ANNO XLI -N. 1 -5 GENNAIO -OTTOBRE 1989 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
ROMA 1990 




ABBONAMENTI ANNO 1990 

ANNO L 42.000 
UN NUMERO SEPARATO � � � � � � � . � � � � � � � � � . . . � � 1t 8.000 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Attivit� Commerciali -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in Ital, 
Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 lusllo 1966 


(2219024) Roma, 1990 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'
avv. Franco Favara) . . . . pag. 1 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv. Oscar Fiumara) . , 79 

Sezione te~a: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura degli avvocati Antonio Cingolo e 
Giuseppe Stipo) . . , 146 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avvocato 
Antonio Cingolo) . . . . , 194 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura degli 
avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. PolizziJ . 1 242 

Sezione sesta� 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato 
Carlo Bafile) , 278 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
Laporta e Piergiorgio Ferri) . . . , 327 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � INDICE BIBLIOGRAFICO 


QUESTIONI , 1 
RASSEGNA 01 LEGISLAZIONE . , 32 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glauco NoRI, Ancona; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nicasio MANcuso, Palermo; 
Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, 
Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


Cerimonia d'insiediamento dell'Avvocato Generale dello Stato: discorsi 
del Presidente del Consiglio dei Ministri e dell'Avvocato 
Generale dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . 

G. 
AZZARITI: Il controllo di legittimit� della Corte dei Conti e gli 
atti del Governo aventi forza di legge . . . . . . . . . . . 
I. F. CARAMAZZA e R. DI MARTINO: Avvocatura dello Stato e giustizia 
amministrativa ..................... . 
F. 
FAVARA: Indennizzi e sovraindennizzi espropriativi: sviluppi 
del 1988 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
F. 
FAVARA: L'omessa tenuta o conservazione di una o pi� scritture 
contabili obbligatorie . . . . . . . . . . . . 
O. 
FIUMARA: Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� 
europee nel 1989 in cause alle quali ha partecipato l'Italia 
O. 
FIUMARA: Sulla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza 
del datore di lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 
I, 

II, 

Il, 

I, 

I, 

I, 

xv 

60 

13 
73 
79 
85 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ANTIC.HITA E BELLE ARTI 

-Occupazione di suolo privato -In~ 
dennit� -Diritto soggettivo -Giurisdizione 
ordinaria, 222. 

-Ritrovamento di cose di interesse 
storico ed artistico -Premio per 
l'inventore -Interesse legittimo 
Giurisdizione amministrativa, 222. 

ARBITRATO 

-Controversie in materia di concessione 
di beni -Terreni di riforma 
agraria -Arbitrato -Compromesso Ammissibilit� 
-Esclusione, 327. 

AVVOCATURA DELLO STATO 

-Patrocinio di Enti pubblici -Mandato 
-Necessit� -Esclusione, 327. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Immatricolazione di autoveicoli per 
servizi di noleggio con conducente Enti 
locali -Non hanno diritto alla 
immatricolazione, 230. 

COMPETENZA CIVILE 

-Croce Rossa Italiana -Rapporto di 
lavoro -d.P.R. 613/80 -Mancata 
emanazione del nuovo Statuto -Giurisdizione 
del giudice amministrativo, 
164. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Disposizioni relative ai 
vini di qualit� prodotti in regioni 
determinate -Denominazione -Delimitazione 
della zona -Lago di Caldaro, 
100. 

-Appalti di lavori pubblici -Offerte 
anormalmente basse -Efficacia diretta 
delle direttive nei confronti 
dell'amministrazione, 119. 

-Declaratoria di definitivit� di regolamento 
CEE annullato dalla Corte 
di giustizia -Limite di efficacia 
nell'ordinamento italiano -Salva


guardia del diritto costituzionale 
alfa tutela giurisdizionale, 20. 

-Fondo europeo agricolo di orientamento 
e garanzia (F.E.O.G.A.) -Liquidazione 
dei conti -Aiuti alle organizzazioni 
di produttori di ortofrutticoli 
-Termini di pagamento Ragionevolezza, 
138. 

-Inadempimento di uno Stato -Mancata 
attuazione della direttiva del 
Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987I 
CEE -Tutela dei lavoratori subordinati 
in caso di insolvenza del datore 
di lavoro, con nota di O. FIUMARA, 
84. 

-Libera circolazione dei lavoratori � 
Impiego nella pubblica amministrazione 
-Lettori di lingua straniera 
nelle universit�, 113. 

-Libera circolazione dei lavoratori Lettori 
di lingua straniera nelle universit� 
-Durata del rapporto di 
lavoro, 114. 

-Libera circolazione dei lavoratori Lettori 
di lingua straniera nelle universit� 
-Regime previdenziale, 114. 

-Norme nazionali incompatibili con 
il trattato -Disapplicazione anche 
ad opera degli organi amministrativi, 
27. 

-Ravvicinamento delle legislazioni � 
Prevenzione e smaltimento dei rifiuti 
-Sacchetti di plastica, 132. 

-Risorse proprie -Interessi moratori 
-Accertamento dei dazi -Rettifica, 
96. 

-Unione doganale -Regime fiscale 
discriminatorio -Distillati della canna 
da zucchero -Rum, 127. 

-Unione doganale -Tasse di effetto 
equivalente a un dazio doganale Costo 
dei controlli e delle formalit� 
amministrative in particolari fasce 
orarie negli uffici doganali -Commercio 
intracomunitario e con i paesi 
terzi, 108. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzione -Non pu� 
essere occasionato da atto legislativo, 
con nota di G. AZZARITI, 59. 



INDICE DELLA GIURISPRU))ENZA 

-Conflitto di attribuzione -Organi 
ausiliari previsti dalla Costituzione 
-Sono abilitati a sollevare il con.
flitto, con nota di G. AZZARITI, 59. 

-Corte dei Conti -Decreto leglislativo 
e decreto legge -Necessit� costituzionale 
del controllo preventivo 
-Non sussiste, con nota di G. AzZARITI, 
59. 

-Domande di semplice chiarimento 
interpretativo -Inammissibilit�, 26. 

EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA 

-Contributi a carico solo dei lavoratori 
dipendenti -Impiego del gettito 
-Da assegnarsi solo alla costruzione 
di abitazioni per i lavoratori 
dipendenti, 24. 

ENTI LOCALI 

- 
Attivit� al di fuori dell'ambito del 

proprio territorio -Illegittimit�, 244. 
-Costituzione di societ� per attivit� 
non istituzionali � Illegittimit�, 244. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA 

-Cessione volontaria -Terreni con 
destinazione edificatoria � Inapplicabilit� 
delle disposizioni prevedenti 
maggiorazioni, 4. 

-Indennit� aggiuntiva per il coltivatore 
non proprietario � Terreni con 
destinazione edificatoria -Limite del 
costo complessivo della operazione 
espropriativa, 3. 

-Indennit� di espropriazione . Media 
tra valore venale del terreno edificatorio 
e valore agricolo medio Legittimit� 
costituzionale, 4. 

-Indici di rivalutazione diversi da indici 
ISTAT � Applicabilit� necessit� 
motivazione, 212. 

-Occupazione legittima � Indennit� � 
Rivalutazione automatica -Non compete, 
212. 

-Realizzazione dell'opera pubblica i.n 
periodo di occupazione legittima . 
Indennit� -Non COID[pete, 212. 

-Trasferimento di funzioni alle Regioni 
� Acquedotto di interesse regionale 
� Assunzione dell'impegno di 
spesa da parte della Cassa -Competenza 
delle Regioni � Esclusione, 

335. 
GIURISDIZIONE CIVILE. 

---< 
Controversia concernente aumenti 
di retribuzione da valere ai fini del 
trattamento di quiescenza anche 
provvisorio -Giurisdizione Corte 
dei Conti, 192. 

-Controversie in materia di buonu
�scita ai dipendenti dell'Ente Ferrovie 
dello Stato � Giurisdizione amministrativa, 
156. 

- 
Lavoro � Assunzioni obbligatorie � 

L. n. 482 del 1968 -Diritti soggettivi 
nei confronti della P.A. -Norme di 
relazione -Violazione -Invalido pretermesso 
nell'avviamento al lavoro Domanda 
risarcitoria -Giurisdizione 
A.G.O., 172. 
- 
Pensioni -Competenza dell'A.G.O. 
nelle controversie in cui l'interessato 
abbia domandato il trattamento 
pensionistico INPS incrementato dal 
periodo di iscrizione alla CPDEL, 

152. 
-Pensioni -Domanda diretta ad ottenere 
il trattamento pensionistico 
CPDEL anche attraverso ricongiunzione 
e riunificazione di precedente 
posizione INPS � Giurisdizione esclusiva 
della Corte dei Conti, 152., 
-Ricongiunzione dei servizi ai fini 
della pensione � Giurisdizione della 
Corte dei Conti, 163. 
-Riscatto del periodo corrispondente 
alla durata legale degli studi universitari 
� Giurisdizione del giudice 
del rapporto di lavoro, 154. 
-Riscatto del periodo corrispondente 
alla durata legale degli studi universitari 
� Giurisdizione della Corte 
dei conti, 242. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Associazioni di categoria -Legittimazione 
ad agire e a contraddire, 

243. 
ISTRUZIONE E SCUOLE 

-Atti di controllo -Scuole di lingua 
italiana in provincia di Bolzano � 
Competenza del Sovrintendente scolastico, 
233. 

-Convitti -Immobili concessi in uso 
per fogge -Diritto soggettivo -Carenza 
di potere della P. A. di disporne 
a favore di altri soggetti -Giurisdizione 
ordinaria, 232. 


Vlll 
RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

LAVORO 

-Costituzione del rapporto processuale 
con il deposito dell'atto introduttivo 
-Notificazione -Irrilevanza 
sulla instaurazione del giudizio Mancata 
costituzione del convenuto 
-Rinnovazione della notificazione, 
194. 

-Giudizio di rinvio -Nullit� della notifica 
-Mancata rilevanza da parte 
del giudice -Cassazione del rinvio �� 
Sanatoria �ex tunc � attraverso rituale 
riassunzione e notificazione, 

194. 
- 
Mancata notifica dell'appello all'ap� 
pellato -Mancata comparizione delle 
parti all'udienza di discussione 
Improcedibilit� del gravame, 195. 

OBBLIGAZIONI (IN GENERALE) 

-Debiti di valuta -Momento di riferimento 
ai fini della rivalutazione . 
Quello della decisione, 212. 

-Debiti di valuta -Comprende anche 
interessi, 212. 

PENA 

-Esecuzione della pena -Lavoro del 
semilibero -Retribuzione -Versamento 
alla direzione dell'istituto . 
Legittimit�, con nota di G. MONETA, 

204. 
PREVIDENZA 

-Assicurazioni obbligatorie -Oneri 
sociali -Fiscalizzazione -Imprese 
manifatturiere ed estrattive -Inclusione 
delle imprese impiantistiche 
metalmeccaniche -Art. 22, secondo 
comma d.I. n. 633 del 1979 -Carattere,
innovativo -Efficacia, 181. 

-Istituti di patronato -Finanziamento 
-Aliquota di prelevamento sul 
gettito dei contributi -Decreto di 
determinazione -Natura -Atto di 
normazione secondaria -Esclusione, 
con nota di G. MATALONI, 157. 

-Istituti di patronato � Finanziamento 
-Aliquota di prelevamento sul 
gettito dei contributi -Decreto di 
determinazione -Posizione soggettiva 
dei destinatari -Natura -Interesse 
legittimo � Lesione � Giurisdizione 
amministrativa, con nota di 

G. MATALONI, 157. 
PROCEDIMENTO CIVILE 

-Sentenza che pronuncia sulla com� 
petenza risolvendo questioni pregiudiziali 
-Impugnabilit� nelle vie ordinarie 
e non con regolamento di 
competenza, 195. 

-Sentenza definitiva � Riserva d'im� 
pugnazione -Ammissibilit� -Impu� 
gnazione immediata su�:cessiva 
Inammissibilit�, 208. 

REFERENDUM 

-Referendum regionale � Atto di in� 
dizione -Pu� esserne giudicata la 
invasivit�, 47. 

REGIONI 

-A statuto ordinario � Opere idrauliche 
di quarta o quinta categoria 

o non classificabili -Attribuzione 
regionale, 53. 
-Atti amministrativi regionali illegit� 
timi -Potere statale di annullamen� 
to straordinario � Illegittimit� costituzionale, 
15. 

-Contrasto di legge regionale con lo 
statuto della regione -Determina 
illegittimit� costituzionale, 1. 

-Funzione di indirizzo e coordinamento 
� Fondamento e limiti � In 
particolare rispetto alla Provincia 
di Bolzano, 27. 

-Funzione statale di indirizzo e coordinamento 
-Atto a contenuto notiziale 
-Non � esercizio di detta fun. 
zione, 27. 

- 
Interesse regionale in ambiti estranei 
alle materie di competenza regionale 
� Non configurabilit� in presenza 
di interessi unitari, 48. 

SANIT� 

-Controversie con disciolti enti mutualistici 
-Legittimazione passiva, 
con nota di G. MONETA, 200. 

-Disciolti enti mutualistici -Rapporti 
obbligatori pregressi � Medici convenzionati 
-Trattenute -Compensi 
per sciopero di categoria -Ripetizione, 
con nota di G. MONETA, 200. 

-Medici ambulatoriali convenzionati � 
Trattamento economico � Delibera� 
zione commissariale deil'O.N.I.G. 
difforme dalle previsioni della con



INDICE DELLA GIURISPRUDENZA JX 

venzione nazionale unica � Difetto 
assoluto di giurisdizione � Non sussiste 
� Applicazione delle clausole 
della convenzione nazionale � Necessit� 
della delibera di recezione da 
parte dei singoli Enti � Non sussi� 
ste, 167. 

-Medico Convenzionato � Retribuzio� 
ne � Art. 36 Cost. � Inapplicabilit� . 
Art. 2233 cod. civ. � Inapplicabilit�, 

219. 
TRASPORTI. PUBBLICI 

-Comuni ed -altri enti territoriali � 
Impossibilit� di esercitare servizi di 
linea internazionali e interregionali 
-Limiti e possibilit� di esercita� 
re servizi occasionali, 243. 

-Comuni ed altri enti territoriali � 
Possibilit� di servizi oltre l'ambito 
territol'iale � U�niti, 243. 

-Comuni ed altri enti territoriali � 
Servizi occasionali internazionali o 
interregionali � Rilascio dei docu� 
menti di viaggio � Accertamenti e 
poteri del Ministero dei Trasporti, 

243. 
-Concessione -Autorizzazione ad im� 
piegare autobus di linea a servizio 
di noleggio con conducente � Ri� 
chiesta da parte di enti locali . Valutazione 
discrezionalit� del Ministero 
dei Trasporti sulle esigenze 
della popolazione locale, 245. 
-Concessione -Diniego di autorizzazione 
ad impiegare autobus di linea 
a servizio di noleggio con conducente 
-Giurisdizione del giudice 
amministrativo, 245. 
-Costituzione di enti a partecipazione 
comunale � Possibilit� di ledere 
le imprese private del settore, 244. 
-Diniego di immatricolazione di nuovi 
autoveicoli da destinare a noleggio 
-Giurisdizione del giudice ordinario, 
245. 
-Ferrovie � Controversie di lavoro � 
Provvedimento emanato nei riguardi 
del dipendente per esigenze di 
servizio e tutela di interessi generali 
� Giurisdizione del giudice ordinario, 
146. 
-Ferrovie -Controversie relative a 
rapporto di lavoro in corso di formazione 
� Giurisdizione del giudice 
ordinario, 146. 

-Servizio di autoveicoli con conducente 
� Carattere privato, 244. 

-Trasporti in concessione � Servizi 
di linea interregionali e internazionaii 
-Impossibilit� di esercizio da 
parte degli enti locali, 246. 

TRATTATO INTERNAZIONALE 

-Reso esecutivo con legge � Legge ordinaria 
di modifica della preceden� 
te -Legittimit� costituzionale, 56. 

TRENTINO ALTO ADIGE 

-Norme di attuazione dello Statuto 
Parere della commissione paritetica 
-Modifiche del testo successive 
al parere, 14. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Accertamento � Motivazione � Eliminazione 
di spese non documentate 
e non inerenti � t;'. sufficiente Prova 
-t;'. a carico del contribuen� 
te, 316. 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche � Deduzioni ex art. 10 d.P.R. 
25 settembre 1973 n. 597 � Contributi 
agricoli unificati � Deducibilit�, 317. 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Redditi di capitale � Versa� 
menti dei soci alla societ� in conto 
capitale -Fruttuosit� � Esclusione, 

294. 
-Imposte fondiarie � Fabbricati non 
conformi alla licenza edilizia � De� 
cadenza dalle agevolazioni � Discordanza 
solo parziale � Decadenza totale, 
286. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro e imposta sul 
valore aggiunto � Permuta � Regime 
anteriore al nuovo T.U. 26 apri� 
le 1986 n. 131 � Unitariet� dell'imposizione 
� Assoggettamento alla im� 
posta di registro della sola eccedenza 
del valore rispetto al bene assoggettato 
ad IVA, 284. 

-Imposta di registro � Enfiteusi � De� 
terminazione imponibile ex art. 28 
abrogata legge di registro � Enfiteusi 
di azienda -Inconfigurabilit�, 290. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

-Imposta sul valore aggiunto. Presunzione 
dell'art. 53 d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 633 -Prova contraria Limiti, 
297. 

-Imposta sul valore aggiunto -Presunzione 
dell'art. 53 d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 633 -Prova contraria � 
Limiti, 298. 

TRIBUTI (IN GENERE) 

-Accertamento tributario -Imposte 
indirette -Requisito minimo di motivazione, 
304. 

-Accertamento tributario -Motivazione 
-Provvedimento sulla spettanza 
di esecuzioni -Richiamo alla 
norma -� sufficiente, 305. 

-Contenzioso tributario -Condono � 
Estinzione del giudizio -Controver� 
sia sulla condonabilit� -Appartiene 
alla giurisdizione del giudice da� 
vanti al quale pende la controver� 
sia, 278. 

-Contenzioso tributario -Impugnazione 
-Acquiescenza della Ammini� 
straziane -Indisponibilit� dell'obbli� 
gazione -Compatibilit�, 281. 

-Contenzioso tributario -Natura -Vizi 
dell'atto di accertamento -Rilevanza, 
304. 

-Contenzioso tributario -Natura -Vi� 
zi dell'atto di accertamento -Rilevanza, 
304. 

-Contenzioso tributario -Rimborsi Azione 
di indebito oggettivo -Giurisdizione 
ordinaria � Esclusione, 

287. 
- 
Reato di omessa tenuta o conservazione 
di scrittura contabile -Mancata 
previsione di soglia -Legitti� 
mit� costituzionale, con nota di F. 
FAVARA, 73. 

TRIBUTI LOCALI 

-Imposta comunale sull'incremento 
di valore degli immobili -Vendita 
forzata -Vi � soggetta, 292. 

VALUTA 

-Infrazioni valutarie -Opposizione a 
decreto ministeriale -Giudice competente, 
227. 

t 

I 


I ~ 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

Z7 ottobre 1988, n. 993 .. 
9 novembre 1988, n. 1022 
29 dicembre 1988, n. 1165 
14 febbraio 1989, n. 37 
21 aprile 1989, n. 229 
21 aprile 1989, n. 232 
26 aprile 1989, n. 241 
28 aprile 1989, n. 242 
18 maggio 1989, n. 256 
6 giugno 1989, n. 322 
6 giugno 1989, n. 323 
11 luglio 1989, n. 389 
14 luglio 1989, n. 406 
25 ~uglio 1989, n. 437 (ord.) . . . . . . 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 

Sed. plen., 2 febbraio 1989, neLla causa 22/87 
Sed. plen., 22 febbraio 1989, nella causa 54/87 
Sed. plen., 25 aprile 1989, nella causa 141/87 
Sed. plen., 30 maggio 1989, nella causa 340/87 
sa sez., 30 maggio, 1989, nella causa 33/88 
Sed. plen., 22 giugno 1989, nella causa 103/88 
Sed. plen., 11 1luglio 1989, nella causa 323/87 
sa sez., 13 luglio 1989, nella causa 380/87 
Sed. plen., 14 novembre 1989, nella causa 14/88 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Lav., 10 agosto 1987, n. 6874 
Sez. Lav., 19 gennaio 1988, n. 385 
Sez. Un., 25 marzo 1988, n. 2578 . 
Sez. Un., 22 aprile 1988,n. 3134 . . 
Sez. Un., 10 maggio 1988, n. 3423 
Sez. Un., 7 luglio 1988, n. 4482 
Sez. I, 11 luglio 1988, n. 4559 
Sez. I, 20 luglio 1988, n. 4714 
Sez. I, 21 luglio 1988, n. 4726 
Sez. Un., 27 luglio 1988, n. 4768 
Sez. I, 9 agosto 1988, n. 4886 . 

. ..... 


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108 

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113 

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119 

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127 

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132 
� 138 

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195 
� 146 

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152 
154

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278

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281 
284

" 

� 286 
� 287 

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290 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Dm.J..O STATO

XII 


Sez. VI, 6 giugno 1989, n. 721 246

" 

Sez. I, 10 agosto 1988, n. 4908 

Sez. I, 22 settembre 1988, n. 5195 

Sez. I, 6 ottobre 1988, n. 5409 
Sez. Un., 26 ottobre 1988, n. 5782 

Sez. Un., 26 ottobre 1988, n. 5783 

Sez. Un., 12 novembre 1988, n. 6131 

Sez. I, 29 novembre 1988, n. 6459 

Sez. I, 14 dicembre 1988, n. 6805 . 
Sez.� Un., 19 dicembre 1988, n. 6908 

Sez. I, 22 dicembre 1988, n. 7020 . 
Sez. Lav., 26 gennaio 1989, n. 466 
Sez. Lav., 3 febbraio 1989, n. 685 
Sez. Un., 18 febbraio 1989, n. 955 
Sez. Un., 18 febbraio 1989, n. 956 

Sez. I civ., 1 marzo 1989, n. 1099 
Sez. Lav., 9 marzo 1989, n. 1245 
Sez. Un., 17 marzo 1989, n. 1345 
Sez. Un., 17 marzo 1989, n. 1347 
Sez. Un., 17 marzo 1989, n. 1349 
Sez. I, 21 marzo 1989, n. 1413 
Sez. Un., 3 aprile 1989, n. 1590 
Sez. Un., 3 aprile 1989, n. 1600 
Sez. Un., 13 giugno 1989, n. 2847 
Sez. Un., 24 agosto 1989, n. 3750 .. 
16 ottobre 1989, n. 4145 ..... 
Sez. Un., 29 novembre 1989, n. 5217 . . .. 

CORTE D'APPELLO DI TRIESTE, Sez. Il, 8 aprile 1989, n. 122 . 

PRETURA DI MILANO, Sez. Lav., 16 giugno 1988, n. 1442 . . . . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 19 dicembre 1987, n. 782 
Sez. V, 14 dicembre 1988, n. 818 
Sez. VI, 29 novembre 1988, n. 1291 
Sez. VI, 4 marzo 1989, n. 186 

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PARTE SECONDA 

Questioni 

Rassegna di legislazione 

Questioni di legittimit� costituzionale: 
I -Norme dichiarate incostituzionali 
II -Questioni dichiarate non fondate 
III -Questioni proposte . . . : . . . . 

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� 46 
� 59 


AWOCATURA DELLO STATO 

CERIMONIA D'INSEDIAMENTO 
DELL'AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
GIORGIO AZZARITI 


Roma, 25 ottobre 1989 


INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 
ON. GIULIO ANDREOTTI. 

Signor Presidente delila Repubblica, 
Onorevole Pvesidente del Senato della Repubblica, 
Onorevole Vice Presidente della Camera dei Deputati, 
Signor Presidente della Corte Costituzionale, 
Signori MagiJstrati, 
Signore, Signori, 


l'occasione particolarmente f�elice che ci � offerta oggi di celebrare 
in questa Sala del Vanvitelli, alla preseil2la del Presidente della Repubblica 
e delle pi� alte cariche de1lo Stato, l'insediamento dell'Avvocato Generale 
dello Stato Giorgio AzzARITI acquista dl significato di particolare rlspetto 
e di grande ,attenzione verso una delle nostre pi� antiche Istituzioni. 

Mai come oggi, in una societ� che sembra talvoata non avere ben 
chiaro il senso del confine tra il bene ed il male, tra l'illecito e il lecito, 
il richiamo ad alcuni c11iteri dii comportamento, quale pu� essere quello 
di una giusta e corretta e, pert,anto, rigorosa applicazione della legge, 
V'llole rappresentare non soltanto un monito ma avere, sopra tutto, valore 
di insegnamento. 

L'l'Stituzione che ci ospita in questa sede cosl prestigiosa dell'ex Convento 
degli Agostiniani � l'espressione di quello Stato di diritto sorto con 
la RJvoluzione Francese (di cui quest'anno celebriamo il bicentenario) e 
rafforzatosi nel nostro Paese attraverso le lotte del Risorgimento. 

La data di nascita dell'Avvocatura dello Stato � di pochissimo posteriore 
a quella dello Stato unitiario e con questo Stato si � andata sviluppando 
attraverso le tappe felici e meno feLici delila sua storia. 

Non appaia fuori luogo il richiamo al passato, in quanto, a parte 
ogni predilezione pel"sonale per l'approccio storico, �ritengo sia verit� 
incontrovertibile che solo l'anal~sd di ci� ohe abbiamo dietro le spal[e 
permette Ja piena comprensione del presente, e, forse, anche qualche cauta 
profezia. 

La naturn e la funzione di questa Ist1tuzione forniscono run punto di 
osservazione privilegiato. L'assoggettamento dello Stato al giudizio rappresenta, 
infatti, nelllevolversi delle sue I'egole, un indicatore quanto mai 
sensibile del punto di equilibrfo fra principio di libert� e principio di 
autorit�; punto di equilibrio mobile nel progredire della societ� e nell'evo!� 
versi, quindi, della conoezione del diritto. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quando, come nel nostro Ordinamento, la difesa dello Stato sia 
affidata ad nn Organo tecnico che assume in forma organica la rappresentanza 
e 'l'assistenza in giudizio del pubblico potere, ebbene tale Organo 
fini:sce col partecipare direttamente al processo di determinazione di 
tale equilibrio. 

L'Avvocatura Generale de1lo Stato, proprio perch� � incardinata nella 
Pubblica Amministrazione, � particolarmente sensibile al divenire della 
esperienza giuridica e partecipe della sua formazione, in quanto i segnali 
che �riceve e trasmette perx:orrono due canali privilegiati. Quello esteriore 
e profes1sionale del concorso, appunto, aiJ.:la formazione del diritto vivente 
attraverso la dialettica del cOilltenzioso e quelJ.o interno ed istitJuzionale 
dell'appartenenza all'Amministrazione dello Stato, da cui riceve e cui 
pu� trasmettere, con l'attivit� consultiva in continuo sviluppo, impulsi 
idonei a meglio comprendere il continuo divenire della societ� ed a favodre 
l'adeguamento ad esso deH'attivit� statuale. 

Ma vi � di p1i� nella funzione di questa Istituzione. Perx:h� la sua 
natura di Organo indipendente rispetto alle diverse Ammin~straziom deMo 
Stato fa s� che l'Avvocatura Generale � in grado di superare l'ottica angusta 
della difesa contingente di interessi parrticol�ri per tutelare, invece, 
!.'interesse generale dello Stato-. Un interesse, cio�, che in uno Stato di 
diritto qual � il nostro, non pu� non coincidere con quelfo della ;-:: 
giustizia. I:' 

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Se mi � consentita una parentesi personale, vorrei osservare che 

1: 
questa dell'unicit� della difesa lega:le dello Stato � una soluzione della 
quale ho avuto pi� volte modo di constatare l'efficacia nell'esperienza 
@= 
I 
fatta nei Dicaster1� nei quali sono passato nel -corso della mia non .breve fil 
carriera politica. E vorrei esprimere qui viva rfoonoscenza per uomini @ 
come Salvatore Scooa e GiQVanni Z�appa:l� dei quali mi fu in molte 
occasioni pre~oso !il saggio e prudente consiglio. 

L'esperienza giuridioa dell'Avvocatura, per tutto quan�to ho detto 
finora, riflette, dunque, [e grandi crisi di trasformazione della nostra 
societ� a partire dalla sua configurazione originale. 

Oreata nel 1876 quale immediata erede dell'Avvocato Regio di Toscana, 
l'Avvocatura nacque e si afferm� come difesa di uno Stato meramente ~ 
patrimoniale, che si sottoponeva al giudice 1so1tanto per le attivit� svolte 
ne11a sua capacit� di diritto privato. Non � un -caso che essa assunse al 

I

suo nascere, e mantenne� per oltre mezzo secolo, la riduttiva denominazione 
di �Avvocatura erariale�. 

I

Certamente, l'Istituto rispecchiava allora le strutture dello Stato 
!liberale, edificato sui principi illuministici, che aveva ne1l'istituto della 

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propriet� e nella relativa regolamentazione un punto di riferimento ben 
f 
fil 

1: 
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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

predso. Lo Stato, insomma, partecipava ai giudizi essenziailmente in funzione 
della nisoluzione di questioni di mio e di tuo, dn perfetta aderenza 
con la maissl�ma del pi� noto dei giuristi di Napoleone, Jean Baptiste 
Portalis: �al cittadino appar�1liene la propriet�, al sovrano l'impero>>. 

Lo .sviluppo economi�o e le prime avvisaglie dell'avvento di una 
cirvhlt� di massa indussero ben presto l'Autorit� pubblica ad intervenire 
con incisivit� sempre maggio!t'e nelie attivit� economiche. 

Verso la fine del secolo scorso �assistiamo ad una profonda evoluzione 
delJ'fatituto. Tale evoluzione vide appunto l'Avvocatura passare dalle 
modeste dimensioni � erariali � a quelle ben pi� comprens[ve � dello 
Stato >>, con il conseguente ampliamento del patrocinio sia in termini 
quantitativi, come .ri:sultato de11a sua estensione a tutte le Amministrazioni 
dello Stato, �sia :in termini qualitativi, quale conseguenza del passaggio 
dehl'Avvooatura s.tessa da difensore del patrimonio dello Stato a difensore 
delle pTerogative del potere esecutivo. 

Oggi, run'altria trasformazione si va compiendo. La �Societ� ita11i.ana � 
diventata pi� matura e J'affaociarsi poi sulla scena pubblica di categorie 
sociali f�ino a qualche tempo fa rimaste ai margini � alfa base di quella 
profonda evoluzione nei rapporti ~uridici che sembra talvolta presentare 
ispazi di incemtezze e di dubbio interpretativo. 

Nella societ� .di oggi si affacciano e si affermano nuovi interessi e 
nuovi vali.od che non lasciano indifferente ~l legislatore. 

Anche l'Avvocatura Generale, nel nuovo assetto creato da!lla Costituzione 
repubblicana e dalla conseguente legislazione, tra cui ricordo la 
legge 103 del 3 aprile 1979, ha sub�to profonde riforme in parallelo con 
la trasformazione dello Stato e della societ�. 

Cos�, l'Avvocatura partecipa ai giudizi davanti alla Corte Costituzionale, 
nei quali l'Istituto interviene in difesa della legittimit� delle leggi, 
delle competenze statuali in conflitto con quelle regionali, del Governo 
come potere dello stato in confliltto con altri poteri e in materia di ammissibilit� 
di referendum. 

Ancora, l'Avvocatura assume la difesa dello Stato italiano dinanzi alla 
Corte di Giustizia delle Comunit� Europee e la Corte Internazionale dd. 
Giustizia dell'Aj1a. 

Altra categoria di soggetti pubblici difesa dall'Avrvocatura � quella 
delle Regjoni, sia a Statuto speciale che a Statuto ordinario. 

Ho fatto delle es�emplificazioni. Non ho certamente esaurito il compresso 
dei compiti nuovi che si collegano alla funzione ed al ruolo dell'Avvocatura 
nella nostra Repubblica. Ma non posso passare sotto silenzio, 
in questo sia pur rapido esame, l'enorme aumento della domanda di giustizia, 
che scarica sul sistema giudiziario l'imperfetto funzionamento delle 
istituzioni, incapaci di tenere il passo con i mutamenti di un sistema in 
rapida espansione e di adeguare in tempo utile il dover essere delle nor� 
me all'essere degli accadimenti reali e delle esigenze. 


xx RASSEGNA DEIJ..',,.VVOCATURA DELLO STATO 

N� va sottaciuta la oiroostanza, a mio parere fondamentale, del prevalere 
di una conoezione del processo in cui lo Stato, allorch� � chiamato 
in giudiziio, non � una parte privilegiata ma � divenuta -o, quanto 
meno, tende a div�enire -una parte come le altre. 

L'Avvocato dello Stato non � pi�, ai giorni nostri, un difensore delle 
prerogative del potere esecutivo: appare, piuttosto, come il difensore 
istitu2lionale di una parte pubblica multiforme, assoggettata ad una pluralit� 
di giudi2li e sfornita in essi di qualunque privilegio nell'ambito di un 
contenzioso che da ristretto � diventato di massa. 

Il Governo � consapevole dell'aumento del carico di lavoro dell'Istituto. 
Esso � quintuplicato rispetto' al 1930, anno in cui furono trattati 
venticinquemila affari, quasi triplicato rispetto al 1979, anno dell'ultimo 
aumento di organico ed in cui furono trattati cirea cinquantamila affari. 
Sono, queste, cifre impressionanti, sopra tutto se ragguagliate ai ridottissimi 
numeri del ruolo degli Avvocati dello Stato, chiamati in poco pi� 
di 300 -ma erano gii� 244 nel 1949 -a far fronte a questa mole crescente 
di lavoro. 

So bene che questi dati sono noti all'Avvocato Generale. Se li ho 
rioo11dati in questa occasione � perch� il Governo, nell'esercirlo delle 
responsabilit� che gli sono proprie, intende compie11e fino in fondo il 
suo dovere per dare al lavoro dell'Avvocatura il respiro e lo spazio che 
le oomrpetono. 

L'Avvocatura Generale dello Stato, come ebbe a dire alcuni anni fa 
il Pvesidente Cossiga, � un Co11p0 proressionale di giuristi insostituibile 
per l'attivit� del Governo ed � quindi intenzione del Governo di adoperarsi 
per consentirle di sV'Olgere con s1ereniit� e senza affanno le proprie 
funzioni. 

Confido che le misure legislative che il Governo sta per varare siano 
idonee a restituire all'Avvocatura la possibilit� di continuare a svolgere 
i suoi alti compiti oon ef.ficienza e professionalit�. Confido, in particolare, 
che le misure urgenti proposte, sollecitamente approvate dal Parlamento, 
possano valere a far superare l'attuale crisi eliminando le disfun2lioni 
dell'attivit� contenziosa e potenziando il ruolo consultivo che, 
tempestivamente esercitato, offrir� al oittadino, attraverso l'eliminazione 
in via preventiva del1e liti inutili o, peggio, vessatorie, un'ulteriore garanzia 
di giustizia. Quella giustizia di cui l'Istituto �, da oltre un secolo, 
fedele ed efficiente servitore perch�, se � consentita la parafrasi di un 
celebre afo11isma americano � lo Stato vince 1a sua oausa ogni qualvolta 
venga resa giustizia in uno dei suod tribunali �. 

Nel porgere a Lei, avvocato Azzariti, fervidi voti di buon lavoro sia 

consentito rico11dare Suo padve che ha impersonato a lungo nelle varie 

mansioni affi1dateg1i la figura ideale di servitore dello Stato devoto, pre


paratissimo, letteralmente esemplare. 


DISCORSO DELL'AVVOCATO GENERALE DELLO STATO GIORGIO 
AZZARITI. 

Signor Pres�idente delta Repubbltica, 

desiidero innanzitutto esprimerLe, anche a nome di quanti lavorano 
in questo Istituto, i sensi della pi� viva gratitudine per aver voluto onorare, 
con la Sua partecipa2lione, questa cerimonia dii insediamento. � la 
terza volta che questto magnifico palazzo e questa stup~nda sala Vanvitelliana 
sono onorati della Sua presenza in ocoasrione di cerimonie ufficiali: 
di questa attenzione verso il nostro Istituto siamo Lusingati e 
conserviamo con cura il ricordo delle parole che Ella volle allora rivolgerci. 


Mi sia consentito esprimere ancora, a nome dell'Avvocatura dello 
Stato prima che mio personate, un sentito ringraziamento al sig. Presidente 
del Senato della Repubblica, al sig. Vice Presidente della Camera 
dei Deputati, al sig. Pres~dente del Consiglio dei Minist11i, al sig. Presddente 
ed ai giudici deHa Corte Costituzionale, ai sigg. Ministri, al rappresentante 
del Cardinale Vicario, al �sig. Presidente della Corte Suprema 
di Cassazione ed al sig. Procuratore Generale della Corte, al sig. Presidente 
del ConsigLio di Stato, al sig. Presidente della Corte dei Conti ed 
al sig. Procuratore Generale della Corte, ai mppresentanti delle Organizzazioni 
Internazionali, delle Forze armate, della Pubblica Amministrazione, 
dei corpi accademici, a tutti i magistratd, al Presidente ed ai colleghi del-
1\>rdine forense e dell'Avvocatura dello Stato ed a tutti coloro che hanno 
vo1uto, con La loro partecipazione, onorare questo Istituto. 

Un ulteriore sentimento di gratitudine desidero esprimere -certamente 
a titolo personale, ma non solo -per la ffiducia che mi � stata 
accordata con la nomina a questa alta carica. Ho detto non solo a titolo 
personale perch� credo che la scelta operata dal Governo di attribuire n 
compito di dirigere l'Avvocatura dello Stato �ad un avvocato che ha trascorso 
una interia vita di lavoro nell'Istituto, ha combattuto tante cause 
in difesa della pubblica amministrazione e dello Stato -tante vincenr 
done e tante anche perdendone -abbia un significato che trascende ogni 
rpersona1e valutazione. Costituisca cio� in primo luogo apprezzamento e, 
mi sia consentito aggiungere, meritato apprezmmento del lavoro appassl�Onato 
e qualificato svolto in condizioni spesso, e particolarmente oggi, 
dif~icili da tutti gli avvocati e procuratori dello Stato in difesa degli interessi 
della pubblica amministra2lione o, se S�i vuole, dello Stato persona, 
che solo sottili argomentazioni riescono a distinguere dagli interessi della 
nostra Comunit� nazionale; costituisca altres� precisa ,i:faffermazio"he della 
peculiare natura e dei compiti dell'Istituto che Ella sig. Presidente della 
Repubblica ebbe a definire � corpo professionale di giuristi al servi.z[o 
dello Stato, organo insostituibdle per l'attivit� del Governo �. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XXII 

Insostituibi1it� dell'apporto del corpo dei gti.uristi professionali all'attivit� 
del Governo non significa confusione dell'attivit� del giurista 
con quella del Governo che, nel nostro ordinamento democratico, devono 
restare rigidamente separate. 

La fun:cione necessarfa, anzi <insostituibile del giurista in ausilio del 
Governo al fine di assicurare la conformit� a legge dell'attivit� di questo 
era gi� stata affermata quasi 150 anni fa, quando i sacri principi della 
rivoluzione fa~anoese comti.nciarono ad iincti.dere sugli �lpparati degLi stati 
assoluti preunitari, da uno dei fondatori del nostro dir�.tto amministrativo, 
Giov�annri Manna, il qua1e ebbe ad affermare che � quando iil governo 
abbia veramente la volont� di bene amministrare, � bene che sappia che 
c'� .una scienza dell'amministrazione pubblica, la quale pu� essere studiata 
e messa in atto, senza che ci� costringa a versarsi .nelle quest:iorni 
politiche e costitutive degli statl; che questa scienza, che s'appella diritto 
amministrativo, � cos� certa e cos� sacra come il dir�.tto privato �. 

Pu� far soriridere l'affermazione della certezza del ruritto privato e 
del diritto amministrativo, se confrontata ail!le nostre biblioteche giuridiche 
ed alla massa di fascicoli che occupano cancellerie e segreterie dei 
nostri giudici oridinar�. ed amministrativi: ma nella disitinzione sottolineata 
dal Manna tra le questioni politiche e la scienza, definita certa, del diritto 
amministrativo � fa distinzione tra �l'attiV1�t� politica, alla quale � COIIlilaturale 
ed .ineliminabi.1e id carattere della disorezionailit� delle scelte, e la 
funzione del giudsta, che non partecipa a quelle soe11te ma che, utr1izzando 
la tecnica del diritto, non quindi �eS1prirnendo una propria autonoma 
volont�, suggerisce al Governo comportamenti e procedimenti da 
seguire per realiz2lare quelle scelte in confurmirt� delJ.e Jeg~i in vigore, in 
appliicazione cio� del pirinciJpio di [egalit� per il quale l'attivit� amministrativa 
deve essere soggetta ailla fogge. 

L'assistenza prestata dall'Avvocatura dello Stato al Governo ed in 
genere alla pubblica amministrazione statale, tende appunto all'attuazione 
concreta del principio di 1egaliJt� sia in sede di definizione dell'attiVlit� 
ammirnistrativa, e ci� avviene nell'eseroiri.o dehla funzione di consulenza 
legale o st:ragiudizi!ale, sia nella sede del control1o giurisdizionrue, e 
ci� a'V'Viene nel:l'esercizio diedila funzione dii difesa in giudiri.o delle pubbliche 
amminiistrazioni. 

Appunto l'esigenza di garam.tke l'or~cit� e l'unitariet� di indirizzo 

in \Oisrta dei fini fondamerntali dell'Amministrazione statale e quel[a, con


nessa, di garantire agli avvocati dello Stato l'autonomia che caratterizza 

in genere la posizione deM'avvocato verso il oliente e che sola permette il 

corretto ed efficace esericizio dell'assistenza legale, costituiscono la ragione 

delta soluzione data da[ nostro oridiinarnento al problema de11'aissti.stenza 

legale dello Stato, organizzando gli avvocati dello Stato come un corpo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a s�, anzich� come uffilci interni delJle varie amministrazioni che posisono 
avere necessit� di servirsi dell'opera loro. 

Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nelle due forme deMa consulenza 
legaile e della difesa in giudizio dell'amministrazione sono state del 
resto esaltate dalla Costituzione Repubblicana e richiedono oggii rinnovato 
ed oneroso impegno. 

Il principio di i.egalit� nel.J'azione ammin:iisitrativa, all'attuazione del 
quale � pwticolarmente diiretta la funzione consU!ltiva, trova O!timai iJ. suo 
fondamento in numerosi precetti della Costituziione; ili moltiplicarsi deille 
funzioni del. moderno Stato socia[e con il proliferare della legis11Jazione che 
le di:sciplLina, rendono d'altra parte pi� frequenti quelle occasioni di conflitto 
deH'iinteresse pubblico con l'interesse privato che richiedono il necessario 
intervento del consulente iegale per l'individuazione del giusto 
punto di equil.ibri.o e per prevenire l'insorgere di Uti inutili; lo stesso 
espandersii dell'azione pubblica e della normativa relativa rendono anche 
pi� arduo il compito di definire pri:nc�pi generali che valgano ad assicurare 
la conformit� dehla multiforme a:llione amministrativa aUe esigenze 
di buon andamento e di impiair2liailit� de11'amministrazione proclamati dall'art. 
97 Cost. 

Anche il controllo giurisdizionale sulla legittimit� dell'azione ammim� 
strativa costituisce ormai principio costituzionale proclamato dagli articOlli 
24, 103 e 113 deHa Costituzione: ~a piena e sostanziale, e non soltanto 
focmale, appiJ.icaziione del principio ha coIIl(pOrtato oltre all'estendersi deil 
controllo a materie e categorie di atti che prima ne erano stati esdusi, 
alilChe la progressiva eliminazione di tutti i privilegi dei quali per lungo 
tempo ha goduto fo Stato in giudizio. Oi� � avvenuto essenziiaflmente ad 
opera della Corte Costituzionale (faccio l'esempio de11a regola del salve. 
et repete) e del nostro legioslatore (ricordo la riforma Trabucchi sulla 
individuazione de11'organo legittimato a stare in giiudizio). 

La natura stessa di questo procedimenil:o �d:i controllo vuOlle infatti 
che l'avvocato dello Stato, pur nella difesa dei pubblici interessi, non 
svolga attivit� e non eserciti poteri diveinsi da quclli svolti ed esercitati 
dagli altri avvocati difensori de]le altre parti. 

La assoluta parit� processua:le delil'avvocato deUo Stato con il collega 
libero professionista si Tiscontra anche nei giudizi nei quali a1 primo � 
affidata la tutela di interessi non di una slingola amministrazione, ma di 
un 1inreresse diverso e di pi� ampio respiro, del quale neanche pu� dirsi 
che la titolarit� spetti esclusivamente alla Pubblioa Amministraziione od 
al Governo. Ci� avviene in particolare nei giudizi che si svolgono avanti 
la Corte Costituzionale nonch� nei giudi:lli dilllanzi a1'1a Corte di Giustizia 
delle Comunit� Europee ed ai Collegi intemazionali quale, innanzi tutti, 
la Corte lnternazionaile di Giustizia de11'Aja. 


XXIV RASSEGNA DELL'AVVOCA'l'URA DELLO STATO 

Vero � che la diversa natura e riiev:anza dei sdngold interessi in contrasto 
non conta davanti ail giudice: ogni quailvolta sia previsto che iJ. contrastp 
sia risolto in un processo av:ainti aid un giudice l� deve assicurarsi 
-p.roprio per ga["aIJJ1lire l'effli:oaice svolgimento deH'invocarta funzione giurisdizionale 
-J'assoluta parit� delle parti e dei rispettivi difensori. La 
distanza da:I giudice di ogni �arvvocato non pu� essere diversa da quella 
delhl.'altro, n� pu� esservii avvocato che Stia, ,pi� del suo contrnddittore, 
amico deMa curia. 

Occorre perci� ora !ripensare ad ailcune pure autorevolissime definizioni 
della posizione processuatle de11a pubb1iica amministrazione e del 
suo difensore -come quelle secondo [e quali riJI processo a[ qualle partecipi 
lo Stato � un � processo di parti in cui U!Il:a pairte � un po' meno parte 
deM'.aJtrn � ed i.il difensore dehlo Stato � un po' ~i� vicino al giudiice del 
libero prnfessionista. , 

L'insegnamento deil primo avvoooto ~nerail.e del.ilo Stato secondo il 
quaie l'avvocato dello Stato deve essere prima giudice e poi avvocato 
non vuole porre -o comunque cos� non va inteso -una soaila dri valori 
ma solo stabilire 1.lllla suocessione oronologiioa: se nella sede de11a consultazione 
legaile egli deve ricercare, nella piena autonomia di giiudizio e con 
l'esclusivo strumento delila sua professionalit�, le regdle cUJi deve conformarsd 
l'azione am!llllinriJsllrativa ed in tale sede la sua funzione pu� apparire 
analoga a quella del giudice; quando lo Staito sia parte in giudizio ed egli 
sia chdamato a difenderla, ~�avvooato dello Staito deve comportaTsi da 
avvocato nel pieno signif'kato, a1I1Jche partigJiano, de1la parola. :B insomma 
oggi assolutamente vero quel che dti.sse Piero Oa1amandrei: cio� che l'avvocato 
dello Stato, quando difende in giiudizio l'Amministrazione � appunto 
un difensore dd parte: niente di pi�, niente di meno. 

Questa mancanm di ogni potere, che non sia quello de:I ragionamento 
e de:lia persuasione, questi continui confronto e competizione con gli 
avv:ocati 'liberi professionisti, nostri car.i:ssrimi colleghi ed avversari sono, 
per noi avvocati de�lo Stato, ragione di stimolo e di :indrtamento al continuo 
miglioramento e perfezionamento della nostra attTezzatura professionale. 


Sul piano normativo fa �riforma del 1979 ha riaffermato il carattere 
professionale dell'Istituto disegnandone l'organizzazione in modo da creare 
il modello di �un grande ufficio legale, alla vita, ail ,successo ed al patrimonio 
ideaile del quale tutti i professionisti che Jo compongono partecipano 
con pal1i diglllit�. 

Ma si tratta di w:ra riforma fa cui attuazione � gi� in s� non facide, 
perch� in cont�msto con precedenti radicate abitudini e perch� il principio 
deilla collegialit� che garantisce, attraverso il confronto, il con:seguimento 
di pi� raffinati risultati, costituisce certamente uno strumento 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di lavoro pi� dispendioso in termini d[ tempo e di impegno; ma, a parte 
queste difficolt�, fa riforma � stata duramente ostaco1ata da un fenomeno 
non previisto: un anormale improvviso aumento della quantit� degli 
affari che vengono affidati al patrocinio dell'Avvocatura, verificatos!i nell'ul.
timo decennio, che ha rischiato di travolgere [e �strutture del nostro 
Istituto: il carico di lavoro � infatti triplicato rispetto al 1979, anno in cui 
fu stabilito ['organico ancora oggi in vigore. 

Se ne�J. 1979 poteva ca:lcolarosi un affilusso a.Diiluo di circa 180 affari per 
avvooato o procuriatore in organico, nel 1988 si sono avutd circa 420 nuovi 
affari per avvocato. 

Per Tendersi oon.to deiH'anoma1ia di simile incremento, basta pensare 
che nei trent'�anni precedenti ~l 1979 si era aV'Ulto un iincrremento non superiore 
ali'80%, che si era potuto affrontare con prowressive, gn11dua11i misure 
di adeguamento. 

Non sono questi luogo e tempo per d[]dirviduare cause e ragioni di 
un incremento cos� imponente ed imprevisto, ma � certo che questo ha 
posto in crisi le strutture deil.J'lstituto che non erano certamente propor7lionate, 
sia quellle amministrative, sia quelile pi� propriamente profess.
iO!Ila'Ji. 

Alil'adeguamento delle prime si � provveduto con ila [egge n. 664 del 
1986 che ha aumentato l'organico degli impiegati aJ1:nrnii.niistrativi. Una 
recentissima iniziaitdva Jeg!islatj,va del!l'on. Presidente del Consiglio dei 
M:im.istiri, con pronta 1sensd:bilit� ai problemi delll'Avvocatura della quale 
GIDi siamo davvero grati, tende a ristabi11re un migliore equilibrio tra il 
cairico di lavoro dcll'Avvocatura e l'orgrunico degli avvocati e pirocuratori 
deMo Stato, equil.ibrio che non pu� riceroal'Si soltanito in un proporzionaie 
aumento deH'orgaillico che ha !irnsiito il rischio di incrinare l'alto 
livellJ.o culturale e profes1sionaile de~i awocati e procuratori dcllo Stato, 
fondato, tra l'altro, su rigorosi criteri di reclutamento e responsabilizza7lione: 
� �stato necessario dunque prevedere una selezione degli affari di 
competenza dell'Avvocatura .ilil!dividuando Uilteriori ipotesi, olti:e quehle 
gi� pTev~ste dalla legis[azione in vigore, nehle quali, per ia sempJicit� delle 
procedure e dei piroblemi coinvoiltii, la difesa della fubblica Amministrrazione 
non richieda la prestazione di attiVI�.t� professionali particoJarmenrt:e 
speciaif.izzate. 

Sono �sicuro che l'iniziativa [eg!is1ativa cos� assunta da:ll'on. Presidente 
dcl Co!I11siglio dei Ministri trover� il pieno e sollecito appoggio dcl Governo 
e deil Parlamento sioch� il nostro Istituto possa a:l pi� presto svolgere 
con rinnovata seire~t� il proprio compito al servizio d~lla nostra comunit� 
nazionale. 

Mi conforta in questa certezza hl cos� ampio concorso di tante peirsonaiLit� 
a questa cerimonia, concorso del qua:le sono sinceramente grato, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XXVI 

perch� conferma ii prestigio aoqui:sito dalil'Avvocatura delfo Stato in oltre 
cento anni di attivit�; patrimornio che � nostro predso dovere di conservare 
e ohe gili avvocati e procU.['atori dello Stato, con J'ausHio di tutto 
1H persO'Ila�e amministrativo che presta la sua opera neilil'AvvocatUTa, hanno 
sarputo conservare con un lavoro duro, sapiente, faticoso ed appassionato, 
pur neiH.e diiffioiil~ssillle condizioni che ho esposto, in ilifesa degili mteressi 
delia co]lettivit�: a tutti, dai pi� anziani ai pi� ~vani di tutte le sedi, va 
iJl mio grato �saiuto ,dJi cdl.lega e l'augurio di potere presto superaire le 
attuali difficolt� ed operaire insieme per rendere iJ. nostro Istiituto strumento 
sempre pi� perfezionato di attuazione di giustizia nelia amminisitrrazione. 




PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 2f-ottobre 1988, n. 993 -Pres. Conso -Rel. 
Ferri -Provincia di Verona (n.p.) e Regione Veneto (Avv. Stato 
Laporta). 

Regione � Contrasto di legge regionale con lo statuto della regione � 
Determina illegittimit� costituzionale. 
(Cost. art. 123; I. reg. Veneto 31 ottobre 1980 n. 88, art. 39). 

Il contrasto di una disposizione di legge regionale con una norma 
dello statuto della regione stessa si risolve in una violazione, sia pure 
indiretta, dell'art. 123 Cost. e determina pertanto illegittimit� costituzionale 
della predetta disposizione {1). 

Nell'ambito della disciplina generale degli interventi nel settore 
primario {agricoltura) dettata con la legge 31 ottobre 1980, n. 88, la Regione 
Ven�to delegava le Amministrazioni provinciali a �proporre programmi 
annuali concernenti l'attuazione di mostre, mostre-mercato e di 
rassegne di specie animali in produzione zootecnica� (ait. 39, primo 
comma, lett. b). La Provincia di Verona, con deliberazione consiliare del 
4 dicembre 1983 n. 12593/81, resping�va la delega ed approvava una mozione 
per auspicare un pi� corretto e razionale uso del potere di delega 
da parte della Regione. 

Senonch� il Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali 
annullava l'anzidetta deliberazione provinciale con ordinanza dell'll febbraio 
1982, ritenendo che non ,rientrasse nei poteri dell'ente focale respingere 
la delega ad esso conferita con legge regionale. Avverso quest'ultimo 
provvedimento la Provincia di Verona proponeva ricorso al TAR del 

(1) Di notevole interesse la ribadita collocazione degli statuti � ordinari � 
nel sistema delle fonti del diritto; collocazione che sarebbe bene avere presente 
(oltre che nel controllo sulle delibere legislative regionali) quando a1 
Parlamento sar� sottoposto qualche nuovo statuto in sostituzione di quello 
oggi in vigore. Inoltre, il caso deciso fornisce la misura di quanto la nozione 
di interesse legittimo si sia dilatata. Essa viene sempre pi� frequentemente 
utilizzata -pervero acriticamente -per legittimare l'iniziativa processuale 
di soggetti pubblici portatori di interessi e competenze pubblici, i quali si 
rivolgono al Giudice amministrativo per ottenere persino un diverso assetto 
organizza torio. 

2 

RASSEGNA DBIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Veneto deducendo, fra l'altro, la violazione dell'art. 55 dello Statuto della 
Regione Veneto approvato con legge 22 maggio 1971, n. 340 (secondo 
il quale gli enti locali devono essere sentiti in caso di delega di funzioni), 
e, in subordine, la illegittimit� costituzionale della norma delegante in 
riferimento agli artt. 118, 128 e 97 Cost. 

Il Tribunale adito, premesso che non rientrava nei poteri della 
Provincia ricorrente rifiutare la delega disposta con la legge regionale 

n. 88 del 1980, ha sollevato con ordinanza del 12 febbraio 1987 questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 39, primo comma, lett. b, della legge 
regionale anzidetta, in riferimento agli artt. 5, 97, '118, 123 e 128 Cost. 
(omissis) 

L'ordinanza del T.A.R. per il Veneto ha sollevato questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 39, primo comma, lettera b), della legge 
della Regione Veneto 31 ottobre 1980 n. 88, intitolata �legge generale 
per gli interventi nel settore primario �. La norma sospettata di incostituzionalit� 
contiene la delega alle Amministrazioni provinciali � a proporre 
programmi annuali concernenti l'attuazione di mostre, mostre mercato 
e di rassegne di specie animali in produzione zootecnica�, riservando 
alla Giunta regionale l'approvazione ed il finanziamento di tali 
programmi. 

Il T.A.R. -adito dalla Provincia di Verona ricorrente per l'annullamento 
di un provvedimento del Comitato regionale di controllo, che 
aveva a sua volta annullato una deliberazione di quel Consiglio provinciale 
con la quale si respingeva la delega conferita dalla citata disposizione 
della legge regionale n. 88 del 1980 -ipotizza una violazione degli 
artt. 5, 97, 118, 123 e 128 della Costituzione, violazione che, per quanto 
riguarda il parametro dell'art. 123, si sarebbe realizzata in modo indiretto 
mediante la violazione di una norma interposta, vale a dire dell'art. 
55 dello Statuto della Regione Veneto. 

Quest'ultima censura, attenendo all'iter procedimentale della norma 
impugnata, va esaminata prima delle altre. L'art. 55 dello Statuto regionale 
del Veneto dispone che la delega delle funzioni amministrative alle Province, 
ai Comuni o ad altri enti locali prevista dall'art. 118 Cost. � conferita 
con legge, �consultati gli enti interessati�, stabilendo altresi criteri 
e modalit� relative all'esercizio della delega stessa. La mancata consultazione 
-di cui la Provincia di Verona si � espressamente doluta e 
la omessa indicazione dei criteri , e delle modalit� di esercizio della 
delega stessa costituiscono, ad avviso del T.A.R. remittente, una indiscutibile 
violazione dell'art. 55 dello Statuto regionale e, attraverso di esso, 
dell'art. 123 Cost. 

Sotto tale profilo la questione � fondata. 

Questa Corte ha gi� ritenuto {in particolare con la sentenza n. 48 

del 1983) che il contrasto di una legge regionale con una norma dello Sta-

l 

~j

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDE!l'.ZA COSTITUZIONALE 

tuto della regione stessa si risolve � in una violazione -sia pure indiretta 
-dell'art. 123 Cost., determinando pertanto l'illegittimit� costituzionale 
della norma impugnata �. 

La norma statutaria che non sarebbe stata rispettata nel caso in 
esame detta le regole per il conferimento da parte della Regione delle 
deleghe di funzioni amministrative alle Province, ai Comuni e agli altri 
enti locali ai sensi dell'art. 118 Cost., in armonia con l'art. 123 Cost., il 
quale dispone espressamente che gli Statuti stabiliscono le norme relative 
alla organizzazione interna delle Regioni. Ora, la materia delle deleghe 
agli enti locali � certamente compresa nella organizzazione interna: 
non pu� dubitarsi perci� che, anche alla stregua dei criteri pi� rigorosi 
e restrittivi, il contrasto con l'art. 55 dello Statuto della Regione Veneto 
si traduca in una violazione del citato art. 123 Cost. 

Peraltro la stessa Regione Veneto nulla ha obiettato su questo punto 
dell'ordinanza di rimessione. Essa sostiene invece che nella fattispecie 
non si potrebbe parlare di una vera e propria delega di funzioni amministrative; 
non sussisterebbe quindi il presupposto della lamentata violazione 
dell'art. 55 dello Statuto. 

Tale tesi non pu� essere condivisa. Al di l� dell'argomento testuale 
-1(� Le Amministrazioni provinciali sono delegate... �) -� sufficiente 
osservare che nell'attivit� promozionale della produzione e commercializzazione 
del settore zootecnico la delega alle Amministrazioni provinciali 
concerne la proposizione dei programmi di mostre, rassegne ecc., e 
la gestione degli stessi dopo che la Giunta Regionale li abbia approvati 
e finanziati. Non si tratta dunque di semplici atti, quali potrebbero essere 
l'inoltro di richieste presentate dagli organismi interessati e l'espressione 
di pareri sulle medesime, bens� di una complessa attivit� indispensabile 
per apprestare e definire i programmi da proporre e successivamente, 
una volta approvati e finanziati dalla Regione, per gestirli; tale attivit� 
realizza un insieme di funzioni amministrative, le quali, seppure non 
esauriscono il procedimento, ne costituiscono indubbiamente fasi necessarie 
ed autonome. (omissis) 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 novembre 1988, n. 1022 -Pres. Conso -Rel. 
Pescatore -CIMEP i(avv. Viviani), Monfrini i(avv. Romagnoli) e Presidente 
Consiglio dei Ministri {avv. Stato Siconolfi). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� aggiuntiva per il coltiva


tore non proprietario -Terreni con destinazione edificatoria -Lhnite 

del costo complessivo della operazione espropriativa. 

(Cost. art. 42; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 17). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per pubblica utilit� . Cessione volontaria � Terreni con de� 

stillazione edificatoria � Inapplicabilit� delle disposizioni prevedenti 

maggiorazioni. 

(Cost. art. 42; 1. 22 ottobre 1971 n. 865 artt. 12 e 17, come modificati da ultimo con 

l. 28 gennaio 1977 n. 10). 
Nel caso di espropriazione per p.u. di terreno con destinazione edifi� 
catoria, il valore venale del terreno costituisce limite massimo del costo 
complessivo (per l'espropriante) dell'operazione espropriativa (1). 

Se � stato avviato procedimento di espropriazione per p.u. di terreno 
con destin.azione edificatoria e l'indennit� deve essere commisurata al 
valore venale del terreno stesso, non pu� aversi cessione volontaria a 
prezzo maggiorato rispetto a tale valore (2). 

Il 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1988 n. 1165 � Pres. Saja � Rel. 
Baldassarre � Marche! Diego {n.p.) e Provincia di Trento (avv. Panunzio). 


Espropriazione per pubblica utilit� � Indennit� di espropriazione � Media 
tra valore venale del terreno edificatorio e valore agricolo medio � Legittimit� 
costituzionale. 
(Cost. art. 42; I. prov. Trento 2 maggio 1983 n. 14, art. 28). 

Un criterio di valutazione tabellare, ancorato al valore agricolo, pu� 
essere inserito come correttivo all'interno di un meccanismo di determinazione 
dell'indennizzo che, nel suo insieme, tenga adeguatamente conto 
del valore effettivo dell'immoblie da espropriare (3). 

I 

(omissis) Il giudice a quo ha sollevato questione di legittimit� 
costituzionale degli artt. 12, primo comma (cos� come mod. dal d.l. 
2 maggio 1974, n. 115 e dalla successiva 1. 28 gennaio 1977, n. 10) e 17, 
secondo comma della 1. 22 ottobre 1971, n. 865, i quali prevedono, rispet� 
tivamente, che il proprietario espropriando ha diritto di convenire con 
l'espropriante la cessione volontaria degl'immobili per un prezzo non 
superiore del 50 per cento all'indennit� provvisoria determinata ai _sensi 

(1-3) Per un commento di queste ed altre sentenze emesse dalla Corte 
costituzionale in materia nel corso del 1988 si rinvia alla parte II del presente 
fascicolo.� 



PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE s 

degli artt. 16 e 17 e che, ove l'espropriazione riguardi un terreno coltivato 
da fittavolo, mezzadro, colono o compartepicante, costretto ad abbandonarlo, 
a costui deve essere corrisposta un'indennit� aggiuntiva pari a 
quella spettante al proprietario a norma dell'art. 16. Tali norme, in quanto 
tuttora applicabili alle procedure espropriative di terreni a destinazione 
edificatoria, secondo l'ordinanza di rimessione contrasterebbero 
con l'art. 42 Cost.: infatti le � maggiorazioni � da esse previste, dovendo 
essere calcolate su indennit� di espropriazione da liquidarsi -dopo le 
declaratorie d'illegittimit� costituzionale pronunciate con le sentenze 30 
gennaio 1980, n. 5 e 21 luglio 1983, n. 223 -in base alla I. 25 giugno 1865, 

n. 2359, renderebbero l'importo complessivo delle indennit� di espropriazione 
di gran lunga superiore al valore del bene espropriato. 
All'esame di tali questioni vanno premesse le seguenti considerazioni. 
L'art. 16 della I. 22 ottobre 1971, n. 865 {modificato dall'art. 14 della 

I. 28 gennaio 1977, n. 10) ha previsto l'istituzione di commissioni provinciali 
aventi il compito di stabilire (entro il 31 gennaio di ogni anno}, 
nell'ambito delle singole regioni agrarie delimitate dall'I.S.T.A.T., il valore 
agricolo medio, per il precedente anno solare, dei terreni, considerati 
liberi da vincoli di contratti agrari, secondo i tipi di coltura effettivamente 
praticati. L'indennit� di espropriazione, secondo quanto disposto 
dai commi quinto, sesto e settimo di detto art. 16, per le aree esterne ai 
centri edificati, doveva essere commisurata al valore agricolo medio 
anzi d~tto, corrispondente al tipo di coltura in atto nell'area di espropriazione. 
Per Ie aree comprese nei centri edificati invece, l'indennit� di 
espropriazione doveva essere commisurata al valore agricolo medio della 
coltura pi� redditizia tra quelle che, nella regione agraria in cui ricadeva 
l'area da espropriare, coprisse una superficie superiore al 5 per cento di 
quella coltivata nella regione agraria stessa, moltiplicata per determinati 
coeffici�nti. 
Tali criteri di calcolo delle indennit� di espropriazione -originariamente 
applicabili alle sole espropriazioni d'immobili disposte per le 
finalit� indicate dall'art. 9 della I. n. 865 del 1971 -furono estesi dalla 

I. 27 giugno 1974, n. 247 a tutte le espropriazioni comunque preordinate 
alla realizzazione di opere o d'interventi da parte dello Stato, delle 
Regioni, delle Provincie, dei Comuni o di altri enti pubblici o di diritto 
pubblico, anche non territoriali. 
Questa Corte, peraltro, con la sentenza 30 gennaio 1980, n. 5, dichiar� 
l'illegittimit� costituzionale dei commi quinto, sesto e settimo della 

I. n. 865 del 1971, come modificati dall'art. 14 della I. n. 10 del 1977, per 
contrasto con gli artt. 3 e 42 della Costituzione. 
A seguito di tale pronuncia, la I. 29 luglio 1980, n. 385, stabil� che le 
indennit� di espropriazione, gi� regolate dalle disposizioni dichiarate illegittime, 
fossero provvisoriamente liquidate secondo i criteri previsti 


6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla 1. n. 865 del 1971, come modificati dalla 1. n. 10 del 1977, salvo il conguaglio 
che sarebbe stato stabilito da apposita legge, da emanarsi entro 
un anno !(termine poi prorogato dal d.I. 29 maggio 1982, n. 298, conv. nella 

I. 29 luglio 1982, n. 481 e dalla I. 23 dicembre 1982, n. 943). Anche queste 
norme, per�, furono poi dichiarate illegittime perch� in contrasto con gli 
artt.. 42 e 136 della Costituzione (Corte cost. 21 luglio 1983, n. 223). 
Va infine precisato che, in relazione alle anzi dette declaratorie di 
illegittimit� costituzionale, costituisce ormai ius receptum -secondo 
quanto emerge dalla successiva giurisprudenza di questa Corte {sentenza 
21 dicembre 1985, n. 355; 30 luglio 1984 n. 231) e dal costante indirizzo 
della Corte di Cassazione -che esse riguardano solo i criteri di determinazione 
delle indennit� per le aree con destinazione edificatoria. 

Le norme in discorso sono, pertanto; tuttora applicabili all'espropriazione 
di aree con destinazione agricola, in relazione alle quali non � 
stato riconosciuto sussistente alcun profilo d'incostituzionalit�, stante il 
collegamento della liquidazione dell'indennit� con le effettive caratteristiche 
e con la destinazione economica del bene. 

~ parimenti ius receptum che per le aree a destinazione edificatoria, 
in conseguenza delle declaratorie d'illegittimit� costituzionale della normativa 
su riferita, l'indennit� deve essere liquidata -in mancanza di 
una disciplina sostitutiva delle norme caducate -sulla base del valore 
venale o di scambio del bene, ai sensi dell'art. 39 della 1. 25 giugno 1865, 

n. 2359, che non era stata abrogata, ma solo derogata dalla I. n. 865 del 
197,1. In particolare, l'inde~t� va liquidata in base alla normativa generale 
della I. n. 2359 del 1865 anche riguardo alle espropriazioni di aree 
edificabili per l'attuazione di piani di edilizia economica e popolare, disposte 
ai sensi della I. n. 865 del 1971: infatti l'art. 39 di quest'ultima 
legge -che aveva espressamente abrogato le norme speciali in materia 
di espropriazione per la realizzazione dei piani di edilizia residenziale 
pubblica {art. 12 1. 18 aprile 1962, n. 167, mod. dall'art. 1 della I. 21 luglio 
1965, n. 904), che rendevano applicabili a tali espropriazioni i criteri di 
indennizzo previsti dall'art. 13 della I. 15 gennaio 1885, n. 2892 -non � 
stato toccato dalle su dette declaratorie d'illegittimit� costituzionale. Ne 
consegue che, per l'abrogazione operata dall'art. 39 cit., anche tali espropriazioni 
finiscono con l'essere regolate, quanto ai criteri di liquidazione 
delle indennit�, dalla disciplina generale della I. n. 2359 del 1865. 
Il quadro giurisprudenziale e normativo ora disegnato consente di 
precisare il contenuto �attuale� della disciplina della 1. n. 2359 del 1865, 
per i riflessi che su essa possono esplicare i relitti ancora vigenti -in 
tema di espropriazione di aree edificatorie -della I. n. 865 del 1971 
(artt. 12 e 17), che, come si � gi� detto, non sono stati caducati dalle 
ricordate dichiarazioni di illegittimit� costituzionale. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

L'indennizzo dell'espropriato, che � costituzionalmente garantito 
(art. 42, terzo comma Cost.) e che si configura come presupposto di legittimit� 
del provvedimento di espropriazione (cfr. art. 48 1. n. 2359 del 1865), 
deve assumere il carattere di un serio ristoro {sentt. n. 5 del 1980 e 

n. 223 del 1983 citt.); esso si pone, alla stregua della ripresa di operativit� 
della 1. n. 2359 del 1865, come diritto dell'espropriato al valore venale o di 
scambio del bene (art. 39 1. n. 2359 cit.). 
All'ammontare, in tal senso determinato, va aggiunto, ove ricorrano 
le circostanze previste dagli artt. 64 e segg. di questa legge, l'indennizzo 
per occupazione temporanea; circostanza che, secondo un accenno dell'ordinanza 
di rimessione, sembrerebbe ricorrere nella fattispecie, ma che 
non spetta a questa Corte di acclarare, non essendo, tra l'altro, compresa 
nelle ipotesi alle quali si riferiscono le norme sospettate di illegittimit� 
costituzionale. 

Com'� noto, carattere distintivo dell'indennit� di espropriazione, nel 
sistema �puro� della I. n. 2359 del 1865, � quello della sua unicit�. Anche 
se sull'immobile coesistano, insieme con il diritto del proprietario, diritti 
di altri soggetti {ad es., usufrutto, uso, servit�, dominio diretto), l'indennit�, 
nei detti limiti massimi del valore di scambio, � unica e spetta 
esclusivamente al proprietario {art. 27, primo comma). Fa eccezione l'ipotesi 
di enfiteusi, nella quale � l'indennit� sar� accettata o pattuita, anzi. 
ch� dal proprietario, dagli enfiteuti che trovansi in possesso del fondo � 
(art. 27, secondo comma). �Pronunciata l'espropriazione, tutti i diritti 
anzidetti si possono far valere non pi� sul fondo espropriato, ma sull'in� 
dennit� che lo rappresenta � {art. 52, secondo comma, I. cit.). 

In questa posizione si trovavano originariamente anche i conduttori 
degli immobili oggetto di espropriazione, immobili che l'art. 27 I. n. 2359 
del 1865 designa, nel primo comma, come � fondi � e, nel terzo, come 
�stabili�; termini che sono manifestamente comprensivi sia dei beni 
immobili urbani che di quelli rustici. 

La questione, sulla quale � chiamata a decidere la Corte, comporta 
che sia esaminata in primo luogo la posizione di questi soggetti, titolari 
di rapporti obbligatori insieme con il proprietario del fondo, del quale 
sono coltivatori (fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante). La 
censura di illegittimit�, per violazione del terzo comma dell'art., 42 Cost., 
si riferisce, infatti, fra l'altro, al secondo comma dell'art. 17 I. n. 865 
del 1971, nel caso in cui intervenga cessione volontaria del fondo; secondo 
l'ordinanza di rimessione, se si dovesse riconoscere all'espropriato un 
indennizzo pari al valore venale o di scambio, sulla base del quale deve 
essere ulteriormente commisurata l'indennit� aggiuntiva attribuita ai 
sopra detti coltivatori, si verrebbe a determinare un indennizzo � estremamente 
superiore al valore venale del fondo�, con la conseguente incostituzionalit� 
della disciplina. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

8 

Chiarita, in generale, l'attuale posizione del proprietario circa l'indennizzo 
-ed a parte il problema della maggiorazione ad esso spettante 
in base al primo comma degli artt. 12 e 17 I. n. 865 del 1971, in caso di 
cessione volontaria di fondo edificatorio, che sar� esaminato in seguito � 
da vedere come vi incida la posizione dei su menzionati titolari di rapporti 
obbligatori. 

� al riguardo tuttora operante l'art. 17, secondo, terzo e quarto comma 
della I. n. 865 del 1971, che non � stato toccato dalle pi� volte menzionate 
declaratorie di illegittimit� costituzionale. 

Da questa norma si ricavano tre principii: 

1) il fittavolo, il mezzadro, il colono e il compartecipante, costretti 
ad abbandonare il fondo coltivato, sono titolari (cfr. Corte cost. 3 marzo 
1988, n. 262) di uno specifico diritto all'indennit� di espropriazione, il cui 
contenuto sar� tra poco precisato; 

2) essi sono autonomamente legittimati alla percezione di tale 
indennit� e all'azione per conseguirla; 

3) l'indennit� ad essi dovuta � da detrarre da quella spettante al 
proprietario {cfr. Corte cost. 12 maggio 1988, n. 530, anche se relativa a 
fattispecie normativa regionale), determinata in base al valore venale 
del bene espropriato. 

La consistenza oggettiva dell'indennizzo dei predetti soggetti � chiaramente 
desumibile dall'art. 17 terzo comma I. n. 865 cit.: essa consiste 
in una somma pari al valore agricolo medio, indicato dal primo comma 
dell'articolo 16 I. n. 865 cit., corrispondente al tipo di coltura effettivamente 
praticato, anche se si tratti di aree comprese nei centri edificati 

o delimitati come centri storici. 
La norma reca un autonomo riferimento al valore agricolo medio, 
che le consente di rendere applicabile il criterio anzidetto, indipendentemente 
dallo specifico richiamo, che pur contiene, all'art. 16. Questo richiamo 
rafforza la� validit� e l'operativit� del criterio del valore agricolo 
medio, perch� l'art. 16 � un precetto rimasto pienamente operante rispetto 
ai fondi a destinazione agricola (cfr. Corte cost. 21 dicembre 1985, n. 355; 
30 luglio 1984, n. 231 cit.). Ed � indubbio che un fondo, oggetto di contratto 
di affitto (come si verifica nella fattispecie, di cui � causa) o di mezzadria 

o di colonia, ecc., � naturaliter agricolo, anche se inerisce ad area a 
destinazione edificatoria. 
Ha rilevato il Presidente del Consiglio, attraverso l'Avvocatura generale 
dello Stato, che della presenza del coltivatore, rilevante per l'ordinamento, 
non possa non tenersi conto in sede di determinazione del valore 
venale rappresentante l'indennit� di esproprio dovuta al proprietario, 
posto che la stima non potrebbe, correttamente, essere riferita ad un 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

terreno � considerato libero da vincoli di contratti agrari �, nel momento 
stesso in cui, in base alla legge, l'esistenza del contratto di affitto assume 
autonoma rilevanza sul piano giuridico. 

Nel riferire tale esatta considerazione, la Corte osserva che se ne 
deve spostare l'angolo di incidenza. Pare pi� coerente, stante !"autonomia 
del diritto all'indennizzo del coltivatore (art. 17, ultimo comma, 

1. 865 cit.), compiere una distinta operazione di determinazione di tale 
indennizzo, calcolato in base al valore agricolo medio del fondo e dovuto 
direttamente al coltivatore, ai sensi del terzo comma di quest'ultima 
norma, nel limite massimo del valore venale del fondo stesso. 
Si tratta di una precisazione di carattere non soltanto formale, in 
quanto risponde meglio alla titolarit� del diritto del coltivatore, sancito 
dalla norma ora richiamata, titolarit� ed autonomia rispetto all'indennizzo 
del proprietario, che non sarebbero poste nella giusta luce qualora 
il valore agricolo, corrispondente alla perdita determinata dall'� abbandono 
del terreno�, dovesse essere affidato ad un'operazione unica, congiunta 
a quella di determinazione dell'indennizzo del proprietario. Fermo 
il valore venale del terreno come limite massimo complessivo del prezzo 
dell'operazione espropriativa, l'autonoma valutazione, entro detto limite, 
e la diretta corresponsione al coltivatore della somma corrispondente 
al valore agricolo medio, realizzano, per effetto della lettura congiunta 
della I. 2359 del 1865 e dell'art. 17 della 1. n. 865 del 1971, una 
deroga al principio innanzi richiamato della unicit� dell'indennizzo. 

� tempo di prendere in esame la posizione del proprietario nell'ipotesi 
di cessione volontaria; per essa il primo comma dell'art. 12 della 

1. n. 865 del 1971 prevede una maggiorazione dell'indennit� �determinata 
ai sensi dei successivi artt. 16 e 17 �. 
� da premettere che � fuori discussione la vigenza di tutte queste 

norme nel caso che si tratti di terreno agricolo; si pone, invece, il pro


blema della disciplina applicabile nella fattispecie di terreno edificatorio. 

Nel primo caso, infatti, non essendo operanti le dichiarazioni di ille


gittimit� costituzionale, la normativa della 1. n. 865 del 1971 si esplica 

in tutta la sua pienezza; diversamente si prospetta la questione nel secon


do caso (fondo edificatorio), che contrassegna la fattispecie in esame. 

Anche il giudice a quo, nel formulare la questione, parte dalla constatazione 
che la sentenza n. 5 del 1980 non ha dichiarato illegittimo 
l'art. 12 della 1. n. 865 del 1971. In mancanza di tale declaratoria, l'ordi� 
nanza reputa che la norma sia tuttora operante, perdendo per� l'originario 
contenuto precettivo in relazione alla sopravvenuta applicabilit�, alle 
espropriazioni di aree a destinazione edificatoria, del criterio di liquida� 
zione dell'indennit� di espropriazione costituito dal valore venale del 
suolo, secondo la previsione della 1. n. 2359 del 1865. A parere, del giudice 


RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELW STATO

10 

a quo, la fattispecie normativa, in precedenza integrata dal richiamo al 
disposto dell'art. 16 della stessa 1. n. 865 del 1971 per la determinazione 
dell'indennit� sulla quale calcolare la maggiorazione massima, ora an<,
lrebbe integrata col disposto dell'art. 39 della 1. n. 2359 del 1865, il quale 
commisura l'indennit� al valore venale del bene. 

Siffatta strutturazione del quadro normativo va peraltro disattesa, 
essendo in contrasto sia con l'interpretazione letterale che con quella 
sistematica dell'art. 12 della 1. n. 865. 

Va preliminarmente rilevato che tale norma, mentre nel suo testo 
originario prevedeva che � i proprietari, entro 30 giorni dalla notifica� 
zione dell'avviso di cui al quarto comma dell'art. 11, possono convenire 
con l'espropriante la cessione volontaria degli immobili, per un prezzo 
non superiore del 10 per cento all'indennit� provvisoria�, nel testo risul� 
tante dalle modificazioni apportate dal d.l. 2 maggio 1974, n. MS e dalla 

I. 28 gennaio 1977, n. 10 dispone che �il proprietario espropriando, entro 
trenta giorni dalla notificazione dell'avviso di cui al quarto comma del� 
l'art. 11, ha diritto di convenire con l'espropriante la cessione volontaria 
degli immobili per un prezzo non superiore del 50 per cento dell'indennit� 
provvisoria, determinata ai sensi degli articoli 16 e 17 �. 
In tale formulazione viene fatto specifico e vincolante richiamo 
all'art. 16 quale norma determinativa dei criteri di commisurazione dell'indennit� 
di riferimento per il calcolo della maggiorazione del 50 per 
cento. Il testuale, esplicito richiamo all'art. 16 non pu� essere sostituito 
dall'interprete con il riferimento al criterio di calcolo previsto dall'art. 39 

I. n. 2359 del 1865. A differenza di quanto questa Corte ha affermato circa 
i terreni agricoli ed alle ipotesi in cui debba essere preso in considerazione 
il valore agricolo del terreno, rispetto alle quali l'art. 16 opera 
secondo una normativa che conserva intatta la sua efficacia, per i terreni 
a destinazione edificatoria le ricordate dichiarazioni di incostituzionalit� 
impediscono l'applicabilit� ,di taJ.e disdplina nell'ipotesi di cessione volon� 
taria, per il computo dell'indennit� aggiuntiva spettante al proprietario. 
In tal caso, il legislatore, attraverso il rinvio operato dal primo comma 
dell'art. 12 I. n. 865, impone un quantum indennitario secondo la determi� 
nazione prevista nella fi:i.ttispecie espropriativa tipica dell'art. 16. Venuta 
meno questa norma rispetto alla determinazione dell'indennizzo per i 
terreni edificatori, viene a cessare, per la mancanza del supporto della 
disciplina principale (determinazione dell'indennizzo), il funzionamento 
della norma dipendente (maggiorazione di questo stesso indennizzo in 
caso di cessione volontaria). Non � da trascurare, infatti, che l'art. 12 
opera in un sistema nel quale l'indennit� di espropriazione dei suoli a 
destinazione edificatoria viene determinata in base a criteri del tutto 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

differenziati da quello del valore venale del bene; una volta inficiato per 
detti terreni il criterio determinativo dell'indennizzo, posto dall'art. 16, 
si priva automaticamente l'art. 12 di un elemento qualificante del suo 
contenuto precludendo il funzionamento del meccanismo, da esso azionato 
per determinare la maggiorazione dell'indennizzo stesso. 

Da quanto precede, emerge l'inaccettabilit� dell'interpretazione dell'art. 
12 sostenuta nell'ordinanza di rimessione. 

Questa Corte ha gi� dichiarato manifestamente infondata la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 15 della stessa 1. n. 865 del 1971, in 
quanto tale norma, facendo riferimento per la determinazione dell'indennit� 
di espropriazione dei terreni con destinazione edificatoria all'art. 
16 -dichiarato costituzionalmente illegittimo -� non pu� pi� 
trovare applicazione, una volta venuta meno la norma base alla quale si 
riferiva� ~Corte cost. 11 giugno 1980, n. 84). 

La vicenda in esame � del tutto omogenea a questa ora ricordata e 
si ispira a un sicuro orientamento della Corte, relativo alla non operativit� 
di norme strutturalmente e/o funzionalmente collegate, nel caso di 
invalidazione di una di esse a seguito della pronuncia di illegittimit� 
costituzionale (cfr. al riguardo Corte cost. 26 marzo 1980, n. 42; 7 luglio 
1976, n. 164). 

Va pertanto affermato che l'art 12, primo comma, della I. n. 865 
del 1971 (concernente la cessione volontaria dell'immobile espropriando) 
in segwto alle declaratorie d'illegittimit� costituzionale anzidette, non � 
pi� applicabile all'espropriazione d'immobili con destinazione edificatoria, 
essendo venuto meno un elemento intrinseco della fattispecie normativa, 
essenziale al suo funzionamento. 

D'altra parte, in un sistema, nel quale l'indennizzo � commisurato a 
valori medi e astratti, avulsi dalla consistenza e dall'attitudine concreta 
del bene, la maggiorazione per la cessione volontaria da parte del proprietario 
ha una sua peculiare funzione nel senso che la spinta della valutazione 
verso valori pi� vicini a quelli reali contribuisce ad accelerare 
l'acquisizione del bene espropriando. 

Riportato, per i terreni edificatori, l'indennizzo al valore venale 

o di scambio, siffatta giustificazione perde gran parte del suo contenuto. 
N� � ipotizzabile una maggiorazione che conduca l'indennizzo al di l� 
del valore venale, nel caso di cessione volontaria, non soltanto perch� 
lo impedisce l'art. 42, terzo comma, Cost., ma anche perch� viene a mancare 
un interesse del proprietario, costituzionalmente rilevante. Il proprietario 
non pu�, infatti, pretendere dall'espropriante (normalmente, 
una pubblica amministrazione, che deve valutare adeguatamente anche 
gli aspetti economici e finanziari dell'operazione: Corte cost. 3 marzo 1988, 

12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 262 cit.) un prezzo maggiore del valore di scambio del bene in una 
vendita tra privati. 
Per le ragioni sopra esposte, entrambe le questioni sollevate dal giudice 
a quo vanno dichiarate non fondate. 

II 

{omissis) Secondo il giudice a quo, nello stabilire che l'indennit� di 
esproprio per le aree edificabili � � commisurata alla media aritmetica 
tra il valore venale e il valore che, entro le valutazioni fornite dalla commissione 
di cui al sesto comma, dev'essere attribuito all'area quale terreno 
agricolo �, l'art. 28, nei commi considerati, si porrebbe in contrasto 
con l'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, tutte le volte che 
i valori tabellari minimi e/o massimi, individuati dalla predetta commissione 
e ritenuti vincolanti sia in sede ammin1strativa che in quella 
giudiziaria, risultino diverisi o, comunque, non aderenti rispetto al valore 
effettivo del suolo da espropriare. Il giudice a quo precisa che oggetto 
di contestazione non � il meccanismo di liquidazione previsto dalle disposizioni 
impugnate, ma �, piuttosto, il modo in cui, per volont� del legislatore 
provinciale, va determinato l'elemento di calcolo relativo al 
valore agricolo: questo, infatti, non essendo fissato secondo l'effettivo 
apprezzamento del bene da espropriare, ma sulla base dei valori tabellari, 
minimi e mass1mi, determinati annualmente dalla commissione, potrebbe 
dar luogo a un indennizzo ingiustificatamente limitato o, all'inverso, 
eccessivo, ogni volta che i valori tabellari si discostino dal valore 
agricolo effettivo del bene da espropriare. 

La questione non � fondata. 

Come affermato in numerose decisioni i(v. spec. sentt nn. 15 del 1976, 
231 del 1984, nonch� 5 e 13 del 1980, 223 del 1983, 530 e 1022 del 1988), 
occorre ancora una volta ribadire che il � serio ristoro �, garantito ai 
privati espropriati dall'art. 42, comma terzo, della Costituzione, non deve 
corrispondere all'integrale valore effettivo del bene, essendo sufficiente, 


! 
~ 

ai fini del rispetto di detto principio, che il valore venale sia assunto co-~ 
me termine di riferimento o valore massimo, che il legislatore, nella sua 
discrezionalit� di valutazione, pu� contemperare con altri criteri, semprech� 
i correttivi utilizzati non producano l'effetto di far scadere l'ammontare 
dell'indennizzo al di sotto dell'indispensabile livello di congruit�. f: 


Le disposizioni della legge provinciale oggetto di impugnazione prevedono 
che, per le aree edificabili, l'indennit� di espropriazione deve esser 
determinata facendo la media aritmetica tra il valore di scambio del bene 


I 

da espropriare e il valore che va attribuito all'area quale terreno agri-I 

" 

~ .-.. i=-. I 
. i: 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

colo, all'interno dei limiti minimi e massimi fissati annualmente per le 
varie zone. agrarie dalla commissione prevista dal sesto comma dell'art. 28. 
Contrariamente a quanto supposto dal giudice a quo, il fatto che il correttivo 
al valore venale non sia necessariamente costituito dal valore 
agricolo effettivo del terreno da espropriare, ma sia rappresentato da un 
valore individuabile tra quelli minimi e massimi fissati ogni anno da 
una apposita commissione, non comporta, di per s�, la violazione del 
principio cui il legislatore, secondo la giurisprudenza di questa Corte, 
deve attenersi nel determinare l'indennit� di esproprio: quello di assumere 
il valore effettivo del bene come base di riferimento dell'indennizzo, 
onde evitare una valutazione dello stesso del tutto astratta (sentt. nn. 5 e 
13 del 1980, 223 del 1983, 231 del 1984). 

Questo principio, infatti, non suppone affatto che il sistema di determinazione 
dell'indennizzo stabilito dal legislatore debba essere riferito 
al valore venale del bene in ogni elemento che compone il sistema 
stesso, essendo pienamente legittimo, come ha riconosciuto questa Corte 
in un precedente giudizio (sent. n. 231 del 1984), che un criterio di valutazione 
tabellare, ancorato al valore agricolo pu� essere inserito come 
correttivo all'interno di un meccanismo di determinazione dell'indennizzo 
che, nel suo insieme, tenga adeguatamente conto del valore effettivo 
dell'immobile da espropriare. E non si pu� negare che a questo 
principio risponda il particolare sistema di correzione del valore venale 
previsto dalle disposizioni impugnate: il modo di composizione della 
commissione di cui al sesto comma dell'art. 28 {per il quale prevalgono 
nella stessa membri di estrazione tecnica), la cadenza annuale con cui 
sono determinati i valori-limite, l'ancoraggio di tale determinazione al 
tipo di coltura e alle caratteristiche reali della zona considerata, l'automatico 
aggiornamento dei valori nel corso dell'anno in proporzione agli 
aumenti del costo della vita verificatisi fino al giorno della stima e, 
infine, la necessit�, in sede di indennizzo, di definire il valore agricolo 
(da mediare con quello venale) in relazione alla concreta area da espropriare, 
costituiscono sufficienti garanzie perch� possa ragionevolmente 
ritenersi che il correttivo previsto, ancorch� limitato dai minimi e dai 
massimi tabellari, non sia tale da pregiudicare la congruit� del complessivo 
sistema di indennizzo previsto in riferimento al valore effettivo 
del bene. 

Del resto, che il sistema complessivo di liquidazione dell'indennizzo 
stabilito dalle disposizioni impugnate sia �diretto ad assicurare all'espropriato 
un valore, sia pure non pieno, concreto e specificamente riferito 
al bene ablato � � espressamente riconosciuto dallo stesso giudice a quo, 
cos� come non pu� essere negato da questa Corte, che, in pi� di un'occasione, 
ha giudicato non contrastanti con l'art. 42, comma terzo, della Co



14 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

stituzione correttivi al valore venale non direttamente collegati allo 
stesso (v., in particolare, sent. n. 15 del 1976 e ord. n. 607 del 1987). 

(omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 febbraio 1989, n. 37 -Pres. Saja -Rel. Cheli Province 
di Trento e Bolzano {avv. Panunzio) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Laporta). 

Trentino Alto Adige -Norme di attuazione dello Statuto -Parere della commissione 
paritetica -Modifiche del testo successive al parere. 
(Statuto Trentino A. A., art. 107; d.P.R. 19 novembre 1987 n. 527, artt. 2 e 11). 

Dopo il parere reso dalla commissione paritetica prevista dall'art. 107 
primo comma dello Statuto Trentino Alto Adige, il Governo non pu�, 
senza udire nuovamente la commissione, apportare modifiche sostanziali 
allo schema di testo di norme di attuazione dello Statuto. 

(omissis) La censura proposta dalla Provincia di Bolzano in o:ricline 
all'asserita lesione dell'art. 107, primo comma, dello Statuto speciale va 
esaminata per prima, venendo a investire un profilo pregiudiziale, che 
attiene alla legittimit� del procedimento di formazione delle norme 
impugnate. 

La questione � fondata. La Provincia di Bolzano fa rilevare nel suo 
ricorso che il testo del progetto relativo alle norme di attuazione in materia 
di � comunicazioni e trasporti di interesse provinciale �, sottoposto 
all'esame della Commissione paritetica, non conteneva le disposizioni stabilite 
negli artt. 2, secondo comma, e 11, terzo comma, del d.P.R. n. 527 
del 1987 e documenta tale affermazione producendo vari verbali delle 
riunioni della Commissione, tra cui quello in data 12 dicembre 1984, che 
porta come allegato il testo dello schema di disciplina in materia di comunicazioni 
e trasporti definitivamente esaminato e approvato dalla 
stessa Commissione. {omissis) 

Se � vero, infatti, che il parere nchiesto alla Commissione paritetica 
sulle norme di attuazione � un parere obbligatorio ma non vincolante, � 
anche vero che, ai fini di un corretto svolgimento della� funzione consultiva 
prevista dall'art. 107, primo comma, dello Statuto speciale, la stessa 
Commissione -come � possibile desumere anche dall'art. 108, secondo 
comma -deve essere posta in grado di esaminare ed esprimere il proprio 
avviso sugli schemi dei decreti legislativi che il Governo, a conclusione 
del lavoro preparatorio, si appresta definitivamente ad adottare 
ai fini dell'attuazione della disciplina statutaria. Il rispetto di tale esigenza, 
se non conduce a �scludere che il Governo possa apportare, dopo il 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZNJNALE 

15 

parere della Commissione, varianti di carattere formale al testo dei decreti, 
impedisce invece allo stesso di adottare modificazioni o aggiunte 
suscettibili di alterare il contenuto sostanziale della disciplina su cui la 
Commissione abbia gi� avuto modo di manifestare il proprio parere, 
tanto pi� ove tali modificazioni vengano a incidere -come nel caso in 
esame -sul piano della stessa distribuzione delle competenze tra lo Stato 
e i soggetti di autonomia. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 aprile 1989, n. 229 -Pres. Saja -Rel. Cheli" 
Regione Lombardia (avv. Onida) e Presidente Consiglio dei Ministri 
i(avv. Stato Favara). 

Regioni -Atti amministrativi regionali illegittimi -Potere statale di annullam~
nto straordinario -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 5, 115, 118, 125, 126 e 134; legge 23 agosto 1988 n. 400, art. 2). 

Un potere generale e straordinario dello Stato di annullamento degli 
atti amministrativi illegittimi delle Regioni e delle Province autonome � 
incompatibile con la natura della autonomia a tali enti attribuita dalla 
Costituzione e dagli Statuti speciali {1). 

i(omissis) Forma oggetto di impugnativa l'art. 2, terzo comma, lett. p) 
della legge 23 agosto 1988 n. 400 (Disciplina dell'attivit� di Governo e ordinamento 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri) nella parte in cui 
attribuisce alla competenza del Consiglio dei ministri, previo parere del 
Consiglio di Stato e della Commissione parlamentare per le questioni 
regionali, � le determinazioni concernenti l'annullamento straordinario, 
a tutela deH'unit� dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi� 
delle Regioni e delle Province autonome. 

(1) La motivazione della sentenza � impostata in termini di status 
soggettivo delle regioni e delle province autonome (descritto con qualche 
enfasi); ci� ha consentito alla Corte di demolire la disposizione esaminata 
senza distinguere tra competenze trasferite a tali enti e competenze statali 
agli stessi solo delegate, e senza affrontare qualche non facile problema soprattutto 
quanto alla intima contraddizione tra fondamento delle autonomie 
(che risiede nell'ordinamento normativo) ed atto regionale illegale (che si 
colloca fuori dell'ordinamento normativo). Ed invero non pare possa rivendi� 
carsi una competenza a porre in essere l'atto contra legem. 
Comunque, una volta declassato l'interesse statale alla rimozione degli 
atti regionali illegittimi a situazione legittimante alla � comune,. tutela giuri� 
sdizionale (salvo quanto riguarda il conflitto di attribuzione) occorrer�. ner 
evitare sostanziali rifiuti di detta tutela ove la giurisdizione spetti al Gudice 
amministrativo, accentuare la rilevanza del sopravvenire dell'interesse con� 
creto a ricorrere. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ad avviso della Regione Lomba:ridia tale norma risulterebbe viziata 
nella legittimit� per violazione degli artt. 5, 115, 118, 125, 126 e 134 della 
Costituzione {anche in riferimento all'art. 39 della legge 11 marzo 1953, 

n. 87), in quanto suscettibile di ledere �la stessa essenza del sistema 
autonomistico configurato nella Costituzione �, incidendo sul � carattere 
costituzionale � dell'autonomia regionale sancita dall'art. 115 Cost., sia 
con riferimento ali'� attribuzione alle Regioni di poteri e funzioni non 
disponibili se non entro limiti precisi da parte del legislatore ordinario 
(artt. 117 e 118 Cost.) �, sia con riferimento alla �disciplina costituzionalizzata 
degli elementi fondamentali di tutti i procedimenti di controllo 
sull'attivit� e sugli organi della Regione (artt. 125, 126 e 127) �, sia, infine, 
in relazione alla � esclusiva attribuzione alla Corte costituzionale dei 
poteri di risoluzione autoritativa dei conflitti di legittimit� che possono 
sorgere fra Regione e Stato-persona, di cui il G-overno � portavoce unitario 
(artt. 134 e 127 Cost.) �. N� il richiamo all'interesse nazionale o ad 
altri interessi pubblici affidati alla cura dello Stato potrebbe comunque 
giustificare l'attribuzione allo stesso � di un potere generale e innominato 
di annullamento degli atti amministrativi� senza limiti di materia 
o condizioni sostanziali di esercizio: dal che l'asserita violazione anche 
dei principi di legalit� e di riserva di legge che regolano i rapporti tra 
Stato e Regioni. 
Il ricorso � fondato. L'annullamento straordinario previsto dalla disposizione 
impugnata trova il suo antecedente storico diretto nell'art. 6 
del Testo unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 
3 marzo 1934 n. 383 (norma, a sua volta, mutuata dall'art. 114 del R.D. 
30 dicembre 1923 n. 2839, ma gi� presente nei regolamenti di esecuzione 
della legge comunale e provinciale succedutisi dopo il 1865), dove si attribuiva 
al Governo � la facolt�, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio 
o su denunzia, sentito il Consiglio rdi Stato, gli atti viziati da incompetenza, 
eccesso di potere o violazione di leggi e di regolamenti generali 

o speciali �. 
Rispetto a tale precedente formulazione la disciplina in contestazione 
ha, peraltro, introdotto alcune novit� rilevanti: riferendo il potere di 
annullamento non al Governo genericamente inteso, ma al Consiglio 
dei ministri; estendendo esplicitamente la sua applicazione anche agli 
atti amministrativi delle Regioni e delle Province autonome; prevedendo, 
in questo caso, accanto al parere del Consiglio di Stato, anche il parere 
della Commissione parlamentare per le questioni regionali. Questi elementi 
di novit� appaiono sufficienti a escludere la possibilit� di configurare 
la norma impugnata come meramente ricognitiva o confermativa 
di una norma preesistente ovvero di un �diritto vivente� gi� da tempo 
consolidato. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

L'esame della giurisprudenza costituzionale in tema di annullamento 
governativo previsto dall'art. 6 del R.D. n. 383 del 1934 concorre, d'altro 
canto, a convalidare tale indicazione. Questa Corte, com'� noto, fin 
dai primi anni della sua attivit�, si � in pi� occasioni occupata di tale 
potere, riconoscendone sia l'esclusiva spettanza al Governo centrale sia 
la legittimit� nel caso in cui venga esercitato, in presenza di un interesse 
attuale di carattere generale, come strumento d'intervento eccezionale 
nei confronti degli atti dei Comuni e delle Province (sentt. n. 24 del 1957; 

n. 23 del 1959; n. 73 del 1960; n. 74 del 1960; n. 128 del 1963; n. 4 del 1966). 
La giurisprudenza costituzionale non ha avuto, invece, in passato 
occasione di affrontare in termini diretti il problema della ammissibilit� 
di un potere governativo di annullamento straordinario nei confronti 
degli atti amministrativi delle Regioni, ordinarie e speciali, e delle Province 
autonome: di talch� tale problema � rimasto sinora, in sede giurisprudenziale, 
del tutto impregiudicato, mentre � stato esplicitamente 
risolto, in sede legislativa, solo attraverso la norma di cui � causa, formulata 
per la prima volta nella legge n. 400 del 1988. 

Poste tali premesse, ai fini della soluzione della questione, vanno 
innanzitutto richiamati i principi affermati dalla Costituzione a fondamento 
dell'ordinamento delle autonomie territoriali e che connotano 
la stessa forma di Stato italiana come � Stato regionale �. A tal proposito, 
la norma fondamentale -al di l� delle enunciazioni pi� generali 
tracciate in tema di autonomia e decentramento dall'art. 5 Cost. -pu� 
essere individuata nell'art. 115 Cost., secondo cui � le Regioni sono costituite 
in enti autonomi con propri poteri secondo i principi fissati nella 
Costituzione�: norma ben differenziata, nei suoi contenuti, da quella 
espressa con l'art. 128 Cost., dove si qualificano le Province ed i Comuni 
come � enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi 
generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni �. Tale diversit� 
di formulazione mette, pertanto, in luce la natura costituzionale 
(o politica) dell'autonomia regionale, nonch� l'attribuzione alle stesse 
Regioni della qualit� di soggetti non solo amministrativi, ma costituzionali, 
investiti tra l'altro di una funzione quale quella legislativa, tradizionalmente 
riservata, nel modello di Stato liberale a impianto centralista, 
allo Stato-persona. 

La natura costituzionale che risulta conferita all'autonomia regionale 
comporta, come prima conseguenza, che il complesso sistema delle 
relazioni tra Stato e Regioni debba trovare la sua base diretta nel tessuto 
della Costituzione, cui spetta il compito di fissare, in termini conclusi, 
le stesse dimensioni dell'autonomia, cio� i suoi contenuti ed i suoi 
confini. L'ulteriore conseguenza sar� che ad ogni potere di intervento 
dello Stato, suscettibile di incidere su tale sfera costituzionalmente 
garantita, in modo da condizionarne in concreto -cos� come accade 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

18 

con le forme puntuali del controllo -la misura e la portata, non potr� 
non corrispondere un fondamento specifico nella stessa disciplina costituzionale. 


Tale fondamento specifico -nonostante il richiamo espresso nella 
norma impugnata ad un fine generico di �tutela dell'unit�. dell'ordinamento 
� -non pu� essere reperito per quanto riguarda un potere di 
annullamento generale, straordinario e svincolato da qualunque limite 
temporale, quale quello di cui � causa: dal disegno costituzionale scaturiscono, 
invece, chiare indicazioni contrarie all'ammissibilit� di un potere 
di questo tipo, anche in riferimento alla natura che si intenda riconoscere 
allo stesso. 

Come � noto, su questo punto, diverse sono state le tesi enunciate, 
tanto in sede scientifica che giurisprudenziale, con riferimento al potere 
di cui all'art. 6 del R.D. n. 383 del 1934: da quelle che hanno individuato 
in tale potere una forma speciale di controllo sugli atti; a quelle che 
ne hanno, invece, avvicinato la natura 'alle forme dell'autotutela e dell'annullamento 
di ufficio; a quelle, infine, che valorizzando al massimo 
la discrezionalit� dell'intervento, hanno ricondotto il potere in parola 
all'attivit� di �alta amministrazione� o di �indirizzo politico�. In realt�, 
il fatto che il potere venga esercitato da un soggetto esterno all'amministrazione 
che ha posto l'atto da annullare e nei confronti di atti comunque 
viziati nella legittimit� induce a ritenere prevalenti, nella fattispecie, 
le garanzie della legalit� che si ricollegano al controllo di legittimit� 
sugli atti, pur con tutte le connotazioni speciali che tendono ad 
avvicinare il potere stesso all'amministrazione attiva, in relazione sia 
alla facoltativit� dell'annullamento, sia all'inesistenza di un limite temporale 
per il suo esercizio, sia all'ampia discrezionalit� della valutazione 
relativa alla presenza di un interesse attuale di carattere generale in 
grado di giustificare l'intervento straordinario del Governo. 

Se cos� �, il potere in esame non potr� non essere ricondotto alla 
disciplina �del controllo di legittimit� sugli atti amministrativi delle Regioni 
posta dall'art. 125 Cost., disciplina che -al pari di quella espressa 
sempre in tema di controlli negli artt. 126 e 127 Cost. -viene a presentarsi 
come tassativa e insuscettibile di estensione da parte del legislatore 
ordinario, in quanto posta a garanzia di una autonomia compiutamente 
definita in sede costituzionale. Da qui l'incompatibilit� della disposizione 
impugnata, dove si prevede un tipo particolare di controllo di legittimit� 
da esercitare in forma accentrata attraverso il Governo, con il contenuto 
normativo dell'art. 125 Cost., dove si impone, invece, che il controllo di 
legittimit� sugli atti amministrativi della Regione avvenga da parte di 
un organo dello Stato �in forma decentrata�. 

La conclusione relativa all'incostituzionalit� del potere in esame non 
potrebbe, d'altro canto, essere superata neppure ove si intendesse collo



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

care il potere stesso fuori dell'ambito di operativit� dell'art. 125 Cost., 
seguendo le diverse tesi che hanno configurato l'annullamento straordinario 
o come atto di autotutela (legato all'esigenza di preservare l'unit� 
dell'ordinamento amministrativo) o come atto di �alta amministrazione� 
(destinato a far prevalere, nel conflitto tra interessi locali e centrali, 
le esigenze connesse all'indirizzo politico nazionale). Nel primo caso, 
infatti, occorrerebbe muovere dall'accettazione di una visione monolitica 
dell'amministrazione pubblica -quale quella che risulta sottesa alla 
stessa possibilit� di impiego degli strumenti di autotutela -visione 
certamente incompatibile con il disegno pluralista tracciato dalla Carta 
repubblicana, dove la valutazione anche politica di larga parte degli 
interessi locali risulta affidata alla competenza delle Regioni e delle 
Province autonome, con apparati distinti da quelli del Governo e dell'amministrazione 
centrale; mentre, nel secondo caso, l'incostituzionalit� 
deriverebbe dal fatto della previsione di un intervento limitativo della 
sfera regionale non d'indirizzo, bens� specifico e puntuale, intervento 
che -per quanto avallato dal parere non vincolante della Commissione 
parlamentare per le questioni regionali -si verrebbe pur sempre a 
configurare come caratterizzato dal massimo della discrezionalit�, per 
il fatto di essere facoltativo e svincolato da qualsivoglia tipizzazione 
dei contenuti o degli interessi generali da affermare in sede di adozione 
del provvedimento demolitorio. 

Sotto qualunque profilo si voglia inquadrare, il potere in questione 
si presenta, dunque, incostituzionale ove venga esercitato nei confronti 
delle Regioni, ordinarie e speciali, e delle Province autonome, in quanto 
incompatibile con la natura stessa della loro autonomia, cos� come definita 
nel disegno tracciato dal titolo quinto della parte seconda della 
Costituzione, derogabile, ma solo in termini pi� favorevoli, per le autonomie 
speciali. Tale conclusione non comporta, peraltro, che gli atti 
amministrativi di tali enti, ove risultino viziati nella legittimit� possano 
godere -una volta superata la soglia dei controlli amministrativi ordinari 
-di una sorta di immunit� da forme di sindacato successive 
all'inizio della loro efficacia, suscettibili di condurre all'annullamento 
dell'atto: tale sindacato, com'� noto, si potr�, infatti, pur sempre attivare, 
oltre che attraverso l'annullamento di ufficio da parte dello stesso ente 
che ha emesso l'atto, attraverso i comuni strumenti del controllo giurisdizionale 
e del conflitto di attribuzione da sollevare innanzi a questa 
Corte, nel rispetto delle forme e dei limiti fissati dalle diverse procedure. 

p.q.m. 
dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lett. p) 
della legge 23 agosto 1988 n. 400 (disciplina dell'attivit� di governo e 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), nella parte in 
cui prevede l'adozione da parte del Consiglio dei ministri delle determinazioni 
concern�nti l'annullamento straordinario degli atti amministrativi 
illegittimi delle Regioni e delle Province autonome. 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 aprile 1989, n. 232 -Pres. Conso -Rel. 
Ferri -S.p.A. Fragd (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. 
Stato Braguglia). 

Comunit� Europee -Declaratoria di definitivit� di regolamento CEE annullato 
dalla Corte di .giustizia -Limite di efficacia nell'ordinamento 
italiano -Salvaguardia del diritto costituzionale alla tutela giurisdizionale. 
(Cast. art. 24; l. 14 ottobre 1957 n. 1203, artt. 1 e 2). 

La declaratoria di definitivit� degli effetti di un regolamento CEE 
annullato, resa ai sensi dell'art. 174, comma secondo, del Trattato CEE 
dalla Corte di giustizia delle Comunit� in esito ad un giudizio ex art. 177 
del Trattato stesso, potrebbe determinare un pregiudizio del diritto costituzionale 
alla tutela giurisdizionale ove dall'ambito di efficacia di detta 
declaratoria non fossero esclusi le situazioni giuridiche e gli atti oggetto 
della controversia di cui al giudizio principale dinanzi al giudice nazionale 
ed anche quelli oggetto di altre controversie gi� insorte dinanzi a 
detto giudice (1). 

Il Tribunale di Venezia ha sollevato questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 1 e 2 della legge 14 ottobre 1957 n. 1203, di esecuzione 
del Trattato di Roma, �per contrasto con gli artt. 23, 24 e 41 della Costituzione, 
nella parte in cui, recependo nell'ordinamento interno l'art. 177 
del Trattato, attribuiscono alla Corte di Giustizia della CEE il potere 
di limitare nel tempo gli effetti delle pronunce pregiudiziali, rese sulla 
validit� di disposizioni regolamentari impositive di prestazioni patrimoniali, 
escludendo dagli effetti della dichiarazione di invalidit� gli atti 
di esecuzione compiuti in epoca anteriore alla pronuncia, anche se oggetto 
della stessa controversia che ha dato origine al deferimento della questione 
pregiudiziale �. 

(1) La sentenza parrebbe aprire la strada ad un ulteriore approfondimento 
del tema � efficacia temporale delle sentenze � che intervennono in via demolitoria 
sugli atti di normazione (tema cui � dedicato -con riguardo alla 
nostra Corte costituzionale -il pregevole fascicolo di aprile 1989 di Quaderni 
costituzionali). Recentemente un accenno all'argomento � nello scritto Restituzione 
dell'indebito ed arricchimento del solvens, in questa Rassegna, '1988, I, 47. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

L'art. 174, secondo comma, del Trattato C.E.E. dispone che quando, 
accogliendo un ricorso proposto ai sensi del precedente art. 173, �dichiara 
nullo e non avvenuto l'atto impugnato �, � per quanto concerne 
i regolamenti, la Corte di Giustizia ove lo reputi necessario precisa gli 
effetti del regolamento annullato che devono essere considerati come 
definitivi�. La Corte stessa, qualificata inte�'prete del Trattato, ha ritenuto 
con giurisprudenza consolidata di avvalersi del potere attribuitole 
dal citato, art. 174, secondo comma, anche quando, pronunciandosi in 
via pregiudiziale ai sensi dell'art. 177, primo comma, lett. b), dichiara 
l'invalidit� di un regolamento su richiesta di una giurisdizione nazionale 
davanti alla quale sia stata sollevata la questione. Tale applicazione si 
collega del resto all'effetto ultra partes che la Corte di Giustizia ha 
sostanzialmente riconosciuto scaturire da dette pronunce, di guisa che 
le sentenze vertenti sulla validit� ex art. 177 vengono in pratica equiparate 
alle sentenze di annullamento ex art. 173 del Trattato C.E.E. 

Questa Corte � pertanto chiamata a decidere se l'art. 177 del Trattato 
C.E.E., in quanto consente alla Corte di Giustizia� di limitare la 
efficacia ex tunc della dichiarazione di invalidit� di un regolamento 
comunitario fino al punto di renderla inoperante nel giudizio principale 
che ha provocato la pronuncia incidentale, non vulneri la garanzia del 
poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi 
assicurata dall'art. 24 della Costituzione. (omissis) 

Devesi a questo punto valutare se l'ipotesi configurata dal giudice 
remittente possa effettivamente integrare una violazione dell'art. 24 della 
Costituzione, in quanto venga ad incidere su quel principio supremo del 
nostro ordinamento costituzi�nale consistente, -come � affermato 
nella sentenza n. 18 del 1982 innanzi citata -, nell'assicurare a tutti e 
sempre, per qualsivoglia controversia, un giudice e un giudizio. 

Si � gi� detto che il sistema di tutela giurisdizionale previsto dal1'
ordinamento comunitario � pienamente valido ed adeguato. Infatti, 
oltre alle disposizioni contenute negli artt. 173 e seguenti in ordine ai 
ricorsi diretti alla Corte di Giustizia, proponibili non soltanto da uno 
Stato membro, dal Consiglio o dalla Commissione, ma anche da qualsiasi 
persona fisica o giuridica � contro le decisioni prese nei suoi confronti 
e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento 

o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente 
e individualmente�, � proprio l'art. 177 del Trattato che garantisce 
al singolo una piena e completa tutela giurisdizionale. Esso, come 
� noto, consente alle giurisdizioni nazionali, o impone, se si tratta di 
giurisdizioni nazionali nella istanza pi� elevata, di rivolgersi alla Corte 
perch� si pronunci in via pregiudiziale sull'interpretazione del Trattato o 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

22 

sulla validit� e l'interpret~zione degli atti compiuti dalle istituzioni della 
Comunit�, quando tale pronuncia appaia necessaria per la decisione della 
controversia di cui la giurisdizione nazionale � investita. 

Ma, -e qui sta l'essenza della questione sollevata dal giudice 
a quo -, la Corte di Giustizia ritiene con giurisprudenza costante che, 

anche quando dichiara in via pregiudiziale ex art. 177 l'invalidit� di un 
atto comunitario {generalmente un regolamento), essa possa, in forza 
della disposizione contenuta nell'art. 174, secondo comma, precisare quali 
effetti della norma invalidata debbano essere considerati come definitivi. 
Tale interpretazione non suscita di per s� alcuna obiezione: essa 

,pu� anzi essere ritenuta, -come � stato detto precedentemente -, la 
logica conseguenza dell'efficaeia generale che la giurisprudenza della 
Corte � pervenuta sostanzialmente ad attribuire alle pronunce ex art. 177, 
quando esse dichiarano l'invalidit� di un regolamento. Ove per� la sentenza. 
arrivi ad escludere dalla efficacia della dichiarazione di invalidit� 
l'atto o gli atti stessi oggetto della controversia che ha provocato il 
ricorso pregiudiziale alla Corte da parte del giudice nazionale, non si 
pu� nascondere che sorgono gravi perplessit� in ordine alla compatibilit� 
con il contenuto essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale della 
norma che consente una pronuncia siffatta. 

Invero, una volta riconosciuta l'importanza del procedimento pre


visto dall'art. 177 del Trattato ai fini della realizzazione di un compiuto 

sistema di tutela giurisdizionale a garanzia dei diritti dei singoli nel


l'ordinamento comunitario, non pu� non apparire in contraddizione con 

la natura stessa di una sentenza pregiudiziale, e con la relazione neces


saria che intercorre fra giudizio incidentale e giudizio principale, l'ipotesi 

in cui la sentenza emanata nel giudizio incidentale non possa trovare 

applicazione nel giudizio incidentato che l'ha provocata. 

In sostanza, il diritto di ognuno ad avere per qualsiasi controversia 

un giudice e un giudizio verrebbe a svuotarsi dei suoi contenuti sostan


ziali se il giudice, il quale dubiti della legittimit� di una norma che 

dovrebbe applicare, si veda rispondere dalla autorit� giurisdizionale cui 

� tenuto a rivolgersi, che effettivamente la norma non � valida, ma 

che tale invalidit� non ha effetto nella controversia oggetto del giudizio 

principale, che dovrebbe quindi essere deciso con l'applicazione di una 

norma riconosciuta illegittima. 

N�, di fronte ad una possibile violazione di un principio fondamen



tale, potrebbero invocarsi le esigenze primarie dell'applicazione uniforme 
del diritto comunitario e della certezza del diritto. Una simile valutazione 
comparativa appare invero difficilmente configurabile, e si pu� 
inoltre rilevare che a~bedue le esigenze invocate non risulterebbero 
affatto compromesse, ove, pur facendo salvi gli effetti pregressi del 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

regolamento invalidato, si lasciasse inalterata l'efficacia della pronuncia 
nella controversia oggetto del giudizio principale ed anche in tutti quei 
giudizi gi� iniziati dinanzi alle giurisdizioni nazionali prima della data 
di emanazione della sentenza invalidante. 

Alla stregua deHe suesposte argomentazioni, la questione dovrebbe 
ritenersi ammissibile; prima per� di procedere oltre ad esaminarne 
l'eventuale fondatezza nei limiti e nei termini sopra precisati, questa 
Corte deve compiere due ulteriori verifiche, dalle quali emergono risultanze 
che la inducono a pervenire a diverse conclusioni. 

In primo luogo occorre accertare se l'interpretazione dell'art. 177 
del Trattato C.E.E., nei sensi che danno luogo alle conseguenze contro 
cui si appuntano le censure del giudice remittente, costituisca effettivamente 
una giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia. Ora, non 
pu� essere revocato in dubbio che l'estensione dei poteri previsti dall'art. 
174, secondo comma, alle pronunc� ex art. 177 sia ormai ius receptum, 
nel senso che, ferma restando anche per le sentenze declaratorie 
di invalidit� di un regolamento ex art. 177 la regoia dell'efficacia ex tunc, 
la Corte di Giustizia ha ritenuto, in via eccezionale, di �poter disporre 
la salvaguardia degli effetti gi� verificatisi ove lo richiedano gravi ragioni 
relative all'ordinamento comunitario. 

N� in tali casi � sfuggito alla Corte stessa nella sua sensibilit� 
per la tutela dei diritti fondamentali della persona umana -che sorgeva 
il problema di escludere da tale statuizione gli atti oggetto della controversia 
di cui al giudizio principale ed anche quelli per i quali fosse gi� 
stata promossa un'azione giudiziaria dinanzi ad un giudice nazionale 
secondo le disposizioni vigenti negli ordinamenti degli Stati membri. 
Ma su questo punto la Corte � pervenuta a conclusioni non univoche, 
sulla base di valutazioni di merito. 

Infatti, seppur la sentenza 15 ottobre 1980 in causa 145/79, -che 
costituisce il presupposto della sentenze 22 maggio 1985 in causa 33/84 
relativa alla controversia da cui � nata l'ordinanza di rimessione a questa 
Corte -, ha fatto salvi determinati effetti delle disposizioni regolamentari 
dichiarate invalide derivati da atti compiuti anteriormente, senza 
eccezioni per il giudizio principale e per i giudizi gi� iniziati, in altre 
sentenze, come la 8 aprile 1976 in causa 43/75, e la 15 gennaio 1986 in 
causa 41/84, siffatte eccezioni sono state espressamente stabilite. 

Si pu� dunque unicamente dedurre che la Corte di Giustizia riconosce 
la peculiare posizione del giudizio principale rispetto alla pronuncia incidentale, 
ma ammette in linea di principio che anch'esso possa rimanere 
escluso dall'efficacia di una declaratoria di invalidit� quando venga stabilito 
che essa non abbia effetto per gli attl pregressi. (omissis) 


24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 aprile 1989, n. 241 -Pres. Saja � Rel. 
Borzellino -Izzo Mario ed altro (avv. Leuzzi) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Laporta). 

Edilizia residenziale pubblica -Contributi a carico solo dei lavoratori di


pendenti � Impiego del gettito -Da assegnarsi solo alla ~ostruzione .di 

abitazioni per i lavoratori dipendenti. 

(Cost. artt. 3 e 53; I. 5 aprile 1978 n. 457 art. 35; I. 11 marzo 1988 n. 67, art. 22). 

La compatibilit� del contributo imposto soltanto ai lavoratori dipendenti 
in forza dell'art. 10 della legge 14 febbraio 1963 n. 60 con gli artt. 3 
e 53 Cast. sussiste se il gettito conseguente � interamente impiegato per 
la costruzione di abitazioni per detti lavoratori (1). 

L'art. 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l'edilizia residenziale) 
stabilisce -Iett. a) -che i proventi relativi ai contributi 
versati (in forza della legge 14 febbraio 1963, n. 60, art. 10) dai lavoratori 
dipendenti, comunque qualificati e beneficiari dei programmi di costruzione 
di alloggi finanziati con tale contribuzione, sono destinati al finanzamento 
dell'edilizia sovvenzionata in genere, al recupero del patrimonio 
edilizio degli enti pubblici, all'acquisizione e valorizzazione delle aree 
destinate agli insediamenti. 

{i

I Pretori di ... ravvisano che l'enunciata disciplina sarebbe in con


i:: 

trasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione perch�, in tal modo, a carico ~jj 
dei lavoratori dipendenti vengono a gravare gli oneri di una contribu


~ 

zione intesa a costituire benefici anche per i lavoratori autonomi, non f 
assoggettati, peraltro, ad alcun prelievo. 

fil 

La questione non � fondata. Per intenderne puntualmente i riferi


!~

menti va chiarito, come del resto i remittenti ricordano, che l'onere in 
parola venne inizialmente istituito con la legge 28 febbraio 1949, n. 43, ffi 
per i fini di finanziamento di piani volti alla costruzione di case per 
lavoratori subordinati, pubblici e privati, con l'obbligo di contributo, 

I

~ 

mantenuto nel tempo, ovviamente solo da parte di costoro (oltre che 
dei datori di lavoro), sl da rendere in tale correlazione lata, di oneri e 

benefici, pienamente assentibile il prelievo {sentenza n. 119 del 1964). 

Prorogate via via le norme sui programmi costruttivi, si � giunti 

I

alla disciplina attuale: i fondi vengono depositati su appositi conti 
' 
correnti presso la Cassa depositi e prestiti! apparato strumentale a ci� 

I

demandato, venendo erogati, poi, nei limiti delle assegnazioni a ciascuna 

! 
! 
1:1 

(1) Sentenza di notevole interesse (e non solo sul piano finanziario), 
perch� perviene ad una indicazione � in positivo � sull'impiego del gettito 
di una speciale contribuzione. 
!: 

!1 

f~ 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Regione, previa autorizzazione periodica del Ministero per i lavori pubblici 
sentito il Comitato per l'edilizia residenziale, in relazione allo svolgimento 
dei programmi deliberati. 

Tuttavia, con questa normativa, introdotta con la legge 22 ottobre 1971, 

n. 865 sui programmi e il coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica, 
venivano ampliate le finalit� spe�ifiche della precedente disciplina: 
pur sempre nell'ambito dell'edilizia abitativa, restava consentito, infatti, 
l'utilizzo dei fondi �residui� (cio� non ancora impiegati) della contribuzione 
dei lavoratori dipendenti per esigenze di costruzione e di risanamento 
volte a soddisfare anche altre categorie particolarmente abbisognevoli. 
Tanto � premessa all'odierna norma impugnata, la quale pu� ritenersi, 
per le sue connotazioni contingenti, nell'indirizzo di finalit� comunque 
abitative, cui sono connesse l'acquisizione e l'urbaniziazione 
delle necessarie aree, nonch� -a un tempo -il recupero del patrimonio 
preesistente. Incidono, perci�, degli elementi da cui trarre sufficienti 
indizi di ragionevolezza a causa della temporaneit� e particolarit� che 
l'hanno determinata: i benefici, cos� come posti e qui descritti, risultano 
temporalmente ben delimitati poich�, a decorrere dal primo gennaio 
del 1988, ne � stata ripristinata la originaria destinazione, a favore, cio�, 
dei soli lavoratori dipendenti {art. 22 della legge n. 67 del 1988 di cui si 
dir� peraltro, ampiamente, in appresso). 

In conclusione trattasi, dunque, di statuizioni positive, in tali limiti 
accettabili, apparendo pur sempre riconducibili alla realizzazione di beni 
(il patrimonio abitativo) il cui valore globalmente inteso appare di fondamentale 
importanza per la vita dell'individuo nelle aggregazioni sociali 
(cfr. sent�nza n. 252 del 1983). Cosicch� non � ravvisabile, allo 
stato, quella pregnante colorazione discriminatoria, in violazione dell'art. 
3 della Costituzione, assunta dai remittenti (le incidenze sul successivo 
art. 53 sono prospettate in via del tutto vaga e probabilistica). 

Come accennato, � intervenuto -da ultimo -l'art. 22 della legge 
11 marzo 1988, n. 67 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale 
e pluriennale dello Stato -legge finanziaria 1988) che al secondo comma, 
pur riaffermando una parziale, ancorch� residuale, destinazione 
propria -intesa cio� alla costruzione di abitazioni per i lavoratori 
dipendenti -dispone che le trattenute contributive della categoria vengano 
riservate, a partire dal 1� gennaio 1988 e sino al 1992 �all'entrata 
del bilancio dello Stato� nella misura di L. 1.250 miliardi per il 1988 e 
di L. 1.000 miliaiidi annui per gli esercizi successivi. 

Il Pretore di ... solleva dubbi sulla legittimit� di tale ultimo dettato, 
sempre a confronto degli artt. 3 e 53 della Costituzione, considerando 
la conseguente sottrazione, alla pertinente disciplina, di quelle somme 
che vengono riversate all'indistinta entrata del bilancio dello Stato. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO

26 

La questione � fondata. Le finalit� del prelievo a carico dei lavoratori 
dipendenti di cui si � discusso, peraltro riaffermate esplicitamente dall'art. 
22 cit., impongono che i proventi tutti vengano destinati per la 
costruzione di abitazioni in favore della categoria di lavoratori assoggettata 
al prelievo, senza di che con evidente incoerenza ed innegabile 
ripercussione discriminatoria (ex art. 3 della Costituzione) resterebbe 
inciso l'intero meccanismo contributivo. 

Va chiarito, a meglio lumeggiare la vicenda, che le effettive erogazioni 
so:p.o state, nel tempo, di importo inferiore al complesso di quanto 
incassato, cosicch� i fondi relativi continuerebbero a lievitare in misura 
maggiore di quanto concretamente impiegato per l'attuazione dei prograrnmi 
di costruzione (relazione generale per il 1987 del Governatore 
della Banca d'Italia e, per il medesimo periodo, della Corte dei conti 
sui rendiconti della Cassa DD.PP. e gestioni annesse). Per contro, l'impiego 
dei cespiti deve rivolgersi, per l'origine dei corrispettivi, unicamente 
alla costruzione di alloggi, per i lavoratori dipendenti, e imporrebbe, 
perci�, visioni programmatiche globali con puntuali ben delineate 
procedure. 

Consegue, restando assorbito ogni altro assunto, l'illegittimit� del 
disposto (art. 22, secondo comma, della legge 11 marzo 1988, n. 67) nella 
parte in cui assegna parzialmente al bilancio dello Stato, nelle sue poste 
generali d'entrata, i prelievi di cui trattasi. 

p.q.m. 
dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 22, secondo comma, della 
legge 11 marzo 1988, n. 67 (legge finanziaria 1988) nella parte in cui non 
assegna all'edilizia residenziale pubblica, per la costruzione di abitazioni 
per i lavoratori dipendenti, l'intero gettito -e non le sole quote residue dei 
contributi dovuti ai sensi del primo comma, lettere b) e c) dell'articolo 
10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60; ... 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1989, n. 242 -Pres. Saja � Rel. 
Baldassarre � Provincia di Trento (avv. Onida), Regione Friuli V. Giulia 
(avv. Pacia), Provincia di Bolzano (avv. Riz e Panunzio), Regione 
Sardegna (avv. Panunzio), Regione Veneto e Regione Trentino A. Adige 
{avv. Betri), e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). 

Corte Costituzionale � Domande di semplice chiarimento interpretativo � 
Inammissibilit�. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

27 

Regioni � Funzione di indirizzo e coordinamento � Fondamento e limiti � 

In particolare rispetto alla Provincia di Bolzano. 

(Cast. art. 117 ed altri, nonch� numerose disposizioni di Statuti speciali; I. 23 ago


sto 1988 n. 400, artt. 2, 12, 13, 19 e 24). 

La Corte costituzionale non pu� essere validamente chiamata a interpretare 
in astratto le leggi o la Costituzione e, quindi, a risolvere questioni 
poste in modo tale che il loro obiettivo primario sia costituito dall'interpretazione 
di determinate disposizioni, ma pu� soltanto essere investita 
di una puntuale richiesta di illegittimit� costituzionale sorretta dalla 
pretesa lesione di determinati parametri costituzionali. 

L'art. 2 comma 3 lettera d) della legge n. 400 del 1988 mira semplicemente 
a determinare, all'interno della complessa istituzione del Governo, 
l'organo attributario in via diretta e immediata della competenza 
a deliberare gli atti di indirizzo e di coordinamento governativi, individuandolo 
nel Consiglio dei ministri. L'autonomia della Provincia di Bolzano 
non ha un fondamento costituzionale di natura diversa da quello 
proprio delle altre regioni (o province) a statuto speciale, n� � soggetta 
a limiti costituzionali concettualmente e qualitativamente diversi 
da quelli cui sono sottoposte le altre regioni (o province) ad autonomia 
differenziata; tuttavia, l'accordo De Gasperi-Gruber del .1946 costituisce 
la migliore chiave interpretativa per comprendere la specialit� dell'ordinamento 
autonomistico realizzato nel Trentino-Alto Adige (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1989, n. 389 -Pres. Saja -Rel. 
Baldassarre -Provincia di Bolzano (avv. Riz e Panunzio) e Presidenza 
Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri). 

Comunit� Economica Europea � Norme nazionali incompatibili con il trattato 
� Disapplicazione anche ad opera degli organi amministrativi. 

Regioni � Funzione statale di indirizzo e coordinamento � Atto a contenuto 
notiziale -Non � ~sercizio di detta funzione. 

Tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione 
alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) -tanto se dotati di 
poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto 
se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi -sono giuridica


(1) La sentenza -parecchio lunga e che � qui pubblicata solo in parte esamina 
la importante legge n. 400 del 1988, sulla attivit� di Governo e 
sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio; legge pervero -malgrado le 

RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO

28 

mente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme 
comunitarie nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea. 
Peraltro, poich� la disapplicazione � un modo di risoluzione delle antinomie 
normative che, oltre a presupporre la contemporanea vigenza delle 
norme reciprocamente contrastanti, non produce alcun effetto sulla esistenza 
delle stesse e, pertanto, non pu� essere causa di qualsivoglia forma 
di estinzione o di modificazione delle disposizioni che ne siano oggetto, 
resta ferma l'esigenza che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni 
o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo 
da eventuali incompatibilit� o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie 
(2). 

originali ambizioni -innovativa pi� a livello di strutturazioni burocratiche 
che a livello di organizzazione dello Stato (in senso lato). 

Per quanto concerne la funzione statale di indirizzo e coordinamento, 
la sentenza n. 242 sostanzialmente conferma un orientamento molte volte 
esplicitato, costante fin dalla sentenza n. 39 del 1971 (est. Crisafulli) e, di 
recente, organicamente esposto nella sentenza n. 177 del 1988 (in questa 
Rassegna, 1988, n. 213). Va per� segnalato che la Corte ha colto l'occasione 
per definire puntualmente la posizione della Provincia di Bolzano, aspirante 
ad una autonomia super-speciale. 

Nel corso dell'anno 1989 la Corte di giustizia delle Comunit� europee 

Il ribadito radicamento della funzione in esame nella Costituzione (e negli 
Statuti speciali) povta con s� che alle ormai numerose disposizioni legislative 
ordinarie ad essa relative (art. 17 della legge n. 281 del 1970, art. 3 
della legge n. 382 del 1975, alcuni articoli del d.P.R. n. 616 del 1977, art. 2 comma 
3 lettera d della legge n. 400 del 1988, ed altre ancora) deve essere rico


nosciuto soltanto un ruolo per cos� dire �di attuazione� quanto alle procedure, 
alila individuazione delle competenze all'interno del soggetto-Stato, etc. 

D'altro canto, il fondamento anzidetto porta con s� anche la funzione 
statale di indirizzo e coordinamento non distingue tra esercizio in via legislativa 
od invece in via amministrativa delle funzioni regionali (o provinciali), 
ed opera anche nei riguardi delle competenze primarie attribuite alle Regioni 
(e Provincie) ad autonomia speciale. 

Deve peraltro aversi sempre ben presente che l'indirizzo e coordinamento 
pu� essere contenuto in atto legislativo (del Parlamento o del Governo), 
senza che ci� comporti la necessit� di connotati particolari dell'atto, quanto 
a forma e procedimento; sicch� il contenuto in questione pu� essere anche 
implicito ed essere evidenziato nelle sedi della interpretazione. 

Occorre anche precisare che il legislatore �statale pu�, prescindendo dalla 
funzione in esame, aver cura di un � interesse nazionale� (c.d. � a tutela 
diretta �); e ci� anche mediante la produzione di disposizioni � di dettaglio � 
(le quali peraltro possono essere prodotte pure come regole � dispositive 

o suppletive �)�. La intrinseca elasticit� della nozione di � interesse nazionale � 
� contemperata dal � controllo particolarmente severo � (cos� si esprime la 
sentenza n. 177 del 1988 della Corte Costituzionale) del Giudice delle leggi. 
(2) La Corte costituzionale compie un ulteriore passo per l'immissione 
diretta nell'ordinamento interno delle norme comunitarie direttamente applicabili, 
con prevalenza rispetto alle norme nazionali � anche se di rango legislativo 
� (ed anche se posteriori); viene infatti riconosciuto in via generale 
anche agli organi delle amministrazioni (statali, regionali, locali, etc.) un 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

29 

Non costituisce esercizio della funzione statale di indirizza e coordinamento 
un atto amministrativo -ancorch� autodefinentesi � atto di 
indirizzo e coordinamento � -il quale si limiti a portare a conoscenza 
delle regioni e delle province autonome l'esistenza di un obbligo comunitario 
(o, in genere, la corretta interpretazione da darsi a norme comunitarie 
e/o nazionali), senza aggiungere un <<quid novi � rispetto all'insieme 
delle normative in vigore {3). 

I 

Preliminare a ogni altro � l'esame dell'eccezione d'inammissibilit� 
presentata dall'Avvocatura dello Stato in relazione alla censura riguar� 
dante l'art. 2, terzo comma, lett. d. Secondo l'Avvocatura, i ricorsi, anzich� 
vere e proprie questioni di legittimit� costituzionale, porrebbero meri 
problemi d'interpretazione delle disposizioni impugnate. 

L'eccezione va respinta. Non v'� dubbio che, anche nel giudizio di 
legittimit� costituzionale instaurato in via principale, la Corte non pu� 
es.sere validamente investita di questioni palesemente astratte o del tutto 
pretestuose. Come giudice della costituzionalit� delle leggi dotato di 
poteri v�lti a dichiarare la ce~sazione dell'efficacia di determinate disposizioni 
legislative ritenute effettivamente lesive di norme costituzionali, 
la Corte non pu� essere validamente chiamata a interpretare in astratto 
le leggi o la Costituzione e, quindi, a risolvere questioni poste in modo 
tale che il loro obiettivo primario sia costituito dall'interpretazione di 
determinate disposizioni, ma pu� soltanto essere investita di una puntuale 
richiesta di illegittimit� costituzionale sorretta dalla pretesa lesione 
di determinati parametri costituzionali. Il carattere non-astratto del 

potere/dovere di disapplicare le norme interne incompatibili, senza alcuna 
� riserva di giuridiszione � e quindi anche senza il filtro che di fatto il processo 
assicura. 

Evidente -a questo punto -la necessit� di recuperare � certezza del 
diritto� mediante autorevoli interventi interpretativi (e �ricostruttivi� del 
sistema) forniti, con prontezza e coerenza, da un organo che non pu� che 
essere statale e non pu� che essere incardinato nella Presidenza del Consiglio 
dei Ministri. L'Avvocatura dello Stato, che possiede una ormai lunga espe� 
rienza in materia comunitaria, � ovviamente disponibile a fornire ogni contributo 
a questa funzione di �iuris dictio �, in senso etimologico. 

(3) Interessante puntualizzazione sia in ordine ad un limite concettuale 
della funzione statale di indirizzo e co.ordinamento, sia in ordine al riconoscimento 
in capo allo Stato di una generica potest� di fornire interpreta� 
zioni (anche � ricostruttive� ma pur sempre dichiarative) delle normative 
-interna e comunitaria -operanti sul territorio nazionale. Forse, la tipologia 
degli atti statali si arricchir� di una nuova categoria, denominabile ad 
esempio � atto di indirizzo interpretativo �. 

-fP 

. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEU.O STATO

30 

giudizio di costituzionalit� comporta che, anche nel caso in cui i dubbi 
di 'legittimit� investano particolari significati o particolari norme deducibili 
da un determinato testo legislativo, non � ammissibile prospettare 
questioni involgenti interpretazioni totalmente al di fuori della gamma 
delle possibilit� applicative plausibilmente collegabili alle disposizioni 
impugnate, poich� ove fosse vero il contrario, il giudizio finirebbe� per 
riguardare questioni astratte o di mera interpretazione, se non proprio 
pretestuose. 

Nel caso di specie, i ricordati limiti di ammissibilit� non sono stati / 
superati dalle parti ricorrenti. Anche in considerazione del fatto che si 
tratta di una legge complessa, che tocca uno dei punti nevralgici del 
sistema di governo delineato dalla Costituzione e sulla quale non si 
sono ancora potute formare prassi interpretative in grado di modellare 
e di Testringere il raggio delle astratte potenzialit� applicative, non � 
possibile affermare che le interpretazioni addotte dalle parti ricorrenti 
a sostegno dei loro dubbi di costituzionalit� siano cos� poco ;plausibili 
e cos� irragionevolmente scollegate dalle disposizioni legittimamente impugnate 
da indurre questa Corte a considerare le questioni poste come 
del tutto astratte o, addirittura, pretestuose. (omissis) 

Venendo al merito delle questioni, tutte le regioni e le province 
ricorrenti contestano la legittimit� costituzionale dell'art. 2, terzo comma, 
lett. d, in riferimento agli stessi parametri indicati nel numero precedente, 
ad eccezione dell'art. 125 della Costituzione, per quanto riguarda 
il ricorso della Regione Veneto, e dell'art. 98 dello Statuto speciale per 
il Trentino-Alto Adige, per quanto riguarda il ricorso della Provincia 
autonoma di Trento. 

Secondo le ricorrenti, tale disposizione, nel sottoporre alla deliberazione 
del Consiglio dei Ministri � gli atti di indirizzo e di coordinamento 
dell'attivit� amministrativa delle regioni e, nel rispetto delle disposizioni 
statutarie, delle regioni a statuto speciale e delle province 
autonome di Trento e di Bolzano �, porrebbe una norma che, ove dovesse 
essere considerata come la fonte del potere statale di indirizzo 
e di coordinamento, sarebbe in contrasto con le disposizioni statutarie 
relative aHe molteplici forme di raccordo fra Stato e regioni (partecipazione 
del Presidente regionale alle sedute del Consiglio dei ministri, 
commissioni paritetiche, etc.), nonch� con le disposizioni costituzionali 
che giustificano quel potere, come interpretate dalla giurisprudenza di 
questa Corte, per la quale quel potere, quando � esercitato in via amministrativa, 
deve basarsi su una previa norma di legge diretta a delimitarne 
l'oggetto, le finalit�, i principi e i criteri direttivi. 

La questione non � fondata. I dubbi di 'costituzionalit� sollevati dalle 

ricorrenti si basano su una premessa errata, vale a dire sulla convin


zione che l'art. 2, terzo comma, lett. d, della legge n. 400 del 1988 costi



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

tuisca la norma che attribuisce al Governo la competenza ad esercitare 

per via amministrativa la funzione di indirizzo e coordinamento e che, 

come tale, innovi il diritto positivo abrogando le preesistenti disposizioni 

dirette a regolare l'attribuzione e l'esercizio della predetta funzione. In 

realt�, la norma impugnata mira semplicemente a determinare, all'in


terno della complessa istituzione del Governo, l'organo attributario in 

via diretta e immediata della competenza a deliberare gli atti di indi


rizzo e di coordinamento governativi, individuandolo nel Consiglio dei 

ministri, nell'organo, cio�, che, a norma degli artt. 92 e 95 della Costi


tuzione (come ribadito dallo stesso art. 2 della legge n. 400 del 1988), � 

competente a determinare, ai fini dell',ttuazione della politica generale 

del Governo, l'indirizzo generale dell'azione amministrativa. (omissis) 

La disposizione contenuta nell'art. 2, terzo comma, lett. d, relativa 

alla sottoposizione alla deliberazione del Consiglio dei ministri degli atti 

di indirizzo e di coordinamento governativo, � impugnata sotto un ulte


riore profilo dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Regione Sar


degna. 

Quest'ultima, partendo dal presupposto che il proprio Statuto non 

fa esplicita menzione della funzione statale di indirizzo e di coordina


mento e ricordando che le norme di attuazione dello Statuto circoscri


vono il campo di applicazione della predetta funzione alle materie asse


gnate alla competenza di tipo concorrente, ritiene che la disposizione 

impugnata, nel riferire la ricordata funzione anche alle regioni a sta


tuto speciale, debba essere considerata contrastante con gli artt. 3 e 6 

dello Statuto, ove dovesse intendersi applicabile anche alle materie asse


gnate alla competenza di tipo esclusivo. 

La Provincia autonoma di Bolzano, invece, contesta la disposizione 
impugnata per l'esplicito e diretto riferimento all'estensione della funzione 
statale di indirizzo e di coordinamento alle attivit� amministrative 
della Provincia stessa, asserendo cht? il silenzio in proposito dello 
Statuto e delle norme di attuazione, oltrech� l'assoluta peculiarit� dell'autonomia 
riconosciuta alla ricorrente -legata sia al suo fondamento 
in atti di diritto internazionale, sia alla propria specifica ragion d'essere, 
consistente nella tutela delle minoranze linguistiche che vivono 
nella provincia (tutela che l'art. 4 dello Statuto definisce di �interesse 
nazionale�) -renderebbero inapplicabile la funzione di indirizzo e di 
coordinamento alle attivit� amministrative ad essa spettanti o, quantomeno, 
a quelle ad essa assegnate in relazione a competenze di tipo 
esclusivo. In via subordinata, la stessa Provincia chiede che sia dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale della disposizione impugnata in quanto 
non prevede la concorrenza dell'interesse nazionale comportante la 
� tutela delle minoranze linguistiche locali (art. 4, primo comma, dello 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

32 


Statuto) con quello posto a base dell'estensione della funzione statale 
di indirizzo e di coordinamento alla Provincia di Bolzano. 

Le questioni proposte dalla Regione Sardegna e dalla Provincia autonoma 
di Bolzano non possono essere accolte. Secondo la costante 
giurisprudenza di questa Corte, la funzione statale di indirizzo e di co9rdinamento, 
pur se viene in concreto delineata da leggi ordinarie, ha 
un diretto fondamento nella Costituzione, nel senso che, come � stato 
precisato in numerose pronunzie, rappresenta il risvolto in termini positivi 
o di articolaziOne programmatica degli interessi unitari -e, come 
tali, insuscettibili di frazionamento e di localizzazione territoriale -sottostanti 
ai limiti costituzionalmente previsti alle competenze regionali 

(v. spec. sentt. nn. 39 del 1971, 138 del 1972, 191 del 1976, 150 del 1982, 
307 e 340 del 1983, 357 del 1985, 177 e 195 del 1986, 107 del 1987, 177, 560 
e 564 .del 1988). Non si tratta, pertanto, di un limite �ulteriore� ;rispetto 
a quelli gi� previsti direttamente dalle norme costituzionali sulle competenze 
regionali, ma piuttosto di una esplicazione di questi �Stessi limiti 
nei confronti delle funzioni amministrative delle regioni e delle province 
autonome, che, in ragione del suo stesso fondamento, incide tanto 
sulle attivit� amministrative connesse alle competenze concorrenti, quanto 
su quelle attinenti alle competenze di tipo esclusivo {v. spec. sentt. 
mi. 340 del 1983, 177 del 1986, 107 del 1987, 177 e 564 del 1988). 
Ci� non significa, tuttavia, che, rispetto alla precisa individuazione 
dei limiti costituzionali relativi all'applicazione della funzione di indirizzo 
e di coordinamento, non abbia alcuna rilevanza la distinzione tra 
competenze di tipo concorrente e competenze di tipo esclusivo. Al contrario, 
proprio perch� manifestazione dei limiti costituzionalmente prefissati 
alle potest� regionali (o provinciali), la funzione statale di indirizzo 
e di coordinamento riflette l'ampiezza prevista per i limiti costituzionali 
cui � di volta in volta collegata, di modo che, quando abbia 
di fronte a s� attivit� amministrative connesse con competenze esclusive, 
non pu� esser esercitata al di l� dei pi� ristretti confini costituzionalmente 
stabiliti per i poteri statali incidenti sulle predette competenze 
(v. spec. sentt. nn. 340 del 1983, 357 del 1985, 177 del 1986). 

Da ci� consegue che, contrariamente a quanto suppongono le ricorrenti, 
nessun rilievo pu� esser accordato al fatto che i rispettivi Statuti 
non facciano esplicito riferimento alla funzione statale di indirizzo 
e di coordinamento nei confronti delle competenze assegnate alla loro 
autonomia. Pertanto, le censure, per le quali l'art. 2, terzo comma, lett. d, 
sarebbe illegittimo in quanto non farebbe cenno a tali presunte deroghe, 
appaiono prive di fondamento, dal momento che non tengono conto 
del fatto che la funzione di indirizzo e di coordinamento ha il suo. riconoscimento 
costituzionale implicito, ma non perci� meno positivo, pro



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

prio nei limiti costituzionalmente posti alle competenze concorrenti ed 
esclusive delle Regioni (o delle Province autonome). 

Oltr~ che sui motivi appena esaminati, la stessa censura di cui si � 
ora parlato -vale a dire la pretesa incostituzionalit� dell'art. 2, terzo 
comma, lett. d, nella parte in cui non esclude l'applicazione della fun� 
zione statale di indirizzo e di coordinamento all'ordinamento autonomo 
della ricorrente -� argomentata dalla Provincia di Bolzano, come si 
� prima ricordato, anche sul particolare fondamento della propria autonomia 
su accordi di carattere internazionale e sulla peculiare ratio della 
stessa, la quale consisterebbe nell'essere l'ordinamento provinciale la 
forma giuridica della tutela delle minoranze linguistiche residenti in 
quel . territorio. 

Anche sotto tali ulteriori profili, la censura prospettata dalla Provincia 
di Bolzano non appare fondata nei termini appresso indicati. 

Non vi pu� esser dubbio alcuno che l'autonomia riconosciuta alla 
Regione Trentino-Alto Adige e, in particolare, quella concessa alla Provincia 
di Bolzano si ricolleghino storicamente alle vicende internazionali 
intercorse in conseguenza delle due guerre mondiali e, pi� precisamen� 
te, all'obbligo internazionale, che lo Stato italiano ha contratto con l'Austria 
mediante il c.d. Accordo De Gasperi-Griiber del 5 settembre 1946 
(reso esecutivo con d. lg. C.p.S. 28 novembre 1947, n. 1430), di concedere 
alle popolazioni di lingua tedesca residenti nelle zone della Provincia di 
Bolzano e dei vicini comuni bilingui della Provincia di Trento � l'esercizio 
di un potere legislativo ed esecutivo autonomo, nell'ambito delle 
zone stesse�. N� si pu�, del pari, dubitare che l'Assemblea Costituente, 
allorch� ha definito i caratteri della specialit� della Regione Trentino. 
Alto Adige, abbia tenuto nel debito conto quel patto. Tuttavia, appare 
altrettanto indubbio che, dal punto di vista del diritto interno, l'autonomia 
riconosciuta alla Provincia di Bolzano ha il proprio diretto fon� 
damento giuridico nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (I. cost. 
26 febbraio 1948, n. 5, successivamente modificata con la I. cost. 23 novembre 
1971, n. 1), il quale � stato votato dall'Assemblea Costituente, 
come si addice a ogni deliberazione di natura legislativa, quale espressione 
di un'autonoma e libera determinazione. 

Considerata sotto un profilo squisitamente giuridico, l'autonomia 
della Provincia di Bolzano non ha, dunque, un fondamento costituzionale 
di natura diversa da quello proprio delle altre regioni (o province) 
a statuto speciale, n� � soggetta a limiti costituzionali concettualmente 
e qualitativamente diversi da quelli -cui sono sottoposte le altre regioni 
(o province) ad autonomia differenziata; sotto tale asp�tto, pertanto, 
sussistono tutti i presupposti perch� anche nei confronti della Provincia 
di Bolzano valgano quelle esigenze unitarie insuscettibili di frazionamento 
o di localizzazione territoriale, che sottostanno ai limiti co



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

34 

stituzionalmente previsti verso le competenze regionali (o provinciali) e 
che autorizzano lo Stato a esercitare nei confronti delle autonomie regionali 
(o provinciali) una funzione di indirizzo e di coordinamento. 

Ci� non toglie, tuttavia, che nel panorama autonomistico nazionale 
la Regione Trentino-Alto Adige e, in particolare, la Provincia di Bolzano 
posseggano caratteri del tutto peculiari, che concernono essenzialmente 
la natura e l'ampiezza delle materie sulle quali sono attribuiti i poteri 
di autonomia, la strutturazione dell'organizzazione regionale e provinciale 
e, soprattutto, il valore riconosciuto alla tutela delle minoranze 
linguistiche locali e alla salvaguardia dell'eguaglianza dei cittadini e dei 
gruppi linguistici, valore che costituisce il punto di riferimento primario 
del complesso delle disposizioni dello Statuto specia�e per il Trentino-
Alto Adige. Non v'� dubbio che, in relazione a tali caratteri, il gi� 
ricordato accordo italo-austriaco d~l 1946, il quale � stato reso esecutivo 
in Italia con un atto avente valore di legge ordinaria, esercita una notevole 
influenza, dal momento che costituisce, come pure si ritiene in dottrina, 
la migliore chiave interpretativa per comprendere la specialit� 
dell'ordinamento autonomistico realizzato nel Trentino-Alto Adige. 

La peculiarit� di tale ordinamento e, in particolare, l'essenziale� valore 
riconosciuto in esso alla tutela delle minoranze linguistiche locali 
e alla pacifica convivenza tra i diversi gruppi etnici, se, come si � prima 
precisato, non possono comunque comportare una differenziazione della 
Regione Trentino-Alto Adige e della Provincia di Bolzano, rispetto agli 
ordinamenti omologhi, sotto il profilo della loro sottoponibilit� ai �tipi 
di limiti cui sono comunemente assoggettate le autonomie speciali, tuttavia 
hanno l'effetto� di produrre una differenziazione relativa all'ampiezza 
e al contenuto dei limiti statali cui sono sottoposte le competenze 
riconosciute alla Regione Trentino-Alto Adige e, ed � quel che qui interessa, 
alla Provincia di Bolzano. 

Ci� si deduce chiaramente dagli artt. 4, 8 e 16 dello Statuto regionale, 
i quali, nel ribadire la presenza degli interessi nazionali tra i limiti 
costituzionali alle competenze legislative e amministrative della Regione 
e delle Province autonome, precisano che fra essi va ricompreso anche 
l'interesse relativo alla tutela delle minoranze linguistiche locali. Si tratta 
di un principio costituzionale che, affermato in via generale dall'art. 6 
della Costituzione, ha nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige 
un significato particolarmente pregnante, dal momento che concorre a 
qualificare l'interesse nazionale in tutte le sue esplicazioni verso la Regione 
Trentino-Alto Adige e le Provincie autonome e, quindi, per la parte 
che lo concerne, anche in relazione all'esercizio dei poteri statali di indi� 
rizzo e di coordinamento. Sotto questo profilo, pertanto, tali poteri, nei 
loro concreti svolgimenti nei confronti degli ordinamenti considerati, 
non possono non sub�re attenuazioni e non assumere contenuti tali che 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ne risulti soddisfatto il principio statutario per il quale la tutela delle 
minoranze linguistiche locali costituisce, ad un tempo, un aspetto fondamentale 
dell'interesse nazionale e il valore primario di riferimento 
dell'autonoll_lia differenziata riconosciuta alla Regione Trentino-Alto Adi� 
ge e alle Province di Trento e di Bolzano. 

Queste considerazioni non possono condurre, tuttavia, a una dichia� 
razione d'illegittimit� costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lett. d, per 
la parte in cui questo non prevede la tutela delle minoranze linguisti� 
che come interesse concorrente con quello nazionale posto a base dell'esercizio 
della funzione statale di indirizzo e di coordinamento. Infatti, 
come si � gi� precisato ad altro proposito (v. sopra n. 6), il principio 
costituzionale appena ricordato, secondo la propria natura, si impone 
di per s� e non esige che debba essere richiamato dalle leggi ordinarie 
ogni volta che queste, implicitamente o esplicitamente, vi si riferiscano. 
Per tali ragioni, il silenzio in proposito della disposizione impugnata 
non pu� essere interpretato come un contrasto con le norme statutarie 
invocate dalla ricorrente. E tantomeno lo pu� essere, se si considera 
che la disposizione impugnata, come si � prima precisato, � semplicemente 
diretta a ribadire la competenza, in via dirett~ e immediata, del 
Consiglio dei ministri a deliberare gli atti di indirizzo e di coordina� 
mento governativo. (omissis) 

Oggetto di impugnazione sono anche varie disposizioni dell'art. 13, 
che concernono poteri di promozione e di proposta del Commissario del 
Governo. 

La Provincia autonoma di Bolzano prospetta dubbi di costituziona� 
lit� nei confronti del primo comma, lett. b ed e, e del secondo comma 
dell'art. 13, i quali, nel prevedere che il Commissario del Governo �promuove 
tra i rappresentanti regionali e i funzionari delle amministrazioni 
statali decentrate riunioni periodiche che sono presiedute dal 
presidente della regione� (lett. b, seconda parte) e �propone al Presidente 
del Consiglio dei Ministri iniziative in ordine ai rapporti tra Stato 
e regione, anche per quanto concerne le funzioni statali di indirizzo e 
coordinamento e l'adozione di direttive per fo attivit� delegate� (lett. e), 
prevederebbero poteri rdi coordinamento riguardanti anche le attivit� am� 
ministrative regionali. Secondo la ricorrente, ove tali poteri dovessero 
esser ritenuti applicabili alle province autonome (come afferma il secondo 
comma dell'art. 13, che, peraltro, fa � salva la diversa disciplina 
prevista dai rispettivi Statuti e relative norme di attuazione�), si porreb� 
bero in contrasto con l'art. 87 dello Statuto del Trentino-Alto Adige, il 
quale, nel delineare la figura del Commissario del Governo presso la 
Provincia di Bolzano, conferirebbe a quest'ultimo poteri di coordina� 
mento sulle attivit� amministrative statali pi� ristretti di quelli previsti 
dall'art. 124 della Costituzione. Analoghe censure sono prospettate dalla 


RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO

36 

Regione Trentino-Alto Adige, per la quale, inoltre, la previsione di poteri 
di proposta per l'adozione di direttive alle attivit� delegate (art. 13, primo 
comma, lett. e) si porrebbe in contrasto con l'art. 41 dello Statuto, 
che affida al Presidente della Giunta regionale il compito di dirigere le 
funzioni amministrative delegate dallo Stato, e con l'art. 16 dello stesso 
Statuto, il quale stabilirebbe una certa rigidit� del meccanismo della 
delega attraverso la previsione che questa sia disposta con legge. Infine, 
sempre secondo la regione, si .porrebbe in contrasto con tali principi 
anche l'art. 2, se�ondo comma, lett. e, il quale stabilisce che le direttive 
per le attivit� delegate siano impartite � tramite il Commissario del Governo
�. 

Le questioni non sono fondate. 

Va preliminarmente disattesa l'interpretazione delle ricorrenti, secondo 
la quale le disposizioni impugnate non dovrebbero essere applicate 
nell'ambito della Provincia di Bolzano e della Regione del Trentino-
Alto Adige, dal momento che tale interpretazione si pone in diametrale 
contrasto con l'esplicita formulazione contenuta nell'art. 13, secondo 
comma, in base alla quale le. norme previste dall'articolo considerato 
si applicano anche alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province 
di Trento e di Bolzano, salva la diversa disciplina prevista dalle 
disposizioni statutarie e da quelle di attuazione delle stesse. Tale clausola 
di salvezza, che peraltro ha un senso soltanto sul presupposto dell'applicazione 
alle ricorrenti delle disposizioni impugnate, � espressamente 
diretta a garantire le stesse ricorrenti da illegittime interferenze 
nell'autonomia costituzionalmente riconosciuta ad esse, interferenze che 
potrebbero verificarsi in seguito allo scorretto esercizio dei poteri affi. 
dati al Commissario del Governo dalle disposizioni impugnate. 

Su tali basi interpretative, va dichiarata l'infondatezza della questione 
che la Regione Trentino-Alto Adige propone in relazione all'art. 2, 
secondo comma, lett. e, secondo la quale la trasmissione delle direttive 
governative da parte del Commissario del Governo inciderebbe sui poteri 
di direzione, spettanti al Presidente regionale, relativi alle attivit� 
delegate, nonch� sullo statuto interno dei rapporti fra delegante e delegato, 
il quale sarebbe codificato con una certa rigidit� dalla legge. Pur 
se andrebbe rilevato che, a norma dell'art. 41 dello Statuto, il potere 
di direzione delle funzioni delegate, di cui � titolare il Presidente regionale, 
riconosce a monte il potere governativo di dare istruzioni e il 
dovere dello stesso Presidente della Giunta regionale di conformare a 
queste ultime le proprie direttive, appare decisivo il rilievo che il potere 
di trasmissione attribuito al Commissario del governo riguardo alle istruzioni 
governative � un potere meramente formale, nel senso che il Commissario 
funge da semplice supporto organizzativo diretto a comunicare 
ufficialmente al Presidente regionale le istruzioni deliberate dal Gover



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

no. Essendo questa la natura del potere contestato, non si pu� inferire 
dalla disposizione impugnata nessuna illegittima interferenza nei confronti 
dei poteri costituzionalmente riconosciuti all'amministrazione regionale 
e al suo vertice nell'ambito delle attivit� delegate dallo Stato. 

Del pari insussistente � la lesione della autonomia amministrativa 
lamentata dalle ricorrenti p�r effetto dei poteri riconosciuti al Commissario 
del Governo dall'art. 13, secondo comma, lett. b, s.econda parte, 
ed e. Ove siano correttamente interpretati, i poteri contestati non si 
pongono in contrasto con alcuna norma statutaria, per il semplice fatto 
che, mentre in un caso (lett. b) � semplicemente previsto un potere di 
promozione di conferenze o di riunioni tra i funzionari delle amministrazioni 
statali decentrate e i rappresentanti regionali (o provinciali) 
al fine di coordinare paritariamente le rispettive attivit�, nell'altro caso 
(lett. e), invece, � stabilito un potere di proposta verso il Presidente del 
Consiglio dei ministri in ordine all'adozione di iniziative relativamente 
a competenze spettanti a quest'ultimo nel campo dei rapporti fra Stato 
e regioni e, in particolare, per quanto concerne le funzioni statali di 
indirizzo e di coordinamento e quelle di direttiva o di istruzione per 
le attivit� delegate. In altre parole, mentre in un caso si versa in ipotesi 
di cooperazione paritaria fra Stato e regioni (e province autonome), 
la cui attivazione pu� avvenire e i cui risultati possono essere 
accettati soltanto sulla base di una libera e mai vincolabile decisione 
dei singoli soggetti che vi partecipano, nell'altro caso, invece, si tratta 
di poteri di semplice proposta, i cui limiti coincidono con quelli relativi 
alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri in ordine alle 
quali quelle proposte vengono formulate, limiti che, come ribadisce 
l'art. 13, secondo comma, vanno desunti, per quanto riguarda le ricorrenti, 
dai rispettivi Statuti e dalle relative norrp.e di attuazione. 

In definitiva, per le cautele da esse predisposte, le norme impugnate 
appaiono particolarmente rispettose delle autonomie regionali (e 
provinciali), incluse quelle specificamente garantite alle ricorrenti. N� 
la Corte potrebbe trovare motivi di illegittimit� nella previsione di poteri 
che -essendo ispirati, l'uno, al principio di cooperazione nella 
sua forma pi� autentica e originaria (quella paritaria) e, l'altro, all'esigenza 
di un adeguato coordinamento fra Commissario del Governo e Presidente 
del Consiglio dei ministri nella fase ascendente dei loro rapporti 
(dalla periferia al centro) -rappresentano uria significativa attuazione 
di esigenze, di finalit� e di principi costituzionali costantemente 
ritenuti dalla giurisprudenza costituzionale di fondamentale importanza 
al fine dell'instaurazione di pi� efficienti raccordi tra l'amministrazione 
dello Stato e quella regionale (o provinciale) (v. spec. sentt. nn. 94 del 
1985, 151 e 153 del 1986, 302, 1031 e 1112 del 1988). 


38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ancora la Provincia di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige 


I iii

contestano la legittimit� costituzionale dell'art. 19, primo comma, lett. p, 
che affida al Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri 
il compito di � curare gli adempimenti relativi ai rapporti con le 
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; all'esame delle 
leggi regionali ai fini dell'art. 127 della Costituzione; al coordinamento 
tra legislazione statale e regionale; all'attivit� dei commissari del Go


I 
verno nelle regioni; ai problemi delle minoranze linguistiche e dei territori 
di confine �. 

Oltrech� per le ragioni gi� addotte per contestare l'applicazione 
della funzione di indirizzo e coordinamento nel proprio ambito territoriale, 
la Provincia di Bolzano ritiene le suddette disposizioni contrarie 
alla Costituzione in quanto attribuirebbero compiti di rilevanza politica 
esterna, incidenti nella sfera di autonomia costituzionalmente garantita 
alla ricorrente, ad un organo ausiliario del Presidente del Consiglio, 
anzich� al Governo. La Regione Trentino-Alto Adige, invece, contesta 
la legittimit� delle stesse disposizioni in quanto sottoporrebbero le competenze 
legis1ative regionali, e in particolar modo quella esclusiva, a 
un potere non previsto in Costituzione, ma basato su norme di legge 
ordinaria. 

Analoga censura � formulata dalla stessa Regione nei confronti dell'art. 
23, sesto comma, in quanto prevede una delega legislativa v�lta 
ad attribuire allo � U{ficio centrale per il coordinamento dell'iniziativa 
legislativa e dell'attivit� normativa del Governo � il potere di avvalersi di 
altri organi della pubblica amministrazione e di promuovere forme di 
collaborazione con gli uffici delle presidenze delle giunte regionali al 
fine di armonizzare i testi normativi statali e regionali. 

L'una e l'altra questione sono prive di fondamento. 

Tanto le censure formulate dalla Regione Trentino-Alto Adige, quanto 
quelle prospettate dalla Provincia di Bolzano nei confronti dell'articolo 
19, primo comma, lett. p, partono dall'erroneo presupposto di 
ritenere le funzioni delineate dalle disposizioni impugnate come dotate 
di rilevanza esterna ed incidenti, in quanto tali, nella sfera di autonomia 
costituzionalmente garantita a:lle ricorrenti. In realt� cos� non �, 
poich� gli adempimenti posti a carico del Segretario generale concernono 
attivit� interne alla Presidenza del Consiglio che, nella loro proiezione 
esterna, non possono non riferirsi a funzioni e competenze proprie 
del Presidente del Consiglio dei Ministri. Questa car�tterizzazione degli . 
adempimenti considerati deriva tanto dalla natura evidentemente simi


I

lare delle attivit� previste in altre lettere dello stesso comma, quanto 

dalla configurazione giuridica da riconoscere al Segretario generale della 

Il 

Presidenza del Consiglio dei ministri, che � quella propria di un organo 

f 

posto al vertice dell'amministrazione interna alla stessa Presidenza, al } 

I

i

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

quale non sono mai imputati poteri o rapporti av�nti una valenza poli


tica esterna. 

Le considerazioni appena svolte valgono a maggior ragione in rife


rimento alle analoghe censure mosse dalla Regione Trentino-Alto Adige 

nei confronti dell'art. 23, sesto comma, il quale attribuisce a un ufficio 

interno al Segretariato generale, e cio� all'Ufficio centrale per il coor


dinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attivit� normativa del Governo 

sia poteri di avvalimento di altri organi della pubblica amministrazio


'ne, sia la promozione di forme di collaborazione con gli uffici delle pre


sidenze delle giunte regionali. Anche in tal caso, infatJi, si tratta di atti


vit� meramente preparatorie e istruttorie rispetto a quelle decisionali, 

che, oltretutto, quando riguardano uffici regionali, possono svolgersi sol


tanto ove vi consentano i presidenti delle rispettive giunte. (omissis) 

II 

La Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato conflitto di attribuzione 
nei confronti dello Stato in relazione all'emanazione del d.P.C.M. 
28 ottobre 1988 (Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle 
province autonome per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica ed al 
relativo credito dei cittadini comunitari esercenti attivit� di lavoro autonomo), 
con il quale si stabilisce che, nell'assegnare gli alloggi di edi. 
lizia economica e popolare e nel disciplinare l'accesso al relativo credito, 
� gli organi dello Stato, le regioni a statuto ordinario e speciale, 
le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti pubblici e gli 
istituti esercenti il credito a favore dell'edilizia ( ...) considereranno i cittadini 
di Stati membri della Comunit� economica europea, che svolgano 
in Italia attivit� di lavoro autonomo e versino nelle condizioni soggettive 
ed oggettive previste dalla citata normativa, equiparati ai lavo


ratori autonomi cittadini italiani �. 

Secondo la ricorrente, tale atto lederebbe le competenze legislative 

di tipo esclusivo ad essa attribuite dall'art. 8, n. 10, e dagli artt. 16 e 98 

dello Statuto del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), in 

materia di � edilizia comunque sovvenzionata, totalmente o parzialmen


te, da finanziamenti a carattere pubblico �, e dalle relative norme di 

attuazione, nonch� le competenze riconosciute alla stessa ricorrente dal


l'art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Tren


tino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle di


sposizioni del decreto del Presidente della Republica 24 luglio 1977, 

n. 616), in ordine �all'attuazione dei regolamenti della Comunit� economica 
europea, ove questi richiedono una normazione integrativa o un'attivit� 
amministrativa di esecuzione �. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

40 

Per contro, la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri nega 
che l'atto impugnato possa essere considerato invasivo delle competenze 
assicurate alla ricorrente, in quanto, collegandosi a norme comunitarie 
direttamente applicabili nell'ordinamento degli Stati membri della 
Comunit� europea, che, come tali, prevalgono per forza propria sul diritto 
interno, non potrebbe esser diretto ad adeguare l'ordinamento 
nazionale ai principi comunitari e a innovarne in tal modo l'ordine legislativo, 
ma sarebbe rivolto, piuttosto, a porre direttive a coloro che 
sono chiamati a dare attuazione alle predette norme comunitarie allo 
scopo di. assicurare l'uniformit� e la correttezza dei relativi comportamenti. 


.Al fine di decidere tale conflitto di attribuzione occorre, innanzitut


to, individuare le norme comunitarie poste a base dell'atto impugnato, 

e verificare se esse abbiano un'efficacia diretta nell'ordinamento inter


no di uno Stato membro. 

Contrariamente a quel che suppone la ricorrente e nonostante che 

lo stesso d.P.C.M. 28 ottobre 1988 faccia espresso riferimento nel suo 
preambolo all'art. 9, paragrafo 1, del regolamento CEE 15 ottobre 1968, 
n. 1612/68, non � possibile considerare quest'ultimo come il fondamento 
normativo dell'atto impugnato. Infatti, mentre il d.P.C.M. 28 ottobre 
1988 contiene disposizioni esclusivamente riferite ai lavoratori autonomi, 
il regolamento comunitario n. 1612/68, come ha riconosciuto in pi� 
occasioni la stessa Corte di giustizia europea (v., ad esempio, sent. 12 
febbraio 1974, in causa 152/73; sent. 14 gennaio 1982, in causa 65/81; 
sent. 13 luglio 1983, in causa 152/82; sent. 14 gennaio 1988, in causa 
63/86), si riferisce, invece, unicamente ai lavoratori subordinati. Pi� 
precisamente, l'art. 9, paragrafo 1, di tale regolamento, in diretta applicazione 
dell'art. 48 del Trattato istitutivo, attua e completa la garanzia 
ivi prevista della libera circolazione dei lavoratori subordinati all'interno 
della Comunit�, riconoscendo come parte integrante della stessa 
l'equiparazione dei lavoratori provenienti da altro Stato membro ai lavoratori 
nazionali per tutto quel che concerne i diritti e i vantaggi da 
questi goduti nell'accesso alla propriet� e alla locazione degli alloggi. 

La norma comunitaria che sta a base dell'atto impugnato, pur se 
dispone per i lavoratori autonomi una disciplina perfettamente identica 
a quella stabilita per i lavoratori subordinati, ha un fondamento distinto 

'nel 
Trattato istitutivo della CEE ed � frutto di un diverso procedimento 
di produzione normativa. Il fondamento, infatti, � dato dagli 
artt. 52 e 59 del Trattato, �i quali, ispirandosi alla medesima ratio dell'art. 
48, riconoscono ai cittadini degli Stati membri il diritto di stabilirsi 
in qualsiasi altro Paese della Comunit�, di svolgervi attivit� di lavoro 
non salariato e di prestarvi liberamente i servizi. Tuttavia, diversamente 
da quanto � avvenuto per i lavoratori subordinati, l'interpreta




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

zione estensiva della garanzia di quelle libert� -nel !?enso di ricomprendervi 
l'equiparazione dei lavoratori autonomi di altro Stato membro 
con quelli nazionali per quanto concerne i diritti e i vantaggi per l'accesso 
alla propriet� e alla locazione degli alloggi -� avvenuta, non 
per effetto di un regolamento, ma in conseguenza di una sentenza della 
Corte di giustizia europea. 

Nel decidere, con la sentenza 14 gennaio 1988, in causa 63/86, un 
giudizio promosso nei confronti dell'Italia a norma dell'art. 169 del Trat� 
tato (vale a dire un giudizio per violazione di obblighi derivanti dal 
Trattato), la Corte di giustizia, interpretando gli artt. 52 e 59 in connessione 
con il principio di parit� di trattamento sancito dall'art. 7 
dello stesso Trattato e partendo dalla considerazione che l'esercizio di 
un'attivit� professionale presuppone anche la garanzia di prendere dimora 
nel luogo in cui quell'attivit� viene svolta, ha concluso che il 
diritto allo stabilimento e alla libera prestazione di servizi e il principio 
della parit� di concorrenza all'interno della Comunit� comportano 
che � il cittadino di uno Stato membro che intenda esercitare un'attivit� 
lavorativa autonoma in un altro Stato membro deve pertanto potervi 
prendere alloggio a condizioni equivalenti a quelle di cui fruiscono i concorrenti 
cittadini di quest'ultimo Stato� (punti 14 e 15 della sentenza 
precedentemente citata). Su tale base, la stessa Corte ha condannato 
la Repubblica italiana per aver violato i predetti obblighi attraverso 
l'adozione di atti legislativi, nazionali e regionali (Puglia, Toscana, Emilia-
Romagna e Liguria), che avevano riservato ai soli cittadini italiani 
l'accesso alla propriet� o alla locazione di alloggi rientranti nell'edilizia 
residenziale pubblica e al relativo credito. 

In sintesi, la norma comunitaria che sta a fondamento del decreto 
impugnato � data dagli artt. 52 e 59 del Trattato come interpretati dalla 
sentenza 14 gennaio 1988, in causa 63/86, resa dalla Corte di giustizia 
delle Comunit� europee ai sensi dell'art. 169 del Trattato istitutivo. 

Ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano, una sentenza come 
quella appena citata, resa in sede di giudizio di condanna per violazione 
di obblighi derivanti dal Trattato, non potrebbe essere considerata fonte 
di statuizioni compiute e direttamente applicabili negli ordinamenti interni 
degli Stati membri, dovendo riconoscersi tale qualit� soltanto alle 
sentenze interpretative che la Corte di giustizia rende quando � adita 
in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 177 del Trattato. 

Tale assunto non pu� essere condiviso. Anche se � vero che questa 
Corte ha avuto occasione in passato di riconoscere l'immediata applicabilit� 
di una normativa comunitaria nell'interpretazione datane da una 
sentenza della Corte di giustizia resa in un giudizio instaurato ai sensi 
dell'art. 177 del Trattato (v. sent. n. 113 del 1985), il principio allora 
affermato � di portata pi� generale. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

42 

Poich� ai sensi dell'art. 164 del Trattato spetta alla Corte di giustizia 
assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione 
del medesimo Trattato, se ne deve dedurre che, qualsiasi sentenza � 
che applica e/o interpreta una norma comunitaria ha indubbiamente 
carattere di sentenza dichiarativa del diritto comunitario, nel senso 
che la Corte di giustizia, come interprete qualificato di questo diritto, 
ne precisa autoritariamente il significato con le proprie sentenze e, per 
tal via, ne determina, in definitiva, l'ampiezza e il contenuto delle possibilit� 
applicative. Quando questo principio viene riferito a una norma 
comunitaria avente � effetti diretti � -vale a dire a una norma dalla 
quale i soggetti operanti all'interno degli ordinamenti degli Stati membri 
possono trarre situazioni giuridiche direttamente tutelabili in giudizio non 
v'� dubbio che la precisazione o l'integrazione del significato normativo 
compiute attraverso una sentenza dichiarativa della Corte di 
giustizia abbiano la stessa immediata efficacia delle disposizioni interpretate. 


Nel caso di specie, contrariamente a quanto supposto dalla ricorrente, 
si � d� fronte a n�rme, come quelle contenute negli artt. 52 e 59 
del Trattato, alle quali, essendo decorso il periodo transitorio, deve 
riconoscersi una diretta efficacia (v., in tal senso, Corte di giustizia 
CEE, sent. 21 giugno 1974, in causa 2/74; sent. 14 gennaio 1988, in causa 
63/86) e dalle quali, pertanto, derivano attualmente diritti, come la libert� 
di stabilimento e quella di prestazione dei servizi, che sono immediatamente 
tutelabili in giudizio da parte dei cittadini degli Stati membri. 
Poich� con la sentenza precedentemente menzionata la Corte di giustizia 
europea ha affermato che nei predetti diritti va, ricompresa la garanzia, 
per tutti i cittadini dei Paesi aderenti alla Comunit� che svolgano un 
lavoro autonomo all'interno di altro Stato membro, di esser parificati 
ai cittadini di quest'ultimo Stato nel godimento dei diritti e delle agevolazioni 
concernenti l'accesso alla propriet� o alla locazione degli alloggi, 
si deve ritenere che le norme poste dagli artt. 52 e 59 del Trattato siano 
immediatamente applicabili negli ordinamenti nazionali neH'interpretazione 
pi� lata ora ricordata. 

Chiarita la natura e l'efficacia delle norme desumibili dagli artt. 52 
e 59 del Trattato CEE, si pone a questo punto il problema della definizione 
dei rapporti, all'interno dell'ordinamento nazionale, fra le norme 
comunitarie direttamente applicabili e le norme di legge con esse incompatibili. 


Come questa Corte ha affermato nella sentenza n. 170 del 1984 e 
in altre successive, il riconoscimento dell'ordinamento comunitario e 
di quello nazionale come ordinamenti reciprocamente autonomi, ma tra 
loro coordinati e comunicanti, porta a considerare l'immissione diretta 
nell'ordinamento interno delle norme comunitarie immediatamente appli


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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

cabili come la conseguenza del riconoscimento della loro derivazione 
da una fonte (esterna) a competenza riservata, la cui giustificazione 
costituzionale va imputata all'art. 11 della Costituzione e al conseguente 
particolare valore giuridico attribuito al Trattato istitutivo delle Comunit� 
europee e agli atti a questo equiparati. Ci� significa che, mentre 
gli atti idonei a porre quelle norme conservano il trattamento giuridico 

o il reghne ad essi assicurato dall'ordinamento comunitario -nel senso 
che sono assoggettati alle regole di produzione normativa, di interpretazione, 
di abrogazione, di caducazione e di. ,,invalidazione proprie di 
quell'ordinamento -, al contrario le norme da essi prodotte operano 
direttamente nell'ol'dinamento interno come norme investite di � forza 
o valore di legge �, vale a dire come norme che, nei limiti deHe competenze 
e nell'ambito degli scopi propri degli organi di produzione normativa 
della Comunit�, hanno un rango primario. 
Da ci� deriva, come ha precisato la gi�-ricordata sentenza n. 170 
del 1984, che, nel campo riservato alla loro competenza, le norme comunitarie 
direttamente applicabili prevalgono rispetto alle norme nazionali, 
anche se di rango legislativo, senza tuttavia produrre, nel caso 
che queste ultime siano incompatibili con esse, effetti estintivi. Pi� 
precisamente, l'eventuale conflitto fra il diritto comunitario direttamente 
applicabile e quello interno, proprio perch� suppone� un contrasto di 
quest'ultimo con una norma prodotta da una fonte esterna avente un 
suo proprio regime giuridico e abilitata a produrre diritto nell'ordinamento 
nazionale entro un proprio distinto ambito di competenza, non 
d� luogo a ipotesi di abrogazione o di deroga, n� a forme di caducazione 
o di annullamento per invalidit� della norma interna incompatibile, 
ma produce un effetto di disapplicazione di quest'ultima, seppure 
nei limiti di tempo e nell'ambito materiale entro cui le competenze 
comunitarie sono legittimate a svolgersi. 

Ribaditi questi principi, si deve concludere, con riferimento al caso 
di specie, che tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare 
esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) -tanto 
se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, 
quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi sono 
giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili 
con le norme stabilite dagli artt. 52 e 59 del Trattato CEE nell'interpretazione 
datane dalla Corte di giustizia europea. Ci� significa, in pratica, 
che quei soggetti devono riconoscere come diritto legittimo e vincolante 
la norma comunitaria che, nell'accesso alla propriet� o alla locazione 
dell'abitazione e al relativo credito, impone la parit� di trattamento 
tra i lavoratori autonomi cittadini di altri Stati membri e quelli nazionali, 
mentre sono tenuti a disapplicare le norme di legge, statali o 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

regionali, che riservano quei diritti e quei vantaggi ai soli cittadini 
italiani. 

Tuttavia, poich� la disappHcazione � un modo di risoluzione delle 
antinomie normative che, oltre a presupporre la contemporanea vigenza 
delle norme reciprocamente contrastanti, non produce alcun effetto 
sull'esistenza delle stesse e, pertanto, non pu� esser causa di qualsi


voglia forma di estinzione o di modificazione delle disposizioni che ne 
siano oggetto, resta ferma l'esigenza che gli Stati membri apportino le 
necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al 
fine di depurarlo da eventuali incompatibilit� o disarmonie con le prevalenti 
norme comunitarie. E se, sul piano dell'ordinamento nazionale, 
tale esigenza si collega al principio della certezza del diritto, sul piano 
comunitario, invece, rappresenta una garanzia cos� essenziale al principio 
della prevalenza del proprio diritto su quelli nazionali da costituire 
l'oggetto di un preciso obbligo per gli Stati membri (v., in tal senso, 
Corte di giustizia delle Comunit� europee: sent. 25 ottobre 1979, in causa 
159/78; sent. 15 ottobre 1986, in causa 168/85; sent. 2 marzo 1988, in 
causa 104/86). 

Posti cos� i termini del problema, occorre esaminare conclusivamente 
quali siano la natura e le finalit� del decreto impugnato. Come 
si � precedentemente ricordato, mentre la ricorrente ritiene che tale 
decreto sia invasivo delle proprie competenze in materia di edilizia 
pubblica sovvenzionata o in quella dell'attuazione deHe norme comunitarie 
direttamente applicabili, in quanto contiene direttive vincolanti in 
ordine alla modificazione di proprie leggi ovvero in ordine all'integrazione 
o all'applicazione nel proprio territorio del diritto comunitario 
.immediatamente efficace, lo Stato, invece, ritiene che si sia in presenza 
di un atto di indirizzo per l'attuazione di norme comunitarie 
direttamente efficaci, il quale sarebbe pienamente legittimo in quanto 
giustificato dallo scopo di assicurare un'uniforme applicazione di quelle 
norme. In altre parole, tanto la Provincia di Bolzano quanto lo Stato 
presuppongono che si tratti di un atto governativo di indirizzo e di 
coordinamento, di cui forniscono, peraltro, una valutazione opposta in 
termini di legittimit�. 

In realt�, il d.P.C.M. 28 ottobre 1988 -anche se nel suo titolo si 

qualifica come � atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle 

province autonome � e anche se nel suo preambolo si definisce come 

un �atto di indirizzo per l'applicazione della normativa statale e regio


nale, nonch� delle province autonome di Trento e di Bolzano � -rivela 

un contenuto difficilmente conciliabile con un atto di quella natura. 

Nel suo articolo unico, infatti, tale decreto dispone testualmente: � Gli 

organi dello Stato, le regioni a statuto ordinario e speciale, le province 

autonome di Trento e di Bolzano, gli enti pubblici e gli istituti esercenti 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

il credito a favore dell'edilizia, nell'applicazione di norme di legge e di 
regolamenti statali, regionali e provinciali, che disciplinano !'�assegnazione 
di alloggi di edilizia economica e popolare e !'-accesso al connesso 
credito ed ogni altro beneficio relativo ad interventi di edilizia residenziale 
pubblica, sovvenzionata e agevolata, considereranno i cittadini 
di Stati membri della Comunit� economica europea, che svolgano in 
Italia attivit� di lavoro autonomo e versino nelle condizioni soggettive 
e oggettive previste dalla citata normativa, equiparati ai lavoratori autonomi 
cittadini italiani �. 

L'impossibilit� di imputare tale disposizione al1a funzione governativa 
di indirizzo e di coordinamento deriva daf fatto che quest'ultima 
costituisce l'esercizio di una competenza particolare che si distingue 
da altri poteri governativi di direzione o di direttiva -e, a maggior 
ragione, di normazione -per avere contenuto e caratteri formali del 
tutto peculiari. Pi� precisamente, tale funzione ha il proprio fondamento 
costituzionale nelle norme che pongono limiti alle competenze legislative 
e amministrative delle regioni e delle province autonome (v., da 
ultimo, sent. n. 242 del 1989); � esercitata da soggetti (legislatore o autorit� 
di governo) e secondo procedure e forme che sono predeterminati 
daf1a legge (v., specialmente artt. 3, della legge n. 382 del 1975 e 2, 
terzo comma, lett. d, della legge n. 400 del 1988); � indirizzata a soggetti 
dotati di �autonomia costituzionalmente garantita, che, in ragione di 
questa loro posizione, ne condizionano le modalit� di esplicazione e i 
relativi limiti (principio di legalit� �sostanziale �, strumentalit� alla 
tutela di interessi unitari, etc.); e, infine, � svolta attraverso atti .caratterizzati 
da un contenuto dispositivo funzionalmente tipizzato, consistente 
nella posizione di programmi, di indirizzi o di misure di coordinamento. 


Poich� secondo l'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte 
(v., ad esempio, sentt. nn. 219 del 1984, 151 del 1986, 107 e 611 del 1987, 
726 del 1988) l'autoqualificazione di un atto non pu� esser considerata 
determinante quando sia contraddetta dall'oggettiva natura giuridica dell'atto 
stesso, si rende necessario esaminare il decreto impugnato onde 
verificare se risponda ai requisiti di identit� del proprio tipo. 

Sulla base dei trattati caratteristici della funzione di indirizzo e di 
coordinamento prima ricordati, gli atti attraverso cui tale funzione si 
esercita vanno identificati tanto in relazione a criteri formali attinenti 
al fondamento di competenza, al soggetto che li adotta, alla forma della 
deliberazione, alla materia disciplinata e ai destinatari delle disposizioni, 
quanto in relazione a criteri materiali attinenti alla caratterizzazione 
strutturale e funzionale delle misure adottate, le quali devono consistere 
nel contenuto tipizzato proprio deHa competenza di indirizzo e di coor


dinamento. 


RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO

46 


Sebbene risponda positivamente a molti dei requisiti indicati, il decreto 
impugnato � tuttavia manchevole sia per quanto riguarda i criteri 
contenutistici, sia per quanto concerne il criterio formale relativo ai 
propri destinatari. 

Sotto il primo profilo, va sottolineato che il decreto impugnato non 
aggiunge alcun quid novi rispetto alla norma comunitaria che, in conseguenza 
dell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia CEE nella 
sentenza 14 gennaio 1988, in causa 63/86, si deduce dagli artt. 52 e 59 
del Trattato CEE in relazione al diritto dei cittadini dei Paesi della 
Comunit� concernente l'accesso alla propriet� e alla locazione degli 
alloggi di edilizia resi!denziaile pubblica e al relativo credito. 

In altre parole, il d.P.C.M. 28 ottobre 1988, contrariamente a quanto 
supposto dalla mcorrente, non � diretto a integrare la predetta norma 
comunitaria, n� a darvi attuazione e neppure a imporre alle regioni e 
alle province autonome di modificare o di adeguare alla stessa norma 
comunitaria le proprie leggi eventualmente difformi. D'altra parte, contrariamente 
a quanto supposto dall'Avvocatura dello Stato, il decreto 
impugnato non contiene direttive per l'applicazione della citata norma 
comunitaria, poich� si limita a ricordare alle regioni e alle province 
autonome, oltrech� agli organi dello Stato, che, in base agli artt. 52 
e 59 del Trattato CEE, come interpretati dalla Corte di giustizia europea, 
essi dovranno consideraxe i cittadini di Stati membri della Comunit� 
economica europea, che svolgano in Italia attivit� di lavoro autonomo, 
come equiparati ai cittadini italiani nell'accesso agli alloggi di 
edilizia economica e al relativo credito. 

In breve, l'atto impugnato si limita a portare a conoscenza di tutti 
gli organi dello Stato e di tutte le regioni (e delle province autonome) 
l'esistenza di un obbligo comunitario, di per s� gi� direttamente osservabile 
e prevalente sUille leggi statali o regionali, avente il contenuto 
riferito dal decreto stesso. Esso, in altre parole, adempie a una funzione 
notiziale, la quale ha, in ognd caso, contenuto e finalit� tali da non 
poter es'Sere minimamente ricondotta alla funzione di indirizzo e di 
coordinamento. 

Del resto, un ulteriore indizio dell'impossibilit� di ricondurre l'atto 
impugnato nell'ambito del[a funzione (governativa) di indirizzo e di 
coo11dinamento verso le regioni e le province autonome e della particolare 
posizione ricoperta dal Governo in tale evenienza � dato dal fatto 
che quell'atto � indiscriminatamente indirizzato a tutti gli organi, statali 
e regionali, che operano nell'applicazione delle leggi sull'edilizia residenziale 
pubblica e sull'accesso al relativo credito. Questo rilievo, infatti, 
corrobora l'idea che l'atto impugnato si collega a una funzione diversa 
da quella che il Governo esercita esclusivamente verso le regioni e le 
province autonome con gli atti di indirizzo e di coordinamento. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Da tale conclusione discende, altresl, l'assorbimento degli ulteriori 
profili di legittimit� del decreto impugnato sollevati sul presupposto 
della sua qualificazione come atto di indirizzo e coordinamento. 

Pur se, dunque, per la funzione meramente notiziaJ.e che lo caratterizza, 
non pu� rientrare, nonostante la propria autoqualificazione 
(espressa, peraltro, �in parti esterne al contenuto dispositivo), fra gli 
atti (governativi) di indirizzo e di coordinamento verso le regioni (e 
le province autonome), il d.P.C.M. 28 ottobre 1988 non pu� essere con� 
siderato illegittimo. Infatti, proprio per la funzione ohe svolge, tale 
decreto non pu� essere interpretato come un atto diretto a produrre 
una (illegittima) novazione della fonte della norma comunitaria cui si 
riferisce. N�, del resto, va trascurato che, sempre in considerazione 
dello scopo che obiettivamente lo caratterizza, lo stesso decreto risponde 
pienamente al principio di � leale cooperazione � che, secondo la costante 
giurisprudenza di questa Corte, presiede ai rapporti fra Stato e regioni 
(o province autonome). 

Tantomeno, poi, pu� ritenersi che l'atto impugnato sia stato adottato 
inutilmente. Per un verso, infatti, nel portare a conoscenza di tutti 
i soggetti dell'ordinamento interno operanti nel campo dell'edilizia residenziale 
pubblica una norma comunitaria che � stata determinata nel 
suo preciso significato da una sentenza della Corte di giustizia delle 
Comunit� europee, il decreto impugnato rende nota nelle forme pubbliche 
ufficiali una norma che, a causa del suo particolare modo di 
definizione e delle sommarie forme di pubblicit� delle suddette sentenze 
nell'ordinamento nazionale, potrebbe essere non esattamente conosciuta 
dai soggetti interni. Per altro verso, lo stesso decreto, nell'adempiere 
al1a ricordata funzione notiziale, pone all'attenzione dei soggetti dell'ordinamento 
interno operanti nel campo dell'edilizia residenziale pubblica 
gli obblighi derivanti sul piano dell'ordinamento nazionale dall'esistenza 
di una norma comunitaria direttamente applicabile e prevalente su ogni 
altra legge interna, tanto se statale, quanto se regionale (o provinciale). 

In ogni caso, proprio a causa della funzione meramente notiziale 
che � chiamato a svo1gere, il decreto impugnato non pu� ess11r ritenuto 
oggettivamente idoneo ad apportare qualsivoglia lesione o a produrre 
qualsiasi forma d'interferenza nei confronti delle autonomie costituzionalmente 
garantite alle regioni e alle province autonome. 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1989, n. 256 -Pres. Saja -Rel. 
Greco -Presidente Consiglio dei. Ministri (avv. Stato Favara) e Regione 
Sardegna (avv. Panunzio). 

Referendum � Referendum regionale � Atto di indizione � Pu� esserne giudicata 
la invasivit� 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

48 

Regioni � Interesse regionale in ambiti estranei alle materie di competenza 
regionale -Non configurabilit� in presenza di interessi unitari. 

E ammesso conflitto di attribuzione per addurre la invasivit� di un 
atto regionale di indizione di referendum. 

Il ruolo di presenza politica riconosciuto alle regioni per le questioni 
di interesse regionale pu� aversi anche in settori estranei alle 
materie di competenza regionale ma non pu� configurarsi laddove vi 
sono interessi che riguardano, nella loro essenza unitaria, la collettivit� 
nazionale, come tali affidati in via esclusiva alla cura dello Stato (1). 

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato nei conf�ronti 
della Regione Sardegna, conflitto di attribuzione in re}azione agli atti 
preparatori e al decreto del 19 ottobre 1988, n. 161, del Presidente della 
Giunta regionale della Sardegna con il quale, a seguito della deliberazione 
di ammissibhl.it� dell'Ufficio Regionale per il referendum, sono 
state indette consultazioni popolari sui seguenti quesiti: (omissis) 

Il Presidente suindicato ha chiesto che sia dichiairato che non spetti 
alla Regione Sardegna ammettere ed indire referendum, ancorch� consultivi, 
con quesiti relativi a materie non comprese nella sua competenza 
ed, in particolare, con quesiti relativi a rapporti internazionali 
ed alla difesa del'la Patria e che, invece, compete allo Stato ogni attribuzione 
relativa alle dette materie e, di conseguenza, siano annullati 
gli atti in relazione ai quali � sollevato il conflitto. 

� preHminare l'esame dell'eccezione di inammissibilit� del ricorso 

sollevata dalla Regione resistente secondo cui, in realt�, dinanzi alla 

Corte si sarebbe proposto un nuovo giudizio di ammissibilit� dei refe


rendum gi� effettuato dagli organi a ci� deputati ed estraneo alla com


petenza della Corte medesima. 

L'eccezione non � fondata. Come gi� rilevato in precedenti decisioni 

(sentenza n. 43 del 1982), esula dai compiti di questa Corte giudicare 

(1) La sentenza saggiamente ridimensiona alcune enunciazioni, pervero 
un tantino enfatiche, contenute nella sentenza n. 829 del 1988, e parrebbe 
individuare tre ambiti, quello delle �materie � di competenza regionale, quello 
degli interessi esclusivamente statali, e quello -residuale e per cos� dire 
intermedio -degli interessi della collettivit� regionale non inerenti alle 
�materie� di competenza regionale. L'esistenza e rilevanza per l'ordinamento 
giuridico di una pluralit� di interessi pubblici e purtuttavia differenziati 
� esplicitamente affermata da dati normativi anche di livello costituzionale 
(come emerge ad esempio dalla lettura dell'art. 117 Cost.). 
� appena il caso di osservare che forse una maggiore attenzione dovrebbe 
essere riservata, in sede di controllo sulle delibere legislative regionali, a!la 
prev1s1one di ipotesi extrastatutarie di accesso allo strumento referendario. 
Sul punto la Corte parrebbe aver solo sospeso il giudizio. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dell'ammissibilit� dei referendum regionali mentre rientra fra i suoi 
poteri stabilire, come si richiede nel caso di specie, se l'atto di ammissione 
di referendum regionali leda la sfera di competenza costituzionalmente 
garantita allo Stato. 

Nella specie, la sola lettura del ricorso introduttivo convince che 
trattasi di un vero e proprio conflitto di attribuzione. Invero, non � 
posto in discussione l'operato dell'Ufficio preposto all'accertamento dell'ammissibilit� 
dei referendum ed, inoltre, � specificamente contestato 
il decreto del Presidente delJ.a Giunta regiona:le di indizione e di effettuazione 
dei referendum stessi, quale atto produttivo della lesione della 
sfera delle attribuzioni che lo Stato rivendica: ne emerge, perci�, chiaramente 
che la materia referendaria� viene in rilievo esclusivamente in 
relazione alla specifica rivendicazione di una propria sfera di attribuzioni 
da parte del ricorrente. (omissis) 

Sono fondate le ragioni che sorreggono nel merito il ricorso. Lo 
Statuto speciale per la Regione Sardegna prevede tre referendum regionali: 
un referendum abrogativo (art. 32); un referendum interno al 
procedimento legislativo regionale di modifica delle circoscrizioni e delle 
funzioni delle Province (art. 43); un referendum consultivo, inserito nel 
procedimento di modifica dello Statuto se il progetto di modifica sia 
stato approvato, in prima deliberazione, da una delle Camere ed il 
parere del Consiglio regionale sia contrario (art. 54). 

I tre referendum sono stati disciplinati, anche per la procedura, 
dalla legge 17 maggio 1957, n. 20, e poi con la legge 24 maggio 1984, 

n. 25, per adeguare alcune norme procedimentali alle statuizioni di 
questa Corte (sentenza n. 43 del 1982). 
Successivamente, la legge regionale 15 luglio 1986, n. 48, ha previsto 
sei ipotesi di referendum: a) per deliberare l'abrogazione di una legge 
regionale o di un atto avente valore di legge, fatta eccezione per le leggi 
tributarie e di approvazione dei bilanci; b) per deliberare l'abrogazione 
di un regolamento o di un atto o pTOvvedimento amministrativo regionale; 
e) per modificare le circoscrizioni e le funzioni delle province, 
ai sensi dell'art. 43 dello Statuto speciale per la Sardegna; d) per esprimere 
il parere su un progetto di modificazione dello Statuto ai sensi 
dell'art. 54 dello Statuto speciale; e) per esprimere il parere, prima 
della loro approvazione, su progetti di legge ovvero di regolamenti o 
atti o provvedimenti amministrativi di competenza del Consiglio o della 
Giunta regionale; f) per esprimere il parere su questioni di particolare 
interesse sia regionale che locale. 

I referendum indetti con il decreto impugnato ricadono nella previsione 
di cui alla lettera f). 
I referendum consultivi, anche se sul piano giuridico formale non 
sono vincolanti e non concorrono a formare la volont� degli organi che 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

50 

li hanno indetti, restano, per�, espressione di una partecipazione politica 
popolaTe che trova fondamento negli artt. 2 e 3 della Costituzione: manifestazione 
che ha una spiccata valenza politica ed ha rilievo sul. piano 
della consonanza tra la comunit� e l'organo pubblico nonch� della connessa 
responsabilit� politica, quale espressione di orientamenti e di valutazioni 
in ordine ad atti che l'organo p�redetto intende compiere. 

Il loro esito potrebbe condizionare gli atti da compiersi in futuro 
e le scelte discrezionali che spettano a determinati organi centrali. 

Comunque, nel rapporto con le istituzioni statali, sulle grandi questioni 
di interesse generale deve esprimersi, e nello stesso momento, 
l'intero corpo elettorale. Al referendum consultivo regionale, anche attesa 
la partecipazione della sola popolazione regionale, non pu� certamente 
darsi quello stesso spazio che potrebbe avere il referendum consultivo 
nazionale. 

Rispetto ai referendum consultivi regionali, si pongono necessariamente 
dei limiti, proprio per evitare il rischio di. influire negativamente 
sull'ordine� costituzionale e politico dello Stato. 

Alla stregua delle considerazioni fatte, si deve cogliere, quindi, il 
significato dell'interesse regionale e locale che qualifica i quesiti refe-� 
rendari e il conseguente potere dell'organo che li indice. Ha certamente 
rilievo la di:stinzione, sostenuta dalla difesa della Regione, tra materia 
ed interesse sotteso, ma non pu� giungersi alla conseguenza che possa 
risultare incisa la sfera delle attribuzioni riservate allo Stato. 

Vi sono interessi la cui cura e la cui realizzazione spetta esclusivamente 
allo Stato in base ai principi costituzionali e ai principi fondamentali 
dell'ordinamento. Vi sono scelte affidate alla esclusiva competenza 
degli organi centrali dello Stato che non possono essere assolutamente 
condizionate o, comunque, influenzate dall'esito di detti referendum 
consultivi. 

La stessa difesa della Regione riconosce che vi sono materie fondamentali 
per gli interessi deHo Stato. 

Questa Corte ha affermato (sentenza n. 286 del 1985) che le Regioni 
curano materie di loro competenza; sono enti esponenziali di interessi 
propri anche se essi non si debbano vagliare secondo il rigido metro 
delle competenze attribuite a1le stesse, mentre vi sono posizioni che, 
intrinsecamente e indivisibilmente, fanno capo all'intera collettivit� na� 
zionale. 

E sotto altro profilo, di recente ha rilevato anche ~sentenza n. 829 
del 1988), che le Regioni hanno un ruolo di presenza po'litica, ma sempre 
per questioni di interesse regionale, eventualmente concernenti settori 
estranei alle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, talch� vi sia 
possibilit� di una proiezione di detto interesse al di l� dell'ambito 
regionale. Va, cio�, riconosciuto un ruolo di rapprresentanza generale 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

della collettivit� regionale e di prospettazione istituzionale delle sue esigenze 
ed aspettative. Ma vi sono interessi che riguardano, nella loro 
essenza unitaria, la collettivit� nazionale, come tali affidati alla cura 
dello Stato, che i mezzi a disposizione delle Regioni non possono intaccare. 
Ove vi sia intreccio di interessi nazionali e regionali e sempre che 
sia possibile, possono farsi intese tra Stato e Regione nella �funzione di 
cooperazione e di collaborazione. 

Ci� posto, per quooto riguarda l'attivit� politica internazionale, il 
compimento delle relative scelte e la stipulazione di acco�'di e di trattati, 
questa Corte ha gi� ritenuto (sentenze n. 179 del 1987; n. 187 del 1985) 
che rientra nella� esclusiva competenza degli organi centrali dello Stato 
il potere di determinare gli indirizzi di politica estera. 

Il carattere unitario ed indivisibile della Repubblica condiziona e 
subordiina le autonomie regionali (art. 5 della Costituzione), nelle quali 
non pu� essere compresa la potest� di decidere la instaurazione e la 
gestione dei rapporti internazionali e anche solo di condizionare le scelte 
di politica estera. 

N� pu� distinguersi fra trattati gi� stipulati e ratificati e trattati 
da stipulare poich� anche questi sono frutto di scelte di politica internazionale 
e sono di competenza degli organi centrali dello Stato sottratti, 
comU!llque, alla ingerenza di qualsiasi altro soggetto. 

Ci� � comprovato dall'art. 12 della legge n. 400 del 1988, che nell'istituire 
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni 
e le Province autonome, ha espressamente escluso che i � compiti di 
informazione, consultazione e raccordo� ad essa imputati possano con� 
cernere � gli indirizzi generali relativi alla politica estera � oltre a quelli 
relativi alla difesa, alla sicurezza e alla giustizia. 

Non mancano certo casi in cui la Regione � abHitata a svolgere 
attivit� di rilievo internazionale (sentenze n. 179 del 1987 e n. 924 del 1988), 
come pure sussistono casi in cui si, prevede la rappresentanza regionale 
nell'elaborazione di progetti di trattati di commercio che il Governo 
intende stipulare con Stati esteri per scambi di specifico interesse della 
Regione (art. 52, Statuto Regione Sardegna): ma si tratta chiaramente 
di ipotesi che non ricorrono nel caso dei referendum consultivi. in discussione 
e che non sono suscettibili di interpretazione estensiva. 

Anche la difesa militare � prerogativa degli organi statali (artt. 11 
e 52 della Costituzione). � esclusivo interesse, con carattere unitario ed 
indivisibile, dello Stato la difesa della integrit� territoriale, della indipendenza 
e della sopravvivenza. L'accertamento e la realizzazione di 
siffatto interesse, che assicura la salvaguardia del territorio nazion~le, 
spetta, dunque, unicamente allo Stato. 

In particolare, la difesa del territorio nazionale � oggetto di accordi 
di cooperazione e di trattati con la conseguente responsabilit� dello 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

52 

Stato in sede internazionale. Cos� � oggetto di accordi internazionali 
tra Stati la installazione di opere difensive, di basi militari terrestri, 
marittime e aeronautiche. Coinvolgono anche scelte esclusivamente statali 
la individuazione dei mezzi di difesa, deHe linee generali di conservazione, 
di sviluppo e di capacit� difensiva delle forze annate e tutto 
quanto ci� che, nei piani strategici, � diretto a garantire la sicurezza 
interna ed esterna de1lo Stato. 

La dislocazione di dispositivi militari nelle varie parti del territorio 
nazional� � il risultato di una strategia concordata tra Stati alleati che 
tiene conto di situazioni complessive di schieramenti e di nuove tecnologie 
che spesso esigono anche il segreto militare. Ovviamente, data la 
conformazione del territorio nazionale, pu� accadere che alcune Regioni 
siano, a causa deile ricordate installazioni, pi� sacrifioate di altre: ma 
di ci� sussiste urna adeguata giustificazione nei preminenti fini da realizzare 
che interessano l'intera popolazione per la tutela degli indivisibili 
interessi supremi deHa Repubblica. 

Tuttavia, v'� anche una previsione normativa (legge n. 898 del 1976), 
secondo cui lo Stato tiene conto degli interessi regionali ed agisce sentite 
anche le Regioni interessate (sentenza n. 1065 del 1988). 

Ci� detto in linea generale, rileva la Corte che i primi due referendum 
hanno per oggetto la inst~lazione di basi militari, il transito e l'approdo 
di navi estere da guerra in porti italiani per esigenze difensive. Sono il 
risultato di accordi politici presi in un quadro internazionale relativo 
all'attuazione di piani di ,difesa del territorio nazionale. Trattasi di scelte 
effettuate dagli organi centra1i dello Stato nell'esercizio del potere di 
indirizzo politico che ad essi compete. 

Per quanto riguarda il terzo quesito, osserva che la Regione Sar


degna, sia in base alla Costituzione (art. 121, secorndo comma), sia in 

base al suo Statuto speciale (art. 51), pu� presentare alle Camere, attra


verso il suo Consiglio regionale, voti e proposte di legge, anche di revi


sione costituzionale. Ma la sussistenza di un interesse unitario come 

sopra definito impedisce di affermare la spettanza alta Regione del po


tere di promuovere proposte di leggi dello Stato dalle quali esulano 

del tutto interessi di carattere regionale. Di conseguenza, la stessa indi


zione del referendum in questione viene ad inddere su interessi estranei 

a queHi sui quali la Regione pu� adottare propri provvedimenti. 

Perdono, quindi, consistenza processuale le questioni di legittimit� 

costituzionale, i'l cui esame viene sollecitato da:ll'Avvocatura Generale 

dello Stato. L'una conc�rnente l'art. 1 della legge n. 20 del 1957, nel 

testo sostituito dall'art. 3, lettera f), della legge n. 48 del 1986, in riferi


mento agli artt. 3, 4, 5, 32, 43 e 54 dello Statuto della Regione Sardegna, 

sotto il profilo che, aggiungendo detta norma, a queMi previsti dallo 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

53 

Statuto, nuovi modeMi di referendum, come quelli in esame, avrebbe 
alterato l'equilibrio tracciato dallo Statuto stesso in ordine alle attribuzioni 
legislative del Consiglio ed avrebbe conferito al Presidente della 
Giunta competenze esorbitanti rispetto a quelle segnate dalia norma 
costituzionale, con la possibilit� di causare turbamento nell'assetto isti� 
tuzionale della Regione cos� come definito da norme di rilievo costituzionale. 
L'altra, concernente gli artt. 6, 7 e 8 della medesima legge n. 20 
del 1957, come sostituito dagli artt. 2, 3 e 4 della legge n. 25 del 1984 
(Norme regolatrici deNa procedura referendaria), in riferimento ai prin� 
cipi organizzatori desumibili dagli artt. 87, sesto comma, della Costituzione, 
2 della legge 11 ma'l."zo 1953, n. 1, dalla legge ordinaria 25 maggio 
1970, n. 352, e dagli aTtt. l, 2, 3 e 4 deMo Statuto speciale della Regione: 
ci� tenuto anche conto del fatto che le censurate norme regolano 
H procedimento referendario, sioch� appaiono estranee all'attuale conflitto. 


Pertanto, va dichiarato che non spetta alila Regione SaTdegna indire 
i referendum in esame e, quindi, va annullato il decreto del 19 ottobre 
1988 con il quale il Presidente della Giunta della Regione Sardegna 
ha indetto i tTe referendum consultivi che si sarebbero doV'llti tenere 
rispettivamente due 1'11 dicembre 1988 ed il terzo il 16 aprile 1989. 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1989, n. 322 -Pres. Saja -Rei. 
Corasaniti -Regione Liguria (avv. Zanchini) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Laporta). 

Regioni -A statuto ordinario -Opere idrauliche di quarta o quinta catego-. 
ria o non classificabili -Attribuzione regionale. 

Spetta .alle regioni (a statuto ,ordinario) provvedere, anche all'interno 
dei bacini idrografici interregionali, in ordine !alle ope11e idrauliche di 
quarta o quinta categoria o non classificabili ai sensi del t.u. del 1904 (1). 

(omissis) Provvedendo, nell'ambito della prima operazione devolutiva 
alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in 
materia di competenza regionale, a[ trasferimento deJile funzioni in materia 
di viabilit�, acquedotti e lavori pubblici di interes�se regionale, 
il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, aH'a'l."t. 2, lett. e), ha effettivamente operato 
tale trasferimento per le opere idrauliche di quarta o quinta categoria 

(1) Nello stesso senso, FAVARA, in Commento al d.P.R. n. 616 del 1977, 
coordinato da CAPACCIOLI, voi. Il, 1980, 1505. 
6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e per quel'.le non class'ificate (conservando, invece, con l'art. 8, lett. b, 
la competenza degli organi stata!li per le opere di prima, seconda e terza 
categoria). (omissis) 

Intervenendo nuovamente in ordine a1 trasferimento delle funzioni 
alle Regioni ordinarie in materia di viabilit�, acquedotti e lavori pubblici 
di interesse regionale, il d.P.R. n. 616 del 1977, con l'art. 88, n. 2, ha 
trasferito alle Regioni le funzioni concernenti le opere idrauliche di 
prima categoria, nonch� quelle concernenti le opere di seconda categoria 
fino all'esperimento delle procedure di cui al successivo art. 89. Con 
tale ultima disposizione ha previsto la delimitazione ad opera del Governo, 
sentite le Regioni, di bacini idrografici interregionaH stabilendo: 
a) che, in esito a tale delimitazione, le opere relative ai bacini idrografici 
non interregionali siano trasferite alfo Regioni; b) che sulle opere 
relative ai bacini idrografici sia provveduto in sede di legge di riforma 
dell'amministrazione dei lavori pubblici; c) che, fino all'emanazione del'la 
detta legge, l'espletamento delle relative funzioni avvenga secondo un 
regime ' provvisorio -delega alle Regioni, da esercitare sulla base di 
programmi fissati e coordinati dai competenti organi statali; ed, essendo 
stata la delega differita fino a un dato termine, poi prorogato, e successivamente 
a tempo indeterminato (decreto-legge 12 agosto 1983, n. 372, 
convertito in legge 11 ottobre 1983, n. 547), predisposizione, frattanto, 
dei programmi di intervento dal Ministero dei lavori pubblici, di concerto 
con il Ministero dell'agricoltura e di intesa con le Regioni interessate 
-mentre � �restano ferme le competenze relative ai bacini interregionali 
trasferite alle Regioni con il. d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 �. 

Sulla base del regime provvisorio introdotto con l'art. 89 del d.P.R. 

n. 616 del 1977, e suilla premessa pacifica che, medio tempore, � stato 
delimitato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 
1977, il bacino idrografico interregionaie del fiume Magra e che 
in esso rientra l'opera di cui si tratta, la resistente Presidenza del Consiglio 
dei ministri, pur non contestando che questa, ai sensi del T.U. 
sulle opere idrauliche, sia classificabile soltanto tra quelle di quarta o 
quinta categoria, o addirittura sia non classificabile, nega la esclusiva 
competenza regionale. 
Ma la tesi non pu� essere condivisa. 
g inc0ntestabile che, con le disposizioni sopra richiamate, il d.P.R. 


n. 616 del 1977 abbia dato rilievo alla nozione di bacino idrografico in 
vista del coordirnamento fra opere idrauliche relative allo stesso corso 
j 

d'acqua e al sistema idrografico in cui questo � inserito, nonch� alla 
distinzione fra bacini regionali e bacini interregionali in vista della 
distribuzione di competenze fra Regione e Stato (con l'affidamento delle 
opere relative ai primi interamente aHe Regioni e con una eventuale rn 


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PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

residua competenza statale quanto alle opere relative ai bacini interregionali). 
Ma ci� non importa che, per effetto delle previsioni del d.P.R. 
in argomento ed ai fini da esso previsti, debba necessariamente ritenersi 
venuta meno la rilevanza della classificazione delle opere idrauliche di 
cui al T.U. approvato con r.d. n. 523 del 1904, dianzi descritte, e tanto 
meno importa la consegu�nza, voluta dalla Presidenza del Consiglio, 
che il trasferimento delie funzioni per le opere idrauliche di quarta o 
quinta categoria e non classificate (trasferimento operato appunto con 
l'art. 2 del d.P.R. n. 8 del 1972), debba ritenersi revocato o limitato alle 
sole opere (delle dette categorie) relative ai bacini regionali, e che per 
le opere (deHe dette categorie) relative ai bacini interregionali debba 
applicarsi il regime provvisorio finora reaiizzato, e cio� quello dell'intesa 
fra Stato e Regione sui programmi di intervento. 

Una simile interpretazione, in primo luogo, � resistita dall'art. 89 
del d.P .R. n. 616 del 1977, l� dove conferma espressamente il trasferimento 
a:Jlle Regioni delle funzioni concernenti le opere in questione con 
la precisazione che si tratta di competenze relative ai bacini interregionali 
e pone tale conferma come limite al regime provvisorio con esso 
introdotto. 

Che, poi, la soluzione adottata non adegui la distribuzione delle 
competenze fra Stato e Regione all'esigenza di coordinamento fra le 
opere idrauliche eseguite o da eseguire nello stesso baJ::ino idrografico 
al punto da esdudere la competenza della sola Regione per tutte le 
opere relative a un bacino idrografico interregionale qualunque ne sia 
la classificabilit� ai sensi del T.U., non � incomprensibile. Si tratta, 
invero, di una soluzione di compromesso fra l'esigenza sopraindicata e 
quella di dare la pi� ampia attuazione alla quaftificazione deHe materie 
di competenza regiona!le di cui al disposto deH'art. 118 in relazione all'art. 
117 della Costituzione (che annovera i lavori pubblici fra tali 
materie): soluzione giustificata da ci�, che le opere classificabili fra 
quelle di quarta o di quinta categoria, e ancor pi� quelle non classificabili, 
ai sensi del T.U. sulle opere idrauliche, hanno un rilievo pi� 
strettamente locale (confronta quanto sopra rilevato a proposito della 
loro natura e della disdplina concernente l'onere dell'esecuzione, della 
manutenzione e deUe relative spese), qualunque sia la dimensione (regionale 
o interregionale) del bacino idrografico cui esse ineriscono. 

Spetta quindi alla Regione, anche al di fuori deM'intesa con gli organi 
statali, provvedere in ordine ad opere idrauliche olassificabi'li fra quelle 
di quarta o quinta categoria o non clasificabili ai sensi del T.U. sulle 
opere idraUiliche, con conseguente annullamento dell'impugnato provvedimento. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

56 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1989, n. 323 -Pres. Saja -Rel. 
Ferri -Sibram (avv. Sorrentino), Mitalia (avv. Romanelli) e Presidente 
Oonsiglio dei Ministri (avv. Stato Bruno). 

Trattato internazionale -Reso esecutivo con legge -Legge ordinaria 

di modifica della precedente -Legittimit� costituzionale. 

(Cost. artt. 3 e 10; I. 26 marzo 1983 n. 84). 

Non contrasta con l'art. 10 Cast. la legge che abroghi o modifichi un 
trattato internazionale reso esecutivo in Italia con legge ordinaria. 

(omissis) La Convenzione di Varsavia per runificazione di alcune 
regole relative al trasporto aereo internaiJionale ha disciplinato, fra 
l'altro, i limiti di responsabilit� del vettore aereo per danni a persone, 
bagagli o merci durante il trasporto, determinandone l'importo (art. 22 

n. 4) in franchi francesi deM'epoca, (il cosiddetto franco Poincar�), corri� 
spo~denti a 65,5 milligrammi di oro fino al titolo di 900 millesimi. Il 
Protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955, reso esecutivo in Italia con 
legge 3 dicembre 1962 n. 1832, ha modificato la Convenzione di Varsavia 
in alcune sue parti, stabi!lendo, per quel che qui interessa (emendamento 
XI sostitutivo dell'art. 22), che le somme indicate in franchi sono 
considerate come riferite ad una unit� monetaria costituita da 65 milligrammi 
e mezzo d'oro al titolo di 900 miillesimi di fino. Le somme 
potevano essere convertite in ciascuna moneta nazionale e la conversione 
doveva effettuarsi in caso di controversia giudiziaria secondo il 
valore oro della moneta alla data del giudizio. 
UJteriori modifiche al testo cos� emendato della Conven21ione di Var 
savia furono apportate dal Protocollo del Guatemala deH'8 marzo 1971, 
reso esecutivo in Italia dalla legge 6 febbraio 1981, n. 43; ma detto. accordo, 
essendo stato ratificato da pochi Stati, non � entrato in vigore, e 
comunque esso non incideva sulla parte concernente la determinazione 
ed il calcolo delle somme relative ai limiti di responsabilit� del vettore 
per le merci ed i bagagli. 

Le successive vicende monetarie internazionali, la formazione di un 
doppio mercato deM'oro, la denuncia degli accordi di Bretton Woods, de� 
terminavano il venir meno di un sistema uniforme e soddisfacente di 
calcolo delle somme anzidette neMe diverse monete nazionali. I Protocolli 
di Montreal del 25 settembre 1975, resi esecutivi in Italia dalla legge 6 febbraio 
1981 n. 43, hanno inteso porre rimedio a tale stato di incertezza 
rapportando la quantificazione dei limiti previsti per la responsabilit� del 
vettore ai diritti speciali di prelievo introdotti, come � noto, da!l Fondo 
monetario internazionale quale unit� internazionale di pagamento. I Protocolli 
di Montreal non sono per� ancora entrati in vigore, poich� non si 


PARTE I, SEZ. I, GHmISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

� verificata la condizione richiesta della loro ratifica da parte di almeno 
trenta Stati. 

A questo punto il legislatore nazionale ha Titenuto opportuno anticipare 
unilateralmente l'applicazii.one della nuova normativa introdotta dai 
ProtocoMi anzidetti; con '1a legge n. 84 del 1983 viene infatti stabilito che 
le somme previste dall'art. 22 della Convenzione di Varsavia quali limiti 
della responsabilit� del vettore aereo sono 1sostitud.te da nuovi importi 
calcolati in diritti speciali di prelievo; in particolare, per quanto riguaTda 
la controversia di cui � investito il gd.udice a quo, la somma di 250 franchi 
oro Poincar� per Kg. di merce � convertita in 17 diritti speciali di prelievo. 


Questa Corte � pertanto chiamata a decidere se la citata legge n. 84 
del 1983 non contrasti con l'art. 10 della Costituzione, in quanto, modificando 
unilateralmente un trattato internazionale, avrebbe violato il principio, 
generalmente accettato e �rispettato, dell'obbligatoriet� dei patti internazionali, 
ed altres� con l'art. 3 della Costituzione, in quanto verrebbe 
a creare una ingiustificata disparit� di trattamento fra utenti del trasporto 
aereo ai quali si applichi la legge italiana e utenti cui si debba 
ancOTa applicare la Convenzione di Varsavia. (omissis) 

In ordine logico va esaminata in primo luogo I'ipotesi di contrasto 
della legge impugnata con l'art. 10 della Costituzione. La questione � infondata. 


Emerge in modo inequivocabile dai lavori deH'Assemblea costituente 
-e dottrina e giurisprudenza sono concordi -che l'art. 10, primo comma, 
della Costituzione prevede l'adattamento automatico del nostro ordinamento 
esclusivamente alle � norme del diritto internazionale gen~ralmente 
riconosciute�, intendendosi per tali le norme consuetudinarie. 

L'adattamento alle norme internazionali pattizie avviene invece per 
ogni singolo trattato con un atto ad hoc cons�1stente neM'ordine di esecuzione 
adottato di regola con legge ordinaria. Ne consegue che i trattati 
intel'nazionali vengono ad assumere nell'ordinamento la medesima posizione 
dell'atto che ha dato loro esecuzione. Quando l'esecuzione � avvenuta 
mediante legge ordinaria, essi acqu1stano pertanto la forza ed il 
rango di legge ordinaria che pu� essere abrogata o modificata da una 
legge ordinaria successiva. � rimasta minoritaria in dottrina, e non � mai 
sta_ta condivisa da:lla giurisprudenza della Corte di cassazione, n� di questa 
Corte, '1a tesi secondo la quale i trattati internazionali, pur introdotti 
nel nostro ordinamento da legge ordinaria, assumerebbero un rango 
costituzionale o comunque superiore, cos� da non poter essere abrogati 

o modificati da legge ordinaria in forza del principio del rispetto dei 
trattati (pacta sunt servanda), norma di diritto internazionale generalmente 
riconosciuta. In tal modo si verrebbe a ricondurre le norme internazionali 
pattizie sotto l'impero dcll'art. 10, primo comma, della Costi

58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tuzione, mentre -come si � detto -esso � stato cos� formulato proprio 
per limitarlo alle norme generali materiali ed escludere dalla ,sua sfera 
di applicazione i trattati, in quanto la norma generale � pacta sunt servanda 
� � norma strumentale non suscettibile di applicazione nell'ordinamento 
interno. 

Questa Corte non pu� quindi non confermare la propria costante 
giurisprudenza che esclude le norme internazionali pattizie, ancorch� 
generali, dall'ambito di operativit� dell'art. 10 della Costituzione (sentt. 
nn. 153 del 1987, 96 del 1982, 188 del 1980, 48 del 1979, 104 del 1969, 32 
del 1960). 

Il parametro dell'art. 10 della Costituzione � stato peroi� a torto 
invocato dal giudice remittente, poich� non confligge con esso la legge 
che abroghi o modifichi un trattato internazionale reso esecutivo con 
~a normale legge ordinaria. 

Pu� anche osservarsi in questa sede che nel caso in esame non 
varrebbe nemmeno appellarsi al cosiddetto principio di � specialit� dei 
trattati�, sostenuto da una parte della dottrina. � evidente che l'eventuale 
applicazione di tale principio non darebbe luogo ad una questione 
di legittimit� costituzionale, ma sarebbe rimessa ailla funzione 
di interprete delle leggi demandata al giudice ordinario; comunque, sia 
dalla formuJ.azione testuale della legge 26 marzo 1983, n. 84, sia dai 
lavori preparatori, emerge chiaramente la espressa vo1ont� del legislatore 
di modificare la Convenzione di Varsavia in alcune sue clausole 
contenute nell'art. 22, e quindi di sospendere in tali parti. l'esecuzione 
del trattato stesso. 

La questione � parimenti infondata sotto il profilo dell'altro parametro 
invocato, vale a dire l'art. 3 della Costituzione. Su questo punto 
il giudice a quo formula sostanzialmente una duplice censura, prospettando 
sia una dngiustificata disparit� di trattamento che potrebbe verificarsi 
fra � utenti del medesimo servizio (11 trasporto da parte del1'
Alitalia) a seconda che si applichi la legge italiana qppure che la stessa 
non sia applicabile �, sia la irragionevolezza della compressione del diritto 
al risarcimento liquidabile all'utente del trasporto merci, in quanto 
il passaggio dalla disciplma della Convenzione di Varsavia a quella 
deHa legge impugnata comporta una riduzione di oltre dieci volte del 
limite prefissato per la responsabiHt� del vettore. Quali che siano i presupposti 
sui quali il giudice remittente fonda le sue ipotesi, le due censure 
devono essere disattese. 

~ 

� pacifico che non sussiste disparit� di trattamento riconducibile i: 
~ 
ad una violazione dell'art. 3 della Costituzione quando vengano para


i: 
gonate due situazioni, una delle quali regolata daHa legge italiana e i: 
faltra invece da un ordinamento straniero; tale � infatti il raffronto i 
ipotizzato dall'ordinanza di remissione, tanto nel caso che siano presi 

t 

~ 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

59 

in considerazione un utente italiano e un utente straniero, quanto nel 
caso che la controversia sia portata dinanzi ad un giudice italiano o 
dinanzi ad un giudice di altro paese. Trattandosi sempre di situazioni 
non omogenee, esse non sono paragonabili, e comunque non pu� mai 
invocarsi l'art. 3 della Costituzione che opera esclusivamente, -come 
rileva l'Avvocatura dello Stato -, �nell'ambito de1le relazioni fra norme 
o sistemi normativi interni all'ordinamento nazionale�. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1989, n. 406 -Pres. Saja -Rel. Corasamti 
-Corte dei Conti (avv. Pace e Sorrentino), Senato e Camera dei 
Deputati (avv. Predieri) e Presidente Consiglio dei Ministri (Avv. Gen. 
Stato Azzariti). 

Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione � Organi ausiliari previsti 
dalla Costituzione � Sono abilitati a sollevare il conflitto. 

Corte Costituzionale � Conflitto di attribuzione � Non pu� essere occasionato 
da atto legislativo. 

Corte dei Conti � Decreto legislativo e decreto legge . Necessit� costituzionale 
del controllo preventivo � Non sussiste. 

Gli organi ausiliari di cui agli artt. 99 e 100 Cast. sono abilitati a 
sollevare conflitto di attribuzione in relazione ad atto o comportamento 
di qualsiasi altro organo costituzionale -compreso quello ausiliato -che 
essi reputino lesivi dell'attribuzione costituzionalmente conferita (1). 

Non � ammesso conflitto di attribuzione in relazione agli atti legislativi 
(2). 

Spetta al Governo adottare i decreti legislativi ed i decreti legge 
senza successivamente sottoporli a visto e registrazione della Corte dei 
Conti (3). 

(1-3) La sentenza -la cui importanza � eviidente -separa in modo netto 
gli atti legislativi (del Parlamento, del Governo e del:le Regioni) dagli altri atti 
prodotti da pubbliche autorit�. E ci� escludendo sia che gli atti legislativi possano 
occasionare conflitti di attribuzione (e possano essere � annullati� in 
esito ad essi), sia che gli attri legislativi siano da vicomprendersi tra gli �atti 
del Governo� cui J'art. 100 comma secondo Cost. si riferisce. 

Per gli attri legislativi H �controllo � � momento unicamente politico (in 
ultima istanza, dei co11Pi elettorali :rispettivamente na7lionale e 'regionali), mentre 
unico Giudice della legittimit� costituzionale degli atti legislativi rimane fa 
Corte costituzionale (prescindendo dai riflessi della compresenza dell'ordinamento 
comunitario). 

La pronuncia, proprio perch� basata sulla anzidetta separazione, ha una 
portata non limitata ai decreti legislativi ed ari decreti legge di cui agli artt. 76 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

60 


Con ricorso depositato il 15 aprile 1989, la Corte dei conti, Sezione 

di controllo, in persona del presidente pro-tempore, ha sollevato conflitto 
di attribuzione nei confronti del Governo della Repubblica nonch�, � ove 
occorra�, del Ministero di grazia e giustizia, fo relazione all'omessa 
sottoposizione ad essa Corte dei conti del d.P.R. 27 dicembre 1985, n. 1142 
(trasferimento alla regione Valle d'Aosta delle funzioni in materia di 
industria, commercio, annona e utilizzazione delle miniere) prima deHa 
sua pubblicazione, e alla pubblicazione medesima, e nei confronti della 
Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica in relazione all'approvazione 
dell'art. 16, primo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400 
(disciplina dell'attivit� di Governo e ordinamento della Presidenza del 
Consiglio dei ministri) -che sottrae al controllo della Corte dei conti 
� i decreti del Presidente della Repubblica, adottati su deliberazione del 
Consiglio dei ministri, ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione� -, 
lamentando la lesione del potere di controllo sugli � atti del Governo � 
ad essa attribuito dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione. 

Espone la ricorrente che il 20 gennaio 1986 veniva ad essa trasmesso 
per il controllo di legittimit� il suindicato decreto adottato ~n attuazione 
di delega conferita al Governo. L'ufficio di controllo aveva restituito il 

e 77 Cost., e che coinvolge anche gli atti fogdslativi del Governo previsti da Statuti 
speciali (per le norme di attuazione di essi). Paradossalmente, alla impostazione 
della pronunoia ha forse contribuito proprio la modalit� di accesso al 
Giudice costituzionale prescelta daHa Corte dei conti. 

Si pubblica (con esclusione della narrativa degli antefatti) l'atto di deduzioni 
presentato alla Corte costituzionale dalla Avvocatura dello Stato in rappresentanza 
del Presidente del Consiglio dei Ministri: 

Il controllo di legittimit� della Corte dei Conti e gli atti del Governo aventi 
forza di legge. 

�Con ordinanza in data 22 aprile 1989 la Corte costituzionale ha ammesso 
il conflitto di attribuzione soltanto nei confronti del Senato, della Camera e 
del Governo (non anche, quindi, nei confronti del Ministro di Grazia e Giustizia): 
ha altres� ritenuto, precisando per� di pronunciare in sede di mera delibazione, 
sussistere la materia di un conflitto, riservando peraltro alle parti 
di proporre, anche su questo punto, istanze ed eccezioni nel corso ulteriore 
del giudizio. 

2.-Con la ordinanza ora ricordata la Corte si � limitata a rilevare n difetto 
di legittimazione passiva del Ministro di Grazia e Giustizia ed a ritenere, 
in sede di mera delibazione, la sussistenza della materia del conflitto, ma ha 
rimesso ogni pi� approfondita indagine anche su1'1a sussistenza degli altri 
presupposti di ammissibilit� alla 'successiva fase del giudizio, dopo la formazione 
del contraddittorio. 

Sembra pe!'ci� necessario richiedere ora alla Corte costituzionale la verifica 
circa fa sussistenza di un uiteriore presupposto soggett-ivo, precisamente 
della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questo conflitto. 

Sul punto la ricorrente richiama il precedente costituito dalla sent. 129/81 
che afferm� la legittimazione passiva della Sezione 1a giurisdizionale della 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

61 

decreto, non regis,trato, con rilievo istruttorio. La Presidenza del Consiglio 
dei ministri, che non aveva �ritrasmesso alla Corte il decreto, a 
seguito dell'emanazione della legge 23 agosto 1988, n. 400 procedeva alla 
pubblicazione dello stesso sulla G.U. numero 4 del 5 gennaio 1989, pretermettendo 
il procedimento di controllo. (omissis) , 

Con l'ordinanza pronunciata ai sensi del terzo e del quarto comma� 
in relazione al primo comma dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 
questa Corte ha dato corso al presente conflitto nei confronti del Governo 
in omine ana mancata sottoposizione a controllo preventivo (visto 
e registrazione) della Corte dei conti e all'intervenuta pubblicazione, 
malgrado tale mancata sottoposizione, del decreto delegato d.P.R. 27 dicembre 
1985, n. 1142, e nei confronti del Parlamento in ordine alla 
�approvazione� dell'art. 16 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nella parte 
in cui non assoggetta al detto controllo preventivo i decreti adottati ai 
sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione (atti del Governo di normazione 
primaria). 

Stante il carattere delibativo della pronuncia, vanno tuttavia ulteriormente 
'verificati i requisiti soggettivi ed oggettivi, che sono contestati 
dai resistenti per quel che concerne I) l'attitudine della Corte dei conti 
a sollevare il conflitto, nonch� II) l'idoneit� della ilegge ad esserne oggetto. 

Quanto al primo punto, il problema non � senz'altro risolto dalle 
pronunce di questa Corte (sent. n. 129 del 1981, ord. n. 150 del 1980) che 
hanno riconosciuto la proponibilit� contro la Corte dei conti di conflitti 
di attribuzione sollevati in relazione alla instaurazione del giudizio di 
conto. In tal caso, infatti, la Corte dei conti veniva in considerazione 

Corte dei conti nel conflitto sollevato dalla Presidenza della Repubblica, dalla 
Camera dei Deputati e dal Senato. Ma, come del resto la stessa ricorrente 
riconosce, sri trattava in quel caso di conflitto insorto in relazione ad attivit� 
giurisdizionale della Corte e quindi la legittimazione cos� <riconosciuta � quella 
stessa generalmente e diftusamente riconosciuta agli organi giurisdizionali. 

Resta ancora da considerare se pure nehl'esercizio della funzione di controllo, 
in considerazione della quale la Corte � definita dalla Costituzione organo 
ausiliario del Governo, la Corte possa essere considerata potere dello Stato 
� sensi dell'art. 134 Cost. o comunque organo competente a dichiarare definitivamente 
la volont� del potere cui appartiene: se, in defiruitiva, sia possibile 
configurare un conflitto di attribuzione tra il Governo ed �un suo organo ausiliario. 


Quanto osservato nel ricorso, richiamando la sent. n. 226/76, e cio� che 
la Corte dei conti � l'unico organo di control1o che nel nostro ordinamento 
goda di una diretta garanzia in sede costituzionale, non appare rilevante per 
questa indagine: la garan2lia �riicoridata in quella occasione dalla Corte costituzionale 
riguarida la illdipenden~a dei componenti della Corte e non incide 
perci� sulla natura del controllo da questa esercitato. 

Anche quanto osservato nella stessa sentenza sulla analogia della funzione 
svolta dalla Corte dei conti in sede, di controllo alla funzione giuvisdizionale 
non pare decisivo, dato che J'analogia cos� rilevata non esclude che, come la 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAro

62 

relativamente a una ~ione giurisdizionale (garantita dall'art. 103 deHa 
Costituzione). E l'esercizio di una siffatta funzione � stato costantemente 
ritenuto da questa Corte legittimante sotto l'a~petto attivo e sotto quello 
passivo al conflitto fra poteri . deilo Stato. 

Precedente pi� significativo � quello costituito dal riconoscimento 
del potere della Corte dei conti di sollevare questioni di legittimit� costituzionale 
come operato da questa Corte con fa sentenza n. 226 del 1976 
sul presupposto della assimilabilit� della funzione di controllo preventivo 
(esercitata allora su un decreto delegato e iilell'esercizio della quale 
era stata sollevata la questione di Jegittimit� costituzionale della legge 
di delega) alla funzione giurisdizionale. Tuttavia non si pu� non avvertire 
che altro � il potere di sollevare in via incidentale questione di legittimit� 
costituzionale, allora esteso alla Corte dei conti sul cennato presupposto, 
altro � l'attitudine a sollevare confilitto fra poteri, da questa Corte fino 
ad ora riconosciuta a qualsiasi giudice, ma in relazione all'esercizio della 
giurisdizione in senso stretto. 

Il problema va quindi impostato avendo riguardo alla posizione della 
Corte dei conti nell'esercizio della funzione di controllo preventivo e 
tenendo conto delle obiezioni sollevate dai resistenti, i quali contestano 
che tale posizione possa considerarsi qualificata da piena autonomia, in 
ragione del rapporto di ausiliariet� della funzione in discorso rispetto al 
Governo e/o a:l Parlamento. 

Ma, se l'ausiliariet� di una funzione consiste in ci�, ohe questa � 
attribuita direttamente dailla Costituzione a un dato organo dello Stato 
al fine di assicurare il pi� corretto o di agevolare il pi� efficiente svolgi-

stessa Corte ha precisato �in quella sentenza, H procedimento svolgentesi davanti 
alla Sezione di Controllo non � un giudizio in senso tecnico;processuale. 

3.-Ben pi� gravi sono i dubbi circa la sussistenza del presupposto oggettivo 
del confilitto in quanto sollevato, oltre che ~n relazione alla pubblicazione 
del decreto legislativo 27.12.85 n. 1142, anche avverso i!'art. 16, 1� comma 
della Iegge 23.8.1988 n. 400 che esenta dal controllo preventivo della Corte dei 
conti i decreti legislativi ed i decreti fogge, ben potendosi dubitare che atti 
aventi forza di legge, ed in particolare leggi formali, possano costituire oggetto 
di conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, problema al quale la 
Corte ha aocennato con la sentenza n. 40 del 1977 e che ha risolto in senso 
negativo con 'la sentenza n. 358/85 relativamente peraltro ai conflitti di attribuzione 
tra Stato e Regioni. 

Anche se il problema ora accennato pu� apparire di scarsa rilevanza concreta 
in questa controversia -dato che ogni giudizio su1la legittimit� della 
pubblicazione del d.P .R. 1142/85 presuppone ovviamente la verifica della legittimit� 
costituzionale dell'art. 16 della legge n. 400/88, -esso deve ora essere 
affrontato data l'importanza delle sentenze della Corte costle, nella costruzione 
dell'ordinamento costituzionale �vivente�: una eventuale sentenza che 
dichiarasse ammissibHe il conflitto elevato in relazione �all'art. 16 1. 400/88 affermerebbe 
l'esistenza, nel nostro ordinamento, di un nuovo -almeno .in punto 
di fatto, perch� fin ora mai utilizzato -strumento di impugnazione della 


-


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

63 

mento delle funzioni di altri organi, certamente ricorre nel primo quella 
posizione di piena autonomia, che lo abilita a sollevare conflitto ai sensi 
dell'art. 134 della Costituzione contro un atto o comportamento di qual� 
siasi altro organo -iV'i compresi gli organi costituzionali ausiliati in 
una delle forme sopraindicate -che esso reputi lesivo dell'attribuzione 
di cui � costituzionalimente investito. 

Orbene, tanto qui si verifica per la Corte dei conti, la quale, investita 
dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, del controllo preventivo 
sugli atti del Governo, denuncia la lesione da parte del Governo e del 
Parlamento di tale attribuzione, chiedendo a tal fine la verifica dell'ambito 
de1la medesima. E ci� indipendentemente dalla soluzione da dare al 
problema, se il controllo in argomento si estenda agli atti del Governo 
aventi valore di legge, problema che attiene al merito del conflitto. 

Quanto al secondo punto, la Corte ritiene ohe, in linea di priiinc�pio, 
il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato non possa ritenersi dato 
contro una legge o un atto equiparato. 

Ci� non soltanto� in vista della ragionevole esigenza di bilanciare la 
relativa latitudine della cerchia degli organi abilitati al conflitto fra 
poteri (non necessariamente organi costituzionali) con una pi� Tigorosa 
delimitazione dell'ambito oggettivo del conflitto stesso. Ma soprattutto 
in quanto -a parte le clifficolt�, avvertite anche dalla dottrina favore� 

legge, diverso da quelli espressamente previstJi dalla Costituzione e disponibile 
da soggetti diversi: in genere dai poteri. dello Staio. 

La esclusione della ammissibilit� �di conflitti, anche tra poteri dello Stato, 
sollevati in relarione ad atti con forza di legge � stata gi� sostenuta dalla 
dottrina in considerazione della natura tassativa delle forme di controllo di 
legittimit� costituzionale delle leggi, attribuito alla Corte costituzionale dal� 
l'art. 134, 1� alinea Cost. e dagli artt. 1 e 2 della legge costituzionale 9 febbraio 
1948 n. l, nonch� in considerazione degli effet-ti della dichiarazione cli 
illegittimit� costituzionale, quali sono stabiliti dall'art. 136 Cost. (cessazione 
di efficacia dal gforno successivo alla pubblicarione della sentenza), diversi 
e pi� limitati (fispetto a quelli della sentenza che, risolvendo un conflitto di 
attribuzione, accerti che l'atto :impugnato � viziato da :incompetenza (annullamento 
ex . tunc). 

Per sostenere I'ammissibildt� del conflitto originato da legge formale in 
ipotesi lesiva della competenza costitunonale di un potere de11o Stato, parte 
della dottrina, ora richiamata nel ricorso, prospetta fa possibilit� di pervenire a 
simile affermazione attraverso la pronuncia incidentale di illegittimit� costitu� 
zionale de11'art. 38 della .legge n. 87/53 in quanto non prevede che, quando l'oggetto 
del conflitto sia costituito dalla legge, l'effetto della sentenza della 
Corte costituzionale non � quello dell'annullamento ex tunc dell'atto !impugnato, 
bens� quello pi� limitato della cessazione di efficacia della norma con effetto 
ex nunc. 

Il rimedio cos� prospettato, peraltro, non tiene conio della gi� rilevata 
natura tassativa delle forme di controllo cli legittimit� costituzfonale delle 
l~ggi stabilite dalla Costituzione. 



64 

RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELl..O STATO 

vole alla tesi opposta, cui andrebbe incontro il coordinamento fra il 
sistema delle misure previsto per gli atti invasivi dall'art. 37 ss. della 
legge n. 87 del 1953 (misura dell'annullamento ai sensi dell'art. 38, e, se 
appicabile, misura della sospensione ai sensi dell'art. 40) e quello sancito 
per le leggi dichiarate costituzionalmente illegittime dagli artt. 136, primo 
comma, della Costituzione e 30, terzo comma, della legge n. 87 del 1953 -'-la 
�sperimentabilit� del conflitto contro gli atti suindicati finirebbe con 
il costituire un elemento di rottura del nostro sistema di garanzia costituzionale, 
sistema che, per quanto concerne la legge (e gli atti equiparati), 
� incentrato nel sindacato incidentale. 

Tale strutturazione della nostra garanzia costituzionale � da ritenere, 
infatti, frutto di una consapevole scelta operata, in riferimento 
agli artt. 137 e 127 della Costituzione, con la legge costituzionale 9 feb-

Questo controllo costituisce certamente una caratteristica ed una innovazione 
fondamentale del nostro ordinamento costituzionale che pone limiti a 
quella che era tradizionalmente considerata l'�onnipotenza � del legislatore, 
rappresentanrte diretto della sovranit� popolare. Di questa, perci�, non possono 
ammettersi altri limiti o controlli diversi da quelli stabildti espressamente 
dalle norme costituzionali: precisamente dall'art. 134 Cost., che prevede le 
�controversie relative alfa legittimit� costituzionale delle ~eggi e degli atti 
aventi forza di legge� separatamente dai �conflitti di attribuzione tra poteri 
dello Stato �; d~ll'art. 137 Cost. che riserva alla legge costituzionale la determinazione 
delle condizioni e termini di proponibilit� dei giudizi di legittimit� 
costituzionale; dagli artt. 1 e 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 
che, appunto in attuazione dell'art. 137, prevedono le sole �ipotesi della questione 
di legittimit� costituziona[e sorta in via incidentale in un giudizio e della 
impugnaziione diretta deHa legge dello Stato da parte di una Regione, nonch�, 
infine, dall'art. 127 Cost. che prevede l'ipotesi della impugnazione da parte 
dello Stato di una legge regionale. 

Al di fuori di queste �ipotesi non pu� quindi costruirsi un diverso procedimento 
utile per dnvestire la� Corte costituziionale del giudizio di [eg.ittimit� di 
una legge sia pure sotto il profilo deHa ritenuta lesione della sfera di attribuzioni 
di un potere deHo Stato. 

4.-:� certamente vero che per prassi . costantemente seguita fino all'entrata 
in vigore deH'art. 16 l. 23 agosto 1988 i decreti legislativi adottati dal 
Governo � sensi dell'art. 76 Cost. ed i decreti legge deliberati dal Consiglio 
dei Ministri sono stati, dopo Ja loro emanazione da parte del Presidente della 
Repubblica e prima della lom pubblicaziione, assoggettati al controllo preventivo 
di legittimit� della Corte dei conti. 

Costituiscono di ci� testimonianza la stessa vicenda che ha preceduto 
l'elevazione di questo conflitto, la sentenza della Corte costituzionale, ricordata 
dalla ricorrente, n. 143/68 che rilev� essere soggetti al controllo della 
Corte dei conti anche i decreti legge e fo foggi delegate, al fine di dimostrare 
il principio che la soggezione o meno di determinati atti a quel controllo va 
accertata non in considerazione della loro natura sost�anziiale di atti amministrativi 
bens� della loro provenienza dal Governo, sicch� da quel controllo 
devono escludersi gli atti del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia; a 
questa sentenza pu� aggiungersi quella, pi� recente, n. 226 del 1976, nella quale 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

65 

braio 1948, n. 1. � una scelta, la quale, oltre che alla ponderata valutazione 
dei modelli preesistenti di garanzia costituzionale, si correla all'idea, 
rimasta portante nel nostro sistema costituzionale, della preminenza 
della Legge e degli atti equiparati. 

In considerazione della riferibilit� di tali atti al pi� alto livello di 
rappresentativit� politica generale (riferibilit� diretta per le leggi e 
indiretta per gli atti di normazione primaria del Governo) e al pi� alto 
livello di autonomia (leggi regionali e provinciali), si � cos� ritenuto, 
per un verso,-di sottrarli in linea generale ad iniziative volte ad ostacolarne, 
in via preventiva, l'efficacia (con la sola eccezione delle impugnazioni 
dirette promosse, entro brevi termini perentori, nei reciproci 
rapporti fra Stato e Regione a salvaguardia delle rispettive competenze 
legislative, nella prospettiva di un conflitto fra enti o fra ordinamenti, 
che � distinta da quella del sindacato incidentale, ma non � riconducibile, 
nel nostro sistema, a quella del conflitto fra poteri). Per altro verso, 
di impedire che gli atti stessi, se sospetti di incostituzionalit�, trovassero 
applicazione in sede giurisdizionale, con ir.rimediabile pregiudizio per 
l'attuazione dei valori costituzionali nell'assetto dei rapporti giuridici. 

Complessa disciplina, questa, cui � sotteso da un lato un particolare 
favore per l'operativit� della legge e degli atti equiparati e dall'altro il 
postulato che la loro costituzionalit� vada verificata nel loro impatto 
sociale, cio� nella loro (concreta) incidenza sugli interessi reali. 

Certo pu� avvenire ohe, in relazione a leggi (o atti equiparati) che 
concernano direttamente competenze di organi pubblici e non anche 

pure fu rilevato come fossero sottoposti a controllo di legittimit� tanto i decreti 
legislativi delegati quanto i decreti [egge, pur sottolineando la diversa natura 
del controllo possibile nei due casi. 

� per� �anche vero che della ammissibilit�, dei limiti e della opportunit� 
del controllo di foghtimit� della Corte dei conti sui decreti legge ed anche 
sui decreti delegati si � sempre ampiamente discusso: fin dall'inizio del secolo 
e quindi gi� in sede di applicazione del R.D. 14.11.1901 n. 466 alcuni autol'i 
(CRISCUOLI, La delegazione del potere legislativo nel moderno Costituzionalismo. 
Napoli, 1910, 322) ebbero ad escludere che i decreti delegati rientrassero tra i 
� decreti reali � che, a norma della 1. n. 800 del 1862, erano soggetti al controllo 
deHa Corte dei conti: fa tesi � stata poi r.ipresa, dopo l'entrata in vigore della 
Costituzione Repubblicana, da numerosi autorevoli scrittori (ESPOSITO, in 
Giur. Cast. 1959 1. 695; VIESTI, Il decreto legge. Napoli, 1967, 148; IANNOTIA, Il 
problema del controllo preventivo di legittimit� delle fonti primarie governative. 
Milano, 1972, passim ed in particolare rpag. 175; TREVES, Principi di diritto 
pubblico, Torino, 1973, 72; DE TARANTO, La legge delega ed il controllo preventivo 
della Corte dei Conti, Amm.lt., 1937, 606; LABRIOLA, Gli atti con forza di 
legge e il controllo della Corte dei Conti. FORO lt., 1977, 1. 2128; PALADIN, Commento 
all'art. 76 Cast. Comm. alla Cast. a cura di Scialoja e Branca, 24): altri 
hanno bens� ritenuto legittimo il controllo de11a Corte sui decreti delegati, ma 
entro determinati e specifici limiti, distinguendone H contenuto da quello 



66 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'ordine sostanziale e 1e connesse situazioni soggettive, e soprattutto 
non influiscano ,restrittivamente su queste ultime, si presentino scarse 
occasioni di controversia, e conseguentemente si formino zone f.ranche 
di incostituzionalit�. Ma a ta1e inconveniente pu� porsi rimedio (non 
gi� estendendo interpretativamente l'ambito del conflitto, bens�) modificando 
(ovviamente in via di revisione costituzionale) il sistema con la 
introduzione di nuove impugnazioni in via principale (eventualmente ad 
opera di dati soggetti od organi e contro leggi ed atti equiparati aventi 
dati oggetti e/o per dati vizi). E d'altra parte va considerato che questa 
Co.rte, con la sentenza n. 226 del 1976, aveva ritenuto il potere della 
Corte dei conti (peraltro con le conseguenti limitazioni per lo stesso 
controllante delle quali sar� detto appresso) di sollevare questioni inci


riservato alla Corte costituzdonale daH'art. 134 Cost. (ZACCARIA, La spesa pubblica 
nella teoria giuridica ed economica. Roma 1972, 190; LAVAGNA, Istituzioni di 
diritto pubblico, 319). 

Anche nella sede politica si � ampiamente discusso sulla opportunit� 
del controllo in esame, tanto � vero che l'esonero dalla registrazione della 
Corte dei conti dei decreti delegati e dei decreti 'legge, oggi stabilito dall'art. 
16 della 1. n. 400/88, era gi� previsto m numerose proposte e disegni di legge 
presentati al nostro Parlamento fin dal 1959 (Atti Camera 3a Legislatura 

n. 1259/A). 
5.-n problema sollevato col ricoDSo oggi in esame � peraltro diverso da 
quello dibattuto in dottrina e discusso in Parlamento, se, cio�, per la legislazione 
vigente prima della entrata in vigore deHa 1. n. 400/88 i decreti legislativi 
fossero o non soggetti al controllo preventivo della Corte dei conti e se 
fosse o meno opportuno mantenere questo controllo: la tesi sostenuta dalla 
ricorrente � che quel controllo � ormai stabilito e garantito dall'art. 100 Cost. 
e non potrebbe essere escluso da legge ordinari'a. La norma costituzionale 
avrebbe, cio�, profondamente innovato .nella disciplina di quel controllo quale 
era posta dall'art. 17 R.D. n. 1214/34: questo articolo, come � noto, poneva 
la regola generale per Ja quale i decreti reali erano soggetti al controllo di 
legittimit� della Corte dei conti., ma prevedeva anche che deroghe a quella 
regola genera!le potessero essere stabilite con norma regolamentare, come 
infatti alcune deroghe vennero stabilite coo. il r.d. 1332/34. 

La tesi deHa ricorrente � che la diisoiplina del controllo di legittimit� 
della Corte dei conti. sarebbe posta non pi� dalla legge ma direttamente ed 
esclusivamente dalla Costiituzione, precisamente dall'art. 100, ;/!> comma, che 
non prevede deroghe alla regola genera!le del controllo preventivo di legittimit�, 
sicch� questa regola non sopporterebbe limiti�. od ecceziollli che non siano 
stabiliti nonch� da norme di regolamento e neppure d!i legge ordinaria, ma 
solo da legge costituzionale. Infatti, coerentemente alla tesi cos� sostenuta, si 
afferma nel �ricorso che il r.d. 1332/34 sarebbe ormai costituzionalmente illegittimo 
sicch� ~l!i atti in esso elencati sarebbero ora soggetti a!l controllo della 
Corte. 

La tesi ora illustrata � diversa da quella deg.Ji autori che, come si � 
ricordato prima, discuteVlalllo in base alla normativa vigente sulla soggezione 
a controllo preventivo della Corte dei Conti degli atti normativi del Governo, 
ma anche dai parlamentari che, come � ricordato nel ricorso della Corte 


� 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALIJ 

67 

dentali di legittimit� costituzionale in sede di controllo preventivo: 
potere che, per la parte concernente il controllo preventivo sugli atti 
del Governo applicativi della legge e degli atti equiparati, non sarebbe 
incompatibile con l'entrata in vigore della norma fatta oggetto di conflitto. 

Tutto ci� importa l'inammissibilit� del conflitto in quanto proposto 
contro l'art. 16 della legge n. 400 del 1988 e quindi nei confronti del 
Parlamento. 

Nulla si oppone, invece, all'ammissibilit� .del conflitto in quanto proposto 
nei confronti del Governo contro l'omessa �sottoposizione al controllo 
preventivo della Corte dei conti, e contro l'intervenuta pubblicazione, 
malgrado tale omissione, del decreto delegato n. 1142 del 1985. 

Occorre dunque scendere all'esame del merito del conflitto, e cio� del 
problema se il comportamento addebitato al Governo sia lesivo della 
attribuzione di controllo preventivo sugli atti del Governo conferita alla 
Corte dei conti dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, problema 
implicante quello relativo alla legittimit�, in riferimento al richiamato 

(pag. 20) ritenevano � conveniente mantenere questa ipotesi di controllo sugli 
atti legislativi del Governo �; la tesi, ancora, non trova il suo fondamento nelle 
due ricordate sentenze della Corte Costituzionale le quali hanno affermato la 
soggezione, allo stato della normativa vigente, dei decreti delegati a controllo 
preventivo della Corte dei Conti ma non hanno affermato la impossibilit� 
di escludere quel controllo con norma di regolamento o di legge. 

L'affermazione della isoggezione costituzionalmente garantita di tutti gli 
atti del Governo al controllo preventivo <;\ella Corte dei Conti senza possibilit� 
di deroghe od ecce:ziioni non espressamente stabilite dalla Costituzione si basa 
in primo luogo sulla formulazione Jetterale del secondo comma dell'art. 100 
Cost. il quale, nel prescrivere che � la Corte dei Conti esercita il controllo 
preventivo di legittimit� sug1i atti del Governo >>, non rinvia alla 1egge oroinaria 
per la individuazione degli atti soggetti al controllo: fa norma avrebbe perci� 
contenuto precettivo di immediata applicazione e n� fogge n� tantomeno 
regolamento potrebbero sottrarre alcun atlto del Governo al controllo in esame. 

Ma la formula �esercita dl controllo preventivo � non giustifica l'interpretazione 
secondo la quale, con l'art. 100, 2" comma, sarebbe stata introdotta 
la gi� rilevata modifica alla disciplina del controllo quale era posta dall'art. 17 

T.U. sulla. Corte dei Conti: ben diverse formulazioni sono state usate, per 
esempio, dagli artt. 24 e 1'13 Cost. per garanti.re a tutti i cittadini iH diritto di 
agire e di difendersi in giudizio e �la tutela giurisdizionale dei diritti e degli 
interessi contro gli atti della pubblica amministrazione. 
La formula �esercita il controllo� sembra piuttosto richiamare altre disposizioni 
della Carta che confel1IIlano, attribuendogili dignit� costituzionale, regole 
generali gi� desumibili dal1a legislazione ordinaria, ma che non escludono 
deroghe ed eccezioni che sriano .ragionevolmente poste dalla stessa normativa 
ordinaria. 

Analoga alla formula usat� dall'art. 100, 2" comma, � quella del successivo 
art. 103, secondo comma, il quale stabHisce che � la Corte dei Conti ha giurisdizione 
nelle materie di contabilit� pubb1ica �, �senza operare alcun r.invio alla 
legge oroinaria: ma la Corte Costituziona!le con numerose sentenze, ed in 



68 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

precetto costituzionale, della norma di legge (art. 16 della legge n. 400 
del 1988), che esonera dal detto controllo gii atti del Governo di norma. 
zione primaria. 

In dottrina non erano mancati dubbi sulla stessa sopravvivenza, 
dopo l'entrata in vigore della Costituzione e del sindacato di legittimit� 
costituzionale della legge e degli atti equtparati con essa introdotto e 
riservato a questa Corte costituzionale, dell'art. 17 del regio decreto 
12 Juglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla 
Corte dei conti) nella parte in cui assoggettava a controllo preventivo 
della Corte dei conti (in quanto gi� �decreti reali�) anche gli atti 
di normazione primaria del Governo. E ci� anche in relazione alla costante 
affermazione, da parte di questa Corte, della soggezione al detto 
sindacato sia dei decreti legge che dei decreti delegati, e di questi anche 

particolare con quella n. 129/81, ha precisato che questo articolo conferisce 
bens� capacit� espansiva alla disciplina dettata dal T.U. del 1934, consentendone 
l'estensione a situaz:ioni non espressamente regolate in modo specifico, 
ma non pone un principio incondizionato, che pu� perci� ben essere circoscritto 
da una disciplina specifica entro limiti segnati da altre norme e 
principi costituzionali, sicch� deve escludersi che. il precetto stabHito in quella 
norma costituzionale sia camtterizzato da una assoluta non tendenziale generalit� 
e dotato dia immediata operativit� in tutti. i casi. 

Che l'art. 100, 2� comma, Cost. non abbia voluto sostituire e neppure cristallizzare 
la disciplina precedente sul controllo preventivo di legittimit� della 
Corte dei Conti trova, del Testo, precisa conferma nel coevo D.L.vo 6 maggio 
1948 n. 655 che ha dato attuazione all'art. 23 dello Statuto della Regione 
siciliana. 

La norma stiatutaria estendeva a:I territorio ed all'amministrazione regionale 
la disciplina nazionale del controllo di legittimit� defila Corte dei Conti: 
la norma di attuazione ha precisato che la Sezione siciliana della Corte dei 
Conti esercita il controllo sugli atti del Governo e deLl'Amminristrazione regionale 
�in confO'I'mit� delle leggi deHo Stato che d1sciplinano le funzioni della 
Corte dei Conti �. 

6. -Se, quindi, bisogna ritenere che l'art. 100, io comma, Cost. ha voluto 
non gi� porre un precetto assoluto ed inderogabile, ma �soltanto consacrare 
una regola generale, derogabile -cos� come era derogabile in forza dell'art. 17 
T.U. del 1934 -quando sussistiano speciali ragioni ed. in particolare quando 
l'eccezione trovi la sua giustifkazione in altre norme e principi costituzionali, 
il problema della legittimit� costituziom!J!e dell'art. 16 deHa -legge n. 400/88, 
che esclude i decreti delegati dal controllo preventivo della Corte dei Conti, 
si risolve allora verificando se questa esclusione �sia giustificata da altre norme 
e principi costituzionali e da identit� oggettiva di materia �di quei decreti con 
alt1:1i atti esclusi dai! controllo in parola. 
Sono stati ricordati g1i autori che gi� in sede di applicazione dehla normativa 
vigente, prima e dopo l'entrata in vigore della Costituzione, ma prima della 
entrata in v0igore della legge n. 400/88, ritenevano che gli atti del Governo 
aventi forna di legge ordinaria non fossero soggetti ial controllo preventivo con 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

69 

sotto il profilo della violazione della legge di delega (ricompresa nella 
violazione dell'art. 76 della Costituzione). 
N� erano mancate riserve circa la legittimit� costituzionale, per le 
ragioni suindicate, dello stesso art. 17 in parte qua. 

Ai fini del decidere � peraltro sufficiente accertare se l'art. 100, 
secondo comma, della Costituzione, in conformit� della tesi posta a base 
del ricorso per conflitto, implichi necessariamente la istituzione e, 
quindi, la conservazione del controllo preventivo della Corte dei conti 
nei confronti degli atti del Governo suindicati. Se cos� fosse la sottrazione 
al controllo preventivo di tali atti come operata con la norma impugnata 
potrebbe apparire in contrasto con l'invocata norma costituzionale 
e in violazione di una competenza da essa assicurata alla Corte dei conti. 

Ma � manifesto che cos� non �, tanto per quel che concerne H prospettato 
contrasto, rispetto al quale non � dunque necessario sollevare in 
via incidentale questione di legittimit� costituzionale, quanto per quel che 
concerne le conseguenze -che se ne vogliono trarre sulla soluzione del 
conflitto. 

L'art. 100 garantisce costituzionalmente il controllo preventivo di 
legittimit� della Corte dei conti sugli atti del Governo, non �anche l'assog


argomentazioni che ben valgono a giustificare, sulla base del criterio della 
identit� di materia e del rispetto di altri principi costituzionali, la esclusione 
in esame. 

Vero � Jnfatti che, se il secondo comma dell'art. 100 stabilisce la regola 
generale de11a sogge:z;ione degli atti del Governo al coo.trollo preve,ntivo della 
Corte dei Conti, aJtre disposizioni costit1,1.zionali contengono norme speciali 
che, se hanno fatto ritene.re, alla dottrfaa citata, inapplicabile quella regola ai 
decreti legge ed alle leggi delegate, quanto meno giustificano ila deroga espressamente 
stabilita da speciale disposi:z;ione di legge. 

t=: gi� significativo il rfilievo della collocazione topografica dell'art. 100 
nel titolo della Costituzione dedicato al Governo, laddove .gli artt. 76 e 77 Cost. 
sono inseriti ,nella sezione che riguarda la formazione delle leggi. Ma, a parte 
tale primo r.ilievo, altri articoli della Costituzione pongono disposizioni che 
possono apparire speciali e derogatorie rispetto alla regola generale posta 
dall'art. 100, 2<> comma, e, comunque non facilmente compatibili con il controllo 
preventivo della Corte dei conti; l'art. 87, stabilisce che il Presidente della Repubblica 
� promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di . fogge �. Si 
ritiene comunemente che l'emanazione degli atti aventi valore di legge, prevista 
dalla norma ora richiamata, ha natura analoga alla promulgazione delle leggi 
formali, alla quale si attribuiscono, tra �l'altro, le funzioni di attestazione della 
esistenza della legge, di documentazione solenne del contenuto di questa, di intimazione, 
diretta ai soggetti pubblici ed ai destinatari, di prestare osservanza 
alla legge, cos� conferendo immediata efficacia ed esecutoriet� all'atto normativo 
(Corte Cost., sent. 231/83); ed allora, specie se si ritiene, come pure � stato 
affermato, che in sede di emanazione spettano al Presidente della Repubblica 
poteri di controllo sui decreti governativi pi� ampi di quelli spettantigli in 



PARm I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

71 

stesso Presidente sulle leggi ai sensi dell'art. 87, terzo comma, della 
Costituzione. 

Nel quadro dei controlli costituzionalmente necessari. cos� tracciato 
non entra dunque l'intervento deMa Corte dei conti mediante visto e registrazione 
preventivi. 

Del resto questa Corte, con la citata sentenza n. 226 del 1976, affrontando 
ex professo il problema dei rapporti fra il detto controllo preventivo 
e il sindacato di legittimit� costituzionale, aveva ritenuto che la 
Corte dei conti non potesse rifiutare senz'altro il visto e la registrazione 
in caso di ravvisate incostituzionalit� -in che sarebbe consistito il 
contenuto proprio di un controllo preventivo esteso all'incostituzionalit� 
-ma dovesse, in tal caso, promuovere il sindacato mcidentale di 
questa Corte. 

Ch�, se si pone mente al regime degli atti di normazione primaria 
(valore di legge), non pu� non riconoscersi che esso, se non esclude 
assolutamente, almeno non implica il controllo preventivo di tali atti 
esteso alla . loro legittimit� costituzionale. Anche se un controllo cos� 
esteso avrebbe potuto fungere, secondo quanto ritenuto dalla sentenza 

n. 226 del 1976 di questa Corte, da strumento del sindacato incidentale 
di costituzionalit� sugli atti stessi, fermo restando che, come sopra 
osservato, il controllante sarebbe stato tenuto a denunciare a questa 
Corte la sospettata incostituzionalit�, e a sospendere la registrazione, 
attribuiscono ag1i stessi decreti � valore di legge �. Nel nostro ordinam,ento 
costitU2!i.onale l'attribuzione del � valore di legge � ad un atto pu� anche avere 
questo preciso significato: che l'atto non sopporta altro controllo, di qualunque 
natura, che non sia quello della Corte Costituzionale previsto e regolato dagli 
artt. 134 e 136 Cost. nonch� 1 e 2 L. Cost.le n. 1/48. 

Quello della Corte Costituzi01?-ale �. infatti un controllo tendenzialmente, 
se non necessariamente, esclusivo, come � stato osservato nella sent. n. 73/77 
della Corte che ebbe ad escludere fil controllo della Corte dei Conti su atto 
normativo della Regione Siciliana proprio rper la ragione che questo � � soggetto 
al diverso regime della impugnazione delle leggi .innanzi alfa Corte Costi


tuzionale '" 

Il controllo, cos� come finora � stato esercitato da parte delfa Corte dei 
Conti sulle leggi delegate) non solo si aggiunge, ma anche male si distingue, 
per H contenuto, da quello delLa Corte Costituzionale che, come � sempre stato 

osservato gi� con la sentenza n. 3/57, si estende ad ogni profilo di legittimit� 
della legge delegata, quindi anche alla sua conformit� alla legge di delegazione 
che costituisce anche l'oggetto del controllo esercitato dalla Corte dei Conti. 

N� l'elemento distintivo sottolineato nel ricorso -natura preventiva e 
necessaria del controllo della Corte dei Conti ed invece successiva ed eventuale 
di quello della Corte Costituzionale -sembra decisivo: la Costituzione stessa 
ha voluto e riservato un procedimento di controllo preventivo ai soli atti aventi 
forza di legge delle Regiorii (art. 127). Non pu� allora essere considerato privo 
di significato che analogo controllo preventivo non sia previsto, e perci� si sia 
tendenzialmente voluto escludere, per gli atti dello Stato aventi forza di legge. 



72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

senza potere esso stesso rilevare l'incostituzionalit� al fine di negare 
fa medesima. 

Da quanto detto segue che il conflitto va risolto nel senso di dichiarare 
che. spetta al Governo adottare i decreti legge ed i decreti delegati 
senza successivamente sottoporli a visto e registrazione della Corte dei 
conti. 

Tuttavia la Corte non pu� nell'occasione non farsi eco, anche in 
considerazione della diffusa preoccupazione per Ja crescente ingovernabilit� 
della spesa pubblica, della esigenza che siano introdotti meccanismi 

� idonei ad assicurare nel modo pi� efficace la rigorosa osservanza del1'
art. 81 della Costituzione e/o ad ampliare l'accesso al sindacato di 
legittimit� costituzionale da parte di questa Corte per violazione dello 
stesso art. 81. 
Tale preoccupazione del resto � stata espressa sia durante � lavori 
preparatori della legge n. 400 del 1988, mediante la presentazione di 
numerosi emendamenti, che attraverso la proposizione di autonome 
iniziative legislative .dirette ai fini suindicati. 
Spetta ovviamente al Parlamento il perseguimento dei fini medesimi 
mediante la scelta fra gli strumenti gi� sottoposti, o che saranno 

N�, infine, ha rilievo fa considerazione che, escluso il controll� della Cotte 
dei Conti, quello deMa Corte Costituzionale sui decreti delegati sarebbe meramente 
eventuale, sicch� di fatto ad esso potrebbero sfuggire numerosi decreti. Il rilievo 
riguarda in genere tutti gli atti dello Stato aventi forza e valore di legge 
e sono note le polemiche insorte sulla idoneit� del sistema regolato dalle nostre 
leggi costituzionali per l'accesso alla Corte Costituzionale. 

7. -Come si � prima osservato il conflitto sollevato dalla Corte dei Conti 
nei confronti dell'art. 16 l. n. 400/88 in quanto investe un atto legislativo � inammissibile: 
� allora irrilevante verificare la legittimit� dello stesso articolo in 
quanto esclude il controllo della Corte dei Conti sui decreti legge. 
Ma per l'ipotesi che il conflitto dovesse ritenersi validamente proposto anche 
contro la legge e quindi anche contro il disposto di questa che esclude il controllo 
della Corte dei Conti sui decreti Iegge ancora pi� evidente risulterebbe 
la sua imfondatezza. Sono stati ricordati gli autori che hanno rilevato l'anomalia 
del controllo della Corte dei Conti sui decreti delegati. Ma ancora pi� numerosi, 
e costituiscono certamente la' maggioranza della dottrina, gli autori -tra 
questi anche coloro che pur ritengono ammissibile, ma non costituzionalmente 
necessario, il controllo dei decreti delegati -che hanno rilevato con maggiore 
c9pia di argomenti l'anomalia dello stesso controllo nei confronti dei decreti 
l�gge. 

Oltre alle argomentazioni che prima sono state svolte, � stato ancora osservato 
che il controllo della Corte dei Conti � in contrasto con la responsabilit� 
attribuita al Governo dal secondo comma dell'art. 77, con l'rgenza che giustifica 
l'adozione del decreto legge e con il controllo, sia pure successivo ma necessario 
del Parlamento prescritto dall'ultimo comma dello stesso art. 77 �. 

GIORGIO AZZARITI 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

73 

sottoposti, al suo esame. Cos� come ad esso spetta la valutazione dell'opportuno 
equilibrio fra controllo preventivo e controllo sulla gestione 
e/o sui risultati, in vista del quale da pi� parti si auspica la ristrutturazione 
delle funzioni della Corte dei conti o il rafforzamento dei suoi 
poteri per un pi� efficiente svolgimento del ruolo che alla detta Corte 
compete rispetto al controllo politico parlamentare. 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 luglio 1989, n. 437 .(ord.) -Pres. Saja -
Rel. Caianiello. 

Tributi (in genere) Reato di omessa tenuta o conservazione di scrit


tura contabile -Mancata previsione di soglia � Legittimit� costi


tuzionale. 

(Cast. art. 3; d.l. 10 luglio 1982 n. 419, art. 1). 

Non contrasta con l'art. 3 Cast. la mancata previsione di una soglid 
di punibilit� nella fattispecie penale prevista dall'art. 1 comma sesto del 

d.l. 10 luglio 1982, n. 429 (1). 
(1) La omessa tenuta o conservazione di una o pi� scritture contabili 
obbligatorie. 
I � libri� o � registri � sono cose dal contenuto complesso, nel senso 
che sono predisposti per contenere una pluralit� di annotazioni (alias regi� 
strazioni). Occorre distinguere tra la cosa � libro � o � registro � e le annotazioni 
che sono invece dichiarazioni individue cosiddette di verit� (o di seienza); 
la struttura a �libro � o �registro � vale ad assicurare contestualit� ed 
ordine cronologico ad una pluralit� di annotazioni, le quali costituiscono 
-esse e non la cosa che le contiene e le veicola -� documenti �. Questi 
ultimi dovrebbero valere solp contro colui che li pone in essere; un lavorio 
pluridecennale ha tuttavia condotto all'attribuzione di una pi� ampia efficacia� 
documentale. 
La distinzione tra annotazione-documento e cosa � libro � o �registro � 
che la contiene appare di notevole rilievo in sede di lettura dell'art. 1, 
comma 6, del D.L. 10 luglio 1982, n. 429. Questa distinzione costituisce il punto 
di partenza di un'analisi (pervero non agevole posto che la disposizione � 
di non pregevole formulazione); in particolare interessa esaminare quali siano 
le � condotte � punibili da essa previste (non anche, ad esempio, quali siano 
i soggetti attivi del reato). 
Una prima notazione pu� concernere l'inciso � in conformit� dell'art. 22 
del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 �, posto che non � mancato chi si � 
domandato se esso si riferisca solo alla condotta �non conserva"� La risposta 
su questo punto deve essere che l'inciso test� riportato si collega a 
tutte le condotte considerate: l'art. 22 richiamato disciplina infatti sia l'ob� 
bligo di �tenuta� (nel comma 1, come sostituito dall'art. 42 del D.P .R. 30 dicembre 
1980, n. 897) sia l'obbligo di �conservazione� (nei commi 2 e 3). 
Del resto se si fosse voluto collegare l'inciso solo al � non conserva � non lo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ritenuto che nel corso di due procedimenti penali entrambi concernenti 
l'accertamento del reato di cui all'art. l, sesto comma, del 
decreto legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per ia repressione della evasione 
in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare 
la definizione delle pendenze in materia tributaria) convertito 
in legge 7 agosto 1982, n..516, che sanziona la mancata tenuta o conservazione 
delle scritture contabili {obbligatorie ai fini delle imposte sui-redditi 
e dell'imposta sul valore aggiunto), il Tribunale di Torino con 
due identiche ordinanze (r.o. nn. 79 e 80 del 1989), ha sollevato questione 
di legittimit� costituzionale della norma incriminatrice, in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione; 

si sarebbe scritto come inciso. Va anche considerato che la disposizione in 

esame ha un precedente nell'art. 51, commi 2 e 3 del D.P.R. n. 600 del 1973 

(nel c:Omma 33 si legge: � ... tenuti in conformit� alle di51Posizioni ... �); altro 

precedente � l'art. 45, comma 2 del D.P.R. n. 633 del 1972, ed ivi si legge: � ... non 

tengono i registri in conformit� alle disposizioni ... "� 

Delle pi� condotte menzionate dalla norma in esame, non crea difficolt� 

interpretative quella descritta dalle parole �.non conserva�. Il concetto di 

omessa conservazione del � libro " o � registro ,. chiaramente si riferisce alla 

cosa-veicolo delle annotazioni e risulta ben definibile integrando la norma 

penale con quelle extrapenali (tributarie e/o civilistiche). 

S pure indubbio che l'omessa tenuta e/o omessa conservazione anche 

di uno solo dei pi� �libri " o � reg.istri ,. prescritti costituisce il reato in que


stione; e che l'omessa tenuta si realiizza nel momento stesso in cui sorge l'ob


bligo di tenuta del �libro � o � registro "� 

Difficolt� interpretative �si hanno invece per le parole �non tiene �, sia 

isolatamente considerate sia in collegamento con le parole � in conformit� 

all'art. 22 ... "� S indubbio che siano represse penalmente l'omessa tenuta nel 

senso di omesso impianto di un � libro " o � registro" (sia nel senso di man� 

canza totale e per cos� dire fisica di esso, sia nel senso dell'assenza delle 

necessarie numerazione, bollatura e vidimazione) e la tenuta irregolare perch� 

non osservante quanto disposto nell'art. 2219 del codice civile (con esclu


sione delle inosservanze minori e cio� non tali da pregiudicare la funzione 

assegnata a �libri� e �registri�). 

Pu� anche ritenersi palese -che all'omesso imptanto della cosa-veicolo 

debba equipararsi il caso del � libro " o � registro � regolarmente impiantato 

ma lasciato �in bianco � od anche' utilizzato solo per sporadiche e non impor


tanti annotazioni (per il che il � libro ,. o � registro � risulta privato della 
� stessa sua ragion d'essere). 

La difficolt� interpretativa insorge sul punto se l'omessa annotazione 

su un � libro ,. o � registro � di singoli atti od operazioni esuli o meno dalla 

previsione della disposizione penale in esame. Sono state sostenute pi� inter� 

pretazioni, una delle quali collegata con l'art. 39, comma 2, lettera d) del 

D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e con l'art. 55, comma 2, n. 3) del D.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 633 (entrambi tali commi parlano di �inattendibilit� � delle 
scritture). 
In ordine a quest'ultima interpretazione, occorre osservare che deve 
escludersi qualsiasi collegamento tra illecito penale di che trattasi ed accer



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

75 

che la disposizione impugnata viene censurata nella parte in cui, 
punendo la mancata annotazione nelle scritture contabili -obbligatorie 
ai fini dell'imposta sul valore aggiunto -anche degli atti di acquisto 
{fatture ricevute) indipendentemente da una soglia quantitativa di 
punibilit�, determinerebbe un'ingiustificata disparit� di trattamento rispetto 
a quanto prevede invece il secondo comma, n. 1 {rectius n. 2) della 
medesima disposizione che sanziona penalmente l'omessa annotazione 
degli atti di cessione (fatture emesse) solo quando il loro ammontare 
complessivo superi i 50 milioni di lire, e la percentuale del 2 % dei corrispettivi 
risultanti dall'ultima dichiarazione presentata; (omissis) 

tamento e e:x:tracontabile ,. previsto dai citati commi degli artt. 39 e 55. Spesso 
in gergo, per indicare l'accertamento e extracontabile ,. si parla di accertamento 
� sintetico,., ma l'espressione � inesatta ed ingannevole, posto che 
e sintetico,. � solo l'accertamento del reddito complessivo effettuato ai sensi 
dell'art. 38, comma 4, del D.P .R. n. 600 del 1973 (" sintetico � � termine antitetico 
ad � analitico ,., , mentre " induttivo � alias indiziario � termine antitetico a 
� documentale�; un accertamento analitico pu� dunque ben essere induttivo 

o anche induttivo, anzi normalmente lo �, raramente una documentazione 
essendo completa e comunque essendo ineliminabile in sede amministrativa 
ed in sede giudiziaria al momento della lettura ed interpretazione di quanto 
documentato). 
La ragione della ferma opposizione ad un collegamento tra illecito penale 
de quo ed accertamento " extracontabile � � palese: occorre assolutamente 
evitare che la sentenza penale per il reato in questione divenga di fatto una 
sorta di � pregiudiziale� rispetto alla legittimit� o meno dell'utilizzazione dello 
strumento dell'accertamento � extracontabile "� Il legislatore si � sforzato di 
separare, per , quanto possibile, processo penale e procedimento di accertamento 
tributario (con eventuale seguito dinanzi alla giurisdizione tributaria). 

Esclusa l'interpretazione test� esaminata, riman~ da individuare una � misura,. 
che non sia n� restrittiva al punto da consentire un'elusione del precetto 
penale ed un sacrificio del bene giuridico da esso tutelato, n� estensiva 
al punto da ravvisare il reato ogniqualvolta sia omessa una singola annotazione 
(ancorch� di modesta importanza economica). 

Nel reperire questa � misura � occorre aver presenti anche altri dati 
normativi. Anzitutto, lo stesso art. 1 del D.L. n. 429 del 1982, il quale prevede, 
come autonoma fattispecie, l'omessa (e la infedele) annotazione delle cessioni 
di beni e delle prestazioni di servizi, ossia delle operazioni per cos� dire 
� attive �; e appare arduo ritenere che il reato di cui al comma 6 assorba 
quelli previsti nel comma 2. Ora, se � ben vero che non possano configurarsi 
due diverse nozioni di �tenuta,. a seconda che si tratta di registro Iva delle 
fatture o dei corrispettivi oppure invece di registro Iva degli acquisti, � per� 
anche vero che la fattispecie penale prevista dal comma 6 � diversa per oggetto 
giuridico (bene tutelato) e per riferimento temporale -come tra breve si 
dir� -rispetto alle fattispecie di omessa annotazione di corrispettivi e di 
omessa fatturazione. 

Occorre inoltre tener conto dell'art. 1, comma 26 del DL. 19 dicembre 
1984, n. 853 (convertito nella legge 17 febbraio 1985, n. 17) che reprime 
penalmente l'effettuazione di � acquisti senza applicazione dell'imposta � (sul 
valore aggiunto); e ci� in considerazione della oggettiva pericolosit� fiscale 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

76 

che la norma impugnata non esclude interpretazioni tali da fasciare 
al giudice di merito un certo margine di apprezzamento nel limitarne 
l'applicazione a quelle sole fattispecie omissive che, per entit� e natura, 
siano effettivamente in gr�do di ledere la funzione stessa della 
scrittura, preordinata alla ricostruzione della situazione patrimoniale e 
del giro di affari del contribuente; 

che pertanto, sotto tale aspetto, ,la mancata previ.s10ne in astratto 
di una soglia di punibilit�, non comportando l'automatica e necessaria . 
incriminazione di fattispecie oculi inoffensive, non appare di per s� 

del regime forfettario, che elimina il meccanismo di auto-sanzione dell'omessa 
annotazione degli acquisti, e quindi incentiva l'evasione dall'Iva, come l'esperienza 
a consuntivo dei 4 anni di applicazione del predetto DL. ha confermato. 
Questa speciale �previsione penale sarebbe stata meno indispensabile, ove alla 
disposizione ora in esame fosse da attribuirsi una portata molto ampia . e 
comprensiva di ogni omessa annotazione. 

D'altro canto va per� osservato che nello stesso DL. n. 853 del 1984 
(cosiddetto Visentini-ter) v'� anche un dato che potrebbe essere reputato 
di segno opposto, all'art. 3, comma 5, ove la �incompletezza del repertorio 
della clientela ovvero delle scritture di cui al comma precedente � � trattata 
alla stregua di una � omessa tenuta �. 

Nel senso di una interpretazione rigorosa, altro dato normativo di rilievo 
� l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 22, esplicitamente richiamato nell'inciso 
dianzi esaminato; ivi � stabilito che le �registrazioni� (alias, annotazioni) 
nelle scritture cronologiche ed in quelle di magazzino � devono essere eseguite 
non oltre sessanta giorni �. La tempestivit� delle annotazioni � dunque una 
delle prescrizioni da osservare perch� si abbia regolare � tenuta �; il che sta 
ad indicare che la � tenuta � certamente non si esaurisce nel mero impianto 
della cosa-veicolo, ma comprende anche l'esecuzione delle annotazioni all'interno 
dell'anzidetta cosa (quanto meno ogni qualvolta si tratti di scritture 
cronologiche o di magazzino). 

Quest'ultima considerazione parrebbe decisiva, almeno sul piano della 
ermeneutica giuridica, nel senso di un'interpretazione � rigorosa � della disposizione. 
Tuttavia essa va oltre misura (cfr. art. 51, comma 5, del D.P.R. n. 600 
citato ed art. 45, comma 3, ultimo periodo, D.P.R. n. 633 citato), perch� finisce 
per far operare il comma 6 in esame anche per illeciti di �scarsa rilevanza � 
e cio� in presenza di sporadiche e poco importanti (in termini di importo) 
omesse annotazioni, con un appesantimento della repressione penale (e del 
lavoro dei giudici) che sembra andare oltre la volont� del legislatore. 

La � misura � da adottarsi potreb~e essere recepita dagli artt. 216, comma 
l, n. 2) e 217, comma 2, legge fallimentare (bancarotta cosiddetta documentale, 
fraudolenta o semplice). Appare indubbio che costituisca il reato ex 
art. 1, comma 6, in esame l'aver tenuto uno o pi� libri o registri �in modo 
da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli 
affari� (art. 216 citato); e deve ritenersi che parimenti costituisca l'anzidetto 
reato l'aver tenuto libri o registri �in maniera irregolare o incompleta� (art. 217 
citato). Ovviamente, nell'ambito tributario occorre tener presente che la tenuta 
di '1ibri e registri � obbligatoria anche per professionisti e artisti. 

L'interpretazione qui prospettata (che consente di utilizzare l'ampia ela


borazione giurisprudenziale formatasi in relazione alla legge fallimentare) indi



PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

77 

irragionevole e ci� in conformit� a quanto gi� affermato da questa 
Corte nella sentenza n. 62 del 1986, non essendo il �legislatore obbligato 
a prevedere in ogni norma la soglia del penalmente rilevante, e 
potendo invece tale limite essere individuato in via interpretativa dal 
giudice di merito in base al principio di offensivit�, che costituisce 
ormai un canone unanimemente accettato (punto 5 della motivazione); 

che per quanto attiene alla lamentata disparit� di trattamento rispetto 
alla disciplina sanzionatoria prevista per '1a omessa annotazione 
delle cessioni di beni (art. 1: secondo �comma, n. 2 decreto legge n. 429 
del 1982) non pu� che ribadirsi quanto gi� costantemente affermato 

vidua l'oggetto giuridico della figura cnmmosa in esame nell'interesse del 
Fisco alla conoscenza (cosiddetta ostensibilit�) dell'attivit� del contribuente 

(in arg. tra le pi� recenti cfr. Cass., 22 dicembre 1978, in � Riv. pen. �, 1979, 
329; 12 dicembre 1980, ivi, 1981, 282; 30 ottobre 1984, ivi, 1985, 611; in� particolare, 
per l'art. 217, legge fallimentare, cfr. Corte Cost., 29 aprile 1975, n. 93, 28 maggio 
1984, in � Riv. pen. �, 1985, 382). 

A questo punto parrebbe palese che la fattispecie penale di � omessa tenuta... 
in conformit� all'art. 22... � possa in astratto risultare configurata -alternativamente 
-come: 

1) includente soltanto l'omesso impianto e condotte equivalenti (libro 

o registro lasciato � in bianco �, o contenente solo sporadiche e non significative 
annotazioni); 
2) includente i casi test� indicati sub 1), ed inoltre i casi in cui uno o 
pi� libri o registri siano tenuti � in modo da non rendere possibile la ricostruzione 
del patrimonio o del movimento degli affari� (art. 216 citato); 

3) includente i casi test� indicati sub 1) e sub 2), ed inoltre i casi nei 
quali uno o pi� libri sono tenuti � in maniera irregolare o incompleta � 
(art. 217 citato); e 

4) includenti i casi test� indicati sub 1), sub 2) e sub 3), ed inoltre i 
casi nei quali in uno o pi� libri sono omesse annotazioni, purch� di non 
� scarsa rilevanza �. 

Parrebbero da scartare le interpretazioni indicate sub 1) e sub 4), anche 
perch� i lavori preparatori delle norme poi trasfuse nel D.L. n. 429 del 1982 
hanno considerato proprio la legge fallimentare (cosa che si rileva pure da 
altre disposizioni). Comunque, per evitare la repressione penale non � sufficiente 
impiantare formalmente i � libri� e � registri � prescritti, ma occorre 
anche annotare in essi un complesso di atti e operazioni tale da assicurare 
una � visione d'insieme � sufficientemente illuminante circa i volumi di acquisti, 
di affari, di ricavi, ecc. 

L'adozione di una siffatta � misura � rende superflua la previsione di 
� soglie � quantitative determinate, come invece ipotizzato nelle ordinanze di 
rimessione. Del resto, mentre le � soglie � previste negli altri commi dello 
stesso art. 1 sono riferite ad uno specifico periodo di imposta (per solito, 
ad uno specifico anno solare), il reato di cl:~ qui trattasi prescinde da tale 
riferimento temporale; inoltre, come accennato, il reato in questione salvaguarda 
un bene giuridico diverso, non l'emersione dei fatturati e/o dei corrispettivi, 
ma la cosiddetta � ostensibilit� � dell'attivit� (di impresa o di esercizio 
di arte o professione). Il che rileva anche ai fini del concorso dei reati previsti 



18 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

dalla giurisprudenza di questa Corte e cio� che le scelte discrezionali 


~ 

del legislatore in materia di sanzioni penali non sono sindacabili nel \:i 

giudizio di costituzionalit� salvo il Hmite della ragionevolezza (v. da 
ultimo ord. n. 376 del 1989); 
che ta:le Jimite in relazione alle fattispecie poste a raffronto dal 

I giudice a quo, non risulta violato, trattandosi di norme che perseguono 
finalit� diverse, specie sotto il profilo degli eventuali controlli incro


I ciati, e che sanzionano comportamenti fra loro non omogenei rispetto 
al pericolo di un'evasione fiscale. 

I 

dallo stesso art. 1 del D.L. n. 429 del 1982, ed � confermato dall'ampia discrezionalit� 
attribuita al giudice nella determinazione della pena. 

Ovviamente, la � misura " qui indicata comporta apprezzamenti caso per 
caso, che per� possono essere fatti anche dai funzionari o militari tenuti al 
dovere di rapporto penale, senza necessit� di inzavorrare le Procure della 
Repubblica di rapporti inviati solo �per scarico di responsabilit� '"� 

Giova comunque segnalare che � pi� difficile scoprire l'omessa registrazione 
di fatture ricevute che l'omessa registrazione di fatture emesse. Per queste 
ultime pu� essere sufficiente l'ispezione nell'azienda del contribuente cedente 
(o prestatore di servdzi); per le prime occorre invece procedere a pi� controlli 
incrociati, per solito in luoghi diversi dal territorio nazionale, ch� la contabilit� 
del solo cessionario (o committente) pu� apparire completa e formalmente regolare 
pur in presenza dell'illecita omissione. Il che conferma vieppi� la non 
razionalit� di una pura e semplice trasposizione deHe � soglie "� quale immaginata 
nell'ordinanza di rimessione. 

FRANCO FAVARA 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� europee nel 1989 In 
cause alle quali ha partecipato l'Italia. 

Nel corso dell'anno 1989 la Corte di giustizia delle Comnnit� europee ha 
emesso 154 sentenze (escluse quelle in cause di persona[e): 30 di esse sono 
state pronnnciate in cause alle quali ha partecipato l'Italia (9 su ricorsi 
diretti della Commissione C.E. contro l'Italia, 2 su ricorsi diretti dell'Italia 
contro la Commissione, 1 su ricorso della Commissione contro il Consiglio 
con intervento dell'Italia, 18 su domande pregiudiziali ai sensi dell'art. 177 
del Trattato CEE o del protocollo 3 giugno 1971 concernente l'interpretazione 
della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale 
e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Numerose 
altre �ause alle quali l'Italia aveva partecipato hanno trovato una soluzione 
stragiudiziale e conseguentemente sono state cancellate dal ruolo della Corte. 

Oltre quelle pubblicate in questo numero della Rassegna, le sentenze 
emesse nelle cause � alle quali ha partecipato l'Italia sono state le seguenti: 

-2 febbraio 1989, nella causa 353/87, Commissione c. Italia, con la quale 
la Corte ha dichiarato che �la Repubblica italiana, non avendo emanato nel 
termine prescritto le disposizioni necessarie per l'attuazione della decima 
direttiva del Consiglio 31 luglio 1984, n. 84/386/CEE, in materia d'armonizza� 
zione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra 
d'affari, che modifica la direttiva n. 77/388/CEE -applicazione dell'imposta 
sul valore aggiunto alle locazioni di beni mobili materiali, -� venuta meno 
agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE "� 

-14 febbraio 1989, nella causa 13/88, Knockel, dove � stato dichiarato 
che � l'art. 4, n. 3, del regolamento della Commissione 10 luglio 1986, n. 2169, 
che fissa le modalit� di controllo e di pagamento delle restituzii;mi alla produzione 
nel settore dei cereali e del riso, pu� validamente far dipendere la con� 
cessione delle restituzioni alla produzione da nna dichiarazione, fatta dal 
produttore, che indica che l'amido e la fecola da utilizzare non � stata prodotta 
da una materia prima diversa dal granoturco, il grano, il riso o le 
patate,., 

-15 febbraio 1989, nella causa 32/88, Six Construction Ltd, con la quale, 
in relazione alla convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e 
l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale 27 settembre 1968, 
� stato stabilito che: 1) L'art. 5 n. 1 della convenzione stessa �va interpretato 
nel senso che, in materia di contratti di lavoro, l'obbllgazione da prendere in 
considerazione � quella che caratterizza tali contratti, in particolare quella di 
effettuare l'attivit� convenuta�; 2) �Quando, in materia di contratto di lavoro, 
l'obbligo del lavoratore di effettuare l'attivit� convenuta � stato e dev'essere 
adempiuto al di fuori del territorio degli Stati contraenti, l'art. 5, n. 1, della 
Convenzione non pu� trovare applicazione; la competenza del giudice si 
determina in tal caso, in fnnzione del luogo del domicilio del convenuto, in 
conformit� dell'art. 2 della convenzione �. 

-21 febbraio 1989, nella causa 203/87, Commissione c. Italia, con la quale 

la Corte ha dichiarato che � la Repubblica italiana, concedendo, per il periodo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

80 

compreso tra il 1� gennaio 1984 e il 31 dicembre 1988, un'esenzione dall'imposta 
sul valore aggiunto, con rimborso delle imposte versate nello stadio precedente, 
per talune operazioni effettuate nei confronti delle vittime del terremoto 
in Campania e in Basilicata, ha contravvenuto alle disposizioni dell'art. 2 
della stessa direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388, in materia di 
armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla 
cifra d'affari -sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile 
uniforme �. 

-2 marzo 1989, nella causa 359/87, Pinna, dove, in tema di libera circolazione 
dei lavoratori -previdenza sociale, � stato statuito che � finch� il Consiglio 
non ha adottato nuove norme in conformit� all'art. 51 del Trattato CEE, 
la dichiarazione di invalidit� dell'art. 73, n. 2, del regolamento n. 1408/71 comporta 
la generalizzazione del sistema di versamento delle prestazioni familiari 
definito all'art. 73, n. 1, dello stesso regolamento�. 

-14 marzo 1989, nella causa 1/88, Baldi, con la quale, ancora in tema di 
libera circolazione dei lavoratori-previdenza sociale, � stato statuito che: 
� 1) L'art. 78, n. 2 del regolamento n. 1408/71 riguarda solo il caso deH'orfano 
il cui genitore deceduto avesse personalmente la qualit� di lavoratore subordinato; 
2) Dall'art. 73 del regolamento n. 1408/71 risulta che un lavoratore, 
finch� rimane sottoposto alla legislazione sociale di uno Stato membro, ha 
diritto, per i familiari che risiedono nel territorio di un altro Stato membro, 
alle prestazioni familiari contemplate dalla normativa del primo Stato, come 
se risiedessero sul territorio di quest'ultimo; 3) Se nei casi di cui all'art. 77, 

n. 2, lett. a) e n. 2, lett. b), sub i), del regolamento n. 1408/71, l'importo delle 
prestazioni fornite dallo Stato di residenza � inferiore a quello delle prestazioni 
concesse dall'altro Stato debitore, il lavoratore conserva il beneficio 
dell'importo pi� elevato e il diritto a percepire, a carico dell'istituto di previdenza 
sociale competente di quest'ultimo Stato, un complemento di prestazioni 
fornite dallo Stato di residenza e qu,ello delle prestazioni previste dall'altro 
Stato debitore per i titolari di una pensione d'invalidit�, maggiorate 
se �lel caso del complemento stabilito dalla normativa di quest'ultimo Stato 
per i figli di tali titolari�. 
-27 aprile 1989, nella causa 324/87, Commissione c. Italia, dove la Corte 
ha dichiarato che, �non avendo emanato nel termine prescritto tutte le 
disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 7 febbraio 
1983, n. 83/91, che modifica la direttiva n. 72/462, relativa a problemi sanitari 
e di poliz..ia sanitaria all'importazione di animali della specie bovina e suina 
e di carni fresche provenienti da paesi terzi, e la direttiva n. 77/96, riguardante 
la ricerca delle trichine all'importazione da paesi terzi di carni fresche provenienti 
da animali domestici della specie suina, la Repubblica italiana � venuta 
meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE �. 

-25 maggio 1989, nella causa 15/88, Maxi Di, con la quale, in tema di 
imposizione indiretta sulla raccolta di capitali, � stato precisato che � l'art. 11 
della direttiva t. 69/335 deve essere interpretato nel senso che uno Stato 
membro non pu� esigere dalle societ� di capitali ai sensi dell'art. 3 della 
direttiva, in occasione di un prestito obbligazionario, operazione menzionata 
dall'art. 11 della direttiva medesima, tributi diversi da quelli previsti dall'art. 12 
della direttiva�. 

-30 maggio 1989, nella causa 355/87, Commissione c. Consiglio delle C. E., 
con intervento dell'Italia, con la quale � stato respinto il ricorso della Commissione 
diretto contro l'annullamento della decisione del Consiglio n. 87/475/ 


PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

CEE, che aveva conferito all'Italia un'autorizzazione incondizionata a ratificare 
un accordo di ripartizione di carichi, in tema di trasporti marittimi, negoziato 
con l'Algeria. 

-11 luglio 1989, nella causa 195/87, Cehave, con la quale � stato dichiarato 
che: � 1) L'art. 2, n. 1 del regolamento della Commissione 30 giugno 
1986, n. 2040, va interpretato nel senso che il prelievo di corresponsabilit� nel 
settore dei cereali dev'essere calcolato sulla base del tasso di conversione 
agricolo che si applica nello Stato membro sul cui territorio viene effettuata 
la prima trasfoI1IIlazione dei cereali; 2) Il combinato disposto dell'art. 4, 

n. 6, del regolamento del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2727, come modificato 
dal regolamento del Consiglio 23 maggio 1986, n. 1579, e dell'art. 5, n. 1, del 
regolamento della Commissione 30 giugno 1986, n. 2040, va interpretato nel 
senso che gli operatori che effettuano la prima trasformazione d�i cereali 
devono trasferire successivamente sui loro fornitori l'eventuale differenza 
positiva o negativa tra il prelievo di corresponsabilit� da essi dovuto e la 
riduzione che � stata loro concessa dai fornitori a titolo di tale prelievo; 
3) dall'esame della normativa di cui trattasi non � risultato alcun elemento 
che possa pregiudicarne la validit� "� 
-13 luglio 1989, nella causa 395/87, Tournier e, con la stessa data, nelle 
cause riunite 110, 241 e 242/88, Lucazeau, con le quali � stato statuito, in 
tema di concorrenza-diritti d'autore, che: � 1) Gli artt. 30 e 59 del Trattato 
CEE vanno interpretati nel senso che non ostano all'applicazione di una 
normativa nazionale che consideri come una violazione del diritto d'autore 
l'esecuzione pubblica, senza pagamento di compensi, di opere musicali protette 
mediante supporti del suono, qualora dei compensi siano gi� stati 
versati all'autore per la riprodumone dell'opera in un altro Stato membro; 
2) L'art. 85 del Trattato CEE va interpretato nel senso che vieta qualsiasi 
pratica concordata tra societ� nazionali di gestione di diritti d'autore degli 
Stati membri che ha per oggetto o per effetto che ogni societ� rifiuti 
l'accesso diretto al suo repertorio agli utilizzatori stabiliti in un altro Stato 
membro. Spetta ai giudici nazionali determinare se un accordo a tal fine 
vi sia effettivamente stato tra queste societ� di gestione; 3) Il fatto che 
una societ� nazionale di gestione di diritti d'autore in materia musicale rifiuti 
l'accesso degli utilizzatori di musica registrata al solo repertorio straniero 
che essa rappresenta ha per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza 
sul mercato comune solo se l'accesso ad una parte del repertorio 
protetto poteva interamente salvaguardare gli interessi degli autori, compositori 
ed editori di musica senza pertanto aumentare le spese attinenti alla 
gestione e dei contratti e della sorveglianza dell'utilizzo delle opere musicali 
protette. L'art. 86 del Trattato CEE va interpretato nel senso che una 
societ� nazionale di gestione di diritti d'autore che si trovi in posizione 
dominante su una parte sostanziale del mercato comune impone condizioni 
di transazione inique quando i compensi che essa applica alle discoteche 
sono sensibilmente pi� elevati di quelli praticati negli altri Stati membri, in 
quanto il confronto delle nuove tariffe � stato effettuato su una base omogenea. 
Cos� non � se la societ� di diritti d'autore di cui trattasi poteva 
giustificare una tale differenza basandosi su divergenze obiettive e pertinenti 
tra la gestione dei diritti d'autore nello Stato membro interessato e quella 
negli altri Stati membri"� 

-13 luglio 1989, nella causa 214/88, Finanze c. Politi, con la quale la 
Corte ha dichiarato che � il combinato disposto dell'art. 9 della direttiva 

n. 64/433 e dell'art. 17, n. 2, del regolamento n. 121/67, costituisce una deroga, 

82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per quanto riguarda i controlli sanitari e di polizia sanitaria sulle carni 

.suine, fresche, refrigerate o congelate, in provenienza da paesi terzi, al 
divieto di riscuotere diritti di controllo sanitario, e ci� nella misura necessaria 
a garantire un trattamento non discriminatorio degli operatori economici, 
che, effettuando scambi intracomunitari di carni fresche, sono a 
questo titolo sottoposti al pagamento di diritti di controllo sanitario nello 
Stato membro esportatore, e di coloro che importano da paesi terzi, a 
condizione che tali diritti non superino il costo effettivo del controllo "� 

-17 ottobre 1989, nella causa 109/88, Handels, con la quale la Corte -precisato 
pregiudizialmente che un tribunale arbitrale di categoria, la cui competenza 
e la cui composizione non dipendono dall'accordo delle parti e che 
dirime la lite in ultimo grado, deve essere considerato come una giurisdizione 
di uno Stato membro ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE -sui 
singoli quesiti posti da tale triblll!ale ha dichiarato che � la direttiva del 
Consiglio 10 febbraio 1975, n. 75/117, sul ravvicinamento delle legislazioni degli 
Stati membri relative all'applicazione del principio della parit� delle retribuzioni 
tra i lavoratori di sesso maschile e femminile va interpretata nel 
senso che: 1) Quando un'impresa applica un sistema di retribuzione caratterizzato 
da una mancanza totale di trasparenza, il datore di lavoro ha l'onere 
di provare che la sua prassi salariale non � discriminatoria, dal momento 
che il lavoratore di sesso femminile dimostra, relativamente ad un numero 
rilevante di lavoratori dipendenti, che la retribuzione media dei lavoratori 
di sesso femminile � inferiore a quella dei lavoratori di sesso maschile; 
2) Quando risulta che l'applicazione dei criteri di maggiorazione quali la 
flessibilit�, la formazione professionale o l'anzianit� del lavoratore sfavorisce 
sistematicamente i lavoratori di sesso femminile, -il datore di lavoro pu� 
giustificare il ricorso al criterio della flessibilit� se esso viene inteso nel 
senso che riguarda l'adattabilit� ad orari e luoghi di lavoro variabili, dimostrando 
che tale adattabilit� riveste importanza .per l'esecuzione di compiti 
specifici che sono affidati al lavoratore, ma non se tale criterio viene inteso 
nel senso che riguarda la qualit� del lavoro svolto dal lavoratore; -il datore 
di lavoro pu� giustificare il ricorso al criterio della formazione professionale 
dimostrando che tale formazione riveste importanza per l'esecuzione di compiti 
specifici che sono affidati al lavoratore; -il datore di lavoro non deve 
specificamente giustificare il ricorso al criterio dell'anzianit�"� 


-17 ottobre 1989, nelle cause riunite 231/87 e 121/87, Comune di Carpeneto 
Piacentino e Comune di Rivergaro, con la quale, in tema di imposta sul 
valore aggiunto, la Corte ha dichiarato che: �1) L'art. n. 5, 1� comma, 
della sesta direttiva IVA n. 77/388/CEE va interpretato nel senso che le 
attivit� esercitate 'in quanto pubbliche autorit�' ai sensi di tale norma sono 
quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell'ambito del regime giuridico 
loro proprio, escluse le attivit� da ess.i svolte in forza dello stesso regime 
cui sono sottoposti gli operatori economici privati. Spetta a ciascuno Stato 
membro scegliere la tecnica normativa pi� consona per trasporre nel diritto 
nazionale il principio del non assoggettamento sancito da detta norma. 
2) L'art. 4, n. 5, 2� comma, della sesta direttiva va interpretato nel senso 
che gli Stati membri sono tenuti a garantire l'assoggettamento degli enti 
di diritto pubblico per le attivit� che esercitano in quanto pubblica aumrit� 
allorch� tali attivit� possono essere del pari esercitate da privati in concor~ 
renza con essi e qualora il loro non assoggettamento sia atto a provocare 

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distorsioni di concorrenza di una certa importanza, ma non hanno l'obbligo 

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di recepire letteralmente tale criterio nel loro diritto nazionale, n� di pre-

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PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

cisare limiti quantitativi di non assoggettamento; 3) L'art. 4, n. 5, 3� comma, 
della sesta direttiva va interpretato nel senso che non impone agli Stati 
membri l'obbligo di recepire nella loro normativa tributaria il criterio del 
carattere non trascurabile, inteso come condizione per l'assoggettamento delle 
atitivit� elencate all'allegato D; 4). Un ente di diritto pubblico pu� invocare 
l'art. 4, n. 5, della sesta direttiva per opporsi all'applicazione di una disposizione 
nazionale che sancisca il suo assoggettamento all'IVA per un'attivit�, 
svolta in quanto pubblica autorit�, che non sia elencata nell'allegato D della 
sesta direttiva, e il cui non assoggettamento non sia atto a provocare distorsioni 
di concorrenza di una certa importanza '" 

-19 ottobre 1989, causa 142/88, Hoesch-Bergrohr, con la quale in 
tema di politica commerciale, la Corte ha dichiarato che: � 1) L'art. 5 del 
regolamento del Consiglio 9 gennaio 1985, n. 60, relativo alle restrizioni 
all'esportazione di tubi d'acciaio verso gli Stati Uniti d'America, va interpretato 
nel senso che l'espressione 'nuovi produttori di tubi d'acciaio' comprende 
le imprese che, pur avendo prodotto precedentemente tubi d'acciaio e pur 
conservando la loro forma giuridica e la loro denominazione sociale, hanno 
subito una trasformazione sul piano economico che ha portato la creazione 
di un nuovo stabilimento dotato di una notevole capacit� produttiva, in 
particolare quando in tale stabilimento si fabbrica un nuovo prodotto che 
non era gi� stato fabbricato dall'impresa; 2) Un'impresa riconosciuta come 
'nuovo produttore' ai sensi dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 60/85, deve 
poter beneficiare di una proporzione adeguata delle licenze d'esportazione 
disponibili, nel rispetto dei criteri che figurano in tale norma. In particolare, 
� necessario che le autorit� degli Stati membri incaricate di determinare 
la rilevanza di ciascuno di questi vari criteri, tengano conto della capacit� 
produttiva del nuovo produttore e del suo potenziale di esportazione, e gli 
consentano un accesso reale al mercato americano dei tubi d'acciaio; 3) Le 
autorit� tedesche erano autorizzate dal regolamento n. 60/85, senza esservi 
tuttavia obbligate, ad assegnare all'impresa Hoesch una quantit� speciale di 
tubi di acciaio prelevata sulla quota nazionale di esportazione del 2,82 % 
�lel consumo apparente degli Stati Uniti �. 

-19 ottobre 1989, nelle cause riunite 258, 337 e 338/87, Italia c. Commissione, 
con la quale la Corte ha respinto i ricorsi italiani, in tema di 
liquidazione dei conti FEOGA per gli esercizi 1983, 1984 e 1985, confermando 
cos� la non imputabilit� al FEOGA di alcune spese relative a vendita di 
latte scremato in polvere di ammasso pubblico, alla trasformazione delle 
arance e dei limoni, al premio speciale di riporto nel settore della pesca. 

-23 novembre 1989, nella causa 150/88, Firma 4711, con la quale la 
Corte -dopo aver precisato che essa pu� fornire gli elementi interpretativi 
del diritto comunitario che consentiranno al giudice nazionale di risolvere 
il problema giuridico di cui si trova adito anche qualora si tratti della 

valutazione della compatibilit� con il diritto comunitaro delle disposizioni 
di uno Stato membro diverso da quello del giudice del rinvio -ha dichiarato, 
in relazione ai quesiti posti, che: � 1) L'art. 6, n. 2, della direttiva 
del Consiglio n. 76/768, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli 
Stati membri relative ai prodotti cosmetici, osta a che una normativa nazionale 
prescriva l'indicazione dei dati qualitativi e quantitativi delle sostanze 
menzionate sull'imballaggio, nella pubblicit� o nella denominazione dei prodotti 
cosmetici contemplati dalla direttiva; 2) L'art. 6, n. ~. lett.� a), della 
succitata direttiva vieta ad uno Stato membro di prescrivere, nel caso dei 
prodotti cosmetici importati, fabbricati da un produttore stabilito nella 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comunit�, che il nome dell'impresa stabilita e responsabile dello smercio 
in tale Stato membro figuri sugli imballaggi, sui recipienti o etichette dei 
prodotti"� 

-5 dicembre 1989, m.J.a causa 3/88, Commissione c. Italia con la quale 
la Corte, in tema di appalti pubblici di forniture nel settore dell'informatica, 
ha dichiarato che � avendo riservato alle sol.e societ� a prevalente o totale 
partecipazione statale o pubblica, diretta o indiretta, la possibilit� di concludere 
convenzioni per la realizzazione dei sistemi informativi per conto 
della pubblica amministrazione, la Repubblica italiana � venuta meno agli 
obblighi che le incombono in forza degli artt. 52 e 59 del Trattato CEE 
nonch� della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, n. 77/62�. 

-12 dicembre 1989, nella causa 265/88, Messner, dove la Corte ha dichiarato 
che � il comportamento di uno Stato membro, il quale imponga ai 
cittadini degli altri Stati membri che esercitano il diritto al.la libera circolazione 
l'obbligo, munito di sanzione penale in caso di inosservanza, di effettuare 
una dichiarazione di soggiorno entro tre giorni a decorrere dall'ingresso 
nel territorio, non � compatibile con le norme del diritto comunitario relative 
al.la libera circolazione delle persone "� � 

-14 dicembre 1989, nel.la causa 3/87, The Queen c. Agegate Ltd., dove 
la Corte ha precisato (con riferimento alla questione sulla quale soltanto 
aveva presentato osservazioni il Governo italiano) che la nozione comunitaria 
di lavoratore deve essere definita secondo criteri obiettivi che caratterizzano 
il rapporto di lavoro in considerazione dei diritti e dei doveri degli 
interessati e che quindi, dato che la caratteristica sostanziale del rapporto 
di lavoro � la circostanza che una persona svolge, durante un certo periodo 
di tempo, a favore di un'altra e sotto la direzione di questa, prestazioni 
in compenso delle quali riscuote una retribuzione, il sol.o fatto che detta 
retribuzione sia � qJla parte � e che sia eventualmente calcolata su una 
base collettiva, non � tale da escludere la qualit� di lavoratore del.la persona 
cos� come retribuita. 

O. F. 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 2 febbraio 
1989, nella causa 22/87 � Pres. Due � Avv. Gen. Lenz � Commissione 
della C. E. (ag. Traversa) c. Repubblica italiana (avv. Stato 
Fiumara). 

Comunit� europee -Inadempiinento cli uno Stato -Mancata attuazione 
della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987/CEE � Tutela 
dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro. 
(Direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987/CEE; legge 29 maggio 1982, n. 297; 

legge 29 maggio 1975, n. 164; art. 2120 cod. civ.). 

Non avendo emanato nei termini prescritti i provvedimenti necessari 
a conformarsi alle disposizioni della direttiva del Consiglio 20 ottobre 
1980, n. 80/987, concernente il ravvicinamento delle iegislazioni degli 
Stati membri relativi alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di 
insolvenza del datore di lavoro -in particolare alle disposizioni concernenti 
l'istituzione di organismi di garanzia atti ad assicurare ai la



PARTB I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

85 

voratori il pagamento delle spettanze risultanti da contratti di lavoro 
(artt. 3 e 5), la garanzia delle prestazioni dovute ai lavoratori in forza 
dei regimi previdenziali obbligatori (art. 7) e la garanzia delle prestazioni 
pensionistiche di vecchiaia previste dai regimi integrativi prof essionali 
o interprofessionali (art. 8) -, la Repubblica italiana � venuta 
meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE (1). 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria 
della Corte il 28 gennaio 1987, la Commissione delle Comunit� Europee 
ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso volto a 
far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo emanato nei ter~ 
mini prescritti i provvedimenti necessari per conformarsi alle disposizioni 
della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987, concernente 
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative 
alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore 
di lavoro (G. U. n. L 283, pag. 23), � venuta meno agli obblighi che le 
incombono in forza del Trattato CEE. 

2. -La Commissione formula pi� in particolare tre censure relative 
all'inadempimento degli obblighi derivanti dagli artt. 3 e 5 della direttiva 
(istituzione di organismi di garanzia atti ad assicurare ai . lavora(
1) La difesa del Governo italiano non aveva contestato la mancanza, 
nell'ordinamento giuridico italiano, di disposizioni esattamente corrispondenti 
a quelle volute dalla direttiva 80/987/CEE, ma aveva rilevato l'esistenza, 
nello stesso ordinamento, di un complesso di disposizioni atte a garantire 
una tutela equivalente, e in certi casi addirittura superiore, a quella perseguita 
dalla direttiva, donde l'inconfigurabilit� di un sostanziale inadempimento 
dell'Italia (sul concetto di recepimento nel diritto interno di una 
direttiva, nella giurisprudenza della Corte di giustizia, cfr., oltre la sentenza, 
citata in motivazione, 23 maggio 1985, nella causa 29/84, COMMISSIONE c. REP. 
FED. GERMANIA, le pi� recenti sentenze 9 aprile 1987, nella causa 363/85, COMMISSIONE 
c. REP. ITALIANA, in questa Rassegna, 1987, I, 291 e 8 luglio 1987, 
nella causa., COMMISSIONE c. REP. ITALIANA, punto 9 della motivazione, ibidem, 
pag. 309). 
Sulla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro. 

(omissis) 3. -Esiste in Italia -si era detto nelle difese scritte del 
Governo italiano, che qui si riproducono parzialmente -un sistema complesso 
di istituti finalizzato ad evitare le conseguenze negative che potrebbero 
derivare al lavoratore dalla perdita del posto di lavoro (a questo 
riguardo si ricordano, richiamando per i particolari il citato documento, 
i benefici erogati dalla Cassa integrazione guadagni straordinaria�, gli inter� 
venti della societ� finanziaria pubblica G.E.P.I., la procedura di amministra� 
zione straordinaria, la gestione straordinaria delle imprese di assicurazione, � 
le particolari disposizioni in favore dei lavoratori nella disciplina delle varie 
procedure concorsuali, le norme che garantiscono a tutti il pagamento delle 

8 



86 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tori il pagamento delle spettanze risultanti da contratti di lavoro), dall'art. 
7 (garanzia delle prestazioni dovute ai lavoratori in forza' dei regimi 
previdenziali obbligatori) e dall'art. 8 (garanzia delle prestazioni 
pensionistiche di vecchiaia previste dai regimi. integrativi professionali 

o interprofessionali). 
3. -Il termine di 36 mesi, previsto dall'art. 11 della direttiva, per 
l'emanazione da parte degli Stati membri delle disposizioni legislative, 
regolamentari o amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 
� scaduto il 23 ottobre 1983. � pacifico che la Repubblica italiana non 
ha adottato alcun provvedimento per l'attuazione della direttiva. 
4. -Il Governo convenuto sostiene tuttavia che diverse disposizioni 
del diritto italiano vigente sono atte a garantire ai lavoratori una tutela 
equivalente, se non superiore, a quella perseguita dalla direttiva. 
5. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento 
del procedimento nonch� dei mezzi ed argomenti delle parti, si 
fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono 
indennit� di fine rapporto). Considerate complessivamente (e tenuto conto 
altres� dell'indennit� di disoccupazione quale ulteriore ammortizzatore sociale), 
questo sistema appare assicurare in larga misura, e anche con maggiore 
efficacia, la tutela del prestatore di lavoro sostanzialmente voluta dalla diret� 
tiva 80/987/CEE. 

Basti considerare in proposito, e in modo particolare, la garanzia introdotta 
dalla legge 29 maggio 1982, n. 297 (disciplina del trattamento di fine 
rapporto e norme in materia pensionistica), secondo la quale, qualora il 
datore di lavoro non vi provveda, uno specifico Fondo di garanzia pubblico 
eroga al lavoratore o ai suoi aventi diritto il trattamento di fine rapporto. 
� vero che la direttiva prevede la garanzia del pagamento delle somme 
dovute per retribuzione per un periodo determinato in caso di apertura 
di procedura concorsuale e che una siffatta specifica garanzia non � prevista 
attualmente dall'ordinamento giuridico italiano. Ma tale ordinamento, con 
le disposizioni della legge sopra ricordata, offre una garanzia sia pur diversa 
ma certamente di portata ben superiore: essa, infatti, riguarda, nei confronti 
di tutti i lavoratori insoddisfatti, il trattamento di fine rapporto, che, come 
� facile immaginare, � generalmente di consistenza ben maggiore della retri� 
buzione per un periodo determinato (che, ai sensi dell'art. 4 della direttiva, 
potrebbe essere anche soltanto di tre mesi). 

Questa garanzia generalizzata, seppur non corrisponde esattamente a 
quella indicata dalla direttiva. e formalmente non �la assorbe, � certamente 
di entit� tale da offrire al lavoratore sostanzialmente una tutela addirittura 
superiore a quella pretesa dalla direttiva medesima. 

Gli altri istituti richiamati all'inizio del presente paragrafo completano, 
sia pure per determinati settori e per determinate categorie di lavoratori, la 
tutela del prestatore di lavoro subordinato. E in particolare il sistema della 
� cassa integrazione guadagni straordinaria � costituisce, per determinati set� 
tori e per determinati lavoratori, una garanzia alternativa specificamente con� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

87 

richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento 
della Corte. 

6. -In via preliminare occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 189 
del Trattato, gli Stati membri destinatari di una direttiva sono tenuti 
ad adottare, nell'ambito del loro ordinamento giuridico nazionale, i 
provvedimenti necessari a garantire la piena efficacia della dir�ttiva, 
conformemente alle finalit� perseguite. Si desume in proposito dalla 
giurisprudenza della Corte (ed in particolare dalla sentenza 23 maggio 
1985, causa 29/84, Commissione c. Repubblica .federale di Germania, 
Racc. pag. 1661) che se l'attuazione di una direttiva non esige necessariamente 
l'emanazione di ,specifici provvedimenti legislativi o regolamentari 
in ogni Stato membro, l'emanazione di detti provvedimenti 
pu� ritenersi superflua solo qualora le disposizioni del diritto nazionale 
vigente garantiscano effettivamente la completa applicazione della 
direttiva. 
sentita dall'art. 1, n. 2, della direttiva in collegamento con l'allegato II lettera 
Cl di essa. 

La Commissione non contesta, nella sostanza, l'efficacia di questo complesso 
sistema e la sua rispondenza, in gran parte, ai fini della direttiva. Essa 
osserva per� che il sistema italiano, seppur sotto certi aspetti (come quello 
della garanzia del trattamento di fine rapporto di cui alla citata legge numero 
297/1982) assicuri una tutela pi� efficace dei diritti dei lavoratori, non assicura 
peraltro la specifica tutela voluta dalla direttiva; e laddove la assicura 
(come nei casi di applicazione della "cassa integrazione guadagni straordinaria�), 
la garanzia � per� limitata -in contrasto con gli obiettivi della direttiva stessa 
-a settori produttivi e a categorie di lavoratori ovvero presenta esenzioni 
o lacune non accettabili. 

Questa impostazione, nei suoi termini generali, non appare accettabile. 
Se � vero, infatti, che la garanzia, accordata a tutti i lavoratori di qualsivoglia 
settore, del pagamento delle somme dovute per trattamento di fine rapporto � 
di efficacia superiore a tutte le garanzie previste dalla direttiva, ben dovrebbe 
concludersi che il sistema italiano non deve ulteriormente adeguarsi alla direttiva 
stessa. 

Sotto un profilo subordinato, seppur si dovesse seguire l'iter logico delle 
osservazioni della Commissione e ammettere da un lato che la garanzia generalizzata 
del trattamento di fine rapporto non � sufficiente a bilanciare la 
mancanza della garanzia specificamente voluta dalla direttiva del pagamento 
della retribuzione per un periodo determinato in caso di procedura concorsuale 
(a fronte della quale esisterebbe in Italia solo una garanzia parziale per 
settori determinati e p~r specifiche categorie di lavoratori.), occorrerebbe 
allora correggere la portata delle osservazioni stesse della Commissione per 
un sensibile ridimensionamento delle aree non tutelate nell'ordinamento giuridico 
italiano. � 

E sotto questo profilo subordinato valgono le considerazioni dei para� 
grafi che seguono. 

4. � Riguardo in particolare alla contestazione concernente gli artt. 3 e 5 
della direttiva, � opportuno ricordare che la stessa direttiva nasce dalla 

88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

7. -La direttiva n. 80/987, la cui inesecuzione viene addebitata 
alla Repubblica italiana, persegue il ravvicinamento delle legislazioni 
degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in 
caso di insolvenza del datore di lavoro e prevede a tal fine, in parti� 
colare, garanzie specifiche per la soddisfazione dei loro crediti non 
pagati. 
8. -Vanno pertanto esaminate nell'ordine le tre censure formulate 
dalla Commissione per accertare se le disposizioni legislative italiane 
richiamate dal Governo convenuto assicurino ai lavoratori subordinati 
la fruizione delle garanzie specifiche previste dalla citata direttiva 
n. 80/987. 
Sulla prima censura relativa all'omessa attuazione degli artt. 3 e 5 
della direttiva n. 80/987. 

9. -Dagli artt. 3 e 5 della direttiva risulta che gli Stati membri 
devono istituire organismi di garanzia che assicurino la soddisfazione 
dei crediti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti 
necessit� di sopperire alle esigenze dei lavoratori che a causa dell'insol� 
venza del datore di lavoro vanno incontro alle difficolt� dovute normalmente 
allo svolgimento delle procedure previste dalle legislazioni speciali nazionali, 
nonch� ai rischi di non poter far valere i propri diritti di credito per insuf� 
ficienia dell'attivo del patrimonio del datore di lavoro. 

Da ci� si desume che in ogni caso si debba far capo ai soggetti che 
secondo le varie legislazioni nazionali possano essere implicati in tali procedure. 


In Italia il RD. 16 marzo 1942, n. 297 (legge fallimentare) determina 
sia i. soggetti assoggettabili sia quelli esclusi dalla disciplina fallimentare. E 
sono appunto esclusi dalla assoggettabilit� al fallimento e alle altre procedure 
concorsuali gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, quali -ai sensi 
dell'art. 2083 codice civile -�i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i 
piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attivit� professionale orga� 
nizzata prevalentemente con il lavoro proprio o della propria famiglia�. 

V'� inoltre da considerare che alcune categorie di lavoratori si trovano 
in situazione del tutto particolare, per cui v'� quantomeno da dubitare della 
applicabilit� ad essi delle regole della direttiva. Si consideri da questo punto 
di vista la posizione dei dirigenti per i quali i contratti collettivi prevedono 
spesso speciali clausole di salvaguardia che forniscono loro una tutela sostru.1� 
ziale, in caso di licenziamento motivato da ristrutturazione, riorganizzazione, 
riconversione, ovvero crisi aziendale o settoriale, nonch� nelle ipotesi di am� 
ministrazione straordinaria. Per quanto riguarda gli apprendisti, pur essendo 
essi legati da un rapporto di lavoro subordinato speciale (legge 19 gennaio 
1955 n. 25), la estensione del campo di applicazione della direttiva a questa 
categoria sembra non corrispondere ad esigenze obiettive, tenuto conto in 
particolare che essi prestano la propria opera per brevi periodi. Data, poi, 
la specialit� della definizione di lavoratore subordinato nell'ordinamento ita� 
liano (art. 2094 codice civile, in collegamento con l'art. 2 n. 2 della direttiva) 
suscita perplessit� l'applicazione della tutela prevista dalla direttiva ai lavora



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

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di lavoro o da rapporti di lavoro e relativi alla retribuzione del periodo 
situato prima di una data determinata, stabilit� secondo le condizioni 
previste dall'art. 3. 

10. -Secondo il Governo italiano, il combinato disposto delle varie 
norme di diritto italiano intese ad evitare al lavoratore le conseguenze 
negative che potrebbero derivare dalla perdita del posto di lavoro, garantirebbe 
ai lavoratori una tutela equivalente a quella prevista negli 
artt. 3 e 5 della direttiva. Il Governo italiano cit~ in particolare le disposizioni 
relative al trattamento corrisposto al termine del rapporto 
di lavoro (�trattamento di fine rapporto�), contenute nella legge 29 maggio 
1982, n. 297 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 148 del 
7 giugno) e il sistema di garanzia di pag~mento predisposto con la 
� Cassa integrazione guadagni -gestione straordinaria � la quale, istituita 
con fogge 29 maggio 1975, n. 164 (GURI n. 147 del 31 maggio) costituirebbe 
un sistema alternativo di garanzia specificamente consentito 
dall'art. 1, n. 2, della direttiva in collegamento con l'allegato II, lett. 
c/1 di essa. 
tori a domicilio: � largamente controversa, difatti, la possibilit� di ritenerli o 
assimilarli ai lavoratori subordinati. La stessa legge 18 dicembre 1973, n. 877 
(nuove norme per la tutel� del lavoro a domicilio) stabilisce solo un particolare 
vincolo di subordinazione per questi lavoratori, in deroga a quanto previsto 
dall'art. 2094 del codice civile. E la legge 8 agosto 1985, n. 433 (legge quadro 
per l'artigianato) prevede espressamente che, qualora non superino un terzo 
dei lavoratori dell'impresa artigiana, i lavoratori a domicilio non sono computati 
ai fini del calcolo dei limiti dimensionali stabiliti dalla legge Stessa 
per l'impresa artigiana. 

Le aree non coperte dalle norme sulla cassa integrazione guadagni straordinaria 
indubbiamente sussistono, ma, anche solo con le precisazioni sopra 
fatte, sono di un'ampiezza molto minore di quella indicata dalla Commissione. 
E per i lavoratori appartenenti a tali aree scoperte sussistono delle ulteriori 
forme di efficace garanzia, anche se non coincidenti con quelle volute dalla 
direttiva: si pensi agli accordi della contrattazione collettiva che hanno creato 
organismi bilaterali (datori di lavoro e lavoratori) per il sostegno e la garanzia 
dei redditi in caso d'insolvenza del datore di lavoro (ad ~sempio nei 
contratti per il commercio e per il turismo); si pensi ai privilegi di primo 
grado che assistono i crediti di lavoro. 

Quanto all'area coperta dall'istituto della cassa integrazione guadagni 
straordinaria, � doveroso precisare che non sussiste alcuna discrezionalit�, 
se non tecnica, nelle determinazioni che l'amministrazione assume: il C.I.P.I. 
(Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale), 
che � l'organo che valuta l'effettivit� dei motivi che giustificano il ricorso alla 
� cassa �, si � dato una norma di comportamento (delibera 12 giugno 1984) in 
base alla quale nell'attuazione concreta dell'istituto l'erogazione dei benefici 
� obbligatoria e non facoltativa, una volta che sia constatata obiettivamente 
la ricorrenza delle condizioni di legge. 

5. -Quanto alla contestazione 2 concernente l'art. 7 della direttiva, si osserva 
che l'articolo 2116 del codice civile italiano dispone che � le prestazioni 

RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO

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11. -Per quel che riguarda il 1trattamento di fine rapporto, occorre 
rilevare che trattasi di un'attribuzione patrimoniale il cui importo � 
determinato con riferimento alla durata del rapporto di lavoro, corrispondente 
in linea di principio ad un mese di retribuzione per ogni anno 
di anzianit� di servizio, ed a cui hanno diritto tutti i lavoratori in caso 
di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ai sensi dell'art. 2120 
del codice civile italiano. Il Fondo di garanzia di cui all'art. 2 della 
citata legge n. 297 si sostituisce al datore di lavoro insolvente per garantire 
il pagamento di detta attribuzione patrimoniale. Questa garanzia 
non si� estende per� al pagamento dei crediti relativi a retribuzioni dei 
lavoratori che non siano state regolarmente pagate nel corso del rapporto 
di lavoro, a causa dell'insolvenza del datore di lavoro. Ora, il 
pagamento di detti crediti dev'essere garantito a norma degli artt. 3 e 
5 della direttiva n. 80/987. Ne consegue che le disposizioni del diritto 
italiano afferenti al trattamento di fine rapporto non sono atte ad adempiere 
gli obblighi derivanti dai precitati articoli della direttiva. 
indicate nell'art. 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l'imprenditore 
non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni 
di. previdenza ed assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali o 
delle norme corporative"� 

Da tale norma si ricava il principio della cosiddetta assicurazione di diritto 
o automatica, per effetto del quale il diritto del lavoratore a conseguire 
le prestazioni assistenziali e previdenziali sussiste indipendentemente dalla 
regolare corresponsione da parte d�l datore di lavoro dei contributi dovuti 
alle istituzioni di previdenza e di assistenza. 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto che il principio 
in questione sia applicabile nel campo degli assegni familiari in quanto i medesimi 
rappresentano, secondo il vigente sistema, una forma di assistenza 
obbligatoria diretta ad integrare il salario. 

Il principio della automaticit� delle prestazioni � espressamente sancito 
nella normativa specifica concernente varie forme assicurative (infortuni e 
malattie professionali, tubeI'Colosi, malattie comuni). 

Nella assciurazione contro la disoccupazione il principio � riconosciuto per 
l'indennit� ordinaria di disoccupazione. 

In materia di infortuni l'art. 67 del d.P .R. 30 giugno 1965 n. 1124 (testo unico 
delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro 
e le malattie professionali) dispone che � gli assicurati hanno diritto alle 
prestazioni da parte dell'istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore 
di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel presente titolo �. 

In particolare per quanto riguarda l'attuazione del principio dell'automaticit� 
nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti 
gestita dall'I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale), l'articolo 
27 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, nel testo modificato 
dalla legge 11 agosto 1972, n. 485, recita testualmente: 

� Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di 
vecchiaia, invalidit� e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi 



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

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12. -Per quel che riguarda la Cassa integrazione guadagni -gestione 
straordinaria -, la quale garantisce il pagamento dei crediti dei 
lavoratori sino all'80 % della retribuzione in caso di � crisi aziendale �, 
nozione che include l'ipotesi dell'insolvenza del datore di lavoro, � pacifico 
che essa � atta a soddisfare ai precetti della direttiva per quel 
che riguarda l'ambito di applicazione � ratione materiae � della garanzia. 
Tuttavia, come ha osservato la Commissione, questa garanzia comporta 
lacune per quel che riguarda l'ambito di applicazione � ratione 
personae � tenuto conto di quello prescritto dalla direttiva. 
13. -Infatti, occorre rilevare in primo luogo che questo sistema 
viene applicato esclusivamente alle imprese industriali (legge 29 maggio 
1975, n. 164), alle imprese appaltatrici dei servizi di mensa di imprese 
industriali nonch� alle imprese commerciali che occupino pi� di mille 
dipendenti (legge 23 aprile 1981, n. 155, GURI n. 114 del 27 aprile), alle 
imprese di edizione e stampa dei quotidiani ed alle agenzie di stampa 
nazionali (legge 5 agosto 1981, n. 146, GURI n. 215 del 6 agosto), ed infine 
alle imprese di navigazione (legge 9 dicembre 1982, n. 918), le quali 
ultime non rientrano per� nell'ambito d'applicazione della direttiva. 
non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescri� 
zione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da documenti e prove certe. 
I periodi non coperti da contribuzione di cui al comma precedente sono 
considerati utili anche ai fini della determinazione della misura'. delle pensioni �. 

La norma concerne tutte le pensioni a carico dell'assicurazione generale 
obbligatoria, ivi compresa la pensione di anzianit� e le prestazioni spettanti ai 
superstiti (pensione di reversibilit� o indiretta ed indennit� di morte). 

Da ci� si evince che nel campo delle prestazioni pensionistiche il principio 
subisce una attenuazione nel senso che la prestazione � dovuta. anche nel 
caso di omissione contributiva ma solo con riferimento ai contributi relativi 
all'ultimo decennio ossia al periodo per il quale non si � ancora verificata la 
prescrizione del diritto della gestione previdenziale per il versamento dei contributi 
nei confronti del datore di lavoro. 

Proprio su questa deroga al principio della automaticit� si concentra 
l'attenzione della Commissione. Ma non possiamo non rilevare la assoluta 
marginalit� di tale deroga, tenuto conto degli effetti pratici. � 

In effetti l'individuazione di queste ipotesi pu� avvenire in casi sporadici, 
singoli e non pu� essere generalizzata: dato il sistema vigente di sorveglianza 
e controllo istituito dalla legge �sulla previdenza sociale, non sembra che possa 
rilevare in modo dirimente l'argomentazione incentrata sui limiti derivanti 
dalla prescrizione decennale per affermare la non corrispondenza del sistema 
italiano agli obblighi di cui all'art. 7 della direttiva. La legge impone all'I.N.P.S. 
l'obbligo di inviare ogni anno al lavoratore un estratto conto contenente 
l'indicazione della retribuzione denunciata dal datore di lavoro, consentendo 
in tal modo un controllo costante in ordine agli obblighi di contribuzione da 
parte del datore di lavoro. La denuncia, da parte del lavoratore, del datore 
di lavoro inadempiente non consentir� il maturarsi della prescrizione decennale. 

Quanto all'osservazione della Commissione secondo cui l'esistenza di un 
vasto contenzioso in materia dimostrerebbe l'ampiezza del problema, si osserva 



92 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

14. -Ne risult� che i lavoratori delle imprese che non rientrano 
in una delle citate categorie sono esclusi dalla garanzia prestata dalla 
Cassa integrazione guadagni in caso di insolvenza dei loro datori di 
lavoro. 
15. -In secondo luogo, si deve rilevare che non tutti i lavoratori 
subordinati alle dipendenze delle imprese summenzionate fruiscono del 
sistema di garanzia fornito dalla Cassa integrazione guadagni. Ne sono 
esclusi in particolare i dirigenti, gli apprendisti e i lavoratori a domicilio. 
16. -Il Governo italiano sostiene tuttavia che queste tre categorie 
di lavoratori dovrebbero essere escluse dall'ambito di applicazione della 
direttiva, vista la natura particolare del loro contratto di lavoro, e, per 
quel che riguarda pi� specificamente i dirigenti, perch� esistono sistemi 
di tutela molto avanzati previsti dai contratti collettivi. 
17. -A questo proposito occorre ricordare anzitutto che, stando al 
dettato dell'art. 2, n. 2, della direttiva, essa non pregiudica il diritto 
nazionale per quanto riguarda la definizione del termine � lavoratore 
subordinato >>. Ora, dalle disposizioni del codice civile italiano (art. 2095 
che il contenzioso in atto si svolge soprattutto per l'esigenza di qualificare 
la natura dei rapporti di lavoro che vengono in causa. 

Si ricorda, comunque, che la legge 12 agosto 1962, n. 1338 (disposizioni per 
il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per 
l'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti) consente di sopperire a quei casi concreti 
in cui la insufficienza dei versamenti maturati e non versati fa sorgere 
l'esigenza di assicurare la pensione ai lavoratori. Tale legge, difatti, prevede, 
nell'art. 13, che in caso di omesso pagamento dei contributi da parte del datore 
di lavoro e di sopravvenuta prescrizione degli stessi, possa essere costituita 
dall'I.N.P.S. (Istituto nazionale per la previdenza sociale), su richiesta del 
datore di lavoro o del lavoratore, una rendita vitalizia pari alla pensione o 
quota di pensione adeguata dell'assicurazione obbligatoria che spetterebbe al 
lavoratore dipendente in relazione ai contributi non versati, previo pagamento 
da parte dell'uno o dell'altro (e salvo il diritto del lavoratore al risarcimento 
del danno) di quote della riserva matematica dell'apposito Fondo di adeguamento 
costituito presso l'l.N.P.S. Tale sistema consente di ovviare, almeno 
in parte, alle gi� limitate conseguenze della deroga al principio dell'automaticit� 

6. -Relativamente, infine, alla contestazione di cui al precedente paragrafo 
2, lett. e), concernente l'art. 8 della direttiva, si osserva che nel sistema 
italiano sono poco conosciuti regimi di sicurezza sociale diversi da quello 
obbligatorio legale, che impongano l'erogazione di contributi da parte del 
datore di lavoro. Effettivamente sul piano contrattuale solo recentemente 
vengono determinandosi in modo estensivo forme integrativo-complementari 
del genere di quelle ipotizzate dall'art. 8 della direttiva tanto � che in un disegno 
di legge di riordino del sistema previdenziale vengono fissati gli orientamenti 
generali ai quali debbono ispirarsi questi sistemi nonch� le prescri� 
zioni per salvaguardare in ogni caso i diritti maturati (omissis). 
OSCAR FIUMARA 



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

per i dirigenti, art. 2134 per gli apprendisti e art. 2128 per i lavoratori a 
domicilio), nonch� dalle leggi speciali e dalla giurisprudenza citata dalla 
Commissione, non contraddetta su questo punto dal Governo italiano, 
risulta che nel diritto italiano i lavoratori appartenenti a queste tre cate� 
gorie sono considerati lavoratori subordinati. 

18. -Va rilevato poi che la possibilit� di escludere dall'ambito di 
applicazione della direttiva talune categorie di lavoratori a causa della 
specialit� del loro contratto o rapporto di lavoro, o a causa dell'esistenza 
�di ,altre forme di garanzia che forniscano loro una tutela equivalente, 
possibilit� prevista in via eccezionale dall'art. l, n. 2, della direttiva, � 
limitata da quest'ultima disposizione alle categorie espressamente men� 
zionate nell'elenco allegato alla direttiva. Ora, per quel che riguarda 
l'Italia, detto elenco non prevede l'esclusione di alcuna categoria di lavoratori 
per uno dei motivi summenzionati. 
19. -Ne risulta che i dirigenti, gli apprendisti e i lavoratori a 
domicilio, considerati prestatori di lavoro subordinato ai sensi del diritto 
italiano, rientrano nell'ambito di applicazione della clirettiva. 
20. -In terzo luogo, si deve constatare che la garanzia di cui fruiscono 
i lavoratori dipendenti delle imprese cui si applica il sistema della 
Cassa integrazione guadagni non � automatica ma la sua concessione di� 
pende da una serie di condizioni che devono essere valutate caso per 
caso dal comitato interministeriale per il coordinamento della politica 
industriale. 
21. -Infatti, sia dall'art. 2 della legge 12 agosto 1977, n. 675 (GURI 
n. 243 del 7. settembre) sia dalla delibera del comitato interministeriale 
per il coordinamento della politica industriale 12 giugno 1984 (GURI n. 18 
del 22 gennaio 1985), richiamata dal Governo convenuto, risulta che 
l'intervento della Cassa integrazione guadagni in caso di insolvenza del 
datore di lavoro � caratterizzato dalla sua straordinariet� e dipende da 
un provvedimento adottato, in particolare, a seconda della rilevanza 
sociale dell'impresa in relazione alla situazione occupazionale locale ed 
alla situazione produttiva del settore economico interessato. 
22. -Il Governo italiano sostiene a questo proposito che, dallo 
stesso tenore letterale dell'art. l, n. 2, della direttiva e dall'elenco alle� 
gato il quale, per quanto riguarda l'Italia, include fra i � lavoratori su� 
bordinati che beneficiano di altre forme di garanzia�, e che possono di 
conseguenza essere esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva, 
anche �i lavoratori subordinati che beneficiano delle prestazioni previste 
dalla vigente legislazione in materia di garanzia del reddito in caso di 
crisi economica dell'impresa�, risulta che tutte le categorie di lavoratori 
che frui'>cono del regime di garanzia della Cassa integrazione guadagni 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

94 

sono escluse dall'ambito di applicazione della direttiva. Questa esclusione 
non riguarderebbe soltanto i singoli lavoratori che hanno concretamente 
fruito del sistema di garanzia di cui trattasi, bens� tutti i lavoratori che 

in teoria possano fruirne. 

23. -Questa tesi va respinta. Sia dalla finalit� della direttiva, intesa 
a garantire una tutela minima a tutti i lavoratori, sia dall'eccezionalit� 
dell'esclusione di cui all'art. l, n. 2, risulta che questa disposizione non 
pu� essere interpretata estensivamente come ha fatto il Governo convenuto. 
Solo i lavoratori che, in caso di insolvenza del datore di lavoro, 
fruiscono effettivamente del sistema di tutela della Cassa integrazione 
guadagni devono pertanto essere considerati esclusi dall'ambito d'applicazione 
della direttiva. 
24. -Da tutto ci� si desume che la prima censura della Commissione. 
� fondata. 
Sulla seconda censura relativa all'omessa attuazione dell'art. 7 della 
direttiva. 

25. -Ai sensi dell'art. 7 della direttiva: 
� Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che 
il mancato pagamento ai loro organismi assicurativi di contributi obbligatori 
dovuti dal datore di lavoro prima dell'insorgere dell'insolvenza a 
titolo dei regimi legali nazionali di sicurezza sociale non leda i diritti 
alle prestazioni dei lavoratori subordinati nei confronti di questi organismi 
assicurativi nella misura in cui i contributi salariali siano stati 
trattenuti sui salari versati�. 

26. -Il Governo italiano osserva che l'art. 2116 del codice civile 
italiano sancisce il principio del cosiddetto automatismo delle prestazioni 
che garantirebbe ai lavoratori il conseguimento delle prestazioni 
anche qualora l'imprenditore non abbia versato i contributi. 
27. -Occorre rilevare in proposito, come la Commissione ha correttamente 
sottolineato, che il principio dell'automatismo delle prestazioni 
� riconosciuto dal menzionato articolo del codice civile, fatte salve le disposizioni 
delle leggi speciali adottate in materia. Ora, ai sensi in parti� 
colare dell'art. 23 ter della legge 11 agosto 1972, n. 485 (GURI n. 223 del 
26 agosto), �il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni 
di vecchiaia, invalidit� e superstiti, si intende verificato anche 
quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti 
nei limiti della prescrizione decennale �. Ne consegue che i diritti del 
prestatore di lavoro subordinato alle prestazioni di vecchiaia, invalidit� 
e superstiti non sono garantiti in caso di prescrizione del debito del 
datore di lavoro insolvente nei confronti dell'istituto assicuratore. 


PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

28. -L'argomento secondo cui i lavoratori potrebbero evitare la 
prescrizione controllando, per mezzo degli estratti conto, che l'Istituto 
Nazionale della Previdenza Sociale ha l'obbligo di inviar loro ogni anno, 
il versamento effettivo dei contributi da parte del datore di lavoro non 
pu� essere accolto. Infatti, ai sensi dell'art. 7 della direttiva, la garanzia 
del diritto a prestazioni del lavoratore dipende da una sola condizione, 
e cio� che i contributi salariali siano stati trattenuti sulla retribuzione. 
29. -Il Governo italiano sostiene inoltre che grazie all'art. 13 della 
legge 12 agosto 1962, n. 1338 (GURI n. 229 dell'll settembre) sarebbe 
possibile sopperire a quei casi concreti in cui il mancato pagamento dei 
contributi dovuti fa sorgere l'esigenza di garantire la pensione ai lavoratori. 
A norma di questa disposizione, in caso di omesso pagamento dei 
contributi da parte del datore di lavoro e di sopravvenuta prescrizione 
degli stessi, pu� essere costituita dall'Istituto Nazionale della Previdenza 
Sociale, su richiesta del datore di lavoro o del lavoratore, una rendita 
vitalizia pari alla pensione o quota di pensione adeguata all'assicurazione 
obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi 
non pagati. 
30. -� opportuno rilevare che la legge subordina la costituzione 
della rendita al pagamento da parte del lavoratore o del datore di lavoro, 
di quote della riserva matematica dell'apposito fondo di adeguamento 
costituito presso l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Ne deriva 
che, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la costituzione della rendita 
vitalizia dipender� dagli apporti dello stesso lavoratore. Di conseguenza, 
la disposizione di legge invocata dal Governo italiano non consente di 
sopperire alle imperfezioni del principio dell'automatismo delle prestazipni 
rispetto alle ~sigenze poste dall'art. 7 della direttiva. 
31. -Il Governo italiano sostiene ancora che l'art. 6 della direttiva 
consentirebbe agli Stati membri di escludere dall'ambito d'applicazione 
della direttiva i diritti dei lavoratori alle prestazioni dovute� in forza 
sia dei regimi previdenziali obbligatori sia di queHi integrativi. 
32. -Questa interpretazione dell'art. 6, che consentirebbe agli Stati 
membri di limitare unilateralmente la portata degli obblighi derivanti 
dalla direttiva, non pu� essere accolta. Dalla lettera dell'art. 6 risulta 
che tale disposizione si limita ad autorizzare gli Stati membri a non 
imporre ai fondi di garanzia di cui agli artt. 3 e 5 l'onere dei contributi 
non versati dal datore di lavoro insolvente dando loro la possibilit� di 
scegliere a tal fine �n altro sistema di garanzia dei diritti dei lavoratori 
alle prestazioni previdenziali. 
33. -Da quanto precede risulta che la seconda censura della Commissione 
� fondata. 

96 

RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sulla terza censura relativa all'omessa attuazione dell'art. 8 della 
direttiva. 

34. -Rispetto all'addebito della Commissione relativo all'inesistenza 
nel diritto italiano di disposizioni idonee ad adempiere l'obbligo derivante 
dall'art. 8 della direttiva, che impone agli Stati membri di tutelare 
i diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia e di reversibilit� dovute 
in forza dei regimi integrativi di previdenza professionali o interprofessionali 
diversi dai regimi previdenziali obbligatori, il Governo italiano 
osserva che detti regimi integrativi sono pressoch� inesistenti in Italia. 
35. -A questo proposito, � sufficiente rilevare che questa circostanza 
non pu� giustificare l'inadempimento dell'obbligo derivante dall'art. 
8 della direttiva. 
36. -Il Governo italiano rinvia inoltre alla sua interpretazione dell'art. 
6 della direttiva, che � gi� stata respinta nel quadro dell'esame della 
seconda censura della Commissione. 
37. -Ne risulta che anche la terza censura della Commissione va 
accolta. 
38. -Tenuto conto di tutte le considerazioni fin qui svolte, si deve 
dichiarare che omettendo di adottare entro i termini prescritti i provvedimenti 
necessari a conformarsi alle disposizioni della direttiva del Consiglio 
20 ottobre 1980, n. 80/987, concernente il ravvicinamento delle legislazioni 
degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati 
in caso di insolvenza del datore di lavoro, la Repubblica italiana � venuta 
meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 
22 febbraio 1989, nella causa 54/87 -Pres. Due -Avv. Gen. Darmon Commissione 
delle C. E. (ag. Forman e De March) c. Repubblica 
italiana (avv. Stato Fiumara). 

Comunit� europee -Risorse proprie -Interessi moratori -Accertamento 
dei dazi -Rettifica. 
(Regolamento CEE del Consiglio 19 dicembre 1977, n. 2891, art. 11; decisione del 

Consiglio 21 aprile 1970; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 59). 

La Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti 
in forza del Trattato CEE rifiutando di pagare interessi moratori, 
ai sensi dell'art. 11 reg. del Consiglio 19 dicembre 1977, n. 2891, recante 
applicazione della decisione 21 aprile 1970, relativa alla sostituzione dei 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALB 

97 

contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie della Comunit�, 
dovuti a seguito di un'errata classificazione di taluni dazi doganali 
nel gennaio, febbraio e marzo 1980 (1). 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della 
Corte il 20 febbraio 1987, la Commissione delle Comunit� Europee, in 
forza dell'art. 169 del Trattato CEE, ha proposto un ricorso che, dopo la 
rinuncia della Commissione a due altre conclusioni, � diretto unicamente 
a far dichiarare che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi 
impostile dal Trattato CEE rifiutando di pagare interessi moratori, ai 
sensi dell'art. 11 del regolamento n. 2891/77, recante applicazione della 
decisione 21 aprile 1970 relativa alla sostituzione dei contributi finanziari 
degli Stati membri con risorse proprie delle Comunit� (G.U. n. 336, 
pag. 1), dovuti a seguito di un'errata classificazione di taluni dazi doga� 
nali in gennaio, febbraio e marzo 1980. 

2. -Risulta dal fascicolo che, nei primi tre mesi del 1980, l'ufficio 
doganale di Ravenna ha contabilizzato per errore taluni dazi doganali 
CEE che, ai sensi della decisione 21 aprile 1970 di cui il regolamento 
citato reca applicazione, costituiscono risorse proprie della Comunit�, 
come dazi doganali CECA, ossia come risorse nazionali, L'errore � stato 
(1) La difesa del Governo italiano aveva fatto leva sul disposto dell'art. 59 
del t.u. leggi doganali 23 gennaio 1973, n. 43, secondo cui � la data in cui l'ac� 
certamente � divenuto definitivo ,. � quella che l'ufficio doganale appone al 
momento della . annotazione della dichiarazione doganale sul registro corrispon� 
dente all'operazione compiuta, cio� al momento della contabilizzazione dell'imposta 
(sull'armonizzazione della nozione d� contabilizzazione si veda l'art. 1 
lett. d della direttiva del Consiglio 25 giugno 1979, n. 79/623/CEE, sull'obbligazione 
doganale, nella quale invece non � contenuta una nozione comune di � accertamento
�). Se v'� un errore nella contabilizzazione -si era detto -non 
pu� dirsi che il credito sia stato � debitamente stabilito � ai sensi dell'art. 2, primo 
comma, del reg. CEE 2891/77, per cui, in caso di rettifica della contabilizzazione, 
si � in presenza di un � nuovo accertamento �, senza alcuna conseguenza per il 
ritardo, ai sensi del secondo comma dell'articolo stesso. La Corte, invece, ha 
ritenuto che l'errore di contabilizzazione di un ufficio d�ganale, in quanto puramente 
interno al servizio o all'organizzazione nazionale competente, non influenza 
il momento dell'accertamento quale risulta preso in considerazione dall'art. 
2 del reg. 2891/77. 
Sulla contabilizzazione delle risorse proprie della Comunit�, cfr. le precedenti 
sentenze della Corte 20 marzo 1986, nella causa 303/86, COMMISSIONE c. REP. 
FED. GERMANIA, in Racc. 1986, 1171 (citata in motivazione), relativa ad un caso 
in cui si discuteva del mancato accertamento di contributi alla produzione nei 
settore dello zucchero nel termine fissato da specifica norma comunitaria, e 
18 dicembre 1986, nella causa 93/85, COMMISSIONE c. REGNO UNITO, in Racc. 1986, 
in un caso in cui si discuteva del potere della Commissione di richiedere una 
iscrizione a credito anticipata e sull'inottemperanza dello Stato membro a tale 
richiesta. 



98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Irettificato nella contabilit� dell'ufficio doganale nel luglio 1980, in occa


� f:~

sione di un controllo effettuato dalle autorit� italiane cui erano associati 
i servizi della Commissione, e gli importi corrispondenti a questi dazi 
doganali sono stati messi a disposizione della Commissione il 20 settembre 
1980, mediante iscrizione a credito sul conto � risorse proprie � 
della Commissione presso il Tesoro italiano. 

I 

3. -La Commissione ha invitato le autorit� italiane a pagare, in 
forza dell'art. 11 del citato regolamento, interessi moratori sugli importi 
risultanti dalla rettifica, calcolati per il periodo compreso tra il momento 
in cui avrebbe dovuto aver luogo l'iscrizione a credito di tali importi sul 
conto della Commissione e quello in cui gli importi vi sono stati effetti� 
vamente iscritti. 
4. -Secondo il menzionato art. 11, ogni ritardo nelle iscrizioni sul 
conto � risorse proprie � della Commissione d� luogo al pagamento, da 
parte dello Stato membro in questione, di un interesse di cui tale disposizione 
determina il tasso. 
5. -Le autorit� italiane hanno rifiutato di ottemperare a tale richiesta, 
ritenendo che essa non fosse giuridicamente fondata. 
6. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento 
del procedimento nonch� dei mezzi ed argomenti delle parti, si fa rinvio 
alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati 
solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della 
Corte. 
7. -In via preliminare, vanno ricordati i principi della normativa 
emanata con il regolamento controverso, il cui fine, secondo il penultimo 
considerando, � quello di permettere alle Comunit� di disporre delle 
I =~ 

risorse proprie nelle migliori condizioni. 

8. -I dazi che, ai sensi della decisione del Consiglio 21 aprile 1970, 
n. 70/243 (G. U. n. L 94, pag. 19), costituiscono risorse proprie della 
Comunit�, in particolare i dazi della tariffa doganale comune, secondo 
l'art. 1 del citato regolamento n. 2891/77, sono accertati dagli Stati membri 
in conformit� alle loro disposizioni legislative, regolamentari ed am� 
I

-~ 

ministrative e i relativi importi sono messi a disposizione della Com


'� 

missione alle condizioni previste dal regolamento. 

9. ,..... Ai sensi dell'art. 2, 1� comma, dello stesso regolamento, �un 
diritto � accertato non appena il credito corrispondente � stato debitamente 
stabilito dal servizio o dall'organismo competente dello Stato 
membro�. 

-


PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

10. -Secondo l'art. 7, n. 2, del regolamento, i diritti accertati devono 
essere riportati nella contabilit� � risorse proprie �, tenuta da ogni Stato 
membro, entro il 20 del secondo mese successivo a quello nel corso del 
quale ha avuto luogo l'accertamentc:l'. In forza degli artt. 9, n. 1, e 10, 
n. l, gli Stati membri, entro lo stesso termine, devono iscrivere a credito 
l'importo delle risorse proprie accertate sul conto � risorse proprie � 
aperto a nome della Commissione presso il Tesoro dello Stato membro 
o l'organismo da esso designato a tal fine. 
11. -Risulta dalle disposizioni citate che � compito degli Stati membri 
mettere a disposizione della Commissione l'importo di un dazio 
costituente una risorsa propria entro il 20 del secondo mese successivo 
a quello nel corso del quale � stato debitamente determinato il credito 
corrispondente al dazio stesso dal servizio o dall'organismo competente 
dello Stato membro. 
12. -Va anche ricordato che, ai sensi della giurisprudenza costante 
della Corte (cfr., in particolare, la sentenza 20 marzo 1986, causa 303/84, 
Commissione c/ Repubblica federale di Germania, Racc. pag. 1171), gli 
interessi di mora di cui all'art. 11 del regolamento sono dovuti pl:'r 
� ogni ritardo � e sono esigibili qualunque sia la ragione per cui l'iscrizione 
sul conto della Commissione � stata effettuata con ritardo. 
13. -Il Governo della Repubblica italiana fa tuttavia valere che 
nella fattispecie l'iscrizione sul conto della Commissione non ha subito 
alcun ritardo. Secondo la normativa italiana, da applicarsi in forza dell'art. 
1 del regolamento, l'accertamento di un dazio comporterebbe non 
soltanto l'accertamento tecnico e giuridico dell'importo di cui trattasi, 
ma anche la sua liquidazione e contabilizzazione. Ne conseguirebbe che 
l'errore contabile commesso dall'ufficio doganale di Ravenna rientra nell'accertamento 
dei dazi ai sensi dell'art. 2, 1� comma, del regolamento. 
14. -A parere del Governo italiano, t~e errore pu� essere rettificato 
ai sensi del 2� comma dello stesso articolo, secondo cui � quando occorra 
rettificare un accertamento effettuato in conformit� del 1� comma, il 
servizio o l'organismo competente dello Stato membro procede ad un 
nuovo accertamento�. La rettifica della contabilit� dell'ufficio doganale 
cui si � proceduto nel luglio 1980 costituirebbe pertanto un nuovo accertamento 
che, ai sensi dell'art. 8 del regolamento, andrebbe riportato nella 
contabilit� � risorse proprie � solo per il mese nel corso del quale � stato � 
effettuato. 
15. -Questo argomento non pu� essere accolto. ~ebbene, secondo 
l'art. 1 del regolamento, le risorse proprie siano accertate dagli Stati 
membri in conformit� delle loro disposizioni legislative, regolamentari ed 

100 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

amministrative, il 1� comma dell'art. 2 definisce il mo~nto di tale 
accertamento. Secondo quest'ultima disposizione, un diritto � accertato 
non appena il credito corrispondente � stato debitamente determinato. 

16. -nella fattispecie, risulta che i crediti sono stati determinati e 
liquidati in modo regolare e le parti sono concordi nel sostenere che 
l'errore commesso dall'ufficio doganale non concerne la classificazione 
delle merci, ma soltanto la contabilizzazione dei dazi come risorse nazionali 
e non come risorse proprie delle Comunit�. La rettifica �di questo 
errore di contabilit� puramente interna al servizio e all'organismo competente 
non influenza in alcun modo la determinazione del credito e non 
pu� quindi costituire � nuovo accertamento � ai sensi dell'art. 2, 2� comma, 
del regolamento, da cui derivi una nuova decorrenza del termine 
fissato per la messa a disposizione della Commissione dell'importo del 
dazio accertato. 

17. -Gli importi relativi ai dazi contestati, accertati nel gennaio, 
febbraio e marzo 1980 dall'ufficio doganale di Ravenna, sono stati quindi 
iscritti con ritardo sul conto �risorse proprie� della Commissione ed in 
conseguenza la Repubblica italiana deve versare alla Commissione gli 
interessi di cui all'art. 11 del regolamento n. 2891/77 su questi importi. 
18. -Va pertanto dichiarato che, rifiutando di pagare gli interessi 
moratori, ai sensi dell'art. 11 del regolamento n. 2891/77, dovuti a seguito 
di un'errata classificazione di taluni dazi doganali nel gennaio, febbraio 
e marzo 1980, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi impostile 
dal Trattato CEE. (omissis) 

CORT EDI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen. 25 aprile 
1989, nella causa 141/87 -Pres. f.f. Joliet -Avv. Gen. Jacobs -Commissione 
delle C. E. (ag. Karpenstein e Marenco) c. Repubblica italiana 
(avv. Stato Braguglia). 

Comunit� europee -Agricoltura -Disposizioni relative ai vini di qualit� 
prodotti in regioni determinate -Denominazione -Delimitazione della 
zona � Lago di Caldaro. 
(Regolamento CEE del Consiglio 5 febbraio 1989, n. 338; dd.PP.RR. 23 marzo 1970 

e 22 settembre 1981). 

La Repubblica italiana non � venuta meno agli obblighi che le incombono 
in forza del trattato CEE con l'aver incluso o mantenuto nella zona 
di produzione del vino a � denominazione di origine controllata� �Caldaro 
� o �Lago di Caldaro � talune zone vinicole della provincia di Trento, 
non risultando provato n� che il vino a denominazione � Caldaro � o 

. I 



PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 101 

� Lago di Caldaro � non sarebbe tradizionalmente prodotto nella regione 
di Trento, n� l'asserito difetto di omogeneit� della relativa zona di produzione 
come delimitata dai decreti del Presidente della Repubblica 
23 marzo 1970 e 22 settembre 1981 (1). 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della 
Corte il 7 maggio 1987, la Commissione ha proposto un ricorso ex art. 169 
del Trattato CEE volto a far dichiarare che la Repubblica italiana � 
venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato, avendo 
incluso o mantenuto nella zona di produzione del vino a � denomina� 
zione d'origine controllata � Caldaro � o �Lago di Caldaro � talune zone 
viticole della provincia di Trento il cui vino non presenta i requisiti 
richiesti per detta denominazione in conformit� del regolamento del 
Consiglio 5 febbraio 1979, n. 338 (G. U. n. L 54, pag. 48), che stabilisce 
disposizioni particolaTi per i vini di qualit� prodotti in regioni determinate 
(in prosieguo: v.q.p.r.d.). 

2. -Secondo l'art. 1 del regolamento del Consiglio n. 388/79, la 
dicitura comunitaria v.q.p.r.d. � riservata ai vini conformi alle disposi� 
zioni di detto regolamento e a quelle adottate in applicazione del medesimo 
e definite dalle regolamentazioni nazionali. 
3. -Ai sensi dell'art. 2, n. l, del medesimo regolamento, le disposizioni, 
di cui all'art. l, primo comma, applicabili ai v.q.p.r.d. tengono 
conto delle condizioni tradizionali di produzione semprech� queste non 
pregiudichino la politica di qualit� e la realizzazione del mercato unico 
(1) Poich� la normativa comunitaria attribuisce agli Stati membri. il potere 
di delimitare le zone di produzione, imponendo ad essi dii tener conto, 
in tale attivit�, di determinati criteri, l'Avvocatura aveva sostenuto, in via prin� 
cipale, che il controllo della Commissione ed il sindacato della Corte fossero 
limitati ad accertare se, nell'eserci2lio del potere di del!Lmitazione, lo Stato 
membro avesse o meno tenuto conto di quei criteri; senza potersi spingere 
sino al punto di verificare le circostanze di fatto o addirittura la congruit� di 
valutazioni tecniche effettuate dalle autorit� nazionali. 
La Corte ha respinto tali argomenti, affermando che, se limitate all'aspetto 
estrinseco, iJ. controllo deHa Commissione ed il suo stesso smdacato " sareb� 
bero meramente formali� (par. 14). 

Da un lato non si pu� non apprezzare il pragmatismo al quale la Corte 
ancora una volta si ispira. .Dall'altro non si pu� tuttavia non rilevare che, in 
subiecta materia, la Corte di giustizia finisce per essere il solo giudice competente 
a sindacare fatti e valutazioni tecniche; sindacato che di certo non 
compete al giudice amministrativo davanti al quale fosse impugnato (come � 
avvenuto nella specie) l'atto di delimitazione della zono di produzione. 

In fatto, poi, la Corte ha respinto il ricorso della Commissione, sottolineando 
ancora una volta che l'onere della prova nei procedimenti ex art. 169 trattato 
CEE grava sulla Commissione medesima (par. 15). 

I.M.B. 
9 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e siano fondate sugli elementi seguenti: delimitazione della zona di 
produzione, tipo di vitigno, pratiche colturali, metodi di vinificazione, 
titolo alcolometrico volumico minimo naturale, rendimento per ettaro, 
analisi e valutazione delle caratteristiche organolettiche. Il medesimo 
articolo dispone al n. 2 che agli Stati membri spetta definire questi 
diversi elementi e stabilire, eventualmente, condizioni di produzione e 
caratteristiche complementari, � tenuto conto degli usi leali e costanti �. 

4. -Secondo l'art. 3, n. l, del tregolamento, per regione determinata 
si intende un'area o un complesso di aree viticole che producono vini 
che possiedono caratteristiche qualitative particolari e il cui nome serve 
a designare i vini rientranti nella definizione dei v.q.p.r.d., di cui all'art. 1. 
5. -Infine, ai sensi dell'art. 3, n. 2, ciascuna regione determinata 
forma oggetto di una delimitazione precisa, per quanto possibile in base 
alla parcella o all'appezzamento vitato. Tale delimitazione, che � effettuata 
da ciascuno degli Stati membri interessati, tiene conto degli elementi 
che contribuiscono alla qualit� dei vini prodotti in detta regione 
e in particolare della natura del terreno e del sottosuolo, del clima e della 
situazione delle parcelle e degli appezzamenti vitati. 
6. -Con decreti del Presidente della Repubblica italiana 23 marzo 
1970 (GURI n. 115 del 9 maggio 1970, pag. 2872) e 22 settembre 1981 
(GURI n. 92 del 3 aprile 1982, pag. 2607), sono stati inclusi nella zona di 
produzione del vino a denominazione � Caldaro � o '� Lago di Caldaro � 
territori ubicati in dodici comuni della provincia di Bolzano e in otto 
comuni della provincia di Trento. 
7. -Con lettera 18 novembre 1983, la Commissione ha comunicato 
alla Repubblica italiana di ritenere che la delimitazione cos� operata 
non era conforme alle disposizioni del regolamento n. 338/79 e l'ha 
invitata a presentare osservazioni in merito. Poich� la Repubblica italiana 
ha ribadito la legittimit� di detta delimitazione con riguardo sia 
alla normativa nazionale sia a quella comunitaria, il 17 luglio 1985 la 
Commissione ha emesso il parere motivato previsto dall'art. 169 del 
';l'rattato CEE. Avendo, la Repubblica italiana, rifiutato di conformarvisi, 
la Commissione ha proposto alla Corte il presente ricorso per inadempimento. 


8. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento 
del procedimento nonch� dei mezzi e argomenti delle parti, si fa 
rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati 
solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento 
della Corte. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

9. -A sostegno del ricorso per inadempimento, la Commissione 
formula due addebiti. Il primo, relativo all'inosservanza delle condizioni 
tradizionali di produzione, � fondato sul fatto che taluni dei territori, 
inclusi nella zona di produzione del � Caldaro � o � Lago di Caldaro � 
dai decreti del Presidente della Repubblica italiana, non producono vini 
cos� denominati. Col secondo addebito, la Commissione contesta alla 
normativa italiana di non aver tenuto conto dell'indispensabile omogeneit� 
degli elementi naturali che caratterizzano i territori atti a produrre 
un vino con una data denominazione e, segnatamente, di elementi 
come quelli elencati nell'art. 3, n. 2, del regolamento. 
10. -Nel controricorso la Repubblica italiana sostiene in via princiipale 
che la Commissione, e di conseguenza la Corte, possono soltanto 
verificare se, nella delimitazione di una zona di produzione, lo Stato interessato 
abbia tenuto conto dei criteri dei regolamenti comunitari e non 
abbia invece adottato criteri diversi. Per contro, non spetterebbe n� alla 
Commissione n� alla Corte di sindacare gli elementi di fatto o la loro 
valutazione tecnica effettuata dall'autorit� italiana per applicare la procedura 
di delimitazione. Quest'ultima, secondo la regolamentazione comunitaria, 
costituirebbe una prerogativa nazionale. Poich� non si contesta 
che i criteri seguiti dall'autorit� italiana per delimitare la zona di produzione 
del � Caldaro � o � Lago di Caldaro � siano i criteri della regolamentazione 
comunitaria, il ricorso della Cominissione andrebbe senz'altro 
respinto. 
11. -L'argomento della Repubblica italiana non pu� essere accolto. 
12. -Se � vero che spetta all'autorit� nazionale procedere alla delimitazione 
precisa della zona di produzione viticola, per quanto possibile 
in base alla parcella o all'appezzamento vitato, come prescrive l'art. 3, 
n. 2, del regolamento n. 338/79, e che nell'esercizio di detto potere 
l'autorit� nazionale dispone necessariamente di un certo margine di 
discrezionalit�, tuttavia i criteri da considerare a tale scopo sono essenzialmente, 
e in ogni caso per quel che riguarda i criteri di cui � causa, 
quelli stabiliti dal diritto comunitario. 
13. -Detti criteri sono l'espressione di discipline comuni dettate 
dai regolamenti del Consiglio sui v.q.p.r.d. al fine di sviluppare una politica 
di qualit� nel settore vinicolo nonch� di tutelare i produttori contro 
la concorrenza sleale e i consumatori contro le confusioni e le frodi. 
Tali scopi non potrebbero essere raggiunti, qualora l'attuazione dei criteri 
enunciati dal regolamento comunitario per caratterizzare la zona 
di produzione di un vino di qualit� prodotto con una determinata denominazione 
rientrasse nel potere ruscrezionale dell'autorit� nazionale e 
ammettesse la considerazione di fatti, o valutazioni e qualificazioni di 

RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questi con riguardo al diritto comunitario, che potrebbero divergere da 
uno Stato membro all'altro senza che dette differenze siano giustificate 
dalla diversit�, peraltro assai notevole, delle caratteristiche delle zone 
viticole comunitarie. 

14. -Sarebbe questo il caso se, come sostiene il Governo italiano, 
la Commissione e la Corte dovessero esercitare le competenze loro attribuite 
dal Trattato limitandosi a verificare che lo Stato membro interessato 
abbia tenuto conto, nella delimitazione di una zona di produzione, 
dei criteri del diritto comunitario, senza controllare fa pertinenza 
e l'esattezza dei fatti considerati o la loro valutazione e qualificazione 
da parte dell'autorit� nazionale competente a delimitare la zona di produzione. 
Senza detta verifica, il potere di controllo della Commissione 
ed il sindacato della Corte sarebbero meramente formali, svuotati di 
reale significato e inidonei !Sia a concorrere allo � sforzo comune di armonizzazione 
per quel che riguarda le esigenze di qualit� �, scopo del 
regolamento n. 3381/79 a stregua del terzo considerando del suo preambolo, 
sia a garantire l'uniforme applicazione negli Stati membri dei regolamenti 
comunitari relativi ai v.q.p.r.d. 
15. -Occorre tuttavia ricordare che in un procedimento per inadempimento 
ex art. 169 del Trattato, come quello che qui ci occupa, 
grava sulla Commissione, come la Corte ha pi� volte affermato (da 
ultimo, in sentenza 22 settembre 1988, Commissione c/ Repubblica ellenica, 
causa 272/86, non ancora pubblicata), l'onere di provare il preteso 
inadempimento. 
16. -Per tutte queste considerazioni di diritto, compete alla Corte 
di valutare se la Commissione � riuscita a provare che, come essa 
sostiene, taluni territori, inclusi nella zona di produzione del � Caldaro � 
o �Lago di Caldaro � dai decreti del Presidente della Repubblica italiana, 
non producono vini cos� denominati e che la zona delimitata 
non presenta tutti i requisiti idonei a caratterizzarne� l'unitariet� secondo 
i criteri della regolamentazione comunitaria. 
17. -Al riguardo si deve rilevare che quando la Commissione chiede 
alla Corte di dichiarare che uno Stato � venuto meno agli obblighi che 
gli incombono in forza del Trattato, � essa stessa tenuta a fornire la 
prova del preteso inadempimento. La richiesta di perizia a questo scopo 
presentata dalla Commissione, va dunque respinta. 
Sull'uso tradizionale della denominazione. 

18. -Nel caso di vini con denominazione, le � condizioni tradizionali 
di produzione �, di cui all'art. 2, n. 1, del regolamento n. 338/79, 

PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

comprendono non soltanto la tradizione del luogo di produzione con i 
caratteri di durata nel tempo e di costanza da cui trae origine la notoriet�, 
ma altres� le tecniche colturali e i processi di fabbricazione. 

19. -Se � vero che il decreto di delimitazione 23 ottobre 1931 
(GURI n. 290 del 17 dicembre 1931) includeva fra i vini aventi diritto 
alla denominazione � Caldaro � solo quelli ottenuti da vigneti ubicati 
nei comuni di Appiano e di Caldaro e, fra quelli aventi diritto alla denominazione 
�Lago di Caldaro �, sol9 quelli provenienti da alcune zone 
del comune di Caldaro dominanti il lago omonimo, tuttavia niente impediva 
al Governo italiano di estendere la zona considerata, come d'altronde 
l'autorizzava espressamente l'art. l, 2� comma, del decreto 12 luglio 
1963, poich� esisteva un uso consolidato di produrre e mettere in 
commercio, sotto la denominazione � Caldaro � o �Lago di Caldaro �, 
vini provenienti da territori di nuova inclusione nella zona di produzione. 
20. -Quanto all'esistenza di detto uso, � vero quanto osservato 
dalla Commissione, e cio� che nelle varie pubblicazioni relative alle denominazioni 
d'origine la denominazione � Caldaro � riferita ai vini della 
regione di Trento compare solo a met� degli anni '60 e che il sottocomitato 
regionale per lo studio della denominazione � Caldaro � aveva 
espresso dubbi sulla tradizione di produzione di un vino con questa 
denominazione nella provincia di Trento. 
21. -Tuttavia, devesi rilevare che la citata relazione del sottocomitato 
regionale per lo studio della denominazione � Caldaro � afferma 
che � il produrre con gli stessi vitigni e con la stessa tradizionale vinificazione 
e con gli stessi caratteri chimici ed organolettici del vino 
analogo al "Caldaro " e poi venduto con questo nome, non � mai cessato 
in alcuni luoghi della provincia di Trento �. Inoltre, la Repubblica 
italiana produce diversi documenti sulla vendita e l'esportazione di vini 
a denominazione � Caldaro � o � Lago di Caldaro � provenienti dalla provincia 
di Trento, taluni dei quali datano dall'inizio degli anni 'SO. 
22. -La Commissione sostiene peraltro che si tratterebbe di pratiche 
abusive e che sussistono dubbi sull'origine del vino in questione, 
ma non apporta alcuna precisazione che consenta di valutare la fondatezza 
delle sue asserzioni. 
23. -Del resto occorre osservare che le � condizioni tradizionali di 
produzione�, menzionate dall'art. 2 del regolamento n. 338/79, pur includendo 
la tradizione di un luogo di produzione, non ostano ad una 
modifica, e in particolare ad un'estensione della zona tradizionale di 
produzione, quando le superfici di nuova inclusione presentino le medesime 
caratteristiche dell'area tradizionale, siano idonee a produrre lo 

�. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso vino e vi siano rispettate le tradizionali modalit� di elaborazione, 
soprattutto per quel che riguarda il tipo di vitigno, le pratiche colturali 
e la vinificazione. 

, 24. -Sotto quest'ultimo profilo, la Commissione non sostiente neppure 
che le condizioni tradizionali di produzione del � Caldaro � o del 
�Lago di Caldaro � non sarebbero rispettate nella provincia di .Trento. 

Sull'omogeneit� della zona di produzione. 

25. -La Commissione fa valere che la zona di produzione delimitata 
nel 1970 e nel 1981 non � omogenea, con riferimento sia alla natura 
del suolo e del sottosuolo sia al clima e alla situazione delle parcelle, il 
che comporterebbe la diversit� di qualit� organolettiche dei vini provenienti 
dalla regione del Caldaro rispetto ai vini provenienti dalla regione 
di Trento. 
26. -Sotto questo profilo, va osservato "in limine" che la zona 
di produzione, come delimitata dai decreti 1970 e 1981, st estende per 
una cinquantina di chilometri in zona montagnosa, in direzione nord-sud 
al di l� e al di qua dell'Adige, approssimativamente fra notzano a nord 
e Trento a sud. 
27. -La zona cos� definita include diversi complessi secondari: 
quelli di Nalles e Andriano, i pi� a nord, al centro quelli di Caldaro, 
Bronzolo ed Ora e, a sud, le zone la cui classificazione � contestata 
dalla Commissione, e cio� nella regione di Rovere della Luna e Mezzocorona, 
sulla riva destra dell'Adige, e nella regione di San Michele al1'
Adige, Lavis e Cembra, sulla riva sinistra dello stesso fiume. 
28. -La Commissione sostiene che dal punto di vista geologico i 
terreni sarebbero di natura calcareo-morenica nella zona del Caldaro, 
mentre in certe parti della zona di Trento sarebbero di natura porfirica. 
29. -Dalla documentazione acquisita agli atti risulta tuttavia che 
la zona di produzione delimitata dai decreti 1970 e 1981 comprende, 
tal'lto nella regione di Bolzano quanto in quella di Trento, terreni di 
origine dolomitica con una componente calcareo-morenica, nonch� terreni 
quarziferi. Dunque la Commissione non dimostra in qual modo 
l'inserimento dell� iregione contestarta romperebbe l'unit� della zona di 
produzione dal punto di vista geologico. 
30. -La Commissione sostiene altres� che vi sarebbero apprezzabili 
differenze climatiche fra la regione di Caldaro e quella di Trento e che 
la maggior parte dei vigneti di quest'ultima regione sarebbero ubicati 
ad altitudine pi� elevata. 

PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

31. -Va innanzitutto osservato che i raffronti relativi all'eliofania 
ed alle precipitazioni operati dalla Commissione non sono pienamente 
probanti, poich� si basano su dati provenienti dalla stazione meteorologica 
di Bolzano, situata fuori della zona di produzione, in localit� 
di cui non sono contestate le eccezionali condizioni climatiche. In secondo 
luogo, la Commissione non dimostra che le differenze relative all'eliofania 
e alle precipitazioni, per quanto possano essere sensibili fra le 
diverse parti della zona di produzione, abbiano un'influenza significativa 
sui caratteri del vino prodotto nelle regioni interessate. � per questo 
che nella gi� menzionata relazione il sottocomitato regionale per lo studio 
della denominazione � Caldaro � ritiene inconfutabile la produzione 
e la vendita nella provincia di Trento di un vino �praticamente identico 
� al � Caldaro �. Per giunta la Commissione non ha prodotto alcuna 
documentazione specifica sulla zona della �Val di Cembra�, la cui in� 
clusione nella zona di produzione essa peraltro maggiormente contesta. 
32. -� vero che dalle carte acquisite agli atti risulta che la zona 
di produzione del Lago di Caldaro si trova ad un'altitudine compresa 
fra 212 e 556 metri mentre quella della regione di Trento � ubicata fra 
i 339 e 654 metri, ma la Commissione non fornisce, sulla situazione delle 
parcelle, precisazioni che consentano di valutare esattamente l'entit� 
delle differenze altimetriche e di verificare se queste esercitino una 
reale influenza sulle caratteristiche del vino prodotto. 
33. -Quanto, infine, alle caratteristiche chimiche ed organolettiche 
dei vini in causa, la Commissione sostiene che quelli provenienti dalla 
regione tridentina sono �aciduli�, mentre quelli della regione del Caldaro 
sono � poco acidi �. 
34. -Se � vero che secondo la motivazione del regolamento n. 338/79, 
come pure del regolamento del Consiglio 16 marzo 1987, n. 822 (G. U. 
n. L 84, pag. 1), �L'acidit� � un elemento di valutazione della qualit� 
nonch� un fattore di conservazione del vino�, la Commissione non forD.
isce per� alcun elemento da cui possa dedursi in qual modo differenze 
di acidit�, e dunque del contenuto di fosfati, comporterebbero sostanziali 
differenze fra i vini in causa, mentre non si prendono in considerazione 
altri elementi analoghi, come ad esempio il contenuto di zucchero. 
35. -Perci�, talune delle differenze invocate dalla Commissione 
fra le aree della zona di produzione non sono state accertate, mentre 
non � stato provato che le �conseguenze di altre siano significative. Ci� 
considerato, la mancanza di omogeneit� della zona di produzione non si 
pu� ritenere dimostrata. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

108 

36. -Risulta da quanto precede che la Commissione non assolve 
il suo onere di prova n� in relazione all'addebito secondo il quale il 
vino a denominazione � Caldaro � o � Lago di Caldaro � non sarebbe tradizionalmente 
prodotto nella regione di Trento, n� in relazione all'asserito 
difetto di omogeneit� della relativa zona di produzione, come delimitata 
dai decreti del Presidente della Repubblica italiana 23 marzo 
1970 e 22 settembre 1981. Il suo ricorso deve dunque essere respinto 
(omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 
30 maggio 1989, nella causa 340/87 � Pres. Due -Avv. Gen. Van 
Gerven -Commissione delle C. E. (ag. Berardis) c. Repubblica italiana 
(avv. Stato Braguglia). 

Comunit� europee � Unione doganale � Tasse di effetto equivalente a un 
dazio doganale � Costo dei controlli e delle formalit� amministrative 
in particolari fasce orarie negli uffici doganali � Commercio intracomunitario 
e con i paesi terzi. 
(Trattato CEE, artt. 9 e 12; direttiva del Consiglio 1 dicembre 1983, n. 83/643/CEE, 

art..5; reg. CEE del Consiglio 14 feb.braio 1977, n. 425; reg. CEE del Consiglio

25 giugno 1973, n. 1691; d.P.R. 23 gelll1lUo 1973, artt. 11 e 15). 

La Repubblica italiana, addebitando agli oper:atori economici, nell'ambito 
del commercio intracomunitario, il costo dei controlli e delle 
formalit� amministrative espletati durante una parte dell'orario ordinario 
di apertura degli uffici doganali dei posti di frontiera fissato dall'art. 
5, n. l, lett. a), 2� trattino, della direttiva del Consiglio 1 dicembre 
1983, n. 83/643, relativa all'agevolazione dei controlli fisici e delle formalit� 
amministrative nei trasporti di merci fra Stati membri, come 
modificata dalla direttiva n. 87/53, � venuta meno agli obblighi che le 
incombono in forza degli artt. 9 e 12 del Trattato CEE. Viceversa l'analogo 
addebito nell'ambito degli scambi con i paesi terzi non costituisce 
violazione delle disposizioni che vietano la riscossione di tasse di effetto 
equivalente a dazi doganali negli scambi con i paesi terzi contenute 
nei regolamenti CEE relativi alle organizzazioni comuni dei mercati 
agricoli e negli accordi preferenziali stipulati dalla Comunit� con 
taluni paesi terzi (1). 

(1) Il dibattito tra le parti verteva soprattutto sull'ambito di applicazione 
della direttiva n. 83/643 CEE. Se essa riguardasse soltanto i controlli e le formalit� 
negli uffici doganali di confine, ovvero anche le effettive operazioni doganali. 
Non sembra che la Corte abbia affrontato ex professo tale problema (che 
perci� � stato riproposto in altra causa attualmente pendente), avendo essa 

I� 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 109 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria 
della Corte il 2 novembre 1987, la Commissione delle Comunit� Europee 
ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a 
far dichiarare che la Repubblica italiana, addebitando agli operatori il 
costo dei controlli e delle formalit� amministrative espletati durante 
una parte dell'orario ordinario di apertura degli uffici nei posti di fron� 
tiera, � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli 
artt. 9 e 12 del Trattato CEE, delle disposizioni che vietano la riscos� 
sione di tasse di effetto equivalente a dazi doganali negli scambi con i 
paesi terzi contenute nei regolamenti CEE relativi alle organizzazioni 
comuni dei mercati agricoli e negli accordi prefereriziali stipulati dalla 
Comunit� con taluni paesi terzi, nonch� dell'art. 5 della direttiva del 
Consiglio 1� dicembre 1983, n. 83/643/CEE, relativa all'agevolazione dei 
controlli fisici e delle formalit� amministrative nei trasporti di merci 
tra Stati membri (G. U. n. L 359, pag. 8), come modificata dalla direttiva 
del Consiglio 15 dicembre 1986, n. 87/53/CEE (G. U. 1987, n. L 24, 
pag. 33). 

2. -L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica italiana 
23 gennaio 1973, n. 43, recante testo unico delle disposizioni legislative 
in materia doganale, come modificato dall'art. 1, punto 2, del decreto 
8 maggio 1985, n. 254, dispone che, quando il volume del traffico lo 
giustifichi, l'orario degli uffici e delle sezioni delle dogane di confine, 
di mare e aeroportuali dev'essere stabilito in modo da consentire che 
i controlli e le formalit� relativi alla circolazione dei mezzi di trasporto 
e delle merci che non circolano in regime doganale di transito possano 
essere espletati da luned� al venerd� per almeno dieci ore senza interruzione, 
salvo se questi giorni sono festivi. Ai sensi della stessa disposi� 
zione, per le operazioni doganali effettuate nel periodo di apertura degli 
uffici oltre il limite dell'orario ordinario di lavoro degli impiegati civili 
dello Stato -ohe nella Repubblica italiana � 'di sei ore al giorno dal 
luned� al sabato -viene addebitato il costo del servizio. L'art. 15 del 
detto decreto n. 254 dispone, pi� in generale, che i controlli e le forma� 
lit� contemplati dallo stesso decreto, effettuati nel periodo di apertura 
degli uffici ohe eocede il limite dell'orario ordinario di lavoro degli im� 
piegati civili dello Stato, sono espletati con addebito del costo del 
servizio. 
ritenuto di porre in primo piano non l'addebitato inadempimento della diret� 

tiva, bens� la violazione del divieto di tasse d'effetto equivalente a dazi doga� 

nali negli scambi intracomunitari. 

Conseguente a tale impostazione � il rigetto del ricorso nella parte relativa 

agli scambi con i paesi terzi. 

l.M.B. 

110 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

3. -La Commissione ha considerato che le citate disposizioni della 
Repubblica italiana, in quanto prescrivono l'addebito agli operatori economici 
che si presentino agli uffici doganali dei posti di frontiera du� 
rante l'orario ordinario d'apertura degli stessi -fissato dalla direttiva 
n. 83/643, come modificata dalla direttiva n. 87/53 -del costo dei ser� 
vizi prestati dal personale delle dogane dal luned� al venerdi durante le 
quattro ore che eccedono l'orario ordinario di lavoro degli impiegati 
civili della Repubblica italiana, non solo sono incompatibili con l'art. 5, 
nn. 1 e 4, della direttiva n. 83/643 -come modificata dalla direttiva 
n. 87/53 -ma inoltre istituiscono una tassa d'effetto equivalente a un 
dazio doganale vietata, per quanto riguarda il commercio intracomunitario, 
dagli artt. 9 e 12 del Trattato. Per di pi�, la criticata normativa 
italiana infrangerebbe, nel settore degli scambi con i paesi terzi, le disposizioni 
che vietano la riscossione di tasse d'effetto equivalente a dazi 
doganali figuranti nei regolamenti CEE istitutivi di organizzazioni comuni 
dei mercati di prodotti agricoli e negli accordi preferenziali stipulati 
dalla Comunit� con taluni paesi terzi. 
4. -Di conseguenza, il 28 aprile 1986 la Commissione ha i.Ilviato al 
Governo della Repubblica italiana una lettera di diffida, dando cosi inizio 
al procedimento previsto dall'art. 169 del Trattato. 
5. -Poich� la detta lettera non ha avuto risposta, la Commissione 
ha indirizzato al Governo della Repubblica italiana, il 31 ottobre 1986, 
il parere motivato previsto dall'art. 169, 1� comma, del Trattato. 
6. -Il 21 maggio 1987 la Repubblica italiana ha fatto sapere alla 
Commissione che erano in corso riunioni interministeriali per procedere 
all'esame approfondito del problema e che i risultati di tale esame sarebbero 
stati comunicati immediatamente alla Commissione. 
7. -Non avendo ricevuto comunicazioni in proposito, la Commissione 
ha proposto il presente ricorso. 
8. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento 
del procedimento e dei me~zi e degli argomenti delle parti si 
fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati 
solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento 
della Corte. 
9. -Per quanto riguarda il commercio intracomunitario, si deve 
accertare in primo luogo se l'onere di cui trattasi costituisce una tassa 
d'effetto equivalente a un dazio doganale, vietata ai sensi degli artt. 9 
e 12 del Trattato, in combinato disposto con l'art. 5 della direttiva 
n. 83/643, come modificata dalla direttiva n. 87/53. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

10. -A questo proposito si deve ricordare in primo luogo che 
l'art. 9 del Trattato sancisce il divieto, tra gli Stati membri, dei d.i 
doganali veri e propri e di qualsiasi tassa d'effetto equivalente. 
11. -Si deve rammentare in secondo luogo che, come la Corte ha 
pi� volte rilevato (si veda da ultimo la sentenza 27 settembre 1988, 
causa 18/87, Commissione c/ Repubblica federale di Germania, non ancora 
pubblicata), la giustificazione del divieto delle tasse d'effetto equi� 
valente a dazi doganali risiede nell'ostacolo che oneri pecuniari, sia 
pure minimi, riscossi in ragione del passaggio delle frontiere costituiscono 
per la circolazione delle merci, poich� aumentano artificiosamente 
, il prezzo delle merci importate o esportate rispetto a quello delle merci 
nazionali. Di conseguenza, qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, 
a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, il 

. quale colpisca le merci 
in ragione del fatto che esse varcano la frontiera, 
costituisce una tassa d'effetto equivalente a un dazio doganale ai 
sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16 del Trattato. 

12. -Nella fattispecie � pacifico che il tributo contemplato dalla 
normativa della Repubblica italiana colpisce le merci in ragione del 
passaggio della frontiera e si aggiunge alle spese di trasporto, incidendo 
cos� sul prezzo delle merci trasportate. 
13. -D'altro canto, non � stato sostenuto che le formalit� e le 
operazioni effettuate in ragione del passaggio della frontiera e che danno 
luogo alla riscossione del tributo siano prescritte dal diritto comunitario. 
Si deve pertanto ammetter� che nella fattispecie trattasi di formalit� 
e di operazioni effettuate ai sensi della sola normativa nazionale. 
14. -Secondo il Governo della Repubblica italiana, il tributo prescritto 
dalla sua normativa � per� giustificato perch�, essendo percetto 
in occasione di formalit� e di operazioni effettuate oltre l'orario ordinario 
di lavoro degli impiegati degli uffici doganali dei posti di frontiera, 
costituisce il corrispettivo di un servizio prestato nell'interesse del trasportatore 
ed � proporzionato al valore del detto servizio. 
15. -Secondo la costante giurisprudenza della Corte, un onere pecuniario 
che colpisca le merci in ragione del fatto che esse varcano 
la frontiera non pu� essere qualificato tassa d'effetto equivalente qualora 
costituisca il corrispettivo di un servizio determinato, reso effettivamente 
e individualmente all'operatore economico, d'importo l'roporzionato 
al detto servizio (si veda la sentenza 26 febbraio 1975, causa 
63/74, Cadsky, Racc. pag. 281). In altri termini, deve trattarsi di un 
vantaggio, specifico o individuale, procurato all'operatore economico. 

112 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

16. -Si deve tuttavia rilevare che tale servizio specifico non � prestato 
al trasportatore che si presenti ad un ufficio doganale durante 
l'orario ordinario di apertura dello stesso, che, per quanto riguarda i 
posti di frontiera, � fissato dall'art. 5, n. 1, lett. a), 2� trattino, della 
direttiva n. 83/643 -come modificata dalla direttiva n. 87/53 -in almeno 
dieci ore ininterrotte dal luned� al venerd� e in almeno sei ore 
ininterrotte il sabato, a meno che non si tratti di giorni festivi. 
17. -Dalle considerazioni che precedono risulta che la Repubblica 
italiana, addebitando agli operatori economici, nell'ambito del commercio 
intracomunitario, il costo dei controlli e delle formalit� amministrative 
espletati durante una parte dell'orario ordinario d'apertura degli 
uffici doganali dei posti di frontiera fissato dall'art. 5, n. 1, lett. a), 
2� trattino, della direttiva n. 83/643 -come modificata dalla direttiva 
n. 87/53 -� venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli 
artt. 9 e 12 del Trattato CEE. 
18. -Per quanto riguarda le operazioni doganali da effettuare nell'ambito 
degli scambi con i paesi terzi, la Commissione considera nella 
lettera di diffida inviata al Governo della Repubblica italiana che � l'imposizione 
ai contribuenti che operano nelle condizioni di cui all'articolo 
5, paragrafo 1, 2� trattino, della direttiva 83/643/CEE, di speciali 
indennit� a titolo di remunerazione dei servizi resi dal personale doganale, 
dal luned� al venerd�, durante quattro ore comprese nell'orario 
giornaliero ordinario di apertura degli uffici doganali, costituisce una 
tassa d'effetto equivalente ad un da.Zio doganale vietata dai regolamenti 
(CEE) relativi alle organizzazioni comuni dei mercati nell'ambito della 
politica agricola comune, nonch� dagli accordi preferenziali conclusi 
dalla Comunit� con taluni paesi terzi �. 
19. -Nel parere motivato la censura della Commissione � formulata 
in termini identici. 
20. -Nell'atto introduttivo la Commissione si esprime in termini 
analoghi, aggiungendo per� che, in particolare, il tributo riscosso ai 
sensi della normativa italiana � in contrasto con l'art. 20, n. 2, del regolamento 
del Consiglio 14 febbraio 1977, n. 425, che modifica il regolamento 
n. 805/68, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore 
delle carni bovine, e che adatta il regolamento n. 827/68 nonch� 
il regolamento n. 950/68, relativo alla Tariffa Doganale Comune (G. U. 
n. L 61, pag. 1), e con l'art. 6 dell'accordo allegato al regolamento del 
Consiglio 25 giugno 1973, n. 1691, che reca conclusione di un aocovdo tra 
la Comunit� Economica Europea e il Regno di Norvegia e ne stabilisce 
le disposizioni d'applicazione (G. U. n. L 171, pag. 1). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

21. -Tuttavia, la Commissione non ha avanzato alcun argomento 
tale da indurre ad ammettere che un tributo riscosso nelle condizioni 
sopra descritte vada considerato tassa d'effetto equivalente a un dazio 
doganale vietata dal diritto comunitario. Poich� nella fattispecie si tratta 
di formalit� e di operazioni che possono considerarsi effettuate per 
adempiere obblighi imposti dal diritto comunitario, segnatamente per 
l'applicazione della Tariffa Doganale Comune, la Commissione avrebbe 
dovuto dimostrare sotto quale profilo e in base a quali presupposti 
l'imporre tale tributo sia incompatibile con obblighi imposti dal Trattato 
o dal diritto derivato. 
22. -Anche se si pu� considerare che in linea di massima gli Stati 
membri non hanno la facolt� di aggiungere tributi nazionali a queHi 
dovuti in base alla normativa comunitaria, perch� altrimenti questa perderebbe 
la sua necessaria uniformit� (si veda la sentenza 28 giugno 
1978, causa 70/77, Simmenthal, Racc. pag. 1453), sta di fatto che la Commissione 
non ha corroborato la sua censura col sia pur minimo argomento 
che consenta di valutare se e in base a quali presupposti l'asserito 
inadempimento debba considerarsi assodato, segnatamente con riguardo 
all'argomento svolto dal Governo della Repubblica italiana secondo 
cui il tributo controverso costituisce il corrispettivo di un servizio 
effettivamente prestato all'importatore. 
23. -In tal modo la Commissione non ha messo la Corte in grado 
di identificare con la necessaria precisione l'inadempimento addebitato 
alla Repubblica italian�. 
24. -Di conseguenza, la domanda della Commissione dev'essere respinta 
nella parte in cui riguarda i tributi esatti nell'ambito degli scambi 
con i paesi terzi (omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE -5a sez., 30 maggio 
1989, nella causa 33/88 -Pres. Joliet -Avv. Gen. Lenz -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Pretura di Venezia nella 
causa Allu� e Coonan (avv. Capelli) c. Universit� degli studi di Venezia 
� Interv.: Governo italiano (avv. Stato Ferri) e Commissione 
delle C. E. (ag. Traversa). 

Comunit� europee -Libera circolazione dei lavoratori -Impiego nella 
pubblica amministrazione -Lettori di lingua straniera nelle universit�. 
(Trattato CEE, art. 48). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

114 

Comuni,t� europee -Libera circolazione dei lavoratori -Lettori di lin


gua straniera nelle universit� -Durata del rapporto di lavoro. 

(Trattato CEE, art. 48; d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 28). 

Comunit� europee -Libera circolazione dei lavoratori -Lettori di lingua 

straniera nelle universit� � Regime previdenziale. 

(Regolamento CEE del Consiglio n. 1408/71, art. 3). 

Il posto di lettore di lingua straniera nelle universit� non � un 
impiego nella pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 48, n. 4, del 
Trattato CEE (1). 

L'art. 48, n. 2, del Trattato CEE osta all'applicazione di una norma 
nazionale che limiti la durata del rapporto di lavoro fra le universit� 
e i lettori di lingua straniera, mentre tale limitazione non esiste, in via 
di principio, per quanto riguarda gli altri lavoratori (2). 

L'art. 3 del regolamento n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi 
di previdenza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi 
e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunit�, osta 
alle clausole di un contratto di assunzione di lettori di lingua straniera 
da parte di una universit� di uno Stato membro in base alle quali gli 
interessati siano privi della copertura previdenziale di cui fruiscono gli 
altri lavoratori (3). 

(omissis) 1. -Con ordinanza 21 dicembre 1987, pervenuta in cancelleria 
il 29 gennaio 1988, la Pretura Unificata di Venezia, Sezione Lavoro, 
ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato 
CEE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 48, 
nn. 2 e 4, e 51 del Trattato CEE, nonch� dell'art. 3 del regolamento 

n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai 
lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si 
spostano all'interno della Comunit�, come modificato (G. U. 1983, n. L 
230, pag. 8). 
2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia 
fra le sigg.re Pilar Allu�, cittadina spagnola, e Carmel Mary 
Coonan, cittadina britannica, e l'Universit� degli studi di Venezia presso 
la quale esse hanno lavorato come lettrici di Hngua straniera dal 1980 
al 1986. All'inizio dell'anno accademico 1986-1987 l'Universit� ha comunicato 
alle sigg.re Allu� e Coonan di non poter rinnovare il contratto di 
lavoro, tenuto conto dell'art. 28 del Decreto del Presidente della Repub(
1-3) Le sentenze della Corte, citate in motivazione, 16 giugno 1987, nella 
causa 225/87, COMMISSIONE c. R.EP. ITALIANA, e 16 gennaio 1986, nella causa 41/84, 
PINNA, sono pubblicate, con note, in questa Rassegna, rispettivamente 1987, I, 
301 e 1986, I, 425. 



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. C.OMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

115 

blica 11 luglio 1980, n. 382 {in prosieguo: DPR). Ai sensi del terzo comma 
di questo articolo �i contratti di cui al precedente primo comma (rela-, 
tivi all'assunzione di lettori di lingua_ straniera) non possono protrarsi 
oltre l'anno accademico per il quale sono stipulati e sono rinnovabili annualmente 
per non pi� di cinque anni �. 

3. -Le interessate hanno pertanto proposto un ricorso diretto, in 
sostanza, a che il giudice nazionale adito dichiari la natura privatistica 
de! loro rapporto di lavoro con l'Universit�, condanni l'Universit� a 
versare loro la differenza fra le retribuzioni percepite e quelle che sarebbero 
dovute secondo i parametri retributivi del professore associato 
a tempo definito, riconosca loro il diritto alle prestazioni di previdenza 
sociale e di assicurazione obbligatoria dal sorgere del rapporto di lavoro, 
dichiari che il contratto stipulato fra le parti costituisce un contratto 
a tempo indeterminato, annulli di conseguenza il termine previsto per la 
sua scadenza e conqanni l'Universit� a versare loro le dovute retribuzioni 
dal 1� novembre 1986. In subordine, le ricorrenti hanno chiesto 
che il giudice nazionale condanni l'Universit� a reintegrarle nel posto di 
lavoro, con effetto dal 1� novembre 1986, e consideri non manifestamente 
infondata l'eccezione di illegittimit� costituzionale dell'art. 28, 
terzo comma, del DPR, gi� citato, da loro sollevata a sostegno del 
ricorso. 
4. -Il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento 
fintantoch� la Corte di giustizia non si sia pronunziata in via pregiudiziale 
sulle seguenti questioni: 
a) Innanzitutto si pone la questione sulla compatibilit� con l'art. 48 

n. 4 del trattato CEE nell'interpretazione della CGCE (sentenza 17/12/80), 
dal momento che nel rapporto di specie non sono implicati partecipazioni 
dirette n� indirette all'esercizio di pubblici poteri n� a mansioni 
che abbiano ad oggetto la tutela di interessi generali della collettivit�, 
di una legge nazionale di uno Stato membro che imponga una disciplina 
speciale per il lavoro di lettori di lingua straniera rispetto alla durata 
dei contratti che viene limitata nel tempo mentre per gli altri lavoratori 
dello Stato viene garantita in generale la stabilit� attraverso la legge 
18/4/1962 n. 230, non potendosi rinvenire nella fattispecie peculiariet� 
clel rapporto giustificanti la deroga al principio anzidetto. 
b) In secondo luogo, si pone il quesito sulla compatibilit� o meno 
della legislazione interna di uno Stato membro e/o di una contrattazione 
di diritto privato che limiti la durata del rapporto ad un termine 
prestabilito di cinque anni con l'art. 48 n. 2 trattato CEE, dal momento 
che la libera circolazione dei lavoratori nell'ambito degli Stati comunitari 
implica ed esige l'abolizione di qualsiasi discriminazione e appare 
discriminante la deroga alla regola generale vigente nel diritto interno 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dello Stato, relativamente alla durata del rapporto di lavoro. Ulteriore 
quesito attiene alla compatibilit� della mancata copertura assicurativa, 
espressamente stabilita nei contratti costitutivi dei rapporti di cui � 
causa, con i diritti riconosciuti ai lavoratori migranti in materia di sicurezza 
sociale, alla luce dell'interpretazione della C.G.C.E. sul Regolamento 
n. 1408/71 in relazione all'art. 51 del Trattato CEE�. 

5. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti e del contesto 
giuridico della causa principale nonch� delle osservazioni scritte presentate 
alla Corte si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi 
del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione 
del ragionamento della Corte. 
Sulla prima questione. 

6. -con la prima questione il giudice nazionale mira, in sostanza, 
a far accertare se il posto di lettore di lingua straniera nelle universit� 
debba essere considerato impiego nella pubblica amministrazione ai sensi 
dell'art. 48, n. 4, del Trattato CEE, l'accesso al quale pu� essere negato 
ai cittadini degli altri Stati membri. 
7. -A questo proposito si deve ricordare che, come la Corte ha 
rilevato nella sentenza 3 luglio 1986 (causa 66/85, Lawrie-Blum, Racc. 
pag. 2121), i posti di insegnante non implicano la partecipazione, diretta 
o indiretta, all'esercizio dei pubblici poteri e alle mansioni che hanno 
ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato e delle altre collettivit� 
pubbliche e non presuppongono, da parte dei loro titolari, l'esistenza 
di un rapporto particolare di solidariet� nei confronti dello Stato, 
nonch� la reciprocit� di diritti e di doveri che costituiscono il fondamento 
del vincolo di cittadinanza. � 
8. -Inoltre, secondo la costante giurisprudenza della Corte (vedasi, 
fra l'altro, la sentenza 16 giugno 1987, causa 225/85, Commissione c/ 
Repubblica italiana, non ancora pubblicata), anche qualora si tratti di 
impieghi nella pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 48, n. 4, del 
Trattato, questa disposizione non pu� giustificare, dopo che taluni lavoratori 
di altri Stati membri siano stati ammessi a occupare detti impieghi, 
discriminazioni nei loro confronti in materia di �retribuzione o di altre 
condizioni di lavoro. 
9. -La prima questione pregiudiziale va pertanto risolta nel senso 
che il posto di lettore di lingua straniera nelle universit� non � un 
impiego nella pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 48, n. 4, del 
Trattato CEE. 

PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 117 

Sulla seconda questione. 

10. -Con la prima parte della seconda questione il giudice nazionale 
mira, in sostanza, a far stabilire �Se l'art. 48, n. 2,� del Trattato CEE 
osti all'applicazione di una norma nazionale che limita la durata del 
rapporto di lavoro Jira le universit� e i lettori di lingua straniera, mentre 
tale limitazione non sussiste, in via di principio, per gli altri lavoratori. 
11. -A questo proposito si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza 
della Corte, il principio della parit� di trattamento, di cui l'art. 48, 
n. 2, del Trattato costituisce un'espressione specifica, vieta non soltanto 
le discriminazioni palesi, basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi 
forma dissimulata di discriminazione che, mediante l'applicazione di altri 
criteri distintivi, conduca di fatto allo stesso risultato (vedasi, fra l'altro, 
la sentenza 15 gennaio 1986, causa 41/84, .Pinna, Racc. pag. 1). 
( 

12. -A questo proposito si deve osservare che la limitazione posta 
dalla normativa italiana alla durata dell'esercizio delle funzioni di lettore 
di lingua straniera nelle universit�, sebbene valga indipendentemente 
dalla cittadinanza del lavoratore interessato, riguarda essenzialmente dei 
lavoratori cittadini di altri Stati membri. Infatti, in base ai dati statistici 
forniti dal Governo italiano, soltanto il 25 % dei lettori di lingua 
straniera ha la cittadinanza italiana. 
13. -.Per giustificare la normativa contestata nella causa principale 
il Governo italiano fa presente che essa costituisce per le universit� 
l'unico mezzo che consenta loro di disporre di lettori di lingua straniera 
aventi una conoscenza e una pratica aggiornate della madrelingua da 
loro insegnata. 
14. -A questo proposito si deve rilevare che il pericolo che i lettori 
�perdano i contatti con la madrelingua � limitato, data l'intensificazione 
degli scambi culturali e delle facilit� di comunicazione, e che inoltre le 
universit� hanno comunque la possibilit� di controllare il livello delle 
cognizioni dei lettori. Si deve constatare, peraltro, che in base alla normativa 
di cui trattasi un lettore pu� essere assunto da un'univerisit� dopo 
aver lavorato per sei anni presso un'altra universit� dello stesso Stato 
membro; la liJmitazione della dUTata delle funzioni non pu� quindi essere 
giustificata dal motivo invocato dal Governo italiano. 
15. -Detto Governo sostiene inoltre che le disposizioni contestate 
sono giustificate dal fatto che la stabilit� del posto d'insegnante pu� 
essere garantita solo qualora gli interessati abbiano competenze qualificate, 
attestate dal superamento delle prove di un concorso. Orbene ci� 
non si verificherebbe nel caso dei lettori di lingua straniera. 
10 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO

118 

16. -A questo proposito si deve constatare che il limite di sei anni 
per J'esercizio delle funzioni di oui trattasi non � necessario per consentire 
alle universit� di porre termine al contratto dei docenti che si rivelino 
incompetenti. Siffatto limite non esiste per quanto riguarda i professori 
assunti per contratto, che esercitano anch'essi le funzioni di docente 
senza aver superato un concorso. Nel caso di questi docenti, bench� la 
durata delle funzioni sia, in via di principio, limitata a tre anni, iJ 
Ministro della pubblica istruzione pu� concedere deroghe (art. 25, settimo 
comma, dello stesso D.P.R.). 
17. -Infine, secondo il Governo italiano, la disposizione di cui trat� 
tasi � giustificata ani;:he dalla necessit� di limitare il numero dei lettori 
di lingua straniera in funzione del fabbisogno dell'universit�, che dipende 
dall'afflusso degli studenti alle facolt� in cui � impartito l'insegnamento 
delle lingue straniere. Si deve rilevare tuttavia che questo obiettivo di 
buona gestione pu� essere raggiunto con altri mezzi e in particolare 
non irinnovando i contratti dei lettori in soiprannumero, a norma del� 
l'art. 28, terzo comma, del D.P.R. 
18. -Da quanto precede emerge che nessuno dei motivi esaminati 
consente di giustificare la limitazione posta al rapporto di lavoro dei 
lettori di lingua straniera e quindi all'applicazione del principio della 
parit� di trattamento. 
19. -La prima parte della seconda questione pregiudiziale va pertanto 
risolta dichiarando che l'art. 48, n. 2, del Trattato dev'essere inter� 
pretato nel senso che esso osta all'applicazione di una norma nazionale 
che limiti la durata del rapporto di lavoro fra le universit� e i lettori 
di lingua straniera, mentre tale limitazione non esiste, in via di principio, 
per quanto riguarda gli altri lavoratori. 
20. -Con la seconda parte della seconda questione pregiudiziale il 
giudice nazionale mira, in sostanza, a far accertare se il menzionato regolamento 
n. 1408/71 debba essere interpretato nel senso che esso osta alle 
clausole di un contratto di assunzione di lettori di lingua straniera da 
parte di un'universit� di uno Stato membro, in base alle quali gli interessati 
sono privi della copertura previdenziale di cui fruiscono gli altri 
lavoratori. 
21. -A questo proposito � sufficiente rilevare che i regimi di previdenza 
sociale devono rispettare il principio della parit� di trattamento 
di cui l'art. 3 del regolamento n. 1408/71 costituisce un'espressione specifica. 
Questo principio � infranto quando una categoria determinata 
di lavoratori, essenzialmente cittadini di altri Stati membri, sia esclusa 
dal regime previdenziale di uno Stato membro di cui fruiscono, in generale, 
gli altri lavoratori di questo Stato membro. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 119 

22. -La seconda parte della seconda questione pregiudiziale va 
pertanto risolta nel senso che l'art. 3 del regolamento n. 1408/71, relativo 
all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavoratori subordinati, 
ai lavoratori autonomi e ai loro famigliari che si spostano all'interno 
della Comunit�, osta alle clausole di un contratto di assunzione di 
lettori di lingua straniera da parte di un'universit� di uno Stato membro 
in base alle quali gli interessati siano privi della copertura previdenziale 
di cui fmiscono gli altri olaivoratori. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 22 giugno 
1989, nella causa 103/88 -Pres. Due -Avv. Gen. Lenz -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo 
regionale della Lombardia nella causa F.lli Costanzo s.p.a. (avv. 
Acquarone) c. Comune di Milano (avv. Marchese) e Impresa Lodigiani 
(avv. Pericu). Interv.: Governi spagnolo (ag. Cond~ de Saro e 
Silva de La:querta) e italiano {avv. Stato Braguglia) e Commissione 
delle C.E. (ag. Berardis). 

Comunit� europee -Appalti di lavori pubblici -Offerte anormalmente 
basse -Efficacia diretta delle direttive nei confronti dell'amministrazione. 


(Trattato CEE, art. 189; direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 71/305/CEE; legge8 agosto 1977, n. 584; dd.ll. non convertiti 25 maggio 1987, n. 206, 27 luglio 1987, n. 302, 
25 settembre 1987, n. 393; legge 25 novembre 1987, n. 478). 

1) L'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305 vieta agli 
Stati membri di emanare disposizioni che prescrivano l'esclusione d'ufficio 
dagli appalti di lavori pubblici di talune offerte determinate secondo 
un criterio matematico, invece di obbligare l'amministrazione aggiudicatrice 
ad applicare la procedura di verifica in contraddittorio prevista 
dalla direttiva. 2) Gli Stati membri, nel recepire la direttiva del Consiglio 
n. 71/305, non possono scostarsi in misura sostanziale da quanto 
prescrive l'art. 29, n. 5, della stessa direttiva. 3) L'art. 29, n. 5, della 
direttiva del Consiglio n. 71/305 consente agli Stati membri di prescrivere 
la verifica delle offerte quando queste appaiono anormalmente basse e 
non solo quando siano manifestamente anormalmente basse. 4) Al pari 
del giudice nazionale, l'amministrazione, anche comunale, � tenuta ad 
applicare l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305 e a disapplicare 
le norme del diritto nazionale non conformi a questa dispo� 
sizione (1). 

(1) Di particolare importanza il princ1p10 stabilito al punto 4) del dispositivo. 
Non soltanto i giudici nazionali, ma anche le amministrazioni pubbliche 
sono tenute ad applicare le disposizioni di una direttiva aventi la c.d. efficacia 

120 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -Con ordinanza 16 dicembre 1987, pervenuta in can� 
celleria il 30 marzo 1988, il Tribunale Amministrativo Regionale per la 
Lombardia ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato 
CEE, varie questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 29, 

n. 5, della direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 71/305, che coordina 
le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (G. U. 
n. L 185, pag. 5), e dell'art. 189, terzo comma, del Trattato. 
2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento 
promosso dalla Firatelli Costanzo S.p.a. (in prosieguo: Costanzo) 
per l'annullamento della deliberazione con cui la Giunta Municipale di 
Milano ha escluso l'offerta presentata dalla Costanzo in una gara di 
appalto di lavori pubblici ed ha aggiudicato l'appalto all'impresa Ing. 
Lodigiani S.pA. (in prosieguo: Lodigiani). 
3. -L'art. 29, n. 5, della suddetta direttiva del Consiglio n. 71/305 
recita: 
� Qualora, per un determinato appalto, talune offerte presentino 
manifestamente un carattere anormalmente basso rispetto alla prestazione, 
l'amministrazione aggiudilcatrice ne verifica la composizione prima 
di decidere in merito all'aggiudicazione dell'appalto. Essa tiene conto 
del risultato di tale verifica. 

All'uopo, essa chiede all'offerente di fornire le giustificazioni necessarie, 
segnalandogli eventualmente quelle ritenute inaccettabili. 

Se i documenti relativi all'appalto prevedono l'aggiudicazione al 
prezzo pi� basso, l'amministrazione aggiudicatrice � tenuta a motivare 
il rigetto delle offerte ritenute troppo basse presso il Comitato consultivo 
istituito con decisione del Consiglio del 26 luglio 1971 �, 

4. -L'art. 29, n. 5, della direttiva n. 71/305 � stato recepito nell'ordinamento 
italiano con l'art. 24, 3� comma, della legge 8 agosto 1977, n. 584, 
recante norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli 
appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunit� Economica Euro-
diretta, disapplicando le norme nazionali che non le abl�ano correttamente attuate 
(ovvero, si pu� aggiungere, in mancanza di tempestiva attuazione). 

Dopo questa pronuncia, la c.d. efficacia diretta di talune disposizioni di direttive 
non pu� pi� essere racchiusa ne1l'runbito del processo, come eccezione 
da far valere avanti al giudice e contro lo Stato inadempiente (c.d. estoppel). 
Sembra iLnvece che con il principio affermato la Corte abbia voluto compiere 
un altro passo in avanti nel processo di avvicinamento -quanto ad effetti pratici 
-delle direttive ai regolamenti. 

E non � da escludere che a tale passo in avanti la Corte sia stata indotta 
anche dai frequenti e talora gravi inadempimenti degli Stati membri (in particolare, 
dell'Italia), rispetto all'obbligo di attuare tempestivamente e correttamente 
le direttive. 

I.M.B. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

pea (G. U. della Repubblica italiana n. 232 del 26 agosto 1977, pag. 6272). 
Questa disposizione � redatta come segue: 

� Se, per un determinato appalto, talune offerte risultano basse in 
modo anomalo rispetto alla prestazione, il soggetto appaltante, richieste 
all'offerente le necessarie giustificazioni, segnalandogli eventualmente 
quelle ritenute inaccettabili, verifica la composizione delle offerte e pu� 
escluderle se non le consideri valide; in tal caso, se l'appalto � bandito 
col criterio dell'aggiudicazione al prezzo pi� basso, il soggetto appaltante 
� tenuto a comunicare il rigetto delle offerte, con la relativa motivazione, 
al Ministero dei lavori pubblici il quale ne curer� la trasmissione al 
Comitato consultivo per gli appalti di lavori pubblici della Comunit� 
Economica Europea, entro il termine di cui al secondo comma dell'art. 
6 �. 

5. -Successivamente, nel 1987, il Governo italiano ha emanato, uno 
dopo l'altro, tre decreti legge che hanno apportato modifiche provvisorie 
all'art. 24, 3� comma, della legge n. 584 (decreto legge 25 maggio 
1987, n. 206, G.U.R.I. n. 120 del 26 maggio 1987, pag. 5; decreto legge 
27 luglio 1987, n. 302, G.U.R.I. n. 174 del 28 luglio 1987, pag. 3; decreto 
legge 25 settembre 1987, n. 393, G.U.R.I. n. 225 del 26 settembre 1987, pag. 3). 
6. -Ciascuno dei suddetti decreti legge contiene un art. 4, redatto 
in termini identici, che cos� recita: 
� Al fine dell'accelerazione delle procedure relative all'affidamento 
degli appalti di opere pubbliche e per un periodo di due anni dalla data 
di entrata in vigore del presente decreto, sono considerate anomale, ai 
sensi dell'art. 24, terw comma, della legge 8 agosto 1977, n. 584, e sono 
escluse dalla gara le offerte che presentano una percentuale di ribasso 
superiore alla media delle percentuali delle offerte ammesse, incrementata 
da un valore percentuale che dovr� essere indicato nel bando o nell'avviso 
di gara�. 

7. -Non essendo stati convertiti in legge entro il termine prescritto 
dalla costituzione italiana, i citati decreti legge hanno perduto efficacia. 
Tuttavia, una legge successiva ha precisato che restano validi gli atti 
emanati in base ad essi (art. l, n. 2, della legge 25 novembre 1987, n. 478, 
G.U.R.I. n. 277 del 26 novembre 1987, pag. 3). 
8. -In vista delle partite del campionato mondiale di calcio che 
nel 1990 si svolgeranno in Italia, il Comune di Milano ha indetto una 
licitazione privata per l'aggiudicazione dei lavori di modifica di uno stadio. 
Il criterio di aggiudicazione prescelto era quello del prezzo pi� basso. 
9. -Risulta dal bando di gara che, conformemente all'art. 4 del 
citato decreto legge 25 maggio 1987, n. 206, sarebbero state considerate 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

122 

anomale e quindi escluse dalla gara le offerte che avessero presentato una 
maggiorazione inferiore del 10 % alla maggiorazione media, rispetto all'importo 
base fissato come prezzo dei lavori, di tutte le offerte ammesse a 
gareggiare. 

10. -Le offerte presentate sono risultate superiori, in media, del 
19,48 % all'importo base fissato come prezzo dei lavori. Conformemente 
al bando di gara tutte le offerte che non superavano almeno del 9 ,48 % 
l'importo base dovevano essere automaticamente escluse. 
11. -L'offerta della Costanzo risult� inferiore all'importo base. Di 
conseguenza, la Giunta Municipale di Milano, basandosi sull'art. 4 del 
decreto l�gge 25 settembre 1987, n. 393, che nel frattempo aveva sostituito 
il decreto legge richiamato nel bando di gara, ha escluso dalla gara, con 
deliberazione 6 ottobre 1987, l'offerta della Costanzo e ha aggiudicato 
l'appalto alla Lodigiani, che aveva presentato l'offerta inferiore fra quelle 
che rispondevano al requisito stabilito nel bando di gara. 
12. -La Costanzo ha impugnato la suddetta deliberazione dinanzi al 
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, deducendone l'illegittimit� 
perch� basata su un decreto legge incompatibile con l'art. 29, 
n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305. 
13. -Il predetto Tribunale ha pertanto sospeso il procedimento e 
ha sottoposto alla Corte di giustizia .le seguenti questioni pregiudiziali: 
�A. Premesso che, in base all'art. 189 del Trattato CEE, le norme 
contenute in una direttiva possano riguardare il 'risultato da raggiungere ' 
(in seguito 'nonne di ,risultato') oppure possono concernere 'la forma 
e i mezzi' per raggiungere un certo risultato (in seguito 'norme di forma 
e mezzi') -dica la Corte se la norma contenuta nell'art. 29 punto 5 della 
direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 305 (nella parte in cui prevede 
che -in caso di offerta che presenti manifestamente un carattere anormalmente 
basso -l'Amministrazione deve procedere ad una' verifica della 
composizione', con obbligo di richiedere all'offerente le giustificazioni 
necessarie, segnalandogli quelle ritenute inaccettabili) sia una ' norma di 
risultato ' ed abbia, comunque, carattere tale che la Repubblica italiana 
era tenuta a ' recepire ' tale norma, senza potere apportare ad essa alcuna 
sostanziale modifica (come effettivamente � stato fatto con l'art. 24, 
comma 3, legge 8 agosto 1977, n. 584) oppure se si tratti di tina 'norma di 
forma. e mezzi 11 tale cio� che la Repubblica italiana potesse derogare ad 
essa, disponendo che in caso di offerte anormalmente basse, l'offerente 
debba essere escluso automaticamente dalla gara, senza alcuna 'verifica 
della composizione' e senza alcuna richiesta di 'giustificazione' all'offerente 
(di 'offerta anomala'). 

PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

B. Ove al quesito sub A si dia risposta negativa (nel senso che la 
norma contenuta nell'art. 29 punto 5 della direttiva CEE n. 305/71 sia 
' norma di forma e mezzi ') dica la Corte se: 
B.1 La Repubblica italiana (dopo avere 'recepito' la norma predetta 
(con la L. 8 agosto 1977, n. 577) senza apportare alcuna modifica 
sostanziale per quanto riguarda il procedimento da segui�re in caso di 
offerta anormalmente bassa) conservasse ancora il potere di modificare 
la norma interna di recepimento: in particolare, se gli artt. 4 -di contenuto 
uguale -del D.L. 25 maggio 1987, n. 206, del D.L. 27 luglio 1987, 
n. 302, 
e del D.L. 25 settembre 1987, n. 393, potessero modificare l'art. 24 
L. 
8 agosto 1977, n. 584; 
B2 gli artt. 4 -di contenuto uguale -del DL. 25 maggio 1987, 
n. 206, del D.L. 27 luglio 1987, n. 302, e del D.L. 25 settembre 1987, n. 393, 
potessero modificare l'art. 29 punto 5 direttiva CEE n. 305/71 -cos� 
come recepito dalla L. 5 aprile 1977, n. 584, senza adeguata motivazione 
sul punto, tenuto conto del fatto che la motivazione -essendo necessaria 
per gli atti normativi comunitari (arg. ex art. 190 Trattato CEE), 
sembra necessaria anche per gli atti normativi ' interni ' che siano posti 
in attuazione di norme comunitarie (e che sono pertanto atti normativi 
'sub-primari', a cui, nel silenzio, non pu� non applicarsi la regola della 
motivazione degli atti normativi ' primari '). 
C. Dica la Corte se, comunque, sussista contrasto fra la norma 
contenuta nell'art. 29 punto 5 dir. n. 305/71 e le norme contenute: 
a) nell'art. 24, comma 3, L. 8 agosto 1977, n. 584 (quest'ultima si 
riferisce ad offerte ' basse in modo anomalo ', mentre la direttiva 1dguarda 
le offerte che presentino ' manifestamente ' un carattere anormalmente 
basso e soltanto in presenza del carattere ' manifestamente ' anomalo, 
prevede la verifica della composizione ecc.); 

b) negli artt. 4 dei DD.LL. 25 maggio 1987, n. 206, 27 luglio 1987, 

n. 302, e 25 settembre 1987, n. 393 (queste ultime escludono la previa 
verifica della composizione, con richiesta di chiarimenti alla parte privata, 
contrariamente a quanto previsto dall'art. 29 punto 5 della direttiva; 
inoltre i DD.LL. ricordati sopra, non si riferiscono alle offerte 'manifestamente 
� anomale e in ci� sembrano viziati, al pari della L. 8 agosto 
1977, n. 584). 
D. (Ove la Corte di giustizia ritenga che le citate norme contenute 
nei citati atti normativi italiani, siano in contrasto con la norma conte� 
nuta nell'art. 29, n. 5, Dir. n. 305/71) dica la Corte di giustizia se l'Amministrazione 
comunale avesse il potere-dovere di ' disapplicare ' le norme 
interne contrastanti con la detta norma comunitaria (eventualmente 
'interrogando' l'Amministrazione centrale) o se tale potere-dovere di 
disapplicazione sia attribuito soltanto ai Giudici interni �. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

14. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa 
principale, della normativa pertinente, dello svolgimento del procedi� 
mento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte si fa rinvio alla 
relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo , 
nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 
Sulla seconda parte della terza questione e sulla prima questione 

15. -Con la seconda parte della terza questione il giudice nazio� 
nale chiede in sostanza se l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio 
n. 71/305 vieti agli Stati rnernbri di emanare disposizioni che prescrivano 
l'esclusione d'ufficio dagli appalti di lavori pubblici di talune offerte 
determinate secondo un criterio rnaternatico, invece di obbligare 
l'arnrninistrazione aggiudicatrice ad applicare la procedura di verifica in 
contraddittorio prevista dalla direttiva. Con la prima questione esso 
chiede se gli Stati rnernbri, nel recepire la direttiva del Consiglio n. 71/305, 
possano scostarsi in misura sostanziale da quanto prescrive l'art. 29, n. 5, 
della stessa direttiva. 
16. -Per quanto riguarda la seconda parte della terza questione, 
si deve ricordare che l'art. 29, n. 5, della direttiva n. 71/305 prescrive 
all'autorit� aggiudicatrice di verificare la composizione delle offerte che 
presentino rnanifestarnente carattere anorrnalrnente basso e, a questo 
scopo, le impone di chiedere all'offerente di fornire le giustificazioni 
necessarie. La stessa disposizione fa obbligo all'arnrninistrazi~ne aggiudicatrice 
di segnalare eventualmente all'offerente le giustificazioni ritenute 
inaccettabili. Infine, qualora il criterio di aggiudicazione adottato 
sia quello del prezzo pi� basso, l'arnrninistrazione aggiudicatrice � tenuta 
a motivare il rigetto delle offerte ritenute troppo basse presso il Comitato 
consultivo istituito con la decisione del Consiglio 26 luglio 1971 
(G. U. n. L 185, pag. 15). 
17. -Il Comune di Milano e il Governo italiano considerano conforme 
allo scopo dell'art. 29, n. 5, della direttiva la sostituzione della 
procedura di verifica in contraddittorio prevista da questa disposizione 
con un criterio d'esclusione rnaternatico. Essi ricordano che, carne la 
Corte ha rilevato nella sentenza 10 febbraio 1982 (causa 76/81, Transporoute. 
Racc. pag. 417, in particolare a pag. 428), il detto scopo consiste 
nel tutelare l'offerente dall'arbitrio dell'amministrazione aggiudicatrice. 
Un criterio di esclusione rnaternatico offrirebbe a questo proposito una 
garanzia assoluta e presenterebbe inoltre, rispetto alla procedura prevista 
dalla direttiva, il vantaggio di una maggiore rapidit� d'applicazione. 

PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

18. -Questo argomento non pu� essere accolto. Un criterio di 
esclusione matematico, infatti, priva i partecipanti alla gara che abbiano 
presentato offerte particolarmente basse della possibilit� di provare che 
si tratta di offerte serie. L'applicazione di un criterio del genere contrasta 
con lo scopo della direttiva n. 71/305, che consiste nel favorire 
lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti di 
lavori pubblici. 
19. -Pertanto, la seconda parte della terza questione dev'essere 
risolta nel senso che l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305 
vieta agli Stati membri di emanare disposizioni che prescrivono l'esclusione 
d'ufficio dagli appalti di lavori pubblici di talune offerte determinate 
secondo un criterio matematico, invece di obbligare l'amministrazione 
aggiudicatrice ad applicare la procedura di verifica in contraddit� 
torio prevista dalla direttiva. 
20. -Per quanto riguarda la prima questione, si deve ricordare 
che il Consiglio ha prescritto, nell'art. 29, n. 5, della direttiva n. 71/305, 
una precisa e dettagliata procedura di verifica delle offerte risultanti 
anormalmente basse proprio per consentire ai partecipanti alla gara che 
abbiano presentato offerte particolarmente basse di dimostrare la seriet� 
di tali offerte e per garantire in tal modo l'accesso agli appalti di 
lavori pubblici. Tale scopo sarebbe compromesso qualora gli Stati membri, 
nel recepire l'art. 29, n. 5, della direttiva, potessero scostarsene in 
misura sostanziale. 
21. -Pertanto, la prima questione dev'essere risolta nel senso che 
gli Stati membri, nel recepire la direttiva del Consiglio n. 71/305, non 
possono scostarsi in Inisura sostanziale da quanto prescrive l'art. 29, 
n. 5, della stessa direttiva. 
Sulla seconda questione 

22. -Con la seconda questione il giudice nazionale chiede se gli 
Stati membri, dopo aver recepito l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio 
n. 71/305 senza essersene scostati in misura sostanziale, possano 
successivamente modificare la norma interna di recepimento e, in caso 
affermativo, se tale modifica debba essere motivata. 
23. -Il giudice nazionale ha sollevato la seconda questione solo per 
il caso in cui dalla soluzione della prima questione emergesse che gli 
Stati membri possono recepire l'art. 29, n. 5, della direttiva n. 71/305 
scostandosene in misura sostanziale. 
24. -Data la risposta fornita alla prima questione, la seconda questione 
� priva d'oggetto. 

126 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sulla prima parte della terza questione 

25. -Con la prima parte deHa terza questione il giudice nazionale 
chiede se l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305 consenta 
agli Stati membri di prescrivere la verifica delle offerte quando queste 
appaiono anormalmente basse, e non solo quando siano manifestamente 
anormalmente basse. 
26. -Si deve rilevare che la procedura di verifica dev'essere applicata 
ogniqualvolta l'amministrazione aggiudicatrice intenda escludere 
delle offerte perch� le considera anormalmente basse rispetto alla prestazione. 
Pertanto, qualunque sia il valore limite al di l� del quale la 
detta procedura dev'essere applicata, gli offerenti hanno la garanzia di 
non essere esclusi dall'appalto oggetto della gara senza aver avuto la 
possibilit� di dimostrare la seriet� delle loro offerte. 
27. -Di conseguenza, la prima parte della terza questione dev'essere 
risolta nel senso che l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305 
consente agli Stati membri di prescrivere la verifica delle offerte quando 
queste appaiano anormalmente basse e non solo quando siano manifesta� 
mente anormalmente basse. 
Sulla quarta questione 

28. -Con la quarta questione il giudice a quo chiede se, al pari dei 
giudici nazionali, l'amministrazione, anche comunale, sia tenuta ad applicare 
l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305 e a disappli� 
~are le norme del diritto nazionale non conformi a questa disposizione. 
29. -Si deve ricordare come, nelle sentenze 19 gennaio 1982 (causa 
8/81, Becker, Racc. pag. 53, in particolare a pag. 71) e 26 febbraio 1986 
(causa 152/84, Marshall._ Racc. pag. 737, in particolare a pag. 748), la 
Corte abbia considerato che in tutti i casi in cui alcune disposizioni di 
una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e 
sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici 
nazionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia recepito 
tempestivamente la direttiva nel diritto nazionale sia che l'abbia recepita 
in modo inadeguato. 
30. -Va rilevato che il motivo per cui i singoli possono far valere 
le disposizioni di una direttiva dir:\anzi ai giudici nazionali ove sussistano 
i detti presupposti, � che gli obblighi derivanti da tali disposizioni 
valgono per tutte le autorit� degli Stati membri. 
31. -Sarebbe peraltro contraddittorio statuire che i singoli possono 
invocare dinanzi ai giudici nazionali le disposizioni di una direttiva 

PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 127 

aventi i requisiti sopra menzionati, allo scopo di far censurare l'operato 
dell'amministrazione, e al contempo ritenere che l'amministrazione non 
� tenuta ad applicare le disposizioni della direttiva disapplicando le 
norme nazionali ad esse non conformi. Ne segue che, qualora sussistano 
i presupposti necessari, secondo la giurisprudenza della Corte, affinch� 
le disposizioni di una direttiva siano invocabili dai singoli dinanzi ai 
giudici nazionali, tutti gli organi dell'amministrazione,� compresi quelli 
degli enti territoriali, come i comuni, sono tenuti ad applicare le suddette 
disposizioni. 

32. -Per quanto riguarda in particolare l'art. 29, n. 5, della direttiva 
n. 71/305, emerge dall'esame della prima questione che tale disposizione 
� incondizionata e abbastanza precisa per poter essere invocata 
dai singoli nei confronti dello Stato. I singoli possono quindi avvalersene 
dinanzi ai giudici nazionali e, come risulta dalle considerazioni che 
precedono, tutti gli organi dell'amministrazione, compresi quelli degli 
enti territoriali, come i comuni, sono tenuti ad applicarle. 
33. -Pertanto, la quarta questione dev'essere risolta nel senso che, 
al pari del giudice nazionale, l'amministrazione, anche comunale, � tenuta 
ad applicare l'art. 29, n. 5, della direttiva del Consiglio n. 71/305 
e a disapplicare le norme del diritto nazionale non conformi a questa 
disposizione (omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Se�. plen., 
11 luglio 1989, nella causa 323/87 -Pres. Due -Avv. Gen. Jacobs Commissione 
delle C. E. (ag. Marenco) c. Repubblica italiana (avv. 
Stato Conti). 

Comunit� europee -Unione doganale -Regime fiscale discriminatorio Distillati 
della canna da zucchero � Rum. 
(Trattato CEE, art. 95; dJ. 15 giugno 1984, n. 232, conv. con mod. in legge 28 luglio

1984, n. 408). 

Il trattamento fiscale dell'alcole distillato dalla canna da zucchero 
e dei prodotti contenenti detto alcole, istituito transitoriamente in Italia 
con la legge 28 luglio 1984, n. 408, pi� gravoso rispetto a quello che� 
colpisce le altre acquaviti agricole, contrasta con l'art. 95 del Trattato� 
{:BE limitatamente alla sua applicazione al rum originario di altri Stati 
membri (1). 

(1) Sul regime fiscale degli alcolici in Italia si vedano, oltre le sentenze, 
citate in motivazione, 27 febbraio 1980, nella causa 169/78, COMMISSIONE c. ITALIA, 
in questa Rassegna, 1980, I, 273, relativa ai contrassegni di Stato sui recipienti 

128 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria 
della Corte il 16 ottobre 1987, la Commissione delle Comunit� Europee 
pa proposto un ricorso ex art. 169 del Trattato CEE volto a far dichia.
rare che la Repubblica italiana, avendo istituito un regime fiscale che 
icolpisce l'alcole distillato dalla canna da zucchero ed i prodotti conteinenti 
detto alcole in misura maggiore rispetto agli altri alcoli e alle 
;altre acquaviti agricole, � venuta meno agli obblighi che le incombono 
:in forza dell'art. 95 del Trattato. 

2. -Risulta dagli atti di causa che, a seguito delle sentenze della Corte 
;15 luglio 1982 e 15 marzo 1983 (Cogis, 216/81, Racc. pag. 2701 e Commis:
sione c/ Italia, 319/81, Racc. pag. 601), la Repubblica italiana ha emenpato 
la sua legislazione fiscale sugli alcolici. Con decreto legge 15 giu,
gno 1984, n. 232 (GURI del 18 giugno 1984, n. 166), � stato abolito il 
;diritto erariale che colpiva esclusivamente gli alcoli non ottenuti dalla 
distillazione del vino e delle materie vinose, mentre per l'imposta di 
,fabbricazione sugli alcoli prodotti in Italia, e la corrispondente sovraim.
posta di confine per gli alcoli importati, � stata stabilita l'aliquota 
,unificata di 350.000 lire per ettanidro di alcole. Tuttavia, all'atto della 
;conversione del decreto legge nella legge 28 luglio 1984,. n. 408 (GURI 
;del 2 agosto 1984, n. 212), l'imposta di fabbricazione e la sovraimposta 
;di confine sono state elevate a 420.000 lire ed � stata introdotta una 
,deroga secondo la quale, fino al 31 dicembre 1988, l'imposta e la sovra;
imposta sugli alcoli ottenuti dalla distillazione del vino, dei sottopro;
dotti della vinificazione, delle patate, della frutta, del sorgo, dei fichi, 
;delle carrube e dei cereali erano fissate in 340.000 lire per ettanidro. 
;Nella fase scritta del presente procedimento, la Repubblica italiana ha 
,reso noto alla Corte che le aliquote piene e ridotte della predetta im,
posta sono state portate, rispettivamente, a 546.000 lire e 442.000 lire 
per ettanidro e che l'aliquota ridotta si applica fino al 31 dicembre 1992. 
contenenti acquavite destinata alla vendita al minuto, e 15 luglio 1982, nella 
causa 216/81, CoG1s, ibidem, 1982, I, 913, relativa alla sovrimposta di confine e al 
diritto erariale sull'whisky importato, la sentenza 11 luglio 1985, nella causa 
278/83, Co~MISSIONE c. ITALIA, ibidem, 1985, I, 571, relativa ai vini spumanti, e 
le altre pronunzie citate in nota ad essa, nonch� la sentenza 4 marzo 1986, 
nella causa 243/84, JOHN WALKER, pur essa citata in motivazione. Con quest'ult�na 
sentenza la Corte aveva statuito che l'art. 95, 1� comma, del Trattato CEE 
va interpretato nel senso che prodotti come il whisky scozzese ed il vino di 
frutta di tipo liquoroso non possono essere considerati prodotti similari; e che 
allo stato attuale del suo sviluppo, il diritto c0munitario, e in particolare l'art. 95, 
2� comma, del Trattato CEE, non osta all'applicazione, relativamente a talune 
bevande, di un sistema di imposizione differenziato, in base a criteri obiettivi; 
un siffatto sistema non ha l'effetto di proteggere una produzione nazionale qualora, 
in ciascuna categoria fiscale, figuri una parte sostanziale della produzione 
interna di bevande alcoliche. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

3. -La Commissione ritiene, in particolare, che la tassazione diffe,
renziata di cui alla legge n. 408 crei categorie artificiali e no'n obiettive 
di alcoli, allo scopo di proteggere indirettamente i prodotti nazionali 
gravati da un'accisa meno elevata di quella sull'alcole etilico distillato 
dalla canna da zucchero e sui prodotti contenenti detto a:lcole, come il 
rum, i quali, non essendo fabbricati in Italia e non potendo beneficiare 
dell'aliquota ridotta, sono soggetti all'imposta piena del regime fiscale 
sugli alcoli. Rispondendo ai quesiti scritti della Corte, la Commissione 
ha precisato che il suo ricorso riguarda non soltanto il trattamento 
fiscale del rum, ma anche quello dell'alcole di canna allo stato naturale, 
�degli alcoli aromatizzati, come il gin e la vodka, e. dei liquori ed altre 
-bevande alcoliche, nella misura in cui siano fabbricati con alcole di 
canna da zucchero. 
4. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa, 
dello svolgimento del procedimento nonch� dei mezzi ed argomenti delle 
parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo 
sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento 
della Corte. 
Sul trattamento fiscale del rum 

5. -La Commissione fa valere che il rum e le altre acquaviti sono 
prodotti similari ai sensi dell'art. 95, 1� comma, del Trattato. In subordine, 
essa afferma che si tratterebbe in ogni caso di prodotti in concor� 
renza tra loro, ai sensi dell'art. 95, 2� comma. 
6. -La Repubblica italiana contesta che rum e acquaviti di vino 
e di cereali possano essere considerati prodotti similari, tenuto conto 
delle rispettive caratteristiche organolettiche. Tuttavia, essa riconosce 
che il rum e le altre acquaviti sono prodotti in concorrenza tra loro, 
ai sensi dell'art. 95, 2� comma. 
7. -Secondo la giurisprudenza costante della Corte, l'art. 95, nel 
suo complesso, ha lo scopo di garantire la libera circolazione delle merci 
fra gli Stati membri in condizioni normali di concorrenza, mediante 
l'eliminazione di qualsiasi forma di protezione che possa derivare dal� 
l'applicazione di tributi interni discriminatori nei confronti di prodotti 
di altri Stati membri, e di garantire altres� la perfetta neutra:lit� dei 
tributi interni nei confronti della concorrenza fra prodotti nazionali e 
prodotti importati (sentenza 9 luglio 1987, Commissione c/ Regno del 
Belgio, 356/85, non ancora pubblicata nella Raccolta). 

130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEUO STATO 

8. -In materia di alcole destinato al consumo umano, la Corte ha 
gi� precisato, in sentenze 27 feb.braio 1980 (Commissione c/ Italia, 169/78, 
Racc. pag. 385) e 15 'luglio 1982 (216/81, cit.), che le acquaviti di cereali 
e il rum, in quanto prodotti della distillazione, hanno, con le acquaviti 
di vino e di vinacce, propriet� comuni sufficienti per costituire, almeno 
in talune circostanze, un'alternativa nella scelta del consumatore. Basta 
questa constatazione per ammettere che detti prodotti sono in concorrenza 
fra loro e che la loro tassazione non dev'essere tale da favorire 
la produzione nazionale. 
9. -Su quest'ultimo punto, la Commissione sostiene che il regime 
fiscale italiano delle acquaviti � finalizzato a compensare la differenza 
fra il costo di produzione degli alcoli da materie vinose e da frutta e 
quello degli alcoli da melasso. A suo parere, lo scopo di questa differenziazione 
fiscale � di per s� sufficiente a provarne il carattere non 
neutrale, atteso che, per l'economia italiana, le attivit� economiche legate 
alla viticoltura sono infinitamente pi� importanti della produzione del-
l'alcole da melasso. 
10. -Dal canto suo, la Repubblica italiana deduce che, per accertare 
la sussistenza di una violazione dell'art. 95, 2� comma, del Trattato, 
non � sufficiente porre semplicemente a confronto gli oneri fiscali rispettivamente 
gravanti sui prodotti di cui si tratta, ma � necessario 
dimostrare che, in concreto, la differenza fra questi oneri � idonea a 
produrre effetti protezionistici. Ora, nessuna dimostrazione sarebbe .stata 
fornita al riguardo dalla Commis~ione. 
11. -La Repubblica italiana sostiene inoltre che il sistema fiscale 
in questione � conforme ai criteri ai quali, secondo la giurisprudenza 
della Corte, gli Stati membri debbono attenersi nell'istituire sistemi impositivi 
differenziati. Richiamandosi in special modo alla sentenza della 
Corte 4 marzo 1986 (Walker, 243/84, Racc. pag. 875), essa afferma che 
l'imposta pi� elevata controversa si applica ad una quota importante 
della produzione di alcole, in particolare alcoli da melasso, di barbabietola 
e di canna d'importazione. 
12. -Devesi ricordare che, prima dell'emanazione della legge n. 408, 
il regime fiscale italiano \era contraddistinto dal fatto che i prodotti 
nazionali pi� tipici, ossia le acquaviti di vino e vinacce, rientravano 
nella categoria fiscale pi� agevolata, mentre le acquaviti di cereali e 
il rum, due prodotti quasi totalmente importati da altri Stati membrf, 
erano assoggettati ad un trattamento fiscale pi� gravoso. Nelle citate 
sentenze 27 febbraio 1980 e 15 luglio 1982, (169/78 e 216/81), la Corte 
ha ritenuto che queste differenze di tassazione incidessero sul mercato 
dei prodotti in questione, diminuendo il consumo dei prodotti importati. 
II 


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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

13. -Nel caso di specie, risulta dagli atti che la nuova legge n. 408 
ha abolito le differenze d'imposizione rispetto all'whisky, mentre il rum 
� ancora soggetto ad un regime pi� oneroso. Ci� considerato, � sufficiente 
fare rinvio a quanto dichiarato dalla Corte nelle citate sentenze, 
senza che l'esistenza dell'effetto protezionistico del sistema impositivo 
italiano rispetto al rum debba essere suffragata da un raffronto dell'incidenza 
dei diversi carichi fiscali sui rapporti di concorrenza fra i 
prodotti di cui � causa. 
14. -In simile contesto, la Repubblica italiana non pu� validamente 
invocare la sentenza 4 marzo 1986 (Walker, cit.). Secondo tale sentenza, 
infatti, un sistema di tassazione differenziata non produce effetti protezionistici 
a favore di un prodotto nazionale, qualora in ciascuna categoria 
fiscale figuri una quota sostanziale della produzione interna di 
bevande alcoliche. 
15. -Al riguardo, la Repubblica italiana afferma che l'imposta pm 
elevata si applica a tutta la produzione nazionale di alcoli non ottenuti 
da vino, frutta o cereali, in particolare gli alcoli da melassa. Va tuttavia 
osservato che si tratta di alcoli puri che, non essendo come tali destinati 
al consumo dell'uomo, non po~sono essere considerati in concorrenza 
con le acquaviti. Ci� considerato, la Repubblica italiana non ha 
provato che una quota sostanziale della produzione nazionale di bevande 
alcoliche rientrasse nella medesima categoria fiscale del rum. 
16. -Si deve dunque dichiarare che, avendo istituito un regime 
fiscale del rum originario di altri Stati membri pi� gravoso rispetto 
alle altre acquaviti agricole; la Repubblica italiana � venuta meno agli 
_obblighi che le incombono in forza dell'art. 95 del Trattato. 
Sul trattamento fiscale degli altri prodotti alcolici 

17. -Per quel che riguarda il trattamento fiscale dei prodotti alcolici, 
diversi dal rum, soggetti all'imposta pi� elevata, la Commissione 
ha riconosciuto che le statistiche sulle importazioni di cui essa dispone 
non distinguono fra alcoli aromatizzati e liquori fabbricati con alcole 
da canna, e quelli fabbricati con altri alcoli agricoli. 
18. -Quanto alle importazioni di alcole di canna allo stato naturale, 
la Commissione ha affermato che le stesse cifre inglobavano l'alcole di 
origine industriale (alcole di sintesi) e l'alcole agricolo, senza distinzione 
a seconda della materia agricola di base. Infatti, a partire, da un certo 
grado alcolico e di purezza, non sarebbe possibile distinguere l'origine 
precisa dell'alcole. 

132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

19. -Secondo una giurisprudenza costante (da ultimo, sentenze della 
Corte 25 aprile 1989 e 30 maggio 1989, Commissione c/ Italia, 141/87 
e 340/87, non ancora pubblicate nella Raccolta), in un procedimento 
per inadempimento ex art. 169 del Trattato grava sulla Commissione 
l'onere di provare il preteso inadempimento. 
20. -Nel caso di specie, la Commissione non ha provato se, ed 
eventualmente in quale misura, i prodotti importati fossero ottenuti dal� 
l'alcole di canna da zucchero e, dunque, soggetti all'imposta pi� elevata. 
In assenza di tali prove, la Corte non pu� pronunziarsi sul rapporto 
di concorrenza fra i prodotti nazionali e quelli importati n� sul carat� 
tere protezionistico del regime fiscale in causa. Ci� considerato, il ricorso 
va respinto nella parte relativa al trattamento fiscale dei prodotti alcolici 
diversi dal rum {omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 5a sez., 13 luglio 
1989, nella causa 380/87 -Pres. Joliet -Avv. Gen. Jacobs -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo 
regionale per ola Lombardia nella causa Enichem ed altri 

c. Comune di Cinisello Ba1samo -Interv.: Governi italiano (aw. Stato 
Ferri), del Regno Unito (agente R.R.L. Purse) e portoghese (ag. Fernandes 
e Fl:!_lcao De Campos) e .Commissione delle C. E. (ag. Marenco 
e Van Rijn). 
Comunit� europee -Ravvicinamento delle legislazioni -Prevenzione e 

smaltimento dei rifiuti � Sacchetti di plastica. 

(Direttive CEE del Consiglio 15 luglio 1975, n. 75/442, 6 aprile 1976, n. 76/403, 20 mar


zo 1978, n. 78/319). 

1. -La direttiva n. 75/442 va interpretata nel senso che essa non 
conferisce ai singoli il diritto di vendere o di utilizzare sacchetti di plastica 
e altri contenitori non biodegradabili, 2. -L'art. 3, paragrafo 2, della 
direttiva stessa va interpretato nel senso che esso impone agli Stati 
membri l'obbligo di informare la Commissione di un progetto di normativa 
quale quello contestato nel procedimento nazionale (provvedimento 
del Sindaco di un comune che limita la vendita e l'uso dei prodotti suddetti), 
previamente alla sua adozione definitiva. 3. � La norma medesima 
va irJ.terpretata nel senso che non conferisce ai singoli alcun diritto 
che essi possano far valere dinanzi ai giudici nazionali al fine di ottenere 
l'annullamento o la disapplicazione di una normativa nazionale 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITAltIA B INTERNAZIONALB 133 

rientrante nel campo di applicazione di questa disposizione, in quanto 
tale normativa � stata adottata senza che la Commissione della C. E. ne 
fosse stata previamente informata (1). 

(Omissis) 1. -Con ordinanza del 23 novembre 1987, pervenuta alla 
Corte il 21 dicembre successivo, il Tribunale Amministrativo Regionale 
per la Lombardia, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, ha posto 
diverse questioni pregiudiziali relative all'in'terpretazione della direttiva 
del Consiglio 15 luglio 1975, n. 75/442, relativa ai rifiuti (G. U. n. L 194, 
pag. 47), della direttiva del Consiglio 6 aprile 1976, n. 76/403, concernente 
lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (G. U. 

n. L 108, pag. 41) e della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, n. 78/319, 
relativa ai rifiuti tossici e nocivi (G.U. n. L 84, pag. 43), nonch� sulla 
determinazione dei principi che vanno applicati al risarcimento del danno 
causato da un atto amministrativo contrastante con il diritto comunitario. 
2. -Queste questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia 
che oppone diversi produttori di contenitori, imballaggi e sacchetti 
di plastica al Comune di Cinisello Balsamo, con riferimento al provvedimento 
del sindaco del Comune stesso del 16 febbraio 1987, col quale 
si vietava, a decorrere dal 1� settembre 1987, la fornitura ai consumatori, 
per l'asporto delle merci acquistate, di sacchetti e di altri contenitori 
non biodegradabili nonch� la vendita o la diffusione di sacchetti 
di plastica, fatta eccezione per quelli destinati al conferimento di rifiuti. 
3. -La societ� Enichem Base, Montedipe, Solvay, S.I.P.A. Industriale, 
Altene, Neophane e Polyflex Italiana (nel prosieguo: le ricorrenti nel procedimento 
nazionale) hanno proposto, dinanzi al Tribunale Amministrativo 
Regionale per la Lombardia, un ricorso diretto all'annullamento 
del citato provvedimento.� Esse hanno anche chiesto la sospensione dell'esecuzione. 
Dato che le ricorrenti nel giudizio nazionale avevano addotto 
a sostegno dei ricorsi l'incompatibilit� del provvedimento contestato 
con il ,diritto comunitario, il giudice nazionale ha sospeso la decisione 
e ha sottoposto alla Corte le quattro questioni pregiudiziali seguenti: 
� 1. dica la Corte di giustizia se le direttive CEE del Consiglio 
n. 75/442, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti; n. 78/319 del 20 marzo 
1978, relativa ai rifiuti tossici e nocivi e n. 76/403 del 6 aprile 1976, concernente 
lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili attri(
1) Soluzioni conformi a quelle proposte dalla difesa del Governo italiaoo. 
li 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

buiscano ai singoli cittadini della CEE il diritto soggettivo �ollJ.unitario 
che i Giudici nazionali debbono tutelare anche nei confronti degli Stati 
membri (e che quindi gli Stati membri non possono limitareY di vendere 

o di usare i prodotti presi in considerazione dalle predette direttive, dato 
che queste (direttive) hanno previsto il principio dell'osservanza di specifiche 
regole per il relativo smaltimento, non il divieto di vendita o di 
uso dei prodotti in esame. 
2. 
dica la Corte di giustizia se: 
a) dalle direttive comunitarie indicate sopra o comunque dal 
diritto comunitario, si ricavi il principio per cui qualsiasi progetto di 
regolamento o di atto normativo, generale (relativo all'impiego, alla vendita 
o all'uso dei prodotti de quibus) che possa causare difficolt� tecniche 
di smaltimento o comportare costi di smaltimento eccessivi, debba essere 
portato in tempo utile a conoscenza della Commissione; 
b) se l'obbligo sub a) sia posto a carico dello Stato e dei Comuni 
i quali, pertanto, non avrebbero il potere di disporre in merito all'impiego, 
alla vendita o all'uso di prodotti diversi da quelli che la direttiva CEE 

n. 76/403 ha inserito nell'elenco tassativo dei prodotti ritenuti nocivi, in 
assenza della previa verificazione comunitaria che la misura non crei 
disuguaglianze nelle condizioni di concorrenza. 
3. Dica la Corte di giustizia (tenuto presente il primo ' considerando 
' delle tre direttive indicate nella prima ' questione ' e soprattutto 
la parte in cui si afferma che una disparit� fra le disposizioni in applicazione 
o in preparazione nei vari Stati membri per lo smaltimento dei 
prodotti considerati pu� creare disuguaglianza nelle condizioni di concorrenza 
ed avere perci� un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato 
comune) se: 
a) questo considerando e, comunque, le tre direttive citate, prevedano 
il diritto soggettivo comunitario in capo ai cittadini della CEE 
-con relativo vincolo per tutti gli Stati membri -per cui qualsiasi 
progetto di regolamento relativo all'impiego dei prodotti in esame, quando 
possa causare difficolt� tecniche di smaltimento o comportare costi di 
smaltimento eccessivi debba essere portato a previa conoscenza in tempo 
utile della Commissione (art. 3, n. 2, direttiva n. 75/442); 

b) se il diritto soggettivo sub a) (relativo all'obbligo di portare 
alla previa conoscenza della Commissione CEE qualsiasi progetto di regolomento 
ecc., come sub a)) -ove es1stente -concerna anche gli atti 
generali che siano emessi dai Comuni e che, quindi, abbiano efficacia 
territoriale limitata�. 

4. � ��� si chiede alla Corte di giustizia di precisare se -in base al 
diritto comunitario -la Pubblica Amministrazione sia tenuta al risar

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

cimento del danno quando essa, con un suo atto amministrativo illegit-. 
timo, produca la lesione (illegittima) di un diritto soggettivo comunitario, 
il quale dopo il suo trasferimento nell'ordinamento giuridico italiano pur 
mantenendo il suo carattere comunitario -si presenti come interesse 
legittimo �. 

4. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento 
del procedimento nonch� delle osservazioni scritte presentate dinanzi 
alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo 
sono richiamati solo neHa misura necessaria alla comprensione del 
ragionamento della Corte. 
5. -Va rilevato in via preliminare che, secondo l'ordinanza di 
rinvio, la controversia nel giudizio nazionale riguarda prodotti che non 
rientrano nel campo di applicazione delle citate direttive nn. 76/403 e 
78/319. Infatti, i sacchetti di plastica non contengono n� policlorodifenile 
n� policlorotrifenile e non costituiscono, di per s�, rifiuti tossici o 
nocivi. Di conseguenza, le questioni pregiudiziali vanno esaminate con 
riferimento alla 'sola direttiva del Consiglio n. 75/442. 
Sulla prima questione. 

6. -La prima questione va compresa come diretta in sostanza a 
stabilire se la direttiva n. 75/442 conferisca ai singoli il diritto di vendere 
o di utilizzare sacchetti di plastica o altri contenitori non biodegradabili. 
7. -Va ricordato che la direttiva n. 75/442 ha ad oggetto il riavvicinamento 
delle norme dei diversi Stati membri riguardo allo smaltimento 
dei rifiuti al fine, in primo luogo, di evitare gli ostacoli agli scambi 
comunitari e la disuguaglianza nelle condizioni di concorrenza risultante 
dalla loro disparit� e, in secondo luogo, di contribuire a realizzare 
gli obiettivi della Comunit� nel settore della protezione della salute e 
dell'ambiente. In essa non si vieta la vendita o l'utilizzazione di qualsivoglia 
prodotto, ma da ci� non pu� dedursi che essa osti a che gli Stati 
membri possano formulare tali divieli al fine della tutela dell'ambiente. 
8. -Una diversa interpretazione non troverebbe fondamento nella 
lettera della direttiva e sarebbe d'altra parte in contrasto con gli obiettivi 
di essa. Infatti, risulta dall'art. 3 della direttiva che questa � diretta, 
tra l'altro a favorire le misure nazionali atte a prevenire la formazione 
di rifiuti. Orbene, la limitazione o il divieto di vendita o di utilizzazione 
di prodotti quali i contenitori non biodegradabili sono idonei a contribuire 
a tale obiettivo. 

136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

9. -Le ricorrenti nel procedimento nazionale hanno sostenuto anche 
che un divieto assoluto di messa in commercio dei prodotti di cui trattasi 
costituisce un ostacolo agli scambi il quale non pu� essere giustificato 
dalle esigenze della tutela dell'ambiente ed � pertanto incompatibile con 
l'art. 30 del Trattato CEE. 
10. -Va tuttavia constatato che il giudice nazionale non ha posto 
alcuna questione relativa all'art. 30 del T�rattato e che, di conseguenza, 
non occorre interpretare questa norma. 
11. -La prima questione va quindi risolta affermando che la direttiva 
n. 75/442 va interpretata nel senso che essa non conferisce ai singoli 
il diritto di vendere o di utilizzare sacchetti di plastica e altri contenitori 
non biodegradabili. 
Sulla seconda questione. 

12. -La seconda questione � diretta in sostanza a stabilire se 
l'art. 3, paragrafo 2, della direttiva n. 75/442 imponga agli Stati membri 
l'obbligo di comunicare alla Commissione ogni progetto di normativa, 
quale quella contestata .el procedimento nazionale, previamente alla 
sua definitiva adozione. 
13. -A tal proposito, � stato sostenuto che la normativa di cui 
trattasi non rientra nel campo di applicazione dell'art. 3 della direttiva 
in quanto essa non concerne prodotti il cui smaltimento pu� causare 
difficolt� tecniche o costi eccessivi. 
14. -:e sufficiente constatare a tal proposito che l'art. 3, paragrafo 2, 
della direttiva n. 75/442 impone agli Stati membri l'obbligo di informare 
in tempo utile la Commissione non soltanto dei progetti di normativa 
riguardanti in particolare l'impiego dei prodotti che possono causare difficolt� 
tecniche di smaltimento o comportare costi di smaltimento eccessivi, 
ma anche, mediante il riferimento al paragrafo 1, di ogni progetto di 
normativa diretto a promuovere in particolare la prevenzione, il riciclo 
e la trasformazione dei rifiuti. 
15. -Di conseguenza, anche se l'asserzione secondo cui i prodotti 
contemplati dalla normativa controversa non possono causare difficolt� 
tecniche di smaltimento o costi di smaltimento eccessivi si rileva esatta, 
non ne consegue tuttavia ohe un siffatto progetto di normativa sia sottratto 
al campo di applicazione dell'art. 3, paragrafo 2, della direttiva. 
16. -:e stato inoltre sostenuto all'udienza che l'obbligo di previa 
informazione di cui all'art. 3, paragrafo 2, della direttiva, riguarda sol

PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

tanto i provvedimenti di una certa importanza e che esso non pu� comprendere 
provvedimenti di portata pratica estremamente limitata, quali 
quelli adottati da un Comune di dimensioni ridotte. La comunicazione 
di un tale progetto alla Commissione si rivelerebbe impraticabile. 

17. -A tal proposito, � sufficiente constatare che la direttiva non 
prevede alcuna deroga o limitazione per quanto riguarda l'obbligo di 
comunicazione dei progetti contemplati all'art. 3. Di conseguenza, questo 
obbligo si estende ai progetti di normativa formulati da tutte le autorit� 
degli Stati membri, compresi gli enti territoriali quali i Comuni. 
18. -La seconda questione va quindi risolta affermando che l'art. 3, 
paragrafo 2, della direttiva n. 75/442 va interpretato nel senso che esso 
impone agli Stati membri l'obbligo di comunicare alla Commissione uri 
progetto di normativa quale quello contestato nel procedimento nazionale, 
prima della sua adozione definitiva. 
Sulla terza questione. 

19. -La terza questione � diretta a stabilire se l'art. 3, paragrafo 2, 
della direttiva n. 75)442 conferisca ai singoli un diritto che essi possono 
far valere dinanzi ai giudici nazionali al fine di ottenere l'annullamento 
o la disapplicazione di una normativa nazionale rientrante nel campo 
d'applicazione di questa norma, in quanto tale normativa sarebbe stata 
adottata senza che la Commissione delle Comunit� Europee ne fosse 
stata previamente informata. 
20. -Va c�nstatato a tal proposito che il citato art. 3, paragrafo 2, � 
si limita a imporre agli Stati membri l'obbligo di informare in tempo 
utile la Commissione dei progetti di normativa che esso intende adottare 
senza stabilire una procedura di controllo comunitaria di questi progetti 
e senza subordinare l'entrata in vigore delle normative progettate all'accordo 
o alla mancata opposizione della Commissione. 
21. -L'obbligo imposto agli Stati membri col citato art. 3, paragrafo 
2, � diretto a consentire alla Commissione di essere informata dei 
provvedimenti nazionali progettati nel settore dello smaltimento dei 
rifiuti al fine di poter valutare la necessit� di adottare provvedimenti 
comunitari di armonizzazione nonch� di esaminare se i progetti ad essa 
sottoposti siano o meno compatibili con il diritto comunitario e di 
trarne eventualmente le relative conseguenze. 
22. -N� il testo n� la finalit� della disposizione in esame consentono 
quindi di ritenere che dal mancato rispetto dell'obbligo di previa 

138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II

comunicazione imposto agli Stati membri derivi di per s� l'illegittimit� 

delle normative in tal modo adottate. 

23. -Deriva da quanto precede che la menzionata disposizione riguarJ 
i 
i 
f.' 
k' 

da le relazioni tra gli Stati membri e la Commissione, ma che essa non 
attribuisce invece ai singoli alcun diritto atto ad essere leso in caso di 
violazione, da parte di uno Stato membro, dell'obbligo di previa comunicazione 
alla Commissione dei suoi progetti di normativa. 

24. -La terza questione va quindi risolta affermando che l'art. 3, 
paragrafo 2, della direttiva n. 75/442 va interpretato nel senso che esso 
non conferisce ai singoli alcun diritto che essi possano far valere dinanzi 
ai giudici nazionali al fine di ottenere l'annullamento o la disapplicazione 
di una normativa nazionale rientrante nel campo d'applicazione di questa 
disposizione, in quanto tale normativa � stata adottata senza che la 
Commissione delle Comunit� Europee ne fosse stata previame:p.te informata. 
Sulla quarta questione. 

25. -Vista la soluzione adottata nelle tre prime questioni, non � 
necessario decidere sulla quarta questione pregiudiziale. (omissis) 
OORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 
14 novembre 1989, nella causa 14/88 -Pres. Due -Avv. Gen. Van 
Gerven -Repubblica italiana (avv. Stato Fiumara) c. Commissione 
delle C.E. (ag. Toledano, avv. Capelli). 

Comunit� europee -Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia 
(F.E.O.G.A.) -Liquidazione dei conti -Aiuti alle organizzazioni di 
produttori di ortofrutticoli -Termini di pagamento -Ragionevolezza. 

(Reg. CEE del Consiglio 18 maggio 1972, n: 1035, art. 14). 

La Commissione delle Comunit� europee ha il potere di precisare, 
fissando un termine di pagamento ragionevole e non arbitrario, la 
portata di una norma di carattere generale, come l'art. 14, n. 1, del 
reg. CEE del Consiglio 18 maggio 1972, n. 1035, al fine di conservare agli 
aiuti alle organizzazioni .di produttori di ortofrutticoli ivi contemplati la 
loro finalit�. Tale potere deve essere esercitato attraverso istruzioni generali 
le quali, stabilite previa consultazione degli Stati interessati, deb� 
bono essere loro tempestivamente comunicate. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della 
Corte il 14 gennaio 1988, la Repubblica italiana ha chiesto, ex art. 173, 
1� comma, del Trattato CEE, l'annullamento parziale della decisione della 
Commissione 5 novembre 1987, n. C (87) 2027, relativa al rimborso alla 
Repubblica italiana, da parte del Fondo europeo agricolo d'orientamento 
e di garanzia (in prosieguo: FEAOG), sezione orientamento, degli aiuti 
concessi alle organizzazioni di produttori di ortofrutticoli per l'anno 
1984, nella parte in cui ha fissato in 700.924.832 lire il contributo per tali 
aiuti della sezione orientamento del FEAOG, mentre la Repubblica italiana 
aveva presentato domanda di rimborso per 2.935.382.400 lire. 

2. -Il regolamento del Consiglio 18 maggio 1972, n. 1035, relativo 
all'organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli (G. U. 
n. L 118, pag. 1), prevede all'art. 13 la costituzione, per iniziativa dei produttori 
di ortofrutticoli, di organizzazioni di produttori, allo scopo di 
agevolare la realizzazione degli obiettivi dell'organizzazione comune dei 
mercati. 
3. -Ai sensi dell'art. 14, n. l, di detto regolamento, �gli Stati 
membri possono accordare alle organizzazioni di produttori, nei tre anni 
successivi alla data della loro costituzione, aiuti destinati ad incoraggiarne 
la costituzione e ad agevola.me il funzionamento, purch� tali organizzazioni 
offrano una garanzia sufficiente quanto alla durata ed efficacia 
della loro azione �. L'art. 36, n. 2, del medesimo regolamento dispone 
che � gli aiuti concessi dagli Stati membri conformemente all'art. 14, 
n. 1, sono rimborsati dal FEAOG, sezione orientamento, fino a concorrenza 
del 50 % del loro importo �. Le decisioni sulle domande di rimborso 
sono prese dalla Commissione previa consultazione del Comitato 
del Fondo. 
4. -Avendo constatato ritardi nel rispetto di detto termine triennale, 
con documento 13 dicembre 1977 la Commissione ha ricordato agli 
Stati membri che, ai fini del rimborso da parte del FEAOG, la domanda 
di aiuti, la concessione nonch� il versamento di questi da parte dello 
Stato membro dovevano intervenire nel corso dei tre anni che seguono 
la costituzione di un'organizzazione, per salvaguardare la loro finalit� di 
aiuti di avviamento. Tuttavia, onde tener conto delle difficolt� incontrate, 
segnatamente dall'Italia, per l'osservanza di detto termine, con nota 
30 luglio 1980 la Commissione ha accettato di considerare come dies a 
quo la data di riconoscimento dell'organizzazione dei produttori, precisando 
che a partire dal 1981 i rimborsi sarebbero stati ammessi solo a 
condizione che nel corso dei tre anni successivi alla data di costituzione 
dell'organizzazione avessero avuto luogo la concessione e il pagamento 

140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO 

ldegli aiuti per i primi due anni di funzionamento e che la concessione e ;


il pagamento di questi per il terzo anno di funzionamento fossero avveI 


f. 
nuti entro e non oltre il quarto anno dalla data di costituzione. 

J 

i

5. -Avendo versato nel 1984 un importo di 5.870.764.800 lire a titolo t
!

di aiuti ex art. 14, n. 1, la Repubblica italiana ha chiesto alla Commis1 
sione, il 12 dicembre 1985, il rimborso del 50 % di detto importo. Con la 1 
decisione impugnata la Commissione ha accettato di porre a carico del 
FEAOG solo l'importo di 700.924.892 lire, avendo constatato l'inosservanza 

I 
da parte delle autorit� italiane dei termini indicati nella nota 30 luglio I 
1980, in 27 su 32 casi di aiuti versati. I 

6. -Prima della decisione controversa, la Commissione aveva confermato 
la propria posizione al Governo italiano, con note in data 20 marzo 
e 17 luglio 1987, e cio� che i termini indicati nella nota 30 luglio 1980, 
I

pur non espressamente previsti dal regolamento n. 1035/72, trovavano 
fondamento nell'art. 14, n. 1, ai sensi del quale gli aiuti alle organizzazioni 1

I 

e

di produttori sono destinati ad incoraggiarne la costituzione e ad agevolarne 
il funzionamento, di guisa che un aiuto pagato dopo quattro I 


anni non potrebbe pi� costituire un aiuto di avviamento. 


7. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della controversia, 
dello svolgimento del procedimento nonch� dei mezzi e degli argoi 
t'menti delle parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi 
I

del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla com


.~ 

prensione del ragionamento della Corte. 

8. -In via principale, il Governo italiano deduce tre motivi di 
I

ricorso: 1) difetto di motivazione della decisione impugnata, 2) violazione 
e falsa applicazione degli artt. 14 e 36 del regolamento n. 1035/72 e 3) eccesso 
di potere, in cui sarebbe incorsa la Commissione esercitando, nel 

I 

�

fissare il termine di pagamento, un potere non attribuitole da alcuna 
norma del regolamento ed il cui fondamento essa ha tratto dall'errata 
interpretazione dell'art. 14, n. 1. Essendo in gran parte analoghi, il secondo 
e il terzo motivo verranno esaminati congiuntamente. 

9. -Come motivo in subordine, il Governo italiano deduce inoltre 
che, anche se validamente apposto, il termine di pagamento degli aiuti 
stabilito dalla decisione impugnata avrebbe dovuto decorrere tuttavia 
dal riconoscimento delle organizzazioni e non dalla loro costituzione. 
Sul motivo relativo al difetto di motivazione. 

10. -Il Governo italiano fa valere che la decisione impugnata, ove 
non si menziona neppure l'importo del rimborso richiesto, non � suffi. 
cientemente motivata poich� non precisa le ragioni per le quali � stato 

PARm I, SBZ. I~, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 141 

concesso un rimborso inferiore a quello reclamato. In proposito esso 

ldosi cli 

ritiene che, sebbene il penultimo ' considerando ' della decisione precisi 

ilusa la

che l'importo a carico del FEAOG � stato determinato secondo i criteri 

t:be 

Un

comunicati alle autorit� italiane con la nota della Commissione 17 luglio 

.'abilite

1987, una motivazione 'per relationem' non sarebbe sufficiente nella 

~stiva.

fattispecie. 

l>ecie 

11. -Si deve ricordare al riguardo che la Corte ha gi� affermato � 
' 
atti 
, 
(vedasi sentenza 27 gennaio 1981, Repubblica italiana c/ Commissione, 
1251/79, Racc. pag. 205 e, da ultimo, sentenza 24 marzo 1988, Regno Unito 
e/ Commissione, 247/85, non ancora pubblicata nella Raccolta) che le 
decisioni di liquidazione dei conti non esigono una motivazione dettagliata 
qualora il Governo interessato sia stato strettamente associato al 
procedimento di elaborazione della decisione e conosca quindi i motivi 
per cui la Commissione ritiene non dover imputare al FEAOG la somma 
controversa. 
12. -Nel caso di specie, va rilevato che il penultimo 'considerando' 
della decisione impugnata si 'richiama alla nota 17 luglio 1987, ove la 
Commissione ha ribadito la propria posizione sul termine di pagamento 
gi� espressa in una nota del 30 luglio 1980. Come risulta dagli atti di 
causa, detta nota conclude un fitto carteggio su tale soggetto, intercorso 
fra le parti per oltre sette anni. � pertanto pacifico che, essendo stato 
strettamente associato al procedimento di elaborazione della decisione 
impugnata, il Governo italiano � a conoscenza dei motivi per cui la 
Commissione ritiene di non dover imputare al FEAOG l'importo controverso. 
13. -Ci� considerato, il motivo relativo all'insufficienza di motivazione 
dev'essere respinto. 
Sui motivi relativi alla violazione e falsa applicazione degli artt. 14 
e 36 del regolamento n. 1035/72. 

14. -Il Governo italiano avanza al riguardo una duplice argomenta� 
zione. Innanzitutto, esso afferma che l'art. 14 non impone alcun termine 
per il pagamento dell'aiuto. Il periodo triennale ivi menzionato varrebbe 
solo come riferimento per la determinazione dell'ammontare del contri� 
buto. In secondo luogo, esso desume che, pur essendo opportuno che il 
pagamento sia effettuato il pi� rapidamente possibile per agevolare l'esi� 
stenza dell'organizzazione nella fase iniziale, ci� non significa che debba 
avvenire entro un termine di tre anni, essendo idoneo a raggiungere lo 
scopo della regolamentazione comunitaria anche un pagamento sue� 
cessivo. 
15. -La Commissione ribatte di essersi sempre fondata sulla necessit� 
di rispettare il termine triennale, non perch� si tratti di un ter

144 RASSEGNA DEll.'AVVOC:ATURA DELLO STATO 

alle varie formalit� amministrative preliminari al pagamento dell'aiuto, 
termine che costituisce in ogni caso un termine ragionevole. 

24. -Resta ancora da esaminare l'argomento del Governo italiano 
secondo il quale, anche ammettendo l'esistenza di un termine perentorio, 
taluni ritardi nel pagamento degli aiuti erano dovuti ad un'indagine� conoscitiva 
della Commissione o a successivi controlli, decisi dalle autorit� 
italiane sulla base dei risultati di detta indagine, al fine di verificare 
se le organizzazioni fossero conformi ai requisiti indicati dall'art. 14, n. 1. 
25. -L'argomento non pu� essere accolto. Per quel che riguarda 
l'indagine della Commissione che si � chiusa nel 1981, il Governo italiano 
non � stato in grado di produrre, nemmeno a seguito di un quesito 
specifico postogli dalla Corte, elementi probatori dell'esistenza di un qualsivoglia 
nesso di causalit� fra i ritardi neI pagamento degli aiuti e le 
indagini di cui sopra. Quanto alle verifiche operate dalle autorit� ita� 
liane, va ricordato che in sentenza 28 gennaio 1986 (Repubblica italiana 
c/ Commissione, 129/87, Racc. pag. 309), la Corte ha gi� affermato che 
una decisione governativa di procedere ad un formale riconoscimento di 
diritto interno delle organizzazioni interessate, da parte delle autorit� 
nazionali, mediante iscrizione delle organizzazioni riconosciute in un re 
gistro, non poteva influire sull'applicazione del diritto comunitario. Per� 
tanto, non possono essere presi in considerazione gli eventuali ritardi 
imputabili a verifiche relative alle condizioni nazionali di riconoscimento. 
26. -Ugualmente, non potrebbe essere accolto l'ultimo argomento 
avanzato dal Governo italiano, secondo il quale i ritardi nell'erogazione 
degli aiuti si spiegherebbero con le difficolt� di pagamento sopraggiunte 
a causa di indisponibilit� dei fondi. Infatti, secondo una giurisprudenza 
costante, uno Stato membro non pu� invocare norme, prassi o situazioni 
dell'ordinamento nazionale per giustificare l'inosservanza degli obblighi 
e dei termini stabiliti dal diritto comunitario. 
27. -Ne consegue che i motivi di violazione e falsa applicazione 
degli artt. 14 e 36 del regolamento n. 1035/72 debbono essere respinti. 
Sul motivo invocato in subordine. 

28. -Il Governo italiano sostiene infine che, quand'anche fosse legittimo 
il termine di pagamento degli aiuti imposto dalla decisione impugnata, 
nondimeno esso dovrebbe decorrere dalla data di riconoscimento 
delle organizzazioni e non da quella di costituzione, dato il legittimo 
affidamento che la Commissione avrebbe determinato nel Governo itaI 
li

liano con la nota 30 luglio 1980. Esso sottolinea che se la Commissione 
avesse considerato la data del riconoscimento, l'importo da rimborsare 
avrebbe dovuto essere aumentato di 158.524.000 lire. 



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

29. -Rispondendo ad un quesito deUa Corte su tale punto, la Commissione 
ha riconosciuto la fondatezza di detto motivo e con lettera 
14 giugno 1988 ha confermato che, previo esame della documentazione 
ricevuta dalle autorit� italiane, era pronta a �versare la somma di 
158524.650 lire. 
30. -Ci� considerato, e avuto riguardo al legittimo affidamento 
ragionevolmente invocabile dal Governo italiano a seguito della posizione 
assunta dalla Commissione nella nota 30 luglio 1980, il motivo dedotto 
in subordine deve essere accolto. 
31. -Risulta da quanto precede che la decisione impugnata va 
annullata nella parte in cui non ha posto a carico del FEAOG, sezione 
orientamento, l'importo di 158.524.650 lire a titolo di aiuti concessi alle 
organizzazioni di produttori di ortofrutticoli. (omissis) 

��,

.. 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI 
DI GIURISDIZIONE 


I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 marzo 1988, n. 2578 -Pres. Bran:' 
caccio -Rel. Pontrandolfii -P. M. Caristo (conf.). -Colantuono (avv. 
Fiore) c. Ente F. S. (avv. Stato Stipo). 

Trasporti pubblici -Ferrovie -Controversie relative a rapporto di lavoro 
in corso di formazione -Giurisdizione del giudice ordinario. 

Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie relative 
a un rapporto di lavoro in corso di formazione alla data di entrata 
in vigore della legge 17 maggio 1985, n. 210 istitutiva dell'Ente Ferrovie 
dello Stato (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 dicembre 1988, n. 6908 -Pres. 
Zucconi Galli Fonseca -Rel. Pontrandolfi -P.G. Caristo (conf.) -Ente 
Ferrovie Stato (avv. Stato Stipo) c. Pelagatti (avv. Cossu). 

Trasporti pubblici -Ferrovie -Controversie di lavoro -Provvedimento 
emanato nei riguardi del dipendente per esigenze di servizio e 
tutela di interessi generali -Giurisdizione del giudice ordinario. 

Con l'entrata in vigore della lf!gge 17 maggio 1985 n. 210 sussiste la 
giurisdizione ordinaria per tutte le controversie concernenti rapporti di 
impiego dei ferrovieri ancora a quella data in atto; la circostanza che 
determinati comportamenti di un ente pubblico economico, nell'ambito 

(1-2) Le Sezioni Unite, con le sentenze in rassegna, danno per scontata la 
natura di ente. pubblico economico dell'Ente Ferrovie dello Stato ed applicano 
la giurisprudenza intervenuta riguardo tali enti. 

Considerato che in dottrina � controverso che la legge 17 maggio 1985 n. 210 
istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, abbia voluto creare un ente pubblico 
economico, sarebbe stato opportuno che le Sezioni Unite affrontassero ex professo 
il problema e motivassero il proprio orientamento. 

La natura di ente pubblico non economico � sostenuta da SPAGNUOLO VIGORITA 
(in Rass. Giur. ENEL 1986, V, 1), mentre invece la natura di ente pubblico ecof 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 147 

della gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti siano caratterizzati 
da meccanismi decisionali con margine di discrezionalit� non 
osta a che il .giudice ordinario sia competente a sindacare la legittimit� 
di tali .atti e comportamenti, giacch� le particolari esigenze del servizio 
e di tutela dell'interesse generale non riguardano affatto il problema della 
giurisdizione, ma toccano l'individuazione concreta della norma da applicare 
alla fattispecie (2). 

I 

(omissis) La questione della giurisdizione va, per� riconsiderata nella 
fattispecie alla luce della L. 17 maggio 1985, n. 210, istitutiva dell'Ente 
Ferrovie dello Stato, Ente, che ha, a norma del 2� comma dell'art. 1, 
� personalit� giuridica ed autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria, 
ai sensi dell'art. 2093, 2� comma, e.e. � (in tema di imprese � esercitate 
da enti pubblici) e che, a norma del 3� comma dello stesso articolo, 
� succede in tutti i rapporti attivi e passivi -beni, partecipazioni, gestioni 
speciali -gi� di pertinenza dell'Azienda Autonoma delle Ferrovie 
dello Stato �, 

Tale legge, costituente � ius superveruiens � di immediata applicazione 
anche in tema di competenza giurisdizionale, stabilisce, all'art. 23, 

nomico � sostenuta da PEYRON, Il rapporto di lavoro del personale dell'ente Ferrovie 
dello Stato, in Foro It. 1986, V, 157; ALBENZIO, La natura del nuovo 
Ente Ferrovie dello Stato, ivi, 164; FUSARO, Il nuovo Ente Ferrovie dello Stato e 
l'applicazione del principio della proporzionale etnica, in Cons. Stato 1986, II, 153. 

La Corte dei conti ha ritenuto la propria giurisdizione in punto di responsabilit� 
amministrativa dei dipendenti dell'Ente (C. Conti 27 novembre 1987 n. 534). 

Nessun accenno viene poi fatto alla sentenza delle stesse Sezioni Unite 
2 novembre 1979 n. 5688, in Giust. Civ. 1980, I, 357, che, giudicando in materia 
di giurisdizione riguardo il personale degli enti pubblici economici, avevano posto 
in ev.idenza la particolarit� del servizio di trasporto pubblico sia in ordine ai 
poteri disciplinari ed in genere a tutti quelli connessi all'esercizio. 

Non sembra sia possibile giudicare in ordine alle mansioni relative all'esercizio 
ferroviario alla stregua delle regole generali della correttezza e buona fede 
fissate dagli artt. 1175 e 1375 cod. civ., in quanto adibire un ferroviere ad una 
mansione piuttosto che ad altra obbedisce a superiori interessi di ordine generale 
relativi alla sicurezza ed incolumit�, di fronte ai quali debbono cedere 
gli interessi individuali e patrimoniali privati. 

Quando l'Ente ferroviario giudica sull'assunzione di un ferroviere ha di 
mira l'interesse pubblico alla sicurezza e regolarit� del servizio di pubblico 
trasporto e non gi� l'interesse imprenditoriale. 

Tanto � vero che l'art. 14 della citata legge n. 210/1985 sottrae alla contrattazione 
collettiva � le modalit� di reclutamento del personale stabile che deve 
sempre avvenire mediante� procedure concorsuali pubbliche consistenti in una 
valutazione obiettiva del merito dei candidati accertato con prove selettive o 
anche per mezzo di corsi selettivi di reclutamento e formazione a contenuto 



148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che �le conrt:rm.'.ersie di lavoro relative al personale dipendente dall'Ente 
Ferrnvie dello Stato sono dJi competenza del pretore del luogo ove ha 
sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il 
giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie �, 

Trattasi, quindi, cLi attribuzione della giurisdizione .al giiudice ordinario 
per le controversie 'di �lavoro, giudice che � individuato (in primo 
grado) nel pretove competente secondo il foro erariale. /' 

Ci� � conseguenza della privatizzazione del rapporto di lavoro del 
personale ferroviario, attuata dall'art. 21 de11a legge, che stabilisce che 
� hl rapporto di lavoro del personale dipendente dall'Ente FerrovJe dello 
Stato � regolato su base contrattuale coll!ettiva ed individuale �. 

In mancamJa di apposite norme di diritto transitorio, devesi ritenere 
che, per le controvers~e relative a rapporti dJi lavoro sorti in origine 
con l'Azienda Autonoma e ancora in corso di svolgimento alla data di 
entrata in vigove della legge n. 210/1985, o relative a rapporti in formazione 
con la stessa Azienda e non ancora definiti alla stessa data 
(come nella fattispecie), o relative a irapporti di lavoro la cui cessazione 
costituisca materia del contendere per la pretesa del lavoratore, nei 
confronti dell'Ente Ferrovie dello Stato, di ottenerne il ripristino per 
la dedotta illegittimit� dell'atto es.tintivo, sussista la giurisdizione del 
giudice OI'dinario e che permanga, invece, la giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo per le controversie re1ative a rapporti di lavoro 

tecnico pratico, intesi a conferire il grado di professionalit� necessario alla qualifica 
cui si riferiscono ,., nonch� " i criteri e le modalit� per l'accertamento ed 
il controllo dell'idoneit� fisica e psicoattitudinale dei candidati all'assunzione e 
dei ferrovieri in servi:llio, da parte del servizio sanitario aziendale�, ed ancora 
il successivo art. 24 ribadisce che "il servizio sanitario, gi� appartenente alla 
Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, continua ad esercitare il controllo 
sul personale e sull'ambiente �di lavoro conformemente al disposto dell'art. 6 
della legge 23 dicembre 1978 n. 833 �. 

Ora, nelle materie sottratte alla contrattazione collettiva (ci� vale principalmente 
per quanto riguarda la prima delle due sentenze !in rassegna), si pone 
il problema se i giudizi e le valutazioni degli organi dell'Ente (ma il servizio 
sanitario tale non pu� pi� ritenersi in quanto il citato art. 24 intende sistemarlo 
nell'ambito del Ministero dei Trasporti) siano sindacabili da parte del giudice 
ordinario. 

Qualora si discuta della violazione di una norma di legge (ripetesi, si � in 

tema di materie sottratte alla contrattazione collettiva), nessun dubbio pu� sus


sistere in merito al sindacato del giudice ordinario. 

Ma se viene contestata la valutazione discrezionale in ordine alle capacit�, 

attitudine ad espletare un determinato servizio, il sindacato non pu� che ri� 

guardare un vizio di eccesso di potere, ma non sembra ipotizzabile che il giu


dice si sostituisca all'Amministrazione nella scelta di merito. 

E poich� di fronte all'atto viziato da eccesso di potere, la posizione del 

privato � di interesse legittimo, la tutela non pu� che spettare al giudice am


ministrativo. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB 149 

con la soppressa Azienda Autonoma gi� cessati alla data di entrata in 
vigore de11a nuova legge (conccwdano in questo senso queste Sezioni 
Unite e il Consiglio di Stato: Cass. civ., Sez. Un., 234-1987, n. 3945; Cons. 
Stato, Sez. VI, 29-11-1985, n. 628, in Foro Amm., 1985, 2256; Cons. Stato, 
Sez. VI, 5-12-1985, n. 645, in Foro H., 1986, III, 285; Cons. Stato, Sez. VI, 
5-3-1986, n. 239, in Foro It., 1986, �III, 331). 

Ne1la specie, si verte in un rapporto di lavoro in corso di forma:
llione. Infatti, in esito alla graduatoria di concorso indetto dalla cessata 
Azienda Autonoma per l'assunzione di incaricati a11'espletamento dei 
servizi di custodia e di vigilanza di passaggi a livello, il Colantuono 
venne assegnato in vii:a provvisoria al servdzio per un periodo di tirocinio, 
in attesa dei debiti accertamenti e della stirpulazione della convenzione, 
ma poi il provvedimento di utitizZJazione provviisoria venne annullato 
con atto de1l'Amminist11azione confiermato, su ricorso gerarchico 
del Co1amtuono, dal Mirastero dei Trasporti. Suocessivamente, !iJ. provwcLimento 
di annullamento, impugnato dal Colantuono davanti al TAR, 
venne sospeso in via cautelativa, onde il rapporto si � fiinora protratto 
nella configurazione di utilizzazione pro'V'Visoria (v. per un analogo caso 
di sopravvenuto diretto di giurisdizione del giudice amministrativo in 
ordine al rico11so proposto dal vincitore di un concorso a posti di capostazione 
indetto dal Ministro dei T.rasporti, dichiarato fiisicamente inidoneo 
dal servi2lio sanitario delle Ferrovie dello Stato, contro hl provvedimento 
di decadenza dalla nomina in prmna: Cons. Stato, Sez. VI 
5-3-1986, n. 240, in Foro It., 1986, III, 331). 

Per le consi1derazion[ che precedono, va dichiarata, la giur~sdizione 
del giudice 011dinario. (omissis). 

II 

(omissis) La pronuncia di queste Sezioni unite� va limitata alla censura 
concernente la giurisdizione contenuta nel primo motivo di ricorso 
e per la quale la causa � stata ad esse assegnata, avendo il pubblico 
ministero d'~ruenZJa espressamente richiesto l'applicazione dell'art. 142 
delle disposi:llioni di at�tuazione del c.p.c. 

Con il detto motivo, denunciando violazione ru norme di legge (art. 103 
Cost.; a:ritt. 2, 3, 4 e 5 della L. 20 marzo 1865,�n. 2248, All. E; artt. l, 2, 14, 
21, 22 e 23 della L. 17-5-1985, n. 210) nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione, il tutto rin I1elazione all'art. 360, pp., nn. l, 3 e 5 
c.p.c., l'Ente mco:nrente sostiene che con la citata legge n. 210 del 1985 
esso � stato istituito con � rpe11sonalit� giuridica ed autonomfa patrimomale, 
contabile e finanziaria, ad sensi de1l'art. 2093, 2� comma, del codice 
civile� e gli � stato affidato l'es�ei:iciZJio di un pubbLico servii.zio di 
primaria importanza, per cui, nella disciplina del rapporto di lavoro con 


150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i dipendenti, non pu� xiavviisarsi U1I1a sitUMione di omogeneit� con la disciplina 
applicabile ai dipendenti degli enti pubblici economici, in quanto 
il settore dei trasporti pubblici comporta particolari fol1Jlle di ingerenza 
di carattere amministrativo nel funzionamento delle aziende. 

Ci� impone -secondo il ricorrente -che l'assegnazione dei compiti 
di lavoro non possa prescindere dall'attivit� che la legge ha riservato 
.all'ente quale pubblica a.mministraz.ione� cui non pu� sostiturirsi il 
giudice. A fronte di questa attivit�, che si concretizza in atti aimmini� 
stxiativi diretti unicamente aiJ. filne di realizzare initeressi di carattere ge. 
nerale, �sono configurabili non diritti soggettivi (nella specie, il diritto 
del ferroviere alla sede o ad un wfficio della stessa sede), ma soltanto 
interessi legittimi, devoluti a:11a giurisdizione del giudice ammin.istrativ;
o, essendo Limitarta alJe controvoosie relative a diritti soggettivi la 
giurisdizione del giudice ordinario prevista dall'art. 23 della legge n. 210 
del 1985 per le controversiie relative al :mpportO dli lavoro dei d:iipendenti 
de1l'Ente Fe11rov.ie dello Stato. 

I 

Secondo il ricoI1l'ente, la tutela in materia di trasferimento e di assegnazi0111i 
de11e mansioni al pe11sonale ferroviari.o rientrerebbe nella giunisdizione 
del giudice amrnl�il!istmti.vo pur dopo l'entrata in vii.gore della 
legge n. 210 del 1985 -il oui art. 23 attri.buisce la competenza per 1e 
controversie di lavoro relative al personale dipendente del nuovo Ente 
Ferrovie dello Stato a:l. pretore del lavoro e, quindi, implicitamente attribudsce 
la giw:�:sdizione al giudice 011diinario -poich�, atteso il filne pubblicistico 
che contraddistingue l'attivit� procedimentale �e valutativa dell'ente 
pubblico, non � confilgurabille in capo al ferroviere Ulil diiritto soggettivo 
alla sede o a11'.ufficio, ma un semipliice interesse legittimo a:1la 
regolm;it� dell'� iter � ammi:nistrativo prevd:srto, tute1abhle, come tale, 
solamente dav:anti al giudice amministratiivo. 

Il motiv:o � infondato, dovendo, invece, essere diichiarata l� giurisdizione 
dell'adito giudice 011dinario. 

Queste Sezioni Unite haruno gi� affermato hl pmncipio secondo cui 
l'istituziione del nuovo Ente � Fel1rov.ie delJ.o Stato � e 1a sua successione 
nei rapporti attivi e passivi che facev:ano capo all' Aziienda Autonoma 
deve intendersi compiuta al momento della entrata in vigore della legge 

n. 210 del 1985 (cio� a:l 14 giugno 1985) e, pertanto, sussiste la giurisdiZlione 
ordinaI1ia per tiutte 1e controversie COIJJCemien.ti xiapportii di impiego 
ancora a quella data in atto, mentre permane la giurisdiziione amministrativa 
per i rapporti anteriormente cessati (Cass. oiv., S.U., 23-4-1987, 
n. 3945). 
Ed anche la Corte Costituzionale ha testualmente ritenuto, nella 
sentenza 3/13/7 /1987, n. 268, che �il nuovo Ente ag~sce a tHoJo impcrenditoI1iale 
... sulla base Cparitetica), nel rapporto di lavoro, della contrattazione
�; onde �all'area di cui trattasi, I1�mane ... estranea ... ogni connota2lione 
autoritativamente discrezionale � e � si � in presenza, adunque, 


PARTE I, SEZ, III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GI~ISDIZIONE 

di vi'Cenda avvinta a comportamenti obbligatori per le pairti e perci� 
ricadenti per 1a loro esaustiva tutela reaile, priva cli presunti coni d'ombra, 
nella competenza del giudice ordinario, abilitato a conosoorne integralmente 
�. 

Peraltro, anche a volersi 11itenere, itn viia di ipotesi -(iil che andr� 
verificato in punto di diritto dopo essersi. risolto il problema della 
giurisdizione) ohe 1a normafliv;a contenuta ne1:1a legge n. 210 del 1985 non 
abbia abrogato per incompatibfilit� la normativa speciale precedelite, la 
situazione in punto di giurisdizione non muta. La o�lOOOstanza, infatti, 
ohe determinati comportamenti di ll.lil ente pubblico economico, nell'ambito 
dehla gestione del rapporto di lavoro oon i propri dipendenti, siano 
caratterizzati da meccanismi decisionali con mavgiiDI� di discrezionalit�, 
non osta a che il giuidioe ordinario, OU!� S01110 devo�Lute le controveiisie 
inerenti a quel :riapporto di lavoro, sia competente a sindacare 
la legittimit� di tali atti .e comportamenti, sia in relazione alle regole 
generali della correttez~a e dehla buona fede fissate daill'art. 1175 e dall'art. 
1375 CJC., sia itn rclazione ai! rispetto deJJe prescrizioni formali e 
sostanziali dettate dalla fogge o dalla contrattazione collettiva', atteso 
che i medesimi configurano espressione non di un ;potere amministrativo, 
in collegamento con la difesa di superiori iinteressi di ordine generale, 
ma di un poti�re privatistico, del tutto analogo a quieihlo spettante a 
qualsiasi altro imprenditore nel settore privato (Cass. civ., S.U., 2/11/1979, 

n. 5688; idem, 5/11/1985, n. 5387), e, comunque, la pTetiesa del dipendente 
nei confronti deM'ente pubblico economico datore di lavoro, cliretta alla 
tutela della propria posi2lione di lavoro, non investe, ilil via generale, i 
poteri discrezionali di autorgaDI�zzazione spettlatnti ai! datore di lavoro, 
ma solo le posizioni di diiritto soggettivo, ed i correlativi obblighi, inerenti 
al singolo rapporto (Cass. civ., S.U., 4/1/1980, n. 1). 
In definitiva, 1a sfera deLla ctiisorezionaLit� pu� riguardare l'attivit� 
generale ed organizzativa dellil'ente pubblico economiico, ma non la gestione 
del sililgolo rapporto di lavoro. E, neihla specie, la questione di 
giucisdiZJione viene ad essere posta in modo su:rirettdzio giacch� 1e particolari 
esigen:zJe del servizio e di tutela deJJ'runteresse generale non ri~ 
gua11dano aff�atto hl problema de11a giurisdizione, ma toocruno l'inclividuazione 
concreta della norma da appil!icare aihla fattispecie. 

Anche se si affeI1masse che l'art. 2103 e.e. non � applicabile al caso 
concreto, sa11ebbe PUtl' sempre il giudice 01rdi1Ilarrio a dovet�o affermare. 

Il motivo attinente aHa giurisdizione va, pertanto, rigettato e va 
dichiarata la giurisdizione� del giudice ordmairio a conoscere della controversia. 


Gli atti vanno rimessi al P.rimo Presidente per l'assegnazione del 
ricorso in oodine agli altri moflivi, ai sensi dell'art. 376, 1� comma, e dell'art. 
3742 2� comma, c.p.c. 


152 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 22 aprile 1988 n. 3134 -Pres. Granata . 
Rel. Panzarani -P.M. Paolucci -Istituti di Previdenza (Avv. Stato 
Stipo) c. Nigri. 

Giurisdizione civile -Pensioni -Domanda diretta ad ottenere il trattamento 
pensionistico C.P .D.E.L. anche attraverso ricongiunzione e riunificazione 
di precedente posizione I.N.P.S. -Giurisdizione esclusiva della 
Corte dei Conti. 

Giurisdizione civile -Pensioni -Competenza dell'A.G.O. nelle controversie 
in cui l'interessato abbia domandato il trattamento pensionistico 

I.N.P.S. incrementato dal periodo di iscrizione alla C.P.D.E.L.. 
Sussiste la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in ordine 
alle domande dirette ad ottenere il trattamento pensionistico dovuto 
dalla Cassa di Previdenza per i Dipendenti degli Enti Locali, anche quando 
l'interessato abbia chiesto, a tal fine, il ricongiungimento e la riunificazione 
della sua precedente posizione assicurativa presso l'Istituto 
Nazionale della Previdenza Sociale (1). 

Rientra nella giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria la 
controversia nella quale l'interessato non abbia domandato il trattamento 
pensionistico della Cassa di Previdenza per i Dipendenti degli Enti 
Locali ma quello dell'l.N.P.S., ancorch� incrementato dal periodo relativo 
alla posizione assicurativa gi� costituita presso quella Cassa (2). 

(omissis) Con il pdmo motivo del ricorso sono addebitate alla sentenza 
impugnata violazione e falsa applicazione dell'art. 60 del r.d. 3 
maxzo 1938 n. 680 in reilazione all'art. 442 cod. prnc. civ. nel testo di cui 
aill'art. 1 della legge n. 533 deil 1973 e, inoUre, omessa o quanto meno in� 
sufficiente motivamone su pUillto decisivo della controv~sia. 

(1-2) La sentenza in Rassegna afferma che l'azione proposta contro la Cassa 
cli Previdenza affinch� provveda ai necessari adempimenti relativi alla posizione 
assicurativa gi� costituita presso la Cassa medesima, presenta un �petitum� 
nettamente diverso rispetto a quello dell'azione prevista dall'art. 60 del r.dl. 

n. 
680 del 1938. 
Tale art. 60 prevede infatti il ricorso alla Corte dei Conti avverso il dec11eto 
concessivo o negativo della pensione o dell'indennit� una tantum. 
Ma nel giudizio di cui alla sentenza in Rassegna, il �petitum� non era la 
domanda del trattamento cli pensione I.N.P.S. perch�, in tal caso, l'azione andava 
rivolta contro l'I.N.P.S. e non contro la C.P.D.EL. 

Nemmeno la vertenza richiedeva l'accertamento incidenter tantum della 
posizione assicurativa presso la C.P.D.E.L., in quanto il trattamento di quiescenza 
presso detta Cassa era gi� intervenuto, sia pure attraverso la forma dell'indennit� 
una tantum e non della pensione. 

L'azione era perci� sostanzialmente diretta contro iJ. provvedimento C.P.D.E.L. 
che aveva deliberato il trattamento della indennit� una tantum e se ne chiedeva 
la modifica con il conseguente versamento dei contributi all'I.N.P.S. 



PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 153 

Con riferimento all'eccezione di difetto di giurisdizione, dleva l'Av� 
vocatura generale che -avendo l'attrice chiesto di poter benef\iciare 
presso l'I.N.P .S. della posizione assicurativa posta a carico della C.P .D.E.L., 
la controve11sia rientiraw ne1la cognizione della Corte dei conti e ci� in 
base all'art. 60 del r.d. 3 marzo 1938 n. 680. Deduce al rigua11do che la 
portata del!la norma di cui ahl'iart. '442 cod. proc. civ. va intesa nel senso 
che essa ha compreso nietLJ.'ambito della girurisdizione oocli.J:liari:a le con� 
troversie in matooia di previdemJa e aissiisteruia obbligatoria cli , tutti i 
lavoratori privati � ancorch� non .concernenti i rapporti di cui all'art. 409 
dello stesso coclioe di ruto e non gi� che abbi!a modifioato i criteri ge:
nieraili sulla rupairtizione della ~urisdizione ed abbia devoluto al giudice 
del lavoro tutte le controversie previdenziali e assistenziali pur inerenti 
a rapporti di pubblico impiego per i quali resta pertanto ferma la 
giurisdizione della Corte di conti. 

Id suddetto motivo -che ha giustificato la remissione della causa 
a queste Sezioni unite -� privo di fondamento. Al riguaroo � sufficiente 
rilevare che, se � esatto che la disdplina de11'~t. 442 cod. proc. civ. (e del 
successivo art. 444) sub art. 1 della legge 11 agosto 1973 n. 533 non ha 
afl�atto soppresso le speoifiche forme di competenza giurisdizionale prev~
ste in ordine a determinati ,rapporti di natura previdenziale, tuttavia 
le disposizioni che i!n siffatta materia devolvono la giurisdizione a 
giudici diversi da que11o ordinario non possono essere applicate al di 
l� dei casi da esse espressamente (ed eccezionalmente) regoJati. 

Orbene, oon riguardo alle contiroversie con la Cassa di prev�idenza 
per i dipendenti degli enti locali, va osse:rvato che l'art. 60 (comma 1) 
del r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 prevede il ricorso alla Corte dei conti (da 
parte del privato i!nteressato) contro i provvedimenti di cui al quinto 
comma dell'a11t. 59 e cio� quelli aventi ad oggetto la decisione sulle 
istanze mv�olte al conseguimento della pensione (o dell'lindennit�) amministrata 
dalla suddetta Cassa ~cfJ:". in materfa, p. es. la sentenza di 
queste Sezioni unite 10 gennaio 1984 n. 167): siffatta giurisdizione della 
Corte dei conti suss1iste pertanto esclusivamente in ordine alle domande 
dirette ad ottenere il trattamento pensionistico dovuto dalla Cassa e 
p:erci� anche quando l'interessato abbia chiesto a tal fine il ricongiungimento 
e la riunificazione della sua precedente posizione assicurativa 
presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale, dato invero che in 
tale ipotesi la causa non investe diirettamente il rapporto assicurativo 
con tale Istituto e i diritti ad esso relativi, ma tende all'individuazione 
ed alla qualificazione di diritti afferenti pur sempre al suddetto trattamento 
pensionistico del1a Cassa (cfr. la sentenza Sez. un. 5 marzo 1985 

n. 1824). 
Diametralmente opposta � invece l'ipotesi in cui -come nella pre� 
sente controversia -l'interessato non abbfa affatto domandato il trat� 
tamento pensionistico della Cassa di previdenza, bens� quello dell'I.N.P.S. 


154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

ancorch� incrementato in relazione alla ~osizione assicurativa gi� costi~ 
tuita presso la Cassa medesima. L'azione proposta CO!llrtro quest'UJ1tima, 
affi111ch� provveda ai necessari adempimenti al rigua11do, presenta per� 


I 

ci� un � petitum � nettamente diver�so rispetto a quello dell'azione pre� 1 
vista dal richiamato art. 60 del r.d. n. 680 del 1938, ed invero l'accertamento 
de11a posizione assicurativa costituita presso la Cassa � solo strumentale 
ai fini della determinazione del trattamento pensdonistdco globale 
dovuto esclusivamente dall'l.N.P.S., talch� la relativa controversia 


I 

non pu� sfuggire alla generale previsione degli artt. 442 e 443 cod. proc. 

I

civ. in virt� del principio secondo cui (tranne specifiche eoceZJioni) la 
giurisdizione in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie arppar� 
tiene all'Au1lol1�t� giuchiziaria oooinaria e 1a competenza � � -ratione mal


teriae � del giudice del lavoro. (omissis) 

I

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 maggio 1988, n. 3423 -Pres. Sandul� i 
li -Rel. Caturani -P. G. Paolucci (diff.) -Drusian (avv. Izzo) c. Min. i 
Finanze (avv. Stato Stipo). 

I

i

Giurisdizione civile . Riscatto del periodo corrispondente alla durata 

~ 

legale degli studi universitari � Giurisdizione del giudice del rapporto 
di lavoro. ! 


~ 

Qualora venga impugnato un atto amministrativo �che, in costanza 
del rapporto di pubblico impiego, provvede circa il riscatto del periodo 
di tempo corrispondente alla durata legale degli studi universitari che 
hanno preceduto l'ammissione in servizio, ai fini del futuro trattamento 
di quiescenza, la controversia spetta al giudice del rapporto del 

I 

lavoro (1). ~ 

(omissis) 1. H ricorso � ammissibile in rito, investendo i limiti es,terni 
della giurisdizione della Corte dei conti in quanto si assume che la 
controversia sottoposta al suo esame appartiene ad una diversa giurisdizione, 
sfuggendo ,aJi suoi poteri di cognizione e di decisione (art. 111, 
comma 3, della Costituzione). 

(1) In materia di riscatto di servizi pregressi ai fini del trattamento di 
quiescenza corrisposto dagli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro 
(Cassa Pensioni Dipendenti Enti locali -Cassa Sanitari) le Sezioni Unite 
della Cassazione hanno affermato la giurisdizione della Corte dei conti con� 
sentenza 20 gennaio 1987 n. 467. 
Esistono infatti al riguardo espresse disposizioni normative (art. 71 r.d.l. 
3 marzo 1938 n. 680, sull'ordinamento della Cassa Pensioni Dipendenti Enti Lo



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

155 

2. Con unico motivo, il �ricorrente sostiene che ila decisione impugnata 
� viziata da difetto assoluto di giurisdizlione perch� la Corte dei 
conti ha statuito su cli una causa pregiudiziale sulla quale avrebbe dovuto 
invece pronunciarsi ,un divevso 011gaino giurisdizionaile. 
Si afferma, infatti, ohe fa domanda di riscatto della dUJ.1ata legale 
degli studi unive!lsitari compm".ta, nel 1caso in esame, Ja riisoluzione della 
controversia relativa alla qualificazione .giuridica degli studi compiuti 
in epoche diverse, onde non si � M1 presenza di 'Ll!lla mera questione pregiudiziaile 
risolvibile incidenter tantum daMa Corte dei coillti, ma di antecedente 
logico che deve formare oggetto di un giudizio autonomo rientrante 
nella giur~sdizione di ailtiro giudice. 

3. Il ricorso � fondato in base alle seguenti considerazioni. 
La giurisprudenza delle Sezioni unite � d'erma nel ritenere che la 
giurisdizione della Corte dei conti richiede che la controversia investa 
un provvedimento di ri.Conosoimento o di diniego della penSlione, ai 
sensi dell'art. 62 del r.d. 12 ~uglio 1934, n. 1214, secondo oui contro i provvedimenti 
def.iinitivi di liquidazione di pensione a carico totale o parziale 
dello Stato � ammesso ricorso alla competente Sezione della Corte 
(cfr. per tutte la sentenza n. 1865 del 1981). 

Ove quindi, come �S� verifica nella fattispecie, non venga impugnato 
un siffatto provvedimento, ma un atto amministrativo che, in costanza 
del rapporto di pubblico �mpiego, provveda circa fil riscatto del periodo 
di tempo corrispondente alla dumta [egale degli studi unive11sitari che 
hanno preceduto l'ammissione in servizio, ai fdni del futuro trattamento 
dii quiescenza, la controversia spetta al giudice del .rapporto di lavoro, 
poich� la pretesa fatta valere in giudizio dal dipendente nel corso del 
mpporto di pubblico impiego, attiene a1la durata del rapporto ,di ser


cali -art. 65 legge 6 luglio 1939, n. 1035 sull'ordinamento della Cassa di Previdenza 
per le pensioni dei sanitari). 

Coerenza d'impostazione indurrebbe a ritenere, in conformit� alle conclusioni 
del P. G., nella vertenza di cui alla sentenza in Rassegna, che anche ai fini 
del trattamento di quiescenza degli statali le controversie in materia di riscatto 
siano di competenza della Corte dei conti, in assenza di una norma espressa per 
le domande proposte in costanza di servizio (dopo il provvedimento di quiescenza 
la giurisdizione della Cort� dei conti � prevista. dall'art. 62, u.c., t.u. 12 
luglio 1934, sull'ordinamento della Corte dei conti). 

Per la giurisdizione della Corte dei conti si � espresso il Consiglio di Stato 
con le decisioni della sez. IV 19 dicembre 1987 n. 782 (pubblicata in questo stesso 
fascicolo); 8 febbraio 1972 n. 61; 6 giugno 1972 n. 489 e della sez. VI 18 marzo 
1980 n. 358 (in Foro amm. 1980, I, 429) nonch� con parere sez. Il, 1� marzo 1977 

n. 462 (in Cons. Stato 1978, I, 1370). 
Anche per il riscatto dovrebbero valere le stesse considerazioni che le Sezioni 
Unite hanno formulato in materia di ricongiunzione di servizi (v. Cass. 
18 febbraio 1989 n. 956, Cass. 13 giugno 1989 n. 2847, Cass. 22 aprile 1988, n. 3134, 
:in questo stesso fascicolo. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO

156 

vizio anche se ai soli effetti pensionistici ed !incide immediatamente sul 
corrispettivo doVTUto dal prestatore di lavoro attraverso fa richiesta dei 
contributi ed id meccanismo delle ritenute. 

Quanto precede trova testuale conferma nehl'art. 62 cit. !�.l cui ultimo 
oomma statuisce che in materia di riscatto di servizi -ma il principio 
per identit� di ratio � ovviamente estensibile al !!'~scatto dei periodi di 
studi superiori ex art. 13 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092 -il ricorso 
alla Corte dei conti � ammesso soltanto contro il decreto concernente 
la liquidazione del trattamento di quiescenza. Il che � perfettamente in 
linea 'con un indirizzo ormai costante seguito dalle Sezioni unite nel 
senso che fa .giurisdizione defila Corte dei conti non si estende a sindacare 
la legittimit� di atti amministrativi rilevanti per l'an o il quantum 
della pensione, ma direttamente attinenti al rapporto dli impiego (sent. 
7293/83; 6084/82). 

4. In definitiva, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente 
cassazione della decisione impugnata, dichiarandosi la giurisdizione del 
giudice amministrativo a conoscere deHa controversia oggetto del presente 
giudizio (omissis). 
PRETURA DI MILANO, Sez. lavoro, 16 giugno 1988, n. 1442 -BonavitacolaBarbato 
c. Opera di Previdenza e Assistenza ai Ferrovieri dello Stato. 

Giurisdizione civile � Controversie in materia di buonuscita ai dipendenti 
dell'Ente Ferrovie dello Stato � Giurisdizione amministrativa. 

Il rapporto che si instaura tra l'O.P.A.F.S. ed il dipendente dell'Ente 
Ferrovie dello Stato ha natura pubblicistica; pertanto sussiste la giurisdizione 
del giudice amministrativo sulle controversie in materia di buonuscita 
(1). 

(1) La legge 17 maggio 1985, n. 210, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, 
ha creato vari problemi nella giurisdizione, stante l'art. 23 che attribuisce al 
Pretore la giurisdizione in materia di controversie di lavoro. 
Mentre il rapporto di lavoro che lega il ferroviere e l'Ente Ferrovie dello 

Stato ha natura privatistica, altrettanto non pu� dirsi per il rapporto previ


denziale sorto in virt� della legge 14 dicembre 1973, n. 829, istitutiva dell'Opera 

di Previdenza e di Assistenza per i Ferrovieri dello Stato. 

Stante la natura pubblica del rapporto previdenziale l'art. 44 della citata 
legge n. 829/1973 ha inteso attribuire alla Corte dei Conti la giurisdizione nelle 
controversie in materia di buonuscita. 

Non � isolato il caso che, mentre il rapporto di lavoro ha natura privata, 
il rapporto previdenziale ha natura pubblica ed in virt� di espresse norme 
sulla giurisdizione, questa spetta per le controversie previdenziali a giudice 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 157 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 12 novembre 1988, n. 6131, Ministero 
del lavoro e della previdenza sociale e Ministero del tesoro (vice 
Avv. Gen. Stato Matafoni) c. Cassa di previdenza ed assistenza ingegneri 
ed architetti (avv. Angelini). 

Previdenza -Istituti di patronato -Finanziamento -Aliquota di prele


vamento sul gettito dei contributi -Decreto di determinazione 


Natura -Atto di normazione secondaria -Esclusione. 

Previdenza -Istituti di patronato -Finanziamento -Aliquota di prelevamento 
sul gettito dei contributi -Decreto di determinazione Posizione 
soggettiva dei destinatari -Natura -Interesse legittimo Lesione 
-Giurisdizione amministrativa. 

Il decreto con il quale, ai sensi dell'art. 4 del d.l.c.p.s. 29-7-1947 n. 804, 
il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il 
Ministro del Tesoro determina, per i singoli enti previdenziali specificamente 
individuati ed elencati nel decreto stesso, le aliquote ( diff erenziate) 
percentuali del prelevamento sul gettito dei contributi da ciascuno 
di essi incassati, destinato al finanziamento degli istituti di patronato 
e di assistenza sociale, non � atto di normazione secondaria, in quanto 
primo del carattere della generalit� ed astrattezza (1). 

La concreta determinazione delle aliquote (da effettuarsi in base 
a valutazioni dell'Amministrazione sul fabbisogno complessivo degli istituti 
di patronato e di assistenza sociale, valutazione che comporta anche 
l'apprezzamento della estensione e dell'efficienza dei servizi forniti dagli 
istituti tra i quali i fondi devono essere ripartiti ai sensi del successivo 
art. 5 del citato d.l.c.p.s.) comporta esercizio di potere discrezionale, 
la cui correttezza investe ( semprech�, ovviamente, esercitato entro il limite 
quantitativo fissato dalla legge, essendo evidente che � un diritto 
soggettivo quello di non pagare una aliquota superiore al detto limite) 
posizioni di interesse legittimo, tutelabili davanti alla giurisdizione amministrativa 
(2). 

diverso dalla magistratura del lavoro (con riguardo ai dipendenti delle aziende 
municipalizzate Cass. SS.UU. 24 giugno 1985, n. 3798, in questa Rassegna 1985 I, 
784, Pretura di Roma Sez. Lav. 21 maggio 1986, ivi, 1987, I, 82). 

Sui vari problemi di giurisdizione a seguito dell'entrata in vigore della legge 
17 maggio 1985 n. 210, v. Stipo G.: Problemi di giurisdizione a seguito della 
istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato, in questa Rassegna, 1987, I, 70. 

(1-2) Con sentenze 18 gennaio 1980, nn. da 412 e 418 (e poi ancora con sentenza 
4 marzo 1988, n. 2271, che ha annullato la decisione del Consiglio di Stato, 
Sesta Sezione n. 11/1979) le Sezioni Unite -chiamate a giudicare della giurisdizione 
in relazione a due decisioni del Consiglio di Stato (Sesta, nn. 828 e 881 
del 1977) che, dopo aver affermata la soggezione degli enti in causa (casse ed 
enti di previdenza a favore di lavoratori autonomi) al prelevamento di cui al� 
l'art. 4 del d.I.c.p.s. n. 804/1947, avevano per� annullato i decreti impugnati per 



158 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis). Le amministrazioni ricorrenti impugnano la decisione del 
Consiglio di Stato per difetto di giurisdizione, invocando l'art. 362 c.p.c., 
l'art. 48 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 in relazione agli artt. 2, 4 e 5 della 

I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, e al d.1.c.p.s. n. 804 del 1947 e successive 
modificazioni e integrazioni. 
Nel ricorso si riporta quasi integralmente la sentenza di queste 
SS.UU. n. 418 del 18 gennaio 1980 (e si ricordano le altre analoghe della 
stessa data, dalla n. 412 alla n. 417), sostenendosi che �on essa si � ritenuto 
che tui.ta fa materia del contendere, investa essa la individuazione 
di soggetti obbligati o la misura della aliquota, attiene alla sfera dei 
diritti soggettivi e appartiene quindi alla giurisdizione del giudice ordinario; 
da d� la erroneit� della dedsione impugnata, con la quale il 
Consiglio di Stato ha giudicato che resti riservata alla giurisdizione amministrativa 
la cognizione della legittimit� del provvedimento ministerale 
impugnato per ci� ohe attiene alla determinazione dell'aliquota del 
prelevamento iimposto all'Ente in questione. 

Al rigua11do Je amministrazioni ricorrenti osservano, da un J:ato, che 
i provvedimenti di cui si discute sono atti di normazione secondaria, 
rispetto ai quali non � neppure configurabile un sindacato di legittimit� 
del tipo che il Consiglio 'di Stato ha ritenuto di doversi riservare. E, dal� 
l'altro, che la legge determina tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi 
della obbligazione pubblica; ponendosi i provvedimenti !in discorso come 
meramente attuativi della legge stessa. n fatto che sia consentito alla 
amministrazione di stabilire aliquote inferiori a quella mdicata come 
massima della legge -osservano le ricorrenti -non pu� far ritenere 
consentito un sindacato di legittimit� del giudice amminist:rativo in ordine 
alla determinazione in concreto di detta aliquota, perch� J'apprez


vizi di legittimit� relativi alla determinazione delle aliquote -avevano dichiarato 
la giurisdizione del giudice ordinario sulla questione concernente la soggezione 
degli enti stessi al prelevamento, aggiungendo: � La determinazione del 
giudice ordinario � -(sulla questione concernente la soggezione o non degli 
enti al prelevamento) -�non pu� essere impedita dal rilievo che l'individuazione 
dei soggetti obbligati e la determinazione dell'aliquota del prelievo sono 
strettamente. e funzionalmente collegati e che, avendo i ricorrenti impugnato 
anche la misura dell'aliquota davanti al giudice amministrativo, questi poteva 
e doveva decidere incidenter tantum sull'altra questione. L'obiezione non ha al� 
cuna rilevanza o concludenza. Infatti la questione della assoggettabilit� al prelievo 
� ovviamente pregiudiziale rispetto alla questione relativa al quantum 
debeatur ed � da questa ben distinta. Pertanto, l'esame della seconda questione 
acquista rilevanza processuale solo se e quando la prima si risolve in senso af� 
fermativo: ma a fronte di essa il giudice amministrativo avrebbe dowto dichiarare 
il proprio difetto di giurisdizione e quindi astenersi dal pronunziare e 
sull'una e sull'altra proprio per il collegamento tra di loro esistente, e che � di 
dipendenza dell'una dall'altra�. 

Appare di tutta evidenza come una pronuncia del genere ponesse gravi 
problemi interpretativi ed applicativi, perch�, escluso che� il giudice amministra� 


PARIB I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 159 

zamento che ne � alla base � espressione non di discrezionalit� amministrativa, 
e neppure di discrezionalit� tecnica, ma di valutazioni di carattere 
economico e sociale in ordine all'attivit� degli istituti di patronato, 
che sfuggono ad ogni possibilit� di sindacato sia da parte del giudice 
amministrativo che di qualsiasi altro giudice. 

Il ricorso, �, a giudizio delle Sezioni Unite, infondato. 

A paTte la contraddizione tra la adesione, espressa dalle ricorrenti 
senza riserve, alle precedenti pronunce di questa corte del 1980, sopra 
ricordate, 1e quali certaimente non contengono alcun concetto suscettibile 
di interpretazione nel senso che si sottragga al sindacato di qualsiasi 
giudice la determinazione della misura dell'aliquota del prelievo, e la 
tesi principale contestualmente sostenuta che non sfa consentito ad al� 
cun giudice un tale sindacato, deve essere rilevato che nessuna delle 
proposizioni avanzate nel ricorso pu� essere condivisa, n� quella secondo 
la quale 'a nessun giudice potrebbe sottoporsi la questione dcl.la legittimit� 
della determinazione della aliquota da parte della amministrazione, 
n� l'altra che indica il giudice <>rdinario come il solo fornito di 
giurisdizione per :l'esame della questione stessa. 

Gli argomenti addotti a sostegno della prima non reggono alla critica. 
La affermazione che i provvedimenti ill1 questione siano atti di 
normazione 'secondaria � in pri:mo luogo del tutto inconferente, una volta 
che non pu� essere disconosciuto ad essi il valore di atti amministrativi, 
come tali soggetti, quale che ne sia il contenuto (art. 113 Cost., art. 2 

1. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E) al generale controllo di legittimit�; n� 
� vero peraltro che questa Corte abbia ad essi attribuito la natura di 
atti di normazione secondaria, chiaramente smentita dalla palese carentivo 
possa giudicare incidenter tantum della questione relativa alla soggezione 
dell'ente previdenziale al prelevamento, sembrava anche escludere ogni possibilit� 
per lo stesso giudice amIIl�I).�strativo di conoscere della questione, contestualmente 
proposta, relativa alla legittimit� della determinazione delle ali� 
quote. 

Torn�to quindi ad occuparsi di cause analoghe, il Consiglio di Stato (stessa 
Sesta Sezione) con decisione n. 54/1982, e poi ancora con decisione, n. 170/1982, pur 
conformandosi alla detta pronuncia per quanto concerne la giurisdizione 
in ordine alla questione sulla soggezione degli enti previdenziali al prelevamento 
-ha, invece, ritenuto di non poterne seguire le restanti indicazioni, osservando: 
�Una decisione con cui la Sezione, seguendo le indicazioni della sentenza 
citata della Corte di Cassazione, si astenesse (allo stato) dal pronunciare 
sull'una e sull'altra questione e chiudesse il giudizio, potrebbe risolversi in un 
danno irreparabile per l'ente appellante, il quale non avrebbe pi� la possibilit� 
di riprodurre l'istanza dopo il de.corso del termine per l'impugnazione. Una 
simile conseguenza, che risulterebbe in contrasto con i principi costituzionali 
sulla tutela giurisdizionale, �, per�, agevolmente evitabile, in quanto � possibile, 
facendo ricorso a norme disciplinanti fattispecie analoghe e ai principi generali 
del processo, tenere aperto il giudizio per il tempo necessario e suffi. 



160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

za del carattere della generalit� e della astrattezza (essi contengono la 
indicazione di ciascuno degli istituti obbligati, per ciascuno prevedendo 
la misura della aliquota della prestazione dovuta), non potendo certo 
la attribuzione di quella natura dedursi dall'accostamento �di essi agli 
atti normativi primari che impongono le prestazioni, espresso da questa 
corte al solo scopo di escludere che la imposizione trovasse la 
propria fonte solo nei provvedimenti in .discorso. 

Parimenti inaccettabile � la affermazione -contraria ai principi 
informatori aell'ordinamento in questa materia -che le valutazioni 
di carattere economico e sociale .in ordine all'attivit� degli istituti al fine 
di determinare le aliquote siano riservate in via esclusiva all'Amministrazione, 
senza possibilit� di sindacato da parte di qualsiasi giudice. 
L'esercizio di questo potere indice sulla misura della prestazione pecuniaria 
imposta e non si comprende in forza di quale argomentazione 
si dovrebbe adottare un criterio secondo il quale il soggetto colpito 
dal provvedimento dovrebbe essere al riguardo privo di qualsiasi. tutela, 
ci� che, oltretutto, sarebbe in pieno contrasto con il precetto dell'art. 113 
della Cost., secondo il quale contro gli atti della p.a. � sempre ammessa 
la tutela dei diritti e degli interessi legittimi; n� � concepibile che di 
fronte all'esercizio di questo potere della p.a. il soggetto colpito nel suo 
patrimonio non abbia, in ordine aMa misura del prelievo, neppure un 
interesse legittimo. 

Quanto alla tesi secondo la quale questa posizione sarebbe di diritto 
soggettivo -che � diametralmente opposta alla prima, pur nello 
stesso ricorso sostenuta -si deve cominciare con l'osservare non essere 
esatto che tale sia stato il pensiero di queste Sezioni Unite nelle richia


dente ad assicurare all'ente predetto una tutela completa �. E, facendo applicazione 
analogica dell'art. 42 del regolamento di procedura n. 642/1907, ha sospeso 
il giudizio, assegnando all'ente ricorrente termine per la proposizione dell'azione 
davanti al giudice ordinario sulla questione relativa alla sua contestata soggezione 
al prelevamento, con la precisazione che � poich�... dalla soluzione della 
questione pregiudiziale non � possibile in alcun modo prescindere (a differenza 
di quanto pu� avvenire nel caso di presunta falsit� di un documento, alla cui 
deduzione la parte pu� rinunciare) il mancato rispetto. del termine condurrebbe 
non alla conseguenza prevista dal capoverso del citato art. 42 (decisione omni 
modo della controversia principale), ma alla decadenza dal ricorso in esame"� 

In presenza di un tale pur parziale contrasto l'Avvocatura ha impugnato 
sia la decisione n. 54/1982 sia la successiva decisione n. 170/1982, al precipuo 
scopo di provocare dalle Sezioni Unite un definitivo chiarimento, chiarimento 
che si � appunto ottenuto con la sentenza qui annotata e con la successiva conforme 
sentenza n. 1324/1989 (ancorch� nel testo di entrambe le sentenze le Sezioni 
Unite abbiano espresso un dubbio, non rilevante peraltro in quella sede, 
sulla applicazione analogica dell'art. 42 del regolamento di procedura). 

G. MATALONI 

PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

mate ;sentenze del 1980. Vero � che, sta.nido al dispositivo, di cassazione 
della decisione del Consiglio di Stato che aveva ritenuto Ja giurisdizione 
del giudice amministrativo sul ricorso contro il provvedimento in parola, 
potrebbe sembrare che l'intera controversia sia stata ritenuta di 
oompetenza giur.isdizionale del giudice ordinario. � sufficiente per� l'esame 
della motivazione per convincersi del contrario. 

fofatti le Sezioni Unite in quella occasione hanno affrontato anche 
il problema se io stretto e .funzionale collegamento tra la questione sulla 
individuazione dei 1soggetti obbligati e la determinazione del:l'aliquota 
del prelievo; e l'avere i ricorrenti impugnato anche quest'ultima, potesse 
consentire al giudice amministrativo di decidere incidenter tantum l'altra 
questione, e l'hanno risolto con la osservazione che la questione dell'assoggettabilit� 
al prelievo � ovviamente pregiudiziale rispetto alla questione 
relativa al quantum debeatur, con la conseguenza che l'esame 
della seconda acquista rilevanza processuale e pratica utHit� solo se e 
quando la prima si risolve in senso affermativo. 

Orbene, il fatto stesso che ,questa corte si sia posto il problema della 
soluzione incidenter tantum da parte del giudice amministrativo dimostra 
che la questione sul quantum, nel ipensiero espresso in quelle sentenze, 
.rientra nell'area giurisdizionale di quest'ultimo, altrimenti il problema 
di un possibile esame incidenter dell'altra questione non avirebbe 
avuto neppure ragione di poi;si. 

Ed in ei;fetti, esaminato il problema sotto il profilo imposto dalla 
separazione, operata dalla decisione del Consiglio di Stato "qui impugnata, 
delle due questioni ai fini dell'accertamento della giurisdizione 
sull'una e sull'alti;a, non si pu� dubitare della appartenenza al giudice 
amministrativo della� giurisdizione su quella Tiguardante il quantum. 
� decisivo in t~l senso il fatto che Ja legge istitutiva di questo contributo 
a carico degli istituti di previdenza (d.l.c.p.s. 29 luglio 1947 n. 804, 
modificato dalla legge 27 marzo 1980, n. 112) fissa soltanto J.a aliquota 
massima da applicare sul gettito dei contributi incassati da detti istituti 
(lo 0,50 %), attribuendo dunque alla p.a. e precisamente al ministro 
per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il ministro per il 
tesoro, il potere di determinare la aliquota in misura variabile entro 
quel limite massimo. Tale potere � collegato funzionalmente con l'altro, 
attribuito dall'art. 5 della legge allo stesso ministro del lavoro e della 
previdenza sociale di ripartire, di concerto con il ministro per il tesoro, 
tra gli istituti di patronato e di assistenza sociale i fondi cos� raccolti, 
in relazione alla estensione e all'efficienza dei servizi degli istituti stessi. 

Poich� l'aliquota non pu� essere concretamente determinata se non 
in base alle valutazioni dell'amministrazione intorno al fabbisogno complessivo 
degli Istituti ,di patronato e di assistenza soci:a.le e questa valutazione 
comporta anche l'apprezzamento della estensione ed efficienza 


162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei servizi forniti dagli istituti fra i quali i fondi devono essere ripartiti, 
si deve ammettere ohe la concreta determinazione della aliquota comporta 
l'esercizio di un potere discrezionale della rp.a. a fronte del quale 

non possono ravvisarsi diritti soggettivi degli istituti tenuti a subire il 
prelevamento imposto dalla legge, ma soltanto l'interesse legittimo al 
corretto uso di tale potere, semprech�, ovviamente, esercitato entro il 
limite quantitativo fissato da1la legge, essendo� evidente che � un diritto 
soggettivo quello di non pagare una aliquota superiore al limite massimo 
predetto. 

D'altra rparte non si saprebbe come configurnre un tale diritto, che 
presuppone la possibilit� di stabilire in giudizio l'esatto ammontare di 
quanto dovuto, in modo da rpotere istituire il rapporto tra quanto preteso 
dalla p.a. e l'importo dovuto risu:ltante dalla applicazione della 
legge; a1meno si dovrebbe potere stabilire con siturezza se la misura 
pretesa daLl'amministirazione sia superiore a quanto legalmente dovuto. 
Ma se un tale raffronto non pu� essere istituito, perch� la 'Legge non 
solo non determina quell'importo, ma J.o fa dipendere da apprezzamenti 
discrezionali della p.a: e se l'unica indagine possibile pu� essere rivolta 
solo a stabilire se la p..a. ha fatto buon uso del potere discrezionale attribuitole 
dalla legge nel fissare l'aliquota entro quel limite massimo, 
la conclusione non pu� essere se non nel senso che non di diritto soggettivo 
si tratta, bens� di interesse legittimo, tale qualifica dovendosi 
attribuire alla posizione soggettiva di chi deve subire l'esercizio di un 

I

' 

potere discrezionale della p.a. 

In definitiva, a parte il dubbio che pu� suscitare la decisione impugnata 
sotto il profilo deHa applicazione analogica dell'art. 42 del regolamento 
approvato con r.d. 17 agosto 1907 n. 642 (dubbio che per� non 
rileva in questa sede), queste Sezioni Unite ritengono che la decisione 
si adegua al criterio discriminatorio della giurisdizione da tempo elaborato 
nella giurisprudenza in materia, quello secondo H quale rientra 
nella giurisdizione del giudice ordinario ogni controversia nella quale 
si contesti a1la p.a., sulla base della disciplina legale, di avere agito in 
carenza di potere, vuoi per difetto dei presupposti che ne condizionano 
la attribuzione, vuoi per il superamento dei limiti (soggettivi od oggettivi 
o temporali o di altra natura) assegnati dalla legge, mentre rientra 
neLla giurisdizione del giudice amministrativo ogni controversia nella 
quale, non contestandosi la appartenenza alla rp.a. del rpotere concretamente 
esercitato .ne1la specie, n� il superamento dei limiti entro il qua:le 
� dalla legge circoscritto, si lamenti il cattivo esercizio del potere stesso 
e in particolare la ricorrenza nel provvedimento amministrativo emesso 
di vizi che ne consentO!Ilo secondo l'ordinamento la impugnazione. 

Il Ticorso pertanto deve essere rigettato. 



PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 163 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 febbraio 1989, n. 956 -Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Rel. Anglani -P. G. Virgilio (conf.) -Guarino (avv. 
Gualtieri) c. Min. Tesoro (avv. Stato Stipo). 

Giurisdizione civile -Ricongiunzione dei servizl ai fini della pensione Giurisdizione 
della Corte dei conti. 

Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti la controversia avente 
ad oggetto la ricongiungibilit� del servizio prestato presso lo Stato a 
quello prestato alle dipendenze di un ente pubblico con iscrizione alla 
Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali (1). 

(omissis) IJ ricorrente deduce che l'accertamento de11'esistenza del 
diritto alla ricongiunzione dei servizi incide soltanto sul rapporto pensiomstico. 


L'istanza � fondata. 

Queste Se2lioni Unite, nell'affel1IIlare costJalll.temente ohe in virt� deghl 
artt. 13 e 62 T.U. 12 lugi1io 1934 n. 1214 appartengono alla giurisdizione 
della Corte dei Conti le controversie relative a provvedimenti dell'amministrazione 
che incidono sulla concessione sul rifiuto o sulla concesrsione 
del trattamento di pensione hanno anche precisato (fra le altre 10 gennaio 
1984 n. 168) che tale attivit� cognitiva non tocoa fa legittimit� irntrinseca 
degli atti ma attiene aHa quaJ.ificazione giuridica (in base alla normatiiva 
applicabile al concreto rnpporto pensionistico) dei loro effetti ai 
fini dell'efficacia riflessa sull'an e sul quantum della pensione. 

(1) Con R.DL. 3 marzo 1938, n. 680, � stato approvato l'ordinamento della 
Cassa di Previdenza per le pensioni ai dipendenti degli Enti Locali (CPDEL). 
La Cassa provvede alle pensioni e alle indennit� di fine servizio dei dipendenti 
degli enti locali e degli altri enti per i quali � ammessa l'iscrizione alla 
Cassa stessa. Nasce cos� un rapporto giuridico di natura previdenziale intercorrente 
tra la Cassa e il dipendente, che � diverso dal rapporto giuridico d'impiego 
intercorrente con l'Ente datore di lavoro. 

Mentre ogni questione concernente il rapporto d'impiego cade sotto la giurisdizione 
amministrativa se trattasi di ente pubblico non economico (art. 7 

L. 6 dicembre 1971, n. 1034 istitutiva dei T .A.R.) ovvero sotto la giurisdizione del 
giudice del lavoro nel caso di enti diversi (art. 409 nn. 4 e 5 cod. proc. civ. nel 
testo modificato con Legge 11 agosto 1973, n. 533 sulle controversie di lavoro e 
previdenziali), in ogni questione concernente il rapporto previdenziale con la 
C.P,D,E.L. la giurisdizione � della Corte dei Conti (artt. 60, 71 cit. ordinamento). 
E ci� � stato puntualmente sottolineato dalla Cassazione Sezioni Unite, le 
quali hanno affermato che, alla stregua dei criteri generali sulla ripartizione della 
giurisdizione, in � tutte le controversie previdenziali e assistenziali, pur se inerenti 
al rapporto di pubblico impiego, resta ferma la giurisdizione della Cprte 
dei Conti� (SS.UU. 7 novembre 1979, n. 5731). 

La giurisditlone della Corte dei Conti non pu� infatti essere limitata alle 
controversie concernenti il provvedimento che liquida la pensione, ma deve, per 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

164 


Ci� posto deve ritenersi compresa nel novero delJe controversie appartenenti 
a tale giurisdizione quella in esame, avente ad og~tto la ricongiungibilit� 
(negata dall'amministrazione) del servizio prestato da!l ricorrente 
quale dipendente dell'Amministrazione delle Poste e telecomunicazione 
dall'll dicembre 1961 al 31 luglio 1965 a quello prestato alle dipendenze 
dell'Inam e dell'Unit� Sanitaria locale ed, in particolare l'applicabi1it� 
dell'art. 131 del Testo umco 29 dicembre 1973 n. 1092 sul trattamento 
di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 marzo 1989, n. 1345 � Pres. Monta 
nari-Vi.ISco; Rel. Sensale; P. M. Minetti (conci. conf.) � Croce Rossa 
Italiana (arvv. Stato Sica) c. Di Lonardo (avv. Lotito). 

Competenza civile -Croce-Rossa Italiana -Rapporto di lavoro -d.P .R. 

613/80 � Mancata emanazione del nuovo Statuto � Giurisdizione del 

giudice amministrativo. 

L'art. 1 del d.P.R. 613/80 ha disposto il mutamento della natura giuridica 
della C.R.l. da ente pubblico in ente privato d'interesse pubblico, 
ma l'ha subordinato alla emanazione del nuovo statuto. Pertanto, fintanto 
che tale statuto non venga emanato, la C.R.I. mantiene la sua natura 

necessaria connessione, intendersi estesa ad ogni controversia che � diretta all'accertamento 
del diritto a pensione o alla misura del trattamento stesso. 

Normalmente la pensione � liquidata in base agli anni di servizio prestati 
nell'Amministrazione, presso la quale il dipendente ha ultimato il suo rapporto 
di impiego. 

Tuttavia, alla stregua di disposizioni speciali, � consentito che all'anzidetto 
periodo vengano sommati ulteriori periodi attraverso l'istituto del riscatto (es. 
periodo di studi wriversitari.) e della ricongiunzione. Quest'ultimo istituto � stato 
introdotto dalla Legge 22 giugno 1954, n. 523, con la quale � stato disposto che 
ai fini del trattamento di quiescenza, i servizi resi allo Stato sono ricongiungibili 
con i servizi prestati presso enti locali con iscrizione agli J,stituti di Previdenza 
(art. 1). Gli istituti del riscatto e della ricongiunzione hanno pertanto 
come fine quello di determinare il periodo da prendere in considerazione, al 
fine del quantum del trattamento pensionistico. 

In questi casi la giurisdizione della Corte dei Cohti, peraltro ricavabile dai 
criteri generali sulla giurisdizione esclusiva in materia pensionistica, viene ulteriormente 
ribadita in varie dispos.izioni normative (v. art. 71 cit. ordinamento 
C.P.D.E.L., art. 8 cit. Legge 22 giugno 1954, n. 523; art. 255 T.U. sulle pensioni 
29 dicembre 1973, n. 1092). ' 

' La giurisprudenza del Consiglio di Stato � pertanto costante nell'escludere 
la propria giurisdizione ogni qual volta venga portato alla sua cognizione un 
provvedimento che ha valore esclusivamente agli effetti pensionistici (v. Cons. 
Stato VI, 25 agosto 1984 n. 493; Cons. Stato VI, 15 novembre 1982 n. 578, in 
Cons. Stato 1982, 1439; Cons. Stato VI, 18 marzo 1980, n. 358, in Foro amm. 1980, I, 
429; Cons. Stato Il, 1� marzo 1977 n. 562; in Cons Stato 1978, I, 1370). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 165 

di ente pubblico, con la conseguenza che le controversie relative ai suoi 
rapporti di lavoro sono di giurisdizionale spettanza del giudice amministrativo 
(1). 

La Croce rossa italiana deduce che la .sua natura di ente pubblico 
non economico, riconosciutale dalla legge 20 marzo 1975, n. 70, non lascia 
alcun dubbio sulla qualificazione del rapporto con i suoi dipendenti 
come rapporto di pubblico impiego. Tale natura n()[l � mutata automaticamente 
con l'entrata in vigore del d.P.R. 31 luglio 1980 n. 613, che ha 
previsto la trasformazione della C.R.I. da ente di diritto pubblico in 
ente privato d'interesse pubblico, in connessione con l'art. 70 della legge 
23 dicembre 1978 n. 839. Tale trasformazione, invero, � stata subordinata 
all'emanazione del nuovo statuto dell'ente che viene, cosi, a costituire 
condizione sospensiva e legittimante del mutamento della 
sua natura giuridica, di guisa che, fino a quando il nuovo statuto non 
verr� emanato, la C.R.I. conserver� natura di ente pubblico non economico, 
con ogni conseguenza per quanto attiene ai rapporti con i dipendenti. 
N�, ad avviso dell'ente ricorrente, rileva che, per l'emanazione 
del nuovo statiuto, l'art. 3 del d.P.R. 613/80 preveda il termine di un anno, 
poich�, a parte la natura oooinatoria di tale termine, ci� che conta 
� che il nuovo statuto non � stato emanato e che la C.R.I. � tuttora a 
totale carico dello Stato. 

n controricorrente risponde che, qualunque sia la natura della 
C.R.I., � decisivo, ai fini dell'affermazione della giurisdizione ordinaria, 
che egli fu assunto con espresso riferimento alla (ed in applicazione 
della) disciplina legale e collettiva regolante il rapporto privatistico di 
portierato. 

Questa obiezione � priva di rilievo. 

� principio pi� volte affermato da questa Corte (v. sent. 22 aprile 
1976 n. 1443, 6 giugno 1979 n. 3189, 19 luglio 1986 n. 4679, 5 dicembre 
1986 n. 7210, 2 aprile 1987 n. 3154 e 5 ottobre 1987 n. 7421) che, ai fini 
della qualificazione pubblicistica del rapporto di lavoro, con la conseguente 
devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo, non rileva l'eventuale assoggettamento del rapporto 
alla disciplina sostanziale dettata da un contratto collettivo di diritto 
privato; e che, in particolare, le prestazioni lavorative subordinate 
di custode-portiere presso uno stabile nel quale, come nel caso in esame, 
si svolga l'attivit� istituzionale di un ente pubblico non economico, pur 
se assoggettate alla disciplina collettiva di diritto comune, sono atti


(1) Non constano precedenti in termini. La decisione risulta pienamente 
condivisibile per la corretta applicazione che fa dell'art. 1 del d.P.R. 613/80, 
considerando che dal nuovo emanando statuto discender� il nuovo assetto dell'ente. 
13 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

166 


nenti alle finalit� pubblicistiche dell'ente e, se espletate con continuit� 
ed inserite nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro, integrano 
un rapporto di pubblico impiego (v., in proposito, le sentenze, gi� citate, 
3189/79, 4679/86, 7210/86 e 7421/86, nonch� la sentenza n. 4068 dell'll luglio 
1984). 

Per risolvere la proposta questione di giurisdizione, � dunque necessario 
stabilire se fa natura di ente pubblic~ (non economico) della 

C.R.I. -sempre ritenuta o presupposta da queste Sezioni unite (v. sent. 
1443/76, dtat~. e 18 dicembre 1985, n. 6440) e da diverse decisioni della 
prima sezione civile (v. sent. 9 marzo 1979 n. 1477, 11 ottobre 1978 
n. 4516, 18 novembre 1978 n. 5376 e 24 luglio 1980 n. 4811), desumendosi 
dalla legge 20 marzo 1975 n. 70, dallo statuto e dall'atto costitutivo del-
l'ente, nonch� dalle caratteristiche della sua organizzazione e dalle finalit� 
da esso perseguite -sia mutata per effetto del d.P.R. 31 luglio 
1980 n. 613, sul riordinamento della C.R.I., il cui art. 1 dispone che l'Associazione 
italiana dell� Croce rossa � riconosciuta ente privato d'interesse 
pubblico ...a seguito dell'approvazione del nuovo statuto, ai sensi 
del ,successivo art. 3, a norma del quale �entro il 1� gennaio 1981 il 
nuovo statuto ...� trasmesso al Ministero della Sanit� ed approvato 
entro il 30 giugno con d.P.R. �. 
Tali disposizioni sono correlate all'art. 70 della legge 23 dicembre 
1978 n. 839, che ha previsto lo scol'Poro dei servizi sanitari della croce 
rossa e il triordinamento dell'Associazione, nonch� il trasferimento ai 
Comuni, da attuarsi, per quanto possibile, secondo il dettato degli articoli 
65 e 67 della stessa legge, dei servizi, dei beni mobili e immobHi, 
e del relativo personale, concernenti l'assistenza sanitaria e non connessi 
direttamente alle originarie finalit� dell'ente. La stessa norma ne 
ha disposto il riordinamento, secondo criteri direttivi tendenti. a conformare 
l'organizzazione dell'Associazione (su base regionale) al principio 
volontaristico per il perseguimento delle finalit� statutarie e dagli adempimenti 
imposti dagli accordi e dagli organi internazionali. 

Nonostante che abbia trasferito ai Comuni, con effetto dal 1� gennaio 
1980, i servizi di assistenza sanitaria della C.R.I., non connes�si diirettamente 
alle sue originarie finalit�, per essere destinati alla U.S.L., 
la norma in esame non ha immediatamente mutato la configurazione 
soggettiva della C.R.I., quale ente pubblico, conservandole, anzi, l'esercizio 
di quei servizi, se connessi direttamente con i suoi scopi originari, 
ed attribuendole in tal modo il perseguimento di finalit� tuttora pubblicistiche; 
ed ha delegato il Governo ad emanare uno o pi� decreti, 
aventi valore di legge ordinaria, per il riordinamento della C.R.I. in base 
ai criteri direttivi nella stessa norma indicati. 

In tale quadro programmatico, e in esecuzione della delega, il Governo 
ha emanato il d.P.R. 613/80, il cui art. 1 ha -si -disposto il mu 
tamento della natura giuridica della C.R.I. da ente pubblico in ente pri



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

vato d'interesse pubblico, ma l'ha subordinato alla emanazione del nuo� 
vo statuto, coerentemente con le nuove finalit� di cui ai criteri direttivi 
contenuti nehl'art. 70 della legge 833/78 e riprodotti nell'art. 2 dello stesso 
decreto. 

Tale mutamento, cio�, non � stato fatto dipendere dalla previsione 
e dalla disciplina normativa del riordinamento da attuarsi (ch�, se questo 
fosse stato l'intento legislativo, sulla mutata natura dell'ente si sarebbe 
potuto esprimere gi� l'art. 70 della legge 833/78), ma dal riordinamento 
in quanto realizzato sul piano fattuale, ai cui fini era indispensabile l'approvazione 
del nuovo statuto, avendo -quello precedente, ancora esistente 
-connotati e finalit� inconciliabili con la configurazione privatistica 
che l'ente � destinato ad assumere ed alla quale il nuovo statuto 
dovr� conformarsi, e continuando ad essere, la C.R.I., a totale carico 
dello Stato. 

Il significato da attribuire all'art. 1 del d.P.R. n. 613 del 1980 �, 
dunque, che la C.R.I. assumer� la natura giuridica di ente privato di 
interesse pubblico soltanto con l'approvazione del nuovo statuto, anche 
se non avvenuta nel termine, peraltro ordinatorio, indicato dal successivo 
art. 3 e tuttora non risultante. 

La natura di ente pubblico, conservata dalla C.R.I. non solo nel 
momento in cui sorse il rapporto di lavoro subordinato dedotto in giudizio 
(16 maggio 1976), ma anche in quello del contestato licenziamento 
(10 febbraio 1983), conduce ad affermare che la controversia, investendo 
un rapporto di pubblico impiego, � riservata all'esame del giudice amministrativo 
in sede di giurisdizione esclusiva. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 marzo 1989 n. 1349 -Pres. Sandulli Relatore 
Tondo -P. M. Grossi (conci. conf.) -Commissario Unico 
per l'Assistenza Sanitaria in Sicilia (avv. Stato Caramazza) c. De 
Santis e Mascali (avv. Silvestri). 

Sanit� -Medici ambulatoriali convenzionati -Trattamento economico � 
Deliberazione commissariale dell'O.N.I.G. difforme dalle previsioni 
della convenzione nazionale unica -Difetto assoluto di giurisdizione � 
Non sussiste -Applicazione delle clausole della convenzione nazionale 
-Necessit� della delibera di recezione da parte dei singoli 
Enti � Non sussiste. 

Ai sensi dell'art. 7 della L. 29 giugno 1977, n. 349, ai medici � attribuito 
un diritto soggettivo perfetto all'adozione, da parte dei commissari 
dei soppressi Enti mutualistici, della convenzione nazionale unica: 
non pu� perci� ritenersi che l'interesse dei medici all'applicazione di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO

168 

quest'ultima costituisca un interesse di mero fatto, come tale insuscet� 
tibile di tutela (1). 

Le controversie promosse dai medici per conseguire i corrispettivi 
previsti dalle convenzioni nazionali uniche spettano alla cognizione del 
giudice ordinario, in quanto si ricollegano a posizioni di diritto soggettivo 
scaturenti da un rapporto professionale di natura privatistica (di 

c.d. parasubordinazione) (2). 
Le clausole delle convenzioni nazionali uniche sono dotate di autonoma 
e diretta. efficacia, tanto da determinare la nullit� (ex art. 10, i 0 
e 3� comma L. 349/1977) delle convenzioni difformi apposte dalle parti 
nella convenzione e da inserirsi in essa in sostituzione di queste ultime 
clausole (art. 1339 cod. civ.): non � pertanto necessaria, ai fini della 
loro applicazione, la preventiva delibera di recezione da parte dei singoli 
enti (3). 

(omissis) Ai sensi dell'art. 151 disp. att. cod. proc. civ., si deve, in 
primo luogo, disporre la riuniOIIl.e dei ricorsi, la cui decisione dipende 
dalla soluzione di identiche questioni. 

I ricorsi sono, ci� premesso, affidati ai seguenti mezzi di annulla� 
mento: 

I -difetto assoluto di giurisdizione, perch� l'interesse dedotto in giu� 
dizio dai medici ambulatoriali � quello del contraente alla stipula di 
un contratto (individua!le) a lui pi� favorevole mediante adesione ad 
uno schema nuovo e diverso da quello a suo tempo accettato, ed � 
quindi un interesse di mero fatto non tutelabile di fronte a qualsivoglia 
autorit� giusdicente, restando irrilevante la circostanza che il procedimento 
di formazione delle nuove clausole contrattuali sia di certo 
tipo piuttosto che di altro, una volta che sia accertato che l'O.N.I.G., su 

(1-2-3) � Punctum saliens � della questione sottoposta al vaglio delle Sezioni 
Unite era la definizione della natura e degli effetti, nel sistema della legge 29 
giugno 1977, n. 349, delle delibere di recezione della convenzione nazionale unica 
da parte dei soppressi enti mutualistici. 

La Cassazione ha riconosciuto a tali delibere un effetto meramente � rico


gnitivo '" ritenendole non indispensabili ai fini dell'operativit� delle clausole con� 

venzionali; in coerenza con tale impostazione, la Suprema Corte ha disatteso 

l'eccezione di difetto (assoluto e relativo) di giurisdizione sollevata dall'Avvoca� 

tura muovendo dall'antitetico presupposto dell'imprenscindibilit� del provvedi� 

mento di recezione ai fini del sorgere di situazioni soggettive giuridicamente 

tutelate in capo agli interessati. 

La decisione, di cui non constano precedenti specifici, non sembra risolvere 
ogni dubbio circa la sua compatibilit� con il costante indirizzo giurisprudenziale 
(richiamato in motivazione) secondo il quale l'atto ammtnistrativo di recezione 
della convenzione unica non pu� in nessun caso attribuire alla disciplina di que� 
st'ultima un'operativit� anteriore alla data dell'atto medesimo (cfr., tra le pi� 
recenti pronunce in tal senso, Cass., Sez. Lavoro, 30 marzo 1988, n. 2706). 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

conforme parere (esatto o meno che sia) del Ministero della Sanit�, 
non ha adottato l'Accordo Nazionale, perch�, anche ad ammettere 
che tale mancata recezione sia � contra legem �, le conseguenti sanzioni 
sono soltanto quelle previste dall'art. 10 della legge n. 349/77 e 
non gi� la produzione automatica � ex lege � degli effetti che avrebbe 
dovuto produrre la deliberazione non adottata; 

II -difetto di giurisdizione del giudice o:rtlinario nei confronti del 
giudice amminii>trativo o, in alternativa, violazione e falsa applicazione 
degli artt. 7 e 8 L. 29 giugno 1977 n. 349, 1378 e 1339 cod. civ., perch� 
la procedura per la formazione delle convenzioni uniche in questione �, 
all'evidenza, cosa del tutto div�rsa dalla contrattazione collettiva, posto 
che l'intervento dei sindacati non avviene sul piano paritetico dell'incontro 
di volont� generatore di un consenso di per s� produttivo di 
effetti, ma integra, invece, soltanto un momento di UIIla procedura pubblicistica, 
concorrendo a determinare il contenuto di un atto emanando 
dai pubblici poteri, neiJ. quadro di una collaborazione istituzionalizzata 
delle organizzazioni sindacali con l'attivit� della P.A., sicch� la normativa 
.procedimentale corrispondente � una tipica normativa �di azione �, 
fonte -nel caso possa essere superata la eccezione di difetto assoluto 
di giurisdizione -di interessi legittimi del singolo sanitario e non 
gi� di diritti soggettivi; e perch� comunque, a tutto voler concedere, la 
deliberazione di recezione di ogni singolo ente segna l'� an � ed il � quando� 
dell'entrata in vigore delle nuove regolamentazioni a livello di normazione 
secondaria (art. 8 comma 4� legge n. 349/77), con la conseguenza 
che, prima di essa, sussiste il solo obbligo dell'ente di emanare un atto 
a contenuto conformemente vincolato, in difetto del quale la inserzione 
automatica delle sue clausole, in sostituzione di quelle difformi contenute 
nella contrattazione pregressa -cos� come operata dai giudici 
di merito -appare operazione arbitraria e condotta in violazione della 
normativa vigente. 

La eccezione di difetto assoluto di giurisdizione, sollevata con il 
primo motivo, � palesemen~e infondata. 

L'art. 7 della legge 29 giugno 1977 n. 349 stabilisce: � Fino all'entrata 
in vigore della riforma sanitaria, i comm~ssari di cui al precedente 
articolo 2 sono tenuti ad adottare per la disciplina dei rapporti convenzionali 
con i medici generici, con gli specialisti esterni, con i medici 
ambulatoriali, con i titolari di farmacie, con i biologi e con gli appartenenti 
alle categorie sanitarie ausiliarie, le convenzioni nazionali uniche 
in tutto conformi arll'aocordo na.Zionale tipo stipulato ai sensi dell'art. 8 
della presente legge �. Insostenibile �, ci� posto, che, una volta stipulata 
la convenzione nazionale unica, l'interesse dei medici alla applicazione 
di quest'ultima al proprio rapporto ed alla conseguente modifica



170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione del medesimo, costituisca un interesse di mero fatto, che non trova, 
nemmeno astrattamente, tutela nell'ordinamento (v. al riguardo, da I! 

ultimo, sent. 21 febbraio 1987, n. 1879; 20 giugno 1987, n. 5453), dal momento 
che la norma sopra trascritta indubbiamente attribuisce ai medici 
un diritto soggettivo perfetto, che ha quanto meno per oggetto l'adozione 
della convenzione da parte dei commissari, in adempimento di 

II

un'obbligazione di fare posto a loro carico dalla legge senza alcun 
margine di discrezionalit�. 
Parimenti infondata � l'eccezione di drnetto _�li giurisdizione del giudice 
ordinario nei confronti del giudice amministrativo. 
Anche ad ammettere che la procedura stabilita dall'art. 8 della legge 

n. 349 del 1977 non costituisca svo1gimento di un'ordinaria contrattazione 
collettiva, mettendo invece capo ad un procedimento di natura pubblicistica 
diretto alla determinazione del contenuto di un atto emanando 
dai pubblici poteri, assorbente � il rilievo che le controversie promosse 
per conseguire i corrispettivi previsti dalle nuove tariffe spettano 
alla cognizione del giudice ordinario, in quanto si ricollegano a po<>
izioni di diritto soggettivo scaturenti da un rapporto professionale 
di natura privatistica (di c.d. parasubordinazione; v. per tutte, sent. 24 
.giugno 1987, n. 5517), mentre � a tal fine irrHevante -come gi� ritenuto 
(v. sent. 5 dicembre 1985, n. 6094) -la questione del se gli accordi nazionali 
che disciplinano quel rapporto siano atti negoziali (come ritenuto 
dalla cit. sent. n. 5453/87) oppure amministrativi, dal momento che 
tale questione pu� soltanto incidere sui limiti interni (artt. 4 e 5 L. 
20 marzo 1865, n. 2248, All. E) della giurisdizione ordinaria. Chiaro � 
poi come con quest'ultima non interferisca neppure la questione della 
diretta efficacia delle convenzioni nazionali uniche sui rapporti, a prescindere 
dalla emanazione di una rdelibern di recezione da parte dell'ente, 
perch� � questa una questione di merito, non gi� di giurisdizione. 
Resta da precisare che le pur pregevoli argomentazioni della difesa dell'Amministrazione 
ricorrente in ordine alla normativa procedimentale 
in esame come noDmativa �di azione� ed alfa conseguente natura di 
� interesse legittimo � attribuibile ana posizione soggettiva dei medici, 
si spuntano contro il rilievo che questi ultimi non hanno fatto valere 
un proprio individuale interesse allo svolgimento della procedura di 
cui al 1� comma dell'art. 8 della legge n. 349 del 1977 (il che avrebbe 
reso pertinenti le anzidette argomentazioni), ma hanno invece azionato 
il proprio interesse all'applicazione di una convenzione unica gi� stipulata 
e, come gi� detto, obbligatoria per l'ente senza margine alcuno di 
discrezionalit�. 
Con l'ultima parte del secondo motivo, l'Amministrazione ricorrente 
ha dedotto che, in ogni caso, la deliberazione di recezione della convenzione 
da parte di ogni singolo ente � essenziale ed indispensabile ai 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

fini dell'applicazione della nuova regolamentazione, mentre la sussistenza 
a carico dell'ente dell'obbligo di emanare un atto a contenuto conformemente 
vincolato di per s� non giustifica un'inserzione automatica nei 
mpporti delle nuove clausole, arbitrariamente nella specie operata dal 
giudice del merito. Anche questa censura � infondata. 

Se .� infatti vero che l'art. 8 della legge n. 349 del 1977, nel disciplinare 
gli ademptmenti di cui all'art. 7, prevede la emanazione, da parte 
dei commissari, di deliberazioni di adozione, nel termine di trenta giorni 
dalla notificazione dell'accordo nazionale da parte del Ministero del 
lavoro, e, con il 4� comma, stabilisce che � le normative e gli accordi 
vigenti presso ciascun ente o cassa mutua alla data di entrata in vigore 
della presente legge cessano di avere efficacia dalla data delle deliberazioni 
che recepiscono le corrispondenti convenzioni nazionali uniche
�, non � men vero che tale disciplina � dettata al filile di assicurare 
e la conoscenza legale dell'accordo nazionale (soltanto con la legge 

n. 833 del 1978 siffatti accordi devono esser resi esecutivi con decreto 
del Presidente della Repubblica) e la sollecita attuazione in sede amministrativa 
di quanto necessario per l'effettiva, concreta applicazione 
dell'accordo. Evidentemente contrario ad una siffatta �ratio � � l'assunto 
che le deliberazioni di recezione abbiano una funzione essenziale e 
costitutiva ~anzich� meramente ricognitiva) di un obbligo gi� compiutamente 
discendente, invece, dalla legge e suscettibile, ai sensi del 1� 
comma dell'art. 10, di interventi sostitutivi; mentre il 2� ed il 3� comma 
dello stesso art. 10, comminando la nullit� di qualsiasi convenzione (generale 
od individuale) non conforme alle clausole delle convenzioni 
uniche, chiaramente attestano come siffatte clausole posseggano un'autonoma, 
diretta efficacia, tanto da determinare la nullit� delle clausole 
difformi apposte dalle parti nella convenzione e da inserirsi in essa, in 
sostituzione di queste ultime clausole ~art. 1339 cod. civ.). Si deve del 
resto osservare che la contraria interpretazione, lungi dal comportare 
il sacrificio dell'interesse dei medici ad UOJ:a tempestiva applicazione 
della convenzione unica, soltanto imporrebbe di soddisfarlo, indirettamente 
e macchinosamente, mediante un'azione risarcitoria fondata sull'inadempimento 
dell'obbligo di adottare la deliberazione, approdandosi 
cos� allo stesso risultato pratico oui giunge l'interpretazione come 
sopra preferita. Contro questa interpretazione non � infine invocabile 
quell'indirizzo giurisprudenziale (v. sent. 24 febbraio 1988, n. 1996) secondo 
cui la deliberazione di recezione della convenzione unica non pu� 
attribuirle operativit� anteriore rispetto al termine indicato dalla legge, 
con conseguente nullit� delle clausole della stessa convenzione o di pattuizioni 
con singoli medici le quali prevedano analoga retroattivit�, anche 
se � opportuno precisare che per termine indicato dalla legge si 
deve, a questi effetti, intendere non soltanto quello normale (preso es

172 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pressamente in considerazione, come tale, dal 4� comma dell'art. 8 della 
legge n. 349 del 1977) della data della deliberazione di recezione, ma anche 
quello della data in cui la omessa recezione sarebbe dovuta intervenire. 


I ricorsi devono pertanto essere rigettati. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. unite, 3 aprile 1989, n. 1590; Pres. (ff) 
Sandulli -Est. Micali -P. M. Paolini -Rusciica (avv. Cordova e La 
Rose) c. Lavoro e Previdenza Sociale (Avv. Stato Fiengo). 

Giurisdizione civile � Lavoro � Assunzioni obbligatorie � L. n. 482 del 1968 � 
Diritti soggettivi nei confronti della P.A. � Nonne di relazione � 
Violazione � Invalido pretermesso nell'avviamento al lavoro � Domanda 
risarcitoria � Giurisdizione A.G.O. 

La l. 2 aprile 1968 n. 482 nel disciplinare il �collocamento obbligatorio 
di invalidi e minorati configura, a seguito dell'iscrizione dei lavoratori 
nelle liste di collocamento, diritti soggettivi perfetti e non gi� interessi 
legittimi in capo ai medesimi, uti singuli, nei confronti della Pubblica 
Amministrazione, in armonia con i precetti costituzionali di cui 
all'art. 38, 4� e 5� comma della Cost. (1). 

Mentre le norme che rego�ano l'accertamento dei requisiti per l'iscrizione 
negli appositi elenchi sono relative ad una fase di organizzazione 
(norme di azione), quelle che riguardano il momento successivo all'iscrizione 
regolano e tutelano direttamente i rapporti tra la P. A. ed i privati 
(norme di relazione); pertanto appartiene al giudice civile la cognizione 
della controversia concernente la violazione di tali ultime norme, come 
nel caso �in cui venga illegittimamente pretermesso l'avviamento dell'invalido 
iscritto nell'elenco (2). 

Il ricorrente, col primo e col secondo motivo del ricorso, che costituiscono 
entrambi aspetti diversi di una medesima censura, deducendo 
violazione e falsa aipplicazione degli artt. 1, 7, 9, 11, 12, 15, 16, 19 e 22 

(1) Le Sezioni Unite hanno richiamato d lavori preparatori dell'art. 38 
Cost., di cui la Legge 482/68 costituisce attuazione. Da essi emerge l'originario 
intento di stabilire � una relazione tra la comunit� ed i singoli che avrebbero 
costituito, poi, la categoria protetta>>, non considerando, pertanto, questi ultimi 
come �una trascendenza di uomini che avrebbero goduto di un diritto riflesso 
concessogli dallo Stato �. 
(2) Le S.UU. hanno posto una differenza tra le norme sul collocamento 
ordinario, dalle quali sorge il diritto riflesso del singolo a trovare occupazione 
(norme di azione) e quelle invece sul collocamento obbligato:rfo che vanno suddistinte 
in norme di azione e relazione. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

della legge 2 aprile 1968, n. 482, degli artt. 6 e 7 della legge 13 marzo 
1958, n. 308, deM'art. 33 della legge 20 maggio 1970, n. 300, degli artt. 2, 
4 e 38 Cost. e degli artt. 12 e 13 del r1d. 30 dicembre 1923, n. 2641, nonch� 
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo 
della controversia, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c., ha sostenuto 
che la Corte di Appello aveva errato nell'aver ritenuto che le norme 
di cui alla legge 2 aprile 1968 n. 482, costituivano una molteplicit� di 
regole ordinate al buon funzionamento dell'organizzazione pubblica che 
presiede al collocamento agevolato delle categorie protette e, quindi, 
dovevano esser considerate norme di azione, poste a tutela di semplici 
interessi legittimi dei cittadini interessati, che si avvantaggiano di esse 
soltanto indirettamente per la soddisfazione delle loro esigenze. 

Il giudice a quo, per contro, secondo la tesi esposta, avrebbe dovuto 
ritenere che quelle norme, finalizzate a proteggere in via immediata il 
diritto primario degli invalidi a trovare un lavoro degnamente remunerativo, 
ex art. 2, 3 e 38 Cost., costituivano norme di relazione, poste a 
tutela di ,diritti soggettivi perfetti dalla cui lesione so11ge, nei soggetti 
lesi, il diritto al risavcimento del danno nei confronti della pubblica amministrazione. 


La doglianza � fondata. 

Essa �, nei termini in cui viene posta, ciel tutto nuova in giurisprudenza 
onde impone al collegio di individuare i tratti differenziali tra il 
collocamento o:ridinario e quello obbligatorio e, all'interno di quest'ultimo, 
di stabilire, quando, esaurita la fase amministrativa, da cui sorgono 
soltanto interessi legittimi, sorga lo status d'invalido, da cui derivano 
per i soggetti protetti diritti nei confronti della pubblica amministrazione 
e dei privati. 

La legislazione sul collocamento ordinario attua una norma programmatica 
della Costituzione, secondo i precetti di cui agli artt. 1 e 4. 

Il legislatore costituente, dopo aver stabilito con l'art. 1 che il lavoro 
� il fondamento stesso della Repubblica, ha disposto, in particolare, 
con l'art. 4, 1� rcomma, che �la Repubblica riconosce a tutti i cittadini 
il diritto al 'lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo 
1diritto �. 

Si tratta, pertanto, di un obiettivo di fondo la cui legge di attuazione, 
concernente le modalit� per la realizzazione del collocamento, costituisce 
il modo dello Stato di organizzarsi e di darsi un ordinamento 
adatto a far s� che i cittadini conseguano il lavoro. Da detta legislazione 
sorge il diritto riflesso del singolo a trovare un'occupazione, e non gi� 
il suo diritto immediato, intuitu personae, a conseguirlo, e da qui il carattere 
giuridico d'interesse legittimo per tale aspettativa. 

La giurisprudenza quindi, con buona ragione ha 'definito sempre le 
norme sul collocamento ordinario come norme di azione, rivolte all'organizza2:
ione di una struttura pubblica quanto pi� possibile efficiente 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

174 

per il raggiungimento di una finalit� costituzionale e, quindi, fonte di 
un interesse legitHmo per i cittadini. 

Non cos�, invece, pu� dirsi per il collocamento obbligatorio. 

Esso non trae origine dai precetti costituzionali suddetti, inscritti 
significativamente nel capo concernente i principi fondamentali della 
Repubblica, bens� dall'art. 38, 4� e 5� comma, Cast., contenuto nel titolo 
terzo sui rapporti economici, che � un precetto di tutela rafforzata di 
gruppi minoritari a cagione d'imperfezioni fisiche o di sventure incolpevoli 
(e da qui gli orfani e le vedove di guerra nonch� i profughi) che rendono 
ancor pi� imperioso per quei soggett! il bisogno di lavorare, perch� 
sfavoriti sui luoghi di lavoro e non accettati per il loro disadattamento o 
per la mancanza di una professionalit� specifica. 

Tali precetti costituzionali costituiscono delle vere e proprie regole 
di civilt� giuridica finalizzate immediatamente e direttamente alla tutela 
di valori fondamentali concernenti i cittadini pi� deboli o, pi� in 
generale, meno favoriti dalla sorte per ragioni sociali o politiche, di 
cui la collettivit� si fa carico ex s� come dovere suo di rendere uguali 
il pi� possibile i cittadini anche contro le rego~e economiche del profilo 
imprenditoriale. 

Da qui il tratto differenziale con le norme sul collocamento ordinario, 
perch� quelle sul collocamento obbligatorio, volte all'attuazione costituzionale 
di diritti finalizzati alla valorizzazione dei disabili, sono 
fonte di diritti soggettivi intuitu personae, e non gi� rivolte alla tutela 
di una molteplicit� indistinta di cittadini, onde esse, in linea �di massima, 
sono norme di relazione. 

Tuttavia, anche all'interno del sistema del collocamento obbligatorio 
bisogna distinguere tra una fase preliminare di organizzazione in cui 
lo Stato predispone i modelli di attuazione delle provvidenze volute 
(norme di azione) e quelle in cui, superata la prima, sorge nel soggetto 
protetto lo � status � d'inabile (momento iniziale delle norme di relazione). 


La prima fase � costituita dalla domanda presentata a:lla pubblica 
amministrazione dall'avente diritto all'iscrizione, e dagli accertamenti 
che quella dev�e compiere per verificare la sussistenza delle condiciones 
juris richieste dalla legge, per cui tale fase del rapporto, costituita, com'�, 
da norme di azione, d� luogo soltanto ad un interesse legittimo in favore 
del richiedente ed � tutelabile dinanzi al giudice amministrativo. 

Superata tale fase, ed accertata in sede amministrativa la sussistenza 
dei requisiti richiesti, l'iscrizione dell'avente ditritto nell'elenco che gli 
compete fa sorgere in lui lo � status � d'invalido, che, come tale, � fonte 
soltanto di diritti soggettivi, perch� la legislazione che lo assiste � costituita 
da una serie di norme di relazione ohe lo proteggono e lo sostengono 
uti singulus nel suo bisogno particolarre di lavorare. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 175 

Di tanto ne d� certezza la stessa legge n. 482/68, che � riepilogativa 
di una molteplicit� di norme gi� poste a favore delle categorie protette 
ai fini del collocamento obbligatorio (leggi nn. 453/45, 479/46, 1222/47, 
538/48, 375/50, 539/50, 137/52, 142/53, 292/53, 594/54, 594/57, 130/58, 365/58, 
1539/62 e 367/63) e che ha la medesima ratio dei provvedimenti legislativi 
c):le riassume, ordinati tutti a dare attuazione, come gi� detto, ai precetti 
costituzionali di cui agli artt. 4 e 36 Cost. 

Il legislatore, pertanto, ha voluto conseguire con essa una doppia 
finalit�: introdurre, anzi tutto, un criterio volto a temperare in favore 
delle categorie meno favorite quoad laborem exercendum la regola economicistica 
della valutazione del posto di lavoro secondo criteri di utilit� 
marginale (rapporto di profitto in termini di capitalizzazione imprenditoriale, 
tra lavoro svolto e retribuzione corrisposta) e, dall'altro, 
restringere l'intervento as,sistenziale dello Stato mediante la soLlecitazione 
dello spirito solidaristico dei datori di lavoro, sia privati che pubblici, 
al fine dell'inserimento dei cittadini parzialmente disabili nel tessuto 
economico e produttivo della nazione. 

Or tali scopi, per la iloro stessa natura, afferendo alla vita di relazione 
ed avendo come mira il conseguimento del bene comune (che gi� 
di per s�, significativamente, � si novera da ci� che ne ridonda nei 
singoli�) possono esse.r conseguiti soltanto con la promulgazione di una 
molteplicit� di norme di relazione, ordinate tutte, strutturalmente e funzionalmente, 
all'attuazione dei precetti costituzionali gi� detti, che, anche 
nei rapporti economici, sono finalizzati allo svi1uppo defila personalit� 
dei cittadini. 

La legge n. 482/68, pertanto, � volta a costituire, ontologicamente, 
nei soggetti protetti, dei diritti soggettivi (nei limiti gi� indicati) e non 
gi� degli interessi legittimi, perch� l'apparato burocratico da essa predisposto 
si pone in posizione immediatamente dialogica coi cittadini in 
ordine ai bisogni oui essa deve provvedere. 

Su tale caratterstica fondamentale ha convenuto anche per ben due 
volte la Corte Costituzionale (sent. nn. 38/60 e 55/61) seppure con riferimento 
alla legislazione frammentaria precedente, ed essa ha posto 
in rilievo la funzione relazionale di quella legislazione, osservando che 
il precetto di cui all'art. 38 Cost. � si sostanzia e si realizza nell'effettivo 
collocamento al lavoro, e tal fine, nella specie, viene assolto dallo Stato 
per mezzo di un ~uo organo, la Commissione prevista dall'art. 4 del 
r.d.lgt. 3 ottobre 1947, n. 1222, che provvede al collocamento dei minorati 
ed attua il reinserimento di essi nel mondo del lavoro �. 

l)ella caratteristica di norme di relazione deHa legislazione in esame 
ne d� certezza anche la Carta Sociale Europa adottata in Torino il 
18 ottobre 1981 e recepita nel nostro ordinamento con la legge 3 luglio 
1965, n. 929, il cui art. 15 dispone che: �per assicurare l'esercizio 
effettivo del diritto della persona fisicamente o mentalmente minorata 


176 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla formazione professionale ed al riadattamento professionale e so 
ciaile le Parti contraenti s'impegnano: ... 2) a prendere misure adeguate 
per il collocamento delle persone fisicamente minorate specialmente per 
mezzo dei servizi specializzati di collocamento, di possibilit� d'impiego 

protetto e di misure atte ad incoraggiare i datori di lavoro ad assumere 
persone fisicamente minorate �. 

Appare evidente, quindi, che la legge n. 482/68, tenuto conto deiJa 
sua finalit� di attuazione dei precetti costituzionali, se non costituisce 
diritti soggettivi perfetti tra gli iscritti nelle liste di. collocamento ed � 
datori di lavoro cui i primi vengono avviati, secondo la giurisprudenza 
costante di questa Corte, ne costituisce certamente, anzi esclusivamente 
nei confronti dalla pubblica amministrazione dopo l'avvenuta iscrizione 
degli aventi diritto negli elenchi appositi. 

L'efficacia obbligatoria di tale legge, quindi, ha come soggetti di 
riferimento, i disabili, . da un lato, e la pubblica amministrazione, dall'altro, 
dopo che sia avvenuta da parte di quest'ultima la constatazione della 
sussistenza dei requisiti di legge richiesti per l'iscrizione dei primi. 

La caratteristica della legge in esame, di contenere, cio�, essenzialmente 
norme di relazione, idonee a costituire diritti soggettivi perfetti � 
.in favore dei cittadini invalidi, 1si trae non soltanto dal tenore generale 
delle singole disposizioni, ma dalla stessa letteralit� della norma di cui 
all'art. 30, che si riferisce ai soggetti protetti definendoli come � aventi 
diritto�. 

Or non v'� dubbio che se di costituzione di un diritto pu� parlarsi 
nella fattispecie, esso pu� esser riferibile, ed avere come termine di relazione, 
soltanto la pubblica amministrazione, perch� il momento costi� 
tutivo del contratto di lavoro � caratterizzato dall'in idem placitum et 
consensus �dei contraenti e non gi� dall'atto amministrativo di avviamento 
al lavoro emesso dalla commissione per il collocamento (salvo ovviamente 
il diritto dell'invalido al risarcimento del danno in caso di non 
avvenuta assunzione). 

Che la legge n. 482/68 non �ontenga principalmente norme di azione 
rivolte soltanto al funzionamento interno della pubblica amministrazione, 
bens� norme di relazione, si trae anche dall'interpretazione che ha 
dato ad essa il Consiglio di Stato con l'enunciazione del principio di 
diritto seguente: �l'art. 19 della legge 2 aprile 1968, n. 482, il quale prevede 
l'istituzione presso gli uffici provinciali del lavoro degli elenchi, _ 
per singole categorie d'inva11di in possesso di determinati requisiti, non 
si rivolge unilateralmente all'amministrazione per regolairne il funziona i:! 
mento interno (cos� dette norme di azione, da cui le posizioni giuridiche 
dei privati ricevono soltanto protezione occasionale), ma regola e tutela 

I

direttamente i rapporti tra la pubblica amministrazione ed i privati, 
�: 
ii 

f 
f
f: 


PARm I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 177 

che si atteggiano secondo gli schemi (correlazione al diritto di un soggetto, 
dell'obbligo, in 1senso lato, dell'altro) che normalmente valgono, 
secondo il diritto comune, a distinguere e ad armonizzare i rapporti tra 
le sfere giuridiche dei singoli soggetti � cos� dette no:rime di relazione � 
(sent. n. 495 del 22 giugno 1971). 

Pi� particolarmente, la ratio della legge n. 482/68 trova la sua legit� 
timazione nei principi che il legislatore costituente pose a fondamento 
del precetto di cui all'art. 38 Cost. 

L'iter legislativo di tale norma fu molto ~aborioso, ma, ripercorrendone 
il cammino, esso dimostra che il legislatore consider� sempre i 
precetti di carattere assistenziale e previdenziafo, con rigu.aroo agli inabili, 
come norme primarie della vita di relazione, poste a garanzia dei 
diritti inalienabili della persona (diritti soggettivi primari) per il conseguimento 
dei quali le leggi o:ridinarie a'VTebbero avuto soltanto funzione 
d'agevolazione tra il cittadino e lo Stato e, quindi, il carattere costitutivo 
di norme di relazione. 

La prima formulazione che il precetto ebbe ad opera del relatore 
nominato dalla terza sottocommissione dell'assemblea costituente nella 
seduta dell'll settembre 1946, constava di quattro commi di cui gli 
ultimi due concernevano pi� direttamente i diritti previdenziali ed assistenziali: 
�ogni essere che, a motivo dell'et�, dello stato fisico o mentale, 
o della situazione economica, si trovi nell'impossibilit� di lavorare, 
ha diritto di o.ttenere dalla collettivit� mezzi adeguati di sussistenza. 

� �rgani pubblici di protezione sociale garantiranno i menzionati 
diritti, attuando e promovendo ogni forma di assistenza, compresa quella 
medica gratuita, che deve tendere anche al riattamento fisico della 
persona minorata �. 

L'illustrazione che ne fece il relatore fu la seguente: 1) �la formula 
prospettata deriva dagli insegnamenti di altre costituzioni cui � opportuno 
accostarsi p~r un'auspicabile unicit� di sistema, ma contiene anche, 
in implicito, il richiamo ad una solidariet� sociale che risponde 
alla generosit� consapevole de1lo spirito, che � fonte primaria e spontanea 
del nostro diritto�; 2) �ogni cittadino, per il fatto stesso che esiste 
e vive, ha diritto di essere posto in condizioni di poter far fronte alle 
minime esigenze di vita, e queste possono venire soddisfatte attraverso 
un'attivit� diretta, in quanto l'individuo ha la possibilit� fisica od intellettuale 
nonch� l'occasione sociale ed economica di lavorare, (nel 
qual caso ha anche il dovere di farlo) ovvero attraverso l'obbl1go che in 
combe alla collettivit�, quando il cittadino, indipendentemente dalla sua 
volont�, non sia in condizioni, o per una crisi sociale, o per una causa 
fisica, intellettuaile o psichica, di lavorare�; 3) �non ritengo che debba 


178 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essere affrontato il problema molto dibattuto se l'assistenza e la previdenza 
debbano essere a carico dello Stato o della produzione, ovvero 
dell'una o dell'altro, perch� la questione ha carattere secondario, che 
dovr� essere precisato dalle leggi speciali, essenziale � l'affermazione che 
spetta alla collettivit� di corrispondere alle esigenze determinate da situa 
zioni particolari di carenza economica �. 

Si comprende facilmente, quindi, che il precetto fu riguardato iniziailmente 
in un'ottica solidaristica, e fu ritenuto realizzabile secondo 
i principi tr<:.dizionali della mutualit�, onde esso ebbe all'inizio carattere 
sinallagmatico e, quindi, di relazione tra la comunit� ed i singoli, che 
avrebbero costituito, poi, le categorie protette. 

Queste ultime erano state considerate, pertanto, non gi� come 
una trascendenza di uomini che avrebbero goduto di un diritto riflesso 
concessogli dallo Stato, secondo la concezione etica dello Stato 
idealista (che tanti guasti aveva cagionato in un passato recente e che 
la prima sottocommissione dell'assemblea costituente aveva rifiutato 
formalmente nella seduta del 9 settembre 1946) bens� come una sommatoria 
di uomini che avrebbero goduto ciascuno della protezione loro 
accordata come espressione del loro diritto naturale ed individuale 
alla vita ed al lavoro. 

Non v'� dubbio, quindi, che i precetti costituzionali di cui all'art. 38, 
4� e 5� comma, escludevano fin dal suo sorgere che le leggi ordinarie 
che vi avrebbero dato attuazione sarebbero state norme di azione, 
astratte ed impersonali, rivolte soltanto all'organizzazione statuale e non 
gi� correlate ai bisogni dei cittadini inabili, che, uti singuli, si sarebbero 
avvantaggiate di esse. 

La formulazione della norma, poi, in sede di adunanza plenaria delle 
sottocommissioni, ricevette la formulazione seguente ed in tali termini 
fu posta in votazione nella seduta dell'assemblea del 10 maggio 1947: 
� ogni cittadino inabile al lavoro e �sprovvisto dei mezzi necessari alla 
vita ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. 

�I lavoratori, in ragione del lavoro che prestano, hanno diritto che 
siano loro assiicurati mezzi adeguati per vivere in caso d'infortunio, ma.
Jattia, invalidit� e vecchiaia, �All'assistenza ed alla previdenza provvedono 
istituti ed organi predisposti ed integrati dallo Stato�. Il precetto, 
pertanto, rimase incantato, nella sua formulazione non del tutto felice, 
al vecchio criterio mutualistico, e non specificava con chiarezza il gra 
do di tutela del diritto naturale degli inabili a:l.Ja loro riabilitazione ed al 
loro reinserimento nel mondo del lavoro. 

Fu proposto, quindi, un emendamento la cui formulazione avvicinava 
sempre pi� lo stesso precetto costituzionale alla natura di norma di 
relazione che esso avrebbe assunto definitivamente rispetto alle esigen



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

ze ed ai bisogni primari di �vivere e ben vivere� dei cittadini disabili, 
come aspetto emblematico dell'esigenza di eliminazione o di attenuazione 
della minorit� fisica parziale quale �sventura da sopraffare�: �La Repubblica 
si assume <l'educazione e la rieducazione professionale dei cittadini 
non abbienti, inabili e minorati. proteggendo con leggi speciali 
il loro diritto al lavoro, e provvede al mantenimento ed all'assistenza sociale 
di quelli di essi che risultano colpiti da incapacit� assoluta fisica 

o 
mentale�. 
Le considerazioni pi� incidenti svolte a sostegno di esso furono le 
seguenti: 1) � il decidere se lo Stato debba assumersi o meno l'obbligo 
ed il .compito di provvedere alla rieducazione professionale ed all'istruzione 
ed all'avviamento di tutti i cittadini minorati ed inabili che risultano 
non abbienti e rieducabili, provvedendo altres� alla loro utilizzazione 
in posti idonei alle loro capacit� di iavoro, non � soltanto un problema 
sociale, un problema di solidariet� e di fratellanza umana, ma 
� anche un problema economico�; 2) Ǐ evidente il vantaggio economico 
dello Stato, di trasformare in enevgie produttive, attraverso cure sanitarie, 
forniture di apparecchi di protesi e corsi speciali d'istruzione e 
di rieducazione, una parte di quei pesi morti .di cui l'art. 34 (oggi 38) 
intende assumersi senz'altro 1l'onere, recuperando, .cos�, tanti sventurati 
ad una funzione attiva e proficua e ad una forma di vita pi� consona e 
pi� soddisfacente alla loro dignit� ed al loro desiderio legittimo di sentirsi 
ancora utili e producenti �. 

Ru proposto, infine, un ultimo emendamento che diede al precetto 
in questione la formulazione attuale, salvo piccoli ritocchi di forma: 
�ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari ha 
diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. 

�I lavoratori hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati 
per vivere in caso d'infortunio, malattia, invalidit� e vecchiaia, disoccupazione 
involontaria. 

� Gl'inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento 
professionale. 
A tali compiti provvedono organi ed istituti predisposti od integrati 

dallo Stato. 
� L'assistenza privata � libera �. 
Il proponente pose in rilievo, per quel che concerne fa questione in 

esame, che l'abolizione dell'inciso �in ragione del lavoro che prestano�, 
non soltanto sottraeva le prestazioni assistenziali e previdenziali al criterio 
mutualistico in quel tempo imperante, ma apriva possibilit� nuove 
e pi� avanzate in favore di quelle che sarebbero state le categorie protette: 
�abbiamo introdotto un comma apposito perch� abbiamo ritenuto 
di far riferimento non soltanto agli inabili ma anche ai minorati, 


180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


ed abbiamo fatto cenno dell'educazione e dell'avviamento professionale 
invece della semplice rieducazione �. 

Ecco chiarito dal legislatore stesso il carattere di norme di relazione 
che le leggi di attuazione del precetto di cui all'art. 38 Cost. 
avrebbero avuto, quale espressione concreta di quel � bene comune � 
rivolto alla valorizzazione di tutte le possibili energie lavorative, che, 
esaltando fondamentalmente la persona umana,� non avrebbero fatto 
gravare pi�, nello stesso tempo, i disabili sulla collettivit�. 

Questa � la peculiarit� della tutela costituzionale accordata alle 
categorie protette rispetto a q1Uella riconosciuta alla totalit� dei lavo 
ratori, le cui norme sul collocamento hanno la finalit� diversa d'inse� 
rire nel mondo del lavoro la generalit� dei cittadini abili irn quanto 
persone umane destinate per loro natura ad esercitare e ad esaltare 
la foro eticit� nelle attivit� operose della vita �di relazione senza il 
sostegno particolare della collettivit�. 

Da qui la conseguenza che le norme poste per la realizzazione di 
tale finalit� hanno lo scopo immediato d'organizzare la pubblica am 
ministrazione per l'adempimento di tale compit~>, e di fronte ad esso i 
singoli diritti aJl layoro dei cittadini acquistano, in concreto, di volta 
in volta, valore e specificit� d'interessi legittimi che trovano tutela 
riflessa nel conseguimento della finalit� programmata d'ordirne generale. 

Non cos�, invece, le norme sul collocamento obbligatorio, il cui 
scopo legislativo di proteggere i disabili come aventi diritto particolare 
alla soddisfazione delle esigenze primarie di vita rispetto alla gene 
ralit� dei cives trova fondamento anche nella nostra tradizione giuridica, 
le cui categorie tenute presenti erano costituite soltanto dai 
reduci e dagli invalidi di guerra. 

Il Senato di Roma promulg� per es!li una legge apposita di carattere 
premiale per quanti avevano ben meritato per la patria, onde la 
protezione sociale derivatane fu tanto di tutela, per la diminuita capacit� 
di lavoro, quanto� di f avor ad civitatem augendam (Plutarco: 
Vite parallele, Agiole e Chiomene ed i Gracchi). 

Oggi, il nostro legislatore, in armonia con il mutamento dei tempi 
e dei valori (questi ultimi, affermatisi nella coscienza sociale), ha ritenuto 
di accordare maggior tutela a tutti gli invaHdi. Senza distinzione 
di origine e di causa, assimilando il premio per meriti c01;nbattentistici 
alla sollecitudine e alla giustizia sociale, nello spirito di valorizzazione 
della persona umana, ritenuto tanto pi� necessario quanto meno que� 
sta � dotata per sorte di natura. 

Da quanto innanzi esposto consegue che il primo ed il secondo 
motivo del ricorso sono fondati e devono essere accolti, mentre il 
terzo motivo dev'essere dichiarato assorbito. (omissis) 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 181 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 aprile 1989, n. 1600 -Pres. Brancaccio 
-Est. Fanelli -P. M. A.matucci -Soc. A.P.T. ed altri (avv. 
Russo e Galluppi) c. Min. Tesoro (Avv. Stato Sabelli). 

Previdenza � Assicurazioni obbligatorie -Oneri sociali � Fiscalizzazione � 
Imprese manifatturiere ed estrattive � Inclusione delle imprese im� 
piantistiche metalmeccaniche � Art. 22 secondo comma dJ. n. 633 
del 1979 � Carattere innovativo � Efficacia. 

Ai sensi dell'art. 22, secondo comma del d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, 
convertito con modificazioni in l. 29 febbraio 1980 n. 33, il beneficio 
della fiscalizzazione degli oneri sociali deve innovativamente ritenersi 
esteso anche alle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico, 
dovendo queste ultime essere ricomprese nella categoria delle impre:,e 
manifatturiere ed estrattive di cui all'art. 1 del d.l. 7 febbraio 1977 n. 15, 
convertito con modificazioni in l. 7 aprile 1977 n. 102. 

Pertanto, tale estensione del beneficio riguarda l'anno 1980 e non 
pu� essere invocata l'efficacia ex tunc della norma citata, non costituendo 
essa interpretazione autentica della precedente normativa (1). 

(omissis) 1. � Il ricorso principale e quel!to incidentale vanno riu� 
niti (art. 335 c.p.c.). 

2. � Con l'unico motivo del loro ricorso principale denunciando 
violazione e faJ.sa applicazione degili artt. 1 della I. 7 aprile 1977 n. 102 
e 22 della I. 29 fobbraio 1980 n. 33, le Societ� sostengono che le aziende 
di installazione di impianti hanno natura di impresa manifatturiera, 
confermata dall'espresso disposto dell'art. 22 cit. che costituisce norma 
di interpretazione autentica e non gi� mera norma innovativa di 
estensione del beneficio unicamente per il futuro: esse quindi hanno 
(1) Le S.UU. hanno evidenziato che la precisazione della nozione di im� 
prese manifatturiere ed estrattive, in forma di interpretazione autentica era 
gi� avvenuta con l'art. 5 della Legge n. 92 del 1979. 
Nell'occasione la Corte ha prospettato i dubbi di costituzionalit� che deri� 
verebbero dall'attribuzione di carattere d'interpretazione autentica alla norma 
controversa, nei riguardi degli artt. 81, u.co. e 3 della Cost. 

In contrasto con l'ult. co. dell'art. 81 Cost. sarebbe la mancata previsione 
di una copertura di spese aggiuntiva nella Legge di conversione n. 33/80 in 
relazione all'onere aggiuntivo derivante dal riconoscimento di uno sgravio per 
le imprese impiantistiche con effetto retroattivo. 

Infine, in contrasto con l'art. 3 della Cost. sarebbe la disparit� di trattamento 
tra imprese impiantistiche per le quali lo sgravio costituirebbe una vera misura 
di sostegno e le imprese di altri settori per le quali lo sgravio era finalizzato 
ad una manovra di raffreddamento dei prezzi, strettamente connessa al momento 
storico in cui fu emanato il DL. 1977, n. 15. 

14 



182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diritto a1la fiscalizzazione degli oneri sociali (anche) per. il periodo 
1977-1979. 

3. -n ricorso � infondato. 
Oggetto della causa � la spettanza o meno, aille imprese impiantistiche 
del settore metalmeccanico, del beneficio della fiscalizzazione 
degli oneri sociali quale introdotto dall'art. 1 del d.l. 7 febbraio 1977 

n. 15, convertito con modificazioni nella legge 7 aprile 1977 n. 102, e 
successivamente prorogato da1la normativa infra citata. 
In particolare si controverte in ordine alla portata del secondo 
comma dell'art. 22 del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito con 
modificazioni nella legge 29 febbraio 1980 n. 33, che recita: � l'espres5ione 
"imprese manifatturiere ed estrattive", di cui all'art. 1 del 
decreto legge 7 febbraio 1977 n. 15, convertito con modificazioni nella 
Jegge 7 aprile 1977 n. 102, deve intendersi comprensiva delle imprese 
impiantistiche del settore metalmeocanico �, discutendosi se esso abbia 
carattere interpretativo, nel senso che il legislatore del 1980 abbia 
inteso fugare ogni dubbio riconoscendo espressamente (e retroattivamente) 
alle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico il beneficio 
della fiscalizzazione (anche) per gli anni 1976-1979, intervenendo 
con una norma di interipretazione autentica della disciplina regolatrice 
di tale sgravio; ovvero innovativo, avendo il legislatore inteso lllnicamente 
estendere anche alle imprese suddette il beneficio della fiscalizzazione 
per l'anno 1980, disinteressandosi della spettanza, o meno, 
dello stesso per gli anni precedenti. 

4. -Il beneficio de1la fiscalizzazione degli oneri sociali � �stato introdotto 
dal menzionato d.l. 7 febbraio 1977 n. 15 (recante norme per il 
contenimento del costo del lavoro e dell'inflazione) per il periodo dal 
1� febbraio di quell'anno fino al 31 gennaio del 1978. Il beneficio 
consisteva nel riconoscimento alle imprese di un credito dell'importo 
di L. 14.000 corrispondenti a 4 punti di contingenza per ogni mese di 
retribuzione (compresa la tredicesima mensilit�), reddito maggiorato 
di L. 10.500 (corrispondenti ad altri A3 punti di contingenza) a decorrere 
dal l� maggio 1977. Tale credito era destinato ad operare a con� 
guaglio degli importi contributivi dovuti dalle imprese agli enti gestori 
dell'assicurazione contro le malattie. Per compensare le conseguenti 
minori entrate di tali enti previdenziali era previsto un pari apporto 
de1lo Stato con .relativa copertura finanziaria. 
A beneficiare de1la fiscalizzazione degli oneri sociali erano -secondo 
l'originaria formulazione del decreto legge -~e �imprese industriali 
ed artigiane, escluse q1Uelle edili ed affini� (art. 1 d.l. cit.). 

In sede di conversione di detto decreto legge l'ambito delle imprese 
beneficiarie della fiscalizzazione fu meglio precisato individuando le 
stesse nelle � imprese manifatturiere ed estrattive �. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 183 

Invece un'estensione di tale ambito fu prevista dalla successiva 
legge 8 agosto 1977 n. 573 che accord� il beneficio suddetto anche ad 
altre categorie di imprese (quelle commerciali -comprensive dei loro 
consor:z;i e societ� consortili -condotte anche in forma cooperativa, 
considerate esportatrici abituali secondo i criteri fissati dalla legge 
sull'IVA, nonch� le imprese alberghiere, anche con prestazioni termali, 
i pubblici esercizi per fa somministrazione di alimenti e bevande). 

La fiscalizzazione fu 'successivamente prorogata prima (fino al 
31 marzo 1978) con d.l. 30 gennaio 1978 n. 15 (convertito nella legge 
22 marzo 1978), indi con d.l. 6 luglio 1978 n. 353 (convertito nella legge 
5 agosto 1978 n. 502). 

Contestualmente a1la proroga, fu anche modificato lo stesso meccanismo 
operativo e di calcolo del beneficio; fu infatti prevista (in 
luogo del credito da far valere in sede di conguaglio) un'immediata 
riduzione contributiva, peraltro in misura diversa secondo che si trattasse 
di personale maschile ovvero femminile, privilegiando quest'ultimo 
in modo da sostenere ed incentivarne (indirettamente) l'occupazione. 
P,ertanto a partire dal 1� luglio 1978 alle imprese beneficiarie della 
fiscalizzazione fu concessa una riduzione di L. 24.500 mens1li sui contributi 
per l'assicurazione di malattia dovuti per ogni addetto di sesso 
maschile, nonch� l'esenzione totale dal pagamento dei contributi medesimi 
per 1e prime 400.000 lire di contribuzione per ogni addetto di 
sesso femminile. 

Beneficiarie della proroga della fiscalizzazione, nei nuovi termini 
come sopra descritti, erano -secondo .l'espresso disposto dell'art. 2 
del d.l. n. 353 del 1978 -le �imprese di cui all'art. 1 del d.l. 7 febbraio 
1977 n. 15, convertito con modificazione nella legge 7 aprile 1977 

n. 102, nonch� le imprese di cui all'art. 1 della legge 8 agosto 1977 n. 573 �. 
Non di meno l'ambito delle imprese aventi diritto alla riduzione o al 
parziale esonero contributivo fu ampliato rispetto alla previgente di.
scipHna, giacch� l'art. 2 della legge n. 573 del 1977, estendendo il 
beneficio della fiscalizzazione anche alle aziende alberighiere con prestazioni 
termali, alle aziende per la somministrazione di alimenti e 
bevande, alle agenzie di viaggio, ai complessi turistico-ricettivi dell'aria 
aperta, foro consorzi e societ� consortili condotte anche in forma 
cooperativa. 
Un'ulteriore proroga della fiscalizzazione (fino al 30 giugno 1979) fu 
prevista dal d.l. 30 gennaio 1979, n. 20, convertito nella legge 31 marzo 
1979 n. 92. Contestualmente a tale proroga per� il legislatore ptl:ecis� 
sia il contenuto del beneficio (in ordine alla specifica questione dell'applicabilit� 
o meno dello stesso sulla tredicesima mensilit�), sia il suo 
ambito di applicazione non solo definendone meglio la sua originaria 
estensione, ma anche ampliandola. 


184 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ed infatti -quanto al contenuto del beneficio , -l'art. 2 della 
legge n. 94 cit. prevede, con una norma di interpretazione autentica, 
che mentre l'originario credito contributivo (riconosciuto alle imprese 
dal d.l. n. 15 del 1977 cit.) doveva intendevsi riferito anche alla tredicesima 
mensiilit�, invece la riduzione o parziale esenzione contributiva 
(introdotta dal d.l. n. 353 del 1978) non trovava applicazione n� sulla 
tredicesima mensilit�, n� su altre mensilit� aggiuntive. 

Quanto all'ambito di applicazione del beneficio il legisil.atore oper�, 
come gi� detto, in duplice modo. 

Introdusse innanzi tutto una precisazione in ordine alla determinazione 
delle imprese originariamente beneficiarie della fiscalizzazione, 
chiarendo (all'art. 5 della legge n. 92 del 1979) che � Je imprese manifatturiere 
ed estrattive di cui all'art. 1 del d.l. 7 febbraio 1977, n. 15, convertito 
con modificazioni nella legge 7 aprile 1977, n. 102, sono individuate 
con riferimento alla classificazione deLle attivit� economiche predisposte 
dall'ISTAT�. 

Inoltre il legislatore (sia nel decreto fogge cit. che nella stessa legge 
di conversione) ampli� ulteriormente l'ambito delle imprese aventi diritto 
a11a fiscalizzazione, prima estendendolo -con l'art. 1 del d.l. n. 20 
del 1979 -alle imprese costituite come societ� per azioni che esercitassero, 
mediante una complessa organizzazione tecnico-amministrativa, 
l'attivit� di progettazione di impianti industriali, alle aziende idrotermali, 
anche se non annesse. ad imprese alberghiere, e alle imprese di distribuzione 
e noleggio di films e di esevcizio delle sale cinematografiche; poi 
ulteriormente estendendolo -con l'art. 1 legge n. 92 del 1979 -alle 
imprese artigiane, escluse. quelle edili ed arffini, limitatamente ai lavoratori 
dipendenti e con esclusione dei titolari e dei coadiuvanti. 

Un'ulteriore proroga (fino al 31 dicembre 1979) fu prevista dalla 
legge 13 agosto 1979, n. 375. 

5. � Interviene alfine ola norma che forma oggetto della questione dibattuta 
col presente ricorso, cio� l'art. 22 del d.J.. 30 dicembre 1979, 
n. 663 (recante norme sul finanziamento del servizio sanitario naziona'
1e), ,convertito con modificazioni nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, norma 
questa che pur saldandosi ai precedenti provvedimenti di concessione 
del beneficio in esame (talch� non vi � soluzione temporale di continuit�), 
ha nuovamente strutturato l'istituto della fiscalizzazione degli oneri sociali 
prevedendone sia il contenuto che i beneficiari. 
Quanto al contenuto il legislatore ha abbandonato il sistema della 
riduzione in cifra del contributo di malattia (ossia una_ somma uguale 
per tutte le imprese beneficiarie a prescindere dalla retribuzione iin concreto 
erogata ai dipendenti), optando per una riduzione percentuale 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 185 

delle aliquote complessive nella mi�sura rispettivamente di quattro punti 
(percentuali) rper il personale maschile e di dieci ipunti per il personale 
femminile. Quanto all'ambito di applicazione di questo nuovo sistema di 
fiscalizzazione il legislatore, invece di ripetere l'ormai lungo elenco di 
categorie di imprese beneficiarie che, da11'origina:ria definizione del d.I. 

n. 15 del 1977, si era progressivamente ampliato -cos� come gi� detto, 
-ha preferito far riferimento, con la tecnica del rinvio recettiz10 e 
quindi con una formulazione pi� sintetica, alle precedenti norme di legge, 
via via .succedutesi nel tempo. 
Tale rinvio � cos� testualmente operato dall'art. 22 cit.: �In attesa 
del riordino organico di tutta fa materia concernente gli sgravi e la fiscalizzazione 
degli oneri sociali, a decorrere dal periodo di paga successivo 
a quello in corso al 31 dicembre 1979 e fino al 31 dicembre 1980, le 
aliquote complessive della contribuzione per J'assicurazione obbligatoria 
contro le malattie a carico: 

-delle imprese di cui alil'art. 1 del d.I. 7 febbraio 1977, n. 15, convertito, 
con modificazioni, nella legge 7 aiprile 1977, n. 102; 
-delle imprese di cui all'art. 1 della legge 8 agosto 1977, n. 573 
nel testo modificato dall'art. 2 della legge 5 agosto 1978, n. 502; 

-nonch� de1le imprese di aui all'art. 1 del d.I. 30 gennaio 1979, n. 20, 
convertito, con modificazioni, nella Jegge 31 marzo 1979, n. 92; sono 
ridotte... �. 

In sede di conversione del cit. decreto legge nella legge 29 feh 
braio 1980, n. 33, fu inserito nell'art. 22 .un secondo comma, la cui interpretazione 
cqstituisce oggetto della presente controversia, che prevedeva 
che l'espressione �imprese manufatturiere ed estrattive �, di cui 
all'art. 1 del decreto-legge 7 febbraio 1977, n. 15, convertito con modificazioni 
nella legge 7 aprile 1977, n. 102, doves�se intendersi come com 
prensiva delle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico �. 

Di tale modifica fu data ragione in aula dal primo firmatario dell'emendamento 
on. Romei, secondo cui (v. il resoconto stenografico dclla 
seduta) �l'emendamento tende a dare l'interpretazione autentica delle 
norme del primo provvedimento sulla fiscalizzazione, inserendo nelle 
imprese manufatturiere ed estrattive le imprese impiantistiche del settore 
metalmeccanico che Je classificazioni ISTAT comprendono invece nel 
settore edilizio �. 

6. -Anche i provvedimenti legislativi successivi alla legge n. 33 del 
1980, di cui si discute, mantengono distinte le imprese impiantistiche sul 
settore metalmeccanico (come categorie a s�) dalle imprese manifatturiere. 
Invero, con d.I. 9 luglio 1980, n. 301 il legislatore ha dettato un'ulteriore 
speciale riduzione di una serie di oneri sociali (analiticamente in



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO

186 

dicati nell'art. 1) a carico delle imprese al fine di frenare l'inflazione e 
sostenere la competitivit� del sistema industriale: beneficiarie di tale 
intervento sono state �le imprese industriali ed artigiane operanti nei 
settori manifatturieri ed estrattivi individuati con riferimento alla classificazione 
delle attivit� economiche predisposte dall'ISTAT e ile imprese 
impiantistiche del settore metalmeccanico �. 

Decaduto tale decreto-legge, veniva ripresentato con d.1. 30 agosto 
1980, n. 503, (convertito nella legge 23 ottobre 1980, n. 687); veniva riprodotta 
la �Stessa definizione neH'amibito delle impres� beneficiarie del 
l'intervento di sostegno. 

Infine con legge 28 novembre 1980, n. 782 il �legislatore da una parte 
prorogava al 30 giugno 1981 il termine di cui al cit. art. 22 del d.l. 
30 dicembre 1979, n. 663, d'altra parte a:ccoridava nuovi sgravi contributivi 
ed inqividuava le imprese beneficiarie della fiscalizzazione nelle � imprese 
industriali ed artigiane operanti nei settori manifatturieri ed estr~ttivi. 
nonch� nel1e imprese impiantistiche del settore metalmeccanico, risultanti 
da1la classificazione delle attivit� economiche adottata dall'ISTAT�. 

7. -Il problema interpretativo che pone il secondo comma dell'art. 22 
cit. consiste sostanzia1mente -come gi� innanzi rilevato -nell'indagare 
se il legislatore, nel porre la nuova disciplina della fiscalizzazione 
degli oneri sociali (ossia quella relativa all'anno 1980), abbia a:nche inteso 
dettare una disposizione atta a meglio regolare la precedente fiscalizzazione 
(ossia quella relativa agli anni 1977/1979). 
Dagli atti parlamentari parnebbe che l'intento quanto meno del primo 
firmatario dell'emendamento fosse appunto quello di cogliere l'occasione 
de1l'introduzione della disciplina della � nuova � fiscalizzazione 
per regolare, con una norma interipvetativa, un aspetto della �vecchia� 
fiscalizzazione. 

Viceversa la g1urisprudenza di questa Corte ha in sostanza ritenuto 
che il legislatore della legge n. 33 del 1980 si � completamente disinteres 
sato della pvecedente fiscalizzazione, nonostante che un diservo inter1dimento 
fosse in animo dei promotori deH'emendamento in questione. In 
altre parole, la manifestata volont� di incidere anche sulla �vecchia� 
fiscalizzazione non si sarebbe tradotta in realt� in un precetto normativo. 


E sotto questo profilo -che � quello che rileva al fine di accertare 
se alle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico spetti anche 
il beneficio della � vecchia � fiscalizzazione in forza del secondo comma 
dell'art. 22 cit. -non vi � alcun contrasto, avendo tutta la giurisprudenza 
ritenuto che tale norma riguardi unicamente la � nuova � fiscalizzazione. 
Alla base di tale affermazione vi � il carattere innovativo, e non gi� 
interpretativo, del secondo comma dell'art. 22: la giurisprudenza di gran 
lunga prevalente ha infatti ritenuto che il Jegislatore, nel porre al se



-


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 187 

condo comma de11'art. 22 (in sede di legge di conversione) J'equiparazione 
delle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico alle imprese 
manifatturiere ed estrattive ~di cui all'art. 1 del d.l. n. 15 del 1977, conv 
in 1. n. 102 del 1977), ha inteso unicamente estendere il beneficio della 
��nuova� fiscalizzazione (ossia quella relativa all'anno 1980) anche a 
tali prime imprese che invece ne sarebbero rimaste escluse se l'ambito 
delle imprese beneficiarie dell'intervento di sostegno fosse rimasto defi 
nito dal solo primo comma dell'art. 22 del decreto ~egge (Cass. 15 ottobre 
1986, n. 6061; 13 aprile 1987, n. 3693; 11 maggio 1987, n. 4332; 26 novembre 
1987, n. 8570; 19 dicembre 1987, n. 9482; 19 gennaio 1988, n. 373; 

19 gennaio 1988, n. 383; 19 gennaio 1988, n. 387; 21 gennaio 1988, n. 459; 
5 f.ebbraio 1988, n. 1243; 17 giugno 1988, n. 4157). 

8. -Le ragioni di tale orientamento unfforme possono cos� sintetiz� 
zarsi: 
A) Il primo comma dell'art. 22 non indica nominatim le imprese be� 
neficiarie della nuov'a fiscalizzazione, ma rinvia ai precedenti testi nor 
mativi al fine di definire l'ambito di applicazione del nuovo intervento 
di sostegno. Questa tecnica incide anche sull'interpretazione del secondo 
comma nel senso che la puntualizzazione in ordine all'espressione � imprese 
manifatturiere ed estrattive� contenuta nell'art. 1 del d.l. n. 15 
del 1977 va letta anch'essa in chiave di mero rinvio recettizio per definire 
meglio (ampHandolo) l'ambito delle imprese beneficiarie della 
� nuova � fiscalizzazione e non gi� di quelle destinatarie del precedente 
interv,ento di sostegno ormai esaurito. 

B) Il legislatore, appena un anno prima, aveva gi� precisato (con 
l'art. 5 della legge n. 92 del 1979) la nozione di imprese manifatturiere 
ed estrattive, facendo riferimento alla classificazione delle attivit� eco 
nomiche predisposte dall'ISTAT, ossia ad un criterio oggettivo che non 
lasciava margine a contestazioni; alla stregua di tale puntualizzazione le 
imprese impiantistiche erano sicuramente escluse dal beneficio della 
(�vecchia�) fiscalizzazione perch� la classificazione dell'ISTAT le te� 
neva distinte da quelle manifatturiere ed estrattive. Sarebbe ben strano 
-si rileva nella cit. sentenza -che, a cos� breve distanza di tempo 
e senza neppure richiamare la precedente legge n. 92, il legislatore sia 
tornato a precisare ulteriormente l'ambito delle imprese aventi diritto 
al beneficio con una prescrizione di segno opposto rispetto a quella contenuta 
nell'art. 5 cit. 

C) L'art. 22 � inserito nel contesto di un provvedimento legislativo 
che riguarda il finanziamento del servizio sanitario nazionale e la fi. 
scalizzazione degli oneri sociali per l'anno 1980 e limitatamente a tale 
anno � prevista la copertura dell'one;re finanziario relativo. 


.� 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pertanto anche il �secondo comma di tale norma si riferisce alla fiscalizzazione 
per �l'anno 1980 e non anche a quella degli anni precedenti; 
quindi ha carattere innovativo. 

D) La legislazione successiva alla sopraindicata legge n. 33 del 
1980 continua a tenere distinte le imprese impianHstiohe del settore 
metalmeccanico dalle imprese estrattive e manifatturiere. Ta.Je rilievo 
autonomo delle prime non av:r~ebbe senso se l'equiparazione sancita dal 
secondo comma dell'art. 22 non fos�se da intendere come limitata alla 
fiscalizzazione per l'anno 1980; 

E) Allorch� il legislatore ha voluto eccezionalmente estendere con 
efficacia retroattiva H beneficio della fiscalizzazione degli oneri sociali 
ad imprese divevse da queHe originariamente previste ha manifestato in 
modo espresso tale intento; il cit. art. 1 della legge n. 573 del 1977 ha 
previsto che il beneficiario della fiscalizzazione contemplata dall'art. 1 
del d.I. n. 15 del 1977 si applica anche ad ulteriori categorie di imprese 
con le stesse modalit� e decorrenze. 

F) Il tenore lettemle del secondo comma dell'art. 22 non � univoco. 
Nel testo delle varie leggi suHa fiscalizzazione degli oneri sociali espressioni 
quali � si considera � o �deve intendersi � non conferiscono necessariamente 
carattere interpretativo alla norma che le contiene, n� comportano 
l'efficacia retroattiva della medesima. Quando il legislatore ha 
inteso introdurre una norma interpretativa, lo ha fatto in termini espliciti 
(ad es. l'art. 2 della citata legge n. 92, del 1979 stabilisce che l'art. 2 
del d.I. n. 353, del 1978, che ha prorogato. la fiscalizzazione, va interpretato 
nel senso che il beneficio non si applica anche alla tredicesima mensilit�). 


9. -Solo apparentemente si pone in contrasto con tale orientamento 
)a sentenza 10 febbraio 1988, n. 1435. 
Anche secondo tale pronuncia, al pari .di quelle sopra citate, hi legge 

di conversione n. 33 del 1980, nell'introdurre il secondo comma de1l'art. 

22, non ha inteso affatto precisare ex post l'ambito soggettivo di appli


cazione della � vecchia � fiscalizzazione, della quale si � disinteressato, 

ma ha soltanto corretto l'ambito di applicazion� della � nuova � fisca


lizzazione rispetto alla determinazione contenuta nel primo comma del� 

l'art. 22 del decreto legge n. 663 del 1979. 

Questa �correzione� -secondo la sentenza n. 1435 (che valorizza 

H dato testuale della norma ritenuto tipico delle leggi di natura inter


pretativa) -� avvenuta mediante una norma interpretativa, mentre 


secondo tutte le altre pronunce sopra richiamate -con una norma 

innovativa. 

Ossia queste ultime sostengono che il Jegisfatore, mentre in sede di 
decreto-legge avrebbe limitato la � nuova � fiscalizzazione alle stesse im



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 189 

prese che avevano beneficiato della � veochia � fiscalizzazione (con esclusione 
quindi delle imprese impiantistiche), iri sede di ,Jegge di conversione 
avrebbe aggiunto tra le imprese aventi diritto al beneficio anche quelle 
impiantistiche del settore metalmeccanico. 

Invece, secondo la :sentenza n. 1435, il legislatore -per raggiungere 
lo stesso risultato -avrebbe interpretato autenticamente l'art. 1 
del d.l. n. 15 del 1977 come modificato dalla legge n. 102 del 1977, al quale 
rinvia il primo comma dell'art. 22. 

Quindi oggetto dell'interpretazione autentica � s� l'art. 1 cit. (che riguarda 
la �vecchia� fiscalizzazione), ma unicamente in quanto norma ri� 
chiamata con rinvio recettizio per definire l'ambito di applicazione della 
�nuova� fiscalizzazione, �rinvio che quindi costituisce null'altro che un 
espediente per non ripetere nella norma nuova il lungo elenco di imprese 
beneficiarie, progressivamente allungatosi in occasione delle varie 
proroghe de1la fiscalizzazione. 

Afferma in particolare la sentenza n. 1435 che l'estensione del beneficio 
de1la fiscalizzazione degli oneri sociali (si tratta della � nuova � 
fiscalizzazione relativa all'anno 1980) a favore delle imprese impiantistiche 
� stata ottenuta non attraverso una pura e semplice estensione 
del beneficio a dette imprese, e quindi con una norma immediatamente 
dispositiva, ma attraverno l'imposizione di una divevsa e pi� ampia interpretazione 
della categoria delle imprese manifatturiere ed estrattive, 
gi� beneficiarie di tale fiscalizzazione. Quindi -precisa ulteriormente la 
sentenza -l'interpretazione imposta riguarda unicamente il periodo di 
vigenza de1la � nuova � fiscalizzazione e sotto questo profilo pu� dirsi 
che retroagisce solo fino al 1� gennaio 1980, ossia solo fino al giorno a 
partire dal quale trova applicazione il nuovo regime della fiscalizzazione. 

A tale conclusione perviene anche il maggioritario orientamento giurisprudenziale 
che vede nel 2� comma dell'art. 22 una norma innovativa 
e non prescrittiva, talch� non vi � contrasto di giurisprudenza non 
solo in ordine all'inapplicabilit� della �vecchia� fiscalizzazione (per gli 
anni 1977/1979) alle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico, 
ma anche in ordine alla portata della (pacifica) applicabilit� alle stesse 
del beneficio della � nuova fiscalizzazione � . 

Sotto questo duplice profilo pertanto vi � in �sostanza soltanto una 
divergenza in ordine alla qualificazione formale del dato normativo, 
divergenza di carattere ricostruttivo-sistematico e quindi essenzialmente 
teorico. 

N�, d'altra parte, � stato mai posto in dubbio fra le parti che l'in� 
novazione introdotta dalla l�egge di conversione operasse quanto meno a 
far tempo dalla entrata in vigore del decreto legge convertito. 

10. -In conclusione, queste Sezioni Unite ritengono di dover aderire 
all'indirizzo maggioritario (ed anzi unico quanto alla soluzione da dare 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

190 

alla controveI'Sia), perch� le ragioni che Jo presidiano, ed innanzi rias� 
sunte, appaiono del tutto convincenti e conformi a legge, n� ad esse 
si oppongono contrastanti decisioni. 

11. -Del resto, la interpretazione accolta trova conforto anche nella 
cons1derazione che la tesi del carattere interpretativo dell'art. 22, pur se 
di valenza meramente teorica, potrebbe porsi in contrasto con la Carta 
costituzionale. 
E costitui8ce principio generale che nell'interpretazione di una nor� 
ma di legge occorra privilegiare il significato maggiormente conforme ai 
canoni costituzionali, rispetto a quello che esporrebbe fa norma a dubbi 
di costituzionalit�. 

Nella specie, ove si leggesse il secondo comma dell'art. 22 come nor� 
ma di interpretazione autentica della disciplina della fiscalizzazione per 
gli anni 1977/79, insorgerebbero dubbi di costituzionalit� sotto il profilo 
sia dell'art. 81, u.co., che dell'art. 3 Cost. 

Infatti -tenuto conto che il precedente criterio del riferimento 
alla classificazione dell'ISTAT escludeva le imprese impiantistiche dal 
beneficio della fiscalizzazione -il riconoscimento anche a queste ultime 
dello sgravio con effetto retroattivo comporterebbe un onere finanziario 
aggiuntivo per lo Stato -che si � fatto carico di compensare la riduzione 
di provvista degli enti previdenziali con il trasferimento di fondi 
in misura pari alla concessa riduzione contributiva. Pertanto sar,ebbe 
operativa la prescrizione dell'ultimo comma dell'art. 81 Cost. che impone 
al Jegislatore ordinario di indicare nelle leggi di spesa (che -secondo 
il ,dato testuale della norma -sono quelle che comportano non 
solo nuove spese, ma anche maggiori spese) i mezzi per farvi fronte, 
mentre � dubbio che l'originaria copertura finanziaria del decreto legge 

n. 663 cit. (riguardante esclusivamente la �nuova� fiscalizzazione) autorizzasse 
fa previsione, nella legge di conversione n. 33, di una nuova 
spesa aggiuntiva relativa alla �vecchia� fiscalizzazione senza una copertura 
aggiuntiva. Nella specie, invece, la legge di conversione de qua 
(n. 33 del 1980) -che ove si ritenesse che il secondo comma dell'art. 22 
costituisca norma di interpretazione autentica dell'ambito delle impre� 
se beneficiarie della � vecchia � fiscalizzazione, comporterebbe un considerevole 
aggravio per l'erario -non contiene una norma di copertura 
finanziaria ad hoc e quindi, sotto questo profilo, potrebbe dubitarsi della 
sua legittimit� costituzionale. 
Un secondo profilo di costituzionalit� attiene all'art. 3 Cost. 

L'originario provvedimento di fiscalizzazione costituiva una manovra 
di politica economica perseguendo il dichiarato fine di contenere 
l'inflazione monetaria che negli anni 1977/79 aveva raggiunto livelli elevati. 
Questa specifica finalit� giustificava il carattere mirato del prov� 
vedimento, nel ,senso che -con valutazione di merito riservata al legi



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

slatore -erano state individuate determinate categorie di imprese dove 
pi� urgente o pi� efficacie era la manovra di raffreddamento dei prezzi. 
Una tale finalit� invece non pu� pi� essere perseguita retroattivamente 
da un provvedimento di fiscalizzazione che intervenga ex post, 
quando ormai non � pi� storicamente possibile incidere sull'andamento 
dei p;rezzi nell'arco di tempo al quale la fiscalizzazione stessa si riferisce. 
In tal caso vi sarebbe null'altro che una mera misura di sostegno dell'attivit� 
dell'impresa; ma allora d sarebbe da interrogarsi in ordine alla 
legittimit� della disparit� di trattamento -rilevante sotto il profilo 
dell'art. 3 Cost. -tra imprese impiantistiche del settore metalmeccanico 
ed imprese (impiantistiche e non) di altri settori anch'esse originariamente 
escluse dalla fiscalizzazione per gli anni 1977/79. 

12. -Quanto ana tesi, in via principale e ampliamente illustrata nella 
memoria presentata per l'odierna discussione, ma evincibile anche dal 
ricorso (peraltro niente �ffatto discussa nei controricorsi dell'INPS e 
del Ministero del Tesoro, i quali hanno evidentemente -e correttamente 
-ritenuto limitata la materia del contendere alla questione della 
natura interpr�etativa o innovativa dell'art. 22), secondo cui, indipendentemente 
dalle norme interpretative, le imprese impiantistiche dovevano 
gi� ab origine intendersi incomrprese fra quelle minifatturiere (e non 
fra quelle edili), � da rilevare che essa � estranea alla sentenza impugnata, 
che, indicando in nanrativa il thema decidendum (quanto al merito) 
come avente ad oggetto la questione della natura interpretativa o 
innovativa dell'art. 22 del d.I. n. 663/79, convertito ne11a negge n. 33/80, 
esclusivamente di tale questione si � occupata. 
N� i ricon~enti denunciano in proposito vizio di omessa pronuncia 

o di omesso esame di punto decisivo, per sostenere che la questione della 
qualificabilit� come manifatturiera delle imprese impiantistiche a prescindere 
alla pretesa norma intevpretativa sia stata gi� proposta alla 
fase di merito, ma trascurata dal tribunale. 
Ed anzi, proprio la discussione sulla natura interpretativa o meno 
dell'art. 22 presuppone che dette imprese non siano state, prima dell'avvento 
di tale norma, in linea di fatto considerate manifatturiere, cosicch�, 
in mancanza di specifiche contestazioni o difese sul punto nelle 
opportune sedi, tale presupposto di fatto deve ritenersi ormai fuori discussione. 


Trattasi, d'altra parte, di un nuovo sistema difensivo, che involge, 
fra l'altro, l'esame di elementi di fatto (quali quelli relativi alle classificazioni 
INPS e ISTAT), e che pertanto non potrebbe certo essere 
affrontato -per di pi� d'ufficio -per la prima in questa sede di legittimit�. 


In definitiva, la questione non pu� che ritenersi preclusa, e dunque, 
estranea all'ambito del presente giudizio. (omissis). 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO .STATO

192 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 13 giugno 1989, n. 2847 -Pres. ZUJOconi 
Galli Fonseca -Rel. Amirante -P. G. Paolucci (conf.). Ministeri Tesoro 
e Pubblica Istruzione (avv. Stato Stipo) c. Fasano e Coen (avv. 
D'Astice). 

Giurisdizione civile � Controversia concernente aumenti di retribuzione 

da valere ai fini del trattamento di quiescenza anche provvisorio 


Giurisdizione Corte dei Conti. 

La controversia avente ad oggetto l'applicabilit�, ai soli fini del trattamento 
di quiescenza, sia pur provvisorio, degli aumenti previsti sulle 
retribuzioni del personale statale rientra nella giurisdizione della Corte 
dei conti. 

(omissis) La tesi dei Ministeri ricorrenti, secondo la quale deve 
essere dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti, � fondata. 

L'art. 162 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (approvazione del testo 
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili 
e militari de1lo Stato) detta testualmente: �Dalla data di cessazione 
dal servizio e sino all'inizio del pagamento della pensione diretta � 
corrisposto al pensionato, dal medesimo ufficio da cui dipendeva all'atto 
della cessazione del servizio, un trattamento provvisorio determinato 
in relazione ai servizi accertati, da recuperare in sede di liqu1dazione 
della pensione definitiva � � 

Osserva la Corte che, contrariamente all'assunto dei resistenti, � 
la stessa fo11mulazione letterale della norma riportata a denotare che 
quello da essa disciplinato � un diritto omogeneo rispetto a quello avente 
ad oggetto la pensione definitiva. Infatti, l'avente diritto viene qualificato 
�pensionato� e dell'erogazione si prevede il recupero in sede 
di liquidazione della pensione definitiva. Disposizione quest'ultima, che, 
mentre diversifica i diritti per quanto concerne il tempo della corresponsione 
delle somme, stabi!lisce tra di essi una sostan:zfale identit�, potendosi 
ravvisare un'opposizione tra gli aggettivi �provvisorio� e � definitiva 
�, riferiti trispettivamente al trattamento ed alla pensione, ma 
non anche tra i sostantivi. 

Non � superfluo soggiungere, a conferma di quanto detto, che la 
norma �dell'art. 162 cit. reca la rubrica � liquidazione provvisoria � ed 
� inclusa nel titolo II della parte seconda del T.U., intitolata �liquidazione 
del trattamento di quiescenza �. 

Inoltre, la omogenit� tra la pensione definitiva e l'istituto in questione 
� dimostrata dal fatto che anche il trattamento � corrisposto a 
causa della 'cessazione dal servizio ed � commisurato ai servizi accertati. 

N�, per contrastare l'affermazione della giurisdizione della Corte 
dei Conti vale obiettare che dal combinato disposto degli artt. 62 e 64 



PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, potrebbe risultare l'inammissibilit� di rimedi 
giurisdizionali avverso il diniego del trattamento provvisorio o la 
concessione in misura inferiore a quanto dovuto. 

Invero, l'esistenza di un sistema normativo che comprima l'esercizio 
del diritto davanti al giudice cui spetta la giurisdizione sul medesimo 
non vale a mutare le regole di riparto della giurisdizione, ma pu� soltanto 
far s� che il giudice che ha girurisdizione, ove ne ravvisi le condizioni, 
sollevi eccezione di megittimit� costituzionale di quelle nonne, 
le quali, in quanto comprimano o escludano il diritto di difesa, siano 
in contrasto .con la Costituzione. 

Per conclude11e, si rileva che la controversia, in cui s'innesta il 
presente ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, non ha ad 
oggetto aocertamenti relativi allo �status� dei resistenti quali pubblici 
dipendenti, ine11enti quindi al pregresso rapporto di pubb[ico impiego, 
bens� l'applicabilit�, ai soli fini del trattamento di quiescenza, sia pur 
provvisorio, degli aumenti previsti sulle retribuzioni del personale della 
scuola dal d.P.R. n. 34, del 25 giugno 1983. (v. S.U. 7 luglio 1988, n. 4503). 

�, pertanto, corretto l'orientamento espresso sulla questione dal 
Consiglio di Stato con le sentenze n. 469 dell'8 ottobre 1982, n. 482 del 
26 settembre 1985. (omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 10 agosto 1987, n. 6874 -Pres. 
Afeltra -Rel. Buccarelli -P.G. Visalli (conf.). -Ferrovie dello Stato 
(avv. Stato Stipo) c. Albanese. 

Lavoro -Costituzione del rapporto processuale con il deposito dell'atto 
introduttivo -Notificazione -Irrilevanza sulla instaurazione del giudizio 
-Mancata costituzione del convenuto -Rinnovazione della 
notificazione. 

Lavoro -Giudizio di rinvio -Nullit� della notifica -Mancata rilevanza da 
parte del giudice -Cassazione con rinvio -Sanatoria � ex tunc � attraverso 
rituale riassunzione e notificazione. 

Nel nuovo rito del lavoro la costituzione del rapporto processuale, 
tanto in primo che in secondo grado e quindi anche nel giudizio di rinvio, 
si realizza processualmente a tutti gli effetti mediante il deposito 
nella cancelleria del giudice adito, con la conseguenza che la mancata 

o irregolare notificazione dell'atto introduttivo del giudizio non ha alcuna 
influenza sulla gi� avvenuta rituale costituzione del rapporto processuale, 
con l'obbligo per� del giudice in caso di mancata costituzione 
della parte convenuta di disporre ex art. 291 cod. proc. civ. la rinnovazione 
della notificazione {1). 
Qualora nel processo del lavoro il giudice di rinvio non abbia rilevato 
la nullit� della notifica, in quanto eseguita nei confronti di un'amministrazione 
statale presso l'Avvocatura generale anzich� presso l'Avvocatura 
del distretto del giudice adito, e la Corte di cassazione abbia 
cassato la sentenza disponendo un nuovo rinvio ad altro giudice, la nullit� 
della notifica pu� ancora essere sanata con effetto ex tunc mediante 
la riassunzione della causa dinanzi al nuovo giudice, di rinvio, 
ritualmente eseguita dall'una o dall'altra parte in lite, con le forme della 
notificazione prescritte dall'art. 392, comma 2�, cod. proc. civ. (2). 

(1-4) Le sentenze in rassegna tengono a precisare che nel nuovo rito del 
lavoro il rapporto processuale si instaura con il deposito dell'atto introduttivo 
presso la cancelleria del giudice adito. 

Pertanto depositato ritualmente il ricorso in appello (entro 30 giorni dalla 
notifica ovvero ehtro l'anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata), l'im




PARTI! I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

195 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. lavoro, 19 gennaio 1988, n. 385 -Pres. Zappulli 
-Rel. Amirante -P. G. Tridico {conf.) -Azienda Ferrovie dello 
Stato i(avv. Stato Stipo) c. Memoli (avv. Spagnuolo). 

Procedimento civile � Sentenza che pronuncia sulla competenza risolvendo 
questioni pregiudiziali -Impugnabilit� nelle vie ordinarie e 
non con regolamento di competenza. 

Lavoro � Mancata notifica dell'appello all'appellato -Mancata comparizione 
delle parti all'udienza di discussione � Improcedibilit� del 
gravame. 

L'impugnazione diretta a rimettere in discussione una questione pregiudiziale 
va proposta con ricorso ordinario per cassazione e non con 
il regolamento di competenza qualora la sentenza di appello, pronunciando 
sulla competenza, abbia deciso, sia pure implicitamente, sulla 
ammissibilit� e validit� dell'impugnazione e sulla esistenza e regolarit� 
del contraddittorio in appello, requisiti in difetto dei quali non avrebbe 
potuto pronunciare neppure sulla sola competenza (3). 

Alla prima udienza fissata per la discussione, nell'assenza di entrambe 
le parti e mancando la dimostrazione da parte dell'appellante che 
il ricorso in appello ed il pedissequo decreto di fissazione dell'udienza 
era stato notificato all'appellato, il Tribunale non pu� fissare una nuova 
udienza in applicazione dell'art. 348 cod. proc. civ., ma difettando il presupposto 
di fatto (irregolarit� della notifica) per fa rricorso all'art. 291 cod. 
proc. civ., deve dichiarare l'improcedibilit� dell'appello (4). 

I 

(omissis) Con l'unico motivo del ricorso, denunziata la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 137 e segg.; 144; 392 e 393 C.P.C.; il T. U. 
30 ottobre 1933, n. 1611; L. 25 marzo 1959, n. 260 in relazione a:1l'art. 360 

n. 3 c.p.c.; ,e deducendo. altres� il vizio di omessa motivazione su un 
punto decisivo della contrnversia (art. 360 n. 5 c.p.c.): si duole la ricorrente 
della sentenza impugnata/ per avere la Corte di Appello di Salerpugnazione 
� arnmdssibile ed ogni ulteriore vicenda potr� dar luogo alla improcedibilit�, 
come nel caso della seconda sentenza in rassegna. 

Quest'ultima sentenza inoltre, richiamando principi consolidati in giurisprudenza, 
ha inteso chiarire che le questioni relative alla regolarit� del contraddittorio 
ed alla v'aiidit� della impugnazione sono preliminarii rispetto alla 
questione sulla competenza. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

no, giudicando in sede di rinvio, definito il giudizio nella non-costituzione 
della amministrazione convenuta-appellata, senza rilevare per� che 
l'atto con il quale l'Albanese aveva riassunto il giudizio nei confronti 
deH'Azienda Autonoma F. S., era stato notificato presso �l'Avvocatura 
dello Stato Roma�, ovverossia presso l'Avvocatura Generale dello Stato 
e non (invece) presso la competente Avvocatura distrettuale dello Stato 

Deduce al riguardo l'amministrazione ricorrente: 

a) eh~ la riassunzione della causa deve farsi (art. 392 cpv. c.p.c.) 
con citazione notificata personalmente alla parte a norma degli artt. 137 
e segg. c.p.c.; e che, allorquando si tratti di una Amministrazione dello 
Stato, devono ritenersi applicabili (art. 144 c.p.c.) le disposizioni delle 
leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli Uffici dell'Av� 
vocatura dello Stato; 

b) che in forza di tali leggi speciali (art. 11 t.u. 30 ottobre 1933, 

n. 1611; art. 1 I. 25 marzo 1959, n. 260 e succ.) le citazioni, al pari di o~ni 
altro atto giudiziale, devono essere notificate presso l'Ufficio dell'Avvocatura 
dello Stato nel cui distretto ha sede l'Autorit� giudiziaria innanzi 
alla quale � portata la causa. 
Ne consegue, aggiunge l'amministrazione ricorrente, in aderenza del 
resto all'orientamento giurisprudenziale di questa stessa Corte, costante 
e consolidato in � subiecta materia�, che la notificazione dell'atto di 
riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio eseguita in violazione 
delle disposizioni di cui agli artt. 137 e segg. cip.e. � da considerarsi 
� inesistente >>, o comunque affetta da. � nullit� � sanabile solo con 
la costituzione della convenuta. E poich�, nel caso di specie, non � stata 
disposta la rinnovazione della notifica inficiata da nullit� (art. 291 c.p.c.), 
n� si � costituita in giudizio l'ammini!)trazione convenuta appellata, conclude 
l'amministrazione ricorrente per l'annullamento della sentenza impugnata, 
pronunciata dalla Corte di rinvio in violazione delle disposizioni 
che regolano la ritualit� del contraddittorio, e per la conseguente 
� estinzione � dell'intero processo. 

Le censure sono fondate. 

La notificazione della citazione riassuntiva del giudizio dinanzi al 
giudice di rinvio, dopo l'annullamento della sentenza impugnata statuito 
dall� Corte di Cassazione, avrebbe dovuto essere eseguita, ex artt. 392, 
137 e segg. c.p.c. e art. 11 comma primo, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
alla Amministrazione interessata presso l'ufficio dell'Avvocatura dello 
Stato nel cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria (nel caso concreto: 
Corte d'Appello di Salerno) dinanzi alla quale doveva essere instaurato 
il giudizio di rinvio. 

Al contrario, nel caso in esame, la notificazione � stata eseguita 
all'azienda autonoma delle FF. SS. in Roma, presso la sede dell'avvo



PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

catura generale dello Stato, in violazione pertanto delle disposizioni sopra 
citate. 

Da tale violazione deriva, secondo giurisprudenza costante, la � nullit�
� della notificazione irritualmente eseguita, � nullit�� che, come � 
noto, � per� sanabile (dr. C. Costituzionale 27/1967: che ha dichiarato 
l'incostituzionalit� del terzo comma dell'art. 11 del r.d. �itato 1611/1933 
nella parte in cui escludeva la sanatoria del vizio delle notificazioni eseguite 
in violazione delle disposizioni dei primi due commi dello stesso 
articolo, per il principio �generale� di cui all'art. 156, terzo comma, c.p.c.) 
con effetto ex tunc, dalla costituzione dell'amministrazione convenuta, 
o, in mancanza, mediante la rinnovazione (da disporsi ex art. 291 c.p.s.) 
della notificazione medesima. 

Orbene, poich� il giudizio di rinvio � egualmente proseguito, nonostante 
la �nullit�� di tale notificazione, evidentemente non rilevata dalla 
Corte di Appello designata, e l'Amministrazione interessata non si � 
costituita, e poich� la questione � stata esplicitamente dedotta in questa 
sede, mediante il ricorso per Cassazione presentato contro la sentenza 
pronunciata dalla C. A. di �rinvio, devesi conseguentemente cassare 
la sentenza impugnata, con (ulteriore) rinvio della causa ad altro 
giudice {che si designa nella C.A. di Potenza), anche se si � dedotto 

(v. ricorso) che il giudizio deve essere comunque dichiarato �estinto� 
(ex art. 393 c.p.c.). 
Va ricordato, infatti, che il giudizio rientra nella categoria delle 
�controversie individuali di lavoro � (artt. 409 e sgg. del c.p.c.) ed � 
noto che, nel nuovo rito del lavoro (v. 1. 533/1973), Ia costituzione del 
rapporto processuale, tanto in primo quanto in secondo grado {e quindi 
anche nel giudizio di rinvio), si realizza processualmente, a tutti gli 
effetti, mediante il deposito (avvenuto nel caso di specie in data 16 giugno 
1983 e pertanto entro l'anno della pubblicazione della sentenza della 
Corte di Cassazione: 10 maggio 1983) nella cancelleria del .giudice di rinvio 
adito; di guisa che, la successiva notificazione del ricorso � del tutto 
estranea alla fase vera e propria della instaurazione del giudizio, essendo 
essa diretta alla produzione di altri effetti, ulteriori e diversi, quale, 
tra gli altri, la costituzione rituale del contraddittorio. 

Con la conseguenza che Ia mancata o irregolare notificazione dell'atto 
introduttivo del giudizio non ha alcuna influenza sulla gi� avvenuta 
rituale costituzione del rapporto processuale, mediante deposito 
del ricorso, con l'obbligo per� del giudice in caso di mancata costituzione 
della parte convenuta di disporre ex art. 291 c.p.c. la rinnovazione 
della notificazione. 

Non senza rilevare, infine, che la denunziata � nullit� � pu� comunque 
ancora essere sanata con effetto retroattivo (�ex tunc �) mediante 


198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la riassunzione della causa dinanzi al (nuovo) giudice di rinvio, ritualmente 
eseguita dall'una o dall'altra parte in lite, con le forme di notificazione 
prescritte dall'art. 392, comma 2�, c.p.c. (cfr. Cass. 24 novembre 
1984, n. 6093). 


II 

(omissis) Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando violazione 
degli artt. 348, 435, 437 cod. proc. civ., omessa motivazione su un punto 
decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ., 
dopo aver premesso che il Memoli non aveva notificato il ricorso in 
appello ed il pedissequo .decreto di fissazione dell'udienza, critica il Tribunale 
per aver fissato una nuova udienza, �nentre l'art. 348 cod. proc. 

\ 

civ. non � applicabile alle controversie di lavoro, ma soprattutto per 
aver omesso di rilevare che, non essendo stato originariamente notificato 
il ricorso e non essendo stata poi formalmente indicata la nuova 
udienza, l'appello era inammissibile. (omissis) 
Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilit� 
del ricorso, sollevata dal resistente per la ragione, che avendo il 

i'

Tribunale di Napoli pronunciato soltanto sulla competenza, unico rimedio 
esperibi'le, ai sensi dell'art. 42 cod. proc. civ., sarebbe stato il regolamento 
di competenza. 

I

f:
L'eccezione � infondata. 

II 
r: 

Questa Corte, infatti, ha gi� avuto modo di statuire che la sentenza 
>: 
la quale, pur non pronunciando sul merito della controversia, inteso 
come il bene della vita in contestazione, abbia, anche implicitamente, 
deciso una questione pregiudiziale rispetto alla determinazione della 
competenza, va impugnata con ricorso ordinario ogni qual volta si voglia 
rimettere in discussione non direttamente la pronuncia sulia competenf' 
za, bens� tale questione pregiudiziale (v. Cass. n. 1572 del 1959; Cass. 

n. 881 del 1973; Cass. n. 385 del 1980 e Cass. n. 1386 del 1982). Nel caso 
in esame, il Tribunale di Napoli, investito con appello del Meinoli, nel 
pronunciare sulla competenza, nella contumacia dell'Azienda, ha deciso, 
sia pure implicitamente, sulla ammissibilit� e validit� dell'impugnazione 
e sulla esistenza e regolarit� del contraddittorio in appello, requisiti 
I 

in difetto dei quali non avrebbe potuto pronunciare neppure sulla sola 

I

competenza. 
Ne consegue che l'Azienda, volendo dolersi della soluzione data alla 

li 

questione pregiudiziale, inerente alla valida instaurazione del giudizio I: 
di appello e del contraddittorio, non aveva altro mezzo che proporre, 

I 

come ha fatto, ricorso ordinario per cassazione. 

I 

f: 
-{f: 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Passando quindi all'esame dei motivi, si rileva che il primo di essi 
� fondato nei limiti delle considerazioni che seguono e va accolto per 
quanto di ragione. 

Si osserva, anzitutto, che nelle controversie soggette al rito del lavoro, 
secondo il principio consolidato nella giurisprudenza di questa 
Corte, il giudizio d'appello s'instaura con il deposito del ricorso in cancelleria, 
mentre tutto ci� che attiene alla fase ulteriore riguarda non 
l'ammissibilit�, ma la esistenza e la regolarit� del contraddittorio, i vizi 
della cui costituzione, sussistendo determinati presupposti di fatto, possono 
essere �sanati o con la costituzione dell'appellato, oppure con la rinnovazione 
della notifica ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. Nella specie, 
pertanto, l'appello era ammissibile. (omissis) 

La ricorrente ha, invece, ragione di dolersi della mancata dichiarazione 
d'improcedibilit� dell'appello. 

Il Tribunale di Napoli, infatti, alfa prima udienza fissata per fa 
discussione, nell'assenza di entrambe le parti e mancando la dimostrazione 
da parte dell'appellante che il ricorso in appello ed il pedissequo 
decreto presidenziale di fissazione dell'udienza era stato notificato alla 
appellata, non poteva fissare una nuova udienza in applicazione dell'articolo 
348 cod. proc. civ. Il Tribunale si discost� dall'insegnamento delle 
sezioni unite, le quali, con la sentenza n. 1884 del 26 marzo 1982, cos� 
statuirono: �nelle controversie soggette al rito del lavoro non � appllcabile 
l'art. 348 cod. proc. civ.: pertanto in caso di mancata comparizione 
dell'appellan~e all'udienza di discussione il giudice d'appello non 
deve rinviare la causa ad altra udienza -e in caso di mancata comparizione 
dell'appellante anche in tale udienza, dichiarare improcedibile il 
gravame -ma deve emettere la sua sentenza ai sensi dell'art. 437 
cod. proc. civ. �. 

Nel caso in esame, il Tribunale, in presenza della situazione processuale 
suindicata (mancanza di notifica dell'appello all'appellata), e quindi 
in difetto del presupposto di fatto (irregolarit� della notifica) per far 
ricorso all'art. 291 cod. proc. civ., avrebbe dovuto dichiarare l'improcedibilit� 
dell'appello. Invero, questa Corte, con la sentenza n. 1523 del 
10 marzo 1981, ha stabilito che nelle controversie di lavoro, � improcedibile 
l'appello, ove l'appellante, in caso di mancata costituzione e comparizione 
dell'appellato all'udienza di discussione non fornisca la prova 
alla stessa udienza di aver provveduto alla notificazione del ricorso e 
del decreto (v. nello stesso senso, Cass. 14 aprile 1986 n. 2637). 

Agli enunciati principi stabiliti con le sentenze citate il Collegio ritiene 
di uniformarsi, in mancanza di ragioni che possano indurre a discostarsene. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

200 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. lavoro, 26 gennaio 1989, n. 466 -Pres. Pontrandolfi 
-Rel. Genghini -P. M. Leo Nobile {avv. Garaffa) -c. Assessorato 
per la Sanit� della Regione Siciliana (A~. Stato Fiengo). 

Sanit� -Controversie con disciolti enti mutualistici � Legittimazione 
passiva. 

Sanit� -Disciolti enti mutualistici � Rapporti obbligatori pregressi � 
Medici convenzionati � Trattenute � Compensi per sciopero di categoria 
� Ripetizione. 

(L. 23 dicembre 1978 n. 883, artt. 10, 51, 61, 65, 66; L. 29 giugno 1977 n. 349 artt. 1-3; 
L. reg. sic. 18 aprile 1989 n. 69). 
� La legittimazione passiva in ordine alle controversie instaurate dai 
sanitari convenzionati con gli enti mutualistici soppressi per il pagamento 
dei crediti professionali � appartenuta, fino al 30 giugno 1981, non gi� 
alle regioni o alle unit� sanitarie locali, ma agli stessi enti predetti, le� 
galmente rappresentati dai Commissari liquidatori, cui � succeduto con 
l'assunzione della legittimazione processuale in ordine alle obbligazioni 
anteriori a tale data -l'Ufficio liquidazioni del Ministero del 
Tesoro� (1). 

� Sulla domanda del medico convenzionato di ripetizione di somme 

trattenute per sciopero di categoria l'Assessorato Sanit� � privo di legit


timazione, ancorch� si debba negare altres� quella della U.S.L., versandosi 

in ipotesi di compensi sanitari indebitamente trattenuti che rientrano 

nelle competenze del commissario liquidatore � (2). 

Con il primo mezzo il ricorrente si duole per essere stato ritenuto 
il difetto di legittimazione in violazione degli artt. 61 e 66 della legge 23 

(1) Sulla prima massima in senso conforme cfr. Cass. Sez. Un. 8 giugno 1987 
n. 5012 in questa Rassegna 1987, I, 322. 
Con riferimento alle attivit� e passivit� dei soppressi enti �ospedalieri. della 
Regione Lazio, relativamente alle quali la legittimazione � riconosciuta al Comune 
territorialmente competente, ma in quanto affidatario di quella � gestione 
stralcio " che la Legge reg. 28 gennaio 1980, n. 10 all'art. 3 considera alternativa 
rispetto alle equipollenti � gestioni di liquidazione del Ministero del Tesoro ,. 
cfr. Cass. 8 gennaio 1987 n. 19 Foro lt. 1987, I, 373. 

(2) Non risultano precedenti in termini. 
La Cass. 466/1989 perviene alla conclusione della legittimazione passiva dei 
Commissari liquidatori rilevando che sebbene il 1� comma dell'art. 1 dl. 1� lu� 
glio 1980, n. 285, affermi che I'" esercizio delle funzioni di assistenza sanitaria 
svolte dai Commissari liquidatori (tra le quali rientra quella di liquidazione 
dei ben!� estranei all'assistenza sanitaria) cessa alla data di entrata in vigore 
del decreto stesso, il successivo comma prevede espressamente il proseguimento 
mediante l'emanazione di atti amministrativi � ove l'effettivo funzionamento delle 
unit� sanitarie non sia possibile�. 

GABRIELE MONETA 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dicembre 1978 n. 883, nonch� degli artt. 38 e 39 legge reg. sic. 12 agosto 
1980 dell'art. 78 legge reg. sic. 18 aprile 1981 n. 69, della legge reg. sic. 
6 gennaio 1981 n. 6 e dell'art. 4 d.P.R. 28 luglio 1982 n. 84 :(art. 360 nn. 3 
e 5 cod. proc. civ.). 

Il Tribunale ha ritenuto trattarsi di una successione a titolo particolare 
delle U.S.L. agli enti locali nella gestione del servizio sanitario 
nazionale e nei rapporti giuridici pregressi, senza tener conto che si � 
trattato di un trasferimento graduale che in Sicilia si � realizzato tramite 
il Commssicirio unico per la Sanit�, mentre il fatto che le U.S.L. 
siano centro di imputazione di attivit� giuridica esclude che le stesse 
possano essere chiamate a rispondere di atti e rapporti che non hanno 
posto in essere. 

Con il secondo mezzo si censura la sentenza per violazione degli 
artt. 100, 101, 110 e 111 cod. proc. civ. (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.) 
per non aver considerato che l'organo esistente al momento in cui era 
stata instaurata la controversia era il Commissario Unico e conseguentemente 
l'Assessorato per la Sanit� al quale i rapporti vanno imputati 
per il rapporto organico. 

I due mezzi del ricorso, che per la loro evidente connessione possono 
congiuntamente esaminarsi, sono infondati. 

Come pi� volte affermato da questo Supremo Collegio, e, da ultimo, 
ripetutamente anche dalle S.U. della Corte, alla stregua della disciplina 
transitoria dettata in particolare dall'art. 77, primo e terzo comma, della 
legge 23 dicembre 1978 n. 833 (sull'istituzione del servizio sanitario nazionale), 
la legittimazione passiva in ordine alle controversie instaurate 
dai sanitari convenzionati con gli enti mutualistici soppressi per il pagamento 
dei crediti professionali � appartenuta, fino al 30 giugno 1981, 
non gi� alle regioni o alle unit� sanitarie locali (non ancora costituite) 
ma agli stessi enti predetti, legalmente rappresentati dai commissari 
liquidatori, cui � succeduto -con l'assunzione della legittimazione processuale 
in ordine alle obbligazioni anteriori a tale data -l'ufficio liquidazioni 
del Ministero del Tesoro (sent. 2855, 4614, 5292, 6057, 6354, 6819, 
7090 del 1986 e 2937 del 1987; inoltre le S.U .. n. 5012, 5521, 5522 e 6093 
del 1987). 

Come � noto, l'art. 12 bis d.l. 8 luglio 1974 n. 264, convertito con 

1. 17 agosto 1974 n. 386 nel prevedere la sostituzione con commissari 
straordinari dei consigli di amministrazione di vari enti, stabiliva eh~ 
entro due anni dalla nomina dei commissari straordinari gli enti si estinguessero 
e le loro funzioni e strutture fossero ripartite fra Stato, regioni 
e altri enti territoriali per I'attuazione del servizio sanitario nazionale. 
Successivamente la 1. 29 giugno 1977 n. 349, dopo aver previsto a�l'art. 
1 la trasformazione dei commissari straordinari in commissari liquidatori, 
con l'art. 3 ne fiss� anche le attribuzioni consistenti tra l'altro 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nell'adottare i provvedimenti compatibili con la legge gi� riservati dalla 
competenza dei disciolti organi ordinari di amministrazione e nel compiere 
qualsiasi atto di gestione, al fine di garantire l'assolvimento degli 
obblighi istituzionali gi� propri dei rispettivi enti preposti all'assistenza 
sanitaria, attraverso la riscossione dei contributi assicurativi e delle altre 
entrate, l'erogazione delle spese, comprese quelle riferite �lle funzioni 
trasferite, l'amministrazione del personale, la rappresentanza anche in 
giudizio e quant'altro necessario, in base alle direttive del comitato centrale 
di cui al successivo art. 4. Con quest'ultima disposizione fu istituito 
il detto comitato per la liquidazione degli enti e gestioni autonome preposte 
all'erogazione dell'assistenza sanitaria. Inoltre, il successivo art. 6, 
1� comma stabil� che le regioni, per l'attuazione delle funzioni in materia 
di assistenza sanitaria e ospedaliera trasferite, si sarebbero avvalse 
di personale degli enti posti in liquidazione. 

Le norme suindicate vanno interpretate, ad avviso del collegio, nel 
senso che gli enti, pur posti 'in liquidazione, continuavano ad esistere con 
piena personalit� giuridica al fine di garantire fino all'attuazione della 
riforma sanitaria l'assistenza agli aventi diritto. 

Alle regioni furono attribuiti, in questa fase, i ,compiti� di indirizzo 
e controllo delle attivit� �svolte dai commissari liquidatori (v. art. 5 1. n. 349/ 
77). Infatti, oltre al principio generale secondo il quale la messa in liquidazione 
non determina l'estinzione dell'ente, inducono a tale convincimento 
il rilievo che il citato art. 3 espressamente attribuisce ai commissari 
liquidatori compiti di rappresentanza anche giudiziale, rappresentanza 
che postula necessariamente l'esistenza di un rappresentante, 
e l'osservazione che J'art. 61 1. 23 dicembre 1978 n. 833, della quale si tra~ter� 
pi� diffusamente in seguito, impone alle regioni di adottare provvedimenti 
tra l'altro destinati ad attuare il graduale trasferimento ai 
comuni delle funzioni, dei beni e delle attrezzature � di cui sono attualmente 
titolari gli enti i cui compiti e funzioni vengono a cessare�. 

Ora, a prescindere, dall'espressa indicazione della gradl,lalit� dei trasferimenti, 
ci� che conta � che il legislatore considera testualmente gli 
enti ancora titolari non solo dei beni e delle strutture ma anche delle 
funzioni. L'affermazione di cui all'art. 1 1. n. 349/77, secondo la quale a 
far tempo dal 1� luglio 1977 le, funzioni amministrative concernenti l'assistenza 
sanitaria sono trasferite� di cui al successivo gi� citato art. 3, 
vanno pertanto, considerati come affermazioni di principio dirette a 
informare tutta la fase transitoria dell'antico sistema mutualistico al 
nuovo servizio sanitario, e non come disposizioni aventi immediata efficacia 
estintiva degli enti in questione. 

La 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, 
non soltanto ha dettato la disciplina sistematica relativa all'assistenza 
sanitaria, ma ha ulteriormente disciplinato la fase di passaggio 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dall'un sistema all'altro e ha stabilito norme per la liquidazione. Infatti 

oltre al gi� citato art. 61 l'art. 65 stabilisce che in applicazione del piano 

di riparto di cui all'art. 4 1. 349/77, i beni e le attrezzature destinate pre


valentemente ai servizi sanitari, appartenenti agli enti soppressi, sono 

trasferiti al patrimonio dei comuni, con vincolo di destinazione alle USL. 

I rimanenti beni, ivi comprese le sedi in Roma delle direzioni gene


rali degli enti soppressi, sono realizzati dalla gestione di liquidazione 

ai sensi dell'art. 77. Ma anche qui, per quanto riguarda in particolare i 

beni destinati all'assistenza sanitaria, all'affermazione del 1� comma (i 

beni sono trasferiti), che farebbe pensare ad un immediato trasferimento, 

segue la disposizione del 3� comma il quale stabilisce che � alle operazio


ni di trasferimento di cui al 1� comma provvedono i commissari liqui


datori di cui alla citata L. 29 giugno 1977 n. 349, che provvedono altres� 

al trasferimento di tutti i rapporti giuridici relativi alle attivit� di assi


stenza sanitaria attribuite alle U.S.L. �. 

Un 
altro rilievo � opportuno e concerne la netta distinzione che la 

citata 1. n. 833/78 opera tra i beni e i rapporti relativi all'assistenza sani


taria e i rimanenti, e la conseguente distinzione nei compiti dei commis


sari liquidatori tra attivit� inerenti alla vera e propria liquidazione, aven


te ad oggetto beni e rapporti estranei all'assistenza sanitaria, e beni e 

rapporti a questa inerenti, in ordine ai quali sembra giusto parlare non 

di liquidazione, bens� di gestione transitoria. 

Distinzione che acquista riliev� nella legge anche per quanto riguar


da 
i limiti temporali dei poteri dei commissari liquidatod. Infatti, men


tre 
l'art. 60 proroga i poteri e i compiti affidati ai commissari liquida


tori dagli artt. 3 e 7 1. 29 giugno 1977, n. 349, fino ai provvedimenti regio


nali di costituzione delle USL, da adottare entro il 31 dicembre 1979, 

U successivo art. 77 (recante la rubrica: liqu1dazione degli enti soppres


si e ripiano delle loro passivit�) stabilisce con il 1� comma che � fermo 

restando quanto disposto dall'art. 60, 2� comma, alla liquidazione degli. 

enti, casse, servizi e gestioni autonome di cui all'art. 12-bis d.l. 8 luglio 

1974, n. 264, come modificato dalla legge di conversione 17 agosto 1974, 

n. 386, si provvede entro .diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente 
legge... � e con il 3� comma � che le gestioni di liquidazione elle 
non risultano chiuse nel termine �di cui al 1� comma sono assunte dalb 
speciale ufficio liquidazioni presso il ministero del tesoro di cui alla 
I. 
4 dicembre 1954, n. 1404 � 
Sulla base delle norme richiamate, la duplicit� di funzioni attribuile 
ai commissari liquidatori in relazione alla duplicit� di destino delle atti.
vit� e dei rapporti dell'ente, a seconda che ineriscono o meno al munus 
dell'assistenza sanitaria, sembra chiarirsi. Da un lato, per quanto riguarda 
l'assistenza sanitaria, gli enti, in attesa dell'effettiva costituzione 
delle U.S.L., continuano a svolgere le loro funzioni, e i nuovi compili 


204 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle regioni si atteggiano come compiti di indirizzo e controllo, dell'altro 
i commissari liquidatori provvedono alla liquidazione dei beni estranei 
all'assistenza sanitaria secondo le direttive del comitato centrale 
costituito con il citato art. 4, 1. n. 349/77. Siffatti duplici compiti degli 
enti sarebbero dovuti cessare nei termini rispettivamente indicati dagli 
art. 60 e 77. Senonch�, le difficolt� di attuazione di una riforma di cos� 
grande portata costrinsero il legislatore a prorogare i termini originariamente 
previsti e a unificarli. Infatti, con il d.l. 1� luglio 1980 n. 285, 
�onvertito con la 1. 8 agosto 1980, n. 441, fu fissata la data del 31 dicem� 
bre 1980 come termine ultimo sia per l'esercizio delle funzioni di assistenza 
sanitaria svolte dai commissari liquidatori sia per la liquidazione 
dei beni estranei all'assistenza. Infatti, se � vero che ancora una volta 
il 1� comma dell'art. 1 del citato decreto n. 285 afferma in modo perentorio 
che l'� esercizio delle funzioni di assistenza sanitaria svolte dai 
commissari liquidatori di cui alla 1. 29 giugno 1977, n. 349, cessa alla 
data di entrata in vigore del decreto stesso � il successivo comma espressamente 
prevede il proseguimento mediante l'emanazione di atti amministrativi, 
�ove l'effettivo funzionamento delle unit� sanitarie non sia 
possibile �. 

Consegue a quanto esposto che effettivamente l'Assessorato Sanit� 
era privo di legittimazione, ancorch� si debba negare altres� quello della 
U.S.L., versandosi in ipotesi di compensi sanitari indebitamente trattenuti 
in occasione di uno sciopero che rientrano nelle competenze del 
commissario liquidatore, nel senso che si � accennato ed in cui va corretta 
la motivazione. 

Consegue a quanto esposto il rigetto del ricorso. 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. lavoro, 3 febbraio 1989, n. 685 -Pres. 
Menichino -Rel. Rabagnani -P. M. De Tommaso -Min. Grazia e Giustizia 
(avv. Stato Fiumara) c. Mestriner {avv. Paoletti). 

Pena � Esecuzione della pena � Lavoro del semilibero � Retribuzione Versamento 
alla direzione dell'istituto -Legittimit�. 

(L. 26 luglio 1975 n. 354 artt. 20-25; d.P.R. 29 aprile 1976 n. 431 artt. 46-48-51; L. 18 ottobre 
1986 n. 663). 

Al datore di lavoro dei condannati ed internati in regime di semilibert� 
incombe l'obbligo del versamento della retribuzione alla direzione 
dell'istituto (1). 

(1). Non constano precedenti in termini. Su1la differenza fra i due 'istituti del 
lavoro all'esterno e della semilibert� cfr. Corte Cost. 15 febbraio 1984 n. 29 in 
Giur. Cast. 1984, I, 100. In dottrina GENNARO-BONOMO BREDA Ordinamento peni




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 205 

(omissis) L'amministrazione ricorrente, deducendo violazione e falsa 
applicazione degli artt. 2, 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 48 della legge 26 luglio 
1975 n. 354, 51 del d.P.R. 29 aprile 1976 n. 431 e 5 della legge 20 marzo 
1865 n. 2248 all. E, premesso che il lavoro in semilibert� fuori dell'isti 
tuto penitenziario alle dipendenze di terzi sarebbe disciplinato dagli articoli 
48, l� comma, della legge e 51 e 48, ultimo comma, del regolamento, 
e non dall'art. 21, 2� comma, della legge, assume che l'obbligo del datore 
di lavoro di versare la retribuzione alla direzione dell'istituto penitenziario, 
stabilito per gli ammessi al lavoro all'esterno dall'art. 46, 7� comma, 
del regolamento, avrebbe lo scopo di garantire al detenuto o internato 
il pagamento di quanto dovutogli e di non consentirgli il materiale 
possesso di denaro in misura eccedente le necessit� relative alla 
temporanea assenza dall'Istituto, nonch� di far s� che la direzione dell'istituto 
possa provvedere in ordine agli assegni familiari, alle dovute 
ritenute per rimborsi e risarcimenti, e possa disporre delle somme 
depositate senza dover eventualmente ricorrere a pignoramento o a sequestro. 


Pertanto, l'art. 46, 7� comma, del regolamento di esecuzione sarebbe 
applicativo delle norme contenute negli artt. 25 (per il quale il corrispettivo 
del lavoro entrerebbe a far parte del peculio del detenuto o 
internato), 2 e 23 della legge, ed altrettanto dovrebbe dirsi per la disposizione 
che pone a carico dei datori di lavoro dei condannati ed internati 
in semilibert� analogo ��obbligo di versamento della retribuzione 
alla direzione dell'istituto, (art. 51, 1� comma, del regolamento), tenuto 
conto che i regolamenti di esecuzione mirano a consentire la pratica 
attuazione della legge mediante norme secondarie non soltanto chiarificatrici 
e di dettaglio, ma, ove necessario, anche integrative delle norme 
prindpali, purch� non in contrasto con queste. 

Il ricorso � fondato. 
Il lavoro, che nella concezione giuridica cui era improntato il pre� 
vigente regolamento carcerario del 1931 risultava essere un fattore di 

tenziario e misure alternative alla detenzione, 1978, 208 n.,� F. GIORDANO In margine 
ad un convegno sulla riforma delle pene (con riferimento al lavoro carcerario) 
in Riv. giur. lav. 1974, I, 327; F. RUSTIA Il lavoro dei detenuti in Giur. 
merito 1973, IV, 73 -La sentenza in rassegna, pregevole nella individuazione 
dei caratteri. peculiari dell'istituto della semilibert�, sottolinea come la � ratio � 
della risocializzazione del condannato o internato (ricavata soprattutto dall'art. 
92 D.P.R. 431/76) non � inficiata dalla indisponibilit� della retribuzione, 
atteso che essa � fondata non sulla libera amministrazione del reddito da 
lavoro, bens� sul fatto stesso dello svolgimento di una attivit� lavorativa 
all'esterno, senza scorta e adeguata a detta �ratio�. 

La sentenza viene positivamente commentata da V. MARINO �Lavoro in 
regime di semilibert� e retribuzione � in Giust. Civ. 1989, I, 1095. 

G. MONETA 
rar1&1~11i1r1J111111111J111r11ti11111111111Ji11111111r11111111r�1111111 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO

206 

ulteriore afflizione, cui dovevano sottostare quanti erano stati privati 
della libert�, � diventato, a seguito delle innovazioni introdotte dal nuovo 
ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975,. n. 354, contenente norme 
sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative 

e limitative della libert�; d.P.R. 29 aprile 1976, n. 431, di approvazione 
del regolamento di esecuzione della legge cit.; legge 10 ottobre 1986, 

n. 663, contenente modifiche alla medesima legge) che hanno notevolmente 
contribuito a conferire dignit� e valore educativo alle prestazioni 
lavorative dei condannati ed internati (artt. l, 13 e 20 della legge n. 354 
del 1975), un elemento cardine del, trattamento rieducativo (art. 15 
legge cit.), non eguale ma assimilabile al lavoro libero, sia esso svolto 
nei confronti dell'amministrazione all'interno o all'esterno dell'istituto penitenziario, 
sia esso svolto all'esterno alle dipendenze di altri datori di 
lavoro. 
La centralit� del lavoro nel trattamento rieducativo, quale si evince 
dalle norme di cui agli articoli citati contenuti nel titolo primo del trattamento 
penitenziario -comprendenti i principi direttivi di esso (capo 
primo), le condizioni generali (capo secondo), le modalit� {capo ter.lo) 
concernenti, tra l'altro, l'organizzazione del lavoro all'interno o all'esterno 
(art. 21), e le misure alternative alla detenzione (capo sesto), tra le 
quali il regime di semilibert� (art. 48) -, non impedisce di rilevare sul 
piano normativo il divario fra i due istituti del lavoro all'esterno e 
della semilibert� ampiamente illustrato dalla dottrina e dalla giurisprudenza 
anche costituzionale {v. Corte Cost. 15 febbraio 1984, n. 29 e 7 luglio 
n. 107) e rivelato essenzialmente dal fatto che il lavoro all'esterno 
viene prestato sotto scorta degli agenti di custodia e non implica necessariamente 
uno specifico progra,mma di trattamento rieducativo con relative 
�prescrizioni�, come invece previsto per la semilibert� (art. 92 reg.). 

Tale centralit� peraltro costituisce un elemento unificante e qualificante 
sia del lavoro all'esterno sia di quello del semilibero, in quanto 
l'art. 15, primo e 2� comma, della legge n. 354 del 1975 concerne indi


/ stintamente tutti i condannati, e induce a ravvisare un coordinato parallelismo 
tra le norme di legge relative ai due istituti in questione 
e le rispettive norme regolamentari. 
Invero, in particolare, come la disposizione che impone per il lavoro 
all'esterno l'obbligo del datore di lavoro di versare alla direzione dell'istituto 
la retribuzione dovuta (art. 46, 7� comma, reg.) � applicativa 
delle norme contenute negli artt. 2, 23, 24 e 25 della legge n. 354 del 
1975 -relative ai dovuti prelievi dalla retribuzione ed alla disponibilit� 
della parte pignorabile o sequestrabile di essa, -cos� devesi ritenere, 
in relazione all'art. 48 legge cit., per la disposizione che pone a carico 
del datore di lavoro dei condannati ed internati in regime di semilibert� 

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PARm I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

l'analogo obbligo di versamento della retribuzione alla direzione dell'isti 

tuto {art. 51 reg.). 

E la legittimit� di questa seconda disposizione emerge dal rilievo 
che essa, se non � secundum �, certamente non � neppure � contra legem � 
e correttamente pu� essere qualificata � praeter legem �. 

Al riguardo � appena il caso di ricordare che il regolamento di esecuzione 
di una legge pu� essere considerato quale atto amministrativo 
illegittimo, e quindi pu� essere disapplicato dal giudice ordinario, quando 
contenga norme che superino la necessit� di dare attuazione alla 
legge o addirittura le siano contrarie, ma non quando contenga norme 
che coml?letino o integrino la legge (Cass. Civ. 12 maggio 1975, n. 1836; 
24 luglio 1971, n. 2479). 

Orbene, l'obbligo sancito dall'art. 51 del regolamento in esame non 
� sospettabile, in particolare, di essere contrario alla � ratio � dell'istituto 
della semilibert� per i seguenti rilievi: a) la stessa stipulazione del 
contratto di lavoro non � rimessa alla esclusiva autonomia del detenuto, 
atteso che tra i limiti posti dalla legge al potere discrezionale del giudice 
di ammettere il condannato o l'internato al regime di semilibert� 
vi � l'obbligo di accertare, tra l'altro, con adeguata motivazione, il tipo 
di attivit� lavorativa cui il condanni;ito intende dedicarsi nel luogo in 
cui deve espiare la pena residua, essendo quella finalizzata a rendere 
effettiva la auspicata sua risocializzazione (Cass. pen. 22 giugno 1985, 

n. 1766 -e.e. 5 giugno 1985; 23 maggio 1985, n. 1248 -e.e. 29 aprile 1985); 
b) tra istituto della semilibert� e rapporto di lavoro interagiscono vicende 
proprie dell'uno e dell'altro, tanto che la revoca della semilibert� 
determina ovviamente l'estinzione del rapporto, cosi come la cessazione 
dell'attivit� del datore di lavoro o il licenziamento comporta 
necessariamente la revoca della semilibert� {Cass. pen. 20 ottobre 1983, 
n. 1976 -e.e. 27 settembre 1983; 7 agosto 1982 n. 1450 -e.e. 28 giugno 
1982); e) il condannato o internato in semilibert� deve necessariamente 
risentire dello stato di detenzione in cui pur sempre si trova, e la cui 
misura alternativa costituita dalla semilibert� ha precisi limiti temporali 
nell'arco di ciascuna giornata, e, pertanto, per il principio di parit� 
cui deve ispirarsi il trattamento penitenziario (art. 3 legge n. 354 del 
1975), non pu� essere esonerato dall'obbligo di non disporre di moneta 
nell'istituto, secondo le limitazioni stabilite dal regolamento in or�dine 
all'ammontare dei beni provenienti dall'esterno. 
D'altra parte, la � ratio � della risocializzazione del condannato o 
internato non � inficiata dalla indisponibilit� della retribuzione, posto 
che essa � fondata non sulla libera amministrazione del reddito da lavoro, 
stante il divieto di possesso di moneta all'interno dell'istituto, 
bens� sul fatto stesso dello svolgimento di una attivit� lavorativa all'e:sterno, 
senza scorta e adeguata a detta � ratio �. 


208 RASSEGNA DEIJ.'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� le innovazioni apportate all'istituto dalla legge n. 663 del 1986 
hanno inciso sulla funzione di esso, essendo soltanto modificative, in 
favore del ,condannato o internato, delle condizioni oggettive di ammissibilit� 
al regime della semilibert�. 

N�, infine, potrebbe ravvisarsi l'illegittimit� dell'art. 51 reg. sotto 
il profilo del vizio dell'eccesso di potere per disparit� di trattamento 
tra condannato o internato ammesso al lavoro subordinato e condannato 
o internato ammesso al lavoro autonomo, concernendo tale articolo 
soltanto il primo, talmente diverse essendo le rispettive condizioni 
di svolgimento ed evidente l'impossibilit� di vincolare alla fonte il corrispettivo 
del lavoro autonomo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 febbraio 1989, n. 955 -Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Rel. Anglani -P. M. Virgilio. Mazzetti (avv. Di 
Marco, Piccialuti) c. Cassa pensioni dipendenti Enti locali (avv. Stato 
Stipo) e Azienda Municipalizzata servizi nettezza Urbana di Firenze 
(avv. Lania, Golati). 

Procedimento civile -Sentenza non definitiva -Riserva d'impugnazione � 
Ammissibilit� � Impugnazione immediata successiva � Inammissibilit�. 
(Cod. proc. civ. artt. 41, 279, 340, 420). 

Anche in tema di sentenza non definitiva pronunziata dal giudice> 
del lavoro � ammissibile la riserva di impugnazione ex art. 340 c.p.c.; 
l'impugnazione immediata proposta successivamente alla riserva � inammissibile 
(1). 

(omissis) Il ricorrente, denunziando con il primo motivo la viola� 
zione degli artt. 340 e 420 c.p.c., deduce che il Tribunale ha ritenuto ammissibile 
l'appello proposto dalla Cassa in base all'erronea opinione 
che, a seguito delle modifiche innovative apportate dalla legge 533 del 
1973 all'art. 420, le disposizioni dell'art. 340 sulle impugnazioni diffentt: 

(1) Nello stesso senso della sentenza, circa l'ammissibilit� della riserva 
d'impugnazione contro sentenze non def�initive nel processo del lavoro cfr. 
I[!=

Cass. 11 gennaio 1986 n. 118 Foro It. Rep. 1986 voce Appello civile n. 14. ":: 

::

Oirca l'ammissibilit� di sentenza non definitiva anche nel rito del lavoro: 

Cass. 5 giugno 1987 n. 4937 Foro lt. 1988, I, 874. 

Sull'ammissibilit� della impugnazione immediata, dopo che ci si sia avval1ll 
si della riserva: Cass. 4 giugno 1984 n. 3325 Foro It. 1987, I, 145 con nota di 
CEA " Pluralit� di domande e sentenze non definitive "� 

I

?:' 


PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

non siano pm applicabili alle sentenze non definitive pronunziate dal 
giudice del lavoro, suscettibili soltanto d'impugnazione immediata. 

Il motivo � fondato. 

La sentenza impugnata muove dalla premessa che il 4� comma dell'art. 
420, nell'elencare le ipotesi in cui il giudice deve pronunziare sentenza, 
pone sullo stesso piano (seppure in alternativa) quella in cui la 
causa � matura per la decisione e quelle in cui sorgono questioni attinenti 
alla giurisdizione, alla competenza ed altre pregiudiziali la cui 
decisione pu� definire il giudizio (in particolare le questioni riguardanti 
la capacit� processuale delle parti, l� loro rappresentanza, la litispendenza, 
continenza e connessione, la validit� degli atti introduttivi); 2� la 
ratio di tali disposizioni, ispirate all'esigenza della concentrazi~ne e della 
rapidit� di svolgimento del processo del lavoro, � ravvisabile nella necessit� 
t:he � la regolarit� del processo sia subito accertata, onde evitare 
che inutilmente ci s'inoltri nella trattazione del merito�, necessit� che 
� impone -e non semplicemente permetta -al giudice del lavoro di 
decidere con sentenza immediata (sempre che non possa adottare, senza 
istruzione, la decisione definitiva di merito) tutte le suindicate questioni 
pregiudiziali, aprendo cos� la via alle impugnazioni immediate �. 

Alla stregua di siffatte premesse, dalla considerazione che la suindicata 
esigenza sarebbe frustrata dal differimento della impugnazione 
ed, infine, dal rilievo che, contestualmente all'entrata in vigore della 
legge 533 del 1973 � non si � provveduto a modificare l'art. 340, inserendosi 
un richiamo espresso anche all'art. 420, 4� comma, oltre che agli 
artt 278 e 279 2� comma n. 4 �, la sentenza � pervenuta alla conclusione 
che le sentenze non definitive pronunciate ritualmente dal giudice 
del lavoro debbono essere subito impugnate ai sensi dell'art. 41 o dell'art. 
42 o degli art. 339 e 433 �. 

Tale conclusione muove da una inesatta comprensione dell'ambito 
di applicazione dell'art. 340 e del rapporto tra l'art. 279 e 420. 
L'art. 340 che, nel testo modificato dell'art. 35 legge 14 luglio 1950, 

n. 581, ha attribuito con H primo comma alla parte soccombente .la 
facolt� di scelta tra l'appello immediato e quello differito avverso la sentenza 
non definitiva, regolando il tempo, il modo e i limiti dell'esercizio 
di tale facolt�, non enuncia esplicitamente la nozione di sentenza non 
definitiva (espressione usata soltanto nella rubrica dell'articolo, intitolata 
�Riserva facoltativa d'appello contro sentenze non definitive�) ma 
ne indica implicitamente gli estremi, sia attraverso il rinvio formulato 
nel primo comma con l'~spressione �contro le sentenze previste 'dall'articolo 
278 e dal n. 4 del 2� �comma dell'art. 279 � sia attraverso la contrapposizione 
alla � sentenza che definisce il giudizio � indicata nel secondo 
comma. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

210 

In sostanza deve affermarsi che le disposizioni dell'art. 340 sono applicabili 
per qualsiasi sentenza che, alla stregua dei due suindicati elementi 
debba essere qualificata � non definitiva��. 

Or dal 2� comma dell'art. 279 -norma di carattere generale, avente, 
nel suo complesso, la finalit� di fissare i poteri decisori e istruttori 
dell'organo giudicante (s1a del collegio che del giudice monocratico nella 
fase decisoria del procedimento) precisando in quali casi deve pronunziare 
sentenza e in quali ordinanza -si evince che, ove sorga questione 
(prospettata �alle parti o rilevabile d'ufficio) di giurisdizione o di competenza 
(n. 1 del comma) e cio� sulla esistenza della potestas iudicandi 
del giudice adito in relazione al rapporto dedotto in giudizio, deve considerarsi 
definitiva -in quanto, accertando l'inesistenza di tale potest� 
impedisca l'esame del merito e definisce perci� il giudizio -la sentenza 
che dichiara il difetto assoluto di giurisdizione o il difetto della 
giurisdizione ordinaria ovvero l'incompetenza del giudice adito. Per converso 
deve qualificarsi non definitiva la sentenza che, poich� risolve la 
questione affermando la giurisdizione o la competenza, consente la prosecuzione 
del giudizio per l'esame del merito. 

Alle medesime conclusioni deve pervenirsi per le sentenze pronunziate. 
nel processo di lavoro. Invero l'art. 420 (contrariamente a quanto 
ritenuto dal Tribunale) non pu� essere considerata una norma innovativa 
(tanto meno in relazione ai principi sopra esposti in tema di sentenze) 
ma ha la precipua funzione di adattare al giudizio del lavoro 
-nel quale i poteri istruttori e decisori e istruttori, sono concentrati 
nel medesimo organo e vengono esercitati in un'unica fase --alcune 
norme del giudizio ordinario di cognizione {fra le altre, gli artt. 116, 117, 
177, 189, 181 e 279) concernenti i poteri del giudice e della parte, norme 
strutturate in relazione alla esistenza di due organi (giudice istruttore 
e collegio) e di due fasi nei procedimenti dinanzi a giudice collegiale ed 
allo svolgimento in due fasi anche dinanzi al giudice monocratico (che 
in esse svolge rispettivamente funzioni istruttorie e decisorie). 

Per quanto riguarda in particolare il 4� comma il quale dispone che 
� se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per 
la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla 
competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione pu� definire il giudizio, 
il giudice invita le parti alla discussione e pronunzia sentenza 
anche non definitiva dando lettura... � appare evidente che detto comma 
(anche a prescindere dalla espressa previsione di pronunzia di sentenza 
non definitiva e dalla implicita contrapposizione di tale ipotesi o quelle 
in cui le questioni indicate nella prima parte sono state decise nel senso 
d'impedire la prosecuzione del giudizio) � stato inserito non gi� per 
derogare al 2� comma dell'art. 279 bens� (in relazione alla ricordata 
finalit� di inserire nella struttura del processo del lavoro di disposi



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

zioni del procedimento ordinario) per attribuire al giudice del lavoro, 
quale organo decidente, il potere di delibaziol'\e della necessit� od opportunit� 
di far decidere dal collegio talune questioni, potere attribuito 
al giudice istruttore dall'art. 187 c.p;c. 

I primi tre commi di tale norma (in gran parte sostanzialmente 
riprodotti nel 4� comma dell'art. 420) dispongono infatti che il giudice 
istruttore rimette le parti al collegio quando ritiene che la causa sia 
matura per la decisione senza bisogno di assunzione di mezzi di prova 

o pu� rimetterle quando ritiene che sia opportuno far decidere immediatamente 
questioni attinenti alla giurisdizione, alla competenza o ad 
altre pregiudiziali o preliminari di merito. 
Affermato quindi che l'art. 340 deve essere applicato anche in tema 
di sentenza non definitiva pronunziata dal giudice del lavoro, e tale va 
considerata la sentenza affermativa della giurisdizione, si osserva che la 
sentenza del pretore del 16 marzo 1979, avverso la quale la Cassa Pensioni 
dopo aver formulato riserva di appello differito, propose appello 
immediato, contiene due distinte pronunzie: l'una espressamente formulata 
nel dispositivo, con la quale si dichiara il difetto di giurisdizione 
�in ordine a tutte le domanda proposte contro l'ASNU � ha natura 
definitiva (e di essa si tratter� in proseguo) l'altra, chiaramente enucleabile 
nella motivazione ed implicitamente menzionata nel dispositivo mediante 
l'anteposizione dell'avverbio �limitatamente � alla pronunzia definitiva, 
con la quale si dichiara che la controversia nei confronti della 
Cassa appartiene alla giurisdizione ordinaria. 

Orbene tale seconda pronunzia (coevamente alla quale fu emessa 
ordinanza di rinvio ad altra udienza per il tentativo di conciliazione e 
per l'eventuale espletamento di mezzi istruttori) �, in quanto affermativa 
della giurisdizione, una sentenza non definitiva. Il Tribunale avrebbe 
dovuto per�i�, in applicazione dell'art. 340, dichiarare inammissibile 
l'appello proposto dalla Cassa dopo la riserva di differimento. 

Accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo, proposto 
in subordine, con il quale si censura l'apprezzamento di difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario, la sentenza del tribunale va cassata senza 
rinvio in quanto il processo non poteva essere proseguito in appello. 

Con il secondo motivo {dichiarato assorbito per la parte riguardante 
la Cassa) il ricorrente, denunziando violazione degli artt. 409, 442 e 
444 c.p.c. e, premesso che � il Tribunale confermando sul punto la sentenza 
del Pretore, ha qualificato come rapporto di pubblico impiego 
quello intercorso con l'ASNU, che ha invece natura privata�, deduce 
che erroneamente � stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario, atteso che la domanda da esso Mazzetti proposta, qualificabile 
come � domanda di maggior pensione rientrava tra le controversie 
in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie comprese nella 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

212 

consulenza del Pretore quale giudice del lavoro � ed era volta in ogni 
caso �ad ottenere il risarcimento del danno derivato dall'omesso versamento 
dei contributi da parte del datore di lavoro �. 

Il ricorso, infondato sotto un duplice profilo va rigettato. 

� certo anzitutto che il Tribunale, non ha emesso alcuna pronunzia 
nei confronti del Mazzetti, ma si � limitato a dare atto in narrativa 
che � il pretore aveva dichiarato il difetto di giurisdizione nei confronti 
dell'ASNU � e che la stessa ASNU �si era costituita ad vigilandum 
nella eventualit� non verificatasi, di un'impugnazione non incidentale 
del Mazzetti �. 

Il ricorso del Mazzetti sarebbe per cui inammissibile, sotto un primo 
profilo, per difetto d'interesse ad impugnazione, in mancanza di una 
pronunzia nei di lui confronti. 

Ove poi il Mazzetti abbia inteso riproporre in questa sede la questione 
di giurisdizione, il ricorso deve essere rigettato in quanto, non 
avendo lo stesso Mazzetti, com'� pacifico, proposto impugnazione avverso 
la sentenza del pretore, nei suoi confronti definitiva, ed essendosi 
perci� formato il giudicato formale, deve ritenersi preclusa la possibilit� 
di riproporre la questione di giurisdizione nelJo stesso processo. 

CORTE DI CAiSSAZIONE, I -Sez. civ., 1 marzo 1989, n. 1099 -Pres. Scanzano 
-Rel. Vignoli -P. M. Amirante -Leotta e Pulvirenti (avv. Basile 
e Spina) c. A.N.A.S. (vice avv. gen. Stato Baccari). 

Espropriazione P.I. -Occupazione legittima -Indennit� -Rivalutazione 
automatica -Non compete. 

Espropriazione P.I. -Indici di rivalutazione diversi da indici ISTAT Applicabilit� 
necessit� motivazione. 

Espropriazione P.I. � Realizzazione dell'opera pubblica in periodo di 
occupazione legittima � Indennit� � Non compete. 

Obbligazioni (in generale) � Debiti di valuta � Rivalutazione -Comprende 
anche interessi. 

Obbligazioni (in generale) � Debiti di valore � Momento di riferimento ai 
fini della rivalutazione � Quello della decisione. 

(Legge 25 giugno 1865 n. 2359; art. 1224 e.e.). 

Il debito per indennit� di occupazione legittima, quale debito di valuta, 
non deve essere automaticamente rivalutato alla attualit�, potendo 
essere maggiorato dell'ulteriore danno da svalutazione monetaria solo 
ove, a norma dell'art. 1224, Zo comma cod. civ., sussistano e siano stati 


PARIB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 213 

positivamente valutati elementi di prova, pur se presuntiva, di quest'altro 
danno (1). 

Pur non sussistendo per il giudice l'obbligo di adottare particolari 
indici di svalutazione, occorre pur sempre -specie quando la parte 
chieda la applicazione di indici ufficiali -che egli spieghi i motivi per 
i quali. non ritiene di adottarlii(2). 

Se l'irreversibile destinazione pubblica del suolo occupato si � veri 
ficata durante il periodo di occupazione temporanea, la propriet� del 
suolo deve intendersi passata all'ente occupante con l'inizio dell'occu 
pazione illegittima, tal che nessun danno pu� liquidarsi per il mancato 
godimento del bene nel periodo successivo alla perdita della propriet� (3). 

Nelle obbligazioni originariamente pecuniarie (debiti di valuta) il 
risultato che si ottiene quando si rivaluta alla attualit� la somma dovuta, 
consiste in una cifra comprensiva anche degli interessi legali t(4). 

Nelle obbligazioni di valore il momento al quale il giudice deve rap, 
portare il debito ai fini della rivalutazione � quello della decisione {5). 

(1) Ciroa il problema del risarcimento del danno da svalutazione monetaria 
nelle obbligaziollli pecuniarie, nello stesso senso della massima (dopo 
le incertezze susoitate da Cass. 30 novembre 1978 n. 5670 e Cass. Un. 4 luglio 
1979 n. 3776 in questa Rassegna 1979, I, 286) Cass. Sez. Un. 5 aprile 1986 n. 2368 
in Foro it. 1986, I, 1265 con nota di PARDOLEST e AMATULLI; nonch� in Foro it. 
1986, I, 3035 nota di E. QUADRI. La sentenza leggesi anche in Giust. civ. 1986, 
1595. 
Da notare, al riguardo, che il Pret. Roma con ord. 14 aprile 1988 in Foro 
it. 1988, I, 3447 ha sollevato questione di costituzionalit� del principio nominalistico 
di cui all'art. 1277 e.e. 

(2) Non constano precedenti in termini; ma non sembra possano sussistere 
dubbi sull'esattezza della decisione. 
(3) Nello stesso senso gi� Cass. 12 giugno 1987 n. 5127 Foro it. Mass. 1987, 
871. 
Sulla questione si veda anche nota redazionale a Cass. 13 novembre 1987 

n. 8344 In Foro it. 1987 I, 3236. 
(4) In tal senso si va orientando la giurisprudenza della Corte Suprema. 
Lo stesso principio � gi� stato affermato da Cass. 14 gennaio 1988 n. 260 in 
Foro it. 1988, I, 384 la quale ha puntualizzato che gli interessi in aggiunta alla 
rivalutazione costituirebbero una illecita duplicazione ed un lucro per il creditore. 
La sentenza � favorevolmente annotata da VALCAVI in Foro it. 1988, I, 2318 
secondo il quale il principio potrebbe essere esteso anche ai crediti risarcitori. 
In precedenza e cio� per la cumulabilit� degli interessi � quali lucro cessante 
presunto� si erano pronunciate Cass. 13 febbratio 1987 n. 1607 in Foro It. 
Rep. 1987 voce Danni civili n. 268; Cass. 16 marzo 1987 n. 2690 in Foro it. 
Mass. 442. 

(5). Affermazione che potrebbe sembrare in contrasto con Cass. 13 novem� 
bre 1986 n. 6650 in Cons. Stato 1987, Il, 664 la quale ha stabilito che il valore 
dell'immobile irreversibilmente destinato all'opera pubblica va determinato con 
riferimento al valore che aveva all'epoca e non al momento della decisione 

16 

Pll&�llrllliilllllrllllllllfllllllllllllllllllllllll&flllllll4' 



RASSEGNA DEI.J..'AVVOCATURA DELLO STATO

214 

(omissis) Ricorso principale ed incidentale vanno riuniti ai sensi 
dell'art. 335 cod. proc. civ. 

Col primo motivo, i ricorrenti principali si dolgono: a) della insufficiente 
motivazione della pron�ncia. impugnata relativamente alla determinazione 
del valore del suolo occupato (un agrumeto), lamentando, in 
particolare, che il giudice del merito non abbia tenuto conto che l'ANAS, 
in sede di accordo amichevole, aveva riconosciuto al suolo confinante 
(appartenente ad un loro congiunto) il pi� elevato valore di L. 4500 
al mq.; b) di un erroneo calcolo dell'indennit� di occupazione legittima, 
in quanto liquidata sulla base soltanto del valore della parte di suolo 
occupata e non, invece, del danno complessivamente arrecato all'intero 
fondo; e) del fatto che il risarcimento del danno da occupazione illegittima, 
computato alla stregua degli interessi sul valore del suolo con 
decorrenza dalla scadenza dell'occupazione temporanea, sia stato liquidato 
fino alla data della sentenza di primo grado, sostenendo, a tal uopo, 
di aver appellato il capo della decisione di primo grado che a tale 
momento finale aveva limitato la liquidazione del danno e che, quindi, 
non si era formato il giudicato sul punto. 

Col secondo motivo, si dolgono del fatto che: a) alla somma determinata 
come valore del suolo il giudice del merito abbia applicato equitativamente 
un coefficiente di svalutazione non corrispondente agli indici 
ISTAT e comunque non adeguato alla realt�; b) che quanto liquidato 
a titolo di risarcimento del danno da occupazione illegittima non 
sia stata rivalutato, come sarebbe stato necessario per un debito di 
valore; e e) che n� su tale somma, n� sull'indennit� di occupazione 
legittima, n� sull'importo corrispondente al valore del bene siano stati 
calcolati gli interessi compensativi. 

Con il ricorso incidentale, l'ANAS si duole che il giudice del merito 
abbia rivalutato tutte le somme liquidate con riferimento al momento 
della sua decisione, laddove tale rivalutazione avrebbe dovuto aver luogo 
con riguardo all'epoca in cui era intervenuta la costruzione dell'opera 
pubblica o a quella dell'emissione del decreto di esproprio e su tale 
valore avrebbero dovuto essere calcolati i soli interessi legali; lamenta 
ancora che, relativamente all'indennit� di occupazione legittima, sia stato 
liquidato il maggior danno da svalutazione senza che i creditori ne 
abbiano fornito la prova, come sarebbe stato necessario per un debito 
di valuta. 

(perch� il prezzo dei suoli pu� variare per fattori indipendenti dal potere di 
acquisto della moneta). 

Ma nel caso di cui alla massima il riferimento al momento della decisione 

non riguarda il valore dell'immobile, bens� il termine finale di rivalutazione 

del debito. 

G. MONETA 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

I punti a) e e) del primo motivo del ricorso principale sono infon� 
dati. Dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che il giudice 
del merito, pur provenendo la domanda di risarcimento da proprietaricoltivatori 
diretti del suolo illegittimamente occupato dall'ANAS, ha 
ritenuto dover liquidare il danno con riferimento esclusivo alla perdita 
del diritto di propriet� (tenendo conto, quindi, innanzitutto del valore 
dell'immobile), senza considerare la lesione della specifica posizione soggettiva 
degli istanti e, in particolare, del diritto a quel trattamento indennitario 
speciale, consistente nella corresponsione del triplo dell'in� 
dennit� provvisoria (art. 17 della legge n. 865 del 1971, mod. dall'art. 14 
della legge n. 10 del 1977), che la legge attribuisce ai proprietari-coltivatori 
in sede di procedimento espropriativo, quando addivengono alla 
cessione volontaria dell'immobile. Si � trattato, per�, di un'impostazione 
seguita gi� dal giudice di primo grado e della quale gli attuali ricorrenti, 
pur proponendo appello incidentale contro la relativa sentenza, 
non si dolsero, limitandosi a criticare la decisione del tribunale perch�, 
nel liquidare il danno, non aveva considerato l'ulteriore pregiudizio derivante 
dallo smembramento del suolo, n� i danni arrecati al caseggiato 
rurale, n� il deprezzamento e la accresciuta difficolt� di accesso al terreno 
residuio. Conseguentemente, su quel criterio di liquidazione del 
danno deve ritenersi formato il giudicato. 

Ci� posto, ai fini dell'adeguatezza della motivazione relativa alla 
determinazione del valore del bene occupato, assolutamente inconferente 
risulta l'osservazione che quello liquidato dalla Corte d'appello � inferiore 
al valore riconosciuto dall'ANAS al .proprietario del fondo confi� 
nante, giacch�, come risulta dall'impugnata sentenza, per il suolo limitrofo 
il prezzo fu fissato in sede di cessione volontaria e, quindi, con 
l'applicazione delle maggiorazioni di cui al predetto art. 17 della legge 

n. 865 del 1971. Anzi, alla luce di quanto precisato (ossia del fatto che 
per il fondo confinante il prezzo di cessione doveva per legge essere 
costituito dal triplo del valore medio dei suoli agricoli della zona), la 
decisione, in relazione al valore di mercato del bene, appare sufficientemente 
motivata, in quanto lo stesso -sulla base di precise indicazioni 
del consulente tecnico, delle caratteristiche positive del suolo e 
della sua appetibilit� -� stato determinato dal giudice del merito in 
misura superiore a quella riportata dalle tabelle dei valori agricoli medi 
formate dalla Commissione istituita presso l'UTE. 
Di formazione del giudicato deve parlarsi anche a proposito della 
doglianza relativa al momento in cui, nella sentenza impugnata, � stata 
fissata la cessazione del � danno da occupazione illegittima�, ivi liquidato 
in misura pari agli interessi legali sul valore venale fino alla data 
della decisione di primo grado. Invero, prescindendo per il momento 
dalla questione della liquidabilit�, a titolo di risarcimento del danno da 


216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

occupazione illegittima, di altri danni oltre a quello della perdita del 

I

suolo, in quegli stessi termini aveva deciso anche il giudice di primo 
grado e gli attuali ricorrenti, contrariamente a quanto da loro affermato 
nel ricorso per cassazione, non articolarono, al rigu~o, uno spe


I

cifico motivo di appello. 

Fondato appare, invece, il punto b) dell'articolato primo motivo di 
ricorso, che appare opportuno esaminare unitamente alla parte del ricorso 
incidentale in cui, pure fondatamente, l'Anas si duole che, in irela


. zione a questa indennit�, sia stato liquidato anche il maggior danno 
da svalutazione, senza che i creditori ne avessero fornito la prova, come 
sarebbe stato necessario per un debito di valuta quale � quello che ha 
la sua fonte nell'occupazione legittima. Invero, la Corte d'appello ha 
determinato l'indennit� per questo tipo di occupazione in misura corrispondente 
agli interessi legali per due anni, sul valore venale (rivalutato 
all'attualit�) del suolo occupato. Il criterio adottato, tuttavia, non 
� corretto, in quanto, pur quando si voglia ricorrere al sistema pragmatico 
di liquidare l'indennit� in questione col sistema degli interessi le-� 
gali sul capitale liquidato a titolo di risarcimento del danno da occupazione 
illegittima o di indennit� di esproprio, l'importo base per il calcolo 
degli interessi non � dato solo dal valore venale della parte di 
suolo occupata, bens�, ove si tratti di occupazione parziale (ossia quando 
sia residuata al proprietario altra parte di terreno pi� o meno deprezzata 
dall'occupazione) dal cumulo della somma corrispondente al 
valore venale con quella liquidabile a titolo di risarcimento del danno 
per il degrado della parte residua di fondo, oppure, il che conduce al 
medesimo risultato, dalla differenza tra il valore venale originario del 
fondo e quello della parte residuata dopo l'occupazione. E tale importo, 
considerato che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il 
debito per indennit� di occupazione legittima � di valuta, � certamente 
produttivo di interessi moratori, ma non deve essere automaticamente 
rivalutato all'attualit�, potendo essere maggiorato dell'ulteriore danno 
da svalutazione monetaria solo ove, a norma dell'art. 1224, 2� comma, 
cod. civ., sussistano e siano stati positivamente valutati elementi di prova, 
pur se presuntiva, di quest'altro danno. Principio questo che, nella 
specie, non � stato seguito, giacch� la Corte di merito ha proceduto 
ad un'automatica rivalutazione che � stata perci� fondatamente censurata 
dall'Anas. 
Fondato deve ritenersi anche il punto a) del secondo motivo del 
ricorso principale, col quale ricorrenti lamentano l'insufficiente motivazione 
della sentenza in merito al coefficiente applicato per determinare ~i 
all'attualit� il danno subito dai proprietari a seguito della perdita del i.: 
suolo illegittimamente e irreversibilmente occupato dall'ANAS. Invero, f,. 
pur non sussistendo, per il giudice, l'obbligo di adottare particolari indici ! 

.. I 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

217 

di svalutazione, occorre pur sempre -specie quando la parte chieda 
l'applicazione di indici ufficiali -che egli spieghi i motivi per i quali 
non ritiene di adottarli. Nella specie, invece, la svalutazione risulta determinata 
dal giudice del merito nella misura del 128 % e la scelta di 
questo coefficiente, pur tenuto conto che si tratta di valutazione equitativa 
del danno, non appare sufficientemente motivata, specialmente se 
si considera che il suo valore assoluto � molto pi� basso rispetto al 
coefficiente risultante dall'attestazione rilasciata dall'ISTAT, tempestivamente 
prodotta in giudizio, secondo quanto affermato dai ricorrenti e 
non contestato dalla resistente. 

Infondate sono, invece, tutte le altre doglianze. Invero, per quanto 
riguarda quelle relative alla � mancata rivalutazione del danno da occupazione 
illegittima � e all'� omessa attribuzione degli interessi compensativi 
sulla somma corrispondente al valore del bene e sul risarcimento 
del danno da occupazione illegittima �, va osservato, innanzitutto, che 
se la irreversibile destinazione pubblica del suolo occupato che determina 
il trasferimento della propriet� a favore dell'occupante, si � verificata 
(come nella specie � dato per pacifico) durante il periodo di occupazione 
temporanea, tale trasferimento si deve ritenere realizzato al 
termine dell'occupazione stessa e all'inizio di quella illegittima, sicch� 
il danno che la trasformazione illegittima del suolo arreca al proprietario 
consiste proprio ed esclusivamente nella perdita della propriet� 
del bene, n� � dato aggiungere alla sua liquidazione (che si effettua con 
l'attr~buzione dell'equivalente patrimoniale del suolo, rivalutato all'attualit�, 
nonch�, secondo una giurisprudenza consolidata, con gli interessi 
compensativi su tale somma dal compimento del fatto illecito al pagamento), 
una distinta �indennit�� (rectius: voce di danno) per occ1:1pazione 
illegittima, ma solo gli interessi compensativi su quella somma. 

A questo criterio, invero, il giudice del merito non si � affatto atte� 
nuto (ma la statuizione non � stata censurata dall'Anas), ritenendo di 
poter liquidare, a titolo di risarcimento patrimoniale, oltre all'equivalente 
economico del bene occupato rivalutato all'attualit�, anche una 
�indennit�� da occupazione illegittima (evidentemente per il mancato 
godimento del suolo) liquidata con gli interessi sulla somma stessa a partire 
dalla consumazione dell'illecito e fino alla data della decisione di 
primo grado, dimenticando che, con l'inizio dell'occupazione illegittima, 
la propriet� dello stesso doveva intendersi passata all'ente occupante, 
tal che nessun danno poteva liquidarsi ai ricorrenti per il mancato 
godimento del bene nel periodo successivo alla perdita della propriet�. 

Comunque, quello che deve correttamente intendersi per risarcimento 
del danno da occupazione illegittima (ossia l'equivalente economico 
del bene), in concreto � stato rivalutato dal giudice del merito, 
mediante l'applicazione del predetto coefficiente di svalutazione. E cos�, 

llllcillllllllllllllllllllllllltlllllllllll4flllll�&lllllfll:ll 



218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cli fatto, sono stati attribuiti anche gli interessi compensativi sul valore 
venale, erroneamente qualificati come � indennit� da occupazione illegittima
�, sul cui termine finale di scadenza, come si � gi� detto, s1 e 
formato il giudicato e che non sono, a loro volta, produttivi di altri 
interessi. 

Quanto, poi, all'ultima doglianza dei ricorrenti principali, inerente 
alla mancata attribuzione degli interessi sulla somma liquidata a titolo 
di indennit� di occupazione legittima, deve rilevarsi che, secondo il principio 
di cui all'art. 1224 cod. civ., nelle obbligazioni originariamente 
pecuniarie (ossia nei debiti di valuta), il risultato che si ottiene quando 
si rivaluta all'attualit� la somma dovuta, consiste in una cifra comprensiva 
anche degli interessi legali, in quanto costituita appunto dall'importo 
degli interessi legali e dalla differenza tra il danno da svalutazione 
e l'importo degli interessi stessi. E poich�, nella specie, ai ricorrenti 
� stata attribuita una indennit� di occupazione legittima rivalutata, 
appare evidente che il giudice del merito non solo ha rispettato la regola 
che d� diritto al cred~tore di ottenere la 1condanna del debitore al pagamento 
degli interessi moratori, ma addirittura ha maggiorato l'importo 
con l'ulteriore danno da svalutazione. E la relativa pronuncia non deve 
ritenersi caducata per effetto dell'accoglimento del ricorso incidentale 

If. 

dell'Anas, giacch� esso involge la parte della statuizione relativa al 
� maggior danno � da svalutazione, ma non anche quella inerente alla 
liquidazione degli interessi moratori. 

Riguardo, infine, alla rimanente censura mossa dall'ANAS alla sentenza 
de qua col ricorso incidentale, va osservato che nelle obbligazioni 

I

di valore, il momento al quale il giudice deve rapportare il debito ai 
fini della rivalutazione, � quello della decisione; tal che nessun fonda


I 

~j

mento ha la prospettata tesi, secondo la quale nella particolare fattispecie 
di obbligazione di risarcimento del danno da occupazione illegittima, 
questo momento debba esser anticipato al tempo della irreversibile 
destinazione pubblica del bene oppure a quello della emissione del 
decreto di esproprio illegittimo (o irrilevante) e che da tale momento 
possano essere attribuiti al creditore s�lo gli interessi legali; destinazione 
pubblica irreversibile ed emissione del decreto di esproprio illegittimo 
o ir~ilevante, invero, costituiscono eventi che non sanano l'illegittimit� 
dell'occupazione n� riducono l'entit� del danno, per cui nessuna 
incidenza possono avere ai fini della liquidazione dello stesso. 

In conclusione, quindi, l'indennit� di occupazione legittima (liquidata 
col sistema degli interessi legali sul capitale) va calcolata, nel caso di 
specie, sulla somma corrispondente al valore del suolo occupato, maggiorata 
di quella determinata per il deprezzamento del terreno residuo. , 


PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 219 

Tale indennit�, sulla quale sono dovuti gli interessi legali, non deve 
essere, per�, rivalutata automaticamente. Ai ricorrenti spetta, inoltre, 
la rivalutazione all'attualit� del valore del suolo, mediante applicazione 
di indici la cui scelta sia congruamente motivata. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lav., 9 marzo 1989, n. 1245 � Pres. Fanelli � 
Rel. Genghini -P. M. Gazzara -Mastronardi (avv. Pala e Veneto) 

c. Ministerc; Tesoro (Avv. Stato Nucaro). 
Sanit� � Medico Convenzionato � Retribuzione -Art. 36 Cost. � Inapplicabilit� 
� Art. 2233 cod. civ. -Inapplicabilit�. 
(Cost. art. 36, art. 2323 cod. civ.). 

� esclusa l'applicabilit� dell'art. 36 della Costituzione ai rapporti di 
lavoro c.d. parasubordinati (1). 

� inapplicabile al rapporto intercorso tra il professionista e la Cassa 
Soccorso e Malattia la disciplina di cui all'art. 2233 cod. civ., relativa al 
compenso, che concerne il rapporto tra professionista e cliente destinatario 
dell'opera, e non il rapporto tra il professionista stesso 1e la Cassa, 
rapporto quest'ultimo contenuto nei limiti della disponibilit� da parte del 
prof es sionista (2). 

(omissis) Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente censura 
la impugnata sentenza per violazione degli artt. 35 e 36 della Costituzione, 
degli artt. 1418 e 2233, II comma cod. civ. dell'art. 432 cod. proc. civ. e 
dell'art. 2 III comma della legge 21 febbraio 1963 n. 244; l'art. 36 della 
Costituzione era applicabile alla fattispecie in quanto il sanitario, secondo 
quanto accertato dal Tribunale si era obbligato non con i singoli 
dienti, ma verso la Cassa ad assistere gli iscritti alla medesima, che 
avessero richiesto la sua opera; inoltre la sentenza ha erroneamente 

(1) Giurisprudenza costante. Cfr., citata in motivazione, Cass. 7 aprile 1987 
n. 3400 in Foro It. Rep. 1987 voce lavoro autonomo n. 6, Cass. 13 dicembre 1986 
n. 7497 in Foro lt. Rep. 1986 voce lavoro (rapporto) n. 1246; nonch� cli recente 
Cass. Sez. Un. 11 Ottobre 1988 n. 5471 Foro lt. 1989, I, 62. 
In dottrina, in senso conforme, AM. GRIECO � Lavoro subordinato e diritto 
del lavoro� 1983, 164, nota 68; M. V. BALLESTRERO �La ambigua nozione di lavoro 
subordinato� Lavoro e dir. 1987, 66; Contra: G. VERONESI �Il rapporto di 
lavoro dei medici di guardia� in Giur. It. 1984, I, 2, 533, G. SANTORO PASSARELLI 
�Il Lavoro parasubordinato� 1979, nota 34, pag. 24 e pag. 99. 

(2) Non risultano precedenti in termini. 
Afferma in sostanza, la decisione in esame, che il rapporto tra medici 
convenzionati e Cassa � retto da un regime particolare integralmente disciplinato 
dalla convenzione, alla quale ciascuna delle parti ha aderito autonomamente 
previa valutazione della convenienza. 

G. MONETA 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

220 

escluso che il rapporto in questione rientrasse nella previsione dell'art. 
2233 cod. civ. riguardante la prestazione di opera intellettuale 
specificamente per quanto concerne la determinazione del compenso; 
ne conseguiva che era consentito ricorrere ad una determinazione secondo 
equit�, anche tenuto conto del fatto che il compenso contrattualmente 
stabilito era in contrasto con le tariffe professionali inderogabili 
nei minimi. 

Con il secondo motivo il ricorrente censura la impugnata sentenza 
per insufficiente motivazione sui punti decisivi su accennati. 
I due mezzi, data la loro connessione, possono esaminarsi congiuntamente. 


Questo Supremo Collegio, ripetutamente, ha escluso l'applicabilit� 
�ell'art. 36 della Costituzione ai rapporti di lavoro c.d. parasubordinati 
(sent. S.U. 16 gennaio 1986, sez. Lavoro 13 novembre 1986 n. 6662 e 

n. 6666, 13 dicembre 1986 n. 7497, 7 aprile 1987 n. 3400); ci� in quanto 
nel corrispettivo di prestazioni lavorative svolte in piena autonomia e 
che si aggiungono all'abituale e normale esercizio di un'attivit� liberoprofessionale 
non � senz'altro ravvisabile quella funzione di garanzia 
dei bisogni primari e di sostentamento che la retribuzione, ai sensi dell'art. 
36 Cost., deve assicurare ai lavoratori subordinati. 
Il rapporto di lavoro parasubordinato integra sempre una specie 
del lavoro autonomo, n� pu� trarsi argomento contrario dall'art. 409 

n. 3 cod. proc. civ. atteso che questo equipara i rapporti di parasubordinazione 
ai rapporti di lavoro subordinato solo ai fini dell'applicazione 
di determinati istituti, prevalentemente di carattere processuale. 
Naturalmente del tutto diverso � il caso in cui sia configurabile 
J'.esistenza, fra i medesimi soggetti, di un rapporto di lavoro autonomo 
a fianco a quello di lavoro subordinato, nel qual caso -per quest'ultimo 
-deve ritenersi applicabile l'art. 36 Cost. 

I due richiami alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, indipendentemente 
dalla natura interpretativa e dunque non cogente di 
quelle affermazioni, non appaiono pertinenti. 

Ci� sia per quanto concerne la sentenza 7 luglio 1964 n. 75 la quale, 
pur contenendo una generica affermazione di applicabilit� dei principi 
contenuti nell'articolo 36 (che � peraltro affermazione molto diversa dalla 
applicabilit� del precetto nella sua interezza) nel campo del lavoro autonomo, 
ed in particolare delle professioni intellettuali, verteva su una 
fattispecie ben diversa riguardante la derogabilit� da parte del legislatore 
delle tariffe professionali fissate con la collaborazione degli ordini; 
ed in quella occasione la Corte Costituzionale aveva modo di sottolineare 
come al valore economico di un atto o di una controversia, non corrispondeva 
necessariamente la quantit� e la qualit� di lavoro richiesto 
al professionista. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Non diversamente nella sentenza 5 maggio 1967 n. 60 concernente 
l'art. 522 prima parte cod. proc. civ. secondo cui il custode non ha 
diritto a compenso se non l'ha chiesto e se non gli � stato riconosciuto 
dall'ufficiale giudiziario all'atto della nomina, tale norma non poteva 
considerarsi in contrasto con l'art. 36 tenuto conto dell'attivit� del tutto 
occasionale e temporanea del custode di beni mobili pignorati: si tratta, 
in altri termini, di un compenso avente caratteristiche peculiari del 
tutto diverse da quelle proprie della retribuzione. 

La impugnata sentenza ha esattamente colto, come gi� era stato 
�ritenuto da questa Suprema Corte (sent. 20 dicembre 1978 n. 6124) che 
l'art. 36 Cost., cOIDe si evince chiaramente dal contenuto delle sue prescrizioni 
che fanno riferimento, tra l'altro, alla durata massima della 
giornata lavorativa, al riposo settimanale ed alle ferie retribuite, riguarda 
soltanto il rapporto di lavoro subordinato e non � applicabile 
al compenso per il lavoro autonomo del professionista. 

N� � invocabile, a questo riguardo (sentenza 22 agosto 1966 n. 2269), 
la affermazione di ricorribilit� all'art. 36 in tema di prestazione svolta 
da socio di cooperativa di lavoro, trattandosi evidentemente di fatti� 
specie del tutto diversa con proprie caratteristiche e per la quale, in 
ogni caso, la dottrina ha pressoch� unanimamente escluso la configurabilit� 
di un rapporto di parasubordinazione. 

La giurisprudenza di questo S.C. con riguardo alla inapplicabilit� 
dell'art. 36 al compenso per il lavoro autonomo pu� dirsi non avere 
subito contrasti (tra le molte decisioni: sent. 4 settembre 1956 n. 3176, 
30 ottobre 1969 n. 3605, 19 aprile 1974 n. 1073, 17 maggio 1975 n. 1945, 
20 dicembre 1978 n. 6124), e ci� anche con riguardo al procedimento 
da seguire per determinare il compenso da attribuire ad un avvocato 
per un lavoro parasubordinato in mancanza di specifica previsione nella 
tabella professionale (sent. 17 aprile 1984 n. 2491). Proprio la cit. sentenza 
n. 3176 del 1956 aveva affermato che �l'art. 36 � il risultato della 
lotta secolare tra capitale e lavoro, il punto di arrivo di una evoluzione 
del rapporto di lavoro subordinato che si riassume nell'esigenza affiorata 
nei tempi moderni della tutela del lavoratore subordinato, non 
soltanto perch� economicamente pi� debole, ma anche per ristabilire 
l'armonia e la pace tra le classi sociali ed elevare il tono di vita di quelle 
inferiori �. 

Ed � 11ppena il caso di sottolineare la completa estraneit� della situazione 
del libero professionista e del compenso per la sua attivit�, al 
complesso di motivazioni suesposte, segnatamente alla caratteristica di 
parte � economicamente pi� debole �, indipendentemente dalle controversie 
che, sulla propriet� di tale definizione, pure non sono mancate 
con contrapposte motivazioni. 


222 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si tratta evidentemente di un regime particolare integralmente disciplinato 
dalla convenzione, alla quale ciascuna delle parti ha aderito 
autonomamente, previa valutazione della convenienza. A questo riguardo 
� appena il caso di sottolineare la esattezza della affermazione della 
sentenza impugnata della inapplicabilit� alla fattispecie di tutte le norme 
che regolano le professioni intellettuali ed in particolare della norma di 
cui all'art. 2233 cod. civ. relativa al compenso: tali norme evidentemente 
concernono il rapporto della prestazione di opera tra professionista e 
cliente destbatario di quell'opera, non la diversa fattispecie del rapporto 
in questione che � intercorso tra profes~;ionista e Cassa soccorso e malattia, 
e per il quale destinatari delle prestazioni professionali erano gli 
assistiti, essendo propriamente il rapporto con la Cassa contenuto nei 
limiti della disponibilit� da parte del professionista. 

Ne conseguiva che ogni valutazione di� convenienza o di sproporzione 
tra compenso e prestazioni in concreto effettuate non poteva essere 
compiuta che a post�riori e, come rilevato dalla sentenza impugnata, 
in caso affermativo, dare luogo ad una disdetta della convenzione al 
momento della sua_ scadenza periodica. :� invero ev~ente che la tariffa 
profes.sionale alla quale � dato ricorrere ai sensi dell'art. 2233 cod. civ. 
� una fonte sussidiaria alla quale si pu� ricorrere soltanto ove, come 
nel caso specifico, non sia intervenuta una convenzione, soprattutto 
-come si � visto -quando questa � stata stipulata con una parte 
(la Cassa soccorso e malattia) che non � certo destinataria dell'attivit� 
professionale che riguarda solo (ed eventualmente) i suoi assistiti. 

Consegue a quanto esposto il rigetto del ricorso. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 marzo 1989, n. 1347 -Pres. Mon-. 
tanari Visco -Rel. Meriggiola -P. M. Minetti -Ministero per i beni 
culturali e ambientali (Avv. Stato Ferri) c. Sciarra. 

Antichit� e Belle Arti �' Ritrovamento di cose di interesse storico ed 

artistico � Premio per l'inventore � Interesse legittimo � Giurisdizione 

amministrativa. 

Antichit� e Belle Arti � Occupazione di suolo privato � Indennit� � Di� 

ritto soggettivo -Giurisdizione ordinaria. 

(Legge 1 giugno 1939 n. 1089 art. 44, art. 932 cod. civ. legge 20 marzo 1865 n. 2248 art. 2). 

V a affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda 
relativa al premio da parte del proprietario sul cui fondo siano 
rinvenute cose d'interesse storico o artistico (1). 

(1) Netto � revirement � della Suprema Corte che nei precedenti (pur se 
scarsi) sulla materia aveva ravvisato nel diritto al premio un vero e proprio 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 223 

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia insorta 
a seguito della domanda diretta al conseguimento dell'indennizzo 
per l'occupazione del fondo (2). 

(omissis) Nel richiamare il disposto dell'art. 44 della legge n. 1089 
del 1939, il ricorso puntualizza che tale norma conferisce al Ministero 
per i beni culturali ed ambientali la duplice facolt� di scegliere tra la 
corresponsiol).e di un premio in natura e un premio in danaro, ed altres� 
di stabilire l'importo del premio entro il limite massimo del quarto del 
valore del bene rinvenuto, anche questo determinabile dal Ministero, o 
in caso di disaccordo, da una speciale commissione -elementi tutti 
dai quali emerge evidente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
in relazione alla liquidazione del premio, dovendosi altrimenti ammettere 
che l'A.G.O. avrebbe il potere di sostituirsi all'amministrazione in una 
scelta che invece la legge riserva a questa in via esclusiva. 

A. non dissimile conclusione deve giungersi, conclude il ricorso, per 
la determinazione dell'importo dell'indennit� dovuta per l'occupazione 
del suolo, considerando che l'art. 43 della legge n. 1089 del 1939, dopo 
aver precisato che il proprietar'io dell'immobile ha diritto ad un indennizzo 
per i danni subiti, rinvia alla disciplina dell'art. 65 della legge 
25 giugno 1865 n. 2359. 
Di conseguenza si rende necessaria la determinazione dell'indennit� 
in via amministrativa, avverso la quale, in virt� del successivo art. 69, 

diritto soggettivo con conseguente giurisdizione al riguardo dell'A.G.O.: cfr. Cass. 
Sez. Un., 27 gennaio 1977 n. 401 in questa Rassegna 1977, I, 408 con nota critica 
di E. VITALIANI. 

La decisione in rassegna capovolge l'impostazione data da Cass. Sez. Un. 
401/1977 (secondo cui l'art. 44 L. 1089/39 costituisce tipica norma di relazione, 
diretta a tutelare specificatamente la posizione del privato) ed afferma, al 
contrario, che l'art. 44 cit. attribuisce alla pubblica amministrazione fini di pubblico 
interesse, sicch� � la situazione soggettiva che ad essa si contrappone 
non � tutelabile come diritto soggettivo �. 

La decisione in rassegna si mostra sensibile alle critiche gi� mosse dalla 
dottrina (E. VITALIANI op. loco cit.) a Cass. Sez. Un. 401/1977 e si discosta da 
quella autorevole dottrina che condivide l'orientamento di Cass. Sez. Un., 401/ 
1977 considerandolo � il pi� aderente sia all'origine storica dell'istituto 
sia alla formula incondizionata usata dagli articoli della legge n. 1089 �. (ALIBRANDI-
F'ERRI I beni culturali e ambientali 1985, pag. 592). 

(2) Viene affermata la giurisdizione dell'A.G.O. sul presupposto che, nella 
fattispecie, l'azione � stata proposta avverso il silenzio del Ministro, silenzio 
che, a sensi dell'art. 2 legge 20-4-1865 n. 2248, �fa sorgere il diritto di adire 
l'A.G.O. alla quale spetta, in surrogazione dell inerzia della P.A., di statuire 
sulla domanda di indennizzo, costituente una forma di risarcimento danni 
ed avente funzione sostitutiva dell'indennizzo, ottenibile facendo ricorso al 
procedimento amministrativo �. 

La sentenza � annotata da S. DI PAOLA in Foro lt, 1989, I, 1813. 

G. MONETA 

224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il proprietario pu� ricorrere all'autorit� giudiziaria ordinaria nei modi e 
nelle forme previsti dall'art. 51. 

Sulle deduzioni cos� sintetizzate, va preliminarmente considerato che 
la disciplina contenuta nella legge n. 1089 del 1939 sulla tutela delle cose 
di interesse storico ed artisti�o persegue il fondamentale scopo, alla 
luce del quale vanno lette ed interpret�te tutte le sue norme, di soddisfare 
l'interesse della collettivit� alla conservazione e all'incremento del 
patrimonio artistico della Nazione. 

I poteri dello Stato hanno ovunque e da secoli avvertito l'esigenza 
di valorizzare cose d'arte o i reperti storici con vincoli ed interventi 
anche diretti, e la legge n. 1089 del 1939 costituisce l'effetto di tale 
aspirazione, affermatasi in modo sempre pi� ampio nella societ� italiana 
di questo ultimo secolo, sino a divenire fenomeno di rilevanza sociale, 
con conseguente instaurazione di una disciplina pubblicistica generaliz� 
zata, atta a soddisfare gli interessi culturali deUa generalit� e contribuire 
a promuovere la ricerca scientifica, beni entrambi la cui preminenza 

I 

viene riconosciuta dall'art. 9 della Costituzione, indipendentemente dalla I 
considerazione del valore intrinseco della �cosa�, in molti casi di scarsa 
rilevanza o addirittura del tutto mancante. 

I 

Innegabile appare l'abbandono in tale settore della tradizionale concezione 
privatistica della propriet�, propria di una civilt� superata, attualmente 
limitata all'acquisizione del tesoro, in virt� dell'art. 932 del codice 

l

civile. 

f. 
In nome di tale filosofia, alle amministrazioni dello Stato viene ricof: 
f: 
nosciuta una serie di poteri di intervento, spesso diretto ed immediato, 
al duplice scopo di salvaguardare l'integrit� di determinate categorie di 
beni, eliminando situazioni che possano compromettere il godimento 
attuale o potenziale della collettivit� ed imporre .ai proprietari di cose 

I

d'arte la loro consegna allo Stato o determinati comportamenti, sanf
� 

zionando nel contempo, anche in via penale, l'inosservanza deHe regole 

imposte. 

Naturalmente l'estensione dei poteri esercitabili dalla pubblica amministrazione 
o il grado di tutela accordata al cittadino dipendono dalle 
scelte del legislatore, cui spetta di valutare la diversa rilevanza degli 

I

interessi in gioco. 

Ne deriva un intreccio di rapporti nei quali i destinatari delle norme 
assumono a volte posizioni di diritto soggettivo, pi� spesso posizioni di 
interesse contrapposte a poteri discrezionali esercitati con apprezzamenti 
di merito che possono persino esser sottratti al controllo della stessa 
giurisdizione amministrativa. 

Per quanto concerne la disciplina dei ritrovamenti e delle scoperte, 
l'art. 44 afferma anzitutto che le cose ritrovate, aventi interesse artistico, 
storico, archeologico e etnografico, � appartengono allo Stato �, cui in 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tal modo viene attribuito sin dal rinv�enimento un titolo originario di 
acquisto, in virt� del quale i reperti entrano a far parte del suo patrimonio 
indisponibile. 

Al proprietario dell'immobile, aggiunge la norma, sar� corrisposto 
dal Ministro, in danaro o mediante rilascio di una parte delle cose ritrovate, 
un � premio � che in ogni caso non pu� superare il quarto del valore 
delle cose stesse. 

Nell'ipotesi di disaccordo, il premio sar� invece determinato insindacabilmente 
e in� modo irrevocabile, da una commissione composta da 
tre membri, da nominarsi uno dal Ministro, l'altro dal proprietario ed 
il terzo dal Presidente del Tribunale. 

Il Ministro competente dunque ha la facolt� di s�cegliere due possibilit� 
ed il silenzio della legge sui criteri da seguire mostra chiaramente 
l'intento del legislatore di affidare alla pubblica amministrazione il potere 
di valutare discrezionalmente la convenienza in relazione all'interesse 
pubblico alla conservazione del bene -situazione questa in pre� 
senza della quale non pu� che sussistere una posizione di interesse 
legittimo. 

La pubblica amministrazione in altri termini persegue fini di pubblico 
interesse e la situazione soggettiva che ad essa si contrappone 
non � tutelabile come diritto soggettivo. 

A conforto di tale conclusione, va aggiunto che il Ministero competente, 
sempre in virt� del disposto dell'art. 44, ha la facolt� di fissare 
misure remunerative discrezionalmente determinabili quanto alla nat�ra 
e all'entit�, denominate premio, dizione legislativa questa che pur non 
escludendo la funzione di indennizzo per la perdita subita, costituisce 
anche l'espressione di un criterio di giustizia distributiva e riconoscimento 
nei confronti di coloro che hanno proceduto al ritrovamento o 
ai proprietari dei terreni, oltrech� stimolo per ulteriori ri:cerche (v. in 
tal senso relazione 24 aprile 1939 del Ministro proponente alla Camera). 

Ben diversa posizione pu� invece assumere il proprietario in momenti 
successivi ed in determinate particolari circostanze, nel corso del 
procedimento per la determinazione del premio, ad esempio dopo la 
costituzione, in caso di disaccordo con il Ministro, della commissione 
di tre periti, di fronte alla quale proprietario e pubblica amministrazione 
sono in condizione paritaria, con esclusione di qualsiasi posizione autoritativa 
di quest'ultima. In tali ipotesi la reazione del proprietario che 
insorga ritenendosi leso nei suoi interessi per una valutazione non congrua, 
dipendente da vizio di consenso, costituisce l'espressione di una 
posizione di diritto soggettivo al giusto riequilibrio, anche se in linea 
di principio la legge afferma che il premio viene stabilito dalla commissione 
in via insindacabile ed irrevocabile (v. sez. unite 27 gennaio 1977 

n. 401). 

228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Con il primo motivo, l'Ammini'strazione denuncia che erroneamente 
il pretore ha ritenuto ammissibile l'opposizione, posto che in 
materia di infrazioni valutarie non poteva essere seguito il procedimento 
di opposizione di cui alla legge n. 689 del 1981, ma doveva ricorrersi a 
quello ordinario. 

Col secondo motivo, lamenta che il pretore si sia dichiarato competente 
a conoscere dell'opposizione ritenendo applicabile la predetta 
legge del 1981, laddove nella specie doveva ritenersi esperibile la normale 
azionP, giudiziaria, secondo le regole ordinarie di competenza per 
materia e territorio. 

Con il terzo motivo afferma che, in ogni caso, la disciplina di cui 
alla legge del 1981 non sarebbe stata applicabile ad infrazioni valutarie 
commesse in epoca precedente alla sua entrata in vigore. 

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente data la 
loro stretta connessione, sono fondate. 

Questa Corte (cfr. sent. 4 febbraio 1986 n. 684), ha gi� precisato 
che la. disciplina della legge 24 novembre 1981 n. 689 non si applica 
alle infrazioni valutarie, le quali restano soggette alla disciplina di cui 
al r.d.l. 5 dicembre 1938 n. 1928 e succ. mod., tal che l'opposizione al 
decreto ministeriale che infligge la sanzione pecuniaria deve essere 
proposta innanzi al giudice competente secondo le regole ordinarie. 

Ed invero l'art. 12 della legge n. 689 del 1981, laddove stabilisce che 
le norme del capo primo (riguardanti sia i principi generali sull'applicazione 
delle sanzioni amministrative, che le procedure di accertamento 
dell'infrazione e di opposizione) vanno osservate in relazione a tutte 
le violazioni per le quali sia prevista una sanzione amministrativa, 
� sempre che siano applicabili e salvo che non sia diversamente stabi


( � salvo che non sia diversamente stabilito � il che pone la L. 1938/28 fuori 
della portata della L. 689/1981) nonch� dell'art. 42 L. 689/1981 (la cui previsione 
abrogativa non investe la L. 1938/1928); bens� analizzando la struttura stessa 
del sistema sanzionatorio di cui alla L. 1938/1928, la cui peculiarit�, sia in ordine 
all'autorit� che emette il decreto irrogativo della sanzione, sia in ordine ai 
caratteri del decreto medesimo, esclude la possibilit� �di applicazione dell'art. 
22 L. 689/81. 

E da osservare, comunque, che la decisione in rassegna, seppure recentissima, 
appartiene ormai al �passato� in quanto il d.p.r. 29 settembre 1987 

n. 454 (Disposizioni in materia valutaria, ai sensi dell'art. 1 L. 26 settembre 
1986, n. 599) all'art. 31 n. 6) dispone testualmente: � contro il decreto di 
ingiunzione al pagamento pu� essere proposta opposizione davanti al pretore 
del luogo in cui � stata commessa la violazione ovvero, quando questa 
� stata commessa all'estero, del luogo in cui � stata accertata, contro i termini 
previsti dall'art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 629. Il giudizio davanti 
al Pretore � regolato dall'art. 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689 �. 
G. MONETA 

228 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Con il primo motivo, l'Amministrazione denuncia che erroI, 


r� 

neamente il pretore ha ritenuto ammissibile l'opposizione, posto che in 
materia di infrazioni valutarie non poteva essere seguito il procedimento 
di opposizione di cui alla legge n. 689 del 1981, ma doveva ricorrersi a 
quello ordinario. 

Col secondo motivo, lamenta che il pretore si sia dichiarato competente 
a conoscere dell'opposizione ritenendo applicabile la predetta 
legge del 1981, laddove neHa specie doveva ritenersi esperibile la normale 
azione giudiziaria, secondo le regole ordinarie di competenza per 
materia. e territorio. 

Con il terzo motivo afferma che, in ogni caso, la disciplina di cui 
alla legge del 1981 non sarebbe stata applicabile ad infrazioni valutarie 
commesse in epoca precedente alla sua entrata in vigore. 

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente data la 
loro stretta connessione, sono fondate. 

Questa Corte (cfr. sent. 4 febbraio 1986 n. 684), ha gi� precisato 
che la. disciplina della legge 24 novembre 1981 n. 689 non si applica 
alle infrazioni valutarie, le quali restano soggette alla disciplina di cui 
al r.d.l. 5 dicembre 1938 n. 1928 e succ. mod., tal che l'opposizione al 
decreto ministeriale che infligge la sanzione pecuniaria deve essere 
proposta innanzi al giudice competente secondo le regole ordinarie. 

Ed invero l'art. 12 deHa legge n. 689 del 1981, laddove stabilisce che 
le norme del capo primo (riguardanti sia i principi genernli sull'applicazione 
delle sanzioni amministrative, che le procedure di accertamento 
dell'infrazione e di opposizione) vanno osservate in relazione a tutte 
le violazioni per le quali sia prevista una sanzione amministrativa, 
� sempre che siano applicabili e salvo che non sia diversamente stabi


(�salvo che non sia diversamente stabilito� il che pone la L. 1938/28 fuori 
della portata della L. 689/1981) nonch� dell'art. 42 L. 689/1981 (la cui previsione 
abrogativa non investe la L. 1938/1928); bens� analizzando la struttura stessa 
del sistema sanzionatorio di cui alla L. 1938/1928, la cui peculiarit�, sia in ordine 
all'autorit� che emette il decreto irrogativo della sanzione, sia in ordine ai 
caratteri del decreto medesimo, esclude la possibilit� di applicazione dell'art. 

I

22 L. 689/81. 
� da osservare, comunque, che la decisione in rassegna, seppure recentissima, 
appartiene ormai al � passato � in quanto il d.p.r. 29 settembre 1987 

.:[ffe 
n. 454 (Disposizioni in materia valutaria, ai sensi dell'art. 1 L. 26 settembre ~ 
1986, n. 599) all'art. 31 n. 6) dispone testualmente: �contro il decreto di lili 
ingiunzione al pagamento pu� essere proposta opposizione davanti al pre-~ 
tore del luogo in cui � stata commessa la violazione ovvero, quando questa l 
� stata commessa all'estero, del luogo in cui � stata accertata, contro i ter-W 
mini previsti dall'art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 629. Il giudizio davan-Jli 

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225 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

L'art. 57 del Codice della Strada (a proposito dell'uso degli autoveicoli, 
motoveicoli e rimorchi) stabilisce che questi �possono essere destinati 
ai segue1:1;ti usi: 

1) uso privato: 

a) per trasporto di persone; 

(omissis) 

e) per trasporto di persone con autoveicoli . . . da noleggiare con 

conducente; 

(omissis) 

2) uso pubblico; 

a) per trasporto di persone o di cose in servizio da piazza; 

b) per trasporto di persone o di cose in servizio di linea '" 

Stabilisce, ancora, per quanto qui interessa, tale articolo che � Previa 
autorizzazione deH'Ispettorato della motorizzazione civile gli autobus destinati 
a noleggio con conducente possono essere impiegati in via eccezionale 
in servizio di linea e viceversa �. 

� incontrovertibile, dunque, che il trasporto di persone con autoveicoli 
da noleggiare con conducente (e cio� il noleggio da rimessa) costituisce 
uso privato e non pubblico dell'autoveicolo e, infatti, l'offerta indifferenziata 
al pubblico (che � tipica e caratterizzante �lel servizio da piazza 

o del servizio di linea e quindi dell'uso pubblico del veicolo) �postula 
sempre e in ogni caso, quali ohe siano le sue modalit� di estrinsecazione, 
una iniziativa che manca invece nel noleggio da rimessa, nel quale il 
trasporto viene effettuato su richiesta dello utente� (Cass. pen. Sez. IV, 
5 aprile 1965). 
N� vale, per sostenere il contrario, richiamare la normativa precedente 
all'entrata in vigore del nuovo codice della strada, perch�, anche se tale 
normativa non risulta espressamente abrogata dall'art. 145 del codice stesso, 
essa deve ritenersi implicitamente abrogata per incompatibilit�, tanto 
pi� che l'anzidetto art. 145 precisa che � sono inoltre abrogate tutte le 
disposizioni comunque contrarie o incompatibili con le presenti norme�, 

L'art. 58 del Codice della Strada, poi, prescrive (donde la piena legittimit� 
del contestato comportamento dell'Ufficio della M.C.T.C. di Gorizia) 
che nella carta di circolazione sia indicato � l'uso al quale il veicolo � destinato
�; uso che, per il noleggio con conducente (legislativamente qualificato 
come uno dei modi di uso privato degli autoveicoli), � fuori dalle 
ipotesi eccezionali dell'autorizzazione speciale temporanea di cui al 3� 
comma dell'art. 57 -inconfigurabile nei riflessi di autoveicoli in genere 
di propriet� di aziende municipalizzate o, come l'A.P.T., provincializzate, e 
da queste gestiti. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E, invero, il 6� comma dell'art. 58 del Codice della Strada dispone che 
� quando si tratti di autobus da destinare ad uso privato la carta di circolazione 
non pu� essere ri1a�sciata se non ad imprenditori, collettivit� e 
simili, per le loro necessit� �. 

Non vi � chi non veda come sia ben diEficile includere nella dizione 
�imprenditori, collettivit� e simili� aziende municipalizzate o provincializzate 
o enti pubblici in genere, perch�: 

a) il termine � imprenditori �, senza altra aggiunta, designa comunemente 
gli imprenditori privati; 

b) il termine �collettivit�� designa comunemente, organizzazioni 
plurisoggettive non pubbliche, come bande musicali, associazioni sportive, 
associazioni d'arma; 

c) l'espressione �e simili� ha sempre un carattere di riferimento 
analogico e residuale, in cui possono, ad esempio, farsi rientrare le organizzazioni 
assisteziali private, ma non una categoria specifica e cos� importante 
come gli enti e le aziende pubbliche sopra nominate. 

In ogni modo, anche ammettendosi -sul presupposto di un particolarmente 
grave atecnicismo della disposizione in esame -che le aziende di 
trasporto municipalizzate e provincializzate rientrino, in qualche modo, 
nella previsione in argomento, resterebbe comunque insuperabile, per la 
tesi dell'appellata, la condizione che deve trattarsi di autobus da essere 
destinati all'uso privato delle aziende predette �per le loro necessit�� e 
cio� per le loro necessit� dirette ed immediate (come potrebbe, al caso, 
essere il trasporto al lavoro dei loro dipendenti); necessit� dirette ed immediate 
che, con tutta evidenza, l'appellata A.P.T. non pu� concettualmente 
soddisfare con un autobus da noleggiare con proprio conducente ai terzi 
utenti che lo richiedano. 

Nella fattispecie, pertanto, il rifiuto dell'Ufficio Provinciale della 

M.C.T.C. di Gorizia � del tutto conforme a legge, per cui -in riforma della 
impugnata sentenza -la domanda dell'A.P.T. di Gorizia (come ridotta e 
precisata in questa sede) deve essere del tutto disattesa. 
Ne consegue la condanna della stes�sa A.P.T. alla rifusione delle spese 
di entrambi i gradi del giudizio, da liquidarsi -oltre alle prenotazioni a 
Campione -come nel dispositivo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 agosto 1989, n. 3750 -Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Rel. Sgroi -P. G. Di Renzo -Provincia autonoma di 
Bolzano (avv. Guarino) c. Convitto naz. Damiano Chiesa (avv. Stato 
Favara). 

Istruzione e scuole � Convitti � Immobili concessi in uso per legge � 
Diritto soggettivo � Carenza di potere della P.A. di disporne a favore 
di altri soggetti -Giurisdizione ordinaria. 


PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tal modo viene attribuito sin dal rinvenimento un titolo ongmario di 
acquisto, in virt� del quale i reperti entrano a far parte del suo patrimonio 
indisponibile. 

Al proprietario dell'immobile, aggiunge la norma, sar� corrisposto 
dal Ministro, in danaro o mediante rilascio di una parte delle cose ritrovate, 
un � premio � che in ogni caso non pu� superare il quarto del valore 
delle cose stesse. 

Nell'ipotesi di disaccordo, il premio sar� invece determinato insindacabilmente 
e irr modo irrevocabile, da una commissione composta da 
tre membri, da nominarsi uno dal Ministro, l'altro dal proprietario ed 
il terzo dal Presidente del Tribunale. 

Il Ministro competente dunque ha la facolt� di scegliere due possibilit� 
ed il silenzio della legge sui criteri da seguire mostra chiaramente 
l'intento del legislatore di affidare alla pubblica amministrazione il potere 
di valutare discrezionalmente la convenienza in relazione all'interesse 
pubblico alla conservazione del bene -situazione questa in pre� 
senza della quale non pu� che sussistere una posizione di interesse 
legittimo. 

La pubblica amministrazione in altri termini persegue fini di pubblico 
interesse e la situazione soggettiva che ad essa si contrappone 
non � tutelabile come diritto soggettivo. 

A conforto di tale conclusione, va aggiunto che il Ministero competente, 
sempre in virt� del disposto dell'art. 44, ha la facolt� di fissare 
misure remunerative discrezionalmente determinabili quanto alla natura 
e all'entit�, denominate premio, dizione legisiativa questa che pur non 
escludendo la funzione di indennizzo per la perdita subita, costituisce 
anche l'espressione di un criterio di giustizia distributiva e riconoscimento 
nei confronti di coloro che hanno proceduto al ritrovamento o 
ai proprietari dei terreni, oltrech� stimolo per ulteriori ricerche (v. in 
tal senso relazione 24 aprile 1939 del Ministro proponente alla Camera). 

Ben diversa posizione � pu� invece assumere il proprietario in momenti 
successivi ed in determinate particolari circostanze, nel corso del 
procedimento per la determinazione del premio, a!d esempio dopo la 
costituzione, in caso di disaccordo con il Ministro, della commissione 
di tre periti, di fronte alla quale proprietario e pubblica amministrazione 
sono in condizione paritaria, con esclusione di qualsiasi posizione autoritativa 
di quest'ultima. In tali ipotesi la reazione del proprietario che 
insorga ritenendosi leso nei suoi interessi per una valutazione non congrua, 
dipendente da vizio di consenso, costituisce l'espressione di una 
posizione di diritto soggettivo al giusto riequilibrio, anche se in linea 
di principio la legge afferma che il premio viene stabilito dalla commissione 
in via insindacabile ed irrevocabile (v. sez. unite 27 gennaio 1977 

n. 401). 

226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In relazione alla determinazione dell'indennizzo reclamato dagli Sciar� 
ra per l'occupazione del loro suolo, protrattasi per l'intero anno 1980, 
si impongono invece considerazioni di diversa natura. 

L'amministrazione ricorrente invero invoca al riguardo l'applicazione 
dell'art. 43 della legge n. 1089, che rinvia per la determinazione dell'indennizzo 
alla procedura e ai criteri stabiliti dalle norme sull'occupazione 
temporanea contenuti nella legge sulle espropriazioni forzate 25 giugno 
1865 n. 2359, in virt� delle quali l'autorit� giudiziaria ordinaria pu� 
essere adita soltanto in caso di disaccordo sull'importo dell'indennit�, 
mentre spetta al Prefetto procedere in via preliminare ai necessari accertamenti 
e alla liquidazione della somma dovuta, sulla base di una stima 
tecnica. 

L'affermazione � indubbiamente esatta in linea di principio, ma non 
considera che nella specie, come emerge dall'atto di citazione, il Ministero 
per i beni culturali ed ambientali, bench� ripetutamente sollecitato, 
ha mantenuto il silenzio, comportamento questo che in base ai 
principi generali dettati dall'art. 2 della legge sul contenzioso amministrativo 
20 m�rzo 1865 n. 2248 fa sorgere il diritto di adire l'autorit� 
giudiziaria ordinaria, alla quale spetta, in surrogazione della inerzia 
della pubblica amministrazione, di statuire sulla dqmanda di indennizzo, 
costituente una forma di risarcimento per danni ed avente funzione 
sostitutiva dell'indennizzo, ottenibile facendo ricorso al procedimento 
amministrativo. 

N� pu� negarsi l'esistenza di una. posizione diritto soggettivo del 
proprietario, tale da conferirgli la facolt� di avvalersi del disposto dell'articolo 
2 detto, integrando l'occupazione temporanea il sacrificio di 
un diritto patrimoniale del cittadino, a ristoro del quale � indiscutibilmente 
riconosciuta la corresponsione di un indennizzo, in conformit� 
dei principii generali sanciti dalla Costituzione '(art. 42). 

Come � noto, la giurisdizione va� individuata sulla base della intrinseca 
natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, in relazione 
alla protezione in concreto accordata a tale posizione dall'ordinamento 
giuridico. 

Va infine sottolineato che le deduzioni del ricorso nel loro insieme 

tendono ad una visione unitaria dei problemi sollevati, sul rilievo che 

in entrambe le ipotesi si rende necessaria una preliminare determina


zione amministrativa allo scopo di evitare che l'autorit� giudiziaria ordi


naria �si sostituisca in scelte discrezionali spettanti alla pubblica ammi


nistrazione in via esclusiva -argomentazione questa da disattendere 

considerando che anche nell'ambito di uno stesso rapporto, o comunque 

di rapporti strettamente connessi e conseguenziali, si verificano situa


zioni diverse, in relazione alle quali sussistono differenti forme e diversi 

gradi ai tutela determinati dalle scelte del legislatore, con la conseguenza 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 227 

che accanto alla competenza del giudice amministrativo sulle domande 
dirette alla tutela di posizioni di interesse legittimo, ben pu� sussistere 
la competenza del giudice ordinario sulla domanda rivolta alla tutela 
di una posizione di diritto soggettivo. 

Non quindi difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione 
all'indennizzo, come sostene ii Ministero ricorrente, ma riaffermazione 
della giurisdizione del Tribunale di Roma, correttamente adito dagli 
Sciarra. 

Per l'insieme delle considerazioni svolte, va affermata la giurisdizione 
del giudice amministrativo sulla domanda relativa al premio, la giurisdizione 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria sulla domanda diretta al conseguimento 
dell'indennizzo per l'occupazione del fondo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 marzo 1989, n. 1413 -Pres. Tilocca -
Rel. Vignale -P. M. Lo Cascio -Ministero del Tesoro (Avv. Stato 
De Figueiredo) c. Magnani (avv. Zaccaria). 

Valuta -Infrazioni valutarie -Opposizione a decreto ministeriale . giudice 
competente. 

(r.d.l. 5 dicembre 1988 n. 1928. L. 24 novembre 19,81 n. 689 artt. 12, 14, 17, 18). 
Il decreto irrogativo della sanzione pecuniaria in materia valutaria 
� privo dei caratteri propri dell'ordinanza-ingiunzione, opponibile a norma 
dell'art. 22 della legge 689/81, provenendo non da un'autorit� amministrativa 
periferica locale, ma direttamente 'dal Ministro del Tesoro e, a 
differenza dell'ordinanza ingiunzione � anche carente di efficacia esecutiva 
giacch�, nel caso di infrazione valutaria, tale efficacia � attribuita 
solo all'ordine emesso dall'Intendente di Finanza a norma del T.U. 14 otto� 
bre 1910 n. 639 (1). 

(1) Gi� la Cass. 4 febbraio 1986 n. 684 yoro it. 1986, I, 1315) si era pronun� 
ciata per l'inapplicabilit� della L. 24 novembre 1989 n. 689 alle infrazioni valutarie, 
�con la conseguenza che l'opposizione al decreto ministeriale che infligge 
la sanzione pecuniaria deve essere proposta al giudice competente secondo 
le regole ordinarie. 
Contra Pret. Roma 28 novembre 1984 (Foro It. 1986, I, 581). In dottrina 
ne1lo stesso senso della giurisprudenza della Cassazione cfr. GUERRIERI � La 
giurisdizione sull'irrogazione di sanzioni in materia valutaria� in Temi Romana 
1983, 55 P; DI STEFANO, Lineamenti del sistema valutario italiano 1982, 
[, 791 11; CAPRIGLIONE -MEZZACAPO Il sistema valutario Italiano 1981 Il, 970 ss. 

Sulla inapplicabilit� della L. 689/1981 alle infrazioni finanziarie cfr. Cass. 
Sez. Un. 12 febbraio 1988 n. 1496 Foro It. 1988, I, 2981 e Giust. civ. 1988, I, 2335. 

La Cass. 1413/1989, in rassegna, motiva pi� compiutamente, rispetto a 
Cass. 684/1986, sulla inapplicabilit� in materia valutaria della L. 689/1981, argomentando 
non solo in base al riferimento testuale di cui all'art. 12 L. 689/1981 



228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Con il primo motivo, l'Ammini:strazione denuncia che erroneamente 
il pretore ha ritenuto ammissibile l'opposizione, posto che in 
materia di infrazioni valutarie non poteva essere seguito il procedimento 
di opposizione di cui alla legge n. 689 del 1981, ma doveva ricorrersi a 
quello ordinario. 

Col secondo motivo, lamenta che il pretore si sia dichiarato competente 
a conoscere dell'opposizione ritenendo applicabile la predetta 
legge del 1981, laddove nella specie doveva ritenersi esperibile la normale 
azione giudiziaria, secondo le regole ordinarie di competenza per 
materia e territorio. 

Con il terzo motivo afferma che, in ogni caso, la disciplina di cui 
alla legge del 1981 non sarebbe stata applicabile ad infrazioni valutarie 
commesse in epoca precedente alla sua entrata in vigore. 

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente data la 
loro stretta connessione, sono fondate. 

Questa Corte (cfr. sent. 4 febbraio 1986 n. 684), ha gi� precisato 
che la. disciplina della legge 24 novembre 1981 n. 689 non si applica 
alle infrazioni valutarie, le quali restano soggette alla disciplina di cui 
al r.d.l. 5 dicembre 1938 n. 1928 e succ. mod., tal che l'opposizione al 
decreto ministeriale che infligge la sanzione pecuniaria deve essere 
proposta innanzi al giudice competente secondo le regole ordinarie. 

Ed invero l'art. 12 del:la legge n. 689 del 1981, laddove stabilisce che 
k norme del capo primo (riguardanti sia i principi generali sull'applicazione 
delle sanzioni amministrative, che le procedure di accertamento 
dell'infrazione e di opposizione) vanno osservate in relazione a tutte 
le violazioni per le quali sia prevista una sanzione amministrativa, 
� sempre che siano applicabili e salvo che non sia diversamente stabi


( � salvo che non sia diversamente stabilito � il che pone la L. 1938/28 fuori 
della portata della L. 689/1981) nonch� dell'art. 42 L. 689/1981 (la cui previsione 
abrogativa non investe la L. 1938/1928); bens� analizzando la struttura stessa 
del sistema sanzionatorio di cui alla L. 1938/1928, la cui peculiarit�, sia in ordine 
all'autorit� che emette il decreto irrogativo della sanzione, sia in ordine ai 
caratteri del decreto medesimo, esclude la possibilit� di applicazione dell'art. 
22 L. 689/81. 

� da osservare, comunque, che la decisione in rassegna, seppure recentissima, 
appartiene ormai al �passato� in quanto il d.p.r. 29 settembre 1987 

n. 454 (Disposizioni in materia valutaria, ai sensi dell'art. 1 L. 26 settembre 
1986, n. 599) all'art. 31 n. 6) dispone testualmente: � contro il decreto di 
ingiunzione al pagamento pu� essere proposta opposizione davanti al pretore 
del luogo in cui � stata commessa la violazione ovvero, quando questa 
� stata commessa all'estero, del luogo in cui � stata accertata, contro i termini 
previsti dall'art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 629. Il giudizio davanti 
al Pretore � regolato dall'art. 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689 �. 
G. MONETA 

PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 229 

lito �, deve interpretarsi nel senso che il limite all'applicazione della 
nuova disciplina � dato dalla preesistenza di altra normativa che regoli 
taluno dei predetti procedimenti in maniera talmente difforme, da rivelarsi 
incompatibile con la normativa sopravvenuta (cos� come per le 
violazioni finanziarie, espressamente sottratte alla disdplina della legge 
dal successivo art. 39). Tale interpretazione -� stato, altres�, affermato 
-non urta contro i~ disposto dell'art. 42 della stessa legge n. 689 
del 1981 (il quale dispone espressamente l'abrogazione di alcune specifiche 
leggi in materia di depenalizzazione e poi, genericamente, quella 
di ogni altra legge incompatibile) giacch� dal contesto di tale norma 
� agevole argomentare che questa formula finale di chiusura si riferisce 
solo ad altre leggi che, analogamente a quelle elencate, depenalizzarono 
illeciti originariamente previsti come reato o provvidero, successivamente, 
a disciplinare gli illeciti amministrativi. 

Nella specie, l'applicabilit� della normativa di cui alla legge n. 689 
del 1981 deve escludersi in considerazione del fatto che il procedimento 
di formazione del decreto irrogativo della sanzione pecuniaria in materia 
valutaria � affatto diverso da quello di cui agli artt. 14 e segg. della 
predetta legge n. 689 e, in particolare, � con esso incompatibile la normativa 
di cui agli artt. 17 e 18. Infatti, per tale ultima legge, la determinazione 
della sanzione, presuppone l'invio (da parte dell'accertatore 
della violazione) di un rapporto o all'ufficio periferico � cui sono demandati 
attribuzioni e compiti del Ministro nella cui competenza rientra la 
materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto � 
(art. 17). Orbene, secondo il r.d.l. 5 dicembre 1938 n. 1928 (Norme per la 
repressione delle violazioni valutarie), la determinazione della sanzione 
� eseguita dal Ministro del tesoro, previa audizione della commissione 
consultiva per le infrazioni valutarie, e non esisteva originariamente 
un'autorit� periferica di tale ministero, competente per i suddetti illeciti, 
n� � stata istituita successivamente dalle norme di cui al d.P.R. n. 571 
del 1982 (di attuazione della legge n. 689 del 1981). D'altro canto, come 
� stato esattamente osservato, la particolare procedura di determinazione 
della sanzione -che prevede il parere obbligatorio di un'autorit� centrale, 
quale la c.ommissione predetta -neppure consente di ipotizzare 
una competenza residuale dei prefetto. Il decreto irrogativo della sanzione 
pecuniaria in materia valutaria �, pertanto, privo dei caratteri 
propri dell'ordinanza ingiunzione, opponibile a norma dell'art. 22 della 
legge n. 689 del 1981, in quanto proviene non da un'autorit� amministrativa 
periferica locale, ma direttamente dal Ministro del Tesoro e, a differenza 
dell'ordinanza-ingiunzione, � anche carente di efficacia esecutiva 
giacch�, nel caso di infrazione valutaria, tale efficacia � attribuita solo 
all'ordine emesso dall'Intendente di Finanza a norma del t.u. 14 aprile 
1910 n. 639 (art. 7 del r.d.l. n. 1928 del 1938). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

230 

Conseguentemente, l'interessato, al fine di ottenere la declaratoria 
di illegittimit� del provvedimento, avrebbe dovuto far ricorso non gi� 
alla normativa di cui alla legge n. 689 del 1981, che prevede la competenza 
per materia del pretore, bens� instaurare il procedimento davanti al giudice 
competente secondo le regole ordjna:de. 

In accoglimento del ric�rso, deve dichiararsi, quindi, la nullit� del 
procedimento svoltosi innanzi al pretore di Roma, la cui pronuncia va 
cassata senza rinvio, a norma dell'art. 382 cod. proc. civ. 

CORTE D'APPELLO DI TRIESTE, Sez. Il, 8 aprile 1989, n. 122 -Pres. 
rel. Ambrosi -Ministero dei Trasporti (avv. Stato Scotti) c. Azienda 
Provinciale Trasporti Gorizia (avv. Verbari). 

Circolazione stradale -Immatricolazione di autoveicoli per servizi di 
noleggio con conducente. Enti locali � Non hanno diritto alla immatricolazione. 


E legittimo il rifiuto del Ministero dei Trasporti ad immatricolare 
autoveicoli di propriet� di enti locali e loro aziende da destinare a noJ 
leggio con conducente (1). 

Va ribadito anzitutto che l'eccezione di difetto di giurisdizione dell'A.
G.O., riproposta genericamente in questa sede dall'Arrlministrazione 
appellante, � infondata. 

Sull'argomento si �, come ricordato dal Tribunale, pronunciata la 
Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza 11 aprile 1981 n. 2113, 
in cui si afferma che sussiste nella materia in esame la giurisdizione 
del giudice ordinario, essendo il rilascio della carta di circolazione 
� riconducibile tra le abilitazioni amministrative, implicanti una valutazione 
soltanto tecnica della pubblica amministrazione circa la ricorrenza 
di determinati requisiti senza alcun potere discrezionale della medesima 
e previsto da norma che non tende ad assicurare la conformit� dell'azione 
amministrativa all'interesse pubblico, bens� mira alla tutela, in 
via immediata e specifica, dell'interesse dei soggetti in essa contemplati, 
il quale, pertanto, ha consistenza di vero e proprio diritto soggettivo�. 

Nel merito, l'appello � fondato. 

(1) Sulla possibilit� per gli locali di destinare autoveicoli al trasporto 
di persone per esigenze che esulano dai loro fini istituzionali, vedi le decisioni 
del Consiglio di Stato riportate in questo stesso fascicolo della Rassegna. 

PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

L'art. 57 del Codice della Strada (a proposito dell'uso degli autoveicoli, 
motoveicoli e rimorchi) stabilisce che questi � possono essere destinati 
ai segue~ti usi: 

1) uso privato: 

a) per trasporto di persone; 

(omissis) 

e) per trasporto di persone con autoveicoli ... da noleggiare con 

conducente; 

(omissis) 

2) uso pubblico; 
a) per trasporto di persone o di cose in servizio da piazza; 
b) per trasporto di persone o di cose in servizio di linea �. 

Stabilisce, ancora, per quanto qui interessa, tale articolo che � Previa 
autorizzazione dell'Ispettorato della motorizzazione civile gli autobus destinati 
a noleggio con conducente possono essere impiegati in via ecce� 
zionale in servizio di linea e viceversa �. 

� incontrovertibile, dunque, che il trasporto di persone con autoveicoli 
da, noleggiare con conducente (e cio� il noleggio da rimessa) costituisce 
uso privato e non pubblico dell'autoveicolo e, infatti, l'offerta indif� 
ferenziata al pubblico (che � tipica e caratterizzante ael servizio da piazza 

o del servizio di linea e quindi dell'uso pubblico del veicolo) �postula 
sempre e in ogni caso, quali ohe siano le sue modalit� di estrinsecazione, 
una iniziativa che manca invece nel noleggio da rimessa, nel quale il 
trasporto viene effettuato su richiesta dello utente� (Cass. pen. Sez. IV, 
5 aprile 1965). 
N� vale, per sostenere il contrario, richiamare la normativa precedente 
all'entrata in vigore del nuovo codice della strada, perch�, anche se tale 
normativa non risulta espressamente abrogata dall'art. 145 del codice stesso, 
essa deve ritenersi implicitamente abrogata per incompatibilit�, tanto 
pi� che l'anzidetto art. 145 precisa, che � sono inoltre abrogate tutte le 
disposizioni comunque contrarie o incompatibili con le presenti norme�, 

L'art. 58 del Codice della Strada, poi, prescrive (donde la piena legittimit� 
del contestato comportamento dell'Ufficio della M.C.T.C. di Gorizia) 
che nella carta di circolazione sia indicato � l'uso al quale il veicolo � destinato
�; uso che, per il noleggio con conducente (legislativamente qualificato 
come uno dei modi di uso privato degli autoveicoli), � fuori dalle 
ipotesi eccezionali dell'autorizzazione speciale temporanea di cui al 3� 
comma dell'art. 57 -inconfigurabile nei riflessi di autoveicoli in genere 
di propriet� di aziende municipalizzate o, come l'A.P.T., provincializzate, e 
da queste gestiti. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

232 

E, invero, il 6� comma dell'art. 58 del Codice della Strada dispone che 
� quando si tratti di autobus da destinare ad uso privato la carta di circolazione 
non pu� essere rilasciata se non ad imprenditori, collettivit� e 
simili, per le loro necessit� �. 

Non vi � chi non veda come sia ben difficile includere nella dizione 
�imprenditori, collettivit� e simili� aziende municipalizzate o provincializzate 
o enti pubblici in genere, perch�: 

a) il term~ne �imprenditori�, senza altra aggiunta, designa comunemente 
gli imprenditori privati; 

b) il termine �collettivit�� designa comunemente, organizzazioni 
plurisoggettive non pubbliche, come bande musicali, associazioni sportive, 
associazioni d'arma; 

c) l'espressione �e simili� ha sempre un carattere di riferimento 
analogico e residuale, in cui possono, ad esempio, farsi rientrare le organizzazioni 
assisteziali private, ma non una categoria specifica e cos� importante 
come gli enti e le aziende pubbliche sopra nominate. 

In ogni modo, anche ammettendosi -sul presupposto di un particolarmente 
grave atecnicismo della disposizione in esame -che le aziende di 
trasporto municipalizzate e provincializzate rientrino, in qualche modo, 
nella previsione in argomento, resterebbe comunque insuperabile, per la 
tesi dell'appellata, la condizione che deve trattarsi di autobus da essere 
destinati all'uso privato delle aziende predette � per le loro necessit� � e 
cio� per le loro necessit� dirette ed immediate (come potrebbe, al caso, 
essere il trasporto al lavoro dei loro dipendenti); necessit� dirette ed immediate 
che, con tutta evidenza, l'appellata A.P.T. non pu� concettualmente 
soddisfare con un autobus da noleggiare con proprio conducente ai terzi 
utenti che lo richiedano. 

Nella fattispecie, pertanto, il rifiuto dell'Ufficio Provinciale della 

M.C.T.C. di Gorizia � del tutto conforme a legge, per cui -in riforma della 
impugnata sentenza -la domanda dell'A.P.T. di Gorizia (come ridotta e 
precisata in questa sede) deve essere del tutto disattesa. 
Ne consegue la condanna della stessa A.P.T. alla rifusione delle spese 
di entrambi i gradi del giudizio, da liquidarsi -oltre alle prenotazioni a 
Campione -come nel dispositivo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 agosto 1989, n. 3750 -Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Rel. Sgroi -P. G. Di Renzo -Provincia autonoma di 
Bolzano (avv. Guarino) c. Convitto naz. Damiano Chiesa (avv. Stato 
Favara). 

Istruzione e scuole � Convitti � Immobili concessi in uso per legge � 
Diritto soggettivo � Carenza di potere della PA. di disporne a favore 
di altri soggetti � Giurisdizione ordinaria. 


PARIB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 233 

Istruzione e scuole -Atti di controllo -Scuole di lingua italiana in provincia 
di Bolzano -Competenza del Sovrintendente scolastico. 

L'art. 27 della legge 24 luglio 1962, n. 1073, secondo cui ad pgni Convitto 
� concesso il gratuito e perpetuo uso degli immobili dello Stato posti a 
servizio degli istituti medesimi, configura una posizione soggettiva dell'assegnatario 
come di diritto soggettivo, che trova la sua fonte non in una 
concessione amministrativa, bens� nella legge; a fronte del suddetto diritto 
soggettivo non sussiste alcun potere di disporre nell'interesse pubblico 
concedendo lo stesso bene in uso ad altro soggetto, con la conseguenza che 
il relativo atto amministrativo deve ritenersi adottato in carenza di potere 
ed il Convitto deve adire l'Autorit� giudiziaria ordinaria a tutela del diritto 
di uso che assume esser stato leso. 

La competenza ad emanare gli atti di controllo, ai sensi dell'articolo 
unico della legge 21 luglio 1967, n. 647 (che nelle altre province d'Italia 
spetta al Provveditore agli studi), nella provincia di Bolzano spetta al Sovrintendente 
scolastico, il quale � competente per l'amministrazione della 
scuola in lingua italiana di quella provincia, ai sensi dell'art. 19, quarto 
comma, dello Statuto. 

{omissis) I ricorsi devono essere riuniti, ex art. 335 c.p.c. 

Col primo motivo del ricorso principale la Provincia di Bolzano denuncia 
la vi.olazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9, 16 e 68 d.P.R. 
31 agosto 1972 n. 670, dei D.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, 1� novembre 1973 

n. 687, art. 5, 20 gennaio 1973 n. 116 artt. 1 e ss., eccependo il difetto di 
giurisdizione ed osservando che gli artt. l, 1� comma e 2� comma del d.P.R. 
n. 116/73 hanno tr~sferito alla Provincia di Bolzano tutte le attribuzioni 
spettanti all'Amministrazione dello Stato in ordine agli Istituti di istruzione 
elementare e secondaria operanti nel territorio della Provincia; analogamente 
� stato disposto dall'art. 4 d.P.R. 1� novembre 1983 n. 687, per le 
attribuzioni gi� esercitate dallo Stato in materia di edilizia scolastica. La 
Provincia di Bolzano ha la piena autorit� delle funzioni amimnistrative 
(oltre che legislative) in ordine al Convitto Damiano Chiesa, nonch� in 
ordine agli immobili di cui � causa e ad essa spetta di valutare discrezionalmente 
le esigenze edilizie del Convitto in relazione ai' suoi compiti istituzionali 
e provvedere . di conseguenza. La Provincia (sulla base della 
verifica delle esigenze obiettive del Convitto) aveva ritenuto maggiormente 
confacente all'interesse pubblico concedere il bene alla Croce Bianca, valutando 
nella sua piena discrezionalit� amministrativa quale fosse l'uso pi� 
conveniente di un bene di sua propriet�. 
Il conflitto attiene all'esercizio di una potest� amministrativa ed esula 
pertanto dalla giurisdizione del G.O. Il suddetto difetto di giurisdizione 
non verrebbe meno, neppure ritenendo applicabile l'art. 27 legge n. 1073/62, 


234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perch� era comunque al giudice amministrativo che il Convitto si sarebbe 
dovuto rivolgere per contestare la legittimit� dell'atto ammini!strativo della 

Provincia. 

Il motivo � infondato. 

Non � dubbio che la Provincia di Bolzano sia titolare di potere amministrativo 
nella materia che � attinente a questa causa, ma il vero problema 
cli essa (sotto il profilo della giurisdizione) non consiste in detta attribuzione 
di competenza in via generica, ma -invece -nella ricerca se essa 
sia munita di un potere con riguardo al diritto fatto valere in giudizio dal 
convitto, con la necessaria conseguenza che, se l'illegittimit� dell'atto amministrativo 
di destinazione del bene ad altro soggetto attenesse soltanto 
alle modalit� di eseI'Cizio di un potere esistente, sarebbe indubbia la giurisdizione 
del giudice amministrativo. 

Pertanto, l'indagine va distinta sotto i due profili. 

I) Sotto il primo profilo, la competenza amministrativa della Provincia 
di Bolzano nei confronti del Convitto � Damiano Chiesa � e del bene di cui 
� causa � fondata sulle seguenti norme dello Statuto del Trentino Alto 
Adige: 

a) I Convitti Nazionali svolgono funzioni nel campo dell'assistenza 
scolastica (come � stata definita dall'art. 42 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) 
almeno in tema di conferimento di posti gratuiti di studio in qualit� di 
convittori o semiconvittore. L'art. 42, citato, nella sua portata definitoria 
� stato esteso alla Provincia di Bolzano con l'art. 9 d.P.R. 19 novembre 1987 

n. 526, e, quindi, per quanto riguarda la materia dell'assistenza scolastica, 
la Provincia di Bolzano ha le funzioni amministrative basate sull'art. 8 
numero 27 e sull'art. 16 dello Statuto di cui al T.U. 31 agosto 1972 n. 670 
(cfr., per maggiori dettagli, la sentenza della Corte costituzionale 14 luglio 
1988 n. 797). 
b) Ammesiso che la suddetta competenza amministrativa della Provincia 
sia basata su un testo (il D.P.R. n. 526 del 1987) che � sopravvenuto 
rispetto al provvedimento amministrativo di destinazione del bene di cui 
si tratta (che � dell'ottobre 1979), tuttavia (a prescindere da ogni approfondimento 
del problema, che pu� restare impregiudicato, ai fini di causa) 
gi� allora sussistevano competenze amministrative della Provincia in base 
all'art. 9 n. 2 ed all'art. 16 dello Statuto speciale, perch� non pu� essere 
posto in dubbio che i Convitti Nazionali sono anche istituti di istruzione 
elementare e secondaria, in base all'art. 139 del r.d. 6 maggio 1923 n. 1054 
e successive modifiche (fra cui il dJ. 16 aprile 1948 n. 576, a norma del 
quale le Scuole elementari di Stato annesse ai Convitti nazionali sono 
amministrate dai Provveditori agli Studi) ed alla legge 9 marzo 1967 n. 150, 
sull'ordinamento delle scuole interne dei convitti nazionali; scuole fra cui � 
compresa in ogni caso quella media (a cui possono accedere anche alunni 
esterni) e pu� essere compreso ogni altro istituto secondario superiore di 


PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 235 

qualsiasi tipo (a titolo di mero esempio, si citi da ultimo la legge 24 giugno 
1988 n. 251, sull'istruzione tecnica e professionale). 

c) Inoltre, il bene di cui si tratta appartiene all'edilizia scolastica 
(art. 27 legge 24 lugHo 1962 n. 1073, che � compreso nel titolo I, il quale 
regola la materia dell'edilizia scolastica), e cio� ad una materia attribuita 
alla competenza amministrativa della P~ovincia, ai sensi dell'art. 16 e dell'art. 
8 numero 28 dello Statuto speciale. 

Il fondamento statutario di tali competenze non risolve, per� il problema. 
Ogni competenza amministrativa trova il limite della legge; quando, 
di fronte ad essa, la legge attribuisce ad un soggetto (che pu� essere privato 

o pubblico e cio�, come nella specie, un �istituto pubblico con piena 
personalit� giuridica � ex art. 119 r.d. 6 maggio 1923 n. 1054) un diritto sog� 
gettivo pieno, occorre verificare se la legge concede all'amministrazione il 
potere di affievolire detto diritto, degradandolo ad interesse legittimo; 
ovvero se detta attribuzione di potere non sussiste. Nel primo caso la 
posizione del soggetto � tutelabile dinanzi al giudice amministrativo; nel 
secondo, dinanzi al G.O. (ad ultimo, Sez. Un. 21 gennaio 1988, n. 429; Sez. Un. 
2 dicembre 1987, n. 8960; id. 3 giugno 1985, n. 3283; id. 21 febbraio 1987 
n. 
1874, fra le altre conf.). � 
Viene in rilievo, pertanto, il secondo profilo, il quale deve essere 
esaminato secondo l'ordinamento in concreto {e non secondo la prospettazione 
della parte), ma tuttavia a prescindere dagli aspetti che 
attengono alla fondatezza della domanda {art. 386 c.p.c.), quali sono 
-nella specie -quelli attinenti all'effettiva destinazione al servizio 
del Convitto D. Chiesa dell'immobile di cui � causa e quelli relativi 
'all'epoca di tale destinazione, ex art. 27 legge 24 luglio 1962 n. 1073. 
� Invero {a prescindere dal riferimento al giudicato, con riguardo al 
quale la Provincia ricorrente non solleva censure inerenti alla giuri� 
sdizione) la domanda del Convitto era basata sul 1diritto gratuito e 
perpetuo d~uso attribuitogli dall'art. 27 citato, e cio� su una norma 
che -per il suo tenore letterale -{�Ad ogni Convitto ... � concesso 
il gratuito e perpetuo uso degli immobili dello Stato posti a servizio 
degli istituti medesimi, qualunque sia all'epoca in cui l'assegnazione � 
stata realizzata�) giustifica la configurazione della posizione soggettiva 
dell'assegnatario come di diritto soggetivo, non sorgente da una concessione 
amministrativa effettuata con provvedimento ~con conseguente 
giurisdizione esclusiva ex art. 5 comma 1� legge 6 dicembre 1971 n. 1034, 
profilo che infatti non � invocato dalla ricorrente), ma da un'attribuzione 
diretta della legge. 
A fronte del suddeto diritto soggettivo non sussiste alcun potere 
(conferito all'Amministrazione dalla legge) di disporne nell'interesse pub� 
blico, in modo tale da sopprimere il diritto stesso, e cio� concedendo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

236 

lo stesso bene in uso ad altro soggetto. g evidente che, se tale potere 
(come si accenna nel ricorso) dovesse collegarsi soltanto al diritto di 
propriet� spettante alla Provincia, l'esercizio del diritto fino all'estinzione 
del diritto altrui sul bene riguarderebbe un rapporto coinvolgente 
diritti soggettivi (ai sensi degli articoli 1021-1026 e.e.). Se invece dovesse 
collegarsi anche ad un potere amministrativo di incisione sul diritto 
altrui, nell'ambito dell'utilizzazione della propriet� del bene per finalit� 
apprezzate dalla P. A. (poich� il provvedimento non � presentato -n� 
comunque si atteggia, per la sua natura oggettiva -come un alto d� 
espropriazione o di requisizione, mancando la previsione di un indennizzo, 
ma come un atto �concessorio a favore di un tei:zo soggetto) soltanto 
in base alla legge potrebbe sussistere detto potere in capo alla 
Pubblica Amministrazione proprietaria. 

La legge n. 1073 del 1962, art. 27, non 'conferisce tale potere di sostituire 
al titolare del diritto di uso gratuito e perpetuo un altro . concessionario, 
per cui l'atto � stato adottato dalla P.A. in carenza di potere 
e la cognizione dei suoi effetti '(illeciti) nella sfera dei diritti patrimoniali 
altrui appartiene all'A.G.O. 

Il problema si sposta, pertanto, alla soluzione del quesito se la 
Provincia di Bolzano, nell'ambito dei suoi gi� descritti poteri amministrativi 
(di quelli legislativi, indubbiamente sussistenti, non si discute 
ovviamente in causa) incontrava il limite del rispetto del pieno diritto 
soggettivo dell'Istituzione amministrata in forza della legge citata. 

In base all'art. 105 dello Statuto � nelle materie attribuite alla competenza 
della provincia, fino a quando non sia diversamente disposto 
con leggi provinciali, si applicano le leggi dello Stato �. 

Gi� questa disposizione, di rango superiore perch� � norma costituzionale, 
dovrebbe far ritenere risolto in radice il problema, perch� 
non esiste una legge 1(regionale o) provinciale che abbia abrogato esplicitamente 
o implicitamente l'art. 27 pi� volte citato. L'indagine si deve 
estendere alle norme di attuazione, perch� -supponendo che in base 
ad esse si possa ritenere quell'abrogazione -si aprirebbe soltanto il 
diverso problema del rapporto della norma di attuazione con l'art. 105 
dello Statuto. 

Nelle difese della Provincia, si afferma che l'art. 27 della I. n. 1073 
del 1962 non � riohiamato dal d.p.r. n. 687 del 1973, che reca le norme 
di attuazione dello Statuto in materia di assistenza ed edilizia scolastica. 
L'argomento non ha pregio, stante la vasta portata dell'art. 5 del suddetto 
D.P.R., a norma del quale sono esercitate dalle provincie di Trento 
e di Bolzano pe!' il rispettivo territorio le attribuzioni degli organi 
centrali e periferici dello Stato in materia di edilizia scolastica, per cui 
vi � una perfetta identit� fra le attribuzioni precedenti dello Stato e 
quelle assegnate alle Provincie i(in base alle leggi vigepti ex art. 105 


PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Statuto). La 'Circostanza che l'art. 6 richiami solo la legge 28 luglio 1967 

n. 641, da un canto si spiega perch� il richiamo riguarda la continuazione 
dell'applicazione della detta legge per l'attuazione di un programma 
che era all'epoca ancora in corso, e dall'altro canto � irrilevante 
perch� la legge n. 641 ha abrogato soltanto le norme precedenti incompatibili 
con essa �(art. 60) e l'art. 27 della legge n. 1073 del 1962 non � 
incompatibile, perch� concerne una materia che non � regolata affatto 
dalla legge del 1967. 
D'altra parte, il D.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, che riguarda all'art. 8 
lettera g) il trasferimento alla Provincia di Bolzano dei beni dello Stato 
�attinenti all'edilizia scolastica� dispone all'ultimo comma dello stesso 
art. 8 l'applicazione dell'art. 7, a norma del quale �il trasferimento dei 
beni, con tutti gli oneri e pesi inerenti, ha luogo nello_ stato di fatto e 
di diritto in cui essi si trovano... �. Se il bene dello Stato, alla data di 
entrata in vigore del D.P.R. n. 115, era -secondo l'assunto dell'attore, 
salva la verifica di merito sulla fondatezza di esso -oggetto di un 
diritto in forza di una legge del 1962, il medesimo diritto � stato mantenuto, 
a favore del terzo, all'atto del trasferimento del bene dallo Stato 
alla Provincia, attuato nel 1973. 

Concludendo, eliminando la parte della motivazione della sentenza 
impugnata che non � conforme al diritto r(e cio� quella riassunta in 
narrativa sub c) n. 1. si deve� mantenere fermo il dispositivo (art. 384 
c.p.c.) di affermazione della giurisdizione, in quanto conforme al diritto. 

Con il secondo motivo la Provincia deduce la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 9, 16 e 19, 4� �comma D.P.R. 3 gennaio 1972 n. 670, 
degli artt. 1 e ss. e 23 d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 116; nonch� degli articoli 
19 lett. g) r,d. 1� settembre 1925 �. 2009 e dell'art. unico legge 21 luglio 
1967 n. 647, denunciando il difetto della legittimazione a stare in giudizio 
del Convitto, in quanto la delibera del Consiglio di Amministrazione 
riguardante l'azione in giudizio non � stata approvata dall'Autorit� tutoria 
competente, e cio� dalla Giunta provinciale, bens� dal Sovraintendente 
scolastico di Bolzano, ritenuto competente dalla Corte di Trento. 

Il d.P.R. n. 1116 del 1973 {artt. 1 e 2) ha disposto il trasferimento 
alla Provincia delle fonzioni gi� proprie delle Amministrazioni dello 
Stato anche in ordine ai convitti nazionali, tra cui quelle dell'art. unico 
legge 21 luglio 1967 n .. 647 e pertanto spettano alla Provincia le attribuzioni 
che erano prima riconosciute ai Provveditori agli Studi, in quanto 
le attribuzioni del Sovraintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano 
(organo statale) riguardano alcune specifiche competenze, in deroga alla 
competenza generale dell'Amministrazione provinciale e precisamente 
quelle relative alle scuole e cio� all'esercizio della funzione di insegnamento. 
Esulano dalle attribuzioni del Sovraintendente secondo il ricorrente 
-quelle relative alla gestione patrimoniale di un ente pub



238 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


blico, perch� esse seguono la regola generale degli artt. 1 e 2 d.P.R. 

n. 
116 -del 1973. 
� Il motivo � infondato. 
Esso deve essere esaminato sulla base della premessa -gi� posta 
supra -della competenza della Provincia di Bolzano in ordine all'lsti� 
tuto ed alla materia che � oggetto della causa, per cui devono essere 
corrette le contrarie affermazioni della Corte d'appello. 

Deve essere confermata, per�, la �onclusione a cui � pervenuta la 
sentenza impugnata, e che cio� la competenza ad emanare l'atto di 
controll9 della delibera dell'Istituto, previsto dall'art. unico della legge 
21 luglio 1967 n. 647 {che nelle altre Province d'Italia spetta al Provveditore 
agli Studi) nella Provincia di Bolzano spetta al Sovraintendente 
scolastico, il quale � competente per l'amministrazione della scuola in 
lingua italiana di quella Provincia, ai sensi dell'art. 19 quarto comma 
dello Statuto. 

Le norme di attuazione di questa parte dello Statuto (d.P.R. 20 
gennaio 1973 n. 115 e 4 dicembre 1981 n. 761 e t.u. approvato con d.P.R. 
10 febbraio 1983 n. 89) contengono l'affermazione di principio (art. 1 
primo comma) che le attribuzioni dell'Amministrazione dello Stato in 
materia di scuola materna e di istruzione elementare e secondaria... 
esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato 
sia per il tramite di enti ed istituti pubblici a carattere nazionale o 
pluriregionale sono esercitate dalla Provincia di Bolzano, ai sensi e nei 
limiti di cui all'art. 16 dello Statuto e con l'osservanza delle norme del 
presente decreto. Non si pu� porre, pertanto, quel rapporto fra norma 
generale e norma speciale o derogatoria che vuole istituire la ricorrente, 
raffrontando l'art. 1 (e 2) da un lato e l'art. 23 dall'altro, posto 
che, al contrario, � lo stesso art. 1 che rinvia agli articoli seguenti per 
l'individuazione della concreta disciplina applicabile, caso per caso. 

La suddetta disciplina non pu� essere quella dell'art. 2 comma 1� 
(che riguarda il Consorzio per l'istruzione tecnica) e neppure quella del 
secondo comma dell'art. 2 {iche riguarda gli enti, istituzioni ed organizzazioni 
locali operanti nella materia di cui all'art. 1) perch� la norma 
non si attaglia ai Convitti nazionali, che non sono organismi locali, ma 
enti strumentali per l'esercizio delle Scuole elementari e secondarie 
che sono istituite nel loro seno {secondo lo stesso assunto della ricor� 
rente) e pertanto, per far' funzionare le scuole definite espressamente � 
di carattere �statale� dall'art. 3 comma 1�. 

L'unica norma che riguarda la vigilanza e tutela sui Convitti � 
quella dell'art. 23 (ora art. 22 del testo un~co del 1983 n. 89): �Il sovra� 
intendente scolastico esercita relativamente alle scuole materne, agli 
istituti e scuole d'istruzione elementare e secondaria in lingua italiana 
le stesse attribuzioni che, a norma delle vigenti disposizioni, spettano ai 


PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 239 

Provveditori agli studi� {� da notare 1a distinzione fra istituti e scuole: 
nella prima categoria possono comprendersi i Convitti, che sono enti 
morali). 

La norma � chiarissima nell'attribuire al Sovraintendente, per le 
Scuole in lingua italiana, le medesjme funzioni che le vigenti disposizioni 
conferiscono al Provveditore agli studi, fra cui quella di cui alla legge 

n. 647 del 1967. 
Nessuno dei due argomenti contrari della ricorrente pu� accogliersi. 
Il primo � che l'art. 23 riguarderebbe solo le scuole e cio� l'esercizio 
delle funzioni di insegnamento e non la gestione patrimoniale dell'Istituto. 
L'assunto, oltre ad essere contrario alla lettera della norma (che 
non distingue fra gli aspetti didattici e quelli di altro tipo, compresi 
quelli patrimoniali) � contrario a tutto l'art. 23 che al sesto comma 
riguarda il potere di vigilanza di cui al precedente comma e lo definisce 
come comprendente il controllo sull'attivit� didattica ed amministrativa 
delle scuole in lingua tedesca e ladina. Invero, il quinto, sesto e settimo 
comma dell'art. '23 riguardano i poteri del Sovraintendente nei confronti 
delle Scuole in lingua tedesca e ladina, che sono molto pi� limitati 
di quelli nei confronti delle scuole in lingua italiana, sia perch� sono 
poteri soltanto di vigilanza e non di tutela di merito, sia perch� sono 
esclusi il potere di annullamento e quello di direttiva. Ebbene, se il 
sesto comma estende tale potere anche all'attivit� amministrativa (in 
un contesto normativo limitativo dei poteri, quale � quello che riguarda 
le scuole in lingua tedesca e ladina) a maggior ragione con riguardo 
al primo comma, nel quale non esistono limitazioni espresse di poteri, 
il richiamo alle leggi vigenti (ex art. 105 Statuto, si tratta delle leggi 
statali, fino a che non verranno sostituite da quelle provinciali) non 
pu� riguardare che tutte le attribuzioni gi� del Provveditore, concernenti 
sia l'attivit� didattica, sia quella amministrativa, a cui si riferisce 
palesemente la legge n. 647 del 1967. 

L'altra obiezione � che, poich� l'azione giudiziale riguarda l'edilizia 
scolastica, dovrebbe applicarsi l'art. 5 d.P.R. 1� novembre 1973 n. 687, 
che conferisce le attribuzioni in merito alle Provincie. In effetti, le 
leggi statali non prevedono competenze dei Prov.veditori in materia di 
edilizia scolastica, perch� esse sono distribuite fra il Ministero LL.PP., 
il Ministero della P. I. ed i Sovraintendenti preposti agli Uffici scolastici 
regionali (art. 3 legge 28 luglio 1967 n. 641, che fa salve le competenze 
regionali), ed i comitati di cui agli artt. 4 e ss. legge n. 641 del 1967. 

La risposta a tale obiezione sta nel rilievo che la legislazione sull'edilizia 
riguarda l'oggetto del giudizio, non l'aspetto che si sta esaminando 
e cio� l'atto di controllo ed approvazione della delibera di stare 
in giudizio che riguarda l'int�grazione della capacit� processuale dell'Ente 
e cio� la sua soggettivit�, che non ha niente a che vedere con 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

240 

l'oggetto del giudizio. L'autorit� �competente non pu� essere identificata 
con riguardo alle norme che riguardano l'oggetto del giudizio, ma con 
riferimento a quelle concernenti l'organizzazione e la soggettivit� dell'ENTE. 
Come i giudizi in materia di edilizia scolastica che possono 
interessare i Comuni della Repubblica saranno autorizzati dai consueti 
vrgani di controllo del Comune, cos� nel presente caso l'autorizzazione 
al giudizio non � di �competenza dell'orga110 attributario delle funzioni 
in materia di edilizia scolastica (La Provincia), ma dell'autorit� che 
sull'Ente (Convitto) esercita la vigilanza e tutela, ex art. 23 primo comma 

d.P.R. n, 116 del 1973 {ora, primo comma art. 22 d.P.R. n. 89 del 1983) 
ai sensi della legge n. 647 del 1967. 
Col terzo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione 
dell'art. 27 legge 24 luglio 1962 n. 1073, degli artt. 8, 16 e 68 

d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e del d.P.R. 1� novembre 1973 n. 687, 
osservando in primo luogo che la legge n. 1073 del 1962 vincolava soltanto 
lo Stato, fino a quando � stato proprietario dei beni e non � 
opponibile alla Provincia, tanto che non � richiamata dal d.P.R. n. 687 
del 1973. 
Ma anche ad ammetterne l'astratta applicabilit�, secondo la ricorrente, 
il vincolo di destinazione presuppone che il bene sia posto al 
servizio dell'Istituto, mentre � indubbio che al momento del trasferimento 
della propriet� del bene dallo Stato alla Provincia il bene non 
era posto al servizio del Convitto D. Chiesa, ma del Corpo dei Vigili 
del fuoco. 

Infine, la necessit� di un'effettiva utilizzazione � stata confermata 
da una circolare del Ministero delle Finanze (n. 100 del 23 aprile 1977), 
da cui si evince che i locali concessi in uso gratuito e perpetuo ai 
convitti, che non vengono utilizzati per i loro fini, devono essere restituiti 
alle Amministrazioni proprietarie. 

Il motivo � inammissibile. 

La difesa del controricorrente ha eccepito che la sentenza impugnata 
si fonda anche sul1e considerazioni di carattere assorbente circa 
gli effetti del giudicato nascenti dalla sentenza del 5 febbraio 1955, 
che fa stato anche nei confronti della Provincia; considerazioni in 
ordine alle quali la ricorrente non muove doglianze. 

Il rilievo del �controricorrente � esatto, perch� la Corte d'appello 
ha esaminato la precedente sua sentenza del 1955 non soltanto ai fini 
della giurisdizione, ma anche al fine di trarne gli effetti di giudicato 
�in ordine all'accertamento del diritto vantato in quel giudizio dall'attore 
(Convitto) � i(pagg. 19-20). 

Rilevato che la precedente sentenza accert� e dichiar� che l'attore 
aveva sull'immobile un vero e proprio di.ritto di uso gratuito, fa Corte di 
Trento ha cos� motivato: � Orbene l'art. 2909 e.e. riconosce autorit� di 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 241 

cosa giudicata non soltanto alle statuizioni emesse nel dispositivo, ma 
anche all'accertamento dei fatti, delle situazioni e dei rapporti che 
costituiscono il presupposto dell'accertamento e delle condanne contenute 
nel dispositivo. Ci� che � considerato vincolante nei successivi 
giudizi � appunto l'accertamento immutabile sancito dalla pronuncia 
giurisdizionale, intesa nel suo complesso, su tutto quanto ha costituito 
oggetto della � decisione, ivi �comprese le premesse ed il fondamento 
logico-giuridico della decisione �. 

g evidente che la suddetta ratio decidendi � del t�tto autonoma 
da quella fondata sulla legge del 1962, posto che il giudicato si era 
formato sette anni prima e non poteva, quindi, tener conto di tale 
legge; e che (qualunque ne sia la correttezza), � da sola sufficiente a 
sorreggere la sentenza. Poich� si tratta di ratio non impugnata, la 
censura che riguarda la distinta ragione basata sulla legge del 1962 � 
inammissibile, perch� il suo eventuale accoglimento non condurrebbe 
mai alla cassazione della sentenza, secondo costante giurisprudenza. 
(omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 19 dicembre 1987, n. 782 -Pres. Pezzana 
-Rel. Patroni Griffi -Mini Finanze (avv. Stato Stipo) c. De Martino 
(avv. Fognier). 

Giurisdizione civile -Riscatto del periodo corrispondente alla durata 
legale degli studi universitari -Giurisdizione della Corte dei conti. 

La normativa vigente tende ad uniformare il regime di impugnazione 
dei provvedimenti concernenti il computo dei servizi o periodi ai 
fini pensionistici; pertanto i provvedimenti con i quali si conceda o si 
neghi il riscatto di periodi o servizi pregressi sono impugnabili da parte 
degli interessati dinanzi alla Corte dei conti (1). 

(omissis) Carattere pregiudiziale riveste la censura di imprnponi� 
bilit� del ricorso di primo grado, gi� disattesa in quella sede e riproposta 
dall'Amministrazione appellante, sul rilievo che la cognizione del 
provvedimento con il quale venga negato il riscatto a fini pensionistici 
del periodo di studi universitari esula dalla giurisdizione amministrativa 
per essere devoluta alla Corte dei conti. 

Il motivo � fondato. 

La insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in 
materia di riscatto a fini pensionistici (a differenza di quanto avviene 
per il riscatto ai fini della indennit� di buonuscita) -gi� ritenuta da 
questo Consiglio di Stato in precedenti decisioni (VI, 15 novembre 1982, 

n. 578; II, 1� marzo 1977, n. 462/75) -discende dal combinato disposto 
degli artt. 6, penultimo comma, legge 15 febbraio 1958, n. 46, e 147, 149 
e 225; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (t.u. delle norme sul trattamento 
di quiescenza dei dipendenti statali) ed � coerente con quella tendenza 
normativa e giurisprudenziale volta a configurare in termini di esclusivit4 
-ove a ci� non ostino espresse disposizioni -normative o principi 
-la giurisdizione devoluta nella materia de qua alla Corte dei conti. 
Dalle richiamate disposizioni normative -tendenti a uniformare il 
regime di impugnazione dei provvedimenti concernenti il computo dei 
servizi o periodi ai fini pensionistici -si evince, invero, che i provvedimenti 
con i quali si conceda o si neghi il riscatto di periodi o servizi 
pregressi sono immediatamente impugnabH da parte degli interessati dinanzi 
alla Corte dei conti. Sicch� risulta superato lo stesso disposto di 
cui all'art. 62 del testo unico sulla Corte dei conti (r.d. 12 luglio 1934, 

(1) In argomento v. Cass. SS.UU. 10-5-1988, n. 3423, in questo fascicolo, pag. 154. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

n. 1214) -richiamato dall'appellato -secondo il quale (( m materia di 
riscatto di servrai il ricorso � ammesso soltanto contro il decreto concernente 
la liquidazione del trattamento di quiescenza � con la conseguenza 
che o si negava attualit� al relativo interesse o si consentiva la 
impugnazione in sede di giurisdizione amministrativa generale. 
In accoglimento dell'appello, la sentenza impugnata deve quindi essere 
riformata, con la declaratoria di improponibilit� dinanzi al giudice 
amministrativo del ricorso di primo grado. (omissis). 

I 

CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 29 novembre 1988, n. 1291 -Pres. Laschena 
-Rel. Pajno -Associazione Nazionale Esercenti Noleggio e 
Trasporti (avv. Zammit), Ministero dei Trasporti (avv. Stato Stipo) 

c. Azienda Consortile Trasporti -Consorzio Lucchese Autotrasporti 
Pubblici ed altri (avv. Tesauro). 
Giustizia amministrativa -Associazioni di categoria -Legittimazione ad 
agire e a contraddire. 

Trasporti pubblici -Comuni ed altri enti territoriali -Possibilit�. di servizi 
oltre l'ambito territoriale -Limiti. 

Trasporti pubblici -Comuni ed altri enti territoriali -Impossibilit� di 
esercitare servizi di linea internazionali e interregionali -Limiti e 
possibilit� di esercitare servizi occasionali. 

Trasporti pubblici -Comuni ed altri enti territoriali -Servizi occasionali 
internazionali o interregionali -Rilascio dei documenti di vaggio � 
Accertamenti e poteri del Ministero dei Trasporti. 

. Poich� parti necessarie del giudizio di primo grado sono esclusivamente 
il ricorrente, l'autorit� emanante il provvedimento amministrativo 
e il controinteressato, la legittimazione ad agire e a contraddire 
delle associazioni di categoria a tutela degli interessi corporativi della 
collettivit� rappresentata � possibile a fronte di un provvedimento che 
arrechi una lesione immediata e diretta di tali interessi o in difesa di 
un provvedimento che attribuisca alla collettivit� rappresentata una diretta 
posizione di vantaggio. 

La natura di enti territoriali propria dei Comuni implica non che i 
servizi pubblici siano limitati all'ambito locale (limitazione questa legata 
alla distinzione tra spese obbligatorie e spese facoltative), ma che i servizi 
pubblici, in ipotesi svolgentisi anche oltre l'ambito locale, siano tuttavia 
istituiti in relazione a specifiche esigenze della comunit� locale. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

244 

Dalla impossibilit� per i Com�ni di conseguire la titolarit(J. di concessioni 
di autoservizi di linea internazionali o interregionali, non pu� 
essere dedotta l'impossibilit�, per i medesimi, di esercitare servizi occasionali, 
che, pur implicando la possibilit� di fuoriuscire dal territorio 
nazionale, devono pur sempre rimanere ancorati ad esigenze delle comunit� 
locali. , 

Essendo il rilascio dei documenti di viaggio da parte ,del Ministero 
dei Trasporti preordinato anche all'accertamento della legittimit� della 
circolazione degli autoveicoli, in sede di rilascio dei libretti di viaggio, 
potranno essere effettuati, anche attraverso la predisposizione di opportune 
modalit� procedimentali, gli accertamenti volti a stabilire che 
in concreto l'esercizio dei servizi occasionali internazionali sia collegato 
alla necessit� di far fronte ad una oggettiva esigenza della popolazione 
residente. 

II 

CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 14 dicembre 1988, n. 818 -Pres. Catallozzi 
-Rel. Trovato -Bucci (avv. Zammit) c. Comune di Urbino (avv. 
Tesauro). 

Trasporti pubblici -Servizio di autoveicoli con conducente -Carattere 
privato. , 

Enti locali -Attivit� al di fuori dell'ambito del proprio territorio � Illegittimit�. 


F.nti locali -Costituzione di societ� per attivit� non istituzionali � Illegittimit�. 


Trasnorti pubblici -Costituzione di enti a partecipazione comunale � Possibilit� 
di ledere le imprese private del settore. 

Il servizio di autoveicoli con conducente, ancorch� definito come 
pubblico dall'art. 113 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, concreta una attivit� 
ricompresa nella naturale capacit� e libert� dei privati, anche se assoggettata 
a disciplina e al rilascio di autorizzazione da parte della P.A. e 
non appare, comunque, riconducibile nell'ambito delle �pubbliche comunicazioni 
� in ordine alle quali i comuni sono legittimati a provvedere 
ex art. 2 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578 o del trasporto pubblico locale cos� 
come definito dall'art. 1 della legge 10 aprile 1981 (�servizi adibiti normalmente 
al trasporto collettivo di persone e di cose effettuati in modo 
continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite 
e offerta indifferenziata, con esclusione di quelli di competenza 
statale�). 

/ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

I comuni debbono limitare l'assunzione dei servizi ed uffici di pubblica 
utilit� entro i termini della rispettiva circoscrizione amministrativa. 

Una Amministrazione comunale non pu� legittimamente costituire 
una societ� per assumere servizi che non rientrano per le loro caratteristiche 
topografiche e/o per il contenuto dell'attivit� svolta nei propri 
compiti istituzionali e in ogni caso senza aver prima attentamente ponderato 
e congruamente esternato le relative esigenze organizzatorie. 

La creazione di un nuovo soggetto, a partecipazione comunale, nel 
settore del trasporto � suscettibile di configurare una lesione concreta 
nei confronti� delle imprese private del settore, in quanto contrappone 
ad esse un operatore la cui presenza � di per s� sufficiente ad alterare 
le pregresse condizioni di concorrenza e, quindi, ad incidere immediatamente 
nella sfera giuridica delle imprese gi� in attivit�, non solo nella 
prospettiva di sottrazione alle medesime di spazi commerciali, ma anche 
in termini di diversa situazione di svolgimento e di sviluppo della loro 
attivit�. 

III 

CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 4 marzo 1989, n. 186 -Pres. Laschena -
Rel. Perricone -Ministero dei Trasporti (avv. Stato Stipo) c. Azienda 
T~asporti Consorziali di Bologna e altri (avv. Cristoni). 

Trasporti pubblici -Diniego di imn�atricolazione di nuovi autoveicoli da 
destinare a noleggio -Giurisdizione del giudice ordinario. 

Trasporti pubblici -Concessione -Diniego di autorizzazione ad impiegare 

autobus -di linea a servizio di noleggio con conducente � Giurisdizione 

del giudice amministrativo. 

Trasnorti pubblici -Concessione -Autorizzazione ad impiegare autobus 
di linea a servizio di noleggio con conducente -Richiesta da parte 
di enti locali -Valutazione discrezionale del Ministero dei Trasporti 
sulle esigenze della popolazione locale. 

Il giudice amministrativo difetta di giurisdizione in ordine alla 
controversia concernente il diniego di rilascio della carta di circolazione 
(immatricolazione) di nuovi autoveicoli con destinazione a noleggio con 
conducente. 

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla 
controversia concernente il diniego di autorizzazione all'impiego di auto


bus in servizio di linea a servizio di noleggio con conducente. 

Nell'esercizio del potere autorizzatorio di cui all'art. 57 secondo 
comma del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (codice stradale), WMinistero dei 
Trasport,i gode di un potere discrezionale volto ad apprezzare l'opportu� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nit� del mutamento (eccezionale) di utilizzazione, con riferimento alle 
esigenze della circolazione, sicch� in caso di richiesta di autorizzazione 
da parte di un ente territoriale, potr� essere accertato, anche mediante 
la predisposizione di opportune modalit� procedimentali, che in concreto 
l'esercizio dell'attivit� di noleggio cui si vuole destinare un autobus impiegato 
in servizi di linea, sia collegato alla necessit� di far fronte ad 
una oggettiva esigenza della popolazione locale. 

IV 

CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 6 giugno 1989, n. 721 -Pres. Laschena -
Rel. Barberia Corsetti -SADEM e F.lli Lazzi S.p.A. (avv. Zammit), 
Autostradale S.p.A., e S.G.E.A. Lombardia S.p.A. (avv. Tanzarella e 
Montuori) c. Ministero Trasporti (avv Stato Stiipo) e A.T.P. S.p.A. 
(avv. Bergontlni e Romano).' 

Trasporti in concessione -Servizi di linea interregionali e internazionali Impossibilit� 
di esercizio da parte degli enti locali. 

La legge 28 s�ttemhbre 1979, n. 1822, contenente la disciplina degli 
autoveicoli di linea si riferisce, come risulta dalla formulazione del suo 
titolo, esclusivamente all'industria privata, che � pertanto l'unica nei 
confronti della quale possano essere assentite le concessioni per l'esercizio 
di autolinee interregionali ed internazionali; va pertanto esclusa la 
possibilit� dell'esercizio di tali autolinee da parte degli enti locali territoriali 
e loro aziende e consorzi. 

-I


3. -Prima di passare all'esame delle complesse questioni, sostanziali 
e processuali, poste dalla presente controversia, sembra opportuno 
ricordare preliminarmente che l'oggetto del presente giudizio � sostanzialmente 
costituito (oltre che dai provvedimenti con cui l'Amministra� 
zione dei Trasporti ha dfiutato il rilascio dei c,d. � �libretti verdi � alle 
Aziende municipalizzate appellate) dalla circolare del 27 marzo 1986, 
nella parte in cui il Ministero dei Trasporti, nel dettare le disposizioni 
Con le quattro decisioni in rassegna il Consiglio di Stato ha trattato la 

questione della capacit� giuridica degli enti locali territoriali nella gestione 

di servizi eccedenti la loro circoscrizione territoriale. 

In precedenza lo stesso Consiglio di Stato in sede consultiva si era 

espresso negativamente (v. Cons. Stato, II, 21 ottobre 1975, n. 1111 e 24 ot� 

tobre 1984, n. 1426). 

-Portata la questione all'esame delle sezioni giurisdizionali, si sono avute 

decisioni contrapposte tra la sez. VI (sopra riportata decisione 29 novem 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 247 

necessarie per il rilascio dei fogli di viaggfo � CEE/ASOR �, abilitati allo 
svolgimento dei servizi occasionali internazionali di trasporto viaggiatori 
con autobus, ai sensi del Regolamento 56/83/CEE, (che d� esecuzione 
all'accordo sui servizi occasionali stradali -ASOR) e del d.m. 30 luglio 
1985, ha eso1uso dalla possibilit� di conseguiire i cennati documenti di 
viaggio � le Aziende pubbliche di trasporto viaggiatori su strada ancorch� 
titolari di licenza comunale di noleggio con conducente �. 

Va al riguardo, precisato che con decisione n. 82/505 del 12 ~uglio 
1982 del Consiglio ,della Comunit� Europea veniva approvato l'accordo 
relativo ai servizi occasionali internazionali di trasporto di viaggiatori 
su 'Strada effettuati con autobus (ASOR), negoziato tra la CEE ed alcuni 
paesi europei (Austria, Spagna, Finlandia, Norvegia, Portogallo, 
Sv,ezia, Svizzera e Turchia). 

In particolare il predetto accordo, dopo aver definito i c.d. servizi 
occasionali internazionali di trasporto di viaggiatori su strada, ha previsto 
all'art. 6 un apposito documento, destinato a sostituire tutti i documenti 
di controllo gi� esistenti. ~ stato, in particolare, previsto, (art. 6) 
!'obbligo di tutti i vettori che effettuano ,servizi occasionali, di munirsi 
di � un foglio di viaggio che faccia parte di un documento di controllo, 
rilasciato dalle competenti autorit� della parte contraente in cui il veicolo 
� immatricolato, o da qualsiasi organismo abilitato a tal fine �. Il 
documento di controllo � costituito, peraltro, (art. 7) da un libretto 
contenente 25 fogli numerati, staccabili, in duplice esemplare. 

bre 1988, n. 1291 e 4 marzo 1989, n. 186) e la sez. V (sopra riportata decisione 

14 dicembre 1988, n. 818). 

Successivamente la stessa sez. VI, con la sopra riportata decisione 6 giugno 
1989, n. 721, ha dnteso escludere categoricamente la possibilit� per gli enti 
locali di essere titolari di autolinee, il cui esercizio va oltre l'ambito del 
proprio territorio, ma ammettendola (senza per� tener presente le argomen� 
tazioni della sez. V) qualora trattasi di servizi occasionali, semprech� abbiano 
" la funzione precipua di soccorrere necessit� determinatesi sul territorio 
dell'ente locale�. � 

La decisione n. 186/1989 della sez. VI affronta poi il problema della giurisdizione 
uniformandosi alla intervenuta ~urisprudenza (Cass. SS.UU. 11 aprile 
1981, n. 2113 e Consiglio cli Stato, VI, 15 novembre 1982, n. 571) che ravvisa 
la posizione cli diritto soggettivo nel soggetto che chiede la immatricolazione 
di un autoveicolo nuovo, mentre nel caso di richiesta di mutamento di destinazione 
di un autoveicolo gi� immatricolato, la posizione del soggetto richiedente 
� di interesse legittimo, dovendo la PA. emettere un provvedimento 
autorizzatorio, espressione di un tipico potere basato su una valutazione discrezionale 
concernente l'esistenza dei presupposti idonei a consentire il mutamento 
della utilizzazione dell'autoveicolo. 

,La giurisprudenza di merito (v. App. Trieste 8 aprile 1989 pubblicata in 

altra parte della Rassegna) ha ritenuto legittimo il diniego di immatricola


zione ad ente locale per autobus da destinare a noleggio con conducente, per


ch� ci� non rientra nei compiti istituzionali dell'.ente stesso. 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO

248 

Al cennato accordo -che risponde all'esigenza di facilitare l'organizzazione 
e l'esecuzione dei servizi occasionali su strada nell'ambito 
della CEE e dei paesi aderenti all'accordo medesimo -� stata data 
esecuzione con regolamento CEE n. 56/83, e nell'ordinamento interno, 
con dm. 30 luglio 1985. 

� stato previsto l'obbligo di tutte le imprese ohe effettuano servizi 
occasionali nell'ambito della CEE e degli altri stati contraenti, di utilizzare 
lo speciale foglio di viaggio CEE/ASOR mentre, per quanto riguarda 
J'ordinamento interno, con l'art. 3 del predetto decreto � stato 
previsto che il Ministero dei Trasporti -Direzione generale della Motorizzazione 
Civd.le -provveda al rilascio del documento, ,direttamente o 
per mezzo di organismi all'uopo incaricati. 

Lo stesso Ministero dei Trasporti ha gi� provveduto, con circolare 
del 27 marzo 1986, sia a dettare le necessarie prescrizioni per l'applicazione 
della nuova disciplina, sia a procedimentalizzare il rilascio del nuovo 
documento, prevedendo, tra l'atro, le relative modalit� di conseguimento. 
In tale occasione � stato disposto appunto che, � allo stato attuale, 
inoltre, restano escluse e con riserva di successive disposizioni, 
le Aziende pubbliche di trasporto viaggiatori su strada, ancorch� titolari 
di licenza comunale di noleggio di autobus con conducente, in relazione 
sia ai pareri gi� espressi dal Consiglio di Stato in materia, n. 1111 
del 21 ottobre 1975, e n. 920 del 9 ottobre 1976, sull'effettuazione del servizio 
privato di noleggio con conducente, sia alla necessit� di approfondire 
ulteri0rmente la questione, avvalendosi nuovamente degli organi 
consultivi dello Stato�: che costituisce, appunto, la prescrizione impugnata 
in questa sede. 

Appare, cos� evidente, da una parte, che il rpotere di organizzazione, 
volto a disciplinare il rilascio del nuovo documento di trasporto, � stato 
censurato daUe Aziende ricorrenti in primo grado, l� dove con esso si � 
ritenuto di introdurre le cennate limitazioni; e, dall'altra, che la questione 
su cui si � intrattenuto il giudice di primo grado, concernente la possibilit� 
per le Aziende Pubbliche di Trasporto, di effettuare il servizio di 
noleggio con conducente, costituisce una sorta di accertamento incidentale, 
posto in essere al fine di stabilire la legittimit� della prescrizione 
contenuta neLla circolare che, escludendo le cennate aziende pubbliche 
dal novero dei soggetti che possono ottenere il nuovo documento di trasporto, 
le ha, altres�, escluse dalla possibilit� di effettuare servizi occasionali 
internazionali. Come, infatti, � stato esattamente osservato dal 
giudice di primo grado, la normativa concernente il nuovo documento di 
viaggio (sia quella di cui al regolamento CEE n. 56/83, che quella di oui 
al D.M. 30 luglio 1985) non si oocupa di sta:biHre i irequisiti per io svolgimento 
di servizi occasionali internazionaH, sicch� l'Amminri:strazione 
dei trasporti, nel fornke le necessarie prescrizioni per dare esecuzione 
alla normativa comunitaria, ha ritenuto di dover procedere ad una for



PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

male deli!IDitazione dell'area dei soggetti che, in quanto Jegittimati a 
conseguire il nuovo documento di trasporto previsto dal cennato accordo, 
fossero (implicitamente) legittimati allo �svolgimento di servizi occasionali 
internazionali. A tal fine il Ministero dei Trnsporti ha, ~mplicitamente, 
ma chiaramente, ritenuto che i servizi occasionali internazionali 
fossero equiparabili ai servizi di noleggio con conducente, dal momento 
che, al fine di negare la possibilit� delle Aziende Pubbliche di conseguire 
il :nuovo documento di viaggio, l'Amministrazione ha fatto riferimento 
a due pareri della seconda sezione del Consiglio di Stato che, 
pur prendendo atto della circostanza che in passato le medesime avessero 
conseguito la titolarit� di licenze comunali di servizio privato di 
no1eggio con conducente, ha tuttavia riteooto in via generale che tali 
aziende pubbliche non potessero svolgere l'attivit� di noleggio con conducente, 
potendo queste assumere soltanto l'esercizio di servizi pubblici, 
e dovendo l'attivit� in questione essere riguardata come servizio 
privato ai sensi dell'art. 57, primo comma, del d.P.R. n. 393 del 1953. 

Pur apparendo, quindi, la questione prospettata, in qualche modo 
collegata con il problema della possibilit�, o meno, per le aziende municipalizzate, 
di effettuare servizi privati di noleggio con conducente, e 
ci� a causa della motivazione addotta dall'Amministrazione, l'oggetto formale 
del presente giudizio � pur sempre costituito dalla legittimit� della 
determinazione del Ministero dei Trasporti di escludere daUa possibilit� 
di conseguire il nuovo documento di viaggio per le Aziende Pubbliche 
di Trasporto; 

4. -Nell'ordine logico, deve innanzi tutto essere esaminata l'eccezione 
formulata dalle .Aziende Pubbliche resistenti ed appellanti incidentali, 
secondo cui l'impugnazione proposta dall'Associazione Nazionale 
Esercenti Noleggio Autobus e Trasporti Turistici (E.N.A.T.) e dall'Associazione 
Nazionale Autoservizi in Concessione (A.N.A.C.) dovrebbe essere 
considerata inammissibile. 
Secondo la relativa prospettazione, infatti, alle Associazioni in questione 
(A.N.A.C. ed E.N.A.T.) sarebbe stata attribuita con l'impugnata decisione 
la qualit� di parte interveniente (non, quindi, quella di parte 
necessaria), sicch� l'ammissibilit� deH'appello proposto dalle medesime 
associazioni sarebbe subordinata alla esistenza di una censura volta a 
contestare specificamente tale qualit�. Non essendosi a ci� provveduto 
da parte delle Associazioni interveni~nti in primo grado, l'appello dalle 
stesse proposto dovrebbe essere considerato inammissibile. 

L'eccezione � priva di consistenza. 

Con l'atto di appello, infatti, l'E.N.A.T. e l'A.N.A.C. hanno espressamente 
dedotto l'inammissibilit� dei ricorsi di primo grado in quanto non 
notificati alle medesime associazioni, da considerarsi controinteressate. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Affermando fa propria qualit� di controinteressati -e cio� di parti 
necessarie del processo di primo grado -l'A.N.A.T. e l'E.N.A.C. hanno, 
con ogni evidenza, contestato la qualit� di parte non necessaria, loro 
riconosciuta dal Tribunale Amministrativo regionale del Lazio con l'im� 
pugnata sentenza. 

5. -Sempre nell'ordine logico, acquista poi valore decisivo l'accel" 
tamento dell'esistenza o meno, della qualit� di controinteressate rispetto 
alla circolare impugnata in primo grado, in .capo all'E.N.A.C. ed al� 
l'A.N.A.T,: qualit� questa, che le predette Associazioni -rnppres�enta� 
tive della categoria delle Aziende private di trasporto -riv.endicano 
sia in relazione alla ci11costanza che le stesse sarebbero espressamente 
contemplate nella dr.colare ministeriale, che risulta anche ad esse indi� 
rizata, sia in relazione alla circostanza che alle stes�se dovrebbe essere 
riconosciuto un interesse qualificato nei confronti del ricorso di primo 
grado, avendo la circolare indicato come sole legittimate al rilascio del 
nuovo documento di trasporto le imprese private titolari di licenza 
comunale per il servizio privato di noleggio con conducente. 
Dall'accertamento, in capo alle cennate associazioni, della qualit� di 
controinteressate, dipende, infatti, non soltanto la fondatezza del primo 
motivo dell'appello proposto dalle cennate associazioni, ma -in linea 
strettamente pregiudizia1e con le conseguenti preclusioni in ordine alla 
possibilit� di passare all'esame del gravame -l'ammissibilit� stessa 
dell'impugnazione proposta dall'A.N.A.C. e dall'E.N.A.T. 

� noto infatti che, secondo un indirizzo giurisdizionale da tempo 
consolidato, legittimate a proporre appello avverso le decisioni dei 

T.A.R. sono soltanto ed esclusivamente le parti necessarie del giudizio 
di primo grado, anche se eventualmente non costituite, e cio� i sog� 
getti tra i quali deve intercorrere il rapporto processuale, in relazione 
alla contmv�ersia dedotta, ed indipendentemente dalla circostanza che 
sia stato loro notificato il ricorso, ovvero che siano, o meno, costituite 
nel giudizio di prima istanza (Sez. VI, 20 febbraio 1987, n. 71; 22 maggio 
1985, n. 203; 2 giugno 1983, n. 478; 7 luglio 1982, n. 338; Sez. IV, 3 aprile 
1985, n. 114). 
E poich� le parti necessarie del giudizio di. primo grado -quelle, 
cio�, fra le quali deve necessariamente intercorrere, a pena di nullit�, 
il rapporto giuridico processuale -sono esclusivamente il ricorrente, 
l'autorit� �emanante ed il controinteressato, appare evidente che l'impugnazione 
dell'A.NA.C. e dell'E.N.A.T. potr� essere considerata ammis� 
sibile soltanto ove alle stesse sia possibile riconoscere la qualit� di 
controinteressate, e cio� di soggetti che -secondo la ricevuta no� 
zione -"abbiano conseguito, per effetto diretto ed immediato dell'atto, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

rma posizione giuridica di vantaggio che comporta l'esistenza di un 
i�nteresse quailificato alla conservazione del medesimo. 
Una situazione del genere non sembra, peraltro, sussistere nella 
fattispecie. 

Va, in proposito preliminarmente ricordato che il primo giudice ha 
sostanzialmente ritenuto l'atto impugnato con il ricorso n. 748/86, al 
di l� della qualificazione come � circolare � (e cio� come un atto di 
rilevanza meramente interna), come un atto normativo a contenuto 
generale volto ad introdurre una disciplina del rilascio dei ilibretti di 
viaggio per [ servizi occasionali di trasporto viaggiatori; conformemente 
del resto alla prospettazione delle stesse Associazioni appellanti che 
proprio con riferimento alla natura provvedimentale dell'atto in questione 
deducono l'esistenza della propria quailit� di controinteressate. 
Si tratta di una prospettazione su oui si � ormai formato il giudicato, 
non risultando contestata da alcuno degli appellanti e non essendo 
stata riproposta in questa sede da parte dell'Amministrazione l'eccezione 
-�sostanzialmente disattesa dal primo giudice -secondo oui la 
ciocolare sarebbe stata meramente esplicativa di una limitazione gi� 
sancita dalla legge. 

Tanto premesso, la disciplina introdotta con la cennata circolare, 
nell'ammettere al conseguimento del documento di trasporto, necessario 
per l'effettuazione dei servizi occasionali internazionali, le aziende 
di trasporto privato, attribuisce a queste ultime una posizione qualificata 
e differenziata ohe fa delle medesime aziende un contraddittore 
necessario per l'ipotesi che venga impugnata la prescrizione attributiva 
di tale posizione di vantaggio. Nel caso in esame, invece, con il ricorso 
proposto in primo grado non � contestata la particolare posizione di 
vantaggio .direttamente attribuita dalla circolare alle imprese cennate, 
ma l'esclusione delle imprese pubbliche di trasporto dalla possibilit� 
di conseguire il documento di viaggio; e cio� una prescrizione che non 
riguarda direttamente ed immediatamente 1e aziende private di trasporto, 
e che non attribuisce alle stesse un vantaggio diretto ed immediato 
(cui si correla una posizione soggettiva qualificata e differenziata) ma 
semmai un vantaggio indiretto. Correlativamente il pregiudizio che le 
imprese di trasporto private riceverebbero dall'eventuale accoglimento 
del ricorso proposto in primo grado sarebbe di tipo derivato ed indiretto, 
discendente dall'ampliamento del numero dei soggetti imprenditori 
operanti sul mercato dei trasporti occasionali internazionali e correlato 
all'ammissione al conseguimento del � libretto verde � delle 
aziende pubbliche di trasporto. 

Nessuna posizione soggettiva qualificata e differenziata pu� essere, 
pertanto, riconosciuta alle Associazioni appellanti con riferimento alla 
esclusione impugnata in questa sede, sicch� alle medesime non pu� 
essere riconosciuta la qualit� di controinteressate in ordine al ricorso 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a suo tempo proposto dalla Federtrasporti, dell'Azienda Consortile Trasporti 
-Consorzio Lucchese Autotrasporti Pubblici e dell'Azienda Consorziale 
Trasporti di Parma. 

N�, in contrario, pu� valere il rilievo formulato dalle Associazioni 
appellanti, e cio� che, come � riconosciuta la legittimazione delle Associazioni 
di Categoria a ricorrere per la tutela degli interessi della collettivit� 
rappresentata, cos� dovrebbe essere riconosciuta alle medesime 
associazioni la legittimazione a resistere, in qualit� di parti sostanziali, 
ai ricorsi proposti dalle imprese concorrenti. Nessun dubbio sussiste, 
infatti, circa 1a legittimazione ad agire ed a contraddire delle 
associazioni di categoria a tutela degli interessi corporativi della collettivit� 
rappresentata. Ci�, peraltro � possibile a fronte di un provvedimento 
che arrechi una lesione immediata e diretta di tali interessi 

o in difesa di un provvedimento che attribuisca alla collettivit� rappresentata 
una diretta posizione di vantaggio: civcostanza, questa, che non 
si verifica nella fattispecie. Il problema astratto della ricoo.oscibilit� 
di una legittimazione ad agire ed a contraddire in capo alle associazioni 
di categoria non pu�, infatti, essere confuso con la questione 
concveta della riconoscibilit�, in relazione ad uno specifico atto, della 
qualit� di controinteressato in capo alle medesime associazioni. 
Dal.la accertata inesistenza della qualit� di controinteressate in capo 
all'E.N.A.T. ed all'A.N.A.C. deriva l'assenza, in capo alle medesime, della 
qualit� di parti necessarie del presente giudizio. 

L'appello delle cennate associazioni deve, pertanto, essere dichiarato 
inammissibile, in quanto proposto da soggetti non costituenti parti 
necessarie del giudizio di primo grado (Sez. VI, 20 !febbraio 1987, n. 71, 
cit.). 

Degli argomenti svolti daHe predette associazioni -che possono 
partecipare al giudizio di appello in qualit� di intervenienti -si potr� 
pertanto, tener conto nei limiti in cui non introducono questioni nuove 
rispetto all'appello dell'Amministrazione. 

6. -Infondato appave, invece, l'appello ~ncidentale proposto dalla 
T.E.P. e dalla C.L.A.P. avverso il capo della decisione impugnata con 
cui � stata riconosciuta la legittimit� dell'intervento in giudizio dell'E.
N.A.T. e dell'A.N.A.C. 
� noto, infatti, che secondo un indirizzo giurisprudenziale da tempo 
consolidato, nel processo amministrativo sono legittimati a proporre 
atto di intervento anche i soggetti p6rtatori di un interesse di mero fatto 
(Sez. VI, 26 luglio 1986, n. 565; 14 luglio 1984, n. 446). 

Un interesse di fatto � certamente riconoscibile nella fattispecie in 
capo deUe Associazioni di categorie delle imprese private di trasporto, 
atteso che le medesime hanno un evidente interesse a limitare l'ambito 
dei soggetti beneficiari della normativa in materia di � libretti verdi >>, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

in conseguenza, come ha esattamente rilevato il primo giudice, del vantaggio 
economico che deriverebbe alle imprese private dalla mancata 
concorrenza di quelle pubbliche. 

N� un ostacolo all'ammissibilit� dell'intervento pu� essere riscontrato 
nella circostanza che il medesimo � stato spiegato da due associazioni 
di categoria, apparendo sufficiente, a tal fine, che l'utilit� perseguita 
da queste sia conforme alle finalit� statutarie (si veda per una 
ipotesi in cui, su tale presupposto, � stato dichiarato ammissibile l'intervento 
di una associazione di cittadini, Sez. V, 14 maggio 1986, n. 255). 

7. -Dev,e, adesso, essere preso in considerazione l'appello proposto 
dal Ministero dei Trasporti, con il quale, con la prima doglianza, 
viene dedotta l'erroneit� della decisione impugnata nella parte in cui 
con essa � stata rigettata l'eccezione di inammissibilit� dei ricorsi di 
primo grado, in quanto rivolti avverso un atto meramente confermativo 
di precedenti disposizioni amministrative non impugnate. 
Ad avviso del Ministero appellante, infatti, le disposizioni contenute 
nella circolare ministeriale impugnata in questa sede, sarebbero 
meramente confermative di quelle contenute ne1le precedenti circolari 

n. 8 del 16 marzo 1974 e n. 11 del 20 aprile 1976, mentre non apparirebbe 
convincente l'assunto dei primi giudici, secondo cui la circolare del 26 
marzo 1986 disciplinerebbe llilla materia diversa dalle precedenti e 
sarebbe stata adottata sulla scorta di presupposti normativi diversi. 
La circolare, infatti, nella parte impugnata, non sarebbe altro che 
una presa d'atto di una limitazione gi� introdotta con le precedenti 
circolari, essendo state 1e aziende pubbliche escluse dall'attivit� di noleggio 
con conducente, sia pure limitatamente al territorio nazionale. 

L'assunto �, sotto diversi profili, infondato. 

Ad escludere il carattere meramente confermativo della circolare 
impugnata in questa sede, pare infatti sufficiente il rilievo che, mentre 
essa concerne la disciplina del rilascio del nuovo documento di viaggio 
per i servizi occasionali internazionali di trasporto su strada, le circolari 
cui fa riferimento l'Amministrazione, riguardano invece l'immatricolazione 
di autobus per il servizio di noleggio con conducente da parte 
dei comuni (circolare n. 8/74), e l'immatricolazione di autobus per il 
medesimo servizio da parte delle Aziende provincializzate e dei Consorzi 
(circolare n. 11/1976). 

A ci� va aggiunto che la circolare ministeriale impugnata in questa 
sede fa riferimento, allo scopo di motivare l'esclusione delle aziende 
pubbliche di trasporto dal novero dei soggetti legittimati a conseguire 
il libretto contenente i fogli di viaggio CEE/ASOR, ai due pareri 
espressi dal Consiglio di Stato n. 1111 del 21 ottobre 1975 e n. 920 del 
9 ottobre 1976. Ci� appare sufficiente ad escludere la � confermativit�,. 
della circolare del 27 marzo 1986, dal momento. che il riferimento ai 


254 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cennati pareri evidenzia come la determinazione in questa sede impugnata 
sia -a prescindere dalla rilevata diversit� della materia frutto 
di valutazioni rinnovate rispetto a quelle espresse nelle precedenti 
circolari; il ohe appare sufficiente, per ricevuto insegnamento 
giurisprudenziale, ad escludere ogni � confermativit� �. 

Il parere del 21 ottobre 1975 �, infatti, successivo alla circolare n. 8 
del 1974, come il parere del 9 ottobre 1976 ~ successivo alla circolare 

n. 11 del 20 aprile 1976: il che rende palese come, alla base delle determinazioni 
assunte con la circolare del 27 marzo 1986 vi siano anche 
valutazioni ed �elementi di giudizio non esistenti alla data di adozione 
delle circo1ari precedenti. 
Tale considerazione -che.ev1denzia la �novit�� del provvedimento 
del 1986 rende priva di rilevanza l'osservazione formulata dal Ministero 
dei Trasporti, secondo cui il servizio di noleggio con conducente per 
i trasporti nazionali e quello per i trasporti internazionali avrebbero 
il medesimo carattere. 

Come, poi, ha esattamente osservato il giudice di primo grado, � 
pacifico fra le parti che, anteriormente all'emanazione della circolare 
impugnata, alle imprese pubbliche ricorrenti in primo grado era consentito 
svolgere i servizi occasionali di trasporto di noleggio con conducente, 
in quanto gi� titolari della relativa licenza: il che rende evidente 
l'autonomia della lesione arrecata alla sfera giuridica delle ricorrenti 
in primo grado con la circolare in questione. 

Il vero � infatti, che le stesse espressioni, contenute nella predetta 
circolare, rendono palese che quella di escludere le imprese pubbliche 
di trasporto dalla possibilit� di conseguire il nuovo documento di viaggio 
� una autonoma determinazione dell'Amministrazione, che, pur motivata 
con riferimento ai pareri acquisiti in m:idine al diverso problema 
dell'attivit� di noleggio di autobus con conducente, � tuttavia adottata 
� aHo stato attuale � ed in attesa di ulteriori approfondimenti, ritenuti 
necessari: il che rende palese come si sia di fronte ad una autonoma 
prescrizione imposta dall'Amministrazione in via interinale, suggerita 
dalla necessit� di una riflessione pi� approfondita sulla questione. 

8. -Deduce, altres�, il Ministero dei Trasporti con la seconda doglianza 
prospettata, che erroneamente il T.A.R. avrebbe dichiarato illegittima 
la circolare ministeriale del 27 marzo 1986, nella parte in cui 
esclude le aziende pubbliche di trasporto dalla possibilit� di conseguire 
il c.d. � libretto verde �, sotto i profili dedotti dalle ricorrenti in primo 
grado con i primi due motivi di ricorso. 
Ed infatti, ad avviso dell'Amministrazione la circolare -provvedimento 
dovrebbe esser ritenuta legittima, perch� motivata per relationem 
con il richiamo a precedenti pareri del Consiglio di Stato che, intervenuti 
in ordine al problema dello svolgimento del servizio di noleggio 



PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

con conducente, potrebbero essere richiamati per fa concessione dei c.d. 
libretti verdi, avendo i servizi occasionali ai trasporto internazionale di 
viaggiatori il medesimo carattere dei servizi nazionali dri. noleggio con 
conducente. 

Il cennato servizio occasionale internazionale potrebbe, peraltro, essere 
svolto soltanto da soggetti privati, essendo equiparabile alla attivit� 
di noleggio con conducente che costituirebbe servizio privato ex 
art. 57, comma primo, del d.P.R. n. 393 del 1959. Gli enti locali, peraltro, 
non potrebbero eludere i limiti commisurati all'esercizio dei propri servizi 
pubblici di trasporto, mentre il Ministero dei Trasporti, competente 
al rilascio dei libretti verdi, sarebbe tenuto a verificare la sussistenza 
dei requisiti per la relativa concessione. 

L'appello dell'Amministrazione deve essere respinto, dovendo essere 
confermata la statuizione di accoglimento adottata dal primo giudice. 
Deve peraltro, essere disposta la correzione della relativa motivazione 
nei sensi che saranno di seguito precisati. 

9. -Come si � gi� avuto modo dii sottolineare, la esclusione, disposta 
dal Ministero appellante, delle � Aziende Pubbliche di Trasporto 
Viaggiatori su strada, ancorch� titolari di licenza comunale di noleggio 
con conducente �, dalla possibilit� di ottenere il rilascio dei documenti 
CEE/ASOR, � stata motivata, oltre che con la necessit� di ulteriori 
approfondimenti, in relazione � ai pareri gi� espressi dal Consisiglio 
di Stato in materia n. 1111 del 21 ottobre 1975 e n. 920 del 9 ottobre 
1976, sulla effettuazione del servizio privato di noleggio con conducente
�. 
Tale essendo la motivazione addotta a sostegno della prescrizione 
impugnata, il problema posto dal presente giudizio consiste esclusivamente 
nello stabilire se il riferimento ai cennati pareri -ed agli argomenti 
in esso richiamati -sia idoneo, o meno, a sostenere la esclusione 
delle Aziende Pubbliche di Trasporto dal rilascio dei documenti CEE/ 
ASOR. 

Esula, invece, dal presente giudizio, ogni ulteriore e diversa questione, 
ed in particolare quella concernente l'identificazione dell'autorit� 
deputata a sindacare la congruit� delle attivit� eventualmente svolte dalle 
Aziende Municipalizzate con gli interessi delle collettivit� locali. 

Si tratta, infatti, di aspetti non apprezzati n� valutati dall'Amministrazione, 
dal momento che, con la circolare impugnata in questa sede, 
il Ministero dei Trasporti, dopo aver programmaticamente precisato che 
i documenti di trasporto occasionale internazionale sarebbero stati rilasciati 
soltanto alle imprese titolari di licenza comunale di servizio 
privato 'con conducente, ha tuttavia escluso le aziende pubbliche di trasporto, 
ancorch� titolari di tale licenza, in relazione ai pareri espressi 
dal Consiglio di Stato. 


L'unica ragione dell'esclusione delle aziende pubbliche dal conseguimento 
dei documenti di viaggio sta, pertanto, negli arigomenti espressi 
nei pareri cennati, mentre Ja legittimit� della prescrizione impugnata 
non potr� che essere apprezzata nei limiti della motivazione addotta dall'Amministrazione. 


10. -Deve, peraltro, essere ricol'dato che con i predetti pareri (ed 
in particolare, con que1lo del 21 ottobre 1975), Ja II Sezione del Consiglio 
di Stato, dopo aver ricoroato che i comuni, in economia o mediante aziende 
municipalizzate, possono assumere ,l'esercizio di servizi pubblici (art. 
292, T.U. n. 383 del 1934 ed artt. 1 e 2 del R.D. n. 2578 del 1925), ha 
rilevato, sostanzialmente, che il servizio privato di noleggio con conducente 
non pu� essere assunto dai comuni e dalle aziende municipalizzate 
in quanto qualificato come � servizio privato � dall'art. 57 del T.U. 
n. 393 del 1953. 
Con il cennato parere J.e considerazioni espresse per i comuni e le 
aziende municipalizzate sono ,state, altres�, ritenute valide per le aziende 
provinciali di trasporto e per i consorzi tra ,comuni e provincie operanti 
nel settore dei Trasporti. 

Ln relazione, poi, alla circostanza, rappresentata dall'Amministrazione, 
secondo la quale diverse aziende municipalizzate e provincializzate 
risultavano gi� titolari di licenze di noleggio con conducente, l'organo, 
consultivo escludeva sia la possibilit� dii revocare le relative carte 
di circolazione, sia di ricorrere all'autotutela, sia infine, la possibilit� 
di noo ammettere alla revisione prevista dall'art. 55 del codice della 
strada gli autobus immatricolati per servizio di noleggio con conducente, 
intestati a comuni, aziende municipalizzate e provincializzate e consorzi. 
� stato ritenuto invece opportuno, nel quadro di una scelta volta 
a realizzare una normalizzazione graduale del settore, � lasciwe per 
ciascun autobus inalterata la situazione attuale, solo fino a quando non 
venga richiesto il trasferimento, su carta di circolazione di altro veicolo, 
dell'annotazione di legittimazione del primo autobus a servizio pr.ivato 
di noleggio con conducente �, tin tal modo definendo la situazione 
mediante la sostanziale negazione dell'abilitazione al noleggio con conducente 
di nuovi automezzi. 

Tale essendo il tenore dei pareri richiamati, risulta evidente che, come 
ha osservato il primo giudice, il richiamo generico ai medesimi non 
appare idoneo a sorreggere la circolare impugnata, nella parte in cui 
iha disposto l'esclusione delle aziende pubbliche, anche se titolari della 
licenza di noleggio privato con conducente, dal novero dei soggetti legittimati 
a conseguire il nuovo documento di cui all'accordo CEE/ASOR. 
Ci�, peraltro perch� con i sopra ricordati pareri (ed in particolare con 
quello del 1975) si era sostanzialmente ritenuto opportuno che, in relazione 
agli autoveicoli gi� immatricolati per servizio privato di noleg



PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

gio con conducente, le Aziende pubbliche continuassero a svolgere la 
relativa attivit�. 

Il mero richiamo ai predetti pareri, non d�, pertanto, .ragione dell'iter 
logico seguito dall'Amministrazione per pervenire alla esclusione 
di tutte le aziende pubbliche ......,. ancorch� in possesso di licenza di noleggio 
con conducente -dal rilascio dei !IlJUOvi documenti CEE/ASOR 
per il trasporto occasionale internazionale. 

Sotto �questo profilo deve, anzi, essere rilevato che, avendo l'Amministrazione 
ritenuto di dover accordare il rilasdo dei cennati documenti 
per il 'trasporto occasionale intel1nazionale �ad imprese titolari 
di licenza comunale di servizio privato con conducente �, appare illogico 
e contraddittorio giustificare l'esclusione -dalla possibilit� di conseguire 
i cennati documenti -delle aziende pubbliche gi� titolari della 
cennata licenza, in forza del richiamo e dei pareri che, proprio in relazione 
a tali aziende pubbliche, titolari di licenze di noleggio con conducente, 
suggerivano che fosse consentita, sia rpure temporarneamente, la 
prosecuzione dell'attivit�. 

Come � stato osservato con la decisione di primo grado, non trattandosi, 
nella specie, di negare l'autorizzazione a svolgere l'attivit� di 
noleggio con conducente, ma, di pervenire indirettamente, attraverso la 
prec1usione al rilascio dei documenti, all'esito di impedire a determinati 
.soggetti ~le ,aziende pubbliche titolari di licenze di servizio di noleggio 
con conducente), una attivit� per la quale le stesse erano gi� in possesso 
dei requisiti abilitativi, l'Amministrazione avrebbe, quarnto meno, 
dovuto fruire una autonoma motivazione che desse conto dell'apprezzamento 
di circostanze idonee a superare le considerazioni che avevano 
indotto l'organo consultivo ad esprimere un avviso contrario alla limitazione 
dell'attivit� dei medesimi soggetti. 

N�, in contrario, pu� valere quanto rilevato dall'E.N.A.T. e dalla 

A.N.A.C. (i cui argomenti, come si � visto, devono essere presi in considerazione 
nella misura in oui sono volti a sostenere l'impugnazione 
proposta dal Ministero), secondo cui nella fattispecie non si sarebbe trattato 
di tollerare la continuazione di una attivit� gi� esercitata dalle aziende 
pub~iche sulla base di titoli rilasciati anteriormente al 1975 (epoca 
a cui risale il parere del Consiglio di Stato), ma di consentire l'esplicazione 
.di una nuova e diversa attivit�. Ed infatti, premesso che l'unico 
presupposto -espressamente indicato dall'Amministrazione -per il 
conseguimento del nuovo documento di viaggio era costituito per noleggio 
privato con conducente, appare evidente che il nuovo documento 
non poteva essere negato alle aziende pubbliche in possesso di tale licenza, 
costituendo lo svolgimento del servoizio occasionale internazionale, 
per esplicito riconoscimento dell'Amministrazione, un'attivit� comunque 
idonea ad esser posta in essere 1n forza del possesso della predetta licenza. 

258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Come riconosce lo stesso Ministero dei Trasporti con l'atto di appello, 
�i servizi occasionali di trasporto internazionale hanno il medesimo 
carattere dei servizi nazionali di noleggio con conducente � (pag. 7 
dell'atto di appello): sicch� non esisteva alcuna ragione (e comunque, 
nessuna motivazione in ;proposito � ravvisabile n� nella circolare n� nei 
pareri r.ichiamati) per escludere dal conseguimento del documento di 
trasporto internazionale le aziende (pubbliche) gi� in possesso della licenza 
di noleggio con conducente. 

11. -Deve, peraltro, essere rilevato che, oltre per le rilevate carenze 
sul piano della motivazione, la circolare impugnata in pdmo grado, come 
ha ritenuto il Tr.1bunale, si palesa viziata da una pi� radicale ragione di 
illegittimit�, non potendo essere condiviso l'assunto, pure posto a base 
della esclusione impugnata e sostenuto dal Ministero appellante, secondo 
cui l'attivit� di noleggio con conducente costituirebbe esclusivamente 
�servizio privato� ai sensi dell'art. 57, primo comma, n. 1 del 
d.P.R. n. 393 del 19S3, in quanto tale non assumibile dalle aziende municipalizzate; 
le quali potrebbero, invece, assumere esclusivamente l'esercizio di 
servizi pubblici, o di servizi privati nei limiti di cui all'art. 58 sesto 
comma del codice della strada (e cio� per necessit� proprie dell'ente 
pubblico come persona giuridica). 
Assume, in proposito, valore determinante fa considerazione dell'articolo 
57 del codice della strada e cio� della norma che, indicando come 
di � uso privato � .il trasporto di persone con autoveicoli o motocarrozzetta 
da noleggiare con conducente (art. 57, primo comma, lett. e), nella 
prospettiva della circolare impugnata in questa sede, determina l'impossibilit�, 
per le aziende municipalizzate, di gestire tale servizio. In particolare, 
premesso ohe i Comuni possono gestire soltanto servizi pubblici 
(artt. 292 T.V. 3 marzo 1934, n. 383, 1 e 2 R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578), 
il problema posto dalla presente controversia consiste nello stabilire se 
la indicazione � uso privato � contenuta nel codice del1a strada, possa 
essere assunta come sinonimo di � servizio privato�, ovvero -il che � 
lo stesso -se la distinzione tra uso privato ed uso pubblico posta dal 

T.V. n. 393 deJ 1959 con riferimento agli autoveicoli e motocicli ammessi 
alla circolazione si collochi sullo stesso piano della distinzione tra servizio 
privato e servizio pubblico. 
Il Collegio ritiene che a tale quesito� debba essere fumita risposta 
negativa. 

L'art. 57 del T.V. del 1959, inserito nel capo III, concernente l'ammissione 
dei veicoli alla circolazione, dispone che gli autoveicoli, i motocicli 
ed i rimorchi possono essere destinati ad uso privato (art. 57, 
primo comma, n. 1), ovvero ad uso pubblico (art. 57, primo comma, 

n. 2), distinguendo successivamente i singoli casi di �uso pubblico� 
da quelli di � uso privato �. 

PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Gi� da tale prima ricognizione appare, pertanto, evidente l'impossibilit� 
di riferire la distinzione uso pubblico -uso privato all'altra 
servizio pubblico -�servizio privato; e, correlativamente 'l'impossibilit� 
di considerare i singoli oasi di �uso pubblico � e di � uso privato � ivi 
previsti come altrettante ipotesi 1ricondudbili ri:spettivamnete ad un servizio 
pubblico ovvero ad un sernizio privato. 

La normativa contenuta nell'art. 57, �, infatti, volta a disciplinare 
l'ammissione alla circolazione degli' autoveicoli, ed in tale logica, di conseguenza, 
non pu� che essere letta la distinzione tra uso pubblico ed uso 
privato da essa introdotta. 

La stessa distinzione uso pubblico-uso privato appare poi espressamente 
ed esclusivamente riferita agli � autoveicoli, motoveicoli e rimorchi � 
e cio� ai mezzi da immettere nella circolazione, sicch� la stessa, non pu�, 
con ogni evidenza, essere riferita ad un � servizio � che � costituito invece 
da una attivit� o da un complesso di attivit�. 

La distinzione uso pubblico -uso privato di aui all'art. 57 indica 
infatti l'utilizzazione che pu� essere effettuata dei singoli mezzi, ai fini 
della circolazione, da parte degli utenti dei medesimi, ma non dice nulla 
in ordine al diverso problema della natura dell'attivit� svolta dai soggetti 
titolari di tali mezzi. La disciplina di cui all'art. 57 �, infatti, esclusivamente 
volta a descrivere le diverse esigenze che possono essere soddisfatte 
attraverso l'utilizzazione dei singoli mezzi _(trasporto di persona; 
trasporto cli persona con o senza conducente; trasporto di persona 

o cose in servizio da piazza o di linea) e non, invece, a qualificare l'attivit� 
che viene posta in essere attraverso l'approntamento e l'utilizzazione 
del mezzo. 
Non a caso, infatti, la norma in esame introduce una distinzione 
che attiene esclusivamente � all'uso � del mezzo da parte dell'utente, 
-e cio� alla modalit� di fruizione da parte di questo -e non alle finalit� 
ed agli interessi .che attraverso le diverse utilizzcioni del mezzo 
si intendono realizzare o perseguire. 

L'impossibilit� di trasferire la distinzione tra uso pubblico ed uso 
privato, introdotta dall'art. 57 del Codice deHa strada, sul piano della 
dicotomia servizio pubblico -servirlo privato (e cio� sul piano della 
qualificazione dell'attivit� in relazione alla ;rispondenza ad interessi generali) 
risulta, peraltro, confermata dalla considerazione dei singoli casi 
�che il medesimo art. 57 riconduce � all'uso pubblico � o � all'uso privato
�. 

Basta, a tal fine, considerare che l'art. 57 del d.P.R. n. 393 del 1959 
ricomprende nella nozione di � uso pubblico �, oltre che il � trasporto 
di persone o di �cose in servizio di linea� (lett. b), soltanto il �trasporto 
di pernone o di cose in servizio da piazza �. 

Se, infatti, dovesse ritenersi la distinzione a uso pubblico ed uso 
privato del mezzo sovrapponibile a quella servizio privato -s>ervizio 


RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELW STATO 

pubblico, dovrebbe anche affermarsi che il trasporto di persone o di 
cose in servizio da piazza costituisca un vero e proprio servizio pubblico 
nel senso di servizio originariamente riservato all'autorit� pubblica, 
laddove appare evidente che il medesimo � un servizio che, pur assoggettabile 
a regolamentazione perch� interessante la collettivit� (ed in questo 
senso di mteresse pubblico), ben pu� essere affidato a privati, rientrando 
la relativa attivit� nella sfera della generale capacit� dei soggetti 
di diritto. In particolare con riferimento al servizio di auto pubbliche 
da piazza (che � quello preso in considerazione dall'art. 57, primo 
comma, n. 2, lett. a, del Codice della strada) � stato espressamente affermato 
che esso, nonostante �l'evidente impropria qualificazione di servizio 
pubblico dovuta al linguaggio corrente, costituisce attivit� gi� compresa 
nella naturale capacit� e libert� dei privati, anche se facoltativamente 
assoggettabile a .disciplina da parte dell'Amministrazione, consistente 
nel rilascio di apposite licenze (Sez. V, 11 marzo 1966, n. 430). 

L'impossibilit� di considerare � l'uso privato � di cui � cenno nell'art. 
57 come serviizio privato '---quindi non municipalizzabile -�, poi, 
ulteriormente confermata dal secondo comma del medesimo art. 57, il 
quale dispone che � previa autorizzazione dell'Ispettorato della Motorizzazione 
civile gli autobus destinati a noleggio con conducente possono 
essere impiegati, in via eccezionale, in servizio di linea e viceversa �, 

La norma, infatti, prevedendo che in via eccezionale autobus destinati 
ad �uso iprivato � (quale � queHo di noleggio con conducente) possono 
essere destinati ad un �uso pubblico� (il servizio di linea) implica, 
almeno tendenzialmente, una sostanziale omogeneit� tra il noleggio con 
conducente ed il servizio di linea (rispondendo sia il primo che il secondo 
ad una esigenza di trasporto dell'utenza), non apparendo appunto 
possibile il mutamento di utilizzazione nell'assenza di tale tendenziale 
omogeneit�. 

La .norma, d'altra parte, intende rispondere alle esigenze delle imprese 
esercenti servizi di trasporto, consentendo alle medesime, sia ;pure 
in via eccezionale, l'impiego secondo �un �ruso pubblico � di propri. mezzi 
destinati ad � uso privato � e viceversa. 

Ci� rende palese ohe l'art. 57 non si occupa in alcun modo della qualificazione 
(se pubblica o privata) dei servizi di trasporto e delle imprese 
che gestiscono tali serviu, ma che, invece, esso riguarda soltanto 
le modalit� di utilizzazione degli automezzi. 

La facolt� di utilizzare mezzi ad uso privato in servizio di linea (e 
cio� per uso definito � pubblico � dal Codice della Strada), deve, infatti, 
essere riconosciuta anche alle imprese private di trasporto, le quali 
gestiscono servizi che, pur interessando la collettivit�, non possono che 
essere ricondotte ad una attivit� che costituisce manifestazione della 
naturale capacit� e Libert� dei privati. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

12. -Se dunque nessun elemento pu� essere tratto dalla qualificazione 
come � ad uso privato � del.,IIloleggio con conducente, contenuta 
nel Codice della stra:da, per dedurne l'impossibilit� di procedere alla municipalizzazione 
del relativo servizio, deve essere osservato che nessun 
ostacolo, a tale esito, sembra pervenire dalla legislazione comunale e proviinciale 
e dalla legge sulla municipalizzazione dei servizi. 
L'art. 292 del T.U. del 1934 dispone in via generale che i comuni e 
le province possono assumere � nei casi e nei modi stabiliti dalla legge, 
l'impianto e l'esercizio diretto dei pubblici servizi �. La norma, pertanto, 
pur prevedendo m astratto la possibilit� per i comuni di procedere all'assunzione 
di pubblici servizi, rimanda alla fonte legislativa per fa 
determinazione delle relative condizioni e dei limiti. 

L'art. 1 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, dopo aver affermato in 
via generale la possibilit� dei Comuni di aswmere l'esercizio diretto dei 
pubblici servi:ci, offre una. elencazione dei medesiini, che, alla stregua 
della dizione normativa (� e segnatamente di quella relativa agli oggetti 
seguenti�), ha natura meramente esemplificativa e non certo taJSSativa. 

In tale elencazione risultano, peraltro, compresi al n. 14, anche i 
servizi attinenti all'impianto ed esercizio di omnibus, automobili ed 
ogni altro shnile mezzo, diretto a provvedere alle pubbliche comunicazioni. 


L'ampiezza della dizione legislativa, ohe, da una parte, fa riferimento 
� all'impianto ed esercizio di omnibus, automobili ed ogni altro 
siinile mezzo�, e, dall'altro, qualifica gli stessi solo in relazione alla finalit� 
cui i medesimi obbediscono (diretti a provvedere alle pubbliche 
comunicazioni), rende palese che possono essere municipalizzati tutti 
i servizi volti ad assicurare pubbliche comunicazioni, con qualunque 
mezzo gli stessi siano effettuati, ed a prescindere delle modalit� concrete 
di organizzazione del servizio. 

La legge infatti, proprio con riferimento all'ampiezza della prescrizione 
in essa contenuta, lascia chiaramente intendere che possono essere 
assunti dai comUIIl�, in ragione del peculiare interesse pubblico ad essi 
connesso, tutti i servizi volti comunque ad assicurare le pubbliche comunicazioni, 
indipendentemente dal tipo di mezzo prescelto e dalle 
modalit� concrete con cui si provveda a tale scopo. 

Considerata l'ampiezza della previsione normativa, nella relativa 
prescrizione rientra certamente anche l'attivit� di noleggio con conducente. 


Si � visto sopra come la qualificazione � ad uso privato � fornita dal 
Codice della strada non possa essere considerata ostativa, attenendo .essa 
non alla natura del servizio, ma alle modalit� di utilizzazione del medesimo; 
qui � il caso di aggiungere che anche l'esercizio dell'attivit� di 


RASSEGNA DEl.l.'AVVOCATURA DELLO STATO 

noleggio con conducente ha riferimento alla necessit� di provvedere 
alle pubbliche comunicazioni, sicch� non sussiste alcuna ragione per 
escludere la stessa dalla possibilit� di municipalizzazione. In particolare, 
se il serviziio pubblico di trasporto attiene a tutto ci� che � idoneo 
ad assicurare le pubbliche comunicazioni, ~ppare evidente che l'esercizio 
dell'attivit� di noleggio con conducente nient'altro costituisce se non 
una modalit� particolare di organizzazione del servizio pubblico. 

13. -H vero � infatti che la nozione di swvizio pubblico non pu� 
essere definita in astratto, in relazione al tipo di attivit� cui es,so si riferisce 
ed a prescindere da un contesto normativo che la qualifichi. 
Cos� �, ad esempio, per l'attivit� di autoservizio di lilllea che si effettui 
con itinerari fissi (attivit� che � diversa da quella di noleggio con 
conducente), che costituisce a servizio pubblico tin virt� di una apposita 
previsione normativa (art. 1 legge 28 settembre 1939, n. 1822) che come 
tale espressamente lo disciplina, riservandolo ab origine all'Amministrazione 
pubblica. 

Cos� �, anche, per la nozione di serviziio pubblico mumcipalizzabile assumibile, 
cio�, da parte dei Comuni -che non pu� essere stabilita 
in astratto, ovvero in relazione a previsioni normative dettate per altre 
finalit�, ma che non pu� che essere determinata avuto riguardo ai caratteri 
ed agli elementi in proposito desumibili dall'art. 1 del R.D. 15 ottobre 
1925, n. 2578. Questo, fornendo una elencazione non tassativa� di 
attivit� municipalizzabili, lascia chiaramente intendere quale sia la nozione 
di servizio pubblico che � stata presa in considerazione ai fini 
della municipalizzazione, o se si vuole, indica implicitamente i � tipi � 
di servizi municipalizzabili. 

Ora, se si ~arda all'elencazione di cui all'art. 1 del T.U. sulle municipalizzazioni, 
� facile rendersi conto che m esso sono ricompresi sia 
servizi individuati espressamente od implicitamente come ad uso pubblico 
(e cio� offerti indistintamente alla collettivit�), sia servizi individuati 
ad uso privato (che si attuano, cio� all'interno di un rapporto 
che si instaura con un singolo ,soggette o con un gruppo ,di soggetti: 
basti pensare al servizio di trasporto funebre, che � indiscutibilmente 
ad uso'privato) ed in ogni caso 'servizi di interesse generale, rispondenti, 
cio�, ad interessi generali, la cui realizzazione pu� peraltro essere affidata 
(ed �, anzi, normalmente affidata) a soggetti privati (si pensi, ad 
esempio, all'impianto ed all'esercizio di farmacie, ai trasporti funebri, 
alla. costruzione di molini e forni, di stabilimenti per la macellazione, di 
bagni e lavatoi pubblici, di asili notturni: art. l, nn. 6, 8, 9, 10, 12 e 14). 

Val quanto dire, che, nel sistema del R.D. n. 2578 del 1925 la nozione 
di servizio pubblico municipalizzabile non � quella di servizio re


lativo ad una attivit� sin dall'origine necessariamente .riservata all'Aro


1� 

l; 

i: 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

ministrazione ed eventualmente trasferibile ai soggetti privati in virt� 
di un rapporto di concessione, (c.d. servizi pubbLici in senso stretto), 
ma l'altra, di serviZJio rispondente ad esigenze di utilit� generale o ad 
essa destinato, in quanto preordinato a soddisfare interessi della collettivit�, 
e tuttaV<ia non riservato originariamente all'Amministrazione 
e gestibile di conseguenza anche da pl1i.vati (c.d. servizio pubblico in 
senso lato: si veda, per una distinzione in tal senso, Cons. di Stato, 
Sez. V, 11 marzo 1966, n. 430, oit.). 

l;�i tratta, d'altra parte, di un esito del tutto logico, sol che si tenga 
presente che il R.D. n. 2578 del 1925, concerne le attivit� � municipalizzabili 
�, e cio� quei servizi che, svolti da privati, per la loro idoneit� a 
rispondere ad interessi generali, possono essere assunti e svolti dalla 
autorit� comum.ale. 

� evidente pertanto che la nozione � di servizio pubblico � presa in 
considerazione dal T.U. sulla municipalizzazione non pu� essere quella 
di serviizio originariamente riservato all'Amministrazione (dal momento 
che, in tal caso, non occorrerebbe la municipalizzazione, e si sarebbe fuori 
dall'ambito del relativo fenomeno) ma l'altro, diverso, di servizio svolto 
da soggetti privati, e tuttavia rispondente primieramente ad interessi 
generali. 

In tale nozione rientra certamente l'attivit� di noleggio con conducente, 
la quale, definita � ad uso privato � dal Codice della strada in relazione 
alle modalit� di utilizzazione del servizio, risponde certamente 
ad un interesse generale, ed � di conseguenza, assumibile da parte dei 
Comuni. 

La natura �pubblica� nel senso sopra delineato (e cio� pubblica in 
senso lato) dell'attivit� di noleggio con conducente �, del resto, confermata 
dall'art. 113 del R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740, espressamente mantenuto 
in vigore dal T.U. n. 393 del 1959 (art. 145) che, nell'attribuire ai 
comuni la facolt� di dettare apposite prescrizioni, definisce �servizi 
pubblici � il servizio da piazza ed il servizio da noleggio. 

La disposizione normativa, che concerne un servizio esercitabile da 
soggetti pvivati e tuttavia assoggettabile a regolamentazione da parte. 
dei Comuni, evidenzia, infatti, che la qualificazione di pubblico � attribuita 
al servizio da noleggio (come anche al servizio da piazza), non in 
relazione al fatto che esso � riservato all'Amministrazione in via originaria 
ed esclusiva, ma con rHerimento alla circostanza che esso risponde 
ad una utilit� generale, interessando tin tal modo l'intera collettivit�. 

Sotto questo profilo, pertanto, esatta si palesa l'affermazione contenuta 
nella sentenza impugnata, secondo cui ai fini della qualificazione 
in termini di �pubblico� di un servizio, � sufficiente l'elemento teleologico 
della sua capacit� di rispondere ad una utilit� generale e collettiva, 
mentre la distinzione tra � uso pubblico � ed � uso privato � attiene 
invece al momento di utilizzazione del serv,izio da parte dei sog



RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO 

getti ammessi a beneficiarne: con l'avvertenza peraltro, che il riferimento 
alla capacit� di rispondere ad esigenze collettive vale a qualificare 
come pubblico ii1 servizio in senso lato, occorrendo, per la qualificazione 
di servizio pubblico in senso stretto l'ulteriore elemento, desumibile 
esclusivamente da una apposita previsione normativa, della 
originaria riserva a favore dell'Ammiinistrazione. 

Il T.U. n. 2578 del 1925 sulla municipalizzazione non pu�, peraltro, 
che aver riferimento ai c.d. servizi pubblici in senso lato, dal momento 
che, ove si fosse di fronte a �servizi ab origine riservati all'Amministrazione, 
si sarebbe al di fuori delle esigenze sottese dalla municipalizzazione 
e dal relativo fenomeno. 

14. -Alla luce dei ~superiori rilievi, illegittima si palesa la circolare 
ministeriale impugnata, che ha escluso le Aziende Pubbliche dalla possibilit� 
di conseguire i documenti di vfaggio di cui all'accordo CEE/ 
ASOR, sul presupposto, sostanzialmente ricavabile dai pareri richiamati, 
dell'impossibilit�, per le medesime, di esercitare l'attivit� di noleggio 
con conducente. 
Esulano invece dal presente giudizio, come si � gi� avuto modo di 
osservare, le ulteriori questioni affrontate dal giudice di primo grado, 
dal momento ohe l'unica ragione posta a fondamento della determinazione 
di escludere dalla possibilit� di conseguire i nuovi documenti 
di trasporto sta esclusivamente nella dedotta impossibilit� di svolgere 
attivit� di noleggio con conducente. 

Poich�, peraltro l'E.N.A.T. e l'A.N.A.C. contestano la legittimazione 
stessa delle Aziende pubbliche di trasporto a svolgere servizi occasionali 
:internazionali, (e cio� i serv.izi cui si riferiscono i dooumenti di 
viaggio presi in considerazione dalla circolare), il Collego deve darsi 
carico di esaminare i rilievi _prospettati in tal senso. 

Dalla accertata inesistenza in capo alle predette associazioni della 
qualit� di controinteressato d�riva, infatti, l'impossibilit�, per le stesse, 
di proporre una autonoma impugnazione, ma non l'impossibilit� di svolgere 
argomenti a sostegno della impugnazione proposta dal Ministero 
dei Trasporti. 

E poich� quest'ultima ha, sostanzialmente, contestato la possibilit� 

~ 

per i Comuni e le Aziende municipalizzate di gestire servizi occasionali 

I ~ 

internazionali, g1i argomenti prospettati dall'E.N.A.T. e dall'A.N.A.C., che 
legittimamente possono prendere parte al presente procedimento in 

~ 

qualit� di intervenienti, devono essere presi m considerazione. 

fil 

15. -Ad avviso delle due Associazioni, le Aziende Municipalizzate 
ed i Comuni non avrebbero la capacit� giuridica di svolgere i servizi I! 
<,: 
occasionali internazionali oltre che per la natura privata dei medesimi i=.' 
I ~


(e si � visto sopra come tale punto di vista non sia condivisibile), sia 
~: 

~~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

perch� le predette aziende potrebbero svolgere esclusivamente servizi 
nell'ambito del proprfo territorio, sia perch�, comunque, non sarebbero 
legittimati a svolgere servizi occasionali internazionali. 

Entrnmbi i rilievi prospettati non sono, per altro, utili ai fini dell'accoglimento 
del gravame proposto dal Ministero dei Trasporti. 

Quanto al primo di essi, deve essere ricordato che, come ha esattamente 
osservato il giudice di primo grado e come ha gi� sostanzialmente 
rilevato la Sezione (Sez. VI, 4 dicembre 1984, n. 693, cit.) l'art. 7 
del D.L. 10 novembre 1978, n. 702 ha disposto la soppressione della distinzione 
tra spese obbligatorie e spese facoltative � ad ogni efifetto �, 
e dunque anche in relazione a quegli effetti che limitano tali spese dei 
Comuni, concernenti i servizi di pubblica utilit�, � entro i termici della 
rispettiva circoscrizione amministrativa �. 

Che poi l'abolizione de1la cennat� distinzione abbia comportato il 
venir meno del limite della territorialit� imposto alle spese degli enti 
locali (ma non, come si vedr�, l'abolizione di UIIl critel'io di collegamento 
necessario tra le spese e :le esigenze della popolazione del Comune 
interessato) risulta tra l'altro confermato dal nuovo regolamento 
delle aziende speciali di servizi degli enti locali, approvato con d.P.R. 
4 ottobre 1986, n. 902, che all'art. 5 prevede la facolt� del Comune di 
estendere l'attivit� della propria azienda di servizi al territorio di altri 
enti locali, previa stipulazione di una apposita convenzione. g chiaro, 
infatti, che una previsione del genere, che espressamente estende l'attivit� 
delle aziende di servizi comunali al territorio extracomunale, non 
avrebbe potuto esser posta in essere ove non fosse venuta meno la cennata 
limitazione, non potendo la norma regolamentare, posta in essere 
sulla scorta della disposizione contenuta negli artt. 23 e 31 del R.D. 

n. 2578 del 1925, derogare ad una previsione di rango legislativo. 
Il vero � infatti, che gli interventi di riforma della finanza locale 
attuati a partire dal 1977, e soprattutto l'evoluzione della distinzione tra 
spese facoltative, hanno comportato una espansione della sfera di attivit� 
dei comuni, che trova adesso limitazione nella capacit� finanziaziaria 
degli enti e nella destinazione delle risorse, nell'ambito del territorio 
del Comune, a beneficio della cittadinanza. In tale contesto devono 
essere, ormai, intesi sia gli artt. 292 e 312 del T.U. n. 383 del 1934 che 
l'art. 1 R.D. n. 2578 del 1925, i quali ,impongono, ormai, non la limitazione 
della spesa (e del servizio) all'ambito territoriale dell'ente, ma 
cooformemente ad un principio generale, l'esistenza di un obiettivo 
criterio di collegamento tra la spesa ed il servizio (:in ipotesi eccedenti 
l'ambito locale), e le necessit� della comunit� locale. La natura di enti 
territoriali propria dei Comuni implica, infatti, non che i servizi pubblici 
siano limitati all'ambito locale, (limitazione questa legata alla distinzione 
tra spese obbligatorie e spese facoltative), ma che i servizi 


266 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubblici, in ipotesi svolgentisi anche oltre l'ambito locale, siano tuttavia 
istituiti in relazione a specifiche esigenze della comunit� locale. 

Val quanto dire che i servizi di noleggio con conducente (nonch�, i 
servizi occasionali internazionali) possono essere legittimamente svolti 
dai comuni e dalle aziende municipalizzate soltanto [n relazione ad esigenze 
obiettive e specifiche dalla comunit� locale: esigenze, queste, che 
possono portare la medesima comunit� a proiettarsi al di fuori del limite 
territoriale dell'ente locale. La circostanza, infatti, che sia superato 
tale limite territoriale non toglie che le esigenze cui si fa fronte con 
H servizio siano pur sempre riferibili alla comunit� locale. 

16. -A sostegno della .dedotta incapacit�, da parte dei comuni e 
delle Aziende municipalizzate di gestire i servizi occasionali .internazionali 
di cui alla oircolare n. 1134/1986, l'E.N.A.T. e l'A.N.A.C. invocano un 
parere reso dalla Seconda Sezione del Cons,iglio <li. Stato del 1984, alla 
stregua del quale le medesime aziende non possono essere titolari di 
concessioni di autoservizi di linea interregionalii o internazionali. 
Tra tali servizi di linea non rientrano, peraltro, i servizi occasionali 
interna:lli.onali i quali appunto, come risulta sia dall'art. 3 del Reg. 117/ 
/66/CEE che dall'art. 2 dell'accordo ASOR sono �quelli che non rispondono 
n� alla definizione di servizio regolare di cui all'art. 3 n� alla definizione 
idi servizio a navetta di cui all'art. 4 �. 

I servizi di linea rientrano appunto fra i C;d. servizi regolari, essencli 
i primi definiti come quelli �ohe si effettuino ad itinerario fisso, 
anche se abbiano carattere saltuario �., e costituendo servizi regolari 
�quelli che assicurano il trasporto di persone effettuato con una frequenza 
e su un itinerario determinato� (art. 3 accordo ASOR). 

La strutturale diversit� tra i servizi di linea internazionali ed i servizi 
occasionali (assimilabili al noleggio con conducente), peraltro, confermata 
dallo stesso art. 85 d.P.R. n 616 del 1977, che mentre ha dservato 
allo Stato � le linee automobilistiche a carettere internazionale � (secondo 
comma), ha invece trasferito alle regioni le funzioni amministrative 
concernenti � l'approvazione dei regolamenti comunali relativi ai noleggi 
ed ai servizi da piazza �. 

Il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative concernenti 
l'approvazione dei regolamenti relativi ai noleggi conferma che 
questi ultimi -cui per espressa previsione contenuta nella circolare 
impugnata, sono assimilabili i servizi occasionali internazionali -costituiscono 
servizi affatto diversi da queHi -rimasti di escluJSiva competenza 
statale -,in ordine ai quali � stata 11itenuta la carenza di legittimazione 
alla assunzione da parte dei Comuni e delle Aziende municipalizzate. 


Deriva da ci� che i principi riferiti nel cennato parere del 1984 della 
II Sezione del Consiglio di Stato non sono in alcun modo riferibili ai 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

servizi occasionali internazionali, sicch� dalla sostenuta impossibilit�, per 
i comuni, di conseguire la titolarit� di concessioni di autoservizi di linea 
internazionali o . interregionali, non pu� essere dedotta l'impossibilit�, 
per i medesimi, di esercitare i predetti servizi occasionali. N� l'esercizio 
di tali servizi occasionali comporta il riferimento ad interessi che coinvolgono 
l'intera collettivit� nazionale: un riferimento del genere si ha 
infatti, per i servizi regolari che collegano il territorio nazionale con 
l'estero, e non invece in relazione a servizi occasionali che, pur implicando 
la possibilit� di .fuoriuscire dal territorio nazionale, devono pur 
sempre rimanere ancorati, come si � gi� visto, ad esigenze delle comunit� 
locali, che rappresentano H criterio ��obiettivo di collegamento tra il 
servizio oceasionale e l'ente locale. 

17. -Alla stregua delle superiori notazioni, illegittima appare la 
circolare impugnata in primo grado nella parte in oui individua i sog� 
getti aventi titolo al rilascio dei libretti di viaggio per i servizi occasionarli 
di trasporto viaggiatori su strada con autobus, con esclusione delle 
aziende municipalizzate, e ci� perch� queste ultime possono esercitare i 
predetti servizi occasionali internazionali, sempre che attraverso di essi 
si faccia fronte, in concreto, a specifiche oggettive esigenze della popolazione 
comunale residente. 
Il rilascio dei dooumenti di viaggio da parte del Ministero �, �d'altra 
parte, preordinato anche all'accertamento della legittimit� della circolazione 
degli autoveicoli, sioch� in sede di rilascio dei libretti di viaggio 
potranno essere effettuati, anche attraverso la predisposizione di opportune 
modalit� procedimentaH, gli accertamenti volti a stabilire, che, in 
concreto, l'esercizio dei servizi occasionali internazionali sia collegato 
alla necessit� ,di far fronte ad una oggettiva esigenza della popolazione 
residente. 

-II


(omissis) 4. -Nel merito e con le precisazioni che seguono, l'appello 
principale � fondato, laddove si sostiene che una Amministrazione comunale 
non pu� legittimamente costituire una societ� per assumere servizi 
che non rientrano �per le loro caratteristiche topografiche e/o per il contenuto 
dell'attivit� svolta nei propri compiti istituzionali e in ogni caso 
senza aver prima attentamente ponderato e congruamente esternato le 
relative esigenze organizzatorie �. 

Osserva la Sezione che, in ordine alla costituzione di societ� per 
azioni per �iniziativa di soggetti pubblici, questo Consiglio ha affermato 
i seguenti principi: 

-in via generale gli enti pubblici e, tra essi, i Comuni, hanno una 
capacit� di diritto privato e quindi di porre in esse:re negozi giuridici; 


268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-possono cos�, in particolare, legittimamente promuovere la costituzione 
di societ� per azioni e/o assumervi partecipazioni azionarie 
al fine di affidare ad esse, in concessione, un detenninato 'servizio di 
propria pertinenza (v. C.S., VI, 25 maggio 1979, n. 384; sul punto cfr. 
ruiche Corte dei Conti, sez. controllo, 22 luglio 1986, n. 1883); 

-per ~e Amministrazioni comunali, tale capacit� trova riscontro 
negli articoli 98 n. 4, 99 n. 3, 100 :n. 3 e 101 n. 2 del T.U. 3 marzo 1934, 

n. 383, che prevedono espressamente la potest� degli enti in parola di acquistare 
azioni industriali (v. C.S., I, 1� febbraio 1985, n. 130/85); 
-in concreto la capacit� negoziale di cui trattasi incontra limiti 
che possono derivare dalla natura dell'ente, dal tipo di funzioni ad esso 
assegnate, dalla volont� del Jegisatore ecc. 

A quest'ultimo riguardo � stato cos� affermato, con riferimento specifico 
al settore del trasporto pubblico, che ai fini della legittimit� della 
costituzione di una societ� da parte di un Comune oocor.re che ;risultino 
verificate le seguenti condizioni sostanziali: 

-l'attivit� sociale sia corrispondente agli scopi istituzionali dell'ente 
e quindi sia destinata ad a'ssolvere a servizi riconducibili alla sfera 
di attribuzione del medesimo; 

-l'attivit� sociale sia, in particolare, ris�tretta al territorio dell'ente 
locale che detiene la quota del pacchetto azionario, rilevandosi che 
�l'elemento del territorio... circoscrive spazialmente l'ambito degli interessi 
rimessi alla cura dell'ente esponenziale della collettivit� insediata 
111el territorio stesso, il quale, quindi, se pu� provvedere alla loro 
realizzazione anche avvalendosi degli strumenti offerti dal diritto privato, 
non pu�, tuttavia, legittimamente utilizzare l'anzidetta capacit� 
privatistica per realizzare fini o interessi che trascendano l'ambito spa� 
ziale di sua pertinenza� (cos� C.S., II, 24 ottobre 1984, n. 1436/84). 

Sul piano proced:imentale si � poi sottolineato (cfr. C.S., I, 1� febbraio 
1985, n. 130/85 cit.), che la delibera �di istituire una societ� per azioni 
per lo svolgimento di servizi pubblici di pertinenza comunale deve 
essere congruamente motivata, in modo tale da evidenziare le ragioni 
(in particolare sotto il profilo della convenienza economica) della scelta 
organizzatoria .m parola, in luogo di quelle previste espressamente dagli 
artt. 2, 15 e 26 T.U. n. 2578/1925 e che, in ogni caso, di regola, al .successivo 
affidamento in concessione del servizio pubblico �alla societ� pu� 
pervenir�si solo con procedura <:onco~suale, nei modi previsti dall'art. 267 

R.D. 14 settembre 1931, n. 1175. 
5. -Per quel che qui rileva, rispetto ai principi 'suesposti -che la 
Sezione condivide -da un lato si appalesa infondata l'affermazione 
delle ditte ricorrenti, secondo cui in materia non �sarebbe comunque 

PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

consentita la istituzione di societ� per az;ioni (a partecipazione comunale) 
per l'esercizio del servizio pubblico di trasporto. La tesi, come visto, 
non � conforme ai pi� recenti orientamenti giurisprudell2iiali che la Sezione, 
come detto, condivide, in quanto la capacit� negoziale (ivi compresa 
quella di costituire societ� per a2iioni per fini istituzionali) ha ca1rattere 
generale e non pu� essere esclusa, salvo specifiche disposizioni, 
neppure per quelle attivit� di pertinenza comunale, per le quali la 
legge indica, come nella specie, i relativi sistemi di gestione (oltre al 

T.U. n. 2578/1925, cfr. per il trasporto pubblico locale gli artt. 4 e 7 della 
legge 10 aprile 1981, n. 151). 
D'altra parte, anche nel parere 6 marzo 1956, n. 373 (richiamato dai 
ricorrenti) della I Sezione del Consiglio di Stato, si precisavano limiti, 
ma non preclusioni assolute alla costituzione di societ� per azioni nel 
settore, ritenendosi in particolare necessaria la partecipazione effettiva 
ad esse di pi� soci e quindi di almeno un altro soggetto, oltre al Comune 
titolare del pacchetto azionario di maggioranza. 

Per altro verso, risultano invece disattesi, come esattamente dedotto 
nell'appello, alcuni dei principi giurisprudenziali soprarichiamati, in 
ordine alle modalit� istitutive e ai limiti operativi delle� predette societ�. 


Sul rpiano formale, infatti, n� la delibera n. 17 del 18 dicembre 1986 
del Consiglio comunale di Urbino (esame ed approvazione dello statuto 
della costituenda societ� Montefeltro), n� la delibera n. 41 del 19 maggio 
1986 del Consiglio comunale di Montecalvo in Foglia (avente medesimo 
oggetto) contengono riferimenti congrui e sufficienti ad evidenziare 
le ragioni di convenienza economica che giustificano, nel pubblico 
interesse, la costituzione della societ�. 

Tale difetto di motivazione si appalesa anche pi� evidente nella 
parte in cui alla soc. Montefeltro � demandato lo svolgimento di attivit� 
concretanti non gi� un servizio pubblico in senso stretto (riservato 
in via primaria ed esclusiva o comunque demandato in modo espresso 
dal legislatore alla pubblica Amministrazione), ma piuttosto un servizio 
di pubblico ,interesse. Ci� � a dirsi per il servizio di autoveicoli con 
conducente, che, ancorch� definito come pubblico dall'art. 113 R.D. 
8 dicembre 1933, n. 1740, come pi� volte affermato da questa Sezione 
(cfr. le decisioni 11 marzo 1966, n. 430, 11 luglio 1975, 111. 993 e 31 marzo 
1987, n. 212), concreta una attivit� ricompresa nella naturale capacit� 
e libert� dei privati, anche se assoggettata a disciplina e al rilascio di 
autorizzazione da parte della P.A. e non appare, comunque, riconducibile 
nell'ambito delle �pubbliche comunicazioni�, in 011dine alle quali i 
Comuni sono legittimati a provvedere ex art. 2 R.D. 15 ottobre 1925, 

n. 2578 o del trasporto pubblico locale cos� com'� definito dall'art. 1 
della legge 10 aprile 1981, n. 151 (� servilii adibiti normalmente al trasporto 
collettivo di persone e di cose effettuati in modo continuativo 

270 PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

o periodico con itinerari, orari, freqruenze e tariffe prestabHite e offerta 
indifferenziata, con esclusione di quelli di competenza statale�). 
Il che se non esclude -ad avviso della Sezione -la possibilit� per 
il Comune, stante la gi� cennata capacit� di diritto privato, di svolgel'e 
tale attivit�, quantomeno in connessione a proprie esigenze organizzative 
o finalit� istituzionali (cfr. in termini restrittivi C.S., II, 21 ottobre 
1975, n. 1111 e in senso pi� ampio, stante la natura di ente pubblico 
a fini generali propria del Comune, C.S., VI, 4 dicembre 1984, n. 693), 
anche attraverso una societ� per azioni, tuttavia impone al Comune 
stesso di motivare tale determinazione sotto un duplice profilo, specificando 
le ragioni di pubblico interesse, che inducono, da un lato, ad 
esercitare la predetta attivit� e che portano, dall'altro, a ritenere, a 
tal fine, vantaggiosa l'istituzione di una societ� per azioni. 

6. -Questa poi -come esattamente rilevato dalle appellanti -nella 
specie � regolata da norme statutarie che, illegittimamente, ne consentono 
almeno in prospettiva, una attivit� nel settore del trasporto pubblico, 
non limitata al territorio dei Comuni partecipanti. 
A questo proposito va osservato che con foqnula per vero ambigua 
l'art. 4, primo comma dello Statuto stabilisce che la societ� ha per 
oggetto: 

� lo svolgimento di attivit� da espletarsi nella sfera delle esigenze 
e degli interessi di stretta pertinenza de1la collettivit� di cui gli enti 
ed i privati costituenti la Societ� sono esponenziali, nell'ambito del 
territorio di loro competenza�. 

Ne deriva che l'ambito territoriale dell'attivit� sociale, se pure pu� 
ritenersi inizialmente delimitato ai territori dei due Comuni di Urbino 
e Montecalvo ii.n Foglia (soci originari) � suscettibile istituzionalmente di 
ampliarsi, senza limite alcuno, a seguito dell'acquisto di partecipazioni 
azionarie da parte di altri enti esponenziali di collettivit� o addi11ittura 
da parte di privati. Ma, anche a prescindere dalla cennata norma di 
carattere .generale (ma di formulazione, come detto, poco comprensibile), 
in ogni caso la cennata vocazione extracomunale dell'attivit� 
sociale � chiaramente evidenziata dall'ampiezza e dalla natura dei compiti, 
e degli obiettivi che in particolare le successive lettere a) ed e) del 
citato art. 4 delineano, a specificazione del precetto generale poco prima 
enunciato. 

E precisamente: 
-tra gli scopi societari � previsto � il conseguimento della conces� 
sione per la gestione dei pubblici servizi automobilistici Ol1dinari, stagionali 
e di gran turismo, nonch� di qualsiasi altro mezzo di trasporto 
urbano ed extraurbano� (art. 4 lett. a dello statuto); 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

-inoltre, la societ� � potr�... compiere tutte le operaziorn commerciali, 
industrfali, finanziarie, mobiliari ed immobiliari, comunque 
utili a promuovere e conseguire gli scopi sociali ad assumere interessenze 
o partecipazioni in altre societ� ed imprese aventi oggetto analogo 
e connesso al proprio sia direttamente che indirettamente �. 

Ad analoghe conclusioni induce l'art. 2 dello statuto che, sia pure 
nell'enunciato �fine di garantire gli interessi della collettivit� territoriale 
di cui .g1i enti costituenti la societ� sono esponenziali�, prevede 
poi la possibilit� di � istituire succursali, agenzie, direzioni anche altrove 
nell'ambito del territorio italiano�. Una tale prev.isione, sul piano 
logico, non � spiegabile se non in un di~egno orgarnzzatorio non limitato 
a prestazioni di attivit� di trasporto nell'ambito dei Comurn di 
Urbino e Montecalvo in Foglia. 

Risulta, quindi, violato 11 principio di carattere generale, che, come 
accennato, impone ai Comuni di limitare l'assunzione dei servizi ed 
uffici di pubblica utilit� entro i termini della rispettiva circoscrizione 
amministrativa (si veda l'art. 312 del T.U. 3 marzo 1934, n. 383, nonch� 
ora l'art. 5 del d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, ohe solo in via eccezionale 
contempla la facolt� del Comune di estendere l'attivit� delle proprie 
aziende di servizi ad altri enti locali, previa intesa con i medesimi). 

In senso contrario non vale rilevare, secondo la tesi del giudice di 
primo grado, che il Comune � soggetto giuridico pubblico a fini generali, 
dotato di ampia autonoinia nel perseguimento degli interessi della 
collettivit� di cui � ente esponenziale e che esso � il solo arbitro dell'apprezzamento 
circa i fini pubblici da perseguire e le necessit� organizzative 
che occorre soddisfare per conseguirli, sioch� venuta meno fa 
distinzione tra spese obbligatorie e spese facoltative (art. 7 decreto 
legge 10 novembre 1978, n. 702, convertito in legge 8 gennaio 1979, n. 3), 
� e quindi anche la preclusione in virt� della quale tale secondo ordine 
di spese poteva essere effettuato soltanto entro i termini della rispettiva 
circoscrizione amministrativa, eventuali limiti allo svolgimento di 
detta attivit� possono rinvenirsi solo previo apprezzamento de1la congruit� 
dell'attivit� stessa rispetto all'interesse della collettivit� locale�. 

Osserva anzitutto la Sezione che l'abolizione della distinzione fra 

spese obbligatorie e spese facoltative non sembra. rilevante ai fini del 

decidere. 

Essa, come gi� riilevato da questo Consiglio (VI, 26 ottobre 1979, 

n. 734) era ancorata ad un regime della finanza locale, contraddistinto 
dal potere dei Comuni di imporre determinati tributi immobiliari e 
comportava che i Comuni medesimi non potessero assumere spese per 
attivit� facoltative, allorch� non fossero in grado di conseguire il pareggio 
economico pur avendo ottenuto l'autorizzaiione alla massima impo

272 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siz1one immobiliare prevista. Venuta meno con la riforma tributaria la 
cennata potest� .impositiva, anche la distinzione tra spese obbligatorie 
e spese facoltative ha perduto ogni rilevanza, sino ad essere, come 
detto, formalmente abolita con la disposizione soprarichiamata. 

Ci� per� non significa che sia venuta meno anche la configura


bilit� di una contrapposizione tra att11ibuzioni che i Comuni sono tenuti 
a svolgere e compiti che possono essere discrezionalmente assunti, n� 
che quanto a questi ultimi la discrezionalit� sia ormai sottratta ad 
ambiti territoriali. 

Questi sono insiti, invero, nello stesso concetto di autonomia comunale, 
della quale costituiscono :nello stesso tempo limite e garanzia (in �� 
particolare rispetto ad ingerenze operative da parte di altri Comuni, 

o di altri enti territoriali). 
7. -Per le ragioni che precedono l'appello principale va accolto. 
-III 


(omissis). 

2. -Tanto premesso, in conformit� a quanto richiesto dall'Amministrazione 
appellante, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione 
del giudice amministrativo m ordine alla controversia concernente il 
diniego di rilascio della carta di circolazione. Come, infatti, � stato 
affermato sia dal giudice dei conflitti (Cass., SS. UU., 11 aprile 1981, 
n. 2113) sia dalla Sezione (Sez. VI, dee. 15 novembre 1982, n. 571), sussiste 
la giurisdizione del giudice ordinario, e non del giudice amministrativo, 
nella controversia in ordine alla legittimit� del provvedimento 
di diniego di rilascio della carta di circolazione per autoveicoli da destinare 
all'uso privato dall'art. 58, sesto comma, del D.P.R. :n. 393 del 1959. 
Tale rilascio, .infatti, riconducibile tra le abilitazioni amministrative 
implicanti una valutazione soltanto tecnica della Pubblica Amministrazione 
circa la ricorrenza di determinati requisiti, senza alcun esercizio 
di discrezionalit�, � previsto da una norma che tende alla tutela in via 
immediata e. specifica dell'interesse dei soggetti, che pertanto ha la 
consistenza di un diritto soggettivo, non affievolibile in conseguenza 
dell'esercizio di una azione amministrativa meramente ricognitiva. 
3. -Ad uguale esito non pu�, invece, pervenirsi con riferimento alla 
controversia concernente la legittimit� del rigetto della richiesta autorizzazione 
all'impiego di autobus in servizio di linea a servizio di noleggio 
con conducente. Quello previsto dall'art. 57, secondo comma, del 
Codice del1a strada �, infatti, come tutti quelli autorizzatori, un tipico i'. 
potere basato �u di una valutazione discrerionale, concernente r..1.tenza 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 273 

dei presupposti (alcuni dei quali legati alla � eccezionalit� � dell'impiego 
dei mezzi) idonei a consentire il mutamento dell'utilizzazione dei mezzi, 
la legittimit� dell'esercizio del quale non pu� che essere esaminata dal 
giudice amministrativo. Sotto questo profilo, appare erronea l'affermazione 
del Ministero dei Trasporti secondo cui, ricorrendo i presupposti 
per il noleggio con conducente, il cambio di destinazione non potrebbe 
essere negato, dal momento che � la valutazione discrezionale 
legata all'opportunit� di tale mutamento di destinazione, in relazione 
agli interessi generali della circolazione, che costituisce l'oggetto del 
provvedimento autorizzatorio. N� acquista rilievo la circostan:m che, in 
concreto, l'autorizzazione ex art. 57, secondo comma, Codice della strada, 
sia stata negata sul presupposto dell'impossibilit� per le aziende municipalizzate 
di esercitare l'attivit� di noleggio con conducente, dal momento 
rche il potere, della cui legittimit� si discute in questa sede, � 
comunque quello autorizzatorio di cui al cennato art. 57, secondo comma, 
del D.P.R. n. 393 del 1959. 

4. -Nel merito, l'appello proposto dall'Amministrazione � infondato 
e deve essere respinto, sicch� deve essere confermata la statuizione 
di annullamento per quanto concerne la reiezione delle richieste, avanzate 
dalle ditte interessate, di adibire a noleggio con conducente autobus 
in atto utilizzati in servizio di linea. 
Tale reiezione � fondata sul presupposto secondo cui J'attivit� di 
noleggio con conducente costituirebbe esclusivamente � servizio privato
�, ai sensi dell'art. 57, primo comma, n. 1, del D.P.R. n. 393 del 1953, 
ed in quanto tale non assumibile da parte delle aziende municipalizzate: 
le quali, invece potrebbero assumere esclusivamente l'esercizio di servizi 
definiti pubblici dal Codice della strada, o di servizi privati nei 
limiti di cui all'art. 68 sesto comma (e cio� per necessit� propria dell'ente 
pubblico come persona giuridica). 

L'assunto posto a fondamento della reiezione delle istanze di auto


rizzazioni appare, d'altra parte, erroneo, come � stato diffusamente ed 

analiticamente chiarito dalla Sezione con la pronuncia n. 1291 d'el 29 

novembre 1988, dalla quale non vi � motivo di discostarsi 

In particolare, � stato chiarito che la distinzione tra uso pubblico 
ed uso privato di oui all'art. 57 del T.U. del Codice della strada non 
pu� essere posta a fondamento della tesi fatta propria dall'Ammini� 
strazione, dal momento che essa attiene all'utilizzazione che dei singoli 
mezzi pu� essere effettuata da parte degli utenti dei medesimi, ma non 
dice nulla in ordine al diverso problema della natura dell'attivit� svolta 
dai soggetti titolari di tali mezzi. La disciplina di cui all'art. 57 del T.U. 
delle norme sulla circolazione stradale � infatti, esclusivamente volta 
a descrivere le diverse esigenze che possono essere soddisfatte attra� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

verso l'utilizzazione dei singoli mezzi (trasporto di persone; trasporto 
di persone con o senm conducente; trasporto di persone e cose in 
servizio da piazza o di linea) e non, invece, a qualificare l'attivit� che 
viene posta in essere attraverso .J'approntamento e l'utilizzazione del 
mezzo. 

5. -� stato altres� predsato (Sez. VI, dee. n. 1291 del 1988, cit.) che 
nessun ostac,010 pu� essere riscontrato nella legislazione comunale e 
provinciale e. dalla legge sulla municipalizzazione dei servizi, dovendosi, 
anzi ritenere che, alla stregua di quest'ultima, possru;io essere esercitati 
dai comuni i servizi di trasporto di noleggio con conducente. 
Nella elencazione -esemplificativa e non tassativa -dei servizi 
municipalizzabili, contenuta nell'art. 1 del R.D. n. 2578 del 1925, risultano, 
infatti, compresi, i servizi attinenti all'impianto ed all'esercizio di 
omnibus, automobili ed ogni altro simile mezzo, diretto a provvedere 
alle pubbliche comunioa~oni. L'ampiezza della dizione legislativa -che 
qualifica i servizi solo in relazione alle finalit� cui i medesimi obbedi� 
scono (�diretti a provvedere alle pubbliche comunicazioni�, rende palese 
che possono essere municipalizzati tutti i servizi volti ad assicurare 
pubbliche comunicazioni, con qualunque mezzo siano effettuati, ed 
a prescindere dalle modalit� concrete di organizzazione del servizio: e 
dunque, anche l'attivit� di noleggio con conducente. 

Si tratta, d'altra parte, di un esito coerente con la nozione di servi� 
zio pubblico municipa1izzabile, quale risulta dal contesto normativo 
costituito dalle disposizioni contenute nel R.D. n. 2578 del 1925: nozione, 
questa che, come � stato chiarito (Sez. VI, dee. n. 1291 del 1988, cit.), non 
� quella di servizio relativo ad IUila attivit� sin dall'origine necessariamente 
riservata all'Amministrazione ed eventualmente trasferibile a 
soggetti privati (c.d. servizi pubblici in senso stretto), ma l'altra, di 
servizio rispondente ad esigenze di utilit� generale o ad essa destinato, 
in quanto preordinato a soddisfare 'interessi della collettivit�, e tuttavia 
non riservato ab origine all'Amministrazione, e gestibile di conseguenza 
anche da privati (c.d. servizio pubblico in senso lato). 

In tale nozione 11ientra, certamente, l'attivit� di noleggio con conducente, 
fa quale, definita � aid uso privato�, dal Codice della strada in 
relazione alle modalit� di utilizzazione del servizio, risponde certamente 
ad un interesse generale, ed �, di conseguenza, assumibile da parte dei 
Comuni. Non pu�, infatti, essere contestato che la mobilit� delle persone 
(le c.d. � pubbliche comunicazioni �) viene, normalmente soddisfatta, 
oltre che attraverso la forma del trasporto lungo un itinerario precostituito, 
anche attraverso le possibilit� di scelta del.la meta da parte 
dell'utenza, come avviene nel servizio di piazza ed in quello di noleggio 
con conducente. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

6. -Resta, peraltro, ovviamente inteso che l'esercizio dell'attivit� di 
noleggio con conducente, come ogni attivit� afferente ad un servizio 
pubblico municipa1izzato, deve essere istituita in �relazione a specifiche 
esigenze della comunit� locale. 
Come, infatti, � stato opportunamente chiarito, la necessaria destinazione 
delle risorse a disposizione dei Comuni a beneficio della cittadinanza, 
impongono l'esistenza di un obiettivo criterio di collegamento 
tra ~e spese, il servizio, e le necessit� della comunit� locale. Deriva da ci� 
che, ai fini del legittimo esercizio dei servizi di noleggio con conducente 
deve obiettivamente esistere il collegamento fra i medesimi e l'esigenm 
della comunit� locale. 

7. -Deve infine, essere chiarito che non appare in concreto, pertinente 
quanto fatto presente dal Ministero appellante con� 1a memoria 
depositata nell'imminenza dell'udienza di discussione, e oio� che, sussistendo 
una ampia discrezionalit~ dell'Amministrazione ai fini dell'esercizio 
del potere discrezionale di cui all'art. 57, secondo comma, dovrebbe 
essere considerata �fuori tema� la motivazione addotta dal T.A.R. rifacentesi 
a principi esposti a proposito dell'attivit� di noleggio con conducente. 
� stata, infatti, !'�amministrazione a motivare, sostanzialmente, 
il rigetto delle domande di autorizzazione con l'impossibilit�, per le 
Aziende municipalizzate di svolgere attivit� di noleggio� con conducente, 
sicch� appare evidente che la decisione impugnata non poteva che far 
riferimento a tale questione. 
Deve tuttavia essere precisato che appare fuori luogo, rispetto all'oggetto 
della controversia, ogni questione concernente l'identificazione 
dell'autorit� deputata a sindacare la congruit� delle attivit� eventualmente 
svolte dalle Aziende Municipalizzate con gli interessi delle collettivit� 
locali. Non solo, infatti, si tratta di aspetti non apprezzati n� 
valutati dall'Amministrazione, ma, come rileva il Ministero dei Trasporti, 
nell'esercizio del potere autorizzatorio di cui all'art. 57, secondo comma, 
l'Amministrazione gode di un potere discrezionale volto ad apprezzare 
l'opportunit� del mutamento (eccezionale) di utilizzazione, con riferimento 
.alle esigenze deHa circolazione, sicch� appare evidente che in 
tale sede potr� essere anche accertato, anche mediante la predisposizione 
di opportune modalit� procedimentali, che in concreto, l'esercizio 
dell'attivit� di noleggio, in relazione alla quale si chiede l'autorizzazione 
al mutamento di destinazione del mezzo, sia collegato alla necessit� di 
far fronte ad una oggettiva esigenza della popolazione comunale. 

Deve, pertanto, per ci� che concerne il diniego di autorizzazione al 
servizio fuori linea, essere confermata la statuizione di accoglimento 
adottata dal primo giudice, anche se va disposta la correzione della 
relativa motivazione nei sensi sopra precisati. 


276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

8. -In conclusione, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione 
del giudice amministrativo in ordine alla controversia concernente la 
legittimit� del diniego del rilascio della carta di circolazione, e deve, 
di conseguenza, per tale parte, esser disposto l'annullamento senza 
rinvio della decisione di primo grado. 
-IV


(omissis). 

Ritiene il Collegio che debba essere accolto H motivo prospettato 
nell'appello delle Societ� Sadem e Fratelli Lazzi, mentre dev'esser respinto 
l'appello proposto dall'ATP. 

La II Sezione del Consiglio di Stato, nel parere sopra ricordato, 
reso su quesito sottopostole dal Ministero dei Traspoi:ti, ha affermato 
che le aziende municipalizzate e consortili, anohe attraverso loro aziende 
o societ� di capitali, non possono assumere la gestione di servizi 
pubblici di trasporto interregionale o internaziona.'le perch� questi trascendono 
gli interessi spei;:ifici delle collettivit� comr1.m.ali, provinciali 
e consortili alla cui realizzazione gli enti stessi sono preposti. 

La Se:ziione non ritiene siano state fornite valide ragioni per discostarsi 
da 'tale indirizzo, che sembra il pi� coerente con la vigente normativa 
di settore e che � stato recentemente ribadito da una pronuncia 
della V Sezione (dee. n. 818 del 14 dicembre 1988). 

L'art. 85 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ha riservato allo Stato le 
linee automobilistiche interregionali e internazionali. 
Queste pertanto non possono essere ricomprese tra i servizi municipalizzabili 
ai sensi del T. U. 15 ottobre 1925, n. 2578. 

Ci� non escluderebbe, di rper s�, fa possibilit� dell'esercizio del servizio 
da parte dei detti enti previo ottenimento della concessi:one da 
parte dello Stato, ma ci� contrasta con l'impostazione della legge 28 settembre 
1939, n. 1822, contenente la disciplina degli autoservizi .di linea, 
che si riferisce, come risulta dalla formulazione del suo titolo, esclusivamente 
all'.industria privata, che � pertanto l'unica nei confronti della 
quale possano essere assentite le concessioni e ora anche con l'art. 5 
del d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, che solo in via eccezionale contempla 
la facolt� del Comune di estendere l'attivit� delle proprie aziende di servizi 
ad altri enti locali, previa intesa con i medesimi. 

L'utilizzazione di strumenti privatistici (societ�) rper l'esercizio di 
autolinee interregionali e internazionali da parte degli enti locali deve 
ritenersi egualmente illegittima per la considerazione che questo sarebbe 
solo un sistema per eludere l'esclusione sancita dalle citate norme. 

In una recente sentenza, la Sezione, pur avendo dato una interpretazione 
evolutiva del concetto di servizio pubblico e del .limite della 
territorfalit� imposto agli enti locali, che non deve intendersi pi� come 


PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

puro limite fisico, ma come limite di scopo, s� che devono ritenersi ammissibili 
attivit� degli enti locali svolte fuori dal loro territorio, ma 
destinate a soddisfare esigenze della collettivit� ivi residente, ha ribadito, 
con rei.ferimento espresso all'art. 85 del d.P.R. n. 616/77, che i servizi 
di Unea internazionali o interregionali rientrano nella competenza 
statale e che gli enti focali non possono eS>Serne titolari (VI, 29 novembre 
1988, n. 1291). 

Tale impostazione trova la sua ulteriore giustificazione nella circostanza 
che mentre i triasporti internazionali occasionali, che la citata 
sentenza ha ["itenuto possano essere assunti anche dagli enti locali, hanno 
la funzione precipua di soccorrere necessit� determinatesi sul territorio 
dell'ente locale, i servizi di linea solo in minima parte assolvono 
a tale funzione, mentre principalmente sono destinati ad integrare la 
rete del trasporto per tutta la collettivit� nazionale, 

L'accoglimento di tale motivo, dal quale discende fannullamento 
della concessione all'ATP, comporta la reiezione dell'appello da questa 
proposto. 


SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un. 7 luglio 1988 n. 4482 -Pres. Gra-
nata -Est. Lipari -P. M. Paolucci {conf.). Soc. S.I.R. c. Ministero 
delle Finanze {avv. Stato Palatiello). 


Tributi in genere -Contenzioso tributario � Condono � Estinzione del 
giudizio -Controversia sulla condonablllt� � Appartiene alla giurisdizione 
del giudice davanti al quale pende la controversia. 


La controversia sulla spettanza del condono deve essere decisa dal 
giudice innanzi al quale � pendente la controversia di merito in quanto 
rilevante sulla estinzione del processo, e non dalla commissione tributaria 
adita contro il provvedimento amministrativo di rigetto della 
istanza (1). 


(omissis) 2. I riassunti-motivi sono tutti privi di giuridico fondamento. 


Assume nel primo mezzo la societ� ricorrente che, rientrando 
�certamente� la questione dell'applicabilit� o meno del condono nella 
competenza delle commissioni tributarie, la Corte di appello avrebbe 
errato nell'escludere la pregiudizialit� di tale profilo, rifiutando di sospendere 
il giudizio nell'attesa della relativa pronuncia, richiamandosi 
ad un indirizzo giurisprudenziale da considerare ormai superato. 


Si osserva al riguardo che l'art. 11 del d.l. n. 660 ha previsto la 
sospensione del processo a seguito della presentazione della domanda 
di condono e la successiva estinzione per effetto dell'iscrizione a ruolo, 
della liquidazione o del pagamento, ponendosi la legge del condono 
quale ius superveniens nei soli confronti del giudice davanti al quale 
pende la controversia, privandolo temporaneamente (sospensione), o 
definitivamente (interruzione) di potestas decidendi. 


La Corte d'appello, avrebbe dovuto, pertanto, sospendere il giudizio 
sino all'esito definitivo della controversia sul condono (trattandosi nella , 
specie di stabilire non tanto se sussistessero i presupposti per l'acco-

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I,, 

(1) L'orientamento giurisprudenziale sul punto � sempre stato oscillante; 
l'ultima pronunzia, riferita al condono del 1982 (ma non sembra che la soI 
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luzione possa essere diversa in ragione della norma di condono da applicare), 
-era in senso del tutto opposto (Cass. 10 febbraio 1987 n. 1385, in questa 
Rassegna, 1987, I, 409 con richiami di precedenti contrastanti). 

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1::: 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

glimento della domanda di condono, ma di verificare se, a seguito dell'ammissione 
al condono, potesse richiedersi il parziale rimborso di 
imposta gi� pagato. 

Le esposte argomentazioni non colgono nel segno. 

Non � esatto che la proposizione della domanda di condono faccia 
venir meno � temporaneamente � la giurisdizione del giudice ordinario 
adito. 

Non � ipotizzabile concettualmente un profilo attinente alla giurisdizione 
in termini di asserita carenza temporale della giurisdizione 
stessa dipendente dallo svolgimento e dall'esito del giudizio sulla sussistenza 
nella specie dei presupposti per fruire del condono. 

Nemmeno se fosse esatta la divaricazione ipotizzata fra la cognitio 
sull;i /pretesa tributaria in quanto tale e cognitio sulla sussistenza dei 
presupposti per fruire del condono si potrebbe impostare un ragionamento 
in termini di difetto � temporaneo � di giurisdizione, giacch� 
anche in questa ipotesi non viene meno la giurisdizione in quanto tale, 
ma resta analizzata solo la possibilit� di esercitare, emettendo una 
pronuncia di merito, quella potestas iudicandi cui, del resto, con singolare 
lapsus, si riferisce la stessa societ� ricorrente. 

Ma, pi� radicalmente, � la stessa premessa da cui muove la SIR 
a non poter essere condivisa, giacch� la vicenda dell'applicabilit� o 
meno del condono ad una determinata fattispecie attenendo ad un fatto 
estintivo della pretesa, rientra, come tale, nella competenza giurisdizionale 
del giudi�ce di tale pretesa {giurisprudenza costante). 

3. L'essere stata assegnata la causa a queste Sezioni Unite per un 
preteso difetto � temporaneo � di giurisdizione induce il Collegio a spendere 
qualche parola per negare validit� al concetto e ricondurre la situazione 
ipotizzata nell'ambito del condizionamento della potestas iudicandi 
per l'ipotesi di attribuzione divaricata di competenza giurisdizionale, 
condizionamento di cui, peraltro, nel caso di specie, non sussistono i 
presupposti dovendosi ricondurre, come gi� rilevato, alla competenza 
del giudice della pretesa tributaria la cognizione sulla spettanza del 
diritto del contribuente a godere del condono. 
L'innestarsi nell� controversia d'imposta, retta dalle norme sul contenzioso 
tributario vigenti anteriormente alla riforma del 1971-73 (opposizione 
all'apposizione fiscale per imposta di registro davanti al giudice 
ordinario e non ancora davanti alle commissioni tributarie) di una 
parallela vicenda circa la sussistenza del diritto del contribuente ad 
avvalersi del condono e circa le conseguenze dell'istanza stessa in ordine 
alla eventuale restituzione di quanto gi� pagato in adempimento della 
obbligazione nel suo originario ammontare non decurtato dalle soprav



280 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

venute norme di favore, (negate dall'amministrazione) determinando un 
ricorso non gi� davanti allo stesso giudice ordinario, ma davanti alle 
commissioni tributarie, non fa venir meno l'attribuzione astratta di 
giurisdizione al giudice designato dall'ordinamento, ma comporta puramente 
e semplicemente che la potestas decidendi del giudice stesso, ove 
un meccanismo di giurisdizione condizionata sia stato introdotto, resti 
quiescente non essendo consentito al giudice adito medio tempore di 
pronunciare nel merito. Nemmeno in tale ipotesi si pone un problema 
di difetto temporaneo di giurisdizione, essendo il relativo concetto (cui 
pure in passato la giurisprudenza di questa Corte si � richiamata) dogmaticamente 
indifendibile, e si deve parlare, correttamente, di giurisdizione 
condizionata, nei suoi sbocchi di merito, al verificarsi di deter� 
minati eventi. 

Messo in chiaro, perci�, che non di sussistenza hic et nunc della 
giurisdizione si tratta, ma di attualit� o meno delle possibilit� di esercitare 
nel merito la potestas iudicandi, il problema della sospensione 
del giudizio sulla opposizione alle ingiunzioni fiscali, in attesa della 
conclusione della pregiudiziale vicenda sulla esistenza dei presupposti 
per fruire del condono appare affrontato e risolto dalla impugnata sentenza 
in termini rigorosi e corretti, essendo pervenuta la Corte di 
appello allo stesso risultato gi� ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza 
di questa Corte di cassazione, anche a Sezioni Unite, che cio� il 

I 
I
f.'

condono fiscale costituisce un fatto modificativo o estintivo della pretesa 
tributaria controversa, sicch� della sussistenza di tale fatto, cosl come 
di qualsiasi altro fatto che modifichi o estingua i diritti in discussione 
� competente a conoscere, per affermarlo o negarlo, lo stesso giudice 
che deve affermare o negare la sussistenza della pretesa, tenendo conto 
dello ius superveniens. 

Con recente sentenza in tema di rapporti fra cognizione riguardante 

I

l'applicabilit� del condono fiscale e cognizione sulla sussistenza della ., 
pretesa tributaria i(Cass. S.U. n. 1878 del 1987) questa Corte regolatrice 
ha puntualmente rilevato che qualora il giudizio di opposizione avverso 
ingiunzione fiscale davanti al giudice ordinario venga sospeso, per effetto 
di presentazione da parte del contribuente di domanda di condono, 
secondo la disciplina dettata dal d.l. n. 660/73 {convertito nella L. n. 823 
del 1973) ed il contribuente medesimo, vista respingere dall'ufficio tale 
istanza, ricorra, contro il provvedimento negativo alle commissioni tributarie, 
deve dichiararsi il difetto di giurisdizione di tali commissioni 
a conoscere deHa �spettanza o meno del suddetto beneficio, poioh� la 
relativa questione, inerendo ad un fatto estintivo o modificativo della 
pretesa tributaria, rientra nell'ambito della cognizione del predetto giudice 
ordinario adito con l'opposizione. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La fattispecie richiamata, sia pure in termini specularmente inver


titi, si attaglia alla presente vicenda, giovando precisare che, mentre 

sul versante della giurisdizione ordinaria un discorso sulla eventuale 

carenza di giurisdizione deve affidarsi alla labile nozione di difetto 

� temporaneo � di giurisdizione, proprio il riconoscimento che si tratti 

di profili attinenti alla cognizione del giudice della pretesa tributaria 

(che era appunto, prima della riforma, il giudice ordinario) comporta 

che nello stesso contesto temporale di vicende disciplinate dalla nor


mativa anteriore alla riforma, non sia ipotizzabile in alcun modo la 

competenza delle commissioni stesse, valendo il principio del pieno 

parallelismo di competenza in ordine alla pretesa tributaria ed in 

ordine alle vicende modificative od estintive di tale pretesa (fra le quali 

deve essere annoverato il � condono �). 

Spetta perci� sempre e solo al giudice davanti al quale pende la 
controversia tributaria accertare se la stessa sia riconducibile o meno 
al paradigma di quelle cui si riferisce il condono (cfr. Cass. 2534/76; 
4254/76). Ne consegue de plano che il ricorso del contribuente contro 
il provvedimento di rigetto dell'istanza di condono fiscale non comporta 
la sospensione necessaria del processo di opposizione all'ingiunzione, 
dato che la circostanza � che il medesimo abbia successivamente presentato 
istanza di condono fiscale ed impugnato il provvedimento negativo 
dell'ufficio davanti alle commissioni tributarie no1,1 incide sul potere 
del giudice di accertare se il richiesto condono sia stato a ragione o a 
torto negato, trattandosi di indagine necessaria per il riscontro della 
sussistenza del diritto fatto valere .dall'a1nministrazione con l'ingiunzione 
fiscale (cfr. Cass.: 1935/81; 4279/80; 1112/79; 651, 2679, 5604/78; 
4370/76). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1988 n. 4559 -Pres. Falcone Est. 
Vercellone -P. M. Grossi (conf.). -Balducci (avv. Romano) c. 
Ministero delle Finanze (Avv. Stato Arena). 

Tributi in genere � Contenzioso tributario � Impugnazione � Acquiescenza 

della Amministrazione � Indisponibilit� dell'obbligazione � Compa


tibilt�. 

(c.p.c. art. 329). 
L'indisponibilit� dell'obbligazione tributaria non costituisce un impedimento 
assoluto ad una manifestazione tacita di acquiescenza da 
parte dell'Amministrazione ed i fatti concludenti da cui l'acquisizione 
emerge non devono consistere in attivit� portate a conoscenza dell'altra 


282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

parte; di conseguenza l'acquiescenza � desumibile dalla cancellazione 
degli articoli del campione eseguita dall'ufficio del registro su autorizzazione 
dell'intendenza di finanzai(l). 

(omissis) Il ricorso contiene le seguenti dogliame. 1) violazione e 
falsa applicazione dell'art. 329 cod. proc. civ. 

L'Amministrazione avrebbe manifestato univocamente la volont� di 
far acquiescenza alla decisione di primo grado sia attraverso la comunicazione 
dell'intendenza di finanza all'ufficio del registro di Fano e 
all'Ufficio distrettuale delle imposte, sia dando esecuzione alla decisione 
mediante l'annullamento dei crediti di imposta e la cancellazione dei 
relativi articoli -campione. Erroneamente la Corte di appello avrebbe 
ritenuto necessaria la comunicazione della rinunzia ai contribuenti che, 
viceversa, non occorreva, trattandosi di accettazione tacita. 

2) violazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. 

Difetto di motivazione sulla ritenuta incompatibilit� dei fatti dedotti 
con la volont� dell'amministrazione di impugnare la decisione sfavorevole. 


3) Violazione e falsa applicazione dei principi di diritto in materia 
di manifestazione di volont� della P. A. 

La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che la P. A. non 
possa esprimere la sua volont� se non in forma solenne e non anche 
attraverso un comportamento concludente e non equivoco. 

4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della legge 6 agosto 
1967 n. 765 (art. 41 ter, della L. 17 agosto 1942 n. 1150). 

I giudici del merito avrebbero errato nel ritenere che la violazione 
della licenza edilizia in quanto limitata alla destinazione e alla strutturazione 
di ambienti interni (nella specie, del sottotetto) integri una 
causa di esclusione dalle agevolazioni . fiscali. 

5) Violazione e falsa applicazione della stessa norma, sotto diverso �'

. 

profilo. 
' 

, 

(1) Identiche sono le decisioni 6 luglio 1988 n. 4419 e 8 luglio 1988 n. 4518. 
II

La decisione non convince. 
i:!. seriamente dubbio che l'ufficio che ha il potere di proporre (o non 
proporre) l'impugnazione possa validamente dichiarare di accettare la deci6l 


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sione o di rinunciare a proporre l'impugnazione; e comunque una dichiarazione 
del genere, del tutto atipica, non dovrebbe precludere l'impugnazione. Ancor 
meno pu� condividersi l'affermazione che il registro del campione sia pub� li 
blico e che le risultanze di esso siano destinate ad essere conosciute dal contribuente. 


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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La decadenza, se ritenuta, avrebbe dovuto essere considerata limitatamente 
alla sola unit� immobiliare costruita in difformit� dalla licenza 
e non all'intero edificio. 

Possono essere esaminati congiuntamente i primi tre motivi del 
ricorso che tutti :investono la decisione sul punto della asserita (o 
negata dalla Corte d'appello) acquiescenza da parte della Pubblica Amministrazione 
alla decisione delle Commissioni tributarie. 

Va premesso che l'acquiescenza -qualora non risulti da una accettazione 
espressa della sentenza e da una� espressa rinuncia di � impugnarla 
-pu� desumersi soltanto da fatti univoci incompatibili con la 
volont� di avvalersi della impugnazione; e che 1'acoertamento deUa volont� 
della parte di prestare acquiescenza � giudizio di fatto che compete 
anche a questa Corte trattandosi di accertare un elemento di immediata 
rilevanza processuale, in quanto preclusivo dell'impugnazione (Cass. 
3964/68, 2709/78), e produttivo di giudicato interno. 

Va ancora premesso che il principio dell'indisponibilit� dell'obbligazione 
tributaria va coordinato' -quando tale obbligazione costituisce 
oggetto di contenzioso giurisdizionale -con le norme che �disciplinano 
il processo tra cui appunto quelle relative all'acquiescenza, applicabili 
alla P. A. come a qualsiasi altra parte in causa. 

� dunque inesatta l'affermazione a carattere generale per cui non 
sarebbe ammissibile riguardo alla P. A. una forma di acquiescenza tacita 
di una decisione per essa sfavorevole in quanto la P. A. dovrebbe sempre 
adeguare le manifestazioni della sua volont� � a forme obbligate, formali 
e sacramentali�. 

Tale principio nella materia considerata non sussiste; le manifestazioni 
di volont� della Pubblica Amministrazione nel processo sono soggette 
al regime proprio delle attivit� di qualsiasi parte del processo 
stesso, e quindi possono anche essere tacite, sempre che si accerti 
l'esistenza di un comportamento concludente cui la legge attribuisce 
rilevanza. Non sussiste la regola per cui ogni manifestazione di volont� 
delle P. A. deve rivestire forme obbligate, diverse da quelle previste 
per le altre parti. 

� pure inesatta l'affe:tmazione secondo cui � la risoluzione della 
parte rinunciante deve essere portata a conoscenza dell'altra�. Ci� pu� 
essere vero per quanto riguarda l'accettazione espressa, ma non per 
l'acquiescenza che. si desume da fatti incompatibili. Questi, per definizione, 
sono appunto � fatti �, non dichiarazioni e men che mai comunicazioni: 
� sufficiente, anche se necessario, che quei fatti siano venuti 
a conoscenza delia controparte la quale li abbia appunto percepiti e 
valutati come � incompatibili� con la volont� di avvalersi. delle impugnazioni 
ammesse dalla legge come tali li abbia dedotti. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

284 

g infine non condividibile l'ulteriore affermazione secondo cui tutto 
il comportamento della P. A. quale descritto dai contribuenti sarebbe 
rimasto confinato nella sfera degli atti interni alla P. A. 

Ci� pu� certo affermarsi per la corrispondenza intercorsa tra Ufficio 
ed Intendenza di Finanza, non invece per la cancellazione degli articoli 
di credito, che � atto che si manifesta all'esterno (in quanto risulta 
dal registro -pubblico -del campione) ed � perfettamente conoscibile, 
per sua natura, da parte del contribuente; e proviene dall'organo 
che era legittimato ad impugnare la decisione della Commissione di 
primo grado. 

Nel corso della motivazione, e dunque al di l� delle affermazioni 
di principio ora riportate, i giudici anconetani, hanno affermato che 
� giammai tuttavia i fatti cui si riferiscono gli istanti potrebbero considerarsi 
di conoludenza ,tale da escludere, siccome con essi incompatibile, 
la volont� dell'amministrazione medesima di resistere ad una 
decisione�; onde potrebbe apparire che una valutazione di quei fatti 
sarebbe stata fatta dalla Corte di appello. Ma, come esattamente rilevano 
i ricorrenti, questa affermazione � proprio soltanto una asserzione, 
non fondata su distinta valutazione di fatto, giustificata dunque soltanto 
dai postulati astratti prima ricordati e dei quali questa Corte ha 
ora ritenuto l'infondatezza. Una logica valutazione di quei fatti impone 
invece di ritenere che, con la cancellazione degli articoli di campione 
l'Ufficio -avuto anche il benestare dell'Intendenza di finanza -assumeva 
come definitiva, e non intendeva impugnare, la decisione del giudice 
tributario di primo grado. Il ricorso va dunque accolto, risultando 
assorbiti gli altri motivi di esso. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1988 n. 4714 -Pres. Vela Est. 
Maltese -P. M. Lo Cascio (conf.). Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Siconolfi) c. Ferretti. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro e imposta sul valore aggiunto 
� Permuta � Regime anteriore al nuovo T.U. 26 aprile 1986 

n. 131 � Unitariet� dell'imposizione � Assoggettamento alla imposta di 
registro della sola eccedenza del valore rispetto al bene assoggettato 
ad IVA. 
(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 38 e 41). 
La norma dell'art. 40 del nuovo T.U. sulla imposta di registro 26 
aprile 1986 n. 131, secondo la quale nel caso di permuta di bene soggetto 
ad IVA con bene soggetto a registro entrambi i tributi sono dovuti 
sulla correlativa prestazione, � innovativa,� precedentemente, vigendo il 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 285 

d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, la permuta era considerata anche agli 
eff�tti fiscali contratto unitario, si che nel caso �di equivalenza di valore 
l'assoggettamento all'I.V.A. di uno dei beni comportava l'applicazione 
dell'imposta fissa sull'altro bene permutato, mentre l'imposta proporzionale 
di registro era durata solo quando il bene permutato non soggetto 
ad IVA era di valore eccedente e nei limiti di detta eccedenza (1). 
(omissis) La ricorrente denuncia, con l'unico mezzo, la violazione 
degli artt. 38 e 41, 1� e 2� comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 e artt. 11 
e 13 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. 

Sostiene che, se nessuno dei beni permutati � soggetto all'I.V.A., � 
dovuta, secondo la regola dell'art. 41, n. 2 I. n. 634 del 1972, l'imposta 
proporzionale di registro sul bene di maggior valore; se entrambi sono 
soggetti all'I.V.A., � dovuta, per il principio di alternativit�, la sola 
imposta fissa di registro (artt. 11 I. n. 633 del 1972 e 36 I. n. 634 del 
1972); se, come nella specie, un solo bene � soggetto all'I.V.A., si applica 
la stessa regola dell'art. 41, n. 2 I. n. 634 del 1972, ed �, quindi, dovuta 
l'imposta proporzionale di registro sull'immobile di maggior valore (l'area 
fabbricabile: Lire 27.000.000). 

Il ricorso � infondato. 

Secondo l'Amministrazione ricorrente, se, a fronte di prestazioni 
soggette all'imposta sul valore aggiunto, sono previste controprestazioni 
soggette all'imposta di registro, entrambi i tributi sono dovuti, ognuno 
sulla correlativa prestazione. 

Questa, indubbiamente, � la regola sancita dalla nuova legge di registro 
D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 {T.U. delle disposizioni concernenti 
l'imposta di registro). 

Per la prima volta, infatti, la nuova legge ha affrontato in modo 
espresso il problema della tassazione degli atti che contengono permuta 
di beni rientranti in regimi tributari diversi, perch� soggetti, rispettivamente, 
all'I.V.A. e all'imposta di registro. E ha inteso risolvere tale 
problema (art. 30, n. 2, in rei. all'art. 11 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) 
riconoscendo l'autonomia della tassazione delle singole prestazioni, sebbene 
le stesse derivino da un contratto, come quello di permuta, da 
considerare unitariamente sotto il profilo civilistico {in tal senso, C. M. 
37/220391 del 10 giugno 1986, Dir. Gen. Tasse). 

(1) Non constano precedenti. La statuizione non convince a pieno. L'unitariet� 
del negozio, come riconosciuta nell'art. 41 n. 2 del d.P.R. n. 634/1972, 
� tale nell'ambito della imposta di registro, mentre � esclusa nell'ambito del-
1'1.V.A. dall'art. 11 del d.P.R. n. 633/1972; quando le due norme� vengono a 
conflitto la coordinazione deve rispondere a criteri finalistici secondo l'ispirazione 
delle due imposte; sembrerebbe pi� logica la separazione delle imposizioni 
che non altera il regime delle rivalse. 

286 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Ma tale disposizione ha carattere sicuramente innovativo. 

�Prima della sua entrata in vigore la permuta era considerata in 
modo unitario sotto il profilo non solo civilistico ma anche fiscale 
perch� nel negozio di permuta una cosa tien luogo di prezzo e di 

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corrispettivo dell'altra; talch� la tassa -come nella vendita -non 
colpisce se non il trasferimento di una sola cosa. 
Correttamente, quindi, la giurisprudenza della Commissione Centrale 
ha ritenuto che �a norma del combinato disposto degli artt. 38 e 41, 

n. 2 D.P.R. 26 ottobre 1942, n. 634, nei confronti di un contratto di 
permuta che, ai fini fiscali, � da considerare come atto unitario, l'imposta 
di registro si applica in misura fissa se il maggior valore � 
costituito dal bene permutato soggetto ad I.V.A., mentre se il maggior 
valore � costituito dal bene non soggetto a I.V.A. l'imposta si applica 
in misura proporzionale e la base imponibile � costituita dalla differenza 
tra questo maggior valore e quello iniziale del bene permutato soggetto 
a I.V.A. con la conseguenza che quando la permuta avviene a parit� 
di valori non � individuabile una differenza di valore su cui applicare 
l'imposta proporzionale di registro (dee. n. 2535 del 14 marzo 1985 e 
n. 5263 del 28 maggio 1985). 
Perci� la sentenza impugnata ha �sattamente ritenuto che l'imposta 
proporzionale di registro era dovuta sull'eccedenza del valore dell'area, 
non soggetta a I.V.A., rispetto al valore delle costruzioni future, soggette 
a I.V.A., che ne rappresentavano il corrispettivo nel contratto di permuta 
tra cosa presente e cosa futura, i~tervenuto fra la proprietaria del terreno 
e il costruttore, geom. Ferretti. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1988 n. 4726 -Pres. Vercellone 
-Est. Jofrida -P. M. Leo {conf.). Ministero delle Finanze (Avv. 
Stato Tallarida) c. Elena. 

Tributi erariali diretti -Imposte fondiarie -Fabbricati non conformi alla 
�licenza edilizia -Decadenza dalle agevolazioni -Discordanza solo 
parziale � Decadenza totale. 

(L. 6 ~gosto 1967 n. 765, art. 15).. 
La decadenza stabilita nell'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765 
per le opere edilizie non conformi alla licenza, non ammette alcuna 
valutazione sulla sua estensione, s� che ove esista contrasto con la 
licenza, la decadenza si verifica per l'intera opera senza possibilit� 
di frazionamento (1). 

(1) Decisione da condividere. In senso diverso v. Cass. 30 marzo 1983, 
n. 2301 in questa Rassegna, 1983, I, 545. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 287 

(omissis) Deduce l'Amministrazione ricorrente, con l'unico mezzo 
violazione dell'art. 15 della 1. 6 agosto 1967 n. 765 (art. 360 e 3 c.p.c.). 

La norma, disponendo che non possono godere delle agevolazioni 
fiscali le opere eseguite in difformit� della licenza, non autorizza eccezioni 
ed applicazioni parziali discrezionali. Come non � frazionabile una 
licenza edilizia, cos� non ne � frazionabile la violazione di modo che, 
accertato il contrasto delle opere con la licenza, la natura ed entit� 
delle violazioni e la loro previsione normativa, doveva escludersi qualsiasi 
beneficio. 

La censura � fondata. 

Come pi� volte ricordato ~Cass. n. 250/73; n. 1210/78; n. 99/82) le 
agevolazioni previste dalla normativa tributaria ad hoc riguardano i 
fabbricati nel loro complesso e non le singole parti di cui si compongono 
e d'altronde fa norma ex art. 15 1. n. 765/67, nel disporre che 
non possano beneficiare delle agevolazioni fiscali le opere eseguite in 

. difformit� della licenza edH.izia, nel suo tenore letterale, non lascia 
alcuna discrezionalit� riguardo alla estensione della decadenza o del 
diniego delle agevolazioni: ove sussh�ta il contrasto con la -licenza e 
sia della natura e della entit� previste, il beneficio delle agevolazioni 
fiscali deve necessariamente essere negato per l'intero oggetto della 
licenza. Insomma, il contrasto o la violazione riguarda la licenza che 
� unica e come non � frazionabile la l'icenza, cos� non � frazionabile 
la violazione di essa n� sono fa�azionabili le conseguenze della violazione. 
(omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 luglio 1988 n. 4768 � Pres. Brancaccio 
� Est~ Corda � P. M. Caristo (conf.). Soc. Ala (avv. Cassola) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zotta). 
Tributi in genere � Contenzioso tributario -Rimborsi � Azione di indebito 
oggettivo � Giurisdizione ordinaria � Esclusione. 

Ogni volta che la pretesa dell'Amministrazione si fondi su una 
causa petendi di natura tributaria, la relativa contestazione ha sempre 
natura di controversia tributaria appartenente alla giurisdizione delle 
Commissioni; non � configurabile una azione di indebito oggettivo proponibile 
innanzi all'A.G.O. (1). 

(1) Identica � la sentenza in pari data n. 4769. Giurisprudenza ormai fermissima; 
la contestazione in radice del potere impositivo non pu� servire 
a derogare alla giurisdizione del giudice speciale n� se proposta in via di rimborso 
come azione di indebito n� se proposta in via preventiva come azione 

288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -L'impugnata sentenza ha respinto il gravarne della 
Soc. A.L.A. e ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva 
negato la giurisdizione del giudice ordinario, dopo aveve osservato che 
la controversia in atto ha natura tributaria e, pertanto, appartiene alla 
giurisdizione delle commissioni istituite col d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 636. 
A tale conclusione la sentenza � pervenuta dopo avere osservato 
che � controversia tributaria � � la controversia in cui si discute di 
questioni prettamente tributarie, in esse comprese quella che ha per 
oggetto la negazione in radice del potere impositivo. �, infatti, sufficiente 
che il petitum si fondi su una causa petendi di natura tributaria 
per aversi una controversia rientrante nella giurisdizione delle dette 
commissioni; di modo che deve essere attribuita natura tributaria anche 
alla controversia presentata come attinente a .un rapporto privatistico 
di ripetizione di indebito, se la ragione del pagamento � ricollegata 
a una pretesa tributaria. 

N� fa natura tributaria della controve11sia poteva essere negata con 
riferimento al fatto che la domanda proposta era (almeno in parte) di 
accertamento negativo, poich� la regola secondo cui una tale domanda 
non � proponibile con riferimento ai rapporti tributari aventi ad oggetto 
il debito d'imposta vale esclusivamente per l'accertamento negativo 
richiesto in via preventiva, non per quello finalizzato al rimborso del 
tributo che si assume indebitamente pagato. 

2. -L'annullamento di tale pronuncia viene richiesto dalla Soc. A.L.A. 
in base ai tre seguenti motivi di censura. 
Il primo (col quale si denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 1 cod. proc. 
civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636) � proposto per sostenere che la controversia non poteva 
essere considerata come avente natura tributaria, poich� la Finanza 
difettava totalmente del potere impositivo nei confronti della ricorrente 
L'azione proposta tendeva, inf~tti, ad ottenere, non gi� una pronuncia 
dichiarativa � dell'inesistenza della pretesa fiscale �, bens� a ottenere 
una pronuncia dichiarativa �dell'inesistenza del potere impositivo � (in 
concreto negato con riferimento al fatto della mancanza dello svolgimento, 
in Italia, di qualsiasi attivit� comrnercia1e e della mancanza 
della produzione, in Italia, di redditi tassabili). 

Il secondo motivo di censura (col quale si denuncia, ai sensi dell'art. 
360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dello 

di accertamento negativo. Da ci� consegue che trovano applicazione tutte le 
regole del contenzioso tributario anche ci� che concerne le preclusioni e le 
decadenze (Cass. 27 aprile 1988 n. 3174 e 28 aprile 1988 n. 3197, in questa Rassegna, 
1988, I, 421 e 422). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 289 

art. 82 del t.u. approvato col d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) � presentato 
per sostenere che il presupposto del'la sussistenza del potere impositivo 
difettava in concreto, in quanto la Societ� ricorrente aveva sede in San 
Marino e :non aveva prodotto redditi in Italia. 

Il terzo motivo di ricorso {col quale si denuncia, ai sensi del� 
l'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del 
l'art. 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) eproposto per sostenere che 
era stata richiesta una pura e semplice restituzione di somma indebi� 
tamente pagata e che non era configurabile la fattispecie tipica del 
� rimborso �, poich� la contestazione era attinente a:lla (negata) sussistenza 
del potere impositivo, non gi� alla regolarit� formale dei singoli 
atti impositivi. 

3. -Il ricorso � privo di fondamento giuridico. 
L'accertata insussistenza del potere impositivo, opposta all'Amministrazione 
finanziaria che aveva effettuato un prelievo qualificato come 
� imposta�, comporta l'obbligo dell'Amministrazione stessa di attuare 
il � rimborso �. Non una semplice � restituzione �, quindi (come assume 
la ricorrente), ma il �rimborso�, cos� come discip1inato dalla legge 
tributaria. E se il rimborso viene negato, e sorge quindi una specifica 
controversia, la cognizione di essa � specificamente attribuita (art. 16 
del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) alle commissioni tributarie. Controversia 
che -come queste Sezioni Unite hano gi� avuto modo di chiarire 
(v., per tutte, la sent. 16 gennaio 1986, n. 210) -resta qualificata dal 
fatto della impugnativa del provvedimento, esplicito o implicito, di rifiuto 
del rimborso. 

Questa conclusione non muta se la ragione del demandato rimborso 
viene indicata nella totale carenza del potere impositivo. 

Non v'� dubbio, secondo la regola generale, che qualunque lesione 
di un diritto soggettivo patrimoniale attuata dalla P. A. in carenza del 
potere di affievolimento del diritto medesimo, in caso di controversia 
deve essere conosciuta dal giudice ordinario. Ma se sul diritto patrimoniale 
interviene, con un tipico atto di prelievo, l'Amministrazione 
finanziaria, la controversia che deriva dalla pretesa dcl soggetto che 
ha sub�to l'imposizione, anche nel caso di negazione assoluta del potere 
impositivo, appartiene sempre al giudice tributario, istituito proprio per 
risolvere controversie .(anche) del tipo di quelle descritte. 

In altri termini, se sorge controversia tra un privato e la P.A., 
per la restituzione (al privato) di una somma indebitamente percetta 
(dalla P. A.), la controversia stessa ha natura tributaria se ricorrono 
(come in concreto) le due seguenti condizioni: a) l'Amministrazione � 
quella finanziaria; b) la percezione della somma � avvenuta attraverso 
un tipi:co atto di prelievo fiscale. Non rileva, invece, che la causa 
petendi sia la carenza del potere impositivo, perch� tutta la materia 

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290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� devoluta alla giurisdizione del giudice tributario, tanto se sia dedotta 
l'assoluta carenza del potere impositivo, quanto se venga rappresentato 
un semplice cattivo esercizio del potere medesimo. 

Irrilevante � -ai fini che interessano (ossia ai fini di stabilire se 
correttamente il giudice ordinario ha negato la propria giurisdizione) anche 
l'assunto che sarebbe stato insussistente il presupposto della tassabilit� 
in Italia. Se, infatti, l'assunto dovesse risultare fondato, dovrebbe 
sicuramente essere ordinato quel rimborso che l'Amministrazione ha 
invece negato. Ma � incontestabile -dopo quanto � stato detto -che 
l'ordine di rimborso dovr� essere impartito dal giudice tributario, non 
da quello ordinario. 

Non meno irrilevante �, infine, la circostanza che la domanda sarebbe 
stata proposta come ripetizione di indebito�, non gi� come � richiesta 
di rimborso� (in senso tecnico). Si � gi� visto, infatti, quali sono gli 
elementi caratterizzanti che consentono di qualificare come � tributaria
� una controversia: e tra essi, com'� evidente, non figura il 
petitum. D'altra parte � intuitivo che, essendo stata di fatto (ma 
erroneamente) la controversia portata all'esame del giudice ordinario, 
non poteva {se si volevano rispettare le regole formali del ;processo) 
essere a quello domandato di ordinare all'Amministrazione finanziaria 
l'effettuazione del � rimborso �, Ma tutto ci� -come si � detto -� 
irrilevante ai fini della qualificazione della controversia, per la determinazione 
del giudice giurisdizionalmente competente a conoscerla. 

(omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1988, n. 4886 -Pres. Bologna 
-Est. Senofonte -P. M. Caristo {conf.). Ministero delle Finanze 
(Avv. Stato Cocco) c. Soc. Umbra (avv. Rastello). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Enfiteusi � Determinazione 
imponibile ex art. 28 abrogata legge di registro � Enfiteusi di azienda 
� Inconfigurabllit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 38). 
L'enfiteusi, se pure pu� avere per oggetto fondi urbani, � sempre 
riferibile esclusivamente ai beni immobili; conseguentemente l'azienda, 
quale universalit� di mobili, non si presta per impossibilit� giuridica 
dell'oggetto ad essere causa di enfiteusi, cosicch� il relativo negozio 
non pu� giovarsi della speciale determinazione automatica della base 
imponibile stabilita n�ll'art. 28 dell'abrogata legge di registro (1). 

(1) Decisione da cona1videre pienamente. La questione � ormai superata 
con la normativa vigente (art. 44 d.P.R. 634/1972 e art. 47 d.P.R. n. 631/1976). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 291 

(omissis) L'errore fondatamente addebitato alla decisione impugnata 
consiste nell'aver preso passivamente atto dell'intento dei contraenti 
di stipulare un contratto unitario avente per contenuto (o causa) la 
concessione in enfiteusi dell'azienda alberghiera e nell'averne dedotto 
l'applicabilit� al negozio, nella sua globalit�, deUa particolare tecnica 
di determinazione (automatica) dell'imponibile prevista dall'art. 28 della 
previgente legge sull'imposta di registro, dando per scontata l'attitudine 
della azienda a porsi come oggetto del rapporto enfiteutico e senza, 
quindi, indagare affatto sulla compatibilit� di un oggetto siffatto con 
la materia del contratto di cui si discute; mentre era {ed �) proprio 
questo il problema centraile da risolvere preliminarmente e in relazione 
al quale non pare che la soluzione affermativa aprioristicamente adottata 
dalla Commissione centrale possa essere condivisa. 

Per consolidata tradizione storica, fatta propria dal codice civile in 
vigore (artt. 957 ss.), oggetto dell'enfiteusi sono, infatti, i �fondi,., ossia 
gli immobili, originariamente so'lo rustici e poi anche urbani, esclusi, 
dunque, i beni mobili, il cui catalogo, com'� ampiament� noto, si defi� 
nisce per esclusione (art. 812, II comma, e.e.), con riferimento, cio�, 
alla categoria reciproca e positivamente delimitata dei beni immobili 
(oltre che dei diritti e delle azioni immobiliari). Natura mobiliare deve 
essere, per questo, attribuita anche al:l'azienda (indipendentemente dalla 
sua -controversa -iscrivibilit� tra le � universitates rerum� o � iuris �), 
con la conseguenza� che essa non si presta, per impossibilit� giuridica 
dell'oggetto, ad essere concessa in enfiteusi e non pu�, quindi, fruire 
dello speciatle trattamento fiscale di cui all'art. 28 cit. peraltro erronea� 
mente inteso, anche dall'ufficio, come ostativo al giudizio di congruit�, 
sulla base di una giurisprudenza della Commissione Centri.de, superata 
a partire, almeno, dalla sentenza n. 2681/1968 di questa Corte, cui la 
stessa Commissione Centrale si � successivamente adeguata con la decisione 
n. 239/1980 della XIX sezione). 

� Al risultato opposto il giudice � a quo � � pervenuto facendosi, verosimHmente, 
fuorviare da remote sentenze (Cass. 679/1946, Cass. 432/1948) 
evocate dalla. contribuente, senza considerare che esse risultano ambientate, 
con riguardo alle dimensioni fattuali delle rispettive fattispecie, 
nell'ottica del � fundus instructus �, relativamente al quale il rapporto 
enfiteutico � pienamente configurab�le, rispett<:> ad esso atteggiandosi 
le attrezzature come pertinenze dell'immobile e, perci�, come cose accessorie, 
astratte, proprio in ragione del!la loro accessoriet� e del vincolo 
pertinenziale, nel rapporto avente per oggetto la cosa principale (il 
fondo) al cui servizio sono state poste. 

Nel caso concreto, a:l contrario, oggetto del rapporto � (come specificato 
nella decisione impugnata) l'azienda, la cui nozione, ormai compiutamente 
elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, implica un 

r11t1111�11�1111�r11�111��111�1r1�� 



292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rapporto di complementariet� -incompatibile col concetto di subordinazione 
funzionale che contraddistingue la relazione pertinenziale -tra 
tutti gli elementi che la compongono e ,che globalmente concorrono a 
realizzare la funzione produttiva del complesso (Cass. 391/1985, Cass. 
6629/1984, Cass. 2255/1984, Cass. 1584/1980, Cass. 52/1979). 

Ribadita, pertanto, la natura mobiliare dell'azienda e, di conseguenza, 
la sua inettitudine astratta a formare oggetto del contratto di 
enfiteusi, cos� come legislativamente modellato, ne deriva che, non potendo 
le parti, nell'esercizio dei poteri di privata autonomia, dilatare 
le categorie dei beni ad esso assogettabili (afr. per riferimenti, Ca:ss. 
6629 e 2225/1984, citt.), stante il principio di tipicit� dei diritti reali 
{che -anche -tale divieto include), la decisione _impugnata, che ha 
diversamente statuito (o supposto), deve essere cassata, con rinvio per 
nuovo esame a:lla stessa Commissione Centrale, la quale si uniformer� 
al principio di diritto secondo cui l'azienda non pu� costituire oggetto 
di enfiteusi. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1988 n. 4908 -Pres. Vercellone 
-Est. Graziadei -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Fiorilli) c. Ruggeri. 

Tributi locali � Imposta comunale sull'incremento di valore degli ilmnobili 
� Vendita forzata -Vi � soggetta. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, art. 2). 
La vendita forzata a seguito dell'esecuzione immobiliare � soggetta 
all'INVIM anche in base al testo originario dell'art. 2 del d.P.R. 26 
ottobre 1972 n. 643 prima della modificazione introdotta con l'art. 1 
del d.P.R. 23 dicembre 1974 n. 688 avente portata interpretativa (1). 

(omissis) n ricorso � fondato. 

L'art. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, istitutivo dell'INVIM, 
prende in considerazione, fra l'aHro, � i trasferimenti del diritto di 
propriet�, a titolo oneroso od a titolo gratuito, per atti tra vivi�, il 
successivo art. 4 individua i1 soggetto passivo nell'alienante, ove si tratti 
di trasferimenti a titolo oneroso. 

(1) >Decisione indubbiamente esatta ma che non risolve il problema della 
attuazione concreta della imposizione. Spesso si nega che il Cancelliere, non 
ostante l'espressa previsione degli artt. 18 e 19, abbia il potere di prelevare 
dalla somma ricavata l'importo necessario per il pagamento dell'imposta liquidata 
in base alla dichiarazione e si assume che l'imposta, non rientrante fra le 
spese di giustizia, debba essere prelevata secondo l'ordine dei privilegi sta� 

PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 293 

Si ritiene che i trasferimenti a titolo oneroso, di cui alle dtate norme, 
comprendano anche quello disposto dal giudice dell'esecuzione immobiliare, 
ai sensi dell'art. 586 cod. proc. civ., il quale, pertanto, rende applicabile 
il tributo a carico dell'esecutato, pure prima dell'espressa previsione 
del nuovo testo del citato art. 2, fissato dall'art. 1 del D.P.R. 
23 dicembre 1974 n. 688, avente portata meramente esplicativa. 

Detta affermazione si fonda sul rilievo che la disposizione in esame, 
sostanzialmente riproduttiva deliJ.'art. 6 n. 1 della �legge delega� 9 
ottobre 1971 n. 825, non fornisce elementi testuali che consentano di 
delimitare il suo ambito di operativit� alle sole alienazioni di tipo 
negoziale, come invece sostenuto dalla sentenza impugnata. Essa, invero, 
riguarda,. senza ulteriori specificazioni, i trasferimenti a titolo oneroso 
del diritto dominicale, e le relative connotazioni sono presenti tanto 
nel contratto traslativo, stipulato, dietro corrispettivo, dall'originario titolare 
della propriet�, quanto nel decreto pronunciato in sede esecutiva 
in favore dell'aggiudicatario del bene, che � qualificato dall'art. 586 
cod. proc. civ. come atto di trasferimento, ed altres� si �correla al versamento 
del prezzo da parte del beneficiario (analogamente alla sentenza 
pronunciata ai sensi dell'art. 2932 secondo comma cod. civ., ugualmente 
inclusa fra gli �atti tassabili� con la m�nzionata riformulazione di 
cui all'art. 1 del d,P.R. n. 688 del 1974). 

L'indicato risultato ermeneutico trova un sicuro conforto nella 
ratio legis, ed inoltre un indiretto riscontro nei dubbi di legittimit� 
costituzionale, in relazione all'art. 3 deliJ.a Costituzione, che potrebbero 
profilarsi per un'interpretazione della norma (nel suo testo originario) 
secondo la tesi della sentenza impugnata. 

Sotto �il primo profilo, si osserva che l'lNVIM, nei trasferimenti a 
titolo oneroso, colpisce l'incremento patrimoniale di cui beneficia l'alienante, 
per i[ maggior valore finale del bene, rispetto a quello dell'epoca 
della sua precedente acquisizione; questo presupposto dell'imposizione 
si verifica, con identiche caratteristiche, anche nell'esecuzione forzata, 
atteso che la vendita giudiziale, pure se disposta indipendentemente o 

bilito nell'art. 2780 e.e. (Cass. � 24 luglio 1987 n. 6436, in questa Rassegna, 

1988, I, 168). 

Il problema � mal posto e la sentenza ora intervenuta pu� contribuire a 
11imuovere le premesse. Se in termini di eguaglianza la vendita forzata non 
pu� non essere parificata alla vendita ordinaria (e alla vendita volontariamente 
conclusa per acquisire disponibilit� al fine di pagare i creditori) non si pre� 
senta affatto il concorso dei creditoI1i (anteriori) con H credito di imposta che 
� l'effetto del trasferimento; per la stessa ragione l'imposta di registro deve 
essere corrisposta dndipendcntemente dal concorso con i creditori. Il cancelliere 
ha il dovere sanzionato di provvedere al pagamento da cui non pu� essere 
esonerato dal giudice dell'esecuzione in sede di distI1ibuzione della somma 
ricavata. 

21 



294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contro 'I.a volont� dell'esecutato, implica l'incasso di un prezzo a suo vantaggio, 
senza che possa rilevare, ai fini tributari, la prioritaria destinazione 
di tale prezzo, per effetto del vincolo del pignoramento, al soddisfacimento 
del creditore procedente, data l'equipollenza, in termini di 
risultato economico, dell'estinzione di una posizione debitoria rispetto 
ad un diretto incameramento del corrispondente ammontare. 

Sotto il secondo profilo, va considerato che un'esenzione dell'esecutato 
dall'INVIM implicherebbe una diversit� di trattamento, in pregiu,dizio 
del venditore � volontario �, che sarebbe priva di obiettive giustificazioni, 
rispetto ad un tributo correlato al mero fatto dell'evidenziarsi di 
un incremento di valore, in occasione della traslazione (� inter vivos � ed 
a titolo oneroso) del diritto �di propriet�. Basta pensare, ad esempio, al 
caso di vendita negoziale per fronteggiare improrogabili bisogni, ovvero 
per il lodevole intento di acquisire disponibilit� al fine di pagare i creditori, 
evitando l'esecuzione forzata, per cogliere l'arbitrariet� ed iniquit�. 
di un'imposta che gravasse su tali alienazioni � spontanee �, esentando 
invece il soggetto inerte, che preferisca subire l'espropriazione esecutiva. 
(omissis) 

I 

l 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 settembre 1988 n. 5195 -Pres. Scanzano 
-Est. Cantillo -P. M. Caristo ~diff.) Soc. Costruzioni Pesce (avv. 
Esposito) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pa:latiello). 

I

Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche � Redditi 
di capitale � Versamenti dei soci alla societ� in conto capitale � 

� 

Fruttuosit� � Esclusione. -~ 

(d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, art. 43). 
I versamenti dei soci alla societ� in conto capitale considerati nell'art. 
43 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, non sono soltanto quelli destinati 
ad aumento del capitale, che sarebbero da definire conferimenti, 
ma anche quelli aventi natura di finanziamento (1). 

(omissis) Con il primo motivo di ricorso, denunziando la violazione 
dell'art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, la s.r.l. Costruzioni Pesce 
sostiene che erroneamente la decisione impugnata ha qualificato i versa


. 
menti effettuati dai soci come finanziamenti produttivi di interessi, lad. 
'

I

dove nella specie concorrevano i presupposti stabiliti dalla disposizione 1:: 
suddetta per ritenere che le somme erano state versate in conto capitale, 

(1) Interpretazione evolutiva della norma determinata dalla nuova 
lazione dello stesso art. 43 del nuovo T. U. delle imposte sui redditi. 
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PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 295 

al quale scopo -contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione 

tributaria centrale -non � necessario che i versamenti vengano portati 

in aumento del capitale n� essi cambiano natura e si trasformano in mutui 

se a distanza di tempo, �cessato il bisogno, vengano restituiti ai soci; senza 

dire che la norma pone una presunzione di fruttuosit� dei finanziamenti, 

ma non di pagamento degli interessi, sicch� non scatta l'obbligo di ope


rare la ritenuta di acconto. 

La censura � fondata. 

La Commissione tributaria di 1� grado di Salerno aveva ritenuto non 
operante la presunzione del diritto agli interes,si sancita dall'art. 43 cit., 
osservando che la societ� ricorrente aveva dato puntuale dimostrazione 
dei presupposti della fattispecie, prevista dalla stessa norma, di esclusione 
della presunzione medesima per le somme versate dai soci in conto capitale, 
cio� che la societ� sia regolarmente costituita in uno dei tipi indicati 
dall'art. 2200 'c.c. e che i versamenti siano effettuati in base a formale deliberazione 
e in modo proporzionale alle quote di partecipazione dei soci aJ 
capitale sociale. 

In particolare, la Commissione aveva� riscontrato l'esistenza delle condizioni 
suddette in base agli estratti notarili di quattro verbali di assemblea, 
da cui risultava che i due soci della societ� avevano in pi� riprese 
effettuato i suddetti versamenti, in proporzione delle proprie quote sociali 
e in conto capitaile. E questi argomenti erano stati sostanzialmente riprodotti 
neHa decisione della Commissione tributaria di secondo grado. 

La decisione ora denunziata, senza neppure menzionare gli elementi 
suddetti, ha negato che i versamenti possano essere considerati infruttiferi, 
osservando che: la natura di veri e propri prestiti risulta dalla circostanza 
-affermata dall'Amministrazione e non contestata dalla societ� 
-che � in seguito le somme sono state restituite ai soci �; comunque, 
� non ogni finanziamento o prestito del socio integra un reintegro di 
capitale, bens� solo il versamento regolarmente effettuato ail fine pacifico 
di concorrere a realizzare un aumento di capitale sociale � preventivamente 
deliberato nelle forme pres,critte. 

Le due proposizioni -che esauriscono l'intera motivazione -non 

possono essere condivise. 

Non la prima, la quale si traduce nell'affermazione di un principio 

sicuramente inesatto, cio� che somme versate in conto capitale in confor


mit� alle prescrizioni dell'art. 43, e perci� non qualificabili come mutui 

fruttiferi, possano ricevere tale qualificazione ex post solo perch� succes


' .

sivamente, magari dopo un notevole periodo di tempo, la societ� provveda 

a corrispondere ai soci somme di uguale importo (vale a dire neppure 

aumentate di interessi). 

Una tale operazione, ancorch� venii;se espressamente giustificata come 

restituzione dei precedenti versamenti (il che nella specie non risulta, 

,,����,,.,���,.,.,111111111�1111�~ 



296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giacch� la decisione impugnata non fornisce alcuna informazione circa 
l'epoca, le modalit�, le denominazioni delle relative poste e verosimilmente 
iscritte in bilancio, etc.), potrebbe costituire, al limite, il fondamento 
di una presunzione di distribuzione di utili ai soci, per essere, ad 
es., i finanziamenti avvenuti a fondo perduto con imputazione al conto 
profitti e perdite, concorrendo alla formazione del risultato di esercizio; 
verificandosi siffatta ipotesi, per�, l'operazione potrebbe legittimare una 
corrispondente tassazione in capo alla societ� e agli stessi soci, giammai 
condurre a disconoscere la sostanziale conformit� dei precedenti atti 
negoziali al nomen iuris di versamenti in conto capitale, attestato da deliberazioni 
e scritture contabili. 

Con ci� non si vuol dire, ovviamente, che la restituzione delle somme 
versate non possa essere apprezzata come circostanza idonea a far ritenere 
l'esistenza di un mutuo oneroso, quando in tal senso �concorrano altri 
elementi univoci che tolgano valore alle risultanze delle scritture. Ma 
questa evenienza non si configura alla stregua della decisione impugnata, 
Ja quale -giova ripeterlo -ha del tutto ignorato le deliberazioni dell'assemblea 
della societ� da cui risultano -secondo quanto affermato 
dai giudici di primo e secondo grado -i presupposti della fattispecie 
di cui all'art. 43 cit., la cui esistenza o rilevanza occorreva in concreto 
negare. 

In realt�, la Commissione Centrale si � deliberatamente sottratta ad 
un'indagine di questo tipo in quanto � partita dall'opinione -racchiusa 
nella seconda delle proposizioni innanzi riportate -che �l'art. 43 sia applicabile 
solo ai versamenti in conto aumento di capitale; e ha (implicita� 
mente) ritenuto perci� di non doversi occupare della vicenda in relazione 
a tale norma, essendo pacifico che le somme versate non furono portate 
In aumento del capitale. 

Ma la tesi � destituita di giuridico fondamento, giacch� l'art. 43, comma 
2, del d.P.R. n. 597 del 1973 si limita a richiedere che i versamenti avvengano 
�in conto capitale�, cio� a titolo di finanziamento alla societ�, 
senza affatto esigere l'ulteriore requisito della de~tinazione dei versamenti 
ad aumento del capitale, nel qual caso cessano, manifestamente, di essere 
finanziamenti per assumere la diversa natura di veri e propri conferimenti. 


La norma, privilegiando la realt� economica piuttosto che l'aspetto 
formale, prende atto dell'esistenza di rapporti soci-societ� non riconducibili 
negli schemi t.ipici della disciplina civilistica, relativi a finanziamenti 
finalizzati al ripianamento di perdite o ad altre esigenze, spesso transitorie, 
che richiedono la disponibilit� di capitali liquidi; e pertanto, in presenza 
delle condizioni in precedenza ricordate, esclude che possa essere presuntivamente 
attribuita la qualifica di mutui onerosi a tutti gli apporti di 
capitale, qualunque sia Ja loro destinazione, dunque anche se non effet� 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARlA 297 

tuati �in conto futuro aumento di capitale� {contrariamente a quanto 
mostra di ritenere la decisione impugnata deve trattarsi comunque di 
aumenti non ancora deliberati in via formale, perci� futuri). � a dire, 
anzi, che i casi pi� comuni di versamenti c.d. atipici sono proprio quelli 
che vengono imputati al conto profitti e perdite; fenomeno del quale si 
� reso conto il legislatore del T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, che ha innovato 
la precedente normativa escludendo la natura onerosa dei versamenti 
dei soci, e dunque la presunzione di fruttuosit�, alla sola condizione che 
dai bilanci allegati alla dichiarazione dei redditi della societ� risulti che il 
versamento � stato effettuato a titolo diverso dal mutuo (art. 43 del T.U., 
che riguarda le societ� personali, essendosi ritenuta superflua un'apposita 
disposizione per le societ� di capitali, gi� tenute ai.le indicazioni di bilancio). 
(omissis) 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1988 n. 5409 -Pres. Scanzano Est. 
Cantillo -P. M. Di Renzo {conf.). Soc. Curdo Editore (avv. Fantozzi) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato La Porta). 

Tributi erariali indiretti. Imposta sul valore aggiunto. Presunzione dell'art. 
53 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633. Prova �ontrarla -Limiti. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 53). 
La presunzione di cessione stabilita nell'art. 53 del d.P.R. 26 otto� 
bre 1972, n. 633, nel testo modificato con il d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 241 
p1,1.� essere esclusa mediante prova contraria che pu� esser data nelle ipotesi 
della lettera a) (utilizzazione per la produzione, perdita o distruzione) 
con qualunque mezzo e nelle ipotesi della lettera b) (consegna a terzi a 
titolo non traslativo) esclusivamente con i mezzi indicati nel secondo 
comma; non sono quindi idonee a vincere la presunzione della lettera b) 
le documentazioni provenienti dai soggetti consegnatari {1). 

(1-2) Decisioni di evidente esattezza. La documentazione� imposta dalla 
normativa I.VA. � particolarmente rigorosa: � stata dichiarata manifestamente 
infondata (Corte Cost. ord. n. 108/1988 e n. 395/1989) la questione di illegittimit� 
dell'art. 55 che non consente la detrazione dell'imposta sugli acqlllisti. 
non risultante dalle dichiarazioni anche se documentata da regolari fatture; 
parimenti � stata confermata la legittimit� dell'art. 39 che esclude l'utilizza� 
bilit� di fatture non registrate (ord. n. 1038/88). Sul tema specifico la Cassa


zione aveva gi� escluso (sent. 2 dicembre 1987 n. 8953, Foro It. 1989, I, 808) 
l'utilizzabilit� delle bolle di accompagnamento, che sono pure considerate dalla 
norma ma per un fine specifico. 



298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez I, 14. dicembre 1988, n. 6805 -Pres. Scanzano 
-Est. Sensale -P. M. Di Renzo (conf.). Soc. Lombardini (avv. 
Cassola) c. Ministero delle Finanze {aw. Stato Palatiello). 

Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto. Presunzione 
dell'art. 53 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 -Prova contrarla � Limiti. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 53). 
La presunzione di cessione stabilita nell'art. 53 del d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 633, nel testo modificato con il d.P.R. 29 gennaio 1979 n. 24 
pu� essere esclusa dalla prova contraria dimos_trativa o di un fatto materiale 
(utilizzazione per la produzione, perdita, distruzione), ed in tale 
caso � ammesso qualunque mezzo, o di un titolo giuridico (consegna a 
terzi a titolo non traslativo) ma in quest'ultimo caso sono ammessi sol


tanto i mezzi indicati nel secondo comma; di conseguenza non sono. 

titolo idoneo a vincere la presunzione le bolle di consegna alle quali 

nessuna rilevanza fiscale � attribuita dalla legge (2). 

I 

(omissis) Con l'unico motivo, denunziando la violazione dell'art. 53 

del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nel testo originario e in quello modifi


cato con: d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, la societ� ricon:ente critica la deci


sione della Commissione tributaria centrale per avere affermato che la 

presunzione di cessione di beni, nelle fattispecie di cui alla lettera b) del


la norma, pu� essere vinta solo mediante i documenti richiamati nel 

secondo comma. Sostiene che questo prevede una serie di adempimenti 

formali imposti al contribuente per agevolare il controllo amministrativo 

e la documentazione di determinate vicende dell'attivit� d'impresa, ma 

non esclude che l'inesistenza di una cessione traslativa possa essere dimo


strata, ai sensi del primo comma della norma, con ogni mezzo di prova 

consentito nella materia tributaria; sostiene altres� che tale efficacia 

probatoria deve essere riconosciuta alle scritture regolarmente tenute 

da terzi, sicch� nella specie l'affidamento delle merci in conto lavorazione 

era incontestabilmente provato dalle schede apprestate da essa ricorrente 

e conservate dalle imprese affidatarie (tipografie e legatorie). 

La censura � infondata. 

L'art. 53 primo comma del d.P.R. n. 633 del 1972 -nel testo fissato 

da11'art. 1 del d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, cui � stato attribuito valore di 

interpretazione autentica, in quanto espressamente dichiarato applica


bile con decorrenza dall'entrata in vigore della legge istitutiva del tri



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

buto {1 gennaio 1973) -pone una presunzione di cessione dei beni acqui


stati, importati o prodotti dall'imprenditore, i quali al momento della 

verifica non si trovino nella sede in cui egli esercita l'attivit� (comprese 

le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi o 

depositi dell'impresa) n� presso suoi rappresentanti: accertati tali pre


supposti -cio� da un lato l'acquisto, l'importazione o la produzione di 

determinati beni, dall'altro il mancato rinvenimento nei locali di pertinen


za dell'impresa -i beni medesimi si considerano ceduti in evasione 

all'i.v.a., costituendo i loro prezzi ricavi non contabilizzati. 

Si tratta, per�, di una presunzione relativa a iuris tantum, giacch� 

essa non opera se viene dimostrato che i beni: a) sono stati utilizzati per 

la produzione, perduti o distrutti; b) sono stati consegnati a terzi in lavo


razione, deposito o comodato o in dipendenza di contratti estimatori o di 

contratti di opera, appalto, trasporto, commissione o altro titolo non tra


slativo della propriet�. 

Occorre dimostrare, cio�, che l'assenza del bene non � dovuta ad un 

negozio traslativo della propriet� ovvero costitutivo o traslativo di un 

diritto reale di godimento, sicch� non si configura un atto giuridicamente 

qualificabile come cessione, secondo la nozione di tale presupposto del tri


buto accolta dalla legge {art. 2). Pertanto il contribuente � tenuto a 

provare l'esistenza di una precisa causa, diversa dalla cessione, giustifi


cativa della mancanza del bene, la quale pu� consistere, ovviamente, tan


to in un fatto elisivo riguardante il bene nella sua entit� fisica -ricon


ducibile, quindi, in una delle tre categorie di eventi materiali menzionate 

nella lettera a) -quanto in un rapporto giuridico in forza del quale il 

bene, pur appartenendo ancora al contribuente, non � nella sua detenzione, 

essendo stato consegnato a terzi per un titolo non traslativo d~lla propriet� 

o, comunque, con effetti traslativi o costitutivi differiti o sospesi (fatti


specie previste alla lettera b). 

Il regime probatorio � tuttavia diverso per i due tipi di vicende. 

La norma nulla dispone per quelle del primo tipo e si deve perci� 
ritenere che possano essere provate con ogni mezzo, ai sensi degli articoli 
2697 ss. c.'C. E la mancanza di qualsiasi limite � pienamente razionale, 
in quanto si tratta di accadimenti che determinano la fisica eliminazione 
. del bene e che non implicano l'esistenza di un titolo di disposizione risultante 
da documento: cos�, l'impiego dei beni nella produzione o, all'opposto, 
la loro distruzione da obsolescenza possono risultare da scritture 
contabili, da coefficienti tecnici, da verbali constatazione, etc.; l'entit� 
delle perdite da lavorazione e per �ali naturali o tecnici pu� essere determinata 
in base a dati di comune esperienze o in qualsiasi altro modo 
idoneo; le perdite e le distruzioni dovute a caso fortuito o forza maggione 
possono risultare da denunce alla pubblica autorit� o a privati, da 

verbali idi ricognizione, etc. 


300 

RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In relazione alle vicende dell'altro tipo, il secondo comma dell'art. 53, 
dispone, invece, che la consegna di beni a terzi deve risultare dal libro 
giornale o da altro libro tenuto a norma del codice civile (art. 2214 ss.) 

o da apposito registro tenuto in conformit� all'art. 39 dello stesso d.P.R. 
n. 633 del 1972 oppure da altro documento conservato a norma dello stesso 
articolo. 
La norma, cio�, richiede specifiche prove documentali per gli atti 
negoziali non traslativi della propriet� indicati alla lettera b) del primo 
comma; e poich� solo in presenza di siffatti rapporti giuridici non 
opera ...,..-come si � visto -la presunzione di vendita, � evidente che la 
disposizione limita ai documenti suddetti, da cui quei rapporti debbono 
risultare, i mezzi di prova per vincere la presunzione medesima fuori 
dai casi di materiale eliminazione dei beni non rinvenuti presso l'azienda. 

Una diversa esegesi non � consentita dall'enunciato normativo, in 
particolare dal collegamento testuale e sistematico fra i due precetti qui 
considerati: non essendo seriamente contestabile che il primo comma pone 
una presunzione di cessione dei beni non rinvenuti in magazzino, si 
deve necessariamente dconoscere che il precetto del secondo comma, riferito 
in modo espresso proprio alla dimostrazione dei (soli) rapporti che 
valgono ad escluderla, disciplina la prova contraria a quella presunzione, 
stabilendone il tipo (documentale) e le caratteristiche (libri, registri o 
documenti conformi alla normativa fiscale). 

Non ha fondamento, quindi, la tesi della ricorrente {�che si rinviene, 
per altro, anche in talune pronunce di giudici speciali tributari), per cui 
il secondo comma dell'art. 53 impor~ebbe oneri di documentazione svincolati 
dalla presunzione, rispetto alla quale opererebbero nel senso di 
limitarla ai soli casi di mancanza dei documenti prescritti: soltanto l'inosservanza 
della disposizione farebbe scattare la presunzione del primo 
comma, 1che perci� anche nelle ipotesi in esame potrebbe essere contrastata 
dal contribuente con ogni mezzo di prova. 

A parte il palese e arbitrario capovolgimento dello schema normativo 
(per ci� che, in contrasto con l'articolazione dell'enunciato, il primo comma 
dovrebbe essere fotto in funzione del secondo e non viceversa), l'equivoco 
logico-giuridico che domina quel discorso si coglie agevolmente considerando 
che esso eleva l'omessa tenuta del.fa documentazione ad elemento 
costitutivo della presunzione, laddove questa � correlata, come si 
� visto, al fatto materiale del mancato rinvenimento di beni che dalla contabilit� 
risultano acquistati o prodotti e non venduti; � in relazione a 
questo fatto che la legge individua gli accadimenti materiali e le vicende 
giuridiche i:donei ad escludere fa presunzione, la cui dimostrazione deve 
essere data dal contribuente nel modo suddetto. 

! 


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I 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Occorre aggiungere che la prescrizione di determinate forme di documentazione 
risulterebbe praticamente inutile se fosse consentito al contribuente 
di dimostrare altrimenti l'esistenza di un titolo non traslativo, 
cio� dei medesimi atti cui quelle forme si riferiscono; che se cos� fosse la 
stessa presunzione si svuoterebbe di pratico contenuto, essendo evidente 
che, in relazione all'assenza di beni documentalmente risultanti ancora 
in carico all'imprenditore, non � configurabile alcun onere probatorio 
nei confronti della finanza; e che, per contro, la limitazione alle risultan� 
ze documentali � pienamente in linea con il sistema dell'iva e con lo specifico 
oggetto della prova, occorrendo dimostrare atti negoziali costi� 
tuenti .il titolo di operazioni che, in quanto implicano il trasferimento 
della detenzione dei beni a terzi, presentano in nuce lo stesso aspetto fattuale 
della cessione e, anzi, molto spesso preludono alla produzione degli 
effetti traslativi (vendita con riserva di propriet�, contratto estimatorio, 
altre cessioni con effetti differiti e sospesi). 

Si deve concludere, quindi, che la presunzione di cessione posta dall'art. 
53, primo comma, nelle ipotesi di consegna di beni a terzi previste 
alla lettera b), pu� essere vinta soltanto dimostrando l'esistenza di un 
atto non traslativo della propriet� dei beni mediante le scritture e i documenti 
elencati nell'ultima parte del secondo comma e pu� pertanto 
dirsi che la presunzione assume cos� i connotati delle presunzioni cosiddette 
miste, nelle quali la prova contraria � tassativamente limitata nell'oggetto 
e nel mezzo di prova. 

Ci� posto, correttamente la decisione impugnata ha escluso che le 
schede e documenti provenienti dalle ditte consegnatarie, prodotti dalla 
contribuente in copia autentica, costituissero prova idonea a vincere la 
presunzione suddetta. 

Come risulta dalla motivazione della pronuncia, tali documenti non 
trovavano riscontro alcuno in libri e registri de1la ricorrente; pertanto, 
anche ammesso che fossero oggettivamente annoverabili fra le scritture 
e documenti menzionati dall'art. 53 secondo comma, si trattava di documenti 
non tenuti dalla contribuente e, dunque, in radice inidonei a supe� 
rare la presunzione di cessione. (omissis) 

II 

(omissis) Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 53 del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato 
dal d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, sostenendo che, contrariamente a quanto 
ritenuto nella decisione impugnata, le bo~le di consegna sono documenti 
idonei a vincere la presunzione di cui al citato art. 53, in virt� del richiamo 
dell'art. 39 dello stesso d.P.R. in esso contenuto. 


302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� ricorreva l'ipotesi di bolle di consegna non registrate nel prescritto 
registro -deduce la ricorrente con il terzo motivo -poich� la registrazione 
poteva essere eseguita entro sessanta giorni dalla data di formazione, 
il che era poi puntua:lmente avvenuto. Tale circostanza era stata 
sempre prospettata dalla ricorrente, senza che su ci� la Commissione centrale 
abbia svolto alcuna motivazione. 

A parte ci�, anche per quanto attiene agli argomenti 'che vi appaiono 
trattati, la motivazione della decisione impugnata -deduce la ricorrente 
con il quarto motivo -� puramente apparente e si sostanzia in affermazioni 
apodittiche recanti richiami normativi inconferenti. 

Le censure prospettate con i motivi suddetti, da esaminarsi congiuntamente 
per connessione, sono prive di fondamento. 

L'art. 53 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 istitutivo dell'i.v.a., nel testo 
modificato dal d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 29 con decorrenza dal 1 gennaio 
1973, stabilisce, al primo comma, che i beni acquistati, importati o 
prodotti, che non si trovino nei luoghi in cui il contribuente esercita la 
sua attivit� (comprese le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, 
stabilimenti, negozi o depositi dell'impresa) n� presso suoi rappresentanti, 
si presumono ceduti, ai fini dell'i.v.a., se non sia dimostrato: a) che 
sono stati utilizzati, perduti o distrutti; oppure b) che sono stati consegnati 
a terzi in lavorazione, deposito o comodato o in dipendenza di contratti 
estimatori o di contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato o 
commissione o altro titolo non traslativo della propriet�. 

Tale disposizione pone, quindi, una presunzione iuris tantum di cessione, 
con conseguente onere della prova a carico del contribuente, il 
quale deve dimostrare o un fatto materiale (utilizzazione, perdita, distruzione), 
che escluda la fisica esistenza dei beni e giustifichi, per ci�, che 
non si trovino nei luoghi indicati dalla norma, o un titolo giuridico, non 
traslativo della propriet�, di consegna a terzi di beni fisicamente esistenti 
in natura per non avere subito uno degli eventi indicati sub a). 

Ma, mentre !'-evento materiale pu� essere provato con ogni mezzo 
(com'� proprio dei �fatti� che abbiano determinato 'la eliminazione in 
natura dei beni e che non implicano l'esistenza di un titolo documentabile 
di disposizione), diverso � il regime probatorio per gli atti di cessione, di 
cui deve dimostrarsi, con i mezzi tassativamente indicati nel comma successivo, 
la natura non traslativa della propriet� 

Il secondo comma dell'art. 53 stabilisce, infatti, che, al fine di vincere 
la presunzione posta dal primo comma 1(la quale si veste, in tal modo, del 
carattere di presunzione legale, assumendo, nel suo complesso, i connotati 
delle presunzioni cosiddette miste), la consegna di beni a terzi, di cui 
alla lettera b), deve risultare dal libro giornale o da altro libro tenuto a 


PARTB I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 303 

norma del codice civile (artt. 2214 e segg.) o da apposito registro tenuto in 
confo~it� all'art. 39 dello stesso decreto ovvero da altro documento 
conservato a norma dello stesso articolo. 

Il diverso regime -prova con ogni mezzo degli eventi di cui alla 
lettera a); prova, con le modalit� tassativamente indicate, dell'atto di cessione 
non traslativo della propriet� -si giustifica con la gi� rilevata diversa 
natura di ci� che forma oggetto deHa prova: nel primo caso, un 
fatto materiale, che si verifica a prescindere dalla esistenza di un titolo 
documenta:le; nel secondo caso, una causa negoziale di cessione, come 
tale agevolmente documentabile e soggetta, quindi, all'obbligo di registra-� 
zione nelle prescritte scritture contabili. 

Disposizioni uniformi l'art. 53 detta, all'ultimo comma, per i beni che 
si trovino nei luoghi suindicati, attraverso il rinvio alla disciplina stabilita 
nei commi precedenti. 

Ci� premesso, deve escludersi che le � bolle di consegna � costituiscano 
documenti idonei a vincere la presunzione di cesisione o di acquisto a 
. titolo traslativo e ad integrare le modalit� di prova legale stabilite dalla 

norma in esame. 
Occupandosi delle bolle di accompagnamento di beni viaggianti (art. 1 
del d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627), questa Corte (sent. 2 dicembre 1987 

n. 8953) ha osservato che tali documenti non sono riconducibili all'art. 39 
del d.P.R. 633/72; ci� deve dirsi, e ancora di pi�, per le c.d. bolle di 
consegna, cui nessuna rilevanza fis�cale � attribuita dalla legge. 
La citata norma, infatti, fa riferimento unicamente a � registri � numerati 
e bollati ai sensi dell'art. 2215 e.e. e tenuti a norma dell'art. 2919 

( 
dello stesso codice; all'ammissibilit� di � schedari � a fogli mobili o di 
� tabulati � di macchine elettrocontabili, secondo moda:lit� previamente 
approvata dall'Amministrazione finanziaria su richiesta del contribuente; 
e ad altri specifici documenti secondo la previsione del penultimo comma 
delllart. 53. 

Dato il carattere tassativo del riferimento, da parte di quest'ultimo, 
all'art. 39 e lo specifico richiamo alle caratteristiche dei documenti in 
tale norma indicati, deve ritenersi che l'art. 53 non attribuisce a documenti, 
diversi da quelli menzionati nell'art. 39, la idoneit� a superare la 
presunzione di cessione o di acquisto. Secondo tale norma, i documenti 
da conservare � ordinatamente � sono le fatture, 1e bollette doganali e gli 
altri documenti previsti nello stesso decreto, fra i quali non possono essere 
comprese le �bolle di consegna�, che ii decreto istitutivo dell'i.v.a. 
non menziona e che, del resto, sono oggettivamente inidonee-ad esprimere 
(e comunque a far fede del) la causa giuridica della consegna dei beni. 

(omissis) 


304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 26 ottobre 1988 n. 5783 Pres. Brancaccio 
� Est. Granata � P. M. Caristo {conf.). Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Palatiello) c. Limonzini. 

Tributi in genere � Contenzioso tributario � Natura . Vizi dell'atto di 
accertamento � Rilevanza. 

Tributi in genere � Accertamento tributario -Imposte indirette � Requi� 
sito minimo di motivazione. 

Il giudizio tributario � costruito formalmente come giudizio di impugnazione 
dell'atto ma tende all'accertamento sostanziale del rapporto, 
nel senso che l'atto � il �veicolo di accesso� al giudizio di merito al 
quale si perviene �per il tramite� della impugnazione dell'atto; tuttavia 
al giudizio di merito sul rapporto non � dato pervenire quando ricorrono 
vizi formali dell'atto, quali il �difetto assoluto� la �carenza totale� di 
motivazione, di fronte ai quali il giudice deve fermarsi alla pronunzia di 
annullamento {1). 

Il contenuto minimo ed essenziale della motivazione dell'atto di accertamento 
nelle imposte indirette sui trasferimenti deve soddisfare la 
duplice esigenza di delimitare il campo delle ragioni adducibili dall'ufficio 
nella eventuale successiva fase contenziosa con la indicazione del metodo 
di valutazione prescelto e di consentire al contribuente l'esercizio del 
diritto di difesa {2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un. 26 ottobre 1988 n. 5782 -Pres. Brancaccio 
-Est. Granata -P. M. Caristo (conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Palatiello) c. Aimaro. 

Tributi in gen'ere � Contenzioso tributario � Natura � Vizi dell'atto di 
accertamento . Rilevanza. 

(1-4) Le Sezioni unite ritornando sul tormentato problema della natura 
del processo tributario in connessione con la motivazione dell'accertamento, 
si adoperano per conciliare le posizioni espresse � in termini non del tutto 
coincidenti� con le due sentenze 3 giugno 1987 n. 4844 e 4853 (in questa Rassegna, 
1988, I, 132). Viene cosl confermato che il giudizio tributario pu� anche 
essere di annullamento, ma in concreto tale .ipotesi si contiene in limiti talmente 
stretti (difetto assoluto di motivazione) da ridursi ad una invalidit� 
di ordine processuale. Con riferimento alle imposte indirette si specifica che 
l'accertamento di maggior valore deve contenere l'indicazione del metodo di 


PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

305 

Tributi in genere -Accertamento tributario -Motivazione -Provvedimento 
sulla spettanza di esenzioni � JUchiamo alla norma � E' sufficiente. 

Il giudizio tributario � costruito formalmente come giudizio di impugnazione 
dell'atto ma tende all'accertamento sostanziale del rapporto, 
nel senso che l'atto � il �veicolo di accesso� al .giudizio di merito al 
quale si perviene �per il tramite� della impugnazione dell'atto; tuttavia 
al giudizio di merito sul rapporto non � dato pervenire quando ricorrono 
vizi formali dell'atto quali il �difetto assoluto� o la �carenza totale� 
di motivaz�me, di fronte ai quali il giudice deve fermarsi alla pronunzia 
di annullamento (3). 

Il provvedimento di diniego della spettanza di esenzioni tributarie 
(nella specie ex art. 15, legge 6 agosto 1967 n. 765) � sufficientemente motivato, 
secondo il canone di idoneit� allo scopo, con la indicazione della 
norma applicata (4). 

I 

(omissis) 1. -Col primo mezzo la ricorrente denuncia vizi di eccesso 
di potere giurisdizionale e di violazione e falsa applicazione dei principi 
generali sulla nullit� degli atti amministrativi. 

Osserva che le Commissioni tributarie sono organi di giurisdizione 
speciale del tutto diversi dagli organi della giustizia amministrativa. 

valutazione seguito (uno di quelli previsti nella legge o altro); ma poich� 
si ammette che l'indicazione pu� anche essere implicita, si potrebbe riconoscere, 
con un �piccolissimo passo innanzi, che il metodo comparativo, pressoch� 
universalmente seguito, sia quello presuntivamente e implicitamente adottato 
come normale criterio di stima e che solo quando sia seguito un metodo diverso 
(di capitalizzazione della rendita o altro) se ne richieda la specificazione. 

La prima parte della seconda sentenza � identica alla precedente; nella 
seconda parte, seguendo la stessa impostazione si riduce il requisito della 
motivazione all'essenziale. Ma in questo caso la possibilit� dell'annullamento 
del provvedimento viziato da � carenza assoluta � non si presentava affatto; 
il mero annullamento dell'atto che nega la spettanza di esenzione non avrebbe 
alcun effetto sostanziale s� che il giudizfo tributario si rivelerebbe puramente 
demolitorio al pari del giudizio amministrativo. Non � certo questo lo scopo 
che si prefigge il contribuente che chiede al giudice l'accertamento del diritto 
all'esenzione e non una eliminazione fine a s� stessa dell'atto sfavorevole. Qui 
il tentativo di configurare il giudizio tributario con un duplice oggetto (cli 
annullamento e di accertamento) svela la sua fragilit�. Il giudizio � sempre di 
accertamento anche quando accerta che la pretesa tributaria non � stata valida� 
mente esercitata. Sull'intero problematico v. BAFILE. Recentissime di giurispru� 
denza sulla natura del processo tributario e Motivazione dell'accertamento e 
natura del processo secondo l'ultimo indirizzo delle Sezioni Unite, in Rass. 
Trib., 1987, I, 497 e 1989, I, 247. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

306 

Il sistema di tutela giurisdizionale ad esse affidato si realizza -in� 
fatti -non con l'annullamento degli atti della p.a. ma attraverso l'accertamento 
del rapporto tributario. 

Oggetto della cognizione del giudice speciale � il completo riesame 

di tale rapporto. Trattasi, quindi, di un giudizio di merito e non di impu


gnazione�annullamento. 

Nello svolgimento di esso non compete all'organo giudiziario un po� 

tere autoritativo volto alla rimozione del concreto atto di esercizio della 

potest� amministrativa; per cui le Commissioni pervengono all'accerta


mento della obbligazione tributaria �ex lege �. senza necessit� della 

formale eliminazione dell'atto, spettando successivamente all'ammini


strazione finanziaria il compito di sostituire i provvedimenti riconosciuti 

illegittimi e riliquidare. l'imposta. 

Di conseguenza, l'eventuale mancanza della motivazione nell'avviso 

di un atto di imposizione fiscale viene sanata, in sede contenziosa, attra� 

verso l'acquisizione, disposta, anche d'ufficio, degli elementi necessari per 

il giudizio di stima, in merito al quale la pronuncia delle commissioni as


sume valore sostitutivo dell'originario provvedimento. 

Le commissioni, in definitiva, sono tenute a compiere l'accertamento 

del rapporto e non possono limitarsi ad una mera pronuncia costitutiva 

di annullamento dell'atto, venendo meno altrimenti alla loro funzione, 

consistente nel risolvere la � controversia � tributaria con la verifica della 

fondatezza della pretesa avanzata dalla pubblica amministrazione. 

Col secondo mezzo la ricorrente denuncia violazione e falsa appli


cazione degli artt. 48 e 49 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634. 

Osserva, in primo luogo, che il preteso difetto della motivazione del


l'accertamento in realt� non esiste; in secondo luogo, che non sarebbe sta


to comunque possibile, per l'ufficio del registro, esplicare i criteri 4i valu


tazione -comparazione dei valori e capitalizzazione del reddito -ai 

quali fa riferimento la decisione impugnata 

Sotto il primo profilo, la amministrazione pone in rilievo che la legge 

del registro non usa il termine � motivazione �, ma, nel testo del 26 otto


bre 1972 (in vigore alla data dell'accertamento di cui si discute) richiede 

� 'l'indicazione degli elementi � per la determinazione del valore e, nel 

testo del 6 dicembre 1977, �l'indicazione del criterio seguito dall'ufficio�. 

:Fra � motivazione � e � indicazione degli elementi � -sottolinea la 

ricorrente -esiste una differenza qualitativa, poioh� l'indicazione dei 

motivi � qualcosa di pi� rispetto alla indicazione dei soli elementi. 

2. -Il ricorso ripropone la complessa problematica concernente la 
� nozione, 
la �rilevanza e gli effetti, in materia di imposte di registro ed 
INVIM, del �difetto di motivazione degli avvisi di accertamento di maggior 
valore, sulla quale queste Sezioni unite si sono recentemente pronunzia� 

~ 



PARm I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

te in due distinte occasioni, peraltro non in termini del tutto coincidenti, 
con le sentenze -fra le altre di pari data -n. 4844 e n. 4853 emesse il 
3 giugno 1987. 

Per larga parte del loro svolgimento le due decisioni, con piena consonanza 
di accenti, enunciano, o meglio ribadiscono suna scia di risalente 
giurisprudenza consolidata, taluni fondamentali concetti. 

n giudizio tributario � costruito, formalmente, come giudizio di impugnazione 
dell'atto, ma tende all'accertamento sostanziale del rapporto, 
nel senso che J'atto � il �veicolo di accesso� al giudizio di merito, al 
quale si perviene appunto � per il tramite � della impugnazione dell'atto. 
Quindi concerne la legittimit� formale e sostanziale del provvedimento, 
con la precisazione peraltro che al giudizio di merito sul rapporto non � 
dato pervenire quando ricorrano determinati vizi formali dell'atto in 
presenza dei quali il giudice deve arrestarsi alla invalidazione di esso, con 
ci� non omettendo affatto di esercitare la giurisdizione attribuitagli, ma 
anzi pienamente e correttamente esplicandola. 

In particolare il giudice deve fermarsi alla pronunzia di annullamento 
nel caso di � ,difetto assoluto � (sent. 4853) o di � totale carenza � (sent. 4844) 
di motivazione di una espressa comminatoria legale di nullit�, la invalidazione 
dell'atto. 

E tanto basta per rilevare la infondatezza del primo motivo, che 
ancora una volta ripropone (anche con la prospettazione, peraltro infon� 
data come rileV'ato nelle citate decisioni, di una questione di giurisdizione) 
la tesi, da quelle decisioni disattesa, della illegittimit�, in princi� 
pio, di una pronunzia limitata all'annullamento dell'atto di accertamento 
carente di motivazione. 

-3. � Le due sentenze pi� volte richiamate concordano anche sulla 
individuazione in linea 'di principio della .funzione e, in ,ragione di questa, 
del contenuto minimo �~dell'obbligo) della motivazione. 

La funzione � concordemente individuata nel compito di esternare, 
ancorch� in termini sommari e semplificati, le ragioni del provvedimento, 
evidenziandone i momenti ricognitivi e logico-deduttivi essenziali, in modo 
da consentire al destinatario dell'atto di svolgere �efficacemente la 
propria difesa attraverso la tempestiva impugnazione di esso. 

Conseguentemente, il contenuto minimo essenziale della motivazione 
in coerenza con la misura di conformit� al modello legale data dal riscontro 
della idoneit� dell'atto al raggiungimento dello scopo normativamente 
assegnatogli, � quello che sia tale da consentire la identificazione 
dei presupposti materiali e giuridici cui � correlata la pretesa tributaria. 

Le due sentenze, peraltro, poi divergono, per un verso, quanto alla 
ulteriore specificazione e messa a punto di tale contenuto minimo in principio 
concordemente individuato, e, per altro verso,, quanto alla disciplina 


308 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'onere della prova in ragione della maggiore o minore articolazione 
della motivazione al di l� del contenuto minimo cos� precisato. 

Sotto il secondo aspetto, infatti, mentre la sentenza n. 4853 colloca 
su piani affatto diversi motivazione dell'accertamento e onere della prova 
e ritiene che l'onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa incomba 
sempre all'amministrazione, invece per la sente~a n. 4844 l'onere della 
prova resterebbe influenzato e condizionato dalla misura in cui l'ufficio 
abbia motivato l'atto. 

Sotto il primo aspetto, poi, mentre la sentenza n. 4844 ravvisa la 
esiste~a di un (sufficiente) principio di motivazione nella mera indici;L� 
zione di un presunto valore venale, invece fa sentenza n. 4853 -pur con 
la precisazione che n� l'adozione di un metodo estimativo non conforme 
al tipo di bene valutato, n� il ricorso ad. un criterio diverso da quelli in� 
dicati nella legge, n� l'eventuale adozione di formule ripetitive o di particolari 
mezzi grafici danno luogo, in principio, al difetto di motivazione 
conducente alla invalidazione -esige che la motivazione permetta di 
individuare quale dei metodi di stima previsti dalla legge sia stato prescelto 
o, comunque, quali criteri siano stati seguiti nella valutazione, 
ed altres� di conoscere, sia pure in modo sommario, gli elementi qualificativi 
del bene o comparativi all'uopo utilizzati. 

4. � Rimeditati questi ultimi aspetti della questione, le 'Sezioni unite 
ritengono di dover confermare l'indirizzo espresso dalla sentenza n. 4853, 
con le ulteriori precisazioni concettuali che risulteranno d_al prosieguo 
del discorso cos� pervenendo a giudicare a sua volta fondato per quanto 
di ragione il secondo motivo di ricorso, che a tali specifici aspetti si 
correla. 
Nel procedimento di accertamento dell'obbligazione d'imposta -di 
registro e Invim -bisogna distinguere le operazioni {attivit� ricognitive 
e momenti logico-valutativi) attraverso le quali si determina il valore 
dell'immobile, dall'atto di imposizione che l'ufficio, nel caso di retti� 
fica del valore, deve, in forma d'avviso, portare a conoscenza del contribuente 
per mezzo della notificazione. 

Alle operazioni di accertamento � dedicato, nel sistema del d.P.R. 
6 dicembre 1977 n. 914, la disposizione dell'art. 1, che a modifica dell'art. 
48, 2� co. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, prescrive all'ufficio di osservare, 
in via alternativa, tre possibili criteri nella valutazione del cespite 
immobiliare: comparativo, avendo riguardo ai trasferimenti, avvenuti negli 
ultimi tre anni, di immobili con analoghe caratteristiche; di capitalizzazione 
del reddito al tasso medio, applicato alla stessa data e nella stes-1: 
sa localit� per gli investimenti immobiliari; e di acquisizione degli ele-!f� 
menti di valutazione forniti dai comuni. !� 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'ufficio finanziario � tenuto a seguire questi criteri nell'esercizio dei 
poteri di controllo del valore dichiarato dal contribuente o del corrispettivo 
pattuito; con la precisazione, peraltro, che pu� adottare criteri diversi 
da quelli menzionati espressamente nella legge quando risulti, anche implicitamente, 
la inutilizzabilit� o la insufficienza di questi ultimi con riferimento 
al tempo, al luogo, all'oggetto e ad ogni altra peculiarit� del 
rapporto tributario da accertare; e che nell'eventuale futuro giudizio, 
esso rimane vincolato alla propria scelta e deve dimostrare il fondamento 
della propria pretesa. 

L'atto di imposizione invece, che conclude le operazioni di cui all'art. 
1, � contemplato e regolato dal successivo art. 3, mod. dell'art. 49, 
2� co. d.P.R. n. 634 del 1972, in base al quale l'avviso di rettifica -da 
notificare entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta 
proporzionale -deve contenere �l'indicazione del valore (...) 
noneh� il criterio seguito dall'ufficio per la determinazione del valore 
venale ( ...) secondo le indicazioni �di cui al precedente articolo { ...) �: dove 
le � indicazioni � rappresentano le direttive legali di metodo per lo svolgimento 
delle operazioni di accertamento, e il � criterio seguito � rappresenta 
il metodo, adottato, di volta in volta, dall'ufficio per il perseguimento 
dei propri fini istituzionali, nell'esercizio dei suddetti poteri di 
contro1lo del valore dichiarato o del compenso pattuito. 

Solo del metodo scelto, dunque, non delle operazioni concretamente 
svolte in esecuzione di esso, l'ufficio deve informare, con l'avviso di rettifica 
del valore, il soggetto passivo del rapporto. 

In sede contenziosa, poi, l'ufficio ha l'onere di provare la sussistenza 
dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del parametro prescelto, 
giustificano il �quantum� accertato, peraltro rimanendogli inibito di dimostrare 
la fondatezza della sua pretesa allegando criteri diversi da quelli 
enunciati nell'avviso di accertamento, salvo il potere di rinnovare l'atto 
entro il termine di legge, mentre al contribuente � consentito di dimostrare 
la infondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizzati 
dall'ufficio. 

Ci� posto, in linea di principio, �va subito aggiunto che, nella determinazione 
del contenuto minimo della motivazione dell'accertamento, 
va tenuto presente che questa tende ad una duplice finalit�: 

(a) quella di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio 
nella eventuale fase contenziosa successiva e {b) quella di consentire al 
contribuente !'.esercizio giudiziale del diritto di difesa di fronte alla pretesa 
maggiore fiscale. 
Per il raggiungimento di questa duplice finalit�, nel valutare la congruit� 
della motivazione dell'accertamento -e quindi nella ipotesi negativa 
per dichiarare la nullit� di questo -vanno distinti i .. casi in cui le 


310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

peculiarit� della fattispecie consentano di ritenere sufficiente l'indicazione 
del criterio in astratto seguito nella stima, da quelli in cui tali peculiarit� 
richiedano una ulteriore concreta illustrazione e specificazione. 
Il discrimine fra le due categorie di casi non � suscettibile di canonizza� 
zione astratta, in quanto � solo la concretezza delle singole fattispecie 
che consente rdi stabilire se l'indicazione del criterio di legge o di altro 
simile � sufficiente ad evitare che il Fisco introduca nell'eventuale giudizio 
di opposizione elementi di ampliamento della controversia tributaria 
e soprattutto che il contribuente sia sacrificato nel suo diritto di difesa. 

� di tutta evidenza che � compito del giudice di merito valutare 
la congruit� della motivazione dell'accertamento alla duplice suddetta 
finalit�, sia operando la scelta del criterio astratto, vuoi in base alle 
indicazioni espresse dal legislatore vuoi in base ad altre similmente 
significative, come anche di stabilire se il riferimento al criterio prescelto 
sia sufficiente o se sarebbe dovuto essere integrato con riguardo 
ad ulteriori elementi che avrebbero consentito una adeguata esplicazione 
del diritto di difesa del contribuente. � ovvio che il giudizio 
in proposito � sottoposto al controllo di legittimit� della Corte di Cassazione 
per eventuali vizi della sua motivazione. 

Questa soluzione del complesso quesito, stabilendo il minimun essenziale 
della motivazione dell'accertamento a seconda della peculiarit� delle 
fattispecie, e quindi I.asciando un largo apprezzamento al giudice di 
merito, si presenta come un equilibrato superamento delle opposte 
soluzioni estremistiche, sostenute in giurisprudenza e in dottrina: da 
una parte cio� quella che esige una motivazione dell'accertamento ancorata 
sempre ad elementi concreti -nella prospettiva di una accentuata 
garanzia del contribuente -soluzione la quale appare eccessivamente 
formalistica, cio� non corrispondente ad effettive esigenze sostanziali, 
spesso di non facile o addirittura impossibile adempimento, e quasi 
sempre in pratica, risolventesi in una ingiusta elusione dell'obbligo tri� 
butario; dall'altra l'opposta soluzione, che tende a ridurre la motivazione 
ad una mera apparenza, e, quindi, in manifesto contrasto con 
l'ispirazione garantista che � recepita nel nostro ordinamento tributario, 
coerentemente ad un orientamento generale del sistema. 

5. � � appena il caso di precisare che il quesito concernente le modalit� 
strutturali della motivazione dell'avviso non rioeve una risposta 
diversa con riferimento al precedente assetto normativo degli artt. 48 . 
e 49 d.P.R. n. 634 del 26 ottobre 1972, nel quale l'art. 48 riguardava le 
operazioni di accertamento e l'art. 49 l'atto conclusivo del procedimento 
stesso e le sue forme. 
Per lo svolgimento delle operazioni, invero, l'art. 48 prescriveva 
all'ufficio l'osservanza di un criterio cumulativo, di cui erano elementi 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

costitutivi la comparazione dei valori accertabili nell'ultimo triennio, 
�nonch�� la capitalizzazione del redditb, oggetto .della � indicaziont: � 
-in via cumulativa o alternativa, a seconda dell'effettiva utilizzabilit� 
dell'uno o dell'altro o di entrambi i parametri -prevista dal successivo 
art. 49, concernente il momento finale impositivo della procedura amministrativa 
di accertamento: indicazione necessaria e sufficiente a integrare 
il minimo di forma richiesto per la validit� dell'avviso. 

Ferma restando, sempre, la facolt� dell'ufficio di applicare criteri 
diversi (ricorrendo le condizioni, sopra accennate, ostative alla operativit� 
dei parametri legali) dando comunicazione della propria scelta, 
nelle stesse forme, al contribuente. 

Sotto il profilo interessante la controversia, non esiste, pertanto, 
una differenza apprezzabile fra i due sistemi normativi del '72 e del '77, 
che impongono una soluzione unitaria del problema concernente ia 
struttura formale dell'avviso di rettifica, alla cui validit� pu� essere 
sufficiente anche la sola indicazione del criterio astratto adottato dall'ufficio 
nello svolgimento delle operazioni di liquidazione del valore del 
bene immobile trasferito, peraltro con le precisazioni sopra espresse. 

Il problema delle conseguenze giuridiche della inosservanza di tali 
prescrizioni formali trova la propria soluzione nelle �premesse gi� svolte 
intorno alla natura del processo tributario come giudizio d'impugnazione. 

Invero -come gi� queste S.U. hanno precisato -� la tutela giurisdizionale 
non pu� che consistere nella invalidazione del provvedimento 
quando la carenza di motivazione sia tale da non consentire l'identificazione 
dei presupposti materiali e giuridici cui � correlata la pretesa 
dell'Amministrazione, relativa all'esistenza, alla quantificazione e all'attuazione 
dell'obbligazione tributaria; e risulti conseguentemente precluso 
il controllo di questi presupposti da parte del giudice tributario, il 
quale, ai fini del riesame del merito del rapporto, dispone di un ampio 
potere di indagine istruttoria (...) ma non pu�, ovviamente, sostituirsi 
all'Amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei presupposti 
del rapporto d'imposta {che devono essere allegati dall'Amministrazione)
� (sent. cit., 3 giugno 1987, n. 4853). 

6. -Non rimane che trarre le condusioni dalle considerazioni fm 
qui svolte, per la risoluzione del caso controverso. 
La Commissione tributaria Centrale ha espresso un giudizio non conforme 
alla pi� corretta interpretazione del sistema legislativo vigente 
con l'escludere che, nel motivare l'avviso di accertamento, l'ufficio del 
registro di Savona avesse osservato le condizioni necessarie e sufficienti 
a integrare il minimo di forma richiesto per la validit� dell'atto di 
imposizione. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Esattamente rileva, a questo proposito, l'amministrazione che la Commissione 
non ha tenuto presente che, trattandosi di un edificio adibito 
ad albergo, era praticamente impossibile applicare il criterio della comparazione, 
non essendo rinvenibile, nel triennio, il trasferimento di un 
immobile �analogo�; e che non era neppure agevole ricorrere al criterio 
della capitalizzazione del reddito, data la difficolt� di distinguere il 
reddito proveniente dall'immobile da quello derivante dall'attivit� imprenditoriale 
in essa esercitata. 

L'ufficio del registro -prosegue la ricorrente -fu costretto a 
utilizzare, eome il sistema normativo consente, criteri diversi da quelli 
menzionati espressamente nella legge, riferendosi al valore riconosciuto 
per il precedente trasferimento, avvenuto nel 1968. 

Tale indicazione permise al contribuente di svolgere la propria 
difesa, consistente nel precisare che al valore determinato nel 1968 
dovevano essere applicati indici di valutazione che portavano, con riferimento 
all'anno 1974, all'accertamento di un valore diverso da quello 
liquidato dall'ufficio. 

Sotto questo profilo, pertanto, la decisione impugnata non si sottrae 
alla censura della ricorrente, apparendo contraria al sistema l'affermazione 
secondo la quale l'ufficio del registro avrebbe dovuto perentoriamente 
attenersi ai criteri tipici della comparazione dei valori e 
della capitalizzazione del reddito, senza porsi il problema se, in concreto, 
tali criteri fossero utilizzabili. 

Ne consegue che entro questi limiti il ricorso ~dell'amministrazione 
finanziaria deve essere accolto, con la cassazione della decisione impugnata 
ed il rinvio della causa alla stessa Commissione Centrale, la 
quale, nel procedere al nuovo esame della controversia, si dovr� attenere 
ai seguenti principi di diritto: 

In materia di imposte di registro ed Invim l'avviso di accertamento 
di maggior valore, per rispondere al canone della idoneit� allo scopo 
il cui difetto ne determina la nullit� anche indipendentemente da una 
espressa comminatoria di legge, deve essere corredato da una motivazione 
adeguata al conseguimento del duplice risultato (a) di delimitare 
l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nella eventuale fase contenziosa 
successiva, e {b) di consentire al contribuente l'esercizio giudiziale 
del diritto di difesa di fronte alla maggiore pretesa fiscale. , . 

All'uopo � necessario che l'ufficio enunci il criterio astratto in base 
al quale ha determinato il maggior valore, con le eventuali specificazioni 
ed illustrazioni concrete richieste dalle peculiarit� della fattispecie, ed 
in relazione ad esse possibili, affinch� l'atto risulti idoneo al suo scopo. 
La utilizzazione e la indicazione di criteri diversi da quelli menzionati 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

espressamente nella legge � possibile quando risulti anche implicitamente 
la inutilizzabilit� o la insufficienza di questi ultimi con riferimento al 
tempo, al luogo, all'oggetto e ad ogni altra peculiarit� del rapporto 
tributario da accertare. In sede contenziosa, l'ufficio ha l'onere di provare 
la sussistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del 
parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro rimanendogli 
inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa allegando 
criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accertamento, salvo il 
potere di rinnovare l'atto entro il termine di legge, mentre al contribuente 
� consentito di dimostrare la infondatezza di quella pretesa 
anche in base a criteri non utilizzati dall'ufficio. 

In mancanza di una motivazione che risponda a tali requisiti il 
giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullit� dell'accerta� 
mento, senza poter conoscere del merito. 

La valutazione della sussistenza nel caso concreto dei requisiti minimi 
indicati � rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, naturalmente 
sindacabile in sede di legittimit� sotto il profilo della congruit� 
e sufficienza della motivazione. (omissis) 

II 

Col primo mezzo la ricorrente denuncia vizi di eccesso di potere 
giurisdizionale e di violazione e falsa applicazione dei principi generali 
sulla nullit� degli atti amministrativi. 

Osserva che le Commissioni tributarie sono organi di giurisdizione 
speciale del tutto diversi dagli organi della giustizia amministrativa. 

Il sistema di tutela giurisdizionale ad essi affidato si realizza -infatti 
-non con l'annullamento degli atti della p.a. ma attraverso l'accertamento 
del rapporto tributario. 

Oggetto del giudizio avanti alle Commissioni � il completo riesame 
di tale rapporto. 

Trattasi, quindi, non di una impugnazione ma di un giudizio di 
merito, nel quale manca un potere autoritativo del giudice di rimuovere 
l'atto, consistente nel concreto esercizio della potest� amministrativa. 

Le Commissioni, in realt�, pervengono all'accertamento dell'obbligazione 
tributaria senza procedere alla formale eliminazione del provvedimento 
impositivo, spettando poi all'amministrazione finanziaria il compito 
di sostitutire gli atti riconosciuti illegittimi e di riliquidare l'imposta. 


Di conseguenza, l'originaria mancanza della motivazione sul diniego 
dell'esenzione fiscale -come, in genere, la mancanza della motivazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nell'avviso di un atto di imposizione tributaria -viene sanata, in sede 
contenziosa, attraverso l'accertamento del rapporto che la Commissione 
� tenuta a compiere, senza potersi limitare ad una mera pronuncia costitutiva 
di annullamento dell'atto. 

Altrimenti l'organo giurisdizionale speciale verrebbe meno alla propria 
funzione, consistente nel risolvere la �controversia � tributaria 
con la verifica della fondatezza della pretesa avanzata dalla pubblica 
amministrazione. 

Nel caso concreto, pertanto, le Commissioni avrebbero dovuto negare 
qualsiasi rilievo alla contestazione concernente l'asserito difetto della 
motivazione del provvedimento fiscale impugnato, e passare senz'altro 
all'esame dell'esistenza o inesistenza delle. violazioni, idonee ad escludere 
il beneficio dell'esenzione. 

La censura � infondata. 

Sul problema se il giudice tributario, in presenza di un provvedimento 
lato sensu impositivo (quale � quello, -oggetto della fattispecie di 
diniego della esenzione tributaria) affatto carente di motivazione, 
debba limitare la sua pronunzia alla invalidazione dell'atto senza passare 
al merito della controversia, queste Sezioni unite si sono gi� pronunziate 
affermativamente, con piena consonanza di accenti sul punto, 
con le sentenze -fra le altre di pari data -n. 4844 e n. 4853 emesse 
il 3 giugno 1987, che in proposito enunciano, o meglio ribadiscono sulla 
scia di risalente giurisprudenza consolidata, taluni fondamentali concetti. 


Il giudizio tributario � costruito, formalmente, come giudizio di 
impugnazione dell'atto, ma tende all'accertamento sostanziale del rapporto, 
nel senso che l'atto � il � veicolo di accesso � al giudizio di 
merito, al quale si perviene appunto �per il tramite � della impugnazione 
dell'atto. Quindi esso �concerne la legittimit� formale e sostanziale del 
provvedimento, con la precisazione peraltro che al giudizio di merito 
sul rapporto non � dato pervenire quando ricorrano determinati vizi 
formali dell'atto, in presenza dei quali il giudice deve arrestarsi alla 
invalidazione di esso, con ci� non omettendo affatto di esercitare la 
giurisdizione attribuitagli, ma anzi pienamente e correttamente esplicandola. 


In particolare il giudice deve fermarsi alla pronunzia di annulla


mento nel caso di �difetto assoluto� {sent. 4853) e di �totale carenza� 

{sent. 4844) di motivazione dell'accertamento tributario di maggior valore, 

tale vizio comportando, pur in mancanza di una espressa comminatoria 

legale di nullit�, l'invalidazione dell'atto. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRffiUTARIA 

E tanto basta per rilevare la infondatezza del primo motivo, che 
ancora una volta ripropone {anche con la prospettazione, peraltro infondata 
come rilevato nelle citate decisioni, di una questione di giurisdizione) 
la tesi, da quelle decisioni disattesa, della illegittimit�, in principio, 
di una pronuncia limitata all'annullamento dell'atto di accertamento 
carente di motivazione. 

In tal senso deve essere risolto, con il rigetto del primo motivo 
del ricorso, il problema concernente la definizione dei limiti interni 
dei poteri delle Commissioni tributarie. 

Col secondo mezzo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione 
dell'art. 15 1. n. 765 del 1967. 

Sostiene che si deve ritenere, comunque, inesistente il preteso di: 
fetto di motivazione del provvedimento di decadenza delle agevolazioni 
fiscali. 

La sanzione di decadenza trae origine, secondo la ricorrente, solo 
dall'atto -perfettamente noto all'autore dell'infrazione -col quale il 
Comune e/o l'autorit� giudiziaria riconoscono e puniscono la violazione 
della legge n. 1150 del '42, mod. dalla 1. n. 765 del 1%7. 

Il provvedimento di diniego delle agevolazioni fiscali si deve considerare, 
perci�, adeguatamente motivato con la sola indicazione della 
norma applicata. 

La censura � fondata. 

L'amministrazione finanziaria -come esattamente osserva l'Avvocatura 
dello Stato -si limita a recepire i risultati dell'azione di accertamento 
dell'infrazione urbanistica svolta dagli organi competenti, i 
quali, adottati i provvedimenti del caso, li portano a conoscenza dell'interessato. 


La contestazione dell'illecito, cui si collegano sanzioni di varia natura, 
compresa quella di decadenza dai benefici fiscali, � gi� nota al 
contribuente in base ad una vicenda anteriore (atti della amministrazione 
comunale o del giudice). 

� sufficiente, quindi, a motivare, secondo il canone di idoneit� allo 
scopo (S.U., sent. n. 4853/87 citata), il diniego della esenzione tributaria, 
l'indicazione della stessa norma applicata da quegli uffici, a conclusione 
dell'indagine amministrativa o giudiziaria: norma contenuta nell'art. 15 
della 1. 6 agosto 1967, n. 765, che prevede esplicitamente, fra le altre 
ipotesi di illecito urbanistico, � il mancato rispetto delle destinazioni >>, 
di cui si discute in questo processo. 

La Commissione Centrale, pertanto, � incorsa nell'errore, denunciato 
dalla amministrazione ricorrente, di violazione e falsa applicazione del 
citato art. 15 1. n. 765 del 1967. (omissis) 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

316 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1988, n. 6459 -Pres. Ver


cellone -Est. Senofonte -P. M. Leo (conf.) Sos. Soproma Italy (avv. 

Moschetti) c. Ministero delle Finanze {avv. Stato Palatiello). 

Tributi erariali diretti -Accertamento � Motivazione � Eliminazione di 
spese non documentate e non inerenti � :t!: sufficiente � Prova � 
:t!: a carico del contribuente. 

L'accertamento che esclude dal passivo spese non documentate e 
non inerenti � in se stesso motivato, mentre la prova di tali spese � Ql 
carico del contribuente; � pertanto illegittima la decisione che dichiara 
la nullit� di un tale accertamento, invece di pronunciare in merito allq 
estimazione {1). 

(omissis) Per quanto concerne, invece, le contestazioni, in punto di 
motivazione e di prova, formulate con il primo motivo, in ordine alla 
legittimit� delle riprese fiscali analiticamente enunciate nell'avviso di 
accertamento, �, preliminarmente, necessario sottolineare che esse sono 
speculari alle corrispondenti voci di spesa enucleate dal bilancio annuale 
della societ� e traggono, quindi, origine dalla dichiarata non deducibilit� 
di queste ultime, in ragione della loro natura ovvero perch� non documentate, 
non necessarie, generiche o non qualificate: in sintesi, perch� 
� non inerenti � o non provate. Ora, proprio sulla documentazione e 
sulla � inerenza � di queste spese si era progressivamente con�entrato il 
dibattito, disinvoltamente risolto dalla Commissione di secondo grado 
imputando all'ufficio di non aver motivato al riguardo: senza considerare, 
anzitutto, che escludere la deducibilit� di determinati oneri per 
mancanza di inerenza e/o di documentazione implica gi� una motivazione 
delle correlate riprese fiscali e senza, comunque, risolvere il problema 
estimativo, del quale, al contrario, avrebbe dovuto essa farsi 

(1) La pronunzia � molto importante non solo ove afferma che il rilievo 
della indeducibilit� di costi noli documentati o non inerenti � motivato in re 
ipsa e che la prova dei costi esposti nel passivo del bilancio � a carico del 
contribuente, ma �Soprattutto sulla parte in cui, pur succintamente, precisa 
l'oggetto del giudizio affidato alle Commissioni; la S.C. rimprovera alla commissione 
di aver � disinvoltamente risolto il di.battito imputando all'ufficio di 
non aver motivato al riguardo... senza risolvere il problema estimativo del 
quale, al contrario, avrebbe dovuto essa farsi carico�. Compito della Commissione 
� dunque decidere nel merito, senza inseguire, salvo casi limite, 
�enunciazioni astratte sull'adempimento �dell'obbligo di motivazione �. La statuizione 
si inserisce in un costante indi11izzo recentemente rinverdito (3 giugno 
1987 n. 4844; 13 luglio 1987 n. 6096; 3 luglio 1987 n. 5812, in questa Rasse� 
gna 1988, I, 132, 133 e 152, nonch� 26 ottobre 1988 n. 5783 e 5782, in questo 
fascicolo, pag. 304). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 317 

carico, nel senso che avrebbe dovuto essa preliminarmente statuire sulla 
attinenza {normativa o di fatto) delle singole voci all'attivit� dell'azienda 
e, nell'affermativa, indagare sulle relative prove, tenendo presente, al 
fine, che, nel �concorso delle condizioni di cui all'art. 120 cit., l'onere di 
giustificare le spese riportate al passivo in bilancio � a carico del contribuente 
che ne pretende la deduzione, non gi� dell'ente impositore 
che la nega (Cass. 3745/1987, 1704/1985, 2234/1983, 2479/1982, tra le tante). 

E ci� non solo perch� cos� espressamente dispone l'art. 121, II comma, 
d.P.R. 645 cit., ma anche perch�, una volta superata la presunzione 
di veridicit� delle scritture contabili, si rende pienamente applicabile 
il principio generale secondo cui, ove non venga in discussione il presupposto 
dell'imposta, spetta al contribuente fornire la prova dei fatti 
a s� favorevoli, che influiscano riduttivamente sull'imponibile accertato 

o sull'imposta dovuta. 
In questo quadro non v'� spazio per enunciazioni astratte sull'adempimento 
dell'obbligo di motivazione dell'accertamento tributario (sintetico 
o non), sulla sua integrabilit� e sulla ripartizione dell'onere della 
prova nel consecutivo giudizio di opposizione: questioni, tutte, relativamente 
alle quali le � certezze � interpretative proposte dalla ricorrente 
non si possono, comunque, per niente condividere (e basterebbe, 
in proposito, ricordare non solo la giurisprudenza nettamente favorevole 
alla integrabilit� della motivazione -v., ad esempio, Cass. 402/1986, 
4541/1984, 4261/1979 -ma anche quella che, pi� radicalmente, riconnette 
alla sua carenza, in tema di imposte indirette, il solo effetto di 
aprire l'accesso all'esame sul merito della pretesa tributaria: da ultimo, 
Cass. 4844/1987). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 dicembre 1988, n. 7020 -Pres. Scanzano 
-Est. Ruggiero -P. M. Virgilio '(diff.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Palatiello) c. Venerosi (avv. Menghini). 

Tributi Erariali Diretti � Imposta sul reddito delle persone fisiche � 

Deduzioni ex art. 10 d.P.R. 25 settembre 1973 n. 597 � Contributi agri


coli unificati � Deducibilit�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, art. 10). 
I contributi agricoli unificati, in quanto non dedotti dal reddito fondiario, 
sono deducibili dal reddito complessivo a norma dell'art. 10 lett. i) 

d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 quali contributi previdenziali i(l). 
(1) La pronunzia non persuade pienamente. Non sembra che possano oggi 
ricercarsi analiticamente tutte le componenti del reddito fondiario tenute presenti 
all'impianto del catasto per ammettere la deduzione dei costi che non 

318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

'(omissis) Col primo motivo, l'Amministrazione Finanziaria denuncia 
la violazione dell'art 10. lett. d) del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 e 
degli articoli 5 e 23 legge 13 aprile .1977 n. 114, anche in riferimento 
agli artt. 24 e 30 del d.P.R. n. 597, sostenendo che le disposizioni introdotte 
con la legge n. 114 si applicano relativamente ai redditi posseduti 
a partire dall'anno 1976; che dal tenore letterale dell'art. 10 lettera d) 
del d.P.R. n. 597 si desume che i contributi previdenziali ed assistenziali 
pagati dal contribuente sono deducibili in �quanto siano stati sostenuti 
nel suo interesse o in quello di altra persona al cui mantenimento egli 
sia tenuto per legge e che tale condizione non ricorre per i contributi 
agricoli unificati, non essendo il datore di lavoro obbligato al mantenimento 
dei suoi dipendenti. Peraltro, anche l'art. 5 lett. i) della legge 

n. 114 del 1977 va interpretato nel senso pi� restrittivo, e cio� in quello 
che i contributi previdenziali ed assistenziali sono deducibili solo se sostenuti 
dal contribuente per se stesso. 
Col secondo motivo l'Amministrazione denuncia la violazione degli 
drtt. 24 e 30 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, anche con riferimento 
ai principi di cui al r.d. 8 ottobre 1931 n. 1572; al r.d. 12 ottobre 1933 

n. 1529; al r.d.l. 4 aprile 1939 n. 589; al d.P.R. 29 settembre 1973 n. 604, 
nonch� l'insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia 
(in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.), sostenendo che il reddito 
dominicale e quello agrario sono redditi medi ordinari determinati in 
base a tariffe d'estimo, che riflettono le quantit� medie ordinarie dei 
prodotti e mezzi di produzione, valutate in base alla media dei prezzi 
furono ricompresi. La situazione economica-sociale � profondamente mutata 
s� che la determinazione del reddito pu� apparire anacronistica, ma resta pur 
sempre valido il criterio del reddito medio ordinario aggiornato con il coeffilciente. 
Ma soprattutto fa tariffa dei redditi � determinata secondo i criteri e 
le tecndche produttive oggettive senza tener conto delle variabili, positive e 
negative, riferibili alle singole particelle, cos� che un costo non universale e 
non omogeneo, quale � quello dei contributi unificati agricoli, non pu� essere 
apprezzato in modo specifico, come non sono apprezzabili le incentivazioni e 
le provvidenze, ma ci� non esclude che nel costo del lavoro siano ricompresi 
gli oneri previdenziali. 

Sotto l'altro aspetto va rilevato che in vda generale le deduzioni dell'art. 10 
del d.P .R. n. 697/1973 riguardano oneri personali, che caratterizzano appunto il 
tipo di imposta, e non componenti dei singoli redditi. � vero che nel lungo 
elenco accresciutosi nel tempo, figurano anche oneri specifici (canoni, livelli 
e censi, mutui agrari), ma questi oneri sono per l'appunto eccezioni che non 
possono essere estese al di l� dei casi espressamente previsti. E per quel che 
concerne i contributJi previdenziali e assistenziali sembra chiaro che la norma 
fa riferimento a contributi a beneficio del soggetto e non anche a contributi 
a beneficio di terzi (altrimenti dovrebbero ritenersi deducibili i contributi 
previdenziali corrisposti, sia pure obbligatoriamente, per il personale domesti� 
co); al contrario i contributi obbligatori riferiti al soggetto sono deducibili 
anche se non concorrono a formare il suo reddito complessivo. 

I

I

~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

correnti, tra i quali il costo del lavoro. Da un attestato rilasciato nell'ottobre 
1981 dall'U.T.E. di :Pisa risultava che dei contributi agricoli unificati 
si era tenuto conto nella determinazione dell'estimo. La Commissione 
Centrale, da un lato, aveva omesso di tener conto di quel certificato e, 
dall'altro, aveva sostenuto che mancava la prova che l'onere dei contributi 
fosse stato considerato nella determinazione delle tariffe, incorrendo 
nell'errore di ritenere che considerare l'onere dei contributi si-, 
gnifichi doversene detrarre la misura dal reddito medio ordinario, mentre 
un tale elemento di analiticit� � incompatibile con la determinazione 
legale del reddito medio. 

I motivi sono infondati. 

Poich� la presente controversia riguarda la dichiarazione dei redditi 
relativi all'anno 1975, non � applicabile la legge 13 aprile 1977 n. 114 
(vedi art. 23, cirea il suo effetto dal 1� gennaio 1976), bensi l'art. 10 del 

d.P.R. n. 597/1973 nella sua originaria formulazione: �Dal reddito complessivo 
si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei 
singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal 
contribuente o dalle persone i cui redditi gli sono imputati a norma 
dell'art. 4 (inciso questo da leggere alla, stregua della sentenza Corte 
Cost. 14 luglio 1976 n. 179) anche nell'interesse di altre persone al mantenimento 
delle quali siano obbligati per legge: (omissis) d) i contributi 
previdenziali e assistenziali �. 
Dalla lettera e dallo scopo della norma, che va coordinata con l'ultimo 
comma {�Le deduzioni di cui ai precedenti commi sono ammesse 
nella misura in cui gli oneri siano rimasti effettivamente a carico del 
contribuente o delle altre persone indicate nel primo comma�) risultano 
le condizioni della deducibilit� dei contributi previdenziali e assistenziali: 


a) l'altemativit� fra la loro deducibilit� nella determinazione dei singoli 
redditi o la deducibilit� dal reddito complessivo; 
b) l'essere a carico del contribuente. 

Non sussiste invece l'ulteriore condizione {affermata dall' Ainmini


strazione nel ricorso) che i contributi non siano erogati nell'interesse 

di persone diverse da quelle al mantenimento delle quali il contribuente 

sia obbligato per legge. Anche i contributi erogati nell'interesse di altre 

persone (purch� senza diritto a rivalsa e cio� purch� restino a carico 

del contribuente) sono deducibili, se attengono all'attivit� del soggetto 

produttiva cli una componente del suo reddito complessivo. 

Invero, stante l'altemativit� della previsione (con riguardo o al singolo 
reddito o al reddito complessivo) la condizione della deducibilit� 
deve essere identica in entrambi i casi, perch� la ratio della disciplina 
� che detti oneri non siano detratti per due volte, ma debbono per� 


320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essere necessariamente detratti, quando afferiscono al reddito del contribuente, 
nel suo prodursi. 

Se la detrazione avviene in sede di determinazione del singolo reddito 
(per esempio, d'impresa) non potr� avvenire ai sensi dell'art. 10. 
Ma -cos� come la deduzione in sede di determinazione del reddito 
d'impresa � svincolata dal collegamento fra i contributi e la persona del 
contribuente .-la medesima autonomia deve ritenersi sussistente nella 
deducibilit� ai sensi dell'art. 10, stante l'uniformit� della ratio della disciplina 
della deduzione alternativa nelle due diverse sedi. 

Per esempio, l'art. 52 del d.P.R. n. 597/73 i(testo originario) disponeva 
che il reddito d'impresa � costituito dagli utili netti conseguiti nel 
periodo d'imposta, determinato in base alle risultanze del conto dei 
profitti e delle perdit_e con le variazioni derivanti dai criteri stabiliti 
dalle successive disposizioni. � evidente che, nel conto dei profitti e delle 
perdite, l'imprenditore ha gi� tenuto conto (deducendoli) dei contributi 
previdenziali ed assistenziali per i lavoratori dipendenti, da lui pagati 
e rimasti a suo carico. Tali contributi non sono quindi pi� deducibili 
ai sensi dell'art. 10; ma Ia deduzione in sede di determinazione del 
singolo reddito {d'impresa) prescinde dalla riferibilit� dei contributi al 
soggetto-imprenditore, in quanto � determinata invece dalla riferibilit� 
dei contributi alla sua attivit� di produzione del reddito. La medesima 
ratio sta alla base, per fare un esempio, della non deducibilit� ex art. 10 
dei contributi versati per il personale di servizio dal soggetto non imprenditore, 
in quanto si tratta di spese erogate e non di costi di produzione 
di un reddito. 

Se il reddito dell'impresa agraria {o -comunque -derivante dal 
possesso di terreni) fosse determinato con gli stessi criteri di riferimento 
puntuale a quello in concreto prodotto, non � dubbio che si 
dovrebbe seguire il medesimo criterio della non deducibilit� ex art. 10, 
in quanto la spesa per i contributi agricoli unificati sarebbe gi� compresa 
al passivo del conto dei profitti e perdite dell'azienda agraria. 
Ma la legge fiscale (come meglio si vedr� avanti) non d� alcun rilievo 
al suddetto conto dei profitti e perdite dell'azienda agraria, per cui si 
deve necessariamente far ricorso all'art. 10, dal quale risulta un criterio 
fondamentale di deducibilit� che � quello oggettivo dell'inerenza al reddito 
prodotto, con riguardo all'ipotesi alternativa della deduzione in sede 
di determinazione dei singoli redditi; criterio che -per esigenze di parit� 
di trattamento fiscale, alla luce del principio della capacit� contributiva 
(art. 53 Cost.) -non pu� non permeare anche la deducibilit� ex art. 10, 
con riguardo a contributi che hanno un collegamento oggettivo con i 
redditi fondiari di cui all'art. 21 del d.P.R. 597. 

Nella suddetta prospettiva, la dizione � anche nell'interesse di altre 
persone al mantenimento delle quali siano obbligati per legge � assume 


PARTE I, SEZ, VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

una valenza non limitativa, ma estensiva, nel senso che -lungi dal limitare 
la deducibilit� dei contributi a quelli riguardanti il soggetto contribuente 
come soggetto individuale nonch� le suddette altre persone la 
legge invece estende 1!1 deduzione dei contributi a quelli riguardanti 
queste ultime, senza per� apportare una limitazione per quanto riguarda 
i contributi pagati dal contribuente e rimasti a suo carico, nell'esercizio 
delle attivit� produttive di reddito; contributi per i quali non si esige, 
n� nella lettera n� nello scopo della legge, la loro referibilit� esclusiva 
all'interesse personale del contribuente. 

La suddetta conclusione � convalidata dalle successive modifiche 
della legislazione, che pertanto � opportuno esaminare. 

L'art 5. primo comma della legge 13 aprile 1977 n. 114, nel modificare 
l'art. 10 cit. ha spostato l'inciso � anche se sostenuti nell'interesse dei 
soggetti indicati nell'art. 15 � {e cio� delle persone a carico del contribuente) 
all'ultimo comma e lo ha rapportato soltanto agli oneri indicati 
dalle lettere d), f) ed l), non riferendolo pertanto agli oneri della 
lettera i), che per� sono stati indicati con una formula diversa da 
quella originaria {�i contributi previdenziali e assistenziali versati in 
ottemperanza a disposizioni di legge�). Da tale modifica non si pu� tr,arre 
l'illazione, sostenuta dall'Amministrazione ricorrente, che cio� per gli 
altri oneri {ivi compreso quello della lettera i) sarebbe implicitamente 
sottintesa la necessit� della loro riferibilit� al soggetto ed all'interesse 
personale del contribuente. Al contrario, si deve verificare caso per caso 
la ratio della detrazione: dato che la norma ha conservato la dizione 
� se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che 
concorrono a formare (il reddito complessivo)�, valgono le considerazioni 
gi� fatte supra sul significato di detta alternativit� (basata sul 
criterio-base della capacit� contributiva, che nel decreto delegato n. 597/73 
si collegava al criterio direttivo contenuto nell'art. 2 comma 1� n. 6 
della legge-delega 9 ottobre 1971 n. 825, che prevedeva la deduzione dal 
reddito complessivo di oneri e spese rilevanti che incidono sulla situazione 
personale del soggetto; ed � stato significativamente confermato 
da una legge ordinaria, quale � la numero 114 del 1977). 

Inoltre, la dizione �versati in ottemperanza a disposizione di legge� 
indica che � sufficiente che una legge imponga {a differenza che per i 
contributi non obbligatori di cui alla lettera l) il versamento dei contributi, 
perch� operi la deducibilit� ex art. 10, a prescindere dalla circostanza 
che essi siano versati nell'interesse del medesimo soggetto 
obbligato, oppure no (salvo, ovviamente, il caso gi� fatto supra che si 
tratti di erogazioni di reddito e non di spese inerenti alla sua produzione). 


Per quanto riguarda le persone a carico, la legge n. 114 conferma 
il �riterio estensivo '(e non restrittivo) della deducibilit� degli oneri. 


322 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per quelli di cui alla lett. l) vale la ratio che il contribuente, nell'erogare 
i premi per l'assicurazione sulla vita o contro gli infortuni ovvero i 
contributi non obbligatori nell'interesse delle persone a suo carico, soddisfa 
in qualche modo obblighi di mantenimento e di sicurezza delle suddette 
persone. Per quelli di cui alla lettera d), � evidente che i suddetti 
obblighi riguardano anche la salute delle persone a carico. Per quelli 
di cui .alla lettera f), vale l'obbligo di istruzione verso le suddette. Ma 
se una legge impone dei contributi previdenziali ed assistenziali nell'interesse 
delle persone a carico, � ovvio che basta la formula dell'art. 10 
lettera i) (nel nuovo testo) per ritenerli deducibili. Se una legge impone 
che il contribuente paghi i suddetti contributi obbligatori nell'interesse di 
altri soggetti, dipendenti da lui nell'esercizio dell'attivit� produttiva di 
reddito, la formula predetta � sufficiente a farne ritenere la deducibilit� 
(fermo il criterio base della alternativit�, rispetto a quelli dedotti 
nella determinazione dei singoli redditi). 

Le medesime considerazioni valgono per le formulazioni successive, 
fino a quella dell'art. 10 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 che, per quel che 
interessa la presente controversia, sono rimaste invariate. 

Il primo profilo dell'indagine si deve concludere affermando che i 
contributi agricoli unificati, versati dal contribuente nell'interesse dei 
soggetti indicati dalle leggi sulla previdenza ed assistenza in agricoltura 
(r;d.l. 28 novembre 1938 n. 2138 e succ. modif.), a carico per legge del 
contribuente che dichiara redditi fondiari, sono compresi negli oneri 
dedudbili, in quanto � non deducibili nella determinazione dei singoli 
redditi� {fondiari). 

Il Collegio ritiene sussistente anche la suddetta ulteriore condizione. 

In primo luogo, deve trattarsi di una deducibilit� �per legge� e 
non di una deduzione di mero fatto o � presunta�. :� da notare che 
l'Amministrazione {almeno nel ricorso, pur accennandovi nella discussione 
orale) ha abbandonato la tesi -gi� sostenuta dinanzi alle Commissioni 
-che si sarebbe tenuto conto degli oneri per i contributi agri� 
coli unificati in sede di determinazione dei coefficienti a norma dell'art. 
87 del d.P.R. n. 597 (v. ora il d.l. 4 agosto 1987 n. 326, art. 4, conv. in 

1. 3 ottobre 1987 n. 403) che disponeva: � Per i periodi d'imposta anteriori 
a quello in cui avranno effetto le modificazioni derivanti dalla 
prima revisione delle tariffe d'estimo... i redditi dominicali dei terreni 
ed i redditi agrari saranno aggiornati mediante l'applicazione di coefficienti 
(omissis) �. Si tratta, peraltro, di tesi che non trova appiglio 
n� nella legge n� nei decreti emanati in sua attuazione, che hanno riguardo 
soltanto al mutamento dei valori monetari esprimenti il reddito 
catastale, in relazione al mutamento del valore della moneta (sia pure, 
come � noto, con un adeguamento non pieno). Piuttosto, giova sottolineare 
che questa tesi presuppone la deducibilit� dei contributi, indi

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

pendentemente dal riferimento degli stessi all'interesse personale del 
contribuente (essendo sufficiente il loro collegamento con l'attivit� produttiva 
di reddito) e forse per questo � stata abbandonata, per evitare 
una contraddizione con ,il primo motivo del ricorso. 

Si deve poi osservare che la censura di difetto di motivazione, in 
ordine alla mancata valutazione della. documentazione esibita, � infondata. 
Invero, qualunque sia il suo tenore {si tratta di un certificato attestante 
che in sede di determinazione delle tariffe d'estimo sono stati 
dedotti i contributi de quibus), essa � irrilevante, mancando il carattere 
decisivo del punto. La legge prevede la �deducibilit�� nella determinazione 
dei singoli redditi {quale condizione ostativa alla deduzione ex 
art. 10) e cio� la possibilit� ex lege della deduzione. Se una deduzione 
possibile per legge non � stata eseguita, l'interessato potr� insorgere 
nella cc:>mpetente sede censuaria, ma non potr� -invece -pretendere 
una deduzione nella sede alternativa di cui all'art. 10. Se -al contrario 
-una deduzione non dovuta per legge � stata eseguita, sar� 
l'Amministrazione a dover mettere in moto i rimedi nella competente 
sede censuaria, ma non potr� opporsi alla deduzione ai sensi dell'art. 10. 

Pertanto, la questione non � di fatto, ma puramente di diritto, e deve 
risolversi alla stregua del gi� cit. art. 87, secondo il quale (a parte i 
coefficienti di aggiornamento), i redditi sono quelli risultanti dall'ultima 
revisione (r.d.l. 4 aprile 1939 n. 589, conv. in 1. 29 giugno 1939 n. 976). Con 
riguardo a tale sistema, la circostanza che i contributi previdenziali ed 
assistenziali obbligatori in agricoltura gi� esistessero a cominciare dal 
secondo decennio del secolo {cfr. il d.lt. 23 agosto 1917 n. 1450, conv. in 

1. 17 aprile 1925 n. 473, mod. da 1. 24 marzo 1921 n. 297, per l'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni in agricoltura; e poi le norme 
sull'assicurazione invalidit� e vecchiaia, trasfuse nel r.d.l. 4 ottobre 1935 
n. 1827) porta un elemento contrario alla tesi dell'Amministrazione. 
Infatti, se (nonostante la preesistenza dei contributi obbligatori per la 
previdenza ed assistenza dei lavoratori agricoli) il suindicato d.l. del 1939 
non ha modificato la legislazione preesistente, alla stregua della quale 
(come si vedr�) non si deducevano i suddetti contributi nella determinazione 
delle tariffe d'estimo, si deve concludere che dette tariffe ne 
prescindevano a ragion veduta '(cfr., in tal senso, Cass. n. 874 del 1964, 
le cui argomentazioni sono in gran parte ancora valide, salvi i riferimenti 
alle leggi fiscali sopravvenute). 
Il citato r.d.l. n. 589 del 1939, all'art. 2 ultimo comma dispone: 
� Ferme restando le vigenti disposizioni circa le detrazioni da effettuarsi 
dal valore della produzione come sopra determinato {scilicet: in base 
alla media dei prezzi correnti nel periodo compreso fra il 1� gennaio 1937 
e la fine delle operazioni) per ottenere la rendita imponibile, la rimunerazione 
del Iavoro manuale � calcolata sulla base dei contratti collet



-~ -~ 
RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tivi di lavoro anche quando si trat~a di lavoro manuale prestato dallo 

stesso conduttore �. La norma non ha il significato che le attribui5ce 

~ 

lAmministrazione, che cio� dovesse effettuarsi la detrazione del costo i: 
complessivo del lavoro {comprensivo, oltre che del s�alario, anche dei 
contributi previdenziali ed assistenziali) perch�: 


a) la legge del 1939 usa la dizione � rimunerazione � e si riferisce 
pertanto al compenso dato al lavoratore; 

b) essa recepisce in un atto avente forza di legge e comunicando 
cio� sostanzialmente ad essi la medesima natura le disposizioni gi� 
vigenti {r.d. 8 ottobre 1931 n. 1572 e r.d. 12 ottobre 1933 n. 1539). L'art. 13 
del r.d. n. 1572 dispone: � La rendita imponibile � quella parte del prodotto 
totale del fondo che rimane al proprietario, netta delle spese e 
perdite eventuali�; gli artt. 96 e seguenti del r.d. numero 1539, nello 
specificare quali sono le spese, non indica i contributi previdenziali, ma 
soltanto i compensi al lavoro sia intellettuale che manuale (lett. c) dell'art. 
96), e cio� la rimunerazione o salario, in quanto i contributi 'non 
sono compensi. � da notare che il Regolamento n. 1539 conosce la figura 
dei � contributi �, l� dove prevede la deducibilit� dei contributi per 
opere di irrigazione od idrauliche {artt. 98 e 101); 

c) lo scopo dell'art. 2 ult. comma del d.l. del 1939 � quello di fare 
riferimento �ai contratti collettivi di lavoro, i quali non riguardano i 
contributi, la cui fonte esclusiva � la legge. 

Anche l'art. 4 secondo comma del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 604, sulla 
revisione degli estimi {v., ora, art. 25 e 31 del d.P.R. 22 dicembre 1986 

n. 917) prevede, fra gli elementi economici di riferimento, la rimunerazione 
del lavoro manuale, calcolata sulla base delle tariffe salariali vigenti 
{che non comprendono i contributi). 
Il d.m. 13 dicembre 1979, emanato in base alla suddetta normativa 
(autorizzazione a procedere alla revisione generale degli estimi dei terreni), 
dopo aver disposto che alle quantit� medie ordinarie dei prodotti 
e dei mezzi di produzione deve essere applicata di norma la media dei 
prezzi correnti nel biennio 1978/79 {ed il riferimento ai prezzi non pu� 
includere i contributi), dispone: �In ogni caso il costo del lavoro manuale, 
compreso quello prestato dallo stesso conduttore, deve essere 
computato sulla base della media delle tariffe salariali vigenti nel medesimo 
periodo �. Dopo aver usato l'espressione costo {che di per s� potrebbe 
includere i contributi), il d.m. citato lo individua con riguardo 
esclusivo alle tariffe salariali, confermando che anche nella revisione (non 
ancora in vigore: vedi il gi� citato d.l. n. 326 del 1987, conv. in I. n. 403/87) 

non si prevede un calcolo in detrazione dei contributi. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Le tariffe delle rendite catastali vengono determinate {art. 109 del 

r.d. numero 1539) secondo i metodi di stima suggeriti in dottrina dall'estimo 
rurale per la determinazione della rendita fondiaria quale base 
del valore dei fondi rustici, tenendo presente per� (vedi numero 2 del 
citato articolo) �che la rendita fondiaria da prendersi a base, del valore 
dei terreni � calcolata al netto dell'imposta e delle sovrimposte, che 
sono comprese invece nelle tariffe di estimo �. In sostanza, la normativa 
catastale differisce dal1'a stima � in concreto � dei fondi, anche perch� 
non si detraggono i tributi gravantr sui fondi. Il criterio pu� applicarsi 
anche ai contributi {parafiscali), come � confermato dall'art. 96 
ultimo comma: � non si fanno deduzioni per decime, canoni enfiteutici 
o livellari, diritti di pascolo e di legnatico, debiti e pesi ereditari, compensi 
e prestazioni in genere �. � da sottolineare che -invece -gli oneri 
suddetti 1sono previsti come detraibili ai sensi dell'art. 10 del d1P.R. n. 597 
(lettere b) e e) del testo originario; lettere b), e) e d) del t.u. n�mero 917 
del 1986). Viene confermato, in modo espresso per tali oneri, il criterio 
di alternativit� illustrato nella prima parte della presente decisione, nella 
deduzione di oneri o dal reddito complessivo o dal singolo reddito. II 
medesimo criterio non pu� non valere per i contributi unificati. 
L'Amministrazione sostiene che la mancata deduzione dei contributi 
dal reddito medio ordinario non comport� la loro deducibilit� ai sensi 
dell'art. 10, perch� il reddito medio ordinario � forfettario, per cui � 
incompatibile con esso la logica dell'analiticit�. Secondo la ricorrente, 
ammettere i C.A.U. in deduzione, significa introdurre un elemento di 
nullificazione del reddito dominicale tassabile e snatu.mre la norma concernente 
il reddito medio ordinario, in base a cui � determinato. 

L'argomento non pu� essere accolto. � vero che il reddito catastale 
� un reddito medio, ordinario, e non puntualmente riferito al singolo 
fondo, ma ci� non toglie che esso � formato -ai sensi dell'art. 109 
del Regolamento e delle norme gi� richiamate -analiticamente, in 
quanto la ordinariet� ed il suo carattere medio attengono alla applicazione 
delle tariffa, ai vari fondi, ma non alla sua formazione. Quanto 
alla � nullificazione � del reddito, essa dipende in gran parte dalla mancata 
revisione tariffaria, per cui i coefficienti ministeriali di moltiplicazione 
possono non risultare adeguati alle nuove realt� economiche. 

D'altra parte, il fenomeno della detraibilit� degli oneri vale in ogni 
altro tipo di reddito, con possibili effetti riduttivi o addirittura soppressivi 
del reddito corrispondente {si pensi agli interessi per mutui ipotecari, 
la cui deducibilit� potrebbe nullificare il reddito dei fabbricati 
determinato catastalmente) e non vi � ragione per non renderlo operante 
nel presente caso, in ossequio al gi� richiamato principio fissato 
dalla legge 1di delega per la riforma tributaria {e confermato con la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

326 

legge ordinaria del 1977), nel rispetto della capacit� contributiva del 
soggetto. Invero, il ragionamento si pu� capovolgere: non esprime una 
capacit� contributiva un reddito a fronte del quale il contribuente � 
obbligato per legge a pagare contributi inerenti alla sua attivit� produttiva, 
per finanziare gli istituti pubblici di assistenza e previdenza 
obbligatori. 

Concludendo, i contributi agricoli unificati, non detraibili per legge 
in sede di tariffe d'estimo fondiario, possono invece dedursi dal reddito 
complessivo, ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 597 del 1973 e succ. modif. 
(omissis) 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, 16 ottobre 1989, n. 4145 -Pres. Brancaccio -Rel. 
Morsillo -E.R.S.A.P. (avv. Stato De Stefano) c. Nard� {avv. Leonetti). 

Avvocatura dello Stato -Patrocinio di Enti pubblici -Mandato -Necessit� 
-Esclusione. 

(R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; legge 3 aprile �979, n. 103, art. 11). 
Arbitrato -Controversie in materia di concessione di beni -Terreni di 

riforma agraria -Arbitrato -Compromesso -Ammissibilit� -Esclu


sione. 

(Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5; cod. proc. civ., artt. 806 e 808). 

A seguito delle modifiche apportate con legge 3 aprile 1979, n. 103 
all'art. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, deve in via generale ritenersi 
che per le amministrazioni pubbliche non statali e per gli enti pubblici 
statali e regionali autorizzati ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato, questa esercita la rappresentanza in giudizio in via organica 
ed esclusiva, salvo il caso di conflitto di interessi con lo Stato. Ne deriva 
che, una volta intervenuti i provvedimenti autorizzativi di carattere 
generale, l'assunzione della rappresentanza e difesa di tali enti da parte 
dell'Avvocatura non richiede specifiche investiture per i singoli giudizi, 
essendo invece necessari particolari provvedimenti per l'esclusione di una 
tale rappresentanza e l'affidamento della stessa a privati professionisti 
(1). 

Non � compromettibile in arbitri, appartenendo alla giurisdizione 
esclusiva dei T.A.R. ex art. 5 legge n. 1034/1971, la controversia tra l'Ente 
regionale di sviluppo a~ricolo e l'assegnatario di un terreno di riforma 
fondiaria allorch� la stessa non sia limitata al mero profilo riguardante la 
indennit� per miglioramenti ma involga questioni sulla estinzione del rapporto 
concessorio, da dichiararsi ad esito di un procedimento amministrativo 
pur in caso di rinuncia del concessionario (2). 

(1) Cfr. Cass., S.U., 5 luglio 1983, n. 4512, in questa Rassegna, 1983, I, 699 
ed ivi ulteriori richiami. V. pure T.S.A.P., 14 giugno 1985, n. 32, ivi 1985, I, 496 
e, con specifico riferimento all'ERSAP, Cass. 21 marzo 1987 n. 2807 sempre in 
questa Rassegna, 1987, I, 180. 
(2) Nello stesso senso Cass., S.U., 10 dicembre 1981, �n. 6517, in questa Rassegna, 
1981, I, 607 con richiami. Per l'appartenenza dei terreni di riforma al 
patrimonio indisponibile degli eil!ti di sviluppo v. anche C. Stato, VI, 17 ottobre 
1978, n. 1152, in Cons. Stato 1988, I, 1260. 

328 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). Nel proposto controricorso il Nard� in via pregiudiziale 
sostiene violazione dell'art. 82 c.p.c. sotto il profilo che l'Avvocatura 
dello Stato non avrebbe avuto, all'epoca dell'impugnazione del lodo 
avanti alla oorte d'appello, alcun potere di rappresentanza e difesa del� 
l'ente regionale, onde l'impugnazione dovrebbe considerarsi nulla ed ine� 
sistente perich� proposta da ente non legittimato e comunque da un 
difensore privo assolutamente deHo jus postulandi, e la relativa nul� 
lit� sarebbe rilevabile in ogni stato e grado del procedimento. 

Assume la difesa del resistente che l'Ersap � un ente regionale e 
che gli enti regionali possono avvalersi della rappresentanza e della 
difesa dell'Avvocatura dello Stato, quando la regione abbia adottato la 
deliberazione prevista dal 1� comma dell'art. 10 della legge n. 103 del 
1979, e che una tale deliberazione debba essere pubblicata nella G.U. 
e nel Bollettino ufficiale della Regione Puglia, mentre entrambe le cose 
non risulterebbero mai avvenute. La deliberazione, inoltre, dovrebbe 
essere stata approvata dal consiglio di amministrazione dell'ente, con� 
dizionando tale approvazione l'assunzione dello stesso patrocinio da parte 
dell'Avvocatura dello Stato, in via organica ed esclusiva. 

J.l motivo, che � stato proposto per la prima volta solo in questa 
sede e che va esaminato attinendo esso al potere di rappresentanza in 
giudizio dell'amministrazione, e quindi ad un vizio che comporterebbe 
una nullit� rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, � chiaramente 
infondato. 
�Costituisce, infatti, giurisprudenza consolidata di questa Suprema 
Corte il principio che 1a rappresentanza e difesa degli enti di riforma 
fondiaria da parte dell'Avvocatura dello Stato deriva direttamente dalla 
legg� (art. 31 legge 12 maggio 1950, n. 230, integrato dalla legge 21 ottobre 
1950, n. 841; nonch� dall'art. 3, ultimo comma, della legge 8 luglio 
1957, n. 600). 

Ai sensi, poi, dell'art. 3, ultimo comma, della legge 9 luglio 1957, 

n. 600, Ja facolt� di avvalersi in giudizio del patrocinio e dell'assistenza 
dell'Avvocatura dello Stato � stata estesa a tutti gli enti (e loro sezioni 
speciali) di colonizzazione e .di trasformazione fondiaria previsti dalla 
legge 21 ottobre 1950, n. 841, e che .sono stati successivamente trasformati 
in enti di sviluppo. Anche per tali enti, pertanto, il potere di rappresentanza 
e difesa in giudizio compete ex lege (R.D. 30 ottobre 1933, 
n. 1611, come modificato dalla legge 3 aprlie 1979, n. 103) all'Avvocatura 
dello Stato senza che si richieda una deliberazione dell'ente al riguardo, 
che per contro � necessaria solo al fine di escludere tale potere 
e di avvalersi di liberi professionisti, n� il conferimento all'uopo 
di una formale pmcura per il concreto esercizio de1Io jus postulandi 
(Cass. S.U. 27 luglio 1982, n. 4317). 
La legge, infatti, rende applicabile la disdplina prevista dagli articoli 
43 e segg. del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, con la conseguenza 

f 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 329 

della impossibilit� da parte dei terzi di indagare sul conferimento del


l'incarico, costituente atto meramente interno, che non � necessario che 

si esteriorizzi in un formale mandato, neanche quando le norme pro


cessuali ordinarie prescrJvano un mandato speciale (Cass. S.U. 15 mar


zo 1982, n. 1672; Cass. S.U. 24 febbraio 1975, n. 700). 

Con la .Jegge 3 aprile 1979, n. 103 � mutata, infatti, sostanzialmente 

la disciplina della rappresentanza e difesa in giudizio delle Amministra


zioni non statali e degli enti sovvenzionati, sottoposti a tutela o anche 

a sola vigilan:m dello Stato, a seguito dell'integrazione apportata all'ar


ticolo 43 del T.U. 1611 del 1933 dall'art. 11 della richiamata legge 103 

del 1979. Per tali enti, autorizzati con legge o con altro provvedimento, 

e ora anche per gli Enti regionali che, previa deliberazione degli organi 

competenti abbiano richiesto il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato 

(art. 11, quarto comma) la rappresentanza e la diifesa nei giudizi indi


cati nel primo �comma dell'art. 43 sono assunte dall'Avvocatura .in via 

organica ed esclusiva, eccettuati i casi di confilitto d'interessi con lo 

Stato e con le Regioni. 

Salvo le ipotesi di conflitto, ove tali Amministrazioni ed enti in


tendano in casi speciali non avvalersi dell'Avvocatura dello Stato, deb


bono adottare apposita motivata deliberazione da sottoporre agli organi 

di vigilanza. 

In via generale pu� pertanto affermarsi che ad eccezione degli enti 

che esercitano funzioni delegate o subdelegate della Regione, per le Re


gioni, per tutte Je altre amministrazioni pubbliche non statali e per gli 

enti pubblici statali e !'egionali autorizzati ad avvalersi del patrocinio 

dell'Avvocatura, questa esercita la rappresentanza in via organica ed 

esclusiva, salvo H caso di conflitti di interessi con lo Stato. 

Ne deriva che, posti in essere i provvedimenti autor.izzatiw di caratte!'
e generale (deliberazioni del consiglio regionale, autorizzazioni 
con legge, regolamento o altro provvedimento approvato con decreto 
presidenziale, deliberazione degli organi competenti degli enti regionali) 
l'assunzione della rappresentanza e difesa da parte dell'Avvocatura av. 
viene in forma generale ed organica, onde non occorrono per i singoli 
giudizi investiture particolari, essendo necessari, invece, proprio per 

l'esclusione di una tale rappresentanza e l'affidamento di essa a privati 

professionisti, provvedimenti talvolta soggetti al visto degli organi di 

vigilanza. Ed il sistema introdotto con la legge citata, lungi dall'intac


care il principio dell'autonomia degli enti, si ispira invece all'esigenza 

di coordinamento e di unit� dell'indirizzo amministrativo dello Stato, 

che proprio nella funzione consultiva e di difesa in giudizio delle ammi


nistrazioni de1lo Stato, delle regioni e degli enti pubblici, da parte 

dell'Avvocatura trova concreta attuazione e riferimento. E ci� a pre


scindere dall'ulteriore e decisivo rilievo che con d.P.R. 6 ottobre 1978, 


RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO 

330 

n. 873 t'Avvocatura dello Stato � stata autorizzata ad assumere il patrocinio 
dell'ERSAP. 
N� pu� considerarsi fondata l'obiezione di tacita 1abrogazione delle 
sopracitate disposizioni a seguito dell'entrata 'in vigore della legge 103/ 
1979, in quanto (Cass. S.U. 15 marzo 1982, n. 1672 cit.) con l'entrata in 
vigore di tale ultima legge la deliberazione del Consiglio regionale � 
necessaria solo per far conseguire alle regioni a statuto ordinario, e 
quindi agli enti regionalii eventualmente considerati, il pieno regime del 
patrocinio dell'Avvocatura dello Stato proprio delle amministrazioni statali, 
ma non � richiesta per l'estensione di quel patrocinio, su diverso 
piano giiuridico, gi� concessa in precedenza da altre norme (art. 107 

d.P.R. 616 del 1977 per le regioni a statuto ordinario). La legge posteriore 
non contiene cio� alcuna disrposizione incompatibile con le disposizioni 
normative della precedente normativa. 
Va adesso esaminato il ricorso dell'ERSAP. 

Con il primo motivo di gravame l'ente ricorrente denuncia violazione 
dei rprindpi ~elativi alla giurisdizione, violazione e falsa applicazione 
dell'art. 5 legge 6 dicembre 1971, n. 1034; degli artt. 16 e segg. legge 
12 maggio 1950, n. 230; della legge 21 ottobre 1950, n. 41 e della legge 
29 maggio 1967, n. 379, art. 7, in relazione agli artt. 360 n. l, 3 e 5 cod. 
proc. civ., 808 e 829 ste'sso codice. 

Assume dl ricorrente, prospettando violazione di legge in ordine alla 
ripartizione della giurisdizione che la questione concernente l'accertamento 
e la liq��.dazione delle indennit� di miglioria non si sottrae alla 
giurisdizione del TAR, in quanto presuppone un procedimento amministrativo 
che si conclude con l'atto con cui l'ente formalmente d� atto 
dell'estinzione della concessione ovvero dichiara Ja decadenza per inadempienm 
dell'assegnatario, onde la rinuncia non dovrebbe essere regolata 
dai rprindpi privatistici e non sarebbe operativa se non assunta 
nel corso di un procedimento amministrativo, che ne esamini �i motivi, 
concludendosi per il rigetto o per l'accoglimento. 

Osserva in particolare il ricorrente che la Corte del merito ha definito 
� beni patrimoniali indisponibili � i terreni assegnati nel quadro 
della riforma fondiaria, riconoscendo la sussistenza nell'assegnazion~ di 
un vero e proprio provvedimento di concessione. La con.seguenza appare 
di rilievo sul piano pratico, poich� con la legge 6 dicembre 1971, n. 1034 
� stato introdotto un nuovo caso di giuriisdizione esclusiva del giudice 
1amministrativo, attribuendosi al TAR la competenza .in tema di concessione 
di beni p�bblici. Competenza che, in quanto esclusiva, non 
appare limitata agli atti, ma � estesa anche a.i rapporti, .in tal modo 
superandosi le conseguenze della distinzione tra diritti e interessi nelle 
concessioni-contratto, avendo la legge concentrato in un unico giudice 
ogni questione relativa a materia che, per i congiunti profili pubblicistici 
e privatistici, frequentemente dava luogo a dubbi interpretativi. 


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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 331 

Dalla competenza del TAR, ai sensi dell'art. 5, 2� comma, della legge 
restano escluse le sole controversie concernenti indennit�, oanoni ed 
altri corrispettivi, cio� questioni -ad avviso del ricorrente -diverse 
da quella in esame, in cui non si discute dei corrispettivi, in senso ampio 
della concessione, ma se spettino o meno i miglioramenti eseguiti 
dal concessionario e, in caso affermativo, in quale misura. 

Conseguentemente il collegio arbitrale manoava di ogni potere decisorio 
al r.iguardo, cos� come privo di giurisdizione sarebbe stato il 
giudice ordinario. 

Il motivo � fondato. 

L'art. 5 della legge n. 1034, del 1971 stabilisce che �sono devoluti alla 
competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti 
e provvedimenti relativi ,a rapporti di concessione di beni o di servizi 
pubblici... Resta salva la giurisdizione dell'autorit� &iudiziaria ordinaria 
per le controversie concernenti indennit� ed altri corrispettivi �. 

Prima, per�, di affrontare la questione sollevata con ,il proposto 
ricorso sulla sussistenza o meno della giurisdizione del giudice ordinario 
in su]?iecta materia, deve osservarsi che nel caso in esame non vi � 
dubbio che ci si trovi m presenza di una concessione amministrativa 
(concessione-contratto) secondo l'elaborazione che di tale .istituto ebbero 
a compiere queste Sezioni Unite con la nota sentenza del 7 ottobre 
1972, n. 2914. 

Si osserv� in quella sede che gli enti di riforma (oggi enti di sviluppo) 
sono enti pubblici e pubblici sono i beni della loro assegnazione. 

I terreni provenienti da espropriazioni in danno di privati so.no, infatti, 
trasferiti a tali enti per il raggiungimento di fini di pubblico .interesse, 
cio� dei fini della riforma agraria e fondiaria, che sono fondamentalmente 
quelli deHa migliore ripartizione della propriet� fondiaria e 
deHa valorizzazione delle terre, attraverso la trasformazione delle colture. 


N� pu� ritenersi che non si ver�serebbe, nell'ipotesi in esame, in materia 
di beni pubblici indisponibili, in senso tecnico, poich� per questi 
non vige, come per i beni demaniatli, una tipicit� normativa nel senso 
che possono appartenere soltanto allo Stato, con estensione del relativo 
regime alle province e ai comuni (art. 822 capov. e.e.) se appartengono 
a tali enti (art. 824 e.e.). 

I beni pubblici indisponibili, infatti, se destinati ad run pubblico servizio, 
e ci� pu� affermarsi per i beni della riforma fondiaria ove appartengano 
ad enti pubblici non territoriali, ,sono egualmente soggetti a 
quanto stabilisce l'art. 828, 2� comma e.e. e JJ.on possono essere sottratti 
alla loro destinazione, se non nei modi previsti dalle leggi che 1li riguardano 
(Cass. S.U. 10 dicembre 1981, n. 6517). 

N� rilievo alcuno ha la circostanza, ai fini in esame, che i detti beni 
al termine del rapporto giuridico intercorso tra le parti, si trasferiscano 


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332 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dal patrimonio dell'ente al patrimonio dell'assegnatario in propriet�, in 
quanto la disciplina caratteristica della concessione-contratto opera egualmente 
durante tutto il periodo di vita dell'atto di assegnazione (Cass. 

S.U. 10 dicembre 1931, n. 6517 cit.). 
N� migliore fondamento ha la tesi per cui l'art. 5 non sarebbe applicabile 
al caso di specie perch� la controversia non presuppone l'impugnativa 
di un atto o di un provvedimento della P.A., bastando qui 
oss�ervare che pur essendo vero che il processo che si svolge innanzi al 
giudice 1amministrativo rimane pur sempre un procedimento da .ricorso, 
non pu� tuttavia sottovalutarsi che il giudice, per l'intima connessione 
che sussiste tra il diritto soggettivo e l'interesse legittimo, esamina 
l'intero rapporto giuridico sottostante e non si limita a riscontrare la 
legittimit� del provvedimento amministrrativo che, in ipotesi, pu� anche 
mancare. N� vi � problema ciin:a la neces�sit� di rispettare gli eventuali 
termini di decadenza per l'impugnativa, posto che appare nettamente 
corisolidato l'indirizzo per cui, scendendo il giudice amministrativo 
all'esame di situazioni qualificabiH come diritti soggettivi, la loro 
tutela deve ritenersi ammessa per tutto il periodo di prescrizione (Cass. 

S.U. 10 dicembre 1981, n. 6517). 
Non vi sono, pertanto, ostacoli di carattere pregiudiziale che si frappongono 
all'applicazione del cit. art. 5 alla fattispecie concreta, la quale 
rientra nella competenza giurisdizionale del TAR. 

Come risulta dall'impugnata sentenza l'assegnatario, senza pervenire 
previamente ad alcun accordo con l'ente di svHuppo, ha ritenuto unilateralmente 
di recedere dal rapporto, per di pi� senza illeanche abbandonare 
il fondo ed ha adito il coHegio arbitrale, ai sensi' dell'art. 19 del 
contmtto, per far valere sulla base dell'affermata cessazione del rapporto 
il diritto all'indennit� per i migliorramenti. 

Ne consegue che la controversia tra le parti non attiene al mero 
prof.ilo che riguarda � l'indennit� � prevista dall'art. 5, 2� comma, ma 

s.i estende al controllo circa la sussistenza dei presupposti che potevano 
indurre, nel caso concrreto, ad una risoluzione del rapporto ad iniziativa 
dell'assegnatario o dei suoi eredi ed alfinterpretazione del contratto accessivo 
alla concessione, il che comporta l'applicabilit� dell'art. 5, 1� comma, 
che stabilisce che la controversia appartiene alla sfera di giurisdizione 
del TAR. 
Poich� nel caso in esame la questione di giurisdizione (risolta nel 
senso del difetto di giurisdizione del giudice ordinario) � stata so)levata 
dal ricorrente come mezzo onde ottenere il riconoscimento giudiziale 
della non compromettibilit� in arbitri della presente controversia, � necessario 
stabilire se ed in quali limiti il difetto di giurisdizione deil'autorit� 
giudizia:r;ia ordinaria in materia incida sui poteri decisori degli 

arbitri. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 333 

L'indirizzo gi�, accolto da queste S.U. e che va confermato in questa 
sede (v. S.U. 2 maggio 1979, n. 2522; 24 febbraio 1981, n. 1112; 4 luglio 
1981, n. 4360; 24 settembre 1982, n. 4934; 18 gennaio 1984, n. 404; 19 maggio 
1986, n. 2320; 19 maggio 1986, n. 3326; 16 giugno 1986, n. 4006; Cass. 
21 marzo 1987, n. 2814), � nel senso che ove si tratti di controversia relativa 
a diritti soggettivi, gi� devoluta al giudice ordinario ma attualmente 
rientrante nella giurisdizione esclusiva del Tar (in quanto non 
compresa nella riserva di giurisdizione dell'AGO, limitata alle indennit�, 
canoni ed altri corrispettivi delle concessioni di beni o di servizi pubblici, 
ai sensi dell'art. 5, 2� comma della legge) in difetto di contraria 
previsione normativa, deve escludersi la facolt� di compromettere in 
arbitri. 

Due sono gli argomenti fondamentali a sostegno di una tale tesi: 
a) l'uno attiene alla funzione propria del compromesso che, secondo la 
costante giurisprudenza di questa Corte, � sostitutivo od equivalente 
della _giurisdizione ordinaria e quindi deroga convenzionalmente alla 
giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria; b) l'altro pone l'accento 
sugli effetti giuridici che si verificano allorch� determinate materie sono 
devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice speciale in relazione ai 
diritti soggettivi delle parti, i quali subendo necessariamente le conseguenze 
�che sono connesse all'intimo intreccio con gli interessi legittimi, 
perdono o riducono la loro disponibilit�, onde non sono pi� suscettibili 
'di essere compromessi in aJ1bitri (art. 806 c.ip.c.). D'altra parte � stato 

sottolineato che ammettere la deferibilit� ad arbitri delle controversie 

relative a diritti che si pretendono lesi dal provvedimento concessorio, 

non soltanto importerebbe che le controversie circa la distinzione tra 

i. diritti ed interessi permarrebbero nella materia in violazione della 
legge n. 1034 del 1971, che � provvedimento d'ordine e d'interesse pubblico, 
ma autorizzerebbe una deroga alla concentrazione di tutte le controversie 
nella giurisdizione amministrativa, che � stata ritenuta la pi� 
idonea, in materia di concessioni amministrative, alla pi� penetrante e 
completa tutela delle situazioni giuridiche soggettive lese dall'autorit� 
amministrativa. 
Si deve, dunque, diehiarare che essendo la controversia insorta tra 
le parti devoluta alla gillrisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 
ex art. 5, 1� comma legge 1034 del 1971, la controversia non � compromettibile 
in arbitri. 

N� va trascurato di sottolineare che la eventuale rinuncia dell'assegnatario 
e la morte dello stesso non determinano ipso iure l'estinzione 
del rapporto concessorio. Nel primo caso perch� oggetto della 
concessione � un bene patdmoniale indisponibile dell'ente di riforma, 
ed il rapporto di assegnazione, compresa la particolare questione dei miglioramenti, 
risulta interamente disciplinato da disposizioni legislative, 
le quali, proprio in quanto dirette al preminente fine pubblico della ri



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

forma, sono da ritenere inderogabili con la conseguenza della radicale 
nullit� della clausola, data l'impossibilit� di compromettere controversie 
non soggette a transazione perch� riguardanti diritti �indisponibili (art. 
808 c.p.c., 1966 cod. civ.). 

Nel secondo caso, la morte dell'assegnatario non determina ipso 
iure l'estinzione del rapporto concessorio, perch� secondo la particolare 
disciplina delle concessioni di cui trattasi, nel caso di morte dell'assegnatario 
subentrano nell'assegnazione i discendenti in linea retta e, in 
mancanza, il coniuge non legalmente separato (art. 7 legge 29 maggio 
1967, n. 379; art. 19 legge 12 maggio 1950, n. 239). Ne deriva che, con la 
morte dell'assegnatario non si verifica nessuna, estinzione del rapporto 
di assegnazione, che automaticamente prosegue nei confronti degli aventi 
diritto, tanto � vero che l'ultimo comma del cit. art. 7 dispone che solo 
se nessuno dei discendenti o il coniuge � disposto a subentrare nell'assegnazione, 
il fondo ritorna nella disponibilit� dell'ente, ma ci� comporta 
l'espletamento di un procedimento amministrativo, a conclusione del 
quale l'ente potr� formalmente dare atto dell'estinzione della concessione 
ovvero anche dichiararne la decadenza, come nel caso in cui l'assegnatario 
sia stato inadempiente violando gli obblighi della concessione. 

Fino a quando tale provvedimento non risulti emanato permane la 
giurisdizione esclusiva del TAR, poich� se in ordine al riconoscimento 
del diritto ai miglioramenti si faccia questione sulle vicende estintive 
del rapporto (risoluzione, inadempimento dell'assegnatario, revoca da 
parte dell'ente concedente) o pi� in generale, fo ordine a profili diversi 
da quelli inerenti all'accertamento ed alla qualificazione delle migliorie, 
la controversia appartiene al giudice amministrativo e di conseguenza 
non opera la clausola compromissoria. Di taJch� deve dirsi che nessuna 
rinuncia del concessionario o di coloro che abbiano diritto a succedergli 
� operativa, se non sia assunta nel corso di un procedimento amministrativo, 
che ne esamini i motivi, concludendosi per il suo accoglimento 
ovvero per il suo rigetto. 

Solo in tale ipotesi ha luogo l'estinzione della concessione, per cui 
in relazione allo specifico contenuto della c~ntroversia m esame la giurisdizione 
non poteva che spettare al giudice amministrativo, con la 
conseguente nullit� delle clausole compromissorie, in quanto l'oggetto 
della contestazione fra le parti non � limitato al puro profilo patrimoniale 
del diritto all'indennit� per i miglioramenti, rientrante nella previsione 
di cui al secondo comma dell'art. 5 della legge n. 1034 del 1971, 
ma si estende sia al controllo dell'esistenza dei presupposti che potevano 
indurre, nel caso concreto, ad una risoluzione del rapporto ad iniziativa 
dell'assegnatario, sia all'interpretazione del complesso contratto 
accessivo alla concessione. 

N� peraltro pu� sostenersi che avrebbero una qualche rilevanza 
fatti sopravvenuti in corso di causa, atteso che la giurisdizione deve es



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 335 

sere determinata con riiferimento al momento della domanda (C~ss. 
11 febbraio 1980, n. 964; Cass. 3 marzo 1976, n. 708) n� potx:ebbero averla 
i cosidetti comportamenti conclusivi dell'Ente (peraltro da escludersi 
nel caso in esamef. attesa la solennit� concl�siva del rapporto di assegnazione. 


Ma quand'anche un atto formaJ.e di risoluzione possa rinvenirsi o 
quand'anche sia gi� intervenuta la morte dell'assegnatario quale fatto 
estintivo del rapporto, non per questo si potrebbe affermare che la 
causa riguardi esclusivamente questioni di carattere patrimoniale dovute 
all'AGO. 

:� noto, infatti, che la giurisdizione deve essere determinata non 
solo in base al contenuto della d.Omanda, ma anche in considera:llione 
delle eccezioni sollevate dal convenuto. E poich� l'ente, di fronte alle 
richieste di indennit� rivoltegli dagli assegnatari ha eccepito cli volta 
in volta, che le asserite trasformazioni fondiarie furono operate dall'ente 
stesso prima dell'assegnazione, ovvero che l'assegnatario non ademp� 
ai propri obblighi di coltiva:llione mcorrendo m gravi responsabilit� 
per aver danneggiato il podere od averlo abusivamente ceduto a terzi, 
ovvero che la risoluzione del rapporto .era basata sul. presupposto dell'inesistenza 
di qualsiasi credito per migliorie e poteva essere invalidata 
da qualsiasi successiva pretesa cli mettere in discussione l'avvenuta definizione 
dei rapporti economici, � chlaro che simili ecceziorri dell'ente 
determinano l'ampliamento dell'oggetto della causa ed impongono il 
riesame delle fasi di costituzione, svolgimento ed estinzione del rapporto, 
cio� il riesame di quei profili pubblicistici della concessione che, 
come sopra si � gi� evidenziato, sono riservati alla cognizione esclusiva 
del giudice amministrativo. 

Il motivo va, pertanto, accolto con conseguente assorbimento dei 
restanti motiv.i. 
L'impugnata decisione va, quindi, cassata senza rinvio (Cfr. Cass. 
21 marzo 1987, n. 2814). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 novembre 1989, n. 5217 -Pres. Granata 
-Rel. Girone -Prefetto di Catanzaro e Cassa Mezzogiorno (avv. 
Stato Laporta) c. Bisogni (avv. Lombardi Comite). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Trasferimento di funzioni alle Regioni 
-Acquedotto di interesse regionale -Assunzione dell'impegno 
di spesa da parte della Cassa -Competenza delle Regioni -Esclusione. 

(d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 10; d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, art. 125). 
Il regime transitorio dettato dall'art. JO d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, 
a tenore del quale sono conservate agli organi statali le funzioni ammi



336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nistrative in tema di espropriazione per p.u. quando, pur trattandosi dell'esecuzione 
di opere d'interesse regionale, il relativo impegno di spesa 
sia stato assunto a carico del bilancio statale in data anteriore al 1� gennaio 
1978, � applicab.ile anche alle espropriazioni per opere da realizzare 
a cura della Cassa per il Mezzagiorno, il cui specifico ordinamento contabile 
comporta che l'impegno di spesa richiesto dalla norma sia da identificare 
con la delibera di approvazione dei lavori (e la connessa riduzione 
delle disponibilit� finanziarie costituenti la dotazione annua della 
Cassa) (1). 

(Omissis). Con il primo motivo di impugnazione denunziando � vio


, lazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, 
125 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, 4 e 16 Jegge 6 ottobre 1971, n. 853, oltre 
che degli artt. 4 e 6 della legge 10 agosto 1950, n. 646 (art. 360 n. 3 
c.p.c.) � i ricorrenti lamentano ohe il Tribunale Superiore delle acque 
pubbliche abbia ritenuto non assunto .l'impegno di spesa per iil solo fatto 
che ne era mancata l'imputazione ad un capitolo di bilancio preventivo 
e ci� senza considerare che la Cassa per dl Mezzogiorno, quale entit� 
straordinaria creata per un eccezionale mtervento volto allo sviluppo 
dei territori di riferimento della sua attivit� oltre 1a un bilancio consuntivo 
non ha anche un bilancio preventivo che si articoli in capitoli e 
voci, ma solo un fondo complessivo di disponibilit� cui attingere entro 
il � tetto � annuo di a~segnazione, salvo il ricorso a speciali operazioni 
finanziarie per le opere comprese nei programmi di intervento gi� 
approvati .(art. 4 e 6 della legge n. 646, del 1950). 

Sostengono quindi che le delibere del ConsigLio di amministra:lione, 
di approvazione della spesa, costituiscono l'unica forma di impegno della 
Cassa, 'riportabile alla fattispecie dell'art. 10 d.P.R. n. 8 del 1972 che 
conserva alla competenza dello Stato le opere corrispondenti. 

Il motivo � fondato. 
Invero, innanzi tutto devesi rilevare che per quanto l'art. 10 del 


d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 faccia riferimento agli organi dello Stato 
nello statuirne il permanere della competenza per le opere tin materia 
attribuite alle Regioni ove sia gi� stato assunto un impegno di spesa a 
norma dell'art. 49 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 sulla contabilit� 
dello Stato, detta norma, per identica ratio, deve essere ritenuta applicabile 
anche agli altri enti pubblici, ci� che trova conferma nel disposto 
dell'art. 125 secondo comma del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. 
(1) Sulla nozione di � impegno di spesa�, per gli effetti de1la disposizione 
di cui la sentenza ha fatto applicazione, v. pure Cons. Stato, IV, 30 ottobre 
1979, n. 888 (in Cons. St. 1979, I, 1351) nonch� Cons. Stato, IV, 9 dicembre 1980, 
n. 1161 (ivi, 1980, I, 1317 ed in questa Rassegna, 1981, I, 95 con nota di R. Tamiozzo). 

PARm I, SBZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 337 

Inoltre, poich� l'impegno di spesa previsto dalle indicate disposizioni 
deve essere riferito alla specifkit� delle modalit� relative a ciascun ente, 
consegue che, non essendo previsto dalla Jegge 20 agosto 1950, n. 646 
istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno, a causa della straordinaa-iet� 
dei relativi interventi, un bilancio preventivo, articolato in capitoli e 
voci, ma soltanto un fondo complessivo annuo di disponibilit�, deve 
ritenersi costituire impegno di spesa per detto Ente la delibera di approvazione 
dei favori e di destinazione della somma occorrente da parte 
del Consiglio di amministrazione e quindi, nella specie, la delibera 
7 giugno 1968 relativa alla costruzione dell'acquedotto di Nocotera Marina, 
per la cui realizzazione fu emesso l'impugnato decreto di espropriazione 
da parte del Prefetto di Catanzaro. 

L'accoglimento del primo motivo di :impugnazione rende irrilevante 
l'esame del secondo con cui i ricol'll'enti sostengono che la competenza 
del Prefetto a pronunciare il decreto di espropriazione a richiesta della 
Cassa per il Mezzogiorno sarebbe rimasta comunque ferma in base all'art. 
16 della legge 6 ottobre 1971, n. 853 che autorizza la Cassa stessa 
a � proseguire gl'interventi nelle materie che saranno trasferite alle 
Regioni ai 'Sensi del primo comma del precedente art. 4 �, e quindi il. 
permanere della competenza ordinaria di tale ente pur dopo l'attuazione 
dell'ordinamento Tegionale e fino al completo esaurimento dei 
mezzi finanziari stanziati dalla legge medesima per il quinquennio 19711975. 
(Omissis). 


PARTE SECONDA 



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QUESTIONI 


AWOCATURA DELLO STATO E GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

Il presente articolo � tratto da una relazione 
presentata in occasione dell'incontro 
celebrativo ael primo centenario della legge 
31 marzo 1889 n. 5992, istitutiva della IV Sezione 
del Consiglio di Stato, tenutosi in 
Roma, Campidoglio, il 12 aprile 1989. 

1. -Introduzione. 
Fra le istituzioni che si sono illustrate per i loco meriti nel contributo 
dato all'evoluzione della coscien:m civile del Paese, il Consiglio di 
Stato si pone senza alcun dubbio iin prima fila. 

� perci� motivo di orgoglio per l'Avvocatura dello Stato poter vantare 
qualche merito -dir,etto e indiretto -per aver contribuito -nei 
modi e nelle forme che ci si accinge a tratteggiare -cos� al processo 
storico che port� alla creazione della IV Sezione del Consiglio di Stato 
come al1a prima immediata evoluzione del sistema .di giustizia amministrativa 
cos� istituito. 

Va subito notato come la storia di queste istituzioni sia in gran 
paJrte la storia degli uomini che hanno dato loro vita. 

Questo perch� l'epoca a cui facciamo riferimento -la seconda 
met� del secolo scorso -era �l'et� dei notabili�, un'et� in cui i � Grand 
Commis � dello Stato, i vertici deg1i Istituti, i Presidenti, i Procuratori 
Generali, gli Avvocati generali -gli Auriti, gli Spaventa, i De Falco, 
i Mantellini -guidavano la .vita e le riforme istituzionali dialogando 
fra loro nei trispettivi uffici e nelle aule parlamentari, in cui spesso sedevano 
come autorevolissimi rappresentanti. 

Questo anche perch�, dn generale, la bont� delle istituzioni, pi� che 
dalla perfezione delle normative che le regolano, � data dalla qualit�degli uomini che danno foro vita. 

Questa risoluzione di uno dei punti della antica disputa tra Voltaire 
e Rousseau pu� ritenersi ormai sufficientemente pacifica e la storia 
del giudice amministrativo italiano potrebbe fornire in proposito, ove 
mai ve ne fosse ancora bisogno, un decisivo riscontro. 

Hn dai primissimi anni della sua attivit� e nonostante una normativa 
istitutiva e regolatrice quanto mai limitata ed imprecisa, la IV Sezione 
del Consiglio di Stato seppe offrire, infatti, piena garanzia di giustizia, 
trasformandosi da quell'organo di amministrazione che aveva voluto 
il legislatore in organo di giurisdizione. Il che dimostra una volta 
di pi�, come sottolineato da Vittorio Scialoja, �che la fortuna delle istituzioni, 
pi� che dal rigidismo teorico delle norme che le regolano, pu� 
talvolta dipendere �dalil'abnegazione e dalla virt� degli uomini che queste 
istituzioni reggono. 

�E soprattutto balza evidente... la confortante verit� che la consapevolezza 
dell'importanza e del valore delle funzioni che si esercitano, 
quando sia chiamato ad esercitarle chi abbia alto sentimento del dovere, 
� garanzia di perfetta giustizia non minore di quella puramente 
esteriore che ingegnosi congegni legislativi possono prestare. 

24 



2 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�Uomini di alto sentire non sono mai mancati nel Consiglio di 
Stato italiano� (1).

La tradizione � d'altronde continuata da Scialoja fino ai nostri 
giorni: la giustizia amministrativa italiana non gode neppure oggi, nonostante 
pi� recenti leggi, di un supporto normativo adeguato. Non sembra, 
anzi, azzardato definire tale supporto come rudimentale, approssimativo 
ed obsoleto. 

Ciononostante il giudice amministrativo italiano continua la sua 
opera pretoria di cosfruzione di un sistema, un'opera in cui non si sa 
mai se apprezzare maggiormente la fantasia nell'escogitare nuove soluzioni, 
il rigore giuridico nell'argomentarle o i:1 pragmatismo nel trovare 
tra le pieghe delle norme rimedi atti a fornire r.isultati di sostanziale 
giustizia. 

2. 
� Le carenze del sistema della giustizia amministrativa dopo la leggeabolitiva del contenzioso e l'interpretazione datane dalla giurisprudenza 
italiana . 
. � risaputo che, in seguito alJl'entrata in vigore della legge 20 marzo 
1865, .n. 2248, allegato E, l'esigenza di istituire un sistema che garan� 

I

tisse un'adeguata tutela dei cittadini nei confronti della pubblica Am� 

ministrazione .fu avvertita come pressante ed assolutamente ineludibile 

I ~ in connessiorte con l'orientamento affatto restrittivo cui si attenne la 
giurisprudenza nell'individuazione delle linee di confine segnate al giudice 
ordinario dalla predetta legge che, com'� noto, aveva abolito i Tri� 
bunali ordinari del contenzioso amministrativo e devoluto alla giurisdi� ili

1; 

zione ordinaria � tutte le materie nelle quali si faccia questione di un 
diritto civile o politico, comunque vi possa esser interessata la pubblica 
amministrazione e ancorch� siano emanati provvedimenti del potere ese
�:

1 

cutivo o dell'autorit� amministrativa �. 

Si � recentemente avuto modo di sottolineare (2) come tale inter


pretazione (che paradossalmente -come .fu rilevato nella relazione se


natoriale al progetto � Crispi � (3) -rispetto al previgente sistema 

aveva segnato � un vero regresso, in quanto che lasci� al solo apprezza


mento dell'autorit� amministrativa interessi che prima avevano un giu


dice�) sostanzialmente trad� l'intenzione del legislatore, che era quella 

di devolvere al giudice ordinario tutte le competenze dei soppressi tri� 

bunali in materia di amminisrazione contenziosa, con la sola esclusione 

dell'eccezionale competenza in materia di interessi a fronte dei quali 

si ponesse un potere� discrezionale dell'Amministrazione. 

Le ragioni tradizionalmente elencate per spiegare l'atteggiamento �re


strittivo assunto dalla magistratura italiana nell'interpretare [a legge del 

1865 sono in genere .individuate nella disciplina dei conflitti da quella 

legge dettata e nella scarsa indipendenza di cui godevano allora i ma


gistrati. 

� vero infatti che l'art. 13 dell'allegato E devolvette (sia pure in via 

transitoria) al Consiglio di Stato -cio� all'Esecutivo -la funzione di 

(1) V. ScIALOIA, Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, 
in Riv. Dir. Pubbl., 1931, 417. 
(2) I. F. CARAMAZZA, Il �diritto civile e politico� del citt�dino nella cognizione 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria, in Atti del settimo Convegno di Studi 
Giurldici, Firenze, 1989, in corso di pubblioa2Jione. 
(3) Atti parlamentari, Senato del Regno, Tornata del 22 novembre 1887 
(n. 6), 1. 

PARTE II, QUESTIONI 

3 

giudice dei conflitti di attribuzione fra giurisdizione e amministrazione 
ed era quindi prevedibile che il Consiglio d Stato procedesse secondo 
fo schema pa:ralogico del �tu hai torto, perci� ti nego il giudice�, Vero 
� anche che la magistratura all'epoca era costituita da un insieme non 
ancora amalgamato di giudici dei vari stati preunitari, forniti di ben 
modeste garanzie nei confronti del Governo. Vero �, infine, che i magistrati 
-o quanto meno quelli �di alto grado -erano espressione di 
quella stessa classe sociale -la borghesia agraria -che forniva i quadrial1a politica ed all'alta burocrazia (4). 

Sta di fatto, per�, che l'errore di grammatica c.ostituzionale dell'ar� 
ticolo 13 della legge abolitrice -d'altronde non premeditato e dettato 
s�>lo dalla fretta (5) -fu subito corretto con la legge del 1877, che af� 
fid� alla Cassazione rnmana H compito di decidere dei conflitti. 

Sta di fatto, ancora, che l'orientamento restrittivo assunto dal1a giu� 
risprudenza fu tutt'altro che generale e tutt'altro che coerente nel tempo 
con le ragioni di cui sopra. 

Vi fu, anzi, una iniziale apertura deUa giurisprudenza verso interpretazioni 
liberali (6) nonostante l'arcigna guardia del Consiglio di Stato 
giudice dei conflitti: iniziale apertura cui fa riscontro un progressivoself-restraint, nonostante l'avvento 'della Cassazione romana al posto del 
Consiglio di Stato (7). 

Al compimento del primo decennio della riforma poteva riscontrarsi 
infatti nella giurisprudenza del giudice ordinar.io italiano un orientamen� 
to prevalente che affermava la risarcibilit� del danno recato ad una situazione 
regolata da leggi amministrative; la risarcibilit� del danno 
causato da atti autoritativi (o iure imperii); fa potest� del giudice di 
disapplicare gli atti autoritativi non solo in via di eccezione ma anche 
in via di impugnativa principale (8). 

Tale orientamento era allineato a q~ello della coeva giurisprudenzabelga ed era quanto mai ragionevole m quanto gli artt. 2, 4 e 5 della 
legge abolitrice rappresentavano la quasi letterale traduzione degli articoli 
92, 93 e 107 della Costituzione belga del 1831, Costituzione dalla 
q�ale il nostro .legislatore aveva tratto dichiarata ispirazione e che consent� 
ad un Paese per molti aspetti paragonabile al nostro di considerare 
soddisfacente per oltre un secolo la tutela offerta in tal modo dal 
giudice ordinario. 

� dunque legittimo supporre che se anche in Italia, come in Belgio, 
quella interpretazione liberale della normativa abolitrice del contenzioso 
.si fosse consolidata, non sarebbe stata avvertita a cos� breve distanza 
di tempo dalla riforma la necessit� di una sua integrazione. 

Dopo le prime iniziali aperture di cui si � detto, invece, come � noto, 
la interpretazione che si consolid� nella giurisprudenza italiana fu assai 
pi� restrittiva e ridusse in confini molto angusti la tutela dell'amministrato 
nei confronti dell'amministrazione operando lungo tre direttive: la 
definizione dei diritti civili e politici, la delimitazione dei propri poteri di 
disapplicazione, la individuazione del criterio di riparto della competenza 
fra autorit� giudiziaria e autorit� amministrativa. 

(4) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, Bologna, 1983, p. 87. 
(5) G. MANTELLINI, I conflitti di attriibuzione, Firenze, 1871, I, 36; B. SORDI, 
Giustizia e amministrazione nell'Italia liberale, Milano, 1985, 45. 
(6) V. CERULLI IRELLI, Il problema del riparto delle giurisdizioni, Pescara, 
1979, 24; G. GRECO, L'accertamento autonomo del rapporto nel giudizio ammi� 
nistrativo, Milano, 1980, 76. 
(7) F. BENVENUTI, Giustizia Armninistrativa, Enciclopedia del Diritto, XIX, 
599. 
(8) Foro It., 1876, I, 842. 

4 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a) I diritti civili e politici. 

I diritti civili e politici furono considerati, infatti, nella limitata accezione 
rispettiva di diritti a prevalente contenuto patrimoniale e di 
diritti di partecipazione al governo de1la cosa pubblica (9). 

Quanto riduttiva questa visione rispetto a quella fatta propria dagli 
ispiratori della riforma (10) e quanto riduttiva anche rispetto alla in� 
terpretazione che della stessa formula. veniva data in Belgio (11) � inutile 
sottolineare. Fu persa allora un'occasione per 1a creazione' di una 
categoria di diritti pubblici soggettivi capace di inglobare molte di quelle 
situazioni che saranno poi qualificate interessi legittimi (12). 

Un'ulteriore riduzione fu poi talvolta operata con l'escludere dalla 
categoria dei diritti civiH e politici le situazioni soggettive regolate da 
leggi amministrativ.e (13): esc1usione che n� la lettera della legge n� la 
sua ratio giustificavano. Dai lavori preparatori risulta infatti solo che 
era opinione di alcuni parlamentari che dalle leggi amministrative non 
potessero essere creati diritti ma solo precisati la natura ed il modo 
di essere di diritti da altre norme creati. 

Lo stesso Mante1lini, non certo sospettabile di corrivit�, sia pure 
prima di assumere la responsabilit� di Avvocato Generale Erariale, scri� 
veva che le leggi �sebbene amministrative, non cessano d'essere leggi 
per questo � e che se il contenzioso che ne deriva doveva essere lasciato 
all'arbitrio dell'Amministrazione attiva, �tanto valeva non fare la legge
� (14). 

In riealt� -proseguiva lo scrittore toscano -la formula �diritti ci


vili e politici � .si riferisce a qualunque diritto, quale che sia la legge o 

il principio generale del diritto che ne � fonte, cos� come � nel Bell}io 

� del quale si poteva rifiutare la formula nella legge del '65, non la giuri


sprudenza nella identica formula� (15). 

La verit� � che .il legislatore del 1865 aveva inteso rimettere al giu


dice ordinario tutta la competenza dei soppressi tribunali in materia 

di amministrazione contenziosa, alias relativa a diritti, secondo la ter


minologia del tempo, con esclusione soltanto della -peraltro ecce


zionale -competenza in materia di interessi a fronte dei quali si po


nesse un potere discrezionale dell'amministrazione. Tutto l'ultradecen


nale dibattito dottrinario e politico che aveva preceduto la legge aboli


trice av.eva, appunto, ruotato intorno all'alternativa se attribuire o meno 

al giudice ordinario la cognizione della �amministrazione contenziosa �. 

Ma che, una volta fatta la scelta, questa dovesse passargli in blocco, 

era fuori discussione (16).

Dunque nella dottrina giuridica dell'epoca e nell'intenzione del le


gislatore del 1865 -e all'intenzione � conforme la lettera della legge 


a fronte di ogni attivit� vincolata dell'amministrazione l'interesse del


l'amministrato assurgeva alla dignit� di bene della vita la cui perdita 

o deterioramento dava titolo a chiedere riparazione. Non assurgeva a 
(9) V. CERULLI IRELLI, op. cit., 16; F. CAMMEO, Commentario delle leggi sulla 
giustizia amministrativa, Milano, s.d., I, 434. 
. (10) Relazione Borgatti, in Atti parlamentari Camera dei Deputati, Torna� 
ta del 16 giugno 1864, 2461; Discorso chi P. S. Mancini, ivi, Tornata del 9 giugno 
1864; Mantellini, op. cit., 23 e ss., 35 e ss. e passim. 

(11) G. MANTELLINI, op. cit., I, 110 ss.; V. CERULLI !RELLI, op. cit., 16. 
(12) F. BENVENUTI, op. cit., 600. 
(13) L. MEuccr, Istituzioni chi diritto amministrativo, Roma, 1879, I, 77, 
96, 99. 
(14) G. MANTELLINI, op. cit., I, 116. 
(15) G. MANTELLINI, op. cit., I, 110-113 
(16) M. MINGHETTI, Rel. al progetto omonimo, Atti parlamentari cit., Doc. 
n. 46, II ristampa, 79 ss.; F. CAMMEO, op. cit., I, 399 e 438. 

PARTE Il, QUESTIONI 

I 

diritto solo l'interesse per la cui realizzazione era necessaria l'intermediazione 
dell'esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, 
essendo in tale situazione l'amministrato titolare soltanto di una legittima 
aspettativa a che l'amministrazione esercitasse i propri poteri . conformemente 
a legge (17). La giurisprudenza trad� dunque l'intenzione 
del legislatore. 

b) La disapplicazione. 

Quanto alla delimitazione dei criteri di disapplicazione dell'atto amministrativo, 
anche in questo caso, a fronte del genemlissimo enunciato 
legislativo e della chiarissima � voluntas � emersa dai lavori preparatori, 
venne formandosi una giurisprudenza restrittiva, con la elaborazione della 
teoria della disapplicabilit� dell'atto in vda di sola eccezione, negandosi 
invece la possibilit� di disapplicazione quando l'illegittimit� dell'atto 
fosse dedotta in via diretta e principale, in quanto ii.mmediatamente 
lesiva di una posizione tutelata (18). 

c) Il riparto delle competenze. 

Sul criterio di r.iparto delle competenze fra giurisdizione e amministrazione, 
infine, a fronte del chiaro dettato legislativo che poneva 
come i linea discriminatrice la esistenza o meno di un diritto civile o 
politico, venne affermandosi il diverso e ben pi� limitativo criterio della 
distinzione fra attivit� iure gestionis e attivit� iure imperii (19). Di fronte 
alla prima soltanto l'Autorit� giudiziaria riconobbe la propria competenza, 
sulla scorta della considerazione che a fronte dell'atto autoritativo 
non potesse configurarsi alcun diritto. 

Singolarmente, una teoria nata nella vicina Franoia per aumentare 
i poteri del giudice ordinarfo e consentirgli di sindacare alcune attivit� 
amministrative senza incappare nei rigori delle sanzioni penali comminate 
dalle leggi rivoluzionarie (20) venne trapiantata .in Italia con l'opposto 
effetto -attesa la ben diversa struttura del sistema di giustizia 
instaurato -di vedere limitati quei poteri in modo radicale. 

Delle tre autolimdtazioni che il giudice italiano si era imposto in 
quegli anni e di cui si � detto, quest'ultima era certo la pi� grave e 
significativa, riducendo la tutela del nostro concittadino di cento anni 
fa a quella gi� goduta, oltre un secolo prima, dai sudditi di molti regum 
assoluti. Tanto v�ero che una polemica sulla sufficienza o meno della tutela 
offerta dal giudice unico nacque in Belgio a cavallo fra Ottocento 
e Novecento proprio in coincidenza con una oscillazione della giurisprudenza 
di quel1a Cassazione, che, abbandonando le proprie tradizionali 
posizioni, aveva fatto propria, in alcune decisioni, la t�eoria francese 
degli atti d'impero come limite al sindacato del giudice ordinario (21). 

(17) L. MEUCCI, op. cit., 104. 
(18) G. GRECO, op. cit., 76. 
(19) Nonostante alcune diverse opinioni deve ritenersi che fu quello il criterio 
generalmente seguito: cfr. G. VACCHELLI, La difesa giurisdizionale dei 
diritti dei cittadini verso l'autorit� amministrativa, in Primo Trattato com� 
p1eto di diritto amministrativo italiano, Milano, 1901, Vol. III, 437, nota {1); 
adde M. NIGRO, op. cit., 89; F. BENVENUTI, op. loc. cit.; F. BATISTONI FERRARA, 
La difesa dello Stato in giudizio e la soluzione italiana, in �L'Avvocatura dello 
Stato�. Studio stomco giuridico per la celebrazione del Centenario, Roma, 
1976, 278 ss. 
(20) M. S. GIANNINI e A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione 
ordinaria, in Enciclopedia del Diritto, XIX, 278. 
(21) M. SoMERHAUSEN, Belgio, in � Il controllo giurisdizionale della pub� 
blica Amministrazione�, a cura di A. PIRAS, Torfno, 1971, 31. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

6 

Ne deriv� una accesa disputa dottrinaria e politica nel c�rso del1a 
quale venne proposta la reintroduzione in Belgio del Consiglio di Stato (22) 
e che si concluse per� con un deciso � ritorno alle origini � sotto la 
suggestione della dottrina del Wodon, che denunci� l'indulgenza agli 
schemi dottr,inari francesi come incompatibile con fa Costituzione Belga 
(23). La Cassazione di Bruxelles irnfatti riafferm� decisamente la propria 
tradizionale giurisprudenza ripudiando l'idea della doppia perso�
nalit� dello Stato sovrano e dello Stato persona civile ed affermando 
la propria tradiz,ionale competenza anche in presenz,a di atti iure imped� 
(24). 

3. 
-Il contributo dell'Avvocatura erariale al formarsi di tale giurisprudenza 
ed alla istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato. 
Criticabile per quanto fosse sta di fatto, per�, che l'interpretazione 
restrittiva prima descritta, in tutte e tre le sue direttrici, divenne 
ben presto in Italia diritto vivente, dando cos� causa ad uno stato di 
acuta insoddisfazione per la scarsissima e spesso inesistente tutela offerta 
all'amministrato contro gli arbitrii dell'Amministrazione e creando 
cos� il terreno �favorevole alla riforma Crispi. Al formarsi e consolidarsi 
di tale giurisprudenza contribu� in misura rilevante l'opera del!'
Avvocatura erariale la quale era nata nel 1876 con il dichiarato intento 
(25) di apprestare criteri difensivi unitari che concorressero all'elaborazione 
giurisprudenziale dei limiti oggettivi del sindacato del giudice 
ordinario sull'atto amministrativo. 

La 
sua direzione fu affidata a Giuseppe Ma'll!tellini, il cui nome 

viene molto pi� spesso citato dai cultori della materia per evocare il 

giuspubblicista autore dello � Stato e il codice civile � piuttosto che non 

il primo Avvocato Generale Erariale ed in genere la citazione viene 

fatta per criticare -non senza durezza -un misoneismo giudicato ec


cessivo (26). In realt�, come risulta anche dalle citazioni sin qui fatte, 

il suo pensiero fu tutt'altro che illiberale. 

Suo torto fu -se torto questo si pu� chiamare per un avvocato -, 

una volta investito delle funzioni, quello di vincere la cause dello 

Stato affidategli adottando la linea difensiva pi� radicale possibile, quel


la di negare in capo al � giudice la potest� di giudicare. 

La 
tesi della responsabilit� storica dell'Avvocatura erariale nel de


terminare la linea interpretativa restrittiva di cui si � detto fu gi� annun


ciata, nell'infuocato dibattito parlamentare sulla legge istitutiva della 

IV Sezione del Cons~glio di Stato, dal senatore Pierantoni (genero del 

Mancini) il quale, opponendosi strenuamente al disegno, vedeva come 

unico vero rimedio alla insufficiente difesa degli amministrati una pi� 

esatta lettura, da parte del giudice ordinario italiano, della legge del 

1865, una lettura conforme alla lettera della norma ed all'interpreta


zione datane della giurisorudenza belga di fronte ad analogo testo e, 

criticando la distinzfone fra atti di gestione e atti di impero, ammoni


va 
gli onorevoli colleghi come tale interoretazione, fatta prooria dal 

giudice italiano, fosse errata: � l'opera della Cassazione -precis� 

(22) M. BoURGUIN, La prot�ction des droits individuels contre les abus de 
pouvoir de l'autorit� ad:mdnistrative en Belgique, Bruxelles, 1912, passim. 
(23) L. WoooN, Le. contr�le jul'idictionnel de l'administration et la responsa� 
bilit� des pouvoirs publics en Belgique, Bruxelles, 1920, 81, 93. 
(24) 
Cass. belga 5 marzo 1917 in Pasicrisie, 1917, I, 118. 
(25) 
I. F. CARAMAZZA, op. cit. 
(26) 
Cfr., per tutti, B. SORDI, op. cit., 174. 

PARTE II, QUESTIONI 

7 

fu spinta su questa via dall'Avvocatura erariale, forte istituto, preva�
lente nell'opera del potere amministrativo e giudiziario� (27). 

In effetti l'istituto dell'Avvocatura -la cui originaria denominazio� 
ne di �erariale � forse gi� denunziava le limitate dimensioni che lo 
Stato intendeva attribuire al proprio contenzioso -nacque, come si � 
detto, con il dichiarato intento di concorrere, con l'adozione di criteri 
di difesa unitari, alla elaborazione giurisprudenziale della distinzione 
fra diritti ed interessi e a definire i limiti oggettivi del potere del 
giudice Ol'dinarfo in ordine all'atto amministrativo (28). A fronte della 
formula generale del legislatore del �1865, �di semplicit� ingannatri� 
ce� (29), parve infatti necessaria l'istituzione di un organo unitario di 
difesa in giudizio (30) per supplire alfa soppressione di un foro aromi� 
nistra:tivo speciale (31), soprattutto fa previsione del passaggio alla Cassazione 
della competenza sui conflitti. Ci� a differenza di quanto accadeva 
in Francia, dove � ... si fidano del Pubblico Ministero e del Pre� 
fetto: e poterono dispensar.si da un istituto di consiglieri, di avvocat! 
demaniali o erariali, in grazia di quel loro foro amministrativo che ne 
avoca le maggiori cause e dove l'amministrazione trova nei giudici quan� 
ta assistenza a lei bisogna� (32). 

A capo dell'Istituto veniva posto, come si � detto, Giuseppe Man� 
tellini, il� quale portava nella sua nuova attivit� non solo la fama del cul� 
tore di diritto pubblico di livello internazionale, non solo il prestigio 
del parlamentare, ma anche la specifica esperienza di Direttore del Con� 
tenzioso. di consigliere di Stato, di consigliere di Cassazione e, soprat� 
tutto, di Avvocato regio di Toscana nel decennio precedente l'unifica� 
zione. 

Nella nuova istituzione, da lui stesso voluta, port�, quindi, tutto 
il bagaglio professionale accumulato nell'antico istituto lorenese e gli 
schemi logici e dialettici maturati in un regime che, bench� illuminato e 
quanto illuminato! (33) -era pur sempre stato un regime assoluto. 

Fin dall'inizio dell'attivit� di istituto Mantellini elabor� la linea 
difensiva della distinzione fra atti di impero e atti di gestione e della 
sindacabilit� incidenter tantum dell'atto di impero solo in via di ecce� 
zione e solo quando lo stesso atto aggiungesse al rapporto � politico � 
un �rapporto accidentale e contingente di natura civile� (34), coordi� 
nando con molta energia e molta fermezza le attivit� delle varie Avvocature 
distrettuali (35). 

Particolare cura mise nello spingere quanto pi� avanti possibile 
la linea di difesa della negazione al giudice della potestas iudicandi, so� 
prattutto in materia di responsabilit� aquiliana, attraverso l'argomento 
che sotto le mentite spoglie di uria pretesa risarcitoria si sindacava inammissibilmente 
-l'emanazione o la mancata emanazione di un atto 
amministrativo: � Tanto fa chiedere la condanna del sindaco quale uf� 

(27) Atti parlamentar�, Senato del Regno, Discussioni, Tornata del 20 
marzo 1888, 1170. 
(28) F. BATISTONI FERRARA, op. loc. cit. 
(29) L. ARMANNI, Il Consiglio di Stato, m Trattato di V. E. Orlando, s.d., 
I, 949. 
(30) F. BATISTONI FERRARA, op. cit., 254 SS. 
(31) Relazione al Regolamento 16 gennaio 1876 n. 2914, serie II, pubblicata 
in allegato alla Relazione dell'Avvocato Generale erariale per il 1876, pag. 74. 
(32) Relazione ult. oit. 
(33) Cfr. I. F. CARAMAZZA, L'Avvocato Regio di Toscana, in L'Avvocatura 
dello Stato cit., 185 ss. 
(34) Relazione dell'Avvocato Generale Erariale per l'anno 1880, 49 ss. 
(35) Relazione dell'Avvocato Generale Erariale per l'anno 1878, pag. 18 e ss., 
e 1879, pag. 22 e ss. 

8 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATCJ 

fidale di Governo a rilasciare il certificato di buoni costumi, quanto il 
chiedere la condanna del sindaco a soddisfare al danno lamentato dall'attore 
per negatogli certificato� (36). 

L'autorevolezza, l'esperienza organizzativa, l'uniformit� di indirizzo 
difensivo, la grande capacit� ed esperienza professionale, si imposero 
ad una magistratura di varie matrici geo-culturali e ancora separata tra 
tante Cassazioni -spesso abilmente giocate le une contro la altre e 
la pi� restrittiva delle interpretazioni della legge del 1865 divenne � di11itto 
vivente �. Con palese capovolgimento dei concetti ispiratori della 
riforma si afferm�, quindi, la regola -come fu detto con qualche pessimismo 
-che il punto di equilibrio fra principio di libert� e principio 
di autorit� andava trovato nell'assioma che dove vi � esercizio di autorit� 
non pu� esservi libert�. 

All'Avvocatura pu� ascriversi dunque una sorta di � corresponsabilit� 
storica� in ordine al consolidamento dell'interpretazione in chiave 
restrittiva della legge abolitiva del contenzioso (37), interpretazione 
che della riforma Crispi costitu� il presupposto. Sarebbe tuttavia errato 
ritenere che la sua opera avesse costituito anche una � controspinta 
� all'affermazione della � giustizia nell'amministrazione �. 

Va invece osservato che. se, da un canto. l'Avvocatura difendeva 
vittoriosamente i confini dell'area riservata all'esecutivo e come tale 
interdetta al sindacato del giudice ordinar.io, dall'altro non mancava di 
denunciare vigorosamente la manifesta inadeguatezza del sistema di 
giustizia amministrativa, quale risultava dal �diritto vivente� cos� creato 
e di conclamare l'urgenza di apprestare adeguate forme di tutela peri cittadini. 

Illuminante, per comprendere appieno la (( ratio )) che ispir� la politica 
difensiva dell'Avvocatura ed apprezzarne l'intima co'erenza di 
condotta sull'intera problematica della giustizfa amministrativa, � il seguente 
brano della �Relazione � per l'anno 1883 (38): 

� Fino a che non si riconosca competenza se non al giudice del 
diritto, sarebbe non senza pericolo, per la indipendenza dei poteri, attribuirgli 
l'indagine della prudenza o della opportunit� sulla misura 

o sull'atto amministrativo. Intanto che basta l'addentrarsi anche di poco 
nelle pratiche della giustizia amministrativa per accorgersi che 
nulla pi� ne offende, o disdice, quanto lo scompagnare nell'atto amministrativo 
l'esame della legittimit�, dove ogni regola diventa pieghevole, 
dall'esame della giustizia, la quale non pu� tornare che di convenienza 
... E dunque, affrancati da ogni scrupolo, _,commettasi al Consiglio 
di Stato, a questo Supremo Collegio dell'ordine amministrativo, 
l'esame di ogni atto amministrativo nel doppio aspeHo di quella speciale 
legittimit� e di quella speciale giustizia, che si comportano dalla giustizia 
amministrativa. 
� Lo possiamo col Consiglio di Stato, senza sospettare che ne re� 
stino trascesi i Limiti, offesi i criteri, disdetti i fini della giustizia am� 
ministrativa, per astrazioni inutili se non pericolose, e con invece la 
istituzionale garanzia di riportarne sempre applicazioni concrete e rassi


curanti�. 

(36) Relazione cit. 1882, 6. 
(37) Sintomatico, in proposito, � quanto osserv� il senatore Pierantoni (in 
Atti Parlamentari, Senato del Regno, Discussioni, Tornata del 20 marzo 1880, 
1170) nel dibattito sulla legge istitutiva della IV Sezione del Consiglio di 
Stato: �...Cos� la illegalit� e la irregolarit� degli atti del potere esecutivo e 
dell'Amministrazione sfuggirono all'esame dei Tribunali, e rimasero in vita la 
onnipotenza e la irresponsabilit� dell'Amministrazione. L'opera del Consiglio 
di Stato e della Cassazione fu spinta su questa via dall'Avvocatura erariale, 
forte istituto, prevalente nell'azione del potere amministrativo e giudiziario�. 
(38) Relazione dell'Avvocato Generale erariale per l'anno 1883, 53. 

PARm II, QUESTIONI 

9 

Nella stessa relazione, peraltro, si contesta apertamente che la responsabilit� 
politica possa configurarsi come sufficiente garanzia per la 
legalit� nell'azione amministrativa: �Ma sono troppi o ben gravi gli 
interessi raccomandati alle autorit� amministrative, i quali aspettano 
dalle nostre leggi l'ordinamento che ne tuteli seriet� e verit�, da non 
potersi aspettare da quella politica responsahllit� la quale nel fatto e 
nell'opinione licenzia i ministri a11'arbitrio roi� che non li esponga a rese 
di conti. Questa responsabi1it� per nessuno si ha pi� per vera e seria 
garanzia della retta, imparziale amministrazione della giustizia amministrativa; 
e anche per noi � tempo di mettere gli interessi che le sono 
raccomandati al coperto delle calunnie e contro le esagerazioni di ingerenza 
indebita, le quali pur sono il tarlo che pi� rode e corrode il 
Governo dei parlamenti � (39). 

Non � davvero difficile cogliere nei passi or ora trascritti la stessa 
convinta determinazione, nell'auspicare la piena ed effettiva afferma� 
zione della giustizia nell'Amministrazione (attraverso l'istituzione di un 
Giudice apposito, quale il Consiglio di Stato, incardinato nell'Ammini� 
strazione ma da essa tradizionalmellite indipendente), che connot� i 
discorsi dei pi� illuminati e vivaci propugnatori di essa, e primo fra 
tutti lo Spaventa (40). 

Altrettanto immediatamente pu� desumersene come findirizzo difensivo 
che l'Avvocatura erariale adott� in ordin� all'interpretazione 
della legge abolitiva del contenzioso, piuttosto che essere animato da 
intenti di segno illiberale, fosse invece consapevolmente mirato a sti� 
molare una chiara ed univoca definizione giurisprudenziale di que1lo 
che -esorbitando dai limiti della giurisdizione del giudice ordinario avrebbe 
dovuto essere il �territorio� da riservare al giudice amministrativo 
di cui si invocava l'istituzione. 

4. � Le ragioni storico-culturali della presa di posizione dell'Avvocatura 
in favore della devoluzione al Consiglio di Stato delle funzioni di 
Giudice amministrat.ivo. 

La posizione -appena delineata -che assunse l'Avvocatura in ordine 
al problema dell'adozione di un sistema pienamente garantistico 
di giustizia amministrativa era peraltro del tutto coerente con le con� 
dizioni storico-culturali nelle quali essa venne maturando, tenuto conto 
anche del fatto che tra l'evoluzione della giustizia amministrativa e 
la definizione dell'assetto istituzionale del sistema difensivo dello Stato 
venne a determinarsi una sorta di interrelazione (41) che fece s� che i 
due fenomeni traess�ero naturalmente alimento l'uno dall'altro. 

Il che, a ben vedere, 1trova una .intuitiva spiegazione gi� sul piano 

pragmatico: da un canto, infatti, l'organo attributario della funzione 

giustiziale tanto pi� avrebbe potuto affermare il proprio carattere di 

giudice indipendente quanto pi� netta fosse stata, in relazione al giudi


zio amministrativo, l'affermazione del carattere di �parte� (ancorch� 

affatto � sui generis �), e per ci� stesso abbisognevole di un difensore, 

dell'Amministrazione; dall'altro l'Avvocatura non poteva che guardare 

con favore all'istituzione ed al consolidamento di un sistema che le 

(39) Relazione, ult. cit., p. 46. 
(40) S. SPAVENTA, La giustizia nell'amministrazione in Codice della giustizia 
amministrativa (per cura dell'avv. Ranieri Porrini), Firenze, 1900. 
(41) F. BATISTONI FERRARA, La difesa dello Stato in giudizio e la soluzione 
italiana, in L'Avvocatura dello Stato, oit., 254 ss. nonch� 282 ss. 

. 
. . .

-

RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO 

avrebbe consentito di affrancare la propria istituzionale funzione di 
patrocinio e.~ di consulenza dai limiti angusti impressile in origine dal� 
l'ordinamento per proiettarla nell'amb~to pluridimensionale degli interessi 
� generali � (e non pi� soltanto patrimoniali) dello Stato. Con il 
patrocinio dell'Amministrazione di fronte ad un organo giurisdizionaleamministrativo la Avvocatura passava infatti, quanto meno in via di 
evoluzione prospettica, dalla dimensione pr.ivatistica di difensore del� 
l'erario a quella pubblicistica di difensore delle prerogative del potereesecutivo, cos� gettando le basi della sua futura promozione da Avvocatura 
erarfale ad Avvocatura dello Stato. 

Esiste peraltro, forse, una ragione ancor pi� profonda dell'interrelazione 
di cui si � detto: i due fenomeni sembrano invero riconducibili 
ad una comune matrice teorico-culturale, verosimilmente ravvisabile . perentrambi nel principio della separazione dei potel�� introdotto dalla Rivoluzione 
francese (42) e soprattutto nella teoria del Rechtsstaat elaborata 
dalla dottrina tedesca (che ebbe in Rodolfo Gneist il pi� autorevole 
assertore), teoria che �penetra in Italia nell'amb:iito dei dibattiti 
sul completamento e il consolidamento delle Istituzioni dell'Italia 
unificata� (43) ed alla quale dichiaratamente si ispirarono tanto lo 
Spaventa (44), quanto il Mantellini (46). � 

5. 
-L'evoluzione della IV Sezione del Consiglio di Stato: da organo amministrativo 
ad organo giurisdizionale. Il contributo dell'Avvocatura 
dello Stato. 
~ noto come il '.legislatore, con l'attuazione della riforma del 1889, 
non intendesse affatto costituire una giurisdizione speciale (il che avrebbe 
minato � in radice � il principio della giurisdizione unica introdotto 
con la legge abolitiva del contenzioso): all'epoca, infatti, il concetto 
che �la fonte di giurisdizione � unica e che, di regola almeno, debba 
essere esercitata dal solo potere giudiziario dontlnava ancora tenacemente
� (46). 

Il legislatore, in realt�, di fronte all'acuta insoddisfazione per le 
limitatissime garanzie che il � diritto v.ivente � offriva al cittadino nei 
confronti della Pubblica Amministrazione, si trov� a dover risolvere un 
dilemma: o ampliare -eventualmente in via di interipretazione autentica 
-il numero delle situazioni soggettive tutelate dinnanzi al giudice 
ordinario, disconoscendo i risultati giul��sprudenziali raggiunti, come 
suggerivano alcuni (47), ovvero accettare per buono quel �diritto vivente 
� ed istituire un altro organo per turtelare situazioni diverse dai 
dir:itti. Una volta scelta tale seconda � soluzione, fu giocoforza accettare 
il postulato che ci� che andava tutelato, per garantire la legalit� nell'azione 
amministrativa, erano meri � iiIJJteressi � (aventi cio� ad oggetto 

(42) In tal senso, da ultimo, G. MANZARI, Avvocatura dello Stato, in Digesto 
UTET, 1988, per il quale �in forza di tale principio -superato il primo assolutismo 
rivoluzionario che contrast� ogni interferenza del potere giudiziario 
su quello esecutivo -anche quest'ultimo � assoggettato all'osservanza delle 
leggi ed al sindacato dei giudici; donde la necessit� di provvedersi, alla stregua 
di ogni altro soggetto dell'ordinamento, di un difensore (solo i tiranni -verr� 
poi icasticamente detto -non hanno bisogno di avvocati) �. 
(43) Cos� M. NIGRO, in �Silvio Spaventa e lo Stato di diritto�, in Foro It. 
1989, V, 109 ss. 
(44) 
Vedasi, al riguardo, l'opera di Nigro appena citata. 
(45) 
Relazione dell'Avvocato Generale erariale per l'anno 1883, SO. 
(46) 
Cos� V. SCIALOIA, op. loc. cit. 
(47) 
Cfr. I.F. CARAMAZZA, iin Atti del Convegno di Studi Giuridici, cit. 

-


PARTE II, QUESTIONI 1i 

beni della vita non conseguibili senza l'intermediazione dell'esercizio 
di un potere discrezionale) e che di essi non avrebbe potuto conoscere 
che un organo incardinato nell'esecutivo. Cos� infatti si disse espressamente 
nella relazione alla legge istitutiva della IV Sezione del Consiglio 
di Stato: �il nuovo istituto non � un tribunale giudiziario speciale 

o eccezionale, ma rimane nella sfera del potere esecutivo, da cui prendela materia e le persone che lo devono mettere in atto. � lo stesso potereesecutivo ordinato dn modo da tutelare maggiormente gli interessi dei 
cittadini. Perci�, a differenza dell'antico contenzioso amministrativo, 
escludere ogni confusione di poteri costituzionali... � soltanto un corpodeliberante che il potere esecutivo forma con elementi scelti nel suo 
seno, come a sindacare dei suoi atti, e per mantenere la sua azione nei 
limiti della legalit� e della giustizia� (48).
Il fatto che nella concezione del legislatore U nuovo istituto fosse 
un organo dell'Amministrazione consent�, peraltro, di attribuirgli un 
potere che giammai, all'epoca, sarebbe stato affidato ad un organo giurisdizionale, 
cio� quello di sospendere, annullare e revocare l'atto amministrativo 
(49), il che contribu� a far s� che la nuova Sezione, sapientemente 
guidata da quello stesso Silvio Spaventa che l'aveva cos� fortemente 
voluta, conquistasse ben presto il favore del pubblico, dimostrando 
che la tutela offerta � non cedeva, per dndipendenza di giudizio, a quellache si poteva ottenere, per i diritti, dall'Amministrazione giudiziariaOl'dinaria � (50). 

La forza de1le cose, comunque, non tard� a prevalere sull'involucro 
formale costruito dal legislatore, tant'� che la natura giurisdizionale della 
nuova Magistratura fu pressoch� immediatamente riconosciuta dalla 
g.iurisprudenza: gi� nel 1893, infatti, la Cassazione di Roma a Sezioni 
Unite, con sentenza 21 marzo 1893 n. 177 (51), statudva che �la IV Sezione 
del Consiglio di Stato � stata investita dalle leggi 31 marzo 1889 
e 1 maggio 1890 di una vera e propria giurisdizione, la quale ha pure 
il carattere speciale di fronte a quelle generkhe assegnate all'autorit� 
~iudiziaria, donde l'ammissibilit� del ricorso per incompetenza o eccesso 
di potere anche contro le decisioni della IV Sezione� (52). 

L'Avvocatura eramale -sia pur combattendo, come si � visto, 
pro domo sua -svolse un ruolo non secondario per l'affermazione di 
tali principi ed il consolidamento del nuovo sistema, impugnando le 
decisioni. del Consii:dfo di Stato davanti alle Sezioni Unite della Cassazione 
ed affermandone, anche in relazione ai limiti soggettivi, la piena 
equipara:rione alte sentenze dei Tribunali (53). 

6. -Conclusioni. 
Tirando le fila di quanto sin qui detto sembra potersi concludere 
che il giudice amministrativo in Italia trova paradossalmente la sua 
matrice �in una normativa dettata in due riprese, nel 1865 e nel 1889-90, 
per negarne l'esistenza ed istituire, invece, in giudice unico il giudiceordinario. 

(48) V. SCIALOIA, op. loc. cit. 
(49) Scrisse Infatti V. SCIALOIA, op. cit., 412, che �attribuire quest'ultima 
facolt� al Consiglio di Stato, infatti, non significa, nel concetto della legge 
del 1889, sottrarla all'Amministrazione�. 
(50) F. BATISTONI FERRARA, op. cit., 284. 
(51) In Foro It., 1893, I, ss. 
(52) La massima � tratta dalla Relamone dell'Avvocato Generale per l'anno 
1898, 32. 
(53) F. BATISTONI FERRARA, op. loc. cit. 

12 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Un noto teologo francese ricorderebbe, forse, con riguardo alla 
specie, �Che talvolta Dio si compiace di scrivere diritto su linee storte o, 
volendo leggere la vicenda in chiave laica, si potrebbe rammentare che 
non di rado la Storia ricorre alle sue astuzie. 

Fatto si � che se la ricostruzione storica sopra accennata � esatta 
la nascita del giudice amministrativo in Italia si articola nei seguenti 
momenti: 

1) soppressione del contezioso amministrativo con devoluzione di 
ogni questione al giudice civile come g�udice unico, sull'esempio dell'esperienza 
belga, a sua volta mutuata da quella anglosassone; 

2) applicazione della normativa in senso tanto restrittivo da postulare 
la necessit� di una sua integrazione per Ja tutela di tutte le s<ituazioni 
so.ttratte alla cognizione del giudice civHe; 

3) introduzione dell'integrazione -istituzione della IV Sezione 
del Consiglio di Stato -sul presupposto che l'interpretazione della 
legge del 1865 fosse esatta e quindi con configurazione del nuovo rimedio 
come istituto puramente amministrativo per la tuteJa di semplici 
interessi; 

4) rapidissima evoluzione della IV Sezione del Consiglio di Stato 
da organo di amministrazione in. organo di giustizia; 

5) razionalizzazione di tale ulteriore evoluzione con attribuzioni 
di una natura sostanziale agli interessi tutelati dinanzi al Consiglio di 
Stato. 

Sintetizzando e schematizzando questa singolare eterogenesi, si 
potrebbe quindi dire che iii diritto vivente .formatosi -abbiamo visto 
come -nel quarto di secolo successivo al 1865 fu il tradimento di una 
riforma; che l'istituzione della IV Sezione fu la razionalizzazione di quel 
tradimento; che la trasformazione della IV Sezione da organo amministrativo 
in organo giurisdizionale fu il tradimento di quella razionalizzazione; 
infine che la creazione della categoria dell'interesse legittimo 
come situazione soggettiva sostanziale ancipite fra diritto e interesse, 
secondo la nota prospettazione del Ranelletti, fu l'ulteriore razionalizzazione 
di quel secondo tradimento. � 

Certo sembra difficile individuare nella storia degli istituti vicenda 
meno lineare di �questa. 

Forse la legge del 1865 era troppo iin anticipo sui tempi, come ha 
sostenuto un insigne amministrativista di recente scomparso (54), o 
forse il tessuto connettivo della societ� italiana di allora reag� con un 
rigetto al tentativo di trapianto di un istituto -il giudice unico -caratteristico 
di troppo driverse tradizioni giuddiche, arrivando per via indiretta 
a costruirsi, contro la volont� del legislatore, un sistema binario 
pi� consono con le proprie strutture tradizionali. 

Certo si � che il giudice amministrativo italiano � nato da quella 
bizzarra, complessa e contraddittoria matrice cli marca assolutamente 
originale ed alla quale forse avrebbe potuto pensare Ennio Flaiano 
quando scriveva che nell'ottica italiana la linea pi� breve fra due punti 
� il ghirigoro. � 

Matrice bizzarra, complessa e contraddittoria alla quale probabilmente, 
come. si � accennato, si deve la nascita di quel singolare e tuttora 
misterioso .istituto che � l'interesse legittimo. 

Matrice bizzarr.a, complessa e contraddittoria che peraltro non ha 
impedito al giudice amministrativo italiano di scrivere, �in un secolo 
di vita, pagine tra le pi� belle che una civilt� giuridica possa vantare 
nella sua storia. 

IGNAZIO F. CARAMAZZA -RUGGERO DI MARTINO 

454) M. NlGRO, Giustizia Amministrativa, cit., 8. 


PARTE II, QUESTIONI 

INDENNIZZI E SOVRAINDENNIZZI ESPROPRIATIVI: 
SVILUPPI NEL 1988 


SOMMARIO: 1 � Cinque sentenze della Corte costituzionale. 2 -L'art. 3 
della legge n. 458 del 1988. 3 -L'indennit� aggiuntiva dovuta al coltivatore 
non proprietario. 4 � Le maggiorazioni ed i terreni agricoli. 
5 � La cessione volontaria. 6 -La rilevanza delle destinazioni urbamstiche 
nella determinazione dell'indennit� di espropriazione. 7 -I 
lavori in corso in seno alla XIII Commissione del Senato. 

1 � Con cinque sentenze rese nel corso del 1988, e recanti i numeri 
126, 437, 530, 1022 e 1165 la Corte costituzionale ha indicato un insieme 
di principi, concernenti (in una delle pronunce solo indirettamente) le 
indennit� dovute in relazione ad espropriazioni per pubblica utilit�. 
Da tali sentenze emerge un disegno di sufficiente coerenza e, nel complesso, 
non connotato da indulgenza verso la propensione a ravvisare 
nelle espropriazioni occasioni di 'elargizioni di danaro pubblico, per di 
pi� �personalizzate� (ossia in deroga al principio di eguaglianza); un 
disegno peraltro ancora largamente incompiuto, anche per la normale 
episodicit� delle vicende dalle quali le questioni hanno tratto origine. 
Per il che appare consentito pronosticare che ulteriori tratti del disegno 
saranno forniti al sopravvenire di altre questioni. 

A questo proposito merita segnalare che -con inversione di tendenza 
rispetto a quanto accaduto in passato -questioni sono state 
sollevate per impulso di soggetti esproprianti e per denunciare risultati 
pratici di � sovra-indennizzo � persino rispetto al parametro del valore 
venale. Ed � auspicabile che -ove avesse a perdurare la sostanziale 
latitanza del legislatore ordinario in materia -altre questioni siano 
sottoposte all'esame della Corte. 

La sentenza n. 126 del 1988 (interpretativa di rigetto) ha riguardato 
gli artt. 4 e 6 della legge 27 gennaio 1963 n. 19 (tutela giuridica dell'avviamento 
commerciale). Come noto, detti articoli hanno previsto il diritto 
del conduttore di �immobili adibiti all'esercizio di un'attivit� commerciale 
od artigiana che abbia rapporti diretti col pubblico... � ad ottenere 
un compenso dal locatore � in ogni caso di cessazione del rapporto .di 
locazione� (salvo eccezioni che qui non interessano), ed anche in caso 
di espropriazione per p.u.; prima delle innovazioni introdotte nel 1978 
tale compenso era commisurato (salvo �tetto�) alla �perdita dell'avviamento 
che l'azienda subisca in conseguenza di tale cessazione e nella 
misura dell'utilit� che ne pu� derivare al locatore �. La Corte ha sottolineato 
queste ultime parole affermando -con riguardo alla normativa 
del 1963 (ma con il tono di una enunciazione di principio) -che 
�il diritto al compenso... potr� essere soddisfatto soltanto se e nella 
misura in cui il valore di avviamento possa essere calcolato (adde: in 
sede di stima) come posta aggiuntiva dell'indennit� di esproprio �. La 
stessa sentenza n. 126 ha inoltre escluso la comparabilit� del compenso 

i.n questione con l'indennit� aggiuntiva di cui all'art. 17 della legge 
n. 865 del 1971. 
La sentenza n. 437 del 1988 ha riguardato la cessazione della proroga 
legale di contratto di affitto di terreno agricolo per l'esigenza del concedente 
di costruir.e edifici di abitazione (art. 11 primo comma della legge 
23 maggio 1950 n. 253) con specifico riguardo al caso in cui la trasformazione 
edilizia assorba l'intera (o quasi) superficie affittata. La Corte 
ha giudicato incostituzionale la disposizione sub judice, pervenendo in 
pratica ad assegnare efficacia retroattiva all'art. 43 e (come si dir�, in 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

parte) all'art. 50 della legge 3 maggio 1982 n. 203 e, in qualche misura, 
a � costituzionalizzare � il diritto all'� equo indennizzo � previsto dal 
citato art. 43 (1); tale articolo ha, come noto, ricalcato quasi alla lettera 
la motivazione della sentenza n. 107 del 1974 della Corte quanto ai criteri 
di concreta determinazione dell.'� equo indennizzo �. 

Questa sentenza n. 437, avendo riguardato controve11sie unicamente 
tra privati, non ha in alcun modo toccato l'argomento della compatibilit� 
con i parametri costituzionali del coesistere di due diverse disposizioni 
(e, nella sostanza, di due diverse misure del ristoro assicurato 
all'affittuario) a seconda che la trasformazione edilizia sia realizzata 
dal concedente o invece da un soggetto espropriante. Peraltro, l'affermazione 
del valore costituzionale cle!l' � equo indeilillizzo � sembra escludere 
-per esigenza logica di non-contraddizione -un pari riconoscimento 
per l'indennit� aggiuntiva. 

A quest'ultima indennit� � stata dedicata la sentenza n. 530 del 1988. 
Pervero, pi� precisamente, essa ha riguardato l'art. 13 della legge prov. 
Bolzano 20 agosto 1972 n. 15, che -nell'ambito di quella Provincia -si 
� per cos� dire sovrapposto all'art. 17 della legge n. 865 del 1971. Non 
poche le differenze tra i due articoli tes.t� menzionati; tra le altre, il 
secondo comma dell'art. 13 prevede la corresponsione al fittavolo (nonch� 
mezzadro, etc.), non gi� di una indennit� aggiuntiva di importo 
uguale a quello dell'indennit� spettante al proprietario, bens� di una 
� maggiorazione � da portarsi � in detrazione alla maggiorazione spettante 
al proprietario conduttore (rectius, esercente azienda agricola) a 
norma del primo comma � e commisurata ad un decimo di � tale indennit� 
di esprop:dazione � (ossia dell'indennit� maggiorata spettante al 
proprietario conduttore) per ogni anno di effettiva coltivazione. 

Non � il caso di dilungarsi sulle peculiariit� di questa disposizione 

alto-atesina (che, in pratica, accresce il beneficio del fittavolo coltiva


tore da oltre 3 o 4 anni). Qui inte11essa segnalare come l~ previsione 

in essa della � detrazione � di quanto corrJsposto al fittavolo da quanto 

dovuto al proprietario (non � chiaro se anche ex-agricoltore) ha offerto 

alla Corte l'occasione di affermare il seguente p'l:Jncipio, al quale � 

stata attribuita valenza generale: � nell'ipotesi di area a destinazione 

edificatoria su cui insiste un'azienda agricola il valore reale su cui 

commisurare l'Jndennizzo (rectius, la somma degli indennizzi dovuti 

rispettivamente al proprietario ed al coltivatore non proprietario) com


prender� la consistenza di quest'ultima�; con la conseguenza che il 

ristoro (non rileva se denominato indennit� aggiuntiva o maggiora


zione) dovuto al coltivatore non proprietario deve essere detratto da 

quello che potremmo chiall0!re � monte-indennizzi �, senza aggravio 

-dal punto di vista dell'espropriante -del costo complessivo del


l'espropriazione.

Questo principio � stato confermato ~e reso di portata generale, 

anche fuori deH'ambito alto-atesino) nell'importante sentenza n. 1022 

del 1988 (essa pure Jnterpretativa di rigetto): � fermo il valore venale 

del terreno come limite massimo complessivo del prezzo (rectius, del 

costo per l'espropriante) dell'operazione espropriativa (adde, di un 

terreno. a destinazione edificatoria), l'autonoma valutazione, entro detto 

limite, e la diretta corresponsione al coltivatore (adde, non proprietario) 

della somma corrispondente al valore agricolo medio, realizzano... una 

deroga al principio... dell'unicit� dell'il.ndennizzo �; e, con altre parole, 

� l'indennit� ad essi (al fittavolo, etc.) dovuta � da detrarre da quella 

spettante al proprietario, determinata in base al valore venale del bene 

espropriato (adde, se si tratta di terreno a destinazione edificatoria). 

(1) Sulla genesi dell'art. 43, CRESQUI, in La riforma dei contratti agrari, 
Napoli, 1982, 334. 
... .. I! ~ 


PARTB II, QUESTIONI 1f 

La sentenza n. 1022, pur lasciando trapelare qualche ambizione di 
sistematica, non ha sviluppato le non poche e non lievi questioni conseguenti 
all'enunciazione del principio test� segnalato (anche per l'insorgere 
di un conflitto di interessi tra proprietario e coltivatore non proprietario). 
Sul punto si torner� tra breve; per il momento interessa 
sottolineare come nella tormentata materia degli indennizzi la Corte 
abbia immesso uno strumento concettuale nuovo (perch� anteriormente 
non giuridicamente rilevante), quello di �limite massimo complessivo�
del costo per l'espropriante dell'� operazione espropriativa �. 

Questo nuovo strumento concettuale � utilizzato dalla sentenza n. 1022 
anche per pervenire all'enunciazione di un secondo principio, esso puredi grande importanza: � l'art. 12 primo comma della legge n. 865 del 
1971 (concernente la cessione volontaria) ... non � pi� applicabile all'espropriazione 
di immobili con destinazione edificatoria �. Pervero la senten� 
za poggia tale affermazione in primo luogo su un dato normativo, e 
cio� � sullo specifico e vincolante richiamo all'art. 16 quale norma 
determinativa dei criteri di commisurazione dell'indennit��, sicch� �venuta 
a cessare questa norma rispetto alla determinazione dell'indennizzo 
per i terr,eni edificativi, viene a cessare... il funzionamento della norma 
dipendente... �. Tuttavia poco dopo la sentenza disvela la vera ratio di 
questo secondo principio, aggiungendo: � il proprietario non pu� pretendere 
dall'espropriante... un prezzo maggiore del valore di scambio 
del bene ... �. 

La sentenza non ha esaminato storicamente l'istituto della cessione 
volontaria; se l'avesse fatto sarebbe pervenuta al risultato cui � giunta 
in modo ancor pi� convincente. Essa inoltre ha accantonato il punto 
se debba darsi rilievo al � limite massimo complessivo � predetto anche 
per le espropriazioni di terreni non edificabili, se debba cio� spezzarsi 
la tendenza a fissare il � prezzo � della cessione al massimo consentito 
dalla legge, senza riguardo alcuno al valore venale. V'� nella sentenza 

n. 1022 un accenno al dovere dell'amministrazione espropriante di valutare 
.gli �aspetti economici e finanziari dell'operazione�, con menzione 
dell'ordinanza n. 262 del 1988; ma l'accenno � molto vago e i�ordinanza 
n. 262 � talmente elusiva da dover essere considerata soltanto una 
� pausa di riflessione � concessa dalla Corte a se stessa ed al ceto politico, 
in attesa di una graduale �maturazione� dei criteri di normazione 
e di giudizio. 
Nella sentenza n. 1022 � contenuto anche dell'altro: si � inserito un 
periodo per sostenere che i criteri di determinazione dell'indennit� stabiliti 
dalla legge 15 gennaio 1885 n. 2892 (c.d. legge di Napoli), richiamati 
dalla legge 18 aprile 1962 n. 167, non possono pi� applicarsi �per l'attuazione 
dei piani di edilizia economica e popolare �, in quanto l'abrogazione 
disposta dall'art. 39 della legge n. 865 del 1971 sarebbe sopravvissuta 
alla sentenza n. 5 del 1980 della Corte. 

Questo �inserto�, pervero estraneo alle questioni prospettate e 
neppur logicamente necessario per la decisione, non affronta in modo 
esauriente il problema (dibattuto nelle sedi giudiziarie ordinarie) della 
reviviS�enza o meno delle non poche disposizioni vigenti prima delle 
leggi n. 865 del 1971 e n. 115 del 1974 le quali (disposizioni) prevedevano 
l'applicazione dei criteri dati dalla c.d. legge di Napoli o ad essi similari. 
Sicch�, il breve �inserto� in ordine al permanere dell'efficacia abrogante 
del dtato art. 39, indipendentemente dall'esattezza o meno di 
esso (2), finisce per risultare piuttosto un elemento di turbativa che 
un responso esauriente e risolutore. 

(2) L'inserto pervero conferma l'orientamento emesso nella \giurisprudenza 
della Corte di cassazione (cosl, Cass. 28 aprile 1988 n. 3202, Cass. 11 giugno 1988 
n. 3984, Oass. 6 luglio 1988 n. 4440, Cass. 14 ottobre 1988 n. 5599, in Foro it., 1989, I, 

RASSEGNA DEJ.J.'AVVOCATURA DELLO STATO

16 

La sentenza n. 1165 del 1988 ha riguardato l'art. 28 della legge prov. 
Trento 30 dicembre 1972 n. 31, come sostituito dalla legge prov. Trento 
2 maggio 1983 n. 14; nel secondo comma di detto articolo � stato stabilito 
che, per le ariee edificabili, l'iindennit� � � commisurata alla media 
aritmetica tra il. valore venale ed il valore che, entro le valutazioni 
fornite dalla commissione (amministrativa) di cui al sesto comma, deve 
essere attribuita all'area quale terreno agricolo considerato libero da 
vincoli di contratti agrari e secondo il tipo di coltura in atto... �. Il 
giudice a quo aveva prospettato in relazione all'art. 42 Cost. un dubbio 
(circoscritto) circa l'utilizzabilit�, come elemento della media predetta, 
di un valore tabellare che potrebbe risultare troppo basso o troppo 
elevato rispetto al valore agricolo effettivo. La Corte ha ampliato (e 
per� anche dirottato) il discorso, poggiando la sua motivazione sulla 
assegnazione, ai due elementi della predetta media, di ruoli diversi: al 
valore venale quello di � base di riferimento dell'indennizzo �, ed al 
valorie agricolo fissato in via amministrativa quello di � correttivo �. 
E la sentenza si conclude con fa �considerazione che il predetto valore 
tabellare � assunto � semplicemente come presupposto per un ragionevole 
correttivo di un sistema di liquidazione dell'indennizzo che, nel suo 
complesso, riconosce come base di riferimento il valore venale del 
bene�. 

La pronuncia �richiama la sentenza n. 231 del 1984, nella quale per� 
la Corte ha -riferendosi all' � integrale valore effettivo � -usato la 
dizione �criterio di riferimento� (nella determinazione dell'indennit�) 
in contrapposizione a �misura� delrnndennit� (e non a �correttivo�) 
ed ha affermato che il valore agricolo pu� essere utilizzato in relazione 
alle aree provviste di attitudine edificatoria �a condizione che esso 
sia inquadrato... in un... razionale schema di previsione dell'indennit� 
di esproprio il quale tenga adeguatamente in conto anche il valore 
effettivo dell'immobile �. 

La lie\'e diversit� di linguaggio tra le due sentenze n. 231 del 1984 
e n. 1165 del 1988 potrebbe essere non significativa, ma potrebbe anche 
essere foriera di due indicazioni, nel senso a) di escludere che alla 
� base di riferimento � possa essere attribuito un �peso � solo minoritario, 
e b) �di riconoscere ampia discrezionalit� al legislatore ordinario 
-con il solo limite della � razionalit�� -nell'individuazione dei possibili 
correttivi. 

2 -Nell'anno 1988 si � avuto in argomento anche un intervento 

del legislatore statale, con la legge 27 ottobre 1988 n. 458. Si � trattato 

di una vicenda legislativa per qualche aspetto emblematica: originata 

da una proposta parlamentare presentata alla Camera dei Deputati il 

19 maggio 1988 (A.C.2741), esaminata ed approvata in entrambi i rami 

del Parlamento dalla Commissione Finanze, e pervenuta all'approvazio


ne del Senato il 6 ottobre 1988 (in appena 4 mesi e mezzo, malgrado 

l'interruzione estiva dei 1avori parlamentari); il Governo si � limitato a se


guire i lavori senza per� assumere iniziative. Si � voluto principalmente 

dare ai �comuni la possibilit� di �ottemperare� ai giudicati e di alleviare 

il contenzioso in atto; ma in tal modo si � implicitamente confermata 

una sorta di ampia delega al Potere giudiziario per la materia, nella 

difficolt� di aggregare i consensi occorrenti per il reperimento di solu


zioni legislative soddisfacenti. 

Il 20 luglio 1988, nel corso della terza seduta dinanzi alla Commis


sione Finanze della Camera sono stati presentati alcuni emendamenti, 

104). Tali sentenze tuttavia riguardano l'applicazione delle disposizioni espres� 
samente abrogate dall'art. 39 o di disposizioni che ad esse si collegano, e non 
altre disposizioni le quali autonomamente richiamano i criteri della c.d. legge 
di Napoli. 


PARm II, QUESTIONI 17 

tra i quali uno (F,errari Wilmo e Solarcli) � -dopo qualche modifica divenuto 
l'art. 3 della legge, ed un altro (Ferrarini) per una disciplina 
delle indennit� di espropriazione e di occupazione � stato ritirato, la 
materia essendo all'esame della Commissione Ambiente (come noto, da 
parecchi anni e senza apprezzabili progressi). 

Della legge n. 458 citata in questa sede interessa essenzialmente l'articolo 
3, approvato con il tacito assenso del Governo e non indispensabile 
per il funzionamento dei primi due articoli della stessa legge (anche 
se l'art. 3 rende irreversibili le ipoteche iscritte su � beni altrui � dalle 
banche che hanno finanziato l'intervento edilizio). Trattasi di articolo 
di notevole importanza, ed ,anche -per certi versi -utile; esso palesemente 
si collega ai risultati pi� recenti della elaborazione giurisprudenziale 
(dei Giudici ordinari), e, per quanto li � 1egifica �, li avalla 
e consolida (tra l'altro eliminando un, pervero tenue, sospetto di mancata 
osservanza della riserva di legge contenuta nell'art. 42 comma 
secondo Cost.) (3). Siffatto metodo di produzione legislativa appare in 
questa materia preferibile: esso pu� dare risultati migliori del costruire 
ambiziosi disegni teorici di difficile inserimento nel tessuto normativo, 
a ,condizione per� che -con un ilavoro di cesello e con idee di 
fondo chiare -si sappia e si voglia selezionare tra pi� soluzioni proposte 
dalla giurisprudenza .quella maggiormente coerente con i principi 
ed adeguata agli interessi generali, e -ove del caso -si sappia e' si 
voglia correggere quegli orientamenti che con tali principi ed interessi 
contrastano (ve ne sono, specie in relazione allo pseudo-concetto di 
vincolo urbanistico). 

Purtroppo, l'art. 3 in esame non brilla per chiarezza di idee e di 
formulazione. Anzitutto, quanto all'ambito di applicazione: in esso si 
parla di �edilizia residenziaie pubblica, agevolata e convenzionata �; il 
che potrebbe innescare un argomento a contrario per le altre trasformazioni 
edilizie pubbliche, e quindi potrebbe ingenerare l'opinione che vi 

(3) Sulla � accessione invertita>>, alias � occupazione acquisitiva '" fondamentali 
le sentenze della Corte di cassazione a sezioni unite 26 febbraio 1983 
n. 1464 e 10 giugno 1988 n. 3940 (Giust. civ., rispettivamente 1983, I, 7fJ7, e 1988, 
I, 2242). Il principio di diritto � stato cos� enunciato: �nelle ipotesi in cui la 
P.A. (od un suo concessionario) occupi un fondo di propriet� privata per la 
costruzione di un'opera pubblica e tale occupazione sia illegittima per totale 
mancanza di un provvedimento autorizzativo o per decorso dei termini in 
relazione ai quali l'occupazione si configuri legittima, la radicale trasformazione 
del fondo, con la irreversibile sua destinazione al fine della costruzione 
dell'opera pubblica, comporta la estinzione del diritto di propriet� e la contemporanea 
acquisizione, a titolo originario, della propriet� in capo all'ente 
costruttore; con la conseguenza che un provvedimento di espropriazione del 
fondo per p.u., intervenuto successivamente al momento di tale acquisizione, 
deve considerarsi del tutto privo di rilevanza ai fini dell'assetto proprietario >>. 
La menzionata sentenza n. 3940 del 1988 supera il sospetto cui si accenna 
nel testo motivando: � La dipendenza da una causa di pubblico interesse legalmente 
dichiarata (art. 834 e.e.) non pu� dirsi a priori incompatibile con 
il fenomeno della occupazione defilnitiva, ancorch� scaturita da abusiva degenerazione 
di occupazione temporanea; n� l'art. 42 Cost. demanda alla legge ordinaria 
di determinare, oltre ai modi di acquisto della propriet� privata, anche 
quelli di sua perdita, tra i quali comunque deve annoverarsi in primo luogo la 
perdita del diritto causata dal venir meno del suo oggetto... >>. Quest'ultimo 
brano � poi ripreso, nella stessa sentenza, nella seguente affermazione di prin� 
cipio: � anche secondo l'economia della disciplina prevista dall'art. 948 e.e. 
(azione di rivendicazione), la situazione fatta valere in giudizio dal privato che 
si dolga della irreversibile privazione del suo fondo occorsa per la costruzione 
dell'opera pubblica � pienamente assimilabile a quella della distruzione materiale 
della cosa... �. 

25 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siano due discipline differenziate ed addirittura il dubbio che per le 
trasformazioni edilizie non residenziali non sia possibile la c.d. accessione 
invertita. Palesemente, il legislatore si � preoccupato solo del settore 
dell'edilizia residenziale (persino di quella �agevolata�, purch� 
-ovviamente -realizzata passando attraverso procedure espropriative 
�di pubblica utilit��), senza voler intervenire per le opere pubbliche in 
generale. Sioch�, sulle parole � edilizia residenziale pubblica, agevolata 
e convenzionata � non pu� essere costruito alcun argomento a contrario; 
semmai � bene che l'interprete cerchi di ricondurre a sistema .quanto 
di mnovativo l'art. 3 contiene, evitando per quanto possibile una duplicit� 
di discipline. 

Anche le parole � danno causato da provvedimento espropriati'vo illegittimo 
� sono parecchio asistematiche. Le cause di illegittimit� di una 
occupazione irreversibile illecita possono essere molte, e l'art. 3 ne 
prevede solo una (forse neppure la pi� frequente). Anche qui deve escludersi 
la possibilit� di argomentare a contrario, e di configurare duplicit� 
di discipline. Inoltre, le parole �danno causato da provvedimento... � 
sembrano non considerare che il danno � � causato � da un fatto materiale 
illecito e non da un �provvedimento dichiarato illegittimo�; 
l'illegittimit� di quest'ultimo di per s� non cagiona danno risarcibile, 
anche perch� l'interesse legittimo � protetto unicamente attraverso il 
giudizio amministrativo. 

A quest� proposito, � doveroso riferire che la prima formulazione 
dell'emendamento poi divenuto art. 3 recitava: �Il proprietario del terreno 
utilizzato per finalit�... in base a provvedimento espropriativo da 
parte del Comune dichiarato illegittimo con pronuncia passata in giudicato 
ha diritto esclusivamente al risarcimento del danno... �. In quel 
testo il� provvedimento espropriativo �era collegato a �utilizzato in base� 
e non a �diritto... al risarcimento�; inoltre vi era un chiaro �esclusivamente 
�, che si � perso. Quel testo � stato sostituito dal presidente 
della Commissione (Rosini) per aderire ad un invito (contenuto in parere 
della I Commissione) a �precisarne il significato normativo in 
relazione alle finalit� che si intendano perseguire �. Pervero non pare 
che al vago invito sia seguita una valida � precisazione �; e comunque 
non si conosce quali intenzioni (e quale grado di consapevolezza) avesse 
il proponente jil nuovo testo. 

Non compiutamente descritta � la fattispecie produttiva dell'effetto 
giuridico di acquisto (a titolo originario) della propriet�; che tale sia l'effetto 
giuridico � palesato dalla � esclusione della retrocessione �. Le parole 
� utilizzato per finalit� � -diverse da � adibito all'uso � -avallano 
l'orientamento secondo cui l'acquisto si produce nel momento dell'inizio 
effettivo della (non provvisoria) trasformazione edilizia, e palesemente 
non attribuiscono rilievo alla data di cessazione della occupazione 
temporanea legittima (sia essa anteriore o posteriore alla � utilizzazione
�) (4), malgrado tale data sia poi considerata nel comma 2 dello stesso 

(4) Come riportato nella nota precedente, la fattispecie acquisitiva � descritta 
� radicale trasformazione del fondo con irreversibile sua destinazione 
al fine della costruzione dell'opera pubblica�; quindi rileva la destinazione non 
gi� al servizio od all'uso pubblico ma al predetto � fine � (pervero solo intermedio 
e strumentale). Va tuttavia osservato che permangono incertezze 
nella giurisprudenza della Corte di cassazione: mentre Cass. 6 febbraio 1987 
n. 1172 conferma che il momento della � irreversibile trasformazione� non coin� 
cide (� solitamente anteriore) con quello del � compi.mento dell'opera,., e Cass. 
11 giugno 1987 n. 5070 attribuisce rilevanza al fine che qui interessa al momento 
della � trasformazione � ancorch� anteriore a quello di cessa2Jione della 
occupazione legittima, Cass. 18 aprile 1987 n. 3872 afferma che la prescrizione 
del credito per risarcimento decorre dal compimento dell'opera e Cass. 11 di

PARTE II, QUESTIONI 

19 

art. 3. Ci� rileva a molti fini: epoca cui la valutazione del danno (e quindi 
anche il metro monetario) devono riferirsi, prescrizione del credito 
pecuniario qualificato ape legis per risarcimento del danno, etc.). 

Molto vi sarebbe da dire sul comma 2 dell'art. 3. In esso si parla 
di � somme dovute a causa della svalutazione monetaria � come qualcosa 
d� esterno alla valutazione del �danno�, e quindi con riguardo al 
tempo intercorso tra l'epoca cui tale valutazione si � riferita e la liquidazione 
giudiziale o contrattuale del credito per il risarcimento. Cionondimeno, 
si parla anche di �ulteriori somme di cui all'art. 1224 secondo 
comma del codice civile�, con incomprensione del significato dell'art. 
1224, ove i �maggiori danni� sono conelati al tasso legale degli interessi 
(e non all'indice di svalutazione monetaria) e riguavdano solo la svalutazione 
non coperta da detto tasso legale (senza divenire �ulteriore� 
voce aggiuntiva). Inoltre, il comma 2 si conclude con le parole �a 
decorrere dal giorno dell'occupazione illegittima� che appaiono contraddire 
il comma 1 e la fattispeci� acquisitiva in esso tratteggiata. Va 
osservato pure che il comma 2, riferendosi all'art. 1224 cod. civ., parrebbe 
qualificare gli interessi maturati sul credito pecuniario per risarcimento 
come interessi corrispettivi e non compensativi; il che rileva 
per taluni effetti. 

Comunque, in questa .sede l'art. 3 della legge n. 458 del 1988 interessa 
non per i turbamenti che suscita nell'interprete, ma per la conferma 
-questa s� .univoca -del principio di formazione giurisprudenziale 
(non recente, ch� le prime parziali espressioni risalgono agli anni 
Sessanta) secondo cui a) la propriet� di terreni utilizzati malgrado l'assenza 
di un �titolo� legittimo (contrattuale od epropriativo) per una 
trasformazione edilizia � di pubblica utilit� � � acquisita a titolo originario 
ed �istantaneamente � per effetto di detta trasformazione dal soggetto 
dotato della competenza amministrativa ad usare o gestire il bene 
realizzato (5), e b) che unica conseguenza di un acquisto in tal modo 
avvenuto � il sorgere a carico del ,soggetto pubblico acquirente di una 
obbligazione pecuniaria per risarcimento del pregiudizio effettivo subito 
dal proprietario ingiustamente danneggiato, anzich� di una obbligazione 
pecuniaria per indennit� a titolo di � serio ristoro � del proprietario 
colpito da un atto espropriativo lecito (e quindi anche legittimo) (6). 

cembre 1987 n. 9173 afferma che detta prescn211one decorre dalla cessazione 
della occupazione legittima. Qualche altra sentenza afferma non essere necessario 
il connotato della " radicalit�" della � trasformazione�, potendo aversi 
occupazione acquisitiva anche per effetto di trasformazioni non importanti 
(quali quelle per le quali � sufficiente la costituzione di una servit�). 

Sembra comunque preferibile parlare di � trasformazione irreversibile � 
(anzich� �radicale�) ed escludere che essa si abbia finch� non � iniziata una 
edificazione (non sufficiente dunque il mero sbancamento). 

(5) Come riferito nella nota 3, la giurisprudenza parrebbe fissare la nuova 
propriet� � in capo all'ente costruttore�; per solito -ma non sempre -l'ente 
costruttore � anche quello della competenza ad usare o gestire il bene 
artificiale costruito. Comunque, il punto non pare aver formato oggetto di 
specifico esame. 
(6) La differenza tra indennit� di espropriazione e risarcimento del danno 
ingiusto � sottolineata nella sentenza n. 3940 del 1988 citata a nota 3: �� Mentre 
l'indennit� di espropriazione rappresenta non una integrale riparazione della 
perdita subita dal proprietario bens� il massimo di contributo garantito all'interesse 
privato tenuto conto dell'interesse pubblico che l'espropriazione 
mira a realizzare, il risarcimento del danno dovuto al proprietario del fondo 
arbitrariamente occupato non potr� mai essere inferiore al valore venale di 
esso e potr� all'occorrenza superare tale misura in ragione dei frutti perduti. 
La somma attribuita a titolo di risarcimento del danno � inoltre passibile di 

20 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A questo proposito occorre osservare come uno degli indicatori del 
grado di civilt� gmridica e di effettivit� politica di un ordinamento statuale 
-nel senso che minore effettivit� ha quello Stato che non riesce 
ad afformare il primato della �pubblica uttlit� � (alias, delle ragioni 
della collettivit�) e non riesce a farsi rispettare dai propri cittadini economicamente 
�forti� -sia costituito dalla chiaramente difforenziata 
disciplina dell'indennizzo conseguente all'effetto di espropriazione lecitamente 
pr-0dotto nell'esercizio di potest� riconosciuta, rispetto al risarcimento 
del danno il1ecitamente cagionato. Confondere od anche solo 
avvicinare troppo le due discipline -della espropriazione lecita e del 
fatto illecito -� sintomo univoco di inadeguatezza di uno Stato. 

Cionondimeno, l'entit� del risarcimento dovuto per il danno cagionato 
da fatto illecito deve costituire un secondo � Umite massimo complessivo 
� utilizzabile per escludere la compatibilit� di un � sovraindennizzo 
� -rispettJo ad esso -con i principi generali dell'ordinamento. Si 
tratta di un �limite massimo complessivo � diverso ed ulteriol'e rispet" 
to a quello dato dal valore effettivo del bene espropriato, e che si basa 
sulla considerazione della irrazionalit� (anzi impossibilit� logica e giuridica) 
di un costo complessivo dell'operazione espropriativa superiore alla 
� monetizzazione � dell'insieme dei danni patrimoniali sofferti dal proprietario 
e da altri soggetti in rapporto con il bene espropriato. Nel 
quadro di una cornetta disciplina in tema di espropriazione per pubblica 
utilit�, questo secondo �tetto� (in pratica, pi� elevato del primo) deve 
rimanere in posizione subalterna (rectius, esterna al quadro); neppure 
l'art. 46 della legge n. 2395 del 1865, che pur parla di �danno permanente
�, recepisce la disciplina del risarcimento da fatto illecito; il �danno 
permanente � � riguardato solo come presupposto per il sorgere di un 
credito per indennit� da atto lecito. Bene ha fatto dunque la Corte 
costituzionale a segnalare come �limite massimo complessivo� soltanto 
quello offerto dal valore di mercato del bene; questa indicazione 
� pi� puntuale di quella, indifferenziata ed alternativa, contenuta (si 
perdoni, l'inciso dall'aspetto un p� personale) in un mio scritto dell'ormai 
lontano 1976, nel quale evocavo con le stesse parole �limite massimo
� da non superare per evitare il � sovraindennizzo � indifferentemente 
il valore venale del bene e l'equivalente in danaro delle situazioni 
soggettive sacrificate (7). L'esistenza anche di un distinto secondo �limite 
� vale tuttavia a rafforzare la necessit� e la assoluta ineludibilit� 
del primo �limite�. 

Ed invero la sostituzione dello schema dell'obbligazione per risarcimento 
da fatto .illecito allo schema della obbligazione per indennizzo 
da atto lecito non pu� essere � penalizzante � per il so~getto pubblico 
che non ha seguito la �retta via�. L'entit� dell'indenizzo non pu� 
essere superio!'e-a quella del risarcimento, se si vuole -come doveroso 
-,evitare di configurare l'illecito come una alternativa privilegiata 
(tra l'altro pervenendosi all'esonero del funzionario pigro o disinvolto 
da responsabilit� amministrative). 

3 -Le S�entenze della Corte costituzionale dianzi segnalate stimolano 
alcune riflessioni. Anzitutto sulla indennit� aggiuntiva (e � maggiorazioni 
� similari) a favore del fittavolo, mezzadro, etc., e quindi anche sulla 
parallela ma diversa nei presupposti maggiorazione a favore del proprie


rivalutaz;ione monetaria, a differenza di quella dovuta a titolo di indennit� di 
espropriazione; l'ammontare della somma risarcitoria non � poi soggetto a 
decurtazione (come invece quella indennitaria) qualora dalla esecuzione del� 
l'opera derivi un vantaggio ad altra parte del fondo... �. 

(7) L'indennit� aggiuntiva a favore del coltivatore nella nuova disciplina 
delle espropriazioni, in Impresa ambiente e pubblica amministrazione, 1976, 692. 

PARTE II, QUESTIONI 

tarlo diretto ooltivato:Pe (o -secondo talune leggi non statali -del 
proprietario esercente impresa agricola). In proposito, come accennato, 
non poche e non lievi sono le questioni lasciate irrisolte (o addirittura 
aperte) dalle sentenze n. 530 e n. 1022 del 1988. 

La prima: non emerge che la Corte si sia interrogata circa la compatibilit� 
dei criteri del tutto � astratti�, e quindi alquanto arbitrari, 
adottati dai legislatori ordinari per la commisurazione dell'indennit� 
aggiuntiva, con il principio proclamato nella sentenza n. 5 del 1980 per 
l'indennit� da corrispondere al proprietario (e poi pi� volte ribadito). 
Il pregiudizio effettivo subito dal coltivatore � costretto ad abbandonare 
il ter:Peno � nulla ha a che vedere con il valore agricolo medio del 
terreno oltretutto considerato libero da vincoli di contratti agrari: 
nessun rapporto oggettivo e costante � possibile stabilire tra quel pregiudizio 
e quel valore. A fortiori, nessun rapporto � possibile stabilire 
tra quel pregiudizio e quel valore ulteriormente maggiorato a favore 
del proprietario diretto coltivatore attraverso la � misura tripla � prevista 
dal primo comma dell'art. 17 citato (sostituito dall'art. 14 della 
legge n. 10 del 1977) ove concorra anche la cessione volontaria. 

In pratica, molto spesso la commisurazione ope legis, automatica 
e per certi versi tabellare, del ristoro del pregiudizio in questione si traduce 
in un vistoso � sovra-indennizw �, che contrasta con la priorit� 
data dalla Corte ai valori effettivi. � Sovra-indennizzo � che il legislatore 
non statale tende ad ulteriormente arricchire (specie laddove dotato di 
abbondanti risorse finanziarie). Non si comprende perch� un coltivatore 
diretto espropriato di un terreno ad esempio di due ettari debba 
essere messo in condizione di acquistarne umo simile di sei ettari, e 
perch� un fittavolo �costretto ad abbandonare il terreno� debba esse:
Pe messo in condizione di rendersi proprietario di un altro terreno 
di valore pari a quello in precedenza avuto in affitto. Tanto pi� che 
molto mutato �, dal 1971 ad oggi, l'andamento del mercato del lavoro 
agricolo in Italia (per non dire del superamento di taluno degli istituti 
contrattuali agrari menzionati nel secondo comma dell'art. 17). In 
contrario non sembra congruo (in termini quantitativi) opporre l'incremento 
degli investimenti non amovibili in agricoltura; tale incremento 
� in larga misura inglobato -per la sua stessa natura e normale diffusione 
-nel � valore agricolo medio . . dei terreni . . secondo i tipi 
di coltura effettivamente praticati� (art. 16 comma quarto della legge 

n. 865 del 1971, come sostituito dall'art. 14 della legge n. 10 del 1977). 
Inoltre, come accennato, l'entit� del risarcimento per. equivalente 
monetario del pregiudizio effettivo subito per conseguenza di una operazione. 
espropriativa deve necessariamente costituire un diverso ed 
ulteriore � limite massimo complessivo � del costo di detta operazione; 
per il che qualsiasi � sovra-indennizzo � si rivela anche sotto questoprofilo irrazionale. � 

Sperare in una inversione di tendenza della legislazione ordinaria 
appare poco realistico: i coltivatori agricoli, oltre che organizzati, possono 
contare sul fatto che il loro �consenso�, malgrado tutto, cost~ al 
soggetto pubblico meno di quanto potrebbe costare il blocco� della 
costrnzione di un opera pubblica (in sostanza, un � potere di fatto 
di interdizione�). Meno irrealistico pensare ad un intervento correttivo 
-sepuur prudente e calibrato -della Corte costituzionale, vincolata c'la 
un inmegno di coerenza con la pronria giurisprudenza. Intervento che 
notrPbbe condurre a commisurare l'indennit� aggiuntiva dovuta al coltivatore 
non prourietario secondo i criteri stabiliti nell'art. 43 della 
legqe n. 203 del 1982, e la maggiorazione dovuta al uroprietario coltii�atore 
che cede volontariamente secondo criteri analoghi e, comunque, tali 
da escludere qualsiasi � sovra-indennizzo '" 

Un intervento nel senso test� ipotizzato dovrebbe aver presente la 
parallela disciplina contenuta nell'art. 6 della legge n. 19 del 1963 (av



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

viamento commerciale), in relazione alla quale sono formulabili due 
opposte questioni. Da un lato potrebbe essere domandato se quanto 
affermato nella sentenza n. 126 del 1988 debba avere valenza non limitata 
alle vicende anteriori alla legge n. 392 del 1978, anche per il compenso 
dovuto ex art. 6 citato essendo prospettabile un dubbio di �astrattezza
�, D'altro lato potrebbe essere lamentato che il compenso in questione 
� rapportato al corrispettivo dell'affitto -cio� ad un dato che 
attiene al godimento e non alla propriet� -e comunque in pratica perviene 
a grandezze molto :inferiori al valore della propriet�. Sicch�, l'ac-� 
costamento dei due istituti (indennit� aggiuntiva per il coltivatore, compenso 
ex art. 6 per il commerciante o l'artigiano) ancor pi� evidenzia la 
�anomalia� del trattamento riconosciuto al coltivatore. 

Ancora: un intervento nel senso anzidetto dovrebbe aver presente i 
criteri (pervero pi� giurisprudenziali che legislativi) seguiti nell'applicazione 
della legge n. 2395 del 1865 per il caso di espropriazione comportante 
necessit� di trasferire altrove un opificio industriale. Nessuno 
ha mai pensato di ancorare una maggiorazione dell'indennit� al valore 
agricolo del terreno o comunque ad un dato diverso dall'effettivo pregiudizio. 


4 � Collegata all'argomento tratteggiato nel precedente paragrafo � 
una seconda questione: la Corte ha affermato, per i terreni a destinazione 
edificatoria, la rilevanza di un primo � limite massimo complessivo 
� del costo dell'�operazione espropriativa �, dopo aver separato ed 
accantonato la condizione giuridica dei terrieni agricoli, e lasciando implicitamente 
intendere che per questi ultimi il predetto �limite massimo 
complessivo � di fatto non avrebbe modo di operare. Senonch� frequentemente 
la situazione di fatto � diversa da quanto, con wishful thinking, 
ipotizzato dalla Corte; anche per i terreni agricoli ben pu� aversi in 
concreto -a legislazione invariata -un superamento del (primo) limite 
del valore venale effettivo, e persino del (secondo) limite del danno 
risarcibile effettivo. 

La separazione tra i due ambiti (quello dei terreni a destinazione 
edificatoria e quello dei terreni a destinazione agricola) appare, dunque, 
al fine che qui interessa irrealistica ed artificiosa. E poco potrebbe 
valere, in un futuro giudizio di legittimit� costituzionale (se bene 
impostato), la considerazione che la sentenza n. 5 del 1980 ha riguardato, 
secondo l'interpretazione che ex post ne � stata giustamente data, 
soltanto i terreni a destinazione edificatoria. Un diaframma siffatto 
non pare aver spessore tale da giustificare una deroga ad un principio 
di persino ovvia giustezza, quale � quello -di rilevanza del predetto 
(primo) �limite massimo� -enunciato nella sentenza n. 1022 del 1988. 
Tanto pi� che il criterio di determinazione dell'indennit� definitiva 
introdotto dall'art. 14 della legge n. 10 del 1977 nell'art. 15 della legge 

n. 865 del 1971 -�valore agricolo (in concreto e non �medio�) con 
riferimento alle colture effettivamente praticate anche in relazione alt 
esercizio dell'azienda� -si � sovrapposto al �valore agricolo medio� 
per cos� dire tabellare, ora-indicato nel menzionato quarto comma dell'art. 
16. ~ ben vero che l'� uguale importo� di cui al secondo comma 
dell'art. 17 � �in ogni caso � riferito all'indennit� provvisoria ossia al 
valore agricolo medio; tuttavia l'� esercizio dell'azienda � � tenuto in 
conto nei riguaridi del proprietario ancorch� non coltivatore, e quindi 
incide sul costo complessivo dell'� operazione espropriativa �. 
Va peraltro considerato che l'individuazione in concreto del �tetto� 
costituito dal valore effettivo del bene espropriato (comprensivo di 
quanto ad esso accede ed inerisce), pur potendo avvenire d'ufficio, alias 
senza necessit� di richiesta (nel procedimento amministrativo) o di formale 
eccezione (nel processo) da parte dell'espropriante, comporta l'ese



PARTB II, QUESTIONI 21 

cuzione di una penzia; e ci� potr� frenare le iniziative volte ad estendere 
il principio all'ambito dei terreni_ agricoli. 

Ove al �limite massimo� (o ai due �limiti massimi�) fosse dato 
modo di operare anche fil quest'ambito, si avrebbero da un lato l'emergere 
pure in esso di un sano conflitto di interessi tra proprietario e 
coltivatore non proprietario (conflitto rimosso mediante il troppo facile 
espediente di scaricare sulla collettivit� il costo del � raddoppio � delle 
indennit� eventualmente maggiorate per cessione volontaria), e d'altro 
lato l'entrata irn crisi della cessione volontaria del proprietario coltivatore 
diretto, disciplina che veicola un ancor pi� pesante � sovraindennizzo 
� (la � misura tripla � -seppur riferita al valore agricolo medio 
-di cui al menzionato art. 17 primo comma). Mentre su quest'ultimo 
punto si torner� nel paragrafo successivo, qualcosa occorre aggiungere 
sull'anzidetto conflitto di interesse: come accennato, esso 
(prescindendo dalla particolare normativa alto-atesina) � gi� divenuto 
attuale per effetto della sentenza n. 1022 del 1988 limitatamente all'ambito 
dei terreni edificabili. 

Ci� rende necessaria una rimeditazione sulla s�celta, fatta dalla legge 

n. 865 del 1971, di derogare -con l'indennit� aggiuntiva -al principio 
della unicit� dell'indennizzo. Costringere l'espropriante a partecipare alla 
lite tra proprietario e fittavolo, per esserne spettatore o addirittura 
per esserne sostanziosamente coinvolto, appare poco ragionevole. Per il 
che parrebbe preferibile un ritorno al principio dell'unicit�, seppur 
temperato dalla previsione di due distinti crediti (e correlate obbligazioni) 
aventi per� ad oggetto solo parziali � acconti � e dall'individuazione 
di una sorta di �curatore indipendente � (rispetto al proprietario ed al 
fittavolo) cui l'espropriante � tenuto a corrispondere il residuo indennizzo 
in assenza di accordo tra i due predetti soggetti (ed in una logica 
simile a quella che connota J'art. 687 c.p.c.). � 
5 � Una terza questione riguarda la sopravvivenza (o -se si preferisce 
-i limiti di sopravvivenza) dell'istituto della cessione volontaria, 
almeno come attualmente lo conosciamo. Ignoto alla legge n. 2359 del 
1865, la quale conosce gli � accordi amichevoli� (ed inoltre, implicitamente, 
la compravendita causalmente connotata dall'anteriore avvio del 
procedimento di espropriazione), l'istituto � come noto stato introdotto 
per, al tempo stesso, delimitare l'autonomia negoziale delle amministrazioni 
esproprianti ed incentivare la composizione delle controversie 
sul quantum dell'indennit�. Successivamente, nel tentativo di contenere 
la massa delle contestazioni all'applicazione dei coefficienti stabiliti 
dalla legge n. 865 del 1981 per le aree comprese nei centri edificati, 
il d.l. n. 115 del 1974 e la legge !Il. 10 del 1977 hanno ritenuto� di 
conceder:e un cospicuo premio alla cessione volontaria specie quando 
effettuata dal proprietario coltivatore diretto (andando ben al di l� 
dell'originario ragionevole 10 % dell'indennit� provvisoria), ed inoltre di 
rafforzare la posizione dell'espropriando promuovendola a �diritto di 
conveniI~e con l'espropriante� (8). 

Ora la sentenza n. 1022 del 1988 ha affermato che l'art. 12 primo 
comma, -ed anche, deve ritenersi per eadem ratio, l'art. 17 primo 

(8) Nel senso che all'espropriando sia stato attribuito un diritto potesta� 
tivo, circolare Min. Lavori pubblici 9 febbraio 1978 n. 650/61; peraltro il pa� 
rere Cons. Stato, II, 23 gennaio 1980 n. 212, Riv. giur. ed., 1982, I, 144, giustamente 
riconosce all'espropriante il diritto di non aderire alla cessione volontaria 
e di dar corso alla normale procedura per la determinazione della indennit�. 
Sulla natura, se privatistica o pubblicistica, della � convenzione� 
VIGNALE, L'espropriazione per p.u. nell'attuale carenza di produzione normativa, 

Napoli, 1986, 137, � precedenti ivi segnalati. 



24 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comma -della legge n. 865 del 1971, come sostituiti nell'art. 14 della 
legge n. 10 del 197'/, non sono pi� applicabili per le espropriazioni di 
aree edificatorie. Per tali espropriazioni residuano dunque soltanto le 
possibilit� di amichevole composizione offerte dalla legge n. 2359 del 
1865. 

La pronuncia della Corte apre un delicato problema di diritto intertemporale, 
in ordine alla validit� o meno delle � convenzioni � di cessione 
volontaria poste in essere prima del 1.7 novembre 1988 ed accedenti 
a procedure espropriative non ancora concluse. Senza entrare 
nelle dispute sulla qualificazione delle � convenzioni � in questione 
(sovente qualificate negozi di diritto pubblico) e sulla natura del menzionato 
�diritto di convenire�, appare pi� corretto ritenere che la 
sentenza n. 1022 del 19ll8 abbia travolto in parte qua tale �diritto� e 
conseguentemente anche le � convenzioni � poste in essere per dare ad 
esso concreta attuazione. Peraltro, se prima del 17 novembre 1988 � 
stato emesso l'ordine all'espropriante di pagare il �prezzo� concordato 
(e a fortiori se prima di quella data � gi� avvenuto pagamento del 
�prezzo� medesimo) ordine (ed eventuale pagamento) dovrebbero cons,
ervare la loro autonoma efficacia, con preclusione di ogni caducazione 
(e ripetizione). 

In questa sede interessa, pi� che il profilo intertemporale cui si � 
sommariamente accennato, esaminare se il (primo) � limite massimo 
complessivo � evocato anche in relazione alle maggiorazioni per cessione 
volontaria (nell'ultima parte del par. 7 della motivazione della 
sentenza n. 1022 del 1988) debba -event4alroente con ulteriore pronuncia 
della Corte -assumere rilevanza pure per i terreni agricoli. 
La questione pu� essere impostata nei termini seguenti: se all'espropriando 
debba tuttora riconoscersi un � diritto di convenire � un � prezzo
� che -seppur non superiore al 150 % (o al 300 %) dell'indennit� 
provvisoria -risulti in concreto superiore al valore venale del bene. 
Cos� impostata la questione, la soluzione ne pare necessitata: il �diritto 
di convenire�, per quanto sopravvive, incontra quel �limite massimo 
complessivo �. Una siffatta ricostruzione della normativa, tra l'altro, 
darebbe un senso all'espressione � non superiore al >>, finora giustamente 
reputata intimamente contraddittoria con l'attribuzione all'espropriando 
del �diritto� anzidetto; peraltro, la ricostruzione stessa con� 
duce anche ad una tendenziale convergenza del � prezzo � della cessione 
volontaria verso l'ammontare dell'indennit� definitiva, e quindi ad una 
emarginazione, di fatto, dell'istituto della cessione volontaria. 

A questo punto v'� da porsi la domanda se la residua sopravvivenza 
di �esso sia ancora utile. L'istituto ha funzionato, e molto, ma al suo 
�successo� non poco ha contribuito l'avere esso sovente operato come 
veicolo di � sovra-indennizzo �. Una volta che fosse privato di tale idoneit� 
veicolare, esso potrebbe ancora essere utilizzato, se non altro per 
l'accelerazione che imprime ai pagamenti; ma ci� non costituisce una 
v.era risposta alla domanda test� posta. Il punto � infatti se una �misura
� contenuta di �sovra-indennizzo� debba essere tollerata (ed anche 
organizzata), pur di assicurare la sopravvivenza della cessione volontaria. 


Occorre realismo: tra i molti � privati � fortemente motivati dall'interesse 
personale ed i pochi funzionari di una amministrazione 
esnropriante desiderosi di chiudere le procedure � pi� nrobabifo rhe 
siano i primi. se assistiti adeg11atamente, a far nrev::ilere i nronri 
interessi. N� le cose cambiano quando si ha l'intermediazione di un 
concessionario per la sola costruzione dell'opera; questo anzi -una 
volta assicuratosi il rimborso � a pie' di lista � dei maggiori (rispetto 
al preventivato) costi delle espropriazioni -� portatore di un ulteriore 
interesse a non lesinare, per contenere i pronri costi arri111inistrativi 
e legali ed evitare turbative all'andamento dei lavori. Del resto, i1 

!


f 

~ 


PARTE Il, QUESTIONJ: 2f 

concreto funzionamento delle numerose leggi che, in passato, hanno in 
vario modo cercato di ridurre l'entit� deglJ. mdennizzi, � stato costantemente 
� facilitato � da espedienti pratici (ad esempio, stime generose 
dei valori venali nell'applicazione della c.d. legge per Napoli) volti ad 
assorbire le contestazioni degli espropriati. 

Appare dunque utile ed opportuno che la cessione volontaria sopravviva, 
se del caso nelle vesti di amichevole composizione; il che 
equivale a dire che appare utile ed opportuno tollerare che il cedente 
consegua un � premio�, prescindendo dallo scrupolo di un eventuale 
superamento del � limite � del valore venale del bene, purcli� -ben 
s'intende -tale � premio � sia commisurato esclusivamente all'interesse 
pratico dell'espropriante ad evitare intralci e liti, e non divenga 
strumento per elargizioni � senza causa �, .riferibili -nella migliore 
delle ipotesi -a generico sostegno ad operatori e/o assistenza a 
pvoprietari. 

Collocata in questo quadro, la pronuncia contenuta nella sentenza 

n. 1022 del 1988 in tema di cessione volontaria ha lodevolmente eliminato 
un equivoco, ma ha lasciato irrisolta la questione relativa alla 
rilevanza del (primo) �limite massimo complessivo� rispetto al �diritto 
di convenire � la cessione volontaria di terreni agricoli, ed ha lasciato 
insoddisfatta l'esigenza pratica test� considerata. 
6 -La legge provinciale tridentina esaminata nella sentenza n. 1165 
del 1988, e che ha superato il vaglio di legittimit� costituzionale, meriterebbe 
l'attenzione del legislatore nazionale. Quella legge infatti appare 
-sul piano concettuale -parecchio innovativa rispetto alle iniziative 
legislative in argomento finora (settembre 1989) uscite -con scarsa 
convinzione (malgrado l'audizione di commissioni di studio) ed ancor 
minore impegno politico -dal Ministero dei lavora pubblici nel corso 
delle due ultime legislature. Tali iniziative non sono andate al di l� 
di una riedizione riveduta e corretta (non necessariamente in meglio) 
della c.d. legge per Napoli, e quindi sono .rimaste ad un confronto tra 
un valore di scambio (del bene) ipotizzato da periti (il discutibile 
�giusto prezw � di cui all'art. 39 della legge n. 2359 del 1865) ed un 
valore lato sensu d'uso (del bene stesso) determinato mediante coacervo 
delle rendite, poco rileva se rilevate con riferimento ai canoni effettivi 
od alle risultanze catastali. Sono dunque rimasti accantonati i pur 
vistosi profili urbanistici � a monte � di qualsiasi determinazione del 
valore di scambio delle aree edificabili. 

La legge tridentina (che -si noti -� posteriore alla sentenza n. 5 
del 1980 della Corte costituzionale) poggia invece -e finalmente sulle 
destinazioni urbanistiche, e considera dunque l'effetto giuridico 
di conformazione delle propriet� da queste prodotto. La legge tridentina 
da' in primo luogo esplicita rilevanza agli � strumenti urbanisti 
vigenti � per separare da un lato le aree da essi destinate ad insediamenti 
residenziali o produttivi ed a servizi d'interesse pubblico (nonch� 
a verde privato) e d'altro lato le rimanenti aree; e poi (v'� una successione 
logica) stabilisce che l'indennit� dovuta per l'espropriazione delle 
aree della prima species � data da una media aritmetica semplice tra 
due valori (descritti nel primo paragrafo) entrambi di scambio e per� 
riferiti a due diverse utilizzazioni del terreno. 

Se si va -come logica parrebbe imporre -alla ricerca del quid 
che rende omogenei i due valori di scambio, pu� essere non azzardato 
ravvisare, sottostante ed implicito alla media aritmetica predetta, il 
riconoscimento di un quantum di edificabilit� indennizzabile (in sede di 
espropriazione) che si colloca a met� strada tra quello aggiuntivamente 
attribuito dagli �strumenti urbanistici vigenti� e quello in via generale 
attribuito ai terreni non-urbani e non-urbanizzabili dalla legge (statale 

o provinciale) come integrata dalle normative secondarie. Una siffatta 

26 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rilettura della normativa tridentina la carica forse di un significato non 
sviluppato appieno dallo stesso legislatore provinciale, ma sembra cogliere 
in essa una intima razionalit�. 

Ed invero l'espropriazione cti -un terreno dotato di una edificabilit�, 
ad opera e nell'interesse del proprietario, superiore a quella riconosciuta 
in via generale ope legis in assenza di piano regolatore, � momento 
conclusivo nel quale si realizza un risultato giuridico composito, all'in� 
terno del quale devono scorgersi due vicende concettualmente distinte, 
e che sovente anche si marufestano in procedimenti ed atti distinti: 
anzitutto una sottrazione, dai contenuti della propriet�, della p11edetta 
edificabilit� �privata�, e poi una sottrazione della propriet� cos� impoverita 
di contenuti e quindi � come se � ritornata al livello dell'utilizzazione 
agricola. 

La prima delle due vicende riguarda, in via immediata, l'assetto 
urbanistico, e solo indirettamente si riflette sulla propriet� e sui suoi 
contenuti; � quindi razionale che in essa abbiano � peso � e rilevanza le 
potest� urbanistiche e le correlate soggezioni delle situazioni e delle 
aspettative � private�. A ben vedere, la prima �vicenda �, in un sistema 
urbanistico maturo, assimilabile a qualsiasi altra compressione o ridu-. 
zione (down-zoning) o, al limite, esclusione delle volumetrie o superfici 
edificabili prodotto da strumento urbanistico; sicch�, non dovrebbe 
rilevare come circostanza diversificante (e meno che mai dovrebbe 
rilevare come circostanza disincentivante) il particolare e positivamente 
qualificato motivo idi realizzare un intervento edilizio di pubblica utilit�, 
quando � questo il motivo che in concreto ispira una specifica 
compressione dell'edificabilit�. 

Per il che, appaiono asistematiche ed intimamente erronee la formazione 
�di una categoria concettuale unitaria ed allargata di � vincolo 
(urbanistico) preovdinato all'espropriazione � e/o di � vincolo (urbanistico) 
che comporta l'inedificabilit�� e la contrapposizione di tale categoria 
concettuale alle altre � destinazioni urbanistiche �. Utilizzata ampiamente 
ed acriticamente dalla giurisprudenza non soltanto della 
Corte di cassazione (cfr. ad esempio Consiglio di Stato, Ad. plen., 
2 aprile 1984 n. 7), essa � emersa a livello di legislazione (art. 2 comma 
primo della legge 19 novembre 1968 n. 1187, art. 1 della legge 30 novembre 
1973 n. 756, e da ultimo artt. 4 comma secondo e 33 comma primo della 
legge 28 febbraio 1985 n. 47). Senonch� l'inclusione nella categoria concettuale 
predetta pure dell'inedificabilit� derivante da indicazioni contenute 
in strumenti urbanistici ha determinato una impropria trasposizione 
nell'ambito della normativa propriamente urbanistica di una 
terminologia, e quindi �di una nozione, a ben vedere pertinenti soltanto 
ai �vincoli� .elencati nelle lettere a), b) e e) dell'art. 33 test� menzio� 
nato (9), e conseguentemente ha determinato una ingiustificata separazione 
di due species separabili solo con difficolt� e con parecchia 
arbitrariet� (in realt�, la separazione tra es�se �, al pi�, di ordine quan


(9) Come noto, il primo comma dell'art. 33, seppur allo specifico fine di 
individuare le � opere non suscettibili di sanatoria�, elenca nelle lettere a) b) e e) 
i cosiddetti vincoli � a tutela � (idrogeologiici, militari, ambientali, culturali, etc.) 
e poi parla nella lettera d) dd � ogni altro vincolo che comporti la inedificabilit� 
delle aree�, espressione -quest'ultima -commentata �dunque, anche 
meri vincoli di inedificabilit� portati da strumenti urbanistici ,. (GIUFFIIB, Sanatoria 
e repressione degli abusi edilizi, Napoli, 1985, 146). In argomento, tra i 
contributi pi� recenti, la sentenza Corte cost. 12 maggio 1982, n. 92, e ALPA, 
Pianificazione del territorio o vincoli di destinazione: una questione ancora 
aperta? Riv. giur. ed., 1982, I, 422, LUBRANO, I vincoli di piano regolatore: le recenti 
decisioni della Corte costituzionale e dell'Adunanza plenaria del Consiglio 
di Stato, Riv. amm., 1985. 5. MTNTERI, Diritto di propriet� e vincoli urbanistici, 
ivi, 12. 


PARTE II, QUESTIONI 27 

titativo) all'interno di un genus essenzialmente ed intimamente unitario, 
quale � la nozione di destmazione urbanistica. Invero, a livello di .indicazioni 
esclusivamente urbarustiche non dovrebbe esservi spazio per 
una autonoma noz10ne di vmcolO, nozione che dovrebbe essere utilizzata 
soltanto per md.lcare i limiti esterni alle scelte urbanistiche, limiti che 
gli strumenti urbanistici nella sostanza solo recepiscono e rammentano. 

La seconda delle due vicende � invece esclusivamente proprietaria. 
La propriet� del soggetto espropriante sostituisce la propriet� del 
soggetto espropriato; la pubblica utilit� giustifica tale sostituzione, che 
� attuata mec:uante apprensione del �potere di disporre� Rrima che 
della res oggetto della propriet�. 

In questo quadro, la soluzione data dalla legge tridentina appare 
un razionale compromesso tra garanzia della propriet� e salvaguardia 
delle potest� urbanistiche: i due valori di scambio assunti a base della 
media aritmetica esprimono l'uno la propriet� in quanto tale � come 
se � ritornata al livello di utilizzazione agricola, e l'altro le aspettative 
(non garantite) di edificabilit� attribuite al terreno anteriormente a 
quella che si � test� descritta come prima vicenda, intrinsecamente 
urbanistica e simile ad un down-zoning. 

Comunque, la Corte non ha commentato i tratti innovativi della 
legge tridentina, ed ha considerato la partecipazione del valore agricolo 
alla media aritmetica alla stregua di un attendibile � correttivo � di un 
valore v.enale ipotizzato come grandezza a s� stante ed empiricamente 
rilevabile; il che pare una semplificazione non proprio raffinata. 

In realt�, la questione cui si � in questo paragrafo accennato attende 
ancora soluzione, ed � ovviamente, la pi� impegnativa tra quelle prospettate 
in questo scritto. Per .impostarla correttamente e �ridurla in pillole 
� occorre preliminarmente sottolineare che normativa urbanistica 
(e quindi i suoi precetti concreti in termini di volumetrie e superfici 
edificabili) e normativa sugli indennizzi dovuti per le espropriazioni 
sono sistemi concettualmente diversi e separati, tra i quali non dovrebbero 
essere operate commistioni (men che mai empiriche). 

V'� di pi�: commistioni tra i due sistemi dowebbero essere ni.guardate 
come non-corrette, anche sul piano costituzionale, ogniqualvoltail risultato pratico di esse abbia ad essere un condizionamento pi� o 
meno pesante, o addirittura una sostanziale negazione, delle potest� 
urbanistiche � sovrane '" 

L'intima diversit� e necessaria separatezza dei due sistemi normativi 
test� considerati � confermata dal diverso loro atteggiarsi nei 
riguardi del principio di eguaglianza. Gli strumenti urbanistici necessariamente 
-per loro missione specifica -� selezionano � le parti di 
territorio e ne differenziano le destinazioni, le modalit� di utilizzazione, 
ed in genere le so:rti; non pu� aversi assetto urbanistico che non passi 
attraverso tale �selezione� e differenziazione (10). La normativa urbanistica 
(ed i piani sulla base di essa prodotti) di per s� non pu� e non 
deve assicurare eguaglianza tra i proprietari dei singoli terreni; ad essa 
pu� affiancarsi una normativa, per cos� dire integrativa e correttiva, 
che persegua in qualche misura l'obiettivo della eguaglianza, ma tale 
normativa a latere rimane esterna ed estranea alla logica ed alla fun� 
zione propria della pianificazione territoriale ed urbanistica. 

Per contro, il principio di eguaglianza pu� (e dovrebbe) operare 
nella determinazione delle indennit� dovute in relazione ad espropriazioni 
.er pubblica utilit�. Non corretto �, come si � detto, mediante 
commistione dei due sistemi strumentalizzare l'operare del principio 
di eguaglianza nell'ambito delle indennit� per negare o condizionare le 
potest� urbanistiche, per asservirle agli interessi particolari proprietari. 

(10) La parola � selezione" � stata utilizzata da MAZZONI, La propriet� procedimento, 
Milano, 1975, 338. 

28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

Una volta posta questa premessa -sulla etili validit� parrebbe vi 
sia poco �a auouare -nswi.a conrermato quanto osservato cuanzi. circa 
nrnpropnet� a.eua nozio1i.e cu � vmco10 preoramato a11�espropnaz1oue � 
e/o cu � vinco10 cu rneu1rn.:a01.ut� �. Tale pseud.o-no:aone na onginato un 
eqwvoco ed una, seppur Hrmtata, commistione tra i due s1st.eilll normauv1 
dianzi conSlut: ..ran lH). L'mtento perseguito dalla giur1spructenza 
� stato law sensu morauzzatore e di garanzia deue propneta: si � 
voluto sostanzialmente evitare e contrastare la loea!izzazione cu intervenu 
pubbllc1 su terreni selezionati secondo criten non oggettivi e tunzionall 
lPenruizzare i non-amici, proteggere gli armci). lm:t:nto loaevo1e, 
ma la cw realizzazione � anaata vistosamente oltre misura: si � pt:rvenuti 
in pratica ad una sorta di presunzione assoluta dl mala fede delle 
autont� urbanistiche, e ad una penalizzazione dei soli interventi pubb.
IJ.ci tra tutte le moltepllci utilizzazioni del terntorio, l'Ullilca aestinazione 
urbanistica comportante indennizzo (ovviamente non ex se ma 
nell'ambito della eventuale espropnazione) essendo quella conseguente 
a locailzzazione di �detti interventi. ln sostanza, si �profitta� della. 
espropriazione per indennizzare anche qualcosa che � simile ad un 

down-zoning (12). 

Se l'esigenza pratica � -come � -quella di tutelare la propriet� 
dalla localizzazione fraudolenta, sufficienti sarebbero misur� pi� mirate, 
e circoscritte anche nel tempo. Del resto, recenti esperienze (e che � 
possibile siano replicate in occasione dell'attuazione di provvedimenti ~ 
legislativi motivati da una -magari artificiosamente mgigantita 
�emergenza�) inducono a ritenere che vi sarebbe anche !'esigenza di 

I 

tutelare le casse dei soggetti pubblici da localizzirai.oni fraudolente, le 
quali � promuovono � aree di scarsa edificabilit�. 
Nell'individuare le misure cui si � alluso occorre aver presente che 

I 
I
!i

sarebbe non corretto e non opportuno irrigidire rin modo indiretto le 
destinazioni urbanistiche, mediante il rendere di fatto � costose � le 
modifiche degli strumenti urbanistici, modellando i contenuti (in termini 
di edificabilit�) delle propriet� ad immagine e somiglianza della 
tendenziale �eternit�� di questa; sufficiente � -pi� limitatamente 


!

prevenire l'uso distorto delle potest� urbanistiche mediante l'attenuazione 
ed il differimento degli effetti giuridici prodotti dagli atti di 
esercizio di tali potest�. 

I 

(11) La diversit� dei due sistemi normativi � alla base di una divergenza 
I

di opinioni tra giurisdizioni, quanto alla situazione conseguente alla caduta 

I i::

dei cosidetti vincoli urbanistici per decorso del quinquennio. Mentre il Consiglio 
di Stato ha giustamente affermato che, caduto il vincolo, l'edificabilit� 
per il proprietario � privato � non � affatto � libera >>, la Corte di cassazione ha 
reputato, seppur in pronunce isolate, che al terreno dovrebbe essere ricono~ 
sciuta una edificabilit� con � riferimento a parametri relativi ad una zona 
omogenea� a quella anteriormente sottoposta a vincolo (Cass. 17 febbraio 

,

1988 n. 1691). Il che oltretutto solo con molta approssimazione si collega all'orientamento 
secondo cui � il carattere edificabile pu� essere desunto in via '

I diretta dalla destinazione impressa dagli strumenti urbanistici o in via indiretta 
in base ad altri elementi purch� oggettivamente sicuri� (cos� si esprime 
Cass. 14 dicembre 1988, n. 6803). 

~1!

(12) Qualcosa di apparentemente simile -ma nel ben diverso quadro 
della responsabilit� da fatto illecito -si verifica per le limitazioni legali ge< 
nerali della propriet�. Pur essendo consolidato il principio che esse non ingenerano 
crediti per indennizzi (neppure -deve ritenersi -in occasione di 
una regolare espropriazione), in talune pronunce della Corte di cassazione si 
legge che detto principio non troverebbe applicazione quando le limitazioni 
(ad esempio, distanze legali da una strada) gravano su propriet� occupate illegittimamente 
per la realizzazione dell'opera pubblica dalla quale le limita� 
?ioni stesse conseguono. Sull'argomento, VIGNALE, op. cit., 191. 
lf 

, Ifil 


PARTE I~, QUESTIONI 29 

Per rendere pi� agevolmente intellegibile quanto test� detto, potrebbe 
immaginarsi una disposizione grosso modo cos� formulata: 
� m deroga all'art. 809 del codice civile, quando prescrizioni e destinazioni 
urbarustiche, mutando quelle anteriormente stabilite, riducono 

o sopprimono per beni determinati le superfici o volumetrie edificabili 
ad opera del proprietario e comportano che trasformazioni urbanistiche 
od edilizie ad essi relative siano realizzabili da una amministrazione 
pubblica, la misura delle edificabilit� � pari alla media tra quella 
riconosciuta. al proprietario dalle anteriori prescrizioni e destinazioni 
urbanistiche e quella riconosciutagli in base alla legge in mancanza di 
piano 11egolatore. Il presente comma si applica quando il piano regolatore 
o variante di esso � stato approvato nei nove anni anteriori 
all'�emanazione dell'atto che dichiara od implica la pubblica utilit� del 
l'opera o dell'intervento ed all'inizio della trasformazione edilizia cui 
� seguita la destinazione dell'immobile all'uso pubblico o di interesse 
pubblico o collettivo� (13). 
Nella sostanza una disposizione siffatta darebbe luogo a risultati 
analoghi a quelli prodotti dalla legge tridentina, solo limitando nel 
tempo ed anche nello spazio (in relazione a specifiche parti di territorio 
.ed a singole porzioni dei terreni) la � ultrattivit� � dei previgenti 
strumenti urbanistici. 

7 -Pcrima di concludere appare doveroso accennare brevemente al 
lavoro svolto, nel corso del 1988 e del primo semestre del 1989, in sede 
parlamentare, ed in particolare in seno alla XIII cominissione del 
Senato. In queUa sede si va, come noto, affermando l'orientamento di 
introdurre nel nostro ordinamento una disciplina fortemente innovativa, 
per taluni versi ispirata al plafond l�gal de densit� sperimentato 
dal 1975 nell'ordinamento francese (e per� dal 1986 divenuto di non 
generale applicazione). Ad una proposta di legge in tal senso (A.S. 

n. 799, primo firmatario il sen. Cutrera) si � affiancata, tra altre variamente 
ispirate, una proposta abbastanza simile (A.S. n. 1018, primo 
firmatario il sen. Mancino); sulla base della proposta n. 799, � stato 
predisposto dal sen. Pagani, presidente della commissione, un testo 
unificato datato 3 aprile 1989 sul quale sono in corso gli ulteriori lavori 
di quella commissione. L'argomento � stato affrontato anche dalla VIII 
commissione della Camera dei Deputati, in occasione di provvedimento 
in tema di edilizia abitativa, ma su basi pi� � tradizionali �, 
Una soluzione ispirata al predetto plafond e che pervenga a valori 
denominati � 1convenzionali � (ed � denominazione pericolosa, in un 

(13) Ovviamente le parole iniziali � in derog�a all'art. 869 del codice civile � 
valgono anche a ricollocare detto articolo -� a torto trascurato nella convinzione 
che la disoip1ma della propriet� edilizia sia tutta extracodicistica � 
(TORREGROSSA, Introduzione al diritto urbanistico, Milano, 1987, 156) -al 
centro della disciplina normativa della �propriet� edilizia� (che preferibile 
sarebbe denominare �propriet� urbana�). L'art. 869 cod. civ. avrebbe dovuto 
adempiere, e con pienezza, al ruolo fondamentale di �ponte � attraverso il quale 
le previsioni contenute negli strumenti urbanistici sono automaticamente recepite 
dal diritto ciwle e fanno corpo con esso. Se non si coglie questo passaggio, 
se si degrada l'art. 869 cod. civ. a mero (e superfluo) pro-memoria in 
tal modo sostanzialmente disapplicandolo, si depotenzia la disciplina urbanistica 
riducendola a strumento contingente, con il risultato ultimo di costruire 
sulla sabbia l'effetto giuridico di conformazione delle propriet� maestosamente 
�eterne� e tendenzialmente illimitate (distingue �conformazione del territorio 
� da � conformazione delle propriet� � STELLA RICHTER, Profili funzionali 
dell'urbanistica, Milano, 1984, 112). 
A sminuire il significato dell'art. 869 cod. civ. hanno contribuito il tor� 
mentato e compromissorio successivo art. 872 e, in qualche misura inconsa




30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudizio di legittimit� costituzionale) sulla base di � indici� di edifica


f

bilit� stabiliti ope legis ha indubbiamente il merito di far operare -in 

~ 

misura pi� o meno consistente -il principio di eguaglianza anche in i 
relazione alle scelte urbanistiche; il che � difficile ma non irrazionale. 

!

Ueve per� esse11e ben chiaro che una soluzione siffatta coinvolge necessariamente 
tutte le trasformazioni edilizio-urbanistiche (salvo esenzioni 1 
od agevolazioni specificamente stabilite), e quindi ha una portata molto, i " 
anzi inolte volte, pi� ampia di quel che pu� riguardare le espropriazioni 
per pubblica utilit� e la determinazione delle relative indennit�. 


Momento centrale di una normativa basata su indici di edificabilit� 
stabiliti ope legis � dunque non gi� ci� che 1a collettivit� deve dare 

Iai (relativamente pochi) espropriati, ma ci� che la collettivit� deve prelevare 
dai (pi� numerosi) proprietari che costruiscono edifici con volumetrie 
o superfici eccedenti l'indice da applicarsi in concreto (il che 
ovviamente pu� avere notevole peso nel corso del dibattito parlamentare). 


I 

D'altro canto, una riforma ancorch� incisiva della disciplina relativa 
ai contributi di concessione edilizia (ii quali avrebbero dovuto essere 
adeguati ai cospicui mutamenti del metro monetario avutisi nell'ultimo 
decennio, e non lo sono stati, salvo irrisori. ritocchi) non realizza, o 
-al pi� -realizza solo in parte, il principio di una generale limitazione 
legale civilistica ed urbanistica del quantum di edificabi1it� intrinseco 
alle propriet�, principio che invece � alla base del plafond l�gal 
de densit�. Un inasprimento dei predetti contribl.llti (che non assuma 
la dimen~ione di una avocazione) non sembra idoneo, � comunque, a 
definire i contenuti delle propriet� e ad integrare l'art. 869 del codice 
civile assicurando piena e diretta rilevanza civilistica, oltre che agli 
standards urbanistici ope legis operanti in assenza di strumenti urbanistici 
(standards oui gi� adesso deve riconoscersi detta rilevanza), 
anche alle indicazioni degli strumenti urbanistici. Sicch�, residuerebbe 
pur sempre -sia sul piano teorico che su quello pratico -un � salto � 
tra l'operare degli indici di edificabilit� nei confronti degli espropriati 

"e l'operare degli stessi iindici nei confronti degli altri proprietari. 

Una ulteriore osservazione pu� essere fatta al testo unificato pre


detto. Esso indirettamente attenua l'efficacia giuridica degli strumenti 

urbanistici e dei predetti standards: il quantum di edifioabilit� ricono


sciuto dei nuovi indici � un terzo quantum, diverso da quelli dati 

rispettivamente dagli strumenti e dagli standards, e che ad essi S!i 

affianca. Dai nuov,i indici taluni proprietari sarebbero avvantaggiati (e 

silenziosamente �porterebbero a casa� il vantaggio), altri proprietari 

sarebbero danneggiati; e questi ultimi si attiverebbero per ottenere una 

pevolmente, il riparto tra le giurisdimoni ordinaria ed amministrativa: poich� 
della legittimit� dei piani regolatori generali. conosce in pratica il Giudice 
amministrativo, gli effetti civilistici da essi prodotti sono, ancorch� vistosi, 
rimasti alquanto accantonati. D'altro canto, il Giudice ordinario ha preferito 
rimanere nella scia -della tradizione: cos�, il di�niego di rilevanza civilistica 
delle previsioni urbanistiche di inedificabilit� affermato in sentenza datata 
26 luglio 1929 (Giur. it., 1929, I, 1208) si ritrova confermato nelle sentenze Oass. 
16 maggio 1962 n. 1105 (Foro it., 1962, I, 2099) e 22 gennaio 1965 n. 119 (Giust. 
civ., 1965, I, 783), ed � alla radice di tutto quanto � avvenuto dopo in tema di 
cosidetti � vincoli (urbanistici) comportanti inedificabilit� �. Sicch�, l'art. 1 
di una qualsiasi legge sulle indennit� di espropriazione dovrebbe essere de� 
dicato proprio alla puntualizzazione delle � disposizioni generali sulla edificabilit� 
dei suoli �; disposizionl� che sarebbe agevole formulare -e senza seri 
pericoli quanto alla legittimit� costituzionale -ripotenziando l'art. 869 cod. 


civ. e ribadendo le inedificabilit� (a tutti i fini, e non solo �ai f)ini della presente 
legge�) derivanti dai vincoli �a tutela" di cui alle lettere a) b) e e) menzionate 
nella nota. 
-



PARTE II, QUESTIONI 

censura della legge, sotto il profilo che essa non assume come � base 
di riferimento � il valore in comune commercio. Per Tesistere a censure 
siffatte, la legge deve realmente stabilire general;i limitazioni legali dei 
contenuti delle propriet�, deve oggettivamente � dimensionare � erga 
omnes tali contenuti; cosa questa che pu� realizzarsi sia con un vero 
plafond alla francese (del 1975) sia con una adeguata integrazione di 
strumenti e standards urbanistici con gli istituti civilistici, e �che invece 
non si realizza (o quanto meno non si realizza appieno) attraverso un 
sistema autonomo ed a latere di valori. � convenzionali� e di contributi 
di ooncessione edilizia. 

Concludendo questo breve (e forse prematuro) accenno, sembra 
consentito formulare l'auspicio che la strada intrapresa in sede parlamentare 
sia percorsa avendo ben presenti le implicazioni civilistiche 
delle soluzioni ipotizzate, ed evitando che una eccessiva preoccupazione 
per le vicende espropriative operi da � specchio deformante �. Tra 
l'altro, occorre evitare che in Italia si abbiano pi� modelli di propriet�, 
come indiretta conseguenza delle attribuzioni di regioni e province autonome 
(segnatamente a statuto speciale) nelle materie �urbanistica� 
ed �espropriazione per pubblica utilit��; di qui la necessit� di individuare 
con chiarezza quanto incide sulle propriet�, e di ricondurre -per 
quanto possibile -fa relativa disciplina nell'alveo civilistico. 

FRANCO FAVARA 

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RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

codice civile, art. 155, quarto comma, nella parte in cui non prevede la 
trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della abitazione nella 
casa familiare al� coniuge affidatario della prole, ai fini della opponibilit� 
ai terzi. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 454, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

codice di procedura civile, art. 292, primo comma (in relazione all'art. 215, 

n. 1), nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale 
in cui si d� atto della produzione della scrittura privata non indicata in 
atti notificati in precedenza. 
Sentenza 6 giugno 1989, n. 317, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 

codice di procedura civile, art. 395, prima parte e n. 4, nella parte in ,cui 
non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di 
convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in assenza o per 
mancata opposizione dell'intimato. 

Sentenza 20 dicembre 1989, n. 558, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

codice di procedura civile, art. 395, prima parte e n. 4, l� dove non prevede 
la revocazione per errore di fatto per i provvedimenti di convalida di 
sfratto per morosit� resi sui medesimi presupposti. 

Sentenza 20 dicembre 1989, n. 558, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

codice penale, art. 177, primo comma, nella parte in cui, nel caso di revoca 
della liberazione condizionale, non consente al Tribunale di sorveglianza 
di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo 
trascorso in libert� condizionale nonch� delle restrizioni di libert� subite dal 
condannato e del suo comportamento durante tale periodo. 

Sentenza 25 maggio 1989, n. 282, G: U. 31 maggio 1989, n. 22. 

codice penale, art. 266, nella parte in cui non prevede che per l'istigazione di 

militari a commettere un reato militare la pena sia � sempre applicata in mi� 

sura inferiore alla met� della pena stabilita per il reato al quale si riferisce 
� l'istigazione �, 

Sentenza 21 marzo 1989, n. 139, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

26 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
codice di procedura penale art. 387, terzo comma, nella parte in cui riconosce 
all'imputato il diritto di proporre appello contro la sentenza del giudice 
istruttore che l'abbia prosciolto �perch� si tratta di persona non imputabile 
� limitatamente alle ipotesi nelle quali sia stata applicata o possa, con 
provvedimento successivo, essere applicata una misura di sicurezza. 
Sentenza 21 marzo 1989, n. 140, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
codice di procedura penale, art. 387, terzo comma, nella parte in cui esclude 
il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 
152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza 
del giudice istruttore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per 
remissio:p.e della querela. 
Sentenza 18 maggio 1989, n. 249, G; U. 24 maggio 1989, n. 21. 
codice di procedura penale, art. 399, primo comma, nella parte in cui 
riconosce all'imputato il diritto di proporre appello contro la sentenza del 
pretore che l'abbia prosciolto �perch� si tratta di persona non imputabile� 
limitatamente alle ipotesi nelle quali sia stata applicata o possa, con provvedimento 
successivo, essere applicata una misura di sicurezza. 
Sentenza 21 marzo 1989, n. 140, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
codice di procedura penale, art. 399, primo comma, nella parte in cui 
esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui 
all'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza 
del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per remissione 
della querela. 
Sentenza 18 maggio 1989, n. 249, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 
codice di procedura penale, art. 512, n. 2, nella parte in cui riconosce all'imputato 
il diritto di proporre appello contro la sentenza del pretore che 
abbia dichiarato non doversi procedere " perch� trattasi di persona non im� 
putabile � limitatamente alle ipotesi nelle quali sia stata applicata o possa, 
con provvedimento successivo, essere applicata una misura di sicurezza. 
Sentenza 21 marzo 1989, n. 140, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
codice di procedura penale, art. 513 n. 2, nella parte in cui riconosce all'imputato 
il diritto di proporre appello contro la sentenza del tribunale o 
della corte d'assiste che abbia dichiarato non doversi procedere � perch� trat� 
tasi di persona non imputabile � limitatamente alle ipotesi nelle quali sia 
stata applicata o possa, con provvedimento successivo, essere applicata una 
misura di sicurezza. 
Sentenza 21 marzo 1989, n. 140, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
codice penale militare di pace, art. 8, n. 2, nella parte in cui prevede 
che, agli effetti della legge penale militare, i sottufficiali ed i militari di truppa 
cessano di appartenere alle Forze Armate dello Stato dal momento della 
consegna a essi del foglio di congedo assoluto, anzich� dal momento del loro 
effettivo congedamento. 
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i 
Sentenza 20 dicembre 1989, n. 556, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

I 


I 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice penale militare di pace, art. 90, primo comma, n. 4, nella parte 
in cui punisce i fatti previsti dal n. 4 dello stesso comma con la reclusione 
da cinque a dieci anni. 

Sentenza 16 febbraio 1989, n. 49, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

codice penale militare di pace, art. 263 e r.d.-1. 20 luglio 1934, n. 1404, 
art. 9 '[convertito in legge 27 maggio 1935, n. 835], nella parte in cui sottrag� 
gono al tribunale per i minorenni la cognizione dei reati militari commessi 
dai minori degli anni diciotto appartenenti alle forze armate. 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 78, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

codice penale militare di pace, art. 308, primo comma. 

Sentenza 15 novembre 1989, n. 503, G. U. 22 novembre 1989, n. 47. 

codice penale militare di pace, art. 373, primo comma. 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 78, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

codice penale militare di pace art. 373, secondo comma, nella parte in 
cui non prevede che, dinanzi al giudice �ivile competente, venga proposta la 
domanda relativa alle restituzioni ed al risarcimento del danno restando superata, 
dalla precedente declaratoria d'illegittimit� costituzionale, ex art. 27 
della legge n. 87 del 1953, del secondo comma dell'art. 373 del codice penale 
militare di pace, la declaratoria d'inammissibilit� della questione relativa al 
secondo comma del predetto articolo, proposta con la stessa ordinanza. 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 78, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

r.d.-1. 16 ottobre 1919, n. 1986, art. 23, nella parte in cui non prevede il 
diritto a pensione dei sottufficiali dell'esercito che, avendo un'anzianit� di 
quindici anni di servizio, siano stati rimossi dal grado e siano cessati dal 
servizio per condanna penale. 

Sentenza 22 giugno 1989, n. 347, G. U. 28 giugno 1989, n. 26. 

legge 16 giugno 1927, n. 1766, art. 27, secondo comma, nella parte in cui in 
luogo della disciplina ivi prevista -non rimette alla competenza del Consiglio 
superiore della magistratura, a norma dell'art. 105 della Costituzione, le 
assegnazioni ai magistrati ordinari dell'ufficio di Commissario agli usi civici. 

Sentenza 13 luglio 1989, n. 398, G. U. 19 luglio 1989, n. 29. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, allegato A, art. 46, ultimo comma, nella parttj 
in cui esclude, in ogni caso, dal diritto all'indennizzo in esso previsto l'agente 
sospeso in via preventiv.a e successivamente prosciolto in sede di proceJi� 
mento penale per amnistia. 
Sentenza 27 giugno 1989, n. 356, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 

r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 283 [come modificato dall'art. 14 d. lgs. 
26 marzo 1948, n. 261]. 
Sentenza 27 luglio 1989, n. 451, G. U. 2 agosto 1989, n . .31. 


J6 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

r.d.-1. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9 [convertito in legge 27 maggio 1935, 

n. 835) e codice penale militare di pace, art. 263, nella parte in cui sottraggono 
al tribunale per i minorenn� la cognizione dei reati militari commessi dai 
minori degli anni diciotto appartenenti alle forze armate. 
Sentenza 3 marz� 1989, n. 78, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge 19 gennaio 1942, n. 22, art. 24 [abrogato dall'art. 29 del d.P.R. 29 di� 
cembre 1973, n. 1032), nella parte in cui non prevedeva l'esperibilit� del ricorso 
alla Corte dei Conti anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. 

Sent~nza 11 dicembre 1989, n. 530, G. U. 13 dicembre 1989, n. 50. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1, secondo comma [come modif. dall'arti~ 
colo unico della legge 20 ottobre 1952, n. 1375), nella parte in cui prevede che 
� quando � mancato l'accertamento ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, 
sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un'attivit� 
commerciale nella cui azienda risulta investito un capitale non superiore a 
lire novecentomila �. 
Sentenza 22 dicembre 1989, n. 570, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 54, terzo comma, e 55, primo comma, nella. 
parte in cui non estendono la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati 
da lavoro nella procedura di fallimento del datore di lavoro. 
Sentenza 20 aprile 1989, n. 204, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 54, terzo comma, e 55, primo comma [in 
r,elazione all'art. 1 del d.I. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in legge 3 aprile 
1979, n. 95), nella parte in cui non estendono la prelazione agli interessi dovuti 
sui crediti privilegiati da lavoro nella procedura di amministrazione straordinaria. 
Sentenza 22 dicembre 1989, n. 567, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 54, terzo comma, 55, primo comma, nonch� 
169 l� dove richiama l'art. 55, nella parte in cui, nelle procedure di fallimento 
del debitore e di concordato preventivo, non estendono la prelazione agli interessi 
dovuti sui crediti privilegiati delle societ� o enti cooperativi di produzione 
e di lavoro, di cui all'art. 2751 bis, numero 5, del codice civile, che 
rispondono ai requisiti prescritti dalla legislazione in tema di cooperazione. 
Sentenza 18 luglio 1989, n. 408, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 59, nella parte in cui non prevede la rivalutazione 
dei crediti da lavoro con riguardo al periodo successivo all'apertura 
del fallimento fino al momento in cui lo stato passivo diviene definitivo. 
Sentenza 20 aprile 1989, n. 204, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 59 [in relazione all'art. 1 del d.I. 30 gennaio 
1979, n. 26, convertito in legge 3 aprile 1979, n. 95), nella parte in cui non 
prever.le la rivalutazione dei crediti di lavoro con riguardo al periodo succes

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

sivo al decreto minist�riale con cui si dispone la procedura di amministrazione 
straordinaria fino al momento in cui la verifica del passivo diviene 
definitiva. 

Sentenza 22 dicembre 1989, n. 567, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 29, terzo comma, nella parte in cui non 
prevede un meccanismo di adeguamento dell'importo nominale dei contributi 
versati dal giorno della sua entrata in vigore in poi. 

Sentenza 21 marzo 1989, n. 141, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

legge 2 luglio 1952, n. 703, art. 47, ultimo comma, nella parte in cui prevede 
che i membri della Commissione comunale per i tributi locali, nominati 
dal Consiglio comunale, possano essere riconfermati. 

Sentenza 18 maggio 1989, n. 281, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

legge 31 luglio 1954, n. 599, artt, 28, 29, terzo comma, 33, quarto comma, 
34, 35, secondo comma, e 60, nella parte in cui non prevedevano che i sottufficiali 
dei carabinieri, collocati in congedo per perdita del grado, potessero 
conseguire la pensione al compimento di quindici anni di servizio. 

Sentenza 20 dicembre 1989, n. 557, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 4 dicembre 1956, n. 1450, art. 22, primo comma, n. 1 [modificato 
dall'art. 4 della legge 13 luglio 1967, n. 583], nella parte in cui esclude dal 
diritto a pensione di riversibilit� anche il coniuge �superstite separato per 
sua colpa, o al quale la separazione � stata addebitata, con sentenza passata 
in giudicato, che aveva diritto agli alimenti verso il coniuge deceduto. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 450, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

d. Presid. reg. siciliana 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3, nella parte in cui 
prevede l'ineleggibilit� a consiglieri comunali di coloro che ricevono uno stipendio 
o salario da enti, istituti o aziende dipendenti o sottoposti a vigilanza 
o sovvenzioni dal Comune, i quali non abbiano funzioni di rappresentanza 
o poteri di organizzazione o coordinamento del personale; ovvero, se dipendenti 
cli una u.s.l., non facciano parte dell'ufficio di direzione, o non siano 
coordinatori dello stesso. 
Sentenza 22 dicembre 1989, n. 571, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, quarto e quinto comma, nella parte 
in cui, salva la necessit� della prova scritta sulla esistenza del rapporto di 
lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la du� 
rata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione. 

Sentenza 22 dicembre 1989, n. 568, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1, secondo comma, nella parte in cui 
non consente l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit� a carico 
del Fondo speciale per gli artigiani nell'ipotesi di cumulo con pensione diretta 
a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti. 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 81, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 


JS RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1, secondo comma, sotto ogni profilo 
residuo. 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 81, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 24, nella parte in cui non prevede 
la facolt� di riscatto dei periodi corrispondenti alla durata legale dei corsi 
di specializzazione il cui diploma sia stato richiesto, in aggiunta a quello professionale 
iniziale, quale condiziohe necessaria per accedere ad uno dei posti 
occupati durante la carriera. 

Sentenza 29 marzo 1989, n. 163, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma, nella parte in cui non 
consente l'irntegrazione al minimo della pensione di riversibilit� erogata dal 
Fondo speciale per i coltivatori diretti, mezzadri. e coloni, per i titolari di 
pensione d'invalidit� a carico della stessa gestione allorch�, per effetto del 
cumulo, venga superato iJ. minimo garantito dalla legge. 

Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1144, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 

legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma, nella parte in cui non 
consente l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit� a carico del 
Fondo speciale per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni nell'ipotesi di 
cumulo con pensione di vecchiaia a carico del Fondo medesimo. 

Sentenza 21 marzo 1989, n. 142, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma, nella parte in cui esclude 
l'integrazione al minimo della pensione di riversibbilit� erogata dal Fondo speciale 
per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni ai titolari di pensione diretta 
a carico della assicurazione generale obbligatoria, qualora per effetto del cumulo, 
il complessivo trattamento risulti superiore al minimo anzidetto. 

Sentenza 6 luglio 1989, n. 373, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 

legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma, nella parte in cui esclude 
l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit� erogata dal Fondo speciale 
per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, in caso di cumulo con pensione 
d'invalidit� a carico della Gestione speciale artigiani, qualora, per effetto 
del cumulo, il trattamento complessivo risulti superiore al minimo anzidetto. 

Sentenza 7 novembre 1989, n. 488, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 

legge 15 marzo 1963, n. 16, art. 6, nella parte in cui non prevede che anche 
per la fusione dei Comuni e la modificazione delle loro circoscrizioni territoriali 
e denominazioni debbano essere sentite le popolazioni direttamente interessate. 


Sentenza 27 luglio 1989, n. 453, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, terzo comma, n. 27, in relazione all'art. 4, 
numero 1, dello stesso d.P.R., nella parte in cui non comprende tra le persone 
soggette all'assicurazione obbligatoria i ballerini e i tersicorei addetti all'allestimento, 
alla prova o all'esecuzione di pubblici spettacoli. 
Sentenza 21 marzo 1989, n 137, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 80, primo comma, nella parte in cui non 
prevede che, qualora sopravvenga un ulteriore infortunio dopo il decorso di 
dieci anni dalla costituzione della rendita per un precedente infortunio, al 
lavoratore spetta una rendita non inferiore a quella gi� erogatagli. 
Sentenza 6 giugno 1989, n. 318, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 110; nella parte in cui non consente, entro 
i limiti stabiliti .dall'art. 2 n. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, la pignorabilit� 
per crediti alimentari dovuti per legge delle rendite erogate dall'INAIL. 
Sentenza 22 dicembre 1989, n. 572, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 13 luglio 1965, n. 836, art. 5, nella parte in cui prevede la liquidazione 
dell'indennit� giornaliera dovuta ai custodi indicati negli artt. 102 e 103 della 
tariffa penale, approvata con regio decreto 23 dicembre 1865 n. 2701, in lire 300, 
e successive variazioni, anzich� con riferimento alle tariffe vigenti ed agli usi 
locali. 

Sentenza 21 aprile 1989, n. 230, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

legge 13 luglio 1965, n. 859, art. 31, primo comma, lettera a), nella parte in 
cui esclude dal diritto a pensione di riversibilit� anche il coniuge superstite 
separato per sua colpa, o al quale la separazione � stata addebitata, con sentenza 
passata in giudiqato, che aveva diritto agli alimenti verso il coniuge deceduto. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 450, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non 
consente l'integrazione al minimo della pensione di reversibilit� erogata dalla 
Gestione speciale commercianti ai titolari di pensione diretta a carico della 
medesima Gestione, qualora, per effetto del cumulo, il complessivo trattamento 
risulti superiore al minimo anzidetto. 

Sentenza 12 aprile 1989, n. 179, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 

legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui esclude 
l'integrazione al minimo della pensione di reversibilit� erogata dalla Gestione 
speciale commercianti ai titolari di pensione diretta di invalidit� a carico della 
medesima Gestione, qualora, per effetto del cumulo, il complessivo trattamento 
risulti superiore al minimo anzidetto. 

Sentenza 18 maggio 1989, n. 250, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui esclude 
l'integrazione al minimo della pensione di reversibilit� erogata dalla Gestione 
speciale commercianti ai tit�lari di pensione di invalidit� a carico della Gestione 
speciale coltivatori diretti, qualora, per effetto del cumulo, il complessivo 
trattamento risulti superiore al minimo anzidetto. 

Sentenza 15 novembre 1989, n. 502, G. U. 22 novembre 1989, n. 47. 

legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui esclude 
l'integrazione al minimo della pensione di reversibilit� erogata dalla Gestione 
speciale commercianti ai titolari di pensione diretta a carico dello Stato, qua



40 

RASSEGNA DEI.J..'AVVOCATURA DEI.J..O STATO 

lora, per effetto del cumulo, il complessivo trattamento risulti superiore al minimo 
anzidetto. 

Sentenza 15 novembre 1988, n. 504, G. U. 22 novembre 1989, n. 47. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma e successive modificazioni, 
nella parte in cui non prevede la possibilit� di disporre per testamento dell'indennit� 
premio di servizio, qualora manchino le persone indicate nella norma 
stessa. 

Sentenza 31 luglio 1989, n. 471, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 18, nella parte in cui esclude che, ai fini del 
conseguimento della pensione di invalidit� da parte dei lavoratori dipendenti, 
il requisito contributivo possa essere perfezionato anche posteriormente alla 
domanda di pensione, nel corso del successivo procedimento amministrativo o 
giudiziario. 
Sentenza 27 giugno 1989, n. 355, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 28, secondo, terzo e quarto comma, nella 
parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali possano 
esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento 
dei danni alla persona non altrimenti risarciti. 

Sentenza 6 giugno 1989, n. 319, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, secondo e terzo comma, nella parte in cui 
� esclusa la loro applicabilit� al licenziamento per motivi disciplinari irrogato 
da imprenditore che abbia meno di sedici dipendenti. 

Sentenza 25 luglio 1989, n. 427, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

combinato disposto legge 30 marzo 1971, n. 118 artt. 2, quarto comma, e 1, 
primo comma, della legge 11 febbraio 1980, n. 18, nella parte in cui esclude 
che ad integrare lo stato di totale inabilit� con diritto all'indennit� di accompagnamento 
possa concorrere. c.on altre minorazioni, la cecit� z>arziale. 

Sentenza 22 giugno 1989, n. 346, G. U. 28 giugno 1989, n. 26. 

legge 29 ottobre 1971, n. 889, art. 21, primo comma, n. 1, nella parte in cui 
esclude dal diritto a pensione di riversibilit� anche il coniuge superstite separato 
per sua colpa, o al quale la separazione � stata addebitata, con sentenza 
passata in giudicato, che aveva diritto agli alimenti verso il coniuge deceduto. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 450, G. U. 2 agosto 198( n. 31. 

legge 23 novembre 1971, n. 1100, art. 21, primo comma, lettera a), nella parte 
in cui esclude dal diritto a pensione di riversibilit� anche il coniuge superstite 
separato per sua colpa, o al quale la separazione � stata addebitata, con sentenza 
passata in giudicato, che aveva diritto agli alimenti verso il coniuge 
deceduto. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 450, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39, primo comma, nella parie in cui esclude 
l'applicabilit� dell'art. 128 del codice di procedura civile ai giudizi chi>' si svolgono 
dinanzi alle commissioni tributarie di primo e di secondo grado, a decorrere 
dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta 
Ufficiale della Repubblica, ferma restando la validit� di tutti gli atti anteriormente 
compiuti. 
Sentenza 16 febbraio 1989, n. 50, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 5, prhno comma, nella parte in cui prevede 
che i giovani ammessi a prestare servizio militare non armato lo devono 
prestare per un tempo superiore alla durata del servizio di leva cui sarebbero 
tenuti. 

Sentenza 31 luglio 11989, n. 470, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 5, primo comma, nella parte in cui prevede 
che i giovani ammessi a prestare servizio sostitutivo civile lo devono prestare 
per un tempo superiore di otto mesi alla durata del servizio di leva 
cui sarebbero tenuti. 

Sentenza 31 luglio 1989, n. 470, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, secondo comma [come sostituito dall'art. 
2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695], nella parte in cui determina la pena 
edittale ivi comminata nella misura minima di due anni anzich� in quella di sei 
mesi e nella misura massima di quattro anni anzich� in quella di due anni. 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 409, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, ulthno comma, nella parte in cui, 
dispone che l'azione penale non pu� essere iniziata o proseguita prima che 
l'accertamento dell'imposta sia divenuto definitivo, anche per l'ipotesi prevista 
dal terzo comma lett. d) dello stesso art. 56. 
Sentenza 18 gennaio 1989, n. 2, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34, primo comma, nella parte in cui 
non estende l'esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche alle pensioni 
privilegiate ordinarie tabellari spettanti ai militari di leva. 
Sentenza 11 luglio 1989, n. 387, G. U. 19 luglio 1989, n. 29. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 29, nella parte in cui non prevede 
l'esperibilit� del ricorso alla Corte dei Conti anche in mancanza del preventivo 
ricorso ammiruistrativo. 
Sentenza 11 dicembre 1989, n. 530, G. U. 13 dicembre 1989, n. 50. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, quinto comma. 
Sentenza 22 dicembre 1989, n. 566, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 


42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 1 luglio 1975, n. 296, art. 5, primo comma, nella parte in cui esclude 
dal diritto a pensione di riversibilit� anche il coniuge superstite separato per 
sua colpa, o al quale la separazione � stata addebitata, con sentenza passata 
in giudicato, che aveva diritto agli alimenti verso il coniuge deceduto. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 450, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma [cosl come sostituito 
dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663], nella parte in cui non prevede 
che nel computo delle pene, ai fini della determinazione del limite dei tre 
anni, non si debba tenere conto anche delle pene espiate. 

Sentenza 11 luglio 1989, n. 386, G. U. 19 luglio 1989, n. 29. 

legge 26 luglio 1~75, n. 354, art. 47, terzo comma [come modif. dall'art. 11 
della legge 10 ottobre 1986 n. 663], nella parte in cui non prevede che anche 
indipendentemente dalla detenzione per espiazione di pena o per custodia cau� 
telare, il condannato possa essere ammesso all'affidamento in prova al servi� 
zio sociale se, in presenza delle altre condizioni abbia serbato un comporta� 
mento tale da consentire il giudizio di cui al precedente comma 2 dello stesso 
articolo. 

Sentenza 22 dicembre 1989, n. 569, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, nella parte in cui non prevede i prov� 
vedimenti della pubblica Amministrazione tra le cause di cessazione del rap. 
porto di locazione che escludono il diritto del conduttore alla indennit� per 
la perdita dell'avviamento. 

Sentenza 14 dicembre 1989, n. 542, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

d.�l. 30 ottobre 1979, n. 663, art. 2 [convertito in legge 29 febbraio 1980, 

n. 33, nel testo sostituito dall'art. 15 legge 23 aprile 1981, n. 155], nella parte 
in cui non consente al lavoratore assicurato di addurre e provare l'esistenza 
di un giustificato motivo del ritardato invio del certificato medico della ma� 
lattia che lo ha colpito. 
Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1143, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 

combinato disposto legge 11 febbraio 1980, n. 18 artt. 1. primo comma, 
e 2, quarto comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, nella parte in cui esclude 
che ad integrare lo stato di totale inabilit� con diritto all'indennit� di accompagnamento 
possa concorrere, con altre minorazioni, la cecit� parziale. 

Sentenza 22 giugno 1989, n. 346, G. U. 28 giugno 1989, n. 26. 

legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5, terzo comma, n. 3 e d.P.R. 11 luglio 
1980, n. 382, art. 50, n. 3, nella parte in cui non contemplano tra le qualifiche 
da ammettere ai giudizi di idoneit� i titolari di contratto presso la facolt� 
di medicina e chirurgia, nominati in base a concorso, svolgenti attivit� di assistenza 
e cura oltre i limiti d'impegno del contratto, e che, entro l'anno 
accademico 1979.SO, abbiano posto in essere per un triennio attivit� didattica 
e scientifica, quest'ultima comprovata da pubblicazioni edite documentate dal 
preside della facolt� in base ad atti risalenti al periodo di svolgimento delle 
attivit� medesime. 

Sentenza 13 luglio 1989, n. 397, G. U. 19 luglio 1989, ~� 29. 


PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 4J 

legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, ottovo comma, lettera g), e d.P.R. 
11 luglio 1980, n. 382, art. 58, primo comma, lettera h), nella parte in cui non 
prevedono l'ammissione dei lettori incaricati ex art. 24 della legge 24 febbraio 
1967, n. 62, ai giudizi di idoneit� per l'accesso al ruolo dei ricercato.ri universitari, 
quali ricercatori confermati. 

Sentenza 14 febbraio 1989, n. 39, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 28, terzo comma, nella parte in cui non 
consente il rinnovo annuale per pi� di cinque anni dei contratti di cui al 
precedente primo comma. 
Sentenza 23 febbraio 1989, n. 55, G. U. 1 marzo 1989, n. 9. 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 50, n. 3 e legge 21 febbraio 1980, n. 28, 
art. 5, terzo comma, n. 3, nella parte in cui non contemplano tra le qualifiche 
da ammettere ai giudizi di idoneit� i titolari di contratto presso la facolt� di 
medicina e chirurgia nominati in base a concorso, svolgenti attivit� di assistenza 
e cura oltre i limiti di impegno del contratto, e che entro l'anno accademico 
1979-80, abbiano posto in essere per un triennio attivit� didattica e 
scientifica, quest'ultima comprovata da pubblicazioni edite documentate dal 
preside della facolt� in base ad atti risalenti al periodo di svolgimento delle 
attivit� medesime. 
Sentenza 13 luglio 1989, n. 397, G. U. 19 luglio 1989, n. 29. 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, primo comma, lettera h), e legge 
21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, ottavo comma, lettera g), nella parte in cui 
non prevedono l'ammissione dei lettori incaricati ex art. 24 della legge 24 febbraio 
1967, n. 62, ai giudizi di idoneit� per l'accesso al ruolo di ricercatori 
universitari, quali ricercatori confermati. 
Sentenza 14 febbraio 1989, n. 39, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618, art. 2, primo comma, lettera A), nella parte in 
cui esclude l'erogazione dell'assistenza sanitaria di cui all'art. 1 ai cittadini 
italiani che svolgono attivit� lavorativa all'estero, qualora godano di prestazioni 
fornite dal datore di lavoro a livelli non palesemente inferiori a quelli 
stabiliti ai sensi dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. 
Sentenza 14 febbraio 1989, n. 40, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

legge reg. siciliana 30 marzo 1981, n. 43. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 453, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

combinato disposto legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16 e legge 31 maggio 
1984, n. 193, art. 1, nella parte in cui non riconoscono alla lavoratrice del 
settore siderurgico, in caso di pensionamento anticipato al compimento del 
cinquantesimo anno di et�, di conseguire la medesima anzianit� contributiva 
fino a sessanta anni come per il lavoratore. 

Sentenza 6 luglio 1989, n. 371, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 


44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.-L 6 giugno 1981, n. 283, art. 17, terzo comma [conv. in legge 6 agosto 
1981, n. 432], nella parte in cui non considera, anche per gli ufficiali provenienti 
dalle carriere militam inferiori, ai fini della determinazione del trattamento 
economico, il settimo livello retribu.tivo come base iniziale per la valutazione 
dell'anzianit� pregressa. 

Sentenza 18 maggio 1989, n. 248, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, art. 44. 
Sentenza 11 dicembre 1989, n. 531, G. U. 13 dicembre 1989, n. 50. 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, ottavo comma, nella parte in cui non 
prevede che, in caso di prosecuzione volontaria nell'assicurazione generale obbligatoria 
per l'invalidit� la vecchiaia ed i superstiti da parte del lavoratore 
dipendente che abbia gi� conseguito in costanza di rapporto di lavoro la 
prescritta anzianit� assicurativa e contributiva, la pensione liquidata non possa 
comunque essere inferiore a quella che sarebbe spettata al raggiungimento 
dell'et� pensionabile sulla base della sola contribuzione obbligatoria. 

Sentenza 26 maggio 1989, n. 307, G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 

combinato disposto legge 31 maggio 1984, n. 193, art. 1, e legge 23 aprile 
1981, n. 155, art. 16, nella parte in cui non riconoscono alla lavoratrice del 
settore siderurgico, in caso di pensionamento anticipato al compimento del 
cinquantesimo anno di et�, di conseguire la medesima anzianit� contributiva 
fino a sessanta anni come per il lavoratore. 

Sentenza 6 luglio 1989, n. 371, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 

legge 16 luglio 1984, n. 326, artt. 1 e 19, nella parte in cui non contemplano, 
ai fini della immissione in ruolo degli insegnanti della scuola materna 
di cui all'art. 27, comma secondo, della legge 20 maggio 1982, n. 270, coloro 
che abbiano conseguito una votazione media non inferiore al punteggio corrispondente 
ai sette decimi nei concorsi di accesso ai ruoli della scuola materna 
statale in via di espletamento fino alla entrata in vigore della legge 
16 luglio 1984, n. 326. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 449, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

legge reg. Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64, art. 18, primo e secondo 
comma, nella parte in cui non prevede la cessazione della stabile convivenza 
come causa di successione nella assegnazione ovvero come presupposto della 
voltura della convenzione a favore del convivente affidatario della prole. 

Sentenza 20 dicembre 1989, n. 559, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 24 luglio 1985, n. 409, artt. 4, 5 e 20, nella parte in cui non prevedono 
che i soggetti indicati nell'art. 20, primo comma, ottenuta l'iscrizione all'albo 
degli odontoiatri, possano contemporaneamente mantenere l'iscrizione all'albo 
dei medici chirurghi cos� come previsto per i soggetti indicati nell'art. 5, e 
nella parte in cui prevedono che i medesimi possano �� optare � nel termine 
di cinque anni per l'iscrizione all'albo degli odontoiatri, anzich� � chiedere � 
senza limite di tempo tale iscrizione. 

Sentenza 9 marzo 1989, n. 100, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 


PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 4J 

legge reg. siciliana 15 maggio 1986, n. 26 ,art. 3, primo e secondo comma. 

Sentenza 25 ottobre 1989, n. 487, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 

legge reg. Lazio 13 febbraio 1987, n. 16. 

Sentenza 11 dicembre 1989, n. 532, G. U. 13 dicembre 1989, n. SO. 

legge 17 febbraio 1987, n. 5, art. 1 nella parte in cui non prevede che 
anche per la fusione dei Comuni e per la modificazione delle loro circoscrizioni 
territoriali e denominazioni debbano essere sentite le popolazioni direttamente 
interessate. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 453, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

legge 18 febbraio 1987, n. 34, combinato disposto art. 7 e 8, secondo comma, 
nella parte in cui esclude che il cumulo delle pene previsto dal primo di tali 
articoli possa essere applicato anche nei confronti di una o pi� sentenze di 
condanna pronunciate contro la stessa persona ai sensi degli artt. 2 e 3 della 
legge 29 maggio 1982, n. 304. 

Sentenza 13 luglio 1989, n. 396, G. U. 19 luglio 1989, n. 29. 

legge reg. Friuli. Venezia Giulia 7 settembre 1987, n. 30, art. 15, quinto 
comma. 

Sentenza 6 luglio 1989, n. 370, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 

legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 ottobre 1987, art. 2, 
primo comma, lett. a), nella parte in cui attribuisce al Comitato regionale 
per il Credito e Risparmio il potere di determinare in via generale l'ammontare 
minimo del capitale o del fondo di dotazione cui subordinare il rilascio 
dell'autorizzazione allo svolgimento della raccolta del risparmio e dell'esercizio 
del credito nel territorio della Regione siciliana. 

Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1141, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 

legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 ottobre 1987, artt. 3, 
primo comma, 4, primo comma, e 6, secondo comma. 

Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1141, G. U. 4 gennaio 1989, n. L 

d.P.R. 19 novembre 1987, n. 527, artt. 2, secondo comma, e 11, terzo comma. 
Sentenza 14 febbraio 1989, n. 37, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

d.-1. 30 dicembre 1987, n. 536, art. 5, nono comma [conv. in legge 29 febbraio 
1988, n. 48], nella parte in cui dispone che l'efficacia costitutiva dell'iscrizione 
dell'impresa artigiana negli albi, disciplinata dalle leggi emanate 
dalle Regioni a statuto speciale o dalle Province autonome che abbiano competenza 
primaria in materia di artigianato e formazione professionale, faccia 
stato agli effetti della definizione dell'impresa ai fini previdenziali. 

Sentenza ,15 giugno 1989, n. 336, G. U. 21 giugno 1989, n. 25. 


46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 11. 

Sentenza 25 maggio 1989, n. 283, G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 22, secondo comma, nella parte in cui non 
assegna all'edilizia residenziale pubblica, per la costruzione di abitazioni per 
i lavoratori dipendenti, l'intero gettito -e non le sole quote residue -dei 
contributi dovuti ai sensi del primo comma, lett. b) e c) dell'articolo 10 
della legge 14 febbraio 1963, n. 60.' 

Sentenza 26 aprile 1989, n. 241, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

I 
! 
!

! 

legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 16, primo e secondo comma, nella parte 
in cui dispongono che � � compilato sommario processo verbale � anzich� � pu�, 
se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richieda, essere compilato 
sommario processo verbale �. 

I

Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 
legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 5 maggio 1988, art. 2. 


lI

Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1142, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 
legge reg. Lazio approvata il 28 marzo 1988 e riapprovata 1'11 maggio 1988, 


I

art. 1. 

I i: 

Sentenza 14 febbraio 1989, n. 38, G. U. 22 febbralio 1989, n. 8. 

legge reg. Marche riapprovata il 13 maggio 1988. 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 80, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge reg. Valle d'Aosta riapprovata il 17 maggio 1988. 

Sentenza 21 marzo 1989, n. 138, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

legge reg. siciliana 15 giugno 1988, n. 11, art. 4. 

Sentenza 24 gennaio 1989, n. 19, G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 

legge reg. Lazio riapprovata il 27 luglio 1988. 

Sentenza 24 gennaio 1989, n. 21, G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 

legge reg. Abruzzo approvata il 18 maggio 1988 e riapprovata il 28 lu. 
gllo 1988. 

Sentenza 24 gennaio 1989, n. 20, G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 

legge reg. Abruzzo 28 luglio 1988, n. 83. 

Sentenza 18 gennaio 1989, n. l, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 2, terzo comma, lett. p), nella parte in cui 
prevede l'adozione da parte del Consiglio dei ministri delle determinazioni 
concernenti l'annullamento straordinario degli atti amministrativi illegittiini 
delle Regioni e delle Province autonome. 

Sentenza 21 aprile 1989, n. 229, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, primo comma, nella parte in cui 
prevede che le assunzioni in deroga per le unit� sanitarie locali e per gli enti 
pubblici non economici dipendenti dalle regioni sono disposte con provvedi� 
menti � della giunta regionale '" anzich� � della regione �. 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

leg,ge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, quarto e quinto comma, nella part~ 
in cui rispettivamente non prevedono che la collocazione del personale dipen� 
dente dagli enti di cui al comma primo ed eventualmente dalle stesse regioni, 
risultato in esubero e non reimpiegato in ambito regionale per carenza dei 
relativi posti, e la copertura dei posti degli enti medesimi e delle stesse regioni, 
relativi a profili professionali non coperti con i processi di mobilit�, 
avvengano sentite le regioni interessate. 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 2 gennaio 1989, n. 6, artt. 7, secondo, terzo, sesto e settimo comma; 
9, ?rlmo e secondo comma; 22, quinto e settimo comma. 

Sentenza 6 luglio 1989, n. 372, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 

legge 1 febbraio 1989, n. 37, art. 2, primo comma, nella parte in cui dispone 
che eventuali eccedenze di spesa non possono essere poste a carico dello 
Stato. 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 452, G.U. Z agosto 1989, n. 31. 

II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice civile, artt. 565 e 582 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Sentenza 26 maggio 1989, n. 310 G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 

Codice civile, artt. 2086, 2087, 2095, 2099 e 2103 (art. 41 della Costituzione) 

Sentenza 9 marzo 1989, n. 103, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

codice civile, art. 2120, terzo comma [modif. dalla legge 29 maggio 1982 

n. 297) (artt. 3 e 136 della Costituzione). 
Sentenza 7 novembre 1989, n. 491, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 

codice civile, art. 2399, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 13 luglio 1989, n. 401, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 


48 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura civile, art. 131 . (artt. 3 e 28 della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 

codice penale, artt. 73 e 76 (artt. 3, 13, 27, 101 e 104 della Costituzione). 
Sentenza 11 luglio 1989, n. 386, G. U. 19 luglio 1989, n. 29. 

codice di procedura penale 1930, artt. 128, primo comma e 323, primo com� 
ma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 10 novembre 1989, n. 498, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 

codice di procedura penale, artt. 533, 534 e 536 (art. 24 della Costituzione)~ 
Sentenza 28 aprile 1989, n. 243, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

codice penale militare di pace, art. 27 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 luglio 1989, n. 409, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 


codice penale militare di pace, art. 39 (artt. 2, 3, 13, 25, 27 e 52 della Costituzione). 


Sentenza 6 giugno 1989, n. 325, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 

codice penale militare di pace, art. 184, secondo comma (artt. 2, 3, 17, 21 e 
52 della Costituzione). 

Sentenza 24 gennaio 1989, n. 24, G.U. 1 febbraio 1989, n. 5. 

Codice penale militare di pace, art. 270 (artt. 3, primo comma, e 24, se 
condo comma, della Costituzione). 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 78, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 maggio 1989, n. 251, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 
legge 3 dicembre 1931, n. 1580, art. 1, terzo comma (art. 3 della Costi~ 
tuzione). 

Sentenza 22 giugno 1989, n. 349, G. U. 28 giugno 1989, n. 26. 

decreto legislativo 2 marzo 1948, n. 142, art. 1 (art. 116 e 3 della Costituzione 
e 1, 14 lett. p), e 43 dello statuto spec. reg. siciliana). 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 455, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

d.�l.vo 4 marzo 1948, n. 137, art. 11 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 21 aprile 1989, n. 234, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 9, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 14 febbraio 1989, n. 43, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
49 

d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, artt. 1 e 2, primo camma, n. 3 (art. 3 della 
Costituzione). 
Sentenza 21 aprile 1989, n. 231, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

legge 27 dicembre 1953, n. 968, art. 52, primo comma (artt. 3 e 35, quarto 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 21 aprile 1989, n. 233, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 11 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 2 febbraio 1989, n. 29, G. U. 8 febbraio 1989, n. 6. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 9 bis, terzo comma (artt. 3 e 51 della 
Costituzione). 
Sentenza 21 aprile 1989, n. 235, G.U. 3 maggio 1989, n. 18. 

d.P.R.S. 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3, nella parte concernente gli amministratori 
degli enti, istituti, o aziende dipendenti o sottoposti a vigilanza 
o 
sovvenzionati dal Comune (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Sentenza 22 dicembre 1989, n. 571, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 
d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 483 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 20� aprile 1989, n. 205, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 
legge 10 febbraio 1962, n. 57, art. 20, comma 1, n. 2 (art. 27 della Costituzione). 


Sentenza 20 dicembre 1989, n. 563, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge prov. Trento 2 marzo 1964, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 113 della 
Costituzione). 

Sentenza 21 marzo 1989, n. 143, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2 (art. 38, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1989, n. 462, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 10, primo comma, e 16, quarto comma 
(artt. 2, 3 e 4 della Costituzione). 

Sentenza 18 maggio 1989, n. 255, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies [aggiunto dall'art. 21 della legge 
6 marzo 1987, n. 74] (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 31 luglio 1989, n. 472, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 


J2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 11 lugllo 1980, n. 382, art. 36 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 3 marzo 1989, n. 87, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 
legge 20 sette:mbre 1980, n. 576, art. 10, terzo comma, secondo periodo 
(artt. 3 e 38 della Costituzione). � 

Sentenza 16 marzo 1989, n. 109, G. U. 22 marzo 1989, n. 12. 

legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 
Sentenza 7 novembre 1989, n. 489, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 

legge reg. siciliana 29 dicembre 1988, n. 145, art. 55 (art. 3 della Costi� 
tuzione). 
Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1149, G. U. 11 gennaio 1989, n. 2. 

legge 10 aprile 1981, n. 151, art. 4, ultimo comma (artt. 3, 117, 118, 119 e 120 
della Costituzione). 
Sentenza 27 giugno 1989, n. 357, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 

legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, n. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 30 novembre 1989, n. 510, G. U. 6 dicembre 1989, n. 49. 

legge 7 maggio 1981, n. 180, art. 2, secondo comma, n. 3 (artt. 3, 101 e 108 
della Costituzione). 
Sentenza 16 febbraio 1989, n. 49, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

legge provincia aut. di Trento 27 luglio 1981, n. 11 (artt. 3 e 42 della 
Costituzione). 
Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1164, G. U. 11 gennaio 1989, n. 2. 

d.-1. 29 luglio 1981, n. 402, art. 13, ultimo comma [conv. in legge 26 settem� 
bre 1981, n. 537] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 maggio 1989, n. 254, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340, art. 18 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 22 giugno 1989, n. 348, G. U. 28 giugno 1989, n. 26. 
legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 25, secondo comma (artt. 41 e 44 della 
Costituzione). 
Sentenza 18 luglio 1989, n. 412, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 76 (artt. 3, 35 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 26 maggio 1989, n. 308, G.U. 31 maggio 1989, n. 22. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
f3 

�gge 29 maggio 1982, n. 297, artt. 4 e 5 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

,, 

Sentenza 12 aprile 1989, n. 182, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 

id.-1. 10 luglio 1982, n. 429, art. 4, n .7 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] 
;. 3 della Costituzione). 

Sentenza 16 maggio 1989, n. 247, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

legge 14 agosto 1982, n. 615 (artt. 3 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 14 dicembre 1989, n. 549, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 


d.-1. 29 gennaio 1983, n .17, art. 5, quarto comma [conv. in legge 25 marzo 1983, 

n. 
79] (artt. 3, 31 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1989, n. 458, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 
legge 26 marzo 1983, n. 84 (artt. 3 e 10 della Costituzione). 
Sentenza 6 giugno 1989, n. 323, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 


legge provincia di Trento 2 maggio 1983, n. 14, art. 28, primo, secondo e 
sesto comma, nella parte in cui si riferiscono a terreni aventi vocazioni edificatoria 
(artt. 42, secondo e terzo comma, 113, primo e secondo comma, 101, 
secondo comma e 24, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1165, G. U. 11 gennaio 1989, n. 2. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 10, quinto e sesto comma (art. 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 22 giugno 1989, n. 351, G. U. 28 giugno 1989, n. 26. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 32, lett. c) (artt. 2 e 3, primo comma, e 10 
della Costituzione). 

Sentenza 11 dicembre 1989, n. 536, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

d.-1. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, sesto comma [convertito in legge 
11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 86, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

d.-1. 29 giugno 1984, n. 277, art. 6-bis [conv. in legge 4 agosto 1984, n. 430] 
(art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 457, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge reg. Uguria 27 agosto 1984, n. 44, art. 27, secondo, quinto, sesto, decimo 
e sedicesimo comma (artt. 3, 35, 36, 51, 97 e 117 della Costituzione). 

Sentenza 21 marzo 1989, n. 145, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 13 e 22 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 29 marzo 1989, n. 167, G. U. 5 aprile 1989, n. 14.. 

� 


r�11111111111111111111111r11ir11111111111ra1111111111�11�111~1 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

49 

d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, artt. 1 e 2, primo comma, n. 3 (art. 3 dellai 
Costituzione). 
Sentenza 21 aprile 1989, n. 231, G. U. 26 aprile 1989, n. 17.. 

legge 27 dicembre 1953, n. 968, art. 52, primo comma (artt. 3 e 35, quarto 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 21 aprile 1989, n. 233, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 11 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 2 febbraio 1989, n. 29, G. U. 8 febbraio 1989, n. 6. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 9 bis, terzo comma (artt. 3 e 51 della 
Costituzione). 
Sentenza 21 aprile 1989, n. 235, G.U. 3 maggio 1989, n. 18. 

d.P.R.S. 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3, nella parte concernente gli amministratori 
degli enti, istituti, o aziende dipendenti o sottoposti a vigilanza 
o 
sovvenzionati dal Comune (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Sentenza 22 dicembre 1989, n. 571, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 
d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 483 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 20� aprile 1989, n. 205, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 
legge 10 febbraio 1962, n. 57, art. 20, comma 1, n. 2 (art. 27 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 20 dicembre 1989, n. 563, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge prov. Trento 2 marzo 1964, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 113 della 
Costituzione). 

Sentenza 21 marzo 1989, n. 143, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2 (art. 38, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1989, n. 462, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 10, primo comma, e 16, quarto comma 
(artt. 2, 3 e 4 della Costituzione). 

Sentenza 18 maggio 1989, n. 255, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies [aggiunto dall'art. 21 della legge 

6 marzo 1987, n. 74] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 31 luglio 1989, n. 472, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 
-

PARTE II, RASSEGN� DI LEGISLAZIONE f) 

legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 ottobre 1987, art. 7,. 
secondo comma (art. 17, lett. e), dello statuto reg. siciliana). 

Sentenza 29 dicembre 1988, n. 1141, G. U. 4 g�nnaio 1989, n. 1. 

d.-1. 30 dicembre 1987, n. 536, art. 6, tredicesimo comma [conv. in legge! 
29 febbraio 1988, n. 48] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 13 luglio 1989, n. 400, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 9, punto S (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 maggio 1989, n. 254, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 10, nn. 3 e 4 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 11 dicembre 1989, n. 534, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, nella parte in cui disciplina la responsabilit� 
civile dei magistrati (artt. 10, 101, 104 e 108 della Costituzione). 

Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G. U. 25 gennaio 1989, n. � 4. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 1, 2, S, 7 e 8 (artt. 103, 113 e 125, secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 243, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 1, secondo comma, 2 e 16 (artt. 3 e 28 
della Costituzione). 

Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 1, 7, terzo conuna, e 8, quarto comma 
(artt. 3, 24 e 25 e titolo quarto della Costituzione) 

Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 2 e 16 (artt. 3 e 101 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1989, n. 243, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 7, terzo comma (art. 3 della �ostituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 
Sentenza 16 febbraio 1989, n. 49, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 


legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 7, terzo comma (artt. 101, 104 e 108 della 
Costituzione). 

Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G.U. 25 gennaio 1989, n. 4. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 16 (artt. 3, 101 e 104 della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 


J6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, artt. 4, 6, 7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 17 
(artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1989, n. 101, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

legge reg. siciliana 15 giugno 1988, n. 11, artt. 1, secondo couuna, 7, 8, terzo 
comma, 9, 11, 16, 21, 23, 24, 25 e 28 (art. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 24 gennaio 1989, n. 19, G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 

legge reg. Piemonte riapprovata il 16 giugno 1988, artt. 3, 6, 8, 9, 10, 12, 13 e 
15 (artt. 118, 119, 128 e 129 della Costituzione). 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 85, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge prov. Trento riapprovata il 18 luglio 1988, artt. 1 e 5, primo comma 
(art. 8, n. 1 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 9 marzo 1989, n. 102, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

legge prov. Trento riapprovata il 18 luglio 1988, artt. 3 e 4, settimo comma 
(art. 8, n. l, statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 9 marzo 1989, n. 102, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

legge reg. Marche riapprovata il 26 luglio 1988. 

Sentenza 22 dicembre 1988, n. 1134, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 2, terzo .comma, nella parte in cui non 
prevede l'intervento del Presidente della Regione alle sedute del Consiglio dei 
ministri relative alle delibere indicate nello stesso articolo per le quali l'intervento 
� sia richiesto dallo Statuto o dalle norme di attuazione dello stesso. 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 2, terzo comma, lett. d) (artt. 5, 6, 116, 
125, 117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 2, terzo comma, lett. d), nella parte in 
cui non prevede la concorrenza dell'interesse nazionale alla tutela delle minoranze 
linguistiche locali (artt. 4, 8, 9 e 16 dello statuto speciale per il TrentinoAlto 
Adige). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 2, terzo comma, lett. e) (art. 116 della 
Costituzione e artt. 4, 5, 16, 41, 44, 87 e 88 dello statuto spec. reg. TrentinoAlto 
Adige). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 2, terzo comma, lett. h) (artt. 116, 117 e 
118 della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 5, secondo comma, lett. e) ed f). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 12, quinto comma, lett. b) (artt. 5, 6, 116, 
125 e 134 della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 12, settimo comma (artt. 5, 6, 116, 125 e 
134 della Costituzione e vari articoli dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 13, primo comma, lett. b) (artt. 5, 6, 116, 
125 e 134 della Costituzione e vari articoli dello statuto spec. Trentino-Alto 
Adige). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. � 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, artt. 13, primo comma, lett. e) e secondo 
comma e 19, primo comma, lett. p) (artt. 5, 6, 116, 125, e 134 della Costituzione 
e vari articoli dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 23, sesto comma (artt. 5, 6, 116, 125 e 134 
della Costituzione e vari articoli dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 24, primo comma, lett. c) (artt. 5, 6, 116, 
117, 118, 125 e 134 della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1989, n. 242, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

d.-1; 9 settembre 1988, n. 397, artt. 1, quarto comma, 6, 7 e 8 [conv. In 
legge 9 novembre 1988, n. 475] (artt. 9, 97 e 116 della Costituzione). 

Sentenza 6 giugno 1989, n. 324, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 

legge reg. Marche riapprovata il 29 settembre 1988, art. 1, quarto comma, 
lett. c) (artt. 3, 97 e 117 della Costituzione). 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 88, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge reg. Marche riapprovata il 29 settembre 1988, art. 2 (art. 117 della 
Costituzione). 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 88, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge reg. Marche riapprovata il 29 settembre 1988, art. 5 (artt. 97 e 117 
della Costituzione). 

Sentenza 3 marzo 1989, n. 88, G. U. 8 marzo 1989, n. 10). 


fB 
RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge reg. Molise riapprovata il 18 ottobre 1988 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 


Sentenza 23 febbraio 1989, n. 56, G. U. 1 marzo 1989, n. 9. 

legge reg. Liguria riapprovata il 30 novembre 1988 (art. 119 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 6 giugno 1989, n. 321, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 1, quarto comma (art. 119 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 1, quarto, quinto e sesto comma (artt. 
117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, artt. 1, quarto comma, e 5, terzo comma 
(artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, artt. 5, primo comma e 2, primo comma 
(artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, secondo e terzo comma (artt. 115, 
117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, secondo, terzo, quarto e quinto com� 
ma (artt. 81, 117 e 119 della Costituzione). 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, quarto e quinto comma (artt. 3 e 97 
della Costituzione). 

Sentenza 18 luglio 1989, n. 407, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

d.l. 
30 dicembre 1988, n. 551, art. 7 [convertito in legge 21 febbraio 1989,. 
n. 
61] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 20 dicembre 1989, n. 562, G. U. 21 dicembre 1989, n. 52. 
legge 2 gennaio 1989, n. 6, artt. 1, 3, 4, 5, 11, 12, 13' e 17 (artt. 117 e 118 del11. 
Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1989, n. 372, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 


-::.-:: 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE f9 

legge 2 gennaio 1989, n. 6, art. 15 (artt. 8, n. 20 e 29, e 16 dello statuto 
spec. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 6 luglio 1989, n. 372, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 

legge 1 febbraio 1989, n. 37, art. 2, secondo comma (artt. 117 e 118 della 
Costituzione e 9 e 16 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 452, G.U. 2 agosto 1989, n. 31. 

legge 1 febbraio 1989, n. 37, art. 4, secondo comma (artt. 97, 117 e 118 della 
Costituzione e 9 e 16 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 452, G. U. 2 agosto 1989, n. 31. 

legge reg. Toscana riapprovata il 14 febbrai�,> 1989, artt. 2 e3 (artt. 3, 97 
e 117 della Costituzione). 

Sentenza 11 luglio 1989, n. 390, G. U. 26 luglio 1989, n. 30. 

d.-1. 2 marzo 1989, n. 65, artt. S e 6 [conv in legge 26 aprile 1989, n. 155] 
(artt. 81, 117, 118 e 119 della Costituzione). � 

Sentenza 11 dicembre 1989, n. 535, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

d.-1. 2 marzo 1989, n. 66, art. 10, secondo comma [conv. in legge 24 aprile 
1989, n. 144] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Sentenza 15 novembre 1989, n. 505, G. U. 22 novembre 1989, n. 47. 

d.l. 4 marzo 1989, n. 77, art. 1, secondo comma, prima parte [conv. in legge 
5 maggio 1989, n. 160] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Sentenza 11 dicembre 1989, n. 533, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

d.l. 4 marzo 1989, n. 77, art. 1, secondo comma, ulthna parte [conv. in legge 
5 maggio 1989, n. 160] (artt. 5, 116, 117, 119 e 125 della Costituzione). 
Sentenza 11 dicembre 1989, n. 533, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

dJ. 4 marzo 1989, n. 77, art. 1, terzo comma [conv. in legge S maggio 1989, 
. n. 160]. 

Sentenza 11 dicembre 1989, n. 533, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

d.-1. 4 marzo 1989, n. 77, art. 9, sesto comma (artt. 47 e 53 dello statuto 
reg. Sardegna). 

Sentenza 14 dicembre 1989, n. 544, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

dJ. 4 marzo 1989, n. 77, art. 9, sesto comma (artt. 17, 20 e 21 dello statuto 
speciale reg. Sicilia). 

Sentenza 14 dicembre 1989, n. 545, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 


60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.-1. 4 marzo 1989, n. 77, art. 9, sesto comma, seconda parte �(art. 22 statuto 
spec. reg. Sicilia). 

Sentenza 14 dicembre 1989, n. 545, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

d.-1.' 4 marzo 1989, n. 77, art. 9, sesto comma, secondo periodo, (art. 53 dello 
statuto spec. reg. Sardegna). 

Sentenza 14 dicembre 1989, n. 544, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

legge 9 marzo 1989, n. 86, art. 11 (artt. 117, 118, 119, 121, secondo comma 
e 124 della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 460, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge 24 marzo 1989, n. 122, artt. 1, 3 e 4 (artt. 8, n. 17, 16 e titolo VI dello 
statuto spec. Trentino-Alto Adige e art. 119 della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 459, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge 24 marzo 1989, n. 122, artt. 3, secondo comma, 6, sesto comma (rectuls: 
quarto) e 9 (artt. 3, 9, 97, 117 e 118 della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1989, n. 459, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge approv. dall'ass. reg. siciliana in data 5 aprile 1989, artt. 2 e 7 (artt. 36 
statuto reg. sic. e 97 della Costituzione). 

Sentenza 25 luglio 1989, n. 428, G. U. 9 agosto 1989, n. 32. 

legge reg. Valle d'Aosta riapprovata il 7 giugno 1989, art. 1, secondo 
comma. 

Sentenza 14 dicembre 1989, n. 547, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

legge reg. Marche riapprovata il 18 luglio 1989, n. 178, artt. 1 e 2 (artt. 117 
e 127 della Costituzione). 

Sentenza 20 dicembre 1989, n. 561, G.U. 21 dicembre 1989, n. 52. 

legge reg. Umbria riapprovata il 24 luglio 1989, art. 2 (art. 117 della Costituzione). 


Sentenza 20 dicembre 1989, n. 561, G. U .21 dicembre 1989, n. 52. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

codice civile, art. 38, primo comma, disposizioni di attuazione (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Tribunale di Pisa, ordinanza 5 novembre 1987, n. 286-89, G.U. 14 giugno 
1989, n. 24. 


PARTE II, RASSBGNA DI LEGISLAZIONE 

codice civile, art. 155, quarto comma (artt. 2, 3 e 30 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 26 aprile 1989, n. 378, G. U. 6 settembre 
1989, n. 36. 

codice civile, art. 155, quarto comma (artt. 3, 29 e 31 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 30 dicembre 1988, n. 158/89, G. U. 5 aprile 
1989, n. 14. 

codice civile, art. 159 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 20 dicembre 1988, n. 93/89, G. U. 15 marzo 
1989, n. 11. 

codice civile, artt. 556, 564, secondo comma, e 751 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 9 maggio 1985, n. 16/89, 

G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 
codice civile, art. 565 (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 23 giugno 1989, n. 584, G.U. 6 dicembre 
1989, n. 49. 

codice civile, artt. 565, 570 e 572 (artt. 3, 30 e 42 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 2 marzo 1976, n. 540/89, G. U. 29 novembre 
1989, n. 48. 

codice civile, artt. 565, 582 e 540 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 21 marzo 1988, n. 783, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 


codice civile, art. 1170 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Cosenza, ordinanza 19 maggio 1989, n. 630, G. U. 20 dicembre 
1989, n. 51. 

codice civile, art. 1277 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 14 aprile 1988, n. 213/89, G. U. 3 maggio 1989, 


n. 18. 
codice civile, art. 1916, primo, terzo e quarto comma (artt. 38, secondo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 9 giugno 1988, n. 793, G. U. 11 gennaio 
1989, n. 2. 

codice civile, art. 1936 (artt. 3 e 4 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 18 maggio 1989, .n. 517, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 


62 R.\SSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

codice civile, art. 2033 (art. 38 della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 4 novembre 1988, n. 75/89, G. U. 1 marzo 
1989, n. 9. 

codice civile, art. 2120, terzo comma [sostituito dalla legge 29 maggio 1982, 

n. 297, art. 1] (artt. 3 e 136 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 12 novembre 1988, n. 205/89, G. U. 26 aprile 
1989, n. 17. 

codice civile, art. 23~ (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 ottobre 1988, 

n. 150/89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
codice civile, art. 2941, n. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 15 giugno 1988, n. 90/89, G. U. 8 marzo 
1989, n. 10. 

codice di procedura civile, artt. 94, 95, 96 e 97 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 26 maggio 
1989, n. 445, G.U. 11 ottobre 1989, n. 41. 

codice di procedura civile, artt. 96 e 97 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 12 maggio 
1989, n. 526, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 

codice di procedura civile, art. 132, terzo comma (artt. 3 e 28 della Costituzione). 


Corte d'appello di Roma, ordinanze 31 marzo 1989, nn. 593-595, G.U. 6 di� 
cembre 1989, n. 49. 

codice di procedura civile, art. 151 disposizioni di attuazione (artt. 25 e 
101 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanze (due) 9 dicembre 1988, nn. 334 e 335/89, G.U. 
12 luglio 1989, n. 28. �� 
Pretore di Milano, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 390/89, G. U. 6 settembre 
1989, n. 36. 

codice di procedura civile, art. 178, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, 
settimo e ottavo comma (artt. 2, 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale di Ancona, ordinanza 24 agosto 1989, n. 637, G. U. 20 dicembre 
1989, n. 51. 

codice di procedura civile, art. 246 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 20 dicembre 1988, n. 93/89, G. U. 15 marzo 
1989, n. 11. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
6J 

codice di procedura civile, art. 274 (artt. 25 e 101 della Costituzione)~ 

Pretore di Milano, ordinanze (tre) 9 dicembre 1988, nn. 257-259/89, G.U. 
31 maggio 1989, n. 22. 
Pretore di Milano, ordinanze (due) 9 dicembre 1988, nn. 334 e 335/89, G. U. 
12 luglio 1989, n. 28. 
Pretore di Milano, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 390/89, G. U. 6 settembre 
1989, n. 36. 

codice di procedura civile, art. 274 e art. 151 disposizioni di attuazione 
(artt. 25 e 101 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 351/89, G. U. 30 agosto 
1989, n. 35. 

codice di procef;lura civile, art. 292 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Cassino, ordinanza 24 giugno 1987, n. 814/88, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 
Tribunale di Ancona ordinanza 20 luglio 1988, n. 95/89, G.U. 15 mar� 
zo 1989, n. 11. 

codice di procedura civile, art. 395, prima parte, n. 4 (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 20 apriJ.e 1989, n. 333, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 

codice di procedura civile, art. 395, n. 5 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 giugno 1989, n. 460, G. U. 18 ottobre 1989, 

n. 42. 
codice di procedura civile, art. 545 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 11 luglio 1988, n. 320/89, G. U. 28 giugno 1989, 

n. 
26. 
Pretore di Monza, ordinanza 4 aprile 1989, n. 359, G. U. 30 agosto 1989, n. 35. 
codice di procedura civile, art. 633, ultimo comma (art. 10 della Costituzione). 

Presidente tribunale Firenz�~ ordinanza 2 novembre 1988, n. 7/89, G. U. 
25 gennaio 1989, n. 4. 

codice di procedura civile, art. 648 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 17 ottobre 1988, n. 12/89, G. U. 1 febbraio 
1989, n. 5. 

codice di procedura civile, art. 657, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Tolentino, ordinanza 6 febbraio 1989, n. 196, G. U. 19 aprile 1989, 

n. 16. 

64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura civile, art. 665 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 5 dicembre 1988, n. 69/89, G. U. 22 febbraio 
1989, n. 8. 

codice di procedura civile, art. 738 (art. 97 della Costituzione). 

Giudice relatore del tribunale di Firenze, ordinanza 25 maggio 1989, n. 476, 

G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
codice penale, artt. 73 e 76 (artt. 3, 13, 27, 101 e 104 della Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Brescia, ordinanza 8 novembre 1988, n. 71/89, 

G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 
codice penale, art. 157 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). 

Pretore di Macerata, ordinanza 31 luglio 1989, n. 636, G. U. 20 dicembre 1989, 

n. 51. 
codice penale, art. 157, n. 6 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 19 maggio 1989, n. 397, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

codice penale, art. 166 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale mili.tare di Padova, ordinanza 30 marzo 1989, n. 298, G.U. 21 giu� 
gno 1989, n. 25. 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 giugno 1989, n. 410, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 8 giugno 1989, n. 411, G.U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 luglio 1989, n. 467, G. U. 25 ottobre 
1989, n. 43. 

codice penale, art. 175, primo comma .(artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Pretore di Verona, ordinanza 19 dicembre 1988, n. 215/89, G. U. 3 mag 
gio 1989, n. 18. 

codice penale, art. 177 (artt. 3 e 13 della Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Napoli, ordinanza 14 aprile 1988, n. 18/89, 

G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 
Tribunale di sorveglianza di Napoli, ordinanze (due) 9 giugno e 14 luglio 1988, 
nn. 85 e 86/89, G.U. 8 marzo 1989, n. 10. 

codice penale, art. 177, primo comma (artt. 3, 13 e 27 della Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Brescia, ordinanza 27 settembre 1988, n. 70/89, 

G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 6J 

codice penale, artt. 211, 219 e 220 (artt. 2, 3, 27 e 32 della Costituzione). 
Tribunale di Padova, ordinanza 18 luglio 1989, n. 436, G. U. 4 ottobre 1989, 

n. 40. 
codice penale, art. 315 (art. 3 della Costituzione). 
Giudice istruttore presso tribunale di Bolzano, ordinanza 10 novembre 1988, 


n. 74/89, G. U. 1 marzo 1989, n. 9. 
codice penale, art. 384 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Corte d'Assise di Rovigo, ordinanza 21 ottobre 1988, n. 67/89, G. U. 22 febbraio 
1989, n. 8. 

codice penale, art. 403 (artt. 2, 3, 25 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Orvieto, ordinanza 29 dicembre 1988, n. 184/89, G. U. 5 aprile 1989, 


n. 14. 
codice penale, artt. 495 e 567, cpv. (artt. 3 e 30 della Costituzione). 
Tribunale di S. Maria Capua Vetere, ordinanza 19 settembre 1988, n. 241/89, 

G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 
codice penale, artt. 528 e 529 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Udine, ordinanza 14 ottobre 1988, n. 338/89, G. U. 19 luglio 1989, 


n. 29. 
codice penale, art. 630 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 
Giudice istruttore presso tribunale di Bologna, ordinanza 31 luglio 1989, 


n. 511, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 
codice penale, art. 674 (artt. 32 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Verona, ordinanza 28 luglio 1989, n. 466, G. U. 25 ottobre 1989, 


n. 43. 
codice penale, art. 688 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Caltanissetta, ordinanza 31 maggio 1989, n. 379, G. U. 6 settembre 
1989, n. 36. 

codice penale, art. 707 (artt. 3, 24, 25 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Perugia, ordinanza 25 maggio 1989, n. 380, G. U. 6 settembre 1989, 


n. 36. 
codice di procedura penale, art. 29 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 
Giudice istruttore presso tribunale di Bologna, ordinanza 31 luglio 1989, 

n. 511, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 

66 
RASSOONA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 41-bis (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 28 settembre 1989, n. 638, G. U. 20 dicemil 


f: 
bre 1989, n. 51. f: 
~ 

codice di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). !: 
Giudice istruttore presso tribunale di Bologna, ol'dinanza 3 aprile 1989, n. 366, 

G. U. 30 agosto 1989, n. 35. 
codice di procedura penale, artt. 128, primo comma, e 323, primo comma 
(art. 24 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Napoli, ordinanza 16 novembre 1988, 

n. 255/89, G. U. 31 maggio 1989, n. 22. � 
codice di procedura penale, art. 131 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Reggio Calabria, ordinanza 29 gennaio 1989, n. 508, 

G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 
codice di procedura penale, art. 131 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sezione istruttoria presso Corte d'appello di Messina, ordinanza 25 maggio 
1989, n. 583, G. U. 6 dicembre 1989, n. 49. 

codice di procedura penale, art. 152, secondo conuna (artt. 3, 24 e 27 della 
Costituzione). 
Pretore di Macerata, ordinanza 31 luglio 1989, n. 636, G. U. 20 dicembre 1989, 

n. 51. 
codice di procedura penale, artt. 192 e 498 (artt. 3 e 24 della Costituzione). � 
Tribunale di Napoli, ordinanza 5 giugno 1989, n. 452, G. U. 11 ottobre 1989, 


n. 41. 
codice di procedura penale, art. 192, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 29 aprile 1989, n. 347, G. U. 30 agosto 1989, 

n. 
35. 
Pretore di Salerno, ordinanza 3 maggio 1989, n. 360, G. U. 30 agosto 1989, 
n. 35. 
codice di procedura penale, art. 224-bis, secondo comma (artt. 13 e 14 della 
Costituzione). 

Tribunale di Vicenza, ordinanz� 20 aprile 1989, n. 307, G. U. 21 giugno 1989, 

n. 25. 
codice di procedura penale, art. 263, secondo comma [nel testo sostituito 
dalla legge 5 agosto 1988, n. 330, art. 22) (artt. 2, 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Terni,� ordinanza 8 giugno 1989, n. 377, G. U. 6 settembre 1989, 

n. 36. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 263-ter (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 7 giugno 1989, n. 365, G. U. 30 agosto 1989, 

n. 35. 
codice di pro�edura penale, art. 343-bis (artt. 3, 25, 101 e 102 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 7 dicembre 1988, n. 212/89, G. U. 3 maggio 1989, 

n. 18. 
codice di procedura penale, art. 349, ultimo comma (artt. 3, 24 e 109 della 
Costituzione). ' 

GiudiCe istruttore presso tribunale di Genova, ordinanza 28 febbraio 1987, 

n. 147/89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
codice di procedura penale, artt. 438, primo comma, e 440, primo comma 
(artt. 3, 25, 27, 102 e 107 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 20 novembre 1989, n. 648, G. U. 13 dicembre 
1989, n. 50. 

codice di procedura penale, artt. 497 e 498 (artt. 3, 24, 112, e 139 e XIII disposizione 
transitoria della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 2 marzo 1989, n. 224, G. U. 3 maggio 1989, 

n. 18. 
codice di procedura penale, art. 589, quinto comma (artt. 3, 13 e 24 della 
Costituzione). 

Tribunale militare di sorveglianza di Roma, ordinanza 21 settembre 1989, 

n. 522, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 
codice penale militare di pace, art. 8, n. 2 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Tribunale militare di Bari, ordinanza 14 febbraio 1989, n. 252, G.U. 31 mag 
gio 1989, n. 22. 

codice penale militare di pace, artt. 29 e 219 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 giugno 1989, n. 410, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

codice penale militare di pace, artt. 29 e 230, terzo comma (artt. 3 e 27 della 
Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 8 giugno 1989, n. 411, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

codice penale militare di pace, artt. 29, 234, ultimo comma e 235, ultimo 
comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 luglio 1989, n. 467, G. U. 25 ottobre 
1989, n. 43. 


68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale militare di pace, art. 39 (artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, 27 
e 52, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 27 ottobre 1988, n. 811, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 20 giugno 1989, n. 412, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

codice penale militare, art. 151 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare di Torino, ordinanze (due) 21 settembre 1989, nn. 581-582, 

G. U. 29 novembre 1989, n. 48. 
Tribunale militare di Torino, ordinanze (tre) 5 e 12 ottobre 1989, nn. 619-621, 
G. U. 6 dicembre 1989, n. 49. 
codice penale militare di pace, art. 170 (artt. 2, 3, 13 e 52, terzo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 4 ottobre 1988, n. 810, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

codice penale militare di pace, art. 230, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale militare di Verona, ordinanza 31 gennaio 1989, n. 235, G. U. 
17 maggio 1989, n. 20. 

codice penale militare di pace, art. 230, terzo c~a (artt. 3 e 27 della Costituzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 10 gennaio 1989, n. 234, G. U. 17 maggio 
1989, n. 20. Tribunale 
militare di Padova, ordinanza 30 marzo 1989, n. 298, G. U. 21 giugno 
1989, n. 25. 

codice penale militare di pace, art. 308 (artt. 2, 3 ,13 e 52 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 14 febbraio 1989, n. 233, G. U. 
17 maggio 1989, n. 20. 

codice penale militare di pace, art. 402 (artt. 3, 13 e 24 della Costituzione). 

Tribunale militare di sorveglianza di Roma, ordinanza 21 settembre 1989, 

n. 522, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 
legge 16 febbraio 1913, n. 89, artt. 139, 142 e 158 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 14 dicembre 1988, n. 431/89, G. U. 27 settembre 
1989, n. 39. 

r.d. 16 ottobre 1919, n. 1986, art. 23 (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 2 dicembre 1987, n. 27/89, G. U. 8 febbraio 1989, 

n. 6. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 24 giugno 1923, n. 1395, art. 7, terzo comma (artt. 3 e 33 della Costi� 
tuzione). 

Consiglio nazionale dei periti industriali, ordinanza 10 marzo 1989, n. 263, 

G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 
r.d. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 80 (art. 38 della Costituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 4 novembre 1988, n. 75/89, G. U. 1 marzo 
1989, n. 9. 

legge 16 giugno 1927, n. 1766, art. 27 (artt. 104, 105 e 108 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 ottobre 1988, 

n. 162/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 
r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, artt. 1, 2, 3, 15, 16, 18 e 19 (artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 
20 della Costituzione). 
Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 8 giugno 1989, n. 512, 

G.U. 2 novembre 1989, n. 44. 
r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, artt. da 24 a 30, 56, 57 e 58 (artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 
20 della Costituzione). 
Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 8 giugno 1989, n. 512, 

G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 
r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, regolamento ali. a, art. 46, ultimo comma (art. 3 
dell_~ Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza-20 settembre 1988, n. 39/89, G.U. 15 feb� 
braio 1989, n. 7. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 11, ultimo coinma, e 138, n. 4 (art. 3 della 
Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 14 marzo 1989, n. 587, G.U. 6 dicembre 1989, 

n. 49. 
r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38 (art. 3 della Costit�zione). 
Tribunale di Spoleto, ordinanza 22 marzo 1984, n. 807/88, G.U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 152 (art. 13 della Costituzione). 
Pretore di Lucca, ordinanza 24 febbraio 1989, n. 271, G. U. 7 giugno 1989, n. 23. 

r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 283, secondo comma (artt. 101 e 108 della 
Costituzione). 
Tribunal~ di Genova, ordmanza 2 febbraio 1989, n. 217, G. U. 3 maggio 1989, 

n. 18. 

RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 3 dicembre 1931, n. 1580, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 10 maggio 1988, n. 774, G. U. 4 gennaio 
1989, n. 1. 

r.dJ. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 42 (artt. 3, 24 e 35 della Costituzione). 

Consiglio dell'ordine degli avvocati e dei procuratori di Venezia, ordinanza 
19 dicembre 1988, n. 481/89, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 

r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116 (art. 25 della Costituzione). 
Pretore di Cosenza, ordirumm 18 novembre 1988, n. 33/89, G.U. 8 febbraio 
1989, n. 6. 
Pretore di Cosenza, ordinanza 25 marzo 1988, n. 110/89, G. U. 15 marzo 1989, 

n. 
11. 
Pretore di Cosenza, ordinanza 9 .dicembre 1988, n. 119/89, G. U. 22 marzo 
1989, n. 12. 
Pretore di Cosenza, ordinanze (quattro) 9 dicembre 1988, nn. 622-625/8'.), 

G. U. 13 dicembre 1989, n. 50. 
r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 247 (artt. 2, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 28 febbraio 
1988, n. 141/89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 265 (artt. 3, 25, 97 e 103 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 15 gennaio 1988, n. 229/89, G. U. 10 maggio 1989, � 

n. 19. 
r.d.-1. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9 (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). 

Pretore di Ispica, ordinanza 2 giugno 1988, n. 53/89, G. U. 15 febbraio 
1989, n. 7. 

r.d.-1. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 128 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Taranto, ordinanza 15 aprile 1989, n. 375, G. U. 6 settembre 
1989, n. 36. 

r.d.-1. 21 febbraio 1938, n. 246, artt. 1, 10 e 25 [conv. in legge 4 giugno 
1938, n. 880] (art. 53 d�lla Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 24 g1ugno 1988, n. 818, G.U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 
Tribunale di Torino, ordinanze (due) 9 dicembre 1988, nn. 239 e 240/89, 

G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 
r.d.-1. 19 ottobre 1938, n. 1933, artt. 40 e 114 (artt. 2, 3 e 18 della Costituz1one1. 


Pretore di Modena, ordinanza 12 gennaio 1989, n. 136, G. U. 29 marzo 1989, 

n. 13. 

PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r.d.-1. 14 aprile 1939, n. 636, art. 12, second.o comma [convertito In legge 
6 luglio 1939, n. 1272] (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 23 giugno 1988, n. 202/89, G. U. 19 aprile 
1989, n. Io. 

legge 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 1 e 2 (art. 9 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 8 giugno 1989, 

n. 
469, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 13 aprile 1989, 
n. 
493, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 
r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 102, primo comma (art. 25 della Costituzione). 
Pretore di Ariano Irpino, sezione di Grottaminarda, ordinanza 13 luglio 
1989, n. 487, G.U. 25 ottobre 1989, n 43). 

legge 22 aprile 1941, n. 663, art. 180 (artt. 3, 23 e 41 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 24 gennaio 1989, n. 316, G. U. 28 giugno 
1989, n. 26. 

r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 1, primo comma, n. 1 (artt. 101, secondo 
comma, 103, terzo comma, e 108 della Costituzione). 
Tribunale militare di La Spezia, ordinanze (due) 26 maggio 1988, nn. 777 
e 778, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 
Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 26 maggio 1988, n.. 805, G. U. 
18 gennaio 1989, n. 3. 

legge 19 gennaio 1942, n. 22, art. 24 (artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 13 luglio 1988, n. 262/89, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 
22. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 8 novembre 1988. n, 321/89, G. U. 5 luglio 
1989, n. 27. 

r.d. 
16 marzo 1942, n. 267, art. 55, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 26 settembre 1988, n. 802, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 54, terzo comma, 55, primo comma, e 59 
(artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 6 dicembre 1988, n. 189/89, G. U. 12 aprile 
1989, n. 15. 

legge 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 7, nn. 2, 3, 4 e 40 (artt. 3 e 42 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 26 gennaio 
1989, n. 294, G.U. 21 giugno 1989, n. 25. 


72 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO 

d.I. C.p.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 9 (art..lQ della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Veneto, ordinanza 12 gennaio 1989, 


n. 644, G. U�. 20 dicembre 1989, n. 51. 
d.l. C.p.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 21 [ratificato con legge 17 aprile 
1956, n. 561] (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Catania, ordinanza 6 aprile 1989, n. 339, G. U. 19 luglio 1989, 

n. 29. 
d.l. C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 5, escondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Corte d'appello di Cagliari, ordinanza 17 febbraio 1989, n. 327, G. U. 5 luglio 
1989, n. 27. 

d.l.g.s. 2 marzo 1948, n. 142, art. 1 (artt. 3 e 116 della Costituzione e 1, 14, 
lett. p) e 43 dello statuto reg. Sicilia). 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 21 giugno 
1988, n. 78/89, G. U. 1 marzo 1989, n. 9. 

legge 1 dicembre 1948, n. 1438, art. 2, ultimo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

i 

Giudice istruttore presso tribunale di Gorizia, ordinanza 16 novembre 1988, 

!

n. 19/89, G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 
If 

~ 

d.P.R. 5 gennaio 
1950, n. 180, art. 1 (art. 3 della Costituzione). ff 
f 
f 
Tribunale di Firenze, ordinanza 16 novembre 1987, n. 210/89, G. U. 26 aprile 
f 

I!

1989, n. 17. 

f. 
legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 71 (artt. 3 e 30 della Costituzione). 
!

I 

Corte dei conti, ordinanza 11 gennaio 1989, n. 655, G. U. 27 dicembre ~ 

!

1989, n. 52. 

' 

legge 10 febbraio 1953, n. 62, artt. 59 e 60 (art. 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 5 ottobre 

I 

1988, n. 83/89, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 
! 

II

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 11 gennaio 
1989, n. 206, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

B 

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l 
i 
i 

legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 24 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 2 febbraio 1989, n. 217, G. U. 3 maggio 
1989, n. 18. 

legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27 (artt. 2, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 28 febbraio 
1988, n. 141/89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

I 

I 
I 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 21 marzo 1953, n. 161, art. 3, terzo comma (art. 24 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 22 novembre 1988, n. 346/89, G. U. 19 luglio 
1989, n. 29. 

d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, artt. 28, 38, secondo e terzo comma, n. 1 
(artt. 3, 27, 97 e 103 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, ordinanza 15 febbraio 
1989, n. 231, G. U. 10 maggio 1989, n. 19. 

d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1063, art. 38 (art. 3 della Costituzione). 
Corte d'appello di Firenze, ordinanza 22 settembre 1989, n. 639, G. U. 20 dicembre 
1989, n. 51. 

legge 31 luglio 1954, n. 599, artt. 28, 29, 33, 34 e 35 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 22 maggio 1987, n. 223/89, G. U. 3 maggio 1989, 

n. 18. 
legge 31 luglio 1954, n. 559, art. 60 (art. 3 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 5 aprile 1989, n. 392, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 3, secondo comma, lett. a) (artt. 3, 31 
e 38 della Costituzione). 
Tribunale cli Reggio Emilia, ordinanza 6 giugno 1989, n. 372, G.U. 30 agosto 
1989, n. 35. 

d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art: 1 (art. 3 della Costituzione). 
Corte d'appello di Reggio Calabria, ordinanza 29 gennaio 1989, n. 508, G. U. 
2 novembre 1989, n. 44. 

d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sezione istruttoria presso Corte d'appello di Messina, ordinanza 25 maggio 
1989, n. 583, G. U. 6 dicembre 1989, n. 49. 

d.P.R. 26 aprile 1956, n. 818, art. 18 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 23 giugno 1988, n. 202/89, G. U. 19 aprile 
1989, n. 16. 

legge 3 maggio 1956, n. 392, articolo unico, primo comma (art. 38 della 
Costituzione). 

Pretore di Varese, ordinanza 6 aprile 1989, n.. 352, G. U. 30 agosto 1989, n. 35. 

legge 8 dicembre 1956, n. 1378, art. 1 (artt. 3 e 33 della Costituzione). 

Consiglio nazionale dei periti industriali, ordinanza 10 marzo 1989, n. 263, 

G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 

74 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 8 dicembre 1956, n. 1378, art. 3, secondo comma (artt. 2, 3, 32, 33, 55 
e 101 della Costituzione). 

Pretore di Nard�, ordinanza 2 marzo 1989, n. 417, G. U. 20 settembre 1989, 

n. 38. 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 7, primo comma, 9 e successive modificazioni 
(artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 209/89, G. U. 26 aprile 
1989, n. 17. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9 (art. 13 della Costituzione). 

Pretore di Cosenza, ordinanza 13 aprile 1988, n. 4/S9, G. U. 25 gennaio 
1989, n. 4. 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 97, secondo, terzo e quarto connna (artt. 3 
e 97 della Costituzione) .. 
Tribunale amministrativo regionale del Veneto, ordinanza 18 maggio 1989, 

n. 645, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 
d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 310, primo, secondo e terzo comma (art. 3 
della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 novembre 1988, 

n. 456/89, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
legge 27 ottobre 1957, n. 1163 (art. 11 della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 6 luglio 1989, n. 516, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

legge 7 febbraio 1958, n. 88, artt. 1, 2 e 13 (artt. 3, 4, 37 e 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanza 14 luglio 1988, 

n. 643/89, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 
legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 1, primo comma (artt. 3 e 38 della Costi� 
tuzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 22 marzo 
1989, n. 424, G. U. 20 settembre 1989, n. 38. 

legge 26 marzo 1958, n. 425, art. 119 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 15 dicembre 1988, n. 261/89, G. U. 31 maggio 
1989, n. 22. 

legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, terzo comma, lett. b) (artt. 1, 3, 4, 
35, 36, 38, 97 e 98 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (tre) 13 aprile 
1989, nn. 401402, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 

> 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONH 7J 

legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, terzo comma, lett. b) (artt. 3, 4, 35, 
36, 38 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 15 dicembre 
1988, n. 97/89, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 2, lett. a) (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 25 maggio 1989, n. 455, G. U. 11 ottobre 1989, 

n. 41. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 83, quinto comma, e 80, tredicesimo comma 
(art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Spilimbergo, ordinanza 16 luglio 1987, n. 144/89, G. U. 29 marzo 
1989, n. 13. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 88 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Ferrara, ordinanza 26 ottobre 1988, n. 788, G. U. 11 gennaio 1989, 

n. 2. 
legge 3 marzo 1960, n. 185 (artt. 1, 3, 4, 35, 36, 38, 97 e 98 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (tre) 13 aprile 
1989, nn. 400402, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 

legge 3 marzo 1960, n. 185 (artt. 3, 4, 35, 36, 38 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 15 dicembre 
1988, n. 97/89, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

D.P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3 (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Tribunale di Catania, ordinanze (due) 21 marzo e 7 febbraio 1986, nn. 197-198/ 
89, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 
Tribunale di Catania, ordinanze (tre) 7 febbraio 1986, nn. _ 361-363/89, G. U. 
30 agosto 1989, n. 35. 
Tribunale di Catania, ordinanza 7 giugno 1986, n. 364/89, G. U. 30 agosto 
1989, n. 35. 

d.P.R.S. 20 agosto 1960, n. 3, art. 79, ultimo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). 
Pretore di Aragona, ordinanza 15 aprile 1989, n. 518, G. U. 15 novembre 1989, 

n. 46. 
legge 27 novembre 1960, n. 1397, art. 36, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Grosseto, ordinanza 27 giugno 1989, n. 534, G. U. 22 novembre 
1989, n. 47. 


76 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 16 dicembre 1961, n. 1308, art. 2, lett. d) (artt. 3, 24, 36, 102 e 103 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 25 gennaio 1989, 

n. 
435, G. U. 4 ottobre 1989, n. 40. 
Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanze (due) 25 gennaio 
1989, nn. 453 e 454, G.U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 14 dicembre 1988, 

n. 527/89, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 
legge 20 dicembre 1961, n. 1345, art. 10, ultimo comma (artt. 3, 24, 36, -102 e 
103 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 25 gennaio 1989, 

n. 
435, G. U. 4 ottobre 1989, n. 40. 
Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanze (due) 25 gennaio 
1989, nn. 453 454, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 14 dicembre 1988, 

n. 527/89, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 
legge 10 febbraio 1962, n. 57, art. 20, primo comma, n. 2 (art. 27 della Costituzione). 


Consiglio di Stato, ordinanza 7 luglio 1989, n. 407, G. U. 13 settembre 1989, 

n. 37. 
legge 5 agosto 1962, n. 1257, art. 27 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanze (tre) 30 settembre 1988, nn. 1-3/89, 

G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 7, primo comma, n. 2 (artt. 3, 29, 31 e 38 
della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 18 novembre 1988, n. 96/89, G. U. 15 marzo 
1989, n. 11. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, quarto e quinto coJ�lma (artt. 3, 24 e 
38 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 10 giugno 1987, n. 253/89, G. U. 31 maggio 
1989,. n. 22. 

Corte di cassazione, ordinanza 14 ottobre 1987, n. 281/89, G. U. 14 giugno 
1989, n. 24. 

legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Trieste, ordinanze (due) 12 gennaio 1989, nn. 242 e 243, G. U. 
17 maggio 1989, n. 20. 
Tribunale di Trieste, ordinanza 26 gennaio 1989, n. 265, G. U. 31 maggio 
1989, n. 22. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 20 ottobre 1988, n. 55/89, G. U. 15 febbraio 
1989, n. 7. 

legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Bergamo, ordilllanza 20 luglio 1988, n. 801, G.U. 18 gennaio 1989, n. 3. 
Pretore di Brescia, ordinanza 6 dicembre 1988, n. 118/89, G. U. 22 mar� 
zo 1988, n. 12. 
Tribunale di Viterbo, ordinanza 16 febbraio 1989, n. 227, G. U. 10 maggio 
1989, n. 19. 
Pretore di Brescia, ordinanza 15 marzo 1989, n. 251, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 
22. 
Pretore di Perugia, ordinanza 24 novembre 1988, n. 312/89, G. U. 21 giugno 
1989, n. 25. 
Pretore di Bolzano, ordinanza 10 febbraio 1989, n. 437, G. U. 4 ottobre 1989, 

n. 
40. 
Tribunale di Bologna, ordinanza 19 ottobre 1988, n. 525/89, G. U. 15 novem� 
bre 1989, n. 46. 

legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Pordenone, ordinanza 19 ottobre 1988, n. 773, G. U. 4 gen� 
naio 1989, n. 1. 
Pretore di Bergamo, ordinanze (quattro) 30 settembre 1988, nn. 797-800, 

G. U. 11 gennaio 1989, n. 2. 
Pretore di Grosseto, ordinanza 22 novembre 1988, n. 30/89, G. U. 8 feb� 
braio 1989, n. 6. 
Pretore di Brescia, ordinanza 6 dicembre 1988, n. 118/89, G. U. 22 marzo 1989, 

n. 
12. 
Pretore di Pavia, ordinanza 13 febbraio 1989, n. 137, G. U. 29 marzo 1989, 

n. 
13. 
Pretore di Grosseto, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 159/89, G. U. 5 aprile 1989, 

n. 
14. 
Tribunale di Viterbo, ordinanza 16 febbraio 1989, n. 226, G. U. 10 mag� 
gio 1989, n. 19. 
Pretore di Brescia, ordinanza 15 marzo 1989, n. 251, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 
22. 
Pretore di Torino, ordinanza 20 aprile 1989, n. 303, G. U. 21 giugno 1989, n. 2~. 
Pretore di Perugia, ordinanze (due) 24 novembre 1988, nn. 310 e 311/89, G. U. 
21 giugno 1989, n. 25. 
Pretore di Bolzano, ordinanza 23 marzo 1989, n. 438, G. U. 4 ottobre 1989, n. 40. 
Pretore di Lucca, ordinanza 30 novembre 1988, n. 462/89, G. U. 18 ottobre 
1989, n. 42. 
Pretore di Brescia, ordinanza 19 giugno 1989, n. 475, G. U. 25 ottobre 1989, 

n. 43. 


78 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pretore di Bolzano, ordinanza 19 luglio 1989, n. 483, G. U. 25 ottobre 1989, 

n. 43. 
Pretore di Alessandria, ordinanza 11 luglio 1989, n. 510, G. U. 2 novembre 
1989, n. 44. 

legge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 63, primo comma (art. 103, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Catanzaro, ordinanza 25 maggio 1988, n. 87/89, G. U. 8 marzo 
1989, n. 10. 

legge reg. Sicilia 15 marzo 1963, n. 16, art. 6 (artt. 3 e 133 della Costituzione). 


Pretore di Noto, ordinanza 28 febbraio 1989, n. �207, G. U. 26 aprile 1989, 

n. 17. 
legge reg. Sicilia 15 marzo 1963, n. 16, art. 253 (artt. 3, 25, 97 e 103 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 15 gennaio 1988, n. 229/89, G. U. 10 maggio 1989, 

n. 19. 
legge 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 (artt. 3 e 44 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, ordinanza 18 aprile 1989, n. 405, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2 (art. 38 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordin~a 27 ottobre 1988, n. 187/89, G. U. 12 aprile 1989, 

n. 15. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 9, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 12 ottobre 1981, n. 396/89, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 80, ultimo comma, e 212 (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 12 aprile 1989, n. 416, G. U. 20 settembre 1989, 

n. 38. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 110 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 
Pretore di Taranto, ordinanza 15 aprile 1989, n. 375, G. U. 6 settembre 
1989, n. 36. 

legge 13 luglio 1965, n. 859, art. 31 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Roma, � ordinanza 7 gennaio 1989, n. 112, G. U. 15 marzo 
1989, n. 11. 


PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 4 febbraio 1966, n. 51, artt. 1, 2 e 3 (art. 32 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 23 febbraio 1989, n. 461, G. U. 18 ottobre 
1989, n. 42. 

Legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Pret�re di Bergamo, ordinanze (due) 20 luglio e 30 settembre 1988, nn. 795 
e 796 G.U. 11 gennaio 1989, n. 2. 
Pretore di Siena, ordinanze (due) 17 dicembre 1988, nn. 56-57/89, G. U. 
15 febbraio 1989, n. 7. � 
Pretore di Brescia, ordinanza 6 dicembre 1988, n. 118/89, G. U. 22 marzo 
1989, n. 12. 
Pretore di Grosseto, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 160/89, G. U. 5 aprile 
1989, n. 14. 
Pretore di Brescia, ordinanza 15 marzo 1989, n. 251, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 
22. 
Pretore di Modena, ordinanza 21 marzo 1989, n. 256, G. U. 31 maggio 
1989, n. 22. 
Tribunale di Trieste, ordinanza 26 gennaio 1989, n. 265, G.U. 31 maggio 
1989, n. 22. 
Pretore di Lucca, ordinanza 30 novembre 1988, n. 462/89, G.U. 18 ottobre 
1989, n. 42. 
Tribunale di Bologna, ordinanza 19 ottobre 1988, n. 525/89, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

legge 14 luglio 1967, n. 585, art. 1 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Belluno, ordinanza 13 marzo 1989, n. 464, G. U. 18 ottobre 1989, 

n. 42. 
legge 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 2 e 7 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Spoleto, ordinanza 22 marzo 1984, n. 807/88, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

legge 17 febbraio 1968, n. 108, art. 19 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanze (tre) 30 settembre 1988, nn. 1-3/89, 

G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 
legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 12 dicembre 1988, n. 113/89, G. U. 22 marzo 
1989, n. 12. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, lett. b) (art. 3 della Costituzione. 


Pretore di Genova, ordinanza 23 agosto 1988, n. 497/89, G. U. 2 novembre 
1989, n. 44. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 11 (art: 3 della Costituzione). 
Pretore di Trani, ordinanza 15 maggio 1989, n. 463, G. U. 18 ottobre 1989, 


n. 42. 
legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 64 (artt. 3 e 30 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 11 gennaio 1989, n. 655, G. U. 27 dicembre 1989, 

n. 52. 
legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Roma, ordinanza 1 luglio 1987, n. 792/88, G. U. 11 gen� 
naio 1989, n. 2. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanze (due) 22 settembre e 19 ottobre 1988, 
nn. 236-237/89, G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4, 35 e 38 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanze (due) 1 marzo 1989, nn. 484 e 485, G. U. 
25 ottobre 1989, n. 43. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza (due) 16 e 24 febbraio 1989, nn. 313-314, G.U. 
21 giugno 1989, n. 25. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 11 (artt. 2, 3, 4, 38 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Perugia, ordinanza 23 maggio 1989, n. 434, G. U. 4 ottobre 
1989, n. 40. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 11, primo comma (artt. 3, 4, 35, 38 e 41 
della Costituzione). 

Corte d'appello di Roma, ordinanza 8 marzo 1988, n. 408, G. U. 13 settem� 
bre 1989, n. 37. 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 18 (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Agrigento, ordinanze (due) 30 settembre e 14 ottobre 1988, 
nn. 779, 780, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 18, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 23 giugno 1988, n. 202/89, G. U. 19 aprile 
1989, n. 16. 

legge 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, primo comma (artt. 3 e 42 d�lla 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 26 gen� 
naio 1989, n. 294, G. U. 21 giugno 1989, n. 25. 

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PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, artt. 16 e 23 (artt. 33, 51 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 31 maggio 
1988, n. 398/89, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 19 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 28 giugno 1989, n. 536, G. U. 22 novembre 
1989, n. 47. 

legge 10 giugno 1969, n. 308, art. 2 (art. 102, secondo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Catanzaro, ordinanza 25 maggio 1988, n. 87/89, G. U. 8 marzo 
1989, n. 10. 

legge reg. Frluli�Venezia Giulia 24 luglio 1969, n. 17, artt. 1, 2 e 10 (art. 116 
della Costituzione e art. 4 dello statuto Friuli-Venezia Giulia). 

Pretore di Udine, ordinanze (tre) 21 luglio 1989, nn. 531-533, G. U. 22 novembre 
1989, n. 47. 

legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 9 maggio 1989, n. 381, G. U. 6 settembre 
1989, n. 36. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 28, secondo, terzo e quarto comma 
(artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della CostituZione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 9 giugno 1988, n. 793, G. U. 11 gennaio 
1989, n. 2. 

legge 20 maggio 1970, n. 300 art. 7 (artt. 3 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 1 giugno 1989, n. 370, G. U. 30 agosto 1989, 

n. 35. 
legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, secondo e terzo comma (artt. 2 e 3 
della Costiituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 8 aprile 1989, n. 283, G. U. 14 giugno 1989, 

n. 24. 
legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, secondo e terzo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Tribunale di Vicenza, ordinanza 13 gennaio 1989, n. 181, G. U. 5 aprile 
1989, n. 14. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, e c~binato disposto artt. 17 e 23 
(artt. 3 e 39 della Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinari.ze (due) 19 dicembre 1986, nn. 284 e 285/89, 

G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 
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82 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 9 ottobre 1970, n. 740, art. 27, ultimo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di Catania, ordinanza 
22 novembre 1988, n. 332/89, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 

legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, dodicesimo comma, (artt. 3, 24 e 101 della 
Costituzione). 
Corte d'appello di Trento, ordinanza 11 aprile 1989, n. 292, G. U. 21 giugno 
1989, n. 25. 
Corte d'appello di Trento, ordinanza 20 giugno 1989, n. 442, G.U. 4 ottobre 
1989; n. 40. 

legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, n. 12 [sostituito dalla legge 6 marzo 
1987, n. 74, art. 8] (art. 24 della Costituzione). 

Corte d'appello di Milano, ordinanza 3 febbraio 1989, n. 216, G.U. 3 maggio 
1989, n. 18. 

legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 8 marzo 1989, n. 409, G. U. 13 settembre 1989, 

n. 37. 
d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, art. 5, ultimo comma (artt. 3, 24, 36, 102 e 
103 
della Costituzione). 
Tribunaie amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 14 dicembre 1988, 

n. 527/89, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 
legge 11 febbraio 1971, n. SO, art. 39, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 27 dicembre 1988, n. 65/89, G. U. 22 febbraio 
1989, n. 8. 

legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 2 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Pisa, ordinanza 25 ottobre 1988, n. 25/89, G. U. 8 febbraio 1989, 

n. 6. 
legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 15 luglio 1988, n. 82/89, G. U. 1 marzo 1989, n. 9. 

legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, ultimo c~a (artt. 3, 24 e 38 della 
Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 4 ottobre 1988, n. 203/89, G. U. 26 aprile 1989, 

n. 17. 
legge 14 agosto 1971, n. 817, art. 7 (artt. 3 e 44 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia ordinanza 18 aprile 1989, n. 405, G. U. 13 settembre 
1989, n. 37. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 83 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 4, n. 1. 

Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 3 dicembre 
1985, n. 247/89, G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, punto n. 11 (artt. 3, 24, 76 e 77 della Costituzione). 


Commissione tributaria di primo grado di Savona, ordinanza 30 luglio 1981, 

n. 45/89, G. U. 15 febbraio 1989, n. 7. 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 15 e 19 (artt. 24 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Salerno, ordinanza 20 aprile 1989, n. 309, G. U. 21 giugno 1989, 

n. 25. 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19, primo comma (art. 24 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 28 febbraio 1989, n. 394, G. U. 13 settembre 1989, 

n. 37. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55, primo comma (artt. 53 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 2 maggio 1988, 

n. 115/89, G. U. 22 marzo 1989, n. 12. 
dP.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa all. A (artt. 11 e 76 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Asti, ordinanza 15 febbraio 1988, 

n. 413/89, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 19 e 49 (art. 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Milano, oridnanza 20 giugno 1988, 

n. 249/89, G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 60 (art. 76 della Costituzione). 
Tribunale di Catania, ordinanza 26 giugno 1987, n. 524/89, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (art. 108 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 6 marzo 1989, 

n. 279, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 2, settimo ed ottavo comma (art. 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 31 marzo 
1989, n. 280, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12 (art. 108 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, ordinanza 19 dicembre 
1988, n. 148/89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 8J 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 26 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Vibo Valentia, ordinanza 17 ottobre 
1988, n. 647/89, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, oridnanza 6 ottobre 1988, n. 776, G. U. 4 gen' 
naio 1989, n. 1. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 5, primo comma (artt. 3 e 21 della Costituzione). 


Tribunale di Camerino, ordinanza 24 novembre 1988, n. 24/89, G.U. 8 febbraio 
1989, n. 6. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Corte militare di appello, sezione distaccata di Verona, ordinanze (due) 
29 settembre e 13 ottobre 1989, nn. 656 e 657, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, secondo comma (artt. 3, 25 e 27 della 
Costituzione). 

Tribunale militare di Torino, ordinanze (quaranta) 20 settembre 1989, 
nn. 541-580, G. U. 29 novembre 1989, n. 48. 
Tribunale militare di Torino, ordinanze (ventitr�) 4 ottobre 1989, nn. 596618, 
G. U. 6 dicembre 1989, n. 49. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, settimo comma (artt. 3 e 52 della Costituzione). 


Tribunale militare di Bari, ordinanza 30 novembre 1988, n. 190/89, G. U. 
12 aprile 1989, n. 15. 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 38 e 56 (artt. 3 e 4 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 18 maggio 1989, n. 517, G.U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 216 (art. 11 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 6 luglio 1989, n. 516, G. U. 15 novembre 1989, 

n. 46. 
legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, terzo e settimo comma, n. 3, comb. disp. 

Pretore di Lecce, ordinanza 27 aprile 1989, n. 348, G. U. 30 agosto 1989, n. 35. 

�legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 25 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 10 ottobre 1988, n. 54/89, G. U. 15 febbraio 1989,

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86 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.0 STATO 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Pontecorvo, ordinanza 8 gennaio 1986, n. 183/89, G. U. 5 aprile 1989, 
Il. 14. 

d.P.R. 29 marzo 1.973, n. 156, art. 195 (artt. 3 e 21 della Costituzione). 
Pretore di Varazze, ordinanza 22 febbraio 1989, n. 225, G.p. 3 maggio 1989, 
Il. 18. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (artt. 3, 21, 41 e 43 della Costituzione). 
Pretore di Cosenza, ordinanza 6 luglio 1988, n. 32/89, G. U. 8 febbraio 1989, 

n. 6. 
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 240 (artt. 3, 21 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Frascati, ordinanze (quattro) 29 maggio 1989, nn. 386-389, G.U. 
6 settembre 1989, n. 36. 
Pretore di Frascati, ordinanza 29 maggio 1989, n. 374, G. U. 30 agosto 1989, 
Il. 35. 

legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 15, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 


I

Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 7 luglio 1988, 

n. 331/89, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 
I 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10 (artt. 2 e 38 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 3 ottobre 
1986, n. 248/89, G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 10 e 15 (artt. 3, 29, 30, 31 e 53 della, 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Pordenone, ordinanza 2 febbraio 
1989, n. 450, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. � 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. f) (artt. 3 e 33 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Biella, ordinanza 3 ottobre 1988, 

n. 43/89, G. U. 15 febbraio 1989, n. 7. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, punto h) (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 6 aprile 198?, 

n. 449, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 19, primo comma, n. 5 e secondo comma, 
lett. b) (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze (nove) 29 setcembre 
e 27 ottobre 1981, nn. 169-175/89, 177-178/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 76, terzo comma (artt. 3, 53 e 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 27 feb� 
braio 1989, n. 278, G.U. 14 giugno 1989, n. 24. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 76, terzo comma (art. 76 della Costi� 
tuzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 20 aprile 1989, 

n. 403, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 
d.P.R. 29 �settembre 1973, n. 599, art. 1. 
Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 3 dicembre 
1985, n. 247/89, G.U. 17 maggio 1989, n. 20. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 3 (art. 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze (due) 27 otto� 
bre 1981, nn. 168 e 176/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 20 aprile 1989, 

n. 403, G. U. 13 settembre 1989,. n. 37. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 12 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Orvieto, ordinanze (due) 29 aprile 
1987 e 13 dicembre 1988, nn. 641-642, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 12, quarto comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 
22 giugno 1989, n. 474, G. U. is ottobre 1989; n. 43. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Sondrio, ordinanza 30 luglio 
1988, n. 6/89, G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 46, 47, 55 e 56 (artt. 3, 24, 76 e 77 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Savona, ordinanza 30 luglio 
1981, n. 45/89, G. U. 15 . febbraio 1989, n. 7. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 54, ultimo comma (artt. 2, 3 e 24 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Novara, ordinanza 5 ottobre 
1987, n. 66/89, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 


88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, ultimo comma (artt. 3 e 34 della 
Costituzione). 
Tribunale di Pistoia, ordinanza 21 ottobre 1988, n. 819, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, lett. e) ed f) (art. 24 della Costi� 
tuzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 20 giugno 
1988, n. 249/89, G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Savona, ordinanza 2 maggio 
1980, n. 44/89, G. U. 15 febbraio 1989, n. 7. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 5 giugno 
1987, n. 81/89, G. U. 1 marzo 1989, n. 9. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 e 113 della 
Costituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 7 agosto 1989, n. 519, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

d.P.R�.29 settembre 1973, n. 602, art. 38, primo e secondo comma (artt. 3 
e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di. Foggia, ordinanza 28 giugno 
1989, n. 535, G. U. 22 novembre 1989, n. 47. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 52, secondo comma (artt. 3, 23, 24 e 
42 della Costituzione). 
Pretore di Mestre, ordinanza 20 febbraio 1989, n. 201, G. U. 19 aprile 1989, 

n. 16. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 52, secondo comma, lett. a) (artt. 3, 24 
e 113 della Costituzione). 
Pretore di Rimini, ordinanza 10 luglio 1989, n. 494, G.U. 2 novembre 1989, 

n. 44. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98. (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Velletri, ordinanza 13 aprile �: 
1988, n. 21/89, G. U. 1 febbraio 1989, n. 5. 

I

r: 
f: 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, sesto comma (art. 24 della Cof: 
;:

stituzione). 

I 
;:

Commissione tributaria di primo grado di Orvieto, ordinanza 9 marzo 1989, ~: 

n. 640, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. rf� 
t

f: 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (artt. l, 3, 4, 35, 36, 38, 97 e 
98 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (tre) 13 aprile 
1989, nn. 400-402, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 12 marzo 1989, 

n. 
470, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 13 marzo 1989, 
n. 652, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (artt. 3, 4, 35, 36, 38 e 97 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 15 dicembre 
1988, n. 97/89, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 4, primo comma (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 22 marzo 
1989, n. 424, G. U. 20 settembre 1989, n. 38. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 4, primo e terzo comma (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 2 dicem� 
bre 1988, n. 161/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 13, primo comma (artt. 3 e 97 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 15 novembre 1988, n. 432/89, G.U. 27 settembre 
1989, n. 39. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 42, terzo comma (artt. 3, 29, 31. 37 e 51 
della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 21 ottobre 1987, n. 11/89, G. U. 25 gennaio 1989, 

n. 4. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 52, terzo comma (art. 76 della Costi� 
tuzione). 
Corte dei conti, ordinanza 27 gennaio 1988, n. 341/89, G. U. 19 luglio 1989, 

n. 
29. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, terzo comma (artt. 3, 29, 31 e 36 
della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 24 ottobre 1988, n. 537/89, G. U. 29 novem� 
bre 1989, n. 48. 


90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 82, terzo comma (artt. 3, 31 e 38 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 22 giugno 1988, n. 121/89, G. U. 22 marzo 1989, 

n. 12. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, quinto comma (artt. 3-e 36 della 
Costituzione). � 
Corte dei conti, ordinanza 9 febbraio 1988, n. 120/89, G. U. 22 marzo 1989, 

n. 12. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 151, terzo comma (artt. 3 e 76 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 22 novembre 1988, n. 590/89, G. U. 6 dicem� 
bre 1989, n. 49. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 159 e 160 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 27 maggio 1988, n. 342/89, G. U. 19 luglio 1989, 

n. 29. 
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (artt. 3, terzo comma, 8, primo comma, cifre 5 
e 18, 14, 16, primo comma e 107 dello statuto Trentino-Alto Adige). 
Provincia aut. di Bolzano, ricorso 8 maggio 1989, n. 34, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, art. 20 (artt. 8, 9, 14, 16 dello statuto speciale 
reg. Trentino-Alto Adige). 
Provincia aut. di Bolzano, ricorso 9 maggio 1989, n. 36, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 133 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 21 ottobre 1987, 

n. 471/89, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
d.P.R. 31 maggio 1974,. n. 420, art. 19 (artt. 3, 4, 32 e 38 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanza 27 aprile 1988, 

n. 634/89, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 
legge 20 marzo 1975, n. 70, arf. 13 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 20 ottobre 1988, 

n. 654/89, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 
legge 20 marzo 1975, n. 70, artt. 13 e 26, terzo comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 20 ottobre 1988, 

n. 468/89. G. U, 25 ottobre 1989, n. 43. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 15, secondo comma (art. 53 della Costituzione). 


Corte d'appello di Torino, ordinanze 24 giugno 1988, n. 818, G.U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 
Tribunale di Torino, ordinanze (due) 9 dicembre 1988, pn. 239-240/89, G. U. 
17 maggio 1989, n. 20. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 45 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pontecorvo, ordinanza 8 gennaio 1986, n. 183/89, G. U. 5 aprile 
1989, n. 14. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 45 (artt. 3, 21, 41 e 43 della Costituzione). 

Pretore di Cosenza, ordinanza 6 luglio 1988, n. 32/89, G. U. 8 febbraio 1989, 

n. 6. 
legge 31 maggio 1975, n. 191, art. 21 secondo comma {artt. 3, 23, 52 e 97 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanze (tre) 9 maggio 
1989, nn. 421-423, G. U. 20 settembre 1989, n. 38. 
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanze (due) 24 maggio 
e 4 luglio 1989, nn. 585 e 586, G. U. 6 dicembre 1989, n. 49. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 14 e 53-bis (artt. 3, 13 e 24 della Costituzione). 


Tribunale di sorveglianza di Napoli, ordinanza 11 luglio 1989, n. 523, G. U. 
15 novembre 1989, n. 46. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 30-bis-ter, 70, primo comma, e 71-ter (artt. 3, 
27 e 111 della Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Brescia, ordinanza 22 novembre 1988, n. 88/89, 

G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 
legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma (artt. 3, 13, 27 e 79 della 
Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Brescia, ordinanza 11 luglio 1989, n. 635, G.U. 
20 dicembre 1989, n. 51. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma [come introdotto dalla 
legge 10 ottobre 1986, n. 633, art. 11] (artt. 3, 13, 27, 101 e 104 della Costituzione). 

tribunale di sorveglianza di Brescia, ordinanza 8 novembre 1988, n. 71/89, 

G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 
legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, secondo e terzo comma (artt. 3 e 27 
della Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Trieste, ordinanza 26 giugno 1989, n. 406, G. U. 
13 settembre 1989, n. 37. 


92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale cli sorveglianza cli Venezia, ordinanza 9 giugno 1989, n. 426, G. U. 
20 settembre 1989, n. 38. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, terzo comma (artt. 3, 13 e 27 della 
Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza cli Brescia, ordinanza 2 marzo 1989, n. 293, G. U. 
21 giugno 1989, n. 25. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 51-bis (artt. 3, 13, 27, 101 e 104 della Costituzione). 


Tribunale di sorveglianza di Brescia, ordinanza 8 novembre 1988, n. 71/89, 

G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 
legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Roma, ordinanza 22 febbraio 1989, n. 355, G. U. 
30 agosto 1989, n. 35. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54, primo comma [come sostituito dall'art. 18 
della legge 10 ottobre 1986, n. 663] (artt. 3 e 27, terzo co:mma, della Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Roma, ordinanza 22 febbraio 1989, n. 356, G. U. 
30 agosto 1989, n. 35. 
Tribunale di sorveglianza di Roma, ordinanza 1 marzo 1989, n. 357, G. U. 
30 agosto 1989, n. 35. 
Tribunale di sorveglianza di Roma, ordinanza 31 marzo 1989, n. 358, G[ U. 
30 agosto 1989, n. 35. 

legge ~6 luglio 1975, n. 354, art. 69 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Magistrato di sorveglianza di Trento, ordinanza 1 dicembre 1988, n. 73/89, 

G. U. 1 marzo 1989, n. 9. 
legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 71-bis, quarto comma (artt. 3 e 101 della 
Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Napoli, ordinanza 9 maggio 1989, n. 399, G. U. 
13 settembre 1989, n. 37. 

legge 23 dicembre 1975, n. 698, art. 9 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 18 maggio 1988, 

n. 290/89, G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 
legge 27 dicembre 1975, n. 700, art. 3, primo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Giudice istruttore presso tribunale di Gorizia, ordinanza 16 novembre 1988, 

n. 19/89, G.U. 1 febbraio 1989, n. 5. 
. I 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 29 aprile 1976, n. 177, art. 7, primo comma (artt. 1, 3, 4, 35, 36, 38, 97 e 
98 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (tre) 13 aprile 
1989, mi. 400402, G.U. 13 settembre 1989, n. 37. 

legge 29 aprile 1976, n. 177, art. 7, primo_ comma (artt. 3, 4, 35, 36, 38 e 97 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 15 dicembre 
1988, n. 97/89, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

legge reg. Piemonte 12 agosto 1976, n. 42, artt. 18 e 19 (art. 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 5 ottobre 
1988, n. 83/99, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 11 gennaio 
1989, n. 206, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

legge 12 nov~bre 1976, n. 751, artt. 1 e 3 (artt. 3, 29, 30, 31 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Pordenone, ordinanza 2 febbraio 
1989, n. 450, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 

legge 4 aprile 1977, n. 135, art. 22, primo comma (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale del Veneto, ordinanza 20 ottobre 1988, 

n. 451/89, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
legge 13 aprile 1977, n. 114, artt. 4, 5, primo comma, 17 e 20 (artt. 3, 29, 30, 
31 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Pordenone, ordinanza 2 febbraio 
1989, n. 450, G. U. �11 ottobre 1989, n. 41. 

d.-1. 4 maggio 1977, n. 187, art. 5 [conv. in legge 11 luglio 1977, n. 395] (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Lucca, ordinanza 30 settembre 1988, n. 794, G. U. 11 gennaio 
1989, n. 2. 

legge prov. Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 3 marzo 1989, n. 344, G. U. 19 luglio 1989, 

n. 29. 
legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 5, primo e secondo comma (artt. 37 e 39 
della Costituzione). 

Pretore di Montebelluna, ordinanza 28 settembre 1988, n. 23/89, G. U. 8 febbraio 
1989. n. 6. 


94 RASSEGNA DELl..'AWOCATURA DELW STATO 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanze (due) 18 settembre 
1987, nn. 275-276/89, G. U. 7 giugno 1989, n. 23. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 8 maggio 1978, n. 39 (art. 116 della Costituzione 
e art. 4 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia). 

Pretore di Udine, ordinanze (tre) 21 luglio 1989, nn. 531-533, G. U. 22 novembre 
1989, n. 47. 

legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12, secondo comma (art. 25 della Costituzione). 


Pretore�g~udice tutelare di lecco, ordinanaza 1 agosto 1989, n. 589, G.U. 6 dicembre 
1989, n. 49. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 4 aprile 1989, n. 367, G.U. 30 agosto 1989, n. 35. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Tolentino, ordinanza 19 aprile 1989, n. 319, G. U. 28 giugno 1989, 

n. 26. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69 [come sost. dal dJ. 9 dicembre 1986, n. 832, 
art. 1, convertito in legge 6 febbraio 1987, n. 15] (art. 3 della Costituzione. 

Pretore di Scioli, 011din=a 23 gennaio 1989, n. 117, G.U. 22 marzo 1989, 

n. 12. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, ottavo e nono comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Monza, ordinanza 20 settembre 1989, n. 530, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, decimo comma (artt. 3 e 42 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 14 novembre 1988, n. 812, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, undicesimo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Tolentino, ordinanza 6 febbraio 1989, n. 196, G. U. 19 aprile 1989, 

n. 16. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 21 luglio 1988, n. 68/89, G.U. 22 febbraio 
1989, n. 8. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 9f 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, ultimo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 


Pretore di Bologna, ordinanza 24 giugno 1988, n. 42/89, G. U. 15 febbraio 
1989, n. 7. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 13 maggio 1989, n. 368, G. U. 30 agosto 1989, 

n. 35. 
legge reg. Piemonte 23 agosto 1978, n. 55, artt. 1, 2, 3, n. 3, 8, primo comma, 
lett. g), h), i); secondo comma, lett. 1), m), n); terzo comma; quarto comma, 
nn. 2 e 3; quinto comma, n. 5 (artt. 42 e 117 della Costituzione). 

Commissario per il riordinamento degli usi civici del Piemonte, Liguria e 
Valle d'Aosta, ordinanza 25 gennaio 1989, n. 91, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, primo comma (art. 76 della Costituzione). 
C�mmissione tributaria di primo grado di Caltanlssetta, ordinanza 13 febbraio 
1989, n. 473, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 

d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, ultimo camma (artt. 25, 76 e 77 della 
Costituzione). 
Tribunale di Fermo, ordinanza 9 luglio 1987, n. 443/89, G. U. 4 ottobre 1989, 

n. 40. 
d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915; art. 51, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 15 giugno 1988, n. 28/89, G. U. 8 febbraio 1989, 

n. 6. 
legge 24 gennaio 1979, n. 18, art. 4, secondo comma (art. 51; primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Gubbio, ordinanza 5 aprile 1989, n. 232, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

fogge 7 febbraio 1979, n. 29, art. 2, terzo comma (artt. 3, 37 e 38 della Costituzione). 


Corte dei conti, ordinanza 23 marzo 1987, n. 591/89, G. U. 6 dicembre 1989, 

n. 49. 
legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 9, secondo comma (artt. 3, 24, 36, 102 e 103 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 25 gennaio 1989, 

n. 435, G. U. 4 ottobre 1989, n. 40. 
Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanze (due) 25 gennaio 
1989, nn. 453 e 454, G.U. 11 ottobre 1989, n. 41. 


96 
RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 9, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). 


Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, ordinanze (tre) 
14 dicembre 1988, nn. 300-302/89, G.U. 21 giugno 1989, n. 25. 

d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, art. 58 (artt. 3 e 6 statuto regione Sardegna). 
Regione aut. Sardegna, ricorso 6 ottobre 1989, n. 79, G. U. 18 ottobre 1989, 
n. 
42. 
d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, artt. 2 e 64 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 2 giugno 1988, 
n. 
116/89, G. U. 22 marzo 1989, n. 12. 
legge 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Pisa, ordinanza 25 ottobre 1988, n. 25/89, G. U. 8 febbraio 1989, 

n. 
6. 
legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5, terzo CQlll1lla, n. 3 (art. 3 della Costituzione). 


Consiglio di Stato, ordinanza 27 maggio 1988, n. 31/89, G. U. 8 febbraio 1989, 

n. 
6. 
legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 12, primo comma, lett. o) (art. 76 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanze (due) 19 aprile 
1988, nn. 179-180/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

legge 20 marzo 1980, n. 75 (artt. 1, 3, 4, 35, 36, 38, 97 e 98 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (tre) 13 aprile 
1989, nn. 400-402, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 

legge 20 marzo 1980, n. 75 (artt. 3, 4, 35, 36, 38 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 15 dicembre 
1988, n. 97/89, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 

dl. 7 maggio 1980, n. 153, art. 3 [conv. In legge 7 luglio 1980, n. 299] (artt. 3 
e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 20 ottobre 1988, 

n. 
468/89, G.U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 20 ottobre 1988, 
n. 
654/89, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 
legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 4 (artt. 3, 37 e 38 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 23 marzo 1987, n. 591/89, G. U. 6 dicembre 1989, 

n. 
49. 

PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 11 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Novara, ordinanza 13 ottobre 1988, n. 813, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

legge 11 luglio 1980, n. 312, art. 162 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 9 marzo 1989, n. 393, 

G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 27 aprile 1988, 
n. 515/89, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 36 (art. 76 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanze (due) 19 aprile 
1988, nn. 179-180/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 50, n. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Consigilo di Stato, ordinanza 27 maggio 1988, n. 31/89, G. U. 8 febbraio 
1989, n. 6. 

legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Napoli, ordinanza 2 marzo 1989, n. 264, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
legge 3 gennaio 1981, n. 6, art. 2, quinto comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Latina, ordinanze (quattro) 26 aprile 1989, nn. 488-491, G. U. 25 ot� 
tobre 1989, n. 43. 
Pretore di Milano, ordinanza -20 luglio 1988, n. 500/89, G. U. 2 novembre 
1989, n. 44. 
Pretore di Latina, ordinanza 27 luglio 1989, n. 632, G. U. 20 dicembre 1989, 

n. 51. 
legge 3 gennaio 1981, n. 6, art. 2, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Udine, ordinanza 6 giugno 1989, n. 395, G. U. 13 settembre 1989, 

n. 37. 
legge 19 febbraio 1981, n. 27 (artt. 3, 101 e 107 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Aosta, ordinanza 22 aprile 1989, 

n. 448, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3 (artt. 3, 97 e 108 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Genova, ordinanza: 14 luglio 1989, n. 457, G. U. 11 ottobre 
1989, n. 41. 

legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3, primo comma (artt. 3 e 37 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, ordinanza 21 febbraio 
1989, n. 506, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 


98 RASSEGNA DEI,L'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. Sicilia 30 marzo 1981, n. 37, art. 53, quinto comma (artt. 3, 38 e 
116 della Costituzione e art. 17, lett. f) dello statuto reg. Sicilia). 

Pretore di Agrigento, ordinanza 4 luglio 1989, n. 627, G. U. 13 dicembre 1989, 

n. 50. 
legge reg. Sicilia 30 marzo 1981, n. 43 (artt. 3 e 133 della Costituzione). 

Pretore di Noto, ordinanza 28 febbraio 1989, n. 207, G. U. 26 aprile 1989, 

n. 17. 
legge 1 aprile 1981, n. 121, art. 43, sedicesimo e diciassettesimo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 7 giugno 
1989, nn. 503 e 504, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 

f' 

legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, quarto comma (artt. 3 e 51 della Costi� 
tuzione). 

Corte d'appello di Lecce, ordinanza 6 aprile 1989, n. 270, ~. U. 7 giugno 1989, 

n. 23. 
legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, n. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Lecce, ordinanze (due) 12 dicembre 1988, nn. 244-245/89, G.U. 
17 maggio 1989, n. 20. 

legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 7 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanze (tre) 30 settembre 1988, nn. 1-3/89, 

G. U. 25 gennaio 1989, n. 4. 
legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 14 dicembre 1988, n. 62/89, G. U. 22 febbraio 
1989, n. 8. 

legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 


Pretore di Taranto, ordinanza 16 dicembre 1988, n. 76/89, G.U. 1 marzo 
1989, n. 9. 

legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3, 36, 38, secondo comma, e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Milano, oI'dinanza 28 giugno 1989, n. 536, G.U. 22 novembre 
1989, n. 47. 

legge 7 maggio 1981, n. 180, artt. 1, cpv., 2, primo e secondo comma (artt. 101, 
secondo comma, 103, terzo comma, e 108 della Costituzione). 

'Tribunale militare di La Spezia, ordinanze (due) 26 maggio 1988, nn. 777 e 
778, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 
Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 26 maggio 1988, n. 805, G. U. 
18 gennaio 1989, n. 3. 


PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Parma, ordinanza 21 dicembre 1988, n. 167/89, G. U. 5 aprile 1989, 

n. 14. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, quinto comma (artt. 3, 24 e 113 della 
Costituzione). 

Pretore di Verona, ordinanza 31 gennaio 1989, n. 145, G. U. 29 marzo 1989, 
n., 13. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 64, ultimo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). 


Magistrato di sorveglianza di Milano, ordinanza 25 ottobre 1988, n. 20/89, 

G.U. 1 febbraio 1989, n. 5. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 12 ottobre 1988, n. 787, G. U. 11 gennaio 1989, 

n. 2. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 77, 53 e 57. 

Pretore di Alba, ordinanza 5 maggio 1989, n. 420, G. U. 20 settembre 1989, 

n. 38. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 139 (art. 25 della Costituzione). 

Pretore di Cosenza, ordinanza 18 novembre 1988, n. 33/89, G. U. 8 febbraio 
1989, n. 6. 
Pretore di Cosenza, ordinanza 25 marzo 1988, n. 110/89, G. U. 15 marzo 1989, 

n. 
11. Pretore 
di Cosenza, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 119/89, G. U. 22 marzo 1989, 
n. 12. 
Pretore di Cosenza, ordinanze (quattro) 9 dicembre 1988, nn. 622-625/89, G. U. 
13 dicembre 1989, n. 50. 

d.-1. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b) [conv. in legge 25 mar� 
zo 1982, n. 94] (artt. 3, 24, 31 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 19 ottobre 1988, n. 446/89, G. U. 11 ottobre 
1989, n. 41. 

legge 22 aprile 1982, n. 168, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanze (due) 3 maggio 
1989, nn. 650-651, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

lege 22 aprile 1982, n. 643, art. 3, secondo conuna (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 14 aprile 1988, 

n. 803, G. U. 18 gennaio 1989, n. 3. 

100 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, art. 44 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Consilgio di Stato, ordinanza 7 giugno 1988, n. 250/89, G. U. 11 maggio 
1989, n. 20. 

d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340, art. 18 (art. 76 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, ordinanza 17 marzo 1988, 
n. 790, G. U. 11 gennaio 1989, n. 2. 
legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 25, secondo comma (artt. 41 e 44 della 
Costituzione). 
Tribunale di Sassari, ordinanza 2 novembre 1988, n. 164/89, G. U. 5 aprile 
1989, n. 14. 

legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 43 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 2 febbraio 1987, 

n. 425/89, G. U. 20 settembre 1989, n. 38. 
legge 20 maggio 1982, n. 270, art. SO (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tdbunale amministrativo regionaile del Lazio, ordinanza 26 ottobre 1987, 

n. 472/89, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
legge 29 maggio 1982, . n. 297, art. 3, tredicesimo comma (artt. 3, 36, 38 e 53 
della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 28 giugno 1989, n. 536, G. U. 22 novembre 1989, 

n. 47. 
legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Trani, ordinanza 15 maggio 1989, n. 463, G. U. 18 ottobre 1989, n. 42. 


legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 4 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 20 ottobre 1988, 


n. 
468/89, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 20 ottobre 1988, 
n. 654/89, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 
legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Roma,. ordinanza 24 maggio 1988, n. 775, G. U. 4 gennaio 1989, 

n. 1. 
d.-1. 10 luglio 1982, n. 429, art. 4, primo �comma, n. 7 [conv. in legge 7 agosto 
1982, n. 516] (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Tribunale di Savona, ordinanza 21 novembre 1988, n. 26/89, G. U. 8 febbraio 
1989, n. 6. 
Tribunale di Pinerolo, ordinanze (quattro) 18 gennaio 1989, nn. 103-106, 

G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 
Tribunale di Pinerolo, ordinanze (tre) 1 e 8 febbraio 1989, nn. 267-269, G.U. 
31 maggio 1989, n. 22. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.-1. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12, prbno comma [conv. in legge 7 agosto 1982, 

n. 516] (artt. 2, 3, 24 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 26 mar� 
zo 1987, n. 817/88, G. U. 18 gennaio 1989, n. 3. 

d.-L 10 luglio 1982, n. 429, art. 26 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] (art. 3 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Siracusa, ordinanza 24 feb� 
braio 1989, n. 306, G. U. 21 giugno 1989, n. 25. 

d.-1. 10 luglio 1982, n. 429, art. 26 [modificato dalla legge 7 agosto 1982, n. 516] 
(artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Catania, ordinanza 27 giugno 1988, 

n. 149/89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanze (due) 15 ottobre 
e 16 novembre 1987, nn. 439-440/89, G. U. 4 ottobre 1989, n. 40. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 1, prbno comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 15 dicembre 1988, n. 221/89, ,G. U. 3 maggio 
1989, n. 18. 
Tribunale di Firenze, ordinanza 21 febbraio 1989, n. 297, G. U. 21 giugno 
1989, n. 25. 
Tribunale di Firenze, ordinanza 23 febbraio 1989, n. 505, G. U. 2 novembre 
1989, n. 44. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 1, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanze (due) 27 dicembre 1988, nn. 79 e 80/89, G.U. 
marzo 1989, n. 9. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 4 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Tribunale di Verbania, ordinanza 25 novembre 1988, n. 140/89, G. U. 29 marzo 
1989, n. 13. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 4, n. 7 (artt. 3 e 25, secondo comma, della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Milano, ordinanza 15 marzo 1988, n. 400, G. U. 4 gennaio 
1989, n. 1. 

Tribunale di Forl�, ordinanza 28 ottobre 1988, n. 9/89, G.U. 25 gennaio 1989, 

n. 
4. 
Tribunale di Forli, ordinanze (cinque) 6 e 13 dicembre 1988, no. 46-50/89, 
G. U. 
15 febbraio 1989, n. 7. 
Tribunale di Lucca, ordinanza 30 novembre 1988, n. 51/89, G. U. 15 febbraio 
1989, n. 7. 
Tribunale di Forl�, ordinanze (tre) 9 dicembre 1988, no. 58-59-60/89, G. U. 
15 febbraio 1989, n. 7. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DElJ.O STATO

102 

Tribunale di Tolmezzo, ordinanza 13 maggio 1988, n. 84/89, G. U. 8 marzo 
1989, n. 10. 
Tribunale di Forl�, ordinanze (due) 9 e 13 gennaio 1989, nn. 101-102, G.U. 
15 marzo 1989, n. 11. 
Tribunale di Forl�, ordinanze (quattro) 20 gennaio 1989, nn. 191-194, G. U. 
12 aprile 1989, n. 15. 
Tribunale di Forl�, ordinanza 16 dicembre 1988, n. 211/89, G. U. 26 aprile 
1989, n. 17. 
Tribunale di Verbania, ordinanza 25 ottobre 1988, n. 230/89, G. U. 10 maggio 
1989, n. 19. 
Tribunale di Forl�, ordinanze (due) 10 febbraio e 14 marzo 1989, nn. 238 e 
246, G. U. 17 maggio 1989, n. 20. 
Tribunale di ForJl, ordinanza 11 aprile 1989, n. 273, G.U. 7 giugno 1989, 

n. 
23. 
Tribunale di Tolmezzo, ordinanza 10 marzo 1989, n. 325, G. U. 5 luglio 1989, 
n. 27. 
legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 4, primo comma, n. 7 (artt. 3 e 25, secondo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale di Trieste, ordinanze (tre) 7, 14 e 17 novembre 1988, nn. 13-15/89, 

G.U. 
1 febbraio 1989, n. 5. 
Tribunale di Forl�, ordinanza 28 ottobre 1988, n. 17/89, G. U. 1 febbraio 1989, 
n. 5. 
Tribunale di Trieste, ordinanza 22 novembre 1988, n. 63/89, G. U � .22 febbraio 
1989, n. 8. 
Giudice istruttore presso tribunale di Firenze, ordinanza 14 dicembre 1988, 

n. 61/89, G. U. 22 febbraio 1989; n. 8. 
Tribunale di Mondov�, ordinanza 11 gennaio 1989, n. 89, G. U. 8 marzo 1989, 
n. 
10. 
Tribunale di Isema, ordinanza 28 dicembre 1988, n. 92/89, G. U. 15 marzo 
1989, 
n. 11. 
Tribunale di Isernia, ordinanza 11 gennaio 1989, n. 188, G. U. 12 aprile 1989, 

n. 
15. 
Tribunale di Trieste, ordinanza 6 dicembre 1988, n. 218/89, G. U. 3 maggio 
1989, n. 18. 
Tribunale di Rovigo, ordinanza 13 febbraio 1989, n. 219, G.U. 3 maggio 
1989, n. 18. 
Tribunale di Isernia, ordinanza 25 gennaio 1989, n. 254, G.U. 31 mag� 
gio 
1989, n. 22. 
Giudici istruttori presso tribunale di Trieste, ordinanza 17 febbraio 1989, 

n. 
266, G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 
Tribunale di Modena, ordinanze (tre) 24, 26 e 30 gennaio 1989, nn. 287-289, 
G. U. 14 giugno 1989, n. 24. 
Tribunale di Lucca, ordinanza 21 febbraio 1989, n. 295, G. U. 21 giugno 1989, 
n. 25. 
Tribunale di Modena, ordinanza 3 novembre 1988, n. 305/89, G. U. 21 giugno 
1989, n. 25. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
1.0J 

Tribunale cli Prato, ordinan2la 21 febbraio 1989, n. 317, G.U. 28 giugno 1989, 

n. 
26. 
Tribunale cli Gorizia, ordinanza 9 dicembre 1988, n. 521/89, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 
Tribunale cli Gorizia, ordinanze (due) 24 gennaio 1989 e 9 dicembre 1988, 
nn. 520-521, G.U. 15 novembre 1989, n. 46. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 4, primo comma, n. 7 (art. 25, secondo com� 
ma, della Costituzione). 

Giudice istruttore presso tribunale di Bologna, ordinanza 29 giugno 1988, 

n. 64/89, G. U. 22 febbraio 1989, n. �8. 
Giudice istruttore presso il tribunale cli Firenze, ordinanza 10 novero� 
bre 1988, n. 139/89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 
Tribunale cli Firenze, ordinanza 8 febbraio 1989, n. 195, G. U. 12 aprile 1989, 

n. 
15. 
Giudice istruttore presso tribunale cli Firenze, ordinanza 8 marzo 1989, 
n. 308, G. U. 21 giugno 1989, n. 25. 
legge 7 agosto 1982, n. 516, artt. 4, primo comma, e 7 (artt. 3 e 25 della 
Costituzione). 

Tribunale di Isernia, ordinanze (tre) 7 dicembre, 23 novembre e 12 ottobre 
1988, nn. 154-156/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 
Tribunale cli Forll, ordinanza 24 gennaio 1989, n. 157, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 12, primo comma, prima parte (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Commissione tributaria cli primo grado cli Belluno, ordlnanze (tre) 21 novembre 
1987, nn. 107-109/89, G. U. 15� marzo 1989, n. 11. 

legge 14 agosto 1982, n. 615 (artt. 3 e 113 della Costituzione,. 

Corte d'appello cli Messina, ordinanza 13 marzo 1989, n. 299, G. U. 21 giuinio 
1989, n. 25. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 1 settembre 1982, n. 75, artt. 17, 21 e 127 
(art. 117 della Costituzione). 

Commissione tributaria cli secondo grado cli Trieste, ordinanze (due) 2 maggio 
1989, nn. 336 e 337, G. U. 12 luglio 1989, n. 28. 

d.-1. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in leg� 
ge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte d'appello cli Torino, ordinanza 20 maggio 1988, n. 52/89, G. U. 15 febbraio 
1989, n. 7. 

legge 20 ottobre 1982, n. 773, artt. 3, 4 e 22 (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). 

Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 5 luglio 1988, n. 220, G. U. 3 maggio 
1989, n. 18. 


1.04 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 25 ottobre 1982, n. 795 (artt. 3, 101 e 107 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Aosta, ordinanza 22 aprile 1989, 

n. 448, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
legge~5 ottobre 1982, n. 795, art. 1 (artt. 3, CJ7 e 108 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Genova, ordinanza 14 luglio 1989, n. 457, G. U. 11 ottobre 
1989, n. 41 

legge 20 novembre 1982, n. 869, art. 6-bis (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 15 febbraio 1988, n. 222/89, G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 

legge 20 novembre 1982, n. 890, artt. 7 e 8 (artt. 2, 16, 24 e 32 della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Genova, ordinanza 22 febbraio 1989, n. 626, G. U. 
13 dicembre 1989, n. 50. 

legge 20 novembre 1982, n. 980, art. 8 (art. 24 della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Udine, ordinanza 20 aprile 1989, n. 318, G.U. 28 giugno 
1989, n. 26. 

legge reg. Campania 3 gennaio 1983, n. 3, art. 1, primo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 5 maggio 
1988, n. 182/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

legge 26 gennaio 1983, n. 18, art. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia, ordinanze (due) 
8 luglio 1989, nn. 628 e 629, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

dJ. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 5, quarto comma [conv. in legge 25 marzo 1983, 

n. 
79] (artt. 3, 31 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 1� ottobre 1988, n. 204/89, G. U. 26 aprile 1989, 
n. 17. 
d.l. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10 [conv. in legge 25 marzo 1983, n. 79] (artt. 36, 
38 
e 97 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 20 giugno 1988, n. 588/89, G. U. 6 dicembre 1989, 

n. 49. 
dJ. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10, primo comma [quale sostituito dalla legge 
25 marzo 1983, n. 79, articolo. unico] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 27 febbraio 1989, n. 538, G. U. 29 novembre 1989, 

n. 48. 
d.l. 
29 gennaio 1983, n. 17, art. 10, settimo comma [conv. in legge 25 marzo 
1983, n. 79] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 11 maggio 1988, 

n. 296/89, G. U. 21 giugno 1989, n. 25. 

PARTE II, RASSEGN<\ DI LEGISLAZIONE 
10f 

legge 25 marzo 1983, n. 79, art. 10 (artt. 36 e 38 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 26 febbraio 1988, 

n. 784, G. U. 11 gennaio 1989, n. 2. 
legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 8, secondo comma (artt. 2, 3 e 31 dellaCostituzione). 


Tribunale per i minorenni di Trieste, ordinanza 19 aprile 1989, n. 433, 

G. U. 4 ottobre 1989, n. 40. 
legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 10, quinto e sesto comma (art. 24 della Costituzione). 


Corte d'appello di Torino, ordinanza 15 novembre 1988, n. 22/89, G. U. 8 febbraio 
1989, n. 6. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, artt. 32, lett. c), 33 e 37 (artt. 2, 3 e 10 della Costituzione). 


Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza 9 gennaio 1989, n. 185, G. U. 
12 aprile 1989, n. 15. 
Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza. 12 gennaio 1989, n. 199, G. U. 
19 aprile 1989, n. 16. 
Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza 10 luglio 1989, n. 502, G. U. 
2 novembre 1989, n. 44. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 44, ultimo comma (artt. 3 e 30 della Costi� 
tuzione). 


Corte d'appello, sezione per i minorenni, di Venezia, ordinanza 28 aprile 1989, 

n. 330, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 
legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Pisa, ordinanza 5 novembre 1987, n. 286/89, G. U. 14 giugno 1989, 

n. 24. 
d.l. 12 settembre 1983, n. 462, art. 1, n. 2 [convertito in legge 10 novembre 
1983, n. 637] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 9 luglio 1988, n. 495/89, G. U. 2 novembre 1989, 

n. 
44. 
Pretore di Milano, ordinanza 16 gennaio 1989, n. 496, G. U. 2 novembre 1989, 
n. 44. 
d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 9, terzo comma [come sostituito dalla legge 
11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 4, 35, 38 e 41 della Costituzione). 
Corte d'appello di Roma, ordinanza 8 marzo 1988, n. 408, G. U. 13 settem� 
bre 1989, n. 37. 


106 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dJ. 12 settembre 1983, n. 463, art. 9, terzo comma [nel testo sostituito dalla 
legge 11 novembre 1983, n. 438] (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 1 luglio 1986, n. 146/ 
89, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 23, terzo comma [conv. in legge 11 novem� 
bre 1983, n. 638] (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 23 giugno 1989, n. 513, G. U. 2 novembre 1989, 

n. 44. 
legge 11 novembre 1983, n. 638, articolo unico (artt. 2, 3, 4, 38 e 41 della Costituzione). 


Pretore di Perugia, ordinanza 23 maggio 1989, n. 434, G. U. 4 ottobre 1989, 

n. 40. 
legge 11 novembre 1983, n. 638, art. ,9, terzo comma (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). 


Pretore di Novi Ligure, ordinanza 21 maggio 1988, n. 5/89, G. U. 25 gen� 
naio 1989, n. 4. 

legge reg. Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12, art. 26, primo e secondo comma 
(art. 117 della Costituzione). 

Pretore di Ferrara, ordinanza 3 novembre 1988, n. 785, G. U. 11 gennaio 
1989, n. 2. 

legge 20 marzo 1984, n. 34, art. 2, quinto comma (art. 3 della Costituzione) .� 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 7 giu� 
gno 1989, nn. 503 e 504, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 

legge 31 maggio 1984, n. 193, art. 1 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 14 dicembre 1988, n. 62/89, G. U. 22 febbraio 
1989, n. 8. 

legge 31 maggio 1984, n. 193, art. 1, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 


Pretore di Taranto, ordinanza 16 dicembre 1988, n. 76/89, G. U. 1� marzo 
1989, n. 9. 

dJ. 29 giugno 1984, n. 277, art. 6-bis [conv. in legge 4 agosto 1984, n. 430] 
(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Grosseto, ordinanza 28 febbraio 1989, n. 214, G. U. 3 maggio 1989, 

n. 18. 
legge 10 luglio 1984, n. 292, art. 2, quadro 1 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Torino, �ordinanza 27 aprile 1989, n. 328, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 6 agosto 1984, n. 425 (artt. 3, 101 e 107 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Aosta, ordinanza 22 aprile 1989, 

n. 448, G. U. 11 ottobre 1989, n. 41. 
legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 24, 36, 
102 e 103 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 14 dicembre 1988, 

n. 486/89, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 14 dicembre 1988, 
n. 527/89, G. U. 15 novembre 1989, n. 46. 
legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, secondo comma (artt. 24, 102 e 103 della 
Costituzione). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, ordinanze (tre) 
14 dicembre 1988, nn. 300-302/89, G. U. 21 giugno 1989, n. 25. 

legge 6 agosto 1984, n. 425, artt. 1 e 2 (artt. 3, 97 e 108 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Genova, ordinanza 14 luglio 1989, n. 457, G. U. 11 ottobre 
1989, n. 41. 

legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 2 (artt. 3, 97 e 108 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 20 febbraio 
1989, n. 277, G. U. 7 giugno 1989, n. 23. 

legge reg. Sicilia 21 agosto 1984, n. 55 art. 6, primo e terzo comma (artt. 3 e 
117 della Costituzione e 17, lett. f), statuto reg. Sicilia). 

Pretore di Trapani, ordinanza 18 marzo 1988, n. 8/89, G. U. 25 gennaio 1989, 

n. 4. 
legge 7 dicembre 1984, n. 818, art. 1 (artt. ,25 e 27 della Costituzione) . 

.Pretore di Mantova, ordinanza 30 giugno 1989, n. 447, G. U. 11 ottobre 1989, 

n. 41. 
legge reg. Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64, artt. 21, primo comma, lett. b) 
e 18, primo e secondo comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 18 marzo 1989, n. 354, G. U. 30 agosto 1989, 

n. 35. 
legge 19 dicembre 1984, n. 863, art. 3 (artt. 3 e 4 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 10 novembre 1988, n. 165/89, G. U. 5 aprile 
1989. n. 14. 

legge 4 febbraio 1985. n. 10. art. 3 (artt. 3 e 21 della Costituzione). 

Pretore di Varazze, ordinanza 22 febbraio 1989, n. 225, G. U. 3 maggio 1989, 

n. 18. 

:1.08 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 4 febbraio 1985, n. 10, art. 3-bis, ultimo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Pontecorvo, ordinanza 8 gennaio 1986, n. 183/89, G. U. 5 aprile 
1989, n. 14. 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, ultimo comma (artt. 101 e 104 della 
Costituzione). 

Pretore di Lucca, ordinanza 25 febbraio 1989, n. 272, G. U. 7 giugno 1989, 

n. 23. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 13 e 22 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Molfetta, ordinanza 6 ottobre 1988, n. 771, G. U. 4 gennaio 1989, 

n. 
1. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 13 e 22 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sorrento, ordinanza 14 giugno 1988, n. 772, G. U. 4 gennaio 1989, 

n. 
1. 
Pretore di Sorrento, ordinanze (due) 17 e 31 ottobre 1988, nn. 4041/89, G. U. 
15 febbraio 1989, n. 7. 
Pretore di Poggibonsi, ordinanze (due) 22 febbraio 1989, nn. 382 e 383, G.U. 
6 settembre 1989, n. 36. 
Pretore di Pistoia, ordinanze (due) 22 marzo 1989, nn. 479-480, G. U. 25 ottobre 
1989, n. 43. 
Pretore di Siena, ordinanze (due) 8 marzo e 4 agosto 1989, nn. 498 e 499, 

G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 
Pretore di Prato, ordinanza 5 giugno 1989, n. 514, G. U. 15 novembre 1989, 
n. 
46. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 13 e 22, primo comma (art. 12 della Costituzione). 


Pretore di Milano, ordinanza 15 dicembre 1988, n. 151/89, G. U. 5 aprile 1989, 

n. 
14. 
Pretore di Milano, ordinanze (due) 15 dicembre 1988, nn. 152 e 153/89, G. U. 
5 
aprile 1989, n. 14. 
Pretore di Milano, ordinanza 1� giugno 1989, n. 649, G. U. 27 dicembre 1989, 

n. 
52. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 18, primo comma, p.p., e 20, lett. e) (artt. 3, 
25, 101 e 102 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 7 dicembre 1988, n. 212/89, G. U. 3 maggio 1989, 

n. 
18. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 21, secondo c<nruna (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Catania, ordinanza 5 giugno 1989, n. 376, G. U. 6 settembre 1989, 

n. 36. 
.. �~ j 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ' 
109 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 22 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Riva del Garda, ordinanza 11 ottobre 1988, n. 789, G. U. 11 gennaio 
1989, n. 2. 
Pretore di Castiglione del Lago, ordinanza 31 marzo 1989, n. 274, G. U. 7 giugno 
1989, n. 23. 
Pretore di Sapri, ordinanza 17 aprile 1989, n. 315, G. U. 28 giugno 1989, 

n. 
26. 
Pretore di Rovereto, ordinanza 23 maggio 1989, n. 343, G. U. 19 luglio 1989, 
n. 
29. 
legge regione Lombardia 27 marzo 1985, n. 22 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 15 luglio 
1988, n. 820, G. U. 18 gennaio 1989, n. 3. 

legge reg. Lombardia 27 marzo 1985, n. 22, art. 1, secondo e terzo comma 
(artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 19 gennaio 
1989, n. 507, G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 

legge 15 aprile 1985, n. 140, art. 6 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 7 marzo 1989, n. 415, G. U. 13 settembre 1989, 


n. 
37. 
legge 15 aprile 1985, n. 140, art. 6, secondo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 


Pretore di Bologna, ordinanza 19 dicembre 1988, n. 143/89, G. U. 29 marzo 
1989, n. 13. 

legge 15 aprile 1985, n. 140, art. 9 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 28 giugno 1989, n. 536, G. U. 22 novembre 
1989, n. 47. 

legge reg. Veneto 16 aprile 1985, n. 33, art. 61 (art. 117 della Costituzione). 
Pretore di Vicenza, ordinanza 22 febbraio 1989, n. 419, G. U. 20 settembre 
1989, n. 38. 

legge reg. Veneto 16 aprile 1985, n. 33, art. 61, ultimo comma (artt. 25 e 116 
della Costituzione). 

Pretore di Verona, ordinanza 22 luglio 1989, n. 477, G. U. 25 ottobre 1989, 

n. 
43. 
d.l. 23 aprile 1985, n. 146, art. 8-quater [conv. in legge 21 giugno 1985, n. 298] 
(art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Molfetta, ordinanza 6 ottobre 1988, n. 771, G. U. 4 gennaio 1989, 

n. 
1. 
Pretore di Sapri, ordinanza 17 aprile 1989, � n. 315, G. U. 28 giugno 1989, 
n. 
26. 

110 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 17 maggio 1985, n. 210, art. 14 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 12 novembre 1988, n. 114/89, G. U. 22 marzo 
1989, n. 12. 

legge 17 maggio 1985, n. 210, art. 23 (artt. 3 . e 24 della Costituzione). 

Pretore di Augusta, ordinanza 19 maggio 1989, n. 441, G. U. 4 ottobre 1989, 

n. 40. 
legge 1� giugno 1985, n. 298, art. 8-quater (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pistoia, ordinanze (due) 22 marzo 1989, nn. 479 e 480, G.U. 25 ottobre 
1989, n. 43. 

legge 21 giugno 1985, n. 298, art. 8-quater (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sorrento, ordinanza 14 giugno 1988, n. 772, G. U. 4 gennaio 1989, 

n. 
1. 
Pretore di Sorrento, ordinanze (due) 17 e 31 ottobre 1988, nn. 4041/89, 
G. U. 15 febbraio 1989, n. 7. 
Pretore di Poggibonsi, ordinanze (due) 22 febbraio 1989, nn. 382-383, G. U. 
6 
settembre 1989, n. 36. 
Pretore di Siena, ordinanze (due) 8 marzo e 4 agosto 1989, nn. 498 e 499, 

G. U. 2 novembre 1989, n. 44. 
legge 24 luglio 1985, n. 409, artt. 4, 5 e 20 (artt. 3 e 41 della Costituzione). 

Tribunale di Mantova, ordinanza 26 gennaio 1989, n. 340, G. U. 19 luglio 
1989, n. 29. 

legge 8 agosto 1985, n. 443, art. 13, sesto _comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Trento, ordinanza 2 febbraio 1989, n. 208, G. U. 26 aprile 1989, 

n. 
17. 
legge 16 ottobre 1985, n. 554, artt. 1 e 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 30 maggio 1989, n. 529, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

legge 25 ottobre 1985, n. 592, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Rieti,. ordinanza 3 dicembre 
1988, n. 482/89, G. U. 25 ottobre 1989, n. 43. 

legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Gorizia, ordinanza 26 gennaio 1989, n. 122, G. U. 22 marzo 1989, 

n. 
12. 
Pretore di Roma, ordinanze (tredici) 30 giugno 1988, nn. 123-135/89, G. U. 
22 
marzo 1989, n. 12. 
Pretore di Milano, ordinanza 25 maggio 1989, n. 492, G. U. 2 novembre 1989. 

n. 
44. 

PARIB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52 (artt. 3, 42, 53 e 97 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secon�l.o grado di Varese, ordinanza 13 aprile 
1987, "n. 228/89, G. U. 10 maggio 1989, n. 19. 

d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, n. 4 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bergamo, ordinanze (due) 5 dicembre 
1988, nn. 323 e 324/89, G. U. 5 luglio 1989, n. 27. 

d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 66 (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). 
Presidente Corte d'appello di Milano, ordinanza 7 luglio 1988, n. 94/89, G. U. 
15 marzo 1989, n. 11. 

d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 71 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Asti, ordin~ 5 novembre 1988, 

n. 414/89, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 
legge 26 aprile 1986, n. 193 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 27 dicembre 1988, n. 65/89, G.U. 22 febbraio 
1989, n. 8. 

legge reg. Sicilia 15 maggio 1986, n. 26, art. 3, primo comma (artt. 3, 116 e 
117 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 3 giugno 1988, n. 808, G. U. 18 gennaio 1989, 

n. 3. 
legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, primo e terzo comma (artt. 5, 9, 24 e 117 
della Costituzione). 

Pretore di Vallo della Lucania, ordinanza 1� luglio 1989, n. 592, G. U. 6 dicembre 
1989, n. 49. 

legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, secondo e terzo comma (artt. 3, 24, 97 
e 103 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 1� dicembre 1987, n. 200/89, G. U. 19 aprile 1989, 

n. 16. 
legge 6 ottobre 1986, n. 656, art. 2, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 17 ottobre 1988, n. 326/89, G. U. 5 luglio 1989, 

n. 27. 
legge 10 ottobre 1986, n. 663, art. 47, terzo e quarto comma (artt. 3 e 27 della 
Costituzione). 

Tribunale di sorveglianza di Torino, ordinanze 17 ottobre, 7 novembre e 

19 settembre 1988, nn. 98-100/89, G. U. 15 marzo 1989, n. 11. 


112 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.I. 9 dicembre 1986, n. 832, art. 1, settimo, nono, decimo e undicesimo comma 
[conv. in legge 6 febbraio 1987, n. 15] (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). 
Pretore di Ispica, ordinanza 30 marzo 1989, n. 329, G. U. 5 luglio 198!1, n. 27. 

legge 17 dicembre 1986, n. 880, art. 11 (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado de L'Aquila, ordinanze (due) 27 
novembre 1987, nn. 815 e 816/88, G. U. 18 gennaio 1989, n. 3. 

legge 6 febbraio 1987, n. 15, art. 2, quarto comma (artt. l e 42� della Costituzione). 


Pretore di Napoli, ordinanza 14 novembre 1988, n. 812, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

legge reg. Lazio del 13 febbraio 1987, n. 16 (artt. 3, 23, 41 e 117 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 6 luglio 1988, 

n. 
260/89, G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 6 luglio 1988, 
n. 385/89, G. U. 6 settembre 1989, n. 36. 
I 

legge 18 febbraio 1987, n. 34, art. 8, secondo comma (art. 3 della Costi


I 

tuzione). 
f 

I f 

Corte d'assise d'appello di Roma, ordinanza 29 dicembre 1988, n. 142/89, 

G. U. 22 marzo 1989, n. 12. 
!
I 

f 

leige 25 febbraio 1987, n. 67, artt. 1, n. 2; 3, nn. 2 e 3; e 14 (artt. 3, 24, 25, E 

~ 

41, 101 e 102 della Costituzione). 

i f 

Corte d'appello di Milano, ordinanza 14 marzo 1989, n. 384, G. U. 6 settemf 


I 
g

bre 1989, n. 36. 

legge 6 marzo 1987, n. 74, artt. 8, dodicesimo comma, e 23, terzo comma 

I 

(artt. 3, 24 e 101 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 15 novembre 1988, n. 186/89, G. U. 

I 

12 
aprile 1989, n. 15. I ~ 

~ 

1 

legge 6 marzo 1987, n. 74, art. 23 (artt. 3, 24 e 101 della Costituzione). 
!

!

Corte d'appello di Trento, ordinanza 11 aprile 1989, n. 292, G. U. 21 giugno 

I I

1989, n. 25. 
Corte d'appello di Trento, ordinanza 20 giugno 1989, n. 442, G. U. 4 ottobre 
1989, n. 40. 

legge reg. Piemonte 30 marzo 1987, n. 20, artt. 1, 2, 3, 9, 11, 15 e 17 (artt. 42 
e 117 della Costituzione). 

I 

Comm~ssario per il riordinamento degli usi civici del P~emonte, Liguria e 

)

Valle d'Aosta, ordinanza 25 gennaio 1989, n. 91, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

.. 
Ii 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
1.1.J 

d.1. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma [conv. in legge 29 ottobre 
1987, n. 440] (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 36, primo comma, e 113, 
primo e secondo comma della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanze (due) 6 e 11 aprile 1988, nn. 781-782, G. U. 
4 gennaio 1989, n. 1. 

dJ. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma, ultima. parte [conv. ln 
legge 29 ottobre 1987, n. 440] (artt. 3, primo comma, 36 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Agrigento, ordinanze (cinque) 29 novembre 1988, nn. 34-38/89, 

G. U. 8 febbraio 1989, n. 6. 
legge reg. Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1987, n. 30, art. 15, quinto comma 
(artt. 25, secondo comma, e 116 della Costituzione). 

Pretore di Latisana, ordinanza 8 novembre 1988, n. 809, G. U. 18 gennaio 
1989, n. 3. 

dJ. 25 settembre 1987, n. 393, art. 2 [conv. in legge 25 novembre 1987, n. 478] 
(artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, oridnanza 24 marzo 1988, n. 791, G. U. 11 gennaio 1989, 

n. 
2. 
Tdbunale di Roma, ordinanza 2 novembre 1988, n. 166/89, G.U. 5 aprile 1989, 
n. 14. 
dJ. 25 settembre 1987, n. 393, art. 4 (art. 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 5 ottobre 
1988, n. 83/89, G.U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge 14 novembre 1987, n. 468, art. 3, primo comma (artt. 3, 36 e 38 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 1� luglio 1989, n. 539, G. U. 29 novembre 1989, 

n. 48. 
d.P.R. 19 novembre 1987, n. 527 (artt. 3, terzo comma, 8, primo comma, cifre 
5 e 18, 14, 16, primo comma e 107 dello statuto Trentino-Alto Adige). 
Provincia aut. di Bolzano, ricorso 8 maggio 1989, n. 34, G.U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
d.L 8 febbraio 1988, n. 26 (artt. 24 e 42 della Costituzione). 
Pretore di Noto, ordinanza 17 novembre 1988, n. 77/89, G. U. 1� marzo 1989, 

n. 9. 
d.l. 8 febbraio 1988, n. 26, artt. 1 e 4 [conv. in legge 8 aprile 1988, n. 108] 
(artt. 24, primo e secondo comma, e 42, secondo comma della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 28 luglio 1988, n. 804, G. U. 18 gennaio 1989, 

n. 3. 
Il 


RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 febbraio 1988, n. 47, art. 7, terzo connna (artt. 3 e 53 della Costi� 
tuzione). 

Giudice istruttore presso tribunale di Gorizia, ordinanza 16 novembre 1988, 

n. 19/89, G. U. 1� febbraio 1989, n. 5. 
legge 29 febbraio 1988, n. 48, art. 5, nono connna (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Trento, ordinanza 2 febbraio 1989, n. 208, G. U. 26 aprile 1989, 

n. 17. 
legge 29 febbraio 1988, n. 48, art. 6, tredicesimo connna (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Oppido Mamertina, ordinanza 21 luglio 1988, n. 111/89, G. U. 
15 marzo 1989, n. 11. 

legge reg. Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25, artt. 7 e 10 (~rtt. 3, 42, 117 e 118 
della Costituzione). 

Commissariato regionale per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo, 
ordinanza 15 giugno 1989, n. 404, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 10 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Gorizia, ordinanza 26 gennaio 1989, n. 122, G. U. 22 marzo 1989, 

n. 12. 
legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 10, terzo e quarto comma (artt. 3, 35 e 53 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 9 marzo 1989, n. 304, G. U. 21 giugno 1989, 

n. 25. 
legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 10, terzo e quarto comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Palermo, ordinanza 19 gennaio 1989, n. 369, G. U. 30 agosto 1989, 

n. 35. 
legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 11 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 23 febbraio 1989, n. 282, G. U. 14 giugno 
1989, n. 24. 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 17, secondo comma (art 97 della Costi� 
tuzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 11 gennaio 
1989, n. 206, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

legge 11 marzo 1988, n; 67, art. 21, punto 6 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pistoia, ordinanza 8 giugno 1989, n. 429, G. U. 27 settembre 1989, 

n. 39. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 21, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Viterbo, ordinanza 2 giugno 1989, n. 430, G. U. 21 settembre 1989, 

n. 39. 
legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 21, sesto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 28 giugno 1989, n. 536, G. U. 22 novembre 1989, 

n. 47. 
d.I. 21 ma:rzo 1988, n. 86, art,' 3, comma 2-bis [convertito in legge 20 mag� 
gio 1988, n. 160] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Viterbo, ordinanza 2 giugno 1989, n. 430, G. U. 21 settembre 1989, 

n. 39. 
legge 8 aprile 1988, n. 108 � (artt. 24 e 42 della Costituzione). 

Pretore di Noto, ordinanza 17 novembre 1988, n. 77/89, G. U. 1� marzo 1989, 

n. 9. 
legge 8 aprile 1988, n. 108, art. 1-bis [di conversione del d.I. 8 febbraio 1988, 

n. 26] (artt. 41, primo e terzo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Monza, ordinanza 19 luglio 1988, n. 786, G. U. 11 gennaio 1989, 

n. 2. 
legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 1, 7, terzo comma, 8, quarto comma, e 16 
(artt. 3, 10, 24, 25 e 101 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Pesaro, ordinanza 26 maggio 
1988, n. 163/89, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 1, primo e terzo comma, 7, primo e terzo 
comma, 9, primo e terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 5 aprile 1989, n. 349, G. U. 30 agosto 1989, 

n. 35. 
legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 2, 7, 9 e 16 (artt. 101, secondo comma, 103, 
terzo comma, e 108 della Costituzione). 

Tribunale militare di La Spezia, ordinanze (due) 26 maggio 1988, nn. 777 e 
778, G. U. 4 gennaio 1989, n. 1. 
Tribunale militare di La Spezia, ordinanze (due) 26 maggio 1988, nn. 805 e 
806, G. U. 18 gennaio 1989, n. 3. 

legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 2, primo comma (artt. 3, 101 e 108 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 8 marzo 
1989, n. 350, G. U. 30 agosto 1989, n. 35. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 16, secondo e terzo comma (artt. 101 e 104 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 2 maggio 
1988, n. 72/89, G. U. 1� marzo 1989, n. 9. 

dJ. 
3 maggio 1988, n. 140, artt. 11 e 17 [convertito in legge 4 luglio 1988, 

n. 246] (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 10 aprile 1989, 

n. 653, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 
d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, art. 2, n. 7 (artt. 32 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Verona, ordinanza 28 luglio 1989, n. 466, G. U. 25 ottobre 1989, 

n. 43. 
legge 4 luglio 1988, n. 246, art. 11 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 9 ot� 
tobre 1989, n. 633, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 

legge 5 agosto 1988, n. 330, art. 7 (artt. 13, 102 e 112 della Costituzione). 

Giudice istruttore presso tribunale di Cagliari, ordinanza 31 ottobre 1988, 

n. 391/89, G. U. 13 settembre 1989, n. 37. 
legge 23 agQsto 1988, n. 391, art. 1 (artt. 25, 102, 103 e 113 della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il tribunale di Roma, ordinanza 27 settembre 
1988, n. 10/89, G. U. 18 gennaio 1989, n. 3. 

legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 16 (art. 100, secondo comma della Costi� 
tuzione). 

Corte dei conti, ordinanza 24 aprile 1989, n. 428, G. U. 27 settembre 1989, 

n. 39. 
dL 9 settembre 1988, n. 397, artt. 5, primo comma e 9-octies, terzo comma 
[conv. in legge 9 novembre 1988, n. 475] (artt. 24 e 25 della Costituzione). 

Pretore di Verona, sez. dist. di Caprino Veronese, ordinanza 29 maggio 1989, 

n. 
345, G. U. 19 luglio 1989, n. 29. 
Pretore di Verona, ordinanza 3 luglio 1989, n. 427, G. U. 20 settembre 1989, 
n. 38. 
d.P.R. 24 settembre 1988, n. 447, art. 11, primo e secondo comma (artt. 3, 97 
e 101 della Costituzione). 
Giudice istruttore presso tribunale di Bologna, ordinanza 3 aprile 1989, 

n. 366, G. U. 30 agosto 1989, n. 35. 
legge 6 ottobre 1988, n. 426, art. 8-bis (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 10 aprile 1989, 

n. 653, G. U. 27 dicembre 1989, n. 52. 

PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge reg. Ugurla 14 ottobre 1988, riapprovata il 30 novembre 1988 (art. 119 
della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 29 dicembre 1988, n. 38, G. U. 
18 gennaio 1989, n. 3. 

legge 9 novembre 1988, n. 475, art. 1, quarto, sesto, settimo e ottavo comma 
[che ha conv. il d.l. 9 settembre 1988, n. 397] (artt. 9, 97 e 116 della Costituzione 
e 8, nn. 5, 6 e 17; 9, n. 10; e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Provincia autonoma di Trento, ricorso 20 dicembre 1988, n. 37, G. U. 4 gen� 
naio 1989, n. 1. 

legge reg. Sicilia approvata il 13 dicembre 1988, art. 14 (artt. 5, 81, terzo e 
quarto comma, 97 e 128 della Costituzione e 14 statuto reg. s,iciliana). 

Commissario dello Stato per la regione siciliana 29 dicembre 1988, n. 39, 

G. U. 18 gennaio 1989, n. 3. 
legge 28 dicembre 1988, n. 544, art. 5, primo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Corte dei conti, sezione giur. per la Sardegna, ordinanza 16 marzo 1989, 

n. 373, G. U. 30 agosto 1989, n. 35. 
legge 29 dicembre 1988, n. 544, art. 6, primo comma (art. 3 della Costi 
tuzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 14 luglio 1989, n. 458, G. U. 11 ottobre 1989, 

n. 41. 
legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 1, quarto comma (art. 119 della CJstituzione). 


Regione Emilia-Romagna, ricorso 7 febbraio 1989, n. 7, G. U. 1� marzo 198.:J, 

n. 9. 
legge 29 dicembre 1988, n. 554, artt. 1, quarto comma, e 5, terzo comma 
(artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Regione Emilia-Romagna, ricorso 7 febbraio 1989, n. 7, G. U. 1� marzo 1989, 

n. 9. 
legge 29 dicembre 1988, n. 554, artt. 1, quarto, quinto e sesto comma, e 5, 
primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma (artt. 3, 81, 115, 117, 118, 119 e 
123 della Costituzione). 

Regione Veneto, ricorso 7 febbraio 1989, n. 6, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 1, settimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). 


Tribunule amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 28 lu� 
glio 1989, n. 631, G. U. 20 dicembre 1989, n. 51. 


118 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, prbno comma (art. 123 della Costituzione). 


Regione Emilia-Romagna, ricorso 7 febbraio 1989, n. 7, G. U. 1� marzo 1989, n. 9. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, prin�o, secondo, terzo, quarto e quinto 
comma (artt. 3, 97, 117 e 123 della Costituzione). 
Regione Toscana, ricorso 8 febbraio 1989, n. 8, G. U. 1� marzo 1989, n. 9. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, primo, secondo, terzo, quarto e quinto 
comma (artt. 81, 115, 117, 118, 119 e 123 della Costituzione). 
Regione Liguria, ricorso 7 febbraio 1989, n. 5, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, secondo e terzo comma (artt. 117 e 118 della 
Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 7 febbraio 1989, n. 7, G. U. 1� marzo 1989, 

n. 9. 
legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 5, quarto e quinto comma (artt. 97, 117 e 
123 della Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 7 febbraio 1989, n. 7, G. U. 1� marzo 1989, n. 9. 

dJ. 30 dicembre 1988, n. 545, artt. 5 e 6 (artt. 77, 81, 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 8 febbraio 1989, n. 12, G. U. 8 marzo 1989, 

n. 10. 
d.I. 30 dicembre 1988, n. 545, artt. 5 e 6 (artt. 81, 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Regione Toscana, ricorso 2 febbraio 1989, n. 1, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

dJ. 30 dicembre 1988, n. 547, art. 1 (artt. 5, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 8 febbraio 1989, n. 11, G. U. 1� marzo 1989, 

n. 9. 
d.l. 30 dicembre 1988, n. 547, art. 4, sesto comma (artt. 47 e 53 dello statuto 
spec. reg. Sardegna). 
Regione Sardegna, ricorso 3 febbraio 1989, n. 4, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 

dJ. 30 dicembre 1988, n. 548, art. 10 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Regione Emilia-Romagna, ricorso 8 febbraio 1989, n. 9, G. U. 1� marzo 1989, 

n. 9. 
d.l. 30 dicembre 1988, n. 548, art. 11 (artt. 81, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione). 
Regione Toscana, ricorso 2 febbraio 1989, n. 2, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8 .. 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 8 febbraio 1989, n. 10, G. U. 1� marzo 1989, 

n. 9. 

PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.I. 30 dicembre 1988, n. 549, art. 10 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Regione Toscana, ricorso 2 febbraio 1989, n. 3, G. U. 22 febbraio 1989, n. 8. 
d.I. 30 dicembre 1988, n. 551, art. 7 [conv. in legge 21 febbraio 1989, n. 61] 
(art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 13 marzo�1989, n. 291, G. U. 21giugno1989, n. 25. 

legge 2 gennaio 1989, n. 6, nel suo complesso e, in particolare, artt. 1, 3, 4, 5, 
7, 11, 12, 13, 17, 18, 19, 22 e 24 (art. 117 della Costituzione). 

Regione Piemonte, ricorso 17 febbraio 1989, n. 13, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge 2 gennaio 1989, n. 6 nel suo complesso e, in subordine, artt. 1 e 25 
(artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 17 febbraio 1989, n. 15, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge 2 gennaio 1989, n. 6 nel suo complesso, e in subordine: artt. 15, secondo 
comma, e 25 (artt: 8, nn. 20 e 29, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Provincia aut. di Trento, ricorso 17 febbraio 1989, n. 14, G. U. 8 marzo 1989, n. 10. 

legge 23 gennaio 1989, n. 22, art. 4, ultimo comma (art. 24 della Costituzione). 
Corte di Cassazione, ordinanza 21 giugno 1989, n. 459, G. U. 18 ottobre 1989, n. 42. 

legge 1� febbraio 1989, n. 34, recte 37, arit. 2, primo e secondo comma, e 4, 
secondo comma (artt. 117, 118, 119, 125 e 130 della Costituzione). 

Regione Emilia-Romagna, ricorso 17 marzo 1989, n. 17, G. U. 29 marzo 1989, n. 13. 

legge 1� febbraio 1989, n. 37, artt. 2, primo e secondo comma, e 4, secondo 
comma (artt. 117, 118, 119 e 130 della Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 21 marzo 1989, n. 18, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

legge 1� febbraio 1989, n. 37, artt. 2, primo e secondo comma, e 4, secondo 
comma (artt. 9, n. 10, 16 e 54, n. 5 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). 

Provincia aut. di Trento, ricorso 21 marzo 1989, n. 19, G. U. 5 aprile 1989, n. 14. 

legge reg. Toscana riapprovata il 14 febbraio 1989 (artt. 3, 97, primo comma, 
e 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 11 marzo 1989, n. 16, G .U. 22 mar� 
zo 1989, n. 12. 

legge 21 febbrai<;� 1989, n. 61, artt. 1, 2 e 3 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Torre Annunziata, ordinanza 10 aprile 1989, n. 465, G. U. 18 ottobre 
1989, n. 42. 


120 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.l. 2 marzo 1989, n. 65, artt. 5 e 6 (artt. 77, 81, 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 11 aprile 1989, n. 23, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 
Regione Toscana, ricorso U aprile 1989, n. 25, G. U. 19 aprile 1989, n.' 16. 

dJ. 2 marzo 1989, n. 66, art. 1, n. 4 [conv. In legge 24 aprile 1989, n. 144] 
(artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Pisa, ordinanza 20 luglio 1989, n. 528, G. U. 15 novembre 
1989, n. 46. 

d.l. 2 marzo 1989, n. 66, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6 [convertito In legge 24 aprile 1989, 
n. 144] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 26 luglio 1989, n. 444, G. U. 27 settembr,e 1989, 

n. 39. 
dJ. 2 marzo 1989, n. 66, art. 10 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

""""-


Regione Toscana, ricorso 11 aprile 1989, n. 21, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 11 aprile 1989, n. 22, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 

d.l. 4 marzo 1989, n. 77 (artt. 5, 77, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 11 aprile 1989, n. 24, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 
Regione Toscana, ricorso 11 aprile 1989, n. 26, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 

d.l. 4 marzo 1989, n. 77 (art. 77 della Costituzione e artt. 47 e 53 dello statuto 
reg. Sardegna). 
Regione aut. Sardegna, ricorso 1� aprile 1989, n. 20, G. U. 19 aprile 1989, n. 16. 

legge 9 marzo 1989, n. 86, art. 11 (artt. 117, 118, 119, 121, secondo comma, 
e 124 della Costituzione). 

Regione Emilia-Romagna, ricorso 14 aprile 1989, n. 27, G. U. 26 aprile 1989, n. 17. 

dJ. 24 marzo 1989, n. 102 (art. 100, secondo comma, della Costituzione). 

Corte dei Conti, ordinanza 24 aprile 1989, n. 428, G. U. 27 settembre 1989, n. 39. 

d.l. 24 marz~ 1989, n. 102, art. 3, secondo comma (artt. 4, n. 1 e 58 dello statuto 
speciale Friuli-Venezia Giulia). 
Regione Friuli-Venezia Giulia, ricorso 3 maggio 1989, n. 29, G. U. 24 maggio 
1989, n. 21. 

legge 24 marzo 1989, n. 122, artt. 1, 3 e 4 (artt. 8, n. 17, 16 e titolo VI dello 
statuto spec. T.-A.A.). 

Provincia aut. di Trento, ricorso 11 maggio 1989, n. 38, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 

PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 121 

legge 24 marzo 1989, n. 122, artt. 3, secondo comma, 6, sesto comma, e 9 (artt. 3, 
9, 97, 117 e 118 della Costituzione). 

Regione Emilia-Romagna, ricorso 11 maggio 1989, n. 37, G. U. 31 maggio 
1989, n. 22. 

legge 24 marzo 1989, n. 122, lj.rtt. 3, sesto comma, 4, primo comma, 6, quinto 
comma e 7, primo e secondo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 16 maggio 1989, n. 39, G. U. 31 maggio 1989, n. 22. 

d.I. 25 marzo 1989, n. 109, artt. 2, primo comma, lett. b) e 4, primo comma 
(artt. 3, terzo comma, 8, primo comma, 14, 16, primo comma, 89, 100 e 107 dello 
statuto Trentino-Alto Adige). 
Provincia aut. di Bolzano, ricorso 8 maggio 1989, n. 34, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
d.L 25 marzo 1989, n. 111, artt. 1, 2 e 3 (artt. 3, 32, 77, 81, 117, 119, 121, 125, 
126 e 127 della Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 6 maggio 1989, n. 33, G.U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
d.I. 25 marzo 1989, n. 111, artt. 1, sesto e settimo comma, 2, 3, primo, secondo, 
terzo e quinto comma, e 5, primo comma (artt. 8, 9, 16, 33, 38, 49, 51, 80, 87, 97, 98, 
103 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). 
Provincia aut. di Bolzano, ricorso 9 maggio 1989, n. 35, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
dJ. 28 marzQ 1989, n. 110, art. 6 (artt. 5, 77, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione). 

Regione Emilia-Romagna, ricorso 4 maggio 1989, n. 30, G.U. 24 maggio 1989, 

n. 21. 
dJ. 28 marzo 1989, n. 110, art. 6 (artt. 77, 81, 117, 118, 119, 24, 101 e 113 della 
Costituzione). 

Regione Piemonte, ricorso 6 maggio 1989, n. 31, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 
Regione Lombardia, ricorso 6. maggio 1989, n. 32, G. U. 24 maggio 1989, n. 21. 

dJ. 1� aprile 1989, n. 121, artt. 1, quarto e quinto comma, e 2, secondo e terzo 
comma (artt. 8, 9, 14, 16 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). 

Provincia aut. di Bolzano, ricorso 9 maggio 1989, n. 36, G. U. 31 maggio 1989, 

n. 22. 
legge reg. Sicilla approvata il 5 aprile 1989, artt. 2 e 7 (art. 97, primo comma, 
della Costituzione). 

Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso 21 aprile 1989, n. 28, 

G. U. 3 maggio 1989, n. 18. 
49 
57, 

126 

n. 34. 
pritnO 
12 lu� 



124 RASSEGNA DELL'AVVOCATUllA DELLO STATO 

legge reg. Valle d'Aosta 7 giugno 1989 (statuto reg. Valle d'Aosta). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 1� luglio 1989, n. 54, G. U. 19 luglio 
1989, n. 29. 

legge reg. Valle d'Aosta 7 giugno 1989, art. 1, comma secondo (Statuto reg. 
Valle d'Aosta, art. 3). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 1 luglio 1989, n. 55, G.U. 19 luglio 
1989, n. 29. 

legge reg. Toscana 18 luglio 1989, n. 10 in toto e, in particolare, artt. 6 e 21 
(artt. 81, 117 e 127 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 11 agosto 1989, n. 66, G. U. 27 settembre 
1989, n. 39. 

legge reg. Marche 18 luglio 1989, n. 178, artt. 1 e 2 (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 11 agosto 1989, n. 65, G. U. 13 settem� 
bre 1989, n. 37. 

legge reg. Umbria riapprovata il 24 luglio 1989, artt. 1 e 2 (art. 117 della Costituzione). 


Presidente Consiglio dei ministri ricorso 18 agosto 1989, n. 96, G. U. 27 settembre 
1989, n. 39. 

legge reg. Umbria riapprovata il 24 Iuglio 1989, art. 2 (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Mtnistri, ricorso 18 agosto 1989, n. 70, G.U. 27 settembre 
1989, n. 39. 

legge reg. Molise riapprovata il 25 luglio 1989, art. 4 (artt. 3 e 97 della Costi� 
tuzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 1� settembre 1989, n. 72, G. U. 
27 settembre 1989, n. 39. 

d.l. 26 luglio 1989, n. 260, art. 3, secondo comma (artt. 4, n. 1 e 58 dello statuto 
speciale reg. Friuli-Venezia Giulia). 
Presidente giunta regionale Friuli-Venezia Giulia, ricorso 17 agosto 1989, n. 67, 

G. U. 27 settembre 1989, n. 39. 
d.l. 28 luglio 1989, n. 265, artt. 1, 2 e 3 (artt. 3, 32, 77, 81, 117, 119, 121, 125, 126 e 
127 della Costituzione). 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 1� settembre 1989, n. 71, G. U. 27 settembre 
1989, n. 39. 

d.l. 28 luglio 1989, n. 625 (art. 81 della Costituzione e artt. 7, n. 1, 48, 49 e 50 
dello statuto spec. reg. Friuli-Venezia Giulia). 
Presidente giunta regionale Friuli-Venezia Giulia, ricorso 17 agosto 1989, n. 68, 

G. U. 27 settembre 1989, n. 39. 

PARTB II, RASSEGNA DI LBGISLAZIONB 

d. lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 247 (artt. 3, 24 e 101 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 9 novembre 1989, n. 646, G. U. 6 dicembre 1989, 

n. 49. 
dJgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 247, primo e terzo comma (artt. 3, 25, 27, 102 e 
107 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 20 novembre 1989, n. 648, G. U. 13 dicembre 1989, 

n. 50. 
legge reg �. Abruzzo riapprovata il 29 luglio 1989, artt. 14, primo e secondo 
comma, e 20, secondo comma (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 30 settembre 1989, n. 78, G. U. 18 ottobre 
1989, n. 42. 

dJ. 5, agosto 1989, n. 279, art. 8 (artt. 5, 77, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione). 

Regione Umbria, ricorso 8 settembre 1989, n. 73, G. U. 27 settembre 1989, n. 39. 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 8 settembre 1989, n. 74, G. U. 27 settembre 
1989, n. 39. 

dJ. 5 agosto 1989, n. 279, art. 8 (artt. 77, 81, quarto comma, 117, 118 e 119 della 
Costituzione, nonch� gli artt. 24, 101 e 113). 

Regione Lombardia, ricorso 15 settembre 1989, n. 76, G. U. 27 settembre 1989, 

n. 
39. 
Regione Piemonte, ricorso 15 settembre 1989, n. 77, G. U. 27 settembre 1989, 
n. 39. 
dJ. 5 agosto 1989, n. 279, art. 8 (artt. 81, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione). 

Regione Veneto, ricorso 12 settembre 1989, n. 75, G. U. 27 settembre 1989, n. 39. 

legge 28 agosto 1989, n. 305, art. 10 (artt. 3 e 6 statuto regione Sardegna). 

Regione aut. Sardegna, ricorso 6 ottobre 1989, n. 79, G. U. 18 ottobre 1989, n. 42. 

d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, artt. 3, terzo e quinto comma, 5, primo comma, 
17, sesto comma, 21, primo comma, lett. c) e 26, primo comma (art. 76 della Costituzione 
e artt. 4, n. 7 e n. 8, 5, n. 1, e 16 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). 

Reg. aut. Trentino-Alto Adige, ricorso 23 ottobre, 1989, n. 87, G. U. 15 novem� 
bre 1989, n. 46. 

d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, artt. 3, quarto comma, 9, secondo comma, 15, 
primo comma, lett. c), 17, secondo e sesto comma, e 21 (artt. 5, 117 e 118 della Costituzione). 


Regione Lombardia, ricorso 2 novembre 1989, n. 88, G. U. 22 novembre 1989, 

n. 47. 

RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, artt. 3, quarto e quinto comma, 5, secondo 
comma, 13, terzo e quarto comma e 21, primo comma, lett. c) (artt. 117, primo 
comma e 118, primo comma, della Costituzione). 

Regione Emilia-Romagna, ricorso 27 ottobre 1989, n. 84, G.U. 8 novembre 
1989, n. 45. 

dJgs. 6 settembre 1989, n. 322, artt. 5, primo comma, 21, primo comma, lett. c) 
e 26, primo comma (art. 76 della Costituzione e artt. 8, 9 e 16 dello statuto spec. 
Trentino-Alto Adige). 

Provincia aut. di Bolzano, ricorso 27 ottobre 1989, n. 85, G.U. 15 novembre 
1989, n. 46. 
Provincia aut. di Trento, ricorso 27 ottobre 1989, n. 86, G. U. 15 novembre 1989, 

n. 46. 
d.-1. 6 settembre 1989, n. 322, artt. 9, 15, Iett. c) e d), 17, sesto comma, 21, lett. c) 
e 26, terzo comma (artt. 3, 5, 117, 118, 119 e 81, quarto comma, della Costituzione). 

Regione Toscana, ricorso 26 ottobre 1989, n. 82, G. U. 8 novembre 1989, n. 45. 

d.I. 23 settembre 1989, �n. 326, art. 3, secondo comma (artt. 4, n. 1, e 58 dello sta� 
tuto spec. reg. Friuli-Venezia Giulia). 
Presidente della giunta reg. Friuli-Venezia Giulia, ricorso 26 ottobre 1989, 

n. 81, G. U. 8 novembre 1989, n. 45. 
legge reg. Toscana 26 settembre 1989, art. 2 (artt. 5, 81, 117 e 119 della Costi� 
tuzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 26 ottobre 1989, n. 83, G. U. 8 novem� 
bre 1989, n. 45. 

legge reg. Molise riapprovata il 2 ottobre 1989, art. 1, primo e terzo comma 
(artt. 117 e 130 della Costituzione e art. 49 statuto reg. Molise). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 17 novembre 1989, n. 99, G. U. 
6 dicembre 1989, n. 49. 

legge reg. Uguria riapprovata il 4 ottobre 1989, art. 4 (artt. 3, 51 e 97 della 
Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 2 novembre 1989, n. 89, G. U. 
22 novembre 1989, n. 47. 

legge reg. Valle d'Aosta riapprovata il 4 ottobre 1989, artt. 4, 7 e 9 (legge 
costituz. 26 febbraio 1948, n. 4; comm. e.E.E. 21 dicembre 1978; e.e. disp. pr. l.g. 
gen. art. 11). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 24 ottobre 1989, n. 80, G. U. 8. novembre 
1989, n. 45. 

legge reg. Piemonte 5 ottobre 1989 (artt. 117 e 128 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso, 2 novembre 1989, n. 90, G. U. 22 novembre 
1989, n. 47. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

dl. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8 (artt. 5, 77, 117, 118, 119 e 125 della Costi� 
tuzione). 

Regione Umbria, ricorso 6 novembre 1989, n. 94, G. U. 22 novembre 1989, 

n. 
47. 
Regione Toscana, ricorso 6 novembre 1989, n. 95, G. U. 22 novembre 1989, 
n. 47. 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 6 novembre 1989, n. 93, G. U. 22 novero� 
bre 1989, n. 47. 

d.I. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8 (artt. 77, 81, quarto comma, 117, 118, 119 e, 
in subordine, 24, 101 e 113 della Costituzione). 
Regione Piemonte, ricorso 3 novembre 1989, n. 91, G. U. 22 novembre 1989, 

n. 47. 
dl. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8 (artt. 77, 117, 118, 119 e, in subordine, 24, 
101 e 113 della Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 15 novembre 1989, n. 98, G. U. 6 dicembre 1989, 

n. 
49. 
d.�L 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8 (artt. 117, 118, 119, 77, 81 e 125 della Costi� 
tuzione). 

Regione Veneto, ricorso 6 novembre 1989, n. 92, G. U. 22 novembre 1989, 

n. 47. 
legge 10 ottobre 1989, n. 349, artt. 1, primo comma, 3 e 7 (artt. 89, 100 e 
107 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). 

Prov. aut. di Bolzano, ricorso 30 novembre 1989, n. 100, G. U. 13 dicembre 
1989, n. 50. 

legge reg. Abruzzo riapprovata il 17 ottobre 1989 (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 13 novembre 1989, n. 96, G. U. 
22 novembre 1989, n. 47. 

legge reg. Calabria riapprovata il 19 ottobre 1989 (artt. 3 e 117 della Costi� 
tuzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 15 novembre 1989, n. 97, G. U. 
6 dicembre 1989, n. 49. 


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