ANNO XVI -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione di servizio INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA NAZIONALE COSTITUZIONALE E INTERpag. 627 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE su QUESTIONI DI GIURI:. � 666 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE . � 698 Sezione� quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � 741 Sezione quinto: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � 756 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQBLICHE APPALTI E FORNITURE UE PUB � 792 Sezione settimo: GIURISPRUDENZA PENALE � 801 Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI RASSEGNA DI DOTTRINA . pag. 117 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 125 QUESTIONI � 136 CONSULTAZIONI � 141 Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Giorgio Zagori, Franco Carusi~ Ugo Gargiulo, Leonida Correale, Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Baccari e Mario . Fanelli. Coordinamento generale: avvocati Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. Elenco delle principali annotazioni a sentenze G. ZAGARI, La giurisdizi~ in tema di rapporti di lavoro degli insegnanti delle scuole nei Convitti Nazionali . pag. 670 G. ZAGARI, Giurisprudenza in materia di indennizzi per i beni italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia D 686 F. C::ARUSI, In .tema di delegazione amministrativa . � 700 F. CARUSI, Su un caso di credito . di affermata tutela aquiliana di un diritto D 707 F. CARUSI; Sostituzione e non rapporto organico . 736 A. TERRANOVA, I limiti del sindacato di legittimit� del Consiglio di Stato in materia di avanzamento a scelta degli ufficiali � 746 L. CORREALE, Osservazioni sul regime fiscale delle cessioni di credito verso la P.A. in dipendenza di appalti di lavori o forniture di merci e in relazione a finanziamenti di somme .concessi dalle Aziende ed Enti previsti dal 1'.d. 375/36 . 779 O. FIUMARA, .Ancora sull'impugnazione principale in luogo di quella incidentale, �on applicazione <il processo davanti alle Commissioni tributarie 785 G. MATALONI, Osservazioni sugli aspetti tributari della successione nelle Commende del S.M.0.M. . 789 INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ......:. Antiche utenze -Pronunzia del giudice ordinario in pendenza de'Ja procedura di riconoscimento -Effetti sul provvedimento amministrativo, 674. -Sentenza dei Tribunali delle aa.pp. Notificazione del dispositivo all'avvocato e non al procuratore costituito Validit�, 79. -Sentenza del Tribunale 'superiore -Ricorso per cassazione -Termine, 792. -V. anche Competenza e giurisdizione. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -De'egazione amministrativa -Natura giuridica -Effetti -Responsabilit� del de'.egato verso i terzi -Delegazione del.'Amministrazione LL.PP. agli Istituti Case Popolari, con nota di F. CARUSI, 698. -Ente Pubb'.ico Economico -E!ementi di individuazione, 666. -Rappresentanza in giudizio -Disciplina positiva -Individuazione della Amministrazione legittimata alla causa e de:J'organo legittimato al processo -Onere dei terzi e non dello Stato attore in giudizio, 732. -Rappresentanza in giudizio -Necessit� della duplice indicazione dell' Amministrazione legittimata alla causa e dell'organo legittimato al processo a pena di nullit� insanabLe della � vacatio in jus � -Non occorrono formule speciali o solenni, 732. -Rappresentanza in giudizio -"Jus �superveniens � -Portata, 731. -Soppressione e liquidazione di Enti di diritto pubb'.ico e di altri Enti, sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato, e comunque interessanti la finanza stata'.e Liquidazione G.R.A. -Tutela giudizi�ria di diritto di credito vantato contro la G.R.A. -Necessit� del previo esperimento di procedimento amministrativo per il riconoscimento del credito -Non sussiste, 724. -V. anche Competenza e giurisdizione, Ferrovie, Responsabilit� civile. ANTICHITA' E BELLE ARTI -Opere dirette alla ricerca di cose di interesse archeologico senza la prescritta concessione -Fattispecie legale di reato contrastante con gli artt. 27 e 41 della Costituzione -Esclusione, 662. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Dipendenza da fatti ascrivibili a colpa dell'Amministrazione -Inapplicabilit� dell'art. 35 del capitolato generale del 1895, 793. -Appalto di opere ferroviarie -Situazione finale -Vincolativit� per l'appaltatore e non per l'Amministrazione FF.SS. -Diritto dell'Amministrazione delle FF.SS. di ripetere gli acconti che risultino versati in pi� del dovuto in base al conto finale accettato dall'appaltatore, 723. -V. anche Imposta di registro, Opere pubbliche, Responsabilit� civile. APPELLO -Domande nuove -Mutamento della � causa petendi � -Fattispecie in tema di azione per occupazione abusiva da parte della P.A., 682. -V. anche Procedimento civile, Spese giudiziali. ARBITRATO -Intervento di terzo � iussu iudicis � Ammissibilit�, 797. ASSICURAZIONI - V. Previdenza e assistenza. ATTO AMMINISTRATIVO -Conversione -Presupposti, 696. -Ordinanze d! urgenza -Ordinanze sindacali emesse ai sensi de:J'art. 20 t.u. 8 dicembre 1923, n. 1740 -Natura -Definitivit�, 753. - V. anche Amministrazione dello Stato, Esecuzione fiscale. CASSAZIONE -Incensurabilit� da parte della Corte di Cassazione degli apprezzamenti di fatto dei giudici di merito -Non si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VI estende a quelli riguardanti le atti- Istruzione pubblica -Convitti naziovit� processuali svolte dalle parti, 732. nali ed educandati -Scuole annesse -Questione nuova -Preclusione -Doai convitti -Incaricati di insegnamento manda di risarcimento di danni per -Rapporto di lavoro -Natura privaco'. pa extracontrattuale -Deduzione tistica -Giurisdizione ordinaria, 670. in Cassazione di colpa contrattuale --Occupazione d'urgenza protratta olInammissibilit�, 710. tre il biennio -Danni -Competenza giurisdizionale del giudice ordina -Ricorso incidentale condizionato -Am rio, 682. missibilit�, 727. -Regolamento di competenza -Con~ -V. anche Acque pubbliche, Imposte vertibilit� in regolamento di giurisdi e Tasse, Impugnazione, Responsabilit� zione -Limiti, 670. civile, Spese giudiziali, Trasporto. -Regolamento di giurisdizione -QueCOMMISSIONI TRIBUTARIE stione di legittimit� costituzionale Poteri della Corte di Cassazione -Li -V. Imposte e Tasse. miti, con nota di G. ZAGARI, 683. -Riforma fondiaria -Sicilia -Terreni COMPETENZA E GIURISDIZIONE soggetti a riforma -Sesto residuo -Acque pubbliche -Utenze utilizzate Diritto soggettivo -Non sussiste nel trentennio anteriore al 1884 -Con Giurisdizione A.G.O. -Non sussi troversia con la P.A., in pendenza del ste, 669. procedimento di riconoscimento giu -Sentenza che dichiara difetto di giu risdizionale -Competenza dell' A.G.O. risdizione e rigetta domanda risarci -Sussiste, 674. toria -Regolamento di giurisdizione - Amministrazione dello Stato ed Enti Inammissibilit�, 681. Pubblici -Rapporto con i dipendenti -. -Terremoto -Piano Rego!atore di Mes Mancanza dell'atto formale di no sina -" Area compresa nel Piano -Con mina -Disciplina privatistica -Contro troversia tra Amministrazione Finan versia -Giurisdizione ordinaria, 696. ziaria e l.A.C.P. -Giurisdizione ordi- Competenza del Tribunale superiore naria, 672. delle acque pubbliche -Controversie -Trattati di' pace -Territori ceduti su interessi legittimi in materia di dall'Italia -Indennizzo -.Controveracque pubbliche, 750. sia -Questione .di diritto soggettivo - Difetto di giurisdizione -Questione Giurisdizione del g.o., con nota di di legittimit� costituzionale -PregiuG. ZAGARI, 683. dizialit� -Limiti, con nota di G. ZA- V. anche Cosa giudicata, ResponsabiGARI, 683. lit� civile. -Ente Pubblico Economico -Ente Au COMUNE tonomo .Mostra d'Oltremare -Rapporto di impiego -Controversie --V. Elezioni, Responsabilit� civile. A.G.O. -Competenza -Sussiste, 666. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Espropriazione per p.u. -Decreto di -V. Opere pubbliche. esproprio -Contestazione del potere giurisdizionale del giudice ordina CONFISCA rio, 682. -V. Fascismo. -Falso civile -Tribunale privo di giurisdizione nella causa di merito -CONTENZIOSO TRIBUTARIO Querela di falso incidentale -Difetto -V. Imposte e Tasse. di giurisdizione, 679. -Giurisdizione ordinaria e amministraCOR, TE COSTITUZIONALE tiva -Criteri di discriminazione --V. Competenza e giurisdizione, TratProspettazione della domanda -Irritato internazionale, Trieste. levanza -� Petitum � sostanziale,. 668. COSA GIUDICATA -Impiego pubblico -Controversia patrimoniale -Giurisdizione esclusiva del -Giudicato sulla giurisdizione -SenConsiglio di Stato -Limiti, 679. tenza precedente che abbia dichia.rato INDICE VII la giurisdizione del giudice adito e non sia stata impugnata, con nota di F. CARUSI, 698. -V. anche Giustizia amministrativa. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -:C.eggi, decreti e regolamenti -Riserva di legge in materia penale -Legge sulla repressione degli abusi di stupefacenti -Elenchi delle specialit� stupefacenti pubblicati dal Ministero della Sanit� -Violazione della riserva di legge -Esclusione, 630. -Parlamento -Cost. art. 67 -Libert� dei membri del par'.amento -Divieto di mandato imperativo -Libert� per il parlamentare di votare contro le direttive del Partito -Preteso contrasto de'.la legge n. 1643 del 1962 con l'art. 67 cost. -Infondatezza del'a questione, con nota di L. TRACANNA, 627. -V. anche Antichit� e Belle Arti, Elezioni, Esecuzione fisca!e, Espropriazione per p.u., F�scismo, Imposte e Tasse, Giudizio di legittimit� costituzionale, Ordinamento giudiziario, Previdenza e Assistenza, Prostituzione, Tasse e Imposte comunali, Trattato internazionale, Trieste. DANNI -V. Prescrizione, Responsabilit� civile, Trasporti. DANNI DI GUERRA -V. Guerra, Competenza e giurisdizione. DECADENZA -Domanda proposta innanzi a giudice incompetente -Tempestiva riassunzione innanzi al giudice dichiarato competente -Effetto impeditivo della decadenza -Sussiste, 716. DEMANIO -V. Antichit� e Belle Arti, Elettrodotti. DONAZIONI - V. Enti pubblici. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA - V. Imposta di, registro. ELETTRODOTTI -Servit� di elettrodotto perpetua ed inamovibile -Competenza prefettizia, 750. ELEZIONI -Elezioni amministrative -Elezioni comunali -Impugnative e ricorsi -Azione popolare -Limiti -Riparto dei consiglieri del comune fra le frazioni -Ricorso del cittadino -Esclusione, 755� -Disciplina della propaganda elettorale -Violazione del diritto di espressione e diffusione del pensiero -Non sussiste, 655. ENTI PUBBLICI -Capacit� di donare -Ammissibilit�, 729. - V. anche Amministrazione dello Stato, Competenza e giurisdizione, Imposta di registro. ESECUZIONE FISCALE -Inammissibilit� dell'opposizione agli atti esattoriali sui mobili del debitore da parte del coniuge o di parenti o affini entro il terzo grado, giusta l'art. 207 t.u. imposte dirette -Contrasto con gli artt. 24 e� 42 della Costituzione -Non sussiste, 634. -Ingiunzione -Opposizione giudiziaria -Revoca o annullamento dell'ingiunzione da parte dell'A.G.O. -Inammissibilit�, con nota di L. CORREALE, 7i7 -Ingiunzione a norma dell'art. 144 della legge di registro -Natura Atto amministrativo, con nota di L. CORREALE, 777. - V. anche Imposte e Tasse. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Cost. art. 43 -Requisito dei fini di utilit� generale ~ Sindacato della Corte Costituziona'e -Limiti, con nota di L. TRACANNA, 627. - Determinazione dell'indennit� nei casi in cui sia applicabile l'art. 13 della 1. 16 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della citt� di Napoli, 730. -Determinazione dell'indennit� -Stima del valore delle aree espropriande Carattere edificatorio -Criterio di ac-� certamento, 719. -Espropriazione Farziale -�pplicazione art. 40, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 Portata della norma, 730. - Espropriazione parziale -Determinazione indennit� -Applicazione art. 40, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Portata della norma -Inderogabilit�, 719, RASSECNA DE:l.L'AVVOCATURA DELLO STATO VIII -Giun~a speciale per le espropriazioni per p.u. presso la Corte d'Appello di Napoli -' Giurisdizione speciale -Composizione -Funzione -Capacit� di di dare giudizi tecnici, 730. -Indennit� -Deposito presso la Cassa DD.PP. -Determinazione giudiziale in seguito ad opposizione dell'espropriato -Condanna dell'espropriante al pagamento della relativa somma Inammissibilit� -Necessit� del deposito presso la Cassa DD.PP. -Sussiste, 722. -Indennit� originaria e supplementare di espropriazione -Deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti -Necessit� del previo esperimento della particocolare procedura predisposta dal legislatore per il pagamento, 730. -Occupazione illegittima di terreno da parte della P.A. -Risarcimento per la mancata utilizzazione del bene Interesse legale sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita dell'immobile, 721. -Occupazione di urgenza di immobile Scadenza del biennio di cui all'art. 73, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Illiceit� della ulteriore detenzione dell'immobile Sopravvenienza del decreto espropria tivo -Cessazione dell'illiceit� -Risarcimento dei danni per il periodo di illecita detenzione dell'immobile -Criteri di liquidazione, 733. - V. anche Competenza e giurisdizione, Riforma fondiaria. FALSO - V. Competenza e giurisdizione. �FASCISMO -Sanzioni contro il fascismo -Confisca dei beni -Natura di pena -Esclusione -Contrasto con gli artt. 25 e 27 della Costituzione -Non sussiste, 648. FERROVIE -Ferrovie dello Stato -Rappresentanza dell'Amministrazione -Potere di rappresentanza dei direttori compartimentali -Non esclude il potere di rappresentanza del Ministro dei Trasporti, 716. -V. anche Responsabilit� civile, Trasporti. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE -Giudizio incidentale di legittimit� costituzionale -Rilevanza -Sindacato della Corte Costituzionale -Limiti Insussistenza "prima facie� del giudizio -Insindacabilit� del giudizi� di rilevanza, con nota di L. TRACANNA, 627. -V. anche Competenza e giurisdizione, Corte Costituzionale. GIUOCO D'AZZARDO -Esercizio di casa da giuoco in Taormina -Sanatoria, 901. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Esecuzione di giudicato -Richiesta restituzione di immobili espropriati e gi� destinati con successivi atti al pubblico interesse -Inammissibilit� � Fattispecie, 751. -Ricorso giurisdizionale per l'esecuzione del giudicato -Estensione al giudicato amministrativo, 679. -Scusabilit� deli'errore -Sindacato del Consiglio di Stato -Limiti, 741. -V. anche Sicilia. GUERRA -Territori ceduti dall'Italia -Beni italiani -Condizione giuridica -Ex proprietari -Posizione rispetto allo Stato Italiano, con nota di G. ZAGARI, 683. - V. anche Opere pubbliche. IMPIEGO PUBBLICO ., -Ufficiale dell'esercito -Avanzamento " a scelta -Censura di disparit� di trattamento -Ammissibilit�, con nota di A. TERRANOVA, 746. -Ufficiale dell'esercito -Avanzamento a scelta -Disparit� di trattamento Definizione, con nota di A. TERRANOVA, 746. -Ufficiale dell'esercito -Avanzamento a scelta -Sindacabilit� del giudice amministrativo, con nota di A. TERRANOVA, 746. -Ufficiale deTesercito -Avanzamento a scelta -Natura -Sistema del merito comparativo -Esclusione, con nota di A. TERRANOVA, 746. - Ufficiale dell'esercito -Avanzamento a scelta -Giudizio di legittimit� Poteri istruttori -Limiti -Acquisizione documentazione personale degli altri ufficiali scrutinati -Esclusione INDICE IX Acquisizione dati parziali a mezzo stralci o copie parziali document:izione personale altri scrutinati -Ammissibilit� -Limiti, con nota di A. TERRANOVA, 746. -V. anche Competenza e giurisdizione. IMPOSTA COMPLEMENTARE SUL REDDITO -Contributi agricoli unificati -Detrazione dal coacervo dei redditi a norma dell'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 -Ammissibilit�, 769. -Maggiori oneri derivanti dal Lodo De Gasperi e dalla tregua mezzadrile Detrazione dal coacervo dei redditi a norma dell'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 -Inammissibilit�, 769. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni tributa.rie a favore di cooperative edilizie -Prima assegnazione -Socio di' cooperative edilizie Nozione -Comprende anche una persona giuridica, con nota di GIORGIO AZZARITI, 765. -Cessione di credito verso la P.A., dipendente da appalti d.i lavori e forniture di merci, in relazione a finanziamenti concessi dalle Aziende o Enti di credito contemplati dal r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 a favore di ditte commercia'i ed industriali -Aliquote ridotte Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione, con nota di L. CORREALE, 777. -Cooperative edilizie -Atti re'.ativi ad operazioni non previste, dallo statuto - Tass� fissa -Esclusione, 7jo. -Societ� commerciale -Deliberazione di proroga adottata dopo la scadenza del termine di durata di societ� -Tassazione -Imposta proporzionale Inapp'. icabilit�, 776. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Commenda del Sovrano Militare Ordine di Malta -Morte del titolare Passaggio dei diritti sulla commenda all'erede, con nota di G. MATALONI, 788. -Immobili -Valore� venale in comune commercio -Determinazione -Criteri in relazione alla destinazione, 764. IMPOSTA IPOTECARIA -Agevo'azioni tributarie -Costruzioni di case popolari ed economiche -Ipoteca concessa al comune per garantire la restituzione delle somme con cesse dall'Istituto Case popolari -Natura del negozio a garanzia del quale l'ipoteca � concessa, 775. -Agevo'.azioni tributarie -Costruzioni di case popolari ed economiche -Rapporti obbligatori . rivolti a procurare fondi necessari alla costruzione -Natura tipica o atipica, 774. -Agevolazioni tributarie -Mutuo della Cassa DD.PP. all'Istituto autonomo case popolari con garanzia dei Comuni interessati -Condizioni soggettive e oggettive, 774. IMPOSTA STRAORDINARIA IMMOBILIARE -Azienda di credito a carattere individuale -Cumulo dei beni con quelli del titolare; 772. -Rettifica dell'accertamento a norma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, 203 -Abrogazione tacita a norma dell'art. 5 della l. n. 1 del 1956 -Ricorrenza, 756. IMPOSTE E TASSE -Controversie tributarie -Forme e privilegi della procedura di riscossione Competenza del Tribuna~e del foro dello Stato -App'icabilit�, 773. -Decisione Commissione Centrale -Ricorso per Cassazione a norma. dell'art. 111 della Carta costituzionale -Termine previsto dall'art. 352 del c.p.c. -Operativit�, 783. -Procedimento davanti alla Commissione Centrale -Pluralit� di impugnazioni -Riunione -Applicabilit� del'.e norme di diritto processuale comune, con nota di O. FIUMARA, 785. -Ricorso alla Commissione Centrale delle Imposte -Contro.ricorso proposto a norma dell'art. 48, secondo e sesto comma, del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 -Mancata cognizione del controricorso -Effetti -Violazione del principio del contraddittorio -Nullit� della decisione emessa sul ricorso Sussistenza, 784. IMPUGNAZIONI -Pluralit� di impugnazioni contro la stessa sentenza -Obbligo in ogni caso di riunione e di decisione contestuale, con nota di O. FIUMARA, 785. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Cessione di crediti � pro solvendo � a scopo di garanzia accettata dalla P.A. debitrice ceduta -Efficacia traslativa Sussiste, 723. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO OCCUPAZIONE -V. Competenza e giurisdizione, Espropriazione. OPERA PIA . -Provvedimenti di vigilanza della autorit� prefettizia -Ricorso. gerarchico -Termine di giorni 30 -App:icabilit�, 754� OPERE PUBBLICHE -Costruzione case per lavora'tori -Controversie con le imprese appaltatrici Legittimazione esclusiva delle stazioni appaltanti, 797. -Costruzione di case per lavoratori - Rapporti tra Gestione case per lavoratori e stazioni appaltanti -Concessione amministrativa, 797. -Ricostruzione di edifici distrutti per cause di guerra -Azione 'di rivalsa contro l'Amministrazione appaltante Competenza del collegio arbitrale, 794. -V. anche Appalto, Arbitrato. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Giustizia militare -Conferimento temporaneo da parte del procuratore generale militare delle funzioni di Giudice istruttore ai procuratori militari e viceversa -Contrasto col principio dell'indipendenza del Giudice_ -Esclusione, 637. PRESCRIZIONE -Fatto costituente reato -Estinzione del reato per amnistia -Decreto di archiviazione del giudice penale -Potere del giudice civile di accertamento del carattere pena'.mente illecito del fatto ai fini ed in funzione della determinazione del termine e della decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno Presupposti -Elementi di fatto nuovi e diversi determinanti il potere-dovere del giudice civile del rapporto all'autorit� giudiziaria penale, 7'27� -Interruzione a mezzo di domanda proposta davanti a giudice incompetente -Effetto sospensivo -Sussiste, 716. -Prescrizione breve del credito per interessi ed altre prestazioni periodiche -Criterio informatore -Inapplicabilit� al credito di restituzione dei frutti vantato nei� confronti del possessore di mala fede, 721. -V. anche Responsabilit� civile. PREVIDENZA ED ASSISTENZA -' Controversie in tema di previdenza ed assistenza obbligatoria -Previo ricorso in via amministrativa -Contrasto con l'art. 113 della Costituzione -Esclusione, 650. PRoqmIMENTO CIVILE -Conclusioni delle parti -Rispetto del principio del contraddittorio, 721. -Esecuzione di sentenza d'appel:o Acq.iescenza ~ Non sussiste, 725. -Intervento in causa -Chiamata in causa � jussu judicis � del terzo responsabile -Domande dell'attore contro il terzo -Non necessit� della notifica dell'atto di citazione o della comunicazione di comparsa -Ammissibilit� di domande anche in sede di precisazione delle conclusioni, con nota di F. CARUSI, 698. -Onere della prova -Diniego di ammissione di prova testimonia'e su fatti pacifici -Omissione di valutazione di fatti da parte del giudice -Illegittimit�, 727. -Potere discrezionale del giudice di va!utazione delle prove -Estensione Giudizio sulla sussistenza del fatto notorio -Insindacabilit� da parte della Corte di Cassazione, 734. -V. anche Amministrazione de'lo Stato, Prescrizione, Spese giudiziali. PROSTITUZIONE -L. 20 febbraio 1958, n .75, sull'abolizione della rego'�mentazione della prostituzione -Fattispecie lega'.e prevista dall'art. 3, n; 8 (favoreggiamento o sfruttamento dera prostituzione altrui) -Contrasto con l'art. 25 della Costituzione -Esclusione, 641. RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO -V. Amministrazione dello Stato, Ferrovie. REATO -V. Prescrizione. REGOLAMENTO EDILIZIO COMUNALE -Approvazione da parte del Ministero dei LL.PP. -Limiti -Modificazione del contenuto del regolamento -Illegittimit�, 750. INDICE XI REQUISIZIONE -Requisizioni operate dalle Forze armate al!eate -Indennit� di requisizione di beni mobili -Determinazione -Criteri, 712. RESPONSABILITA' CIVILE -Appalto della costruzione di case popolari col contributo statale -Cessione � pro solvendo � dei cr.editi del-� Impresa appaltatrice alla Banca finanziatrice -Pagamento del contributo statale all'Impresa appaltatrice invece che all'Istituto Autonomo Case Popolari -Successivo fallimento dell'Impresa -Nocumento della Banca cessionaria -Sussiste -Responsabi1it� aquiliana de!la P.A., con nota di F. CARUSI, 707. -Azione di risarcimento di danni conseguenti ad apprestamento di ricovero antiaereo pubblico da parte del Comune -Legittimazione passiva del Comune e non dello Stato, con nota di F. CARUSI, 735. -Discrezionalit� della P.A. -Insindacabilit� da parte dell'A.G.O. -Limiti -Non si estende alle modalit� di uso del mezzo tecnico prescelto dalla P.A., 712. -Efficienza causale di pi� co:pe concorrenti alla produzione dell'evento Apprezzamento del giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione, 711. ~Fatto dannoso considerato dalla legge come reato -Estinzione del reato per amnistia -Prescrizione del diritto al risarcimento -Decorrenza, 720. -Fatto illecito con carattere permanente -Prescrizione del diritto al risarcimento del danno -Decorrenza, 713� -Responsabilit� aquiliana -Concorso del fatto colposo del creditore -Dovere del creditore di impedire l'aggravarsi del danno -Limiti, 713. -Responsabilit� della P.A. per attivit� legittima -Caratteristiche delle rispettive azioni -Concorso alternativo delle medesime, 713. - Trasporto ferroviario di persone durante l'occupazione alleata -Danni causati da omissione di vigi'.anza da parte del persona'.e ferroviario -Responsabilit� delle FF.SS., 727. RICORSO AMMINISTRATIVO - V. Opera Pia. RIFOR.tVIA FONDIARIA -Espropriazioni -Determinazione dell'indennit� -Criteri, 725. -Soggetti del rapporto di espropriazione -Soggetto obbligato al pagamento deTindennit� e legittimato passivamente alla causa relativa alla liquidazione de]a medesima, 725. SENTENZA -Interpretazione del dispositivo -Necessit� di riferimento alla motivazione, 711. SICILIA -Consiglio di Giustizia amministrativa Decisioni -Impugnabilit� -Modi e limiti, 694. -Provvedimenti del Prefetto -Fattispecie -Impugnazione -Competenza, 694. -V. anche Competenza e giurisdizione. SOCIETA' -V. Imposta di registro, Imposta ipotecaria. SPESE GIUDIZIALI -Proposizione di nuova eccezione nel giudizio di appello -Condanna alle spese indipendentemente dal'a soccombenza -Potere discrezionale del giudice di merito -Insindacabilit� da parte della Corte di Cassazione, 720. TASSE ED IMPOSTE COMUNALI -Imposta di famiglia -Interpretazione autentica dell'art. 17 del t.u. finanza locale circa l'autonomia della determinazione della base imponibi:e e dell'accertamento rispetto ai tributi erariali -Contrasto con l'art. 53 della Costituzione,. Non sussiste,. 643, TERREMOTI -Messina -Aree danneggiate -Cessione ex art. 31 !. n.. 466 del 1910 -Efficacia � ope legis � -Non sussiste Necessit� di attci amministrativo di trasferimento, 673. - V. anche Competenza e giurisdizione. TRASPORTO -Trasporto ferroviario di persone Anormalit� dell'esercizio -Fattispecie, 716. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII -Trasporto ferroviario di cose -Crediti del vettore, 7 IO. -Trasporto ferroviario di persone Danni al viaggiatore -Anormalit� dell'esercizio ferroviario -Concetto Onere della prova, 716. -Trasporto ferroviario di cose Facolt� di modificazione delle clausole del contratto -Compete solo al mittente e non anche al destinatario, 7 IO. -Trasporto ferroviario di persone -Riconoscimento da parte del giudice di merito della sussistenza della anormalit� dell'esercizio -Incensurabilit� in Cassazione, 716. -Trasporto ferroviario di persone -Trasporto � combinato � con servizi automobilistici e di navigazione -Trasbordi su pulmann e motonave -Biglietto unico rilasciato dalle FF.SS. Trasporto cumulativo di persone -Non sussiste, 716. TRATTATO INTERNAZIONALE -Cost. naria art. 11 -Forza de'.le norme di di legge ordiesecuzione del �' trattato -Contrasto con la legge di esecuzione -Non d� luogo a questioni di legittimit� costituzionale per contrasto con l'art. 11 cost., con nota di L. TRACANNA, 627. . " -V. anche Competen:g;a e giurisdizione, Guerra. TRIESTE -Poteri normativi ed amministrativi attribuiti al Commissario generale del Governo dal decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1954, in esecuzione al �memorandum� di Londra del 5 ottobre 1954 -Decreto commissariale 30 dicembre 1957, n. 200 - Illegittimit� costituzionale con riferimento agli artt. 23, 76 e 77 de]a Costituzione -Esclusione, 658. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 7 marzo 1964, n. 14 pag. 627 19 maggio 1964, n. 36 630 16 giugno 1964, n. 42 634 D 16 giugno 1964, n. 43 637 16 giugno 1964, n. 44 � 641 16 giugno 1964, n. 45 643 16 giugno 1964, n. 46 648 16 giugno 1964, n. 47 650 16 giugno 1964, n. 48 655 23 giugno 1964, n. 53 658 23 giugno 1964, n. 54 662 GIURISDIZIONI CNILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 13 luglio 1963, n. 1857 pag. 727 Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128 698 Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 348 � 666 Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 350 792 Sez. I, 24 febbraio 1964, n. 404 � 756 Sez: Un., 3 marzo 1964, n. 476 .. 706 Sez. I, 9 marzo 1964, n. 513 . 764 Sez. I, 11 marzo 1964, n. 522 . D 765 Sez. Un., 24 marzo 1964, n. 663 668 Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847 669 Sez. III, 13 aprile 1964, n. 860 � 710 Sez. III, 13 aprile 1964, n. 861 710 � Sez. I, 14 aprile 1964, n. 874 . 769 Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 890 672 Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 891 673 Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 898 679 Sez. I, 16 aprile 1964, n. 900 . 770 Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 991 680 Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 992 682 Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 994 772 Sez. I, 27 aprile 1964, n. 1008 712 Sez. Un., 28 aprile 1964, n. 1017 683 Sez. I, 28 aprile 1964, n. 1021 773 Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039 712 Sez. Un., 11 maggio 1964, n. 1120 694 Sez. III, 13 maggio 1964, n. 1148 715 Sez. I, 18 maggio 1964, n. 1213 719 Sez. Un., 19 maggio 1964, n. 1222 '696 Sez. Un., 23 maggio 1964, n. 1268 774 Sez. III, 27 maggio 1964, n. 1302 720 XIV RASSEGNA DELL,AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 1� giugno 1964, n. 1355 Sez. Un., 1� giugno 1964, n. 1356 Sez. Un., 6 giugno 1964, n. 1397 Sez. I, 9 giugno 1964, n. 1425 Sez. I, 15 giugno 1964, n. 151'8 Sez. I, 18 giugno 1964, n. 1568 Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1815 Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1819 Sez. I, 14 luglio 1964, n. 1895 Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1906 Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1908 Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1909 Sez. I, 24 luglio 1964, n. 2019 Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2054 Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2056 Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142 TRIBUNALI Napoli, _sez. I, 16 aprile 1964 LODI 'ARBITRALI 21 marzo 1964, n. 12 $ agosto 1964, n. 61 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 5 febbraio 1964, n. 5 Ad. Plen., 22 maggio 1964, n. 11 Sez. IV, 13 maggio 1964, n. 503 Sez. IV, 24 giugno 1964, n. 834 Sez. V, 28 febbraio 1964, n. 295 Sez. V, 6 marzo 1964, n. 328 . Sez. V, 13 marzo 1964, n. 364 Sez. V, 17 aprile 1964, n. 506 GIURISDIZIONI PENALI TRIBUNALI L'Aquila, 18 aprile 1964 pag. 776 721 777 722 723 724 725 )) 783 784 729 � 793 730 731 785 � 788 B 733 pag. 735 pag. 794 � 796 pag. 741 746 � 750 D 750 � 751 753 � 754 � 754 pag. 801 -~ -�~ ~ ~ ::.� ~ ~ -~ SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA P. GAsPARRI, Teoria giuridica della Pubblica Amministrazione -Nozioni introduttive (recensione) pag. 117 C. MoRTATI, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalit� (�Quaderni della Giurisprudenza costituzionale�, I) (recensione) 122 MASSIMARIO COMPLETO DELLA GIURISPRUDENZA DEL CONSIGLIO DI STATO 1932-1961 (a cura della Rassegna "11 Consiglio di Stato�) (recensione) 124 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Provvedimenti legislativi Disegni e proposte di legge Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit�: -Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale . -Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale � 125 126 130 132 QUESTIONI A. Cmcco, all'uso Lo stadio pubblico formativo della demanialit� e la destinazione � 136 CONSULTAZIONI Indice siStematico delle consultazioni . � 141 PARTE PRIMA -:~ -:~ GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 7 marzo 1964, n. 14 -Pres. Ambrosini - Rel. Papaldo -Costa (avv. Stendardi) -Societ� Edisonvolta {avv. Sorrentino, Dedin, Pizzi) -E.N.E.L; (avv. Piccardi, Galateria, Giannini, Santoro-Passarelli) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Tracanna). Giudizio di legittimit� costituzionale -Giudizio incidentale di legittimit� costituzionale -Rilevanza -Sindacato della Corte Costituzionale -Limiti -Insussistenza � prima facie � del giudizio -Insindacabilit� del giudizio di rilevanza. (l. 11 marzo 1!153, n. 87, art. 23). Costituzione della Repubblica -Parlamento ~ Cost. art. 67 Libert� dei membri del Parlamento -Divieto di mandato imperativo -Libert� per il parlamentare di votare contro le direttive del partito -Preteso contrasto della legge n. 1643 del 1962 con l'art. 67 Cost. -Infondatezza della questione. (Cast., art. 67). Espropriazione per pubblico interesse -Cost. art. 43 -Requisito dei fini di utilit� generale -Sindacato della Corte Costituzionale -Limiti.. (Cast., art. 43). Trattato internazionale -Cost. art. 11 -Forza di legge ordinaria delle norme di esecuzione del trattato -Contrasto con la legge di esecuzione -Non d� luogo a questione di legittimit� costituzionale per contrasto con l'art. 11 Cost. (Cast., art. 11). La Gorle Costituzionale non pu� sindacare il merito del giudizio di rilevanza pronunciato dal giwdioe a quo, se esiste una congrua motivazione; mentre potrebbe dichiarare inammissibile la ca~ incidentale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 628 se la rilevanza del giudizio di merito apparisae prima facie insussistente (1). In base all'art. 67 della Costituzkme viene assicurata la libert� dei membri del Parlamento nell'esprimere il loro voto, con la conseguenza che, i parlamentari sono liberi di votare secondo gli indirizzi del partito, ma sono anche liberi di sottrarvisi.� Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, in riferimento all'art. 67 della Costituzione (2). (1) Le questioni sopra indicate sono state risolte dalla Corte Costituzionale con la �:Perspi�ua ed importantissima sentenza, della quale omettiamo la intera motivazione in diritto (gi� pubblicata in Foro it. 1964, I, 465). Poche parole circa la prima massima con la quale la Corte riafferma il proprio orientamento in materia di controllo del presupposto della � rilevanza n della questione di legittimit� costituzionale sul giudizio di merito, nel senso che la valutazione della rilevanza spetti esclusivamente al Giudice del merito ed alla Corte non competa se non controllare che il giudizio sia stato formulato e motivato (sentenze 22 dicembre 1961, n. 78; 2 marzo 1962, n. 13 e 10 aprile 1962, n. 32). Peraltro, la sentenza che 'annotiamo ipotizza, conformemente alla tesi prospettata in giudizio di!!lla Avvocatura, la possibilit� di casi-limite, nei quali risulti evidente �prima facie� l'assoluta erroneit� della valutazione da parte del Giudice a quo, e, quindi, la sostanziale mancanz;a del requisito. E per questi casi afferma, in linea generale, la propria competenza agli effetti di � dichiarare inammissibile la causa incidentale 11. Questa previsione aippare esatta, e tende, appunto, a mantenere il controllo della Corte sui presupposti della instaurazione del giudizio costituzionale nei giusti confini segnati dall'attuale nostro sistema, evitando che possa essere rimessa la questione di legittimit� costituzionale mediante una lite che � una semplice ed artificiosa parvenza, creata al solo scopo di investire la Corte, direttamente e princ:palmente, della questione stessa. (2) Con la seconda massima la Corte, pur riaffermando, implicitamente, la propria competenza al controllo del procedimento di formazione delle leggi, ha, in sostanza, accolto la ecceziO'lle -proposta dall'Avvocatura -circa la estraneit� dell'art. 67, concernente lo status di membro del parlamento, a quel procedimento, regolato, invece, dagli artt. 70 e segg. della Carta Costituzionale. La Corte ha anche mostrato di accogliere la tesi di merito prospettata dalla Avvocatura, secondo .cui l'appartenenza dei membri del parlamento ai partiti (appartenenza istituzionalizzata sia nella fase della candidatura che in quella di ~serclZio del m.iindato) non importa contraddizione o menomazione del principio sancito nell'art. 67, in quanto � garantita la libert� del parlamentare di sottrarsi in ogni momento alla c.d. disciplina di partito;� nonch� la tesi per cui, se il voto risulti espresso in base ai regolamenti parlamentari ed il disegno di legge risulti appmvato con regolare maggioranza ed articolo per articolo, secondo quanto prescritto nell'art. 72, 1� comma della Costituzione, la legge stessa deve ritenersi regolarmente approvata in base al precetto costituzionale; per il quale non pu� avere rilevanza se non la volont� espressa ool voto dai singoli parlamentari e non i motivi, anche se dichiarati, che avrebbero ispirato il voto stesso, ossia I'� iter.� psicologico-politico attraverso il quale ciascun singolo parlamentare ha ritenuto di potersi determinare al voto favorevole piuttosto che a quello contrario. PARTE I, SEZ. I; GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 629 Spetta alla Corte Costituzionale il sindacato di legittimit� su�fesistenza, nelle leggi, dei fini di utilit� generale ai sensi dell'art. 43 della Costituzione, tenendo conto dell' awrezzamento di tali fini compiuto dalforgano legislativo (3). Ai sensi .dell'art. 11 della Costituzione � possibile stipulare trattati con cui si assumano limitazioni della sovranit�, dandovi esecuzione con legge ordinaria, senza per� che una legge -la quale contenga disposizioni difformi da quei patti ......,. possa essere co~rata incosti (3) Con la terza massima la Corte ha affrontato la questione centrale di merito proposta avverso la nazionalizzazione dell'energia elettrica in Italia: questione che, sotto il profilo strettamente giuridico, concerneva la esistenza o meno dei "fini di utilit� generale" previsti dall'art. 43 per la riserva di determinate attivit� economiche e per il trasferimento di imprese o categorie di imprese. La Corte ha riaffermato, anzitutto, la propria competenza al sindacato di legittimit� sulla esistenza dei fini di utilit� generale, secondo l'orientamento gi� seguito con le note sentenze n. 11 del 23 giugno 1960 (centrale del latte) e n, 59 del 13 luglio 1960 (monopolio statale della televisione). Premessa questa aff�rmazione, la Corte si � addentrata, nei riguardi della legge impugnata, in un controllo che, pur restando nell'ambito segnato dalle due precedenti sentenze, contiene indubbiamente aspetti e profili ben pi� penetranti. La Corte ha, invero, indicato, come compresi nell'indagine di legittimit�, oltre al controllo circa I'� an � dello apprezzamento dei fini di. utilit� generale espressa-. mente stabiliti dal precetto costituzionale, anche il controllo di questo apprezzamento, sia pure nei limiti della assenza di criteri illogici, arbitrari o contraddittori ovvero di contrasto con i presupposti di fatto. Ha aggiunto che si dovrebbe egualmente concludere per la esistenza d'un vizio di legittimit� � se si accertasse che la legge abbia predisposto mezzi inidonei o contrastanti con lo scopo che essa doveva conseguire ovvero risultasse che gli organi legislativi si siano serviti della legge per realizzare una finalit� diversa da quella di utilit� generale con la norma costituzionale additata �. L'esito di queste indagini � stato pienamente favorevole alla legittimit� della legge di nazionalizzazione. Nondimeno, con questa sentenza la Corte sembra aver posto per la prima volta con assoluta chiarezza di terminf il problema della estensione e dei limiti del proprio sindacato di legittimit� in tutta la estensione consentita. nell'attuale sistema, estensione che comprende tutti gli aspetti sopra indicati, mentre esclude la indagine circa � la scelta dei fini e dei mezzi � rispetto a cui il controllo di legittimit� si deve arrestare entro i limiti al di l� dei quali il controllo stesso costituirebbe una inammissibile ingerenza nella sfera di discrezionalit� politica spettante all'organo legislativo. Pur con questa necessaria discriminazione, resta l'accennata ampia delimi tazione del contenuto e della estensione del sindacato di legittimit� costituzionale. Com'� noto, in dottrina si sostiene l'ammissibilit� del sindacato dell'eccesso di potere nei riguardi delle leggi principalmente allorch� il legislatore, com'� nel caso della nazionalizzazione, sia vincolato da una norma costituzionale di scopo alla quale non pu� contraddire: cfr. MoRTATI, fatituzioni, IV, 838 e sul controllo, in genere, deHa discrezionalit� legislativa nel nostro sistema costituzionale; sulla ammissibilit� dello eccesso di potere legislativo, cfr. anche lo studio di TRACANNA, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 630 tuzionale neppure p.er violazione indiretta dell'art. 11 attraverso il contras, to con la legge esecutiva del trattato (4). La illegittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, Raccolta di st�di costituzionali dell'Avvocatura dello Stato, Roma, 1957, 104 e segg. dello e�>tratto. (4) L'ultima massima concerne la conformit� della legge suN'ENEL all'art. 11 della Costituzione, sotto il profilo di una pretesa violazione di alcune norme del Trattato di Roma 25 marzo 1957 sulla Comunit� Economica Europea. Trattandosi di questione che � stata rimessa anche alla Corte di Giustizia della Comunit�, la quale si � solo di recente pronunciata, se ne rinvia lesame ad altro numero della Rassegna sia per quanto attiene ai profili strettamente costituzionali che a quelli comunitari. LUCIANO TRACANNA CORTE COSTITUZIONALE, 19 maggio 1964, n. 36 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli -, Bedon e Temperini (avv. Ragno) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Varvesi). Costituzione della Repubblica -Leggi, decreti e regolamenti Riserva di legge in materia penale -Legge sulla repressione degli abusi di stupefacenti -Elenchi delle specialit� stupefacenti pubblicati dal Ministero della Sanit� -Violazione della riserva di legge -Esclusione. (1. 22 pttobre 1954, n. 1041, artt. 1, 3, 6, 18, 25, Cost. art. 25). Non violano la riserva di legge posta dall'art. 25 della Costituzione per lq-materia penale le disposizioni della legge 22 ottobre 1954, n. 1041, contenenti sanzioni penali per l'illecito uso di sostanze stupefacenti, indicate .negli appositi elenchi approvati dal Ministero della Sanit�; ci� in quanto le singole voci degli elenchi a cui tali disposizioni fanno rinvio costituiscono indicazioni particolareggiate che, per le variabili forme de~la sostanza e per le continue e rinnovate indagini cui � soggetta, si sottraggono alla� possibilit� di una anticipata specificazione da parte della legge; e questa, a:altra parte, non soltanto indica la condotta vietata, ma anche l'oggetto materiale del delitto, idoneamente designato, al fine� di una sufficiente posizion� della fattispecie penale, con respressione a sostanze o. preparati indicati nelfelenco degli stupefacenti� (1). (1) La sentenza trae ongme da quattro o�rdinanze di rmvio, a CO'Iltenuto pressocch� analogo del Tribunale di Milano, in data 30 ottobre 1963, del Giudice Istruttore presso il Tribunale di Venezia, in data 14 e 16 novembre 1963, e del Giudice Istruttore presso il Tribunale di Massa, in data 5 dicembre 1963, tutte pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio 1964, n. 21. PARTE I, SE'Z. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 631 (Omissis). -:E: opportun� ricordare che gli elenchi degli stupefacenti esistevano, obbedendo a molteplici finalit�, ancor prima della 1egge impugnata (v., tra l'altro, il d.m. 18 febbraio 1937, modificato con d. c. g. 24 gennaio 1942, in G.U. 7 febbraio 1962, n. 31). Ma ci� che soprattutto importa � il collocare questa legge, e gli elenchi cui essa si riferisce, nel quadro degli accordi internazionali in materia, accordi 1e cui iniziali manifestazioni rimontano ai primi decenni del secolo, e riguardano non soltanto gli stupefacenti come piaga sociale da combattere, ma tutto il complesso delle progressive esperienze inerenti all'uso normale di tali sostanze, per scopi commeTciali, terapeutici e scientifici. (Convenzione di Ginevra del 19 febbraio 1925, approvata in Italia con r.d.l. 31 dicembre 1928, n. 3517; Convenzione di Ginevra del 13 luglio 1931, approvata con I. 16 gennaio 1933, n. 130; Protocollo di Parigi del 19 novembre 1948, approvato con I. 27 ottobre 1959, n. 1070, ecc.). In questi accordi, tra le finalit� degli Stati contraenti, preminente � quella relativa alla precisa identificazione delle sostanze aventi azione stupefacente, finalit� che si realizza appunto mediante la formulazione di elenchi, inclusi nel testo degli accordi e quindi negli atti dei singoli Stati, e sottoposti inoltre a tutto un meccanismo di continuo aggiornamento. E ci� in ispecie dopo che i progressi raggiunti dalla chimica e dalla farmacologia moderna hanno condotto alla realizzazione di droghe sintetiche, con la conseguente necessit� di disciplinarne la fabbricazione e la distribuzione e di combatterne i crescenti e deplorevoli abusi (v. preambolo del Protocollo di Parigi del 19 novembre 1948). :�: da aggiungere che la �disciplina internazionale degli stupefacenti, gi� affidata a un Comitato centrale permanente presso la Societ� delle Nazioni, La Corte costituzionale ribadisce la sua giurisprudenza in materia di " riserva di legge �. Con le sentenze richiamate nel testo della decisione, invero, la Corte aveva escluso la violazione di tale riserva a proposito di prestazioni patrimoniali, imposte in base alla legge, ancorch� non prefissate in un limite massimo (sent. 26 gennaio 1957, n. 4, Giur. it., 1957, I, 1, 209, circa il c.d. " diritto di contratto � a favore dell'Ente risi); di attribuzione di competenze tecnico-amministrative all'autorit� amministrativa, al fine del soddisfacimento di esigenze di carattere variabile e contingente (sent. 27 marzo 1962, n. 31, Giur. it., 1962, I, 1, 915, circa le caratteristiche di lunghezza e di frenatura delle trattrici agricole); d~ determinazione della pena, proporzionalmente al valore del bene oggetto della tutela penale (sent. 12 marzo 1962, n. 15, Giur. it., 1962, I, 1, 647, circa le ammende ai contravventori di divieti di caccia e pesca, proporzionalmente alle bestie catturate o uccise o ferite). Con la presente sentenza, infine, la Corte afferma il principio, parallelo a quello " quoad poenam � di cui alla sentenza n. 15 del 1962, che, anche " quoad delictum �, la riserva di legge non va intesa in senso formalistico, ma in senso funzionale, in relazione alla materia oggetto della tutela penale. In dottrina cfr. PECORARO ALBANI, Riserva di legge, regolamento, norma penale in bianco, Riv. it. dir. proc. pen., 1959, 762, segg. F01s, La riserva di legge, Milano, 1962. 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � posta attualmente sotto la sorveglianza di. una Commissione degli stupefacenti presso l'ONU alla quale i singoli Stati aderenti alle convenzioni devono far capo, per tutto ci� che concerne la fabbricazione e distribuzione dei prodotti e relativi limiti, rigorosamente stabiliti. Tali precisazioni erano opportune per significare come priva di fondamento sia lasserzione che nella formazione _degli elenchi lAmministrazione competente sia arbitra di includere o escludere questa o quella materia, mentre � evidente che le specifiche qualificazioni compiute a livello internazionale fanno di questi elenchi niente altro che l'attuazione degli accordi intervenuti fra gli Stati contraenti. La stessa I. n. 1041, che contro gli abusi dispone una reazione penale �ben pi� severa che non quella stabilita nel codice, deve la sua emanazione anche alle sollecitazioni pervenute all'Italia dalla Commissione stupefacenti dell'ONU (Atti parlamentari, Senato della Repubblica 1953, doc. 314, p. 2). La questione relativa al valore e alla posizione che lelenco degli stupefacenti assume in relazione alla struttura del precetto penale non si presenta nuova a questa Corte; pu� essere riportata ad altre questioni analoghe gi� decise con precedenti sentenze. Atti e provvedimenti dell'Amministrazione aventi per oggetto determinazioni di prezzi, denominazioni tipiche di prodotti, modifiche a norme della circolazione stradale, ecc., rispondenti a . valutazioni di carattere tecnico o oontingente, in connessione con precetti penali posti a garanzia della loro osservanza (sentenze n. 103 del 1957, n. 4 del 1958, n. 15 e 31 del 1962, ecc.) sono stati ritenuti legittime manifestazioni dell'attivit� normativa dell'Amministrazione, e le loro. specifiche statuizioni considerate al di fuori del precetto penale, il quale deve ritenersi gi� integralmente costituito con la generica imposizione di obbedienza a quegli atti e provvedimenti. Nella questione �in esame l'aspetto particolare che viene posto in luce � che l'art. 6 si riferisce non, in genere, a sostanze stupefacenti, bens� a �sostanze o preparati indicati nell'elenco degli stupefacenti�. Con ci�, tuttavia, non si d� luogo a un precetto penale la cui fonte sarebbe, come si assume, parte nella legge e parte nell'atto amministrativo (elenco degli stupefacenti). Il precetto penale, ai :fini della riserva di legge, riceve intera la sua enunciazione con la generale imposizione del divieto. Le singole voci degli� elenchi a cui essa fa rinvio, costituiscono indicazioni particolareggiate� che, per le variabili forme della sostanza e ,per le continue e rinnovate indagini cui � soggetta (ben cinque elenchi si sono avuti successivamente alla I. n. 1041, di cui l'ultimo, approvato con d.m. 4 giugno 1960, revoca tutte le precedenti disposizioni) si sottraggono alla possibilit� di una anticipata specificazione da parte della legge. Indubbiamente questo concorso fra norme di legge e statuizioni amministrative, di cui continuamente . si manifesta la necessit� nella disciplina giuridica, deve verificarsi con I~ PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 633 la piena osservanza delle norme costituzionali e, in particolare, quando ricorrano precetti penali, della riserva di legge di cui all'art. 25 della Costituzione. Ma la Corte ritiene che, tale osservanza non sia venuta meno nella legge in esame. Con la formula dell'art. 6 non soltanto � stata, dalla legge, indicata la condotta vietata (vendita senza autorizzazione, acquisto, cessione, detenzione, ecc.), ma anche l'oggetto materiale del delitto. Il quale deve ritenersi idoneamente designato, al fine di una sufficiente posizione della fattispecie penale, con la espressione � sostanze o preparati indicati nell'elenc.o degli stupefacenti�. Del resto non � stato mai posto in dubbio che nelle figure di reato prevedute dagli artt. 446-447 c.p. la enunciazione del precetto da parte della legge fosse completa,� pur essendo l'oggetto materiale indicato, puramente e semplicemente, con la locuzione � sostanze stupefacenti �. Si � riconosciuto a tal proposito, in uno degli scritti difensivi, con riferimento alle predette norme del �codice, che in esse il precetto rimaneva posto esdusivamente dalla legge, mentre gli elenchi valevano, tutt'al pi�, per il giudice come utile guida di carattere tecnico. Ma ci� altro non significa se non che il precetto era dalla legge sufficientemente posto con quella formula, pur nella sua genericit�. Ora, lart. 6 della 1. n. 1041 nulla sostanzialmente ha tolto alla formula del codice; n� pu� dirsi che il precetto non sia posto dalla legge sol perch� questa fa richiamo all'elenco degli stupefacenti. La formula dell'art. 6 � non meno sufficiente a costi.tuire il precetto penale, in quanto, lasciando ferma in tutta la sua validit� la indicazione generica della precedente, vi aggiunge un ulteriore elemento di certezza. Le due formule, d'altra parte, si equivalgono anche in ci�, che con nessuna di esse si elimina l'esigenza di un accertamento tecnico. Alla quale si ottempera dall'art. 6 mediante il rinvio agli elenchi, che di accertamenti tecnici sono il risultato; mentre negli artt. 446, 447 c.p. siffatta esigenza rimane necessariamente implicita nella stessa astratta locuzione di � stupefacenti �, che della sostanza indica gli effetti ma non contiene la individuazione. Tutto ci� con la seguente rilevante differenza: che nell'applicazione delle norme del codice gli accertamenti subivano le incertezze, le insufficienze, le difformit� delle valutazioni disposte volta per volta dal giudice, mentre nella ipotesi dell'art. 6 della legge impugnata la preventiva indicazione degli elenchi fornisce la garanzia di una qualificazione unitaria, valevole, in base agli accordi internazionali, per tutti gli Stati contraenti e in tutti i casi di uso illecito che la realt� presenta all'esame del magi:strato. Per il quale, del resto, la possibilit� della indagine tecnica resta pur ferma, ed � quella che � propria della sua funzione: accertare cio� se, in concreto, la sostanza che ha dato luogo al procedimento corrisponda oppur no ad una delle categorie indicate negli elenchi. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 634 CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 42 -Pres. Ambrosini - Rel. Chiarelli -Dell'Albani e Cascione {n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Guglielmi). Esecuzione fiscale -Inammissibilit� dell'opposizione agli atti esattoriali sui mobili del debitore da parte del coniuge o di parenti o affini entro il terzo grado, giusta l'art. 207 t.u. imposte dirette -Contrasto con gli artt. 24 e 42 della Costituzione -Non sussiste. (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. b; Cost. artt. 24, 42). L'art. 207 lett. b) del t.u. sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, secondo il quale l'opposizione di terzo prevista dati:art. 619 c.p.c. non pu� essere proposta dal coniuge o da parenti o affini entro il terzo grado del contribuente o del coobbligato, re"lativamente ai mobili esistenti nella casa di ooitazione del debitore (a meno che non si tratti di beni costituiti in dote prima della presentazione della dichiarazione annuale o della notifica dell'avviso di accertamento delrimposta) si inquadra nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni, regolato da norme di diritto sostanziale. Di conseguenza, tale norma non contrasta con l'art. 24 della Costi tuzione, dato che essa non esclude la difesa processuale di una situazione giuridica riconosciuta; n� contrasta con rart. 42 della Costituzione, in quanto, secondo lo stesso testo costituzionale, che prevede limiti ai modi di acquisto e di godimento della propriet�, la legge ordinaria pu� disporre che non sia opponibile ai terzi, o ad alcuno di essi, il titolo di acquisto di una cosa mobile, destinata a garantire l'adempimento di una obbligazione (1). (Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale delf art. 207, Iett. b), del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi s�lle imposte dirette) � stata sollevata con riferimento alfart. 24, primo comma, e alrart. 42, secondo comm�, della Costituzione. (1) L'ordinanza 15 febbraio 1963 del Pretore di Avola, che ha dato luogo al giudizio di legittimit� costituzionale, � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 18 maggio 1963 n..132. Circa la presunzione legale " iuris et de iure �, che assiste i beni mobili nella casa di abitazione del debitore e ne rende legittima lesecuzione forzata, anche in danno al proprietario: Cass. 7 febbraio 1952, n. 304, Giur. Compl. Ca,ss. Civ., Hl52, I, 203; Cass. 30 luglio 1949, n. 2070, Foro it., �1950, I, 872. Con sentenza 18 febbraio 1960, n. 4 (Giur. it., 1960, I, 1, 501) la stessa Corte aveva dichiarato non fondata la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione, dell'art. 63 t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401, sulla riscossione delle imposte dirette, contenente disposizioni anal�ghe. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTiTUZIONALE E INTERNAZIONALE 635 Si assume nell'ordinanza che la norma impugnata, col disporre che l'opposizione di terzi, per quanto riguarda i mobili esistenti nella casa -del debitore d'imposta, non pu� essere proposta dal coniuge di lui o dai suoi parenti ed affini {salvo i casi di beni costituiti in dote entro un certo termine), viola il principio secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Inoltre, nella stessa norma si scorge una violazione dell'art. 42 Cast., in quanto, col privare il coniuge o il parente del debitore della -difesa del suo diritto sui mobili, sostanzialmente si verrebbe ad annullare il suo diritto di propriet� sui medesimi. Ritiene la Corte che la questione sia infondata sotto entrambi gli aspetti. 2. -L'art. 2Cfl, lett. b), t.u. sulle imposte dirette si inquadra, pur con la particolarit� delle sue disposizioni, nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni, regolato da norme di diritto sostanziale. �, infatti, la legge sostanziale che stabilisce quali beni costituiscono la garanzia dei diritti del creditore. Esattamente � stato osservato che la norma che determina l'oggetto su cui pu� essere esercitata lazione esecutiva del creditore � una norma di diritto materiale, perch� delimita l'ambito entro il quale pu� essere usato lo strumento processuale fornito al creditore per la realizzazione del suo 'diritto, e stabilisce quali diritti del debitore e, in genere, quali situazioni giuridiche possono essere sacrificate perch� sia soddisfatto tale diritto attraverso I'es.ecuzione coattiva. In questa determinazione dell'oggetto dell'azione esecutiva, l'ordinamento giuridico, da una parte pone, come � noto, delle limitazioni alla responsabilit� patrimoniale del debitore, sottraendo �a detta azione alcune categorie di beni a lui appartenenti; dall'altra, in casi determinati e per ragioni attinenti alla peculiarit� di certi rapporti, rafforza la garanzia del credito, assoggettando all'azione esecutiva alcuni beni che si trovino in una particolare situazione locale, indipendentemente dall'esistenza �di eventuali �diritti di terzi su di essi. Sono in �questo senso quelle norme, -come l'art. 622 c.p.c. e l'art. 207 in esame, le quali, nell'esecuzione forzata, negano ad alcuni soggetti l'azione di separazione, relativamente alle cose mobili che si trovino nella casa del debitore. Le ragioni, di carattere pubblico e di interesse generale, che ispirano la norma dell'art. 207, lett. b), sono di tutta evidenza. Essa si collega alle finalit�, proprie del procedimento di esecuzione fiscale, di assicurare la riscossione delle imposte e di evitare fraudolente simulazioni, e non � in contrasto, a giudizio di questa Corte, con l'art. 24, primo comma, della Costituzione, il quale garantisce la difesa in giu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO 636 dizio dei diritti soggettivi, considerati nella configurazione e nei limiti che ad essi derivano dal diritto sostanziale; in particolare, dalla tutela assicurata dalla legge ad altri diritti e ad altri interessi, giudicati degni di protezione giuridica, secondo criteri di reciproco coordinamento. Nel caso in esame, la legittimazione a proporre opposizione di terzo trova un limite, per il congiunto del debitore, nella tutela del rapporto tributario, voluta dalla legge sul fondamento dell'esigenza di ordine pubblico, gi� ricordata, di assicurare l'adempimento del debito d'imposta e di impedire che fobbligato possa sottrarsi ad esso, col favore di persone a lui legate da vincoli familiari. Il legislatore, quindi, non ha escluso, in violazione dell'art. 24 della Costituzione, la difesa processuale di una situ.azione giuridica da esso stesso riconosciuta, ma ha disposto, con norma che appartiene alla disciplina sostanziale del rapporto d'imposta, una garanzia di adempimento dell'obbligo tributario, basandosi sulla situazione della cosa mobile nella abitazione del debitore; situazione che lo stesso coniuge o parente del debitore pu� aver concorso a creare, e delle cui eventuali conseguenze fiscali egli dov:eva essere comunque a conoscenza. 3. -Ugualmente infondata � la questione di legittimit� costituzionale dedotta in relazione all'art. 42, secondo comma, della Costituzione. Com'� noto, tale articolo, nel riconoscere e garantire la propriet� privata, attribuisce alla legge ordinaria la determinazione dei modi di acquisto e di godimento di essa e dei suoi limiti. La legge ordinaria pu�, quindi, disporre che non sia opponibile ai terzi, o ad alcuni di essi, il titolo di acquisto della cosa mobile, destinata a garantire l'adempimento di un'obbligazione. Nella specie il legislatore, nel coordinare la tutela del diritto di propriet� con la tutela del diritto di credito tributario, ed al fine di assicurare, nell'interesse sociale, la soddisfazione di quest'ultimo, ha escluso per il coniuge e per il parente o affine entro il terzo grado del debitore d'imposta la possibilit� di far valere l'eventuale titolo d� acquisto nei confronti dell'esattore, attribuendo rilevanza determinante alla posizione della cosa mobile nell'abitazione del debitore. 1 La norma, che trova riscontro in altre norme di diritto comune le quali, ai fini della tutela di un diritto di credito, attribuiscono rilevanza alla posizione locale della cosa mobile, anche in pregiudizio dei diritti dei terzi su di essa (v. artt. 2756, 2760, 2761, 2764 e.e.), non contrasta con la Costituzione, rientrando in quella disciplina del diritto� di propriet�, dei suoi modi �di acquisto e dei suoi limiti, demandata, come si � visto, alla legge ordinaria. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 637 N� vale in contrario la considerazione che nel caso dell'art. 207 la costituzione in dote � avvenuta tra terzi, rispetto al debitore d'imposta, giacch�, come si � innanzi accennato e come � stato esattamente rilevato dalla difesa dello Stato anche in armonia con una precedente �decisione di questa Corte, il coniuge e �n terzo sanno, o hanno l'onere <li sapere, che, costituendo beni mobili in dote in costanza di matrimonio, li assoggettano all'eventuale espropriazione forzata per debiti d'imposta diretta, qualora le cose stesse siano trovate nell'abitazione del contribuente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 43 -Pres. Ambrosini. - Rel. Manca -G.I. presso il Tribunale Militare di Roma -Sezione di Cagliari e Presidente Consiglio Ministri {avv. Stato Chiarotti). Ordinamento giudiziario -Giustizia militare -Conferimento temporaneo da parte del Procuratore Generale militare delle funzioni di Giudice Istruttore ai procuratori militari e viceversa -Contrasto col principio dell'indipendenza del Giudice -Esclusione. (r.d. 19 ottobre 1923, n. 2316, art. 15; I. 24 dicembre 1928, n. 3241, art. 4; Cost. art. 108). La disposizione del vigente ordinamento giudiziario militare, /,a quale consente al Procuratore Generale militare di conferire, per urgenti ragioni di servizio, ai vice procuratori militari, ai giudici relatori ed ai .sostituti-procuratori militari di (LSSUmere temporaneamente, e comunque per non oltre tre mesi, le funzioni di giudici istruttori, e viceversa, non .� in contrasto col principio delfindipendenza del giudic.e, stabilito dalfart. 108 della Costituzione, in quanto, nelfattuale organizzazione della giustizia militare, il Procuratore Generale adotta gli anzidetti provvedimenti non ai fini delfaccusa, ma ai fini del regolare e sol. lecito funzionamento della giustizia (1). (Omissis). -Il contrasto dell'ultimo comma dell'art. 15 del r.d. 19 ottobre 1923 .con l'art. 108, secondo comma, della Costituzione si verificherebbe, anzitutto, perch� i provvedim�nti contemplati dalla norma denunziata, provenendo dal Procuratore generale militare, capo (1) L'ordinanza 15 maggio 1963 del Giudice Istruttore presso il Tribunale militare territoriale di Roma -.Sez. autonoma di Caglia:ri, � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 21 luglio 1963, n. 201. Il principio secondo il quale la legge deve assicurare l'indipendenza e l'imparzialit� del giudice, anche speciale, trovasi enunciato, oltre che nelle sentenze RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 638 del pubblico ministero, determinerebbero la prevalenza del pubblico ministero, organo che, a parere del giudice a quo, avrebbe qualit� di parte, sul magistrato giudicante, dato che questo � posto in dipendenza disciplinare nei confronti del Procuratore generale e sul quale lo stesso Procuratore generale esercita la sorveglianza anche a mezzo� del Procuratore militare. L'asserto � infondato. Quei provvedimenti sono adottati dal Pro~ curatore generale non nella sua qualit� di capo del pubblico ministero militare, bens� nella sua veste di capo dell'ufficio preposto organicamente a tutta la magistratura militare (art. 50 dell'Ordinamento giudiziario militare approvato con r.d. 9 settembre 1941, n. 1022). Dicendo che la norma in esame � in armonia con il sistema dell'ordinamento giudiziario militare, non si vuole affermare che ci� basti per ammetterne la legittimit� costituzionale. Anche le norme relative alla giustizia militare devono non contrastare con i principi della Costituzione; ed in particolare per quanto attiene all'indipendenza dei giudici, vale pure rispetto a quelli militari lenunciazione fatta da questa . Corte con la sentenza n. 92 del 1962, secondo cui anche presso gli organi di giurisdizione speciale debbono essere garantite l'indipendenza e la imparzialit� del giudicante. � anche da riconoscere lesattezza, in linea di principio, dell'affermazione contenuta nell'ultima parte dell'ordinanza, -r,he la necessit� di soddisfare le esigenze di servizio non pu� sopraffare lesigenza di ordine costituzionale di assicurare l'indipendenza dei giudici. Ma la rispondenza della norma in esame al sistema dell'ordinamento della giustizia militare ed alle sue esigenze viene qui posta in rilievo, non per dichiarare infondata -solo per questo -la censura di illegittimit� bens� per tenere presente il criterio enunciato dalla Corte nella s�entenza n. 108 del 1962, nel senso che il requisito dell'indipendenza dei giudici speciali purch� resti sempre sostanzialmente saldo, �deve essere considerato in relazione ai particolari aspetti di ciascun tipo di giurisdizione. Ora, nell'attuale organizzazione della giustizia militare il Procu della Corte costituzionale citate nel testo della motivazione (20 dicembre 1962, n. 108, Giur. it., 1003, I, 1, 305; 27 novembre 1962, n. 92, ivi, I, 1, 322; 13 dicembre 1963, n. 156, Giust. pen., 1964, I, 10), nella precedente giurisprudenza della stessa Corte (sent. 5 maggio 1959, n. 22, Giur. cost., 1959, 319). Circa la legittimit� dell'attribuzione al Ministro della Difesa di provvedere alle assegnazioni del personale della giustizia militare alle singole funzioni ed alle varie sedi (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 17 dicembre 1957, n. 1204, Giur. cost., 1958, 1073). Per la legittimit� della norma dell'ordinamento giudiziario ordinario che consente l'applicazione dei pretori o degli aggiunti giudiziari �d altro mandamento del distretto, nella questione sollevata con ordinanza 20 marzo 1963 del PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 639 ratore generale. � rorgano che deve dare garanzia di imparzialit� nell'adottare i provvedimenti di carattere contingibile previsti dalla norma denunziata. Questi provvedimenti sono necessari non ai fini dell'accusa ma ai fini del regolare e sollecito funzionamento della giustizia: con tale intento la legge li affida al Procuratore generale, il quale non pu� adottarli per finalit� diverse. N� ha rilevanza il fatto che il magistrato militare investito delle funzioni in virt� del provvedimento :::tdottato dal Procuratore generale sia in rapporto di dipendenza gerarchica da costui a norma dell'art. 16 del r.d. 19 ottobre 1923, n. 2316. Anche nell'esercizio delle funzioni temporaneamente a lui affidate il magistrato militare � soggetto soltanto alla legge: il principio sancito nell'art. 101 della Costituz�one non pu� non valere per chiunque eserciti funzioni giurisdizionali, pure se non veste la toga del magistrato ordinario. E, pertanto, quale che sia il rapporto tra il magistrato militare cui sono affidate le funzioni ed il Procuratore generale e il Procuratore militare, l'esercizio di quelle funzioni non pu� non essere indipendente e libero da ogni influenza e da ogni soggezione di carattere gerarchico e disciplinare. Non soltanto qualunque ordine o mandato ma anche qualsiasi direttiva, istruzione, suggerimento da parte del Procuratore generale o del Procuratore militare costituirebbero una illegittima intromissione .. in una sfera di responsabilit� che non ammette altri vincoli all'infuori di quelli della legge. Altri aspetti sotto i quali, secondo l'ordinanza, si rileverebbe l'illegittimit� della norma denunziata sarebbero dati dal fatto che essa non dispone alcunch� in ordine alla precostituzione del giudice e fissa una insufficiente disciplina sia nei riguardi del momento in cui le funzioni istruttorie possono essere affidate sia nei riguardi della durata delle funzioni conferite. All'uopo, nell'ordinanza si fa notare che le funzioni istruttorie potrebbero �ssere conferite anche dopo che l'istruzione sommaria abbia avuto termine e quindi dopo che si � in grado di avem un'idea del modo con cui potrebbe concludersi un Pretore di Bordighera (Foro it., 1963, Il, 167) cfr. la sentenza della Corte n. 156 del 1963 gi� citata. In dottrina, conforme PisANI, In tema di legittimit� costituzionale delle disposizioni che disciplinano l'applicazione temporanea dei magistrati, Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 579 segg.; contra, FosCHINI, Giudici in nome del popolo, non gi� Commissari del Capo, della Corte, Foro it., 1963, II, 167 cit. Infine, in ordine al principio della c.d. � interpretazione adeguatrice �, citato nell'ultima parte della sentenza, per escludere la violazione del precetto costitu zionale a cagione di una eventuale interpretazione deformata della norma ordi naria, cfr. le precedenti sentenze della stessa Corte 14 luglio 1958, n. 49, Giur. cost., 1958, 577; 2 luglio 1958, n. 46, ivi, 569; 26 gennaio 1957, n. 24, ivi, 1957, 373; 2 luglio 1956, n. 8, ivi, 1956, 602. ' RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 640 procedimento. Si aggiung�e che, pur non essendo prevista una potest� di revoca nel conferimento delle funzioni, la mancanza di un termine minimo inderogabile di durata permetterebbe l'esercizio di una potest� di revoca. Con questi rilievi, l'ordinanza fa trasparire la preocx:upazione che dall'esercizio della facolt� di conferire le funzioni al termine dell'istruttoria e della facolt� di toglierle da un momento all'altro possano essere create o agevolate situazioni nelle quali l'indipendenza del giudice correrebbe il pericolo di menomazioni. L'accenno ad eventuali ripercussioni nei riguardi della precostituzione del giudice � stato fatto non per prospettare una violazione dell'art. 25 della Costituzi(lne, ma, come si evince sicuramente dalla motivazione e dal dispositivo dell'ordinanza stessa, per addurre un ulteriore argomento circa il contrasto con l'art. 108, secondo comma. Comunque, anche se la questione dovesse essere esaminata rispetto all'art.' 25, basterebbe riportarsi alla sentenza n. 156 del 1963, la quale ha dichiarato che i provvedimenti analoghi a quelli contemplati dalla norma qui denunziata non contrastano con il principio della precostituzione del giudice, essendo essi necessari per la continuit� e la prontezza della funzione giurisdizionale. Quanto agli altri rilievi in ordine alla violazione dell'art. 108, secondo comma, � da osservare che essi non si riferiscono, in sostanza, ad un contrasto tra la norma denunziata e la norma costituzionale, ma agli inconvenienti che potrebbero derivare dall'applicazione della norma denunziata, ove questa applicazione fosse preordinata a scopi non legittimi. Ora, � da rilevare, da un lato, che la incostituzionalit� di una norma non pu� essere basata esclusivamente sul fatto che essa possa dar luogo ad abusi, e, dall'altro, che ai fini del sindacato di legittimit� costituzionale, � buona regola -non perduta mai di vista dalla Corte -quella di far prevalere, rispetto ad una norma di dubbio significato, quella interpretazione secondo cui la norma sia fatesa in un senso conforme alla Costituzione. La Corte ritiene che una interpretazione in tal senso sia fondata: nel senso, cio�, che i provvedimenti previsti dalla norma denunziata sono atti emessi dal Procuratore generale non ai fini della accusa ma ai fini del retto e sollecito funzionamento della giustizia e che pertanto essi non possano essere adottati se non per fini obiettivi, giustificati dalle esigenze di servizio: men che meno potrebbero essere adottati per attentare all'indipendenza del giudice. Se talvolta, per avventura, fossero ispirati a finalit� diverse, sarebbero illegittimi e, come tali, determinerebbero le reazioni previste dall'ordinamento; n� sarebbe da escludere la possibi1it� dell'astensione e della ricusazione, ove ne ricorrano i presupposti. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 641 CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 44 -Pres. Ambrosini - Rel. Verz� -Marchetti (n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Foligno). Prostituzione � L. 20 febbraio 1958 n. 75 sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione -Fattispecie legale prevista dall'art. 3 n. 8 (favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione altrui) -Contrasto con l'art. 25 della Costituzione -Esclusione. (I. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, n. 8; Cost. art. 25). La norma di cui all'art. 3 n. 8 della legge 20 febbraio 1958 n. 75, che punisce chiunque favorisca o sfrutti la prostituzione altrui, non � in contrasto con il principio della riserva di legge stabilito dall'art. 25 della Costituzione, in quanto i concetti di agevolazione e di sfruttamento della prostituzione presentano una obiettivit� ben de-finita, anche perch� da tempo acquisiti nel codice penale e sottoposti a lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale (1). {Omissis). -2. -La questione, la cui rilevanza ai fini della decisione del processo principale appare evidente, non � fondata. :�: da premettere che non � affatto pertinente il richiamo al principio della libert� personale dei cittadini ed a quello della personalit� penale, gar�ntiti dagli artt. 13 e 27 della Costituzione. Invece, la norma (1) La questione di legittimit� costituzionale traeva ongme dalla ord~nanza 4 luglio 1963 del Tribunale di Firenze, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 ago� sto 1963, n; 231. La sentenza 27 maggio 1961, n. 27, della Corte Costituzionale, citata nella motivazione, � pubblicata in Giur. it., 1961, I, l, 1403, con ampia nota di richiami. La stessa Corte, con la sentenza 23 marzo 1964, n. 23 (in questa Rassegna, 1964, 257) . aveva affermato che non sussiste violazione costituzionale allorquando il precetto penale sia espresso in maniera non equivoca, ancorch� la sua interpretazione comporti un margine di discrezionalit�, perch� ci� � insito in ogni giudizio diretto alla applicazione di norme giuridiche. Ed � strano che sia la Corte C�stituzionale a dovere richiamare l'attenzione dei giudici del merito sulla ampiezza dei loro poteri nell'interpretare la legge, correggendo una certa "tendenza formalistica che praticamente ne importerebbe limitazione. Il rilievo appare tanto pi� pertinente nella materia in esame, in cui esiste una impe>nente produzione giurisprudenziale della Corte Suprema di Cassazione, che ha chiaramente identificato le fattispecie legali dei de1:tti previsti dall'art. 3, n. 8 della c.d. � legge Merlin '" Basti riom:dare, fra le tante, Cass. 6 marw 1961, Fusco, Giust. pen., 1962, II, 572 segg.; 7 luglio 1961, CANNONE, ivi, II, 423; 6 novembre 1963, BROGLIO, ivi, 1964, II, 82; 23 aprile 1963, SPINELLI, ivi, 1964, II, 80; 17 aprile 1963, RosATO, ivi, 1964, II, 84; 5 aprile 1963, MoVILLA, ivi, 1964, II, 81. 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 642 che d� fondamento legale alla potest� punitiva, ed espressamente sancisce la non retroattivit� della legge nel tempo, � contenuta nell'art. 25 della Costituzione, il quale, nel secondo �comma, dispone che: � nessuno pu� essere punito se non in forza di una legge, che sia entrata in vigore prima del fatto commesso li. La questione, nei termini propos. ti dall'ordinanza, pu� essere quindi esaminata soltanto in riferimento all'art. 25. 3. -Il Tribunale afferma che la formulazione della norma impugnata, la quale punisce colui che � in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui li � generica, priva di contenuto e non concreta perci� una espressa ed individuata previsione del fatto costituente reato; dal che deriverebbe un contrasto col precetto costituzionale della espressa riserva di legge in materia penale, richiesta dall'art. 25 della Costituzione. La Corte ritiene che siffatto apprezzamento non � giustificato. Particolari ragioni di tutela della dignit� umana hanno indotto il legislatore ad abolire la regolamentazione della prostituzione, la registrazione, il tesseramento e qualsiasi altra degradante qualificazione o sorveglianza sulle donne che esercitano la prostituzione. Il legislatore non si � per� limitato a dare una nuova disciplina, ma, preoccupato delle conseguenze dannose che possano derivarne, ha seguito anche un'altra direttiva, che appare riprodotta nel titolo della legge in esame (lotta contro lo sfruttamento della prostituzione). Ha emanato quindi nuove norme penali, atte a reprimere la diffusione di questo male sociale, prevedendo -nell'art. 3 della ripetuta legge -varie ipotesi criminose, onde punire quelle attivit� che in qualsiasi modo vengano a ledere l'interesse che si intende tutelare. I concetti di agevolazione e di sfruttamento della prostituzione altrui presentano una obbiettivit� ben definita, anche perch� acquisiti da tempo nel codice penale e sottoposti a lunga elaborazione dottrinale. Essi hanno un preciso ed inconfondibile significato, che non si presta ad equivoche interpretazioni. Allargare il raggio di applicazione della previsione legislativa fino a comprendere attivit� che prima rimanevano impunite non significa svuotare di contenuto la norma, ma estenderla e rafforzarla. E la circostanza che sia stata usata una formula, la quale, pur essendo di pi� ampio contenuto, risulti sinteticamente espressa, non costituisce un vizio della norma -siccome ritiene rordinanza di rimessione -ma un fatto normale in materia penale. Ed invero, tutti i comandi giuridici sono per loro natura di carattere generale ed astratto; ed � ben noto che, nell'indicare i fatti tipici costituenti reato, la legge a volte fa una descrizione minuta di essi, ma spesso si limita a dare un'ampia nozione del fatto, senza scendere a particolari di esecuzione. E gi� questa Corte ha avuto occasione di PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 643 affermare in proposito che � il principio in virt� del quale nessuno pu� essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge {art. 1 del Codice penale) non� � attuato nella legislazione penale seguendo sempre un criterio di rigorosa descrizione del fatto. Spesso le norme penali si limitano ad una descrizione sommaria ed all'uso di espressioni meramente indicative, realizzando nel miglior modo possibile lesigenza di una previsione tipica dei fatti costituenti reato � {sent. n. 27 del 23 maggio 1961). Bisogna infine rilevare che queste nuove figure di reato, sottoposte al vaglio della dottrina e della giurisprudenza, sono state efficacemente determinate nei loro contorni e limiti. Onde, sotto qualsiasi aspetto esaminata, la censura della norma appare priva di fondamento. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 45 -Pres. Ambrosini - Rel. Cassandro -Zoo.asi (avv. Casarini, Fabbrici, Viola) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Foligno). Tasse ed imposte comunali -Imposta di famiglia -Interpretazione autentica dell'art. 17 del t.u. finanza locale circa l'autonomia della determinazione della base imponibile e dell'accertamento rispetto ai tributi erariali -Contrasto con l'art. 53 della Costituzione -Non sussiste. (r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 117; I. 16 settembre 1960, !Il. 1014, art. 18; I. 15 febbraio 1963, n. 150, art. unico; Cost. art. 53). La facolt�, riconosciuta agli uffici accertatori dei Comuni dalrart. 18 della legge 16 settembre 1960 n. 1014, considerata, dalla legge 15 febbraio 1963 n. 150, come interpretazione autentica delfart. 117 t.u. finanza locale, di accertare, in guisa autonoma dagli uffici erariali la base imponibile delI'imposta di famiglia, non viola il principio dell,a capacit�. contributiva del contribuente stabilito dal'l"art. 53 della Costituzion�. La legge impugnata, infatti, non ha modificato I'oggetto delfimposta, n� gli elementi da tenere presenti nell� determinazi.one dell'imponibile, n� il modo in cui essi devono essere assunti; ma il suo effetto retroattivo si � limitato ad un punto non essenziale della figura del tributo, e ad eliminare intorno ad esso dubbi ed incertezz@ (1). (1) Il Tribunale di Modena, nel giudizio civile Zanasi -Comune di Modena, con ordinanza 20 giugno 1963 (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 1963, n. 231) sollevava la questione di legittimit� costituzionale delle norme in epigrafe, sotto il profilo che la retroattivit� connessa alla lOYo natura interpretativa costitnisse RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -Il problema sottoposto all'esame della Corte � quello, come si esprime testualmente l'ordinanza, della " costituzionalit� della retroattivit� tributaria n. Vero � che nel testo � profilato anche un contrasto tra la legge impugnata e il principio, che si trarrebbe dal1' art. 119 della Costituzione, per il quale finanza locale e finanza statale devono essere coordinate fra loro, ma la questione di costituzionalit� che ne discende, non � stata esplicitamente proposta dal giudice a quo, che s�embra anzi volerne prescindere, sicch� un'interpretazione coerente dell'ordinanza porta ad escludere che essa sia stata sottoposta al giudizio di questa Corte. A maggior ragione devono essere considerate fuori dei� limiti del presente giudizio le numerose questioni che la difesa della parte privata ha sollevato nelle deduzioni e, ampiamente, nella discussione orale, in relazione a numerosi precetti costituzionali (artt. 3, 5, 23, 25, ecc.). 2. -Il Tribuna1e di Modena non ignora la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale una legge tributaria retroattiva (come ogni altra Ilegge non penale), non � di per s� viziata di incostituzionalit�, e che il carattere retroattivo di una legge siffatta pu� comportare un'illegittimit� costituzionale soltanto �se porti, come sua conseguenza, la violazione di ~ un precetto o di un principio contenuti nella Costituzione. In conse� guenza, l'ordinanza propone la questione nei confronti dell'art. 53 della violazione del prmc1p10 della capacit� contributiva del cittadino, sancito dall'art. 53 della Costituzione. La legge impugnata segnava il traguardo di un quasi ventennale d~battito dottrinale e giurisprudenziale circa l'interdipendenza o, per converso, l'autonomia, dell;imposizione tributaria comunale rispetto a quella statale. L'art. 117 �del t.u. per la finanza locale, dispone, infatti: �L'imposta (di famiglia) colpisce l'agiatezza della famiglia desunta dai redditi o proventi di qualsiasi natura e da ogni altro indice apparente di agiatezza �. � Il successivo art. 119 disponeva: � Per i contribuenti assoggettati all'imposta -complementare di Stato, le aliquote dell'imposta di famiglia sono applicate agli imponibili che servono di base alla determinazione della complementare, senza che occorrano ulteriori accertamenti da parte del Comune � � L'art. 119 fu abrogato dall'art. 19 d.1.1. 8 marzo 1945, n. 62, per cud ogni collegamento fra le due imposte avrebbe dovuto ritenersi escluso. Senonch� la Corte Suprema di Cassazione interpret� l'abrogazione dell'art. 119 non nel senso di un completo sganciamento della imposta di famiglia da quella ce>mplementare, ma, di �na integrazione di due serie di fattori: da un lato e con carattere di rigidit� e di obbligatoriet�, l'accertamento dei redditi erariali da parte degli uffici statali; dall'altro, la valutazione induttiva dello stato di agiatezza con elementi tratti " aliunde n e liberamente valutati dagli uffici comunali (Sez. Un. 14 agosto 1959, n. 2524, Riv. leg. fisc., 1960, 232; Sez. Un. 12 ottobre 1960, n. 2688, ivi, 1960, 688; Sez. I, 9 marze> 1961, n. 519, ivi, 1961, 1369). PARTE I, SEZ; I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 645 Costituzione, e precisamente della norma �Contenuta nel primo comma di esso, la quale afferma che � tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragfone della loro capacit� contributiva �. A rafforzare questa impostazione della questione, l'ordinanza aggiunge che la retr�attivit� della legge impugnata conduce anche alla violazione delle norme contenute negli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione. 3. -Il problema della cc �retroattivit� della legge tributaria � sorge non soltanto quando la legge ponga a base della prestazione un fatto verificatosi nel passato, ma anche quando essa alteri, modifichi o trasformi, con effetto retroattivo, gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria e i criteri di valutazione che vi sono connessi, quali risultano da una precedente normativa. Se, infatti, per. �capacit� contributiva s'intende l'idoneit� del contribuente a corrisp�ndere la prestazione coattivamente imposta e se tale idoneit� deve porsi in relazione, non gi� con la concreta capacit� di ciascun contribuente, ma col presupposto al quale la prestazione stessa � collegata e con gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria, si deve anche ritenere che, quando la legge assuma a presupposto un fatto o una situazione passati -non pi� esistenti, perci�, al momento in cui essa entra in vigore -, ovvero innovi, estendendo i suoi effetti al passato, gli elementi dai quali la prestazione trae i suoi caratteri essenziali, il rapporto che deve sussi- Tale orientamento suscit� vivaci contrasti di dottrina (FORTE, Sulla determinazione dell'imponibile nell'imposta di famiglia, Giur. it., 1960, I, 1, 1151; ALLoruo, Prof�1i giuridico-formali del problema della valutazione del reddito agli effetti della imposta di famiglia, ivi, I, 1, 1165), rilevandosi che, senz'uopo di intervento legislativo, nessun dubbio potesse sussistere sull'autonomia assoluta fra le due imposte, e che la questione era � resa opfoabile unicamente dalla resistenza dei contribuenti e da una giurisprudenza priva di basi nella legge (FORTE, In tema di autonomia dell'imposta di famiglia e di norme interpretative, Giur. it., 1963; I, 1, 411). La questione sembr� risolta con l'entrata in vigore dell'art. 18 della I. 16 settembre 1960, n. 1014, col quale si stabiliva che �l'accertamento e la determina-; zione della base imponibile per l'imposta di famiglia sono distinti ed autonomi da quelli riguardanti i tributi erariali �. Ma fu una breve tregua. Infatti sorse subito il problema (del resto gi� adombrato dall'Allorio nello scritto succitato) se la nuova legge contenesse una norma interpretativa o innovativa. La Cassazione adott� questa seconda tesi, escludendo che la legge del 1960 tro�vasse applicazione ai rapporti anteatti (Sez. I, 28 luglio 1962, n. 2226, Giur. it., 1963, I, 1, 409). Nell'intento, infine, di risolvere la dibattuta questione, l'art. unico della I. 15 febbraio 1963, n. 150, dispose: � All'art. 18 della legge 16 settembre 1960, n. 1014, � agg.iunto il seguente comma: " Il primo comma del presente articolo costituisce interpretazione auten.,. tica dell'art, 117 del testo unico per la finanza locale approvato con regio decreto 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stere tra imposizione e capacit� contributiva, pu� risultare spezzato e il precetto costituzionale ( � in ragione della capadt� �contributiva �) violato. Pu�, non risulta necessariamente spezzato: il che vuol dire che il venir meno di questo rapporto non pu� essere affermato in via generale e in astratto, ma deve essere verif�.cato di volta in volta, in relazione alla singola legge tributaria. Sono questi i motivi per i quali la Corte ha affermato che una legge tributaria retroattiva non �comporta per se stessa la violazione del principio della capacit� contributiva (sent. n. 9 del 1959), respingendo, con ci�, e la tesi che codesta violazione si verifichi in ogni caso, e l'altra, opposta, che essa non abbia mai luogo. 4. -Se si tengono presenti queste ragioni, la questione sollevata dal Tribunale di Modena deve essere dichiarata non fondata. La 1. 15 febbraio 1963, n. 150, si � limitata, infatti, a com.ferire all'art. 18, primo comma, della I. 16 settembre 1960, n. 1014, valore di legge interpretativa e, con ci�, efficacia retroattiva. Ora, la norma, alla quale tale efficacia � stata conferita, stabilisce che �l'accertamento e la determinazione della base imponibile per l'imposta di famiglia sono distinti ed autonomi da quelli riguardanti i tributi eraria�i �. Essa Ifu emanata dopo che si era disputato a lungo in dottrina e in giurisprudenza sugli effetti che comportava la abrogazione dell'art. 119 I I'.-�" del t.u. per la finanza locale, approvato con .r.d. 14 settembre 1931, ; n. 1175, il quale stabiliva, invece, che, per la determinazione della 14 settembre 1931, 111. 1175, a seguito della �abrogazione dell'art. 119 dello stesso testo unico disposta dall'art. 19 del decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 62 " �. Indubbiamente, dal punto di v.ista della politica legislativa, non � certo che la nuova norma abbia contribuito a chiarire le idee ed a facilitare i rapporti fra le parti e la definizione delle controversie; e ne � eloquente riprova l'appendice (J{)Stituzionale decisa con l'annotata sentenza. Nella successione delle leggi, !invero, si riscontrano: a) una legge retroattiva (la legge del 1963 aggiunge un secondo comma alla legge del 1960); b) una legge interpretativa (iJ secondo comma della legge del 1960, aggiunto con la legge del 1963, Contiene interpretazione aute:ntica dell'art. 117 t.u. finanza locale). Sotto il prof�l~ costituzionale, peraltro, nulla pu� fondatamente l'ilevarsi in merito alle due leggi. L'ordinanza del Tribunale di Modena aveva fatto riferimento ad una pretesa violazione del principio della capacit� contributiva (art. 53 della Costituzione~. Ma esattamente la Corte Costituzionale ha ruevato che la retroattivit� delle norme in parola (o pi� precisamente, la loro interpretazione vincolata) non tocca i temi sostanziali dei requisiti per la tassazione, dei modi dell'accertamento ecc. Conseguentemente, poich� la riserva di irretroattivit� � valida solo !)er la legge penale, la Corte ha confermato la sua consolidata giurisprudenza sulla PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 647 base imponibile dell'imposta di famiglia, dovessero essere assunti� gli imponibili cc che servirono di base alla determinazion�e della complementare �. Non occorre qui decidere quale fosse �la esatta interpretazione da dare all'intervenuta abrogazione, ad opera del cl.I.I. 8 marzo 1945, n. 62, della norma ora ricordata, se quella, cio�, sostenuta dalla Commissione Centrale delle Imposte e in un primo tempo anche dalla Cassazione, o, viceversa, quella successiva della Cassazione medesima, che divenne prevalente. Ai fini del� giudizio di legittimit� della legge, � sufficiente accertare che la facolt�, riconosciuta agli uffici accertatori del Comune, di valutare, in guisa autonoma dagli uffici erariali, la base imponibile dell'imposta di famiglia, non ha violato la capacit� contributiva nel senso in cui � stata definita. A prescindere dalla tesi che i redditi possono essere assunti e valutati diversamente in relazione ad imposte diverse per oggetto e p�r struttura, la legge impugnata non ha modificato l'oggetto dell'imposta, che � rimasto a l'agiatezza della famiglia desunta dai redditi o proventi di qualsiasi natura e da ogni altro indice apparente di agiatezza� (art. 117 del cit. t.u. per la finanza locale), n� gli elementi che devono essere tenuti presenti nella determinazione dell'imponibile e il modo come devono essere assunti in questa determinazione (lett. a, b, e ed del medesimo art. 117). L'effetto retroattivo della legge si � limitato a un punro non ess�nziale della figura del tributo, e ad eliminare intorno ad esso dubbi e ~ncertezze. E cos� operando non ha al certo violato il principio della capacit� contributiva. -(Omissis). ammissibilit� di leggi retroattive in materia tributaria (sent. 30 di�embre 1958, n. 81, Giur. it., 1959, I, 1, 385; sent. 9 marzo 1959, n. 9, cit. in motivazione, ivi, I, 1, 1015). Anche sotto il profilo soggettivo, poi, con riferimento, cio�, al condizionamento del poteTe giudiziario da parte del potere legislativo nell'interpretazione vincolata di una legge (profilo, questo, peraltro, non sollevato nell'ordinanza di remissione) le leggi in esame appaiono costituzionalmente legittime. A proposito di leggi interpretative, infatti (del resto espressamente ammesse dall'art. 73 dello Statuto albertino, che pure era fondato sul principio della divisione dei poteri), e nel� silenzio della vigente Costituzione, la Corte Costituzionale ne ha riconosciuto l'ammissibilit�, rilevando che � anche la legge interpretativa innova all'ordine legislativo preesistente: il quid ruJVi che essa introduce in tale ordine consiste nell'attribuire a certe norme anteriori un significato obbligatorio per tutti (con conseguente esclusione di ogni altra possibile interpretazione). Altra � la funzione del potere giudiziario: la quale consiste nell'adozione di decisioni vincolate all'ordinamento normativo" (sent. 8 luglio 1957, n. 118, Giur. it., 1957, I, l, 1314). I limiti entro i quali pu� spaziare l'interi}refazione legislativa sono poi stati fissati dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza, nell'osservanza della duplice esigenza: rispetto dei giudicati, ed esclusione dell'intento di interferire nei giudizi in corso. 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 46 -Pres. Ambrosini -Rel. Petro�elli -Grendene (n.c.), Presidente Consiglio Ministri e Amm.ne Finanze Stato (avv. Stato Tracanna). Fascismo -Sanzioni contro il fascismo -Confisca dei beni -Natura di pena -Esclusione -Contrasto con gli artt. 25 e 27 della Costituzione -Non sussiste. (d.l.l. 27 luglio 1944, n. 159, art. 9;. Cost. artt. 25 e 27). Le disposizioni relative alle sanzioni contro il fascismo non contengono, n� nel testo, n� nell'eccezionale ragione e finalit� loro, nul.la che comunque significhi una brusca interruzione del principio della personalit� della pena, nettamente poi riaffermato dal! art. 27 de,lla Costituzione. Pertanto, giacch� la confisca disposta con fart. 9 del d.l.l. 27 luglio 1944, n. 159, sebbene riferibile ai comportamenti di un so"lo soggetto, � tale da potersi disporre anche contro soggetti diversi ed anche fuori del! azione penale, essa � una misura cui non pu� essere riconosciuto carattere di pena; per conseguenw, essa non d� luogo a violazione del principio della irretroattivit� della legge penale (l). � (Omissis). -Nel merito la questione non � fondata. Con sentenza n. 29 del 1961 questa Corte ha ritenuto, conformemente alla varia disciplina giuridico-positiva delristituto, che la confisca non si presenta sempre di eguale natura e in unica configurazione, ma assume, in dipendenza delle diverse finalit� che la legge le attribuisce,. diverso carattere, che pu� essere di pena come anche di misura non penale. Nell'ordinanza di rimessione il giudice a quo esprime l'avviso che alla confisca di cui all'art. 9 del d.Ll. 27 luglio 1944 sia stato attribuito carattere di vera e propria pena, in corrispondenza di una autonoma figura di reato che la norma avrebbe creato. E poich� i (1) L'ordinanza 14 luglio 1962 del Tribunale di Padova, che ha dato luogoal giudizio di legittimit� costituzionale, � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 27 luglio 1963, n. 201. Con la precedente sentenza 9 giugno 1961, n. 29, indicata in motivazione,. la Corte costituzionale aveva dichiarato non fondata la analoga questione sollevata in relazione all'art. 1 del cl.I.I. 26 marzo 1946, n. 134 (Giur. it., 1961, I, 1, 856. e ampia nota di richiami). fil :Il: da ricordare, peraltro, che la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, creatasi intorno alla figura giuridica della confisca dei beni nel sistema delle sanzioni contro il fascismo, a partire dalla fondamentale sentenza delle Sez. Un. Pen. 14 febbraio 1948 (Foro it., 1948, Il, 123), poneva una fondamentale PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 649 comportamenti costitutivi di tale reato sono anteriori alla norma stessa, ci� importerebbe violazione del principio della irretroattivit� della legge penale, riaffermato dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. �: da premettere che la interpretazione del giudice a quo, secondo la quale alla confisca sarebbe stato attribuito dall'art. 9 carattere di pena, si pone in contrasto con l'orientamento in definitiva affermatosi nella giurisprudenza, specialmente con la sentenza della Cassazione a Sez. Un. del 14 febbraio 1948 (ribadita da numerosi successivi pronunciati), con cui il carattere di pena fu nettamente escluso, in conformit�, del resto, con la prevalente _�lottrina. A parte per� questi significativi orientamenti, � il testo medesimo dell'art. 9 che presenta, ad avviso della Corte, elementi sufficienti per confermare la predetta interpretazione. L'ordinanzll: di rimessione ritiene di poter far addebito alla norma impugnata di una formulazione poco felice. Anche a voler ritenere fondato un siffatto apprezzamento, � tuttavia innegabile che dal testo della norma risulta ben certo : che la confisca dei beni � disposta � senza pregiudizio dell'azione penale�; che � nel caso di azione penale � la confisca � pronunciata dall'Autorit� giudiziaria che emette la condanna; e, � in caso diverso 11 dal tribunale competente per territorio, su richiesta dell'Alto Commissariato. Da ci� risulta evidente, a parte la discutibile esattezza dei termini, che la confisca pu� essere disposta anche indipendentemente dall'azione penale, anche quando questa non possa essere promossa o proseguita per l'avvenuta morte del reo, e per conseguenza anche contro gli eredi ed aventi causa (nel caso esaminato dalla citata sentenza della Cassazione a Sez. Un. la confisca era stata disposta contro gli eredi di persona gi� deceduta all'entrata in vigore della norma). Ci� � pi� che sufficiente per escludere che con la norma impugnata la confisca abbia assunto natura di pena, avendo la pena carattere strettamente personale, e non potendo pertanto incidere su soggetti diversi dal reo. A tal proposito la Corte non pu� che riportarsi alle considerazioni gi� svolte nella gi� citata sentenza n. 29 del 1961; vale a dire che le disposizioni relative alle sanzioni contro il fascismo non contengono, n� nel testo n� nella eccezionale ragione e distinzione tra l'ipotesi di confisca prevista dall'ar( 1 d.I.1. 26 marzo 1946, n. 134, attribuendo a questa il carattere di pena, non applicabile, in caso di estinzione del reato per morte dell'imputato, agli eredi di questi, e l'ipotesi di confisca ex art. 9 d.1.1. 27 luglio 1944, n. 159, la quale, essendo svincolata dall'azione penale, tale carattere non ha. La Corte Costituzionale, per converso, sia nella sentenza del 1961 che in quella in rassegna, ha ritenuto che, in entrambe le ipotesi, sia da escludere il carattere di pena, solo .per la quale opera il divieto della retroattivit�. ~ un altro esempio, questo, del tentativo di inalveare entro principi ed istituti generali -attraverso l'interpretazione adeguatrice -istituti anomali, creati per fronteg giare situazioni eccezionali e transeunti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 650 :finalit� loro, nulla che comunque significhi una brusca interruzione del principio della personalit� della pena, nettamente poi riaffermato dall'art. 27 della Costituzione. Pertanto, giacch� la confisca disposta con f art. 9 del d.1.1. 27 luglio 1944, sebbene riferibile ai comportamenti di un .dato soggetto, � tale da potersi disporre anche contro soggetti diversi e: anche al di fuori delfazione penale, � una misura cui non pu� essere riconosciuto carattere di pena. Per conseguenza essa non d� luogo a violazione del principio della irretroattivit� della legge penale. ~(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 47 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Sonaglia (avv. Patrizi), I.N.P.S. (avv. Nardone) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Varvesi). Previdenza ed assistenza -Con.troversie in tema di previdenza e assistenza obbligatoria -Previo ricorso in via amministrativa Contrasto con l'art. 113 della C�stituzione -Esclusione. (c.p.c. art. 460; r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, artt. 97 e 98; Cost. art. 113). Non contrastano con il principio della tutela contro gli atti della P.A., sancito dall'art. 113 della Costituzione, le disposizioni _dettate dalle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria che subordinano al previo esperimento del ricorso amministrativo alrI.N.P.S., la proponibilit� delfazione giudiziaria (1). (Omissis). ---2. -Indubbi:amente il precetto contenuto nell'invocato art. 113 della Costituzione per cui, contro gli atti della pubblica amministrazione, � ammessa � sempre � la tutela giurisdizionale, pro (1) L'ordinanza di remissione 4 aprile 1963 della Corte d'Appello di Torino � pubblicata nella Gazzetta Ufficial,e 31 agosto 1963, n 231. Con la presente sentenza, la Corte Costituzionale ribadisce la sua oramai consolidata giurisprudenza richiamata nel testo della motivazione, in tema di tutela giudiziale contro gli atti della P.A. Essa, invero, ha gi� rilevato come l'art. 113 della Costituzione non possa significare che contro l'atto amministrativo il cittadino abbia la facolt� di invocare la tutela giurisdizionale in . ogni caso nella medesima maniera e con i medesimi effetti. Il proposito del costituente fu di gamntire al diritto del cittadino, che si senti&se leso dall'atto della Pubblica amministrazione, di richiedere la tutela giurisdizionale, non gi� quello di eliminare il potere del legislatore ordinario di regolare i modi e lefficacia di questa, assicurando contro l'atto amministrativo una particolare tutela amministrativa e garantendo, in relazione con questa, i rimedi giurisdizionali previsti dall'ordinamento (-sent. 7 luglio 1962, n. 87, Giur. it., 1962, I, 1, 1281). PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 651 �dama l'inviolabilit� del diritto a tale tutela. Ma quel precetto, come non afferma che il cittadino possa conseguire la protezione giudiziaria sempre nella medesima maniera e con i medesimi effetti (sentenza 3 luglio 1962, n. 87), cos� non vieta che la legge ordinaria possa regolare il modo di esercizio del diritto a quella protezione, in guisa da renderla concreta (sentenza 14 giugno 1956, n. 1), purch�, si intende, non siano scelte modalit� che rendano impossibile o difficile l'esercizio del diritto. Questa Corte ha gi� escluso che contrasti con il predetto art. 113 la legge che assicura contro l'atto dell'amministrazione, dapprima una protezione amministrativa, e, di poi, in relazione a questa, rimedi giurisdizionali diretti soltanto, o ad ottenere il risarcimento del danno cagionato dall'esecuzione dell'atto dell'amministrazione (citata sentenza 3 luglio 1962, n. 87) o ad impedire l'esecuzione di tale atto {sentenza 7 giugno 1963, n. 107). E non � sostanzialmente diversa l'ipotesi di norme, come quelle sulle quali la Corte di Torino ha appuntato i suoi dubbi, che condizionano l'esperimento dell'azione giudiziaria, nel caso di prestazioni previdenziali, alla proposizione di una istanza amministrativa, e, decisa questa in senso sfavorevole, ad un ri-corso ad un organo amministrativo costituito a tale. scopo presso l'istituto erogatore delle prestazioni. 3. -Le norme denunziate pongono lonere del .procedimento preliminare nel presupposto che l'Istituto nazionale della previdenza sociale, dovendo, come pubblica amministrazione, conformare a legalit� il proprio comportamento, non rifiuter� le prestazioni la cui richiesta atl:ui la volont� della legge, e le adempir� senza che vi sia bisogno della costrizione di una sentenza di condanna; ed � chiaro, allora, che quelle norme tendono a far s� che siano portate avanti l'autorit� giudiziaria soltanto le controversie non eliminabili per com- La Costituzione garantisce, quindi, la tutela giurisdizionale in ogni caso, ma non in ogni tempo e indipendentemente da qualsiasi forma; le� parole � tutti � e �sempre '" degli artt. 24 e 113, ribadiscono l'eguaglianza di diritto e di fatto di tutti i cittadini per quanto riguarda la possibilit� di chiedere ed ottenere la tutela giurisdizionale nei confronti di altri privati, dello Stato o .di enti pubblici minori (sent. 31 marno 1961, n. 21, ivi, 1961, I, 1, 529), ma non escludono la legittimit� delle misure che impongano condizioni ed oneri per la valida cootituzione del rapporto processuale, a tutela di interessi pubblici o con riferimento a categorie o presupposti oggettivi (sent. 29 navembre 1960, n. 67, ivi, 1961, I, 1, 273), e congrui termini, anche se perentori e di decadenza (sent. 22 novembre 1962, n. 93, ivi, 1963, I, 1, 98). Le disposizioni che richiedono l'esaurimento di un procedimento amministrativo per la proposizione de1l'azione giudiziaria, come quell� in esame, non ledono, quindi, il principio dell'art. 113, perch� si limitano a regolare le modalit� di esercizio delle azioni dei cittadini per la tutela gurisdizionale dei propri diritti, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 652 posizione extragiudiziale. Ci� non vuol dire escludere o limitare la tutela giurisdizionale. Questa tutela � garantita � sempre � dalla Costituzione, non certo nel senso che si imponga una sua relazione di immediatezza con il sorgere del diritto; e pertanto non ha pregio obiettare che condizionare razione all'espletamento di un procedimento amministrativo � procrastinarne l'e:ercizio. Questa Corte ha costantemente ritenuto la legittimit� cosituzionale di disposizioni che impongono oneri diretti ad evitare l'abuso del diritto alla tutela giurisdizionale (sentenze 21 aprile 1962, n. 40; 27 aprile 1963, n. 56; 25 maggio 1963, n. 83; 27 giugno 1963, n. 113); e si percorre la stessa via logica quando si riconoscono non pregiudizievoli all'esercizio di quel diritto norme, come le denunciate, che vogliono evitarrie, se non l'abuso, l'eccesso, e vogliono indirizzarlo perci� verso un suo uso adeguato, ancorandolo ad una determinazione dell'opportunit�: di promuovere l'azione giudiziaria, che maturi dopo un apprezzamento della fondatezza della pretesa, compiuta alla stregua delle risultanze emerse in un procedimento preliminare di natura amministrativa. Un sistema del genere non subordina la tutela giurisdizionale all'interesse della pubblica amministrazione, perch� soddisfa soltanto x� ad un'esigenza di economia processuale, e quindi ad un interesse della ' stessa funzione giurisdizionale; nemmeno limita la protezione giudiziaria in vista di una potest� di imperio della pubblica amministrazione, perch� mantiene l'assoggettamento di questa all'interesse della . ' parte privata, imponendole di esaminarne i rilievi, per evitare razione Igiudiziari�. E infine neanche � esatto che tal sistema d�, al diritto soggettivo, la medesima tutela che � prevista per gli interessi legittimi, perch�, pur utilizzando il mezzo del ricorso amministrativo, esso Inon vuole che in sede giurisdizionale si accerti il vizio dell'atto del1' amministrazione e che il diritto quindi sia garantito attraverso la eliminazione di quell'atto, ma esige che, nella sede predetta, il diritto nelle materie in cui un particolare interesse pubblico lo richieda, e, lungi dal negarla, postulano la tutela giurisdizionale di tali diritti (sent. 7 giugno 1963, n. 107, ivi, 1963, I, 1, 1189). . Le altre sentenze, citate in motivazione, 26 aprile 1962, n. 40; 27 aprile 1963, n. 56; 25 maggio (8 giugno) 1963, n .. 83; 27 giugno (3 lugl:o) 1963, n. 113, sono pubblicate .in Giur. it., rispettivamente, 1962, I, 1, 1056; e 1963, I, 1, 834; I, 1, 1053; I, 1, 1175). Per quanto concerne la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, oltre le sentenze citate nella decisione in rassegna (sent. 19 settembre 1963, n. 2567, Foro it. Mass., 1963, col. 730; sent. 18 giugno 1959, n. 1913, ivi, 1959, col. 359; sent. 10 dicembre 1957, n. 4654, ivi, 1957, col. 943), v. anche sent. 18 luglio 19-63, n. 1966 (ivi, 1963, col. 571) nell'analogo caso dell'art. 58 t.u. sugli assegni familiari, apprnvato con d.p.r. 30 maggio 1955, n. 797. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE .653 si accerti come direttamente ed immediatamente garantito dall'ordinamento giuridico: la Corte di cassazione ha infatti da ultimo rilevato che l'azione giudiziaria in materia di prestazioni previdenziali ha per oggetto, non l'impugnazione della decisione del comitato esecutivo (sentenza 19 settembre 1963, n. 2567), ma l'esame della domanda nella sua integrit�, sotto tutti i profili che le parti ritengono di sottoporre al giudice (sentenza 18 giugno 1959, n. 1913). Infondatamente poi si assume che l'adempimento dell'onere in discussione si risolve in uno svantaggio del creditore della prestazione prev~denziale. Costui ne � anzi favorito, perch� trova, nel procedimento amministrativo, un modo di soddisfazione della pretesa facilmente invocabile, e non dispendioso: baster� avere presente la semplicit� di contenuto che pu� avere la domanda di prestazione e il fatto che, se questa concerne una pensione di invalidit� o l'assistenza antitubercolare, il costo degli accertamenti svolti nel procedimento amministrativo restano a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale anche quando si risolvono a favore dell'istante, e perci� anche quando, se fosse proposta azione giudiziaria, l'istante dovrebbe sostenerne la spesa, perch� ne � rigettata la domanda. L'onere si risolve nel vantaggio del creditore della prestazione pure perch� questi viene posto in grado di conoscere integralmente le posizioni di difesa dell'Istituto prima di deliberare sull'opportunit� di esperire l'azione giu �diziaria, e corre quindi un minor rischio di soccombenza. Un ritardo dell'Istituto nel pronunziarsi sulla domanda nella prima fase del procedimento non � senza rimedi, perch�, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (10 dicembre 1957, n. 4654), esso � vincibile me- 0.iante una diffida a provvedere sull'istanza amministrativa, in applicazione di noti principi di diritto. 4. -Si sostiene altres� che, nella specie, un pregiudizio alla tutela giurisdizionale viene a determinarsi perch� le norme denunciate prevedono, per ricorrere al comitato esecutivo, un termine la cui inutile �decorrenza fa decadere dall'azione giudiziaria; e, pe:r giunta,, un termine che, essendo di novanta giorni, � assai breve al confronto di quello quinquennale stabilito per l'esperimento di quell'azione, dopo �che se ne � conservato lesercizio. Deve per� ritenersi che la fissazione del termine contestato ha la funzione di assicurare il rispetto del principio di obbligatoriet� del procedimento amministrativo anche nella fase di riesame del provvedimento negativo dell'Istituto; e cos� � pure della sanzione di decadenza comminata per la inosservanza di quel termine. Sono numerose le situazioni soggettive che l'ordinamento sottopone ad un regime di <lecadenza, per il mancato esercizio entro un breve termine dei poteri , . RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 654 che attribuisce, o per il mancato compimento di un determinato atto. Con lapplicare tale regime alla prestazione di previdenza, la legge ha soltanto ritenuto che pure riguardo a questa era opportuno eliminare nel pi� breve tempo l'inoertezza nel diritto a conseguirla. Sarebbe assurdo intendere che l'art. 113 della Costituzione assicura � sempre � �'?. la tutela giurisdizionale, per affermare la perpetuit�, che vorrebbe dire per proclamare la perennit�' di ogni diritto soggettivo e l'impossibilit� di assoggettarlo a decadenza o a prescrizione: non � utile nel1' attuale sede decidere se la decadenza comminata dalle norme denunciate comporti soltanto l'estinzione della efficacia della domanda di prestazione, come sostiene l'Istituto nazionale della previdenza sociale, o la preclusione dell'azione giudiziaria. Quanto al termine stabilito per il ricorso al comitato esecutivo, esso era di trenta giorni in base al testo originario dell'art. 98 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827; fu portato a novanta giorni con l'art. 1 della 1. 5 febbraio 1957, n. 18, per rendere meglio possibile al titolare del diritto, come spiega la relazione che accompagn� la proposta, un ponderato esame delle ragioni opposte dall'Istituto contro la domanda. Il termine di novanta giorni � superiore a quello generalmente previsto per il ricorso al Consiglio di Stato, e non pu� essere pertan(to ritenuto incongruo alle esigenze della difesa amministrativa del creditore della prestazione; specie perch� la giurisprudenza afferma che l'Istituto nazionale della previdenza sociale deve accertare con completezza gli elementi che possono giustificare la pretesa alla prestazione, indipendentemente cio� da ogni impulso probatorio dell'interessato. Non ha importanza opporre che si � reputato opportuno di concedere un maggior tempo di cinque anni per la propos�zione del! ili l'azione giudiziaria, ove anche il comitato esecutivo respinga n ricorso. m Cotesto termine quinquennale � di prescrizione, e non � possibile saggiare sulla sua misura la congruit� di quello trimestrale; che � di decadenza, fncide, nella specie, sulla durata di un procedimento, che per giunta, � di natura_ amministrativa, e soddisfa alla necessit� di non ritardare, nel concorrente interesse del creditore, gli accertamenti di riesame necessari ad una migliore valutazione della domanda di prestazione. 5. -Altra ragione di pregiudizio alla tutela giurisdizionale si avrebbe perch� la materia del procedimento amministrativo limita quella del processo giudiziario, e il giudice resta perci� vincolato agli accertamenti compiuti nella sede anteriore. Non risulta per� da alcuna delle norme del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, che il giudice debba formare il suo convincimento soltanto sulla base delle prove raccolte nella sede amministrativa. Lo ha escluso PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 655 quella giurisprudenza della quale si � gi� fatto cenno, per cui il procedimento giurisdizionale non ha a suo scopo l'impugnazione della decisione del comitato esecutivo dell'Istituto, ma tende direttamente all'accertamento del diritto alla prestazione. Lo esclude, del resto, il Codice di procedura civile, il quale all'art. 463 stabilisoe che, nei processi relativi a domande .di prestazioni previdenziali, il giudice � nmmalmente assistito da consulenti tecnici, e all'art. 465, secondo comma, che, nei procedimenti di appello segu�ti a decisioni fondate su accertam�nti compiuti da consulenti tecnici, obbliga alla nomina di un consulente: entrambe le due disposizioni non avrebbero senso se il processo giurisdizionale dovesse svolgersi sul solo fondamento degli accertamenti compiuti nella fase amministrativa. :�: vero esclusivamente che il giudice trova ristretto il petitum e la causa petendi dell'azione giudiziaria dal petitum e dalla causa petendi del procedimento preliminare. Ma ci� accade, perch� soltanto su ci� che fu domandato in sede amministrativa, e in relazione al titolo dedottovi, si � ottemperato all'onere legale, e questa ragione riduce la portata del1' obiezione, dovendosi il principio da essa richiamato riconnettere al divieto generale di dilatare la res iudicanda fuori dai confini segnati dagli atti processuali ai quali la legge conferisce la forza di determinare i limiti del decidere; e pertanto in tale principio l'obiezione stessa trova l'�mbito delle sue conseguenze. ~ (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1964, n. 48 -Pres. Ambrosini -Rel. Bonifacio -Fusco e Scibilia (n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Chiarotti). Elezioni amministrative e politiche � Disciplina della propaganda elettorale -Violazione del diritto di espressione e diffusione del pensiero � Non sussiste. (1. 4 aprile 1956, n. 212, artt. 1, 8; Cost. art. 21). eart. 1 della legge 4 aprile 1956, n. 212, che detta disciplina. per fuso della propaganda elettorale, ed il successivo art. 8 che reca sanzioni penali per l'inosservanza delle relative prescrizioni non sono in contrasto con il principio del diritto della libero espressione del pensiero, sancito dalfart. 21 della Costituzione, dato che essi si limitano a regolare resercizio di .tale diritto ed a garantirne la effettivit� (1). (1) Il. giudizio di legittimit� costituzionale era stato promosso e.on ordinanza 15 ottobre 1963 del Pretore di Lipari, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 30 novembre 1963, n. 312. La questione, peraltro, era stata ritenuta manifestamente infondata dal Tribunale di Verona (30 marzo 1960, Riv. pen., 1960, II, 885). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 656 (Omissis). -1. -L'art. della 1. 4 apriJ.e 1956, n. 212, stabilisce che durante la campagna elettorale l'affissione �di stampati, �di giornali murali od altri e di manifesti di propaganda (commi primo e terzo) � consentita soltanto negli spazi a ci� destinati in ogni Comune, distinti secondo che l'utilizzazione avvenga da parte di candidati, partiti e gruppi politici partecipanti alle elezioni o da parte di chiunque altro (comma secondo), e proibisce le iscrizioni murali o su fondi stradali, rupi, argini, palizzate e recinzioni (ultimo comma); l'art. 8, comma quarto, determina, fra l'altro, le sanzioni penali a carico di chi contravvenga alle predette disposizioni. La Corte � chiamata a decidere, in relazione alla questione solle� vata nella ord~nanza di rimessione, se le statuizioni dell'art. 1 e, conseguentemente, la norma penale contenuta nell'art. 8, comma quarto, costituiscano violazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con le parole, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione (art. 21, comma primo, Cast.) e del divieto di sottoporre la stampa ad autorizzazione o censura (art. 21, comma secondo). La questione appare infondata sotto entrambi gli aspetti. 2. -L'art. 21, comma primo, della Costituzione riconosce sia il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero sia quello del libero us� dei mezzi di divulgazione, e gi� nella prima sentenza del 5 giugno 1956 la Corte afferm� che l'uno e l'altro godono della stessa garanzia costituzionale: il nesso di indispensabile strumentalit� del secondo rispetto al primo esclude, sotto questo profilo, una distinzione che l'art. 21 in nessun modo consente�. La Corte, nel confermare questo precedente, ritiene che le disposizioni impugnate, che non toccano minimamente il diritto di mani� fostare liberamente il proprio pensiero, non comportino neppure violazione del diritto di usare liberamente dei mezzi che ne realizzano la diffusione giacch�, in quanto si limitano a disciplinarne l'esercizio, esse appaiono estrinsecazione di un potere del legislatore ordinario del quale la Corte, in riferimento a varie fattispecie e con ripetute e costanti pronunzie, ha riconosciuto la piena legittimit� sempre che il diritto attribuito dalla Costituzione non venga ad essere snaturato. Per la legittimit� costituzionale delle norme che disciplinano l'esercizio del diritto di libert� di espressione, senza comprimerlo, cfr. la sentenza della Corte richiamata nella motivazione, 5 giugno 1956, n. 1 (Giur. it., 1956, I, 1, 545) a proposito del quinto comma dell'art. 113 t.u. delle leggi di P.S. In dottrina, viene ritenuta contrastante con l'art. 21 della Costituzione l'interpretazione della legge in esame data con la circolare def Ministero dell'Interno 13 settembre 1960, n. 580 V, secondo la quale non pu� essere consentita affissione di manifesti elettorali prima del quinto giorno dal decreto di convoca PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 651 E va ricordato che, proprio in applicazione di questo principio allora per la prima volta affermato, la Corte nella citata sentenza del 1956 ritenne che non fosse in contrasto con l'art. 21 della Costituzione il comma quinto dell'art. 113 del t.u. delle leggi di P.S. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773), nel quale � disposto che � le affissioni non possono farsi fuori dei luoghi destinati dall'autorit� competente �. L'ordinanza di rimessione afferma che la 1. 4 aprile 1956, n. 212, limita �temporaneamente ed eccezionalmente�, in occasione delle elezioni, la libert� di affissione che, invece, � illimitata in periodo extraelettorale, e da ci� fa discendere il dubbio sulla sua legittimit� costituzionale. Ora, . a parte la considerazione che l'affissione in genere incontra anche in altre leggi una serie di divieti e di limitazioni a tutela. di pubblici interessi, � da osservare che proprio durante la campagna el~torale la concomitante e pi� intensa partecipazione di partiti e di cittadini alla propaganda politica determina una situazione che giustifica l'intervento del legislatore ordinario diretto a regolarne il concorso. La 1. 4 aprile 1956 ha dettato una disciplina contenuta entro questi limiti, con norme che non sono ispirate, come sostiene I'A vvocamra dello Stato, alla tutela della propriet� (e basta in pro~ posito rilevare che neppure col consenso del proprietario del muro, dell'edificio ecc. sarebbe lecito procedere all'affissione fuori degli appositi spazi), ma tendono a porre tutti in condizioni di parit�: ad assicurare, cio�, che in uno dei momenti essenziali per lo svolgimento della vita democratica, questa non sia di fatto ostacolata da situazioni economiche di svantaggio o politiche di minoranza. Alla luce di queste -considerazioni le norme impugnate, in quanto si limitano a regolare l'esercizio del diritto attribuito dall'art. 21 della Cos.Utuzione e ci� fanno senza violarlo, ma .anzi -nel particolare settore oggetto della loro disciplina -garantendone la effettivit�, sono costituzionalmente legittime. 3. -La questione � infondata anche in riferimento al secondo comma dell'art. 21 della Costituzione. � di tutta evidenza, infatti, che le norme denunziate non instaurano, n� direttamente n� indirettamente, alcuna forma di censura sulla zione dei comizi elettorali (DE GIORGIO, Note in tema d� disciplina giuridica della p.ropaganda elettorale, Riv. polizia, 1963, 190). Ma, a parte la questione di merito, per cui anche una temporanea e congrua limitazione della propaganda pu� rientrare nell'� iter " formativo della disciplina organica del settore, demandata alla Giunta Municipale, � da rilevarn che una prassi eventualmente non conforme alla legge, non rende, per ci� solo, quest'ultima viziata di illegittimit� costituzionale dovendo prevalere il principio della interpretazione aileguatrice (v. retro pag. 637 segg.). 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ���:i stampa elettorale; ed � del pari certo che nessun potere di autoriz.> zazione esse conferiscono alla pubblica autorit�. La legge, infatti, determina direttamente le misure (art. 1, comma secondo) ed il numero ( art. 2, comma secondo) degli spazi da riservare all'affissione; fissa i termini entro i quali occorre provvedere alla loro individuazione (art. 2, comma primo) e ripartizione (artt. 4, comma primo, e 5, comma secondo); indica i soggetti legittimati all'affissione (art. 1, commi primo e secondo) e prescrive, in genere, tutte le modalit� di applicazione dell� disposta disciplina, senza lasciare alla Giunta comunale il minimo potere discrezionale. E ci� � a dirsi anche per la concreta assegnazione degli spazi, giacch� questa avviene, per quanto riguarda i partiti, i gruppi politici e i candidati, secondo l'ordine di ammissione delle liste o delle candidature (art. 4, comma terzo) e, per quanto riguarda gli altri soggetti che non partecipano direttamente alla campagna elettorale, in base a semplice domanda, che non ha altra funzione che quella di render noto il prop-Osito di procedere all'affissione e che determina ipso iure l'obbligo dell'amministrazione .di assegnare gli spazi secondo modalit� anch'esse rigidamente stabilite dalla legge (art. 3, commi quarto e quinto). -(Omissis). I I. CORTE COSTITUZIONALE, 23 giugno 1964, n. 53 -Pres. Ambrosini, Rel. Cassandra -Soc. p. az. Arrigoni (avv. Barile) -Presidente Consiglio Ministri e Amministrazione Finanze dello Stato (avv. ' I Stato Coronas). Trieste -Poteri normativi ed amministrativi attribuiti al Commissario generale del Governo dal decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1954, in esecuzione al �memorandum � di Londra del 5 ottobre 1954 -Decreto commissariale 30 dicembre 1957 n. 200 -Illegittimit� costituzionale con riferimento agli artt. 23, 76 e 77 della Costituzione Esclusione. (de�reto comm. 30 dicembre 1957, n. 200; d.p.r. 27 ottobre 1954 -Cost. art. 23, 76, 77). Il persistere della sovranit� italiana sul territorio di Trieste ovvero la successiva sua restaurazione, non escludono che, nella zona A �i detto territorio, in seguito a straordinari eventi ed accordi internazionali, quale il � Memorandum � di Londra del 5 ottobre 1954, si sia potuto legittimamente insturare un regime particolare .di amministrazione e di governo, quale quello che si riassume nella figura e nei poteri del Commissario generale. Conseguentemente, non contrasta con gli artt. 23, 76 e 77 della Costituzione il decreto 30 dicembre 1957, n. 200, PARTE. I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 659 da questi emanato, che estende, con modificazioni, nel"la zona A del territorio di Trieste la legge 6 agosto 1954, n. 603, istitutiva delfimposta sUlle societ� (l). {Omissis): -1. -La Corte non ritiene necessario, ai fini del presente giudizio, esaminare e risolvere puntualmente le questioni di diritto internazionale che l'interpretazione dell'art. 21 del Trattato di pace ha fatto sorgere e segnatamente se, con l'entrata in vigore di questo, sia venuta a oessare la sovranit� italiana sul Territorio libero di Trieste e, nell'ipotesi che codesta cessazione abbia avuto luogo, come la sovranit� dello Stato sia stata ripristinata o come si sia verificata la � riannessione � della zona A di quel territorio allo Stato italiano. Ritiene, infatti, la Corte che o si accolga la tesi, che appare preferibile, secondo la quale la sovranit� italiana sul Territorio triestino non � mai cessata, o si accolga laltra secondo la quale essa sovranit� � stata ripristinata in conseguenza del Memorandum d'intesa, immediatamente, o gradualmente, attraverso un idoneo comportamento dello Stato italiano, la questione della conformit� alla Costituzione dei poteri conferiti al Commissario generale del Governo, cos� come ora � sottoposta all'esame della Corte, non subisce modificazioni di termini. :�: da ronsiderare infatti che il persistere della sovranit� italiana sul Territorio di Trieste o la sucoessiva sua restaurazione non escludono che, nella zona A di questo Territorio, in seguito a straordinari eventi e ad accordi (1) La questione di legittimit� costituzionale era stata sollevata con ordinanza 13 maggio !H63 della Commissione provinciale delle imposte di Trieste (Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1963, n. 281). Essa si ricollega ad analoga questione 'sollevata con ordinanza 25 agosto 1956 del Giudice conciliatore di Trieste (Giur. cast., 1956, 1125); questione, peraltro, dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale per omessa motivazione sulla rilevanza (sent. 8 l�glio 1957, n. 108, Foro it., 1957, I, 1358). Nella sentenza in rassegna, viceversa, il problema viene affrontato e risolto sul presupposto della piena legittimit� del decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1954, che, s�lla base di un titolo internazionale, quale il � Memoran dum � di Londra del 5 ottobre 1954, attribuiva poteri normativi ed amministrativi al Commissario Generale del Governo. La legittimit�, anche formale, del citato decreto presidenziale era gi� stata riconosciuta dal Cons. di Stato in A. Plen. con le decisioni 27 ottobre 1961, n. 19 e 20 dicembre 1961, n. 24 (Foro it., 1962, III, 1), che ne avevano ravvisato �il fondamento giuridico nell'art. 87, ottavo comma, della Costituzione. La Corte ha� accolto anche il secondo profilo difensivo prospettato dall'Avvocatura, consistente nel richiamo all'art. 70 della legge costituzionale .31 gennaio 1963, n, 1, sullo Statuto speciale Friuli-Venezia Giulia. Essa ha affermato, infatti, che con questa disposizione, " il carattere extra ordinem del regime del Territorio di Trieste � stato riconosciuto e, per quanto necessario, convalidato dal legislatore costituzionale � � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 660 internazionali, si sia potuto legittimamente instaurare un regime particolare di amministrazione e di governo, quale quello che si riassume nella figura e nei poteri del Commissario generale. 2. -Occorre, a questo fine, fare riferimento al Menwrandum d'intesa siglato a Londra il 5 ottobre 1954 tra i governi d'Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Jugoslavia, e ai presupposti che lo occasionarono: fimpossibilit� di a tradurre in atto le clausole del Trattato di pace � e la volont� manifestata dalle potenze occupanti di non assumere ulteriormente la responsabilit� per l'amministrazione del Territorio di Trieste. In oonseguenza di ci� fu concluso un a practical arrangement � o, come si esprime il testo italiano, furono adottate � misure pratiche �, che si concretarono nel passaggio all'amministrazione italiana e a quella jugoslava, rispettivamente, della zona A e della zona B del Territorio triestino. Italia e Jugoslavia concordarono insieme, in uno "statuto speciale� allegato al Memorandum, misure per assicurare nelle zone che, in base alle disposizioni del Menwrandum, passavano nella rispettiva sfera di amministrazione, � i-diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali senza distinzione di razza, di sesso, di lingua e di religione n. Si adottava pertanto una soluzione di carattere provvisorio e straol'dinario, conseguenza di uno stato di necess�t�, com'era del resto confermato anche dalla natura dell'atto diplomatico, col quale la si adottava, che � stato ritenuto anomalo ed eccezionale. Il problema di fondo non veniva perci� n� risoluto n� pregiudicato. Per l'Italia questo problema significava l'ulteriore destino della zona B, di una parte, ci�, di territorio nazionale sulla quale l'Italia intendeva conservare e riaffermare i suoi diritti. Conforme a questa situazione e dettato dal proposito di salvaguardare queste esigenze giuridiche, storiche e politiche, fu il comportamento dello Stato italiano, che si espresse nel fatto che il Parlamento discusse intorno al Memorandum senza giungere ad adottare alcuna decisione, e nell'altro che i poteri esercitati mediante un Commissario generale del Governo nella zona passata all'amministrazione italiana si collegarono (o ne furono la continuazione) a quelli esercitati dai Comandi militari alieati prima d�ll'entrata in vigore del Trattato di pace e, nella medesima forma e misnra, dopo l'entrata in vigore di questo, giusta l'art. 1 dello cc Strumento per il regime provvisorio del Territorio libero di Trieste n, allegato al Trattato stesso, il quale appunto stabilisce che �fino all'assunzione dei poteri da parte del governatore, il Territorio libero continuer� ad ess�ere amministrato dai Comandi militari alleati, entro le rispettive zone di competenza n. In questo quadro va considerata la particolare natura ed estensione dei poteri del Commissario generale di Governo e segnatamente di quelli legislativi: continuazione dei poteri esercitati gi� dai Comandi alleati. N� questo comportamento dello Stato italiano dettato dalla straordinaria situazione del Territorio PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 661 triestino, non assimilabile, o quanto meno non identificabile a quella dei territori in via di annessione dopo la prima guerra mondiale, fu contraddetto da talune necessarie misure e interventi legislativi dello Stato italiano direttamente efficaci nel Territorio triestino, che rest� nella sua peculiare configurazione, senza che ne risultasse compromessa la posizione politica internazionale dell'Italia in materia. Sono questi i motivi che rendono non sostenibile la tesi illustrata dalla difesa della Societ� Arrigoni, secondo la quale non sarebbe stato necessario un regime speciale per l'amministrazione della zona, che, a ben gua:r:dare, si risolve in una critica della valutazione del momento storico e della tut~la degli interessi nazionali compiut� dallo Stato italiano nel 1954. 3. -L'Avvocatura dello Statp insiste sul carattere decisivo, ai fini della soluzione della questione di legittimit�, dell'entrata in vigore della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, contenente lo � Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia�, e segnatamente sull'art. 70 di essa. E a ragione. L'interpretazione che di questo articolo sostiene la difesa della Societ� Arrigoni non sembra accoglibile. Le norme contenute in quell'articolo devono essere interpretate, com'� ovvio, nel sistema dello Statuto, e comportano il passaggio dei poteri amministrativi dal Commissario generale del Governo al Commissario del Governo per la Regione, al Prefetto e alla Regione nell'runhito della rispettiva .competenza, quale � stabilita dall'ordinamento regionale� e dall'ordinamento statale. Ma comportano anche la cessazione dell'esercizio di ogni potere legislativo da parte del Commissario generale di Governo e del suo successore, il Commissario di Governo. Nell'ambito, infatti, del Territorio di Trieste, ricompreso nei .confini della Regione a statuto speciale, Friuli-Venezia Giulia, il potere legislativo sar� esercitato dallo Stato e dalla Regione nei limiti della rispettiva competenza. I residui poteri di amministrazione del Commissario generale, quelli, vale a dire, che non rientrano nelle previste attribuzioni della Regione, del Prefettq e del Commissario di Governo, passano anch'essi a questo ultimo, ma senza confondersi con le competenze che ordinariamente a lui spettano, e saranno esercitati � f�no a quando non sar� diversamente disposto con legge della Repubblica � : tra questi sono da ricomprendere le competenze regolate nei commi 3 e 4 dell'art. 70 dello Statuto. Con che la peculiarit� della situazione del Territorio triestino � rico-nosciuta anche dallo Statuto speciale. Le parti hanno discusso se con questo medesimo art. 70 il legislatore costituzionale ha inteso sanare o convalidare f esercizio da parte del Commissario generale di poteri legislativi. La Corte ritiene che la difesa della parte privata lo neghi a torto. L'interpretazione che occorre dare, come si � or ora visto, all'art. 70 porta a ritenere -anche in assenza di un'esplicita dichiarazione �di convalida -, che il carattere extra ordinem del regime del Territorio di Trieste � stato riconosciuto 662 RASSEGNA DELL'AVVOCAT"QRA DELLO STATO e, per quanto necessario, convaHdato dal legislatore costituzionale; che, ,anzi, sotto il profilo di una particolare amministrazione, � stato altres� confermato. Sicch� anche per questo motivo non pu� essere dichiarata l'illegittimit� costituzionale del decreto impugnato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23. giugno 1964, n. 54 -Pres. Ambrosini - Rel. Sandulli -Forte (n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Foligno). Antichit� e belle arti -Opere dirette alla ricerca di cose di interesse archeologico senza la prescritta concessione -Fattispecie legale di reato contrastante con gli artt. 27 e 41 della Costituzione -Esclusione. (1. ~ giugno 1939, n. 1089, artt. 45, 68; Cast. artt. 27, 41). , La vigente legis'lazione riserva allo Stato in propriet� (ed in Sicilia alla Regione) quali beni indisponibili, le cose di interesse archeologico non venute ancora in luce; ed in relazione a tale principio nessuno, ' I senza un atto �amministrativo di concessione o di autorizzazione, pu� intraprendere la ri�erca delle cose anzidette. Pertanto le sanzioni penal' connesse aU'inosservanza di tale divieto non contrastano con il principio della personalit� della pena posto dall'art. 27 della eostituzione; n� con quello della riserva di legge in materia di iniziativa economica posto dall'art. 41 della stessa (1). (Omissis). -I. -La vigente legislazione riserva allo Stato (in Sicilia alla Regione: art. 33 Statuto sic.) la propriet� delle cose d'interesse archeologico non venute ancora alla luce (artt. 44, 46, 47 e 49 I. 1� giugno 1939, n. 1089) e configura tali cose come appartenenti al � patrii: nonio indisponibile � (art. 826, secondo comma e.e.), salva la possibilit� per l'Amministrazione di disporre,� successivamente alla ricognizione e alla individuazione della loro entit�, la cessione a terzi (tra l'altro, i citati articoli autorizzano l'Amministrazione a lasciare ai ritrovatori (1) L'ordinanza 15 giugno 1963 del Pretore di Avola, che aveva sollevato la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 45 e 68 della I. 1 giugno 1939, n. 1089, � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1963, n. 281. Decisione di indubbia esattezza. Il diritto di ricerca delle cose assoggettate a tutela artistica, invero, � collegato al principio della loro appartenenza allo Stato, a titolo originario (Cass. 12 ottobre 1954, n. 3623; Foro it., 1955, I, 1, 497; cfr. anche CAPACCIOLI, Rassegna di giurisprudenza sulla tutela di cose di' interesse PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 66S -una parte degli oggetti). In relazione a ci� la legge dispone che, fuori � dell'Amministrazione, nessuno -neanche il proprietario del fondo possa effettuare ricerca delle cose anzidette, senza un atto amministra-� tivo -di volta in volta di concessione o di autorizzazione -che a ci� lo legittimi (artt. 45 e 47 legge cit.), e che chiunque scopra fortuitamente simili cose � tenuto a non asportarle, ad assicurarne la conservazione e a farne immediata denuncia all'autorit� amministrativa (art. 48). In tal modo l'ordinamento, avendo di mira la conservazione del patrimonio culturale della nazione, intende preservare le cose in �questione dai pericoli di una ricerca incoordinata, incontrollata e incauta, e d�a ogni azione depredatoria. Al fine di assicurare una pi� piena osservanza degli anzidetti preoetti, gli artt. 67 e 68 della legge citata li sanzionano penalmente. Tra l'altro il secondo di tali articoli punisce con l'ammenda il fatto di chi si dedichi alla rioerca archeologica su fondi propri o altrui senza averne ottenuto, rispettivamente, autorizzazione o concessione da parte dell'autorit� amministrativa. Il reato, cos� configurato (per la sussistenza del quale non riveste alcuna importanza il fatto che nella zona della ricerca esistano effettivamente degli oggetti vetusti, che l'esistenza ne sia nota all'agente, e che essi effettivamente posseggano interesse archeologico), presuppone dunque nell'agente la volont� di svolgere quell'attivit� che va sotto il nome di ricerca archeologica, che la legge interdice ai soggetti non legittimati dal necessario provvedimento amministrativo. Il fatto punito � � perci� sicuramente un fatto proprio del soggetto cui la sanzione penale viene comminata. Ci� � sufficiente -in piena coerenza con i precedenti di questa Corte in materia (sentenza n. 3 del 1956, 39 del 1959, 67 e 79 del 1963) a far escludere che esso sia in contrasto col precetto .contenuto nel primo comma dell'art. 27 Cost., secondo cui � la responsabilit� penale � personale �. 2. -Del pari � da escludere che la disposizione dell'art. 25 della I. 1� giugno 1939, n. 1089, che prevede la potest� dis.crezionale di accordare la concessione amministrativa di rioerca archeologica su fondi altrui, e quella che consente all'Amministrazione {senza fissare alcuna specificazione delimitativa del relativo potere) di imporre in artistico e �storico, Milano, 1962, 58 e segg.). Al ritrovatore ed al proprietario del fondo compete solo un diritto di credito verso la P.A., consistente nella concessione di un premio in danaro o di parte delle cose ritrovate, da stahilirsi se�ondo le no,rme degli artt. 44 segg della legge, e llS segg. del regolamento 20 gennaio 191S, n. S6S. � Pertanto � pienamente conforme ai principi generali la necessit� di un atto squisitamente discrezionale dell'Amministrazione preposta alla tutela delle cose RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 664 tale occasione le prescrizioni che ritenga opportune, violino la regola della riserva di legge da osservare -CX>me pi� volte questa Corte ha affermato (sent. n. 103 del 1957, 4 e 5 del 1962) -ai sensi dell'art. 41 Cast. in ogni caso di limitazione dell'iniziativa economica privata per :ragioni di utilit� sociale. Con la sentenza n. 12 del 1963, in riferimento alla disciplina normativa della concessione amministrativa di certi beni patrimoniali indisponibili, questa Corte ha affermato �he l'art. 41, mentre riguarda �le garanzie necessarie a preservare la libert� di scelta e di svolgimento delle attivit� economiche proprie dei privati da interventi che la restringano in modo arbitrario �, non acCX>rda alcuna particolare protezione ai privati concessionari, che � vengono ad essere abilitati all' esercizio di attivit� altrimenti loro precluse, ed a godere cos� di un ampliamento della loro sfera giuridica, pur nei limiti e secondo le condizioni ritenute dal concedente necessarie alla salvaguardia degli interessi pubblici legati all'utilizzazione del bene �. Ora, tali concetti trovano applicazione anche nel caso in esame, nel quale, se � vero che non si � in presenza della concessione di beni pubblici, tuttavia la concessione amministrativa ha la funzione di accordare a soggetti altrimenti non legittimati la possibilit� di ricercare e portare alla luce oggetti appartenenti alla categoria dei beni pubblici. Attivit� in relazione alla quale, come non potrebbe essere considerata illegittima una disciplina che precludesse qualsiasi iniziativa privata, cos� -a maggior ragione -non pu� esser considerata illegittima una disciplina che, nell'ammettere l'iniziativa privata con l'assenso della autorit� amministrativa, conferisca a questa poteri altamente discrezionali (e quindi, comunque, strettamente correlati al fine da perseguire) in ordine al rilascio della concessione e alla determinazione delle modalit� del suo esercizio. � N�, una volta ammesso ci�, � il caso di pensare -secondo un profilo adombrato nelrordinanza di rimessione -a una illegittimit� d'arte, per la ricerca nel sottosuolo o altrove, di tali beni. Dal che deriva, ovviamente, la legittimit� costituzionale delle sanzibni penali comminate per la violazione delle norme atte ad assicurare il concreto esercizio di tale .attivit� della P.A. Legittimit� costituzionale sia in relazione all'art. 27 della Costituzione, dato che le sanzioni sono dirette alla repressione penale di ~na iniziativa � contra legem " del soggetto, e non di un fatto non riconducibile alla sua imputabilit�; sia in relazione all'art. 41 della 'Costituzione, dato che la tutela dell'iniziativa economica privata � limitata, appunto, alla sfera privatistica, e non pu� interferire in campi che sono di pertfoenza esclusiva della P.A. Le sentenze della Corte costituzionale, citate in motivazione, 14 febbraio 1962, n. 4 e 5; 16 febbraio 1003, n. 12; 15 maggio 1963, n. 67; 8 giugno 1963, n. 79, sono pubblicate in Giur. it., rispettivamente, 1962, I, 1, 497 e 498; 1963, I, 1, 702; 1963, I, 1, 1083; 1963, I, 1, 1063. PARTE I, SEZ. I, GIUR. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 665 derivante alla disposizione impugnata dal fatto che il potere ampiamente discrezionale accordato alfAmministrazione sarebbe � astrattamente � in grado di � rendere possibile un trattamento diverso in situazioni identiche �. Se � vero che l'impiego di ogni potere discrezionale pu� essere distorto, e che uno dei pi� frequenti modi di distorsione � appunto quello noto sotto il nome di disparit� di trattamento, ci� non pu� valere, di per s� solo, a far escludere la possibilit� che la legge �conferisca all'autorit� amministrativa -:. l� dove non vi si opponga una riserva di legge o alcun altro precetto costituzionale -poteri latamente discrezionali. Contro l'eventuale impiego della discrezionalit� per realizzare una disparit� di trattamento sar� possibile, del resto, far valere le garanzie di legalit� concesse dairordinamento : . risolvendosi ci� in un vizio di legittimit� dell'atto della pubblica Amministrazione (tenuta ad osservare i precetti costituzionali di imparzialit� e di uguaglianza), sono ammessi infatti in simili casi il sindacato e la repressione nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali. -(Omissis). - :::::: -, , ' SEZIONE SECONDA .�> �== GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 348 -Pres. Tavolaro -Est. Felicetti -P.M. Pepe (conf.) -Ente Autonomo Mostra d'Oltremare (avv. Stato Soprano) c. Grieco (avv. Bussi e Bo;rselli). Amministrazione dello Stato ed Enti Pubblici Economico -Elementi di individuazione. -Ente Pubblico Competenza e giurisdizione -Ente Pubblico Economico -Ente Aut. Mostra d'Oltremare -Rapporto di impiego -Controversie -A.G.O. -Competenza -Sussiste. Allo scopo aindividuare se un ente pubblico sia o non a carattere economico, occorre guardare non tanto al fine eh' esso persegue, il quale � sempre un fine di pubblico interesse, bens� all' att.ivit�, considerata nel suo intrinseco aspetto, che l'ente � chiamato a svolgere. La natura �economica deU'attivit� di un ente pubblico � adeguatamente rilevata� dall'essere tale attivit�, produttiva di beni o di servizi, esplicabili da qualsiasi impresa privata, immedJiatamente diretta ad un fine di lucro ancorch� strumentale collegata con il fine pubblico delI' ente e dall'essere e8ercitata, o quanto meno potenzialmente esercitabile, in regime di concorrenza. Ricorrendo tali presupposti, l'ente pubblico esercente si pone sul medesimo piano di un privato, il quale eserciti attivit� analoghe, senza che nell'esplicazione dell'attivit� stessa possa riconm~cersi all'ente alcun potere autoritario e di supremazia. Pertanto, i rapporti ifimpiego con i suoi dipendenti restano regolati dal diritto privato e le controversie ad essi relative rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (1). ij m (1-2) La sentenza si legge in Foro it., 1964, I, 666 con ampia nota di richiami. La prima massima enunciata dalla Cassazione � del tutto pacifica e non su di essa� verteva la controversia. Tale massima costituisce la premessa maggiore del sillogisma attraverso cui la Suprema Corte � giunta alla conclusione che il rapporto di lavoro dei dipendenti della Mostra d'Oltremare sia sottratto alla giurisdizione del Consiglio di Stato e debba essere conosciuto dall' A.G. Ma nella premessa minore di tale sillogisma, e cio� nell'affermazione che l'Ente Mostra d'Oltremare abbia i requisiti e i caratteri posti come elementi di PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiUR�SDIZIONE 667 L'Ente Autonomo della Mostra d'Oltremare � un ente pubblico economico. Pertanto, le controversie d'impiego dei suoi dipendenti rientrano nella giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria e non in quella del giudice amministrativo (2). individuazione dell'ente pubblico economico, non possiamo convenire. In sostanza la convinzione della Suprema Cmte si basa sul fatto che � risultato accertato che l'Ente Mostra d'Oltremare gestiva delle attivit� economiche quali: sfruttamento dell'Arena Flgrea, mediante spettacoli a pagamento, concessioni di terreni per teatri, pubblici esercizi, ecc. Secondo la Suprema Corte tali elementi dimostrerebbero la natura meramente economi~a dell'Ente Mostra. � Orbene noi riteni~mo che tali elementi di fatto non siano invece di per s� sufficienti a dimostrare che l'Ente Mostra d'Oltremare � un ente pubblico economico e ci� proprio in relazione ai criteri distintivi fissati dalla stessa Cassazione nella prima massima. Invero ove si tenga conto che tra i fini istituzionali dell'Ente (art. 1 d.l. 6 maggio 1948, n. 1314) vi � quello di perseguire cc finalit� attinenti alla valmizzazione economica e turistica della citt� di Napoli � sembra evidente potersi concludere che le attivit� enunciate dalla Cassazione si inquadrano nel perseguimento diretto dei fini primari dell'Ente e non costituisCO'llo un'attivit� meramente strumentale economica. In altre parole con le rappresentazioni teatrali e con le altre attivit� connesse ed affini l'Ente Mostra non� si limita a gestire un patrimonio a fini di lucro, ma realizza in via diretta quelle finalit� che ad esso sono istituzionalmente demandate. Sar� pertanto opportuno che l'importante questione venga sottoposta ad un nuovo esame della Corte Regolatrice. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 marzo 1964, n. 506 -Pres. Celentano -Est. Laporta -P.M. Criscuoli (conf.) -Segalerba {avv. Romanelli) c. Buzzi Giuseppina {avv. Salvucci e Ghio). Competenza e giurisdizione -Provvedimenti d'urgenza ex articolo 700 c.p.c. -Questione di giurisdizione -Configurabilit� Regolamento preventivo di giurisdizione -Proponibilit�. (c.p.c. artt. 41 e 700). Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Licenza di esercizio commerciale -Ricorso ex art. 700 c.p.c. -Difetto di giurisdizione A.G.O. -�Reivindicatio� e azione per ottenere sentenza costitutiva di trasferimento -Difetto di giurisdizione A.G.O. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E art. 4). Il provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. � inteso ad attuare, con funzione cautelare, una tutela giurisdizionale preventiva in attesa del giudizio di merito; pertanto anche rispetto ad esso pu� prospet RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 668 tarsi una questione di giurisdizione che pu� dar luogo al regolamento preventivo di giurisdizione (1). Eccede i limiti della giurisdizione delfA.G.O. concedere provvedimenti cautelari (nella specie sequestro) relativi ad una licenza amministrativa nonch� cono~cere su domande tendenti ad ottenere una declaratoria di propriet�, ovvero una sentenza costitutiva di trasf erimento, della licenza stessa (2). (1) Giurisprudenza ormai consolidata: cfr. il recentissimo precedente di Sez. Un. 27. 2. 1004, in questa Ra8segna, 1004, 468, con nota di richiami. �(2) Nella specie il proprietario di un immobile, fondando la propria pretesa su pattuizioni contrattuali, richiedeva al locatario la consegna della licenza di esercizio del cinema gestito nell'immobile locato. Il Pretore, adito ai sensi del1' art. 700 c.p.c., aveva ordinato al locat!ll'io la consegna della licenza e il locatario aveva proposto regolamento di giurisdizione sia in relazione al procedimento dinnanzi al Pretore, sia in relazione al giudizio di merito dinnanzi al Tribunale iniziato dal proprietario e con il quale era richiesta, tra l'altro, una deolMatoria di propriet� dell'attrice sulla licenza e una sentenza costitutiva di trasferimento della licenza stessa. Le Sez. Un. hanno correttamente messo in luce che la licenza -come tale non pu� essere oggetto di un diritto di propriet� da parte del privato e, richiamandosi ad un recente precedente (Cass. 13 febbraio 1003, n. 886, in Giur. it., 1004, I, 1, 215, con nota di richiami; cfr. pure Giust. civ., 1963, I, 1626 e Foro amm., 1963, II, 322), hanno dichiarato che, se pure deve .ritenersi consentito all'A.G.0. di autorizzare sequestri che incidano esclusivamente su rapporti di diri:tto privato tra concessionari e terze persone e che si mantengano -in ogni caso -estranei al rapporto di concessione ed alla sfera soggettiva della P.A., tuttavia "non pu� mettersi in dubbio che all'A.G.O. � vietato di interferire con un provvedimento di sequestro su di un atto amministrativo di concessione (ovvem di autorizzazione) cos� come avviene allorch� la misura cautelare disposta operi sul rapporto di concessione provocandone la sospensione �. Pertanto � stato dichiarato il difetto di giurisdizione per quanto riguarda il ricorso ex art. 700 proposto dal proprietario. Il difetto di giurisdizione � stato aJ.tres� dichiarato per quanto riguarda le domande di merito tend�nti ad' ottenere la declaratoria di propriet� della licenza e la sentenza costitutiva di trasferimento della licenza, dato l'evidente e macroscopico contrasto di tali domande con il disposto dell'art. 4 della legge n. 2248 del 1865 all. E. Per riferimenti cfr. Cass. 21 marzo 1959, n. 864, in Foro amm. Il, 1, 120. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 marzo 1964, n. 663 -Pres. MastropRsqua -Est. Straniero -P.M. Criscuoli (conf.) -Sgadari {avv. Maniscalco Basile, Fornario) c. Assessore per l'Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana (avv. Stato Agr�). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ammm1strativa -Criteri di discriminazione� -Prospettazione della domanda -Irrilevanza -�Petitum� sostanziale. (l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiUR�SDiZ�ONE 669 Competenza e giurisdizione -Riforma fondiaria -Sicilia -Ter reni soggetti a riforma -Sesto residuo -Diritto soggettivo Non sussiste -Giurisdizione A.G.O. -Non sussiste. (1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104). Il criterio distintivo tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa non � dato dal modo con cui la parte prospetta la pretesa fatta valere in giudizio ma dal cosidetto petitum sostanziale, e cio� dalla intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite, e in funzione della reale protezione accordata dall'ordinamento giuridico al"la. posiz.ione del privato posta a fondamento della pretesa sicch� il diritto medesimo, oltre che affermato dall'interessato, sia effet;tivamente ed obiettivamente configurabile alla stregua dell'ordinamento in virt� di una protezione diretta ed immediata, tale da escludere un qualsiasi potere discrezionale di incidenza da parte della pubblica ammini. strazione (1). Nelfambito della legge siciliana di riforma agraria la pretesa del proprietario soggetto a scorporo di effettuare la trattenuta del sesto dei terreni gi� compresi nel piano di individuazione e di conferi mento non pu� essere qualificata di diritto soggettivo ma di diritto affievolito sia perch� la istanza relativa non produce alcuna modificazione dello status di vincolo gi� esistente per effetto del decreto di individuazione e di conferimento, n� tanto meno determina, nemmeno limitatamente alle zone idealmente corrispondenti alla �quota del sesto, la reviviscenza del diritto soggettivo e gi� degradato a diritto affievolito, per effetto del suddetto decreto, sia perch� le relat.ive operazioni da compiersi dalla P.A. e inquadrabili sempre nello speciale procedimento di espropriazione, comportano da parte sua f esercizio di un potere di discrezionalit� tecnico-amministrativa, quale la scelta dei terreni e la valutazione delle garanzie offerte per il migUoramento dei terreni, sindacabile solo dal g.a. e non comportano affatto l'accertamento di un limite quantitativo della espropriazione pr@determinata automaticamente per legge (2). (1) Giurisprudenza consolidata; cfr. per tutte, Cass. 29 marzo 1963, n. 789, in Giust. civ., 1963, I, 2665, con am;pia nota di richiami. (2) Non risultano precedenti. Per riferimenti cfr. nota di richiami alla sentenza in rassegna, .in Giust. civ., 1964, I, 1136. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847 -Pres. Tavolaro -Est. Sparvieri -P.M. CriscuoJi (conf.) -Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli (avv. Carrano) c. Mattiello {avv. Gerardi). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza Convertibilit� in regolamento di giurisdizione -Limiti. Competenza e giurisdizione -Istruzione pubblica -Convitti nazio nali ed educandati -Scuole annesse ai convitti -Incaricati di insegnamento -Rapporto di lavoro -Natura privatistica. - :-� Giurisdizione ordinaria. (r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410). Nel caso in cui la sentenza impugnata mediante regolamento di competenza contenga soltanto una pronuncia sulla giurisdizione anzich� sulla competenza, il proposto regolamento di competenza si converte in regolamento di giurisdizione quando siano state osservai-e tutte le norme contenute negli artt. 364 s.s. c.p.c., richiamati neliultima parte deliart. 41, comma primo, del codice stesso (1). L'istituzione da parte dei convitti nazionali, ove ne ravvisino la necessit� (art~ unico r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, che modifica l'art. 134 reg. 1� settembre 1925, n. 2009), di classi o corsi completi aistruzione media classica, tecnica, scientifica, e magistrale, in cui l'insegnamento La giurisdizione in tema di rapporto di lavoro degli insegnanti delle scuole dei Convitti Nazionali. (1-2) La sentenza si legge in Giust. Civ., 1964, I, 1392. Le Sez. Un. hanno affrontato, con la decisione annotata, il problema della natura del rapporto di lavoro degli incaricati all'insegnamento nelle scuole annesse ai Convitti Nazionali e lo hanno risolto affermandone la natura privatistica, con il cornllario della competenza dell'A.G.O. a conoscere le controversie nascenti da quel rapporto. Tale insegnamento � in contrasto con la prevalente giurisprudenza di merito che ha visto le controversie in questione sottoposte al Consiglio di Stato, mentre i giudici ordinari declinavano la propria giurisdizione. Le Sezioni motivano il loro orientamento sul rilievo che lattivit� scolastica dei Convitti sarebbe facoltativa, accessoria rispetto ai fini pubblici istituzionali di quegli Enti e si concreterebbe in una attivit� meramente economica e quindi non pubblicistica. Non riteniamo di poter aderire ad una tale ricostruzione dell'istituto, che sembra in contrasto con una corretta interpretazione delle finalit� e dell'attivit� dei Convitti Nazionali. Invero, non occorre una minuta esegesi dei testi legislativi riguardanti i Convitti Nazionali per escluderne il carattere di enti pubblici economici. E in proposito sufficiente richiamare gli artt. 118 e segg. del r.d. 6 maggio 1923, n. 1054 e in gen�ra:le il Regolamento di cui al r.d. 1� settembre 1925, n. 2009 da cui si evince che lo scopo istituzionale dei Convitti � l'istruzione e I� sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti, e quindi il fine e la funzione dei Convitti sono preminentemente educativi e non dvolti alla produzione di un reddito. D'altra parte il Supremo Collegio ha avuto modo di indicare con chiarezza sin dalla nota pronuncia a Sez. Un. 12 luglio 1951, n. 1915, i caratteri distintivi degli Enti Pubblici Economici, precisando che � il concetto di attivit� economica PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI G�UR1SDIZIONE 671 � affidato per incarico (ed ai quali � concesso il riconoscimento della validit� degli studi e degli esami premsto dall'art. 51, reg. 4 maggio 1925, n. 653, soltanto se funzionino secondo l'ordinamento stabilito per le corrispondenti scuole statali) non rientra tra i fini pubblici istituzionali dei convitti nazionali, ma costituisce l'esercizio iure privatorum di una mera facolt� degli stessi; nell'espletamento di tale attivit� scelastica i convitti nazionali agiscono, quindi, come gli enti privati idoneo a caratterizzare l'Ente Pubblico ai fini della classificazione e dell'inquadramento di esso importa che l'Ente operi nel campo della produzione ... e intervenga . nei vari settori -agricolo, industriale, commerciale, creditizio, assicurativo svolgendo un'attivit� non dissimile da quella esercitata dall'azienda privata e che perci� rappresenta non un modo necessario per la diretta realizzazione di un� fine pubblico, bens� un mezzo per conseguire degli utili con la partecipazione alla vita degli affari. Alla luce di tale insegnamento non pu� dubitarsi che il Convitto Nazionale non pu� in alcun modo ritenersi un Istituto a carattere economico. Invero pur espletando una certa attivit� economica, che � d'altronde necessaria per la vita stessa dell'Ente, non si pu� dire che operi in regime di libera concor renza�, in quanto ad esso � imposto .il rispetto di precise norme regolamentari e pi� in generale delle direttive delle Autorit� di Vigilanza, che vengono a pesare anche nella misura e co-rresponsione d,egli stipendi. Ma naturalmente il motivo principale per il quale i Convitti Nazionali non possono considerarsi Enti Pubblici Economici � quello che il fine che lo Stato si � prefisso con la creazione di essi e il fine che essi stessi perseguono con la loro attivit� istituzionale non � quell� di conseguire degli utili, ma quello di realizzare direttamente l'educazione dei giovani che frequentano l'Istituto. Ci� vale naturalmente anche per l'attivit� che il Convitto esplica nelle scuole annesse. � da ricordare infatti che ai sensi del r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410 nei Convitti Nazionali possono istituirsi dei corsi completi d'istruzione media classica, tecnica, scientifica e magistrale. Il decreto citato modificava il precedente art. 142 del Regolamento di cui al r.d. 1� settembre 1925, n. 2009 che disponeva �i convittori che non possono ottenere l'iscrizione negli Istituti medi di istruzione per mancanza di posti disponibili, possono essere riuniti nel Convitto, col consenso delle famiglie, in classi affidate a professori legalmente abilitati scelti dal rettore ... n. L'istituzione delle classi era pertanto limitata al caso che i convittori non trovassero posto negli Istituti di istruzione gnvernativi. L'esperienza didattica mostr� per� che, specialmente nei grandi convitti con �numerosi convittori, le finalit� educative dell'Istituto potevano essere pi� agevol mente raggiunte con l'istituzione di scuole dipendenti direttamente dal Con vitto stesso. Col decreto del 1931, n. 1410 veniva pertanto modificato l'art. 142 del Regolamento e si stabil�, in linea generale, e senza i limiti precedenti, che i Convitti posso istituire Scuole annesse. Non � pertanto chi non veda che quella scolastica non � che una specifica zione della generale attivit� educativa svolta dal Convitto per il raggiungimento delle proprie finalit� istituzionali. Ne consegue che i professori delle scuole annesse rientrando tra i dipendenti dell'Amministrazione del Convitto sono a tutti gli effetti impiegati di ente pubblico. 672 RASSEGNA DELI,'AVVOCATURA DELLO STATO ai quali sia data rautorizzazione <!istituire e gestire una scuol� privata parificata alla scuola pubblica entro certi limiti e per determinati effetti, sicch� i rapporti tra essi ed il personale insegnante hanno carattere privatistico (2). D'altronde anche in tal caso la chiara lettera della norma elimina qualsiasi possibilit� di contestazione. Stabilisce infatti il r.d. n. 1410 del 1931: � La istituzione delle classi o dei corsi deve essere deliberata dai Consigli di Amministrazione dei Convitti ed � subordinata all'approvazione del Ministero della Pubblica Istruzione, sentito il parere della competente Giunta per la istruzione media. Le classi o i corsi saranno a totale carico delle amministrazioni dei Convitti e gli insegnamenti saranno affidati per incarico. Le famiglie che chiedano l'iscrizione degli alunni alle scuole interne sono tenute a versare alla Cassa del Convitto un contributo da fissarsi dal Consiglio di Amministrazione in misura non inferiore all'ammontare delle corri>J>ondenti tasse gavernative. La vigilanza immed.iata e continua sulle classi o sui oorsi costituiti nel modo anzidetto � affidata al Rettore � . Non � pertanto seriamente contestabile che l'attivit� scolastica del Convitto ha la stessa finalit� educativa di preminente interesse pubblico dell'attivit� istituzionale del Convitto. In altre parole, pure mediante l'istituzione di classi e corsi di istruzione il O:mv;itto tende a raggiungere in via principale e diretta lo scopo educativo e formativo che gli � proprio e cio� quel fine pubblicistico che deve perseguire. Ulteriore conferma di queste gi� evidenti considerazioni sta nella natura di �contributo� della somma che le famiglie degli alunni debbono paga.re alla'cassa del del Convitto e il cui ammontare viene fissato dal Con&iglio di Amministrazione. Non si tratta quindi di un vero e proprio corrispettivo, ma solo di una contribuzione molto affine alla tassa scolastica e che viene stabilita dal Consiglio di Amministrazione avendo riguardo non a considerazioni speculative, ma al superiare mteresse pubblico persegudto dal Convitto, cosicch� l'unico limite che viene posto dalla Legge � che il contributo non venga stabilito in misura inferiore all'ammontare delle corrispondenti tasse governative. Riteniamo pertanto che possa concludersi che il rapporto dei professori incaricati dell'insegnamento presso le scuole annesse ai C-Onvitti Nazionali ha natura di pubblico impiego e che le controversie nascenti da tale rapporto siano sottoposte alla giurisdizione esclusiv~ del Consiglio di Stato. Vogliamo, infine, richiamare l'attenzione su una recentissima decisione analoga a quella annotata (cfr. Sez. Un. 17 febbraio 1964 n. 348, Ente Autonomo Mostra d'Oltremare c. Grieco, in questa Rassegna retro, 666). G. ZAGARI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 890 -Pres. Flore -Est. D'Anniento -P.M. Criscuoli {conf.) -Finanze (avv. Stato Foligno) c. I.A.C.P. di Messina (avv. Brancali). Competenza e giurisdizione � Terremoto � Piano Regolatore di Messina � Area compresa nel Piano -Controversia tra Ammi nistrazione Finanziaria e I.A.C.P. � Giurisdizione ordinaria. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. -4; c.p.c. art. 41). PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZIONE 673 Terremoti -Messina -Aree danneggiate -Cessione ex art. 31 I. n. 466 del 1910 -Efficacia� ope legis � -Non sussiste -Necessit� di atto amministrativo di trasferimento. � (I. 13 luglio 1910 n. 466, art. 31). In base al criterio del � petitum sostanziale � per la discrimina zione tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa, spetta al giudice ordinar.io conoscere della controversia tra l'Amministraz,ione finanziaria deUo Stato, che assuma di essere proprietaria di un'area inclusa nel piano regolatore di Messina, facendo valere, cos�, una pretesa di carattere patrimoniale sorgente da un diritto soggettivo perfetto, e l'Istituto per le case popolari, il quale sostenga di essere succeduto nella propriet� dell'area rivendicata al Comune di Messina che l'a'IJrebbe, a sua volta, ricevuta direttamente dallo Stato per effetto dellart. 31 della l. 13 luglio 1910, n. 466. La norma dell'art. 31, primo comma, della l. 13 luglio� 1910, n. 466, la quale dispone che � i terreni espropriati dallo Stato� nei territori danneggiati dal terremoto di Messina del 28 dicembre 1908, sono ceduti ai rispettivi Comuni � non opera il trapasso di propriet� ipso iure dei terreni medesimi; il suddetto trapasso, come risulta dall'ultimo comma dello stesso art. 31, il quale dispone che non sono ceduti ai Comuni quei terreni che potranno occorrere allo Stato per le proprie esigenze o per provvedere ad opere o servizi pubblici, � infatti suc cessivo ad una valutazione da parte dello Stato circa ropportunit� di conservare i beni per le sue esigenze, il che postula la necessit� di un provvedimento, risultante sia pure da facta concludentia, nel senso che il bene sia ritenuto no.n occorrente allo Stato. (1-2) Sulla questione di specie non risultano precedenti. ; La sentenza cassata � riassunta in Foro it., rep. 1960, v. Terremoti� n. 7, Giur. Sic., 1960, 918 (per altri riferimenti cfr. Mass. Giust. Civ., 1964, 401). �)li.chiamiamo lattenzione sulla seconda massima con cui la Corte di Cassa, in accoglimento delle argomentazioni dell'Avvocatura, ha affermato il prin. 4,pfo che la cessiooe ai Comuni dei terreni espropriati dallo Stato nei territori danneggiati dal terremoto di Messina prevista dall'art. 31, I c. della I. 13 luglio 1910 n. 466 non avveniva ope legis ma solo attraverso un concreto atto di trasferimento. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 891 -Pres. Tavolaro -Est. Iannelli -P.M. Crismoli -Ministero LL.PP. (avv. Stato Buonvino) c. Petern� (avv. Iemolo e Scuderi). Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche -U~enze utilizzate nel trentennio anteriore al 1884 -Controversia con la 5 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO P.A. in pendenza del procedimento di riconoscimento giurisdizionale -Competenza dell'A.G.O. -Sussiste. (1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 2 lett. b). Acque pubbliche -Antiche utenze -Pronunzia del giudice ordinario in pendenza della procedura di riconoscimento -Effetti sul provvedimento amministrativo. (1. 10 agosto 1884, n. 2664, art. l; r.d. 11 dicembre 193S, n. 1775, art. 2 lett. b). I titolari di antiche utenze di acque pubbliche. che risultino derivate ed utilizzate per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 agosto 1884, n. 2664, hanno, di fronte alla p;.bblica amministrazione, un diritto sogget.tivo al riconoscimento delle medesime, il cui contenut� rion � circoscritto al solo riconoscimento della utenza ma attiene anche al quantitativo di acqua che in forza di esso, potr� continuare ad essere derivato dall'utente (1). La d@cisione del giudice ordinario di declaratoria del diritto soggettivo dell'antico utente, non importa riconoscimento del diritto di utenza nei confronti dell'amministrazione e, .tanto meno, costituisce una pronuncia che tenga luogo del decreto di riconoscimento del diritto, dovendo intendersi subordinata, per una definitiva produttivit� di effetti, al sopravvenire, in modo aderente, del provvedimento amministrativo di riconoscimento e, comunque, tale da doversi ulteriormente armonizzare, sul piano giuridico-patrimoniale, col modo di essere di questo. Essa � giustificata dalla esigenza di non lasciare senza alcuna protezione la condizione dell'antico utente durante il tempo richiesto per la emanazione, da parte dei competenti organi, del decreto di riconoscimento (2). I.. ill ~ �' (Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento sia il Ministero dei LL.PP., sia i Castorina e Trigona denunciano il difetto temporaneo di giurisdizione e la incompetenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, nonch� la violazione dell'art. 3 del t.u. 11 dicembre 1933, (1-2) Con la prima massima la Corte di Cassazione ha affermato la natura di diritto soggettivo anche nei confmnti della P.A., della posizione dell'antico utente di un'acqua che abbia presentato istanza di riconoscimento sulla quale sia ancora :in corso l'istruttoria da parte dell'Autorit� Amministrativa. Tale importante decisione � lo sviluppo dell'indirizw gi� formatosi con la sentenza 15 luglio 1959, n. 2294 delle stesse Sez. Un. (in Foro it., 1959, I, 1271) con la quale era stata cassata la contraria pronuncia del Tribunale Superfo.re delle Acque 12 aprile 1958, n. 11, (Acque Bonifiche e Costruzioni 1958, 392, con nota PARTE I, SEZ. II, GIUR .. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZiONE 675 n. 1775, e dell'art. 5 del Regolamento approvato con r.d. i4 agosto 1920, n. 1285, in relazione all'art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4 c.p.c. Sostengono i ricorrenti che la posizione di diritto soggettivo degli antichi utenti di acqua pubblica, ai sensi degli artt. 2 e 3 del suddetto t.u., nelle more della procedura di riconoscimento, attiene ad un principio avente una portata non, come affermato dalla sentenza denunciata, generale, ma limitata, nel senso che l'antico utente pu� far valere la menzionata posizione nei confronti dei privati e non anche della Pubblica Amministrazione, rispetto alla quale avrebbe, invece, semplicemente un interesse legittimo, tutelabile davanti al Tribunale Superiore delle Acque, quale organo in unico grado della giustizia amministrativa, specie quando egli chieda, con l'azione proposta, come il Patern�-Castello e la Leoni avrebbero chiesto nel caso in oggetto, l'affermazione del proprio diritto all'utenza e quando, comunque, non potrebbe non derivare, implicitamente, dalla pronuncia, l'affermazione del diritto stesso. Il Ministero dei LL.PP. osserva, inoltre, che poich� il diritto al riconoscimento dell'antica utenza, in base a titolo legittimo o al possesso trentennale anche del quantitativo di acqua effettivamente utilizzata durante tale periodo, � subordinato .all'accertamento dei detti presupposti, previa un'apposita istruttoria, l'accoglimento del generale principio affermato dal Tribunale Superiore avrebbe l'effetto di porre, sostanzialmente, nel nulla il procedimento amministrativo, con l'ulteriore conseguenza che il giudice ordinario verrebbe a sostituirsi agli organi amministrativi nel riconoscimento medesimo. Rileva, infine, che il .riferimento alla sentenza n. 2294 del 1959 di queste Sezioni Unite da parte del Tribunale Superiore, a sostegno della propria decisione, non pu� considerarsi puntuale, per essere stata quella sentenza pronunciata in sede di opposizione al decreto del Ministro e non avendo . essa affermato che il diritto dell'antico utente sussista, prima e al di fuori del riconoscimento, anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, e che, d'altra parte, non � concepibile negare a questa, in pendenza del riconoscimento e quando ancora il diritto di che trattasi � in corso di accertamento istruttorio, il potere di disposizione di altre acque, sul riflesso della loro interferenza con quelle �9.i un'antica utenza, devolvendo la 'pronuncia, su tale oggetto, all'autorit� giudiziaria ord�- contraria di Conte) e di Cass. 24 gennaio 1962, n. 123, Rep. Foro it., 1962, 25, in cui la posizione di diritto soggettivo del titolare di un'antica utenza, in pendenza del riconoscimento, era stata dichiarata nei confronti dei terzi. Si erano rilevate in corso di causa le 11 aporie " cui veniva a dar luogo un tale indirizzo e, in particolare, la circostanza che la cognizione dell'A.G.0. sulla sussistenza del diritto di utenza, i. pendenza del procedimento amministrativo di riconoscimento, av.rebbe, in buona sostanza, posto nel nulla, rendendola inutile e superflua, la procedura di.riconoscimento disciplinata dall'art. 3 del t.u. del 1933 e RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 676 naria e vincolando, conseguentemente, l'Amministrazione nell'esame, che le � riservato, sul diritto al riconoscimento. La censura non ha fondamento. Va precisato, anzitutto, che non v'�, in sostanza, contestazione circa il diritto soggettivo del titolare di un'antica utenza al ricono~ scimento della medesima, posto che la questione sollevata dai ricorrenti riflette solo i limiti della tutela giudiziaria dell'utente d'acqua . pubblica non ancora riconosciuto, ossia il punto se, data senz'altro per ammessa l'esistenza del menzionato diritto, al quale, una volta che ne siano accertati i presupposti, non pu� che far riscontro una attivit� vincolata dei competenti organi amministrativi, si debba, tuttavia, ritenere, diversamente dalla denunciata sentenza, che il suo contenuto sia circoscritto al solo riconoscimento della utenza, cio� dell'utilizzazione dell'acqua in s�, con esclusione di quanto attiene alla misura dell'utenza stessa, per essere la determinazione di questa, trattandosi dell'uso di un bene demaniale, soggetta eventualmente, al fine di contemperare l'interesse pubblico con quello privato, ad una valutazione discrezionale dell'autorit� amministrativa, di guisa che colui che ha diritto al riconoscimento di un'antica utenza si debba considerare investito, in pari tempo, nei confronti dell'Amministrazio~e, di un interesse legittimo relativamente alla determinazione concreta della misura dell'utenza stessa. Or � sufficiente, al riguardo, richiamare l'art. 2, lett. b) del t.u. n. 1775 del 1933 sulle acque pubbliche, il quale stabilisce che il rico� noscimento del diritto di utenza spetta a chi si trovi nelle condizioni ivi specificate " limitatamente al quantitativo di acqua e di forza motrice effettivamente utilizzata durante il trentennio �, per inferirne che, con detta disposizione, � assicurata, senz'altro, all'antico utente, �~ insieme col diritto al riconoscimento, la stessa misura di acqua e di forza motrice precedentemente goduta. La norma, infatti, con la sua letterale chiarezza, sta a significare che la misura delle utenze di antico diritto non deve essere minore di quanto essa sia stata in passato, onde il decreto di riconoscimento, atteso�n suo carattere meramente dichiarativo, non pu� avere ad oggetto il diritto dell'utente in una diversa misura. In netto contrasto con la tesi dei ricorrenti �, perci�, la fattispecie legale, la quale, nell'attribuire, sotto determinate condizioni, il diritto dell'art. 5 del Regolamento n. 1283 del 1920 violando le norme medesime e facendo s� che il Mag.istrato Ordinario si venisse a pronunciare sul riconoscimento� dell'antica utenza non gi� .in sede di opposizione al deoreto, che sul riconoscimento stesso deve rendere il Ministro, ma in via principale, invadendo in sostanza le attribuzioni dell'Amministrazione. PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GlURISD�ZIONE 677 al. riconoscimento delle antiche utenze, specifica anche, in modo inequivoco, quale debba essere il contenuto del diritto stesso. Ma altre ragioni stanno contro la detta tesi. Invero non sembra che si possa scindere dal diritto soggettivo c10 che ne costituisce, in realt�, l'oggetto, di guisa che il diritto al riconoscimento di un'antica utenza, in tanto � configurabile nella sua sostanza, in quanto venga riferito ad una quantit� determinata di acqua pubblica, altrimenti verrebbe ad essere svuotato del suo concreto contenuto, come nel caso, appunto, in cui la determinazione della misura dell'utenza fosse rimessa al potere discrezionale dell'Amministrazione. Il riconoscimento delle antiche utenze potrebbe in questa guisa, come � stato rilevato esattamente dalla sentenza impugnata, ridursi ad una mera lustra e perdere, conseguentemente, la funzione assegnatagli dalla legge. Questa, infatti, ha inteso condizionare il permanere degli antichi diritti di utenza al riconoscimento amministrativo, previo l'accertamer�to dei soli requisiti indicati dal gi� ricordato art. 2, lett. b), del t.u. del 1933, ed � proprio in ci� che � dato ravvisare la differenza saliente tra il decreto di riconoscimento e quello di concessione di acqua pubblica, rispetto al quale lAmministrazione ha il pi� ampio potere discrezionale. D'altra parte, se nei confronti di privati -com'� pacifico -il diritto dell'antico utente deve ritenersi, ai fini della tutela, preesistente al riconoscimento da parte dell'Amministrazione e se nei confronti di questa -com'� egualmente incontestato -l'incompleto riconoscimento involge, agli stessi fini, una questione di diritti e non di interessi, la posizione dell'antico utente non pu� non considerarsi identica, ove egli lamenti la lesione del proprio diritto da parte del privato ma a seguito di un atto dell'Amministrazione. Basta, invero, che lantico utente sia titolare di un diritto soggettivo, per dovere riconoscere allo stesso la possibilit� di difendere la propria posizione caratterizzata come tale, indipendentemente dall'interferenza dell'Amministrazione nel fatto lesivo, per effetto della quale non pu� certo essere mutata la natura della pretesa fatta valere dal primo. Queste Sezioni Unite, gi� in altre decisioni (sentenze nn. 1837 del 1954 e 2294 del 1959), hanno negato alcun potere all'Amministrazione, in sede di riconoscimento delle antiche utenze, relativamente alla determinazione della misura di cui i titolari possono continuare ad Tale indubqia incongruenza � stata superata dalle Sez. Un. con l'affermazione contenuta nella seconda massima, e, cio�, dichiarando che la pronuncia del giudice ordinario si limita all'affermazione del diritto dell'antico utente, pendente la procedura di riconoscimento, di continuare ad usare dell'acqua pubblica nella misura precedentemente utilizzata, ma non interferisce nel procedi RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 678 usUfruire, precisando, in piena aderenza con il gi� citato art. 2, lett. b), del t.u. del 1933 e conformemente al carattere dichiarativo del riconoscimento, che questo, per ci� che attiene alla misura del diritto delf utente, incontra un limite nel quantitativo di acqua effettivamente utilizzata durante il trentennio come calcolato nella detta norma, ed avvertendo che il limite stesso va inteso nel senso che il riconoscimento deve aver luogo per la misura in cui racqua � stafa in effetti goduta. Orbene,. nel concorso dei fatti costitutivi del diritto, sarebbe un non senso ammettere che f Amministrazione, prima del riconoscimento, abbia, riguardo alla determinazione della misura della utenza, quel potere che essa, invece, non ha in sede di riconoscimento. Resta fermo, pertanto, che, di fronte alla necessit� del riconoscimento delle antiche utenze, ove ne ricorrano i presupposti, l'Amministrazione non ha la facolt� di ridurne la misura, nemmeno nel momento che precede il riconoscimento stesso. Ci� posto, � agevole dimostrare che anche le altre argomentazioni �del Ministero ricorrente sono prive di valore decisivo. Invero l'esigenza del procedimento istruttorio che deve seguire alla domanda di riconoscimento di un'antica utenza e la possibilit� I che la domanda medesima sia in tutto o in parte accolta o, addirittura, rigettata, come previsto dall'art. 5, secondo comma, �del Regolamento approvato con r.d. 14 agosto IH20, n. 1285, altro non significano che il diritto al riconoscimento �delle antiche utenze,. fondate che siano su un titolo legittimo o sul possesso trentennale, � sempre subordinato all' ac certamento di uno di tali presupposti e, in pari tempo, quando trattisi di possesso trentennale, a quello del quantitativo di acqua effettiva mente utilizzata durante il detto periodo. Se, infatti, il riconoscimento deve essere consentito in ogni caso, in �perfetta corrispondenza di ci� che, in esito alfapposita istruttoria, sia stato accertato in ordine alla esistenza ed al contenuto del titolo o del possesso, l'eventualit� che la domanda relativa risulti giustificata soltanto in parte, non incide in alcun modo sull'essenza della pretesa mento e sul pl"OVVedimento amministrativo di riconoscimento di competenza del1' Autorit� Amministrativa. La soluzione adottata lascia forse qualche dubb1o sul rigoce dei principi, non potendo non lasciar perplessi il fatto che un privato possa vedersi �riconosciuto dall'A.G.0. nei confronti della P.A. un diritto soggettivo sull'esistenza del quale deve poi per legge pronunziarsi proprio la stessa autorit� amministrativa. :il: peraltro necessario rilevare che tale soluzione, pur con le perplessit� sopra accennate, sembra -di fatto -tener sufficiente conto della principale esigenza <lell' Amministrazione che � quella di non vedere vanificata o comunque compromessa dalla pmmincia giurisdizionale la autonomia e indipendenza della propria azione amministrativa. PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI G1URISDIZIONE 679 che con essa si fa valere ma attiene, piuttosto, alla prova della pretesa del diritto vantato dal titolare di antica utenza. Quanto, poi, al valore della decisione def giudice ordinario, � chiaro che essa non implica il riconoscimento del diritto di utenza nei confronti dell'Amministrazione e, tanto meno, costituisce una pronuncia che tenga luogo del decreto di riconoscimento del diritto, dovendo intendersi subordinata, per una definitiva produttivit� di effetti, al sopravvenire, in modo aderente, del provvedimento amministrativo di riconoscimento e, comunque, tale da doversi ulteriormente armonizzare, sul piano giuridico-patrimoniale, col modo di essere di questo. Invero il giudice ordinario, con la sua pronuncia, afferma il diritto dell'antico utente, pendente la procedura di riconoscimento, di continuare ad usare dell'acqua pubblica, nei limiti della misura effettivamente utilizzata durante il periodo all'uopo previsto dalla legge ma non interferisce, con ci�, nella detta procedura o nel provvedimento che la conclude, dal momento che egli accorda, in sostanza, la reclamata tutela ad una sistemazione di diritto condizionato, ossia al concreto contenuto del vantato diritto di utenza. La pronuncia, quindi, lungi dal risolversi in un� riconoscimento anticipato del fondamento di tale diritto, � giustificata dall'esigenza di non lasciare senza alcuna protezione la condizione dell'antico utente durante. l'arco di tempo, che non � sicuramente. breve, richiesto per l'emanazione, da parte dei oompetenti organi amministrativi, del decreto di riconoscimento. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 898 -Pres. Lonardo -Est. Corduas -P.M. Criscuoli {conf.) -Mauro� (avv. Ferrara e Albertazzi) c. Presidente -Consiglio Ministri (avv. Stato Giorgio Azzariti). Giustizia amministrativa -R.icorso giurisdizionale per J'esecuzione del giudicato -Estensione al giudicato amministrativo. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. n. 4; Cost. art. 133). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Controversia patrimoniale -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato Limiti. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 30). Competenza e giurisdizione -Falso civile -Tribunale privo di giurisdizione nella causa di merito -Querela di falso incidentale -Difetto di giurisdizione. (c.p.c. art. 221). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 680 I Il potere del Consiglio di Stato a conoscere, a norma dell'art. 27, n. 4, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, dei ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'ol:ibligo deliautorit� amministrativa di conformarsi al giudicato dei Tribunali ordinari, deve ritenersi esteso anche al caso di denegata esecuzione dei giudicati amministrativi (1). La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato si estende a tutte le controversie derivanti dal rapporto di pubblico impiego e, quindi. anche a quelle che abbiano contenuto patrimoniale, ogni qual volta la pretesa fatta valere in giudizio abbia per titolo il predetto rapporto; la cognizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, invece, � limitata alle sole. questioni attinenti a diritti patrimoniali meramente conseguenziali deU'atto (2). Il tribunale non pu� conoscere, in via incidentale, della querela di falso proposta in corso di una causa su cui non ha potere di giudicare per difetto di giurisdizione (3). (1) Le Sez. Un. ribadiscono, richiamandolo esj;Jressamente, l'indirizzo segnato nella nota decisione 8 luglio 1953, n. 2157 (che si legge in questa Rassegna, 1953, 278 e in Foro It., 1953, 1081, con nota di richiami) nella quale, confermando la giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 3 luglio 1952, n. 13 in Foro it., 1953, III, 96 con richiami), si afferm� la legittimit� della estensione del rime:dio di cui all'art. 27, n. 4 t.u. sul Consiglio di Stato, all'esecuzione del giudicato amministrativo (contra, cfr. GuGLIELMI, L'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato, in questa Rassegna, 1953, 1). (2) Giurisprudenza consolidata -cfr. Cass. 11 luglio 1962, n. 1852 in Rep. Foro it., 1962, 1370, 14 luglio 1962 -Rep. Foro it., 1962, n. 1372 e, da ultimo, Sez.. Un. 5 agosto 1963, n. 2194 in questa Rassegna, 1964, I, 22 con nota di richiami. (3) Piana applicazione di un principio logico prima che giuridico per cui il Tribunale carente di giurisdizione nella causa principale difetta di gforisdizione anche rispetto alla querela di falso proposta in via incidentale ai sensi del!' art. 221 c.p.c. Oltre tutto, basta ricordare che, perch� possa iniziarsi il procedimento incidentale di querela di falso, occorre, a norma dell'art. 222 c.p.c., che il giudice ritenga rilevante ai fini del giudizio di documento impugnato; ond'� che, se il. giudice ritenga di non avere giurisdizione a conoscere della domanda proposta in via principale, ci� significa implicitamente che il documento impugnato non pu�. essere rilevante ai fini della decisione della causa. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 991 -Pres. Lonardo -Est. Cesaroni -P.M. Criscuoli (conf.) -Cherubini (avv. Mesiano e Tessier) c. Ministeri Interno e LL.PP. (avv. Stato. Foligno). PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURiSDiZIONE 681 Competenza e giurisdizione -Sentenza che dichiara difetto di giurisdizione e rigetta domanda risarcitoria -Regolamento di giurisdizione -Inammissibilit�. (c.p.c. art. 41). � inammissibile il regolamento di giurisdizione proposto avverso una sentenza di merito quale � quella che oltre a dichiarare il difetto di giurisdizione rispetto ad una domanda di risarcimento di danni, ha esaminato e rigettato nel merito la domanda stessa (1). . (1) Piana applicazione dell'inequivoco tenore dell'art. 41 c.p.c.: cfr. da ultimo, Cass. 20 gennaio 1964, n. 124 Mass. Foro it., 1964, 33. Interessante la fattispecie su cui le Sez. Un. si sono pronunziate in sede di .regolamento di giurisdizjone. L'azione � stata proposta da due architetti che avevano predisposto, pe;r incarico di due societ�, il collaudo delle opere in cemento armato relative ad un fabbricato condominiale. Il Prefetto non aveva accettato il collaudo perch� compiuto da architetti e non da ingegneri. I due internssati citavano allora il Ministero dell'Interno e il Ministero dei LL.PP. perch� fosse dichiarato il loro diritto, quali architetti, a rendere il collaudo di opere in cemento armato e per ottenere il risarcimento dei danni. L'Avvocatura dello Stato, nel costituirsi in giudizio, eccepiva l'improponibilit� della domanda in quanto diretta all'accertamento dell'illegittimit� di un atto discrezionale della P.A. (r.d. 16 nove:iribre 1939, n. 2229, art. 4) sottratto., come tale, al sindacato del g.o. e, nel merito, deduceva l'infondatezza della domanda perch� la distinzione fra le due professioni di ingegnere e di architetto � contenuta nell'art. 1 del r.d.l. 16 novembre 1939, n. 2229. Il Tr:bunale di Venezia dichiarava il difetto di giurisdizione e rigettava la domanda di risarcimento. Trattandosi di sentenza che pronunciava anche nel merito non era contestabile l'inammissibilit� del regolamento di giurisdizione. Per quanto riguarda la questione di fondo, non esaminata dalla Corte Regolatrice, � evidente che la domanda dei due architetti si rivolgeva contro il diniego di licenza del Prefetto ai sensi dell'art. 4 r.d.l. n. 2229 del 1939: atto tipicamente discrezionale rispetto al quale lo status professionale del collaudatore � assunto, nella fattispecie legislativa, come condizione necessaria (presuppo,sto), ma non sufficiente, per l'ottenimento della licenza. Nel giudizio iniziato dai due architetti, pertanto, la questione di diritto soggettivo poteva rivestire, al pi�, carattere di incidentalit�, o meglio di pregiu dizialit�; ma essa sarebbe ricaduta, nondimeno, nella competenza del Consiglio di Stato: art. 28 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. Per un precedente in termini, in materia di incompetenza del giudice ordi nario in tema di diniego di qualit� soggettiva (quale presupposto per concorrere per l'appalto di gestione esattoriale), pur in contrasto con lo status professionale di esattore, risultante dall'iscrizione all'Albo cfr. Cons. Giust. Amm. Reg, Sic., 20 ottobre 1960, n. 295 confermato dalla Suprema Corte. Altra questione interessante, rimasta assorbita dalla pronuncia pregiudiziale di difetto di giurisdizione, era quella riguardante la legittimazione attiva a pro porre la domanda: se essa spettasse anche agli architetti ovvero al solo proprietario cui era stata negata la licenza ex art. 4 del r.d.l. n. 2229 del 1939. La seconda soluzione sembra la pi� corretta essendo la domanda diretta contro un atto amministrativo che ledeva -almeno in modo diretto -solo la sfera giuridica del proprietario mentre la lesione lamentata dagli architetti sembra risolversi in un mero pregiudizio di fatto non assistito da tutela giurisdizionale. 682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 aprile 1964, n. 992 -Pres. Celentano -Est. Felicetti -P.M. Tavolaro (conf.) -Bellini (avv. }emolo) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Carbone). Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p.u. -Decreto di esproprio -Contestazione del potere giurisdizionale del giudice ordinario. . (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 1. 25 giugno 1865, n. 2359). Co~petenza e giurisdizione -Occupazione d'urgenza protratta oltre il biennio -Danni -Competenza giurisdizionale del giudice ordinario. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73). Appello -Doinande nuove -Mutamento della � causa petendi � Fattispecie in tema di azione per occupazione abusiva da parte della P .A. (c.p.c., art. 345). Quando non viene in oontegt;azione il potere discrezionak espropriativo della P.A., la eventuale deiclaratoria di illegittimit� dell'atto mnminigf;rativo di espropriazione -presupposto necessario della domanda di rwarcimento dei da:nni conseguenziali -rientra nella com I ~ petenza giurisdizionale amminmrativa e non in quella giurisdizionale ordinaria (1). I Il decorso del biennio fissato perentoriamente dalr art. 73 d.ella legge n. 2359 del 1865 senza che l'oocupazione temporanea dei beni sia seguita dalla pronuncia del decreto di espropriazione, fa divenire illegittima l'ulteriore occupazione, in quanto si traduce in abuso del potere espropriativo, ossia in un comportamento illecito della P.A., come tale inidone'o ad affievolire il diritto di propriet� e tanto meno -: a degradarlo a sempHce interesse rifiesso. Consegwenten�ente, spetta all'autorit� giudiziaria ordinaria la cognizione dalle conseguenze patrimoniali dannose della oocupazione divenuta illegittima, en:tro i con-fini temporali della durata della illegittimit� e con il limite obiettivo della impossibilit� di un risarcimento in forma speci-fica, mediante restituzione, ogni qualvolta questa sia impedita dalla trasformazione del bene con permanente destinazione a pubbli!ca utilit� o anche dalla sopravvenuta regolare espropriazione del bene stesso (2). In appello non solo non � consentito il mutamernto del petitum ma nemmeno possono dedursi presupposti d� fatto e conseguenti situa (1) cfr. Sez. Un. 25 novembre 1961, n. 2731, Giust. Civ. Mass., 1961, 1224 con note di richiami. (2) cfr. Cass. 20 gennaio 1964, n. 109, Giust. Civ .. Ma.ss., 1964, 49. I PARTE I, SE'Z. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GiURiSD.IZIONE 683 zioni giuridiche, non prospettati in primo grado, sicch� ne risulti, c&ttraverso il mutamento dei fatti costitutivi del diritto, fatto vakre in giudizio, la proposizione di un'azione mdicalmente diversa da quella proposta con la domanda introduttiva del giudizio. Tale modificazione sussiste allorch� "t'attore in appello chieda la condanna della convenuta amministrazione al pagamento di una somma dovuta, come indennit� di oocupazione temporanea e di espropriazione, in virt� di un contratto di diritto pubblico da accertarsi, al posto del risarcimento dei danni derivanti da presunta. illegittimit� del decreto di espropriazione chiesti in primo grado (3). (3) cfr. Cass. 30 gennaio 1964, n. 255, Giust. Civ. Mass., 1964, 110. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 aprile 1964, n. 1017 -Pres. Tavolaro -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) - Selveg {avv. Segui Nicol� ed altri) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Arias). Competenza e giurisdizione -Difetto di giurisdizione -Q.uestione di legittimit� costituzionale -Pregiudizialit� -Limiti. (I.e. 9 febbraio 1948, n. 1, 'c.p.c. artt. 37 e 187). Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Questione di legittimit� costituzionale -Poteri della Corte di Cassazione -Limiti. {c.p.c. art. 382, 1� co.). Guerra -Territori ceduti dall'Italia -Beni italiani -Condizione giuridica -Ex proprietari -Posizione rispetto allo Stato Italiano. {l. 5 dicembre 1949, n. 1064; I. 8 novembre 1956, n. 1325). Competenza e giurisdizione -Trattati di pace -Territori ceduti dall'Italia -Indennizzo -Controversia -Questione di diritto soggettivo -Giurisdizione dell'a.g.o. (1. 5 dicembre 1949, n. 1064; I. 8 novembre 1956, n. 1325). La q�estione di legitti:nit� costituzionale � pregiudizidle al problema riguardante la giurisdizione, nel caso in cui lo stabilire se il privato possa invocare un diritto soggettivo o un interesse legittimo dipenda dalla norma impugnata di incostituzionalit�. Altrimenti il giudice non pu� prendere in esame la questione di legittimit� costituzionale, se non dopo avere disatteso l,e eccezioni RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 684 pregiudiziali attinenti (/Jlla sussistenza dei presupposti processuali (prima, fra esse, quella di difetto di giurisdizione) {l). Per il disposto dell'art. 382, primo comma, c.p.c. che regola le pronuncie della corte di c assaziolfl.e quando decide una questione di giurisdizione e per i principi fondamentali del nostro sist-ema processuale, la Corte di Cassazione, investita della questione di giurisdizione, ha il compito esclusivo di dichiarare la giurisdizione, mentre ogni decisione sulle altre questioni di rito o di merito (compresa quella relativa alla sussistenza di una condizione dell'azione) sar� devoluta al giudice di rinvio sia esso il giudioe ordinario o il giudice amministrativo (2). Sui beni dei cittadini italiani situati in territori ceduti regolati dall'All. XIV del Trattato di pace, i proprietari conservano il loro diritto di propriet� sicch�, se essi non possono essere pi� restituiti ai legittimi proprietari, per effetto di eventuali provvedimenti di nazionalizzazione o altri simili, il diritto del privato viene a trasferirsi, nella sua integrit�, sulla indennit� che lo Stato espropriante eventualmente ebbe � pagare. Lo stesso Trattato di pace, reso esecutivo in Italia e le eventuali norme dettate dallo Stato a regolare la materia, disciplinano -la posi zione soggettiva del cittadino espropriafo nei confronti de.ilo Stato italiaoo (3). Per effetto del Trattato di pace e delle convenzioni italo-jugoslave che disciplinano la sorte dei beni dei cittadini italiani siti nei territori ceduti alla Jugoslavia e non restituiti a seguito di provvedimenti di nazionalizzazione, i proprietari espropriati hanno un diritto soggettivo all'indennizzo che lo stesso Governo jugoslavo, in virt� degli accordi intercorsi col Governo italiano, ha versato a questo una tantum e che lo Stato si � legislativamente impegnato a� ripartire tra i cittadini secondo i criteri stabiliti nelle stesse leggi disciplinatrici della materia. Pertanto spetta al giudice ordinario la competenza a decidere le relative controversie sorte tra gli espropriati e lo Stato italiano in ordine al'l'indennizzo suddetto (4). (Omissis). -Col primo motivo del suo ricorso, la societ� SELVEG censura la sentenza impugnata, per aver dato la precedenza, nell'esamedelle questioni pregiudiziali, alla questione relativa al difetto di giuri (1) Le Sez. Un. confermano il proprio insegnamento in tema di precedenza tra questione di giurisdizione e questione di legittimit� costituzionale (cfr. pertutte, Cass. 20 ottobre 1962, n. 3051, Rep. Foro it., 1962, v. Competenza civ. n. 22 e l'ampia nota di richiami alla sentenza in rassegna in Foro it., 1964, I, 1146). PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZIONE 685 sdizione, anzich� alla questione di legittimit� costituzionale della legge 8 novembre 1956, n. 1325, sollevata dalla stessa ricorrente; e chiede che queste Sezioni Unite vogliano, ritenendo [eccezione non manifestamente infondata, rimettere la questione alla Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Sia la censura suddetta, sia la richiesta che ne consegue, sono per� prive di fondamento. :� certamente esatto -e questa Corte Suprema lo ha pi� volte riconosciuto �-che, in alcune ipotesi, la questione di legittimit� costituzionale pu� presentarsi come pregiudiziale al problema riguardante la giurisdizione, nel caso cio� che dall'applicabilit�, o meno, della norma impugnata di incostituzionalit�, dipenda lo stabilire se il privato possa invocare un diritto soggettivo o soltanto un interesse legittimo; ma non � quest� l'ipotesi che ricorre nell'attuale controversia. Nella specie, la questione di merito sollevata dalla SELVEG, consiste nello stabilire se l'indennizzo (non ancora, nel caso concreto, liquidato) spettante alla stessa SEL VEG per la nazionalizzazione dei suoi beni situati nei territori ceduti, a seguito del trattato di pace, alla Jugoslavia, ad opera del Governo di tale Stato, debba essere liquidato con i criteri dettati dalla legge 5 dicembre 1949, n. 1064, ovvero con quelli diversi stabiliti dalla successiva (e tuttora vigente) legge 8 novembre 1956, n. 1325. La societ� attrice chiedeva che il Tribunale volesse dichiarare che l'indennizzo dev' esser liquidato secondo la legge del 1949; naturalmente, per giungere a tale risultato, occorrerebbe che la successiva legge del 1956 non fosse applicata, ed a tal fine la SELVEG impugna la legge medesima di incostituzionalit�. �: quindi chiara la rilevanza della questione di legittimit� costituzionale (a parte ogni giudizio sulla manifesta infondatezza o meno di essa) per la decisione di merito; ma,all' esame del merito, � naturalmente pregiudiziale la pronunzia sulla giurisdizione del giudice adito. Come ha stabilito questa Corte Suprema (ad esempio, sentenza 17 ottobre 1956, n. 3677), il giudice non pu� prendere in esame la questione di legittimit� costituzionale, se non dopo aver disatteso le eccezioni pregiudiziali attinenti alla sussistenza dei presupposti processuali (prima fra esse, quella 'di, difetto di giurisdizione). Se, infatti, il giudice dichiari (com'� avvenuto nella specie) il proprio difetto di giurisdizione, egli non � pi� chiamato a decidere nel merito, e perci� la questione di legittimit� costituzionale non ha, o non pu� avere, nel giudizio che con quella pronunzia si In dottrina cfr. TORRENTE, Foro it., 1957, I, 94; CAPPELLETTI, Questioni e regolamenti di giurisdizione e di competenza e questioni di legittimit� della legge, in Giur. it., 1958, I, 1, 899; BILE, La questione di legittimit� costituzionale nel]' ordine di precedenza delle questioni, e autori ivi richiamati. RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 686 conclude, alcuna rilevanza; sar� compito del giudice competente (cio�, secondo la pronunzia impugnata, del Consiglio di Stato), dover valutare se l'eccezione �, o meno, manifestamente infondata, e dover prendere i provvedimenti conseguenti. N� potrebbe dirsi (unica ipotesi, come s'� accennato, in cui la questione di legittimit� costituzionale dev'essere presa in esame con precedenza sulla questione di giurisdizione) che lo accertamento della legittimit� costituzionale, o meno, della legge n. 1325 del 1956 possa avere influenza sulla , determinazione della competenza giurisdizionale a decidere la controversia de qua. La societ� ricorrente lamenta che la Corte d'Appello abbia compiuto l'esame relativo alla esistenza di un diritto soggettivo perfetto, o di un semplice interesse legittimo {concludendo che nella specie il privato � titolare di un interesse legittimo, e perci� la competenza � . del giudice amministrativo), soltanto alla stregua della legge n. 1064 del 1949; mentre l'esame in questione avrebbe dovuto essere compiuto anche in base alle norme della successiva legge del 1956, che � appunto quella impugnata d'incostituzionalit�; onde. sulla risoluzione della questione di giurisdizione, avrebbe potuto avere influenza l'accertamento della legittimit� costituzionale, o meno, del ph� recente testo legislativo. L'assunto per� non � esatto. L'indagine rivolta ad accertare la competenza giurisdizionale fu, infatti, espletata dalla sentenza impugnata ave11do riguardo, nel suo (2) La massima applica correttamente il chiaro disposto dell'art. 382 I, c. c.p.c.: non si pu� invero non convenire nel principio che, avendo le Sez. Un. affermata la giurisdizione dell'a.g.o. negata dal giudice di merito, l'esame della non manifesta infondatezza della questione di legittimit� costituzionale sollevata da una parte spetta al giudice di rinvio, trattandosi di questione che viene ad incidere su di una condizione dell'azione (l'esistenza del diritto) e si risolve pertanto in una questione di merito. � (3-4) Giurisdizione in materia di indennizzi per i beni italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia. Non sfuggir� all'attenzione dei lettori l'importanza dei principi enunciati dalla Corte Suprema eon la sentenza in rassegna. L'affermazione di un diritto soggettivo perfetto del cittadino nei confronti dello Stato Italiano all'indennizzo previsto e regolato dalle leggi n. 1064 del 1949 e n. 1325 del 1956 non pu� essere condivisa perch� in manifesto contrasto col dato testuale della legislazione vigente e perch� in contrasto con quei principi pi� volte affermati dalla stessa Corte di Cassazione e che avevano fatto ritenere che si stesse formando uno jus receptum nella delicata e grave materia della giurisdizione in materia di indennizzi a cittadini italiani per i beni situati in. territori ex nemici in territori ceduti dall'Italia a seguito del Trattato di pace. (cfr. ampi richiami di giurisprudenza e dottrina in nota alla sentenza in rassegna, Foro it., 1964, I, 1946; ad.de: GurcCIARDI, Indennizzo per i beni tunisini e competenza giurisdizionale, Giur. It., 1959, III, 7). PARTE I, SE'Z. II, GIUR. SU Q~TIONI DI GIURISDlZIONE 687 complesso, a tutta la legislazione diretta a regolare l'indennizzo per i beni situati in territori ceduti, e di cui all'allegato XIV del Trattato di pace; e se la sentenza stessa (oltre che ad argomenti che ritenne tratti dalla ratio legis) ebbe a riferirsi testualmente alla legge del 1949, ci� avvenne perch� � proprio questa prima legge -tuttora in vigore per una gran parte -che detta i criteri fondamentali in materia (e da essa perci� deve tuttora dedursi la posizione soggettiva riconosciuta al privato dall'ordinamento giuridico), mentre la legge del 1956, lasciando immutati quei criteri fondamentali, ebbe ad innovare soltanto sulla determinazione concreta dell'indennizzo (sostituendo, come si � detto, al principio proporzionale quello differenziale). In nulla, quindi, l'accertamento della legittimit� costituzionale della legge del 1956 poteva avere rilevanza sulla determinazione del giudice competente; onde la decisione della Corte di merito sul punto in cui (a differenza di quanto aveva ritenuto il Tribunale) prese in esame in via pregiudiziale la questione di giurisdizione, e, avendola risolta in senso negativo, omise di esaminare se la questione di legittimit� costituzionale fosse o meno fondata, � ispirata ad esatti criteri logici, e costituisce puntuale applicazione dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, per cui il giudice deve sollevare la questione suddetta solo se essa � rilevante per la decisione della controversia. N�, d'altra parte, questa Corte Suprema potrebbe essa stessa -come chiede la societ� ricorrente nello stesso primo motivo del Nella nota di TRACANNA (Sulla natura giuridica della pretesa del cittadino italiano ... in questa Rassegna, 1959, I, con richiami) si era gi� osservato che nello studio dei problemi di indennizzo a seguito del Trattato di Pace occorre partire da due premesse fondamentali che debbono necessariamente servire da inquadramento all'indagine giuridica circa la consistenza dell'interesse individuale protetto: Ja prima, che il danno lamentato dal cittadino italiano sia per la privazione tempo; ranea che definitiva del bene ad opera di atti e di fatti delle autorit� delle Potenze ex nemiche non �, sotto alcun aspetto riferibile e, quindi, imputabile allo Stato Italiano. in base ai comuni principi sulla responsabilit�; la seconda, che � necessario localizzare l'indagine stessa alle fonti no.rmative che hanno regolato la materia nel diritto interno, in quanto il Trattato, come convenzione internazionale, � fonte come tale di diritti e di obblighi solo tra gli Stati contraenti e non per i singoli cittadini. Nonostante qualche espressione forse non del tutto perspicua contenuta nella sentenza in rassegna, non riteniamo che la Suprema Corte abbia voluto revocare in discussione i principi ,sopra enunciati e gi� da essa cos� autorevolmente e meditamente affermati (cfr., per tutte Sez. Un.,15 agosto 1958, n. 2872, Foro .it., 1958, I, 1246 e, ivi, 1959, I, 1155): baster� ricordare che l'autonomia e indipendenza dell'ordina.mento internazionale e di quelli statali costituiscono il fondamento stesso della dottrina internazionalistica (MONACO, Manuale di diritto internazionale, 1949, 71; A.NzILLOTTI, Teoria generale della responsabilit� dello Stato nel .diritto internazionale, Firenze, 1902, 133, ID., Il diritto internazionale nei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 688 ricorso -esa;minare se la questione di legittimit� costituzionale sia o meno manifestamente infondata, e, ove non la ritenga tale, rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. Una tale decisione, evidentemente, non potrebbe essere presa nel caso che queste Sezioni Unite, confermando la decisione dei giudici di appello, riconoscessero che l'autorit� giudiziaria ordinaria � carente di giurisdizione; perch�, come si � detto, in tal caso la questione di legittimit� costituzionale non �vrebbe alcuna rilevanza in questo processo, e sarebbe rimessa al giudice competente (cio�, in ipotesi, al Consiglio di Stato) la valutazione sulla manifesta infondatezza o meno dell'eccezione. Ma la questione non pu� essere sollevata in questa sede, neanche nel caso (che � quello che ricorre in realt�, come sar� detto esaminando il secondo motivo del ricorso) che la Cassazione riconosca che, in subiecta materia, il privato � titolare di un diritto soggettivo perfetto, e che perci� deve dichiararsi quella competenza giurisdizionale del giudice ordinario che la Corte di merito ha invece negato. In tal caso, infatti, alla Corte Suprema non rester� altro compito se non quello di dichiarare la giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, mentre ogni altra decision~, sulle altre questioni di rito o di merito, sar� devoluta al giudice di rinvio. Ci� risulta, testualmente, dall'art. 382, primo comma, c.p.c., che regola le pronunzie della Corte Suprema quando decide una questione di giurisdizione, stabilendo che la Corte statuisce sulla giurisdizione (e solo su questa, oltre che eventualmente sulla competenza); e si ricava dai principi fondam�entali del nostro sistema processuale, ed in particolare da quello relativo al doppio grado di giurisdizione. Infatti, se il giudice d'appello, ritenendosi (erroneamente) privo di giurisdizione, si � astenuto dal prendere in esame una domanda riguardante il merito della causa (qual'�, nella specie, la questione di legittimit� costituzionale della legge n. 1325), la parte sarebbe privata della garanzia del giudizio d'appello, se detta questione di merito fosse affrontata e risolta dalla Corte Suprema. Spetter� perci� al giudice di rinvio prendere in esame, cos� come laltra eccezione pregiudiziale che (come si vedr�) lAmministrazione giudizi interni, Bologna, 1905, 41; BALLADORE-PALLmRI, Diritto internazionale pubblico, 1946, 50; PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, 1948, Il, 12). Resta il fatto, peraltro, che le Sez. Un. hanno ritenuto che la posizione che l'ordinamento (leggi n. 1064 del 1949 e n. 1325 del 1956) assicura al cittadino gi� proprietario di beni situati in territori ceduti alla Repubblica jugoslava abbia la consistenza di diritto soggettivo, tutelabile quindi dinanzi all'a.g.o. Tale conclusione si basa su di una esegesi delle norme di diritto interno sopra ricordate, dalle quali sarebbe desumibile che il legislatore avrebbe inteso aocordare una tutela diretta alla posizione del privato e non una semplice tutela indiretta e strumentale. PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 689 resistente ripropone in questa sede col suo ricorso incidentale, anche la questione di legittimit� costituzionale, che la Corte di Roma omise di valutare. Respinto cos� il primo motivo del ricorso principale, deve essere esaminata la questione di giurisdizione, riproposta col secondo motivo del ricorso medesimo. Su questo punto, le censure della societ� SELVEG sono fondate. La Corte di merito ha 'ritenuto che il privato � titolare di un semplice interesse legittimo ad ottenere l'indennizzo per i beni posti nei: territori ceduti alla Repubblica Federale Popolare Jugoslava, e dal governo di questa nazionalizzati per la riforma agraria, o per altri motivi, in base alle seguenti considerazioni: a) il problema dev'essere risolto, non in base alle disposizioni contenute nel trattato di pace {che, d'altronde, fu su questo punto modificato dagli accordi successivi fra Italia e Jugoslavia), ma in base alla legislazione interna italiana; b) che, in concreto, la legge del 1949 non disciplina la materia a tutela degli interessi individuali, ma soltanto nel pubblico interesse: alla Pubblica Amministrazione � attribuito il potere di disporre il sacrificio totale o parziale, dei diritti individuali; e) il richiamo all'istituto dell'espropriazione per pubblica utilit�. non ha fondamento, perch� non si tratta di stabilire se il cittadino ha un diritto soggettivo nei confronti dello Sfato jugoslavo, che ha espropriato i beni, ma quale posizione soggettiva sia . fatta allo stesso cittadino dalla legge italiana; d) l'Italia intervenne sul piano internazionale, non per tutelare gli interessi dei suoi cittadini, ma, per un interesse pubblico: scopo degli accordi con la Jugoslavia fui quello di ottenere un indennizzo quale compenso, sia pure parziale, della perdita di territorio e di reddito nazionale relativa ai territori ceduti; e) la liquidazione dell'ndennizzo {rimessa negli accordi interna \ zionali allo Stato italiano) fu regolata nella legge del 1949 con criteri \ del tutto discrezionali, come risulta dalla circostanza che lo Stato non \assunse neanche l'obbligo di erogare l'intera somma pagata dalla Jugo \" '---- E intanto interessante osservare che le Sez. Un. non hanno inteso affermare che in ogni caso di indennizzo ricollegabile al Trattato di pace la posizione del cittadino sia di diritto soggettivo. La Corte ha, anzi, espo:essamente, sia pure incidentalmente, confermato la propria giurisprudenza riguardante la posizione dei cittadini rispetto alle norme che regolano l'indennizzo per beni italiani posti nel territoro di Stato ex nemici, ribadendo che dspetto a tali norme il cittadino vanta solo un interesse legittimo. Ha, peraltro, ritenuto la Corte Regolatrice che non sia assimilabile a tale situazione il caso di indennizzo per beni posti in territori gi� soggetti alla sovranit� italiana e ceduti a seguito del Trattato di pace. �La differenza consisterebbe in ci�: che mentre il Trattato di pace prevede un diritto degli Stati ex nemici di confiscare i beni posti nei foro territori e 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 690 slavia, e dal ,fatto che la valutazione dei beni � rimessa al potere discrezionale di una Commissione, di cui fanno parte, in maggioranza, magistrati e funzionari dello Stato, il cui compito � tutelare il pubblico interesse. Tali argomenti, cos� riassunti, non reggono alle censure della societ� ricorrente. La Corte di merito ha posto a fondamento della sua decisione una stretta analogia fra la situazione dei proprietari dei beni siti nei territori ceduti, ed espropriati dalla Repubblica jugoslava, con quella dei proprietari dei beni siti nei territori delle potenze alleate ed associate, e confiscati ai sensi dell'art. 79 del trattato di pace; e si � richiamata alla giurisprudenza di questa Corte che ha costantemente ritenuto che il cittadino � titolare di un semplice interesse legittimo, non solo, in genere, per l'indennizzo per danni di guerra, ma, in particolare, per rindennit� per la perdita dei beni in Tunisia, di cui al d.l. 6 aprile 1948, n. 521, cne d�, esecuzione al citato art. 79 del trattato di pace (cfr. la sentenza 29 gennaio 1953, n. 235). Ma, -come risulta dalle espresse disposizioni del trattato di pace, una simile analogia non sussiste. L'art. 79, infatti, che regola la sorte dei beni italiani posti nel territorio degli Stati ex nemici, concede a questi ultimi il pieno diritto di confiscare detti beni, in relazione alle domande per lammontare delle riparazioni di guerra contro l'Italia ed i suoi cittadini; onde � evidente, in questo caso, che il provvedimento va posto in relazione ad un rapporto di carattere internazionale (eventi bellici) : i cittadini perdono la loro propriet� proprio a causa delle vicende di guerra, e sono -di fronte allo Stato italiano -in una posizione analoga ai proprietari che hanno sub�to, in genere, danni per effetto della guerra, e, perci�, agli appartenenti a cittadini italiani, per i beni siti �in territori ceduti tale diritto di confisca non �, invece, previsto. Il cittadino italiano pertanto continua a vantare anche nei confronti dello Stato cessionario �il proprio diritto di propriet� e se i beni vengono nazionalizzati il diritto si trasferisce sull'indennizzo e pu� essere, quindi, fatto valere nei confronti dello Stato italiano che quell'indennizzo, nella specie, ha ricevuto dallo Stato jugoslavo. Non � questa la sede per affrontare tutti i gravi problemi che involge la delicata questione. Baster� rilevare che la meditata e pregevole ricostruzione che la Suprema Corte ha fatto dell'istituto dell'indennizzo sembra viziata da due errori di fondo che ne inficiano in radice la validit�: a) la misura di nazionalizzazione dei beni italiani nei territori ceduti non pu� non considerarsi come una conseguenza sia pure indiretta degli eventi bellici e del Trattato di pace: pertanto le stesse considerazioni che hanno indotto a ritenere che la pretesa all'indennizzo per i beni posti nei territori ex nemici abbia la consistenza di interesse legittimo, debbono altres� valere nel caso di beni italiani posti nei territori ceduti a seguito del Trattato di pace; PARTE I, SEZ. Il, GIUR. SU QUESTIONI DI GlURISDlZl'.ONE 691 uni come agli altri, alla luce della legislazione interna italiana, non pu� competere un diritto soggettivo, ma un semplice interesse legittimo all'indennizzo (concesso e liquidato in modo discrezionale dallo Stato italiano). Ma lo stesso art. 79 eccettua dalle disposizioni ivi dettate i beni dei cittadini italiani situati in territori ceduti (punto 6, lettera f) rinviando per essi all'allegato XIV. Questo, a sua volta, pone un principio ben diverso; che cio� tali beni � saranno rispettati su una base di parit�, rispetto ai diritti dei cittadini dello Stato successore� e che �non potranno essere trattenuti o liquidati ai sensi delfart. 79, ma dovranno essere restituiti ai proprietari, liberi da vincoli di qualsiasi natura o di ogni altra misura di alienazione, di amministrazione forzosa o di sequestro � (punto 9, ali. XIV, primo e terzo comma). Da tali norme, risulta chiaro -con l'affermazi<me .di principio che i beni devono essere restituiti ai proprietari -che i privati conservano il loro diritto di propriet� -e cio� un diritto soggettivo perfetto; mentre, nel caso di misure di nazionalizzazione, o analoghe (non dirette specificamente contro cittadini italiani), si verifica un fenomeno, di cui non .pu� negarsi la stretta analogia con l'espropriaZione per pubblica utilit�; con la conseguenza, che il diritto del privato viene a trasferirsi, nella sua integrit�, sulla indennit� che lo Stato espropriante eventualmente abbia a pagare. :� ben vero che, come na osservato la Corte di merito, il trattato di pace regola in tal. modo soltanto i rapporti tra il cittadino espropriato e lo Stato strartiero, mentre la posizione soggettiva del cittadino. medesimo nei confronti dello Stato italiano dev'essere regolata esclusivamente dalla legislazione interna. Ma non pu� dimenticarsi, da una b) in definitiva, 'la soluzione della Cassazione presuppone che quando lo Stato Italiano ha trattato con la Jugoslavia la misura e la cor.responsicine dell'indennizzo. l'abbia fatto in veste di mandata:rio dei cittadini ex proprietari dei beni nazionalizzati. Solo in base a tale presupposto pu� spiegarsi che il cittadino-possa far valere, come diritto soggettivo, verso lo Stato italiano quella pretesa all'indennizzo che -in thesi -dovrebbe vantare verso lo Stato cessionario che gli ha espropriato .i beni. Ma � appena il caso di rilevare come la teoiria dello� Stato che agisca sul piano internazionale non in proprio ma quale mandatario di privati o gestore dei loro interessi � affatto estranea al diritto amministrativo interno, e ancor pi�, se -possi bile, al diritto internazionale. La teoria del mandato non regge alla critica, non risultando poi in nessun modo la fonte di un tale mandato. Ma ove si escluda che, nel tratta.re la miSm:a e la corresponsione degli inden nizzi, lo Stato italiano abbia agito per conto dei cittadini interessati, ne consegue che il cittadino non potr� far valere verso lo Stato italiano il preteso diritto che si assume vantasse verso lo Stato jugoslavo. Tale diritto si era estinto a causa della nazionalizzazione dei beni italiani disposta dal governo jugoslavo. Lo Stato italiano sul piano internazionale ottenne RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 692 parte, che lo stesso trattato di pace fu reso esecutivo in Italia (d.l.p. 28 novembre 1947, n. 1430), ed � venuto perci� a far parte delle nostre fonti legislative; cos� come del resto furono resi esecutivi con provvedimenti legislativi i successivi accordi italo-jugoslavi del 23 maggio 1949 (legge 10 marzo 1955, n. 121), e del 18 dicembre 1954 (d.p. 11 marzo 1955, n. 210); e che, d'altra parte, anche le leggi del 1949 e del 1956, chti del resto espressamente a quegli accordi si sono richiamate, devono essere interpretate alla luce delle suddette convenzioni internazionali, dovendosi presumere che lo Stato italiano non abbia inteso, nell'emanare le norme dirette .a dare pratica attuazione a quanto convenuto, nei confronti dei propri cittadini, sottrarsi agli impegni assunti sul piano internazionale. Ora, le disposizioni dell'allegato XIV del trattato di pace concernente i beni dei cittadini italiani nei territori ceduti, e che non possono esse.re interpretate se non nel senso sopra ricordato, non sono state -contrariamente a quanto ritenne la Corte d'Appello -modificate, nella loro sostanza, dalle convenzioni italo-jugoslave. Avendo il governo Jugoslavo, in applicazione di una propria politica di nazionalizzazione; proceduto all'espropriazione anche di beni appartenenti a cittadini italiani, e potendo vantare questi un diritto ad ottenere un indennizzo dallo Stato jugoslavo, per la difficolt� di riscuotere detto indennizzo fu ritenuto conveniente che la Jugoslavia versasse il complesso delle indennit� dovute direttamente al governo italiano. A tale scopo (ed a stabilire i criteri per la valutazione dei beni, ad opera di una Commissione mista italo-jugoslava) fu diretto l'accordo del 23 maggio 1949 (col sucoessivo accordo del 1954 fu invece f�ssato un indennizzo in misura forfetaria). In detto accordo fu precisato che esso non si riferiva ai beni confiscati ai sensi dell'art. 79 d~l trattato di pace (art. 1), n� ai beni mobili passati in propriet� della Repubblica Federale Popolare Jugoslava in virt� del diritto internazionale di guerra (art. 6). :�: perci� chiaro cne con gli accordi predetti fu posto in essere un particolare congegno, a mezzo del quale, invece di indennizzare singolarmente i proprietari dei beni nazionalizzati, la Jugoslavia vers� I'in da quel 'governo la corresponsione cli un indennizzo forfettario per tutti i beni espropriati. H cittadino ex proprietario si trova pemi� a vantare verso lo S.tato italiano non un diritto soggettivo, ma solo un interesse legittimo a che la ripa.tizione del contributo avvenga secondo i criteri posti dalla legge. � Sembra pertanto che, per una pi� aderente applioazione dei principi e delle norme che regolano la materia e per evidenti ragioni di perequazione tra la posizione dei proprietari di beni posti nel territorio degli Stati ex nemici e quella dei proprietari di beni posti in territori ceduti dall'Italia a seguito del Trattato di paoe, sia auspicabile un riesame del.J.a grave e delicata questione da parte della Corte Regolatrice. G. ZAGARI PARTE I, SEZ. Il, GIUR. SU QUESTIONI DI GIURISD�ZIONE 693 dennizzo al governo italiano, onde questo, attesa la natura dell'operazione, restava evidentemente obbligato a distribuire fra gli aventi diritto le somme cos� riscosse. Non, quindi -come ha ritenuto la Corte di merito -indennit� versata per compensare parzialmente l'Italia dei perduti territori e del perduto reddito; ma somme versate al governo italiano invece che ai privati cittadini espropriati, che ne avrebbero avuto diritto. Chiarita cos� fintenzione delle Alte parti contraenti, ne deriva che le leggi interne (del 1949 e del 1956), con cui l'Italia regol� la liquidazione degli indennizzi ai cittadini ex-proprietari di beni nazionalizzati, costituirono lapplicazione degli accordi internazionali suddetti, e non fecero che regolare la distribuzione, fra gli interessati che ne avevano diritto, dell'indennit� complessiva che il governo italiano aveva ricevuto (agendo nell'interesse dei suoi cittadini) da quello jugoslavo. Contrariamente a quanto ha ritenuto la sentenza impugnata, quindi, quella distribuzione fu regolata non in ragione di un pubblico interesse, ma proprio a garanzia degli interessi individuali, che in tal modo vennero a ricevere dalla legge quella piena tutela, che contraddistingue i diritti soggettivi perfetti. Ci� � reso ancora pi� evidente dal fatto cne, nella indennit� ri�evuta dalla Jugoslavia, fu compreso anche il prezzo dei beni non sottoposti a misure di��naz�onalizzazione, ma liberamente venduti dai cittadini italiani al governo jugoslavo (art. 10 dell'accordo 23 maggio 1949); in relazione. al quale (costituendo quel prezzo la controprestazione dovuta al venditore per una libera compravendita) non pu� certo dubitarsi che il privato, venditore, fosse titolare di un diritto soggettivo. Ora, anche la corresponsione di quel prezzo ai privati da parte del governo italiano fu regolato quanto alla liquidazione, dalle stesse norme previste per, la -corresponsione dell'indennizzo per i beni nazionalizzati (art. 6, legge 5 dicembre 1949, n. 1064, art. 1, legge 8 novembre 1956, n. 1325, in relazione all'art. 3, legge 31 luglio 1952, n. 1131); onde deve� ritenersi che il legislatore abbia considerato identica la posizione soggettiva dei venditori e dei proprietari espropriati, cio�, non potendo contestarsi un diritto soggettivo alla riscossione del prezzo, abbia ritenuto diritto soggettivo anche la riscossione dell'indennizzo per lavvenuta nazionalizzazione. Alla stessa conclusione deve pervenirsi in base ali' esegesi letterale delle leggi che hanno regolato la materia; le quali� stabiliscono che � agli aventi diritto � {art. 5, legge del 1949) sar� liquidato un indennizzo, e ne stabiliscono le misure con criteri che non lasciano alcun margine di valutazione discrezionale (secondo la legge del 1949, cio�, la distribuzione proporzionale del complessivo indennizzo ricevuto dal governo jugoslavo; secondo la legge del 1956, la distribuzione con criterio differenziale, cio� decrescente in relazione al maggior valore dei ' RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 694 . beni); ed ecettuano i beni liquidati in applicazione dell'art. 79 del trattato di paoe, l'indennizzo per la perdita dei quali, come si � detto, � considerato -alla pari di ogni altro danno di guerra -come un semplice interesse legittimo. Ed �, a questo proposito, significativo il confronto� del testo delle leggi ora ricordate, con quella (cui invece la sentenza impugnata ha fatto riferimento) regolante il risarcimento per la perdita dei beni in Tunisia, ai s�ensi dell'art. 79 del Trattato di pace; legge che non parla di << aventi diritto n, �ma dispone che i cittadini �possono chiedere di essere indennizzati n {art. 1), e che richiama esplicitamente, dichiarandole applicabili, le leggi relative al risarcimento dei danni di guerra (art. 11), riferimento che, invece, � omesso nelle legg� n, 1064 del 1949 e n. 1325 del 1956; e tale risarcimento, com'� pacificamente riconosciuto, d� luogo ad un semplice interesse legittimo. ~, infine, da notare che (anche qui contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito) la Commission� istituita dall'art. 5, legge 5 dicembre 1949, n. 1064, non ha alcun potere discrezionale per la liquidazione degli indennizzi (perch�, come si � detto, la distribuzione della somma agli aventi diritto � regolata dalla legge), ma deve limitarsi a stabilir.e il valore dei b.eni al 1938 (cfr. art. 1, legge 8 novembre 1956, n. 1325); onde il suo giudizio si riduce ad un apprezzamento tecnico, di carattere peritale, dal quale -come in ogni altro apprezzamento del genere -esula ogni carattere di discrezionalit�. Per tali motivi deve ritenersi che il privato � titolare di un diritto soggettivo perfetto all'iridennizzo di cui alle leggi ricordate. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 maggio 1964, n. 1120 -Pres. Lonardo -Est. Lenti -P.M. Criscuoli (conf.) -Comune di Palermo (avv: Orlando) c. Assessorato LL.PP. Regione Siciliana e Prefetto di Palermo {avv. Stato Foligno). Sicilia -Provvedimenti del Prefetto -Fattispecie -Impugnazione -Competenza. Sicilia -Consiglio di Giustizia amministrativa -Decisioni -Impugnabilit� -Modi e limiti. (d.l. 6 gennaio 1948, n. 674, art. 5, III; I. Reg. Sic. 27 ottobre 1951, n. 1402) . .Le decisioni pronunciate dal Consiglio di Giustizia amministrativa presso la Regione Siciliana possoiw essere impugnate dinanzi alla Corte di Cassazione solo per assoluto difetto di giurisdizione e non per motivi di merito-(1). (1-2) Per la mi~liore intelligenza dei termini in cui si � posta dinnanzi alla Suprema Corte la delicata questione d�lla posizfone del Prefetto che opera nelle PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIUR�SDiZIONE 695 Il Prefetto che opera nelle provincie facenti parte di Regione a ,ytatuto speciale (per es. Regione Siciliana) non � organo regioride ma orgario dello Stato; pertanto .i provvedimenti da lui emessi neiU'esercizio della competenza a lui spettante in materia deferita anche alla provincie facenti parte di Regione a statuto speciale, � opportuno chiarire la situazione di fatto che ha dato luogo alla vertenza. Con decreto n. 5842 del 20 giugno 1955 _l'Assessore Regionale ai LL.PP. approv� il progetto redatto dall'Amministrazione Comunale di Palermo, per la .costruzione della via Villafranca, dell'importo di L. 150.000.000, di cui L. 10.350.000 per espropriazioni, (tale approvazione importava ex )egge dichiarazione di p.u.: art. 2 1. Reg. Sic. 2 agosto 1954, n. 32); dichiar� inoltre i lavori urgenti e indifferibili, e pose l'onere della spesa suddetta a caric� del bilancio regionale. Il provvedimento rientrava nella previsione della 1. 2 agosto 1964 cit. per la quale la R�gione .Siciliana � autorizzata ad intervenire anche nella esecuzione di opere pubbliche che siano di competenza degli enti locali, destinando all'uopo i fondi previsti dalle singole leggi di finanziamento, purch� l'ente. locale. interessato ne faccia dchiesta (art. 23 1. cit.). In forza di tale provvedimento, il Comune di Palermo chiese ed ottenne dal Prefetto di essere autorizzato ad occupare in via di urgenza gli immqbili necessari; esegu� l'opera e nel frattempo cur� il perfezionamento della procedura espropriativa. Dovendosi seguire il procedimento abbreviato �previsto dalla 1. 27 ottobre 1951, n. 1402, il Prefetto, con suo decreto del 9 settembre 1958, determin� la indennit� da co�rrispondere ai proprietari. Con ordinanza, poi, del 9 settembre 1958 ordin� all'Assessorato Regionale dei LL.PP di versaTe l'indennit� stessa presso la Cassa DD. e PP. Poich�, per�, nelle more, il Comune comunic� che uno dei proprietari aveva ceduto gratuitamente gli immobili espropriandi, l'Assessorato dei LL.PP. richiese alla Prnfettura che venisse modificata l'ordinanza suddetta e rilev� inoltre che, eocedendo l'indennit� la somma di L. 10.350.000 pari all'impegno assunto per le espropriazioni con il D.A. 20 giugno 1955, n. 5342, dovevano emettersi due distinti provvedimenti di versamento, uno a -carico della Regione per la somma . suddetta di L. 10.350.000 e l'altro a carico del Comune per la eccedenza. Il Prefetto, con ordinanza del 27 gennaio 1959, modific� la precedente ordinanza del 9 settembre 1958, ripartendo l'onere del deposito nel senso richiesto dall'Amministrazione Regionale. Il Comune impugn� dinanzi al C.G.A. per la Regione Siciliana il provve.dimento del Pa:-efetto per eccesso di potere, in quanto avendo l'Assessorato Regionale assunto il finanziamento per l'intera opera, sarebbe stata ingiustificata la ripartizione dell'onere. Si costituirono l'Assessorato LL.PP. �e il Prefetto deducendo improponibilit� del ricorso, per difetto di giurisdizione, trattandosi, invero, di una contrwersia insorta tra il Comune di Palermo (proprietario ed esecutore della costruita strada e quindi ente espropriante) e la Regione (finanziatrice dell'opera) in ordine all'obbligo di pagamento della indennit� di espropriazione; nella quale, pur non controvertendosi con il proprietario espropriato, in ordine al diritto alla misura dell'indennit� nei suoi confronti, si faceva tuttavia questione circa l'obbligo del pagamento dell'indennit� stessa (identificazione del soggetto debitore) ugualmente appartenente alla competenza del giudice ordinario. Il C.G.A. dichiarava il proprio difetto di giurisdizione. Avverso tale decisione il Comune proponeva il ricorso deciso con la sentenza in rassegna. 696 RASSEG:NA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Regione per ragioni di de.centramento, sono atti di natura amministrativa statale e non regionale, impugnabili dinanzi alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, dopo che abbia provveduto iJ Consiglio di Giustizia amministrativa (2). La pronuncia delle Sez. Un. che ha accolto le tesi prospettate dall'Avvocatura, appare del tutto conforme alle disposizioni che attualmente regolano, attraverso lelaborato e delicato coordinarsi di norme principali e transitorie, la posizione del Prefetto nella Regione Siciliana. Della meditata e perspicua motivazione sembra interessante la conferma della funzione statale e non regionale del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana che ha portato le Sez. Un. a disattendere la tesi secondo cui agli effetti dell'art. 5 del d.l.p. 6 maggio 1948, n. 645 la natura dell'attivit� del Prefetto sarebbe da accertare � non attraverso il criterio burocratico soggetfivo, ma attraverso il criterio funzionale e �biettivo �. � La Cassazione ha invece affermato che gli atti del Prefetto emessi in forza di una propria comP,etenza in materia riservata alla Regione hanno comunque natura statale e non regionale. In giurisprudenza: conforme Cons. St. Ad. Plen. 23 giugno 1952, n. 3 in Cons. St., 1953, I, 672 (con nota di richiami); id., 26 ottobre 1953, n. 18, ivi, 867; 24 maggio 1954, n. 16; ivi, 1954, I, 465; 29 ottobre 1956, ivi, 1956, I, 1116; Cass. 6 dicembre 1951, n. 2733, Foro it., 952, I, 316, 29 ottobre 1962, n. �3049, Rep. Foro it., 1952; v. Sicilia, n. 31; in dottrina, contra, SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, 569 e segg. ' I con ampie indicazioni di dottrina e giurisprudenza; cfr. altres� nota di Sandulli alla sentenza in rassegna, Giust. Civ., 1964, 1298. Nella specie, peraltro, come ha acutamente rilevato la Suprema Corte, l'atto del Prefetto era da ritenere statale non solo sotto il profilo soggettivo sopra illustrato, ma anche in relazione alla materia della espropriazione che per la Regione Siciliana deve a tutt'oggi considerarsi rimasta nella sfera di attribuzioni dello Stato. Richiami~mo l'attenzione sulla dimostrazione rigorosa e puntuale, che su tale punto fornisce la sentenza in rassegna. � CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 maggio 1964, n. 1222 -Pres. Lonardo -Est. Cesaroni -P.M. Criscuoli (conf.) -Albanese {avv. IYAbbiero) c. Ministero Interno (avv. Stato Varvesi). Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato ed Enti Pubblici -Rapporto con i dipendenti -Mancanza dell'atto formale di nomina -Disciplina privatistica -Controversia -Giurisdizione ordinaria. Atto amministrativo -Conversione -Presupposti. La costituzione di un rapporto di impiego pubblico non di ruolo ha, come presupposto indispensabile, accanto alla natura di ente pubblico di uno dei soggetti del rapporto, la e!M,stenza di un atto formale I di nomina; in difetto di tale atto formale, l'attivit�, spiegata d:al singolo PARTE I, SEZ. II, GIUR. SU QUESTIONI DI GIUR�SDIZIONE 697 neliambito dei fini propri dell'.ente, non pu� dar .luogo che ad un rapporto di natura privata, ossia ad un rapporto contrattuale con prestazioni corrispettive che potr�, secondo le sue concrete modalit� di attuazione, essere un vero e propri.o rapporto di impiego privato, ovvero un contratto di prestazione autonoma di opera professionale (1). Perch� un atto amministrativo abbia gli eff�tti pmpri di un atto di natura diversa, oocorre che esso presenti tutti gli elementi propri di quest'u.ltimo e che sia dichiarato operativo, a tali effetti, daliautorit� che lo ha emanato (2). (1) Giuri5prudenza consolidata (cfr., da ultimo, Sez. Un. 4 gennaio 1964 n. 5 ' e 20 gennaio 1964, n. 127 in questa Rassegna, 1964, 27�2; cfr. peraltro, ivi, le osservazioni critiche della nota alle sentenze citate). (2) Circa i principi della conversione degli atti amministrativi cfr. BonDA, La conversione degli atti amministrativi; DE PoRcELLINis, L'elemento della volont� nella conversione degli atti amministrativi illegittimi, Riv. dir. pubblico, 1940, I, 401; GAsPARRI, Sulla conversione degli atti amministrativi invalidi, Giur. Compl. Cass., 1954, 3� q.n. 3555; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1962, 319, 343 e 364; ZANOBINI-CoRso, 1954, 332; LANDI-POTENZA, Manuale, 1963, 290, autori ivi citati. SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128 -Pres. Lonardo -Est. Giannattasio -P.M. Pepe {conf.) -Ministero LL.PP . . (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. De Domenico (avv.ti Romano, Crisafulli). Cosa giudic�ta -Giudicato sulla giurisdizione -Sentenza precedente che abbia dichiarato la giurisdizione del giudice adito e non sia stata impugnata. (c.p.c., art. 324). Procedimento civile -Intervento in causa -Chiamata in causa � jussu judicis � del terzo responsabile -Domande dell'attore . contro il terzo -Non necessit� della notifica dell'atto di citazione o della comunicazione di comparsa -Ammissibilit� di domande anche in sede di precisazione delle conclusioni. � (c.p.c., artt. 107, 270). Amministrazione pubblica -Delegazione amministrativa -Natura giuridica -Effetti -Responsabilit� del delegato verso i terzi Delegazione dell'Amministrazione. LL.PP. agli Istituti Case Popolari. (1. 9 agosto 1954, n. 640, art. 3, comma secondo e segg.). Il giudicato suUa giurisdizione, che preclude il riesame della questione nei sucoessivi stati e gradi del processo, pu� formarsi non soltanto in funzione della pronuncia adottata dalla Corte di Cassazione ai sensi degli artt. 41 e 367 c.p.c. od in funzione del passaggio in giudicato di una decisione di merito, che presupponga il riconoscimento, sia pur:e implicito, della competenza giurisdizionale del giudice che l'ha .pronunciata, ma anche nel caso in cui una precedente sentenza abbia esplicitamente dichiarato la giurisdizione del � giudice adito e tale pronuncia non sia stata tempestivamente e ritualmente impugnata (1). (1) Trattasi di giudicato formale. In senso conforme v. Cass., 16 marzo 1960, n. 538, Foro it., 1961, I, 510; Sez. Un., 22 luglio 1960, n. 2084, Giust. civ., 1960, I, 1932, con ampia nota del SANDULLI (R.), ove si imposta organicamente il pro PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIViLE 699 La chiamata del terzo responsabile nel processo per ordine del giudice tende a supplire. al difetto di attivit� da parte dell'attore, per cui, dal momento nel quale ha accettato il contraddittorio e preso conclusioni di merito, il terzo diviene parte in causa e le richieste specifiche formulate dall'attore contro di lui, purch� contenute nei limiti della .domanda originaria, non possono qualificarsi come domande nuove e devono ritenersi proponibili per la prima volta anche in sede di precisazione delle conclusioni, n� � necessario che contro il chiamato fattore estenda la sua domanda mediante noti'fica delfatto di citazione o comunicazione di comparsa (2). La � delegazione amministrativa � costituisce un istituto peculiare del diritto pubblico e non �, senz'altro, assimilabile al mandato, per cui non possono ad essa indiscriminatamente applicarsi i princip� propri di quest'istituto. Nella delegazione intersoggettiva, in particolare (che, a differenza di quella interorganica, la quale opera nel" fambito di uno stesso ente pubblico, opera invece tra enti diversi), blema e si d� conto dello stato della giurisprudenza e della dottrina; Cass., 6 aprile 1962, n. 728, Foro it., Mass., 1962, 216; 18 aprile 1962, n, 772, id., 234; Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2710, Giust. civ., 1964, I, 108 e n. 2711,, Riv. dir. P"'OC., 1964, 353 e segg., con nota del FERRI (C.), ove si es�mina anche il problema dell'estensione alle sentenze sulla giurisdizione dell'efficacia della cosa giudicata sostanziale. In senso contrario alla formazione del giudicato sostanziale sui presupposti processuali v. dottrina ivi citata a pag. 357, nota 18. Ma si � avvertito in dottrina che u ancorch� la giurisdizione stessa sia un presupposto process�ale, tuttavi� la decisione sulla questione di giurisdizione implica necessariamente l'accertamento della esistenza o della inesistenza del diritto, cio� della pretesa fatta valere. E quindi anche le intercorse decisioni sulla giurisdizion� sono decisioni di merito agli effetti della limitazione posta dall'art. 41, comma prima, c.p.c. � (ZANzuccm, Diritto processuale civile, I, Milano 1948, 45, n. 49). Sul concetto di efficacia panprocessuale del giudicato (a proposito di competenza �regolata� dalla Cas~azione) v. REDENTI, Il giudicato sul punto di diritto, Scritti giuridici in onore di F. Camelutti, vol. II, Padova 1950, 695 e seg. (2) ronf. Cass., 30 aprile 1959, n. 1293, Giust. civ., 1959, I, 990; 21 marzo 1962, n. 577, Foro it., 1962, I, 1506. Secondo Cass., 3 luglio 1959, n. 2114, Giwr. it., 1960, I,, 1, 428, � la parte convenuta pu� chiamare nel giudizio taluno non solo al fine di essere indennizzata delle conseguenze della lite, ma anche a quello della propria liberazione, per l'individuazione di altro unico responsabile. In tal easo, attesa la comunione della controversia, non � necessario che rontro il chiamato l'attore estenda la domanda di risarcimento, poich� la chiamata del terzo nel processo tende appunto a supplire al difetto della chiamata da parte dell'attore mediante la citazione in giudizio e dal momento in cui il terzo ha accettato i1 contraddittorio e preso conclusioni di merito egli diventa parte in causa ed il giwdice, provvedendo sulla domanda attrice, pu� dichiararlo responsabile o assolverlo al pari del convenuto �. In argomento v. la nota critica del CosTA, Sull'intervento coatto del legittimato senza P"'oposizione di domande, Giwr. it., 1960, cit., I, 1, 427 e segg., secondo il quale non pu� essere pronunciata rondanna del terzo, se l'attore non lo chiede. 700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la legittimazione, attribuita al delegato, all'esercizio, entro i limiti prefiysati nell'atto di conferimento, di poteri e funzioni spettanti al delegante, rwn pu� essere giuridicamente qualificabile in base alle rwzioni privatistiche del mandato e della rappresentanza, n� pu� dirsi .~ che l'ente delegato operi oome un organo, sia pure straordinario, del-fil f ente delegante. In realt�, detta delegazione, importando una deroga (preventivamente consentita dalla legge) alle norme sulla competenza amministrativa, pone il delegato, nei limiti della delega e per la durata di essa, in una condizione pari a quella del delegante: questi, a sua volta, viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di soggetto investito di funzioni di controllo. Il che importa che, di regola, salvo che fatto di conferimento non disponga altrimenti, il delegato � investito del potere di provvedere, rispetto all'oggetto della delega, in nome� proprio e rwn in veste di rappresentante del- l altro soggetto, pur se per conto e nell'interesse di quest'ultimo. Da ci� consegue che l'ente delegato � direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano aver rilievo .le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti st�ssi nell'ambito del rapporto interno con il delegante e la lor.o incidenza nella sfera giuridica del medesimo. Le l�gge 9 agosto 1954, n. 640 conferisce, in via astratta, all' Amministrazione dei Lavori Pubblici il potere di delegare le proprie attribuzioni e le relative incombenze agli Istituti per le Case Popolari, ma f Amministrazione stessa, nell'avvalersi in concreto di tale potere, � libera di contenere la delega nei limiti che reputi pi� opportuni, circoscrivendo i compiti specificament(f demandati alfehte delegato. Occorre, pertanto, pur sempre procedere, caso per caso, ad un'indagine sul con~ tenuto e la estensione della delega, qualora insorgarw contestazioni al riguardo e si debba accertare se l'attivit� dell'ente delegato abbia o ,' meno esorbitato dai limiti ad essa imposti {3). -(3) conf. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2710, Giust. civ., 1964, I, 109 e n. 2711, id., Mass. Cass., 1963, 1270 e segg.; e di recente Cass. 13 agosto 1964, n. 2307, recante lo stesso insegnamento di massima. (3) In tema di dele~azione amministrativa. f!; opinione diffusa in dottrina che la delegazione (interorganica), sia legislativa che amministrativa, comporti il trasferimento volontario da un organo (legislativo o amministrativo) ad un altro dell'esercizio di una competenza propria del primo, che ne resta titolare e pu� revocare ad nutum l'incarico, stabilendo limiti e modalit� del suo espletamento ( 1). (1) Cfr. TosATo, Le leggi di delegazione, Padova 1931, 56 e segg.; 0RIGONE, Delegazione legislativa, Nuovo Digesto Italiano, IV, Torino 1938, 653; RESTA, La revoca degli atti amministrativi, Parte generale, Milano 1935, 212; MoRTATI, Istituzioni di diritto pub PARTE I, SEZ. fil, GIURISPRUDENZA CIVILE 701 Un organo pu�, consentendolo la legge, delegare ad un altro soltanto l'esercizio di una funzione, che gli compete e che pu� esercitare, se vuole, direttamente (2); �la delegazione presuppone che l'intero potere sia proprio dell'organo delegante ed il trasferimento ad altri del suo esercizio sia il risultoto di un libero atto di volont� del medesimo� (3). Isolata � rimasta quella opinione dottrinale, che, sulle orme del Ducurr (4), ha ritenuto che la competenza del delegato derivi direttamente dalla legge e riduce l'atto di delegazione ad una semplice condizione per il suo esercizio (5). Per restare al tema propostoci, osserveremo che le caratteristiche della dele-gazione amministrativa con efficacia esterna, ossia rilevante nei confronti dei terzi, verso cui � diretta l'attivit� del delegato, possono cos�. riassumersi. (6): a) la d_ispositivit� e non la dichiarativit� dell'atto di delega o la sua natura autorizzativa, see0ndo la quale l'atto rimuoverebbe l'impedimento all'esercizio di una preesistente competenza del delegato sullo stesso oggetto; b) la preesistenza di una compeJ;enza del delegante a provvedere direttamente su un dato oggetto; e) la volontariet� della attribuzione al delegato da parte del delegante dei poteri e facolt� necessari a provvedere sul medesimo oggetto entro i limiti e secondo le modalit� stabiliti dal delegante; d) la revocabilit� e la precariet� di tale attribuzione; e) l'autoritativit� dell'atto di delega; f) la necessit� che la delega sia previamente consentita da una norma di iegge, in quanto apporti una variazione all'ordine legislativo delle compe-tenze e, comunque, da una norma di efficacia pari a quella che ha stabilito le attribuzioni spettanti al delegante (7). Non � mancato in dottrina, tuttavia, chi ha ritenuto di avvertire che la nostra Costituzione repubblicana avrebbe introdotto un tipo di delega diverso da quello tradizionale, che prescinderebbe dalla possibilit� dell'esercizio diretto del potere, di cui pur sia titolare il delegante . .Si citano, in proposito (8), nel campo della delegazione legislativa, l'ipotesi prevista dall'art. 79, comma primo, Cost. ( � L~amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere �) (9), e, nel campo della delegazione amministrativa, quella prevista dall'art. 118, comma terzo, Cost. (11 La regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle province, ai comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici � ). Questa tesi osserva, in linea di principio, che l'atto di delegazione blico, Padova, r952, .r48, 359 e 363; v. anche SANDULLI, Manuale di dir. amm., Napoli, r955, 282; per il G1ANNINI M.S., invece, si trasferisce la stessa titolarit� del potere, cfr. Lezioni �i dir. amm., voi. I, Milano, r950, 300. (2) BALLADORE PALLIERI, Diritto costituzionale, Milano, r953, 23r. (3) MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 363. (4) Droit constitutionnel, r907, 444, cit. da CrANFLONE, La supplenza nelle funzioni amministrative, Riv. trim. dir. pubbl., r955, 869, nota 48. �'' (5) Cfr. DE VALLEs, Teoria giuridica della organizzazione dello Stato, voi. I, Padova, r93r, 233 e segg.; FRANCHINI, La delega:#one amministrativ(l, Milano, r950, 60 e segg., 74 e segg., r37, r66; sulla natura 'di negozio autorizzativo dell'atto 'di delegazione, In., op. cit., r56 e segg.; per la critica della tes� v. CRrscuou, La delegazione del potere legislativo, r9ro, r7, cit. da CrANFLONE, op. loc. cit.; MIELE, Delega (dir. amm.), in Enciclopedia del diritto, voi. XI, Milano, 1962, 909; sul normale carattere 'dell'autorizzazione, di essere emessa su sollecitazione dell'interessato e non gi� di ufficio, cfr. BARTHOLINI, La delegazione legislativa in materia di amnistia e indulto, Riv. trim. dir. pubbl., r955, 497. (6) MIELE, Delega ecc., cit., 909 e segg. (7) MIELE, Delega ecc. cit., 9ro-9II e segg.; sul problema v. anche FRANCHINI, La delegazione ecc. cit., 89 e segg. (8') BARTHOLINr, Delegazione legislativa ecc., cit., 494 e segg., 498 e segg. (9) In tal senso v. anche TESAURO, lst. dir. pubbl., I, Torino, r960, 275 e segg.; contra, invece, MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 363. RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO � non � che uno speciale modo fra gli altri, attraverso il quale si esplica, in quanto lo consenta l'ordinamento, il potere di cui si sia investiti � (ro) e che "l'ordinamento pu� anche disporre che il potere venga esplicato in un dato modo attraverso atti di delegazione� (n), per inferirne che pu-0 aversi delegazione anche quando l'atto sia necessario al fine dell'esercizio del potere, ovvero sia compiuto da chi a non ha se non eccezionalmente la possibilit� giuridica di conseguire direttamente gli scopi della funzione � (l 2). � Mentre altra tesi dottrinale, concependo la delegazione intersoggettiva come trasferimento di poteri sostanziali dal delegante al delegato, che restringe la sfera di capacit� del delegante a favore del delegato (13), ha negato che di delegazione vera e propria si tratti, nelle ipotesi previste dal secondo e terzo comma dell'art. 118 Cost., affermando trattarsi, in tali casi, di investitura di un rapporto organico' improprio (14), quelle ipotesi sono accettate come caso di vera delegazione dalla pi� recente dottrina, che si � occupata dell'argomento (15). Si tratta, come si � visto, di delegazione fra due enti, ossia, secondo l'espressione usata dalle sentenze in rassegna, di delegazione intersoggettiva. Posta come indubbia la giuridicit� del rapporto delegatorio interorganico con efficacia esterna (16), in quanto disciplinato da una norma dell'ordinamento generale (17), mentre da taluno si distingue fra delegazione . (fra uffici di uno stesso ente) ed affidamento di funzioni (da un ente pubblico ad un altro), caratterizzato quest'ultimo da ci� che "per una medesima materia l'attivit� di dirigenza o di esecuzione viene separata da quella di alta amministrazione e di direzione� (18), da altri si osserva che una tale separazione � riscontrabile anche nel caso di delega (con �efficacia esterna) all'interno di uno stesso ente, come � il caso della delega fatta dal Ministro dell'Interno ai prefetti ex artt. 214 e 217 t.u. leggi p.s. 18 giugno 1931, n. 773 (19) e si ritiene possibile e giustificato un I concetto unitario di delegazione amministrativa all'interno di uno stesso ente <> fra enti diversi. A questa dottrina, che rappresenta la pi� recente ed autorevole sistemazione della materia, attinge l'insegnamento delle due sentenze in rassegna, allorch� sottolinea che il delegato agisce in nome proprio (20) e sotto la propria responsabilit�: Trattasi, invero, di un fenomeno �li sostituzione, comunque rilevante per' l'ordinamento giuridico generale, ed � caratteristica pacifica dell'istituto che � il sostituto, o per investitura della legge o per investitura derivante dal sostituito, (10) BARTHOLINI, op. cit., 495; ma gi� FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 74, 81, l6r.. (n) BARTHOLINI, op. Zoe. cit. (12) BARTHOLINI, op. cit.' 499� (I3) Contro la necessit� di questo dato v. MIELE, Delega ecc., cit., 910. (14) Titolarit� di organo. di un ente pubblico da parte di un ente pubblico minore' dr. BENVENUTI, L'organizzazione impropria della Pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 968 e segg. (I5) MIELE, Delega ecc., cit., 906. (I6) SANDULLI, Manuale ecc., cit., n6; GIANNINI M.S., Lezioni di dir. amm., voi. I, cit., n4. (I7) Si parli di rapporto intersoggettivo, di soggettivit� di competenze: DE VALLEs, Teoria ecc., cit., u7 e segg.; di rapporto interpersonale: GAsPARRI, Corso di dir. amm., voi. I, Bologna 1953, 186 e segg.; di personalit� strumentale: MIELE, Principi di dir. amm., Pisa, I945> 85 e seg., 97; .ovvero di rapporto riflessivo: RoMANO, Nozione e natura degli organi costituzionali dello Stato, in Scritti minori, voi. I, Milano, I950, 27 e segg.; o uniroggettivo: PucLIATTI, Il rapporto giuridico unisoggettivo, Diritto civile: metodo, teoria, pratica (Saggi), Milano, 1951, 471 e segg.; SILVESTRI, L'attivit� interna della Pubblica Amministrazione, Milano, 1950, 20; per considerazioni di carattere generale, cfr. MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 144 e seg. (18) GIANNINI M.S., Lezioni ecc., cit., 3or. (19) MIELE, Delega ecc., cit., 908. (20) v. anche MoRTATI, Istituzioni ecc., cit., 359�. ~ PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 703 � legittimato a far valere un diritto, un obbligo, o un'attribuzione, che rientrano nella sfera di. competenza del sostituito, operando, a differenza del rappresentante, sotto la sua personale responsabilit� e con propria efficacia giuridica, ossia con una efficacia giuridica, che non � quella stessa che se l'attivit� fosse stata posta� in essere dal sostituito � (21). Cos� inquadrata, la delegazione amministrativa si distingue nettamente dal mandato e dalla rappresentanza anche per l'oggetto (22) e perch� prescinde dal consenso del delegato (23). La delega fra organi si distingue, inoltre, dalla supplenza, poich� questa � fondata esclusivamente sulla legge ed attiene non gi� ad una sostituzione nell'attivit�, ma all'assunzione di una posizione giuridica a 'titolo originario, che non determina alcun rapporto fra supplente e supplito (24). Il rapporto delegatorio �, ovviamente, autonomo rispetto a quello di gerarchia (25), pur comportando una posizione di preminenza o di supremazia del delegante (26). E, bens�, concepibile, ove consentita dalla legge, una delega del superiore all'inferiore con efficacia esterna (da non confondere con una mera ripartizione interna di attribuzioni), nel qual caso il primo conserva i poteri che gli sono propri a titolo diverso dalla competenza (27). Le due sentenze in rassegna, pur parlando di posizione "pari� (28) del delegato rispetto al delegante (l'espressione pu� valere ad escludere che il delegante sia, come tale, un superiore gerarchico e, quindi, ad escludere che sia dato ricorso al delegante in via gerarchica contro gli atti del delegato) ammettono sostanzialmente la preminenza di questi su quello, allorch� insegnano che il delegante � viene a trovarsi rispetto agli atti di esecuzione della delega nella posizione di soggetto. investito (21) MIELE, Principi ecc., cit., 90, il quale pone in evidenza. come il concetto si spieghi, distinguendo tra attivit� e risultato e precisa che � rappresentante e sostituto spiegano in tale veste un'attivit� che � propria di essi e non riferibile al rappresentato o sostituito; la loro attivit� ha una rilevanza giuridica, che necessariamente concerne la sfera di competenza, del rappresentato o del sostituito; tuttavia: mentre il rappresentante opera con .la stessa efficacia giuridica che se la stessa ,attivit� fosse posta in essere dal rappresentato, e quindi, nei limiti della legge o della volont� del suo rappresentato, non incorre personalmente in responsabilit�, n� subisce altre conseguenze del suo agire, il sostituito opera come se la propria attivit� non interessass� altri che lui, e quindi ne sopporta i rischi o ne riceve i vantaggi, pur se i risultati di essa concernono la sfera di competenza del sostituito >>, op. cit., 91-92. (22) FRANCHINI, op. cit., 34 e seg. (23) MIELE, Delega ecc., cit., 907; FRANCHINI, op. cit., 148 e segg.; per qualche eccezione v. artt. 3 e 4 r .d. 9 luglio 1939, n. 1238. (24) CIANFLONE, La sttpplenza ecc., cit., 774 e segg.; sulla differenza fra delegazione interorganica e decentramento burocratico v. FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 29: �il decentramento amministrativo si risolve in una misura generale ed obbligatoria, a differenza della delegazione, che... � innanzi tutto un mezzo giuridico concreto ed individuale, offerto ad un organo per sgravarsi temporaneamente del peso dell'esercizio della propria competenza senza rinunciare definitivamente ad essa �. Sui limiti di delegabilit� delle attribuzioni v. FRANCHINI, op. cit., 182 e segg. (25) Per una assimilazione, ma in quanto si disconosce che il caso -art. u8, commtl secondo, Cost; -sia di vera delegazione, v. MoRTATI, Ist., ecc., cit., 444; v. anche BEN� VENUTI, L'organizzazione ecc., cit., 988, secondo il quale, riducendosi il rapporto di delega ex art. u8 Cost. ad un rapporto organico improprio, il c.d. delegante � conserva gli stessi poteri del superiore gerarchico �. (26) MIELE, Delega ecc., cit., 9I4. (27) RESTA, La revoca ecc., cit., 212, nota 8; FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 174 cd implicitamente MIELE, Delega ecc., cit., 910; v. anche GARGIULO, In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici, in questa Rassegna, 1964, 539. (28) Cfr. FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 174. 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di funzioni di controllo�. In dottrina, si riconosce tale potest� di controllo (29), Da taluno (30) si parla di a ingerenza � e di a potere di avocazione ,, del delegante in ordine all'attivit� delegata. Va sottolineata, invero, la potest� del delegante di impartire istruzioni e direttive al delegato, non solo nell'atto di delega, ma successivamente e, deve ritenersi, anche rispetto al singolo atto da compiere dal delegato, realizzando, in tal modo, un intervento diretto del delegante, che � il connotato peculiare dell'istituto e vale a distinguere la delega ex lege dal decentramento (cfr. art. 121, comma quarto, Cost.: a Il Presidente della Giunta ... dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale�; v. anche art. 47, comma primo, I. cost. 26 febbraio 1948, n. 3; art. 44, comma secondo, 1. cost. 26 febbraio 1948, n. 4; art. 35 1. cast. 26 febbraio 1948, n. 5). Parlare di precariet� di una delega, ohe solo con legge potrebbe essere revocata (nel caso ex art. 118, comma secondo, Cast., � trattandosi di competenza delegata con legge non pu� sussistere la avocazione o la sostituzione da parte dell'amministrazione statale �) (3 l) appare, invero, un fuor d'opera, e d'altra parte la distinzione fra trasferimento della stessa titolarit� delle funzioni e trasferimento del solo potere di esercizio delle medesime resta sul piano delle pure costruzioni concettuali, tant'� vero che non manca chi avverte che, essendo la funzione pubblica attivit�, che si fonda sul potere sovrano, essa, per sua natura, non pu� appartenere che allo Stato, onde solo l'esercizio ne �pu� essere affidato ad altri enti pubblici o anche a privati, o direttamente dalla legge o mediante atti di investitura appositi � (32). L'abrogazione (revoca) di una delega intersoggettiva ex lege e l'abrogazione di una norma legislativa di decentramento autarchico restituirebbero entrambe l'eser} cizio della funzione all'ente di origine (salvo il problema, nel secondo caso, della ~ .:� non reviviscenza della norma organizzativa, dato che la mera abrogazione di una norma non fa rivivere la precedente norma abrogata). Ed infine la stessa eccezionalit� in alcuni casi positivi di delega fatta con legge (regionale) del potere del delegante di sottrarre (sempre, beninteso, con legge regionale) l'esercizio delle funzioni all'ente delegato (33) conferma la difficolt� di distinguere fra i due istituti, ove si prescinda dalla considerazione della esistenza, nel caso di delegazione, della potest� di intervento del delegante mediante l'emanazione di direttive particolari, vincolanti per il delegato (34). In proposito, deve avvertirsi che, anche a prescindere dal caso pi� I (29) GIANNINI M. S., Lezioni ecc., cit., 300, che sottolinea, per�, la mancanza di precisi elementi per stabilire entro quali limiti e con �quali effetti; MIELE, Delega ecc., cit., 914, che dal carattere derivato della delega inferisce non solo la sua revocabilit� e la possibilit� del delegante d'impartire direttive anche vincolanti al delegato, ma ancora � la possibilit� di annullare per illegittimit� gli atti emanati dal delegato in base alla delegazione >>, salva esclusione deducibile dal diritto positivo nel singolo caso. (30) SANDUILI, Manuale ecc., cit., 282. (31) MORTATI, lstituz. ecc., cit., 444� (32) GIANNINI M. S., Lezioni ecc., cit., n5. (33) Cfr. art. n8, comma terzo, Cost.; sul punto v. BARTHOLINl, Deleg. legisl. ecc., cit., 498 e segg.; ma v. art. l, n. 3, I. IO febbraio 1953, n. 62; v. anche i rilievi del BENVENUTI, L'organizzazione impropria ecc., cit., 981, secondo �l quale l'espressione � la Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole ... ecc. � non allude ad un obbligo inderogabile. � (34) Significativo � ricordare che, de jure condito, il decentramento auta<!'chico avviene anch'esso con l'emanazione di direttive obbligatorie di mer.ito, contestuali o successive ai decreti legislativi di decentramento, ma sempre di carattere generale, che escludono, questa volta, un intervento del� Governo nel singolo caso: cfr. art. 4, comma secondo, legge II marzo 1953, n. 150 ed in argomento LucIFREDI e CoLETTI, Decentramento amministrativo, Torino, 1956, 59 e segg., 75 e segg. PARTE I, SE'Z. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 705 evidente di direttive impartite con latto di delega, che sia rivestito della forma di legge, o dal caso che sia la stessa norma che prevede la delegazione a qualificare le direttive come vincolanti (cfr. art. 39, comma secondo, I. 10 febbraio 1953, n. 62, sulle regioni, laddove si prevede che � la Giunta regionale pu� impartire ulteriori direttive cui gli enti suddetti devono attenersi nell'esercizio delle funzioni delegate �), � la delega e il rapporto che ne nasce fra delegante e d.elegato imprimono alle direttive un'efficacia vincolante che ne fa qualcosa pi� di semplici consigli e raccomandazioni al delegato � (35) e che �il carattere vincolante di tali direttive ... importa che gli atti compiuti dal delegato in disformit� di esse abbiano a considerarsi illegittimi, perch� emanati in violazione dei limiti prefissi all'esercizio delle funzioni delegate� (36). Quanto ai casi positivi di delegazione amministrativa (rectius: di norme di delegazione, che prevedono e permettono la deroga di competenza o l'affidamento di funzioni, attribuendo il potere all'organo o all'ente, competente in ordine ad una determinata materia, di rendere competente un altro organo o ente sulla stessa materia), si ricordano: come casi di delegazione all'interno di un ente: quelli ex artt. 214 e 217 t.u. leggi p.s. 18 giugno 1931, n. 773; art. 127 r.d. 12 febbraio 1911, n. 297; artt. 25 l. 9 giugno 1947, n. 530 e 26 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839; art. 90 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839; artt. 2 r.d. 1 marzo 1888, n. 5247 e 2 d.I. 10 luglio 1924, n. 1100; art. 156 r.d. 4 febbraio 1915, n. 148; art. 67 r.d. 12 febbraio 1911. n. 297; artt. 1-5 r.d. 9 luglio 1939, n. 1238; artt. 19 e 52 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (37), avvertendo che talora spetta al delegante la scelta del delegato (38) e che la delegazione pu� essere prevista a favore del titolare dell'organo, non solo impersonalmente, ma nominatim (39). Come casi pi� importanti. di delegazione fra enti (.40) possono citarsi quelli ex art. 118 Cost.; artt. 6, 44, 47 e 49 st. Sa. (I. cost. 26 febbn;tio 1948, n. 3); artt. 4 e 44 st. A. (I. cost. 26 febbraio 1948, n. 4); artt. 13, 14 e 35 st. T. (I. cost. 26 feb (35) MIELE, Delega ecc., cit., 915. (36) MIELE, op. !oc. ult. cit.; secondo il FRANCHINI, La delegazione ecc., cit., 153, le modalit� prefisse dal delegante al delegato costituiscono condizioni che � limitano la competenza � di quest'ultimo; v. �nche stesso Aut., op. cit., 169. (37) Cfr. MIELE, Delega ecc., cit., 9o6; per la distinzione fra casi di deleg~ di firma con effetti rispetto ai terzi e e.cl. delega di firma �per ordine � v. FRANCHINI, op. cit., 125 e segg. (38) Ck. anche FRANCHIN1, La delegazione ecc., cit., 174; questa particolarit� costituisce, oltre a quella della espressa menzione ex lege di funzionari --< Sottosegretari di Stato -che � non ~anno attribuzioni proprie ed esercitano, nel rispettivo dicastero, le attribuzioni che loro vengono delegate dal ministro �: art. 2 d.I. IO luglio 1924, n. uoo, uno degli elementi su cui possono fondarsi le pi�. serie obiezioni� alla teoria che l'atto delegatorio sia una semplice autorizzazione all'esercizio di una competenza gi� attribuita dalla legge al delegato. (39) FRANCHIN1, La delegazione ecc., cit., 191 e segg., ove si avverte che, in tal caso, il mutamento del titolare dell'ufficio porta ipso iure alla cessazione degli effetti dell'atto di delega. (40) Diverse sono, invece, le ipotesi in cui la legge prevede il potere di un ente di sostituirsi ad un altro ente, nello svolgimento di determinate attivit�, a prescindere da un atto di delegazione dell'ente sostituito; qui pu� essere esatto parlare di competenza alternativa, condizionata: cfr. DE VALLEs, op. cit., 235 e seg., sia pure con le riserve del caso in ordine all'uso nei rapporti fra enti del termine "competenza� (ma v. FoRTI, Diritto amministrativo, voi. I, Napoli, 1931, 205: �la capacit� di diTitto pubblico... costituisce la competenza amministrativa della persona giuridica pubblica n): cfr. art. 2 d.l.lgt. 10 agosto 1945, n. 517; art. 3 d.l.lgt. 12 ottobre 1945, n. 690; artt. r e segg. I. IO agosto 1950, n. 646; art. 58 d.I. C.P.S. ro aprile 1947, n. 261; art. 15 l. 27 ottobre 1951, n. 1402; art. 4 I. 9 aprile 1953, n. 297. 7 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 706 braio 1948, n. 5); art. 39 I. 10 febbraio 1953, n. 62 (41), avvertendo che la Costituzione prescrive che la delega dello Stato alle Regioni sia fatta con legge e l'art 39 I. 10 febbraio 1953, n. 62 richiede che la delega delle Regioni agli altri enti locali sia fatta e revocata con legge regionale. Quanto ai casi di delegazione a mezzo di atto amministrativo, si rende opportuno stabilire la differenza tra delega intersoggettiva e concessione traslativa, mediante la quale l'Amministrazione .attribuisce ad un s.oggetto diverso potest� o facolt� inerenti a diritti suoi propri ( 42). In dottrina � stato osservato che �mentre l'autorit� delegante non si priva dei propri poteri in ordine all'attivit� delegata e conserva, quindi, ingerenza in ordine a essa (potere di avocazione), non altrettanto pu� dirsi che avvenga nel rapporto di concessione, salvo i controlli riservati al concedente e salvo il potere di revoca� (43). Ed invero, altro � la normale revocabilit� ad nutum �lella delega, altro la revocabilit� delle concessioni traslative. . La prima trova giustificazione nella volont� del delegante di avocare a s� la trattazione dell'affare o della materia delegati; la seconda suppone che l'atto ammi nistrativo sia viziato da inopportunit� (44). Con riguardo alla concessione di opera pubblica (45), � stato, inoltre, osservato che, pur essendoci in comune fra i due istituti il fenomeno della sostituzione (per cui il sostituto -delegato o concessionari~ -agisce con una perdita derivante dal carico del nuovo munus publicum e, aggiungeremo noi, sempre in nome proprio e con propria responsabilit�), � mentre nella delega non viene soddisfatto alcun interesse proprio del delegato, neppure in via secondaria e indiretta, ci� accade appunto nel caso della concessione di opere pubbliche: la quale si pone, cos�, come. un modo di sostituzione, che sta fra la concessione e la delega� (46). FRANCO CARUSI (41) MIELE, Delega ecc., cit., 906. (42) SANDULLI, Manuale ecc., cit., 281; ZANOBlNI, Corso di dir. amm., I, Milano, 1958, 26x. (43) SANDULLI, Manuale ecc., cit., 282. (44) ZANOBINI, Corso di dir. amm., I, cit., 323 e segg. (45) RoEHRSSEN, I lavori pubblici, Bologna, 1956, 184 e segg.; BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, Acque, bonifiche e costruzioni, 1958, l e segg. (46) BENVENUTI, op. cit., 3; TRACANNA, Aspetti giuridici della Cassa per il Mezzogiorno, Bari, 1962, 96. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 marzo 1964, n. 476 -Pres. Lonardo -Est. Caporaso -P.M. Pepe (conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Santoro-Passarelli) c. Cassa di Risparmio di La Spezia (avv. Bevilacqua) e Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di La Spezia {avv.ti Magrone, De Gregorio, De Maestri). Responsabilit� civile -Appalto della costruzione di case popolari col contributo statale -Cessione �pro solvendo � dei crediti dell'Impresa appaltatrice alla Banca finanziatrice -Pagamento I del contributo statale all'Impresa appaltatrice invece che I I PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIV�LE 707 all'Istituto Autonomo Case Popolari -Successivo fallimento dell'Impresa -Nocumento della Banca cessionaria -Sussiste Responsabilit� aquiliana della P .A. (d.I. 8 maggio 1947, n. 399, artt. I e segg.; e.e., artt. 1260 e segg., 2043). N elI'ipotesi di appalto di costruzione di casa popolare, col contributo statale della met� della spesa, affidato da un Istituto autonomo case popolari ad impresa privata, finanziata da una banca verso cessione � pro solvendo � dei crediti nascenti dall'esecuzione del contratto, l'Ammini,strazione dei lavori pubblici, pur essendo estranea ai rapporti correnti .fra la Stazione appaltante, ilmpresa appaltatrice e la Banca cessionaria, risponde verso quesfultima per colpa aquiliana, qualora, avendo avuto legale scienza della cessione, versi all'Impresa appaltatrice, poscia fallita, il contributo dovuto alristituto appaltante, in seguito alla ricezione di uno stato di avanzamento dei lavori e relativo certificato di pagamento, dall'Istituto intestati allimpresa e rimessi all'Ufficio del Genio Citvilei (1). (I) Su un caso di affermata tutela aquiliana di un diritto di credito. L'I.A.C.P. di La Spezia d� in appalto alla Cooperativa lavoratori edili di Portovenere la costruzione di una casa popolare ed ai sensi del d.I. 8 maggio 1947, n. 399 ottiene il contributo statale del 50% �della spesa, pagabile in base agli stati di avanzamento dei lavori ed ai certificati di pagamento vistati dal Genio Civile di La Spezia. � La Cooperativa ottiene, a sua volta, dalla Cassa di Risparmio di La Spezia un finanziamento verso cessione pro solvendo dei crediti maturandi dall'esecuzione . dell'appalto. La cessione viene notificata anche al Provveditorato 00.PP. di Genova, che precisa all'I.A.C.P. di essere ovviamente estraneo alla medesima. Tramite l'Ufficio del Genio Civile, l'I.A.C.P. invia al Provveditorato il certificato di pagamento e lo stato di avanzamento d,el primo lotto dei lavori, intestati alla Cooperativa. Il pagamento diretto del contributo alla Cooperativa invece che all'I.A.C.P. viene disposto dall'Amministrazione LL.PP. ed effettuato. Successivamente l'Impresa appaltatrice fallisce e la .Cassa di Risparmio conviene in giudizio sia l'I.A.C.P. che l'Amministrazione LL.PP., chiedendone la condanna solidale o alternativa al pagamento della somma versata alla Cooperativa nonostante l'intervenuta e notificata cessione. Il Tribunale di Genova assolve dalla domanda l'Amministrazione LLJ>P. e condanna 1'.I.A.C.P. La Corte di Appello conferma, La Corte di Cassazione cassa la sentenza della Corte di Appello per ritenuta contraddittoriet� della motivazione e dice essere esatto e dover rimaner fermo che nessun !l'apporto obbligatorio esisteva tra Cooperativa ed Amministrazione LL.PP., poich� creditore del contributo statal,e era_ soltanto l'I.A.C.P., ma la conseguenza di ci� deve essere che il pagamento eseguito dal Provveditorato 00.PP. direttamente alla Impresa appaltatrice non possa avere, di per s�, efficacia liberatoria, ma solo se, alla stregua dell'art. 1188 e.e., la Cooperativa risulti l'Ente formalmente indicato dall'Istituto a riceverlo. Precisa, ancora, che dalla premessa che l'AmminiStrazione ;LL.PP. non era debitrice della Cooperativa discende altresi che la Cassa di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 708 Risp�armio, cessionaria dei diritti di quest'ultima, non aveva azione ex contractu nei .�� confronti dell'Amministrazione, ma il presupposto della legittimazione ad agire "" della Cassa � quello, ex art. 2900 e.e., cc di voler esercitare le azioni spettanti al proprio debitore, cio� a:tl'I.A.C.P. >>, che aveva trascurato di far valere i suoi diritti contro lo Stato. Tutto ci� fa escludere che potesse esserci e ci fosse stata una revoca (ex art. 67, n. 2 1. fall.) della cessione. La Corte di Appello di Firenze, in sede di rinvio, ritiene che la trasmissione all'Amministrazione LL.PP. del certificato di pagamento e dello stato di avanzamento intestati alla Cooperativa non costituisca valida manifestazione di volont� dell'Istituto creditore ai fini contemplati nell'art. 1188 e.e.; esclude l'efficacia liberatoria del pagamento disposto dal Provveditorato 00.PP. a favore della Cooperativa e, ritenuta la legittimazione della Cassa di Risparmio ad agire utendo iuribus dell'I.A.C.P., condanna l'Amministrazione statale a pagare all'attrice la somma da questa richiesta, affermando che la domanda della Cassa sarebbe fondata anche sotto il profilo della colpa aquiliana dell'Amministrazione LL.PP., per la negligenza da questa dimostrata nel pagare la rata di contributo alla Cooperativa invece che all'I.A.C.P. Ampie riserve sembra vadano fatte, anzitutto, sull'affermato concorso di questi due autonomi titoli di responsabilit�. L'accertamento della legittimazione della Cassa ad esercitare il diritto dell'I.A.C.P. al pagamento del contributo nei confronti dell'Amministrazione LL.PP. comportava, infatti, quello dei presupposti e delle condizioni di tale legittimazione e, fra questi, dell'esistenza del credito della Cassa cessionaria verso l'I.A.C.P., debitore ceduto (sulla cessione pro solvendo v. Cass., 15 giugno 1964, n. 1518, in questa Rassegna, 1964, 723). Ed infatti cc colui che pretende sostituirsi a un'altra persona per esercitare i diritti di questa ha l'onere di dimostrare la esistenza dei presupposti richiesti per una siffatta, anomala legittimazione e la prova .deve essere piena e tale da porre fuori discussione la esistenza della qualit� di creditore � (NICOL�, Della conservazione della gar(]Jnzia patrimonia: te -Surrogatoria -Revocatoria, in Commentario del Codice Civile a cura di A. ScIALOJA e G. BRANCA, Libro se&to, Tutela dei diritti, artt. 2900-2969, BolognaRoma, 1953, 74). Orbene, posto che il credito vantato dalla Cassa verso l'I.A.C.P. si riduceva precisamente a quello, per il recupero del quale essa aveva convenuto l'Istituto innanzi al Tribunale di Genova, sembra chiaro che, una volta accertata la legittimazione della Cassa ad agire utendo juribus dell'I.A.C.P. contro l'Amministrazione LL.PP., e, quindi, la sussistenza del diritto di credito della prima nei confronti del secondo, fosse con d� stesso escluso che l'operato dell'Amministrazione dei LL.PP. avesse potuto pregiudicare tale diritto, legittimando un'azione della Cassa de jure proprio ex art. 2043 e.e. La sentenza della Corte di Cassazione, in rassegna, ritenendo superfluo l'esame dei motivi di ricorso dell'Amministrazione LL.PP. avverso la pronuncia della Corte fiorentina, in ordine alla ritenuta proponibilit�, nonostante la particolare natura del contributo di cui al d.l. 8 maggio 1947, n. 399, della domanda della Cassa di Risparmio ex art. 2900 e.e., ha affermato tout court la responsabilit� dell'Amministrazione LL.PP. verso la Cassa di Risparmio attrice, ai sensi dell'art. 2043 e.e., limitandosi a motivare che cc l'azione ex art. 2043 e.e. spetta a colui che ha risentito il danno e, nella specie, il pagamento illegittimo nessun danno aveva potuto recare all'Istituto Case Popolari, che aveva designato la Cooperativa o chi per essa come beneficiaria .del pagamento in contestazione. Il pagamento illegittimo ed illecito aveva, invece, piena capacit� di pregiudicare, come in effetti pregiudic�, il diritto della Cassa di Risparmio, la quale s'era resa cessionaria del credito della Cooperativa. N� vale osservare che mai il Ministero aveva posto in essere un formale atto di riconoscimento della notificatagli cessione di credito .(cessione, si badi bene, tra Cooperativa e Cassa di Risparmio) alla quale, PARTE I, SEZ. li, GIURISPRUDENZA CIVILE 709 percio, esso Ministero non era vincolato. La Corte ha giustamente osservato che il disconoscimento dell'anzidetta cessione di credito portava come naturale sua conseguenza che il pagamento a carico dell'Amminhtrazione dei LL.PP. fosse fatto a chi per legge, cio� all'Istituto Case Popolari, e non gi� ad un creditore dell'Istituto, che aveva ceduto ad altri il proprio credito, come da notizia debitamente ricevuta dalla debitrice Amministrazione dei LL.PP. >>. Come si vede, la sentenza annotata non spiega in che modo il pagamento del contributo, fatto dall'Amministrazione alla Cooperativa, invece che all'I.A.C.P., avesse potuto pregiudicare ed effettivamente avesse pregiudicato il distinto e indipendente diritto della Cassa nei confronti di quest'ultimo. Se si ritenesse che alla liberazione dell'Istituto verso la banca fosse bastato il fatto di avere designato � la Cooperativa o chi per essa come beneficiaria del pagamento n del contributo statale, si formulerebbe una proposizione ovviamente aberrante (come quella che intendesse affermare lefficacia liberatoria del mero incarico dato dal debitore ad un terzo di fare un certo pagamento) ed il problem.1, comunque, sarebbe supe: rato, non essendo pi� in questione un diritto della Cassa verso l'I.A.C.P., pregiudicato dal comportamento dell'Amministrazione, chiamata a risponderne a titolo di colpa aquiliana, come afferma la sentenza. Ma altrettanto aberrante sarebbe ritenere che un preteso inadempimento dell'Amministrazione nei confronti dell'I. A.C.P., mettendo l'Istituto in difficolt�, per la mancanza di tutti i fondi necessari a 'sopperire al tempestivo pagamento alla Cassa cessionaria dell'importo dello stato di avanzamento di cui trattavasi, avesse provocato l'estinzione del debito dell'I.A.C.P. verso questa ultima ... per impossibilit� della prestazione. Sembra quasi superfluo avvertire, infatti, che tale impossibilit�, come causa estintiva dell'obbligazione (art. 1256 e.e.), deve essere totale, obiettiva, definitiva ed assoluta e, a prescindere da qualsiasi altro rilievo in ordine alla natura della prestazione, non si confo.de con la mera difficultas solvendi del debitore (cfr. Cass., 15 foglio 1968, n. 1926, Giur. it., Mass. 1963, 659). Resta, allora, da ripiegare dalla nozione di pregiudizio del diritto di credito, nel senso di estinzione non satisfattoria del medesimo, a quella, pi� ampia, che comprende qualsiasi alterazione del rapporto obbligatorio; dannosa al creditore ed in genere il mero pregiudizio del suo interesse (sulla sussunzione anche delle ipotesi di questo tipo nell'ambito del problema della tutela aquiliana del diritto di credito v. FEDELE, Il problema della responsabilit� del terzo per pregiudizio del credito, Milano, 1954, 123 e segg.) e considerare che la difficolt� subiettiva dell'Istituto, in quanto causa di morosit�� del medesimo nei confronti della banca, possa essere stata implicitamente ritenuta dalla Corte di Cassazione conseguepza pi� o meno diretta del comportamento dell'Amministrazione LL.PP., che, a prescindere da qualsiasi rapporto fra essa e la Cassa, sia stata . imputata alla prima a titolo di responsabilit� extracontrattuale. Ma, senza altre considerazioni circa l'esattezza di siffatta impostazione, deve pur osservarsi che, anche a voler spostare la questione sotto tale profilo, restava e resta pur sempre insoluto il problema della ingiustizia del danno ex art. 2043 e.e., problema neppure avvisato e posto nella motivazione della sentenza, la quale sembra abbia obliterato la precedente giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, in ordine alla inammissibilit�, de fure cond'to. della tutela aquiliana di un diritto di credito (cfr. Cass., 7 luglio 1962, n. 1760, Giust. civ., Mass., 1962, 872-873). Ed infatti, nel nostro diritto positivo, le fonti di responsabilit� sono tipiche (SAcco, L'ingiustizia di cui all'art. 2043 e.e., Foro padano, 1960, I, 1438); non sussiste un obbligo generale di non arrecare danno agli altri (ScOGNAMIGLIO, Illecito, nel Novissimo digesto italiano, vol. VIII, Torino, 1962, 171); il principio del neminem laedere � una � indicazione breviloqua di una serie ... di doveri specifici a noi derivanti dai fatti costitutivi di situazioni giuridiche assolute a favore di altri ,, {MENGONI, Sulla natura della responsabilit� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 710 precontrattuale, Riv. dir. comm., 1956, II, 361); l'ingiustizia del danno non pu� ricavarsi dallo stesso art. 2043 e.e. (CASETI"A, L'illecito degli en.ti pubblici, Torino s.d., ma 1953, 27 e 63) e non � configurabile una lesione risarcibile di diritti relativi ad opera di un terzo {CASETI"A, op. cit., 25 e, funditus, FEDELE, op. cit., 105 e segg.; sull'interpTetazione dell'art. 1259 e.e., ivi, 245 e segg.). FRANCO CARUSI CORE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 aprile 1964, n. 860 -Pres. Cannizzaro -Est. De Santis -P.M. Toro (conf.) -Zuffo (avv.ti Falzea, Nicol�) c. Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Ricci) e Donato (avv. Arena). Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Facolt� di modificazione delle clausole del contratto -Compete . solo al mittente e non anche al destinatario. (d.1. 25 gennaio 1940, n. 9, art. 40, paT. l; ora d.lg. 30 marzo 1961, n. 197, art. 37, par. 1). Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Crediti del vettore. {d.l. 25 gennaio 1940, n, 9, art. 28, par. 3; ora d.lg. 30 marzo 1961, n. 197, art. 33, par. 3). La rrwdifiaazione delle clausole di un contratto di trasporto ferroviario di cose proposta dal vettore pu� essere consentita solo dal mittente e non anche dal destinatario� e solo prima della consegna della merce al destinatario (1). Il rapporto nascente dal contratto di trasporto ferroviario di cose non si esaurisce con la riconsegna delle merci, quando restino ancora inadempiute le obbligazioni del mittente e, tra esse, quella principale di pagamento del nolo (2). � (1-2) Trattasi di principi espressamente sanciti dalle Condizioni per il trasporto delle cose sulle FF.SS.: cfr., ora, artt. 33, par. 3 e 37, par. 1, delle Condizioni appr, con d.lg. 30 marzo 1961, n. 197. Sul trasporto ferroviario di cose v. Relazione Avvocatura Stato, 1942-50, vol. II, Roma 1953, 333 e segg.; id., 1951-55, vol. Il, Roma, 1957, 201 e segg.; id., 1956-60, vol. III, Roma, 1961, 403 e segg. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 aprile 1964, n. 861 -Pres. Lonardo -Est. Salemi -P.M. Gedda (conf.) -Ferraresi e Baroni (avv. DelfAquila) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Coronas). Cassazione -Questione nuov� � Preclusione -Domanda di risarcimento di danni per colpa extracontrattuale -Deduzione in Cassazione di colpa contrattuale -Inammissibilit�. (e.p.c., art. 360). PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 711 Sentenza � Interpretazione del dispositivo � Necessit� di riferimento alla motivazione. {c.p.c., art. 182; disp. att. c.p.c., art. 118). Responsabilit� civile -Efficienza causale di pi� colpe concorrenti alla produzione dell'evento � Apprezzamento del giudice di merito � Incensurabilit� in Cassazione. (e.e., art. 2055). Si ha questione nuova, predusa nel giudizio di cassazione, ogni volta che venga posta a base della censura la violazione di norme non invocate davanti ai giudici di merito e vengano sollevate quest{oni giuridiche, che, determinando un nuovo sistema difensivo ed un profilo giuridico non prospettato nel giudizio di merito, richiedano l'accertamento di nuovi elementi di fatto, come quando nelle fasi di merito del giudizio si sia fondata l'azione di risarcimento di danni su di una 1'esponsabilit� extracontrattuale e si deduca in Cassazione una responsabilit� contrattuale, mutando il fatto costitutivo dell'azione e facendo valere una diversa pretesa (1). Il dispositivo della sentenza va interpretato in relazione alle considerazioni enunciate nella motivazione (2). La determinazione del grado delle colpe concorrenti alla produzione dell'evento dannoso � rimessa all'apprezzamento incensurabile del giudice di merito, il quale assolve all'obbligo della motivazione con l'esprimere il proprio convincimento, circa la maggiore od uguale gravit� dell'una e dell'altra colpa, .in base ad una valutazione complessiva dei fatti e dell' eff{cienza causale del comportamento colposo di ciascun corresponsabile, senza che oocorra una esposizione analitica dei motivi (S). (1) Cfr. Cass., 15 giugno� 1962, n. 1500, Foro it., Mass., 1962, 451 ( � il controllo di legittimit� della Corte di Cassazione si concreta nella revisione della pronuncia di merito in rapporto sia alla regolarit� formale del processo, sia alle ragioni di diritto a suo tempo prospettate e vagliate, sicch� � impedito lesame di questioni giuridiche nuove, le quali non siano rilevabili di ufficio e non costituisqano nuovi profili di diritto da potersi considerare compresi nel dibattito perch� fondati sw:~li stessi elementi di fatto gi� dedotti,,); v. anche Cass., 19 maggio 1962,. n. 1153, Ibidem, 356; 22 giugno 1963, n. 1696, Id., Mass., 1963, 497; 28 giugno 1963, n. 1770, Ibidem, 518-519 ( � si �ha questione nuova, preclusa nel giudizio di cassazione, ogni volta che la parte ricorrente ponga a base della sua censura la violazione di una norma di diritto non invocata davanti ai giudici di merito e si richiami per sostenerne l'applicabilit� ad elementi di fatto non dedotti nelle precedenti fasi del giudizio "). (2) Cfr. Cass., 14 marzo 1962, n. 525, Foro it., Mass., 1962, � 153; 4 maggio 1962, n. 870, Ibidem, 261-262. (3) Cfr. Cass., 10 marzo 1961, n. 531, Foro it., Rep., 1961, voce Resp. Civ., c. 2222, n. ~06; 9 marzo. 1962, n. 464, Id., -Mass., 1962, 185. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 712 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1964, n. 1008 -Pres. Celentano -Est. Caporaso -P.M. Pedote (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Soprano) c. De Liguoro (avv.ti D'Elia, Nicol�). Requisizione -Requisizione operate dalle Forze armate alleate -Indennit�-di requisizione di beni mobili -Determinazione Criteri. (l. 9 gennaio 1951, n. 10, art. 2, n. 1, art. 4). L'art. 2, n. l, della legge 9 gennaio 1951, n. 10, in materia di requisizioni operate dalle Forze armate alleate, dispone che la determinazione delI'indennit� di requisizione per i beni mobili � fatta in base � ai prezzi legalmente autorizzati, o, in mancanza, a qu�lli correnti al 30 giugno 1943, moltiplicati per il coefficiente 5 �. L'alternativa fra prezzi legali e prezzi di mercato � perentoria; solo in assenza dei primi, pu� aversi riguardo ai secondi, sioch� non � consentita una terza via. Peraltro il criterio dell'equit�, richiamato dall'art. 4 della stessa legge, pu�, in concomitanza con il criterio dettato dalI' art. 2, n. l, valere per ogni altro elemento della liquidazione, ma non per quanto attiene alla determinazione dei singoli prezzi delle cose mobili requi& ite o danneggiate, qualora sussistesse per esse un prezzo d:imperio (1). (1) In tal senso la sentenza in rassegna dichiara doversi intendere il precedente insegnamento della stessa Sezione della Corte, di cui a sentenza 2 febbraio 1957, n. 398 (Giur. it., 1957, I, 1, 842 e segg.). Quella pronuncia ebbe anche occ1sione di stabilire che l'indennit� per requisizione alleata di azienda non va liquidata equitativamente ai sensi dell'art. 4 I. 9 gennaio 1951, n. 10, ma secondo il criterio fissato, per le requisizioni di beni mobili, dall'art. 2, n. 1, da applicarsi analogicamente, precisando, peraltro, che, qualora, durante il periodo della requisizione, siano succeduti ai prezzi correnti al 30 giugno 1943 nuovi prezzi legalmente autorizzati, l'indennizzo va liquidato in base ai prezzi correnti, moltiplicati per il coefficiente 5, per il tempo della requisizione protrattasi fino all'entrata in vigore dei nuovi prezzi legali, e, per il tempo successivo, in base a questi ultimi prezzi, conteggiati senza maggiorazione. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039 -Pres. Tavolaro -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Azienda Nazionale Autonoma Strade Statali (avv. Stato Coronas) c. Sommariva (avv.ti Campora, Romanelli). Responsabilit� civile -Discrezionalit� della P.A. -Insindacabilit� :l da parte del G.O. -Limiti -Non si estende alle modalit� di uso del mezzo tecnico prescelto dalla P .A. (e.e., art. 2043; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIV�LE 718 Responsabilit� civile -Responsabilit� della P.A. per fatto illecito -Responsabilit� della P.A. per attivit� legittima -Caratte ristiche delle l'ispettive azioni -Concorso alternativo delle medesime. � (e.e., art. 2043; Cast., art. 42; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 4B). Responsabilit� civile -Fatto illecito con carattere permanente Prescrizione del diritto al risarcimento del danno -Decorrenza. (e.e., artt. 2042, 2935, 2943, 2947, comma primo). Responsabilit� civile -Responsabilit� aquiliana -Concorso del fatto colposo del creditore -Dovere del creditore di impedire l'aggravarsi del danno -Limiti. (e.e., artt. 1175, 1227, 2043, 2056, comma primo). La discrezionalit� � il potere della P.A. di apprezzare liberamente finteresse pubblico, i pubblici bisogni e la idoneit� dei mezzi da adottare per il loro soddisfacimento. In tale ambito il e.o. non pu� svolgere indagine alcuna per la ricerca di una colpa, nel senso 'che non pu� sidacare se la P.A. abbia convenientemente apprezzato i bisogni della collettivit� e scelto i mezzi idonei a soddisfarli; ma, ri8pettati tali limiti, ben pu� l'A.e.O. indagare se i mezzi scelti siano stati adeguatamente messi in opera, abbiano funzionato in modo� normale, o, se per negligenza o imperizia, cio� per colpa, il loro funzionamento sia stato difettoso e anormale. Trattasi, infatti, di indagine tecnica, che va risolta in base a criteri tecnici, cui � estranea ogni discrezionalit� amministrativa. I precetti della prudenza, diligenza e perizia, che vanno rispettati nella tecnica esecutiva, riguardano l'esecuzione dell'opera nel suo complesso e per esecuzione deve intendersi non soltanto la prestazione materiale, ma anche quella intellettuale e di studio dei tecnici, quali le progettazioni, le direttive, gli indirizzi che sempre appartengono all' esecuzione tecnica e rientrano in quella attivit� soggetta al sindacato della osservanza dei precetti obbligatori della prudenza, della diligenza e delle buone regole del!:arte. La discrezionalit� della P .A. si esaurisce con la scelta del mezzo tecnico atto a soddisfare un determinato bisogno; per tutto quanto si riferisce alla messa in opera del mezzo prescelto la P .A. si affida a tecnici, i quali non sono liberi di seguire o non i criteri e le norme imposte dalle discipline tecniche, non hanno affatto la facolt� di progettare e costruire tecnicamente male quello che pu� e deve essere progettato e costruito bene, epper� il e.o. ha la potest� di sindacare se le norme tecniche siano state colposamente trascurate e, nel caso affermativo, di ritenere colposo il comportamento della P.A., condannandola al risarcimento del danno (1). (1) cfr. Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1955, n. 3224,. Giust. Civ., '1956, I, 464; Cass., 9 maggio 1957, n. 1601, Resp. Civ., 1957, 314; 8 marzo 1958, n. 793, Foro it., RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 714 Il nostro ordinamento ammette bens� il concorso delle due azioni, quella fondata sull'art. 46 della legge sulle espropriazioni per p.u. e quella aquiliana di cui all'art. 2043 e.e., ma in senso alternativo e quando alcuni fatti danno luogo all'una responsabilit� ed altri fatti all'altra, donde l'impossibilit� di parlare di preminenza dell'una o dell'altra responsabilit� rispetto al medesimo fatto. Una cosa � il concorso delle due azioni ed altra la loro unificazione, che non � concepibile per la diversit�� dei presupposti. Le due azioni differiscono, infatti, sia per il petitum, che nell'azione di risarcimento per fatto illecito si estende a tutto il pregiudizio derivato alla sfera giuridi!Co-patrimoniale di un soggetto e non soltanto al detrimento arrecato .dall'esecuzione delfopera pubblica al patrimonio immobiliare, sia per la causa petendi, e cio� per � il fatto giuridico costitutivo dell'azione medesima {2). Rep., 1958, voce Strade, c. 2569, nn. 98-99; Sez. Un., 29 aprile 1960,. n. 965, Resp. Civ., 1960, 539, con nota di richiami; 13 febbraio 1963, n. 287, Giust. Civ., i963, I, 1622; v. anche Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, 317-318 ed ivi nota (sub 2) di richiami. Peraltro, se, come riconosce la sentenza in rassegna, la discrezionalit� della P.A. si esaurisce " con la scelta del mezzo tecnico atto a soddisfare un determinato bisogno�, mentre il sindacato del G.O. sulla colposit� del comportamento della predetta investe " .Ja messa in opera del mezzo prescelto n, deve avvertirsi che il progetto dell'opera pubblica, dell'esecu. zione del quale si discuta, non pu�, a sua volta, farsi rientrare, come ha opinato la sentenza, nel concetto di messa in opera del mezzo prescelto, sindacabile sotto il. profilo della colpa, se non a patto di negare la distinzione (fra progettazione ed esecuzione), prima accolta. Il giudizio sul progetto di un'opera pubblica adottato dalla P.A. non involge mai una mera questione tecnica, ma sempre tecnica ed amministrativa insieme: l'attivit� tecnica costituisce il mezzo per il soddisfacimento del pubblico interesse, epper� l'autorit� preposta alla scelta deve tener conto anche delle esigenze di questo, adattandovi i dettami della tecnica (cfr . .ALEssr, Sistema ist. del dir. amm.vo italiano, Milano, 1953, 166 e seg.). Sul concetto di discrezionalit� amministrativa, in dottrina, v. GIAN-NINI M.S., Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, e, dello stesso A., Leziooi di dir. ammin.vo, Milal).o, 1950, 93 e segg. (in part., 98: � ponderazione comparativa di interessi pubblici e privati, gi� tutelati dall'ordinamento, nei rispetti di un interesse pubblico primario, ai fini di trovare la composizione pi� opportuna in ordine ad un'azione da svolgere n ); ma, in senso diverso e come avvisato dalla massima: qui annotata, I v. GARGIULO, I provvedimenti di urgenza nel dir. amm.vo, Napoli, 1954, 76 e segg. (secondo il quale, op. cit., 79, �la discrezionalit� incide soltanto sull'apprezzamento che precede la manifestazione volitiva e non pure sulla scelta della soluzione ... dalla quale tuttavia non pu� prescindere � ); v. anche SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 234 e segg. Sulla differenza tra discrezionalit� amministrativa e libert� privata v. ZANOBINI, Corrso di dir. amm.vo, vol. I, Milano 1958, 31; S&'<DULLI, op. cit., 234. (2) Cfr. Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1955, n. 3224, Giust. Civ., 1956, I, 464, con nota di ABBAMONTE; Cass., 12 ottobre 1959, n. 2762, Foro it., Rep., 1959, voce Resp. civile, c. 2108, nn. 233-235. Sulla responsabilit� per attivit� legittima v. anche Tribunale di� Firenze, 23 marzo 1964, in questa Rassegna, 1964, 528-529 ed ivi note di richiami; in dottrina v. SALEMI, La c. d. responsabilit� per atti legittimi della P.A., Milano, s. d. (ma 1912). PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 715 Allorch� il fatto illecito abbia carattere permanente, esso non pu� dirsi verificato se non con riferimento al suo momento finale, allorch� cessa di produrre il danno, in quanto l'illiceit� del comportamento lesivo, in tal O(J,SO, non si esaurisce col primo atto dell'agente, ma perdura nel tempo, in relazione al contenuto dell'attivit� ed alla idoneit� di questa a produrre danno di continuo nel tempo, protraendosi fino a quando permanga la situazione illegittima posta in essere dall'agente e nella quale si concreta una violazione ininterrotta dell'altrui diritto. In questo caso il diritto al risarcimento del danno sorge con l'inizio del fatto illecito generatore del danno stesso e, come quello, persiste nel tempo, o meglio si rinnova di momento in momento, onde la pre 1scrizione, .secondo la regola del suo computo (art. 2935 e.e.), ha inizio da ciascun giorno rispetto al momento iniziale del fatto ed al corrispondente diritto al risarcimento; e, poich� questo, derivando da fatto illecito, si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si � verificato (art. 2947, comma primo; e.e.), la citazione o altro atto interruttivo della, prescrizione {art. 2943 e.e.) non possono riferirsi che al diritto al risarcimento del danno verificatosi nel quinquennio anteriore ad essi, rimanendo prescritto il danno verificatosi nel periodo� antecedente (3). Per aversi un comportamento del danneggiato, che sia idoneo ad eliminare o anche soltanto a ridurre il risarcimento del danno, � necessario che siano accertati a suo carico una condotta colposa ed un nesso di causalit� per questa ed il prodursi, in tutto o in parte, del danno, della risarcibilit� del quale si discute. L'art. 1227 e.e., richiamato dall'art. 2056, esige b~che il creditore deUa prestazione usi l'ordinaria diligenza per evitare l'aggravarsi del danno, contenendolo entrq i limiti che rappresentino una diretta conseguenza della colpa del debitore, ma non richiedJe che il danneggiato si assoggetti ad un'attivit� abnorme e particolarmente gravosa anche per fon.ere di spesa che comporti, specie poi quando essa debba tradursi in una illecita impossibile interferenza nell'attivit� riservata alla P .A. (4). (3) Cfr. Cass., 3 gennaio 1961, n. 15, Foro Amm., 1961, II, 230; 6 aprile 1962, n. 723, Foro it., 1962, I, 1734, con nota di richiami di giurisprudenza e dottrina; 23 agosto 1962, n. 2641, Id., Mass., 1962, 754. (4) Cfr. Cass., 17 luglio 1963, n. 1957, Foro it., Mass., 1963, 568. Sul concetto di dovere di correttezza v. CARus1, Correttezza (obblighi di), Enciclopedia del diritto, val. X, Milano, 1962, 709 e segg. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 maggio 1964, n. 1148 -Pr~s. Caizzi -Est. Salemi -P.M. Pedate (conf.) -Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Bronzini N.) c. Bertacche (avv.ti De Paola, Leone A.). 716 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Trasporto �combinato � con servizi automobilistici e di navigazione -Trasbordi su pullman e motonave -Biglietto unico rilasciato dalle FF.SS. -Trasporto cumulativo di persone -Non sussiste. (e.e., artt. 1680, 1682). Prescrizione -Interruzione a mezzo di-domanda proposta davanti a giudic~ incompetente -Effetto sospensivo -Sussiste. (e.e., artt. 2943, comma terzo, 2945, comma secondo). Decadenza -Domanda proposta innanzi a giudice incompetente -Tempestiva riassunzione innanzi al giudice dichiarato competente -Effetto impeditivo della decadenza -Sussiste. (c.p.c., art. 50; e.e., art. 2966). , Ferrovie -Ferrovie dello Stato -Rappresentanza dell'Amministrazione -Potere di rappresentanza dei direttori compartimentali -Non esclude il potere di rappre&entanza del Ministro dei Trasporti. (d.l. 22 maggio 1924, n. 868, art. 14; d. lg. 7 maggio 1948, n. 598, art. l; Condizioni e tariffe per i trasporti delle persone appr. con d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. nella I. 4 aprile 1935, n. 911, art. 14, par. 1 e 2; id., appr. con d. interro. 13 dicembre 1956, n. 2171, a norma dell'art. 4 d.P.R. 26 giugno 1956, n. 582, art. 16, par. 1 � 2) ("). Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Danni al viaggiatore -Anormalit� dell'esercizio ferroviario -Concetto Onere della prova. (Condizioni e tariffe per i trasporti delle persone appr. con d.I. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. nella I. 4 aprile 1935, n. 911, art. 11, par. 4; id., appr. con d. interm. 13 dicembre 1956, n. 2171, art. 13, par. 4) ("). Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Riconoscimento da parte del giudice di merito della sussistenza della anormalit� dell'esercizio Incensurabilit� in Cassazione. (c.p.c., arg. ex art. 360). Trasporto -Trasporto ferroviario di persone -Anormalit� dell'esercizio -Fattispecie. Non rientra nella figura del contratto {plurilaterale) di trasporto cumulativo di persone, nella quale il viaggiatore stipula un unico contratto col vettore iniziale e con altri successivi, rappresentati dal primo, ("l Il testo ddle Condizioni e Tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie dello Stato, nell'edizione 1� gennaio 1963, risulta dalla seguente normativa: d.1. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. nella I. 4 aprile 1935, n. 911; d.l. 22 dicembre 1938, PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 717 lipotesi in cui il vettore iniziale assuma in nome proprio fobbligo di provvedere all'intero trasporto, facendolo eseguire in parte da altri . ve-ttori, come avviene nei servizi turistici, che, (JSSUnti da unica impresa, sono da questa affidati ad altre per tratti successivi di percorso, nonch� nei servizi di tr04bordo, in caso di interruzione di linee ferrovia'J'. ie, affidati daliAmmin'istrazione ferroviaria .ad Imprese automobi listiche (1). L'interruzione della prescrizione, determinata dalla domanda giudiziale, sia pure proposta davanti a giudice incompetente, ha carat{ ere permanente, nel senso, cio�, che l'effetto interruttivo dura fino� a quando non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile (2). n. 1927, conv. nella 1. 2 giugno 1939, n. 739; I. 22 dicembre 1948, n. 1456; d.P.R. 28 gennaio 1949, n. 12; d.P.R. 17 giugno 1949, n. 308; d. interm. 19 maggio 1950, n. 4991; d. interm. 11 aprile 1951, n. 4226; d. interm. 12 settembre 1951, n. 965; d.P.R. 18 gennaio 1952, n. 12; d. interm. 16 aprile 1952, n. 4199; d. interm. 27 maggio 1953, n. 4779; d.P.R. 3 dicembre 1953, n. 881; d. interm. 4 dicembre 1953, n. 1977; d.P.R. 26 giugno 1956, n. 582; d. interm. 13 dicembre 1956, n. 2171; d. mterm. 4 gennaio 1960, n. 3580; d.P.R. 24 giugno 1961, n. 515; d. min. 30 giugno 1961, n. 4914; d. interm. 30 giugno 1961, n. 4915; d. interm. 6 dicembre 1961, n. 1960; d. min. 9 maggio 1962, n. 4082; d.P.R. 17 dicembre 1962, n. 1713; d. min. 19 dicembre 1962, n. 2298; d. interm. 19 dicembre 1962, n. 2299. (1) La sentenza in rassegna avverte che �il fatto che nessuna delle norme � richiamate dall'Amministrazione ricorrente preveda espressamente siffatta obbligazione non esclude, tuttavia, che essa consegua ad attivit� che non contrasta con i limiti delle funzioni istituzionali assegnate alle Ferrovie e che queste legittimamente e>ercitano, organizzando, a fini turistici o meno, trasporti combinati con servizi ��.. automobilistici o di navigazione marittima o lacuale, con unica responsabilit� nei \confronti dei viaggiatori, per l'intero percorso, fino alla destinazione finale 11. Per i \ras bordi, in seguito ad interruzioni, " con mezzi non ferroviari o di altri vettori �, \art. 11, par. 2, del testo delle Condizioni e Tariffe appr. con d. interm. 13 dicem\ 1956, n. 2171 (v. anche ed. 1� gennaio 1963, art. 11, par. 2). �(2) Conf. Cass., 28 marzo 1962, n. 639, Foro it., Mass., 1962, 187. Ma sulla ia interruttiva solo istantanea della citazione invalida come atto processuale � t..:ass., 2 aprile 1960, n. 746, Giust. civ., 1960, I, 1395, con nota (sub 4) di riferimenti; v. anche Cass., 25 marzo 1961, n. 681, id., 1961, I, 975, che ascrive fra i casi di domanda giudiziale idonea a provocare una interruzione solo istantanea della prescrizione quelli di citazione " non portata a cognizione del giudice per mancata is'crizione a ruolo, o perch� intimata innanzi a giudice incompetente � (ivi, 977), nonch� App. Milano, 29 marzo 1957, Mon. Trib., 1957, 747, ove si contempla il caso di citazione notificata senza losservanza del prescritto termine di comparizione. L'insegnamento della sentenza in rassegna non pu� condividersi. A norma del capoverso dell'art. 2945 e.e. a se l'interruzione � avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due comma dell'art. 2943, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio �. Non sembra, orbene, che fra tali atti possa ritenersi compresa anche la domanda proposta a Giudice incompetente. Ed invero, se cos� fosse, se ne dovrebbe :ritenere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 718 Il tempestivo esercizio de liazione davanti a giudice incompetente vale ad impedire la decadenza dal diritto dedotto in giudizio, qualora . la cama sia riassunta davanti al giudice dichiarato competente nei termini indicati dall'art. 50 c.p.c. (3). L'Amministrazione ferroviaria � mpprresentata, nelle cause di com petenza della Magistratura residente a Roma, dal Ministro dei Tra sporti e, nelle cause di competenza della magistratura avente ;ede diversa, dai capi dei compartimenti ferroviari. Il potere rappresen taUvo attribuito a costoro non fa venir meno, per�, il potere di rap presentanza del Ministro in qualsiasi controversia, essendo la sua capacit� giuridica e processuale rispetto agli affari deliAmministra zione, cui � preposto, prevalente ed assorbente di ogni altra, n� potendo essa venir menomata dalfottribuzione di un limitato potere di rappre sentanza ad organi inferiori, suggerita da mere ragioni di decentra mento amministrativo e limitata a determinati affari (4). Ai fini della responsabilit� del i Amministrazione ferro viaria per danni alla persona del viaggiatore, � necessario che questi dimostri f anormalit� del servizio, int(}sa come fatto meramente obbiettivo ed in senso comprensivo di materiale mobile e di attivit� del personale, nonch� il rapporto eziologico fra tale anormalit� e i evento dannoso, senza dover anche indicare la causa precisa della prima (5). Il riconoscimento dell'anormalit� del servizio importa un giudizio di fatto, non suscettibile di sindacato in sede di fegittimit�, quando sia stato posto in luce dal giudice di merito il fatto obiettivo, nel quale ranormalit� medesima si concreta (6). gi� statuita l'efficacia interruttiva, mentre, invece, questa � prevista soltanto dal terzo comma del ripetuto art. 2945 e.e. Tutto ci� trova conferma nel rilievo che non sembra possa tenersi conto della pendenza di un giudizio destinato a chiudersi con sentenza meramente processuale. (3) Conf. Cass., 27 maggio 1961, n. 1261, Giust. civ., 1961, I, 1836. (4) Contra Cass., 10 ottobre 1955, n. 2982, Foro it., 1956, I, 526; conf., invece, Cass., 14 gennaio 1956, n. 54, ibidem, I, 525; 26 luglio 1958, n. 2714, Sett. Cass., 1958, 542; 9 marzo 1962, n. 469, Foro it., 1962, I, 951 e segg. (5-6-7) Cfr. Cass., 9 marzo 1962, n. 466, Resp. Civ., 1962, 299. Ma l'insegnamento dell� Sezioni Unite � nel senso che �l'anormalit� del servizio si concreta �nell'individuazione di una causa specifica, che si possa ricollegare al modo di essere e di funzionamento del servizio. Essa pu� ravvisarsi nel fatto medesimo che ha causato il danno, quando questo (come ad esempio in ipotesi di deragliamento o di scontro), presupponendo per il suo modo di estrinsecarsi una condotta omissiva dell'azienda vettrice, consente di riferire immediatamente l'evento eziologicamente all'attivit� esercitata dall'azienda medesima. Fuori di tale ipotesi, il viaggiatore che abbia patito il danno durante il trasporto deve provare il fatto specifico, nel quale si concreta lanormalit� del servizio, deve cio� provare la inosservanza delle norme tecniche, regolamentari o di comune prudenza, che ,regolano la condotta dovuta dall'azienda vettrice, perch�, in difetto di tale prova, la presunzione di colpa a PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 719 L'improvvisa chiusura di uno sportello integra in re ipsa una anormalit� del servizio, poich� "la chiusura degli sportelli deve aver luogo .con le opportune cq,utele (7). carico dell'azienda medesima non soccorre� (sent. 8 febbraio 1958, n. 408, Giur. it., 1958, I, 1, 1027, in part. 1029). Orbene, la chiusura di uno sportello, come di recente ha riconosciuto la stessa Suprema Corte regolatrice, (sent. 23 aprile 1963, n. 1053, Resp. civ., 1963, 476) 1non dimostra, di per s�, una negligenza del personale ferroviario, appunto perch� pu� avvenire ad opera d� persone estranee. L'aprirsi o il chiudersi di uno sportello sono fatti, che non possono considerarsi anormali, se non ricollegati ad una causa imputabile all'Amministrazione (cfr. App. Napoli, 18 gennaio 1954, Miele c. FF.SS., cit. nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1951-55, vol. II, Roma, 1957, 191; v. anche Relazione cit., 1956-60, vol. III, Roma, 1961, 387), n� ha senso parlare di chiusura improvvisa, tenuto conto anche dell'obbligo del viaggiatore ex art. 2 lett. b) Condizioni e Tariffe appr. con d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, ed ix art. 2 lett. b) Condizioni e Tariffe appr. con d. interro. 13 dicembre 1956, n. 2171, ma deve parlarsi di chiusura � con le opportune cautele �, come finisce per affermare la stessa sentenza in rassegna. Ed allora appare chiaro che_ l'anormalit� non sussiste in re ipsa, ma va ricavata aliunde, ossia che il viaggiatore non pu� ritenersi esonerato dal fornire la prova, oltre che del fatto dannoso, anche del comportamento colpevole del personale delle FF.SS. Nel senso che l'anormalit� deve sempre concretarsi nella individuazione di una causa specifica, ricollegabile al modo di essere e di funzionamento del servizio, v.� anche Cass., 11 marzo 1959, n. 685, cit. nella Relazione dell'AvvoolXtura dello Stato, 1956-60, voi. III, Roma, 1961, 386. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 maggio 1964, n. 1213 -Pres. Rossano -Est. Cesaroni -P.M. Trotta (conf.) -Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali (avv. Stato Peronaci) c. Angeli {avv. Cirelli). Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Determinazione indennit� -Applicazione art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 -Portata della norma -Inderogabilit�. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40). Espropriazione per p.u. -Determinazione dell'indennit� -Stima del valore delle aree espropriande -Carattere edificatorio - Criterio di accertamento. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e 40). Nel caso di espropriazione parziale, l'indennit� va liquidata in base allo speciale criterio, dettato, in modo inderogabile ed insostituibile, dall'art. 40 l. 25 giugno 1865, n. 2359, e deve corrispondere non gi� al valore venale del'la porzione di fondo espropriato, ma alla differenza RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 720 tra il valore dell'intero fonda prima dell'espropriazione e il valore della porzione non espropriata (1). In tema di espropriazione per pubblica utilit�, il carattere edifi-. catorio di un terreno si pu� desumere, ai fini della determinazione dell'indennit� espropriativa, anche in via indiretta dalle qualit� intrinseche ed obiettive dell'immobile (2). (1) La sentenza cos� motiva: �solo in tal modo, infatti, l'indennit� di espropriazione, che nella sua essenza � l'equivalente del bene soppresso, pu� compensare la diminuzione di valore sofferta dalla parte non espropriata, sia nell'ipotesi che il distacco ne renda meno utile o impossibile una ulteriore utilizzazione, sia nella ipotesi contraria � (cfr. anche la massima, riportata sub a, in Giur. it., Mass., 1964, 392). Con tale formulazione, letteralmente non certo felice, si vuole alludere, ovvia� mente, al concetto che, viceversa, l'espropriato non pu� beneficiare dell'incremento di valore, verificatosi o prevedibile, nella parte residua, in conseguenza dell'esecuzione dell'opera. Si allude, cio�, alla complementarit� dell'art. 41 rispetto all'art. 40 I. org. espr. per p.u. Cos�, � stato rilevato anche in sede dottrinale, che la norma contenuta nel primo comma dell'art. 41 conferma l'interpretazione dell'art. 40, nel senso che: � nel determinare il valore della parte residua, deve aversi riguard<> all'opera pubblica, quale dovr� essere eseguita� (RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit�, I, Torino, 1964, 259, ed ivi anche riferimenti sul concetto di vantaggio �speciale e immediato�). (2) Conf..Cass., 25 maggio 1962, n. 1230, Foro it., Mass., 1962, 378; 21 dicembre 1962, n. 3397, ibidem, 949; 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 maggio 1964, n. 1302 -Pres. Giansiracusa -Est. De Biasi -P.M. Toro (conf.) -Angeloni (avv. Palombi) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Santoro-Passarelli). Responsabilit� civile -Fatto dannoso considerato dalla legge come reato -Estinzione del reato per amnistia -Prescrizione del diritto al risarcimento -Decorrenza. (e.e., art. 2947). Spese giudiziali -Proposizione di nuova eccezione nel giudizio di appello -Condanna alle spese indipendentemente dalla soccombenza -Potere discrezionale del giudice di merito Insindacabilit� da parte della Corte di Cassazione. {c.p.c., artt. 92, 345, comma secondo). Ove il fatto illecito generatore del danno sia considerato dalla legge come reato, la prescrizione del diritto al risarcimento decorre, in caso d� estinzione del reato per amnistia, dal gi�rno di entrata in vigore del decreto �on il quale !;'amnistia stessa � stata concessa e non dalla data del provvedimento giudiziario di applicazione del bene PARTE I, SEZ. III, GIURISPFlt.TDENZA CIVILE 721 ficio, e ci� anche quando, alla data di pubblicazione del decreto di concessione dell'amnistia, l'az.ione penale non era stata iniziata (I). Nel caso in cui sia proposta in grado di appello un'eccezione, che si sarebbe potuta dedurre in primo grado e che determini la riforma della sentenza appellata, il giudice ha facolt� e non obbligo di mettere le spese a carico della parte che ha dedotto la nuova eccezione. Trattasi di potere discrezionale, non sindacabile nel giudizio di cassazione (2). (I) Cfr. Cass., 16 aprile 1956, n. 1124, Resp. civ., 1956, 252; 12 febbraio 1960, n. 219, Giur. it., 1960, I, 1, 1029, con ampia nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza (compresa quella, conforme, relativa ad amnistia rinunziabile), nonch� in que8ta Rassegna, 1960, 48, con nota redazionale; 12 ottobre 1962, n. 2958, Foro it., Mass., 1962, 835. Il principio, come s'� accennato, vale anche nel caso di amnist�a rinunciabile e non rinunciata, cfr. Cass., 21 maggio 1957, n. 1839, Resp. Civ., 1957, 260; 10 luglio 1959, n. 2236, Giur. it., 1959, I, 1, 1327, con nota di riferimenti; in dottrina v. DEIANA, Estinzione del reato per amnistia e data di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni, in Riv. dir. comm., 1955, II, 145 e segg. (2) Conf. Cass., 20 marzo 1962, n. 557, Foro it., Mass., 1962, 162; 15 maggio 1962, n. 1030, ibidem, 324; 29 maggio 1962, n. 1277, ibidem, 39G; 3 agosto 1962, n. 2359, ibidem, 678; 17 novembre 1962, n. 3135, ibidem, 879. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1� giugno 1964, n. 1356 -Pres. Torrente -Est. Di Majo -P.M. Criscuoli (conf.) -Comune di Roma {avv. Marchetti) c. Scalera (avv. Romualdi). Espropriazione per p.u. -Occupazione illegittima di terreno da parte della P.A. -Risarcimento per la mancata utilizzazione del bene -Interesse legale sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita dell'immobile. (e.e., art. 2056). Prescrizione -Prescrizione breve del credito per interessi ed altre prestazioni periodiche -Criterio informatore -Inapplicabilit� al credito di restituzione dei frutti vantato nei confronti del possessore di mala fede. (e.e., art. 2948, nn. 1-4). Procedimento civile -Conclusioni delle parti -Rispetto del principio del contraddittorio. (c.p.c., artt. 101, 189, 352, 359). In tema di occupazione illegittima di terreno da parte della Pubblica Amministrazione, se la somma pari al valore venale del bene risardsce il proprietario del danno per la perdita del bene stesso, resta 722 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tuttavia da risarcire "la mancata utilizzazione dell'immobile. Questa viene di regola commisurata all'interesse legale sul"la somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita del bene, con decorrenza dalla data dell'occupazione e fino a quella del pagamento (1). .:. Il criterio informatore della prescrizione di cui all'art. 2948, nn. da 1 a 4, e.e. � quello di liberare il debitore dalle prestazioni scadute e non richieste tempestivamente dal creditore, quando le prestazioni siano periodiche, in relazione ad una causa debendi continuativa. Nel caso, invece, di possesso di mala fede, non vi � causa debendi continuativa, ma l'obbligo di restituzione del"la cosa e dei frutti o del risarcimento del danno, e non � quindi configurabile una domanda dei frutti naturali o degli interessi, indipendentemente da quella di restituzione o del risarcimento; srech� non vi � in proposito una inerzia del creditore, alla quale possa riconnettersi effetto estintivo (2). Il giudice di merito non pu� pr�ndere in esame conclusioni contenute per "la prima volta nel"la comparsa conclusionale e non rese innanzi all'istruttore all'udienza di rimessione della causa al Collegio (3). (1) Conf. Cass. 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099 e seg., ed ivi nota (sub 2) di riferimenti; v. anche Cass., 5 aprile 1960, n. 773, Foro Amm., 1960, II, 258. (2) Cfr. Cass. 16 maggio 1962, n. 1105 sopra citata, Foro it., 1962, I, 2099 e seg., ed ivi nota {sub 3) di riferimenti di giurisprudenza e dottrina. (3) Cfr. Cass., 21 luglio 1949, n. 1920, Foro it., Rep., 1949, v. Procedim civ., c. 1318, n. 257; 15 ottobre 1955, n. 3199, id., Rep., 1955, v. cit., c. 1831, n. 365; 18 giugno 1956, n. 2155, id., Rep., 1956, v. cit., c. 2202, n. 418; 12 ottobre 1956, n. 3558, id., Rep. 1956, v. cit., c. 2199, nn. 378-379; 17 luglio 1957, n. 2961, id., Rep., 1957, v. cit., c. 2016, n. 341; 12 ottobre 1957, n. 3790, ibidem, c. 2017, n. 351; 17 aprile 1959, n. 1151, Temi nap., 959, I, 569. Per l'ipotesi di omessa precisazione delle conclusioni, all'udienza di rimessione della causa al Collegio, v. Cass., 7 aprile 1952, n. 922, Giur. compl. Cass. civ., 1953, V, 1 e segg., con nota di GALLO; � 8 luglio 1954, n. 2412, Giust. civ., 1954, 1705; 5 novembre 1955, n. 3604, Foro it., Rep., 1955, v. Procedim. civ., c. 1831, n. 368. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1964, n. 1425 -Pres. Vistoso -Est. Cesaroni -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Azienda Nazionale Autonoma Strade Statali (avv. Stato Bronzini N.) c. Societ� Cogoleto (avv.ti Vitali, Simonetto). Espropriazione per p.u. -Indennit� -Deposito presso la Cassa DD.PP. -Determinazione giudiziale in seguito ad opposizione dell'espropriato -Condanna dell'espropriante al paga PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVlLE 723 mento della relativa somma -Inammissibilit� -Necessit� del deposito presso la Cassa DD.PP. -Sussiste. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 30, 48, 55). L'indennit� di espropriazione, sia che si tratti della somma convenuta in base ad accordo amichevole o di quella determinata a seguito di stima di ufficio, sia che si tratti della indennit� supplementare eventualmente accertata in sede giurisdizionale, a seguito di opposizione dell'espropriato, va, in ogni caso, depositata nella Cassa DD.PP., essendo prescritto dalla legge in modo inderogabile, anche a garanzia dei diritti dei. terzi, lo speciale procedimento da seguire per lo svincolo della somma depositata. Epper�, il giudice ad�to con l'opposizione alla stima non pu� emettere una pronuncia di condanna a carico deU:espropriante ed in favore dell'opponente, e tanto meno disporre che la condanna abbia esecuzione sotto forma di pagamento diretto dall'uno all'altro soggetto del rapporto espropriativo (1). (1) Insegnamento ovvio, in relazione al tassativo disposto dell'art. 1 I. 3 aprile 1926, n. 686. In senso conforme, v. Cass., 3 marzo 1962, n. ~96. Giur. it., 1963, I, 1, 356; Sez. Un., 18 aprile 1962, n. 757, in questa Rassegna, 1962, 77 e segg., con nota redazionale; 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839 ed ivi nota (sub 4) di riferimenti di giurisprudenza e dottrina. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1964, n. 1518 -Pres. Rossano -Est. Cesaroni -P.M. Tavolaro (conf.) -Banca popolare di credito di Bologna e Ferrara {avv. Moschella, Pugliesi) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini-Pallotta). Obbligazioni e contratti -Cessione di crediti �pro solvendo � a scopo di garanzia accettata dalla P.A. debitrice ceduta Efficacia traslativa -Sussiste. (e.e., artt. 1263 e segg.; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 339; r.d. 18 no vembre 1923, n. 2440, art. 69). Appalto -Appalto di opera ferroviaria -Situazione finale -Vincolativit� per l'appaltatore e non per lAmministrazione FF.SS. -Diritto dell'Amministrazione delle FF.SS. di ripetere gli acconti che risultino versati in pi� del dovuto in base al conto finale accettato dall'appaltatore. (Cap. gen. amministrativo di appalto delle opere di conto delle FF.SS. appr. con del. C.A. 9 aprile 1909,. artt. 36 e 37; e.e., art. 2033). Deventuale funzione di garanzia di una cessione di crediti pro solvendo (nella specie debitrice ceduta era la P.A., che aveva accettato 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la cessione) non esclude ieffetto traslativo della titolarit� del credito, tipico di ogni specie di cessione (1). Mentre la situazione finale, compilata ai sensi degli artt. 36 e 37 del Capitolato generale amministrativo di appalto delle opere di conto delle FF.SS., � vincolante per l'appaltatore, la contabilit� diventa definitiva per i Amministrazione solo con l'approvazione del collaudo e prima di quel momento essa conserva la facolt� di agire per il rimborso degli acconti, che risultino versati in pi� del dovuto, in base al conto finale accettato dali appaltatore (2). (1) conf. Cass., 30 maggio 1960, n. 1398, Foro it., Rep., 1960, voce Cessione dei crediti, cc. 347-348, n. 3; 30 ottobre 1956, n. 4057, Giust. civ., 1957, I, 637-639 ed ivi nota (sub 3) di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 26 luglio 1943, n. 1932, Foro it., Rep., 1943-45, voce Esecuzione mobiliare, c. 544, n. 29. In dottrina v. GRAZIANI, La cessione (( pro solvendo )) ' in Studi di diritto civile e commerciale, Napoli, 1953, 239 e segg. (2) cfr., sulla natura e sull'efficacia del collaudo nell'appalto, Cass., 20 febbraio 1963, n. 415, Foro it., Rep., 1963, voce Appalto, c. 107, n. 6; 9 ago~to 1960, n. 1846, id., Rep. 1960, voce citata, c. 113, n. 13. Specificamente, per l'appalto di opere pubbliche, Cass., Sez. Un., 8 ottobre 1957, n. 3669, Riv. giur. edilizia, 1958, I, 179-180, con nota del FAVARA. CORTE DI CASSAZIONE, Sez.. I, 18 giugno 1964, n. 1568 -Pres. Varallo -Est. Di Majo -P.M. Pisano (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Ricci) c. Societ� ricerche metano e minerarie fratelli Graziani (avv.ti Di Roberto, Merlin). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici ~ Soppressione e liquidazione di Enti di diritto pubblico e di altri Enti, sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale -Liquidazione G.R.A. � Tutela giudiziaria di diritto di credito vantato contro la G.R.A. � Necessit� del previo esperimento di procedimento amministrativo per il riconoscimento del credito � Non sussiste. (1. 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 8, 9; 1. 16 novembre 1957, n. 1122, art. 1). Non vi � alcuna norma nella legge 4 dicembre 1956, n. 1404, richiamata dalla legge 16 novembre 1957, n. 1122, che ha messo in liquidazione la Gestione raggruppamenti autocarri, la quale faccia del preventivo esperimento del procedimento amministrativo di accertamento dei crediti dei terzi un presupposto necessario ed indispensabile, la PARTE I, SE'Z. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 725 mancanza del quale impedisca al privato di adire direttamente r Autorit� Giudiziaria Ordinaria per l'accertamento e la tutela di un proprio diritto soggettivo perfetto (1). (1) Cfr. Cass., 12 luglio 1961, n. 1668, Foro it., 1961, I, 1301 ed ivi nota (sub 1) di riferimenti; ma si veda, comunque, l'art. 13, terzo e quarto capover.~o, I. 4 dicembre 1956, n. 14.04 sopracitata. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1815 -Pres. Fibbi -Est. Giannattasio -P.M. Pisano (conf.) -Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale (avv. Astuti) c. Ministero dell'Agricoltura e Foreste {avv. Stato Gargiulo) c. Federici (avv. Uhaldini). Procedimento civile -Esecuzione di sentenza d'appello -Acquiescenza � Non sussiste. {c.p.c., artt. 329, 373). Riforma fondiaria -Soggetti del rapporto di espropriazione � Soggetto obbligato al pagamento dell'indennit� e legittimato passivamente alla causa relativa alla liquidazione della medesima. (Cost., art. 44; I. 12 maggio, 1950, n. 230, artt. 2 e segg.; I. 21 ottobre 1950, n. 841, artt. 4 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 66, artt. 1 e segg.; d. lg. 7 feb-� braio 1951, n. 67, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 68, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 69, artt. 1 e segg.; d.lg. 7 febbraio 1951, n. 70, artt. 1 e segg.; I. 21 marzo 1953, n. 224, artt. 2 e segg.; I. 15 marzo 1956, n. 156, artt. 1 e segg.). Riforma fondiaria -Espropriazioni � Determinazione dell'indennit� -Criteri. (1. 12 maggio 1950, n. 230, art. 7; I. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 18; I. 15 marzo 1956, n. 156, artt. 1 e segg.). ' Il comportamento della parte soccombente, che adempia spontaneamen. te a quanto disposto da una sentenza di appello, la quale � esecutiva di diritto, lungi dall'integrare un',acoettazione della pronuncia o una rinuncia al ricorso per cassazione, neanche pu� configurarsi come un fatto univoco, incompatibile con la volont� di avvalersi del detto mezzo di impugnazione, dovendo interpretarsi, piuttosto, come diretto al fine di evitare resperimento di atti esecutivi {l). La disciplina normativa del procedimento di espropriazione per fattuazione della riforma fondiaria contiene principi fondamental (1) Cfr. Cass. 27 gennaio 1962, n. 161, La Settimana della Cassazione, 1962, 135; 3 aprile 1962, n. 679, Foro it., Mas~., 1962, n. 200. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 726 mente differenti rispetto a quelli, che regolano l'espropriazione di beni immobili o diritti relativi ad immobili per reseicuzione di opere di pubblica utilit�, a mente della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e delle altre leggi in materia. In queste leggi il diritto all'espropriazione � riconosciuto, nel ricorso di un fine di pubblico interesse, allo Stato ed agli enti pubblici minori, a persone giuridiche ed a privati, per l'attuazione di opere o lavori corrispondenti ad un compito istituzionale o proprio dell'ente o soggetto espropriante, che siano dichiarati di pubblico interesse: [espropriante � il soggetto che intraprende l'esecuzione delropera e per conseguire l'espropriazione promuove la dichiarazione di pubblica utilit� e, quindi, il procedimento aespropriazione ed � tenuto ad offrire e depositare l'indennit� (artt. 5 e segg., 16 e segg., 24 e segg. l. n. 2359 del 1865). Le leggi di riforma fondiaria sono dirette, invece, non gi� al compimento di una o pi� opere pubbliche, ma aliattuazione di una riforma di struttura economico-sociale, prevista dall'art. 44 detta Costituzione e compiuta, mediante delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa, .con atti aventi valore di legge ordinaria a norma degli artt. 76 e 77 della Costituzione. L'attivit� preparatoria demandata agli enti di riforma non si concreta in atti amministrativi, ma � mera attivit� di collaborazione interna, diretta alla preparazione di una volizione legislativa, talch� i piani particolareggiati aespropriazione predisposti da quegli enti in base alla l. 21 ottobre 1950, n; 841, per la loro natura di atti meramente preparatori rispetto all'emanando provvedimento legislativo di espropriazione {decreto del Presidente della Repubblica) deliberato dal Governo in veste di legislatore delegato, non sono suscettibili di ricorso al Consiglio di Stato o all'A.G.O. L'ente di riforma non pu� dirsi, pertanto, promotore dell'espropriazione e nemmeno beneficiario definitivo della medesima, n� tampoco � il soggetto obbligato alla corresponsione della relativa indennit�, dovuta, invece, dallo Stato. Ne consegue che, se pu� riconoscersi un interesse dell'ente di riforma a partecipare al giudizio di legittimit� del provvedimento di scorporo, deve escludersi che esso abbia, parimenti, interesse e legittimazione a contraddire nel giudizio in cui si controverta unicamente sull'interpretazione da darsi alle disposizioni relative all'accertamento, alla liquidazione ed al pagamento dell'indennit� espropriativa, non essendo neppure incaricato di effettuare materialmente la consegna dei titoli di Stato, emessi dal Ministero del Tesoro e depositati a cura del Ministero dell'Agricoltura presso un Istituto di credito, per essere svincolati dagli aventi diritto in base a provvedimenti del Tribunale competente (2). (2-3) Non risultano precedenti in termini. Per la diversa soluzione del problema della legittimazione passiva alle cause relative all'indennit�, in ipotesi rientrante nel paradigma della ordinaria espropriazione per lesecuzione di opera di PARTE I, SE:L. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 727 La legge 15 marzo 1956, n. 156, �relativa alla determinazione delle indennit� dovute in forza delle leggi di riforma agraria, si ispira al criterio fondamentale di mantenere come base della commisurazione delrindennit� i valori stabiliti per f appUcazione delrimposta straordinaria progressiva sul patrimonio e, salvo a stabilire procedure pi� dirette e pi� semplici, si limita ad integrare le disposizioni delle leggi di riforma per i cllSi nei quali, per qualsiasi motivo, un accertamento definitivo ai fini dell'imposta patrinwniale non vi sia stato o non sia possibile o si riferisca a beni, relativamente ai quali, nel periodo tra il marzo 1947 e respropriazione, sia entrato in vigore i1 nuovo catasto o vi siano state variazioni qualitative. La predetta legge, sebbene innovi nel caso ir� cui sul fondo espropriato si siano verificate trasformazioni, disponendo che in tale ipotesi si debbano assumere per base i dati del nuovo catasto, si limita, per il resto, a demandare al Ministero delf Agricoltura e delle Foreste, anzich� agli Uffici finanziari, la determinazione delfindennit� di esproprio; ma tutto ci� si verifica nei casi in cui non sia intervenuto, al momento dell'entrata in vigore della legge, faccertamento definitivo ai fini dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio-(3). pubblica utilit�, v. Cass. 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839 ed ivi nota (sub 2) di riferimenti; v. anche Cass., 5 giugno 1963, n. 1504, Foro it., Mass. 1963, 438. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 luglio 1963, n. 1857 -Pres. Caizzi -Est. Salemi -P.M. Pedace (conci. parz. diff.) -Galdo e De Feo (avv. Costa) c. Amm. FF.SS. (avv. Stato Ricci). Cassazione -Ricorso incidentale condizionato -Ammissibilit�. (c.p.c., art. 371). Procedimento civile -Onere della prova -Diniego di ammissione di prova testimoniale su fatti pacifici -Omissione di valutazione di tali fatti da parte del giudice -Illegittimit�. (e.e., art. 2697; c.p.c., artt. 115, 116; 360, n. 5). . . Responsabilit� civile -Trasporto ferroviario di persone durante l'occupazione alleata -Danni causati da omissione di vigilanza da parte del personale ferroviario -Responsabilit� delle FF.SS. (d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. in l. 4 aprile 1935, n. 911, art. 11, par. 4). Prescrizione . -Fatto costituente reato -Estinzione del reato per amnistia -Decreto di archiviazione del giudice penale -Potere 728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del giudice civile di . accertamento del carattere penalmente illecito del fatto ai fini ed in funzione della determinazione del termine e della decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno -Presupposti -Elementi di fatto nuovi e diversi determinanti il potere-dovere del giudice civile del rapporto all'autorit� giudiziaria penale. (e.e., art. 2947; c.p.p., artt. 3, 74). La parte totalmente vittoriosa pu� proporre ricorso incidentale per cassazione su questioni preliminari o pregiudiziali, condizionanclolo allo accoglimento del ricorso principale. In tal caso, l'esame del ricorso principale deve precedere quello del ricorso incidentale, al fine di stabilire se sussista o meno i interesse del ricorrente incidentale all' annullamento della sentenza impugnata (1). Il giudice di merito non pu�, .<Jenza contraddirsi, imputare alla part� di non avere assolto all'onere di provare i fatti costitutivi della domanda e poi negarle di ammettere la prova testimoniale da quella declotta, affermando che essa verte su fatti pacifici. In tal caso, egli non pu� esimersi dal valutare i fatti medesimi, per accertare se concretano o meno il fondamento della domanda, in mancanza di che la contrad" -~ dizione logica vizia alla base il suo ragionamento e legittima la censura " proposta, trattanclosi di mezzo di prova relativo ad un punto decisivo della controversia (2). L'assunzione da parte degli alleati, durante l'occupazione bellica, di talune linee ferroviarie italiane non import� interruzione del rapporto di dipendenza organica e funzionale tra il personale italiano addetto alle linee medesime e l'Amministrazione delle Ferrovie derto Stato, alla quale continu� ad incombere il dovere di vigilanza �dell' esercizio ferroviario nell'interesse della popolazione. Epper� le Ferrovie dello Stato sono responsabili dei danni cagionati in tali condizioni da fatti colposi dei loro dipendenti (3). Il provvedimento del giudice penale di archiviazione degli atti del procedimento per intervenuta estinzione del reato per amnistia, non (1) Cfr. Cass., 30 marzo 1963, n. 800, Foro it., Mass., 1963, 228. (2) Cfr. Cass., Sez. Un., 16 luglio 1957, n. 2903, Foro it., Rep., 1957, voce Cassazione civile, c. 327, n. 79. (3) Gfr. Cass., Sez. Un., 28 giugno 1950, n. 1656, Resp. civ., 1950, 398, con nota (sub 1) di riferimenti di giurisprudenza e di dottrina; 31 luglio 1950, n. 2257, id., 1951, 25. L'insegnamento della Suprema Corte regolatrice �, infatti, nel senso che gli organi dello Stato occupato non diventano organi dello Stato occupante, �anche se agiscono sotto le direttive di questi ultimi: dr. Cass., Sez. Un., 28 giugno 1950, n. 1656 e 31 luglio 1950, n. 2257 test� citate, nonch� Cass., 4 settembre 1953, n. 2937, Giur. compl. Ca.ss. civ., 1954, 1 bim., 216-220, con nota di BRASIELLO. PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVll..E 729 preclude al giudice civile il potere di dichiarare, ai fini ed in funzione della determinazione del termine e della decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno, il carattere penalmente ill.ecito del fatto, allorch� la sua convinzione sia desunta da elementi nuovi e diversi da quelli gi� valutati dal giudice penale~ determinanti altres� il potere-dovere del rapporto previsto dall'art. 3 c.p.p. (4). (4) Cfr. Cass., 2 aprile 1960, n. 746, Giust. civ. 1960, I, 1395, con nota (sub 2) di riferimenti. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1906 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P.M. Pedace {conf.) -Comune di Vittorio Veneto (avv.ti Martucci, Massari) c. Commissariato Nazionale Giovent� Italiana (avv. Stato Casamassima). Enti pubblici � Capacit� di donare -Ammissibilit�. (e.e., artt. 11, 774). Deve ritenersi ammessa, nel nostro sistema giuridico, la capacit� degli �nti pubblici di fare donazioni, in manoanza di una norma che anche indirettamente la escluda. Caratteristica propria delle donazioni compiute dagli enti pubblici � che i consueti motivi che formano I'animus donandi sono necessariamente in funzione di un interesse pubblico e cio� dell' officium largamente inteso e non gi� di un puro e semplice beneficium o di una mera liberalitas {I). (1) Conf. Cass., Sez. Un., 17 novembre 1953, n. 3540, Giust. civ., 1953, 3514, v. anche in questa Rassegna, 1954, 59; 18 febbraio 1955, n. 470, Foro it., 1955, I, 471; Ca~s., 11 febbraio 1958, n. 422, Foro it., 'Rep., 1958, v. Donazione, c. 768, n. 15 e Sett. Cass., 1958, 86-87, con motivazione in nota (sub l); 16 giugno 1962, n. 1525, id., Mass., 1962, 458. Da ultimo, v. Cass., 12 maggio 1964, n. 1133, Giur. it., Mass., 1964, 364. In dottrina si ritiene che la capacit� giuridica privata e la relativa capacit� di agire spettino di diritto alle persone giuridiche pubbliche, almeno nei limiti in cui esse corrispondono al loro' scopo e salvo disposizioni contrarie espresse, cfr. CAMMEO, Corso di diritto amm.vo (ristampa). Padova, 1960, 411-412. Si avverte, -Ovviamente, che ne sono esclusi i rapporti di famiglia e in genere quelli che presuppongono la personalit� corporea: FORTI, Diritto amm.vo, vol. I, Nap-0li, 1931, 204. Per l'usufrutto si veda il secondo comma dell'art. 979 e.e. Il SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, Napoli, 1955, 294, sottolinea che gli atti di dir. privato che i singoli enti pubblici non possono compiere sono quelli estranei alle loro finalit� � onde gli enti sono da considerarsi privi della corrispondente capacit� giuridica (il che importa la conseguenza della giuridica inesistenza delle relative deliberazioni e, di riflesso, degli atti in questione ... ) �. A proposito degli atti di liberalit� il predetto A. avvisa (ivi) che " la P.A. non pu� compiere altre attribuzioni gratuite oltre quelle -di massima aventi natura pubblicistica -che, sotto forma di sussidi di beneficenza, di sovvenzioni di imprese di interesse pubblico, di borse di studio, di 730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cessione di beni da destinare a fini che interessano l'ente che opera la cessione, ecc., ineriscono, vuoi in via ordinaria, vuoi in via eccezionale, a suoi scopi istituzionali �. In se11so contrario alla capacit� di donare degli enti pubblici v. anche RoEHRSSEN, I contratti della pubblica Amministrazione, I, Bologna, 1961, 59, al �quale appare insuperabile per la soluzione positiva la obiezione che la donazione depaupererebbe il patrimonio dell'ente pubblico, impedendogli, .in tal modo, almeno in parte, secondo 1'A., il perseguimento dei fini istituzionali (sul carattere privatistico del trasferimento gratuito da parte di un comune alla ex G.I.L. d� un'area di propriet� comunale e dell'edificio sulla stessa costruito v., invece, Cass., Sez. Un., 14 marzo 1961, n. 577, La settimana della Cassazione, 1961, 518 e segg.). Per ulteriori riferimenti di dottrina, nell'uno e nell'altro senso, v. in questa Rassegna, 1964, p. II. 100-101. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1909 -Pres. P.ece E8t. Di Majo -P.M: Torn {conf.) -Gestione Case per Lavoratori (avv. Stato Del Greco) c. Rinaldi {avv.ti Carravetta, San Marco). Espropriazione per p.u. � Determinazione dell'indennit� nei casi in cui sia applicabile l'art. 13 della 1. 16 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della citt� di Napoli. (I. 16 gennaio 1885, n. 2892, art. 13). Espropriazione per p.u. -Giunta speciale per le espropriazioni I per p.u. presso la Corte d'Appello di Napoli � Giurisdizione speciale � Composizione � Funzione � Capacit� di dare giudizi tecnici. (d. lg. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, art. 18; r.d. 17 aprile 1921, n. 762, art. 12:. Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Applicazione art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 -Portata della norma. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art 40). Espropriazione per p.u. -Indennit� originaria e supplementare di espropriazione � Deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti � Necessit� del previo esperimento della particolare procedura predisposta dal legislatore per il pagamento. (l. 25 giugno 1865, n, 2359, artt. 30, 48, 51, 55; 1. 3 aprile 1926, n, 686, art. 1). Il valore legale dell'immobile espropriato, ai sensi delr art. 13 della l. 16 gennaio 1885, n. 2892 (legge per Napoli), da mediarsi con il valore venale ai fini della determinazi"one delrindennit� di espropriazione, � co8tituito dal coacervo dei fitti delr ultimo decennio, qualora essi abbiano dat,a certa, ovvero, in mancanza dei fitti di data certa, dal coacervo degli imponibili relativi allo 8tesso periodo. Tali imponibili sono quelli netti, accertati agli effetti delrimpo8ta sui fabbricati e sui terreni (facendosi riferimento a tal'uopo al solo reddito dominica'le), e sui quali si paga l'impo8ta al momento dell'espropriazione, anche se, per sopravvenuto mutamento dei valori immobiliari o per trasforma PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 731 zioni avvenute nelrimmobile, tali imponibili risultino inferiori a quelli che dovrebbero essere effettivamente (1). La Giunta speciale delle espropriazioni costituita presso la Corte <!Appello di Napoli � organo di giurisdizione speciale, qualificato, per la sua composizione, a dare giudizi tecnici, sicch�, per la funzione specifica che ad essa � attribuita, ha la possibilit� di risolvere direttamente quelle questioni che il giudice ordinario deve, invece, risolvere con tausilio del consulente tecnico (2). L'art. 40 della legge organica sull'espropriazione per p.u., che detta il criterio da applicare per la determinazione dell'indennit� in caso di espropriazione parziale, si riferisce ad ogni possibile ipotesi di riduzione de1l valore del fondo residuo, in dipendenza diretta o indiretta delresproprio {minor fronte sulle strade, maggiore difficolt� di suooessive lottizzazioni, diversa esposizione conseguente alle nuove costruzioni da parte dell'ente espropriante, maggior costo di allacciamento alle reti di servizi di fognatura, energia elettrica, gas, acqua, ecc.) e non prescrive una preliminare ripartizione tra zona e zona del terreno da espropriare ed una preventiva differenziazione di valore tra esse (3). L'indennit� di espropriazione, sia che si tratti della somma offerta dall'espropriante e accettata dal proprietario o di quella determinata in seguito a stima di ufficio, sia che si tratti dell'altra, supp1lementare, event�almente determinata in sede giurisdizionale, a seguito di opposizione delrespropriato, va in ogni caso depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti a garanzia degli aventi diritto, i quali possono percepire la somma solo al termine di uno speciale, complesso procedimento predisposto dal legislatore per 'il pagamento da parte della Cassa e per la eventuale ripartizione fra i vari interessati (4). (1) Conf. Cass. 10 novembre HIBO, n. 3005, Foro it., Rep., 1960, v. Espr. per p.i., c. 875, n. 176; 30 marzo 1963, n. 805, id., Mass. 1963, 231. (2) Conf. Cass., 25 febbraio 1964,.n. 414, in questa Rassegna, 1964, 505, con nota di rilievi. (3) V. anche Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, 719, (sub 1). (4) Conf. Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1. 839; v. anche Cass., 9 giugno 1964, n. 1425, in questa Rassegna, 1964, 722. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1964, n. 2019 -Pres. Rossano -Est. Perrone-Capano -P.M. Gentile .(conf.) -Gagliardo {avv. Sangiorgi) c. Prefetto di Palermo (avv. Stato Agr�). Amministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -� Jus superveniens � -Portata. (1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 5). 732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Amministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -Disciplina positiva -Individuazione dell'Amministrazione legittimata alla causa e dell'organo legittimato al processo -Onere dei terzi e non dello Stato attore in giudizio. (T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, mod. dalla 1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). � Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Rappresentanza in giudizio. Necessit� della duplice indicazione dell'Am� ministrazione legittimata alla causa e dell'organo legittimato al processo a pena di nullit� insanabile della � vocatio in jus � -Non occorrono formule speciali o solenni. (T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; c.p.c., artt. 163 e 164). Cassazione -Incensurabilit� da parte della Corte di Cassazione degli apprezzamenti di fatto dei giudici di merito � Non si estende a quelli riguardanti le attivit� processuali svolte dalle parti. (c.p.c., art. 360). La legge 25 marzo 1958, n. 260, che ha modificato le norme sulla rappresentanza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, concerne la legittimazione passiva e non anche la legittimazione attiva ed � applicabile nei giudizi in corso al momento deUa sua entrata in vigore solo nei casi, in cui, al posto deli organo e del soggetto, che gi� rappresentava una determinata Amministrazione secondo le norme organiche, fosse stato citato il relativo Ministro {l). La ripartizione delle competenze fra i vari organi dello Stato impone soltanto ai terzi l'onere della preoisa individuazione del ramo dell'Amministrazione che deve essere chiamato in giudizio e del relativo rappresentante, ma non si ritorce in un onere per lo Stato medesimo, nel caso che esso si faccia attore o proponga un'impugnazione, (1) Conf. Cass., 26 luglio 1960, n. 2160, Foro it., 1960, I, 1697, con nota (sub 3) di riferimenti. La sentenza in rassegna motiva la massima, affermando che il carattere � eccezionale" della norma transitoria contenuta nell'art. 5 1. n. 260 del 1958 � ne impedisce l'estensione a casi non considerati ". Come si evince dal riferimento ai casi di applicazione dell'art. 1 1. citata nei giudizi in corso, la massima sembra alludere alla sola legittimazione pr�cessuale e non anche a quella ad causam. In dottrina si veda, di recente, GREco, Appunti in tema di evocazione !'.:,�� in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, Giur. it., 1964, I, 2, 607 e seg., sub. 3. Ma v., comunque, Cass., 6 agosto 1963, n. 2211, in questa Rassegna, 1964, 488 ed ivi nota. PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIV�LE 733 di instaurare il rapporto mediante una piuttosto che uri altra Amministrazione ed uno od altro organo, che ne assuma la rappresentanza (2). Per conv,enire in g~udizio una Pubblica Amministrazione � necessaria l'indicazione .inscindibile delfAmministrazione medesima e delrorgano che ne ha la rappresentanza, a pena di nullit� assoluta e non sanabile neppure dalla circostanza che la notificazione sia stata eseguita presso rAvvocatura dello Stato, la quale esercita solo lo jus postulandi. Alfuopo non occorrono, per�, formule socrarmentali o solenni e neppure � necessario che le dette indicazioni siano contenute specificamente ed espressamente nelfintestazione o nelle conclusioni dell'atto di citazione, essendo sufficiente che da tutto il contesto delfatto, e cio� della narrativa dei fatti, dalla esposizione delle ragioni addotte e dalle conclusioni, risultino chiaramente individuati, in modo da non dar luogo ad incertezze, rAmministrazione convenuta in giudizio e forgano chiamato a rappresentarla (3). . L'incensurabilit� da parte della Corte 'di Cassazione degli apprezzamenti di fatto dei giudici di merito � limitata a quelli che attengono al merito della causa e non si estende anche a quelli riguardanti le attivit� processuali svolte dalle p1arti, o il contenuto e i limiti delle domande da esse proposte (4). (2; Conf. Cass., 8 gennaio 1957, n. 29, Foro Amm., 1957, II, 1, 257; 13 maggio 1958, n. 1564, Foro it., Rep., 1958, v. Amm. dello Stato, ecc., c. 81, n. 49; 21 marzo 1963, n. 694, Foro it., 1963, I, 2251, con nota del LENER. (3) Cfr. Cass., 28 marzo 1958, n. 1048, Foro it., Rep., 1958, v. Citazione civ., c. 413, nn. 33-34; 9 settembre 1958, n. 2989, Foro it., 1958, I, 1239; 25 febbraio 1959, n. 543, Giust. civ., 1959, I, 1568; 9 aprile 1960, n. 813, Foro Amm., 1960, Il, 247; 29 settembre 1960, n. 2526, Foro it., Rep. 1960, v. Citazione civile, c. 422, nn. 4-5; 19 aprile 1961, n. 854, Foro Pad., 1961, I, 989. (4) Infatti, secondo la motivazione della sentenza in rassegna, tali ultimi apprezzamenti � se erronei, si risolvono in altrettanti errores in procedendo, che, come tutti gli errori di tale natura, possono essere rilevati e corretti dal Supremo Collegio anche in base ad un riesame di fatto degli atti del processo �: cfr. anche Cass., 19 gennaio 1963, n. 77, Foro� it., Mass., 1963, 21; 16 febbraio 1963, n. 342, id., Rep., 1963, voce Cassazione civ., c. 313, n. 66; 11 ottobre 1963, n. 2711, Foro it., 1964, I, 72. � CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142, Pres. Varallo -Est. Azara -P.M. Pisano (conf.) -Gulletta (avv.ti Moschella, Spadara) c. Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Pietrini-Pallotta). Espropriazione per p.u. -Occupazione di urgenza di immobile Scadenza del biennio di cui all'art. 73 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Illiceit� della ulteriore detenzione dell'immobile Sopravvenienza del decreto espropriativo -Cessazione del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 734 l'illiceit� � Risarcimento dei danni per il periodo di illecita detenzione dell'immobile � Criteri di liquidazione. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e. artt. 2043, 2056, 2697). Procedimento civile � Potere discrezionale del giudice di valu tazione delle prove � Estensione -Giudizio sulla sussistenza del fatto notorio � Insindacabilit� da parte della Corte di Cassazione. (c.p.c., artt. 115, 116). � Nel caso di occupazione di urgenza di un immobile, ove sia decorso il biennio previsto dal! art. 73 l. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che il Prefetto abbia pronunciato la relativa espropriazione per p.u., folteriore detenzione del bene diviene illegittima, con la conseguenza che i ente occupante, come detentore senza titolo, � tenuto a restituirlo, ovvero, qualora la restituzione non sia pi� possibile, per le opere compiute o per altro motivo, al risarcimento� del danno. Tale situazione non incide, per�, sul potere espropriativo della P .A., n� formalmente n� sostanzialmente, neanche nel caso in cui penda innanzi all'A.G.O. giu� dizio promosso dall'interessato per la restituzione delrimmobile o il risarcimento del danno. Epper�, intervenuto il decreto espropriativo, la illiceit� della detenzione del bene da parte della P .A. occupante viene a cessare ex nunc. In siffatta ipotesi, al proprietario <lell'immobile, oggetto dell'occupazione e della. tardiva espropriazione, spettano: 1) una indennit� per la occupazione temporanea legittima; 2) l'indennit� di espropriazione nella misura stabilita nel relativo decreto o, in caso di opposizione, in quella determinata con .apposito giudizio; 3) il risarcimento dei danni per il periodo di occupazione senza titolo, corrente d;alla scadenza del biennio di legge .alla data di emissione del decreto espropriativo. Relativamente a tali danni, il giudice deve contenerne la Hquidazione con esclusivo riguardo al cennato periodo, adottando un criterio non univoco, ma variabile a setconda della concreta fattispecie, consistendo quel danM, di regola, neUa mancata percezione da parte del soggetto espropriato del reddito che egli avrebbe potuto ricavare dal bene, senza escludere, tuttavia, il maggior pregiu� dizio che il proprietario espropriato Jimostri di aver sub�to in dipendenza della indisponibilt� del bene medesimo neltanzidetto periodo (1). (1) Conf. Cass., Sez. Un., 22 luglio 1960, n. 2087, F01'o it., 1960, I, 1703, in part. 1706; 24 ottobre 1960, n. 2892, id., 1961, I, 61; 19 aprile 1961, n. 862, Sett. Cass., 1961, 685; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. civ., 1963. I, 147; 30 gennaio 1963, n. 154, Giwr. it., Mass., 1963, 48; 30 marzo 1963, n, 800, ibidem, 261-262; 27 maggio 196S, n. 1S89, ibidem, 478-479; 5 giugno 1963, n. 1504, Foro it., Mass., 1963, 438; 9 ottobre 1963, n. 2679, ibidem,. 761; 17 ottobre 1963, n. 2776, GiU1'. it., PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 735 Fatta eccezione per il giuramento, che ha una speciale disciplina, il giudice di merito � libero di scegliere, tra pi� elementi di prova sottoposti al suo vaglio, quelli che reputi pi� attendibili ed efficaci ai fini della form(J)Zione del proprio convincimento, scartando gli �altri, che ritenga meno concludenti e sicuri. Tale potere di scelta, in� quanto rientra nella valutazione delle prove, � insindacabile in Cassazione. Pertanto, il giudice che ritenga inattendibile il parere del consulente tecnvco, in quanto contrastante con nozioni di comune esp,erienza, bene pu� utilizzare queste ultime come elemento di ptrova, avvalendosi del potere discrezionale suddetto, nel quale va compreso anche il giudizio sulla sussistenza del fatto notorio, di cui le nozioni di comune esperienza costituiscono la base (2). Mass., 1963, 949; 20 gennaio 1964, n. 109, in �questa Rassegna, 1964, 323 e segg., con nota di richiami. (2) Conf., Cass. 13 maggio 1964, n. 1145, Giur. it., Mass., 1964, 368-369. TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 16 aprile 1964 -Pres. Stile -Est. Di Filippo -Condominio via Monteroduni, 16 (avv. Sgobbo) c. Comune di Napoli {avv. Daniele). Responsabilit� civile -Azione di risarcimento di danni conseguenti ad apprestamento di ricovero antiaereo pubblico da parte del Comune -Legittimazione passiva del Comune e non dello Stato. (d.l. 29 ottobre 1936, n. 2216, conv. in I. 10 giugno 1937, n. 1629, artt. 1 e segg.; d.l. 5-maggio 1941, n. 410, conv. in I. 24 ottobre 1941, n. 1293, artt. 1 e segg.; d.l. 16 dicembre 1942, n. 1566, artt. 1 e segg., d.lg, 11 marzo 1948_ n. 409, artt. 1 e segg.). Alfazione di risarcimento di danni conseguenti alla costruzione di un rf!covero antiaereo pubblico a cura del Comune � passivamente legittimato questo Ente e non gi� lo Stato {l). (Omissis). -Il Comune eccepisce la carenza di legittimazione passiva poich� i lavori per lallestimento del ricovero antiaereo pubbLico, dai quali si assume che sia derivato il danno, sarebbero stati eseguiti per conto dello Stato, che, pertanto, sarebbe responsabile delle (1) Sostituzione e non rapporto organico. In senso contrario alla massima surriportata una precedente, recente pronuncia della lll Sezione civile della Corte di Cassazione (13 novembre 1963, n. 2974, Giust. Civ., Mass. Cass., 1963, 1393 e seg.), partendo dalla premessa che spesso � ad uffici comunali sono demandate funzioni proprie dello Stato ed allora, mentre il rapporto di servizio delle persone fisiche titolari degli uffici rimane pur sempre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO violazioni arrecate ai diritti dei terzi, per effetto della esecuzione delle opere. Si deve premettere che il r.d.l. 29 ottobre 1936, n. 2216, riserva allo Stato (art. 1) il regolamento della protezione contro gli effetti degli attacchi aerei; specifica (al successivo art. 2) che lorganizzazione ed il funzionamento della protezione antiaerea sono affidate per il territorio nazionale al Ministero dell'Interno (sostituito a quello della Guerra dal r.d. 5 maggio 1941, n. 410) ed enuncia {art. 3) che la � protezione antiaerea � implica la predisposizione di ricoveri. Ora, poich� il Comune di Napoli sostiene di aver eseguito la costruzione del ricovero antiaereo in questione per ordine, sollecitazione e parere del competente Ministero, si tratta di stabilire se per i danni connessi alla esecuzione di dette opere debba rispondere il Comune, ovvero, come si sostiene dall'Amministrazione convenuta, il Ministero dell'Interno. La tesi del Comune � motivata dal rilievo che, nella specie, trattandosi di attivit� espletata d�l Capo dell'Amministrazione comunale nella qualit� di ufficiale del Governo, la responsabilit� per fatti dannosi conseguente a tale attivit� deve far capo allo Stato, nel cui interesse l'attivit� � stata svolta, come � stato affermato da una autorevole e costante giurisprudenza. (cfr. da ultimo: Cass. 9 giugno 1959, n. 1718). Il Collegio deve inoltre precisare che con una recentissima pronuncia (13 novembre 1963, n. 2974) la Corte Suprema ha affermato che, essendo dalla legge attribuita allo Stato tutta la materia della protezione antiaerea, la circostanza che l'attivit� sia stata svolta da organi del Comune non importa responsabilit� di detto ente per la cattiva esecuzione delle opere, proprio in virt� del principio innanzi accennato, secondo cui, in alcuni casi, l'ordinamento demanda ad uffici comunali funzioni proprie dello Stato; con la conseguenza che, mentre il rapporto di servizio delle ,persone fisiche titolari degli uffici rimane con il Comune, il rapporto organico, ossia lo strumento mediante il quale si attua l'esercizio della funzione, intercorre con lo Stato, cui sono conseguentemente riferibili gli atti relativi ,, , aveva sottolineato che la protezione antiaerea � funzione sempre appartenuta allo Stato, inferendone che � ;pertanto, gli uffici comunali sono da considerare, nella specie, come operanti quali organi dello Stato �. La sentenza in rassegna avverte il salto logico di tale ragionamento: il rapporto organico presuppone un titolo di investitura nella funzione o ufficio (cfr., in argomento, SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1955, 134) e, certamente, non avrebbe senso sostenere che un ente ;pubblico possa, di fatto, invadere la sfera di attribuzioni proprie di un altro ente pubblico, impegnandone, con gli atti dei propri funzionari, direttamente, la responsabilit� verso i terzi (si vedano i rilievi del SANDULLI, I limiti di esistenza dell'atto amministrativo, Rass. di dir. pubbl., 1949, I, 157 ed ivi anche note 85-87). Questo titolo di investitura del Comune, nella materia considerata, non si rinviene, in effetti, in alcuna disposizione di legge : non nella legge comunale e provinciale vigente all'epoca dei fatti e neppure nella legislazione speciale in PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 737 pur sempre con il Comune, il rapporto organico intercorre con lo Stato, cui sono pertanto riferibili gli effetti dell'attivit� posta in essere. Con riferimento a tale autore-Yole giudicato, il Collegio, senza voler porre in dubbio che la responsabilit� per l'attivit� compiuta dal capo del comune nella esplicazione delle sue funzioni di ufficiale del Governo debba farsi risalire allo Stato,� deve considerare che, per potersi configurare in mncreto la sussistenza della responsabilit� dello Stato, occorre rinvenire nella legge un necessario collegamento, consistente nella previsione legale di un conferimento di funzioni proprie dello Stato all'organo dell'ente pubblico minore. In difetto di una espressa norma, che attribuisca ad un organo di ente pubblico minore una funzione statuale, non pu� ritenersi ch� l'attivit� di tale organo sia riferibile all'ente cui la legge attribuisce la funzione medesima. La pi� moderna dottrina ha, infatti, posto in luoe l'equivoco di voler collegare necessariamente le conseguenze dell'esercizio di una dterminata funzione al soggetto cui per legge tale funzione � devoluta. Attribuzione di funzione e responsabilit� per esercizio della stessa non sono necessariamente dati correlativi,. ai fini della identificazione del soggetto, che � tenuto a rispondere degli effetti dannosi dell'attivit� iner�nte ad una determinata funzione. Al riguardo, basta considerare che l'ordinamento, nel regolare la competenza dei vari uffici, prevede contestualmente ed espressamente, materia di protezione antiaerea (1. 10 giugno 1937, n. 1629, art. 2: a l'organizzazione e il funzionamento della protezione antiarea sono affidate per il territorio del regno al Ministerp della guerra, che si vale del Comitato centrale interministeriale per la protezione antiaerea quale organo consultivo ... �; I. 24 ottobre 1941, n. 1293, art. 1: � lorganizzazione e il funzionamento della protezione antiaerea nel territorio del regno sono affidati al Ministero dell'Interno�~. L'unico ente pubblico, avente come scopo quello di integrare l'azione degli organi statali preposti alla protezione antiaerea, di cui si ritrovi, per il tempo di guerra, un titolo di a diretta dipendenza � dal dicastero statale competente (art. 1 r.d. 18 giugno 1940, n. 632; art. 1 r.d. 5 maggio 1941, n. 410) e nei confronti del quale si � parlato -bene o male qui non importa -di rapporto organico con Io Stato, fu I'UNPA, poi soppressa con d.lg.lgt. 6 marzo 1946, n. 175, (Cass., Sez. Un., 23 maggio 1952, n. 1488, Foro it., 1952, I, 848 e segg.). Poich� dell'operato dell'UNP A in tempo di guerra fu ritenuto responsabile direttamente Io Stato (Cass., Sez. Un., 23 maggio 1952, n. 1488, sopra citata), il caso sarebbe stato, appunto, sussumibile nello schema della titolarit� di organo statale da parte di un ente pubblico minore, a cui deve ritenersi alluda la ricordata sentenza n. 2974 del 1963 della Corte di Cassazione (sul concetto v. GIANNINI M.S.� Lezioni di dir. amm., I, Milano, 1950, 147 e seg.; RossANo, Persone giuridiche pub bliche ecc., in Foro it., 1951, I, 653 e, pi� di recente, CARBONE, Persone giuridiche -organi ecc., in questa Rassegna, 1955, 224 e segg.; BENVENUTI, L'organizzazione impropria della P.A., in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 980. :� noto, poi, che l'altra ipotesi, di personificazione di un organo statale, comporta, invece, una diretta 9 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per il principio della legalit�, i casi di sostituzione nell'esercizio e di delegazione di funzioni tra organi diversi di uno stesso ente o addirittura tra enti diversi (art. 118 Cost.) � La riferibilit� all'ente pubblico degli effetti di una funzione pubblica, al di fuori della previsione legislativa, � presa in considerazione �~ negli stretti liI\'liti, che giustificano la ricorrenza del fenomeno del funzionario di fatto; fenomeno, che, nella specie, non � ipotizzabile, per la qualit� pubblica del soggetto, della cui attivit� si discute. Quanto innanzi esposto trova conferma nel rigore della indagine svolta dalla giurisprudenza proprio in tema di esercizio delfattivit� governativa da parte del Sindaco (v. per tutte: Cass. 9 giugno 1959, cit.), per accertare, anche d'ufficio e con riferimento al caso concreto, la corrispondenza tra la fattispecie dedotta in giudizio e la previsione �nqrmativa di attribuzione dell'esercizio della funzione. Alla stregua di tali principi, devesi escludere che rientra tra le attribuzioni del Sindaco, quale ufficiale del Governo, la funzione di predisporre i ricoveri antiaerei pubblici, poich� tale attribuzione non � prevista nei casi tassativamente indicati nell'art. 152 del t.u. della legge 4 febbraio 1915, n. 148 (da 1 a 6) e non � prevista dalla legge speciale {cui fa richiamo, in astratto, il n. 7 del citato articolo) in materia di ricoveri antiaerei. Anzi, proprio il r.d. n. 2216 del 1936 cit., nell'attribuire allo Stato la competenza esclusiva in tema di organizzazione della protezione responsabilit� dell'organo-persona e solo una imputazione di secondo grado allo Stato, cfr. GIANNINI, Lezioni di dir. amm. cit., 14-6, 158). A ragione, per�, l'annotata sentenza del Tribunale ha disconosciuto il fondamento positivo di siffatta configurazione, nei confronti del Comune, costruttore di ricoveri pubblici di protezione antiaerea in tempo di guerra. Merito peculiare della sentenza � di avere perspicuamente avvertito ohe l'esercizio di una funzione statale da parte di un� soggetto diverso non � per s� solo sufficiente a far considerare tale soggetto come titolare di un organo statale {cfr. SANDULLI R., In tema di Ente economico della zootecnia ecc., Foro it., 1949, I, 1173). Ed infatti, nel caso qui considerato, fermo il carattere statale della funzione di protezione antiaerea del territorio nazionale e della costruzione di ricoveri pubblici, messo in evidenza dalla sentenza n. 2974 del 1963 della Suprema Corte regolatrice (sull'argomento si veda V ALOru, Antiaerea (protezione), in Enciclopedia del diritto, vol. II, Milano, 1958, 519 e segg.) e ferma la mancanza di qualsiasi titolo ex lege di investitura o attribuzione della medesima funzione al Comune, veniva superato, come � stato superato dall'annotata sentenza, il problema interpretativo volto a stabilire se di investitura di organo statale potesse trattarsi (con consegu�nte� responsabilit� dello Stato), o, viceversa, di decentramento autarchico o anche solo di delega ex lege della funzione (con conseguente responsabilit� del Comune, agente in proprio. Sulla difficolt� e sui criteri della distinzione v. SANDULLI R., op, cit., 1173) e doveva necessariamente escludersi, come ha fatto la sentenza del Tribunale di Napoli, la possibilit� di una diretta imputazione allo Stato della dannosa attivit� comunale, di cui si trattava. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 739 antiaerea, non contiene cenno alcuno alla possibilit� che l'attivit� statale sia esercitata dal Capo dell'Amministrazione comunale: n� tale eventualit� � prevista nell'altra legge speciale {11 marzo 1948, Q. 409), che disciplina le espropriazioni degli immobili adibiti a ricoveri antiaerei. Anche a voler dare rilievo dii delega retroattiva all'inciso contenuto nell'art. 1 della legge citata, che presuppone l'esistenza di ricoveri costruiti cc per mezzo di enti locali �, dovrebbe sempre pervenirsi alla affermazione della legittimazione passiva del Comune in ordine alla presente lite. Invero, prescindendo dalla Considerazione che da parte di autorevole dottrina si contesta l'ammissibilit� dii una delegazione intersoggettiva, la giurisprudenza della Suprema Corte ha statuito che la delegazione amministrativa costituisce un istituto peculiare del diritto pubblico, non assimilabile al mandato, onde non possono applicarsi alle conseguenze, cui esso d� luogo, i principi privatistici relativi al mandato e alla rappresentanza (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2710). Con la stessa pronunzia la Corte ha chiarito che nella delegazione intersoggettiva l'ente delegato non opera come un organo sia pure straordinario, dell'ente delegante, bens�, determinando detta delegazione una deroga (preventivamente consentita dalla legge) alle norme sulla competenza ammillistrativa, essa pone il delegato in una condizione pari a quella del delegante, il quale viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di un soggetto L'unico titolo di eserclZlo comunale dell'attivit� stat�ie di costruzione di � ricoveri antiaerei pubblici, che potesse considerarsi genericamente previsto dalla legge (I. 24 giugno 1929, n. 1137), sarebbe stato, pertanto, quello della concessione amministrativa, sia pure con l'accollo all'Erario della spesa complessiva dell'opera, ritenuto non contrastante con la citata legge n. 1137 del 1929. In questi sensi era, appunto, l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice (sentenza 4 maggio 1963, n. 1103, Foro it., 1963, I, 1123 e segg.), di cui la ricordata pronuncia n. 2974 del 1963 della Corte medesima non ha tenuto conto, nell'interpretare le disposizioni del decreto legislativo 11 marzo 1948, n. 409, relativo alla cc sistemazione delle opere permanenti di protezione antiaerea gi� costruite direttamente dallo Stato o a mezzo di enti locali� (cfr. anche art. 1 d.lg. n. 409 citato). Non � gi� che da tali disposizioni sia lecito trarre il titolo di una investitura postuma degli enti locali nella stessa titolarit� dell'ufficio statale, come sembra avvisato dalla pronuncia della III Sezione Civile della Corte di Cassazione e, quindi, la giustificazione di una assoluta irresponsabilit� di questi enti, per il loro operato, nella costruzione, di fatto, di ricoveri antiaerei pubblici, e viceversa di una responsabilit� esclusiva dello Stato, per tale operato. Quanto inesatta si dimostri questa interpretazione, giustamente non condivisa dal Tribunale di Napoli, si ricava ad evidenza della precisa, innegabile constatazione che il decreto legislativo considerato, nella parte che interessa, limita l'imputazione allo Stato degli effetti dell'attivit� degli enti pubblici locali al solo acquisto della propriet� (demaniale) delle opere permanenti di protezione antiaerea, da quelli costruite ed all'accollo del pagamento delle indennit� espropriative non ancora 740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO investito di funzioni di mero controllo. La conseguenza, da tali principi tratta dalla Corte, � che di regola, salvo �diversa specifica �disposizione dell'atto di conferimento, il delegato � investito del potere di provvedere rispetto ali' oggetto della delega in nome proprio e non in veste di rappresentante delfaltro soggetto, pur se per conto e nell'interesse di quest'ultimo. Consegue chiaramente che fente delegato � direttamente responsabile nei confronti dei terzi degli atti posti in essere in� esecuzione della delega, senza che in contrario possano aver rilievo le evel').tuali ripercussioni degli atti stessi nell'ambito del rapporto interno con il delegante e la 1oro incidenza nella sfera giuridica del medesimo. Le considerazioni che precedono consentono al Collegio di ritenere che alla presente lite il Comune di Napoli � passivamente legittimato. (Omissis). determinate e tuttora dovute ai proprietari dei suoli occupati dagli enti medesimi nella costruzione dei ricoveri in discorso (nonch� delle indennit� ex art. 46 1. 25 giugno 1865 n. 2359, tuttora dovute per gli eventuali. danni o diminuzioni di diritti derivanti dall'occupazione del sottosuolo da parte di tali enti). Ci� che si legalizza a posteriori, adunque, non � un preteso rapporto organico fra enti locali e Stato, con una conseguente, diretta imputazione al secondo di tutta l'attivit� svolta dai primi nella materia considerata (la stessa, testuale contrapposizione delle opere costruite � a mezzo di enti locali � a quelle costruite � direttamente � dallo Stato dimostra la precisa mens legis), ma semplicemente un fenomeno di sostituzione, nel quale, com'� noto, il sostituto agisce in nome proprio e sotto la propria responsabilit�, mentre al sostituito � riferito soltanto il risultato di quella attivit� (MmLE, Principi di diritto amministrativo, I, Pisa, 1945, 90 e segg.). Nella specie, preci5amente, il decreto legislativo considerato riferisce allo Stato soltanto l'acquisto della propriet� delle opere costruite dagli enti locali, con il limitato accollo del pagamento delle sole indennit� ancora dovute, previste dagli artt. 2 e 3, mentre gli ulteriori rapporti fra lo Stato ed i Comuni, in ordine alla manutenzione, conservazione ed utilizzazione delle opere stesse restano configurati sempre nell'ambito del fenomeno sostitutorio, come rapporti di concessione in uso (art. 5, comma secondo, terzo e quarto, cit. d.lg. n. 409 del 1948). Sembra, pertanto, definitivamente dimostrata l'esattezza delle conclusioni a cui � pervenuta la sentenza annotata. FRANCO CARUSI ' ,' i~ .� SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl. 5 febbraio 1964, n. 5 -Pres. Breglia -Est. Scotto -Rinaldi (avv. Nigro) c. Ministero Lavori Pubblici . (avv. Stato Dallari) e Gervasi Vetere (avv. Mazzotti e Conti). Giustizia amministrativa � Scusabilit� dell'errore � Sindacato del Consiglio di Stato -Limiti. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 34~. In tema di errore scusabile il Consiglio di Stato pu� accertare, col suo sindacato di legittimit�, solo la sussistenza dell'errore giuridicamente rilevante, mentre non pu� riesaminare la valutazione della scusabilit� che, conoernendo un awrezzamento di merito, � sottratto a detto sindacato se � immune da vizi .logici (1). {Omissis). -Si rileva preliminarmente che i due indirizzi giurisprudenziali, tuttora esistenti sulla questione della scusabilit� del1' errore -che, come si vedr�, per il loro apparente contrasto hanno fornito lo spunto al presente riesame -contengono ambedue un germe di verit�, ma, in quanto si fondano entrambi su una visione unilaterale del fenomeno, ne offrono una visione incompleta e danno quindi luogo ad affermazioni inesatte. � (1) Questa decisione va segnalata per la sua importanza, in quanto l'Adunanza Plenaria, riesaminando il problema della scusabilit� dell' erro�re, lo ha inquadrato in termini che possono accettarsi. L'Adunanza ha precisato che il giudizio sulla scusabilit� dell'errore presuppone una duplice indagine: l'una rivolta ad esaminare se esista un errore giuridicamente rilevante, l'altra, diretta a valutare se l'errore sia, e in quali limiti, scusabile; ed ha ritenuto che solo la prima indagine, dal profilo di violazione di legge, � sindacabile, mentre non lo � la seconda, la quale, investendo un apprezzamento di merito, � sottratta al controllo di legittimit�, tranne quando il relativo giudizio si presenti insufficiente, perplesso, contraddittorio. La decisione, anche se appare in contrasto con precedenti pronuncie, ha suiperato tale contrasto, nei sensi ora esposti, pervenendo a conclusioni che possono condividersi. Cfr. V Sezione, 1� marzo 1952, Foro it., Rep., 1952, voce Giust. amm., n. 460; 15 novembre 1957, n. 988, ivi, 1957, voce cit., n. 61. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Di qui la necessit� di chiarire innanzitutto che il giudizio sulla :::;i s�cusabilit� dell'errore presuppone una duphce indagine: la prima diretta a determinare se esista un errore giuridicamente rilevante (essendo ovviamente esclusa la sua insussistenza come semplice avvenimento storico) e la seconda, logicamente e cronologicamente successiva, diretta a valutare se nell'errore -di cui � stata riconosciuta la giuridica rilevanza -si riscontri la presenza del requisito della scusabilit�. La decisione sulla prima questione, relativa all'esistenza di un errore giuridicamente rilevante, importa l'affermazione dell'esistenza o dell'inesistenza del potere di decisione da parte dell'Autorit� ammi-� nistrativa adita in sede di ricorso e come tale si risolve in una questione relativa al presupposto processuale che legittima resistenza della potestas .deciderl!di. Essa, al pari delle altre questioni preliminari al merito -come quelle sulla competenza dell'organo, sull'ammissibilit� e ricevibilit� del ricorso -incide sul procedimento di decisione e pu�, quindi, essere sindacata dal giudice della legittimit� sotto il profilo della violazione di legge per l'inosservanza di nonne procedurali. Sotto tale profilo � ammissibile la proposizione dinanzi al giudice di siffatta questione in quanto dalla soluzione della stessa dipende non gi� l'esito favorevole o sfavorevole del giudizio sul ricorso, ma unicamente laffermazione dell'esistenza o meno del potere dell'Autorit� adita a pronunciarsi sul ricorso stesso. La seconda questione, invece, relativa ai requisiti della scusabilit� dell'errore, � sottratta al sindacato di legittimit� del giudice amministrativo in quanto, postulando un giudizio �di valore (scusahilit� dell'errore), investe un apprezzamento di merito che, se sorretto da un ragionamento logioo immune da vizi giuridici, � sottratto al potere di cognizione del giudice di legittimit�. Ad evitare dannosi equivoci e soprattutto per circoscrivere i limiti nei quali il giudice di legittimit� pu� portare il suo sindacato sulla scusabilit� dell'errore, non � inopportuno soffermarsi sulfaffermazione contenuta in un noto e lontano parere (Adunanza generale del 29 settembre 1932: Pres. Romando, Est. Piccardi) che ha avuto non poco� peso sul successivo -e tuttora perd�rante -non rettilineo indirizzo giurisprudenziale, per chiarire quanto vi sia in esso di vero e quanto di inesatto. In tale occasione venne affermato che �un giudizio erroneo sul punto della scusabilit� dell'errore porta alla conseguenza che lAutorit� adita si pronunci indebitamente sul ricorso ovvero che essa ometta di pronunciarsi, pur avendone il potere� e il dovere � con la conse~ guenza che � lAutorit� la quale risolva erroneamente la questione PARTE I, S'.EZ. IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 743 relativa alla scusabilit� dell'errore incorre sempre in violazione di legge esercitando un potere che non ha od astenendosi dall'esercitare un potere di cui � tenuta a fare uso�. Tale avviso non pu� essere condiviso perch� -ricollegando sempre al giudizio errato d�ll'Autorit� amministrativa sulla scusabilit� del1' errore una violazione di legge -pone un rapporto di conseguenzialit� necessaria che non sempre si verifica. Invero tale affermazione, che riallaccia ad una causa di contenuto variabile (qualsiasi tipo di errore) un effetto ~nico e costante (violazione di legge), � frutto di una inesatta generalizzazione�-enucleata dalle ipotesi pi� frequenti, ma non di tutte, del fenomeno -alla cui origine � agevole rilevare la mancata, o la inadeguata, considerazione di un elemento di primaria importanza, vale a dire la genesi logica della decisione. Come si � detto, in tema di scusabilit� dell'errore -sul quale competente a pronunciarsi � il Giudice competente del merito della controversia -l'esistenza della potestas dockkndi sul merito della questione presuppone il superamento della questione pregiudiziale relativa alla scusabilit� dell'errore. Peraltro, alla base della soluzione di tale questione -e qui si avverte l'importanza della considerazione delle componenti genetiche della decisione -vi � non solo una attivit� processuale dell'Autorit� adita, diretta a riscontrare l'esistenza di elementi vincolati della fattispecie (errore giuridicamente rilevante), ma, altres�, un'attivit� discrezionale -normalmente improntata ai criteri all'uopo fissati dalla giurisprudenza -diretta a valutare se l'errore sia oppur no scusabile. Ci� premesso, non par~ dubbio ohe la violazione di legge si ha soltanto quando l'Amministrazione ha provveduto pur in mancanza del presupposto (errore giuridicamente rilevante) o non ha provveduto pur nella sua esistenza, mentre l'esistenza o la mancanza del presupposto sono agevolmente riscontrabili. Quando, invece, viene in considerazione la rappresentazione che l'Amministrazione si � data del presupposto (sousabilit� dell'�rrore) non v'� luogo a parlare di violazione di legge perch� il vizio cadrebbe su di un elemento discrezionale della fattispecie {valutazione della scusabilit�). Peraltro, la valutazione della sousabilit� dell'errore, normalmente insindacabile dal giudice di legittimit� per attenere al merito, sar� sindacabile sotto il profilo della legittimit�, grazie al controllo della logicit�, tutte le volte che il relativo giudizio sia insufficiente, perplesso, oscuro, contraddittorio. In questa sede, non si tratta di ricostruire la valutazione discrezionale data dall'Autorit� adita in ordine a quell'attributo dell'errore, determinante ai fini che interessano, che � la scusabilit�, allo scopo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 744 di vedere se il relativo giudizio sia o meno esatto, in quanto tale sindacato, per le ragioni sopraesposte, concernendo il merito della questione, � ovviamente precluso in questa sede. Al contrario l'indagine da svolgere attiene ad altro ambito -logicamente antecedente alla valutazione di seusabilit� e pienamente suscettibile di sindacato in questa sede -e si risolve nell'accertare se sussistano nella specie quegli estremi che rendono giuridicamente rilevanti l'errore ovrvero se, non sussistendo quegli e1stremi, d si trovi di fronte ad una attivit� che costituisce s� un'errata condotta processuale della parte ma che dal punto di vista dell'ordinamento giuridico non � sussumibile sotto il concetto di errore. Ci� premesso, nella specie, non � configurabile un errore che, per inserirsi in una situazione obiettivamente incerta, abbia quella giuridica rilevanza che giustifica il passaggio, da parte dell'Autorit� adita, alla successiva operazione, discrezionale, relativa alla scusabilit� che oostituisce l'atto geneticamente conclusivo della decisione. Invero � giurisprudenza costante che l'errore scusabile ha come presupposto un obiettivo stato di incertezza derivante da una non chiara situazione 1di fatto o dall'esistenza di una controversia giurisprudenziale o dottrinaria sulla norma processuale in concreto applicabile, o dalla natura o dal contenuto del provvedimento impugnato o dalla novit� e dalla specialit� delle disposizioni legislative da �cui dipende l'esercizio di una attivit� richiesta a pena di decadenza. {Cfr. fra le altre IV Sez., 27 novembre 1957, n. 1119; par. A.g. 4 ottobre 1956, n. 354). In questa ipotesi -come � stato esattamente osservato -l'errore scusabile si concreta in ultima analisi, con riguardo alle sue conseguenze sul rapporto processuale, nella inesatta interpretazione di una o pi� norme giuridiche imputabile non prevalentemente alla parte su cui grava l'onere dell'osservanza della norma, bens� all'esistenza di una situazione, di fronte alla quale, pur adoperando la maggiore diligenza, l'interessato non pu� evitare l'eventualit� di incorrere nella sanzione connessa all'inosservanza od all'imperfetta applicazione della norma. Nulla di tutto questo si ha nel caso che forma oggetto della presente controversia. Infatti � noto che, ai sensi dell'art. 131 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, la Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica ha poteri particolarmente ampi per l'esercizio del suo compito istituzionale di garantire ehe i benefici elargiti alle cooperative edilizie sovvenzionate siano adoperati per i fini voluti dal legislatore mentre l'unico limite preclusivo alla competenza della Commissione va riferito, sempre ai sensi dell'art. 131 citato, alle sole materie riservate dalla legge alla competenza del Ministero dei lavori pubblici. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 745 Del pari noto -come la giurisprudenza ha avuto pi� volte occasione di ribadire (cfr., tra le altre, IV Sez., 25 settembre 1963, n. 781) � che il termine per ricorrere alla Commissione di vigilanza � di trenta giorni dalla comunicazione o dalla piena oonosoenza della deHberazione di una cooperativa edilizia. D'altro canto, � evidente che la clausola compromissoria contenuta in uno statuto sociale della cooperati~a con la quale si deferisce a un collegio di probiviri la decisione delle controversie in merito agli affari relativi alla costruzione e al godimento degli alloggi, non pu� avere ovviamente l'efficacia di sottrarre alla Commissione di rvigilanza per !'.edilizia economica e popolare la competenza a decidere su tal( controversie attribuite, attesa la larghezza della sua competenza, alla Commissione stessa nell'interesse pubblico. Nella specie, peraltro, la stessa lettera della disposizione statutaria che interessa {art. 13) mostra chiaramente che non si � voluto sostituire il ricorso al collegio dei probiviri a quello della Commissione di vigilanza, ma unicamente drcondarn di maggiori garanzie gli interessi dei soci della cooperativa mn foffrire loro, in aggiunta agli strumenti giuridici di tutela, previsti nella materia de qua dalla legislazione vigente, un rimedio che, per le sue particolari caratteristiche, potrebbe rirvelarsi maggiormente idoneo, quanto meno, a un pi� pronto soddisfacimento degli interessi in questione. Infatti la clausola compromissoria (art. 13 predetto) correttamente interpretata, non pu� dar luogo a dubbi in quanto, mentre obbliga i soci a rimettere al giudizio del Collegio dei probiviri la risoluzione di tutte le vertenze che insorgano tra essi per affari relativi alla costruzione e al godimento degli alloggi, fa salva -e non pu� essere diversamente per il principio �di gerarchia esistente fra le varie fonti di produzione normativa -la competenza degli organi indicati nella legislazione dell'edilizia economica e popolare e quindi, segnatamente, della Commissione di vigilanza. Pertanto, � mancata quella situazione obiettiva di incertezza o quella difficolt� di individual'e la norma da osserrvare che solo avrebbe configurato l'esistenza di un errore giuridicamente rilevante relativamente al quale l'Autorit� adita avrebbe potuto emettere un apprezzamento concernente la sua pretesa scusabilit�. Ci� tanto pi� se si tiene conto del carattere eccezionale dell'istituto e della necessit� di limitarne lapplicazione ai soli casi in cui sussistano quei ngorosi presupposti che possono dar luogo al riconoscimento o alla dichiarazione della scusabilit� dell'errore. Il ricorso deve pertanto essere accolto, annullandosi l'impugnata decisione. -(Omissis). 746 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl. 22 maggio 1964, n. 11 -Pres. Bozzi Carlo -Est. Potenza -Rossi Nicola (avv. Sciacca) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Terranova). ,: .�: Impiego pubblico -Ufficiale dell'esercito -Avanzamento a scelta � Natura � Sistema del merito comparativo � Esclusione. .�: Impiego pubblico -Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � Sindacabilit� del giudice amministrativo. Impiego pubblico � Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � Censura di disparit� di trattamento � Ammissibilit�. Impiego pubblico �Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � Giudizio di legittimit� � Poteri istruttori � Limiti � Acquisizione documentazione personale degli altri ufficiali scrutinati � Esclusione � Acquisizione dati parziali a mezzo stralci o copie parziali documentazione personale altri scrutinati � Ammissibilit� � Limiti. Impiego pubblico �Ufficiale dell'esercito � Avanzamento a scelta � Disparit� di trattamento � Definizione. (1. 12 novembre 1955, n. 1137 art. 26). L'avanzamento a oodta degli ufficiali va tenuto distinto dallavanzamento per merito comparativo; nellavanzamento a scelta le valuta- I Ei zioni sono separate, �autonome, distinte, e il procedimento di accertamento ha per oggetto ogni singolo ufficiale, per cui non possono venir richiamati principi propri .del merito comparativo. Anche il giudizio di avanzamento degli ufficiali � soggetto al sindacato di legittimit� sia nella sua estrinsecazione finale espriessa dal IE,;:.;� ,. I limiti del sindacato di legittimit� del Consiglio di Stato in materia di avanzamento a scelta degli ufficiali. Con I'ordinan2ia n. 7 47 /63, la IV Sezione rimetteva all'Adunanza plenaria lesame e la soluzione dei seguenti quesiti riguardanti lammissibilit� ed, eventualmente, i limiti del sindacato di legittimit�, sotto il profilo dell'eccesso di potere, anche nella seconda fase del giudizio di avanzamento � a scelta " degli ufficiali delle forze armate: a) se, e in quale misura, � censurabile il punteggio assegnato dalla Commissione superiore di avanzamento ai fini della formazione della graduatoria di merito; b) se il punteggio di merito assegnato � sindacabile in sede di legittimit� quando la censura � edotta dal confronto con i precedenti dr carriera di altri ufficiali, valutati nello stesso anno e dalla stessa Commissione di avanzamento. Connessa con la soluzione di tale quesito � la que&tione dell'ammissibilit� della istanza di esibizione dei libretti personali degH ufficiali scrutinati insieme con il .ricorrente. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 747 punto attribuito ali ufficiale ai fini della graduatoria, sia nelle fasi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 747 punto attribuito ali ufficiale ai fini della graduatoria, sia nelle fasi anteriori di riconoscimento deliidoneit� deli ufficiale all'avanzamento. La censura di eocesso di potere per disparit� di trattamento � ammissibile in un giudizio in cui viene dedotta la iZlegittimit� delI'avanzamento a scelta di un ufficiale. I poteri istruttori del giudice di legittimit� hanno natura inquisitoria e nei giwdizi sulla legittimit� deliavanzamento a 8Celta degli ufficiali trovano un limite quanto al loro esercizio a tute1la deUa riservatezza di determinate documentazioni che appartengono non soltanto aliAmminis.trazione, ma anche a privati. Non pu� essere disposta, di La ordinanza di rimessione indicava le linee giurisprudenziali che, in ordine alle questioni prospettate, si erano venute formando sulla base, non solo delle decisioni della Sezione medesima, ma anche dei criteri interpretativi della legge che la decisione n. 5/1959� della stessa Adunanza plenaria aveva indicato. In . particolare, per quanto attiene alla pTima questione, si erano formati tre indirizzi giurisprudenziali: e cio� quello che nega in modo assoluto la configurabilit� del contrasto tra i punti assegnati e i titoli valutativi; l'altro che ammette tale configurablit� solo con iJ concorso di determinati presupposti; il terzo che l'ammette in via generale. La decisione che si annota ha ritenuto, anzitutto, di daffermare l'assoggettabilit� a sindacato di legittimit� del giudizio di avanzamento degli ufficiali � sia nella sua estrinsecazione finale espressa dal punto attribuito all'ufficiale ai fini del)a graduatoria, sia nelle fasi anteriori di riconoscimento della idoneit� dell'ufficiale all'avanzamento �. Siffatta sindacabilit�, tuttavia, � incontra quelle limitazioni che sono connaturate all'essenza dell'oper�zione che si estrinseca nel punto conferito, come risultato di un sintetico apprezzamento degli elementi considerati secondo le indicazioni dell� legge �. Qualificata come giudizio tecnico la valutazione discrezionale che la Commissione d� in sede di avanzamento a scelta degli ufficiali, la decisione ha ritenuto ammissibile il sindacato di legittimit� negli stessi limiti in cui, in via generale, viene condotto in sede di giurisdizione di legittimit� del Consiglio di Stato. A questo riguardo, fa decisione, pur riaffermando il principio della autonomia dei giudizi di avanzamento, ha l'itenuto ammissibile il profilo dell'eccesso di potere sotto l'aspetto della contraddittoriet� fra diverse pronuncie ove � si appalesi un contrasto di valutazioni e di giudizi espressi pur nella uniformit� di elementi di apprezzamento e di soggetti giudicanti �. La decisione ha esaminato, altres�, il profilo di eccesso di potere che viene, s~ilitamente, dedotto nei giudizi riguardanti gli avanzamenti degli ufficiali, e cio� quello della disparit� di trattamento. A questo riguardo l'Adunanza plenaria ha ritenuto di dover sottolineare la natura delicatissima dell'indagine che il giudice di legittimit� viene chiamato a svolgere in occasione della prospettazione di tale particolare profilo di eccesso di potere; ed, infatti, il travalicamento de,i limiti del giudizio di legittimit� in quello di merito si rende agevole e, quindi, comporta in quella occasione una particolare oculatezza da parte dello stesso giudice di legittimit�. Siffatto profilo di disparit� di trattamento, seppure ritenuto ammissibile dalla decilsio!ne, non pu� far qualificare il giudizio di aivanzamento a scelta come sistema di avanzamento per merito comparativo. � 748 RASSEGNA DELL'AvVOCATURA DELLO STATO regola, la esibizione in giudizio deUa documentazione personale di ufficiali diversi dal ricorrente. Nella ipotesi in cui la dedotta disparit� di trattam_ento � fondata su circostanze di fatto non ricoperte da riservatezza � consentito richiedere Za e&ibizione di dati parziali acquisibili ,, al prooesso a mezzo di stralci o di copie parziali della oocumentazion.e �= personale. Anche in questa occasione il Consiglio di Stato ha ritenuto di riaffermare la netta esclusione di ogni richiamo a principi di merito comparativi>, rrmnovando la considerazione che � nella stessa legge quanto occorre per procedere al sistema di avanzamento a scelta, senza poss~bilit� di inserire elementi nuovi da parte dell'interprete. L'ammissibilit� del profilo dell'eccesso di potere per disparit� di trattamento richiedeva la sofozione di un altro problema, e cio� quello dei limiti in cui � consentito l'esercizio dei poteri istruttori (qualificati come inquisitori dal Consiglio di Stato), al fine di acquisirre elementi relativi alla posizione di altri scrutinati, ritenuti inferiori al ricorrente e valutati, invece, in misura migliore. A questo riguardo l'Adunanza plenaria ha ritenuto che il principio della riservatezza che informa i giudizi mandfestati nell'ambito della pro�edura di avanzamento, costituisce un limite invalicabile, ai fini dell'acquisizione della documentazione personale degli ufficiali scutinati o del ricorrente, per il che siffatta richiesta istruttoria non pu� venire ammessa. Nella decisione, ribadendosi il principio che nell'avanzamento a scelta non si riproduce quanto avviene in quello per merito comparativo, dato che 11 le valutazioni sono separate, autqnome, distinte � e 11 il procedimento di accertamento ha per oggetto ogni singolo ufficiale '" � precisato, peraltro, che 11 l'eventuale comparazione pu� essere utile soltanto in un secondo tempo e non ai fini di valutazione, ma di controllo dell'obiettivit� e della imparzialit� delle singole valutazioni � onde 11 la comparazione quindi non appartiene al procedimento amministratiivo, ma se mai � strumento di controllo del giudice e quindi soggiace a quelle limitazioni istruttorie che vanno riconosciute anche nell'ambito di un procedimento acquisitivo delle prove �. � Posto siffatto principio, l'Adunanza plenaria ha escluso che, di regola, possa essere disposta la esibizione in giudizio della documentazione personale di ufficiali diversi dal ricorrente, pur riconoscendo, nel contempo, che siffatta esclusione non possa ritenersi in via assoluta ed aprioristica, limitando la possibilit� dell' acquisiziona ai dati parziali a mezzo di stralci e di copie parziali della documentazione personale .con riferimento a circostanze di fatto per le quali va e5clusa la riservatezza propria dei giudizi contenuti nelle documentazioni personali. Tutto quanto attiene all'esercizio dell'indicato potere istruttorio viene, peraltro, condizionato, ai fini dell'ammiss~bilit� della censura � di eccesso di potere per disparit�� di trattamento, a che siffatta disparit� 11 assurga ad una macroscopica divergenza di valutazione di fronte agli stessi dati di fatto, tale cio� da consentire la constatazione delle qperate sproporzioni, prescindendo da ogni intento valutativo e per cos�� dire ictu oculi � � Come � agevole rilevare la particolarit� del giudizio di avanzamento a scelta limita il sindacato di legittimit� nei confini in cui il controllo� pu� essere condotto dallo stesso giudice di legittimit�; con ci� non viene escluso il sindacato, ma esso va esercitato in modo conforme agli stessi principi che sono a base della giurisdizione di legittimit�. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 749 La disparit� di trattamento � sindaCabile dal giudice di legittimit� con riferimento al sistema di avanzamento a scelta solo quando essa assurga ad una macroscopica divergenza di valutazioni di fronte agli stessi dati di fatto, tale cio� da consentire la constatazione delle operate sproporzioni, prescindendo da ogni intento valutativo e per cos� dire ictu oculi. Del resto, il consentire lacquisizione di dati parziali con riferimento alle posizioni degli altri scrutinati, sempre che i dati non siano la risultante di giudizi di merito o non si sostanzino essi stessi in tali apprezzamenti, rende possibile il sindacato di legittimit�, anche sotto quel particolaire e delicatissimo aspetto del1' eccesso di potere profilato come disparit� di trattamento. Ed � proprio in questo particolare giudizio di avanzamento a scelta che l'indicato profilo di disparit� di trattamento potrebbe far superare al giudice di legittimit� i limiti della decisione per scendere all'esame del merito e trasformare poi il sistema di avanzamento a scelta in quello per merito comparativo. A questo riguardo appare di estrema �importanza la considerazione formulitta nella decisione e secondo la quale cc leventuale comparazione pu� essere utile soltanto in un secondo tempo e non ai fini di valutazione, ma di controllo della obiettivit� e della imparzialit� delle s-ingole valutazioni con la ulteriore precisazione che la comparazione non appartiene al procedimento amministrativo, ma semmai � strumento di controllo del giudice e quindi sogg-iace a quelle limitazioni istruttode che vanno riconosciute anche nell'ambito di un procedimento acquisitivo delle prove � � Ed invero non si comprende come possa procedersi in sede di controllo di legittimit� di un atto attraverso un procedimento logico che sia diverso� da quello che l'autorit� amministrativa ha utilizzato in sede di formazione dell'atto sottoposto a controllo. Se nel giudizio di avanzamento a scelta � esclusa ogni comparazione fra gli scrutinandi (e questo � principio tenuto fermo anche dalla decisione annotata), nessuna cc eventuale " comparazione pu� eseguire il giudice di legittimit� seppure ai fini del controllo dell' obieUiv.it� e della impazialit� delle singole valutazioni. La comparazione non pu� essere fatta in alcun caso, perch�, diversamente, si rischia, quanto meno, di determinare quel superamento dei limiti del giudizio di legittimit�, che nella materia dell'avanzamento � scelta degli ufficiali � contenuto al controllo soltanto dei dati che la Commissione d'avanzamento ha tenuto presente nella formulazione del giudizio complessivo, quale risultato dei giudizi parziali espressi dai singoli componenti la Commissione. Se la decisione annotata va interpretata attraverso le enunciazioni dei principi indiscutibilmente esatti applicati nella materia de qua, ne consegue che l'inserimento dello strumento della comparazione in 1sede di controllo di legittimit�, in occasione aell' esame del profilo di eccesso di potere per disparit� di trattamento, rischia di predeterminare una situazione processuale in cui il giudice di legittimit� pu� trasfomarsi in amministratore. Salvo la riserva sopra indicata, rimane, ormai, definitivamente stabilito dalla giurisprudenza dell'Adunanza plenaria sia la qualificazione del sistema di avanza mento, con esclusione di ogni riferimento di principi propri del merito comparativo, sia il divieto per il giudice di legittimit� di chiedere la documentazione caratteristica personale degli altri scrutinati, salvo la possibilit� dell'acquisizione di dati parziali sulla base di stralci di documentazione, e ci� sempre che i dati medesimi non costituiscano espressione di giudizi da parte degli organi amministrativi. ANTONINO TERRANOVA 750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 maggio 1964, n. 503 -Pres. Polistina -Est. Melito -Comune di Chieti (avv. Dedin) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Coronas). Regolamento edilizio comunale -Approvazione da parte del Ministero LL.PP. -Limiti -Modificazione del contenuto del regolamento -Illegittimit�. (t.u. c.p. 3 marzo 1934, n, 383, art. 102; l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 36). In seguito all'entrata in vigore della legge urbanistica a controllo sui regolamenti comunali edilizi consiste non pi� in una omologazione da parte del Ministero dei LL.PP. {prevista daliart. 102 t.u. c~p.), bens� in una approvazione, da parte dello stesso Ministero, "la qude, come atto di controllo esteso al merito e int,egrativo dell'efficacia del r.egolamento, pu� essere concessa o negata, senza che i organo di controllo abbia la possibilit� di riformare, con forza obbUgatoria per f ente, il oonienuto del r.egolamento stesso (1). {1) I limiti del potere di controllo da parte del Ministero LL.PP. sui regolamenti edilizi comunali sono stati gi� precisati dal Consiglio di Stato (Sez. V, 23 maggio 1959, n. 304, Il Consiglio di Stato, 1959, 822; Sez. V, 24 maggio 1958, 312, ivi, 1958, 625); e l'annotata decisione ne fa esatta applicazione, informandosi alla nozione dell'istituto dell'apprQ!Vazione che, pur essendo esteso al riesame preventivo del merito, esclude la possibilit� di una modil�ca del contenuto dell'atto. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 giugno 1964, n. 834 -Pres. De Marco -Est. De Capua -Lanata ed altri (avv. Podest�, Romanelli) c. Prefetto di Genova (avv. Stato Del Greco) e Soc. Acquedotto De Ferrari (avv. � Buscaglione, Sequi). Competenza e giurisdizione -Competenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche -Controversie su interessi legittimi in materia di acque pubbliche. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). Elettrodotti -Servit� di elettrodotto perpetua ed inamovibile Competenza prefettizia. (d.p.r. 30 giugno 1955, n. 1534, art. 2; l. 25 giugno 1865, n. 2359). Rientra nella competenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, e non del Consiglio di Stato, la cognizione delle controversie su interessi legittimi che abbiano per oggetto iutilizzazione diretta ed immediata delle acque pubbliche e che perci� riguardino ratto di concessione o i provvedimenti diretti ali esecuzione .di opere idrauliche, di bonifica, di derivazione, ivi compresi gli atti di es'(J1"o :-: " " , PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 751 pria:zione o di occupazione, necessarie per il compimento di dette opere (1). Rientra nella competenza dell'Autorit� prefettizia, e non di quella del Provveditorato alle 00.PP., il provvedimento che dispone la costituzione di una servit� di elettrodotto, perpetua ed inamombile (2). (1-2) Sulla prima massima cfr. i�1 senso conforme Sez. Un. 18 giugno 1962, n. 1530, Foro it., Mass., 1962, 461; sulla seconda massima, Sez. IV, 15 maggio 1963, n. 313, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 689. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 28 febbraio 1964, n. 295 -Pres. Gallo, Est. Fortini del Giglio -Mattace {avv. Grim,aldi) c. Opera Valorizzazione Sila (avv. Stato Carafa). Giustizia amministrativa -Esecuzione di giudicato -Richiesta restituzione di immobili espropriati e gi� destinati con successivi atti al pubblico interesse -Inammissibilit� -Fattispecie. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, ait 27, n. 4). Dichiarato con sentenza passata in giudicato che i be�ni illegittimamente espropriati appartengono in propriet� al p'l'ivato, questi non pu� ottenerne la restituzione, ove la P.A. ne abbia disposto, con successivi atti, la d�stinazione al pubblico interesse, giacch� il Consiglio di Stato, adito in sede di esecuzione del giudicato, non pu� sostituirsi alla P.A. nella valutazione degli atti discrezionalmente emessi, i quali conservano la .loro efficacia fin q�cmdo non vengono annullati (nella specie, annullati i decreti di esproprio per riforma fondiaria, la restituzione delrimmobile non � pi� possibile ove ne sia avvenuta iassegnazione) (1). (Omissis). -La difesa dell'Opera per la Valorizzazione della Sila afferma che, in seguito al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Cosenza in data 3-9 marzo 1959, che ha statuito in via defi {l) Con questa decisione il Consiglio di Stato ha esattamente individuato i limiti della esecuzione del giudicato, esaminando una fattispecie nella quale era stato annullato un decreto di esprniprio emesso per i fini di riforma fondiaria e non era pi� possibile, in seguito alla destinazione dell'immobile al pubblico interesse, la restituzione dell'immobile stesso al privato: in tal modo il giudice amministrativo si � uniformato ai principi enunciati dalla Cassazione (Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1706, Fom it., Mass. 501 e Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1707, ivi, 502) ed ha modificato la sua precedente giurisprudenza (Sez. IV, 16 novembre 1963, n. 740, retro, 343, con nota contraria) cfr. anche Gass. 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, 84 e segg., con nota di F. CARus1. 752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nitiva sulla propriet� del ricorrente, illegittimamente espropriata dal predetto Ente -cos� come deciso dalla Corte Costituzionale in sede di giudizio �di legittimit� del d.p.r. n. 56 del 25 luglio 19<50 -il ricorrente ebbe gi� a notificave altro atto di interpellanza e diffida per la restituzione dei � terreni in questione. Che, per�, f Opera, trovandosi nella impossibilit� di restituirli perch�, nel frattt;mpo e prima della sentenza della Corte Costituzionale, detti terreni, a norma della 1. 12 maggio 1950, n. 230, concernente provvedimenti per la colonizzazione dell'altipiano della Sila e terreni viciniori, erano stati gi� assegnati, mediante stipula del relativo contratto di compravendita, a n. 12 lavoratori della terra e a n. 3 in via prowisoria, aveva disposto i necessari accertamenti per offrire al ricorrente il valore del bene, detratti i miglioramenti e le addizioni effettuate dall'Ente, oltre il valore del mancato reddito dalla data della pronuncia di incostituzionalit� del decreto presidenziale di esproprio. Reintegrazione in via �di equivalente che fOpera si � dichiarata pronta ad effettuare, anche in sede del presente giudizio. L'interessato, secondo quanto riferisce la �difesa dell'Ente, aveva chiesto una somma maggiore �di quella risultante dagli accertamenti tecnici disposti d'ufficio, e, poi, ha finito per ricorrere innanzi questo Consiglio affinch� sia ordinata la restituzione dei fondi �entro un termine perentorio. Ma � evidente ohe la restituzione del bene non pu� considerarsi quale immediata e necessaria conseguenza �del giudicato. Difatti, per darvi esecuzione in questa forma, sarebbe, innanzi tutto, necessario porre nel nulla gli atti di assegnazione ai conta�dini perch� come gi� � stato ritenuto in giurisprudenza (Cass., Sez. II, 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706), gli atti di trasferimento dei terreni di scorporo ai lavoratori della terra assegnatari, anche dopo la dichiarazione di illegittimit� costituzionale del relativo provvedimento di espropriazione, conservano, quali atti amministrativi, la loro efficacia f�no a che non siano annullati per invalidit� derivata, non potendo essi considerarsi nulli automaticamente per effetto di quella dichiarazione di illegittimit�. Ma, pur nei suoi poteri �di merito propri del giudizio di ottemperanza, non� potrebbe questo Consiglio disporre o ordinare senz'altro rannullamento di tali atti e, quindi, la restituzione dei terreni, che, comportando una rettif�cazione dello scorporo e dei piani di trasformazione fondiaria, nella quale quei beni possono essere stati oggettivamente previsti, implica un giudizio discrezionale che � si appalesa legittimo ed opportuno lasciare alla sfera dei poteri dell'Amministrazione, salvo, in ogni caso, l'intangibile diritto del ricorrente alle giuste riparazioni. Il potere riconosciuto dall'art. 27, n. 4, al Consiglio di Stato, di sostituirsi, in sede di esecuzione del giudicato, alfAmministrazione, pu� aver per oggetto i soli atti non discrezionali che derivano immediatamente dalla pronuncia del giudice. %,.~ . . ... . , PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINisTRATIVA 753 Nella specie, peraltro, l'Amministrazione, data la particolare situazione giuridica e di fatto, ritiene di ottemperare al giudicato nella forma come sopra indicata e questo Consiglio nulla ha da ecoepire in punto di legittimit� e merito, salvo ogni diritto del ricorrente circa la determinazione degli indennizzi dovutigli. Il ricorso,,quindi, per quanto inteso ad ottenere l'ordine della esecuzione in forma specifica del giudicato derivante dalla sentenza suddetta del Tribunale di Cosenza, non pu� essere accolto. Giusti motivi, per�, ricorrono per compensare le spese. � CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 6 marzo 1964, n. 328 ~ Pres. Chiofalo -Est. Romano -Micheletti (a:vv. Picchi e Fortini Gobbo) c. Prefetto di Lucca (avv. Stato Ricci) e Comune di Camaiove (avv. Baghini e Nigro). Atto amministrativo -Ordinanze di urgenza -Ordinanze sindacali emesse ai sensi dell'art. 20 t.u. 8 dicembre 1933 n. 1740 � Natura -Definitivit�. (l. 20 marzo 1865, n. 2248, ali.' F, artt. 378, 379; i:.u. 8 dicembre 1933, �n. 1740, art. 20; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 1, 27). L'ordinanza sindacale, emessa ai sensi delI'art. 20 t.u. � 8 dicembre 1933, n. 1740, per la tutela delle strade pubbliche, deve riteners~ definitiva, ed � perci� impugnabile in sede giurisdizionale e non in via gerarchica .(1). (Omissis). -Non pu� dubitarsi della legittimit� dell'ordinanza sindacale in quanto sia l'art. 378 della legge sui lavori pubblici sia l'art. 20 del t.u. del 1933, n. 1740, conferiscono al Prefetto (ed al Sindaco) un potere di imperio per la tutela dello stato di fatto delle strade pubbliche, che risultino alterate dalle persone; il ripristino dello stato di fatto viene attuato in via amministrativa nell'interesse della pubblica viabilit�, senza pregiudizio �di diritti soggettivi da fare valere avanti l'autorit� giudiziara ordinaria. (1) Massima esatta: non vi � dubbio che il potere di imperio per la tutela delle strade pubbliche, attribuito al Prefetto o al Sindaco (quest'ultimo da considerarsi come Ufficiale di Governo), rientra nelle attribuzioni riservate a dette autorit� locali in relazione alla particolare situazione urgente e contingente da tutelare, e perci� gli atti relativi sono da considerarsi definitivi; in tal senso cfr., anche se non espressamente, Ad. pl. 29 maggio 1961, n. 15, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 862; per la dottrina cfr. GARGIULO, I provvedimenti di urgenza, Napoli, 1954, 140. 10 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 754 Sorge per� la questione se fordinanza sindacale nella materia in esame sia impugnabile con ricorso in via gerarchica, �e ci� in conseguenza del contrasto tra rart. 379 della legge del 1865, che ammette il ricorso alfautorit� superiore in via gerarchica e f art. 1, n. 8, del t.u. n. 1054 del 1924, che riserva all� giurisdizione della Giunta Provinciale Amministrativa i ricorsi contro i provvedimenti OI'dinati dai Sindaci per contravvenzioni alle leggi sui lavori pubblici del 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F. L'art. 27, n. 15, t.u. n. 1054 del 1924 analogamente dispone per il Consiglio di Stato, cui sono riservati i ricorsi �contro i provvedimenti ordinati dal Prefetto a norma di quanto � prescritto nell'art. 378 pi� volte citato della legge sui lavori pubblici, relativi ad opera pubblica delle provincie e dei comuni. La questione ha formato oggetto di esame nell'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, che, con decisione del 29 maggio 1961, n. 15, ha ritenuto che l'art. 20 del t.u. del 1933, n. 1740, come norma speciale relativa alla tutela del demanio stradale, prevale, nella soggetta materia, sul precetto generale della legge del 1865. Pertanto f ordinanza del Sindaco di Camaiore doveva impugnarsi in via giurisdizionale e non gi� in via geravchica. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 marzo 1964, n. 364 -Pres. Gallo Est. Carelli -Compagnia .Finanziaria Imprese di Costruzioni ( avv. Fortini e Canfora) c. Prefetto di Roma (avv. Stato Branzini R.). Opera pia � Provvedimenti di vigilanza dell'autorit� prefettizia � Ricorso gerarchico -Termine di giorni 30 � Applicabilit�. (t.u. l.c.p. art. 5; 1. 17 luglio 1890, n. 6972, art. 42; r.d. 30 dicembre 1923, n. 2841, artt. 21, 42). I ricorsi gerarchici contro i provvedimenti prefettizi non definitivi in materia di controllo sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sono soggetti al normale termine di giorni 30 e non a quello di giorni 15 {l). (1) L'orientamento assunto dall'annotata decisione pu� ormai, dopo diverse oscillazioni, ritenersi costante: cfr. Sez. V, 21 giugno 1963, n. 794, retro, 126, con nota di U. GARGIULO. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 aprile 1964, n. 506 -Pr.es. ed Est. Lugo -Rinaldo {avv. Berna11di) c. G.P.A. di Grosseto (avv. Stato Ricci). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 755 Elezioni -Elezioni amministrative -Elezioni comunali -Impugnative e ricorsi -Azione popolare -Limiti -Riparto dei consiglieri del comune fra le frazioni -Ricorso del cittadino -Esclusione. (t.u. 16 maggio 1960, n. 570, art. 11). L'azione popolare � ammissibil� avverso le operazioni che concretano la manifestazione di volont� del corpo elettorale, e non avverso a riparto dei consiglieri del comwie tra le diverse frazioni, adottato dalla G.P.A. ai sensi dell'art. 11 t.u. 16 maggio 1960, n. 570: soltanto al Comune ed eventualmente alla frazione pu� riconoscersi un interesse ad impugnare l'atto della G.P.A. (1). (1) Il legislatore, dissipando col t.u. 16 maggio 1960, n. 570 i dubbi in precedenza sorti (cfr.: Ad. PI. 7 marzo 1951, n. 1), ha espressamente disposto che l'azione popolare � ammissibile soltanto avverso le operazioni che concretano la manifestazione di volont� del corpo elettorale -le quali hanno inizio con la fissazione per ciascun comune della data della elezione e terminano con la proclamazione degli eletti -, con la conseguenza che .il riparto dei consiglieri fra Je diverse frazioni adottato dalla G.P.A. � estraneo alla nozione di dette operazioni elettorali; cfr: GIANNA'ITASIO C., In tema di ricorso elettorale e irt particolare nella causa di ineleggibilit� di cui all'art. 15 n. 3 t.u. 16 maggio 1960, n. 570, Giust. civ .. 1964, I, 718. i -~ X SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1964, n. 404 -Pres. Celentano -Est. Straniero -P.M. Trotta (conf.) -Guazzo (avv. A. D. Giannini) c. Finanze (avv. Stato Masi). Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Rettifica dell'accertamento a norma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203 -Abrogazione tacita a norma dell'art. 5 della I. n. 1 del 1956 -Ricorrenza. La soppressione, disposta con foltimo comma d,ell'art. 5 d,ella legge 5 gennaio 1956, n. 1, della facolt� concessa alle Commissioni distrettuali delle imposte, dall'art. 39 della legge 7 agosto 1936, n. 1639 e dagli artt. 43 d,el t.u. di r.m. 24 agosto 1877, n. 4021 e 98 del regolamento approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, di aumentare i redditi accertati dagli uffici ed accertare i redditi e i cespit.i omessi, riguarda , ' I tutte le imposte dirette erariali, ordinarie e straordinarie, in esse compresa l'mposta straordinaria progressiva sul patrimonio (1). (Omissis). -Il problema giuridico sollevato dalla ricorrente col primo motivo del ricorso si ricollega alla a soppressione �, statuita dalf ultimo comma dell'art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1, della facolt� (1) Le Sez. Un., nella sentenza 2 marzo 1964, n. 465, ricordata in questa Rassegna, retro, pag. 554 e segg. hanno precisato, a chiare note, che l'art. 5 della 1. n. 1 �del 1956, abrogando espressamente la particolare norma di legge recata dall'art. 43 del t.u. del 1877 sulla r. m., esclude una abrogazione tacita di altre norme, sia pure di analogo contenuto, previste per tributi diversi in leggi diverse. Le Sezioni singole, con la sentenza in nota, precedente di qualche giorno, hanno ritenuto il contrario ed affrontatato, con ampiezza di argomentazioni, il relativo esame per l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, hanno affermato che la soppressione disposta dal ricordato art. 5 della 1. 5 gennaio 1956, n. 1, del potere di rettifica affidato alle Commissioni dall'art. 43 del t.u. n. 4221/877 e 98 del reg. 560/907 riguarda tutte le imposte dirette erariali ordinarie e straordinarie. La qual cosa non pu� essere condivisa. Le ragioni sono di vario ordine. Una prima, di carattere assorbente, � quella PARTE I, SEZ. V, .GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA� 757 delle Commissioni tributarie di prima istanza di aumentare i redditi accertati dai funzionari delle imposte in dipendenza di una attribuzione conferita dall'art. 43 del t.u. delle leggi per l'imposta sui redditi della ricchezza mobile 24 agosto 1877, n. 4021 e successivamente riba.., dita, sia da norme di portata generale (art. 39, ultimo comma, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516), sia da altre di particolare riferimento a singoli tributi. 11 La Commissione Centrale ha invero, ritenuto che la soppressione �� ha efficacia soltanto per le imposte dirette ordinarie a carattere continuativo, noll; gi� per quelle straordinarie ed a carattere temporaneo nei cui confronti il legislatore abbia dettato una norma di particolare disciplina: che norma �particolare, in ordine al profilo del potere di integrazione degli accertamenti, deve essere .considerata, per !;imposta straordinaria in esame, l'ultimo comma dell'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, in quanto prevede espressamente la facolt� della Commissione di eseguire d'ufficio accertamenti non proposti dagli uffici distrettuali e di elevare le � .cifre di patrimonio � fissate dai funzionari e concordate fra contribuente e Finanza, anche quando siano gi� iscritte a ruolo; che tale espressa previsione, in dipendenza del carattere specifico ed assolutamente autonomo che le � proprio, ren~de inapplicabili, agli accertamenti ed alla risoluzione �delle relative controversie, le disposizioni per l'imposta di ricchezza mobile e giustif�ca, pertanto, anche la sopravvivenza �della fa.colt� in rapporto ad una abrogazione che, in ogni caso, si riferisce esclusivamente aly11 art. 43 del t.u. del 1877 e successive modificazioni 11. Osserva, invece, la ricorrente, sotto il profilo della violazione del!' art. 5 della I. 5 gennaio 1956; n. 1 e degli artt. 12 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale, che la distinzione introdotta dalla Commissione Centrale sulla base della natura, ordinaria e straordinaria, delrimposta � assolutamente arbitraria. La disposizione di cui all'art. 5, per sua natura ed in quanto non contempla �eccezioni o esclusioni, indicata dalla posteriore sentenza delle Sez. Un., per la quale abrogando l'art. 5 della I. n. 1 del 1956, in modo espresso la sola norma recata dall'art. 48 del t.u. 1877 sulla r.m., resta esclusa una abrogazione tacita di altre norme 11ia pure di analogo contenuto previsto in leggi diverse per tributi diversi disciplinati con norme autonome e particolari. Una seconda ragione si rinviene nel fatto che per potersi affermare che il ricordato art. 5, colpendo espressamente l'art. 48 sulla r.m. abbia colpito anche lart. 48 sulla imposta straordinaria sul patrimonio e gli altri articoli sulle distinte separate imposte autonomamente disciplinate, occorre ritenere e dimostrare che gli articoli tutti disciplinanti il potre di rettifica promanino da una stessa fonte e soddisfino uguali esigenze. Ci� la sentenza in nota ha ritenuto affermando che il potere di rettifica conferito dall'art. 48 della legge del 1877 non traeva origine dalle particolari esigenze della specifica materia imponibile (ricchezza mobile e fabbricati) ma realizzava, attraverso la uniformit� e la correlazione fra Je norme, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 758 ha portata generale perch� risponde alla finalit� del legislatore, resa palese dai favori preparatori, di scindere, nelfintero sistema tributario delle imposte dirette erariali, la funzione contenziosa, da quella amministrativa e di evitare che organi giurisdizionali, estranei all' amministrazione attiva, possano sostituirsi all'amministrazione stessa nel processo di accertamento, di evidente natura amministrativa. Essa va di conseguenza applicata, quantomeno in via di interpretazione estensiva, a tutte le imposte dirette, e in ogni caso, la finalit� della legge � tale da importare fabrogazione, per incompatibilit� ex art. 15 delle preleggi, delle disposizioni tributarie, in qualsiasi legge inserite, che abbiano comunque attribuito alle Commissioni facolt� di accertamento. La censura per quanto riguarda le imposte dirette erariali, solo delle . quali questa Corte deve occuparsi, � sostanzialmente fondata. Va, in primo luogo, precisato che l'art. 48 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, non presenta, rispetto all'art. 43 del t.u. del 1877, quel carattere di spiccata autonomia che gli si pretende attribuire. Il potere conferito dalla disposizione del 1877 in tema di imposta sui redditi della r.m., correlativo ad altro analogo, previsto in tema di imposta sui fabbricati, con identica dizione, dall'art. 41 del r.d. 24 agosto 1877, n. 4024, non traeva origine da una particolare natura o da particolari necessit� di aiocertamento della specifica materia imponibile, s� da poter essere configurato in funzione di contrapposizione, o comunque di deroga, rispetto ad altra diversa regolamentazione dell'imposizione diretta statale, ma, attraverso l'uniformit� e la correlazione delle norme, realizzava, salvo che per l'imposta terreni, fiscalmente ancorata al regime del catasto, ~na disciplina unitaria del limitato sistema tributario per detta imposizione vigente nell'epoca, dotata, di conseguenza, di una intrinseca capacit� di espansione nell'ambito 4elle nuove figure giuridiche d'imposta diretta che fossero state successivamente istituite. �. . Siffatta potenziale capacit� di espansione si �, d'altra parte, tradotta in realt� concreta, sia pur, talvolta, col correlativo della esten una � disciplina unitaria nel limitato sistema della imposizione diretta e vigente all'epoca, dotato di intrinseca capacit� di espansione, la quale si sarebbe poi appunto concretata nelle analoghe disposizioni poste per singoli e determinati tributi. L'indagine sistematica per� della specifica materia delle imposte dirette nega utile e decisivo ingresso a tale affermazione. Ove infatti si approfondisca l'indagine sull'imposizione erariale diretta del 1877, quando il tributo di ricchezza mobile veniva chiamato �imposta residuale� per la ~.ua funzione meramente integatrice del nostro sistema tributario, mentre la imposta � sui fabbricati da poco si era scissa (26 gennaio 1865, n. 2136) dall'imposta sui terreni, con la quale era stata fino allora conglobata, essendo le costruzioni edilizie considerate un accessorio del terreno, si trae l'opposto convincimento che quella facolt� allora concessa alle Commissioni distrettuali in materia di riochezza mobile PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 759 s�one del potere alle commissioni di appello ovvero della forma indiretta consistente nel richiamo della norma regolamentare (art. 98 regolamento approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560), tanto in norme di carattere generale che hanno investito fintero normale sistema tributario ovvero parti essenziali dello stesso (art. 39. r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, art. 31 r.d. 8 luglio 1937, n. 1517, relativo alla costituzione ed al funzionamento delle commissioni amministrative per le im~ste dirette e per le imposte indirette sugli affari), quanto in altre norme (art. 13 r.d. 3 giugno 1943, n. 598, in materia di imposta straordinaria sui maggiori utili relativi allo stato di guerra, art. 15 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, sull'avocazione allo Stato dei prof�tti di guerra e di quelli eccezionali di specu�azione, art. 46 d.l.c.p.s. 29 marzo 1947, n. 143) la cui natura di imposizione f�scale straordinaria non pu� essere revocata in dubbio. Posto, pertanto, che il collegamento fra disposizioni successive ed art. 43 del t.u. del 1877 deve ritenersi corrispondente all'ordine naturale del sistema, logicamente ne deriva la conseguenza che la volont� del legislatore di discostarsene debba risultare chiaramente e che, pertanto, il problema di specie debba porsi nel senso dell'indagine sul se l'art. 48 del t.u. del 1950 rappresenti in effetti una deliberata eccezione e, in particolare, consenta, rispetto al citato art. 43, il richiamo, in funzione ostativa, dell'art. 45, �comma secondo, del medesimo t.u. sotto il prof�lo della estensibilit� alla imposta straordinaria sul patrimonio delle disposizioni sull'accertamento e la risoluzione delle vertenze in tema di imposta di r,m. soltanto � in quanto non siano in cotrasto � con le disposizioni del t.u. Orbene, la risposta a detto problema non pu� che essere negativa, dal momento che l'ipotesi considerata � resistita, sotto un profilo testuale, dal richiamo dell'art. 48 (ocem gi� del precedente art. 46 d.Lc.p.s. 29 marw 1947, n. 143, per l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio) all'art. 15 del r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436, ad una norma, do�, che a sua volta, proprio in tema di facolt� di accerta- fosse riguardata proprio in funzione di contrapposizione e di deroga rispetto alla regolamentazione dell'imposizione diretta, allora rappresentata dall� fondiaria (ter reni e fabbricati) ancorata ancora aI sistema catastale. Che detta facolt�, poi, non realizzasse in materia una disciplina organica ed unitaria nella imposizione diretta, lo dimostrano le circostanze che: -nei tributi diretti ordinari e straordinari successivamente istituiti sempre � stata avvertita dal legislatore la necessit� di particolari e specifiche norme di rinvio per estendere le regole e le norme dell'imposta di r.m. anche alle imposte dirette. D'altra parte le norme di rinvio all'applicazione. delle norme vigenti per la imposta di r.m. e di imposta di fabbricazione, :per le dichiarazioni, accertamento� e risoluzione delle relative controversie, non sempre sono state interpretate nel senso <:he fossero applicabili l'art. 43 de lt.u. n. 4021 o l'art. 41 del t.u. n. 4024 {cfr. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 760 �~ mento o di aumento di redditi, si ricollega espressamente alfart. 98 del regolamento del 1907 per resecuzione della imposta sui redditi per la r.m. Detta risposta, d'altra parte, consente, altres�, a sua volta, di affermare che-fautonomia dell'ultimo comma dell'art. 48, sulla quale ha fatto principalmente leva la Commissione Centrale, � in realt� soltanto apparente e formale, s� che, di conseguenza, fautonomia medesima non pu� rappresentare, di per s�, un valido argomento ostativo alla applicabilit� dell'abrogazione di cui ali' art. 5 �anche in tema di imposta straordinaria progressiva sul patrimonio nel caso in cui, sotto un diverso ordine di considerazioni, si debba effettivamente riconoscere che la menzione nel citato art. 5 soltanto dell'art. 43 debba essere identificata non quale indice di .una voluta limitazione dell'abrogazione al t.u. �sulla imposta di r.m. ed alle modificazioni successivamente intervenute nella relativa �disciplina ma quale sintetico richiamo, attraverso la norma primigenia, di tutta la successiva legislazione in tema di imposte dire.tte erariali.' D'altra parte, sotto questo secondo profilo di indagine, si impone, in primo luogo, losservazione che la stessa Amministrazione non insiste su una interpretazione rigorosamente restrittiva della norma abroga trice, dal momento che riconosce che lespressione conclusiva cc succes sive modificazioni � pu� costituire un giusto fondamento giuridico perch� si ritengano caducate tutte quelle disposizioni che, mediante richiamo della norma specifica o dei principi generali sulla imposta di r.m. si deve ritenere abbiano esteso all'accertamento di altri tributi diretti erariali la norma di cui all'art. 43. Siffatta ammissione postula, art. 26 r.d. 30 dicembre 1923, n 3062, sulla imposta complementare progressiva sul reddito e art. 34 r.d.l. 12 ottobre 1939, n. 1529 sull'imposta ordinaria sul patrimonio); -il potere sostitutivo e correttivo di accertamento delle Commissioni distret tuali e, in taluni casi, anche delle Provinciali, � stato previsto anche nella imposi zione erariale indiretta e nella imposizione locate, seppure con qualche limitazione (art. 2 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 187, per l'accertame1;1tO valore ai fini dell'imposta di registro, art. 18 d.l. 3 marzo 1948, n. 799, per l'l.G.E. riscossa mediante canoni ragguagliati al volume degli affari; art. 280 t.U:. 14 settembre 1931, n. 1175, nel testo modificato dall'art. 48 della 1. 2 luglio 1952, n. 603, in materia di tributi locali). A ben guardare, pertanto, non pu� dirsi che l'art. 43 trovi la sua forza espansiva nel fatto di essere dettato in una legge che � radice di tutte le imposte dirette, perch� molti sono i distacchi tra le varie imposte dirette a proposito soprat tutto dell'art. 48 in esame, e perch� comunque questa non � norma peculiare alle imposte dirette trovandosi adattata in certi casi anche alle imposte indirette. Una terza ragione � data dal fatto che in materia di abrogazione tacita, per incompatibilit�, non � sufficiente e ancora meno determinante il richiamo al profilo teleologico della norma che si vuole abrogatrice. La sentenza in nota non esita a PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 761 invero, inequivocabilmente, sotto un profilo logico, anche il disconoscimento sostanziale del valOre che la decisione impugnata attribuisce al carattere straordinario e temporaneo delle singole imposte. Detto carattere non pu� essere, infatti, evidentemente invocato, in funzione limitativa, se, come gi� si � rilevato, anche leggi istitutive di imposizioni fiscali straordinarie contengano, in forma diretta o indiretta, il richiamo al t.u. del 1877. Valore decisivo e persino assorbente ha, d'altra parte, a favore della interpretazione pi� lata, il profilo teleologico della norma abrogatrice, dal momento che la ratio di quest'ultima va rapportata al carattere giurisdizionale assunto dalle Commissioni tributarie a seguito dei provvedimenti legislativi del 1936 e del 1937 ed ai poteri funzionali delle stesse. Non vi � dubbio, invero, che il carattere medesimo si ponga in contraddizione con la natura, certamente amministrativa, del processo di accertamento e che, di conseguenza, l'ipotesi di un ulteriore mantenimento della possibilit� di intervento delle Commissioni tributarie nel processo anzidetto si risolverebbe in una indebita ingerenza, anche con poteri sostitutivi, di organi giurisdizionali nella caratteristica sfera di azione dell'amministrazione attiva. Non vi � dubbio, altresl, che il legislatore del 1956 abbia voluto, per l'appunto rif�rirsi, pi� che ad una abrogazione di singole disposizioni legislative, cio� ad una sfera oggettiva che potesse interessare le Commissioni in questione soltanto di riflesso ed in correlazione con i limiti di efficacia delle singole abrogazioni, ad una incidenza soggettiva, determinata immediatamente dalla nuova posizione delle Commissioni medesime e che si concretava direttamente in una generale soppressione di dare a tale profilo portata decisiva ed assorbente in relazione al fatto che la ragione della soppressione del potere di rettifica. andrebbe rapportato al carattere giurisdizionale delle Commissioni Tributarie e che tale carattere � in contraddizione con la natura amm.va dell'accertamento. Neanche tali argomentazioni appaiono decisive. La collocazione della norma abrogativa nel Titolo I invece che nel Titolo V si spiega sia per lesistenza sistematica della materia sia per la considerazione che, mentre l'art. 62 si limita soltanto a dichiarare abrogate talune norme, l'art. 5 non abroga l'art. 43, ma lo adegua alle nuove esigenze ed in particolare proprio alla natura giurisdizionale attribuita alle Commissioni amministrative. Il potere correttivo delle Commissioni distrettuali infatti permane, avendo queste le facolt�, venute a conoscenza, nel corso del giudizio, di elementi che rendano opportuno una integrazione dell'accertamento, di sospendere la pronuncia e di rinviare gli atti all'Ufficio fissando il termine per il nuovo accertamento. La qual cosa precisa �che abrogato � soltanto il potere sostitutivo delle Commissioni in parola, e ci� perch� gli Uffici distrettuali sono stati abilitati a procedere direttamente all'integrazione ed alla modificazione degli accertamenti entro i termini di decadenza, ancorch� gli accertamenti siano stati definiti con la dichiarazione di cui all'art. 81 del Regolamento 11 luglio 1907, n. 560 (art. 3 della l. 5 gennaio 1956, n. 1). La differenza, pertanto, co11-il precedente sistema sta in ci� che mentre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 762 facolt�, indipendentemente da qualsiasi specifica considerazione delle sfere nelle quali le facolt� medesime si erano per il passato esercitate. Ne convincono di ci� la testuale dizione dell'art. 5, ultimo comma, il rilievo che quest'ultima norma ha, nel sistema della legge, trovato la sua collocazione nel titolo I, di carattere generale e contenente le disposizioni sulla dichiarazione e sull'accertamento dei redditi, anzich� nel titolo V, il cui art. 62. enuncia, per l'appunto, una serie di disposizion� abrogate per effetto della nuova legge, la pi� corretta interpretazione, infine, degli univoci lavori preparatori in materia. 1Yaltra parte, ci� posto, non su_ssiste neppur motivo, giuridico o logico, per mantenere, sotto il profilo considerato, la funzione accertatrice delle Commissioni limitatam<;mte all'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. Questa Corte ha, infatti, pi� volte ribadito il principio dell'ammissibilit� della interpretazione estensiva anche in prima erano le stesse Commissioni a concretare la proposta di accertamento, la quale peraltro doveva sempre essere notificata tramite gli uffici distrettuali, sono ora questi ultimi a concretarla su � disposizione � delle Commissioni distrettuali. Una quarta ragione � nella mancanza, per la imposta che ci riguarda, di incompatibilit� fra norme nuove e norme precedenti. Per aversi incompatibilit�, la legge del 1956 si sarebbe dovuta proporre j} fine di integrare o modificare il t.u. anzidetto ovvero di regolare l'intera materia gi� disciplinata dal t.u. medesimo. Tutto I questo per� nel caso in esame, non si � verificato. La legge in questione, infatti, come dalla sua stessa denominazione, reca norme integrative della l. 11 gen, ; I naio 1951, n. 25, sulla perequazione tributaria, la quale, come � noto, costituisce :~ il nucleo di quella riforma tributaria (peraltro a tutt'oggi non realizzata), i cui �_, lineamenti il Ministro Vanoni ebbe ad esporre alla Camera dei Deputati iJ. 21 otto~ bre 1948: una imposizione fondamentale a carattere personale e progressiva sul reddito. Tale risultato si sarebbe dovuto raggiungere sia attraverso la personalizzazione della imposizione proporzionale, sia attraverso una minore rilevanza di questa in confronto dell'imposizione personale ad aHquote progressive, sia infin~ attraverso la introduzione di una imposta ordinaria sul patrimonio anch'essa a carattere personale e ad aliquota progressiva. Da questa impostazione nacque la necessit� di meglio accertare i redditi di ciascuno,. di rafforzare i mezzi di accertament� a disposizione dell'Amministrazione e di istituire rapporti di maggior fiducia tra questa e i contribuenti. Venne, pertanto, con la legge n. 25 creato l'istituto della dichiarazione uniC'a annuale dei redditi, attraverso il richiamo contenuto nell'art. 1 al d.lgt. 24 ago sto 1945, n. 585, il quale modificava l'istituto della dichiarazione dei redditi in materia di imposte dirette quale era disciplinata dagli artt. 1 a 12 del r.d. 17 di cem 1931, n. !608 (abrogati all'art. 27), prevedendo, jn sostituzione di dichiara zioni distinte e separate per ciascuno dei redditi con termini diversi, la dichiara zione unica annuale nei termini dal 1� gennaio al 31 marzo sia dei redditi che dei patrimoni. Il richiamato provvedimento legislativo (il quale sebbene pubblicato nelfa Gazzetta Ufficiale del 29 settembre 1945, n. 117, non ebbe pratica esecu zione non essendo stato mai emesso il decreto con il quale dovevano stabilirsi termini per la presentazione delle dichiarazioni), venne coordinato con la I. 11 gen naio 1951, n. 25, in base al d.p. 25 luglio 1951, n. 573, emesso in forza della delega concessa con l'art. 49 della legge n. 25. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 763 tema di leggi tributarie {Cass. 19 aprile 1961, n. 863; 22 ottobre 1959, n. 3030; 8 agosto 1959, n. 2500) n� nella specie pu� dubitarsi del concorso, riguardo alla imposta non espressamente regolata dal legislatore, della 1itessa finalit� insita nello spirito della legge del 1956 ch� altrimenti si dovrebbe ritenere, senza plausibile ragione, che soltanto rispetto all'imposta medesima non dovrebbe ravvisarsi quella incompatibilit� concettuale che il principio della divisione dei poteri ha suggerito al legislatore e che quest'ultimo ha posto a ratio della norma abrogatrice. ~l primo motivo del ricorso va perci� accolto, mentre il secondo resta assorbito dall'accoglimento. La decisio~e impugnata va cassata e la causa va rinviata alla stessa Commissione Centrale sulla base del principio di diritto che � la soppressione, disposta con l'ultimo comma dell'art. 5 della 1. 5 gen- In tale sede venne soppresso � ogni riferimento ai patrimoni soggetti ad imposta trattando la legge di perequazione tributaria esclusivamente dei redditi ai quali chiaramente manifesta di volersi riferire per aver fra l'altro, abrogato l'art. 20 del decreto legislativo n. 585 (art. 1 comma secondo che si riferiva precisamente all'imposta sul patrimonio la quale ha cessato di formare materia attiva quanto all'�bbligo delle dichiarazioni (1948) n (Relazione al Consiglio dei Ministri in ordine allo schema di decreto presidenziale n. 573). Anche la Commissione interparlamentare per il t.u. sulla dichiarazione annuale dei redditi, nominata ai sensi del citato art. 49, espresse l'avviso che dovesse eliminarsi nell'emanando t.u. �ogni riferimento al patrimonio ovvero ai cespiti patrimoniali perch�: a) la dichiarazione annuale si riferisce ai redditi; b) a decorrere dal 1� gennaio 1948 � stata soppressa l'imposta �rdinaria sul patrimonio e perci� qualsiasi richiamo � da considerarsi inoperante; e) il secondo comma dell'art. 1 della l. n. 25 abroga espressamente l'art. 20 del decreto n. 585 riguardante appunto l'imposta sul patrimonio. Per tutto ci�, la 1. 11 gennaio 1956, n. 1, recant;e escltl$ivamente norme inte-. grative della l. 11 gennaio 1951, n. l, non pu� che avere un contenuto limitato alla. disciplina delle imposte dirette sui redditi e, di conseguenza, non ha istituito alcun rapporto di incompatibilit� con il t.u. 9 gennaio 1950, n. 203 (non Io modifica, non. Io integra, n� tanto meno ne regola l'intera materia), il quale, pertanto, non pu� non porsi come provvedimento legislativo dalla caratteristica di spiccata autonomia. ed indipendenza. Il t.u. n. 203/50 infatti, disciplina una imposizione diretta sui generis, attra verso un tributo straordinario che colpisce i patrimoni posseduti ad una data pre~ stabilita (28 �marzo 1947) e opera come un prelievo una tantum di ricchezza. Le procedure di accertamento inoltre sono del tutto peculiari: a) per la valutazione dei titoli azionari e delle quote di partecipazione in societ� ed enti non quotate in borsa, mutuano la loro disciplina dalla soppressa imposta di negoziazione (altro tributo indiretto); b) per i terreni e i fabbricati, applicano dei coefficienti automatici di valu tazione, che escludono ogni rimedio giuridico tranne che per alcune particolari questioni di classamento {art. 9 e 12 del t.u. n. 203); e) per i titoli quotati in borsa, tengono conto della media dei prezti di compreso nel trimestre 1� gennaio -31 marzo 1947 {art. 18 del t.u.). RASSEGNA DELI:AVVOCATURA DELLO STATO 764 naia 1956, n. 1, della facolt� concessa alle Commissioni Distrettuali delle Imposte dall'art. 39 1. 7 agosto 1936, n. 1639, e dagli artt. 43 del t.u. di r.m. 24 agosto 1877, n. 4021, e 98 del regolamento approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, di alimentare i redditi accertati dagli uffici e accertare i redditi e i cespiti omessi, riguarda tutte le imposte dirette erariali, ordinarie e straordinarie, in esse compresa l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. -{Omissis). Del sistema cos� adottato delle dichiarazioni e delle sanzioni � gi� stata riconosciuta peraltro l'autonomia rispetto al r.d. 17 settembre 1931, n. 208, concernente le disposizioni relative alle dichiarazioni dei redditi ed alle � san2:ioni in materia di imposte dirette. La stessa Corte di Cassazione ebbe, al riguardo, ad osservare (sent. n. 464 del 25 ottobre 1961) che il sistema normativo delle imposte sul patrimonio � contenuto nel t.u. delle disposizioni sui tributi di tale tipo (t.u. 9 maggio 1950, n. 203) regolando questo, il rapporto tributario in tutti i suoi elementi e in tutto a suo StJolgimento. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1964, n. 513 -Pres. Romano; Est. Cesaroni, P.M. Cutrupia {conf.) -Vannicelli {avv. Vannicelli ) c. Finanze {avv. Stato Cavalli). Imposta di successione -Immobili � Valore venale in comune commercio � Determinazione -Criteri in relazione alla destinazione. Ai fini dell'imposta di successione, a norma degli artt. 15 e 16 r.d.l. n. 1639 del 1936, il val.ore effettivo deliimmobile trasferito va determinato con riferimento in COfU1reto non solo alla destinazione in atto del bene, ma altre51, alle diverse ed ulteriori destinazioni di cui esso � susc�ttibile al momento del trasferimento {l). (1) Il valore venale in comune commercio che, a norma dell'art. 15 del r.d.l. 7 .agosto 1936, n, i639, costituisce, sia per i �trasferimenti mortis causa che inter vivos, il parametro per la liquidazione, rispettivamente, della imposta di successione e di quella di registro, � la premessa logica e giuridica delle statuizioni adottate dalla sentenza in nota. Valore venale in comune commercio �, nella accezione generalmente recepita, quello che si realizza attraverso lo scambio. E perch� a tale ultimo f�ne il ruolo determinante � assunto dalla potenza di acquisto di un bene in rapporto ad un altro, nessun dubbio pu� fondatamente opporsi al fatto che la destinazione del bene da prendere in considerazione non � soltanto quella attuale, ma anche quella diversa ed ulteriore che il bene, in concreto considerato, � suscettibile di avere alla data del trasferimento. Un precedente in termini, nel quale sono precisati i riportati concetti, si rinviene nella s�ntenza 22 marzo 1943, n. 963 !Riv. leg. fisc., 1943, 402). In detta sentenza, dopo aver ricordato la cennata necessit� e la ragione che PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 765 la determina, � precisato anche che � delle diverse destinazioni o pi� esattamente trasformazioni, non bisogna per altro considerare la mera eventualit�, ma occorre pur sempre qualche manifestazione che la faccia apparire come un elemento concreto; o, prescindendo da una realizzazione, che siano intervenute circostanze obiettive, in base alle q.ali possa affermarsi che una trasformazione � gi� possibile, e soltanto occorre tradurla in atto. La qual cosa � assolutamente esatta dato il prin<' ipio indefettibile per il quale il valore di scambio da prendere in considerazione � quello della data di trasferimento. Nel caso della sentenza in nota anche tale esigenza � stata rispettata, essendo risultato pacifico, in fatto, che d'una superficie di 3220 mq. ubicata alla periferia della citt� di Roma, soltanto 700 erano occupati da costruzioni, in parte soggette a demolizione_ ed in parte in precarie condizioni di stabilit�. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 marzo 1964, n. 522 -Pres. Rossano -Est. Di Majo -P.M. Pedote {conf.) -Soc. Immobiliare Umbal (avv. Ciaccio) c. Ministero Finanze {avv. Stato Giorgio Azzariti). Imposta di registro -Agevolazioni tributarie a favore di cooperative edilizie -Prima assegnazione -Socio di cooperative edilizie -Nozione -Comprende anche una persona giuridica. (cl.I.I. 5 aprile 1945, n. 141). L'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, n. 141, nel riaffermare a favore delle societ� cooperative edilizie l'applicazione della imposta fissa di registro per la prima assegnazione al socio della casa, si riferisce alle normali societ� cooperative edilizie, ossia a quelle previste dalla 'legge comune, la quale non esclude che socio della cooperativa possa essere anche una persona giuridica (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo la ricorrente Societ� Umbal denuncia la violazione dell'art. 65 della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) e dell'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, n. 141, in relazione all'art. 360 c.p.c. Si assume sostanzialmente che ha errato la Commissione Centrale nel ritenere che lagevolazione fiscale di cui si discute sia limitata esclusivamente al caso che l'asegnazione dell'immobile avvenga a favore di persona fisica. La censura � fondata. (1) Deve convenirsi sulla esattezza della sentenza sopra riportata, dati i limiti del giudizio che la Corte Suprema era chiamata ad emanare, determinati dal contenuto e dalla motivazione della impugnata decisione della Commissione Centrale delle imposte. La Commissione Centrale aveva infatti ritenuto che l'art. 12 del cl.I. 5 aprile 1945, n. 141 dovesse coordinarsi con le norme del testo unico sulla edilizia popolare RASSEGNA DELL'�VVOCATURA DELLO STATO 766 La decisione impugnata si basa sulle seguenti considerazioni : a) quando� si tratti di stabilire il regime tributario applicabile alle assegnazioni ai soci di case da parte delle cooperative edilizie deve aversi riguardo, pi� che all'art. 65 legge di registro, all'art. 12 d.l. 6 aprile 1945, n. � 141; b) questo articolo deve coordinarsi con le norme degli artt. 147 e 148 del t.u. sull'edilizia popolare ed economica (r.d. 28 aprile 19'38, n. 1165); e) dal complesso delle norme sopra richiamate risulta che le agevolazioni fiscali quivi previste sono limitate alle case popolari ed economiche e mirano a favorire i non abbienti, dando loro modo di procurarsi un alloggio. Da qui la limitazione derivante dallo spirito della legge pi� che dalla sua lettera, della agevolazione alla categoria soltanto delle persone fisiche, restando escluso che esse possano estendersi alle persone giuridiche, pur socie della cooperativa, che rivestano carattere commerdale e speculativo. Ora tale .. ragionamento non coglie appieno il senso della legge. L'art. 12 del d.1.1. 5 aprile 1945, n. 141, contenente provvedimenti in ed economica, dalle quali deve desumersi la limitazione delle agevolazioni fiscali alle persone fisiche. Ma, come ha rilevato la Corte di Cassazione, simile argomentazione � in contrasto con la lettera dell'art .12 d.l. n. 141 del 1945 che si riferisce chiaramente alle Cooperative edilizie in genere previste dagli artt. 65, 66 e 67 della legge di registro e non a quella particolare categoria di cooperative previsfa dal testo unico sulla edilizia popolare. La Corte di Cassazione, precisando che la impugnata decisione viene cassata in quanto la Commissione Centrale � ha fondato esclusivamente la ragione del decidere sull'accennato erroneo principio " ed affermanao genericamente, nel principio di diritto da osservarsi dal giudice di rinvio, che l'art. 12 cl.I.I. n. 141 si riferisce alle normali cooperative edilizie previsto dalla legge comune, la quale non esclude che socio della cooperativa possa essere anche una persona giuridica, sembra abbia inteso chiarire che la sentenza sopra riportata non risolve completamente il problema della applicabilit� dell'agevolazione prevista dall'articolo suddetto all'atto c�n il quale una cooperativa edilizia di diritto comune assegna un appartamento ad una societ� immobiliare, socia della Cooperativa stessa. Invero, malgrado l'indubbia esattezza della massima affermata dalla Ca,ssazione, sembra che al quesito sopra esposto debba darsi soluzione negativa in base alle seguenti considerazioni. � anzitutto assai dubbio che una societ� commerciale immobiliare, vale a dire una societ� che persegua fini di lucro mediante commercio di beni immobili, possa essere socia di una cooperativa edilizia. Se infatti � vero che gli artt. 2532, 2535 del e.e. presuppongono la possibilit� per le persone giuridiche di acquistare la qualit� di socio in societ� cooperative, � PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 767 materia di imposta registro e ipotecaria, stabilisce testualmente che u nei riguardi delle societ� agricole cooperative e delle societ� oooperative edilizie in possesso dei prescritti requisiti resta ferma l'applicazione dell'imposta fissa di registro e dell'imposta ipotecaria ridotta per la prima assegnazione al socio del fondo rustico o della casa ... ". Il riferimento al settore della normale attivit� edilizia � chiaro e inequivocabile: si richiamano infatti le societ� cooperati~e edilizie, ossia quelle cooperative previste dagli artt. 65, 66 e 67 della legge di registro, disponendosi che resta fermo il privilegio della tassa fissa per l'atto di prima assegnazione della casa al socio. Riferimento perci� alle societ� cooperative edilizie sul piano della legge comune e non gi� riferimento a quelle previste dalla particolare legislazione sull'edilizia popolare ed economica per le quali l'art. 147 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, dispone che esse godono dei privilegi tributati secondo le stesse norme stabilite per le altre societ� cooperative. E, in effetti, nel preambolo del decreto n. 141 del 1945 in esame, mentre sono richiamati vari provvedimenti legislativi, tra questi non si trova il t.u. 1165 del 1938 test� accennato. Se in conseguenza la norma fiscale di favore in esame ha innegabile riguardo alle normali cooperative edilizie per le quali la legge comune non esclude, ma anzi esplicitamente consente che i soci di per� anche vero che l'art. 2511 dello stesso codice stabilisce che in tanto una impresa pu� costituirsi in societ� cooperativa in quanto essa abbia uno � scopo mutualistico �. Tale collegamento tra l'essenza della societ� cooperativa e Io scopo mutualistico � ribadito dal successivo art. 2315 il quale esclude che la denominazione di cooperativa possa essere usata da societ� che non hanno scopo mutualistico. Lo stesso codice non d� la definizidne di scopo mutualistico. La relazione del guardasigilli (n. 217) precis� che esso consiste nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membrj dell'organizzazione a condizioni pi� vantaggiose di quelle che si otterrebbero sul mercato, mentre Io scopo� delle imprese sociali in senso proprio � il conseguimento ed il riparto di utili patrimoniali. Siffatta contrapposizione tra gli scopi di lucro, delle normali imprese sociali e gli scopi mutualistici delle societ� cooperative � stata, in seguito, solennemente confermata dalla nostra Costituzione che, all'art. 45 ha posto il principio per il quale �la Repubblica riconosce la funzione sociale della Cooperazione a carattere di mutualit� e senza fini di speculazione privata � � Ed allora la possibilit� per le pernone giuridiche di essere socie delle societ� cooperative, prevista dagli artt. 2532 e 2535 e.e. va esaminata alla luce delle dispoL .sizioni da ultimo citate: essa non pu� snaturare gli scopi propri delle societ� cooperative fissati dalla legge. La partecipazione di tali persone giuridiche � �stata, invero, prevista dal nuovo codice per legalizzare una prassi per cui enti pubblici (comunf o provincie) od enti privati non aventi ,scopo di lucro partecipavano alla formazione del capitale delle cooperative con versamenti che non apparivano in conto capitale, ma come contributi od altra simile dizione. Perci� pu� ammettersi possa acquistare la qualit� di socio un ente pubblico ovvero anche una societ� di mutuo soccorso o un'opera pia (VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, vol. II, 385); non anche 768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO societ� cooperative possano essere anche persone giuridiche (art. 2532 e 2535 e.e.), la questione pu� dirsi risolut.a: non si dubita invero che nel caso concreto si � al di fuori della speciale legislazione sull'edilizia popolare ed economica perch� la cooperativa del Rosso � societ� cooperativa edilizia regolarmente costituita secondo detta legge comune avendo per suo fine statutario a la compravendita, la gestione e l' amministrazione di un immobile di qualsiasi natura� e socia di detta cooperativa � l'attuale ricorrente societ� a r.l. Umbal. Le considerazioni che precedopo sono di per s� sufficienti a dimostrare l'errore nel quale � incorsa la Commissione Centrale nel ritenere che la ratio del precetto fiscale in discussione (art. 12. d.1.1. n. 141 del 1945) debba cogliersi in relazione allo spirito delle norme di cui una normale societ� commerciale la quale persegua, pure nella sua attivit� di socio della cooperativa, il proprio scopo di lucro: ci� sarebbe in contrasto non solo con lo scopo mutualistico della cooperativa, ma con lo stesso spirito informatore della cooperazione la quale � si alimenta coll'amore della classe, della cittadinanza, dell'arte e della fede � (VIVANTE, op. cit., 386). Perch� se � vero che la mutualit�, o comunque l'attivit� cooperativa debba intendersi come organizzazione di categoria, vale a dire presupponga una comunione di interessi preesistenti (AscARELLI, Riv. delle Societ�, 1957, 419), dovr� riconoscersi possibilit� di far parte di societ� cooperative a quelle sole persone giuridiche le quali nella propria struttura e nel proprio funzionamento riflettano quella rilevanza della � categoria � che � propria della societ� cooperativa o di altra con quella collegantesi in un particolare ciclo produttivo non in posizioni contrapposte ma di rispettiva strumentalit� od integrazione. Per tornare al caso di sp�cie non pu� certamente dirsi preesista comunanza di interessi tra coloro che intendono acquistare una casa per abitarvi -vale a dire tra i comumatori delle case di abitazione -e chi intenda acquisire al proprio patrimonio un appartamento per farne oggetto della propria attivit� commerciale. � Questi ultimi non possono, perci�, esser soci di cooperative edilizie: ci� � espressamente detto dall'art. 23 d.1.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1577 il quale ha stabilito che " nelle cooperative di consumo non possono essere ammessi come soci intermediari e persone che conducano in proprio esercizi commerciali della stessa natura della cooperativa�. La cooperativa edilizia � indubbiamente una specie della categoria delle cooperative di comumo, in quanto essa � costituita da persone che intendono procurarsi un allc>ggio e conseguentemente agiscono come consumatori di tale servizio; una societ� immobiliare svolge, indubbiamente, attivit� intermediaria del servizio stesso .. In tal senso, del resto, si � espresso il Comitato Centrale per le cooperative, previsto dall'art. 19 citato d.l.c.p.s. n. 1577 del 1947, che, con decisione 2 mai?;gio 1957 (riportata dal VERRUCOLI, La societ� cooperativa, 1958, 245 in nota) ha affermato: " 1a possibilit�, risultante dall'art. 2532 e.e., che le persone giuridiche siano socie delle societ� cooperative, se da un lato risponde all'esigenza di dare rilievo e disciplina legislativa al diffuso fenomeno della partecipazione a dette societ� di enti morali (comuni, ospedali, enti di beneficienza) ovvero di collettivit� di consumatori od anche di singoli produttori costituiti in forma �societaria, dall'altro non pu� certamente essere intesa indiscriminatamente, nel senso che della societ� possano far parte imprese con scopo lucrativo o comunque perseguenti finalit� contrastanti od incompatibili con gli scopi mutualistici propri della cooperazione. Nella fattispecie . ' , . I �' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 769 alla legislazione speciale sull'edilizia popolare ed economica e quindi presupponga per la sua applicazione la qualit� di persona fisica del socio assegnatario dell'immobile; ditalch� l'impugnata pronuncia della Commissione Centrale, che ha fondato esclusivamente la ragione del decid�ere sull'accennato erroneo principio, deve essere cassata con rinvio <lella causa alla stessa Commissione Centrale che nel nuovo esame si atterr� al diverso principio di diritto che l'art. 12 del d.l.l. 5 aprile 1945, n. 141, nel riaffermare a favore delle societ� cooperative edilizie l'applicazione della imposta fissa di registro per la prima assegnazione al socio della casa, si riferisce alle normali societ� cooperative edilizie, ossia a quelle previste dalla legge comune, la quale non esclude che socio della cooperativa possa essere anche persona giuridica. si � ravvisata incompatibile con tali finalit� la partecipazione, ad una societ� cooperativa per la costruzione di case economiche e popolari, di un'impr.esa di lavorazione di manufatti in cemento ". Il rilevato contrasto tra gli scopi, di lucro, di una societ� commerciale immobi� liare e quelli, mutualistici, della societ� cooperativa porta, del resto, anche ad escludere che il singolo atto col quale la cooperativa assegni un appartamento alla socia societ� immobiliare possa essere considerato compiuto a fine mutualistico, e quindi degno dell'agevolazione in discorso, e non concerna piuttosto mera opera di mediazione, sicch� si rendono applicabili le normali imposte, a' sensi dell'ultimo comma dell'art. 65 legge di registro. Ci� a prescindere dall'argomento che potrebbe trarsi � dalla lettera della legge: questa (art. 12 cit.) parla di assegnazione della � casa � al socio, e se per casa si intende; etimologicamente, il luogo di abitazione di una persona, non si vede come possa parlarsi di casa quando si tratti di un appartamento assegnato ad una societ� immobiliare e che costituir� l'oggetto dell'attivit� commerciale della societ� stessa. . GIORGIO AZZARITI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1964, n. 874 -Pres. Pece� Est. Pece -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Pagliai ved. Mannucci Benincasa (avv. Porzio) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). Imposta complementare sul reddito -Contributi agricoli unificati -Detrazione dal coacervo dei redditi a norma dell'art. 8 di r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 -Ammissibilit�. Imposta complementare sul reddito -Maggiori oneri derivanti dal Lodo De Gasperi e dalla �Tregua mezzadrile -Detrazione dal coacervo dei redditi a norma dell'art. 8 del r.d. 30 dicembre. 1923, n. 3062 � Inammissibilit�. Sotto l'imperio della disciplina normativa del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062,i contributi agricoli unificati, non essendo compresi fra le spese che possono essere detratte in sede di elaborazione delle tariffe di estimo del reddito domenicale di fondi rustici, a norma dell'art. 96 del u RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 770 r.d. 12 ottobre 193$, n. 1539, sono ammessi in detrazione da,l coacervo dei redditi assoggettabili allimposta complementare, a norma del n. 5 ovvero de�l n. 2 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062, a seconda che si dia P'revalenza alla loro natura assistenziale e p!l'evidenziale (r.d. 28 novemb'f'. e 1938, n. 2138) o al sistema di riscossione P!J'OP!J'iO delle imposte dirette (1). Sotto l imperio della disciplina normativa suddetta il maggior onere derivante al concedente dal lodo De Gasperi, allegato al d.l.c.p.s. 27 maggio 1947, n. 495 e dalla tregua mezzadrile di cui all'accordo 24 giugno 1947 ed alla legge 4 agosto 1948, n. 1094, non sono ammessi in detrazione dal coacervo dei redditi assoggettabili all'imposta complementare sul 'f'.eddito, non rientrando I'alterazione derivata alla quota del concedente in alcuna delle voci di detrazione tassativamente previste dall'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 {2). (1-2) Indubbiamente esatta la statuizione oggetto della seconda massima, per la ragione decisiva che sia il lodo De Gasperi che la tregua mezzadrile ebbero :l determinare una alterazione nella quota padronale, che non rientra in alcuna delle previsioni normative poste dall'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062 sulla disciplina delle detrazioni, le -statuizioni oggetto della prima massima determinano delle perplessit�. Esse, infatti, partono �dal presupposto, voluto dall'art. 8 del r.d. cit., che i contributi unificati non sono oneri detraibili ai fini della valutazione dei -singoli redditi, per non essere gli stessi presi in considerazione in sede di elabora-� zione delle tariffe di estimo del reddito dominicale dei fondi rustici. La motivazione adottata per escludere tale ultimo dato non pare, per�, esaurire il campo di indagine, avendo essa ritenuto che i contributi predetti non rientrano in alcuna delle voci indicati nell'art. 96 del r.d. n. 1539 del 1933, pi� che in relazione alla portata delle singole voci ed all'ambito delle stesse, in relazione. al carattere autonomo che, in conseguenza della natura previdenziale loro propria i contributi in discorso avrebbero avuto ancora prima della loro unificazione. In senso contrario � orientata la giurisprudenza della commissione centrale delle imposte: cfr. decisione n. 90282 del 25 febbraio 1957, in Riv. leg. -JWc., 1958, 841; decisione n. 91742 del 27 maggio 1957. ivi 1958, 86; decisione n. 43202 del 5 maggio 1961, ivi, 1962, 640; decisione n. 43532 del 9 maggio 1961, ivi, 1962, 645. , I La detraibilit�, pertanto, dei _contributi pi� volte detti, non pu� ritenersi pacifica e le questioni relative non possono ritenersi definitivamente risolte. Nel senso della sentenza in nota, in dottrina cfr. Bom1, Cominwnto della l,egge sull'impo8ta compl,ementare progre8Siva sui redditi, pag. 232). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aprile 1964, n. 900 -Pres. Rossano -Est. Caporaso -P.M. Cutrupia (conf.) -Societ� Cooperativa Nuovatevere (avv. Zaccagnini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Pietrini). Imposta di registro -Cooperative edilizie -Atti relativi ad operazioni non previste dallo statuto -Tassa fissa -Esclusione. (r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 147; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 65). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 771 Gli .atti di acquisto, effettuati da societ� cooperativa edilizia per finalit� che non rientrano in quelle previste dallo statuto, non sono ammessi al beneficio della tassa fissa prevista dal combinato disposto degli artt. 63 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 147 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 (1). (Omissis). -Con i due motivi del ricorso, denunziandosi la violazione dell'art. 147 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, in relazione all'art. 65 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, l'insufficienza e Ia coritraddittoriet� della motivazione della decisione impugnata, si lamenta che la Commissione Centrale abbia escluso che l'acquisto del terreno da parte della Cooperativa "Nuova Tevere� rientri tra gli scopi da questa perseguiti. Al riguardo si� deduce che la Commissione Centrale ha erroneamente desunto tale convincimento dalla estensione notevole del terreno acquistato e dalla preventiva partecipazione della Cooperativa al Consorzio di caccia perch� le costruzioni sul terreno medesimo avrebbero potuto svilupparsi solo in senso orizzontale, stante il vincolo panoramico gravante su di esso, .e l' a:sserita partecipazione al Consorzio d$ caccia era del tutto insussistente. Si aggiunge che la Commissione ha apoditticamente affermato che la Cooperativa ha eseguito costruzioni non di tipo popolare e si precisa che la motivazione della decisione impugnata � insufficiente e contraddittoria, in quanto la Commissione non ha sufficientemente esaminato i punti decisivi della controversia e ha alterato i fatti risultanti dai �ocumenti acquisiti al processo. Le censure sono infondate. La Commissione Centrale, accertato in base ai documenti di cui aveva disposta l'esibizione, che la Cooperativa "Nuova Tevere� aveva (1) Vesattezza dell'adottata statuizione (nel caso concreto si trattava dell'acquisto da parte di una cooperativa edilizia di terreni utilizzati per la costruzione di oase di lusso e non di case popolari economiche previste nello statuto) � nel chiaro disposto dell'art. 65 della legge di registro, richiamato dall'art. 147 del t.u. delle disposiizoni sull'edilizia economica e popolare approvato con il r.d. 28 aprile 1938, n. 1165. AI secondo comma, infatti, il ricordato art. 65 della cit. legge precisa che " non � applicabile la tassa fissa, ma quella normale, se gli atti relativi alle operazioni della societ� cooperativa non sono previsti dai rispettivi statuti �. Precisazione logica e naturale giacch�, traendo il trattamento la sua origine nella mutualit� che c�ratteriza le cooperative in genere e trovando detta mutualit� i propri limiti nelle prescrizioni statutarie, gli atti relativi ad operazioni non previste nello statuto, sono avulsi dai motivi che hanno determinato la deroga al principio di normale tassazione, e di questo non possono non seguire le sorti (cfr. !AMMARINO, Commento <illa legge stilla 4-mpo~a di registro, vol. l, 664). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 172 come scopo sociale l'acquisto di aree per la costruzione di case economiche e popolari da assegnare in propriet� o in locazione ai propri soci, ha ritenuto che l'acquisto del terreno �in Castelfusano da essa eseguito con l'atto oggetto della tassazione in contestazione non rientrasse in tale scopo, sia perch� il terreno aveva una notevole estensione ed era soggetto a vincoli panoramici e di bonifica, generali e particolari, che imponevano la costruzione di case di lusso o da diporto, sia perch� la Cooperativa aveva previsto nell'atto di acquisto la sua partecipazione al Consorzio di caccia gi� costituito nella zona. La Commissione, quindi, ha fondato il proprio convincimento su presunzioni. Ora l'apprezzamento circa la esistenza degli elementi di fatto assunti a fonte di presunzioni e il convincimento da essi desunto sono incensurabili in �questa sede perch� costituiscono apprezzamenti di fatto e sono sorretti da una motivazione, la quale, pur essendo succinta, non � inficiata da vizi denunziati. N� la Commissione Centrale � incorsa nella lamentata violazione di legge perch�, accertato �he l'acquisto del terreno non rientrava nello scopo previsto dallo statuto della Cooperativa, ha correttamente ritenuto che la registrazione dell'atto con il quale questa procedette a tale acquisto dovesse essere eseguita con il pagamento della imposta normale in quanto l'art. 62, secondo comma, della legge di registro, richiamato dall'art. 147 del t.u. delle disposizioni sull'edilizia economica e popolare approvato con il r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, dispone che u non � applicabile la tassa fissa, ma quella normale, se gli atti relativi alle operazioni delle societ� cooperative non siano previsti dai rispettivi statuti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 aprile 1004, n. 994 -Pres. Lonardo -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Tamborino (avv. Allorio e Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). Imposta straordinaria sul patrimonio -Azienda di credito a carattere individuale -Cumulo dei beni con quelli del titolare. (t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 6, n. 2). Ai fini delfimposta straor(linaria sul patrimonio una azienda di credito � titolarit� individuale, sorta in epoca antiriore alla entrata in vigore della vigente legge bancaria, � tassata non a noma dell'art. 77, lett. c, del t.u. 203/1950 relativo alle Societ� e agli Enti Morali, ma dell'art. 6, n. 2 relativo alle aziende industriali, commerciali ed agricole PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 773 a carattere indivuale, con conseguente cumuli dei beni �ostituenti la azienda con quelli personali del titolare (1). (1) L'esattezza delle adottate statuizioni non pu� revocarsi m dubbio. L'imposta straordinaria sul patrimonio assoggetta a tributo le persone fisiche (titolo I) e le Societ� e gli Enti Morali (titolo II). Nel sistema cos� adottato, per gli Enti non riconosciuti il patrimonio si confonde con quello delle persone o delle persone fisiche che agli Enti stessi hanno dato vita. Escluso che, sia dal punto di vista soggettivo che d� quello oggettivo, l'azienda di credito individuale possa costituire un ente morale, riconosciuto o meno, la soluzione del caso � a rime forzate, mancando per l'ipotesi� della societ� la pluralit� di persone richiesta dall'art. 2277 del e.e. La qual cosa, come esattamente pone in rilievo la motivazione della sentenza in nota, � decisiva per escludere ogni utile richiamo alla nozione di patrimonio separato o di autonomia patrimoniale. Mentre, infatti, la nozione di patrimonio separato �, nell'ordinamento giuridico vigente, concepito con riferimento ad un Ente, quello di autonomia patrimoniale, oltre le persone giuridiche, e concepito rispetto alle associazioni non riconosciute ed alle Societ� di persone, alle quali � comune la pluralit� di persone, che nell'azienda di credito individuale manca del tutto. La conferma, inoltre, della esattezza delle adottate statuizioni -anche ci� � stato posto in rilievo dalla sentenza in nota -� nel sistema della vigente legislazione bancaria. Poich� la raccolta del risparmio e l'esercizio del credito sono ese:rcitate da istituti di.credito e banche di diritto pubblico, da Casse di Risparmio, da Istituti, banche, Enti ed imprese private a tale fine autorizzate, con (�sclusione di banche a titolarit� individuale, eccezione fatta per quelle preesistenti, sopravvissute alla legislazione predetta, la titolarit� dell'impresa bancari� allo stato attuale � riservata o alle persone giuridiche di diritto pubblico o alle Societ� commerciali overo alle persone fisiche. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 aprile 1964, n. 1021 -Pres. Pece Est. Perrone Capano -P.M. Maccarone (conE.) -Ditta Conti (avv. De Ll,lca) c. Ministero Finanze (avv. Stato Ciardulli). Imposte e tasse -Controversie tributarie -Forme e privilegi della procedura di riscossione -Competenza del Tribunale del foro dello Stato -Applicabilit�. (art. 147 r.d. dicembre 1923, n. 3269 -c.p.c. art. 9, comma secondo). Costituisce controversia tributaria, come tale rientrante, a norma dell'art. 147 della legge di registro (r.�. 30 dicembre 1923, n. 3269), nella competenza esclusiva di prima istanza del Tribunale del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto trovasi l'ufficio che ha liquidato l'imposta o la sopratassa, e che ha emesso l'ingiunzione di pagamento contro cui sia stata proposta opposizione, ogni controversia giudiziale che si svolga tra i soggetti del 774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rapporto tributario, sia che riguardi la spettanza o la misura del tributo, sia che concerna le forme o i privilegi della procedura di riscos sione {l). (1) Giurisprudenza costante -cfr. in questa Rassegna, retro, 168, Cass., Sez. I, 25 novembre 1963, ii. 3034, richiamata nella motivazione della sentenza dalla quale si � tratta la massima. Il caso affrontato e risolto � in relazione all'imposta di registro su determinati contratti di appalto .. L'ufficio del registro aveva eme~so ingiunzione di pagamento ed aveva proceduto poi a pignoramento mobiliare nei confronti del debitore. Quest'ultimo, con unico ricorso al Pretore, aveva proposta opposizione sia all'ingiunzione che all'esecuzione, chiedendo, per�, al giudice adito solo la pronuncia sull'avanzata istanza di sospensione dell'esecuzione, con la rimessione delle parti davanti al Tribunale competente, per il giudizio sulle due opposizioni: il Pretore ha invece dichiarata la propria incompetenza per materia a provvedere anche sulla sospensione dell'esecuzione ed il ricorso del debitore per regolamento di competenza � stato respinto dalla Corte Suprema. La qual cosa � esatta non potendosi revocare in dubbio che per il disposto dell'art. 147 della legge organica di Registro il Tribunale � giudice esclusivo, in materia tributaria, non solo del merito, ma anche dell'esecuzione. La dizione usata, infatti, dal ricordato articolo di legge, che riproduce, peraltro, quello recato dall'art. 8 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, nel quale, a sua volta, � trasfusa la norma interpretativa contenuta nell'art. 1 del r.d. 10 novembre 1924, n. 2107 (controversie giudiziali riguardanti tasse e sopratasse, anche se insorte in sede di esecuzione), � al riguardo decisiva e risponde alle esigenze che hanno richiesto la posizione della particolare competenza, date rispettivamente dalla complessit� della materia e dalla necessit� di una garanzia collegiale alle decisioni afferenti. l'obbligazione giuridica di imposta, che, nella sua comune accezione, abbraccia la fase dell'accertamento della liquidazione e della realizzazione. ba ci� la conseguenza tratta dalla sentenza in nota secondo la quale, ai fini della competenza, � controversia tr~butaria quella che, svolgentesi fra i soggetti del rapporto giuridico di imposta, riguarda sia il contenuto del.).a. pretesa tributaria sia le forme del procedimento di esecuzione. Nello stesso senso cfr.: Cass. 4 agosto 1936, Riv. Leg. fisc., 1936, 896; Cass. 18 gennaio 1937, ivi, 1937, 207; Sez. Un. 7 dicembre 1937, ivi, 1938, 68; Cass. 17 dicebre 1937, ivi, 1938, 136; Sez. Un. 15 giugno 1942, ivi, 1943, 507; Sez. Un. 11 itgosto 1945, ivi, 1945, 383; Cass. 4 maggio 1947, Riv. prot. trib., 1949, II, 201; Gass. 11 agosto 1947, Leg. fiisc., 1947, 331; Cass. 16 giugno 1953, ivi, 1952, 920; Sez. Uri. 19 aprile 1955, Giur. it., 1955, 1, 1594; Cass. 13 maggio 1955, n. 1369, Foro it., I, 1, 927. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 maggio 1964, n. 1268 -Pres. La Via -Est. Bianchi d.'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) -Ministero Finanze {avv. Stato Graziano) c. Istituto Autonomo per le Case Popolari della provincfa di Brescia (avv. Romanelli). Imposta ipotecaria -Agevolazioni tributarie -Mutuo della Cassa DD.PP. all'Istituto autonomo case popolari con garanzi.a dei Comuni interessati -Condizioni soggettive e oggettive. Imposta ipotecaria -Agevolazioni tributarie -Costruzioni di case popolari ed economiche -Rapporti obbligatori rivolti a pro --<~�-�.ltJIWl.~-;Wl.'41.MlllflC�Kwll'- .,.� x :-:_ y;._ m... ,. ...:-.... ....-* ... _ ,. :--...:-...._ x-.,._ ........ffiillm...__.,._ ......... _. ...:-: ... ,...._:-:__. __. _. ,. :-: :-:.... _....... ... ... ... :-:... . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 curare i fondi necessari alla costruzione -Natura tipica o atipica. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 curare i fondi necessari alla costruzione -Natura tipica o atipica. Imposta ipotecaria -Agevolazioni tributarie -Costruzioni di case popolari ed economiche -Ipoteca concessa al Comune per garantire la restituzione di somme concesse dall'Istituto case popolari -Natura del negozio a garanzia del quale l'ipoteca � concessa. � (t.u. 28 aprile 1938, n, 1165, artt. 4 e 153; r.d. 30 dicembre 19<23, n. 3269, art. 9; I. 25 giugno 1949, n. 540, art. 10; e.e., art. 12 e 14). Le agevolazioni tributarie previste dallart. 153 del t.u. 28 aprile 1938,n. 1165 per i mutui �ontratti dai Comuni e dagli Istituti che costruiscono, con il concorso dello Stato, case popolari, richiedono, dal punto di vista oggettivo, che i mutui siano contratti con la Cassa DD.PP. o con altri enti abilitati, allo scopo di costruire case popolari, e dal punto� di vista soggettivo che i mutui stessi siano contratti dai Comuni e dagli Istituti che curano la costruzione con il contributo dello Stato (1). . Netfeconomia di tale agevolazione, attrooerso iinterpretazfone estensiva della norma di favore consentita dalla lettera e dalla finalit� de�la norma stessa, rientrano anche i rapporti obbligatori, di natura (1-3) Il regime fiscale, ai fini dell'imposta ipotecaria, del rapporto con il quale l'Istituto Autonomo delle case popolari, nel cui interesse, a norma dell'art. 4 de~ t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, il Comune abbia assunto e garantito il mutuo contratto con la Cassa DD.PP. necessario per la costruzione di case popolari, abbia concesso al Comune mutuatario ipoteca a garanzia della restituzione delle somme mutuate, ad esso Istituto versate, � stato dalle Sez. Un. recepito nell'economia del trattamento di favore recato dall'art. 153 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165. Richiamate le analoghe statuizioni all'uopo adottate dalle Sez. Singole con le sentenze 24 marzo 1962, n. 611 in Riv. leg. fisc., 1962, col. 1341 e segg, e 20 luglio 1962, n. 1976, in, 1994, le Sez. Un. hanno prec.isato che il trattamento di favore. suddetto � dovuto sia che la garanzia ipotecaria segua ad un rapporto di mutuo, separato e distinto, contratto fra il Comune, mutuatario della Cassa DD.PP., e, l'Istituto Autonomo Case Popolari, destinatario effettivo delle somme mutuate, sia che segua ad un rapporto atipico, innominato, che, conseguenziale al sistema introdotto dall'art. 4 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 dell'assunzione del mutuo da parte del Comune nell'interesse dell'Istituto Autonomo e garantisce la restituzione delle somme mutuate .da quest'ultimo Istituto ricevute dal Comune. Nel primo caso, in via di interpretazione diretta della norma di favore, perch�, consentendo essa la stipulazione del mutuo non solo con la Cassa DD.PP., ma con qualsiasi ente all'uopo abilitato, il rapporto, Comune-Istituto Aufonomo, soddisfa alle esigenze di carattere oggettivo di �mutuo contratto per la costrmcione di case popolari n e di carattere soggettivo di mutuo contratto dal Comune o dall'I.stituto costruttore. Nel secondo caso, in via di interpretazione estensiva della norma di favore, indubbiamente ammessa in materia tributaria, perch� volendo quest'ultima, nel significato fatto palese dalle parole usate e dalla intenzione del legislatore, alleviare gli oneri tributari connessi con la ricerca delle somme necessarie alla costruzione di case popolari, il rapporto Comune~Istituto 776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tipica o atipica, che, diretti allo scopo di procurare i fondi necessari alla costruzione di case popolari, sono collegati e preordinati al mutuo espressamente enunciato (2). L'ipoteca, pertanto, concessa dtill'Istituto autonomo delle case popolari al Comune, che, a norma dell'art. 4 del t.u. 28 .aprae 1938, n. 1165, abbia assunto con la Cassa DD.PP., nell'interesse dell'Istituto stesso, il mutuo da detto articolo previsto, per garantire la restituzione delle somme mutuate ad esso Istituto versate, � soggetta alla tassa fissa quale che sia la natura del rapporto a garanzia del quale I'ipoteca � stata concessa (mutuo o negozio atipico) (3). Autonomo, scaturito dalla necessaria inserzione del Comune nell'originario rapporto di mutuo ed occasionalo da norme di buona amministrazione, risulta collegato e coordinato al mutuo originario predetto e risponde, al pari di quest'ultimo, alle finalit� predette di assicurare e facilitare la ricerca di fondi. Stat_uizioni identiche si rinvengono nella successiva sentenza 19 giugno 1964,. n. 1583 delle Sez. Singole in causa Ministero Finanze contro Istituto Autonomo case popolari della Provincia di Salerno. Dal che la necessit� obiettiva di adeguarsi alla ormai consolidata interpretazione, anche se le argomentazioni poste a sostegno dell'interpretazione stessa suggeriscono due obiezioni che l'Amministrazione Finanziari" non ha mancato di sottolineare in occasione dei vari giudizi all'.uopo svoltisi. L'una per la quale, essendo i Comuni, dal t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, considerati enti mutuatari (art. 16, n. 2) e non enti mutuanti (artt. 1-3}, non appare di sicuro riposo la qualificazione di mutuo per il rapporto Comune-Istituto Autonomo. L'altra per la quale, non potendosi la conseguenzialit� collegata a ragioni di buona amministrazione identificare con la �accessoriet� necessaria� voluta dall'art. 10 della legge ipotecaria 25 giugno 1943, n. 540 e, per la legge di registro, dall'art. 9 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, non appare di sicuro riposo l'introduzione del rapporto Comune-Istituto Autonomo nella economia finalistica della norma di favore. A tale ultimo riguardo infatti, dato il disposto del ricordato art. 10 della 1. 540/43 e del r.d. 3269/23 in relazione alla poliedricit� dei rapporti scaturiti dall'applicazione dell'art. 4 del t.u. 1165/38, � consentito osservare che solo un rapporto di accessoriet� necessaria sarebbe tale da determinare quel rapporto di coincidenza o continenza fra fattispecie astratta e concreta necessaria per rimanere nell'ambito della interpretazione estensiva di una norma di favore fiscale. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� giugno 1964, n. 1355 -Pres. Lonardo -Est. Giannattasio -P.M. Tavolaro (conf.) -Soc. P.A.R.M.A. (avv. Porto) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposta di registro -Societ� commerciale -Deliberazione di proroga adottata dopo la scadenza del termine di durata di societ� -Tassazione -Imposta proporzionale -Inapplicabilit�. La deliberazione di proroga del termine di durata di una societ� commerciale, intervenuta dopo la scadenza di esso, non importa la PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 costituzione di un nuovo ente sociale, e, pertanto, non � soggetta aliimposta proporzionale, prevista dall'art. 81 tariffa all. A della legge di registro per gli atti di costituzione o di fusione di societ� (l). (1) La sentenza conferma la precedente giurisprudenza (cfr. Cass. 24 marzo 1962, n. 595), ed il principio da essa enunciato, anche se da qualche aspetto appare opinabile, pu� accettarsi. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 giugno 1964, n. 1397 -Pres. Celentano -Est. Caporaso -P.M. Pepe (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Correale) c. Societ� p. az. Brunetti (avv. Tamburini). Esecuzione fiscale � Ingiunzione a norma dell'art. 144 della legge di registro � Natura � Atto amministrativo. Esecuzione fiscale -Ingiunzione � Opposizione giudiziaria � Revoca o annullamento dell'ingiunzione da parte dell'A.G.O. � Inammissibilit�. ln�posta di registro . Cessioni di crediti verso la P.A., dipendenti da appalti di lavori e forniture di merci, in relazione a finanziamenti concessi dalle Aziende o Enti di crediti con� templati dal r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e sue modificazioni a favore di Ditte commerciali ed industriali � Aliquote ridotte � Correlazione fra i due negozi -Estremi � Criteri di deter� minazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, Tariffa A, art. 4, lett. b) e e), nota aggiunta; 28 lett. b) e e); I. 4 aprile 1953, an. 261, artt. 1 e 2). L'ingiunzione fiscale emessa a norma dell'art. 144 della legge di registro � un atto amministrativo, che resta tale anche dopo il visto di esecutoriet� da parte del Pretore (l). � � (1-2) Giurisprudenza costante. L'ingiunzione fiscale, emessa a nonna dell'art. 144 della legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269 � l'atto formale che determina in concreto il debito d'imposta e ne ingiunge il pagamento all'obbligato (cfr. GIANNINI, Istituz. di dir. trib., 1960, 253;. Assolvendo, perci�, alla duplice funzione di accertamento e di riscossione, partecipa della categoria degli "ordini � emessi dalla P.A. attiva (cfr. Sez. Un. sent. n. 381 del 6 febbraio 1959) e quale "estrinsecazione del potere di supremazia dello Stato � integra un vero e proprio " atto amministrativo munito d1 forza propria indipendentemente dal visto di esecutoriet� apposto d<il Pretore � (cos� la citata sentenza delle Sez. Un.). L'attivit�, infatti, che il Pretore � chiamato a svolgere non ha affatto natura giurisdizionale (cfr. Cass. Sez. Un. 19 aprile 1955, n. 1079; Cass. Sez. Singole 13 febbraio 1951, n. 347; 12 gennaio 1953, n. 54; 8 luglio 1953, n. 2175; 27 luglio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 778 L'opposizione giudiziaria a detta ingiunzione si differenzia, pertanto, da quella prevista dagli artt. 616 e segg. del c.p.c. nell'ordinario procedimento monitorio ed all'Autorit� Giudiziaria � vietato pronunciarne la revoca e rannullamento. Riconosciuta, in sede di opposizione, la infondatezza della pretesa fiscale, "!:A.G. predetta � tenuta a dichiarare la .illegittimit� delringiunzione, disapplicandola {2). In materia di finanziamenti {aperture di credito, anticipazioni di somme e finanziamenti in genere), concessi dagli Istituti di credito, 1956, n. 2tl06; 18 dicembre 1956, n. 4453), ma tipicamente amministr'ativa, in quanto che attraverso il controllo formale di legittimit� 1ml concorso delle condizioni estrinseche della ingiunzione (indicazione della somma, data, firma del� funzionario emittente, articolo di credito), vi imprime forza esecutiva, senza nulla togliere alla validit� ed efficacia della notifica del debito di imposta e dell'ordine di pagamento. Detta attivit� attiene, in altre parole, alla vis esecutiva e non alla vis amministrativa e di conseguenza non trasforma l'ingiunzione da atto amministrativo in atto giurisdizionale (cfr. C:iss. Sez. Un. sent. cit. n. 381 del 1959 e GIANNINI, Zoe. cit., 254; !AMMARINO, Commento aUa Legge di Registro, Il, 300). Dal che una duplice conseguenza�: 1) l'ingiunzione fiscale, traendo la sua origine e la sua legittimit� dal potere di autoaccertamento della P.A. senza necessit� di precostituzione di un titolo, non � affatto assimilabile al procedimento monitorio ordinario e da esso si differenzia sia per quanto concerne i termini di efficacia per la notifica sia per �quanto concerne l'opposizione, sia ancora per quanto concerne b decisione di quest'ultima; 2) l'ingiunzione stessa, quale atto amministrativo complesso partecipa, a seguito della opposizione giudiziaria, della disciplina posta dall'art. 4 della 1. 20 mano 1865 ali. E, abolitiva del Contenzioso Amministrativo e la pronuncia dell'A.G.0. potr� essere di legittimit� o di illegittimit� formale o sostanziale, ma non di revoc_a, di annullamento, di 'nullit�, di inefficacia. Una pronuncia del genere trova l'A.G.O. carente di giurisdizione: vertendosi in tema di diritti soggettivi, la tutela del contribuente � assicurata attraverso la ricordata pronuncia di legittimit�, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione Finanziaria di conformarsi al giudicato. La giurisprudenza della Corte di Cassazione �, in tal senso, concorde, univoca, perentoria: nella sentenza n. 381 del 6 febbraio 1959 le Sez. Un. hanno precisato che �l'ingiunzione fiscale consiste nell'ordine, emesso dal competente Ufficio delle imposte, di pagare, sotto minaccia di esecuzione forzata, entro trenta giorni la s�mma dovuta; essa � l'estrinsecazione�del potere di supremazia dello Stato e degli altri Enti, ai quali la legge 10 riconosce ed � un atto amministrativo munito di forza propria, indipendentemente dal visto di esecutoriet� apposto dal Pretore. Pertanto -prosegue la citata sentenza -l'ingiunzione fiscale non � assimilabile all'ordinario procedimento ingiuntivo e produce l'effetto di intimazione di pagamento anche se non munita del visto di esecutoriet� del Pretore�. Nello stesso senso c:fr. n. 284/63; l 530/63; 1571/62; 1345/62; 266/61; 568/61. Da ci� la cennata conseguenza, per la quale, dato il principio fondamentale dell'art. 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo sia la revoca che l'annullamento ovvero la declaratoria di nullit� dell'a:tto d'ingiunzione di cui si discute esula dai limiti di giurisdizione del Gud,ice Ordinario. La pronuncia, infatti, di revoca, nullit� o annullamento dell'atto predetto, comporterebbe una statuizione che neutralizzerebbe gli effetti giuridici che l'atto stesso � destinato a produrre in maniera diretta ed immediata: accertamento del debito d'imposta e conseguenziale ordine di pagameuto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 779 contemplati dal d.l. n ..375 del 1936, in relazione a cessioni, pro sol�to o pro solvendo, di crediti verso la P .A., dipendenti da appalti di lavori o di forniture di merci, per fopplicabilit� dell'aliquota minore, di cui all'art. 4, lett. e, della tariffa all. A della legge di registro, � necessario che nell'atto di cessione siano specificamente indicate le operazioni in relazione alle quali esso sia stipulato e che i.efficacia della cessione non sia estesa ad altre operazioni. Tra i due rapporti negoziali, finanziamento e cessione di crediti, (3) Osservazioni sul regime fiscale delle cessioni di credito verso la P.A. in dipendenza di appalti di lavori o forniture di merci e in relazione a finanziamenti di somme concessi dall� Aziende od Enti previsti dal r.d.l. 375/36. Dopo alterne vicende, siainnanz.i le Corti di merito che le Commissioni Tributarie e la Corte di Diritto (Cass. 400/64; 369/64; 231/64; 2373/63; 2178/63; 481/63; Comm. Centr. 23850/69~ il regime fiscale delle cessioni di credito verso PP.AA. in dipendenza di appalti di lavori e forniture di merci, in relazione ad aperture di credito, anticipazioni di somme e finanziamenti in genere, concessi dalle aziende di credito contemplati dal r.d.l. 375/36, ha, con l'intervento chiarificatore delle Sez. Un., trovato il suo definitivo assetto. Dei pregi della sent�nza in nota di par.Ucolare rilievo � quello di avere individuato, con nettezza di contorni, l'elemento, richiesto dalla particolare disciplina normativa, che ha dato luogo, nella ricordata copiosa giurisprudenza, ai maggiori dissensi interpretativi {correlazione fra i due negozi) e di aver fornito, per tale elemento, un criterio obiettivo di ricerca, che, scaturito dalla dov'uta interpretazione delle norme che gli artt. 4 lett. e e nota aggiunta e 28 della T.A. della l.o.r., nel testo modificato dalla legge 261/53, hanno posto a disciplina del particolare trattamento di favore, oostituisce il parametro certo per le svariate situazioni che .s� possano presentare in relazione al contenuto che le parti hanno impresso all'atto conclusivo dei due negozi. Non si � mai dubitato, infatti, per averlo affermato le Sez. Un. sin dal 1954 <X>n la sentenza 4378 ohe fra cessione di credito e finanziamento dovesse ricorrere. per rientrare nell' �conomia del trattamento di favore, una relazione nee@Ssaria ed esclusiva, con la esclusione del trattamento predetto per i casi in cui la cessione avesse potuto anche solo potenzialmente essere utilizzata per operazioni diverse -Oal concesso contestuale finanziamento. La difformit� di opinioni � accentrata tutta sui limiti di tale relazione e sui criteri di sua determinazione con particolare riguardo alla volont� in concreto manifestata dalle � parti, essendosi pervenuti q ritenere sufficiente da un lato un mero ed iniziale collegamento fra i due negozi al momento della stipulazione dell'atto e dall'altro una irrilevanza della reiterabilit� dell'utilizzo deHa anticipazione, con la conseguenza che, nonostante il limite apposto all'anticipazione stessa, la cessione di credito, di solito di gran lunga maggiore, l�niva per garantire, in realt�, sovvenzioni pari all'importo della cessione. Dopo avere, attraverso un esame condotto con ineccepibile rigore giuridico sulla lettera e sulla finalit� della norma di favore nonch� sui motivi di politica legislativa che la norma stessa aveva suggerito, individuato la portata effettiva del particolare trattamento di favore, le Sez. Un. hanno, nella sentenza in nota, posto in luce il ruolo spiegato dal ricordato controverso elemento ed hanno precisato <!he dovendosi ricercare l'obiettivo e potenziale valore strumentale dell'atto, l'indagine richiesta al giudice di merito nor{ � qu~lla diretta ;, a ricostruire l'intento delle 780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deve esservi un collegamento diretto e immediato. L'agevolazione non � applicabile quando il concesso finanziamento sia -anche solo potenzialmente utilizzabile, per operazioni diverse da quelle inizialmente previste. Ai fini del beneficio fiscale, occorre, perci�, che nelr atto di cessione siano ben determinate e delimitate le operazioni cui il finanziamento si riferisce. Del pari, devono essere necessariamente determinati l ammontare ed il modo di operare del finanziamento, in maniera che parti secondo le norme comuni di interpretazione del contratto n� a ricercare quale delle possibili interpretazioni delle singole clausole sia la pi� plausibile ed attendibile �, bens� quella diretta ad accertar che nessuil!a delle sue clausole, individualmente considerata n� il complesso delle medes'.me sia �suscettibile di diventare un varco attraverso il qudle l'operazione possa, durante il suo svolgimento, deviare dalla sua originaria ed apparente destinazione ed allargarsi a nuove operazioni �. Al quale fine � necessario che nell'atto di cessione: a) siano ben determinate e delimitate le operazioni alle .quali il finanziamento si riferisce; b) siano ben determinate l'ammontare ed il modo di operare del fiil!anziamento; c) sia precisata una obiettiva corri~pondenza fra cessione e finanziamento con la sola eccezione, per la cessione di crediti, di una differenza di importo che consenta l'assolvimento delle obbligazioni accessorie al finanziamento; d) siano apposte, nel caso di eccedenza dell'importo della cessione, ovvero in quello di reiterabilit� di utilizzo delle somme oggetto di finanziamento, clausole limitative del normale effetto della cessione, in modo da e:scludere che le somme cedute possano dall'azienda di credito essere utilizzate a scopo diverso da quello della estinzione del finanziamento. Le quali cose sono assolutamente esatte. L'art. 4 della Tariffa all. A alla legge organica di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), nel testo modificato dall'art. 1 della I. 4 aprile 1953, n. 261, prevede tre aliquote diverse -la prima normale, le altre due di favore -per le cessioni di credito. Alla lettera a) � prevista l'aliquota normale dell'l,50% per le a cessioni pro soluto e pro solvendo di crediti (e retrocessioni di crediti) �. .� < Alla lettera b� � stabilita l'aliquota ridotta dello 0,50% per le cessioni anzidette che siano state stipulate in relazione alle operazioni di cui alla lett. b) dell'art. 28 stessa Tariffa, ossia alle aperture di credito, 'antic'.pazioni di somme e finanziamenti in genere, concessi dalle aziende od enti di credito contemplati dal r.d.l. 12 marzo 1936, n .275 e succ. mod., a favore di ditte commerciali ed industriali. Alla lettera c) � stabilita l'aliquota ridottissima dello 0,25% per le cessioni pro soluto e pro solvendo di annualit� o contributi governativi di enti pubblici nonch� di crediti verso pubbliche amministrazioni, stipulate in relazione alle opera: idoni di apertura di credito e di finanziamento di cui si � gi� fatto cenno. La �nota� incorporata nell'art. 4 della Tariffa A precisa, fra l'altro, che �per l'applicabilit� deUe minori aliquote di cui alle lett. b) e c) � necessario che nell'atto di. cessione siano specificamente indicate le operazioni in relazione alle quali e stipulato e che l'efficacia della cessione non sia estesa anche ad altre operazioni �. Aggiunge, la �nota�, che le dette agevolazioni si applicano all'intero ammontare dei crediti ceduti anche se superiore a quello delle operazioni cui la cessione si riferisce. I lavori parlamentari che hanno .accompagnato la I. 261 del 1953, modificativa degli artt. 4 e 28 della Tariffa A dell'imposta di registro, hanno chiarito che la PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 la cessione dei crediti, sia essa solutoria o di garanzia, sia in funzione esclusiva ed irremovibile rispetto al concesso finanziamento. E' necessario che dall'atto tassato risulti che obbiettivamente esiste una perfetta corrispondenza ed aderenza tra finanziamento e crediti ceduti, con la sola eccezione che il finanziamento pu� essere d'importo .minore dell'ammontare della cessione dei crediti, a causa delle eventuali ulteriori obbligazioni del sovvenuto, per interessi, spese, risarcimento di danni e di noli. Conseguentemente, � escluso che l'atto possa generi �nota � (all'art. 4) � stata resa necessaria dal fatto che, vigendo precedentemente il r.d.I. n. 2170 del 1900, con cui erano state in precedenza concesse simili agevolazioni, ma in misura diversa ed in via temporanea, era invalso l'uso da parte delle .aziende bancarie di adottare clausole con cui l'efficacia della cessione di crediti ueniva estesa ad obbligazioni diverse dal concesso finanziamento. La finalit� della norma di favore tributario � stata quella di contenere il costo del denaro nell'ambito del sistema creditizio di cui al r.d.l. 12 marzo 1936 ,n, 375 (e succ. mod.), al quale, nella vasta opera diretta alla costruzione e alla ricostruzione �ed al mantenimento di un alto livello di occupazione, � spesso necessario fare ricorso. Ma tale finalit� si � voluta attuare, limitando allo stretto necessario il ricorso al sistema creditizio fiscalmente agevolato e per ci� stabilendosi un regime di particolare favore per le operazioni necessarie per la attuazione di una determinata -0p�ra, ed esigendosi che il risultato economico di quest'ultima fosse destinato alla estirizione della concessa particolare sovvenzione, in modo da realizzare una perfetta identit� di 8/era tra finanziamento e. cessi.one di credito. fi: stato prescritto, quindi, attraverso la ricordata �nota � all'art. 4 Tariffa A, che fra cessione e finanziamento intercorra un preciso nesso di interdipendenza, una necessaria ed esclusiva correlazione. Siffatta correlazione si ha, ai sensi della � nota � quando : a) sono specificate le operazioni in relazione alle quali � compiuta; b) gli effetti della cessione non sono estesi ad altre operazioni. Dato che le n01me tributarie di favore, per la loro particolare natura, trovano applicazione entro i limiti bassativi posti dall'art. 14 delle disposizioni sull'appli cazione della legge in generale, non pu� revocarsi in dubbio che alla specificit�. deve accompagnarsi, per rendere operante la particolare agevolazione, la necessit� !'he la indetrminatezza di effetti, propria della cessione di crediti, sia eliminata attraverso la limitazione degli effetti stessi a quella determinata, precedente o con testuale operazione, correlativamente .. al,la-,qualrrla cessione � stata� posta �in �ssere. Detta limitazione �, pertanto, l'elemento, richiesto dalla norma di favore fiscale, attraverso il quale -in concorso con gli altri elementi, anche essi richie~ti <lalla norma -si attua la correlazione. Infatti la norma di agevolazione tributaria non vuole la indeterminatezza dei limiti di efficacia della cessione cos� come non vuole la indeterminatezza del finan ziamento. Corrispondendo, pertanto, ad una precisa esigenza di legge, il criterio ~ufficiente e necessario per accertare la esclusivit� della correlazione � di carattere squisitamente obiettivo ed � destinato a prevalere sul criterio di interpretazione �dei contratti posto dagli artt. 1362, 13-63 e segg. del e.e. di carattere squisitamente ~ubiettivo. Quest'ultimo criterio, infatti, dato il suo rilevato carattere. :'!On consente di stabilire, con il rigore richiesto dalle norme di favore, se attraverso una diversa valutazione delle singole clausole e del loro complesso, l'atto stesso � strumentai RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 782 camente riferirsi ai lavori o forniture da eseguire dal cedente, senza alcuna precisazione e senza alcuna det.erminazione e delimitazione degli effetti e delle modalit� sia della operazione di finanziamento sia della cessione dei crediti. Nel caso di eccedenza della cessione rispetto. alla sovvenzione, occorre che l'atto contenga disposizioni limitative del normale effetto della cessione dei crediti, in modo da escludere che i crediti ceduti possano dall'Istituto essere destinati a scopo diverso da quello della estinzione del finanziamento. Clausole limi- mente utilizzabile anche per f�ni diversi, con la conseguenza che la cessiane non possa, anche solo in parte, essere utilizzata per scopi divrsi da quello della estinzione del :finanziamento. La qual cosa si inquadra con nettezza di contorni nel sist~ma della legge di registro. L'art. 8, infatti, dello L.0.R. stabilisce essenzialmente il principio che nell'applicazione dell'imposta di registro deve aversi riguardo unicamente alla potenzialit� ed efficacia strumentale del negozio a produrre quei determinati effetti che, secondo la legge, importano il pagamento del tributo. senza che la Finanza debba preoccuparsi della validit� (art. 11) o delle successive vicende (art. 12) dell'atto tassato, e senza indagare se le clausole possano avere pratico rilievo e concreta attuazione (cfr. Sez. Un., 4 dicembre 1004, n. 4378, in Foro it., 1955, col. 836). Parlando di potenzialit� ed efficacia strumentale si � costantemente inteso dire che rientrano nel campo dell'imponibilit� tutti gli effetti possibili -e non solamente quelli apparentemente o anche realmente voluti -del negozio posto in p;;sere. Da ci� deriva che, se, ai fini della imposizione di registro viene in considerazione un determinato effetto, la Finanza non deve proporsi altro quesito se non quello che riguarda la � possibilit� �, di carattere oggettivo, dell'effetto medesimo, sia o non sia, codesto effetto, il naturale e logica sviluppo delle manifestazioni di volont� delle parti, concretate nelle clausole contrattuali. E ci� si ottiene soltanto attraverso la ricerca del contenuto sostanziale delle disposizioni negoziali. L'insegnamento delle Sez. Un. si ritrova nelle successive pronunce delle Sez. Singole: cfr. I Sez. sent. n. 1563/64; Sez. I sent. n. 1570/64; Sez. I sent. 1655/64; Sez. I sent. n. 1656/64; Sez. I sent. n. 2.101/64. Alla stregua dell'insegnamento stesso, per esplicito richiamo fatto dalle Sez. Un., resta, pertanto, precisato ohe i casi in cui nell'atto � prevista la facolt� di revoca del :finanziamento ferma riman�ndo la cessione per il suo intero ammontare; le garanzie della cessione per ogni credito dell'Istituto in� dipendenza dei lavori o delle forniture, la possibilit� di estinzione dello scoperto con mezzi diversi dalla riscossione dei crediti ceduti, manca la correlazione utile ai f�ni del trattamento di favore. Le cennate ipotesi, considerate nella loro materiale obiettivit� si ripercuotono, infatti, negativamente sulla funzione, � esclusiva ed irremovibile ,, che la cessione � chiamata a svolgere rispetto al concesso f�nanziam�nto e costituiscono, di certo, un varco attraverso il ,quale la cessione, nello svolgimento della complessa operazione, devia e pu� deviare dalla sua originaria e sol� apparente destinazione. Resta precisato anche che la correlazione pi� volte detta manca, di certo, nel caso in cui, in presenza di un :finanziamento ohe, per sua natura consenta la reiterabilit� dell'utilizzazione delle somme inizialmente messe a disposizione, non vi siano cl.ausole limitative che assicurino la identit� di sfera fra cessione e :finanziamento. Una diversa e contraria soluzione, infatti, trascura di considerare che il ripristino della disponibilit� e l'utilizzo delle somme relative, sotto le sembianze di atti di esecuzione di una unica operazione bancaria, costituiscono il mezzo per consentire alla parte :finanziata PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 783 tative del negozio di finanziamento occorrono anche tutte le volte che questo per sua natura corwenta la reiterabilit� dell'utilizzo della somma disponibile (3). di ricorrere al credito fiscalmente beneficiato, nonostante la minore imposta all'uopo effettivamente corrisposta, per la intera durata dell'appalto o della fornitura che al credito ceduto ha dato origine. In tali casi la cessione non gar~ntisce, nella realt�, una somma pari a quella indicata per il finanziamento iniziale bens� una somma pari al suo ammontare. Quest'ultimo, al contrario, nella economia della norma, pu� eccedere quello del finanziamento solo in ragione di eventuali obbligazioni accessorie al finanziamento stesso. L. CORREALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1964, n. 1819 -Pres. Vistoso -Est. Vistoso -P.M. Pedace (conf.) -Organizzazione Centrale Internazionale Pierbusseti Viaggi e Crociere Soc. p. az. {avv. Scarbaci) c. Ministero delle Finanze {avv. Stato Colletta). Imposte e tasse -Decisione Commissione Centrale -Ricorso per Cassazione a norma dell'art. 111 della Carta costituzionale Termine previsto dall'art. 352 del c.p.c. operativit�. Il ricorso per Cassazione a norma del7:art. 111 della Carta costituzionale avverso la decisione della Commissione Centrale delle Imposte va proposto, a pena di inammissibilit�, nel termine di 60 giorni previsto dal7:art. 352, ultimo comma, del c.p.c. per l'impugnazione in Cassazione in generale e non in quello di sei mesi previsto dalle leggi tributarie per 7:azione giudiziaria ordinaria, con decorrenza dalla notifica della decisione suddetta (I). (1) Il contribuente leso dalla decisione della Commissione Centrale delle Imposte, a seguito della entrata in vigore della Carta costituzionale, ha due forme di tutela giurisdizionali: l'una costituita dal Ricorso per Cassazione previsto dall'art. 111 della Carta predetta avverso le decisioni pronunciate dagli organi giurisdizionali speciali, per violazione di legge; laltra costituita dal ricorso al giudice ordinario in ordine alla legittimit� dell'accertamento e della imposizione conseguenziale. La diversit� strutturale delle due forme di tutela, che, pur dirette all'unico fine di stabilire la legittimit� del concreto rapporto giuridico di imposta, si manifesta l'uno come gravame, nel giudizio delle Commissioni Tributarie, per l'annullamento della decisione impugnata e l'altra come .azione autonoma, separata e distinta, per la dichiarazione, da parte dell'A.G.O., della illegittimit� dell'accertamento in concreto eseguito, impedisce di mutuare per la prima il termine dalle leggi tributarie in generale previsto per la seconda. La mancanza, nelle leggi tributarie predette, di una specifica previsione normativa, posta in relazione al fatto che la ricerca dei termini e delle forme di un determinato istituto va eseguito in rapporto alla struttura e non alla funzione dello stesso (cfr. Cass. Sez. I, n. 246/59, Riv. leg. fisc., 1959, pag. 858 e segg.), porta decisamente a ritenere operante il termine previsto per il particolare mezzo di gravame dal codice di procedura civile. La qual cosa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 784 risponde al principio, ormai acquisito (cfr. ALLomo, Diritto Process1lflle Tributario. Ed. 1962, pag. 457 e Cass. Sez. I, n. 228/64 in questa Rassegna, 1964, pag. 364 e segg, e nota), che sia per i tributi diretti che per quelli indiretti, laddove non dispongono norme derogative tratte dalle singole leggi tributarie, operano le norme di diritto processuale comune. per tutti gli atti afferenti al rapporto giuridico cli imposta, sia nella fase di accertamento che in quella contenziosa. La giurisprudenza della Corte di Cassazione � consolidata in tale senso (cfr. Sez. Un., n. 703/54, Riv. leg. fisc., 1954 col. 733; Sez. I, n. 1561/55 ivi, 1955, 1076; Sez. Un., n. 246/59, ivi, 1959, 858} e negli stessi termini � la successiva sentenza n. 1820/64, intervenuta fra le stesse parti nello stesso giorno a cura della stessa I Sez. Civ. Il termine di cui si � trattato � l'unico consentito con esclusione di quello annuale prevMo dall'art. 327 del c.p.c. e la sua decorrenza coincide con la notifica della parte dispositiva della decisione, prevista dall'art. 49 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516. Poich� quest'ultimo articolo stabilisce che nelle controversie in materia di imposte l'ufficio ha l'obbligo della notifica della decisione delle Commissioni Tributarie e che la stessa avviene con la notificazione della sola P.arte dispositiva, lasciando al contribuente l'onere di prendere visione della motivazione e di chiederne copia, due dati obiettivi sono certi: l'uno che l'interesse pubblico connesso con la sollecita definizione dei giudizi posti a base dell'art. 327 c.p.c. � soddisfatto attraverso l'obbligo della notifica ed esclude ogni utile richiamo al termine annuale da detto articolo previsto (cfr. Cass. Sez. I, 21 giugno 1957 -Riv. leg. fisc., 1957, 1567; Sez. I, 28 gennaio 1959 -ivi, 1959, 858 e segg.); l'altro che la notifica della sola parte dispositiva sostituisce a tutti gli effetti quella prevista dagli artt. 326 e 285 c.p.c. con conseguente inizio del termine di 60 giorni dalla data della eseguita notifica. (Cfr. Sez. Un., n. 3215/53, Riv. leg. fisc., 1954, 436; 246/59, ivi, 1959, 858 e segg.). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1964, n. 1895 -Pres. Rossano -Est. Malfitano -P.M. Tuttolomondo {conf.) -Gramegna e Di Nardo (avv~ Basile) c. Ministero delle Finanze� (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse -Ricorso alla Commissione Cen~rale delle Imposte -Controricorso proposto a norma 'dell'�rt. 48, secondo e sesto comma, del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 -Mancata cognizione del controricorso -Effetti -Violazione del principio del contraddittorio -Nullit� della decisione emessa sul ricorso Sussistenza. La mancata cognizione da parte della Commissione Centrale delle Imposte del controricorso proposto dalla parte resistente a norma dell'art. 48, secondo e sesto comma, del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, importa violazione. del principio ,del contraddittorio, con conseguente nullit� della decisione emessa dalla Commissione stessa a seguito del ricorso (1). (1) Statuizioni quelle della sentenza in nota, ribadite nelle successive sentenze 1889/64, 1896/64 e 1897 /64, della cui esattezza non � dato dubitare. Le prescrizioni dell'art. 48 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, sul ricorso ed il confroricorso, sono PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARI� 785 i mezzi attraverso i quali, nel giudizio innanzi alla Commissione Centrale, trova attuazione l'indefettibile principio del coritraddittoro. Il controricorso, in particolare, nel giudizio predetto che, per espressa previsione normativa dello stesso art. 48 cit., si svolge senza l'intervento n� della finanza n� del contribuente, � lo strumento necessario attraverso il quale la Commissione Centrale � posta in grado di conoscere e valutare le ragioni ed eccezioni della parte resistente. La mancata cognizione dello stesso, pertanto, quale che sia stata la ragione, si risolve nella violazione del principio di difesa, posto dall'art. 24 della Carta co.stituzionale, e comporta, di necessit�, la nullit� della decisione emessa sulla base � ilel solo ricorso. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2054 -Pres. Celen tano -Est. Malf�tano -P.M. Pedote (diff.) -Soc. Agricola Castel Giubileo (avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Impugnazioni � Pluralit� di impugnazioni contro la stessa sen� tenza -Obbligo in ogni caso di riunione e di decisione con testuale. Imposte e tasse -Procedimento davanti alla Commissione centrale -Pluralit� di impugnazioni -Riunione -Applicabilit� delle norme di diritto processuale comune. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 40 e 48; c.p.c., artt. 333 e 335). Per il principio delrunit� del procedimento di gravame le diverse impugnazioni proposte contro �za stessa sentenza devono in ogni caso essere riunite e decise contestualmente con unica pronuncia (1). Gli stessi principi devono ritenersi applicabili .anche nel procedimento davanti alla Commissione Centrale delle imposte, nel caso di pluralit� di impugnazioni avverso la decisione di commissione pro-� vinciale (2). (1-2) Conformi: Cass. 25 luglio 1964, nn. 2049 e 2053 e Cass. 14 luglio 1964, n. 1895, retro, 784. Ancora sull'impugnazione principale in luogo di quella incidentale, con applicazione al processo davanti alle commissioni tributarie. La sentenza annotata ripropone il problema della validit� di una impugnazione principale promossa successivamente ad altra impugnazione principale della controparte anch'essa soccombente, questa volta con riferimento al processo dinnanzi alle commissioni tributarie. Proposto dall'Ufficio finanziario ricorso alla Commissione centrale delle imposte, con atto notificato contestualmente alla decisione della Commissione provinciale, il contribuente present�, anch'esso un ricorso, impugnando un capo autonomo della stessa decisione della Commissione provinciale e chiedendo il rigetto del reclamo dell'Ufficio. La Commissione centrale omise di esaminare il ricorso del 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 786 contribuente ed accolse quello dell'Ufficio. La Corte Suprema, adita dal contribuente, senza esaminare se il ricorso di questi era in effetti un ricorso in via principale o non piuttosto in via incidentale (in effetti nell'epigrafe l'atto era indicato semplicemente come ricorso e non vi era alcun riferimento alla precedente impugnazione dell'Ufficio, ma nello svolgimento si contestava fra l'altro la sua ..�� fondatezza nelle conclusioni se ne chiedeva il rigetto) ha rimesso gli atti. alla Commissione centrale perch� questa riesaminasse in unico giudizio entrambi i ricorsi. Poich� a norma degli artt. 40 e 48 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, -cos� ha motivato la Corte regolatrice -per la parte che a noi interessa, nei giudizi davanti alla Commissione centrale delle imposte � proponibile tanto da parte dell'Ufficio che da parte del contribuente il ricorso incidentale secondo le nonne del diritto processual,e comune, e poich� queste norme sanciscono non solo l'obbli-gatoriet� dell'impugnazione incidentale una volta proposta dalla controparte l'impugnazione principale, ma anche la necessit� di riunire pi� impugnazioni proposte in via principale contro la stessa sentenza, ne deriva che le diverse impugnazioni propo�ste contro la stessa sentenza devono in ogni caso essere decise contestualmente con unica pronunzia e non successivamente con pi� pronunzie, l'una distinta dall'altra. In tal modo la Corte ha riconosciuto che, anche se proposto in via principale, il ricorso del contribuente era valido e doveva essere riunito all'impugnazione dell'Ufficio per essere deciso contestualmente. Questa decisione sembra discostarsi, almeno in parte, dal pi� recente indirizzo giurisprudenziale, e d� ima soluzione di carattere generale valida anche per il processo ordinario, per via della ritenuta applicazione al processo davanti alle commissioni delle norme di diritto processuale comune. Per quanto riguarda le soluzioni avvicendatesi con riferimento al processo ordinario, ricordiamo che la giurisprudenza formatasi nei primi anni successivi all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura civile e una parte della dottrina ritennero, interpretando letteralmente la norma dell'art. 333 c.p.c., che, una volta proposta l'impugnazione principale una parte, cui fosse stata notificata tale impugnazione, non potesse proporre la propria impugnazione che in via incidentale a pena di inammissibilit� (Cass., 26 luglio 1946, n. 996, Rep. Foro it., 1946, voce Appello civ. n. 109; Cass., 8 febbraio 1947,. n. 151, ivi, 1947, voce cit. n. 89; CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civ. italiano, Roma, 1951, vol. II, 151; CosTA, Manuale di diritto processuale civile, Torino, 1955, 374). L'apparente inflessibilit� della norma di legge � stata �per� ben presto superata da un'interpretazione pi� liberale, e si � ritenuta la validit� dell'impugnazione principale in luogo di quella incidentale facendo di volta in volta ricorso al principio di conversione degli atti processuali, al principio della sanatoria o alla mancanza di un'esplicita comminatoria di nullit�, sebbene di sola decadenza. Si � concluso che la forma principale non impedisce l'esame del merito, alla duplice condizione, per�, che si realizzi in concreto il simultaneus procesms, attraverso la riunione delle impugnazioni ai sensi dell'art. 335 c.p.c., e sia rispettato il termine per l'impugnazione incidentale -e secondo alcuni anche per l'impugnazione principale -(Cass., 2 agosto 1947, n. 1402, Giur. compl. Cassi. civ,, 1947, II, 59, con nota adesiva di RUBINO; Cass. 5 agosto 1947, n. 1448, ivi, 102; Cass. 5 luglio 1954,_ n. 2350; Cass. 27 novembre 1954, n. 4323, Foro it., 1955, I, 1657, con nota adesiva di .ANnruoL1; Cass., 18 febbraio 1960, n. 283; e ancora in dottrina, fra gli altri: CARNACINI, in vari articoli pubblicati in Giu-r. it., 1948, IV, 169; Riv. trim. dir. e proc. civ., 1948, 985; Foro it., 1949, I, 556; .ANnruoLI, Ccommento al cod. di p.c., Napoli, 1956, Il, 405; MosETTO, Osservazioni in tema di pluralit� di gravami e di unit� del procedimento di impugnazione, Riv. dir. civ., 1959, I, 439; SATTA, Commentario al c.p.c., Milano, 1962, L. II, 2, 79). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 787 L'annotata sentenza, nella sua formulazione generale, adotta una interpretazione ancor pi� lata delle norme di legge, non ritenendo necessaria -per la validit� dell'impugnazione principale in luogo di quella incidentale -neanche la concreta realizzazione del simultaneus processus. Queste conclusioni ci sembrano per� liberali. Invero alcune precedenti pronunzie della Suprem:i Corte ed una parte della dottrina non parlano esplicitamente della necessit� del simultaneus precessus (Cass., 12 agosto 1963, n. 2306; Gass., 3 aprile 1962, n. 683, Gi.ur. it., 1962, I, 1, 804; Cass., 3 marzo 1962, n. 416; Cass., 21 febbraio 1956, n. 488, Giust. civ., I, 1065; in dottrina: PROVINCIALI, Delle impugnazioni in generale, Napoli, 1962, 244; D'ONOFRIO, Commentario al c.p.c., Torino, 1957, II, 567). Riteniamo per� che ci� sia dovuto, per la giurisprudenza, al fatto che nei singoli casi si era trattato di impugnazioni gi� riunite; per la dottrina, al fatto che, trattandosi di opere di carattere generale, il problema � stato solo sfiorato, dandosi per implicite conseguenziali talune considerazioni. Al contrario di quanto avveniva nel vecchio codice, le nuove norme di legge non ammettono una scelta alternativa fra impugnazione principale ed impugnazione incidentale, a meno di non voler ritenere inutile tl disposto dell'art. 333. Che non si tratti di una distinzione meramente formale � dimostrato proprio dal fatto che in caso di impugnazione incidentale non � configurabile, se non come abnormit�, un separato processo, mentre in caso di impugnazioni principali successive, se manca il provvedimento di riunione, ne derivano pi� processi distinti, con specifico contrasto a quanto il nuovo codice si � sforzato di eliminare. :E: proprio quindi la concreta riunione dei gravami l'elemento che consente di superare, con gli argomenti gi� sopra segnalati, l'indubbia violazione della norma di legge compiuta dal secondo impugnante in via principale. Senza prender posizione per l'una o per l'altra delle teorie prospettate, rileviamo che certo non si pu� parlare di conversione dell'impugnazione principale in incidentale se non nell'ambito dello stesso rapporto processuale e �quindi dopo la concreta realizzazione della riunione dei gravami; il ricorso al principio di sanatoria della nullit� formale per raggiungimento dello scopo impone che la riunione avvenga tempestivamente senza produrre dispersione di attivit� giudiziaria (MosETTO, op. e Zoe. cit. cit.); ed infine l'atto, se anche non � nullo ab origine, si preserva da decadenza solo con il provvedimento di riunione (la prescrizione della forma incidentale, come la pi� idonea a garantire l'unicit� del procedimento, sarebbe osservata anche in caso di impugnazione principale purch� si sia verificata la riunione: CARNACINI e ANoruoLr, op. e Zoe., cit.). � Una volta decisa la prima impugnazione principale, la seconda impugnazione non riunita non pu� avere pi� alcuna validit�, sicch� non sembra ammissibile che un giudice successivamente adito possa rimettere le part[ davanti al giudice delle prime impugnazioni, quasi che la sua sentenza sia viziata dalla mancata pronuncia del provvedimento di riunione, a sensi dell'art. 33.5 c.p.c,.: questa conclusione toglierebbe ogni valore al precedente art. 333 e sconvolgerebbe tutto il sistema delle impugnazioni adottato dal nuovo codice. Questi principi sono applicabili in blocco nel campo del processo avanti alle commissioni tributarie? Riteniamo di s�. Il codice di procedura civile aborogato, come � noto, ammetteva la proposi zione di pi� impugnaziorn principali successive, con la possibilit� di distinti processi di impugnazione non soltanto nel giudizio di cassazione, per il quale non era previsto il ricorso incidentale, ma anche nel giudizio di appello, nel quale era ammessa anche la forma incidentale. La legge del 1937 sul funzionamento delle commissioni, richiamando nel l'art. 40 per l'appello incidentale le n�rme del diritto processuale comune, indub 788 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEI.LO STATO biamente recepiva il sistema del codice abrogato, aggiungendo soltanto la possibilit� del ricorso, incidentale alla Commissione Centrale, a differenza che nel giudizio di Cassazione. Perfettamente ammissibili dovevano quindi riitenersi due impugnazioni principali, senza necessit� che e5se fossaro niunite Entrato in vigorn il nuovo codice, si � ritenuto che la recezione debba ora -~ operarsi rispetto alle nuove norme, in forza della genericit� del richiamo contenuto �:� nell'art. 40 della legge del 1937 (nulla rileva che il successivo art. 48 non richiami le norme comuni, in quanto, all'epoca dell'entrata in vigore della legge, non era previsto il ricorso incidentale per cassazione). Ci� troverebbe conferma in linea pi� generale, cadute le norme del vecchio codice, nel principio, unanimamente riconosciuto, che quando una particolare situazione, un dato rapporto tributario non � espressamente preveduto e regolato da una specifica norma tributaria, � necessario ricorrere alle norme di altri rami del diritto ed ai principi generali. Naturalmente il richiamo alle nuove norme deve essere l�mitato a quelle situaz:ioni che non trovino gi� una disciplina esplicita o anche solo implicita nella stessa legge del 1937. Cos� non possono applicarsi tout courl: le norme sui te1mini e la forma dell'appello incidentale davanti alle Commissioni, le cui pecuiiarit� impongono una diversa regolamentazione, desurruibile, sia pure con molte incertezze, dalle disposiizoni di legge particolari (cfr., in materia, NAPOLITANO, Termini e forma dell'appello incidentale nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie, Riv. dir. fin., 1953, II, 233). Nella legge del 1937 non � contenuta alcuna norma dalla quale possa trarsi una qualsiasi regolamentazione circa. la sorte di pi� impugnazioni separate contro la stessa sentenza; e la lacuna, non meraviglia, presupponendo il legislatore del!' epoca il sistema in vigore per il processo comune. Ora delle due l'una: o si richiama il vecchio codice, ed allora si possono proporre pi� impugnazioni principali successive e i processi possono proseguire separati; o si richiama il nuovo ed allora tutte le impugnazioni contro una stess� sentenza devono essere decise contestualmente. Prima che un richiamo di norme, si tratta di un richiamo di sistemi. Nella carenza di una disciplina positiva esplicita o implicita (in un caso, quindi, di vera e propria lacuna legislativa), ci sembra logico che siano applicabili solo i nuovi principi generali e non quelli ormai SOfPassati, cui pur si era ispirata -senza per� recepirli direttamente -la legge particolare. Tanto pi� che proprio questa ha < �=� mostrato i sintomi dell'eV'oluzione, innovando rispetto al giudizio per cassazione con la previsione del ricorso incidentale alla comrruissione centrale e stabilendo cos� un sintomatico trait d'union fra il vecchio e il nuovo codice. Recepito il sistema, agevole � il richiamo delle norme. E fra esse indubbiamente quelle degli artt. 333 e 335 c.p.c., -in quanto dirette a colmare una lacuna della legge particolare -, con tutte le conseguenze gi� viste per il processo ordinario nel paragrafo precedente. OSCAR FIUMARA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1964, n. 2056 -Pres. Celentano -Est. Di Majo -P.M. Pedate {conf.) -Lucchesi Palli e S.M.O.M. (avv. Cazzoni) c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). Imposte di successione -Commenda del Sovrano Ordine Militare di Malta -Morte del titolare -Passaggio dei diritti sulla commenda dell'erede. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 789 La qualit� di primo chiamato alla Commenda del Sovrano Ordine Militare di Malta ha il suo titolo in un rapporto di diritto privato, quaf� l'atto di fondazione, e costituisce per l'interessato un diritto subbiettivo, sebbene subordinato nella sua concreta realizzazione al giudizio dell'Ordine sugli altri requisiti di nobilt� e moralit�. Pertanto alla successione avente ad oggetto il godimento di beni appartenenti alla fondazione posti nel .territorio dello Stato italiano che in conseguenza della morte del titolare della commenda si verifica a favore dell'erede, il quale riceva poi l'inv~stitura dall'Ordine, � applicabile l'imposta di successione (I). (1) Osservazioni sugli aspetti tributari della successione nelle commende del S.M.O.M. La sentenza merita di essere particolarmente segnalata perch� � la prima volta che la Suprema Corte si � pronunciata sugli aspetti tributari della successione nelle Commende e Baliaggi del S.M.O.M. (e neppure risultano, anteriormente alla vertenza de qua, altri precedenti giurisprudenziali di giudici di merito). La motivazione della sentenza � semplice, lineare e coerente. Una volta confermato che gli atti di fondazione delle Commende (nella specie trattavasi di Com~ menda di Giuspatronato familiare) hanno natura di negozi di diritto privato e che, pertanto, essi .sono per �il � commendatore � fonti di veri e propri diritti soggettivi (di carattere reale), sia per �quanto attiene al godimento dei fondi conferiti nella Commenda, sia per �quanto attiene alla successione mortis causa in tale godimento �in conformit� agli atti di fondazione predetti, non poteva non derivare da tale premessa, come conseguenza inesorabile, che, verificatasi una siffatta successione, essa dovesse essere assoggettata alla relativ;a imposta successoria secondo l'ordina mento giuridico italiano. Ma deve contemporaneamente rilevarsi che la sentenza stessa, pur costituendo un importante punto fermo, non ha esaurito ogni questione sull'argomento. Da vari decenni l'attivit� dell'Amministrazione si � ispirata alle considerazioni contenute nella Normale n. 54 del 24 marzo 1885 (Boll. uff. tasse e demanio, 1885, 334), considerazioni alle quali (pur, invero, senza mai sottoporle a particolare esame critico). si � sempre, da allora, pacificamente riportata la dottrina (v. CAPPELLOTTO, Tasse di Registro, I, 695 e Il, 26; UBERTAzzr, La Legge sulle Tasse di Registro, 1908, 12 e la Legge Tributaria sulla successione, 1925, 15; VrGNALI, Le Tasse di Registro, 1908, Il, 424): �:�: stata sottoposta all'esame del Ministero la questione se, per le Commende dell'Ordine Gerosolimitano, in occasione del loro passaggio da uno .ad altro Commendatore, possa farsi luogo .all'applicazione della tassa por tata dall'art. 115 della tariffa annessa alla legge di registro [r.d. 13 settembre 1874, n. 2075, corrispondente all'art. 13 dell'attuale legge sulle imposte di successione] �.� �D'accordo con l'Avvocatura Generale, si � sul proposito osservato che per l'indicato passaggio di Commende, verificandosi indubbiamente una trasmissione di usufrutto a favore del nuovo commendatore, ricorre, in difetto di una speciale esenzione, l'applicazione dell'art. 1 della citata legge [corrispondente all'art. 1 della attuale legge sulle imposte di successione e all'art. 1 della attuale legge di registro], secondo cui ogni trasmissione, nonch� della propriet�, anche dell'usufrutto, uso o godimento di beni, � assoggettata a tassa di registro [ora, per RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 790 quanto qui interessa, a imposta di successione]. E quanto alla misura della tassa, si � considerato che, non essendo il passaggio delle Commende suddetto contemplato nella tariffa, per il disposto del capoverso dell'art. 6 della legge [corrispondente all'art. 8 della attuale legge di registro] �detta trasmissione di usufrutto debba essere gravata con la tassa portata dal cit. art. 115, che � quella che pi� si accosta alla natura ed agli effetti del tmsferimento in questione � � Come si vede, la pretesa dell'Amministrazione si imperniava sulla qualiflcazione del diritto del �Commendatore � come usufrutto e sulla applicazione anaiogica, quanto alla aliquota, delle norme relative alla tassazione dei passaggi dei bene:6ci ecclesiastici. Ora, la Suprema Corte, pur affermando la assoggettabilit� della successione nella commenda alla imposta successoria, non ha toccato (dati i termini in cui la vertenza le era pervenuta dopo i precedenti gradi del giudizio) la questione dei criteri della tassazione, in relazione alla de:6nizione giuridica del diritto (reale) oggetto della successione stessa. All'origine della causa vi era una tassazione della successione de a11,a operata conformemente all'indirizzo. segnato con la sopra citata Normale del 1885. contro la quale il titolare della Commenda .(che ha poi provocato l'intervento del S.M.O.M.) � insorto add11cendo le ragioni cos� riassunte nel testo della sentenza annotata: �L'atto che l'ufficio del registro� aveva ritenuto comportasse "un passaggio di usufrntto " altro non costituiva se non l'investitura di una nuova persona :6sica nella titolarit� di un ente di diritto pubblico di un particolare ordinamento ginridico, antonomo e indipendente da ogni altro, quale era il Sovrano Militare Ordine di Malta. soggetto sovrano di diritto internazionale; infatti, il Sovrano Militare Ordine di Malta si avvaleva dell'Ente "Baliaii;gio Borbone", giusta la tavola di fondazione del 14 luglio 1853 per notaio Gualandra, per il conseguimento dei suoi :6ni istituzionali, sicch� il detto Ente aveva una particolare pel"sonalit� giuridica ed un suo patrimonio; si aveva, quindi, ad opera dell'Ordine, il conferimento ad personam di ufficio pubblico in conformit� della linea di sequenza prevista dalla tavola di fondazione e con il concorso di particolari requisiti di nobilt� e d� costumi. e la pubblica funzione cos� assunta consisteva nell'amministrare il patrimonio dell'Ente e nel destinare le rendite ai :6ni istituzionali, che erano quelli bene:6ci ed ospedalieri dell'Ordine: :OPrtanto. essendo t.ali la natnra ed i caratteri del mpporto che si creava per effetto dell'investitura, non era possibile ravvisare nel rapporto stesso gli estremi dell'usufrutto n� un trapasso di questo nella occasione di variazione delle persone invest�te � � TI Tribunale di Venezia, chiamato a giudicare fo primo grado. aveva fondato la sua decisione, contraria alla p.a., �sulla mancanza, nel r.d. n, 3270 del 1923, di una e<nressa nrevisione delle Commende in ouPstione ed aveva osservato che, in materia di impnsta di successione, non � ammissibile la tassazione per analogia, mancando nella relativa 1egge una norma di contenuto identico od analogo all'art. 8 della legge di registro, il quale non potrebbe trovare legittima applicazione se non nell'ambito di qnella legge. Con la conseguente impossibilit� di fare nella specie richiamo alle norme I d'altronde. ora abrogate per effetto dell'art. 29 lett. h del Concordato con la S. Sede) sulla tassazione dei bene:6ci ecclesiastici, sia perch� l'assoggettamento all'imposta succ�ssoria dei passaggi di tali bene:6ci costituiva di per s� una eccezione n�l sistema della. legge regolatrice del tributo, data la particolare struttura di quegli istituti, propri di altro ordinamento giuridico originario (quello della Chiesa) e come tali non commensurabili con altri istituti del nostro diritto privato, sia perch�, per la stessa ragione della loro appartenenza ad altro ordinamento giuridico original'io (quello del S.M.O.M.), indipendente rispetto a quello della Chiesa e rispetto a quello Italiano, le Commende hanno anche esse una con:6gurazione propria nel PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 791 l'ambito del loro ordinamento che le rende a loro volta incommensurabili con istituti dell'uno o dell'altro di quegli ordinamenti. In quella sede, esigenze o semplice �scrupolo di difesa avevano indotto ad entrare anche nel vivo dell'indagine volta a definire, attraverso la struttura ed origine storica delle Commende ,la natura giuridica del diritto del � Commendatore �. Ma nel giudizio di secondo grado la Corte di Appello (con la sua sentenza 7 novembre 1961 -23 gennaio 1963, n. 63), mentre ha corretto l'erronea impostazione della sentenza appellata, ha per� anche riportato la vertenza in termini strettamente aderenti all'economia della fattispecie di cui si discuteva. Essa, infatti, dopo aver affermato (per le ragioni sostanzialmente riprodotte nella sentenza annotata) la potest� tributaria dello Stato in ordine alle Commende e l'assoggettamento della successione alle relative imposte, rientrando il diritto (reale) del � Commendatore,, nella previsione dell'art. 1 del r.d. n. 3270 del 1923, ha ritenuto, peraltro, d� poter prescinder da ogni altra indagine relativa alla pi� precisa definizione di quel diritto, la quale, essendo influente solo ai fini dei criteri della tassazione {determinazione della base imponibile, aliquota applicabile) esorbitava dai termini della vertenza cos� come posti dall'opponente e dall'intervenuto S.M.0.M., termini che non investivano i criteri seguiti dalla p.a. nella liquidazione del tributo, ma l'esistenza stessa della potest� tributaria dello Stato (tanto pi�, poi, che, almeno nella specie, la tassazione operata in base all'art. 13 del r.d. n. 3270 del 1923 era, tr� le altre ipotizzabili, la pi� favorevole all'attore). �E una volta cos� contenuti i termini della vertenza era. ovvio che la Suprema Corte non potesse andare oltre. Rimane, pertanto, tuttora aperta la questione se, agli effetti della tassazione delle successioni nelle commende, possano tuttora ritenersi validi i criteri al riguardo segnati nella lontana Normale del 1885. Ed anzi, un invito a riaprirla � quasi implicito nella stessa sentenza della Corte di Appello Veneta, Ja quale, pur non affrontando e definendo (per le ragioni gi� accennate) la questione stessa, l'ha tuttavia in pi� punti sfiorata, sia mettendo in luce (a correzione delle inesatte affermazioni del giudice di primo grado) le origini e la ratio della tassazione dei passaggi dei benefici ecclesiastici; sia escludendo che tali benefici, e cos� pure le Commende del S.M.0.M., non possano essere ricondotti nello schema dell'usufrutto nonostante gli oneri e le limitazioni che possano gravare sui relativi titolari, dato che � og;ni diritto, compreso quello di propriet�, pu� subire limitazioni, anche di notevole ampiezza, senza che questo alteri la sua natura �, s� che tali limitazioni ed oneri potranno tutt'al pi� influire solo sul valore del diritto, ma non sulla sua qualificazione (ed assoggettabilit� alla imposta); sia, infine, adombrando la possibilit� che, se ne fosse stato il caso, si sarebbe forse potuto discutere se, nella fattispecie, potesse pi� esattamente ravvisarsi, anzich� una forma di usufrutto; quella di un uso. Usufrutto -dunque -(ed eventualmente con le aliquote ordinarie o con quelle di cui all'art. 13 della legge), uso, enfiteusi? Ma non � questa, ovviamente, la sede opportuna per assumere una posizione al riguardo: � sembrato necessario solamente richiamarvi l'attenzione. Tanto pi� che la questione stessa potrebbe risultare non suscettibile di una soluzione univoca, sia in relazione ai diversi tipi di � Commende ,, (il cosiddetto Codice Rohan precisa -Titolo XIV, II -che: " Sotto nome o vocabolo di Commende, vengono i Priorati, la Castellania d'Emposta, i Baliaggi, i poderi, i membri, le possessioni t tutti gli altri beni di qualsiasi sorte dell'Ordine nostro � ), sia in relazione alle concrete e specifiche disposizioni contenute nelle singole tavole di fondazione, che sar� pertanto opportuno di volta in volta ,sottoporre ad analitico esame. GIACOMO MATALONI SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI.E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 17 febbraio 1964, n. 350 -Pres. Celentano -Est. D'Anniento -P.M. Criscuoli (conf.) -Musco (avv. Correale) c. Casella (avv. Conte) e Ministero LL.PP. (avv. Stato Carbone). Acque pubbliche -Sentenza del Tribunale superiore -Ricorso per cassazione � Termine. (c.p.c. del 1865, art. 518; c.p.c. art. 325; r.d. 11 dicembre 1933, n .1775, artt. 183, 202). Acque pubbliche -Sentenza dei Tribunali delle aa.pp. -Notificazione del dispositivo all'avvocato e non al procuratore costituito � Validit�. (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183, 154). Il termine per il ricorso alle Sezioni unite deilla Corte di Cassazione, contro le sentenze del Tribunale superiore delle aa.pp., � di 45 giorni, a norma dlJlliart. 202 ool r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, che riduce alla met� i 90 giorni indicati. neU'art. 518 del c.p.c. del 1865 (1). I .termini �impugnazione delle sentenze dei Tribunali delle aa.pp. decorrono dalla notificazione del dispositivo, effettuata dal cancelliere. Tede notifica � valida, anche se eseguita all'avvocato legalmente costituito (2). (1) Giurisprudenza costante, in relazione al principio secondo cui il sistema processuale previsto dal testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775 ha carattere auto� nomo, e resta collegato a quelle norme del codice di rito del 1865 che siano espressamente richiamate (cfr.: Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1040; id. 17 aprile 1963, n. 950. Giust. civ., 1963, 2659). Ovviamente quando non si tratti di norme specificamente richiamate, e la situazione processuale .non sia disciplinata dal testo unico, � applicabile il codice di rito in vigore (cfr.: Sez. Un., 15 marzo 1956, n. 761, Acque, bonif. e costruz., 1956, 471, a proposito dell'applicabilit� del termine di cui all'art. 327 c.p.c.). PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 793 L'esattezza dell'indirizzo � posta in dubbio dal BuscA (Le acque nella legislazione ital., Utet, 1962, pag. 454), riecheggiando il contrario �avviso espresso dall'ANoruou, subito dopo l'entrata in vigore del codice di rito (Foro It., 1942, IV, col. 44 e ss.). L'elenco completo delle situazioni processuali regolate dal testo unico del 1933, � dato dal BuscA, op. cit., 450 e segg. (2) La disciplina prevista dal testo unico del 1933 � profondamente diversa, rispetto a quella del codice di rito. Infatti, l'art. 183 dispone che il dispositivo delle decisioni deve essere notificato alle p�arti, nella forma stabilita per gli atti di citazione. Tanto, per�, non significa che la notifica va fatta alla parte personalmente, dovendo la norma essere posta in relazione con l'art. 154, u.c., di esso t.u., secondo cui l'espressione �parte � indica anche i procuratori o gli avvocati costituiti (ofr. Sez. Un., 6 aprile 1962, n. 780, Foro amm., 1962, II, 862). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1964, n. 1908 -Pres. Vistoso -Est. D'Amico -P.M. Trotta {conf.) -Ente siciliano case lavoratori (avv. Selvaggi) c. Sena {avv. Cordova). Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Dipendenza da fatti ascrivibili a colpa dell'Amministrazione -Inapplicabilit� dell'art. 35 del capitolato generale del 1895. (d.m. 28 maggio 1895, art. 35). La norma di cui alfait. 35 del capitolato generale del 1895 sui lavori pwbblici, va applicata solo quando la sospensione dei lavori risulta causata da fatti obiettivi e indipendenti dalla volont� delr Amministrazione committente, e comunque non ~vibile a sua colpa (1). Sussistendo tale colpa trovano a:pplicazione le disposizioni di diritto comune riguardanti la risoluzione dei contratti ed il risaroimento del danno (2). (Omissis). -La ragione essenziale del decideve da parte degli arbitri giustamente approvata dalla Corte di Appello, � che le circostanze che rendono applicabili le richiamate disposizi<mi della legge sui lavori pubblici, e delle norme del Capitolato Generale e del Capi (1-2) Nella specie, la sospensione dei lavori era stata causata dall'indisponibilit� del terreno, e dalla .necessit� di trovarne un altro idoneo all'opera appaltata. L'ipotesi, invece, di sospensione connessa allo studio di varianti risultate indispensabili o opportune in corso d'opera, sembra che possa agevolmente inquadrarsi nelle circostanze speciali, di cui all'art. 35 dell'abrogato capitolato generale del 1895, trattandosi di esigenze tecniche necessarie alla buona riuscita dei lavori (cfr.: C1ANFLONE, L'appalto di oo.pp., 1957, 519 e segg.; lodo s.d. 1958, Pergolizzi c. LL.PP., Acque ecc., 1959, 199; id. 22 gennaio 1959, Panconi c. Incis, ivi, 1960, 415). Ovviamente, il giudizio sulla liceit� della variante � strettamente collegato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 794 tolato Speciale, sono soltanto quelle che possono riferirsi a fatti obie1ttivi, . indipendenti dalla volont� dell' Amministraziorie committente, e comunque non ascrivibili a sua colpa; cosicch�, se le sospensioni siano determinate da fatti colposi dell'Amministrazione, si applicano le disposizioni del �diritto comune e non quelle delle leggi speciali: l'attivit� svolta dall'Amministrazione mediante l'appalto ha, rispetto all'interesse generale per cui le opere sono state disposte, funzione puramente strumentale ohe non fa perdere al contratto la natura essenziale di istituto �di diritto privato con la conseguente applicazione delle norme del codice civile, ed in particolare di quelle �che rigual'dano la risoluzione dei contratti ed il risarcimento dei danni. -{Omissis). all'esame dell'adeguatezza del progetto originario, ed al periodo di tempo normalmente necessario per lo studio e l'approvazione di quello di variante. ~ interessante n1evare, che J'elemento discriminatore tra sospensione lecita o meno, � individuato dalla Corte Suprema in una circostanza negativa, e cio� nella mancanza di � fatti colposi � da parte dell'Amministrazione. Ora, date le caratteristiche della prestazione di quest'ultima, non sembra improprio utilizzare nella valutazione della circostanza, i col\renti principi in materia di colpa p:rofessionale, che -come � noto -� limitata ai casi della colpa grave o del dolo, quando si sia di fronte a problemi tecnici di particolare difficolt� (Cass., 12 dicembre 1963, n. 3329, Foro it., 1963, I, 1304; id. 28 aprile 1961, n. 961, fui, 1962, I, 510, con richiami di dottrina e giurisprudenza, in ordine agli aspetti pi� rilevanti della connesm problematica). Va aggiunto, che il nuovo Capitolato generale s:ui 11.pp., appirovato con d.p.r. 16 luglio� 1962, n. 1063, ha profondamente innovato in materia, distinguendo tra sospensione causata da � forza maggiore, condizioni climatologiche od altre simili circostanze speciali � (lo comma), per la quale i limiti temporali sono commisurati alla durata della causa che la determina; e sospensfone connessa a � ragioni di pub blico interesse o necessit� � (2o ccimma), nella quale la durata non pu� eccedere un quarto del periodo contrattuale, o comunque i sei mesi. Dalia distinzione si desume, che le sospensioni del pl\iroo gruppo sono riferi bili unicamente a cause naturali; menfre in quelle del secondo, consid�rata anche l'ampiezza e la genericit� della previsione legislativa, � indubbiamente consentito inquadrare pure il'ipotesi innanzi richiamata, essendo evidente. la connessione tra pubblico interesse e perfetta realizza:ziione dell'opera appaltata .. LODO 21 marno 1964, n. 12 (Roma) -Pres. Meregazzi -Est. Gelera Impresa Maialino {avv. Vitarelli) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Del Greco). Opere pubbliche -Ricostruzione di edifici distrutti per cause di guerra -Azione di rivalsa contro l'Amministrazione appaltante -Competenza del collegio arbitrale. (d.m. 28 maggio 1895, art. 42). PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 795 La dichiarazione dell'essere il contratto stipulato ai sensi del d.l. 7 giugno 1945,. n. 322 e del d.l.l. 26 marzo 1946, n. 221, riguardanti il trattamento fiscale degli appalti per la ricostruzrone di opere pubbliche distrutte per eventi bellici, pone .in essere il riconoscimento dell'essersi tenuto conto dei conseguenti benefici fiscali nella formazione dei prezzi contrattuali (1). Il collegio arbitrale �, pertanto, competente a giudicare delrazione di rivalsa proposta dallappaltatore, in caso di indebito pagamento delri. g.e. {2). (Omissis). -Con la prima riserva regolarmente inscritta negli atti contabili, l'Impresa lamenta che il Provveditorato alle Opere Pubbliche di Catanzaro abbia violato una clausola contrattuale, col trattenere l'importo di L. 384.600 quale aliquota dell'imposta generale sull'entrata in relazione al primo e al secondo certificato di pagamento, rispettivamente dell'importo di L. 5.610.000 e di L. 7.210.000. L'Amministrazione eccepisce che la questione esula dalla competenza arbitrale, avendo come contenuto la esentabilit� o meno del contratto dal tributo e quindi un diritto indisponibile, da discutere semmai da parte dell'Impresa davanti ai competenti organi finanziari. Ritiene il Collegio tale eccezione manchevole nella sua impostazione e priva di fondamento. Di vero, nel caso di specie, non si tratta di stabilire se il contratto di appalto de quo (il quale porta in epigrafe la dizione � opere dipendenti dalla guerra �) sia assoggettabile o meno all'i.g.e., ma se per effetto di una clausola contrattuale e quindi per la (1-2) Le questioni concernenti il regime fiscale di un atto, e quindi l'esentabilit� o meno del contratto di appalto dalle imposte che lo riguardano, attengono a materia !indisponibile, sottratta alla competenza arbitrale a norma dell'art. 806 c.p.c. A questa conclusione, sia pure con diversa giustificazione, e cio� facendo riferimento alla ratio della clausola compromissoria contenuta nel capitolato generale sui ll.pp, ed al pecuHare ambito funzionale della stessa, � pervenuta la giurisprudenza {cfr. Cass., 9 marzo 1955, n. 715, Foro it., 1955, I, 1000). La decisione riportata � andata in contrario avviso, ritenendo che il riferimento in contratto al particolare regime tributario previsto dai d.l.l. n. 322 del 1945 e n. 221 del 1946, ponevano in essere una esplicita clausola di esonero fiscale, con la conseguenza che dell'interpretazione di essa e dei suoi effetti era lecito discutere in sede arbitrale. Non sembra che l'affermazione sia da approvare; poich�, come risulta anche dalla motivazione, si trattava di pura e semplice dichiarazione di richiamo alle leggi di esenzione, senza alcuna aggiunta circa gli effetti tra le parti del beneficio che l'appaltatore avrebbe conseguito. Tale dichiara2lione, inoltre, era un presupposto formale, esplicitamente imposto dall'art. 6 del d.l.l. 7 giugno 1945, n. 322 proprio per rendere applicabili le agevolazioni relative (cfr. Cass., 15 marzo 1954, 11. 762, Giur. imp., 1954, 438). Il )odo � stato impugnato. 796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO espressa volont� delle parti, gravi sulla Impresa l'onere dell'i.g.e. sui corrispettivi accordati dall'Amministrazione. Il punto di contrasto verte quindi sulla interpretazione e sulla efficacia di una dausola posta nel contratto e, come tale, non si sottrae al giudizio arbitrale. Non pare dubbio al Collegio che la trattenuta di cui si discute sia stata applicata illegittimamente da parte dell'Amministrazione. Di vero, nel contratto di appalto si legge testualmente: � Il presente contratto � redatto ai sensi ed a tutti gli effetti del d.l. 7 giugno 1945, n. 322 e del d.1.1. 26 marzo 1946, n. 221 e successive modificazioni ed integrazioni �. Ci� significa che le parti intesero obbligarsi nello spirito e nelle condizioni di quelle disposizioni legislative, le quali per la natura del contratto e per la esperienza tecnica delle parti contraenti, non potevano essere state obliterate sia dall'Amministrazione nel calcolare il preventivo costo dell'opera e nel predisporre gli atti per l'appalto, sia dall'Impresa la quale nel fare la propria offerta di ribasso, ha soppesato tutti gli oneri inerenti all'opera stessa, non esclusi gli oneri fiscali e tra essi quello dell'i.g.e. Orbene, il decreto legislativo luogotenenziale n. 221 succitato (che estendeva anche alle opere pubbliche le agevolazioni tributarie per la ricostruzione degli edifici distrutti o danneggiati per eventi bellici gi� stabiliti dal d.l. 7 giugno 1945, n. 322), dispone espressamente all'art. 2, comma quarto, " I corrispettivi degli appalti sono esenti dall'imposta generale sull'entrata �. Devesi quindi dedurre che l'Impresa Maialino acconsent� di apportare la sua collaborazione all'Amministrazione per l'oggetto che essa aveva fissato nel contratto in vista �di questa esenzione,. e che ha accettato gli oneri dell'appalto in considerazione di questo vantaggio ed in previsione di questo beneficio. Pertanto la lamentata trattenuta (che peraltro l'Amministrazione oper� sul primo e sul secondo certificato di acconto ma non pi� sui suoessivi manifestando con tale comportamento la validit� della contestazione) ha turbato l'equilibrio economico tra prestazione e controprestazione, tra l'opera pattuita ed il compenso dovuto, come le parti intes�ero porre a base della contrattazione. Risponde quindi a giustizia,� per la interpretazione letterale e logica della clausola e per il ripristino del contratto nei veri termini voluti dalle parti, che la somma di L. 384.600 trattenuta dall'Amministrazione sia . restituita. -(Omissis). LODO 3 agosto 1964, n. 61 (Roma) -Pres. ed Est. Gualtieri -Soc. �1~., I.R.Co.Ci.R. (avv. Donzelli) c. I.A.C.P. della provincia di Sassari �'. e Gestione case per lavoratori (avv. Stato Del Greco). .9. :-:� PARTE I, SEZ. VI, GIUR ..IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNlTURE 797 Opere pubbliche -Costruzione di case per lavoratori � Rapporti tra Gestione case per lavoratori e stazioni appaltanti -Con cessione amministrativa. Opere pubbliche -Costruzione case per lav.oratori -Controversie con le imprese appaltatrici -Legittimazione esclusiva delle stazioni appaltanti. Arbitrato pubblico -Intervento di terzo � iussu indicis � -Ammissibilit�. La costruzione di ~e per lavoratori, ai sensi della legge 28 febbraio 1949, n. 43 e successive inteigrazioni e modificazioni, � di competenza �degli enti affidatari dei lavori, i cui rapporti con la Gestione case per lavoratori vanno definiti di �concessione amministrativa (1). Gli enti suddetti sono legittimati in via es�lusiva nelle controversie promosse dagli appaltatori, alle quali la Gestione case per lavoratori, sul piano sostanziale, rimane estranea (2). Anche nel'/:arbitrato pubbli<co � ammissibile l'intervento coatto per ordine del giudice, nel caso che il terzo abbia parte�ipato alla stipulazione della clausola compromissoria (3). (Omissis). -Dev'essere, invece, accolta f.eocezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla GESCAL. � noto che, a norma della I. 28 febbraio 1949, n. 43, la �costruzione delle case per lavoratori era demandata non alla Gestione I.N.A.-Casa, ma a:d una pluralit� di Enti pubblici, i quali erano tenuti a redigere i progetti di costruzione, ad appaltare i lavori, a dirigerli, restando alla Gestione solo l'obbligo di provvedere al loro finanziamento, e conservando essa il diritto di vigilare sulla esecuzione delle opere in tutte le sue fasi. Non si pu� negare che il rapporto di affidamento di esecuzione di opere, che rientrino nei fini istituzionali della Gestione, sia (1-2) Per la realizzazione del piano d'incremento dell'occupazione operaia, la legge 28 fehbmio 1949, n. 43 ed i regolamenti approvati con d.p. 22 giugno 1949, n. 340 e 4 luglio 1949, n. 436, previdero: a) 1a costituzione di un � Comitato di attuazione �, con il. compito di predisporre i programmi generali di costruzione, e di presiedere all'impiego dei mezzi finanziari; b) l'istituzione di una nuova persona giuridica (la Gestione I.N.A.-Casa), allo scopo di provvedere all'attivit� amministrariva, necessaria per dare esecuzione alle direttive ed alle deliberazioni del Comitato; e) l'affidamento ad una pluralit� di enti pubblici o di diritto pubblico (INCIS, INPS, ICP, Comuni, Provincie, ecc.) dell'incarico della concreta realizzazione degli alloggi. A questi enti, scelti dal Comitato di attuazione, la legge accolla direttamente l'onere di redigere i progetti, appaltare i lavori e dirigerli. Dalla ripartizione accennata consegue, che Comitato di attuazione, Gestione I.N.A.-Casa, ed enti costruttori, hanno competenza funzionale ed esclusiva nell' esple 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO influenzato e determinato dalla pubblicit� del fine dell'Ente concedente, nonch� dell'Ente cui � conferito fincarico di appaltare l'opera, e che, pertanto, tale rapporto debba qualificarsi come concessione amministrativa. � appunto in tale rapporto che trova giustificazione il potere di vigilanza e di controllo spettante alla Gestione sull'Ente incaricato di appaltare fopera, in relazione alla esecuzione della stessa. Ed � in perfetta armonia con la natura di concessione amministrativa del rapporto in parola, la clausola contenuta nell'art. 102 del Capitolato generale d.'appalto 9 febbraio 1950, secondo cui f appaltatore pu� far valere i suoi diritti e pretese solo verso la Stazione appaltante e non verso la Gestione I.N .A.-Casa, cui spettano i poteri di controllo e �di vigilanza sui lavori e sugli atti ad essa relativi. Poich� la legittimazione passiva all'azione � una delle condizioni delfazione, il difetto di essa comporta il rigetto nel merito della domanda. La GESCAL va, pertanto, assolta dalla domanda. Da quanto si � d~to consegue che legittimato passivamente alf azione � invece fl.A.C.P. di Sassari, il quale ebbe a stipulare con la I.R.Co.Ci.R. il contratto �di appalto 25 maggio 1961. Ritiene il Collegio che legittimamente fu ovdinata, �a norma dell'art. 107 c.p.c., fintervento di detto Istituto nella pvesente vertenza. La Suprema �Corte ha ripetutamente affermato il principio, che, nelfipotesi in cui il convenuto opponga �di essere estraneo al rapporto dedotto in giudizio ed indichi un terzo quale unico e vero soggetto passivo delfobbligazione, non si ha, per il solo fatto di tale indicazione, un rapporto necessariamente eonsortile �di �diritto sostanziale, n� quindi, la necessit� dell'integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.e. nei confronti del terzo, prospettandosi la sola esigenza, ai fini della con tamento dei compiti rispettivi. In particolare, per quanto riguarda gli enti, ci� significa che tutte le -responsabilit� di carattere contrattuale o extra-contrattuale connesse alle attivit� loro attdbuite, li riguardano direttamente, e che ne devono rispondere per fatto proprio. :i'!: appena il caso di aggiungere, che dalle � convenzioni � stipulate tra gli enti e la Gestione, ai fini della regolamenta21ione dei rapporti derivanti dall'incarico conferito ai primi (e di cui � cenno nell'art. 2 della legge del 1949), esula qualsiasi elemento privatistico, comunque riferibile al mandato. E ci� non solo in difetto dell'elemento fondamentale e caratt.eristico di tale .istituto (e cio� l'esercizio di facolt� o poteri spettanti al mandante, e per suo conto posti in essere dal mandatario), essendo la realizzazione degli alloggi riservata dalla legge agli enti ripetuti e non alla Gestione, che ha il solo compito di finanziarli. Ma anche perch�, per la peculiare natura dei soggetti, ed il tipico contenuto del rapporto (realizzazione di un'opera pubblica), si � indubbiamente nell'ambito di �un rapporto pubblicistico, assimilabile pienamente alla concessione amministrativa (cfr.: Cass. 4 maggio 1962, n. 863, lodo 24 novembre 1960, Impresa Pizzino c. Gestione l.N.A.Casa e INCIS, Acque, ecc., 1960, 616). (3) In relazione all'origine contrattuale dell'arbitrato, ed. alla mancanza negli f. ~� :-� "' PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI .E FORNiTURE 799 danna o dell'assoluzione del convenuto, di accertare se questi sia il legittimo contraddittore; che, in detta ipotesi, peraltro, non potendo il terzo, indicato dal corivenuto, essere perseguito se non in altro �giudizio, e venendo cos� a sorgere l'eventualit� di un conflitto teorico di giudicati, il legislatore, ad ovviarlo e prevenirlo, ha apprestato l'istituto dell'intervento iussu judicis, cosicch�, a seguito dell'indicazione predetta, prospettandosi la causa come �comune al terzo, il giudice pu� imporre alfattore ,di inserire nel rapporto processuale il terzo stesso per l'estensi�ne del contraddittorio dal lato passivo e per l'introduzione di un litisconsorzio di diritto processuale, in modo che l' emananda sentenza, quale che debba esserne il �ecisum, faccia stato anche nei confronti del chiamato per l'intervento (da ultimo, Cass. 18 febbraio 1960, n. 364). Non pu� revocarsi in dubbio che il suddetto principio sia applicabile alla fattispecie, ricorrendo i presupposti della comunanza di lite tra la GESCAL e l'I.A.C.P. di Sassari, s'intende con le limitazioni e gli adattamenti imposti dalla natura del procedimento arbitrale. N� varrebbe obiettare che esso non possa trovare applicazione nell'ambito di detto procedimento per le caratteristiche proprie di questo, in cui, come gi� si � detto, non pu� mai verificarsi la vocatio in jus, essendo la concorde volont� delle parti, consacrata nel compromesso o nella clausola compromisso'l'ia, a devolvere ad arbitri la lite. Il principio surriferito non potrebbe certo trovare applicazione qualora il terzo, che il convenuto indica come vero legittimato, non abbia partedpato alla stipulazione della clausola compromissoria, essendo evidente che in tale ipotesi mancherebbe la volont� della parte di devolvere ad arbitri la lite, volont� necessaria ed insostituibile per la proposizione del giudizio arbitrale. Senonch�, nel caso in esame, si verifica una situazione opposta, in quanto l'I.A.C.P. di Sassari partecip� alla stipulazione del contratto di arbitri di 'qualunque potere nei confronti delle persone estranee al processo (conseguendo H potere loro attribuito dal patto compromissorio e dall'atto di nomina), la dottrina desume l'inapplicabilit� dell'istituto dell'intervento coatto, sia su istanza di parte, che iussu iudiois (cfr.: REDENTI,. Dir. proc. civ., 1954, voi. III, pag. 473, n. 268, Ili; VECCHIONE, L'arbitrato nel sistema del proc. civ., 1953, 328, n. 118, 331, n. 120; D'ONOFRIO, Commento, 1957, voi. Il, 492, n. 1293; ScmzzERO'ITO, Dell'arbitrato, 1958, 306 e segg.). � Nella specie, per altro, la situazione processuale era caratterizzata da una peculiarit� opposta a quella accennata, poich� la domanda arbitrale risultava notificata alla Gestione Case per 1.avoratori, e cio� ad un soggetto estraneo al contratto, e quindi alla clausola compromismria. Pertanto, anche se le ragioni di principio innanzi richiamate non risultavano conferenti, essendo proprio il terzo chiamato i�l causa obbligato contrattualmente, la decisione appare ugualmente errata, per essersi trascurato di considerare l'eVidente inesistenza di un rapporto . processuale sul quale innestare la chiamata del terzo, a causa della radicale nullit� della domanda arbitrale. Il lodo � stato impugnato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 800 appalto in oggetto e della clausola compromis~oria'. di modo che i! Collegio, ordinando la notifica della domanda d1 arb1tra~ento, nonche dei verbali delle sedute del 4 giugno 1964 e del 23 giugno 1964 al- 1'1.A.C.P..di Sassari, lungi dal sostituirsi alla sua volont�, pose questo nella condizione di intervenire attivamente nel giudizio. Aggiungasi che detto Istituto non doveva nemmeno provvedere alla nomina del proprio arbitro n� concol'dare la nomina del terz6 arbitro, essendo esse riservate a�a GESCAL; il che costituisce una ulteriore ragione per l'applicabilit� del principio surriferito alla fattispecie. (Omissis). SEZIONE SErnMA GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUNALE DELL'AQUILA, 18 aprile 1964, imp. Guarnaschelli. Giuoco d'azzardo -Esercizio di casa da giuoco in Taormina Sanatoria. (1. 18 febbraio 1963, n. 67). L'apertura e la gestione della casa da giuoco di Taormina sono state implicitamente sanate e sono, perci�, divenute penalmente lecite per effetto della legge 18 febbraio 1963, n. 67 e del conseguente pagamento, da parte del gestore, dei tributi e dei diritti addizionali da essa previsti (1). � {Omissis). -Pur non condividendo i motivi che hanno indotto il Pretore di Taormina a pervenire alle conclusioni di cui alla sentenza impugnata dal Procuratore della Repubblica di Messina, questo Collegio ritiene di doverla confermare ma per altre ragioni. Prima di scendere all'esame del merito occorre sgombrare il campo dalla eccezione di inammissibilit� dell'appello eccepita preliminarmente dalla difesa dell'imputato, secondo la quale il P.M. chiederebbe un mutamento, non �consentito, della contestazione in tale sede . .S evidente che l'appello del Procuratore della Repubblica di Messina investe tutta la sentenza e quindi anche la parte che si riferisce al periodo dell'esercizio del gioco d'azzardo dall'apertura del Casin� (7 novembre) sino alla sua forzata chiusura imposta dal provvedimento della Procura Generale (9 novembre 1962) e non solo al periodo che va dalla riapertura (5 febbraio 1963) alla emanazione della sentenza� (19 febbraio u.s.). La tesi difensiva con la quale si sostiene che, essendosi al. Guarnaschelli contestato un reato permanente con la data terminale dell'8 novembre 1962, in cui lesercizio ulteriore del giuoco d'azzardo divenne impossibile, il secondo reato permanente, eventualmente rawisabile nel periodo dal 5 al 19 febbraio 1963, avrebbe dovuto formare oggetto di una contestazione suppletiva; come reato concorrente ai sensi dell'art. 445 c.p.p. e che, non essendo stata fatta, (1) In corso di stampa del fascicolo, in data 14 novembre e.a., le Sezioni Unite si sono pronunciate sul ricorso proposto avverso la sentenza del Tribunale. Si omette, pertanto, di pubblicare la nota che eia stata predisposta, in attesa della sentenza delle Sezioni Unite che verr�, appena possibile, pubblicata ed annotata. 13 RASSEGNA DELl.. AVVOCATURA DELLO STATO di essa non potrebbe in sede di appello tenersi conto, avrebbe importanza solo nel caso che questo collegio ritenesse di dover affermare la responsabilit� dell'imputato e quindi scegliere tra una condanna e fapplicazione delfamnistia; ipotesi, per�, che, come � stato premesso, non. si verifica. . Devesi, per�, per completezza di discussione rilevare che secondo l'indirizzo giuri~prudenziale corrente la tesi difensiva in parte � fondata. Ed invero, quando nell'atto di contestazione predibattimentale sia fodicata anche la data di cessazione del reato permanente, il giudice . di primo grado non pu� tenere conto dell'ulteriore permanenza se essa non sia contestata a norma dell'art. 445 c.p.p. e se il giudice di merito abbia accertata l'ulteriore permanenza del reato senza la rituale contestazione suppletiva dibattimentale, la relativa sentenza dovr� considerarsi nulla. Nel caso in esame risulta infatti che il Giudice di primo grado, ha fissato la data di cessazione del reato nell'8 novembre 1962; che il Casin� � stato chiuso dal 9 novembre 1962 sino al 5 febbraio 1963, e che non � stata contestata l'ulteriore permanenza del reato {dal 5 al 19 febbraio 1963), e, perci�, in grado di -impugnazione non potrebbe giudicarsi; a pena di nullit�, di un reato che non sia stato giudica:to nel grado� precedente. � :�: vero che il P.M. ha sostenuto che nella specie si tratti di un unico reato permanente, essendo giuridicamente irrilevante la parentesi della chiusura forzata della casa da giuoco, ma tale argomentazione non convince. Ed invero, secondo la dottrina ed anche secondo la giurisprudenza, se nel reato permanente l'evento � interrotto per una causa non imputabile alla volont� del responsabile, non � rilevante l'ulteriore condotta di costui, la quale, se ne ricorrono gli estremi, integra un� nuovo reato, perch� l'azione o la omissione deve essere volontaria e, I con riferimento proprio al giuoco di azzardo, si rileva che se e5so sia lasciato e, quindi ripreso in altra successiva riunione, non si ha un solo reato permanente, ma pi� reati, eventualmente riuniti nel nes~6 della continuazione. Non ritiene, per�, il Collegio, come sopra si � accennato, di dover approfondire questo aspetto del problema per le ragioni gi� esposte mentre ne va discusso l'altro, se, cio�, la nullit� colpirebbe tutto l'appello o solamente la parte di esso che riguarda la richiesta di condanna del Guarnaschelli. In proposito non possono condividersi i motivi della difesa, apparendo evidente, che l'appello del P.M. comprenda tutta la sentenza e, quindi, tutta l'attivit� posta in essere dall'imputato con l'apertura della casa da giuoco (7 novembre 1962), con l'esercizio del giuoco stesso dal 7 novembre all'8 novembre data di contestazione del Pretore, al 9 s.m. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 803 (momento della forzata chiusura) e da questo momento a quello della emanazione della sentenza {19 febbraio 1963). E se pure � vero che il P.M. ha ritenuto che il reato � stato consumato ininterrottamente sino al 19 febbraio 1963 e che la sua richiesta � rivolta ad ottenere la condanna dell'imputato e non l'applicazione dell'amnistia, e, se pure � vero, che il P.M., vincolato alla specifica dei motivi, non ha richiesto la rettifica della sentenza ma la condanna, tuttavia, a parere di questo Tribunale, deve ritenersi che la richiesta di amnistia da . sostituire all'applicazione del 152 c.p.p., sia contenuta implicitamente nella istanza di condanna. Il P.M., infatti, ha proposto impugnazione perch� fosse affermata la responsabilit� del Guarnaschelli per tutta l'attivit� da lui svolta dal 7 novembre 1962 al 19 febbraio 1963 e, che, nel caso di affermazione di responsabilit�, fosse negato all'imputato il beneficio dell'amnistia per i motivi sopra indicati. ~ evidente che la istanza maggiore (condanna) contiene in s� anche quella minore (applicazione dell'amnistia), cos� come deve ritenersi che le due istanze siano omogenee perch� della stessa specie. Il P.M., infatti, ha chiesto che venga riconosciuta la colpevolezza dell'imputato per tutta l'attivit� illecita da lui esplicata (apertura della casi:i ed esercizio del giuoco d'azzardo dal 7 novembre 1962 al 19 febbraio 1963). Se poi, per la rottura della permanenza del reato (chiusura forzata del Casin� dal 9 novembre 1962) e la mancata contestazione del secondo ~eato permanente si deve portare lesame solo fino a quella data, la sostanza dell'appello non cambia e con essa la omogeneit� della istanza. � Tale eccezione va perci� respinta. Passando, poi, al merito della causa si rileva che non possono condividersi totalmente i motivi che hanno portato il Primo Giudice alla convinzione della liceit� del giuoco di azzardo del Casin� di Taormina in base ai quali ha prosciolto dalla imputazione il Guarnaschelli. Ed infatti, si potrebbe anche essere d'accordo col Pretore, dando una interpretazione lata e benevola, e perci� favorevole alla tesi dell'imputato, al r.d.l. del 31 maggio 1935 n. 1410, istitutivo dell'E.T.A.L., sulla idoneit� del decreto stesso a derogare alla legge penale (agli artt. 718 e sgg. c.p.) in analogia� ai r.d.l. 22 dicembre 1927 n. 2448, 2 marzo 1933 n. 201 e 16 luglio 1936 n. 1404, in base ai quali sono state aperte le case da giuoco di S. Remo, Campione e Venezia, perch� formulati ambiguamente, ma diretti al fine di soddisfare concrete finalit� pubbliche. Si potrebbe ancora sostenere che il r.d. del 22 aprile 1943, n. 560 ed il decreto interministeriale del 30 aprile 1947; abbiano autorizzato legislativamente e, quindi, abbiano ritenuto lecita, l'attivit� delfE. T.A.L. relativa al giuoco d'azzardo avuto riguardo allo scopo della 804 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deroga che il soddisfacimento di un interesse pubblico, che il legi~ slatore ha qualificato preminente all'interesse punitivo, superando la circostanza che i primi tre decreti contenevano l'autorizzazione rivolta al Ministero dell'Interno ad adottare tutti i provvedimenti per sanare il bilancio dei Comuni in dissesto, anche in deroga alle norme vigenti, autorizzazione che manca nel decreto istitutivo dell'E.T.A.L. Discutibile sarebbe invece sostenere che l'autorizzazione al giuoco d'azzardo, localizzata in Libia perch� connessa all'incremento turistico di quella Regione, sia stata trasferita in Italia e ad un Privato italiano, il Guarnaschelli, perch� una discriminante concessa eccezionalmente ad un soggetto, e per un interesse pubblico determillato e localizzato, non potrebbe essere estesa per atto negoziale ad altro soggetto, e per un interesse pubblico diverso. Altrettanto discutibile ritenere, che la discriminante continuasse ad avere vigorn con la cessazione dell'Ente. Infatti tutti gli altri provvedimenti, quelli regionali, sono stati annullati e comunque sarebbero inidonei a creare esimenti (sentenza della Corte Costituzionale e della Cassazione a Sez'. Un. 7 dicembre 1963), mentre quelli statali, a volerli ritenere riguardanti il giuoco di azzardo, sono stati revocati o caducati. Se tutto ci� si potesse ritenere superato ci si troverebbe di fronte alla situazione paradossale che, mentre il destinatario della deroga �ra un Ente pubblico, l'E.T.A.L., che aveva l'obbligo di soddisfare ad uno scopo specifico (incremento turistico della Libia e che, con interpretazione lata potrebbe ritenersi anche trasferito in Italia), con la . I estinzione dell'Ente il destinatario della norma sarebbe il Guarnaschelli, privato cittadino che non avrebbe alcun obbligo giuridico nei confronti sia della Regione che della citt� di Taormina, anche se di fatto risulta che corrisponda delle percentuali sui proventi del giuoco a quegli Enti pubblici. Per cui deve concludersi che l'atto negoziale I recante una deroga ad una norma penale � inidoneo a produrre gli effetti che la difesa dell'imputato gli attribuisce. Tuttavia, a rendere lecita l'attivit� della casa da giuoco di Taormina � intervenuta la legge del 18 febbraio 1963 n. 67, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del giorno successivo, con la quale la situazione del Casin� di Taormina si � venuta a trovare nelle condizioni, anche pi� consistenti, di analogia con quelle del Casin� di Saint Vincent. Con detta legge, infatti, viene istituito sui biglietti d'ingresso alla casa da giuoco, un diritto addizionale nella misura fissa di L. 3.500 per ciascun biglietto a favore dello Stato_ (art. 6). Detto diritto � altresi dovuto, limitatamente ed una volta al giorno, dai frequentatori delle case da giuoco muniti di tessere di favore. Si precisa poi che le ditte che hanno in gestione le case da� giuoco sono obbligate a riscuotere, senza alcun compenso, ed a versare l'importo del diritto addizionale all'Agente della S.I.A.E. {Societ� Italiana Autori ed Editori) che lo PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 805 riversa alla Tesoreria Erariale essendo stato il Ministero del Tesoro autorizzato a provvedere con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio (art. 11 cpv.). Ed infine con l'art. 10 sono previste le pene applicabili in caso di trasgressione a tale prescrizione, e con lart. 11 che �il provento... del diritto addizionale di cui agli artt. 6 e 8 della presente legge sar� versato in apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata �. Ora � da osservare come prima cosa che una legge, che sottoponga a tributo lattivit� delle case da giuoco, ha il potere di derogare alle norme di diritto penale per il suo carattere di fonte primaria, quale emanazione del potere legislativo centrale dello Stato. � Secondariamente deve riconoscersi che l'attivit� sottoposta a tributo � in sostanza proprio quella svolta presso le dette case, e, cio�, quella dei gestori e non solo quella di chi giuoca d'azzardo come si rileva dal testo legislativo che fa esplicito riferimento alle case da -giuoco e che costituisce, altres�, i gestori di esse in responsabili dell'imposta. Anche se il Legislatore, nel determinare loggetto dell'im " posta, si fosse preoccupato di identificare la situazione di fatto che intendeva colpire, � pur vero che in tal modo egli ha ritenuto inequivocabilmente con presupposto, che un tale genere di attivit� sia per,,. messa e venga svolta palesemente, poich� attraverso la testimonianza del suo effettivo svolgimento � possibile l'accertamento dell'imposta. Non � ammissibile pensare che il Legislatore abbia inteso sottoporre a tributo un'attivit� illecita vietata nel territorio dello Stato. Non risulta, infatti, che lo Stato abbia mai preteso il pagamento del tributo dalle bische clandestine, che persegue decisamente, essendo la gestione di esse rigorosamente vietata, n� � previsto alcun caso in , c,ui possa lecitamente svolgersi l'esercizio di tale attivit� che, perci�, deve ritenersi sempre precluso. Consegue che la manifestazione di volont� legislativa intesa a sottoporre a tributo lattivit� in discussione, non pu� intendersi se non nel senso che essa � ritenuta perfettamente lecita in deroga alle disposizioni del codice penale. Tali concetti sono evidenti e debbono ritenersi, perci�, del tutto pacifici. Meno semplice a prima vista potrebbe sembrare invece, la determinazione dell'estensione della deroga (per la casa da giuoco di Taormina, la identificazione, come si vedr� pi� oltre trova conferma in un'altra legge dello Stato) poich� in mancanza di una limitazione posta dalla norma stessa, occorrerebbe far ricorso a criteri interpretativi che permettono di accertare la vera portata della manifestazione di volont� legislativa. Non si potrebbe concludere che � assoggettato a tributo� unicamente l'attivit� delle case da giuoco autorizzate per legge (precedentemente o susseguentemente alla sua entrata in vigore) perch� tale 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO interpretazione di eccessivo. rigore, forse formalmente esatta, sarebbe priva di aderenza alla situazione concreta, che il legislatore incontrava nel momento in cui stabiliva l'assoggettamento ad un:o speciale tributo di quanti in Italia giuocassero d'azzardo negli stabilimenti apposita mente autorizzati, se pure con procedimenti in dubbia validit�, .e sostanzialmente ingiusta. Nel testo della legge non appare, infatti, alcuna discriminazione dettata dal differente apprezzamento della legittimit� di dette case ed il Legislatore era a conoscenza della esi stenza delle cinque case da giuooo (S. Remo, Campione, Venezia istituite legittimamente a Saint Vincente Taormina sub indice) perch� la loro attivit� era nota e perch� la inaugurazione del Casin� di Taor mina era stata notificata legalmente al Ministero del Tesoro, mentre deve ritenersi inequivocabile il riferimento a quelle case da giuoco, in relazione proprio alla loro sottoposizione al tributo. Non esiste alcun dubbio che la citata legge abbia inteso di provved~ e a regolare la situazione di fatto esistente perch� l'ordinamento giuridico italiano mira a tener fermo il disposto degli artt. 718 e sgg. del c.p., sia per la mancata conversione del r.d. 27 aprile 1924 n. 636 -sia per il noto comportamento dei Governi democratici in tema di case da giuoco, le quali in nessun caso possono essere :aperte in Italia, a meno che lo Stato, nella sua potest� legislativa, non emani leggi che anche indirettamente derogando alla norma penale sanino situazioni irregolari. E che tra le case da giuoco, di cui alla legge citata debba identi ficarsi anche quella di Taormina lo si ricava ulteriormente rilevando che il� tributo, ad essa relativo, � stato riscosso dallo Stato e che la somma riscossa � stata inserita, parte, nel bilancio della Regione Sici liana e, parte, nel bilancio dello Stato stesso. Risulta, infatti, che la Societ� cc a. Zagara �, concessionaria del Casin�, ha riscosso il diritto addizionale con il controllo della S.l.A.E. per conto dello Stato, e lo ha versato nelle casse dello Stato (vedere documentazione esibita; oltre alle quietanze e border� quotidiani in possesso della societ�, la certificazione rilasciata dal Ministero delle Finanze -Direzione Gene rale delle Tasse ed Imposte Dirette sugli Affari, dai quali risulta che � i VeTsamenti effettuati dall'Ente gestore della casa da giuoco di Taor mina, pe'.l" i primi undici mesi di esercizio sono stati: a) addizionale. per L. 161.792.050 e b) diritti erariali in L. 48.417.710 �). Risulta inoltre che gli cc importi relativi all'addizionale affluisrono all'apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, mentre i diritti erariali � spettano alla Regione Siciliana e sono compresi nel bilancio della Regione anch' �sso approvato con legge e soggetto ad impugnazione per legittimit� ove se ne presentasse il caso �. Appare, perci�, inequivocabilmente identificata, la destinataria della deroga al c.p. preveduta dalla l. 19 febbraio 1963. n. 67. E se PARTE I, SEZ.� VU, GIURISPRUDENZA. PENALE 807 pure � vero che la legge sul bilancio �dello Stato non � un legge in senso proprio, e quindi incapace di deroghe, tuttavia non pu� non riconoscersi ad essa la idoneit� ad identificare un soggetto passivo di :imposta, gi� genericamente identificato, come pi� sopra si � detto. La casa da giuoco di Taormina, perci�, esercita una attivit� che deve essere ritenuta lecita, perch� in esecuzione di una legge dello Stato, garantisce allo Stato un'entrata, imposta da una legge parti colare e confermata ed esposta in altra legge (quella del bih.1cio con capitolo specifico). Soccorre, ancora, per ritenere lecita l'attivit� del Casin� di Taor mina,. il principio di massima formulato dalla Suprema Corte a Sez. Un. (sent: cit.) con il quale nel confermare <lef�nitivamente la sentenza della Corte d'Appello di Firenze che ha assolto i gestori della casa da giuoco di Saint Vincent, ha affermato: � deve escludersi la puni bilit� del reato previsto dall'art. 718 c.p. se possa ritrovarsi nell'ordi namento giuridico una norma che ne riconosca la liceit�, qualunque possa essere la ubicazione della norma autorizzativa anche in altri testi del ,diritto che non pu� essere disconosciuta �. Il diritto, infatti, non pu� essere collocato in compartimenti stagni ma deve essere considerato come un'unica linfa che scorra nel tessuto sociale per renderne armonici i rapporti tra i componenti. Secondo l'indicato principio non � necessaria una deroga espressa, potendo questa essere anche implicita ed indiretta. Il Supremo Col legio, infatti, nella sua saggezza, ha tratto la conseguenza che l'eser cizio di Saint Vincent, � lecito, avendo rilevato che nel processo for mativo di una legge dello Stato, il Legislatore aveva tenuto presenti le entrate provenienti dal Casin� e spettanti alla Regione Valdostana, sebbene nella legge non fosse alcun oonno specifico e nominativo a) Casirl� e neppure alle sue entrate. Deve ancora rilevarsi che nella formulazione del principio su riferito, la Corte ha stabilito il rapporto che passa fra liceit� dell'eser cizio e norma autorizzativa. Essa vede una norma autori~zativa in qualunque norma, che, ovunque ubicata, riconosca la liceit� dell'eser cizio. La norma autorizzativa non deve preesistere agli atti con cui lo Stato riconosce di poter attingere ai proventi dell'esercizio, in quanto la norma, dalla quale. attinge o dalla quale risulta che attinge, � norma autorizzativa. Ha pure precisato il mezzo di ricognizione della liceit� di una casa da giuoco. Esso si trova in qualunque no,rma di legge . che tale liceit� riconosca. Per la Casa da giuoco di Taormina il riconoscimento, come si � detto, � da identificarsi n�gli artt. 6, 10 ed 11 della L 19 febbraio 1963 n. 67, che il competente organo dello Stao (l'Amministrazione f�nanziaria) applica sotto la sua diretta sorveglianza, alla Casa da giuoco di RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 808 Taormina, col �dover provocare in caso di trasgressione l'inflizione delle pene appositamente previste. Tale casa da giuoco ha il suo riconoscimento terminale e definitivo nella destinazione dei proventi che lo Stato e la Regione Siciliana ritraggono l'uno inserendoli nella legge del bilancio, l'altra nel bilancio proprio, che, per la sua impugnabilit� davanti alla Corte Costituzionale, s'inquadra, a sua volta, nell'ordinamento giuridico dello Stato. Devesi concludere, perci�, che dal 19 febbraio 1963 l'attivit� del Casin� di Taormina � lecita e, pertanto, l'attivit� del suo gestore non costituisce reato. Per il periodo precedente il Guarnaschelli va assolto dalla imputazione ascrittagli per avere agito nella convinzione della liceit� del fatto, come si ricava dall'esame dei titoli esibiti, anche se discutibili e, forse, appunto per questo, in base ai quali l'imputato ha ritenuto legittima la sua attivit�. Secondo l'insegnamento prevalente del Supremo Collegio, quando la mancanza di coscienza della illiceit� del fatto derivi, non da un elemento negativo, quale potrebbe essere la ignoranza della legge, ma da uno positivo e cio�, da una circostanza che induca nella convinzione della sua liceit�, il che nella specie non pu� disconoscersi, non pu� ravvisarsi reato per mancanza dell' elemento psicologico. Si deve perci� respingere l'appello del P.M. e confermare la sentenza impugnata. -(Omissis). ., ., X PARTE SECONDA .RASSEGNA DI DOTTRINA P. GASPARRI, Teoria giuridica della Pubblica Amministrazione -Nozioni introduttive, Padova, 1964, pagg. XIII-206. Della esigenza di uno studio su un piano pi� generale, ed anzi pi� squisitamente teorico, dei fenomeni rispetto ai quali, ed in funzione dei quali, si sviluppa la disciplina positiva dei comportamenti umani, con particolare riguardo a quelli propri del diritto amministrativo, il Gasparri � stato sempre un convinto assertore, come espress�mente egli stesso ricordava nel presentare il quarto ed ultimo volume del suo � Corso di diritto amministrativo >>, all'uopo osservando che quest'opera voleva anche costituire un primo tentativo per la costruzione di una "teoria pura� della Pubblica Amministrazione, e giustificando l'adottato orientamento metodologico con il rilievo che lo studio della teoria generale -la quale, propriamente intesa " dovrebbe trascendere, pur non ignorandolo, il diritto positivo� -� da ritenere, anche ai fini didattici e professionali, particolarmente utile nel campo amministrativistico, nel quale, per la complessit� e disorganicit� dei dati legislativi, e soprattutto per la loro rapida mutevolezza, non potrebbe non rivelarsi insufficiente un semplice studio esegetico, sia pure pi� o meno sistematico, dei testi di legge. Tale �orientamento trova ora logico e pi� completo sviluppo nel lavoro in rassegna, col quale il G. si impegna in una indagine esclusivamente teorica, per pervenire -per altro dichiaratamente prescindendo dall'approfondimento di quei problemi che sono piuttosto propri della filosofia del diritto -alla individuazione della materia relativa alla Pubblica Amministrazione e dei principi fondamentali che, rispetto alla stessa, vanno enucleati, e che la regolano, e tutto ci� in un piano di sistemazione generale, dei fenomeni e dei problemi che alla materia indicata si ricollegano, in rapporto non ad un dato, e quindi limitato, complesso normativo, bens� alla realt� giuridica nel suo insieme, e perci�, � da ritenere, al di l� anche di ogni considerazione di elementi ecologici e temporali. L'indagine, che appare sempre condotta con rigore dialettico, e pur se con riferimento, talora, come la natura stessa dello studio impone, a presupposti che possono dirsi� costituenti mere intuizioni, prende le mosse dalla considerazione della � esigenza >>, alla cui stregua viene individuato il concetto di " interesse >>, e questo visto nei suoi vari aspetti (interesse positivo e negativo, immediato e mediato, egoistico ed altruistico, individuale e collettivo), con la distinzione, infine, tra interessi privati e pubblici, i quali ultimi vengono identificati come quelli corrispondenti ad � una esigenza comune non ad una pluralit� finita di soggetti, ma a tutta la categoria, indefinita nel tempo, di soggetti individuati solo per il loro presentare determinati caratteri tipici �: interessi, quindi, che non potrebbero mai essere concepiti come direttamente sentiti in un dato momento storico, da un insieme finito di soggetti, e la cui pratica rilevanza, tuttavia, si spiega per il fatto che la " pluralit� finita di soggetti pu� sentire un interesse altruistico � alla soddisfazione o non soddisfazione di esigenze proprie di una categoria non finita, e cos�, anche, delle esigenze di tutte le generazioni, anche future, di una collettivit� statale (pag. 7). In rapporto alla nozione di interesse,e considerata la possibile insorgenza di conflitti -intrasoggettivi -tra pi� interessi di uno stesso soggetto, ovvero tra interessi di diversi soggetti (conflitti intersoggettivi), l'A. si sofferma a rilevare, tra l'altro, la possibilit� che si abbia un interesse (altruistico) a che sia risolto in un dato modo un conflitto intrasoggettivo di interessi di un terzo (singolo o �insieme RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 118 umano�), ovvero anche che si verifichi una difforme considerazione, da parte di piii soggetti tutti titolari di un interesse altruistico, in re'azione al conflitto intrasoggettivo concernente quel terzo medesimo: in rapporto alla quale situazione pu� individuarsi un problema, che non � pi�, o non soltanto, di mera opportunit�, come quello riferito alla soluzione dei conflitti meramente intrasoggettivi, ma ipotizzabile in termini di giustizia, e pu� sotto tale riflesso ritenersi la giuridicit� anche delle norme �ii opportunit�, quali si rinvengono molto correntemente nel campo del diritto amministrativo, che �in buona parte � costituito da norme intese a contemperare ci� che � opportuno nei riguardi delle comunit� sociali, in s� considerate, con ci� che � giusto in ordine ai rapporti tra esse, da un lato, ed i loro singoli membri, o le comunit� minori in esse comprese, dall'altro, nonch� in ordine ai rapporti tra gli uni e gli altri di costoro � (pag. 14). Sempre in relazione al concetto di esigenza giuridica e rimento al problema delle� scelte, ed alla competenza che attribuita, per la soluzione di conflitti di interessi propri o nazione dei comportamenti, l'A. indaga sulle nozioni di di interesse, e con rifein merito a taluno sia altrui, e per la determiautarchia ed eterarchia, autonomia ed eteronomia, facolt�, dovere, ecc., per passare, poi, allo studio dei � giudizi e comandi giuridici >>, nell'ambito dei quali vengono enucleati quelli che, in genere, si designano col nome di �norme� (comandi intesi a� disciplinare i comportamenti da tenere in una data classe di casi), e, tra essi, quelli -di rilievo nella materia considerata -che si risolvono in una attribuzione ad altri della competenza a . cl.ef_erminax:e un comportamento o una classe di comportamenti, che altri deve tenere, e che, quando tale determinazione sia prevista in funzione non dell'interesse individuale di colui cui la relativa potest� � attribuita, bens� in considerazione di u una esigenza giuridica altrui non enunciata, o enunciata in modo bisognevole di precisazione, o enunciata in modo generico ed astratto, e quindi suscettibile di . applicazioni specifiche e concrete >>, integrano in genere l'attribuzione di potest� proprie delle autorit� amministrative (pag. 42). Non pu� esser dato, naturalmente, nella recensione di un'opera di teoria gene rale, di far luogo ad una completa esposizione del pensiero dell'autore, e del processo intuitivo e sillogistico attraverso il quale esso si svolge, e nemmeno, senza il rischio di perdere di vista l'unit� del tema ed il suo sviluppo generale, pu� essere consentito di appmfondire anche soltanto alcuni dei problemi trattati, che siano da ritenere di maggiore interesse; dei quali, per�, pu� essere utile, pur con l'avvertenza che essi vanno esaminati nell'ambito del disegno generale della costruzione, che si faccia una pi� specifica segnalazione. In tale ordine di idee, dunque, ci si � innanzi alquanto intrattenuti su'la prima parte della trattazione, perch� in essa pu� ravvisarsi, cos� ci � parso, il motivo ispiratore, e poi conduttore, della proposta sistemazione di concetti; e si far� ora un cenno, poi, salva qualche pi� particolare segnalazione, degli altri argomenti, che armonica mente sono dall'A. sviluppati, grado a grado, fino a pervenire alla nozione di ordinamento, in genere, quindi allo studio degli ordinamenti statali e substatali, infine all'indagine circa gli organi e gli �uffici pubblici, circa i problemi di scelte ed i collegati aspetti e limiti di discrezionalit�, per finire con la ricerca del concetto di amministrazione (con i rapporti e le 'differenze rispetto alla legislazione ed alla giuridisdizione), e della nozione, conclusivamente, del diritto amministrativo. E limitandosi la segnalazione, dunque, soltanto ad alcuni dei risultati che appaiono maggiormente interessanti, e tali anche in rapporto alle implicazioni che si ritiene possano derivarne quando dalla schematizzazione teorica si voglia passare ad una ricerca in ordine alla disciplina positiva di situazioni, va in primo luogo richiamata l'attenzione sul dissenso che l'A. esprime circa la comune (o quasi) opinione in materia di autonomia e di autarchia, le quali, concepite rispettivamente come attitu -~ I ili PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 119 dine a valutare giuridicamente, ed a scegliere, i propri comportamenti, e come attitudine delle entit� umane, o di un insieme umano, a fare valutazioni giuridiche relative ai propri interessi, dovrebbero prescindere, in quanto costituenti caratteristiche intrinseche di dati insieme �umani, da �gni riconoscimento o conferimento da parte di autorit� superiori, ed in particolare dall'autorit� statale (pag. 49, segg.): il qual concetto, per altro, va coordinato, come sembra, onde ne risulta limitata la portata altrimenti forse eccessiva, con quello che il G. esprime a proposito della nozione di .Stato (individuato come un ordinamento a competenza non positivamente limitata � per quanto concerne gli interessi, come criteri di valutazione >>, come � per quanto riguarda le materie da disciplinare>>, pag. 70), ed in vista del quale si afferma l'ammissibilit� soltanto di ordinamenti � subordinati � (substatali), siano essi minori ordinamenti a struttura pubblicistica ovvero privatistica, implichi o meno il riconoscimento anche un'attribuzione di soggettivit� (pag. 72, segg.). Va segnalata, poi, la trattazione concernente gli organi e gli uffici, che porta, in primo luogo, sulla base dei concetti in tema di competenza in rapporto alle scelte ed ai comportamenti dei soggetti, alla identificazione dell'ufficio con la competenza di un soggetto �a compiere atti per conto di un altro �, che quest'altro Ǐ legittimato e tenuto, quanto meno dei confronti di chi li compie, a considerare come propri� (pag. 92), e della funzione con la competenza a compiere ugualmente atti per conto di un altro, ma che � anche i terzi sono tenuti a considerare propri di costui � (pag. 94): dalle quali enunciazioni il G. passa alla specificazione, sempre in termini di .teoria generale, del concetto di organo, osservando che, potendosi convenire nel dire, con riferimento anche al significato glottologico del termine, " che un soggetto �, giuridicamente parlando, organo di un altro, in quanto � competente a compiere atti utili a quest'altro, o comunque ad esso riferibili �, pu� concluders~ che � essere organo di qualcuno significa essere, rispetto ad esso, in rapporto di ufficio o addil'.ittm:a di funzione� (pag. 97). , Di tali concetti l'A. rileva la possibile estensione rispetto alle collettivit�,. con riferimento alla nozione di interesse collettivo, osservando che si pu� pervenire cosi all'individuazione di un organo comune dei diversi soggetti titolari di quell'interesse \ medesimo, e, quindi, dell'insieme di costoro: il quale insieme, infine,pu� considerarsi esso stesso � unico interessato >>, rispetto al quale va vista la relazione, di ufficio o di funzione, con l'organo. La quale relazione, poi, che si spiegherebbe, senza far ricorso ';llle pi� o meno complesse teoriche sul rapporto organico, considerandosi che in \alt� il nesso, tra l'organo e l'ente collettivo non � sostanzialmente diverso da quello \cui si fonda l'istituto della rappresentanza, con la sola differenza che i rappre' l,ti sono pi� di .uno (i membri dell'insieme), "e tutti rappresentati in maniera \anea e cumulativa� (pag. 99), andrebbe individuata anche per gli organi di '\eme aperto, di un ente pubblico, con la precisazione, tuttavia, che in questo ��m potendo concepirsi un mandato, o una serie di mandati (che costituiscono ~rdzio di diritto soggettivo) da parte di un tale insieme non finito (ed al �riguarda va tenuto presente il concetto dall'A. in precedenza espresso circa gli ordinamenti a struttura pubblicistica), dovrebbe la imputazione ipotizzarsi, se bene abbiamo inteso, sotto un duplice congiunto profilo, a titolo rappresentativo, nei riguardi dei membri esistenti dell'insieme, ed in forza di un precetto di diritto obiettivo, riguardo ai futuri membri della stessa considerata entit� collettiva. Ed a questo proposito, per�, vien fatto di domandarsi, e pur senza di pi� indugiare sulla questione, attesi i limiti della presente nota, se una tale duplicit� di collegamento non possa dar luogo a situazioni antinomiche, gi� su un piano concettuale e teorico, posto che la riferibilit� dell'atto dell'organo, per rappresentanza o per comando di legge, verrebbe diversamente concepita rispetto all'insieme finito ed a quello non finito, naturalisticamente considerati, che, tuttavia, non assumono rilevanza se nori nella congiunta unitaria valutazione dell'ente, rispetto al quale, poi, RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 120 un problema di discrimina.zione anche di effetti, che il differente titolo di imputazione comporterebbe, non dovrebbe potersi porre. E verrebbe anche .da chiedersi se, per superare la eventuale diffic�lt� concettuale di una imputazione che prescinda dai concetti propri della rappresentanza (del resto da soli insufficienti, anche secondo !'A., a spiegare il nesso che collega l'organo all'ente), non sia pi� agevole e convincente il riferimento alla teoria dell'organizzazione (e lo stesso G. osserva che attraverso le nozioni di ufficio e di organo si spiega il fenomeno della personalizzazione delle collettivit�: pagg. 76, 99 et passim), e non possa quindi, pur senza farsi ricorso a concetti morfologici, concepirsi il rapporto organico in funzione della struttura necessariamente organizzata di un ordinamento, e sulla base del solo dato del diritto obiettivo, che quell'organizzazione postula. In 1elazione agli uffici pubblici, poi, il G., con un discorso tanto pi� efficace quanto pi�, via via, diventa espressione di relazioni sillogistiche in rapporto ai risulr. ati mano a mano raggiunti, procede alla individuazione degli uffici vincolati e di quelli discrezionali, distinguendo una discrezionalit� personale ed impersonale, una sindacabilit� o insindacabilit� di scelte, e, tra l'altro, discriminando la discrezionalita tecnica da quella valutativa, la quale ultima si distingue in ci� cl;te per essa � viene in considerazione non la idoneit� di un atto possibile alla produzione di un dato risultato, ma la sua convenienza per una data, o per date entit� umane� (pag. 121). E sulla base, infine, del complesso dei concetti acquisiti, !'A. procede alla indagine circa la nozione di amministrazione, in relazione alla quale, e con riferimento al disposto del primo comma dell'art. 97 della nostra Costituzione, osserva che i riferimenti al buon andamento ed all'imparzialit�, che nel dettato costituzionale si trovano, corrispondono sostanzialmente ai concetti di scelte in termini di opportunit� e di giustizia, pervenendo poi alla conclusione, ricordando che un atto non potrebbe qualificarsi amministrativo se non in quanto esso sia assunto in una particolare considerazione in un ordinamento giuridico, che un organo � amministrativo (ed il concetto, naturalmente, si pu� riferire anche alla materia in rapporto alla quale l'organo � chiamato ad agire), in quanto egli sia chiamato ad esplicare un'attivit� vincolata oppure un'attivit� che sia discrezionale soltanto in modo relativo o limitato (pag. 139), e che, per contrapposizione, le scelte che importano una discrezionalit� assoluta sono da ritenere " politiche �. Anche per il concetto di legislazione, ed in particolare per quanto concerne il dato formale, il G. rileva la necessit� che si abbia riguardo ad un dato ordinamento, e prende in esame le norme della nostra Costituzione, rilevando, per altro, che attivit� legislativa � da ritenere quella che si presenti tale anche sotto il profilo sostanziale, e che comporti, quindi, un comando innovativo, con l'implicito carattere della normativit�, e sia frutto, perci�, di una valutazione giuridica astratta. Per la giurisdizione, l'A. propende verso la teoria che la individua come attivit� di risoluzione di liti, pur precisando, in coerenza alle premesse, che possono darsi anche liti su problemi di opportunit�, oltre che di giustizia; ed osserva, poi, che l'attivit� decisoria, nel suo complesso, non � concettualmente contrapponibile a quella dell'amministrazione, in quanto � anch'essa, almeno in generale, esercizio di una funzione vincolata o solo limitatamente discrezionale, che da quella dell'amministrazione si distingue piuttosto in ci� che essa si concreta in " pronunzie conclusive di un procedimento a struttura contenziosa� (pag. 174)� Perviene, infine, alla nozione di " diritto amministrativo->>, osservando che se, per le cose dette, certe attivit� umane possono ritenersi amministrative soltanto se ed in quanto siano giuridicamente disciplinate in un dato modo, assunte a contenuto di un "ufficio-dovere>>, deve, per conseguenza, definirsi il diritto amministrativo, col criterio di riferimento al tipo di normazione, come quella disciplina che "considera e teorizza non le norme in quanto disciplinanti attivit� amministrative, ma le norme in quanto disciplinanti delle-attivit� umane in modo da renderle amministrative, cio� PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 121 le norme che istituiscono, o prevedono, o presuppongono l'istituzione di uffici-dovere � (pag. 179): la quale conclusione sembra potersi in certo modo rapportare alla definizione ulpianea del diritto pubblico (� lus publicum est quod ad statum rei romanae spectat, Dig. 1, 1, 1, 2), e pi� in generale e pi� modernamente, ad un concetto di normazione organizzativa, e di studio di un �diritto organizzativo� (cfr., in argomento, PuGLIATTI, Diritto pubblico e privato, Enc. del Dir., XII, 737), in considerazione del quale, dunque, ed.appena riprendendosi il discorso innanzi accennato circa il rapporto organico, potrebbe anche trovarsi ulteriore conferma della non necessit� di un ricorso ad altri particolari istituti, propri di altre branche, per spiegare il nesso tra l'organo e l'ente. II lavoro si conclude con la trattazione circa il metodo con cui i fenomeni giuridici costituenti oggetto del diritto amministrativo possono essere studiati, e l'A. qui conferma la esigenza, come gi� in principio si � ricordato, di non limitarsi allo studio degli enunciati normativi, nel che si concreta la scienza interpretativa, ma di procedere, invece, anche ad uno studio, che � di teoria generale, che valga � ad individuare, definire e classificare le forme logiche universali ne'.le quali il pensiero giuridico si esprime e non pu� non esprimersi �, �i procedere, quindi, all'approfondimento conoscitivo del pensiero normativo astrattamente considerato, che, per altro, dice il G., pu� abbracciare anche soltanto quella parte della realt� giuridica che riguarda �i fenomeni che si conviene di comprendere nel concetto di amministrazione, e che sar�, perci�, una teoria generale del diritto amministrativo, o � teoria giuridica della amministrazione�: da considerarsi, tuttavia, mai come un sistema conoscitivo indipendente da quello della scienza interpretativa, ma in "rapporto di reciproca ed essenziale complementarit�� (pag. 200). I riferimenti, nel corso dell'esposizione che precede, al rilievo dato dal!' A. a qualche dato normativo concreto, e la da ultimo esplicitamente ribadita comple mentarit� della teoria generale e della scienza interpretativa dei contesti giuridici, dimostrano che l'opera in rassegna, pur se dall'autore medesimo definita di � teoria pura >>, � stata per� concepita con la visione di un contemperamento, anzi di una reciproca funzione, della teoria generale e della dommatica giuridica, ai fini della quale ultima si pone indubbiamente come propedeutica la individuazione dell'essenza, potrebbe dirsi universale, dei fenomeni considerati, i quali, per�, a loro volta, visti in rapporto alla disciplina positiva di uno o pi� ordinamenti, forniscono materia per intuizioni e deduzioni idonee su un piano pi� generale. E se per teoria generale sempre debba intendersi una ricerca astratta, circa la struttura giuridica dell'esperienza normativa, e ci� sia che la si consideri come studio delle forme, sia come studio dei contenuti sia pure estremamente generalizzati (cfr. BoBBIO, Filosofia del diritto e teoria generale del diritto, in Scritti giuridici in o. di F. CARNELUTT1, I, 49), e sia , ancora, che si tenga presente una classificazione nella quale possano amalgamarsi le due accennate prospettive, nel senso (cfr. BoBBIO, loc. cit.), che la teoria generale, pur essendo una disciplina formale, � tuttavia anche una ricerca scientifica, perch� i suoi concetti non sono n� a priori n� universali ma di derivazione empirica, potr� forse doversi osservare, con riguardo al lavoro in rassegna, che esso in qualche aspetto supera i limiti di una indagine meramente teorica nel senso comunemente inteso, (come � dato di rilevare, ad esempio, per ci� che concerne la trattazione in tema di ordinamenti substatali, o quella relativa alla differenzia zione della funzione giurisdizionale rispetto a quella amministrativa), ma ci� si risol ve in una considerazione di maggior pregio dell'opera, la quale si pone, per la esigen za che appare in essa avvertita di non perdere di vista, quando necessario, il dato contenutistico, come uno strumento idoneo anche per la successiva ricerca, che si potrebbe definire applicata, in ordine alla sperimentazione, rispetto ai fenomeni concreti, sui quali occorre operare, dei risultati teorici acquisiti. MARIO FANELLI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 C. MonTATT, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalit� (Quaderni della Giurisprudenza costituzionale, 1), Milano, 1964, pagg. 125. Il problema centrale, di maggior interesse e di fondamentale importanza, che l'A., con ragionamento sottile e penetrante, pone e risolve in questo studio, molto profondo, � costituito dal sindacato di costituzionalit� degli atti normativi diversi da quelli previsti negli artt. 76 e 77 della Costituzione ed in particolare dei regolamenti. Dopo un completo seppur sintetico esame sull'ammissibilit� nell'ordinamento giuridico italiano dei regolamenti delegati in materia di riserva, delle "misure� di temporanea sospensione di norme di legge, dei regolamenti delegati in materia non di riserva, dei regolamenti indipendenti e dei regolamenti esecutivi in materia di riserva relativa o non coperta da riserva, l'A. rileva come il regolamento possa operare non diversamente dalle cosiddette fonti primarie �in quanto effettua restrizioni o, pi� genericamente, modifiche di sfere di autonomia, ponendosi quale fonte diretta e esclusiva di nuovi doveri, diritti, interessi legittimi �. Rilevata, d'altra parte, la relativit� del concetto di �forza di legge � e l'inutilit� di supplire a tale relativit� mediante il ricorso al concetto del �valore '" come assoggettabilit� allo stesso trattamento stabilito per la legge formale, nel difetto di un elemento che consenta di orientare la scelta circa la sottoposizione all'uno od all'altro regime, l'A. conclude per la competenza della Corte Costituzionale nel sindacato dei regolamenti, fissandone l'ambito non solo in rapporto alle violazioni della Costituzione, ma altresl in rapporto agli eccessi in cui siano incorsi rispetto ai poteri loro accordati dalla legge. A tale conclusione l'A. � portato anche dalle conseguenze, cui la discriminazione corrente tra regolamenti ed atti aventi forza di legge rispetto al controllo di costituzionalit� della Corte Costituzionale condurrebbe, ma ci�, se fosse imposto dal diritto positivo, come lo stesso A., ovviamente, mostra di avvertire, avrebbe un valore metagiuridico, onde si ritorna al punto di partenza. Val quanto dire che al diritto positivo bisogna rifarsi per accertare se esso consenta l'accennata conclusione. Difatti, dal diritto positivo muove l'A., che solo per confermare la bont� della conclusione, cui perviene, indica le esigenze, le quali richiederebbero la unificazione del controllo di costituzionalit�. Ed anche sotto l'aspetto del diritto positivo le considerazioni dell'A. hanno indubbia efficacia e esercitano grande suggestione. Resta, tuttavia, la disposizione dell'art. 87 della Costituzione, laddove, al comma quinto, tra le attribuzioni del Presidente della Repubblica si indicano, oltre alla promulgazione delle leggi, la emanazione dei � decreti aventi valore di legge � e dei � regolamenti �. L'A., per superare questo ostacolo, si richiama ai lavori della Costituente, rammentando come e perch� la formulazione della parte in questione di detto articolo venne effettuata dalla Commissione di coordinamento dopo il voto della assemblea, mentre si era rinunciato a disciplinare la materia regolamentare, ma finisce per ammettere che i redattori della disposizione siano stati influenzati dall'opinione tradizionale che considerava le due specie di fonti in posizione di assoluta eterogeneit� tra loro. N� pi� convincente sembra l'altra argomentazione 5econdo cui come da quella menzione nulla si pu� desumere che conduca ad escludere la validit� dei regolamenti provenienti da soggetti diversi dal Presidente della Repubblica, dovendosi tale problema risolvere sulla base di un'indagine sistematica, analogamente non appare lecito desumerne il proposito di sanzionare, per i regolamenti, una diversit� di trattamento giuridico, precludendo a priori ed in via di principio PARTE II, RASSEGNA DI DOTI'RINA 123 ogni loro assimilazione, sotto qualsiasi aspetto, agli atti aventi forza di legge. Sembra, infatti, che, mentre la mancata menzione di regolamenti diversi da quelli emanati dal Presidente� della Repubblica, specialmente in considerazione della rinuncia da parte dell'Assemblea Costituente a disciplinare la materia regolamentare, possa lasciare, e lasci, aperto il problema della validit� di altri regolamenti, la espressa enunciazione dei regolamenti distintamente dai decreti aventi valore di legge non possa non essere rilevante, quando si tratti di stabilire la portata di formule, che, pur se si vollero � molto chiare, semplici e precise � (v. Atti dell'Assemblea Costiti,;ente, pag. 2629), tali non appaiono. Anzi, la �relativit�� delle formule di �forza di legge � e di � valore di legge �, che si rinvengono nella Costituzione, potrebbe risultare precisata, almeno per quanto qui interessa, proprio dal quinto comma dell'articolo 87 della Costituzione stessa con la distinta indicazione dei decreti aventi valore di legge e dei regolamenti. Per�, se � cos�, delle due l'una. O si distingue tra forza e valore di legge (v. SAN� DULLI, Legge, forza di legge e valore di legge, Riv. trim. dir. pubbl., I957� 269) e allora per escludere in rapporto ai regolamenti la competenza della Corte Costituzionale fissata nell'art. 134 della Costituzione con riferimento agli atti aventi forza di legge, bisognerebbe effettivamente escludere per i regolamenti una tal forza (v. in merito, per tutti, SANDULLI, La potest� regolamentare nell'ordinamento vigente, Foro it., I958, IV, 58, e cfr. pure CRISAFULLI, Gerarchia e campeten:ra nel sistema costituzionale delle fanti, Riv. trim. dir. pubbl., 1960, 783, n. 14), a favore di che potrebbe pure ancora invocarsi la distinzione posta dal quinto comma dell'art. 87 della Costituzione se �la parola valore di legge� dovesse qui considerarsi � adottata... come sinonimo di forza � di legge (ESPOSITO, Decreta legge, Enciclopedia del diritto, voi. XI, Milano, 1962, 839, n. 31); a meno di non voler ritenere che negandosi ai regolamenti, ex art. 87, quinto comma, citato, � valore � di legge se ne sia voluto in ogni caso escludere il trattamento anche sotto il profilo della competenza a sinda'\ carli da parte della Corte Costituzionale. O non si distingue, tra le due espressioni, \ ed allora anche se i regolamenti potessero avere forza di legge, si dovrebbe prendere ;~tto sempre dall'ostacolo costituito ugualmente, ma, forse, pi� insuperabilmente, '~J quinto comma dell'art. 87 in rapporto all'art. 134 della Costituzione. Si potr� �iari questo � ostacolo � giudicare � inopportuno � (EsPosrro, Diritta vivente, legge �'f._alamento di esecuzione, Giur. cost., 1962, 6o9, n. u), si potr� magari auspicare . '~-~rvento del legislatore nelle forme del caso (CRISAFULLI, Atti con forza di �<.regolamenti, Giur. cost., 1963, 207), ma non si potr� non lasciare, intanto, �\lfamenti, il sindacato giurisdizionale, cui pur sono soggetti, anche se diverso della Corte Costituzionale (v. in proposito, SANI>ULLI, La Giustizia castitu, in Italia, Giur. cost., 1961, 844). Del resto, nel senso di escludere dalla competenza della Corte Costituzionale le questioni di legittimit� costituzionale attinenti ai regolamenti � la giurisprudenza costante della Corte medesima (v., da ultimo, sent. 9 aprile 1963, n. 47, Giur. cost., 1963, 200 ed ivi ampia nota redazionale con richiami dei precedenti in argomento) e la giurisprudenza della Corte di Cassazione (v., da ultimo, sent. 23 gennaio 1963, n. 91, Giust. civ., 1963, III, 74). Con il che, peraltro, si intende soprattutto, sia ben chiaro, richiamare l'attenzione dei lettori su uno studio tanto autorevole per la fonte da cui promana in un campo tanto delicato avvertendolo, tuttavia, che la soluzione offerta in questo studio al problema suaccennato, per quanto magistralmente prospettata, non si ritiene accettabile. BENEDETTO BACCARI 14 RAS~EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 124 MASSIMARIO COMPLETO DELLA GWRISPRUDENZA DEL CONSIGLIO DI STATO 1932-1961 (a cura della Rassegna �Il Consiglio di Stato), in due volumi. L'opera suindicata pi� che una raccolta di giurisprudenza,. come il .t~tolo, con modestia, lascerebbe intendere, costituisce un panorama della .vita d.el diritto .nella materia amministrativa, ripartita istituto per istituto, con brevi e chiare note introduttive per ciascun istituto, con la indicazione dell~ ~ibli?grafia e della !egislazione pertinenti, e, quindi, della giurisprudenza del Consiglio di Stato per u.n intero. ~rentennio, il tutto di una comp'.etezza e di un ordine tali che la consultazione, faci!itata pure dalle suddivisioni, dai sommari e dai richiami, � resa veramente pronta e risulta profondamente esauriente. � . . . . . Quando si pensi, poi, alla moltiplicazione dei fin~ ?ubb~ici, .venficatas~ negli. ultimi decenni, onde l'attivit� del supremo consesso amministrativo s1 � estesa. in ogn~ direzione, sar� evidente come questo � Massimario � possa interessare tu~u quanti operano nel campo del diritto e non solo r~uscire di utili~~� ovviam~~te pr~z1osa, dato ci� che si � rilevato, per i tanti in rapporti con la Pubb.1ca Amm1mstraz10ne (B. B.). �' RASSEGNA DI LEGISLAZION'E PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI * D.P.R.� 16 APRILE 1964, N. 6g5 -Modifica l'art. 17 del regolamento generale' dei servizi postali (parte seconda -servizi a danaro), approvato con R.D. 30 maggio 1940, n. 775, consentendo, in determinati casi, il risarcimento, in favore degli aventi diritto, �del danno derivante da frodi nei servizi a danaro, anche prima del passaggio in giudicato della sentenza pronunciata dal magistrato penale (G.U. ii agosto lg64, n. 204). � LEGGE IO GIUGNO 1g64, N. 447 -Disciplina i limiti di et�, le rafferme, le promozioni, il trattamento di quiescenza, l'organico ed i concorsi per i, volontari dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica e per i sottufficiali delle stesse forze armate in servizio permanente (G.U. 2 luglio 1964, n. 16o). LEGGE 21 GIUGNO 1964, N. 463 -Stabilisce norme, secondo le quali si dovr� procedere alla determinazione dell'importo revisionale, dopo la sua entrata in vigore, per i lavori di qualunque natura da appaltarsi concedersi od affidarsi dalle Amministrazioni e dalle Aziende dello Stato anche con ordinamento autonomo (eccezion fatta per i lavori di competenza dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato), dagli enti locali e dagli enti pubblici, di cui al D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, modificato con legge 9 maggio 1950, n. 329, comprese le Amministrazioni indicate nel secondo comma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1963, n. 1491 (G.U. 4 luglio 1964, n. 162). LEGGE 27 GIUGNO 1964, N. 452 -Rinnova la delega al Governo per l'emanazione di norme relative all'organizzazione e al trattamento tributario dell'Ente nazionale per l'energia elettrica, dettando norme integrative della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 principalmente per quanto attiene alle imprese assoggettate a trasferimento ed agli indennizzi (G.U. 3 luglio 1964, n. 161). D.L. 30 LUGLIO 1964, N. 610 (1) -Modifica il regime fiscale degli spiriti (G.U. 30 luglio 1964, n. 186). LEGGE 10 AGOSTO 1964, N. 663 -Estende le norme per la elezione dei consigli comunali nei comuni con popolazione superiore ai lo.ooo abitanti anche per la elezione dei consiglieri comunali nei comuni con popo'azione superiore ai 5.000 abitanti, stabilendo altresi la durata e la funzione dei consigli comunali e provinciali (non per quelli gi� in carica), ed estende le norme previste dall'articolo 95 del T.U. 30 marzo 1957, n. 361 alle elezioni comunali e provinciali (G.U. 14 agosto 1964�. n. 199). LEGGE IO AGOSTO 1964, N. 664 -Consente la facolt� di derogare fino al 31 dicem-: bre 1964 alle norme contenute nell'art. 1 della legge 21 giugno 1964, n. 463_ -v. sopra -(G.U. 14 agosto 1964, n. l 19)� � Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. (1) Presentato al Parlamento per la conversione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 126 D.L. 31 AGOSTO 1964, N. 705 (2) -Aumenta le aliquote dell'i.g.e. (G.U. 31 agosto 1964, n. 199). D:L. 31 AGOSTO 1964, N. 706 (3) -Prevede l'assunzione da parte dello Stato di oneri per il fabbisogno finanziario �della gestione di talune assicurazioni sociali per il periodo 10 settembre 1964-31 dicembre 1964 e correlativamente la esenzione per alcune contribuzioni e la redazione per altre (G.U. 31 agosto 1964, n. 213). (2) Presentato al Parlamento per la conversione, risulta respinto dal Senato. Esso, pertanto, ai sensi dell'art. 77 Cast., � perde efficacia fin dall'inizio. Le Camere possono, tuttavia, regola~e c�n legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti �. Ci� significa che non sarebbe incostituz'onale una legge che stabilisse la non rimborsabilit� delle imposte percette in forza del decreto legge in esame. (3) Presentato al Parlamento per la conversione. DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE PROPOSTA DI LEGGE n. 1229 (Camera dei Deputati): Norme sulla cittadinanza. DISEGNO DI LEGGE n. 52-8 (Senato della Repubblica): Norme sulla cittadinanza. Nell'intento di dare un pi� organico assetto all'istituto della cittadinanza, ed in particolare per adeguarne la regolamentazione alle mutate esigenze dei tempi, che Iimpongono, specialmente nella considerata materia, una valutazione da parte del legislatore quanto pi� possibile immediatamente aderente all'evoluzione della coscienza sociale, il Governo present�, nella decorsa legis!atura, un apposito disegno di legge, che, approvato dal Senato, non riusci tuttavia a completare l'iter parlamentare, per il sopravvenuto scioglimento delle Camere. Rendendosi interpreti di quelle gi� avvertite esigenze, i deputati Migliori e Toros, ed i senatori Battaglia, Alcidi Rezza ed altri, hanno ora presentato, ai rami del Parlamento di cui rispettivamente fanno parte, la proposta ed il disegno di legge in oggetto, in un testo quasi conforme a quello a suo tempo, come si � detto, approvato dal Senato, ed accompagnandolo con la stessa re'azione che era stata predisposta, per l'Assemblea, .dalle Commissioni riunite -Interni e Giustizia -della Camera. La materia, come � noto, � attualmente regolata, oltre che da alcune particolari successive disposizioni di legge speciali, dalla legge fondamentale del 13 giugno 1912, n. 555, la quale, forse un po' troppo ispirata � ad una tendenza missionaria e protettrice � (cosl QUADRI, voce Cittadinanza del cc Novissimo Digesto�, III, 323), � stata da pil� parti criticata per una sua insufficienza, sopravvenuta, rispetto ai mutati fattori politici e sociali, in vista dei quali le rigorose applicazioni dei principi dello ius sanguinis e dello ius soli dovrebbero attenuarsi, si osserva, per far pi� largo posto alla valutazione degli effettivi legami, per comunanza di idee e di sentimenti, o per vincoli ambientali, che intercorrqno tra la societ� e l'individuo, alla cui volont�, per altro, dovrebbe darsi maggiore rilevanza; di modo che, in relazione agli accennati pi� moderni criteri, dovrebbero ritenersi anacronistici i concetti, cui la legge del 1912 appare ispirata, di � una prevalenza della cittadinanza italiana su quella straniera, in casi nei quali sarebbe forse opportuno consentirne, invece, la perdita, e di un piuttosto rigid� automatismo -come nel caso, ad esempio, della donna che contrae tr..atrimonio -nell'acquisto, nella perdita e nel riacquisto della cittadinanza stessa. Col testo proposto si intende ovviare, nei limiti ritenuti politicamente congrui, ad alcune delle notate deficienze, prevedendosi, in particolare, una pi� ampia serie PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 127 di casi di acquisto e di rjacquisto della citt�dinanza, da una parte, ed un minor rigore nell'accennato automatismo, e ci�, come si � accennato, in vista del dup'.ice criterio di un maggior rilievo della vo'ont� degli interessati e, nero stesso tempo, d1 una valutazione, pi� aderente alle attuali esigenze sociali, dei fattori tradizionali' -� vincoli di sangue e di ambiente -che pur restano fondamentali: come pu� dirsi, tra l'altro, per le nuove previste ipotesi di attribuzione della cittadinanza, con atto ad hoc (decreto del Capo del!o Stato), allo straniero, del quale il padre o la madre siano stati cittadini, o che sia stato adottato o affiliato da cittadini italiani, e, in entrambi i casi, nel concorso anche del requisito della residenza in Italia da un determinato numero di anni. In relazione, poi, a tutte le ipotesi di acquisto della cittadinanza per attribuzione, � anche previsto che esso non abbia effetto se l'interessato non presti giuramento di fedelt� alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e del"e altre leggi dello Stato. Inoltre, lo schema presentato al Senato (che in ci� diverge da quello presentato alla Camera}, prevede, per gli indicati casi di acquisto della cittadinanza per decreto del Capo del'o Stato, e per quelli di acquisto in virt� di leggi speciali, che la cittadinanza stessa si perda -oltre che per le ragioni, ben si intende, per le quali possono perderla anche gli altri cittadini -quando si compiano �atti in violazione dei doveri stabiliti dal primo comma dell'art. 54 della Costituzione "� Tale disposizione era stata stralciata, a suo tempo, dalle Commissioni riunite della Camera, che avevano esaminato il disegno in sede referente; ed appare conforme a tale orientamento, dunque, la proposta, ora presentata dai deputati Migliori e TC'ros, che la disposizione stessa non prevede. Si tratta, indubbiamente, di una norma che merita una attenta considerazione, sotto il profilo sia politico che giuridico, e qualche riserva, in effetti, sembra doversi prospettare. Non pare fondato, per altro, un dubbio di legittimit� costituzionale, in relazione al principio di uguaglianza, poich� questo, come � noto, � non va inteso nel senso che il legislatore non possa dettare norme diverse per regolare situazioni che esso ritiene diverse ... >>, bensl nel senso che esso "deve assicurare ad ognuno� uguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono" (Corte Cost., sent. 16 gennaio 1957, n. 3 in Relaz. Avv. Stato 1956-60, I, 93), laddove nel caso � chiaro che la disposizione riguarderebbe, ugualmente, tutta una classe di soggetti, i cittadini per naturalizzazione, la cui situazione il legislatore pu� ritenere -e del resto in re'azione ad un dato obiettivo, attinente al loro status anteriore -diversa da quel!a degli altri cittadini. Ma, appunto per tale diversit� anche iniziale di valutazione, il prob'ema richiede una scelta politica, in funzione dell'interesse, che sia o meno da riconoscere, ad. una discriminazione, che potrebbe dirsi qualitativa, dei cittadini per natur�lizzazione, eh.! avrebbero in definitiva una cittadinanza revocabile; e soltanto sotto questo profilo, dunque, e cio� per rilevare quali potrebbero essere le conseguenze dell'adozione o meno di quella disposizione, del problema qui si � creduto di far c�nno. Una volta, per altro, che si ritenga di porre la norma in questione, potrebbe essere opportuno farne una pi� completa formulazione (da:Ia relazione che accompagna il disegno presentato al Senato si rileva che, invece, volutamente si � credutu di adottare una formula non precisa, per superare i contrasti cui ogni possibile definizione dei casi di indegnit� aveva dato luogo); ad al riguardo, invero, potrebbe osservarsi� che l'estrema genericit� della proposta disposizione -inadempienza ai doveri di fedelt� alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e del'.e altre leggi dello Stato comporterebbe l'attribuzione di un ampio potere discrezionale ali'Amministrazione, con riflessi indubbiamente anche di caratter~ politico, per la valutazione della conc1eta situazione di indegnit�, nei singoli casi, laddove, in presenza di uno status di cittadino, sia pure, come innanzi si � accennato, qualitativamente limitato, quanto RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 128 meno opportuna potrebbe essere una predeterminazione, se non delle specifiche fattispecie, almeno dei criteri, alla cui stregua l'indegnit� medesima sia da considerare. (Per riferimenti sulla questione, circa l'ammissibilit� o meno di limitazioni dello status �civitatis, cfr.: Cass. 10 febbraio 1962, n. 191, in questa Rassegna, 1962, 26). Altre disposizioni di rilievo appaiono quelle previste in tema di doppia (o plurima) cittadinanza, con una attenuazione della tendenza verso la conservazione della citta~ dinanza italiana, nei casi in cui, in effetti, nell'interesse dei singoli, ma anche della collettivit�, che non ha ragione di dover conservare nel proprio seno elementi che ne siano sostanzialmente fuori, pi� opportuna pu� ritenersi la perdita della cittadinanza stessa: come nel caso del cittadino nato e residente in uno Stato estero, per il quale si prevede, appunto, che perder� la cittadinanza, salvo che, entro un anno dal compimento della maggiore et�, non dichiari espressamente di volerla conservare, o salvo che, entro lo stesso termine, non si verifichi la ricorrenza di. una circostanza (f1Bsazione della residenza in Italia, assunzione di impiego alle-dipendenze dello Stato italiano o di altro ente pubblico italiano; prestazione del servizio militare nelle Forze armate italiane), che valga a denotare il permanere dei vincoli, in vista dei quali la conservazione della cittadinanza si giustifica. Pi� estesi, poi, sono i previsti casi di riacquisto della cittadinanza, che appaiono contemplati, tra l'altro, in vista di una esigenza sociale senza dubbio vivamente sentita, quale quella di evitare che non possa rientrare nel seno della comunit� di origine, chi, pur se volontariamente abbia acquistato una cittadinanza straniera e perduto quella italiana, ci� abbia fatto -� il caso, in particolare, degli emigranti perch� costretto dalla necessit� di ottenere o conservare un lavoro. E da segnalare, infine, tra le altre, sono le disposizioni proposte in tema di cittadinanza della donna coniugata, con le quali -a modifica del pi� rigido criterio cu: si ispirava il legislatore del 1912, che automaticamente disciplinava l'acquisto o lu perdita della cittadinanza, da parte della straniera coniugata al cittadino e, rispettivamente, della cittadina coniugata allo straniero -si prevede, ora, fermi quei principi in via generale: a) che la donna cittadina �che si marita ad uno straniero, perde la cittadinanza italiana,� sempre che acquisti col matrimonio quella del marito o gi� nan la possieda; e non dichiari, entro un anno dalla celebrazione del matrimonio, di f1oler conservare la cittadinanza italiana�; b) che la donna straniera "che contrae matrimonio nello Stato al quale appartiene con un cittadino ivi residente, acquista la cittadinanza italiana, semprech� non dichiari, entro un anno dalla celebrazione del matrimonio, di voler conservare .Za propria cittadinanza, se la legge dello Stato lo censente ": in relazione alle quali norme, ispirate al criterio gi� prima ricordato di dare maggior rilievo, nei consentiti limiti, alla volont� degli interessati, sembrerebbe, tuttavia, da rilevare la opportunit� di una diversa formulazione, per evitare, special~ ente nel secondo caso, che si determinino situazioni temporanee di doppia cittadir,>. anza, dur�nte il periodo previsto per le dichiarazioni di opzione, e cosl allora prevedendosi o �una �ipotesi di riacquisto, e rispettivamente, di perdita della cittadinanza, per effetto delle dichiarazioni delle interessate, ovvero un differimento, allo spirare del ridetto termine, del verificarsi, rispettivamente, della perdita di;lla cittadinanza, nel primo caso, e dell'acquisto, nel secondo. * � * DISEGNO DI LEGGE n. 1468 (Camera dei Deputati; iniziativa governativa): Modificazioni al sistema sanzionatoria delle norme in tema di circolazione stradale e delle norme dei regolamenti locali. Col disegno di legge in oggetto, presentato dal Ministro di Grazia e Giustizia, dt concerto con i Ministri dell'Interno, dei Lavori Pubblici e dei Trasporti, viene PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 proposta una innovazione di notevole momento nel sistema sanzionatorio attualmente in vigore per le violazioni delle norme sulla circolazione stradale (d.p.r. 15 giugno 1959, n. 393), sulla tutela delle strade (r.d. 8 dicembre 1933� n. 1740, nelle parti ancora vigenti), sui trasporti di merci con autoveicoli (legge 20 giugno 1935, n. 1349), e, infine, per le violazioni delle norme dei regolamenti comunali e provinciali, prevedendosi la degradazione al rango di illeciti � amministrativi � delle violazioni che dalle dette norme sono ora previste come integranti reati contravvenzionali, e per le quali sia stabilita la sola pena dell'ammenda, con esclusione, per�, di quelle che si collegano, in tema di circolazione stradale, alle c.d. norme di comportamento, e di cm, p�r la loro maggiore pericolosit�, non � parsa opportuna la � depenalizzazione �. � di stretta competenza politica, indubbiamente, ogni valutazione della natura e della rilevanza, � specificamente in un dato momento storico, dell'interesse che si connette all'osservanza di determinati precetti, e che valga a suggerire l'inquadramento degli stessi nell'ambito del sistema penale, potendo i vari criteri, invero, che in dottrina vengono prospettati come idonei a consentire la discriminazione del torto penale dal torto civile, soltanto servire come guida al legislatore, nella scelta della migliore via da seguire. Tuttavia, e pur senza ulteriormente approfondire l'argomento, sembra potersi osservare, in ordine alla nuova proposta disciplina del considerato settore, che essa si presenta, in via generale, rispondente anche ai criteri sostanziali, appunto, che un buon legislatore deve tenere presenti, ai fini dell'accennata discriminazione, e particolarmente a quelli, quasi comunemente accettati, secondo cui � da aversi riguardo, per qualificare un illecito come reato, all'allarme sociale che esso desta, ma anche al grado di pericolosit� che lo stesso presenta per l'ordinata convivenza della collettivit�, e. infine, alla considerazione comparativa del valore del precetto, la cui osservanza appaia opportuno garantire anche con la comminatoria di sanzioni penali, e dell'onere che allo Stato, per l'organizzazione dei servizi (di polizia e giudiziari), ne derivi: criteri che risultano tutti presi in esame, singolarmente ed in una combinata valutazione, nell'ampia relazione che accompagna il disegno. Ci� premesso, sel:\lbra tuttavia doversi rilevare che alcune delle disposizioni previste per la concreta nuova disciplina della materia, potrebbero dar luogo a qualche perplessit�: come � a dire, in primo luogo, per la norma che escluderebbe la trasmissibilit� agli eredi dell'obbligazione del trasgressore e dei coobbligati, la quale, invero, ed una volta affermata la natura civile dell'obbligazione stessa -(si parla, � vero, di � sanzione amministrativa >>, ma la qualificazione va ovviamente riferita alla �natura dell'interesse, in vista del quale la norma � posta, mentre l'obbligazione di pagamento della somma di denaro, determinata tra i previsti minimi e massimi, non sembra inquadrabile .in uno schema diverso da quello proprio delle obbligazioni di carattere civile) -si paleserebbe non conforme ai principi, riconosciuti validi, del resto, anche in materie che con quella in esame presentano una qualche analogia, e cio� in tema di sanzioni per violazioni, non penali, delle leggi finanziarie e valutarie (cfr., da ultimo, Cass. 29 gennaio l.963, n. 241, Brunetti -Min. Tesoro, in questa Rassegna, 1964, I, 367). Secondo il disegno, inoltre, � demandato all'Autorit� amministrativa.-(Sindaco e Presidente dell'Amministrazione provinciale, per le violazioni, rispettivamente, delle norme dei regolamenti comunali e provinciali; Prefetto, negli altri casi) -di prov vdere � con ordinanza motivata � per la irrogazione delle sanzioni, con contestuale ingiunzione di pagamento della somma determinata. Ma � anche previsto, naturalmente, per assicurare la garanzia giurisdizionale, che l'interessato possa, avverso quell'ordinanza, " proporre azione davanti al pretore del luogo, ecc ... �; e ci�, dunque, per la rilevata natura civilistica del rapporto obbligatorio, che presuppone anche un soggetto attivo, individuabile nell'ente -Stato, Comune o Provincia -al quale, nei vari casi, � devoluto il � provvento >>, potrebbe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 130 indurre, anzi induce, alla conclusione, anche alla stregua dei principi in tema di contraddittorio, che questo debba instaurarsi nei confronti dell'ente medesimo, con tutte le conseguenze che un processo, secondo l'ordinario rito civile, comporta. Conseguentemente, e poich� non sembrerebbe concettualmente ammissibile che si escluda quel contraddittorio (oltre tutto, ne risulterebbe menomata la garenzia giurisdizionale che compete anche all'ente titolare della pretesa), potrebbe essere il caso, e proprio al fine di realizzare una semplificazione ed una economia nello svolgimento del servizio, come auspicato nella relazione, che si preveda opportunamente anche una semplificazione processuale, escludendosi, innanzi tutto, l'appellabilit� delle sentenze dei pretori, consentendosi alle parti di stare in giudizio senza ministero di difensore, meno, evidentemente, per la fase dinanzi alla Corte di Cassazione (il ricorso, come � ovvio, non va escluso, per il disposto dell'art. 1 II, secondo comma, della Costituzione), e prevedendosi, anche in vista della non obbligatoriet� della rappresentanza ed assistenza ad opera di difensori, che gli atti, anche se il giudizio sia da proporre nei confronti dello Stato, siano direttamente notificati all'Amministrazione interessata. Da ultimo, e sempre in considera,zione della pi� completa realizzazione dei fini cui mira il disegno, tra i quali quelli concernenti la economicit� e la efficienza dei servizi, nella materia in esame, potrebbe rilevarsi: a) la opportunit� di attribuire la competenza, in sede amministrativa, per le violazioni che concernono la tutela delle strade (r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740 ed altre disposizioni, anche in materia di autostrade), agli organi dell'Azienda autonoma della strada, indubbiamente dotati di specifica competenza tecnica in merito, anzich� ai Prefetti, ai quali resterebbe devoluta la competenza a provvedere in ordine alle violazioni in tema di circolazione e di trasporto di merci; b) la opportunit� -al fine di evitare !'altrimenti necessaria integrazione, tecnica e funzionale, degli uffici dell'Amministrazione interessata -di prevedere che la riscossione delle somme dovute dai trasgressori sia curata dagli esattori comunali, i quali, come � noto, gi� provvedono anche alla riscossione di altre entrate, anche di natura non tributaria, dello Stato e degli enti locali. PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 549 (Spese e sanzioni pecuniarie in caso di rigetto o di inammissibilit� del ricorso). La questione sollevata in relazione alla indicata norma, nella parte relativa alla sanzione pecuniaria prevista nel caso di rigetto o inammissibilit� del ricorso per cassazione, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, n. 69, G.U. 11 luglio 1964, n. 169, ed spec.). R.D.L. 31 DICEMBRE 1925, N. 2383, artt. 18, 19, 20 e 21 (Norme per il trattamento di quiescenza dei salariati statali). R.D. 28 GIUGNO 1933, N. 704, artt. 14, 15, 16 e 17 (Norme per il funzionamento presso l'Amministrazione dello Stato dei servizi inerenti alla liquidazione delle pensioni). La questione sollevata in rapporto alle indicate norme, regolanti per i salariati statali il concorso di trattamenti pensionistici dello Stato e delle assicurazioni per PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 131 la invalidit� la vecchiaia e i superstiti, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 74, G.U. II luglio 1964, n. 169, ed spec.). Con la stessa pronuncia la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 8, ultimo comma, e dell'art. 10, secondo comma, del D.P.R. l l gennaio 1956, n. zo, pure concernente il trattamento di quiescenza al personale statale e sollevata nelle medesime ordinanze, in relazione alla legge zo dicembre 1954� n. l 181 ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, nonch�, per quanto riguarda l'art. IO, comma secondo, anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione, � stata dichiarata manifestamente infondata, in quanto gi� oggetto di altra pronuncia (v. retro, II, 44). LEGGE 29 APRILE 1949, N. 264, art. 61, nel testo modificato dall'articolo unico della LEGGE 2 FEBBRAIO 1952, N. 54� (Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati). La questione sollevata, concernente il trattamento economico dei lavoratori nei cantieri-scuola, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, G.U. l l luglio 1964, n. l6g, ed spec.). LEGGE 15 AGOSTO 1949, N. 533, artt. 5 e 7 (Norme sulla durata dei contratti individuali di lavoro dei salariati fissi dell'agricoltura e sulle relative controversie). La questione sollevata, concernente la nomina e l'assistenza di consulenti tecnici per le controversie di cui alle suindicate norme, in riferimento agli artt. 102, secondo comma, e 108, cpv., della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, G.U. l l luglio 1964, n. _16g, ed. spec.). LEGGE 6 AGOSTO 1954� N. 6o4, art. 7, penultimo comma (Modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favore della piccola propriet� contadina). La questione sollevata in rapporto alla .suindicata norma, concernente l'accertamento, da parte dell'Ispettorato agrario, della ricorrenza delle circostanze, che determinano decandenza da agevolazioni tributarie nella soggetta materia, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 76, G.U. Il luglio 1964, n. 169, ed spec.). LEGGE 27 DICEMBRE 1956, N. 1423, art. 2 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralitii). La questione sollevata in riferimento agli artt. 3, 16, 25 e 102 della Costituzione (v. pure retro, II, 13 e 45) � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 30 giugno 1964, n. 67, G.U. II luglio 1964, n. 169, ed. spec.). LEGGE 30 DICEMBRE 196o, N. 1728 (Norme integrative della legge 19 marzo 1955, n. 160, per quanto concerne il conferimento delle supplenze annualir. LEGGE 27 DICEMBRE 1963, n. 1878 (Interpretazione autentica degli artt. 4 e 6, secondo comma, della legge 19 marzo 1955, n. 160, in materia di personale insegnante non di ruolo). La questione sollevata in rapporto alle suindicate norme, concernenti la possibilit� di conferire supplenze di insegnamento anche a persone munite di titoli di studio inferiori a quelii richiesti per l'ammissione agli esami di abilitazione professionale, con riferimento agli artt. 3 e 33, quinto comma, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 'luglio. 1964, n. 77, G.U. 11 luglio lg64, n. 16g, ed spec.). LEGGE 2 GIUGNO 1961, N. 454, art. 28, comma terzo (Piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 132 La questione sollevata in rapporto alla suindicata norma, concernente la riduzione a met� degli onorari notarili per gli atti riguardanti la formazione e l'arrotondamento della piccola propriet� contadina, con riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 7 luglio 1964, n. 75, G.U. li luglio 1964, n. 169, ed spec.). DISPOSTZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CODICE PENALE, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione). La questione di legittimit� costituzionale � stata dal Pretore di Firenze ritenuta non manifestamente infondata in relazione all'art. z1 della Costituzione (Ord. 23 maggio I964, G.U. li luglio I964, n. 169, ed spec.; v. pure retro, Il, 46). CODICE PENALE, art. 570, primo comma (Violazione degli obblighi .di assistenza familiare). La questione di legittimit� costituzionale, con riferimento all'abbandono del domicilio coniugale, in relazione agli artt. 13, 16 e 29, secondo comma, della Costituzione, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Cuorgn� (Ord. 26 giugno 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed spec.; v. pure retro, II, 91). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 173 (Notificazione all'imputato latitante, evaso o renitente). La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda le. notificazioni all'imputato renitente, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale di Brescia, in riferimento all'art. 24 della Costituzione (Ord. 2 aprile 1964, G.U. li luglio 1964, n. 169, ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 522, ultima parte (Questioni di nullit�). La questione di legittimit� costituzionale, in quanto l'ultima parte della suindicata disposizione priverebbe l'imputato di un grado di giudizio di merito, � stata dal Tribunale di Locri ritenuta non manifestamente infondata con riferimento all'articolo 24 della Costituzione (Ord. 4 giugno 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed spec.). R.D.L. 10 GENNAIO 1926, N. 17 (Restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie in provincia di Trento). La questione di legittimit� costituzionale � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale di Trento in relazione all'art. 22 della Costituzione (Ord. 21 maggio 1964, G.U. 11 luglio 1964 n. 169, ed. spec.). R.D.L. li APRILE 1926, N. 752, art. 2 (Poteri dell'alto commissario per la citt� e la provincia di Napoli in materia di espropriazioni per pubblica utilit�). La questione di legittimit� costituzionale, concernente l'estensione dell'ambito della giurisdizione della Giunta speciale presso la Corte di appello di Napoli, in relazione agli artt. 70 e 77, primo comma, della Costituzione, � stata ritenuta non manifestamente infondata dalla Corte di appello di Napoli (Ord. 29 novembre 1963, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). LEGGE 20 DICEMBRE 1932, N. 1849, art. 3, secondo comma (Riforma del testo unico delle leggi sulle servit� militari). La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda la parte in cui implicitamente appare disposta la costituzione di servit� senza indennizzo, � stata PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 133 dalla Corte di Cassazione ritenuta non manifestamente infondata con riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione (Ord. 27 gennaio 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). T.U. 3 MARZO 1934, N. 383, art. 260 (Legge comunale e provinciale). La questione di legittimit� costituzionale, concernente i consigli di prefettura, � stata rimessa dalla Corte dei Conti -sezione giurisdizionale -alla Corte Costituzionale, in relazione all'art. 103, comma secondo, della Costituzione (Ord. 28 aprile 1964, G.U. 11 luglio 1964, n. 169, ed. spec.). T.U. 3 MARZO 1934, N. 383, artt. 87, ultimo comma, 140, ultimo comma, 165 e 296 (Legge comunale e provinciale). La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda il potere conferito al Prefetto di autorizzare enti locali e consorzi a stipulare contratti a trattativa privata allorquando ricorrano circostanze eccezionali e ne sia evidente la necessit� e la convenienza, nonch� in quanto riguarda la subordinazione dell'impegnativit�, � per l'ente contraente, dei c()ntratti stipulati senza la prescritta autorizzazione prefettizia al visto dello stesso organo,. cui si attribuisce facolt� di negare l'esecutivit� dei contratti quantunque riconosciuti regolari, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale di Messina con riferimento agli artt. 5, 128, 130 e IX disposizione transitoria finale della Costituzione (Ord. 17 marzo 1964, G.U. 25 luglio 196+ n. 182, ed. spec.). LEGGE 17 AGOSTO 1942, N. 1150, art. 7, n. 2, 3 e 4 (Legge urbanistica). La questione di legittimit� costituzionale, concernente taluni limiti imposti dai piani regolatori generali dei Comuni, � stata rimessa dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, in sede giuridisdizionale, alla Corte Costituzionale con riferimento all'art. 42, comma secondo e terzo, della Costituzione (Ord. 14 gennaio 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed spec.; v. pure due altre analoghe ordinanze con la stessa data, diverse in quanto relative solo ai numeri 2 e 3 dell'art. 7 della legge n. u50 del 1942, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec. e G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed spec.; cfr. altresi, retro, Il, 95). D.P.R. II GENNAIO 1956, N. 5, art. 3 (Compensi ai componenti delle Commissioni, Consigli, Comitati o Collegi operanti nelle Amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, e delle Commissioni giudicatrici dei concorsi di ammissione e di promozione nelle carriere statali). � La questione di legittimit� costituzionale della suindicata norma, concernente il limite di dodici gettoni, con riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Conciliatore di Monsumii:iano Terme (Ord. 7 luglio 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). D.P.R. 27 OTTOBRE 1958, N. 956 (Norme concernenti la disciplina della circolaziotee stradale). La questione di legittimit� costituzionale � stata dal Pretore di Ariano Irpino ritenuta non manifestamente infondata in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione (Ord. 19 ottobre 1963, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). In proposito, peraltro, la Corte Costituzionale si � gi� pronunciata dichiarando non fondate le questioni di legittimit� costituzionale della legge 4 febbraio 1958, n. 572, del D.P.R. 27 ottobre 1958, n. 956 e del T.U. approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Corte Cost., sent. 6-19 dicembre 1963, n. 163, G.U. 21 dicembre 1963, n. 331, ed. spec.) .. LEGGE 30 LUGLIO 1959, N. 559, art. 2 (Condono in materia tributaria per sanzioni non aventi natura penale). 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione di legittimit� costituziona~e, per quanto concerne la limitazione del, condono alle controversie definite entro un anno dalla entrata in vigore della legge, � stata dalla Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia rimessa alla Corte Costituzionale con riferimento all'art. 3 della Costituzione (Ord. 28 aprile 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.). T.u. 16 MAGGIO l96o, N. 570, art. 15 (Testo unico delle leggi per la composizione degli organi delle Amministrazioni comunali). La questione di legittimit� costituzionale, per quanto riguarda i limiti all'esercizio del diritto-dovere dei cittadini, cui sono affidate pubbliche funzioni, limiti diversi da quelli attinenti alla disciplina ed all'onore, con riferimento all'art. 54 della Costituzione, � stata rimessa alla Corte Costituzionale dal Consiglio comunale di Baiso (Del. 13 aprile 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec.). Le questioni di legittimit� costituzionale dell'intero art. 15 in relazione agli artt. 3, 24, 25, 48, 51 e 113 della Costituzione, peraltro, sono gi� state dichiarate non fondate dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., sent. 3-n luglio 1961, n. 42, G.U. 15 luglio 1961, n. 174,, ed. spec. e, da ultimo, con richiamo alle precedenti, Ord. 6-18 giugno 1963, n. lOl, G.U. 22 giugno 1963, n. 167, ed. spec.). n.P.R. 14 LUGLIO l96o, N. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini). D.P.R. l l DICEMBRE 1961, N. 1642 (Norme sul trattamento economico e normativo, degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province �i Catania, Palermo, Siracusa e Trapani). La questione di legittimit� costituzionale, con riferimento al primo dei suindicati provvedimenti, per la parte che rende obbligatorio erga omnes l'art. 6I del contratto, collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, e con riferimento al secondo, per la parte che rende obbligatorie erga omnes le clausole rn e 13 (questa in quanto riguarda la Cassa edile) dell'accordo collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai addetti alla edilizia nella provincia di Palermo, � stata ritenuta non manifestamente infondata in relazione all'art. 76 della Costituzione dalla Corte di Cassazione (Ordinanze 14 aprile 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.; v. pure retro, 11, 97 e 98). D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 865 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno). La questione di legittimit� costituzionale, in quanto riguarda l'obbligatoriet� per la provincia di Napoli della clausola dell'art. 7 del contratto collettivo integrativo 2 ottobre 1959� � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Casoria con riferimento all'art. 76 della Costituzione (Ord. 3 giugno 1964, G.U. 25 luglio 1964, n. 182, ed. spec.; v. pure retro, Il, 98). LEGGE 6 DICEMBRE 1962, N. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche). D.P.R. 15 DICEMBRE 1962, N. 1670 (Organizzazione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica). D.P.R. 4 FEBBRAIO 1963, N. 36 (Norme relative ai trasferimenti all'Ente nazionale per l'energia elettrica delle imprese esercenti le industrie elettriche). D.P.R. 25 FEBBRAIO 1963, N. 138 (Norme relative agli indennizzi da corrisponderealle imprese assoggettate a trasferimento all'Ente nazionale per l'energia elettrica). I D.P.R. 14 MARZO 1963, N. 219 (Trasferimento all'Ente nazionale per l'energia elettrica dell'impresa della societ� per azioni Edisonvolta). I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 135 La questione di legittimit� costituzionale � stata ritenuta non manifestamente infondata dal vice Conciliatore di Milano (r) con riferimento agli artt. 5, 25, 47, 76, :Sr, ro2 e rr3 della Costitu.zione (Ord. r6 gennaio r964, G.U. 29 agosto r964, n. 2r2, ed. spec.). Le questioni di legittimit� costituzionale gi� sollevate in relazione a talune disposizioni dei primi tre provvedimenti suindicati e con riferimento ad altre norme della Costituzione nonch� a norma degli statuti speciali de'la Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige sono state dichiarate non fondate dalla Corte Costituzionale (v. retro, Il, 45). LEGGE 25 FEBBRAIO r963,. N. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso nelle provincie del Lazio). La questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge suindicata con riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 44, 97, IOI, rn4, rn8 e 113 della Costituzione � .stata ritenuta non manifestamente infondata (v. pure retro, Il, 99) dal Tribunale di Frosinone (Ordinanze r3 maggio r964, G.U. rr luglio r964, n. r69, ed. spec. e 8 giugno 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, ed. spec.) e dal Pretore di Veroli (Ord. 15 maggio r964, G.U. 11 luglio 1964, n. r69, ed. spec.). (1) Con la stessa ordinanza, il medesimo vice Conciliatore ha disposto la trasm1ss1one <li copia autentica degli atti alla Corte di Giustizia della Comunit� economica europea ritenendo che i suindicati provvedimenti violino gli artt. ro2, 93, 53 e 37 del trattato 25 marzo r957 r~epito nell'ordinamento giurid:co italiano con la legge r4 ottobre 1957, n. 1203. In proposito cfr. la sentenza 15 luglio r964 della Corte di Giustizia delle Comunit� europee, Foro it., 1964, IV, r37. QUESTIONI LO STADIO FORMATIVO DELLA DEMANIALITA' ~ �=� E LA DESTINAZIONE ALL'USO PUBBLICO La sentenza della Cassazione, Sez. I, 8 maggio 1964, n. 1<J95 pubblicata sulla Giur. it., 1964, I, 1, 742 con breve commento, sembra fissare in termini assai chiari i momenti di un fenomeno, sul quale la giurisprudenza dell'ultimo decennio si � frequentemente soffermata: il processo di formazione del demanio cosi detto �artificiale �. Sull'argomento, dopo lo scritto pubblicato su questa Rassegna (1955, 7 e sgg.) vanno particolarmente ricordate le sentenze della Suprema Corte 6 ottobre I954� n. 33I7 e 2I maggio 1955, n. I488, commentate autorevolmente dal SANDULLI (Giur. it., 1956, I, 1, 52I) e la sentenza delle Sez. Un. 28 ottobre 1959, n. 3I63, commentata dal CASSARINO (Foro pad., 196o, I, 280). Secondo questo orientamento, lo stadio formativo del demanio accidentale troverebbe la sua conclusione nel momento della destinazione dei beni all'uso di pubblica utilit�, conformemente agli scopi perseguiti dall'Amministrazione cui il bene medesimo appartiene. Proprio questa destinazione sarebbe, anzi, l'elemento distintivo del demanio artificiale dal demanio necessario, il quale avrebbe l<i diversa caratteristica di nascere in rerum natura con i crismi della demanialit�. In J'ealt�, quest'ultima affermazione � vera solo entro certi limiti. � stato infatti osservato che anche per il demanio necessario, alcuni tipi di beni non solo devono possedere i requisiti materiali qella fattispecie, ma anche� una virtuale possibilit� di utilizzazione (Acque pubbliche: Cass. 25 marzo 1964, n. 633). In altri casi, in cui il bene � suscettibile di usi tanto pubblici che privati, si � addirittura ritenuto che occorra una specifica destinazione (Aerodromi militari: Cass. 24 giugno 1963, n. 1710, annotata criticamente in questa Rassegna, 1963, I82). Ma queste precisazioni, del resto inevitabili di fronte ad una formulazione necessariamente ampia, non tolgono allo a stadio formativo della demanialit� � e alla configurazione della " destinazione � come momento finale, una innegabile forza suggestiva: tutto il fenomeno di assestamento della demanialit� ne sembra illuminato. E invece, la maggior luce rende ancora pi� scure e appariscenti le ombre: prima fra queste, l'ambi:guo significato con il quale viene adoperata la parola � destinazione �. Il cop.cetto e il termine di " destinazione � compaiono in numerose norme della legge e del regolamento di contabilit� di Stato (art. 2, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; artt. 5, 7, 9, 11, 14, 20, ecc. r.d. 23 maggio 1924, n. 827); compaiono, inoltre, in numerosi articoli del Codice civile che riguardano specificamente i beni pubblici (artt. 822, 826, 828, 830, 831); compaiono, infine, in numerose norme di diritto amministrativo, fra le quali ricorderemo in particolare l'art. 200� 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F sulle opere pubbliche, e l'art. 60, l. 25 giugno 1865, n. 2959 sull'espropriazione per pubblica utilit�. In tui:te queste norme, al pari di quanto si verifica nel diritto privato, il concetto di " destinazione � rimane costantemente caratterizzato da un collegamento non attuale, ma teleologico, ad un determinato scopo. Questo carattere, d'altronde, � insito nel significato del termine � destinare '" che vuol dire, secondo un'aulica definizione, � Formar pensiero su avvenimenti futuri �>. L'antica dottrina privatistica aveva approfondito il concetto, fondamentale per la configurazione della categoria degli immobili per destinazione, e ne aveva posto in evidenza l'elemento soggettivo: � La causa dell'immobilizzazione consiste unicamente nell'intenzione del proprietario � (BIANCHI, Trattato, voi. IX, I, I32). Non � diversa, del resto, la presa PARTE II, QUESTIONI di pos1z10ne della moderna dottrina rispetto a quei casi, in cui la voluntas domini � rimasta fattore determinante per il regime di alcuni beni (cfr. PESCATORE, ALBANO e GREco, Della propriet�, 48). II concetto e l'atto del destinare non mutano la loro caratteristica di proiettarsi nel futuro, se applicati al campo del diritto pubblico, e pi� precisamente ai beni pubblici. N� pu� influire sull'atteggiarsi della destinazione, l'essere questa indirizzata ad assicurare il godimento diretto e immediato del bene (uso pubblico), o piuttosto un servizio pubblico. A parte il rilievo cbe per gran parte della dottrina l'uso pubblico sarebbe comprensivo, in senso lato, anche del pubblico servizio (cfr. nella giurisprudenza recente Cass. 20 luglio 1957, n. 3061, Foro pad., 1957, I, 906) certo � che rispetto ad entrambi la destinazione si pone come un atto di volont� della pubblica amministrazione, diretto al soddisfacimento di una funzione mediante un uso del bene che � previsto (e voluto), ma non ancora attuato. Da questo punto di vista � particolarmente propria l'espressione, con la quale la legge sull'espropriazione per pubblica utilit� accenna alla preveduta destinazione (art ..60), per indicare quella intentio, la cui mancata attuazione condiziona il diritto alla retrocessione. Ma le pi� limpide pagine sulla destinazione dei beni pubblici sono state scritte dal RANELLETTI, nel fondamentale studio ap?arso sul finire del secolo scorso (�Della formazione e cessazione della demanialit��,. Giur. it., 1899, IV, 1 e sgg.). Con l'intento di dimostrare come la destinazione fosse requisito indispensabile di tutti i beni demaniali, -concezione oggi abbandonata -il RANELLETTI deline� i caratteri della destinazione in modo estremamente chiaro: " La destinazione presuppone un atto di volont�, tacita o espressa, con cui la cosa sia diretta ad. un dato scopo. La destinazione non � coerente alla cosa, ma dipende dal fatto della societ� stessa o dell'autorit�, che la rappresenta. Ogni cosa, perci�, considerata per se stessa, non � n� demaniale, n� patrimo,niale; essa diviene demaniale solo per il rapporto, in cui � posta con una data collettivit�; e il semp'ice uso, casuale, precario, non dipendente, n� riconosciuto da un atto di volont�, tacita o espressa, dell'autorit� pubblica, non pu� essere l'effetto o lo scopo di una destinazione e non pu�, quindi, produrre la demanialit�. della cosa, che sia ad esso sottoposta� .... "La forza obbligatoria della destinazione riposa solo nella volont� dell'amministrazione pubblica �... " Per il subbietto giuridico, che agisce nel campo del diritto pubblico, la formazione del bene demaniale si presenta come uno dei mezzi per soddisfare i bisogni della collettivit� �. Da queste espressioni parrebbe conseguente dedurre che la vo'ont� di destinare dovesse, nel pensiero del RANELLETTI, costituire un prius, rispetto al concreto uso del bene pubblico. Ma questa precisazione manca, nel fondamentale studio del Ranelletti, per una ragione di coerenza. Dovendo egli giustificare una � destinazione � anche per i beni del demanio naturale, era indispensabile configurare un atto di destinazione anche per tali beni, per i quali l'uso pubblico preesisteva, derivando .esso dalla natura della cosa. Tale atto il RANELLETTI ravvis� nella legge, che riconosceva il carattere demaniale di questi beni: legge che inevitabilmente era un posterius, rispetto all'uso pubblico esercitato spontaneamente dalla col'ettivit�. Per questa necessit� di adattamento, il concetto di destinazione fini per essere deformato, sotto il peso dell'accentuazione della funzione pubblica, intesa coi:ne � momento in cui il bene � in condizione di rendere attualmente il servizio, di soddisfare attualmente il bisogno cui � destinato �. La citata sentenza n. 1095 segue sostanzialmente la via segnata, oltre mezzo secolo fa, dal RANELLETTI. L'affermazione secondo la quale � la destinazione all'uso pubblico rappresenta il momento finale della demanialit� accidentale n viene cosi a risultare, secondo_ l'attuale diritto positivo, viziata per eccesso, in quanto generalizza una destinazione che per molte fattispecie tipiche � irrilevante, come hanno recentemente ribadito il SANDULLI e il CASSARINO negli scritti citati. Ma l'addebito pi� grave tocca proprio la sostanza dell'affermazione, che, insistendo sulla destinazione come RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 138 momento finale e successivo alla nascita del bene, avvalora un equivoco in cui � caduta anche una parte della . moderna dottrina (FALZONE, I beni indisponibili, 280 e sgg.): la confusione, cio�, fra destinazione e impiego del bene. Nello scritto apparso su questa Rassegna si era messo in evidenza come, ai fini della qualii�cazione del bene, il momento del concreto impiego fosse irri'.evante. Neppure per le strade -contrariamente all'opinione di una pur autorevole dottrina (ZANOBlNl, SANDULLI) che fa derivare dalla tradizione dell'art. 427 e.e. del 1865 il requisito della cc effettiva� destinazione -l'apertura al transito rappresenta un momento determinante. Il tradizionale taglio del nastro rimane una cerimonia, che segna l'inizio dell'utilizzazione della strada (cfr. Gu1cc1ARD1, Il Demanio, 203) ma che nulla aggiunge alla natura del bene. Le espressioni con le quali, sotto il vigore del precedente codice, si sottolineava che cc per le strade non vi ha altra forma di godimento ~e non nell'uso diretto che ne fanno i cittadini col passarvi � (DE RucGIERO, Istituzioni, ed. VI, vol. II, 331) non volevano significare che l'effettivo transito fosse essenziale per attribuire la demanialit�, ma semplicemente che per le strade l'uso pubblico era diretto, a differenza dell'uso indiretto o mediato di altri beni. N� si trova traccia della attualit� del transito, quale tradizionale requisito del demanio stradale, nei maggiori autori che trattarono la materia sotto l'impero del Codice del 1865: al contrario, anche il Gu1cc1ARD1 riconosce che la fine della costruzione della strada � sufficiente per la nascita del bene come demaniale (op. cit., 182, nota 2), conformemente alla premessa che l'utilizzazione concreta del bene rappresenta soltanto il lato cc interno � della propriet� pubblica, e non influisce affatto sul �sorgere della demanialit� (201 e sgg.). Nel diritto intermedio alcuni commentatori avevano bensi richiesto, per il carattere pubblico di una strada, il r�quisito cc quod iter per eam publice haberi consueverit � accanto al cc solum publicum... auctoritate publica destinatum � (R1cHER10, Iur. univ., III, 5101 e segg.): ma il requisito della consuetudine del pubblico transito serviva solo a distinguere le strade pubbliche dalle viae agrariae che collegavano i fondi privati: non consta l'esistenza di alcun passo delle fonti, dal quale possa desumersi che una via praetoria o consularis divenisse pubblica solo con l'effettivo uso da parte dei cittadini. Escluso che la destinazione possa identificarsi con l'uso concreto e materiale del bene, non si ha difficolt� ad ammettere che la destinazione, "come tale, esiga manifestazioni di volont� attuali e concrete da parte della pubblica Amministrazione. Ma � la volont� di impiegare il bene che deve estrinsecarsi, non gi� l'impiego medesimo. L'estrinsecazione della volont� risponde all'antico insegnamento, secondo il quale cc In totum omnia quae animi destinatione agenda sunt, non nisi vera et certa scient�:J perfici possunt � (1. 76, PAPIN, lib. 24, Quaest.). Ed � esigenza, a nostro avviso, soddisfatta ampiamente da quel complesso di atti e fatti amministrativi, .che costantemente accompagnano la costruzione di un'opera pubblica, dal progetto all'occupazione del bene, dalla espropriazione al collaudo: atti e fatti concreti indubbiamente rivelatori di una volont� di destinazione. Quando, nelle elaborazioni dottrinali in tema di opere pubbliche, si sottolinea che " la destinazione dell'opera, l'impiego che di questa intende fare il committente, sono elementi determinanti per il progettista� (cosi C1ANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, 1957, 418) si enuncia una verit� che � importante sotto il profilo tecnico, ma che illumina anche il problema della natura giuridica dell'opera in costruzione. Pu� dirsi che il progetto � una prima manifestazione della volont� di costruire per soddisfare concretamente un pubblico bisogno. Non senza motivo, in molti casi la approvazione del progetto ha valore di dichiarazione di pubblica utilit�; anzi, da'la pubblicazione del progetto scaturiscono immediatamente, in talune recenti leggi, significative limitazioni dei diritti dei proprietari (1. 24 luglio 1961, n. 720 sulle autostrade). Ci� conferma l'importanza dell'approvazione del progetto, come fatto anteriore ed esterno, gi� indicativo di una volont� di destinazione. PARTE Il, QUESTIONI 139 Questo collegamento teleologico, preparato dal progetto, si materializza poi, di solito, con la procedura espropriativa e l'occupazione del bene, accompagnate dall'inizio della costruzione dell'opera. A questo punto, la � destinazione � -nel senso sopra illustrato di volont� di trasformare il bene per il soddisfacimento di un pubblico servizio -� ormai perfetta: e, quando concorra il requisito dell'appartenenza allo Stato, alla Provincia o al Comune, il concepimento dell'opera in relazione alla sua pubblica destinazione le attribuisce, anche durante il suo divenire, il carattere di bene indisponibile, giusta l'art. 826 e.e. Alcuni autori hanno cercato di sminuire l'importanza dell'espropriazione e, in genere, dell'occupazione del bene e della successiva trasformazione, negando che da esse derivi l'effetto dell'indisponibilit� del bene. A sostegno della tesi negativa si � ricordata la giurisprudenza che ha escluso l'indisponibilit� <;ii beni espropriati o costruiti per un determinato servizio pubblico, se poi questo rimane, di fatto, non attuato (Cass. 19 febbraio 1957� n. 598, Giust. civ. 1957, I, 1332; Cass. 8 agosto 1957, n. 3369, id. 1958, 98). L'obiezione, peraltro, � superabile, sol che si consideri come la destinazione sia elemento determinante dell'indisponibilit� fintanto che essa sussista, e non oltre. Anche una macchina da scrivere, indisponibile in� quanto assegnata ad un ufficio pubblico, diviene patrimonialmente disponibile se l'Amministrazione decide di sclassificarla, o dimostra in modo non equivoco di non volerla pi� destinare al pubblico servizio. Non si � mai dubitato, infatti, che la destinazione, come � elemento decisivo per l'insorgenza dell'indisponibilit�, � altrettanto decisiva per la sua cessazione (Corte Cost. 18 maggio 1959� n. 31, Foro pad. 1959� IV, 177; Cass. 9 aprile 1964, n. 811). Ritenere che il semplice non uso da parte dei cittadini, ancorch� prolungato, non basti a far cessare la destinazione (IAVOLENUS, lib. X ex Cassio: cc Viam publicam popuius non utendo amittere non potest >>, D. XXXXllI, l 1, 2 De via publica reficienda), non significa voler negare che la pubblica Amministrazione possa manifestare per facta concludentia la volont� di far cessare la destinazione, rendendo disponibile il bene. Ci� chiarito, devesi per� ribadire che l'espropriazione, o l'occupazione d'urgenza, non possono ridursi alle proporzioni di fatti o atti irri"evanti ai fini di una particolare destinazione del bene espropriato, o occupato in via definitiva. Se si considera che questi atti o fatti sono tali da far venir meno tutte le azioni esperibili sul fondo, sottratto alla disponibilit� dei privati (art. 52 legge suEe espropriazioni) al fine dichiarato di far si che nessuno possa interrompere il corso dell'espropriazione o impedirne gli effetti, deve riconoscersi l'instaurazione di un collegamento fra questi cc effetti'" cosi energicamente tutelati, e la attivit� amministrativa: collegamento che �, in definitiva, gi� una destinazione. Sempre in difesa di questo collegamento, mentre i diritti preesistenti si trasformano in diritti sull'indennit�, � impedito anche il perfezionamento di diritti in corso di insorgenza sul bene espropriato (usucapione). Indipendentemente dall'interruzione naturale (art. 1167 e.e.) che normalmente consegue all'occupazione del fondo, � da ritenere che anche negli eccezionali casi di continuato possesso da parte del privato, la destinazione del bene impedisca il compimento dell'usucapione con il decorso del termine residuale. Come � stato esattamente rilevato, con l'occupazione seguita dalla trasformazione del fondo deve ritenersi �gi� avvenuta la destinazione concreta del bene privato allo scopo di pubblica utilit�... per cui non potrebbe farsene un uso diverso� (CARUGNO, L'espropriazione per p.u., 1962, 176). Si spiega cosi, il costante orientamento giurisprudenziale, che esclude -di fronte a trasformazioni del fondo dirette alla costruzione dell'opera pubblica la possibilit� di azioni restitutorie o possessorie. La giurisprudenza pone a fondamento di questa esclusione un rilievo che ci pare del tutto esatto, e cio�, che l'attivit� tecnica di trasformazione del bene coincide con quella amministrafrva, e perci� non pu� essere arrestata (Sez. Un. 18 aprile 1962, n. 758; Cass. 15 ottobre 1963, n. 2768). La stessa �predisposizione� della esecuzione su suolo altrui di un'opera pubblica 15 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO viene considerata manifestazione di un potere amministrativo (Sez. Un. 3 marzo 1g64, n. 479): il quale null'altro � se non una destinazione ad un fine pubblico. Una recente sentenza della Suprema Corte ha riassunto felicemente questi concetti, osservando che l'inammissibilit� di azioni possessorie deriva dal fatto che �l'atto amministrativo, promuovendo la costruzione dell'opera pubblica, ha impresso al bene una particolare destinazione al pubblico interesse� (Sez. Un. 28 aprile 1964, n. 1018). Esattissimo. La destinazione, caratteristica dell'indisponibilit�, � conferita al bene dall'Amministrazione non gi� con una astratta deliberazione, ma attraverso quella serie di atti giuridici e materiali con i quali si promuove la costruzione dell'opera; in questo processo, l'effettiva utilizzazione rappresenta un evento ulteriore, che nulla aggiunge all'indisponibilit� del bene (Contra, oltre alle sentenze citate su questa Rassegna 1955, 7, e segg., cfr. Cass., Sez. II pen., 16 novembre 1954, rie. Galletti, Giust. pen. 1955, Il, 522; Cass. 8 agosto 1957, n. 3369; Sez. Un. 18 ottobre 1961, n. 2226; Cass. 28 luglio 1962, n. 2215 in questa Rassegna, 1963, 48). Bene indisponibile �, quindi, il ponte, il viadotto, l'opera d'arte di una strada in costruzione; indisponibile � il bene dello Stato, della provincia e del comune, sul quale, come esattamente si esprime la Cassazione, siano state costruite opere � che devono servire alla destinazione del bene al pubblico interesse " (Cass. 28 ottobre 1959, n. 3163). Il passaggio dall'indisponibilit� alla demanialit� avviene poi in un momento successivo, con la nascita del bene nella sua fattispecie tipica, e cio�, con l'ultimazione dell'opera. Sarebbe interessante, a questo riguardo, cercare di fissare il momento finale di questa evoluzione che presenta aspetti diversi a seconda dei vari � tipi � di demanio artificiale. In talune opere pubbliche di grandi dimensioni o di vasta estensione, potrebbe ritenersi che anche costruzioni parziali acquistino, non appena ultimate, il carattere della demanialit�. Un viadotto lungo migliaia di metri e del costo di miliardi � gi� una strada, e parte di una strada, ancor prima che il tracciato di questa sia ultimato; esso � demaniale, e non solo indisponibile, non appena finita la sua costruzione. Una casa cantoniera su una strada ferrata in costruzione � demaniale non appena edificata, anche se la strada ferrata, di cui fa parte, non � del tutto ultimata. In questo senso, la categoria del bene demaniale si sfaccetta �' nelle sottospecie dei suoi componenti: e il sorgere della sottospecie nella sua compiuta conformazione, segna, a nostro avviso, il sorgere di singoli beni intrinsecamente demaniali, ancorch� l'opera completa non sia ultimata. Ripugna pensare che un'autostrada in costruzione non sia una vera autostrada, nelle parti e nelle opere ultimate. Ma indipendentemente da questo problema, che supera i limiti di questa nota, ci pare di poter ribadire l'opinione altre volte espressa su questa Rassegna, e cio� che nella fase formativa della demanialit� le singole opere o parti di opere acquistino immediatamente, per la loro immanente destinazione al pubblico servizio, il carattere dell'indisponibilit�. Pu� concludersi, quindi, che la destinazione non � tanto il momento finale della demanialit�, quanto piuttosto il momento iniziale dell'indisponibilit�. Al momento del completamento dell'opera avr� invece inizio la demanialit�, senza soluzione di continuit� e indipendentemente da una concreta utilizzazione dell'opera stessa. A. cmcco CONSULTAZIONI* AGRICOLTURA E FORESTE Propriet� privata -Vincolo idrogeologico 1) Se sia derogabile il vincolo idrogeologico imposto alla propriet� privata dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 anche a scopo di costruzioni edilizie (n; 36). 2) Se la procedura da seguire per la concessione delle deroghe al detto vincolo sia quella prevista dal regelamento 16 maggio 1926, n. n26 per l'applicazione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 36). 3) Se � 1a Camera di Commercio, nel concedere deroghe al vincolo forestale per costruzioni edilizie, possa prescrivere a carico del beneficiario un deposito cauzionale a garanzia delle condizioni che intende imporre (n. 36). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Donazioni di beni immobili al Demanio dello Stato -Autorizzazione Se l'acquisto di beni immobili da parte dello Stato debba essere autorizzato ai sensi e con la procedura della I. 8 giugno 1850, n. 1037 e successive modifiche (n. 286). APPALTO Opere pubbliche -Fallimento dell'appaltatore l) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto per le opere pubbliche (n. 276). 2) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano applicabili gli artt. 340 e 341 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F e gli artt. 27 e seguenti del r.d. 25 maggio 1895. n. 350 (n. 276). 3) Se l'appalto per le opere �pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae (n. 276). 4) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 276). AUTOVEICOLI Fallimento dell'avente diritto all'indennit� di requisizione � Se, in caso di requisizione, l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 (che vincola l'indennit� di requisizione al pagamento dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 delle disposizioni di attuazione approvate con r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 (che condiziona il versamento dell'indennit� all'esibizione di certificato dell'A.C.I. da cui risulta la insussistenza di privilegi, per rifiutare il pagamento dell'indennit� di requisizione al curatore del fallimento (n. 66) . .. La formulazione del quesito non riflette in alcun modo la soluzione che ne � stata data. 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO AVVOCATI E PROCURATORI �Convenzione internazionale di New York del 20 giugno 1956 Se siano operative le norme sul foro <tello Stato e sur'esenzione del'e tasse :giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione della Convenzione internazionale di New York del 20 giugno 1956 (n. 61). :BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Valle d'Aosta -Tutela artistica e paesistica Sulla ripartizione delle competenze tra il Ministero della Pubblica Istruzione e gli organi della Regione della Valle d'Aosta in materia di tutela artistica e paesistica nella Valle (n. 11). CACCIA E PESCA Caccia -Calendario venatorio 1) 5e i provvedimenti del Ministro per l'Agricoltura e per le Foreste che stabiliscano restrizioni del periodo di caccia e di uccellagione o divieti delle medesime attivit� possano essere derogati dalle Amministrazioni Provinciali (n. 25). 2) Se i provvedimenti emessi dai Presidenti delle Amministrazioni Provinciali in materia di caccia siano assoggettabili alla disciplina dei controlli e dell'annullamento proprie degli atti promanati dagli Enti Autarchici (n. 25). �Caccia -Foreste demaniali della Regione Siciliana 3) Se l'art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, delle leggi s1,1lla caccia, che costituisce in bandita di rifugio e di ripopolamento della selvaggina le foreste gestite dall'Aziend� I di Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della Regione Siciliana, ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e la cui gestione � affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. 26). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO Contratti dell'Amministrazione Militare 1) Se possa farsi luogo alla esecuzione anticipata dei contratti dell'Amministrazione Militare disciplinati dagli artt. 23 e 26 t.u. n. 263 del 1928 prima che intervenga il decreto di approvazione della competente autorit� militare (n. 200). Appalto di 00.PP. -Fallimento dell'appaltatore 2) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto per le opere pubbliche (n. 201). 3) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano app'.icabili gli artt. 340 e 341 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F e gli artt. 27 e segg. del r.d. 25 maggio 1895, n. 35<> (n. 201). 4) Se l'appalto per le opere pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae (n. 201). 5) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 201). PARTE Il, CONSULTAZIONI 143 Pignorarnento stipendi 6) Se le eccezioni previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 al principio generale della impignorabilit� degli stipendi siano operative anche per l'indennit� integrativa speciale concessa con 1. 27 maggio 1959, n. 324 e per l'integrazione temporanea mensile concessa con 1. 27 settembre 1963, n. 1315 (n. 202). Poste e Telecomunicazioni 7) Se e con quali moda!it� possa disporsi il pagamento in favore del procuratore autorizzato dal creditore alla riscossione in ipotesi di versamenti effettuati a mezzo di conto corrente postale (n. 203). DAZI DOGANALI Dogane -Benefici all'importazione Se l'art. 260 reg. es. Legge Doganale, modificato dall'art. 2 d.p.r. 12 ottobre 1956, n. 146o, che stabilisce le condizioni per l'emissione dei duplicati delle bollette di esportazione e per il conseguente rimborso dei diritti spettanti su merci importate, sia applicabile al caso di esportazione col beneficio del reintegro ai sensi dell'art. 1 della I. 26 febbraio 1963, n. 259 (n. 23). DEMANIO Demanio marittimo -Efficacia della determinazione di procedere alla delimitazione ai sensi dell'art.� 1148 e.e. 1) '3e, in materia di demanio marittimo, la determinazione di procedere alla �delimitazione" possa essere considerata, per gli effetti dell'art. 1148 e.e., equivalente ad una domanda giudiziale (n. 188). Foreste demaniali della Regione Siciliana 2) Se l'art. 50 del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016 della legge sulla caccia che costituisce in bandita di rifugio e di ripop'Jlamento della selvaggina le foreste gestite dall'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della Regione Siciliana," ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e la cui gestione � affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. 189). Imposizione servit� telefonica su beni demaniali 3) Se �i beni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili di imposizione di servit� coattiva di appoggio e passaggio di linee telefoniche (n. 190). 4) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda di St;ito per i servizi telefonici (n. 190)). DONAZIONI Donazioni di beni immobili al demanio dello Stato -Autorizzazione Se l'acquisto di beni immobili da patte dello Stato debba .essere autorizzato ai sensi e con la procedura della I. 8 giugno 1850, n. 1037 e successive modifiche (n. 36). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 144 EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggi popolari -Cessione in propriet� l) Se, ai s�nsi dell'art. 16 del d.p.r. 17 gennaio 1959, n. 7, l'immediato ed integrale pagamento del prezzo di cessione dell'alloggio popolare importi il trasferimento immediato della propriet� dell'alloggio all'inquilino (n. 148). 2) Se, ai sensi dell'art. 9 del d.p.r. 17 gennaio 1959, n. 7 si verifichi il trasferimento immediato della propriet� dell'alloggio all'inquilino anche nel caso di pagamento del prezzo dilazionato in venti annualit� (n. 148). ELETTRICITA' ED ELETTRODOTTI E.N.E.L. -Costituzione di ipoteche su impianti idroelettrici l) Se, dopo l'entrata in vigore della l. 6 dicembre 1962, n. 1643, siano possibili ed abbiano� pratica efficacia le costituzioni di ipoteche,,a garanzia di. mutui, su impianti idroelettrici dell'E.N.E.L. e se possa essere concesso, per i detti contratti di mutuo, il nulla osta previsto dal 30 comma dell'art. 29 del t.u. l 1 dicembre 1933� n. 1775 (n. 12). E.N.E.L. -Riserva di sfruttamento giacimenti minerari a favore delle F.S. 2) Se la r. 6 dicembre 1962, n. 1643 istitutiva dell'E.N.E.L. abbia abrogato sostanzialmente la riserva a favore delle F.S. sancita dal r.d. 20 febbraio 1939, n. 318 della ricerca e coltivazione dei giacimenti minerari di vapori a gas comunque suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica esistenti nel territorio delle province di Grosseto, Livorno, Pisa e �Siena (n. 13). Linee elettriche -Norme tecniche 3) Quale sia la natura giuridica delle " Norme esplicative � del r.d. 25 novembre 1940, n. 1969 contenente le norme per la costruzione delle linee elettriche aeree esterne (n. 14). 4) Se, nel caso di contrasto tra il dettato di una norma del suddetto r.d. ed il contenuto dell�i. nota esplicativa, possa attribuirsi valore preminente a quest'ultima (n. 14). � ESECUZIONE FISCALE Azione in separazione Se il suocero del debitore sia legittimato a reclamare la propriet�� dei mobili pignorat�, a seguito di procedura esecutiva esattoriale in una casa locata al reclamante e nella quale il del;>itore siai ospitato in modo permanente (n. 68). ESECUZIONE FORZATA Pignoramento stipendi Se le eccezioni 'previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 18o al princ1p10 generale della impignorabilit� degli stipendi siano operative anche per l'indennit� integrativa speciale concessa con l. 27 maggio 1959. n. 324 e per l'integrazione temporanea mensile concessa con 1. z7 settembre 1g63, n. 1315 (n. 36). PARTE II, CONSULTAZIONI 145 ESPROPRIAZIONE PER P.U. Esproprio -Deposito indennit� l) Se possono essere accettati in deposito dalla Cassa DD.PP., ai sensi dell'art. 12 t.u. z gennaio 1913, n. 453 e degli artt. z e 7 lett. a) D. Min. Tes. zz novembre 1954' residui di somme dovute per indennit� di esproprio a norma della I. 5 giugno 1865, n. z359, qualora la differenza sia stata gi� pagata direttamente dall'espropriante all'espropriato (n. 185). Tassabilit� degli interessi sulle indennit� di espropriazione e di occupazione z) Se siano soggetti ad imposta di R.M. gli interessi legali maturali sul supplemento di indennit� di espropriazione e di occupazione deciso dall'a.g.o.; e se detta imposta, ove sia dovuta, possa essere riscossa mediante ritenuta diretta (n. 186). FALLIMENTO Autoveicoli -Requisizioni 1) Se, in caso di requisizione, l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 del r.d.l. 15 marzo 19z7, n. 436 (che vincola l'indennit� di requisizione al pagamento dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 delle disposizioni di attuazione approvate con r.d. z9 luglio 19z7, n. 1814 (che condiziona il versamento dell'indennit� all'esibizione di certificato dell' A.C.I. da cui risulti la insussistenza di privilegi) per rifiutare il pagamento dell'indennit� di requisizione al curatore del fallimento (n. 80). Concordato z) Se dopo il concordato le somme dovute al fallimento debbano essere versate al curatore o all'assuntore del fallimento (n. 81). Fallimento appaltatore di OOPP. 3) Quali effetti determini il fallimento dell'appaltatore sui contratti di appalto per le opere pubbliche (n. 8z). 4) Se in caso di fallimento dell'appaltatore siano applicabili gli artt. 340 e 341 della 1. zo marzo 1865, n. 2z48, all. F e gli artt. z7 e segg. del r.d. z5 maggio 1895, ~~~~ . 5) Se l'appalto per le opere pubbliche sia un contratto fondato sull'intuitus personae (n. 8z). 6) Quale procedura sia opportuno adottare in caso di fallimento dell'appaltatore per garantire gli interessi dell'Amministrazione committente (n. 8z). Interessi moratori 7) Se i crediti privilegiati d'imposta continuino a produrre interessi anche successivamente alla dichiarazione Cli fallimento (n. 83). Societ� a r.l. 8) Se dopo la chiusura del fallimento di una societ� a r.l. i singoli soci rispondano delle obbligazioni non soddisfatte in sede di reparto per insufficienza di attivo (n. 84). FERROVIE Concessione � D" 1) Se la moglie di un dipendente dell'Amministrazione ammesso al beneficio della Concessione Speciale � D � per le F.S., separata dal marito per colpa di entrambi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 146 i coniugi ed alla quale � stato con sentenza riconosciuto il diritto ad assegno alimentare, abbia diritto al godimento della predetta concessione (n. 353). E.N.E.L. -Riserva di sfruttamento giacimenti minerari a favore delle F,S. 2) Se la I. 6 dicembre 1962, istitutiva dell'E.N.E.L. abbia abrogato sostanzialmente la riserva a favore delle F.S. sancita dal r.d. 20 febbraio 1939, n. 318 della ricerca e coltivazione dei giacimenti minerari di vapori a gas comunque suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica esistenti nel territorio delle province di Grosseto, Livorno, Pisa e Siena (n. 354). FILIAZIONE Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 1) Quale sia la legge applicabile per l'accertamento e la costituzione del rapporto di filiazione naturale (n. 6). 2) Sui criteri e sulle modalit� di attuazione in Italia, in tema di obbligazioni alimentari derivanti dal rapporto di filiazione naturale, della Convenzione Internazionale per il recupero degli alimenti all'estero, firmata a New York il 20 giugno 1956 e ratificata dall'Italia con I. 23 marzo 1958, n. 338 (n. 7). 2) Quale sia la legge applicabile nei giudizi promossi in attuazione della Convenzione di New York del 20 giugno 1956 (n. 7). 4) Sulla delibazione delle sentenze straniere che 'dichiarano la sussistenza del rapporto di paternit� naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli vigenti nel nostro ordinamento (n. 8). 5) Sulle condizioni richieste dal n. 1 dell'art. 269 del e.e. per la dichiarazione giudiziale della paternit� naturale (n. 9). IMPIEGO PUBBLICO Dipendente pubblico -Aggiunta di famiglia -Figlio naturale 1) Se un dipendente pubblico abbia diritto alla quota di famiglia per il proprio figlio naturale dalla data di nascita anzich� da quella del matrimonio con la madre dello stesso, quando il Tribunale, adito per il disconoscimento della paternit� ex lege del precedente marito della madre del minore, il matrimonio dei quali era stato sciolto per dispensa de' rato e non consumato abbia anche dichiarato che il minore stesso debba essere iscritto nei registri di Stato Civile come figlio legittimo del pubblico dipendente (n. 561). .> Impiegato statale -Cessione stipendio 2) Se sia ammessa la cessione di quote di stipendio per debiti alimentari (n. 562). 3) Quali siano le indennit� e gli assegni assoggettabili a ritenute mensili in caso di pignoramento (n. 562). ,, IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE Dogane -Benefici all'importazione -Condizioni 1) Se l'art. 260 reg. es. Legge Doganale, modificato dall'art. 2 d.p.r. 12 dicembre 1956, n. 1460, che stabilisce le condizioni per l'emissione dei duplicati delle bol PARTE. Il, CONSULTAZIONI 147 lette di esportazione e per il conseguente rimborso dei diritti spettanti su merci importate, sia applicabile al caso di esportazione col beneficio del reintegro, ai sensi deL'art. 1 della I. 26 febbraio 1963, n. 259 (n. 31). Importazione zucchero 2) Se la disciplina stabilita dal provvedimento C.I.P. 24 marzo 1964, n. w66 e dal d.m. 2 aprile 1964 sul conguag:io del prezzo dello zucchero di importazione si applichi anche alle ipotesi in cui la licenza d'importazione sia stata ri:asciata dal Ministero del Commercio con l'Estero prima del:a emanazione dei suddetti provvedimenti e al di fuori della concessione di integrazione di pr�zzo (n. 32). IMPOSTA DI R.M; Tassabilit� degli interessi sulla indennit� di espropriazione e di occupazione Se siano soggetti ad imposta di r.m. g:i interessi legali maturati sul supplemento di indennit� di espropriazione e di occupazione deciso dal?a.g.o.; e se detta imposta, ove sia dovuta, possa essere riscossa mediante ritenuta diretta (n. 26). MATRIMONIO Cause di opposizione -Legittimazione passiva 1) Se nelle controversie derivanti da opposizione al matrimonio, sia passivamente legittimato il Ministero dell'Interno o l'ufficiale dello stato civile (n; 17). Delibazione di sentenze straniere 2) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarazione la separazione personale di coniugi italiani (n. 18). PIGNORAMENTO Stipendi -Indennit� integrativa speciale 1) Se le eccezioni previste dall'art. 2 del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 al principio generale della impignorabilit� degli stipendi siano operative anche per l'indennit� integrativa speciale concessa con I. 27 maggio 1959, n. 324 e per l'integrazione temporanea mensile concessa con I. 27 settembre 1963, n. x315 (n. 8). Titoli affidati all'Amministrazione postale 2) Se siano ammissibili il sequestro, in sede civi'e, o il pignoramento dei titoli affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 9). POLIZIA Misure di sicurezza in Alto Adige Se ad un privato proprietario di un albergo, che ha risentito danno dal divieto di parcheggio stabilito per un tempo limitato dall'autorit� di P.S. nello spazio antistante l'albergo stesso e circostante una cabina elettrica oggetto di attentati terroristici, spetti il risarcimento del danno medesimo, o, quanto meno, un indennizzo (n. 33). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJ4,0 STATO 148 POSTE E TELECOMUNICAZIONI Linee elettriche -Norme tecniche l) Quale sia la natura giuridica delle note esplicative del ~.d. 25 novembre 1940, n. 1969 contenente le norme per la costruzione delle linee elettriche aeree esterne (n. 107). 2) Se, nel caso di contrasto tra il dettato di una norma del suddetto r.d. ed il contenuto della nota esplicativa, possa attribuirsi valore preminente a quest'ultima (n. 107). Pagamenti al procuratore 3) Se e con quali modalit� possa disporsi il pagamento in favore del procuratore autorizzato dal creditore alla riscossione in ipotesi di versamenti effettuati a mezzo di conto corrente postale (n. 108). Titoli affidati alle Poste per la riscossione 4) Se siano ammissibili il sequestro, in sede civile, o il pignoramento dei titoli affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 109)� PRESCRIZIONE Contributi assicurativi 1) Se, nei confronti della P.A., corra la prescrizione quinquennale di cui all'articolo 55 d.l. 4 ottobre 1935� n. 1827 relativa al versamento dei contributi assicurativi all'I.N.P.S., in caso di licenziamento del dipendente successivamente annullato in accoglimento di ricorso gerarchico (n. 42). 2) Se il prestatore di lavoro possa proporre azione di risarcimento dei danni derivanti da mancate contribuzioni a sensi dell'art. 2u6 e.e. anche prima del raggiungimento dell'et� di pensionamento (n. 42). Contributi assicurativi -Risarcimento danni 33) Quale sia il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del lavoratore contro il datore di lavoro che abbia omesso il versamento dei contributi assicurativi e se esso inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro o dal .compimento dell'et� di pensionamento (n. 43). PREZZI Importazione zucchero Se la disciplina stabilita dal provvedimento C.I.P. 24 marzo 1964, n. 1066 e dal d.m. 2 aprile 1964 sul conguaglio del prezzo dello zucchero d'importazione si applichi anche alle ipotesi in cui la licenza d'importazione sia stata rilasciata dal Ministero del Commercio con l'Estero prima della emanazione dei suddetti provvedimenti e al di fuori della concessione di integrazione di prezzo (n. 57). PREVIDENZA ED ASSISTENZA Contributo assicurativi l) Se, nei confronti della P.A., corra la prescrizione quinquennale di cui all'articolo 55 d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 relativa al versamento dei contributi assicurativi PARTE II, CONSULTAZIONI all'I.N.P.S., in caso di licenziamento del dipendente successivamente annullato in accoglimento di ricorso gerarchico (n. 45). 2) Se il prestatore di lavoro possa proporre azione di risarcimento dei danni derivanti da mancate contribuzioni a sensi dell'art. 2'116 e.e. anche prima del raggiungimento dell'et� di pensionamento (n. 45). Contributi assicurativi -Risarcimento danni 3) Quale sia il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del lavoratore contro il datore di lavoro che abbia omesso il versamento dei contributi assicurativi e se esso inizi a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro o dal compimento dell'et� di pensionamento (n. 46). PROCEDIMENTO CIVILE Applicazione della Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 l) Se siano operative le norme sul foro dello Stato e sull'esenzione dalle tasse giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione della Convenzione Internazionale di N�w York del 20J giugno 1956 (n. 31). Opposizione all'esecuzione 2) Se in tema di opposizione di terzo all'esecuzione sia applicabile l'art. 102, 2<> comma, c.p.c. quando il ricorso non sia stato notificato al debitore nel termine perentorio assegnato dal Giudice a norma del 20 comma dell'art. 619 c.p.c. (n. 32). 3) Se il creditore procedente sia,tenuto al pagamento delle spese giudiziali quando, ritenendo attendibili le ragioni del terzo opponente, rinunzi all'azione esecutiva nel <:orso dell'udienza fissata dal Giudice per la comparizione delle parti (n. 32). PROPRIETA' Propriet� privata -Vincolo idrogeologico 1) Se sia derogabile il vincolo idrogeologico imposto alla propriet� privata dal r,d 30 dicembre 1923, n. 3267 anche a scopo di costruzion,i edilizie (n. 39). 2) Se la procedura da seguire per la concessione delle deroghe al detto vincolo sia quella prevista dal regolamento 16 maggio 1926, n. l 126 per l'applicazione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 39). 3) Se la Camera di Commercio, nel concedere deroghe al vincolo forestale per <:ostruzioni edilizie, possa prescrivere a carico del beneficiario un deposito cauzionale a garanzia delle condizioni che intende imporre' (n. 39). REGIONI Regione Siciliana -Leggi sulla caccia l) Se l'art. 50 t.u. 5 giugno 1939, n. 1016 delle leggi sulla caccia, che costituisce in bandita di rifugio e di ripopolamento della selvaggina le foreste gestite dall'Azienda d1 Stato per le Foreste Demaniali, sia applicabile alle foreste demaniali della Regione Siciliana, ad essa pervenute dallo Stato o da essa direttamente acquistate e la 'cui gestione � affidata all'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana (n. l 15). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 150 Regione Siciliana -Imposte e tasse 2) Se la legge della Regione Siciliana che regoli materie tributarie e sia costituzionalmente legittima prevalga sulla legge nazionale (n. 116). 3) Se un� nuova legge nazionale renda costituzionalmente illegittima una legge regionale siciliana che ha adattato alle esigenze della regione l'istituto tributario. gi� regolato dalla abrogata legge nazionale (n. 116). 4) Se la legge della Regione Siciliana 22 agosto 1952, n. 49, che applica nel territCJrio siciliano disposizioni pi� favorevoli in materia d'imposta di registro violi i principi e gli interessi generali cui s'informa la legislazione dello Stato (n. 116). 5) �Quali siano i requisiti formali richiesti per l'applicazione dei benefici previsti dalla legge della Regione Siciliana 22 agosto 1952, n. 49 in materia d'imposta di registro Fu atti di cessione (n. 116). J'alle d'Aosta -Tutela artistica e paesistica 6) Sulla ripartizione delle competenze tra il Ministero della Pubblica Istruzione e gli organi della Regione della Valle d'Aosta in materia di tutela artistica e paesistica nella Valle (n. 117). REQUISIZIONI Requisizione di autoveicoli -Fallimento Se, in caso di requisizione l'Amministrazione requirente possa invocare l'art. 3 de! r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 (che vincola l'indennit� di requisizione al pagamento dei crediti garantiti da privilegio iscritto sull'autoveicolo requisito) e l'art. 31 de'le disposizioni di attuazione approvate con r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 (che condiziona U versamento dell'indennit� all'esibizione di certificato dell'A.C.I. da cui risulti la insussistenza di privilegi) per rifiutare il pagamento dell'indennit� di requisizione al curatore del fallimento (n. 118). SENTENZA� Delibazione sentenze straniere l) Sulla delibazione deEe sentenze straniere che dichiarazione la separazione personale di coniugi italiani (n. 16). 2) Sulla delibazione di sentenze straniere che dichiarano la sussistenza del rapporto di paternit� naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli vigenti nel nostro ordinamento (n. 17)� Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 3) Se alle sentenze tedesche che dichiarano la sussistenza del rapporto di paternit� naturale possa riconoscersi efficacia automatica di cosa giudicata in virt� della Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 (n. 18). SEQUESTRO Titoli affidati all'Amministrazione postale Se siano ammissibili il sequestro, in sede civile, o il pignoramento dei titoli affidati all'Amministrazione postale per la riscossione (n. 20). PARTE II, CONSULTAZIONI 151 SERVITU' Imposizione servit� telefonica su beni demaniali 1) Se i teni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili di imposizione di servit� coattiva di appoggio e passaggio di linee telefoniche (n. 38). 2) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (n. 38). SOCIETA' Fallimento di societ� a r.l. Se dopo la chiusura del fallimento di una societ� a responsabilit� limitata i singoli soci rispondano delle obbligazioni non soddisfatte in sede di reparto per insufficienza di attivo (n. 105). � SPESE GIUDIZIALI Opposizione all'esecuzione 1) Se in tema di opposizione di terzo all'esecuzione sia app'icabile l'art. 102, 20 comma, c.p.c quando il ricorso non sia stato notificato al debitore nel termine perentorio assegnato dal Giudice a norma del 20 comma dell'art. 619 c.p.c. (n. 17). 2) Se il creditore procedente sia tenuto al pagamento delle spese giudiziali quando, ritenendo attendibili le ragioni del terzo opponente, rinunzi all'azione esecutiva nel corso dell'udienza fissata dal Giudice per la comparizione delle parti (n. 17). SUCCESSIONI Divisione \: \__ Se nel caso di divisione ereditaria tra parenti entro il terzo grado, con conguaglio \~i denaro, possa trovare applicazione la presunzione di liberalit� stabilita dall'art. 5 \el d.l. 8 marzo 1945, n. 90 (n. 70). ~: ">cessioni dello Stato 2) Quale sia la documentazione necessaria per venire in possesso di eredit� devoluta allo Stato a norma dell'art. 586 del e.e. (n. 71). . TELEFONI Imposizione servit� telefonica su beni demaniali l) Se i beni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato siano suscettibili di imposizione di servit� coattiva di appoggio e di passaggio di linee te~efoniche (n. 27). 2) A quali criteri deve ispirarsi la determinazione del canone per l'appoggio su beni dello Stato di linee telefoniche dell'Azienda d� Stato per i Servizi Telefonici (n. 27). 152 RASSEGNA DELI..'AVVOCATURA DELLO STATO Unione Italia11a Assistenza dell'Infanzia 3) Se, ai sensi dell'art. l del d.m. 19 settembre 1959, che stabilisce, ai fini dell'abbonamento telefonico urbano, varie categorie tariffarie, l'Unione Italiana Assistenza all'Infanzia possa essere assegnata alla quinta categoria quale Opera Pia legalmente riconosciuta (n. 28). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Filiazione naturale l) Quale sia la legge applicabile per l'accertamento e la costituzione del rapporto di filiazione naturale (n. 14)� 2) Sui criteri e sulle modalit� di attuazione in Italia, in tema di obbligazioni alimentari derivanti dal rapporto di filiazione naturale, della Convenzione Internazionale per il recupero degli alimenti all'estero, firmata a New York il 20 giugno 1956 e ratificata dall'Italia con 1. 23 marzo 1958, n. 338 (n. 15)� 3) Quale sia la legge applicabile nei giudizi promossi in attuazione della Convenzione di New York del 20 giugno 1956 (n. 15). Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Delibazione sentenze straniere 4) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarano la sussistenza del rnpporto di paternit� naturale in applicazione di principi del tutto diversi da quelli vigenti nel nostro ordinamento (n. 16). 5) Se alle sentenze tedesche che dichiarano la sussistenza del rapporto di pater .nit� naturale possa riconoscersi efficacia automatica di cosa giudicata in virt� della Convenzione italo-tedesca del 9 marzo 1936 (n. 17). 6) Sulla delibazione delle sentenze straniere che dichiarano la separazione personale di coniugi �italiani (n. 18). Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 -Procedimento civile 7) Se siano operative le norme sul foro dello Stato e sull'esenzione dalle tasse giudiziali nei procedimenti promossi dall'Amministrazione dell'Interno in attuazione della Convenzione Internazionale di New York del 20 giugno 1956 (n. 19). I ::