i controlli riservati al concedente e salvo il potere 
di revoca� (43). Ed invero, altro � la normale revocabilit� ad nutum �lella delega, 
altro la revocabilit� delle concessioni traslative. 

. La prima trova giustificazione nella volont� del delegante di avocare a s� la 
trattazione dell'affare o della materia delegati; la seconda suppone che l'atto ammi 
nistrativo sia viziato da inopportunit� (44). Con riguardo alla concessione di opera 
pubblica (45), � stato, inoltre, osservato che, pur essendoci in comune fra i due 
istituti il fenomeno della sostituzione (per cui il sostituto -delegato o concessionari~ 
-agisce con una perdita derivante dal carico del nuovo munus publicum e, 
aggiungeremo noi, sempre in nome proprio e con propria responsabilit�), � mentre 
nella delega non viene soddisfatto alcun interesse proprio del delegato, neppure 
in via secondaria e indiretta, ci� accade appunto nel caso della concessione di 
opere pubbliche: la quale si pone, cos�, come. un modo di sostituzione, che sta fra la 
concessione e la delega� (46). 

FRANCO CARUSI 

(41) MIELE, Delega ecc., cit., 906. 
(42) SANDULLI, Manuale ecc., cit., 281; ZANOBlNI, Corso di dir. amm., I, Milano, 
1958, 26x. 
(43) SANDULLI, Manuale ecc., cit., 282. 
(44) ZANOBINI, Corso di dir. amm., I, cit., 323 e segg. 
(45) RoEHRSSEN, I lavori pubblici, Bologna, 1956, 184 e segg.; BENVENUTI, La concessione 
di opere pubbliche, Acque, bonifiche e costruzioni, 1958, l e segg. 
(46) BENVENUTI, op. cit., 3; TRACANNA, Aspetti giuridici della Cassa per il Mezzogiorno, 
Bari, 1962, 96. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 marzo 1964, n. 476 -Pres. 
Lonardo -Est. Caporaso -P.M. Pepe (conf.) -Ministero dei Lavori 
Pubblici (avv. Stato Santoro-Passarelli) c. Cassa di Risparmio 
di La Spezia (avv. Bevilacqua) e Istituto Autonomo Case Popolari 
della Provincia di La Spezia {avv.ti Magrone, De Gregorio, 
De Maestri). 

Responsabilit� civile -Appalto della costruzione di case popolari 
col contributo statale -Cessione �pro solvendo � dei crediti 
dell'Impresa appaltatrice alla Banca finanziatrice -Pagamento 

I 

del contributo statale all'Impresa appaltatrice invece che 

I

I 



PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIV�LE 707 

all'Istituto Autonomo Case Popolari -Successivo fallimento 
dell'Impresa -Nocumento della Banca cessionaria -Sussiste 


Responsabilit� aquiliana della P .A. 

(d.I. 8 maggio 1947, n. 399, artt. I e segg.; e.e., artt. 1260 e segg., 2043). 
N elI'ipotesi di appalto di costruzione di casa popolare, col contributo 
statale della met� della spesa, affidato da un Istituto autonomo 
case popolari ad impresa privata, finanziata da una banca verso cessione 

� pro solvendo � dei crediti nascenti dall'esecuzione del contratto, 
l'Ammini,strazione dei lavori pubblici, pur essendo estranea ai rapporti 
correnti .fra la Stazione appaltante, ilmpresa appaltatrice e la 
Banca cessionaria, risponde verso quesfultima per colpa aquiliana, 
qualora, avendo avuto legale scienza della cessione, versi all'Impresa 
appaltatrice, poscia fallita, il contributo dovuto alristituto appaltante, 
in seguito alla ricezione di uno stato di avanzamento dei lavori 
e relativo certificato di pagamento, dall'Istituto intestati allimpresa 
e rimessi all'Ufficio del Genio Citvilei (1). 
(I) Su un caso di affermata tutela aquiliana di un diritto di 
credito. 
L'I.A.C.P. di La Spezia d� in appalto alla Cooperativa lavoratori edili di Portovenere 
la costruzione di una casa popolare ed ai sensi del d.I. 8 maggio 1947, 

n. 399 ottiene il contributo statale del 50% �della spesa, pagabile in base agli stati 
di avanzamento dei lavori ed ai certificati di pagamento vistati dal Genio Civile 
di La Spezia. � 
La Cooperativa ottiene, a sua volta, dalla Cassa di Risparmio di La Spezia 
un finanziamento verso cessione pro solvendo dei crediti maturandi dall'esecuzione 
. dell'appalto. La cessione viene notificata anche al Provveditorato 00.PP. di Genova, 

che precisa all'I.A.C.P. di essere ovviamente estraneo alla medesima. 

Tramite l'Ufficio del Genio Civile, l'I.A.C.P. invia al Provveditorato il certificato 
di pagamento e lo stato di avanzamento d,el primo lotto dei lavori, intestati 
alla Cooperativa. Il pagamento diretto del contributo alla Cooperativa invece che 
all'I.A.C.P. viene disposto dall'Amministrazione LL.PP. ed effettuato. Successivamente 
l'Impresa appaltatrice fallisce e la .Cassa di Risparmio conviene in giudizio 
sia l'I.A.C.P. che l'Amministrazione LL.PP., chiedendone la condanna solidale o 
alternativa al pagamento della somma versata alla Cooperativa nonostante l'intervenuta 
e notificata cessione. Il Tribunale di Genova assolve dalla domanda l'Amministrazione 
LLJ>P. e condanna 1'.I.A.C.P. La Corte di Appello conferma, La Corte 
di Cassazione cassa la sentenza della Corte di Appello per ritenuta contraddittoriet� 
della motivazione e dice essere esatto e dover rimaner fermo che nessun 
!l'apporto obbligatorio esisteva tra Cooperativa ed Amministrazione LL.PP., poich� 
creditore del contributo statal,e era_ soltanto l'I.A.C.P., ma la conseguenza di ci� 
deve essere che il pagamento eseguito dal Provveditorato 00.PP. direttamente alla 
Impresa appaltatrice non possa avere, di per s�, efficacia liberatoria, ma solo se, 
alla stregua dell'art. 1188 e.e., la Cooperativa risulti l'Ente formalmente indicato 
dall'Istituto a riceverlo. Precisa, ancora, che dalla premessa che l'AmminiStrazione 
;LL.PP. non era debitrice della Cooperativa discende altresi che la Cassa di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

708 

Risp�armio, cessionaria dei diritti di quest'ultima, non aveva azione ex contractu nei 

.��

confronti dell'Amministrazione, ma il presupposto della legittimazione ad agire "" 
della Cassa � quello, ex art. 2900 e.e., cc di voler esercitare le azioni spettanti al 
proprio debitore, cio� a:tl'I.A.C.P. >>, che aveva trascurato di far valere i suoi diritti 
contro lo Stato. Tutto ci� fa escludere che potesse esserci e ci fosse stata una revoca 
(ex art. 67, n. 2 1. fall.) della cessione. 

La Corte di Appello di Firenze, in sede di rinvio, ritiene che la trasmissione 
all'Amministrazione LL.PP. del certificato di pagamento e dello stato di avanzamento 
intestati alla Cooperativa non costituisca valida manifestazione di volont� 
dell'Istituto creditore ai fini contemplati nell'art. 1188 e.e.; esclude l'efficacia liberatoria 
del pagamento disposto dal Provveditorato 00.PP. a favore della Cooperativa 
e, ritenuta la legittimazione della Cassa di Risparmio ad agire utendo iuribus 
dell'I.A.C.P., condanna l'Amministrazione statale a pagare all'attrice la somma da 
questa richiesta, affermando che la domanda della Cassa sarebbe fondata anche 
sotto il profilo della colpa aquiliana dell'Amministrazione LL.PP., per la negligenza 
da questa dimostrata nel pagare la rata di contributo alla Cooperativa invece 
che all'I.A.C.P. 

Ampie riserve sembra vadano fatte, anzitutto, sull'affermato concorso di questi 
due autonomi titoli di responsabilit�. L'accertamento della legittimazione della 
Cassa ad esercitare il diritto dell'I.A.C.P. al pagamento del contributo nei confronti 
dell'Amministrazione LL.PP. comportava, infatti, quello dei presupposti e delle 
condizioni di tale legittimazione e, fra questi, dell'esistenza del credito della Cassa 
cessionaria verso l'I.A.C.P., debitore ceduto (sulla cessione pro solvendo v. Cass., 
15 giugno 1964, n. 1518, in questa Rassegna, 1964, 723). Ed infatti cc colui che 
pretende sostituirsi a un'altra persona per esercitare i diritti di questa ha l'onere 
di dimostrare la esistenza dei presupposti richiesti per una siffatta, anomala legittimazione 
e la prova .deve essere piena e tale da porre fuori discussione la esistenza 
della qualit� di creditore � (NICOL�, Della conservazione della gar(]Jnzia patrimonia:
te -Surrogatoria -Revocatoria, in Commentario del Codice Civile a cura di 

A. ScIALOJA e G. BRANCA, Libro se&to, Tutela dei diritti, artt. 2900-2969, BolognaRoma, 
1953, 74). Orbene, posto che il credito vantato dalla Cassa verso l'I.A.C.P. 
si riduceva precisamente a quello, per il recupero del quale essa aveva convenuto 
l'Istituto innanzi al Tribunale di Genova, sembra chiaro che, una volta accertata la 
legittimazione della Cassa ad agire utendo juribus dell'I.A.C.P. contro l'Amministrazione 
LL.PP., e, quindi, la sussistenza del diritto di credito della prima nei 
confronti del secondo, fosse con d� stesso escluso che l'operato dell'Amministrazione 
dei LL.PP. avesse potuto pregiudicare tale diritto, legittimando un'azione 
della Cassa de jure proprio ex art. 2043 e.e. 
La sentenza della Corte di Cassazione, in rassegna, ritenendo superfluo l'esame 
dei motivi di ricorso dell'Amministrazione LL.PP. avverso la pronuncia della 
Corte fiorentina, in ordine alla ritenuta proponibilit�, nonostante la particolare 
natura del contributo di cui al d.l. 8 maggio 1947, n. 399, della domanda della 
Cassa di Risparmio ex art. 2900 e.e., ha affermato tout court la responsabilit� 
dell'Amministrazione LL.PP. verso la Cassa di Risparmio attrice, ai sensi dell'art. 
2043 e.e., limitandosi a motivare che cc l'azione ex art. 2043 e.e. spetta a 
colui che ha risentito il danno e, nella specie, il pagamento illegittimo nessun 
danno aveva potuto recare all'Istituto Case Popolari, che aveva designato la Cooperativa 
o chi per essa come beneficiaria .del pagamento in contestazione. Il pagamento 
illegittimo ed illecito aveva, invece, piena capacit� di pregiudicare, come 
in effetti pregiudic�, il diritto della Cassa di Risparmio, la quale s'era resa cessionaria 
del credito della Cooperativa. N� vale osservare che mai il Ministero aveva 
posto in essere un formale atto di riconoscimento della notificatagli cessione di 
credito .(cessione, si badi bene, tra Cooperativa e Cassa di Risparmio) alla quale, 


PARTE I, SEZ. li, GIURISPRUDENZA CIVILE 709 

percio, esso Ministero non era vincolato. La Corte ha giustamente osservato che 
il disconoscimento dell'anzidetta cessione di credito portava come naturale sua 
conseguenza che il pagamento a carico dell'Amminhtrazione dei LL.PP. fosse 

fatto a chi per legge, cio� all'Istituto Case Popolari, e non gi� ad un creditore 
dell'Istituto, che aveva ceduto ad altri il proprio credito, come da notizia debitamente 
ricevuta dalla debitrice Amministrazione dei LL.PP. >>. 

Come si vede, la sentenza annotata non spiega in che modo il pagamento 
del contributo, fatto dall'Amministrazione alla Cooperativa, invece che all'I.A.C.P., 
avesse potuto pregiudicare ed effettivamente avesse pregiudicato il distinto e indipendente 
diritto della Cassa nei confronti di quest'ultimo. Se si ritenesse che alla 
liberazione dell'Istituto verso la banca fosse bastato il fatto di avere designato 
� la Cooperativa o chi per essa come beneficiaria del pagamento n del contributo 
statale, si formulerebbe una proposizione ovviamente aberrante (come quella che 
intendesse affermare lefficacia liberatoria del mero incarico dato dal debitore 
ad un terzo di fare un certo pagamento) ed il problem.1, comunque, sarebbe supe:
rato, non essendo pi� in questione un diritto della Cassa verso l'I.A.C.P., pregiudicato 
dal comportamento dell'Amministrazione, chiamata a risponderne a titolo 
di colpa aquiliana, come afferma la sentenza. Ma altrettanto aberrante sarebbe 
ritenere che un preteso inadempimento dell'Amministrazione nei confronti dell'I.
A.C.P., mettendo l'Istituto in difficolt�, per la mancanza di tutti i fondi necessari 
a 'sopperire al tempestivo pagamento alla Cassa cessionaria dell'importo dello 
stato di avanzamento di cui trattavasi, avesse provocato l'estinzione del debito 
dell'I.A.C.P. verso questa ultima ... per impossibilit� della prestazione. Sembra quasi 
superfluo avvertire, infatti, che tale impossibilit�, come causa estintiva dell'obbligazione 
(art. 1256 e.e.), deve essere totale, obiettiva, definitiva ed assoluta e, 
a prescindere da qualsiasi altro rilievo in ordine alla natura della prestazione, non 
si confo.de con la mera difficultas solvendi del debitore (cfr. Cass., 15 foglio 1968, 

n. 1926, Giur. it., Mass. 1963, 659). 
Resta, allora, da ripiegare dalla nozione di pregiudizio del diritto di credito, 
nel senso di estinzione non satisfattoria del medesimo, a quella, pi� ampia, che 
comprende qualsiasi alterazione del rapporto obbligatorio; dannosa al creditore ed 
in genere il mero pregiudizio del suo interesse (sulla sussunzione anche delle 
ipotesi di questo tipo nell'ambito del problema della tutela aquiliana del diritto 
di credito v. FEDELE, Il problema della responsabilit� del terzo per pregiudizio del 
credito, Milano, 1954, 123 e segg.) e considerare che la difficolt� subiettiva dell'Istituto, 
in quanto causa di morosit�� del medesimo nei confronti della banca, 
possa essere stata implicitamente ritenuta dalla Corte di Cassazione conseguepza 
pi� o meno diretta del comportamento dell'Amministrazione LL.PP., che, a prescindere 
da qualsiasi rapporto fra essa e la Cassa, sia stata . imputata alla prima a titolo 
di responsabilit� extracontrattuale. Ma, senza altre considerazioni circa l'esattezza 
di siffatta impostazione, deve pur osservarsi che, anche a voler spostare la questione 
sotto tale profilo, restava e resta pur sempre insoluto il problema della 
ingiustizia del danno ex art. 2043 e.e., problema neppure avvisato e posto nella 
motivazione della sentenza, la quale sembra abbia obliterato la precedente giurisprudenza 
della Suprema Corte regolatrice, in ordine alla inammissibilit�, de fure 
cond'to. della tutela aquiliana di un diritto di credito (cfr. Cass., 7 luglio 1962, 

n. 1760, Giust. civ., Mass., 1962, 872-873). Ed infatti, nel nostro diritto positivo, 
le fonti di responsabilit� sono tipiche (SAcco, L'ingiustizia di cui all'art. 2043 e.e., 
Foro padano, 1960, I, 1438); non sussiste un obbligo generale di non arrecare 
danno agli altri (ScOGNAMIGLIO, Illecito, nel Novissimo digesto italiano, vol. VIII, 
Torino, 1962, 171); il principio del neminem laedere � una � indicazione breviloqua 
di una serie ... di doveri specifici a noi derivanti dai fatti costitutivi di situazioni 
giuridiche assolute a favore di altri ,, {MENGONI, Sulla natura della responsabilit� 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

710 

precontrattuale, Riv. dir. comm., 1956, II, 361); l'ingiustizia del danno non pu� 
ricavarsi dallo stesso art. 2043 e.e. (CASETI"A, L'illecito degli en.ti pubblici, Torino s.d., 
ma 1953, 27 e 63) e non � configurabile una lesione risarcibile di diritti relativi 
ad opera di un terzo {CASETI"A, op. cit., 25 e, funditus, FEDELE, op. cit., 105 e segg.; 
sull'interpTetazione dell'art. 1259 e.e., ivi, 245 e segg.). 

FRANCO CARUSI 

CORE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 aprile 1964, n. 860 -Pres. Cannizzaro 
-Est. De Santis -P.M. Toro (conf.) -Zuffo (avv.ti Falzea, 
Nicol�) c. Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Ricci) e Donato 
(avv. Arena). 

Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Facolt� di modificazione 
delle clausole del contratto -Compete . solo al mittente 
e non anche al destinatario. 

(d.1. 25 gennaio 1940, n. 9, art. 40, paT. l; ora d.lg. 30 marzo 1961, n. 197, 
art. 37, par. 1). 
Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Crediti del vettore. 

{d.l. 25 gennaio 1940, n, 9, art. 28, par. 3; ora d.lg. 30 marzo 1961, n. 197, 
art. 33, par. 3). 
La rrwdifiaazione delle clausole di un contratto di trasporto ferroviario 
di cose proposta dal vettore pu� essere consentita solo dal mittente 
e non anche dal destinatario� e solo prima della consegna della 
merce al destinatario (1). 

Il rapporto nascente dal contratto di trasporto ferroviario di cose 
non si esaurisce con la riconsegna delle merci, quando restino ancora 
inadempiute le obbligazioni del mittente e, tra esse, quella principale di 
pagamento del nolo (2). � 

(1-2) Trattasi di principi espressamente sanciti dalle Condizioni per il trasporto 
delle cose sulle FF.SS.: cfr., ora, artt. 33, par. 3 e 37, par. 1, delle Condizioni appr, 
con d.lg. 30 marzo 1961, n. 197. Sul trasporto ferroviario di cose v. Relazione 
Avvocatura Stato, 1942-50, vol. II, Roma 1953, 333 e segg.; id., 1951-55, vol. Il, 
Roma, 1957, 201 e segg.; id., 1956-60, vol. III, Roma, 1961, 403 e segg. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 aprile 1964, n. 861 -Pres. 
Lonardo -Est. Salemi -P.M. Gedda (conf.) -Ferraresi e Baroni 
(avv. DelfAquila) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Coronas). 

Cassazione -Questione nuov� � Preclusione -Domanda di risarcimento 
di danni per colpa extracontrattuale -Deduzione in 
Cassazione di colpa contrattuale -Inammissibilit�. 

(e.p.c., art. 360). 



PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 711 

Sentenza � Interpretazione del dispositivo � Necessit� di riferimento 
alla motivazione. 

{c.p.c., art. 182; disp. att. c.p.c., art. 118). 

Responsabilit� civile -Efficienza causale di pi� colpe concorrenti 

alla produzione dell'evento � Apprezzamento del giudice di 

merito � Incensurabilit� in Cassazione. 

(e.e., art. 2055). 

Si ha questione nuova, predusa nel giudizio di cassazione, ogni 
volta che venga posta a base della censura la violazione di norme non 
invocate davanti ai giudici di merito e vengano sollevate quest{oni 
giuridiche, che, determinando un nuovo sistema difensivo ed un profilo 
giuridico non prospettato nel giudizio di merito, richiedano l'accertamento 
di nuovi elementi di fatto, come quando nelle fasi di merito 
del giudizio si sia fondata l'azione di risarcimento di danni su di una 
1'esponsabilit� extracontrattuale e si deduca in Cassazione una responsabilit� 
contrattuale, mutando il fatto costitutivo dell'azione e facendo 
valere una diversa pretesa (1). 

Il dispositivo della sentenza va interpretato in relazione alle considerazioni 
enunciate nella motivazione (2). 

La determinazione del grado delle colpe concorrenti alla produzione 
dell'evento dannoso � rimessa all'apprezzamento incensurabile 
del giudice di merito, il quale assolve all'obbligo della motivazione 
con l'esprimere il proprio convincimento, circa la maggiore od uguale 
gravit� dell'una e dell'altra colpa, .in base ad una valutazione complessiva 
dei fatti e dell' eff{cienza causale del comportamento colposo 
di ciascun corresponsabile, senza che oocorra una esposizione analitica 
dei motivi (S). 

(1) Cfr. Cass., 15 giugno� 1962, n. 1500, Foro it., Mass., 1962, 451 ( � il controllo 
di legittimit� della Corte di Cassazione si concreta nella revisione della pronuncia 
di merito in rapporto sia alla regolarit� formale del processo, sia alle 
ragioni di diritto a suo tempo prospettate e vagliate, sicch� � impedito lesame 
di questioni giuridiche nuove, le quali non siano rilevabili di ufficio e non costituisqano 
nuovi profili di diritto da potersi considerare compresi nel dibattito perch� 
fondati sw:~li stessi elementi di fatto gi� dedotti,,); v. anche Cass., 19 maggio 1962,. 
n. 1153, Ibidem, 356; 22 giugno 1963, n. 1696, Id., Mass., 1963, 497; 28 giugno 1963, 
n. 1770, Ibidem, 518-519 ( � si �ha questione nuova, preclusa nel giudizio di cassazione, 
ogni volta che la parte ricorrente ponga a base della sua censura la violazione 
di una norma di diritto non invocata davanti ai giudici di merito e si 
richiami per sostenerne l'applicabilit� ad elementi di fatto non dedotti nelle precedenti 
fasi del giudizio "). 
(2) Cfr. Cass., 14 marzo 1962, n. 525, Foro it., Mass., 1962, � 153; 4 maggio 
1962, n. 870, Ibidem, 261-262. 
(3) Cfr. Cass., 10 marzo 1961, n. 531, Foro it., Rep., 1961, voce Resp. Civ., 
c. 2222, n. ~06; 9 marzo. 1962, n. 464, Id., -Mass., 1962, 185. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

712 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1964, n. 1008 -Pres. Celentano 
-Est. Caporaso -P.M. Pedote (conf.) -Ministero del Tesoro 
(avv. Stato Soprano) c. De Liguoro (avv.ti D'Elia, Nicol�). 

Requisizione -Requisizione operate dalle Forze armate alleate 
-Indennit�-di requisizione di beni mobili -Determinazione Criteri. 


(l. 9 gennaio 1951, n. 10, art. 2, n. 1, art. 4). 
L'art. 2, n. l, della legge 9 gennaio 1951, n. 10, in materia di requisizioni 
operate dalle Forze armate alleate, dispone che la determinazione 
delI'indennit� di requisizione per i beni mobili � fatta in base 
� ai prezzi legalmente autorizzati, o, in mancanza, a qu�lli correnti al 
30 giugno 1943, moltiplicati per il coefficiente 5 �. L'alternativa fra 
prezzi legali e prezzi di mercato � perentoria; solo in assenza dei primi, 
pu� aversi riguardo ai secondi, sioch� non � consentita una terza via. 

Peraltro il criterio dell'equit�, richiamato dall'art. 4 della stessa 
legge, pu�, in concomitanza con il criterio dettato dalI' art. 2, n. l, 
valere per ogni altro elemento della liquidazione, ma non per quanto 
attiene alla determinazione dei singoli prezzi delle cose mobili requi&
ite o danneggiate, qualora sussistesse per esse un prezzo d:imperio (1). 

(1) In tal senso la sentenza in rassegna dichiara doversi intendere il precedente 
insegnamento della stessa Sezione della Corte, di cui a sentenza 2 febbraio 
1957, n. 398 (Giur. it., 1957, I, 1, 842 e segg.). Quella pronuncia ebbe anche occ1sione 
di stabilire che l'indennit� per requisizione alleata di azienda non va liquidata 
equitativamente ai sensi dell'art. 4 I. 9 gennaio 1951, n. 10, ma secondo il criterio 
fissato, per le requisizioni di beni mobili, dall'art. 2, n. 1, da applicarsi analogicamente, 
precisando, peraltro, che, qualora, durante il periodo della requisizione, 
siano succeduti ai prezzi correnti al 30 giugno 1943 nuovi prezzi legalmente autorizzati, 
l'indennizzo va liquidato in base ai prezzi correnti, moltiplicati per il coefficiente 
5, per il tempo della requisizione protrattasi fino all'entrata in vigore dei 
nuovi prezzi legali, e, per il tempo successivo, in base a questi ultimi prezzi, conteggiati 
senza maggiorazione. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039 -Pres. Tavolaro 
-Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Azienda Nazionale 
Autonoma Strade Statali (avv. Stato Coronas) c. Sommariva 
(avv.ti Campora, Romanelli). 

Responsabilit� civile -Discrezionalit� della P.A. -Insindacabilit� :l 
da parte del G.O. -Limiti -Non si estende alle modalit� di 
uso del mezzo tecnico prescelto dalla P .A. 
(e.e., art. 2043; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 


PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIV�LE 718 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della P.A. per fatto illecito 

-Responsabilit� della P.A. per attivit� legittima -Caratte


ristiche delle l'ispettive azioni -Concorso alternativo delle 

medesime. � 

(e.e., art. 2043; Cast., art. 42; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 4B). 

Responsabilit� civile -Fatto illecito con carattere permanente Prescrizione 
del diritto al risarcimento del danno -Decorrenza. 

(e.e., artt. 2042, 2935, 2943, 2947, comma primo). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� aquiliana -Concorso del 
fatto colposo del creditore -Dovere del creditore di impedire 
l'aggravarsi del danno -Limiti. 

(e.e., artt. 1175, 1227, 2043, 2056, comma primo). 

La discrezionalit� � il potere della P.A. di apprezzare liberamente 
finteresse pubblico, i pubblici bisogni e la idoneit� dei mezzi da adottare 
per il loro soddisfacimento. In tale ambito il e.o. non pu� svolgere 
indagine alcuna per la ricerca di una colpa, nel senso 'che non pu� 
sidacare se la P.A. abbia convenientemente apprezzato i bisogni della 
collettivit� e scelto i mezzi idonei a soddisfarli; ma, ri8pettati tali limiti, 
ben pu� l'A.e.O. indagare se i mezzi scelti siano stati adeguatamente 
messi in opera, abbiano funzionato in modo� normale, o, se per negligenza 
o imperizia, cio� per colpa, il loro funzionamento sia stato difettoso 
e anormale. Trattasi, infatti, di indagine tecnica, che va risolta in 
base a criteri tecnici, cui � estranea ogni discrezionalit� amministrativa. 
I precetti della prudenza, diligenza e perizia, che vanno rispettati nella 
tecnica esecutiva, riguardano l'esecuzione dell'opera nel suo complesso 
e per esecuzione deve intendersi non soltanto la prestazione materiale, 
ma anche quella intellettuale e di studio dei tecnici, quali le progettazioni, 
le direttive, gli indirizzi che sempre appartengono all' esecuzione 
tecnica e rientrano in quella attivit� soggetta al sindacato della 
osservanza dei precetti obbligatori della prudenza, della diligenza e 
delle buone regole del!:arte. La discrezionalit� della P .A. si esaurisce 
con la scelta del mezzo tecnico atto a soddisfare un determinato bisogno; 
per tutto quanto si riferisce alla messa in opera del mezzo prescelto 
la P .A. si affida a tecnici, i quali non sono liberi di seguire o non i 
criteri e le norme imposte dalle discipline tecniche, non hanno affatto 
la facolt� di progettare e costruire tecnicamente male quello che pu� 
e deve essere progettato e costruito bene, epper� il e.o. ha la potest� 
di sindacare se le norme tecniche siano state colposamente trascurate e, 
nel caso affermativo, di ritenere colposo il comportamento della P.A., 
condannandola al risarcimento del danno (1). 

(1) cfr. Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1955, n. 3224,. Giust. Civ., '1956, I, 464; 
Cass., 9 maggio 1957, n. 1601, Resp. Civ., 1957, 314; 8 marzo 1958, n. 793, Foro it., 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

714 

Il nostro ordinamento ammette bens� il concorso delle due azioni, 
quella fondata sull'art. 46 della legge sulle espropriazioni per p.u. e 
quella aquiliana di cui all'art. 2043 e.e., ma in senso alternativo e quando 
alcuni fatti danno luogo all'una responsabilit� ed altri fatti all'altra, 
donde l'impossibilit� di parlare di preminenza dell'una o dell'altra 
responsabilit� rispetto al medesimo fatto. Una cosa � il concorso delle 
due azioni ed altra la loro unificazione, che non � concepibile per la 
diversit�� dei presupposti. Le due azioni differiscono, infatti, sia per il 
petitum, che nell'azione di risarcimento per fatto illecito si estende a 
tutto il pregiudizio derivato alla sfera giuridi!Co-patrimoniale di un 
soggetto e non soltanto al detrimento arrecato .dall'esecuzione delfopera 
pubblica al patrimonio immobiliare, sia per la causa petendi, e cio� per � 
il fatto giuridico costitutivo dell'azione medesima {2). 

Rep., 1958, voce Strade, c. 2569, nn. 98-99; Sez. Un., 29 aprile 1960,. n. 965, 
Resp. Civ., 1960, 539, con nota di richiami; 13 febbraio 1963, n. 287, Giust. Civ., 
i963, I, 1622; v. anche Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, 
317-318 ed ivi nota (sub 2) di richiami. Peraltro, se, come riconosce la sentenza 
in rassegna, la discrezionalit� della P.A. si esaurisce " con la scelta del mezzo 
tecnico atto a soddisfare un determinato bisogno�, mentre il sindacato del G.O. 
sulla colposit� del comportamento della predetta investe " .Ja messa in opera del 
mezzo prescelto n, deve avvertirsi che il progetto dell'opera pubblica, dell'esecu. 
zione del quale si discuta, non pu�, a sua volta, farsi rientrare, come ha opinato 
la sentenza, nel concetto di messa in opera del mezzo prescelto, sindacabile sotto 
il. profilo della colpa, se non a patto di negare la distinzione (fra progettazione ed 
esecuzione), prima accolta. Il giudizio sul progetto di un'opera pubblica adottato 
dalla P.A. non involge mai una mera questione tecnica, ma sempre tecnica ed 
amministrativa insieme: l'attivit� tecnica costituisce il mezzo per il soddisfacimento 
del pubblico interesse, epper� l'autorit� preposta alla scelta deve tener conto anche 
delle esigenze di questo, adattandovi i dettami della tecnica (cfr . .ALEssr, Sistema 
ist. del dir. amm.vo italiano, Milano, 1953, 166 e seg.). Sul concetto di discrezionalit� 
amministrativa, in dottrina, v. GIAN-NINI M.S., Il potere discrezionale della 

pubblica amministrazione, Milano, 1939, e, dello stesso A., Leziooi di dir. ammin.vo, 
Milal).o, 1950, 93 e segg. (in part., 98: � ponderazione comparativa di interessi pubblici 
e privati, gi� tutelati dall'ordinamento, nei rispetti di un interesse pubblico 
primario, ai fini di trovare la composizione pi� opportuna in ordine ad un'azione 
da svolgere n ); ma, in senso diverso e come avvisato dalla massima: qui annotata, 

I

v. GARGIULO, I provvedimenti di urgenza nel dir. amm.vo, Napoli, 1954, 76 e segg. 
(secondo il quale, op. cit., 79, �la discrezionalit� incide soltanto sull'apprezzamento 
che precede la manifestazione volitiva e non pure sulla scelta della soluzione ... dalla 
quale tuttavia non pu� prescindere � ); v. anche SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, 
Napoli, 1955, 234 e segg. Sulla differenza tra discrezionalit� amministrativa e libert� 
privata v. ZANOBINI, Corrso di dir. amm.vo, vol. I, Milano 1958, 31; S&'<DULLI, op. 
cit., 234. 
(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1955, n. 3224, Giust. Civ., 1956, I, 464, 
con nota di ABBAMONTE; Cass., 12 ottobre 1959, n. 2762, Foro it., Rep., 1959, voce 
Resp. civile, c. 2108, nn. 233-235. Sulla responsabilit� per attivit� legittima v. anche 
Tribunale di� Firenze, 23 marzo 1964, in questa Rassegna, 1964, 528-529 ed ivi 
note di richiami; in dottrina v. SALEMI, La c. d. responsabilit� per atti legittimi 
della P.A., Milano, s. d. (ma 1912). 

PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 715 

Allorch� il fatto illecito abbia carattere permanente, esso non pu� 
dirsi verificato se non con riferimento al suo momento finale, allorch� 
cessa di produrre il danno, in quanto l'illiceit� del comportamento 
lesivo, in tal O(J,SO, non si esaurisce col primo atto dell'agente, ma 
perdura nel tempo, in relazione al contenuto dell'attivit� ed alla idoneit� 
di questa a produrre danno di continuo nel tempo, protraendosi fino 
a quando permanga la situazione illegittima posta in essere dall'agente 
e nella quale si concreta una violazione ininterrotta dell'altrui diritto. 
In questo caso il diritto al risarcimento del danno sorge con l'inizio 
del fatto illecito generatore del danno stesso e, come quello, persiste 
nel tempo, o meglio si rinnova di momento in momento, onde la pre


1scrizione, .secondo la regola del suo computo (art. 2935 e.e.), ha inizio da 
ciascun giorno rispetto al momento iniziale del fatto ed al corrispondente 
diritto al risarcimento; e, poich� questo, derivando da fatto illecito, 
si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si � verificato 
(art. 2947, comma primo; e.e.), la citazione o altro atto interruttivo della, 
prescrizione {art. 2943 e.e.) non possono riferirsi che al diritto al risarcimento 
del danno verificatosi nel quinquennio anteriore ad essi, rimanendo 
prescritto il danno verificatosi nel periodo� antecedente (3). 

Per aversi un comportamento del danneggiato, che sia idoneo ad 
eliminare o anche soltanto a ridurre il risarcimento del danno, � necessario 
che siano accertati a suo carico una condotta colposa ed un nesso 
di causalit� per questa ed il prodursi, in tutto o in parte, del danno, 
della risarcibilit� del quale si discute. L'art. 1227 e.e., richiamato dall'art. 
2056, esige b~che il creditore deUa prestazione usi l'ordinaria 
diligenza per evitare l'aggravarsi del danno, contenendolo entrq i 
limiti che rappresentino una diretta conseguenza della colpa del debitore, 
ma non richiedJe che il danneggiato si assoggetti ad un'attivit� 
abnorme e particolarmente gravosa anche per fon.ere di spesa che comporti, 
specie poi quando essa debba tradursi in una illecita impossibile 
interferenza nell'attivit� riservata alla P .A. (4). 

(3) Cfr. Cass., 3 gennaio 1961, n. 15, Foro Amm., 1961, II, 230; 6 aprile 1962, 
n. 723, Foro it., 1962, I, 1734, con nota di richiami di giurisprudenza e dottrina; 
23 agosto 1962, n. 2641, Id., Mass., 1962, 754. 
(4) Cfr. Cass., 17 luglio 1963, n. 1957, Foro it., Mass., 1963, 568. Sul concetto 
di dovere di correttezza v. CARus1, Correttezza (obblighi di), Enciclopedia del 
diritto, val. X, Milano, 1962, 709 e segg. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 maggio 1964, n. 1148 -Pr~s. 
Caizzi -Est. Salemi -P.M. Pedate (conf.) -Amministrazione 
FF.SS. (avv. Stato Bronzini N.) c. Bertacche (avv.ti De Paola, 
Leone A.). 



716 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Trasporto �combinato 
� con servizi automobilistici e di navigazione -Trasbordi 
su pullman e motonave -Biglietto unico rilasciato 
dalle FF.SS. -Trasporto cumulativo di persone -Non sussiste. 
(e.e., artt. 1680, 1682). 

Prescrizione -Interruzione a mezzo di-domanda proposta davanti 
a giudic~ incompetente -Effetto sospensivo -Sussiste. 
(e.e., artt. 2943, comma terzo, 2945, comma secondo). 

Decadenza -Domanda proposta innanzi a giudice incompetente 
-Tempestiva riassunzione innanzi al giudice dichiarato competente 
-Effetto impeditivo della decadenza -Sussiste. 
(c.p.c., art. 50; e.e., art. 2966). 

, Ferrovie -Ferrovie dello Stato -Rappresentanza dell'Amministrazione 
-Potere di rappresentanza dei direttori compartimentali 
-Non esclude il potere di rappre&entanza del 
Ministro dei Trasporti. 

(d.l. 22 maggio 1924, n. 868, art. 14; d. lg. 7 maggio 1948, n. 598, art. l; 
Condizioni e tariffe per i trasporti delle persone appr. con d.l. 11 ottobre 1934, 
n. 1948, conv. nella I. 4 aprile 1935, n. 911, art. 14, par. 1 e 2; id., appr. con 
d. interro. 13 dicembre 1956, n. 2171, a norma dell'art. 4 d.P.R. 26 giugno 
1956, n. 582, art. 16, par. 1 � 2) ("). 
Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Danni al viaggiatore 
-Anormalit� dell'esercizio ferroviario -Concetto Onere 
della prova. 
(Condizioni e tariffe per i trasporti delle persone appr. con d.I. 11 ottobre 1934, 

n. 1948, conv. nella I. 4 aprile 1935, n. 911, art. 11, par. 4; id., appr. con d. 
interm. 13 dicembre 1956, n. 2171, art. 13, par. 4) ("). 
Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Riconoscimento 
da parte del giudice di merito della sussistenza della anormalit� 
dell'esercizio Incensurabilit� in Cassazione. 
(c.p.c., arg. ex art. 360). 

Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Anormalit� dell'esercizio 
-Fattispecie. 

Non rientra nella figura del contratto {plurilaterale) di trasporto 
cumulativo di persone, nella quale il viaggiatore stipula un unico contratto 
col vettore iniziale e con altri successivi, rappresentati dal primo, 

("l Il testo ddle Condizioni e Tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie 
dello Stato, nell'edizione 1� gennaio 1963, risulta dalla seguente normativa: d.1. 
11 ottobre 1934, n. 1948, conv. nella I. 4 aprile 1935, n. 911; d.l. 22 dicembre 1938, 


PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 717 

lipotesi in cui il vettore iniziale assuma in nome proprio fobbligo di 
provvedere all'intero trasporto, facendolo eseguire in parte da altri . 
ve-ttori, come avviene nei servizi turistici, che, (JSSUnti da unica impresa, 
sono da questa affidati ad altre per tratti successivi di percorso, 
nonch� nei servizi di tr04bordo, in caso di interruzione di linee ferrovia'J'.
ie, affidati daliAmmin'istrazione ferroviaria .ad Imprese automobi


listiche (1). 

L'interruzione della prescrizione, determinata dalla domanda giudiziale, 
sia pure proposta davanti a giudice incompetente, ha carat{
ere permanente, nel senso, cio�, che l'effetto interruttivo dura fino� a 
quando non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile (2). 

n. 1927, conv. nella 1. 2 giugno 1939, n. 739; I. 22 dicembre 1948, n. 1456; 
d.P.R. 28 gennaio 1949, n. 12; d.P.R. 17 giugno 1949, n. 308; d. interm. 19 maggio 
1950, n. 4991; d. interm. 11 aprile 1951, n. 4226; d. interm. 12 settembre 
1951, n. 965; d.P.R. 18 gennaio 1952, n. 12; d. interm. 16 aprile 1952, n. 4199; 
d. interm. 27 maggio 1953, n. 4779; d.P.R. 3 dicembre 1953, n. 881; d. interm. 
4 dicembre 1953, n. 1977; d.P.R. 26 giugno 1956, n. 582; d. interm. 13 dicembre 
1956, n. 2171; d. mterm. 4 gennaio 1960, n. 3580; d.P.R. 24 giugno 1961, 
n. 515; d. min. 30 giugno 1961, n. 4914; d. interm. 30 giugno 1961, n. 4915; 
d. interm. 6 dicembre 1961, n. 1960; d. min. 9 maggio 1962, n. 4082; d.P.R. 17 dicembre 
1962, n. 1713; d. min. 19 dicembre 1962, n. 2298; d. interm. 19 dicembre 
1962, n. 2299. 
(1) La sentenza in rassegna avverte che �il fatto che nessuna delle norme 
� richiamate dall'Amministrazione ricorrente preveda espressamente siffatta obbligazione 
non esclude, tuttavia, che essa consegua ad attivit� che non contrasta con i 
limiti delle funzioni istituzionali assegnate alle Ferrovie e che queste legittimamente 
e>ercitano, organizzando, a fini turistici o meno, trasporti combinati con servizi 
��.. automobilistici o di navigazione marittima o lacuale, con unica responsabilit� nei 
\confronti dei viaggiatori, per l'intero percorso, fino alla destinazione finale 11. Per i 
\ras bordi, in seguito ad interruzioni, " con mezzi non ferroviari o di altri vettori �, 
\art. 11, par. 2, del testo delle Condizioni e Tariffe appr. con d. interm. 13 dicem\ 
1956, n. 
2171 (v. anche ed. 1� gennaio 1963, art. 11, par. 2). 
�(2) Conf. Cass., 28 marzo 1962, n. 639, Foro it., Mass., 1962, 187. Ma sulla 
ia interruttiva solo istantanea della citazione invalida come atto processuale 

� t..:ass., 2 aprile 1960, n. 746, Giust. civ., 1960, I, 1395, con nota (sub 4) di riferimenti; 
v. anche Cass., 25 marzo 1961, n. 681, id., 1961, I, 975, che ascrive fra 
i casi di domanda giudiziale idonea a provocare una interruzione solo istantanea 
della prescrizione quelli di citazione " non portata a cognizione del giudice per 
mancata is'crizione a ruolo, o perch� intimata innanzi a giudice incompetente � 
(ivi, 977), nonch� App. Milano, 29 marzo 1957, Mon. Trib., 1957, 747, ove si 
contempla il caso di citazione notificata senza losservanza del prescritto termine di 
comparizione. L'insegnamento della sentenza in rassegna non pu� condividersi. 
A norma del capoverso dell'art. 2945 e.e. a se l'interruzione � avvenuta mediante 
uno degli atti indicati dai primi due comma dell'art. 2943, la prescrizione non corre 
fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio �. 
Non sembra, orbene, che fra tali atti possa ritenersi compresa anche la domanda 
proposta a Giudice incompetente. Ed invero, se cos� fosse, se ne dovrebbe :ritenere 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

718 

Il tempestivo esercizio de liazione davanti a giudice incompetente 
vale ad impedire la decadenza dal diritto dedotto in giudizio, qualora 
. la cama sia riassunta davanti al giudice dichiarato competente nei 

termini indicati dall'art. 50 c.p.c. (3). 

L'Amministrazione ferroviaria � mpprresentata, nelle cause di com


petenza della Magistratura residente a Roma, dal Ministro dei Tra


sporti e, nelle cause di competenza della magistratura avente ;ede 

diversa, dai capi dei compartimenti ferroviari. Il potere rappresen


taUvo attribuito a costoro non fa venir meno, per�, il potere di rap


presentanza del Ministro in qualsiasi controversia, essendo la sua 

capacit� giuridica e processuale rispetto agli affari deliAmministra


zione, cui � preposto, prevalente ed assorbente di ogni altra, n� potendo 

essa venir menomata dalfottribuzione di un limitato potere di rappre


sentanza ad organi inferiori, suggerita da mere ragioni di decentra


mento amministrativo e limitata a determinati affari (4). 

Ai fini della responsabilit� del i Amministrazione ferro viaria per 

danni alla persona del viaggiatore, � necessario che questi dimostri 

f anormalit� del servizio, int(}sa come fatto meramente obbiettivo ed 

in senso comprensivo di materiale mobile e di attivit� del personale, 

nonch� il rapporto eziologico fra tale anormalit� e i evento dannoso, 

senza dover anche indicare la causa precisa della prima (5). 

Il riconoscimento dell'anormalit� del servizio importa un giudizio 

di fatto, non suscettibile di sindacato in sede di fegittimit�, quando sia 

stato posto in luce dal giudice di merito il fatto obiettivo, nel quale 

ranormalit� medesima si concreta (6). 

gi� statuita l'efficacia interruttiva, mentre, invece, questa � prevista soltanto dal 
terzo comma del ripetuto art. 2945 e.e. Tutto ci� trova conferma nel rilievo che 
non sembra possa tenersi conto della pendenza di un giudizio destinato a chiudersi 
con sentenza meramente processuale. 

(3) Conf. Cass., 27 maggio 1961, n. 1261, Giust. civ., 1961, I, 1836. 
(4) Contra Cass., 10 ottobre 1955, n. 2982, Foro it., 1956, I, 526; conf., invece, 
Cass., 14 gennaio 1956, n. 54, ibidem, I, 525; 26 luglio 1958, n. 2714, Sett. Cass., 
1958, 542; 9 marzo 1962, n. 469, Foro it., 1962, I, 951 e segg. 
(5-6-7) Cfr. Cass., 9 marzo 1962, n. 466, Resp. Civ., 1962, 299. Ma l'insegnamento 
dell� Sezioni Unite � nel senso che �l'anormalit� del servizio si concreta 

�nell'individuazione di una causa specifica, che 
si possa ricollegare al modo di essere 
e di funzionamento del servizio. Essa pu� ravvisarsi nel fatto medesimo che ha 
causato il danno, quando questo (come ad esempio in ipotesi di deragliamento o 
di scontro), presupponendo per il suo modo di estrinsecarsi una condotta omissiva 
dell'azienda vettrice, consente di riferire immediatamente l'evento eziologicamente 
all'attivit� esercitata dall'azienda medesima. Fuori di tale ipotesi, il viaggiatore che 
abbia patito il danno durante il trasporto deve provare il fatto specifico, nel quale 
si concreta lanormalit� del servizio, deve cio� provare la inosservanza delle norme 
tecniche, regolamentari o di comune prudenza, che ,regolano la condotta dovuta 
dall'azienda vettrice, perch�, in difetto di tale prova, la presunzione di colpa a 



PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 719 

L'improvvisa chiusura di uno sportello integra in re ipsa una anormalit� 
del servizio, poich� "la chiusura degli sportelli deve aver luogo 
.con le opportune cq,utele (7). 

carico dell'azienda medesima non soccorre� (sent. 8 febbraio 1958, n. 408, Giur. it., 
1958, I, 1, 1027, in part. 1029). 

Orbene, la chiusura di uno sportello, come di recente ha riconosciuto la stessa 
Suprema Corte regolatrice, (sent. 23 aprile 1963, n. 1053, Resp. civ., 1963, 476) 
1non dimostra, di per s�, una negligenza del personale ferroviario, appunto perch� 
pu� avvenire ad opera d� persone estranee. L'aprirsi o il chiudersi di uno sportello 
sono fatti, che non possono considerarsi anormali, se non ricollegati ad una causa 
imputabile all'Amministrazione (cfr. App. Napoli, 18 gennaio 1954, Miele c. FF.SS., 
cit. nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1951-55, vol. II, Roma, 1957, 191; 

v. anche Relazione cit., 1956-60, vol. III, Roma, 1961, 387), n� ha senso parlare 
di chiusura improvvisa, tenuto conto anche dell'obbligo del viaggiatore ex art. 2 
lett. b) Condizioni e Tariffe appr. con d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, ed ix art. 2 
lett. b) Condizioni e Tariffe appr. con d. interro. 13 dicembre 1956, n. 2171, ma 
deve parlarsi di chiusura � con le opportune cautele �, come finisce per affermare 
la stessa sentenza in rassegna. Ed allora appare chiaro che_ l'anormalit� non sussiste 
in re ipsa, ma va ricavata aliunde, ossia che il viaggiatore non pu� ritenersi 
esonerato dal fornire la prova, oltre che del fatto dannoso, anche del comportamento 
colpevole del personale delle FF.SS. Nel senso che l'anormalit� deve sempre 
concretarsi nella individuazione di una causa specifica, ricollegabile al modo di 
essere e di funzionamento del servizio, v.� anche Cass., 11 marzo 1959, n. 685, cit. 
nella Relazione dell'AvvoolXtura dello Stato, 1956-60, voi. III, Roma, 1961, 386. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 maggio 1964, n. 1213 -Pres. Rossano 
-Est. Cesaroni -P.M. Trotta (conf.) -Azienda Nazionale 
Autonoma delle Strade Statali (avv. Stato Peronaci) c. Angeli 
{avv. Cirelli). 

Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Determinazione 
indennit� -Applicazione art. 40 I. 25 giugno 1865, 

n. 2359 -Portata della norma -Inderogabilit�. 
(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40). 
Espropriazione per p.u. -Determinazione dell'indennit� -Stima 
del valore delle aree espropriande -Carattere edificatorio -
Criterio di accertamento. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e 40). 
Nel caso di espropriazione parziale, l'indennit� va liquidata in base 
allo speciale criterio, dettato, in modo inderogabile ed insostituibile, 
dall'art. 40 l. 25 giugno 1865, n. 2359, e deve corrispondere non gi� al 
valore venale del'la porzione di fondo espropriato, ma alla differenza 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

720 

tra il valore dell'intero fonda prima dell'espropriazione e il valore della 
porzione non espropriata (1). 
In tema di espropriazione per pubblica utilit�, il carattere edifi-. 
catorio di un terreno si pu� desumere, ai fini della determinazione 

dell'indennit� espropriativa, anche in via indiretta dalle qualit� intrinseche 
ed obiettive dell'immobile (2). 

(1) La sentenza cos� motiva: �solo in tal modo, infatti, l'indennit� di espropriazione, 
che nella sua essenza � l'equivalente del bene soppresso, pu� compensare 
la diminuzione di valore sofferta dalla parte non espropriata, sia nell'ipotesi che 
il distacco ne renda meno utile o impossibile una ulteriore utilizzazione, sia nella 
ipotesi contraria � (cfr. anche la massima, riportata sub a, in Giur. it., Mass., 1964, 
392). Con tale formulazione, letteralmente non certo felice, si vuole alludere, ovvia� 
mente, al concetto che, viceversa, l'espropriato non pu� beneficiare dell'incremento 
di valore, verificatosi o prevedibile, nella parte residua, in conseguenza dell'esecuzione 
dell'opera. Si allude, cio�, alla complementarit� dell'art. 41 rispetto all'art. 40 
I. org. espr. per p.u. Cos�, � stato rilevato anche in sede dottrinale, che la norma 
contenuta nel primo comma dell'art. 41 conferma l'interpretazione dell'art. 40, nel 
senso che: � nel determinare il valore della parte residua, deve aversi riguard<> 
all'opera pubblica, quale dovr� essere eseguita� (RossANo, L'espropriazione per 
pubblica utilit�, I, Torino, 1964, 259, ed ivi anche riferimenti sul concetto di vantaggio 
�speciale e immediato�). 
(2) Conf..Cass., 25 maggio 1962, n. 1230, Foro it., Mass., 1962, 378; 21 dicembre 
1962, n. 3397, ibidem, 949; 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 maggio 1964, n. 1302 -Pres. 
Giansiracusa -Est. De Biasi -P.M. Toro (conf.) -Angeloni (avv. 
Palombi) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Santoro-Passarelli). 

Responsabilit� civile -Fatto dannoso considerato dalla legge 
come reato -Estinzione del reato per amnistia -Prescrizione 
del diritto al risarcimento -Decorrenza. 
(e.e., art. 2947). 

Spese giudiziali -Proposizione di nuova eccezione nel giudizio 
di appello -Condanna alle spese indipendentemente dalla 
soccombenza -Potere discrezionale del giudice di merito Insindacabilit� 
da parte della Corte di Cassazione. 
{c.p.c., artt. 92, 345, comma secondo). 

Ove il fatto illecito generatore del danno sia considerato dalla 
legge come reato, la prescrizione del diritto al risarcimento decorre, 
in caso d� estinzione del reato per amnistia, dal gi�rno di entrata in 
vigore del decreto �on il quale !;'amnistia stessa � stata concessa e 
non dalla data del provvedimento giudiziario di applicazione del bene




PARTE I, SEZ. III, GIURISPFlt.TDENZA CIVILE 721 


ficio, e ci� anche quando, alla data di pubblicazione del decreto di 
concessione dell'amnistia, l'az.ione penale non era stata iniziata (I). 

Nel caso in cui sia proposta in grado di appello un'eccezione, che 
si sarebbe potuta dedurre in primo grado e che determini la riforma 
della sentenza appellata, il giudice ha facolt� e non obbligo di mettere 
le spese a carico della parte che ha dedotto la nuova eccezione. Trattasi 
di potere discrezionale, non sindacabile nel giudizio di cassazione 
(2). 

(I) Cfr. Cass., 16 aprile 1956, n. 1124, Resp. civ., 1956, 252; 12 febbraio 1960, 
n. 219, Giur. it., 1960, I, 1, 1029, con ampia nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza 
(compresa quella, conforme, relativa ad amnistia rinunziabile), nonch� 
in que8ta Rassegna, 1960, 48, con nota redazionale; 12 ottobre 1962, n. 2958, Foro 
it., Mass., 1962, 835. Il principio, come s'� accennato, vale anche nel caso di 
amnist�a rinunciabile e non rinunciata, cfr. Cass., 21 maggio 1957, n. 1839, Resp. 
Civ., 1957, 260; 10 luglio 1959, n. 2236, Giur. it., 1959, I, 1, 1327, con nota 
di riferimenti; in dottrina v. DEIANA, Estinzione del reato per amnistia e data di 
decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni, in Riv. dir. 
comm., 1955, II, 145 e segg. 
(2) Conf. Cass., 20 marzo 1962, n. 557, Foro it., Mass., 1962, 162; 15 maggio 
1962, n. 1030, ibidem, 324; 29 maggio 1962, n. 1277, ibidem, 39G; 3 agosto 
1962, n. 2359, ibidem, 678; 17 novembre 1962, n. 3135, ibidem, 879. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1� giugno 1964, n. 1356 -Pres. 
Torrente -Est. Di Majo -P.M. Criscuoli (conf.) -Comune di Roma 
{avv. Marchetti) c. Scalera (avv. Romualdi). 

Espropriazione per p.u. -Occupazione illegittima di terreno da 
parte della P.A. -Risarcimento per la mancata utilizzazione 
del bene -Interesse legale sulla somma liquidata a titolo di 
risarcimento per la perdita dell'immobile. 
(e.e., art. 2056). 

Prescrizione -Prescrizione breve del credito per interessi ed 
altre prestazioni periodiche -Criterio informatore -Inapplicabilit� 
al credito di restituzione dei frutti vantato nei 
confronti del possessore di mala fede. 
(e.e., art. 2948, nn. 1-4). 

Procedimento civile -Conclusioni delle parti -Rispetto del principio 
del contraddittorio. 
(c.p.c., artt. 101, 189, 352, 359). 

In tema di occupazione illegittima di terreno da parte della Pubblica 
Amministrazione, se la somma pari al valore venale del bene 
risardsce il proprietario del danno per la perdita del bene stesso, resta 



722 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tuttavia da risarcire "la mancata utilizzazione dell'immobile. Questa 
viene di regola commisurata all'interesse legale sul"la somma liquidata 
a titolo di risarcimento per la perdita del bene, con decorrenza dalla 
data dell'occupazione e fino a quella del pagamento (1). 

.:.

Il criterio informatore della prescrizione di cui all'art. 2948, nn. da 
1 a 4, e.e. � quello di liberare il debitore dalle prestazioni scadute e 
non richieste tempestivamente dal creditore, quando le prestazioni 
siano periodiche, in relazione ad una causa debendi continuativa. Nel 
caso, invece, di possesso di mala fede, non vi � causa debendi continuativa, 
ma l'obbligo di restituzione del"la cosa e dei frutti o del risarcimento 
del danno, e non � quindi configurabile una domanda dei 
frutti naturali o degli interessi, indipendentemente da quella di restituzione 
o del risarcimento; srech� non vi � in proposito una inerzia del 
creditore, alla quale possa riconnettersi effetto estintivo (2). 

Il giudice di merito non pu� pr�ndere in esame conclusioni contenute 
per "la prima volta nel"la comparsa conclusionale e non rese 
innanzi all'istruttore all'udienza di rimessione della causa al Collegio 
(3). 

(1) Conf. Cass. 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099 e seg., ed ivi 
nota (sub 2) di riferimenti; v. anche Cass., 5 aprile 1960, n. 773, Foro Amm., 
1960, II, 258. 
(2) Cfr. Cass. 16 maggio 1962, n. 1105 sopra citata, Foro it., 1962, I, 2099 e 
seg., ed ivi nota {sub 3) di riferimenti di giurisprudenza e dottrina. 
(3) Cfr. Cass., 21 luglio 1949, n. 1920, Foro it., Rep., 1949, v. Procedim civ., 
c. 1318, n. 257; 15 ottobre 1955, n. 3199, id., Rep., 1955, v. cit., c. 1831, n. 365; 
18 giugno 1956, n. 2155, id., Rep., 1956, v. cit., c. 2202, n. 418; 12 ottobre 1956, 
n. 3558, id., Rep. 1956, v. cit., c. 2199, nn. 378-379; 17 luglio 1957, n. 2961, id., 
Rep., 1957, v. cit., c. 2016, n. 341; 12 ottobre 1957, n. 3790, ibidem, c. 2017, n. 351; 
17 aprile 1959, n. 1151, Temi nap., 959, I, 569. Per l'ipotesi di omessa precisazione 
delle conclusioni, all'udienza di rimessione della causa al Collegio, v. Cass., 7 aprile 
1952, n. 922, Giur. compl. Cass. civ., 1953, V, 1 e segg., con nota di GALLO; 
� 8 luglio 1954, 
n. 2412, Giust. civ., 1954, 1705; 5 novembre 1955, n. 3604, Foro it., 
Rep., 1955, v. Procedim. civ., c. 1831, n. 368. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1964, n. 1425 -Pres. 
Vistoso -Est. Cesaroni -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Azienda 
Nazionale Autonoma Strade Statali (avv. Stato Bronzini N.) c. 
Societ� Cogoleto (avv.ti Vitali, Simonetto). 

Espropriazione per p.u. -Indennit� -Deposito presso la Cassa 
DD.PP. -Determinazione giudiziale in seguito ad opposizione 
dell'espropriato -Condanna dell'espropriante al paga




PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVlLE 723 

mento della relativa somma -Inammissibilit� -Necessit� 
del deposito presso la Cassa DD.PP. -Sussiste. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 30, 48, 55). 
L'indennit� di espropriazione, sia che si tratti della somma convenuta 
in base ad accordo amichevole o di quella determinata a seguito 
di stima di ufficio, sia che si tratti della indennit� supplementare 
eventualmente accertata in sede giurisdizionale, a seguito di opposizione 
dell'espropriato, va, in ogni caso, depositata nella Cassa DD.PP., 
essendo prescritto dalla legge in modo inderogabile, anche a garanzia 
dei diritti dei. terzi, lo speciale procedimento da seguire per lo svincolo 
della somma depositata. Epper�, il giudice ad�to con l'opposizione alla 
stima non pu� emettere una pronuncia di condanna a carico deU:espropriante 
ed in favore dell'opponente, e tanto meno disporre che la condanna 
abbia esecuzione sotto forma di pagamento diretto dall'uno 
all'altro soggetto del rapporto espropriativo (1). 

(1) Insegnamento ovvio, in relazione al tassativo disposto dell'art. 1 I. 3 aprile 
1926, n. 686. In senso conforme, v. Cass., 3 marzo 1962, n. ~96. Giur. it., 1963, I, 
1, 356; Sez. Un., 18 aprile 1962, n. 757, in questa Rassegna, 1962, 77 e segg., con 
nota redazionale; 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839 ed ivi nota 
(sub 4) di riferimenti di giurisprudenza e dottrina. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1964, n. 1518 -Pres. 
Rossano -Est. Cesaroni -P.M. Tavolaro (conf.) -Banca popolare 
di credito di Bologna e Ferrara {avv. Moschella, Pugliesi) c. Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini-Pallotta). 

Obbligazioni e contratti -Cessione di crediti �pro solvendo � a 
scopo di garanzia accettata dalla P.A. debitrice ceduta Efficacia 
traslativa -Sussiste. 
(e.e., artt. 1263 e segg.; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 339; r.d. 18 no


vembre 1923, n. 2440, art. 69). 

Appalto -Appalto di opera ferroviaria -Situazione finale -Vincolativit� 
per l'appaltatore e non per lAmministrazione 
FF.SS. -Diritto dell'Amministrazione delle FF.SS. di ripetere 
gli acconti che risultino versati in pi� del dovuto in 
base al conto finale accettato dall'appaltatore. 
(Cap. gen. amministrativo di appalto delle opere di conto delle FF.SS. appr. 

con del. C.A. 9 aprile 1909,. artt. 36 e 37; e.e., art. 2033). 

Deventuale funzione di garanzia di una cessione di crediti pro 
solvendo (nella specie debitrice ceduta era la P.A., che aveva accettato 



724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la cessione) non esclude ieffetto traslativo della titolarit� del credito, 
tipico di ogni specie di cessione (1). 

Mentre la situazione finale, compilata ai sensi degli artt. 36 e 37 
del Capitolato generale amministrativo di appalto delle opere di conto 
delle FF.SS., � vincolante per l'appaltatore, la contabilit� diventa definitiva 
per i Amministrazione solo con l'approvazione del collaudo e 
prima di quel momento essa conserva la facolt� di agire per il rimborso 
degli acconti, che risultino versati in pi� del dovuto, in base al 
conto finale accettato dali appaltatore (2). 

(1) conf. Cass., 30 maggio 1960, n. 1398, Foro it., Rep., 1960, voce Cessione 
dei crediti, cc. 347-348, n. 3; 30 ottobre 1956, n. 4057, Giust. civ., 1957, I, 637-639 
ed ivi nota (sub 3) di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 26 luglio 1943, 
n. 1932, Foro it., Rep., 1943-45, voce Esecuzione mobiliare, c. 544, n. 29. In dottrina 
v. GRAZIANI, La cessione (( pro solvendo )) ' in Studi di diritto civile e commerciale, 
Napoli, 1953, 239 e segg. 
(2) cfr., sulla natura e sull'efficacia del collaudo nell'appalto, Cass., 20 febbraio 
1963, n. 415, Foro it., Rep., 1963, voce Appalto, c. 107, n. 6; 9 ago~to 1960, 
n. 1846, id., Rep. 1960, voce citata, c. 113, n. 13. Specificamente, per l'appalto di 
opere pubbliche, Cass., Sez. Un., 8 ottobre 1957, n. 3669, Riv. giur. edilizia, 1958, 
I, 179-180, con nota del FAVARA. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez.. I, 18 giugno 1964, n. 1568 -Pres. Varallo 
-Est. Di Majo -P.M. Pisano (conf.) -Ministero del Tesoro 
(avv. Stato Ricci) c. Societ� ricerche metano e minerarie fratelli 
Graziani (avv.ti Di Roberto, Merlin). 

Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici ~ Soppressione 
e liquidazione di Enti di diritto pubblico e di altri Enti, sotto 
qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato 
e comunque interessanti la finanza statale -Liquidazione 

G.R.A. � Tutela giudiziaria di diritto di credito vantato 
contro la G.R.A. � Necessit� del previo esperimento di procedimento 
amministrativo per il riconoscimento del credito 
� Non sussiste. 
(1. 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 8, 9; 1. 16 novembre 1957, n. 1122, art. 1). 
Non vi � alcuna norma nella legge 4 dicembre 1956, n. 1404, richiamata 
dalla legge 16 novembre 1957, n. 1122, che ha messo in liquidazione 
la Gestione raggruppamenti autocarri, la quale faccia del preventivo 
esperimento del procedimento amministrativo di accertamento 
dei crediti dei terzi un presupposto necessario ed indispensabile, la 



PARTE I, SE'Z. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

725 

mancanza del quale impedisca al privato di adire direttamente r Autorit� 
Giudiziaria Ordinaria per l'accertamento e la tutela di un proprio 
diritto soggettivo perfetto (1). 

(1) Cfr. Cass., 12 luglio 1961, n. 1668, Foro it., 1961, I, 1301 ed ivi nota 
(sub 1) di riferimenti; ma si veda, comunque, l'art. 13, terzo e quarto capover.~o, 
I. 4 dicembre 1956, n. 14.04 sopracitata. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1815 -Pres. Fibbi 
-Est. Giannattasio -P.M. Pisano (conf.) -Ente per la colonizzazione 
della Maremma tosco-laziale (avv. Astuti) c. Ministero dell'Agricoltura 
e Foreste {avv. Stato Gargiulo) c. Federici (avv. 
Uhaldini). 

Procedimento civile -Esecuzione di sentenza d'appello -Acquiescenza 
� Non sussiste. 
{c.p.c., artt. 329, 373). 

Riforma fondiaria -Soggetti del rapporto di espropriazione � 
Soggetto obbligato al pagamento dell'indennit� e legittimato 
passivamente alla causa relativa alla liquidazione della medesima. 
(Cost., art. 44; I. 12 maggio, 1950, n. 230, artt. 2 e segg.; I. 21 ottobre 1950, 

n. 841, artt. 4 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 66, artt. 1 e segg.; d. lg. 7 feb-� 
braio 1951, n. 67, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 68, artt. 1 e segg.; 
d.lg. 7 febbraio 1951, n. 69, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 70, 
artt. 1 e segg.; I. 21 marzo 1953, n. 224, artt. 2 e segg.; I. 15 marzo 1956, 
n. 156, artt. 1 e segg.). 
Riforma fondiaria -Espropriazioni � Determinazione dell'indennit� 
-Criteri. 

(1. 12 maggio 1950, n. 230, art. 7; I. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 18; I. 15 
marzo 1956, n. 156, artt. 1 e segg.). ' 
Il comportamento della parte soccombente, che adempia spontaneamen.
te a quanto disposto da una sentenza di appello, la quale � 
esecutiva di diritto, lungi dall'integrare un',acoettazione della pronuncia 
o una rinuncia al ricorso per cassazione, neanche pu� configurarsi 
come un fatto univoco, incompatibile con la volont� di avvalersi 
del detto mezzo di impugnazione, dovendo interpretarsi, piuttosto, 
come diretto al fine di evitare resperimento di atti esecutivi {l). 

La disciplina normativa del procedimento di espropriazione per 
fattuazione della riforma fondiaria contiene principi fondamental


(1) Cfr. Cass. 27 gennaio 1962, n. 161, La Settimana della Cassazione, 1962, 
135; 3 aprile 1962, n. 679, Foro it., Mas~., 1962, n. 200. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

726 

mente differenti rispetto a quelli, che regolano l'espropriazione di beni 
immobili o diritti relativi ad immobili per reseicuzione di opere di pubblica 
utilit�, a mente della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e delle altre 
leggi in materia. In queste leggi il diritto all'espropriazione � riconosciuto, 
nel ricorso di un fine di pubblico interesse, allo Stato ed agli 
enti pubblici minori, a persone giuridiche ed a privati, per l'attuazione 
di opere o lavori corrispondenti ad un compito istituzionale o proprio 
dell'ente o soggetto espropriante, che siano dichiarati di pubblico interesse: 
[espropriante � il soggetto che intraprende l'esecuzione delropera 
e per conseguire l'espropriazione promuove la dichiarazione di pubblica 
utilit� e, quindi, il procedimento aespropriazione ed � tenuto ad offrire 
e depositare l'indennit� (artt. 5 e segg., 16 e segg., 24 e segg. l. n. 2359 
del 1865). Le leggi di riforma fondiaria sono dirette, invece, non gi� 
al compimento di una o pi� opere pubbliche, ma aliattuazione di una 
riforma di struttura economico-sociale, prevista dall'art. 44 detta Costituzione 
e compiuta, mediante delega al Governo dell'esercizio della 
funzione legislativa, .con atti aventi valore di legge ordinaria a norma 
degli artt. 76 e 77 della Costituzione. L'attivit� preparatoria demandata 
agli enti di riforma non si concreta in atti amministrativi, ma � 

mera attivit� di collaborazione interna, diretta alla preparazione di 
una volizione legislativa, talch� i piani particolareggiati aespropriazione 
predisposti da quegli enti in base alla l. 21 ottobre 1950, n; 841, 
per la loro natura di atti meramente preparatori rispetto all'emanando 
provvedimento legislativo di espropriazione {decreto del Presidente 
della Repubblica) deliberato dal Governo in veste di legislatore delegato, 
non sono suscettibili di ricorso al Consiglio di Stato o all'A.G.O. 
L'ente di riforma non pu� dirsi, pertanto, promotore dell'espropriazione 
e nemmeno beneficiario definitivo della medesima, n� tampoco 
� il soggetto obbligato alla corresponsione della relativa indennit�, 
dovuta, invece, dallo Stato. Ne consegue che, se pu� riconoscersi un 
interesse dell'ente di riforma a partecipare al giudizio di legittimit� 
del provvedimento di scorporo, deve escludersi che esso abbia, parimenti, 
interesse e legittimazione a contraddire nel giudizio in cui si 
controverta unicamente sull'interpretazione da darsi alle disposizioni 
relative all'accertamento, alla liquidazione ed al pagamento dell'indennit� 
espropriativa, non essendo neppure incaricato di effettuare 
materialmente la consegna dei titoli di Stato, emessi dal Ministero del 
Tesoro e depositati a cura del Ministero dell'Agricoltura presso un 
Istituto di credito, per essere svincolati dagli aventi diritto in base a 

provvedimenti del Tribunale competente (2). 

(2-3) Non risultano precedenti in termini. Per la diversa soluzione del problema 
della legittimazione passiva alle cause relative all'indennit�, in ipotesi rientrante 
nel paradigma della ordinaria espropriazione per lesecuzione di opera di 



PARTE I, SE:L. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 727 

La legge 15 marzo 1956, n. 156, �relativa alla determinazione delle 
indennit� dovute in forza delle leggi di riforma agraria, si ispira al 
criterio fondamentale di mantenere come base della commisurazione 
delrindennit� i valori stabiliti per f appUcazione delrimposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio e, salvo a stabilire procedure pi� 
dirette e pi� semplici, si limita ad integrare le disposizioni delle leggi 
di riforma per i cllSi nei quali, per qualsiasi motivo, un accertamento 
definitivo ai fini dell'imposta patrinwniale non vi sia stato o non sia 
possibile o si riferisca a beni, relativamente ai quali, nel periodo tra 
il marzo 1947 e respropriazione, sia entrato in vigore i1 nuovo catasto 

o vi siano state variazioni qualitative. La predetta legge, sebbene 
innovi nel caso ir� cui sul fondo espropriato si siano verificate trasformazioni, 
disponendo che in tale ipotesi si debbano assumere per base 
i dati del nuovo catasto, si limita, per il resto, a demandare al Ministero 
delf Agricoltura e delle Foreste, anzich� agli Uffici finanziari, la 
determinazione delfindennit� di esproprio; ma tutto ci� si verifica nei 
casi in cui non sia intervenuto, al momento dell'entrata in vigore della 
legge, faccertamento definitivo ai fini dell'imposta straordinaria progressiva 
sul patrimonio-(3). 
pubblica utilit�, v. Cass. 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839 ed ivi 
nota (sub 2) di riferimenti; v. anche Cass., 5 giugno 1963, n. 1504, Foro it., Mass. 
1963, 438. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 luglio 1963, n. 1857 -Pres. 
Caizzi -Est. Salemi -P.M. Pedace (conci. parz. diff.) -Galdo e 
De Feo (avv. Costa) c. Amm. FF.SS. (avv. Stato Ricci). 

Cassazione -Ricorso incidentale condizionato -Ammissibilit�. 
(c.p.c., art. 371). 

Procedimento civile -Onere della prova -Diniego di ammissione 
di prova testimoniale su fatti pacifici -Omissione di valutazione 
di tali fatti da parte del giudice -Illegittimit�. 
(e.e., art. 2697; c.p.c., artt. 115, 116; 360, n. 5). 

. . 

Responsabilit� civile -Trasporto ferroviario di persone durante 
l'occupazione alleata -Danni causati da omissione di vigilanza 
da parte del personale ferroviario -Responsabilit� 
delle FF.SS. 

(d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. in l. 4 aprile 1935, n. 911, art. 11, par. 4). 
Prescrizione . -Fatto costituente reato -Estinzione del reato per 
amnistia -Decreto di archiviazione del giudice penale -Potere 



728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del giudice civile di . accertamento del carattere penalmente 
illecito del fatto ai fini ed in funzione della determinazione 
del termine e della decorrenza della prescrizione del diritto 
al risarcimento del danno -Presupposti -Elementi di fatto 
nuovi e diversi determinanti il potere-dovere del giudice 
civile del rapporto all'autorit� giudiziaria penale. 



(e.e., art. 2947; c.p.p., artt. 3, 74). 

La parte totalmente vittoriosa pu� proporre ricorso incidentale per 
cassazione su questioni preliminari o pregiudiziali, condizionanclolo allo 
accoglimento del ricorso principale. In tal caso, l'esame del ricorso 
principale deve precedere quello del ricorso incidentale, al fine di stabilire 
se sussista o meno i interesse del ricorrente incidentale all' annullamento 
della sentenza impugnata (1). 

Il giudice di merito non pu�, .<Jenza contraddirsi, imputare alla 
part� di non avere assolto all'onere di provare i fatti costitutivi della 
domanda e poi negarle di ammettere la prova testimoniale da quella 
declotta, affermando che essa verte su fatti pacifici. In tal caso, egli non 
pu� esimersi dal valutare i fatti medesimi, per accertare se concretano 

o meno il fondamento della domanda, in mancanza di che la contrad" 
-~ 
dizione logica vizia alla base il suo ragionamento e legittima la censura " 
proposta, trattanclosi di mezzo di prova relativo ad un punto decisivo 
della controversia (2). 
L'assunzione da parte degli alleati, durante l'occupazione bellica, 
di talune linee ferroviarie italiane non import� interruzione del rapporto 
di dipendenza organica e funzionale tra il personale italiano 
addetto alle linee medesime e l'Amministrazione delle Ferrovie derto 
Stato, alla quale continu� ad incombere il dovere di vigilanza �dell' esercizio 
ferroviario nell'interesse della popolazione. Epper� le Ferrovie 
dello Stato sono responsabili dei danni cagionati in tali condizioni da 
fatti colposi dei loro dipendenti (3). 

Il provvedimento del giudice penale di archiviazione degli atti del 
procedimento per intervenuta estinzione del reato per amnistia, non 


(1) Cfr. Cass., 30 marzo 1963, n. 800, Foro it., Mass., 1963, 228. 
(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 16 luglio 1957, n. 2903, Foro it., Rep., 1957, voce 
Cassazione civile, c. 327, n. 79. 
(3) Gfr. Cass., Sez. Un., 28 giugno 1950, n. 1656, Resp. civ., 1950, 398, con 
nota (sub 1) di riferimenti di giurisprudenza e di dottrina; 31 luglio 1950, n. 2257, 
id., 1951, 25. L'insegnamento della Suprema Corte regolatrice �, infatti, nel senso 
che gli organi dello Stato occupato non diventano organi dello Stato occupante, 
�anche se agiscono sotto le direttive di questi ultimi: dr. Cass., Sez. Un., 28 giugno 
1950, n. 1656 e 31 luglio 1950, n. 2257 test� citate, nonch� Cass., 4 settembre 
1953, n. 2937, Giur. compl. Ca.ss. civ., 1954, 1 bim., 216-220, con nota di 
BRASIELLO. 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVll..E 729 

preclude al giudice civile il potere di dichiarare, ai fini ed in funzione 
della determinazione del termine e della decorrenza della prescrizione 
del diritto al risarcimento del danno, il carattere penalmente ill.ecito 
del fatto, allorch� la sua convinzione sia desunta da elementi nuovi e 
diversi da quelli gi� valutati dal giudice penale~ determinanti altres� il 
potere-dovere del rapporto previsto dall'art. 3 c.p.p. (4). 

(4) Cfr. Cass., 2 aprile 1960, n. 746, Giust. civ. 1960, I, 1395, con nota 
(sub 2) di riferimenti. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1906 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P.M. Pedace {conf.) -Comune di Vittorio 
Veneto (avv.ti Martucci, Massari) c. Commissariato Nazionale Giovent� 
Italiana (avv. Stato Casamassima). 

Enti pubblici � Capacit� di donare -Ammissibilit�. 
(e.e., artt. 11, 774). 

Deve ritenersi ammessa, nel nostro sistema giuridico, la capacit� 
degli �nti pubblici di fare donazioni, in manoanza di una norma che 
anche indirettamente la escluda. Caratteristica propria delle donazioni 
compiute dagli enti pubblici � che i consueti motivi che formano 
I'animus donandi sono necessariamente in funzione di un interesse 
pubblico e cio� dell' officium largamente inteso e non gi� di un puro e 
semplice beneficium o di una mera liberalitas {I). 

(1) Conf. Cass., Sez. Un., 17 novembre 1953, n. 3540, Giust. civ., 1953, 
3514, v. anche in questa Rassegna, 1954, 59; 18 febbraio 1955, n. 470, Foro it., 
1955, I, 471; Ca~s., 11 febbraio 1958, n. 422, Foro it., 'Rep., 1958, v. Donazione, 
c. 768, n. 15 e Sett. Cass., 1958, 86-87, con motivazione in nota (sub l); 16 giugno 
1962, n. 1525, id., Mass., 1962, 458. Da ultimo, v. Cass., 12 maggio 1964, n. 1133, 
Giur. it., Mass., 1964, 364. In dottrina si ritiene che la capacit� giuridica privata e 
la relativa capacit� di agire spettino di diritto alle persone giuridiche pubbliche, 
almeno nei limiti in cui esse corrispondono al loro' scopo e salvo disposizioni contrarie 
espresse, cfr. CAMMEO, Corso di diritto amm.vo (ristampa). Padova, 1960, 411-412. 
Si avverte, -Ovviamente, che ne sono esclusi i rapporti di famiglia e in genere quelli 
che presuppongono la personalit� corporea: FORTI, Diritto amm.vo, vol. I, Nap-0li, 
1931, 204. Per l'usufrutto si veda il secondo comma dell'art. 979 e.e. Il SANDULLI, 
Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 294, sottolinea che gli atti di dir. privato 
che i singoli enti pubblici non possono compiere sono quelli estranei alle loro finalit� 
� onde gli enti sono da considerarsi privi della corrispondente capacit� giuridica 
(il che importa la conseguenza della giuridica inesistenza delle relative deliberazioni 
e, di riflesso, degli atti in questione ... ) �. A proposito degli atti di liberalit� il predetto 
A. avvisa (ivi) che " la P.A. non pu� compiere altre attribuzioni gratuite oltre 
quelle -di massima aventi natura pubblicistica -che, sotto forma di sussidi 
di beneficenza, di sovvenzioni di imprese di interesse pubblico, di borse di studio, di 

730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cessione di beni da destinare a fini che interessano l'ente che opera la cessione, ecc., 
ineriscono, vuoi in via ordinaria, vuoi in via eccezionale, a suoi scopi istituzionali �. 
In se11so contrario alla capacit� di donare degli enti pubblici v. anche RoEHRSSEN, 
I contratti della pubblica Amministrazione, I, Bologna, 1961, 59, al �quale appare 
insuperabile per la soluzione positiva la obiezione che la donazione depaupererebbe 
il patrimonio dell'ente pubblico, impedendogli, .in tal modo, almeno in parte, secondo 
1'A., il perseguimento dei fini istituzionali (sul carattere privatistico del trasferimento 
gratuito da parte di un comune alla ex G.I.L. d� un'area di propriet� comunale 
e dell'edificio sulla stessa costruito v., invece, Cass., Sez. Un., 14 marzo 1961, n. 577, 
La settimana della Cassazione, 1961, 518 e segg.). Per ulteriori riferimenti di dottrina, 
nell'uno e nell'altro senso, v. in questa Rassegna, 1964, p. II. 100-101. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1909 -Pres. P.ece E8t. 
Di Majo -P.M: Torn {conf.) -Gestione Case per Lavoratori 
(avv. Stato Del Greco) c. Rinaldi {avv.ti Carravetta, San Marco). 

Espropriazione per p.u. � Determinazione dell'indennit� nei casi 

in cui sia applicabile l'art. 13 della 1. 16 gennaio 1885, n. 2892, 
per il risanamento della citt� di Napoli. 


(I. 16 gennaio 1885, n. 2892, art. 13). 
Espropriazione per p.u. -Giunta speciale per le espropriazioni 

I

per p.u. presso la Corte d'Appello di Napoli � Giurisdizione 
speciale � Composizione � Funzione � Capacit� di dare giudizi 
tecnici. 


(d. lg. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, art. 18; r.d. 17 aprile 1921, n. 762, art. 12:. 
Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Applicazione 
art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 -Portata della norma. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art 40). 
Espropriazione per p.u. -Indennit� originaria e supplementare di 
espropriazione � Deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti � 
Necessit� del previo esperimento della particolare procedura 
predisposta dal legislatore per il pagamento. 

(l. 25 giugno 1865, n, 2359, artt. 30, 48, 51, 55; 1. 3 aprile 1926, n, 686, art. 1). 
Il valore legale dell'immobile espropriato, ai sensi delr art. 13 della 

l. 16 gennaio 1885, n. 2892 (legge per Napoli), da mediarsi con il valore 
venale ai fini della determinazi"one delrindennit� di espropriazione, � 
co8tituito dal coacervo dei fitti delr ultimo decennio, qualora essi 
abbiano dat,a certa, ovvero, in mancanza dei fitti di data certa, dal 
coacervo degli imponibili relativi allo 8tesso periodo. Tali imponibili 
sono quelli netti, accertati agli effetti delrimpo8ta sui fabbricati e sui 
terreni (facendosi riferimento a tal'uopo al solo reddito dominica'le), e 
sui quali si paga l'impo8ta al momento dell'espropriazione, anche se, 
per sopravvenuto mutamento dei valori immobiliari o per trasforma

PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 

731 

zioni avvenute nelrimmobile, tali imponibili risultino inferiori a quelli 
che dovrebbero essere effettivamente (1). 

La Giunta speciale delle espropriazioni costituita presso la Corte 
<!Appello di Napoli � organo di giurisdizione speciale, qualificato, per 
la sua composizione, a dare giudizi tecnici, sicch�, per la funzione 
specifica che ad essa � attribuita, ha la possibilit� di risolvere direttamente 
quelle questioni che il giudice ordinario deve, invece, risolvere 
con tausilio del consulente tecnico (2). 

L'art. 40 della legge organica sull'espropriazione per p.u., che 
detta il criterio da applicare per la determinazione dell'indennit� in 
caso di espropriazione parziale, si riferisce ad ogni possibile ipotesi 
di riduzione de1l valore del fondo residuo, in dipendenza diretta o indiretta 
delresproprio {minor fronte sulle strade, maggiore difficolt� di 
suooessive lottizzazioni, diversa esposizione conseguente alle nuove 
costruzioni da parte dell'ente espropriante, maggior costo di allacciamento 
alle reti di servizi di fognatura, energia elettrica, gas, acqua, ecc.) 
e non prescrive una preliminare ripartizione tra zona e zona del terreno 
da espropriare ed una preventiva differenziazione di valore tra 
esse (3). 

L'indennit� di espropriazione, sia che si tratti della somma offerta 
dall'espropriante e accettata dal proprietario o di quella determinata 
in seguito a stima di ufficio, sia che si tratti dell'altra, supp1lementare, 
event�almente determinata in sede giurisdizionale, a seguito di opposizione 
delrespropriato, va in ogni caso depositata presso la Cassa 
Depositi e Prestiti a garanzia degli aventi diritto, i quali possono percepire 
la somma solo al termine di uno speciale, complesso procedimento 
predisposto dal legislatore per 'il pagamento da parte della 
Cassa e per la eventuale ripartizione fra i vari interessati (4). 

(1) Conf. Cass. 10 novembre HIBO, n. 3005, Foro it., Rep., 1960, v. Espr. per 
p.i., c. 875, n. 176; 30 marzo 1963, n. 805, id., Mass. 1963, 231. 
(2) Conf. Cass., 25 febbraio 1964,.n. 414, in questa Rassegna, 1964, 505, con 
nota di rilievi. 
(3) V. anche Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, 719, 
(sub 1). 

(4) Conf. Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1. 839; v. anche 
Cass., 9 giugno 1964, n. 1425, in questa Rassegna, 1964, 722. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1964, n. 2019 -Pres. Rossano 
-Est. Perrone-Capano -P.M. Gentile .(conf.) -Gagliardo 
{avv. Sangiorgi) c. Prefetto di Palermo (avv. Stato Agr�). 

Amministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -� Jus 
superveniens � -Portata. 

(1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 5). 

732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Amministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -Disciplina 
positiva -Individuazione dell'Amministrazione legittimata 
alla causa e dell'organo legittimato al processo -Onere 
dei terzi e non dello Stato attore in giudizio. 

(T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, mod. dalla 1. 25 marzo 1958, n. 260, 
art. 1). � 
Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Rappresentanza 
in giudizio. Necessit� della duplice indicazione dell'Am� 
ministrazione legittimata alla causa e dell'organo legittimato 
al processo a pena di nullit� insanabile della � vocatio in jus � 
-Non occorrono formule speciali o solenni. 

(T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; c.p.c., artt. 163 e 164). 
Cassazione -Incensurabilit� da parte della Corte di Cassazione 
degli apprezzamenti di fatto dei giudici di merito � Non si 
estende a quelli riguardanti le attivit� processuali svolte 
dalle parti. 

(c.p.c., art. 360). 

La legge 25 marzo 1958, n. 260, che ha modificato le norme sulla 
rappresentanza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, concerne 
la legittimazione passiva e non anche la legittimazione attiva 
ed � applicabile nei giudizi in corso al momento deUa sua entrata in 
vigore solo nei casi, in cui, al posto deli organo e del soggetto, che 
gi� rappresentava una determinata Amministrazione secondo le norme 
organiche, fosse stato citato il relativo Ministro {l). 

La ripartizione delle competenze fra i vari organi dello Stato 
impone soltanto ai terzi l'onere della preoisa individuazione del ramo 
dell'Amministrazione che deve essere chiamato in giudizio e del relativo 
rappresentante, ma non si ritorce in un onere per lo Stato medesimo, 
nel caso che esso si faccia attore o proponga un'impugnazione, 

(1) Conf. Cass., 26 luglio 1960, n. 2160, Foro it., 1960, I, 1697, con nota 
(sub 3) di riferimenti. La sentenza in rassegna motiva la massima, affermando che 
il carattere � eccezionale" della norma transitoria contenuta nell'art. 5 1. n. 260 
del 1958 � ne impedisce l'estensione a casi non considerati ". Come si evince dal 
riferimento ai casi di applicazione dell'art. 1 1. citata nei giudizi in corso, la 
massima sembra alludere alla sola legittimazione pr�cessuale e non anche a quella 
ad causam. In dottrina si veda, di recente, GREco, Appunti in tema di evocazione 

!'.:,�� 

in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, Giur. it., 1964, I, 2, 607 e seg., 
sub. 3. Ma v., comunque, Cass., 6 agosto 1963, n. 2211, in questa Rassegna, 1964, 
488 ed ivi nota. 




PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIV�LE 

733 

di instaurare il rapporto mediante una piuttosto che uri altra Amministrazione 
ed uno od altro organo, che ne assuma la rappresentanza (2). 

Per conv,enire in g~udizio una Pubblica Amministrazione � necessaria 
l'indicazione .inscindibile delfAmministrazione medesima e delrorgano 
che ne ha la rappresentanza, a pena di nullit� assoluta e non 
sanabile neppure dalla circostanza che la notificazione sia stata eseguita 
presso rAvvocatura dello Stato, la quale esercita solo lo jus postulandi. 
Alfuopo non occorrono, per�, formule socrarmentali o solenni e neppure 
� necessario che le dette indicazioni siano contenute specificamente ed 
espressamente nelfintestazione o nelle conclusioni dell'atto di citazione, 
essendo sufficiente che da tutto il contesto delfatto, e cio� della narrativa 
dei fatti, dalla esposizione delle ragioni addotte e dalle conclusioni, 
risultino chiaramente individuati, in modo da non dar luogo ad 
incertezze, rAmministrazione convenuta in giudizio e forgano chiamato 
a rappresentarla (3). . 

L'incensurabilit� da parte della Corte 'di Cassazione degli apprezzamenti 
di fatto dei giudici di merito � limitata a quelli che attengono 
al merito della causa e non si estende anche a quelli riguardanti le 
attivit� processuali svolte dalle p1arti, o il contenuto e i limiti delle 
domande da esse proposte (4). 

(2; Conf. Cass., 8 gennaio 1957, n. 29, Foro Amm., 1957, II, 1, 257; 13 maggio 
1958, n. 1564, Foro it., Rep., 1958, v. Amm. dello Stato, ecc., c. 81, n. 49; 
21 marzo 1963, n. 694, Foro it., 1963, I, 2251, con nota del LENER. 

(3) Cfr. Cass., 28 marzo 1958, n. 1048, Foro it., Rep., 1958, v. Citazione civ., 
c. 413, nn. 33-34; 9 settembre 1958, n. 2989, Foro it., 1958, I, 1239; 25 febbraio 
1959, n. 543, Giust. civ., 1959, I, 1568; 9 aprile 1960, n. 813, Foro Amm., 1960, 
Il, 247; 29 settembre 1960, n. 2526, Foro it., Rep. 1960, v. Citazione civile, c. 422, 
nn. 4-5; 19 aprile 1961, n. 854, Foro Pad., 1961, I, 989. 
(4) Infatti, secondo la motivazione della sentenza in rassegna, tali ultimi 
apprezzamenti � se erronei, si risolvono in altrettanti errores in procedendo, che, 
come tutti gli errori di tale natura, possono essere rilevati e corretti dal Supremo 
Collegio anche in base ad un riesame di fatto degli atti del processo �: cfr. anche 
Cass., 19 gennaio 1963, n. 77, Foro� it., Mass., 1963, 21; 16 febbraio 1963, n. 342, 
id., Rep., 1963, voce Cassazione civ., c. 313, n. 66; 11 ottobre 1963, n. 2711, 
Foro it., 1964, I, 72. � 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142, Pres. Varallo 
-Est. Azara -P.M. Pisano (conf.) -Gulletta (avv.ti Moschella, 
Spadara) c. Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Pietrini-Pallotta). 

Espropriazione per p.u. -Occupazione di urgenza di immobile Scadenza 
del biennio di cui all'art. 73 1. 25 giugno 1865, 

n. 2359 -Illiceit� della ulteriore detenzione dell'immobile Sopravvenienza 
del decreto espropriativo -Cessazione del

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

734 

l'illiceit� � Risarcimento dei danni per il periodo di illecita 
detenzione dell'immobile � Criteri di liquidazione. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e. artt. 2043, 2056, 2697). 
Procedimento civile � Potere discrezionale del giudice di valu


tazione delle prove � Estensione -Giudizio sulla sussistenza 

del fatto notorio � Insindacabilit� da parte della Corte di 

Cassazione. 

(c.p.c., artt. 115, 116). � 

Nel caso di occupazione di urgenza di un immobile, ove sia decorso 
il biennio previsto dal! art. 73 l. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che il 
Prefetto abbia pronunciato la relativa espropriazione per p.u., folteriore 
detenzione del bene diviene illegittima, con la conseguenza che 
i ente occupante, come detentore senza titolo, � tenuto a restituirlo, 
ovvero, qualora la restituzione non sia pi� possibile, per le opere compiute 
o per altro motivo, al risarcimento� del danno. Tale situazione non 
incide, per�, sul potere espropriativo della P .A., n� formalmente n� 
sostanzialmente, neanche nel caso in cui penda innanzi all'A.G.O. giu� 
dizio promosso dall'interessato per la restituzione delrimmobile o il 
risarcimento del danno. Epper�, intervenuto il decreto espropriativo, 
la illiceit� della detenzione del bene da parte della P .A. occupante 
viene a cessare ex nunc. In siffatta ipotesi, al proprietario <lell'immobile, 
oggetto dell'occupazione e della. tardiva espropriazione, spettano: 
1) una indennit� per la occupazione temporanea legittima; 2) l'indennit� 
di espropriazione nella misura stabilita nel relativo decreto o, in 
caso di opposizione, in quella determinata con .apposito giudizio; 3) il 
risarcimento dei danni per il periodo di occupazione senza titolo, corrente 
d;alla scadenza del biennio di legge .alla data di emissione del 
decreto espropriativo. Relativamente a tali danni, il giudice deve contenerne 
la Hquidazione con esclusivo riguardo al cennato periodo, 
adottando un criterio non univoco, ma variabile a setconda della concreta 
fattispecie, consistendo quel danM, di regola, neUa mancata percezione 
da parte del soggetto espropriato del reddito che egli avrebbe 
potuto ricavare dal bene, senza escludere, tuttavia, il maggior pregiu� 
dizio che il proprietario espropriato Jimostri di aver sub�to in dipendenza 
della indisponibilt� del bene medesimo neltanzidetto periodo (1). 

(1) Conf. Cass., Sez. Un., 22 luglio 1960, n. 2087, F01'o it., 1960, I, 1703, in 
part. 1706; 24 ottobre 1960, n. 2892, id., 1961, I, 61; 19 aprile 1961, n. 862, Sett. 
Cass., 1961, 685; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. civ., 1963. I, 147; 30 gennaio 1963, 
n. 154, Giwr. it., Mass., 1963, 48; 30 marzo 1963, n, 800, ibidem, 261-262; 27 maggio 
196S, n. 1S89, ibidem, 478-479; 5 giugno 1963, n. 1504, Foro it., Mass., 1963, 
438; 9 ottobre 1963, n. 2679, ibidem,. 761; 17 ottobre 1963, n. 2776, GiU1'. it., 

PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 

735 

Fatta eccezione per il giuramento, che ha una speciale disciplina, 
il giudice di merito � libero di scegliere, tra pi� elementi di prova sottoposti 
al suo vaglio, quelli che reputi pi� attendibili ed efficaci ai fini 
della form(J)Zione del proprio convincimento, scartando gli �altri, che 
ritenga meno concludenti e sicuri. Tale potere di scelta, in� quanto 
rientra nella valutazione delle prove, � insindacabile in Cassazione. 
Pertanto, il giudice che ritenga inattendibile il parere del consulente 
tecnvco, in quanto contrastante con nozioni di comune esp,erienza, 
bene pu� utilizzare queste ultime come elemento di ptrova, avvalendosi 
del potere discrezionale suddetto, nel quale va compreso anche il 
giudizio sulla sussistenza del fatto notorio, di cui le nozioni di comune 
esperienza costituiscono la base (2). 

Mass., 1963, 949; 20 gennaio 1964, n. 109, in �questa Rassegna, 1964, 323 e segg., 
con nota di richiami. 

(2) Conf., Cass. 13 maggio 1964, n. 1145, Giur. it., Mass., 1964, 368-369. 
TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 16 aprile 1964 -Pres. Stile -Est. 
Di Filippo -Condominio via Monteroduni, 16 (avv. Sgobbo) c. 
Comune di Napoli {avv. Daniele). 

Responsabilit� civile -Azione di risarcimento di danni conseguenti 
ad apprestamento di ricovero antiaereo pubblico da parte del 
Comune -Legittimazione passiva del Comune e non dello Stato. 

(d.l. 29 ottobre 1936, n. 2216, conv. in I. 10 giugno 1937, n. 1629, artt. 1 e 
segg.; d.l. 5-maggio 1941, n. 410, conv. in I. 24 ottobre 1941, n. 1293, artt. 1 
e segg.; d.l. 16 dicembre 1942, n. 1566, artt. 1 e segg., d.lg, 11 marzo 1948_ 
n. 409, artt. 1 e segg.). 
Alfazione di risarcimento di danni conseguenti alla costruzione di 
un rf!covero antiaereo pubblico a cura del Comune � passivamente legittimato 
questo Ente e non gi� lo Stato {l). 

(Omissis). -Il Comune eccepisce la carenza di legittimazione 
passiva poich� i lavori per lallestimento del ricovero antiaereo pubbLico, 
dai quali si assume che sia derivato il danno, sarebbero stati 
eseguiti per conto dello Stato, che, pertanto, sarebbe responsabile delle 

(1) Sostituzione e non rapporto organico. 
In senso contrario alla massima surriportata una precedente, recente pronuncia 
della lll Sezione civile della Corte di Cassazione (13 novembre 1963, n. 2974, 
Giust. Civ., Mass. Cass., 1963, 1393 e seg.), partendo dalla premessa che spesso 
� ad uffici comunali sono demandate funzioni proprie dello Stato ed allora, mentre 
il rapporto di servizio delle persone fisiche titolari degli uffici rimane pur sempre 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

violazioni arrecate ai diritti dei terzi, per effetto della esecuzione 
delle opere. 

Si deve premettere che il r.d.l. 29 ottobre 1936, n. 2216, riserva 
allo Stato (art. 1) il regolamento della protezione contro gli effetti 
degli attacchi aerei; specifica (al successivo art. 2) che lorganizzazione 
ed il funzionamento della protezione antiaerea sono affidate per il 
territorio nazionale al Ministero dell'Interno (sostituito a quello della 
Guerra dal r.d. 5 maggio 1941, n. 410) ed enuncia {art. 3) che la � protezione 
antiaerea � implica la predisposizione di ricoveri. Ora, poich� 
il Comune di Napoli sostiene di aver eseguito la costruzione del ricovero 
antiaereo in questione per ordine, sollecitazione e parere del competente 
Ministero, si tratta di stabilire se per i danni connessi alla 
esecuzione di dette opere debba rispondere il Comune, ovvero, come 
si sostiene dall'Amministrazione convenuta, il Ministero dell'Interno. 


La tesi del Comune � motivata dal rilievo che, nella specie, trattandosi 
di attivit� espletata d�l Capo dell'Amministrazione comunale 
nella qualit� di ufficiale del Governo, la responsabilit� per fatti dannosi 
conseguente a tale attivit� deve far capo allo Stato, nel cui interesse 
l'attivit� � stata svolta, come � stato affermato da una autorevole e 
costante giurisprudenza. (cfr. da ultimo: Cass. 9 giugno 1959, n. 1718). 

Il Collegio deve inoltre precisare che con una recentissima pronuncia 
(13 novembre 1963, n. 2974) la Corte Suprema ha affermato 
che, essendo dalla legge attribuita allo Stato tutta la materia della 
protezione antiaerea, la circostanza che l'attivit� sia stata svolta da 
organi del Comune non importa responsabilit� di detto ente per la 
cattiva esecuzione delle opere, proprio in virt� del principio innanzi 
accennato, secondo cui, in alcuni casi, l'ordinamento demanda ad uffici 
comunali funzioni proprie dello Stato; con la conseguenza che, mentre 
il rapporto di servizio delle ,persone fisiche titolari degli uffici rimane 

con il Comune, il rapporto organico, ossia lo strumento mediante il quale si attua 
l'esercizio della funzione, intercorre con lo Stato, cui sono conseguentemente riferibili 
gli atti relativi ,, , aveva sottolineato che la protezione antiaerea � funzione 
sempre appartenuta allo Stato, inferendone che � ;pertanto, gli uffici comunali sono 
da considerare, nella specie, come operanti quali organi dello Stato �. La sentenza 
in rassegna avverte il salto logico di tale ragionamento: il rapporto organico presuppone 
un titolo di investitura nella funzione o ufficio (cfr., in argomento, SANDULLI, 
Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1955, 134) e, certamente, non avrebbe 
senso sostenere che un ente ;pubblico possa, di fatto, invadere la sfera di attribuzioni 
proprie di un altro ente pubblico, impegnandone, con gli atti dei propri 
funzionari, direttamente, la responsabilit� verso i terzi (si vedano i rilievi del 
SANDULLI, I limiti di esistenza dell'atto amministrativo, Rass. di dir. pubbl., 1949, 
I, 157 ed ivi anche note 85-87). 

Questo titolo di investitura del Comune, nella materia considerata, non si 

rinviene, in effetti, in alcuna disposizione di legge : non nella legge comunale e 

provinciale vigente all'epoca dei fatti e neppure nella legislazione speciale in 



PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 737 

pur sempre con il Comune, il rapporto organico intercorre con lo Stato, 
cui sono pertanto riferibili gli effetti dell'attivit� posta in essere. 

Con riferimento a tale autore-Yole giudicato, il Collegio, senza 
voler porre in dubbio che la responsabilit� per l'attivit� compiuta 
dal capo del comune nella esplicazione delle sue funzioni di ufficiale 
del Governo debba farsi risalire allo Stato,� deve considerare che, per 
potersi configurare in mncreto la sussistenza della responsabilit� dello 
Stato, occorre rinvenire nella legge un necessario collegamento, consistente 
nella previsione legale di un conferimento di funzioni proprie 
dello Stato all'organo dell'ente pubblico minore. 

In difetto di una espressa norma, che attribuisca ad un organo 
di ente pubblico minore una funzione statuale, non pu� ritenersi ch� 
l'attivit� di tale organo sia riferibile all'ente cui la legge attribuisce la 
funzione medesima. 

La pi� moderna dottrina ha, infatti, posto in luoe l'equivoco di 
voler collegare necessariamente le conseguenze dell'esercizio di una 
dterminata funzione al soggetto cui per legge tale funzione � devoluta. 
Attribuzione di funzione e responsabilit� per esercizio della stessa 
non sono necessariamente dati correlativi,. ai fini della identificazione 
del soggetto, che � tenuto a rispondere degli effetti dannosi dell'attivit� 
iner�nte ad una determinata funzione. 

Al riguardo, basta considerare che l'ordinamento, nel regolare la 
competenza dei vari uffici, prevede contestualmente ed espressamente, 

materia di protezione antiaerea (1. 10 giugno 1937, n. 1629, art. 2: a l'organizzazione 
e il funzionamento della protezione antiarea sono affidate per il territorio del 
regno al Ministerp della guerra, che si vale del Comitato centrale interministeriale 
per la protezione antiaerea quale organo consultivo ... �; I. 24 ottobre 1941, n. 1293, 
art. 1: � lorganizzazione e il funzionamento della protezione antiaerea nel territorio 
del regno sono affidati al Ministero dell'Interno�~. L'unico ente pubblico, avente 
come scopo quello di integrare l'azione degli organi statali preposti alla protezione 
antiaerea, di cui si ritrovi, per il tempo di guerra, un titolo di a diretta dipendenza � 
dal dicastero statale competente (art. 1 r.d. 18 giugno 1940, n. 632; art. 1 r.d. 
5 maggio 1941, n. 410) e nei confronti del quale si � parlato -bene o male qui non 
importa -di rapporto organico con Io Stato, fu I'UNPA, poi soppressa con d.lg.lgt. 
6 marzo 1946, n. 175, (Cass., Sez. Un., 23 maggio 1952, n. 1488, Foro it., 1952, 
I, 848 e segg.). 

Poich� dell'operato dell'UNP A in tempo di guerra fu ritenuto responsabile 

direttamente Io Stato (Cass., Sez. Un., 23 maggio 1952, n. 1488, sopra citata), il 

caso sarebbe stato, appunto, sussumibile nello schema della titolarit� di organo 

statale da parte di un ente pubblico minore, a cui deve ritenersi alluda la ricordata 

sentenza n. 2974 del 1963 della Corte di Cassazione (sul concetto v. GIANNINI M.S.� 

Lezioni di dir. amm., I, Milano, 1950, 147 e seg.; RossANo, Persone giuridiche pub


bliche ecc., in Foro it., 1951, I, 653 e, pi� di recente, CARBONE, Persone giuridiche 

-organi ecc., in questa Rassegna, 1955, 224 e segg.; BENVENUTI, L'organizzazione 

impropria della P.A., in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 980. :� noto, poi, che l'altra 

ipotesi, di personificazione di un organo statale, comporta, invece, una diretta 

9 



738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per il principio della legalit�, i casi di sostituzione nell'esercizio e di 
delegazione di funzioni tra organi diversi di uno stesso ente o addirittura 
tra enti diversi (art. 118 Cost.) � 

La riferibilit� all'ente pubblico degli effetti di una funzione pubblica, 
al di fuori della previsione legislativa, � presa in considerazione �~ 
negli stretti liI\'liti, che giustificano la ricorrenza del fenomeno del funzionario 
di fatto; fenomeno, che, nella specie, non � ipotizzabile, per la 
qualit� pubblica del soggetto, della cui attivit� si discute. 

Quanto innanzi esposto trova conferma nel rigore della indagine 
svolta dalla giurisprudenza proprio in tema di esercizio delfattivit� 
governativa da parte del Sindaco (v. per tutte: Cass. 9 giugno 1959, 
cit.), per accertare, anche d'ufficio e con riferimento al caso concreto, 
la corrispondenza tra la fattispecie dedotta in giudizio e la previsione 
�nqrmativa di attribuzione dell'esercizio della funzione. 

Alla stregua di tali principi, devesi escludere che rientra tra le 
attribuzioni del Sindaco, quale ufficiale del Governo, la funzione di 
predisporre i ricoveri antiaerei pubblici, poich� tale attribuzione non 
� prevista nei casi tassativamente indicati nell'art. 152 del t.u. della 
legge 4 febbraio 1915, n. 148 (da 1 a 6) e non � prevista dalla legge 
speciale {cui fa richiamo, in astratto, il n. 7 del citato articolo) in 
materia di ricoveri antiaerei. 

Anzi, proprio il r.d. n. 2216 del 1936 cit., nell'attribuire allo Stato 
la competenza esclusiva in tema di organizzazione della protezione 

responsabilit� dell'organo-persona e solo una imputazione di secondo grado allo 
Stato, cfr. GIANNINI, Lezioni di dir. amm. cit., 14-6, 158). 

A ragione, per�, l'annotata sentenza del Tribunale ha disconosciuto il fondamento 
positivo di siffatta configurazione, nei confronti del Comune, costruttore di 
ricoveri pubblici di protezione antiaerea in tempo di guerra. Merito peculiare della 
sentenza � di avere perspicuamente avvertito ohe l'esercizio di una funzione statale 
da parte di un� soggetto diverso non � per s� solo sufficiente a far considerare tale 
soggetto come titolare di un organo statale {cfr. SANDULLI R., In tema di Ente 
economico della zootecnia ecc., Foro it., 1949, I, 1173). 

Ed infatti, nel caso qui considerato, fermo il carattere statale della funzione 
di protezione antiaerea del territorio nazionale e della costruzione di ricoveri pubblici, 
messo in evidenza dalla sentenza n. 2974 del 1963 della Suprema Corte 
regolatrice (sull'argomento si veda V ALOru, Antiaerea (protezione), in Enciclopedia 
del diritto, vol. II, Milano, 1958, 519 e segg.) e ferma la mancanza di qualsiasi 
titolo ex lege di investitura o attribuzione della medesima funzione al Comune, 
veniva superato, come � stato superato dall'annotata sentenza, il problema interpretativo 
volto a stabilire se di investitura di organo statale potesse trattarsi (con 
consegu�nte� responsabilit� dello Stato), o, viceversa, di decentramento autarchico 

o anche solo di delega ex lege della funzione (con conseguente responsabilit� del 
Comune, agente in proprio. Sulla difficolt� e sui criteri della distinzione v. SANDULLI 
R., op, cit., 1173) e doveva necessariamente escludersi, come ha fatto la 
sentenza del Tribunale di Napoli, la possibilit� di una diretta imputazione allo 
Stato della dannosa attivit� comunale, di cui si trattava. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 739 

antiaerea, non contiene cenno alcuno alla possibilit� che l'attivit� 
statale sia esercitata dal Capo dell'Amministrazione comunale: n� tale 
eventualit� � prevista nell'altra legge speciale {11 marzo 1948, Q. 409), 
che disciplina le espropriazioni degli immobili adibiti a ricoveri antiaerei. 
Anche a voler dare rilievo dii delega retroattiva all'inciso contenuto 
nell'art. 1 della legge citata, che presuppone l'esistenza di ricoveri 
costruiti cc per mezzo di enti locali �, dovrebbe sempre pervenirsi alla 
affermazione della legittimazione passiva del Comune in ordine alla 
presente lite. 

Invero, prescindendo dalla Considerazione che da parte di autorevole 
dottrina si contesta l'ammissibilit� dii una delegazione intersoggettiva, 
la giurisprudenza della Suprema Corte ha statuito che la 
delegazione amministrativa costituisce un istituto peculiare del diritto 
pubblico, non assimilabile al mandato, onde non possono applicarsi alle 
conseguenze, cui esso d� luogo, i principi privatistici relativi al mandato 
e alla rappresentanza (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2710). 
Con la stessa pronunzia la Corte ha chiarito che nella delegazione 
intersoggettiva l'ente delegato non opera come un organo sia pure 
straordinario, dell'ente delegante, bens�, determinando detta delegazione 
una deroga (preventivamente consentita dalla legge) alle norme 
sulla competenza ammillistrativa, essa pone il delegato in una condizione 
pari a quella del delegante, il quale viene a trovarsi, rispetto 
agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di un soggetto 

L'unico titolo di eserclZlo comunale dell'attivit� stat�ie di costruzione di � 
ricoveri antiaerei pubblici, che potesse considerarsi genericamente previsto dalla 
legge (I. 24 giugno 1929, n. 1137), sarebbe stato, pertanto, quello della concessione 
amministrativa, sia pure con l'accollo all'Erario della spesa complessiva dell'opera, 
ritenuto non contrastante con la citata legge n. 1137 del 1929. In questi 
sensi era, appunto, l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice 
(sentenza 4 maggio 1963, n. 1103, Foro it., 1963, I, 1123 e segg.), di cui la 
ricordata pronuncia n. 2974 del 1963 della Corte medesima non ha tenuto conto, 
nell'interpretare le disposizioni del decreto legislativo 11 marzo 1948, n. 409, 
relativo alla cc sistemazione delle opere permanenti di protezione antiaerea gi� 
costruite direttamente dallo Stato o a mezzo di enti locali� (cfr. anche art. 1 
d.lg. n. 409 citato). Non � gi� che da tali disposizioni sia lecito trarre il titolo di 
una investitura postuma degli enti locali nella stessa titolarit� dell'ufficio statale, 
come sembra avvisato dalla pronuncia della III Sezione Civile della Corte di 
Cassazione e, quindi, la giustificazione di una assoluta irresponsabilit� di questi 
enti, per il loro operato, nella costruzione, di fatto, di ricoveri antiaerei pubblici, e 
viceversa di una responsabilit� esclusiva dello Stato, per tale operato. 

Quanto inesatta si dimostri questa interpretazione, giustamente non condivisa 
dal Tribunale di Napoli, si ricava ad evidenza della precisa, innegabile constatazione 
che il decreto legislativo considerato, nella parte che interessa, limita l'imputazione 
allo Stato degli effetti dell'attivit� degli enti pubblici locali al solo acquisto della 
propriet� (demaniale) delle opere permanenti di protezione antiaerea, da quelli 
costruite ed all'accollo del pagamento delle indennit� espropriative non ancora 



740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

investito di funzioni di mero controllo. La conseguenza, da tali principi 
tratta dalla Corte, � che di regola, salvo �diversa specifica �disposizione 
dell'atto di conferimento, il delegato � investito del potere di 
provvedere rispetto ali' oggetto della delega in nome proprio e non in 
veste di rappresentante delfaltro soggetto, pur se per conto e nell'interesse 
di quest'ultimo. Consegue chiaramente che fente delegato � 
direttamente responsabile nei confronti dei terzi degli atti posti in 
essere in� esecuzione della delega, senza che in contrario possano aver 
rilievo le evel').tuali ripercussioni degli atti stessi nell'ambito del rapporto 
interno con il delegante e la 1oro incidenza nella sfera giuridica 
del medesimo. 

Le considerazioni che precedono consentono al Collegio di ritenere 
che alla presente lite il Comune di Napoli � passivamente legittimato. 


(Omissis). 

determinate e tuttora dovute ai proprietari dei suoli occupati dagli enti medesimi 
nella costruzione dei ricoveri in discorso (nonch� delle indennit� ex art. 46 1. 25 giugno 
1865 n. 2359, tuttora dovute per gli eventuali. danni o diminuzioni di diritti 
derivanti dall'occupazione del sottosuolo da parte di tali enti). Ci� che si legalizza 
a posteriori, adunque, non � un preteso rapporto organico fra enti locali e Stato, 
con una conseguente, diretta imputazione al secondo di tutta l'attivit� svolta dai 
primi nella materia considerata (la stessa, testuale contrapposizione delle opere 
costruite � a mezzo di enti locali � a quelle costruite � direttamente � dallo Stato 
dimostra la precisa mens legis), ma semplicemente un fenomeno di sostituzione, nel 
quale, com'� noto, il sostituto agisce in nome proprio e sotto la propria responsabilit�, 
mentre al sostituito � riferito soltanto il risultato di quella attivit� (MmLE, 
Principi di diritto amministrativo, I, Pisa, 1945, 90 e segg.). Nella specie, preci5amente, 
il decreto legislativo considerato riferisce allo Stato soltanto l'acquisto della 
propriet� delle opere costruite dagli enti locali, con il limitato accollo del pagamento 
delle sole indennit� ancora dovute, previste dagli artt. 2 e 3, mentre gli ulteriori 
rapporti fra lo Stato ed i Comuni, in ordine alla manutenzione, conservazione ed 
utilizzazione delle opere stesse restano configurati sempre nell'ambito del fenomeno 
sostitutorio, come rapporti di concessione in uso (art. 5, comma secondo, terzo e 
quarto, cit. d.lg. n. 409 del 1948). Sembra, pertanto, definitivamente dimostrata 
l'esattezza delle conclusioni a cui � pervenuta la sentenza annotata. 

FRANCO CARUSI 

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SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl. 5 febbraio 1964, n. 5 -Pres. Breglia 
-Est. Scotto -Rinaldi (avv. Nigro) c. Ministero Lavori Pubblici . 
(avv. Stato Dallari) e Gervasi Vetere (avv. Mazzotti e Conti). 

Giustizia amministrativa � Scusabilit� dell'errore � Sindacato 
del Consiglio di Stato -Limiti. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 34~. 
In tema di errore scusabile il Consiglio di Stato pu� accertare, 
col suo sindacato di legittimit�, solo la sussistenza dell'errore giuridicamente 
rilevante, mentre non pu� riesaminare la valutazione della 
scusabilit� che, conoernendo un awrezzamento di merito, � sottratto 
a detto sindacato se � immune da vizi .logici (1). 

{Omissis). -Si rileva preliminarmente che i due indirizzi giurisprudenziali, 
tuttora esistenti sulla questione della scusabilit� del1'
errore -che, come si vedr�, per il loro apparente contrasto hanno 
fornito lo spunto al presente riesame -contengono ambedue un 
germe di verit�, ma, in quanto si fondano entrambi su una visione 
unilaterale del fenomeno, ne offrono una visione incompleta e danno 
quindi luogo ad affermazioni inesatte. � 

(1) Questa decisione va segnalata per la sua importanza, in quanto l'Adunanza 
Plenaria, riesaminando il problema della scusabilit� dell' erro�re, lo ha inquadrato 
in termini che possono accettarsi. 
L'Adunanza ha precisato che il giudizio sulla scusabilit� dell'errore presuppone 
una duplice indagine: l'una rivolta ad esaminare se esista un errore giuridicamente 
rilevante, l'altra, diretta a valutare se l'errore sia, e in quali limiti, scusabile; 
ed ha ritenuto che solo la prima indagine, dal profilo di violazione di legge, � 
sindacabile, mentre non lo � la seconda, la quale, investendo un apprezzamento 
di merito, � sottratta al controllo di legittimit�, tranne quando il relativo giudizio 
si presenti insufficiente, perplesso, contraddittorio. 

La decisione, anche se appare in contrasto con precedenti pronuncie, ha 
suiperato tale contrasto, nei sensi ora esposti, pervenendo a conclusioni che possono 
condividersi. Cfr. V Sezione, 1� marzo 1952, Foro it., Rep., 1952, voce Giust. amm., 

n. 460; 15 novembre 1957, n. 988, ivi, 1957, voce cit., n. 61. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Di qui la necessit� di chiarire innanzitutto che il giudizio sulla :::;i 

s�cusabilit� dell'errore presuppone una duphce indagine: la prima 
diretta a determinare se esista un errore giuridicamente rilevante 
(essendo ovviamente esclusa la sua insussistenza come semplice avvenimento 
storico) e la seconda, logicamente e cronologicamente successiva, 
diretta a valutare se nell'errore -di cui � stata riconosciuta 
la giuridica rilevanza -si riscontri la presenza del requisito della 
scusabilit�. 

La decisione sulla prima questione, relativa all'esistenza di un 
errore giuridicamente rilevante, importa l'affermazione dell'esistenza 

o dell'inesistenza del potere di decisione da parte dell'Autorit� ammi-� 
nistrativa adita in sede di ricorso e come tale si risolve in una questione 
relativa al presupposto processuale che legittima resistenza 
della potestas .deciderl!di. Essa, al pari delle altre questioni preliminari 
al merito -come quelle sulla competenza dell'organo, sull'ammissibilit� 
e ricevibilit� del ricorso -incide sul procedimento di decisione 
e pu�, quindi, essere sindacata dal giudice della legittimit� sotto 
il profilo della violazione di legge per l'inosservanza di nonne procedurali. 
Sotto tale profilo � ammissibile la proposizione dinanzi al giudice 
di siffatta questione in quanto dalla soluzione della stessa dipende 
non gi� l'esito favorevole o sfavorevole del giudizio sul ricorso, ma 
unicamente laffermazione dell'esistenza o meno del potere dell'Autorit� 
adita a pronunciarsi sul ricorso stesso. 

La seconda questione, invece, relativa ai requisiti della scusabilit� 
dell'errore, � sottratta al sindacato di legittimit� del giudice amministrativo 
in quanto, postulando un giudizio �di valore (scusahilit� dell'errore), 
investe un apprezzamento di merito che, se sorretto da un 
ragionamento logioo immune da vizi giuridici, � sottratto al potere 
di cognizione del giudice di legittimit�. 

Ad evitare dannosi equivoci e soprattutto per circoscrivere i limiti 
nei quali il giudice di legittimit� pu� portare il suo sindacato sulla 
scusabilit� dell'errore, non � inopportuno soffermarsi sulfaffermazione 
contenuta in un noto e lontano parere (Adunanza generale del 29 settembre 
1932: Pres. Romando, Est. Piccardi) che ha avuto non poco� 
peso sul successivo -e tuttora perd�rante -non rettilineo indirizzo 
giurisprudenziale, per chiarire quanto vi sia in esso di vero e quanto 
di inesatto. 

In tale occasione venne affermato che �un giudizio erroneo sul 
punto della scusabilit� dell'errore porta alla conseguenza che lAutorit� 
adita si pronunci indebitamente sul ricorso ovvero che essa ometta 
di pronunciarsi, pur avendone il potere� e il dovere � con la conse~ 
guenza che � lAutorit� la quale risolva erroneamente la questione 



PARTE I, S'.EZ. IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 743 

relativa alla scusabilit� dell'errore incorre sempre in violazione di legge 
esercitando un potere che non ha od astenendosi dall'esercitare un 
potere di cui � tenuta a fare uso�. 

Tale avviso non pu� essere condiviso perch� -ricollegando sempre 
al giudizio errato d�ll'Autorit� amministrativa sulla scusabilit� del1'
errore una violazione di legge -pone un rapporto di conseguenzialit� 
necessaria che non sempre si verifica. 

Invero tale affermazione, che riallaccia ad una causa di contenuto 
variabile (qualsiasi tipo di errore) un effetto ~nico e costante (violazione 
di legge), � frutto di una inesatta generalizzazione�-enucleata 
dalle ipotesi pi� frequenti, ma non di tutte, del fenomeno -alla cui 
origine � agevole rilevare la mancata, o la inadeguata, considerazione 
di un elemento di primaria importanza, vale a dire la genesi logica 
della decisione. 

Come si � detto, in tema di scusabilit� dell'errore -sul quale 
competente a pronunciarsi � il Giudice competente del merito della 
controversia -l'esistenza della potestas dockkndi sul merito della 
questione presuppone il superamento della questione pregiudiziale 
relativa alla scusabilit� dell'errore. Peraltro, alla base della soluzione 
di tale questione -e qui si avverte l'importanza della considerazione 
delle componenti genetiche della decisione -vi � non solo una attivit� 
processuale dell'Autorit� adita, diretta a riscontrare l'esistenza di 
elementi vincolati della fattispecie (errore giuridicamente rilevante), 
ma, altres�, un'attivit� discrezionale -normalmente improntata ai criteri 
all'uopo fissati dalla giurisprudenza -diretta a valutare se l'errore 
sia oppur no scusabile. 

Ci� premesso, non par~ dubbio ohe la violazione di legge si ha 
soltanto quando l'Amministrazione ha provveduto pur in mancanza 
del presupposto (errore giuridicamente rilevante) o non ha provveduto 
pur nella sua esistenza, mentre l'esistenza o la mancanza del presupposto 
sono agevolmente riscontrabili. Quando, invece, viene in considerazione 
la rappresentazione che l'Amministrazione si � data del 
presupposto (sousabilit� dell'�rrore) non v'� luogo a parlare di violazione 
di legge perch� il vizio cadrebbe su di un elemento discrezionale 
della fattispecie {valutazione della scusabilit�). 

Peraltro, la valutazione della sousabilit� dell'errore, normalmente 
insindacabile dal giudice di legittimit� per attenere al merito, sar� 
sindacabile sotto il profilo della legittimit�, grazie al controllo della 
logicit�, tutte le volte che il relativo giudizio sia insufficiente, perplesso, 
oscuro, contraddittorio. 

In questa sede, non si tratta di ricostruire la valutazione discrezionale 
data dall'Autorit� adita in ordine a quell'attributo dell'errore, 
determinante ai fini che interessano, che � la scusabilit�, allo scopo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

744 

di vedere se il relativo giudizio sia o meno esatto, in quanto tale 
sindacato, per le ragioni sopraesposte, concernendo il merito della 
questione, � ovviamente precluso in questa sede. 

Al contrario l'indagine da svolgere attiene ad altro ambito -logicamente 
antecedente alla valutazione di seusabilit� e pienamente 
suscettibile di sindacato in questa sede -e si risolve nell'accertare 
se sussistano nella specie quegli estremi che rendono giuridicamente 
rilevanti l'errore ovrvero se, non sussistendo quegli e1stremi, d si trovi 
di fronte ad una attivit� che costituisce s� un'errata condotta processuale 
della parte ma che dal punto di vista dell'ordinamento giuridico 
non � sussumibile sotto il concetto di errore. 

Ci� premesso, nella specie, non � configurabile un errore che, per 
inserirsi in una situazione obiettivamente incerta, abbia quella giuridica 
rilevanza che giustifica il passaggio, da parte dell'Autorit� adita, 
alla successiva operazione, discrezionale, relativa alla scusabilit� che 
oostituisce l'atto geneticamente conclusivo della decisione. 

Invero � giurisprudenza costante che l'errore scusabile ha come 
presupposto un obiettivo stato di incertezza derivante da una non 
chiara situazione 1di fatto o dall'esistenza di una controversia giurisprudenziale 
o dottrinaria sulla norma processuale in concreto applicabile, 
o dalla natura o dal contenuto del provvedimento impugnato 

o dalla novit� e dalla specialit� delle disposizioni legislative da �cui 
dipende l'esercizio di una attivit� richiesta a pena di decadenza. {Cfr. 
fra le altre IV Sez., 27 novembre 1957, n. 1119; par. A.g. 4 ottobre 1956, 
n. 
354). 
In questa ipotesi -come � stato esattamente osservato -l'errore 
scusabile si concreta in ultima analisi, con riguardo alle sue conseguenze 
sul rapporto processuale, nella inesatta interpretazione di una 

o pi� norme giuridiche imputabile non prevalentemente alla parte su 
cui grava l'onere dell'osservanza della norma, bens� all'esistenza di una 
situazione, di fronte alla quale, pur adoperando la maggiore diligenza, 
l'interessato non pu� evitare l'eventualit� di incorrere nella sanzione 
connessa all'inosservanza od all'imperfetta applicazione della norma. 
Nulla di tutto questo si ha nel caso che forma oggetto della presente 
controversia. 
Infatti � noto che, ai sensi dell'art. 131 del t.u. 28 aprile 1938, 


n. 1165, la Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica 
ha poteri particolarmente ampi per l'esercizio del suo compito 
istituzionale di garantire ehe i benefici elargiti alle cooperative edilizie 
sovvenzionate siano adoperati per i fini voluti dal legislatore mentre 
l'unico limite preclusivo alla competenza della Commissione va riferito, 
sempre ai sensi dell'art. 131 citato, alle sole materie riservate 
dalla legge alla competenza del Ministero dei lavori pubblici. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 745 

Del pari noto -come la giurisprudenza ha avuto pi� volte occasione 
di ribadire (cfr., tra le altre, IV Sez., 25 settembre 1963, n. 781) � 
che il termine per ricorrere alla Commissione di vigilanza � di trenta 
giorni dalla comunicazione o dalla piena oonosoenza della deHberazione 
di una cooperativa edilizia. 

D'altro canto, � evidente che la clausola compromissoria contenuta 
in uno statuto sociale della cooperati~a con la quale si deferisce 
a un collegio di probiviri la decisione delle controversie in merito agli 
affari relativi alla costruzione e al godimento degli alloggi, non pu� 
avere ovviamente l'efficacia di sottrarre alla Commissione di rvigilanza 
per !'.edilizia economica e popolare la competenza a decidere su tal( 
controversie attribuite, attesa la larghezza della sua competenza, alla 
Commissione stessa nell'interesse pubblico. 

Nella specie, peraltro, la stessa lettera della disposizione statutaria 
che interessa {art. 13) mostra chiaramente che non si � voluto 
sostituire il ricorso al collegio dei probiviri a quello della Commissione 
di vigilanza, ma unicamente drcondarn di maggiori garanzie 
gli interessi dei soci della cooperativa mn foffrire loro, in aggiunta 
agli strumenti giuridici di tutela, previsti nella materia de qua dalla 
legislazione vigente, un rimedio che, per le sue particolari caratteristiche, 
potrebbe rirvelarsi maggiormente idoneo, quanto meno, a un 
pi� pronto soddisfacimento degli interessi in questione. 

Infatti la clausola compromissoria (art. 13 predetto) correttamente 
interpretata, non pu� dar luogo a dubbi in quanto, mentre obbliga i 
soci a rimettere al giudizio del Collegio dei probiviri la risoluzione 
di tutte le vertenze che insorgano tra essi per affari relativi alla costruzione 
e al godimento degli alloggi, fa salva -e non pu� essere 
diversamente per il principio �di gerarchia esistente fra le varie fonti 
di produzione normativa -la competenza degli organi indicati nella 
legislazione dell'edilizia economica e popolare e quindi, segnatamente, 
della Commissione di vigilanza. 

Pertanto, � mancata quella situazione obiettiva di incertezza o 
quella difficolt� di individual'e la norma da osserrvare che solo avrebbe 
configurato l'esistenza di un errore giuridicamente rilevante relativamente 
al quale l'Autorit� adita avrebbe potuto emettere un apprezzamento 
concernente la sua pretesa scusabilit�. Ci� tanto pi� se si 
tiene conto del carattere eccezionale dell'istituto e della necessit� di 
limitarne lapplicazione ai soli casi in cui sussistano quei ngorosi presupposti 
che possono dar luogo al riconoscimento o alla dichiarazione 
della scusabilit� dell'errore. 

Il ricorso deve pertanto essere accolto, annullandosi l'impugnata 
decisione. -(Omissis). 


746 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl. 22 maggio 1964, n. 11 -Pres. Bozzi 
Carlo -Est. Potenza -Rossi Nicola (avv. Sciacca) c. Ministero 
Difesa-Esercito (avv. Stato Terranova). 
,: 
.�: 
Impiego pubblico -Ufficiale dell'esercito -Avanzamento a scelta � 
Natura � Sistema del merito comparativo � Esclusione. 
.�: 
Impiego pubblico -Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � 
Sindacabilit� del giudice amministrativo. 
Impiego pubblico � Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � 
Censura di disparit� di trattamento � Ammissibilit�. 
Impiego pubblico �Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � 
Giudizio di legittimit� � Poteri istruttori � Limiti � Acquisizione 
documentazione personale degli altri ufficiali scrutinati 
� Esclusione � Acquisizione dati parziali a mezzo stralci o 
copie parziali documentazione personale altri scrutinati � 
Ammissibilit� � Limiti. 
Impiego pubblico �Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � 
Disparit� di trattamento � Definizione. 
(1. 12 novembre 1955, n. 1137 art. 26). 
L'avanzamento a oodta degli ufficiali va tenuto distinto dallavanzamento 
per merito comparativo; nellavanzamento a scelta le valuta-
I 
Ei 
zioni sono separate, �autonome, distinte, e il procedimento di accertamento 
ha per oggetto ogni singolo ufficiale, per cui non possono venir 
richiamati principi propri .del merito comparativo. 
Anche il giudizio di avanzamento degli ufficiali � soggetto al sindacato 
di legittimit� sia nella sua estrinsecazione finale espriessa dal 
IE,;:.;� 
,. 
I limiti del sindacato di legittimit� del Consiglio di Stato in 
materia di avanzamento a scelta degli ufficiali. 
Con I'ordinan2ia n. 7 47 /63, la IV Sezione rimetteva all'Adunanza plenaria 
lesame e la soluzione dei seguenti quesiti riguardanti lammissibilit� ed, eventualmente, 
i limiti del sindacato di legittimit�, sotto il profilo dell'eccesso di potere, 
anche nella seconda fase del giudizio di avanzamento � a scelta " degli ufficiali 
delle forze armate: 
a) se, e in quale misura, � censurabile il punteggio assegnato dalla Commissione 
superiore di avanzamento ai fini della formazione della graduatoria di merito; 
b) se il punteggio di merito assegnato � sindacabile in sede di legittimit� 
quando la censura � edotta dal confronto con i precedenti dr carriera di altri ufficiali, 
valutati nello stesso anno e dalla stessa Commissione di avanzamento. Connessa 
con la soluzione di tale quesito � la que&tione dell'ammissibilit� della istanza 
di esibizione dei libretti personali degH ufficiali scrutinati insieme con il .ricorrente. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 747 
punto attribuito ali ufficiale ai fini della graduatoria, sia nelle fasi 
PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 747 
punto attribuito ali ufficiale ai fini della graduatoria, sia nelle fasi 
anteriori di riconoscimento deliidoneit� deli ufficiale all'avanzamento. 

La censura di eocesso di potere per disparit� di trattamento � 
ammissibile in un giudizio in cui viene dedotta la iZlegittimit� delI'avanzamento 
a scelta di un ufficiale. 

I poteri istruttori del giudice di legittimit� hanno natura inquisitoria 
e nei giwdizi sulla legittimit� deliavanzamento a 8Celta degli 
ufficiali trovano un limite quanto al loro esercizio a tute1la deUa riservatezza 
di determinate documentazioni che appartengono non soltanto 
aliAmminis.trazione, ma anche a privati. Non pu� essere disposta, di 

La ordinanza di rimessione indicava le linee giurisprudenziali che, in ordine 
alle questioni prospettate, si erano venute formando sulla base, non solo delle 
decisioni della Sezione medesima, ma anche dei criteri interpretativi della legge 
che la decisione n. 5/1959� della stessa Adunanza plenaria aveva indicato. 

In . particolare, per quanto attiene alla pTima questione, si erano formati tre 
indirizzi giurisprudenziali: e cio� quello che nega in modo assoluto la configurabilit� 
del contrasto tra i punti assegnati e i titoli valutativi; l'altro che ammette tale 
configurablit� solo con iJ concorso di determinati presupposti; il terzo che l'ammette 
in via generale. 

La decisione che si annota ha ritenuto, anzitutto, di daffermare l'assoggettabilit� 
a sindacato di legittimit� del giudizio di avanzamento degli ufficiali � sia 
nella sua estrinsecazione finale espressa dal punto attribuito all'ufficiale ai fini 
del)a graduatoria, sia nelle fasi anteriori di riconoscimento della idoneit� dell'ufficiale 
all'avanzamento �. 

Siffatta sindacabilit�, tuttavia, � incontra quelle limitazioni che sono connaturate 
all'essenza dell'oper�zione che si estrinseca nel punto conferito, come risultato 
di un sintetico apprezzamento degli elementi considerati secondo le indicazioni 
dell� legge �. 

Qualificata come giudizio tecnico la valutazione discrezionale che la Commissione 
d� in sede di avanzamento a scelta degli ufficiali, la decisione ha ritenuto 
ammissibile il sindacato di legittimit� negli stessi limiti in cui, in via generale, 
viene condotto in sede di giurisdizione di legittimit� del Consiglio di Stato. 

A questo riguardo, fa decisione, pur riaffermando il principio della autonomia 

dei giudizi di avanzamento, ha l'itenuto ammissibile il profilo dell'eccesso di potere 

sotto l'aspetto della contraddittoriet� fra diverse pronuncie ove � si appalesi un 

contrasto di valutazioni e di giudizi espressi pur nella uniformit� di elementi di 

apprezzamento e di soggetti giudicanti �. 

La decisione ha esaminato, altres�, il profilo di eccesso di potere che viene, 

s~ilitamente, dedotto nei giudizi riguardanti gli avanzamenti degli ufficiali, e cio� 

quello della disparit� di trattamento. A questo riguardo l'Adunanza plenaria ha 

ritenuto di dover sottolineare la natura delicatissima dell'indagine che il giudice 

di legittimit� viene chiamato a svolgere in occasione della prospettazione di tale 

particolare profilo di eccesso di potere; ed, infatti, il travalicamento de,i limiti del 

giudizio di legittimit� in quello di merito si rende agevole e, quindi, comporta in 

quella occasione una particolare oculatezza da parte dello stesso giudice di 

legittimit�. 

Siffatto profilo di disparit� di trattamento, seppure ritenuto ammissibile dalla 

decilsio!ne, non pu� far qualificare il giudizio di aivanzamento a scelta come sistema 

di avanzamento per merito comparativo. � 



748 RASSEGNA DELL'AvVOCATURA DELLO STATO 
regola, la esibizione in giudizio deUa documentazione personale di 
ufficiali diversi dal ricorrente. Nella ipotesi in cui la dedotta disparit� 
di trattam_ento � fondata su circostanze di fatto non ricoperte da riservatezza 
� consentito richiedere Za e&ibizione di dati parziali acquisibili ,, 
al prooesso a mezzo di stralci o di copie parziali della oocumentazion.e �= 
personale. 
Anche in questa occasione il Consiglio di Stato ha ritenuto di riaffermare la 
netta esclusione di ogni richiamo a principi di merito comparativi>, rrmnovando la 
considerazione che � nella stessa legge quanto occorre per procedere al sistema 
di avanzamento a scelta, senza poss~bilit� di inserire elementi nuovi da parte 
dell'interprete. 
L'ammissibilit� del profilo dell'eccesso di potere per disparit� di trattamento 
richiedeva la sofozione di un altro problema, e cio� quello dei limiti in cui � 
consentito l'esercizio dei poteri istruttori (qualificati come inquisitori dal Consiglio 
di Stato), al fine di acquisirre elementi relativi alla posizione di altri scrutinati, 
ritenuti inferiori al ricorrente e valutati, invece, in misura migliore. 
A questo riguardo l'Adunanza plenaria ha ritenuto che il principio della 
riservatezza che informa i giudizi mandfestati nell'ambito della pro�edura di 
avanzamento, costituisce un limite invalicabile, ai fini dell'acquisizione della documentazione 
personale degli ufficiali scutinati o del ricorrente, per il che siffatta 
richiesta istruttoria non pu� venire ammessa. 
Nella decisione, ribadendosi il principio che nell'avanzamento a scelta non 
si riproduce quanto avviene in quello per merito comparativo, dato che 11 le valutazioni 
sono separate, autqnome, distinte � e 11 il procedimento di accertamento 
ha per oggetto ogni singolo ufficiale '" � precisato, peraltro, che 11 l'eventuale 
comparazione pu� essere utile soltanto in un secondo tempo e non ai fini di 
valutazione, ma di controllo dell'obiettivit� e della imparzialit� delle singole 
valutazioni � onde 11 la comparazione quindi non appartiene al procedimento 
amministratiivo, ma se mai � strumento di controllo del giudice e quindi soggiace 
a quelle limitazioni istruttorie che vanno riconosciute anche nell'ambito di un 
procedimento acquisitivo delle prove �. � 
Posto siffatto principio, l'Adunanza plenaria ha escluso che, di regola, possa 
essere disposta la esibizione in giudizio della documentazione personale di ufficiali 
diversi dal ricorrente, pur riconoscendo, nel contempo, che siffatta esclusione non 
possa ritenersi in via assoluta ed aprioristica, limitando la possibilit� dell' acquisiziona 
ai dati parziali a mezzo di stralci e di copie parziali della documentazione personale 
.con riferimento a circostanze di fatto per le quali va e5clusa la riservatezza propria 
dei giudizi contenuti nelle documentazioni personali. 
Tutto quanto attiene all'esercizio dell'indicato potere istruttorio viene, peraltro, 
condizionato, ai fini dell'ammiss~bilit� della censura � di eccesso di potere per 
disparit�� di trattamento, a che siffatta disparit� 11 assurga ad una macroscopica 
divergenza di valutazione di fronte agli stessi dati di fatto, tale cio� da consentire 
la constatazione delle qperate sproporzioni, prescindendo da ogni intento valutativo 
e per cos�� dire ictu oculi � � 
Come � agevole rilevare la particolarit� del giudizio di avanzamento a scelta 
limita il sindacato di legittimit� nei confini in cui il controllo� pu� essere condotto 
dallo stesso giudice di legittimit�; con ci� non viene escluso il sindacato, ma esso 
va esercitato in modo conforme agli stessi principi che sono a base della giurisdizione 
di legittimit�. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 749 

La disparit� di trattamento � sindaCabile dal giudice di legittimit� 
con riferimento al sistema di avanzamento a scelta solo quando essa 
assurga ad una macroscopica divergenza di valutazioni di fronte agli 
stessi dati di fatto, tale cio� da consentire la constatazione delle operate 
sproporzioni, prescindendo da ogni intento valutativo e per cos� 
dire ictu oculi. 

Del resto, il consentire lacquisizione di dati parziali con riferimento alle 
posizioni degli altri scrutinati, sempre che i dati non siano la risultante di giudizi 
di merito o non si sostanzino essi stessi in tali apprezzamenti, rende possibile 
il sindacato di legittimit�, anche sotto quel particolaire e delicatissimo aspetto del1'
eccesso di potere profilato come disparit� di trattamento. 

Ed � proprio in questo particolare giudizio di avanzamento a scelta che 
l'indicato profilo di disparit� di trattamento potrebbe far superare al giudice di 
legittimit� i limiti della decisione per scendere all'esame del merito e trasformare 
poi il sistema di avanzamento a scelta in quello per merito comparativo. 

A questo riguardo appare di estrema �importanza la considerazione formulitta 
nella decisione e secondo la quale cc leventuale comparazione pu� essere utile 
soltanto in un secondo tempo e non ai fini di valutazione, ma di controllo della 
obiettivit� e della imparzialit� delle s-ingole valutazioni con la ulteriore precisazione 
che la comparazione non appartiene al procedimento amministrativo, ma semmai 
� strumento di controllo del giudice e quindi sogg-iace a quelle limitazioni istruttode 
che vanno riconosciute anche nell'ambito di un procedimento acquisitivo 
delle prove � � 

Ed invero non si comprende come possa procedersi in sede di controllo di 
legittimit� di un atto attraverso un procedimento logico che sia diverso� da quello 
che l'autorit� amministrativa ha utilizzato in sede di formazione dell'atto sottoposto 
a controllo. 

Se nel giudizio di avanzamento a scelta � esclusa ogni comparazione fra gli 
scrutinandi (e questo � principio tenuto fermo anche dalla decisione annotata), 
nessuna cc eventuale " comparazione pu� eseguire il giudice di legittimit� seppure 
ai fini del controllo dell' obieUiv.it� e della impazialit� delle singole valutazioni. 

La comparazione non pu� essere fatta in alcun caso, perch�, diversamente, si 
rischia, quanto meno, di determinare quel superamento dei limiti del giudizio di 
legittimit�, che nella materia dell'avanzamento � scelta degli ufficiali � contenuto 
al controllo soltanto dei dati che la Commissione d'avanzamento ha tenuto presente 
nella formulazione del giudizio complessivo, quale risultato dei giudizi parziali 
espressi dai singoli componenti la Commissione. 

Se la decisione annotata va interpretata attraverso le enunciazioni dei principi 
indiscutibilmente esatti applicati nella materia de qua, ne consegue che l'inserimento 
dello strumento della comparazione in 1sede di controllo di legittimit�, in 
occasione aell' esame del profilo di eccesso di potere per disparit� di trattamento, 
rischia di predeterminare una situazione processuale in cui il giudice di legittimit� 
pu� trasfomarsi in amministratore. 

Salvo la riserva sopra indicata, rimane, ormai, definitivamente stabilito dalla 

giurisprudenza dell'Adunanza plenaria sia la qualificazione del sistema di avanza


mento, con esclusione di ogni riferimento di principi propri del merito comparativo, 

sia il divieto per il giudice di legittimit� di chiedere la documentazione caratteristica 

personale degli altri scrutinati, salvo la possibilit� dell'acquisizione di dati parziali 

sulla base di stralci di documentazione, e ci� sempre che i dati medesimi non 

costituiscano espressione di giudizi da parte degli organi amministrativi. 

ANTONINO TERRANOVA 



750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 maggio 1964, n. 503 -Pres. 
Polistina -Est. Melito -Comune di Chieti (avv. Dedin) c. Ministero 
Lavori Pubblici (avv. Stato Coronas). 

Regolamento edilizio comunale -Approvazione da parte del Ministero 
LL.PP. -Limiti -Modificazione del contenuto del regolamento 
-Illegittimit�. 

(t.u. c.p. 3 marzo 1934, n, 383, art. 102; l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 36). 
In seguito all'entrata in vigore della legge urbanistica a controllo 
sui regolamenti comunali edilizi consiste non pi� in una omologazione 
da parte del Ministero dei LL.PP. {prevista daliart. 102 t.u. c~p.), bens� 
in una approvazione, da parte dello stesso Ministero, "la qude, come 
atto di controllo esteso al merito e int,egrativo dell'efficacia del r.egolamento, 
pu� essere concessa o negata, senza che i organo di controllo 
abbia la possibilit� di riformare, con forza obbUgatoria per f ente, il 
oonienuto del r.egolamento stesso (1). 

{1) I limiti del potere di controllo da parte del Ministero LL.PP. sui regolamenti 
edilizi comunali sono stati gi� precisati dal Consiglio di Stato (Sez. V, 
23 maggio 1959, n. 304, Il Consiglio di Stato, 1959, 822; Sez. V, 24 maggio 1958, 
312, ivi, 1958, 625); e l'annotata decisione ne fa esatta applicazione, informandosi 
alla nozione dell'istituto dell'apprQ!Vazione che, pur essendo esteso al riesame 
preventivo del merito, esclude la possibilit� di una modil�ca del contenuto dell'atto. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 giugno 1964, n. 834 -Pres. 
De Marco -Est. De Capua -Lanata ed altri (avv. Podest�, Romanelli) 
c. Prefetto di Genova (avv. Stato Del Greco) e Soc. Acquedotto 
De Ferrari (avv. � Buscaglione, Sequi). 

Competenza e giurisdizione -Competenza del Tribunale superiore 
delle acque pubbliche -Controversie su interessi legittimi 
in materia di acque pubbliche. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). 
Elettrodotti -Servit� di elettrodotto perpetua ed inamovibile Competenza 
prefettizia. 

(d.p.r. 30 giugno 1955, n. 1534, art. 2; l. 25 giugno 1865, n. 2359). 
Rientra nella competenza del Tribunale Superiore delle Acque 
Pubbliche, e non del Consiglio di Stato, la cognizione delle controversie 
su interessi legittimi che abbiano per oggetto iutilizzazione 
diretta ed immediata delle acque pubbliche e che perci� riguardino 
ratto di concessione o i provvedimenti diretti ali esecuzione .di opere 
idrauliche, di bonifica, di derivazione, ivi compresi gli atti di es'(J1"o


:-: 

" 

" 



, 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 751 

pria:zione o di occupazione, necessarie per il compimento di dette 
opere (1). 

Rientra nella competenza dell'Autorit� prefettizia, e non di quella 
del Provveditorato alle 00.PP., il provvedimento che dispone la costituzione 
di una servit� di elettrodotto, perpetua ed inamombile (2). 

(1-2) Sulla prima massima cfr. i�1 senso conforme Sez. Un. 18 giugno 1962, 

n. 1530, Foro it., Mass., 1962, 461; sulla seconda massima, Sez. IV, 15 maggio 1963, 
n. 313, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 689. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 28 febbraio 1964, n. 295 -Pres. Gallo, 
Est. Fortini del Giglio -Mattace {avv. Grim,aldi) c. Opera Valorizzazione 
Sila (avv. Stato Carafa). 

Giustizia amministrativa -Esecuzione di giudicato -Richiesta 
restituzione di immobili espropriati e gi� destinati con successivi 
atti al pubblico interesse -Inammissibilit� -Fattispecie. 


(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, ait 27, n. 4). 
Dichiarato con sentenza passata in giudicato che i be�ni illegittimamente 
espropriati appartengono in propriet� al p'l'ivato, questi non 
pu� ottenerne la restituzione, ove la P.A. ne abbia disposto, con successivi 
atti, la d�stinazione al pubblico interesse, giacch� il Consiglio di 
Stato, adito in sede di esecuzione del giudicato, non pu� sostituirsi alla 

P.A. nella valutazione degli atti discrezionalmente emessi, i quali conservano 
la .loro efficacia fin q�cmdo non vengono annullati (nella specie, 
annullati i decreti di esproprio per riforma fondiaria, la restituzione 
delrimmobile non � pi� possibile ove ne sia avvenuta iassegnazione) (1). 
(Omissis). -La difesa dell'Opera per la Valorizzazione della Sila 
afferma che, in seguito al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale 
di Cosenza in data 3-9 marzo 1959, che ha statuito in via defi


{l) Con questa decisione il Consiglio di Stato ha esattamente individuato i 
limiti della esecuzione del giudicato, esaminando una fattispecie nella quale era 
stato annullato un decreto di esprniprio emesso per i fini di riforma fondiaria e 
non era pi� possibile, in seguito alla destinazione dell'immobile al pubblico interesse, 
la restituzione dell'immobile stesso al privato: in tal modo il giudice amministrativo 
si � uniformato ai principi enunciati dalla Cassazione (Sez. Un. 22 giugno 
1963, n. 1706, Fom it., Mass. 501 e Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1707, ivi, 502) 
ed ha modificato la sua precedente giurisprudenza (Sez. IV, 16 novembre 1963, 

n. 740, retro, 343, con nota contraria) cfr. anche Gass. 9 ottobre 1963, n. 2683, 
in questa Rassegna, 1964, 84 e segg., con nota di F. CARus1. 

752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nitiva sulla propriet� del ricorrente, illegittimamente espropriata dal 
predetto Ente -cos� come deciso dalla Corte Costituzionale in sede di 
giudizio �di legittimit� del d.p.r. n. 56 del 25 luglio 19<50 -il ricorrente 
ebbe gi� a notificave altro atto di interpellanza e diffida per la restituzione 
dei � terreni in questione. Che, per�, f Opera, trovandosi nella 
impossibilit� di restituirli perch�, nel frattt;mpo e prima della sentenza 
della Corte Costituzionale, detti terreni, a norma della 1. 12 maggio 1950, 

n. 230, concernente provvedimenti per la colonizzazione dell'altipiano 
della Sila e terreni viciniori, erano stati gi� assegnati, mediante stipula 
del relativo contratto di compravendita, a n. 12 lavoratori della terra e 
a n. 3 in via prowisoria, aveva disposto i necessari accertamenti per 
offrire al ricorrente il valore del bene, detratti i miglioramenti e le 
addizioni effettuate dall'Ente, oltre il valore del mancato reddito dalla 
data della pronuncia di incostituzionalit� del decreto presidenziale di 
esproprio. Reintegrazione in via �di equivalente che fOpera si � dichiarata 
pronta ad effettuare, anche in sede del presente giudizio. L'interessato, 
secondo quanto riferisce la �difesa dell'Ente, aveva chiesto una 
somma maggiore �di quella risultante dagli accertamenti tecnici disposti 
d'ufficio, e, poi, ha finito per ricorrere innanzi questo Consiglio affinch� 
sia ordinata la restituzione dei fondi �entro un termine perentorio. 
Ma � evidente ohe la restituzione del bene non pu� considerarsi 
quale immediata e necessaria conseguenza �del giudicato. Difatti, per 
darvi esecuzione in questa forma, sarebbe, innanzi tutto, necessario 
porre nel nulla gli atti di assegnazione ai conta�dini perch� come gi� � 
stato ritenuto in giurisprudenza (Cass., Sez. II, 22 giugno 1963, n. 1705 
e 1706), gli atti di trasferimento dei terreni di scorporo ai lavoratori 
della terra assegnatari, anche dopo la dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
del relativo provvedimento di espropriazione, conservano, quali 
atti amministrativi, la loro efficacia f�no a che non siano annullati per 
invalidit� derivata, non potendo essi considerarsi nulli automaticamente 
per effetto di quella dichiarazione di illegittimit�. 

Ma, pur nei suoi poteri �di merito propri del giudizio di ottemperanza, 
non� potrebbe questo Consiglio disporre o ordinare senz'altro 
rannullamento di tali atti e, quindi, la restituzione dei terreni, che, 
comportando una rettif�cazione dello scorporo e dei piani di trasformazione 
fondiaria, nella quale quei beni possono essere stati oggettivamente 
previsti, implica un giudizio discrezionale che � si appalesa 
legittimo ed opportuno lasciare alla sfera dei poteri dell'Amministrazione, 
salvo, in ogni caso, l'intangibile diritto del ricorrente alle giuste 
riparazioni. Il potere riconosciuto dall'art. 27, n. 4, al Consiglio di Stato, 
di sostituirsi, in sede di esecuzione del giudicato, alfAmministrazione, 
pu� aver per oggetto i soli atti non discrezionali che derivano immediatamente 
dalla pronuncia del giudice. 

%,.~ 

.

. 

... 

. , 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINisTRATIVA 753 

Nella specie, peraltro, l'Amministrazione, data la particolare situazione 
giuridica e di fatto, ritiene di ottemperare al giudicato nella forma 
come sopra indicata e questo Consiglio nulla ha da ecoepire in punto 
di legittimit� e merito, salvo ogni diritto del ricorrente circa la determinazione 
degli indennizzi dovutigli. 

Il ricorso,,quindi, per quanto inteso ad ottenere l'ordine della esecuzione 
in forma specifica del giudicato derivante dalla sentenza suddetta 
del Tribunale di Cosenza, non pu� essere accolto. Giusti motivi, 
per�, ricorrono per compensare le spese. � 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 6 marzo 1964, n. 328 ~ Pres. Chiofalo 
-Est. Romano -Micheletti (a:vv. Picchi e Fortini Gobbo) c. 
Prefetto di Lucca (avv. Stato Ricci) e Comune di Camaiove (avv. 
Baghini e Nigro). 

Atto amministrativo -Ordinanze di urgenza -Ordinanze sindacali 
emesse ai sensi dell'art. 20 t.u. 8 dicembre 1933 n. 1740 � 
Natura -Definitivit�. 

(l. 20 marzo 1865, n. 2248, ali.' F, artt. 378, 379; i:.u. 8 dicembre 1933, 
�n. 1740, art. 20; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 1, 27). 
L'ordinanza sindacale, emessa ai sensi delI'art. 20 t.u. � 8 dicembre 
1933, n. 1740, per la tutela delle strade pubbliche, deve riteners~ 
definitiva, ed � perci� impugnabile in sede giurisdizionale e non in via 
gerarchica .(1). 

(Omissis). -Non pu� dubitarsi della legittimit� dell'ordinanza 
sindacale in quanto sia l'art. 378 della legge sui lavori pubblici sia 
l'art. 20 del t.u. del 1933, n. 1740, conferiscono al Prefetto (ed al Sindaco) 
un potere di imperio per la tutela dello stato di fatto delle strade 
pubbliche, che risultino alterate dalle persone; il ripristino dello stato 
di fatto viene attuato in via amministrativa nell'interesse della pubblica 
viabilit�, senza pregiudizio �di diritti soggettivi da fare valere 
avanti l'autorit� giudiziara ordinaria. 

(1) Massima esatta: non vi � dubbio che il potere di imperio per la tutela 
delle strade pubbliche, attribuito al Prefetto o al Sindaco (quest'ultimo da considerarsi 
come Ufficiale di Governo), rientra nelle attribuzioni riservate a dette autorit� 
locali in relazione alla particolare situazione urgente e contingente da tutelare, 
e perci� gli atti relativi sono da considerarsi definitivi; in tal senso cfr., anche se 
non espressamente, Ad. pl. 29 maggio 1961, n. 15, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 
862; per la dottrina cfr. GARGIULO, I provvedimenti di urgenza, Napoli, 1954, 140. 
10 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

754 

Sorge per� la questione se fordinanza sindacale nella materia in 
esame sia impugnabile con ricorso in via gerarchica, �e ci� in conseguenza 
del contrasto tra rart. 379 della legge del 1865, che ammette 
il ricorso alfautorit� superiore in via gerarchica e f art. 1, n. 8, del 

t.u. n. 1054 del 1924, che riserva all� giurisdizione della Giunta Provinciale 
Amministrativa i ricorsi contro i provvedimenti OI'dinati dai 
Sindaci per contravvenzioni alle leggi sui lavori pubblici del 20 marzo 
1865, n. 2248, allegato F. 
L'art. 27, n. 15, t.u. n. 1054 del 1924 analogamente dispone per 
il Consiglio di Stato, cui sono riservati i ricorsi �contro i provvedimenti 
ordinati dal Prefetto a norma di quanto � prescritto nell'art. 378 pi� 
volte citato della legge sui lavori pubblici, relativi ad opera pubblica 
delle provincie e dei comuni. 

La questione ha formato oggetto di esame nell'Adunanza plenaria 
di questo Consiglio di Stato, che, con decisione del 29 maggio 1961, 

n. 15, ha ritenuto che l'art. 20 del t.u. del 1933, n. 1740, come norma 
speciale relativa alla tutela del demanio stradale, prevale, nella soggetta 
materia, sul precetto generale della legge del 1865. 
Pertanto f ordinanza del Sindaco di Camaiore doveva impugnarsi 
in via giurisdizionale e non gi� in via geravchica. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 marzo 1964, n. 364 -Pres. Gallo Est. 
Carelli -Compagnia .Finanziaria Imprese di Costruzioni ( avv. 
Fortini e Canfora) c. Prefetto di Roma (avv. Stato Branzini R.). 

Opera pia � Provvedimenti di vigilanza dell'autorit� prefettizia � 
Ricorso gerarchico -Termine di giorni 30 � Applicabilit�. 

(t.u. l.c.p. art. 5; 1. 17 luglio 1890, n. 6972, art. 42; r.d. 30 dicembre 1923, 
n. 2841, artt. 21, 42). 
I ricorsi gerarchici contro i provvedimenti prefettizi non definitivi 
in materia di controllo sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza 
sono soggetti al normale termine di giorni 30 e non a quello 
di giorni 15 {l). 

(1) L'orientamento assunto dall'annotata decisione pu� ormai, dopo diverse 
oscillazioni, ritenersi costante: cfr. Sez. V, 21 giugno 1963, n. 794, retro, 126, con 
nota di U. GARGIULO. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 aprile 1964, n. 506 -Pr.es. ed Est. 
Lugo -Rinaldo {avv. Berna11di) c. G.P.A. di Grosseto (avv. Stato 
Ricci). 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 755 

Elezioni -Elezioni amministrative -Elezioni comunali -Impugnative 
e ricorsi -Azione popolare -Limiti -Riparto dei 

consiglieri del comune fra le frazioni -Ricorso del cittadino 
-Esclusione. 

(t.u. 16 maggio 1960, n. 570, art. 11). 
L'azione popolare � ammissibil� avverso le operazioni che concretano 
la manifestazione di volont� del corpo elettorale, e non avverso 
a riparto dei consiglieri del comwie tra le diverse frazioni, adottato 
dalla G.P.A. ai sensi dell'art. 11 t.u. 16 maggio 1960, n. 570: soltanto 
al Comune ed eventualmente alla frazione pu� riconoscersi un interesse 
ad impugnare l'atto della G.P.A. (1). 

(1) Il legislatore, dissipando col t.u. 16 maggio 1960, n. 570 i dubbi in precedenza 
sorti (cfr.: Ad. PI. 7 marzo 1951, n. 1), ha espressamente disposto che 
l'azione popolare � ammissibile soltanto avverso le operazioni che concretano la 
manifestazione di volont� del corpo elettorale -le quali hanno inizio con la 
fissazione per ciascun comune della data della elezione e terminano con la proclamazione 
degli eletti -, con la conseguenza che .il riparto dei consiglieri fra Je 
diverse frazioni adottato dalla G.P.A. � estraneo alla nozione di dette operazioni 
elettorali; cfr: GIANNA'ITASIO C., In tema di ricorso elettorale e irt particolare nella 
causa di ineleggibilit� di cui all'art. 15 n. 3 t.u. 16 maggio 1960, n. 570, Giust. civ .. 
1964, I, 718. 

i 

-~ 

X 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1964, n. 404 -Pres. 
Celentano -Est. Straniero -P.M. Trotta (conf.) -Guazzo (avv. 

A. D. Giannini) c. Finanze (avv. Stato Masi). 
Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Rettifica dell'accertamento 
a norma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, 

n. 203 -Abrogazione tacita a norma dell'art. 5 della I. n. 1 
del 1956 -Ricorrenza. 
La soppressione, disposta con foltimo comma d,ell'art. 5 d,ella 
legge 5 gennaio 1956, n. 1, della facolt� concessa alle Commissioni 
distrettuali delle imposte, dall'art. 39 della legge 7 agosto 1936, n. 1639 
e dagli artt. 43 d,el t.u. di r.m. 24 agosto 1877, n. 4021 e 98 del regolamento 
approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, di aumentare i redditi 
accertati dagli uffici ed accertare i redditi e i cespit.i omessi, riguarda , 
'

I

tutte le imposte dirette erariali, ordinarie e straordinarie, in esse compresa 
l'mposta straordinaria progressiva sul patrimonio (1). 

(Omissis). -Il problema giuridico sollevato dalla ricorrente col 
primo motivo del ricorso si ricollega alla a soppressione �, statuita dalf 
ultimo comma dell'art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1, della facolt� 

(1) Le Sez. Un., nella sentenza 2 marzo 1964, n. 465, ricordata in questa 
Rassegna, retro, pag. 554 e segg. hanno precisato, a chiare note, che l'art. 5 della 
1. n. 1 �del 1956, abrogando espressamente la particolare norma di legge recata 
dall'art. 43 del t.u. del 1877 sulla r. m., esclude una abrogazione tacita di altre 
norme, sia pure di analogo contenuto, previste per tributi diversi in leggi diverse. 
Le Sezioni singole, con la sentenza in nota, precedente di qualche giorno, 
hanno ritenuto il contrario ed affrontatato, con ampiezza di argomentazioni, il 
relativo esame per l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, hanno affermato 
che la soppressione disposta dal ricordato art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1, 
del potere di rettifica affidato alle Commissioni dall'art. 43 del t.u. n. 4221/877 e 
98 del reg. 560/907 riguarda tutte le imposte dirette erariali ordinarie e straordinarie. 
La qual cosa non pu� essere condivisa. 

Le ragioni sono di vario ordine. Una prima, di carattere assorbente, � quella 



PARTE I, SEZ. V, .GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA� 757 

delle Commissioni tributarie di prima istanza di aumentare i redditi 
accertati dai funzionari delle imposte in dipendenza di una attribuzione 
conferita dall'art. 43 del t.u. delle leggi per l'imposta sui redditi 
della ricchezza mobile 24 agosto 1877, n. 4021 e successivamente riba.., 
dita, sia da norme di portata generale (art. 39, ultimo comma, r.d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639, art. 31 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516), sia da altre 
di particolare riferimento a singoli tributi. 

11

La Commissione Centrale ha invero, ritenuto che la soppressione
�� ha efficacia soltanto per le imposte dirette ordinarie a carattere 
continuativo, noll; gi� per quelle straordinarie ed a carattere temporaneo 
nei cui confronti il legislatore abbia dettato una norma di particolare 
disciplina: che norma �particolare, in ordine al profilo del 
potere di integrazione degli accertamenti, deve essere .considerata, per 
!;imposta straordinaria in esame, l'ultimo comma dell'art. 48 del t.u. 
9 maggio 1950, n. 203, in quanto prevede espressamente la facolt� 
della Commissione di eseguire d'ufficio accertamenti non proposti 
dagli uffici distrettuali e di elevare le � .cifre di patrimonio � fissate 
dai funzionari e concordate fra contribuente e Finanza, anche quando 
siano gi� iscritte a ruolo; che tale espressa previsione, in dipendenza 
del carattere specifico ed assolutamente autonomo che le � proprio, 
ren~de inapplicabili, agli accertamenti ed alla risoluzione �delle relative 
controversie, le disposizioni per l'imposta di ricchezza mobile e giustif�ca, 
pertanto, anche la sopravvivenza �della fa.colt� in rapporto ad 
una abrogazione che, in ogni caso, si riferisce esclusivamente aly11 
art. 43 del t.u. del 1877 e successive modificazioni 11. 

Osserva, invece, la ricorrente, sotto il profilo della violazione del!'
art. 5 della I. 5 gennaio 1956; n. 1 e degli artt. 12 e 15 delle disposizioni 
sulla legge in generale, che la distinzione introdotta dalla Commissione 
Centrale sulla base della natura, ordinaria e straordinaria, 
delrimposta � assolutamente arbitraria. La disposizione di cui all'art. 5, 
per sua natura ed in quanto non contempla �eccezioni o esclusioni, 

indicata dalla posteriore sentenza delle Sez. Un., per la quale abrogando l'art. 5 
della I. n. 1 del 1956, in modo espresso la sola norma recata dall'art. 48 del t.u. 
1877 sulla r.m., resta esclusa una abrogazione tacita di altre norme 11ia pure di 
analogo contenuto previsto in leggi diverse per tributi diversi disciplinati con norme 
autonome e particolari. Una seconda ragione si rinviene nel fatto che per potersi 
affermare che il ricordato art. 5, colpendo espressamente l'art. 48 sulla r.m. abbia 
colpito anche lart. 48 sulla imposta straordinaria sul patrimonio e gli altri articoli 
sulle distinte separate imposte autonomamente disciplinate, occorre ritenere e dimostrare 
che gli articoli tutti disciplinanti il potre di rettifica promanino da una stessa 
fonte e soddisfino uguali esigenze. Ci� la sentenza in nota ha ritenuto affermando 
che il potere di rettifica conferito dall'art. 48 della legge del 1877 non traeva origine 
dalle particolari esigenze della specifica materia imponibile (ricchezza mobile e 
fabbricati) ma realizzava, attraverso la uniformit� e la correlazione fra Je norme, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

758 

ha portata generale perch� risponde alla finalit� del legislatore, resa 
palese dai favori preparatori, di scindere, nelfintero sistema tributario 
delle imposte dirette erariali, la funzione contenziosa, da quella amministrativa 
e di evitare che organi giurisdizionali, estranei all' amministrazione 
attiva, possano sostituirsi all'amministrazione stessa nel 
processo di accertamento, di evidente natura amministrativa. Essa va 
di conseguenza applicata, quantomeno in via di interpretazione estensiva, 
a tutte le imposte dirette, e in ogni caso, la finalit� della legge � 
tale da importare fabrogazione, per incompatibilit� ex art. 15 delle 
preleggi, delle disposizioni tributarie, in qualsiasi legge inserite, che 
abbiano comunque attribuito alle Commissioni facolt� di accertamento. 
La censura per quanto riguarda le imposte dirette erariali, solo 
delle . quali questa Corte deve occuparsi, � sostanzialmente fondata. 
Va, in primo luogo, precisato che l'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, 

n. 203, non presenta, rispetto all'art. 43 del t.u. del 1877, quel carattere 
di spiccata autonomia che gli si pretende attribuire. 
Il potere conferito dalla disposizione del 1877 in tema di imposta 
sui redditi della r.m., correlativo ad altro analogo, previsto in tema di 
imposta sui fabbricati, con identica dizione, dall'art. 41 del r.d. 24 agosto 
1877, n. 4024, non traeva origine da una particolare natura o da 
particolari necessit� di aiocertamento della specifica materia imponibile, 
s� da poter essere configurato in funzione di contrapposizione, o 
comunque di deroga, rispetto ad altra diversa regolamentazione dell'imposizione 
diretta statale, ma, attraverso l'uniformit� e la correlazione 
delle norme, realizzava, salvo che per l'imposta terreni, fiscalmente 
ancorata al regime del catasto, ~na disciplina unitaria del limitato 
sistema tributario per detta imposizione vigente nell'epoca, dotata, 
di conseguenza, di una intrinseca capacit� di espansione nell'ambito 
4elle nuove figure giuridiche d'imposta diretta che fossero state successivamente 
istituite. 
�. . Siffatta potenziale capacit� di espansione si �, d'altra parte, tradotta 
in realt� concreta, sia pur, talvolta, col correlativo della esten


una � disciplina unitaria nel limitato sistema della imposizione diretta e vigente 
all'epoca, dotato di intrinseca capacit� di espansione, la quale si sarebbe poi 
appunto concretata nelle analoghe disposizioni poste per singoli e determinati tributi. 
L'indagine sistematica per� della specifica materia delle imposte dirette nega utile 
e decisivo ingresso a tale affermazione. 

Ove infatti si approfondisca l'indagine sull'imposizione erariale diretta del 1877, 
quando il tributo di ricchezza mobile veniva chiamato �imposta residuale� per la 
~.ua funzione meramente integatrice del nostro sistema tributario, mentre la imposta 

� sui fabbricati 
da poco si era scissa (26 gennaio 1865, n. 2136) dall'imposta sui 
terreni, con la quale era stata fino allora conglobata, essendo le costruzioni edilizie 
considerate un accessorio del terreno, si trae l'opposto convincimento che quella 
facolt� allora concessa alle Commissioni distrettuali in materia di riochezza mobile 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 759 

s�one del potere alle commissioni di appello ovvero della forma indiretta 
consistente nel richiamo della norma regolamentare (art. 98 
regolamento approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560), tanto in norme 
di carattere generale che hanno investito fintero normale sistema tributario 
ovvero parti essenziali dello stesso (art. 39. r.d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, art. 31 r.d. 8 luglio 
1937, n. 1517, relativo alla costituzione ed al funzionamento delle 
commissioni amministrative per le im~ste dirette e per le imposte 
indirette sugli affari), quanto in altre norme (art. 13 r.d. 3 giugno 1943, 
n. 598, in materia di imposta straordinaria sui maggiori utili relativi 
allo stato di guerra, art. 15 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, sull'avocazione 
allo Stato dei prof�tti di guerra e di quelli eccezionali di specu�azione, 
art. 46 d.l.c.p.s. 29 marzo 1947, n. 143) la cui natura di imposizione 
f�scale straordinaria non pu� essere revocata in dubbio. 
Posto, pertanto, che il collegamento fra disposizioni successive ed 
art. 43 del t.u. del 1877 deve ritenersi corrispondente all'ordine naturale 
del sistema, logicamente ne deriva la conseguenza che la volont� 
del legislatore di discostarsene debba risultare chiaramente e che, 
pertanto, il problema di specie debba porsi nel senso dell'indagine 
sul se l'art. 48 del t.u. del 1950 rappresenti in effetti una deliberata 
eccezione e, in particolare, consenta, rispetto al citato art. 43, il richiamo, 
in funzione ostativa, dell'art. 45, �comma secondo, del medesimo t.u. 
sotto il prof�lo della estensibilit� alla imposta straordinaria sul patrimonio 
delle disposizioni sull'accertamento e la risoluzione delle vertenze 
in tema di imposta di r,m. soltanto � in quanto non siano in 
cotrasto � con le disposizioni del t.u. 

Orbene, la risposta a detto problema non pu� che essere negativa, 
dal momento che l'ipotesi considerata � resistita, sotto un profilo 
testuale, dal richiamo dell'art. 48 (ocem gi� del precedente art. 46 
d.Lc.p.s. 29 marw 1947, n. 143, per l'imposta straordinaria progressiva 
sul patrimonio) all'art. 15 del r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, ad una 
norma, do�, che a sua volta, proprio in tema di facolt� di accerta-

fosse riguardata proprio in funzione di contrapposizione e di deroga rispetto alla 

regolamentazione dell'imposizione diretta, allora rappresentata dall� fondiaria (ter


reni e fabbricati) ancorata ancora aI sistema catastale. 

Che detta facolt�, poi, non realizzasse in materia una disciplina organica ed 

unitaria nella imposizione diretta, lo dimostrano le circostanze che: 

-nei tributi diretti ordinari e straordinari successivamente istituiti sempre 

� stata avvertita dal legislatore la necessit� di particolari e specifiche norme di 

rinvio per estendere le regole e le norme dell'imposta di r.m. anche alle imposte 

dirette. D'altra parte le norme di rinvio all'applicazione. delle norme vigenti per la 

imposta di r.m. e di imposta di fabbricazione, :per le dichiarazioni, accertamento� e 

risoluzione delle relative controversie, non sempre sono state interpretate nel senso 

<:he fossero applicabili l'art. 43 de lt.u. n. 4021 o l'art. 41 del t.u. n. 4024 {cfr. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

760 

�~

mento o di aumento di redditi, si ricollega espressamente alfart. 98 
del regolamento del 1907 per resecuzione della imposta sui redditi 
per la r.m. 

Detta risposta, d'altra parte, consente, altres�, a sua volta, di affermare 
che-fautonomia dell'ultimo comma dell'art. 48, sulla quale ha 
fatto principalmente leva la Commissione Centrale, � in realt� soltanto 
apparente e formale, s� che, di conseguenza, fautonomia medesima 
non pu� rappresentare, di per s�, un valido argomento ostativo alla 
applicabilit� dell'abrogazione di cui ali' art. 5 �anche in tema di imposta 
straordinaria progressiva sul patrimonio nel caso in cui, sotto un diverso 
ordine di considerazioni, si debba effettivamente riconoscere che la 
menzione nel citato art. 5 soltanto dell'art. 43 debba essere identificata 
non quale indice di .una voluta limitazione dell'abrogazione al t.u. 
�sulla imposta di r.m. ed alle modificazioni successivamente intervenute 
nella relativa �disciplina ma quale sintetico richiamo, attraverso la norma 
primigenia, di tutta la successiva legislazione in tema di imposte dire.tte 

erariali.' 

D'altra parte, sotto questo secondo profilo di indagine, si impone, 

in primo luogo, losservazione che la stessa Amministrazione non insiste 

su una interpretazione rigorosamente restrittiva della norma abroga


trice, dal momento che riconosce che lespressione conclusiva cc succes


sive modificazioni � pu� costituire un giusto fondamento giuridico 

perch� si ritengano caducate tutte quelle disposizioni che, mediante 

richiamo della norma specifica o dei principi generali sulla imposta 

di r.m. si deve ritenere abbiano esteso all'accertamento di altri tributi 

diretti erariali la norma di cui all'art. 43. Siffatta ammissione postula, 

art. 26 r.d. 30 dicembre 1923, n 3062, sulla imposta complementare progressiva 

sul reddito e art. 34 r.d.l. 12 ottobre 1939, n. 1529 sull'imposta ordinaria sul 

patrimonio); 

-il potere sostitutivo e correttivo di accertamento delle Commissioni distret


tuali e, in taluni casi, anche delle Provinciali, � stato previsto anche nella imposi


zione erariale indiretta e nella imposizione locate, seppure con qualche limitazione 

(art. 2 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 187, per l'accertame1;1tO valore ai fini dell'imposta 

di registro, art. 18 d.l. 3 marzo 1948, n. 799, per l'l.G.E. riscossa mediante canoni 

ragguagliati al volume degli affari; art. 280 t.U:. 14 settembre 1931, n. 1175, nel 

testo modificato dall'art. 48 della 1. 2 luglio 1952, n. 603, in materia di tributi 

locali). 

A ben guardare, pertanto, non pu� dirsi che l'art. 43 trovi la sua forza 

espansiva nel fatto di essere dettato in una legge che � radice di tutte le imposte 

dirette, perch� molti sono i distacchi tra le varie imposte dirette a proposito soprat


tutto dell'art. 48 in esame, e perch� comunque questa non � norma peculiare alle 

imposte dirette trovandosi adattata in certi casi anche alle imposte indirette. 

Una terza ragione � data dal fatto che in materia di abrogazione tacita, per 

incompatibilit�, non � sufficiente e ancora meno determinante il richiamo al profilo 

teleologico della norma che si vuole abrogatrice. La sentenza in nota non esita a 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 761 

invero, inequivocabilmente, sotto un profilo logico, anche il disconoscimento 
sostanziale del valOre che la decisione impugnata attribuisce 
al carattere straordinario e temporaneo delle singole imposte. Detto 
carattere non pu� essere, infatti, evidentemente invocato, in funzione 
limitativa, se, come gi� si � rilevato, anche leggi istitutive di imposizioni 
fiscali straordinarie contengano, in forma diretta o indiretta, il 
richiamo al t.u. del 1877. 

Valore decisivo e persino assorbente ha, d'altra parte, a favore 
della interpretazione pi� lata, il profilo teleologico della norma abrogatrice, 
dal momento che la ratio di quest'ultima va rapportata al 
carattere giurisdizionale assunto dalle Commissioni tributarie a seguito 
dei provvedimenti legislativi del 1936 e del 1937 ed ai poteri funzionali 
delle stesse. Non vi � dubbio, invero, che il carattere medesimo 
si ponga in contraddizione con la natura, certamente amministrativa, 
del processo di accertamento e che, di conseguenza, l'ipotesi di un 
ulteriore mantenimento della possibilit� di intervento delle Commissioni 
tributarie nel processo anzidetto si risolverebbe in una indebita 
ingerenza, anche con poteri sostitutivi, di organi giurisdizionali nella 
caratteristica sfera di azione dell'amministrazione attiva. Non vi � 
dubbio, altresl, che il legislatore del 1956 abbia voluto, per l'appunto 
rif�rirsi, pi� che ad una abrogazione di singole disposizioni legislative, 
cio� ad una sfera oggettiva che potesse interessare le Commissioni in 
questione soltanto di riflesso ed in correlazione con i limiti di efficacia 
delle singole abrogazioni, ad una incidenza soggettiva, determinata 
immediatamente dalla nuova posizione delle Commissioni medesime 
e che si concretava direttamente in una generale soppressione di 

dare a tale profilo portata decisiva ed assorbente in relazione al fatto che la ragione 
della soppressione del potere di rettifica. andrebbe rapportato al carattere giurisdizionale 
delle Commissioni Tributarie e che tale carattere � in contraddizione con 
la natura amm.va dell'accertamento. Neanche tali argomentazioni appaiono decisive. 

La collocazione della norma abrogativa nel Titolo I invece che nel Titolo V 
si spiega sia per lesistenza sistematica della materia sia per la considerazione che, 
mentre l'art. 62 si limita soltanto a dichiarare abrogate talune norme, l'art. 5 non 
abroga l'art. 43, ma lo adegua alle nuove esigenze ed in particolare proprio alla 
natura giurisdizionale attribuita alle Commissioni amministrative. 

Il potere correttivo delle Commissioni distrettuali infatti permane, avendo 
queste le facolt�, venute a conoscenza, nel corso del giudizio, di elementi che 
rendano opportuno una integrazione dell'accertamento, di sospendere la pronuncia 
e di rinviare gli atti all'Ufficio fissando il termine per il nuovo accertamento. La 
qual cosa precisa �che abrogato � soltanto il potere sostitutivo delle Commissioni in 
parola, e ci� perch� gli Uffici distrettuali sono stati abilitati a procedere direttamente 
all'integrazione ed alla modificazione degli accertamenti entro i termini di decadenza, 
ancorch� gli accertamenti siano stati definiti con la dichiarazione di cui 
all'art. 81 del Regolamento 11 luglio 1907, n. 560 (art. 3 della l. 5 gennaio 1956, 

n. 1). La differenza, pertanto, co11-il precedente sistema sta in ci� che mentre 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

762 

facolt�, indipendentemente da qualsiasi specifica considerazione delle 
sfere nelle quali le facolt� medesime si erano per il passato esercitate. 
Ne convincono di ci� la testuale dizione dell'art. 5, ultimo comma, il 
rilievo che quest'ultima norma ha, nel sistema della legge, trovato la 
sua collocazione nel titolo I, di carattere generale e contenente le 
disposizioni sulla dichiarazione e sull'accertamento dei redditi, anzich� 
nel titolo V, il cui art. 62. enuncia, per l'appunto, una serie di disposizion� 
abrogate per effetto della nuova legge, la pi� corretta interpretazione, 
infine, degli univoci lavori preparatori in materia. 


1Yaltra parte, ci� posto, non su_ssiste neppur motivo, giuridico o 
logico, per mantenere, sotto il profilo considerato, la funzione accertatrice 
delle Commissioni limitatam<;mte all'imposta straordinaria progressiva 
sul patrimonio. Questa Corte ha, infatti, pi� volte ribadito il 
principio dell'ammissibilit� della interpretazione estensiva anche in 

prima erano le stesse Commissioni a concretare la proposta di accertamento, la quale 
peraltro doveva sempre essere notificata tramite gli uffici distrettuali, sono ora questi 
ultimi a concretarla su � disposizione � delle Commissioni distrettuali. 

Una quarta ragione � nella mancanza, per la imposta che ci riguarda, di incompatibilit� 
fra norme nuove e norme precedenti. Per aversi incompatibilit�, la legge 
del 1956 si sarebbe dovuta proporre j} fine di integrare o modificare il t.u. anzidetto 
ovvero di regolare l'intera materia gi� disciplinata dal t.u. medesimo. Tutto 

I 

questo per� nel caso in esame, non si � verificato. La legge in questione, infatti, 
come dalla sua stessa denominazione, reca norme integrative della l. 11 gen,
; 

I 

naio 1951, n. 25, sulla perequazione tributaria, la quale, come � noto, costituisce :~ 
il nucleo di quella riforma tributaria (peraltro a tutt'oggi non realizzata), i cui 
�_, 
lineamenti il Ministro Vanoni ebbe ad esporre alla Camera dei Deputati iJ. 21 otto~ 
bre 1948: una imposizione fondamentale a carattere personale e progressiva sul 
reddito. Tale risultato si sarebbe dovuto raggiungere sia attraverso la personalizzazione 
della imposizione proporzionale, sia attraverso una minore rilevanza di 
questa in confronto dell'imposizione personale ad aHquote progressive, sia infin~ 
attraverso la introduzione di una imposta ordinaria sul patrimonio anch'essa a carattere 
personale e ad aliquota progressiva. 


Da questa impostazione nacque la necessit� di meglio accertare i redditi di 

ciascuno,. di rafforzare i mezzi di accertament� a disposizione dell'Amministrazione 

e di istituire rapporti di maggior fiducia tra questa e i contribuenti. 

Venne, pertanto, con la legge n. 25 creato l'istituto della dichiarazione uniC'a 

annuale dei redditi, attraverso il richiamo contenuto nell'art. 1 al d.lgt. 24 ago


sto 1945, n. 585, il quale modificava l'istituto della dichiarazione dei redditi in 

materia di imposte dirette quale era disciplinata dagli artt. 1 a 12 del r.d. 17 di


cem 1931, n. !608 (abrogati all'art. 27), prevedendo, jn sostituzione di dichiara


zioni distinte e separate per ciascuno dei redditi con termini diversi, la dichiara


zione unica annuale nei termini dal 1� gennaio al 31 marzo sia dei redditi che 

dei patrimoni. Il richiamato provvedimento legislativo (il quale sebbene pubblicato 

nelfa Gazzetta Ufficiale del 29 settembre 1945, n. 117, non ebbe pratica esecu


zione non essendo stato mai emesso il decreto con il quale dovevano stabilirsi 

termini per la presentazione delle dichiarazioni), venne coordinato con la I. 11 gen


naio 1951, n. 25, in base al d.p. 25 luglio 1951, n. 573, emesso in forza della 

delega concessa con l'art. 49 della legge n. 25. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 763 

tema di leggi tributarie {Cass. 19 aprile 1961, n. 863; 22 ottobre 1959, 

n. 3030; 8 agosto 1959, n. 2500) n� nella specie pu� dubitarsi del concorso, 
riguardo alla imposta non espressamente regolata dal legislatore, 
della 1itessa finalit� insita nello spirito della legge del 1956 ch� 
altrimenti si dovrebbe ritenere, senza plausibile ragione, che soltanto 
rispetto all'imposta medesima non dovrebbe ravvisarsi quella incompatibilit� 
concettuale che il principio della divisione dei poteri ha 
suggerito al legislatore e che quest'ultimo ha posto a ratio della norma 
abrogatrice. 
~l primo motivo del ricorso va perci� accolto, mentre il secondo 
resta assorbito dall'accoglimento. 

La decisio~e impugnata va cassata e la causa va rinviata alla 
stessa Commissione Centrale sulla base del principio di diritto che 
� la soppressione, disposta con l'ultimo comma dell'art. 5 della 1. 5 gen-

In tale sede venne soppresso � ogni riferimento ai patrimoni soggetti ad 
imposta trattando la legge di perequazione tributaria esclusivamente dei redditi ai 
quali chiaramente manifesta di volersi riferire per aver fra l'altro, abrogato l'art. 20 
del decreto legislativo n. 585 (art. 1 comma secondo che si riferiva precisamente 
all'imposta sul patrimonio la quale ha cessato di formare materia attiva quanto 
all'�bbligo delle dichiarazioni (1948) n (Relazione al Consiglio dei Ministri in ordine 
allo schema di decreto presidenziale n. 573). Anche la Commissione interparlamentare 
per il t.u. sulla dichiarazione annuale dei redditi, nominata ai sensi del citato 
art. 49, espresse l'avviso che dovesse eliminarsi nell'emanando t.u. �ogni riferimento 
al patrimonio ovvero ai cespiti patrimoniali perch�: a) la dichiarazione 
annuale si riferisce ai redditi; b) a decorrere dal 1� gennaio 1948 � stata soppressa 
l'imposta �rdinaria sul patrimonio e perci� qualsiasi richiamo � da considerarsi 
inoperante; e) il secondo comma dell'art. 1 della l. n. 25 abroga espressamente 
l'art. 20 del decreto n. 585 riguardante appunto l'imposta sul patrimonio. 

Per tutto ci�, la 1. 11 gennaio 1956, n. 1, recant;e escltl$ivamente norme inte-. 
grative della l. 11 gennaio 1951, n. l, non pu� che avere un contenuto limitato alla. 
disciplina delle imposte dirette sui redditi e, di conseguenza, non ha istituito alcun 
rapporto di incompatibilit� con il t.u. 9 gennaio 1950, n. 203 (non Io modifica, 
non. Io integra, n� tanto meno ne regola l'intera materia), il quale, pertanto, non 
pu� non porsi come provvedimento legislativo dalla caratteristica di spiccata autonomia. 
ed indipendenza. 

Il t.u. n. 203/50 infatti, disciplina una imposizione diretta sui generis, attra


verso un tributo straordinario che colpisce i patrimoni posseduti ad una data pre~ 

stabilita (28 �marzo 1947) e opera come un prelievo una tantum di ricchezza. 

Le procedure di accertamento inoltre sono del tutto peculiari: 

a) per la valutazione dei titoli azionari e delle quote di partecipazione in 
societ� ed enti non quotate in borsa, mutuano la loro disciplina dalla soppressa 
imposta di negoziazione (altro tributo indiretto); 

b) per i terreni e i fabbricati, applicano dei coefficienti automatici di valu


tazione, che escludono ogni rimedio giuridico tranne che per alcune particolari 

questioni di classamento {art. 9 e 12 del t.u. n. 203); 

e) per i titoli quotati in borsa, tengono conto della media dei prezti di 

compreso nel trimestre 1� gennaio -31 marzo 1947 {art. 18 del t.u.). 



RASSEGNA DELI:AVVOCATURA DELLO STATO

764 

naia 1956, n. 1, della facolt� concessa alle Commissioni Distrettuali 
delle Imposte dall'art. 39 1. 7 agosto 1936, n. 1639, e dagli artt. 43 del 

t.u. di r.m. 24 agosto 1877, n. 4021, e 98 del regolamento approvato 
con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, di alimentare i redditi accertati dagli 
uffici e accertare i redditi e i cespiti omessi, riguarda tutte le imposte 
dirette erariali, ordinarie e straordinarie, in esse compresa l'imposta 
straordinaria progressiva sul patrimonio. -{Omissis). 
Del sistema cos� adottato delle dichiarazioni e delle sanzioni � gi� stata riconosciuta 
peraltro l'autonomia rispetto al r.d. 17 settembre 1931, n. 208, concernente 
le disposizioni relative alle dichiarazioni dei redditi ed alle � san2:ioni in materia di 
imposte dirette. La stessa Corte di Cassazione ebbe, al riguardo, ad osservare (sent. 

n. 464 del 25 ottobre 1961) che il sistema normativo delle imposte sul patrimonio 
� contenuto nel t.u. delle disposizioni sui tributi di tale tipo (t.u. 9 maggio 1950, 
n. 203) regolando questo, il rapporto tributario in tutti i suoi elementi e in tutto a suo StJolgimento. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1964, n. 513 -Pres. Romano; 
Est. Cesaroni, P.M. Cutrupia {conf.) -Vannicelli {avv. Vannicelli 
) c. Finanze {avv. Stato Cavalli). 

Imposta di successione -Immobili � Valore venale in comune 
commercio � Determinazione -Criteri in relazione alla destinazione. 


Ai fini dell'imposta di successione, a norma degli artt. 15 e 16 r.d.l. 

n. 1639 del 1936, il val.ore effettivo deliimmobile trasferito va determinato 
con riferimento in COfU1reto non solo alla destinazione in atto 
del bene, ma altre51, alle diverse ed ulteriori destinazioni di cui esso 
� susc�ttibile al momento del trasferimento {l). 
(1) Il valore venale in comune commercio che, a norma dell'art. 15 del r.d.l. 
7 .agosto 1936, n, i639, costituisce, sia per i �trasferimenti mortis causa che inter vivos, 
il parametro per la liquidazione, rispettivamente, della imposta di successione e 
di quella di registro, � la premessa logica e giuridica delle statuizioni adottate dalla 
sentenza in nota. Valore venale in comune commercio �, nella accezione generalmente 
recepita, quello che si realizza attraverso lo scambio. E perch� a tale ultimo 
f�ne il ruolo determinante � assunto dalla potenza di acquisto di un bene in rapporto 
ad un altro, nessun dubbio pu� fondatamente opporsi al fatto che la destinazione 
del bene da prendere in considerazione non � soltanto quella attuale, 
ma anche quella diversa ed ulteriore che il bene, in concreto considerato, � suscettibile 
di avere alla data del trasferimento. Un precedente in termini, nel quale 
sono precisati i riportati concetti, si rinviene nella s�ntenza 22 marzo 1943, n. 963 
!Riv. leg. fisc., 1943, 402). 
In detta sentenza, dopo aver ricordato la cennata necessit� e la ragione che 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 765 

la determina, � precisato anche che � delle diverse destinazioni o pi� esattamente 
trasformazioni, non bisogna per altro considerare la mera eventualit�, ma occorre 
pur sempre qualche manifestazione che la faccia apparire come un elemento concreto; 
o, prescindendo da una realizzazione, che siano intervenute circostanze obiettive, 
in base alle q.ali possa affermarsi che una trasformazione � gi� possibile, e 
soltanto occorre tradurla in atto. La qual cosa � assolutamente esatta dato il prin<'
ipio indefettibile per il quale il valore di scambio da prendere in considerazione 
� quello della data di trasferimento. Nel caso della sentenza in nota anche tale 
esigenza � stata rispettata, essendo risultato pacifico, in fatto, che d'una superficie 
di 3220 mq. ubicata alla periferia della citt� di Roma, soltanto 700 erano occupati 
da costruzioni, in parte soggette a demolizione_ ed in parte in precarie condizioni 
di stabilit�. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 marzo 1964, n. 522 -Pres. Rossano 
-Est. Di Majo -P.M. Pedote {conf.) -Soc. Immobiliare 
Umbal (avv. Ciaccio) c. Ministero Finanze {avv. Stato Giorgio 
Azzariti). 

Imposta di registro -Agevolazioni tributarie a favore di cooperative 
edilizie -Prima assegnazione -Socio di cooperative 
edilizie -Nozione -Comprende anche una persona giuridica. 

(cl.I.I. 5 aprile 1945, n. 141). 
L'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, n. 141, nel riaffermare a favore 
delle societ� cooperative edilizie l'applicazione della imposta fissa di 
registro per la prima assegnazione al socio della casa, si riferisce alle 
normali societ� cooperative edilizie, ossia a quelle previste dalla 'legge 
comune, la quale non esclude che socio della cooperativa possa essere 
anche una persona giuridica (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo la ricorrente Societ� Umbal 
denuncia la violazione dell'art. 65 della legge di registro (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269) e dell'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, n. 141, in 
relazione all'art. 360 c.p.c. 

Si assume sostanzialmente che ha errato la Commissione Centrale 
nel ritenere che lagevolazione fiscale di cui si discute sia limitata 
esclusivamente al caso che l'asegnazione dell'immobile avvenga a 
favore di persona fisica. 

La censura � fondata. 

(1) Deve convenirsi sulla esattezza della sentenza sopra riportata, dati i limiti 
del giudizio che la Corte Suprema era chiamata ad emanare, determinati dal contenuto 
e dalla motivazione della impugnata decisione della Commissione Centrale 
delle imposte. 
La Commissione Centrale aveva infatti ritenuto che l'art. 12 del cl.I. 5 aprile 
1945, n. 141 dovesse coordinarsi con le norme del testo unico sulla edilizia popolare 



RASSEGNA DELL'�VVOCATURA DELLO STATO

766 

La decisione impugnata si basa sulle seguenti considerazioni : 

a) quando� si tratti di stabilire il regime tributario applicabile 
alle assegnazioni ai soci di case da parte delle cooperative edilizie deve 
aversi riguardo, pi� che all'art. 65 legge di registro, all'art. 12 d.l. 
6 aprile 1945, n. � 141; 

b) questo articolo deve coordinarsi con le norme degli artt. 147 
e 148 del t.u. sull'edilizia popolare ed economica (r.d. 28 aprile 19'38, 

n. 1165); 
e) dal complesso delle norme sopra richiamate risulta che le 
agevolazioni fiscali quivi previste sono limitate alle case popolari ed 
economiche e mirano a favorire i non abbienti, dando loro modo di 
procurarsi un alloggio. Da qui la limitazione derivante dallo spirito 
della legge pi� che dalla sua lettera, della agevolazione alla categoria 
soltanto delle persone fisiche, restando escluso che esse possano estendersi 
alle persone giuridiche, pur socie della cooperativa, che rivestano 
carattere commerdale e speculativo. 

Ora tale .. ragionamento non coglie appieno il senso della legge. 
L'art. 12 del d.1.1. 5 aprile 1945, n. 141, contenente provvedimenti in 

ed economica, dalle quali deve desumersi la limitazione delle agevolazioni fiscali 
alle persone fisiche. 

Ma, come ha rilevato la Corte di Cassazione, simile argomentazione � in contrasto 
con la lettera dell'art .12 d.l. n. 141 del 1945 che si riferisce chiaramente alle 
Cooperative edilizie in genere previste dagli artt. 65, 66 e 67 della legge di registro 
e non a quella particolare categoria di cooperative previsfa dal testo unico sulla 
edilizia popolare. 

La Corte di Cassazione, precisando che la impugnata decisione viene cassata 
in quanto la Commissione Centrale � ha fondato esclusivamente la ragione del 
decidere sull'accennato erroneo principio " ed affermanao genericamente, nel principio 
di diritto da osservarsi dal giudice di rinvio, che l'art. 12 cl.I.I. n. 141 si 
riferisce alle normali cooperative edilizie previsto dalla legge comune, la quale non 
esclude che socio della cooperativa possa essere anche una persona giuridica, sembra 
abbia inteso chiarire che la sentenza sopra riportata non risolve completamente il 
problema della applicabilit� dell'agevolazione prevista dall'articolo suddetto all'atto 
c�n il quale una cooperativa edilizia di diritto comune assegna un appartamento ad 
una societ� immobiliare, socia della Cooperativa stessa. 

Invero, malgrado l'indubbia esattezza della massima affermata dalla Ca,ssazione, 

sembra che al quesito sopra esposto debba darsi soluzione negativa in base alle 

seguenti considerazioni. 

� anzitutto assai dubbio che una societ� commerciale immobiliare, vale a dire 

una societ� che persegua fini di lucro mediante commercio di beni immobili, possa 

essere socia di una cooperativa edilizia. 

Se infatti � vero che gli artt. 2532, 2535 del e.e. presuppongono la possibilit� 

per le persone giuridiche di acquistare la qualit� di socio in societ� cooperative, � 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 767 

materia di imposta registro e ipotecaria, stabilisce testualmente che 
u nei riguardi delle societ� agricole cooperative e delle societ� oooperative 
edilizie in possesso dei prescritti requisiti resta ferma l'applicazione 
dell'imposta fissa di registro e dell'imposta ipotecaria ridotta 
per la prima assegnazione al socio del fondo rustico o della casa ... ". 

Il riferimento al settore della normale attivit� edilizia � chiaro e 
inequivocabile: si richiamano infatti le societ� cooperati~e edilizie, 
ossia quelle cooperative previste dagli artt. 65, 66 e 67 della legge di 
registro, disponendosi che resta fermo il privilegio della tassa fissa 
per l'atto di prima assegnazione della casa al socio. Riferimento perci� 
alle societ� cooperative edilizie sul piano della legge comune e non 
gi� riferimento a quelle previste dalla particolare legislazione sull'edilizia 
popolare ed economica per le quali l'art. 147 del t.u. 28 aprile 1938, 

n. 1165, dispone che esse godono dei privilegi tributati secondo le stesse 
norme stabilite per le altre societ� cooperative. 
E, in effetti, nel preambolo del decreto n. 141 del 1945 in esame, 
mentre sono richiamati vari provvedimenti legislativi, tra questi non 
si trova il t.u. 1165 del 1938 test� accennato. 

Se in conseguenza la norma fiscale di favore in esame ha innegabile 
riguardo alle normali cooperative edilizie per le quali la legge 
comune non esclude, ma anzi esplicitamente consente che i soci di 

per� anche vero che l'art. 2511 dello stesso codice stabilisce che in tanto una impresa 
pu� costituirsi in societ� cooperativa in quanto essa abbia uno � scopo mutualistico �. 
Tale collegamento tra l'essenza della societ� cooperativa e Io scopo mutualistico � 
ribadito dal successivo art. 2315 il quale esclude che la denominazione di cooperativa 
possa essere usata da societ� che non hanno scopo mutualistico. 

Lo stesso codice non d� la definizidne di scopo mutualistico. La relazione del 
guardasigilli (n. 217) precis� che esso consiste nel fornire beni o servizi od occasioni 
di lavoro direttamente ai membrj dell'organizzazione a condizioni pi� vantaggiose 
di quelle che si otterrebbero sul mercato, mentre Io scopo� delle imprese sociali in 
senso proprio � il conseguimento ed il riparto di utili patrimoniali. Siffatta contrapposizione 
tra gli scopi di lucro, delle normali imprese sociali e gli scopi mutualistici 
delle societ� cooperative � stata, in seguito, solennemente confermata dalla nostra 
Costituzione che, all'art. 45 ha posto il principio per il quale �la Repubblica riconosce 
la funzione sociale della Cooperazione a carattere di mutualit� e senza fini di 
speculazione privata � � 

Ed allora la possibilit� per le pernone giuridiche di essere socie delle societ� 
cooperative, prevista dagli artt. 2532 e 2535 e.e. va esaminata alla luce delle dispoL 
.sizioni da ultimo citate: essa non pu� snaturare gli scopi propri delle societ� cooperative 
fissati dalla legge. La partecipazione di tali persone giuridiche � �stata, invero, 
prevista dal nuovo codice per legalizzare una prassi per cui enti pubblici (comunf 

o provincie) od enti privati non aventi ,scopo di lucro partecipavano alla formazione 
del capitale delle cooperative con versamenti che non apparivano in conto capitale, 
ma come contributi od altra simile dizione. Perci� pu� ammettersi possa acquistare 
la qualit� di socio un ente pubblico ovvero anche una societ� di mutuo soccorso o 
un'opera pia (VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, vol. II, 385); non anche 

768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

societ� cooperative possano essere anche persone giuridiche (art. 2532 
e 2535 e.e.), la questione pu� dirsi risolut.a: non si dubita invero che 
nel caso concreto si � al di fuori della speciale legislazione sull'edilizia 
popolare ed economica perch� la cooperativa del Rosso � societ� cooperativa 
edilizia regolarmente costituita secondo detta legge comune 
avendo per suo fine statutario a la compravendita, la gestione e l' amministrazione 
di un immobile di qualsiasi natura� e socia di detta 
cooperativa � l'attuale ricorrente societ� a r.l. Umbal. 

Le considerazioni che precedopo sono di per s� sufficienti a dimostrare 
l'errore nel quale � incorsa la Commissione Centrale nel ritenere 
che la ratio del precetto fiscale in discussione (art. 12. d.1.1. n. 141 
del 1945) debba cogliersi in relazione allo spirito delle norme di cui 

una normale societ� commerciale la quale persegua, pure nella sua attivit� di socio 
della cooperativa, il proprio scopo di lucro: ci� sarebbe in contrasto non solo con lo 
scopo mutualistico della cooperativa, ma con lo stesso spirito informatore della 
cooperazione la quale � si alimenta coll'amore della classe, della cittadinanza, dell'arte 
e della fede � (VIVANTE, op. cit., 386). 

Perch� se � vero che la mutualit�, o comunque l'attivit� cooperativa debba 
intendersi come organizzazione di categoria, vale a dire presupponga una comunione 
di interessi preesistenti (AscARELLI, Riv. delle Societ�, 1957, 419), dovr� riconoscersi 
possibilit� di far parte di societ� cooperative a quelle sole persone giuridiche 
le quali nella propria struttura e nel proprio funzionamento riflettano quella rilevanza 
della � categoria � che � propria della societ� cooperativa o di altra con quella 
collegantesi in un particolare ciclo produttivo non in posizioni contrapposte ma di 
rispettiva strumentalit� od integrazione. 

Per tornare al caso di sp�cie non pu� certamente dirsi preesista comunanza 
di interessi tra coloro che intendono acquistare una casa per abitarvi -vale a dire 
tra i comumatori delle case di abitazione -e chi intenda acquisire al proprio patrimonio 
un appartamento per farne oggetto della propria attivit� commerciale. 

� Questi ultimi non possono, perci�, esser soci di cooperative edilizie: ci� � 
espressamente detto dall'art. 23 d.1.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1577 il quale ha 
stabilito che " nelle cooperative di consumo non possono essere ammessi come soci 
intermediari e persone che conducano in proprio esercizi commerciali della stessa 
natura della cooperativa�. 

La cooperativa edilizia � indubbiamente una specie della categoria delle cooperative 
di comumo, in quanto essa � costituita da persone che intendono procurarsi un 
allc>ggio e conseguentemente agiscono come consumatori di tale servizio; una societ� 
immobiliare svolge, indubbiamente, attivit� intermediaria del servizio stesso .. 

In tal senso, del resto, si � espresso il Comitato Centrale per le cooperative, 
previsto dall'art. 19 citato d.l.c.p.s. n. 1577 del 1947, che, con decisione 2 mai?;gio 
1957 (riportata dal VERRUCOLI, La societ� cooperativa, 1958, 245 in nota) ha 
affermato: " 1a possibilit�, risultante dall'art. 2532 e.e., che le persone giuridiche 
siano socie delle societ� cooperative, se da un lato risponde all'esigenza di dare 
rilievo e disciplina legislativa al diffuso fenomeno della partecipazione a dette societ� 
di enti morali (comuni, ospedali, enti di beneficienza) ovvero di collettivit� di consumatori 
od anche di singoli produttori costituiti in forma �societaria, dall'altro non pu� 
certamente essere intesa indiscriminatamente, nel senso che della societ� possano far 
parte imprese con scopo lucrativo o comunque perseguenti finalit� contrastanti od 
incompatibili con gli scopi mutualistici propri della cooperazione. Nella fattispecie 

. 
' 


, 

.

I


�' 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 769 

alla legislazione speciale sull'edilizia popolare ed economica e quindi 
presupponga per la sua applicazione la qualit� di persona fisica del 
socio assegnatario dell'immobile; ditalch� l'impugnata pronuncia della 
Commissione Centrale, che ha fondato esclusivamente la ragione del 
decid�ere sull'accennato erroneo principio, deve essere cassata con rinvio 
<lella causa alla stessa Commissione Centrale che nel nuovo esame si 
atterr� al diverso principio di diritto che l'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, 

n. 141, nel riaffermare a favore delle societ� cooperative edilizie l'applicazione 
della imposta fissa di registro per la prima assegnazione al 
socio della casa, si riferisce alle normali societ� cooperative edilizie, 
ossia a quelle previste dalla legge comune, la quale non esclude che 
socio della cooperativa possa essere anche persona giuridica. 
si � ravvisata incompatibile con tali finalit� la partecipazione, ad una societ� cooperativa 
per la costruzione di case economiche e popolari, di un'impr.esa di lavorazione 
di manufatti in cemento ". 

Il rilevato contrasto tra gli scopi, di lucro, di una societ� commerciale immobi� 
liare e quelli, mutualistici, della societ� cooperativa porta, del resto, anche ad escludere 
che il singolo atto col quale la cooperativa assegni un appartamento alla socia 
societ� immobiliare possa essere considerato compiuto a fine mutualistico, e quindi 
degno dell'agevolazione in discorso, e non concerna piuttosto mera opera di mediazione, 
sicch� si rendono applicabili le normali imposte, a' sensi dell'ultimo comma 
dell'art. 65 legge di registro. Ci� a prescindere dall'argomento che potrebbe trarsi 

� dalla lettera della legge: questa (art. 12 cit.) parla di assegnazione della � casa � 
al socio, e se per casa si intende; etimologicamente, il luogo di abitazione di una 
persona, non si vede come possa parlarsi di casa quando si tratti di un appartamento 
assegnato ad una societ� immobiliare e che costituir� l'oggetto dell'attivit� commerciale 
della societ� stessa. 

. GIORGIO AZZARITI 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1964, n. 874 -Pres. Pece� 
Est. Pece -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Pagliai ved. Mannucci 
Benincasa (avv. Porzio) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposta complementare sul reddito -Contributi agricoli unificati 
-Detrazione dal coacervo dei redditi a norma dell'art. 8 
di r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 -Ammissibilit�. 

Imposta complementare sul reddito -Maggiori oneri derivanti 
dal Lodo De Gasperi e dalla �Tregua mezzadrile -Detrazione 
dal coacervo dei redditi a norma dell'art. 8 del r.d. 30 dicembre. 
1923, n. 3062 � Inammissibilit�. 

Sotto l'imperio della disciplina normativa del r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3062,i contributi agricoli unificati, non essendo compresi fra le spese 
che possono essere detratte in sede di elaborazione delle tariffe di 
estimo del reddito domenicale di fondi rustici, a norma dell'art. 96 del 
u 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

770 

r.d. 12 ottobre 193$, n. 1539, sono ammessi in detrazione da,l coacervo 
dei redditi assoggettabili allimposta complementare, a norma del n. 5 
ovvero de�l n. 2 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062, a seconda che si 
dia P'revalenza alla loro natura assistenziale e p!l'evidenziale (r.d. 28 novemb'f'.
e 1938, n. 2138) o al sistema di riscossione P!J'OP!J'iO delle imposte 
dirette (1). 
Sotto l imperio della disciplina normativa suddetta il maggior 
onere derivante al concedente dal lodo De Gasperi, allegato al d.l.c.p.s. 
27 maggio 1947, n. 495 e dalla tregua mezzadrile di cui all'accordo 
24 giugno 1947 ed alla legge 4 agosto 1948, n. 1094, non sono ammessi 
in detrazione dal coacervo dei redditi assoggettabili all'imposta complementare 
sul 'f'.eddito, non rientrando I'alterazione derivata alla quota 
del concedente in alcuna delle voci di detrazione tassativamente previste 
dall'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 {2). 

(1-2) Indubbiamente esatta la statuizione oggetto della seconda massima, per 
la ragione decisiva che sia il lodo De Gasperi che la tregua mezzadrile ebbero :l 
determinare una alterazione nella quota padronale, che non rientra in alcuna delle 
previsioni normative poste dall'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 sulla 
disciplina delle detrazioni, le -statuizioni oggetto della prima massima determinano 
delle perplessit�. Esse, infatti, partono �dal presupposto, voluto dall'art. 8 del r.d. 
cit., che i contributi unificati non sono oneri detraibili ai fini della valutazione dei 


-singoli redditi, per non essere gli stessi presi in considerazione in sede di elabora-� 
zione delle tariffe di estimo del reddito dominicale dei fondi rustici. La motivazione 
adottata per escludere tale ultimo dato non pare, per�, esaurire il campo di indagine, 
avendo essa ritenuto che i contributi predetti non rientrano in alcuna delle voci 
indicati nell'art. 96 del r.d. n. 1539 del 1933, pi� che in relazione alla portata 
delle singole voci ed all'ambito delle stesse, in relazione. al carattere autonomo che, 
in conseguenza della natura previdenziale loro propria i contributi in discorso avrebbero 
avuto ancora prima della loro unificazione. 

In senso contrario � orientata la giurisprudenza della commissione centrale 

delle imposte: cfr. decisione n. 90282 del 25 febbraio 1957, in Riv. leg. -JWc., 1958, 
841; decisione n. 91742 del 27 maggio 1957. ivi 1958, 86; decisione n. 43202 del 
5 maggio 1961, ivi, 1962, 640; decisione n. 43532 del 9 maggio 1961, ivi, 1962, 645. ,

I 

La detraibilit�, pertanto, dei _contributi pi� volte detti, non pu� ritenersi pacifica 
e le questioni relative non possono ritenersi definitivamente risolte. 
Nel senso della sentenza in nota, in dottrina cfr. Bom1, Cominwnto della l,egge 
sull'impo8ta compl,ementare progre8Siva sui redditi, pag. 232). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aprile 1964, n. 900 -Pres. 
Rossano -Est. Caporaso -P.M. Cutrupia (conf.) -Societ� Cooperativa 
Nuovatevere (avv. Zaccagnini) c. Ministero Finanze (avv. 
Stato Pietrini). 

Imposta di registro -Cooperative edilizie -Atti relativi ad operazioni 
non previste dallo statuto -Tassa fissa -Esclusione. 

(r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 147; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 65). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 771 

Gli .atti di acquisto, effettuati da societ� cooperativa edilizia per 
finalit� che non rientrano in quelle previste dallo statuto, non sono 
ammessi al beneficio della tassa fissa prevista dal combinato disposto 
degli artt. 63 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 147 del r.d. 28 aprile 
1938, n. 1165 (1). 

(Omissis). -Con i due motivi del ricorso, denunziandosi la violazione 
dell'art. 147 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, in relazione all'art. 65 
della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, l'insufficienza e Ia 
coritraddittoriet� della motivazione della decisione impugnata, si lamenta 
che la Commissione Centrale abbia escluso che l'acquisto del 
terreno da parte della Cooperativa "Nuova Tevere� rientri tra gli 
scopi da questa perseguiti. 

Al riguardo si� deduce che la Commissione Centrale ha erroneamente 
desunto tale convincimento dalla estensione notevole del terreno 
acquistato e dalla preventiva partecipazione della Cooperativa 
al Consorzio di caccia perch� le costruzioni sul terreno medesimo 
avrebbero potuto svilupparsi solo in senso orizzontale, stante il vincolo 
panoramico gravante su di esso, .e l' a:sserita partecipazione al Consorzio 
d$ caccia era del tutto insussistente. 

Si aggiunge che la Commissione ha apoditticamente affermato che 
la Cooperativa ha eseguito costruzioni non di tipo popolare e si precisa 
che la motivazione della decisione impugnata � insufficiente e contraddittoria, 
in quanto la Commissione non ha sufficientemente esaminato 
i punti decisivi della controversia e ha alterato i fatti risultanti dai �ocumenti 
acquisiti al processo. 

Le censure sono infondate. 
La Commissione Centrale, accertato in base ai documenti di cui 
aveva disposta l'esibizione, che la Cooperativa "Nuova Tevere� aveva 

(1) Vesattezza dell'adottata statuizione (nel caso concreto si trattava dell'acquisto 
da parte di una cooperativa edilizia di terreni utilizzati per la costruzione 
di oase di lusso e non di case popolari economiche previste nello statuto) � nel 
chiaro disposto dell'art. 65 della legge di registro, richiamato dall'art. 147 del t.u. 
delle disposiizoni sull'edilizia economica e popolare approvato con il r.d. 28 aprile 
1938, n. 1165. AI secondo comma, infatti, il ricordato art. 65 della cit. legge precisa 
che " non � applicabile la tassa fissa, ma quella normale, se gli atti relativi 
alle operazioni della societ� cooperativa non sono previsti dai rispettivi statuti �. 
Precisazione logica e naturale giacch�, traendo il trattamento la sua origine nella 
mutualit� che c�ratteriza le cooperative in genere e trovando detta mutualit� i 
propri limiti nelle prescrizioni statutarie, gli atti relativi ad operazioni non previste 
nello statuto, sono avulsi dai motivi che hanno determinato la deroga al principio 
di normale tassazione, e di questo non possono non seguire le sorti (cfr. !AMMARINO, 
Commento <illa legge stilla 4-mpo~a di registro, vol. l, 664). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

172 

come scopo sociale l'acquisto di aree per la costruzione di case economiche 
e popolari da assegnare in propriet� o in locazione ai propri 
soci, ha ritenuto che l'acquisto del terreno �in Castelfusano da essa 
eseguito con l'atto oggetto della tassazione in contestazione non rientrasse 
in tale scopo, sia perch� il terreno aveva una notevole estensione 
ed era soggetto a vincoli panoramici e di bonifica, generali e 
particolari, che imponevano la costruzione di case di lusso o da diporto, 
sia perch� la Cooperativa aveva previsto nell'atto di acquisto la sua 
partecipazione al Consorzio di caccia gi� costituito nella zona. 

La Commissione, quindi, ha fondato il proprio convincimento su 
presunzioni. 

Ora l'apprezzamento circa la esistenza degli elementi di fatto 
assunti a fonte di presunzioni e il convincimento da essi desunto sono 
incensurabili in �questa sede perch� costituiscono apprezzamenti di 
fatto e sono sorretti da una motivazione, la quale, pur essendo succinta, 
non � inficiata da vizi denunziati. 

N� la Commissione Centrale � incorsa nella lamentata violazione 
di legge perch�, accertato �he l'acquisto del terreno non rientrava nello 
scopo previsto dallo statuto della Cooperativa, ha correttamente ritenuto 
che la registrazione dell'atto con il quale questa procedette a tale 
acquisto dovesse essere eseguita con il pagamento della imposta normale 
in quanto l'art. 62, secondo comma, della legge di registro, richiamato 
dall'art. 147 del t.u. delle disposizioni sull'edilizia economica e 
popolare approvato con il r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, dispone che 
u non � applicabile la tassa fissa, ma quella normale, se gli atti relativi 
alle operazioni delle societ� cooperative non siano previsti dai rispettivi 
statuti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 aprile 1004, n. 994 -Pres. 
Lonardo -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Tamborino 
(avv. Allorio e Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). 

Imposta straordinaria sul patrimonio -Azienda di credito a carattere 
individuale -Cumulo dei beni con quelli del titolare. 

(t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 6, n. 2). 
Ai fini delfimposta straor(linaria sul patrimonio una azienda di 
credito � titolarit� individuale, sorta in epoca antiriore alla entrata in 
vigore della vigente legge bancaria, � tassata non a noma dell'art. 77, 
lett. c, del t.u. 203/1950 relativo alle Societ� e agli Enti Morali, ma 
dell'art. 6, n. 2 relativo alle aziende industriali, commerciali ed agricole 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 773 

a carattere indivuale, con conseguente cumuli dei beni �ostituenti la 
azienda con quelli personali del titolare (1). 

(1) L'esattezza delle adottate statuizioni non pu� revocarsi m dubbio. L'imposta 
straordinaria sul patrimonio assoggetta a tributo le persone fisiche (titolo I) 
e le Societ� e gli Enti Morali (titolo II). Nel sistema cos� adottato, per gli Enti 
non riconosciuti il patrimonio si confonde con quello delle persone o delle persone 
fisiche che agli Enti stessi hanno dato vita. Escluso che, sia dal punto di vista 
soggettivo che d� quello oggettivo, l'azienda di credito individuale possa costituire 
un ente morale, riconosciuto o meno, la soluzione del caso � a rime forzate, mancando 
per l'ipotesi� della societ� la pluralit� di persone richiesta dall'art. 2277 del 
e.e. La qual cosa, come esattamente pone in rilievo la motivazione della sentenza 
in nota, � decisiva per escludere ogni utile richiamo alla nozione di patrimonio 
separato o di autonomia patrimoniale. Mentre, infatti, la nozione di patrimonio 
separato �, nell'ordinamento giuridico vigente, concepito con riferimento ad un 
Ente, quello di autonomia patrimoniale, oltre le persone giuridiche, e concepito 
rispetto alle associazioni non riconosciute ed alle Societ� di persone, alle quali � 
comune la pluralit� di persone, che nell'azienda di credito individuale manca 
del tutto. La conferma, inoltre, della esattezza delle adottate statuizioni -anche 
ci� � stato posto in rilievo dalla sentenza in nota -� nel sistema della vigente 
legislazione bancaria. Poich� la raccolta del risparmio e l'esercizio del credito sono 
ese:rcitate da istituti di.credito e banche di diritto pubblico, da Casse di Risparmio, 
da Istituti, banche, Enti ed imprese private a tale fine autorizzate, con (�sclusione 
di banche a titolarit� individuale, eccezione fatta per quelle preesistenti, sopravvissute 
alla legislazione predetta, la titolarit� dell'impresa bancari� allo stato attuale 
� riservata o alle persone giuridiche di diritto pubblico o alle Societ� commerciali 
overo alle persone fisiche. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 aprile 1964, n. 1021 -Pres. Pece Est. 
Perrone Capano -P.M. Maccarone (conE.) -Ditta Conti (avv. 
De Ll,lca) c. Ministero Finanze (avv. Stato Ciardulli). 

Imposte e tasse -Controversie tributarie -Forme e privilegi 
della procedura di riscossione -Competenza del Tribunale 
del foro dello Stato -Applicabilit�. 

(art. 147 r.d. dicembre 1923, n. 3269 -c.p.c. art. 9, comma secondo). 

Costituisce controversia tributaria, come tale rientrante, a norma 
dell'art. 147 della legge di registro (r.�. 30 dicembre 1923, n. 3269), 
nella competenza esclusiva di prima istanza del Tribunale del luogo 
dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto 
trovasi l'ufficio che ha liquidato l'imposta o la sopratassa, e che ha 
emesso l'ingiunzione di pagamento contro cui sia stata proposta opposizione, 
ogni controversia giudiziale che si svolga tra i soggetti del 



774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rapporto tributario, sia che riguardi la spettanza o la misura del tributo, 
sia che concerna le forme o i privilegi della procedura di riscos


sione {l). 

(1) Giurisprudenza costante -cfr. in questa Rassegna, retro, 168, Cass., Sez. I, 
25 novembre 1963, ii. 3034, richiamata nella motivazione della sentenza dalla quale 
si � tratta la massima. Il caso affrontato e risolto � in relazione all'imposta di 
registro su determinati contratti di appalto .. L'ufficio del registro aveva eme~so 
ingiunzione di pagamento ed aveva proceduto poi a pignoramento mobiliare nei 
confronti del debitore. Quest'ultimo, con unico ricorso al Pretore, aveva proposta 
opposizione sia all'ingiunzione che all'esecuzione, chiedendo, per�, al giudice adito 
solo la pronuncia sull'avanzata istanza di sospensione dell'esecuzione, con la rimessione 
delle parti davanti al Tribunale competente, per il giudizio sulle due opposizioni: 
il Pretore ha invece dichiarata la propria incompetenza per materia a 
provvedere anche sulla sospensione dell'esecuzione ed il ricorso del debitore per 
regolamento di competenza � stato respinto dalla Corte Suprema. 
La qual cosa � esatta non potendosi revocare in dubbio che per il disposto 
dell'art. 147 della legge organica di Registro il Tribunale � giudice esclusivo, in 
materia tributaria, non solo del merito, ma anche dell'esecuzione. La dizione usata, 
infatti, dal ricordato articolo di legge, che riproduce, peraltro, quello recato dall'art. 
8 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, nel quale, a sua volta, � trasfusa la norma 
interpretativa contenuta nell'art. 1 del r.d. 10 novembre 1924, n. 2107 (controversie 
giudiziali riguardanti tasse e sopratasse, anche se insorte in sede di esecuzione), � 
al riguardo decisiva e risponde alle esigenze che hanno richiesto la posizione della 
particolare competenza, date rispettivamente dalla complessit� della materia e dalla 
necessit� di una garanzia collegiale alle decisioni afferenti. l'obbligazione giuridica 
di imposta, che, nella sua comune accezione, abbraccia la fase dell'accertamento 
della liquidazione e della realizzazione. ba ci� la conseguenza tratta dalla sentenza 
in nota secondo la quale, ai fini della competenza, � controversia tr~butaria quella 
che, svolgentesi fra i soggetti del rapporto giuridico di imposta, riguarda sia il contenuto 
del.).a. pretesa tributaria sia le forme del procedimento di esecuzione. Nello 
stesso senso cfr.: Cass. 4 agosto 1936, Riv. Leg. fisc., 1936, 896; Cass. 18 gennaio 
1937, ivi, 1937, 207; Sez. Un. 7 dicembre 1937, ivi, 1938, 68; Cass. 17 dicebre 1937, 
ivi, 1938, 136; Sez. Un. 15 giugno 1942, ivi, 1943, 507; Sez. Un. 11 itgosto 1945, 
ivi, 1945, 383; Cass. 4 maggio 1947, Riv. prot. trib., 1949, II, 201; Gass. 11 agosto 
1947, Leg. fiisc., 1947, 331; Cass. 16 giugno 1953, ivi, 1952, 920; Sez. Uri. 19 aprile 
1955, Giur. it., 1955, 1, 1594; Cass. 13 maggio 1955, n. 1369, Foro it., I, 1, 927. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 maggio 1964, n. 1268 -Pres. 
La Via -Est. Bianchi d.'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) -Ministero 
Finanze {avv. Stato Graziano) c. Istituto Autonomo per le 
Case Popolari della provincfa di Brescia (avv. Romanelli). 

Imposta ipotecaria -Agevolazioni tributarie -Mutuo della Cassa 
DD.PP. all'Istituto autonomo case popolari con garanzi.a dei 
Comuni interessati -Condizioni soggettive e oggettive. 

Imposta ipotecaria -Agevolazioni tributarie -Costruzioni di case 
popolari ed economiche -Rapporti obbligatori rivolti a pro


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 
curare i fondi necessari alla costruzione -Natura tipica o 
atipica. 
PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 
curare i fondi necessari alla costruzione -Natura tipica o 
atipica. 
Imposta ipotecaria -Agevolazioni tributarie -Costruzioni di case 
popolari ed economiche -Ipoteca concessa al Comune per 
garantire la restituzione di somme concesse dall'Istituto 
case popolari -Natura del negozio a garanzia del quale l'ipoteca 
� concessa. � 

(t.u. 28 aprile 1938, n, 1165, artt. 4 e 153; r.d. 30 dicembre 19<23, n. 3269, 
art. 9; I. 25 giugno 1949, n. 540, art. 10; e.e., art. 12 e 14). 
Le agevolazioni tributarie previste dallart. 153 del t.u. 28 aprile 
1938,n. 1165 per i mutui �ontratti dai Comuni e dagli Istituti che 
costruiscono, con il concorso dello Stato, case popolari, richiedono, dal 
punto di vista oggettivo, che i mutui siano contratti con la Cassa 
DD.PP. o con altri enti abilitati, allo scopo di costruire case popolari, 
e dal punto� di vista soggettivo che i mutui stessi siano contratti 
dai Comuni e dagli Istituti che curano la costruzione con il contributo 
dello Stato (1). 

. Netfeconomia di tale agevolazione, attrooerso iinterpretazfone 
estensiva della norma di favore consentita dalla lettera e dalla finalit� 
de�la norma stessa, rientrano anche i rapporti obbligatori, di natura 

(1-3) Il regime fiscale, ai fini dell'imposta ipotecaria, del rapporto con il quale 
l'Istituto Autonomo delle case popolari, nel cui interesse, a norma dell'art. 4 de~ 

t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, il Comune abbia assunto e garantito il mutuo contratto 
con la Cassa DD.PP. necessario per la costruzione di case popolari, abbia concesso 
al Comune mutuatario ipoteca a garanzia della restituzione delle somme mutuate, 
ad esso Istituto versate, � stato dalle Sez. Un. recepito nell'economia del trattamento 
di favore recato dall'art. 153 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165. 
Richiamate le analoghe statuizioni all'uopo adottate dalle Sez. Singole con le 
sentenze 24 marzo 1962, n. 611 in Riv. leg. fisc., 1962, col. 1341 e segg, e 20 luglio 
1962, n. 1976, in, 1994, le Sez. Un. hanno prec.isato che il trattamento di favore. 
suddetto � dovuto sia che la garanzia ipotecaria segua ad un rapporto di mutuo, separato 
e distinto, contratto fra il Comune, mutuatario della Cassa DD.PP., e, l'Istituto 
Autonomo Case Popolari, destinatario effettivo delle somme mutuate, sia che segua 
ad un rapporto atipico, innominato, che, conseguenziale al sistema introdotto dall'art. 
4 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 dell'assunzione del mutuo da parte del Comune 
nell'interesse dell'Istituto Autonomo e garantisce la restituzione delle somme mutuate 
.da quest'ultimo Istituto ricevute dal Comune. Nel primo caso, in via di interpretazione 
diretta della norma di favore, perch�, consentendo essa la stipulazione del mutuo 
non solo con la Cassa DD.PP., ma con qualsiasi ente all'uopo abilitato, il rapporto, 
Comune-Istituto Aufonomo, soddisfa alle esigenze di carattere oggettivo di �mutuo 
contratto per la costrmcione di case popolari n e di carattere soggettivo di mutuo 
contratto dal Comune o dall'I.stituto costruttore. Nel secondo caso, in via di interpretazione 
estensiva della norma di favore, indubbiamente ammessa in materia 
tributaria, perch� volendo quest'ultima, nel significato fatto palese dalle parole usate 
e dalla intenzione del legislatore, alleviare gli oneri tributari connessi con la ricerca 
delle somme necessarie alla costruzione di case popolari, il rapporto Comune~Istituto 



776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tipica o atipica, che, diretti allo scopo di procurare i fondi necessari 
alla costruzione di case popolari, sono collegati e preordinati al mutuo 
espressamente enunciato (2). 

L'ipoteca, pertanto, concessa dtill'Istituto autonomo delle case 
popolari al Comune, che, a norma dell'art. 4 del t.u. 28 .aprae 1938, 

n. 1165, abbia assunto con la Cassa DD.PP., nell'interesse dell'Istituto 
stesso, il mutuo da detto articolo previsto, per garantire la restituzione 
delle somme mutuate ad esso Istituto versate, � soggetta alla tassa 
fissa quale che sia la natura del rapporto a garanzia del quale I'ipoteca 
� stata concessa (mutuo o negozio atipico) (3). 
Autonomo, scaturito dalla necessaria inserzione del Comune nell'originario rapporto 
di mutuo ed occasionalo da norme di buona amministrazione, risulta collegato e 
coordinato al mutuo originario predetto e risponde, al pari di quest'ultimo, alle 
finalit� predette di assicurare e facilitare la ricerca di fondi. 

Stat_uizioni identiche si rinvengono nella successiva sentenza 19 giugno 1964,. 

n. 1583 delle Sez. Singole in causa Ministero Finanze contro Istituto Autonomo case 
popolari della Provincia di Salerno. Dal che la necessit� obiettiva di adeguarsi alla 
ormai consolidata interpretazione, anche se le argomentazioni poste a sostegno dell'interpretazione 
stessa suggeriscono due obiezioni che l'Amministrazione Finanziari" 
non ha mancato di sottolineare in occasione dei vari giudizi all'.uopo svoltisi. L'una 
per la quale, essendo i Comuni, dal t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, considerati enti 
mutuatari (art. 16, n. 2) e non enti mutuanti (artt. 1-3}, non appare di sicuro riposo 
la qualificazione di mutuo per il rapporto Comune-Istituto Autonomo. L'altra per 
la quale, non potendosi la conseguenzialit� collegata a ragioni di buona amministrazione 
identificare con la �accessoriet� necessaria� voluta dall'art. 10 della legge 
ipotecaria 25 giugno 1943, n. 540 e, per la legge di registro, dall'art. 9 del r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3269, non appare di sicuro riposo l'introduzione del rapporto 
Comune-Istituto Autonomo nella economia finalistica della norma di favore. A tale 
ultimo riguardo infatti, dato il disposto del ricordato art. 10 della 1. 540/43 e del 
r.d. 3269/23 in relazione alla poliedricit� dei rapporti scaturiti dall'applicazione dell'art. 
4 del t.u. 1165/38, � consentito osservare che solo un rapporto di accessoriet� 
necessaria sarebbe tale da determinare quel rapporto di coincidenza o continenza 
fra fattispecie astratta e concreta necessaria per rimanere nell'ambito della interpretazione 
estensiva di una norma di favore fiscale. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� giugno 1964, n. 1355 -Pres. Lonardo 
-Est. Giannattasio -P.M. Tavolaro (conf.) -Soc. P.A.R.M.A. 
(avv. Porto) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta di registro -Societ� commerciale -Deliberazione di 
proroga adottata dopo la scadenza del termine di durata 
di societ� -Tassazione -Imposta proporzionale -Inapplicabilit�. 


La deliberazione di proroga del termine di durata di una societ� 
commerciale, intervenuta dopo la scadenza di esso, non importa la 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 

costituzione di un nuovo ente sociale, e, pertanto, non � soggetta aliimposta 
proporzionale, prevista dall'art. 81 tariffa all. A della legge di 
registro per gli atti di costituzione o di fusione di societ� (l). 

(1) La sentenza conferma la precedente giurisprudenza (cfr. Cass. 24 marzo 
1962, n. 595), ed il principio da essa enunciato, anche se da qualche aspetto appare 
opinabile, pu� accettarsi. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 giugno 1964, n. 1397 -Pres. 
Celentano -Est. Caporaso -P.M. Pepe (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Correale) c. Societ� p. az. Brunetti (avv. Tamburini). 


Esecuzione fiscale � Ingiunzione a norma dell'art. 144 della legge 
di registro � Natura � Atto amministrativo. 

Esecuzione fiscale -Ingiunzione � Opposizione giudiziaria � Revoca 
o annullamento dell'ingiunzione da parte dell'A.G.O. � 
Inammissibilit�. 

ln�posta di registro . Cessioni di crediti verso la P.A., dipendenti 
da appalti di lavori e forniture di merci, in relazione a 
finanziamenti concessi dalle Aziende o Enti di crediti con� 
templati dal r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e sue modificazioni 
a favore di Ditte commerciali ed industriali � Aliquote ridotte 
� Correlazione fra i due negozi -Estremi � Criteri di deter� 
minazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, Tariffa A, art. 4, lett. b) e e), nota aggiunta; 
28 lett. b) e e); I. 4 aprile 1953, an. 261, artt. 1 e 2). 
L'ingiunzione fiscale emessa a norma dell'art. 144 della legge di 
registro � un atto amministrativo, che resta tale anche dopo il visto 
di esecutoriet� da parte del Pretore (l). � 

� (1-2) Giurisprudenza costante. L'ingiunzione fiscale, emessa a nonna dell'art. 144 
della legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269 � l'atto formale che determina in 
concreto il debito d'imposta e ne ingiunge il pagamento all'obbligato (cfr. GIANNINI, 
Istituz. di dir. trib., 1960, 253;. Assolvendo, perci�, alla duplice funzione di accertamento 
e di riscossione, partecipa della categoria degli "ordini � emessi dalla P.A. 
attiva (cfr. Sez. Un. sent. n. 381 del 6 febbraio 1959) e quale "estrinsecazione del 
potere di supremazia dello Stato � integra un vero e proprio " atto amministrativo 
munito d1 forza propria indipendentemente dal visto di esecutoriet� apposto d<il 
Pretore � (cos� la citata sentenza delle Sez. Un.). 

L'attivit�, infatti, che il Pretore � chiamato a svolgere non ha affatto natura 
giurisdizionale (cfr. Cass. Sez. Un. 19 aprile 1955, n. 1079; Cass. Sez. Singole 
13 febbraio 1951, n. 347; 12 gennaio 1953, n. 54; 8 luglio 1953, n. 2175; 27 luglio 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

778 

L'opposizione giudiziaria a detta ingiunzione si differenzia, pertanto, 
da quella prevista dagli artt. 616 e segg. del c.p.c. nell'ordinario 
procedimento monitorio ed all'Autorit� Giudiziaria � vietato pronunciarne 
la revoca e rannullamento. Riconosciuta, in sede di opposizione, 
la infondatezza della pretesa fiscale, "!:A.G. predetta � tenuta a dichiarare 
la .illegittimit� delringiunzione, disapplicandola {2). 

In materia di finanziamenti {aperture di credito, anticipazioni di 
somme e finanziamenti in genere), concessi dagli Istituti di credito, 

1956, n. 2tl06; 18 dicembre 1956, n. 4453), ma tipicamente amministr'ativa, in quanto 
che attraverso il controllo formale di legittimit� 1ml concorso delle condizioni estrinseche 
della ingiunzione (indicazione della somma, data, firma del� funzionario emittente, 
articolo di credito), vi imprime forza esecutiva, senza nulla togliere alla validit� 
ed efficacia della notifica del debito di imposta e dell'ordine di pagamento. Detta 
attivit� attiene, in altre parole, alla vis esecutiva e non alla vis amministrativa e di 
conseguenza non trasforma l'ingiunzione da atto amministrativo in atto giurisdizionale 
(cfr. C:iss. Sez. Un. sent. cit. n. 381 del 1959 e GIANNINI, Zoe. cit., 254; !AMMARINO, 
Commento aUa Legge di Registro, Il, 300). 

Dal che una duplice conseguenza�: 1) l'ingiunzione fiscale, traendo la sua origine 
e la sua legittimit� dal potere di autoaccertamento della P.A. senza necessit� di 
precostituzione di un titolo, non � affatto assimilabile al procedimento monitorio 
ordinario e da esso si differenzia sia per quanto concerne i termini di efficacia per la 
notifica sia per �quanto concerne l'opposizione, sia ancora per quanto concerne b 
decisione di quest'ultima; 2) l'ingiunzione stessa, quale atto amministrativo complesso 
partecipa, a seguito della opposizione giudiziaria, della disciplina posta dall'art. 4 
della 1. 20 mano 1865 ali. E, abolitiva del Contenzioso Amministrativo e la pronuncia 
dell'A.G.0. potr� essere di legittimit� o di illegittimit� formale o sostanziale, ma non 
di revoc_a, di annullamento, di 'nullit�, di inefficacia. 

Una pronuncia del genere trova l'A.G.O. carente di giurisdizione: vertendosi in 
tema di diritti soggettivi, la tutela del contribuente � assicurata attraverso la ricordata 
pronuncia di legittimit�, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione Finanziaria 
di conformarsi al giudicato. 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione �, in tal senso, concorde, univoca, 
perentoria: nella sentenza n. 381 del 6 febbraio 1959 le Sez. Un. hanno 
precisato che �l'ingiunzione fiscale consiste nell'ordine, emesso dal competente Ufficio 
delle imposte, di pagare, sotto minaccia di esecuzione forzata, entro trenta giorni la 
s�mma dovuta; essa � l'estrinsecazione�del potere di supremazia dello Stato e degli 
altri Enti, ai quali la legge 10 riconosce ed � un atto amministrativo munito di forza 
propria, indipendentemente dal visto di esecutoriet� apposto dal Pretore. Pertanto 
-prosegue la citata sentenza -l'ingiunzione fiscale non � assimilabile all'ordinario 
procedimento ingiuntivo e produce l'effetto di intimazione di pagamento anche se 
non munita del visto di esecutoriet� del Pretore�. Nello stesso senso c:fr. n. 284/63; 
l 530/63; 1571/62; 1345/62; 266/61; 568/61. Da ci� la cennata conseguenza, per 
la quale, dato il principio fondamentale dell'art. 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E, sul contenzioso amministrativo sia la revoca che l'annullamento ovvero la 
declaratoria di nullit� dell'a:tto d'ingiunzione di cui si discute esula dai limiti di giurisdizione 
del Gud,ice Ordinario. La pronuncia, infatti, di revoca, nullit� o annullamento 
dell'atto predetto, comporterebbe una statuizione che neutralizzerebbe gli 
effetti giuridici che l'atto stesso � destinato a produrre in maniera diretta ed immediata: 
accertamento del debito d'imposta e conseguenziale ordine di pagameuto. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 779 

contemplati dal d.l. n ..375 del 1936, in relazione a cessioni, pro sol�to 

o pro solvendo, di crediti verso la P .A., dipendenti da appalti di lavori 
o di forniture di merci, per fopplicabilit� dell'aliquota minore, di cui 
all'art. 4, lett. e, della tariffa all. A della legge di registro, � necessario 
che nell'atto di cessione siano specificamente indicate le operazioni 
in relazione alle quali esso sia stipulato e che i.efficacia della cessione 
non sia estesa ad altre operazioni. 
Tra i due rapporti negoziali, finanziamento e cessione di crediti, 

(3) Osservazioni sul regime fiscale delle cessioni di credito 
verso la P.A. in dipendenza di appalti di lavori o forniture di 
merci e in relazione a finanziamenti di somme concessi dall� 
Aziende od Enti previsti dal r.d.l. 375/36. 
Dopo alterne vicende, siainnanz.i le Corti di merito che le Commissioni Tributarie 
e la Corte di Diritto (Cass. 400/64; 369/64; 231/64; 2373/63; 2178/63; 481/63; 
Comm. Centr. 23850/69~ il regime fiscale delle cessioni di credito verso PP.AA. in 
dipendenza di appalti di lavori e forniture di merci, in relazione ad aperture di credito, 
anticipazioni di somme e finanziamenti in genere, concessi dalle aziende di 
credito contemplati dal r.d.l. 375/36, ha, con l'intervento chiarificatore delle Sez. Un., 
trovato il suo definitivo assetto. Dei pregi della sent�nza in nota di par.Ucolare rilievo 
� quello di avere individuato, con nettezza di contorni, l'elemento, richiesto dalla 
particolare disciplina normativa, che ha dato luogo, nella ricordata copiosa giurisprudenza, 
ai maggiori dissensi interpretativi {correlazione fra i due negozi) e di aver 
fornito, per tale elemento, un criterio obiettivo di ricerca, che, scaturito dalla dov'uta 
interpretazione delle norme che gli artt. 4 lett. e e nota aggiunta e 28 della T.A. 
della l.o.r., nel testo modificato dalla legge 261/53, hanno posto a disciplina del 
particolare trattamento di favore, oostituisce il parametro certo per le svariate situazioni 
che .s� possano presentare in relazione al contenuto che le parti hanno impresso 
all'atto conclusivo dei due negozi. 

Non si � mai dubitato, infatti, per averlo affermato le Sez. Un. sin dal 1954 
<X>n la sentenza 4378 ohe fra cessione di credito e finanziamento dovesse ricorrere. 
per rientrare nell' �conomia del trattamento di favore, una relazione nee@Ssaria ed 
esclusiva, con la esclusione del trattamento predetto per i casi in cui la cessione 
avesse potuto anche solo potenzialmente essere utilizzata per operazioni diverse 
-Oal concesso contestuale finanziamento. La difformit� di opinioni � accentrata 
tutta sui limiti di tale relazione e sui criteri di sua determinazione con particolare 
riguardo alla volont� in concreto manifestata dalle � parti, essendosi pervenuti q 
ritenere sufficiente da un lato un mero ed iniziale collegamento fra i due negozi 
al momento della stipulazione dell'atto e dall'altro una irrilevanza della reiterabilit� 
dell'utilizzo deHa anticipazione, con la conseguenza che, nonostante il limite apposto 
all'anticipazione stessa, la cessione di credito, di solito di gran lunga maggiore, 
l�niva per garantire, in realt�, sovvenzioni pari all'importo della cessione. 

Dopo avere, attraverso un esame condotto con ineccepibile rigore giuridico 
sulla lettera e sulla finalit� della norma di favore nonch� sui motivi di politica 
legislativa che la norma stessa aveva suggerito, individuato la portata effettiva del 
particolare trattamento di favore, le Sez. Un. hanno, nella sentenza in nota, posto 
in luce il ruolo spiegato dal ricordato controverso elemento ed hanno precisato 
<!he dovendosi ricercare l'obiettivo e potenziale valore strumentale dell'atto, l'indagine 
richiesta al giudice di merito nor{ � qu~lla diretta ;, a ricostruire l'intento delle 



780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
deve esservi un collegamento diretto e immediato. L'agevolazione non 
� applicabile quando il concesso finanziamento sia -anche solo potenzialmente 
utilizzabile, per operazioni diverse da quelle inizialmente 
previste. 
Ai fini del beneficio fiscale, occorre, perci�, che nelr atto di cessione 
siano ben determinate e delimitate le operazioni cui il finanziamento 
si riferisce. Del pari, devono essere necessariamente determinati 
l ammontare ed il modo di operare del finanziamento, in maniera che 
parti secondo le norme comuni di interpretazione del contratto n� a ricercare quale 
delle possibili interpretazioni delle singole clausole sia la pi� plausibile ed attendibile 
�, bens� quella diretta ad accertar che nessuil!a delle sue clausole, individualmente 
considerata n� il complesso delle medes'.me sia �suscettibile di diventare 
un varco attraverso il qudle l'operazione possa, durante il suo svolgimento, deviare 
dalla sua originaria ed apparente destinazione ed allargarsi a nuove operazioni �. 
Al quale fine � necessario che nell'atto di cessione: a) siano ben determinate e 
delimitate le operazioni alle .quali il finanziamento si riferisce; b) siano ben determinate 
l'ammontare ed il modo di operare del fiil!anziamento; c) sia precisata una 
obiettiva corri~pondenza fra cessione e finanziamento con la sola eccezione, per la 
cessione di crediti, di una differenza di importo che consenta l'assolvimento delle 
obbligazioni accessorie al finanziamento; d) siano apposte, nel caso di eccedenza 
dell'importo della cessione, ovvero in quello di reiterabilit� di utilizzo delle somme 
oggetto di finanziamento, clausole limitative del normale effetto della cessione, in 
modo da e:scludere che le somme cedute possano dall'azienda di credito essere 
utilizzate a scopo diverso da quello della estinzione del finanziamento. 
Le quali cose sono assolutamente esatte. 
L'art. 4 della Tariffa all. A alla legge organica di registro (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269), nel testo modificato dall'art. 1 della I. 4 aprile 1953, n. 261, prevede 
tre aliquote diverse -la prima normale, le altre due di favore -per le cessioni 
di credito. 
Alla lettera a) � prevista l'aliquota normale dell'l,50% per le a cessioni pro 
soluto e pro solvendo di crediti (e retrocessioni di crediti) �. 
.� 
< 
Alla lettera b� � stabilita l'aliquota ridotta dello 0,50% per le cessioni anzidette 
che siano state stipulate in relazione alle operazioni di cui alla lett. b) dell'art. 28 
stessa Tariffa, ossia alle aperture di credito, 'antic'.pazioni di somme e finanziamenti 
in genere, concessi dalle aziende od enti di credito contemplati dal r.d.l. 12 marzo 
1936, n .275 e succ. mod., a favore di ditte commerciali ed industriali. 
Alla lettera c) � stabilita l'aliquota ridottissima dello 0,25% per le cessioni 
pro soluto e pro solvendo di annualit� o contributi governativi di enti pubblici 
nonch� di crediti verso pubbliche amministrazioni, stipulate in relazione alle opera:
idoni di apertura di credito e di finanziamento di cui si � gi� fatto cenno. 
La �nota� incorporata nell'art. 4 della Tariffa A precisa, fra l'altro, che �per 
l'applicabilit� deUe minori aliquote di cui alle lett. b) e c) � necessario che nell'atto 
di. cessione siano specificamente indicate le operazioni in relazione alle quali e 
stipulato e che l'efficacia della cessione non sia estesa anche ad altre operazioni �. 
Aggiunge, la �nota�, che le dette agevolazioni si applicano all'intero ammontare 
dei crediti ceduti anche se superiore a quello delle operazioni cui la cessione 
si riferisce. 
I lavori parlamentari che hanno .accompagnato la I. 261 del 1953, modificativa 
degli artt. 4 e 28 della Tariffa A dell'imposta di registro, hanno chiarito che la 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 

la cessione dei crediti, sia essa solutoria o di garanzia, sia in funzione 
esclusiva ed irremovibile rispetto al concesso finanziamento. E' necessario 
che dall'atto tassato risulti che obbiettivamente esiste una perfetta 
corrispondenza ed aderenza tra finanziamento e crediti ceduti, 
con la sola eccezione che il finanziamento pu� essere d'importo .minore 
dell'ammontare della cessione dei crediti, a causa delle eventuali ulteriori 
obbligazioni del sovvenuto, per interessi, spese, risarcimento di 
danni e di noli. Conseguentemente, � escluso che l'atto possa generi


�nota � (all'art. 4) � stata resa necessaria dal fatto che, vigendo precedentemente 
il r.d.I. n. 2170 del 1900, con cui erano state in precedenza concesse simili agevolazioni, 
ma in misura diversa ed in via temporanea, era invalso l'uso da parte delle 
.aziende bancarie di adottare clausole con cui l'efficacia della cessione di crediti 
ueniva estesa ad obbligazioni diverse dal concesso finanziamento. 

La finalit� della norma di favore tributario � stata quella di contenere il costo 
del denaro nell'ambito del sistema creditizio di cui al r.d.l. 12 marzo 1936 ,n, 375 
(e succ. mod.), al quale, nella vasta opera diretta alla costruzione e alla ricostruzione 
�ed al mantenimento di un alto livello di occupazione, � spesso necessario 
fare ricorso. 

Ma tale finalit� si � voluta attuare, limitando allo stretto necessario il ricorso 
al sistema creditizio fiscalmente agevolato e per ci� stabilendosi un regime di 
particolare favore per le operazioni necessarie per la attuazione di una determinata 
-0p�ra, ed esigendosi che il risultato economico di quest'ultima fosse destinato alla 
estirizione della concessa particolare sovvenzione, in modo da realizzare una perfetta 
identit� di 8/era tra finanziamento e. cessi.one di credito. 

fi: stato prescritto, quindi, attraverso la ricordata �nota � all'art. 4 Tariffa A, 
che fra cessione e finanziamento intercorra un preciso nesso di interdipendenza, 
una necessaria ed esclusiva correlazione. 

Siffatta correlazione si ha, ai sensi della � nota � quando : 

a) sono specificate le operazioni in relazione alle quali � compiuta; 

b) gli effetti della cessione non sono estesi ad altre operazioni. 

Dato che le n01me tributarie di favore, per la loro particolare natura, trovano 

applicazione entro i limiti bassativi posti dall'art. 14 delle disposizioni sull'appli


cazione della legge in generale, non pu� revocarsi in dubbio che alla specificit�. 

deve accompagnarsi, per rendere operante la particolare agevolazione, la necessit� 

!'he la indetrminatezza di effetti, propria della cessione di crediti, sia eliminata 

attraverso la limitazione degli effetti stessi a quella determinata, precedente o con


testuale operazione, correlativamente .. al,la-,qualrrla cessione � stata� posta �in �ssere. 

Detta limitazione �, pertanto, l'elemento, richiesto dalla norma di favore 

fiscale, attraverso il quale -in concorso con gli altri elementi, anche essi richie~ti 

<lalla norma -si attua la correlazione. 

Infatti la norma di agevolazione tributaria non vuole la indeterminatezza dei 

limiti di efficacia della cessione cos� come non vuole la indeterminatezza del finan


ziamento. Corrispondendo, pertanto, ad una precisa esigenza di legge, il criterio 

~ufficiente e necessario per accertare la esclusivit� della correlazione � di carattere 

squisitamente obiettivo ed � destinato a prevalere sul criterio di interpretazione 

�dei contratti posto dagli artt. 1362, 13-63 e segg. del e.e. di carattere squisitamente 

~ubiettivo. Quest'ultimo criterio, infatti, dato il suo rilevato carattere. :'!On consente 

di stabilire, con il rigore richiesto dalle norme di favore, se attraverso una diversa 

valutazione delle singole clausole e del loro complesso, l'atto stesso � strumentai




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

782 


camente riferirsi ai lavori o forniture da eseguire dal cedente, senza 
alcuna precisazione e senza alcuna det.erminazione e delimitazione 
degli effetti e delle modalit� sia della operazione di finanziamento 
sia della cessione dei crediti. Nel caso di eccedenza della cessione 
rispetto. alla sovvenzione, occorre che l'atto contenga disposizioni limitative 
del normale effetto della cessione dei crediti, in modo da escludere 
che i crediti ceduti possano dall'Istituto essere destinati a scopo 
diverso da quello della estinzione del finanziamento. Clausole limi-

mente utilizzabile anche per f�ni diversi, con la conseguenza che la cessiane non 
possa, anche solo in parte, essere utilizzata per scopi divrsi da quello della estinzione 
del :finanziamento. La qual cosa si inquadra con nettezza di contorni nel 
sist~ma della legge di registro. L'art. 8, infatti, dello L.0.R. stabilisce essenzialmente 
il principio che nell'applicazione dell'imposta di registro deve aversi riguardo unicamente 
alla potenzialit� ed efficacia strumentale del negozio a produrre quei determinati 
effetti che, secondo la legge, importano il pagamento del tributo. senza che 
la Finanza debba preoccuparsi della validit� (art. 11) o delle successive vicende 
(art. 12) dell'atto tassato, e senza indagare se le clausole possano avere pratico rilievo 
e concreta attuazione (cfr. Sez. Un., 4 dicembre 1004, n. 4378, in Foro it., 1955, 
col. 836). 

Parlando di potenzialit� ed efficacia strumentale si � costantemente inteso dire 
che rientrano nel campo dell'imponibilit� tutti gli effetti possibili -e non solamente 
quelli apparentemente o anche realmente voluti -del negozio posto in 
p;;sere. Da ci� deriva che, se, ai fini della imposizione di registro viene in considerazione 
un determinato effetto, la Finanza non deve proporsi altro quesito se non 
quello che riguarda la � possibilit� �, di carattere oggettivo, dell'effetto medesimo, 
sia o non sia, codesto effetto, il naturale e logica sviluppo delle manifestazioni di 
volont� delle parti, concretate nelle clausole contrattuali. E ci� si ottiene soltanto 
attraverso la ricerca del contenuto sostanziale delle disposizioni negoziali. 

L'insegnamento delle Sez. Un. si ritrova nelle successive pronunce delle Sez. 
Singole: cfr. I Sez. sent. n. 1563/64; Sez. I sent. n. 1570/64; Sez. I sent. 1655/64; 
Sez. I sent. n. 1656/64; Sez. I sent. n. 2.101/64. Alla stregua dell'insegnamento 
stesso, per esplicito richiamo fatto dalle Sez. Un., resta, pertanto, precisato ohe i 
casi in cui nell'atto � prevista la facolt� di revoca del :finanziamento ferma riman�ndo 
la cessione per il suo intero ammontare; le garanzie della cessione per ogni 
credito dell'Istituto in� dipendenza dei lavori o delle forniture, la possibilit� di 
estinzione dello scoperto con mezzi diversi dalla riscossione dei crediti ceduti, 
manca la correlazione utile ai f�ni del trattamento di favore. Le cennate ipotesi, 
considerate nella loro materiale obiettivit� si ripercuotono, infatti, negativamente 
sulla funzione, � esclusiva ed irremovibile ,, che la cessione � chiamata a svolgere 
rispetto al concesso f�nanziam�nto e costituiscono, di certo, un varco attraverso il 
,quale la cessione, nello svolgimento della complessa operazione, devia e pu� 
deviare dalla sua originaria e sol� apparente destinazione. Resta precisato anche 
che la correlazione pi� volte detta manca, di certo, nel caso in cui, in presenza di 
un :finanziamento ohe, per sua natura consenta la reiterabilit� dell'utilizzazione delle 
somme inizialmente messe a disposizione, non vi siano cl.ausole limitative che 
assicurino la identit� di sfera fra cessione e :finanziamento. Una diversa e contraria 
soluzione, infatti, trascura di considerare che il ripristino della disponibilit� e 
l'utilizzo delle somme relative, sotto le sembianze di atti di esecuzione di una 
unica operazione bancaria, costituiscono il mezzo per consentire alla parte :finanziata 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 783 

tative del negozio di finanziamento occorrono anche tutte le volte che 
questo per sua natura corwenta la reiterabilit� dell'utilizzo della somma 
disponibile (3). 

di ricorrere al credito fiscalmente beneficiato, nonostante la minore imposta all'uopo 
effettivamente corrisposta, per la intera durata dell'appalto o della fornitura che 
al credito ceduto ha dato origine. In tali casi la cessione non gar~ntisce, nella 
realt�, una somma pari a quella indicata per il finanziamento iniziale bens� una 
somma pari al suo ammontare. Quest'ultimo, al contrario, nella economia della 
norma, pu� eccedere quello del finanziamento solo in ragione di eventuali obbligazioni 
accessorie al finanziamento stesso. 

L. CORREALE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1819 -Pres. 
Vistoso -Est. Vistoso -P.M. Pedace (conf.) -Organizzazione Centrale 
Internazionale Pierbusseti Viaggi e Crociere Soc. p. az. {avv. 
Scarbaci) c. Ministero delle Finanze {avv. Stato Colletta). 

Imposte e tasse -Decisione Commissione Centrale -Ricorso per 

Cassazione a norma dell'art. 111 della Carta costituzionale 


Termine previsto dall'art. 352 del c.p.c. operativit�. 

Il ricorso per Cassazione a norma del7:art. 111 della Carta costituzionale 
avverso la decisione della Commissione Centrale delle Imposte 
va proposto, a pena di inammissibilit�, nel termine di 60 giorni previsto 
dal7:art. 352, ultimo comma, del c.p.c. per l'impugnazione in Cassazione 
in generale e non in quello di sei mesi previsto dalle leggi 
tributarie per 7:azione giudiziaria ordinaria, con decorrenza dalla 
notifica della decisione suddetta (I). 

(1) Il contribuente leso dalla decisione della Commissione Centrale delle Imposte, 
a seguito della entrata in vigore della Carta costituzionale, ha due forme di 
tutela giurisdizionali: l'una costituita dal Ricorso per Cassazione previsto dall'art. 111 
della Carta predetta avverso le decisioni pronunciate dagli organi giurisdizionali 
speciali, per violazione di legge; laltra costituita dal ricorso al giudice ordinario 
in ordine alla legittimit� dell'accertamento e della imposizione conseguenziale. La 
diversit� strutturale delle due forme di tutela, che, pur dirette all'unico fine di stabilire 
la legittimit� del concreto rapporto giuridico di imposta, si manifesta l'uno 
come gravame, nel giudizio delle Commissioni Tributarie, per l'annullamento della 
decisione impugnata e l'altra come .azione autonoma, separata e distinta, per la 
dichiarazione, da parte dell'A.G.O., della illegittimit� dell'accertamento in concreto 
eseguito, impedisce di mutuare per la prima il termine dalle leggi tributarie in 
generale previsto per la seconda. La mancanza, nelle leggi tributarie predette, di 
una specifica previsione normativa, posta in relazione al fatto che la ricerca dei 
termini e delle forme di un determinato istituto va eseguito in rapporto alla struttura 
e non alla funzione dello stesso (cfr. Cass. Sez. I, n. 246/59, Riv. leg. fisc., 
1959, pag. 858 e segg.), porta decisamente a ritenere operante il termine previsto 
per il particolare mezzo di gravame dal codice di procedura civile. La qual cosa 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

784 

risponde al principio, ormai acquisito (cfr. ALLomo, Diritto Process1lflle Tributario. 
Ed. 1962, pag. 457 e Cass. Sez. I, n. 228/64 in questa Rassegna, 1964, pag. 364 
e segg, e nota), che sia per i tributi diretti che per quelli indiretti, laddove non 
dispongono norme derogative tratte dalle singole leggi tributarie, operano le norme 
di diritto processuale comune. per tutti gli atti afferenti al rapporto giuridico cli 
imposta, sia nella fase di accertamento che in quella contenziosa. La giurisprudenza 
della Corte di Cassazione � consolidata in tale senso (cfr. Sez. Un., n. 703/54, 
Riv. leg. fisc., 1954 col. 733; Sez. I, n. 1561/55 ivi, 1955, 1076; Sez. Un., 

n. 246/59, ivi, 1959, 858} e negli stessi termini � la successiva sentenza n. 1820/64, 
intervenuta fra le stesse parti nello stesso giorno a cura della stessa I Sez. Civ. 
Il termine di cui si � trattato � l'unico consentito con esclusione di quello 
annuale prevMo dall'art. 327 del c.p.c. e la sua decorrenza coincide con la notifica 
della parte dispositiva della decisione, prevista dall'art. 49 del r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516. Poich� quest'ultimo articolo stabilisce che nelle controversie in materia 
di imposte l'ufficio ha l'obbligo della notifica della decisione delle Commissioni 
Tributarie e che la stessa avviene con la notificazione della sola P.arte dispositiva, 
lasciando al contribuente l'onere di prendere visione della motivazione e di chiederne 
copia, due dati obiettivi sono certi: l'uno che l'interesse pubblico connesso 
con la sollecita definizione dei giudizi posti a base dell'art. 327 c.p.c. � soddisfatto 
attraverso l'obbligo della notifica ed esclude ogni utile richiamo al termine annuale 
da detto articolo previsto (cfr. Cass. Sez. I, 21 giugno 1957 -Riv. leg. fisc., 1957, 
1567; Sez. I, 28 gennaio 1959 -ivi, 1959, 858 e segg.); l'altro che la notifica della 
sola parte dispositiva sostituisce a tutti gli effetti quella prevista dagli artt. 326 e 
285 c.p.c. con conseguente inizio del termine di 60 giorni dalla data della eseguita 
notifica. (Cfr. Sez. Un., n. 3215/53, Riv. leg. fisc., 1954, 436; 246/59, ivi, 1959, 
858 e segg.). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1964, n. 1895 -Pres. Rossano 
-Est. Malfitano -P.M. Tuttolomondo {conf.) -Gramegna e 
Di Nardo (avv~ Basile) c. Ministero delle Finanze� (avv. Stato 
Soprano). 

Imposte e tasse -Ricorso alla Commissione Cen~rale delle Imposte 
-Controricorso proposto a norma 'dell'�rt. 48, secondo 
e sesto comma, del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 -Mancata cognizione 
del controricorso -Effetti -Violazione del principio del 
contraddittorio -Nullit� della decisione emessa sul ricorso Sussistenza. 


La mancata cognizione da parte della Commissione Centrale delle 
Imposte del controricorso proposto dalla parte resistente a norma 
dell'art. 48, secondo e sesto comma, del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, 
importa violazione. del principio ,del contraddittorio, con conseguente 
nullit� della decisione emessa dalla Commissione stessa a seguito del 
ricorso (1). 

(1) Statuizioni quelle della sentenza in nota, ribadite nelle successive sentenze 
1889/64, 1896/64 e 1897 /64, della cui esattezza non � dato dubitare. Le prescrizioni 
dell'art. 48 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, sul ricorso ed il confroricorso, sono 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARI� 785 

i mezzi attraverso i quali, nel giudizio innanzi alla Commissione Centrale, trova 
attuazione l'indefettibile principio del coritraddittoro. Il controricorso, in particolare, 
nel giudizio predetto che, per espressa previsione normativa dello stesso art. 48 cit., 
si svolge senza l'intervento n� della finanza n� del contribuente, � lo strumento 
necessario attraverso il quale la Commissione Centrale � posta in grado di conoscere 
e valutare le ragioni ed eccezioni della parte resistente. La mancata cognizione 
dello stesso, pertanto, quale che sia stata la ragione, si risolve nella violazione 
del principio di difesa, posto dall'art. 24 della Carta co.stituzionale, e comporta, 
di necessit�, la nullit� della decisione emessa sulla base � ilel solo ricorso. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2054 -Pres. Celen


tano -Est. Malf�tano -P.M. Pedote (diff.) -Soc. Agricola Castel 

Giubileo (avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). 

Impugnazioni � Pluralit� di impugnazioni contro la stessa sen� 

tenza -Obbligo in ogni caso di riunione e di decisione con


testuale. 

Imposte e tasse -Procedimento davanti alla Commissione centrale 
-Pluralit� di impugnazioni -Riunione -Applicabilit� 
delle norme di diritto processuale comune. 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 40 e 48; c.p.c., artt. 333 e 335). 
Per il principio delrunit� del procedimento di gravame le diverse 
impugnazioni proposte contro �za stessa sentenza devono in ogni caso 
essere riunite e decise contestualmente con unica pronuncia (1). 

Gli stessi principi devono ritenersi applicabili .anche nel procedimento 
davanti alla Commissione Centrale delle imposte, nel caso di 
pluralit� di impugnazioni avverso la decisione di commissione pro-� 
vinciale (2). 

(1-2) Conformi: Cass. 25 luglio 1964, nn. 2049 e 2053 e Cass. 14 luglio 
1964, n. 1895, retro, 784. 

Ancora sull'impugnazione principale in luogo di quella incidentale, 
con applicazione al processo davanti alle commissioni 
tributarie. 

La sentenza annotata ripropone il problema della validit� di una impugnazione 
principale promossa successivamente ad altra impugnazione principale della 
controparte anch'essa soccombente, questa volta con riferimento al processo dinnanzi 
alle commissioni tributarie. 

Proposto dall'Ufficio finanziario ricorso alla Commissione centrale delle imposte, 
con atto notificato contestualmente alla decisione della Commissione provinciale, 
il contribuente present�, anch'esso un ricorso, impugnando un capo autonomo 
della stessa decisione della Commissione provinciale e chiedendo il rigetto del 
reclamo dell'Ufficio. La Commissione centrale omise di esaminare il ricorso del 

12 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

786 

contribuente ed accolse quello dell'Ufficio. La Corte Suprema, adita dal contribuente, 
senza esaminare se il ricorso di questi era in effetti un ricorso in via 
principale o non piuttosto in via incidentale (in effetti nell'epigrafe l'atto era 
indicato semplicemente come ricorso e non vi era alcun riferimento alla precedente 
impugnazione dell'Ufficio, ma nello svolgimento si contestava fra l'altro la sua 

..��

fondatezza nelle conclusioni se ne chiedeva il rigetto) ha rimesso gli atti. alla 
Commissione centrale perch� questa riesaminasse in unico giudizio entrambi i 
ricorsi. Poich� a norma degli artt. 40 e 48 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, -cos� 
ha motivato la Corte regolatrice -per la parte che a noi interessa, nei giudizi 
davanti alla Commissione centrale delle imposte � proponibile tanto da parte 
dell'Ufficio che da parte del contribuente il ricorso incidentale secondo le nonne 
del diritto processual,e comune, e poich� queste norme sanciscono non solo l'obbli-gatoriet� 
dell'impugnazione incidentale una volta proposta dalla controparte l'impugnazione 
principale, ma anche la necessit� di riunire pi� impugnazioni proposte 
in via principale contro la stessa sentenza, ne deriva che le diverse impugnazioni 
propo�ste contro la stessa sentenza devono in ogni caso essere decise contestualmente 
con unica pronunzia e non successivamente con pi� pronunzie, l'una distinta 
dall'altra. In tal modo la Corte ha riconosciuto che, anche se proposto in via 
principale, il ricorso del contribuente era valido e doveva essere riunito all'impugnazione 
dell'Ufficio per essere deciso contestualmente. 

Questa decisione sembra discostarsi, almeno in parte, dal pi� recente indirizzo 
giurisprudenziale, e d� ima soluzione di carattere generale valida anche per 
il processo ordinario, per via della ritenuta applicazione al processo davanti alle 
commissioni delle norme di diritto processuale comune. 

Per quanto riguarda le soluzioni avvicendatesi con riferimento al processo 
ordinario, ricordiamo che la giurisprudenza formatasi nei primi anni successivi 
all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura civile e una parte della dottrina 
ritennero, interpretando letteralmente la norma dell'art. 333 c.p.c., che, una 
volta proposta l'impugnazione principale una parte, cui fosse stata notificata tale 
impugnazione, non potesse proporre la propria impugnazione che in via incidentale 
a pena di inammissibilit� (Cass., 26 luglio 1946, n. 996, Rep. Foro it., 
1946, voce Appello civ. n. 109; Cass., 8 febbraio 1947,. n. 151, ivi, 1947, voce cit. 

n. 89; CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civ. italiano, Roma, 1951, 
vol. II, 151; CosTA, Manuale di diritto processuale civile, Torino, 1955, 374). 
L'apparente inflessibilit� della norma di legge � stata �per� ben presto superata 
da un'interpretazione pi� liberale, e si � ritenuta la validit� dell'impugnazione 
principale in luogo di quella incidentale facendo di volta in volta ricorso al 
principio di conversione degli atti processuali, al principio della sanatoria o alla 
mancanza di un'esplicita comminatoria di nullit�, sebbene di sola decadenza. Si � 
concluso che la forma principale non impedisce l'esame del merito, alla duplice 
condizione, per�, che si realizzi in concreto il simultaneus procesms, attraverso la 
riunione delle impugnazioni ai sensi dell'art. 335 c.p.c., e sia rispettato il termine 
per l'impugnazione incidentale -e secondo alcuni anche per l'impugnazione principale 
-(Cass., 2 agosto 1947, n. 1402, Giur. compl. Cassi. civ,, 1947, II, 59, con 
nota adesiva di RUBINO; Cass. 5 agosto 1947, n. 1448, ivi, 102; Cass. 5 luglio 1954,_ 

n. 2350; Cass. 27 novembre 1954, n. 4323, Foro it., 1955, I, 1657, con nota adesiva 
di .ANnruoL1; Cass., 18 febbraio 1960, n. 283; e ancora in dottrina, fra gli altri: 
CARNACINI, in vari articoli pubblicati in Giu-r. it., 1948, IV, 169; Riv. trim. dir. e 
proc. civ., 1948, 985; Foro it., 1949, I, 556; .ANnruoLI, Ccommento al cod. di p.c., 
Napoli, 1956, Il, 405; MosETTO, Osservazioni in tema di pluralit� di gravami e 
di unit� del procedimento di impugnazione, Riv. dir. civ., 1959, I, 439; SATTA, 
Commentario al c.p.c., Milano, 1962, L. II, 2, 79). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 787 

L'annotata sentenza, nella sua formulazione generale, adotta una interpretazione 
ancor pi� lata delle norme di legge, non ritenendo necessaria -per la 
validit� dell'impugnazione principale in luogo di quella incidentale -neanche la 
concreta realizzazione del simultaneus processus. 

Queste conclusioni ci sembrano per� liberali. 

Invero alcune precedenti pronunzie della Suprem:i Corte ed una parte della 
dottrina non parlano esplicitamente della necessit� del simultaneus precessus (Cass., 
12 agosto 1963, n. 2306; Gass., 3 aprile 1962, n. 683, Gi.ur. it., 1962, I, 1, 804; 
Cass., 3 marzo 1962, n. 416; Cass., 21 febbraio 1956, n. 488, Giust. civ., I, 1065; 
in dottrina: PROVINCIALI, Delle impugnazioni in generale, Napoli, 1962, 244; 
D'ONOFRIO, Commentario al c.p.c., Torino, 1957, II, 567). Riteniamo per� che ci� 
sia dovuto, per la giurisprudenza, al fatto che nei singoli casi si era trattato di 
impugnazioni gi� riunite; per la dottrina, al fatto che, trattandosi di opere di carattere 
generale, il problema � stato solo sfiorato, dandosi per implicite conseguenziali 
talune considerazioni. 

Al contrario di quanto avveniva nel vecchio codice, le nuove norme di legge 
non ammettono una scelta alternativa fra impugnazione principale ed impugnazione 
incidentale, a meno di non voler ritenere inutile tl disposto dell'art. 333. Che 
non si tratti di una distinzione meramente formale � dimostrato proprio dal fatto 
che in caso di impugnazione incidentale non � configurabile, se non come abnormit�, 
un separato processo, mentre in caso di impugnazioni principali successive, 
se manca il provvedimento di riunione, ne derivano pi� processi distinti, con specifico 
contrasto a quanto il nuovo codice si � sforzato di eliminare. 

:E: proprio quindi la concreta riunione dei gravami l'elemento che consente 
di superare, con gli argomenti gi� sopra segnalati, l'indubbia violazione della norma 
di legge compiuta dal secondo impugnante in via principale. Senza prender posizione 
per l'una o per l'altra delle teorie prospettate, rileviamo che certo non si pu� 
parlare di conversione dell'impugnazione principale in incidentale se non nell'ambito 
dello stesso rapporto processuale e �quindi dopo la concreta realizzazione della 
riunione dei gravami; il ricorso al principio di sanatoria della nullit� formale per 
raggiungimento dello scopo impone che la riunione avvenga tempestivamente senza 
produrre dispersione di attivit� giudiziaria (MosETTO, op. e Zoe. cit. cit.); ed infine 
l'atto, se anche non � nullo ab origine, si preserva da decadenza solo con il provvedimento 
di riunione (la prescrizione della forma incidentale, come la pi� idonea 
a garantire l'unicit� del procedimento, sarebbe osservata anche in caso di impugnazione 
principale purch� si sia verificata la riunione: CARNACINI e ANoruoLr, 
op. e Zoe., cit.). � 

Una volta decisa la prima impugnazione principale, la seconda impugnazione 

non riunita non pu� avere pi� alcuna validit�, sicch� non sembra ammissibile che 

un giudice successivamente adito possa rimettere le part[ davanti al giudice delle 

prime impugnazioni, quasi che la sua sentenza sia viziata dalla mancata pronuncia 

del provvedimento di riunione, a sensi dell'art. 33.5 c.p.c,.: questa conclusione 

toglierebbe ogni valore al precedente art. 333 e sconvolgerebbe tutto il sistema 

delle impugnazioni adottato dal nuovo codice. 

Questi principi sono applicabili in blocco nel campo del processo avanti alle 

commissioni tributarie? Riteniamo di s�. 

Il codice di procedura civile aborogato, come � noto, ammetteva la proposi


zione di pi� impugnaziorn principali successive, con la possibilit� di distinti processi 

di impugnazione non soltanto nel giudizio di cassazione, per il quale non era 

previsto il ricorso incidentale, ma anche nel giudizio di appello, nel quale era 

ammessa anche la forma incidentale. 

La legge del 1937 sul funzionamento delle commissioni, richiamando nel


l'art. 40 per l'appello incidentale le n�rme del diritto processuale comune, indub




788 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEI.LO STATO 

biamente recepiva il sistema del codice abrogato, aggiungendo soltanto la possibilit� 
del ricorso, incidentale alla Commissione Centrale, a differenza che nel 
giudizio di Cassazione. Perfettamente ammissibili dovevano quindi riitenersi due 
impugnazioni principali, senza necessit� che e5se fossaro niunite 

Entrato in vigorn il nuovo codice, si � ritenuto che la recezione debba ora 


-~ 

operarsi rispetto alle nuove norme, in forza della genericit� del richiamo contenuto �:� 
nell'art. 40 della legge del 1937 (nulla rileva che il successivo art. 48 non richiami 
le norme comuni, in quanto, all'epoca dell'entrata in vigore della legge, non era 
previsto il ricorso incidentale per cassazione). Ci� troverebbe conferma in linea pi� 
generale, cadute le norme del vecchio codice, nel principio, unanimamente riconosciuto, 
che quando una particolare situazione, un dato rapporto tributario non � 
espressamente preveduto e regolato da una specifica norma tributaria, � necessario 
ricorrere alle norme di altri rami del diritto ed ai principi generali. 

Naturalmente il richiamo alle nuove norme deve essere l�mitato a quelle 
situaz:ioni che non trovino gi� una disciplina esplicita o anche solo implicita nella 
stessa legge del 1937. Cos� non possono applicarsi tout courl: le norme sui te1mini 
e la forma dell'appello incidentale davanti alle Commissioni, le cui pecuiiarit� 
impongono una diversa regolamentazione, desurruibile, sia pure con molte incertezze, 
dalle disposiizoni di legge particolari (cfr., in materia, NAPOLITANO, Termini 
e forma dell'appello incidentale nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie, 
Riv. dir. fin., 1953, II, 233). 

Nella legge del 1937 non � contenuta alcuna norma dalla quale possa trarsi 
una qualsiasi regolamentazione circa. la sorte di pi� impugnazioni separate contro 
la stessa sentenza; e la lacuna, non meraviglia, presupponendo il legislatore del!'
epoca il sistema in vigore per il processo comune. 

Ora delle due l'una: o si richiama il vecchio codice, ed allora si possono 
proporre pi� impugnazioni principali successive e i processi possono proseguire 
separati; o si richiama il nuovo ed allora tutte le impugnazioni contro una stess� 
sentenza devono essere decise contestualmente. 

Prima che un richiamo di norme, si tratta di un richiamo di sistemi. Nella 
carenza di una disciplina positiva esplicita o implicita (in un caso, quindi, di 
vera e propria lacuna legislativa), ci sembra logico che siano applicabili solo i nuovi 
principi generali e non quelli ormai SOfPassati, cui pur si era ispirata -senza per� 
recepirli direttamente -la legge particolare. Tanto pi� che proprio questa ha < 

�=�

mostrato i sintomi dell'eV'oluzione, innovando rispetto al giudizio per cassazione 

con la previsione del ricorso incidentale alla comrruissione centrale e stabilendo cos� 

un sintomatico trait d'union fra il vecchio e il nuovo codice. 

Recepito il sistema, agevole � il richiamo delle norme. E fra esse indubbiamente 
quelle degli artt. 333 e 335 c.p.c., -in quanto dirette a colmare una lacuna 
della legge particolare -, con tutte le conseguenze gi� viste per il processo ordinario 
nel paragrafo precedente. 

OSCAR FIUMARA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2056 -Pres. Celentano 
-Est. Di Majo -P.M. Pedate {conf.) -Lucchesi Palli e 

S.M.O.M. (avv. Cazzoni) c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). 
Imposte di successione -Commenda del Sovrano Ordine Militare 

di Malta -Morte del titolare -Passaggio dei diritti sulla 

commenda dell'erede. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 789 

La qualit� di primo chiamato alla Commenda del Sovrano Ordine 
Militare di Malta ha il suo titolo in un rapporto di diritto privato, 
quaf� l'atto di fondazione, e costituisce per l'interessato un diritto 
subbiettivo, sebbene subordinato nella sua concreta realizzazione al 
giudizio dell'Ordine sugli altri requisiti di nobilt� e moralit�. Pertanto 
alla successione avente ad oggetto il godimento di beni appartenenti 
alla fondazione posti nel .territorio dello Stato italiano che in conseguenza 
della morte del titolare della commenda si verifica a favore 
dell'erede, il quale riceva poi l'inv~stitura dall'Ordine, � applicabile 
l'imposta di successione (I). 

(1) Osservazioni sugli aspetti tributari della successione nelle 
commende del S.M.O.M. 
La sentenza merita di essere particolarmente segnalata perch� � la prima volta 

che la Suprema Corte si � pronunciata sugli aspetti tributari della successione 

nelle Commende e Baliaggi del S.M.O.M. (e neppure risultano, anteriormente alla 

vertenza de qua, altri precedenti giurisprudenziali di giudici di merito). 

La motivazione della sentenza � semplice, lineare e coerente. Una volta confermato 
che gli atti di fondazione delle Commende (nella specie trattavasi di Com~ 
menda di Giuspatronato familiare) hanno natura di negozi di diritto privato e che, 
pertanto, essi .sono per �il � commendatore � fonti di veri e propri diritti soggettivi 
(di carattere reale), sia per �quanto attiene al godimento dei fondi conferiti nella 
Commenda, sia per �quanto attiene alla successione mortis causa in tale godimento 
�in conformit� agli atti di fondazione predetti, non poteva non derivare da tale 
premessa, come conseguenza inesorabile, che, verificatasi una siffatta successione, 
essa dovesse essere assoggettata alla relativ;a imposta successoria secondo l'ordina


mento giuridico italiano. 

Ma deve contemporaneamente rilevarsi che la sentenza stessa, pur costituendo 

un importante punto fermo, non ha esaurito ogni questione sull'argomento. 

Da vari decenni l'attivit� dell'Amministrazione si � ispirata alle considerazioni 

contenute nella Normale n. 54 del 24 marzo 1885 (Boll. uff. tasse e demanio, 1885, 

334), considerazioni alle quali (pur, invero, senza mai sottoporle a particolare esame 

critico). si � sempre, da allora, pacificamente riportata la dottrina (v. CAPPELLOTTO, 

Tasse di Registro, I, 695 e Il, 26; UBERTAzzr, La Legge sulle Tasse di Registro, 

1908, 12 e la Legge Tributaria sulla successione, 1925, 15; VrGNALI, Le Tasse di 

Registro, 1908, Il, 424): �:�: stata sottoposta all'esame del Ministero la questione 

se, per le Commende dell'Ordine Gerosolimitano, in occasione del loro passaggio 

da uno .ad altro Commendatore, possa farsi luogo .all'applicazione della tassa por


tata dall'art. 115 della tariffa annessa alla legge di registro [r.d. 13 settembre 1874, 

n. 2075, corrispondente all'art. 13 dell'attuale legge sulle imposte di successione] �.� 
�D'accordo con l'Avvocatura Generale, si � sul proposito osservato che 
per l'indicato passaggio di Commende, verificandosi indubbiamente una trasmissione 
di usufrutto a favore del nuovo commendatore, ricorre, in difetto di 
una speciale esenzione, l'applicazione dell'art. 1 della citata legge [corrispondente 
all'art. 1 della attuale legge sulle imposte di successione e all'art. 1 della attuale 
legge di registro], secondo cui ogni trasmissione, nonch� della propriet�, anche 
dell'usufrutto, uso o godimento di beni, � assoggettata a tassa di registro [ora, per 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

790 

quanto qui interessa, a imposta di successione]. E quanto alla misura della tassa, si 
� considerato che, non essendo il passaggio delle Commende suddetto contemplato 
nella tariffa, per il disposto del capoverso dell'art. 6 della legge [corrispondente 
all'art. 8 della attuale legge di registro] �detta trasmissione di usufrutto debba essere 
gravata con la tassa portata dal cit. art. 115, che � quella che pi� si accosta alla 
natura ed agli effetti del tmsferimento in questione � � 

Come si vede, la pretesa dell'Amministrazione si imperniava sulla qualiflcazione 
del diritto del �Commendatore � come usufrutto e sulla applicazione anaiogica, 
quanto alla aliquota, delle norme relative alla tassazione dei passaggi dei 
bene:6ci ecclesiastici. 

Ora, la Suprema Corte, pur affermando la assoggettabilit� della successione 
nella commenda alla imposta successoria, non ha toccato (dati i termini in cui la 
vertenza le era pervenuta dopo i precedenti gradi del giudizio) la questione dei 
criteri della tassazione, in relazione alla de:6nizione giuridica del diritto (reale) 
oggetto della successione stessa. 

All'origine della causa vi era una tassazione della successione de a11,a operata 
conformemente all'indirizzo. segnato con la sopra citata Normale del 1885. contro 
la quale il titolare della Commenda .(che ha poi provocato l'intervento del S.M.O.M.) 
� insorto add11cendo le ragioni cos� riassunte nel testo della sentenza annotata: 
�L'atto che l'ufficio del registro� aveva ritenuto comportasse "un passaggio di usufrntto 
" altro non costituiva se non l'investitura di una nuova persona :6sica nella 
titolarit� di un ente di diritto pubblico di un particolare ordinamento ginridico, 
antonomo e indipendente da ogni altro, quale era il Sovrano Militare Ordine di 
Malta. soggetto sovrano di diritto internazionale; infatti, il Sovrano Militare Ordine 
di Malta si avvaleva dell'Ente "Baliaii;gio Borbone", giusta la tavola di fondazione 
del 14 luglio 1853 per notaio Gualandra, per il conseguimento dei suoi :6ni istituzionali, 
sicch� il detto Ente aveva una particolare pel"sonalit� giuridica ed un suo 
patrimonio; si aveva, quindi, ad opera dell'Ordine, il conferimento ad personam 
di ufficio pubblico in conformit� della linea di sequenza prevista dalla tavola di 
fondazione e con il concorso di particolari requisiti di nobilt� e d� costumi. e la 
pubblica funzione cos� assunta consisteva nell'amministrare il patrimonio dell'Ente 
e nel destinare le rendite ai :6ni istituzionali, che erano quelli bene:6ci ed ospedalieri 
dell'Ordine: :OPrtanto. essendo t.ali la natnra ed i caratteri del mpporto che si creava 
per effetto dell'investitura, non era possibile ravvisare nel rapporto stesso gli estremi 
dell'usufrutto n� un trapasso di questo nella occasione di variazione delle persone 
invest�te � � 

TI Tribunale di Venezia, chiamato a giudicare fo primo grado. aveva fondato 
la sua decisione, contraria alla p.a., �sulla mancanza, nel r.d. n, 3270 del 1923, di una 
e<nressa nrevisione delle Commende in ouPstione ed aveva osservato che, in materia 
di impnsta di successione, non � ammissibile la tassazione per analogia, mancando 
nella relativa 1egge una norma di contenuto identico od analogo all'art. 8 della legge 
di registro, il quale non potrebbe trovare legittima applicazione se non nell'ambito 
di qnella legge. Con la conseguente impossibilit� di fare nella specie richiamo alle 
norme I d'altronde. ora abrogate per effetto dell'art. 29 lett. h del Concordato con 
la S. Sede) sulla tassazione dei bene:6ci ecclesiastici, sia perch� l'assoggettamento 
all'imposta succ�ssoria dei passaggi di tali bene:6ci costituiva di per s� una eccezione 
n�l sistema della. legge regolatrice del tributo, data la particolare struttura di quegli 
istituti, propri di altro ordinamento giuridico originario (quello della Chiesa) e 
come tali non commensurabili con altri istituti del nostro diritto privato, sia perch�, 
per la stessa ragione della loro appartenenza ad altro ordinamento giuridico original'io 
(quello del S.M.O.M.), indipendente rispetto a quello della Chiesa e rispetto 
a quello Italiano, le Commende hanno anche esse una con:6gurazione propria nel




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 791 

l'ambito del loro ordinamento che le rende a loro volta incommensurabili con istituti 
dell'uno o dell'altro di quegli ordinamenti. 

In quella sede, esigenze o semplice �scrupolo di difesa avevano indotto ad 
entrare anche nel vivo dell'indagine volta a definire, attraverso la struttura ed origine 
storica delle Commende ,la natura giuridica del diritto del � Commendatore �. 

Ma nel giudizio di secondo grado la Corte di Appello (con la sua sentenza 
7 novembre 1961 -23 gennaio 1963, n. 63), mentre ha corretto l'erronea impostazione 
della sentenza appellata, ha per� anche riportato la vertenza in termini strettamente 
aderenti all'economia della fattispecie di cui si discuteva. 

Essa, infatti, dopo aver affermato (per le ragioni sostanzialmente riprodotte 
nella sentenza annotata) la potest� tributaria dello Stato in ordine alle Commende 
e l'assoggettamento della successione alle relative imposte, rientrando il diritto 
(reale) del � Commendatore,, nella previsione dell'art. 1 del r.d. n. 3270 del 1923, 
ha ritenuto, peraltro, d� poter prescinder da ogni altra indagine relativa alla pi� 
precisa definizione di quel diritto, la quale, essendo influente solo ai fini dei criteri 
della tassazione {determinazione della base imponibile, aliquota applicabile) esorbitava 
dai termini della vertenza cos� come posti dall'opponente e dall'intervenuto 
S.M.0.M., termini che non investivano i criteri seguiti dalla p.a. nella liquidazione 
del tributo, ma l'esistenza stessa della potest� tributaria dello Stato (tanto pi�, poi, 
che, almeno nella specie, la tassazione operata in base all'art. 13 del r.d. n. 3270 del 
1923 era, tr� le altre ipotizzabili, la pi� favorevole all'attore). 

�E una volta cos� contenuti i termini della vertenza era. ovvio che la Suprema 
Corte non potesse andare oltre. 

Rimane, pertanto, tuttora aperta la questione se, agli effetti della tassazione 
delle successioni nelle commende, possano tuttora ritenersi validi i criteri al 
riguardo segnati nella lontana Normale del 1885. 

Ed anzi, un invito a riaprirla � quasi implicito nella stessa sentenza della 
Corte di Appello Veneta, Ja quale, pur non affrontando e definendo (per le ragioni 
gi� accennate) la questione stessa, l'ha tuttavia in pi� punti sfiorata, sia mettendo 
in luce (a correzione delle inesatte affermazioni del giudice di primo grado) le 
origini e la ratio della tassazione dei passaggi dei benefici ecclesiastici; sia escludendo 
che tali benefici, e cos� pure le Commende del S.M.0.M., non possano essere 
ricondotti nello schema dell'usufrutto nonostante gli oneri e le limitazioni che 
possano gravare sui relativi titolari, dato che � og;ni diritto, compreso quello di 
propriet�, pu� subire limitazioni, anche di notevole ampiezza, senza che questo 
alteri la sua natura �, s� che tali limitazioni ed oneri potranno tutt'al pi� influire 
solo sul valore del diritto, ma non sulla sua qualificazione (ed assoggettabilit� alla 
imposta); sia, infine, adombrando la possibilit� che, se ne fosse stato il caso, si 
sarebbe forse potuto discutere se, nella fattispecie, potesse pi� esattamente ravvisarsi, 
anzich� una forma di usufrutto; quella di un uso. 

Usufrutto -dunque -(ed eventualmente con le aliquote ordinarie o con 

quelle di cui all'art. 13 della legge), uso, enfiteusi? 

Ma non � questa, ovviamente, la sede opportuna per assumere una posizione 

al riguardo: � sembrato necessario solamente richiamarvi l'attenzione. Tanto pi� 

che la questione stessa potrebbe risultare non suscettibile di una soluzione univoca, 

sia in relazione ai diversi tipi di � Commende ,, (il cosiddetto Codice Rohan precisa 

-Titolo XIV, II -che: " Sotto nome o vocabolo di Commende, vengono i 

Priorati, la Castellania d'Emposta, i Baliaggi, i poderi, i membri, le possessioni t 

tutti gli altri beni di qualsiasi sorte dell'Ordine nostro � ), sia in relazione alle 

concrete e specifiche disposizioni contenute nelle singole tavole di fondazione, che 

sar� pertanto opportuno di volta in volta ,sottoporre ad analitico esame. 

GIACOMO MATALONI 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 

DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI.E FORNITURE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 17 febbraio 1964, n. 350 -Pres. 
Celentano -Est. D'Anniento -P.M. Criscuoli (conf.) -Musco (avv. 
Correale) c. Casella (avv. Conte) e Ministero LL.PP. (avv. Stato 
Carbone). 

Acque pubbliche -Sentenza del Tribunale superiore -Ricorso 
per cassazione � Termine. 

(c.p.c. del 1865, art. 518; c.p.c. art. 325; r.d. 11 dicembre 1933, n .1775, 
artt. 183, 202). 
Acque pubbliche -Sentenza dei Tribunali delle aa.pp. -Notificazione 
del dispositivo all'avvocato e non al procuratore 
costituito � Validit�. 

(r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183, 154). 
Il termine per il ricorso alle Sezioni unite deilla Corte di Cassazione, 
contro le sentenze del Tribunale superiore delle aa.pp., � di 45 giorni, 
a norma dlJlliart. 202 ool r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, che riduce alla 
met� i 90 giorni indicati. neU'art. 518 del c.p.c. del 1865 (1). 

I .termini �impugnazione delle sentenze dei Tribunali delle aa.pp. 
decorrono dalla notificazione del dispositivo, effettuata dal cancelliere. 
Tede notifica � valida, anche se eseguita all'avvocato legalmente costituito 
(2). 

(1) Giurisprudenza costante, in relazione al principio secondo cui il sistema 
processuale previsto dal testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775 ha carattere auto� 
nomo, e resta collegato a quelle norme del codice di rito del 1865 che siano espressamente 
richiamate (cfr.: Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1040; id. 17 aprile 1963, n. 950. 
Giust. civ., 1963, 2659). Ovviamente quando non si tratti di norme specificamente 
richiamate, e la situazione processuale .non sia disciplinata dal testo unico, � applicabile 
il codice di rito in vigore (cfr.: Sez. Un., 15 marzo 1956, n. 761, Acque, 
bonif. e costruz., 1956, 471, a proposito dell'applicabilit� del termine di cui 
all'art. 327 c.p.c.). 

PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 793 

L'esattezza dell'indirizzo � posta in dubbio dal BuscA (Le acque nella legislazione 
ital., Utet, 1962, pag. 454), riecheggiando il contrario �avviso espresso dall'ANoruou, 
subito dopo l'entrata in vigore del codice di rito (Foro It., 1942, IV, 
col. 44 e ss.). L'elenco completo delle situazioni processuali regolate dal testo unico 
del 1933, � dato dal BuscA, op. cit., 450 e segg. 

(2) La disciplina prevista dal testo unico del 1933 � profondamente diversa, 
rispetto a quella del codice di rito. Infatti, l'art. 183 dispone che il dispositivo delle 
decisioni deve essere notificato alle p�arti, nella forma stabilita per gli atti di citazione. 
Tanto, per�, non significa che la notifica va fatta alla parte personalmente, 
dovendo la norma essere posta in relazione con l'art. 154, u.c., di esso t.u., secondo 
cui l'espressione �parte � indica anche i procuratori o gli avvocati costituiti (ofr. 
Sez. Un., 6 aprile 1962, n. 780, Foro amm., 1962, II, 862). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1908 -Pres. Vistoso 
-Est. D'Amico -P.M. Trotta {conf.) -Ente siciliano case lavoratori 
(avv. Selvaggi) c. Sena {avv. Cordova). 

Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Dipendenza 
da fatti ascrivibili a colpa dell'Amministrazione -Inapplicabilit� 
dell'art. 35 del capitolato generale del 1895. 

(d.m. 28 maggio 1895, art. 35). 
La norma di cui alfait. 35 del capitolato generale del 1895 sui 
lavori pwbblici, va applicata solo quando la sospensione dei lavori risulta 
causata da fatti obiettivi e indipendenti dalla volont� delr Amministrazione 
committente, e comunque non ~vibile a sua colpa (1). 

Sussistendo tale colpa trovano a:pplicazione le disposizioni di diritto 
comune riguardanti la risoluzione dei contratti ed il risaroimento del 
danno (2). 

(Omissis). -La ragione essenziale del decideve da parte degli 
arbitri giustamente approvata dalla Corte di Appello, � che le circostanze 
che rendono applicabili le richiamate disposizi<mi della legge 
sui lavori pubblici, e delle norme del Capitolato Generale e del Capi


(1-2) Nella specie, la sospensione dei lavori era stata causata dall'indisponibilit� 
del terreno, e dalla .necessit� di trovarne un altro idoneo all'opera appaltata. 

L'ipotesi, invece, di sospensione connessa allo studio di varianti risultate indispensabili 
o opportune in corso d'opera, sembra che possa agevolmente inquadrarsi 
nelle circostanze speciali, di cui all'art. 35 dell'abrogato capitolato generale del 
1895, trattandosi di esigenze tecniche necessarie alla buona riuscita dei lavori 
(cfr.: C1ANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1957, 519 e segg.; lodo s.d. 1958, Pergolizzi 

c. LL.PP., Acque ecc., 1959, 199; id. 22 gennaio 1959, Panconi c. Incis, ivi, 1960, 
415). Ovviamente, il giudizio sulla liceit� della variante � strettamente collegato 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

794 

tolato Speciale, sono soltanto quelle che possono riferirsi a fatti obie1ttivi, 
. indipendenti dalla volont� dell' Amministraziorie committente, e 
comunque non ascrivibili a sua colpa; cosicch�, se le sospensioni siano 
determinate da fatti colposi dell'Amministrazione, si applicano le disposizioni 
del �diritto comune e non quelle delle leggi speciali: l'attivit� 
svolta dall'Amministrazione mediante l'appalto ha, rispetto all'interesse 
generale per cui le opere sono state disposte, funzione puramente strumentale 
ohe non fa perdere al contratto la natura essenziale di istituto 
�di diritto privato con la conseguente applicazione delle norme del codice 
civile, ed in particolare di quelle �che rigual'dano la risoluzione dei contratti 
ed il risarcimento dei danni. -{Omissis). 

all'esame dell'adeguatezza del progetto originario, ed al periodo di tempo normalmente 
necessario per lo studio e l'approvazione di quello di variante. 

~ interessante n1evare, che J'elemento discriminatore tra sospensione lecita o 
meno, � individuato dalla Corte Suprema in una circostanza negativa, e cio� nella 
mancanza di � fatti colposi � da parte dell'Amministrazione. Ora, date le caratteristiche 
della prestazione di quest'ultima, non sembra improprio utilizzare nella valutazione 
della circostanza, i col\renti principi in materia di colpa p:rofessionale, che 
-come � noto -� limitata ai casi della colpa grave o del dolo, quando si sia di 
fronte a problemi tecnici di particolare difficolt� (Cass., 12 dicembre 1963, n. 3329, 
Foro it., 1963, I, 1304; id. 28 aprile 1961, n. 961, fui, 1962, I, 510, con richiami di 
dottrina e giurisprudenza, in ordine agli aspetti pi� rilevanti della connesm 
problematica). 

Va aggiunto, che il nuovo Capitolato generale s:ui 11.pp., appirovato con d.p.r. 

16 luglio� 1962, n. 1063, ha profondamente innovato in materia, distinguendo tra 

sospensione causata da � forza maggiore, condizioni climatologiche od altre simili 

circostanze speciali � (lo comma), per la quale i limiti temporali sono commisurati 

alla durata della causa che la determina; e sospensfone connessa a � ragioni di pub


blico interesse o necessit� � (2o ccimma), nella quale la durata non pu� eccedere 

un quarto del periodo contrattuale, o comunque i sei mesi. 

Dalia distinzione si desume, che le sospensioni del pl\iroo gruppo sono riferi


bili unicamente a cause naturali; menfre in quelle del secondo, consid�rata anche 

l'ampiezza e la genericit� della previsione legislativa, � indubbiamente consentito 

inquadrare pure il'ipotesi innanzi richiamata, essendo evidente. la connessione tra 

pubblico interesse e perfetta realizza:ziione dell'opera appaltata .. 

LODO 21 marno 1964, n. 12 (Roma) -Pres. Meregazzi -Est. Gelera Impresa 
Maialino {avv. Vitarelli) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato 
Del Greco). 

Opere pubbliche -Ricostruzione di edifici distrutti per cause di 
guerra -Azione di rivalsa contro l'Amministrazione appaltante 
-Competenza del collegio arbitrale. 

(d.m. 28 maggio 1895, art. 42). 

PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 795 

La dichiarazione dell'essere il contratto stipulato ai sensi del d.l. 
7 giugno 1945,. n. 322 e del d.l.l. 26 marzo 1946, n. 221, riguardanti il 
trattamento fiscale degli appalti per la ricostruzrone di opere pubbliche 
distrutte per eventi bellici, pone .in essere il riconoscimento dell'essersi 
tenuto conto dei conseguenti benefici fiscali nella formazione dei prezzi 
contrattuali (1). 

Il collegio arbitrale �, pertanto, competente a giudicare delrazione 
di rivalsa proposta dallappaltatore, in caso di indebito pagamento delri.
g.e. {2). 

(Omissis). -Con la prima riserva regolarmente inscritta negli atti 
contabili, l'Impresa lamenta che il Provveditorato alle Opere Pubbliche 
di Catanzaro abbia violato una clausola contrattuale, col trattenere 
l'importo di L. 384.600 quale aliquota dell'imposta generale sull'entrata 
in relazione al primo e al secondo certificato di pagamento, rispettivamente 
dell'importo di L. 5.610.000 e di L. 7.210.000. L'Amministrazione 
eccepisce che la questione esula dalla competenza arbitrale, avendo 
come contenuto la esentabilit� o meno del contratto dal tributo e quindi 
un diritto indisponibile, da discutere semmai da parte dell'Impresa 
davanti ai competenti organi finanziari. 

Ritiene il Collegio tale eccezione manchevole nella sua impostazione 
e priva di fondamento. Di vero, nel caso di specie, non si tratta 
di stabilire se il contratto di appalto de quo (il quale porta in epigrafe 
la dizione � opere dipendenti dalla guerra �) sia assoggettabile o meno 
all'i.g.e., ma se per effetto di una clausola contrattuale e quindi per la 

(1-2) Le questioni concernenti il regime fiscale di un atto, e quindi l'esentabilit� 
o meno del contratto di appalto dalle imposte che lo riguardano, attengono 
a materia !indisponibile, sottratta alla competenza arbitrale a norma dell'art. 
806 c.p.c. A questa conclusione, sia pure con diversa giustificazione, e cio� 
facendo riferimento alla ratio della clausola compromissoria contenuta nel capitolato 
generale sui ll.pp, ed al pecuHare ambito funzionale della stessa, � pervenuta 
la giurisprudenza {cfr. Cass., 9 marzo 1955, n. 715, Foro it., 1955, I, 1000). 

La decisione riportata � andata in contrario avviso, ritenendo che il riferimento 
in contratto al particolare regime tributario previsto dai d.l.l. n. 322 del 1945 
e n. 221 del 1946, ponevano in essere una esplicita clausola di esonero fiscale, con 
la conseguenza che dell'interpretazione di essa e dei suoi effetti era lecito discutere 
in sede arbitrale. Non sembra che l'affermazione sia da approvare; poich�, come 
risulta anche dalla motivazione, si trattava di pura e semplice dichiarazione di 
richiamo alle leggi di esenzione, senza alcuna aggiunta circa gli effetti tra le parti 
del beneficio che l'appaltatore avrebbe conseguito. Tale dichiara2lione, inoltre, era 
un presupposto formale, esplicitamente imposto dall'art. 6 del d.l.l. 7 giugno 1945, 

n. 322 proprio per rendere applicabili le agevolazioni relative (cfr. Cass., 15 marzo 
1954, 11. 762, Giur. imp., 1954, 438). 
Il )odo � stato impugnato. 




796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
espressa volont� delle parti, gravi sulla Impresa l'onere dell'i.g.e. sui 
corrispettivi accordati dall'Amministrazione. 
Il punto di contrasto verte quindi sulla interpretazione e sulla efficacia 
di una dausola posta nel contratto e, come tale, non si sottrae al 
giudizio arbitrale. Non pare dubbio al Collegio che la trattenuta di cui 
si discute sia stata applicata illegittimamente da parte dell'Amministrazione. 
Di vero, nel contratto di appalto si legge testualmente: � Il presente 
contratto � redatto ai sensi ed a tutti gli effetti del d.l. 7 giugno 
1945, n. 322 e del d.1.1. 26 marzo 1946, n. 221 e successive modificazioni 
ed integrazioni �. Ci� significa che le parti intesero obbligarsi 
nello spirito e nelle condizioni di quelle disposizioni legislative, le quali 
per la natura del contratto e per la esperienza tecnica delle parti contraenti, 
non potevano essere state obliterate sia dall'Amministrazione 
nel calcolare il preventivo costo dell'opera e nel predisporre gli atti per 
l'appalto, sia dall'Impresa la quale nel fare la propria offerta di ribasso, 
ha soppesato tutti gli oneri inerenti all'opera stessa, non esclusi gli oneri 
fiscali e tra essi quello dell'i.g.e. 
Orbene, il decreto legislativo luogotenenziale n. 221 succitato (che 
estendeva anche alle opere pubbliche le agevolazioni tributarie per la 
ricostruzione degli edifici distrutti o danneggiati per eventi bellici gi� 
stabiliti dal d.l. 7 giugno 1945, n. 322), dispone espressamente all'art. 2, 
comma quarto, " I corrispettivi degli appalti sono esenti dall'imposta 
generale sull'entrata �. Devesi quindi dedurre che l'Impresa Maialino 
acconsent� di apportare la sua collaborazione all'Amministrazione per 
l'oggetto che essa aveva fissato nel contratto in vista �di questa esenzione,. 
e che ha accettato gli oneri dell'appalto in considerazione di questo 
vantaggio ed in previsione di questo beneficio. Pertanto la lamentata 
trattenuta (che peraltro l'Amministrazione oper� sul primo e sul 
secondo certificato di acconto ma non pi� sui suoessivi manifestando 
con tale comportamento la validit� della contestazione) ha turbato l'equilibrio 
economico tra prestazione e controprestazione, tra l'opera pattuita 
ed il compenso dovuto, come le parti intes�ero porre a base della contrattazione. 
Risponde quindi a giustizia,� per la interpretazione letterale e logica 
della clausola e per il ripristino del contratto nei veri termini voluti dalle 
parti, che la somma di L. 384.600 trattenuta dall'Amministrazione sia 
. restituita. -(Omissis). 
LODO 3 agosto 1964, n. 61 (Roma) -Pres. ed Est. Gualtieri -Soc. �1~., 
I.R.Co.Ci.R. (avv. Donzelli) c. I.A.C.P. della provincia di Sassari �'. 
e Gestione case per lavoratori (avv. Stato Del Greco). 

.9.

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PARTE I, SEZ. VI, GIUR ..IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNlTURE 797 

Opere pubbliche -Costruzione di case per lavoratori � Rapporti 

tra Gestione case per lavoratori e stazioni appaltanti -Con


cessione amministrativa. 

Opere pubbliche -Costruzione case per lav.oratori -Controversie 
con le imprese appaltatrici -Legittimazione esclusiva delle 
stazioni appaltanti. 

Arbitrato pubblico -Intervento di terzo � iussu indicis � -Ammissibilit�. 


La costruzione di ~e per lavoratori, ai sensi della legge 28 febbraio 
1949, n. 43 e successive inteigrazioni e modificazioni, � di competenza 
�degli enti affidatari dei lavori, i cui rapporti con la Gestione case 
per lavoratori vanno definiti di �concessione amministrativa (1). 

Gli enti suddetti sono legittimati in via es�lusiva nelle controversie 
promosse dagli appaltatori, alle quali la Gestione case per lavoratori, 
sul piano sostanziale, rimane estranea (2). 

Anche nel'/:arbitrato pubbli<co � ammissibile l'intervento coatto per 
ordine del giudice, nel caso che il terzo abbia parte�ipato alla stipulazione 
della clausola compromissoria (3). 

(Omissis). -Dev'essere, invece, accolta f.eocezione di difetto di 
legittimazione passiva sollevata dalla GESCAL. 

� noto che, a norma della I. 28 febbraio 1949, n. 43, la �costruzione 
delle case per lavoratori era demandata non alla Gestione I.N.A.-Casa, 
ma a:d una pluralit� di Enti pubblici, i quali erano tenuti a redigere i 
progetti di costruzione, ad appaltare i lavori, a dirigerli, restando alla 
Gestione solo l'obbligo di provvedere al loro finanziamento, e conservando 
essa il diritto di vigilare sulla esecuzione delle opere in tutte le 
sue fasi. Non si pu� negare che il rapporto di affidamento di esecuzione 
di opere, che rientrino nei fini istituzionali della Gestione, sia 

(1-2) Per la realizzazione del piano d'incremento dell'occupazione operaia, la 
legge 28 fehbmio 1949, n. 43 ed i regolamenti approvati con d.p. 22 giugno 1949, 

n. 340 e 4 luglio 1949, n. 436, previdero: a) 1a costituzione di un � Comitato di 
attuazione �, con il. compito di predisporre i programmi generali di costruzione, e 
di presiedere all'impiego dei mezzi finanziari; b) l'istituzione di una nuova persona 
giuridica (la Gestione I.N.A.-Casa), allo scopo di provvedere all'attivit� amministrariva, 
necessaria per dare esecuzione alle direttive ed alle deliberazioni del Comitato; 
e) l'affidamento ad una pluralit� di enti pubblici o di diritto pubblico (INCIS, 
INPS, ICP, Comuni, Provincie, ecc.) dell'incarico della concreta realizzazione degli 
alloggi. A questi enti, scelti dal Comitato di attuazione, la legge accolla direttamente 
l'onere di redigere i progetti, appaltare i lavori e dirigerli. 
Dalla ripartizione accennata consegue, che Comitato di attuazione, Gestione 

I.N.A.-Casa, ed enti costruttori, hanno competenza funzionale ed esclusiva nell' esple

798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

influenzato e determinato dalla pubblicit� del fine dell'Ente concedente, 
nonch� dell'Ente cui � conferito fincarico di appaltare l'opera, e che, 
pertanto, tale rapporto debba qualificarsi come concessione amministrativa. 
� appunto in tale rapporto che trova giustificazione il potere 
di vigilanza e di controllo spettante alla Gestione sull'Ente incaricato 
di appaltare fopera, in relazione alla esecuzione della stessa. 

Ed � in perfetta armonia con la natura di concessione amministrativa 
del rapporto in parola, la clausola contenuta nell'art. 102 del 
Capitolato generale d.'appalto 9 febbraio 1950, secondo cui f appaltatore 
pu� far valere i suoi diritti e pretese solo verso la Stazione appaltante 
e non verso la Gestione I.N .A.-Casa, cui spettano i poteri di controllo 
e �di vigilanza sui lavori e sugli atti ad essa relativi. 

Poich� la legittimazione passiva all'azione � una delle condizioni 
delfazione, il difetto di essa comporta il rigetto nel merito della domanda. 
La GESCAL va, pertanto, assolta dalla domanda. 

Da quanto si � d~to consegue che legittimato passivamente alf 
azione � invece fl.A.C.P. di Sassari, il quale ebbe a stipulare con la 
I.R.Co.Ci.R. il contratto �di appalto 25 maggio 1961. Ritiene il Collegio 
che legittimamente fu ovdinata, �a norma dell'art. 107 c.p.c., fintervento 
di detto Istituto nella pvesente vertenza. 

La Suprema �Corte ha ripetutamente affermato il principio, che, 
nelfipotesi in cui il convenuto opponga �di essere estraneo al rapporto 
dedotto in giudizio ed indichi un terzo quale unico e vero soggetto 
passivo delfobbligazione, non si ha, per il solo fatto di tale indicazione, 
un rapporto necessariamente eonsortile �di �diritto sostanziale, n� quindi, 
la necessit� dell'integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.e. nei 
confronti del terzo, prospettandosi la sola esigenza, ai fini della con


tamento dei compiti rispettivi. In particolare, per quanto riguarda gli enti, ci� 
significa che tutte le -responsabilit� di carattere contrattuale o extra-contrattuale 
connesse alle attivit� loro attdbuite, li riguardano direttamente, e che ne devono 
rispondere per fatto proprio. :i'!: appena il caso di aggiungere, che dalle � convenzioni 
� stipulate tra gli enti e la Gestione, ai fini della regolamenta21ione dei rapporti 
derivanti dall'incarico conferito ai primi (e di cui � cenno nell'art. 2 della 
legge del 1949), esula qualsiasi elemento privatistico, comunque riferibile al 
mandato. E ci� non solo in difetto dell'elemento fondamentale e caratt.eristico di 
tale .istituto (e cio� l'esercizio di facolt� o poteri spettanti al mandante, e per suo 
conto posti in essere dal mandatario), essendo la realizzazione degli alloggi riservata 
dalla legge agli enti ripetuti e non alla Gestione, che ha il solo compito di finanziarli. 
Ma anche perch�, per la peculiare natura dei soggetti, ed il tipico contenuto 
del rapporto (realizzazione di un'opera pubblica), si � indubbiamente nell'ambito 
di �un rapporto pubblicistico, assimilabile pienamente alla concessione amministrativa 
(cfr.: Cass. 4 maggio 1962, n. 863, lodo 24 novembre 1960, Impresa 
Pizzino c. Gestione l.N.A.Casa e INCIS, Acque, ecc., 1960, 616). 

(3) In relazione all'origine contrattuale dell'arbitrato, ed. alla mancanza negli 
f. 
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PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI .E FORNiTURE 799 

danna o dell'assoluzione del convenuto, di accertare se questi sia il legittimo 
contraddittore; che, in detta ipotesi, peraltro, non potendo il terzo, 
indicato dal corivenuto, essere perseguito se non in altro �giudizio, e 
venendo cos� a sorgere l'eventualit� di un conflitto teorico di giudicati, 
il legislatore, ad ovviarlo e prevenirlo, ha apprestato l'istituto dell'intervento 
iussu judicis, cosicch�, a seguito dell'indicazione predetta, prospettandosi 
la causa come �comune al terzo, il giudice pu� imporre 
alfattore ,di inserire nel rapporto processuale il terzo stesso per l'estensi�ne 
del contraddittorio dal lato passivo e per l'introduzione di un 
litisconsorzio di diritto processuale, in modo che l' emananda sentenza, 
quale che debba esserne il �ecisum, faccia stato anche nei confronti 
del chiamato per l'intervento (da ultimo, Cass. 18 febbraio 1960, n. 364). 
Non pu� revocarsi in dubbio che il suddetto principio sia applicabile 
alla fattispecie, ricorrendo i presupposti della comunanza di lite tra la 
GESCAL e l'I.A.C.P. di Sassari, s'intende con le limitazioni e gli adattamenti 
imposti dalla natura del procedimento arbitrale. N� varrebbe 
obiettare che esso non possa trovare applicazione nell'ambito di detto 
procedimento per le caratteristiche proprie di questo, in cui, come gi� 
si � detto, non pu� mai verificarsi la vocatio in jus, essendo la concorde 
volont� delle parti, consacrata nel compromesso o nella clausola compromisso'l'ia, 
a devolvere ad arbitri la lite. Il principio surriferito non 
potrebbe certo trovare applicazione qualora il terzo, che il convenuto 
indica come vero legittimato, non abbia partedpato alla stipulazione 
della clausola compromissoria, essendo evidente che in tale ipotesi mancherebbe 
la volont� della parte di devolvere ad arbitri la lite, volont� 
necessaria ed insostituibile per la proposizione del giudizio arbitrale. 

Senonch�, nel caso in esame, si verifica una situazione opposta, in 
quanto l'I.A.C.P. di Sassari partecip� alla stipulazione del contratto di 

arbitri di 'qualunque potere nei confronti delle persone estranee al processo (conseguendo 
H potere loro attribuito dal patto compromissorio e dall'atto di nomina), 
la dottrina desume l'inapplicabilit� dell'istituto dell'intervento coatto, sia su istanza 
di parte, che iussu iudiois (cfr.: REDENTI,. Dir. proc. civ., 1954, voi. III, pag. 473, 

n. 268, Ili; VECCHIONE, L'arbitrato nel sistema del proc. civ., 1953, 328, n. 118, 
331, n. 120; D'ONOFRIO, Commento, 1957, voi. Il, 492, n. 1293; ScmzzERO'ITO, 
Dell'arbitrato, 1958, 306 e segg.). 
� Nella specie, per altro, la situazione processuale era caratterizzata da una 
peculiarit� opposta a quella accennata, poich� la domanda arbitrale risultava 
notificata alla Gestione Case per 1.avoratori, e cio� ad un soggetto estraneo al 
contratto, e quindi alla clausola compromismria. Pertanto, anche se le ragioni di 
principio innanzi richiamate non risultavano conferenti, essendo proprio il terzo 
chiamato i�l causa obbligato contrattualmente, la decisione appare ugualmente 
errata, per essersi trascurato di considerare l'eVidente inesistenza di un rapporto . 
processuale sul quale innestare la chiamata del terzo, a causa della radicale 
nullit� della domanda arbitrale. 

Il lodo � stato impugnato. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

800 

appalto in oggetto e della clausola compromis~oria'. di modo che i! 
Collegio, ordinando la notifica della domanda d1 arb1tra~ento, nonche 
dei verbali delle sedute del 4 giugno 1964 e del 23 giugno 1964 al-
1'1.A.C.P..di Sassari, lungi dal sostituirsi alla sua volont�, pose questo 
nella condizione di intervenire attivamente nel giudizio. Aggiungasi che 
detto Istituto non doveva nemmeno provvedere alla nomina del proprio 
arbitro n� concol'dare la nomina del terz6 arbitro, essendo esse riservate 
a�a GESCAL; il che costituisce una ulteriore ragione per l'applicabilit� 
del principio surriferito alla fattispecie. (Omissis). 



SEZIONE SErnMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

TRIBUNALE DELL'AQUILA, 18 aprile 1964, imp. Guarnaschelli. 

Giuoco d'azzardo -Esercizio di casa da giuoco in Taormina Sanatoria. 


(1. 18 febbraio 1963, n. 67). 
L'apertura e la gestione della casa da giuoco di Taormina sono 
state implicitamente sanate e sono, perci�, divenute penalmente lecite 
per effetto della legge 18 febbraio 1963, n. 67 e del conseguente pagamento, 
da parte del gestore, dei tributi e dei diritti addizionali da essa 
previsti (1). 

� {Omissis). -Pur non condividendo i motivi che hanno indotto 
il Pretore di Taormina a pervenire alle conclusioni di cui alla sentenza 
impugnata dal Procuratore della Repubblica di Messina, questo Collegio 
ritiene di doverla confermare ma per altre ragioni. 

Prima di scendere all'esame del merito occorre sgombrare il campo 
dalla eccezione di inammissibilit� dell'appello eccepita preliminarmente 
dalla difesa dell'imputato, secondo la quale il P.M. chiederebbe un 
mutamento, non �consentito, della contestazione in tale sede . 

.S evidente che l'appello del Procuratore della Repubblica di Messina 
investe tutta la sentenza e quindi anche la parte che si riferisce 
al periodo dell'esercizio del gioco d'azzardo dall'apertura del Casin� 
(7 novembre) sino alla sua forzata chiusura imposta dal provvedimento 
della Procura Generale (9 novembre 1962) e non solo al periodo che 
va dalla riapertura (5 febbraio 1963) alla emanazione della sentenza� 
(19 febbraio u.s.). La tesi difensiva con la quale si sostiene che, essendosi 
al. Guarnaschelli contestato un reato permanente con la data terminale 
dell'8 novembre 1962, in cui lesercizio ulteriore del giuoco 
d'azzardo divenne impossibile, il secondo reato permanente, eventualmente 
rawisabile nel periodo dal 5 al 19 febbraio 1963, avrebbe 
dovuto formare oggetto di una contestazione suppletiva; come reato 
concorrente ai sensi dell'art. 445 c.p.p. e che, non essendo stata fatta, 

(1) In corso di stampa del fascicolo, in data 14 novembre e.a., le Sezioni Unite 
si sono pronunciate sul ricorso proposto avverso la sentenza del Tribunale. Si omette, 
pertanto, di pubblicare la nota che eia stata predisposta, in attesa della sentenza 
delle Sezioni Unite che verr�, appena possibile, pubblicata ed annotata. 
13 



RASSEGNA DELl.. AVVOCATURA DELLO STATO 

di essa non potrebbe in sede di appello tenersi conto, avrebbe importanza 
solo nel caso che questo collegio ritenesse di dover affermare la 
responsabilit� dell'imputato e quindi scegliere tra una condanna e 
fapplicazione delfamnistia; ipotesi, per�, che, come � stato premesso, 
non. si verifica. . 

Devesi, per�, per completezza di discussione rilevare che secondo 
l'indirizzo giuri~prudenziale corrente la tesi difensiva in parte � fondata. 

Ed invero, quando nell'atto di contestazione predibattimentale sia 
fodicata anche la data di cessazione del reato permanente, il giudice . 
di primo grado non pu� tenere conto dell'ulteriore permanenza se essa 
non sia contestata a norma dell'art. 445 c.p.p. e se il giudice di merito 
abbia accertata l'ulteriore permanenza del reato senza la rituale contestazione 
suppletiva dibattimentale, la relativa sentenza dovr� considerarsi 
nulla. 

Nel caso in esame risulta infatti che il Giudice di primo grado, ha 
fissato la data di cessazione del reato nell'8 novembre 1962; che il 
Casin� � stato chiuso dal 9 novembre 1962 sino al 5 febbraio 1963, e 
che non � stata contestata l'ulteriore permanenza del reato {dal 5 al 
19 febbraio 1963), e, perci�, in grado di -impugnazione non potrebbe 
giudicarsi; a pena di nullit�, di un reato che non sia stato giudica:to 
nel grado� precedente. � 

:�: vero che il P.M. ha sostenuto che nella specie si tratti di un 
unico reato permanente, essendo giuridicamente irrilevante la parentesi 
della chiusura forzata della casa da giuoco, ma tale argomentazione 
non convince. 

Ed invero, secondo la dottrina ed anche secondo la giurisprudenza, 
se nel reato permanente l'evento � interrotto per una causa non 
imputabile alla volont� del responsabile, non � rilevante l'ulteriore 
condotta di costui, la quale, se ne ricorrono gli estremi, integra un� 
nuovo reato, perch� l'azione o la omissione deve essere volontaria e, 

I

con riferimento proprio al giuoco di azzardo, si rileva che se e5so sia 
lasciato e, quindi ripreso in altra successiva riunione, non si ha un solo 
reato permanente, ma pi� reati, eventualmente riuniti nel nes~6 della 
continuazione. 

Non ritiene, per�, il Collegio, come sopra si � accennato, di dover 
approfondire questo aspetto del problema per le ragioni gi� esposte 
mentre ne va discusso l'altro, se, cio�, la nullit� colpirebbe tutto l'appello 
o solamente la parte di esso che riguarda la richiesta di condanna 
del Guarnaschelli. 

In proposito non possono condividersi i motivi della difesa, apparendo 
evidente, che l'appello del P.M. comprenda tutta la sentenza e, 
quindi, tutta l'attivit� posta in essere dall'imputato con l'apertura della 
casa da giuoco (7 novembre 1962), con l'esercizio del giuoco stesso dal 
7 novembre all'8 novembre data di contestazione del Pretore, al 9 s.m. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 803 

(momento della forzata chiusura) e da questo momento a quello della 
emanazione della sentenza {19 febbraio 1963). E se pure � vero che il 

P.M. ha ritenuto che il reato � stato consumato ininterrottamente sino 
al 19 febbraio 1963 e che la sua richiesta � rivolta ad ottenere la condanna 
dell'imputato e non l'applicazione dell'amnistia, e, se pure � 
vero, che il P.M., vincolato alla specifica dei motivi, non ha richiesto 
la rettifica della sentenza ma la condanna, tuttavia, a parere di questo 
Tribunale, deve ritenersi che la richiesta di amnistia da . sostituire 
all'applicazione del 152 c.p.p., sia contenuta implicitamente nella 
istanza di condanna. 
Il P.M., infatti, ha proposto impugnazione perch� fosse affermata 
la responsabilit� del Guarnaschelli per tutta l'attivit� da lui svolta dal 
7 novembre 1962 al 19 febbraio 1963 e, che, nel caso di affermazione 
di responsabilit�, fosse negato all'imputato il beneficio dell'amnistia 
per i motivi sopra indicati. 

~ evidente che la istanza maggiore (condanna) contiene in s� 
anche quella minore (applicazione dell'amnistia), cos� come deve ritenersi 
che le due istanze siano omogenee perch� della stessa specie. 

Il P.M., infatti, ha chiesto che venga riconosciuta la colpevolezza 
dell'imputato per tutta l'attivit� illecita da lui esplicata (apertura della 
casi:i ed esercizio del giuoco d'azzardo dal 7 novembre 1962 al 19 febbraio 
1963). Se poi, per la rottura della permanenza del reato (chiusura 
forzata del Casin� dal 9 novembre 1962) e la mancata contestazione 
del secondo ~eato permanente si deve portare lesame solo fino a quella 
data, la sostanza dell'appello non cambia e con essa la omogeneit� 
della istanza. � 

Tale eccezione va perci� respinta. 

Passando, poi, al merito della causa si rileva che non possono condividersi 
totalmente i motivi che hanno portato il Primo Giudice alla 
convinzione della liceit� del giuoco di azzardo del Casin� di Taormina 
in base ai quali ha prosciolto dalla imputazione il Guarnaschelli. 

Ed infatti, si potrebbe anche essere d'accordo col Pretore, dando 
una interpretazione lata e benevola, e perci� favorevole alla tesi dell'imputato, 
al r.d.l. del 31 maggio 1935 n. 1410, istitutivo dell'E.T.A.L., 
sulla idoneit� del decreto stesso a derogare alla legge penale (agli 
artt. 718 e sgg. c.p.) in analogia� ai r.d.l. 22 dicembre 1927 n. 2448, 
2 marzo 1933 n. 201 e 16 luglio 1936 n. 1404, in base ai quali sono 
state aperte le case da giuoco di S. Remo, Campione e Venezia, perch� 
formulati ambiguamente, ma diretti al fine di soddisfare concrete 
finalit� pubbliche. 

Si potrebbe ancora sostenere che il r.d. del 22 aprile 1943, n. 560 
ed il decreto interministeriale del 30 aprile 1947; abbiano autorizzato 
legislativamente e, quindi, abbiano ritenuto lecita, l'attivit� delfE.
T.A.L. relativa al giuoco d'azzardo avuto riguardo allo scopo della 



804 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

deroga che il soddisfacimento di un interesse pubblico, che il legi~ 
slatore ha qualificato preminente all'interesse punitivo, superando la 
circostanza che i primi tre decreti contenevano l'autorizzazione rivolta 
al Ministero dell'Interno ad adottare tutti i provvedimenti per sanare 
il bilancio dei Comuni in dissesto, anche in deroga alle norme vigenti, 
autorizzazione che manca nel decreto istitutivo dell'E.T.A.L. Discutibile 
sarebbe invece sostenere che l'autorizzazione al giuoco d'azzardo, 
localizzata in Libia perch� connessa all'incremento turistico di quella 
Regione, sia stata trasferita in Italia e ad un Privato italiano, il Guarnaschelli, 
perch� una discriminante concessa eccezionalmente ad un 
soggetto, e per un interesse pubblico determillato e localizzato, non 
potrebbe essere estesa per atto negoziale ad altro soggetto, e per un 
interesse pubblico diverso. Altrettanto discutibile ritenere, che la discriminante 
continuasse ad avere vigorn con la cessazione dell'Ente. 

Infatti tutti gli altri provvedimenti, quelli regionali, sono stati 
annullati e comunque sarebbero inidonei a creare esimenti (sentenza 
della Corte Costituzionale e della Cassazione a Sez'. Un. 7 dicembre 
1963), mentre quelli statali, a volerli ritenere riguardanti il giuoco 
di azzardo, sono stati revocati o caducati. 

Se tutto ci� si potesse ritenere superato ci si troverebbe di fronte 
alla situazione paradossale che, mentre il destinatario della deroga 
�ra un Ente pubblico, l'E.T.A.L., che aveva l'obbligo di soddisfare ad 
uno scopo specifico (incremento turistico della Libia e che, con interpretazione 
lata potrebbe ritenersi anche trasferito in Italia), con la .

I

estinzione dell'Ente il destinatario della norma sarebbe il Guarnaschelli, 
privato cittadino che non avrebbe alcun obbligo giuridico nei 
confronti sia della Regione che della citt� di Taormina, anche se di 
fatto risulta che corrisponda delle percentuali sui proventi del giuoco 
a quegli Enti pubblici. Per cui deve concludersi che l'atto negoziale 


I

recante una deroga ad una norma penale � inidoneo a produrre gli 
effetti che la difesa dell'imputato gli attribuisce. Tuttavia, a rendere 
lecita l'attivit� della casa da giuoco di Taormina � intervenuta la legge 
del 18 febbraio 1963 n. 67, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 
giorno successivo, con la quale la situazione del Casin� di Taormina 
si � venuta a trovare nelle condizioni, anche pi� consistenti, di analogia 
con quelle del Casin� di Saint Vincent. 


Con detta legge, infatti, viene istituito sui biglietti d'ingresso alla 
casa da giuoco, un diritto addizionale nella misura fissa di L. 3.500 per 
ciascun biglietto a favore dello Stato_ (art. 6). Detto diritto � altresi 
dovuto, limitatamente ed una volta al giorno, dai frequentatori delle 
case da giuoco muniti di tessere di favore. Si precisa poi che le ditte 
che hanno in gestione le case da� giuoco sono obbligate a riscuotere, 
senza alcun compenso, ed a versare l'importo del diritto addizionale 
all'Agente della S.I.A.E. {Societ� Italiana Autori ed Editori) che lo 




PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 805 

riversa alla Tesoreria Erariale essendo stato il Ministero del Tesoro 
autorizzato a provvedere con propri decreti, alle occorrenti variazioni 
di bilancio (art. 11 cpv.). Ed infine con l'art. 10 sono previste le pene 
applicabili in caso di trasgressione a tale prescrizione, e con lart. 11 
che �il provento... del diritto addizionale di cui agli artt. 6 e 8 della 
presente legge sar� versato in apposito capitolo dello stato di previsione 
dell'entrata �. 

Ora � da osservare come prima cosa che una legge, che sottoponga 
a tributo lattivit� delle case da giuoco, ha il potere di derogare alle 
norme di diritto penale per il suo carattere di fonte primaria, quale 
emanazione del potere legislativo centrale dello Stato. � 

Secondariamente deve riconoscersi che l'attivit� sottoposta a tributo 
� in sostanza proprio quella svolta presso le dette case, e, cio�, 
quella dei gestori e non solo quella di chi giuoca d'azzardo come si 
rileva dal testo legislativo che fa esplicito riferimento alle case da 

-giuoco e che costituisce, altres�, i gestori di esse in responsabili dell'imposta. 
Anche se il Legislatore, nel determinare loggetto dell'im


" posta, si fosse preoccupato di identificare la situazione di fatto che 
intendeva colpire, � pur vero che in tal modo egli ha ritenuto inequivocabilmente 
con presupposto, che un tale genere di attivit� sia per,,. 
messa e venga svolta palesemente, poich� attraverso la testimonianza 
del suo effettivo svolgimento � possibile l'accertamento dell'imposta. 
Non � ammissibile pensare che il Legislatore abbia inteso sottoporre 
a tributo un'attivit� illecita vietata nel territorio dello Stato. 

Non risulta, infatti, che lo Stato abbia mai preteso il pagamento 
del tributo dalle bische clandestine, che persegue decisamente, essendo 
la gestione di esse rigorosamente vietata, n� � previsto alcun caso in 

, c,ui possa lecitamente svolgersi l'esercizio di tale attivit� che, perci�, 
deve ritenersi sempre precluso. 

Consegue che la manifestazione di volont� legislativa intesa a 
sottoporre a tributo lattivit� in discussione, non pu� intendersi se non 
nel senso che essa � ritenuta perfettamente lecita in deroga alle disposizioni 
del codice penale. 

Tali concetti sono evidenti e debbono ritenersi, perci�, del tutto 
pacifici. Meno semplice a prima vista potrebbe sembrare invece, la 
determinazione dell'estensione della deroga (per la casa da giuoco di 
Taormina, la identificazione, come si vedr� pi� oltre trova conferma 
in un'altra legge dello Stato) poich� in mancanza di una limitazione 
posta dalla norma stessa, occorrerebbe far ricorso a criteri interpretativi 
che permettono di accertare la vera portata della manifestazione 
di volont� legislativa. 

Non si potrebbe concludere che � assoggettato a tributo� unicamente 
l'attivit� delle case da giuoco autorizzate per legge (precedentemente 
o susseguentemente alla sua entrata in vigore) perch� tale 



806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

interpretazione di eccessivo. rigore, forse formalmente esatta, sarebbe 

priva di aderenza alla situazione concreta, che il legislatore incontrava 

nel momento in cui stabiliva l'assoggettamento ad un:o speciale tributo 

di quanti in Italia giuocassero d'azzardo negli stabilimenti apposita


mente autorizzati, se pure con procedimenti in dubbia validit�, .e 

sostanzialmente ingiusta. Nel testo della legge non appare, infatti, 

alcuna discriminazione dettata dal differente apprezzamento della 

legittimit� di dette case ed il Legislatore era a conoscenza della esi


stenza delle cinque case da giuooo (S. Remo, Campione, Venezia 

istituite legittimamente a Saint Vincente Taormina sub indice) perch� 

la loro attivit� era nota e perch� la inaugurazione del Casin� di Taor


mina era stata notificata legalmente al Ministero del Tesoro, mentre 

deve ritenersi inequivocabile il riferimento a quelle case da giuoco, 

in relazione proprio alla loro sottoposizione al tributo. 

Non esiste alcun dubbio che la citata legge abbia inteso di provved~
e a regolare la situazione di fatto esistente perch� l'ordinamento 
giuridico italiano mira a tener fermo il disposto degli artt. 718 e sgg. 
del c.p., sia per la mancata conversione del r.d. 27 aprile 1924 n. 636 
-sia per il noto comportamento dei Governi democratici in tema di case 
da giuoco, le quali in nessun caso possono essere :aperte in Italia, a 
meno che lo Stato, nella sua potest� legislativa, non emani leggi che 
anche indirettamente derogando alla norma penale sanino situazioni 

irregolari. 

E che tra le case da giuoco, di cui alla legge citata debba identi


ficarsi anche quella di Taormina lo si ricava ulteriormente rilevando 

che il� tributo, ad essa relativo, � stato riscosso dallo Stato e che la 

somma riscossa � stata inserita, parte, nel bilancio della Regione Sici


liana e, parte, nel bilancio dello Stato stesso. Risulta, infatti, che la 

Societ� cc a. Zagara �, concessionaria del Casin�, ha riscosso il diritto 

addizionale con il controllo della S.l.A.E. per conto dello Stato, e lo 

ha versato nelle casse dello Stato (vedere documentazione esibita; 

oltre alle quietanze e border� quotidiani in possesso della societ�, la 

certificazione rilasciata dal Ministero delle Finanze -Direzione Gene


rale delle Tasse ed Imposte Dirette sugli Affari, dai quali risulta che 

� i VeTsamenti effettuati dall'Ente gestore della casa da giuoco di Taor


mina, pe'.l" i primi undici mesi di esercizio sono stati: a) addizionale. 

per L. 161.792.050 e b) diritti erariali in L. 48.417.710 �). Risulta 

inoltre che gli cc importi relativi all'addizionale affluisrono all'apposito 

capitolo di entrata del bilancio dello Stato, mentre i diritti erariali 

� spettano alla Regione Siciliana e sono compresi nel bilancio della 

Regione anch' �sso approvato con legge e soggetto ad impugnazione 

per legittimit� ove se ne presentasse il caso �. 

Appare, perci�, inequivocabilmente identificata, la destinataria 

della deroga al c.p. preveduta dalla l. 19 febbraio 1963. n. 67. E se 



PARTE I, SEZ.� VU, GIURISPRUDENZA. PENALE 807 

pure � vero che la legge sul bilancio �dello Stato non � un legge in 

senso proprio, e quindi incapace di deroghe, tuttavia non pu� non 

riconoscersi ad essa la idoneit� ad identificare un soggetto passivo di 

:imposta, gi� genericamente identificato, come pi� sopra si � detto. 

La casa da giuoco di Taormina, perci�, esercita una attivit� che 

deve essere ritenuta lecita, perch� in esecuzione di una legge dello 

Stato, garantisce allo Stato un'entrata, imposta da una legge parti


colare e confermata ed esposta in altra legge (quella del bih.1cio con 

capitolo specifico). 

Soccorre, ancora, per ritenere lecita l'attivit� del Casin� di Taor


mina,. il principio di massima formulato dalla Suprema Corte a Sez. 

Un. (sent: cit.) con il quale nel confermare <lef�nitivamente la sentenza 

della Corte d'Appello di Firenze che ha assolto i gestori della casa 

da giuoco di Saint Vincent, ha affermato: � deve escludersi la puni


bilit� del reato previsto dall'art. 718 c.p. se possa ritrovarsi nell'ordi


namento giuridico una norma che ne riconosca la liceit�, qualunque 

possa essere la ubicazione della norma autorizzativa anche in altri testi 

del ,diritto che non pu� essere disconosciuta �. 

Il diritto, infatti, non pu� essere collocato in compartimenti stagni 

ma deve essere considerato come un'unica linfa che scorra nel tessuto 

sociale per renderne armonici i rapporti tra i componenti. 

Secondo l'indicato principio non � necessaria una deroga espressa, 

potendo questa essere anche implicita ed indiretta. Il Supremo Col


legio, infatti, nella sua saggezza, ha tratto la conseguenza che l'eser


cizio di Saint Vincent, � lecito, avendo rilevato che nel processo for


mativo di una legge dello Stato, il Legislatore aveva tenuto presenti 

le entrate provenienti dal Casin� e spettanti alla Regione Valdostana, 

sebbene nella legge non fosse alcun oonno specifico e nominativo a) 

Casirl� e neppure alle sue entrate. 

Deve ancora rilevarsi che nella formulazione del principio su 

riferito, la Corte ha stabilito il rapporto che passa fra liceit� dell'eser


cizio e norma autorizzativa. Essa vede una norma autori~zativa in 

qualunque norma, che, ovunque ubicata, riconosca la liceit� dell'eser


cizio. La norma autorizzativa non deve preesistere agli atti con cui lo 

Stato riconosce di poter attingere ai proventi dell'esercizio, in quanto 

la norma, dalla quale. attinge o dalla quale risulta che attinge, � norma 

autorizzativa. Ha pure precisato il mezzo di ricognizione della liceit� 

di una casa da giuoco. Esso si trova in qualunque no,rma di legge 
. che tale liceit� riconosca. 
Per la Casa da giuoco di Taormina il riconoscimento, come si � 
detto, � da identificarsi n�gli artt. 6, 10 ed 11 della L 19 febbraio 1963 

n. 67, che il competente organo dello Stao (l'Amministrazione f�nanziaria) 
applica sotto la sua diretta sorveglianza, alla Casa da giuoco di 

RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

808 

Taormina, col �dover provocare in caso di trasgressione l'inflizione delle 
pene appositamente previste. 

Tale casa da giuoco ha il suo riconoscimento terminale e definitivo 
nella destinazione dei proventi che lo Stato e la Regione Siciliana 
ritraggono l'uno inserendoli nella legge del bilancio, l'altra nel bilancio 
proprio, che, per la sua impugnabilit� davanti alla Corte Costituzionale, 
s'inquadra, a sua volta, nell'ordinamento giuridico dello Stato. 

Devesi concludere, perci�, che dal 19 febbraio 1963 l'attivit� del 
Casin� di Taormina � lecita e, pertanto, l'attivit� del suo gestore non 
costituisce reato. Per il periodo precedente il Guarnaschelli va assolto 
dalla imputazione ascrittagli per avere agito nella convinzione della 
liceit� del fatto, come si ricava dall'esame dei titoli esibiti, anche se 
discutibili e, forse, appunto per questo, in base ai quali l'imputato ha 
ritenuto legittima la sua attivit�. Secondo l'insegnamento prevalente 
del Supremo Collegio, quando la mancanza di coscienza della illiceit� 
del fatto derivi, non da un elemento negativo, quale potrebbe essere 
la ignoranza della legge, ma da uno positivo e cio�, da una circostanza 
che induca nella convinzione della sua liceit�, il che nella specie non 
pu� disconoscersi, non pu� ravvisarsi reato per mancanza dell' elemento 
psicologico. 

Si deve perci� respingere l'appello del P.M. e confermare la sentenza 
impugnata. -(Omissis). 

.,

., 

X 



PARTE SECONDA 




.RASSEGNA DI DOTTRINA 



P. 
GASPARRI, Teoria giuridica della Pubblica Amministrazione -Nozioni introduttive, 
Padova, 1964, pagg. XIII-206. 
Della esigenza di uno studio su un piano pi� generale, ed anzi pi� squisitamente 
teorico, dei fenomeni rispetto ai quali, ed in funzione dei quali, si sviluppa la disciplina 
positiva dei comportamenti umani, con particolare riguardo a quelli propri 
del diritto amministrativo, il Gasparri � stato sempre un convinto assertore, come 
espress�mente egli stesso ricordava nel presentare il quarto ed ultimo volume del suo 
� Corso di diritto amministrativo >>, all'uopo osservando che quest'opera voleva anche 
costituire un primo tentativo per la costruzione di una "teoria pura� della Pubblica 
Amministrazione, e giustificando l'adottato orientamento metodologico con il rilievo 
che lo studio della teoria generale -la quale, propriamente intesa " dovrebbe 
trascendere, pur non ignorandolo, il diritto positivo� -� da ritenere, anche ai 
fini didattici e professionali, particolarmente utile nel campo amministrativistico, nel 
quale, per la complessit� e disorganicit� dei dati legislativi, e soprattutto per la 
loro rapida mutevolezza, non potrebbe non rivelarsi insufficiente un semplice studio 
esegetico, sia pure pi� o meno sistematico, dei testi di legge. 

Tale �orientamento trova ora logico e pi� completo sviluppo nel lavoro in 
rassegna, col quale il G. si impegna in una indagine esclusivamente teorica, per 
pervenire -per altro dichiaratamente prescindendo dall'approfondimento di quei 
problemi che sono piuttosto propri della filosofia del diritto -alla individuazione 
della materia relativa alla Pubblica Amministrazione e dei principi fondamentali 
che, rispetto alla stessa, vanno enucleati, e che la regolano, e tutto ci� in un piano 
di sistemazione generale, dei fenomeni e dei problemi che alla materia indicata si 
ricollegano, in rapporto non ad un dato, e quindi limitato, complesso normativo, 
bens� alla realt� giuridica nel suo insieme, e perci�, � da ritenere, al di l� anche di 
ogni considerazione di elementi ecologici e temporali. 

L'indagine, che appare sempre condotta con rigore dialettico, e pur se con 
riferimento, talora, come la natura stessa dello studio impone, a presupposti che 
possono dirsi� costituenti mere intuizioni, prende le mosse dalla considerazione della 
� esigenza >>, alla cui stregua viene individuato il concetto di " interesse >>, e questo 
visto nei suoi vari aspetti (interesse positivo e negativo, immediato e mediato, egoistico 
ed altruistico, individuale e collettivo), con la distinzione, infine, tra interessi 
privati e pubblici, i quali ultimi vengono identificati come quelli corrispondenti ad 
� una esigenza comune non ad una pluralit� finita di soggetti, ma a tutta la categoria, 
indefinita nel tempo, di soggetti individuati solo per il loro presentare determinati 
caratteri tipici �: interessi, quindi, che non potrebbero mai essere concepiti 
come direttamente sentiti in un dato momento storico, da un insieme finito di soggetti, 
e la cui pratica rilevanza, tuttavia, si spiega per il fatto che la " pluralit� finita di 
soggetti pu� sentire un interesse altruistico � alla soddisfazione o non soddisfazione 
di esigenze proprie di una categoria non finita, e cos�, anche, delle esigenze di tutte 
le generazioni, anche future, di una collettivit� statale (pag. 7). 

In rapporto alla nozione di interesse,e considerata la possibile insorgenza di 
conflitti -intrasoggettivi -tra pi� interessi di uno stesso soggetto, ovvero tra 
interessi di diversi soggetti (conflitti intersoggettivi), l'A. si sofferma a rilevare, tra 
l'altro, la possibilit� che si abbia un interesse (altruistico) a che sia risolto in un 
dato modo un conflitto intrasoggettivo di interessi di un terzo (singolo o �insieme 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

118 

umano�), ovvero anche che si verifichi una difforme considerazione, da parte di 
piii soggetti tutti titolari di un interesse altruistico, in re'azione al conflitto intrasoggettivo 
concernente quel terzo medesimo: in rapporto alla quale situazione pu� 
individuarsi un problema, che non � pi�, o non soltanto, di mera opportunit�, come 
quello riferito alla soluzione dei conflitti meramente intrasoggettivi, ma ipotizzabile 
in termini di giustizia, e pu� sotto tale riflesso ritenersi la giuridicit� anche delle 
norme �ii opportunit�, quali si rinvengono molto correntemente nel campo del diritto 
amministrativo, che �in buona parte � costituito da norme intese a contemperare 
ci� che � opportuno nei riguardi delle comunit� sociali, in s� considerate, con ci� 
che � giusto in ordine ai rapporti tra esse, da un lato, ed i loro singoli membri, o 
le comunit� minori in esse comprese, dall'altro, nonch� in ordine ai rapporti tra 

gli uni e gli altri di costoro � (pag. 14). 
Sempre in relazione al concetto di esigenza giuridica e 
rimento al problema delle� scelte, ed alla competenza che 
attribuita, per la soluzione di conflitti di interessi propri o 
nazione dei comportamenti, l'A. indaga sulle nozioni di 

di interesse, e con rifein 
merito a taluno sia 
altrui, e per la determiautarchia 
ed eterarchia, 

autonomia ed eteronomia, facolt�, dovere, ecc., per passare, poi, allo studio dei 
� giudizi e comandi giuridici >>, nell'ambito dei quali vengono enucleati quelli che, 
in genere, si designano col nome di �norme� (comandi intesi a� disciplinare i comportamenti 
da tenere in una data classe di casi), e, tra essi, quelli -di rilievo nella 
materia considerata -che si risolvono in una attribuzione ad altri della competenza 

a . cl.ef_erminax:e un comportamento o una classe di comportamenti, che altri deve 
tenere, e che, quando tale determinazione sia prevista in funzione non dell'interesse 
individuale di colui cui la relativa potest� � attribuita, bens� in considerazione di 
u una esigenza giuridica altrui non enunciata, o enunciata in modo bisognevole di 
precisazione, o enunciata in modo generico ed astratto, e quindi suscettibile di 
. applicazioni specifiche e concrete >>, integrano in genere l'attribuzione di potest� 
proprie delle autorit� amministrative (pag. 42). 

Non pu� esser dato, naturalmente, nella recensione di un'opera di teoria gene


rale, di far luogo ad una completa esposizione del pensiero dell'autore, e del processo 

intuitivo e sillogistico attraverso il quale esso si svolge, e nemmeno, senza il rischio 

di perdere di vista l'unit� del tema ed il suo sviluppo generale, pu� essere consentito 

di appmfondire anche soltanto alcuni dei problemi trattati, che siano da ritenere 

di maggiore interesse; dei quali, per�, pu� essere utile, pur con l'avvertenza che essi 

vanno esaminati nell'ambito del disegno generale della costruzione, che si faccia 

una pi� specifica segnalazione. 

In tale ordine di idee, dunque, ci si � innanzi alquanto intrattenuti su'la prima 

parte della trattazione, perch� in essa pu� ravvisarsi, cos� ci � parso, il motivo ispiratore, 

e poi conduttore, della proposta sistemazione di concetti; e si far� ora un cenno, 

poi, salva qualche pi� particolare segnalazione, degli altri argomenti, che armonica


mente sono dall'A. sviluppati, grado a grado, fino a pervenire alla nozione di 

ordinamento, in genere, quindi allo studio degli ordinamenti statali e substatali, 

infine all'indagine circa gli organi e gli �uffici pubblici, circa i problemi di scelte ed 

i collegati aspetti e limiti di discrezionalit�, per finire con la ricerca del concetto di 

amministrazione (con i rapporti e le 'differenze rispetto alla legislazione ed alla 

giuridisdizione), e della nozione, conclusivamente, del diritto amministrativo. 

E limitandosi la segnalazione, dunque, soltanto ad alcuni dei risultati che 
appaiono maggiormente interessanti, e tali anche in rapporto alle implicazioni che si 
ritiene possano derivarne quando dalla schematizzazione teorica si voglia passare ad 
una ricerca in ordine alla disciplina positiva di situazioni, va in primo luogo richiamata 
l'attenzione sul dissenso che l'A. esprime circa la comune (o quasi) opinione in 
materia di autonomia e di autarchia, le quali, concepite rispettivamente come attitu


-~ 

I 


ili 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 119 

dine a valutare giuridicamente, ed a scegliere, i propri comportamenti, e come attitudine 
delle entit� umane, o di un insieme umano, a fare valutazioni giuridiche relative 
ai propri interessi, dovrebbero prescindere, in quanto costituenti caratteristiche intrinseche 
di dati insieme �umani, da �gni riconoscimento o conferimento da parte di 
autorit� superiori, ed in particolare dall'autorit� statale (pag. 49, segg.): il qual 
concetto, per altro, va coordinato, come sembra, onde ne risulta limitata la portata 
altrimenti forse eccessiva, con quello che il G. esprime a proposito della nozione di 
.Stato (individuato come un ordinamento a competenza non positivamente limitata 

� per quanto concerne gli interessi, come criteri di valutazione >>, come � per quanto 
riguarda le materie da disciplinare>>, pag. 70), ed in vista del quale si afferma 
l'ammissibilit� soltanto di ordinamenti � subordinati � (substatali), siano essi minori 
ordinamenti a struttura pubblicistica ovvero privatistica, implichi o meno il riconoscimento 
anche un'attribuzione di soggettivit� (pag. 72, segg.). 

Va segnalata, poi, la trattazione concernente gli organi e gli uffici, che porta, 
in primo luogo, sulla base dei concetti in tema di competenza in rapporto alle scelte 
ed ai comportamenti dei soggetti, alla identificazione dell'ufficio con la competenza 
di un soggetto �a compiere atti per conto di un altro �, che quest'altro Ǐ legittimato 
e tenuto, quanto meno dei confronti di chi li compie, a considerare come 
propri� (pag. 92), e della funzione con la competenza a compiere ugualmente atti 
per conto di un altro, ma che � anche i terzi sono tenuti a considerare propri di 
costui � (pag. 94): dalle quali enunciazioni il G. passa alla specificazione, sempre in 
termini di .teoria generale, del concetto di organo, osservando che, potendosi convenire 
nel dire, con riferimento anche al significato glottologico del termine, " che un 
soggetto �, giuridicamente parlando, organo di un altro, in quanto � competente 
a compiere atti utili a quest'altro, o comunque ad esso riferibili �, pu� concluders~ 
che � essere organo di qualcuno significa essere, rispetto ad esso, in rapporto di 
ufficio o addil'.ittm:a di funzione� (pag. 97). , 

Di tali concetti l'A. rileva la possibile estensione rispetto alle collettivit�,. con 
riferimento alla nozione di interesse collettivo, osservando che si pu� pervenire cosi 
all'individuazione di un organo comune dei diversi soggetti titolari di quell'interesse 
\ medesimo, e, quindi, dell'insieme di costoro: il quale insieme, infine,pu� considerarsi 
esso stesso � unico interessato >>, rispetto al quale va vista la relazione, di ufficio o di 
funzione, con l'organo. La quale relazione, poi, che si spiegherebbe, senza far ricorso 
';llle pi� o meno complesse teoriche sul rapporto organico, considerandosi che in 
\alt� il nesso, tra l'organo e l'ente collettivo non � sostanzialmente diverso da quello 
\cui si fonda l'istituto della rappresentanza, con la sola differenza che i rappre'
l,ti sono pi� di .uno (i membri dell'insieme), "e tutti rappresentati in maniera 
\anea e cumulativa� (pag. 99), andrebbe individuata anche per gli organi di 
'\eme aperto, di un ente pubblico, con la precisazione, tuttavia, che in questo 
��m potendo concepirsi un mandato, o una serie di mandati (che costituiscono 

~rdzio di diritto soggettivo) da parte di un tale insieme non finito (ed al �riguarda 
va tenuto presente il concetto dall'A. in precedenza espresso circa gli ordinamenti a 
struttura pubblicistica), dovrebbe la imputazione ipotizzarsi, se bene abbiamo inteso, 
sotto un duplice congiunto profilo, a titolo rappresentativo, nei riguardi dei membri 
esistenti dell'insieme, ed in forza di un precetto di diritto obiettivo, riguardo ai 
futuri membri della stessa considerata entit� collettiva. 

Ed a questo proposito, per�, vien fatto di domandarsi, e pur senza di pi� indugiare 
sulla questione, attesi i limiti della presente nota, se una tale duplicit� di 
collegamento non possa dar luogo a situazioni antinomiche, gi� su un piano concettuale 
e teorico, posto che la riferibilit� dell'atto dell'organo, per rappresentanza o 
per comando di legge, verrebbe diversamente concepita rispetto all'insieme finito ed 
a quello non finito, naturalisticamente considerati, che, tuttavia, non assumono rilevanza 
se nori nella congiunta unitaria valutazione dell'ente, rispetto al quale, poi, 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

120 

un problema di discrimina.zione anche di effetti, che il differente titolo di imputazione 
comporterebbe, non dovrebbe potersi porre. E verrebbe anche .da chiedersi se, 
per superare la eventuale diffic�lt� concettuale di una imputazione che prescinda dai 
concetti propri della rappresentanza (del resto da soli insufficienti, anche secondo 
!'A., a spiegare il nesso che collega l'organo all'ente), non sia pi� agevole e convincente 
il riferimento alla teoria dell'organizzazione (e lo stesso G. osserva che attraverso 
le nozioni di ufficio e di organo si spiega il fenomeno della personalizzazione 
delle collettivit�: pagg. 76, 99 et passim), e non possa quindi, pur senza farsi ricorso 
a concetti morfologici, concepirsi il rapporto organico in funzione della struttura 
necessariamente organizzata di un ordinamento, e sulla base del solo dato del diritto 
obiettivo, che quell'organizzazione postula. 

In 1elazione agli uffici pubblici, poi, il G., con un discorso tanto pi� efficace 
quanto pi�, via via, diventa espressione di relazioni sillogistiche in rapporto ai risulr.
ati mano a mano raggiunti, procede alla individuazione degli uffici vincolati e di 
quelli discrezionali, distinguendo una discrezionalit� personale ed impersonale, una 
sindacabilit� o insindacabilit� di scelte, e, tra l'altro, discriminando la discrezionalita 
tecnica da quella valutativa, la quale ultima si distingue in ci� cl;te per essa 
� viene in considerazione non la idoneit� di un atto possibile alla produzione di un 
dato risultato, ma la sua convenienza per una data, o per date entit� umane� 
(pag. 121). E sulla base, infine, del complesso dei concetti acquisiti, !'A. procede alla 
indagine circa la nozione di amministrazione, in relazione alla quale, e con riferimento 
al disposto del primo comma dell'art. 97 della nostra Costituzione, osserva che 
i riferimenti al buon andamento ed all'imparzialit�, che nel dettato costituzionale 
si trovano, corrispondono sostanzialmente ai concetti di scelte in termini di opportunit� 
e di giustizia, pervenendo poi alla conclusione, ricordando che un atto non 
potrebbe qualificarsi amministrativo se non in quanto esso sia assunto in una particolare 
considerazione in un ordinamento giuridico, che un organo � amministrativo 
(ed il concetto, naturalmente, si pu� riferire anche alla materia in rapporto alla quale 
l'organo � chiamato ad agire), in quanto egli sia chiamato ad esplicare un'attivit� 
vincolata oppure un'attivit� che sia discrezionale soltanto in modo relativo o limitato 
(pag. 139), e che, per contrapposizione, le scelte che importano una discrezionalit� 
assoluta sono da ritenere " politiche �. 

Anche per il concetto di legislazione, ed in particolare per quanto concerne il 
dato formale, il G. rileva la necessit� che si abbia riguardo ad un dato ordinamento, 
e prende in esame le norme della nostra Costituzione, rilevando, per altro, che attivit� 
legislativa � da ritenere quella che si presenti tale anche sotto il profilo sostanziale, e 
che comporti, quindi, un comando innovativo, con l'implicito carattere della normativit�, 
e sia frutto, perci�, di una valutazione giuridica astratta. 

Per la giurisdizione, l'A. propende verso la teoria che la individua come attivit� 
di risoluzione di liti, pur precisando, in coerenza alle premesse, che possono darsi 
anche liti su problemi di opportunit�, oltre che di giustizia; ed osserva, poi, che 
l'attivit� decisoria, nel suo complesso, non � concettualmente contrapponibile a quella 
dell'amministrazione, in quanto � anch'essa, almeno in generale, esercizio di una 
funzione vincolata o solo limitatamente discrezionale, che da quella dell'amministrazione 
si distingue piuttosto in ci� che essa si concreta in " pronunzie conclusive di 
un procedimento a struttura contenziosa� (pag. 174)� 

Perviene, infine, alla nozione di " diritto amministrativo->>, osservando che se, per 
le cose dette, certe attivit� umane possono ritenersi amministrative soltanto se ed in 
quanto siano giuridicamente disciplinate in un dato modo, assunte a contenuto di 
un "ufficio-dovere>>, deve, per conseguenza, definirsi il diritto amministrativo, col 
criterio di riferimento al tipo di normazione, come quella disciplina che "considera 
e teorizza non le norme in quanto disciplinanti attivit� amministrative, ma le norme 
in quanto disciplinanti delle-attivit� umane in modo da renderle amministrative, cio� 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 121 

le norme che istituiscono, o prevedono, o presuppongono l'istituzione di uffici-dovere � 
(pag. 179): la quale conclusione sembra potersi in certo modo rapportare alla definizione 
ulpianea del diritto pubblico (� lus publicum est quod ad statum rei romanae 
spectat, Dig. 1, 1, 1, 2), e pi� in generale e pi� modernamente, ad un concetto di 
normazione organizzativa, e di studio di un �diritto organizzativo� (cfr., in argomento, 
PuGLIATTI, Diritto pubblico e privato, Enc. del Dir., XII, 737), in considerazione 
del quale, dunque, ed.appena riprendendosi il discorso innanzi accennato circa 
il rapporto organico, potrebbe anche trovarsi ulteriore conferma della non necessit� 
di un ricorso ad altri particolari istituti, propri di altre branche, per spiegare il 
nesso tra l'organo e l'ente. 

II lavoro si conclude con la trattazione circa il metodo con cui i fenomeni 
giuridici costituenti oggetto del diritto amministrativo possono essere studiati, e l'A. 
qui conferma la esigenza, come gi� in principio si � ricordato, di non limitarsi allo 
studio degli enunciati normativi, nel che si concreta la scienza interpretativa, ma di 
procedere, invece, anche ad uno studio, che � di teoria generale, che valga � ad individuare, 
definire e classificare le forme logiche universali ne'.le quali il pensiero giuridico 
si esprime e non pu� non esprimersi �, �i procedere, quindi, all'approfondimento 
conoscitivo del pensiero normativo astrattamente considerato, che, per altro, dice 
il G., pu� abbracciare anche soltanto quella parte della realt� giuridica che riguarda 
�i fenomeni che si conviene di comprendere nel concetto di amministrazione, e che 
sar�, perci�, una teoria generale del diritto amministrativo, o � teoria giuridica della 
amministrazione�: da considerarsi, tuttavia, mai come un sistema conoscitivo indipendente 
da quello della scienza interpretativa, ma in "rapporto di reciproca ed 

essenziale complementarit�� (pag. 200). 

I riferimenti, nel corso dell'esposizione che precede, al rilievo dato dal!' A. a 

qualche dato normativo concreto, e la da ultimo esplicitamente ribadita comple


mentarit� della teoria generale e della scienza interpretativa dei contesti giuridici, 

dimostrano che l'opera in rassegna, pur se dall'autore medesimo definita di � teoria 

pura >>, � stata per� concepita con la visione di un contemperamento, anzi di una 

reciproca funzione, della teoria generale e della dommatica giuridica, ai fini della 

quale ultima si pone indubbiamente come propedeutica la individuazione dell'essenza, 

potrebbe dirsi universale, dei fenomeni considerati, i quali, per�, a loro volta, visti in 

rapporto alla disciplina positiva di uno o pi� ordinamenti, forniscono materia per 

intuizioni e deduzioni idonee su un piano pi� generale. 

E se per teoria generale sempre debba intendersi una ricerca astratta, circa la 

struttura giuridica dell'esperienza normativa, e ci� sia che la si consideri come studio 

delle forme, sia come studio dei contenuti sia pure estremamente generalizzati (cfr. 

BoBBIO, Filosofia del diritto e teoria generale del diritto, in Scritti giuridici in o. di F. 

CARNELUTT1, I, 49), e sia , ancora, che si tenga presente una classificazione nella quale 

possano amalgamarsi le due accennate prospettive, nel senso (cfr. BoBBIO, loc. cit.), 

che la teoria generale, pur essendo una disciplina formale, � tuttavia anche una 

ricerca scientifica, perch� i suoi concetti non sono n� a priori n� universali ma di 

derivazione empirica, potr� forse doversi osservare, con riguardo al lavoro in rassegna, 

che esso in qualche aspetto supera i limiti di una indagine meramente teorica nel 

senso comunemente inteso, (come � dato di rilevare, ad esempio, per ci� che concerne 

la trattazione in tema di ordinamenti substatali, o quella relativa alla differenzia


zione della funzione giurisdizionale rispetto a quella amministrativa), ma ci� si risol


ve in una considerazione di maggior pregio dell'opera, la quale si pone, per la esigen


za che appare in essa avvertita di non perdere di vista, quando necessario, il dato 

contenutistico, come uno strumento idoneo anche per la successiva ricerca, che si 

potrebbe definire applicata, in ordine alla sperimentazione, rispetto ai fenomeni 

concreti, sui quali occorre operare, dei risultati teorici acquisiti. 

MARIO FANELLI 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

122 

C. 
MonTATT, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalit� (Quaderni della 
Giurisprudenza costituzionale, 1), Milano, 1964, pagg. 125. 
Il problema centrale, di maggior interesse e di fondamentale importanza, che 
l'A., con ragionamento sottile e penetrante, pone e risolve in questo studio, molto 
profondo, � costituito dal sindacato di costituzionalit� degli atti normativi diversi 
da quelli previsti negli artt. 76 e 77 della Costituzione ed in particolare dei regolamenti. 


Dopo un completo seppur sintetico esame sull'ammissibilit� nell'ordinamento 
giuridico italiano dei regolamenti delegati in materia di riserva, delle "misure� di 
temporanea sospensione di norme di legge, dei regolamenti delegati in materia non 
di riserva, dei regolamenti indipendenti e dei regolamenti esecutivi in materia di 
riserva relativa o non coperta da riserva, l'A. rileva come il regolamento possa 
operare non diversamente dalle cosiddette fonti primarie �in quanto effettua restrizioni 
o, pi� genericamente, modifiche di sfere di autonomia, ponendosi quale fonte 
diretta e esclusiva di nuovi doveri, diritti, interessi legittimi �. 

Rilevata, d'altra parte, la relativit� del concetto di �forza di legge � e l'inutilit� 
di supplire a tale relativit� mediante il ricorso al concetto del �valore '" come 
assoggettabilit� allo stesso trattamento stabilito per la legge formale, nel difetto di 
un elemento che consenta di orientare la scelta circa la sottoposizione all'uno od 
all'altro regime, l'A. conclude per la competenza della Corte Costituzionale nel 
sindacato dei regolamenti, fissandone l'ambito non solo in rapporto alle violazioni 
della Costituzione, ma altresl in rapporto agli eccessi in cui siano incorsi rispetto 
ai poteri loro accordati dalla legge. 

A tale conclusione l'A. � portato anche dalle conseguenze, cui la discriminazione 
corrente tra regolamenti ed atti aventi forza di legge rispetto al controllo di costituzionalit� 
della Corte Costituzionale condurrebbe, ma ci�, se fosse imposto dal 
diritto positivo, come lo stesso A., ovviamente, mostra di avvertire, avrebbe un 
valore metagiuridico, onde si ritorna al punto di partenza. Val quanto dire che 
al diritto positivo bisogna rifarsi per accertare se esso consenta l'accennata conclusione. 
Difatti, dal diritto positivo muove l'A., che solo per confermare la bont� 
della conclusione, cui perviene, indica le esigenze, le quali richiederebbero la unificazione 
del controllo di costituzionalit�. Ed anche sotto l'aspetto del diritto positivo 
le considerazioni dell'A. hanno indubbia efficacia e esercitano grande suggestione. 

Resta, tuttavia, la disposizione dell'art. 87 della Costituzione, laddove, al comma 
quinto, tra le attribuzioni del Presidente della Repubblica si indicano, oltre alla 
promulgazione delle leggi, la emanazione dei � decreti aventi valore di legge � 
e dei � regolamenti �. 

L'A., per superare questo ostacolo, si richiama ai lavori della Costituente, rammentando 
come e perch� la formulazione della parte in questione di detto articolo 
venne effettuata dalla Commissione di coordinamento dopo il voto della assemblea, 
mentre si era rinunciato a disciplinare la materia regolamentare, ma finisce per 
ammettere che i redattori della disposizione siano stati influenzati dall'opinione 
tradizionale che considerava le due specie di fonti in posizione di assoluta eterogeneit� 
tra loro. N� pi� convincente sembra l'altra argomentazione 5econdo cui come 
da quella menzione nulla si pu� desumere che conduca ad escludere la validit� 
dei regolamenti provenienti da soggetti diversi dal Presidente della Repubblica, 
dovendosi tale problema risolvere sulla base di un'indagine sistematica, analogamente 
non appare lecito desumerne il proposito di sanzionare, per i regolamenti, 
una diversit� di trattamento giuridico, precludendo a priori ed in via di principio 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 
123 

ogni loro assimilazione, sotto qualsiasi aspetto, agli atti aventi forza di legge. Sembra, 
infatti, che, mentre la mancata menzione di regolamenti diversi da quelli emanati 
dal Presidente� della Repubblica, specialmente in considerazione della rinuncia da 
parte dell'Assemblea Costituente a disciplinare la materia regolamentare, possa 
lasciare, e lasci, aperto il problema della validit� di altri regolamenti, la espressa 
enunciazione dei regolamenti distintamente dai decreti aventi valore di legge non 
possa non essere rilevante, quando si tratti di stabilire la portata di formule, che, pur 
se si vollero � molto chiare, semplici e precise � (v. Atti dell'Assemblea Costiti,;ente, 
pag. 2629), tali non appaiono. Anzi, la �relativit�� delle formule di �forza di 
legge � e di � valore di legge �, che si rinvengono nella Costituzione, potrebbe risultare 
precisata, almeno per quanto qui interessa, proprio dal quinto comma dell'articolo 
87 della Costituzione stessa con la distinta indicazione dei decreti aventi valore 
di legge e dei regolamenti. 

Per�, se � cos�, delle due l'una. O si distingue tra forza e valore di legge (v. SAN� 
DULLI, Legge, forza di legge e valore di legge, Riv. trim. dir. pubbl., I957� 269) e 
allora per escludere in rapporto ai regolamenti la competenza della Corte Costituzionale 
fissata nell'art. 134 della Costituzione con riferimento agli atti aventi 
forza di legge, bisognerebbe effettivamente escludere per i regolamenti una tal forza 

(v. in merito, per tutti, SANDULLI, La potest� regolamentare nell'ordinamento vigente, 
Foro it., I958, IV, 58, e cfr. pure CRISAFULLI, Gerarchia e campeten:ra nel sistema 
costituzionale delle fanti, Riv. trim. dir. pubbl., 1960, 783, n. 14), a favore di che 
potrebbe pure ancora invocarsi la distinzione posta dal quinto comma dell'art. 87 
della Costituzione se �la parola valore di legge� dovesse qui considerarsi � adottata... 
come sinonimo di forza � di legge (ESPOSITO, Decreta legge, Enciclopedia del 
diritto, voi. XI, Milano, 1962, 839, n. 31); a meno di non voler ritenere che negandosi 
ai regolamenti, ex art. 87, quinto comma, citato, � valore � di legge se ne sia voluto 
in ogni caso escludere il trattamento anche sotto il profilo della competenza a sinda'\ 
carli da parte della Corte Costituzionale. O non si distingue, tra le due espressioni, 
\ ed allora anche se i regolamenti potessero avere forza di legge, si dovrebbe prendere 
;~tto sempre dall'ostacolo costituito ugualmente, ma, forse, pi� insuperabilmente, 
'~J quinto comma dell'art. 87 in rapporto all'art. 134 della Costituzione. Si potr� 
�iari questo � ostacolo � giudicare � inopportuno � (EsPosrro, Diritta vivente, legge 
�'f._alamento di esecuzione, Giur. cost., 1962, 6o9, n. u), si potr� magari auspicare 
. '~-~rvento del legislatore nelle forme del caso (CRISAFULLI, Atti con forza di 
�<.regolamenti, Giur. cost., 1963, 207), ma non si potr� non lasciare, intanto, 
�\lfamenti, il sindacato giurisdizionale, cui pur sono soggetti, anche se diverso 
della Corte Costituzionale (v. in proposito, SANI>ULLI, La Giustizia castitu, 
in Italia, Giur. cost., 1961, 844). 

Del resto, nel senso di escludere dalla competenza della Corte Costituzionale 
le questioni di legittimit� costituzionale attinenti ai regolamenti � la giurisprudenza 
costante della Corte medesima (v., da ultimo, sent. 9 aprile 1963, n. 47, Giur. cost., 
1963, 200 ed ivi ampia nota redazionale con richiami dei precedenti in argomento) 
e la giurisprudenza della Corte di Cassazione (v., da ultimo, sent. 23 gennaio 1963, 

n. 
91, Giust. civ., 1963, III, 74). 
Con il che, peraltro, si intende soprattutto, sia ben chiaro, richiamare l'attenzione 
dei lettori su uno studio tanto autorevole per la fonte da cui promana in un 
campo tanto delicato avvertendolo, tuttavia, che la soluzione offerta in questo studio 
al problema suaccennato, per quanto magistralmente prospettata, non si ritiene 
accettabile. 

BENEDETTO BACCARI 

14 



RAS~EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

124 

MASSIMARIO COMPLETO DELLA GWRISPRUDENZA DEL CONSIGLIO DI STATO 1932-1961 (a 

cura della Rassegna �Il Consiglio di Stato), in due volumi. 

L'opera suindicata pi� che una raccolta di giurisprudenza,. come il .t~tolo, con 
modestia, lascerebbe intendere, costituisce un panorama della .vita d.el diritto .nella 
materia amministrativa, ripartita istituto per istituto, con brevi e chiare note introduttive 
per ciascun istituto, con la indicazione dell~ ~ibli?grafia e della !egislazione 
pertinenti, e, quindi, della giurisprudenza del Consiglio di Stato per u.n intero. ~rentennio, 
il tutto di una comp'.etezza e di un ordine tali che la consultazione, faci!itata 
pure dalle suddivisioni, dai sommari e dai richiami, � resa veramente pronta e risulta 
profondamente esauriente. � . . . . . 


Quando si pensi, poi, alla moltiplicazione dei fin~ ?ubb~ici, .venficatas~ negli. 
ultimi decenni, onde l'attivit� del supremo consesso amministrativo s1 � estesa. in ogn~ 
direzione, sar� evidente come questo � Massimario � possa interessare tu~u quanti 
operano nel campo del diritto e non solo r~uscire di utili~~� ovviam~~te pr~z1osa, dato 
ci� che si � rilevato, per i tanti in rapporti con la Pubb.1ca Amm1mstraz10ne (B. B.). 

�' 



RASSEGNA DI LEGISLAZION'E 


PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI * 

D.P.R.� 16 APRILE 1964, N. 6g5 -Modifica l'art. 17 del regolamento generale' dei 
servizi postali (parte seconda -servizi a danaro), approvato con R.D. 30 maggio 1940, 

n. 775, consentendo, in determinati casi, il risarcimento, in favore degli aventi diritto, 
�del danno derivante da frodi nei servizi a danaro, anche prima del passaggio in 
giudicato della sentenza pronunciata dal magistrato penale (G.U. ii agosto lg64, 

n. 204). � 
LEGGE IO GIUGNO 1g64, N. 447 -Disciplina i limiti di et�, le rafferme, le promozioni, 
il trattamento di quiescenza, l'organico ed i concorsi per i, volontari dell'Esercito, 
della Marina e dell'Aeronautica e per i sottufficiali delle stesse forze armate 
in servizio permanente (G.U. 2 luglio 1964, n. 16o). 

LEGGE 21 GIUGNO 1964, N. 463 -Stabilisce norme, secondo le quali si dovr� procedere 
alla determinazione dell'importo revisionale, dopo la sua entrata in vigore, per 
i lavori di qualunque natura da appaltarsi concedersi od affidarsi dalle Amministrazioni 
e dalle Aziende dello Stato anche con ordinamento autonomo (eccezion 
fatta per i lavori di competenza dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato), 
dagli enti locali e dagli enti pubblici, di cui al D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, 
modificato con legge 9 maggio 1950, n. 329, comprese le Amministrazioni indicate 
nel secondo comma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1963, n. 1491 (G.U. 4 luglio 1964, 

n. 162). 
LEGGE 27 GIUGNO 1964, N. 452 -Rinnova la delega al Governo per l'emanazione 
di norme relative all'organizzazione e al trattamento tributario dell'Ente nazionale 
per l'energia elettrica, dettando norme integrative della legge 6 dicembre 1962, 

n. 1643 principalmente per quanto attiene alle imprese assoggettate a trasferimento 
ed agli indennizzi (G.U. 3 luglio 1964, n. 161). 
D.L. 30 LUGLIO 1964, N. 610 (1) -Modifica il regime fiscale degli spiriti (G.U. 
30 luglio 1964, n. 186). 
LEGGE 10 AGOSTO 1964, N. 663 -Estende le norme per la elezione dei consigli 
comunali nei comuni con popolazione superiore ai lo.ooo abitanti anche per la elezione 
dei consiglieri comunali nei comuni con popo'azione superiore ai 5.000 abitanti, 
stabilendo altresi la durata e la funzione dei consigli comunali e provinciali (non 
per quelli gi� in carica), ed estende le norme previste dall'articolo 95 del T.U. 
30 marzo 1957, n. 361 alle elezioni comunali e provinciali (G.U. 14 agosto 1964�. 

n. 199). 
LEGGE IO AGOSTO 1964, N. 664 -Consente la facolt� di derogare fino al 31 dicem-: 
bre 1964 alle norme contenute nell'art. 1 della legge 21 giugno 1964, n. 463_ 
-v. sopra -(G.U. 14 agosto 1964, n. l 19)� 

� Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. 
(1) Presentato al Parlamento per la conversione. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO

126 

D.L. 31 AGOSTO 1964, N. 705 (2) -Aumenta le aliquote dell'i.g.e. (G.U. 31 agosto 
1964, n. 199). 
D:L. 31 AGOSTO 1964, N. 706 (3) -Prevede l'assunzione da parte dello Stato di 
oneri per il fabbisogno finanziario �della gestione di talune assicurazioni sociali per 
il periodo 10 settembre 1964-31 dicembre 1964 e correlativamente la esenzione per 
alcune contribuzioni e la redazione per altre (G.U. 31 agosto 1964, n. 213). 
(2) Presentato al Parlamento per la conversione, risulta respinto dal Senato. Esso, 
pertanto, ai sensi dell'art. 77 Cast., � perde efficacia fin dall'inizio. Le Camere possono, 
tuttavia, regola~e c�n legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti �. Ci� 
significa che non sarebbe incostituz'onale una legge che stabilisse la non rimborsabilit� delle 
imposte percette in forza del decreto legge in esame. 
(3) Presentato al Parlamento per la conversione. 
DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

PROPOSTA DI LEGGE n. 1229 (Camera dei Deputati): Norme sulla cittadinanza. 

DISEGNO DI LEGGE n. 52-8 (Senato della Repubblica): Norme sulla cittadinanza. 

Nell'intento di dare un pi� organico assetto all'istituto della cittadinanza, ed 
in particolare per adeguarne la regolamentazione alle mutate esigenze dei tempi, che 

Iimpongono, specialmente nella considerata materia, una valutazione da parte del legislatore 
quanto pi� possibile immediatamente aderente all'evoluzione della coscienza 
sociale, il Governo present�, nella decorsa legis!atura, un apposito disegno di legge, 

che, approvato dal Senato, non riusci tuttavia a completare l'iter parlamentare, per 
il sopravvenuto scioglimento delle Camere. 

Rendendosi interpreti di quelle gi� avvertite esigenze, i deputati Migliori e Toros, 
ed i senatori Battaglia, Alcidi Rezza ed altri, hanno ora presentato, ai rami del 
Parlamento di cui rispettivamente fanno parte, la proposta ed il disegno di legge 
in oggetto, in un testo quasi conforme a quello a suo tempo, come si � detto, approvato 
dal Senato, ed accompagnandolo con la stessa re'azione che era stata predisposta, 
per l'Assemblea, .dalle Commissioni riunite -Interni e Giustizia -della Camera. 

La materia, come � noto, � attualmente regolata, oltre che da alcune particolari 
successive disposizioni di legge speciali, dalla legge fondamentale del 13 giugno 1912, 

n. 555, la quale, forse un po' troppo ispirata � ad una tendenza missionaria e protettrice
� (cosl QUADRI, voce Cittadinanza del cc Novissimo Digesto�, III, 323), � stata da 
pil� parti criticata per una sua insufficienza, sopravvenuta, rispetto ai mutati fattori 
politici e sociali, in vista dei quali le rigorose applicazioni dei principi dello ius sanguinis 
e dello ius soli dovrebbero attenuarsi, si osserva, per far pi� largo posto alla 
valutazione degli effettivi legami, per comunanza di idee e di sentimenti, o per vincoli 
ambientali, che intercorrqno tra la societ� e l'individuo, alla cui volont�, per altro, 
dovrebbe darsi maggiore rilevanza; di modo che, in relazione agli accennati pi� 
moderni criteri, dovrebbero ritenersi anacronistici i concetti, cui la legge del 1912 
appare ispirata, di � una prevalenza della cittadinanza italiana su quella straniera, 
in casi nei quali sarebbe forse opportuno consentirne, invece, la perdita, e di un 
piuttosto rigid� automatismo -come nel caso, ad esempio, della donna che contrae 
tr..atrimonio -nell'acquisto, nella perdita e nel riacquisto della cittadinanza stessa. 
Col testo proposto si intende ovviare, nei limiti ritenuti politicamente congrui, 
ad alcune delle notate deficienze, prevedendosi, in particolare, una pi� ampia serie 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 127 

di casi di acquisto e di rjacquisto della citt�dinanza, da una parte, ed un minor 
rigore nell'accennato automatismo, e ci�, come si � accennato, in vista del dup'.ice 
criterio di un maggior rilievo della vo'ont� degli interessati e, nero stesso tempo, 
d1 una valutazione, pi� aderente alle attuali esigenze sociali, dei fattori tradizionali' 
-� vincoli di sangue e di ambiente -che pur restano fondamentali: come pu� dirsi, 
tra l'altro, per le nuove previste ipotesi di attribuzione della cittadinanza, con atto 
ad hoc (decreto del Capo del!o Stato), allo straniero, del quale il padre o la madre 
siano stati cittadini, o che sia stato adottato o affiliato da cittadini italiani, e, in 
entrambi i casi, nel concorso anche del requisito della residenza in Italia da un 
determinato numero di anni. 

In relazione, poi, a tutte le ipotesi di acquisto della cittadinanza per attribuzione, 
� anche previsto che esso non abbia effetto se l'interessato non presti giuramento di 
fedelt� alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e del"e altre leggi dello Stato. 

Inoltre, lo schema presentato al Senato (che in ci� diverge da quello presentato 
alla Camera}, prevede, per gli indicati casi di acquisto della cittadinanza per decreto 
del Capo del'o Stato, e per quelli di acquisto in virt� di leggi speciali, che la cittadinanza 
stessa si perda -oltre che per le ragioni, ben si intende, per le quali possono 
perderla anche gli altri cittadini -quando si compiano �atti in violazione dei doveri 
stabiliti dal primo comma dell'art. 54 della Costituzione "� 

Tale disposizione era stata stralciata, a suo tempo, dalle Commissioni riunite 
della Camera, che avevano esaminato il disegno in sede referente; ed appare conforme 
a tale orientamento, dunque, la proposta, ora presentata dai deputati Migliori e 
TC'ros, che la disposizione stessa non prevede. 

Si tratta, indubbiamente, di una norma che merita una attenta considerazione, 
sotto il profilo sia politico che giuridico, e qualche riserva, in effetti, sembra doversi 
prospettare. 

Non pare fondato, per altro, un dubbio di legittimit� costituzionale, in relazione 
al principio di uguaglianza, poich� questo, come � noto, � non va inteso nel 
senso che il legislatore non possa dettare norme diverse per regolare situazioni 
che esso ritiene diverse ... >>, bensl nel senso che esso "deve assicurare ad ognuno� 
uguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive 
alle quali le norme giuridiche si riferiscono" (Corte Cost., sent. 16 gennaio 1957, n. 3 
in Relaz. Avv. Stato 1956-60, I, 93), laddove nel caso � chiaro che la disposizione 
riguarderebbe, ugualmente, tutta una classe di soggetti, i cittadini per naturalizzazione, 
la cui situazione il legislatore pu� ritenere -e del resto in re'azione ad un dato 
obiettivo, attinente al loro status anteriore -diversa da quel!a degli altri cittadini. 

Ma, appunto per tale diversit� anche iniziale di valutazione, il prob'ema richiede 
una scelta politica, in funzione dell'interesse, che sia o meno da riconoscere, ad. una 
discriminazione, che potrebbe dirsi qualitativa, dei cittadini per natur�lizzazione, 
eh.! avrebbero in definitiva una cittadinanza revocabile; e soltanto sotto questo profilo, 
dunque, e cio� per rilevare quali potrebbero essere le conseguenze dell'adozione 

o meno di quella disposizione, del problema qui si � creduto di far c�nno. 
Una volta, per altro, che si ritenga di porre la norma in questione, potrebbe essere 
opportuno farne una pi� completa formulazione (da:Ia relazione che accompagna il 
disegno presentato al Senato si rileva che, invece, volutamente si � credutu di adottare 
una formula non precisa, per superare i contrasti cui ogni possibile definizione dei casi 
di indegnit� aveva dato luogo); ad al riguardo, invero, potrebbe osservarsi� che 
l'estrema genericit� della proposta disposizione -inadempienza ai doveri di fedelt� 
alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e del'.e altre leggi dello Stato comporterebbe 
l'attribuzione di un ampio potere discrezionale ali'Amministrazione, 
con riflessi indubbiamente anche di caratter~ politico, per la valutazione della conc1eta 
situazione di indegnit�, nei singoli casi, laddove, in presenza di uno status di 
cittadino, sia pure, come innanzi si � accennato, qualitativamente limitato, quanto 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

128 

meno opportuna potrebbe essere una predeterminazione, se non delle specifiche fattispecie, 
almeno dei criteri, alla cui stregua l'indegnit� medesima sia da considerare. 
(Per riferimenti sulla questione, circa l'ammissibilit� o meno di limitazioni dello 
status �civitatis, cfr.: Cass. 10 febbraio 1962, n. 191, in questa Rassegna, 1962, 26). 

Altre disposizioni di rilievo appaiono quelle previste in tema di doppia (o plurima) 
cittadinanza, con una attenuazione della tendenza verso la conservazione della citta~ 
dinanza italiana, nei casi in cui, in effetti, nell'interesse dei singoli, ma anche della 
collettivit�, che non ha ragione di dover conservare nel proprio seno elementi che 
ne siano sostanzialmente fuori, pi� opportuna pu� ritenersi la perdita della cittadinanza 
stessa: come nel caso del cittadino nato e residente in uno Stato estero, per 
il quale si prevede, appunto, che perder� la cittadinanza, salvo che, entro un anno 
dal compimento della maggiore et�, non dichiari espressamente di volerla conservare, 

o salvo che, entro lo stesso termine, non si verifichi la ricorrenza di. una circostanza 
(f1Bsazione della residenza in Italia, assunzione di impiego alle-dipendenze dello Stato 
italiano o di altro ente pubblico italiano; prestazione del servizio militare nelle Forze 
armate italiane), che valga a denotare il permanere dei vincoli, in vista dei quali 
la conservazione della cittadinanza si giustifica. 
Pi� estesi, poi, sono i previsti casi di riacquisto della cittadinanza, che appaiono 
contemplati, tra l'altro, in vista di una esigenza sociale senza dubbio vivamente 
sentita, quale quella di evitare che non possa rientrare nel seno della comunit� di 
origine, chi, pur se volontariamente abbia acquistato una cittadinanza straniera e 
perduto quella italiana, ci� abbia fatto -� il caso, in particolare, degli emigranti perch� 
costretto dalla necessit� di ottenere o conservare un lavoro. 

E da segnalare, infine, tra le altre, sono le disposizioni proposte in tema di 
cittadinanza della donna coniugata, con le quali -a modifica del pi� rigido criterio 
cu: si ispirava il legislatore del 1912, che automaticamente disciplinava l'acquisto o 
lu perdita della cittadinanza, da parte della straniera coniugata al cittadino e, rispettivamente, 
della cittadina coniugata allo straniero -si prevede, ora, fermi quei principi 
in via generale: a) che la donna cittadina �che si marita ad uno straniero, perde la 
cittadinanza italiana,� sempre che acquisti col matrimonio quella del marito o gi� 
nan la possieda; e non dichiari, entro un anno dalla celebrazione del matrimonio, di 
f1oler conservare la cittadinanza italiana�; b) che la donna straniera "che contrae 
matrimonio nello Stato al quale appartiene con un cittadino ivi residente, acquista 
la cittadinanza italiana, semprech� non dichiari, entro un anno dalla celebrazione del 
matrimonio, di voler conservare .Za propria cittadinanza, se la legge dello Stato lo 
censente ": in relazione alle quali norme, ispirate al criterio gi� prima ricordato di 
dare maggior rilievo, nei consentiti limiti, alla volont� degli interessati, sembrerebbe, 
tuttavia, da rilevare la opportunit� di una diversa formulazione, per evitare, special~
ente nel secondo caso, che si determinino situazioni temporanee di doppia cittadir,>.
anza, dur�nte il periodo previsto per le dichiarazioni di opzione, e cosl allora prevedendosi 
o �una �ipotesi di riacquisto, e rispettivamente, di perdita della cittadinanza, 
per effetto delle dichiarazioni delle interessate, ovvero un differimento, allo spirare 
del ridetto termine, del verificarsi, rispettivamente, della perdita di;lla cittadinanza, 
nel primo caso, e dell'acquisto, nel secondo. 

* � * 

DISEGNO DI LEGGE n. 1468 (Camera dei Deputati; iniziativa governativa): Modificazioni 
al sistema sanzionatoria delle norme in tema di circolazione stradale e delle 
norme dei regolamenti locali. 

Col disegno di legge in oggetto, presentato dal Ministro di Grazia e Giustizia, 
dt concerto con i Ministri dell'Interno, dei Lavori Pubblici e dei Trasporti, viene 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 

proposta una innovazione di notevole momento nel sistema sanzionatorio attualmente 
in vigore per le violazioni delle norme sulla circolazione stradale (d.p.r. 15 giugno 
1959, n. 393), sulla tutela delle strade (r.d. 8 dicembre 1933� n. 1740, nelle parti 

ancora vigenti), sui trasporti di merci con autoveicoli (legge 20 giugno 1935, n. 1349), 
e, infine, per le violazioni delle norme dei regolamenti comunali e provinciali, prevedendosi 
la degradazione al rango di illeciti � amministrativi � delle violazioni che 
dalle dette norme sono ora previste come integranti reati contravvenzionali, e per le 
quali sia stabilita la sola pena dell'ammenda, con esclusione, per�, di quelle che si 
collegano, in tema di circolazione stradale, alle c.d. norme di comportamento, e di 
cm, p�r la loro maggiore pericolosit�, non � parsa opportuna la � depenalizzazione �. 

� di stretta competenza politica, indubbiamente, ogni valutazione della natura e 
della rilevanza, � specificamente in un dato momento storico, dell'interesse che si 
connette all'osservanza di determinati precetti, e che valga a suggerire l'inquadramento 
degli stessi nell'ambito del sistema penale, potendo i vari criteri, invero, che in 
dottrina vengono prospettati come idonei a consentire la discriminazione del torto 
penale dal torto civile, soltanto servire come guida al legislatore, nella scelta della 
migliore via da seguire. 

Tuttavia, e pur senza ulteriormente approfondire l'argomento, sembra potersi 
osservare, in ordine alla nuova proposta disciplina del considerato settore, che essa 
si presenta, in via generale, rispondente anche ai criteri sostanziali, appunto, che un 
buon legislatore deve tenere presenti, ai fini dell'accennata discriminazione, e particolarmente 
a quelli, quasi comunemente accettati, secondo cui � da aversi riguardo, 
per qualificare un illecito come reato, all'allarme sociale che esso desta, ma anche al 
grado di pericolosit� che lo stesso presenta per l'ordinata convivenza della collettivit�, 

e. infine, alla considerazione comparativa del valore del precetto, la cui osservanza 
appaia opportuno garantire anche con la comminatoria di sanzioni penali, e dell'onere 
che allo Stato, per l'organizzazione dei servizi (di polizia e giudiziari), ne derivi: 
criteri che risultano tutti presi in esame, singolarmente ed in una combinata valutazione, 
nell'ampia relazione che accompagna il disegno. 
Ci� premesso, sel:\lbra tuttavia doversi rilevare che alcune delle disposizioni 
previste per la concreta nuova disciplina della materia, potrebbero dar luogo a qualche 
perplessit�: come � a dire, in primo luogo, per la norma che escluderebbe la 
trasmissibilit� agli eredi dell'obbligazione del trasgressore e dei coobbligati, la quale, 
invero, ed una volta affermata la natura civile dell'obbligazione stessa -(si parla, 
� vero, di � sanzione amministrativa >>, ma la qualificazione va ovviamente riferita 
alla �natura dell'interesse, in vista del quale la norma � posta, mentre l'obbligazione 
di pagamento della somma di denaro, determinata tra i previsti minimi e massimi, 
non sembra inquadrabile .in uno schema diverso da quello proprio delle obbligazioni 
di carattere civile) -si paleserebbe non conforme ai principi, riconosciuti validi, 
del resto, anche in materie che con quella in esame presentano una qualche analogia, 
e cio� in tema di sanzioni per violazioni, non penali, delle leggi finanziarie e valutarie 
(cfr., da ultimo, Cass. 29 gennaio l.963, n. 241, Brunetti -Min. Tesoro, in questa 
Rassegna, 1964, I, 367). 

Secondo il disegno, inoltre, � demandato all'Autorit� amministrativa.-(Sindaco 

e Presidente dell'Amministrazione provinciale, per le violazioni, rispettivamente, delle 

norme dei regolamenti comunali e provinciali; Prefetto, negli altri casi) -di prov


vdere � con ordinanza motivata � per la irrogazione delle sanzioni, con contestuale 

ingiunzione di pagamento della somma determinata. 

Ma � anche previsto, naturalmente, per assicurare la garanzia giurisdizionale, 
che l'interessato possa, avverso quell'ordinanza, " proporre azione davanti al pretore 
del luogo, ecc ... �; e ci�, dunque, per la rilevata natura civilistica del rapporto obbligatorio, 
che presuppone anche un soggetto attivo, individuabile nell'ente -Stato, 
Comune o Provincia -al quale, nei vari casi, � devoluto il � provvento >>, potrebbe 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

130 

indurre, anzi induce, alla conclusione, anche alla stregua dei principi in tema di contraddittorio, 
che questo debba instaurarsi nei confronti dell'ente medesimo, con tutte 
le conseguenze che un processo, secondo l'ordinario rito civile, comporta. 

Conseguentemente, e poich� non sembrerebbe concettualmente ammissibile che 
si escluda quel contraddittorio (oltre tutto, ne risulterebbe menomata la garenzia 
giurisdizionale che compete anche all'ente titolare della pretesa), potrebbe essere il 
caso, e proprio al fine di realizzare una semplificazione ed una economia nello svolgimento 
del servizio, come auspicato nella relazione, che si preveda opportunamente 
anche una semplificazione processuale, escludendosi, innanzi tutto, l'appellabilit� 
delle sentenze dei pretori, consentendosi alle parti di stare in giudizio senza ministero 
di difensore, meno, evidentemente, per la fase dinanzi alla Corte di Cassazione (il 
ricorso, come � ovvio, non va escluso, per il disposto dell'art. 1 II, secondo comma, 
della Costituzione), e prevedendosi, anche in vista della non obbligatoriet� della rappresentanza 
ed assistenza ad opera di difensori, che gli atti, anche se il giudizio sia 
da proporre nei confronti dello Stato, siano direttamente notificati all'Amministrazione 
interessata. 

Da ultimo, e sempre in considera,zione della pi� completa realizzazione dei fini 
cui mira il disegno, tra i quali quelli concernenti la economicit� e la efficienza dei 
servizi, nella materia in esame, potrebbe rilevarsi: a) la opportunit� di attribuire la 
competenza, in sede amministrativa, per le violazioni che concernono la tutela delle 
strade (r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740 ed altre disposizioni, anche in materia di autostrade), 
agli organi dell'Azienda autonoma della strada, indubbiamente dotati di 
specifica competenza tecnica in merito, anzich� ai Prefetti, ai quali resterebbe devoluta 
la competenza a provvedere in ordine alle violazioni in tema di circolazione e 
di trasporto di merci; b) la opportunit� -al fine di evitare !'altrimenti necessaria 
integrazione, tecnica e funzionale, degli uffici dell'Amministrazione interessata -di 
prevedere che la riscossione delle somme dovute dai trasgressori sia curata dagli 
esattori comunali, i quali, come � noto, gi� provvedono anche alla riscossione di 
altre entrate, anche di natura non tributaria, dello Stato e degli enti locali. 

PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI 
SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA 
NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 549 (Spese e sanzioni pecuniarie in caso di rigetto 

o di inammissibilit� del ricorso). 
La questione sollevata in relazione alla indicata norma, nella parte relativa alla 
sanzione pecuniaria prevista nel caso di rigetto o inammissibilit� del ricorso per 
cassazione, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata 
(Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, n. 69, G.U. 11 luglio 1964, n. 169, ed spec.). 

R.D.L. 31 DICEMBRE 1925, N. 2383, artt. 18, 19, 20 e 21 (Norme per il trattamento 
di quiescenza dei salariati statali). 
R.D. 28 GIUGNO 1933, N. 704, artt. 14, 15, 16 e 17 (Norme per il funzionamento 
presso l'Amministrazione dello Stato dei servizi inerenti alla liquidazione delle 
pensioni). 
La questione sollevata in rapporto alle indicate norme, regolanti per i salariati 
statali il concorso di trattamenti pensionistici dello Stato e delle assicurazioni per 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 131 

la invalidit� la vecchiaia e i superstiti, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della 
Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 74, 

G.U. II luglio 1964, n. 169, ed spec.). Con la stessa pronuncia la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 8, ultimo comma, e dell'art. 10, secondo comma, del 
D.P.R. l l gennaio 1956, n. zo, pure concernente il trattamento di quiescenza al personale 
statale e sollevata nelle medesime ordinanze, in relazione alla legge zo dicembre 
1954� n. l 181 ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, nonch�, per 
quanto riguarda l'art. IO, comma secondo, anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
� stata dichiarata manifestamente infondata, in quanto gi� oggetto di altra 
pronuncia (v. retro, II, 44). 
LEGGE 29 APRILE 1949, N. 264, art. 61, nel testo modificato dall'articolo unico della 
LEGGE 2 FEBBRAIO 1952, N. 54� 

(Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori 
involontariamente disoccupati). 

La questione sollevata, concernente il trattamento economico dei lavoratori nei 
cantieri-scuola, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, � stata dichiarata non 
fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, G.U. l l luglio 1964, n. l6g, ed spec.). 

LEGGE 15 AGOSTO 1949, N. 533, artt. 5 e 7 (Norme sulla durata dei contratti individuali 
di lavoro dei salariati fissi dell'agricoltura e sulle relative controversie). 

La questione sollevata, concernente la nomina e l'assistenza di consulenti tecnici 
per le controversie di cui alle suindicate norme, in riferimento agli artt. 102, secondo 
comma, e 108, cpv., della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., 
sent. 7 luglio 1964, G.U. l l luglio 1964, n. _16g, ed. spec.). 

LEGGE 6 AGOSTO 1954� N. 6o4, art. 7, penultimo comma (Modificazioni alle norme 
relative alle agevolazioni tributarie a favore della piccola propriet� contadina). 

La questione sollevata in rapporto alla .suindicata norma, concernente l'accertamento, 
da parte dell'Ispettorato agrario, della ricorrenza delle circostanze, che determinano 
decandenza da agevolazioni tributarie nella soggetta materia, con riferimento 
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., 
sent. 7 luglio 1964, n. 76, G.U. Il luglio 1964, n. 169, ed spec.). 

LEGGE 27 DICEMBRE 1956, N. 1423, art. 2 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralitii). 

La questione sollevata in riferimento agli artt. 3, 16, 25 e 102 della Costituzione 

(v. pure retro, II, 13 e 45) � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 
1964, n. 67, G.U. II luglio 1964, n. 169, ed. spec.). 
LEGGE 30 DICEMBRE 196o, N. 1728 (Norme integrative della legge 19 marzo 1955, 

n. 160, per quanto concerne il conferimento delle supplenze annualir. 
LEGGE 27 DICEMBRE 1963, n. 1878 (Interpretazione autentica degli artt. 4 e 6, 
secondo comma, della legge 19 marzo 1955, n. 160, in materia di personale insegnante 
non di ruolo). 

La questione sollevata in rapporto alle suindicate norme, concernenti la possibilit� 
di conferire supplenze di insegnamento anche a persone munite di titoli di 
studio inferiori a quelii richiesti per l'ammissione agli esami di abilitazione professionale, 
con riferimento agli artt. 3 e 33, quinto comma, della Costituzione, � stata 
dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 'luglio. 1964, n. 77, G.U. 11 luglio lg64, 

n. 16g, ed spec.). 
LEGGE 2 GIUGNO 1961, N. 454, art. 28, comma terzo (Piano quinquennale per lo 
sviluppo dell'agricoltura). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

132 

La questione sollevata in rapporto alla suindicata norma, concernente la riduzione 
a met� degli onorari notarili per gli atti riguardanti la formazione e l'arrotondamento 
della piccola propriet� contadina, con riferimento agli artt. 3, 35, primo 
comma, e 36, primo comma, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte 
Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 75, G.U. li luglio 1964, n. 169, ed spec.). 

DISPOSTZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

CODICE PENALE, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione). 

La questione di legittimit� costituzionale � stata dal Pretore di Firenze ritenuta 
non manifestamente infondata in relazione all'art. z1 della Costituzione (Ord. 23 maggio 
I964, G.U. li luglio I964, n. 169, ed spec.; v. pure retro, Il, 46). 

CODICE PENALE, art. 570, primo comma (Violazione degli obblighi .di assistenza 
familiare). 

La questione di legittimit� costituzionale, con riferimento all'abbandono del domicilio 
coniugale, in relazione agli artt. 13, 16 e 29, secondo comma, della Costituzione, 
� stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Cuorgn� (Ord. 26 giugno 
1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed spec.; v. pure retro, II, 91). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 173 (Notificazione all'imputato latitante, evaso 

o renitente). 
La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda le. notificazioni 
all'imputato renitente, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale 
di Brescia, in riferimento all'art. 24 della Costituzione (Ord. 2 aprile 1964, G.U. 
li luglio 1964, n. 169, ed. spec.). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 522, ultima parte (Questioni di nullit�). 

La questione di legittimit� costituzionale, in quanto l'ultima parte della suindicata 
disposizione priverebbe l'imputato di un grado di giudizio di merito, � stata 
dal Tribunale di Locri ritenuta non manifestamente infondata con riferimento all'articolo 
24 della Costituzione (Ord. 4 giugno 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed spec.). 

R.D.L. 10 GENNAIO 1926, N. 17 (Restituzione in forma italiana dei cognomi delle 
famiglie in provincia di Trento). 
La questione di legittimit� costituzionale � stata ritenuta non manifestamente 
infondata dal Tribunale di Trento in relazione all'art. 22 della Costituzione (Ord. 
21 maggio 1964, G.U. 11 luglio 1964 n. 169, ed. spec.). 

R.D.L. li APRILE 1926, N. 752, art. 2 (Poteri dell'alto commissario per la citt� e 
la provincia di Napoli in materia di espropriazioni per pubblica utilit�). 
La questione di legittimit� costituzionale, concernente l'estensione dell'ambito 
della giurisdizione della Giunta speciale presso la Corte di appello di Napoli, in relazione 
agli artt. 70 e 77, primo comma, della Costituzione, � stata ritenuta non manifestamente 
infondata dalla Corte di appello di Napoli (Ord. 29 novembre 1963, G.U. 
29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). 

LEGGE 20 DICEMBRE 1932, N. 1849, art. 3, secondo comma (Riforma del testo unico 
delle leggi sulle servit� militari). 

La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda la parte in cui 
implicitamente appare disposta la costituzione di servit� senza indennizzo, � stata 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 133 

dalla Corte di Cassazione ritenuta non manifestamente infondata con riferimento 
all'art. 42, terzo comma, della Costituzione (Ord. 27 gennaio 1964, G.U. 29 agosto 
1964, n. 212, ed. spec.). 

T.U. 3 MARZO 1934, N. 383, art. 260 (Legge comunale e provinciale). 
La questione di legittimit� costituzionale, concernente i consigli di prefettura, 
� stata rimessa dalla Corte dei Conti -sezione giurisdizionale -alla Corte Costituzionale, 
in relazione all'art. 103, comma secondo, della Costituzione (Ord. 28 aprile 1964, 

G.U. 11 luglio 1964, n. 169, ed. spec.). 
T.U. 3 MARZO 1934, N. 383, artt. 87, ultimo comma, 140, ultimo comma, 165 e 296 
(Legge comunale e provinciale). 

La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda il potere conferito 
al Prefetto di autorizzare enti locali e consorzi a stipulare contratti a trattativa 
privata allorquando ricorrano circostanze eccezionali e ne sia evidente la necessit� 
e la convenienza, nonch� in quanto riguarda la subordinazione dell'impegnativit�, � 
per l'ente contraente, dei c()ntratti stipulati senza la prescritta autorizzazione prefettizia 
al visto dello stesso organo,. cui si attribuisce facolt� di negare l'esecutivit� dei 
contratti quantunque riconosciuti regolari, � stata ritenuta non manifestamente infondata 
dal Tribunale di Messina con riferimento agli artt. 5, 128, 130 e IX disposizione 
transitoria finale della Costituzione (Ord. 17 marzo 1964, G.U. 25 luglio 196+ 

n. 182, ed. spec.). 
LEGGE 17 AGOSTO 1942, N. 1150, art. 7, n. 2, 3 e 4 (Legge urbanistica). 

La questione di legittimit� costituzionale, concernente taluni limiti imposti dai 
piani regolatori generali dei Comuni, � stata rimessa dal Consiglio di giustizia amministrativa 
per la regione siciliana, in sede giuridisdizionale, alla Corte Costituzionale 
con riferimento all'art. 42, comma secondo e terzo, della Costituzione (Ord. 
14 gennaio 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed spec.; v. pure due altre analoghe ordinanze 
con la stessa data, diverse in quanto relative solo ai numeri 2 e 3 dell'art. 7 
della legge n. u50 del 1942, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec. e G.U. 29 agosto 
1964, n. 212, ed spec.; cfr. altresi, retro, Il, 95). 

D.P.R. II GENNAIO 1956, N. 5, art. 3 (Compensi ai componenti delle Commissioni, 
Consigli, Comitati o Collegi operanti nelle Amministrazioni statali, anche con ordinamento 
autonomo, e delle Commissioni giudicatrici dei concorsi di ammissione e 
di promozione nelle carriere statali). � 
La questione di legittimit� costituzionale della suindicata norma, concernente 
il limite di dodici gettoni, con riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione, 
� stata ritenuta non manifestamente infondata dal Conciliatore di Monsumii:iano 
Terme (Ord. 7 luglio 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). 

D.P.R. 27 OTTOBRE 1958, N. 956 (Norme concernenti la disciplina della circolaziotee 
stradale). 
La questione di legittimit� costituzionale � stata dal Pretore di Ariano Irpino 
ritenuta non manifestamente infondata in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione 
(Ord. 19 ottobre 1963, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). In proposito, 
peraltro, la Corte Costituzionale si � gi� pronunciata dichiarando non fondate le 
questioni di legittimit� costituzionale della legge 4 febbraio 1958, n. 572, del D.P.R. 
27 ottobre 1958, n. 956 e del T.U. approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Corte 
Cost., sent. 6-19 dicembre 1963, n. 163, G.U. 21 dicembre 1963, n. 331, ed. spec.) .. 

LEGGE 30 LUGLIO 1959, N. 559, art. 2 (Condono in materia tributaria per sanzioni 
non aventi natura penale). 


134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La questione di legittimit� costituziona~e, per quanto concerne la limitazione 
del, condono alle controversie definite entro un anno dalla entrata in vigore della 
legge, � stata dalla Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia rimessa alla 
Corte Costituzionale con riferimento all'art. 3 della Costituzione (Ord. 28 aprile 1964, 

G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). 
T.u. 16 MAGGIO l96o, N. 570, art. 15 (Testo unico delle leggi per la composizione 
degli organi delle Amministrazioni comunali). 
La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda i limiti all'esercizio 
del diritto-dovere dei cittadini, cui sono affidate pubbliche funzioni, limiti 
diversi da quelli attinenti alla disciplina ed all'onore, con riferimento all'art. 54 della 
Costituzione, � stata rimessa alla Corte Costituzionale dal Consiglio comunale di 
Baiso (Del. 13 aprile 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec.). Le questioni di 
legittimit� costituzionale dell'intero art. 15 in relazione agli artt. 3, 24, 25, 48, 51 
e 113 della Costituzione, peraltro, sono gi� state dichiarate non fondate dalla Corte 
Costituzionale (Corte Cost., sent. 3-n luglio 1961, n. 42, G.U. 15 luglio 1961, n. 174,, 
ed. spec. e, da ultimo, con richiamo alle precedenti, Ord. 6-18 giugno 1963, n. lOl, 

G.U. 22 giugno 1963, n. 167, ed. spec.). 
n.P.R. 14 LUGLIO l96o, N. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo 
degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini). 
D.P.R. l l DICEMBRE 1961, N. 1642 (Norme sul trattamento economico e normativo, 
degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province �i Catania, 
Palermo, Siracusa e Trapani). 
La questione di legittimit� costituzionale, con riferimento al primo dei suindicati 
provvedimenti, per la parte che rende obbligatorio erga omnes l'art. 6I del contratto, 
collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, e con riferimento al secondo, per la 
parte che rende obbligatorie erga omnes le clausole rn e 13 (questa in quanto riguarda 
la Cassa edile) dell'accordo collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai 
addetti alla edilizia nella provincia di Palermo, � stata ritenuta non manifestamente 
infondata in relazione all'art. 76 della Costituzione dalla Corte di Cassazione (Ordinanze 
14 aprile 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.; v. pure retro, 11, 97 e 98). 

D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 865 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province di Avellino, Benevento, 
Caserta, Napoli e Salerno). 
La questione di legittimit� costituzionale, in quanto riguarda l'obbligatoriet� per 
la provincia di Napoli della clausola dell'art. 7 del contratto collettivo integrativo 
2 ottobre 1959� � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Casoria 
con riferimento all'art. 76 della Costituzione (Ord. 3 giugno 1964, G.U. 25 luglio 1964, 


n. 182, ed. spec.; v. pure retro, Il, 98). 
LEGGE 6 DICEMBRE 1962, N. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica 
e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche). 


D.P.R. 15 DICEMBRE 1962, N. 1670 (Organizzazione dell'Ente nazionale per l'energia 
elettrica). 
D.P.R. 4 FEBBRAIO 1963, N. 36 (Norme relative ai trasferimenti all'Ente nazionale 
per l'energia elettrica delle imprese esercenti le industrie elettriche). 
D.P.R. 25 FEBBRAIO 1963, N. 138 (Norme relative agli indennizzi da corrisponderealle 
imprese assoggettate a trasferimento all'Ente nazionale per l'energia elettrica). 
I

D.P.R. 14 MARZO 1963, N. 219 (Trasferimento all'Ente nazionale per l'energia elettrica 
dell'impresa della societ� per azioni Edisonvolta). 
I 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 135 

La questione di legittimit� costituzionale � stata ritenuta non manifestamente 
infondata dal vice Conciliatore di Milano (r) con riferimento agli artt. 5, 25, 47, 76, 
:Sr, ro2 e rr3 della Costitu.zione (Ord. r6 gennaio r964, G.U. 29 agosto r964, n. 2r2, 
ed. spec.). Le questioni di legittimit� costituzionale gi� sollevate in relazione a talune 
disposizioni dei primi tre provvedimenti suindicati e con riferimento ad altre norme 
della Costituzione nonch� a norma degli statuti speciali de'la Valle d'Aosta e del 
Trentino-Alto Adige sono state dichiarate non fondate dalla Corte Costituzionale 

(v. retro, Il, 45). 
LEGGE 25 FEBBRAIO r963,. N. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso nelle 
provincie del Lazio). 

La questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge suindicata con riferimento 
agli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 44, 97, IOI, rn4, rn8 e 113 della Costituzione � 
.stata ritenuta non manifestamente infondata (v. pure retro, Il, 99) dal Tribunale di 
Frosinone (Ordinanze r3 maggio r964, G.U. rr luglio r964, n. r69, ed. spec. e 8 giugno 
1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.) e dal Pretore di Veroli (Ord. 15 maggio 
r964, G.U. 11 luglio 1964, n. r69, ed. spec.). 

(1) Con la stessa ordinanza, il medesimo vice Conciliatore ha disposto la trasm1ss1one 
<li copia autentica degli atti alla Corte di Giustizia della Comunit� economica europea ritenendo 
che i suindicati provvedimenti violino gli artt. ro2, 93, 53 e 37 del trattato 25 marzo 
r957 r~epito nell'ordinamento giurid:co italiano con la legge r4 ottobre 1957, n. 1203. In 
proposito cfr. la sentenza 15 luglio r964 della Corte di Giustizia delle Comunit� europee, 
Foro it., 1964, IV, r37. 

QUESTIONI 


LO STADIO FORMATIVO DELLA DEMANIALITA' 

~ 

�=�

E LA DESTINAZIONE ALL'USO PUBBLICO 

La sentenza della Cassazione, Sez. I, 8 maggio 1964, n. 1<J95 pubblicata sulla 
Giur. it., 1964, I, 1, 742 con breve commento, sembra fissare in termini assai chiari 
i momenti di un fenomeno, sul quale la giurisprudenza dell'ultimo decennio si � 
frequentemente soffermata: il processo di formazione del demanio cosi detto �artificiale
�. Sull'argomento, dopo lo scritto pubblicato su questa Rassegna (1955, 7 e 
sgg.) vanno particolarmente ricordate le sentenze della Suprema Corte 6 ottobre I954� 

n. 33I7 e 2I maggio 1955, n. I488, commentate autorevolmente dal SANDULLI (Giur. 
it., 1956, I, 1, 52I) e la sentenza delle Sez. Un. 28 ottobre 1959, n. 3I63, commentata 
dal CASSARINO (Foro pad., 196o, I, 280). 
Secondo questo orientamento, lo stadio formativo del demanio accidentale troverebbe 
la sua conclusione nel momento della destinazione dei beni all'uso di pubblica 
utilit�, conformemente agli scopi perseguiti dall'Amministrazione cui il bene medesimo 
appartiene. Proprio questa destinazione sarebbe, anzi, l'elemento distintivo del 
demanio artificiale dal demanio necessario, il quale avrebbe l<i diversa caratteristica 
di nascere in rerum natura con i crismi della demanialit�. 

In J'ealt�, quest'ultima affermazione � vera solo entro certi limiti. � stato infatti 
osservato che anche per il demanio necessario, alcuni tipi di beni non solo devono 
possedere i requisiti materiali qella fattispecie, ma anche� una virtuale possibilit� di 
utilizzazione (Acque pubbliche: Cass. 25 marzo 1964, n. 633). In altri casi, in cui il 
bene � suscettibile di usi tanto pubblici che privati, si � addirittura ritenuto che 
occorra una specifica destinazione (Aerodromi militari: Cass. 24 giugno 1963, n. 1710, 
annotata criticamente in questa Rassegna, 1963, I82). Ma queste precisazioni, del 
resto inevitabili di fronte ad una formulazione necessariamente ampia, non tolgono 
allo a stadio formativo della demanialit� � e alla configurazione della " destinazione � 
come momento finale, una innegabile forza suggestiva: tutto il fenomeno di assestamento 
della demanialit� ne sembra illuminato. E invece, la maggior luce rende 
ancora pi� scure e appariscenti le ombre: prima fra queste, l'ambi:guo significato con 
il quale viene adoperata la parola � destinazione �. 

Il cop.cetto e il termine di " destinazione � compaiono in numerose norme della 
legge e del regolamento di contabilit� di Stato (art. 2, r.d. 18 novembre 1923, 

n. 2440; artt. 5, 7, 9, 11, 14, 20, ecc. r.d. 23 maggio 1924, n. 827); compaiono, inoltre, 
in numerosi articoli del Codice civile che riguardano specificamente i beni pubblici 
(artt. 822, 826, 828, 830, 831); compaiono, infine, in numerose norme di diritto amministrativo, 
fra le quali ricorderemo in particolare l'art. 200� 1. 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. F sulle opere pubbliche, e l'art. 60, l. 25 giugno 1865, n. 2959 sull'espropriazione 
per pubblica utilit�. In tui:te queste norme, al pari di quanto si verifica nel diritto 
privato, il concetto di " destinazione � rimane costantemente caratterizzato da un 
collegamento non attuale, ma teleologico, ad un determinato scopo. Questo carattere, 
d'altronde, � insito nel significato del termine � destinare '" che vuol dire, secondo 
un'aulica definizione, � Formar pensiero su avvenimenti futuri �>. L'antica dottrina 
privatistica aveva approfondito il concetto, fondamentale per la configurazione della 
categoria degli immobili per destinazione, e ne aveva posto in evidenza l'elemento 
soggettivo: � La causa dell'immobilizzazione consiste unicamente nell'intenzione del 
proprietario � (BIANCHI, Trattato, voi. IX, I, I32). Non � diversa, del resto, la presa 

PARTE II, QUESTIONI 

di pos1z10ne della moderna dottrina rispetto a quei casi, in cui la voluntas domini 
� rimasta fattore determinante per il regime di alcuni beni (cfr. PESCATORE, ALBANO e 
GREco, Della propriet�, 48). 

II concetto e l'atto del destinare non mutano la loro caratteristica di proiettarsi 
nel futuro, se applicati al campo del diritto pubblico, e pi� precisamente ai beni 
pubblici. N� pu� influire sull'atteggiarsi della destinazione, l'essere questa indirizzata 
ad assicurare il godimento diretto e immediato del bene (uso pubblico), o 
piuttosto un servizio pubblico. A parte il rilievo cbe per gran parte della dottrina 
l'uso pubblico sarebbe comprensivo, in senso lato, anche del pubblico servizio (cfr. 
nella giurisprudenza recente Cass. 20 luglio 1957, n. 3061, Foro pad., 1957, I, 906) 
certo � che rispetto ad entrambi la destinazione si pone come un atto di volont� 
della pubblica amministrazione, diretto al soddisfacimento di una funzione mediante 
un uso del bene che � previsto (e voluto), ma non ancora attuato. Da questo punto 
di vista � particolarmente propria l'espressione, con la quale la legge sull'espropriazione 
per pubblica utilit� accenna alla preveduta destinazione (art ..60), per indicare 
quella intentio, la cui mancata attuazione condiziona il diritto alla retrocessione. 

Ma le pi� limpide pagine sulla destinazione dei beni pubblici sono state scritte 
dal RANELLETTI, nel fondamentale studio ap?arso sul finire del secolo scorso (�Della 
formazione e cessazione della demanialit��,. Giur. it., 1899, IV, 1 e sgg.). Con l'intento 
di dimostrare come la destinazione fosse requisito indispensabile di tutti i 
beni demaniali, -concezione oggi abbandonata -il RANELLETTI deline� i caratteri 
della destinazione in modo estremamente chiaro: " La destinazione presuppone un 
atto di volont�, tacita o espressa, con cui la cosa sia diretta ad. un dato scopo. La 
destinazione non � coerente alla cosa, ma dipende dal fatto della societ� stessa o 
dell'autorit�, che la rappresenta. Ogni cosa, perci�, considerata per se stessa, non � 
n� demaniale, n� patrimo,niale; essa diviene demaniale solo per il rapporto, in cui 
� posta con una data collettivit�; e il semp'ice uso, casuale, precario, non dipendente, 
n� riconosciuto da un atto di volont�, tacita o espressa, dell'autorit� pubblica, non 
pu� essere l'effetto o lo scopo di una destinazione e non pu�, quindi, produrre la 
demanialit�. della cosa, che sia ad esso sottoposta� .... "La forza obbligatoria della 
destinazione riposa solo nella volont� dell'amministrazione pubblica �... " Per il 
subbietto giuridico, che agisce nel campo del diritto pubblico, la formazione del bene 
demaniale si presenta come uno dei mezzi per soddisfare i bisogni della collettivit� �. 
Da queste espressioni parrebbe conseguente dedurre che la vo'ont� di destinare 
dovesse, nel pensiero del RANELLETTI, costituire un prius, rispetto al concreto uso 
del bene pubblico. Ma questa precisazione manca, nel fondamentale studio del Ranelletti, 
per una ragione di coerenza. Dovendo egli giustificare una � destinazione � 
anche per i beni del demanio naturale, era indispensabile configurare un atto di 
destinazione anche per tali beni, per i quali l'uso pubblico preesisteva, derivando 
.esso dalla natura della cosa. Tale atto il RANELLETTI ravvis� nella legge, che riconosceva 
il carattere demaniale di questi beni: legge che inevitabilmente era un posterius, 
rispetto all'uso pubblico esercitato spontaneamente dalla col'ettivit�. Per questa necessit� 
di adattamento, il concetto di destinazione fini per essere deformato, sotto il 
peso dell'accentuazione della funzione pubblica, intesa coi:ne � momento in cui il 
bene � in condizione di rendere attualmente il servizio, di soddisfare attualmente il 
bisogno cui � destinato �. 

La citata sentenza n. 1095 segue sostanzialmente la via segnata, oltre mezzo 
secolo fa, dal RANELLETTI. L'affermazione secondo la quale � la destinazione all'uso 
pubblico rappresenta il momento finale della demanialit� accidentale n viene cosi a 
risultare, secondo_ l'attuale diritto positivo, viziata per eccesso, in quanto generalizza 
una destinazione che per molte fattispecie tipiche � irrilevante, come hanno recentemente 
ribadito il SANDULLI e il CASSARINO negli scritti citati. Ma l'addebito pi� grave 
tocca proprio la sostanza dell'affermazione, che, insistendo sulla destinazione come 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

138 

momento finale e successivo alla nascita del bene, avvalora un equivoco in cui � 
caduta anche una parte della . moderna dottrina (FALZONE, I beni indisponibili, 280 
e sgg.): la confusione, cio�, fra destinazione e impiego del bene. 

Nello scritto apparso su questa Rassegna si era messo in evidenza come, ai fini 
della qualii�cazione del bene, il momento del concreto impiego fosse irri'.evante. 
Neppure per le strade -contrariamente all'opinione di una pur autorevole dottrina 
(ZANOBlNl, SANDULLI) che fa derivare dalla tradizione dell'art. 427 e.e. del 1865 il 
requisito della cc effettiva� destinazione -l'apertura al transito rappresenta un 
momento determinante. Il tradizionale taglio del nastro rimane una cerimonia, che 
segna l'inizio dell'utilizzazione della strada (cfr. Gu1cc1ARD1, Il Demanio, 203) ma 
che nulla aggiunge alla natura del bene. Le espressioni con le quali, sotto il vigore 
del precedente codice, si sottolineava che cc per le strade non vi ha altra forma di godimento 
~e non nell'uso diretto che ne fanno i cittadini col passarvi � (DE RucGIERO, 
Istituzioni, ed. VI, vol. II, 331) non volevano significare che l'effettivo transito fosse 
essenziale per attribuire la demanialit�, ma semplicemente che per le strade l'uso 
pubblico era diretto, a differenza dell'uso indiretto o mediato di altri beni. N� si 
trova traccia della attualit� del transito, quale tradizionale requisito del demanio 
stradale, nei maggiori autori che trattarono la materia sotto l'impero del Codice del 
1865: al contrario, anche il Gu1cc1ARD1 riconosce che la fine della costruzione della 
strada � sufficiente per la nascita del bene come demaniale (op. cit., 182, nota 2), 
conformemente alla premessa che l'utilizzazione concreta del bene rappresenta soltanto 
il lato cc interno � della propriet� pubblica, e non influisce affatto sul �sorgere 
della demanialit� (201 e sgg.). Nel diritto intermedio alcuni commentatori avevano 
bensi richiesto, per il carattere pubblico di una strada, il r�quisito cc quod iter per 
eam publice haberi consueverit � accanto al cc solum publicum... auctoritate publica 
destinatum � (R1cHER10, Iur. univ., III, 5101 e segg.): ma il requisito della consuetudine 
del pubblico transito serviva solo a distinguere le strade pubbliche dalle viae agrariae 
che collegavano i fondi privati: non consta l'esistenza di alcun passo delle fonti, dal 
quale possa desumersi che una via praetoria o consularis divenisse pubblica solo 
con l'effettivo uso da parte dei cittadini. 

Escluso che la destinazione possa identificarsi con l'uso concreto e materiale del 
bene, non si ha difficolt� ad ammettere che la destinazione, "come tale, esiga manifestazioni 
di volont� attuali e concrete da parte della pubblica Amministrazione. Ma 
� la volont� di impiegare il bene che deve estrinsecarsi, non gi� l'impiego medesimo. 
L'estrinsecazione della volont� risponde all'antico insegnamento, secondo il quale 
cc In totum omnia quae animi destinatione agenda sunt, non nisi vera et certa scient�:J 
perfici possunt � (1. 76, PAPIN, lib. 24, Quaest.). Ed � esigenza, a nostro avviso, soddisfatta 
ampiamente da quel complesso di atti e fatti amministrativi, .che costantemente 
accompagnano la costruzione di un'opera pubblica, dal progetto all'occupazione 
del bene, dalla espropriazione al collaudo: atti e fatti concreti indubbiamente 
rivelatori di una volont� di destinazione. 

Quando, nelle elaborazioni dottrinali in tema di opere pubbliche, si sottolinea 
che " la destinazione dell'opera, l'impiego che di questa intende fare il committente, 
sono elementi determinanti per il progettista� (cosi C1ANFLONE, L'appalto di opere 
pubbliche, 1957, 418) si enuncia una verit� che � importante sotto il profilo tecnico, 
ma che illumina anche il problema della natura giuridica dell'opera in costruzione. 
Pu� dirsi che il progetto � una prima manifestazione della volont� di costruire per 
soddisfare concretamente un pubblico bisogno. Non senza motivo, in molti casi la 
approvazione del progetto ha valore di dichiarazione di pubblica utilit�; anzi, da'la 
pubblicazione del progetto scaturiscono immediatamente, in talune recenti leggi, 
significative limitazioni dei diritti dei proprietari (1. 24 luglio 1961, n. 720 sulle 
autostrade). Ci� conferma l'importanza dell'approvazione del progetto, come fatto 
anteriore ed esterno, gi� indicativo di una volont� di destinazione. 



PARTE Il, QUESTIONI 139 

Questo collegamento teleologico, preparato dal progetto, si materializza poi, di 
solito, con la procedura espropriativa e l'occupazione del bene, accompagnate dall'inizio 
della costruzione dell'opera. A questo punto, la � destinazione � -nel senso 
sopra illustrato di volont� di trasformare il bene per il soddisfacimento di un pubblico 
servizio -� ormai perfetta: e, quando concorra il requisito dell'appartenenza 
allo Stato, alla Provincia o al Comune, il concepimento dell'opera in relazione alla 
sua pubblica destinazione le attribuisce, anche durante il suo divenire, il carattere 
di bene indisponibile, giusta l'art. 826 e.e. 

Alcuni autori hanno cercato di sminuire l'importanza dell'espropriazione e, in 
genere, dell'occupazione del bene e della successiva trasformazione, negando che da 
esse derivi l'effetto dell'indisponibilit� del bene. 

A sostegno della tesi negativa si � ricordata la giurisprudenza che ha escluso 
l'indisponibilit� <;ii beni espropriati o costruiti per un determinato servizio pubblico, 
se poi questo rimane, di fatto, non attuato (Cass. 19 febbraio 1957� n. 598, Giust. civ. 
1957, I, 1332; Cass. 8 agosto 1957, n. 3369, id. 1958, 98). L'obiezione, peraltro, � superabile, 
sol che si consideri come la destinazione sia elemento determinante dell'indisponibilit� 
fintanto che essa sussista, e non oltre. Anche una macchina da scrivere, 
indisponibile in� quanto assegnata ad un ufficio pubblico, diviene patrimonialmente 
disponibile se l'Amministrazione decide di sclassificarla, o dimostra in modo non 
equivoco di non volerla pi� destinare al pubblico servizio. Non si � mai dubitato, 
infatti, che la destinazione, come � elemento decisivo per l'insorgenza dell'indisponibilit�, 
� altrettanto decisiva per la sua cessazione (Corte Cost. 18 maggio 1959� n. 31, 
Foro pad. 1959� IV, 177; Cass. 9 aprile 1964, n. 811). Ritenere che il semplice non 
uso da parte dei cittadini, ancorch� prolungato, non basti a far cessare la destinazione 
(IAVOLENUS, lib. X ex Cassio: cc Viam publicam popuius non utendo amittere 
non potest >>, D. XXXXllI, l 1, 2 De via publica reficienda), non significa voler negare 
che la pubblica Amministrazione possa manifestare per facta concludentia la volont� 
di far cessare la destinazione, rendendo disponibile il bene. 

Ci� chiarito, devesi per� ribadire che l'espropriazione, o l'occupazione d'urgenza, 
non possono ridursi alle proporzioni di fatti o atti irri"evanti ai fini di una particolare 
destinazione del bene espropriato, o occupato in via definitiva. Se si considera 
che questi atti o fatti sono tali da far venir meno tutte le azioni esperibili sul fondo, 
sottratto alla disponibilit� dei privati (art. 52 legge suEe espropriazioni) al fine 
dichiarato di far si che nessuno possa interrompere il corso dell'espropriazione o impedirne 
gli effetti, deve riconoscersi l'instaurazione di un collegamento fra questi 
cc effetti'" cosi energicamente tutelati, e la attivit� amministrativa: collegamento 
che �, in definitiva, gi� una destinazione. Sempre in difesa di questo collegamento, 
mentre i diritti preesistenti si trasformano in diritti sull'indennit�, � impedito anche 
il perfezionamento di diritti in corso di insorgenza sul bene espropriato (usucapione). 
Indipendentemente dall'interruzione naturale (art. 1167 e.e.) che normalmente consegue 
all'occupazione del fondo, � da ritenere che anche negli eccezionali casi di 
continuato possesso da parte del privato, la destinazione del bene impedisca il compimento 
dell'usucapione con il decorso del termine residuale. Come � stato esattamente 
rilevato, con l'occupazione seguita dalla trasformazione del fondo deve ritenersi 
�gi� avvenuta la destinazione concreta del bene privato allo scopo di pubblica utilit�... 
per cui non potrebbe farsene un uso diverso� (CARUGNO, L'espropriazione per p.u., 
1962, 176). Si spiega cosi, il costante orientamento giurisprudenziale, che esclude 
-di fronte a trasformazioni del fondo dirette alla costruzione dell'opera pubblica la 
possibilit� di azioni restitutorie o possessorie. La giurisprudenza pone a fondamento 
di questa esclusione un rilievo che ci pare del tutto esatto, e cio�, che l'attivit� 
tecnica di trasformazione del bene coincide con quella amministrafrva, e perci� 
non pu� essere arrestata (Sez. Un. 18 aprile 1962, n. 758; Cass. 15 ottobre 1963, n. 2768). 
La stessa �predisposizione� della esecuzione su suolo altrui di un'opera pubblica 

15 



140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

viene considerata manifestazione di un potere amministrativo (Sez. Un. 3 marzo 1g64, 

n. 479): il quale null'altro � se non una destinazione ad un fine pubblico. 
Una recente sentenza della Suprema Corte ha riassunto felicemente questi concetti, 
osservando che l'inammissibilit� di azioni possessorie deriva dal fatto che 
�l'atto amministrativo, promuovendo la costruzione dell'opera pubblica, ha impresso 
al bene una particolare destinazione al pubblico interesse� (Sez. Un. 28 aprile 1964, 

n. 1018). 
Esattissimo. La destinazione, caratteristica dell'indisponibilit�, � conferita al bene 
dall'Amministrazione non gi� con una astratta deliberazione, ma attraverso quella 
serie di atti giuridici e materiali con i quali si promuove la costruzione dell'opera; 
in questo processo, l'effettiva utilizzazione rappresenta un evento ulteriore, che nulla 
aggiunge all'indisponibilit� del bene (Contra, oltre alle sentenze citate su questa 
Rassegna 1955, 7, e segg., cfr. Cass., Sez. II pen., 16 novembre 1954, rie. Galletti, 
Giust. pen. 1955, Il, 522; Cass. 8 agosto 1957, n. 3369; Sez. Un. 18 ottobre 1961, 

n. 2226; Cass. 28 luglio 1962, n. 2215 in questa Rassegna, 1963, 48). 
Bene indisponibile �, quindi, il ponte, il viadotto, l'opera d'arte di una strada 
in costruzione; indisponibile � il bene dello Stato, della provincia e del comune, sul 
quale, come esattamente si esprime la Cassazione, siano state costruite opere � che 
devono servire alla destinazione del bene al pubblico interesse " (Cass. 28 ottobre 
1959, n. 3163). 

Il passaggio dall'indisponibilit� alla demanialit� avviene poi in un momento successivo, 
con la nascita del bene nella sua fattispecie tipica, e cio�, con l'ultimazione 
dell'opera. Sarebbe interessante, a questo riguardo, cercare di fissare il momento 
finale di questa evoluzione che presenta aspetti diversi a seconda dei vari � tipi � 
di demanio artificiale. In talune opere pubbliche di grandi dimensioni o di vasta 
estensione, potrebbe ritenersi che anche costruzioni parziali acquistino, non appena 
ultimate, il carattere della demanialit�. Un viadotto lungo migliaia di metri e del 
costo di miliardi � gi� una strada, e parte di una strada, ancor prima che il tracciato 
di questa sia ultimato; esso � demaniale, e non solo indisponibile, non appena 
finita la sua costruzione. Una casa cantoniera su una strada ferrata in costruzione 
� demaniale non appena edificata, anche se la strada ferrata, di cui fa parte, non 
� del tutto ultimata. In questo senso, la categoria del bene demaniale si sfaccetta 

�' 

nelle sottospecie dei suoi componenti: e il sorgere della sottospecie nella sua compiuta 
conformazione, segna, a nostro avviso, il sorgere di singoli beni intrinsecamente 
demaniali, ancorch� l'opera completa non sia ultimata. Ripugna pensare che 
un'autostrada in costruzione non sia una vera autostrada, nelle parti e nelle opere 
ultimate. Ma indipendentemente da questo problema, che supera i limiti di questa 
nota, ci pare di poter ribadire l'opinione altre volte espressa su questa Rassegna, 
e cio� che nella fase formativa della demanialit� le singole opere o parti di opere 
acquistino immediatamente, per la loro immanente destinazione al pubblico servizio, 
il carattere dell'indisponibilit�. Pu� concludersi, quindi, che la destinazione non � 
tanto il momento finale della demanialit�, quanto piuttosto il momento iniziale 
dell'indisponibilit�. Al momento del completamento dell'opera avr� invece inizio 
la demanialit�, senza soluzione di continuit� e indipendentemente da una concreta 
utilizzazione dell'opera stessa. 

A. cmcco 

CONSULTAZIONI* 


AGRICOLTURA E FORESTE 

Propriet� privata -Vincolo idrogeologico 
1) Se sia derogabile il vincolo idrogeologico imposto alla propriet� privata dal 

r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3267 anche a scopo di costruzioni edilizie (n; 36). 
2) Se la procedura da seguire per la concessione delle deroghe al detto vincolo 
sia quella prevista dal regelamento 16 maggio 1926, n. n26 per l'applicazione del 

r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 36). 
3) Se � 1a Camera di Commercio, nel concedere deroghe al vincolo forestale per 
costruzioni edilizie, possa prescrivere a carico del beneficiario un deposito cauzionale 
a garanzia delle condizioni che intende imporre (n. 36). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Donazioni di beni immobili al Demanio dello Stato -Autorizzazione 
Se l'acquisto di beni immobili da parte dello Stato debba essere autorizzato ai 
sensi e con la procedura della I. 8 giugno 1850, n. 1037 e successive modifiche (n. 286). 

APPALTO 

Opere pubbliche -Fallimento dell'appaltatore 
l) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto 
per le opere pubbliche (n. 276). 
2) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano applicabili gli artt. 340 e 341 
della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F e gli artt. 27 e seguenti del r.d. 25 maggio 1895. 

n. 
350 (n. 276). 
3) Se l'appalto per le opere �pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae 
(n. 276). 
4) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore 
per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 276). 

AUTOVEICOLI 

Fallimento dell'avente diritto all'indennit� di requisizione 

� Se, in caso di requisizione, l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 
del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 (che vincola l'indennit� di requisizione al pagamento 
dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 delle 
disposizioni di attuazione approvate con r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 (che condiziona 
il versamento dell'indennit� all'esibizione di certificato dell'A.C.I. da cui risulta la 
insussistenza di privilegi, per rifiutare il pagamento dell'indennit� di requisizione al 
curatore del fallimento (n. 66) . 

.. La formulazione del quesito non riflette in alcun modo la soluzione che ne � stata data. 



142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

AVVOCATI E PROCURATORI 

�Convenzione internazionale di New York del 20 giugno 1956 

Se siano operative le norme sul foro <tello Stato e sur'esenzione del'e tasse 
:giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione 
della Convenzione internazionale di New York del 20 giugno 1956 (n. 61). 


:BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Valle d'Aosta -Tutela artistica e paesistica 

Sulla ripartizione delle competenze tra il Ministero della Pubblica Istruzione e 
gli organi della Regione della Valle d'Aosta in materia di tutela artistica e paesistica 
nella Valle (n. 11). 


CACCIA E PESCA 

Caccia -Calendario venatorio 

1) 5e i provvedimenti del Ministro per l'Agricoltura e per le Foreste che stabiliscano 
restrizioni del periodo di caccia e di uccellagione o divieti delle medesime 
attivit� possano essere derogati dalle Amministrazioni Provinciali (n. 25). 


2) Se i provvedimenti emessi dai Presidenti delle Amministrazioni Provinciali in 
materia di caccia siano assoggettabili alla disciplina dei controlli e dell'annullamento 
proprie degli atti promanati dagli Enti Autarchici (n. 25). 


�Caccia -Foreste demaniali della Regione Siciliana 

3) Se l'art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, delle leggi s1,1lla caccia, che costituisce 
in bandita di rifugio e di ripopolamento della selvaggina le foreste gestite dall'Aziend� 


I

di Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della Regione 
Siciliana, ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e la cui 
gestione � affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. 26). 


CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 

Contratti dell'Amministrazione Militare 

1) Se possa farsi luogo alla esecuzione anticipata dei contratti dell'Amministrazione 
Militare disciplinati dagli artt. 23 e 26 t.u. n. 263 del 1928 prima che intervenga 
il decreto di approvazione della competente autorit� militare (n. 200). 


Appalto di 00.PP. -Fallimento dell'appaltatore 

2) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto 
per le opere pubbliche (n. 201). 


3) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano app'.icabili gli artt. 340 e 341 
della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F e gli artt. 27 e segg. del r.d. 25 maggio 1895, 


n. 35<> (n. 201). 
4) Se l'appalto per le opere pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae 
(n. 201). 


5) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore 
per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 201). 




PARTE Il, CONSULTAZIONI 143 

Pignorarnento stipendi 

6) Se le eccezioni previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 al principio 
generale della impignorabilit� degli stipendi siano operative anche per l'indennit� 
integrativa speciale concessa con 1. 27 maggio 1959, n. 324 e per l'integrazione temporanea 
mensile concessa con 1. 27 settembre 1963, n. 1315 (n. 202). 

Poste e Telecomunicazioni 

7) Se e con quali moda!it� possa disporsi il pagamento in favore del procuratore 
autorizzato dal creditore alla riscossione in ipotesi di versamenti effettuati a mezzo 
di conto corrente postale (n. 203). 

DAZI DOGANALI 

Dogane -Benefici all'importazione 
Se l'art. 260 reg. es. Legge Doganale, modificato dall'art. 2 d.p.r. 12 ottobre 1956, 

n. 146o, che stabilisce le condizioni per l'emissione dei duplicati delle bollette di 
esportazione e per il conseguente rimborso dei diritti spettanti su merci importate, 
sia applicabile al caso di esportazione col beneficio del reintegro ai sensi dell'art. 1 
della I. 26 febbraio 1963, n. 259 (n. 23). 
DEMANIO 

Demanio marittimo -Efficacia della determinazione di procedere alla delimitazione 
ai sensi dell'art.� 1148 e.e. 

1) '3e, in materia di demanio marittimo, la determinazione di procedere alla 
�delimitazione" possa essere considerata, per gli effetti dell'art. 1148 e.e., equivalente 
ad una domanda giudiziale (n. 188). 

Foreste demaniali della Regione Siciliana 

2) Se l'art. 50 del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016 della legge sulla caccia che costituisce 
in bandita di rifugio e di ripop'Jlamento della selvaggina le foreste gestite dall'Azienda 
di Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della 
Regione Siciliana," ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e 
la cui gestione � affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. 189). 

Imposizione servit� telefonica su beni demaniali 

3) Se �i beni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili 

di imposizione di servit� coattiva di appoggio e passaggio di linee telefoniche (n. 190). 
4) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su 
beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda di St;ito per i servizi telefonici 

(n. 190)). 
DONAZIONI 

Donazioni di beni immobili al demanio dello Stato -Autorizzazione 

Se l'acquisto di beni immobili da patte dello Stato debba .essere autorizzato ai 
sensi e con la procedura della I. 8 giugno 1850, n. 1037 e successive modifiche (n. 36). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

144 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi popolari -Cessione in propriet� 
l) Se, ai s�nsi dell'art. 16 del d.p.r. 17 gennaio 1959, n. 7, l'immediato ed integrale 
pagamento del prezzo di cessione dell'alloggio popolare importi il trasferimento 
immediato della propriet� dell'alloggio all'inquilino (n. 148). 

2) Se, ai sensi dell'art. 9 del d.p.r. 17 gennaio 1959, n. 7 si verifichi il trasferimento 
immediato della propriet� dell'alloggio all'inquilino anche nel caso di pagamento 
del prezzo dilazionato in venti annualit� (n. 148). 

ELETTRICITA' ED ELETTRODOTTI 

E.N.E.L. 
-Costituzione di ipoteche su impianti idroelettrici 
l) Se, dopo l'entrata in vigore della l. 6 dicembre 1962, n. 1643, siano possibili ed 
abbiano� pratica efficacia le costituzioni di ipoteche,,a garanzia di. mutui, su impianti 
idroelettrici dell'E.N.E.L. e se possa essere concesso, per i detti contratti di mutuo, 
il nulla osta previsto dal 30 comma dell'art. 29 del t.u. l 1 dicembre 1933� n. 1775 (n. 12). 

E.N.E.L. -Riserva di sfruttamento giacimenti minerari a favore delle F.S. 
2) Se la r. 6 dicembre 1962, n. 1643 istitutiva dell'E.N.E.L. abbia abrogato 
sostanzialmente la riserva a favore delle F.S. sancita dal r.d. 20 febbraio 1939, n. 318 
della ricerca e coltivazione dei giacimenti minerari di vapori a gas comunque suscettibili 
di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica esistenti nel territorio 
delle province di Grosseto, Livorno, Pisa e �Siena (n. 13). 

Linee elettriche -Norme tecniche 
3) Quale sia la natura giuridica delle " Norme esplicative � del r.d. 25 novembre 
1940, n. 1969 contenente le norme per la costruzione delle linee elettriche aeree 
esterne (n. 14). 
4) Se, nel caso di contrasto tra il dettato di una norma del suddetto r.d. ed 
il contenuto dell�i. nota esplicativa, possa attribuirsi valore preminente a quest'ultima 
(n. 14). � 

ESECUZIONE FISCALE 

Azione in separazione 

Se il suocero del debitore sia legittimato a reclamare la propriet�� dei mobili 
pignorat�, a seguito di procedura esecutiva esattoriale in una casa locata al reclamante 
e nella quale il del;>itore siai ospitato in modo permanente (n. 68). 

ESECUZIONE FORZATA 

Pignoramento stipendi 
Se le eccezioni 'previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 18o al princ1p10 
generale della impignorabilit� degli stipendi siano operative anche per l'indennit� 
integrativa speciale concessa con l. 27 maggio 1959. n. 324 e per l'integrazione temporanea 
mensile concessa con 1. z7 settembre 1g63, n. 1315 (n. 36). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 145 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

Esproprio -Deposito indennit� 
l) Se possono essere accettati in deposito dalla Cassa DD.PP., ai sensi dell'art. 12 

t.u. z gennaio 1913, n. 453 e degli artt. z e 7 lett. a) D. Min. Tes. zz novembre 1954' 
residui di somme dovute per indennit� di esproprio a norma della I. 5 giugno 1865, 
n. z359, qualora la differenza sia stata gi� pagata direttamente dall'espropriante 
all'espropriato (n. 185). 
Tassabilit� degli interessi sulle indennit� di espropriazione e di occupazione 

z) Se siano soggetti ad imposta di R.M. gli interessi legali maturali sul supplemento 
di indennit� di espropriazione e di occupazione deciso dall'a.g.o.; e se detta 
imposta, ove sia dovuta, possa essere riscossa mediante ritenuta diretta (n. 186). 

FALLIMENTO 

Autoveicoli -Requisizioni 
1) Se, in caso di requisizione, l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 
del r.d.l. 15 marzo 19z7, n. 436 (che vincola l'indennit� di requisizione al pagamento 
dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 delle 
disposizioni di attuazione approvate con r.d. z9 luglio 19z7, n. 1814 (che condiziona 
il versamento dell'indennit� all'esibizione di certificato dell' A.C.I. da cui risulti la 
insussistenza di privilegi) per rifiutare il pagamento dell'indennit� di requisizione al 
curatore del fallimento (n. 80). 

Concordato 

z) Se dopo il concordato le somme dovute al fallimento debbano essere versate 
al curatore o all'assuntore del fallimento (n. 81). 

Fallimento appaltatore di OOPP. 

3) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto 
per le opere pubbliche (n. 8z). 
4) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano applicabili gli artt. 340 e 341 
della 1. zo marzo 1865, n. 2z48, all. F e gli artt. z7 e segg. del r.d. z5 maggio 1895, 

~~~~ . 

5) Se l'appalto per le opere pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae 
(n. 8z). 
6) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore 
per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 8z). 

Interessi moratori 

7) Se i crediti privilegiati d'imposta continuino a produrre interessi anche successivamente 
alla dichiarazione Cli fallimento (n. 83). 

Societ� a r.l. 

8) Se dopo la chiusura del fallimento di una societ� a r.l. i singoli soci rispondano 
delle obbligazioni non soddisfatte in sede di reparto per insufficienza di attivo (n. 84). 

FERROVIE 

Concessione � D" 

1) Se la moglie di un dipendente dell'Amministrazione ammesso al beneficio 
della Concessione Speciale � D � per le F.S., separata dal marito per colpa di entrambi 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

146 

i coniugi ed alla quale � stato con sentenza riconosciuto il diritto ad assegno alimentare, 
abbia diritto al godimento della predetta concessione (n. 353). 
E.N.E.L. -Riserva di sfruttamento giacimenti minerari a favore delle F,S. 
2) Se la I. 6 dicembre 1962, istitutiva dell'E.N.E.L. abbia abrogato sostanzialmente 
la riserva a favore delle F.S. sancita dal r.d. 20 febbraio 1939, n. 318 della ricerca 
e coltivazione dei giacimenti minerari di vapori a gas comunque suscettibili di essere 
utilizzati per la produzione di energia elettrica esistenti nel territorio delle province 
di Grosseto, Livorno, Pisa e Siena (n. 354). 
FILIAZIONE 
Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 
1) Quale sia la legge applicabile per l'accertamento e la costituzione del rapporto 
di filiazione naturale (n. 6). 
2) Sui criteri e sulle modalit� di attuazione in Italia, in tema di obbligazioni 
alimentari derivanti dal rapporto di filiazione naturale, della Convenzione Internazionale 
per il recupero degli alimenti all'estero, firmata a New York il 20 giugno 1956 
e ratificata dall'Italia con I. 23 marzo 1958, n. 338 (n. 7). 
2) Quale sia la legge applicabile nei giudizi promossi in attuazione della Convenzione 
di New York del 20 giugno 1956 (n. 7). 
4) Sulla delibazione delle sentenze straniere che 'dichiarano la sussistenza del 
rapporto di paternit� naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli 
vigenti nel nostro ordinamento (n. 8). 
5) Sulle condizioni richieste dal n. 1 dell'art. 269 del e.e. per la dichiarazione 
giudiziale della paternit� naturale (n. 9). 
IMPIEGO PUBBLICO 
Dipendente pubblico -Aggiunta di famiglia -Figlio naturale 
1) Se un dipendente pubblico abbia diritto alla quota di famiglia per il proprio 
figlio naturale dalla data di nascita anzich� da quella del matrimonio con la madre 
dello stesso, quando il Tribunale, adito per il disconoscimento della paternit� ex lege 
del precedente marito della madre del minore, il matrimonio dei quali era stato 
sciolto per dispensa de' rato e non consumato abbia anche dichiarato che il minore 
stesso debba essere iscritto nei registri di Stato Civile come figlio legittimo del pubblico 
dipendente (n. 561). 
.> 
Impiegato statale -Cessione stipendio 
2) Se sia ammessa la cessione di quote di stipendio per debiti alimentari (n. 562). 
3) Quali siano le indennit� e gli assegni assoggettabili a ritenute mensili in caso 
di pignoramento (n. 562). 
,, 
IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE 
Dogane -Benefici all'importazione -Condizioni 
1) Se l'art. 260 reg. es. Legge Doganale, modificato dall'art. 2 d.p.r. 12 dicembre 
1956, n. 1460, che stabilisce le condizioni per l'emissione dei duplicati delle bol



PARTE. Il, CONSULTAZIONI 147 

lette di esportazione e per il conseguente rimborso dei diritti spettanti su merci 
importate, sia applicabile al caso di esportazione col beneficio del reintegro, ai sensi 
deL'art. 1 della I. 26 febbraio 1963, n. 259 (n. 31). 

Importazione zucchero 

2) Se la disciplina stabilita dal provvedimento C.I.P. 24 marzo 1964, n. w66 e 
dal d.m. 2 aprile 1964 sul conguag:io del prezzo dello zucchero di importazione si 
applichi anche alle ipotesi in cui la licenza d'importazione sia stata ri:asciata dal 
Ministero del Commercio con l'Estero prima del:a emanazione dei suddetti provvedimenti 
e al di fuori della concessione di integrazione di pr�zzo (n. 32). 

IMPOSTA DI R.M; 

Tassabilit� degli interessi sulla indennit� di espropriazione e di occupazione 

Se siano soggetti ad imposta di r.m. g:i interessi legali maturati sul supplemento 
di indennit� di espropriazione e di occupazione deciso dal?a.g.o.; e se detta imposta, 
ove sia dovuta, possa essere riscossa mediante ritenuta diretta (n. 26). 

MATRIMONIO 

Cause di opposizione -Legittimazione passiva 

1) Se nelle controversie derivanti da opposizione al matrimonio, sia passivamente 
legittimato il Ministero dell'Interno o l'ufficiale dello stato civile (n; 17). 

Delibazione di sentenze straniere 

2) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarazione la separazione 
personale di coniugi italiani (n. 18). 

PIGNORAMENTO 

Stipendi -Indennit� integrativa speciale 

1) Se le eccezioni previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 al principio 
generale della impignorabilit� degli stipendi siano operative anche per l'indennit� 
integrativa speciale concessa con I. 27 maggio 1959, n. 324 e per l'integrazione temporanea 
mensile concessa con I. 27 settembre 1963, n. x315 (n. 8). 

Titoli affidati all'Amministrazione postale 

2) Se siano ammissibili il sequestro, in sede civi'e, o il pignoramento dei titoli 
affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 9). 

POLIZIA 

Misure di sicurezza in Alto Adige 

Se ad un privato proprietario di un albergo, che ha risentito danno dal divieto 
di parcheggio stabilito per un tempo limitato dall'autorit� di P.S. nello spazio antistante 
l'albergo stesso e circostante una cabina elettrica oggetto di attentati terroristici, 
spetti il risarcimento del danno medesimo, o, quanto meno, un indennizzo (n. 33). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJ4,0 STATO

148 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Linee elettriche -Norme tecniche 
l) Quale sia la natura giuridica delle note esplicative del ~.d. 25 novembre 1940, 

n. 1969 contenente le norme per la costruzione delle linee elettriche aeree esterne 
(n. 107). 
2) Se, nel caso di contrasto tra il dettato di una norma del suddetto r.d. ed il 
contenuto della nota esplicativa, possa attribuirsi valore preminente a quest'ultima 

(n. 107). 
Pagamenti al procuratore 

3) Se e con quali modalit� possa disporsi il pagamento in favore del procuratore 
autorizzato dal creditore alla riscossione in ipotesi di versamenti effettuati a mezzo 
di conto corrente postale (n. 108). 

Titoli affidati alle Poste per la riscossione 

4) Se siano ammissibili il sequestro, in sede civile, o il pignoramento dei titoli 
affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 109)� 

PRESCRIZIONE 

Contributi assicurativi 

1) Se, nei confronti della P.A., corra la prescrizione quinquennale di cui all'articolo 
55 d.l. 4 ottobre 1935� n. 1827 relativa al versamento dei contributi assicurativi 
all'I.N.P.S., in caso di licenziamento del dipendente successivamente annullato in 
accoglimento di ricorso gerarchico (n. 42). 

2) Se il prestatore di lavoro possa proporre azione di risarcimento dei danni 
derivanti da mancate contribuzioni a sensi dell'art. 2u6 e.e. anche prima del raggiungimento 
dell'et� di pensionamento (n. 42). 

Contributi assicurativi -Risarcimento danni 
33) Quale sia il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del lavoratore 
contro il datore di lavoro che abbia omesso il versamento dei contributi assicurativi 
e se esso inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro o dal .compimento 
dell'et� di pensionamento (n. 43). 

PREZZI 

Importazione zucchero 

Se la disciplina stabilita dal provvedimento C.I.P. 24 marzo 1964, n. 1066 e dal 

d.m. 2 aprile 1964 sul conguaglio del prezzo dello zucchero d'importazione si applichi 
anche alle ipotesi in cui la licenza d'importazione sia stata rilasciata dal Ministero 
del Commercio con l'Estero prima della emanazione dei suddetti provvedimenti e al 
di fuori della concessione di integrazione di prezzo (n. 57). 
PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

Contributo assicurativi 

l) Se, nei confronti della P.A., corra la prescrizione quinquennale di cui all'articolo 
55 d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 relativa al versamento dei contributi assicurativi 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

all'I.N.P.S., in caso di licenziamento del dipendente successivamente annullato in 
accoglimento di ricorso gerarchico (n. 45). 

2) Se il prestatore di lavoro possa proporre azione di risarcimento dei danni 
derivanti da mancate contribuzioni a sensi dell'art. 2'116 e.e. anche prima del raggiungimento 
dell'et� di pensionamento (n. 45). 

Contributi assicurativi -Risarcimento danni 

3) Quale sia il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del lavoratore 
contro il datore di lavoro che abbia omesso il versamento dei contributi assicurativi 
e se esso inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro o dal compimento 
dell'et� di pensionamento (n. 46). 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Applicazione della Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 

l) Se siano operative le norme sul foro dello Stato e sull'esenzione dalle tasse 
giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione 
della Convenzione Internazionale di N�w York del 20J giugno 1956 (n. 31). 

Opposizione all'esecuzione 

2) Se in tema di opposizione di terzo all'esecuzione sia applicabile l'art. 102, 
2<> comma, c.p.c. quando il ricorso non sia stato notificato al debitore nel termine 
perentorio assegnato dal Giudice a norma del 20 comma dell'art. 619 c.p.c. (n. 32). 

3) Se il creditore procedente sia,tenuto al pagamento delle spese giudiziali quando, 
ritenendo attendibili le ragioni del terzo opponente, rinunzi all'azione esecutiva nel 
<:orso dell'udienza fissata dal Giudice per la comparizione delle parti (n. 32). 

PROPRIETA' 

Propriet� privata -Vincolo idrogeologico 

1) Se sia derogabile il vincolo idrogeologico imposto alla propriet� privata dal 
r,d 30 dicembre 1923, n. 3267 anche a scopo di costruzion,i edilizie (n. 39). 
2) Se la procedura da seguire per la concessione delle deroghe al detto vincolo 
sia quella prevista dal regolamento 16 maggio 1926, n. l 126 per l'applicazione del 

r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 39). 
3) Se la Camera di Commercio, nel concedere deroghe al vincolo forestale per 
<:ostruzioni edilizie, possa prescrivere a carico del beneficiario un deposito cauzionale 
a garanzia delle condizioni che intende imporre' (n. 39). 

REGIONI 

Regione Siciliana -Leggi sulla caccia 

l) Se l'art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. 1016 delle leggi sulla caccia, che costituisce 
in bandita di rifugio e di ripopolamento della selvaggina le foreste gestite dall'Azienda 
d1 Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della Regione 
Siciliana, ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e la 'cui 
gestione � affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. l 15). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

150 

Regione Siciliana -Imposte e tasse 

2) Se la legge della Regione Siciliana che regoli materie tributarie e sia costituzionalmente 
legittima prevalga sulla legge nazionale (n. 116). 

3) Se un� nuova legge nazionale renda costituzionalmente illegittima una legge 
regionale siciliana che ha adattato alle esigenze della regione l'istituto tributario. gi� 
regolato dalla abrogata legge nazionale (n. 116). 

4) Se la legge della Regione Siciliana 22 agosto 1952, n. 49, che applica nel territCJrio 
siciliano disposizioni pi� favorevoli in materia d'imposta di registro violi i 
principi e gli interessi generali cui s'informa la legislazione dello Stato (n. 116). 

5) �Quali siano i requisiti formali richiesti per l'applicazione dei benefici previsti 
dalla legge della Regione Siciliana 22 agosto 1952, n. 49 in materia d'imposta di registro 
Fu atti di cessione (n. 116). 

J'alle d'Aosta -Tutela artistica e paesistica 
6) Sulla ripartizione delle competenze tra il Ministero della Pubblica Istruzione 
e gli organi della Regione della Valle d'Aosta in materia di tutela artistica e paesistica 
nella Valle (n. 117). 

REQUISIZIONI 

Requisizione di autoveicoli -Fallimento 
Se, in caso di requisizione l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 
de! r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 (che vincola l'indennit� di requisizione al pagamento 
dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 de'le 
disposizioni di attuazione approvate con r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 (che condiziona 
U versamento dell'indennit� all'esibizione di certificato dell'A.C.I. da cui risulti la 
insussistenza di privilegi) per rifiutare il pagamento dell'indennit� di requisizione al 
curatore del fallimento (n. 118). 

SENTENZA� 

Delibazione sentenze straniere 

l) Sulla delibazione deEe sentenze straniere che dichiarazione la separazione 
personale di coniugi italiani (n. 16). 

2) Sulla delibazione di sentenze straniere che dichiarano la sussistenza del rapporto 
di paternit� naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli 
vigenti nel nostro ordinamento (n. 17)� 

Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 
3) Se alle sentenze tedesche che dichiarano la sussistenza del rapporto di paternit� 
naturale possa riconoscersi efficacia automatica di cosa giudicata in virt� della Convenzione 
italo-tedesca del 9 marzo 1936 (n. 18). 

SEQUESTRO 

Titoli affidati all'Amministrazione postale 

Se siano ammissibili il sequestro, in sede civile, o il pignoramento dei titoli affidati 
all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 20). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 151 

SERVITU' 

Imposizione servit� telefonica su beni demaniali 

1) Se i teni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili 
di imposizione di servit� coattiva di appoggio e passaggio di linee telefoniche 
(n. 38). 

2) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su 
beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (n. 38). 

SOCIETA' 

Fallimento di societ� a r.l. 

Se dopo la chiusura del fallimento di una societ� a responsabilit� limitata i singoli 
soci rispondano delle obbligazioni non soddisfatte in sede di reparto per insufficienza 
di attivo (n. 105). � 

SPESE GIUDIZIALI 

Opposizione all'esecuzione 

1) Se in tema di opposizione di terzo all'esecuzione sia app'icabile l'art. 102, 
20 comma, c.p.c quando il ricorso non sia stato notificato al debitore nel termine 
perentorio assegnato dal Giudice a norma del 20 comma dell'art. 619 c.p.c. (n. 17). 

2) Se il creditore procedente sia tenuto al pagamento delle spese giudiziali quando, 
ritenendo attendibili le ragioni del terzo opponente, rinunzi all'azione esecutiva nel 
corso dell'udienza fissata dal Giudice per la comparizione delle parti (n. 17). 

SUCCESSIONI 

Divisione 

\: 

\__ Se nel caso di divisione ereditaria tra parenti entro il terzo grado, con conguaglio 
\~i denaro, possa trovare applicazione la presunzione di liberalit� stabilita dall'art. 5 
\el d.l. 8 marzo 1945, n. 90 (n. 70). 

~:


">cessioni dello Stato 

2) Quale sia la documentazione necessaria per venire in possesso di eredit� devoluta 
allo Stato a norma dell'art. 586 del e.e. (n. 71). . 

TELEFONI 

Imposizione servit� telefonica su beni demaniali 

l) Se i beni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili 
di imposizione di servit� coattiva di appoggio e di passaggio di linee te~efoniche 
(n. 27). 

2) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su 
beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda d� Stato per i Servizi Telefonici (n. 27). 



152 RASSEGNA DELI..'AVVOCATURA DELLO STATO 

Unione Italia11a Assistenza dell'Infanzia 

3) Se, ai sensi dell'art. l del d.m. 19 settembre 1959, che stabilisce, ai fini dell'abbonamento 
telefonico urbano, varie categorie tariffarie, l'Unione Italiana Assistenza 
all'Infanzia possa essere assegnata alla quinta categoria quale Opera Pia legalmente 
riconosciuta (n. 28). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Filiazione naturale 
l) Quale sia la legge applicabile per l'accertamento e la costituzione del rapporto 
di filiazione naturale (n. 14)� 
2) Sui criteri e sulle modalit� di attuazione in Italia, in tema di obbligazioni 
alimentari derivanti dal rapporto di filiazione naturale, della Convenzione Internazionale 
per il recupero degli alimenti all'estero, firmata a New York il 20 giugno 1956 
e ratificata dall'Italia con 1. 23 marzo 1958, n. 338 (n. 15)� 
3) Quale sia la legge applicabile nei giudizi promossi in attuazione della Convenzione 
di New York del 20 giugno 1956 (n. 15). 

Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Delibazione sentenze 
straniere 

4) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarano la sussistenza del 
rnpporto di paternit� naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli 
vigenti nel nostro ordinamento (n. 16). 

5) Se alle sentenze tedesche che dichiarano la sussistenza del rapporto di pater


.nit� naturale possa riconoscersi efficacia automatica di cosa giudicata in virt� della 
Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 (n. 17). 

6) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarano la separazione personale 
di coniugi �italiani (n. 18). 
Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Procedimento civile 

7) Se siano operative le norme sul foro dello Stato e sull'esenzione dalle tasse 
giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione 
della Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 (n. 19). 

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