Spii/. iilJ&;'faJsla� .; (10'%) � .ROMA Glt:NNAIO -&:RZO 1994 RA��JECGNA AVVOCATURA DJEIL1LO �TATO ftVVc1' NG-oL..o ISTITUTO POLIGRAFICO B ZBCCA DBLLO STATO ROMA 1994 Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO XLVI N. 1 GENNAIO -MARZO 1994 IRL&��JECGNA AWW(Q)CCA1r1UJRA TIJ)JEILIL(Q) �1rA1r(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1994 m1-,~-�""'~--'"-"'c'-�if".________""~ ,�'" "'~''.>" :_'_'�"". ' --JWi@tfilffitl , , ~'-.. , ~, ,,. ,,Witill ,_x,,.,.ii. X. ABBONAMENTI ANNO 1994 ANNO � . . � . . . . . . . . � . . . . . . . . . . � . . . . . . . . . . . . . . � . � � . L. 52.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . � . . . . � � � � � � � � � � 13.500 . Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6219091) Roma', 1994 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del- l'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) . . . � 59 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e AntoniG' Cingolo) . . . . . . . . . . . . . . . � 92 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a /'avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . cura de/ � 147 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafile) . . . . (a cura dell'av � 151 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA PENALE )) 171 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI QUESTIONI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . RASSEGNA DI DOTTRINA . CONSULTAZIONI ..... . . pag. )) )) )) 13 15 23 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafani - La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI O. FIUMARA, Procedimento penale per reati ministeriali. Competenza dello speciale Collegio istituito dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 172 R. FoLCHlNI, L'intervento delfAvvocato dello Stato in un processo storico (dai ricordi di un giudice popolare) . . . . . . . . . . . . . . Il, V. Russo, L'indennit� di espropriazione nella legislazione e nella giurisprudenza costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 2 G. STIPO, Orientamenti giurisprudenziali sulle deduzioni difensive nel processo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 124 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ANTICHIT� E BELLE ARTI -Alienazione abusiva di cose di interesse artistico -Sanzione pecuniaria ex art. 64 legge 1� giugno 1939, n. 1089 -Accertamento dei presupposti -Giurisdizione ordinaria -Sussistenza, 139. ATTO AMMINISTRATIVO -Accesso ai documenti -Diritto -Riguardo gli atti di un concorso Fattispecie, 147. -Accesso ai documenti -Interesse del richiedente -Caratteristiche -Individuazione, 147. COMUNIT� EUROPEE -Inadempimento -Spedizionieri doganali, 80. -Libera circolazione dei lavoratori Concorso per un impiego nella pubblica amministrazione -Esperienza professionale maturata in un altro Stato membro, 89. -Libera circolazione delle merci Divieto di rivendita in perdita, 59. -Libera circolazione delle merci Prodotti farmaceutici -Divieto di pubblicit� di fuori delle farmacie, 59. CONCORRENZA (DISCIPLINA DELLA) -Autorit� garante -Sanzioni amministrative -Opposizione -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 132. CORTE COSTITUZIONALE -Legge -Procedimento formativo Questione di legittimit� costituzionale -Inammissibilit�,, con nota di V. Russo, 1. ELEZIONI -Regione -Cause ineleggibilit� ed incompatibilit� -Allargamento elettorato passivo rispetto alla disciplina nazionale -Illegittimit�, 55. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Indennit� -Aree edificabili -Nuovo criterio di determinazione -Procedimenti in corso -Applicazione retroattiva -Questione di legittimit� costituzionale -Infondatezza, con nota di V. Russo, 1. -Indennit� -Aree edificabili -Nuovo criterio di determinazione -Questione di legittimit� costituzionale -Infondatezza, con nota di V. Russo, 1. -Indennit� -Aree edificabili -Nuovo criterio di determinazione -Soggetti gi� espropriati alla data di entrata in vigore della legge -Inapplicabilit� del beneficio previsto per la cessione volontaria -Incostituzionalit�, con nota di V. Russo, 1. -Indennit� -Edificabilit� di fatto Regolamento -Mancata indicazione dei criteri e del termine -Questione di legittimit� costituzionale -Infondatezza, con nota di V. Russo, 1. -Occupazione appropriativa -Compimento di opere irreversibili -Determinazione e offerta dell'indennit� di esproprio -Riconoscimento del diritto al risarcimento del danno Esclusione, 136. LAVORO -Controversie individuali -Contestazione dell'intero credito preteso dall'attore -Onere per il convenuto di contestazione specifica dei conteggi Non sussiste, con nota di G. STIPO, 121. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO VI OBBLIGAZIONI IN GENERE -Gestione di affari -Arricchimento senza causa � Termine iniziale di prescnz1one -Decorrenza dal completamento del depauperamento di una parte -Non necessaria coincidenza col riconoscimento della utilitas da parte del beneficiario, 108. -Gestione di affari -Attivit� non ancora obbligatoria per la pubblica amministrazione -Incremento patrimoniale o evitata diminuzione patrimoniale -Utiliter coeptum -Sussistenza, 108. -Gestione di affari -Impossibilit� della pubblica amministrazione di provvedere in tempi brevi -Sostituzione del privato alla �pubblica amministrazione -Esclusione, 108. PREVIDENZA -Crediti previdenziali -Interessi -Decorrenza, 92. PROCEDIMENTO CIVILE -Impugnazioni -Decreto ex art. 745 c.p.c. su ricorso contro rifiuto del cancelliere di rilasciare copia della sentenza -Atto di volontaria giurisdizione -Natura decisoria -Esclusione -Ricorso ex art. 111 Cost. Inammissibilit�, 106. PROCEDIMENTO PENALE -Procedimento penale per reati ministeriali -Conflitto di competenza fra Collegio per i reati ministeriali e G.U.P., 171. -Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena per i soggetti affetti da infezione da HIV -Discriminazione rispetto ai malati comuni -Infondatezza, 49. -Udienza preliminare -Incidente probatorio -Preclusione -Illegittimit�, 53. REATO -Provvedimenti antimafia -Possesso di beni di valore sproporzionato alla attivit� svolta -Mancata giustificazione da parte di soggetto sottoposto a procedimento penale -Violazione principio presunzione non colpevolezza -Illegittimit�, 41. -Truffa -Comunit� europee -Aiuti comunitari -Repressione, 28. REGIONI -Conflitto di attribuzione -Corte dei Conti -Controllo sugli atti -Nuovo regime, 37. STATO CIVILE -Personalit� (diritti della) -Cognome -Mutamento per fatti involontari -Pregiudizio all'identit� personale -Diritto alla conservazione, 24. TRASPORTI -Ferrovie -Personale delle Ferrovie dello Stato -Compenso per lavoro straordinario -Periodo antecedente la contrattazione collettiva -Determinazione, con nota di G. STIPO, 121. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi fondiari -Reddito dei fabbricati -Catasto -Categoria di classamento -Castelli e palazzi di eminente pregio artistico -Categoria A/9 -Riferimento all'intero immobile -Destinazione effettiva -Irrilevanza, 154. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento -Istruttoria -Documenti atti e notizie acquisiti nell'esercizio di poteri di polizia giudiziaria -Istruttoria penale nei confronti di soci -Utilizzazione nei confronti della societ� di fatto fra gli indagati -Legittimit�, 168. -Contezioso tributario -Notificazione -Consegna a persona di famiglia -Omessa indicazione nella relazione del luogo di consegna della copia -Nullit�, 165. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Contenzioso tributarfo � Impugnazione -Responsabile per la sanzione Legittimazione -Esclusione, 166. -Riscossione -Versamenti diretti Istituto di credito delegato -Ritardato versamento in tesoreria -Penale -Natura -Riducibilit� -Esclusione, 151. -Riscossione -Versamenti diretti Istituto di credito delegato -Versa mento ad ufficio incompetente Applicabilit� della penale -Elemento soggettivo -Irrilevanza, 169. -Sanzioni -Elemento intenzionale � Volontariet� del fatto -Sufficienza, 152. - Violazione di leggi finanziarie -Misure conservative -Opposizione Giudice competente -Foro dello Stato, 164. - INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 16 giugno 1993, n. 283 . . 3 febbraio 1994, n. 13 . 10 febbraio 1994, n. 25 . 17 febbraio 1994, n. 40 . 17 febbraio 1994, n. 48 . 3 marzo 1994, n. 70. 10 marzo 1994, n. 77 . 15 marzo 1994, n. 84 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE Plenum, 24 novembre 1993, nelle cause riunite C-267 e 268/91 . Plenum, 15 dicembre 1993, nella causa C-292/92. Plenum, 9 febbraio 1994, nella causa C-119/92 . Plenum, 23 febbraio 1994, nella causa C-419/92 .. GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 30 luglio 1993, n. 8478 . Sez. I, 21 settembre 1993, n. 9660 . Sez. I, 4 novembre 1993, n. 10916 . Sez. I, 4 novembre 1993, n. 10929 . Sez. I, 9 novembre 1993, n. 11061 . Sez. I, 19 novembre 1993, n. 11445 . Sez. I, 2 dicembre 1993, n. 11957 . . . Sez. I, 3 dicembre 1993, n. 12021 . . . Sez. Lav., 22 dicembre 1993, n. 12708 . Sez. I, 24 dicembre 1993, n. 12777 . Sez. Un., 5 gennaio 1994, n. 52 . Sez. I, 14 gennaio 1994, n. 337 . . Sez. I, 20 gennaio 1994, n. 516 . . Sez. Un., 28 gennaio 1994, n. 728 . Sez. I, 23 febbraio 1994, n. 1815 . pag. 1 � 24 )) 28 )) 37 )) 41 )) 49 )) 53 � 55 pag. 59 � 59 )) 80 � 89 pag. � )) � )) )) )) � )) � )) )) )) � )) 92 151 106 152 108 154 164 165 121 166 132 136 168 139 169 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV -11 gennaio 1994, n. 21 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 147 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I penale, 4 marzo 1994 (dep. il 21 aprile 1994) n. 1099 . . . . . . . . pag. 171 ���-'-'@E-;:,.�"~-,~-, %�. X �.ilim:--..: .. ::::: .... 1filmx .... --- PARTE SECONDA < I ) I ~ QUESTIONI pag. 1 ~ f. RASSEGNA DI DOTTRINA > 13 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: Questioni di legittimit� costituzionale: I -Norme dichiarate incostituzionali .......... . � 15 Ib -Ammissibilit� della richiesta di referendum popolare . � 17 II -Questioni dichiarate non fondate . . . . . . . . . . . � 18 CONSULTAZIONI � 23 I I ~ I PARTE PRIMA I I I I GIBRISPRUDENZA �. >� GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE :.��.<�<.��...-:>.::-:::-:.��.:�:-�-:-:-:�.<<�:�:�.��.-::-::-�:-:..���.-::�: .. :-.�.'..�..-'.�.:-:-::-: ... � ��.<.�.�.�... >..��.�..�.�.���.�'.�. '.... � ... :-: ..��.�.. > .........� .. � ...�>.�.:.�.. �Q~l'~ CQS'{J'l'VZlOl'J:AJ,.Jii:,.J6 giugno 1993 n~ 2&3, Pres . .Casavola � Rf!efl. / Qp~p~t~>c llg~��iqpi �(~yy. ��A~. Man~I'.()),.>.l..i.iobiJ.tori-e $�l>~a��. JaYY� : . 6, Mi;l.rnno), $~~di.Macr� (avv .ti F � Soaglione, �. Va~ens:ise), San,.,a. (ayy. �q, Pira,s) e Presi;tlente del Consiglio dei Ministri. (avv. �Stato La~ pq:i;t!;t)y . �citt~ ~h~~tllzt()IlJll; �Le~~e ~ J'~o~~diwent() 'o~ativo � Q.e$ti~ne di leglt� . tilliit� costituzionale � � lliammissibilit�. (C�~I'�� ...u:tt� .. 71< . 72;.L; �� 23 .�. ag�igstl:\. J9o8& .� 11c 400, art. JS;.. J>.L. 11 ... lug),i,<t .� i9n �n:, 333, art, 5 ll�s~ c�nv: con L 8 iig�St� 199;?, cxi:; 359. iirt: tJ: �� �� � .�. � .�. � � � � �.. � �. ~~pto~tta#one QeJ: p.bbll�a l1tltit� � Ind~Dlltt� � A~ee. edificl\bill � Nuovo . . �tjt~fi() <li detel'lllmazio#e . Questione di legif(~t� costit.zio~e � t:iifond�teiia.� ��. � � � � �. .� ��. � � � � � � � � � � � � � � � � � � fo<lst. aik :;, 42, 53; B.L. 11 l~giio l99� n. 333, � ari. 5 bis, conv. 6011 L. 8 agosto 19\li, n. 359, art. 1)). E!lpi-opril~�he p�l-' pnbbll�a.�utilit� ~���Indellldta�� � Atee edifi�al:>m~ Nuovo �.� cl'itmo. di . .:Ietet1j�mazfone��� Soggettfgl� esproprlatt���aJla ditta di en� trata fu vig�r� della legge .... �� lnapplic�bilit�.� del . benefiliio�.. previsto per la cessionevolontaria �~. Incostituzionalit�. (Cost..art. 3; . D.L. 11 luglio 199i n.. 333, art.. 5 bis, conv. con L. 8 agosto 1992, � > �rii ��$59; ���art. 1). .��� � ... �.. �.�� � �� ��� :�:: �� �� � � �� ��� � � � . � .� � � �� � � � ��� .�� Espr(;)Prl~~me P.er p.l.')bUca ...HJit� .~� .. lw;l~t�f E:dUicabilit� .<U fatto � aeg?lamento � M~e~ta indicaW.one �dei criterl e�. del te~e.. � Que. � �.�� sWD:e di legltt�init� costituzionale -� Infondatezza. > (Ccistiartb :Z4, 42\ ��1: I>.L �i liigiio 199"2 ri. 333; iirt. 5 bis, conv. fon L. 8 agosto 1994, n. 359, art. 1). �.� � � � ~s~~1~o~e��f!~-~~:t~:1:0~~~:.T:f�~..� !~::9~~~i~9~=o;; ��. tJ:oi:tttiva �... Questione � di leglttbnlt� costituzionale �� lnfQndatezza. (Cost. art. 3; D.L. 11 luglio 1992 n. 333; . art. 5 bis, conv. con L< s agosto 1992, n. )59, art� 1). E' inammissibile la . questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5 bis del D;L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 359, e dell'art.15, n. 5 della L. 23 ago$to 1988 rt. 400, in relazione tagli artt. 71 e 72 Cost., sotto il profilo della v.iolazione del procedim, ento formativo del.le leggi, per non essere stato osservato il canone 2 RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO secondo il quale il progetto di legge deve essere approvato dapprima per sz'ngo.li articoli e, successiv(JJ/1lente, con votazione finale complessiva. E' infondata la questione di legittimitii. c.ostituzionaile dell'art. 5 bis D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 359, in relazione agli artt. 3, 42, 53 Cast., laddove prevede come criterio di quantificazione della indennit� di espropriazione, il sessanta per cento della semisomma del valore venale e del reddito dominicale del bene espropriato. � costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 CostJ., l'art. 5 bis D.L. 11 lugUo 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 359, laddove non prevede, per i soggetti gi� espropriati alla data di entrata in vigore della legge stessa, e nei confronti dei quali l'indennit� di esproprio non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto di accettare l'indennit�, senza subire la decurtazione del quaranta per cento della semisomma del valore venale e del reddito dominicale del bene espropriato, analogamente a quanto previsto per i casi di cessione volontaria del bene. E' infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5 bis D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 199l n. 359, in relazione agli artt. 24 e 42 Cast., laddove, demandando ad un regolamento l'individuazione dei criteri della edificabilit� di fatto di un'area, non fornisca le direttive cui il potere esecutivo dovrebbe conforrmarsi. E' infondata la questione di legittimit� costitiuzionale delil'art. 5 bis D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto �1992 n. 359, in relazione all'art. 3 Cast., laddove prevede l'applicazione retroat� tiva della normativa ai procedimenti in corso e non ancora definiti. (1) L'indennit� di espropriazione nella legislazione e nella giurisprudenza costituzionale. La Corte Costituzionale torna a pronunciarsi in merito alla vexata quaestio dei criteri di determinazione della indennit� di esproprio. Come si avr� modo di ricordare, sin dai primi anni di attivit� ed assai\ frequentemente la Corte � intervenuta in materia incidendo significativamente sugli impianti normativi via via succedutisi, in modo del tutto disorganico, dettando inoltre i criteri cui il legislatore ordinario, pur nell'ambito dell'amplissima discrezionalit� che gli compete, avrebbe dovuto conformarsi, nel rispetto della garanzia costituzionale riconosciuta alla propriet� dall'art. 42 della Carta. La sentenza in commento, offre lo spunto per ripercorrere alcune delle tappe pi� significative della storia dell'istituto. Il principio cardine, pi� volte elaborato dalla Corte Costituzionale nel corso di questi anni, � quello in virt� del quale l'indennizzo previsto dallo stesso art. 42 Cost. deve essere � congruo, serio adeguato �. Si vedano in proposito le pronunzie nn. 67/1959; 91/1963, in Foro It., 1963, I, 1090; 22/1965, ivi, 1965, I, 58 ed in questa Rassegna, 1965, I, 426 con nota di L. TRACANNA; 37/1969, in questa Rassegna, 1969, I, 212; 115/1969, in Foro lt., 1969, I, 2013; 63/1970, in questa Ras I segna, 1970, I, 365 ed in Foro lt., 1970, I, 1547; 58/1974, ivi, I, 1974, 957; 138/1977, ivi, 1978, I, 25 ed in questa Rassegna, 1977, 774; 216/1990, in Foro lt., 1990, I, 2735; I I I I i PARTE I, SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 3 (omissis) Viene sotto pi� profili -come in narrativa �detto denunciato l'art. 5 bis, introdotto dalla legge 8 agosto 1992 n. 359, in sede di conversione del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, (recante �misure urgenti per risanamento della finanza pubblica�). La riferita norma stab�lisce huovi criteri -da valere � fino alla emar nazione di una organica disciplina delle espropriazioni � per pubblica uti. lit� .....,. per la sti1na della indennit� cli. espropriazione �per le aree edificabili � [per quelle agricole, o comunque non classificabili come edU'icabili, continuando viceversa ad appHcarsi. i criteri di cui al titolo. U della 1. n. 865 deU971 ai sensi del comma quarto dello stesso art. 5 bis]. Pn~vede, all'uopo, il comma primo della citata disposizione che la suddetta indennit� � � determinata a norma dell'art. 13, comma 3, della legge [sul risanamento della citt� di Napoli] n. 2892 del 1885 (e cio� sulla base della media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decen . . . . 11io) sostit.<mdo ai fitti coace;rva,ti. il reddito dominicale rivalutato .di cui agli artt. 24ss~ d.:P.R. n. 917 del1986 �. E che �l'importo cosi determinato � ridotto del 40 % �. Aggiunge poi, peraltro, il comma secondo che �il soggetto espropriato pu� convenire la cessione volontaria del bene � ed � in tal caso non si ap~ plica la riduzione di cui al comma 1 >>. Precisa, quindi, il comma terzo [non oggetto di autonoma impugnazione, ma richiamato come disposizione interagente sulla legittimit� del 138/93, ivi, 1993, I, 2124, le quali fanno riferimento al concetto di indennizzo quale � serio ristoro � del pregiudizio economico derivante dalla espropriazione, con conseguente illegittimit� costituzionale di tutte quelle disposizioni che prevedono criteri la cui applicazione conduca ad una determinazione della indennit� in termini meramente simbolici �vvero irrisori. Con la citata sentenza 67/1959, � sulla scorta di questi principi, la Corte Costituzional� dichiarava l'illegittimit� costituzionale dell'art. 2 D.L. 11 marzo 1948 n. 409 (per il quale la indennit� di espropriazione del suolo occupato nella costruzione dei ricoveri antiaerei era determinata dall'Ufficio del� Genio Civile, in base al valore venale al momento dell'�ccupazione, avvenuta nel periodo bellico, con� l'aggiunta degli interessi legali sulla somma dovuta quale indennit� e con decorrenza dalla data di occupazione). Venivano del pari caducate le disposizioni della successiva L. 1� dicembre 1961 n. 1441, che si erano limitate a maggiorare l'indennit� prevista dal D;L� 409/48 cit. (sent. 91/1963 cit.), � 1asciando ancorata all'epoca dell'�ccupazione delle aree l'individuazione del valore dei beni espropriati. La stessa Corte non mancava altres� di censurare l'art. 12, ZO comma prima parte, della L. 18 aprile 1962, n. 167 (disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare), dove si stabiliva che il valore venale delle aree da espropriare, in attuazione dei piani, dovesse essere riferito al biennio precedente alla deliberazione comunale di adozione di .,quelli (sent. 22/1965 cit.). E ci� perch� anche in tal caso, ven�va realizzata, nei riguardi dei proprietari, una situazione � di incertezza o di alea derivante dal concorso di vari elementi: la lunga durata del periodo di validit� dei piani (10 o 12 anni se intervenga la proroga, o anche maggiore nel caso di ritardo - RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO precedente comma primo] che �per la valutazione della edificabilit� delle aree�, agli effetti appunto dell'applicazione dei suddetti nuovi criteri di stima, � si devono considerare le possibilit� legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preo11dinato all'esproprio �, Ed a tal fine -prosegue il comma quinto -� con regolamento del Ministro dei Lavori Pubblici, da emanarsi ai sensi dell'art. 17 1. 1988 n. 400 �, saranno �definiti i criteri ed i requisiti per la individua� zione della edificabilit� di fatto �. Tale nuova disciplina � dichiaratamente applicabile anche ai �procedimenti .in corso� (comma sett�mo), salvo che l'indennit� non sia gi� stata accettata dalle parti ovvero definita con giudicato (comma sesto legge cit.). Per il combinato effetto delle censure formulate nelle varie ordinanze di rinvio il richiamato art. 5 bis viene quindi in sostanza sospettato di incostituzionalit�, oltrech� [A] pregiudizialmente nella sua interezza per vizio genetico (che si assume, dalla Corte di Cagliari, correlato alla previsione dell'art. 15 n. 5 della legge n. 400 del 1988, per questo parallelamente denunciato), sotto i profili in particolare: [B] del nuovo adottato criterio di computo dell'indennit� in questione (comma 1); [C] del meccanismo di interrelazione tra �cessione volontaria del bene� ed esonero dalla applicazione dell'ulteriore riduzione del 40 % (comma 2); del decreto di approvazione); e la facolt� accordata ai comuni o ai consorzi... di effettuare le espropriazioni gradualmente ai sensi dell'art. 11 della legge. Donde la possibilit� che, nell'intervallo tra l'adozione dei piani e la loro attuazione, si verifichino eventi perturbatori tali da condurre ad una liquidazione della indennit� in misura irrisoria od addirittura simbolica �. In applicazione degli stessi principi, � stato invece ritenuto legittimo il criterio di valutazione della indennit� di esproprio di cui all'art. 13 della L. 15 gennaio 1885 n. 2898 sul risanamento della citt� di Napoli, dove si �ncora al l'ultimo decennio il calcolo della media del valore venale e dei fitti coacervati e, in caso di mancanza di un rapporto di locazione, si fa riferimento all'imponi bile catastale (Corte Cost. sent. 15/1976, in questa Rassegna, 1976, I, 20, con nota di commento). La Corte ha ritenuto tale criterio conforme al dettato costituzionale, in \quanto entra sempre a far parte del calcolo, come dato componente della media, il valore venale dell'immobile, il che concorre ad adeguare l'indennizzo alla realt� economica. Proprio alla luce di quest'ultimo principio, � stato invece ritenuto costitu zionalmente illegittimo il criterio introdotto dall'art. 16 L. n. 865 del 1971, cos� �come modificato dall'art. 14 della L. n. 10 del 1977, del riferimento al valore agricolo "medio dei terreni, secondo il tipo di coltura praticato nella regione agraria interessata, senza far riferimento al bene in concreto da espropriare, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5 [D] della definizione dei criteri individuativi della edificabilit� di fatto, rimessa al potere esecutivo (comma S); [EJ della disciplina intertemporale (commi 6 e 7). I parametri evocati sono rispettivamente: per il profilo sub A: gli artt. 71 e 72 Cost.; per il profilo sub B: gli artt. 3, 42 co. 3, e 53 Cost.; per il profilo sub C: gli artt. 3, 24, 42, comma 3, e 113 Cost.; per il profilo sub D: gli artt. 42, commi 2 e 3; 24, comma 1, e 117 Cost.; per il profilo sub E: l'art. 3 Cost. Preliminarmente al merito delle riferite questioni -che si af. fronter� seguendo l'ordine numerico dei commi della norma segnatamente impugnati -va esaminata l'eccezione di inammissibilit� per inapplicabilit� dello ius superveniens nel processo a quo. Questa eccezione -espressamente prospettata solo nel giudizio innanzi alla Corte di Reggio Calabria, ma virtualmente riferibile a tutti gli altri giudizi a quibus nei quali parimenti risulta (dalla narrativa delle stesse ordinanze di rinvio) la gi� avvenuta adozione del decreto espropriativo -� formulata sulla premessa interpretativa che i � procedimenti in corso�, ai qu:ali il comma settimo del citato art. 5 bis espressamente ed al valore di esso secondo la sua destinazione economica (Corte Cost., sent. 5/80, in questa Rassegna, 1980, I, 486, con nota di G. ALBISINNI; ed in Fom It., 1980, I, 273). In sostanza, tale normativa introduceva un canone di valutazione del tutto astratto, che portava inevitabilmente, per i terreni con destinazione edilizia (e �che non avevano alcuna relazione con le colture praticate nella zona) alla liquidazione di indennizzi sperequati rispetto all'area da espropriare, con palese violazione del diritto � all'adeguato ristoro �, che la norma costituzionale garantisce invece all'espropriato. Tale impostazione viene indi definitivamente affermata dalla Corte, con la successiva pronuncia n. 223/83, con la quale viene dichiarata illegittima la L. n. 385/1980, c.d. �legge-tampone� (originariamente di durata annuale, ma il cui termine finale, peraltro, era stato prorogato dapprima dal D.L. 29 maggio 1982, convertito con L. 29 luglio 1982 n. 481 e, �da ultimo, con la L. 23 di� cembre 1982 n. 943) la quale prevedeva l'utilizzo del criterio di cui all'art. 16 L. 865/71 (gi� dichiarata incostituzionale), al fine di determinare il solo � acconto � sulla liquidazione della indennit�. Il periodo seguente � caratterizzato da una completa �latitanza� del legislatore in materia, e dal consolidarsi di alcuni principi giurisprudenziali, sia in sede di ordinaria legittimit�, che costituzionale. La S.C. a Sezioni Unite (sent. 24 ottobre 1984 n. 5401, in Riv. Giur. Edilizia. 1985, I, 241) aveva infatti modo di affermare la necessit�, per le aree edificabili, di commisurare l'indennit� di espropriazione al valore venale del bene espropriato, secondo quanto stabilito dall'art. 39 della L. 25 giugno 1865 n. 2359, 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dichiara applicabi:le fa nuo\lla disciplina, siano i procedimenti amministrativi ancora aperti; con la conseguente esolusione, quindi, dei procedimenti -come quelli cui si riferiscono :le controversie indennitarie pendenti fananzi ai giudici a quibus -viceversa gi� conclusi Si\ll piano della procedura ablatoria con il disposto trasferimento coattivo della propriet� del bene ocourpato. La interpretazione cos� proposta non pu� per� essere ricevuta dalla Corte perch� disattesa per implicito da tutte le autorit� rimettenti e, esplicitamente, dalla Corte di appello di Reggio Calabria con motivazione affatto plausibile e confortata dalla recente giurisprudenza della Cassazione (cfr. sent. n. 12393 del 1992). Delle altre preliminari eccezioni di inammissibilit� afferenti a singole disposizioni dell'art. 5 bis si dir� (pregiudizialmente) in occasione dell'esame delle correlative questioni, nell'ordine che si � detto. Passando all'esame del merito, vanno innanzi tutto prese in considerazione le censure che hanno ad oggetto il cit. art. 5 bis, nella sua interezza, e l'art. 15 n. 5 della legge 23 agosto 1988 n. 400, norme che la Corte d'appello di Cagliari sospetta confliggere con gli artt. 71 e 72, comma 1, Cost. sotto il profilo della violazione del procedimento di formazione della legge non essendo stato rispettato il canone che prescrive che dmanendo invece applicabili, per le aree a destinazione agricola i criteri di cui alla L. 865/71 (valore agricolo medio). Successivamente, con le sentenze nn. 1102 e 1165, tornava invece in campo la Corte Costituzionale, per consacrare tali principi, stabilendo tuttavia (con la sent. 1165 cit.) che un adeguato correttivo del valore venale potesse essere rappresentato dal valore agricolo tabellare, sicch� l'indennit� di esproprio di una area edificabile avrebbe dovuto essere commisurata alla media tra il valore venale ed il valore che allo stesso si sarebbe potuto attribuire quale terreno agricolo (v., in questa Rassegna, 1988, I, 4, commentate da F. FAVARA, in Indennizzi e sovraindennizzi espropriativi: sviluppi nel 1988, ivi 1989, II, 13). Affermazione questa di particolare rilievo, in quanto attesta il recepin1ento, da parte del giudice delle leggi, di criteri c.d. � mediati � nei quali cio� il riferimento al valore venale del bene risulti � corretto � con altro parametro, la cui individuazione non pu� evidentemente che essere lasciata alla discre.. zionalit� del legislatore (sent. 216/1990, in Foro Jt., 1990 I, 2735, con n. di R. CASO). Con il recente art. 5 bis del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con L. 8 agosto 1992 n. 359, il legislatore torna in materia ex professo, con l'estendere rl criterio di commisurazione della indennit� espropriativa previsto dall'art. 13, 3� comma della legge 2892 del 1885 (sul risanamento della citt� di Napoli), e quindi la media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decennio, sostituendo a detti fitti il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 ss. �D.P.R. 917/1986, e riducendo infine del 40% l'importo cos� determinato. Tale decurtazione percentuale pu� essere peraltro evitata da chi, non ancora espropriato, addivenga alla cessione volontaria dell'area esproprianda. I I I I � .,.,..rxi~ilW&ID�i:wm�lllJi1!#4fil�===:w~=====pa==,~�A~.:;rwl����===.J �=,,�=��='-=�=~h.,.,.,.:Jt-L,, ..,.m.Bmt~dL,,,,,.�dff&k,,x.&&rAMWAlf&,y;,:lli?~,~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 7 il disegno o il progetto di legge debba essere approvato prima � articolo per articolo� e dopo con (complessiva) votazione finale. La questione, cos� come posta dalla Corte remittente, � per pi� versi inammissibile. Lo � relativamente all'art. 15 n. 5 legge n. 400/88, perch� di tale norma -che, prescrivendo che � le modifiche apportate al decreto legge, sono elencate in allegato alla legge�, riguarda il modo di formulazione del 'testo da pubblicare in Gazzetta ufficiale -il giudice non deve fare applicazione. E lo � anche in riferimento al cit. art. 5 bis. Infatti il giudice a quo, ricordato che � secondo ..... l'art. 72 l'approvazione delle camere deve essere fatta separatamente articolo per articolo e poi, complessivamente, con votazione finale�, constata che �la legge di conversione in oggetto � stata approvata mediante votazione soltanto del suo articolo unico e non anche mediante votazione dei singoli articoli del decreto eia convertire e deile relative modifiche � e ne deduce � l'illegittimit� costituzionale.... del citato art. 5 bis, per il quale l'illegittimit� risulta particolarmente evidente: esso infatti non ha nemmeno carattere di modifica del decreto legge, giacch� contiene una norma completamente nuova rispetto alla materia del decreto legge n. 333/92 �. Orbene -non senza considerare che il riferimento all'art. 71 Cost. si rivela non pertinente giacch� il canone della redazione del progetto Nella sentenza che si annota la Corte Costituzionale ha dunque ritenuto legittimo quest'ultimo criterio e, pur riconoscendo che lo stesso � indubbiamente di minor favore per il privato, rispetto a quello del valore venale del bene, ha tuttavia rinvenuto nello stesso la radice comune che rende legittimi i criteri � mediati �, e, segnatamente, � l'indefettibile riferimento al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali �. Ha tuttavia ritenuto, la stessa Corte, di dovere escludere il discrimen, dovuto alla successione delle leggi nel tempo, tra coloro i quali avevano subito l'espropriazione nel previgente sistema e si trovavano in lite con l'Amministrazione per la stima dell'indennit� (ed ai quali, in virt� delle nuove disposizioni ai procedimenti in corso, si sarebbe dovuta senz'altro applicare la decurtazione del 40% , essendo gi� intervenuta l'espropriazione) e coloro che avevano ancora la possibilit� di effettuare la cessione volontaria, evitando la falcidia (peraltro economicamente assai significativa, tanto da aver fatto dubitare il giudice a quo della legittimit� della nuova normativa). Con una pronunzia manipolativa additiva, la Corte ha cos� esteso il diritto alla corresponsione della indennit� piena agli espropriati sotto il previgente regime legale, purch� la determinazione della indennit� non fosse divenuta incontestabile, cos� evitandosi, da una parte, una eccessiva quanto irragionevole penalizzazione di tale categoria di proprietari, e per altro verso contribuendosi alla razionalizzazione di un meccanismo normativo, che avendo recepito principi costituzionali ormai affermatisi nel tempo, sembra finalmente presentare un apprezzabile grado di coerenza. VITTORIO RUSSO 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di legge �in articoli�, da tale norma prescritto, riguarda l'iniziativa po� polare delle leggi -dalla scarna motivazione dell'ordinanza non risulta con chiarezza se il giudice rimettente intenda far riferimento in generale a qualsiasi disegno di legge formulato in un articolo unico (come parrebbe desumersi dal richiamo dell'art. 72 Cost. che riguarda il procedimento di formazione della legge in generale, mentre la sedes materiae della legge di conversione � l'art. 77 Cost.); ovvero se si riferisca pi� in particolare all'ipotesi del disegno di legge di conversione del decreto legge (come sembrerebbe potersi inferire dal fatto che nella specie la norma censurata � contenuta in un decreto legge convertito); ovvero, infine, se -tenuto conto del concreto svolgimento dell'iter padamentare -non abbia inteso dolersi del fatto che sia stata inserita una disposizione (in tesi) �estranea� alla materia del decreto legge, ovvero del fatto che, avendo iil Governo posto ila fiducia sul testo come emendato in s�ede di Com� missione referente con l'inserimento in partico1are della norma censurata, l'Assemblea -Jimitandosi aH'approvazione dell'articolo unico del disegno di il.egge di .conversione del decreto legge -non abbia in concreto dibattuto (e quindi consapevolmente approvato) l'inserimento nel decreto legge del� l'art. 5 bis in esame. La questione quindi si presenta priva dell'indefettibile requisito della chiarezza con conseguente sua inammissibilit�. II Possono ora in sequenza esaminarsi le censure che -con riferimento soprattutto all'art. 42, comma 3 Cost., ma anche agli artt. 3 e 53 Cost. -afferiscono alle distinte disposizioni contenute nell'art. 5 bis, cominciando dal primo comma che prevede che l'indennit� di espropriazione per le aree edificabili � determinata a norma dell'art. 13, comma 3, della 1. n. 2892 del 1885, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 ss. I ' d.P.R. n. 917 del 1986; l'importo cos� determinato � ridotto del 40 %. Con riferimento al parametro costituito dall'art. 42, comma 3, Cost. la questione � posta innanzi tutto (dalle Corti d'appello di Bologna e Torino) sotto il profilo, pi� generale e radicale, della non adeguatezza e congruit� del ristoro in tal modo assicurato al proprietario espropriato. Inoltre, ipure a prescindere dalla riduzione del 40%, i!l criterio adottato dal primo comma dell'art. 5 b.is sarebbe, secondo ila Corte di Palermo, illegittimo gi� soltanto per avere il legislatore sostituito al parametro rapportato ai fitti coacervati quel:lo -affatto disomogeneo perch� concernente i terreni agricoli -del reddito dominicale; e comunque si censura il carattere astratto dell'indennizzo cos� computato, non rispon �dente a11e obiettive ed effettive ca:mtteristiche del bene ablato. La Corte d'appello di Reggio Calabria sostiene poi che la ritenuta di imposta del 20 %, prevista dall'art. 11 della legge n. 413 del 1991, rappre PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE senterebbe un ulteriore elemento di riduzione che porterebbe l'indennizzo al di sotto del livello di congruit�. Inoltre il riferimento temporale della valutazione circa ila edificabilit� di fatto al momento della apposizione del vincolo preordinato all'espro prio rappresenterebbe un altro elemento di inadeguatezza del criterio di calcolo dell'indennit� espropriativa. La questione quindi si focalizza essenzialmente, come profilo principale, nell'affermazione di fondo della non adeguatezza in s� della liquidazione della indennit� nella misura del 60 % della semisomma del valore venale e del reddito dominicale; mentre gli altri profili secondari, ed in un certo senso serventi al primo, sono diretti a rafforzare tale censura di inadeguatezza deN'indennizzo. Tutti per� si riconducono e si saldano nella prospettazione secondo cui risulterebbe violata la prescrizione del terzo comma dell'art 42 Cost. che consente l'espropriazione per pubblica utilit� solo �salvo indennizzo �. Va premesso che -prima della norma censurata e dopo che la Corte aveva dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 16, commi 5, 6 e 7 della legge n. 865 del 1971, come modificati dall'art. 14 della legge n. 10 del 1977 (sent. n. 5 del 1980), nonch� della legge n. 385 del 1980 (sent. n. 223 del 1983) -trovava applicazione, per la quantificazione dell'indennit� di espropriazione delle aree fabbricabili, il criterio del valore venale quale previsto dall'art. 39 legge 25 giugno 1865 n. 2359, che non era stato abrogato, ma soltanto derogato dalle disposizioni dichiarate illegittime (sentt. n. 1022 del 1988 e n. 216 del 1990); invece per le aree a destinazione agricola era, ed �, ancora operante il criterio del valore agrario medio previisto dalla cit. legge n. 865 del 1971 {cos� anche sent. n. 355 del 1985). Con l'introduzione della norma censurata -che riguarda soltanto le aree edificabili o a destinazione edificatoria -al criterio del valore venale l'art. 5 bis sostituisce quello della semisomma del valore venale e del reddito dominicale, ridotta del 40 %; criterio questo sensibilmente meno favorevole (per i titolari delle aree espropriate) perch� -in ragione della notoria esiguit� del reddito dominicale -pari a circa un terzo del valore venale. La radicale censura di inadeguatezza di tale criterio -che rappresenta il profilo principale delle questioni di costituzionalit� in esame -non pu� che essere valutata alla luce della precedente giurisprudenza di questa ,Corte. La quale si � subito attestata su un principio di fondo, ripe... tutamente affermato, secondo cui, da una parte, l'indennit� di espropriazione non garantisce all'espropriato il diritto ad un'indennit� esattamente commisurata al valore venale del bene e, dall'altra, l'indennit� stessa non pu� essere (in negativo) meramente simbolica od irrisor�a, ma deve essere (in positivo) congnia, seria, adeguata. Per un verso, infatti, l'integrale ristoro del sacrificio negherebbe ogni incidenza sotto tale profilo agli RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO scopi di � pubblica utilit� che persegue il procedimento espropriativo; scopi la cui realizzazione non pu� risultare impedita dall'esigenza di una piena ed� integrale riparazione dell'interesse privato del proprietario. Per altro verso, per�; quest'ultimo non pu� essere chiamato ad un sacrificio che azzeri il suo diritto, atteso il rilievo costituzionale della propriet� privata che il secondo comma dell'art. 42 Cost. predica essere �riconosciuta e garantita� ancorch� con hl limite (tra !"altro) delJ:a �funzione 1sociale �. Ed infattifin dalla sentenza. n. 61 del 1957 � stata respinta quella che veniva qualificata come �interpretazione letterale� del concetto di indennizzo, in quanto identificato con il pieno ristoro del danno subito per effetto de1la ablazione; �indennizzo non pu� significare cimento ... ma soltanto il massimo di contributo e di riparazione che, nell'ambito degli scopi di generale interesse, la Pubblica Amministrazione pu�. garantire all'interessato�; solo � uri indennizzo� stabilito in misura simbolica sarebbe un indennizzo inesistente � con conseguente vulnerazione dell'art. 42, comma 3, Cost. Questo principio...;..;; costantemente riaffermato (da ultimo v. sentt. nn. 138 del 1993, 173 del 1991 e 216 del 1990) -si � poi ulteriormente evoluto, da una parte, affermandosi in positivo che l'indennizzo deve essere -come gi� indicato.__ congruo, serio, ed adeguato (sentt. nn. 91 del 1963, 22 del 1965, .HS del 1969; 63 del 1970, 58 del 1974, 138 del 1977) e, d':a1tra parte, sprecisandosi che � legittima la combinazione di pi� criteri purch� almeno uno sia agganciato al valore venale e che pertanto risulta compatibile con la garanzia dell'art. 42, comma 3, Cost. la previsione di un criterio �mediato� (sentt. nn. 216 del 1990, 1165 �del 1988 e 160 del 1981). ��In particolare la sentenza n. 15 del 1976 ha ritenuto legittimo il criterio di valutazione� dell'indennit�� di esproprio previsto dalla legge 15 gennaio 1885 n. 2892 (sul risanamento della citt� di Napoli) che stabilisce :il riferimento al!la media del valore vena:le e dei fitti coacervatti de1l'wtimo decennio dei terreni espropriati, ovvero, in difetto di [ocazioni accel'.'tatte, alla� media� :del valore venale e dell'imponibile netto ai fini de1l'imposta sui fabbr<icati, precisando che, anche nell'ipotesi in .cui non risultino canoni di :locazione, entra sempre a far parte del calcolo relativo, come dato componente de1la media, fil valore venale dell'immobile; ci� � contribuisce in modo determinante ad adeguare, sia pure entro certi lim1ti, ~�ammontare dell'indennizzo a1la realt� dei valori economici � (cfr. anche ord. 607 del 1987 e. sent. n. 216 del 1990). Parimenti la sentenza n. 160 del 1981 ha ritenuto congruo un analogo criterio �mediato�, quello previsto dall'art. 4 r.d.l. n. 981 del 19311 che quantificava l'indennit� di espropriazione come pari alla media del valore venale e dell'imponibile netto, capitalizzato ad un tasso dal 3,50% al 7% secondo le condizioni dell'edificio e della localit�; in particolare la Corte ha precisato che � il riferimento al valore venale del fondo fuor di dubbio consente1 sulla base di dati oggettivamente accertabili, che la liquida PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 11 zione si avvicini adeguatamente alla realt� ed attualit� dei valori economici � e che tale riferimento consente di escludere il � rischio di irrisoriet� dell'indennizzo�. In questi criteri � mediati � c'� per� una costante che � quella dell'indefettibile �riferimento ... al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali� (sent. 5 del 1980) sicch� risulta viceversa violato il canone di congruit� ex art. 42 Cost. ove si adotti un diverso criterio che �prescinda� del tutto da tale valore venale; la mancanza di questo riferimento (come nel caso delle leggi n. 865 del 1971, n. 247 del 1974 e n. 10 del 1977 che determinavano l'indennizzo delle aree fabbricabili in base al solo loro valore agricolo, donde la dichiarazione di incostituzionalit� resa con la citata sent. n. 5 del 1980) comporta una valutazione del tutto astratta in quanto sganciata dalle caratteristiche essenziali del bene ablato. Analogo vizio di astrattezza � stato ravvisato dalla Corte nella successiva sentenza n. 223 del 1983 relativamente alla legge n. 385 del 1980 che surrettiziamente faceva rivivere, quale mero �acconto�, il criterio gi� colpito dalla precedente dichiarazione di incostituzionalit�. Una pi� netta ed inequivocabile puntualizzazione, suscettibile di generalizzazione, � poi contenuta nella sentenza n. 1165 del 1988, che ha precisato quale sia il principio cui deve attenersi il legislatore nel determinare l'indennit� � di esproprio: �quello di assumere il valore effettivo del bene come base di riferimento dell'indennizzo, onde evitare una valutazione dello �stesso del tutto astratta �; in particolare -nella specie, in quella occasione esaminata, relativa all'art. 28 della legge della Provincia di Trento 20 dicembre 1972 n. 31, come modificato dalla successiva legge 2 maggio 1983 n. 14 -la Corte ha ritenuto che il correttivo del valore venale potesse essere costituito dal valore agricolo tabellare (che -pu� rilevarsi a margine -non � poi concettualmente dissimile dal reddito dominicale previsto dall'art. 5 bis in esame) sicch� l'indennit� di esproprio delle aree edificabili risultava legittimamente commisurata alla media aritmetica tra il valore venale ed il valore che, entro le valutazioni fornite da una determinata Commissione, doveva essere attribuito all'area quale terreno agricolo (anche la sentenza n. 231 del 1984 parla del valore venale come di mero criterio di riferimento nella determinazione dell'indennit�). Quindi -volendo tirare le fila di questi pi� recenti sviluppi giurisprudenzia< li che peraltro si sono mossi lungo una linea di continuit� con la giurisprudenza maggiormente risalente -pu� dirsi, conclusivamente, che il dschio de11'�astrattezza � del criterio di quantificazione dell'indennit� di espropriazione � evitato quando uno dei parametri che concorrono sia ancorato al valore venale. La ritenuta ammissibilit� in linea di massima di criteri �media ti� comporta una conseguente discrezionalit� del legislatore nell'indi viduazione dei parametri concorrenti con quelli del valore venale; nella ,-.,<�"'�.w;.;�,�,���',:::;-�-"<if'-',.,"��''''--�� � �-J' J' :-: :-: :-: ... J'. :-: ... :-: :-: :-:.... ..-;:;:; :-: --�-�� :--... RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sentenza n. 216 del 1990 la Corte ha infatti affermato che residuano al legislatore � ampi margini di dicrezionalit� ..., dato che il valore effettivo del bene viene in rilievo non quale misura, ma come criterio di riferi� mento per la determinazione dell'indennizzo �. Cos� anche la sentenza n. 138 del 1993 ha affermato che� il legislatore rimane �libero di adottare cricriteri .pi� o meno automatici di determinazione dell'4ndennizzo, per esempio rapportandolo al valore catastale dell'immobile... oppure alla media, eventualmente corretta, dcl valore venale del reddito dominicale rivalutato �. Nell'esercizio di questa discrezionalit� il legislatore opera il coordinamento e bilanciamento con il pubblico interesse, peraltro tenendo anche conto delle esigenze della finanza pubblica, che -come gi� ritenuto da questa Corte (sent. n. 15 del 1976) -legittimamente possono ispirare la scelta del criterio �mediato� soprattutto se inserito nel contesto di una pi� vasta ed organica manovra finanziaria dello Stato. Tale mediazione tra l'interesse generale sotteso all'espropriazione e l'interesse privato, espresso dalla propriet� privata, non pu� fissarsi in un indefettibile e rigido criterio quantitativo, ma risente sia del contesto complessivo in cui storicamente si colloca, sia dello specifico che connota il procedimento espropriativo, non essendo il legislatore vincolato ad individuare un unico criterio di determinazione dell'indennit�, valido in ogni fattispecie espropriativa. Sotto quest'ultimo profilo la determinazione dell'indennit� delle aree fabbricabili non pu� non risentire del fatto che la destinazione urbanistica comporta un valore aggiunto (rendita di posizione) rispetto al contenuto essenziale del diritto di propriet� sicch� diverso pu� essere il bi, lanciamento tra interesse generale ed interesse privato rispetto all'ipotesi dell'espropriazione di aree non fabbricabili. Come anche un contesto complessivo che risulti caratterizzato da una sfavorevole congiuntura economica -che n legislatore mfra a contrastare con un'ampia manovra economico-finanziaria -pu� conferire un diverso peso ai conl�liggenti interessi oggetto del bilanciamento legislativo. Questa essenziale relativit� dei valori in giuoco impone una verifica settoriale e legata al contesto di riferimento nel momento in cui si pone i!I raffronto tra il risultato del �bilanciamento operato dal �legislatore con la scelta di un determinato criterio �mediato� ed il canone di adeguatezza dell'indennit� ex art. 42, comma 3, Cost. Verifica questa che -operata con riferimento all'art. 5 bis censurato -impone di considerare: a) la particolare urgenza e valenza de~li � scopi � che -attraver�so l'acquisizione dei suoli edificabili (e cio� delle aree nude, destinabili alla edificazione) che la riferita normativa specificamente disciplina -il le8islatore si propone di perseguire. Scopi, in particolare fegati alla ripresa PARTE I, SEZ; I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE degli interventi di edilizia residenziale pubblica, anche in funzione della positiva ricaduta che l'auspicato incremento edilizio pu� avere sui collegati settori lavorativi e sulla realizzazione del diritto alla abitazione, ed agli effetti di calmiere che la conseguente crescita dell'offerta abitativa pu� produrre nel mercato, in guisa da secondare e modulare l'iniziale liberalizzazione degli affitti di abitazione, coevamente avviata; b) il parallelo obiettivo di perequare il costo della indennit� in limiti quanto pi� possibi:li aderenti al valore proprio dei suoli, decurtandolo dal valore aggiunto determinato dall'azione della P.A. e che, con riguardo ai proprietari non espropriati, viene, anche se non interamente, recuperato o attraverso misure di contribuzione all'atto della edificazione o attraverso la tassazione dei cos� 'acquisiti incrementi di valore all'atto dell'eventuale trasferimento del suolo; c) la particolare congiuntura economica nella quale si inserisce la legge emanata avente carattere dichiaratamente temporaneo, in attesa di un'organica disciplina dell'espropriazione per pubblica utilit�. In conclusione -affermata in generale la legittimit� dei criteri �mediati � sempre che facciano riferimento al valore venale del bene espropriato e ritenuta in concreto la correttezza del bilanciamento di interessi operato dal legislatore nel definire i parametri concorrenti con il valore venale -pu� escludersi, sotto il profilo principale della censura in esame, che l'indennizzo calcolato alla stregua della disposizione denunciata sia � apparente �, � meramente simbolico � od � irrisorio � e deve invece ritenersene la sufficienza e congruit� rispetto alla funzione -che lo stesso, nel contesto dell'attuale situazione economico-finanziaria del paese, � chiamato ad assolvere -di esprimere �il massimo di contributo e di riparazione che nell'ambito degli scopi, di generale interesse la P.A. pu� garantire all'interesse privato �. La ritenuta adeguatezza dell'indennizzo consente anche di superare gli altri profili, afferenti sempre al parametro costituito dall'art. 42, comma 3, .Cost. Infatti da una parte mette conto rilevare che l'introduzione del criterio concorrente del reddito dominicale in luogo del coacervo dei fitti (quale previsto dalla legge n. 2892 del 1885) non � disomogenea ed incoerente alla luce della gi� vista giurisprudenza della Corte, non senza considerare che anche il reddito catastale (come gi� previsto per il coacervo dei fitti dalla legge su Napoli) va moltiplicato per dieci anni. Giova rilevare 'in particolare che secondo la cit. sent. n. 1165/88 la media con il valore tabellare agricolo � legittima, quando tale concorrente criterio sia inserito in un insieme che rtiene conto del valore effettivo (analogamente la ..sent. n. 231 del 1984 ha �ritenuto utHizzabi!le il valore agricolo purch� si tenga conto, insieme, del valore effettivo; cos� anche secondo la sent. n. 15 del 1976 � possibile il riferimento all'imponibile catastale). RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO Nemmeno ha poi pregio il profilo di censura secondo cui la menzionata ritenuta di imposta del 20% rappresenterebbe un ulteriore elemento di ,riduzione che porterebbe l'indennizzo ail di sotto del 'livello di congruit�. Va infatti considerato che la illegittimit� denunziata, semmai, riguarderebbe la norma impositiva, mentre il trattamento tributario della indennit� � estraneo alla vicenda espropriativa. Quanto poi all'evidenziato riferimento temporale della valutazione circa la edificabilit� di fatto al momento della apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, riferimento che -secondo la Corte d'appello di Reggio. Calabria -giocherebbe nel senso di far dubitare anche sotto questo ulteriore profilo della congruit� dell'indennizzo, mette conto osservare che la censura � sotto questo profilo irrilevante non essendo nella specie dedotta la sopravvenienza, medio tempore, di un mutamento della edificabilit� di fatto. Ulteriori censure poi investono il primo comma de11'art. 5 bis in rife. rimento agli artt. 3 e 53 Cast. In relazione al primo parametro si lamenta la disparit� di trattamento tra i proprietari di aree edificabili oggetto del provvedimento di espropriazione che si vedranno Iiquidata una siffatta non satisfattiva indennit� ed i proprietari di aree aventi le stesse caratteristiche e poste nella stessa zona, i quali possono disporne in regime di libera contrattazione e ottenere cos� il pieno valore di mercato. Ma l'argomento allegato a sostegno della censura prova troppo. II Una volta affermata -come � p�cifico in giurisprudenza e come � stato sopra esposto -che non necessariamente l'indennit� di espropriazione deve essere pari al valore venale del bene espropriato, consegue inevitabilmente che possa esserci una differenza tra tali due termini; differenza che, nei confronti del proprietario espropriato, si giusitifica come limi�tazione del �SUO diritto in ragione della �funzione 'sociale� della propriet�. Una volta verificata Ja compatibilit� con J'art. 42, comma 3, Cost. (<e quindi la legittimit�) di questo quid minoris che percepisce i:1 soggetto espropriato non pu� poi rinnovavsi la vailutazione di costituzion01lit� sotto il profilo dell'ar�t. 3 Cost. assumendo una pretesa vfolazione della disparilt� di rtrattamento rispetto ai proprietari delle aree non espropriate. Se la parit� di trattamento dovesse ritenersi assicurata unicamente ove al proprietario dell'area espropriata fosse garantita, come indennizzo, la stessa attribuzione economica che pu� conseguire, come corrispettivo, il proprietario dell'area non espropriata, si finirebbe per leggere nel terzo comma dell'art. 42 un criterio rigido e vincolato: l'indennit� non potrebbe essere altro che il valore venale. Ma cosi non � per le ragioni gi� indicate: l'indennizzo pu� risultare da U1' criterio in cui il valore venale � mediato, e quindi corretto, da altri concorrenti parametri. PARTE r, SEZ; I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Pertanto non c'� disparit� di trattamento perch� diverse sono le situazioni poste a raffronto; in un caso, e non nell'altro, l'area edificabile presenta i'l connotato delfidoneit� alla realizzazione (su di essa) di una opera di pubblica utilit�; ci� giustifica la diversit� (tra l'altro) della ragione dell'attribuzione patrimoniale, compensativa nell'un caso e corrispettiva nell'altro della dismissione del bene, attribuzione costituita rispettivamente dall'� indennizzo � nell'ambito di un procedimento espropria< tivo e dal � prezzo � nell'ambirt:o di una compravendita. Se quindi l'� indennizzo� � adeguato ex art. 42, comma 3, Cost. non pu� risultare sperequato per difetto ex art. 3 Cost. (cfr. sent. n. 216 del 1990 nella quale -seppur con riguardo alla diversa questione di criteri di liquidazione differenziati -� enunciato il principio che il criterio adottato, se legittimo in relazione all'art. 42, lo � anche in relazione all'art. 3). Viceversa (e simmetricamente) se 1'� indennit�� non risponde al parametro di adeguatezza dell'art. 42, comma 3, Cost., come nell'ipotesi di un criterio astratto del� tutto sganciato dal valore venale, risulta violato anche il principio di eguaglianza perch� viene meno la giustificazione della differenziazione (ed infatti la sentenza n. 5 del 1980 -dopo aver ritenuto violato il primo parametro -ha accolto anche il profilo di censura riferito all'art. 3 Cost.). Una questione di costitu21ionalit� contigua al profilo appena esaminato � queHa riferi<ta all'art. 53 Cost. (e congiuntamente all'art. 3 Cost.): l'art. 5 bis cit. � censurato nella parte in cui il proprietario del bene espropriato, per effetto della riduttiva quantificazione dell'indennizzo spettantegli, sarebbe di fatto chiamato a concorrere alla spesa di realizzazione dell'opera pubblica con un contributo personale e diretto, oltre che in ragione della sua capacit� contributiva generale. � sufficiente per� rilevare -come gi� affermato da questa Corte (sent. n. 5 del 1960), seppur in epoca risalente -che la materia espropriativa � estranea all'area di operativit� dell'art. 53 Cost. Come appena evidenziato al paragrafo che precede, se l'esistenza di una differenza tra indennit� espropriativa e valore venale del bene espropriato non vio1a l'art. 42, comma 3, Cost., � nell'ambito dell'operativit� di tale parametro che va apprezzato il quid minoris non percepito dal proprietario e non � invece possibile attribuire a tarle differenza <la natura tdbutaria cos� da \richiedere una seconda verifica della legittimit� della quantificazione dell'indennizzo sotto il diverso ed ulteriore profilo della capacit� contributiva del soggetto espropriato. In realt� la verifica della adeguatezza dell'indennizzo si esaurisce nell'ambito dell'art. 42, comma 3, Cost.; ci si deve quindi arrestare alla considerazione che -una volta rispettato il canone di adeguatezza espresso da tale parametro -rientra nella discrezionalit� del legislatore fissare i criteri di determinazione dell'indennit� espropriativa secondo generali valutazioni di politica economico-finanziaria che possono tenere conto an 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO che del fatto che la rendita di posizione, della quale � parzialmente privato il soggetto espropriato, � frutto in larga �parte -oggi pi� ancora che in passato -di investimenti della co11ettivit� (elemento questo peraltro preso in considerazione anche in occasione di pvecedenti iniziative legislative in tema di espropriazione -non pervenute per� a compimento -proprio per giustificare l'abbattimento percentuale de1la quantificazione dell'indennizzo). Rimane l'esigenza generale di coerenza e ragionevolezza che il legislatore deve rispettare sicch� la determinazione dell'indennit� espropriati~ va in un ammontare sensibilmente inferiore al valore venale potrebbe richiedere una pi� adeguata disciplina riequilibratrice (soprattutto fiscale) delle aree fabbricabili non assoggettate ad espropriazione; profilo, questo, peraltro estraneo alla normativa espropriativa in questione. Occorre ora passare all'esame del secondo comma dell'art. 5 bis -che dispone che � in ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato pu� convenire la cessione volontaria del bene. In tal caso non si applica la riduzione di cui al comma 1 � -norma che � censurata sotto pi� profili. � evocato l'art. 24 Cost. perch� la disposizione censurata condizionerebbe pesantemente la proposizione della opposizione alla stima, con l'indurre il proprietario �ad accetitare l'indennit� determinata in sede amministrativa anche se il valore venale posto a base del calcolo � inferfore a queHo effettivo �, stante che l'eventuale recuipero di valore dethiante dalla determinazione giudiziaie sarebbe in tutto o in notevole parte vanificato da!ll'applicazione della riduzione del quaranta per cento. Analogamente viene richiamato l'art. 113 Cost., per la parallela remora, che ne consegue, anche nei confronti della tutela degli interessi legittimi avverso provvedimenti della P.A. Si sospetta poi la violazione dell'art. 3 Cost., sia per l'irragionevole disparit� di trattamento tra chi al momento della entrata in vigore della normativa censurata ha gi� subito l'espropriazione e non pu� pi� con venire la cessione volontaria del bene e chi invece non � ancora colpito dal provvedimento ablativo e pu� addivenire alla detta cessione volon ta:r;ia senza subire la riduzione del quaranta per cento; sia per disparit� di trattamento tra espropriato che convenga la cessione del bene ed espro priato che proponga viceversa opposizione alla stima ed impugni il de creto di espropriazione. Infine il secondo comma dell'art. 5 bis � censu rato in riferimento all'art. 42 co. 3 Cost., in quanto il previsto meccanismo ~i subordinazione dell'esonero dalla riduzione del 40 % della indennit� alla accettazione della stima provvisoria indicata dall'espropriante, ov vero della indennit� definitiva fissata dalla Commissione Provinciale, avrebbe un sostanziale carattere sanzionatorio e punitivo nei conf.ronti dell'espropriato (che non accetti l'indennit� offortagli), facendo cos� con vergere nell'indennizzo una � finalit� afflittivia � estranea alla previsione del precetto costituzionale. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 17 Va preliminarmente considerata .l'eccezione di inammissibilit� della Avvocatura� dello Stato per essere la norma censurata inapplicabile nei giudizi a quibus che concernono procedimenti espropriativi in cui � gi� intervenuto il decreto di esproprio e nei quali quindi non � pi� possibile. la cessione volontaria (l'eccezione � pertinente a tutti i giudizi, ancorch� formulata solo. in alcuni di. essi, giacch� in tutti � gi� intervenuta l'espropriazione), .� Deve .a questo proposito considerarsi che nelle censure mosse dalle Corti rimettenti al secondo comma dell'art. 5 bis possono enuclearsi due distinti profili: uno pi� particolare, che attiene al fatto che i soggetti gi� espropriati risultano esclusi dalla possibilit� di ricorrere alla cessione volontaria per s�ttrarsi alla riduzione del 40 %, ed uno pi� generale che riguarda la disciplina della cessione volontaria; distinzione questa che si rende necessaria perch� diversa � la valutazione della rilevanza delle censure di costituzionalit� che. .investono, pur sotto distinte prospettive, la medesima disposizi�ne in esame. Infatti l'eccezione di difetto di rilevanza sollevata dall'Avvocatura non � fondata s.e riferita al primo profilo di costituzionalit� giacch� pur vertendosi in tutti i giudizi a quibus in ipotesi di procedimenti espropriativi .conclusi e non gi� in itinere sicch� non � pi� ipotizzabile una cessione volontaria essendosi l'effetto traslativo realizzato con il provvedimento ablativo -la �disciplina del secondo comma cit. viene direttamente in rilievo in quanto le ordinanze dei giudici rimettenti mirano proprio a superare l'esclusione dei soggetti gi� espropriati dall'area di applicabilit� della disposizione stessa. La quale infatti viene censurata dalla Corte d'appello di Bologna e dalla Corte d'appello di Palermo per la (assunta) disparit� di trattamento tra chi al momento dell'entrata in vigore della stessa ha gi� subito l'esproprio e chi invece non � stato ancora raggiunto dal provvedimento ablativo giacch� quest'ultimo pu� convenire la cessione volontaria senza subire la riduzione del 40 %, mentre il primo � escluso da tale possibilit�. L'obiettivo di entrambe le ordinanze -ancorch� non esplicitato ma non di meno palese -� quello di una pronuncia additiva che, incidendo sul secondo comma cit., consenta ai soggetti gi� espropriati di sottrarsi alla falcidia della riduzione del 40 %. Tale censura va. quindi intesa come rivolta non tanto a conseguire la estensi~ne <incht! ai gi� espropriati del diritto di impor~e alla P.A. la cessione volontaria (per un corrispettivo pari alla semisomma determina� ta secondo i criteri del primo comma, ma senza la riduzione del 40 %), estensione non possibile per il principio di non contraddizione che non consente al soggetto di cedere il diritto di propriet� di cui � gi� stato privato in forza dei. decreto autoritativo di esproprio, quanto piuttosto a permettere comunque ai gi� espropriati il conseguimento del risultato economico consentito ai non ancora espropriati. Si addebita, cio�, al legislatore la omissione della previsione di uno strumento negoziale che - -~ 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO coerente alla situazione in cui tali soggetti versano -sia altres� idoneo a conseguire lo stesso vantaggio economico conseguibile dai non ancora espropriati mediante la cessione volontaria. In questi termini, la censura � fondata. Non appare infatti ragionevole che il legislatore -nel predisporre un meccanismo negoziale, alternativo al procedimento autoritativo e di natura sostanzialmente transattiva, finalizzato a conseguire un effetto deflaittivo del contenzioso ed acceleratorio delle procedure mediante fa offerta al proprietario di un quid pluris rispetto alla somma da lui conseguibile nell'ambito della procedura autoritativa -abbia omesso di considerare la situazione di quei soggetti che, gi� espropriati al momento della entrata in vigore della legge, hanno tuttavia ancora pendente il contenzioso relativo alla indennit�. E la non ragionevolezza della omissione si appalesa ancor pi� evidente se si considera che si tratta d� soggetti, in favore dei quali al momento della espropriazione era prevista dalla legge la corresponsione di una somma pari al pieno valore venale del bene, e che invece -per effetto del combinato giuoco, da un lato, della gi� intervenuta espropriazione alla data di entrata in vigore della nuova legge e, dall'altro, della applicazione di questa anche ai giudizi pendenti -vengono contemporaneamente a subire la forte riduzione di oltre due terzi di quella somma ed a vedersi preclusa la possibilit� di fruire, se lo vogliono, del non indifferente incremento collegato dalla nuova legge alla definizione negoziale della vicenda. Deve poi tenersi conto che nel bilanciamento complessivo operato dal legislatore la speciale disciplina della cessione volontaria svolge anche un ruolo di contrappeso del (nuovo) meno favorevole criterio di determinazione dell'indennit� di espropriazione. E pure se le ragioni esposte al paragrafo n. 6.3, che precede, consentono di ritenere che non di meno tale criterio � compatibile con il canone di adeguatezza dell'indennizzo desumibile dall'art. 42, comma 3, Cost., � vero che ad esso si affianca un criterio pi� vantaggioso (quello della semisomma piena) sol che l'espropriato (secondo la tradizionale terminologia del legislatore, ma -rect.e !' espropriando) addivenga alla cessione del bene, oggetto del procedi mento espropriativo. Non a caso quando H. legislatore ha adotltato f'analogo criterio ~deUa semisomma ridotta) per la determinazione dell'indennit� di espropriazione nell'area metropolitana di Roma (art. 7, comma 1, legge n. 396 del 1990) ha anche abbinato (al secondo comma) un criterio pi� favorevole in caso di cessione volontaria con la previsione dell'inapplicabilit� della riduzione del 40 %. E la Corte (sent. n. 1022 del 1988) ha valorizzato questo nesso punti: i.alizzandone l'aspetto funzionale; ha infatti affermato che quando si adotta un criterio risultante da una media �la maggiorazione per la ces PARTE I, .SEZ� I,�.GltmISPRUDEWZA COSTITUZIONALE 19 PARTE I, .SEZ� I,�.GltmISPRUDEWZA COSTITUZIONALE 19 si():Qe.volontaria da parte. del proprietario ha una sua. peculiare funzione nel ;st'l:l}so �he Ja spinta �lella valutazione verso valori pi� vicini a quelli re.i;tli co):l~:rH'.l.~~ce. l;l�l ac.celera.:re l'i;i,cq11isizione del. pene espropriando�. . .Q:icp~e!l?'U:l:�:i;>e>tendo iilnu0vo.1llf):fl9.. fa.vorevole criterio avere applica?<~<:) .e I'.xtrqa#iya (per q.i;i,.to si cfu:�infra al paragrafo n. 9), non � per� ~@~4~f~~?~fE4T~l~~ Jte!!;1!t~~~~~~r%!~rn~ad?~~~~~~;i~~=c:!ri~~c~ v~<:�fifo ~iii i:�:J�rei61e cfite.f�:> Ct�ft�.1�t:� v�f1a1� .:.. ��>plicabne <o, meglio, applicato) afrapporti esauriti (o . dove d sfano preclusioni processuali) ed ff nuotrb meno favotevole critedo della semisomma ridotta ed alternativamente della semisomma� piena in caso di cessione volontaria -applicabile> hl procedimenti espropriativi in corso (oltre, come � ovvio, ai nuovi procedimenti espropriativi) -si collocherebbe di fatto un ulteriore.� critetio. (qu,l:llk~ esclusivamente . della semisomma ridotta) pi� ~favi;wey()le �lj egtr.~:pi:, l:lPplicabile ad. un<i, .residua. fascia di espropriazjopi: quelle, ,appunte>; per �e q.al~ ~)t1tei;vet1uto il decreto di esproprio, ll;la U 1'.app0rt0 no:n � anc0ra esaurito . �. .biiili.41 sulla �ii.ea di confa~~. ~he .dovre"Qbe vedere la saldatura della 1ll1C>{ia di;dp�na alla vecchia, c'� invflc~ uno iato, una frattura, dove il bilanciamento operato dal legislatore ha ul1 �.temporaneo e contingente frtigjdfofol1to in t�rmiI1i meno favorevoli per gli espropriati per poi risalir� a queFl:ivello (pefoltfo gf� fort�:tri�rite testrittivo) che risponde alle valutazfoni economico-politiehe sott�se �.alla norma censurata. �Questa frattura tlOtl pu� � avere altra� motivazione che quella tecnicogiuridica della impossibilit� della cessione volontaria quando sia intervenuto il decreto di esproprio; Ma non � questa. Una ragione sufficiente a giustificare W1 trattal:rlento cos� fortemente differenziato, tenuto conto della premh1e.te .finalit� .transattiva in ordine proprio alla determinazione�l~ ll'on�re eco):lomico �lell'acquisizione dell'area fabbricabile, quale sottesa alla norma censurata. . . La �jrc9stanza che il decreto di. esprqprio sia stato gi� emesso avrebbe dovtl.tp comporta~e non gi� l'esclusione, ma la riduzione della fattispede agevolata; nel senso che -per le situazioni di diritto transitorio irl presenza di tale circostanza la fattispecie della cessione volontaria, corii:l�tata.aa.1�col1sei:ls() dell'espropria.llcid .� sfa sul trasferimento dell'area, sia sul quantum spettant~gli, ben pu� �ridursi� ~ senza a1terare la sostanza del meccanismo transattivo -in una fattispecie pi� semplice connotata dalla attribuzione al soggetto gi� espropriato del diritto di accettare la indennit� di espropriazione di cui al primo comma con esclusione della riduzione del 40 %, ferma restando l'acquisizione, per ablazio ne, dell'area. N� potrebbe obiettarsi -come fa l'Avvocatura -che la facolt� di cessione volontaria gi� c'era nel regime precedente (legge n. 865/71) e 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di essa gli espropriati non avevano inteso fruire. Infatti -pur potendo dubitarsi dell'esattezza del presupposto interpretativo da cui muove l'Avvocatura avendo questa Corte (sent. 1022 del 1988) affermato che la cessione volontaria ex art. 12 della legge n. 865 del 1971, dopo gli interventi; operati con le sentenze nn. 5/80 e 223/83 cit., non � pi� applicabile alle espropriazioni di immobili con destinazione edificatoria giacch� non � ipotizzabile una maggiorazione dell'indennizzo quando questo � pari al valore venale -� agevole comunque osservare che sono mutati i termini di raffronto giacch� al criterio del valore venale si � sostituito quello della semisomma ridotta. La possibilit� di riduzione della fattispecie assicura poi che la pronuncia additiva si innesta sulla norma censurata seguendo un binario obbligato. Si impone quindi una dichiarazione di parziale sua illegittimit� nella parte in cui non prevede in favore dei soggetti gi� espropriati al momento della entrata in vigore della legge n. 359 del 1992, e nei confronti dei quali la indennit� di espropriazione non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto di accettare l'indennit� di cui al primo comma con esclusione della riduzione del 40 %. Le altre censure che investono il secondo comma cit. riguardano -come gi� detto -la disciplina della cessione volontaria. Ma tali censure -come esattamente ha eccepito l'Avvocatura dello Stato -difettano di rilevanza perch� in nessuno dei giudizi a quibus si fa questione di cessione volontaria; n� potrebbe farsene perch�, essendo gi� intervenuto il provvedimento ablatorio, si � realizzato l'effetto traslativo onde non c'� pi� spazio per un trasferimento del medesimo bene su base consensuale. Sicch�, quand'anche le censure si rivelassero fondate ed imponessero una pronuncia demolitoria dell'istituto, nessuna conseguenza potrebbe derivarne nei giudizi a quibus. N� il difetto di rilevanza pu� dirsi emendato per effetto della pronuncia di incostituzionalit� di cui al precedente paragrafo. Poich�, infatti, la possibilit� di accettare l'indennit� di espropriazione rappresenta un minus rispetto alla cessione volontaria, fa mancanm di una piena sovrapposizione dell'una all'altra impone di tener distinti i due profili con la conseguenza che le censure che investono la disciplina della cessione volontaria possono riguardare soltanto fattispecie in cui di tale cessione volontaria si controverta e non anche quelle in cui -essendosi gi� realizzato l'effetto traslativo dell'area edificabile -si controverta unicamente della misura dell'indennit� di espropriazione. Deve ora esaminarsi la censura che investe il comma quinto dell'articolo citato, che demanda ad un regolamento, da emanarsi con PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE decreto del Ministero dei lavori pubblici, di definite i criteri ed i requisiti per la individuazione della edificabilit� di fatto. Tale disposizione, secondo i giudici rimettenti, si pone in contrasto sia con. }'art. 42, comma 2, Cost.;riPer non avere il legislatore fissato i criteri direttivi cui deve conformarsi il potere esecutivo, cos� sostanzialmente violando la riserva dilegge (se pur .relativa) esistente in materia; sia con gli artt. 42, commi; t\3, e 24 Cast/ per la mancata indicaiione di un termine entro cui il regolamento deve essere emanato; sia infine con l'art. 117 Cost., per la ragione che la definizione dei criteri di edificabilit� (rimessa alla regolamentazione ministeriale) .rientrerebbe viceversa nella competenza legislativa della Regione, in materia di � attivit� costruttiva edilizia >>. �Con riferimento alla �questione di costi tuzionallt� sollevata daNa Corte d'appello di Bologna (che prospetta la vulnerazione degli artt.. 42, commi 2, 3 e 24,comma l, Cast.) va pa;e1imina:rmente esaminata l'eccezione di difetto di rilevanza, sollevi:ita dall'Avvocatura dello Stato, secondo cui dalla ordinanza risulterebbe trattarsi di terreno legalmente� edificabile in forza dello strumento urbanistico impositivo del vincolo sicch� non verrebbe in rilievo la eventuale edificabilit� di fatto. La questione � in effetti irrilevante; non tanto per la ragione indicata daill' Avvocatura (giacch� non rileva io strumento mbanistico impositivo del vincolo espropriativo, da oui bisogna�. prescindere nelda v�JJutazione della edificabilit�, dovendosi invece fare riferimento al regime precedente), quanto perch� l'ordinanza nulla dice in ordine ad un'ipotetica edificabilit� di fatto, . in concreto sopravvenuta, che rappresenta l'indefettibile presupposto perch� possa avere ingresso la censura mossa dalla Corte d'appello di Bologna. Quanto poi alla questione sollevata dalla Corte d'appello di Cagliari nessuna eccezione di irrilevanza � sollevata dall'Avvocatura ed in effetti dalla ordinanza risulta che si controverte proprio in materia di edificabilit� di fatto. Con tale ordinanza la Corte rimettente ha denunziato la violazione dell'art. 117 Cast. (parametro al quale � riconducibile anche il richiamo, che la parte costituita fa all'art. 3, lett. f, dello Statuto di autonomia della Sardegna). La questione non � fondata perch� non si versa in materia urbanistica essendo la nozione di edificabilit� di fatto (cui si riferisce la delega al Ministro) finalizzata soltanto al calcolo dell'indennit� di espropriazione e non . gi� ad incidere sull'assetto normativo posto dai vigenti strumenti urbanistici. Il decreto ministeriale costituisce uno strumento meramente qualificatorio del terreno ai. fini della indennit� di espropriazione e non gi� conformativo ai fini urbanistici; esso deve intendersi diretto a consentire di considerare nel procedimento esptopriativo (proprio al fine di evitare che il parametro di calcolo dell'indennit� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO possa risultare astratto ove sganciato dalla situazione concreta) quella particolare � posizione � dell'area, gi� apprezzata dal libero mercato, che pu�. conferire contenuto economico -in termici di vailore veilJrue -anche �alla mera vocazione edificatoria dei terreni. Ci� quindi va:le solo a rendere � concreto � il parametro di calcolo dell'indennit�, ma non altera la disciplina urbanis<tioa r(nel senso che non rende ediftcalbili aree che tali non siano allila ;stregua di quest'.ultima) e quindi, meno che mai, pu� negativamente incidere sulle competenze. regionali in materia. L'ultima censura investe la disposizione transitoria, di cui al comma sesto [e settimo] del predetto art. 5 bis, che prevede l'applicazione retroattiva� della nuova normativa nei �procedimenti in corso �: � sospettatala vulnerazione dell'art. 3 Cost. per la irragionevole e grave disparit� di trattamento, che cos� si determina, tra gli espropriati che hanno accettato la .indennit� loro proposta, convenendo la cessione volontaria, o nei confronti dei quali la� indennit�� sia divenuta non impugnabile o sia stata definita con sentenza passata in giudicato prima dell'entrata in vigore della legge di conversione, e gli altri soggetti � espropriati con lo stesso procedimento di espropriazione, le cui opposizioni alla stima, per vicissitudini giudiziarie non imputabili agli stessi opponenti, non siano ancora concluse con sen~enza. pas�sata.in giudicato e che si vedranno qruindi appli�are. il nuovo criterio di determinazione dell'indennit�, venendo cos� a percepire soltanto il 30% circa di quanto hanno percepito i primi �, La disparit� di trattamento � pi� in particolare denunziata tra i proprietari assoggettati allo stesso procedimento di espropriazione, per alcuni dei quali l'indennit� � stata definita prima della entrata in vigore della nuova legge (e quindi a.Ila stregua del .ragguaglio al valore venale pieno), mentre per altri, con indennit� non ancora definita per accidentalit� procedimentali o processuali, diventa applicabile il nuovo criterio in base al quale essi vengono a percepire soltanto il 30% di quanto ~a paTitt� di valore) hanno percepito i primi. Pertanto la questione non riguarda la possibilit� o meno di cedere in conseguenza del non esservi o dell'esservi gi� stata la espropriazione (sopra esaminata al paragrafo n. 7.3); ma riguarda invece l'applicabilit�, o meno, del nuovo criterio di .determinazione della indennit� secondo che l'indennit� sia divenuta incontestabile prima della entrata in vigore della nuova legge ovvero a tale momento sia ancora sub iudice. Nei termini cos� puntualizzati la questione non � fondata. Infatti, come esattamente ha rilevato la Avvocatura dello Stato, si tratta di differenziazione dipendente dalla successione di leggi nel tempo. Questa Corte (sentt. nn. 39 del 1993; n. 155 del 1990; 91, 123, 754 e 822 del 1988; 36 del 1985) ha pi� volte ribadito che il legislatore -salvo l'espresso limite previsto dall'art. 25 Cost. in materia penale -pu�, nel PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE l'introdurre una nuova disciplia, disporne la operativit� anche per il passato prevedendone Ja efficacia retroattiva. L'irretroattivit�, pur costituendo un principio del nostro ordinamento (art. 11 preleggi), non � elevato, fuori dalla materia penale, al rango di generale canone costituzionale (sent. n. 155 del 1990) ed � � rimessa alla valutazione del legislatore la scelta tra retroattivit� ed irretroattivit� in ordine ai fini che intende raggiungere, con il solo limite che non siano contraddetti principi e valori costituzio" nali � (sent. 190 del 1988). Quindi � possibile una disciplina a carattere retroattivo che incida sfavorevolmente anche su posizioni di diritto soggettivo perfetto; � per� necessario che non risultino violati specifici canoni costituzionali, primo tra tutti quello della ragionevolezza che ridonda in ingiustificata disparit� di trattamento (art. 3 Cost.) sicch� la riconosciuta retroattivit� della disposizione non pu� � trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti� (sent. 822 del 1988). Nella fattispecie, non vertendosi in materia penale, � in generale consentito al legislatore di adottare una nuova disciplina dell'indennit� espropriativa con efficacia retroattiva non essendo in particolare vulnerato -per quanto sopra detto al paragrafo n. 6.3 -il canone delJ'obbligo di indennizzo in caso di espropriazione (art. 42, comma 3, Cost.). N� tale retroattivit� confligge con il principio di ragionevolezza giacch� da tempo in materia, per effetto delle pronunce di incostituzionalit� n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983, si versava in una situazione di carenza normativa, colmata dalla giurisprudenza con il ricorso al risalente criterio dettato dall'art. 39 della legge generale del 1865, criterio che il legislatore gi� aveva inteso superare con 1a legge n. 865 del 1971 e che non poteva non apparire datato giacch� questa Corte ha pi� volte affel1Illato che la nozione di �indennizzo � di cui all'art. 42, comma 3, Cost. non coincide con quello di valore venale. Ben poteva quindi il legislatore colmare, anche per il passato, tale risalente carenza normativa con l'attribuire efficacia retroattiva alla nuova disciplina dell'indennit� espropriart:iva non costituendo limite invalicabile di tale sua facolt� di scelta l'aspettativa dei titolari di aree fabbricabili di vedersi liquidata la indennit� espropriativa secondo un criterio (quello del valore venale) per essi pi� favorevole di quello con cui lo stesso legislatore ha ritenuto, nell'attuale momento, di realizzare il giusto bilanciamento tra interesse pubblico ed interesse privato, senza incorrere, come si � visto, nelle denunziate violazioni di principi costituzionali. Viceversa, una volta che la indennit� sia divenuta incontestabile (vuoi perch� si sia formato un giudicato, vuoi perch� si siano determinate delle preclusioni), il relativo rapporto � esaurito e quindi � conforme ai principi che sfugga alla incidenza della nuova disciplina. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 24 CORTE COSTITUZIONALE, 3 febbraio 1994 n. 13 -Pres. CasavoJa -Red. Ferri -Presidenza del Consiglio dei Ministri (n.c.). Stato civile -Personalit� (diritti della) -Cognome -Mutamento per fatti involontari -Pregiudizio all'identit� personale -Diritto alla conser vazione. (Cost., art. 2; r.d. 9 luglio 1939, n. 1238; art. 16; cod. civ., art. 262). E' illegittimo, per violazione del diritto all'identit� personale che � part�e essenziale del patrimonio della persona umana, l'art. 165 r.d. n. 1238 del .1939 in quanto non prevede che quando la rettifica degli atti dello stato ci1:ile, intervenuta per ragioni indipendenti dal soggetto cui si riferisce, comporti il cambiamento del cognome, il soggetto stesso possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere il cognome originariamente attribuitogli ove q�esto sia nel frattempo divenuto autonomo segno distintivo della sua identit� (1). Il Tribunale di Firenze, in sede di volontaria giurisdizione, dubita della legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 2 della Costituzione, degli artt. 165 e segg. dell'ordinamento dello stato civile (R.D. 9 luglio 1939, n. 1238), nella parte in cui non prevedono che �a seguito della rettifica degli atti dello�stato civile, per ragioni indipendenti dall'interessato, il soggetto stesso possa mantenere il cognome fino a quel momento attribuito e che � �entrato a far parte del proprio diritto costituzionalmente garantito all'identit� personale �. Il giudice remittente premette che il Procuratore della Repubblica di Firenze ha chiesto, ai sensi del citato art. 165, la rettifica dell'atto di nascita di Lenzi Vieri, nato a Firenze il 12 giugno 1972, e, in particolare l'eliminazione dall'atto dell'annotazione � moglie di Lenzi Geri � accanto (1) La Corte ha ritenuto che, una volta soddisfatto l'interesse pubblico alla certezza dei rapporti di .famiglia attraverso la rettifica degli atti dello stato civile, vada tutelato anche !~interesse privato a mantenere il cognome divenuto segno distintivo dell'identit� personale, affermando che il contrasto fra tale situazione di fatto e quella ufficiale risultante dagli atti non assume rilevanza ai fini dell'interesse pubblico. Peraltro la compatibilit� tra le due posizioni, pubblica e privata, trovava gi� espressione nell'ordinamento nell'art. 262 e.e., una disposizione eccezionale che � per� espressione di un interesse riconosciuto degno di tutela e suscettibile dunque di applicazione anche pi� ampia. Comunque la corte pur potendo fare leva sulla riserva, contenuta nell'art. 165 denunciato, di salvezza dei diritti delle parti interessate, ha preferito adottare una sentenza demolitoria, anzich� sostenere un'interpretazione di tali diritti di tale ampiezza da ricomprendere anche il caso di specie. � PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA� COSTITUZIONALE 25 al nome di D'Aquino Maddalena, dichiarantesi madre d�l Vieri; ci� in seguito a sentenza penale della Corte d'Appehlo di Firenze dichiaimtiv�a della falsit� parziale, nei termini sopraindicati, dell'atto di nascita. All'udienza di comparizione delle parti (e cio� del Lenzi V.ieri, della D'Aquino e del pubblico ministero) il Lenzi richiedeva di cons.ervare il proprio cognome quale segno distintivo, ormai acquisito, della sua. identit� personale. Ci� premesso, il giudice a quo rileva la sussistenza di un interesse concreto ed attuale del Lenzi a mantenere l'integrit� del proprio nome, mentre, in caso di rettifica, �sarebbe conseguenza automatica ed inevitabile il cambiamento del cognome. attuale in quello della madre, poich�, giusta il disposto dell'arti:colo 262 del codice civile, il figlio, �a questo punto naturale, assume il cognome dell'unico genitore che lo. ha riconosciuto �. Se per� Ia rettifica � atto dovuto, dn quanto ila fidefacienm del il'.egistro dello sta.to ciyiie risponde ad una pubblica necessit� -:-�prosegue il remit� tente -accanto ad essa pu� configurarsi il diritto del Lenzi Vieri a conservare il nome con il quale fin dalla nascita � stato individuato, conosciuto e stimato nel proprio ambiente sociale, e che perci� ha assunto le caratteristiche di un segno distintivo, con rilevanza ed autonomia proprie, della sua identit�, come caratteristica precisa, personalissima .e proiettata all'esterno. Ma :Q.eH'ordinamento dello stato civile, conclude il Tribunale di Firenze, non esiste una norma di salvaguardia applicabile alla fattispecie, sebbene le esigenze di protezione dell'identit� personale trovino riconoscimento diretto nell'art. 2 della Costituzione quale garanzia generale di tutela della persona umana. La denunziata illegittimit� costituzionale consisterebbe pertanto nel mancato riconoscimento del diritto del soggetto al mantenimento del cognome attribuito, allorquando il medesimo sia ormai da ritenersi parte integrante della propria identit� personale, indipendentemente da quello che successivamente si riconosca spettante in forza dei rapporti di filiazione correttamente accertati. In questi termini la questione � fondata. � opportuno precisare, in primo luogo, che la questione sollevata dal Tribunale di Firenze riguarda esclusivamente il diritto al mantenimento del nome, quale segno distintivo irrinunciabile dell'identit� personale: la soluzione� della questione stessa non pu� avere incidenza alcuna sulle norme del codice civile, o di altre leggi speciali, che riguardano le azioni di status o i rapporti di filiazione in genere. Nel nostro ordinamento, infatti, l'attribuzione del cognome � ordinariamente conseguente al possesso di uno status familiae, per cui quando l'art. 6 del codice civile dispone: �Ogni persona ha diritto al nome che le � per legge attribuito � non rinvia a norme che disciplinano direttamen� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 26 te �l'�acquisto del nome, bens� a norme che regolano in .genere il riconoscimento di uno status (e cio� prendono in esame tutte le possibili vicende in tema di filiazione legittima, naturale, legittimazione e adozione) e quindi, indirettamente, l'assunzione del nome. Ma non mancano neppure casi -come in seguito si dir� -in cui non si d�, o non �si d� pi�, corrispondenza tra nome e status, e nei quali, proprio a tutela e protezione della persona, pu� esserle riconosciuto il diritto alla conservazione di un nome per il quale non ha, o non avrebbe pi�, titolo. Nell'ipotesi in esame, mentre � assolutamente pacifico che l'atto di nascita dell'interessato debba essere rettificato, e che debba indicare l'esatto rapporto di filiazione quale risulta dal rispetto delle norme in materia, viene soltanto in discussione -come sottolinea il giudice a quo -il diritto del soggetto stesso a mantenere il cognome, non in quanto derivatogli dal presunto padre, bens� come segno distintivo che ha comunque assunto la rilevanza e l'autonomia propria di una caratteristica precisa e personalissima della sua identit�. Ci� posto, � certamente vero che tra i diritti che formano il patrimonio -irretrattabile del1a persona umana l'art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce anche il diritto all'identit� personale. Si tratta -come efficacemente � �stato osservato -del diritto ad essere s� stesso, inteso come rispetto dell'immagine di partecipe alla vita associata, con le acquisizioni di idee ed esperienze, con ile convinzioni ideologiche, religiose, morali e sociali che differenziano, ed al tempo stesso qualificano, l'individuo. L'identit� personale costituisce quindi un bene per s� medesima, indipendentemente dalla condizione personale e sociale, dai pregi e dai difetti del soggetto, di guisa che a ciascuno � riconosciuto il diritto a che la sua individualit� sia preservata. Tra i tanti profili, il primo e pi� immediato elemento che caratterizza l'identit� personale � evidentemente il nome -singolarmente enunciato come bene oggetto di autonomo diritto nel successivo art. 22 della Costituzione -che assume la caratteristica del segno distintivo ed identificativo della persona nella sua vita di relazione. Ora, posto che nella disciplina giuridica del nome confluiscono esigenze di natura sia pubblica che privata, l'interesse pubblico a garantire la fede del registro degli atti dello stato civile � soddisfatto allorch� sia rettificato l'atto riconosciuto non veritiero. Una volta certi i rapporti di famiglia della persona, non assume rilevanza ai fini dell'interesse pubblico che questi mantenga il nome precedentemente portato al pari di qualsiasi altro omonimo. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 27 Del resto, l'eventualit� che il cognome possa essere diverso dalla paternit� accertata non � un'ipotesi estranea all'ordinamento: essa � gi� prevista al secondo comma dell'art. 262 del codice civile, il quale consente al figlio tardivamente riconosciuto dal padre di scegliere se conservare o meno il cognome originario, nonostante il riconoscimento sia rispondente a verit�; con ci� tutelando proprio il diritto del soggetto all'identit� personale fino a quel momento posseduta. In breve, accanto alla tradizionale funzione del cognome quale segno identificativo della discendenza familiare, con le tutele conseguenti a tale funzione, occorre riconoscere che il cognome stesso in alcune ipotesi gi� gode di 11.lila distinta itutela anche nella sua funzione di strumento identificativo della persona, e che, in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrillWlciabile deHa personalit�. Da qui ['esigenza di protezione dell'interesse alla conservazione del cognome, attribuito con atto formalmente legittimo, in presenza di una situazione nella quale con quel cognome la persona sia ormai individuata e conosciuta nell'ambiente ove vive. La stessa tutela (art. 9 del codice civile) dello pseudonimo non ha altra ragione, ed anche la norma prima citata (art. 262, secondo comma, del codice civile) ha alla base l'esplicito riconoscimento del pregiudizio che la dismissione del cognome, cui il soggetto sia costretto, comporterebbe. Sotto questo aspetto anche la disciplina dello scioglimento del matrimonio per divorzio prende in considerazione -tra gli altri -tale interesse in quanto non preclude la conservazione alla donna del cognome del marito (pur se la regola � la perdita del cognome aggiunto), potendo il Tribunale autorizzare la donna che ne faccia richiesta a mantenerlo, aggiunto al proprio, quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela. Per altro verso, occorre rilevare che l'azione di rettifica oggetto del giudizio a quo pu� essere promossa dal pubblico ministero, ai sensi dell'art. 165 dell'ordinamento dello stato civile, �in ogni tempo�; con la ulteriore conseguenza che ove l'interessato fosse costretto a mutare il cognome in et� avanzata, l'effetto ricadrebbe inevitabilmente su tutta la c;;ua discendenza, portatrice anch'essa del medesimo cognome. Basta riflettere sulla gravissima confusione e sull'incertezza dei rapporti giuridici che una siffatta situazione sarebbe suscettibile di generare, per rendersi immediatamente conto della coincidenza, sotto tale profilo, tra l'interesse generale alla certa e costante identificazione delle persone e quello individuale al mantenimento di un cognome ormai divenuto irreversibile segno distintivo dell'identit� personale. Nel novero delle disposizioni contenute nel titolo IX dell'ordinamento dello stato civile, dedicato alle rettificazioni ed alle annotazioni degli atti, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 28 l'.l'l.rt. H\5 detta una regola di carattere sostanziale disponendo che il Proc.ratore della Repubblica possa promuovere le azioni di rettificazione richie~ te dall'interesse<pubblico, avvertite le parti interessate, �e senza pregiudizio dei loro 4iritti �; poich� in questa sede si fa .espressa salvezza dei diritti. delle. parti. interessate ma non � previsto il .diritto al mantenimentq del cogI1omefi110aquel momento attribuito e che � divenuto segno distintivo. dell'identit� personale, � di questa norma che va dichiarata, in parte qua, l'illegittimit� costituzionale per contrasto con l'art. 2 della Costituzione. CORTE COSTITUZION.ALB, 10 febbraio 1994 n. 25 -Pres. Casavola -Red, Spag:J;loli -Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiumara). Reato -Truffa .� Comuntt� europee <� Aiuti comunitari -Repressione. (Cost., art. 3; legge 23 dice.I)lbre 1986, n. 898, art. 2). /'{on � illegittimo per difetto di ragionevolezza e per disparit� di trattamento l'art. 2 legge n. 898 del 1986 che punisce chi consegue indebitamente aiuti comunitari mediante l'esposizione di dati o notizie falsi con pena inferiore a quella prevista per la truffa, in quanto tali mezzi sono un minus .rispetto alla categoria degli artifici e raggiri previsti dall'art. 640 c.p. e la n�rma denunciata individua un reato sussidiario ipotizzabile sOio Cjuand� non sussistano i presupposti della t�ruffa (1). (ritenuto in fatto) A conclusione di un procedimento di indagine irelativo �a fatti commessi sino all'anno 1991, per i quali era stata ipotizzata la violazione dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 (che prevede sanzioni penali e amministrative per l'indebita percezione, mediante esposizione� di dati o notizie falsi; di erogazioni a carico del Fondo europeo agricolo), il Pubblico Ministero presso la Pretura circondariale di Matera (1) La Corte interviene nella questione dei rapporti tra truffa e frode comunitaria, . complicata in . modo pressoch� inestricabile da un succedersi di normative che, pur essendo dichiaratamente rivolte a favorire la repressione dei fenomeni molto diffusi di acquisizione indebita di contributi della CEE, talora hanno sortito l'effetto ir,lverso dii agevolare la posizio11e degli imputati (ad esempio riduce11do . i termini. di prescrizione del reato e modificando la competenza a giudici gi� aditi), nortch� da una serie di sentenze della Cassazione di opposto or.ienta:mento, che si sono variamente intrecciate con le riforme normative, vanificando spesso le buone intenzioni del legislatore . .. .I>a questo labirinto la Corte ha ritenuto di uscire sostanzialmente accogliendo la tesi del carattere sussidiario del reato previsto dall'art. 2 legge 898/1986, nel sertso che esso sussiste quando il reo consegue le indebite erogazioni � soltanto PARTE I,���SEZ. lf GIURISPRUDBNZA�.COSTITUZIONALE 29 ha t:tasmes�so gli � �tti al giudice ipe:t le� inidagini �. prelimiriati .� co:rfrlchiesta di< archivfazfohe, �n qu�tito; nella specie; non concorrevano�. entrambe te condizioni.� previste dalla norma :....... secondo l'interpretazione . autentica di essa fornita � dal!l'art�colfo �� �51� comma�� 3~bis; �delifo: legge 4�� �n:ovefubre � 1987 n::46Q! ;;:;;;;;��perch� possa essere� et�gata��ra� s�riz�one p�nal� � aoe� che la sorgfu� peh::epita: ds{iltlpari o s!lJ?erfo:rea un decimo delberi�f�d:o legitt�riili)' lJ.~te s~ettarite �,. ~l c9ritempo, �che � 111 stessa�� sfa superiore a�� venti fu1li�ril di lfrtf :ili vi� ptegi'.Udizfal�, if Pubbikb M�:nistet� h� p�faltfo sol~ iev.ato questione di� 1egittimita �costituzionale del suddetfo articolo 2 � della I�ggl:)n/898 del.1986, per contrasto con �l'articolo 3, prifuo �coiti.ma, .�della Cbstifuzforie, in ragi�p.� CieMa � � illcong:rua diversit�. di� trattafuenfo che� ia norma impugnata� riserva a coforb che indebitamente percepiscono aiuti cotriunitarr per Htgl"i:Mlttira medfante esposizione dl dati falsi, rispetto agl� aufori del reato di truffa. llG�u<lfoe per. le iriciagihfpi:el�mitlari ha ritenuto che iiecceZ�ohe fosse rilevante e non manifestamente inrond�ta e� ne ha qufud� Hffi�sso l'esame aqu�staCofte eonordhiaI'lza del 21�m.aizb 1993 (r.o. n. 272 �l:ei� l99.'.3J. .Iigittdfo� a qu(J osserva������.�. Hcl~amarido al riguardo giurisprudenza di legittimit� e�.� di.� mento che. il reato previsto e punitO dail'articolo 2 della legg� Ii:. 89!fdel . 1986 presenta .du� elen'lenti speciallzzar1ti, rispetto al reato di tr�ffa df cui all'artic610. MO del codice penale, ed� in � particolare rispetto all'ipclt�sf di truffa aggravata :per il c�nseguirnento ili erogazioni pubblich� df cui all'artieoh 640 bis del� cbd�ce penale: il primo � collegato alfa pecurialit� degli artifici � :raggfr.i, che debbono consistere nelfa produzion� di una d��urtienfazione ideologicafuente, ov'7�ro, ili detenninati.casi, materialmente falsa;. il secondo �. invece rifer�t6 al. soggetto. pas~ivo. del reafo, che, nella ipotesi speciale, � rappresentato da.I Fondo europeo agifoofo di. ori�nfafu�nto e garamia. Si tratta palesemente di elementi che�������� secondoifgfodice .a quo -.non. valgono a diversificare la fattisp�eie speciale rispe!foa quella generale sotto alci.in pr?fifo dlevari1:~ ai fini 'C�etla v�lu:tazfoh� della .gravit� del reato. Notevole �, invece, la diversi- mediante l'esposizione d1 dati o notizie falsi � e quindi senza altri raggiri, con ci� aderendo all'orientamento espress� dalla cassazione. nella. sentenza 1023/1988, poi dds.afteso invece< da s<:mten:te piit recent~.(Cass., sez. V, 13 .aprile 19~9; n~ 5431, imp. Palermo; sez. I, 12 gennaio 1990, n.134, �mp ..<Pintacuda), i:icorc:late daU'Av~ vocatura, la . quale peraltro aveva altres� riferito. che proprio. in i:elazione a queste iiltime fa legge 142/1992 ha disposto espressamente il carattere. su.ssidiario del reato di frode comuniti:tr.i� (per l'avvenire ovvfamente). Dovendo per� incidere la pronuncia ..su un fatto antecedente a tale novella, la Corte ha utilizzato lo strumento dell'interpretazione di rigetto rispetto al quale l'Avvocatura aveva anche. sottolineato la rilevanza dell'aspetto probatorio, che esonera dall'onere di �dimostrare con complesse e dubbie verifiche la sussistenza di artffid e raggiri essendo Sliffidente la mera constatazione di dati e nodzfo obiettivamente falsi. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO t� del trattamento che il legislatore ha previsto per la fattispecie speciale: in primo luogo, la punibilit� dell'illecito � connessa all'effettivo (e non anche al solo tentato) conseguimento delle indebite sovvenzioni; in secondo luogo � previsto che l'indebita percezione sia penalmente rilevante soltanto quando essa sia superiore a venti milioni di lire e, al contempo, a un decimo del beneficio spettante, mentre, al di sotto di tali limiti, vi � soltanto una sanzione amministrativa; in terzo luogo, le sanzioni penali previste sono inferiori a quelle comminate dall'articolo 640-bis del codice penale per coloro che commettono il reato di truffa al fine di ottenere � contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunit� europee�. La norma impugnata appare quindi fonte di una ingiustificata disciplina di favore per una settoriale categoria di truffatori e si pone pertanto in aperta violazione dei canoni di uguaglianza e ragionevolezza affermati nell'articolo 3 della Costituzione. Con riferimento alle pronunzie di questa Corte che hanno affermato il principio di inammissibiit� delle questioni di costituzionalit� che incidano sulla sfera riservata. alla discrezionalit� del legislatore (nella quale sarebbe compresa la individuazione dei reati e la determinazione delle relative sanzioni), il giudice a quo ricorda il carattere primario e fondamentale della Costituzione, dalla quale, quindi, �bisogna partire non solo al fine dell'individuazione, nella scala gerarchica dei beni socialmente rilevanti, di quelli a cui presidio � posta l'extrema ratio costituita dalla sanzione penale, ma anche per sostenere che a comportamenti i quali in maniera analoga ledano o mettano in pericolo beni giuridici di rilievo deve corrispondere una medesima reazione dell'ordinamento�. Non � quindi ammissibile che la disciplina penale tratti in maniera macroscopicamente disomogenea comportamenti che -a parte alcuni insignificanti elementi di diversit�, attinenti al � contorno � dei fatti �regolamentati -si pongono in sostanziale identica posizione di conflitto con l'ordinamento giuridico �. Con riferimento alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che, se la normativa denunziata venisse espunta dall'ordinamento, il giudicante potrebbe evitare l'archiviazione degli atti, perch� all'indagato andrebbe ascritto, con le ulteriori valutazioni del caso (anche in punto di competenza) e sia pur nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 2 del codice penale, il reato di truffa aggravata. Nel giudizio davanti alla Corte � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha sostenuto l'inammissibilit� della questione per difetto di rilevanza e l'infondatezza della stessa. In premessa, l'Avvocatura ricorda che il rapporto �tra la norma di cui all'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 e quella di cui all'articolo 640 del codice penale (e poi dell'articolo 640-bis del codice penale, introdotto con PARTE li SEZ; I, GlURISPRUDBNZA COSTI'l'UZIONALE l'~�C()l() n della Jegge 19 Il18IZO 1990 Il� 55} era stato inteS() all'inizio �e<>:tne. rapporto 1qi wera.�:$ussidiariet~~ ritenendos* cl;le il suddetto articolo 2 f9iise � stat() introdott() <~ f:ige dJ n()n Iasciweji:xwunjte condotte �he; sepPll. f fray�l9Ie.ternel1tf!; pre9~!lPC>!lte per .�il�. c:onseg.irnento di illeciti .. risultati,. PPt~ssetQ sfuggireall;ll . .repres5ione.�pel1ale, non presentando le.con, ......i1i~~~~~1r!~0ki!����flriz:~~~:i:e~r~����~~!i:t:1~i�6=~!i~u~i:~~�c!:!1: �tari<:i frisse avvenuto ndil solo mediante I'esposizipne <:li notiziefaJse, ma a,Mlie. 99n <1:)."t.;ici .e..raggiri, il .fatto (fq~eva intendersii11tegra.re ilreato ~l~tll~9:s�h~fi~!!fi!!Pf~:1~;;~~;~;~::!:~l!u~dBn~~Il!e;~!!: Peiiaie, cdi! seJ:ltenza. ct~l .1? qtto�re l9$$, n:�.1023, imp... Fani. Altre senteiize <li�egittimit� e di merito a~evano peraltro accolto una i11t~rpretiii0ile <:lhrersa (qpeUa. presuppqsta dal giudice a q.uo). ��secondo cui Jl;\ f:~Jt~�l;Je<;:~e. cij, �cl,l� ~g'~)."~c(}l() } Jp esame���� .e:t;l;\ ...da.� C<;>.s~�leral"si ll())l. gi� sl.lssiq{ai;ia, ma s.l)eda.le. rispetto a qiie.a..dell'artico19640 del c<>dice penale, nei. ~.ehs~Lche .� reato. t>~e\Tis.to .<;lallaprillla. d(ta� norme rappresentava Htia ipqt.~~i p((.rticplo,r~ .di.� tru,ffa,.. co)ltene.do tutti gli. ele:tnenti . c:ostitutivi 4lq~e~t'U.1timo reat(), �. �. ������������ . .�.�.� ......�..� ..�.� �� � � .... . . �. � . � � ��� :� all�ra intervenuta fa legge 19 fobbraio 1992 n. 142, che, con l'artic9Io. 73,ha.s9stitpito il precec:lente testo dell'articolo 2. della legge n. 898 del 1986. con una. nuova forrn.l�zione da cui risulta espressamente che la norma ttoYa . a,ppli,cazi()ne solo .�� ~< ove. ii fatto I1()n confi$llri . il .pi� grave reat() prexi~to..4ail'~tU.c;;o}9.Q4�-ois.�lel cod~ce ~nate�, ���� �... Ci~ ~re!llesso, l'i\vvocafora rileva che un'e.ve.ntuale pron.unzia. di accog!~ m~nto. dell'eccezio)le nonp9trel;)be !!Piegare. effetto. nel giu�lizio a quo edJJi geilen�e rispetto ai fatti commessi prii:.a dell'entrata in vigore della legge :Il., 142 del J992, J?er effetto �\elj'artfoolo Z cte1 codice. penale;.� n� potrebbe av.ere inf1uenza per.i fatti commessi successivamente, ai quali si appli�ajl nuovo testo (:\el)a. veccpia norma, .che ha eliminato in radice la questiQne in esame. I)oncie l'inai:.missibilit� della questione; e ad uguale concl~.sione si peryel'rel:>be anche. ove si ritenesse la natura interpretativa e J�oI1 in11pvativa della nuova formulazione della norma impugnata introdotta con la citata legge n.142 �lel 1992. �Nefiliento, �'A.'7vocatura ll� sostenut�> che riori poteva essere ritenuta irrazioila,I~�..�l� �:e~en�lizi�ltione � dell'illecita � riell'iI>Otesi \n .. danno non particolarmente elev�fo; :Resterebbe il� tlubbio su.Ua razionalit� della diversit� di trattamento tra.� chi� percepisce indebitamente provvidenze comfu�. itati� esponendo dati o notizie falsi, punito dall'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 e chi commette reato di truffa ordinaria o qualificata; punito dagli articoli 640 e 640�bis del codice penale. La disarmonia tra le due situazioni (causata invero da un'interpretazione non del tutto convincente della normativa allora esistente e venuta ora meno con la modifica apportata dalla legge n. 142 del 1992) non assurge per� -secondo la Presi RASSEGNA AVVOCATURA DELI,.O STATO <lenza del Consiglio -al livello di irrazionalit�, in quanto l'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 prescindeva (nella vecchia formulazione) e prescinde (nella nuova formulazione) dalla verifica dell'esistenza d1 artifici e raggiri e finanche dall'ingiustizia del profitto, ancorandosi al dato obiettivo della mera esposizione di dati e notizie falsi: donde la depenalizzazione delle ipotesi di non rilevante valore economico o (allora, ma non pi� ora) delle ipotesi di non -rilevante scarto fra quanto effettivameillte dovuto e quanto indebitamente percepito. (considerato in diritto) Il Giudice per le indagini preliminari di Matera, ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 (nel testo vigente all'epoca dei fatti, successivamente modificato dall'articolo 73 della legge 19 febbraio 1992 n. 142), per il quale, � Chiunque, mediante l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per s� o per altri, aiuti, premi, indennit�, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di orientamento e garani:ia � punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Quando la somma indebitamente percepita � inferiore ad un decimo del beneficio legittil~amente spettante, e comunque non superiore a lire venti milioni si applica soltanto la sanzione amministrativa di cui agli articoli seguenti�. Il guidice a quo ritiene, in conformit� ad una parte della giurisprudenza di legittimit� e di merito, che tale norma si ponga in rapporto di specialit� rispetto sia all'articolo 640 del codice penale, che prevede il reato di truffa, sia all'articolo 640-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 22 della legge 19 marzo 1990 n. 55, che prevede il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (comprese esplicitamente in queste ultime, quelle concesse dalle Comunit� europee). Tale interpretazione si fonda �S'l.l!l presupposto che, in generale, ad integrare l'elemento costitutivo del reato di truffa rappresentato dagli � artifizi e raggiri�, � sufficiente anche la sola menzogna (e quindi anche la mera �esposizione di dati e notizie falsi�), quando abbia per effetto di trarre in errore il soggetto passivo, cosicch� gli unici elementi specializzanti che valgono ad individuare la fattispecie prevista dal citato articolo 2 nell.'ambito di quella pi� generale prevista dagli articoli 640 e 640-bis del codice penale, consisterebbero nella specificit� degli artifici e raggiri, nell'identit� del soggetto passivo (il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia), nella natura del contributo richiesto e nel contesto politico-economico nel quale si inserisce la condotta di frode (cos� Cass., sez. III pen., 19-26 agosto 1987, imp. Coluccio). Ne consegue, tra l'altro, secondo l'orientamento in esame, che, una volta realizzatosi il comportamento fraudolento descritto dalla norma speciale (l'esposizione di dati o notizie false) trova comunque applicazione quest'ultima -e non la norma sul reato di truffa -a nulla rilevando l'eventuale esistenza di artifici e raggiri ulteriori, anche particolar PARTE I, SBZ. I, GIUjUSPRUDBNZA. COSTITUZIONALE 33, roente .frlil-.cl.olenti, salvoche.in�.<>rdine.�a tali. fatti non siano �onfigurabili alti;i �specifici reati conct:lrrenth . � / ����� I:lgiudice a quo rileva .quindi che gli elementi� speeializzanti � soprlllo indi" C:!'l'ti���s.c.>JW� clel�.tllttO!�� mlll-rgjnlll-U .e.�non.idonei��a..forn:ire�. alcuna� . .giustificazione t~io~ead. un trattamento sanzjonatorionotevOlmente�attenuato; quale ~ᥥ!lt'p.~lq :P~evi~t<Ji���4~�..citatl)articolo��2;��rispetto' a�. q.ello. comminato �per��il ~~~t9���4~��~~i:t���~i~ra#l;\t�ᥥ{minore1... entlt���de~Ia�. penl;\;��<l~'.tlena1izzazione�.d�lle il;>9te~i.;Piuli.Mi ~. s.econdh iU giud�te �a quo--non pl.lruhi1ita del tentativo). �:ILgiudice ti t]UQ dubita�� che� questo .trattamento � maeroscopicamente .9i~om�geneo �.d~.�c:ondotte��identicai::nente�onflig$enticon l'ordinamenta..giu" ridfo&� determfoi la vi�lazione dell'articolo 3 della Costituzione � ...�.�.�.�.��.�.�.� �.� �.... �.�� �.�.�..�.�.�.�.�.. �.� . �.�.�..�. �.��.�. � .. �� .... .. .. . . �)eve prelimj.,~:t'JJ:lel}t<tl essere� disattesa:. l'(;:lccezione di . inammissibilit� per irrilevanza�.solleva;ta da1l'Avvocatura generrue deHo��Stato; see�ido Ja qU:alesarel)'be.pte�luso ana.Corte di. sindacarelalegittimit� costituzionale . C:tell'; .ll.<?#Qe..l?.ex:i:alj. 4i fQ:l;V()l'e,; .posto cb.ecuna eventua1e pronu:rufa . di. ac~ <;01?1~i*1-�t#t'>'.non. pdtrebbe comunque.. trovare .applicazione .. nel gi.dizio. a quo; ili ragjone � delp:dncipio di irretroattivit�� delle norme penali stabilito 9allfatti�olcr25' <della Costituzione. �. Fin dalla sentenza n. 148 del 1983, e stato deciso che il principio costituzionale della irretroattivit� <:lei reati e delle pene non vale ad esone rare dal sinclacat<> della C9:rte .le norme penali <ii .favore, � .quand'anche leyive degli imperativii;:ostit:uzionali. di ..egJ.iaglianza in� materia penale�. PeUa motivazione di tale pronunzia, merita particolaunente di essere qui ricopdato il passaggio in.. cui.. Ia. Corte.. affel'ma .. e�. <~la �. tesi. che .. le. qu~ stioni dileg�ttimit~ costituzionale concernentlnorme penali cli favore non sianO' mai: pregj.udiziajLai fini del giudizio a. quo, muqve da. una . visione troppo. semplifie;;u'lte delle pronuncie che q.esta Corte .potrel:>'be adottare, uni:rvolta affrontato il merito d~ tali impugnative. La Jesi stessa consid~ ra, cio�,Ja sola alternativa esistente fra una c!ecisione di accogl�mento, nei termini. ind.i�ati dall'ordinf,UlZa dLrimessione, ed una �decisione.�cli rigett(), pf()n~tjat~' �.111;1. ba:se dell'internretazion~ fatta pr�:pria.� d�l ghM:lice. a q(,l.o. M~ qq�sta (:;()tt�. IJ.OIJ. �. vincolata in a~solu,to c!alle. opzi�ni interpretative del giudice.� cJ:le promuove l'incidente di costituzion�lit��. In altre parole, p,on pu� escludersi a priori che il giudizio della Corte su una norma P~ llaile di favore s(Qoncl.cla COil una sentenza intetpretaii.va di rigetto (nei St}xtsi 4i�.i iP ffi9tiyati()ne) () e.on .� uP~ �~i;()l1,\lncil;\ � c9m\tnq,ue .. correttiva delle premesse esegetfo];ie su cui si fosse fondata l'ordinanza .�di rimes sione: donde uria serie di deC:�sioni. certamente suscettibiUdi influire sugli esiti del giudizio .penale pendente� (nello steSso senso anche �1a sentenza Ii, 167 del 1993).< � < Questo proflO -com.e si dir� in segUito -assurn.e specifico rilievo ... . . . nel caso in �esarn.e. Ove fosse da condividere l'interpretazione della norma impugnata e, pi� precisamente, dei rapporti di essa con gli articoli 640 e 640-bis del 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO codice penale -prospettata dal giudice a quo, non potrebbe negarsi fondamento al dubbio di illegittimit� costituzionale che il medesimo sottopone , al vaglio di questa Corte con riferimento all'articolo 3 della Costituzione. I � pur vero, infatti, che, secondo la costante giurisprudenza costituzio I nale, rientra nella discrezionalit� del legislatore stabilire quali comportamenti debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualit� e la misura della pena ed apprezzare parit� e disparit� di situazioni. Ma la Corte ha sempre anche precisato che l'esercizio di tale discrezionalit� pu� essere censurato quando esso non rispetti il limite della ragionevolezza e dia quindi luogo ad una disparit� di trattamento palesemente irrazionale ed ingiustificata. Orbene non sarebbe possibile ipotizzare alcuna ragionevole spiegazione per una norma che riservasse un trattamento sanzionatorio pi� favorevole ad una sottospecie del reato di truffa, enucleata dalla figura generale in ragione di un elemento specializzante sostanzialmente unico, rappresentato dal fatto che l'ingiusto profitto perseguito dall'agente sia un'indebita erogazione a carico totale o parziale del FEOGA, anzich�, ad esempio, un'indebita erogazione a carico dello Stato, di altri enti pubblici o di altri organismi delle Comunit� europee. Ma tale risultato interpretativo non pu� considerarsi obbligato. La norma impugnata � stata voluta dal legislatore per ovviare ad una situazione normativa che permetteva di lasciare impunito il conseguimento indebito di contributi comunitari mediante la mera esposizione di dati o notizie falsi. Tale presupposto della iniziativa legislativa si collegava, come si afferma nella relazione alla proposta di legge, alla constatata II riluttanza, nella pratica amministrativa ed in quella giudiziaria, ad identificare la mera esposizione di dati e di notizie falsi con la messa in opera @ di � artifizi o raggiri � e quindi a far rientrare il comportamento sopra I descritto, nella figura del reato di cui all'articolo 640 del codice penale. La configurazione di una nuova fattispecie penale, quale quella descritta I dall'articolo 2, era quindi diretta a rafforzare la tutela penale delle sovvenzioni comunitarie colpendo comportamenti che, altrimenti, sarebbero sfuggiti alla repressione, e non gi� a ridimensionare il sistema sanzionatorio (v. intervento del Ministro dell'agricoltura nella seduta del 17 dicembre 1986 -Camera dei deputati, IX legislatura, pag. 50918 -nella discussione sulla legge di conversione del decreto-legge 27 ottobre 1986 n. 701). Alla norma veniva cos� attribuita una funziione sussidiaria rispetto a quella concernente la truffa. In sede di applicazione giurisprudenziale della legge l'impostazione del legislatore venne confermata da una parte della giurisprudenza della Corte di cassazione, ma fu invece disattesa da altre pronunzie della stessa Corte, che ravvisarono l'esistenza di un rapporto di specialit� tra il nuovo reato e Ia truffa, traendo da ci� le conseguenze di oui gi� si � fatto cenno. L'ordi PARTE I, SEZ, I, . GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE nanza di rimessione fa appunto riferimento a questo secondo orientamento. Il contrasto giurisprudenziale si collegava a sua volta -principalmente, seppur non esclusivamente -ad un pi� generale problema interpretativo, relativo alla idoneit� o meno delle di<;hiarazioni semplicemente menzognere a concretizzare cii Per s� i;ole la nozione di � artifizi e raggiri�, p.r in 1c1lfetto di un quid pluris, di un ulteriore elemento di :frode. Un contrasto; non nuovo, del resto: analoghe discussioni vi furono a proposito del �rapporto .tra il reaito di itruffa e il resto di mendacio bancario, previsto dall'articolo 95 del regio decreto 12 marzo 1936 n. 375 (ora riprodotto nell'articolo 137 .del decreto legislativo 1� settembre 1993 n. 385 recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia). Con l'articolo 22 della legge 19 marzo 1990 n. 55, nell'intento di predisporre uno strumento repressivo specifico, il Parlamento ha introdotto nel nostro . codice penale, con l'articolo 640-bis, una figma aggravata di tl1Jffa per i casi in cui 5< il fatto. di cui all'articolo 640 .riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero a1tre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, . concessi o erogati da parte delJo Stato, di altri enti pubblici o delle Comunit� europee �. Per taile ipotesi � comminata la pi� grave pena della reclusione da uno a �sei anni ed � 1sitabilita la procedibilit� d'ufficio. Ma l'introduzione di questo pi� severo trattamento sanzionatorio � caduta su un tessuto normativo nel quale Ja persistenza dei due diversiorientamenti sopra menzionati circa la sussidiariet� o la speciailit� .c;lel reato di cui all'ar.ticolo 2 della. legge n. 898 del 1986 rispetto al reato di truffa era destinata a riprodursi in or�dine alla nuova fattispecie di truffa aggravata, cos� determinando conseguenze che per certi versi finiv.ano per vanificare l'intento di una maggiore tutela nei confronti delle frodi comunitarie. Il legislatore � quindi nuovamente intervenuto con l'articolo 73 della legge 19 febbraio 1992 n. 142 che ha modificato l'articolo 2 della legge n. 898 del 1986, esplicitandone il carattere sussidiario, mediante la formula � Ove il fatto non configuri il pi� grave reato previsto dall'articolo 640bis �, che precede il restante testo dell'articolo, riproducente, con qualche modificazione, quello originario. Nella relazione al disegno di legge n. 5497, presentato alla Camera dei deputati nella X legislatura, si afferma, infatti, che per evitare che l'accentuazione del rilievo penale delle frodi in danno della Comunit�, voluta con la citata nuova disposizione codicistica (l'articolo 640-bis) �sia vanificata da una malintesa specialit� del reato meno grave previsto dal succitato articolo 2 della legge n. 898 del 1986 ... � necessario stabilire che questa norma non � applicabile in luogo dell'articolo 640-bis quando la fattispecie materiale integra gli estremi della truffa�. Questa nuova norma -non considerata dalla ordinanza di remissione in quanto successiva ai fatti da giudicare -non per questo perde 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di rilievo ai fini del presente giudizio. Ed infatti, considerata insieme alla successione di interventi legislativi che l'ha preceduta e ai relativi lavori parlamentari, appare palese che, con essa, si � inteso semplicemente esplicitare, a fronte di contrastanti interpretazioni applicative, quella che era stata chiaramente, fin dall'origine, l'intenzione del legislatore e cio� che la condotta sanzionata 1dall'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 fosse� quella consistente nella mera esposizione di dati o notizie falsi, mentre i fatti connotati da ulteriori elementi di frode continuavano a ricadere nell'ipotesi di cui all'articolo 640 e, successivamente, dell'articolo 640bis del codice penale. N� pu� ritenersi che la disciplina del rapporto tra norma speciale e norma generale dettata dall'articolo 15 del codice penale sia di ostacolo ad un'interpretazione che si uniformi non solo e non tanto all'intenzione del legislatore ma anche e soprattutto alla razionalit� intrinseca del sistema ed alla ratio della norma quale � con certezza desumibile dal quadro normativo in cui essa � inserita e dal contesto politico-economico alla quale la stessa fa riferimento. � chiaro che il problema neppure si pone per coloro che accedono alla tesi secondo cui il semplice mendacio non � sufficiente ad integrare gli � artifizi e raggiri� di cui all'articolo 640 del codice penale. Per costoro, infatti, l'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 colpisce una condotta diversa da quella propria del reato di truffa, sicch� il rapporto tra le due norme non � di specialit�, mentre trova applicazione il principio dell'assorbimento o della consunzione del reato meno grave in quello pi� grave allorquando l'esposizione di dati o notizie falsi si accompagni ad altre modalit� ingannevoli. Ma anche la tesi secondo cui, in generale, il semplice mendacio � sufficiente ad integrare il delitto di truffa, ove abbia comunque avuto l'effetto di trarre in errore il soggetto passivo, non � tale da imporre la soluzione interpretativa presupposta dal giudice a quo. � infatti suffi. dente osservare che, in quest'ottica, la norma di cui al citato articolo 2 configurerebbe un'ipotesi speciale di truffa di gravit� minore, connotata, peraltro, non solo dall'essere il fatto diretto ad ottenere indebiti erogazioni a carico del FEOGA (il che non sarebbe sufficiente a giustificare l'attenuazione), ma anche dal ricorso al meno ingannevole tra i comportamenti sussum~bili, secondo questa tesi, nella nozione di artifici o raggiri, e cio� il semplice mendacio. Tra gli elementi specializzanti che concorrono a distinguere, all'interno della fattispecie 'di truffa, l'autonoma figura di reato di cui all'articolo 2 della legge n. 898 del 1986, vi sarebbe quindi anche un elemento negativo, costituito dall'assenza di elementi o modalit� ingan .nevoli diversi e ulteriori rispetto alla mera falsa dichiarazione, s� che, al l'inverso, la presenza di questi ultimi determinerebbe anche qui la sus sistenza del solo reato pi� grave. E, certamente, la minor fraudenza dei PARTE I, SEZ~ �Ii "GIURISPRl.IDE!NZA COSTITUZIONALE 37 mezziusati � costituisce; in questa materia, una considerazione idonea a fornire una giustificazione non irragionevole per un trattamento sanzionatorio attenuato rispetto a quello .normale. P.ertimtq, quale cbe .. $ia l'interpretazione �� prescelta circa la nozione di � artifizi o raggiri>) agli effetti dell'articolo 640 (e, $U questo, la Corte non ha necessit� di Pl'():P.Upziarsi),. (': ben� pos$ibile risolvere il problema dei rapp�>rtiJra ~ll norma impugnatae ~i articoli 640 e 640-bis ciel c()dice penale in termilli diversi da quelli presupposti . dal giudice aquo e tali ~ non c.leterminare q.ei vizi di illegittimit� costituzionale. che egli ha paventato. �..�A. tal ffue f appunto sufficienteinterpretare la previsione dell'articolo 2dellalegge n, 898 del l986 nel senso che essa si riferisce al ca$o di coliti che consegue indebitamente erogazioni a carico del FEOGA soltanto mediante l'esposizione di dati o notizie falsi. Tale interpretazione -consentita . dal ._tenori letterale�_� della . disposizione, conforme all'intenzione.. 4el legislator~ �ecoerente . con la consideraiione . sistematica e funzionale. della� C�isciplina . -� anche imposta dal �fondamentale canone ermeneutico sece>ndo. cui, tra pi� significati possibili di una medesima disposizione, l'interprete deve escludere quello, tra di essi, che non sia coerente con il dettato costituzionale. E poicll.� la norma, interp-retata come si � detto, non determina effetti di. irrazionale ed ingiustificata . disparit� di trattamento sanzionatorio, reccezione di illegittimit� costituzionafo in esame deve essere dichiarata infon~ta. CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1994 n. 40 -Pres. Casavola -Red. Cheli -Regione Sicilia (avv. Torre e Ingargiola) c. Presidente Consiglio dei Ministri. Regioni � Conflitto diattribUZione . Corte dei Conti � Controllo sugli atti � Nuovo regime. (dJ. 17 luglio 1993, n. 242, art. 7). Non sp.ettava .allo Stato sottoporre al visto di legittimit� della Corte dei Conti i provvedimenti del Presidente della Regione Siciliana esclusi dalla casistica dell'art. 7 d.t. n. 143 del 1993, poich� :s�i deve estender.e immediatamente alla sfera delle Regioni l'operativit� della nuova e pi� limitata disciplina sui controlli della Corte, ancorch� il d.l. stesso non sia stato poi convertito ma fatto� salvo negli effetti dalla legge n. 20 del 1994 (1). (1) Viene respinto il tentativo della Corte dei Conti di restringere l'operativit� immediata dell'art. 7 d.1. n. 242 del 1993 ai controlli sulle� Regioni, sottolineando 4 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I due conflitti proposti dalla Regione siciliana, pur traendo origine da provvedimenti distinti, si fondano sopra un identico motivo, che investe l'applicazione nell'ambito regionale della nuova disciplina in tema di controllo preventivo di legittimit� da parte della Corte dei conti, introdotta con l'art. 7 del decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143 e reiterata con l'art. 7 del decreto-legge 17 luglio 1993, n; 232. I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti al .fine di addivenire ad una unica pronuncia. n primo conflitto (n. 25/93) � stato sollevato con riferimento alla delibera n. 94 del 1993 della Sezione centrale del controllo della Corte dei conti che -muovendo dal presupposto della non applicabilit� alla Regione siciliana della nuova disciplina posta dall'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 143 del 1993 -ha sottoposto al controllo preventivo di legittimit� il decreto del p_residente della Regione 30 dicembre 1992, negand� ail� stesso il visto e la conseguente registrazione. Il sec�ndo conflitto (n. 38/93) ha tratto, invece, la sua occasione dalla nota che il Presidente della Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana ha indirizzato, il 10 settembre 1993, al Presidente ed all'ASsessore regionale per il bilancio di tale Regione, al fine di richiedere la sottoposizione al controllo preventivo di legittimit� della Sezione di tutti i provvedimenti e titoli di spesa indicati nel testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214: e questo sempre sul presupposto -gi� fatto valere nella richiamata delibera n. 94/93 della Sezione centrale '-della non applicabilit� all'ordinamento regionale siciliano della nuova disciplina in tra l'altro la Corte Costituzionale che a tale decreto va riconosciuta la natura di normativa fondamentale di riforma economico-sociale suscettibile di� vincolare anche le Regioni a statuto speciale. Rimane peraltro in ombra la preoccupazione manifestata dalla Corte dei Conti, a monte del contrasto, sul fatto che il modulo di controllo previsto nell'art. 7 cit. postula l'esistenza di controlli di legittimit� interna che in Sicilia non esistono, avendo la legge reg. 31 marzo 1972, n. 19, eliminato il controllo di legittimit� delle ragionerie centrali, alle quali � rimasto il solo controllo contabile. Secondo la Corte dei Conti ne seguirebbe la pregiudizievole conseguenza che, in una regione come la Sicilia, l'attivit� amministrativa, compresa quella di erogazione della spesa, non sarebbe soggetta ad alcun riscontro di legittimit�, laddove anche la dottrina ha censurato la duplicazione dei controlli di legittimit�, ma senza mai arrivare ad auspicarne la totale eliminazione. A tale perplessit� la regione Sicilia aveva peraltro replicato, nell'adunanza del 3 giugno 1993 dinanzd alla Sezione di controllo della Corte, che il successivo art. 8 dello stesso d.l. aveva delineato un nuovo assetto dei controlli interni al quale essa non avrebbe potuto sottrarsi, dato il carattere di norma fonda� mentale di grande riforma da riconoscere al d.l. citato, che condiziona anche la competenza legislativa primaria attribudta alla Regione in materia di organizzazione degli uffici. PARTE I; SEZ; I, GIURISPRUDENZA COSTiTUZIONALB materia posta con il decreto-.legge>n; 143 del 1993 e reiterata con il decret<>< legge ri. 232 del 1993; La :Regione siciliana ritiene tali atti lesivi della propria sfera di attribuzi6ni, in qtu:mfo �ll contrasto con l'art"� 23; secondo comma, dello Statuto speotaJ.e e��conle norme>dl attuaztonedi�.cuial�D;Lgs. 6 maggio 1948, n;;~$S{9h:l':l 1l~�),o<Jstituit() e c:t~s�iplinato � le'.�funzioni delle Sezioni della Cbitei ge$ c6~tfper la ~eg$one siCilia!la/ Da tali norme ._ ad avvi.so della r'idd:?r~hte�� ���� c��.�ai:idrebbf!����&esunfa;�����fafatti, .�l'applicabilit�����immedfat���� all'or� d�namerito sieiliano della . nuova �disciplina del .� <;ontroll� della C�rte dei ccm:J:ta,(J.ottata con il decreto-legge n� 143 del 1993 e reiterata con il decret& legge rt. 23'.� >del 1993; disciplina che ha ridotto le categorie degli �atti sdttdponio�i~icontroll.o preventivo di �legittimit�, non comprenderido in tali categorie provvedimenti di spesa quali quello adottato dal Presiden� te delta Regione H 30 dicembre 19921 nei cui confronti la Seziorte �centrale di �c()ntrollcf h;<ti invece~ es~rcit~to�il proprio esame; > >l ricorsi so.ll() fonda:ti. lFdecreto legislativo 6<maggio 194ik n. 655 ..-... r�cante ��le .norme �di attuat�o11e: � dello Statuto speciale in tema �di istitu� zione . delle Sezioni della Corte dei conti per gli affari concernenti la Re�;f6n�>siciliana ....,.. ha ele11cato;. al primo comma deWart. 2, le competen� z� della Sezione regionaletdel controllo, competenze da esercitare � in conformit�. delle: leggi �dello Stato che disciplinano .1e funzioni. della � Corte dei: contiȥ L.a forniula adottata con questa disposizione ~.ove collegata al ca� rattere unitario delle funzionLdL controllo attribuite, in base all.'art. 100, secondo comma, della Costituzione, alla Corte dei conti -non pu� non essere interpretata come. richi.anio ad una. forma d.i rinvio � dinamico � alla legislazione stata�e in tema di funzioni della Corte dei conti e, con� seguentemente, anche .di forme e di limiti del controllo ad essa spettante: legislazione stata.le che, nei suoi svolgimenti, proprio in virt� del richiamo operato attraverso la norma di attuazione, � destinata, dunque, a espande� re. direttamente la propria efficacia anche nei confronti dell'ordinamento .regionale: siciliano. Non p.� e�sere1 pertanto, condivisa la tesi -affermata nella deli� bera n. 94/93 cl.ella, Sezione . centrale di controllo -secondo cui la disciplina . del �911troll9 .� sugli a.tti del Governo e dell'amministrazione della Regione sfoiliana dovrebbe essere, ancor oggi, quella che risultava fissata nella legislazione statale. alla data dell'approvazione dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione (e cio� la disciplina di cui al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214), dal. momento che l'assetto del controllo nella Regione siciliana sarebbe � quello disegnato e stabilito dallo Statuto e dalle corrispondenti norme di attuazione � e che a tale assetto non potrebbe � farsi deroga se non attraverso i meccanismi che l'ordinamento prevede per la modi� ficazione delle nonne costituzionali e di quelle di attuazione dello Sta 40 RASSEGNA' AVVOCATURA DELLO STATO tuto �. Tale interpretazione -che assume a suo presupposto il carattere materiale del rinvio alla legislazione statale operato dall'art. 2 del decreto legislativo n. 655 del 1948 -oltre a contrastare con l'esperienza storica (che ha fatto registrare l'immediata operativit� nella Regione siciliana delle modifiche successivamente appoxtate al� testo unico del 1934, quale, ad �esempio, quella di cui all'art. 1 della. legge 21 marzo 1953, n. 161), verrebbe; infatti, a introdurre, nel controllo preventivo di legittimit� affidato alla Corte dei conti per la Regione siciliana; un fattore di rigidit� che non pu� trovare giustificazione nella disciplina adottata sia con lo Statuto speciale (art. 23, secondo comma) che con le relative norme di attuazione, dove si prevedono l'istituzione e le competenze fondamenta� li della Sezione regionale di controllo, senza nulla specificare (salvo il rinvio operato alla legislazione statale) in ordine alle forme ed ai limiti del controllo alla stessa Sezione affidato. Fattore di rigidit� che verrebbe, tra l'altro, a incrinare -in presenza di una ;riforma particolarmente innovativa quale quella che ha dato luogo ai conflitti in esame -l'esigenza di unitariet� sottesa alla funzione di controllo spettante alla Corte dei conti. Ma non va neppure trascurato il profilo -messo in luce dalla difesa regionale -relativo all'art. 10 del decreto-legge n. 232 del 1993, dove ai principi desumibili dalla discipina posta nello stesso decreto viene riconosciuta la natura di norme fondamentai di riforma economicosociale, suscettibili di vincolare le Regioni a statuto speciale e le Province autonome. Nonostante che questa disposizione (che ricompare in tutte le successive reiterazioni del decreto-legge n. 232 e, infine, nell'art. 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) non sia suscettibile di incidere direttamente nella materia del controllo della Corte dei conti, riservata alla legge statale; essa risulta pur sempre espressiva di una volont� del legislatore diretta a estendere immediatamente l'operativit� della nuova disciplina anche alla sfera delle Regioni a statuto speciale. L'insieme idi queste ragioni concorre, dunque, a dimostrare la necessit� di riferire immediatamente anche alla Regione siciliana le limitazioni apportate alla sfera del controllo preventivo di legittimit� con l'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 143 del 1993, limitazioni poi reiterate, con alcune varianti, nell'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 232 del 1993. La vigenza della nuova disciplina anche nell'ambito della Regione siciliana .doveva, dunque, condurre a escludere la possibilit� di esercitare il controllo preventivo di legittimit� negli stessi termini prima operanti ai sensi della disciplina posta con il R.D. n. 1214 del 1934, con la conseguenza di sottrarre all'esame della Sezione centrale il decreto adottato dal Presidente della Regione siciliana il 30 dicembre 1992. Dal che la fondatezza delle domande avanzate con i ricorsi in esame. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 41 Occorre, infine, rilevare che i due decreti-legge (nn. 143 e 232 del 1993), sulla cui vigenza i due ricorsi sono fondati, non sono stati convertiti in legge ed hanno, pertanto, perso la loro efficacia, ai sensi dell'art. 77, terzo comma, della Costituzione, fin dalla data della loro emanazione. Questo elemento non assume, peraltro, rilievo ai fini della pronuncia da adottare, dal momento che la legge 14 gennaio 1994, n. 20 -nel formulare, dopo i vari decreti-legge non convertiti, la disciplina definitiva della materia -ha espressamente fatto salvi, ahl'art. 8, �gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti� sulla base dei decreti-legge nn. 143 e 232 del 1993. Conserva, pertanto, la propria efficacia, ai fini della soluzione dei conflitti in esame, il richiamo operato nei ricorsi della Regione alla disciplina posta con tali decreti, in vigore alla data di adozione degli atti che hanno detel1ID.inato la proposizione degli stessi conflitti. CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1994 n. 48 -Pres. Casavola -Red. Vassalli -Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia di Belmonte). Reato � Provvedimenti antimafia � Possesso di beni di valore sproporzionato alla attivit� svolta � Mancata giustificazione da parte di soggetto sottoposto a procedimento penale � Violazione principio presunzione non colpevolezza � Illegittimit� costituzionale. (d.l. 8 giugno 1992 n. 306, art. 12 quinquies, conv. con mod. in legge 7 agosto 1992, n. 356, come modif. da art. 1, d.l. 7 settembre 1993, n. 639, conv. con mod. in legge 15 novembre 1993, n. 461). E' illegittima per violazione del principio di presunzione di non colpevolezza la norma che punisce la mera disponibilit� di beni di valore sproporzionato al reddito, ove di tale disponibilit� non sia giustificata la legittima provenienza, da parte di coloro nei cui confronti pende procedimento penale per determinati reati, poich� essa assume a presupposto del reato una situazione processuale, in quanto tale transeunte, trasformandola in una presunzione di colpa (1). (1) Con dovizia di argomentazioni la Corte sanziona la illegittimit� della norma all'esame, pur dando atto delle note ragioni di politica criminale che avevano indotto il Governo ad emanarla in un momento particolarmente grave della esplosione del fenomeno criminoso. La Corte, mentre ricorda le perplessit� che negli stessi ambienti parlamentari suscit� la norma, coglie l'essenza della illegittimit� nella dmpossibile commistione tra presupposti delle misure di sicurezza, che possono correttamente essere legati a situazioni transeunti, come quella della sottoposizione ad un procedimento penale ed elemen1li costitutivi di una fattispecie criminosa, per la quale la pendenza di un procedimento penale deve rimanere un fatto neutro, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 42 (omissis) Pur nella variet� degli accenti e degli sviluppi argomentativi che caratterizzano le numerose ordinanze di rimessione, al nucleo delle censure sta, dunque, il rilievo -comune a twtti gli atti di denuncia -che l'art. 12 quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306 del 1992 (convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356) punisce la disponibilit� di beni di valore sproporzionato al reddito o alla attivit� economica, ove di tale disponibilit� non venga giustificata la legittima provenienza da parte di coloro nei cui confronti pende procedimento penale per determinati reati: ad integrare l'indicata figura delittuosa, pertanto, � suffi. dente, sostengono i giudici a quibus, il possesso ingiustificato di quei beni da parte di soggetti che si qualificano per il sol fatto di rivestire una condizione meramente � processuale �; una condizione, quindi, che per sua natura assume il carattere della temporaneit� e che, in virt� della presunzione di non colpevolezza, deve ritenersi del tutto inidonea ad assegnare al soggetto attivo quelle connotazioni di intrinseco disvalore che la norma invece postilla, strutturando la fattispecie come reato proprio fondato sul � sospetto � che quella condizione evocherebbe. A tale insistito richiamo alla violazione del principio sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, si sovrappongono, poi, ulteriori rilievi di costituzionalit� che solo in parte presentano una effettiva autonomia sul piano logico-concettuale. Ricorrente �, infatti, l'assunto secondo il quale la disposizione impugnata contrasterebbe con l'art. 3 della Carta fondamentale, per essere la fattispecie incriminatrice delineata in termini tali da generare conseguenze non conformi ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza. Sempre .facendo leva sulla � fluidit� � che caratterizza lo status del soggetto attivo, si determinerebbe cos�, secondo alcuni giudici, una non giustificata disparit� di trattamento tra persone indagate per il reato de quo e quanti, invece, siano sottoposti ad indagini per altri reati, mentre altre ordinanze pongono in risalto la discriminazione che verrebbe a subire la persona inquisita rispetto a �colui che, seppur titolare di ricchezze sproporzionate, non incappa in un procedimento penale�, ovvero l'irragionevole identit� di trattamento che la di� sposizione riserva tanto al condannato che all'assolto in ordine ai �delittisorgente �. Ugualmente raccordata alla particolare �qualit�� che caratterizza il soggetto attivo, � l'ulteriore censura che individua, nella norma impu se non si vuole surrettiziamente introdurre nell'ordinamento una inammissibile presunzione di colpa. Mantenendo ben distinte le due situazioni comunque la Corte conferma ~a validit� e la legittimit� della scelta di politica criminale volta a colpire la disponibilit� ingiustificata di patrimoni non proporzionati ai redditi posseduti, purch� essa si estrinsechi in una misura cautelare mantenendo una funzione strumentale rispetto all'accertamento ed alla repressione dei reati. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE gnata, aspetti di dubbia compatibilit� con l'art. 25 della Costituzione: si osserva, infatti, che, facendosi dipendere il presupposto soggettivo dal verificarsi di una condizione futura, incerta ed imprevedibile, quale � l'assunzione della qualit� di indagato o imputato, ne deriva che il soggetto non � messo nella possibilit� di evitare il realizzarsi dell'elemento oggettivo del reato; criminalizzandosi, per questa via, l'acquisizione di beni, anche se conseguita in un momento in cui la legge non fa carico al soggetto medesimo di adottare particolari cautele, proprio perch� non rientrante in categorie � sospette �. Nel medesimo a:lveo, poi, finisce per collocarsi anche la dedotta violazione dell'art. 42, secondo comma, della Costituzione, a proposito deH.a quale si osserva che, configurandosi il reato sulla base della ritenuta sproporzione fra reddito e patrimonio -un dato, quest'ultimo, che, per la sua elasticit�, sarebbe fonte ulteriore �di ingiustificate ineguaglianze � -e prescindendo la norma � da qualsiasi coJilegamento immediato con un'attivit� delinquenziale giudiziariamente accertata�, verrebbero ad essere vulnerati i �principi dettaiti a tutela della propriet�, i cui limiti non hanno alcun .riferimento alle sue dimensioni quantitative �. Quasi 1tutte �le ordinanze di rimessione, infine, sottopongono fa norma a scrutinio di costituzionalit� per asserita violazione del principio sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Coniugando, infatti, fra loro, presunzione di non colpevolezza e diritto di difesa, e con accenni che talvolta coinvolgono anche il principio di uguaglianza, i giudici rimettenti, ancora una volta ponendo a raffronto la peculiare condizione che qualifica il soggetto attivo e la condotta che la fattispecie descrive, censurano la disposizione di cui si tratta sul rilievo che la medesima, postulando in caso allo stesso inquisito l'obbligo di giustificare la legittima provenienza dei beni, determinerebbe una inversione dell'onere della prova con conseguente compromissione del didtto di difesa, in quanto la persona sottoposta a procedimento penale sarebbe costretta � ad abbandonare ogni comportamento processuale passivo �, che pure l'ordinamento le garantisce attraverso H diritto di difendersi anche con il silenzio. Tale essendo il composito quadro dei rilievi che i giudici a quibus muovono alla norma sottoposta al giudizio di questa Corte, e poich�, per quel che si � detto, un risalto del tutto particolare � stato assegnato alla violazione del principio sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, quasi a farsi da esso poi derivare, per la struttura stessa che contraddistingue la fattispecie, gli ulteriori dubbi di costituzionalit� che i rimettenti sollevano con riferimento ai diversi parametri che sono stati dianzi indicati, la verifica della conformit� della norma al principio di presunzione di non colpevolezza finisce allora per assumere un carattere per cos� dire preliminare, secondo l'ordine logico che lega fra loro le censure dedotte. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Sono fin troppo note le ragioni di politica criminale che hanno indotto il Governo prima ad emanare il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 e poi a presentare in sede di conversione dello stesso alcuni emendamenti, come appunto quello da cui discende la disposizione impugnata. D'altra parte la stessa relazione illustrativa del disegno di legge di conversione ha avuto modo d;i scolpire le ragioni stesse con note:vole incisivit�. La disposizione dicui qui si discute, introdotta quale emendamento governativo nel corso dei lavori parlamentari relativi alla conversione del citato decreto, si iscrive nell'alveo di.queMa complessa manovra normativa v�lta ad adottare misure idonee a fronteggiare, sul piano della prevenzione e della repressione, il gravissimo fenomeno del crimine organizzato, spintosi ad una � aggressione che ha raggiunto livelli ormai assolutamente intollerabili � (XI Legislatura, Atto Senato n. 328 pag, 11)~ Le incontestabili esigenze di tutela della collettivit�, al cui doveroso soddisfacimento si � ispirato il provvedimento legjslativo nel quale ha trovato sede la disposizione oggetto di i:t~wugnativa, hann.o dunque costituito, ad un tempo, �l'obiettivo perseguito .e la motivazione offerta per� dissolvere i dubbi, subito emersi, circa l'effettiva compatibilit� della norma con gli altrettanto ineludibili principi di .rango costituzionale. Gi� in sede di commissione Affari Costituzionali del Senato, infatti, H 1sottosegretario di Stato per l'interno aveva avuto rnodo di evidel1Ziare come il Governo annettesse �grande rilevanza alla disposizione di C1li all'art. 12-quinquies, il quale pu� alimentare qualche dubbio di costituzionalit�,. ma rappresenta uno stru� mento efficace e vigoroso, utilizzato anche in altri ordinamenti e consigliato sia dalle forze .dell'ordine che dalla Guardia di finanza� (v. seduta del 21 luglio 1992). Ancor pi� espliciti sono i riferimenti che � possibile cogliere negli interventi svolti in assemblea al Senato; ove non � manca~ to chi ha ritenuto di dover esprimere �un particolare-apprezzamento per lo sforzo compiuto dal Governo, anche a costo di ess<;!re accusato di introdurre una fattispecie incostituzionale, per trovare: uno strumento di diritto sostanziale che penetrasse fino in fondo nei patrimoni accumulati dal mondo del crimine organizzato�, o chi, come il ministro dell'interno, si � trovato nella necessit� di ammettere che la norma in esame determinava � il ribaltamento di uno dei principi generali in materia di prove, dal m0mento che � lo stesso soggetto a dover dimostrare la provenienza e la natura lecita delle sue sostanze per non incorrere in sa,nzioni penali�, ovvero, ancora, chi, come il ministro di grazia e giustizia, si � mostrato ben .consapevole di agire �su un terreno difficile e delicato per i poteri conferiti alle pubbliche autorit� di incidere sui diritti e sui beni della persona, prima ancora che rigorosi accertamenti probatori si siano compiuti in sede giudiziaria � (Senato, Assemblea, seduta pomeridiana del 23 luglio 1992, resoconto stenografico, pagg. 47, 51, 55). Ad ulteriore e conclusiva conferma di come sia stato lo �stesso legislatore ad aver maturato la consapevolezza di essersi sospinto� stil pe PARTE I, � SEZ> l>� GlURlSl'RUDENZA �COS'flTUZIONALE ricolosq �rinale di una possibile compromissione� cli. valori fondamentali, sta1inf:ine l'iter.�. di�. conversione dell'ultimo. dei �decreti-legge di modifica P,elJa. P,o�;m<l� impug:nata. Nel. testo. del. decreto�<legge 17 .�settembre 1993 . �. 3~9i ~atti~�accanto alle modifiche deLcomma�2�dell'art. 12-quinquies 4~~)!'.tl~ :.,, 306 del 1992; delle quali gi� si� fatto cenno,� compariva, sotto: l'�i.i,:t't~ ~,; .p~ ~1:l.:l.�9\rli\i ipotesi di posses�so �� ingiustificato di valori � che .pt~y~(i{~y~ j.�p~ .f~ttiSPl!:Pie! delJ:utto . ::tnaloga .. a . q:uella oggetto del pres�iite g~.c:ltzjq~ d~ CtJ:fsi tfJsfii:1gqeya esC,lj.�S�V�mente per essere riferita agli i~p~t~tl df �tal.Di �.�. qelitti cq.t;po .. }a . pubblica .. amministrazione. Orbene, :ne~ J:aypr~.J?!'P:'htmel:l.t::trldi �pp.yersione,.~le noiwa fu vivacemente contestaf~ i# pjil i#rt~ .pJ;'qptjp sufpresl,lpposto che la� stessa non risultava con"'. f()ffillf~i prjhcipi �6sHtu2j0ni.i,.e\T�candosi, a .conferma di ci�, gli stessi a.rgofu.~1'1# a.dd6#f <l sostegno delle questioni cli legittimit� che, a quell'�}? pca, er�no si�te gi�.sollevate in merito alla consimile fattispecie des�fitta. dttil'~ft.. )2-qil�nquies del d.I. Il� 306 del 1992 (v., in particolare, Catiiefa dei. l)eput~t�, sedut� del 10 novembre 1993). La norma fu pertanto s6ppressa datii:i legge ;di c�riversione 15 Iidveinbre 1993, n. 461: tuttavia, eil da.fo ..asstl.me��nori pocO ��sigii�ficatO .�M fini� che qui interessano, sulla ba~e delle puntuali iridieazi.Onr emerse nel corso dei lavori parlamentari, la disdplina �he quella norma intendeva fot:todU.rre form� oggetto di alfra iniZiativa legislativa. da parte del Governo, nella quale, peraltro, l'originaria previsione non assumeva pi� i connotati di una fattispecie penale, ma si attraev~ la �stessa hell'.ambito � applicativo de1le misure di prevenzione. Con il .disegno. cli< legge n. � 1691 presentato al Senato della Repubblica iLJ<> .dicembre 1993;. il ministro di grazia e giustizia ha infatti proposto. diestenc1ere l'applicazione�.delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, a coloro che, sulla base l;l;t elt)n:tenti di fatto rappresentati anche dalla circostanza di essere sottopqsti a prpcec;limento .Penale per. delitti determinati da motivi di lu�r9, c1eY81lO ,J:itene;sL vivere abjt.ajme:nte, anche in parte, con il provento di alcuni .reati contro la pubblica ax:n;ministrazione. L'interferenza, dungue, cb,e. ,� J?ossi!bilejntravedere tra fattispecie criminosa v�1ta ad impedire,. � attraverso i� �sequestro� e la confisca, l'accumulazione di beni cli sospetta provenienza e la struttura che caratterizza, ai medesimi fini, il d�ver.s.o istituto delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, riyela, allc>I'�, )'esiste~ia �di un'area..� all'interno della. quale i presupposti che. d.e.Jo:11o .. assistere. la sanzfone criminale. finiscono p�r . essere ambiguamente co.ft.ts� con quelli che consentono l'applicazione di una misura di carattere preventivo. E. che una tale commistione si sia realizzata nel configutar~�la norma sottoposta� al vaglio di questa Corte, lo si desume cori chiarezza ponendo a rru�fronto tra loro i � requisiti )) che integrano la fattispecie� prevista dall'art. 12"quinquies del d.l. n. 306 del 1992, e quelli richiesti per procedere all'applicazione delle misure di prevenzione. A seg\ iito; infatti, delle modifiche appcirtat� al secondo comma dell'art. 2-ter 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO della legge 31 maggio 1965, n. 575, ad opera dell'art. 3 della legge 24 luglio 1993, n. 256, le misure di prevenzione ed il sequestro dei beni si applicano nei confronti di talune categorie di �indiziati�, non solo quando si ha motivo di ritenere che tali beni siano il frutto di attivit� illecite o ne costituiscono il reimpiego, ma anche � quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attivit� economica svolta �, fermo restando che con l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati �dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza �. Ove si consideri, dunque, la sostanziale sovrapponibilit� delle espressioni che compaiono nel nuovo testo dell'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 e di quelle che tipizzano il fatto materiale descritto nella fattispecie oggetto di censura, � agevole avvedersi di come una medesima condotta possa dar luogo indifferentemente all'applicazione di una misura di tipo preventivo ovvero alla irrogazione di una pena detentiva. Accanto a ci�, anche l'area dei soggetti finisce per essere pressoch� coincidente, considerato che Je misure di prevenzione patrimoniali trovano applicazione non solo nei confronti degli indiziati di appartenenza alle associazioni di tipo mafioso o a quelle previste in materia di stupefacenti; ma anche, in virt� della previsione dettata dall'art. 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, nei confronti di coloro che si ritiene vivano abitualmente con i proventi di una attivit� delittuosa, se questa �sia una di quelle previste dagli artt. 629, 630, 648-bis o 648-ter del codice penale . ovvero quella di contrabbando �. L'analogia che pu� quindi cogliersi tra i reati presupposti che qualificano la condizione del soggetto attivo del delitto previsto dall'art. 12-quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306 del 1992, e le categorie di indiziati per i quali � invece consentita l'applicazione di misure preventive, chiude pertanto il circolo del confuso ordito normativo che ha preteso di assimilare fra loro settori dell'ordinamento del tutto eterogenei: quello del diritto penale sostanziale e quello delle misure di prevenzione. Ecco svelarsi, allora di vizio di costituzionalit� che affHgge la norma impugnata. Se, infatti, pu� ritenersi non in contrasto con i principi costituzionali una norma che, al limitato fine di attivare misure di tipo preventivo, desume dalla qualit� di indiziato per taluni reati il sospetto che la sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato possa esser frutto di illecita attivit�, altrettanto non pu� dirsi ove l'analoga situazione venga ricondotta all'interno di una previsione incriminatrice, giacch� la legittimit� di una simile fattispecie rinverrebbe un insormontabile ostacolo proprio nel principio di presunzione di non colpevolezza che i giudici a quibus hanno correttamente invocato. Il naturale sviluppo del precetto sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, comporta, infatti, che la condizione di persona sottoposta a procedimento penale . . . . . PARTE I, SBZ; I; GIURISPRtlDBNZA � CO$TITUZIONALB assume connotazioni del tutto amorfe agli effetti del . diritto sostanziale; cosicch� dalla stessa non � consentito trarre � sospetti� o � presunzioni >~ di sorta che valgano a qualificare una specifica condotta che il le� gislatore. ritenga meritevole di sanzione penale; In altri termini, il fatto pez.tb:ne11te rilevante �deve. es~ere tale a prescindere dalla Circostanza � che il suo �ut�re sia o meno jnd;igato o� imputato, perch� falf c�nd�zfoni, �fu. stabili come ogni status processua:le)rton legittimano alcun apprezzamento in teririini d� disvalore; un apprezzamento che varrebbe ineluttabilmente. ad ant�cipa:re �effetti� che� la Costituzione riserva, invece,� soltanto alla sentem:a: irtevocaibile <I.icondanna. L'art. 12cquinquies' secondo comma:; del dJ. n.>306 del 1992Jir�vece, ispirandosi. con fin troppa chiarezza a:mo~ delli tipici del procedimento di prevenzione, fonda proprio sulla: qualit� dL indagato o di imputato il presupposto soggettivo che rende punibile un. dato di fatto;......; la sproporzione non giustificata tra beni e reddito che altrimenti non sarebbe perseguito, cosiech� la persona indiziata o imputata; ancorch� presunta non colpevole, �, per ci� solo, assoggettata a pena, in ordine �ad una condotta che, ove� posta in essere da qualsiasi altro soggetto,. viene � ad essere normativamente riguardata fu termini di totale indifferenza/La lesione inferta all'indicato parametro traspare, quindi, in tutta la sua evidenzi:v V'� anzi da osservare che l'ambigua formula adottata dal legislatore ha pretermesso qualsiasi risalto all'epilogo. processuale dei reati presupposti, quasi ad aver �presunto colpevole� il relativo. imputato; n mancato rispetto del principio costituzionale, poi, � in s� foriero di ulteriori ed altrettanto .gravi conseguenze. Come � stato, infatti,� covrettamente . posto in rilievo� . in numerose ordinanze, la provvisoriet� e��la� stessa casualit� insita nello status di� chi � sottoposto a inf. l.agini o al processo; fa si che persone le quali versino nella medesima; situazione,. vale a dire dispongano di beni non proporzionati al reddito, subiscano un differenziato trattamento a seconda che, nei loro confronti; sia stato o meno iniziato un procedimento penale: basta; quindi; una sempli�e. notitia criminis, ancorch� infondata e tale da condurre ad uno scontato esito di archiviazione, a determinare l'insorgenza della qualit� che �rende punibile.�quella condotta, con conseguenze discriminatorie di intuiti;va evidenza:, al fondo delle .quali sta l'arbitraria assimilazione di c()ndizioni (quella: di condannato e quella di imputato} che il costituente ha invece inteso separare nettamente. A conclusioni di egual segno occorre pervenire anche sul diverso versante degli effetti che la struttura della norma � in grado di generare sul piano della difesa che il soggetto inquisito � chiamato a svolgere: molti giudici, infatti, insistono -e tale aspetto come si � detto, fu avvertito anche nel corso dei lavori parlamentari -1slllla inversione dell'onere della prova che la norma postulerebbe nel far carico all'imputato di dimostrare la provenienza dei beni di 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO cui risulta avere la disponibilit�. A fronte di un siffatto rilievo l'Avvocatura Generale dello Stato sembra voler obiettare considerazioni non dissimili da quelle che questa Corte ha avuto modo di svolgere allorch� ha disatteso la fondatezza delle analoghe questioni sollevate con riferimento agli artt. 707 e 708 del codice penale. Ma la ben diversa configura I " zione delle norme poste a raffronto impedisce di trasferire quelle conclusioni alla fattispecie che viene qui in discorso. Nell'escludere, infatti, che gli ar,tt. 707 e 708 del codice penale contrastassero con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione in rapporto, appunto, alla supposta � inversione dell'onere della prova� che ad avviso dei rimettenti quelle norme comportavano, questa Corte ha posto in evidenza come le censure non potessero essere. accolte in quanto le disposizioni impugnate non esigevano affatto � la prova della legittimit� della destinazione e della provenienza, limitandosi, invece, a pretendere una attendibile e circostanziata spiega� zione, da valutarsi in concreto nelle singole fattispecie, secondo i prin� cipi della libert� delle prove e del libero convincimento� (v. sentenza n. 14 del 1971 e, pi� di recente, n. 464 del 1992). Gli artt. 707 e 708 del codice penale, pertanto, richiedono, da un lato, la qualit� di condannato per taluni delitti e, dall'altro, la mancata giustificazione della destinazione o provenienza degli oggetti o dei beni; il pi� volte citato art. 12-quinquies, in I ~ ! vece, oltre a prescindere dalla condanna, impone una giustificazione qualificata, giacch� questa deve consistere nella legittimit� della provenienza dei beni o delle utilit�: situazioni, dunque, antinomiche e per le quali le medesime considerazioni che hanno sostenuto la verifica di costituzionalit� I delle prime impongono l'opposta declaratoria per la seconda. ~ evidente, I infatti, che, dovendo la persona asservare la legittima provenienza dei I beni, nessuna portata scriminante assumerebbe la stessa ammissione che quei beni provengono proprio da quel reato in ordine al quale pende procedimento penale, cos� da rendere possibile, sia pure in alcuni casi, il risultato, davvero paradossale, di considerare un medesimo fatto puni bile a doppio titolo: prima per la condotta illecita v�lta ad acquisire la disponibilit� dei beni e, poi, per il semplice possesso di quei beni dei quali non pu� dedursi la legittima provenienza. Il tutto, poi, a sottacere degli ineludibili riflessi che da una situazione del genere vengono a riverberarsi sul piano del diritto 'di �difesa, essendo inevitabile che qualsiasi scelta diifen siva si ritenesse di adottare in ordine al delitto previsto da1l'art. 12 quinquies del d.l. n. 306 del 1992, ila stessa non sarebbe priva di conseguenze in merito all'accertamento del reato presupposto, dal momento che questo � per definizione ancora sub iudice. La norma deve pertanto dichiararsi costituzionalmente illegittima in riferimento all'art. 27, secondo comma, della Costituzione, restando as sorbiti gli ulteriori profili di illegittimit� denunciati dai giudici a quibus. 49 CQRTE G()STl~UZIONA.LE,3 mario.1994 m 10 � Pres; Cas�voia; ~ Red, Vas� < �� ��.�.. salli � Ete$id:�nte del�� Consiglio d�i Ministri� (aVv� Stato�. Onufrio), ��.��,.;��.��� 49 CQRTE G()STl~UZIONA.LE,3 mario.1994 m 10 � Pres; Cas�voia; ~ Red, Vas� < �� ��.�.. salli � Ete$id:�nte del�� Consiglio d�i Ministri� (aVv� Stato�. Onufrio), ��.��,.;��.��� ... .. . ....... ... . . .. P1'1cedbrtetito!)enf:l~~�-.� ~vto��obbligatw�io.��dellre~cudone��deUa���pena.�� per �� ����������� l :SQ�get~i���flf:fettl::c;1a;.inf~i.:lne��diJ���:elv� "�� Discrlmmaztone rispetto af.� ma~ ��.��ᥥᥥ���������latt�c()ml.tiit: ; liii()idat�a~��� �ᥥ� ��������� ��� ������� ������������������~~llt~4J~�\~~~~~~~fijo3J~i~?�~gz)t~~\futo���~����~~~������~���d.t......!4 �. magg�o���1993, n;�� 139,.��cori� ..................filo~����~���itt~~�tttm~����1a���uarma����clie��prevede���u���rinvib.�JGbilgat�rio .� dell'�se ~tflt~5fM;f;~Jgt~~j#t~~j,lr~ft~~�:: (l)Per superal'e )� delicl�\te quesp.ont �... p:i:o.SPettate .dai ~udici���remittenti i;ig.i.:c1q . alla ;noi;ma.. cl'!.e f:nc1Iv~91la i .� i:l;l.alat:i ctf J\;ll'.)$ cq(lle .!JJ:la . c;;itegoda. �.�di � ffit!?��!l,bili.�,.la Col'te attl'fi)tii.sce y~ql'e.. esseIJ.Zi.a1e ajla nece.ssitt\ di J?Ol'l'7 l'iJl1e dio alle sittia:ii'oru di estrema drammatidt�. che 1l'Mezfone HIV detel'ln�ria �.nel� l'ambita deha popolazfone carcerarla; essendo il cal'cere � il�� 1uogo dove si con� centra un alt,(>; numer()i di/soggetti a, riscfliov .... �.�. Per la tutel~ <iellt't sa1JJte 4ic qu.est~ PoPolazi<>:ne. vie:ne c<>ni>idernta. ~eilittill.la la. scelta. legislativa .che PUI'e pone in sec�J:!,dO. Piano sia la tutela I� (!ella. collettivit� contl'o i .� coll.dal1llati �. che 0ttell.'ttta la liberazione . tornano a. delinquere, sia 1 Iadiscrhninaz�one riispetfo ad altri detenuti pur affetti da gravi malattie che evidentemente � hanno l'ubica differenza � di� non essere contagiose . ..� � �� �� Peraltm. la: Corte; accennando���. alla necessit� .. di ammettere �spazi. di val'"" tazjone nol'l:natiya estra:neia1 pr:opri.o sinda.cato, nonch� alla possibilit�, esclusiva del ... legislatore, di ovviare alla I lacunosit� .. dei.� pres�di di .. sicure:zZa. esistenti, senibra esprimere rauspido che l'interessamento legittimo manifestato nei confronti dei malati di AIDS n�n si risolva in un pregiudizio per i� resto della collettivit�. 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO genera un trattamento irragionevolmente discriminatorio per i malati �comuni� rispetto alle persone affette da HIV, considerato che, alla luce dei dati offerti dalla scienza medica, i medesimi caratteri di gravit�, irreversibilit� ed ingravescenza sono presenti in molte altre patologie. Posto, inoltre, che la norma sancisce l'obbligo di provvedere al rinvio della esecuzione a prescindere da qualunque apprezzamento del caso concreto circa la effettiva incompatibilit� delle condizioni di salute con lo stato detentivo, risulterebbe violato anche l'art. 111 della Costituzione, giacch� nella ipotesi in discorso risulta vanificata la funzione della magistratura di sorveglianza di � dirimere il conflitto tra il diritto dello Stato ad eseguire le sentenze di condanna a pene detentive e il diritto del condannato al differimento della esecuzione defila pena �. La disposizione censurata contrasterebbe, infine, con gli artt. 27, terzo comma, e 32, primo comma, della Costituzione, in quanto, considerati i caratteri di estrema dinamicit� che presenta l'infezione da HIV e la variet� di situazioni che dalla stessa possono scaturire, dovrebbe essere �concretamente provato che l'applicazione della pena leda il fondamentale diritto alla salute o si risolva in un trattamento contrario al senso di umanit��. La questione attinge il nucleo del delicato problema relativo alla individuazione dei confini all'interno� dei quali al legislatore � consentito esercitare le proprie scelte discrezionali, nel quadro del non sempre agevole bilanciamento di valori ai quali la Costituzione assegna uno specifico risalto. Il tutto non disgiunto dai connotati di alta drammaticit� che il triste fenomeno dei malati di AIDS presenta, sia sul piano delle contrapposte e gravi esigenze che dallo stesso vengono a scaturire e che ineluttabilmente si riverberano sulla intera collettivit�, sia per la difficolt� di individuare adeguati strumenti che valgano a consentire una prognosi di agevole remissione del fenomeno stesso. Viene qui in discorso, in parti� colare, l'insistito e documentato richiamo che il giudice a quo effettua a casi non sporadici di condannati che, ottenuta la liberazione in virt� della norma oggetto di impugnativa, tornano a delinquere con cadenze talora impressionanti, esponendo cos� a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica e i diritti fondamentali di quanti vengono ad essere aggrediti. Ci�, afferma il Tribunale rimettente, quale conseguenza pressoch� naturale di una disciplina che, prendendo a riferimento i portatori di una malattia non temporanea, ma che anzi presenta caratteri di irreversibilit� ed ingravescenza, individua una categoria di �intoccabili�, attraverso una clausola di immunit� che priva quella categoria di soggettivit� penale. Il rilievo � grave e preoccupa non poco, specie in considerazione del non trascurabile risalto quantitativo che il fenomeno presenta, secondo le stime riferite nella relazione che ha accompagnato il disegno di legge di 1conversione del d.l. n. 139 del 1993. Ma al di l� delle suggestive e approfondite argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione, resta comunque assorbente, ai fini che qui interessano, verificare se l'opzione PARTB I,. SBZ; I, QIURlSPRUDBl\!ZA e<!STilUZIONALB n()rJnativa ammf:ltta posllihili censure soltantosul.piano della mera oppor� tu,nit�;>oppure se la�. stessa abbia in qualche modo . sconfinato dall'alveo cU un c:or:retto uso . della discrezionalit�, offendendo i parametri costitu� zie>.ali cbe il gitidice. a quc;i evoca nel tracciare il�. tema . devoluto a questa Q;lrje> J;p una sitnile ~tospettiva. diviene�� allora agevole avvedersi di come �. d~~~l~ri~f!i:��~:h1~tf!6t~~ii~i1a~:i::::ib!~��::rie~::~:~~~tt;:;~: .@f:rl.volg~; g�ac�b~ UJegislatore ha .inteso/ porre. rimedio .a � situazioni di .estrema �l.rarnm~tfolt��; q.ali sono.� quelle�� che scaturiscono dalla particol<: tre tUevanza; cb,e il problema d.ella infezione da HIV .riveste all'in� t~~Q (j.elllit popgl~i<>l1e c:arc:f:raria, � essend.().il carcere un. luogo in cui si!j.tr()vf1 concentrato un alto numero di soggf:tti .a rischio � (XI Legislatu� ra: .Atto Senato, n. 124a), X.a tutela di un ��bene. primario, quale � quello della salute, costit\lisce; quindi, il primo termine di riferimento. alla cui s~reg.t'la aPPrezzare�la conf()rmit� �.a. costitw:ione . df:lla ��scelta. legislativa, l).(). s()#~~ndo H�r�iei.'il cb,e.a �tal fine. assumonole condizioni deltutto partfoolairi -qua.Ii sono quelle che connotano lo. status carcerario� -in cuLc;i:w~lJ~ene deve Jrovare adeguate. garanzie �..�Qi�. s<:>ttil qii,esto�profilo, d.Wlq.e~ aPPare evidente che .. l'alternativa tra immediata esecuzione della pena det.ent~va o la SII.la .temporanea ��inesigibilit� ��a causa di. condizioni di sa>lute �he il legislatore stesse> ritiene di qualificare come incompatibili con la c!etenzione� non comporta. soluzioni a � rime obbligate � sul pian() costi� tuzie>na<le1 dovf:ndosi necessariamente ammettere spazi di valutazione nor� mativ:a, eh<:: ben possqno contemperare l'obJ:>ligatoriet� della pena con le i;pecific]le situazioni dichivi deve essf:lre sottoposto. Il p.unto sta dunque t.tto nel veriticare . se la d.isposizione, che� il legislatore ha ritenuto di dett�i. re per far fronte alla drammatica situazione di cui si � detto, integri una ipotesi di f)ccesso di potere norxnativo, tale da porsi in pailf:se contrasto con i princip� costituzionali che il giudice rimettente ritiene esser stati violati. Obbene, e per stare alle doglianze che il gi.dice a quo solleva a margine della.<:Jjsciplina in esame,.� due appaie>no essere �i temi chf: .insistentemente ricornmo: da un lato~ la scarsa attenzione che il legislatore avrebbe riservato allf:. esigenze di tutela della collettivit�; e dall'altro, l'irragionevole � privilegio � che assisterebbe quanti, per essere portatori di infezione da I:HV, bel'leficianqdel rinvio obbligatorio .dell'esec.zione .. di. pene detentive. N� l'uno n~.l'a.ltrn degli ind.ic,;a,ti� rilievLpu� per�.dirsi conclusivo ai fini che qui interessano. Se, infatti, a fondamento della nuova ipotesi di differimento della esecuzione . della pena sta, come si � detto, l'esigenza di assicurare il diritto alla salute nel particolare consorzio carcerario, la liberazione del condannato non. pu�. allora ritenersi frutto di una scelta arbitraria, cos� iCOme neppure pu� dirsi che la liberazione stessa integri, sempre e comunque, un fattore di compromissione delle co111trapposte esigenze di tutela collettiva: non � la pena differita in quanto tale, infatti, a determi� nare una situazione di pericolo, ma, semmai, la carenza di adeguati stru 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO menti preventivi volti ad impedire che il condannato, posto in libert�, commetta nuovi reati. Tuttavia, se a colmare una simile carenza pu� provvedere, ed � auspicabile che provveda, soltanto il legislatore, deve escludersi che la eventuale lacunosit� dei presidi di sicurezza possa costituire, in I s� e per s�, ragione sufficiente per incrinare, sull'opposto versante, la tutela dei valori primari che la norma impugnata ha inteso salvaguardare, giacch�, ove cosi fosse, nel quadro del bilanciamento tra le esigenze contrapposte, solo una prevarrebbe a tutto scapito dell'altra. D'altra parte, occorre anche osservare che qualora la norma in esame fosse ritenuta non conforme ai principi costituzionali per il sol fatto che dalla sua applicazione possono in concreto scaturire situazioni di pericolosit� per la sicurezza collettiva, ne conseguirebbe che alla esecuzione della pena verrebbe assegnata, in via esclusiva, una �funzione di prevenzione generale e di difesa sociale, obliterandosi in tal modo quella eminente finalit� rieducativa !che questa Corte ha invece inteso riaffermare anche di recente (v. sentenza n. 313 del 1990), e che certo informa anche l'istituto del rinvio che viene qui in discorso. Superato;.quindi, il primo e pi� allarmante dei rilievi mossi dal giudice a quo, circa� il quale, peraltro, questa Corte non pu� non ribadire l'augpicio di un pronto intervento che soddisfi le esigenze di sicurezza di cui innanzi si � detto1 diviene allora agevole contestare fa fondatezza delfa questione con� riferimento aihle restanti censure che il rimettente deduce. Nessuna discriminazione, infatti, pu� intrallfedersi tra m�:lati � comuni � e persone affette da AIDS; in quanto le caratteristiche affatto peculiari che contraddistinguono quest'ultima sindrome adeguatamente giustificano un trattamento particolare che, giova ribadirlo, si incentra sulla necessit� di salvaguardare il bene della saLute nello specifico contesto carcerario: una finalit� dunque, eterogenea rispetto ad altre gravi malattie, in ordine alle quali il rimedio del rinvio della esecuzione � funzionale esclu� sivamente alle esigenze del� singolo. Neppure violato pu� dirsi, poi, l'art. 111 della Costituzione, giacch� la verifica che nella specie la magistratura di sorveglianza � tenuta ad effettuare ed il conseguente obbligo di motivazione, non si raccordano ad una competenza funzionale �astratta�, quale � quella che sembra prefigurare il giudice a quo, ma alla tipologia del provvedimento che l'organo della giurisdizione � chiamato ad adottare nell'ambito dei confini delibativi che il legislatore ritiene di dover tracciare: ove, pertanto, i presupposti siano rigorosamente predeterminati, come accade per tutte le ipotesi di rinvio obbligatorio della esecuzione, qualsiasi apprezzamento discrezionale resta assorbito dalla valutazione legale tipica, che, ovviamente, restringe, ma non esclude, il controllo giurisdizionale e il dovere di motivare sul punto. Ugualmente non fondato, infine, � l'assunto secondo il quale la norma impugnata contrasterebbe con gli artt. 27, terzo comma, e 32, primo com ! ma, della Costituzione, sul presupposto che, stante la variet� di Situazio:rii I I I PAATB I, : a&Zi I/GIURISPRUDENZA.: COSTITUZIONALE 53 cru puo dar luogri l'itifezforie da HIV;' dovrebbe essete' �corictetamente provato che l'applicazione della pena led�il:fondafu.entale diritto alla� sa~ Iute o si risolva in un trattamento c�rittario aF sensi) di umanit� �; Considerata; fofattkfa p�:�. 'v�ite>iriClfoata .filihlit� che fa ii�rma � chiari:tata a m1nirdEifSii~;~ zi:'One ex<t�ge che l'�seeu.Zi�n� dellaipen�realiz:if Un ttattament� contrario al slefisp' di .ll)ariit�i ma st proietta sul diverso versante della tutela: di q~lll11.tl :[>Pfrebbet� patite pregiudizfo� ove Ja � peri� venisse �immediatamente eseguita/= eb~�=s/��s�1Tui10~~L~,=Htmarzo1994.n. n, Pres. Cas�vol~ � Red. Spa� ..�,. =�=�= g;noli .-; Presidente delConsiglio deiMinistri (avv. Stato Di Tatsia). Prcicet:lmtento p�nale � Udienza: preliminare�. Incidente proba:tol'i� -Preclu� < s.i:oft� ;;: Illegittimit�� =� �=� � � � �� � .=.=� (<:od; ptoo/ pen., artt; 392-393K ::�:::::: ::.::<.:::::.:::{:::;:�::: �:: Sq;nq #legittinii g{ip:t.tt. 39.?&}93 c.p.p. per J4p�irte in cui ricm cQnsentQ� iio �liel'inci4erJ>te ErP'/:J�itorio.possa essern richiestQ anche,nella fase della udienza preliminare, quando ne sussistano i presupposti indicati per le in� q,qgirt.i prelimtriari: m' �.. Con le d:t;te. ordinanze, di analogo tenore, indicate in epigrafe,dl Giudice per le indagini preliminaripresso il TriJ:>unale.dLPrato dubita della legit� tirnit� costituzionale �egli artt, 392 e 393 delcodice 4i procedura penale, nel� la partein cui;, stabilend�, , rispettivamente,�= che� l'incidente probatorio.� pu� ei;sere )!lchiesto � neLcorso delle indagh:ii preliminari �=ed � entro i termini >~ perla loro. conclusione; hnpec;Usce che esso (nei casLd~ specie, una perizia) possa. essere espletato nella fase dell'udienza preliminare:. e ci�, particolarme: Qte{c()n r�fe;rirne1lW.al c~so dell'indagato che prima ditale uclienza abbia a'V:utonotizia del procedimento penale a stto ca;i;ico mediante comunicazione di garal1zfa anteriore alla richiesta di rinvio a giudizio. Ci� d~ebbe luogo, ad avviso del rimettente, a contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost�i dato che ne deriverebbe una menomazione del� diritto. di c.l.ifesa . :: �.� "; : .� . : . (!)Continua l'opera di razionalizzazione del nuovo codice di procedura penale da parte della Corte che in questa occasione amplia le possibilit� di ricorrere all'inddente probatorio, in relaiiorie . a quella che � la naturale ratio del� l'istituto. 5 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 54 dell'indagato e un deteriore trattamento rispetto alla pubblica accusa nell'attivit� probatoria utilizzabile nell'udienza preliminare. (omissis) Nel merito, la questione � fondata. Nel vigente sistema processuale, l'istituto dell'incidente probatorio � preordinato a consentire alle parti principali l'assunzione delle prove non rinviabili al dibattimento (art. 2, n. 40 della legge delega n. 81 del 1987), e cio� di quelle che -secondo l'elencazione dell'art. 392 cod. proc. pen. -si prevede che non siano differibili al dibattimento per le condizioni della persona da esaminare o perch� soggette a perdita di genuinit� (lettere da a) a e), o perch� il loro oggetto � inevitabilmente esposto a modificazione (lettera f)), o perch� ricorrono particolari ragioni di urgenza (lettera g)) o, infine, perch� il loro rinvio pregiudicherebbe la concentrazione del dibattimento (comma 2). Ove tali circostanze ricorrano, l'anticipata assunzione della prova si appalesa indispensabile per l'acquisizione al processo di elementi -in tesi -necessari all'accertamento dei fatti e per garantire l'effettivit� del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta. Tale esigenza concerne il diritto alla prova tanto del pubblico ministero che dell'imputato e prescinde, per quest'ultimo, dal fatto che egli abbia avuto o meno la possibilit� -attraverso la comunicazione giudiziaria -di chiedere l'incidente probatorio nella fase delle indagini preliminari, dato che le evenienze in questione (si pensi a quella di cui all'art. 392, lettera a)) possono insorgere per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Di ci�, del resto, il legislatore si � mostrato consapevole disponendo che, nei casi previsti dall'art. 392, le prove non rinviabili possano essere assunte dal presidente del collegio, a richiesta di parte, nella fase degli atti preliminari al dibattimento (art. 467 cod. proc. pen.). Tale previsione � gi� di per s� sufficiente a dimostrare l'infondatezza della tesi -avanzata dall'Avvocatura -secondo cui la preclusione del l'incidente probatorio nella fase dell'udienza preliminare sarebbe giustifi cata dalla prossimit� del dibattimento: tesi che peraltro -anche a pre scindere dalle conseguenze della soppressione della regola dell'� eviden za � di cui all'art. 425 cod. proc. pen. (art. 1 legge 8 aprile 1993, n. 105) � contraddetta dalla possibile dilatazione di tale udienza, ai sensi del l'art. 422. Sotto il profilo sistematico, poi, l'interruzione nell'acquisibilit� di prove non rinviabili appare contraddittoria con la continuit� che il legislatore ha assicurato all'attivit� di indagine prevedendo che essa possa proseguire anche dopo la richiesta di rinvio a giudizio (art. 419, comma 3) e dopo . il decreto che dispone il giudizio (art. 430), ben potendo darsi che per taluno degli elementi in tal modo acquisiti insorgano le situazioni di non differibilit� della prova previste dall'art. 392. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 55 La preclusione all'esperimento dell'incidente probatorio nella fase dell'udienza preliminare si 1:'ivela, pertanto, priva di ogni ragionevole giustificazione e lesiva del diritto delle parti alla prova e, quindi, dei diritti di azione e di difesa. Di conseguenza, le norme impugnate vanno, per questa parte, dichiarate costituzionalmente illegittime. CORTE COSTITUZIONALE, 15 marzo 1994 n. 84 -Pres. Casavola -Red. Ferri -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara) c. Regione Sicilia (a:vv. Castaldi, Onida, Silvestri). Elezioni -Regione -Cause ineleggibilit� ed incompatibilit� -Allargamento elettorato passivo rispetto alla disciplina nazionale -Illegittimit�. La normativa approvata dalla Assemblea regionale siciliana, che mira a trasformare da cause di ineleggibilit� in cause di incompatibilit�, per le elezioni a deputati regionali, le situazioni di chi ricopra la carica di sindaco o �assessore di comune e di presidente o assessore di provincia, � illegittima, poich� si discosta senza ragionevole giustificazione da princ�pi vigenti nell'ordinamento per l'elettorato passivo, che devono risultare uniformi in tutto lo Stato per rispetto all'eguaglianza di trattamento relativa ai diritti politici (1). La Corte � chiamata a decidere le questioni di legittimit� costituzionale sollevate dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con due ricorsi, notificati rispettivamente il 21 agosto 1993 e il 23 ottobre 1993, in ordine, il primo all'art. 2, commi 2, 7 e 8, della Jegge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 agosto 1993, ed il secondo alla legge approvata dall'Assemblea regionale il 14 ottobre 1993. Poich� le norme impugnate sono in parte identiche e riguardano la stessa materia, vale a dire casi di ineleggibilit� e incompatibilit� per le cariche di deputato regionale e di amministratore comunale e provinciale, ed essendo inoltre il secondo ricorso strettamente conseguenziale al primo i due giudizi devono essere riuniti e decisi con unica sentenza. (omissis) Successivamente alla promulgazione della legge regionale n. 26 del 1� settembre 1993, l'Assemblea regionale siciliana ha approvato il 14 otto (1) Accoglii.endo il ricorso del. Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, la Corte ribadisce il principio espresso nella massima, richiamando quanto gi� dedotto in proposito nella lontanissima sentenza 105 del 1957, rinnovando peraltro l'auspicio, gi� formulato nella decisione 344 del 1993, per un dntervento legislativo che riveda una normativa ormai divenuta anacronistica, garantendo il principio della par condicio per tutti i cittadini della Repubblica. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 56 br� una legge che aggiunge all'art. 2 della legge n. 26 due commi aventi per oggetto Je disposizioni, parzialmente modificate, di cui ai commi 7 e 8 precedentemente approvati dall'Assemblea ed espunti, come si � visto, dal t~sto promulgato.. Il Commissario dello Stato ha quindi impugnato anche la suddetta legge per contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione: lamenta, in sintesi, il ricorrente che la disciplina censurata -nello stabilire che � la carica di deputato regionale � incompatibile con le cariche di presidente o di assessore di provincia regionale e di sindaco o di assessore di comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti>>, con conseguente espressa abrogazione delle norme previgenti -determina un irrazionale privilegio, non sorretto da alcuna logica giustificazione, per i deputati ��regionali siciliani, sia rispetto ai consiglieri delle regioni a . statuto ordinario, sia rispetto a parlamentari nazionali. La questione sollevata con questo secondo ricorso va esaminata nel merito. Sotto il profilo dell'art. 3, in relazione all'art. 51 della Costituzione, la questione stessa � fondata. Con le disposizioni impugnate l'Assemblea regionale siciliana ha in teso modificare la disciplina vigente in materia di eleggibilit� a deputato regionale �in relazione alle cariche di sindaco ed assessore di comune, nonch� di presidente ed assessore di provincia regionale. Mentre con la disciplina vigente, quale risulta dall'art. 19 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20, sono ineleggibili a deputati regionali �i sindaci e gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti o che siano capoluoghi di provincia regionale o sedi delle at tuali amministrazioni straordinarie delle province nonch� i presidenti e gli assessori di dette amministrazioni�, la nuova normativa, per quanto riguarda i comuni, eleva il limite di popolazione a 50 mila abitanti e soprattutto elimina tutte le dette ipotesi di ineleggibilit� trasformandole in semplici incompatibilit�. Vengono poi espressamente abrogati il primo comma, n. 4, dell'art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29 e successive modificazioni, vale � �dire la norma risultante dall'art. 19 della legge n. 20 del 1986 sopra ci tata, nonch� il comma 2 dell'art. 3 e l'art. 5 della legge regionale 26 ago sto 1992, n. 7. Qu�st'ultima legge reca norme per l'elezione con suffragio popolare del sindaco, nuove norme per l'elezione dei consigli comunali ed altro; le disposizioni abrogate riguardano (art. 3, comma 2) le cause di ineleggibilit� e di incompatibilit� per la carica di consigliere comunale e per . la carica di sindaco (sostituite dal comma 7 dell'art. 2 della nuova legge); mentre l'art. 5 abrogato regola, con l'applicazione delle disposizioni previste per i parlamentari nazionali, � le condizioni di candidabilit�, eleg PARTE I, SEz; I, GIURISJ'RUDENZA. COSTITUZIONALE $ibillt� e compatibilit� dei deputati regionali alle elezioni alla carica di sindaco�. Risulta dunque -�e non � necessario scendere aq. un esame pi� particqlareggiato.. delle norme .. -che. la Regione . siciliana ha voluto.� adottare. Ul).a. ngova. disciplina basata esclusivamente sulla incompatibilit�, i;tl}zicp� s.lli;t ,itlelegg~l;>ilit�, per .. qui;i,nto riguarda l'elezione . a� dep.tato regiqnaje di chi ricopra la carica di sindaco o di as~essore di comune e di p:reside.te. o cii assessore di provincia. Tale disciplina si differenzia radi�almente da quella nazionale, non so1o.. ponendo a. confr9n.to i membri dell'Assemblea regionale siciliana con i membii deLconsigli delle regioni a statuto orc1iriario, ma persino ove si intendano pren<:lere a paragone i membri. del .Parlamento nazionale. Infatti, per quanto riguarda i componenti dei .consigli regionali � stabilita l'incompatibilit� di tale carica con quella di presidente e di a$sesso:re. di gi.nta provinciale, nonch�. di sinc1aco e di assessore dei coll'luni compresL:Ilel territorio della regione, quale che sia la popolazione dei medesimi (art. A, primo comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154), mentre per L'e1ezi9ne ac1eputato .e a senatore �. sta'bilita.l'ineleggibilit�...dei presidenti delle giunte provinciali, nonch�. dei sindaci dei comuni con� popolazione superiore a 20.000 abitanti (art. 7, primo comma, lett. b e e, del d.P.R, n'. 361 del 1957). Fi110 alla sentenza n. 105 del 1957 questa Corte ha affermato che il principio di ug.i:tglianza fra i cittadini nella possibilit� di accesso alle. cari~ che elettive esige che lariserva di legge per la determinazione dei requisiti. prescritti si attui sul piano nazionale in condizioni di parit�; � da ci� deriva. che . 9uantunque. non si possa affermare in senso. assoluto che la riserva di legge dell'art. 51 della Costituzione sia una riserva di legge statale, tuttavia, per una ragione logica prima che giuridica, i principi di quest'eguaglianza di. trattamento, relativa ai diritti politici, debbono risultare da)eggi delloStato, in quanto lo Stato soltanto presiede all'equilibrio generale degli interessi dei cittadini a partecipare al reggimento dello Stato stesso �. Questa giurisprudenza � stata confermata e precisata nel senso che discipline differenziate in tema di elettorato passivo adottate dalla Re� gione siciliana possano essere non costituzionalmente . illegittime � in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, �ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale� (cfr. sentenze nn. 108 del 1969 e 171 del 1984, nonch� nn. 127 e 130 del 1987, 235 del 1988, 571 del 1989, 539 del 1990, 463 del 1992). Ora, nel caso in esame la disciplina prevista dalla legge regionale non opera una restrizione, bens� un allargamento dell'elettorato passivo, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 58 sia sotto il profilo dell'ineleggibilit� che su quello dell'incompatibilit� rispetto alla disciplina vigente nel territorio nazionale in base alle leggi statali. Tale diversit� non trova alcuna ragionevole giustificazione in una specialit� di situazione della Regione siciliana: non pu� certo sostenersi che in essa sussistano minori rischi di indebite influenze sulla competizione elettorale o maggiori possibilit� di esercizio congiunto di pi� cariche pubbliche elettive rispetto al restante territorio della Repubblica. Del resto neanche i lavori preparatori offrono alcun elemento utile per giustificare l'innovazione apportata. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimit� costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale il 14 ottobre 1993 per violazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione, restando assorbito il profilo di censura relativo all'art. 97 della Costituzione, peraltro assolutamente inconferente nella materia in esame. Questa Corte, con la sentenza n. 344 del 1993, in tema di elettorato passivo per il Parlamento nazionale, ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale della previsione dell'ineleggibilit� a deputato e a senatore dei consiglieri regionali, ma, a parte la peculiarit� della ipotesi cui la pronuncia si riferisce, la pronuncia stessa non pu� in alcun modo incidere o modificare quel principio, cui sopra si � fatto riferimento, di esigenza di par condicio nell'esercizio dei diritti rpolitici in tutto il territorio nazionale costantemente affermato dalla Corte. Ma vi � di pi�; la citata sentenza n. 344 formula un auspicio: � che una legislazione, come quella vigente, ricca di incongruenze logiche e divenuta ormai anacronistica di fronte ai profondi mutamenti che lo sviluppo tecnologico e sociale ha prodotto nella comunicazione politica, sia presto riformata dal legislatore al fine di realizzare nel modo pi� pieno e significativo il valore costituzionale della libert� e della genuinit� della competizione elettorale e del diritto inviolabile di ciascun cittadino di concorrere all'elezione dei propri rappresentanti politici e di partecipare in condizioni di eguaglianza all'accesso a cariche pubbliche elettive�. Il Collegio non pu� che ripetere quest'auspicio ed insieme ribadire che anch'esso postula l'esigenza che sia il legislatore statale a garantire, in riferimento all'art. 51 della Costituzione, la par condicio per tutti i cittadini della Repubblica. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 24 novembre 1993, nelle cause riunite C-267 e 268/91 -Pres. Due -Avv. Gen. Van Gerven -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribuna! de grande instance di Strasburgo, nei procedimenti penali c. Keck e Mithouard -Interv.: Governi francese (ag. Pouzoulet e Duchene) e greco (ag. Georgakopoulos) e Commissione delle C.E. (ag. Wainwright e Melgar). Comunit� europee � Libera circolazione delle merci . Divieto di rivendita in perdita. (Trattato CEE, art. 30). L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che esso non si applica ad una legislazione di uno Stato membro che vieti in via generale la rivendita in perdita (1). II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 15 dicembre 1993, nella causa C-292/92 -Pres. Due � Avv. Gen. Tesauro . Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof Baden-Wiirttemberg nella causa Hiinermund ed altri c. Landesapothekerkammer Baden W�rttenberg � Interv.: Governo italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione della C.E. {ag. Wainwright e Bardenhewer). Comunit� europee � Libera circolazione delle merci . Prodotti farmaceutici . Divieto di pubblicit� al di fuori delle farmacie. (Trattato CEE, artt. 30 e 36). L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che esso non si applica a una norma deontologica, emanata dall'ordine professio� - -... ... ... ... ... :--.. .. -:::::-: .... :--..: . �AW~ 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nale dei farmacisti di uno Stato membro, che vieta a costoro di fare la pubblicit�, al di fuori della farmacia, di prodotti parafarmaceutici (2). I I (omissis) 1. -Con due ordinanze 27 giugno 1991, pervenute alla Corte il 16 ottobre successivo, il Tribunal de grande instance di Strasburgo ha posto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali sull'interpretazione delle norme del Trattato medesimo riguardanti la concorrenza e la libera circolazione nella Comunit�. 2. -Tali questioni sono state proposte nell'ambito di procedimenti penali a carico dei signori Keck e Mithouard, accusati di aver messo in vendita, in violazione delle disposizioni dell'art. 1 della legge francese 2 luglio 1963, n. 63-628 come modificata dall'art. 32 del decreto legislativo 1� dicembre 1986, n. 86-1243, prodotti, nello stato in cui si trovavano, a prezzo inferiore al loro effettivo prezzo di costo. 3. -I signori Keck e Mithouard sostenevano a loro difesa che un divieto generale di rivendita sottocosto, come quello previsto dalle citate disposizioni, sarebbe incompatibile con l'art. 30 del Trattato nonch� con i principi della libera circolazione delle persone, dei servizi, dei capitali e della libera concorrenza nella Comunit�. (1-2) Nelle due sentenze la Corte di giustizia dichiara esplicitamente di voler riconsiderare la propria gim1isprudenza in tema di libera circolazione delle merci relativamente all'impatto sul commercio fra gli Stati membri di norma Itive nazionali, indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli prove~ nienti da altri Stati della Comunit�, che limitino o vietino certe modalit� di vendita. L'esigenza .di una chiarificazione, che la Corte ha colto, era stata segnalata con particolare cura dall'Avvocato generale della Corte, Giuseppe TESAURO, nelle sue analitiche conclusioni, nella causa C-292/92, presentate il 27 ottobre �1993, che qui di seguito riportiamo. Libera circolazione delle merci. Normativa� ttazionale, indistintamente appli� cabile a prodotti nazionali e a prodotti provenienti da altri Stati membri della Comunit�, che limitino o vietino certe modalit� di vendite. Le conclusioni del� l'Avv. Gen. della Corte prof. Giuseppe Tesauro, nella causa C-292/92, Hiinermund. 1. L'art. 30 del Trattato � una norma di liberalizzazione degli scambi intracomunitari ovvero una norma destinata pi� in generale a promuovere il libero esercizio dell'attivit� commerciale nei singoli Stati membri? L'occasione per definire una chiara posizione di principio sulla portata di una delle norme fondamentali del Trattato � offerta dalla presente procedura, che, in particolare, pone il problema della compatibilit� con gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE della disposizione di un codice deontologico che vieta ai� farma� 61 PARTE I, SEZ: II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 4;. _,.;...;� Il� Tribunal �de� grande instance di�. Strasburgo, ritenendo necessaria l'interpr�tazion� di taiune disposiziOni � del diritto comunitarfo; d�sJ}<> rieva l��sosp�nsi�ne< di �entrambi �i procedimenti e �sottoponeva alla Corte ta seguente� questione pregiudiziale: �.Se il divieto di rivendita sottocosto vigente in Francia, sancito dalI: litt; $4 JlekA~r~Q �egislatiVC>. J0 dicembre.�1!)86, n. 86-1243, sia compatibile cQ~ J.�J?r~~~ipfclel)a libera circolazione deUe ��persone,. dei $�lmzi � e �dei ~a,p~~a:lii di� C1'.e~a:tq11e di :.na li1:>e:r.a concor;rena;a nel merq;i,to c<>mune e di l1Pl1 .�cp�crjn:ii~a:a;ione in ragio:ne deUa nazionalit�, sanciti dal 'l);attato 25 marzo 1957 che istituisce la CEE; e, pi:� precisamente, degli artt, 3 e 7 del T�rattato medesimo, atteso che la normativa francese pu� determinare una arlterazione �della �.concorrenza: ... ll) ir{prinic)iuogo, �ri quantopuniscesolo la rivendita sottoco~to ed esdttde dt(l dfoiefo �fprodittfore;. liber� di . vendere sul mercato il �prodotto daluffabbridhd;�t:t�sl'orfuitt� () migliorato, anche in misura rld~ttissima, a� uri prezz� il:lferfofe a .quello.d� costo; . . .. . . . . b) in secondo It1og~ b1quanto altera la concorrenza, in particolare :riel!e. ~pne diJrontiera, t:r::a i diversi�.operatori economici, in relazione alla loro nazjo1;u1Ut� e a],Joto luQgo di stabilimento �. cisti di fare la pubblicit�, al di fuori delle farmacie, per prodotti non medicinali venduti. (~che o esclusivamente) in farmacia. (omissis)� � 6; �E veniamo ail'ogg�tt� ��del� quesito sottoposto alla Corte, quesito che;� cos� come formulato'; verte unicamente sul se la misura contestata sia giustific�ta h:i �base ali'art .� 36 � o ad esigenze �.imperative: il g�udiee �nazionale, infatti; non ha dubbi quanto alfatto :che s�ttatti di una misura in principio incompatibile con l'art. 30. :k :Pacifico, viceversa, che si debba anzitutto e comunque verificare se ��la normativa.� in discussione esaurisca l'ipotesi di misura di � effetto � � equivalente . i(restrizioni� quantitative in� quanto� idonea, � secondo la ben nota� formula Dassonvitie; �'ad ostacdlare, dfretfamente o indirettamente, attualmente o poten� zialinertte; gli scambi inttaconiimitari � (1). � 7. La misura controversa, indistintamente applicabile e assolutamente neutrale rispetto ai prodotti nazionali e ai prodotti importati, vieta ad una determinata categoria di operatori, i farmacisti, di fare pubblicit� a una determinata categoria di prodotti, non medicinali, che possono essere venduti anche in farma�'ia. La pubblicit� degli stessi prodotti � invece assolutamente libera per gli alid operatori ii:iteressati:. pn:iduttori, importatori, venditori al dettaglio diversi dai farmacisti~ In tali condizioni, potrebbe ragionevolmente ritenersi che l'abolizione della misura controversa porti (eventualmente ed unicamente) ad im'alterazione del U) Sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837, punto 5 della motivazione). 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, dello svolgimento del procedimento, nonch� delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensfone del ragionamento della Corte. 6. -Si deve rilevare, in limine, che le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali nella Comunit� non sono pertinenti con riguardo ad un divieto generale di rivendita sottocosto, attinente alla messa in commercio delle merci, ed esulano, quindi, dall'oggetto della causa principale. 7. -Per quanto riguarda, poi, il principio di non discriminazione sancito dall'art. 7 del Trattato, emerge dalle ordinanze di rinvio che il giudice nazionale dubita della compatibilit� con la detta disposizione del divieto di rivendita sottocosto, in quanto potrebbe porre le imprese ad esso soggette in una posizione di sfavore rispetto ai loro concorrenti operanti in Stati membri in cui la rivendita sottocosto non � vietata. 8. -Si deve osservare, in proposito, che il fatto che imprese svolgenti attivit� di vendita in Stati membri diversi siano soggette a normative difrapporto tra il volume delle vendite delle farmacie (da un lato) e quello degli altri esercizi commerciali (dall'altro), cio� ad una diversa ripartizione del fatturato tra i diversi circuiti di vendita (2). Non pu� tuttavia essere escluso a priori che il divieto di determinate iniziative pubblicitarie, quale imposto ai farmacisti, comporti un peggioramento delle possibilit� di smercio dei prodotti in questione e, sia pure per questa sola via, anche dei prodotti importati. In altni termini, una siffatta misura ben pu� avere una qualche incidenza sulle importazioni, ma per il solo fatto che, a causa delle limitazioni alla puhblicit� che essa impone, influenza negativamente la domanda dei prodotti che rientrano nella sua sfera di applicazione e dunque comporta (eventualmente) una riduzione del volume delle vendite e, per tale via, finalmente anche delle importazioni (3). (2) Rispetto ad un tale profilo, � interessante notare come il giudice nazionale abbia ritenuto che � non occorra considerare se la normativa da verificare produca effetti sotto forma cli riduzione del volume d'importazione dei prodotti interessati o solo sotto forma di alterazione del giro d'affari tra farmacie da un lato e altri offerenti dall'altro�, in quanto, � oltre alla negativa ripercussione sulle importazioni sotto forma di un calo globale del volume delle importazioni deve essere impedito che, quale conseguenza della restrizione della libert� commerciale di determinati operatori del mercato, si produca un'alterazione dei flussi commerciali o una canalizzazione delle importazioni� (pag. 6 dell'ordinanza di rinvio). (3) Le stesse osservazioni valgono invero per tutte le limitazioni indistintamente appli. cabili apportate alle possibilit� cli pubblicit� per determinati prodotti. Limitazioni del genere1infatti, ad eccezione dell'ipotesi in cui siano tali da sfavorire i prodotti importati, risolvendosi dunque in una discriminazione di fatto (v., in tal senso, sentenza 10 luglio 1980, causa 152/7~. Commissione/Francia, Racc. pag. 2299), incidono esattamente allo stesso modo sulle possibilit� di smercio dei prodotti di cui trattasi: siano essi nazionali o importati. 63 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE ferenti, .di cui alcune vietano la rivendita sottocosto mentre altre la consentono, non � costitutivo di una discriminazione ai sensi dell'art. 7 �del Trattato, quando la normativa nazionale oggetto della causa principale si applica a qualsiasi attivit� di� vendita effettuata sul territorio nazionale, indtpendentemente dai1Ia nazionalit� dei soggetti che la svolgano (v. sentenza 14 luglio 1988, causa 308/86, Lambert, Racc. pag. 4369). 9. -Dana questione pregiudiziale risulta, infine, che il giudice a quo, richiamandosi ai principi fondamentali della Comunit�, enunciati all'art.� 3 del Trattato, chiede chiarimenti in ordine agli eventuali effetti anticoncorrenziali della normativa di cui trattasi, senza peraltro indicare le norme specifiche del Trattato che costituiscono attuazione di tali principi nel settore della concorrenza. 10. -Pertanto, in considerazione degli argomenti rispettivamente dedotti daitle parti nonch� della discussione svoltasi dinanzi alla Corte e al fine di fornire al giudice di rinvio elementi utili di risposta, occorre procedere a1l'eimme del divieto di rivendita sottocosto sotto il profilo delli;t libera circolazione delle merci. 11. -A termini dell'art. 30 del Trattato, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonch� ogni misura di effetto equivalente. Secondo costante giurisprudenza, costituisce misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa qualsiasi misura che 8. ~ sufficiente questo effetto riduttivo degli scambi -remoto, indiretto ed eventuale, comunque solo presunto -perch� la misura rientri nella previsione dell'art. 30? Il problema, come si vede, non � nuovo ed �, soprattutto negli ultimi anni, al centro di un dibattito aperto e vivacissimo (4). Siamo infatti di fronte alla ormai frequente ipotesi di una riduzione potenziale delle importazioni, non dovuta n� ad un diverso regime fra prodotti importati e prodotti nazionali, n� ad una eventuale diversit� di legislazione sui requisiti di composizione e di presentazione del prodotto (fattispecie � Cassis de Dijon �). Nell'ipotesi che ci occupa, infatti, gli eventuali effetti restrittivi sulle importazioni discendono dalla stessa esistenza della normativa di cui trattasi, mentre non ha alcun rilievo, almeno in via di principio, un'eventuale divergenza della legislazione del Paese d'origine del prodotto: la riduzione delle vendite, se c'�, vi sarebbe anche in presenza di una perfetta uguaglianza delle legislazioni a confronto. (4) Oltre a Marenco, Pour une interpr�tation traditionnelle de mesure d'effet equivalant � une restriction quantitative, in CDE, 1984, pag. 291 ss., e White, In search of limits to article 30 of the EEC treaty, in CMLRev, 1989, pag. 234 ss., v., tra i contributi pi� recenti e pi� significativi rispetto al problema che ci occupa, Gormely, in CMLRev, 1990, pag. 141 ss.; Mortelmans, Artide 30 of the EEC treaty and legislation relating to market circumstances: time to consider a new definition?, in CMLRev, 1991, pag. 115 ss.; Steiner, Drawing the line: Uses and abuses of article 30 EEC, in CMLRev, 1992, pag. 749 ss.; Chalmers, Free movement of goods within the European Community: an unhealthy addiction to scotch whisky, in International and Comparative Law Quarterly, 1993, pag. 269 ss. 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi commerciali intracomunitari. 12. -Va rilevato che una normativa nazionale che vieti in termini generali la rivendita sottocosto non mira a disciplinare gli scambi di merci tra gli Stati membri. 13. -t::. pur vero che una siffatta normativa, laddove impedisce agli operatori di avvalersi di un metodo di promozione commerciale, � atta a restringere il volume delle vendite e, conseguentemente, i�l volume de1le vendite di prodotti provenienti da altri Stati membri. Ci si deve tuttavia domandare se tale eventualit� sia sufficiente per qualificare Ja normativa di cui trattasi come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione. 14. -Considerafo che gli operatori econom1c1 mvocano sempre pm frequentemente l'art. 30 del Trattato al fine di contestare qualsiasi normativa che, pur non riguardando i prodotti provenienti da altri Stati membri, produca l'effetto di limitare la loro libert� commerciale, la Corte reputa necessario riesaminare e precisare la propria giurisprudenza in materia. 9. In definitiva, il problema � se misure che disciplinano le modalit� di commercializzazione (chi, dove, quando, come) (5) e che, per il solo fatto di incidere sull'offerta (ad esempio mediante una canalizzazione delle vendite) o sulla domanda (attraverso limitazioni delle possibilit� di pubblicit�) dei prodotfi di cui trattasi, ivi compresi quelli importati, possono determinare una contrazione delle vendite, rientrino comunque nella sfera di applicazione dell'art. 30. E ci� indipendentemente dall'effettiva esistenza di una riduzione delle importazioni, ovvero, a contrario, se ed in che misura l'eliminazione della misura contestata possa avere un effetto positivo sulle vendite e dunque sulle importazioni. AI fine di dare una risposta al giudice nazionale, occorre pertanto e pre liminarmente chiedersi se, rispetto alla nozione di misura di effetto equivalente, sia sufficiente, almeno in via di principio, che non si possano escludere taluni effetti delle misure sulle importazioni, per quanto minimi ed indiretti; o se invece occorra che il nesso di causalit� tra le misure e le importazioni debba essere tale da far ritenere sufficientemente probabili e caratterizzati gld eventuali effetti restrittivi sugli scambi: se cio� la misura di cui trattasi sia tale da � ostacolare >>, sia pure potenzialmente, gli scambi intracomunitari. 10. Posto in questi termini il problema, � chiaro che sar� da escludere che la misura di cui si discute nella specie possa costituire un ostacolo agli scambi . (5) Invero, una misura concernente la pubblicit� dei prodotti pu� a giusto titolo farsi rientrare tra le misure concernenti il � come '" ~ evidente infatti che la pubblicit�, in quantoincitamento al consumo, costituisce il metodo pi� efficace di promozione delle vendite e che, proprio per questo motivo, pu� influenzare in modo sensibile la domanda e dunque le vendite. PARTE I, SEZ, U1 GIURIS. COMUNITARIA" B INTERNAZIONALE 1!i ""'""��Si deve. ricordare �.al riguardo che,. secondo �la giurisprudenza Cassis de Dijon {sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentrail; Racc; pag. 649); costituiscono misure di effetto equivalente, v�etate dal, l'art 31), �gliostacoli alla libera� circolazione delle merci� derivanti; in. assenza di�arinoniz:tazione�delle legislazioni1�dall'a:ssoggettamento delle merci prov.e� ni�nt� da altri Stati membri; �in �cuisiano legalmente fabbricate e immesse in Cdm@��rdo;a hotme che dettino reqilisitiai quali le mercistesse devono rispond�re<(q�ali quelle riguardanti�la de:riominazioi:ie;�� Ia forma; le. dimen� sfofil,�if p�fo,l� c�rn:posiiion�, fa presentazione, l'eticheitattifa, o n�confezfonanieiifo), and1e qualora tali noi-rrl� siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti, laddove tale assoggettamento non risulti giustificato da fin~dit� di interesse generale tali da preva1ere sulle esigenze d�Ua libera circofaz�one dell\:l m~rci. tra Stati membri,. laddove si dntenda per.ostacolo un. impedimento,. una difficolt� di attesso al mercato tale da incidere in particolar� sulle importazioni: allorquando Cio�. si tratti diuna misura� ch� in qualche niodo � ~ quantofoeno perch� dissuasiva -"-� costituisca una � barri.era ,; alla libera circofazfone del1e foerct i'!: evidente invece che laddove il criterio Dassonville sia interpretato nel senso che � in contrasto con il diritto comunitario, a: meno che non trovi giu; stifilcazione in esigenze imperative o in forza dell'art.. 36, ogni provvedimento nazionale la cui elimini;izione potrebbe deteril}inare un aumento delle vendite e per ci� solo delle importazioni, anche la misura che ci occupa rientrerebbe nell'ambito di applica:zicine dell'art. 30. .�.�. . . . . . n..L� risposta ad Uti. tale . quesito richiede, all'evidenza, una. riflessione vi� generale intorno alla deliiriitazione de1 . campo di appljcazione dell'art. 30. rispetto a normative quali quella che ci occupa, iii particolare q\lanto ai criteri �� che consentqno di qualificare..Uil determinato provvedimento nazionale come misura di effetto equivalente. In altre PaJ:'Ole, ed .anche a costo di ritornare su precedenti posizioni .gi� espresse in. argomento, ritengo che� una riflessione .si imponga quanto al se l'art~ 30, e con esso jl criterio Dassonvi�le, possano essere letti in niodo tale daComprendere nella nozione di misura di effetto equivalente anche quelle II1isUi'e: � � � � -che�.sono indistintamente . applicabili; -che hanno ad oggetto non i prodotti (composizione, etichettatura, forma, iII1ballaggiio, de.omina:zione, ecc.) bens� l'attivit� commerciale (chi, coil}e, .dove, quando, pu�. vendere . i prodotti); .. -che possono al� pi� .risolversi in una riduzione presunta ed eventuale delle importazioni, quale conseguenza solo ed esclusivamente di un'altrettan.to eventuale riduzione delle vendite; -rispetto alle quali, a ben vedere, l'asserita rJduzione non dipende dg una disparit� delle legislazioni nazionali, bens� soltanto dalla circostanza che le autorit� nazionali (di uno, di alcuni o di tutti i Paesi CEE) abbiano adottato una disciplina del commercio meno liberale di quella auspicata dagli operatori interessati. � Una tale riflessione non pu� che avere come punto di partenza un quadro della giurisprudenza in argomento, giurisprudenza che certo non � -perch� tacerlo? -di facile lettura sistematica e che, come gi� rilevavo nelle conclusioni 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 16. -Peraltro, si deve ritenere, contrariamente a quanto sino ad ora statuito, che non pu� costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri ai sensi della giurisprudenza Dassonvillle (sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Racc. pag. 837), l'assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalit� di vendita, semprech� tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgono fa propria attivit� sul territorio nazionale e semprech� incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri. 17. -Infatti, ove tali requisiti siano soddisfatti, l'applicazione di normative, di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce relative alla causa Soci�t� Laboratoire de Proth�ses Oculaires (6), in cui peraltro non riuscivo a nascondere un certo disagio nei confronti di un'applicazione meccanica della formula Dassonville a normative del tipo di quella che ci occupa, pu� essere ricondotta a tre modelli di soluzione, pur con qualche difficolt� dovuta alla frammentariet� cui si � appena accennato. Il quadro giurisprudenziale 12. In un primo gruppo vanno ricomprese quelle pronunce in cui la Corte ha considerato che le normative in questione fossero prive di qualsiasi legame con le importazioni e comunque non idonee ad ostacolare il commercio tra Stati membri (7). A tale risultato la Corte � pervenuta ponendo l'accento sul fatto che i provvedimenti in questione non erano preordinati alla disciplina degli scambi, non concernevano altre forme di smercio dello stesso prodotto o, in ogni caso, lasciavano la possibilit� di vendita attraverso circuiti alternativi. In Oebel, ad esempio, in cui era in discussione una normativa che vietava la lavorazione e la distribuzione del pane in determinate ore, la Corte ha ritenuto che si trattasse di una normativa priva di nesso con le importazioni in quanto � gli scambi intracomunitari restano dn effetti possibili in qualsiasi momento, con l'unica riserva che la consegna ai consumatori ed ai dettaglianti � limitata allo stesso modo per tutti i produttori, indipendentemente dal luogo in cui esercitano la loro attivit�� (8). In Blesgen, poi, la Corte ha ritenuto che il divieto concernente la vendita per il consumo sul posto di taluni alcolici in determinati esercizi commerciali non rientrasse nell'ambito di applicazione dell'art. 30 nella misura in cui non toccava �le altre forme di smercio� (9) dello stesso prodotto. Pi� o meno analoga � la motivazione delle sentenze in cui la Corte si � pronunciata sulle norme che vietano la vendita di articoli pornografici in esercizi non autorizzati. Essa ha infatti rJlevato che tali norme �non hanno in realt� (6) Sentenza 25 maggio 1993, causa C-271/92, non ancora pubblicata in Raccolta. . (7) In tal senso, v. sentenze 14 luglio 1981, causa 155/80, Oebel (Racc. pag. 1993); 31 marzo 1982, causa 75/81, Blesgen (Racc. pag. 1211); 11 luglio 1990, causa C-23/89, Quietlynn (Racc. pag. I-3059); 7 maggio 1991, causa C-350/89, Sheptonhurst (Racc. pag. I-2387). (8) Sentenza 14 luglio 1981, citata, punto 20 della motivazione. (9) �Sentenza 31 marzo 1982, citata, punto 9 della motivazione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 67 elemento atto ad impedire i'accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo in misura maggiore rispetto all'ostacolo rappresentato per i prodotti nazionali. Normative siffatte esulano, quindi, dalla sfera di applicazione dell'art, 30 del Trattato. 18'. -La questione sollevata dal giudice nazionale va dunque risolta affennapdo eh.e l'art. 3� ciel Trattato CE'.E deve essere interpretato nel senso che l'lori. trova applicazione nei confronti di una normativa di uno Stato membro che vieti in via generale la rivendita sottocosto. (omissis) II (omissis) 1. -Par ordonnance du 14 mai 1992, parvenue � la Cour le ler juhlJ.et suivant, le Verwaltungsgerichtshof Baden-Wiirttemberg a pos�, alc1,1n rapporto con gli .scambi intracomunitari poi�)l� lo .smerdo dei prodotti c;onsiderati � possibile attraverso negozi muniti di licenza nonch� altri circuiti � e che pertanto esse � non sono tali da ostacolare il �ommercio tra Stati membri � . (10). � 13. Nei casi appena ricordati la Corte ha dunque considerato ininfluente, ai fini. dell'appli.�cabilit� dell'art. 30, un'eventuale riduzione delle importazioni dovuta ad una riduzione delle possibilit� di smercio che coinvolgesse .nella stessa misura sia i prodotti nazionali che i prodotti importati. Va da s�, .infatti, che il divieto di consumare. sul posto bevande con un alto tenore alcolico (Blesgen) o quello di vendita di articoli porn,ografioi in esercizi non autorizzati (Quietlynn) sono certo tali . da poter .influenzare negativamente la domanda e dunque incidere, per tale via, sul volume delle importazioni, essendo (sotto tale profilo) del tutto irrilevante che il divieto in questione.. non concerna altre forme di smercio dello stesso prodotto oppure sia possibile in esercizi muniti di licenza. Un tale approccio, peraltro, non � limitato alle normative concernenti le modalit� di smercio dei prodotti. A ben vedere, infatti, molti altri sono i casi in cui la. Corte non ha applicato in modo meccanico la formula Dassonville, a cominciare dai regimi di prezzi controllati (11), nonch� rispetto a provvedimenti di varia natura ma tutti accomunati dal fatto di non presentare alcun legame, se non indiretto e vago, con le importazioni e di incidere allo stesso modo sia sui prodotti nazionali che su quelli importati (12). (10) Sentenza 11 luglio 1990, Quietlynn, citata, punto 11 della motivazione. Nello stesso senso sentenza 7 maggio 1991, Sheptonhurst, citata. (11) Al riguardo, la Corte si limita infatti a verificare che i prezzi imposti non siano tali da rendere impossibile o pi� difficile la vendita dei prodotti importati, cio� che non siano tali da sfavorire le importazioni [v., tra le altre, sentenze 2 luglio 1987, causa 188/86, Lef�vre (Racc. pag. 2963), e 13 dicembre 1990, causa C-347/88, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1-4747), relative a regimi di _Erezzi massimi; nonch� sentenze 13 novembre 1986, cause riunite 80/85 e 159/85, Edah BV (Racc. pag. 3359), e 7 mag11io 1991, causa C-287/89, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1-2233). relative a regimi di prezzi mmimi]. :t;: evidente invece che un'applicazionemeccanica della formula Dassonville non farebbe escludere che un sistema di prezzi controllati, incidendo sulle condizioni dell'offerta e della domanda, sia tale da poter comportare una riduzione del volume delle vendite e dunque (anche) del volume delle importazioni. � (12) Significativo al riguardo � il caso Forest, in cui era in discussione una misura di contingentamento a livello di produzione della farina. La Corte ha infatti ritenuto che una tale misura non sembra avere � in realt�, alcun legame con l'importazione del grano n� sembra essere di natura tale da ostacolare il commercio tra gli Stati membri �. E ci� perch�, anche se la limitazione delle quantit� di grano ammesse alla macinazkme> pu� impedire RASSEGNA AVVOCATURA DELLO. STATO 68 en vertu . de l'article � 177 du trait� �CEE, une question pr�:judicielle . relative � finte:t'Pr�tation des articles 30 et 36: de ce trait�, en ro� de liti permettre d'appr�cier laccompatibilit� avec ces dispositions d'une r�gle d�ontolog�que, �tablie par la Landesapothekerkammer Baden-Wiirttemberg (chambre professionnelle des phar:maciens du Land Baden-Wurttemberg, ci-apr�s � chambre pr9f�ss�<liri:1~1le 1'); qui interdifat,p1: pharmaciens exer�al1t dans ce Land d� f�ir~ de fa plil:>Ii�-:it�, eI1 dehors de l'officirie, �pol.lr les. prodilits parapharhlaceuHqtiek q_tl'tlk sbhfal;#orises � Offrir � la veri.te. .. . .� .. 2. -Cette question a �t� soulev�e dans le cadre d'un litige opposant un certain nombre de pharmaciens .. du Land Baden-Wiirttemberg � la chambre professionnelle, a� sujet de~ la l�galit� de cette r�~le d�ontologique. 14. In un secondo gruppo vanno ricomprese quelle sentenze in cui la Corte ha� Picori.osciuto Tappl:icabil�t� in�.vfa� di �principio �del divieto ex att. 30 anche a misure deltip() qui iri discussione, limitandosi �tuttaVia ad un esame della proporzionalit� �� dell� stesse alquanto �atipico�. Mi riferisco, in particolare, alle. sentenze sul � commercio la .domenica � (13), sentenze �fo cui l� Cotte �11a affermato che �normative chi:! precludono il lavoro subordinato (o le' attMt� commerciali) di d()meriica, pur non essendo preordinate alfa: disdplma degli scambi e sebbene � sia poco probabile che la chiusura domerii�afo (;;;) mditca i co1istiIIlatori a mnunciare definitivamente all'acquisto dfpfodottfrepetibili durante gli al.tti giorni della settimana�, possono � nondimei: Io comp�rtare >effetti restHttM sulla libera circolaZione delle merci ,, in q�a:nfo � l,lossond Hpercuotersi negativamente stil volume delie vendite e, di �di:isegtienz�; . ddle importaziom � (14). � Tali effetti :testHttivi, . sebbene evei:itUali e non provati; sono dunque ritenutH'i: tffidei:iti per�h� le iriisure in questione rientthio nel campo di applicazione dell'al:t. 30 (15). La Cotte si:ln:ibra cos� aver i:iconosciuto che a normative nazio� naliciel tipo in qtiestfon� Si applica (in inodo meccanico) il principio enunciato nella sentenza Dassonville, ton la conseguenza ch� la loro compatibilit� con l'art. 30 � sUbordfoafa a un duplice presupposto: a) ch� la normativa in que ai mugnai di acquistare del grano, ogni mugnaio � libero di approvvigionarsi totalmente o parzialmente di grano importato (sentenza 25 novembre 1986, causa 148/85, Racc. pag. 3449, punto 19 della motivazione). V., inoltre, sentenze 7 marzo 1990, causa C-69/88, Krantz (Racc. pag. I-583, punto 11 della motivazione), e 13 ottobre 1993, causa C-93/92, CMC Motorradcenter, punto 12. della. motivazione (non ancora pubblicata in Raccolta), in cui la Corte ha ritenuto che gli eventuali effetti restrittivi sulle importazioni delle misure nazionali in discussione, rispettivamente ii. potere�.. di .. pignorlltnento dell'amministrazione fiscale su beni venduti con riserva. di propriet� e l'obbligo precontrattuale di informare gli acquirenti di motociclette su alcuni aspetti relativi alla garanzia; fossero troppo aleatori e indiretti perch� tali misure potessero essere �onsiderate atte ad ostacolare il commet�io tra gli . Stati membri. .. (13) Sentenza 23 novembre 1989, causa C-145/88, Torfaen (Racc. pag. I-3851); sentenze 28 febbraio 1991, c�usa C-312/89, Confor�ma (Racc. pag. 1'997), e causa C-332/89, Marchandise (Ra�c. pag. � I-1027); nonch� serttenza � 16 �dicembre 1992, �ausa C-169/91, Cotmcil of the Cityof Stoke-on-Trent (Racc. pag. I-6635). (14) Sentenza Conforama, citata, punto 8 della motivazione. (15) Al riguardo, non posso tuttavia fare a meno di rilevare come l'approccio esaminato ai punti 12 e 13 (misure di per s� estranee all'art. 30) non possa essere .considerato superato da una tale evoluzione. Ed infatti la sentenza Quietlynn � successiva alla prima sentenza sul commercio la domenica e la sentenza Sheptonhurst successiva alle sentenze Conforama e Marchandise: i due approcci, dunque, cronologicamente si intrecciano, il che contribuisce ad aumentare la confusione. PARTB I, SB:&ill;GIURIS; COMUNITARikB INTBRNAZIONALB 69 3~~��11 ress�rt dU dossier ttansmis �Ja.Cour. que l'article 10, point 15, d�i la Berufsordnung .(code d�ontologique) de�. la.� <:Mmbre ��professionnelle prohib(l}.Ja �publicit� excessive � p9ur les produitsi autres que le$�� m�d�<::a� rn:ent$, � q.i :peuvent;�confonn~ment al.'Ct dispositions combin�es des �articles 2, p~~rapfie�.. 4�.�. et ~5�� de.���la;���Apotliekenbetriebsor~hftin!?{���(r�glement���sur �la ges~io. des pbarw.ac�es)~ ~tr~ ye:t1.\l$ eri pharma�ie; pour autant que�cette ve.t~ #'a~~ecte. P~sl~.. bl)n �.. f9n7tionnement de.l'officine ...II est �constant ~i~a~:~1t;1!~0:!l~:~ai~aprt::~:f~i�&\~~!dh~tsf~~~;6~&!:~~ tiq.es. ii:~~~a~~~~tt~~~ . �.� �.�..�.� �.�� �.�.� .. sd9ne Persegt.la. uno scopo legittimo dal punto di vista del diritto colritirutariC>, .e b) che essa il<>n v�4:i! 9ltte��quanto necessarli:> per consegfilre� . Io scopo perseguito; il C!l'.l,e si ve>:ifi~!ttir~?~. c:tuaj?do s.li ostEtc~li� che .ne deriVirio per gti scambi non �eccc#;tano il c�ntest<:> degli ~f�tti propri df un� Mrmativa commerciale �, �ᥥ � �� � 15. L� Corte; Premessa Ia legittimit� '"-aua luce del� diritto: comunitario .�.....;, dell'intento di garafillte: �� una � riP�rtizfon� � degli ��orari di lavoro . e di��. riposo rispondente allep�euiiarlt� soci&etilturali naziOnali��� a regionali, ��si �� pertanto lfoiltata:; nflle st�sse sentenze,/ ad affermare che �gli�. effetti� restrittivi� .. sugli scambi� �he possono eventualmente deriv�re���da una �siffatta. normativa.� non sembrano eccessivi; avut� rigt.lardo ano ��scopo����� perseguito � �.� (16); precisando i:rtalttet nella p��t recente> sentenza fu. mate�fat . che;. an() s�Opo di verificare�. se gli {~ventuali)>eff�ttfrestrlttlv� di una siffatta normativa non�. vadano al di l� di quanto ne&iss~ict pet consegrifr1r lo scopo .persegttito1 occorre esammare �se tali effetti �sono diretti; i:nditettli o meramente . ipotetici. e . se: non sfavoriscono la conunerdalitzazi�ne dei prodotti importati pi� di quella dei prodotti na� ziC>liall� (17); > �. � � � � �.� � �� � � � Un tale approccio sembra dunque implicare Uri controllo solo m.atgtnale dell( notll1ative di cui. trattasi, cortt:rolld avente ad oggetto �� 1a ragiOrtevalezza f:M1)��~~~���~s~:X~:~ni~t>~t:r~r~!:::;~!e�~~ri~~i~01~~�;~~~~d;::.� a~~: esame <i d#$si�o � volt() a verificare se la normativa � di cui . t:rattasi risponda ad. esigenze . ill'lpfltat1ve �.e .s� .le�. misure prescelte siano . proporzfonate. rispetto allo scfo)?o petsegtiito, � sembra.� ricercare. l'esisteI!Z� ��di una causa. giustificativa avend& #gil#!ii::f agli eff~tti sugli scambi �. fafracomunitari � che � eventuahnente potrebbero risultare dalla normativa in esame. Ci� detto, non pu� certo sotta� cersi che un tale approcclo, sebbene caratterizzato da una valutazione molto pi� blan�a ..o. com1,1nq1,1e meno intensa di quella norma!mente effettuata . ai sensi degli . artt; 30:.36, .��contraddice �l'approccio inaugurato con la sentenza Oebel. 16; In uJ:J, terzo �.� 8r.ppo; ili.fine,. vanno ricompfe$(lc quelle � pronunce in cui la Corte, considerato chel.� normative� �concernenti fa vendita, pur. non condizionando diretta.mente Jc;f importazioni, Jossero � coiijunq.e Jd�inee ad �ostacolare 16) Sentenze Conforama e Marchandisti, citate, rispettivamente punto 12 della motivazione e punto 13 della motivazione. . � . . . � � �.. � , (17) Sentenza Council of the Cify of Stoke-oriTrent, citata, punto 15 della motivazione. 6 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO de !'officine, ont intent�, devant le Verwaltungsgerichtshof Baden-Wiirttemberg, une action judiciaire � l'encontre de la chambre professionnelle, afin de faire d�clarer invalide cette interdiction de publicit�. Devant cette juridiction, les requ�rants au principal ont notamment invoqu� l'incompatibilit� de l'article 10, point 15, de la Berufsordnung de la chambre professionnelle avec les articles 30 et 36 du trait�. 5. -C'est dans ces conditions que le Verwaltungsgerichtshof BadenWiirttemberg a sursis � statuer pour poser � la Cour la question pr�judicielle suivante: � Les dispositions combin�es de l'article 36 et de l'article 30 du trait� CEE doiventelles etre interpr�t�es en ce sens que la disposition d'un code d�ontologique par laquelle la chambre des pharmaciens d'un Land interdit aux pharmaciens de son ressort toute publicit� en dehors de l'officine, gli scambi intracomunitari, .in quanto suscettibili di incidere sulle possibilit� di distribuzione dei prodotti (anche) importati e di comportare, per tale via, una riduzione del volume deile importazioni, ha poi proceduto al classico esame volto a verificare, da un lato, se le misure in questione perseguissero finalit� d'interesse generale riconosciute dall'ordinamento comunitario (a seconda dei casi, tutela dei consumatori, tutela della salute, ecc.) e, dall'altro, se le misure prescelte fossero proporzionate rispetto allo scopo (legittimo) perseguito (18). La maggior parte delle misure rispetto alle quali � stato utilizzato un tale approccio concernono, come si vedr� non a caso, metodi di vendita o di promozione delle vendite. La Corte ha infatti ritenuto, rispetto ad una tale categoria di misure, che � il fatto che l'operatore interessato sia costretto ad adottare diversi sistemi di pubblicit� o di promozione delle vendite a seconda degli Stati membri in cui svolge la sua attivit�, ovvero a rinunziare ad un sistema da lui ritenuto particolarmente efficace, pu� costituire un ostacolo alle importazioni, anche qualora detta normativa si applichi indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati� (19). In altre parole, una normativa nazionale, che pure non sfavorisce direttamente e specificamente i prodotti importati, pu� costituire una misura di effetto equivalente qualora, vietando di praticare un determinato metodo di vendita legalmente praticato nello Stato membro di origine, � tale da rendere pi� difficile e/o meno redditizio l'accesso al mercato per gli operatori del settore: e ci� a maggior ragione, come la Corte stessa ha chiarito, quando l'operatore interessato realizzi la quasi totalit� delle vendite attraverso il metodo di smercio (18) In tal senso v. sentenza 15 dicembre 1982, causa 286/81, Oosthoek (Racc. pag. 4575), che costituisce la prima applicazione dell'approccio in questione ad una normativa del tipoche Ci occupa. V. inoltre: sentenze 16 maggio J989, causa 382/87, Buet (Racc. pag. 1235); 21 marzo 1991, causa C-369/88, Delattre (Racc. pag. 1-1487), e causa C-60/89, Monteil e Samanni (Racc. pag. 1-1547); 30 aprile 1991, causa C-239/90, Boscher (Racc. pag. 1-2023) e 25 maggio1993, Soci�t� Laboratoire de Proth�ses Oculaires, citata. Nella stessa logica la Corte ha ritenuto suscettibili di restringere il volume delle importazioni provvedimenti nazionali comportanti il divieto o la limitazione di talune forme di pubblicit�. V. al riguardo sentenze 15 dicembre 1982, Oosthoek, citata; 7 marzo 1990, causa C-362/88, GB-INNO (Racc. pag. 1-667); 12 dicembre 1990, causa C-241/89, SARPP (Racc. pag. I-4695); 25 luglio 1991, cause C-1/90 e C-176/90, Aragonesa de Publicidad (Racc. pag. 1-4151), e 18 maggio 1993, causa C-126/91, Yves Rocher, non ancora pubblicata in Raccolta. (19) .sentenza Oosthoeck, citata, punto 15 della motivazione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 71 meme pour la vente des produits parapharmaceutiques au sens de l'article 25 de la Apothekenbetriebsordnung, est justifi�e? �. 6. -Pour un plus ample expos� des faits du litige au principal, du d�roulement de la proc�dure ainsi que des observations �crites d�pos�es devant la Cour, il est renvoy� au rapport d'audience. Ces �l�ments du dossier ne sont repris ci-apr�s que dans la mesure n�cessaire au raisonnement de la Cour. (omissis) 12. -A titre liminaire, il convient de rappeler qu'aux termes de l'article 30 du trait� les restrictions quantitatives � l'importation, ainsi que toutes mesures d'effet �quivalent, sont interdites entre les Etats membres. :~ in questione (20). La possibile riduzione del volume delle importazioni risulta dunque strettamente collegata, in casi come Oosthoeck (vendita con omaggio), Buet (vendita porta a porta), Delattre (vendita per corrispondenza) e Boscher (vendita all'asta), agli ostacoli derivanti dalle normative in questione per un (unico) operatore del settore (21). 17. Allo stesso modo, talune normative limitative delle possibilit� di pubblicit� per certi prodotti sono state considerate rientrare nella sfera di applicazione dell'art. 30; e ci� in quanto non pu� escludersi, come la Corte ha sottolineato, che il fatto di modificare la forma o il contenuto di una campagna pubblicitaria a seconda degli Stati membri in cui viene svolta l'attivit� pu� costituire un ostacolo per le importazioni, anche qualora le normative di cui trattasi si applichino indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati (22). Ed � cos� che sono stati dichiarati contrari all'art. 30 il divieto di una certa forma di pubblicit�, nella misura in cui tale divieto colpiva (anche) una catena di supermercati stabilita in un altro Stato membro (limitrofo) in cui, per contro, il tipo di pubblicit� in questione era del tutto lecito (23), il divieto di utilizzare, nel pubblicizzare un determinato prodotto, qualsiasi menzione atta a richiamare la parola zucchero, divieto che obbligava quindi l'operatore interessato, data la diversit� di legislazioni al riguardo, a modificare il contenuto stesso della pubblicit� in funzione dello Stato membro in cui il prodotto in questione era commercializzato (SARPP); e, infine, il divieto di pubblicit� con . (20) V. sentenze Buet, Delattre, e Boscher, citate, rispettivamente punti 8, 50 e 14 della mot1vaz1one. (21) Non � SUJilerfluo ,Precisare che nei casi Delattre e Boscher, a differenza dei casi Oosthoeck e Buet, i metodi di vendita in questione erano del tutto leciti. La relativa normativa si risolveva tuttavia in un ostacolo agli scambi, vuoi per il fatto di imporre al venditore la previa iscrizione nei registri commerciali del luogo della vendita ali 'asta (Boscher), vuoi per il fatto che il tipo di prodotti in questione, legalmente commercializzati in uno Stato membro come alimenti o cosmetici, erano qualificati nello Stato membro d'importazionecome medicinali, con la conseguenza di essere riservati al monopolio di vendita dei farmacisti e dunque di non poter essere commercializzati per corrispondenza (Delattre). In quest'ultimo caso, a ben vedere, ci troviamo piuttosto nell'ipotesi � Cassis de Dijon �, trattandosi appuntodi una diversit� di legislazione che influenza, in ultima analisi, la stessa presentazione del prodotto. {22) V. punto 15 della sentenza Oosthoeck; punto 29 della sentenza SARPP; punto 10 della sentenza Yves Rocher. (23) Sentenza GB-INNO, citata. In particolare, in tale sentenza la Corte ha sottolineato il fatto che la libert� dei consumatori sarebbe compromessa qualora l'accesso alla pubblicit�nel paese di acquisto fosse loro rifiutato (punto 8 della motivazione). 72 RASSEGNA .AVVOCATURA DELLO STATO 13. -A cet �gard, la chambre professionnelle a soutenu d'abord que la r�gle d�ontologique en cause devant .la juridiction nationale ne rpouvait par etre qualifi�e de � mesure � au sens de l'article 30 du trait�, au motif que les chambres de pharmaciens n'auraient pas, en droit allemand, le pouvoir de prononcer la sanction disciplinaire de l'interdiction professfoi. mefle, qw�ne potirrait etre infl�g�e que par il.es autorit�s comp�tentes du�� Land. concern�. 14. -Sur ce point, il ressort de l'ordonnance de renvoi que,. conform�ment � la l�gislation allemande, fa chambre professionnelle est un orgariisnie de droit public, dot� de la personnal�t� juridique et soumis au ccintrole de l'Etat, dont tous les pharmaciens exer�ant dans le Land BadenWiirttemberg sont obligatoirement membres. En outre, ila chambre pro- indicazione del vecchio prezzo barrato con a fianco il nuovo prezzo in rosso, nella misura in cui si trattava di una forma di pubblicit� del tutto legittima nello Stato membro di provenienza ded prodotti in questione (Yves Rocher). 18. In buona sostanza, dunque, la Corte ha sottoposto alla verifica di compatibilit� ai sensi degli artt. 30 e 36 quelle misure concernenti la commercializzazione che, per .il fatto stesso di imporre il divieto di praticare un determinato metodo di vendita o una determinata forma di pubblicit�, sono (o possono essere) tali da rendere pi� difficile l'accesso al mercato per gli operatori linteressati, costretti a rinunciare ad un metodo da essi legalmente praticato nello Stato membro di origine. La Coi:te ha dunque pur sempre posto l'accento, in tali casi, sulla diversit� di legislazioni nazionali, nella misura in cui una tale disparit� costituisce un � ostacolo � per l'operatore interessato e dunque, in ultima analisi, per il prodotto che questi commercializza. La differenza di approccio con le normative esaminate ai punti 12-15 sarebbe dunque dovuta, in ipotesi di questo tipo, al ruolo giocato dalla disparit� di legislazioni nazionali, nella logica, per intenderci, della giurisprudenza Cassis de Dijon. 19. Allo stesso risultato (incompatibilit� di principio, salvo verifica in base all'art. 36 o ad esigenze imperative), la Corte � tuttavia pervenuta anche relativa: mente a normative rispetto alle quali un'eventuale disparit� di legislazfoni non assume alcun rilievo: n� per il prodotto in quanto tale, n� per l'operatore che lo commercializza. � questo il caso anzitutto di normative che riservano ad una singola categoria dd operatori (farmacisti, ottici) la vendita di determinate categorie di prodotti (medicinali, lenti a contatto), rendendo impossibile lo smercio dei prodotti stessi al di fuori dei canali previsti dalla legge e dunque comportando una formale canalizzazione delle vendite (24). � questo altres� il caso di un divieto di pubblicit�, applicabile su una parte del territorio di uno Stato membro e in determinate circostanze, per bevande alcoliche di gradazione superiore a 23 gradi (25): la sola incidenza sulle importazioni potrebbe infatti aversi come (24) V. sentenza 21 marzo 1991, causa C-60/89, Monteil e Samanni (Racc. pag. I-1547) e la gi� citata sentenza Delattre (entrambe relative al monopolio dei farmacisti), nonch� la pi� recente sentenza 25 maggio 1993, Soci�t� Laboratoire de Proth�ses Oculaires, citata, concernente il monopolio degli ottici. (25) Sentenza 25 luglio 1991, Aragonesa, citata. PARm I, SBZ.. II, GIURlS. COMUNll'ARIA .E INmRNAZIONALB 73 fessfonnelle fixe les r�gles d�ontologiques applicables aux pharmaciens et surveille le respect par ses membres de Jeurs obligations professicinnelles. En~,.des conseils de di~cipline professionnels, d�pendant. de ~a chambre et C�mpos�s" de membres nomm�s SUr pr�positi<>n de celle-Ci, peuvent pr<>rtoncer � l'encontre des pharmaciens (fui auraient enfre�nt les r�gles d�ontcil.ogiques des sancti�ns discipllnaires; te1l�s des runendes, fa d��h�ance de� la qualit� �.de illembre des organes de la charribre ou la d�ch�ance du droit devote et d'�ligibilit� � ces organes. 15.. -Or, .la.. Cour a d�j� constat� (voir arret du 18 mai 1989, Royal Pharmaceutical Society of Great :B.ritain, 266/87 et267/87, Ree. p. J295, point 15) que les actes d'une organisation professionnelle � laquelle la l�gislation nationale a conf�r� des pouvoirs de cette nature constituent, conseguenza di un pi� generale calo delle vendite, dovuto, a sua volta, all'inci' denza del dhiieto in questione sulla domanda dei prodotti di cui trattasi. Considerazioni d'insieme sulla giurisprudenza 20.�Q~esto, . dunque, � il�quadro . della $iurisprudenza. A� voler tirare le som� me, .pu� affermarsi che le risposte date dalla Corte ad uno stesso quesito, se cio� misure generali che hanno ad oggetto. le modalit� di esercizio dell'attivit� commerciale (chi vende cosa, quando si pu� . vendere, dove e come si pu� vendere). ed il cui legame con Je importazioni � dunque .solo indiretto, rientrino nondimeno nella sfera di applicazione deU'art. 30, in quanto misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni, sono sostanzialmente tre: a) non sono misure di effetto equivalente, in quanto non idonee ad ostacolare gli scambi intracomunitari; b) non sono misure di effetto equi.va1ente, nella misura in cui g!Ji ostacoli che ne derivino per gli scambi non eccedano . il contesto degli effetti propri di una normativa commerciale; c) sono misure di effetto equivalente, a meno che non siano giustificate in base ad esigenze imperative o all'art. 36. . Pu� una tale diversit� di �soluzioni essere spiegata in base ai diversi effetti delle misure in questione sulle importazioni? A me semb:ra che .. in tutte le ipotesi considerate ricorrano gli stessi elementi � qualificanti: gli effetti restrit� tivi sulle importazioni sono solo eventuali e comunque tali da riguardare esat� tamente allo stesso modo sia i. prodotti nazionali che quelli importati, conseguenza (se pure vi �) solo ed esclusivamente di una riduzione del volume delle vendite e non anche di una diversit� delle legislazioni a confronto. 21. Certo, potrebbe ritenersi che le differenti risposte siano miswate sulla diversa consistenza degli effetti (eventuali), quasi si fosse applicato ~criterio de minimis,� la circostanza � tuttavia smentita dalla stessa giurisprudenza della Corte, secondo cui � un provvedimento nazionale non � sottratto al divieto di cui all'art. 30 per il solo fatto che l'ostacolo frapposto all'importazione sia di poco conto e che esistono altre possibilit� di smerciare i prodotti importati � (26). (26) V. sentenze 5 aprile 1984, cause riunite 177/82 e 178/82, van de Haar (Racc. pag. 1797, punto 13 della motivazione), e 5 giugno 1986, causa 103/84, Commissione/Italia (Racc. pag. 1759, punto 18 della motivazione). 74 RASSEGNA AVVOCATURA l>BLLO STATO s'ils SOI:lt susceptibles d'influencer le commerce entre Etats membres, des � mesures � au sens de l'article 30 du trait�. 16. -Cette constatation n'est aucunement mise en cause par fa circonstance que, C()ntra1remet:lt � 1'organisation professionnelle vis�e dans cet arr~t, la cham'bre prqfessionnelle en. cause dans l'affaire au principal n'est pas habilit�e � �. retirer � ses membres l'agr�ment requis pour l'exercice de la profession. 17. -La chambre professionnelle a fait valoir ensuite que l'interdiction de ptiblicit� en cause devant la juridiction nationale ne constituait pas une mesure d'effet �quivalant � une restriction quantitative � l'importation, Proprio di recente, peraltro, la Corte ha riaffermato che, ad eccezione delle normative che abbiano degli effetti puramente ipotetici sugli scambi intraco munitari, � pacifico che l'art. -30 non operi alcuna distinzione tra le misure che possono essere qualificate come misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa a seconda dell'intensit� dei foto effetti sugli scambi all'interno delle Comunit� (27). Ad avviso della Corte, dunque, non rientrerebbero nel campo di applica zione dell'art. 30 unicamente quelle misur� i cui effetti sulle importazioni sono meramente ipotetici; non � chiaro invece se tali effetti ipotetici dovrebbero risultare, gi� ad un esame prima facie, scarsamente significativi (qualora si realizzassero). Al riguardo, basti comunque osservare che l'applicabilit� di una regola de mfriimis nel settore degli scambi di merci; sia pure entro tali limiti, mi sembra molto difficile, se non addirittura impossibile: a voler tacer d'altro, infatti, la prova della consistenza di effetti ipotetici si rivela una probatio diabolica. 22. In ogni caso, poi, non mi sembra che il problema che ci occupa possa essere inquadrato e risolto sotto il profilo della consistenza e/o ipoteticit� degli effetti, quanto piuttosto in relazione alla loro specificit�, che, a ben vedere, pu� essere determinata unicamente da una disparit� delle legislazioni a confronto. In questa prospettiva, sono del parere che tra le misure in discorso un apprezzamento specifico possano medtare, in presenza di determinate condizioni, solo le misure sui metodi di vendita o di promozione delle vendite, in quanto possono essere effettivamente tali da incidere in modo pi� caratterizzato e specifico sulle importazioni. Se � vero infatti che il divieto di praticare un determinato metodo di vendita, come ad esempio la vendita porta a porta, non sfavorisce i prodotti importati n� rende l'accesso al mercato pi� difficile per i prodotti in quanto tali (28), � altres� vero che un siffatto divieto pu� obbligare l'operatore interessato a cambiare una strategia d� vendita legalmente praticata nello Stato membro di origine (29), s� da rendere per l'operatore meno attraente l'accesso al mercato dello Stato dn cui detto divieto vige e, conseguentemente, (27) Sentenza 18 maggio 1993, Yves Rocher, citata, punto 21 della motivazione. (28) Sotto tale profilo, � chiaro infatti che normative di tale tipo hanno, al pi�, l'effetto . di canalizzare le vendite nella misura in cui un prodotto X potr� essere venduto solo in esercizi commerciali e non mediante altre tecniche. (29) Invero la giurisprudenza della Corte non chiarisce espressamente se trattasi dello Stato membro di origine del prodotto o dell'operatore interessato. :t!. altres� chiaro che i. termini del problema cambiano in relazione all'una o all'altra ipotesi. ---I 75 PAR'l'll I, SEZ� .U; GIURIS�.COMUNITARIA..E.INTllRNAZIONALE au sert~ de l'artiele ~O du trait�; en ce que cette r�gle d�ontologique ne serait pas susceptibl� d'entraver le commerce � intracommunautaire des prQduits �parapharma.ceutiques.� lS~ . -A ~~t �~;~4, i.l ~ aJieq ge i;appeler cl~a\)ord . que, selon une J.I'ispr.d�nce .� �o1l�j~ilt~r cC>ns#foe �ul1e o/esure q'effet �quivalant � une fr~tp�p<>A 9:W~~~~~.~W'f~, tou~.me~.e.~~ceptil:>Ie.cl'e~tnwer,4irectement ou md.ir.ect(lmentt�.aetuellement�.<>u�.potentiellement, le.:�commerce.�.intracommup~ .tajI';r(~6-~i ..�J~. hiwai~ ~~i~h p(ts59~yi1le, ~Ji4~ ~e~�P< ~i1J. point s). ~t~ij~f~���gijt1~1~}r~o~1el>@~~i~t!~e!~~~���!i~~t l7!ep:f!~~~~~;~~ co~tituire, ~otto tale profilo, un � ostacolo� alla circolazion~ intracomunitiir�a d.q,i prp4qtti. < . . . �. .� . . . . . .� . �. . . . . . . . . . .�. . . . . . ... ~~ti~ht~tT1t;;3Jti~.~tJ~'t!~~~.t=:s1!1~ ::et~~;~:==d~dt ::t~~~~!~ein=~ ~cambi per ild.'a�o dLcostrmgere .gli operatori ��a modificare fa �veste commerpj~~ ����{marketing) 4e~. Pt<:>d<:>tti.. lfupQrtati�����liil�� �fine.�� di�� �rendeda��.�conforme� �alle nQrme defPaese di. dei;tinazion:e, In talcM01�dtmqtie, ci� che Viene in �.. rllievo � Ja. di:v~rsif.(I; dc,lle. tegi:SUizioni .nazionalit nella � misura in �cui . Vi � im'incidenza negativa sugli o .stdl'operatore. interessato; quando ci� si verii�ica,�sostanzialmente si rientra nellO! schema logico e� giuridico�. del principfo del mutuo ricon(). i;<;imerito .{gi.l'.isp)IUdenta. �Cassis. de Dijori �). Ed � appunto ;fn tale ottica che si p\16 leggere la giurisprudenza della>Cor.te concernente i tnetod�>di vendita e di promozkine deUe yendite (30). . . . . . . . . . . . . �. . . . . . .. 23.; Al di l�. di una siffatta ipotesi, che �driitirlque dovrebbe essere oggetto cli <verifica. caso per caso; devo confessare d��� non�� riuscire �a � indiViduare alcun �le:itlento,. che consenta di spiegare . il drverso approccio �tiliZzato � dalla Corte nei casi prima es�minatt. Osservo infatti�� che sia n<divieto� di vendita� di articoli p�mog;rmci.�in esercizi non autorizzati che quello� di vendere� i medicinali� al di fuori della farmacia si risolvono in una canalizzaifone de�l� �\rendite. Ed ancora, sia la rtdst1ra controversa� in��Oebel> che quelle contestate nei� casi concernenti il��commefcfo la� donienica implicano .� I'hnpossibilit� di vendere � irl determinate o:re��{o giotlli)� Cerfo, � ben vero che il filone che va dalla sentenza Oebel alla sentenza SheptOhhurst e quello relativo al commercio la domenica non sono poi cos� distanti: e non solo�� in relazione al risultato cui pervengono. La risposta della Corte/infatti;��implica in entrambi i� casi�lin� controllo solo .marginale, un esame pr:im;a facie incentrato s.lla ragionevolezza della misura d� cui trattasi: e ci� tenendo conto in PlU'ticotare. del tipo di. legame con le importazioni (solo indiretto e vago)< e ��degli��eventuali.�. effetti �restrittivi � stille stesse. Resta, tuttavia, al .di l� della diversit�: delle formule utilizzate e del risultato sostanziale cui si � pervenuti, .che in un caso si � considerato che le misure in questione di per� s�� non costituissero� misure di �effetto equivalente. e.nell'altro, invece, che rientrassero'. in via di principio nell'art; 30. � 24. Ancor meno comprensibile � poi la. differenza di approccio tra casi quali il commercio la domeruca, da un" lato, e quelli relativi al monopolio dei farma( 30) V. punti 16-18. 76 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O. STATO faire de la publicit�, en dehors de !'officine, pour les produits parapharma' ceutiques n'a pas paur, objet de r�gir les �changes de marchandises entre les Etats membres. Par ailleurs, il y a Iieu de relever que cette interdiction n'affecte pas la possibilit� pour les op�rateurs �conomiques autres que les pharmaciens de !'aire de la publicit� pour ces produits. 20. '--LI est vrai qu'une telle r�glementation est susceptible de restreindre le volume des ventes et, par cons�quent, le volume des ventes des produits parapharmaceutiques en provenance d'autres Etats membres, dans la mesure o� e1le prive les pharmaciens concern�s d'une m�thode de promotion des ventes de ces produits. Il y a Iieu cependant de se demander si cette �ventualit� suffit pour qualifier la r�glementation en cause de mesure cisti e degli ottici nonch� al divieto di pubblicit� esaminato in Aragonesa, dall'altro. Partendo infatti da una stessa identica premessa (misure suscettibili di ridurre il volume delle vendite e per questa via delle� importazioni, in situazioni in cui nessun rilievo assume un'eventuale disparit� di legislazioni), la Corte � pervenuta a risultati sostanzialmente diversi: nel primo caso, come si � visto, esame focalizzato sulla ragionevolezza . della misura in questione a\iuto riguardo agli effetti che potrebbe avere sulle importazioni; nel secondo, verifica � classica s ai sensi dell'art. 36. Tanto vale, allora, sgombrare il campo da ogni esercizio dialettico e fare ~ uscire dalla previsione .dell'art. 30 le normative nazionali che non hanno alcunch� I da spartire con gli scambi, tanto meno con l'integrazione dei mercati. ~ Sui limiti della nozione di misura di effetto equivalente. I 25. La disarmonia e le contraddizioni rilevate acuiscono il bisogno di chiarezza attraverso l'indicazione di criteri quanto pi� possibile precisi ed univoci I e, ancor prima, di una consapevole ed espressa scelta di fondo quanto alla necessit� (o opportunit�?) di sindacare il tipo di misure qui in discussione sotto il profilo dell'art. 30.. E ci�, peraltro, al fine di non generare confusione negli I operatori interessati, i quali, nella situazione attuale, sono incoraggiati a contestare, invocando l'art. 30, i provvedimenti pi� disparati (beninteso, che restringono la loro libert� commerciale), per il solo fatto che non possa a priori esserne esclusa una qualche incidenza sulle importazioni. Quanto a me, sono del parere che il criterio enUnciato nella sentenza Dassonville non possa essere interpretato nel senso che una riduzione potenziale delle importazioni, determinata solo ed esclusivamente da una pi� generale (ed eventuale) contrazione delle vendite, possa costituire una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione. Rit~ngo infatti che misure che hanno ad oggetto le modalit� di esercizio dell'attivit� commerciale siano in via di principio da considerare al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 30, in quanto non preordinate alla disciplina degli scambi, senza alcun collegamento con la disparit� o la eguaglianza delle legislazioni nazionali a confronto e nella misura in cui neppure siano tali da rendere per gli operatori interessati meno redditizio l'accesso al mercato e dunque, >indirettamente, pi� difficile l'accesso per i prodotti di cui trattasi. Una �tale soluzione, fondata sul principio del mutuo riconoscimento, rispecchia dunque la logica alla base dell'approccio � Cassis de Dijon � e non ne rimette affatto in discussione l'ispirazione realmente integrazionista. 77 PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE d'effet �quivalent � une restriction quantitative � l'importation, au sens de l'article 30 du trait�. 21. ...-.. A cet �gard, il convient de rappeler que n'est pas apte � entraver directement c>u indirectement, actuellement ou potentiellement le commerce entre les Etats membrest au sens de la jurisprudence Dassonville, pr�cit�e, l'application � des produits en provenance d'autres Etats membres de disposit�Ons nationales qui Iimitent ou interdisent certaines modalit�s de vente, pourvu qu'elles s'appliquent � tous les op�rateurs concern�s exer�ant leur activit� sur le. territoire national, et pou:rvu qu'elles affectent de la meme mani�re, en droit. comme en fait, la commercialisation des produits nationaux et de ceux en provenance d'autres Etats membres. D�s lors que ces conditions sont remplies, l'application de r�glementations de ce type � la 26. Certo, una tale lettura costituisce, almeno in parte, un ripensamento rispetto a posizioni da me gi� espresse sullo stesso argomento (conclusioni Buet, Delattre, Monteil e Samanni, SARPP, Boscher e Soci�t� Laboratoire de Proth�ses. Oculaires). Allo stesso ripensamento invito oggi la Corte: ripensamento chiaro ed esplicito, in modo che. sia utile. E non mi nascondo che l'interpretazione che oggi suggerisco comporta che talune sentenze non certo di poco conto risultino � overruled � (31); ma lungi dal costituire un passo indietro rispetto alla ragionevole evoluzione successiva alla sentenza � Cassis de Dijon �, tale ripensamento riporterebbe l'art. 30, cos� come interpretato nella sentenza Dassonville, alla sua funzione naturale e ne eviterebbe un uso, a mio parere, del tutto improprio. 27. Diversamente, Watti, l'art. 30 verrebbe ad essere invocato ed utilizzato non per gli scopi che gli sono propri ma per consentire a taluni operatori di sottrarsi all'applicazione di norme nazionali che, per il fatto di disciplinare una determinata attivit�, ne restringono la libert� commerciale: e ci�, vuoi imponendo degli orari di apertura ai loro esercizi, vuoi imponendo una previa autorizzazione per l'esercizio di una determinata attivit� (perch� no, persino una semplice licenza di con;Jlllercio), vuoi ancora imponendo dei requisiti profes~ sionali (a volte anche logistici) alla persona che intende vendere un certo tipo di merci. Sotto questo profilo, peraltro, non posso fare a meno di rilevare come una siffatta utilizzazione dell'art. 30 finirebbe con lo svuotare di contenuto o comunque svilire le norme del Trattato relative alla circolazione dei servizi ed allo stabilimento. Mi spiego: il commerciante che vuole vendere anche di domenica o anche !il farmacista che sta chiedendo di farsi pubblicit� in relazione alla vendita di prodotti parafarmaceutici stanno invocando n� pi� n� meno che il diritto al libero esercizio della propria attivit� commerciale: e dunque solo al fine di sottrarsi a determinati vincoli essi ne sostengono l'incompatibilit� con le norme sulla circolazione delle merci. A ben vedere, tuttavia, si tratta di vin � (31) Mi riferisco, oltre alle sentenze sul commercio la domenica, alle sentenze Delattre e Monteil e Samanni per l'aspetto monopolio di vendita dei medicinali; al.la sent!lnza LPO sul monopolio degli ottici; alla sentenza Aragonesa. Per quanto riguarda mvece 11 gruppodi sentenze concernenti i metodi di promozi9ne delle vendite rinvio a quanto detto alla P9~ ~9, . 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vente des produits en provenance d'un autre Etat membre et r�pondant aux r�gles �dict�es par cet Etat n'est pas de nature � empecher leur acc�s au march� ou � <le gener davantage qu'elle ne gene celui des produits nationaux. Ces r�glementations �chappent donc au domaine d'application de l'article 30 du trait� (voir arret du 24 novembre 1993, Keck et Mithouard, C267/ 91 et C-268/91, non encore publi� au Recueil, points 16 et 17). 22. -Or, s'agissant d'une r�glementation telle que celle en cause dans l'affaire au principal, il convient de constater que ces conditions sont remplies pour l'application d'une r�gle d�ontologique, �tablie par une chambre professionnelle d'un Etat membre, qui interdit aux pharmaciens de son coli inerenti piuttosto ai servizi ed allo stabilimento, norme cio� che tali operatori non potrebbero invocare, per il semplice fatto di trovarsi in una situazione puramente interna. Indicativo al riguardo � il caso Gauchard (32), in cui era in discussione una normativa che subordina ad autorizzazione preventiva l'apertura o l'ampliamento di unit� commerciali superiori a una determinata dimensione. La Corte, giustamente, non si � neppure pronunciata su un eventuale contrasto di tale normativa con l'art. 30 (e ci� nonostante che nelle conclusioni dell'Avvocato Generale un tale aspetto fosse ampiamente trattato), ritenendo invece che la normativa in questione andasse esaminata sotto il profilo delle norme sullo stabilimento e concludendo nel senso dell'inapplicabilit� di tali norme, per il fatto che si trattava di una situazione puramente interna. 28. In definitiva, sono convinto che il criterio Dassonville non possa e non debba essere letto in modo tale da comprendere nella nozione di misura di effetto equivalente anche quelle normative nazionali che, per il fatto di incidere IIsull'offerta e/o influenzare la domanda e dunque, ma solo per questo, il volume delle vendite, possano comportare una riduzione del volume delle importazioni, in assenza cio� di una qualsivoglia difficolt� per la circolazione comunitaria I& dei prodotti di cui trattasi e di un qualsiasi rapporto con la diversit� delle legislazioni a confronto. Ritengo infatti che scopo dell'art. 30 sia quello di garantire la libera circolazione delle merci, al fine di costituire un mercato unico, integrato, eliminando dunque quelle misure nazionali che in qualche modo creino un ostacolo o anche delle semplici difficolt� alla circolazione dei prodotti; e non quello di colpire i provvedimenti pi� disparati allo scopo di garantire la massima espansione, sostanzialmente, del commercio. Ed � al riguardo significativo che i farmacisti del caso che ci occupa, nel rivendicare il diritto di fare la pubblicit� ai prodotti di cui trattasi, lungi dal far valere un ostacolo alle importazioni, in ragione della misura contestata, si dolgono del fatto che in tal modo sono sfavoriti rispetto agli altri esercizi commerciali che vendono gli stessi prodotti. 29. Ritornando alla misura contestata nella fattispecie, non resta che rilevare, alla luce di quanto osservato finora, che una tale misura: a) ha per oggetto la pubblicit� di una certa categoria di esercizi commerciali in relazione a certi prodotti; b) � indistintamente applicabile; (32) Sentenza 8 dicembre 1987, causa 20/87 (Racc. pag. 4879). Nello stesso senso v. sentenza 20 aprile 1988, causa 204/87, Bekaert (Racc. pag. 2029). 79 PARm I, SEZ; �II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE ressort territorial de .faire de la publicit�, en dehors de .J'officine, pour Ies produits parapharmaceutiques qu'ils sont autoris�s � offrir � la vente. 23. -'-En effet, cette r�glementation, qui s'applique, sans distinguer selon a!origine des produits en cause1 � tous les pharmaciens du ressort de la chambre professionnelle, n'affecte pas la commercialisation des produits en provenance d'autres. Etats membres d'une mani�re diff�rente de celle des produits nationaux. 24. -bans ces conditions, il y alieu de r�pondre � la question pos�e par le Ver'Waltungsgerichtshof Baden-WUrttemberg que l'article 30 du e) non rende pi� onerosi o pi� difficili n� l'accesso al mercato n� la corrunercializzazioiie dei prodotti importati rispetto ai prodotti nazionali; d) eventualmente riduce le importazioni solo perch� altrettanto eventualmente riduce I.e ve11cti.te; e) t��e effetto Si .avrebbe comunque, anche se analoga misura vigesse nel Paese. d'origine dei prodotti in questione. In presenza di questi elementi, la misura che ci occupa va considerata estl'.�nea al campo .di applicazione. dell'art. 30, in quanto non costituisce un ostacolo.�. aw scambi. ai. sensi. .e per gli. effetti di tale disposizione. 30. Qual()ra la Corte dovesse invece ritenere che la misura che ci occupa sia t�le da ostacolare gli scambi aisensi dell'art. 30, essa non sarebbe assolutamente � giustificabile n� da � esigenze imperative n� da alcuna delle deroghe contemplate dall'art. 36. L'esigenza di salvaguardare la salute delle persone, giustificazione invocata nella fattispecie, appare invero del tutto infondata. Non mi semb;ra, infatti, c;b.e possa essere accolta la tesi della Landesapothekerkammer secondo cui il divieto di pubblicit� in questione sarebbe indisp�nsabile per gafa:i:lti'.re il regolare rifornimento dei medicinali ed evitare che l'immagine del� farmacista non corrisponda pi� alle sue attivit� tradizionali. 31. � chiaro invece che un tale divieto si rivela quantomeno sproporzionato rispetto allo � scopo che si assume perseguito, considerato che -come emerge dagli stessi atti �li causa -la vendita dei prodotti in questione � consentita solo riella miSura in cui non pregiudichi il buon funzionamento della farmacia. L'obiettivo�inquestiOne potr� pertanto essere raggiunto, ad esempio, sia ponendo un fotto alle vendite di prodotti non medicinali, sia mediante sanzioni disciplinari nei con.fronti. dei farmacisti che eventualmente concentrassero il loro impegne> nella vendita. degli stessi. ln questa prospettiva, �il risUltato non potr�bbe essere altro che l'incom� patibilit� della misura con il diritto comunitario. Ulteriore alternativa sarebbe quella di giustificare la misura in questione ricorrendo a formule apodittiche, che pure si rinvengono in alcuni dei ricordati precedenti giurisprudenziali: ma neppure questa ipotesi riesco nella specie a sottoscrivere, come risulta chiaramente dalle considerazioni sin qui svolte. 32. Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere come segue al quesito posto dal Verwaltungsgerichtshof �Baden-Wlirttemberg: � L'art. 30 del Trattato va interpretato nel senso che non costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione una norma nazionale che vieta ai farmacisti di fare la pubblicit�, . al di fuori ~elle f~rm~�!ecij prodotti parafarmaceutici '" (F.to prof. Giuseppe Tesauro) 1 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO trait� CEE doit etre interpr�t� en ce sens qu'il ne s'applique pas � une r�gle d�ontologique, �tablie par la chambre professionne1le des pharmaciens d'un Etat membre, qui interdit � ceux-ci de faire de la publicit�, en dehors de !'officine, pour les produits parapharmaceutiques. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 9 febbraio 1994, nella causa C-119/92 -Pres. Due -Avv. Gen. Darmon -Commissione delle C. E. (ag. Aresu e Rodriguez Galindo) c. Rep. Italiana (avv. Stato Btaguglia). Comunit� europee -Inadempimento � Spedizionieri doganali. (Trattato CEE, artt. 9 e 12; reii. CEE del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222, e 12 dicembre 1985, n. 3632; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 40, 43, 47 e 56; legge 22 dicembre 1960, n. 1612, artt. 11 e 14). La Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli artt. 2 e 3 del reg. CEE del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le condizioni alle quali una persona � ammessa a fare una dichiarazione in dogana, in quanto ha mantenuto nella sua normativa una disposizione secondo cui spetta al proprietario fare tale dichiarazione ed ha riservato la rappresentanza a spedizionieri doganali senza aver previsto chiaramente la possibilit� di fare una dichiarazione in nome proprio e per conto terzi. La Repubblica italiana � inoltre venuta meno agli obblighi che le derivano dagli artt. 6 dello stesso regolamento, richiedendo le stesse qualifiche per il personale dipendente incaricato di fare la dichiarazione in dogana e per i prof es sionisti indipendenti. La normativa italiana, viceversa, non viola gli obblighi comunitari prevedendo che una persona giuridica possa fare la dichiarazione in nome proprio e per proprio conto solo tramite una persona fisica che la rappresenti legalmente; equiparando il transito comunitario alle operazioni doganali solo riguardo alle sanzioni e agli altri elementi non previsti e non disciplinati dai regolamenti comunitari; e prevedendo una tariffa degli spedizionieri doganali che � applicabile solo alle dichiarazioni effettuate dagli spedizionieri professionisti e non alle dichiarazioni effettuate dai dipendenti di ditte private o delle pubbliche amministrazioni. (omissis) 1. -Con atto introduttivo 24 marzo 1992, depositato nella cancelleria della Corte il 13 aprile 1992, la Commissione ha proposto, ai sensi dell'art. 169, secondo comma, del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza del diritto comunitario adottando misure, disposizioni e prassi che comportano difficolt� per quanto riguarda l'attivit� del dichiarante in dogana e creano ingiustificati privilegi di fatto in favore PARTB I, SEZ. II; GIURIS. COMUNITARIA E' INTERNAZIONALE degli' spedizionieri doganali italiani, in violazione del regolamento (CEE) del. Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222, relativo al transito comunitario (GU L 38, pag. 1, in prosieguo: il �regolamento transito�),. e del regolamento (CEE) del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le condizioni alle quali una persona � ammessa a fare una dichiarazione in dogana (GU L 350, pag. 1, in prosieguo: il �regolamento dichiarante�), e approvando tariffe professionali obbligatorie ed inderogabili per le prestazioni professionali degli spedizionieri doganali italiani, in violazione degli artt. 9 e 12 del Trattato CEE. 2. -Ai sensi dell'art. 2 del � regolamento dichiarante � � la dichiarazione in dogana pu� essere fatta da qualsiasi persona in grado di presentare o di far presentare al servizio doganale competente, secondo le disposizioni all'uopo previste, la merce in questione e tutti i documenti che devono essere presentati a norma delle disposizioni che regolano il regime doganale richiesto per detta merce �. 3. -Ai sensi dell'art. 3 del regolamento, � 1. Quando la dichiarazione in dogana � fatta per iscritto, la persona di cui all'art. 2 pu�, fatte salve le altre disposizioni del presente articolo, fare dett� dichiarazione: a) a nome proprio e per proprio conto, 1b) a nome e per conto di terzii [rappresentanza diretta], c) a nome proprio, ma per conto di terzi [rappresentanza indiretta]. 2. La possibilit� di fare la dichiarazione prevista al paragrafo l, lett. e), p�� essere esercitata solo se gli Stati membri hanno deciso in tal senso. 3. Quando uno Stato membro autorizza la possibilit� di fare la dichiarazione prevista al paragrafo l, lett. e), esso pu� riservare alle persone che esercitano, in quanto attivit� non salariata, la professione consistente nel fare dichiarazioni in dogana, sia a titolo principale sia a titolo accessorio rispetto ad un'altra attivit�, il diritto di: a) fare dichiarazioni a nome e per conto di terzi, o in alternativa b) fare dichiarazioni a nome proprio, ma per conto di terzi�. 4. -Ai sensi dell'art. 6, lett. a), dello stesso regolamento, quest'ulUmo �non � contrario alle disposizioni degli Stati membri che riservano, nel rispetto dell'art. 3, n. 3, l'esercizio della professione alle persone abilitate a tal fine dalle autorit� competenti dello Stato membro interessato -gli spedizionieri doganali -e che presentano le qualifiche professionali richieste e le garanzie ritenute necessarie per l'esercizio della professione. Ai sensi dell'art. 6, lett. b), gli Stati membri, quando prevedono la possibilit�, per le imprese, di .ricorrere a personale dipendente 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO qualificato per fare dichiarazioni in dogana in nome e per conto di tali imprese, possono subordinare tale possibilit� al possesso di una qualifica professionale appropriata. 5. -Le disposizioni italiane pertinenti figurano nel decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, recante approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (GURI, Supplemento ordinario n. 80 del 28.3.1973, in prosieguo: il �Testo unico�). 6. -Per quanto riguarda la rappresentanza dei proprietari della merce, l'art. 40, commi primo e secondo, del Testo unico dispone: �Ogniqualvolta le disposizioni in materia doganale prescrivono al proprietario della merce di fare una dichiarazione o di compiere determinati atti o di osservare speciali obblighi e norme, ovvero gli consentono di esercitare determinati diritti, il proprietario stesso pu� agire a mezzo di un rappresentante. La rappresentanza per il compimento delle operazioni doganali pu� essere conferita esclusivamente ad uno spedizioniere doganale iscritto nell'albo professionale istituito con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612, salvo quanto previsto nell'art. 43 �. 7. -L'art. 43, primo comma, � cos� formulato: � La rappresentanza del proprietario della merce per il compimento delle operazioni doganali pu� essere conferita anche ad uno spedizioniere doganale non iscritto nell'albo professionale, purch� si tratti di un dipendente del proprietario stesso �. 8. -Sulla dichiarazione doganale, l'art. 56 stabilisce che: �Ogni operazione doganale deve essere preceduta da una dichiarazione da farsi dal proprietario della merce, nelle forme indicate nell'art. 57. � considerato proprietario della merce colui che la presenta in dogana ovvero che la detiene al momento dell'entrata nel territorio doganale o dell'uscita dal territorio stesso. Rimane salvo, in ogni caso, il diritto della dogana di accertare, ad ogni effetto del presente Testo unico, chi abbia la propriet� della merce, oggetto delle operazioni doga 1 nali�. 9. -Per il resto gli artt. 47 e seguenti del Testo unico determinano i requisiti in materia di qualifica professionale che gli spedizionieri doganali devono soddisfare. In base a queste disposizioni il ministro delle PARTE I, SBZ. II, :GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 83 Finanze organizza gli esami per il conseguimento cli una patente di spedizioniere doganale che viene successivamente rilasciata dal ministero delle Finanze, sentito il Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali. 10. -Infine dagli artt.11 e 14 della legge italiana 22 dicembre 1960, n. 1612 (GURI Il� 4 del 5.1.1961), risulta che le tariffe per [e prestazioni professionali degli spedizionieri doganali sono fissate dal Consiglio nazionale degli spedizionieri. Esse sono approvate con decreto del ministro delle Finanze. Ai sensi dell'art. 11, secondo comma, di questa stessa legge, le prestazioni degli spedizionieri doganali non possono in nessun caso dar luogo a corrispettivi inferiori o superiori a quelli approvati dal Consiglio nazionale. 11. -Dal ricorso della Commissione risulta che essa formula due serie cli censure nei confronti del governo italiano. Le prime cinque censure riguardano l'incompatibilit� di talune disposizioni del Testo unico con i regolamenti � dichiarante � e �transito�, nonch� il modo in cui queste disposizioni vengono interpretate ed applicate dalle autorit�. doganali italiane. Con la sesta ed ultima censura Ja Commissione intende far dichiarare che .le tariffe professionali per le prestazioni degli spedizionieri doganali costituiscono tasse di effetto equivalente. Sulla violazione dei regolamenti � dichiarante � e � transito � 12. -In via preliminare occorre rilevare che il governo italiano insiste sul fatto che la situazione � rimasta immutata dopo la sentenza 25 ottobre 1979, causa 159/78, Commissione/Italia (Racc. pag. 3247). 13. -A tal riguardo � sufficiente constatare che tale sentenza si riferisce ad una violazione degli artt. 30, 34 e 52 del Trattato CEE, non riguarda il �regolamento transito� e reca una data precedente al � regolamento dichiarante�, adottato dal Consiglio il 12 dicembre 1985. Occorre pertanto riesaminare la normativa italiana in base a questo nuovo regolamento nonch� al � regolamento transito �. 14. -In base al suo preambolo, il � regolamento dichiarante � mira a definire sul piano comunitario le condizioni alle quali una persona � ammessa a fare una dichiarazione in dogana. Per il resto, il regolamento stesso non si oppone al mantenimento di una normativa cli uno Stato membro che riservi a spedizionieri doganali l'esercizio della professione consistente nel fare dichiarazioni in dogana in nome di terzi o in nome proprio ma per conto di terzi. 15. -Alla luce di queste considerazioni occorre determinare se le disposizioni legislative nazionali rispettino le regole fissate dal regolamento. .. ... .. ... -:-: -... .. ... -::-:-... :-: :-: ... :-:.... .. .. RASSEGNA AVVOCATURA DBLW STATO Sulla prima censura 16. -Con una prima censura la Commissione sostiene che la Repubblica italiana ha violato l'art. 2 del �regolamento dichiarante� richiedendo, all'art. 56, primo comma, del Testo unico, che la dichiarazione in dogana sia fatta dal � proprietario della merce �. Una tale formulazione rischierebbe di creare una confusione pregiudizievole per la diretta applicazione dell'art. 2 del �regolamento dichiarante�, e ci� nonostante la finzione legale operata dall'art. 56, secondo comma, della stessa normativa, secondo cui � considerato proprietario della merce chi la presenta in dogana ovvero chi la detiene al momento dell'entrata nel territorio doganale o dell'uscita dal territorio stesso. 17. -Si deve accogliere l'argomento della Commissione. Contrariamente a quanto sostiene il governo italiano, la normativa italiana, facendo ricorso alla nozione di �proprietario�, che � estranea al � regolamento dichiarante�, pu� lasciar sussistere dubbi sulla persona ammessa a presentare o far presentare la dichiarazione. Ora, secondo una giurisprudenza consolidata (v. in particolare sentenza 30 gennaio 1985, causa 143/83, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 427), i principi della certezza del diritto e della tutela dei singoli esigono che nei settori che rientrano nel diritto comunitario le norme nazionali siano formulate in maniera non eqruivoca che consenta agli interessati di conoscere i loro diritti ed obblighi in modo chiaro e preciso e ai giudici nazionali di garantirne l'osservanza. 18. -La prima censura � pertanto fondata. Sulla seconda censura 19. -Con la seconda censura la Commissione sostiene che la normativa italiana ha riservato, per le dichiarazioni in dogana, Ja rappresentanza a spedizionieri doganali, senza aver previsto esplicitamente, cos� come richiede l'art. 3, n. 2, del �regolamento dichiarante�, la possibilit� per una persona di dichiarare una merce in nome proprio ma per conto di terzi. Solo l'inserimento di una tale autorizzazione nella loro normativa consentirebbe agli Stati membri di riservare a spedizionieri doganali una delle due forme di rappresentanza menzionate all'art. 3, n. 3. 20. -Occorre dunque esaminare innanzitutto se la normativa italiana sia compatibile con l'art. 3, n. 2, del �regolamento dichiarante�. 21. -~ vero che, come sostiene il governo italiano, la Corte, nella sentenza Commissione/Italia, soprammenzionata (punto 14), ha evocato la possibilit� che esisterebbe in diritto italiano, per una persona, di di PARTE I, SBZi ��ll/GIURIS. COMUNITARIA B ~'lBRNAZIONALB ss chiarare. una .merce in nome proprio e per conto di <terzi; <t1. importante tUttflvia rilevare che tale senteuza si limita � coostatare che la Cireostan~ za che questa possibilit� sorga grazie�.�. ad una' finzione legale, �come q.ella c9i ~i ,;:i~~ris�~ l'lilft. 56,. sec911c1c:> comn:la, deLTesto .Qico, o grazie ~~~~f~111~~~~;t~ 22. -Nella presente causa., per coritfo/riori si tratta< di esaminate l~n?tm,HY~ q� ftll.Jrat~a.~~Jl1 FrJ~zi9p~ a~li ~th:~O Jt34.. c1el .Trattato, ma cli verificare la sua..co:inpatibil~t� COl1 l'art. 3, n.. 2, del �regolamento dichi~rarite >>, � � � .� � �� � � � � � � � � � �. �.�. � � � � .� �.� � � .� �. � �� 23. -Questa disposizione esige chdla f~�:olt�di fate� un.a� dichilkazione in nome proprio e�. per conto di terzi possa essere esercitata solo se� gli Stati membri hanno deciso�. in tal senso. � i~}il~-tTJ::~t~itl~ ziC>nate. aln'.: 1 di tale. art1col0, solo a. .condizione di . aver autorizzato la i:~fo#~se11tanz~)n� nome ~~R~~iH.�e .p~r c~ptb. d� terzi. � � �� �25.�.. ��� ���� �PoiCh�. gli �rtt; 40, �. sec�ndo � comma,. � 43, primo comma, del Testo unico' riservano l� tappresehtanza. a �. spediZioriieri doganrui, la normativa italiana avrebbe dovU:fo �. �uforuzare �in� ma.riiera chiara e precisa la. rappresentanza.. in nome. proprio i;na per conto di terzi. / � � Z6; Ofa; 1a fi:OZione legale, cos� coi:n� �' f�rmulat� all'art 56, secoritfo comm�/ del Testo unico, non soddisfa nemmeno tale condizione. Come � stafo cbrisfatatO al :Pl.lllto 11, il trcotso' i:tlla nozione di <~proprietario � lascia sussistere dubbi stilla persona ammessa � presentare o a far< prese11t;are la dichiarazionfi� �7. ,_;; Petta:nto, sen2:a: cli� si� necessario esaminare s� le demiric� a.Ile quali ha fatto riferimento la .� C::�mmissl�ne� Il� sosteg�lo dei�.�suoi a:r~ goJll.enti possano essere �. p:tes.e in Qonsider2;\Zione, occorre constatare che la seconda censura . � fondata. Sulla terza censura 28. -Con la terza censura la Commissione ritiene che il Testo unico .crei una discriminazione tra persone giuridiche e persone fisiche, in quanto le prime non possono fare una dichiarazione in nome proprio e per proprio. conto. ,potendo agire, ..per quanto. riguarda i :rappor~i T RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 86 esterni, solo quando sono rappresentate da persone fisiche, esse sarebbero obbligate, nel sistema italiano, a far ricorso alle prestazioni professionali degli agenti in dogana. 29. -A tal riguardo occorre constatare che la rappresentanza di una persona giuridica da parte di rappresentanti legali differisce dalla rappresentanza prevista dal Testo unico. Infatti, una societ�, che agisce in nome proprio e per proprio conto, deve necessariamente agire per il tramite di una persona fisica. Questo tipo di rappresentanza non pu� essere confuso con la rappresentanza doganale. 30. -'--Dato che dal Testo unico non risulta che esso impedisca ad una societ� di agire in nome proprio e per proprio conto per il tramite di una persona fisica che la rappresenti legalmente, la terza censura della Commissione dev'essere respinta. Sulla quarta censura 31. -La quarta censura della. Commissione riguarda il fatto che gli artt. 47 e seguenti del Testo unico impongono gli stessi requisiti di abilitazione professionale al personale dipendente ed ai professionisti indipendenti. I requisiti imposti al primo andrebbero al di l� del semplice riconoscimento di una qualifica professionale appropriata previsto da1l'art. 6, lett. b), del �regolamento dichiarante�. Questa interpretazione non � del resto contestata dal governo italiano che aggiunge tuttavia che la valutazione degli elementi di fiducia e di capacit� � operata allo stesso modo per le due categorie di persone. 32. -In base all'art. 6 del �regolamento dichiarante�, i professionisti indipendenti possono essere abilitati a fare dichiarazioni in dogana solo quando possiedono le qualifiche professionali richieste e presentano le garanzie necessarie, mentre per il personale dipendente � previsto solo il riconoscimento di una qualifica appropriata. 33. -Ne deriva che l'acquisizione della qualifica professionale costituisce oggetto di due regimi diversi e che tale distinzione deve risultare nella normativa degli Stati membri. 34. -Pertanto, assoggettando i professionisti indipendenti ed il personale dipendente agli stessi requisiti di abilitazione professionale, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza dell'art. 6 del � regolamento dichiarante �. Sulla quinta censura 35. -La quinta censura riguarda le dichiarazioni in dogana nel regime del transito, cosi come � definito dal �regolamento transito�. In PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE fatti, ai sensi dell'art. 12, n. 3, di questo regolamento, una dichiarazione di transito pu� essere firmata dal principale obbligato o dal suo rappresentante abilitato e presentata all'ufficio di partenza. Ora, secondo la Commissione, le autorit� doganali italiane rifiutano di registrare questo tipo di dichiarazione poich� solo gli spedizionieri doganali italiani possono adempiere tali formalit�. 36. -Nella replica, la Commissione precisa il suo mezzo sostenendo che l'art. 238, secondo comma, del Testo unico equipara il transito comunitario alle operazioni doganali di cui all'art. 55. Da quest'ultima disposizione, che rinvia per tutte le operazioni doganali alla dichiarazione in dogana di cui all'art. 56, risulterebbe inoltre che le operazioni di transito ricadono nel regime generale della dichiarazione in dogana e quindi della rappresentanza in dogana. Ne deriverebbe che il ricorso agli spedizionieri doganali � obbligatorio, anche per le operazioni di transito. 37. -Occorre precisare innanzitutto che, secondo una giurisprudenza consolidata, la Commissione � tenuta a fornire essa stessa la prova del preteso inadempimento (v. sentenza 19 marzo 1991, causa C-249/88, Commissione/Belgio, Racc. pag. 1-1275, punto 6). 38. -Nella fattispecie, la Commissione, nel suo parere motivato, si � basata sulla denuncia di un'impresa e sulla conferma, da parte del ministro tedesco dell'Economia, che le difficolt� incontrate da questa impresa erano state incontrate anche da altre. Nel ricorso la Commissione fa riferimento poi a � numerose denunce � senza fornire alcun elemento di prova al riguardo. Dato che queste denunce non sono state comunicate al governo italiano, che afferma del resto di non conoscerne il contenuto, esse non possono essere prese in considerazione dalla Corte. 39. -Per quanto riguarda l'equiparazione del transito comunitario alle operazioni doganali di cui all'art. 55 del Testo unico, occorre rilevare, come ha fatto l'avvocato generale nelle sue conclusioni, che essa riguarda, in base all'art. 238, secondo comma, della normativa italiana, solo Je sanzioni e tutti gli altri elementi non previsti e non disciplinati. dai regolamenti comunitari. 40. -Dato che l'art. 238 rinvia all'art. 55 del Testo unico solo per le situazioni che non sono disciplinate dai regolamenti comunitari, le operazioni di transito comunitario non ricadono nel regime generale della dichiarazione in dogana del Testo unico, ma direttamente nel regime del �regolamento transito� stesso. 41. -La quinta censura deve pertanto essere respinta. RASSEGNA AVV0CA1'URA .DELLO STATO 88 Sulla violazione degli artt. 9 e 12 del Trattato. 42. -La Commissione ritiene che le tariffe degli spedizionieri doganali, che sono fissate dal Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali, le cui attribuzioni sono disciplinate dalla legge 22 dicembre 1960, e che sono approvate con decreto del ministro delle Finanze, costituiscano tasse di effetto equivalente a dazi doganali, ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato, in quanto sono obbligatorie ed i :loro liveJJi minimi non subiscono alcuna deroga. A tal riguardo la Commissione sostiene che gli spedizionieri doganali possiedono un quasi monopolio per quanto riguarda questa dichiarazione. 43. -Gli artt. 9, 12 e 13 del Trattato vietano i dazi doganali all'importazione nonch� tasse di effetto equivalente nel commercio tra Stati membri. 44. -Secondo una giurisprudenza consolidata (v. in particolare sentenza 21 marzo 1991, causa C-209/89, Commissione/Italia, Racc. pag. 1-1575), la giustificazione del divieto delle tasse di effetto equivalente a dazi doganali risiede nell'ostacolo che oneri pecuniari riscossi a causa o in occasione del passaggio della frontiera costituiscono per la libera circolazione delle merci. Di conseguenza, qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, il quale colpisca le merci a causa del fatto che esse varcano la frontiera, costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16 del Trattato, anche se non � riscosso dallo Stato. L'onere sfugge a tale qualifica se costituisce il corrispettivo di un servizio effettivamente reso all'operatore economico, di importo proporzionato al servizio stesso. 45. -.. Occorre perci� esaminare se le tariffe di cui trattasi costituiscano un onere pecuniario, imposto unilateralmente a chiunque voglia fare una dichiarazione in dogana, che colpisce le merci per il fatto che esse oltrepassano la frontiera. 46. -A tal riguardo occorre rilevare come, nella risposta ai quesiti della Corte, la Commissione abbia chiarito che le dichiarazioni effettuate da dipendenti di ditte private o da dipendenti delle pubbliche amministrazioni devono ritenersi effettuate da spedizionieri doganali in senso lato, dato che, a causa della specializzazione richiesta e della loro attivit�, queste persone possono essere equiparate agli spedizionieri doganali professionisti. Nella risposta ad un quesito posto dalla Corte in udienza, la Commissione ha tuttavia ammesso che queste persone, che effettuano il 22% di tutte le dichiarazioni, non sono assoggettate alla tariffa professionale. Ne deriva che esiste una possibilit� di scelta effettiva per l'importatore, 'il quale non � obbligato a far ricorso PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMVNl'l'ARIA E INTERNAZIONALE 89 ad uno spedizioniere professionista, e che pertanto la tariffa non � imposta in maniera obbligatoria a chiunque voglia fare una dichiarazione in dogana. 47. -Stando cos� le cose, le tariffe controverse non possono essere qualificate come tasse di effetto equivalente ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato. Ne deriva che l'inadempimento non � provato su tale punto. 48. -Da quanto precede risulta che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli artt. 2 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le condizioni alle quali una persona � ammessa a fare una dichiarazione in dogana, iin quanto ha mantenuto nella sua normativa una disposizione secondo cui spetta al proprietario fare tale dichiarazione ed ha riservato la rappresentanza a spedizionieri doganali senza aver previsto chiaramente la possibilit� di fare una dichiarazione in nome proprio e per conto di terzi. La Repubblica italiana � inoltre venuta meno agli obblighi che le derivano dall'art. 6 dello stesso regolamento, richiedendo. le stesse qualifiche per il personale dipendente incaricato di fare le dichiarazioni in dogana e per i professionisti indipendenti. 49. -Il ricorso dev'essere respinto per il resto. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 23 febbraio 1994, nella causa C419/92 -Pres. Due -Avv. Gen. Jacobs -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna nella causa Scholz c. Opera universitaria di Cagliari. Interv.: Governi italiano (avv. Stato Ferri) e francese (ag. Puissochet e Chavance) e Commissione delle C.E. (ag. Gouloussis e Traversa) Comunit� europee � Libera circolazione� dei lavoratori -Concorso per un impiego nella pubblica amministrazione � Esperienza professionale maturata in un altro Stato. membro. (Trattato CEE, art. 48). L'art. 48 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che, qualora un ente pubblico di uno Stato. membro, assumendo personale per posti che non rientrano nella sfera di applicazione dell'art. 48, n. 4, del Trattato, stabilisca di tener conto delle attivit� lavorative anteriormente svoU.e dai candidati presso una pubblica amministrazione, tale ente non pu�, nei confronti di cittadini comunitari, operare alcuna disr,inzione a seconda che tali attivit� siano state esercitate presso la RASSEGNA AVVOCA'rURA DBLLO S'rATO 90 pubblica amministrazione dello stesso Stato membro o presso quella di un altro Stato membro. (omissis). 1. -Con sentenza 10 giugno 1992, registrata nella cancelleria della Corte il successivo 18 dicembre,, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale sull'interpretazione degli artt. 7 e 48 del Trattato CEE e degli artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori ahl'interno della Comunit� (G.U. L. 257, pag. 2). 2. -La questione � stata sollevata nell'ambito di una causa vertente sulla graduatoria dei candidati in esito di un concorso generale per titoli ed esami per la copertura di posti di agente di ristorazione presso l'universit� di Cagliari. 3. -La ricorrente nella causa principale, che � di origme tedesca ed ha acquisito la cittadinanza italiana per matrimonio, ha presentato un ricorso con cui ha contestato la posizione attribuitale nella graduatoria del detto concorso, sostenendo che la commissione giudicatrice aveva illegittimamente rifiutato di prendere in considerazione, come previsto dal bando di concorso, l'attivit� lavorativa da lei esercitata, prima del matrimonio, presso l'amministrazione postale tedesca. 4. -In particolare, il bando di concorso prevedeva che, ai fini della graduatoria finale dei candidati, si attribuisse un certo punteggio per i titoli ed i periodi di servizio prestati, senza ulteriori precisazioni sul tipo di esperienza lavorativa precedente. I 5. -Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, inveI stito del ricorso, ha quindi sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale: � Se gli articoli 7 e 48 del Trattato CEE e 1 e 3 del regolamento n. 1612/68 possano essere interpretati nel senso di vietare che, in occasione di un concorso pubblico per il conferimento di posti non rientranti fra quelli per cui vige la riserva di cui all'art. 48, par. 4, possa essere negata rilevanza all'attivit� lavorativa prestata alle dipendenze di una pubblica amministrazione di un diverso Stato membro, quando quella resa in favore di un'amministrazione dello Stato in cui � bandito il con�orso viene considerata titolo utile ai fini della formazione della graduatoria conclusiva della procedura concorsuale�. 6. -Occorre innanzi tutto ricordare che l'art. 7 del Trattato, che vieta ogni discriminazione compiuta in base alla cittadinanza, non si applica in modo autonomo qualora il Trattato preveda una specific~ ! ~ ! ~ �I 8 ..,.,.....�.�.�m.�.�mTifillli~f'""""�zw.<""'�F"'"""""""""'""'''""'�''�"'""""��"'�'"z''''''""''"'"'z''"'"''''"""'"'"'z''''''''"''''''''''"'''z'"z����.-���, '""J ff@.-�-~,..;. ........ , ,:~=-�===1?a11��.....&'"ll'*-'P~m=�=~w.tm ,,,wr,.a~=-~ " W!r1c.....*..,,..,,................ ..���-w=wp11;=����=-..���=�~=-w..ft!..Jii....... .1111(""" ,., .. }'f.z,..x. .. filiiillal.rr:a~&�e�.2i�z~BliFdf..&Ifu..,,, . ...& ..,..,@..;..m PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB norma di non discriminazione, come nell'art. 48, n. 2, per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori (v. sentenza 30 maggio 1989, causa 305/87, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1461, punti 12 e 13). Inoltre, 1gli artt. 1 e 3 del regolamento n. 1612/68 non fanno che esplici~ tare e attuare i diritti gi� derivanti dall'art. 48 del Trattato. Pertanto quest'ultimo � l'unica norma rilevante nella presente causa. 7. -Risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza 10 marzo 1993, causa C-111/91, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-817, punto 9) che l'art. 48 del Trattato vieta non solo le discriminazioni palesi, in base alla cittadinanza, ma anche quelle dissimulate che, fondandosi su altri criteri, pervengano comunque allo stesso risultato. 8. -Per quanto riguarda la fattispecie oggetto della causa principale, occorre notare in primo luogo che il fatto che la ricorrente nella causa principale abbia acq�isito la cittadinanza italiana � irrilevante ai fini dell'applicazione del principio di non discriminazione. 9. -Infatti, le norme in questione si applicano a qualsiasi cittadino comunitario, a prescindere dal luogo di origine e dalla cittadinanza della stessa, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbia esercitato una attivit� lavorativa in un altro Stato membro. 10. -In secondo luogo occorre rilevare come il bando del concorso di cui trattasi prevedesse la presa in considerazione, ai fini della formazione della graduatoria finale, di precedenti periodi di lavoro compiuti presso la pubblica amministrazione, senza precisare che essi dovessero avere un collegamento con le mansioni di agente di ristorazione. 11. -Occorre infine constatare che il rifiuto di prendere in considera2lione, per l'attribuzione del punteggio aggiuntivo previsto ai fini della graduatoria finale, il periodo di lavoro svolto dalla ricorrente nella causa principale presso la pubblica amministrazione di un altro Stato membro costituisce una discriminazione indiretta non giustificata. 12. -La questione proposta va dunque risolta dichiarando che l'articolo 48 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che, quafora un ente pubblico di uno Stato membro, assumendo personale per posti che non rientrano nella sfera d'applicazione dell'art. 48, n. 4, del Trattato, stabilisca di tener conto delle attivit� lavorative anteriormente svolte dai canditati presso una pubblica amminstrazione, tale ente non pu�, nei confronti di cittadini comunitari, operare alcuna distinzione a seconda che tali attivit� siano state esercitate presso la pubblica amministrazione dello stesso Stato membro o presso quella di un altro Stato membro. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 luglio 1993 n. 8478 -Pres Brancaccio -Est. De Luca -P. M. Di Renzo (concl. conf.) -INPS (avv. Vario, Ausenda, Gigante) c. Redolfi (avv. Petti). Previdenza � Crediti previdenziali � Interessi � Decorrenza. Anche nei casi di crediti previdenziali, ancorch� sorti in seguito a declaratoria d'incostituzionalit�, gli interessi decorrono dalla data (pur se precedente la pronuncia d'illegittimit� costituzionale) dell'eventuale liquidazione, anche se inesatta, ovvero dalla data della scadenza del centoventesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione, nonch� delle successive scadenze dei singoli ratei (1). 1. -Con l'unico motivo del ricorso -denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 46 e 47 d.p.r. 639/70 in relazione agli artt. 7 1. n. 533 del 1973, 1218 e 1282 e.e.) nonch� vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) -l'Inps censura la sentenza impugnata per (1) La sentenza in epigrafe pu� ben essere considerata come il punto d'arrivo di un'annosa ed intricata vicenda, che affonda le radici in un'altra sentenza di fondamentale importanza: la s~nt. 156/1991 della Corte Costituzionale, sulla parificazione della tutela dei crediti di lavoro con quella dei crediti previdenziali. In tale sentenza la Corte CostitU.zionale giunse, al termine di un lungo processo evolutivo, alla dichiarazione di illegittimit� dell'art. 442 c.p.c. per violazione degli artt. 3 e 38 Costituzione � ... nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilit� dell'Istituto od Ente debitore per il ritardo dell'adempimento� (in Foro lt., 1991, I, 1321 ss., con nota di PARDOLESI, Crediti previdenziali, tutela �differenziata� e �punitive damages�). Nell'ampliare la vis� attractiva dell'art. 429 c.p.c., la Corte non ha mancato per� di evidenziare lo � speciale meccanismo � con cui si determina la costi� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 9:1 avere �qualificato � corrispettivi� gli interessi -��da corrispondere a con� troparte -e stabilito la loro decorrenza -dalla .data di .maturazione del credito fatto valere -sebbene gli interessi stessi avessero natura moratoria e dovessero decorrere solo dal centoventunesimo (121~) giorno successivo a:lla pubblicazione della sentenza >(n; 34/81) della Corte e<> stituzionale -che ha fatto sorgere il credito (per integrazione .al. mini� mo),. idi cui si discute -difettando, per il periodo precedente; l'esigibilit�: dello stesso credito, <(non parendo dubbio che l'esistenza della norma, successivamente�espunta, impedi(sse) ogni possibilit� �di� erogazione da parte dell'Inps tenuto al rispetto delle norme (allora) vigenti �. Il ricorso � fondato .,_ e, come tale, va accolto -per quanto di ragion. e�.. 2. -La questione;. che viene prospettata dall'istituto ricorrente, ha "iato luogo a contrastq n�na &iurisprudenza della sezione. lavoro di qy.esta C()rte, � stato, talora, sostenuto .che �la retroattivit� della d~claratoria di illegittimit� costituzio11ale di mia norma ostativa al riconoscimento di una presta~ione previdenziale -come, nella specie, la sentenza della Corte costituzionale n. 314 del 1985 (id., J986, I, 1795) in ordine all'integrazione . al minimo. della pensione -non .vale a trasformare. in illecito (e, cqme tale, fonte di ol>bligo risarcitorio avente natura di debito di valore) n comportamento ~teriore conformatosi alla norma (da ritenere,. poi,. come� giammai esistita), n� a derogare al principio generale, desumib* dagli artt. 46 .e 47 d'.p.r. n. 639 dei. i970 e 7 1. n. 533 del 1973, secondo cui il sistema pensionistico vigente attribuisce all'Inps uno spatium deliberandi al fine di calcolare e liquidare il credito del pensionato tuzione di messa� in mora, effettuando un rinvio, solo funzionale, al sistema della responsabilit� contrattuale del codice civile, per la determinazione del dies a quo. Sebbene tale sentenza abbia ridisegnato in maniera piuttosto chiara la portata� dell'art;� 422; essa ha fornito alle Sezioni Unite della Cassazione la possibilit� di risolvere e riunire ad unum le diverse soluzioni nelle quali si era frantumata la giurisprudenza della Suprema Corte, ricomponendo quindi il contrasto giurisprudenziale insorto in special modo �nell'ambito della sezione lavoro. Il problema che si � trovata a dover risolvere la �Corte � strettamente collegato a quello pi� generale degli effetti di una declaratoria di illegittimit� costituzionale, che modifichi l'assetto giuridico �n itin�re; soprattutto in� relazione ai delicati nodi problematici lasciati insoluti: il dilemma del � come comportarsi � nel caso in cui una norma ostativa, fino a quel momento regolarmente rispettata dall'Ente previdenziale, venga improvvisamente rimossa� con una declaratorfa d'illegittimit� costituzionale; ha generato tre diversi indirizzi interpretativi in seno alla stessa Suprema Corte. Per un primo orientamento (vedere in proposito Cass., 24 novembre 1990, n. 11329, Foro lt., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 836), l'esclusione di qual' iil~i fwm!l �li responsa~ilit~ �lell'Ente Previ�lenziale (privato dell'adeguato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 94 (con la conseguenza) che il credito, avente ad oggetto quella integrazione, non � produttivo di �interessi, aventi decorrenza coincidente con l'insorgenza dell'obbligazione principale, e che, in particolare, trattandosi di .prohuncia d'incostituzionalit� sopravvenuta (...), gli interessi sulla integrazione al minimo decorrono dalla scadenza del termine di cento venti giorni dalla pubblicazione di detta pronuncia o, in caso di provvedimento amministrativo di rigetto posteriore alla pronuncia di incostituzionalit� ed emesso entro il centoventesimo giorno, dalla data dello stesso provvedimento, senza che in contrario possa farsi ricorso all'art. 1282 e.e., in tema di interessi corrispettivi, la cui aJi>plicabilit� postula la sussistenz� della liquidit� e dell'esigibilit� del credito� (cos�, testualmente, la �massima� estratta dalla sentenza 24 novembre 1990, n. 11329 della sezione lavoro, id., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 836; in senso sostanzialmente conforme, sono le sentenze di detta sezione 1355/92, id., Rep. 1992, voce it., n. 860; 13795/91, id., Rep. 1981, voce cit., n. 880; 3438/86, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1136; 7122/86, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1261; 384/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 870, tutte con riferimento ad integrazione di pensione al trattamento minimo; nonch� la sentenza 3012/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 365 e 2249/87, ibid., n. 1253, concernenti prestazioni previdenziali diverse). Altro orientamento giurisprudenziale ritiene, invece, che � gli interessi su somme erogate dall'Inps, a seguito di riliquidazione di pensione conseguente all'effetto retroattivo di declaratoria di incostituzionalit�, vanno qualificati corrispettivi, e non gi� moratori, giacch� si fondano sulla normale fecondit� del danaro e prescindono, invece, dalla colpa spatium deliberandi) consente cli iniziare a calcolare gli interessi solo dopo l'inutile decorso del termine quadrimestrale, a partire dalla pronuncia di incostituzionalit�. Altra corrente di pensiero (es. Cass. 5 febbraio 1992, n. 1224, id., Rep. 1992, voce cit., n. 651) si concentra invece sulla � qualificazione � del tipo di interessi in questione, giungendo a riconoscerne in casi come questo la natura corrispettiva, e quindi individuando il dies a quo nel momento iniziale del credito. Per finire, l'orientamento pi� aderente a quello della sezione lavoro, tende a qualificarli come interessi moratori, rendendone quindi possibile il cumulo della somma rivalutata, che, ricordiamo, essere stato escluso, a livello di obiter dictum, dalla gi� citata sentenza Corte Cost. 156/91, per i creditori ordinari (Cass. 4 febbraio 1993, n. 1358, id., Mass., 136). In questo confuso panorama giurisprudenziale s'inserisce la pronuncia contenuta nella sentenza in epigrafe, nella quale le Sezioni� Unite, basandosi sui presupposti logici creati dalla pi� volte citata sentenza 156/91, risolvono il � problema� della qualificazione, e quindi della decorrenza degli interessi. Il ragionamento si fonda sullo speciale meccanismo della mora ex re ritagliato dalla norma generale dell'art. 7 legge 533/73 (v. nota di CHIAROLLA a Cass. 1 dicembre 1989, n. 5282, id., 1990, I, 878), ritenendo gli interessi come � componenti del complesso credito previdenziale�, in funzione della garanzia PARTE I, SEZ. III, GiuRISPRUDENZA CIVILE, Gil'.JRISDIZIONE E APPALTI 95 del debitore nel mancato o ritardato pagamento� (cos�, testualmente, la �massima� estratta dalla sentenza 6658/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 822 della sezione lavoro). Entrambi gli orientamenti sembrano, quindi, negare la configurabilit� -nella ipotesi considerata -di interessi moratori, nel difetto (esplicitamente �ffermato e, rispettivamente, quantomeno supposto) del requisito essenziale della � colpa � ciel debitore. Il secondo orientamento, tuttavia, prospetta la configurabilit� nella stessa ipotesi -di interessi corrispettivi. Ad entraplbi si oppone, radicalmente, altro orientamento giurisprudeoziale emerso, sul punto, nell'ambito della sezione lavoro. 3. � -Nello stesso tema della integrazione al minimo, infatti, � stato ritenuto che� il credito relativo -ancorch� si fondi su declaratoria sopravvenuta di incostituzionalit� della norma ostativa -sia produttivo di interessi legali (talora definiti moratori), sin dalla scadenia del centoventesimo giorno successivo alla domanda di pensione (in tal senso, vedi, le sentenze 13656/91, id., '.Rep. 1991, voce cit., n. 881; 3549/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 855 della sezione lavoro). Siffatte decisioni riposano, esclusivamente, sulla c.d. retroattivit� (degli effetti) delle pronunce di accoglimento della Corte costituzionale, che espungono, infatti, dall'ordinamento -fin dall'origine -le disposizioni, che ne risultano investite. Trascurano, invece, sia il profilo della � colpa � del debitore -quale requisito essenziale degli interessi moratori -sia la sussistenza dei requisiti (certezza, liquidit�, esigibilit�) del credito, che condizionano la maturazione di interessi corrispettivi. costituzionale, di adeguatezza delle prestazioni previdenziali alle esigenze di vita del lavoratore (artt. 36-38 Cost.). Tale formula permette dunque, da un lato, di assecondare tutti quegli orientamenti giurisprudenziali in cui l'elemento colpa del debitore viene escluso in maniera semplice e lineare, dall'altro, di evidenziare l'automaticit� della �nascita � degli interessi, in seguito alla mora ex re, precedendo comunque la pubblicazione della pronuncia d'in�ostituzionalit�. A questo punto; rendendo tali interessi dovuti indipendentemente dalla colpa, non rimane che delineare gli eventi in coincidenza dei quali si verifica la mora ex re, e cio� dalla data del provvedimento di liquidazione, ancorch� non esatta, ovvero � dalla scadenza del centoventesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa della prestazione, nonch� delle successive scadenze dei singoli ratei �. La sentenza delle Sezioni Unite non � per� esente da difetti d'incompletez~ a: il modo in cui viene ad essere configurata la speciale mora ex re non consente comunque di bypassare semplicemente il problema della colpa del debitore: colpa che, nel regime sui generis della costituzione in mora ex re, n ��>J](>iger;1ta presunta in mancanza di prove contrarie. 96 RAS_SEGNA ~yYD�ATVRA DELLO STA'EQ 4. -Alla medesima conclusione, tuttavia, � pervenuta la concorde giurisprudenza della sezione lavoro (vedine, per tutte, le sentenze 8787 /92, id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti locali, n. 297; 8604/92, id., ~993, I, 853; 5335/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 303; 4155/92, ibid., n. 295; 4113/92, ibid., n. 296; 3767 /92, ibid., n. 299; 3105/92, ibid., n. 294; 3388/92, ibid., n. 300; 13537 /91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 247; 13312/91, ibid., n. 272; 8403/91, ibid., n. 277; 819/91, ibid., n. 271;11045/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 405; 10985/90, ibid., n. 416; 10917/90, ibid., n. 468) in tema, appunto, di (spettanza e decorrenza degli) interessi -che riposano, parimenti, su declaratoria di incostituzionalit� (Corte cost. 1060/88, id., 1989, I, 618) della norma ostativa (art. 23, 4� comma, d.L n. 359, convertito in 1. 440/87) -sulle somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennit� premio di servizio, erogata dall'Inadel in favore dei dipendenti di enti locali, mediante inclusione -nella base di calcolo (a seguito della entrata in vigore della 1. 297 /82) -dell'indennit� integrativa speciale � congelata � (ai sensi del d.l. n. 12, convertito in 1. 91/77). 5. -N� pu� sfuggire come -ad orientare, nella medesima direzione, la giurisprudenza della sezione lavoro sulla questione in esame -abbia influito il recente revirement giurisprudenziale della Corte costituzionale (a seguito della sentenza 156/91, id., 1991, I. 1321; vedi infra). Dichiaratamente muove, proprio, da tale sentenza della Corte costituzionale (n. 156/91, cit.), infatti, la recente giurisprudenza della sezione lavoro di questa corte, che -con riferimento alla integrazione al minimo (vedi la sentenza n. 1358/93, id., Mass., 136; 11921/92, Rep. 1992, voce Previdenza sociale, n. 932; 11370/92, ibid., voce Lavoro e previdenza (controvevsie), n. 173) ed a1la indennit� premio di servizio (vedi Ja sentei;iza 3767/ 92, cit.) oppure ad altra prestazione previdenziale (vedl la sentenza 10956/ 92, ibid., n. 175; in tema di prestazione dell'Inail) -stabilisce, appunto, che gli interessi (e, talora, anche la rivalutazione monetaria) decorrono dalla scadenza del termine per provvedere (centoventesimo giorno successivo alla domanda di pr-estazione) -ancorch� il credito, fatto valere, si fondi su declaratoria sopravvenuta di incostituzionalit� della norma ostativa. Sulla medesima sentenza della Corte costituzionale (n. 156/91, appunto) riposa, peraltro, la riproposizione (con ordinanza della sezione lavoro di questa corte n. 865 del 9 dicembre 1992, ibid., voce Impiegato degli �enti locali, n. 266) della questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost:, del citato art. 23 4� comma, d.l. 359/87 nella parte in cui dispone che le somme, dovute a titolo di riliquidazione dell'indennit� premio di servizio, non danno luogo a:lla cor11esponsione della .rivalutazione monetaria (questione che, sia dato per inciso, non � rilevante nel presente giudizio, concernente, soltanto, la decor11enza degli interessi sul dedotto credito previdenziale). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 6. -La composizione del prospettato contrasto di giurjspnidenza affidata, istituzionalmente, a queste sezioni unite (art. 374, 2� comma, prima ipotesi, �.p,c.) -dipende, essenzialmente, dalla soluzione del problema c;o11cernente la responsabilit� civile in dipendenza, appunto, di comportamento . � cqnformato � a disposizioni (o norme) che, solo successivall'. lente, siano stat(!! dichiarate inc.:ostituzionali. Non ptJ.� presci114ere; tuttavia, dall'esame preliminare della evoluzione diacr()nica (affidata, prevalentemente, ad interventi della Corte costituzionale}, che .,.... nel nostro ordinamento -ha avuto la disciplina in tema di interessi (e rivalutazione monetaria), appunto, sui crediti previdenziali; 7; -La questione della decorrenza degli interessi ;..-sui crediti previdenziaili -� stata, invero, esaminata, nell'ambito della distinzione tra interessi corrispettivi (art. 1282 e.e.) ed interessi moratori (art. 1224, �0 comma, e.e.), muovendo dal presupposto che, a quei crediti, non trovi applicazione la disposizione (art. 429, 3� comma, c.p.c.) recante, tra l'altro, �a previsione di decorrenza degli interessi, dal giorno della maturazione del credito di lavoro (al quale, soltanto, la disposizione era ritenuta applicabile), ��indipendentemente dalla liquidit� del credito stesso e dalla costituzione in mora del debitore. Fondati sulla� naturale fecondit� del danaro.. infatti, gli interessi corrispettivi (art. 1282 e.e.) prescindono, bens�, dalla mora del debitore, ma decorrono, tuttavia, solo dal momento della liquidit�, oltrech� della esigibilit�, del credito. Gli interessi moratori (art. 1224, 1� comma, e.e.) rappresentano, invece~ una forma di risarcimento minimo forfettario del danno, provocato dal ritardo colpevole nell'adempimento di una obbligazione pecuniaria. Come tali, decorrono dalla costiti.lzione in mora o dalla mora ex re (art. 1219, 1� e 2� comma, c;c.) del debitore. 8; -Pertanto; glJ. interessi corrispettivi -sui crediti previdenziali possono decorrere solo dal momento in cui i crediti stessi siano divenuti esigibili (se non anche liquidi) a seguito dell'emissione del titolo di spesa, che conclude -anche per gli enti previdenziali (come, in genere, per gli enti del parastato, di .cui alla 1. 20 marzo 1970 n. 75, ai sensi del d.p.r. 18 dicembre 1979 n. 696) ..,.-il complesso procedimento stabilito per la gestione delle spese, che si articola nelle fasi dell'impegno, della liquidazione e della ordinazione, appunto, prima del pagamento. La ricordata regola si riverbera, bens�, sugli interessi moratori -c4e non possono maturare, infatti, prima che si concluda il procedimento condizionante l'esigibilit� dei crediti previdenziali -ma non preclude, tuttavia, la configurabilit� degli stessi interessi -quale forma, appunto, di risarcimento minimo forfettario -in caso di colpevole ritardo nelle formalit� di liquidazione e pagamento, con decorrenza dalla costituzione RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 98 in mora o dalla mora ex re (art. 1219, 1� e 2� comma, e.e.), dell'ente debitore. E la mora -ove non sia stabilito uno specifico termine per il pagamento della prestazione previdenziale (quale, appunto, il termine previsto, dall'art. 26 d.p.r. 1032/73, per l'indennit� di buonuscita erogata dall'Enpas in favore dei dipendenti dello Stato) -si perfeziona ex re (ai sensi dell'art. 1219, cpv., n. 2, c. c.), con il provvedimento tempestivo di reiezione (anche parziale) dell'ente previdenziale oppure con la scadenza del termine (di centoventi giorni) per provvedere (di cui all'art. 7 1. 533/73) -integrante silenzio -inadempimento dell'ente medesimo -termine che decorre dalla domanda di prestazione oppure, ove (si tratti di prestazione per la quale) la domanda non sia prescritta, dalla data di maturazione del credito relativo. La riferita impostazione e soluzione della questione in esame -concernente, appunto, la decorrenza di interessi sui crediti previdenziali -� stata enunciata da queste sezioni unite (sent. 19 maggio 1988, n. 3469, id., 1988, I, 3302), con riferimento al.l'indennit� premio di servizio, che viene erogata dall'Inadel in favore dei dipendenti di enti locali. Gli stessi principi, tuttavia, sono stati non solo confermati -con riferimento alla medesima indennit� premio di servizio (vedi, per tutte, Corte cost., ord. 491/90, id., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, n. 852; sez. lav. 4155, 5335, 8780, 8787/92, id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti loctali, nn. 295, 303, 298, 297) -ma anche generalizzati dalla consolidata giurisprudenza successiva. Sono stati, infatti, estesi sia a prestazioni previdenziali dell'lmps per il quale soccorre, tuttavia, una specifica ed esplicita disciplina (di cui agli artt. 46 e 47 d.p.r. 639/70) nel medesimo senso (vedi, per tutte, Cass., sez lav., 11919/92, 11921/92, 6346//92, id., Rep. 1992, voce Prievidenza sociale, nn. 454, 932, 855, 475) -sia a prestazioni assistenziali (vedi, per tutte, sez. un. 11843/92, ibid., voce Invalidi civili e di guerra, n. 51; sez. lav. 258, 672, 2195/93, id., Mass., 26, 61, 224; nonch� Corte cost. 196/93, id., 1993, I, 2425). La Corte costituzionale (sent. 1060/88, cit.), peraltro, ha sostanzialmente ribadito -mediante la ricordata declaratoria di (parziale) incostituzionalit� della disposizione in senso contrario (art. 23, 4� comma, d.l. n. 359, convertito in 1. 440/87) -il diritto agli interessi (ma non quello alla rivalutazione monetaria) sulle somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennit� premio di servizio, appunto, mediante inclusione nella base di calcolo (a seguito della entrata in vigore della 1. 297/82) dell'indennit� integrativa speciale � congelata� (ai sensi del d.l. n. 12, convertito in 1. 91/77). 9. -Tuttavia l'impostazione e soluzione della questione in esame prospettata dalla giurisprudenza consolidata di questa corte -(come la PARIE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE E APPALTI stessa sentenza 1060/88 della Corte costituzionale,. ora ..ricordata) muove dal presupposto che -ai crediti previdenziali -non sia applicabile la disposizione specifica (art. 429, 3� comma, c.p.c.) -in tema appunto, di rivalutazione monetaria ed interessi sili crediti di lavoro -n� altra regola analoga. Un riesame della questione. siinipone, quindi, dopo che -all'esito. di un lungo processo evolutivo nella giurisprudenza della Corte costituzionale �~ quel presupposto risulta; quantomeno, messo in discussione �(se non, addirittura, radicalmente superato) � . 10; """.".' La Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.), infatti, ha dichiacato la illegittimit� C?stituzionale dell'art. 442 c.p.c. � nella parte. in cui non prevede cbe il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro per crediti relativi a prestazioni� di previdenza sociale, deve cl;ete:rminare, oltre gl,i. interessi nella misura legale, il maggior danno eve.ntuahnente subito dal titolare per la diminuzione clel valore del suo credito, applicando l'indice deiprezzi calcolato dall'Istat per fa.. scala mobile nel settore dell'industria� con �decorrenza dal giorno in cUi si sono verificate le condizioni legali di responsabilit� dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'inadempimento �, La diversit� � strutturale � tra credito di lavoro e credito previdenziale .;..... sottesa all'opposto orientamento della stessa Corte costituzionale (fin dalla sentenza 162/77) -non ne ha impedito, tuttavia, il revirement (realizzato, appunto, dalla sentenza 156/91) all'esito di �valutazione comparativa ( ...), dal punto di vista funzionale�, fra i due crediti. Ne � risultato, infatti, come � ci� che avvicina, sotto l'aspetto funzioriale (appunto), le prestazioni previdenziali ai crediti di retribuzione non (sia) tanto la finalit� alimentare o di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia (che in certi casi, o oltre una certa misura, pu� mancare), quanto la funzione di surrogare o integrare un reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 38, 2� comma, Cost. i>. � Per il tramite e nella misura di questa norma � -prosegue, quindi, la. Corte costituzionale -� si rende applicabile anche alle prestazioni previcienzial,i. l'art. 36, 1� comma, quale parametro delle �esigenze di vita� del lavoratore (dir. sent. n. 119 del 1991) �. � E, poich�, l'art. 429, 3� comma, c.p.c. � un modo di attuazione dell'art. 36 (sent. n. 204 del 1989, id., 1989, I, 2091) � -conclude, sul punto, la corte -� appare fondata la valutazione del giudice remittente che, nella mancata previsione di una regola analoga per i crediti previdenziali, ravvisa una violazione non solo dell'art. 3, ma altres� dell'art. 38 Cost.�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 100 11. -Tuttavia �la regola della rivalutazione automatica non pu� essere estesa in termini ricalcati integralmente sul testo dell'art. 429 c.p.c.: � la stessa Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) ad affermarlo. E, .subito dopo, ne precisa l'elemento differenziale. Muovendo dal � rapporto di specialit� � -che intercorre con l'art. 1224 C;C. -la corte perviene, infatti, alla conclusione che l'art. 429, 3� comma, c.p.c. �trae dal sistema della responsabilit� contrattuale del codice _civile, nel quale si inserisce come norma speciale, il criterio di determinazione del dies a quo della riva1utazione e degli interessi �. Tale criterio, poi, � dato da due ipotesi diverse di mora ex re (art. 1219, 2� comma, e.e.) e sembra costituire -per entrambi i crediti (di lavoro, appunto, e previdenziali) -l'unico criterio di collegamento, appunto, con il. �sistema di responsabilit� contrattuale del codice civile�, nonch� l'unico elemento differenziale fra i due crediti. -Dall'ipotesi di mora ex re (di cui al n. 3 dell'art. 1219, 2� comma e.e., cit.}, dnfatti, attingono il dies a quo (per interessi legali, appunto, e rivalutazione monetaria) i crediti di lavoro, � per cui il debitore � automaticamente in mora, ossia risponde del ritardo dell'adempimento, fin dal giorno delia maturazione del diritto� (cos� testualmente, Corte cost. 156/91). �Questa regola � incompatibile con le esigenze organizzative e di gestione degli enti previdenziali � -osserva, per�, la Corte costituzionale -in quanto, nei loro confronti, �i crediti alle rispettive prestazioni non possono diventare esigibili se non in conseguenza di un provvedimento amministrativo (da tenersi distinto dai procedimenti contabili afferenti all'emissione del mandato di pagamento)�. Tuttavia, i crediti previdenziali, attingono -da altra ipotesi di mora ex re (di cui al n. 2 dello stesso art. 1219, 2� comma, e.e. -il dies a quo per rivalutazione ed interessi. Questi intercorrono, infatti, � dalla data del provvedimento di reiezione della domanda oppure dopo centoventi giorni dalla presentazione della medesima senza che l'istituto si sia pronunciato (arg. ex art. 47, 4� comma, d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639 e 7 1. 11 agosto 1973 n. 533, in relazione all'art. 1219, 2� comma, n. 2, e.e.) �. H comune rinvio ad ipotesi, sia pure diverse, di mora ex rie (di cui all'art. 1219, 2� comma, nn. 2 e 3, e.e.) -al solo scopo (espressamente dichiarato) di determinare il dies a quo per rivalutazione monetaria ed interessi --'-sembra esaurire, quindi, la disciplina codicistica della responsabilit� contrattuale, che -non diversamente dai crediti di lavoro -il legislatore intende applicare ai crediti previdenziali. N� rileva, in contrario, il generico riferimento della stessa sentenza della Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) -alla responsabilit�, ap_ punto, del debitore (peraltro non qualificata, sia detto per inciso, n� � oggettiva �, n� �colpevole�) -sia in motivazione (laddove stabilisce che, per i crediti di lavoro, � il debitore � automaticamente in mora, ossia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 101 risponde .del ritardo dell'adempimento; fin dalla maturazione del diritto �), sia in dispositivo (laddove la decorrenza di rivalutazione monetaria ed interessi, sui crediti previdenziali, viene fissata, appunto, � dal giorno in �cui si sono verificate le :condizioni legali di responsabilit� dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'adempimento�). ��� ���� ��. Si tratta, .infatti, di qualificazione giuridica (responsabilit� contrattualei appunto)/ che �la corte�� attinge~ bens�, dal sistema. del codiee. civile, ma in �funzione ��. esdusiva, tuttavia, della determinazione -mediante rinvio. ad ipotesFdi. mora. ex re. previste dallo stesso codice -del dies a quo: di rivalutazione ed interessi sia per crediti previdenziali che per crediti di lavoro. P�r entrambi i crediti, quindi, pare.identica portata e dimensione del rinvio, operato dalla corte al � sistema della responsabilit� contrattuale del codice eivile�. Tale. :rinvio risulta, infatti, funzionale -..per quanto si � detto ..._ esclusivamente��� alla determinazione del .dies .a quo per� la .decorrenza di rivalutazione monetaria ed interessi su entrambi i crediti (in tal senso, vedi1. sez.. un. 6700/93, id., Mass.; 652). Ferma restando la diversa decorrenza, interessi e rivalutazione monetaria -sui crediti previdenziali ..,,.-. risultano, quindi; sostanzialmente assoggettati -alla medesima disciplina stabilita, sul punto, per i crediti di lavoro (art. 429, 3� comma, c.p.c.) -quantomeno fino all'entrata in vig9re (o, comunque, al di fuori del campo di applicazione ratione teniporis) dello specifico ius superveniens nella soggetta materia (art. 16, 6� comma, L 412/91). 12. -� ben vero, infatti, che -a seguito della ricordata sentenza della Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) -la norma applicabile, alla prospettata fattispecie (interess� e rivalutazione monetaria, cio�, sui crediti previdenziali), Ǐ l'art. 442 c.p.c., cos� come modificato dalla sentenza ( ...), il quale, agli erfetti del risarcimento del danno da svalutazione monetaria, non rinvia all'art. 429, ma detta una norma formalmente distinta ed autonoma� (Corte cost., ord. 96/93). Tuttavia tale . norma -ancorch� � formalmente distinta ed autonoma � -�attinge il proprio contenuto dalla interpretazione dell'art. 429, 3� comma, c.p'.c., applinto, prevalsa in gitlrisprl1denza, alla quale 1a stessa Corte costituzionale (sent. 394/92, id., 1993, I, 1049; vedi,. altres�, sent. 196/93, cit.) ammette di �essersi �adeguata nell'estendere la regola alle controversie in materia previdenziale (salvo il diverso �riterfo di decorrenza della rivalutazione e degli interessi) �. Suppone, peraltro, la conclusione prospettata -implicita nella prima delle sentenze esaminate (n. 156/91, cit.) ed enunciata, esplicitamente, nella giurisprudenza successiva (sent. 394/92, 196/93, cit.) della Corte c�stituzionale -la portata innovativa, che la stessa giurisprudenza 8 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 102 riconosce allo ius superveniens nella soggetta materia (art. 16, 6� comma, 1. 412/91, cit.). Infatti tale disposizione -secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (vedi sent. 394/92, 196/93, cit.) e di questa Corte (vedi, per tutte, sez. un. 6700/93, cit.; sez. lav. 7221/92, id., Rep. 1992, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 182; 9140/92, ibid., n. 178; 9897/92, ib,id., n. 176; 11529/92, ibid., n. 171; 12038/92 ibid., n. 170; 52/93, id., Mass., 8; 227/93, ibid., 23; 2707/93, ibid., 279; 3074/93, ibid., 312; ed altre) riconduce il credito previdenziale � sotto il dominio del principio nominalistico �, al quale era stato, all'evidenza, precedentemente sottratto. Pertanto � il �diritto vivente� (nell'accezione accolta dalla Corte costituzionale: vedi ampi riferimenti in sez. un. 3888/93, ibid., 370, ed altre coeve) -che si � formato (sull'art. 429, 3� comma, c.p.c.), con riferimento ai crediti di lavoro -ad integrare il contenuto della norma (peraltro � formalmente distinta ed autonoma � rispetto allo stesso art. 429, 3� comma, c.p.c.), che � deputata a governare (a seguito di Corte cost. 156/91) rivalutazione monetaria ed interessi sui crediti previdenziali. Tuttavia ne � fatta salva, per quanto si � detto, la decorrenza diversa rispetto ai crediti di lavoro. Parimenti impregiudicata risulta, altres�, l'innovazione normativa, che -come � stato anticipato -pare introdotta (dall'art. 16, 6� comma, 1. 412/91, cit.), con specifico riferimento ai crediti previdenziali. 13. -Al pari dei crediti di lavoro, quindi, i crediti previdenziali risultano sottratti al principio nominalistico, cos� che Ja rivalutazione deve considerarsi � parte del complesso credito � e � gli interessi vanno computati sulla somma capitale rivalutata � (vedi Corte cost. 394/92 nonch� 156/91 cit). Il che risulta, peraltro, confermato -a contrario -dalla circostanza che, secondo la stessa Corte costituzionale (sent. 196/93, 394/92, cit.), lo ius superveniens (art. 16, 6� comma, 1. 412/91, cit.) ha ricondotto i crediti previdenziali sotto il dominio, appunto, del principio nominalistico. Oltre a prescindere dalla �tipologia� del creditore (che, per quanto riguarda le prestazioni previdenziali, oscillava tra quella del c.d. � modesto consumatore� e quella del e.cl. �creditore occasionale�, a seconda della entit� della prestazione: vedi, per tutte, sez. un. 2368/86, id., 1986, I, 1265; 3004/86, ibid., 1261; nonch� Corte cost. 408/88, id., 1988, I, 2127), la rivalutazione monetaria dei crediti previdenziali non incontra, di conseguenza, neanche il .limite della incumulabilit� � (ex art. 1224, 2� comma, e.e.) con gli interessi. 14. -Come per i crediti �di lavoro, poi, rivalutazione monetaria ed interessi -sui crediti previdenziali -prescindono non solo dalla costituzione in mora -che risulta sostituita, per quanto si � detto, da PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 103 (una sia pur diversa ipotesi di) mora ex re -ma anche dalla colpa (e, in genere, da profili di imputabilit� soggettiva), a carico del debitore, per il ritardo nell'adempimento. Si tratta, invero, di conclusione condivisa -con riferimento, appunto, ai crediti di lavoro -dall'orientamento consolidato della giurisprudenza �di questa corte (vedi, per tutte, sez. un. 1620/93, id., Mass., 171; 2720/91, id., Rep; 1991, voce Impiegato dello Stato; n. 720; 2717/91, ibid., n. 721; sez. lav. 3155/92, id., Rep. 1992, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 165); nonch� dagli sviluppi pi� recenti, della giurisprudenza della Corte costituzionale (vedine, per tutte, la sentenza 204/89, cit., 300/87, id., Rep. 1987, voce Responsabilit� contabile, n. 407, che sembrano anticipare, peraltro, il revirement realizzato dalla sentenza 157/91, cit.). Fondata sulla configurazione di rivalutazione monetaria ed interessi -quali componenti del � complesso � credito di lavoro -la conclusione prospettata, infatti,. � volta a dare attuazione all'art. 36 Cost. Sul medesimo fondamento giuridico, tuttavia, riposa -a seguito della esaminata sentenza (n. 156/91) della Corte costituzionale -anche la disciplina di rivalutazione monetaria ed interessi sui crediti previdenziali. Non � un caso, quindi, che -proprio a seguito della medesima sentenza della Corte costituzionale (n. 156/91, appunto) -queste sezioni unite abbiano configurato rivalutazione montaria ed interessi --quali componenti, appunto, del � complesso � credito previdenziale (vedi sez. un. 13408/91, id., Rep. 1991, voce Pensione, n. 462) -e, peraltro, li abbiano applicati prescindendo -almeno implicitamente -dalla colpa del debitore (vedi sez. un. 8587/91, id., 1993, I, 551). 15. -N� pu� sfuggire il rilievo che -al fine di decidere la questione, assegnata a queste sezioni unite (per la composizione del contrasto di giurisprudenza, insorto nell'ambito della sezione lavoro) -pare destinata ad assumere la prospettata insensibilit� di (rivalutazione monetaria ed) interessi -su crediti previdenziali -verso la colpa (ed, in genere, verso qualsiasi profilo di imputabilit� soggettiva), a carico del debitore, per il ritardo nell'adempimento. Si tratta di stabilire, infatti, se -per i crediti previdenziali, che si fondino su pronunce di accoglimento della Corte costituzionale interessi (e rivalutazione monetaria) competano per il periodo (successiv� alla mora ex re, ma) precedente la �pubblicazione della pronuncia della corte. In tale prospettiva, infatti, non pare priva di rilievo la � colpevolezza � del ritardo nell'adempimento. 16. -� ben vero, infatti, che le pronunce di accoglimento della Corte costituzionale hanno efficacia invalidante (assimilabile all'effetto dell'annullamento) e non gi� abrogativa, delle disposizioni (o norme) im 104 "IUSSEGNA .AVVO.CA'I.UR,FDELLO STAIO pugnate �e, perci�, ne determinano -secondo la giurisprudenza consolidata di questa corte (vedi, per tutte, le sentenze nn. 1095/74, id., 1974, I, 2040; 762/73, id., 1973, I, 3141, 1181/70, id., 1970, I, 1899 delle sezioni unite; 757/92, id., Rep. 1992, voce Cassazione civile, n. 34; 6007/88, id., Rep. 1989, voce Corte costituzionale, n. 78; 4459/88, id., Rep. 1988, voce Previdenza sociale, n. 960; 1476/81, id., Rep. 1981, voce Agricoltura, n. 87; 3514/79, id., Rep. 1979, voce Corte costituzionale, n. 90; 3111/79, ibid., n. 92, di sezioni semplici) -la caducazione con effetto ex tunc, facendo salvi, tuttavia, i rapporti giuridici ormai � esauriti�. La c.d'. retroattivit� -che ne risulta -(degli effetti) di dette pronunce � limitata, per�, alla � antigiuridicit�� delle disposizioni (o norme), che ne siano investite. Queste, infatti, non sono pi� applicabili -a far tempo dal giorno successivo alla pubblicazione delle pronunce della corte (art. 136 Cost.) ( non solo ai rapporti giuridici futuri, ma) neanche ai rapporti pregressi, che non siano� ancora. �esauriti�. Le pronunce stesse, tuttavia, non consentono di configurare retroattivamente, quanto fittiziamente (vedi sez. un. 2767/72, id., Rep. 1972, voce Contratto in genere, n. 212) -la � colpa� del soggetto che prima della declaratoria di incostituzionalit� -abbia � conformato � il proprio comportamento alle disposizioni (o norme), solo successivamente, investite da quella declaratoria. Esula, pertanto, la responsabilit� _,.. per tale comportamento -ove la � colpa � dell'agente, appunto, sia elemento essenziale dell'illecito, che ne risulti configurabile.. 17. -Infatti �, proprio, il difetto della �colpa� che -pur ricorrendone tutti gli altri requisiti essenziali -esclude la stessa configurabilit� -in comportamenti �conformi� a disposizioni (o norme), solo successivamente, dichiarate incostituzionali -non solo della responsabilit� (ex art. 1224 e.e.), per inadempimento di obbligazioni pecuniarie (oltre la giurisprudenza della sezione lavoro, che ha dato luogo al contrasto, vedi, per tutte, sez. un. 4669/91, id., 1992, I, 1266), ma anche di qualsiasi illecito contrattuale od extracontrattuale (vedi, per tutte, sez. un. 2767/72, cit., 1576/71, id., 1971, I, 2531; sez lav. 2249/87, id., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 1253), nonch� dell'inadempimento legittimante la risoluzione del contratto (vedi sez. III) 4195/74, id., Rep. 1974, voce Contratti agrari, n. 189). Ad opposta conclusione devesi, invece, pervenire. ove la � colpa � dell'agente non sia elemento essenziale della fattispecie considerata. I :t:. il caso della stessa responsabilit� contrattuale, secondo quella doti .trina che -in contrasto con la giurisprudenza consolidata -la qualifica (( obiettiva � e, perci�, indipendente dalla " colpa )) del debitore I inadempiente. I I II I PARTE I, SEZ. III, (�lU~ISf.RUDENZJ\,CIVILE, .GIURISDIZIONE E APPALTI 105 :e,. del pari, il caso -che .sL o<;:cupa ,--degli interessi su crediti previdenziali. ���� 18..� -.�.A �seguito clel. segnalato .revirem~nt della Corte .. costituzionale (sent.156/91,cit.),infatti, tali interessi sonodovuti -come per i creClitl di lavoro ~ indipendentemente . dalia . � colpa � .. del debitore inadem ~�eritb. .� .�.. �......�� �...� � ���. � �. �.. �� .. �.. . .. �� � ... �.� .. .. � .� /.�.�.�� cC>�tituiscbno, infatti,���(non gi�. risarcimento del .danno �.. ma) con1ponenti del . (( complesso )) creditO previde~iale (assimilabile, anche sotto .questo profilo, al credito di lavoro), in funzione della garanzia costitui; iom�.e (art~. ~81 it;l :i;~azi0ne all'a;rt. 36, Cost., appunto) di �� adeguatez?! a � c!el~e. pr�istazionj pJ:twiclenzi;lli, appunt9, alle � esigenze di v:ita � del 'iavoi:atore. � �� .� � _, � � � � .. . . Come tali, gli interessi in questione decorrono -sui crediti previdenziali, derivanti da pronur:u;:~ .di accoglimento delli;i � Corte . costituzio. I1�Je 2.. ~11c~~. !leipe~iodo preced{llte la p.bblicazi0n�i delle .J?ronunce stesse. .. � .� ..� .. � �.... Il �difetto di � colpa � � del debitore . inac1em:pie11te �.,__.durante. Jale periodo -non esclude infatti, per quanto si � detto, la maturazione del diritto agli interes.si. . ll prqspett;;iJo contrasto . di giurisprudenza va,. pertanto, composto .nel senso che -anche per i crediti .previdenziali, derivanti da � pronunce di accoglimento ciella Corte costituzionale ,--gli interessi decol'rono dalla dat~ della mora ex re (~he coincic1e, per quanto si ..�. detto, .con il provvedimento tempestivo di reiezione de1l'ente previdenziale oppure con la scadenza del te:i;mine pel' provvedere), ancorch� quella ciata precede .. !a, pu])blicazione . ciella .� pronuncia della CO!'.te cpstituzionale. . 19. -Alla luce dei principi di diritto enwiciati, il ricorso deve essere accolto per quanto. di ragione. . .... ln..v:er0 J <,leqotti. interessi su credito. pre.videnziale (integrazione al �ninil:no d.i pensione). competono, bens�, (anche) per .il periodo precP.. dente la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale. (n. 34/81, id., 1981, I, 1502) -sulla quale si fonda quel credi~o ..,... �ma de�orrono, tuttavfa, dalla . data della mora ex re deli'Istituto ricorren.te (.che coincide, per quanto si � detto, con la data del provvedimento tempestivo di liquidazione, sia pure inesatta, del!a p~estazione oppure con quella di scadenza' del termine per provveder~, nonch� con le successive scadenze dei singoli ratei) e non gi� W;�la data (l<> novembre 1971) di c;l.ecorrenza. della pensione integrata . .20. ~ Pertanto, il .ricorso va �ccolto -per . quanto di ragione e Ia: s.entenza impugnata . deve ~ssere cassata' ~ negli stessi limiti con rinvio �ad altro giudice d'appello, designato in disp9sitivo, perch� RASSEGNA AWOCATURA DBLLO STATO 106 proceda al riesame della controversia uniformandosi al principio di diritto seguente: � Gli interessi, sul credito previdenziale dedotto nel presente giudizio (integrazione al minimo della pensione), decorrono dalla data deleventuale provvedimento di liquidazione, sia pure inesatta, della pensione oppure dalla scadenza del centoventesimo (120�) giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa della medesima prestazione, nonch� dalle successive scadenze dei singoli ratei �. CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 4 novembre 1993 n. 10916 -Pres. Pannella -Rel. Olla -P. M. Viale (conf.) -Di Gravio c. Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno (avv. Stato Polizzi). Procedimento civile -Impugnazioni -Decreto ex art. 745 c.p.c. su ricorso contro rifiuto del cancelliere di rilasciare copia della sentenza -Atto di volontaria giurisdizione -Natura decisoria -Esclusione -Ricorso ex art. 111 Cost. -Inammissibilit�. Il decreto emesso dal Presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 745 c.p.c. sul rico'rso avverso il rifiuto del cancelliere di rilasciare copia di sentenza � atto di volontaria giurisdizione, non coinvolge posizioni di diritto soggettivo e dunque non ha carattere decisorio e non pu� essere oggetto di ricorso ex art. 111 Cast. (1). Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in adesione alle deduzioni al riguardo formulate dai resistenti (di natura prioritaria ed assorbente), perch� investe un provvedimento che � privo di decisoriet� e, come tale, non � riconducibile nelle previsioni dell'art. 111 secondo comma della Costituzione. Il carattere decisorio dell'atto del giudice postula che esso coinvolga posizioni di diritto soggettivo ed altres� statuisca sulle medesime, risolvendo, con pronuncia idonea ad acquistare autorit� di giudicato (in difetto di impugnazione), un conflitto in proposito insorto con la parte o le parti controinteressate. (1) In senso conforme cfr. Cass. 24 giugno 1948, n. 1006, in Giur. compl. cass. civ. XXVII, p. 100, con nota di MONGIARDO, ove si afferma che l'interessato pu� adire ex novo l'a.g.o. perch� si pronunci sul diritto soggettivo al rilascio della copia della sentenza; per un precedente che invece riconosce natura decisoria al decreto ex art. 745 c.p.c. cfr. Cass. sez. un., 20 marzo 1986, n. 1973, in Giust. Civ. 1986, p. 1276, richiamata peraltro nella sentenza che si annota con la precisazione che questa diversa soluzione deve ritenersi giustificata dal carattere sostanziale del decreto in quel caso specifico, statuente in via diretta sull'esiste:{lZ<!, di un diritto soggettivo. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 107 La seconda delle indicate connotazioni difetta nel decreto che il presidente del tribunale emette, ai sensi dell'art. 345 cod. proc. civ., sul ricorso avverso il rifiuto del cancelliere di rilasciare copia di sentenza, sempre che il relativo provvedimento ed il procedimento a conclusione del quale sia adottato restino nei limiti delineati dalla citata norma, come, pacificamente, nella specie. Detto decreto promana da un organo che, salvo specifica norma in senso contrario, � istituzionalmente privo di attribuzioni giurisdizionali decisorie, devolute al tribunale in composizione collegiale, e che, invece, � titolare di proprie attribuzioni in materia di volontaria giurisdizione, oltre che, con particolare riferimento all'operato del cancelliere, di compiti di controllo in ordine agli adempimenti connessi alle funzioni giurisdizionali dell'ufficio giudiziaro che presiede ed organizza. Il decreto medesimo, inoltre, � emesso sulla sola base dell'audizione del pubblico ufficiale il cui rifiuto o ritardo viene censurato e, quindi, in via sommaria, senza necessit� di costituzione del contraddittorio con il soggetto passivo del diritto alla copia, vale a dire l'Amministrazione dalla quale quel pubblico ufficiale dipende e che lo stesso non �, di regola, abilitato a rappresentare in giudizio. Le menzionate caratteristiche sono tipiche dell'atto di volontaria giurisdizione, rivolto a tutelare esigenze di ordine generale, ancorch� correlate a diritti soggettivi. La circostanza che tale atto richieda apprezzamenti su detti diritti non lo trasforma in statuizione in proposito, restandosi sul piano della valutazione meramente incidentale, e strettamente strumentale rispetto al controllo sul comportamento del pubblico ufficiale, priva di attitudine a spiegare effetti vincolanti nei confronti delle parti dei relativi rapporti se non altro, come s'� visto, per l'assenza di una di esse. La questione della sussistenza o meno del diritto alla copia resta conseguenzialmente impregiudicata, e pu� essere dedotta, indipendentemente dalle determinazioni prese dal presidente del Tribunale ex art. 745 cod. proc. civ., nella dovuta sede contenziosa, con azione promossa nei confronti dell'Amministrazione depositaria del documento reclamato (e, peraltro, responsabile o corresponsabile delle eventuali violazioni di diritti altmi commesse dal proprio personale). Le affermazioni che precedono sono in linea con lo specifico precedente di questa Corte, costituito dalla lontana sentenza n. 1006 del 24 giugno 1948, e, giova aggiungere, non si pongono in contrasto, anzi traggono indiretto conforto dalla pi� recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 1973 del 20 marzo 1986, la quale, nel riconoscere la decisoriet� e l'impugnabilit� ex art. 111 della Costituzione di un decreto reso da Presidente di Tribunale in base all'art. 745 cod. proc. civ., ha puntualizzato che tale decisoriet� dipendeva dalla natura sostanziale del decreto stesso, in quanto statuizione, con efficacia di giudicato, su questioni inerenti alla competenza giurisdizionale ed all'esistenza o meno di un 108 RASSEGNA AVVOCATURA DEI.LO STATO diritto fatto valere con domanda proposta da una parte nei confronti dell'altra: situazioni presenti in quell'occasione (l'ordine del rilascio di una copia di istanza di concessione edilizia era stato impartito ad I un Comune, previa instaurazione del contraddittorio fra il ricorrente ~ ed il Comune medesimo) e, invece, non ravvisabili nella vicenda in discus I sione, quanto meno per la mancanza del contraddittorio. CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 9 novembre 1993 n. 11061 -Pres. Rossi - Rel. Favara -P. M. Lupi (conf.). -Italsider spa (avv. Prosperetti) c. Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (avv. Stato Onufrio). Obbligazioni in genere -Gestione di affari -Attivit� non ancora obbligatoria per la pubblica amministrazione -Incremento patrimoniale o evitata diminuzione patrimoniale -Utiliter coeptum -Sussistenza. Obbligazioni in genere -Gestione di affari -Impossibilit� della pubblica amministrazione di provvedere in tempi brevi -Sostituzione del privato alla pubblica amministrazione . Esclusione. Obbligazioni in genere � Gestione di affari -Arricchimento senza causa � Termine iniziale di prescrizione � Decorrenza dal completamento del depauperamento di una parte � Non necessaria coincidenza col riconoscimento della utilitas da parte del beneficiario. .Nella gestione di affari il requisito dell'utilit� iniziale pu� consi1stere anche nell'utile gestione di un'attivit� che non sia !obbligatoria ma che si prevede ragionevolmente che lo diventi quando l'anticipazione si risolve in un incremento patrimoniale o in una evitata diminuzione patrimoniale (1). L'istituto della gestione di affari non consente al privato di sostituirsi alla P.A. nell'esecuzione dell'attivit� materiate che questa dovr� porre in essere a suo beneficio sol perch� la P.A., tenuta al rispetto delle pro {1-3) Sull'ammissibilit� della negotiorum gestio nei confronti della p.a., nonostante le perplessit� di parte della dottrina sulla possibilit� di ravvisare in concreto la mancanza di una proibizione del dominus e l'utiliter coeptum, l'orientamento giurisprudenziale � pacifico. La gestione d'affari non � esclusa dal fatto che il gestore tratti un affare anche proprio, purch� per� l'interesse personale non sia prevalente, essendo al contrario quello del dominus del tutto indiretto ed occasionale: in questo senso un precedente si ha in Cass. 13 feb� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 109 cedure, anche nell'interesse .di terzi, potrebbe non essere in grado di adempiere ai suoi obblighi nei tempi graditi al privato stesso (2). Nell'azione di arricchimento senza causa il dies a quo della prescrizione decennale pu� anche essere successivo a quello del riconoscimento dell'utilitas da parte del beneficiario, �che segue il perfezionamento della fattispecie dell'arricchimento; perch� in tale momento pu� non essersi ancora verificata o completato il depauperamento dell'altro soggetto (3). Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2028, 2031 e 2042 e.e. nonch� il vizio di omessa e insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia. Lamenta che la Corte ha escluso gli estremi de1la gestione d'affari perch� 'fino al 25 l�glio 1972 non sussisteva un obbligo per la Cassa di procedere all� sbancamento delle aree. Tale affermazione � errata in quanto l'obbligatoriet� o necessit� .per l'interessato dell'affare gestito non � in�alcun modo �richiesta dalle norme sulla negotiorum gestio, che richiedono soltanto il requisito dell'utilit� iniziale, che pu� consistere anche nell'utile gestione di una attivit� che non sia obbligatoria ma che si prevede ragionevolmente che lo diventi, quanto l'anticipazione si risolve in un incremento patrimoniale o in una evitata diminuzione patrimoniale. E nella specie non v'� dubbio sull'utilit� dell'avviata gestione d'affari. La Cotte ha, altres�, errato quando ha ritenuto che mancasse l'elemento dell'� absentia domini � e che� vi fosse invece queMo della � prohibitio domini �; e ci� perch� un privato non potrebbe mai sostituirsi alla P.A. nel compimento anche di una attivit� materiale e perch� nella specie non poteva prevedersi che la CASMEZ non sarebbe riuscita a terminare in tempo i lavori. Ci� in quanto, sul primo punto, deve (sempre secondo la tesi della ricorrente) ritenersi che il privato pu� sostituirsi alla P.A. nel compimento di attivit� materiali; e, sul secondo, che nella specie sussisteva il requisito dell'� absentia domini� perch� era impossibile che la CASMEZ realizzasse in tempo utile i favori. La Corte ha poi omesso di considerare un altro argomento che dimostrava la sussistenza dell'absentia domini �, e cio� il fatto che la CASMEZ ha sempre provveduto a rimborsare le opere eseguite dai privati in sua vece quando, come nella braio 1978, n. 667, in Mass. Giu,r. It. 1978, n. 158. Per il riconoscimento dell'utiliter versum quale requisito dell'azione di indebito nei confronti della p.a. cfr. Cass. 17 novembre 1981, n. 6094, in Rep. Foro It. 1981, voce Indebito, n. 8. Circa il dies a quo della prescrizione ordinaria decennale dell'actio de in rem verso, si afferma che esso normalmente coincide con il giorno in cui si verifica l'arricchimento del beneficiario con correlativa diminuzione patrimoniale dell'altra parte, e tuttavia quando non vi sia coincidenza temporale tra utiliter versum e depauperamento dell'altra parte, � al verificarsi di quest'ultimo requisito che bisogna fare riferimento: in senso conforme cfr. Cass. 15 luglio 1978, n. 3564, in Mass. (;iu,r. It. 1978; Cass. 26 novembre 19861 n. 6981, in Mass. Giur. lt., 1986. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 110 specie, le opere stesse fossero gi� approvate in sede amministrativa. Nella specie poi la CASMEZ aveva seguito l'esecuzione dei lavori e quindi pu� ritenersi che sussiste anche una ratifica implicita. Quanto meno, cos� facendo, la CASMEZ ha riconosciuto di un potere provvedere essa a quanto doveva. La Corte, inoltre, nel negare la gestione d'affari, ha omesso di considerare una serie di elementi fondamentali riguardanti la deliberazione dei lavori, divenuti obbligatori almeno dalla delibera CIPE del 26 novembre 1970. Con il secondo motivo di ricorso si deduce poi la violazione dell'art. 8, 2� c. n. 3 e 3 c. della 1. 6 ottobre 1971 n. 853 nonch� dell'art. 1 penultimo comma della 1. 26 apriJe 1965 n. 717, oltre che il vizio di insufficienza di motivazione. Si sostiene che la Corte di Roma ha omesso di considerare che le due citate disposizioni stabiliscono l'obbligatoriet� delle direttive CIPE sia per la CASMEZ che per le aziende a partecipazione statale. Pertanto, in presenza della direttiva CIPE del 21 novembre 1967, non poteva dubitarsi dell'iesistenza di un obbligo della CASMEZ di attuare in tempo utile fo sbancamento. Al riguardo, occorre anzitutto rilevare l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilit�, per difetto d'interesse, formulata dalla resistente sotto il profilo che le due domande, di gestione di affari e di arricchimento senza causa, anche se proposte non alternativamente ma gradatamente, avevano uguale� petitum� (il medesimo importo di L. 11 miliardi, 852 milioni), con siderando che la Corte ha accolto una delle due ed ha poi ritenuto di valore il debito di arricchimento senza causa. L'interesse all'impugnazione deriva infatti dalla diversit� tra le due azioni sia in astratto (perch� collegate a presupposti diversi e perch� at tributive di diritti diversi ai sensi rispett1vamente degli artt. 2030-1 e 2041 e.e.), sia in concreto ~quella accolta essendo limitata all'arricchimento iin ipotesi anche inferiore allo speso, pur se nella specie i due importi sono stati ritenuti equivalenti); e in ogni caso dal diverso modo di determina zione del danno e degli interessi (come si dir� in appresso). I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di fondamento. Le considerazioni che si leggono nella sentenza impugnata e i rilievi che, per contrastarle, sono stati formulati dalla ricorrente, mettono a fuoco la particolarit� del caso in esame per quanto riguarda il requisito primario della gestione d'affari e cio� I'� absentia domini�. L'impedimento del � dominus � a provvedere alla cura del proprio interesse, senza di che la gestione dell'affare altrui rappresenterebbe un'ingerenza indebita nella sfera di autonomia di un altro soggetto, � infatti presupposto essen. ziale per la riferibilit� all'interessato dell'attivit�, giuridica o materiale, posta in essere dal gestore. L'imposs~bilit� per il � dominus � di gestire l'affare va intesa in senso ampio e relativo, non cio� in senso rigoroso PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVItE, GIURISDIZIONE E APPALTI 111 e assoluto (Cass. 13 maggio 1964 n. 550; 6 dicembre 1968 n. 3901 e 7 gennaio 1970 n. 35). L'intervento gestorio deve per� avere di mira principalmente li'nteresse del soggetto che, per ragioni di varia natura, non sia in grado di tutelarlo direttamente. Se � vero infatti che in linea di principio la configurabilit� della � negotiorum gestio � non � esclusa dal fatto che il gestore tratti un affare che sia al tempo stesso anche suo proprio (o di altro soggetto diverso dal � dominus �) � vero pure che in siffatta ipotesi, nel rapporto espletato, obiettivamente prevalga l'interesse del � dominus � rispetto a quello del gestore o del terzo, non essendo sufficiente che tale soggetto tratti un affare che � essenzialmente suo proprio, per il quale sussista solo un qualche interesse indiretto ed occasionale del preteso � dominus � (Cass. 13 febbraio 1978 n. 667). Limite estremo � quello della � prohibitio domini � (anche se si � talora ritenuto sufficiente la non opposizione dell'interessato), poich� � evidente che oltre tale soglia vi � solo ingerenza indebita del preteso gestore. Nel caso di specie, al fine di valutare se sussistesse o meno una situazione di impedimento che legittimasse la gestione d'affari, occorre tenere conto del fatto eh il � dominus � era un'amministrazione pub" blica e che l'intervento a questa affidato, consistente nell'esecuzione di un'opera che, pur se intesa a perseguire interessi generali, avrebbe reso possibile l'ampliamento dell'attivit� d'impresa di un soggetto privato, doveva osservare modalit� procedimentali e tempi tecnici propri di simile soggetto giuridico. Dovendo aversi riguardo, al fine di addebitare ad esso l'obbligo � ex lege � di rispondere delle conseguenze derivate dall'attivit� del gestore, il particolare modo di operare che caratterizza l'azione delle persone giuridiche specie se pubbliche (ma per un'ipotesi di soggetto -un condominio -diverso dalla persona fisica, v. Cass. 15 ottobre 1963 n. 2757, che appunto decise che � necessario avere riguardo alla speciale natura dell'organo cui spetta di compiere l'atto che viene considerato, per valutare se esista o meno una situazione di inerzia o di paralisi), non pu� di certo qualificarsi come impedimento quello che � invece il normale modo di deliberare e di agire dei soggetti appartenenti all'amministrazione pubblica, anche se ci� � suscettibile di causare ;ritardi contrastanti con le aspettative del privato; il quale non pu� -senza impingere nella discrezionalit� amministrativa -strumentalizzare tale suo interesse particolare e svolgere in proprio attivit� i cui risultati la P.A. solo al termine dell'iter procedimentale su ricordato � in grado di assicurargli. Non � !Cio� gestione di un affare altrui a cui si possano riconoscere gli effetti previsti dall'art. 2028 e.e. quella che il predetto soggetto privato svolga, come attivit� materiale, per anticipare gli effetti di provvidenze economiche. disposte in suo favore da una P.A. ancora non pervenute alla fase attuativa. Osterebbero del resto ad una simile gestione di affari proprio 1!1 p.atura pul;>blic!l degli interessi affidati ad una P.A. e che in tanto 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO potrebbero essere superati con la � negotiorum gestio � del privato in quanto fossero pervenuti alla predetta fase, quando cio� l'atto di assunzione dell'obbligo verso il privato 'beneficiario sia divenuto eseguibile e questi abbia acquistato il diritto a profittarne. Questo �, in buona sostanza, il concetto espresso dalla sentenza della Corte di Appello, quando ha parlato di obbligo dell� CASMEZ nato solo il 25 luglio 1972, dopo la nota 26 giugno 1972 dello stesso MISM e la conforme delibera CIPE del 13 luglio 1972, quando venne emanato il provvedimento del MISM che autorizzava la CASMEZ ad eseguire una serie di opere, tra cui lo sbancamento nello stabilimento siderurgico di Taranto della Italsider; e quando ha affermato che perci� l'attivit� materiale svolta dalla societ� privata non poteva dare luogo a � negotiorum gestio � poich� alla data di inizio dei lavori di sbancamento non esisteva alcun obbligo per la Cass; e cio� non esisteva una situazione che potesse essere interpretata come inerzia o come impedimento. Quanto assume la ricorrente, che cio� le norme sulla � negotiorum gestio � non postulano l'obbligatoriet�, o necessit�, per l'interessato dell'affare gestito (quando concorrano gli altri requisiti e in particolare l'� .utiliter coeptum �); e che inoltre l'obbligatoriet� potrebbe anche essere valutata � a posteriori�, quando l'attivit�, inizialmente non vincolante, svolta dal dominus sia divenuta in prosieguo effettivamente obbligatoria, (con l'implicazione dogmatica che il contesto tipico in cui la gestione di affari opera � prettamente aleatorio, perch� soggetto alla capacit� di previsione, da parte del gestore, del maturarsi dell'obbligo), non si attaglia ,ai caso in esame. Esattamente anzi la Corte di merito, nell'esaminare specificamente il requisito dell'� absentia domini�, pur parlando (impropriamente) di obbligo, ha concluso che deve negarsi al privato la possibilit� di sostituirsi all'ente pubblico nell'esecuzione dell'attivit� materiale che questi dovr� porre in essere a suo beneficio, sol perch� l'ente pubblico, tenuto al rispetto delle procedure, anche nell'interesse dei terzi, potrebbe non essere in grado di adempiere ai suoi obblighi nei tempi graditi al privato stesso. Se � vero poi che il privato potrebbe sostituirsi ad una P.A. nel compimento di attivit� materiali, � vero pure che ci� � consentito (a titolo di gestione d'affari) quando vi sia un interesse della stessa P.A. (diretto e non meramente occasionale o generale, per essere diretto e preponderante invece l'interesse del gestore) e quando comunque non si incida sulla discrezionalit� degli atti amministrativi (nel senso che si adduca come impedimento la scelta discrezionale dei modi e dei tempi dell'agire amministrativo in fase di deliberazione dell'intervento o di situazione dello stesso. Non vale perci� parlare (come fa la ricorrente) di superamento del �tempo utile�, o dei tempi tecnici �idonei� a soddisfare l'interesse del privato beneficiario dell'op�ra. N� vale invocare una �prassi�, instauratasi a proposito dei lavori della CASMEZ deliberati PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 113 e non �cora posti in attuazione, nel senso che tale ente era solito ratifi� care poi i lavori eseguiti dal diretto interessato prima del perfezionamento clell'iter p.rocedimentale, poich� di simile ratifica (anche implieita) di :un'attivit� p:retesamente gestoria la. Italsider non. ha fornito la necessari. a pr9ya, (a;sui;>;ca:dco). Jil.4 ~I~ P'lll" n�n .contestando l'esecuzione� dei� lavori� da. parte dell'Ha!� sider, il co.ipqrtamento processuale della CASMEZ era stato di segno qpposto quando a:veita negatQ che que!lti erano eseguiti nel suo interesse (percJ:i{non vi eia obblig13,ta) addurre la progressivit� degli atti deliberativi intervenuti il. 1� agosto .1966 (con l'affidamento alla CASMEZ clel l?fail,C) ~i. cc:>orClina.l~nto p(;!r gli iil!lediame)J.ti industriali), il 20 gennaio 1970 (data di approvaziOne del programma IRI relativo all'ampliamento del centro siderurgico. di Taranto, da realizzarsi entro il 1975); il 25 giugno 1972, il 13 luglio J972 e i1 25 luglio 1972 (data di approvazione dei favori e della spesa per lo sbancame:n,to d.a parte del MISI e del CIPE): �itfch� seco:hdo la ricorrente obbllgavano non solo la CASMEZ ma la stessa Italsidet (che 68me societ� a 6apitale pubblico era anch'essa destinataria della deliber� CIPE 20 novembre 1970) a realizzare l'ampliamento deMO sta1::>llimento $identtgico. E ci� anche ai sensi dell'art. 8 legge n;>853/71 � dell'art. 11. n. 717/65, come si sostiene col secondo motivo di ricorso. � agevole infatti osservare, quanto a tale ultimo punto, che secondo le norme ora :richiamate le direttive CIPE sono impegnative per le amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti di gestione e le aziende a partecipazione statale,< la Cassa per il Mezzogiorno e gli enti ad essi col� legati,. ma solo per gli obblighi che siano posti a carico specificamente di ciascuno di tali soggetti; e quindi vincolavano la CASMEZ, ma non anche i beneficiari degli.� interventi, anche se compresi tra detti soggetti, tanto . meno nel senso che essi dovessero anticipare le spese e curare sostitutivamente gli interventi quando l'ente onerato non vi provvedesse, o non riuscisse a realizzare l'opera nel tempo utile auspicato dal beneficiario, specie se per le finalit� proprie dell'impresa. Quanto poi all'af. fidamento che la conoscenza dell'iter procedimentale concernente l'intervento di. cui � causa poteva legittimare, basta ricordare quanto gi� di sopra osservato e cio� cbe per potere invocare gli effetti della � negotiorum gestio �occorre dimostrare l'esistenza dei suoi presupposti, primo tra i quali 1'� absentia domini� (nel senso gi� chiarito), difettando il quale non � P.OSsibile fare valere la gestione dell'interesse proprio come gestione dell'interesse di altro soggetto durante il tempo che a questi � necessario per azionarlo. I primi due motivi del ricorso vanno perci� respinti. 3~ ,__ Gli altri due motivi dello stesso ricorso concernono invece la domanda subordinata di arricchimento senza causa che la Corte ha accolto. 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Anche i due motivi del ricorso� incidentale riguardano lo stesso capo della sentenza e anzi il loro esame ha precedenza logica. Denunziando la violazione degli artt. 2041 e.e., 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, 12 delle preleggi, 1362 ss. cc., 134 ss. T.U. 30 giugno 1967 n. 1523, I I li 1 ss. 1. 6 ottobre 1971 n. 853, nonch� il vizio di difetto di motivazione, l'Agenzia per lo Sviluppo del Mezzogiorno deduce che erroneamente la Corte ha qualificato il rapporto come un arricchimento senza causa. Erroneamente infatti la Corte ha ritenuto che la CASMEZ fosse obbligata a sbancare i terreni di propriet� della Italsider, mentre tale obbligo in realt� non � mai esistito, e ci� perch� l'area di intervento della CASMEZ in tema di opere di sistemazione dei terreni era circoscritta ai terreni appartenenti ai Consorzi e non comprendeva anche i terreni di propriet� privata dei singoli operatori economici. La Cassa poteva eventualmente essere autorizzata ad intervenire su questi terreni in sostituzione dei Consorzi, cui solo spettava tale competenza, ma anche in presenza di simile autorizzazione l'esecuzione dell'opera da parte di un terzo sarebbe avvenuta nell'interesse del Consorzio e non della Cassa. In ogni caso neppure i Consorzi potevano eseguire opere d'interesse particolare di un singolo imprenditore. N� comunque un obbligo di tal genere per la Cassa poteva essere posto da un atto amministrativo in mancanza di una previsione legislativa. Quanto al riconoscimento da parte della P.A. dell'opera eseguita dal privato, deduce il ricorrente che, in tema di incentivazione, quando cio� l'arricchimento dovrebbe essere individuato nel risparmio della spesa che avrebbe potuto essere altrimenti disposta, un riconoscimento �a posteriori � non � nemmeno ipotizzabile, proprio perch� la necessit� stessa di un intervento pubblico per sua natura incentivante pu� essere rav visata solo in vista del conseguimento di determinate finalit� e quindi va necessariamente esclusa quando tali finalit� risultino di fatto gi� conse guite e le opere in astratto richieste gi� in concreto eseguite. D'altra parte anche la delibera CIPE del 13 luglio 1972, quando parla di infrastrutture da realizzare, deve ritenersi che si riferisca esclusivamente ad opere future e non ancora esistenti (come erano invece quelle de quibus), per ch� di fronte ad una opera gi� realizzata non � neppure configurabile un intervento incentivante della P.A. Inoltre, il fatto che l'Italsider ha agito del tutto liberamente e volon tariamente, senza alcun affidamento da parte della CASMEZ, prova la mancanza di qualsiasi nesso causale tra la spesa da essa sostenuta ed il presunto arricchimento della CASMEZ. La Corte ha altres� dimenticato che per dare ingresso ad una azione � di arricchimento nei confronti della P.A. il riconoscimento dell'utilitas deve essere compiuto dalla stessa amministrazione che si sarebbe arric PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 115 chita (nella specie la CASMEZ) e non gi� da una amministrazione diversa (nella specie il CIPE o il MISM). I quattro punti sopra richiamati vanno esaminati distintamente. A) In ordine al primo, concernente la sussistenza dell'obbligo della CASMEZ di finanziare il lavoro di sbancamento gi� eseguito dall'Italsider con conseguente arricchimento senza causa, la tesi della ricorrente incidentale -che cio� le opere di sbancamento nell'interesse di privati esulavano dalle sue competenze -era gi� stata formulata in grado di appello e disattesa dalla Corte territoriale in base alle seguenti consid�razioni: a) che alla stregua della normativa all'epoca vigente, tra i compiti affidati alla Cassa per il Mezzogiorno rientrava quello di procedere in base alle indicazioni dei piani di coordinamento alla costruzione delle infrastrutture necessarie per l'insediamento di complessi industriali; infrastrutture che potevano essere realizzate -a totale carico della Cassa -su terreni consortili, o anche non consortili, dalla stessa Cassa o dai consorzi o ancora dalla Cassa, ma sostitutivamente ai consorzi se risultanti non idonei, previa autorizzazione del Ministro per gli Interventi straordinari (art. 134 e 149 T.U. n. 1523/1967); che dopo l'entrata in vigore della legge n. 853 del 1971, soppressi i piani di coordinamento, era stato affidato al CIPE di emanare direttive per assicurare la localizzazione degli impianti industriali; b) che pertanto rientrava nella competenza della CASMEZ di realizzare le infrastrutture anche su terreni privati, con la conseguenza che non potevano ritene:risi nu1le la delibera CIPE 13 marzo 1971 e 13 luglio 1972 e la decisione del MISM 25 luglio 1972 finailizzate a realizzare, a mezzo della Cassa, le infrastrutture occorrenti per il IV Centro Siderurgico di Taranto; c) che perci� alla data di tale ultimo provvedimento (il 25 luglio 1972) era sorto l'obbligo della CASMEZ ,di procedere all'esecuzione dei lavori di sbancamento. Riportando pi� nel dettaglio le censure formulate nel ricorso incidentale, si rileva che l'Agenzia nega l'esistenza di un obbligo a suo carico di eseguire detti lavori di sbancamento per le seguenti ragioni: a) l'area dell'intervento della Cassa in tema di infrastrutture non era disciplinata dagli artt. 134 e 149 del T.U. n. 1523 del 1967 sia perch� i lavori di sbancamento non potevano rientrare tra le infrastrutture, che (come chiarito anche dalla normativa successiva di cui al D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, art. 2 lett. b) sono opere di carattere generale che non possono identificarsi con le strutture aziendali di un singolo imprenditore, sia perch� la Cassa pu� sostituirsi ai consorzi, normalmente competenti 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ad eseguire direttamente le opere in questione, solo a seguito di autorizzazione del Ministro; b) che se la normativa richiamata non autorizzava la CASMEZ ad eseguire i lavori di sbancamento in questione (perch� non costituenti infrastruttura e perch� non eseguibili su terreni non consortili), era vano ricercare la fonte dell'obbligo nei provvedimenti del CIPE e del MISM sopra ricordati, poich� fa seconda delibera CIPE del 13 Juglio 1972 (che aveva elencato le opere infrastrutturali -tra le quali quelle di sistemazione e sbancamento dei termini -da eseguirsi per la realizzazione del Centro Siderurgico di Taranto) aveva inteso di concedere alla CASMEZ solo l'autorizzazione ad eseguire su terreni consorziali lavori di interesse generale e non anche lavori di interesse particolare su terreni di propriet� di un singolo imprenditore. Tale tesi � la stessa che gi� venne proposta ai giudici di appello e non si rinvengono argomentazioni nuove idonee a superare l'avviso espresso dalla Corte di Roma in punto di diritto nell'esaminare il quadro normativo applicabile e poi anche in sede di interpretazione degli atti amministrativi, qui con valutazione di merito non riesami nabile nella presente sede di legittimit�, emessi dal CIPE e poi dal MISM relativamente alle infrastrutture da realizzare nel Centro Side rurgico di Taranto. In rapida sintesi si pu� comunque ribadire quanto segue: 1) che nell'art. 134 del T.U. n. 1523/67, che regola le �competenze generali de1la Cassa per il Mezzogiorno � � ben chiaro che � nell'ambito dei comprensori ... di sviluppo industriale�, la Cassa � autorizzata a realizzare a suo totale carico le infrastrutture necessarie alla localizzazione delle attivit� produttive� senza distinzione tra territori consortili e non; e con possibilit� di provvedere in via sostitutiva, su autorizzazione del MISM nel caso in cui i consorzi non siano in grado di adempiere agli specifici compiti fissati dal piano di coordinamento (terzo comma); che l'assegnazione direttamente alla CASMEZ, o invece ai consorzi, delle opere da realizzare veniva decisa in sede di formazione dei piani di coordinamento (art. 149 stesso T.U.), poi sostituiti dalle direttive CIPE (ai sensi della l. 6 ottobre 1971 n. 853 di rifinanziamento della Cassa); 2) che nel caso di esecuzione diretta, da parte della CASMEZ, delle infrastrutture necessarie alla localizzazione delle attivit� produttive, destinatari dell'intervento non dovevano necessariamente essere consorzi, n� le opere da eseguire, per la realizzazione delle finalit� . d'interesse generale proprie dell'intervento deliberato, dovevano necessariamente riguardare terreni consortili, potendo riguardare anche un singolo imprenditore, se l'intervento da realizzare interessava in modo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 117 particolare un impianto preesistente, da ampliare in vista di esigenze di carattere generale (come appunto nel caso del centro siderurgico di Taranto, gi� esistente, ma per il quale le direttive CIPE avevano indicato come interesse nazionale i lavori di ampiamento); 3) che tra le . opere elencate nella delibera CI.PE di affidamento alla Cassa :rientravano anche quelle di � sistemazione dei terreni �, purch� � d'interesse generale idonee a favorire la localizzazione industriale � (art 1 1. n. 1462/62), cosicch� da tale deUber� -preceduta dalla deliber� IRI 26 novembre 1970 di ampiarrtento del C.S. di Taranto era legittimamente derivato l'obbligo della CASMEZ di eseguire anche i lavori di sbaricam�nto nello stabilimento della !talsider, necessari per assicurare l'area di sedime sulla quale realizzare poi la costruzione dei nuovi impianti di ampliamento del Centro. B) Sul secondo punto, concernente la asserita mancanza delle condizi. Oni previste dall'art. 2041 e.e. perch� possa configurarsi un arricchimento senza causa che si concreti in un risparmio di spesa in favore della P.A., l'Agenzia sembra attribuire eccessivo rilievo al fatto che un simile arricchimento sarebbe conseguito ad un finanziamento deliberato a fini di incentivazione. A parte infatti la considerazione che l'incentivazione, a mezzo di leggi di favore o di provvidenze varie, attiene alle finalit� ultime e particolari che 11 legislatore si propone di conseguire �e che il finanziamento (o altra forma di beneficio) costituisce lo strumento di tale finalit�, non si vede perch� ci� possa avere influenza in caso di risparmio di spesa per il fatto che l'intervento finanziato sia stato eseguito da un altro soggetto, dal momento che la realizzazione di questo rappresenta proprio il conseguimento della finalit� voluta dalla legge incentivante. Anche perci� ai fini della validit� del riconoscimento �a posteriori� della � utilitas �, la gi� avvenuta esecuzione dell'opera prevista rappresenta, sul versante del risparmio di spesa e dell'arricchimento senza causa della . P .A. che la spesa doveva erogare, la conferma del con~eguimento della finalit� voluta dalla legge di incentivazione. Altro discorso � invece quello secondo cui una simile legge, quando parla di infrastrutture da realizzare, non pu� che riferirsi ad opere future e non ancora esistenti. Il rilievo � certamente esatto ma non risulta pertinente nel caso di specie, nel quale i lavori furono iniziati dalla ltalsider (come accertato dal giudice di merito) dopo l'approvazione delle direttive CIPE e delle leggi di finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno (con l'indicazione delle opere da eseguire) e completati nel 1974, dopo le delibere IRI e Cl<PE riguardanti gli ~nterventi diretti a realizzare l'ampliamento del Centro Siderurgico di Taranto, proprio al fine di �consentire, dopo lo sbancamento e il livellamento del terreno, Ja costruzione dei nuovi impianti entro l.a data (1975) 118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO prefissata. E anzi proprio tale obiettivo dell'Italsider, che costituiva indubbiamente una finalit� pi� generale di adeguare alle nuove prospettive di mercato la struttura dell'impianto siderurgico), dava la prova della utilit� dell'opera eseguita direttamente dall'Italsider, prima che fosse completato l'iter procedimentale che avrebbe poi consentito il fi. nanziamento da parte della Cassa. Il che non toglie per� che l'intervento CASMEZ, con riferimento all'epoca in cui fu deliberato, fosse incentivante; n� esclude che la Cassa dovesse procedere nell'iter inteso a rendere possibile il finanziamento, cos� ottemperando alla direttiva del MISM e alla delibera del CIPE, anche se poi la diretta esecuzione dell'opera da parte della Italsider rese inutile '1a fasa di attuazione dell'intervento. C) Tali particolarit� del caso in esame, sono state evidenziate dalla Corte di Roma, che le collega al fatto che l'Italsider come societ� a capitale pubblico e d'interesse nazionale era bene a conoscenza delle provvidenze in arrivo e che, calcolando i tempi tecnici della procedura di erogazione del finanziamento, aveva deciso di dare corso ai lavori. Ci� era sufficiente a dimostrare che vi era nesso di causa -almeno indiretta -tra la spesa sostenuta e il dedotto arricchimento in forma di risparmio di spesa. E l'avviso espresso dalla Corte di Roma sul punto costituisce accertamento di merito non sindacabile in questa sede. D) Quanto infine al rilievo secondo il quale il riconoscimento della utilit�, anche se implicito, doveva essere compiuto -secondo un principio pi� volte affermato in giurisprudenza -dalla stessa ammini strazione che si era arricchita, va osservato che nel caso specie in cui vi � stato arricchimento per risparmio di spesa ,non � mai stata in discus sione la piena conformit� dell'opera direttamente eseguita dal privato rispetto a quella per la quale la spesa era stata deliberata dalla P.A.. Il riconoscimento dell'utilit� (il quale costituisce il requisito dell'effet tivo arricchimento: Cass. 17 novembre 1981 n. 6094) � stato desunto dal fatto che sussisteva fa detta conformit� per il !fatto che la CASMEZ, pur avendo negato il proprio obbligo ad eseguire quei lavori e la corri spondenza tra l'opera eseguita dall'Italsilder e l'intervento delilberato dal MISM, non aveva n� precisato su quali diversi terreni detto intervento era stato invece realizzato, n� che lo sbancamento eseguito dalla Ital sider fosse proprio quello che essa aveva avuto fincarico di realizzare. Sulla base di simile accertamento di fatto, correlato anche al comportamento processuale tenuto dall'Agenzia nel presente giudizio, anche in questa fase (in cui non ha negato detta corrispondenza ma . solo affermato, sul punto, che il riconoscimento era stato effettuato da altra autorit�), deve ritenersi che correttamente la Corte di merito ha ravvisato arricchimento, per il risparmio di spesa derivato dalla gi� av PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 1.19 venuta es.ecuzione ' dei lavori per i quali era stato effettuato lo stanziamento di L. 11 miliardi, 825 milioni non pi� utilizzato; che tale arricchimento senza causa si era verificato gi� dal 1972, che � il� tempo sia del completamento di lavori sia della delibera CIPE e della nota del M�SM; e che vi era stato riconoscimento implicito della utilit� di essi da parte della P.A....;.;.; unitamente 'intesa nei rapporti tra MISM e CASMEZ preposti alla cura del :medesimo interesse pubblico -nel fatto �di non avete contestato la conformit� dell'opera e di non avere dimostrato che quello stanziariiento era stato utilizzato per altri e diversi lavori di sbancamento, finalizzati all'ampliamento del Centro Siderurgico di Taranto, c�me previsto nella delibera CIPE 26 novembre 1970 e 18 marzo 1971. � poi evidente (e perci� la Corte ha parlato di riconoscimento �in re ipsa �f�he questo...;.;.; in .forma di mancata contestazione -doveva essere . riferito proprio �al soggetto che reatlizzava , il.. risparmio di spesa e al fatto della mancata contestazione; e non qtliridi al provvedimento del MISM (indiciito come� incompetente <a operare il riconoscimento perch� non beneficiario dell'arricchimento), che � stato richiamato dalla Corte di m.erito solo per trarne gli �elementi. circa .� la natura dei lavori da eseguire; i quali -' al termine dell'iter procedimentale ini7lia� to nel 1966 --erano poi perci� ben noti sia alla CASMEZ sia all'ltalsider, diretta interessata che intendeva dopo lo sbancamento eseguire (sull'area di sedime cosi ricavata) i lavori di costruzione dei nuovi impianti. Il primo motivo del ricorso incidentale � perci� infondato. in tutti profili di censura proposti. 4 -�. poi infondato anche il s~concio motivo del ricorso inci� dentale, con iJ quale si denunzia fa violazione degli artt.. 2934, 2935 ss. (in relazione aJl'art. 2041) e.e., oltre che il vizio di motivazione carente e contradciittoria. �Si dedu�e che. dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa risulta che alla data del presunto riconoscimento della utilitas, cio� il 25 luglio 1972, tutta l'opera era stata da tempo eseguita, il che significa che era stata anche pagata, essendo noto che i lavori appaltati si pagano in base agli stati di avanzamento. Nel 1.974 furono solo redatti alcuni verl:>ali di .�collaudo e fu semmai pagato il saldo di qualche lavoro. La prescrizione, pertanto, non poteva essere fatta decorrere dal 1974, perch� nell'azione di arricchimento senza causa il giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere coincide con quello in cui si verifica lo spostamento di. ricchezza da un soggetto ad un altro. Sicch� essendo stata l'opera quasi interamente pagata prima del 25luglio1972 la prescrizione non poteva farsi decorrere da epoca successiva a� tale data; o ..quanto meno : avrebbe dovuto . dichiararsi prescritta tutta quella parte della domanda dell'Italsider correlata: agli esborsi effettua~ 120 .RASSEGNA AVVOCATURA. DELLO STATO ti prima del decennio dalla notifica della prescrizione, ossia prima del 26 ottobre 1973. In ogni caso, la fattispecie di arricchimento senza causa si era completamente integrata dalla data del decreto del 1972 in quantO' la diminuzione patrimoniale si sarebbe verificata gi� con l'effettuazione �� dello sbancamento, alla quale era correlato il relativo debito verso l'impresa che aveva effettuato il lavoro. Inoltre, trattandosi di arricchimento nei confronti della P.A., la prescrizione comincia a decorrere dalla data dell'avvenuto riconoscimento dell'utilitas da parte della stessa P~A. e cio� nella specie, secondo Ja sentenza impugnata, dal 25 foglio 1972. Nell'azione di arricchimento senza causa il � dies a quo � della prescrizione ordinaria decennale �, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 15 luglio 1978 n. 3564; Id. 26 novembre 1986 n. 6981), quello. in cui pu� essere fatto valere il diritto all'indennizzo, che -di regola coincide con quello di cui si verifica l'arricchimento del beneficiario con correlativa diminuzione patrimoniale dell'altra parte. Tale momento PtJ� tuttavia anche essere successivo a quello del riconoscimento della � utilitas � da parte del beneficiario, che segna il perfezionamento della fattispecie dell'arricchimento, perch� in tale momento pu� non essersi ancora verificato,. o completato, il depauperamento dell'altro soggetto. E cos�, nell'ipotesi in cui l'arricchimento consista in un risparmio di spesa e tale spesa, in. base al rapporto contrattuale tra colui che ha eseguito l'opera della quale il beneficato si � avvantaggiato e il terzo {appaltatore) che ha effettuato i relativi lavori, non � stata ancora erogata (perch� ancora non � stato effettuato il collaudo o perch� non sia ancora scaduto il termine di pagamento pattuito), il diritto all'indennizzo ancora non pu� essere fatto valere e non ha inizio perci� il decorso del predetto termine prescrizion�le. Nel caso in esame la Corte di Appello ha accertato che, pur essendo stati i lavori di sbancamento completati nel 1972, in coincidenza con la delibera CIPE 25 luglio 1972, H pagamento venne effettuato, dalla Finsider {cui faceva capo la Italsider) solo nel 1974, per cui alla data della citazione (1'983) il termine decennale previsto dall'art. 2946 e.e. non era ancora decorso. Non � comunque possibile, come chiede l'Agenzia, frammentare il credito del depauperato in relazione ai vari momenti in cui questo avviene,� nel caso di pagamento ripartito nel tempo de1l'opera. A parte che al pagamento in corso d'opera corrisponde un'effettuazione parziale dei lavori e perci� non � ipotizzabile in correlazione a questi il beneficio (che pu� derivare solo dall'opera completa, collaudata e conforme allo scopo perseguito dalla P.A.), � decisivo il rilievo che, nell'ipotesi del. l'arricchimento per risparmio di spesa, specie se si considerano le modalit� proprie della P.A. per l'erogazione della spesa o per il profittamento dei vantaggi derivanti dall'opera da altri eseguita, certo non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 121 rilevano i rapporti contrattuali interni che eventualmente legano il depauperato� con il terzo esecutore dei lavori ammessi a finanziamento pubblico, essendo unicamente necessario che colui che agisce. per arricchimento senza causa dimostri in quale momento si � verificato il depauperamento, che nel caso di lavori eseguiti in 'Vece di un P.A. presuppone pur sempre l'arricchimento di questa, che non pu� aversi pd� ma che l'opera risulti. compiuta. Correttamente perci� la Corte ha ritenuto che. l'arricchimento senza causa consistente nel risparmio di una data somma di danaro si sostanzia solo nel. momento in cui si concretizza l'esborso del depauperato, cb,e .�jl momento mcui si .. verifica lo spostamento di, ricchezza da un patrimonio all'altro, non avendo rilevanza n� la data dei .singoli paga. menti. agli stati di avanzamento dei lavori (come deduce l'Agenzia, peraltro su ba$e puramente presuntiva), n� la data di completamento dei lavori �i sbancamento.. N� rileva infine (per quanto si � detto}, in particolare la data del 25 luglio. 1972 della; deli'bera CIPE perch� non � a questa, bens� alla mancata contestazione della conformit� dei lavori che va ricollegato il riconoscfanento dell'utilitas. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione Lavoro, 22 dicembre 1993 n. 12708. Pres. Farinaro, Rel. Casciaro, P. G. Martone (parz. conf.) -Ferrovie dello Stato (Aw. Stato Stipo) c/ Apollonio ed altri. Trasporti � Ferrovie � Personale� delle Ferrovie dello Stato � Compenso per lavoro �straordinado � Periodo antecedente la contrattazione collettiva � Determinazione. Lavoro � Contmversie individuali � Collctestazione dell'intero credito preteso dall'attore � Onere per il convenuto .di contestazione specifica dei con� teggi � Non sussiste. Per il periodo antecedente la contrattazione collettiva, la determinazione del compen$O per lavoro straor.dinario del personale ferroviario va determinato ai sensi dell'art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977 n. 1188 e dd collegamento ivi disposto con it trattamento retributivo del primo dirigente statale, essendo agli stessi fini irrilevanti eventuali aumenti concessi ai dirigenti dell'Ente Ferrovie dello Stato (1). (1) Con la sentenza in rassegna, la Cassazione affronta per la prima volta la questione dei compensi per il lavoro straordinario prestato dai .ferrovieri nel periodo antecedente l'istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato e quello sticces RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 122 Nelle controversie individuali di lavoro, l'onere ex art. 416, 3� comma c.p.c., gravante sul convenuto di contestare specificamente i conteggi reZ.ativi al quantum delle pretese del ricorriente, si pu� configurare quando non sia insorta controversia sull'an debeatur, ma non anche laddove il credito dedotto in lite risulti essere oggetto di globale contestazione, con la negazione in radice del credito vantato; in ogni caso l'inottemperanza del convenuto all'onere predetto e l'omessa redaziorJe di eventuali conteggi alternativi non comportano di per s� il riconoscimento della esattezza dei conteggi avversari (2). (omissis) Il ricorso per cassazione dell'Ente Ferrovie dello Stato � affidato a due motivi. Con il primo l'Ente ricorrente denuncia � violazione artt. 1 e 9 legge 22 luglio 1975, n. 382; art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188; artt. l, 17, 32, 33 Legge 6 febbraio 1979, n. 42; artt. 1, 16 Legge 22 dicembre 1980, n. 885; art. 1 L�gge 1� luglio 1982, n. 426; art. 2 d.P.R. 25 giugno 1983 n. 344; art. 7 Legge 10 luglio 1984, n. 292; art. 8 Legge 24 dicembre 1985 n. 779; art. 21 Legge 17 maggio 1985 n. 210; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. �. Con il secondo motivo denuncia: �violazione degli artt. 11, 13, 14 e 15 disp. sulla legge in gen.; art. 2697 cod. civ.; artt. 113, 115, 116, 416 c.p.c.; sivo fino alla regolamentazione del 'trattamento economico attraverso la contrattazione collettiva. La stessa Cassazione, con giurisprudenza costante (Cass. 3 maggio 1989, n. 2050 e successive). aveva affermato che, ai sensi dell'art. 21 della legge 17 maggio 1985, n. 210, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, il rapporto di lavoro dei ferrovieri era regolato dalla normativa vigente per l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato fino a quando non fosse intervenuta la contrattazione collettiva. In .materia di trattamento economico del lavoro straordinario, il primo accordo sindacale ha avuto effetto dal 1� gennaio 1987. Per il periodo precedente occorreva pertanto far riferimento alla normativa prevista per l'impiego statale, ancorch� il rapporto di lavoro dei ferrovieri, a partire dalla legge 6 febbraio 1979, n. 42, fosse ordinato in profili professionali, essendo stato abbandonato il criterio di classificazione del personale in qualifidie e parametri, vigente per il restante personale statale. Essendo il compenso. per lavoro straordinario rapportato al trattamento economico del primo dirigente, la materia del contendere (risolta non unifor memente dai vari giudici di merito) consisteva nel verificare quali aumenti stipendiali accordati nel tempo al primo dirigente dovessero essere assunti nel calcolo per la determinazione del compenso per lavoro straordinario. Sulla computabilit�, ai fini dello straordinario, degli aumenti intervenuti per i primi dirigenti, la Cassazione ha assunto l'orientamento che cos� pu� rias sumersi: a) nella base di calcolo non deve essere �computato l'aumento del 40 % disposto con decorrenza 1� gennaio 1979 dall'art.. 133, primo comma, legge 11 luglio 1980, n. 312; e ci� in quanto il successivo art. 134..ha stabilito che �il miglio PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 123 art. 34 Legge 11 febbraio 1970 n. 34; art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188; artt. 1, 17, 32, 33 Legge 6 febbraio 1979, n. 42; art. 134 Legge 11 luglio 1980, n. 312; art. 13 d.l. 6 giugno 1981, n. 283, conv. in Legge 6 agosto 1981, n. 432; art. 6 d.l. 27 settembre 1982, n. 681 conv. in Legge 20 novembre 1982, n. 869; artt. 1 e 9 d.P.R. 25 giugno 1983, n. 344; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e S c.p.c. �. I due motivi fra loro connessi ben possono esaminarsi congiuntamente. Con il primo motivo, nell'esporre le vicende relative alla disciplina della retribuzione del lavoro straordinario dei ferrovieri, deduce l'Ente ricorrente ch,e l'art. 17 della legge n. 42 del 1979 non and� al di l� della prospettazione di un obiettivo programmatico, e, quindi, non intese abrogare i criteri delineati dal d.P.R. 1188 del 1977; che inoltre -essendo la retribuzione delle prestazioni di lavoro straordinario voce puramente accessoria del trattamento economico dei pubblici dipendenti -l'aggiornamento delle misure orarie dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario non poteva prescindere dalla verifica dei necessari presupposti di compatibilit� finanziaria; che nella copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi invocati dai lavoratori (legge 6 febbraio 1979, n. 42 e leggi successive) non erano stati inc1usi i compensi di lavoro straordinario; che, sul presupposto della riconosciuta inammissibilit� di ramento temporaneo derivante dall'applicazione del precedente art. 133 non opera ai fini della determinazione dei compensi per lavoro straordinario chiunque ne sia il beneficiario�; b) nella base di calcolo deve essere computato l'aumento del 23 % disposto con decorrenza 1� febbraio 1981 dall'art. 10, primo comma, dl. 6 giugno 1981, n. 283 (convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432); e ci� in quanto il successivo terzo comma ha stabilito che � la nuove misure degli stipendi derivanti dall'applicazione del presente articolo non hanno effetto sulle indennit�, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti �; c) nella base di calcolo deve essere computato l'aumento �del 12,20 % disposto con decorrenza 1� gennaio 1983 dal d.l. 27 settembre 1982, n. 681 (convertito in legge 20 novembre 1982, n. 869), e ci� in quanto l'art. 6 ha stabilito che � le nuove misure degli stipendi derivanti dall'applicazione del presente decreto non hanno effetto sulle indennit�, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati; a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti �; d) nella base di calcolo non deve essere computato l'aumento retribu tivo per il 1� dirigente stabilito dal Consiglio di Amministrazione dell'Ente F.S., con delibera 19 giugno 1986, n. 181, di gran lunga superiore al coevo tratta mento retributivo del 1� dirigente statale. Per la computabilit� degli aumenti di cui alle leggi n. 432/81 e n. 869/82, il P.G. si era espresso in senso difforme, in quanto l'interpretazione restrittiva e strettamente letterale, secondo cui gli aumenti � non hanno effetto sulle indennit�, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti�, andrebbe contro la logica legislativa che non pu� aver voluto attribuire al personale non dirigenziale un compenso per lavoro straordinario in misura superiore a quello spettante ai dirigenti. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 124 un adeguamento delle tariffe orarie per lo straordinario, a seguito della soppressione delle qualifiche nell'inquadramento del personale ferroviario, il Pretore di Napoli, in altra occasione, aveva denunciato come incostituzionale la mancata estensione al personale delle Ferrovie dello Stato delle norme che avevano consentito la rivalutazione dello straordinario relativamente al personale dei Ministeri. Con il secondo motivo d'impugnazione l'Ente ricorrente attribuisce al Tribunale di Napoli l'assunto che, una volta sopravvenuta la legge 6 febbraio 1979, n. 42, abolitiva dell'inquadramento per parametri del personale. dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, ci� nonostante i conteggi dei compensi di lavoro straordinario potessero ugualmente aver corso (in applicazione dell'art. 4 del d.P.R. n. 1188 del 1977), previa individuazione delle corrispondenze fra l'antecedente classificazione per parametri e la nuova classificazione per categorie (di cui alla legge n. 42 del 1979). Si volge poi l'Ente ricorrente a censurare l'apprezzamento dei Giudici napoletani in ordine alla ravvisata esattezza dei pur contestati conteggi elaborati dai lavoratori, non potendo, ad avviso dell'Ente, limitarsi il Tribunale a dichiarare la computabilit� -in sede di determinazione dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario -degli aumenti retributivi concessi ai dirigenti, senza passare in rassegna i singoli prov vedimenti di aumento. (2) Orientamenti giurisprudenziali sulle deduzioni difensive nel processo del lavoro. L'art. 416 c.p.c. tratta della costituzione del convenuto nel procedimento del lavoro. Il 1� comma stabilisce il termine di almeno 10 giorni per la costituzione. Il 2� comma stabilisce la decadenza da parte del convenuto della proposi zione dei mezzi di prova, delle domande riconvenzionali e delle eccezioni pro cessuali e di merito non rilevabili d'ufficio, come la prescrizione (Cass. 13 di cembre 1985, n. 6407), il giudicato esterno (Cass. 14 novembre 1985, n. 5591, Cass. 16 giugno 1985, n. 3375) che non pu� essere neanche dalla parte contumace eccepito nel grado di appello (Cass. 28 aprile 1984, n. 2668). Tale decadenza, vertendosi in materia sottratta alla disponibilit� delle parti (art. 2969 e.e.), ha carattere assoluto ed inderogabile, rilevabile d'ufficio dal giudice (Cass., SS.UU. 19 novembre 1985, n. 5686), indipendentemente dal silenzio serbato dall'attore o dalla circostanza che il medesimo si sia difeso sostenendo l'infondatezza, anzich� l'intempestivit�, dell'eccezione o della domanda riconvenzionale (Cass. 21 aprile 1988, n. 3111; Cass. 13 febbraio 1988, n. 1574). La decadenza di cui al 2� comma vale anche per l'attore in relazione alla domanda riconvenzionale, dovendo egli considerarsi convenuto rispetto a tale domanda (Cass. 21 novembre 1984, n. 5981, in Giust. Civ. 1985, I, 2822), con l'unica differenza che il termine di riferimento per la decadenza �, non gi� l'udienza fissata �ex art. 415 c.p.c., bens� la nuova udienza, la cui fissazione, ai sensi dell'art. 418 c.p.c. deve essere richiesta dal convenuto contestualmente alla proposizione della riconvenzionale (sull'art. 418 c.p.c. si � espressa la Corte Costituzionale, dichia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUJjENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 125 Con riguarda a tale ultima :�questione, sostiene l'Ente ricorrente che non computabili dovevano riconoscersi gli aumenti retributivi accordati dalla.legge n; 312 del 1980, avendo questa esplicitamente negato l'incidenza sui compensi di lavoro straordinario degli aumenti in parola, chiunque n~.fosse il beneficfario, e:bhe del pari: non computabili dovevano dirsi gli atitilei;rt� concessVcon d�col:'f~ti~a .1� febbraio 1981 e 1� gennaio 1983 rispettiyafuel1t�c da,Ua legge n� 432 del 1981 e dalla legge n. 869 del 1982. .. .. . .. .. . E i.tl61t:re/ad. m�so del ricorrente Ente Ferroviario dello Stato, a p.artire dal 1986 doveva prendersi a base del calcolo dei compensi di lavofo :str�otdinarfo� dei ferrovieri ��sempre ed unicamente la retribuzione: ordinaria. pJ:�vista per i dirigenti .statali, e non gi� quella attribuita ai dirigenti� deL medesimo. Ente. Il riferimento allo stipendio del dirigente statale come base di calcolo dei.compensi di lavoro straordinario del personale di altre categorie era coJ;'.l'.1:1,lllql;le .clJil ritenere �in(l!J;'etto e strumentale �, dovendo (( il rapporto js.titui:rst diretta1$.enie e � pr<>:Pdamente tra compenso di lavoro straordinario di quel ciirigente (ovviamente determinato in relazione al suo stiPendio) e C:O@Penso &Ilo s~e�so titolo spettante alle altre categorie di dipe.denti>~;. il che jrovi;?rel:>be:.co.ferma nel disposto del secondo comma dell'art. 9 .ciel d�:P�B� 25 gi.g:o,o 1983, n. 344. I due riferiti motivi sono fondati nella misura di oui appresso. Giova premettere che dall'impugnata sentenza (con la quale il Tribunale di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, favorevole ai la� rando manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale; v. C. �Cost. 14 gennaio 1977, n. 13; C. Cost. 10 maggio 1978, n. 64). � comunque da ricordare come � stata ritenuta inammissibile la domanda rk:�nvenzionale spiegata nella memoria difensiva del convenuto ove sia stata omessa l'istanza di fissazione .di nuova udienza e se, malgrado la mancata richiesta il giudice abbia fissato la nuova udienza, la decadenza dalla riconvenzionale si verifica ugualmente, ed. � rilevabile d'ufficio anche in Cassazione non essendo. il provvedimento del giudice idoneo a sanare una decadenza ormai verificatasi (Cass. 12 agosto 1993, n.. 8652; Cass. 20 maggio 1983, n. 3499; Cass. 12.giugno 1981, n. 3837, in Giust. Civ;.1981, I, 2567), mentre in altra decisione �. stato affenrtato,.che l'inosservanza. del.disposto dell'art. 418 c.p.c. resta irrilevante se fattore accetti ilcontraddittorio,... chiedendo il rigetto delle pretese avversarie {Cass. 9 luglio 1982, n. 4091}~ � stato comunque precisato che la decadenza di cui al 2� comma dell'art. 416 c.p.c. presuppone l'osservanza da. parte dell'attore; delle prescrizioni di cui all'art. 414 c.p.c; n. 4, per cui se, a causa di incompleta o inesatta esposizione dei fatti e . degli elementi di diritto posti a fond.amento della .domanda, il convenuto tlQn� abbia avuto modQ o interesse a sollevare .un'eccezione in senso proprio, questa pu� essere proposta oltre il limite precisato dal citato art. 416, e; quindi, con la prima difesa successiva alla� deduzione o� alla acquisizione in giudizio, per altra via, d�L fatto o elemento.. omesso, la cui cognizione � essenziale ai fini della proposizione dell'eccezione. stessa. (Cass., 28 giugno 1984, n; 3808). RASSEGNA AVVOCAT{JRA. DELLO STATO 126 voratori) si evince che i Giudici di merito hanno senz'altro affermato la piena incidenza degli aumenti del trattamento retributivo del dirigente statale sui compensi di lavoro straordinario spettanti a1l'Apollonio e ag.U altri in quella sede appellati nella sentenza non si rinviene peraltro alcuna specifica analisi dell'ambito e degli effetti dei vari provvedimenti legislativi apportatori di aumenti stipendiali al dirigente dello Stato, n� l'indicazione. dei cri:teri sulla. base dei quali erano stati impostati i conteggi, articolati dai lavoratori nel ricorso introduttivo delJa lite, e che il Tribunale ha per vero sbrigativamente recepito con l'addurre a giustificaz~ one �l'estrema genericit�� delle contestazioni sollevate dall'Ente. Di ci� ragionevolmente si duole la parte qui ricorrente. Sul convenuto in controversia indivi:duale di lavoro, come � noto, fa carico l'onere di specifica contestazione �circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda �, e di enunciazione simuJtanea, in memoria difensiva, di tutte le sue difese in fatto e in diritto (art. 416, terzo comma, c.p.c.)1 L'onere di specifica contestazione ben �pu� investire anche �l'attendibilit� e la correttezza dei conteggi, elaborati ex adverso ed inseriti nel ricorso introduttivo della lite o ritualmente prodotti: peraltro, l'inottemperanza del convenuto all'onere predetto e l'omessa redazione di eventuali conteggi alternativi non comportano di per s� il riconoscimento della esattezza dei Riferendosi la preclusione di cui all'art. 416 c.p.c., 2� comma, alle eccezioni non rilevabili d'ufficio, il convenuto pu� contestare la giurisdizione del giudice adito anche successivamente alla costituzione in giudizio (Cass. SS.UU. 16 aprile 1984, n. 2424) e cos� pure l'incompetenza per materia che pu� essere eccepita o rilevata d'ufficio anche in appello alla stregua dell'art. 38 c.p.c. (Cass. 10 febbraio 1983, n. 1064) come anche la questione relativa al difetto di legittimazione processuale, in quanto attenendo alla regolarit� del contraddittorio e alla validit� della sua costituzione � rilevabile d'ufficio (Cass. 17 aprile 1980, n. 2535) e pu� essere dedotta in appello dalla parte contumace in primo grado (Cass., 17 novembre 1993, n. 11364). Il 3� comma dell'art. 416 c.p.c., nel prevedere per il convenuto l'onere di prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione circa i fatti affermati dall'attore e proporre tutte le sue difese in fatto ed in diritto nella memoria di costituzione, a differenza di quanto disposto nel 2� comma, non lo sanziona invece con la decadenza in caso di inosservanza. Pertanto l'inottemperanza da parte del convenuto ad una delle prescrizioni dettate dall'art. 416 comma 3�, secondo la giurisprudenza: -non pu� essere equiparata, quanto ad effetto probatorio ad una confessione della fondatezza degli assunti di controparte (Cass. 6 marzo 1987, n. 2386, citata nella sentenza in rassegna), in quanto la generica contestazione non implica ammissione dei fatti, potendo al pi� costituire una violazione dell'obbligo di lealt� processuale di cui agli artt. 88 e 92 c.p.c. (Cass. 17 aprile 1985, n. 2551; Cass. 11 settembre 1980, n. 5241); -non impedisce al convenuto la esplicazione della attivit� difensiva volta a contrastare le condizioni di fondatezza della domanda, quali ogni questione di interpretazione e di applicazione di legge (Cass. 16 giugno� 1987, n. 5335; Cass. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUI)ENZA CIVILE, GIURISI)IZIONE E APPALTI 127 conteggi avversari, pur potendo, a seconda delle circostanze, fungere da elemento integrativo del convincimento del magistrato (cfr. Cass., 6 marzo 19&7, n. 2386). E in ogni caso l'onere, .gravante sul convenuto, di contestare specificamente i conteggi relativi al quantum delle pretese spettanze del ricorrente; si .pu� configurare quando non sia insorta controversia sull'an debeatur, ma non certo laddove il credito dedotto in lite risulti essere oggetto ;.;i come nella specie -di globale contestazione, e ci� in quanto non sarebbe logico ipotizzare che il (presunto) debitore sia tenuto a rivedere criticamente le voci del conteggio di un altrui (presunto) credito, che ha negato in radice. Tanto premesso, osserva fa Corte che esattamente i Giudici napoletani hanno individuato nell'art. 4, d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188 (recante � Nuova disciplina delle prestazioni straordinarie del personale dell'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato e nuove misure dei relativi compensi�), la disposizione enunciante i criteri di determinazione dei cor.pensi di lavoro straordinario del personale ferroviario mediante test'l,lale riferimento a quota del trattamento economico mensile (ordinarfo) del primo dirigente; e che del pari esattamente hanno osservato come quella disposizione non sia stata successivamente abrogata n� modificata. Mentre, dunque, si rende evidente che l'aggancio del compenso di lavoro straordinario del personale ferroviario al trattamento retributivo ordinario del primo dirigente statale esclude la computabilit� 28 marzo 1980, n. 2048; Cass. 4 marzo 1980, n. 1462) e la successiva specifica contestazione sulla esistenza e la portata dei fatti affermati dall'attore (Cass. 18 luglio 1987, n. 5933; Cass. 8 ottobre 1985, n. 4870), e in genere i fatti costitutivi della pretesa (Cass. 20 luglio 1985, n. 4301; Cass. 8 gennaio 1983, n. 140, in Giust. Civ. 1983, I. 3037); . -non vale ad esimere il giudice dalla verifica dell'assolvimento da parte dell'attore, dell'onere probatorio in ordine ai fattr costitutivi dell'azione (Cass. 10 novembre 1990, n. 10849; Cass. 6 febbraio 1990, n. 815; Cass. 4 marzo 1980, n. 1464), rientrando nel potere-dovere del giudice di accertare se da parte dell'attore sia stata data dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e dimostrativi della pretesa, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, siano state o meno proposte contestazioni specifiche, difese ed eccezioni improprie non soggette alle preclusioni di cui agli artt. 416, 2� comma e 437 c.p.c. (Cass. 28 giugno 1984, n. 3796, in Giust. Civ. 1984, I, 2736); -in caso di contumacia, non esclude il potere-dovere del giudice di accertare se l'attore abbia fornito la prova dei fatti costitutivi della domanda (Cass. 30 agosto 1980, n. 5050; Cass. 12 giugno 1987, n. 5170); -non comporta preclusione a contrapporre le proprie difese al convenuto, che abbia accettato il contraddittorio in ordine a deduzioni tardivamente formt.). late dall'attore (Cass. 19 giugno 1982, n; 3755). Con: particolare riferimento al quantum in contestazione, l'onere della specificazione delle richieste, cos� per l'attore come per il convenuto., deve ritenersi assolto allorch�, pur non essendo stato indicato l'importo, vengano indi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 128 (salvo espressa pattuizione diversa) di aumenti retributivi eventualmente concessi in via convenzionale dall'Ente Ferrovie dello Stato ai suoi dirigenti, essendo l'unico termine di raffronto il trattamento economico ordinario del primo dirigente statale, non pu� aderirsi alla tesi dell'Ente ricorrente, a tenore .della quale nei vari provvedimenti legislativi di aumento del trattamento economico del dirigente dello Stato sarebbe stata carente la previsione di spesa, in quanto tale previsione al contrario non difettava con riguardo agli � oneri riflessi � degli aumenti retributivi. Infondata � anche la tesi per cui il richiamo del trattamento economico ordinario del primo dirigente statale sarebbe solo strumentale, il collegamento dovendo pi� giustamente avvenire con il compenso di lavoro straordinario per quello stesso primo dirigente: tesi non avvalorata dal preciso �ed inequivoco tenore letterale deH'art. 4 cit., e argomento plausibile ove si consideri che il trattamento retributivo di lavoro straordinario del dirigente dello Stato venne disciplinato con legge 22 luglio 1978, n. 385, sicch� il Legislatore del 1977 non poteva riportarsi a un dato normativo che, all'epoca, ancora non sussisteva. Ed incongruo appare in proposito il richiamo fatto al secondo comma dell'art. 9 del d.P.R. 25 giugno 1983, n. 344. cati in modo preciso gli elementi di calcolo necessari e sufficienti per la sua determinazione (Cass. 30 maggio 1983, n. 3732; Cass. 14 dicembre 1982, n. 6904). � stato altres� precisato che mentre il soggetto che agisce in giudizio � dispensato dall'onere di provare la sussistenza degli elementi costitutivi della domanda solo quando detta sussistenza non sia oggetto di contestazione, perch� ammessa, esplicitamente o implicitamente, dalla controparte, la contraria dedu� zione difensiva di quest'ultima, attenendo a questione rilevabile anche d'ufficio, non integra una eccezione soggetta alle preclusioni stabilite dagli artt. 416 e 437 c.p.c. (Cass. 11 luglio 1983, n. 4688). Infine, per quanto riguarda la produzione di documenti, questi, quali prove precostituite, possono essere prodotti fino all'udienza di discussione ed anche in appello, senza incorrere nelle preclusioni di cui agli artt. 414, 416 e 437 c.p.c., appli cabili alle sole prove costituende, come quelle testimoniali (Cass., 4 febbraio 1993, n. 1359). Pertanto, in controversia relativa al pagamento di spettanze retributive, il convenuto datore di lavoro che deduca di averne eseguito il pagamento, pu� in qualunque momento, ed anche in appello, produrre le relative quietanze (Cass. 26 gennaio 1988, n. 643). � stato tuttavia precisato che la produzione in appello di nuovi documenti esige, a pena di decadenza rilevabile d'ufficio, che essi siano specificamente indicati nel ricorso dall'appellante o nella memoria difensiva dell'appellato, e depositati contestualmente; a meno che non si tratti di documenti sopravve nuti (od anche anteriori la cui produzione sia giustificata dallo sviluppo assunto dalla vicenda processuale), ferma peraltro la necessit� che la produzione sia � autorizzata dal giudice (Cass. SS.UU. 6 settembre 1990, n. 9199, in Giust. Civ. 1990, I, 2255). GIUSEPPE STIPO PARTE I, SEZ. III, GI'UlUSPRtmENZA� CIVILE, -GIURISDIZIONE E APPALTI 129 Lo .stesso Ente Ferrovie dello Stato ha poi ammesso il carattere programmatico dell'art; 17 della legge 6 febbraio 1979; n. 42, in cui sarebbe vana la ricerca di criteri di calcolo del compenso di lavoro straordillario del perso1ui.le ferrov~rio sostitutivi di quelli dell'art. 4 d.P.R. w 1188 .. 4e1 197.7:. cit. > � Non merita consenso Fopinione; manifestata dall'Ente ricorrente, per cuit jdopo:.�che il�d,P.R. n, 1188 aveva� fissato �la determinazione�. dei compensi di lavoro straordinario su base parametrica; la sopraggiunta legge n;.42 del 1979 "'"'avendo abbaridonato le qualifiche e i parametri e introdotto, liifinidella:. cla:ssi.ffoazione. del personate, le categorie stipendiali e��i profili professionali:...,. era �venuta a predudere��l'utilizzo dei vecchi criteri di �omputo1 rendendo �indispensabile una� normativa �sui criteri di determinazione:dei compensi�.. di� lavoro� straordinario adeguata .al nuovo� sistema�� di�� inquadramento; ...�.��.�Vero �; ii.ifatti, ch� la legge ri. 42 del '1979 Ia:s�i� sostanzialmente fenrio 00 invarlafo il rapporto rra le�� posizioni dell'organigramma Miendale, sfoch� rlrriiiise possibile proseguire nelliapplfoazione dei� criteri; ariterior~ mente fissati, sulla� scorta: del quadro n~ 2, detto� di equiparazione;� allegato alla legge. La stessa Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, per quanto si �argomenta dalla sentenza impugnata, continu� del resto ad�. applicare, nella liquidazione� dei compensi di lavoro straordinario dei suoi dipendenti '(ariche<nuovf assunti); il sistema parametrico, pur asteIl. eridos� dall'inserire�� nelcom:puto gli aumenti del trattamento �retributivo ord�nario del dirigente statale, frattanto maturati. Alfa luce di quanto s<>pra; il Tribunale d� Napoli, anzich� limitarsi a dar� atto della esattezza dei conteggi articolati dai lavoratbri perch� � contestati con estrema genericit� �, avrebbe ciowto procedere a separata valutazione dei singoli provveclimertti. di legge recanti aumento del trattatrientb retributivo ordinario del primo dirigente, successivi al d.l?.R. n. 1188 del 1971, ohd.e stabilire se gli aumenti volta per volta concessi dovessero. operare. in sed.e di determinazione delle . retribuzioni di lavoro straordinarib del personale ferroviario, muovendo poi nell'indagine dal pr~supposto che, in forza del�trt. 4, d.P.ll. i6 sett�mbre 1977, n. 1188, sulla misttt�. �oraria� deicompensi per �lavoro� straordinario del personale ferroviario dovevano incidere tutti gli aumenti del trattamento economico mensile del primo dirigente, beninteso tranne il caso di deroga legisla" tiva. 11 Tribunale avrebbe dovuto quindi verificare (ove necessario con l'ausilio di consulenza tecnica) la piena rispondenza dei conteggi ai criteri � normativi preventivamente individuati. Orbene; l'Ente Ferrovie dello Stato sostiene la non computabilit�, ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordinario del perso 130 RASSEGNA AVVOCATVRA DELLO STATO nale ferroviario, sia degli aumenti concessi ai dirigenti statali con legge n. 312 del 1980, sia di quelli concessi con leggi n. 432 del 1981 e n. 869 del 1982. L'assunto del ricorrente � solo parzialmente fondato. Effettivamente non computabile� deve ritenersi l'aumento concesso con legge 11 luglio 1980, n. 312 ( � Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato�), il cui art. 134 testualmente lo dichiarava �inoperante ai fini della determinazione dei compensi per lavoro straordinario, � chiunque ne sia il beneficiario �. La scelta di una cos� lata ed onnicomprensiva locuzione induce a ritenere che il Legislatore del 1980 abbia inteso � sterilizzare � l'aumento de quo anche con riguardo a!l computo delle retribuzioni di lavoro straordinario del personale ferroviario. E, sul punto giova avvertire che l'esclusione dell'aumento retributivo, di cui alla legge n. 312 del 1980, in sede di determinazione dei compensi di lavoro . straordinario chiunque ne fosse il beneficiario, � rimasta ferma pur dopo l'avvento delle leggi successive, che hanno ulteriormente incrementato il trattamento retributivo ordinario del dirigente statale, poich� da tali oleggi non � dato ricavare il superamento del tassativo divieto di cui all'art. 134 della citata Jegge n. 312. Computabili ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario, in difetto di specifica disposizione di segno contrario, sono invece da ritenere gli aumenti concessi al primo dirigente dello Stato con legge 6 agosto 1981, n. 432, e con legge 20 novembre 1982, n. 869. In particolare la legge n. 432 del 1981, nel conv, ertire il d.l. 6 giugno 1981, n. 283, ebbe a sostituire l'art. 10 del medesimo decreto iLegge: ed � significativo che, in sede di conversione, venisse a cadere la formula originaria, a sensi della quale � le nuove misure degli stipendi ... non hanno effetto sulle indennit�, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti, nonch� sui trattamenti commisurati o rapportati agli stipendi stessi, spettanti ad altre categorie ... �, disponendosi per contro che � le nuove misure degli stipendi � ��� non hanno effetto sull<e indennit�, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo prev.isti per i dirigenti �. Dal testo definitivo, adottato nella legge di conversione, chiaramente deriva l'operativit� dei nuovi aumenti su indennit�, assegni e compensi ragguagliati allo stipendio dei dirigenti, ma spettanti ai non dirigenti, e, quindi, anche sui compensi di lavoro straordinario dei ferrovieri. A sua volta la legge 20 novembre 1982, n. 869, nel convertire con modipcazioni il d.t 27 settembre 1982, n. 681 (concernente adeguamento prov� visorio del trattamento economico dei dirigenti delle amministrazioni PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 131 dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e del personale ad essi collegato), h� lasciato invariato il primo comma del menzionato decreto legge, limitante ai soli dirigenti la non operativit� degli aumenti di stipendio sulle indennit�, gli assegni o i compensi a qualsiasi titolo previsti e commisurati allo stipendio che veniva aumentato. Alla luce di quanto precede il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione. Il Giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Avellino, sottoporr� a nuovo esame la controversia, facendo applicazione dei suenunciati principi, che sembra opportuno riepilogare come segue: 1) ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordi~ari~ del personale ferroviario, per il. periodo successivo all'entrata in vigore del d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188, trovano applicazione i criteri ivi enunciati, ed in particolare il collegamento disposto dall'art. 4, d.P.R. cit., con il trattamento retributivo ordinario del primo dirigente dello Stato; 2) la sopravvenienza della legge 6 febbraio 1979, n. 42, la quale pure rideterminava l'inquadramento del personale ferroviario, sostituendo alle antecedenti qualifiche i nuovi profili professionali ed ai parametri le nuove categorie stipendiali, non ha comportato abrogazione dell'art. 4, d.P.R. n. 1188 del 1977, e del collegamento ivi disposto con il trattamento retributivo ordinario del primo dirigente, collegamento pur sempre esperibile sulla base del quadro di equiparazione allegato alla legge n. 42 del 1979; c) per ci� che riguarda gli intervenuti aumenti del trattamento retributivo ordinario del primo dirigente, non � da considerare nel calcolo dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario quello intmdotto con legge 11 luglio 1980, n. 312, stante la tassativa disposizione ivi contenuta, che escludeva l'operativit� dell'aumento in sede di determinazione dei compensi di lavoro straordinario, chiunque ne fosse il beneficiario; la non computabilit� dell'�umento di cui alla legge del 1980 � rimasta ferma anche in seguito, e dopo l'avvento delle leggi 6 agosto 1981, n. 432, e 20 novembre 1982, n. 869, che hanno stabilito ulteriori aumenti del trattamento retributivo ordinario del primo dirigente; aumenti, questi ultimi, che, in difetto di contraria disposizione, sono computabili ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario; d) non computabili ai fini anzidetti sono gli aumenti eventualmente concessi dall'Ente Ferrovie dello Stato istituito con legge 17 maggio 1985, n. 210, ai propri dirigenti, in quanto del tutto estranei al collegamento disposto dall'art. 4, d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188, con il trattamento retributivo ordinario del primo dirigente dello Stato. (omissis) RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 132 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 5 gennaio 1994, n. 52 -Pres. Zucconi Galli Fonseca -Rel. Cantillo -P. M. Aloisi (concl. conf.). -Autorit� garante della concorrenza e del mercato (avv. Stato Braguglia) c. ENI (avv. Guarino, Gambino, Mezzanotte, Grande, Mercuri). Concorrenza (disciplina della) -Autorit� garante -Sanzioni amministrative Opposizione -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (legge 24 novembre 1991, n. 689, modifiche al sistema penale, art. 22; legge 10 ottobre 1990, n. 287, norme per la tutela della concorrenza e del mercato, artt. 31 e 33). Rientra nella giurisdizione esclusiva del T AR la cognizione dell'opposizione avverso i provvedimenti irrogativi di sanzione amministrativa pecuniaria emessi dall'Autorit� garante della concorrenza e del mercato .(1). 1. -Il regolamento oggetto del ricorso concerne i rimedi giurisdizionali che la legge 10 ottobre 1990, n. 287, sulla tutela della concorrenza e del mercato, consente contro i provvedimenti di irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie adottati dall'Autorit� Garante della concorrenza e del mercato nelle fattispecie previste dalla legge. Si tratta di stabilire se la giurisdizione spetti al giudice ordinario, precisamente al 1.Pretore, secondo la disciplina di cui alla legge n. 689 del 1981, oppure al giudice amministrativo, in particolare al Tar del Lazio; e ci� in relazione a due disposizioni della legge n. 287 del 1990 che sembrano enunciare al riguardo regole confliggenti, cio� l'art. 31 e l'art. 33: il primo articolo, sotto il titolo �sanzioni�, dispone che �per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel (1) La sentenza in epigrafe risolve nel senso della massima l'apparente contrasto, gi� evidenziato dai primi commentatori della 1. 287/90 (cfr. A. BARONE. Diritto antitrust italiano, a cura di Frigani, Pardolesi, Patroni Griffi, Ubertazzi, Bologna, 1993, 1424; ALESSI (e OLIVIERI), La disciplina della concorrenza e del mercato, Torino, 1991, 167-168), tra gli articoli 31 e 33 della legge citata. Delle due norme, infatti, la prima contiene un richiamo alle disposizioni di cui al capo I e II della legge 689/81 (tra cui sono comprese quelle che prevedono l'opposizione dinanzi al Pretore), da osservarsi relativamente alle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della legge antitrust; la seconda prevede la giurisdizione esclusiva del TAR del Lazio in ordine ai ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi emessi dall'Autorit� garante della concorrenza e del mercato. Nel ritenere l'art. 33 applicabile anche ai provvedimenti sanzionatori, le Sezioni Unite circoscrivono dunque il rinvio di cui all'art. 31 agli aspetti sostanziali dell'illecito, al procedimento di irrogazione ed alla riscossione delle sanzioni inflitte. La pronunzia in esame perviene a tale conclusione argomentando, oltre che dalla � specialit� � della disciplina contenuta nell'art. 33 della legge 287 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRtJDENZA CIVILE, �GIU1USDIZIONE E APPALTI H3 capo I; sezioni J e Il; della legge 24 novembre 1981, n. 689 �; l'altro arti~ colo, con.il titolo <t competenza giurisdizionale �; al primo comma dispone �che �~ L ricorsi avverso i�� provvedimenti� �lllminist:rativi �. adottati�� dall'Autc; u'it�: in. base alla legge�.�� rientrano nella>giurisdizione� esclusiva �del giudice .. amministrativo � e � dev6no essere proposti davanti al��. TaI' del L::tzio�� .... � � �. 2. DA.1.ltorit� Istante sostiene 1~ gi~risdizione del giudice arwrumst:( ativo ()ss~ryap.d,o che g.est'uJ.til1la disposizione regola la cqp:Jpetenza gi.ri5diziop~lcr. e rig..1;1,tda tll:tti. J . provvedimenti, compresi q.elli san~ :z;ic:>natQ~�; mentre l'art. 31 richj;:lmaJa normativa della J. n.. 689 delJ981 c9A ~~~~p~e�lso figi#~ de�~ collJ.patihmt�,, si~cl-i�.U rinvio ,deve intendersi ci:rcos�ritto agli aspetti sostanziali dell'illecito e alla riscossione delle 5aJ.ionJ ;pecuniar~e jpfljtte. �.�� .�... A..Parere ..Jlel . resistente, . invece, )'~rt, .�. 31 disciPJina spec;ificamente i~ �. matei:ia. �.�� ~k:l�e ~~nzioni �. pecuniarie�.. ~... richiama an~he le :. c.�spo~izioni geli~ l, 11. 689 ~h~ prevegono l'9p;posizione �giudiziale pl'etol1Ue,. le ciuali, q.ajpqi, per ta,le c;;lra~!ere �ij. s:peci1.1Jit~ii. depl:lono l?rnvaj~J:'~ e sqno �ompa. til:>ilt �q. Ja liiv~rsa disci:pUna Jmpartit~ per. i J?rovve�limenti .. amministratfvi 4eii' Autorit�i e � q.Uesta �. e~egesi te�ltuaI.e . troyerebbe risc.ontro. nell'i!}. terpretazione �. logico-sistem!'ltica,. � posto . �.�che. . la .� diversificazione della t.tela gi\lrisdiziqnaje .contro i .meri provvedimenti da quella contro le decisio.ni . sanziOil.at�rie dspett� il.principio j$enerale.�� se�qndo cui fa materia.. delle �. sanziopt pec\Jr,tiarie � rim.essa . al ~iudice .orcli.nario.. � 3. -Questa tesi non pu� essere condivisa gi� ne11a premessa cui s� affida in base al principk> di specialit�, in quanto non considera che (stante altres� il limite della compatibilit� inserito nel richiamo di cui all'art. 31), daL contenuto .complesso ~l�provvedimento sanzionatorio adottato dalla Autorlt�, che, .:a.elle fattispe�ie di illecito dLrnaggjqrerilievo, assurnere:bbe i caratteri del prowedimentoafuriiin1sfrati\1o in senso proprio (di cuJall'art. 33) con esercizio di poteri autorifati'.vi discreziOnaii �spettanti. all'Autorit� stessa per la cura degli interessi pubblici cUi � istittiZionalmente preposta. In senso conforme alla sentenza in oggetto, v .. TAR Lazio; sez. I, 21 luglio 1993, n~ 1i~1, i11. Foro lt.. 1994, Ill, 147'�< con< nota di.richiami, che peraltro � esplicita nel riconoscere at . gjudi�e ainministrativo anche . il potere, attribuito al�pr�tored�ll'art. 23 d�lla��iegg;e 689, di mo�lifi�are� u��provvedimerito��iinpttgiiato quanto all'entit� della sanzione pecllniaria. dovuta. b1 .� d9ttrina si. .. :veda, jn argomento, CLAlUGH, �. Per uno studio sui poteri dell'Autorit� garante della concorrenza e del mercato, in Dir. Amm., 1993, 77; MARINO; A�tdrit� garante delia concorrenza e del mercato e giustizia amministrativa;� in �Di'r. economia, 1992, 573, nonch� �A; BARONE, Sanzioni pecuniarie antitrust. e questioni di giurisdizione, nota alla. sentenza in epigrafe, in !!oro [t., J994, I, 733, H quale esprime qualche perplessit� sul riparto di giurisdizione compitit� � dalla Corte. � F.S. 10 134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 33 � l'unica norma che regola in modo speciale, rispetto all'ordinaria disciplina, i mezzi di tutela giurisdizionale relativi all'applicazione della legge n. 287, tanto quelli adottati dall'Autorit� (primo comma) nell'ambito delle tre categorie di atti vietati dalla legge (intese restrittive della concorrenza; abuso di posizione dominante; concentrazioni elisive o riduttive della concorrenza), quanto quelli concernenti le conseguenze pregiudizievoli derivate ai soggetti interessati dagli atti medesimi (secondo comma). In particolare, circa i rimedi contro l'operato dell'Autorit�, l'ampia form.la dell'enunciato � tale da comprendere, con il termine � provvedimenti �, tutte le determinazioni che essa pu� assumere nell'esercizio del potere decisionale, dunque sia gli atti di accertamento dei comportamenti vietati e sia i conseguenziali provvedimenti sanzionatori (su ci� ancora infra). E la specifica disciplina riguarda, come si � visto, anche il carattere esclusivo della giurisdizione amministrativa -perci� estesa ad ogni posizione giuridica tutelata, di interesse legittimo come di diritto soggettivo -e l'indicazione dell'organo competente all'interno della giurisdizione medesima, tassativamente individuato nel Tar del Lazio. La portata del.l'art. 33, quale norma intesa a definire le specialit� della giurisdizione per le azioni relative alla legge in oggetto, � confermata dal secondo comma della disposizione, che attribuisce alla corte di appello competente per territorio talune controversie tra privati originate dalle medesime violazioni, precisamente le azioni di nullit� e di risarcimento del danno, nonch� i ricorsi volti ad ottenere provvedimenti di urgenza in materia. Ci� posto, il coordinamento dell'art. 31 non pu� essere operato affidandosi sic et simpliciter alla specialit� della prima disposizione, nel senso che essa dovrebbe prevalere perch� riguarda in modo specifico le sanzioni pecuniarie. Occorre considerare, invece, che l'art. 33 gi� regola in modo speciale la tutela giurisdizionale nelle materie della legge e che perci�, per ritenere applicabile una diversa tutela (in ipotesi, quella ordinaria), bisognerebbe rinvenire una norma settoriale espressamente limitativa dell'ambito di operativit� della disciplina (speciale) introdotta con la disposizione suddetta. Nell'enunciato dell'art. 31 non solo non si rinviene una siffatta pre visione, ma la diversa regolamentazione � esclusa in radice dall'inciso per cui le disposizioni della legge n. 689 del 1981, ivi indicate mediante un riferimento globale alle sezioni I e II del capo I, vengono richiamate � in quanto compatibili �. � vero che tra le norme per le quali potrebbe in astratto operare il rinvio sono comprese quelle che disciplinano il .procedimento di opposizione davanti al pretore (art. 22 ss.); ma nella legge n. 287 del 1990 la tutela contro tutti i provvedimenti dell'Autorit� � specificamente attribuita dall'art. 33 al Tar del Lazio e risultano inap PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 135 p1icabili quindi, le disposizioni sulla competenza giurisdizionale delpretore, in quanto incompatibili. N� questa limitazione toglie valore al rinvio, che conserva importanza sia quanto agli aspetti sostanziali dell'illecito -risultando applicabili, ad es., le norme de1la I. n. 689 in tema di solidariet�, di non trasmissibilit� dell'obbligazione agli eredi, di prescrizione -sia quanto al. procedimento di irrogazione delle sanzioni � -essendo applicabili, ad es., le norme concernenti la contestazione delle violazioni e l'attivit� di difesa -e sia, infine, quanto alla riscossione, essendo applicabili, ad es., le nori;ne sul pagamento rateale e sull'esecuzione forzata. 4. -Il coordinamento ora delineato -per cui il richiamo dell'art. 31 alla disciplina ordinaria delle sanzioni amministrative concerne gli aspetti suddetti, mentre la tutela giurisdizionale � rimessa, ex art. 33, al giudice amministrativo -trova puntuale riscontro nell'esegesi logico sistematica, non avendo consistenza gli argomenti addotti al riguardo dal resistente. A parte la considerazione che nella legge n. 287 del 1990 l'atto con cui l'Autorit� infligge le sanzioni pecuniarie viene testualmente indicato con il. termine �provvedimento� (v. art. 14, comma 5), va detto che nelle fattispecie di illecito di maggior rilievo l'atto medesimo non � di mera applicazione della sanzione, volto, cio�, alla quantificazione ed alla riscossione di un credito sorto ex lege in conseguenza della operazione vietata, ma ha un contenuto complesso, che gli attribuisce i caratteri del provvedimento amministrativo in senso proprio, con esercizio di poteri autoritativi discrezionali spettanti all'Autorit� per la cura degli interessi pubblici ad essa istituzionalmente attribuiti. La qual cosa � fatta palese anche da ci�, che alla medesima Autorit� competono il potere di accertamento della violazione e la potest� sanzionatoria, sicch� manca la diversificazione -postulata come normale nella legge n. 689 del 1981 (v. artt. 17 e 18) -tra l'organo che procede all'accertamento e l'organo che, valutata la fondatezza dello stesso, infligge la sanzione. Sono significativi, al riguardo, gli artt. 15 e 19 della legge del 1990, in cui le sanzioni pecuniarie, largamente discrezionali nel quantum e, talvolta, anche nell'an (v. comma 1 dell'art.� 15; comma 2 dell'art. 19), vengono correlate all'inadempimento di diffide o prescrizioni impartite dalla stessa Autorit� e chiaramente non costituiscono espressione di un potere sanzionatorio meramente punitivo. Nelle quali ipotesi, poi, i cri teri di determinazione della pena non sono quelli dettati dall'art. II della legge n. 689, n� risultano applicabili i poteri attribuiti al pretore dall'art. 23, comma 2, della stessa legge. Specificamente quanto alla tutela giurisdizionale va sottolineata, infine, la stretta connessione che si riscontra tra il provvedimento sanzionatorio e quello di accertamento della violazione, con il quale l'Autorit� .IW!SflGNA AVVOCATURA DELLO STATO ritiene sussistere uno dei comportamenti vietati.dalla legge: cos� �, ad es., per l'accertamento dell'intesa vietata ex. art. 2 o dell'abuso vietato ex art. 3, rispetto all'irrogazione della sanzione di cui all'art. 15; ovvero per l'accertamento dell'esistenza di una concentrazione e per il conseguente ol;>bligo di. co:municazione ex art. 16 comma 1, rispetto all'irrogazione deli: l le sanzioni di cui all'art. 19. :� Ora, poich� � incontestabile che contro i provvedimenti di accertamento degli atti vietati la giurisdizione appartiene al giudice amministratiyo, se fosse esatta l'oppc;>sta esegesi si dovrebbe registrare un'inammissiqile separazione della tutela, che dovrebbe essere attribuita per l'aspetto sanzionatorio ad un giudice (pretore) cui sarebbe preclusa ogni indagine in ordine all'esistenza� �ed entit� dell'illecito per il quale la sanzione � stata inflitt�, con evidente pregiudizio del principio di effettivit� della tutela giurisdizionale invocato dallo stesso resistente. Pertanto risulta del tutto razionale l'attribuzione allo stesso giudice amministrativo anche dei� ricorsi in materia di sanzioni pecuniarie, giudice munito di giurisdizione esclusiva e perci� abilitato a giudicare dell'intero rapporto controverso, indipendentemente anche dalla consistenza delle posizioni sogg�ttive tutelate (com'� noto, rispetto al potere sanzionatorio della P. A. non meramente punitivo la posizione soggettiva del privato affievolisce ad interesse legittimo). Criterio, codesto, nient'affatto nuovo nell'ordinamento, essendo sufficiente ricordare in tal senso la t n. 10 del 28 gennaio 1977, che attribuisce al Tar la giurisdizione esclusiva in materia di sanzioni per violazioni urbanistiche ed edilizie. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 gennaio 1994 n. 337 -Pres. Rossi - Rel. Proto -P. M. Viale (conf.) -ANAS (avv. Stato Clemente) c. Foc� (avv. Panuccio). Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione appropriativa -Compimento di opere irreversibili -Determinazione e offerta dell'indennit� di esproprio -Riconoscimento del diritto al risarcimento del danno Esclusione. In caso di illecita occupazione appropriativa di un fondo da parte della pubblica amministrazione, la determinazione e l'offerta dell'indennit� di esproprio non costituiscono manifestazione univoca di riconoscimento .del diritto del privato espropriato al risarcimento del danno (1). (1) Che la determinazione e il deposito dell'indennit� di esproprio non costituiscano riconoscimento del diritto del privato espropriato al risarcimento dei danni per illegittima occupazione, rileva in particolare per le conseguenze '-"""""''/."""7."'"7.'H'"""''h .� ���, ...., ......, .��, �.��, �����, ..................., � ll.a?l.,.... ,.,,.1&.,llW� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI H7 .L -Con l'unico motivo del ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2943, 2944 e 2947 e.e., nonch� carenza di motivazione. La� ricorrente censura l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui la determinazione e l'offerta dell'indennit� di esproprio costituiscono riconoscimento del diritto al risarcimento del danno e deduce che la do� manda volta ad ottenere la giusta indennit� non pu� essere ritenuta idonea ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno. Censura, inoltre, la sentenza impugnata per non aver considerato che; comunque, la citazione notificata � il 3 marzo 1976 non poteva influire .suila. prescrizione gi� maturata, essendo estinti a quella data iJ credito risarcitorio di lire 7.848J88 e quello di lire 13.650.000. 2. -Il primo profilo della censura � fondato. La Corte d'appello ha accertato (con apprezzamento che non � oggetto di doglianza in qu~sta sede) che l'inizio della prescrizione decorreva dal 22 luglio 197(}, data in cui si era perfezionato il fatto illecito della pubblica amministrazione. Muovendo da questa situazione di. fatto e con riferimento ai diritti di credito fatti valere, a titolo cli risarcimento, dalla Foc�, l;la, quindi, ritenuto che il corso della prescrizione era -stato interrotto dalla offerta di indennizzo contenuta nel decreto prefettizio di esproprio del 7 maggio 1974. La Corte. ha, infatti, osservato che -indipendentemente dal carattere lecito od illecito. dell'.atto. apprensivo posto in essere dalla pubblica amministrazio~e e dalla qualificazione, come indennizzo ovvero risarcimento del danno, della prestazione pecuniaria dovuta -l'offerta valeva come riconoscimento delle -ragioni creditorie cli carattere risarcitorio dell'attrice, idoneo, come tale, ad interrompere la prescrizione. in materia di ptescrizione quinquennale la quale decorre dal momento di perfezione dell'illecito della pubblica amministrazione, e non viene interrotta dalla determimi.zione dell'indennit� di esproprio. Infatti sussiste una radicale diversit� tra l'offerta dell'indennit� espropriativa (dovuta in caso di appropriazione sia lecita che illecita), e quella di risarcimento da illecita occupazione. In questo senso sono numerosi i precedenti: Cass. 18 ottobre 1990, n. 10159, in Mass. Foro It. 1990, p. 1138; Cass. 11 novembre 1992, n. 12150, in Mass. Foro Jt. 1992, p. 1072; Cass. 28 marzo 1990, n. 2532, in Mass. Foro It. 1990, p. 362. Cass. 9 litglio 1989, n. 3253, in Mass. Foro lt. 1989, p. 476. In generale, -sulle differenze, in termini di qualificazione della somma dovuta al privato e della conseguente prescrizione, tra espropriazione sostanziale ed occupazione acquisitiva, v. da ultimo Cass. 8 novembre 1992, n. 10979 e Cass. 25 novembre 1992, n. 12546, entrambe in Foro lt. 1983, I, p. 87 ss., con note di CASO e DE MARZO. Inoltre sulla natura dell'indennit� di occupazione a seguito di irreversibile destinazione del fondo alla realizzazione dell'opera pubblica durante l'occupazione legittima v. Trib. Latina, 7 marzo 1991, in Foro It. 1991, I, 1557, con osservazioni di CASO; mentre sulla quantificazione del risarcimento del danno da illegittima occupazione acquisitiva del fondo privato Cass. 21 ottobre 1991, n. 11133, in Foro It., 1992, I, 1200, con nota di PELLECCHIA. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Queste statuizioni non possono essere condivise. La tesi qui censurata riposa, infatti, sulla considerazione della identit� di contenuto della contro 138 prestazione dovuta dalla pubblica amministrazione come corrispettivo della acquisizione del bene privato, in quanto, secondo la Corte di merito, sia l'indennit� espropriativa che il risarcimento del danno da illecita occupazione appropriativa sarebbero correlati al valore venale del bene. Tesi, questa; che contrasta con l'orientamento ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui offerta e deposito dell'indennit� di espropriazione -in quanto non inerenti al credito risarcitorio spettante al proprietario del fondo per effetto della radicale trasformazione del bene con l'irreversibile acquisizione nella realizzazione dell'opera pubblica senza titolo espropriativo e nella conseguente perdita del diritto dominicale per fatto illecito dell'amministrazione -non possono integrare n� riconoscimento � del credito stesso, n� rinuncia ad opporsi alla prescrizione (ex pZ.urimis, Cass. 9 luglio 1989 n. 3253; Cass. 28 marzo 1990 n. 2532; Cass. 18 ottobre 1990 n. 10159; Cass. 11 novembre 1992 n. 12150). Attesa, dunque, la diversit� ontologica dei due diritti, nella ipotesi in cui, come quella di specie, i soggetti siano legati da una pluralit� di rapporti obbligatori, radicati su fonti diverse ed eterogenee, il comportamento concludente idoneo ad integrare un riconoscimento in relazione ad uno di essi non pu� da solo essere assunto come dato significativo artche nei confronti agli altri rapporti, trattandosi di fatto per s� suscettibile di interpretazione non univoca. 3. -Alla stregua delle considerazioni che precedono evidente �, dunque, l'errore della Corte di merito, che, partendo dalla errata premessa della identit� di contenuto delle due obbligazioni, non ha considerato che, in virt� della diversit� strutturale del diritto alla indennit� di esproprio rispetto al diritto al risarcimento del danno, il comportamento dell'amministrazione, senza uno specifico e significativo quadro di riferimento, non poteva valere come ammissione del diritto al risarcimento del danno preteso dalla Foc�. 4. -Resta assorbito il secondo profilo della censura. La sentenza impugnata va, dunque,� cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio della causa ad altro giudice, che proceder� ad un nuovo accertamento in conformit� ai suenunciati principi di diritto. Il giudice del rinvio vorr� provvedere anche in ordine alle spese di questa fase. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese relative a questa fase, ad altra Sezione della Corte d'appello di Catanzaro. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 139 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 gennaio 1994 n. 728 � Pres. Salafia � Rel. Baldassarre . P.M. Alosi (parz. conf.) � Lapiccerella (avv. Berruti e Padoa) e Salina Amorini (avv. Guarino) c. Ministro dei Beni Culturali ed ambientali (avv. Stato Ferri). A.ntichit� e IJelle Arti . Alienazione abusiva di cose. di interesse artistico � Sanzione pecuniaria ex a..,-t. 64 legge 1 giugno 1939, n. 1089 � Accertamento deipresupposti � Giurisdizione ordinaria � Sussistenza. In caso di vendita abusiva di cose di interesse artistico l'accertamento dei presupposti dell'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 64 legge 1� giugno 1939 n. 1089, da cui dipende l'irrogazione della sanzione, spetta .al giudice ordinario, in concorrenza col potere della pubblica amministrazione di procedere direttamente all'applicazione della sanzione amministrativa (1). 1. -Il ricorrente principale, Leonardo Lapiccerella, deduce che, in ordine alla sanzione prevista dall'art. 64 della Jegge 1� giugno 1939 n. 1089, � sembrano sussistere aspetti di discrezionalit� amministrativa circa l'accertamento della impossibilit� di rintracciare il bene vincolato � e che dovrebbe negarsi la giurisdizione ordinaria, da:l momento che la fattispecie in esame attiene alla fase antecedente quella della determinazione del � quantum � della sanzione, determinazione rispetto alla quale soltanto ricorrebbe, secondo la giurisprudenza richiamata in sentenza (SU n. 1235/74), una �discrezionalit� tecnica�, Con il ricorso incidentale i Salina Amorini, nel riproporre l'eccezione di difetto di giurisdizione de1l'A.G.O., sostengono che l'obbligo di corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa, di cui all'art. 64 legge n. 1089/39, secondo �la citata sentenza, ha natura di sanzione amministrativa, per la cui irrogazione la legge prescrive un preciso iter procedimentale, dettato a tutela sia della pubblica amministrazione che del privato; con la conseguenza, che non assume alcuna rilevanza la questione sul se l'atto dell'amministrazione sia discrezionale o abbia na (1) ile Sezioni Unite, a fronte della contestazione della giurisdizione ordinaria rispetto all'accertamento dei presupposti per l'irrogazione della sanzione amministrativa prevista dall'art. 64, primo comma, legge 1� giugno 1939, n. 1089, confermano un costante indirizzo giurisprudenziale, in base al quale al giudice ordinario spetta la verifica dell'an debeatur, mentre all'amministrazione -che peraltro pu� procedere autonomamente anche a tale accertamento -spetta in via esclusiva la determinazione del quantum debeatur, caratterizzata da discrezionalit� tecnica. Viene evidenziato anche il carattere non solo sanzionatorio bens� risarcitorio dell'addebito di cui all'art. 64 I. cit. . Nello stesso senso, richiamata nella motivazione della sentenza, Cass., 28 ottobre 1959, n. 3165, in Foro it. Rep. � 1959, voce Monumento, nn. 36-30, e in Foro amm. 1959, Il, I, 591, con nota di PIVA, Cose d'arte: esportazione abusiva e... distrazioni: secondo la quale la sanzione amministrativa in oggetto costi 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tura vincolata, essendo essenziale, invece, l'esistenza dell'atto, posto che � il giudice non pu� sostituirsi all'autorit� amministrativa, che sola pu� dare avvio al procedimento�. Soggiungono che tali principi, gi� desumibili dall'insieme del sistema normativo, oltre che dallo stesso art. 64 cit., hanno trovato compiuta definizione, nelle more del giudizio, ad opera della legge n. 689/8i, che, nel caso in esame, dovrebbe ritenersi autonomamente applicabile, quanto meno a far data dalla sua entrata in vigore. 2. -Le riassunte censure muovono da posizioni antitetiche, giacch�, mentre il ricorrente principale pone a base dell'eccezione di difetto di giurisdizione (e dell'asserita giurisdizione del giudice amministrativo) la natura amministrativa, e non solo tecnica, della discrezionalit� operante ai fini della determinazione della sanzione prevista dall'art. 64 della legge 1� giugno 1939 n. 1089, i ricorrenti incidentali (come risulta ben ribadito in memoria) danno per � pacifico che la misura della sanzione � frutto non di una determinazione discrezionale, ma di un accertamento tecnico ('somma pari al valore della cosa', stabilisce l'art. 64 cit.) �, tanto da definire �corollario incontestato ... che l'atto amministrativo, con il quale si accerta il fatto e si irroga la sanzione, incide su diritti soggettivi e che contro di esso � data pertanto difesa in giudizio avanti l'autorit� giudiziaria ordinaria �. Poich� quest'ultimo rilievo risulta in linea con l'indirizzo giurispru�� denziale di cui si dir�, deve essere disattesa l'eccezione sollevata dal ricorrente principale. 3. -I ricorrenti incidentali, anche se eccepiscono � il difetto di giurisdizione del g. o. �, tendono, nella sostanza, a sentir affermare un assoluto, anche se temporaneo, difetto di giurisdizione, in quanto il giudice ordinario, riconosciuto come l'unico munito di competenza giurisdizionale in tema di sanzioni ex art. 64 cit., non potrebbe conoscere le relative controversie prima dell'emanazione del provvedimento con il quale l'amministrazione irroga la sanzione. tuisce un diritto soggettivo della pubblica amministrazione, come tale soggetto alla cognizione del giudice ordinario. Si veda anche Cass. 3 maggio 1974, n. 1235, in Foro it., 1974, I, 2334 ss. che afferma la giurisdizione ordinaria rispetto alle controversie insorte sulla legittimit� del provvedimento sanzionatorio adottato dall'amministrazione. Sull'assenza di discrezionalit� amministrativa in ordine alla valutazione dei presupposti dell'applicazione della sanzione amministrativa, in quanto consistono nel semplice fatto che la cosa non si possa pi� rintracciare o risulti esportata, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 1965, n. 128, in Foro it. 1965, III, 463. In dottrina, sulle problematiche inerenti al diritto di prelazione da parte . dello Stato e alla relativa tutela, cfr. GERACI, La tutela del patrimonio d'antichit� e d'arte, Napoli 1956, 88 ss.; CANTUCCI, La tutela giuridica delle cose di interesse artistico e storico, Padova 1953, p. 216 ss.; GRISOLIA, La tutela giu� ridica delle cose d'arte, Roma 1952, 394 ss. f f. ~ i f j PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 141 In senso contrario hanno pronunciato queste Sezioni unite -pi� che con la gi� citata sentenza 3 m!;lggio 1974 n. 1235, resa in controversia che era stata promossa per contestare l'irrogazione della sanzione ad opera di decreto ministeriale -con la precedente sentenza 28 ottobre 1959 n. 3165. �:a stato con questa chiarito che il potere della pubblica amministrazione di procedere direttamente all'applicazione della sanzione amministrativa prevista dall'art. 64 della legge 1� giugno 1939 n. 1089, sulla tutel� delle cose di interesse storico e artistico, non esclude il concorrente rimedio -:-in linea di principio non escluso dall'art. 2 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E. -dell'azione.� giudiziaria limitatamente �all'accertamento della trasgressione, da cui dipende poi l'irrogazione della sanzione. Se il procedimento ed il relativo provvedimento ministeriale, previsti dal citato art. 64, non sono sostituibili per quel che riguarda la determinazione de~ � quantum debeatur �, non pu� estendersi il .divieto all'accertamento dei fatti costitutivi .dell'infrazione e causativi della .sanzione (quali l'esportazione abusiva, l'omessa denuncia di un qualsiasi atto di trasferimento del bene, ecc.), restando all'amministrazione, limitatamente a detto accertalllento, di valutare l'opportunit� di richiedere un preventivo giudizio del magistrato ordinario' ovvero di emettere senz'altro il provvedimento di applicazione della sanzione. Al riguardo deve essere tenuto presente che si tratta di azione diretta all'accertamento della sussistenza dell'obbligazione nascente dalla violazione dell'art. 64 cit., che trova fondamento nell'interesse dell'amministrazione a. conseguire la certezza in ordine ai presupposti della sanzione da c9mminare, che indubbiamente incide su posizioni di diritto soggettivo del privato. Appare, d'altra parte, rilevante la particolare natura della prestazione, che; accanto alla (e pi� che) funzione propriamente sanzionatoria -in materia realizzata certamente dalle norme degli artt. 63 e 65 della legge 1089/39 -svolge una funzione risarcitoria, ben desumibile da significative previsioni normative: il pagamento dell'equivalente � previsto sol� in c�so di mancato recupero della cosa protetta, ossia per l'avverarsi di un danno effettivo, che viene eliminato mediante la cor~ responsione di somma �ommisurata al� valore della cosa (primo comma dell'art. 64); la possibilit� di devolvere la somma all'ente o istituto cui la cosa apparteneva .(secondo comma) tende a far coincidere le posizioni di danneggiato e di percettore; il previsto pagamento solidale della somma, che rimane unica anche quando la violazione sia imputabile a pi� persone (terzo comma) mal si concilia con una prestazione tipicamente sanzionatoria. Nel caso in esame la pronuncia in ordine alla sanzione risulta anche connessa con quella di accertamento della nulUt� dell'atto di alienazione - ~ 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO del dipinto; e c10 pu� spiegare, sul piano pratico, la scelta dell'unica, comune via del giudizio innanzi al giudice ordinario. Vero � che la sentenza impugnata reca un dispositivo di condanna a pagare somma corrispondente al valore del quadro, ma in relazione I a tale generica e conseguenziale pronuncia, la motivazione opportuna 1 mente fissa i limiti della cognizione del giudice ordinario, affermando che �alla P.A. � riservato il potere di accertare e determinare il valore dell'opera e quindi della sanzione amministrativa�. 4. -Non porta a diversa so1uzione del problema della giurisdizione il ri<;:hiamo della legge 24 novembre 1981 n. 689 -per altro emanata quando il presente giudizio era gi� da tempo iniziato -atteso che l'art. 12, che ne delimita l'ambito di applicazione, fa riferimento a sanzioni di natura essenzialmente punitiva. Se ne trae conferma, sul piano normativo, dal d.P.R. 29 luglio 1982 n. 571, l� dove, nell'individuare, ai fini del rapporto previsto dalla legge n. 689/81, gli uffici periferici del Ministero per i beni culturali ed ambientali, indica le violazioni di cui agli artt. 58, 60 e 69 de1la legge 1� giugno 1939 n. 1089, non anche all'art. 64. Va tenuto fermo, per tanto, il punto deHa decisione relativo alla declaratoria della giurisdizione dell'A.G.0. 5) -Il paragrafo b) del primo motivo del ricorso principale espone I la censura, sempre di ordine procedurale, di violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., per avere il Giudice dell'appello, senza motivare I al ri.�guardo, pronunciato la condanna del Lapicce!'ella al pagamento della sanzione, sebbene il Ministero istante ne avesse chiesto la conqanna I per la sola ipotesi in cui si fosse accertato che egli avesse ostacolato il reperimento del dipinto. I La censura di ultrapetizione non pu� trovare ingresso, dal momento che la sentenza -in sintonia con la domanda e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che non deduce il vizio di motivazione -afferma espressamente che il Lapiccerella aveva dichiarato che non intendeva rivelare �il nominativo � della persona giuridica cui il quadro era stato venduto �suo tramite� (docum. n. 3) e che la violazione dell'obbligo di denuncia era stato fattore causativo dell'impossibilit� di reperire il dipinto. 6. -Con i primi due mezzi, che presentano elementi di connessione, Leonardo Lapiccerella addebita alla Corte d'appello: 1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1704, 1705 e 1706 del codice civile, per non avere considerato che nel caso di mandato senza rappresentanza, relativo a beni mobili, l'acquisizione effettiva o sostanziale del bene acquistato dal mandatario si produce direttamente in capo al mandante, come si desume dall'art. 1706 cit.; per avere ritenuto, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 143 in conseguenza erroneamente, che l'obbligo della denuncia incombesse anche al ricorrente in quanto mandatario. 2) Omessa od insufficiente motivazione e violazione dell'art. 2697 cod. civ., per avere recepito acriticamente la motivazione del Tribunale, senza tenere . conto delle. difese del ricorrente, che aveva sempre sostenut() �di avere agito qt1a1e � intermediario� e, quindi, quale mediatore; pernon avere tenuto presente l'allegazione secondo cui incombeva al Ministero provare che Lapiccerella si era reso acquirente del dipinto e che tale prova� non era stata raggiunta. Nell'ordine logico va preso in esame preliminarmente il secondo mezzo, dal. momento che la questione di diritto posta con il primo presuppone l'accertamento, in fatto, della contestata esistenza di un mandato senza rappresentanza. La Corte del merito, nel compiere l'indagine probatoria riservata alla .sua esclusiva cognizione, non � incorsa nel vizio di motivazione che le � stato ascritto. Ha rilevato, infatti, che il Lapiccerella con la comparsa di costituzione jn giudizio e nella successiva comparsa 20 luglio 1980 aveva ammesso di avere trattato con il marchese Salina l'acquisto del dipinto in oggetto e di avere concluso la vendita dopo lunghe trattative e ripetuti esami del quadro nell'aprile 1973, traendone la conclusione che lo stesso aveva agito quale mandatario senza rappresentanza. E non pu� ritenersi carente la motivazione per avere sottolineato la rilevanza di tali atti processuali della parte, al fine di trarre elementi di giudizio dal contegno dalla stessa tenuto, senza menzionare le successive difese, atteso che, per ci� solo, esse non possono considerarsi ignorate, Il ricorrente, per altro, richiama le difese svolte con le comparse conclusionali, senza contestare tuttavia di avere offerto una diversa impostazione difensiva con le comparse di costituzione in prime cure, a tal fine determinanti, e finisce per ammettere che la citazione di secondo grado, che avrebbe dovuto contenere specifici motivi di censura (art. 342 cod. proc. civ.), consisteva nella semplice allegazione di non avere mai acquistato direttamente e personalmente il quadro. La Corte bolognese ha fondato, per altro, il proprio convincimento circa l'esistenza di un mandato senza rappresentanza su ulteriori, conferenti elementi, ossia sulle conformi ammissioni del Salina e . sulla dichiarazione di vendita del quadro, prodotta in giudizio dallo stesso Lapiccerella, e tali elementi non trovano smentita nel ricorso. Consegue il rigetto del terzo motivo. 7....,-In or�ine al primo mezzo, il collegio osserva che l'art 1706 eod. civ., che c�nferisce al mandante il potere di rivendicare le cose mo 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO bili acquistate per suo conto dal mandatario, presuppone che all'atto stesso dell'acquisto da parte di quest'ultimo si attuino due distinti trasferimenti, logicamente successivi, ma cronologicamente contempo ranei, l'uno dal terzo al mandatario e l'altro dal mandatario al man dante. Siffatto condivisibile princ1p10 non ha tuttavia impedito che, con non recente sentenza (n. 773/66), si sia ritenuto ammissibile che il secondo trasferimento, pur senza compromettere il diritto di revindica gi� acquic sito dal mandante, si esteriorizzi in un successivo, distinto negozio. Invero, il contratto con il quale viene pattuito l'acquisto di cose mo bili' ad opera del mandatario, che non agisce (e, non essendo munito di poteri di rappresentanza, non pu� agire) in nome del mandante, vede quali parti uniche e necessarie il terzo alienante e, quale acquirente, lo stesso mandatario; sicch� a questi soltanto il primo trasferisce o rimane obbligato a trasferire le cose mobili, specificate nel contratto, senza che nella legittima ignoranza dell'esistenza del mandato e sino a che non sia esercitata dal mandante la revindica ex art. 1706, primo comma, cod. civ . ...:.. possa sottrarsi alfa pattuita consegna alla controparte. In caso di alienazione di bene di interesse storico o artistico soggetto a vincolo, Ja norma dell'art. 30 della legge 1� giugno 1939 n. 1089, che impone al proprietario (o detentore) di denunciare al competente Ministero l'atto che trasmetta la propriet� o la detenzione del bene, comporta il dovere dell'alienante di rendere edotta l'Amministrazione della I pattuizione contenuta nell'atto medesimo e quindi del �trasferimento immediato del bene in favore del mandatario senza rappresentanza (non I" potendo dubitarsi �he, quando questa sussista, debba essere denunziato l'effettivo� e diretto trasferiment� al rappresentato). Nel contempo il mandatario senza rappresentanza rimane investito di analogo dovere di denuncia, con �riferimento al contratto �di �mandato, J>er l'a\rverarsi, alla stregua del principio posto dall'art. 1706, primo comma, cod. civ., del contestuale ed automatico trasferimento al mandante. Tuttavia -data l'ampia previsione del primo comma dell'art. 30 cit., che, non solo fa riferimento all'atto nella sua essenza pattizia, ma rende esplicito il dovere di denunziare l'effettiva trasmissione della pro priet� o della semplice detenzione del bene protetto -deve ritenersi che l'alienante, qualora abbia notizia (attraverso esplicita . dichiarazio ne del contraente-mandatario, o altrimenti certa) dell'effettiva destina zione del bene al mandante, debba di ci� rendere edotta, mediante la prescritta, formale denuncia, l'Amministrazione. Nella specie ...__ ferme le ragioni esposte in s�entenza in ordine all'esi stenza del mandato senza rappresentanza, di cui al precedente para. grafo, ed alla condotta dell'attuale ricorrente, che non aveva inteso render� noto il soggetto per corito � d�l quale agiva '(sub 5) -la Corte d'appello, in aderenza �agli esposti principi,. ha pronunciato la richiesta de PARTE I, SEZ. III, GIVRISPRUDENZA CIVILE,,GIURISDIZIONE E APPALTI 145 claratp;ril! .di_ :rmllH�,, aYen,.c:;l._o:, accertato che, non .solo la vendita dal Sa lina al Lapiccerella, ma anche � il successivo atto di ritrasferimento realizzato da Lapiccerella �, non avevano formato oggetto di denunzia. Consegue �l rigetto anche del prinio mezzo e con esso dell'intero ri corso principale. 8, --. .Ccm il secondo mezzo i ricorrenti incidentali invocano l'applica ?:ione dell'art. 7 della legge 24 novembre 1981 n. 689 :.-che riafferma il principio della re-sponsabilit� personale, prevedendo che l'obbligazione elle. forma oggetto clella sanzione amministrativa non si trasmette agli ere4i '.'""":per essere essi .eredi di Boel Vera Orr, moglie ed erede del venditore Gian Augusto Salina Bolognini Amorini. Il motivo cleve essere rigettato sulla base delle considerazioni svol te innanzi (sub 4) circa la particolare natura e funzione della sanzione dLcui all'art. 64, che non consentono di ricondurre la fattispecie in esa me a,lle. p.revisiq:ritdella citata legge. 9. -Il terzo mezzo enuncia tre autonome censure di vizio di motivazione, proposte le prime due contro l'Amministrazione e la terza contro il Lapicerella: La prima dogli�n2:a, niovendo dal presupposto della insufficienza e contraddittoriet� della niotfvazione in ordine alla posizione (di sempli~ ce mediatore o di mandatario senza rappresentanza) assunta dal Lapb cerella nel rapporto con il venditore Salina ed agli effettivi sogg�tti della stipula, tende a dimostrare che sarebbe stata decisa una fattispecie del tutto diversa da quella cui unicamente si riferiva la domand.a (vendita Salina-Lapiccerella). L'assunto � smentito, per�, dai rilievi, gi� fatti nell'esaminare i primi due motivi del ricorso principale, che escludono il vizio di motiva �. zione sul punto posto a prei;nessa della presente censura e definiscono la natura dei rapporti dedotti in causa. 10. -Del pari infondata � la sec�nda censura, che tende ad escludere la responsabilit� del Salina in conseguenza della sua estraneit� al mancato recupero del quadro. La ragione del rigetto della doglianza � a monte del denunciato vizio di motivazione. Invero, l'impossibilit� di rintracciare la cosa ovvero l'accertamento della sua esportazione, che, in via alternativa, sono richiesti dal primo comma dell'art. 64 della legge n. 1089 del 1939 perch� insorga l'obbligo di corrispondere la somma pari al valore della cosa medesima, costituiscono un elemento obiettivo della fattispecie e ricorrono, qundi, indipendentemente dalla responsabilit� dell'autore del fatto costituente il detto elemento e, nella. Pi::t.ma ipotesi (�la cosa non si pu� rintracciare�), che qui interessa, addirittura dall'esistenza di UJJ.. auto:re. (si. pensi al .mancato 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO recupero della cosa, oggetto dell'alienazione non denunciata, a causa della sua accidentale distruzione). 11) -� fondata invece la censura rivolta contro il Lapiccerella. La Corte territoriale ha ritenuto di poter superare tutte le innanzi riferite considerazioni circa la conoscenza da parte dell'acquirente del vincolo esistente sul dipinto e la di lui condotta reticente, ed affermare, quindi, l'obbligo degli eredi Salina di rivalerlo del danno (costituito dal pagamento della sanzione e delle spese) sul rilievo che nei rapporti Salina-Lapiccerella si verte in materia di responsabilit� contrattuale, nascente dalla garanzia prestata con la dichiarazione di vendita del 12 aprile 1973. La succinta motivazione sembra configurare un negozio di garanzia, autonomo rispetto alla compravendita, tanto da non essere coinvolto dalla declaratoria di nullit� di questa, e diretto a tenere indenne il compratore dal danno che. gli sarebbe potuto derivare dalla violazione del dovere di denuncia. Si tratta per� di una costruzione che, non essendo esplicita nella sentenza, potrebbe anche non corrispondere all'effettiva ratio decidendi e richiederebbe, comunque, il sostegno di esaurienti ragioni di ordine ermeneutico. Le quali non possono consistere nel semplice richiamo Idella suddetta scrittura, contenente la garanzia della libert� dell'opera d'arte venduta. I L'incertezza interpretativa in ordine all'effettiva volont� delle parti ~ contraenti e la mancanza di coordinamento tra l'affermazione del diritto di rivalsa e la contestuale enunciazione di circostanze indicative della conoscenza del vincolo da parte del Lapiccerella rendono necessado un nuovo esame del punto. 12. -In conclusione, accolto, solo nella parte che riguarda il Lapiccerella, il terzo motivo del ricorso incidentale dei Salina, si rigettano le altre censure dello stesso ricorso, nonch� l'impugnazione principale. In relazione alla censura accolta la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa per limitato nuovo esame ad altra Sezione della Corte d'appello di Bologna, alla quale va demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q,M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale; accoglie per quanto di ragione il terzo motivo del ricorso incidentale; in relazione alla censura accolta cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per spese, ad altra Sezione della Corte d'appe1lo di �Bologna; rigetta gli altri motivi del ricorso incidentale. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO � Sez. IV . 11 gennaio 1994 n. 21 . Pres. Quartulli � Est. Malinconico � Ministero degli Affari Esteri (Avv. dello Stato Cingolo) c. Ciurcina (n.c.). Atto amministrativo -Accesso ai documenti � Interesse del richiedente � Caratteristiche � Individuazione. Atto amministrativo � Accesso ai documenti � Diritto . Riguardo gli atti di wi concorso � Fattispecie. La posizione che legittima all'accesso non necessariamente deve possedere tutti i requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice amministrativo avverso un atto lesivo della posizione soggettiva vantata, e neppure, quindi, l'attualit� dell'interesse ad agire in giudizio per la tutela immediata della posizione sostanziale alla cui tutela � comunque, anche indirevtamente, r.ivolta la domanda di accesso ai documenti amministrativi. E invece sufficiente che l'istante sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta si fondi su tale posizione (1). Il soggetto partecipante ad un concorso � titolare di una posizione giuridicamente tutelata alla conoscenza dell'attivit� della commissione giudicatrice ed ha un interesse autonomo, sia pure strumentale, ed attuale alla immediata conoscenza degli atti della procedura (2). 1. -Deve preliminarmente essere esaminata l'eccezione di inammis� sibilit� del ricorso originario per non essere stati ancora emanati i decreti attuativi previsti dall'art. 24 della legge n. 241 del 1990 e per l'indebita anticipazione del sindacato giurisdizionale rispetto al termine dell'anno dalla pubblicazione del d.P.R. n. 352 del 1990. L'ecce:llione � infondata. (1) Cfr., in tema, Cons. Stato, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969, in questa Rassegna 1992, p. 488 e ss. e relativa nota redazionale. In dottrina, sull'argomento, P. Al.BERTI, L'accesso ai documenti amministrativi, in Al.BERTI e AA.VV., Lezioni sul procedimento amministrativo, Torino, 1992 e A. CINGOLO, Brevi note in materia di profili processuali dell'accesso ai documenti amministrativi � ex lege � n. 241 del 1990, in questa Rassegna, 1992, I, 93 e ss. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 148 L'art. 13 del regolamento approvato con il d.P.R. n. 352 stabilisce che nelle more dell'adozione dei regolamenti ministeriali concernenti le categorie dei documenti da sottrarre all'accesso ed in ogni caso non oltre un anno dalla entrata in vigore del presente regolamento, il diniego di accesso pu� essere opposto dalle amministrazioni statali con provvedimento motivato del Ministro, al fine di salvaguardare gli interessi di cui all'art. 24, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e con riferimento ai criteri delineati dall'art. 8 dello stesso d.P.R. n. 352. Nella specie la richiesta di accesso, avente ad oggetto gli atti relativi . al concorso di volontario nella carriera diplomatica bandito con d.m. 13 gennaio 1992 e particolarmente gli elaborati dello stesso istante, era dallo stesso istante datata 26 febbraio 1992. Detta richiesta, tuttavia, pervenne, per ammissione della stessa amministrazione e perch� cos� risultante dal protocollo, il 9 marzo 1993 e quindi dopo il 13 agosto 1992, data di entrata in vigore del d.P.R. n. 352 del 1990. L'amministrazione oppose il rifiuto, peraltro sottoscritto dal Capo dell'ufficio V invece che dal Ministro, motivandolo con la mancata emanazione dei decreti previsti dagli artt. 22 e 24 della legge. Tale motivazione � erronea, proprio in base alle considerazioni gi� esposte dalla Sezione nella decisione 21 novembre 1992, n. 969. Gi� in quella occasione la Sezione aveva avuto modo di chiarire, infatti, che il menzionato termine di un anno, di cui all'art. 13 della legge n. 241, termine ora prorogato dal decreto-legge 14 settembre 1993, n. 358, convertito nella legge 12 novembre 1993, n. 448, non costituisce proroga del termine di emanazione dei regolamenti attuativi del diritto di accesso, trattandosi, invece, �di una autodisciplina, della durata di un anno, intesa a mitigare gli effeUi negativi di un eventuale eccessivo ritardo nella adozione dei regolamenti ministeriali �. Da quella norma regolamentare, quindi, deriva che nelle more della adozione di questi ultimi regolamenti e comunque entro il termine di cui all'art. 13 del regolamento governativo, n� c'� un assoluto ostacolo alle richieste di accesso, n� una loro illimitata ammissibilit�, dovendo invece di volta in volta essere valutata dal Ministro la sussistenza di ragioni preclusive dell'accesso. Nella specie, dunque, � illegittimo il diniego di accesso, basato unicamente sulla mancata adozione del regolamento ministeriale di individuazione delle categorie di documenti da sottrarre all'accesso. N� sussiste, conseguentemente, una anticipazione del rimedio giurisdizionale rispetto alla scadenza del termine posto che anteriore alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 352 � solo la data apposta dall'istante sulla propria domanda, ma non la ricezione della .. domanda stessa da parte dell'amministrazione. PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 2 . .,.._ Nel merito, poi, � infondato il motivo di appello con cui si censura la mancanza di attualit� dell'interesse all'accesso e la mancanza di motivazione della relativa istanza. Non necessariamente, infatti, la posizione che legittima all'accesso deve possedere tutti i requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice amministrative> avverso. un atto lesivo della posizione soggettiva vantata, e J!.eppure; quindi, l'attualit� dell'interesse ad agire in giudizio per la tutela immediata della posizione sostanziale alla cui tutela � comunque, anche indirettamente, rivolta la domanda di accesso ai documenti amministrativi. :e invece sufficiente che l'istante sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta si fondi su. tale posizione. Ora, nel caso di specie, non pu� essere disconosciuta all'istante una posizione giuridicamente tutelata alla conoscenza dell'attivit� della comndssione � .. giudicatrice, .proprio in considerazione della partecipazione dell'istante stesso al concorso. E l'eventualit� che egli debba poi impugnare l'esito finale del concorso, in quanto il risultato dello stesso gli � sfavorevole, e che per proporre quest'ultimo ricorso debba attendere che la lesione si faccia concreta e con essa l'interesse all'impugnazione attuale, non esclude il suo interesse autonomo, sia pure strumentale, ed attuale alla immediata conoscenza degli atti della procedura. Del resto una diversa conclusione porterebbe ad un consistente svuotamento dell'istituto dell'accesso agli atti dell'amministrazione, se non alla completa frustrazione delle sue finalit�. Per lo stesso ordine di considerazioni deve escludersi che la domanda �di accesso sia immotivata e auindi inammissibile ai sensi dell'art. 25, comma 2, della legge n. 241 del 1990. La motivazione, infatti, � richiesta essenzialmente per dimostrare la sussistenza dei presupposti dell'accesso ai documenti, specificati dall'art. 22 della stessa legge, e per consentirne la verifica. In tale senso il precetto .legislativo � esplicitato dal regolamento di cui al d.P.R. n. 352 del 1992, all'art. 3, comma 2. Ogni altra specificazione delle finalit� che si propone l'istante non � necessaria. Nel caso di specie la domanda di accesso era sufficientemente specifica per l'individuazione dell'oggetto della richiesta e dell'interesse ad essa sotteso. L'interesse �, infatti, quello rivolto alla verifica delle operazioni compiute dalla commissione esaminatrice ed � collegato alla gi� menzionata posizione legittimante all'accesso, costituita dalla partecipazione alla procedura concorsuale. 3. -Neppure pu� condividersi l'assunto dell'amministrazione appellante, secondo cui sulla trasparenza prevarrebbe l'esigenza di tutelare la riservatezza degli altri candidati, nella parte in cui l'accesso ai documenti riguarda anche i loro elaborati. 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT(} � decisivo in proposito il rilievo che la riservatezza dei terzi va tutelata secondo quanto previsto dall'art. 24, comma 2, della legge n. 241, come specificato dall'art. 8, commi 2 e 5 lettera d) del d.P.R. n. 352 del 1992. La tutela della vita privata e della riservatezza della persona riguarda la sfera degli interessi strettamente legati alla persona stessa, tant'� che l'esemplificazione menziona gli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale. Tra questi non pu� certo comprendersi la redazione di elaborati destinati, per loro natura, al confronto con quelli di altri candidati, in un contesto di competizione concorsu~le, che non si riduce al rapporto tra il candidato e l'amministrazione, ma �oinvolge anche gli altri candidati in un necessario giudizio di relazione. Del resto la trasparenza dei procedimenti concorsuali, sia pure sotto il diverso, ma collaterale, profilo dell'onere di motivazione � espressamente affermata dalla legge n. 241 del 1990 con riferimento allo svolgimento dei pubblici concorsi (art. 3). E ci� a prescindere dal rilievo che l'amministrazione, invece di negare completamente l'accesso, avrebbe potuto se mai tutelare l'anonimato dei compiti con l'omissione dei nomi degli autori. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 settembre 1993 n. 9660 -Pres. Montanari Visco � Est. De Musis -P. M. Tondi (conf.). -Banca agricola salentina (avv. Rampino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano). Tributi in genere -Riscossione -Versamenti diretti -Istituto di credito delegato -Ritardato versamento in tesoreria -Penale -Natura -Ridu cibilit� -Esclusione. (legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 17; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 3 bis; e.e. artt. 1383 e 1384). La penale stabilita a carico degli istituti di credito delegati dal contribuente in caso di ritardato versamento in tesoreria, pur avendo 'matura privatistica, analoga a quella dell'art. 1383 e.e., con funzione risarcitoria, svolge soprattutto una funzione sanzionatoria; � di conseguenza esclusa la riducibilit� a norma dell'art. 1384 e.e. (1). (omissis) La censura sub b) � infondata. � ben vero che questa Corte ha affermato che la penale �de qua� ha natura privatistica analoga a quella della penale prevista dall'art. 1283 e.e. (Cass. 29 agosto 1990 n. 8985). Ma da tale affermazione non pu� inferirsi la completa equiparabilit� tra 1le due penali poich� la identit� della natura non esclude differenze strutturali e funzionali e, conseguentemente, diversit� di effetti. La penale prevista dal codice civile assolve (oltre che alla funzione di stimolo all'adempimento) ad una funzione meramente risarcitoria, come si rileva dalle previsioni che detta penale 1) � ... ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non � stata convenuta la risarcibilit� del danno ulteriore� (art. 1382 e.e.); 2) pu� essere ridotta � ��� avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento �. La penale prevista dalla legislazione tributaria, invece, assolve certamente (oltre che alla funzione di stimolo al tempestivo adempimento) ad una funzione risarcitoria, essendo evidente il danno conseguente alla ritardata disponibilit� della somma, ma svolge soprattutto una funzione sanzionatoria, come rilevano le circostanze che la sua misura � fissa, poich� non � proporzionata n� all'ammontare del danno n� al periodo di durata di questo ed � di rilevantissimo ammontare (due per cento per� ogni giorno di ritardo). (1) Un importante chiarimento. 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Le individuate differenze escludono che alla penale in esame possa applicarsi la riducibilit� prevista dall'art. 1384 e.e. Peraltro due ulteriori considerazioni suffragano tale conclusione. La prima � che mentre la penale civilistica � �convenzionale�, e cio� � diretta a disciplinare interessi dei contraenti, e ci� spiega la possibilit� di intel'Vento del giudice, previsto per accertare se << in concreto � la tutela di quegli interessi risulti sproporzionata, e quindi da mitigare, la penale prevista dalla legislazione tributaria � �autoritativa�, perch� imposta preventivamente e indiscriminatamente, e ci� esclude che essa sia correlata agli interessi concreti che in futuro saranno influenzati da specifici versamenti, il che determina l'impossibilit�, per il giudice, di eseguire quella valutazione (in funzione riduttiva) che la penale civilistica invece gli consente. La seconda considerazione � che la riduzione della penale � condizionata, ai sensi dell'art. 1384 e.e., alla valutazione dell'� interesse che il creditore aveva all'adempimento�, e, quindi, al pregiudizio che egli ha ricevuto da quel concreto inadempimento. E un siffatto interesse, e quindi il conseguente pregiudizio, non pu� costituire oggetto di accertamento nella penale in esame, dal momento che l'interesse che con questa si � inteso tutelare, oltre che valutato gi� in via preventiva dal legislatore, e quindi per ci� solo gi� insuscettibile di diversa valutazione �da parte del giudice, non � l'interesse correlato ad uno specifico adempimento, ma quello correlato all'adempimento � globale � di tutte le obbligazioni tributarie per le quali � prevista la delega: e pertanto il giudice non potrebbe procedere a quell'accertamento, che si � visto necessario per la riduzione della penale. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 novembre 1993 n. 10929 -Pres. Rossi . Est. Lupo -P. M. Lupi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano) c. Soc. Parco Villa Fiorita. Tributi in genere -Sanzioni -Elemento intenzionale . Volontariet� del fatto � Sufficienza. Negli illeciti amministrativi tributari presupposto sufficiente � la volontariet� del comportamento sanzionato, indipendentemente dalla presenza di dolo o colpa, in quanto a tali illeciti non � applicabile l'art. 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (1). (1) Decisione importante che si ricollega alla precedente 8 gennaio 1993, n. 125 (in questa Rassegna, 1993, I, 117), che aveva ritenuto inapplicabile alle sanzioni tributarie l'intera prima sezione del capo primo della legge n. 689/1981. Evidentemente esatta la precisazione che l'errore di diritto sulla norma di incerta portata non influisce sull'elemento soggettivo. PARTE I, SEZ�. V, .GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA e (omissis) Con.. l'unico motivo. di ricorso l'amministrazione� .finanziaria deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 29 gennaio 1929 n. 4, dell'art. 43, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, nonch� dei principi generali in tema di pene pecuniarie per la violazione di leggi tributarie; deduce altres� motivazione. perplessa e contraddittoria su punti decisivi della controversia. La parte � ricorrente osserva che, nel sistema sanzionatorio tributario, la distinzione tra violazioni dolos.e e vicilazioni colpose non � consentita n� in via .generale n� in via eccezionale (cio� per la fattispecie prevista dall'art. 43, secondo �omma1.del d.P.R. n .. 633/1972). Gli illeciti tributari sono punibili a seguito della sola �� commissione della violazione, come si afferma in dottrina. Al pi�, in via subordinata, pu� affermarsi la necessit� della colpa (come per le contravvenzioni) e pu� attribuirsi rilevanza al solo errore di diritto, come si desume dall'art. 48, ultimo comma, dello stesso d.P.R. n. 633/72. Il motivo di ricorso � fondato. Questa Corte, con la recente sentenza d�lle Sez. Un., 8 gennaio 1993 n. 125, ha affermato che gli illeciti amministrativi in materia tributaria sono punibili sulla base della semplice volontariet� del comportamento sanzionato, indipendentemente dalla presenza di dolo o di colpa, posto che alle pene pecuniarie tributarie non si applicano le disposizioni in tema di elemento i.;oggettivo dettate dall'art. 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689. A tale principio generale non si sottrae l'illecito amministrativo configurato dall'art. 43, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, in tema di IV A, secondo cui � se dalla dichiarazione presentata risulta un'imposta inferiore di oltre un decimo a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimbotsabi1e superiore di oltre un decimo a quello spettante, si applica la pena pecuniaria da uno a due volte la differenza �. Non vi � alcun elemento per ritenere che tale fattispecie di illecito, in deroga al principio generale sopra specificato, sia intrinsecamente dolosa, come ha. affermato la decisione impugnata. La trascritta disposizione mira a rendere veritiera la dichiarazione che deve essere presentata dal contribuente e che costituisce il presupposto della imposizione; essa quindi intende sollecitare la diligenza e l'attenzione del dichiarante, al fine di evitare inesattezze ed errori anche meramente colposi. La decisione impugnata richiama, a fondamento del proprio orientamento interpretativo, il dispositivo dell'art. 48, ultimo comma, del d.P.R. n. 633/72 (secondo cui �gli organi del contenzioso tributario possono dichiar~re non dovute le pene pecuniarie quando la violazione � giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce�) e il disposto dell'art. 8 del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito nella 1. 7 agosto 1982 n. 516 (secondo cui � l'errore sulle norme che disciplinano le imposte sui redditi e sul 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO valore aggiunto esclude la punibi1it� quando ha cagionato un errore sui fatti che costituiscono reato a norma del presente decreto�). In ordine alle due disposizioni normative richiamate, va osservato che la prima di esse concerne una ipotesi di errore di diritto, dovuta ad incertezza normativa (situazione che non si �afferma sussistere nel caso di .specie). Com�nque,.anche tale forma di errore non comporta la non punibilit� dell'autore . della violazione, ma determina un potere discrezionale degli organi del contenzioso tributario (e non anche degli uffici finanziari) di non applicare la sanzione comminata dalla legge. Non pertinente �, poi, il richiamo della seconda norma sopra trascritta, che concerne soltanto i reati, e non anche gli illeciti amministrativi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 19 novembre 1993 n. 11445 -Pres. Bene. forti -Est. Borruso � P. M. Lo Cascio (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiorilli) c. Pignatelli (avv. Orlando). Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi fondiari � Reddito dei fabbricati -Catasto -Categoria di classamento Castelli e palazzi di eminente pregio artistico -Categoria A/9 -Riferimento all'intero immobile -Destinazione effettiva -Irrilevanza. (d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 8; !. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 2). I castelli e i palazzi di preminenti pregi artistici o storici vanno classificati unitariamente nella categoria catastale A/9 indipendentemente dalla destinazione effettiva, anche ad usi commerciali, e senza suddistinzione fra singole parti (1) (1) La decisione solleva molti dubbi. � innanzi tutto generica, una volta escluso che abbia valore formale la sottoposizione al vincolo della legge 1� giugno 1939, n. 1089, la definizione di palazzo, ove si prescinda dalla destinazione; non d� certo affidamento il riferimento al � caseggiato cittadino di notevole mole e a pi� piani�. Sembrerebbero contrastare con quanto affermato nella sentenza le numerose provvidenze previste da norme di legge per i fabbricati sottoposti al vincolo: il reddito � determinato mediante applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale � collocato il fabbricato (art. 11, comma 2, legge 30 dicembre 1991, n. 413) anche ai fini dell'ICI (art. 2, comma 5, d.l. 23 gennaio 1993, n. 16); esclusione dall'attivo dell'imposta di successione (art. 13 dl. lg.vo 31 ottobre 1990, n. 346); deducibilit� dal reddito complessivo delle spese sostenute per manutenzione, protezione e restauro (art. 10, lett. o, t.u. 22 dicembre 1986, n. 917). Inoltre l'applicazione della tariffa minima d'estimo ai fini IRPEF ed ICI � prevista solo per le abitazioni sl che resta confermata la inclusione nel gruppo C degli immobili a destina iione commerciale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) Nel 1981 L'Ufficio Tecnico Erariale (U.T.E.) di Roma attribuiva alle singole unit� immobiliari costituenti l'edificio sito in Roma, via dei Coronari (civici n.ri 136, 138, 139, 140, 141, e 142) e via Vecchiarelli 38 categorie catastali varie, tratte dal quadro generale delle categorie del nuovo catasto edilizio urbano (1. 11 agosto 1939 n. 1249): ad alcune la categoria A/1 (abitazioni di tipo &ignorile), ad altre la categoria A/2 (abitazioni di tipo civile) o A/4 (abitazioni di tipo popolare) o A/10 (uffici e studi privati), ovvero C/l (negozi e botteghe) o C/2 magazzini e locali di deposito). Avv:erso tale provvedimento Giuseppina Pignatelli della Leonessa, proprietaria di tutto l'edificio �de quo�, ricorreva alla Commissione tributaria di 'primo grado, chiedendo il censimento dell'intera costruzione in categoria A4A, riferentesi, secondo la dizione usata nel quadro suddetto a �castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici�: ci� in quanto il Ministero della Pubblica Istruzione, in data 22 luglio 1957, aveva riconosciuto, a tutto l'edifici� considerato nel suo insieme, interesse artistico- storico, tale da assoggettarlo al vincolo di cui alla 1. 1� giugno 1939 n. 1089, imponendo, tra l'altro anche l'obbligo al proprietario di consentire periodicamente e gratuitamente la visita al pubblico. Tenuto conto di ci�, l'U.T.E. ammetteva in categoria A/9 solo una parte di detto edificio, mantenendo le restanti parti inquadrate nelle categorie censuarie sopraspecificate. L'Ufficio giustificava tale conferma sostenendo l'irrilevanza del riconoscimento operato dal Ministero della P.I., in quanto era decisivo, pur sempre, far riferimento alla destinazione propria di ogni singola unit� immobiliare, cos� come risultava dal suo uso attuale e dal1e sue caratteristiche costruttive. La commissione adita accoglieva il ricorso della contribuente dichiarando il palazzo totalmente classificabile in categoria A/9. Tale decisione veniva confermata sia dalla Commissione Tributaria di II grado, sia da quella Centrale. Quest'ultima, con decisione depositata il 29 gennaio 1988 (n. 906/88) cos� motivava in sintesi: 1) il Ministero della P.I. aveva riconosciuto di rilevante interesse artistico e storico tutto il palazzo in questione nel suo complesso, con tutti i suoi elementi decorativi; 2) esso doveva, perci�, essere classificato unitariamente nella categoria A/9, senza possibilit� alcuna di operare, nei confronti di parte di esso, una diversa classifica, n� con riferimento alle altre classi della stessa categoria �A�, n� con riguardo alle altre categorie: e ci� perch� la classificazione in A/9 sarebbe assorbente e non consentirebbe di subd!i.stinguere, nell'ambito dello stesso immobile, classamenti diversi sulla base della destinazione di parte di esso. Invero, sull'uso attuale prevarrebbero (come avverte la n�ta che precede il quadro generale delle categorie) le caratteristiche costruttive ed una stessa unit� immobiliare, sulla RASSEGNA AVVOCATURA DEU.0 STATO 156 base di tali sue caratteristiche costruttive, sarebbe suscettibile di un solo classamento e non gi� di classamenti concorrenti, attesoch� ['uno escluderebbe l'altro. Avverso la summenzionata decisione l'Amministrazione finanziaria dello Stato ricorre per cassazione in base ad un unico motivo. Resiste con controricorso la contribuente. MOTIVI DELLA DECISIONE �on l'unico motivo di ricorso la Finanza denunzia la violazione degli artt. l, 2, 5, 8, 12, del d.I. 13 aprile 1939 n. 652 (conv. in I. 11 agosto 1939 n. 1249), degli artt. 10 e 12 del d. leg.vo 8 aprile 1948 n. 514; degli artt. 6, 7, 61 del d.P.R. 1� dicembre 1949 n. 1142, degli artt. 2 e segg. nonch� 11 e segg. della I. 1� giugno 1939 n. 1089 in relazione aH'art. 360, n. 3, c.p.c., per sostenere che attribuire la categoria A/9 automaticamente ad un intero palazzo sol perch� esso � oggetto di un vincolo storico-artistico sarebbe illogico ed illegittimo in quanto il complesso procedimento di classamento catastale e di conseguente determinazione della rendita ha una precipua finalit� economico-fiscale correlata alla ricostruzione della capacit� contributiva (art. 53 Cost.) di ogni cittadino a secondo del reddito che ricava dai suoi beni, sicch� n� si potrebbe mai prescindere dalla utilizzazione attuale propria di ciascuna unit� immobiliare compresa nel palazzo e dal diverso reddito che � suscettibile di produrre, n� avrebbe senso attribuire (per superare tale aspetto economico-fiscale) una rilevanza decisiva ai pregi artistici e storici dell'immobile presi in considerazione dalla legislazione sulla tutela delle cose d'arte. Tali pregi, invero, potrebbero, al pi�, essere presi in considerazione per l'attribuzione della categoria A/9 nell'unico caso in cui � i castelli o i palazzi � cui essa si riferisce, fossero destinati ad abitazione (in quanto tutte le altre categorie comprese nel medesimo gruppo � A � riguardano pressoch� tutte abitazioni): ma ci� sempre con effetti limitati alla singola unit� immobiliare compresa nel palazzo ed effettivamente adibita ad abitazione ovvero all'ipotesi di un palazzo costituente un'unica unit� immobiliare e, comunque, non mai nel caso di unit� immobiliari adibite a destinazioni commerciali. L'inquadrabilit� dei beni di interesse artistico o storico in pi� catego rie (diverse dalla A/9) troverebbe del resto una decisiva conferma nel l'art. 2 della 1. 2 agosto 1982 n. 612. Il suesposto motivo di ricorso � infondato in relazione a tutte le censure in cui si articola. Innanzitutto va premesso, per una pi� chiara comprensione della controversia in esame, che il Quadro generale delle Categorie stabrilito con regolamento dalla Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tee . ! ri.:�..11:;;;:11:�i:�1�Jm��i�� RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO nici Erariali ai fini della � qualificazione � delle unit� immobiliari urbane in esecuzione del R.D.L. 13 aprHe 1939 ( � Accertamento generale dei fabbr�cati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano�) convertito nella 1. 11 agosto 1939, n. 1249 divide tutti gli edifici in cinque gruppi. Il gruppo �A� � ripartito nelle seguenti categorie: A/l -Abitazioni di tipo signorile; A/2 -Abitazioni di tipo civile; A/3 -Abitazioni di tipo economico; A/4 -Abitazioni di tipo popolare; A/5 -Abitazioni di tipo ultrapopolare; A/6 -Abitazioni di tipo rurale; A/7 -Abitazioni in villini; A/8 -Abitazioni in villa; A/9 -Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici; A/10 -Uffici e studi privati; A/11 -Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi. Il secondo gruppo (B) comprende collegi, caserme, case di cura, prigioni, uffici pubblici, biblioteche, accademie, gallerie, musei che non abbiano sede in edifici della categoria A/9, cappelle e magazzini sotterranei. Il terzo gruppo (C) comprende negozi, botteghe, magazzini, laboratori, stabilimenti balneari e sportivi etc. Il quarto gruppo (D) comprende immobili c.d. � a destinazione speciale � (opifici, alberghi e pensioni, teatri etc). Il quinto gruppo (E) comprende immobili c.d. � a destinazione particolare {stazioni di servizio, fortificazioni, fari, chiese, cimiteri etc). Ci� posto va anche premesso che la legittimit� del surriportato Quadro Generale delle Categorie con particolare riferimento alla cat. A/9 non � stata mai posta in discussione (neppure con l'odierno ricorso per cassazione), costituisce tutt'ora la base portante per la determinazione dei redditi immobiliari urbani e non appare, infine, in contrasto con alcuna norma di legge. Se � vero, infatti, che, a norma dell'art. 3 del R.D.L. 652 del 1939, l'� accertamento generale degli immobili urban~ deve essere fatto per � unit� immobiliare � e che si considera tale, in base al successivo art. 5, � ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, � di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio � e che, quindi, ben pu� anche un castello o un palazzo scindersi, agli effetti catastali, in tan� te .unit� immobiliari distinte quando sono ciascuna idonea a produrre un reddito suo proprio, � innegabHe, per�, che esse non cessino solo per .questo, di far parte del castello o del palazzo. - 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il problema si riduce, quindi, a determinare sul piano ermeneutico in che rapporto debba stare l'espressione � castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici � con tutte le altre classificazioni previste nel suddetto Quadro Generale rispettivamente per i vari gruppi e se, pi� in particolare i castelli e i palazzi suddetti vadano classificati in cat. A/9 anche quando, in considerazione della loro destinazione attuale, potrebbero essere classificati (in tutto o in parte) in altre categorie. Invero la pi� gran parte delle categorie elencate nel Quadro Generale sovraesposto si caratterizza per la destinazione dell'unit� immobiliare (ad abitazione o a ufficio o a collegio etc... etc.); la categoria A/9, invece, si caratterizza p�r la natura intrinseca della costruzione (castello o palazzo di eminenti pregi artistici e storici) indipendentemente dalla sua destinazione. Si tratta, quindi, di dare un significato a questo mutamento di criterio di qualificazione, repentino ed isolato, tenendo presente che il predetto rapporto tra �destinazione� e �intrinseca natura� non pu� essere di integrazione, ma soltanto di alternativit�, ben potendo accadere che l'intero edificio (castello o palazzo) abbia una destinazione corrispondente ad altre categovie, sicch� dare valore alla destinazione per la individuazione della categoria comporterebbe l'impossibilit� di tener conto, sia pure solo I marginalmente, dell'intrinseca natura dell'immobile. Inducono a ritenere che il suesposto problema vada risolto in senso I, affermativo come deciso dalla Commissione Centrale le seguenti quattro considerazioni. I) Poich� contrasta con la attuale realt� pi� notoria che un castello 0 un palazzo non possa avere, sol perch� di eminente pregio artistico o storico, nessuna delle tante destinazioni considerate nel surriportato quadro Generale delle Categorie (e che, quindi, debba essere necessariamente considerato pressoch� inservibile, dato il carattere tendenzialmente esaustivo di tali destinazioni alle quali sarebbe difficile aggiungere altre diverse) e poich�, al contrario, � altrettanto notorio che il pi� delle volte castelli e palazzi hanno oggi precise destinazioni (ad es. quelle di biblioteca, di accademia o di museo previste espressamente nella categoria B/6), � inimmaginabile che si sia istituita una categoria specifica (l'A/9 appunto) per castelli e palazzi sul presupposto che essi non siano adibiti a nessuna delle destinazfoni indicate nel Quadro e s,enza neppure avvertire in tal caso la necessit� di esplicitare tale requisito indubbiamente anomalo. In riferimento a quest'ultimo, infatti, non pu� trovare applicazione il noto principio ermeneutico applicabile anche ai regolamenti, secondo cui il legislatore � uhi voluit dixit, uhi noluit tacuit �. II) Richiedere che per essere ricompresi nella cat. A/9 (indubbiamente di favore dal punto di vista fiscale) castelli e palazzi non debbano avere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nessuna delle destinazioni previste per altre categorie (e, quindi, -come gi�. osservato _... debbano/finire col restare praticamente inutilizzati) sarebbe contrario alla valorizzazione di tali beni culturali, voluta; . invece, c:lal legislatore e che, tanto pi� proficuamente si realizza. quanto pi� i suddettiedifici~ pur rimanendo inalterati nel loro aspetto esterno e/o interno (a seconda che il pregio rigua:rc:li l'uno o l'altro ovvero entrambi), d>ilf:inuin.o a far p~rte viva del nostro ambiente. � � III) n mutamento di criterio di elencazione, che la categoria A/9 evidenzia se raffrontata con tutte le altre, ben pu� spiegarsi, invece, attribuendo' il carattere di eccezione agli immobili ai quali si riferisce, nel senso, � Cio�, di ritenere. che . si sia voluto ricomprendere nell'A/CJ tutti i castelli e i palazzi di interesse culturale quale che sia la loro destinazione e, conseguentemente anche il reddito da essi ricavato, quale che sia la sua natura. La configurabilit� di un'eccezione �al riguardo non contrasta affatto n� col principio della capacit� contributiva di ciascuno quale criterio f�ndamentale di tassazione, n� con quello della parit� di trattamento, sanciti rispettivamente negli �lrtt. g � e 53 della nostra Costituz�one. Se � v�ero, infatti, che il riconoscimento della A/9 � molto ambito in quanto comporta solitamente un imponibile minore, � pur vero, per�, che tale� agevolazione � accordabile soltanto agli immobili che, come quelli dei quali qui trattasi (circostanza questa del tutto pacifica) siano stati dichiarati, con atto amministrativo notificato ai proprietari, di interesse artistico e� storico ai �sensi e per gli effetti �della 1. 1� giugno 1939 n. 1089 (artt. 2 e 3). II che comporta per i proprietari vincoli e oneri gravosi, quali quelli: .�-:-,cli .non poter c:lemolire, modificare o restaurare l'immobile senza l'autorizzazione del Ministero per i beni c�lturali; (art. 11 1� co. e 12 1. n. 1089); -di non poterlo adibire ad usi non compatibili con il suo carattere storico o artistico oppure tale da recare pregiudizio alla sua conservazione o integrit� (art. 11; 2� co. e 12); -di dover obbligatoriamente sostenere le spese necessarie per la sua conservazione estensibile oltrech� alla manutenzione anche alla protezione e al restauro (artt. 15 e 17 l. citata e art. 3, 1. n. 512 de11'82): obbligo che non cessa di essere gravoso e singolare sol perch� le relative spese sono deducibili dall'imponibile delle imposte dirette; di sottoporre alla competente sopraintendenza i progetti di opere di qualunque genere che il proprietario (o chi per lui) intenda eseguire al fine di ottenerne la preventiva approvazione (art. 18, 1� co.); 160 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO -di non poter compiere qualsiasi atto, a titolo oneroso o gratuito, che ne trasmetta in tutto o in parte la propriet� o la detenzione senza denunziarlo al Ministero sopramenzionato; -di soggiacere, oltrech� alla possibilit� di espropriazione per pubblica utilit� connessa alla esigenza di conservazione dell'immobile, al diritto di prelazione da parte della P.A. in caso di alienazione che rimane sospensivamente condizionata sino a che tale diritto non sia stato esereitato, con divieto per il proprietario di effettuare nel frattempo anche la semplice consegna dell'immobile a terzi; __:_ di �soggiacere eventualmente aQche all'obbligo di ammettere il pubblico a visitare per scopi culturali l'immobile secondo determinate modalit� (obbligo senza corrispettivo che nella specie, come sembra pacifico, � stato imposto dal Ministero alla proprietaria degli immobili dei quali qui trattasi). Di fronte ad un cos� gravoso complesso di vincoli e di obblighi ai quali risulta soggetto il proprietario di immobili �notificati� ai sensi dell'art. 3 della 1. n. 1089 del 1939, il fatto che, per la parte pi� cospicua di essi (castelli e palazzi), sia stata prevista una classificazione censua Iria di favore non rappresenta certo un privilegio, bens� una sorta di equa compensazione per i rilevanti pregiudizi che tali vincoli e obblighi provocano al proprietario anche sul piano economico riducendone, quindi, per quel che qui interessa la relativa capacit� contributiva. (Si pensi -, tan I to per prospettare uno dei tanti esempi possibili -, alle ingenti spese I che il proprietario, il pi� delle volte, deve sostenere per riscaldare i ~ ~ saloni di tali edifici senza poterne abbassare i soffitti solitamente altis simi o alla sottoutilizzazione dei vani per l'impossibilit� di dividerli come sarebbe pi� conveniente per soddisfare esigenze funzionali oggi ritenute irrinunciabili specie per abitazioni o uffici o alberghi). Includere tali immobili (che talvolta possono arrivare a costituire addirittura una sorta di �dannosa proprietas �) nelle stesse categorie previste per gli altri immobili dei quali il proprietario ha la pi� libera disponibilit� sarebbe, quindi, contrario al pi� elementare senso di giustizia tributaria e quindi, anche alla Costituzione, secondo la quale altrettanto ingiusto � sia trattare in maniera diversa soggetti che versano nelle stesse condizioni, sia trattare in maniera eguale soggetti che versano in condizioni diverse. Cadono, quindi, alla luce di queste considerazioni, tutte le opposte argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato e basate sul presupposto certamente vero in linea generale che la classificazione catastale e la conseguente determinazione della rendita deve aver riguardo precipuo ad aspetti -quali la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sul reddito ....__ essenzialmente economicisti che non avrebbero (ed� � qui l'errore) � se non un possibile �d eventuale rapporto del tutto accidentale, e perci� non suscettibile di diventare decisivo, con i pregi artistici e storici dell'immobile .presi in considerazione sulla tutela delle cose d'arte�� (Argomentazioni del resto anche contraddittorie, perch� a pag. 8 del rk:orso in esame sembra sostenersi che l'applicazione della categoria A/9 spetti ai castelli �e ai palazzi � de quibus � quanto �meno quando siano adibiti per intero ad abitazioni; a pag. 9 (in fondo) si stigmatizza invece come giuridicamente inaccettabile anche il fatto che � una lussuosa 'abitazione, collocata nel centro di Roma (magari frutto di uno svuotamento e di una<ristrutturazione che ha lasciato solo le originali antiche facciate perimetrali} avente tutte le caratteristiche di una abitazione signorile o di lusso, debba essere classificata insieme a tutto il palazzo, e quindi anche ai negozi e alle autorimesse, in A/9 quando essa ha obiettivamente caratteristiche reddituali intrinseche ad estrinseche del tutto identi�he a quelle classificabili in A/1 o A/2 collocate subito accanto e pur ritenute dalla Sopraintendenza non meritevoli di vincoli storico-artistici �. IV) La stessa Finanza, -avvertendo l'insostenibilit� della tesi secondo cui castelli e palazzi non dovrebbero avere alcuna delle destinazioni previste nel quadro� generale e quindi rimanere in sostanza inutilizzati, ha finito col ritenere (come chiaramente si evince nella specie dal comportamento dell'U.t.E. e come, sia pure contraddittoriamente, ammesso dalla stessa Avvocatura, che compatibile con il riconoscimento della cat. A/9 possa essere soltanto la destinazione abitativa dei suddetti edifici o, quanto meno, non quelle commerciali come ad es. quelle ad uffici o ad alberghi. Ma non � affatto chiara, n� tanto meno plausibile la giustifica~ zione di siffatta discriminaziope. Se� � vero infatti, che la destinazione � albergo o pensione � � prevista nel quadro Generale delle Categorie nel gruppo � D �, � anche vero che quella di � ufficio o studio privato � eprevista nello stesso gruppo � A � �n cui sono inclusi i castelli o i palazzi dei quali qui trattasi. Ci� iinpedisce di ritenere che i castelli e i palazzi di cui alla cat A/9 possano essere solo quelli destinati ad abitazione per il solo fatto d'essere stati inclusi nel gruppo � A�. D'altra parte, se � vero che i castelli originariamente servivano ad abitazione dei signori feudali o rinascimentali che li possedevano, � vero aii,che che non erano affatto escluse altre destinazioni sia pure secondarie e di natura commerciale (quali botteghe, laboratori e magazzini) connesse con l'economia curtense dell'epoca. Quanto ai palazzi, poi, essi 162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO hanno in tutte le epoche molto spesso avuto vani terranei adibiti agli usi pi� diversi da quelli abitativi (rimesse di veicoli, magazzini, uffici, negozi). Ritenere, quindi, che la cat. A/9 sia attribuibile solo a castelli o palazzi adibiti per intero ad abitazione ovvero soltanto a quelle porzioni di essi che abbiano tale destinazione sarebbe, nel silenzio del legislatore, tanto arbitrario quanto priivilegiare altre destinazioni o, al limite, escluderle tutte. Tale conclusione non deve sembrare affatto paradossale perch� rivela �molta pi� capacit� contributiva (criterio cardine da cui non si pu� prescindere nell'interpretazione di norme tributarie) chi destini un intero tcastello o palazzo (o parti di esso) a sua abitazione (come usavano i signori feudali o rinascimentali) ovvero addirittura li tenga inutilizzati (pur sobbarcandosi a sostenere le spese di manutenzione), che non chi sia indotto a dare ad essi una destinazione pi� produttiva. Alla luce delle quattro sovraesposte considerazioni si deve risolvere negativamente il sottoproblema (in quanto accessorio rispetto a quello principale sin qui affrontato) consistente nell'accertare se, qualora il castello o il palazzo di eminente pregio artistico o storico sia diviso catastalmente in pi� unit� immobiliari distinte, almeno talune di esse possano essere classificate in categoria diversa dalla A/9 per effetto della loro attuale destinazione ad uso commerciale (quali alberghi, negozi, uffici, magazzini, rimesse etc). Infatti: a) se il pregio storico o artistico � stato riconosciuto dal competente Ministero all'edificio �in toto et in qualibet sua parte � (come nella specie la Commissione Centrale ha ritenuto con accertamento di fatto insindacabile in questa sede) affermando espressamente che il riconoscimento del Ministero della Pubblica Istruzione aveva �investito il Palazzo in tutto il suo insieme� e, quindi, inscindibilmente considerato); b) se, conseguentemente, gli oneri e i vincoli gravanti la propriet� di esso non possono non riferirsi anche ad ogni singola sua parte, sicch� il reddito di cui ciascuna � suscettibile deve essere considerato �pro parte � pur sempre minore di quello apparente per effetto di tutti quei pesi che gravano i beni culturali e che in precedenza si sono ricordati; e) se � vero che -come gi� dimostrato -sarebbe arbitrario, nel silenzio del legislatore, ritiene compatibile con l'inquadramento nella cat. A/9 solo gli edifici destinati ad abitazione, non pu� non concludersi che detta categoria deve essere attribuita a ciascuna unit� immobiliare, in cui l'edificio si trovi catastalmente diviso, quale che sia la destinazione che 'essa abbia e la natura del reddito ricavatone. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRffiUTARIA 163 N� meno infondate sono le argomentazioni svolte dall'Avvocatura d�llo Stato e basate sull'art. 2 della 1. 2 agosto 1982 n. 612 (Regime Fiscale dei beni di rilevante interesse culturale�. Detta norma cos� recita: .� � L'aggiornamento dei� redditi degli.. immobili riconosciuto di interesse storico o artistico ai sensi della 1. lQ giugno 1939 n; 108~t (e successive modificazioni e integrazioni) � effettuato l1lediante l'applicazione del minore tra i coefficienti previsti per i fabbricati �. � innegabile che una siffatta dizione sembra presupporre� che� immobili, pur riconosciuti di interesse storico o artistico, si trovino classificati in categorie diverse dall'A/9. Ma tale constatazione sarebbe vera'mente ostativa alla tesi che qui si giudica preferibile soltanto se fosse vero che � castelli e palazzi � esauriscano l'intera categoria degli im1UPbili diinteresse storico e artistico, oggetto dell'art. 2. della citata 1. 512 dell'82, Il che, invece, � falso !'!� per rendersene conto, bastLpensare che nella suddetta categoria rientrano anche immobili che, pur ~vendo i:O.ciubbf pregi storici .�o artistici, non possono essere considerati . n� castelli, n� palazzi, quali, ad es. ville, giardini, portici, gallerie, case di semplice fattura e di piccola mole (quale pu� essere, ad es. la casa natale di un personaggio i11ustre di umili origini), singoli locali di immobili pi� complessi etc. �Castello�, invero, significa, -nel lessico comune che qui deve �Ssere tenuto presente ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, (( grande e maestosa residenza signorile (a1meno iii origine), strutturata a fortificazione; tipica dimora di signori feudali o rinascimentali o costruita anche in epoca pi� tarda ma a . somiglianza di essa �. E per �palazzo �, d'altra parte, deve ii:J.tendersi � edificio di notevole impegno e sviluppo architettonico, adibito nel suo complesso ad abitazione signorile o a sede dipubblici uffici .e -oggi per estensione -, caseggiato cittadino, ma pur sempre di notevole mole unitaria e a pi� piani, comprendente un numero notevole di appartamenti ed, eventualmente, di negozi e uffici o adibito ad altre destinazioni di notevole spicco socio-economico �, Queste definizioni sono sufficienti per dimostrare che la categoria A/CJ, �lungi dal poter essere attribuita a�tutti gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico ai sensi della l. 1� giugno 1939 n. 1089, pu� ricomprendere soltanto edifici di ben� specifiche e non comuni caratteristiche, anche se, certamente, tra i pi� rilevanti (per qualit� anche se non per quantit�) fra tutti quelli che costituiscono il patrimonio cuUurale della Na7Jione e che .richiedono pi� ingenti spese di manutenzione: il che spiega perfettamente perch� meritino, anche fiscalmente una considerazione particolare. (omissis) - 164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 2 dicembre 1993 n. 11957 � Pres. Beneforti -Est. Rocchi -P. M. Priscoli (conf.) � Soc. COSI c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Criscuoli). Tributi in genere � Violazione di leggi finanziarie � Misure conservative � Opposizione � Giudice competente -Foro dello Stato. (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 26 e 27). Giudice competente per l'opposizione contro il provvedimento che autorizza le misure cautelari di cui all'art. 26 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 � il tribunale del foro dello Stato (1). (omissis) Con l'unico motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., violazione dell'art. 27 della legge n. 4/1929, nonch� difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia, il ricorrente contesta sostanzialmente che il rimedio previsto dal citato art. 27 instauri un normale giudizio di cognizione da proporsi secondo le regole previste per il foro erariale. I Il ricorso � infondato. Secondo un indirizzo gi� espresso da questa Corte suprema (v. Cass. n. 2447/80), al quale il Collegio, condividendolo, intende interamente uniformarsi, � per individuare il giudice competente a conoscere dell'imI pugnazione contro l'iscrizione dell'ipoteca ed il sequestro a norma del~ l'ar. 27 della legge n. 4/1929, deve farsi ricorso all'art. 25 c.p.c. nonch� alle disposizioni di cui al R.D. n. 1611/1933 �. In particolare, mentre l'intendenza di Finanza esercita la facolt� di richiedere all'Autorit� giudiziaria i provvedimenti di cui al precedente art. 26 della legge citata direttamente e senza la rappresentanza dell'Avvocatura dello Stato, l'impugnazione in opposizione prevista dall'art. 27 instaura un giudizio di cognizione, nel quale cela la regola generale della rappresentanza obbligatoria della P. A. a cura della Avvocatura di Stato. Inoltre l'art. 27 citato, poich� stabilisce soltanto che l'impugnazione in opposizione va proposta �innanzi al giudice�, sancisce un implicito rinvio alla normativa generale del codice di rito, con la conseguenza che l'opposizione avrebbe dovuto nella specie essere proposta con citazione a coxpparire innanzi il Tribunale di Palermo, secondo le regole del foro erariale. (omissis) (1) Un utile chiarimento: decisione da condividere. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 CORTE DI CASSAZIONE, sez~ I, J dicembre 1993 n. 12021 -Pres. Favara � Est. Grieco -Ministero delle Finanze (avv. Stato Mangia) e; Dell'Orto. Tributi in genere � Contenzioso tributarlo � Notificazione -Consegna a persona di famiglia � Omessa indicazione nella relazio.ne del luogo di c�ilSegna della copia . NwUt�. � � � � (c.p.c. art. 139). Sebbene per la validit� della notifica con la consegna a persona di famiglia non sia richiesto un rapporto di convivenza, � tuttavia necessario ehe .dalla .relazione rt1sulti che la cons�gna sia avvenuta i?.ella casa del destinatario. della notifica (1). (omissis) Il ricorso � inammissibile. :� ageyole rilevare dagli atti di causa-che questa Corte ha il poteredovere di esaminare in ragione della .natura dell'errore in cui � incorsa l'Amministrazion� ricorrent�he l'impugnazione n,on risulta notificata alla Maria. Luisa . Dell'Orto bensr .�al. suocero . di cui, per altro, nena relata di notifica (~ffettuata con il servizio postale) non � stata attestata la � convivenza con la destinataria dell'atto notificato�; n� la circostanza che il cor�seWiatario dell'atto era .stato �rinvenuto� nella casa di abitazione del destinatario. � � Premesso che il plico raccomandato era stato indirizzato alla Dell'Or~ o, i:n vja Alighieri II, 22060. Arosio (Como) e che l,a dichiarazione di ricezione, sottoscritta dal consegnatario menziona la data dell'operazione ma :nessun'.altra. circostanza relativa al luogo della consegna, deve con~ iuciersi :P.�r-~~ inefficacia della notilic:::a. Se � ver~, i~fatti, che ai fini della validit� della notifica a p~rsone di famiglia, ai sensi dell'art. 139 c.p.c., non � richiesto, necessariamente, un rapporto di convivenza tra detta persona ed il .destinatario dell'atto {con la conseguenza che ove H �familiare abbia accettato senza riserve il plico, la va1idit� pu� essere esclusa solo se il destinatario della notifica dimostri l�� o.cc11siol.1.alit� e la temporaneit� della permanenza nell'abitazione d�l consegnatado),. (cfr. Cass. 19 febbraio 1992 n. 2060), � pur vero che � necessario che nella relata di notifica, si indichi non solo . il vincolo familiare fr� i soggetti� ma� si dia, altresf, atto del � rinvenimento � del familiare nella casa del destinatarfo della notifica, atteso che proprio da siffatta situazione pu� evincersi la presunzione della consegna dell'atto al destinatario della notifica (cfr . .Cass. 26 febbraio 1990 n. 1434). Principio, quello affermato dalla Corte di legittimit�, pienamente condht:iso dal Collegio. Che lo ribadisce. (omissis) �(1) Decisione inaccettabile, specialmente nel caso di notifica a mezzo, posta nella quale la consegna nel luogo .di destinazione � bene presumibile. In senso contrario Cass., 18 febbraio 1992, n. 2060, in questa Rassegna, 1992, I, -126. 12 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 166 CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 24 dicembre 1993 n. 12777 -Pres. Rossi Est. Grieco -P. M. Lupi (conf.) -Giangrasso (avv. Spallina) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). Tributi in genere -Contenzioso tributario � Impugnazione � Responsabile per la sanzione � Legittimazione � Esclusione. (d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 98; c.p.c. artt. 100 e 112). Il responsabile per la sanzione (nella specie amministratore di societ�) se pure pu� int,ervenire nel giudizio promosso dall'obbligato pr,incipale, non pu� proporre l'impugnazione della sentenza se non � destinatario del comando in essa contenuto (1). (omissis) Con il primo motivo, il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2448 CC. e II2 nn. 3 e 4 LF. in relazione agli artt. 99 e 100 c.p.c. nonch� in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Sostiene che la responsabilit� di un amministratore, sia essa fiscale o nei confronti dei soci o di qualsiasi altra natura, sussiste in relazione al periodo di tempo in cui questi ha rivestito la carica medesima. In relazione a tale periodo, anche chi ha cessato di svolgere il compito di amministratore pu� essere convenuto in giudizio per rispondere di inadempimenti e irrego� larit�. In definitiva�, l'ex amministratore -di per s� -� esposto ad azioni di varia natura: azione ex art. 2395 C.C.: responsabilit� ex art. 98 d.P.R. 602/1973. Assume, inoltre, il ricorrente di essere titolare di un du� plice interesse ad agire: in re propria, per difendersi dall'accertamento tributario che potrebbe lederlo anche nell'immagine (di cittadino); in (1) Decisione interessante sul multiforme problema del potere del responsabile per la sanzione ex art. 98 del d.P.R. n. 602/1973 di tutelare la sua posizione. Sulla premessa che l'accertamento e il ruolo costituiti nei confronti dell'obbligato principale sono efficaci contro il responsabile della sanzione (Cass. 26 luglio 1993, n. 8366, in questa Rassegna, 1993,. I, 465), resta a vedere quali mezzi di difesa possa esercitare autonomamente il responsabile. Nel pi� ristretto ambito delle societ�, l'amministratore in carica pu� agire in giudizio sia a nome della societ� che a nome proprio. Quando invece l'amministratore non � pi� in carica la situazione processuale � pi� difficile: egli pu� intervenire nel giudizio che sia stato promosso dalla societ�, ma questo � un inter� vento dipendente che, come esattamente afferma la sentenza, non lo legittima all'impugnazione; pu� anche proporre un proprio autonomo ricorso (contro l'avviso di mora), per� � incerta l'ampiezza delle opposizioni deducibili contro l'accertamento definitivamente intervenuto nei confronti dell'obbligato principale. Le difficolt� sono per� appianate da ragioni di merito: poich� la sanzione dell'art. 92 del d.P.R. n. 602 presuppone sempre l'omesso o ritardato ver. samento (dato certo), le opposizioni del responsabile possono riguardare il titolo della sua personale responsabilit� (l'essere amministratore o l'estinzione dell'obbligazione), piuttosto che il merito. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 'llUBUTARIA qualit� di ex amministratore della societ� � per supplire� alla inerzia degli organ,i fallimentari. Con il secondo motivo, si , denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 36 d.P.R. 602/1973, in .relazione agli artt. 99 e 100 c.p.c. e 360 n. 3 c.p.c. Deduce ilricorrente che la Commissione tributaria di secondo g:rado �.avrebbe.� dovuto dichiarare ... la nullit� degli . accertamenti essendosi estinto il soggetto passivo d'imposta. Che comunque, indipendentemente dalla estinzione, non pu� essere negata all'amministratore, per i periodi di imposta cui si riferiscono gli accertamenti, la legittimazione ad agire i.n. proposito~ ... Le censure-che i;ipropongono la questione della legittimazione. di colui che f� amministratore della societ� nel periodo cui si riferiscono gli �accertamenti� ad agire per contestarli, indipendentemente dall'esistenza cl~~ potere di rappresentanza e del soggetto tributario nel moniento del� l'<,p:i9ne difensi:va~sono �infondate, � opportuno.� sottolineare che�. il Giangrasso, allo scopo di tutelare un � suo � interesse, propose in proprio il gravame alla Corte d'appello avverso la decisione della Commissione di secondo grado che concerneva la societ� per azioni � Giulio 1� � nell'ambito di un rapporto processuale che era stato iniziato da altro soggetto (il Curatore fallimentare) e coltivato, in secondo grado, dall'Amministratore della societ�; che l'impugnazione alla Corte romana, for.mulata dal Giangrasso, non interess�, processualmente, altri soggetti oltre l'Amministrazione finanziaria dello Stato. � agevole, allora, rilevare che la questione si propone in termini essenzialmente procedurali in quanto non � in esame la ammissibilit� di tutela di un soggetto, in relazione ad interessi di varia natura, nell'ambito di un rapporto processuale di incontestata ritualit� quanto l'ammissibilit� di una �iniziativa processuale, in fase di impugnazione, da parte di un soggetto diverso da quello, o da quelli, che avevano partecipato ai gradi precedenti di giudizio. Alla questione cos� delineata non pu� che darsi risposta negativa sottolineando che la pronuncia di inammissibilit� della Corte d'appello, in� relazione� ad un gravame proposto da soggetto diverso da quelli che avevano partecipato ai primi due gradi di giudizio, � conforme a legge. Ed invero, il principio affermato da questa Corte (cfr. Cass. 13 dicembre 1990 n. 11828), secondo cui la facolt� di intervenire nel processo, per 6gni interessato, deve riconoscersi indipendentemente dalla effettiva esistenza, nel soggetto che ha inizialmente proposto la domanda, delle condizioni necessarie per l'esperimento dell'azione, sicch� il soggetto legittin). ato ad intervenire pu� sostituirsi al non legittimato �anche nel corso� del processo nell'esercizio dell'azione giudiziale (la legittimazione deve, infatti, ricondursi fra le condizioni dell'azione e non fra i presupposti 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO processuali), non pu�, incontestabilmente, travolgere i limiti �.di realizzazione dell'intervento in causa e quelli posti dalle regole delle impugna~ zioni che, in tutta evidenza; legittimano .si a quella fase processuale anche coloro che non .hanno partecipato al. giudizio ma a condizione che siano destinatari del comando del giudice (Cass.12 magg�o 1990 n. 4101). Il che, nella specie, non si era verificato fa aloun modo e in alcuna misura. (omis$is) CORTE D.I CASSAZIONE, sez. I, 20 gennaio 1994 n. 516 -Pres. Montanari Visco -Est. De Musis -P. M. Martinelli (diff.) -Marzano (avv. Agnino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone). Tributi in genere -Accertamento� -Istruttoria -Documenti atti e notizie acquisiti nell'esercizio di poteri di polizia giudiziaria � Istruttoria penale nei confronti di soci � Utilizzazione nei confronti della societ� di fatto fra gli indagati � Legittimit�. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,.art. 63; d;P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33). Allorch� si ritenga che sia sta(a costituita una societ� di fatto, i risul~ tati delle indagini esperite nei confronti .dei soci imputa,ti penalmente possono essere utilizzati.nei confronti della societ� in. quanto la soqiet�, pur concettualmente distinta, si identifica i:;on i soci (1). (omissis) Con il secondo motivo si deduce che la Commissione Tributaria Centrale, affermando che i risultati delle indagini esperite nei confronti del Marzano, quale imputato in sede penale, potevano essere utilizzati nei confronti della (a.sserita) societ� di fatto, .della quale il Marzano sarebbe stato socio, � incorsa in violazione e falsa applicazione degli artt. 51, n, 5, 53 e 63, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 p.. 633 e 35 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, nonch� il travisamento di fatti perch� i risultati delle indagini, ~nche perch� aventi ad oggetto fatti personali; non potevano essere utilizzati nei confronti di un soggetto diverso,, quale era la societ� di fatto, tanto pi� che il Marzano era stat9 in seguito assolto in sede penale. Il motivo � infondato. Allorch� (si ritenga che) sia stata costituita come societ� di fatt�>, i risultati delle indagini esperite nei confronti dei due soci, imp.tati penalmente, possono essere utilizzati nei confronti della societ�. Lo scopo dell'art. 63 del d.P.R. 26-10-1972 n. 633, nella parte in cui dispone che la utilizzazione deve concernere documenti, dati e notizie (1) Decisione da condividere pienamente. PARTE: IcSEZ� .Vr GnIRiSP.RUDENZA :{R~llUTARIA 169 �acquisiti nei confronti dell'imputato�, � quellg.dj. precludere che detta 11tiJjAl,~zioq~ .(lvv~ngfl. neJ confr(};t}t~ di .n soggetto diyer59 dall'imputato . .. M~.Jal~. dj,v('!rsitil, nqn su,s~j�t~ tra l!l�.socit':t�,dj.,tattQ e.� i suoi soci 9.111 �lllom~r:tto.. phe �:ostoro. sono c;:ssi �ste�~i gli. a.@rninistratori .. ed i ... rap.. !),r~sep~i:,tti .... dylJ.~ ... sq�:ie;�. singqlarw~n;e,. Ji:\Uto . che .. singolarmente sono .!UH~i~~t.~~~ti:i .� ,i;espgnsJabiH ...� .;\elle ol:)p!igo?;ioI1i�...d.ellll�� societ�~ . . � . J.,a . societ� �it fattQ1 cio�, �.�pur essendo . concettualmente.� distinta dai singoli soc( ~ostailzialmente si id~rt�fic� ~on cost~ro dal momento che gli elementi strutturali della stessa si ritrovano unicamente nel comportamento dei �singoli soci. Costituisde� ooriferina di���� ta1� C�ndusfone��n� �rilievo che ul1'eventUa: fo�ihdagin�/ che volesse esperirsi ne��conftontt����c:teua (ritenuta) societ� di fatto,� non 'pottebbe�che essere svolta, per �dif�ho'.appul1to� del formale tif�riment� �alla �s-0ciet� .�. degli� elementi strutturali della stessa, che nei confronti dei Su�i singoli so�i. �(omissis}� �oitH: �1 CASSAZIONE; se~. I, 23 febb~~io 1994 n.1815 -Pres. Corda Est. Cantillo -P. M. Tondi (conf.) -Monte dei Paschi di Siena c. MiriiStero d�lfo Finanze (avv. Stato SalvatC>reUi). Trl'bttifit��geliere ~ Riscossione -Versainentt diretti��~���Istituto di �credito de... legato�~ .vers~ento ad ufficio �incompetente� -�Applicabilit� i della penale.. " Elemento soggettivo ... Irrilevanza. ����(legge.:���.dicembre� 1975/m� 576, �art:.10) . . � ��. Il versarrz~nto... presso ufficio .incompetente 4a parte dell'istituto di credito �le~egato <f..ai,oq~tribuenti d�. luogp .all(;l �ipplicazione della stessa penale prevista per il versamento omess(); per l'operativit� della penale non si richiede ~a sussistenza dell'elemento� soggettivo (1). . (dntissi~f i. Coh li primo motivo, denuriziando la violazione delral't. f della legge 2 rilaggio 1976, n. 160, il Monte dei Paschi d� Siena 'sostiene che �rr6neahlente fa seriteriz� �.impugnata ��ha��ritenuto� fogitt�ma Ia s�nziori� comminata .� daU'Amtni:ilist:razforie firianzi�rfa; giacch� �fa.� norma concerne l'omesso versamento delle somme riscosse � dal11istitufo� di credi:to e non i} versamento ad ufficio incompetente, nel:la qu11le ipotesi manchere\')per9 siaJ'illecito arricchimento del solvens, che. la disposizione � diretta a�l evitare, e siaJa co~cienza e volontariet� (;lell'evento, che � ele.mento essenzj.ale di ~ualsiasi illecito. (1) Decisione �ineccepibile. S�l1a natura della penale v. Cass., 21 settembre 1993, n. 9660, in questo faSc:icolo, pag. 151. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO. STATO La censura � infondata. La questione che essa suscita � stata gi� decisa in senso contrario da qu�sta Corte con una recente pronunzia, che ha ritenuto dovuta la penale anche nelle ipotesi in cui il versamento venga effettuato ad un uffitio o ad una tesoreria� incompetente. E questa soluzione merita conferma, non venendo ora addotte nuove e valide ragioni per discostarsene. IIi particolare, alle argomentazioni svolte dal ricorrente va obiettato che: a) nell'ambito del rapporto di delegazione tra l'istituto di credito e l'Amministrazione finanziaria, il versamento delle somme riscosse da parte del primo ha effetto liberatorio, ai sensi dell'art. 1 I. 160 del 1976, solo se effettuato alla .Tesoreria dello Stato competente (cio� la sezione di tesoreria nella cui circoscrizione ha sede l'azienda delegata), per modo che l'imputazione del versamento ad un diverso organo, ancorch� appartenente alla Amministrazione finanziaria, costituisce inesatto adempimento della prestazione dovuta e realizza i presupposti della fattispecie che rende applicabile la penale, risolvendosi in un ritardo nell'adempimento; b) tale equiparazione � dovuta a ci�, che l'errata imputazione rende indisponibile la somma oggetto del versamento anche rispetto aJ.. l'ufficio cui .� pervenuta, il quale non ha titolo giuridico per acquisirla; e) la necessit�: di rispettare in modci rigoroso l'imputazione prescritta � altresi correlata ai controlli che le sezioni di Tesoreria sono tenute ad effettuare immediatamente in ordine ai versamenti compiuti dalle aziende di credito, incidendo allo stesso modo dell'omissione di versamento sia quanto alla corrispondenza tra le somme riscosse e quelle versate, sia quanto alla liquidazione delle commissioni trattenute dall'azienda, ex art. 17 della legge; d) in sostanza, prima dell'eventuale correzione dell'errore di imputazione, non si perfeziona la fattispecie estintiva dell'obbligazione, in quanto non v'� un'entrata che possa essere legittimamente acquisita: il versamento �, quindi, tamquam non esset ed in ci�. risiede la ratio .della penale, a nulla rilevando che -non vi sia anche un illecito arricchimento cl.ell'istituto di credito; e) posto che la penale di cui si discute � analoga a quella prevista in via generale dall'art. 1382 e.e. -in quanto attiene ad un rapporto che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non ha natura tributaria (v., fra altre, S.U. n; 8985 del 1990; n. 1198 del 1988; n. 1467 del _1987; n. 6417 del 1983) -non � pertinente il riferimento all'elemento soggettivo. nelle violazioni amministrative sanzionate con pena pecu niaria, di cui alla legge n. 689 del 1981. (omissis) SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, sez. I penale, 4 marzo 1994 (dep. il 21 aprile 1994) n. 1099 -Pres. Valiante -Est. Valente -Procedimento penale c. Prandini Giovanni ed altri -Parti civili Ministero dei lavori pubblici e ANAS (avv. Stato Fiumara). Procedimento penale � Procedimento penale per reati ministeriali . Con� flitto di competenza fra Collegio per i reati ministeriali e G.U.P. (Cost., art. 96; legge cost. 16 gennaio 1989, n. 1, art. 9; legge 5 giugno 1989, n. 219, art. 3; cod. proc. pen. artt. 416-417). Nel procedimento penale per reati ministeriali la competenza allo svolgimento di specifici atti istruttori, successivi alla concessione dell'autorizzazione a procedere, ed alla decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio, spetta al Collegio per i reati ministeriali, istituito dalla legge costituzionale n. 1 del 16 gennaio 1989 (1). (omissis) Nel procedimento penale a carico, tra altri, dell'on. Prandini Giovanni, in ordine a fatti, al medesimo ascritti, con riferimento all'incarico di Ministro dei Lavori Pubblici, svolto dallo stesso, dopo la concessione dell'autorizzazione a procedere, da parte della Camera dei Deputati, sulla scorta di specifica richiesta formulata dal locale P.M., il G.I.P. del Tribunale di Roma fissava l'udienza preliminare dinanzi a s�. A seguito di ci�, i difensori dell'imputato denunciavano conflitto di competenza, sul rilievo che la competenza per la fase del procedimento successiva all'autorizzazione a procedere doveva ritenersi attribuita al Collegio per i reati ministeriali, istituito dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1 (omissis). (1) Soluzione difforme da quella proposta dall'Avvocatura dello Stato costituitasi parte civile nel processo per il Ministero dei lavori pubblici e l'ANAS. L'Avvocatura aveva sostenuto, pur non nascondendo l'opinabilit� della tesi, che, entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale, coerenza avrebbe voluto che la competenza del Collegio per i reati ministeriali dovesse intendersi limitata alla fase relativa alla concessione o al diniego dell'autorizzazione a procedere. La Corte Suprema ha ritenuto invece la �conservazione� del Collegio anche successivamente alla concession~ dell'autorizzazione a procedere, precisando che nella fase ad essa successiva il Collegio � svolga le funzioni che erano proprie del G.I., con applicazione delle norme procedimentali del previgente codice del 1930, giacch� soltanto queste si conformano alla sua struttura e consentono l'esplicazione della funzione, per la quale � stato creato dalla vo 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma, con ordinanza in data 26 novembre 1993, nel trasmettere la denuncia di conflitto, confermav~.fa .sua .competenza a proseguire nel procedimento. Il G.U.P. del Tribunale di Roma, a sua volta, con provvedimento in data 13 dicembre 1993, interloquendo sull'eccezione di incompetenza per materia dedotta dai difensori del Prandini, riteneva sussistente la propria; cornpetenza e, preso atto dell'identica affermazione formulata dal Collegio .per i reati ex art. 94 della Costituzione, rilevava autonomamen� te sittJ.azione di conflitto di competenza e disponeva trasmettersi gli at� ti a questa Corte per la risoluzione. Quel giudice prospettava una pi� rigorosa interpretazione letterale delle due norme in apparente contrasto ed evidenziava che una diversa soluzione della questione avrebbe dato luogo ad una commistione di ruo� li -P.M. e Giudice -inammissibile in un procedimento, quale quello attuale, caratterizzato dalla netta distinzione tra organi e funzioni in� quirenti ed. organi e funzioni giurisdizionali. Passando ad esaminare il conflitto, sui quale � stata chiamata a decidere la Corte, va osservato come lo stesso -pienamente ammissi� bile in rito, giacch�, si � venuta a creare una situazione di stallo, che pu� essere rimossa soltanto con decisione di questa Corte regolatrice va risolto nel senso che la competenza allo svolgimento di specifici atti lont� legislativa costituzionale'" La Corte, per�, non ha mancato di sottolineare che � le non poche perplessit� che sorgono dalla soluzione scelta e i non lievi problemi processuali che dalla stessa potranno scaturire rendono auspicabile un ulterior~ intervento cl;�arificatore del legislatore che, alla luce anche delle esperienze sopravvenute alla pratica applicazione delle disposizioni del nuovo codice di rito, fissi in modo organico e preciso la disciplina delle attribuzioni del Collegio nelle due fasi delle indagini �. Si trasc:i;ive la memoria depositata dall'Avvocatura dello Stato sulla que stione. . . Procedimento penale per reati ministeriali. Competenza dello speciale Col� legio istituito �dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1. (omissis). -2. -Il problema di competenza che � sorto non � certo di facile soluzione. Analoga questione era sorta invero, e proprio presso il Tribunale di Roma, in occasione di altro reato ministeriale, l'affare Nicolazzi. Allora� il Collegio per i reati ministeriali, cui gli atti erano stati restituiti dalla Camera con la concessa autorizzazione a procedere, aveva rimesso gli� atti al P.M.. Questi, ritenendo che la trasmissione dovesse intendersi come finalizzata a consentire al suo ufficio di procedere secondo le norme ordinarie all'istruzione e non invece all'esclusivo esercizio del potere dovere di formulare richieste istruttorie (come il Collegio all'uopo interpellato gli aveva fatto sapere) aveva sollevato conflitto di competenza dinanzi alla� Suprema Corte. La Corte investita del conflitto, nel ritenere che ove fosse stata fondata l'interpretazione dell'articolo 3, commi 1 �e 2, legge 219/89, prospettata dal P.M.; la norma avrebbe potuto porsi in contrasto con l'articolo 9, comma 4, legge costituzionale n. 1/89, che anche ermeneutica. mente valutata alla stregua dei lavori preparatori e dell'emendamento appor� PARTII I; SEZ. VI, GIURISPRUDENZA "PENALE 173 istruttori; successivi alla concessione dell'autorizzazione a procedere, ed alla decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio, spetta al Collegio per i reati ministeriali, istituito dalla legge costituzionale n. 1 d�l 16-1-1989~ Al riguardo, va, anzitutto, .ribadito che la soluzione della <questione deve ricercarsi �alla stregua delle�. disposizioni.�� di �legge ��esistenti e sulla scorta di interpretazione delle st�sse che. sia. conforme ai canoni cor� rentL di ermeneiltiea, non essendo consentito, neppure a questa Suprema. Corte, di ricercare principi giuridici diversi da quelli discendenti direttamente dalle norme vigenti, pur se con la giustificazione� --... di .natura, evidentemente, solo meta ...,... giuridica -che questi �ultimi mal si conciliano con istituti processuali; introdotti dal codice di .nito del 1988. In proposito; non sembra, comunque; superfluo rilevare che l'articolazione normativa di istituzione e funzionamento del Collegio per i rea� ti ministeriali -legge costituzionale n. l del 1989 e legge� 219 dello stesso 1989 + pur se. app(:lre ispirata al modello procedimentale del previgente codice, ha esteso il suo intervento con riferimento specifico anche al nuovo codiee di rito, come sLdesume dal combinato disposto dagli art. 1, co. 2 e 3, co. l della predetta legge n. 219/89; sicch�, deve fondatamente ritenersi che il Legislatore�~ peraltro, come si �� �visto; cost�tu� zionale -ha ben tenuto presenti le nuove caratterizzazioni (quali; la tato al testo ongmario, sembrava aver attribuito al Collegio-ra� c�mpetenza funzionale a proseguire il giudizio nella fase istruttoria, aveva s�llevato que. stione .di legittimit� costituzibnale;� La Corte Costituzionale con sent�rtza 23-25 maggio 1990, n. 265,. aveva dichiarato non fondata la questione Pr-O:P�stai risolvendosi questo in un mero problema di interpretazione, problema the trovava la sua soluzione nel fatto che l'articolo 3 legge 219/89 andava inteso nel senso che la trasmissione. degli atti dal Collegio al P. M. era avvenuta non perch� quest'ultimo provvedesse allo svolgimento di tutta l'attivit� conseguente alla concessa autorizzazione ma. soltanto perch� partecipasse all'attivit� spettante al Collegio esercita.n:do i suoi poteri. La Corte di Cassazione con sentenza 26 giugno- 10 luglio 1990, n. 1817; si conformava alla .pronuncia della Consulta e nella specie il�� C�llegio per �i �reati ministeriali provvedeva esso stesso �con ordinanza 2-18 marz� 1991 al.�.rinvio a giudizio degli imputati. Ma la soluzione cui allora si pervenne non � necessariamente la stessa nel caso di specie, in quanto allora il procedimento� penale�si svolgev� . secondo il veechio rito,� mentre il pr�cesso di cui trattiamo oggi si svolge con il nuovo rito�. 3. � La legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, contenente modifiche degli articoli 96, 134 e�135 della C�stituzione e della legge costituzionale U marzo 1953, n. 1,. e n�rme. in materia di procedimenti per i reati di cui all'articolo 96 della Costituzione, � stata emessa� �vigente . ancora il vecchio c.c.p. e, � invero, senza una ben precisa rappresentazione di quanto sarebbe pot�to accadere con il nuovo �codice gi� formato ma non ancora vigente. � Il Collegio di ctii all'articolo 7 -dispone l'articolo 8 della legge costituzionale -, ... compiute indagini preliminari e sentito il P.M.; se non ritiene che si debba disporre l'archiviazione, trasmette gli atti con �relazione motivata al Procuratore della Re. pubblica per la loro immediata rimessione al Presidente della. Camera com RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO�� 174 distinzibne tra organi preposti alla ricerca delle prove ed organi di controllo delle prove stesse) ed i nuovi istituti introdotti con il codice di rito del 1988. Tanto premesso e, poich�, la materia risulta disciplinata da fonti legislative di rango diverso e, metodologicamente, � la legge costituzionale che deve fornire i parametri di interpretazione di quella ordinaria e non viceversa, �, innanzitutto, alla legge n. 1 del 1989 -di modifica dell'art 96 della Costituzione -che bisogna rifarsi per la ricerca della soluzione. Ora, l'art. 9 comma 4 di detta legge, recitando testualmente � L'Assemblea, ove conceda l'autorizzazione, rimette gli atti al Collegio di cui all'art. 7, perch� continui il procedimento secondo le norme vigenti� non concede spazio ad interpretazione diversa da quella, secondo la quale si � inteso deputare alla continuazione del procedimento proprio il Collegio istituito con la predetta legge costituzionale; a meno di non voler sostenere -come sono costretti a fare i propugnatori della tesi opposta -che il Legislatore abbia compiuto un errore nella costruzione logica del testo normativo, apparendo evidente che ove il significato da attribuire al verbo � c�ntinuare � fosse stato quello intransitivo, lo stesso -second� corrente regola sintattica -doveva esser proposto e non preposto, al sostantivo � procedimento �, al quale si sarebbe dovuto riferire. petente ...; in caso diverso il Collegio, sentito il P.M., dispone l'archiviazione ... �. Da tale norma possono trarsi due conseguenze: l'una che il Collegio aveva la specifica funzione di svolgere le sole indagini finalizzate �alla richiesta di autorizzazione a procedere, e l'altra che lo stesso veniva ad assumere le funzioni proprie del giudice istruttore (si veda il potere di archiviazione) ben distinte da quelle del PM. In questo quadro, la norma del 4� comma dell'articolo 9, secondo cui �l'Assemblea, ove coi1ceda l'autorizzazione, rimette gli atti al Collegio di cui all'articolo 7 perch� continui il procedimento secondo le norme ordinarie �, se pur incoerente con la prima delle due conseguenze sopra dette, appare in linea con la seconda di esse, � continuando � il Collegio nella prosecuzione del procedimento con le funzioni del giudice istruttore. E in tal senso � stata la decisione della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione sopra riferite. Ma ben diverso � il quadro nel quale si colloca tale normativa una volta entrato in vigore il nuovo codice di rito. In esso le funzioni propulsive di indagine preliminare sono specificamente ed esclusivamente attribuite al Procuratore della Repubblica (il P.M. svolge � le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale � -art. 326 c.p.p. -, � dirige le indagini e dispone direttamente della Polizia Giudiziaria� -art. 327 c.p.p. -, restando al giudice [delle indagini preliminari] le sole funzioni decisionali). Coerentemente la legge 5 giugno 1989, n. 219, contenente nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall'art. 90 della Costituzione, all'art. 1, comma 2, dispone che � successivamente alla data di entrata in vigore del nuovo c.p.p. il Collegio (per i reati ministeriali) procede alle indagini di cui al comma 1 con i poteri che spettano al P.M. ! PARTE I, SBZ. 'VI, GIURISPRUD�NZA P�NALB 175 Ma, una siffatta lettura del testo normativo, oltrech� chiaramerite non rispondente a corretti canoni di ermeneutica, giacch� il contenuto precettivo della norma deve essere desunto dal dettato letterale, quale risulta dalle espressioni usate dal legislatore, si dimostra, peraltro, in contrasto con l'andamento dei lavori preparatori della legge costituzionale, attesoch� '--come posto in evidenza anche dalla Corte Costituzion�le nella sentenza n. 265 del 1990 -al testo che prevedeva, in origine, la trasmissione degli atti al P.M. perch� il procedimento avesse corso �secondo le norme vigenti�, ne fu sostituito altro, tradottosi, poi, nella �lefinitiva versione dell'art. 9 della richiamata legge n. 1/1989. Ed � noto che, se l'interprete, in genere, non � vincolato dai lavori preparatori, dovendo aver riguardo non tanto al pensiero delle persone che concorsero a formare la legge, quanto al senso proprio di quest'ultima, di per s� considerata nell'autonomia che acquista, a quelli � consentito rifarsi quando, come nel caso di specie, sorgono dubbi sul significato da dare alle espressioni letterali usate. Non senza tener conto, poi, che la soluzione opposta si rivela impraticabile anche perch�, in funzione della stessa, dovrebbe ammettersi che la legge costituzionale abbia inteso istituire un Collegio da restare relegato nella posizione marginale di organo competente per le sole indagini preliminari ex art. 8, con incoerente frantumazione della fase nella fase delle indagini preliminari �. E le indagini di cui al comma 1 sono specificamente ed esclusivamente quelle � previste dall'art. 8 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 �, cio� solo quelle finalizzate alla richiesta di autorizzazione a procedere: data questa sfera limitata entro cui pu� muoversi il Collegio, pu� trovare una sia pur labile spiegazione l'ulteriore potere attribuito al Collegio stesso in tema di incidente probatorio e di altra attivit� di competenza del G.I.P. Esaurita dunque la fase relativa all'autorizzazione a procedere con la concessione della stessa, dovrebbero ritenersi esaurite anche le funzioni dello speciale Collegio. L'art. 3 della legge 219/89 prescrive infatti che rimessi al Collegio stesso dal Parlamento gli atti ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge costituzionale � il procedimento continua secondo le norme ordinarie vigenti al momento della rimessione�. C�o� torna la competenza del P.M. per le eventuali ulteriori indagini e per la richiesta di rinvio a giudizio e torna la competenza dell'ordinario G.U.P. per il rinvio a giudizio. Questa coerenza sembra per� venir meno -e non lo si pu� negare -nell'ipotesi dell'art. 4 della legge 219/89, secondo il quale quando � negata l'autorizzazione a procedere � proprio il Collegio a disporre l'archiviazione, con poteri quindi giudicanti e non solo inquirenti: ma in realt� il contrasto � solo formale, posto che l'archiviazione � in tal caso un atto dovuto. 4. -In conclusione, dunque, una logica interpretazione della normativa vigente nel quadro del nuovo processo penale lascia intendere che la competenza a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio del P.M. spetti al G.U.P. ordinario e rion gi� al Collegio speciale. Se cos� non fosse emergerebbe la chiara incongruenza di attribuire al Collegio inquirente funzioni decisorie in contrasto con lo spirito del nuovo processo penale e con il principio costituzionale del diritto 176 RASSEGNA-AVVOCATURA DELLO STATO delle indagini in due tronconi -� ante � e � post � autorizzazione a procedere -att:i;ibuiti alla competenza di organi del tutto diversi e, peraltro di rango differente. N�. pu� ritenersi che la soluzione cui si aderisce sarebbe improponibile per;ch�. d� luogo ad una commistione di ruoli (P.M. e. G.I.P.), inammiss~ bile �.in un procedimento quale quello attuale caratterizzato dalla netta distinzione tra organi e funzioni inquirenti ed organi e. funzioni giurisdizionali�, giacch� l'obiezione -svolta dal G.I.P. del Tribunale di Roma nel provvedimento di elevazione del conflitto -non tiene conto della circostanza che, gi� nello svolgimento delle indagini che precedono la richies;ta di autorizzazione a procedere, il Collegio somma in s� attribuzioni del P.M. e del G.I.P., per espressa disposizione normativa (art. 1 co. 2 L. n. 219 del 1989).. . Orbene, d�>Vendosi affermare, per le argomentazioni svolte, la � con servazione� del Collegio per i reati ministeriali anche successivamente alla concessione dell'autorizzazion.e a procedere, pur se la questione non investe direttamente il � thema decidendum �, la Corte ritiene di dover ricercare le funzioni che vanno attribuite al Collegio, dopo che sia in tervenuta la detta autorizzazione e la conciliabilit� delle stesse con le norme procedurali. di difesa di cui all'art. 24, comma 2, della Costituzione. Deve per� riconoscersi che la soluzione . � oltremodo perplessa, profilandosi anche per quella suggerita un dubbio di costituzionalit�: l'art. 3 della legge 219/89 dispone che, una: volta restituiti gli atti dal Parlamento al Collegio, �il procedimento continua secondo le norme ordinarie >>, mentre la norma di rango costituzionale contenuta nell'art. 9, comma 4, della legge costituzionale 1/89 dispone che in tal caso (il Collegio?) �continui il procedimento secondo le norme ordinarie�, pur se quest'ultima norma potrebbe essere intesa, secondo un'interpretazione evolutiva che tenga conto del nuovo quadro di riferimento, che il Collegio debba � conti; nuare �.il proce�limento nel senso limitato di �dare impulso� ad esso rimettendo gli atti al P.M. per la eventuale prosecuzione delle indagini e le conseguenti richieste al G.l.P. competente. Ben venga dunque una pronuncia chiarificatrice dalla Corte Suprema che dirima il conflitto positivo di competenza fra il G.U.P. e il Collegio per i reati ministeriali, previa, se del caso, da parte della stessa Corte, rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione dei dubbi di costituzionalit� sopra prospettati. Non sembra, invece, opportuno il rinvio pregiudiziale alla Corte Costitu zionale da parte dello stesso G.U.P.: la questione sarebbe ovviamente inammis sibile se .pronunciata dopo una declinatoria di competenza da parte dello stesso G.U.P., ma sarebbe quantomeno di dubbia ammissibilit� ove sollevata dopo una pronuncia positiva di competenza, risultando anche in tal caso il G.U.P. privato di poteri decisori definitivi, per l'insorto conflitto positivo con il Collegio per i reati ministeriali. Le Amministrazioni costituite parte civile concludono quindi �chiedendo che� gli atti siano rimessi alla Corte di Cassazione per la risoluzione del conflitto di competenza. (omissis) OSCAR FIUMARA PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE Anche in tale ricerca non pu� prescindersi dalle norme regolanti specificamente la materia e, quindi, va subito rilevato come la legge n. 219 contenga clausole di rinvio, idonee ad individuare le regole da applicare ai procedimenti in questione: difatti, mentre l'art. 1 comma 5 prevede che, per quanto non disciplinato dalla legge costituzionale e da quello stesso articolo, si devono osservare le norme del codice di procedura penale �in quanto compatibili�, l'art. 3, comma 1 dello stesso testo normativo stabilisce che, quando gli atti, dopo l'autorizzazione a procedere, siano stati rimessi al Collegio, � il procedimento continua � ~econdo le norme ordinarie vigenti al momento della rimessione. Ora, tali norme -il cui contenuto letterale rafforza, all'evidenza, le ragioni svolte a sostegno della tesi che si accoglie, in quanto, disponendo il rinvio alle norme procedurali ordinarie, solo se compatibili con quelle speciali, proprie dei procedimenti affidati al Collegio in questione, consentono esplicitamente quella commistione dei ruoli, ritenuta inammissibile dal G.I.P. confliggente e dimostrano inequivocabilmente che il Legislatore, quando ha voluto dare significato intransitivo al verbo � continuare�, lo ha fatto attraverso corrette regole sintattiche devono essere correlate con quella del comma 2 del menzionato art. 3, stabilente che gli atti siano rimessi, senza ritardo, al Procuratore della Repubblica. La coordinazione di tali norme porta indiscutibilmente ad ammettere -peraltro, in aderenza a quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale nella pi� volte richiamata sentenza n. 265 -che il Collegio ex art. 7 L. 1/89, nella fase successiva alla concessione dell'autorizzazione a procedere, svolge le funzioni che erano proprie del G.I., con applicazione delle norme procedimentali del previgente codice del 1930, giacch� soltanto queste si conformano alla sua struttura e consentono l'esplicazione della funzione, per la quale � stato creato dalla volont� legislativa costituzionale. I due fascicoli, instaurati a seguito delle due distinte denunce di conflitto, erano riuniti, apparendo evidente l'unicit� dell'oggetto, richiedente la decisione di questa Corte regolatrice. (omissis) Sembra appena il caso di rilevare che con la soluzione adottata non si � posto, affatto, nell'ordinamento un caso singolare di sopravvivenza della previgente normativa processuale, giacch� esso va a collocarsi al fianco delle fattispecie di diritto transitorio, che tuttora permangono. Certo, le non poche perplessit� che sorgono dalla soluzione scelta ed i non lievi problemi processuali che, dalla stessa, potranno scaturire, rendono auspicabile un ulteriore intervento chiarificatore del Legislatore che, alla luce anche delle esperienze sopravvenute alla pratica applicazione delle disposizioni del nuovo codice di rito, fissi in modo organico e preciso la disciplina delle attribuzioni del Collegio nelle due fasi delle indagini. (omissis) PARTE SECONDA QUESTIONI l/IN'ffIR~NTO DBIL'A\1y0CATODELLO STATO 11\l UN P~OC~SS() STORICd (dal rlC()rdl. di .un giudice popolare) .(*) .�. :: :.,:-�. Attacca poi ravv, BESl'BN:TB dell'Avvocatura dello Stato, rappresentante della {'residenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero. dell'Interno costituitosi Parte Clvile, per.i s()li fatti di l\!Iilano. La sua arringa � molto lunga e dev9 onestamente. riconoscere che, se tutti g1k impiegati del19 S~ato lavorassero con fimpegno e .la passionalit� dell'avv. BESTENTE, nessuno avrebbe di che Iameutarsi dell'inefficienza .. delfo Stato, neppure le B.R, t:.�.. 1in'~nga� lucida; profonda, . esauriente;.� che�� avvince. e convince, i;mche menti. cowe le nostre. co$l poco.� aduse .a seguire. disc�rsi in Corte di . Assise� La parte pi� sconosciuta; �che nessuno almeno finora ci aveva mai illustrato � la:.� patte. storica delle B.R.:. come. sono� nate ed in. quale contesto. si sono svi, luppate .. Voglio.trascrivere guesta. storia, perch� �� molto�.interessante. Infatti; l'avv; BESTllNTE; dopo lina lunga disamina delle motivazioni che hanno portato al rinvio a giudizio degli imputati, a proposito della storia e fenomen�' logia delle BRlGAIB ROSSE, dice: ;, Per capii'e che co~a siano le B.R., bisogna rifarsi lontatio: e precisamente alla creazione nel �. 1962 a Trento, dell'Istituto di Scienze Sociali, p�i Lib�ra Universit� di Sociokigfa di TrentO; . . . ..�� . . .� . . . . .�. Questo Istituto, vofoto dalla Deniocrazia Cristfona locale, fu creato da un lato per vincere iri guaiche modo l'atmosfera provinciale dellacitt�, dall'altro -sull'esempio di aitre universit� nate in Europa e negliStati Uniti -per creare lina le\r~ di te�llologi di tipo nuovo: di t�i:nofogi della societ�, di ing~ gneri soc:fai�~ � che � fhsser� � in grado . di portare�. nella. loro futura azione profes: sionale e polltka un11. C()ll9sCenza specifiea .� de.i . meccanismi .. sociali . e politici. Questo istituto, appena c;reato, attir� una ql.i@ti1:� di giovani non solo trentini, ma provenienti da tutte le parti d'Italia'. . � .� � .� � � .� � � Si trattava: in gran parte di giov@i .� spi11ti d'.a. interessi politici, com'� normale che avvenga per gli studi sociologici, �he quasi sempre costituiscono Un obiettivo prefei:�nzial� per i . giovani. politicariiente orientati: il che� determin� rapidamente a Trento un ambiente incandescente/ di . grande . fervore . ideologico e di intensa: ricerfa politida e sociale, favorito anche da:lfisolameni:o in cui gli studenti si ve:rii:J.ero �. �: trovare. Nel 1964 approda a Trento Renato Curcio. Si iscrive, fatta la conoscenza con Marco Boato, al G.D.I.U.T., l'organizzazione universitaria cattolica locale. (*) A cura di un Rotary Club di Torino sono stati pubblicati i ricordi di. un giurato, Rosalbo Folchini, al processo delle Brigate Rosse svoltosi avanti la Corte d'Assise di quella citt�� nel 1978. Riteniamo di pubblicare la parte inerente l'intervento del nostro caro ed indimenticabile Giovanni � Bestente che in quel processo era costituito parte. civile in difesa dell'Amministra zj.one dello Stato. Lo facciamo con orgoglio ed insieme, con rimpianto, del collega pr~tu ramente scomparso. , � lS 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO E qui comincia, o almeno riceve un impulso decisivo, la maturazione politica di Renato Curdo. L'Universit� � ancora giovane quando, nel maggio 1965, il Senato, nell'approvare il disegno di legge per il riconoscimento dell'istituto, declassa la laurea in sociologia in � laurea in scienze politiche e sociali, ad indirizzo sociologico �. � la rivolta. Nel gennaio 1966, gli studenti, unitisi in assemblea generale, deci� dono l'occupazione dell'Universit�; l'occupazione dura 18 giorni, e poi � la vittoria. Il Senato modifica il provvedimento. � un fatto episodico, ma ha un'importanza notevole, perch� in quell'occasione il movimento studentesco prende coscienza della propria forza. Ed il movimento prosegue, in un clima crescente di contestazione e di discussione teorica. � stata una scintilla -il '68 � vicino da cui nascer� presto un incendio. Curcio, intanto, nell'ambiente ormai inquieto dell'Universit�, subisce una progressiva evoluzione verso la sinistra pi� radicale. Nel frattempo si verifica, a Trento, il primo massiccio e serio coinvolgi: mento nel movimento degli studenti cattolici. � in quel clima che Curcio si forma. E nel 1967, ormai profondamente impegnato nel movimento studentesco, lancia una proposta: Universit� Negativa. Il movimento, cui tale proposta d� vita, organizza controcorsi in concorrenza e contrapposizione all'Universit� ufficiale, rispetto a. cui si pone in polemica, accusandola di essere uno strumento di classe, che si appropria della scienza e della tecnologia per rafforzare il predominio della classe pi� forte su quella pi� debole, consolidando il potere esistente ed il sistema capitalistico. In contrasto con l'Universit� Ufficiale, Universit� Negativa postula una riappropriazione del sapere a favore degli studenti, per scoprire i meccanismi del sistema ed incidere sul loro funzionamento, promuovendo una maturazione politica in vista di una societ� nuova e diversa, non pi� fondata sullo sfrutta� mento e sulla divisione in classi. Nell'autunno del '67 il � Movimento per l'Universit� Negativa � � fra i promotori della rivista �Lavoro Politico�, che sorge nell'ottobre dello stesso 1967 dal bollettino del Centro di Informazione (C.D.I.) di Verona, come �organo marxista-leninista che si lega nelle sue origini ad alcuni avvenimenti del nostro tempo, quali la rivoluzione culturale guidata dal pensiero di Mao-Tse-Tung, l'invincibile lotta del popolo vietnamita e la contemporanea degenerazione del P.C.I. e del P.S.I.U.P., sempre pi� apertamente dimostrativa della politica di ''nuove maggioranze", logico sbocco della via italiana pacifica al socialismo�. � interessante osservare che nell'editoriale del primo numero compare una presa di posizione che contrasta singolarmente con quelli che saranno gli orientamenti successivi dello stesso Curcio. Egli infatti critica aspramente il revisionismo da un lato, le tendenze estre� miste ed il filocastrismo dall'altro, nonch� le tendenze che gi� allora si venivano prospettando fra gli studenti verso una lotta politica intesa come guerriglia armata, e ne accusa i propugnatori di essere dei piccoli borghesi in cerca di emozioni. Sembra impossibile: poco pi� di un anno e la guerriglia armata verr� considerata dallo stesso Curcio come l'unica alternativa per la contestazione del sistema. Vengono le lotte del '68, cominciate in Francia, e dilagate negli altri paesi europei ed in Italia. Frattanto, nell'autunno, Curcio e Mauro Rostagno,. il pi� importante esponente del movimento studentesco a cui Curcio si � avvicinato, pubblicano un singolare e contradditorio documento: � Proposte di lavoro >>, in cui molti di PilRTE II, OUESTJllNI quelli che saranno i temi ricorrenti dell'ideologia delle Brigate Rosse trovano un'anticipazione. Mauro Rostagno si dissocer� poco dopo dagli orientamenti espressi nel documento; Curdo no. Alla fine .di novembre del 1968, l'intera redazione. della rivista, fra cui Renato Curcio e Mara Cagol, aderisce al Partito. Comunista d'Italia, per poi seguire poche settimane piu tardi la scissione del partito, confluendo nella fazione � linea rossa� -contrapposta alla fazione �linea nera � -.destinata a sua volta a sciogliersi, cos� come si scioglie il collettivo redazionale di � Lavoro Politico�. Nel frattempo, per�, Curdo ed il suo gruppo vengono espulsi dal partito. Le lotte del '68 hanno prodotto, fra gli altri effetti, il diffondersi, fra gli studenti, di nuove. forme conflittuali spesso violente ed illegali. In questo clima acceso, Curdo si riavvicina, al.l'inizio del '69 al movimento studentesco di Trento. t!. la fase di � Universit� Critica �: momento forse di minor impegno nel lavoro di massa, ma di grande fervore teorico, nel progetto di trasformare ideologicamente e politicamente l'universit� dall'interno: �Rovesciare la citt� sull'universit�, l'universit� sulla citt�, restituire al proletariato il sapere sociale che gli � stato espropriato �. Ma gli avvenimenti incalzano. Fra la primavera e l'estate del 1969, sulla spinta dei tragici disordini di Battipaglia, della ripresa della lotta operaia alla F.IA.T., della prospettiva, concreta e minacciosa; dello scontro d'autunno per il rinnovo dei contratti collettivi, il movimento studentesco compie una radicale autocritica e viene rilanciato il lavoro di massa a livello operaio. Il Movimento studentesco confluisce in gran parte in << Lotta Continua "� Curcio, sua moglie Mara Cagol ed altri del gruppo che gravitava intorno a � Lavoro Politico � lasciano Trento e si trasferiscono a Milano. Il '68, le lotte studentesche, sono finite. t!. il primo contatto con la realt� urbana della metropoli industriale, con la fabbrica. Ed � il contatto di una realt� nuova, che si era andata sviluppando parallelamente al radicalizzarsi delle lotte studentesche: il diffondersi fra gli operai di nuove forme di lotta, in cui la violenza e l'illegalit� hanno una parte prima sconosciuta, che colgono di sorpresa le organizzazioni tradizionali e gli stessi sindacati. Si pensi ai GA.P. (Gruppi di azione partigiana), cui si affiancano altre formazioni autonome similari. In mimerosi stabilimenti si creano gruppi o collettivi, che si prospettano per la prima volta i problemi di una vera e propria organizzazione rivoluzionaria. Sorgono alla Sit-Siemens ed alla I.BM. � Gruppi di Studio >>, �Gruppi Autonomi � all'Alfa Romeo, ed alla Pirelli (pi� importanti di tutti) i �Comitati Unitari di Base� o C.U.B. E' proprio in questo periodo che militanti di questi gruppi, insieme a mili tanti di collettivi di lavoratori-studenti, gruppi di operai e impiegati della Marelli e dei Telefoni di Stato danno vita al Collettivo Politico Metropolitano -C.P.M. Data di nascita ufficiale: 8 settembre 1969. Atto di nascita: un bollettino ad uso interno dei militanti, scritto sotto forma di relazioni compilate a cura dei singoli comitati di azienda di Torino, Milano o di lavoratori-studenti, che. definisce il C.P.M. come strumento che deve predisporre � le strutture di lavoro indispensabili ad impugnare in modo non individuale l'esigenza-problema dell'organizzazione rivoluzionaria della metropoli e dei suoi contenuti (ad es. democrazia diretta, violenza rivoluzionaria, ecc.�). 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO In contrasto col rigore m�rxist�-leninisia in voga, vi si sottolinea che �attualmente il processo di costruzione del collettivo non avviene sulla base di un programma, e neppure sulla base di una rosa: di principi ideologici�. Ma, pur nella disponibilit� degli orientamenti ideologici -sempre tuttavia nell'ambito marxista-leninista -e . delle possibili tattiche, ci� che� rimane fermo � lo scopo fondamentale: cio� l'intento dichiarato di organizzare nelle fabbriche e nelle scuole n�n s�lo, ma di portare al di fuori delle fabbriche e delle scuole, l'offensiva generalizzata e radicale, violenta e sevvertitrice al sistema, investendo l'intera area metropolitana. Sar� proprio il Collettivo Politico Metropolitano, come vedremo subito, il nucleo inizial,e. da cui, attraverso varie trasformazioni, nasceranno e si svilupperanno le Brigate Rosse. Il discorso che sto facendo ha in effetti proprio questo senso: vedere come la fenomenologia attuale delle B.R., le loro proposte tattiche e strategiche, la loro ideologia, non nascano oggi come funghi, ma siano il risultato di un'evoluzione lenta e graduale, ma conseguente sulle stesse linee ferme e direttive. Approdati a Milano, Renato Curcio e Mara Cagol aderiscono al C.P.M. e vi svolgono un intenso lavoro, assumendo in breve tempo una posizione di preminenza . . Nel pieno dell'autunno, il Gollett~vo cresce e si sviluppa, operando sempre pi� radicalmente in. una prospettiva eversiva e di lotta armata. Negli �Appunti per una discussione� dell'autunno del 1969, leggiamo: �Non � con le armi della critica e della chiarificazione che si intaccano la corazza del potere capitalistico e le �croste della falsa coscienza delle masse... Il pro� blema della violenza non � separabile da quello dell'illegalit�... ...Pratica organiizata di contro a rabbia operaia (episodica/soggettiva) sta ad indicare che lo scontro violento � una necessit� intrinseca necessaria, sistematica e continua dello scontro di classe �. Un convegno di tre gi�rni, cui partecipano una settantina di militanti del C.P.M. (fra cui Curcio, Berio, Simioni, Semeria, Mario Moretti, Enrico Castellani), si tiene dal 1� al 4 novembre 1969, all'Albergo �Stella del Mare� di Chiavari. In quel convegno -che a quanto pare fu piuttosto turbinoso, combattuto e diviso nelle opinioni che vi si scontrarono -si gettano le basi della futura lotta armata -di cui viene riconosciuta e sostenuta la necessit� -nonch� della futura tattica di quelle che saranno le Brigate Rosse; si delinea, insomma, l'indirizzo che �l'organizzazione -non molto tempo dopo -puntualmente seguir�. I risultati dei lavori svolti in quel seminario sono raccolti in un opuscolo -detto il � Volantone � ' -di una trentina di pagine circa,. � frutto di un lavoro collettivo�, stampato dal C.P.M. e dal titolo: �Lotta sociale ed organizzazione nella metropoli >?. Il documento, ricollegandosi alle lotte del '68, individua :nell' � autonomia proletaria � il � contenuto unificante delle lotte degli studenti, . degli operai e dei tecnici che hanno permess.o il salto qualitativo; del 1968-1969 �. Dell'autonomia proletaria viene .delineato il concetto in questi termini: �L'autonomia � il movimento di liberazione del proletariato dall'egemonia complessiva della borghesia, e coincide con il processo rivoluzionario ... �. una categoria politica del marxismo rivoluzionario, alla luce della quale .valutare la consistenza e la ditezione di un movimento� di massa. Autonomia da: istituzioni politiche borghesi (stato, partiti, sindacati, '.istituti giuridici, ecc.), istituzioni economiche (l'intero apparato produttivo-distributivo capitalistico),� istituzioni culturali (l'ideologia dominante� in tutte le sue articolazioni), istituzioni nor PAR1'E �II, QUESTIONI mative (il costume, la �morale� borghese). Autonomia per:�� l'abbattimento del sistema globale di sfruttamento e la costruzione di un'organizzazione sociale alternativa�. Vengono giudicati come Parziali gli orientamenti emessi dai grqppi della sinistra italiana durante le battaglie d'autunno, in quanto di tali battaglie sfruttano soltanto aspetti parziali: cos� gli-indirizzi che risalgono a �Lotta continua� ed a � Potere operaio ,,, Viene criticato aspramente il lavoro dei sindacati e del P.C.I., nonch� generalmente le � fotze marxiste entro il sistema �; come portatrici di posizioni riformiste, sostanzialmente moderate, tali da impedire . ogni spazio politico ai gruppi marxisti extraparlamentari: in ultima analisi alla guerriglia rivoluzionaria, che si prospetta come la sola concreta soluzione dello scontro di classe. Il terreno della lotta � individuato come terreno � essenzialmente urbano �, quello cio� delle grandi citt� industriali: �La citt� � oggi il cuore del sistema, il centro organizzatore dello sfruttamento economico-politico... ma � anche il punto pi� debole del sistema, dove il caos organizzato che caratterizza la societ� tatdocap�talistica appare pi� evidente, dove le spaccature politiche fendono � verticalmente l'intero tessuto sociale. ~ su questo terreno che il prole� tarlato moderno emerge pi� impetuosamente... S qui, nel suo cuore, che il sistema'. va colpito �. . Come si vede, sono gia presenti tutti i connotati che caratterizzeranno l'ideologia e le azioni delle B.R. quali oggi le conosciamo: in particolare, � presente la prospettiva radicale della lotta politica intesa come lotta armata senza tregua, intesa soprattutto come � guerriglia urbana �. Come strumento di agitazione, il C.PM. usa un � foglio di lotta�., che appare a volte. senza titolo, a volte intitolato � Sinistra Proletaria �. Con la stessa� testata -�Sinistra Proletaria �, a luglio del 1970 esce un �numero unico in attesa di autorizzazione � di una rivista che dovrebbe fiancheggiare il lavoro collettivo del C.P.M. Stampato �a cura del Collettivo Politico Metropolitano�, annovera nella redazione, fra gli altri, Renato Curdo, Alberto Pinotti e Corrado Simioni, e fra i collaboratori Alberto Franceschini, Duccio Berlo e Vanni Mulinaris. Il tema dominante della rivista � l'esigenza attuale ed immediata della rivoluzione: �perch� in Europa, in Italia, la lotta rivoluzionaria non appare pi� soltanto come un imperativo storico, ma nella prospettiva di una congiuntura economico-politica e militare che ha tempi determinati� e determinabili e ch� costituisce l'iniziativa reale, attuale del proletariato �. Il secondo ed ultimo numero della rivista esce in settembre 1970. La sigla del C.P.M. � scomparsa: il gruppo ha ormai cambiato nome. Hann() portato alla decisione, mesi di dibattiti e di discussioni, soprattutto intorno al problema della lotta armata e della esigenza di entri\lre in clandestinit�. Discussioni a volte violente che spesso hanno provocato fratture e defezioni. I membri del C.P.M., in particolare, si sono divisi in due: quelli che non ritengono esigenza attuale e del momento l'entrata nella clandestinit� e l'inizio della lotta armata nella forma della guerriglia urbana; e quelli che invece considerano immediata ed indifferibile tale esigenza, ed intendono procedere senza. indugio alla sua attuazione. Fra questi ultimi, Curdo, Mara Cago! e Franceschini. Quest'ultimo orientamento prevale. Coloro che non lo condividono se ne vanno. .. :-:-.�:.0: .... :--... -............'Y/ . .-....... ~... :--.... ~~ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Nel �Foglio di lotta� del luglio 1970 di �Sinistra Proletaria� fra l'altro si afferma: � Gli anni di lotte autonom� non sono passati invano, noi oggi sappiamo che incontro a padrone armato non si va disarmati �. Di qui l'esigenza di armarsi e di organizzarsi, nonch� di unire i vari gruppi della sinistra proletaria, in vista di una prospettiva rivoluzionaria ormai sentita come immediata. Il proletariato ha avuta una precisa maturazione, secondo il documento: � � uscito dalla sua prima fase: quella dello scontro comunque, del � o la va o la spacca �, e incomincia a capire che la lotta di classe � come una guerra. Bisogna imparare a colpire all'improvviso concentrando le proprie forze per l'attacco, disperdendosi rapidamente quando il nemico si riprende �. Come si vede, � cos� esposta nelle sue linee generali, la tattica che carat� terizza le prime imprese delle B.R.: il � mordi e fuggi �. Conclude il foglio di lotta: � Chi pensa di colpirci impunemente, di licen� ziarci, di aggredirci, deve trovare una dura risposta. Ma non solo: dobbiamo imparare a colpirlo prima noi, quando � ancora impreparato. Costituiamo �Nuclei Operai� di difesa e di attacco... L'organizzazione della violenza � una necessit� della lotta di classe �. Il momento evidentemente appare ormai maturo: da ora in poi la clan� destinit� viene accettata come regola di vita e di lotta e si entra nella prospet� tiva della guerriglia urbana. D'ora in poi, gli unici problemi non saranno pi� di scelta, ma di orga nizzazione. Il momento di prendere le armi � deciso, ed anche il terreno della lotta: sar� l'area industriale del Nord, il � triangolo � industriale fra Milano, Torino e Genova, il primo campo dove le B.R. faranno le loro prime esperienze ed elaboreranno la loro prima organizzazione. Pi� tardi, si aggiungeranno altre zone: il Veneto, Padova, Mestre, Porto Marghera, l'Emilia, la Toscana (a Massa ed a Livorno) e Roma. Il passaggio � graduale. Tuttavia, nella misura in cui questo si afferma e diventa irreversibile, man mano che si approfondisce il distacco dalla vita sociale, si diradano le vecchie pubblicazioni. La rivista �Sinistra Proletaria� cesser� le sue pubblicazioni il 2 settembre 1971. Un nuovo giornale: �Nuova resistenza�, uscir� nell'aprile; anche questo, stampato con la collaborazione del gruppo di � sinistra proletaria�, avr� vita molto breve: soltanto due numeri. � interessante tuttavia il primo editoriale, che pu� essere considerato addi� rittura come una pubblicazione di servizio delle B.R., in quanto riassume le linee della strategia che le B.R. seguono e seguiranno puntualmente in tutta la loro storia: � Lo Stato dell'ordine e della strage � sconvolto da contraddizioni non risolvibili, e la crisi di regime � ormai prossima al punto di tracollo �. La strategia � dunque questa: � trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo �. Saranno variabili i momenti tattici, ma quello che conta, � che nell'estate del 1970, dal C.P.M. sono uscite le avanguardie armate della nuova guerriglia urbana. Le B.R., sia pure ancora in fase embrionale di organizzazione, sono ormai una realt�. PARTE II, QUESTIONI Sono parole loro: �un fiore � nato, il fiot� della lotta �rmata �. Dicevamo dunque che nell'estate del 1970 le Brigate Rosse sono ormai una realt�. -La denominazione � Brigate Rosse �, veramente, aveva gi� fatto una fugacissima apparizione nella primavera del 1970, in un comizio volante del quartiere popolare di Lorenteggio, a Milano. Ma .. eravamo. ancora alla preistoria, per cos� dire, delle :S.R., che non rivestivano ancora la forma di un gruppo organizzato ed armato per la guerriglia nella metropoli e nella fabbrica. La prima apparizione . della sigla � Brigate Rosse � sul terreno della lotta appare alla fine di agosto d~l 1970. � All'interno �dello stabilimento Sit-Siemens di Milano, durante un'agitazione per il rinnovo contrattuale, viene trovato un pacco di ciclostilati, firmati � Brigate Rosse '" il cui testo violento e provocatorio, illustra situazioni aziendali mescolandole con .insulti feroci contro � Dirigenti Bastardi � e � Capi Reparto, aguzzini. da mettere ,fuori gioco�. Appare una proposta di Jotta violenta, alternativa a quella condotta dai Sindacati,. sul modello di queue gi� iniziate dai C.U.B. Quei primi volantini, data la loro firma ancora sconosciuta, lasciano pm o meno. indifferenti i dirigenti dell'azienda e l'Ufficio Politico della Questura di Milano,. chiamati per l'inchiesta. Ma otto giorni pii1 tardi la nuova sigla ricompare. In pieno giorno un motociclista, casco' e occhiali scuri, passa davanti allo stabilimento Sit-Siemens di Settimo Milanese e scaglia verso il cancello principale un centinaio di volantini firmati � Brigate Rosse �: contengono nomi e indirizzi di dirigenti ed operai dell'azienda, accusati di legami col padrone, � che devono essere colpiti dalla. vendetta proletaria'" Si tratta, come si vede, di un esplicito invito ad agire, rivolto agli operai. Ma ben presto la sigla B.R. incomincia a contrassegnare non pi� soltanto volantini minacciosi o provo.catori, bens� veri e proprii atti di violenza. La prima azione con cui le B.R. scendono concretamente sul terreno della guerriglia, si compie il 17 settembre 1970. Quella sera, ignoti tentano di bruciare l'autovettura del dott. Giuseppe Leoni, direttore centrale dello stabilimento milanese Sit-Siemens, appiccando fuoco a due bidoni di plastica contenenti liquido infiammabile addossati alla saracinesca del box sito in Milano, via Moretto da Brescia, n. 30, nel quale l'autovettura era stata ricoverata. Sulla serranda del box � stampigliata la scritta �Brigate Rosse �. /!, questo il primo atto ufficiale delle B.R. Sempre la stessa sera del 17 settembre 1970 in Milano, l'ing. Giorgio Villa, dirigente centrale della Sit-Siemens, recatosi a prelevare la sua autovettura Ferrari che. aveva parcheggiata in via Vittor Pisani, all'altezza del numero civico 5, trova sul parabrezza un foglio di carta a quadretti con le frasi: � Ingegnere Villa, quanto durer� la ferrarina? Fino a quando noi decideremo di finirla con i teppisti -Brigate Rosse -'" Lo stesso ing. Villa, in sede di denuncia, consegn� un volantino ciclostilato recante la scritta �Ai signori fascisti della Sit-Siemens '" ed un volantino a firma � Brigate Rosse '" che inizia con l'espressione: � Repressione capi, capetti, fascisti �. La nascita delle B.R. e la loro presenza alla Sit-Siemens viene segnalata per la prima volta sulla stampa dal numero del foglio di lotta � Sinistra Pro - 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO letaria � del 20 .ottobre 197(}: come sappiamO', il giornale continuer� ad uscire per qualche tempo, fino al 2 settembre 1971, .contemporaneamente alla prima esistenza ed allo sviluppo delle B.R. E viene segnalato in questi termini: � Le apparizioni di organizzazioni op�raie autonome (Brigate Rosse) indicano i primi momenti di autorganizzaziOne proletaria per combattere i padroni e i loro servi sul loro terreno � alla pari � con gli stessi mezzi che essi utilizzano �ontro la classe operaia: �diretti; selettiVi, coperti. Come alla Sit-Siemens "� Seguono altre azioni, di violenza sempre crescente, espressamente firmate dalle B.R.: -il 28 novembre 1970, l'incendio dell'auto FIAT-850 di Ermanno Pellegrini, funzionario della soc. � Pirelli Bicocca �; -1'8 dicembre 1970, l'incendio dell'auto Alfa Romeo 1750 �nt�stata alla soc. Pirelli ed in consegna all'aVv. Enrico Lciriga. Nello stesso dicembre 1970, il Prefetto di Milano Mazza invia al Ministro dell'Interno Restivo un rapporto in cui vengono illustrati i termini della situazione e la sua pericolosit�; purtroppo l'iniziativa del Prefetto rimane senza apprezzabili effetti pratici. "--L'incendio, avvenuto la notte del 25 gennaio 1971, di tre autocarri adibiti alle prove dei pneumatici nella pista di pneumatici Pirelli di Lainate. Nel volantino 5 febbraio 1971 le B.R., rivendicando la paternit� dell'attentato, aggiungono: � Continueremo con forme �di lotta pi� avanzate sulla strada gi� intrapresa; attacco alla produzione, molto danno per il padronato, poca spesa per noi. � su questa strada che abbiamo gi� incominciato a muovere i primi passi �. Seguono gli incendi alle autovetture di Bianca Camaggio, in uso al figlio Franco Rosario Mojana �(23 aprile 1971), esponente della �Giovane Italia�; di Paolo Romeo (23 aprile 1971), esponente d�ll'estr�lna destra; il furto e la distruzione dell'auto di Carla Ghislandi, in uso al marito Raffaele Artom (15 luglio 1971), appartenente al M.S.I.; l'incendio dell'auto di Corrado Ferrara, sindacalista CISNAL (15 gennaio 1972); l'incendio dell'auto di Arrigo Garelli in uso al figlio Attilio, consigliere di zona del M.S.I. (20 gennaio 1972); l'incendio dell'auto dell'avv. Antonio La Russa in uso al figlio Ignazio, aderente al Fronte della Giovent� del M.S.I. (20 gennaio 1972); l'attentato incendiario a Natale Gattuso (19 febbraio 1972); l'incendio dell'auto di Remo Casagrande, estremista di destra (19 febbraio 1972); l'incendio dell'auto di Salvatore Liparati (19 febbraio 1972). Siamo cos� giunti all'inizio del 1972. Da questo momento inizia una nuova fase per le B.R.: la loro azione. si inasprisce e verranno commessi nuovi delitti contro la persona, quali sequestri di p�rsona e ferimenti. Cos�, il 3 marzo 1972 abbiamo il sequestro con ferimento dell'ingegner Idalgo Macchiarini, catturato davanti allo stabilimento della Sit�Siemens di Milano e rilasciato dopo una ventina �di minuti contuso e legato, con appeso al collo un cartello �con la scritta: � Brigate Rosse -Mordi e fuggi! -Niente rester� impunito! -Colpiscine uno per educarne cento! -Tutto il potere al popolo armato! �. Sequestro rivendicato anche con volantini a firma B.R. Pochi giorni dopo, � e precisamente il 13 marzo 1972, si verifica l'irruzione nella sezione del . M.S.I. di Cesano Boscone con aggressione di Bartolomeo Di Mino e suo sequestro. Viene lasciata una scritta a spray: � Niente rester� impunito -Brigate Rosse� e viene rivendicata la paternit� dell'atto con volantino ciclostilato inviato al Corriere della Sera. PARTE II, "QUESTIONI Segue il sequestro in Milano dell'ing. Michele Minguzzi dirigente dell'Alfa Romeo in data 28 giugno 1973, rilasciato la sera stessa legato, imbavagliato e con un cartello al collo davanti all'uscita degli operai dell'Alfa Romeo. La sera del 15 gennaio 1973, viene compiuta un'irruzione armata negli uffici dell'U.CJ.D. di Milano, con aggressione ed immobilizzazione del direttore di segreteria Giulio Barana, nonch� di Claudio Massazza, ed asporto di materiale . e di documenti. Viene abbandonato sul posto un volantino intestato alle Brigate Rosse, nel quale sono � esposte le .ragioni dell'azione. Da notare che .il. 27 gennaio 1973 la Questura di Milano sequestrava presso la redazione del � Giorno ,, e del � Corriere della Sera � copie di un ciclostilato �in. tre..fogli intestato � Brigate Rosse � ed intitolato � Bilancio della perqui� sizione della sede dell'U.C.I.D. di Milano effettuata il 15 gennaio 1973 >>, in cui fra l'altro le B.R. .rivendicavano anche altre azioni, quali �Lainate, Macchiarini, Cesano Boscone�, Arriviamo cosi al sequestro di Bruno Labate, impiegato FIAT e sindacalista CISNAL, effettuato in Torino .il 12. febbraio 1973. Come si ricorder� il Labate, dopo un interrogatorio, fu rilasciato. verso le 13,30 dello stesso giorno davanti alla FIAT in Corso Tazzoli, legato ad un palo della luce con un cartello al collo. All'atto dell'abbandono della vittima, gli aggressori lanciavano numerosi volantini contenenti un comunicato delle B.R. Alla fine dello stesso anno abbiamo il sequestro di Ettore Amerio, direttore del personale del gruppo automobili della FIAT, rapito il 10 dicembre 1973 e rilasciato, dopo lunghi interrogatori e. discussioni di carattere ideologico condotti da persona che potrebbe essere Renato Curcio, il 18 dicembre 1973. Abbiamo sentito in quest'aula, dalla viva voce dello stesso Amerio, un det� tagliato resoconto dei fatti. In relazione a questo sequestro, venivano diffusi tre comunicati intestati e firmati Brigate Rosse. Il 4 marzo 1974, verso le �9,20, viene compiuta un'irruzione nell'Ufficio della CISNAL di Mestre, ad opera di un gruppo di tre persone armate di pistola, con aggressione, immobilizzazione, minacce ed imbavagliamento delle tre per sone presenti, ed asporto di documenti. Azione, questa, rivendicata dalle RR. mediante un volantino firmato B.R., prima deposto in una cabina del telefono ed il giorno dopo distribuito in citt�. Successivamente, si noti, veniva distribuito, sempre a firma delle B.R., un opuscolo dal titolo: � Via i fascisti dalle fabbriche di Porto Marghera >>, jn cui era riprodotto il testo del comunicato, assieme ad altre notizie (ad es. l'elenco di attivh;ti, di �fascisti >>, lettere di raccomandazione) desunte dalle carte seque strate durante l'irruzione. Abbiamo poi, il 18 aprile 1974, il . sequestro Sassi, rilasciato il i3 maggio 1974: Vicenda troppo n9ta .in tutti i suoi particolari ...., minuziosamente e cli~ samente rievocata in questa sede dallo ste&so. dott. Sossi e da vari testimoni perch� occorra descriverla ancora. � Non passa molto tempo, e viene fatta un'irruzione nei locali del Centro Studi Luigi Sturzo di Torino: siamo alle 9,40 del 2 maggio 1974 (dunque, men tre � in corso il sequestro Sossi), e gli aggressori sono due persone di cui una armata, che esercitano Violenza e provocano lesioni a carico del dipendente Giancarlo Fava -legato, imbavagliato� ed immobilizzato -ed asportano docu� menti. Sui muri, scritte inneggianti alle Brigate Rosse. 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Lo stesso giorno, verso le 18,30, viene effettuata un'irruzione nella sede del Comitato Resistenza Democratica -C.R.D. -di Via Guicciardini a Milano, ad opera di cinque persone armate, con immobilizzazione delle persone presenti in ufficio -il segretario del Comitato Vincenzo Pagnozzi, Roberto Casana e Secondo Sottimano -e con sottrazione di numerosa documentazione. Vengono lasciate le solite scritte sul muro, con frasi inneggianti alle B.R. Le azioni criminose in danno del Centro Luigi Sturzo e C.R.D. venivano rivendicate dalle B.R. con due volantini ciclostilati. Il contenuto dei due volantini � riprodotto integralmente nell'opuscolo: � Contro il Neogollismo portare l'attacco al cuore dello Stato -n. 2 -� datato aprile 1974. Al testo dei volantini � fatta precedere una sorta di introduzione, e fatto seguire un � inquadramento storico-politico delle due organizzazioni colpite�. Menzioniamo infine le irruzioni, entrambe dell'll dicembre 1974 e quasi contemporanee (fra le 16,45 e le 17) da parte di due nuclei armati nelle sedi del Sindacato Autonomo dell'Automobile -S.D.A. -di Nichelino e Rivalta, con violenza sulle persone, nonch� asporto di documenti. Azioni anche queste rivendicate dalle Brigate Rosse con volantini ciclostilati. Qui termina l'arco dei fatti su cui verte il presente processo. Abbiamo esaminato solo le azioni principali. Perch� nello stesso arco di tempo, fino al 1974, numerosissimi altri fatti criminosi si affiancano a questi, oggetto di questo e di altri processi. Soprattutto rapine -dette � espropri proletari ,, -compiute dalle B.R. allo scopo di autofinanziarsi, ma anche furti di moduli di documenti, di patenti, furti numerosissimi di auto, poi utilizzate dalle B.R. per le loro azioni. Falsi di ogni genere, fra i quali quelli perpetrati per affittare od acquistare immobili utilizzati dai brigatisti come abitazioni o come � covi '" reati vari contro la persona, aggressioni, minacce, oltraggi, ecc. Dicevamo che non finiscono qui le attivit� delle B.R .. Anzi, col 1975 inizia una nuova fase. Fra aggressioni, irruzioni, distruzioni di auto, i brigatisti iniziano un nuovo periodo della loro storia. Ed ecco il sequestro di Vallarino Gancia, concluso tragicamente con la morte dell'appuntato D'Alfonso e della brigatista, moglie di Renato Curcio, Mara Cagol. Abbiamo il grave ferimento del tenente Rocca, l'uccisione dell'appuntato Niedda in Veneto, a Ponte del Brenta, e, 1'8 giugno 1976, l'uccisione di Coco. Accenniamo a questa nuova fase, anche se estranea al presente processo, solo perch� essa � stata annunciata e rivendicata dagli odierni imputati nell'aula di questa Corte di Assise, in Torino. Giustiziare Coco non � stata una � rappresaglia esemplare. Con questa azione si apr;e una nuova fase della guerra di classe che punta a disarticolare l'apparato dello Stato, colpendo gli uomini che ne impersonificano e dirigono la sua iniziativa controrivoluzionaria ... � e conclude con la parola d'ordine: � Portare l'attacco al cuore dello Stato!'" f Questa nuova fase � punteggiata da una serie di assassinii, che la cronaca I ha imposto all'attenzione di tutti -l'assassinio Croce, l'assassinio Casalegno, l'assassinio Berardi, l'assassinio Cotugno, ecc... per finire con il pi� recente, il vile assassinio di Moro e della sua scorta -nonch� da una serie interminabile I di agguati e di ferimenti. I ~ I' PARTB II, QUESTIONI Tutti questi episodi hanno trovato puntuale riscontro in quest'aula, dove con insensata arroganza sono stati rivendicati dagli odierni imputati, che non hanno perso occasione per sottolineare la loro completa identificazione con l'organizzazione esterna e coi suoi delitti�. Conclude dopo circa quattro ore (160 cartelle) chiedendo la condanna del nucleo storico delle B.R. per i reati di banda armata e associazione sovversiva. Fa anche i nomi degli �storici� che sono CURCIO, FRANCESCHINI, MQ.. RETTI, SEMERIA, BUONAVITA, FERRAR!, MANTOVANI, BASONE, GUAGIARDO e ISA, e precisa che le Parti Civili da lui rappresentate sono riferite esclusivamente ai fatti di Milano, quindi... se avesse parlato anche per i fatti di Torino .chiss� cosa avrebbe detto! L'udienza � tolta, si riprender� il 31, mercoled�, con la requisitoria del P.M. RASSEGNA DI DOTTRINA RECENSIONI GABRIELE MoNET'A: �1 �mutamenti nella giurispr�den~a della Cassai.ione civile (ottocentosessantasette casi di contrasto net quinquennio 1988-1992), CEDAM Padova; '1993. La ricerca sui contrasti della giurisprudenza della Cassazione civile offre .un contributo. ai progetti di riforma della stessa Cassazione, e nello stesso tempo pone in risalto l'asp.etto patologico :della giurisprudenza che, al .livello pi� alto,. segnala con frequenza statuizioni.� non sempre :uniformi. L'autore, con esattezza;. pone in risalto non..i contrasti che si sono verificati a notevole distanza. di tempo, giustificati dall'esigenza. di adeguare il diritto alla realt�, come espressione di un effettivo mutamento della giurisprudenza, bens� i cnptrasti che prescindono dal fattore tempo e sono originati da una disfunzione �organizzativa dell'Ufficio: sono, questi,. i contrasti �voluti �, che risiedono, secondo l'autore, nelle contrapposte opzioni di valore sulla in. terpretazione delle leggi e che .,.-talvolta -riflettono un compiaciuto indi� vi dualismo, L'autore si sofferma anche sul concetto di nomofilachia, che dovrebbe essere tendenziale e dialettica, in modo da assicurare non � certezza ad ogni costo�, ma �dinamica continuit��, e pone cos� in risalto come il tema dei con� .trasti �. uno degli aspetti della crisi della giustizia. Viene per� precisato che il contrasto �non � stato individuato attraverso la lettura attenta della motivazione delle sentenze (in relazione alla fattispecie), bens� attraverso la lettura delle massime e delle sole sentenze pubblicate nelle riviste giuridiche (con le note redazionali). Tale. precisazione -in verit� pone dubbi sulla esattezza delle conclusioni raggiunte. Tuttavia l'autore, sensibilmente preoccupato, rileva che dopo l'indagine compiuta sui contrasti tra le sentenze del 1988, il numero delle statuizioni dif formi � sensibilmente aumentato nel 1989: �in sostanza . . . . . . diminuiscono le sentenze e aumentano i contrasti �, mentre nel 1990 aumentano le sentenze e aumentano i contrasti; e ci� � sintomo evidente -secondo l'autore -di una disfunzione interna all'apparato giudicante (pag. 173). L'autore osserva, dopo la sua ampia e diligente analisi, che spesso le sezioni semplici della Cassazione, nel rilevare il contrasto, anzich� rimettere le que stizioni alle Sezioni Unite, decidono esse la controversia, motivando la preferenza accordata all'orientamento prescelto (pag. 302). Ed infine conclude nel senso che, per evitare tanta difformit� di soluzioni. � necessario ridurre al massimo il numero dei giudici (pag. 566). UGO GARGIULO SEGNALAZIONE DI NUOVE PUBBLICAZIONI I contratti dello Stato e degli enti pubblici. In un momento in cui la materia degli appalti � al centro di un intenso dibattito che coinvolge giuristi, tecnici ed opinione pubblica, nasce la rivista � I contratti dello Stato e degli enti pubblici � con l'intento di fornire un ausilio RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO a quanti, amministratori ed operatori privati, svolgono la propria attivit� in questo settore. Senza affatto trascurare gli orientamenti della dottrina, la rivista intende privilegiare gli aspetti pratici, dando particolare rilievo ai contributi della giurisprudenza. Stante la continua necessit� di adeguare il nostro ordinamento alla disciplina comunitaria degli appalti, questa nuova pubblicazione si prefigge tra suoi obiettivi di offrire un osservatorio di tutte le innovazioni derivanti dal diritto comunitario al quale si deve in gran parte il graduale recupero dei fondamentali valori della concorrenza e del mercato, unica reale garanzia, secondo gli Autori, del pieno soddisfacimento degli interessi, pubblici e privati, in gioco. � Il criterio di scelta dei membri del comitato scientifico -afferma Ernesto Liesch, condirettore della rivista -� stato quello di chiamare come collaboratori illustri esponenti dei settori coinvolti nella materia. Fanno parte perci� del comitato scientifico alcuni magistrati contabili, magistrati amministrativi. ma anche operatori pratici, come ad esempio segretari generali dei comuni, nonch� economisti che si occupano di amministrazione pubblica, come Elio Borgonovi, direttore del dipartimento di amministrazione pubblica della Bocconi e Fabio Gobbo, attualmente commissario dell'Antitrust�. Le prime due sezioni di cui si compone la rivista sono dedicate l'una, agli orientamenti dottrinali, l'altra ai contributi giurisprudenziali, ivi comprese, tra l'altro, le pi� significative ordinanze delle commissioni di controllo sugli atti delle regioni. Di particolare interesse � poi la sezione dedicata alle rassegne della legislazione interna e comunitaria, laddove, oltre ad una sintesi del quadro normativo, vengono riportati, accanto agli estremi delle leggi e dei decreti presidenziali, quelli delle delibere di comitati interministeriali, delle circolari, dei decreti ministeriali, delle leggi e dei decreti regionali nonch� degli atti parlamentari intervenuti in materia. � I contratti dello Stato e degli enti pubblici � � una rivista trimestrale pubblicata dall'editore udinese Aviani. F. SCLAFANI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I � NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice di procedura civile, artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, nella parte in cui non prevedono che la notificazione all'estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalit� imposte al notificante dalle conven� zioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. Sentenza 3 marzo 1994, n. 69, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. codice di procedura penale del 1930, art. 62, nella parte in cui non prevede che nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate o diverse, giudici che sono tra loro coniugi. Sentenza 30 dicembre 1993, n. 473, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. codice di procedura penale, artt. 392 e 393, nella parte in cui non consentono che, nei casi previsti dalla prima di tali disposizioni, l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell'udienza preliminare. Sentenza 10 marzo 1994, n. 77, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. r.d. 14 aprile 1910, n. 639, art. 6, comma 4, nella parte in cui prevede la rimessione di copia dell'atto di pignoramento, per conto del debitore, al sindaco, anzich� la notifica di copia dell'atto di pignoramento al debitore. Sentenza 3 marzo 1994, n. 68, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 73, terzo comma [convertito in legge 9 gen� naio 1939, n. 41] nella parte in cui non prevede la facolt� -per il dipendente che sia cessato dall'impiego, senza aver effettuato il pagamento ddl'onere di riscatto in unica soluzione, ma senza essere ancora incorso, al momento della cessazione, nella decadenza prevista dal precedente art. 72, secondo comma di chiedere all'ente previdenziale che il contributo dovuto venga recuperato mediante riduzione della pensione di una quota vitalizia da calcolarsi in base alla tabella B annessa allo stesso regio decreto legge n. 680 del 1938 e successive modificazioni. Sentenza 10 febbraio 1994, n. 24, G. U. 16 febbraio 1994, n. 8. r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 165, nella parte in cui non prevede che, quando la rettifica degli atti dello stato civile, intervenuta per ragioni indipendenti dal soggetto cui si riferisce, comporti il cambiamento del cognome, il soggetto stesso possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere il cognome originariamente attribuitogli ove questo sia ormai da ritenersi autonomo segno distintivo della sua identit� personale. Sentenza 3 febbraio 1994, n. 13, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. - 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132, primo comma, nella parte in cui non comprende, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine alle quali � possibile la riammissione in servizio, la dispensa dal servizio per motivi di salute. Sentenza 26 gennaio 1994, n. 3, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 122,. nella parte in c.ui non prevede che l'Istituto assicuratore, nel caso di decesso dell'assicurato, debba avvertire i superstiti della loro facolt� di proporre domanda per la rendita nella misura e nei modi previsti dall'art. 85 nel termine decadenziale di novanta giorni decorrenti dalla data dell'avvenuta comunicazione. Sentenza 3 febbraio 1994, n. 14, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22, nella parte in cui non prevede che la pensione di riversibilit� sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo gi� liquidata al pensionato o che l'assicurato avrebbe comunque diritto di percepire. Sentenza 31 dicembre 1993, n. 495, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non consente la integrazione al minimo della pensione di riversibilit� erogata dalla Gestione speciale dell'INPS per i commercianti in caso di cumulo con una pensione di riversibilit� a carico dello Stato. Sentenza 3 febbraio 1994, n. 15, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, secondo comma, nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennit� integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Sentenza 31 dicembre 1993, n. 494, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge 31 maggio 1975, n. 191, art. 22, primo comma, n. 10 [come integrato dall'art. 9, secondo comma, della legge 11 agosto 1991, n. 269], nella parte in cui non contempla, nel beneficio della dispensa dall'obbligo della ferma di leva, i figli dei lavoratori deceduti nello svolgimento di attivit� di lavoro autonomo. Sentenza 10 marzo 1994, n. 76, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. dJ. 7 maggio 1980, n. 153, art. 26, settimo comma [convertito nella legge 7 luglio 1980, n. 299]. Sentenza 23 febbraio 1994, n. 49, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. dJ. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma [convertito in legge 29 otto� bre 1987, n. 440], nella parte in cui dispone che � le somme dovute a titolo di Tiliquidazione dell'indennit� premio di servizio non danno luogo a rivalutazione monetaria �. Sentenza 15 marzo 1994, n. 85, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge reg. Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1987, n. 30, �artt. 5, primo coinma, lett. e), n. 2, e 30 [come sostituiti dagli artt. 5 e 29 della legge reg. 28 novembre 1988, n. 65], nella parte in cui non includono il trasporto dei rifiuti speciali prodotti da terzi tra le attivit� soggette ad autorizzazione regionale. Sentenza 24 marzo 1994, n. 96, G. U.. 30 marzo 1994, n. 14. legge prov. aut. di Bolzano 13 marzo 1990, n. 6, art. 7, primo comma, nella parte in cui non prevede l'ultrattivit� sino al 31 dicembre 1993 degli accordi di comparto per il pubblico impiego relativi al triennio 1988-1990. Sentenza 31 dicembre 1993, n. 496, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. dl. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, secondo comma [convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461]. Sentenza 17 febbraio 1994, n. 48, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge reg. Piemonte, riapprovata il 6 luglio 1993, art. 13, secondo comma, recante � Ricerca, uso e tutela delle acque sotterranee '" Sentenza 24 febbraio 1994, n. 61, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. Decreto legislativo 6 luglio 1993, n. 291, art. 2. Sentenza 24 marzo 1994, n. 95, G. U. 30 marzo 1994, n. 14. legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 ottobre 1993. Sentenza 15 marzo 1994, n. 84, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. lb � AMMISSIBILIT� DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM POPOLARE legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 1, G. U. 14 gennaio 199::)., n. 3. d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2 [convertito in legge 29 gennaio 1992, n. 35]. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 [come modificato dall'art. 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537]. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, artt. 5, primo e quarto comma; 6, primo comma; 7, primo, secondo e terzo comma. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 47. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 1, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO c1.lgs. 11 agosto 1993, n. 373, art. 2. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. legge 24 dicembre 1993, n. 537, artt. 1, 2, 3, primo, secondo, terzo e quarto comma; 4, come modificato dall'art. 11, trentottesimo comma. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice civile, artt. 291 e 297 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 53, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. codice civile, combinato disposto artt. 892 e 894 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 54, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. codice penale, art. 146, primo comma, n. 3 [aggiunto dall'art. 2 del d.I. 14 maggio 1993, n. 139, convertito dalla legge 14 luglio 1993, n. 222] (artt. 2, 3, primo comma, 27, terzo comma, 32 primo comma e 111, primo comma, della Costi tuzione). Sentenza 3 marzo 1994, n. 70, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. codice penale, art. 385, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 marzo 1994, n. 87, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. codice di procedura penale, art. 185, primo comma, n. 1 (art. 101, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 473, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. codice di procedura penale, artt. 238 e 512 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 17, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. codice di procedura penale, art. 270, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 febbraio 1994, n. 63, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. codice di procedura penale, artt. 321 e 324 (artt. 24, 42, 97 e 111 della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 48, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. codice di procedura penale, art. 419, terzo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 16, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 codice di procedura penale, .art. 424 (artt. 3, 97 e 112 della Costituzione). Sentenza 15 marzo 1994, n. 88, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. codice di proceduta penale, art. 446, primo e terzo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza17 febbraio 1994, :ii. 41, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. codice di procedura penale, art. 554, secondo comma (art. 112 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 478, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. codice di procedura penale, art. 577 (artt. 3 e 112 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 474, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge prov. Bo~no 2 aprii~ 1962, n. 4, aru. 2 e 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n; 19, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. legge prov. Bolzano 2 aprile 1962, n. 4, artt. 2 e 3 (artt. 8, n. 10, statuto spec. Trentino-Alto Adige e 47, secondo co.una, della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 19, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. legge 31 maggio 1965, n,.575, art. 2-ter, sesto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 dicembre 1993, n. 465, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3, 38 e 41 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 22, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10, sesto e settimo comma, e 11, primo e secondo comma (artt. 2, 32 e 38 della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 37, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge 26 luglio 1965, n. 966, art. 2, primo comma, lett. b) (artt. 23 e 41 della Costituzione). Sentenza 15 marzo 1994, n. 90, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, nel testo sostituito dall'art. 15, primo comma, p.p., del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356 (artt. 3, primo comma, 25, secondo comma e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 39, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, allegato 2, limitatamente alle disposizioni riguardanti gli psicologi provenienti dagli Enti locali e ivi inquadrati con la qualifica di collaboratore tecnico. Sentenza 30 dicembre 1993, n. 476, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 20 RASSEGNA. AVVOCATURA DELLO STATO . d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 39, nella parte in cui dichiara non pensionabile l'assegno aggiuntivo riconosciuto ai professori universitari che optano per il regime di impegno a tempo pieno (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1994, n. 78, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. d.l. 6 giugno 1981, n. 283, art. 26 [convertito nella legge 6 agosto 1981, n. 432] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30. dicembre 1993, n. 477, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge 13 luglio 1984, n. 312, art. 6, secondo comma, nella parte in cui esclude, per i �lipendenti non artisti degli enti lirici autonomi, l'applicabilit� dell'art. 6 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, convertito nella legge 26 febbraio 1982, n. 54 (artt. 3, 4 e 38, secondo e quarto comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 475, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge reg. Veneto 27 giugno 1985, n. 61, art. 24, terzo comma (artt. 5, 32, 97 e 128 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1994, n. 79, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. legge 17 dicembre 1986, n. 890, art. 3 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 479, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 18, primo comma (artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 50, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. legge 23 dicembre 1986, n. 898, art. 2, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall'art. 73 della legge 19 febbraio 1992, n. 142 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 10 febbraio 1994, n. 25, G. U. 16 febbraio 1994, n. 8. d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36 (artt. 3, 53, 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 38, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge reg. Sicilia 29 dicembre 1989, n. 19, art. 3, n. � 3 (artt. 3 e 53 della Co� stituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 480, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, commi 12-bis e .12-ter [convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 febbraio 1994, n. 62, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, art. 11, come modificato dall'art. 12 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344, convertito nella legge 23 gennaio 1991, n. 21 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 51, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. PARTE II, RASSEGNA or LEGISLAZIONE d.l. 27 aprile 1990, n. 90, art. 5, nono comma [convertito in legge 26 giugno 1990, n. 165] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 18, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.l. 24 novembre 1990, n. 344, artt. 7 e 8, primo comma [convertito con legge 23 gennaio 1991, n. 21] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1994, n. 4, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.I. 13 maggio 1991, n. 152, art. 2, primo comma [convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203] (artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 39, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge 11 agosto 1991, n. 266, art. 15 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 500, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.Igs. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 2, comma 6 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 512, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, artt. 2, commi 6 e 7, e 4 (artt. 3, 24, 25 e 81 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 512, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.I. 11 luglio 1992, n. 33, art. 2, quarto comma [convertito dalla legge 8 ago� sto 1992, n. 359] (artt. 3, 24, 36, 73, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1994, n. 6, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.l. 19 settembre 1992, n. 384, artt. 4, primo e terzo comma, e 14 [convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 3, 24, 38 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 20, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.I. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, settimo comma [convertito dalla legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 3, 24, 36, 73, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1994, n. 6, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.I. 19 dicembre 1992, n. 485, art. 1, commi primo, secondo e quarto-ter [con� vertito in legge 17 febbraio 1993, n. 32], nella parte in cui esclude la regione Sardegna dalla partecipazione alla ripartizione dei finanziamenti ivi previsti (artt. 3, lett. g), 4, lett. g), 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 54 e 56 dello statuto spec. Sardegna e 3, 81, 116 e 119 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 499, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.I. 22 maggio 1993, n. 155, art. 18, settimo e ottavo comma [convertito nella legge 19 luglio 1993, n. 243] (art. 9 statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 52, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. d.I. 22 maggio 1993, n. 155, art. 18, settimo e ottavo comma [convertito nella legg� 19 luglio 1993, n. 243] (artt. 75, 78 e 104 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 52,G. U. 2 marzo 1994, n. 10. CONSULTAZIONI ANTICHIT� E BELLE ARTI -Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali Componenti. -Possibilit� di essere nominati pi� di due volte. Se il divieto di conferma nell'incarico per pi� di una volta, posto per i membri del Consiglio nazionale per i� beni culturali e ambientali, precluda la possibilit� di una terza nomina che avvenga con soluzione di continuit� rispetto alle due precedenti (es. 6465/93). Immobili soggetti a vincolo storico-artistico -Lavori di manutenzione straordinaria necessari ad assicurarne la conservazione -Effettuazione a spese di un condominio -Erogazione a questi dell'intero contributo ex l. 1552/61 Possibilit�. Se il condominio, che abbia provveduto ad eseguire a sue spese lavori di manutenzione straordinaria necessari per assicurare la conservazione di un immobile oggetto di vincolo artistico, abbia diritto a vedere erogato in suo favore l'intero contributo spettante ai sensi della legge 21/12/1961 n. 1552 (es. 7974/93). Immobili sottoposti a vincolo storico-artistico -Opere abusive realizzate sugli stessi prima dell'imposizione del vincolo e per le quali sia stata chiesta sanatoria ex l. 47/85 -Autorit� che ne dispone la demolizione -Poteri del Ministero dei beni culturali. Se e da chi possa essere ordinata la demolizione di opere realizzate in carenza di concessione edilizia su di un immobile sottoposto a vincolo storico artistico, vincolo posto successivamente alla realizzazione delle opere stesse, e per le quali sia stata chiesta la sanatoria ex 1. 47/85; e se per la concessione della sanatoria sia necessario il parere favorevole del Ministero dei beni culturali (es. 5288/93). ASSICURAZIONE -Controlli amministrativi -Imprese assicuratrici -Assunzione di partecipazioni in societ� -Obbligo .di comunicazione all'ISVAP � Fattispecie. Se l'Impresa di assicurazione che abbia comunicato all'ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) l'assunzione di partecipazione in altra societ�, superiore al 5 % del capitale sociale dell'Impresa assicuratrice stessa, debba comunicare all'ISV AP l'assunzione di ulteriori partecipazioni nella medesima societ�, pur se di per s� inferiori al ridetto limite del 5 % (es. 5571/93). Impresa di assicurazione -Controlli amministrativi -Omissione di comunicazioni .(art. 16 c. 2 legge 20/91) all'ISVAP " Consumazione del reato -Momento. Quando diventi penalmente sanzionabile il ritardo nelle comunicazioni al. l'ISVAP previste dagli artt. 5, 9, 15 legge n. 20/91 (es. 5571/93). 24 RASSEGNA AWOCATURA DEUO STATO BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) -Autorizzazioni paesaggistiche ex art. 7 l. 1497/39 -Esame da parte del Ministero dei beni culturali delle autoriz� zazioni rilasciate dalle regioni -Possibilit� di richiedere alla regione pi� copie della documentazione necessaria -Richiesta dell'interessato di inter� vento sostitutivo del Ministero dei beni culturali -Termine -Perentoriet�. Se il Ministero dei beni culturali e ambientali possa richiedere alla regione di inoltrare in pi� copie la documentazione necessaria ai fini dell'esame diretto all'eventuale annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate ex art. 7 legge 1497/39 dalla regione medesima; e se, non avendo la regione provveduto sulla richiesta di autorizzazione entro il termine di legge (60 giorni), l'interessato possa chiedere l'intervento sostitutivo del Ministero dei beni culturali anche oltre i trenta giorni successivi previsti dall'art. 82, nono comma, d.P.R. 616/77 (es. 2225/93) . CIRCOLAZIONE STRADALE -Veicoli -Tributi -Tasse automobilistiche -Tassa di circolazione -Soggetto passivo -Soggetto che risulta proprietario dal pubblico registro automobilistico. Se l'obbligato al pagamento della tassa di possesso di autoveicolo sia sempre e comunque l'intestatario del veicolo nei registri del PRA, anche se risulti da atto avente data certa l'alienazione dell'autoveicolo a terzi (es. 4375/93). Veicoli -Tributi -Tassa di circolazione -Tasse automobilistiche -Soggetto passivo -Soggetto che risulta proprietario dal pubblico registro automobi� listico. Se (pur dopo la sentenza 2 aprile 1993 n. 164 della Corte Costituzionale) sia corretto affermare che l'obbligato al pagamento della tassa di possesso di autoveicolo sia sempre e comunque l'intestatario del veicolo nei registri del PRA, anche nel caso in cui risulti da atto avente data certa l'alienazione dell'autoveicolo a terzi (es. 7279/93). DEMANIO -Demanio statale -Marittimo -Assistenza, integrazione sociale e diritti dei portatori di handicap -Barriere architettoniche -Opere dirette a consentire la visitabilit� degli impianti balneari e l'accesso al mare da parte delle persone handicappate -Regime urbanistico -Necessit� di concessione edilizia (o autorizzazione sindacale ex art. 48 l. 457/78). Se per le opere dirette a consentire la visitabilit� degli impianti balneari (e l'accesso al mare), da parte delle persone handicappate, sia necessaria la concessione edilizia o l'autorizzazione sindacale ex art. 48 I. 457/78 (es. 6446/93). ENTI PUBBLICI -Enti locali -Emissione prestiti obbligazionari � Possibilit� -App[i. cabilit� art. 18 e ss. d.l. 8 aprile 1974 n. 95. Se ed a quali condizioni di procedura sia consentita agli Enti locali l'emis� sione di prestiti obbligazionari; e se siano applicabili le norme dettate dagli artt. 18 e seguenti del d.I. 8 aprile 1974 n. 95 conv. in I. 7 giugno 1974 n. 216, in �materia di sollecitazione del pubblico risparmio, alla emissione e al collocamento presso il pubblico da parte degli Enti locali di prestiti obbligazionari (es. 5474/93). PARTE II, CONSULTAZIONI 2J FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI -Fallimento del debitore sottoposto ad esecuzione presso terzi -Ordinanze di assegnazione del credito anteriori e successive al fallimento -Effetti. Se intervenuto, nel corso della procedura di espropriazione presso terzi, il fallimento del debitore esecutato, possa essere emessa ordinanza di assegnazione del credito; a chi debbano essere pagati -dopo il fallimento dell'esecutato -i crediti assegnati -ex art. 553 c.p.c. -prima della declaratoria di fallimento (pign. 1441/91). Riparazione per ingiusta detenzione � Fallimento dell'ex detenuto -Acquisibilit� dell'indennizzo alla massa fallimentare. Se siano acquisibili all'attivo fallimentare le somme dovute al fallito a titolo di riparazione per ingiusta detenzione (pign. 1441/91). IGIENE E SANIT� PUBBLICA -Igiene degli alimenti e delle bevande -Produzione e commercio degli sciroppi e delle bevande a base di mandorle -Normativa vigente in materia -Legge 23 febbraio 1968 n. 116 e d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109 -Abrogazione della prima da parte del secondo. Se la normativa di cui al d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109 (introdotta in attuazione delle direttive CEE del Consiglio 89/395 e 89/396), disciplinante l'etichettatura, la presentazione e la pubblicit� dei prodotti alimentari, abbia determinato l'abrogazione delle norme (ed in particolare di quelle sanzionatorie) che, con specifico riguardo alla produzione e al commercio di sciroppi e bevande a base di mandorle, erano state poste dalla legge 23 febbraio 1968 n. 116 (es. 6162/93). Sanit� dell'ambiente -Ministero dell'ambiente -Componenti Commissione VIA Aspettativa per malattia ex art. 68 t.u. imp. civili e congedo per maternit� ex art. 41 t.u. impiegati civili .. Spettanza. Se ai componenti della Commissione per la valutazione dell'impatto ambientale, istituita presso il Ministero dell'Ambiente, spettino l'aspettativa per malattia e il congedo per maternit� propri dei dipendenti dello Stato (es. 8841/93). Tutela dell'ambiente -Smaltimento rifiuti speciali -Ripascimento arenili -Spandimento di sabbia ottenuta da drenaggio portuale. Se Io spandimento di sabbia, proveniente da dragaggio portuale, su arenili, a fine di ripascimento di questi, sia operazione da qualificare come smaltimento di rifiuti speciali e soggetta ad autorizzazione da parte della Regione (es. 5075/93). Servizio sanitario nazionale -C.d. prestazioni strumentali � Accesso dell'assistito a strutture private -Condizioni -Impossibilit� di provvedere per le strutture pubbliche. Se, con l'entrata in vigore dell'art. 8, quinto comma, d.lgs. n. 502/92, il ricorso dell'assistito alle prestazioni di strutture sanitarie private convenzionate non sia pi� condizionato all'impossibilit� per le strutture sanitarie pubbliche di effettuare entro 4 giorni le prestazioni strumentali (es. esami di laboratorio) richieste (es. 4722/93). 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO -Comune � Organi -Segretario comunale inidoneo in via permanente al servizio attivo -Apertura del procedimento per l'inquadramento nei ruoli dell'amministrazione civile dell'Interno -Collocamento in aspettativa per infermit� -Possibilit� e durata. ?, . I Se, ed eventualmente per quanto tempo, possa essere collocato in aspet j tativa per infermit� il segretario comunale, giudicato inabile definitivamente alla funzione, rispetto al quale sia promosso il procedimento volto all'eventuale passaggio nel ruolo dell'amministrazione civile dell'Interno (es. 4423/93). ISTRUZIONE E SCUOLE -Personale insegnante -Docenti universitari -Professori associati -Conferma in ruolo -Determinazione trattamento retributivo -Periodo intercorrente fra la decorrenza giuridica della nomina (conseguita a seguito di positiva partecipazione alla prima e seconda tornata dei giudizi di idoneit�) ed effettiva presa di servizio -Valutazione. Se al fine di determinare il trattamento retributivo di chi sia nominato professore universitario associato (a seguito di positiva valutazione riportata nella prima o seconda tornata dei relativi giudizi di idoneit�) e sia stato -poi confermato in ruolo, si debba considerare il periodo intercorso fra la decorrenza giuridica della nomina a professore associato e l'effettiva presa di servizio, come periodo di servizio prestato in detta qualifica (es. 3348/92). t Universit� -Edifici destinati a sede di pubblici uffici -Concessione di porzioni di essi, in uso a privati, per destinazione a bar, edicole, o similari -Fattispecie. Se, ed eventualmente con quali modalit�, l'Universit� degli studi di Roma �La Sapienza�, che ha per legge l'uso gratuito degli immobili (di propriet� dello Stato) nei quali � operante il Policlinico Umberto I, possa concedere a terzi l'uso di parti di detti immobili affinch� vengano adibiti a spaccio di generi di conforto, punto vendita di giornali (e simili) (es. 8177/90). II Universit� -Prima facolt� di medicina e chirurgia dell'Universit� Federico II Scorporo e passaggio alla Seconda Universit� degli studi di Napoli -Rapporti giuridici nei quali quest'ultima � succeduta -Individuazione. Quali siano i rapporti trasferiti alla Seconda Universit� degli studi di Napoli a seguito dello scorporo dall'Universit� Federico II della prima facolt� di medicina e chirurgia e il passaggio della stessa alla Seconda Universit� (es. 2770/93). OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) -Appalto di opere pubbliche: revisione prezzi ex art. 33 legge 41/86 -Base di computo dell'alea contrattuale (importo complessivo della prestazione) -Nozione. Se la percentuale di alea del 10 %, il cui superamento, ai sensi dell'art. 33, terzo comma, legge 41/86, comporta l'applicazione della revisione dei prezzi dell'appalto di opera pubblica, vada calcolata sull'intero importo del contratto o sul solo importo �revisionabile (escludendo cio� le anticipazioni e i lavori eseguiti nel primo anno) (es. 5662/93). PARTE II, CONSULTAZIONI PATRIMONIO DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Beni immobili dello Stato -Per� muta ex art. 1 r.d.l. 2000/1923 -Immobili adibiti ad uffici pubblici o ad uso di Amministrazioni governative -Nozione. Se il disposto dell'art. 1 r.dl. 10 settembre 1923 n. 2000 (secondo il quale �il Governo ... � autorizzato .a permutare ... gli immobili demaniali adibiti ad uffici pubblici ed, in genere, ad uso delle Amministrazioni governative con altri immobili di minor valore, che debbano avere la stessa o analoga destinazione, mediante conguaglio in denaro a favore dell'Amministrazione demaniale�) concerna anche immobili dello Stato che al momento della permuta non siano pi� adibiti ad usi governativi (es. 1462/91). POSTE E RADIOTELECOMUNICAZIONI PUBBLICHE -Servizi di telecomunicazione -Trasferimento di propriet� di imprese radiotelevisive -Contravvenzione di omessa comunicazione al garante dell'editoria -Soggetto attivo del reato Sussistenza del reato ove nel termine di legge la comunicazione sia fatta solamente a mezzo raccomandata. Chi sia il soggetto penalmente sanzionabile in caso di mancata comunicazione al garante dell'editoria del trasferimento di propriet� delle imprese radiotelevisive; e se la comunici;tzione possa avvenire mediante azione diversa dalla notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario (es. 8518/93). PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Ministero delle Poste e Telecomunicazioni -Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni -Contratti di manutenzione e acquisizione di servizi -1) Contratti di durata superiore a tre anni -Aggiudicazioni anteriori al 3 luglio 1993 -Sorte -2) Applicabilit� direttiva 92/50/CEE del Consiglio. Se, ravvisatasi l'opportunit� che . i contratti di manutenzione o di acquisizione di servizi stipulati dalla Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni abbiano, in vista della trasformazione di questa in s.p.a., una durata massima triennale, possano essere annullate o revocate le aggiudicazioni gi� avvenute (e possa essere denegata l'approvazione dei contratti ai quali esse pertengono); e se ai contratti di tale tipo sia applicabile la direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 (che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di pubblici servizi) (es. 7160/93). RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Riscossione delle imposte sui redditi -Imposte indirette di cui all'art. 67, primo comma, d.P.R. 43/88 -Legale rappresentante di societ� o di ente -Responsabilit� personale per il pagamento di �pene pecuniarie e soprattasse -Sussistenza. Se possa estendersi alle imposte indirette indicate nel primo comma dell'art. 67 d.P.R. 43/88 (es. imposta sul valore aggiunto, imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, imposta sulle successioni e donazioni, imposte di fabbricazione, imposte erariali di consumo) la disciplina contenuta nel sesto comma dell'art. 98 d.P.R. 620/1973 (secondo il quale: �Al pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente coloro che ne hanno la rappresentanza�) (es. 2236/93). 28 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO Riscossione delle imposte sui redditi -Tributi � Riscossione � Ricorso alla Com missione tributaria di I grado inammissibile -Possibilit� di procedere ad immediata riscossione integrale del tributo. Se l'Amministrazione finanziaria possa avviare le procedure di riscossione del tributo a titolo definitivo, senza attendere la pronunzia della decisione, quando il ricorso alla Commissione tributaria di I grado non sia stato portato a conoscenza dell'ufficio mediante consegna o spedizione, o sia stato consegnato o spedito tardivamente all'ufficio, o l'esemplare da esso diretto all'ufficio non sia stato sottoscritto, o sia stato spedito entro busta (es. 1677/91). SANZIONI AMMINISTRATIVE �. Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 � Applicazione -Pagamento in misura ridotta � Trasgressore soggetto a procedura concorsuale -Sospensione del termine previsto per effettuare il pagamento. Se, essendo l'autore di un illecito amministrativo sottoposto a procedura concorsuale diretta al risanamento dell'impresa (nella specie gestione straordinaria di societ� assicuratrice), il termine per effettuare il pagamento in misura ridotta, di cui all'art. 16 legge 689/81, sia sospeso fino al termine della procedura (es. 5571/93). Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 -Applicazione � Procedimento di irrogazione di sanzioni pecuniarie amministrative -Applicabilit� delle norme poste dalla legge 241/90 in materia di procedimento amministrativo. Se per il procedimento di irrogazione di una sanzione pecuniaria amm1mstrativa (ex l. 689/81) l'Amministrazione competente abbia l'onere di fissare i tempi e i termini del procedimento stesso, ai sensi dell'art. 2 legge 241/90 (es. 5571/93). Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 -Riserva assoluta di legge ex art. 1 legge 689 del 1981 -Sanzioni introdotte da regolamenti anteriori (caducazione) e posteriori (illegittimit�) alla legge 689/81. Se l'art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale), secondo il quale nessuno pu� essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge, abbia posto in materia una riserva di legge di carattere assoluto; se pertanto debbano ritenersi caducate le norme regolamentari -entrate in vigore prima della l. 689/81 -che prevedono siffatte sanzioni, ed invalide (quindi disapplicabili dall'a.g.o, ancorch� non dalla PA) quelle entrate in vigore successivamente (nella specie le norme punitive contenute nel regolamento di attuazione della 1. 11 giugno 1971 n. 426, sulla disciplina del commercio, approvato con D;M. 4 agosto 1988 n. 375) e non fondate su di una legge successiva alla 689/81, che abbia derogato al principio della riserva assoluta (es. 4516/93). Sanzioni pecuniarie amministrative -Indebita percezione aiuti FEOGA � Notificazione del verbale di contestazione -Termine -Decorrenza -Accertamento della violazione -Nozione -Applicazioni. Se il termine per notificare il verbale di contestazione a colui che abbia percepito, mediante l'esposizione di dati falsi, aiuti comunitari alla produzione d�ll'olio di oliva, possa iniziare a decorrere anche se l'ente accertatore della violazione non abbia ancora quantificato l'ammontare degli aiuti indebitamente percepiti (es. 6553/93). �. � . PARtB: Ili CONSULTAZIONI Sanzioni pecuniarie amministrative � Pagamento in misura ridotta -Rateazione della somma � Possibilit�. Se. l'autore .di un iiledto a.mministrativo possa essere ammesso ad effettuare ii pagamento in misura ridotta, previsto dall'art .. 16 legge 689/81, a rate, pagando. cos� l'intera somma dovuta a tal fine oltre il sessantesimo giorno dalla contestazione della violazione (es. 5571/93). Saniionipecunidtie amministrative -Persone giuridiche -Applicabilit� alle stesse � quali autrici dell'infrazione. � Se, dopo l'entrata .in vigore della legge 24 novembre 1981 n. 689, possano essere irrogate a persone giuridiche, quali autrici di illecito amministrativo, le sanzioni pecuniarie comminate a (o anche a) .persone giuridiche da norme di legge emanate anteriormente all'entrata in vigore della ridetta legge 689/81 (nel caso di specie viene in considerazione. la sanzione posta a carico della societ� di assicurazione per tardivo risarcimento del danno cagionato dall'assicurato per la r.c.a.) (es. 5571/93), .�� Sanzioni pecuniarie amministrative -Riscossione coattiva e R�corsi esperibili avverso i ruoli emessi ex art. 27 legge 689/81 -Autorit� competente alla decisione del ricorso. Quali ricorsi siano possibili contro i ruoli emessi, ex. art. 27 legge 24 novembre 1981 n. 689, per la riscossione delle sanzioni pecuniarie amministrative e a chi spetti deciderli (in particolare se all'autorit� che abbia emesso l'ingiunzione, oppure all'Intendenza di finanza (es. 3814/92). Successione di leggi punitive nel tempo -Configurazione quale illecito ammi� nistrativo punito con pena pecuniaria di un fatto prima prev�sto come reato (depenalizzai.ione) -Fatti commessi prima dell'entrata in vigore della huova legge -Applicabilit� della san~ione amministrativa -Fattispecie (infrazioni al codice della strada). Se ai fatti, che giusta le previsioni del codice della strada abrogato (d.P.R. 393/1959) integravano fattispecie di reato, ed alla stregua di quanto previsto dal codic;e della strada vigente (d.lgs. 285/1992) hanno invece natura di .mero illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria, compiuti neUa. vigenza del vecchio codice, possa appli,carsi la sanzione amministrativa prevista dal nuovo (es. 4698/93). SPESE GIUDIZIALI CIVILI -Controversie in materia di IGE -Definizione ex art. 54 legge 413/91 -Spese di giudizio. Se il contribuente che abbia definito una controversia, in materia di IGE, ai sensi dell'art. 54 �della legge 413/91, debba corrispondere all'amministrazione finanziaria dello Stato le spese di giudizio liquidate in favore dell'erario da sentenza intervenuta anteriormente alla summenzionata definizione della controversia (es. 1039/93). SPORT -Comitato Olimpico Nazionale Italiano -Poteri di controllo della Presi� denza del Consiglio dei Ministri sul CONI � Quali siano. Quali controlli siano esercitabili -da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri -sul Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) (es. 5346/93). 90 RASSEGNA AVVOCATURA DBLLO STATO TRASPORTI -Concessioni ferroviarie -Fine della concessione -Assunzione della gestione della ferrovia da parte dello Stato -Subentro di questo negli obblighi del concessionario verso i lavoratori -Obbligazione di rimborsare ai lavoratori i contributi previdenziali da questi versati all'INPS a cagione di insufficienti versamenti da parte del datore -Prescrizione del diritto al rimborso del dipendente -Tempo necessario -Decorrenza del termine. Se, cessata una concessione ferroviaria, e assunta la gestione della ferrovia (nella specie Adriatico-Sangritana) da parte dello Stato, questo subentri negli obblighi del concessionario verso i prestatori di lavoro ed, in particolare, nell'obbligazione di rimborsare ai lavoratori i contributi previdenziali che questi ha versato all'INPS a cagione dell'assolvimento, in misura insufficiente, dell'obbligo contributivo da parte del datore di lavoro; ed inoltre quale sia e da quando decorra il termine di prescrizione del summenzionato diritto di rimborso del dipendente (es. 2146/93). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Cessione di specialit� medicinali da parte di imprese farmaceutiche a enti ospedalieri -Base imponibile (nozione di prezzo di cessione al pubblico sul quale va operato lo sconto del 50 %). Se nelle cessioni di specialit� medicinali da parte di imprese farmaceutiche a enti ospedalieri, l'aliquota IVA (del 9 %) vada applicata sul 50 % del prezzo di vendita al pubblico del medicinale comprensivo dell'IVA, oppure sulla met� del prezzo di cessione al pubblico al netto dell'IVA (es. 8309/93). Imposte doganali e imposte di fabbricazione -Reati -Riscossione del tributo nei confronti dell'autore del reato -Pendenza di processo penale. Se prima della conclusione del processo penale possa richiedersi il pagamento delle imposte doganali o delle imposte di fabbricazione, a chi detti tributi deve in quanto autore dell'illecito oggetto dell'accertamento penale (es. 552/93). Tributi doganali -Entrata in vigore del d.P.R. 43/88 -Emissione da parte dell'Amministrazione finanziaria di ingiunzione fiscale -Possibilit�. Se -pur dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 43/88 -l'Amministrazione finanziaria dello Stato possa emettere ingiunzione di pagamento (ex art. 82 d.P.R. 43/73) di diritti doganali non pagati (es; 3697/90). TRIBUTI (IN GENERALE) -Rimborso di tributi indebitamente percepiti -Interessi anatocistici -Se possano spettare al contribuente. Se gli interessi scaduti, relativi a somme indebitamente percette dal fisco a titolo di imposta, possano produrre interessi (es. 5888/93).