Spii/. iilJ&;'faJsla� .; (10'%) � .ROMA 
Glt:NNAIO -&:RZO 1994 
RA��JECGNA 
AVVOCATURA 
DJEIL1LO �TATO 
ftVVc1'
NG-oL..o 
ISTITUTO POLIGRAFICO B ZBCCA DBLLO STATO 
ROMA 1994 



Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. 


ANNO XLVI N. 1 GENNAIO -MARZO 1994 

IRL&��JECGNA 
AWW(Q)CCA1r1UJRA 
TIJ)JEILIL(Q) �1rA1r(Q) 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
ROMA 1994 

m1-,~-�""'~--'"-"'c'-�if".________""~ ,�'" "'~''.>" :_'_'�"". ' 

--JWi@tfilffitl , , ~'-.. , ~, ,,. ,,Witill ,_x,,.,.ii.

X. 

ABBONAMENTI ANNO 1994 

ANNO � . . � . . . . . . . . � . . . . . . . . . . � . . . . . . . . . . . . . . � . � � . L. 52.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . � . . . . � � � � � � � � � � 13.500 


. 

Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

Direzione Marketing e Commerciale 

Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 

e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(6219091) Roma', 1994 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. 



INDICE 
Parte prima: GIURISPRUDENZA 
Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del-
l'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE (a cura 
COMUNITARIA 
del/'avv. Oscar 
E INTERNA-
Fiumara) . . . � 59 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 
(a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e 
AntoniG' Cingolo) . . . . . . . . . . . . . . . � 92 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a 
/'avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . 
cura de/
� 147 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
vocato Carlo Bafile) . . . . 
(a cura dell'av
� 151 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA PENALE )) 171 
Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 
QUESTIONI 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . 
RASSEGNA DI DOTTRINA . 
CONSULTAZIONI ..... . 
. pag. 
)) 
)) 
)) 
13 
15 
23 
Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia 
Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafani 
-
La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


O. FIUMARA, Procedimento penale per reati ministeriali. Competenza 
dello speciale Collegio istituito dalla legge costituzionale 16 gennaio 
1989, n. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 172 
R. FoLCHlNI, L'intervento delfAvvocato dello Stato in un processo storico 
(dai ricordi di un giudice popolare) . . . . . . . . . . . . . . Il, 
V. Russo, L'indennit� di espropriazione nella legislazione e nella 
giurisprudenza costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 2 
G. STIPO, Orientamenti giurisprudenziali sulle deduzioni difensive nel 
processo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 124 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ANTICHIT� E BELLE ARTI 

-Alienazione abusiva di cose di interesse 
artistico -Sanzione pecuniaria 
ex art. 64 legge 1� giugno 1939, 

n. 1089 -Accertamento dei presupposti 
-Giurisdizione ordinaria -Sussistenza, 
139. 
ATTO AMMINISTRATIVO 

-Accesso ai documenti -Diritto -Riguardo 
gli atti di un concorso Fattispecie, 
147. 

-Accesso ai documenti -Interesse del 
richiedente -Caratteristiche -Individuazione, 
147. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Inadempimento -Spedizionieri doganali, 
80. 

-Libera circolazione dei lavoratori Concorso 
per un impiego nella pubblica 
amministrazione -Esperienza 
professionale maturata in un altro 
Stato membro, 89. 

-Libera circolazione delle merci Divieto 
di rivendita in perdita, 59. 

-Libera circolazione delle merci 
Prodotti farmaceutici -Divieto di 
pubblicit� di fuori delle farmacie, 

59. 
CONCORRENZA (DISCIPLINA DELLA) 

-Autorit� garante -Sanzioni amministrative 
-Opposizione -Giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo, 

132. 
CORTE COSTITUZIONALE 

-Legge -Procedimento formativo 
Questione di legittimit� costituzionale 
-Inammissibilit�,, con nota di 

V. Russo, 1. 
ELEZIONI 

-Regione -Cause ineleggibilit� ed 
incompatibilit� -Allargamento elettorato 
passivo rispetto alla disciplina 
nazionale -Illegittimit�, 55. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Indennit� -Aree edificabili -Nuovo 
criterio di determinazione -Procedimenti 
in corso -Applicazione retroattiva 
-Questione di legittimit� 
costituzionale -Infondatezza, con 

nota di V. Russo, 1. 

-Indennit� -Aree edificabili -Nuovo 
criterio di determinazione -Questione 
di legittimit� costituzionale -Infondatezza, 
con nota di V. Russo, 1. 

-Indennit� -Aree edificabili -Nuovo 
criterio di determinazione -Soggetti 
gi� espropriati alla data di entrata 
in vigore della legge -Inapplicabilit� 
del beneficio previsto per la 
cessione volontaria -Incostituzionalit�, 
con nota di V. Russo, 1. 

-Indennit� -Edificabilit� di fatto Regolamento 
-Mancata indicazione 
dei criteri e del termine -Questione 
di legittimit� costituzionale -Infondatezza, 
con nota di V. Russo, 1. 

-Occupazione appropriativa -Compimento 
di opere irreversibili -Determinazione 
e offerta dell'indennit� di 
esproprio -Riconoscimento del diritto 
al risarcimento del danno Esclusione, 
136. 

LAVORO 

-Controversie individuali -Contestazione 
dell'intero credito preteso dall'attore 
-Onere per il convenuto di 
contestazione specifica dei conteggi Non 
sussiste, con nota di G. STIPO, 

121. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

VI 

OBBLIGAZIONI IN GENERE 

-Gestione di affari -Arricchimento 
senza causa � Termine iniziale di 
prescnz1one -Decorrenza dal completamento 
del depauperamento di 
una parte -Non necessaria coincidenza 
col riconoscimento della utilitas 
da parte del beneficiario, 108. 

-Gestione di affari -Attivit� non 
ancora obbligatoria per la pubblica 
amministrazione -Incremento patrimoniale 
o evitata diminuzione patrimoniale 
-Utiliter coeptum -Sussistenza, 
108. 

-Gestione di affari -Impossibilit� 
della pubblica amministrazione di 
provvedere in tempi brevi -Sostituzione 
del privato alla �pubblica amministrazione 
-Esclusione, 108. 

PREVIDENZA 

-Crediti previdenziali -Interessi -Decorrenza, 
92. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Impugnazioni -Decreto ex art. 745 

c.p.c. su ricorso contro rifiuto del 
cancelliere di rilasciare copia della 
sentenza -Atto di volontaria giurisdizione 
-Natura decisoria -Esclusione 
-Ricorso ex art. 111 Cost. Inammissibilit�, 
106. 
PROCEDIMENTO PENALE 

-Procedimento penale per reati ministeriali 
-Conflitto di competenza 
fra Collegio per i reati ministeriali 
e G.U.P., 171. 

-Rinvio obbligatorio dell'esecuzione 
della pena per i soggetti affetti da 
infezione da HIV -Discriminazione 
rispetto ai malati comuni -Infondatezza, 
49. 

-Udienza preliminare -Incidente probatorio 
-Preclusione -Illegittimit�, 

53. 
REATO 

-Provvedimenti antimafia -Possesso 
di beni di valore sproporzionato 

alla attivit� svolta -Mancata giustificazione 
da parte di soggetto sottoposto 
a procedimento penale -Violazione 
principio presunzione non 
colpevolezza -Illegittimit�, 41. 

-Truffa -Comunit� europee -Aiuti 
comunitari -Repressione, 28. 

REGIONI 

-Conflitto di attribuzione -Corte dei 
Conti -Controllo sugli atti -Nuovo 
regime, 37. 

STATO CIVILE 

-Personalit� (diritti della) -Cognome 
-Mutamento per fatti involontari 
-Pregiudizio all'identit� personale 
-Diritto alla conservazione, 

24. 
TRASPORTI 

-Ferrovie -Personale delle Ferrovie 
dello Stato -Compenso per lavoro 
straordinario -Periodo antecedente 
la contrattazione collettiva -Determinazione, 
con nota di G. STIPO, 121. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Redditi fondiari -Reddito 
dei fabbricati -Catasto -Categoria 
di classamento -Castelli e palazzi di 
eminente pregio artistico -Categoria 
A/9 -Riferimento all'intero immobile 
-Destinazione effettiva -Irrilevanza, 
154. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento -Istruttoria -Documenti 
atti e notizie acquisiti nell'esercizio 
di poteri di polizia giudiziaria 
-Istruttoria penale nei confronti 
di soci -Utilizzazione nei 
confronti della societ� di fatto fra 
gli indagati -Legittimit�, 168. 

-Contezioso tributario -Notificazione 
-Consegna a persona di famiglia 
-Omessa indicazione nella relazione 
del luogo di consegna della 
copia -Nullit�, 165. 



INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

-Contenzioso tributarfo � Impugnazione 
-Responsabile per la sanzione Legittimazione 
-Esclusione, 166. 

-Riscossione -Versamenti diretti Istituto 
di credito delegato -Ritardato 
versamento in tesoreria -Penale 
-Natura -Riducibilit� -Esclusione, 
151. 

-Riscossione -Versamenti diretti Istituto 
di credito delegato -Versa


mento ad ufficio incompetente Applicabilit� 
della penale -Elemento 
soggettivo -Irrilevanza, 169. 

-Sanzioni -Elemento intenzionale � 
Volontariet� del fatto -Sufficienza, 

152. 
- 
Violazione di leggi finanziarie -Misure 
conservative -Opposizione Giudice 
competente -Foro dello 
Stato, 164. 

-



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

16 giugno 1993, n. 283 . . 
3 febbraio 1994, n. 13 . 
10 febbraio 1994, n. 25 . 
17 febbraio 1994, n. 40 . 
17 febbraio 1994, n. 48 . 

3 marzo 1994, n. 70. 
10 marzo 1994, n. 77 . 
15 marzo 1994, n. 84 . 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 


Plenum, 24 novembre 1993, nelle cause riunite C-267 e 268/91 . 
Plenum, 15 dicembre 1993, nella causa C-292/92. 
Plenum, 9 febbraio 1994, nella causa C-119/92 . 
Plenum, 23 febbraio 1994, nella causa C-419/92 .. 


GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 30 luglio 1993, n. 8478 . 

Sez. I, 21 settembre 1993, n. 9660 . 

Sez. I, 4 novembre 1993, n. 10916 . 

Sez. I, 4 novembre 1993, n. 10929 . 

Sez. I, 9 novembre 1993, n. 11061 . 

Sez. I, 19 novembre 1993, n. 11445 . 

Sez. I, 2 dicembre 1993, n. 11957 . . . 

Sez. I, 3 dicembre 1993, n. 12021 . . . 

Sez. Lav., 22 dicembre 1993, n. 12708 . 

Sez. I, 24 dicembre 1993, n. 12777 . 

Sez. Un., 5 gennaio 1994, n. 52 . 

Sez. I, 14 gennaio 1994, n. 337 . . 

Sez. I, 20 gennaio 1994, n. 516 . . 

Sez. Un., 28 gennaio 1994, n. 728 . 

Sez. I, 23 febbraio 1994, n. 1815 . 

pag. 1 
� 24 
)) 28 
)) 37 
)) 41 
)) 49 
)) 53 
� 55 

pag. 59 
� 59 
)) 80 
� 89 

pag. 

� 

)) 

� 

)) 
)) 

)) 

� 

)) 

� 

)) 

)) 

)) 

� 

)) 

92 
151 
106 
152 
108 
154 
164 
165 
121 
166 
132 
136 
168 
139 
169 


INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 
Sez. IV -11 gennaio 1994, n. 21 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 147 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. I penale, 4 marzo 1994 (dep. il 21 aprile 1994) n. 1099 . . . . . . . . pag. 171 

���-'-'@E-;:,.�"~-,~-,


%�. X

�.ilim:--..: .. ::::: .... 1filmx .... ---



PARTE SECONDA 

< 

I 
)

I 

~ 
QUESTIONI pag. 1 ~ 

f. 
RASSEGNA DI DOTTRINA > 13 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: 

Questioni di legittimit� costituzionale: 
I -Norme dichiarate incostituzionali .......... . � 15 
Ib -Ammissibilit� della richiesta di referendum popolare . � 17 
II -Questioni dichiarate non fondate . . . . . . . . . . . � 18 

CONSULTAZIONI � 23 

I 

I ~ 

I 



PARTE PRIMA 



I


I


I 


I 




GIBRISPRUDENZA 



�. >� GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
:.��.<�<.��...-:>.::-:::-:.��.:�:-�-:-:-:�.<<�:�:�.��.-::-::-�:-:..���.-::�: .. :-.�.'..�..-'.�.:-:-::-: ... � ��.<.�.�.�... >..��.�..�.�.���.�'.�. '.... � ... :-: ..��.�.. > .........� .. � ...�>.�.:.�.. 


�Q~l'~ CQS'{J'l'VZlOl'J:AJ,.Jii:,.J6 giugno 1993 n~ 2&3, Pres . .Casavola � Rf!efl. 
/ Qp~p~t~>c llg~��iqpi �(~yy. ��A~. Man~I'.()),.>.l..i.iobiJ.tori-e $�l>~a��. JaYY� 
: . 6, Mi;l.rnno), $~~di.Macr� (avv .ti F � Soaglione, �. Va~ens:ise), San,.,a. (ayy. 
�q, Pira,s) e Presi;tlente del Consiglio dei Ministri. (avv. �Stato La~ 

pq:i;t!;t)y . 

�citt~ ~h~~tllzt()IlJll; �Le~~e ~ J'~o~~diwent() 'o~ativo � Q.e$ti~ne di leglt� 

. 
tilliit� costituzionale � � lliammissibilit�. 
(C�~I'�� ...u:tt� .. 71< . 72;.L; �� 23 .�. ag�igstl:\. J9o8& .� 11c 400, art. JS;.. J>.L. 11 ... lug),i,<t .� i9n �n:, 333,

art, 5 ll�s~ c�nv: con L 8 iig�St� 199;?, cxi:; 359. iirt: tJ: �� �� � .�. � .�. � � � � �.. � �. 

~~pto~tta#one QeJ: p.bbll�a l1tltit� � Ind~Dlltt� � A~ee. edificl\bill � Nuovo 
. . �tjt~fi() <li detel'lllmazio#e . Questione di legif(~t� costit.zio~e �

t:iifond�teiia.� ��. � � � � �. .� ��. � � � � � � � � � � � � � � � � � � 

fo<lst. aik :;, 42, 53; B.L. 11 l~giio l99� n. 333, � ari. 5 bis, conv. 6011 L. 8 agosto 19\li, 

n. 
359, art. 1)). 
E!lpi-opril~�he p�l-' pnbbll�a.�utilit� ~���Indellldta�� � Atee edifi�al:>m~ Nuovo 

�.� 
cl'itmo. di . .:Ietet1j�mazfone��� Soggettfgl� esproprlatt���aJla ditta di en� 

trata fu vig�r� della legge .... �� lnapplic�bilit�.� del . benefiliio�.. previsto 

per la cessionevolontaria �~. Incostituzionalit�. 

(Cost..art. 3; . D.L. 11 luglio 199i n.. 333, art.. 5 bis, conv. con L. 8 agosto 1992, 

� > �rii ��$59; ���art. 1). .��� � ... �.. �.�� � �� ��� :�:: �� �� � � �� ��� � � � . � .� � � �� � � � ��� .�� 

Espr(;)Prl~~me P.er p.l.')bUca ...HJit� .~� .. lw;l~t�f E:dUicabilit� .<U fatto 

� 

aeg?lamento � M~e~ta indicaW.one �dei criterl e�. del te~e.. � Que. 
� �.�� sWD:e di legltt�init� costituzionale -� Infondatezza. 
> (Ccistiartb :Z4, 42\ ��1: I>.L �i liigiio 199"2 ri. 333; iirt. 5 bis, conv. fon L. 8 agosto 

1994, n. 359, art. 1). �.� � � 
� 

~s~~1~o~e��f!~-~~:t~:1:0~~~:.T:f�~..� !~::9~~~i~9~=o;; 


��. tJ:oi:tttiva �... Questione � di leglttbnlt� costituzionale �� lnfQndatezza. 
(Cost. art. 3; D.L. 11 luglio 1992 n. 333; . art. 5 bis, conv. con L< s agosto 1992, 

n. )59, art� 1). 
E' inammissibile la . questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
5 bis del D;L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 
agosto 1992 n. 359, e dell'art.15, n. 5 della L. 23 ago$to 1988 rt. 400, in relazione 
tagli artt. 71 e 72 Cost., sotto il profilo della v.iolazione del procedim,
ento formativo del.le leggi, per non essere stato osservato il canone 



2 RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO 

secondo il quale il progetto di legge deve essere approvato dapprima per 
sz'ngo.li articoli e, successiv(JJ/1lente, con votazione finale complessiva. 
E' infondata la questione di legittimitii. c.ostituzionaile dell'art. 5 bis 

D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 
359, in relazione agli artt. 3, 42, 53 Cast., laddove prevede come criterio 
di quantificazione della indennit� di espropriazione, il sessanta per cento 
della semisomma del valore venale e del reddito dominicale del bene 
espropriato. 
� costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 CostJ., 
l'art. 5 bis D.L. 11 lugUo 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 
agosto 1992 n. 359, laddove non prevede, per i soggetti gi� espropriati 
alla data di entrata in vigore della legge stessa, e nei confronti dei quali 
l'indennit� di esproprio non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto 
di accettare l'indennit�, senza subire la decurtazione del quaranta per 
cento della semisomma del valore venale e del reddito dominicale del 
bene espropriato, analogamente a quanto previsto per i casi di cessione 
volontaria del bene. 

E' infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5 bis 

D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 199l 
n. 359, in relazione agli artt. 24 e 42 Cast., laddove, demandando ad un 
regolamento l'individuazione dei criteri della edificabilit� di fatto di 
un'area, non fornisca le direttive cui il potere esecutivo dovrebbe conforrmarsi. 
E' infondata la questione di legittimit� costitiuzionale delil'art. 5 bis 

D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto �1992 
n. 359, in relazione all'art. 3 Cast., laddove prevede l'applicazione retroat� 
tiva della normativa ai procedimenti in corso e non ancora definiti. 
(1) L'indennit� di espropriazione nella legislazione e nella giurisprudenza 
costituzionale. 
La Corte Costituzionale torna a pronunciarsi in merito alla vexata quaestio 
dei criteri di determinazione della indennit� di esproprio. 
Come si avr� modo di ricordare, sin dai primi anni di attivit� ed assai\ 
frequentemente la Corte � intervenuta in materia incidendo significativamente 
sugli impianti normativi via via succedutisi, in modo del tutto disorganico, dettando 
inoltre i criteri cui il legislatore ordinario, pur nell'ambito dell'amplissima 
discrezionalit� che gli compete, avrebbe dovuto conformarsi, nel rispetto 
della garanzia costituzionale riconosciuta alla propriet� dall'art. 42 della Carta. 

La sentenza in commento, offre lo spunto per ripercorrere alcune delle 
tappe pi� significative della storia dell'istituto. 

Il principio cardine, pi� volte elaborato dalla Corte Costituzionale nel corso 
di questi anni, � quello in virt� del quale l'indennizzo previsto dallo stesso art. 42 
Cost. deve essere � congruo, serio adeguato �. Si vedano in proposito le pronunzie 
nn. 67/1959; 91/1963, in Foro It., 1963, I, 1090; 22/1965, ivi, 1965, I, 58 ed in 
questa Rassegna, 1965, I, 426 con nota di L. TRACANNA; 37/1969, in questa 
Rassegna, 1969, I, 212; 115/1969, in Foro lt., 1969, I, 2013; 63/1970, in questa Ras


I 

segna, 1970, I, 365 ed in Foro lt., 1970, I, 1547; 58/1974, ivi, I, 1974, 957; 138/1977, 
ivi, 1978, I, 25 ed in questa Rassegna, 1977, 774; 216/1990, in Foro lt., 1990, I, 2735; 

I 

I 

I 

I 

i 



PARTE I, SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 3 

(omissis) Viene sotto pi� profili -come in narrativa �detto denunciato 
l'art. 5 bis, introdotto dalla legge 8 agosto 1992 n. 359, in 
sede di conversione del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, (recante �misure urgenti 
per risanamento della finanza pubblica�). 

La riferita norma stab�lisce huovi criteri -da valere � fino alla emar 
nazione di una organica disciplina delle espropriazioni � per pubblica uti. 
lit� .....,. per la sti1na della indennit� cli. espropriazione �per le aree edificabili 
� [per quelle agricole, o comunque non classificabili come edU'icabili, 
continuando viceversa ad appHcarsi. i criteri di cui al titolo. U della 1. 

n. 865 deU971 ai sensi del comma quarto dello stesso art. 5 bis]. 
Pn~vede, all'uopo, il comma primo della citata disposizione che la 
suddetta indennit� � � determinata a norma dell'art. 13, comma 3, della 
legge [sul risanamento della citt� di Napoli] n. 2892 del 1885 (e cio� sulla 
base della media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decen


. . . . 

11io) sostit.<mdo ai fitti coace;rva,ti. il reddito dominicale rivalutato .di cui 
agli artt. 24ss~ d.:P.R. n. 917 del1986 �. E che �l'importo cosi determinato 
� ridotto del 40 % �. 

Aggiunge poi, peraltro, il comma secondo che �il soggetto espropriato 
pu� convenire la cessione volontaria del bene � ed � in tal caso non si ap~ 
plica la riduzione di cui al comma 1 >>. 

Precisa, quindi, il comma terzo [non oggetto di autonoma impugnazione, 
ma richiamato come disposizione interagente sulla legittimit� del 

138/93, ivi, 1993, I, 2124, le quali fanno riferimento al concetto di indennizzo quale 
� serio ristoro � del pregiudizio economico derivante dalla espropriazione, con 
conseguente illegittimit� costituzionale di tutte quelle disposizioni che prevedono 
criteri la cui applicazione conduca ad una determinazione della indennit� 
in termini meramente simbolici �vvero irrisori. 

Con la citata sentenza 67/1959, � sulla scorta di questi principi, la Corte 
Costituzional� dichiarava l'illegittimit� costituzionale dell'art. 2 D.L. 11 marzo 
1948 n. 409 (per il quale la indennit� di espropriazione del suolo occupato nella 
costruzione dei ricoveri antiaerei era determinata dall'Ufficio del� Genio Civile, 
in base al valore venale al momento dell'�ccupazione, avvenuta nel periodo 
bellico, con� l'aggiunta degli interessi legali sulla somma dovuta quale indennit� 
e con decorrenza dalla data di occupazione). 

Venivano del pari caducate le disposizioni della successiva L. 1� dicembre 1961 

n. 1441, che si erano limitate a maggiorare l'indennit� prevista dal D;L� 409/48 
cit. (sent. 91/1963 cit.), � 1asciando ancorata all'epoca dell'�ccupazione delle aree 
l'individuazione del valore dei beni espropriati. 
La stessa Corte non mancava altres� di censurare l'art. 12, ZO comma 
prima parte, della L. 18 aprile 1962, n. 167 (disposizioni per favorire l'acquisizione 
di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare), dove si stabiliva 
che il valore venale delle aree da espropriare, in attuazione dei piani, dovesse 
essere riferito al biennio precedente alla deliberazione comunale di adozione 
di .,quelli (sent. 22/1965 cit.). E ci� perch� anche in tal caso, ven�va realizzata, 
nei riguardi dei proprietari, una situazione � di incertezza o di alea derivante dal 
concorso di vari elementi: la lunga durata del periodo di validit� dei piani 
(10 o 12 anni se intervenga la proroga, o anche maggiore nel caso di ritardo 

-



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

precedente comma primo] che �per la valutazione della edificabilit� delle 
aree�, agli effetti appunto dell'applicazione dei suddetti nuovi criteri di 
stima, � si devono considerare le possibilit� legali ed effettive di edificazione 
esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preo11dinato all'esproprio 
�, Ed a tal fine -prosegue il comma quinto -� con regolamento 
del Ministro dei Lavori Pubblici, da emanarsi ai sensi dell'art. 17 

1. 1988 n. 400 �, saranno �definiti i criteri ed i requisiti per la individua� 
zione della edificabilit� di fatto �. 
Tale nuova disciplina � dichiaratamente applicabile anche ai �procedimenti 
.in corso� (comma sett�mo), salvo che l'indennit� non sia gi� 
stata accettata dalle parti ovvero definita con giudicato (comma sesto 
legge cit.). 

Per il combinato effetto delle censure formulate nelle varie ordinanze 
di rinvio il richiamato art. 5 bis viene quindi in sostanza sospettato 
di incostituzionalit�, oltrech� [A] pregiudizialmente nella sua interezza 
per vizio genetico (che si assume, dalla Corte di Cagliari, correlato 
alla previsione dell'art. 15 n. 5 della legge n. 400 del 1988, per questo 
parallelamente denunciato), sotto i profili in particolare: 

[B] del nuovo adottato criterio di computo dell'indennit� in questione 
(comma 1); 
[C] del meccanismo di interrelazione tra �cessione volontaria del 
bene� ed esonero dalla applicazione dell'ulteriore riduzione del 40 % (comma 
2); 
del decreto di approvazione); e la facolt� accordata ai comuni o ai consorzi... 
di effettuare le espropriazioni gradualmente ai sensi dell'art. 11 della legge. Donde 
la possibilit� che, nell'intervallo tra l'adozione dei piani e la loro attuazione, 
si verifichino eventi perturbatori tali da condurre ad una liquidazione della 
indennit� in misura irrisoria od addirittura simbolica �. 

In applicazione degli stessi principi, � stato invece ritenuto legittimo il 

criterio di valutazione della indennit� di esproprio di cui all'art. 13 della L. 15 

gennaio 1885 n. 2898 sul risanamento della citt� di Napoli, dove si �ncora al


l'ultimo decennio il calcolo della media del valore venale e dei fitti coacervati e, 

in caso di mancanza di un rapporto di locazione, si fa riferimento all'imponi


bile catastale (Corte Cost. sent. 15/1976, in questa Rassegna, 1976, I, 20, con 

nota di commento). 

La Corte ha ritenuto tale criterio conforme al dettato costituzionale, 

in \quanto entra sempre a far parte del calcolo, come dato componente della 

media, il valore venale dell'immobile, il che concorre ad adeguare l'indennizzo 

alla realt� economica. 

Proprio alla luce di quest'ultimo principio, � stato invece ritenuto costitu


zionalmente illegittimo il criterio introdotto dall'art. 16 L. n. 865 del 1971, cos� 

�come modificato dall'art. 14 della L. n. 10 del 1977, del riferimento al valore 

agricolo "medio dei terreni, secondo il tipo di coltura praticato nella regione 

agraria interessata, senza far riferimento al bene in concreto da espropriare, 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

5 

[D] della definizione dei criteri individuativi della edificabilit� di 
fatto, rimessa al potere esecutivo (comma S); 
[EJ della disciplina intertemporale (commi 6 e 7). 

I parametri evocati sono rispettivamente: 

per il profilo sub A: gli artt. 71 e 72 Cost.; 

per il profilo sub B: gli artt. 3, 42 co. 3, e 53 Cost.; 

per il profilo sub C: gli artt. 3, 24, 42, comma 3, e 113 Cost.; 

per il profilo sub D: gli artt. 42, commi 2 e 3; 24, comma 1, e 117 
Cost.; 
per il profilo sub E: l'art. 3 Cost. 

Preliminarmente al merito delle riferite questioni -che si af. 
fronter� seguendo l'ordine numerico dei commi della norma segnatamente 
impugnati -va esaminata l'eccezione di inammissibilit� per inapplicabilit� 
dello ius superveniens nel processo a quo. 

Questa eccezione -espressamente prospettata solo nel giudizio innanzi 
alla Corte di Reggio Calabria, ma virtualmente riferibile a tutti 
gli altri giudizi a quibus nei quali parimenti risulta (dalla narrativa delle 
stesse ordinanze di rinvio) la gi� avvenuta adozione del decreto espropriativo 
-� formulata sulla premessa interpretativa che i � procedimenti in 
corso�, ai qu:ali il comma settimo del citato art. 5 bis espressamente 

ed al valore di esso secondo la sua destinazione economica (Corte Cost., sent. 
5/80, in questa Rassegna, 1980, I, 486, con nota di G. ALBISINNI; ed in Fom It., 
1980, I, 273). 

In sostanza, tale normativa introduceva un canone di valutazione del tutto 
astratto, che portava inevitabilmente, per i terreni con destinazione edilizia 
(e �che non avevano alcuna relazione con le colture praticate nella zona) alla 
liquidazione di indennizzi sperequati rispetto all'area da espropriare, con palese 
violazione del diritto � all'adeguato ristoro �, che la norma costituzionale 
garantisce invece all'espropriato. 

Tale impostazione viene indi definitivamente affermata dalla Corte, con 
la successiva pronuncia n. 223/83, con la quale viene dichiarata illegittima la 

L. n. 385/1980, c.d. �legge-tampone� (originariamente di durata annuale, ma il 
cui termine finale, peraltro, era stato prorogato dapprima dal D.L. 29 maggio 
1982, convertito con L. 29 luglio 1982 n. 481 e, �da ultimo, con la L. 23 di� 
cembre 1982 n. 943) la quale prevedeva l'utilizzo del criterio di cui all'art. 16 
L. 865/71 (gi� dichiarata incostituzionale), al fine di determinare il solo � acconto 
� sulla liquidazione della indennit�. 
Il periodo seguente � caratterizzato da una completa �latitanza� del legislatore 
in materia, e dal consolidarsi di alcuni principi giurisprudenziali, sia in 
sede di ordinaria legittimit�, che costituzionale. 

La S.C. a Sezioni Unite (sent. 24 ottobre 1984 n. 5401, in Riv. Giur. Edilizia. 
1985, I, 241) aveva infatti modo di affermare la necessit�, per le aree edificabili, 
di commisurare l'indennit� di espropriazione al valore venale del bene espropriato, 
secondo quanto stabilito dall'art. 39 della L. 25 giugno 1865 n. 2359, 



6 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dichiara applicabi:le fa nuo\lla disciplina, siano i procedimenti amministrativi 
ancora aperti; con la conseguente esolusione, quindi, dei procedimenti 
-come quelli cui si riferiscono :le controversie indennitarie 
pendenti fananzi ai giudici a quibus -viceversa gi� conclusi Si\ll piano 
della procedura ablatoria con il disposto trasferimento coattivo della 
propriet� del bene ocourpato. 

La interpretazione cos� proposta non pu� per� essere ricevuta dalla Corte 
perch� disattesa per implicito da tutte le autorit� rimettenti e, esplicitamente, 
dalla Corte di appello di Reggio Calabria con motivazione affatto 
plausibile e confortata dalla recente giurisprudenza della Cassazione 
(cfr. sent. n. 12393 del 1992). 

Delle altre preliminari eccezioni di inammissibilit� afferenti a singole 
disposizioni dell'art. 5 bis si dir� (pregiudizialmente) in occasione dell'esame 
delle correlative questioni, nell'ordine che si � detto. 

Passando all'esame del merito, vanno innanzi tutto prese in considerazione 
le censure che hanno ad oggetto il cit. art. 5 bis, nella sua 
interezza, e l'art. 15 n. 5 della legge 23 agosto 1988 n. 400, norme che la 
Corte d'appello di Cagliari sospetta confliggere con gli artt. 71 e 72, comma 
1, Cost. sotto il profilo della violazione del procedimento di formazione 
della legge non essendo stato rispettato il canone che prescrive che 

dmanendo invece applicabili, per le aree a destinazione agricola i criteri di 

cui alla L. 865/71 (valore agricolo medio). 

Successivamente, con le sentenze nn. 1102 e 1165, tornava invece in campo la 
Corte Costituzionale, per consacrare tali principi, stabilendo tuttavia (con la 
sent. 1165 cit.) che un adeguato correttivo del valore venale potesse essere rappresentato 
dal valore agricolo tabellare, sicch� l'indennit� di esproprio di una 
area edificabile avrebbe dovuto essere commisurata alla media tra il valore 
venale ed il valore che allo stesso si sarebbe potuto attribuire quale terreno 
agricolo (v., in questa Rassegna, 1988, I, 4, commentate da F. FAVARA, in Indennizzi 
e sovraindennizzi espropriativi: sviluppi nel 1988, ivi 1989, II, 13). Affermazione 
questa di particolare rilievo, in quanto attesta il recepin1ento, da 
parte del giudice delle leggi, di criteri c.d. � mediati � nei quali cio� il riferimento 
al valore venale del bene risulti � corretto � con altro parametro, la 
cui individuazione non pu� evidentemente che essere lasciata alla discre.. 
zionalit� del legislatore (sent. 216/1990, in Foro Jt., 1990 I, 2735, con n. di R. 
CASO). 

Con il recente art. 5 bis del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con L. 8 
agosto 1992 n. 359, il legislatore torna in materia ex professo, con l'estendere 
rl criterio di commisurazione della indennit� espropriativa previsto dall'art. 13, 
3� comma della legge 2892 del 1885 (sul risanamento della citt� di Napoli), 
e quindi la media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decennio, 
sostituendo a detti fitti il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 ss. 
�D.P.R. 917/1986, e riducendo infine del 40% l'importo cos� determinato. Tale 
decurtazione percentuale pu� essere peraltro evitata da chi, non ancora espropriato, 
addivenga alla cessione volontaria dell'area esproprianda. I 

I 

I 

I 

� .,.,..rxi~ilW&ID�i:wm�lllJi1!#4fil�===:w~=====pa==,~�A~.:;rwl����===.J
�=,,�=��='-=�=~h.,.,.,.:Jt-L,, ..,.m.Bmt~dL,,,,,.�dff&k,,x.&&rAMWAlf&,y;,:lli?~,~



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

7 

il disegno o il progetto di legge debba essere approvato prima � articolo 
per articolo� e dopo con (complessiva) votazione finale. 
La questione, cos� come posta dalla Corte remittente, � per pi� versi 
inammissibile. 

Lo � relativamente all'art. 15 n. 5 legge n. 400/88, perch� di tale norma 
-che, prescrivendo che � le modifiche apportate al decreto legge, 
sono elencate in allegato alla legge�, riguarda il modo di formulazione 
del 'testo da pubblicare in Gazzetta ufficiale -il giudice non deve fare 
applicazione. 

E lo � anche in riferimento al cit. art. 5 bis. 

Infatti il giudice a quo, ricordato che � secondo ..... l'art. 72 l'approvazione 
delle camere deve essere fatta separatamente articolo per articolo 
e poi, complessivamente, con votazione finale�, constata che �la legge di 
conversione in oggetto � stata approvata mediante votazione soltanto del 
suo articolo unico e non anche mediante votazione dei singoli articoli del 
decreto eia convertire e deile relative modifiche � e ne deduce � l'illegittimit� 
costituzionale.... del citato art. 5 bis, per il quale l'illegittimit� risulta 
particolarmente evidente: esso infatti non ha nemmeno carattere 
di modifica del decreto legge, giacch� contiene una norma completamente 
nuova rispetto alla materia del decreto legge n. 333/92 �. 

Orbene -non senza considerare che il riferimento all'art. 71 Cost. 
si rivela non pertinente giacch� il canone della redazione del progetto 

Nella sentenza che si annota la Corte Costituzionale ha dunque ritenuto 
legittimo quest'ultimo criterio e, pur riconoscendo che lo stesso � indubbiamente 
di minor favore per il privato, rispetto a quello del valore venale del 
bene, ha tuttavia rinvenuto nello stesso la radice comune che rende legittimi 
i criteri � mediati �, e, segnatamente, � l'indefettibile riferimento al valore 
del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali �. 

Ha tuttavia ritenuto, la stessa Corte, di dovere escludere il discrimen, 
dovuto alla successione delle leggi nel tempo, tra coloro i quali avevano subito 
l'espropriazione nel previgente sistema e si trovavano in lite con l'Amministrazione 
per la stima dell'indennit� (ed ai quali, in virt� delle nuove disposizioni 
ai procedimenti in corso, si sarebbe dovuta senz'altro applicare la 
decurtazione del 40% , essendo gi� intervenuta l'espropriazione) e coloro che 
avevano ancora la possibilit� di effettuare la cessione volontaria, evitando la 
falcidia (peraltro economicamente assai significativa, tanto da aver fatto dubitare 
il giudice a quo della legittimit� della nuova normativa). 

Con una pronunzia manipolativa additiva, la Corte ha cos� esteso il diritto 
alla corresponsione della indennit� piena agli espropriati sotto il previgente 
regime legale, purch� la determinazione della indennit� non fosse divenuta 
incontestabile, cos� evitandosi, da una parte, una eccessiva quanto irragionevole 
penalizzazione di tale categoria di proprietari, e per altro verso contribuendosi 
alla razionalizzazione di un meccanismo normativo, che avendo recepito 
principi costituzionali ormai affermatisi nel tempo, sembra finalmente 
presentare un apprezzabile grado di coerenza. 

VITTORIO RUSSO 



8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di legge �in articoli�, da tale norma prescritto, riguarda l'iniziativa po� 
polare delle leggi -dalla scarna motivazione dell'ordinanza non risulta 
con chiarezza se il giudice rimettente intenda far riferimento in generale 
a qualsiasi disegno di legge formulato in un articolo unico (come parrebbe 
desumersi dal richiamo dell'art. 72 Cost. che riguarda il procedimento 
di formazione della legge in generale, mentre la sedes materiae 
della legge di conversione � l'art. 77 Cost.); ovvero se si riferisca pi� in 
particolare all'ipotesi del disegno di legge di conversione del decreto 
legge (come sembrerebbe potersi inferire dal fatto che nella specie la norma 
censurata � contenuta in un decreto legge convertito); ovvero, infine, 
se -tenuto conto del concreto svolgimento dell'iter padamentare -non 
abbia inteso dolersi del fatto che sia stata inserita una disposizione (in 

tesi) �estranea� alla materia del decreto legge, ovvero del fatto che, avendo 
iil Governo posto ila fiducia sul testo come emendato in s�ede di Com� 
missione referente con l'inserimento in partico1are della norma censurata, 
l'Assemblea -Jimitandosi aH'approvazione dell'articolo unico del disegno 
di il.egge di .conversione del decreto legge -non abbia in concreto dibattuto 

(e quindi consapevolmente approvato) l'inserimento nel decreto legge del� 
l'art. 5 bis in esame. 

La questione quindi si presenta priva dell'indefettibile requisito della 
chiarezza con conseguente sua inammissibilit�. 

II 

Possono ora in sequenza esaminarsi le censure che -con riferimento 
soprattutto all'art. 42, comma 3 Cost., ma anche agli artt. 3 
e 53 Cost. -afferiscono alle distinte disposizioni contenute nell'art. 5 bis, 
cominciando dal primo comma che prevede che l'indennit� di espropriazione 
per le aree edificabili � determinata a norma dell'art. 13, comma 
3, della 1. n. 2892 del 1885, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo 
decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 ss. I

' 

d.P.R. n. 917 del 1986; l'importo cos� determinato � ridotto del 40 %. 
Con riferimento al parametro costituito dall'art. 42, comma 3, 
Cost. la questione � posta innanzi tutto (dalle Corti d'appello di Bologna 
e Torino) sotto il profilo, pi� generale e radicale, della non adeguatezza 
e congruit� del ristoro in tal modo assicurato al proprietario espropriato. 
Inoltre, ipure a prescindere dalla riduzione del 40%, i!l criterio adottato 
dal primo comma dell'art. 5 b.is sarebbe, secondo ila Corte di 
Palermo, illegittimo gi� soltanto per avere il legislatore sostituito al parametro 
rapportato ai fitti coacervati quel:lo -affatto disomogeneo perch� 
concernente i terreni agricoli -del reddito dominicale; e comunque si 
censura il carattere astratto dell'indennizzo cos� computato, non rispon
�dente a11e obiettive ed effettive ca:mtteristiche del bene ablato. 

La Corte d'appello di Reggio Calabria sostiene poi che la ritenuta di 
imposta del 20 %, prevista dall'art. 11 della legge n. 413 del 1991, rappre




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

senterebbe un ulteriore elemento di riduzione che porterebbe l'indennizzo 

al di sotto del livello di congruit�. 

Inoltre il riferimento temporale della valutazione circa ila edificabilit� 

di fatto al momento della apposizione del vincolo preordinato all'espro


prio rappresenterebbe un altro elemento di inadeguatezza del criterio di 

calcolo dell'indennit� espropriativa. 

La questione quindi si focalizza essenzialmente, come profilo principale, 
nell'affermazione di fondo della non adeguatezza in s� della liquidazione 
della indennit� nella misura del 60 % della semisomma del valore 
venale e del reddito dominicale; mentre gli altri profili secondari, ed in un 
certo senso serventi al primo, sono diretti a rafforzare tale censura di 
inadeguatezza deN'indennizzo. Tutti per� si riconducono e si saldano nella 
prospettazione secondo cui risulterebbe violata la prescrizione del terzo 
comma dell'art 42 Cost. che consente l'espropriazione per pubblica utilit� 
solo �salvo indennizzo �. 

Va premesso che -prima della norma censurata e dopo che 
la Corte aveva dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 16, commi 
5, 6 e 7 della legge n. 865 del 1971, come modificati dall'art. 14 della legge 

n. 10 del 1977 (sent. n. 5 del 1980), nonch� della legge n. 385 del 1980 (sent. 
n. 223 del 1983) -trovava applicazione, per la quantificazione dell'indennit� 
di espropriazione delle aree fabbricabili, il criterio del valore venale 
quale previsto dall'art. 39 legge 25 giugno 1865 n. 2359, che non era stato 
abrogato, ma soltanto derogato dalle disposizioni dichiarate illegittime 
(sentt. n. 1022 del 1988 e n. 216 del 1990); invece per le aree a destinazione 
agricola era, ed �, ancora operante il criterio del valore agrario medio previisto 
dalla cit. legge n. 865 del 1971 {cos� anche sent. n. 355 del 1985). 
Con l'introduzione della norma censurata -che riguarda soltanto 
le aree edificabili o a destinazione edificatoria -al criterio del valore 
venale l'art. 5 bis sostituisce quello della semisomma del valore venale 
e del reddito dominicale, ridotta del 40 %; criterio questo sensibilmente 
meno favorevole (per i titolari delle aree espropriate) perch� -in ragione 
della notoria esiguit� del reddito dominicale -pari a circa un terzo del 
valore venale. 

La radicale censura di inadeguatezza di tale criterio -che rappresenta 
il profilo principale delle questioni di costituzionalit� in esame -non 
pu� che essere valutata alla luce della precedente giurisprudenza di questa 
,Corte. La quale si � subito attestata su un principio di fondo, ripe... 
tutamente affermato, secondo cui, da una parte, l'indennit� di espropriazione 
non garantisce all'espropriato il diritto ad un'indennit� esattamente 
commisurata al valore venale del bene e, dall'altra, l'indennit� stessa non 
pu� essere (in negativo) meramente simbolica od irrisor�a, ma deve essere 
(in positivo) congnia, seria, adeguata. Per un verso, infatti, l'integrale 
ristoro del sacrificio negherebbe ogni incidenza sotto tale profilo agli 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

scopi di � pubblica utilit� che persegue il procedimento espropriativo; 
scopi la cui realizzazione non pu� risultare impedita dall'esigenza di una 
piena ed� integrale riparazione dell'interesse privato del proprietario. Per 
altro verso, per�; quest'ultimo non pu� essere chiamato ad un sacrificio 
che azzeri il suo diritto, atteso il rilievo costituzionale della propriet� 
privata che il secondo comma dell'art. 42 Cost. predica essere �riconosciuta 
e garantita� ancorch� con hl limite (tra !"altro) delJ:a �funzione 1sociale �. 
Ed infattifin dalla sentenza. n. 61 del 1957 � stata respinta quella che veniva 
qualificata come �interpretazione letterale� del concetto di indennizzo, in 
quanto identificato con il pieno ristoro del danno subito per effetto de1la 
ablazione; �indennizzo non pu� significare cimento ... ma soltanto il massimo 
di contributo e di riparazione che, nell'ambito degli scopi di generale 
interesse, la Pubblica Amministrazione pu�. garantire all'interessato�; 
solo � uri indennizzo� stabilito in misura simbolica sarebbe un indennizzo 
inesistente � con conseguente vulnerazione dell'art. 42, comma 3, Cost. 

Questo principio...;..;; costantemente riaffermato (da ultimo v. sentt. nn. 
138 del 1993, 173 del 1991 e 216 del 1990) -si � poi ulteriormente evoluto, 
da una parte, affermandosi in positivo che l'indennizzo deve essere -come 
gi� indicato.__ congruo, serio, ed adeguato (sentt. nn. 91 del 1963, 22 del 
1965, .HS del 1969; 63 del 1970, 58 del 1974, 138 del 1977) e, d':a1tra parte, 
sprecisandosi che � legittima la combinazione di pi� criteri purch� almeno 
uno sia agganciato al valore venale e che pertanto risulta compatibile 
con la garanzia dell'art. 42, comma 3, Cost. la previsione di un criterio 
�mediato� (sentt. nn. 216 del 1990, 1165 �del 1988 e 160 del 1981). 

��In particolare la sentenza n. 15 del 1976 ha ritenuto legittimo il criterio 
di valutazione� dell'indennit�� di esproprio previsto dalla legge 15 gennaio 
1885 n. 2892 (sul risanamento della citt� di Napoli) che stabilisce 
:il riferimento al!la media del valore vena:le e dei fitti coacervatti de1l'wtimo 
decennio dei terreni espropriati, ovvero, in difetto di [ocazioni accel'.'tatte, 
alla� media� :del valore venale e dell'imponibile netto ai fini de1l'imposta 
sui fabbr<icati, precisando che, anche nell'ipotesi in .cui non risultino 
canoni di :locazione, entra sempre a far parte del calcolo relativo, come 
dato componente de1la media, fil valore venale dell'immobile; ci� � contribuisce 
in modo determinante ad adeguare, sia pure entro certi lim1ti, ~�ammontare 
dell'indennizzo a1la realt� dei valori economici � (cfr. anche ord. 607 
del 1987 e. sent. n. 216 del 1990). 

Parimenti la sentenza n. 160 del 1981 ha ritenuto congruo un analogo 
criterio �mediato�, quello previsto dall'art. 4 r.d.l. n. 981 del 19311 che 
quantificava l'indennit� di espropriazione come pari alla media del valore 
venale e dell'imponibile netto, capitalizzato ad un tasso dal 3,50% al 7% 
secondo le condizioni dell'edificio e della localit�; in particolare la Corte 
ha precisato che � il riferimento al valore venale del fondo fuor di dubbio 
consente1 sulla base di dati oggettivamente accertabili, che la liquida



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 11 

zione si avvicini adeguatamente alla realt� ed attualit� dei valori economici 
� e che tale riferimento consente di escludere il � rischio di irrisoriet� 
dell'indennizzo�. 

In questi criteri � mediati � c'� per� una costante che � quella dell'indefettibile 
�riferimento ... al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche 
essenziali� (sent. 5 del 1980) sicch� risulta viceversa violato il 
canone di congruit� ex art. 42 Cost. ove si adotti un diverso criterio che 
�prescinda� del tutto da tale valore venale; la mancanza di questo riferimento 
(come nel caso delle leggi n. 865 del 1971, n. 247 del 1974 e n. 10 
del 1977 che determinavano l'indennizzo delle aree fabbricabili in base al 
solo loro valore agricolo, donde la dichiarazione di incostituzionalit� resa 
con la citata sent. n. 5 del 1980) comporta una valutazione del tutto astratta 
in quanto sganciata dalle caratteristiche essenziali del bene ablato. 
Analogo vizio di astrattezza � stato ravvisato dalla Corte nella successiva 
sentenza n. 223 del 1983 relativamente alla legge n. 385 del 1980 che 
surrettiziamente faceva rivivere, quale mero �acconto�, il criterio gi� colpito 
dalla precedente dichiarazione di incostituzionalit�. 

Una pi� netta ed inequivocabile puntualizzazione, suscettibile di generalizzazione, 
� poi contenuta nella sentenza n. 1165 del 1988, che ha precisato 
quale sia il principio cui deve attenersi il legislatore nel determinare l'indennit�
� di esproprio: �quello di assumere il valore effettivo del bene 
come base di riferimento dell'indennizzo, onde evitare una valutazione 
dello �stesso del tutto astratta �; in particolare -nella specie, in quella 
occasione esaminata, relativa all'art. 28 della legge della Provincia di 
Trento 20 dicembre 1972 n. 31, come modificato dalla successiva legge 
2 maggio 1983 n. 14 -la Corte ha ritenuto che il correttivo del valore 
venale potesse essere costituito dal valore agricolo tabellare (che -pu� 
rilevarsi a margine -non � poi concettualmente dissimile dal reddito 
dominicale previsto dall'art. 5 bis in esame) sicch� l'indennit� di esproprio 
delle aree edificabili risultava legittimamente commisurata alla media aritmetica 
tra il valore venale ed il valore che, entro le valutazioni fornite 
da una determinata Commissione, doveva essere attribuito all'area quale 
terreno agricolo (anche la sentenza n. 231 del 1984 parla del valore venale 
come di mero criterio di riferimento nella determinazione dell'indennit�). 

Quindi -volendo tirare le fila di questi pi� recenti sviluppi giurisprudenzia<
li che peraltro si sono mossi lungo una linea di continuit� con 
la giurisprudenza maggiormente risalente -pu� dirsi, conclusivamente, 
che il dschio de11'�astrattezza � del criterio di quantificazione dell'indennit� 
di espropriazione � evitato quando uno dei parametri che concorrono 
sia ancorato al valore venale. 

La ritenuta ammissibilit� in linea di massima di criteri �media


ti� comporta una conseguente discrezionalit� del legislatore nell'indi


viduazione dei parametri concorrenti con quelli del valore venale; nella 

,-.,<�"'�.w;.;�,�,���',:::;-�-"<if'-',.,"��''''--��

� 

�-J' J' :-: :-: :-: ... J'. :-: ... :-: :-: :-:.... ..-;:;:; :-: --�-�� :--... 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

sentenza n. 216 del 1990 la Corte ha infatti affermato che residuano al 
legislatore � ampi margini di dicrezionalit� ..., dato che il valore effettivo 
del bene viene in rilievo non quale misura, ma come criterio di riferi� 
mento per la determinazione dell'indennizzo �. Cos� anche la sentenza 

n. 138 del 1993 ha affermato che� il legislatore rimane �libero di adottare cricriteri 
.pi� o meno automatici di determinazione dell'4ndennizzo, per 
esempio rapportandolo al valore catastale dell'immobile... oppure alla 
media, eventualmente corretta, dcl valore venale del reddito dominicale 
rivalutato �. 
Nell'esercizio di questa discrezionalit� il legislatore opera il coordinamento 
e bilanciamento con il pubblico interesse, peraltro tenendo anche 
conto delle esigenze della finanza pubblica, che -come gi� ritenuto da 
questa Corte (sent. n. 15 del 1976) -legittimamente possono ispirare la 
scelta del criterio �mediato� soprattutto se inserito nel contesto di una 
pi� vasta ed organica manovra finanziaria dello Stato. 

Tale mediazione tra l'interesse generale sotteso all'espropriazione e 
l'interesse privato, espresso dalla propriet� privata, non pu� fissarsi in un 
indefettibile e rigido criterio quantitativo, ma risente sia del contesto 
complessivo in cui storicamente si colloca, sia dello specifico che connota 
il procedimento espropriativo, non essendo il legislatore vincolato 
ad individuare un unico criterio di determinazione dell'indennit�, valido 
in ogni fattispecie espropriativa. 

Sotto quest'ultimo profilo la determinazione dell'indennit� delle aree 
fabbricabili non pu� non risentire del fatto che la destinazione urbanistica 
comporta un valore aggiunto (rendita di posizione) rispetto al contenuto 
essenziale del diritto di propriet� sicch� diverso pu� essere il bi, 
lanciamento tra interesse generale ed interesse privato rispetto all'ipotesi 
dell'espropriazione di aree non fabbricabili. Come anche un contesto 
complessivo che risulti caratterizzato da una sfavorevole congiuntura 
economica -che n legislatore mfra a contrastare con un'ampia manovra 
economico-finanziaria -pu� conferire un diverso peso ai conl�liggenti 
interessi oggetto del bilanciamento legislativo. 

Questa essenziale relativit� dei valori in giuoco impone una verifica 
settoriale e legata al contesto di riferimento nel momento in cui si pone 
i!I raffronto tra il risultato del �bilanciamento operato dal �legislatore con la 
scelta di un determinato criterio �mediato� ed il canone di adeguatezza 
dell'indennit� ex art. 42, comma 3, Cost. 

Verifica questa che -operata con riferimento all'art. 5 bis censurato 
-impone di considerare: 

a) la particolare urgenza e valenza de~li � scopi � che -attraver�so 
l'acquisizione dei suoli edificabili (e cio� delle aree nude, destinabili alla 
edificazione) che la riferita normativa specificamente disciplina -il le8islatore 
si propone di perseguire. Scopi, in particolare fegati alla ripresa 


PARTE I, SEZ; I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

degli interventi di edilizia residenziale pubblica, anche in funzione della 
positiva ricaduta che l'auspicato incremento edilizio pu� avere sui collegati 
settori lavorativi e sulla realizzazione del diritto alla abitazione, 
ed agli effetti di calmiere che la conseguente crescita dell'offerta abitativa 
pu� produrre nel mercato, in guisa da secondare e modulare l'iniziale 
liberalizzazione degli affitti di abitazione, coevamente avviata; 

b) il parallelo obiettivo di perequare il costo della indennit� in limiti 
quanto pi� possibi:li aderenti al valore proprio dei suoli, decurtandolo 
dal valore aggiunto determinato dall'azione della P.A. e che, con riguardo 
ai proprietari non espropriati, viene, anche se non interamente, recuperato 
o attraverso misure di contribuzione all'atto della edificazione o attraverso 
la tassazione dei cos� 'acquisiti incrementi di valore all'atto dell'eventuale 
trasferimento del suolo; 

c) la particolare congiuntura economica nella quale si inserisce la 
legge emanata avente carattere dichiaratamente temporaneo, in attesa 
di un'organica disciplina dell'espropriazione per pubblica utilit�. 

In conclusione -affermata in generale la legittimit� dei criteri �mediati 
� sempre che facciano riferimento al valore venale del bene espropriato 
e ritenuta in concreto la correttezza del bilanciamento di interessi 
operato dal legislatore nel definire i parametri concorrenti con il valore 
venale -pu� escludersi, sotto il profilo principale della censura in 
esame, che l'indennizzo calcolato alla stregua della disposizione denunciata 
sia � apparente �, � meramente simbolico � od � irrisorio � e deve 
invece ritenersene la sufficienza e congruit� rispetto alla funzione -che 
lo stesso, nel contesto dell'attuale situazione economico-finanziaria del 
paese, � chiamato ad assolvere -di esprimere �il massimo di contributo 
e di riparazione che nell'ambito degli scopi, di generale interesse la 

P.A. pu� garantire all'interesse privato �. 
La ritenuta adeguatezza dell'indennizzo consente anche di superare 
gli altri profili, afferenti sempre al parametro costituito dall'art. 42, 
comma 3, .Cost. 

Infatti da una parte mette conto rilevare che l'introduzione del criterio 
concorrente del reddito dominicale in luogo del coacervo dei fitti 
(quale previsto dalla legge n. 2892 del 1885) non � disomogenea ed incoerente 
alla luce della gi� vista giurisprudenza della Corte, non senza considerare 
che anche il reddito catastale (come gi� previsto per il coacervo 
dei fitti dalla legge su Napoli) va moltiplicato per dieci anni. Giova rilevare 
'in particolare che secondo la cit. sent. n. 1165/88 la media con il 
valore tabellare agricolo � legittima, quando tale concorrente criterio sia 
inserito in un insieme che rtiene conto del valore effettivo (analogamente 
la ..sent. n. 231 del 1984 ha �ritenuto utHizzabi!le il valore agricolo purch� 
si tenga conto, insieme, del valore effettivo; cos� anche secondo la sent. 

n. 15 del 1976 � possibile il riferimento all'imponibile catastale). 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

Nemmeno ha poi pregio il profilo di censura secondo cui la menzionata 
ritenuta di imposta del 20% rappresenterebbe un ulteriore elemento 
di ,riduzione che porterebbe l'indennizzo ail di sotto del 'livello di congruit�. 
Va infatti considerato che la illegittimit� denunziata, semmai, 
riguarderebbe la norma impositiva, mentre il trattamento tributario della 
indennit� � estraneo alla vicenda espropriativa. 

Quanto poi all'evidenziato riferimento temporale della valutazione 
circa la edificabilit� di fatto al momento della apposizione del vincolo 
preordinato all'esproprio, riferimento che -secondo la Corte d'appello 
di Reggio. Calabria -giocherebbe nel senso di far dubitare anche sotto 
questo ulteriore profilo della congruit� dell'indennizzo, mette conto osservare 
che la censura � sotto questo profilo irrilevante non essendo nella 
specie dedotta la sopravvenienza, medio tempore, di un mutamento della 
edificabilit� di fatto. 

Ulteriori censure poi investono il primo comma de11'art. 5 bis in rife. 
rimento agli artt. 3 e 53 Cast. 

In relazione al primo parametro si lamenta la disparit� di trattamento 
tra i proprietari di aree edificabili oggetto del provvedimento di espropriazione 
che si vedranno Iiquidata una siffatta non satisfattiva indennit� 
ed i proprietari di aree aventi le stesse caratteristiche e poste nella 
stessa zona, i quali possono disporne in regime di libera contrattazione 
e ottenere cos� il pieno valore di mercato. 


Ma l'argomento allegato a sostegno della censura prova troppo. 

II

Una volta affermata -come � p�cifico in giurisprudenza e come � 
stato sopra esposto -che non necessariamente l'indennit� di espropriazione 
deve essere pari al valore venale del bene espropriato, consegue 
inevitabilmente che possa esserci una differenza tra tali due termini; 
differenza che, nei confronti del proprietario espropriato, si giusitifica come 
limi�tazione del �SUO diritto in ragione della �funzione 'sociale� della propriet�. 
Una volta verificata Ja compatibilit� con J'art. 42, comma 3, Cost. 
(<e quindi la legittimit�) di questo quid minoris che percepisce i:1 soggetto 
espropriato non pu� poi rinnovavsi la vailutazione di costituzion01lit� sotto 
il profilo dell'ar�t. 3 Cost. assumendo una pretesa vfolazione della disparilt� 
di rtrattamento rispetto ai proprietari delle aree non espropriate. 

Se la parit� di trattamento dovesse ritenersi assicurata unicamente 
ove al proprietario dell'area espropriata fosse garantita, come indennizzo, 

la stessa attribuzione economica che pu� conseguire, come corrispettivo, 
il proprietario dell'area non espropriata, si finirebbe per leggere nel terzo 
comma dell'art. 42 un criterio rigido e vincolato: l'indennit� non potrebbe 
essere altro che il valore venale. 

Ma cosi non � per le ragioni gi� indicate: l'indennizzo pu� risultare da 
U1' criterio in cui il valore venale � mediato, e quindi corretto, da altri 
concorrenti parametri. 



PARTE r, SEZ; I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Pertanto non c'� disparit� di trattamento perch� diverse sono le 
situazioni poste a raffronto; in un caso, e non nell'altro, l'area edificabile 
presenta i'l connotato delfidoneit� alla realizzazione (su di essa) di una 
opera di pubblica utilit�; ci� giustifica la diversit� (tra l'altro) della 
ragione dell'attribuzione patrimoniale, compensativa nell'un caso e corrispettiva 
nell'altro della dismissione del bene, attribuzione costituita 
rispettivamente dall'� indennizzo � nell'ambito di un procedimento espropria<
tivo e dal � prezzo � nell'ambirt:o di una compravendita. 

Se quindi l'� indennizzo� � adeguato ex art. 42, comma 3, Cost. non 
pu� risultare sperequato per difetto ex art. 3 Cost. (cfr. sent. n. 216 del 1990 
nella quale -seppur con riguardo alla diversa questione di criteri di 
liquidazione differenziati -� enunciato il principio che il criterio adottato, 
se legittimo in relazione all'art. 42, lo � anche in relazione all'art. 3). 

Viceversa (e simmetricamente) se 1'� indennit�� non risponde al parametro 
di adeguatezza dell'art. 42, comma 3, Cost., come nell'ipotesi 
di un criterio astratto del� tutto sganciato dal valore venale, risulta violato 
anche il principio di eguaglianza perch� viene meno la giustificazione 
della differenziazione (ed infatti la sentenza n. 5 del 1980 -dopo aver ritenuto 
violato il primo parametro -ha accolto anche il profilo di censura 
riferito all'art. 3 Cost.). 

Una questione di costitu21ionalit� contigua al profilo appena esaminato 
� queHa riferi<ta all'art. 53 Cost. (e congiuntamente all'art. 3 Cost.): 
l'art. 5 bis cit. � censurato nella parte in cui il proprietario del bene 
espropriato, per effetto della riduttiva quantificazione dell'indennizzo spettantegli, 
sarebbe di fatto chiamato a concorrere alla spesa di realizzazione 
dell'opera pubblica con un contributo personale e diretto, oltre che 
in ragione della sua capacit� contributiva generale. � sufficiente per� rilevare 
-come gi� affermato da questa Corte (sent. n. 5 del 1960), seppur 
in epoca risalente -che la materia espropriativa � estranea all'area di 
operativit� dell'art. 53 Cost. Come appena evidenziato al paragrafo che 
precede, se l'esistenza di una differenza tra indennit� espropriativa e valore 
venale del bene espropriato non vio1a l'art. 42, comma 3, Cost., � 
nell'ambito dell'operativit� di tale parametro che va apprezzato il quid 
minoris non percepito dal proprietario e non � invece possibile attribuire 
a tarle differenza <la natura tdbutaria cos� da \richiedere una seconda verifica 
della legittimit� della quantificazione dell'indennizzo sotto il diverso 
ed ulteriore profilo della capacit� contributiva del soggetto espropriato. 

In realt� la verifica della adeguatezza dell'indennizzo si esaurisce nell'ambito 
dell'art. 42, comma 3, Cost.; ci si deve quindi arrestare alla considerazione 
che -una volta rispettato il canone di adeguatezza espresso 
da tale parametro -rientra nella discrezionalit� del legislatore fissare 
i criteri di determinazione dell'indennit� espropriativa secondo generali 
valutazioni di politica economico-finanziaria che possono tenere conto an



16 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

che del fatto che la rendita di posizione, della quale � parzialmente privato 
il soggetto espropriato, � frutto in larga �parte -oggi pi� ancora che in 
passato -di investimenti della co11ettivit� (elemento questo peraltro preso 
in considerazione anche in occasione di pvecedenti iniziative legislative in 
tema di espropriazione -non pervenute per� a compimento -proprio per 
giustificare l'abbattimento percentuale de1la quantificazione dell'indennizzo). 

Rimane l'esigenza generale di coerenza e ragionevolezza che il legislatore 
deve rispettare sicch� la determinazione dell'indennit� espropriati~ 
va in un ammontare sensibilmente inferiore al valore venale potrebbe 
richiedere una pi� adeguata disciplina riequilibratrice (soprattutto fiscale) 
delle aree fabbricabili non assoggettate ad espropriazione; profilo, 
questo, peraltro estraneo alla normativa espropriativa in questione. 

Occorre ora passare all'esame del secondo comma dell'art. 5 bis 
-che dispone che � in ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto 
espropriato pu� convenire la cessione volontaria del bene. In tal 
caso non si applica la riduzione di cui al comma 1 � -norma che � censurata 
sotto pi� profili. � evocato l'art. 24 Cost. perch� la disposizione censurata 
condizionerebbe pesantemente la proposizione della opposizione alla 
stima, con l'indurre il proprietario �ad accetitare l'indennit� determinata 
in sede amministrativa anche se il valore venale posto a base del calcolo 
� inferfore a queHo effettivo �, stante che l'eventuale recuipero di valore 
dethiante dalla determinazione giudiziaie sarebbe in tutto o in notevole 
parte vanificato da!ll'applicazione della riduzione del quaranta per cento. 
Analogamente viene richiamato l'art. 113 Cost., per la parallela remora, che 
ne consegue, anche nei confronti della tutela degli interessi legittimi 
avverso provvedimenti della P.A. 

Si sospetta poi la violazione dell'art. 3 Cost., sia per l'irragionevole 

disparit� di trattamento tra chi al momento della entrata in vigore della 

normativa censurata ha gi� subito l'espropriazione e non pu� pi� con


venire la cessione volontaria del bene e chi invece non � ancora colpito 

dal provvedimento ablativo e pu� addivenire alla detta cessione volon


ta:r;ia senza subire la riduzione del quaranta per cento; sia per disparit� 

di trattamento tra espropriato che convenga la cessione del bene ed espro


priato che proponga viceversa opposizione alla stima ed impugni il de


creto di espropriazione. Infine il secondo comma dell'art. 5 bis � censu


rato in riferimento all'art. 42 co. 3 Cost., in quanto il previsto meccanismo 

~i subordinazione dell'esonero dalla riduzione del 40 % della indennit� 

alla accettazione della stima provvisoria indicata dall'espropriante, ov


vero della indennit� definitiva fissata dalla Commissione Provinciale, 

avrebbe un sostanziale carattere sanzionatorio e punitivo nei conf.ronti 

dell'espropriato (che non accetti l'indennit� offortagli), facendo cos� con


vergere nell'indennizzo una � finalit� afflittivia � estranea alla previsione 

del precetto costituzionale. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 17 

Va preliminarmente considerata .l'eccezione di inammissibilit� della 
Avvocatura� dello Stato per essere la norma censurata inapplicabile nei 
giudizi a quibus che concernono procedimenti espropriativi in cui 
� gi� intervenuto il decreto di esproprio e nei quali quindi non � pi� 
possibile. la cessione volontaria (l'eccezione � pertinente a tutti i giudizi, 
ancorch� formulata solo. in alcuni di. essi, giacch� in tutti � gi� intervenuta 
l'espropriazione), .� 

Deve .a questo proposito considerarsi che nelle censure mosse dalle 
Corti rimettenti al secondo comma dell'art. 5 bis possono enuclearsi 
due distinti profili: uno pi� particolare, che attiene al fatto che i soggetti 
gi� espropriati risultano esclusi dalla possibilit� di ricorrere alla cessione 
volontaria per s�ttrarsi alla riduzione del 40 %, ed uno pi� generale 
che riguarda la disciplina della cessione volontaria; distinzione questa 
che si rende necessaria perch� diversa � la valutazione della rilevanza 
delle censure di costituzionalit� che. .investono, pur sotto distinte prospettive, 
la medesima disposizi�ne in esame. 

Infatti l'eccezione di difetto di rilevanza sollevata dall'Avvocatura 
non � fondata s.e riferita al primo profilo di costituzionalit� giacch� pur 
vertendosi in tutti i giudizi a quibus in ipotesi di procedimenti espropriativi 
.conclusi e non gi� in itinere sicch� non � pi� ipotizzabile una cessione 
volontaria essendosi l'effetto traslativo realizzato con il provvedimento 
ablativo -la �disciplina del secondo comma cit. viene direttamente 
in rilievo in quanto le ordinanze dei giudici rimettenti mirano 
proprio a superare l'esclusione dei soggetti gi� espropriati dall'area di 
applicabilit� della disposizione stessa. La quale infatti viene censurata 
dalla Corte d'appello di Bologna e dalla Corte d'appello di Palermo per 
la (assunta) disparit� di trattamento tra chi al momento dell'entrata in 
vigore della stessa ha gi� subito l'esproprio e chi invece non � stato 
ancora raggiunto dal provvedimento ablativo giacch� quest'ultimo pu� 
convenire la cessione volontaria senza subire la riduzione del 40 %, mentre 
il primo � escluso da tale possibilit�. L'obiettivo di entrambe le ordinanze 
-ancorch� non esplicitato ma non di meno palese -� quello di 
una pronuncia additiva che, incidendo sul secondo comma cit., consenta 
ai soggetti gi� espropriati di sottrarsi alla falcidia della riduzione del 40 %. 

Tale censura va. quindi intesa come rivolta non tanto a conseguire la 
estensi~ne <incht! ai gi� espropriati del diritto di impor~e alla P.A. la 
cessione volontaria (per un corrispettivo pari alla semisomma determina� 
ta secondo i criteri del primo comma, ma senza la riduzione del 40 %), 
estensione non possibile per il principio di non contraddizione che non 
consente al soggetto di cedere il diritto di propriet� di cui � gi� stato 
privato in forza dei. decreto autoritativo di esproprio, quanto piuttosto 
a permettere comunque ai gi� espropriati il conseguimento del risultato 
economico consentito ai non ancora espropriati. Si addebita, cio�, al legislatore 
la omissione della previsione di uno strumento negoziale che 


-


-~ 



18 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

coerente alla situazione in cui tali soggetti versano -sia altres� idoneo a 
conseguire lo stesso vantaggio economico conseguibile dai non ancora 
espropriati mediante la cessione volontaria. 

In questi termini, la censura � fondata. 

Non appare infatti ragionevole che il legislatore -nel predisporre 
un meccanismo negoziale, alternativo al procedimento autoritativo e di 
natura sostanzialmente transattiva, finalizzato a conseguire un effetto 
deflaittivo del contenzioso ed acceleratorio delle procedure mediante fa 
offerta al proprietario di un quid pluris rispetto alla somma da lui conseguibile 
nell'ambito della procedura autoritativa -abbia omesso di considerare 
la situazione di quei soggetti che, gi� espropriati al momento 
della entrata in vigore della legge, hanno tuttavia ancora pendente il 
contenzioso relativo alla indennit�. E la non ragionevolezza della omissione 
si appalesa ancor pi� evidente se si considera che si tratta d� soggetti, 
in favore dei quali al momento della espropriazione era prevista 
dalla legge la corresponsione di una somma pari al pieno valore venale 
del bene, e che invece -per effetto del combinato giuoco, da un lato, 
della gi� intervenuta espropriazione alla data di entrata in vigore della 
nuova legge e, dall'altro, della applicazione di questa anche ai giudizi 
pendenti -vengono contemporaneamente a subire la forte riduzione di 
oltre due terzi di quella somma ed a vedersi preclusa la possibilit� di fruire, 
se lo vogliono, del non indifferente incremento collegato dalla nuova 
legge alla definizione negoziale della vicenda. 

Deve poi tenersi conto che nel bilanciamento complessivo operato dal 
legislatore la speciale disciplina della cessione volontaria svolge anche 
un ruolo di contrappeso del (nuovo) meno favorevole criterio di determinazione 
dell'indennit� di espropriazione. E pure se le ragioni esposte 
al paragrafo n. 6.3, che precede, consentono di ritenere che non di meno 
tale criterio � compatibile con il canone di adeguatezza dell'indennizzo 
desumibile dall'art. 42, comma 3, Cost., � vero che ad esso si affianca 
un criterio pi� vantaggioso (quello della semisomma piena) sol che l'espropriato 
(secondo la tradizionale terminologia del legislatore, ma -rect.e !'
espropriando) addivenga alla cessione del bene, oggetto del procedi


mento espropriativo. 

Non a caso quando H. legislatore ha adotltato f'analogo criterio ~deUa 
semisomma ridotta) per la determinazione dell'indennit� di espropriazione 
nell'area metropolitana di Roma (art. 7, comma 1, legge n. 396 del 
1990) ha anche abbinato (al secondo comma) un criterio pi� favorevole in 
caso di cessione volontaria con la previsione dell'inapplicabilit� della 
riduzione del 40 %. 

E la Corte (sent. n. 1022 del 1988) ha valorizzato questo nesso punti:
i.alizzandone l'aspetto funzionale; ha infatti affermato che quando si 
adotta un criterio risultante da una media �la maggiorazione per la ces




PARTE I, .SEZ� I,�.GltmISPRUDEWZA COSTITUZIONALE 19 PARTE I, .SEZ� I,�.GltmISPRUDEWZA COSTITUZIONALE 19 
si():Qe.volontaria da parte. del proprietario ha una sua. peculiare funzione 
nel ;st'l:l}so �he Ja spinta �lella valutazione verso valori pi� vicini a quelli 
re.i;tli co):l~:rH'.l.~~ce. l;l�l ac.celera.:re l'i;i,cq11isizione del. pene espropriando�. 

. .Q:icp~e!l?'U:l:�:i;>e>tendo iilnu0vo.1llf):fl9.. fa.vorevole criterio avere applica?<~<:)
.e I'.xtrqa#iya (per q.i;i,.to si cfu:�infra al paragrafo n. 9), non � per� 

~@~4~f~~?~fE4T~l~~ Jte!!;1!t~~~~~~r%!~rn~ad?~~~~~~;i~~=c:!ri~~c~ 


v~<:�fifo ~iii i:�:J�rei61e cfite.f�:> Ct�ft�.1�t:� v�f1a1� .:.. ��>plicabne <o, meglio, 
applicato) afrapporti esauriti (o . dove d sfano preclusioni processuali) ed 
ff nuotrb meno favotevole critedo della semisomma ridotta ed alternativamente 
della semisomma� piena in caso di cessione volontaria -applicabile> 
hl procedimenti espropriativi in corso (oltre, come � ovvio, 
ai nuovi procedimenti espropriativi) -si collocherebbe di fatto un ulteriore.� 
critetio. (qu,l:llk~ esclusivamente . della semisomma ridotta) pi� 
~favi;wey()le �lj egtr.~:pi:, l:lPplicabile ad. un<i, .residua. fascia di espropriazjopi: 
quelle, ,appunte>; per �e q.al~ ~)t1tei;vet1uto il decreto di esproprio, 
ll;la U 1'.app0rt0 no:n � anc0ra esaurito . 

�. .biiili.41 sulla �ii.ea di confa~~. ~he .dovre"Qbe vedere la saldatura della 
1ll1C>{ia di;dp�na alla vecchia, c'� invflc~ uno iato, una frattura, dove il 
bilanciamento operato dal legislatore ha ul1 �.temporaneo e contingente 
frtigjdfofol1to in t�rmiI1i meno favorevoli per gli espropriati per poi risalir� 
a queFl:ivello (pefoltfo gf� fort�:tri�rite testrittivo) che risponde alle 
valutazfoni economico-politiehe sott�se �.alla norma censurata. 
�Questa frattura tlOtl pu� � avere altra� motivazione che quella tecnicogiuridica 
della impossibilit� della cessione volontaria quando sia intervenuto 
il decreto di esproprio; Ma non � questa. Una ragione sufficiente 
a giustificare W1 trattal:rlento cos� fortemente differenziato, tenuto conto 
della premh1e.te .finalit� .transattiva in ordine proprio alla determinazione�l~
ll'on�re eco):lomico �lell'acquisizione dell'area fabbricabile, quale sottesa 
alla norma censurata. 

. . La �jrc9stanza che il decreto di. esprqprio sia stato gi� emesso avrebbe 
dovtl.tp comporta~e non gi� l'esclusione, ma la riduzione della fattispede 
agevolata; nel senso che -per le situazioni di diritto transitorio irl 
presenza di tale circostanza la fattispecie della cessione volontaria, 
corii:l�tata.aa.1�col1sei:ls() dell'espropria.llcid .� sfa sul trasferimento dell'area, 
sia sul quantum spettant~gli, ben pu� �ridursi� ~ senza a1terare la sostanza 
del meccanismo transattivo -in una fattispecie pi� semplice 
connotata dalla attribuzione al soggetto gi� espropriato del diritto di 
accettare la indennit� di espropriazione di cui al primo comma con esclusione 
della riduzione del 40 %, ferma restando l'acquisizione, per ablazio


ne, dell'area. 
N� potrebbe obiettarsi -come fa l'Avvocatura -che la facolt� di 
cessione volontaria gi� c'era nel regime precedente (legge n. 865/71) e 



20 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di essa gli espropriati non avevano inteso fruire. Infatti -pur potendo 
dubitarsi dell'esattezza del presupposto interpretativo da cui muove l'Avvocatura 
avendo questa Corte (sent. 1022 del 1988) affermato che la cessione 
volontaria ex art. 12 della legge n. 865 del 1971, dopo gli interventi; 
operati con le sentenze nn. 5/80 e 223/83 cit., non � pi� applicabile alle 
espropriazioni di immobili con destinazione edificatoria giacch� non � 
ipotizzabile una maggiorazione dell'indennizzo quando questo � pari al 
valore venale -� agevole comunque osservare che sono mutati i termini 
di raffronto giacch� al criterio del valore venale si � sostituito quello 
della semisomma ridotta. 

La possibilit� di riduzione della fattispecie assicura poi che la pronuncia 
additiva si innesta sulla norma censurata seguendo un binario obbligato. 
Si impone quindi una dichiarazione di parziale sua illegittimit� 
nella parte in cui non prevede in favore dei soggetti gi� espropriati al 
momento della entrata in vigore della legge n. 359 del 1992, e nei confronti 
dei quali la indennit� di espropriazione non sia ancora divenuta incontestabile, 
il diritto di accettare l'indennit� di cui al primo comma 
con esclusione della riduzione del 40 %. 

Le altre censure che investono il secondo comma cit. riguardano 
-come gi� detto -la disciplina della cessione volontaria. Ma tali 
censure -come esattamente ha eccepito l'Avvocatura dello Stato -difettano 
di rilevanza perch� in nessuno dei giudizi a quibus si fa questione 
di cessione volontaria; n� potrebbe farsene perch�, essendo gi� intervenuto 
il provvedimento ablatorio, si � realizzato l'effetto traslativo onde non 
c'� pi� spazio per un trasferimento del medesimo bene su base consensuale. 
Sicch�, quand'anche le censure si rivelassero fondate ed imponessero 
una pronuncia demolitoria dell'istituto, nessuna conseguenza potrebbe 
derivarne nei giudizi a quibus. 

N� il difetto di rilevanza pu� dirsi emendato per effetto della pronuncia 
di incostituzionalit� di cui al precedente paragrafo. Poich�, infatti, 
la possibilit� di accettare l'indennit� di espropriazione rappresenta un 
minus rispetto alla cessione volontaria, fa mancanm di una piena sovrapposizione 
dell'una all'altra impone di tener distinti i due profili con la 
conseguenza che le censure che investono la disciplina della cessione volontaria 
possono riguardare soltanto fattispecie in cui di tale cessione 
volontaria si controverta e non anche quelle in cui -essendosi gi� realizzato 
l'effetto traslativo dell'area edificabile -si controverta unicamente 
della misura dell'indennit� di espropriazione. 

Deve ora esaminarsi la censura che investe il comma quinto dell'articolo 
citato, che demanda ad un regolamento, da emanarsi con 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

decreto del Ministero dei lavori pubblici, di definite i criteri ed i requisiti 
per la individuazione della edificabilit� di fatto. Tale disposizione, secondo 
i giudici rimettenti, si pone in contrasto sia con. }'art. 42, comma 2, 
Cost.;riPer non avere il legislatore fissato i criteri direttivi cui deve conformarsi 
il potere esecutivo, cos� sostanzialmente violando la riserva 
dilegge (se pur .relativa) esistente in materia; sia con gli artt. 42, commi;
t\3, e 24 Cast/ per la mancata indicaiione di un termine entro cui il 
regolamento deve essere emanato; sia infine con l'art. 117 Cost., per 
la ragione che la definizione dei criteri di edificabilit� (rimessa alla regolamentazione 
ministeriale) .rientrerebbe viceversa nella competenza legislativa 
della Regione, in materia di � attivit� costruttiva edilizia >>. 

�Con riferimento alla �questione di costi tuzionallt� sollevata daNa Corte 
d'appello di Bologna (che prospetta la vulnerazione degli artt.. 42, commi 
2, 3 e 24,comma l, Cast.) va pa;e1imina:rmente esaminata l'eccezione di 
difetto di rilevanza, sollevi:ita dall'Avvocatura dello Stato, secondo cui 
dalla ordinanza risulterebbe trattarsi di terreno legalmente� edificabile 
in forza dello strumento urbanistico impositivo del vincolo sicch� non 
verrebbe in rilievo la eventuale edificabilit� di fatto. 

La questione � in effetti irrilevante; non tanto per la ragione indicata 
daill' Avvocatura (giacch� non rileva io strumento mbanistico impositivo del 
vincolo espropriativo, da oui bisogna�. prescindere nelda v�JJutazione della 
edificabilit�, dovendosi invece fare riferimento al regime precedente), 
quanto perch� l'ordinanza nulla dice in ordine ad un'ipotetica edificabilit� 
di fatto, . in concreto sopravvenuta, che rappresenta l'indefettibile presupposto 
perch� possa avere ingresso la censura mossa dalla Corte d'appello 
di Bologna. 

Quanto poi alla questione sollevata dalla Corte d'appello di Cagliari 
nessuna eccezione di irrilevanza � sollevata dall'Avvocatura ed in effetti 
dalla ordinanza risulta che si controverte proprio in materia di edificabilit� 
di fatto. 

Con tale ordinanza la Corte rimettente ha denunziato la violazione 
dell'art. 117 Cast. (parametro al quale � riconducibile anche il richiamo, 
che la parte costituita fa all'art. 3, lett. f, dello Statuto di autonomia 
della Sardegna). La questione non � fondata perch� non si versa in materia 
urbanistica essendo la nozione di edificabilit� di fatto (cui si riferisce 
la delega al Ministro) finalizzata soltanto al calcolo dell'indennit� di 
espropriazione e non . gi� ad incidere sull'assetto normativo posto dai vigenti 
strumenti urbanistici. Il decreto ministeriale costituisce uno strumento 
meramente qualificatorio del terreno ai. fini della indennit� di espropriazione 
e non gi� conformativo ai fini urbanistici; esso deve intendersi 
diretto a consentire di considerare nel procedimento esptopriativo 
(proprio al fine di evitare che il parametro di calcolo dell'indennit� 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

possa risultare astratto ove sganciato dalla situazione concreta) quella 
particolare � posizione � dell'area, gi� apprezzata dal libero mercato, che 
pu�. conferire contenuto economico -in termici di vailore veilJrue -anche 
�alla mera vocazione edificatoria dei terreni. Ci� quindi va:le solo a 
rendere � concreto � il parametro di calcolo dell'indennit�, ma non altera 
la disciplina urbanis<tioa r(nel senso che non rende ediftcalbili aree che tali 
non siano allila ;stregua di quest'.ultima) e quindi, meno che mai, pu� negativamente 
incidere sulle competenze. regionali in materia. 

L'ultima censura investe la disposizione transitoria, di cui al comma 
sesto [e settimo] del predetto art. 5 bis, che prevede l'applicazione 
retroattiva� della nuova normativa nei �procedimenti in corso �: � sospettatala 
vulnerazione dell'art. 3 Cost. per la irragionevole e grave disparit� 
di trattamento, che cos� si determina, tra gli espropriati che hanno accettato 
la .indennit� loro proposta, convenendo la cessione volontaria, o nei 
confronti dei quali la� indennit�� sia divenuta non impugnabile o sia stata 
definita con sentenza passata in giudicato prima dell'entrata in vigore 
della legge di conversione, e gli altri soggetti � espropriati con lo stesso 
procedimento di espropriazione, le cui opposizioni alla stima, per vicissitudini 
giudiziarie non imputabili agli stessi opponenti, non siano ancora 
concluse con sen~enza. pas�sata.in giudicato e che si vedranno qruindi appli�are. 
il nuovo criterio di determinazione dell'indennit�, venendo cos� a 
percepire soltanto il 30% circa di quanto hanno percepito i primi �, La 
disparit� di trattamento � pi� in particolare denunziata tra i proprietari 
assoggettati allo stesso procedimento di espropriazione, per alcuni 
dei quali l'indennit� � stata definita prima della entrata in vigore della 
nuova legge (e quindi a.Ila stregua del .ragguaglio al valore venale pieno), 
mentre per altri, con indennit� non ancora definita per accidentalit� 
procedimentali o processuali, diventa applicabile il nuovo criterio in base 
al quale essi vengono a percepire soltanto il 30% di quanto ~a paTitt� di 
valore) hanno percepito i primi. 

Pertanto la questione non riguarda la possibilit� o meno di cedere in 
conseguenza del non esservi o dell'esservi gi� stata la espropriazione 
(sopra esaminata al paragrafo n. 7.3); ma riguarda invece l'applicabilit�, o 
meno, del nuovo criterio di .determinazione della indennit� secondo che 
l'indennit� sia divenuta incontestabile prima della entrata in vigore della 
nuova legge ovvero a tale momento sia ancora sub iudice. 

Nei termini cos� puntualizzati la questione non � fondata. 

Infatti, come esattamente ha rilevato la Avvocatura dello Stato, si 

tratta di differenziazione dipendente dalla successione di leggi nel tempo. 

Questa Corte (sentt. nn. 39 del 1993; n. 155 del 1990; 91, 123, 754 e 822 
del 1988; 36 del 1985) ha pi� volte ribadito che il legislatore -salvo 
l'espresso limite previsto dall'art. 25 Cost. in materia penale -pu�, nel



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

l'introdurre una nuova disciplia, disporne la operativit� anche per il passato 
prevedendone Ja efficacia retroattiva. L'irretroattivit�, pur costituendo 
un principio del nostro ordinamento (art. 11 preleggi), non � elevato, 
fuori dalla materia penale, al rango di generale canone costituzionale (sent. 

n. 155 del 1990) ed � � rimessa alla valutazione del legislatore la scelta tra 
retroattivit� ed irretroattivit� in ordine ai fini che intende raggiungere, 
con il solo limite che non siano contraddetti principi e valori costituzio" 
nali � (sent. 190 del 1988). Quindi � possibile una disciplina a carattere 
retroattivo che incida sfavorevolmente anche su posizioni di diritto soggettivo 
perfetto; � per� necessario che non risultino violati specifici canoni 
costituzionali, primo tra tutti quello della ragionevolezza che ridonda in 
ingiustificata disparit� di trattamento (art. 3 Cost.) sicch� la riconosciuta 
retroattivit� della disposizione non pu� � trasmodare in un regolamento 
irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste 
in essere da leggi precedenti� (sent. 822 del 1988). 
Nella fattispecie, non vertendosi in materia penale, � in generale 
consentito al legislatore di adottare una nuova disciplina dell'indennit� 
espropriativa con efficacia retroattiva non essendo in particolare vulnerato 
-per quanto sopra detto al paragrafo n. 6.3 -il canone delJ'obbligo 
di indennizzo in caso di espropriazione (art. 42, comma 3, Cost.). N� tale 
retroattivit� confligge con il principio di ragionevolezza giacch� da tempo 
in materia, per effetto delle pronunce di incostituzionalit� n. 5 del 1980 
e n. 223 del 1983, si versava in una situazione di carenza normativa, colmata 
dalla giurisprudenza con il ricorso al risalente criterio dettato dall'art. 
39 della legge generale del 1865, criterio che il legislatore gi� aveva 
inteso superare con 1a legge n. 865 del 1971 e che non poteva non apparire 
datato giacch� questa Corte ha pi� volte affel1Illato che la nozione di �indennizzo
� di cui all'art. 42, comma 3, Cost. non coincide con quello di 
valore venale. 

Ben poteva quindi il legislatore colmare, anche per il passato, tale 
risalente carenza normativa con l'attribuire efficacia retroattiva alla nuova 
disciplina dell'indennit� espropriart:iva non costituendo limite invalicabile 
di tale sua facolt� di scelta l'aspettativa dei titolari di aree fabbricabili 
di vedersi liquidata la indennit� espropriativa secondo un criterio (quello 
del valore venale) per essi pi� favorevole di quello con cui lo stesso 
legislatore ha ritenuto, nell'attuale momento, di realizzare il giusto bilanciamento 
tra interesse pubblico ed interesse privato, senza incorrere, 
come si � visto, nelle denunziate violazioni di principi costituzionali. 

Viceversa, una volta che la indennit� sia divenuta incontestabile (vuoi 
perch� si sia formato un giudicato, vuoi perch� si siano determinate delle 
preclusioni), il relativo rapporto � esaurito e quindi � conforme ai principi 
che sfugga alla incidenza della nuova disciplina. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

24 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 febbraio 1994 n. 13 -Pres. CasavoJa -Red. 
Ferri -Presidenza del Consiglio dei Ministri (n.c.). 

Stato civile -Personalit� (diritti della) -Cognome -Mutamento per fatti 

involontari -Pregiudizio all'identit� personale -Diritto alla conser


vazione. 

(Cost., art. 2; r.d. 9 luglio 1939, n. 1238; art. 16; cod. civ., art. 262). 

E' illegittimo, per violazione del diritto all'identit� personale che � part�e 
essenziale del patrimonio della persona umana, l'art. 165 r.d. n. 1238 del 
.1939 in quanto non prevede che quando la rettifica degli atti dello stato 
ci1:ile, intervenuta per ragioni indipendenti dal soggetto cui si riferisce, 
comporti il cambiamento del cognome, il soggetto stesso possa ottenere 
dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere il cognome originariamente 
attribuitogli ove q�esto sia nel frattempo divenuto autonomo segno 
distintivo della sua identit� (1). 

Il Tribunale di Firenze, in sede di volontaria giurisdizione, dubita della 
legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 2 della Costituzione, degli 
artt. 165 e segg. dell'ordinamento dello stato civile (R.D. 9 luglio 1939, 

n. 1238), nella parte in cui non prevedono che �a seguito della rettifica 
degli atti dello�stato civile, per ragioni indipendenti dall'interessato, il soggetto 
stesso possa mantenere il cognome fino a quel momento attribuito 
e che � �entrato a far parte del proprio diritto costituzionalmente garantito 
all'identit� personale �. 
Il giudice remittente premette che il Procuratore della Repubblica di 
Firenze ha chiesto, ai sensi del citato art. 165, la rettifica dell'atto di 
nascita di Lenzi Vieri, nato a Firenze il 12 giugno 1972, e, in particolare 
l'eliminazione dall'atto dell'annotazione � moglie di Lenzi Geri � accanto 

(1) La Corte ha ritenuto che, una volta soddisfatto l'interesse pubblico alla 
certezza dei rapporti di .famiglia attraverso la rettifica degli atti dello stato 
civile, vada tutelato anche !~interesse privato a mantenere il cognome divenuto 
segno distintivo dell'identit� personale, affermando che il contrasto fra tale 
situazione di fatto e quella ufficiale risultante dagli atti non assume rilevanza 
ai fini dell'interesse pubblico. Peraltro la compatibilit� tra le due posizioni, pubblica 
e privata, trovava gi� espressione nell'ordinamento nell'art. 262 e.e., una 
disposizione eccezionale che � per� espressione di un interesse riconosciuto degno 
di tutela e suscettibile dunque di applicazione anche pi� ampia. Comunque la 
corte pur potendo fare leva sulla riserva, contenuta nell'art. 165 denunciato, di 
salvezza dei diritti delle parti interessate, ha preferito adottare una sentenza 
demolitoria, anzich� sostenere un'interpretazione di tali diritti di tale ampiezza 
da ricomprendere anche il caso di specie. � 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA� COSTITUZIONALE 25 

al nome di D'Aquino Maddalena, dichiarantesi madre d�l Vieri; ci� in 
seguito a sentenza penale della Corte d'Appehlo di Firenze dichiaimtiv�a della 
falsit� parziale, nei termini sopraindicati, dell'atto di nascita. All'udienza 
di comparizione delle parti (e cio� del Lenzi V.ieri, della D'Aquino e del 
pubblico ministero) il Lenzi richiedeva di cons.ervare il proprio cognome 
quale segno distintivo, ormai acquisito, della sua. identit� personale. 

Ci� premesso, il giudice a quo rileva la sussistenza di un interesse 
concreto ed attuale del Lenzi a mantenere l'integrit� del proprio nome, 
mentre, in caso di rettifica, �sarebbe conseguenza automatica ed inevitabile 
il cambiamento del cognome. attuale in quello della madre, poich�, 
giusta il disposto dell'arti:colo 262 del codice civile, il figlio, �a questo punto 
naturale, assume il cognome dell'unico genitore che lo. ha riconosciuto �. 

Se per� Ia rettifica � atto dovuto, dn quanto ila fidefacienm del il'.egistro 
dello sta.to ciyiie risponde ad una pubblica necessit� -:-�prosegue il remit� 
tente -accanto ad essa pu� configurarsi il diritto del Lenzi Vieri a conservare 
il nome con il quale fin dalla nascita � stato individuato, conosciuto 
e stimato nel proprio ambiente sociale, e che perci� ha assunto le 
caratteristiche di un segno distintivo, con rilevanza ed autonomia proprie, 
della sua identit�, come caratteristica precisa, personalissima .e proiettata 
all'esterno. 

Ma :Q.eH'ordinamento dello stato civile, conclude il Tribunale di Firenze, 
non esiste una norma di salvaguardia applicabile alla fattispecie, sebbene 
le esigenze di protezione dell'identit� personale trovino riconoscimento diretto 
nell'art. 2 della Costituzione quale garanzia generale di tutela della 
persona umana. 

La denunziata illegittimit� costituzionale consisterebbe pertanto nel 
mancato riconoscimento del diritto del soggetto al mantenimento del cognome 
attribuito, allorquando il medesimo sia ormai da ritenersi parte 
integrante della propria identit� personale, indipendentemente da quello 
che successivamente si riconosca spettante in forza dei rapporti di filiazione 
correttamente accertati. 

In questi termini la questione � fondata. 

� opportuno precisare, in primo luogo, che la questione sollevata dal 
Tribunale di Firenze riguarda esclusivamente il diritto al mantenimento 
del nome, quale segno distintivo irrinunciabile dell'identit� personale: la 
soluzione� della questione stessa non pu� avere incidenza alcuna sulle norme 
del codice civile, o di altre leggi speciali, che riguardano le azioni di 
status o i rapporti di filiazione in genere. 

Nel nostro ordinamento, infatti, l'attribuzione del cognome � ordinariamente 
conseguente al possesso di uno status familiae, per cui quando 
l'art. 6 del codice civile dispone: �Ogni persona ha diritto al nome che 
le � per legge attribuito � non rinvia a norme che disciplinano direttamen� 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

26 

te �l'�acquisto del nome, bens� a norme che regolano in .genere il riconoscimento 
di uno status (e cio� prendono in esame tutte le possibili vicende 
in tema di filiazione legittima, naturale, legittimazione e adozione) e quindi, 
indirettamente, l'assunzione del nome. 

Ma non mancano neppure casi -come in seguito si dir� -in cui 
non si d�, o non �si d� pi�, corrispondenza tra nome e status, e nei quali, 
proprio a tutela e protezione della persona, pu� esserle riconosciuto il diritto 
alla conservazione di un nome per il quale non ha, o non avrebbe pi�, 
titolo. 

Nell'ipotesi in esame, mentre � assolutamente pacifico che l'atto di 
nascita dell'interessato debba essere rettificato, e che debba indicare l'esatto 
rapporto di filiazione quale risulta dal rispetto delle norme in materia, 
viene soltanto in discussione -come sottolinea il giudice a quo -il diritto 
del soggetto stesso a mantenere il cognome, non in quanto derivatogli 
dal presunto padre, bens� come segno distintivo che ha comunque assunto 
la rilevanza e l'autonomia propria di una caratteristica precisa e 
personalissima della sua identit�. 

Ci� posto, � certamente vero che tra i diritti che formano il patrimonio 
-irretrattabile del1a persona umana l'art. 2 della Costituzione riconosce 
e garantisce anche il diritto all'identit� personale. 

Si tratta -come efficacemente � �stato osservato -del diritto ad essere 
s� stesso, inteso come rispetto dell'immagine di partecipe alla vita 
associata, con le acquisizioni di idee ed esperienze, con ile convinzioni 
ideologiche, religiose, morali e sociali che differenziano, ed al tempo stesso 
qualificano, l'individuo. 

L'identit� personale costituisce quindi un bene per s� medesima, indipendentemente 
dalla condizione personale e sociale, dai pregi e dai difetti 
del soggetto, di guisa che a ciascuno � riconosciuto il diritto a che 
la sua individualit� sia preservata. 

Tra i tanti profili, il primo e pi� immediato elemento che caratterizza 
l'identit� personale � evidentemente il nome -singolarmente enunciato 
come bene oggetto di autonomo diritto nel successivo art. 22 della 
Costituzione -che assume la caratteristica del segno distintivo ed identificativo 
della persona nella sua vita di relazione. 

Ora, posto che nella disciplina giuridica del nome confluiscono esigenze 
di natura sia pubblica che privata, l'interesse pubblico a garantire la 
fede del registro degli atti dello stato civile � soddisfatto allorch� sia rettificato 
l'atto riconosciuto non veritiero. 

Una volta certi i rapporti di famiglia della persona, non assume rilevanza 
ai fini dell'interesse pubblico che questi mantenga il nome precedentemente 
portato al pari di qualsiasi altro omonimo. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

27 

Del resto, l'eventualit� che il cognome possa essere diverso dalla paternit� 
accertata non � un'ipotesi estranea all'ordinamento: essa � gi� 
prevista al secondo comma dell'art. 262 del codice civile, il quale consente 
al figlio tardivamente riconosciuto dal padre di scegliere se conservare o 
meno il cognome originario, nonostante il riconoscimento sia rispondente a 
verit�; con ci� tutelando proprio il diritto del soggetto all'identit� personale 
fino a quel momento posseduta. 

In breve, accanto alla tradizionale funzione del cognome quale segno 
identificativo della discendenza familiare, con le tutele conseguenti a tale 
funzione, occorre riconoscere che il cognome stesso in alcune ipotesi gi� 
gode di 11.lila distinta itutela anche nella sua funzione di strumento identificativo 
della persona, e che, in quanto tale, costituisce parte essenziale 
ed irrillWlciabile deHa personalit�. Da qui ['esigenza di protezione dell'interesse 
alla conservazione del cognome, attribuito con atto formalmente 
legittimo, in presenza di una situazione nella quale con quel cognome 
la persona sia ormai individuata e conosciuta nell'ambiente ove vive. La 
stessa tutela (art. 9 del codice civile) dello pseudonimo non ha altra 
ragione, ed anche la norma prima citata (art. 262, secondo comma, del 
codice civile) ha alla base l'esplicito riconoscimento del pregiudizio che 
la dismissione del cognome, cui il soggetto sia costretto, comporterebbe. 

Sotto questo aspetto anche la disciplina dello scioglimento del matrimonio 
per divorzio prende in considerazione -tra gli altri -tale interesse 
in quanto non preclude la conservazione alla donna del cognome 
del marito (pur se la regola � la perdita del cognome aggiunto), potendo 
il Tribunale autorizzare la donna che ne faccia richiesta a mantenerlo, 
aggiunto al proprio, quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole 
di tutela. 

Per altro verso, occorre rilevare che l'azione di rettifica oggetto del 
giudizio a quo pu� essere promossa dal pubblico ministero, ai sensi dell'art. 
165 dell'ordinamento dello stato civile, �in ogni tempo�; con la 
ulteriore conseguenza che ove l'interessato fosse costretto a mutare il 
cognome in et� avanzata, l'effetto ricadrebbe inevitabilmente su tutta la 
c;;ua discendenza, portatrice anch'essa del medesimo cognome. 

Basta riflettere sulla gravissima confusione e sull'incertezza dei rapporti 
giuridici che una siffatta situazione sarebbe suscettibile di generare, 
per rendersi immediatamente conto della coincidenza, sotto tale profilo, 
tra l'interesse generale alla certa e costante identificazione delle persone 
e quello individuale al mantenimento di un cognome ormai divenuto irreversibile 
segno distintivo dell'identit� personale. 

Nel novero delle disposizioni contenute nel titolo IX dell'ordinamento 
dello stato civile, dedicato alle rettificazioni ed alle annotazioni degli atti, 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

28 

l'.l'l.rt. H\5 detta una regola di carattere sostanziale disponendo che il Proc.ratore 
della Repubblica possa promuovere le azioni di rettificazione richie~
te dall'interesse<pubblico, avvertite le parti interessate, �e senza 
pregiudizio dei loro 4iritti �; poich� in questa sede si fa .espressa salvezza 
dei diritti. delle. parti. interessate ma non � previsto il .diritto al mantenimentq 
del cogI1omefi110aquel momento attribuito e che � divenuto segno 
distintivo. dell'identit� personale, � di questa norma che va dichiarata, 
in parte qua, l'illegittimit� costituzionale per contrasto con l'art. 2 della 
Costituzione. 

CORTE COSTITUZION.ALB, 10 febbraio 1994 n. 25 -Pres. Casavola -Red, 
Spag:J;loli -Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiumara). 

Reato -Truffa .� Comuntt� europee <� Aiuti comunitari -Repressione. 
(Cost., art. 3; legge 23 dice.I)lbre 1986, n. 898, art. 2). 

/'{on � illegittimo per difetto di ragionevolezza e per disparit� di trattamento 
l'art. 2 legge n. 898 del 1986 che punisce chi consegue indebitamente 
aiuti comunitari mediante l'esposizione di dati o notizie falsi con 
pena inferiore a quella prevista per la truffa, in quanto tali mezzi sono 
un minus .rispetto alla categoria degli artifici e raggiri previsti dall'art. 
640 c.p. e la n�rma denunciata individua un reato sussidiario ipotizzabile 
sOio Cjuand� non sussistano i presupposti della t�ruffa (1). 

(ritenuto in fatto) A conclusione di un procedimento di indagine irelativo 
�a fatti commessi sino all'anno 1991, per i quali era stata ipotizzata 
la violazione dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 (che prevede 
sanzioni penali e amministrative per l'indebita percezione, mediante 
esposizione� di dati o notizie falsi; di erogazioni a carico del Fondo europeo 
agricolo), il Pubblico Ministero presso la Pretura circondariale di Matera 

(1) La Corte interviene nella questione dei rapporti tra truffa e frode comunitaria, 
. complicata in . modo pressoch� inestricabile da un succedersi di normative 
che, pur essendo dichiaratamente rivolte a favorire la repressione dei fenomeni 
molto diffusi di acquisizione indebita di contributi della CEE, talora hanno 
sortito l'effetto ir,lverso dii agevolare la posizio11e degli imputati (ad esempio 
riduce11do . i termini. di prescrizione del reato e modificando la competenza a 
giudici gi� aditi), nortch� da una serie di sentenze della Cassazione di opposto 
or.ienta:mento, che si sono variamente intrecciate con le riforme normative, vanificando 
spesso le buone intenzioni del legislatore . 
.. .I>a questo labirinto la Corte ha ritenuto di uscire sostanzialmente accogliendo 
la tesi del carattere sussidiario del reato previsto dall'art. 2 legge 898/1986, 
nel sertso che esso sussiste quando il reo consegue le indebite erogazioni � soltanto 



PARTE I,���SEZ. lf GIURISPRUDBNZA�.COSTITUZIONALE 

29 

ha t:tasmes�so gli � �tti al giudice ipe:t le� inidagini �. prelimiriati .� co:rfrlchiesta 
di< archivfazfohe, �n qu�tito; nella specie; non concorrevano�. entrambe te 
condizioni.� previste dalla norma :....... secondo l'interpretazione . autentica di 
essa fornita � dal!l'art�colfo �� �51� comma�� 3~bis; �delifo: legge 4�� �n:ovefubre � 1987 
n::46Q! ;;:;;;;;��perch� possa essere� et�gata��ra� s�riz�one p�nal� � aoe� che la 
sorgfu� peh::epita: ds{iltlpari o s!lJ?erfo:rea un decimo delberi�f�d:o legitt�riili)'
lJ.~te s~ettarite �,. ~l c9ritempo, �che � 111 stessa�� sfa superiore a�� venti 
fu1li�ril di lfrtf :ili vi� ptegi'.Udizfal�, if Pubbikb M�:nistet� h� p�faltfo sol~ 
iev.ato questione di� 1egittimita �costituzionale del suddetfo articolo 2 � della 
I�ggl:)n/898 del.1986, per contrasto con �l'articolo 3, prifuo �coiti.ma, .�della 
Cbstifuzforie, in ragi�p.� CieMa � � illcong:rua diversit�. di� trattafuenfo che� ia 
norma impugnata� riserva a coforb che indebitamente percepiscono aiuti 
cotriunitarr per Htgl"i:Mlttira medfante esposizione dl dati falsi, rispetto 
agl� aufori del reato di truffa. 

llG�u<lfoe per. le iriciagihfpi:el�mitlari ha ritenuto che iiecceZ�ohe fosse 
rilevante e non manifestamente inrond�ta e� ne ha qufud� Hffi�sso l'esame 
aqu�staCofte eonordhiaI'lza del 21�m.aizb 1993 (r.o. n. 272 �l:ei� l99.'.3J. 

.Iigittdfo� a qu(J osserva������.�. Hcl~amarido al riguardo giurisprudenza di 
legittimit� e�.� di.� mento che. il reato previsto e punitO dail'articolo 2 
della legg� Ii:. 89!fdel . 1986 presenta .du� elen'lenti speciallzzar1ti, rispetto al 
reato di tr�ffa df cui all'artic610. MO del codice penale, ed� in � particolare 
rispetto all'ipclt�sf di truffa aggravata :per il c�nseguirnento ili erogazioni 
pubblich� df cui all'artieoh 640 bis del� cbd�ce penale: il primo � collegato 
alfa pecurialit� degli artifici � :raggfr.i, che debbono consistere nelfa produzion� 
di una d��urtienfazione ideologicafuente, ov'7�ro, ili detenninati.casi, 
materialmente falsa;. il secondo �. invece rifer�t6 al. soggetto. pas~ivo. del 
reafo, che, nella ipotesi speciale, � rappresentato da.I Fondo europeo agifoofo 
di. ori�nfafu�nto e garamia. Si tratta palesemente di elementi 
che�������� secondoifgfodice .a quo -.non. valgono a diversificare la fattisp�eie 
speciale rispe!foa quella generale sotto alci.in pr?fifo dlevari1:~ ai 
fini 'C�etla v�lu:tazfoh� della .gravit� del reato. Notevole �, invece, la diversi-

mediante l'esposizione d1 dati o notizie falsi � e quindi senza altri raggiri, con 
ci� aderendo all'orientamento espress� dalla cassazione. nella. sentenza 1023/1988, 
poi dds.afteso invece< da s<:mten:te piit recent~.(Cass., sez. V, 13 .aprile 19~9; n~ 5431, 
imp. Palermo; sez. I, 12 gennaio 1990, n.134, �mp ..<Pintacuda), i:icorc:late daU'Av~ 
vocatura, la . quale peraltro aveva altres� riferito. che proprio. in i:elazione a queste 
iiltime fa legge 142/1992 ha disposto espressamente il carattere. su.ssidiario del 
reato di frode comuniti:tr.i� (per l'avvenire ovvfamente). Dovendo per� incidere 
la pronuncia ..su un fatto antecedente a tale novella, la Corte ha utilizzato lo 
strumento dell'interpretazione di rigetto rispetto al quale l'Avvocatura aveva 
anche. sottolineato la rilevanza dell'aspetto probatorio, che esonera dall'onere 
di �dimostrare con complesse e dubbie verifiche la sussistenza di artffid e raggiri 
essendo Sliffidente la mera constatazione di dati e nodzfo obiettivamente 
falsi. 



RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

t� del trattamento che il legislatore ha previsto per la fattispecie speciale: 
in primo luogo, la punibilit� dell'illecito � connessa all'effettivo (e non 
anche al solo tentato) conseguimento delle indebite sovvenzioni; in secondo 
luogo � previsto che l'indebita percezione sia penalmente rilevante 
soltanto quando essa sia superiore a venti milioni di lire e, al contempo, 
a un decimo del beneficio spettante, mentre, al di sotto di tali limiti, vi 
� soltanto una sanzione amministrativa; in terzo luogo, le sanzioni penali 
previste sono inferiori a quelle comminate dall'articolo 640-bis del 
codice penale per coloro che commettono il reato di truffa al fine di ottenere 
� contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni 
dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte 
dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunit� europee�. 

La norma impugnata appare quindi fonte di una ingiustificata disciplina 
di favore per una settoriale categoria di truffatori e si pone pertanto 
in aperta violazione dei canoni di uguaglianza e ragionevolezza affermati 
nell'articolo 3 della Costituzione. 

Con riferimento alle pronunzie di questa Corte che hanno affermato 
il principio di inammissibiit� delle questioni di costituzionalit� che incidano 
sulla sfera riservata. alla discrezionalit� del legislatore (nella quale 
sarebbe compresa la individuazione dei reati e la determinazione delle 
relative sanzioni), il giudice a quo ricorda il carattere primario e fondamentale 
della Costituzione, dalla quale, quindi, �bisogna partire non 
solo al fine dell'individuazione, nella scala gerarchica dei beni socialmente 
rilevanti, di quelli a cui presidio � posta l'extrema ratio costituita dalla 
sanzione penale, ma anche per sostenere che a comportamenti i quali in 
maniera analoga ledano o mettano in pericolo beni giuridici di rilievo deve 
corrispondere una medesima reazione dell'ordinamento�. Non � quindi 
ammissibile che la disciplina penale tratti in maniera macroscopicamente 
disomogenea comportamenti che -a parte alcuni insignificanti elementi 
di diversit�, attinenti al � contorno � dei fatti �regolamentati -si pongono 
in sostanziale identica posizione di conflitto con l'ordinamento giuridico �. 

Con riferimento alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva 
che, se la normativa denunziata venisse espunta dall'ordinamento, 
il giudicante potrebbe evitare l'archiviazione degli atti, perch� all'indagato 
andrebbe ascritto, con le ulteriori valutazioni del caso (anche in punto 
di competenza) e sia pur nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 2 del 
codice penale, il reato di truffa aggravata. 

Nel giudizio davanti alla Corte � intervenuto il Presidente del Consiglio 
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello 
Stato, che ha sostenuto l'inammissibilit� della questione per difetto di 
rilevanza e l'infondatezza della stessa. 

In premessa, l'Avvocatura ricorda che il rapporto �tra la norma di cui 
all'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 e quella di cui all'articolo 640 del 
codice penale (e poi dell'articolo 640-bis del codice penale, introdotto con 


PARTE li SEZ; I, GlURISPRUDBNZA COSTI'l'UZIONALE 

l'~�C()l() n della Jegge 19 Il18IZO 1990 Il� 55} era stato inteS() all'inizio 
�e<>:tne. rapporto 1qi wera.�:$ussidiariet~~ ritenendos* cl;le il suddetto articolo 2 
f9iise � stat() introdott() <~ f:ige dJ n()n Iasciweji:xwunjte condotte �he; sepPll.
f fray�l9Ie.ternel1tf!; pre9~!lPC>!lte per .�il�. c:onseg.irnento di illeciti .. risultati,. 
PPt~ssetQ sfuggireall;ll . .repres5ione.�pel1ale, non presentando le.con,


......i1i~~~~~1r!~0ki!����flriz:~~~:i:e~r~����~~!i:t:1~i�6=~!i~u~i:~~�c!:!1: 
�tari<:i frisse avvenuto ndil solo mediante I'esposizipne <:li notiziefaJse, ma 
a,Mlie. 99n <1:)."t.;ici .e..raggiri, il .fatto (fq~eva intendersii11tegra.re ilreato 

~l~tll~9:s�h~fi~!!fi!!Pf~:1~;;~~;~;~::!:~l!u~dBn~~Il!e;~!!: 


Peiiaie, cdi! seJ:ltenza. ct~l .1? qtto�re l9$$, n:�.1023, imp... Fani. 
Altre senteiize <li�egittimit� e di merito a~evano peraltro accolto una 

i11t~rpretiii0ile <:lhrersa (qpeUa. presuppqsta dal giudice a q.uo). ��secondo cui 
Jl;\ f:~Jt~�l;Je<;:~e. cij, �cl,l� ~g'~)."~c(}l() } Jp esame���� .e:t;l;\ ...da.� C<;>.s~�leral"si ll())l. gi� 
sl.lssiq{ai;ia, ma s.l)eda.le. rispetto a qiie.a..dell'artico19640 del c<>dice penale, 
nei. ~.ehs~Lche .� reato. t>~e\Tis.to .<;lallaprillla. d(ta� norme rappresentava 
Htia ipqt.~~i p((.rticplo,r~ .di.� tru,ffa,.. co)ltene.do tutti gli. ele:tnenti . c:ostitutivi 

4lq~e~t'U.1timo reat(), �. �. ������������ . .�.�.� ......�..� ..�.� �� � � .... . . �. � . 

� � ��� :� all�ra intervenuta fa legge 19 fobbraio 1992 n. 142, che, con l'artic9Io. 
73,ha.s9stitpito il precec:lente testo dell'articolo 2. della legge n. 898 
del 1986. con una. nuova forrn.l�zione da cui risulta espressamente che la 
norma ttoYa . a,ppli,cazi()ne solo .�� ~< ove. ii fatto I1()n confi$llri . il .pi� grave 
reat() prexi~to..4ail'~tU.c;;o}9.Q4�-ois.�lel cod~ce ~nate�, 

���� �... Ci~ ~re!llesso, l'i\vvocafora rileva che un'e.ve.ntuale pron.unzia. di accog!~
m~nto. dell'eccezio)le nonp9trel;)be !!Piegare. effetto. nel giu�lizio a quo 
edJJi geilen�e rispetto ai fatti commessi prii:.a dell'entrata in vigore della 
legge :Il., 142 del J992, J?er effetto �\elj'artfoolo Z cte1 codice. penale;.� n� potrebbe 
av.ere inf1uenza per.i fatti commessi successivamente, ai quali si 
appli�ajl nuovo testo (:\el)a. veccpia norma, .che ha eliminato in radice la questiQne in esame. I)oncie l'inai:.missibilit� della questione; e ad uguale 
concl~.sione si peryel'rel:>be anche. ove si ritenesse la natura interpretativa 
e J�oI1 in11pvativa della nuova formulazione della norma impugnata 
introdotta con la citata legge n.142 �lel 1992. 

�Nefiliento, �'A.'7vocatura ll� sostenut�> che riori poteva essere ritenuta 
irrazioila,I~�..�l� �:e~en�lizi�ltione � dell'illecita � riell'iI>Otesi \n .. danno non 
particolarmente elev�fo; :Resterebbe il� tlubbio su.Ua razionalit� della diversit� 
di trattamento tra.� chi� percepisce indebitamente provvidenze comfu�.
itati� esponendo dati o notizie falsi, punito dall'articolo 2 della legge 

n. 898 del 1986 e chi commette reato di truffa ordinaria o qualificata; punito 
dagli articoli 640 e 640�bis del codice penale. La disarmonia tra le due 
situazioni (causata invero da un'interpretazione non del tutto convincente 
della normativa allora esistente e venuta ora meno con la modifica 
apportata dalla legge n. 142 del 1992) non assurge per� -secondo la Presi

RASSEGNA AVVOCATURA DELI,.O STATO 

<lenza del Consiglio -al livello di irrazionalit�, in quanto l'articolo 2 della 
legge n. 898 del 1986 prescindeva (nella vecchia formulazione) e prescinde 
(nella nuova formulazione) dalla verifica dell'esistenza d1 artifici e raggiri 
e finanche dall'ingiustizia del profitto, ancorandosi al dato obiettivo della 
mera esposizione di dati e notizie falsi: donde la depenalizzazione delle 
ipotesi di non rilevante valore economico o (allora, ma non pi� ora) delle 
ipotesi di non -rilevante scarto fra quanto effettivameillte dovuto e quanto 
indebitamente percepito. 

(considerato in diritto) Il Giudice per le indagini preliminari di Matera, 
ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 2 della legge 
23 dicembre 1986 n. 898 (nel testo vigente all'epoca dei fatti, successivamente 
modificato dall'articolo 73 della legge 19 febbraio 1992 n. 142), per il quale, 
� Chiunque, mediante l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, 
per s� o per altri, aiuti, premi, indennit�, restituzioni, contributi 

o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo 
di orientamento e garani:ia � punito con la reclusione da sei mesi a tre 
anni. Quando la somma indebitamente percepita � inferiore ad un decimo 
del beneficio legittil~amente spettante, e comunque non superiore a lire 
venti milioni si applica soltanto la sanzione amministrativa di cui agli 
articoli seguenti�. 
Il guidice a quo ritiene, in conformit� ad una parte della giurisprudenza 
di legittimit� e di merito, che tale norma si ponga in rapporto di 
specialit� rispetto sia all'articolo 640 del codice penale, che prevede il reato 
di truffa, sia all'articolo 640-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 
22 della legge 19 marzo 1990 n. 55, che prevede il reato di truffa aggravata 
per il conseguimento di erogazioni pubbliche (comprese esplicitamente in 
queste ultime, quelle concesse dalle Comunit� europee). Tale interpretazione 
si fonda �S'l.l!l presupposto che, in generale, ad integrare l'elemento costitutivo 
del reato di truffa rappresentato dagli � artifizi e raggiri�, � sufficiente 
anche la sola menzogna (e quindi anche la mera �esposizione 
di dati e notizie falsi�), quando abbia per effetto di trarre in errore il soggetto 
passivo, cosicch� gli unici elementi specializzanti che valgono ad individuare 
la fattispecie prevista dal citato articolo 2 nell.'ambito di quella 
pi� generale prevista dagli articoli 640 e 640-bis del codice penale, consisterebbero 
nella specificit� degli artifici e raggiri, nell'identit� del soggetto 
passivo (il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia), nella 
natura del contributo richiesto e nel contesto politico-economico nel quale 
si inserisce la condotta di frode (cos� Cass., sez. III pen., 19-26 agosto 1987, 
imp. Coluccio). Ne consegue, tra l'altro, secondo l'orientamento in esame, 
che, una volta realizzatosi il comportamento fraudolento descritto dalla 
norma speciale (l'esposizione di dati o notizie false) trova comunque applicazione 
quest'ultima -e non la norma sul reato di truffa -a nulla rilevando 
l'eventuale esistenza di artifici e raggiri ulteriori, anche particolar




PARTE I, SBZ. I, GIUjUSPRUDBNZA. COSTITUZIONALE 33, 

roente .frlil-.cl.olenti, salvoche.in�.<>rdine.�a tali. fatti non siano �onfigurabili 
alti;i �specifici reati conct:lrrenth . � 
/ ����� I:lgiudice a quo rileva .quindi che gli elementi� speeializzanti � soprlllo indi" 
C:!'l'ti���s.c.>JW� clel�.tllttO!�� mlll-rgjnlll-U .e.�non.idonei��a..forn:ire�. alcuna� . .giustificazione 
t~io~ead. un trattamento sanzjonatorionotevOlmente�attenuato; quale 
~ᥥ!lt'p.~lq :P~evi~t<Ji���4~�..citatl)articolo��2;��rispetto' a�. q.ello. comminato �per��il 
~~~t9���4~��~~i:t���~i~ra#l;\t�ᥥ{minore1... entlt���de~Ia�. penl;\;��<l~'.tlena1izzazione�.d�lle 
il;>9te~i.;Piuli.Mi ~. s.econdh iU giud�te �a quo--non pl.lruhi1ita del tentativo). 

�:ILgiudice ti t]UQ dubita�� che� questo .trattamento � maeroscopicamente 
.9i~om�geneo �.d~.�c:ondotte��identicai::nente�onflig$enticon l'ordinamenta..giu" 
ridfo&� determfoi la vi�lazione dell'articolo 3 della Costituzione � 
...�.�.�.�.��.�.�.� �.� �.... �.�� �.�.�..�.�.�.�.�.. �.� . �.�.�..�. �.��.�. � .. �� .... .. .. . . 

�)eve prelimj.,~:t'JJ:lel}t<tl essere� disattesa:. l'(;:lccezione di . inammissibilit� 

per irrilevanza�.solleva;ta da1l'Avvocatura generrue deHo��Stato; see�ido Ja 
qU:alesarel)'be.pte�luso ana.Corte di. sindacarelalegittimit� costituzionale 
. C:tell'; .ll.<?#Qe..l?.ex:i:alj. 4i fQ:l;V()l'e,; .posto cb.ecuna eventua1e pronu:rufa . di. ac~ 
<;01?1~i*1-�t#t'>'.non. pdtrebbe comunque.. trovare .applicazione .. nel gi.dizio. a 
quo; ili ragjone � delp:dncipio di irretroattivit�� delle norme penali stabilito 

9allfatti�olcr25' <della Costituzione. �. 

Fin dalla sentenza n. 148 del 1983, e stato deciso che il principio 

costituzionale della irretroattivit� <:lei reati e delle pene non vale ad esone


rare dal sinclacat<> della C9:rte .le norme penali <ii .favore, � .quand'anche 

leyive degli imperativii;:ostit:uzionali. di ..egJ.iaglianza in� materia penale�. 

PeUa motivazione di tale pronunzia, merita particolaunente di essere qui 

ricopdato il passaggio in.. cui.. Ia. Corte.. affel'ma .. e�. <~la �. tesi. che .. le. qu~ 

stioni dileg�ttimit~ costituzionale concernentlnorme penali cli favore non 

sianO' mai: pregj.udiziajLai fini del giudizio a. quo, muqve da. una . visione 

troppo. semplifie;;u'lte delle pronuncie che q.esta Corte .potrel:>'be adottare, 

uni:rvolta affrontato il merito d~ tali impugnative. La Jesi stessa consid~ 

ra, cio�,Ja sola alternativa esistente fra una c!ecisione di accogl�mento, nei 

termini. ind.i�ati dall'ordinf,UlZa dLrimessione, ed una �decisione.�cli rigett(), 

pf()n~tjat~' �.111;1. ba:se dell'internretazion~ fatta pr�:pria.� d�l ghM:lice. a q(,l.o. 

M~ qq�sta (:;()tt�. IJ.OIJ. �. vincolata in a~solu,to c!alle. opzi�ni interpretative 

del giudice.� cJ:le promuove l'incidente di costituzion�lit��. In altre parole, 

p,on pu� escludersi a priori che il giudizio della Corte su una norma P~ 

llaile di favore s(Qoncl.cla COil una sentenza intetpretaii.va di rigetto (nei 

St}xtsi 4i�.i iP ffi9tiyati()ne) () e.on .� uP~ �~i;()l1,\lncil;\ � c9m\tnq,ue .. correttiva 

delle premesse esegetfo];ie su cui si fosse fondata l'ordinanza .�di rimes


sione: donde uria serie di deC:�sioni. certamente suscettibiUdi influire sugli 

esiti del giudizio .penale pendente� (nello steSso senso anche �1a sentenza 

Ii, 167 del 1993).< � 

< Questo proflO -com.e si dir� in segUito -assurn.e specifico rilievo 

... . . . 

nel caso in �esarn.e. 
Ove fosse da condividere l'interpretazione della norma impugnata e, 
pi� precisamente, dei rapporti di essa con gli articoli 640 e 640-bis del 


34 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale -prospettata dal giudice a quo, non potrebbe negarsi fondamento 
al dubbio di illegittimit� costituzionale che il medesimo sottopone , 
al vaglio di questa Corte con riferimento all'articolo 3 della Costituzione. 


I 

� pur vero, infatti, che, secondo la costante giurisprudenza costituzio


I

nale, rientra nella discrezionalit� del legislatore stabilire quali comportamenti 
debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualit� 
e la misura della pena ed apprezzare parit� e disparit� di situazioni. Ma 
la Corte ha sempre anche precisato che l'esercizio di tale discrezionalit� 
pu� essere censurato quando esso non rispetti il limite della ragionevolezza 
e dia quindi luogo ad una disparit� di trattamento palesemente irrazionale 
ed ingiustificata. 

Orbene non sarebbe possibile ipotizzare alcuna ragionevole spiegazione 
per una norma che riservasse un trattamento sanzionatorio pi� 
favorevole ad una sottospecie del reato di truffa, enucleata dalla figura 
generale in ragione di un elemento specializzante sostanzialmente unico, 
rappresentato dal fatto che l'ingiusto profitto perseguito dall'agente sia 
un'indebita erogazione a carico totale o parziale del FEOGA, anzich�, ad 
esempio, un'indebita erogazione a carico dello Stato, di altri enti pubblici 

o 
di altri organismi delle Comunit� europee. 
Ma tale risultato interpretativo non pu� considerarsi obbligato. 
La norma impugnata � stata voluta dal legislatore per ovviare ad una 
situazione normativa che permetteva di lasciare impunito il conseguimento 
indebito di contributi comunitari mediante la mera esposizione di dati 

o notizie falsi. Tale presupposto della iniziativa legislativa si collegava, 
come si afferma nella relazione alla proposta di legge, alla constatata 
II

riluttanza, nella pratica amministrativa ed in quella giudiziaria, ad identificare 
la mera esposizione di dati e di notizie falsi con la messa in opera @ 
di � artifizi o raggiri � e quindi a far rientrare il comportamento sopra 


I

descritto, nella figura del reato di cui all'articolo 640 del codice penale. 
La configurazione di una nuova fattispecie penale, quale quella descritta I 
dall'articolo 2, era quindi diretta a rafforzare la tutela penale delle sovvenzioni 
comunitarie colpendo comportamenti che, altrimenti, sarebbero 
sfuggiti alla repressione, e non gi� a ridimensionare il sistema sanzionatorio 
(v. intervento del Ministro dell'agricoltura nella seduta del 17 dicembre 
1986 -Camera dei deputati, IX legislatura, pag. 50918 -nella discussione 
sulla legge di conversione del decreto-legge 27 ottobre 1986 n. 701). 
Alla norma veniva cos� attribuita una funziione sussidiaria rispetto a 
quella concernente la truffa. 


In sede di applicazione giurisprudenziale della legge l'impostazione del 
legislatore venne confermata da una parte della giurisprudenza della Corte 
di cassazione, ma fu invece disattesa da altre pronunzie della stessa Corte, 
che ravvisarono l'esistenza di un rapporto di specialit� tra il nuovo reato 
e Ia truffa, traendo da ci� le conseguenze di oui gi� si � fatto cenno. L'ordi



PARTE I, SEZ, I, . GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

nanza di rimessione fa appunto riferimento a questo secondo orientamento. 


Il contrasto giurisprudenziale si collegava a sua volta -principalmente, 
seppur non esclusivamente -ad un pi� generale problema interpretativo, 
relativo alla idoneit� o meno delle di<;hiarazioni semplicemente 
menzognere a concretizzare cii Per s� i;ole la nozione di � artifizi e raggiri�, 
p.r in 1c1lfetto di un quid pluris, di un ulteriore elemento di :frode. Un 
contrasto; non nuovo, del resto: analoghe discussioni vi furono a proposito 
del �rapporto .tra il reaito di itruffa e il resto di mendacio bancario, previsto 
dall'articolo 95 del regio decreto 12 marzo 1936 n. 375 (ora riprodotto nell'articolo 
137 .del decreto legislativo 1� settembre 1993 n. 385 recante il 
testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia). 

Con l'articolo 22 della legge 19 marzo 1990 n. 55, nell'intento di predisporre 
uno strumento repressivo specifico, il Parlamento ha introdotto 
nel nostro . codice penale, con l'articolo 640-bis, una figma aggravata di 
tl1Jffa per i casi in cui 5< il fatto. di cui all'articolo 640 .riguarda contributi, 
finanziamenti, mutui agevolati ovvero a1tre erogazioni dello stesso tipo, 
comunque denominate, . concessi o erogati da parte delJo Stato, di altri 
enti pubblici o delle Comunit� europee �. Per taile ipotesi � comminata la 
pi� grave pena della reclusione da uno a �sei anni ed � 1sitabilita la procedibilit� 
d'ufficio. Ma l'introduzione di questo pi� severo trattamento sanzionatorio 
� caduta su un tessuto normativo nel quale Ja persistenza dei 
due diversiorientamenti sopra menzionati circa la sussidiariet� o la speciailit� 
.c;lel reato di cui all'ar.ticolo 2 della. legge n. 898 del 1986 rispetto al 
reato di truffa era destinata a riprodursi in or�dine alla nuova fattispecie 
di truffa aggravata, cos� determinando conseguenze che per certi versi 
finiv.ano per vanificare l'intento di una maggiore tutela nei confronti delle 
frodi comunitarie. 

Il legislatore � quindi nuovamente intervenuto con l'articolo 73 della 

legge 19 febbraio 1992 n. 142 che ha modificato l'articolo 2 della legge 

n. 898 del 1986, esplicitandone il carattere sussidiario, mediante la formula 
� Ove il fatto non configuri il pi� grave reato previsto dall'articolo 640bis 
�, che precede il restante testo dell'articolo, riproducente, con qualche 
modificazione, quello originario. Nella relazione al disegno di legge n. 5497, 
presentato alla Camera dei deputati nella X legislatura, si afferma, infatti, 
che per evitare che l'accentuazione del rilievo penale delle frodi in danno 
della Comunit�, voluta con la citata nuova disposizione codicistica (l'articolo 
640-bis) �sia vanificata da una malintesa specialit� del reato meno 
grave previsto dal succitato articolo 2 della legge n. 898 del 1986 ... � 
necessario stabilire che questa norma non � applicabile in luogo dell'articolo 
640-bis quando la fattispecie materiale integra gli estremi della 
truffa�. 
Questa nuova norma -non considerata dalla ordinanza di remissione 
in quanto successiva ai fatti da giudicare -non per questo perde 


36 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di rilievo ai fini del presente giudizio. Ed infatti, considerata insieme alla 
successione di interventi legislativi che l'ha preceduta e ai relativi lavori 
parlamentari, appare palese che, con essa, si � inteso semplicemente esplicitare, 
a fronte di contrastanti interpretazioni applicative, quella che era 
stata chiaramente, fin dall'origine, l'intenzione del legislatore e cio� che 
la condotta sanzionata 1dall'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 
fosse� quella consistente nella mera esposizione di dati o notizie falsi, mentre 
i fatti connotati da ulteriori elementi di frode continuavano a ricadere 
nell'ipotesi di cui all'articolo 640 e, successivamente, dell'articolo 640bis 
del codice penale. 

N� pu� ritenersi che la disciplina del rapporto tra norma speciale e 
norma generale dettata dall'articolo 15 del codice penale sia di ostacolo 
ad un'interpretazione che si uniformi non solo e non tanto all'intenzione 
del legislatore ma anche e soprattutto alla razionalit� intrinseca del sistema 
ed alla ratio della norma quale � con certezza desumibile dal quadro normativo 
in cui essa � inserita e dal contesto politico-economico alla quale 
la stessa fa riferimento. 

� chiaro che il problema neppure si pone per coloro che accedono 
alla tesi secondo cui il semplice mendacio non � sufficiente ad integrare 
gli � artifizi e raggiri� di cui all'articolo 640 del codice penale. Per costoro, 
infatti, l'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 colpisce una condotta 
diversa da quella propria del reato di truffa, sicch� il rapporto tra le 
due norme non � di specialit�, mentre trova applicazione il principio dell'assorbimento 
o della consunzione del reato meno grave in quello pi� 
grave allorquando l'esposizione di dati o notizie falsi si accompagni ad 
altre modalit� ingannevoli. 

Ma anche la tesi secondo cui, in generale, il semplice mendacio � 
sufficiente ad integrare il delitto di truffa, ove abbia comunque avuto l'effetto 
di trarre in errore il soggetto passivo, non � tale da imporre la 
soluzione interpretativa presupposta dal giudice a quo. � infatti suffi. 
dente osservare che, in quest'ottica, la norma di cui al citato articolo 2 
configurerebbe un'ipotesi speciale di truffa di gravit� minore, connotata, 
peraltro, non solo dall'essere il fatto diretto ad ottenere indebiti erogazioni 
a carico del FEOGA (il che non sarebbe sufficiente a giustificare 
l'attenuazione), ma anche dal ricorso al meno ingannevole tra i comportamenti 
sussum~bili, secondo questa tesi, nella nozione di artifici o raggiri, e 
cio� il semplice mendacio. Tra gli elementi specializzanti che concorrono 
a distinguere, all'interno della fattispecie 'di truffa, l'autonoma figura di 
reato di cui all'articolo 2 della legge n. 898 del 1986, vi sarebbe quindi anche 
un elemento negativo, costituito dall'assenza di elementi o modalit� ingan


.nevoli diversi e ulteriori rispetto alla mera falsa dichiarazione, s� che, al


l'inverso, la presenza di questi ultimi determinerebbe anche qui la sus


sistenza del solo reato pi� grave. E, certamente, la minor fraudenza dei 



PARTE I, SEZ~ �Ii "GIURISPRl.IDE!NZA COSTITUZIONALE 

37 

mezziusati � costituisce; in questa materia, una considerazione idonea a 
fornire una giustificazione non irragionevole per un trattamento sanzionatorio 
attenuato rispetto a quello .normale. 

P.ertimtq, quale cbe .. $ia l'interpretazione �� prescelta circa la nozione di 
� artifizi o raggiri>) agli effetti dell'articolo 640 (e, $U questo, la Corte 
non ha necessit� di Pl'():P.Upziarsi),. (': ben� pos$ibile risolvere il problema 
dei rapp�>rtiJra ~ll norma impugnatae ~i articoli 640 e 640-bis ciel c()dice 
penale in termilli diversi da quelli presupposti . dal giudice aquo e tali 
~ non c.leterminare q.ei vizi di illegittimit� costituzionale. che egli ha 
paventato.

�..�A. tal ffue f appunto sufficienteinterpretare la previsione dell'articolo 
2dellalegge n, 898 del l986 nel senso che essa si riferisce al ca$o 
di coliti che consegue indebitamente erogazioni a carico del FEOGA 
soltanto mediante l'esposizione di dati o notizie falsi. Tale interpretazione 
-consentita . dal ._tenori letterale�_� della . disposizione, conforme all'intenzione.. 
4el legislator~ �ecoerente . con la consideraiione . sistematica e funzionale. 
della� C�isciplina . -� anche imposta dal �fondamentale canone 
ermeneutico sece>ndo. cui, tra pi� significati possibili di una medesima 
disposizione, l'interprete deve escludere quello, tra di essi, che non sia 
coerente con il dettato costituzionale. 
E poicll.� la norma, interp-retata come si � detto, non determina effetti 
di. irrazionale ed ingiustificata . disparit� di trattamento sanzionatorio, 
reccezione di illegittimit� costituzionafo in esame deve essere dichiarata 
infon~ta. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1994 n. 40 -Pres. Casavola -Red. 
Cheli -Regione Sicilia (avv. Torre e Ingargiola) c. Presidente Consiglio 
dei Ministri. 

Regioni � Conflitto diattribUZione . Corte dei Conti � Controllo sugli atti � 
Nuovo regime. 
(dJ. 17 luglio 1993, n. 242, art. 7). 

Non sp.ettava .allo Stato sottoporre al visto di legittimit� della Corte 
dei Conti i provvedimenti del Presidente della Regione Siciliana esclusi 
dalla casistica dell'art. 7 d.t. n. 143 del 1993, poich� :s�i deve estender.e 
immediatamente alla sfera delle Regioni l'operativit� della nuova e pi� 
limitata disciplina sui controlli della Corte, ancorch� il d.l. stesso non 
sia stato poi convertito ma fatto� salvo negli effetti dalla legge n. 20 del 
1994 (1). 

(1) Viene respinto il tentativo della Corte dei Conti di restringere l'operativit� 
immediata dell'art. 7 d.1. n. 242 del 1993 ai controlli sulle� Regioni, sottolineando 
4 



38 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

I due conflitti proposti dalla Regione siciliana, pur traendo origine 
da provvedimenti distinti, si fondano sopra un identico motivo, che investe 
l'applicazione nell'ambito regionale della nuova disciplina in tema 
di controllo preventivo di legittimit� da parte della Corte dei conti, introdotta 
con l'art. 7 del decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143 e reiterata 
con l'art. 7 del decreto-legge 17 luglio 1993, n; 232. 

I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti al .fine di addivenire ad una 
unica pronuncia. 

n primo conflitto (n. 25/93) � stato sollevato con riferimento alla 
delibera n. 94 del 1993 della Sezione centrale del controllo della Corte dei 
conti che -muovendo dal presupposto della non applicabilit� alla Regione 
siciliana della nuova disciplina posta dall'art. 7, primo comma, 
del decreto-legge n. 143 del 1993 -ha sottoposto al controllo preventivo 
di legittimit� il decreto del p_residente della Regione 30 dicembre 1992, 
negand� ail� stesso il visto e la conseguente registrazione. 

Il sec�ndo conflitto (n. 38/93) ha tratto, invece, la sua occasione 
dalla nota che il Presidente della Sezione di controllo della Corte dei 
conti per la Regione siciliana ha indirizzato, il 10 settembre 1993, al 
Presidente ed all'ASsessore regionale per il bilancio di tale Regione, al 
fine di richiedere la sottoposizione al controllo preventivo di legittimit� 
della Sezione di tutti i provvedimenti e titoli di spesa indicati nel testo 
unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con il regio decreto 12 
luglio 1934, n. 1214: e questo sempre sul presupposto -gi� fatto valere 
nella richiamata delibera n. 94/93 della Sezione centrale '-della non applicabilit� 
all'ordinamento regionale siciliano della nuova disciplina in 

tra l'altro la Corte Costituzionale che a tale decreto va riconosciuta la natura 
di normativa fondamentale di riforma economico-sociale suscettibile di� vincolare 
anche le Regioni a statuto speciale. 

Rimane peraltro in ombra la preoccupazione manifestata dalla Corte dei 
Conti, a monte del contrasto, sul fatto che il modulo di controllo previsto 
nell'art. 7 cit. postula l'esistenza di controlli di legittimit� interna che in Sicilia 
non esistono, avendo la legge reg. 31 marzo 1972, n. 19, eliminato il controllo 
di legittimit� delle ragionerie centrali, alle quali � rimasto il solo controllo 
contabile. Secondo la Corte dei Conti ne seguirebbe la pregiudizievole conseguenza 
che, in una regione come la Sicilia, l'attivit� amministrativa, compresa 
quella di erogazione della spesa, non sarebbe soggetta ad alcun riscontro di 
legittimit�, laddove anche la dottrina ha censurato la duplicazione dei controlli 
di legittimit�, ma senza mai arrivare ad auspicarne la totale eliminazione. 

A tale perplessit� la regione Sicilia aveva peraltro replicato, nell'adunanza 
del 3 giugno 1993 dinanzd alla Sezione di controllo della Corte, che il successivo 
art. 8 dello stesso d.l. aveva delineato un nuovo assetto dei controlli interni 
al quale essa non avrebbe potuto sottrarsi, dato il carattere di norma fonda� 
mentale di grande riforma da riconoscere al d.l. citato, che condiziona anche 
la competenza legislativa primaria attribudta alla Regione in materia di organizzazione 
degli uffici. 



PARTE I; SEZ; I, GIURISPRUDENZA COSTiTUZIONALB 

materia posta con il decreto-.legge>n; 143 del 1993 e reiterata con il decret<><
legge ri. 232 del 1993; 

La :Regione siciliana ritiene tali atti lesivi della propria sfera di attribuzi6ni, 
in qtu:mfo �ll contrasto con l'art"� 23; secondo comma, dello Statuto 
speotaJ.e e��conle norme>dl attuaztonedi�.cuial�D;Lgs. 6 maggio 1948, 
n;;~$S{9h:l':l 1l~�),o<Jstituit() e c:t~s�iplinato � le'.�funzioni delle Sezioni della 
Cbitei ge$ c6~tfper la ~eg$one siCilia!la/ Da tali norme ._ ad avvi.so della 
r'idd:?r~hte�� ���� c��.�ai:idrebbf!����&esunfa;�����fafatti, .�l'applicabilit�����immedfat���� all'or� 
d�namerito sieiliano della . nuova �disciplina del .� <;ontroll� della C�rte dei 
ccm:J:ta,(J.ottata con il decreto-legge n� 143 del 1993 e reiterata con il decret&
legge rt. 23'.� >del 1993; disciplina che ha ridotto le categorie degli �atti 
sdttdponio�i~icontroll.o preventivo di �legittimit�, non comprenderido in 
tali categorie provvedimenti di spesa quali quello adottato dal Presiden� 
te delta Regione H 30 dicembre 19921 nei cui confronti la Seziorte �centrale 
di �c()ntrollcf h;<ti invece~ es~rcit~to�il proprio esame; 
> >l ricorsi so.ll() fonda:ti. lFdecreto legislativo 6<maggio 194ik n. 655 ..-... 
r�cante ��le .norme �di attuat�o11e: � dello Statuto speciale in tema �di istitu� 
zione . delle Sezioni della Corte dei conti per gli affari concernenti la 
Re�;f6n�>siciliana ....,.. ha ele11cato;. al primo comma deWart. 2, le competen� 
z� della Sezione regionaletdel controllo, competenze da esercitare � in 
conformit�. delle: leggi �dello Stato che disciplinano .1e funzioni. della � Corte 
dei: contiȥ 

L.a forniula adottata con questa disposizione ~.ove collegata al ca� 
rattere unitario delle funzionLdL controllo attribuite, in base all.'art. 100, 
secondo comma, della Costituzione, alla Corte dei conti -non pu� non 
essere interpretata come. richi.anio ad una. forma d.i rinvio � dinamico � 
alla legislazione stata�e in tema di funzioni della Corte dei conti e, con� 
seguentemente, anche .di forme e di limiti del controllo ad essa spettante: 
legislazione stata.le che, nei suoi svolgimenti, proprio in virt� del richiamo 
operato attraverso la norma di attuazione, � destinata, dunque, a espande� 
re. direttamente la propria efficacia anche nei confronti dell'ordinamento 
.regionale: siciliano. 
Non p.� e�sere1 pertanto, condivisa la tesi -affermata nella deli� 
bera n. 94/93 cl.ella, Sezione . centrale di controllo -secondo cui la disciplina 
. del �911troll9 .� sugli a.tti del Governo e dell'amministrazione della 
Regione sfoiliana dovrebbe essere, ancor oggi, quella che risultava fissata 
nella legislazione statale. alla data dell'approvazione dello Statuto speciale 
e delle relative norme di attuazione (e cio� la disciplina di cui al testo 
unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, 

n. 1214), dal. momento che l'assetto del controllo nella Regione siciliana 
sarebbe � quello disegnato e stabilito dallo Statuto e dalle corrispondenti 
norme di attuazione � e che a tale assetto non potrebbe � farsi deroga 
se non attraverso i meccanismi che l'ordinamento prevede per la modi� 
ficazione delle nonne costituzionali e di quelle di attuazione dello Sta

40 

RASSEGNA' AVVOCATURA DELLO STATO 

tuto �. Tale interpretazione -che assume a suo presupposto il carattere 
materiale del rinvio alla legislazione statale operato dall'art. 2 del decreto 
legislativo n. 655 del 1948 -oltre a contrastare con l'esperienza storica 
(che ha fatto registrare l'immediata operativit� nella Regione siciliana 
delle modifiche successivamente appoxtate al� testo unico del 1934, quale, 
ad �esempio, quella di cui all'art. 1 della. legge 21 marzo 1953, n. 161), verrebbe; 
infatti, a introdurre, nel controllo preventivo di legittimit� affidato 
alla Corte dei conti per la Regione siciliana; un fattore di rigidit� 
che non pu� trovare giustificazione nella disciplina adottata sia con 
lo Statuto speciale (art. 23, secondo comma) che con le relative norme di 
attuazione, dove si prevedono l'istituzione e le competenze fondamenta� 
li della Sezione regionale di controllo, senza nulla specificare (salvo il 
rinvio operato alla legislazione statale) in ordine alle forme ed ai limiti 
del controllo alla stessa Sezione affidato. Fattore di rigidit� che verrebbe, 
tra l'altro, a incrinare -in presenza di una ;riforma particolarmente innovativa 
quale quella che ha dato luogo ai conflitti in esame -l'esigenza 
di unitariet� sottesa alla funzione di controllo spettante alla Corte dei 
conti. 

Ma non va neppure trascurato il profilo -messo in luce dalla difesa 
regionale -relativo all'art. 10 del decreto-legge n. 232 del 1993, 
dove ai principi desumibili dalla discipina posta nello stesso decreto viene 
riconosciuta la natura di norme fondamentai di riforma economicosociale, 
suscettibili di vincolare le Regioni a statuto speciale e le Province 
autonome. Nonostante che questa disposizione (che ricompare in 
tutte le successive reiterazioni del decreto-legge n. 232 e, infine, nell'art. 6 
della legge 14 gennaio 1994, n. 20) non sia suscettibile di incidere direttamente 
nella materia del controllo della Corte dei conti, riservata alla 
legge statale; essa risulta pur sempre espressiva di una volont� del legislatore 
diretta a estendere immediatamente l'operativit� della nuova disciplina 
anche alla sfera delle Regioni a statuto speciale. 

L'insieme idi queste ragioni concorre, dunque, a dimostrare la necessit� 
di riferire immediatamente anche alla Regione siciliana le limitazioni 
apportate alla sfera del controllo preventivo di legittimit� con l'art. 7, 
primo comma, del decreto-legge n. 143 del 1993, limitazioni poi reiterate, 
con alcune varianti, nell'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 232 
del 1993. 

La vigenza della nuova disciplina anche nell'ambito della Regione siciliana 
.doveva, dunque, condurre a escludere la possibilit� di esercitare 
il controllo preventivo di legittimit� negli stessi termini prima operanti 
ai sensi della disciplina posta con il R.D. n. 1214 del 1934, con la conseguenza 
di sottrarre all'esame della Sezione centrale il decreto adottato 
dal Presidente della Regione siciliana il 30 dicembre 1992. 

Dal che la fondatezza delle domande avanzate con i ricorsi in esame. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

41 

Occorre, infine, rilevare che i due decreti-legge (nn. 143 e 232 del 
1993), sulla cui vigenza i due ricorsi sono fondati, non sono stati convertiti 
in legge ed hanno, pertanto, perso la loro efficacia, ai sensi dell'art. 77, 
terzo comma, della Costituzione, fin dalla data della loro emanazione. 
Questo elemento non assume, peraltro, rilievo ai fini della pronuncia da 
adottare, dal momento che la legge 14 gennaio 1994, n. 20 -nel formulare, 
dopo i vari decreti-legge non convertiti, la disciplina definitiva della 
materia -ha espressamente fatto salvi, ahl'art. 8, �gli effetti prodottisi 
ed i rapporti giuridici sorti� sulla base dei decreti-legge nn. 143 e 232 
del 1993. Conserva, pertanto, la propria efficacia, ai fini della soluzione dei 
conflitti in esame, il richiamo operato nei ricorsi della Regione alla disciplina 
posta con tali decreti, in vigore alla data di adozione degli atti che 
hanno detel1ID.inato la proposizione degli stessi conflitti. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1994 n. 48 -Pres. Casavola -Red. 
Vassalli -Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia 
di Belmonte). 

Reato � Provvedimenti antimafia � Possesso di beni di valore sproporzionato 
alla attivit� svolta � Mancata giustificazione da parte di soggetto sottoposto 
a procedimento penale � Violazione principio presunzione non 
colpevolezza � Illegittimit� costituzionale. 

(d.l. 8 giugno 1992 n. 306, art. 12 quinquies, conv. con mod. in legge 7 agosto 1992, n. 356, 
come modif. da art. 1, d.l. 7 settembre 1993, n. 639, conv. con mod. in legge 15 novembre 
1993, n. 461). 
E' illegittima per violazione del principio di presunzione di non 
colpevolezza la norma che punisce la mera disponibilit� di beni di valore 
sproporzionato al reddito, ove di tale disponibilit� non sia giustificata 
la legittima provenienza, da parte di coloro nei cui confronti pende procedimento 
penale per determinati reati, poich� essa assume a presupposto 
del reato una situazione processuale, in quanto tale transeunte, 
trasformandola in una presunzione di colpa (1). 

(1) Con dovizia di argomentazioni la Corte sanziona la illegittimit� della 
norma all'esame, pur dando atto delle note ragioni di politica criminale che 
avevano indotto il Governo ad emanarla in un momento particolarmente grave 
della esplosione del fenomeno criminoso. 
La Corte, mentre ricorda le perplessit� che negli stessi ambienti parlamentari 
suscit� la norma, coglie l'essenza della illegittimit� nella dmpossibile commistione 
tra presupposti delle misure di sicurezza, che possono correttamente 
essere legati a situazioni transeunti, come quella della sottoposizione ad un 
procedimento penale ed elemen1li costitutivi di una fattispecie criminosa, per 
la quale la pendenza di un procedimento penale deve rimanere un fatto neutro, 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

42 

(omissis) Pur nella variet� degli accenti e degli sviluppi argomentativi 
che caratterizzano le numerose ordinanze di rimessione, al nucleo 
delle censure sta, dunque, il rilievo -comune a twtti gli atti di denuncia 
-che l'art. 12 quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306 del 1992 
(convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356) punisce la disponibilit� di 
beni di valore sproporzionato al reddito o alla attivit� economica, ove di 
tale disponibilit� non venga giustificata la legittima provenienza da 
parte di coloro nei cui confronti pende procedimento penale per determinati 
reati: ad integrare l'indicata figura delittuosa, pertanto, � suffi. 
dente, sostengono i giudici a quibus, il possesso ingiustificato di quei beni 
da parte di soggetti che si qualificano per il sol fatto di rivestire una 
condizione meramente � processuale �; una condizione, quindi, che per 
sua natura assume il carattere della temporaneit� e che, in virt� della 
presunzione di non colpevolezza, deve ritenersi del tutto inidonea ad 
assegnare al soggetto attivo quelle connotazioni di intrinseco disvalore 
che la norma invece postilla, strutturando la fattispecie come reato proprio 
fondato sul � sospetto � che quella condizione evocherebbe. 

A tale insistito richiamo alla violazione del principio sancito dall'art. 27, 
secondo comma, della Costituzione, si sovrappongono, poi, ulteriori rilievi 
di costituzionalit� che solo in parte presentano una effettiva autonomia 
sul piano logico-concettuale. Ricorrente �, infatti, l'assunto secondo il 
quale la disposizione impugnata contrasterebbe con l'art. 3 della Carta 
fondamentale, per essere la fattispecie incriminatrice delineata in termini 
tali da generare conseguenze non conformi ai principi di uguaglianza 
e di ragionevolezza. Sempre .facendo leva sulla � fluidit� � che caratterizza 
lo status del soggetto attivo, si determinerebbe cos�, secondo alcuni 
giudici, una non giustificata disparit� di trattamento tra persone indagate 
per il reato de quo e quanti, invece, siano sottoposti ad indagini 
per altri reati, mentre altre ordinanze pongono in risalto la discriminazione 
che verrebbe a subire la persona inquisita rispetto a �colui che, 
seppur titolare di ricchezze sproporzionate, non incappa in un procedimento 
penale�, ovvero l'irragionevole identit� di trattamento che la di� 
sposizione riserva tanto al condannato che all'assolto in ordine ai �delittisorgente 
�. 

Ugualmente raccordata alla particolare �qualit�� che caratterizza 

il soggetto attivo, � l'ulteriore censura che individua, nella norma impu


se non si vuole surrettiziamente introdurre nell'ordinamento una inammissibile 

presunzione di colpa. 

Mantenendo ben distinte le due situazioni comunque la Corte conferma 

~a validit� e la legittimit� della scelta di politica criminale volta a colpire la 

disponibilit� ingiustificata di patrimoni non proporzionati ai redditi posseduti, 

purch� essa si estrinsechi in una misura cautelare mantenendo una funzione 

strumentale rispetto all'accertamento ed alla repressione dei reati. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

gnata, aspetti di dubbia compatibilit� con l'art. 25 della Costituzione: si 
osserva, infatti, che, facendosi dipendere il presupposto soggettivo dal 
verificarsi di una condizione futura, incerta ed imprevedibile, quale � 
l'assunzione della qualit� di indagato o imputato, ne deriva che il soggetto 
non � messo nella possibilit� di evitare il realizzarsi dell'elemento oggettivo 
del reato; criminalizzandosi, per questa via, l'acquisizione di beni, 
anche se conseguita in un momento in cui la legge non fa carico al 
soggetto medesimo di adottare particolari cautele, proprio perch� non rientrante 
in categorie � sospette �. Nel medesimo a:lveo, poi, finisce per collocarsi 
anche la dedotta violazione dell'art. 42, secondo comma, della Costituzione, 
a proposito deH.a quale si osserva che, configurandosi il reato 
sulla base della ritenuta sproporzione fra reddito e patrimonio -un 
dato, quest'ultimo, che, per la sua elasticit�, sarebbe fonte ulteriore �di 
ingiustificate ineguaglianze � -e prescindendo la norma � da qualsiasi 
coJilegamento immediato con un'attivit� delinquenziale giudiziariamente 
accertata�, verrebbero ad essere vulnerati i �principi dettaiti a tutela 
della propriet�, i cui limiti non hanno alcun .riferimento alle sue dimensioni 
quantitative �. 

Quasi 1tutte �le ordinanze di rimessione, infine, sottopongono fa norma 
a scrutinio di costituzionalit� per asserita violazione del principio sancito 
dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Coniugando, infatti, 
fra loro, presunzione di non colpevolezza e diritto di difesa, e con accenni 
che talvolta coinvolgono anche il principio di uguaglianza, i giudici rimettenti, 
ancora una volta ponendo a raffronto la peculiare condizione che 
qualifica il soggetto attivo e la condotta che la fattispecie descrive, censurano 
la disposizione di cui si tratta sul rilievo che la medesima, postulando 
in caso allo stesso inquisito l'obbligo di giustificare la legittima provenienza 
dei beni, determinerebbe una inversione dell'onere della prova con 
conseguente compromissione del didtto di difesa, in quanto la persona 
sottoposta a procedimento penale sarebbe costretta � ad abbandonare ogni 
comportamento processuale passivo �, che pure l'ordinamento le garantisce 
attraverso H diritto di difendersi anche con il silenzio. 

Tale essendo il composito quadro dei rilievi che i giudici a quibus 
muovono alla norma sottoposta al giudizio di questa Corte, e poich�, per 
quel che si � detto, un risalto del tutto particolare � stato assegnato alla 
violazione del principio sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, 
quasi a farsi da esso poi derivare, per la struttura stessa che 
contraddistingue la fattispecie, gli ulteriori dubbi di costituzionalit� che 
i rimettenti sollevano con riferimento ai diversi parametri che sono stati 
dianzi indicati, la verifica della conformit� della norma al principio 
di presunzione di non colpevolezza finisce allora per assumere un carattere 
per cos� dire preliminare, secondo l'ordine logico che lega fra loro 
le censure dedotte. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Sono fin troppo note le ragioni di politica criminale che hanno indotto 
il Governo prima ad emanare il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 e poi 
a presentare in sede di conversione dello stesso alcuni emendamenti, come 
appunto quello da cui discende la disposizione impugnata. D'altra 
parte la stessa relazione illustrativa del disegno di legge di conversione 
ha avuto modo d;i scolpire le ragioni stesse con note:vole incisivit�. La 
disposizione dicui qui si discute, introdotta quale emendamento governativo 
nel corso dei lavori parlamentari relativi alla conversione del citato 
decreto, si iscrive nell'alveo di.queMa complessa manovra normativa v�lta 
ad adottare misure idonee a fronteggiare, sul piano della prevenzione 
e della repressione, il gravissimo fenomeno del crimine organizzato, spintosi 
ad una � aggressione che ha raggiunto livelli ormai assolutamente 
intollerabili � (XI Legislatura, Atto Senato n. 328 pag, 11)~ Le incontestabili 
esigenze di tutela della collettivit�, al cui doveroso soddisfacimento 
si � ispirato il provvedimento legjslativo nel quale ha trovato sede la disposizione 
oggetto di i:t~wugnativa, hann.o dunque costituito, ad un tempo, 
�l'obiettivo perseguito .e la motivazione offerta per� dissolvere i dubbi, 
subito emersi, circa l'effettiva compatibilit� della norma con gli altrettanto 
ineludibili principi di .rango costituzionale. Gi� in sede di commissione 
Affari Costituzionali del Senato, infatti, H 1sottosegretario di Stato per 
l'interno aveva avuto rnodo di evidel1Ziare come il Governo annettesse 
�grande rilevanza alla disposizione di C1li all'art. 12-quinquies, il quale pu� 
alimentare qualche dubbio di costituzionalit�,. ma rappresenta uno stru� 
mento efficace e vigoroso, utilizzato anche in altri ordinamenti e consigliato 
sia dalle forze .dell'ordine che dalla Guardia di finanza� (v. seduta 
del 21 luglio 1992). Ancor pi� espliciti sono i riferimenti che � possibile 
cogliere negli interventi svolti in assemblea al Senato; ove non � manca~ 
to chi ha ritenuto di dover esprimere �un particolare-apprezzamento per 
lo sforzo compiuto dal Governo, anche a costo di ess<;!re accusato di introdurre 
una fattispecie incostituzionale, per trovare: uno strumento di 
diritto sostanziale che penetrasse fino in fondo nei patrimoni accumulati 

dal mondo del crimine organizzato�, o chi, come il ministro dell'interno, 
si � trovato nella necessit� di ammettere che la norma in esame determinava 
� il ribaltamento di uno dei principi generali in materia di prove, 
dal m0mento che � lo stesso soggetto a dover dimostrare la provenienza 
e la natura lecita delle sue sostanze per non incorrere in sa,nzioni penali�, 
ovvero, ancora, chi, come il ministro di grazia e giustizia, si � mostrato 
ben .consapevole di agire �su un terreno difficile e delicato per i poteri 
conferiti alle pubbliche autorit� di incidere sui diritti e sui beni della 
persona, prima ancora che rigorosi accertamenti probatori si siano compiuti 
in sede giudiziaria � (Senato, Assemblea, seduta pomeridiana del 
23 luglio 1992, resoconto stenografico, pagg. 47, 51, 55). 

Ad ulteriore e conclusiva conferma di come sia stato lo �stesso legislatore 
ad aver maturato la consapevolezza di essersi sospinto� stil pe




PARTE I, � SEZ> l>� GlURlSl'RUDENZA �COS'flTUZIONALE 

ricolosq �rinale di una possibile compromissione� cli. valori fondamentali, 
sta1inf:ine l'iter.�. di�. conversione dell'ultimo. dei �decreti-legge di modifica 
P,elJa. P,o�;m<l� impug:nata. Nel. testo. del. decreto�<legge 17 .�settembre 1993 
. �. 3~9i ~atti~�accanto alle modifiche deLcomma�2�dell'art. 12-quinquies 
4~~)!'.tl~ :.,, 306 del 1992; delle quali gi� si� fatto cenno,� compariva, sotto: 
l'�i.i,:t't~ ~,; .p~ ~1:l.:l.�9\rli\i ipotesi di posses�so �� ingiustificato di valori � che 
.pt~y~(i{~y~ j.�p~ .f~ttiSPl!:Pie! delJ:utto . ::tnaloga .. a . q:uella oggetto del pres�iite 
g~.c:ltzjq~ d~ CtJ:fsi tfJsfii:1gqeya esC,lj.�S�V�mente per essere riferita agli 
i~p~t~tl df �tal.Di �.�. qelitti cq.t;po .. }a . pubblica .. amministrazione. Orbene, 
:ne~ J:aypr~.J?!'P:'htmel:l.t::trldi �pp.yersione,.~le noiwa fu vivacemente contestaf~ 
i# pjil i#rt~ .pJ;'qptjp sufpresl,lpposto che la� stessa non risultava con"'. 
f()ffillf~i prjhcipi �6sHtu2j0ni.i,.e\T�candosi, a .conferma di ci�, gli stessi 
a.rgofu.~1'1# a.dd6#f <l sostegno delle questioni cli legittimit� che, a quell'�}?
pca, er�no si�te gi�.sollevate in merito alla consimile fattispecie des�fitta. 
dttil'~ft.. )2-qil�nquies del d.I. Il� 306 del 1992 (v., in particolare, 
Catiiefa dei. l)eput~t�, sedut� del 10 novembre 1993). La norma fu pertanto 
s6ppressa datii:i legge ;di c�riversione 15 Iidveinbre 1993, n. 461: tuttavia, 
eil da.fo ..asstl.me��nori pocO ��sigii�ficatO .�M fini� che qui interessano, sulla 
ba~e delle puntuali iridieazi.Onr emerse nel corso dei lavori parlamentari, 
la disdplina �he quella norma intendeva fot:todU.rre form� oggetto di alfra 
iniZiativa legislativa. da parte del Governo, nella quale, peraltro, l'originaria 
previsione non assumeva pi� i connotati di una fattispecie penale, 
ma si attraev~ la �stessa hell'.ambito � applicativo de1le misure di prevenzione. 
Con il .disegno. cli< legge n. � 1691 presentato al Senato della Repubblica 
iLJ<> .dicembre 1993;. il ministro di grazia e giustizia ha infatti proposto. 
diestenc1ere l'applicazione�.delle misure di prevenzione di carattere 
patrimoniale previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, a coloro che, sulla 
base l;l;t elt)n:tenti di fatto rappresentati anche dalla circostanza di essere 
sottopqsti a prpcec;limento .Penale per. delitti determinati da motivi di lu�r9, 
c1eY81lO ,J:itene;sL vivere abjt.ajme:nte, anche in parte, con il provento 
di alcuni .reati contro la pubblica ax:n;ministrazione. L'interferenza, 
dungue, cb,e. ,� J?ossi!bilejntravedere tra fattispecie criminosa v�1ta ad impedire,.
� attraverso i� �sequestro� e la confisca, l'accumulazione di beni cli 
sospetta provenienza e la struttura che caratterizza, ai medesimi fini, il 
d�ver.s.o istituto delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, 
riyela, allc>I'�, )'esiste~ia �di un'area..� all'interno della. quale i presupposti 
che. d.e.Jo:11o .. assistere. la sanzfone criminale. finiscono p�r . essere ambiguamente 
co.ft.ts� con quelli che consentono l'applicazione di una misura di 
carattere preventivo. E. che una tale commistione si sia realizzata nel 
configutar~�la norma sottoposta� al vaglio di questa Corte, lo si desume 
cori chiarezza ponendo a rru�fronto tra loro i � requisiti )) che integrano la 
fattispecie� prevista dall'art. 12"quinquies del d.l. n. 306 del 1992, e quelli 
richiesti per procedere all'applicazione delle misure di prevenzione. A seg\
iito; infatti, delle modifiche appcirtat� al secondo comma dell'art. 2-ter 


46 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

della legge 31 maggio 1965, n. 575, ad opera dell'art. 3 della legge 24 luglio 
1993, n. 256, le misure di prevenzione ed il sequestro dei beni si applicano 
nei confronti di talune categorie di �indiziati�, non solo quando si 
ha motivo di ritenere che tali beni siano il frutto di attivit� illecite o ne 
costituiscono il reimpiego, ma anche � quando il loro valore risulta sproporzionato 
al reddito dichiarato o all'attivit� economica svolta �, fermo restando 
che con l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale 
dispone la confisca dei beni sequestrati �dei quali non sia stata dimostrata 
la legittima provenienza �. Ove si consideri, dunque, la sostanziale sovrapponibilit� 
delle espressioni che compaiono nel nuovo testo dell'art. 
2-ter della legge n. 575 del 1965 e di quelle che tipizzano il fatto materiale 
descritto nella fattispecie oggetto di censura, � agevole avvedersi di 
come una medesima condotta possa dar luogo indifferentemente all'applicazione 
di una misura di tipo preventivo ovvero alla irrogazione di una 
pena detentiva. Accanto a ci�, anche l'area dei soggetti finisce per essere 
pressoch� coincidente, considerato che Je misure di prevenzione patrimoniali 
trovano applicazione non solo nei confronti degli indiziati di appartenenza 
alle associazioni di tipo mafioso o a quelle previste in materia 
di stupefacenti; ma anche, in virt� della previsione dettata dall'art. 14 
della legge 19 marzo 1990, n. 55, nei confronti di coloro che si ritiene vivano 
abitualmente con i proventi di una attivit� delittuosa, se questa 
�sia una di quelle previste dagli artt. 629, 630, 648-bis o 648-ter del codice 
penale . ovvero quella di contrabbando �. L'analogia che pu� quindi cogliersi 
tra i reati presupposti che qualificano la condizione del soggetto attivo 
del delitto previsto dall'art. 12-quinquies, secondo comma, del d.l. n. 
306 del 1992, e le categorie di indiziati per i quali � invece consentita 
l'applicazione di misure preventive, chiude pertanto il circolo del confuso 
ordito normativo che ha preteso di assimilare fra loro settori dell'ordinamento 
del tutto eterogenei: quello del diritto penale sostanziale 
e quello delle misure di prevenzione. 

Ecco svelarsi, allora di vizio di costituzionalit� che affHgge la norma 
impugnata. Se, infatti, pu� ritenersi non in contrasto con i principi costituzionali 
una norma che, al limitato fine di attivare misure di tipo preventivo, 
desume dalla qualit� di indiziato per taluni reati il sospetto che la 
sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato possa esser frutto 
di illecita attivit�, altrettanto non pu� dirsi ove l'analoga situazione venga 
ricondotta all'interno di una previsione incriminatrice, giacch� la legittimit� 
di una simile fattispecie rinverrebbe un insormontabile ostacolo 
proprio nel principio di presunzione di non colpevolezza che i giudici a 
quibus hanno correttamente invocato. Il naturale sviluppo del precetto 
sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, comporta, infatti, 
che la condizione di persona sottoposta a procedimento penale 

. . .

. 

. 


PARTE I, SBZ; I; GIURISPRtlDBNZA � CO$TITUZIONALB 

assume connotazioni del tutto amorfe agli effetti del . diritto sostanziale; 
cosicch� dalla stessa non � consentito trarre � sospetti� o � presunzioni 
>~ di sorta che valgano a qualificare una specifica condotta che il le� 
gislatore. ritenga meritevole di sanzione penale; In altri termini, il fatto 
pez.tb:ne11te rilevante �deve. es~ere tale a prescindere dalla Circostanza � che 
il suo �ut�re sia o meno jnd;igato o� imputato, perch� falf c�nd�zfoni, �fu. 
stabili come ogni status processua:le)rton legittimano alcun apprezzamento 
in teririini d� disvalore; un apprezzamento che varrebbe ineluttabilmente.
ad ant�cipa:re �effetti� che� la Costituzione riserva, invece,� soltanto 
alla sentem:a: irtevocaibile <I.icondanna. L'art. 12cquinquies' secondo comma:; 
del dJ. n.>306 del 1992Jir�vece, ispirandosi. con fin troppa chiarezza a:mo~ 
delli tipici del procedimento di prevenzione, fonda proprio sulla: qualit� 
dL indagato o di imputato il presupposto soggettivo che rende punibile 
un. dato di fatto;......; la sproporzione non giustificata tra beni e reddito che 
altrimenti non sarebbe perseguito, cosiech� la persona indiziata o 
imputata; ancorch� presunta non colpevole, �, per ci� solo, assoggettata 
a pena, in ordine �ad una condotta che, ove� posta in essere da qualsiasi 
altro soggetto,. viene � ad essere normativamente riguardata fu termini 
di totale indifferenza/La lesione inferta all'indicato parametro traspare, 
quindi, in tutta la sua evidenzi:v V'� anzi da osservare che l'ambigua formula 
adottata dal legislatore ha pretermesso qualsiasi risalto all'epilogo. 
processuale dei reati presupposti, quasi ad aver �presunto colpevole� 
il relativo. imputato; n mancato rispetto del principio costituzionale, poi, 
� in s� foriero di ulteriori ed altrettanto .gravi conseguenze. Come � stato, 
infatti,� covrettamente . posto in rilievo� . in numerose ordinanze, la provvisoriet� 
e��la� stessa casualit� insita nello status di� chi � sottoposto a inf.
l.agini o al processo; fa si che persone le quali versino nella medesima; 
situazione,. vale a dire dispongano di beni non proporzionati al reddito, 
subiscano un differenziato trattamento a seconda che, nei loro confronti; 
sia stato o meno iniziato un procedimento penale: basta; quindi; una 
sempli�e. notitia criminis, ancorch� infondata e tale da condurre ad uno 
scontato esito di archiviazione, a determinare l'insorgenza della qualit� 
che �rende punibile.�quella condotta, con conseguenze discriminatorie di 
intuiti;va evidenza:, al fondo delle .quali sta l'arbitraria assimilazione di 
c()ndizioni (quella: di condannato e quella di imputato} che il costituente 
ha invece inteso separare nettamente. A conclusioni di egual segno occorre 
pervenire anche sul diverso versante degli effetti che la struttura 
della norma � in grado di generare sul piano della difesa che il soggetto 
inquisito � chiamato a svolgere: molti giudici, infatti, insistono -e tale 
aspetto come si � detto, fu avvertito anche nel corso dei lavori parlamentari 
-1slllla inversione dell'onere della prova che la norma postulerebbe 
nel far carico all'imputato di dimostrare la provenienza dei beni di 


48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

cui risulta avere la disponibilit�. A fronte di un siffatto rilievo l'Avvocatura 
Generale dello Stato sembra voler obiettare considerazioni non 
dissimili da quelle che questa Corte ha avuto modo di svolgere allorch� 
ha disatteso la fondatezza delle analoghe questioni sollevate con riferimento 
agli artt. 707 e 708 del codice penale. Ma la ben diversa configura


I

" 

zione delle norme poste a raffronto impedisce di trasferire quelle conclusioni 
alla fattispecie che viene qui in discorso. Nell'escludere, infatti, 
che gli ar,tt. 707 e 708 del codice penale contrastassero con l'art. 27, secondo 
comma, della Costituzione in rapporto, appunto, alla supposta � inversione 
dell'onere della prova� che ad avviso dei rimettenti quelle norme comportavano, 
questa Corte ha posto in evidenza come le censure non potessero 
essere. accolte in quanto le disposizioni impugnate non esigevano 
affatto � la prova della legittimit� della destinazione e della provenienza, 
limitandosi, invece, a pretendere una attendibile e circostanziata spiega� 
zione, da valutarsi in concreto nelle singole fattispecie, secondo i prin� 
cipi della libert� delle prove e del libero convincimento� (v. sentenza n. 
14 del 1971 e, pi� di recente, n. 464 del 1992). Gli artt. 707 e 708 del codice 
penale, pertanto, richiedono, da un lato, la qualit� di condannato per taluni 
delitti e, dall'altro, la mancata giustificazione della destinazione o provenienza 
degli oggetti o dei beni; il pi� volte citato art. 12-quinquies, in


I ~ 
! 

vece, oltre a prescindere dalla condanna, impone una giustificazione qualificata, 
giacch� questa deve consistere nella legittimit� della provenienza 
dei beni o delle utilit�: situazioni, dunque, antinomiche e per le quali le 
medesime considerazioni che hanno sostenuto la verifica di costituzionalit� 

I 

delle prime impongono l'opposta declaratoria per la seconda. ~ evidente, 

I

infatti, che, dovendo la persona asservare la legittima provenienza dei 

I 

beni, nessuna portata scriminante assumerebbe la stessa ammissione 

che quei beni provengono proprio da quel reato in ordine al quale pende 

procedimento penale, cos� da rendere possibile, sia pure in alcuni casi, 

il risultato, davvero paradossale, di considerare un medesimo fatto puni


bile a doppio titolo: prima per la condotta illecita v�lta ad acquisire la 

disponibilit� dei beni e, poi, per il semplice possesso di quei beni dei quali 

non pu� dedursi la legittima provenienza. Il tutto, poi, a sottacere degli 

ineludibili riflessi che da una situazione del genere vengono a riverberarsi 

sul piano del diritto 'di �difesa, essendo inevitabile che qualsiasi scelta diifen


siva si ritenesse di adottare in ordine al delitto previsto da1l'art. 12


quinquies del d.l. n. 306 del 1992, ila stessa non sarebbe priva di conseguenze 

in merito all'accertamento del reato presupposto, dal momento che questo 

� per definizione ancora sub iudice. 

La norma deve pertanto dichiararsi costituzionalmente illegittima in 

riferimento all'art. 27, secondo comma, della Costituzione, restando as


sorbiti gli ulteriori profili di illegittimit� denunciati dai giudici a quibus. 



49 
CQRTE G()STl~UZIONA.LE,3 mario.1994 m 10 � Pres; Cas�voia; ~ Red, Vas� 
< �� ��.�.. salli � Ete$id:�nte del�� Consiglio d�i Ministri� (aVv� Stato�. Onufrio), 
��.��,.;��.��� 
49 
CQRTE G()STl~UZIONA.LE,3 mario.1994 m 10 � Pres; Cas�voia; ~ Red, Vas� 
< �� ��.�.. salli � Ete$id:�nte del�� Consiglio d�i Ministri� (aVv� Stato�. Onufrio), 
��.��,.;��.��� 
... .. . ....... ... . . .. 


P1'1cedbrtetito!)enf:l~~�-.� ~vto��obbligatw�io.��dellre~cudone��deUa���pena.�� per 
�� ����������� l :SQ�get~i���flf:fettl::c;1a;.inf~i.:lne��diJ���:elv� "�� Discrlmmaztone rispetto af.� ma~ 
��.��ᥥᥥ���������latt�c()ml.tiit: ; liii()idat�a~��� �ᥥ� ��������� ��� ������� 

������������������~~llt~4J~�\~~~~~~~fijo3J~i~?�~gz)t~~\futo���~����~~~������~���d.t......!4 �. magg�o���1993, n;�� 139,.��cori� 

..................filo~����~���itt~~�tttm~����1a���uarma����clie��prevede���u���rinvib.�JGbilgat�rio .� 


dell'�se


~tflt~5fM;f;~Jgt~~j#t~~j,lr~ft~~�:: 



(l)Per superal'e )� delicl�\te quesp.ont �... p:i:o.SPettate .dai ~udici���remittenti 
i;ig.i.:c1q . alla ;noi;ma.. cl'!.e f:nc1Iv~91la i .� i:l;l.alat:i ctf J\;ll'.)$ cq(lle .!JJ:la . c;;itegoda. �.�di 
� ffit!?��!l,bili.�,.la Col'te attl'fi)tii.sce y~ql'e.. esseIJ.Zi.a1e ajla nece.ssitt\ di J?Ol'l'7 l'iJl1e


dio alle sittia:ii'oru di estrema drammatidt�. che 1l'Mezfone HIV detel'ln�ria �.nel� 
l'ambita deha popolazfone carcerarla; essendo il cal'cere � il�� 1uogo dove si con� 
centra un alt,(>; numer()i di/soggetti a, riscfliov .... 

�.�. Per la tutel~ <iellt't sa1JJte 4ic qu.est~ PoPolazi<>:ne. vie:ne c<>ni>idernta. ~eilittill.la 
la. scelta. legislativa .che PUI'e pone in sec�J:!,dO. Piano sia la tutela I� (!ella. collettivit� 
contl'o i .� coll.dal1llati �. che 0ttell.'ttta la liberazione . tornano a. delinquere, sia 

1

Iadiscrhninaz�one riispetfo ad altri detenuti pur affetti da gravi malattie che 
evidentemente � hanno l'ubica differenza � di� non essere contagiose . 

..� � �� �� Peraltm. la: Corte; accennando���. alla necessit� .. di ammettere �spazi. di val'"" 
tazjone nol'l:natiya estra:neia1 pr:opri.o sinda.cato, nonch� alla possibilit�, esclusiva 
del ... legislatore, di ovviare alla I lacunosit� .. dei.� pres�di di .. sicure:zZa. esistenti, 
senibra esprimere rauspido che l'interessamento legittimo manifestato nei confronti 
dei malati di AIDS n�n si risolva in un pregiudizio per i� resto della 
collettivit�. 



50 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

genera un trattamento irragionevolmente discriminatorio per i malati 
�comuni� rispetto alle persone affette da HIV, considerato che, alla 
luce dei dati offerti dalla scienza medica, i medesimi caratteri di gravit�, 
irreversibilit� ed ingravescenza sono presenti in molte altre patologie. 
Posto, inoltre, che la norma sancisce l'obbligo di provvedere al rinvio 
della esecuzione a prescindere da qualunque apprezzamento del caso 
concreto circa la effettiva incompatibilit� delle condizioni di salute con 
lo stato detentivo, risulterebbe violato anche l'art. 111 della Costituzione, 
giacch� nella ipotesi in discorso risulta vanificata la funzione della magistratura 
di sorveglianza di � dirimere il conflitto tra il diritto dello Stato 
ad eseguire le sentenze di condanna a pene detentive e il diritto del condannato 
al differimento della esecuzione defila pena �. La disposizione 
censurata contrasterebbe, infine, con gli artt. 27, terzo comma, e 32, primo 
comma, della Costituzione, in quanto, considerati i caratteri di estrema 
dinamicit� che presenta l'infezione da HIV e la variet� di situazioni che 
dalla stessa possono scaturire, dovrebbe essere �concretamente provato 
che l'applicazione della pena leda il fondamentale diritto alla salute o 
si risolva in un trattamento contrario al senso di umanit��. 

La questione attinge il nucleo del delicato problema relativo alla individuazione 
dei confini all'interno� dei quali al legislatore � consentito 
esercitare le proprie scelte discrezionali, nel quadro del non sempre agevole 
bilanciamento di valori ai quali la Costituzione assegna uno specifico 
risalto. Il tutto non disgiunto dai connotati di alta drammaticit� che 
il triste fenomeno dei malati di AIDS presenta, sia sul piano delle contrapposte 
e gravi esigenze che dallo stesso vengono a scaturire e che ineluttabilmente 
si riverberano sulla intera collettivit�, sia per la difficolt� 
di individuare adeguati strumenti che valgano a consentire una prognosi 
di agevole remissione del fenomeno stesso. Viene qui in discorso, in parti� 
colare, l'insistito e documentato richiamo che il giudice a quo effettua a 
casi non sporadici di condannati che, ottenuta la liberazione in virt� 
della norma oggetto di impugnativa, tornano a delinquere con cadenze 
talora impressionanti, esponendo cos� a pericolo l'ordine e la sicurezza 
pubblica e i diritti fondamentali di quanti vengono ad essere aggrediti. 
Ci�, afferma il Tribunale rimettente, quale conseguenza pressoch� naturale 
di una disciplina che, prendendo a riferimento i portatori di una 
malattia non temporanea, ma che anzi presenta caratteri di irreversibilit� 
ed ingravescenza, individua una categoria di �intoccabili�, attraverso 
una clausola di immunit� che priva quella categoria di soggettivit� penale. 

Il rilievo � grave e preoccupa non poco, specie in considerazione del 
non trascurabile risalto quantitativo che il fenomeno presenta, secondo 
le stime riferite nella relazione che ha accompagnato il disegno di legge 
di 1conversione del d.l. n. 139 del 1993. Ma al di l� delle suggestive e 
approfondite argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione, resta 
comunque assorbente, ai fini che qui interessano, verificare se l'opzione 


PARTB I,. SBZ; I, QIURlSPRUDBl\!ZA e<!STilUZIONALB 

n()rJnativa ammf:ltta posllihili censure soltantosul.piano della mera oppor� 
tu,nit�;>oppure se la�. stessa abbia in qualche modo . sconfinato dall'alveo 
cU un c:or:retto uso . della discrezionalit�, offendendo i parametri costitu� 
zie>.ali cbe il gitidice. a quc;i evoca nel tracciare il�. tema . devoluto a questa 
Q;lrje> J;p una sitnile ~tospettiva. diviene�� allora agevole avvedersi di come 

�. d~~~l~ri~f!i:��~:h1~tf!6t~~ii~i1a~:i::::ib!~��::rie~::~:~~~tt;:;~: 

.@f:rl.volg~; g�ac�b~ UJegislatore ha .inteso/ porre. rimedio .a � situazioni di 
.estrema �l.rarnm~tfolt��; q.ali sono.� quelle�� che scaturiscono dalla particol<:
tre tUevanza; cb,e il problema d.ella infezione da HIV .riveste all'in� 
t~~Q (j.elllit popgl~i<>l1e c:arc:f:raria, � essend.().il carcere un. luogo in cui 
si!j.tr()vf1 concentrato un alto numero di soggf:tti .a rischio � (XI Legislatu� 
ra: .Atto Senato, n. 124a), X.a tutela di un ��bene. primario, quale � quello 
della salute, costit\lisce; quindi, il primo termine di riferimento. alla cui 
s~reg.t'la aPPrezzare�la conf()rmit� �.a. costitw:ione . df:lla ��scelta. legislativa, 
l).(). s()#~~ndo H�r�iei.'il cb,e.a �tal fine. assumonole condizioni deltutto 
partfoolairi -qua.Ii sono quelle che connotano lo. status carcerario� -in 
cuLc;i:w~lJ~ene deve Jrovare adeguate. garanzie �..�Qi�. s<:>ttil qii,esto�profilo, 
d.Wlq.e~ aPPare evidente che .. l'alternativa tra immediata esecuzione della 
pena det.ent~va o la SII.la .temporanea ��inesigibilit� ��a causa di. condizioni di 
sa>lute �he il legislatore stesse> ritiene di qualificare come incompatibili con 
la c!etenzione� non comporta. soluzioni a � rime obbligate � sul pian() costi� 
tuzie>na<le1 dovf:ndosi necessariamente ammettere spazi di valutazione nor� 
mativ:a, eh<:: ben possqno contemperare l'obJ:>ligatoriet� della pena con le 
i;pecific]le situazioni dichivi deve essf:lre sottoposto. Il p.unto sta dunque 
t.tto nel veriticare . se la d.isposizione, che� il legislatore ha ritenuto di dett�i.
re per far fronte alla drammatica situazione di cui si � detto, integri una 
ipotesi di f)ccesso di potere norxnativo, tale da porsi in pailf:se contrasto con 
i princip� costituzionali che il giudice rimettente ritiene esser stati violati. 
Obbene, e per stare alle doglianze che il gi.dice a quo solleva a margine 
della.<:Jjsciplina in esame,.� due appaie>no essere �i temi chf: .insistentemente 
ricornmo: da un lato~ la scarsa attenzione che il legislatore avrebbe riservato 
allf:. esigenze di tutela della collettivit�; e dall'altro, l'irragionevole 
� privilegio � che assisterebbe quanti, per essere portatori di infezione da 
I:HV, bel'leficianqdel rinvio obbligatorio .dell'esec.zione .. di. pene detentive. 
N� l'uno n~.l'a.ltrn degli ind.ic,;a,ti� rilievLpu� per�.dirsi conclusivo ai fini 
che qui interessano. Se, infatti, a fondamento della nuova ipotesi di differimento 
della esecuzione . della pena sta, come si � detto, l'esigenza di 
assicurare il diritto alla salute nel particolare consorzio carcerario, la liberazione 
del condannato non. pu�. allora ritenersi frutto di una scelta arbitraria, 
cos� iCOme neppure pu� dirsi che la liberazione stessa integri, sempre e 
comunque, un fattore di compromissione delle co111trapposte esigenze di 
tutela collettiva: non � la pena differita in quanto tale, infatti, a determi� 
nare una situazione di pericolo, ma, semmai, la carenza di adeguati stru



52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

menti preventivi volti ad impedire che il condannato, posto in libert�, 
commetta nuovi reati. Tuttavia, se a colmare una simile carenza pu� provvedere, 
ed � auspicabile che provveda, soltanto il legislatore, deve escludersi 
che la eventuale lacunosit� dei presidi di sicurezza possa costituire, in 

I

s� e per s�, ragione sufficiente per incrinare, sull'opposto versante, la tutela 
dei valori primari che la norma impugnata ha inteso salvaguardare, 
giacch�, ove cosi fosse, nel quadro del bilanciamento tra le esigenze contrapposte, 
solo una prevarrebbe a tutto scapito dell'altra. D'altra parte, 
occorre anche osservare che qualora la norma in esame fosse ritenuta non 
conforme ai principi costituzionali per il sol fatto che dalla sua applicazione 
possono in concreto scaturire situazioni di pericolosit� per la sicurezza 
collettiva, ne conseguirebbe che alla esecuzione della pena verrebbe 
assegnata, in via esclusiva, una �funzione di prevenzione generale e di difesa 
sociale, obliterandosi in tal modo quella eminente finalit� rieducativa 
!che questa Corte ha invece inteso riaffermare anche di recente (v. 
sentenza n. 313 del 1990), e che certo informa anche l'istituto del rinvio 
che viene qui in discorso. 

Superato;.quindi, il primo e pi� allarmante dei rilievi mossi dal giudice 
a quo, circa� il quale, peraltro, questa Corte non pu� non ribadire l'augpicio 
di un pronto intervento che soddisfi le esigenze di sicurezza di cui 
innanzi si � detto1 diviene allora agevole contestare fa fondatezza delfa 
questione con� riferimento aihle restanti censure che il rimettente deduce. 
Nessuna discriminazione, infatti, pu� intrallfedersi tra m�:lati � comuni � e 
persone affette da AIDS; in quanto le caratteristiche affatto peculiari che 
contraddistinguono quest'ultima sindrome adeguatamente giustificano un 
trattamento particolare che, giova ribadirlo, si incentra sulla necessit� 
di salvaguardare il bene della saLute nello specifico contesto carcerario: 
una finalit� dunque, eterogenea rispetto ad altre gravi malattie, in 
ordine alle quali il rimedio del rinvio della esecuzione � funzionale esclu� 
sivamente alle esigenze del� singolo. 

Neppure violato pu� dirsi, poi, l'art. 111 della Costituzione, giacch� la 
verifica che nella specie la magistratura di sorveglianza � tenuta ad effettuare 
ed il conseguente obbligo di motivazione, non si raccordano ad una 
competenza funzionale �astratta�, quale � quella che sembra prefigurare 
il giudice a quo, ma alla tipologia del provvedimento che l'organo della 
giurisdizione � chiamato ad adottare nell'ambito dei confini delibativi che 
il legislatore ritiene di dover tracciare: ove, pertanto, i presupposti siano 
rigorosamente predeterminati, come accade per tutte le ipotesi di rinvio 
obbligatorio della esecuzione, qualsiasi apprezzamento discrezionale resta 
assorbito dalla valutazione legale tipica, che, ovviamente, restringe, ma 
non esclude, il controllo giurisdizionale e il dovere di motivare sul punto. 

Ugualmente non fondato, infine, � l'assunto secondo il quale la norma 
impugnata contrasterebbe con gli artt. 27, terzo comma, e 32, primo com


!

ma, della Costituzione, sul presupposto che, stante la variet� di Situazio:rii 

I 

I 
I 


PAATB I, : a&Zi I/GIURISPRUDENZA.: COSTITUZIONALE 53 

cru puo dar luogri l'itifezforie da HIV;' dovrebbe essete' �corictetamente 
provato che l'applicazione della pena led�il:fondafu.entale diritto alla� sa~ 
Iute o si risolva in un trattamento c�rittario aF sensi) di umanit� �; Considerata; 
fofattkfa p�:�. 'v�ite>iriClfoata .filihlit� che fa ii�rma � chiari:tata a 

m1nirdEifSii~;~


zi:'One ex<t�ge che l'�seeu.Zi�n� dellaipen�realiz:if Un ttattament� contrario 
al slefisp' di .ll)ariit�i ma st proietta sul diverso versante della tutela: di 
q~lll11.tl :[>Pfrebbet� patite pregiudizfo� ove Ja � peri� venisse �immediatamente 
eseguita/= 


eb~�=s/��s�1Tui10~~L~,=Htmarzo1994.n. n, Pres. Cas�vol~ � Red. Spa� 
..�,. =�=�= g;noli .-; Presidente delConsiglio deiMinistri (avv. Stato Di Tatsia). 

Prcicet:lmtento p�nale � Udienza: preliminare�. Incidente proba:tol'i� -Preclu� 
< s.i:oft� ;;: Illegittimit�� =� �=� � � 

� 
�� � .=.=� (<:od; ptoo/ pen., artt; 392-393K 
::�:::::: ::.::<.:::::.:::{:::;:�::: �:: 

Sq;nq #legittinii g{ip:t.tt. 39.?&}93 c.p.p. per J4p�irte in cui ricm cQnsentQ� 
iio �liel'inci4erJ>te ErP'/:J�itorio.possa essern richiestQ anche,nella fase della 
udienza preliminare, quando ne sussistano i presupposti indicati per le in� 
q,qgirt.i prelimtriari: m' �.. 

Con le d:t;te. ordinanze, di analogo tenore, indicate in epigrafe,dl Giudice 
per le indagini preliminaripresso il TriJ:>unale.dLPrato dubita della legit� 
tirnit� costituzionale �egli artt, 392 e 393 delcodice 4i procedura penale, nel� 
la partein cui;, stabilend�, , rispettivamente,�= che� l'incidente probatorio.� pu� 
ei;sere )!lchiesto � neLcorso delle indagh:ii preliminari �=ed � entro i termini >~ 
perla loro. conclusione; hnpec;Usce che esso (nei casLd~ specie, una perizia) 
possa. essere espletato nella fase dell'udienza preliminare:. e ci�, particolarme:
Qte{c()n r�fe;rirne1lW.al c~so dell'indagato che prima ditale uclienza abbia 
a'V:utonotizia del procedimento penale a stto ca;i;ico mediante comunicazione 
di garal1zfa anteriore alla richiesta di rinvio a giudizio. 

Ci� d~ebbe luogo, ad avviso del rimettente, a contrasto con gli artt. 3 
e 24 Cost�i dato che ne deriverebbe una menomazione del� diritto. di c.l.ifesa 

. :: �.� "; : .� . 
: . 

(!)Continua l'opera di razionalizzazione del nuovo codice di procedura 
penale da parte della Corte che in questa occasione amplia le possibilit� di ricorrere 
all'inddente probatorio, in relaiiorie . a quella che � la naturale ratio del� 
l'istituto. 

5 



RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

54 

dell'indagato e un deteriore trattamento rispetto alla pubblica accusa nell'attivit� 
probatoria utilizzabile nell'udienza preliminare. (omissis) 

Nel merito, la questione � fondata. 
Nel vigente sistema processuale, l'istituto dell'incidente probatorio � 


preordinato a consentire alle parti principali l'assunzione delle prove non 
rinviabili al dibattimento (art. 2, n. 40 della legge delega n. 81 del 1987), e 
cio� di quelle che -secondo l'elencazione dell'art. 392 cod. proc. pen. -si 
prevede che non siano differibili al dibattimento per le condizioni della 
persona da esaminare o perch� soggette a perdita di genuinit� (lettere da 
a) a e), o perch� il loro oggetto � inevitabilmente esposto a modificazione 
(lettera f)), o perch� ricorrono particolari ragioni di urgenza (lettera g)) 
o, infine, perch� il loro rinvio pregiudicherebbe la concentrazione del dibattimento 
(comma 2). 

Ove tali circostanze ricorrano, l'anticipata assunzione della prova si 
appalesa indispensabile per l'acquisizione al processo di elementi -in 
tesi -necessari all'accertamento dei fatti e per garantire l'effettivit� del 
diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta. 


Tale esigenza concerne il diritto alla prova tanto del pubblico ministero 
che dell'imputato e prescinde, per quest'ultimo, dal fatto che egli 
abbia avuto o meno la possibilit� -attraverso la comunicazione giudiziaria 
-di chiedere l'incidente probatorio nella fase delle indagini preliminari, 
dato che le evenienze in questione (si pensi a quella di cui 
all'art. 392, lettera a)) possono insorgere per la prima volta dopo la richiesta 
di rinvio a giudizio. 

Di ci�, del resto, il legislatore si � mostrato consapevole disponendo 
che, nei casi previsti dall'art. 392, le prove non rinviabili possano essere 

assunte dal presidente del collegio, a richiesta di parte, nella fase degli 

atti preliminari al dibattimento (art. 467 cod. proc. pen.). 

Tale previsione � gi� di per s� sufficiente a dimostrare l'infondatezza 

della tesi -avanzata dall'Avvocatura -secondo cui la preclusione del


l'incidente probatorio nella fase dell'udienza preliminare sarebbe giustifi


cata dalla prossimit� del dibattimento: tesi che peraltro -anche a pre


scindere dalle conseguenze della soppressione della regola dell'� eviden


za � di cui all'art. 425 cod. proc. pen. (art. 1 legge 8 aprile 1993, n. 105) 


� contraddetta dalla possibile dilatazione di tale udienza, ai sensi del


l'art. 422. 

Sotto il profilo sistematico, poi, l'interruzione nell'acquisibilit� di prove 
non rinviabili appare contraddittoria con la continuit� che il legislatore 
ha assicurato all'attivit� di indagine prevedendo che essa possa proseguire 
anche dopo la richiesta di rinvio a giudizio (art. 419, comma 3) e dopo 
. il decreto che dispone il giudizio (art. 430), ben potendo darsi che per 
taluno degli elementi in tal modo acquisiti insorgano le situazioni di non 

differibilit� della prova previste dall'art. 392. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 55 

La preclusione all'esperimento dell'incidente probatorio nella fase dell'udienza 
preliminare si 1:'ivela, pertanto, priva di ogni ragionevole giustificazione 
e lesiva del diritto delle parti alla prova e, quindi, dei diritti di azione 
e di difesa. Di conseguenza, le norme impugnate vanno, per questa parte, 
dichiarate costituzionalmente illegittime. 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 marzo 1994 n. 84 -Pres. Casavola -Red. Ferri 
-Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara) c. Regione 
Sicilia (a:vv. Castaldi, Onida, Silvestri). 

Elezioni -Regione -Cause ineleggibilit� ed incompatibilit� -Allargamento 
elettorato passivo rispetto alla disciplina nazionale -Illegittimit�. 

La normativa approvata dalla Assemblea regionale siciliana, che mira 
a trasformare da cause di ineleggibilit� in cause di incompatibilit�, per le 
elezioni a deputati regionali, le situazioni di chi ricopra la carica di sindaco 

o �assessore di comune e di presidente o assessore di provincia, � illegittima, 
poich� si discosta senza ragionevole giustificazione da princ�pi vigenti nell'ordinamento 
per l'elettorato passivo, che devono risultare uniformi in 
tutto lo Stato per rispetto all'eguaglianza di trattamento relativa ai diritti 
politici (1). 
La Corte � chiamata a decidere le questioni di legittimit� costituzionale 
sollevate dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con due 
ricorsi, notificati rispettivamente il 21 agosto 1993 e il 23 ottobre 1993, in 
ordine, il primo all'art. 2, commi 2, 7 e 8, della Jegge approvata dall'Assemblea 
regionale siciliana il 14 agosto 1993, ed il secondo alla legge approvata 
dall'Assemblea regionale il 14 ottobre 1993. 

Poich� le norme impugnate sono in parte identiche e riguardano la stessa 
materia, vale a dire casi di ineleggibilit� e incompatibilit� per le cariche 
di deputato regionale e di amministratore comunale e provinciale, ed essendo 
inoltre il secondo ricorso strettamente conseguenziale al primo 
i due giudizi devono essere riuniti e decisi con unica sentenza. (omissis) 

Successivamente alla promulgazione della legge regionale n. 26 del 
1� settembre 1993, l'Assemblea regionale siciliana ha approvato il 14 otto


(1) Accoglii.endo il ricorso del. Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, 
la Corte ribadisce il principio espresso nella massima, richiamando quanto 
gi� dedotto in proposito nella lontanissima sentenza 105 del 1957, rinnovando 
peraltro l'auspicio, gi� formulato nella decisione 344 del 1993, per un dntervento 
legislativo che riveda una normativa ormai divenuta anacronistica, garantendo 
il principio della par condicio per tutti i cittadini della Repubblica. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

56 

br� una legge che aggiunge all'art. 2 della legge n. 26 due commi aventi 
per oggetto Je disposizioni, parzialmente modificate, di cui ai commi 7 
e 8 precedentemente approvati dall'Assemblea ed espunti, come si � visto, 
dal t~sto promulgato.. 

Il Commissario dello Stato ha quindi impugnato anche la suddetta 
legge per contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione: lamenta, 
in sintesi, il ricorrente che la disciplina censurata -nello stabilire che 
� la carica di deputato regionale � incompatibile con le cariche di presidente 
o di assessore di provincia regionale e di sindaco o di assessore 
di comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti>>, con conseguente 
espressa abrogazione delle norme previgenti -determina un irrazionale 
privilegio, non sorretto da alcuna logica giustificazione, per i deputati 
��regionali siciliani, sia rispetto ai consiglieri delle regioni a . statuto 
ordinario, sia rispetto a parlamentari nazionali. 

La questione sollevata con questo secondo ricorso va esaminata nel 

merito. 

Sotto il profilo dell'art. 3, in relazione all'art. 51 della Costituzione, 

la questione stessa � fondata. 

Con le disposizioni impugnate l'Assemblea regionale siciliana ha in


teso modificare la disciplina vigente in materia di eleggibilit� a deputato 

regionale �in relazione alle cariche di sindaco ed assessore di comune, 

nonch� di presidente ed assessore di provincia regionale. 

Mentre con la disciplina vigente, quale risulta dall'art. 19 della legge 

regionale 22 aprile 1986, n. 20, sono ineleggibili a deputati regionali �i 

sindaci e gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 40 mila 

abitanti o che siano capoluoghi di provincia regionale o sedi delle at


tuali amministrazioni straordinarie delle province nonch� i presidenti e 

gli assessori di dette amministrazioni�, la nuova normativa, per quanto 

riguarda i comuni, eleva il limite di popolazione a 50 mila abitanti e 

soprattutto elimina tutte le dette ipotesi di ineleggibilit� trasformandole 

in semplici incompatibilit�. 

Vengono poi espressamente abrogati il primo comma, n. 4, dell'art. 8 

della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29 e successive modificazioni, vale 

� �dire la norma risultante dall'art. 19 della legge n. 20 del 1986 sopra ci


tata, nonch� il comma 2 dell'art. 3 e l'art. 5 della legge regionale 26 ago


sto 1992, n. 7. 

Qu�st'ultima legge reca norme per l'elezione con suffragio popolare 
del sindaco, nuove norme per l'elezione dei consigli comunali ed altro; 
le disposizioni abrogate riguardano (art. 3, comma 2) le cause di ineleggibilit� 
e di incompatibilit� per la carica di consigliere comunale e per 
. la carica di sindaco (sostituite dal comma 7 dell'art. 2 della nuova legge); 
mentre l'art. 5 abrogato regola, con l'applicazione delle disposizioni previste 
per i parlamentari nazionali, � le condizioni di candidabilit�, eleg




PARTE I, SEz; I, GIURISJ'RUDENZA. COSTITUZIONALE 

$ibillt� e compatibilit� dei deputati regionali alle elezioni alla carica di 
sindaco�. 

Risulta dunque -�e non � necessario scendere aq. un esame pi� 
particqlareggiato.. delle norme .. -che. la Regione . siciliana ha voluto.� adottare. 
Ul).a. ngova. disciplina basata esclusivamente sulla incompatibilit�, 
i;tl}zicp� s.lli;t ,itlelegg~l;>ilit�, per .. qui;i,nto riguarda l'elezione . a� dep.tato 
regiqnaje di chi ricopra la carica di sindaco o di as~essore di comune e 
di p:reside.te. o cii assessore di provincia. 

Tale disciplina si differenzia radi�almente da quella nazionale, non 
so1o.. ponendo a. confr9n.to i membri dell'Assemblea regionale siciliana 
con i membii deLconsigli delle regioni a statuto orc1iriario, ma persino 
ove si intendano pren<:lere a paragone i membri. del .Parlamento nazionale. 
Infatti, per quanto riguarda i componenti dei .consigli regionali � 
stabilita l'incompatibilit� di tale carica con quella di presidente e di 
a$sesso:re. di gi.nta provinciale, nonch�. di sinc1aco e di assessore dei coll'luni 
compresL:Ilel territorio della regione, quale che sia la popolazione 
dei medesimi (art. A, primo comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154), 
mentre per L'e1ezi9ne ac1eputato .e a senatore �. sta'bilita.l'ineleggibilit�...dei 
presidenti delle giunte provinciali, nonch�. dei sindaci dei comuni con� popolazione 
superiore a 20.000 abitanti (art. 7, primo comma, lett. b e e, del 
d.P.R, n'. 361 del 1957). 

Fi110 alla sentenza n. 105 del 1957 questa Corte ha affermato che il 
principio di ug.i:tglianza fra i cittadini nella possibilit� di accesso alle. cari~ 
che elettive esige che lariserva di legge per la determinazione dei requisiti. 
prescritti si attui sul piano nazionale in condizioni di parit�; � da ci� 
deriva. che . 9uantunque. non si possa affermare in senso. assoluto che la 
riserva di legge dell'art. 51 della Costituzione sia una riserva di legge statale, 
tuttavia, per una ragione logica prima che giuridica, i principi di 
quest'eguaglianza di. trattamento, relativa ai diritti politici, debbono risultare 
da)eggi delloStato, in quanto lo Stato soltanto presiede all'equilibrio 
generale degli interessi dei cittadini a partecipare al reggimento dello 
Stato stesso �. 

Questa giurisprudenza � stata confermata e precisata nel senso che 
discipline differenziate in tema di elettorato passivo adottate dalla Re� 
gione siciliana possano essere non costituzionalmente . illegittime � in 
presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive 
per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con 
quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, 
�ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati 
alla tutela di un interesse generale� (cfr. sentenze nn. 108 del 1969 e 171 
del 1984, nonch� nn. 127 e 130 del 1987, 235 del 1988, 571 del 1989, 539 del 
1990, 463 del 1992). 

Ora, nel caso in esame la disciplina prevista dalla legge regionale 
non opera una restrizione, bens� un allargamento dell'elettorato passivo, 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

58 

sia sotto il profilo dell'ineleggibilit� che su quello dell'incompatibilit� 
rispetto alla disciplina vigente nel territorio nazionale in base alle leggi 
statali. Tale diversit� non trova alcuna ragionevole giustificazione in una 
specialit� di situazione della Regione siciliana: non pu� certo sostenersi 
che in essa sussistano minori rischi di indebite influenze sulla competizione 
elettorale o maggiori possibilit� di esercizio congiunto di pi� 
cariche pubbliche elettive rispetto al restante territorio della Repubblica. 
Del resto neanche i lavori preparatori offrono alcun elemento utile per 
giustificare l'innovazione apportata. 

Va, pertanto, dichiarata l'illegittimit� costituzionale della legge approvata 
dall'Assemblea regionale il 14 ottobre 1993 per violazione degli artt. 
3 e 51 della Costituzione, restando assorbito il profilo di censura relativo 
all'art. 97 della Costituzione, peraltro assolutamente inconferente nella 
materia in esame. 

Questa Corte, con la sentenza n. 344 del 1993, in tema di elettorato 
passivo per il Parlamento nazionale, ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale 
della previsione dell'ineleggibilit� a deputato e a senatore dei 
consiglieri regionali, ma, a parte la peculiarit� della ipotesi cui la pronuncia 
si riferisce, la pronuncia stessa non pu� in alcun modo incidere 

o modificare quel principio, cui sopra si � fatto riferimento, di esigenza 
di par condicio nell'esercizio dei diritti rpolitici in tutto il territorio nazionale 
costantemente affermato dalla Corte. Ma vi � di pi�; la citata sentenza 
n. 344 formula un auspicio: � che una legislazione, come quella 
vigente, ricca di incongruenze logiche e divenuta ormai anacronistica di 
fronte ai profondi mutamenti che lo sviluppo tecnologico e sociale ha prodotto 
nella comunicazione politica, sia presto riformata dal legislatore al 
fine di realizzare nel modo pi� pieno e significativo il valore costituzionale 
della libert� e della genuinit� della competizione elettorale e del diritto inviolabile 
di ciascun cittadino di concorrere all'elezione dei propri rappresentanti 
politici e di partecipare in condizioni di eguaglianza all'accesso 
a cariche pubbliche elettive�. 
Il Collegio non pu� che ripetere quest'auspicio ed insieme ribadire 
che anch'esso postula l'esigenza che sia il legislatore statale a garantire, 
in riferimento all'art. 51 della Costituzione, la par condicio per tutti i 
cittadini della Repubblica. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 24 novembre 
1993, nelle cause riunite C-267 e 268/91 -Pres. Due -Avv. Gen. 
Van Gerven -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribuna! 
de grande instance di Strasburgo, nei procedimenti penali c. 
Keck e Mithouard -Interv.: Governi francese (ag. Pouzoulet e Duchene) 
e greco (ag. Georgakopoulos) e Commissione delle C.E. (ag. 
Wainwright e Melgar). 

Comunit� europee � Libera circolazione delle merci . Divieto di rivendita 
in perdita. 

(Trattato CEE, art. 30). 

L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che 
esso non si applica ad una legislazione di uno Stato membro che vieti in 
via generale la rivendita in perdita (1). 

II 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 15 dicembre 
1993, nella causa C-292/92 -Pres. Due � Avv. Gen. Tesauro . 
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof 
Baden-Wiirttemberg nella causa Hiinermund ed altri c. Landesapothekerkammer 
Baden W�rttenberg � Interv.: Governo italiano (avv. 
Stato Braguglia) e Commissione della C.E. {ag. Wainwright e Bardenhewer). 


Comunit� europee � Libera circolazione delle merci . Prodotti farmaceutici . 
Divieto di pubblicit� al di fuori delle farmacie. 

(Trattato CEE, artt. 30 e 36). 

L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che esso 
non si applica a una norma deontologica, emanata dall'ordine professio� 

-


-... ... ... ... ... :--.. .. -:::::-: .... :--..: .

�AW~ 

60 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

nale dei farmacisti di uno Stato membro, che vieta a costoro di fare la 
pubblicit�, al di fuori della farmacia, di prodotti parafarmaceutici (2). 

I 

I 

(omissis) 1. -Con due ordinanze 27 giugno 1991, pervenute alla Corte 
il 16 ottobre successivo, il Tribunal de grande instance di Strasburgo ha 
posto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali 
sull'interpretazione delle norme del Trattato medesimo riguardanti la concorrenza 
e la libera circolazione nella Comunit�. 

2. -Tali questioni sono state proposte nell'ambito di procedimenti 
penali a carico dei signori Keck e Mithouard, accusati di aver messo in 
vendita, in violazione delle disposizioni dell'art. 1 della legge francese 2 luglio 
1963, n. 63-628 come modificata dall'art. 32 del decreto legislativo 
1� dicembre 1986, n. 86-1243, prodotti, nello stato in cui si trovavano, a 
prezzo inferiore al loro effettivo prezzo di costo. 
3. -I signori Keck e Mithouard sostenevano a loro difesa che un 
divieto generale di rivendita sottocosto, come quello previsto dalle citate 
disposizioni, sarebbe incompatibile con l'art. 30 del Trattato nonch� con i 
principi della libera circolazione delle persone, dei servizi, dei capitali e 
della libera concorrenza nella Comunit�. 
(1-2) Nelle due sentenze la Corte di giustizia dichiara esplicitamente di 
voler riconsiderare la propria gim1isprudenza in tema di libera circolazione delle 
merci relativamente all'impatto sul commercio fra gli Stati membri di norma


Itive nazionali, indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli prove~ 
nienti da altri Stati della Comunit�, che limitino o vietino certe modalit� di 
vendita. 

L'esigenza .di una chiarificazione, che la Corte ha colto, era stata segnalata 
con particolare cura dall'Avvocato generale della Corte, Giuseppe TESAURO, nelle 
sue analitiche conclusioni, nella causa C-292/92, presentate il 27 ottobre �1993, 
che qui di seguito riportiamo. 

Libera circolazione delle merci. Normativa� ttazionale, indistintamente appli� 
cabile a prodotti nazionali e a prodotti provenienti da altri Stati membri della 
Comunit�, che limitino o vietino certe modalit� di vendite. Le conclusioni del� 
l'Avv. Gen. della Corte prof. Giuseppe Tesauro, nella causa C-292/92, Hiinermund. 

1. L'art. 30 del Trattato � una norma di liberalizzazione degli scambi intracomunitari 
ovvero una norma destinata pi� in generale a promuovere il libero 
esercizio dell'attivit� commerciale nei singoli Stati membri? 
L'occasione per definire una chiara posizione di principio sulla portata di 
una delle norme fondamentali del Trattato � offerta dalla presente procedura, 
che, in particolare, pone il problema della compatibilit� con gli artt. 30 e 36 
del Trattato CEE della disposizione di un codice deontologico che vieta ai� farma� 



61

PARTE I, SEZ: II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

4;. _,.;...;� Il� Tribunal �de� grande instance di�. Strasburgo, ritenendo necessaria 
l'interpr�tazion� di taiune disposiziOni � del diritto comunitarfo; d�sJ}<> 
rieva l��sosp�nsi�ne< di �entrambi �i procedimenti e �sottoponeva alla Corte 
ta seguente� questione pregiudiziale: 

�.Se il divieto di rivendita sottocosto vigente in Francia, sancito dalI:
litt; $4 JlekA~r~Q �egislatiVC>. J0 dicembre.�1!)86, n. 86-1243, sia compatibile 
cQ~ J.�J?r~~~ipfclel)a libera circolazione deUe ��persone,. dei $�lmzi � e �dei 
~a,p~~a:lii di� C1'.e~a:tq11e di :.na li1:>e:r.a concor;rena;a nel merq;i,to c<>mune e di 
l1Pl1 .�cp�crjn:ii~a:a;ione in ragio:ne deUa nazionalit�, sanciti dal 'l);attato 25 
marzo 1957 che istituisce la CEE; e, pi:� precisamente, degli artt, 3 e 7 del 
T�rattato medesimo, atteso che la normativa francese pu� determinare una 
arlterazione �della �.concorrenza: 

... ll) ir{prinic)iuogo, �ri quantopuniscesolo la rivendita sottoco~to ed 
esdttde dt(l dfoiefo �fprodittfore;. liber� di . vendere sul mercato il �prodotto 
daluffabbridhd;�t:t�sl'orfuitt� () migliorato, anche in misura rld~ttissima, 
a� uri prezz� il:lferfofe a .quello.d� costo; . 

. .. . . . . 

b) in secondo It1og~ b1quanto altera la concorrenza, in particolare 
:riel!e. ~pne diJrontiera, t:r::a i diversi�.operatori economici, in relazione alla 
loro nazjo1;u1Ut� e a],Joto luQgo di stabilimento �. 

cisti di fare la pubblicit�, al di fuori delle farmacie, per prodotti non medicinali 
venduti. (~che o esclusivamente) in farmacia. 

(omissis)� 

� 6; �E veniamo ail'ogg�tt� ��del� quesito sottoposto alla Corte, quesito che;� cos� 
come formulato'; verte unicamente sul se la misura contestata sia giustific�ta 

h:i �base ali'art .� 36 � o ad esigenze �.imperative: il g�udiee �nazionale, infatti; non 
ha dubbi quanto alfatto :che s�ttatti di una misura in principio incompatibile 
con l'art. 30. :k :Pacifico, viceversa, che si debba anzitutto e comunque verificare 
se ��la normativa.� in discussione esaurisca l'ipotesi di misura di � effetto � � equivalente 
. i(restrizioni� quantitative in� quanto� idonea, � secondo la ben nota� formula 
Dassonvitie; �'ad ostacdlare, dfretfamente o indirettamente, attualmente o poten� 
zialinertte; gli scambi inttaconiimitari � (1). � 
7. La misura controversa, indistintamente applicabile e assolutamente neutrale 
rispetto ai prodotti nazionali e ai prodotti importati, vieta ad una determinata 
categoria di operatori, i farmacisti, di fare pubblicit� a una determinata 
categoria di prodotti, non medicinali, che possono essere venduti anche in farma�'ia. 
La pubblicit� degli stessi prodotti � invece assolutamente libera per gli 
alid operatori ii:iteressati:. pn:iduttori, importatori, venditori al dettaglio diversi 
dai farmacisti~ 
In tali condizioni, potrebbe ragionevolmente ritenersi che l'abolizione della 
misura controversa porti (eventualmente ed unicamente) ad im'alterazione del 

U) Sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837, punto 5 della motivazione). 




62 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

5. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, 
dello svolgimento del procedimento, nonch� delle osservazioni scritte 
presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi 
del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensfone 
del ragionamento della Corte. 

6. -Si deve rilevare, in limine, che le disposizioni del Trattato relative 
alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali nella Comunit� 
non sono pertinenti con riguardo ad un divieto generale di rivendita 
sottocosto, attinente alla messa in commercio delle merci, ed esulano, 
quindi, dall'oggetto della causa principale. 
7. -Per quanto riguarda, poi, il principio di non discriminazione sancito 
dall'art. 7 del Trattato, emerge dalle ordinanze di rinvio che il giudice 
nazionale dubita della compatibilit� con la detta disposizione del divieto 
di rivendita sottocosto, in quanto potrebbe porre le imprese ad esso soggette 
in una posizione di sfavore rispetto ai loro concorrenti operanti in 
Stati membri in cui la rivendita sottocosto non � vietata. 
8. -Si deve osservare, in proposito, che il fatto che imprese svolgenti 
attivit� di vendita in Stati membri diversi siano soggette a normative difrapporto 
tra il volume delle vendite delle farmacie (da un lato) e quello degli 
altri esercizi commerciali (dall'altro), cio� ad una diversa ripartizione del fatturato 
tra i diversi circuiti di vendita (2). Non pu� tuttavia essere escluso a 
priori che il divieto di determinate iniziative pubblicitarie, quale imposto ai 
farmacisti, comporti un peggioramento delle possibilit� di smercio dei prodotti 
in questione e, sia pure per questa sola via, anche dei prodotti importati. 

In altni termini, una siffatta misura ben pu� avere una qualche incidenza 
sulle importazioni, ma per il solo fatto che, a causa delle limitazioni alla puhblicit� 
che essa impone, influenza negativamente la domanda dei prodotti che 
rientrano nella sua sfera di applicazione e dunque comporta (eventualmente) 
una riduzione del volume delle vendite e, per tale via, finalmente anche delle 
importazioni (3). 

(2) Rispetto ad un tale profilo, � interessante notare come il giudice nazionale abbia 
ritenuto che � non occorra considerare se la normativa da verificare produca effetti sotto 
forma cli riduzione del volume d'importazione dei prodotti interessati o solo sotto forma di 
alterazione del giro d'affari tra farmacie da un lato e altri offerenti dall'altro�, in quanto, 
� oltre alla negativa ripercussione sulle importazioni sotto forma di un calo globale del 
volume delle importazioni deve essere impedito che, quale conseguenza della restrizione della 
libert� commerciale di determinati operatori del mercato, si produca un'alterazione dei flussi 
commerciali o una canalizzazione delle importazioni� (pag. 6 dell'ordinanza di rinvio). 
(3) Le stesse osservazioni valgono invero per tutte le limitazioni indistintamente appli. 
cabili apportate alle possibilit� cli pubblicit� per determinati prodotti. Limitazioni del genere1infatti, ad eccezione dell'ipotesi in cui siano tali da sfavorire i prodotti importati, risolvendosi 
dunque in una discriminazione di fatto (v., in tal senso, sentenza 10 luglio 1980, causa 152/7~.
Commissione/Francia, Racc. pag. 2299), incidono esattamente allo stesso modo sulle possibilit� 
di smercio dei prodotti di cui trattasi: siano essi nazionali o importati. 



63

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

ferenti, .di cui alcune vietano la rivendita sottocosto mentre altre la consentono, 
non � costitutivo di una discriminazione ai sensi dell'art. 7 �del 
Trattato, quando la normativa nazionale oggetto della causa principale si 
applica a qualsiasi attivit� di� vendita effettuata sul territorio nazionale, 
indtpendentemente dai1Ia nazionalit� dei soggetti che la svolgano (v. sentenza 
14 luglio 1988, causa 308/86, Lambert, Racc. pag. 4369). 

9. -Dana questione pregiudiziale risulta, infine, che il giudice a quo, 
richiamandosi ai principi fondamentali della Comunit�, enunciati all'art.� 3 
del Trattato, chiede chiarimenti in ordine agli eventuali effetti anticoncorrenziali 
della normativa di cui trattasi, senza peraltro indicare le norme 
specifiche del Trattato che costituiscono attuazione di tali principi nel 
settore della concorrenza. 
10. -Pertanto, in considerazione degli argomenti rispettivamente dedotti 
daitle parti nonch� della discussione svoltasi dinanzi alla Corte e al 
fine di fornire al giudice di rinvio elementi utili di risposta, occorre procedere 
a1l'eimme del divieto di rivendita sottocosto sotto il profilo delli;t libera 
circolazione delle merci. 
11. -A termini dell'art. 30 del Trattato, sono vietate fra gli Stati 
membri le restrizioni quantitative all'importazione nonch� ogni misura di 
effetto equivalente. Secondo costante giurisprudenza, costituisce misura di 
effetto equivalente ad una restrizione quantitativa qualsiasi misura che 
8. ~ sufficiente questo effetto riduttivo degli scambi -remoto, indiretto ed 
eventuale, comunque solo presunto -perch� la misura rientri nella previsione 
dell'art. 30? 
Il problema, come si vede, non � nuovo ed �, soprattutto negli ultimi anni, 
al centro di un dibattito aperto e vivacissimo (4). Siamo infatti di fronte alla 
ormai frequente ipotesi di una riduzione potenziale delle importazioni, non dovuta 
n� ad un diverso regime fra prodotti importati e prodotti nazionali, n� ad 
una eventuale diversit� di legislazione sui requisiti di composizione e di presentazione 
del prodotto (fattispecie � Cassis de Dijon �). Nell'ipotesi che ci 
occupa, infatti, gli eventuali effetti restrittivi sulle importazioni discendono dalla 
stessa esistenza della normativa di cui trattasi, mentre non ha alcun rilievo, 
almeno in via di principio, un'eventuale divergenza della legislazione del Paese 
d'origine del prodotto: la riduzione delle vendite, se c'�, vi sarebbe anche in 
presenza di una perfetta uguaglianza delle legislazioni a confronto. 

(4) Oltre a Marenco, Pour une interpr�tation traditionnelle de mesure d'effet equivalant 
� une restriction quantitative, in CDE, 1984, pag. 291 ss., e White, In search of limits to 
article 30 of the EEC treaty, in CMLRev, 1989, pag. 234 ss., v., tra i contributi pi� recenti 
e pi� significativi rispetto al problema che ci occupa, Gormely, in CMLRev, 1990, pag. 141 ss.; 
Mortelmans, Artide 30 of the EEC treaty and legislation relating to market circumstances: 
time to consider a new definition?, in CMLRev, 1991, pag. 115 ss.; Steiner, Drawing the line: 
Uses and abuses of article 30 EEC, in CMLRev, 1992, pag. 749 ss.; Chalmers, Free movement 
of goods within the European Community: an unhealthy addiction to scotch whisky, in 
International and Comparative Law Quarterly, 1993, pag. 269 ss. 

64 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli 
scambi commerciali intracomunitari. 

12. -Va rilevato che una normativa nazionale che vieti in termini 
generali la rivendita sottocosto non mira a disciplinare gli scambi di merci 
tra gli Stati membri. 
13. -t::. pur vero che una siffatta normativa, laddove impedisce agli 
operatori di avvalersi di un metodo di promozione commerciale, � atta a 
restringere il volume delle vendite e, conseguentemente, i�l volume de1le 
vendite di prodotti provenienti da altri Stati membri. Ci si deve tuttavia 
domandare se tale eventualit� sia sufficiente per qualificare Ja normativa 
di cui trattasi come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa 
all'importazione. 
14. -Considerafo che gli operatori econom1c1 mvocano sempre pm 
frequentemente l'art. 30 del Trattato al fine di contestare qualsiasi normativa 
che, pur non riguardando i prodotti provenienti da altri Stati membri, 
produca l'effetto di limitare la loro libert� commerciale, la Corte reputa 
necessario riesaminare e precisare la propria giurisprudenza in materia. 
9. In definitiva, il problema � se misure che disciplinano le modalit� di 
commercializzazione (chi, dove, quando, come) (5) e che, per il solo fatto di 
incidere sull'offerta (ad esempio mediante una canalizzazione delle vendite) o 
sulla domanda (attraverso limitazioni delle possibilit� di pubblicit�) dei prodotfi 
di cui trattasi, ivi compresi quelli importati, possono determinare una contrazione 
delle vendite, rientrino comunque nella sfera di applicazione dell'art. 30. 
E ci� indipendentemente dall'effettiva esistenza di una riduzione delle importazioni, 
ovvero, a contrario, se ed in che misura l'eliminazione della misura 
contestata possa avere un effetto positivo sulle vendite e dunque sulle importazioni. 
AI fine di dare una risposta al giudice nazionale, occorre pertanto e pre


liminarmente chiedersi se, rispetto alla nozione di misura di effetto equivalente, 
sia sufficiente, almeno in via di principio, che non si possano escludere taluni 
effetti delle misure sulle importazioni, per quanto minimi ed indiretti; o se invece 
occorra che il nesso di causalit� tra le misure e le importazioni debba essere 
tale da far ritenere sufficientemente probabili e caratterizzati gld eventuali 
effetti restrittivi sugli scambi: se cio� la misura di cui trattasi sia tale da 
� ostacolare >>, sia pure potenzialmente, gli scambi intracomunitari. 

10. Posto in questi termini il problema, � chiaro che sar� da escludere che 
la misura di cui si discute nella specie possa costituire un ostacolo agli scambi 
. (5) Invero, una misura concernente la pubblicit� dei prodotti pu� a giusto titolo farsi 
rientrare tra le misure concernenti il � come '" ~ evidente infatti che la pubblicit�, in quantoincitamento al consumo, costituisce il metodo pi� efficace di promozione delle vendite e 
che, proprio per questo motivo, pu� influenzare in modo sensibile la domanda e dunque le 
vendite. 


PARTE I, SEZ, U1 GIURIS. COMUNITARIA" B INTERNAZIONALE 

1!i ""'""��Si deve. ricordare �.al riguardo che,. secondo �la giurisprudenza 
Cassis de Dijon {sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentrail; 
Racc; pag. 649); costituiscono misure di effetto equivalente, v�etate dal, 
l'art 31), �gliostacoli alla libera� circolazione delle merci� derivanti; in. assenza 
di�arinoniz:tazione�delle legislazioni1�dall'a:ssoggettamento delle merci prov.e� 
ni�nt� da altri Stati membri; �in �cuisiano legalmente fabbricate e immesse 
in Cdm@��rdo;a hotme che dettino reqilisitiai quali le mercistesse devono 
rispond�re<(q�ali quelle riguardanti�la de:riominazioi:ie;�� Ia forma; le. dimen� 
sfofil,�if p�fo,l� c�rn:posiiion�, fa presentazione, l'eticheitattifa, o n�confezfonanieiifo), 
and1e qualora tali noi-rrl� siano indistintamente applicabili 
a tutti i prodotti, laddove tale assoggettamento non risulti giustificato 
da fin~dit� di interesse generale tali da preva1ere sulle esigenze d�Ua libera 
circofaz�one dell\:l m~rci. 

tra Stati membri,. laddove si dntenda per.ostacolo un. impedimento,. una difficolt� 
di attesso al mercato tale da incidere in particolar� sulle importazioni: allorquando 
Cio�. si tratti diuna misura� ch� in qualche niodo � ~ quantofoeno perch� 
dissuasiva -"-� costituisca una � barri.era ,; alla libera circofazfone del1e foerct 

i'!: evidente invece che laddove il criterio Dassonville sia interpretato nel 
senso che � in contrasto con il diritto comunitario, a: meno che non trovi giu; 
stifilcazione in esigenze imperative o in forza dell'art.. 36, ogni provvedimento 
nazionale la cui elimini;izione potrebbe deteril}inare un aumento delle vendite 
e per ci� solo delle importazioni, anche la misura che ci occupa rientrerebbe 
nell'ambito di applica:zicine dell'art. 30. .�.�. . . . . . 

n..L� risposta ad Uti. tale . quesito richiede, all'evidenza, una. riflessione vi� 
generale intorno alla deliiriitazione de1 . campo di appljcazione dell'art. 30. rispetto 
a normative quali quella che ci occupa, iii particolare q\lanto ai criteri �� che 
consentqno di qualificare..Uil determinato provvedimento nazionale come misura 
di effetto equivalente. In altre PaJ:'Ole, ed .anche a costo di ritornare su precedenti 
posizioni .gi� espresse in. argomento, ritengo che� una riflessione .si imponga 
quanto al se l'art~ 30, e con esso jl criterio Dassonvi�le, possano essere letti in 
niodo tale daComprendere nella nozione di misura di effetto equivalente anche 

quelle II1isUi'e: � � � � 
-che�.sono indistintamente . applicabili; 
-che hanno ad oggetto non i prodotti (composizione, etichettatura, forma, 
iII1ballaggiio, de.omina:zione, ecc.) bens� l'attivit� commerciale (chi, coil}e, .dove, 
quando, pu�. vendere . i prodotti); 
.. -che possono al� pi� .risolversi in una riduzione presunta ed eventuale 
delle importazioni, quale conseguenza solo ed esclusivamente di un'altrettan.to 
eventuale riduzione delle vendite; 
-rispetto alle quali, a ben vedere, l'asserita rJduzione non dipende dg una 
disparit� delle legislazioni nazionali, bens� soltanto dalla circostanza che le 
autorit� nazionali (di uno, di alcuni o di tutti i Paesi CEE) abbiano adottato 
una disciplina del commercio meno liberale di quella auspicata dagli operatori 
interessati. 
� Una tale riflessione non pu� che avere come punto di partenza un quadro 
della giurisprudenza in argomento, giurisprudenza che certo non � -perch� 
tacerlo? -di facile lettura sistematica e che, come gi� rilevavo nelle conclusioni 


66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

16. -Peraltro, si deve ritenere, contrariamente a quanto sino ad ora 
statuito, che non pu� costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in 
potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri ai sensi della giurisprudenza 
Dassonvillle (sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Racc. pag. 837), 
l'assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni 
nazionali che limitino o vietino talune modalit� di vendita, semprech� 
tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati 
che svolgono fa propria attivit� sul territorio nazionale e semprech� incidano 
in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello 
sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri 
Stati membri. 
17. -Infatti, ove tali requisiti siano soddisfatti, l'applicazione di normative, 
di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato 
membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce 
relative alla causa Soci�t� Laboratoire de Proth�ses Oculaires (6), in cui peraltro 
non riuscivo a nascondere un certo disagio nei confronti di un'applicazione 
meccanica della formula Dassonville a normative del tipo di quella che ci occupa, 
pu� essere ricondotta a tre modelli di soluzione, pur con qualche difficolt� 
dovuta alla frammentariet� cui si � appena accennato. 

Il quadro giurisprudenziale 

12. In un primo gruppo vanno ricomprese quelle pronunce in cui la Corte 
ha considerato che le normative in questione fossero prive di qualsiasi legame 
con le importazioni e comunque non idonee ad ostacolare il commercio tra 
Stati membri (7). A tale risultato la Corte � pervenuta ponendo l'accento sul 
fatto che i provvedimenti in questione non erano preordinati alla disciplina degli 
scambi, non concernevano altre forme di smercio dello stesso prodotto o, in 
ogni caso, lasciavano la possibilit� di vendita attraverso circuiti alternativi. 
In Oebel, ad esempio, in cui era in discussione una normativa che vietava 
la lavorazione e la distribuzione del pane in determinate ore, la Corte ha ritenuto 
che si trattasse di una normativa priva di nesso con le importazioni in 
quanto � gli scambi intracomunitari restano dn effetti possibili in qualsiasi momento, 
con l'unica riserva che la consegna ai consumatori ed ai dettaglianti � 
limitata allo stesso modo per tutti i produttori, indipendentemente dal luogo in 
cui esercitano la loro attivit�� (8). In Blesgen, poi, la Corte ha ritenuto che il 
divieto concernente la vendita per il consumo sul posto di taluni alcolici in 
determinati esercizi commerciali non rientrasse nell'ambito di applicazione dell'art. 
30 nella misura in cui non toccava �le altre forme di smercio� (9) dello 
stesso prodotto. 

Pi� o meno analoga � la motivazione delle sentenze in cui la Corte si � 
pronunciata sulle norme che vietano la vendita di articoli pornografici in esercizi 
non autorizzati. Essa ha infatti rJlevato che tali norme �non hanno in realt� 

(6) Sentenza 25 maggio 1993, causa C-271/92, non ancora pubblicata in Raccolta. 
. (7) In tal senso, v. sentenze 14 luglio 1981, causa 155/80, Oebel (Racc. pag. 1993); 31 marzo 
1982, causa 75/81, Blesgen (Racc. pag. 1211); 11 luglio 1990, causa C-23/89, Quietlynn (Racc. 
pag. I-3059); 7 maggio 1991, causa C-350/89, Sheptonhurst (Racc. pag. I-2387).
(8) Sentenza 14 luglio 1981, citata, punto 20 della motivazione. 
(9) �Sentenza 31 marzo 1982, citata, punto 9 della motivazione. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 67 

elemento atto ad impedire i'accesso di tali prodotti al mercato o ad 
ostacolarlo in misura maggiore rispetto all'ostacolo rappresentato per i 
prodotti nazionali. Normative siffatte esulano, quindi, dalla sfera di applicazione 
dell'art, 30 del Trattato. 

18'. -La questione sollevata dal giudice nazionale va dunque risolta 
affennapdo eh.e l'art. 3� ciel Trattato CE'.E deve essere interpretato nel senso 
che l'lori. trova applicazione nei confronti di una normativa di uno Stato 
membro che vieti in via generale la rivendita sottocosto. (omissis) 

II 

(omissis) 1. -Par ordonnance du 14 mai 1992, parvenue � la Cour le 
ler juhlJ.et suivant, le Verwaltungsgerichtshof Baden-Wiirttemberg a pos�, 

alc1,1n rapporto con gli .scambi intracomunitari poi�)l� lo .smerdo dei prodotti 
c;onsiderati � possibile attraverso negozi muniti di licenza nonch� altri circuiti � 
e che pertanto esse � non sono tali da ostacolare il �ommercio tra Stati 
membri � . (10). 

� 13. Nei casi appena ricordati la Corte ha dunque considerato ininfluente, 
ai fini. dell'appli.�cabilit� dell'art. 30, un'eventuale riduzione delle importazioni 
dovuta ad una riduzione delle possibilit� di smercio che coinvolgesse .nella stessa 
misura sia i prodotti nazionali che i prodotti importati. Va da s�, .infatti, che 
il divieto di consumare. sul posto bevande con un alto tenore alcolico (Blesgen) 

o quello di vendita di articoli porn,ografioi in esercizi non autorizzati (Quietlynn) 
sono certo tali . da poter .influenzare negativamente la domanda e dunque incidere, 
per tale via, sul volume delle importazioni, essendo (sotto tale profilo) 
del tutto irrilevante che il divieto in questione.. non concerna altre forme di 
smercio dello stesso prodotto oppure sia possibile in esercizi muniti di licenza. 
Un tale approccio, peraltro, non � limitato alle normative concernenti le 
modalit� di smercio dei prodotti. A ben vedere, infatti, molti altri sono i casi 
in cui la. Corte non ha applicato in modo meccanico la formula Dassonville, a 
cominciare dai regimi di prezzi controllati (11), nonch� rispetto a provvedimenti 
di varia natura ma tutti accomunati dal fatto di non presentare alcun legame, 
se non indiretto e vago, con le importazioni e di incidere allo stesso modo sia 
sui prodotti nazionali che su quelli importati (12). 

(10) Sentenza 11 luglio 1990, Quietlynn, citata, punto 11 della motivazione. Nello stesso 
senso sentenza 7 maggio 1991, Sheptonhurst, citata. 
(11) Al riguardo, la Corte si limita infatti a verificare che i prezzi imposti non siano tali 
da rendere impossibile o pi� difficile la vendita dei prodotti importati, cio� che non siano 
tali da sfavorire le importazioni [v., tra le altre, sentenze 2 luglio 1987, causa 188/86, Lef�vre 
(Racc. pag. 2963), e 13 dicembre 1990, causa C-347/88, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1-4747),
relative a regimi di _Erezzi massimi; nonch� sentenze 13 novembre 1986, cause riunite 80/85 
e 159/85, Edah BV (Racc. pag. 3359), e 7 mag11io 1991, causa C-287/89, Commissione/Belgio 
(Racc. pag. 1-2233). relative a regimi di prezzi mmimi]. :t;: evidente invece che un'applicazionemeccanica della formula Dassonville non farebbe escludere che un sistema di prezzi controllati, 
incidendo sulle condizioni dell'offerta e della domanda, sia tale da poter comportare 
una riduzione del volume delle vendite e dunque (anche) del volume delle importazioni. 
� (12) Significativo al riguardo � il caso Forest, in cui era in discussione una misura di 
contingentamento a livello di produzione della farina. La Corte ha infatti ritenuto che una 
tale misura non sembra avere � in realt�, alcun legame con l'importazione del grano n� 
sembra essere di natura tale da ostacolare il commercio tra gli Stati membri �. E ci� perch�, 
anche se la limitazione delle quantit� di grano ammesse alla macinazkme> pu� impedire 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO. STATO

68 

en vertu . de l'article � 177 du trait� �CEE, une question pr�:judicielle . relative 
� finte:t'Pr�tation des articles 30 et 36: de ce trait�, en ro� de liti permettre 
d'appr�cier laccompatibilit� avec ces dispositions d'une r�gle d�ontolog�que, 
�tablie par la Landesapothekerkammer Baden-Wiirttemberg (chambre professionnelle 
des phar:maciens du Land Baden-Wurttemberg, ci-apr�s � chambre 
pr9f�ss�<liri:1~1le 1'); qui interdifat,p1: pharmaciens exer�al1t dans ce Land 
d� f�ir~ de fa plil:>Ii�-:it�, eI1 dehors de l'officirie, �pol.lr les. prodilits parapharhlaceuHqtiek 
q_tl'tlk sbhfal;#orises � Offrir � la veri.te. .. . .� .. 

2. -Cette question a �t� soulev�e dans le cadre d'un litige opposant 
un certain nombre de pharmaciens .. du Land Baden-Wiirttemberg � la 
chambre professionnelle, a� sujet de~ la l�galit� de cette r�~le d�ontologique. 
14. In un secondo gruppo vanno ricomprese quelle sentenze in cui la Corte 
ha� Picori.osciuto Tappl:icabil�t� in�.vfa� di �principio �del divieto ex att. 30 anche 
a misure deltip() qui iri discussione, limitandosi �tuttaVia ad un esame della proporzionalit�
�� dell� stesse alquanto �atipico�. 
Mi riferisco, in particolare, alle. sentenze sul � commercio la .domenica � (13), 
sentenze �fo cui l� Cotte �11a affermato che �normative chi:! precludono il lavoro 
subordinato (o le' attMt� commerciali) di d()meriica, pur non essendo preordinate 
alfa: disdplma degli scambi e sebbene � sia poco probabile che la chiusura 
domerii�afo (;;;) mditca i co1istiIIlatori a mnunciare definitivamente all'acquisto 
dfpfodottfrepetibili durante gli al.tti giorni della settimana�, possono � nondimei:
Io comp�rtare >effetti restHttM sulla libera circolaZione delle merci ,, in 
q�a:nfo � l,lossond Hpercuotersi negativamente stil volume delie vendite e, di 
�di:isegtienz�; . ddle importaziom � (14). � 

Tali effetti :testHttivi, . sebbene evei:itUali e non provati; sono dunque ritenutH'i:
tffidei:iti per�h� le iriisure in questione rientthio nel campo di applicazione 
dell'al:t. 30 (15). La Cotte si:ln:ibra cos� aver i:iconosciuto che a normative nazio� 
naliciel tipo in qtiestfon� Si applica (in inodo meccanico) il principio enunciato 
nella sentenza Dassonville, ton la conseguenza ch� la loro compatibilit� con 
l'art. 30 � sUbordfoafa a un duplice presupposto: a) ch� la normativa in que


ai mugnai di acquistare del grano, ogni mugnaio � libero di approvvigionarsi totalmente o 
parzialmente di grano importato (sentenza 25 novembre 1986, causa 148/85, Racc. pag. 3449, 
punto 19 della motivazione). V., inoltre, sentenze 7 marzo 1990, causa C-69/88, Krantz (Racc. 
pag. I-583, punto 11 della motivazione), e 13 ottobre 1993, causa C-93/92, CMC Motorradcenter, 
punto 12. della. motivazione (non ancora pubblicata in Raccolta), in cui la Corte ha ritenuto 
che gli eventuali effetti restrittivi sulle importazioni delle misure nazionali in discussione, 
rispettivamente ii. potere�.. di .. pignorlltnento dell'amministrazione fiscale su beni venduti con 
riserva. di propriet� e l'obbligo precontrattuale di informare gli acquirenti di motociclette 
su alcuni aspetti relativi alla garanzia; fossero troppo aleatori e indiretti perch� tali misure 
potessero essere �onsiderate atte ad ostacolare il commet�io tra gli . Stati membri. 

.. (13) Sentenza 23 novembre 1989, causa C-145/88, Torfaen (Racc. pag. I-3851); sentenze 
28 febbraio 1991, c�usa C-312/89, Confor�ma (Racc. pag. 1'997), e causa C-332/89, Marchandise 
(Ra�c. pag. � I-1027); nonch� serttenza � 16 �dicembre 1992, �ausa C-169/91, Cotmcil of the Cityof Stoke-on-Trent (Racc. pag. I-6635). 

(14) Sentenza Conforama, citata, punto 8 della motivazione. 
(15) Al riguardo, non posso tuttavia fare a meno di rilevare come l'approccio esaminato 
ai punti 12 e 13 (misure di per s� estranee all'art. 30) non possa essere .considerato superato 
da una tale evoluzione. Ed infatti la sentenza Quietlynn � successiva alla prima sentenza sul 
commercio la domenica e la sentenza Sheptonhurst successiva alle sentenze Conforama e 
Marchandise: i due approcci, dunque, cronologicamente si intrecciano, il che contribuisce 
ad aumentare la confusione. 

PARTB I, SB:&ill;GIURIS; COMUNITARikB INTBRNAZIONALB 

69 

3~~��11 ress�rt dU dossier ttansmis �Ja.Cour. que l'article 10, point 15, 
d�i la Berufsordnung .(code d�ontologique) de�. la.� <:Mmbre ��professionnelle 
prohib(l}.Ja �publicit� excessive � p9ur les produitsi autres que le$�� m�d�<::a� 
rn:ent$, � q.i :peuvent;�confonn~ment al.'Ct dispositions combin�es des �articles 

2, p~~rapfie�.. 4�.�. et ~5�� de.���la;���Apotliekenbetriebsor~hftin!?{���(r�glement���sur �la 
ges~io. des pbarw.ac�es)~ ~tr~ ye:t1.\l$ eri pharma�ie; pour autant que�cette 
ve.t~ #'a~~ecte. P~sl~.. bl)n �.. f9n7tionnement de.l'officine ...II est �constant 

~i~a~:~1t;1!~0:!l~:~ai~aprt::~:f~i�&\~~!dh~tsf~~~;6~&!:~~

tiq.es. 

ii:~~~a~~~~tt~~~ 


. �.� �.�..�.� �.�� �.�.� .. 

sd9ne Persegt.la. uno scopo legittimo dal punto di vista del diritto colritirutariC>, 
.e b) che essa il<>n v�4:i! 9ltte��quanto necessarli:> per consegfilre� . Io scopo perseguito; 
il C!l'.l,e si ve>:ifi~!ttir~?~. c:tuaj?do s.li ostEtc~li� che .ne deriVirio per gti scambi 
non �eccc#;tano il c�ntest<:> degli ~f�tti propri df un� Mrmativa commerciale �, 
�ᥥ � �� � 15. L� Corte; Premessa Ia legittimit� '"-aua luce del� diritto: comunitario .�.....;, 
dell'intento di garafillte: �� una � riP�rtizfon� � degli ��orari di lavoro . e di��. riposo 
rispondente allep�euiiarlt� soci&etilturali naziOnali��� a regionali, ��si �� pertanto 
lfoiltata:; nflle st�sse sentenze,/ ad affermare che �gli�. effetti� restrittivi� .. sugli 
scambi� �he possono eventualmente deriv�re���da una �siffatta. normativa.� non 
sembrano eccessivi; avut� rigt.lardo ano ��scopo����� perseguito � �.� (16); precisando 
i:rtalttet nella p��t recente> sentenza fu. mate�fat . che;. an() s�Opo di verificare�. se 
gli {~ventuali)>eff�ttfrestrlttlv� di una siffatta normativa non�. vadano al di l� 
di quanto ne&iss~ict pet consegrifr1r lo scopo .persegttito1 occorre esammare �se 
tali effetti �sono diretti; i:nditettli o meramente . ipotetici. e . se: non sfavoriscono 
la conunerdalitzazi�ne dei prodotti importati pi� di quella dei prodotti na�

ziC>liall� (17); > �. � � � � �.� � �� � � � 
Un tale approccio sembra dunque implicare Uri controllo solo m.atgtnale 
dell( notll1ative di cui. trattasi, cortt:rolld avente ad oggetto �� 1a ragiOrtevalezza 

f:M1)��~~~���~s~:X~:~ni~t>~t:r~r~!:::;~!e�~~ri~~i~01~~�;~~~~d;::.� a~~: 

esame <i d#$si�o � volt() a verificare se la normativa � di cui . t:rattasi risponda 
ad. esigenze . ill'lpfltat1ve �.e .s� .le�. misure prescelte siano . proporzfonate. rispetto 
allo scfo)?o petsegtiito, � sembra.� ricercare. l'esisteI!Z� ��di una causa. giustificativa 
avend& #gil#!ii::f agli eff~tti sugli scambi �. fafracomunitari � che � eventuahnente 
potrebbero risultare dalla normativa in esame. Ci� detto, non pu� certo sotta� 
cersi che un tale approcclo, sebbene caratterizzato da una valutazione molto 
pi� blan�a ..o. com1,1nq1,1e meno intensa di quella norma!mente effettuata . ai sensi 
degli . artt; 30:.36, .��contraddice �l'approccio inaugurato con la sentenza Oebel. 

16; In uJ:J, terzo �.� 8r.ppo; ili.fine,. vanno ricompfe$(lc quelle � pronunce in cui 
la Corte, considerato chel.� normative� �concernenti fa vendita, pur. non condizionando 
diretta.mente Jc;f importazioni, Jossero � coiijunq.e Jd�inee ad �ostacolare 

16) Sentenze Conforama e Marchandisti, citate, rispettivamente punto 12 della motivazione 

e punto 13 della motivazione. . � . . . � � �.. � ,

(17) Sentenza Council of the Cify of Stoke-oriTrent, citata, punto 15 della motivazione. 
6 



70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

de !'officine, ont intent�, devant le Verwaltungsgerichtshof Baden-Wiirttemberg, 
une action judiciaire � l'encontre de la chambre professionnelle, 
afin de faire d�clarer invalide cette interdiction de publicit�. Devant cette 
juridiction, les requ�rants au principal ont notamment invoqu� l'incompatibilit� 
de l'article 10, point 15, de la Berufsordnung de la chambre professionnelle 
avec les articles 30 et 36 du trait�. 

5. -C'est dans ces conditions que le Verwaltungsgerichtshof BadenWiirttemberg 
a sursis � statuer pour poser � la Cour la question pr�judicielle 
suivante: 
� Les dispositions combin�es de l'article 36 et de l'article 30 du trait� 
CEE doiventelles etre interpr�t�es en ce sens que la disposition d'un code 
d�ontologique par laquelle la chambre des pharmaciens d'un Land interdit 
aux pharmaciens de son ressort toute publicit� en dehors de l'officine, 

gli scambi intracomunitari, .in quanto suscettibili di incidere sulle possibilit� 
di distribuzione dei prodotti (anche) importati e di comportare, per tale via, 
una riduzione del volume deile importazioni, ha poi proceduto al classico esame 
volto a verificare, da un lato, se le misure in questione perseguissero finalit� 
d'interesse generale riconosciute dall'ordinamento comunitario (a seconda dei 
casi, tutela dei consumatori, tutela della salute, ecc.) e, dall'altro, se le misure 
prescelte fossero proporzionate rispetto allo scopo (legittimo) perseguito (18). 

La maggior parte delle misure rispetto alle quali � stato utilizzato un tale 
approccio concernono, come si vedr� non a caso, metodi di vendita o di promozione 
delle vendite. La Corte ha infatti ritenuto, rispetto ad una tale categoria 
di misure, che � il fatto che l'operatore interessato sia costretto ad adottare 
diversi sistemi di pubblicit� o di promozione delle vendite a seconda degli Stati 
membri in cui svolge la sua attivit�, ovvero a rinunziare ad un sistema da lui 
ritenuto particolarmente efficace, pu� costituire un ostacolo alle importazioni, 
anche qualora detta normativa si applichi indistintamente ai prodotti nazionali 
ed a quelli importati� (19). 

In altre parole, una normativa nazionale, che pure non sfavorisce direttamente 
e specificamente i prodotti importati, pu� costituire una misura di effetto 
equivalente qualora, vietando di praticare un determinato metodo di vendita 
legalmente praticato nello Stato membro di origine, � tale da rendere pi� 
difficile e/o meno redditizio l'accesso al mercato per gli operatori del settore: 
e ci� a maggior ragione, come la Corte stessa ha chiarito, quando l'operatore 
interessato realizzi la quasi totalit� delle vendite attraverso il metodo di smercio 

(18) In tal senso v. sentenza 15 dicembre 1982, causa 286/81, Oosthoek (Racc. pag. 4575),
che costituisce la prima applicazione dell'approccio in questione ad una normativa del tipoche Ci occupa. V. inoltre: sentenze 16 maggio J989, causa 382/87, Buet (Racc. pag. 1235); 21 
marzo 1991, causa C-369/88, Delattre (Racc. pag. 1-1487), e causa C-60/89, Monteil e Samanni 
(Racc. pag. 1-1547); 30 aprile 1991, causa C-239/90, Boscher (Racc. pag. 1-2023) e 25 maggio1993, Soci�t� Laboratoire de Proth�ses Oculaires, citata. Nella stessa logica la Corte ha 
ritenuto suscettibili di restringere il volume delle importazioni provvedimenti nazionali comportanti 
il divieto o la limitazione di talune forme di pubblicit�. V. al riguardo sentenze 
15 dicembre 1982, Oosthoek, citata; 7 marzo 1990, causa C-362/88, GB-INNO (Racc. pag. 1-667);
12 dicembre 1990, causa C-241/89, SARPP (Racc. pag. I-4695); 25 luglio 1991, cause C-1/90 e 
C-176/90, Aragonesa de Publicidad (Racc. pag. 1-4151), e 18 maggio 1993, causa C-126/91, Yves 
Rocher, non ancora pubblicata in Raccolta. 
(19) .sentenza Oosthoeck, citata, punto 15 della motivazione. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 71 

meme pour la vente des produits parapharmaceutiques au sens de l'article 
25 de la Apothekenbetriebsordnung, est justifi�e? �. 

6. -Pour un plus ample expos� des faits du litige au principal, du 
d�roulement de la proc�dure ainsi que des observations �crites d�pos�es 
devant la Cour, il est renvoy� au rapport d'audience. Ces �l�ments du dossier 
ne sont repris ci-apr�s que dans la mesure n�cessaire au raisonnement 
de la Cour. 
(omissis) 

12. -A titre liminaire, il convient de rappeler qu'aux termes de l'article 
30 du trait� les restrictions quantitatives � l'importation, ainsi que 
toutes mesures d'effet �quivalent, sont interdites entre les Etats membres. 
:~


in questione (20). La possibile riduzione del volume delle importazioni risulta 
dunque strettamente collegata, in casi come Oosthoeck (vendita con omaggio), 
Buet (vendita porta a porta), Delattre (vendita per corrispondenza) e Boscher 
(vendita all'asta), agli ostacoli derivanti dalle normative in questione per un 
(unico) operatore del settore (21). 

17. Allo stesso modo, talune normative limitative delle possibilit� di pubblicit� 
per certi prodotti sono state considerate rientrare nella sfera di applicazione 
dell'art. 30; e ci� in quanto non pu� escludersi, come la Corte ha sottolineato, 
che il fatto di modificare la forma o il contenuto di una campagna 
pubblicitaria a seconda degli Stati membri in cui viene svolta l'attivit� pu� 
costituire un ostacolo per le importazioni, anche qualora le normative di cui 
trattasi si applichino indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati 
(22). 
Ed � cos� che sono stati dichiarati contrari all'art. 30 il divieto di una certa 
forma di pubblicit�, nella misura in cui tale divieto colpiva (anche) una catena 
di supermercati stabilita in un altro Stato membro (limitrofo) in cui, per 
contro, il tipo di pubblicit� in questione era del tutto lecito (23), il divieto di 
utilizzare, nel pubblicizzare un determinato prodotto, qualsiasi menzione atta 
a richiamare la parola zucchero, divieto che obbligava quindi l'operatore interessato, 
data la diversit� di legislazioni al riguardo, a modificare il contenuto 
stesso della pubblicit� in funzione dello Stato membro in cui il prodotto in 
questione era commercializzato (SARPP); e, infine, il divieto di pubblicit� con 

. (20) V. sentenze Buet, Delattre, e Boscher, citate, rispettivamente punti 8, 50 e 14 della 

mot1vaz1one. 

(21) Non � SUJilerfluo ,Precisare che nei casi Delattre e Boscher, a differenza dei casi 
Oosthoeck e Buet, i metodi di vendita in questione erano del tutto leciti. La relativa normativa 
si risolveva tuttavia in un ostacolo agli scambi, vuoi per il fatto di imporre al venditore 
la previa iscrizione nei registri commerciali del luogo della vendita ali 'asta (Boscher), vuoi 
per il fatto che il tipo di prodotti in questione, legalmente commercializzati in uno Stato 
membro come alimenti o cosmetici, erano qualificati nello Stato membro d'importazionecome medicinali, con la conseguenza di essere riservati al monopolio di vendita dei farmacisti 
e dunque di non poter essere commercializzati per corrispondenza (Delattre). In quest'ultimo 
caso, a ben vedere, ci troviamo piuttosto nell'ipotesi � Cassis de Dijon �, trattandosi appuntodi una diversit� di legislazione che influenza, in ultima analisi, la stessa presentazione del 
prodotto. 
{22) V. punto 15 della sentenza Oosthoeck; punto 29 della sentenza SARPP; punto 10 della 
sentenza Yves Rocher. 

(23) Sentenza GB-INNO, citata. In particolare, in tale sentenza la Corte ha sottolineato 
il fatto che la libert� dei consumatori sarebbe compromessa qualora l'accesso alla pubblicit�nel paese di acquisto fosse loro rifiutato (punto 8 della motivazione). 

72 RASSEGNA .AVVOCATURA DELLO STATO 

13. -A cet �gard, la chambre professionnelle a soutenu d'abord que 
la r�gle d�ontologique en cause devant .la juridiction nationale ne rpouvait 
par etre qualifi�e de � mesure � au sens de l'article 30 du trait�, au motif 
que les chambres de pharmaciens n'auraient pas, en droit allemand, le 
pouvoir de prononcer la sanction disciplinaire de l'interdiction professfoi.
mefle, qw�ne potirrait etre infl�g�e que par il.es autorit�s comp�tentes 
du�� Land. concern�. 
14. -Sur ce point, il ressort de l'ordonnance de renvoi que,. conform�ment 
� la l�gislation allemande, fa chambre professionnelle est un 
orgariisnie de droit public, dot� de la personnal�t� juridique et soumis au 
ccintrole de l'Etat, dont tous les pharmaciens exer�ant dans le Land BadenWiirttemberg 
sont obligatoirement membres. En outre, ila chambre pro-
indicazione del vecchio prezzo barrato con a fianco il nuovo prezzo in rosso, 
nella misura in cui si trattava di una forma di pubblicit� del tutto legittima 
nello Stato membro di provenienza ded prodotti in questione (Yves Rocher). 

18. In buona sostanza, dunque, la Corte ha sottoposto alla verifica di compatibilit� 
ai sensi degli artt. 30 e 36 quelle misure concernenti la commercializzazione 
che, per .il fatto stesso di imporre il divieto di praticare un determinato 
metodo di vendita o una determinata forma di pubblicit�, sono (o 
possono essere) tali da rendere pi� difficile l'accesso al mercato per gli operatori 
linteressati, costretti a rinunciare ad un metodo da essi legalmente praticato 
nello Stato membro di origine. 
La Coi:te ha dunque pur sempre posto l'accento, in tali casi, sulla diversit� 
di legislazioni nazionali, nella misura in cui una tale disparit� costituisce un 
� ostacolo � per l'operatore interessato e dunque, in ultima analisi, per il prodotto 
che questi commercializza. La differenza di approccio con le normative 
esaminate ai punti 12-15 sarebbe dunque dovuta, in ipotesi di questo tipo, al 
ruolo giocato dalla disparit� di legislazioni nazionali, nella logica, per intenderci, 
della giurisprudenza Cassis de Dijon. 

19. Allo stesso risultato (incompatibilit� di principio, salvo verifica in base all'art. 
36 o ad esigenze imperative), la Corte � tuttavia pervenuta anche relativa: 
mente a normative rispetto alle quali un'eventuale disparit� di legislazfoni non 
assume alcun rilievo: n� per il prodotto in quanto tale, n� per l'operatore che lo 
commercializza. 
� questo il caso anzitutto di normative che riservano ad una singola categoria 
dd operatori (farmacisti, ottici) la vendita di determinate categorie di 
prodotti (medicinali, lenti a contatto), rendendo impossibile lo smercio dei prodotti 
stessi al di fuori dei canali previsti dalla legge e dunque comportando 
una formale canalizzazione delle vendite (24). � questo altres� il caso di un 
divieto di pubblicit�, applicabile su una parte del territorio di uno Stato membro 
e in determinate circostanze, per bevande alcoliche di gradazione superiore a 
23 gradi (25): la sola incidenza sulle importazioni potrebbe infatti aversi come 

(24) V. sentenza 21 marzo 1991, causa C-60/89, Monteil e Samanni (Racc. pag. I-1547) e 
la gi� citata sentenza Delattre (entrambe relative al monopolio dei farmacisti), nonch� la 
pi� recente sentenza 25 maggio 1993, Soci�t� Laboratoire de Proth�ses Oculaires, citata, concernente 
il monopolio degli ottici. 

(25) Sentenza 25 luglio 1991, Aragonesa, citata. 

PARm I, SBZ.. II, GIURlS. COMUNll'ARIA .E INmRNAZIONALB 73 

fessfonnelle fixe les r�gles d�ontologiques applicables aux pharmaciens et 
surveille le respect par ses membres de Jeurs obligations professicinnelles. 
En~,.des conseils de di~cipline professionnels, d�pendant. de ~a chambre 
et C�mpos�s" de membres nomm�s SUr pr�positi<>n de celle-Ci, peuvent 
pr<>rtoncer � l'encontre des pharmaciens (fui auraient enfre�nt les r�gles 
d�ontcil.ogiques des sancti�ns discipllnaires; te1l�s des runendes, fa d��h�ance 
de� la qualit� �.de illembre des organes de la charribre ou la d�ch�ance du 
droit devote et d'�ligibilit� � ces organes. 

15.. -Or, .la.. Cour a d�j� constat� (voir arret du 18 mai 1989, Royal 
Pharmaceutical Society of Great :B.ritain, 266/87 et267/87, Ree. p. J295, 
point 15) que les actes d'une organisation professionnelle � laquelle la 
l�gislation nationale a conf�r� des pouvoirs de cette nature constituent, 

conseguenza di un pi� generale calo delle vendite, dovuto, a sua volta, all'inci' 
denza del dhiieto in questione sulla domanda dei prodotti di cui trattasi. 

Considerazioni d'insieme sulla giurisprudenza 

20.�Q~esto, . dunque, � il�quadro . della $iurisprudenza. A� voler tirare le som� 
me, .pu� affermarsi che le risposte date dalla Corte ad uno stesso quesito, se 
cio� misure generali che hanno ad oggetto. le modalit� di esercizio dell'attivit� 
commerciale (chi vende cosa, quando si pu� . vendere, dove e come si pu� vendere). 
ed il cui legame con Je importazioni � dunque .solo indiretto, rientrino 
nondimeno nella sfera di applicazione deU'art. 30, in quanto misure di effetto 
equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni, sono sostanzialmente tre: 

a) non sono misure di effetto equivalente, in quanto non idonee ad ostacolare 
gli scambi intracomunitari; 

b) non sono misure di effetto equi.va1ente, nella misura in cui g!Ji ostacoli 
che ne derivino per gli scambi non eccedano . il contesto degli effetti propri di 
una normativa commerciale; 

c) sono misure di effetto equivalente, a meno che non siano giustificate 
in base ad esigenze imperative o all'art. 36. . 

Pu� una tale diversit� di �soluzioni essere spiegata in base ai diversi effetti 
delle misure in questione sulle importazioni? A me semb:ra che .. in tutte le 
ipotesi considerate ricorrano gli stessi elementi � qualificanti: gli effetti restrit� 
tivi sulle importazioni sono solo eventuali e comunque tali da riguardare esat� 
tamente allo stesso modo sia i. prodotti nazionali che quelli importati, conseguenza 
(se pure vi �) solo ed esclusivamente di una riduzione del volume delle 
vendite e non anche di una diversit� delle legislazioni a confronto. 

21. Certo, potrebbe ritenersi che le differenti risposte siano miswate sulla 
diversa consistenza degli effetti (eventuali), quasi si fosse applicato ~criterio 
de minimis,� la circostanza � tuttavia smentita dalla stessa giurisprudenza della 
Corte, secondo cui � un provvedimento nazionale non � sottratto al divieto di 
cui all'art. 30 per il solo fatto che l'ostacolo frapposto all'importazione sia di 
poco conto e che esistono altre possibilit� di smerciare i prodotti importati � (26). 
(26) V. sentenze 5 aprile 1984, cause riunite 177/82 e 178/82, van de Haar (Racc. pag. 1797, 
punto 13 della motivazione), e 5 giugno 1986, causa 103/84, Commissione/Italia (Racc. pag. 1759, 
punto 18 della motivazione). 

74 
RASSEGNA AVVOCATURA l>BLLO STATO 

s'ils SOI:lt susceptibles d'influencer le commerce entre Etats membres, 
des � mesures � au sens de l'article 30 du trait�. 

16. -Cette constatation n'est aucunement mise en cause par fa circonstance 
que, C()ntra1remet:lt � 1'organisation professionnelle vis�e dans cet 
arr~t, la cham'bre prqfessionnelle en. cause dans l'affaire au principal n'est 
pas habilit�e � �. retirer � ses membres l'agr�ment requis pour l'exercice 
de la profession. 
17. -La chambre professionnelle a fait valoir ensuite que l'interdiction 
de ptiblicit� en cause devant la juridiction nationale ne constituait pas une 
mesure d'effet �quivalant � une restriction quantitative � l'importation, 
Proprio di recente, peraltro, la Corte ha riaffermato che, ad eccezione delle 

normative che abbiano degli effetti puramente ipotetici sugli scambi intraco


munitari, � pacifico che l'art. -30 non operi alcuna distinzione tra le misure che 

possono essere qualificate come misure di effetto equivalente ad una restrizione 

quantitativa a seconda dell'intensit� dei foto effetti sugli scambi all'interno 

delle Comunit� (27). 

Ad avviso della Corte, dunque, non rientrerebbero nel campo di applica


zione dell'art. 30 unicamente quelle misur� i cui effetti sulle importazioni sono 

meramente ipotetici; non � chiaro invece se tali effetti ipotetici dovrebbero 

risultare, gi� ad un esame prima facie, scarsamente significativi (qualora si 

realizzassero). Al riguardo, basti comunque osservare che l'applicabilit� di una 

regola de mfriimis nel settore degli scambi di merci; sia pure entro tali limiti, 

mi sembra molto difficile, se non addirittura impossibile: a voler tacer d'altro, 

infatti, la prova della consistenza di effetti ipotetici si rivela una probatio 

diabolica. 

22. In ogni caso, poi, non mi sembra che il problema che ci occupa possa 
essere inquadrato e risolto sotto il profilo della consistenza e/o ipoteticit� degli 
effetti, quanto piuttosto in relazione alla loro specificit�, che, a ben vedere, 
pu� essere determinata unicamente da una disparit� delle legislazioni a confronto. 
In questa prospettiva, sono del parere che tra le misure in discorso un 
apprezzamento specifico possano medtare, in presenza di determinate condizioni, 
solo le misure sui metodi di vendita o di promozione delle vendite, in 
quanto possono essere effettivamente tali da incidere in modo pi� caratterizzato 
e specifico sulle importazioni. Se � vero infatti che il divieto di praticare un 
determinato metodo di vendita, come ad esempio la vendita porta a porta, non 
sfavorisce i prodotti importati n� rende l'accesso al mercato pi� difficile per 
i prodotti in quanto tali (28), � altres� vero che un siffatto divieto pu� obbligare 
l'operatore interessato a cambiare una strategia d� vendita legalmente praticata 
nello Stato membro di origine (29), s� da rendere per l'operatore meno attraente 
l'accesso al mercato dello Stato dn cui detto divieto vige e, conseguentemente, 

(27) Sentenza 18 maggio 1993, Yves Rocher, citata, punto 21 della motivazione. 
(28) Sotto tale profilo, � chiaro infatti che normative di tale tipo hanno, al pi�, l'effetto 
. di 
canalizzare le vendite nella misura in cui un prodotto X potr� essere venduto solo in 
esercizi commerciali e non mediante altre tecniche. 

(29) Invero la giurisprudenza della Corte non chiarisce espressamente se trattasi dello 
Stato membro di origine del prodotto o dell'operatore interessato. :t!. altres� chiaro che i. 
termini del problema cambiano in relazione all'una o all'altra ipotesi. 
---I 



75

PAR'l'll I, SEZ� .U; GIURIS�.COMUNITARIA..E.INTllRNAZIONALE 

au sert~ de l'artiele ~O du trait�; en ce que cette r�gle d�ontologique ne 
serait pas susceptibl� d'entraver le commerce � intracommunautaire des 
prQduits �parapharma.ceutiques.� 

lS~ . -A ~~t �~;~4, i.l ~ aJieq ge i;appeler cl~a\)ord . que, selon une 
J.I'ispr.d�nce .� �o1l�j~ilt~r cC>ns#foe �ul1e o/esure q'effet �quivalant � une 
fr~tp�p<>A 9:W~~~~~.~W'f~, tou~.me~.e.~~ceptil:>Ie.cl'e~tnwer,4irectement ou 
md.ir.ect(lmentt�.aetuellement�.<>u�.potentiellement, le.:�commerce.�.intracommup~
.tajI';r(~6-~i ..�J~. hiwai~ ~~i~h p(ts59~yi1le, ~Ji4~ ~e~�P< ~i1J. point s). 

~t~ij~f~���gijt1~1~}r~o~1el>@~~i~t!~e!~~~���!i~~t l7!ep:f!~~~~~;~~ 

co~tituire, ~otto tale profilo, un � ostacolo� alla circolazion~ intracomunitiir�a 
d.q,i prp4qtti. < . . . �. .� . . . . . .� . �. . . . . . . . . . .�. . . . . . ... 

~~ti~ht~tT1t;;3Jti~.~tJ~'t!~~~.t=:s1!1~ ::et~~;~:==d~dt ::t~~~~!~ein=~ 

~cambi per ild.'a�o dLcostrmgere .gli operatori ��a modificare fa �veste commerpj~~
����{marketing) 4e~. Pt<:>d<:>tti.. lfupQrtati�����liil�� �fine.�� di�� �rendeda��.�conforme� �alle 
nQrme defPaese di. dei;tinazion:e, In talcM01�dtmqtie, ci� che Viene in �.. rllievo 
� Ja. di:v~rsif.(I; dc,lle. tegi:SUizioni .nazionalit nella � misura in �cui . Vi � im'incidenza 
negativa sugli o .stdl'operatore. interessato; quando ci� si verii�ica,�sostanzialmente 
si rientra nellO! schema logico e� giuridico�. del principfo del mutuo ricon().
i;<;imerito .{gi.l'.isp)IUdenta. �Cassis. de Dijori �). Ed � appunto ;fn tale ottica 
che si p\16 leggere la giurisprudenza della>Cor.te concernente i tnetod�>di vendita 
e di promozkine deUe yendite (30). . . . . . . . . . . . . �. . . . . . .. 

23.; Al di l�. di una siffatta ipotesi, che �driitirlque dovrebbe essere oggetto 
cli <verifica. caso per caso; devo confessare d��� non�� riuscire �a � indiViduare alcun 
�le:itlento,. che consenta di spiegare . il drverso approccio �tiliZzato � dalla Corte 
nei casi prima es�minatt. Osservo infatti�� che sia n<divieto� di vendita� di articoli 
p�mog;rmci.�in esercizi non autorizzati che quello� di vendere� i medicinali� al di 
fuori della farmacia si risolvono in una canalizzaifone de�l� �\rendite. Ed ancora, 
sia la rtdst1ra controversa� in��Oebel> che quelle contestate nei� casi concernenti 
il��commefcfo la� donienica implicano .� I'hnpossibilit� di vendere � irl determinate 
o:re��{o giotlli)� 

Cerfo, � ben vero che il filone che va dalla sentenza Oebel alla sentenza 
SheptOhhurst e quello relativo al commercio la domenica non sono poi cos� 
distanti: e non solo�� in relazione al risultato cui pervengono. La risposta della 
Corte/infatti;��implica in entrambi i� casi�lin� controllo solo .marginale, un esame 
pr:im;a facie incentrato s.lla ragionevolezza della misura d� cui trattasi: e ci� 
tenendo conto in PlU'ticotare. del tipo di. legame con le importazioni (solo indiretto 
e vago)< e ��degli��eventuali.�. effetti �restrittivi � stille stesse. Resta, tuttavia, 
al .di l� della diversit�: delle formule utilizzate e del risultato sostanziale cui 
si � pervenuti, .che in un caso si � considerato che le misure in questione di 
per� s�� non costituissero� misure di �effetto equivalente. e.nell'altro, invece, che 
rientrassero'. in via di principio nell'art; 30. � 

24. Ancor meno comprensibile � poi la. differenza di approccio tra casi quali 
il commercio la domeruca, da un" lato, e quelli relativi al monopolio dei farma(
30) V. punti 16-18. 

76 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O. STATO 

faire de la publicit�, en dehors de !'officine, pour les produits parapharma'
ceutiques n'a pas paur, objet de r�gir les �changes de marchandises entre 
les Etats membres. Par ailleurs, il y a Iieu de relever que cette interdiction 
n'affecte pas la possibilit� pour les op�rateurs �conomiques autres que 
les pharmaciens de !'aire de la publicit� pour ces produits. 

20. '--LI est vrai qu'une telle r�glementation est susceptible de restreindre 
le volume des ventes et, par cons�quent, le volume des ventes des 
produits parapharmaceutiques en provenance d'autres Etats membres, dans 
la mesure o� e1le prive les pharmaciens concern�s d'une m�thode de promotion 
des ventes de ces produits. Il y a Iieu cependant de se demander si 
cette �ventualit� suffit pour qualifier la r�glementation en cause de mesure 
cisti e degli ottici nonch� al divieto di pubblicit� esaminato in Aragonesa, dall'altro. 
Partendo infatti da una stessa identica premessa (misure suscettibili di 
ridurre il volume delle vendite e per questa via delle� importazioni, in situazioni 
in cui nessun rilievo assume un'eventuale disparit� di legislazioni), la Corte � 
pervenuta a risultati sostanzialmente diversi: nel primo caso, come si � visto, 
esame focalizzato sulla ragionevolezza . della misura in questione a\iuto riguardo 
agli effetti che potrebbe avere sulle importazioni; nel secondo, verifica � classica s 
ai sensi dell'art. 36. 

Tanto vale, allora, sgombrare il campo da ogni esercizio dialettico e fare ~ 
uscire dalla previsione .dell'art. 30 le normative nazionali che non hanno alcunch� 

I

da spartire con gli scambi, tanto meno con l'integrazione dei mercati. 

~ 

Sui limiti della nozione di misura di effetto equivalente. 

I 

25. La disarmonia e le contraddizioni rilevate acuiscono il bisogno di chiarezza 
attraverso l'indicazione di criteri quanto pi� possibile precisi ed univoci 
I

e, ancor prima, di una consapevole ed espressa scelta di fondo quanto alla 

necessit� (o opportunit�?) di sindacare il tipo di misure qui in discussione sotto 

il profilo dell'art. 30.. E ci�, peraltro, al fine di non generare confusione negli 

I operatori interessati, i quali, nella situazione attuale, sono incoraggiati a contestare, 
invocando l'art. 30, i provvedimenti pi� disparati (beninteso, che restringono 
la loro libert� commerciale), per il solo fatto che non possa a priori esserne 
esclusa una qualche incidenza sulle importazioni. 

Quanto a me, sono del parere che il criterio enUnciato nella sentenza Dassonville 
non possa essere interpretato nel senso che una riduzione potenziale delle 
importazioni, determinata solo ed esclusivamente da una pi� generale (ed eventuale) 
contrazione delle vendite, possa costituire una misura di effetto equivalente 
ad una restrizione quantitativa all'importazione. 

Rit~ngo infatti che misure che hanno ad oggetto le modalit� di esercizio 
dell'attivit� commerciale siano in via di principio da considerare al di fuori 
dell'ambito di applicazione dell'art. 30, in quanto non preordinate alla disciplina 
degli scambi, senza alcun collegamento con la disparit� o la eguaglianza delle 
legislazioni nazionali a confronto e nella misura in cui neppure siano tali da 
rendere per gli operatori interessati meno redditizio l'accesso al mercato e dunque, 
>indirettamente, pi� difficile l'accesso per i prodotti di cui trattasi. Una 
�tale soluzione, fondata sul principio del mutuo riconoscimento, rispecchia dunque 
la logica alla base dell'approccio � Cassis de Dijon � e non ne rimette affatto 

in discussione l'ispirazione realmente integrazionista. 



77

PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

d'effet �quivalent � une restriction quantitative � l'importation, au sens 
de l'article 30 du trait�. 

21. ...-.. A cet �gard, il convient de rappeler que n'est pas apte � entraver 
directement c>u indirectement, actuellement ou potentiellement le commerce 
entre les Etats membrest au sens de la jurisprudence Dassonville, pr�cit�e, 
l'application � des produits en provenance d'autres Etats membres de disposit�Ons 
nationales qui Iimitent ou interdisent certaines modalit�s de vente, 
pourvu qu'elles s'appliquent � tous les op�rateurs concern�s exer�ant leur 
activit� sur le. territoire national, et pou:rvu qu'elles affectent de la meme 
mani�re, en droit. comme en fait, la commercialisation des produits nationaux 
et de ceux en provenance d'autres Etats membres. D�s lors que ces 
conditions sont remplies, l'application de r�glementations de ce type � la 
26. Certo, una tale lettura costituisce, almeno in parte, un ripensamento 
rispetto a posizioni da me gi� espresse sullo stesso argomento (conclusioni Buet, 
Delattre, Monteil e Samanni, SARPP, Boscher e Soci�t� Laboratoire de Proth�ses. 
Oculaires). 
Allo stesso ripensamento invito oggi la Corte: ripensamento chiaro ed 
esplicito, in modo che. sia utile. 

E non mi nascondo che l'interpretazione che oggi suggerisco comporta che 
talune sentenze non certo di poco conto risultino � overruled � (31); ma lungi 
dal costituire un passo indietro rispetto alla ragionevole evoluzione successiva 
alla sentenza � Cassis de Dijon �, tale ripensamento riporterebbe l'art. 30, cos� 
come interpretato nella sentenza Dassonville, alla sua funzione naturale e ne 
eviterebbe un uso, a mio parere, del tutto improprio. 

27. Diversamente, Watti, l'art. 30 verrebbe ad essere invocato ed utilizzato 
non per gli scopi che gli sono propri ma per consentire a taluni operatori di 
sottrarsi all'applicazione di norme nazionali che, per il fatto di disciplinare una 
determinata attivit�, ne restringono la libert� commerciale: e ci�, vuoi imponendo 
degli orari di apertura ai loro esercizi, vuoi imponendo una previa autorizzazione 
per l'esercizio di una determinata attivit� (perch� no, persino una 
semplice licenza di con;Jlllercio), vuoi ancora imponendo dei requisiti profes~ 
sionali (a volte anche logistici) alla persona che intende vendere un certo tipo 
di merci. 
Sotto questo profilo, peraltro, non posso fare a meno di rilevare come 
una siffatta utilizzazione dell'art. 30 finirebbe con lo svuotare di contenuto o 
comunque svilire le norme del Trattato relative alla circolazione dei servizi ed 
allo stabilimento. Mi spiego: il commerciante che vuole vendere anche di domenica 
o anche !il farmacista che sta chiedendo di farsi pubblicit� in relazione alla 
vendita di prodotti parafarmaceutici stanno invocando n� pi� n� meno che 
il diritto al libero esercizio della propria attivit� commerciale: e dunque solo al 
fine di sottrarsi a determinati vincoli essi ne sostengono l'incompatibilit� con 
le norme sulla circolazione delle merci. A ben vedere, tuttavia, si tratta di vin


� (31) Mi riferisco, oltre alle sentenze sul commercio la domenica, alle sentenze Delattre 
e Monteil e Samanni per l'aspetto monopolio di vendita dei medicinali; al.la sent!lnza LPO 
sul monopolio degli ottici; alla sentenza Aragonesa. Per quanto riguarda mvece 11 gruppodi sentenze concernenti i metodi di promozi9ne delle vendite rinvio a quanto detto alla 

P9~ ~9, . 


78 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

vente des produits en provenance d'un autre Etat membre et r�pondant 
aux r�gles �dict�es par cet Etat n'est pas de nature � empecher leur acc�s 
au march� ou � <le gener davantage qu'elle ne gene celui des produits nationaux. 
Ces r�glementations �chappent donc au domaine d'application de l'article 
30 du trait� (voir arret du 24 novembre 1993, Keck et Mithouard, C267/
91 et C-268/91, non encore publi� au Recueil, points 16 et 17). 

22. -Or, s'agissant d'une r�glementation telle que celle en cause dans 
l'affaire au principal, il convient de constater que ces conditions sont remplies 
pour l'application d'une r�gle d�ontologique, �tablie par une chambre 
professionnelle d'un Etat membre, qui interdit aux pharmaciens de son 
coli inerenti piuttosto ai servizi ed allo stabilimento, norme cio� che tali operatori 
non potrebbero invocare, per il semplice fatto di trovarsi in una situazione 
puramente interna. 

Indicativo al riguardo � il caso Gauchard (32), in cui era in discussione 
una normativa che subordina ad autorizzazione preventiva l'apertura o l'ampliamento 
di unit� commerciali superiori a una determinata dimensione. La 
Corte, giustamente, non si � neppure pronunciata su un eventuale contrasto di 
tale normativa con l'art. 30 (e ci� nonostante che nelle conclusioni dell'Avvocato 
Generale un tale aspetto fosse ampiamente trattato), ritenendo invece che 
la normativa in questione andasse esaminata sotto il profilo delle norme sullo 
stabilimento e concludendo nel senso dell'inapplicabilit� di tali norme, per il 
fatto che si trattava di una situazione puramente interna. 

28. In definitiva, sono convinto che il criterio Dassonville non possa e non 
debba essere letto in modo tale da comprendere nella nozione di misura di 
effetto equivalente anche quelle normative nazionali che, per il fatto di incidere 
IIsull'offerta e/o influenzare la domanda e dunque, ma solo per questo, il volume 
delle vendite, possano comportare una riduzione del volume delle importazioni, 
in assenza cio� di una qualsivoglia difficolt� per la circolazione comunitaria 

I&

dei prodotti di cui trattasi e di un qualsiasi rapporto con la diversit� delle 
legislazioni a confronto. 

Ritengo infatti che scopo dell'art. 30 sia quello di garantire la libera circolazione 
delle merci, al fine di costituire un mercato unico, integrato, eliminando 
dunque quelle misure nazionali che in qualche modo creino un ostacolo 

o anche delle semplici difficolt� alla circolazione dei prodotti; e non quello di 
colpire i provvedimenti pi� disparati allo scopo di garantire la massima espansione, 
sostanzialmente, del commercio. Ed � al riguardo significativo che i farmacisti 
del caso che ci occupa, nel rivendicare il diritto di fare la pubblicit� 
ai prodotti di cui trattasi, lungi dal far valere un ostacolo alle importazioni, 
in ragione della misura contestata, si dolgono del fatto che in tal modo sono 
sfavoriti rispetto agli altri esercizi commerciali che vendono gli stessi prodotti. 
29. Ritornando alla misura contestata nella fattispecie, non resta che rilevare, 
alla luce di quanto osservato finora, che una tale misura: 
a) ha per oggetto la pubblicit� di una certa categoria di esercizi commerciali 
in relazione a certi prodotti; 
b) � indistintamente applicabile; 

(32) Sentenza 8 dicembre 1987, causa 20/87 (Racc. pag. 4879). Nello stesso senso v. sentenza 
20 aprile 1988, causa 204/87, Bekaert (Racc. pag. 2029). 

79

PARm I, SEZ; �II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

ressort territorial de .faire de la publicit�, en dehors de .J'officine, pour 
Ies produits parapharmaceutiques qu'ils sont autoris�s � offrir � la vente. 

23. -'-En effet, cette r�glementation, qui s'applique, sans distinguer 
selon a!origine des produits en cause1 � tous les pharmaciens du ressort de 
la chambre professionnelle, n'affecte pas la commercialisation des produits 
en provenance d'autres. Etats membres d'une mani�re diff�rente de celle 
des produits nationaux. 
24. -bans ces conditions, il y alieu de r�pondre � la question pos�e 
par le Ver'Waltungsgerichtshof Baden-WUrttemberg que l'article 30 du 
e) non rende pi� onerosi o pi� difficili n� l'accesso al mercato n� la 
corrunercializzazioiie dei prodotti importati rispetto ai prodotti nazionali; 
d) eventualmente riduce le importazioni solo perch� altrettanto eventualmente 
riduce I.e ve11cti.te; 
e) t��e effetto Si .avrebbe comunque, anche se analoga misura vigesse nel 
Paese. d'origine dei prodotti in questione. 

In presenza di questi elementi, la misura che ci occupa va considerata 
estl'.�nea al campo .di applicazione. dell'art. 30, in quanto non costituisce un 
ostacolo.�. aw scambi. ai. sensi. .e per gli. effetti di tale disposizione. 

30. Qual()ra la Corte dovesse invece ritenere che la misura che ci occupa 
sia t�le da ostacolare gli scambi aisensi dell'art. 30, essa non sarebbe assolutamente 
� giustificabile n� da � esigenze imperative n� da alcuna delle deroghe 
contemplate dall'art. 36. L'esigenza di salvaguardare la salute delle persone, 
giustificazione invocata nella fattispecie, appare invero del tutto infondata. 
Non mi semb;ra, infatti, c;b.e possa essere accolta la tesi della Landesapothekerkammer 
secondo cui il divieto di pubblicit� in questione sarebbe indisp�nsabile 
per gafa:i:lti'.re il regolare rifornimento dei medicinali ed evitare che 
l'immagine del� farmacista non corrisponda pi� alle sue attivit� tradizionali. 

31. � chiaro invece che un tale divieto si rivela quantomeno sproporzionato 
rispetto allo � scopo che si assume perseguito, considerato che -come emerge 
dagli stessi atti �li causa -la vendita dei prodotti in questione � consentita 
solo riella miSura in cui non pregiudichi il buon funzionamento della farmacia. 
L'obiettivo�inquestiOne potr� pertanto essere raggiunto, ad esempio, sia ponendo 
un fotto alle vendite di prodotti non medicinali, sia mediante sanzioni disciplinari 
nei con.fronti. dei farmacisti che eventualmente concentrassero il loro impegne> 
nella vendita. degli stessi. 
ln questa prospettiva, �il risUltato non potr�bbe essere altro che l'incom� 
patibilit� della misura con il diritto comunitario. 

Ulteriore alternativa sarebbe quella di giustificare la misura in questione 
ricorrendo a formule apodittiche, che pure si rinvengono in alcuni dei ricordati 
precedenti giurisprudenziali: ma neppure questa ipotesi riesco nella specie a 
sottoscrivere, come risulta chiaramente dalle considerazioni sin qui svolte. 

32. Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere come segue al quesito posto 
dal Verwaltungsgerichtshof �Baden-Wlirttemberg: 
� L'art. 30 del Trattato va interpretato nel senso che non costituisce una 
misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione 
una norma nazionale che vieta ai farmacisti di fare la pubblicit�, . al di fuori 
~elle f~rm~�!ecij prodotti parafarmaceutici '" (F.to prof. Giuseppe Tesauro) 

1 



80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

trait� CEE doit etre interpr�t� en ce sens qu'il ne s'applique pas � une 
r�gle d�ontologique, �tablie par la chambre professionne1le des pharmaciens 
d'un Etat membre, qui interdit � ceux-ci de faire de la publicit�, en 
dehors de !'officine, pour les produits parapharmaceutiques. (omissis) 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 9 febbraio 
1994, nella causa C-119/92 -Pres. Due -Avv. Gen. Darmon -Commissione 
delle C. E. (ag. Aresu e Rodriguez Galindo) c. Rep. Italiana (avv. Stato 
Btaguglia). 

Comunit� europee -Inadempimento � Spedizionieri doganali. 

(Trattato CEE, artt. 9 e 12; reii. CEE del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222, e 12 dicembre 
1985, n. 3632; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 40, 43, 47 e 56; legge 22 dicembre 1960, 

n. 1612, artt. 11 e 14). 
La Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad essa incombono 
ai sensi degli artt. 2 e 3 del reg. CEE del Consiglio 12 dicembre 
1985, n. 3632, che definisce le condizioni alle quali una persona � ammessa 
a fare una dichiarazione in dogana, in quanto ha mantenuto nella 
sua normativa una disposizione secondo cui spetta al proprietario fare tale 
dichiarazione ed ha riservato la rappresentanza a spedizionieri doganali 
senza aver previsto chiaramente la possibilit� di fare una dichiarazione 
in nome proprio e per conto terzi. La Repubblica italiana � inoltre venuta 
meno agli obblighi che le derivano dagli artt. 6 dello stesso regolamento, 
richiedendo le stesse qualifiche per il personale dipendente incaricato di 
fare la dichiarazione in dogana e per i prof es sionisti indipendenti. La normativa 
italiana, viceversa, non viola gli obblighi comunitari prevedendo che 
una persona giuridica possa fare la dichiarazione in nome proprio e per 
proprio conto solo tramite una persona fisica che la rappresenti legalmente; 
equiparando il transito comunitario alle operazioni doganali solo riguardo 
alle sanzioni e agli altri elementi non previsti e non disciplinati dai 
regolamenti comunitari; e prevedendo una tariffa degli spedizionieri doganali 
che � applicabile solo alle dichiarazioni effettuate dagli spedizionieri 
professionisti e non alle dichiarazioni effettuate dai dipendenti di ditte 
private o delle pubbliche amministrazioni. 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo 24 marzo 1992, depositato nella 
cancelleria della Corte il 13 aprile 1992, la Commissione ha proposto, ai 
sensi dell'art. 169, secondo comma, del Trattato CEE, un ricorso inteso a 
far dichiarare che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che 
ad essa incombono in forza del diritto comunitario adottando misure, disposizioni 
e prassi che comportano difficolt� per quanto riguarda l'attivit� 


del dichiarante in dogana e creano ingiustificati privilegi di fatto in favore 


PARTB I, SEZ. II; GIURIS. COMUNITARIA E' INTERNAZIONALE 

degli' spedizionieri doganali italiani, in violazione del regolamento (CEE) 
del. Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222, relativo al transito comunitario (GU 
L 38, pag. 1, in prosieguo: il �regolamento transito�),. e del regolamento 
(CEE) del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le condizioni 
alle quali una persona � ammessa a fare una dichiarazione in dogana (GU 
L 350, pag. 1, in prosieguo: il �regolamento dichiarante�), e approvando 
tariffe professionali obbligatorie ed inderogabili per le prestazioni professionali 
degli spedizionieri doganali italiani, in violazione degli artt. 9 e 12 
del Trattato CEE. 

2. -Ai sensi dell'art. 2 del � regolamento dichiarante � � la dichiarazione 
in dogana pu� essere fatta da qualsiasi persona in grado di presentare 
o di far presentare al servizio doganale competente, secondo le disposizioni 
all'uopo previste, la merce in questione e tutti i documenti che devono 
essere presentati a norma delle disposizioni che regolano il regime doganale 
richiesto per detta merce �. 
3. -Ai sensi dell'art. 3 del regolamento, 
� 1. Quando la dichiarazione in dogana � fatta per iscritto, la persona 
di cui all'art. 2 pu�, fatte salve le altre disposizioni del presente articolo, 
fare dett� dichiarazione: 
a) a nome proprio e per proprio conto, 
1b) a nome e per conto di terzii [rappresentanza diretta], 
c) a nome proprio, ma per conto di terzi [rappresentanza indiretta]. 


2. La possibilit� di fare la dichiarazione prevista al paragrafo l, lett. e), 
p�� essere esercitata solo se gli Stati membri hanno deciso in tal senso. 
3. Quando uno Stato membro autorizza la possibilit� di fare la dichiarazione 
prevista al paragrafo l, lett. e), esso pu� riservare alle persone che 
esercitano, in quanto attivit� non salariata, la professione consistente nel 
fare dichiarazioni in dogana, sia a titolo principale sia a titolo accessorio 
rispetto ad un'altra attivit�, il diritto di: 
a) fare dichiarazioni a nome e per conto di terzi, o in alternativa 
b) fare dichiarazioni a nome proprio, ma per conto di terzi�. 

4. -Ai sensi dell'art. 6, lett. a), dello stesso regolamento, quest'ulUmo 
�non � contrario alle disposizioni degli Stati membri che riservano, 
nel rispetto dell'art. 3, n. 3, l'esercizio della professione alle persone 
abilitate a tal fine dalle autorit� competenti dello Stato membro interessato 
-gli spedizionieri doganali -e che presentano le qualifiche 
professionali richieste e le garanzie ritenute necessarie per l'esercizio 
della professione. Ai sensi dell'art. 6, lett. b), gli Stati membri, quando 
prevedono la possibilit�, per le imprese, di .ricorrere a personale dipendente 

82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

qualificato per fare dichiarazioni in dogana in nome e per conto di tali 
imprese, possono subordinare tale possibilit� al possesso di una qualifica 
professionale appropriata. 


5. -Le disposizioni italiane pertinenti figurano nel decreto del 
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, recante approvazione 
del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale 
(GURI, Supplemento ordinario n. 80 del 28.3.1973, in prosieguo: il 
�Testo unico�). 
6. -Per quanto riguarda la rappresentanza dei proprietari della 
merce, l'art. 40, commi primo e secondo, del Testo unico dispone: 
�Ogniqualvolta le disposizioni in materia doganale prescrivono al 
proprietario della merce di fare una dichiarazione o di compiere determinati 
atti o di osservare speciali obblighi e norme, ovvero gli consentono 
di esercitare determinati diritti, il proprietario stesso pu� 
agire a mezzo di un rappresentante. 

La rappresentanza per il compimento delle operazioni doganali 
pu� essere conferita esclusivamente ad uno spedizioniere doganale iscritto 
nell'albo professionale istituito con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612, 
salvo quanto previsto nell'art. 43 �. 

7. -L'art. 43, primo comma, � cos� formulato: 
� La rappresentanza del proprietario della merce per il compimento 
delle operazioni doganali pu� essere conferita anche ad uno spedizioniere 
doganale non iscritto nell'albo professionale, purch� si tratti di 

un dipendente del proprietario stesso �. 

8. -Sulla dichiarazione doganale, l'art. 56 stabilisce che: 
�Ogni operazione doganale deve essere preceduta da una dichiarazione 
da farsi dal proprietario della merce, nelle forme indicate nell'art. 
57. 

� considerato proprietario della merce colui che la presenta in dogana 
ovvero che la detiene al momento dell'entrata nel territorio doganale 
o dell'uscita dal territorio stesso. Rimane salvo, in ogni caso, il 
diritto della dogana di accertare, ad ogni effetto del presente Testo 
unico, chi abbia la propriet� della merce, oggetto delle operazioni doga


1 

nali�. 

9. -Per il resto gli artt. 47 e seguenti del Testo unico determinano 
i requisiti in materia di qualifica professionale che gli spedizionieri doganali 
devono soddisfare. In base a queste disposizioni il ministro delle 

PARTE I, SBZ. II, :GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 83 

Finanze organizza gli esami per il conseguimento cli una patente di spedizioniere 
doganale che viene successivamente rilasciata dal ministero 
delle Finanze, sentito il Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali. 

10. -Infine dagli artt.11 e 14 della legge italiana 22 dicembre 1960, 
n. 1612 (GURI Il� 4 del 5.1.1961), risulta che le tariffe per [e prestazioni 
professionali degli spedizionieri doganali sono fissate dal Consiglio nazionale 
degli spedizionieri. Esse sono approvate con decreto del ministro 
delle Finanze. Ai sensi dell'art. 11, secondo comma, di questa stessa 
legge, le prestazioni degli spedizionieri doganali non possono in nessun 
caso dar luogo a corrispettivi inferiori o superiori a quelli approvati dal 
Consiglio nazionale. 
11. -Dal ricorso della Commissione risulta che essa formula due 
serie cli censure nei confronti del governo italiano. Le prime cinque censure 
riguardano l'incompatibilit� di talune disposizioni del Testo unico 
con i regolamenti � dichiarante � e �transito�, nonch� il modo in cui 
queste disposizioni vengono interpretate ed applicate dalle autorit�. doganali 
italiane. Con la sesta ed ultima censura Ja Commissione intende 
far dichiarare che .le tariffe professionali per le prestazioni degli spedizionieri 
doganali costituiscono tasse di effetto equivalente. 
Sulla violazione dei regolamenti � dichiarante � e � transito � 

12. -In via preliminare occorre rilevare che il governo italiano 
insiste sul fatto che la situazione � rimasta immutata dopo la sentenza 
25 ottobre 1979, causa 159/78, Commissione/Italia (Racc. pag. 3247). 
13. -A tal riguardo � sufficiente constatare che tale sentenza si 
riferisce ad una violazione degli artt. 30, 34 e 52 del Trattato CEE, non 
riguarda il �regolamento transito� e reca una data precedente al � regolamento 
dichiarante�, adottato dal Consiglio il 12 dicembre 1985. Occorre 
pertanto riesaminare la normativa italiana in base a questo nuovo 
regolamento nonch� al � regolamento transito �. 
14. -In base al suo preambolo, il � regolamento dichiarante � mira 
a definire sul piano comunitario le condizioni alle quali una persona � 
ammessa a fare una dichiarazione in dogana. Per il resto, il regolamento 
stesso non si oppone al mantenimento di una normativa cli uno Stato 
membro che riservi a spedizionieri doganali l'esercizio della professione 
consistente nel fare dichiarazioni in dogana in nome di terzi o in nome 
proprio ma per conto di terzi. 
15. -Alla luce di queste considerazioni occorre determinare se le 
disposizioni legislative nazionali rispettino le regole fissate dal regolamento. 
.. ... .. ... -:-: -... .. ... -::-:-... :-: :-: ... :-:.... .. .. 


RASSEGNA AVVOCATURA DBLW STATO 

Sulla prima censura 

16. -Con una prima censura la Commissione sostiene che la Repubblica 
italiana ha violato l'art. 2 del �regolamento dichiarante� richiedendo, 
all'art. 56, primo comma, del Testo unico, che la dichiarazione 
in dogana sia fatta dal � proprietario della merce �. Una tale formulazione 
rischierebbe di creare una confusione pregiudizievole per la diretta 
applicazione dell'art. 2 del �regolamento dichiarante�, e ci� nonostante 
la finzione legale operata dall'art. 56, secondo comma, della stessa 
normativa, secondo cui � considerato proprietario della merce chi la 
presenta in dogana ovvero chi la detiene al momento dell'entrata nel 
territorio doganale o dell'uscita dal territorio stesso. 

17. -Si deve accogliere l'argomento della Commissione. Contrariamente 
a quanto sostiene il governo italiano, la normativa italiana, facendo 
ricorso alla nozione di �proprietario�, che � estranea al � regolamento 
dichiarante�, pu� lasciar sussistere dubbi sulla persona ammessa 
a presentare o far presentare la dichiarazione. Ora, secondo una 
giurisprudenza consolidata (v. in particolare sentenza 30 gennaio 1985, 
causa 143/83, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 427), i principi della 
certezza del diritto e della tutela dei singoli esigono che nei settori che 
rientrano nel diritto comunitario le norme nazionali siano formulate in 
maniera non eqruivoca che consenta agli interessati di conoscere i loro diritti 
ed obblighi in modo chiaro e preciso e ai giudici nazionali di garantirne 
l'osservanza. 
18. -La prima censura � pertanto fondata. 
Sulla seconda censura 

19. -Con la seconda censura la Commissione sostiene che la normativa 
italiana ha riservato, per le dichiarazioni in dogana, Ja rappresentanza 
a spedizionieri doganali, senza aver previsto esplicitamente, cos� 
come richiede l'art. 3, n. 2, del �regolamento dichiarante�, la possibilit� 
per una persona di dichiarare una merce in nome proprio ma per conto 
di terzi. Solo l'inserimento di una tale autorizzazione nella loro normativa 
consentirebbe agli Stati membri di riservare a spedizionieri 
doganali una delle due forme di rappresentanza menzionate all'art. 3, n. 3. 
20. -Occorre dunque esaminare innanzitutto se la normativa italiana 
sia compatibile con l'art. 3, n. 2, del �regolamento dichiarante�. 
21. -~ vero che, come sostiene il governo italiano, la Corte, nella 
sentenza Commissione/Italia, soprammenzionata (punto 14), ha evocato 
la possibilit� che esisterebbe in diritto italiano, per una persona, di di

PARTE I, SBZi ��ll/GIURIS. COMUNITARIA B ~'lBRNAZIONALB ss 

chiarare. una .merce in nome proprio e per conto di <terzi; <t1. importante 
tUttflvia rilevare che tale senteuza si limita � coostatare che la Cireostan~ 
za che questa possibilit� sorga grazie�.�. ad una' finzione legale, �come 
q.ella c9i ~i ,;:i~~ris�~ l'lilft. 56,. sec911c1c:> comn:la, deLTesto .Qico, o grazie 

~~~~f~111~~~~;t~ 


22. -Nella presente causa., per coritfo/riori si tratta< di esaminate 
l~n?tm,HY~ q� ftll.Jrat~a.~~Jl1 FrJ~zi9p~ a~li ~th:~O Jt34.. c1el .Trattato, 
ma cli verificare la sua..co:inpatibil~t� COl1 l'art. 3, n.. 2, del �regolamento 

dichi~rarite >>, � � � .� � �� � � � � � � � � � �. �.�. � � � � .� �.� � � .� �. � �� 

23. -Questa disposizione esige chdla f~�:olt�di fate� un.a� dichilkazione 
in nome proprio e�. per conto di terzi possa essere esercitata solo 
se� gli Stati membri hanno deciso�. in tal senso. � 
i~}il~-tTJ::~t~itl~


ziC>nate. aln'.: 1 di tale. art1col0, solo a. .condizione di . aver autorizzato la 
i:~fo#~se11tanz~)n� nome ~~R~~iH.�e .p~r c~ptb. d� terzi. � � �� 

�25.�.. ��� ���� �PoiCh�. gli �rtt; 40, �. sec�ndo � comma,. � 43, primo comma, del 
Testo unico' riservano l� tappresehtanza. a �. spediZioriieri doganrui, la 
normativa italiana avrebbe dovU:fo �. �uforuzare �in� ma.riiera chiara e precisa 
la. rappresentanza.. in nome. proprio i;na per conto di terzi. 

/ � � Z6; Ofa; 1a fi:OZione legale, cos� coi:n� �' f�rmulat� all'art 56, secoritfo 
comm�/ del Testo unico, non soddisfa nemmeno tale condizione. 
Come � stafo cbrisfatatO al :Pl.lllto 11, il trcotso' i:tlla nozione di <~proprietario 
� lascia sussistere dubbi stilla persona ammessa � presentare o a 
far< prese11t;are la dichiarazionfi� 

�7. ,_;; Petta:nto, sen2:a: cli� si� necessario esaminare s� le demiric� 
a.Ile quali ha fatto riferimento la .� C::�mmissl�ne� Il� sosteg�lo dei�.�suoi a:r~ 
goJll.enti possano essere �. p:tes.e in Qonsider2;\Zione, occorre constatare che 
la seconda censura . � fondata. 

Sulla terza censura 

28. -Con la terza censura la Commissione ritiene che il Testo unico 
.crei una discriminazione tra persone giuridiche e persone fisiche, 
in quanto le prime non possono fare una dichiarazione in nome proprio 
e per proprio. conto. ,potendo agire, ..per quanto. riguarda i :rappor~i 
T 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

86 

esterni, solo quando sono rappresentate da persone fisiche, esse sarebbero 
obbligate, nel sistema italiano, a far ricorso alle prestazioni professionali 
degli agenti in dogana. 

29. -A tal riguardo occorre constatare che la rappresentanza di una 
persona giuridica da parte di rappresentanti legali differisce dalla rappresentanza 
prevista dal Testo unico. Infatti, una societ�, che agisce in 
nome proprio e per proprio conto, deve necessariamente agire per il 
tramite di una persona fisica. Questo tipo di rappresentanza non pu� 
essere confuso con la rappresentanza doganale. 
30. -'--Dato che dal Testo unico non risulta che esso impedisca ad 
una societ� di agire in nome proprio e per proprio conto per il tramite 
di una persona fisica che la rappresenti legalmente, la terza censura 
della Commissione dev'essere respinta. 
Sulla quarta censura 

31. -La quarta censura della. Commissione riguarda il fatto che gli 
artt. 47 e seguenti del Testo unico impongono gli stessi requisiti di abilitazione 
professionale al personale dipendente ed ai professionisti indipendenti. 
I requisiti imposti al primo andrebbero al di l� del semplice 
riconoscimento di una qualifica professionale appropriata previsto 
da1l'art. 6, lett. b), del �regolamento dichiarante�. Questa interpretazione 
non � del resto contestata dal governo italiano che aggiunge tuttavia 
che la valutazione degli elementi di fiducia e di capacit� � operata 
allo stesso modo per le due categorie di persone. 
32. -In base all'art. 6 del �regolamento dichiarante�, i professionisti 
indipendenti possono essere abilitati a fare dichiarazioni in dogana 
solo quando possiedono le qualifiche professionali richieste e presentano 
le garanzie necessarie, mentre per il personale dipendente � previsto 
solo il riconoscimento di una qualifica appropriata. 
33. -Ne deriva che l'acquisizione della qualifica professionale costituisce 
oggetto di due regimi diversi e che tale distinzione deve risultare 
nella normativa degli Stati membri. 
34. -Pertanto, assoggettando i professionisti indipendenti ed il personale 
dipendente agli stessi requisiti di abilitazione professionale, la 
Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad essa incombono 
in forza dell'art. 6 del � regolamento dichiarante �. 
Sulla quinta censura 

35. -La quinta censura riguarda le dichiarazioni in dogana nel regime 
del transito, cosi come � definito dal �regolamento transito�. In

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

fatti, ai sensi dell'art. 12, n. 3, di questo regolamento, una dichiarazione di 
transito pu� essere firmata dal principale obbligato o dal suo rappresentante 
abilitato e presentata all'ufficio di partenza. Ora, secondo la 
Commissione, le autorit� doganali italiane rifiutano di registrare questo 
tipo di dichiarazione poich� solo gli spedizionieri doganali italiani possono 
adempiere tali formalit�. 

36. -Nella replica, la Commissione precisa il suo mezzo sostenendo 
che l'art. 238, secondo comma, del Testo unico equipara il transito comunitario 
alle operazioni doganali di cui all'art. 55. Da quest'ultima 
disposizione, che rinvia per tutte le operazioni doganali alla dichiarazione 
in dogana di cui all'art. 56, risulterebbe inoltre che le operazioni di 
transito ricadono nel regime generale della dichiarazione in dogana e 
quindi della rappresentanza in dogana. Ne deriverebbe che il ricorso 
agli spedizionieri doganali � obbligatorio, anche per le operazioni di 
transito. 
37. -Occorre precisare innanzitutto che, secondo una giurisprudenza 
consolidata, la Commissione � tenuta a fornire essa stessa la prova 
del preteso inadempimento (v. sentenza 19 marzo 1991, causa C-249/88, 
Commissione/Belgio, Racc. pag. 1-1275, punto 6). 
38. -Nella fattispecie, la Commissione, nel suo parere motivato, 
si � basata sulla denuncia di un'impresa e sulla conferma, da parte del 
ministro tedesco dell'Economia, che le difficolt� incontrate da questa 
impresa erano state incontrate anche da altre. Nel ricorso la Commissione 
fa riferimento poi a � numerose denunce � senza fornire alcun elemento 
di prova al riguardo. Dato che queste denunce non sono state 
comunicate al governo italiano, che afferma del resto di non conoscerne 
il contenuto, esse non possono essere prese in considerazione dalla Corte. 
39. -Per quanto riguarda l'equiparazione del transito comunitario 
alle operazioni doganali di cui all'art. 55 del Testo unico, occorre rilevare, 
come ha fatto l'avvocato generale nelle sue conclusioni, che essa 
riguarda, in base all'art. 238, secondo comma, della normativa italiana, 
solo Je sanzioni e tutti gli altri elementi non previsti e non disciplinati. 
dai regolamenti comunitari. 
40. -Dato che l'art. 238 rinvia all'art. 55 del Testo unico solo per 
le situazioni che non sono disciplinate dai regolamenti comunitari, 
le operazioni di transito comunitario non ricadono nel regime generale 
della dichiarazione in dogana del Testo unico, ma direttamente nel regime 
del �regolamento transito� stesso. 
41. -La quinta censura deve pertanto essere respinta. 

RASSEGNA AVV0CA1'URA .DELLO STATO

88 

Sulla violazione degli artt. 9 e 12 del Trattato. 

42. -La Commissione ritiene che le tariffe degli spedizionieri doganali, 
che sono fissate dal Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali, 
le cui attribuzioni sono disciplinate dalla legge 22 dicembre 
1960, e che sono approvate con decreto del ministro delle Finanze, 
costituiscano tasse di effetto equivalente a dazi doganali, ai sensi degli 
artt. 9 e 12 del Trattato, in quanto sono obbligatorie ed i :loro liveJJi 
minimi non subiscono alcuna deroga. A tal riguardo la Commissione 
sostiene che gli spedizionieri doganali possiedono un quasi monopolio 
per quanto riguarda questa dichiarazione. 
43. -Gli artt. 9, 12 e 13 del Trattato vietano i dazi doganali all'importazione 
nonch� tasse di effetto equivalente nel commercio tra 
Stati membri. 
44. -Secondo una giurisprudenza consolidata (v. in particolare 
sentenza 21 marzo 1991, causa C-209/89, Commissione/Italia, Racc. pag. 
1-1575), la giustificazione del divieto delle tasse di effetto equivalente 
a dazi doganali risiede nell'ostacolo che oneri pecuniari riscossi a causa 
o in occasione del passaggio della frontiera costituiscono per la libera 
circolazione delle merci. Di conseguenza, qualsiasi onere pecuniario imposto 
unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla 
sua struttura, il quale colpisca le merci a causa del fatto che esse varcano 
la frontiera, costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale 
ai sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16 del Trattato, anche se non � 
riscosso dallo Stato. L'onere sfugge a tale qualifica se costituisce il corrispettivo 
di un servizio effettivamente reso all'operatore economico, 
di importo proporzionato al servizio stesso. 
45. -.. Occorre perci� esaminare se le tariffe di cui trattasi costituiscano 
un onere pecuniario, imposto unilateralmente a chiunque voglia 
fare una dichiarazione in dogana, che colpisce le merci per il fatto 
che esse oltrepassano la frontiera. 
46. -A tal riguardo occorre rilevare come, nella risposta ai quesiti 
della Corte, la Commissione abbia chiarito che le dichiarazioni effettuate 
da dipendenti di ditte private o da dipendenti delle pubbliche 
amministrazioni devono ritenersi effettuate da spedizionieri doganali 
in senso lato, dato che, a causa della specializzazione richiesta e della 
loro attivit�, queste persone possono essere equiparate agli spedizionieri 
doganali professionisti. Nella risposta ad un quesito posto dalla 
Corte in udienza, la Commissione ha tuttavia ammesso che queste persone, 
che effettuano il 22% di tutte le dichiarazioni, non sono assoggettate 
alla tariffa professionale. Ne deriva che esiste una possibilit� di 
scelta effettiva per l'importatore, 'il quale non � obbligato a far ricorso 

PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMVNl'l'ARIA E INTERNAZIONALE 

89 

ad uno spedizioniere professionista, e che pertanto la tariffa non � 
imposta in maniera obbligatoria a chiunque voglia fare una dichiarazione 
in dogana. 

47. -Stando cos� le cose, le tariffe controverse non possono essere 
qualificate come tasse di effetto equivalente ai sensi degli artt. 9 e 12 
del Trattato. Ne deriva che l'inadempimento non � provato su tale punto. 
48. -Da quanto precede risulta che la Repubblica italiana � venuta 
meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli artt. 2 e 3 
del regolamento (CEE) del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che 
definisce le condizioni alle quali una persona � ammessa a fare una 
dichiarazione in dogana, iin quanto ha mantenuto nella sua normativa 
una disposizione secondo cui spetta al proprietario fare tale dichiarazione 
ed ha riservato la rappresentanza a spedizionieri doganali senza 
aver previsto chiaramente la possibilit� di fare una dichiarazione in 
nome proprio e per conto di terzi. La Repubblica italiana � inoltre venuta 
meno agli obblighi che le derivano dall'art. 6 dello stesso regolamento, 
richiedendo. le stesse qualifiche per il personale dipendente incaricato 
di fare le dichiarazioni in dogana e per i professionisti indipendenti. 
49. -Il ricorso dev'essere respinto per il resto. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 23 febbraio 
1994, nella causa C419/92 -Pres. Due -Avv. Gen. Jacobs -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo 
regionale per la Sardegna nella causa Scholz c. Opera universitaria 
di Cagliari. Interv.: Governi italiano (avv. Stato Ferri) 
e francese (ag. Puissochet e Chavance) e Commissione delle C.E. (ag. 
Gouloussis e Traversa) 

Comunit� europee � Libera circolazione� dei lavoratori -Concorso per un 
impiego nella pubblica amministrazione � Esperienza professionale 
maturata in un altro Stato. membro. 
(Trattato CEE, art. 48). 

L'art. 48 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che, 
qualora un ente pubblico di uno Stato. membro, assumendo personale 
per posti che non rientrano nella sfera di applicazione dell'art. 48, 

n. 4, del Trattato, stabilisca di tener conto delle attivit� lavorative anteriormente 
svoU.e dai candidati presso una pubblica amministrazione, 
tale ente non pu�, nei confronti di cittadini comunitari, operare alcuna 
disr,inzione a seconda che tali attivit� siano state esercitate presso la 

RASSEGNA AVVOCA'rURA DBLLO S'rATO

90 

pubblica amministrazione dello stesso Stato membro o presso quella 
di un altro Stato membro. 

(omissis). 1. -Con sentenza 10 giugno 1992, registrata nella cancelleria 
della Corte il successivo 18 dicembre,, il Tribunale amministrativo 

regionale per la Sardegna ha proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato 
CEE, una questione pregiudiziale sull'interpretazione degli artt. 7 e 48 
del Trattato CEE e degli artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 
15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori 
ahl'interno della Comunit� (G.U. L. 257, pag. 2). 

2. -La questione � stata sollevata nell'ambito di una causa vertente 
sulla graduatoria dei candidati in esito di un concorso generale per 
titoli ed esami per la copertura di posti di agente di ristorazione 
presso l'universit� di Cagliari. 
3. -La ricorrente nella causa principale, che � di origme tedesca 
ed ha acquisito la cittadinanza italiana per matrimonio, ha presentato 
un ricorso con cui ha contestato la posizione attribuitale nella graduatoria 
del detto concorso, sostenendo che la commissione giudicatrice 
aveva illegittimamente rifiutato di prendere in considerazione, come 
previsto dal bando di concorso, l'attivit� lavorativa da lei esercitata, 
prima del matrimonio, presso l'amministrazione postale tedesca. 
4. -In particolare, il bando di concorso prevedeva che, ai fini 
della graduatoria finale dei candidati, si attribuisse un certo punteggio 

per i titoli ed i periodi di servizio prestati, senza ulteriori precisazioni 

sul tipo di esperienza lavorativa precedente. 

I 

5. -Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, inveI 


stito del ricorso, ha quindi sottoposto alla Corte la seguente questione 
pregiudiziale: 

� Se gli articoli 7 e 48 del Trattato CEE e 1 e 3 del regolamento 

n. 1612/68 possano essere interpretati nel senso di vietare che, in occasione 
di un concorso pubblico per il conferimento di posti non rientranti 
fra quelli per cui vige la riserva di cui all'art. 48, par. 4, possa essere 
negata rilevanza all'attivit� lavorativa prestata alle dipendenze di una 
pubblica amministrazione di un diverso Stato membro, quando quella 
resa in favore di un'amministrazione dello Stato in cui � bandito il con�orso 
viene considerata titolo utile ai fini della formazione della graduatoria 
conclusiva della procedura concorsuale�. 
6. -Occorre innanzi tutto ricordare che l'art. 7 del Trattato, che 
vieta ogni discriminazione compiuta in base alla cittadinanza, non si 
applica in modo autonomo qualora il Trattato preveda una specific~ ! 
~ 

! 

~ 

�I

8 

..,.,.....�.�.�m.�.�mTifillli~f'""""�zw.<""'�F"'"""""""""'""'''""'�''�"'""""��"'�'"z''''''""''"'"'z''"'"''''"""'"'"'z''''''''"''''''''''"'''z'"z����.-���, '""J

ff@.-�-~,..;. ........ , ,:~=-�===1?a11��.....&'"ll'*-'P~m=�=~w.tm ,,,wr,.a~=-~ "


W!r1c.....*..,,..,,................ ..���-w=wp11;=����=-..���=�~=-w..ft!..Jii.......


.1111(""" ,., .. }'f.z,..x. .. filiiillal.rr:a~&�e�.2i�z~BliFdf..&Ifu..,,, . ...& ..,..,@..;..m 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

norma di non discriminazione, come nell'art. 48, n. 2, per quanto riguarda 
la libera circolazione dei lavoratori (v. sentenza 30 maggio 1989, 
causa 305/87, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1461, punti 12 e 13). 
Inoltre, 1gli artt. 1 e 3 del regolamento n. 1612/68 non fanno che esplici~ 
tare e attuare i diritti gi� derivanti dall'art. 48 del Trattato. Pertanto 
quest'ultimo � l'unica norma rilevante nella presente causa. 

7. -Risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, 
sentenza 10 marzo 1993, causa C-111/91, Commissione/Lussemburgo, 
Racc. pag. I-817, punto 9) che l'art. 48 del Trattato vieta non solo le 
discriminazioni palesi, in base alla cittadinanza, ma anche quelle dissimulate 
che, fondandosi su altri criteri, pervengano comunque allo stesso 
risultato. 
8. -Per quanto riguarda la fattispecie oggetto della causa principale, 
occorre notare in primo luogo che il fatto che la ricorrente nella 
causa principale abbia acq�isito la cittadinanza italiana � irrilevante ai 
fini dell'applicazione del principio di non discriminazione. 
9. -Infatti, le norme in questione si applicano a qualsiasi cittadino 
comunitario, a prescindere dal luogo di origine e dalla cittadinanza della 
stessa, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori 
e che abbia esercitato una attivit� lavorativa in un altro Stato 
membro. 
10. -In secondo luogo occorre rilevare come il bando del concorso 
di cui trattasi prevedesse la presa in considerazione, ai fini della formazione 
della graduatoria finale, di precedenti periodi di lavoro compiuti 
presso la pubblica amministrazione, senza precisare che essi dovessero 
avere un collegamento con le mansioni di agente di ristorazione. 
11. -Occorre infine constatare che il rifiuto di prendere in considera2lione, 
per l'attribuzione del punteggio aggiuntivo previsto ai fini 
della graduatoria finale, il periodo di lavoro svolto dalla ricorrente nella 
causa principale presso la pubblica amministrazione di un altro Stato 
membro costituisce una discriminazione indiretta non giustificata. 
12. -La questione proposta va dunque risolta dichiarando che l'articolo 
48 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che, quafora 
un ente pubblico di uno Stato membro, assumendo personale per 
posti che non rientrano nella sfera d'applicazione dell'art. 48, n. 4, 
del Trattato, stabilisca di tener conto delle attivit� lavorative anteriormente 
svolte dai canditati presso una pubblica amminstrazione, tale ente 
non pu�, nei confronti di cittadini comunitari, operare alcuna distinzione 
a seconda che tali attivit� siano state esercitate presso la pubblica amministrazione 
dello stesso Stato membro o presso quella di un altro Stato 
membro. (omissis) 

SEZIONE TERZA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
GIURISDIZIONE E APPALTI 
SEZIONE TERZA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
GIURISDIZIONE E APPALTI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 luglio 1993 n. 8478 -Pres Brancaccio 
-Est. De Luca -P. M. Di Renzo (concl. conf.) -INPS (avv. Vario, 
Ausenda, Gigante) c. Redolfi (avv. Petti). 

Previdenza � Crediti previdenziali � Interessi � Decorrenza. 

Anche nei casi di crediti previdenziali, ancorch� sorti in seguito a 
declaratoria d'incostituzionalit�, gli interessi decorrono dalla data (pur 
se precedente la pronuncia d'illegittimit� costituzionale) dell'eventuale 
liquidazione, anche se inesatta, ovvero dalla data della scadenza del 
centoventesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa 
di prestazione, nonch� delle successive scadenze dei singoli 
ratei (1). 

1. -Con l'unico motivo del ricorso -denunciando violazione e falsa 
applicazione di norme di diritto (art. 46 e 47 d.p.r. 639/70 in relazione 
agli artt. 7 1. n. 533 del 1973, 1218 e 1282 e.e.) nonch� vizio di motivazione 
(art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) -l'Inps censura la sentenza impugnata per 
(1) La sentenza in epigrafe pu� ben essere considerata come il punto 
d'arrivo di un'annosa ed intricata vicenda, che affonda le radici in un'altra 
sentenza di fondamentale importanza: la s~nt. 156/1991 della Corte Costituzionale, 
sulla parificazione della tutela dei crediti di lavoro con quella dei crediti 
previdenziali. 
In tale sentenza la Corte CostitU.zionale giunse, al termine di un lungo processo 
evolutivo, alla dichiarazione di illegittimit� dell'art. 442 c.p.c. per violazione 
degli artt. 3 e 38 Costituzione � ... nella parte in cui non prevede che 
il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di 
denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, 
oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito 
dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice 
dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria 
e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno 

in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilit� dell'Istituto od 
Ente debitore per il ritardo dell'adempimento� (in Foro lt., 1991, I, 1321 ss., con 
nota di PARDOLESI, Crediti previdenziali, tutela �differenziata� e �punitive 
damages�). 
Nell'ampliare la vis� attractiva dell'art. 429 c.p.c., la Corte non ha mancato 
per� di evidenziare lo � speciale meccanismo � con cui si determina la costi� 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 9:1 

avere �qualificato � corrispettivi� gli interessi -��da corrispondere a con� 
troparte -e stabilito la loro decorrenza -dalla .data di .maturazione 
del credito fatto valere -sebbene gli interessi stessi avessero natura 
moratoria e dovessero decorrere solo dal centoventunesimo (121~) giorno 
successivo a:lla pubblicazione della sentenza >(n; 34/81) della Corte e<> 
stituzionale -che ha fatto sorgere il credito (per integrazione .al. mini� 
mo),. idi cui si discute -difettando, per il periodo precedente; l'esigibilit�: 
dello stesso credito, <(non parendo dubbio che l'esistenza della 
norma, successivamente�espunta, impedi(sse) ogni possibilit� �di� erogazione 
da parte dell'Inps tenuto al rispetto delle norme (allora) vigenti �. 

Il ricorso � fondato .,_ e, come tale, va accolto -per quanto di ragion.
e�.. 

2. -La questione;. che viene prospettata dall'istituto ricorrente, ha 
"iato luogo a contrastq n�na &iurisprudenza della sezione. lavoro di qy.esta 
C()rte, 
� stato, talora, sostenuto .che �la retroattivit� della d~claratoria 
di illegittimit� costituzio11ale di mia norma ostativa al riconoscimento 
di una presta~ione previdenziale -come, nella specie, la sentenza della 
Corte costituzionale n. 314 del 1985 (id., J986, I, 1795) in ordine all'integrazione 
. al minimo. della pensione -non .vale a trasformare. in illecito 
(e, cqme tale, fonte di ol>bligo risarcitorio avente natura di debito di 
valore) n comportamento ~teriore conformatosi alla norma (da ritenere,. 
poi,. come� giammai esistita), n� a derogare al principio generale, desumib* 
dagli artt. 46 .e 47 d'.p.r. n. 639 dei. i970 e 7 1. n. 533 del 1973, 
secondo cui il sistema pensionistico vigente attribuisce all'Inps uno spatium 
deliberandi al fine di calcolare e liquidare il credito del pensionato 

tuzione di messa� in mora, effettuando un rinvio, solo funzionale, al sistema 
della responsabilit� contrattuale del codice civile, per la determinazione del 

dies a quo. 

Sebbene tale sentenza abbia ridisegnato in maniera piuttosto chiara la 
portata� dell'art;� 422; essa ha fornito alle Sezioni Unite della Cassazione la possibilit� 
di risolvere e riunire ad unum le diverse soluzioni nelle quali si era 
frantumata la giurisprudenza della Suprema Corte, ricomponendo quindi il contrasto 
giurisprudenziale insorto in special modo �nell'ambito della sezione lavoro. 

Il problema che si � trovata a dover risolvere la �Corte � strettamente collegato 
a quello pi� generale degli effetti di una declaratoria di illegittimit� 
costituzionale, che modifichi l'assetto giuridico �n itin�re; soprattutto in� relazione 
ai delicati nodi problematici lasciati insoluti: il dilemma del � come comportarsi 
� nel caso in cui una norma ostativa, fino a quel momento regolarmente 
rispettata dall'Ente previdenziale, venga improvvisamente rimossa� con una declaratorfa 
d'illegittimit� costituzionale; ha generato tre diversi indirizzi interpretativi 
in seno alla stessa Suprema Corte. 

Per un primo orientamento (vedere in proposito Cass., 24 novembre 1990, 

n. 11329, Foro lt., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 836), l'esclusione di qual'
iil~i fwm!l �li responsa~ilit~ �lell'Ente Previ�lenziale (privato dell'adeguato 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

94 

(con la conseguenza) che il credito, avente ad oggetto quella integrazione, 
non � produttivo di �interessi, aventi decorrenza coincidente con 
l'insorgenza dell'obbligazione principale, e che, in particolare, trattandosi 
di .prohuncia d'incostituzionalit� sopravvenuta (...), gli interessi sulla 
integrazione al minimo decorrono dalla scadenza del termine di cento


venti giorni dalla pubblicazione di detta pronuncia o, in caso di provvedimento 
amministrativo di rigetto posteriore alla pronuncia di incostituzionalit� 
ed emesso entro il centoventesimo giorno, dalla data dello 
stesso provvedimento, senza che in contrario possa farsi ricorso all'art. 
1282 e.e., in tema di interessi corrispettivi, la cui aJi>plicabilit� postula la 
sussistenz� della liquidit� e dell'esigibilit� del credito� (cos�, testualmente, 
la �massima� estratta dalla sentenza 24 novembre 1990, n. 11329 
della sezione lavoro, id., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 836; in 
senso sostanzialmente conforme, sono le sentenze di detta sezione 1355/92, 
id., Rep. 1992, voce it., n. 860; 13795/91, id., Rep. 1981, voce cit., n. 880; 
3438/86, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1136; 7122/86, id., Rep. 1987, voce cit., 

n. 1261; 384/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 870, tutte con riferimento ad 
integrazione di pensione al trattamento minimo; nonch� la sentenza 
3012/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 365 e 2249/87, ibid., n. 1253, concernenti 
prestazioni previdenziali diverse). 
Altro orientamento giurisprudenziale ritiene, invece, che � gli interessi 
su somme erogate dall'Inps, a seguito di riliquidazione di pensione 
conseguente all'effetto retroattivo di declaratoria di incostituzionalit�, 
vanno qualificati corrispettivi, e non gi� moratori, giacch� si fondano 
sulla normale fecondit� del danaro e prescindono, invece, dalla colpa 

spatium deliberandi) consente cli iniziare a calcolare gli interessi solo dopo 

l'inutile decorso del termine quadrimestrale, a partire dalla pronuncia di incostituzionalit�. 


Altra corrente di pensiero (es. Cass. 5 febbraio 1992, n. 1224, id., Rep. 1992, 
voce cit., n. 651) si concentra invece sulla � qualificazione � del tipo di interessi 
in questione, giungendo a riconoscerne in casi come questo la natura corrispettiva, 
e quindi individuando il dies a quo nel momento iniziale del credito. 

Per finire, l'orientamento pi� aderente a quello della sezione lavoro, tende 
a qualificarli come interessi moratori, rendendone quindi possibile il cumulo 
della somma rivalutata, che, ricordiamo, essere stato escluso, a livello di obiter 
dictum, dalla gi� citata sentenza Corte Cost. 156/91, per i creditori ordinari 
(Cass. 4 febbraio 1993, n. 1358, id., Mass., 136). 

In questo confuso panorama giurisprudenziale s'inserisce la pronuncia contenuta 
nella sentenza in epigrafe, nella quale le Sezioni� Unite, basandosi sui 
presupposti logici creati dalla pi� volte citata sentenza 156/91, risolvono il 
� problema� della qualificazione, e quindi della decorrenza degli interessi. 

Il ragionamento si fonda sullo speciale meccanismo della mora ex re ritagliato 
dalla norma generale dell'art. 7 legge 533/73 (v. nota di CHIAROLLA a 
Cass. 1 dicembre 1989, n. 5282, id., 1990, I, 878), ritenendo gli interessi come 
� componenti del complesso credito previdenziale�, in funzione della garanzia 



PARTE I, SEZ. III, GiuRISPRUDENZA CIVILE, Gil'.JRISDIZIONE E APPALTI 95 

del debitore nel mancato o ritardato pagamento� (cos�, testualmente, la 
�massima� estratta dalla sentenza 6658/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 822 
della sezione lavoro). 

Entrambi gli orientamenti sembrano, quindi, negare la configurabilit� 
-nella ipotesi considerata -di interessi moratori, nel difetto 
(esplicitamente �ffermato e, rispettivamente, quantomeno supposto) del 
requisito essenziale della � colpa � ciel debitore. 

Il secondo orientamento, tuttavia, prospetta la configurabilit� nella 
stessa ipotesi -di interessi corrispettivi. 
Ad entraplbi si oppone, radicalmente, altro orientamento giurisprudeoziale 
emerso, sul punto, nell'ambito della sezione lavoro. 

3. � -Nello stesso tema della integrazione al minimo, infatti, � stato 
ritenuto che� il credito relativo -ancorch� si fondi su declaratoria sopravvenuta 
di incostituzionalit� della norma ostativa -sia produttivo 
di interessi legali (talora definiti moratori), sin dalla scadenia del centoventesimo 
giorno successivo alla domanda di pensione (in tal senso, 
vedi, le sentenze 13656/91, id., '.Rep. 1991, voce cit., n. 881; 3549/92, id., 
Rep. 1992, voce cit., n. 855 della sezione lavoro). 
Siffatte decisioni riposano, esclusivamente, sulla c.d. retroattivit� 
(degli effetti) delle pronunce di accoglimento della Corte costituzionale, 
che espungono, infatti, dall'ordinamento -fin dall'origine -le disposizioni, 
che ne risultano investite. 

Trascurano, invece, sia il profilo della � colpa � del debitore -quale 
requisito essenziale degli interessi moratori -sia la sussistenza dei requisiti 
(certezza, liquidit�, esigibilit�) del credito, che condizionano la maturazione 
di interessi corrispettivi. 

costituzionale, di adeguatezza delle prestazioni previdenziali alle esigenze di 
vita del lavoratore (artt. 36-38 Cost.). 

Tale formula permette dunque, da un lato, di assecondare tutti quegli orientamenti 
giurisprudenziali in cui l'elemento colpa del debitore viene escluso in 
maniera semplice e lineare, dall'altro, di evidenziare l'automaticit� della �nascita � 
degli interessi, in seguito alla mora ex re, precedendo comunque la pubblicazione 
della pronuncia d'in�ostituzionalit�. 

A questo punto; rendendo tali interessi dovuti indipendentemente dalla 
colpa, non rimane che delineare gli eventi in coincidenza dei quali si verifica 
la mora ex re, e cio� dalla data del provvedimento di liquidazione, ancorch� 
non esatta, ovvero � dalla scadenza del centoventesimo giorno successivo alla 
presentazione della domanda amministrativa della prestazione, nonch� delle 
successive scadenze dei singoli ratei �. 

La sentenza delle Sezioni Unite non � per� esente da difetti d'incompletez~
a: il modo in cui viene ad essere configurata la speciale mora ex re non 
consente comunque di bypassare semplicemente il problema della colpa del 
debitore: colpa che, nel regime sui generis della costituzione in mora ex re, 
n ��>J](>iger;1ta presunta in mancanza di prove contrarie. 



96 RAS_SEGNA ~yYD�ATVRA DELLO STA'EQ 

4. -Alla medesima conclusione, tuttavia, � pervenuta la concorde 
giurisprudenza della sezione lavoro (vedine, per tutte, le sentenze 8787 /92, 
id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti locali, n. 297; 8604/92, id., ~993, I, 
853; 5335/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 303; 4155/92, ibid., n. 295; 4113/92, 
ibid., n. 296; 3767 /92, ibid., n. 299; 3105/92, ibid., n. 294; 3388/92, ibid., n. 300; 
13537 /91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 247; 13312/91, ibid., n. 272; 8403/91, ibid., 
n. 277; 819/91, ibid., n. 271;11045/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 405; 10985/90, 
ibid., n. 416; 10917/90, ibid., n. 468) in tema, appunto, di (spettanza e decorrenza 
degli) interessi -che riposano, parimenti, su declaratoria di incostituzionalit� 
(Corte cost. 1060/88, id., 1989, I, 618) della norma ostativa 
(art. 23, 4� comma, d.L n. 359, convertito in 1. 440/87) -sulle somme dovute 
a titolo di riliquidazione dell'indennit� premio di servizio, erogata dall'Inadel 
in favore dei dipendenti di enti locali, mediante inclusione -nella 
base di calcolo (a seguito della entrata in vigore della 1. 297 /82) -dell'indennit� 
integrativa speciale � congelata � (ai sensi del d.l. n. 12, convertito 
in 1. 91/77). 
5. -N� pu� sfuggire come -ad orientare, nella medesima direzione, 
la giurisprudenza della sezione lavoro sulla questione in esame -abbia 
influito il recente revirement giurisprudenziale della Corte costituzionale 
(a seguito della sentenza 156/91, id., 1991, I. 1321; vedi infra). 
Dichiaratamente muove, proprio, da tale sentenza della Corte costituzionale 
(n. 156/91, cit.), infatti, la recente giurisprudenza della sezione 
lavoro di questa corte, che -con riferimento alla integrazione al minimo 
(vedi la sentenza n. 1358/93, id., Mass., 136; 11921/92, Rep. 1992, voce Previdenza 
sociale, n. 932; 11370/92, ibid., voce Lavoro e previdenza (controvevsie), 
n. 173) ed a1la indennit� premio di servizio (vedi Ja sentei;iza 3767/ 
92, cit.) oppure ad altra prestazione previdenziale (vedl la sentenza 10956/ 
92, ibid., n. 175; in tema di prestazione dell'Inail) -stabilisce, appunto, 
che gli interessi (e, talora, anche la rivalutazione monetaria) decorrono dalla 
scadenza del termine per provvedere (centoventesimo giorno successivo 
alla domanda di pr-estazione) -ancorch� il credito, fatto valere, 
si fondi su declaratoria sopravvenuta di incostituzionalit� della norma 
ostativa. 

Sulla medesima sentenza della Corte costituzionale (n. 156/91, appunto) 
riposa, peraltro, la riproposizione (con ordinanza della sezione 
lavoro di questa corte n. 865 del 9 dicembre 1992, ibid., voce Impiegato 
degli �enti locali, n. 266) della questione di legittimit� costituzionale, in 
riferimento agli artt. 3 e 38 Cost:, del citato art. 23 4� comma, d.l. 359/87 
nella parte in cui dispone che le somme, dovute a titolo di riliquidazione 
dell'indennit� premio di servizio, non danno luogo a:lla cor11esponsione della 
.rivalutazione monetaria (questione che, sia dato per inciso, non � rilevante 
nel presente giudizio, concernente, soltanto, la decor11enza degli interessi 
sul dedotto credito previdenziale). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

6. -La composizione del prospettato contrasto di giurjspnidenza affidata, 
istituzionalmente, a queste sezioni unite (art. 374, 2� comma, 
prima ipotesi, �.p,c.) -dipende, essenzialmente, dalla soluzione del problema 
c;o11cernente la responsabilit� civile in dipendenza, appunto, di 
comportamento . � cqnformato � a disposizioni (o norme) che, solo successivall'.
lente, siano stat(!! dichiarate inc.:ostituzionali. 
Non ptJ.� presci114ere; tuttavia, dall'esame preliminare della evoluzione 
diacr()nica (affidata, prevalentemente, ad interventi della Corte 
costituzionale}, che .,.... nel nostro ordinamento -ha avuto la disciplina 
in tema di interessi (e rivalutazione monetaria), appunto, sui crediti 
previdenziali; 

7; -La questione della decorrenza degli interessi ;..-sui crediti 
previdenziaili -� stata, invero, esaminata, nell'ambito della distinzione 
tra interessi corrispettivi (art. 1282 e.e.) ed interessi moratori (art. 1224, 

�0 

comma, e.e.), muovendo dal presupposto che, a quei crediti, non trovi 
applicazione la disposizione (art. 429, 3� comma, c.p.c.) recante, tra l'altro, 
�a previsione di decorrenza degli interessi, dal giorno della maturazione 
del credito di lavoro (al quale, soltanto, la disposizione era ritenuta applicabile), 
��indipendentemente dalla liquidit� del credito stesso e dalla 
costituzione in mora del debitore. 

Fondati sulla� naturale fecondit� del danaro.. infatti, gli interessi corrispettivi 
(art. 1282 e.e.) prescindono, bens�, dalla mora del debitore, ma 
decorrono, tuttavia, solo dal momento della liquidit�, oltrech� della 
esigibilit�, del credito. 

Gli interessi moratori (art. 1224, 1� comma, e.e.) rappresentano, invece~ 
una forma di risarcimento minimo forfettario del danno, provocato 
dal ritardo colpevole nell'adempimento di una obbligazione pecuniaria. 

Come tali, decorrono dalla costiti.lzione in mora o dalla mora ex re 
(art. 1219, 1� e 2� comma, c;c.) del debitore. 

8; -Pertanto; glJ. interessi corrispettivi -sui crediti previdenziali possono 
decorrere solo dal momento in cui i crediti stessi siano divenuti 
esigibili (se non anche liquidi) a seguito dell'emissione del titolo di spesa, 
che conclude -anche per gli enti previdenziali (come, in genere, per 
gli enti del parastato, di .cui alla 1. 20 marzo 1970 n. 75, ai sensi del d.p.r. 
18 dicembre 1979 n. 696) ..,.-il complesso procedimento stabilito per la 
gestione delle spese, che si articola nelle fasi dell'impegno, della liquidazione 
e della ordinazione, appunto, prima del pagamento. 

La ricordata regola si riverbera, bens�, sugli interessi moratori -c4e 
non possono maturare, infatti, prima che si concluda il procedimento 
condizionante l'esigibilit� dei crediti previdenziali -ma non preclude, 
tuttavia, la configurabilit� degli stessi interessi -quale forma, appunto, 
di risarcimento minimo forfettario -in caso di colpevole ritardo nelle 
formalit� di liquidazione e pagamento, con decorrenza dalla costituzione 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

98 

in mora o dalla mora ex re (art. 1219, 1� e 2� comma, e.e.), dell'ente 
debitore. 

E la mora -ove non sia stabilito uno specifico termine per il pagamento 
della prestazione previdenziale (quale, appunto, il termine previsto, 
dall'art. 26 d.p.r. 1032/73, per l'indennit� di buonuscita erogata dall'Enpas 
in favore dei dipendenti dello Stato) -si perfeziona ex re (ai sensi dell'art. 
1219, cpv., n. 2, c. c.), con il provvedimento tempestivo di reiezione 
(anche parziale) dell'ente previdenziale oppure con la scadenza del termine 
(di centoventi giorni) per provvedere (di cui all'art. 7 1. 533/73) -integrante 
silenzio -inadempimento dell'ente medesimo -termine che decorre 
dalla domanda di prestazione oppure, ove (si tratti di prestazione 
per la quale) la domanda non sia prescritta, dalla data di maturazione del 
credito relativo. 

La riferita impostazione e soluzione della questione in esame -concernente, 
appunto, la decorrenza di interessi sui crediti previdenziali -� 
stata enunciata da queste sezioni unite (sent. 19 maggio 1988, n. 3469, id., 
1988, I, 3302), con riferimento al.l'indennit� premio di servizio, che viene 
erogata dall'Inadel in favore dei dipendenti di enti locali. 

Gli stessi principi, tuttavia, sono stati non solo confermati -con 
riferimento alla medesima indennit� premio di servizio (vedi, per tutte, 
Corte cost., ord. 491/90, id., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, n. 852; 
sez. lav. 4155, 5335, 8780, 8787/92, id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti 
loctali, nn. 295, 303, 298, 297) -ma anche generalizzati dalla consolidata 
giurisprudenza successiva. 

Sono stati, infatti, estesi sia a prestazioni previdenziali dell'lmps per 
il quale soccorre, tuttavia, una specifica ed esplicita disciplina (di 
cui agli artt. 46 e 47 d.p.r. 639/70) nel medesimo senso (vedi, per tutte, 
Cass., sez lav., 11919/92, 11921/92, 6346//92, id., Rep. 1992, voce Prievidenza 
sociale, nn. 454, 932, 855, 475) -sia a prestazioni assistenziali (vedi, per 
tutte, sez. un. 11843/92, ibid., voce Invalidi civili e di guerra, n. 51; sez. 
lav. 258, 672, 2195/93, id., Mass., 26, 61, 224; nonch� Corte cost. 196/93, 
id., 1993, I, 2425). 

La Corte costituzionale (sent. 1060/88, cit.), peraltro, ha sostanzialmente 
ribadito -mediante la ricordata declaratoria di (parziale) incostituzionalit� 
della disposizione in senso contrario (art. 23, 4� comma, d.l. 

n. 359, convertito in 1. 440/87) -il diritto agli interessi (ma non quello 
alla rivalutazione monetaria) sulle somme dovute a titolo di riliquidazione 
dell'indennit� premio di servizio, appunto, mediante inclusione nella 
base di calcolo (a seguito della entrata in vigore della 1. 297/82) dell'indennit� 
integrativa speciale � congelata� (ai sensi del d.l. n. 12, convertito 
in 1. 91/77). 
9. -Tuttavia l'impostazione e soluzione della questione in esame prospettata 
dalla giurisprudenza consolidata di questa corte -(come la 

PARIE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE E APPALTI 

stessa sentenza 1060/88 della Corte costituzionale,. ora ..ricordata) muove 
dal presupposto che -ai crediti previdenziali -non sia applicabile la 
disposizione specifica (art. 429, 3� comma, c.p.c.) -in tema appunto, di 
rivalutazione monetaria ed interessi sili crediti di lavoro -n� altra 
regola analoga. 

Un riesame della questione. siinipone, quindi, dopo che -all'esito. di 
un lungo processo evolutivo nella giurisprudenza della Corte costituzionale 
�~ quel presupposto risulta; quantomeno, messo in discussione �(se 
non, addirittura, radicalmente superato) � 

. 10; """.".' La Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.), infatti, ha dichiacato 
la illegittimit� C?stituzionale dell'art. 442 c.p.c. � nella parte. in cui 
non prevede cbe il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al 
pagamento di somme di danaro per crediti relativi a prestazioni� di previdenza 
sociale, deve cl;ete:rminare, oltre gl,i. interessi nella misura legale, 
il maggior danno eve.ntuahnente subito dal titolare per la diminuzione 
clel valore del suo credito, applicando l'indice deiprezzi calcolato dall'Istat 
per fa.. scala mobile nel settore dell'industria� con �decorrenza dal giorno 
in cUi si sono verificate le condizioni legali di responsabilit� dell'istituto 

o ente debitore per il ritardo dell'inadempimento �, 
La diversit� � strutturale � tra credito di lavoro e credito previdenziale 
.;..... sottesa all'opposto orientamento della stessa Corte costituzionale 
(fin dalla sentenza 162/77) -non ne ha impedito, tuttavia, il revirement 
(realizzato, appunto, dalla sentenza 156/91) all'esito di �valutazione comparativa 
( ...), dal punto di vista funzionale�, fra i due crediti. 

Ne � risultato, infatti, come � ci� che avvicina, sotto l'aspetto funzioriale 
(appunto), le prestazioni previdenziali ai crediti di retribuzione 
non (sia) tanto la finalit� alimentare o di sostentamento del lavoratore 
e della sua famiglia (che in certi casi, o oltre una certa misura, pu� 
mancare), quanto la funzione di surrogare o integrare un reddito di 
lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 
38, 2� comma, Cost. i>. 

� Per il tramite e nella misura di questa norma � -prosegue, 
quindi, la. Corte costituzionale -� si rende applicabile anche alle prestazioni 
previcienzial,i. l'art. 36, 1� comma, quale parametro delle �esigenze di 
vita� del lavoratore (dir. sent. n. 119 del 1991) �. 

� E, poich�, l'art. 429, 3� comma, c.p.c. � un modo di attuazione dell'art. 
36 (sent. n. 204 del 1989, id., 1989, I, 2091) � -conclude, sul punto, 
la corte -� appare fondata la valutazione del giudice remittente che, 
nella mancata previsione di una regola analoga per i crediti previdenziali, 
ravvisa una violazione non solo dell'art. 3, ma altres� dell'art. 38 
Cost.�. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

100 

11. -Tuttavia �la regola della rivalutazione automatica non pu� 
essere estesa in termini ricalcati integralmente sul testo dell'art. 429 
c.p.c.: � la stessa Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) ad affermarlo. 
E, .subito dopo, ne precisa l'elemento differenziale. 

Muovendo dal � rapporto di specialit� � -che intercorre con l'art. 
1224 C;C. -la corte perviene, infatti, alla conclusione che l'art. 429, 3� 
comma, c.p.c. �trae dal sistema della responsabilit� contrattuale del 
codice _civile, nel quale si inserisce come norma speciale, il criterio 
di determinazione del dies a quo della riva1utazione e degli interessi �. 

Tale criterio, poi, � dato da due ipotesi diverse di mora ex re (art. 1219, 
2� comma, e.e.) e sembra costituire -per entrambi i crediti (di lavoro, 
appunto, e previdenziali) -l'unico criterio di collegamento, appunto, con 
il. �sistema di responsabilit� contrattuale del codice civile�, nonch� 
l'unico elemento differenziale fra i due crediti. 

-Dall'ipotesi di mora ex re (di cui al n. 3 dell'art. 1219, 2� comma e.e., 
cit.}, dnfatti, attingono il dies a quo (per interessi legali, appunto, e rivalutazione 
monetaria) i crediti di lavoro, � per cui il debitore � automaticamente 
in mora, ossia risponde del ritardo dell'adempimento, fin dal giorno 
delia maturazione del diritto� (cos� testualmente, Corte cost. 156/91). 

�Questa regola � incompatibile con le esigenze organizzative e di 
gestione degli enti previdenziali � -osserva, per�, la Corte costituzionale 
-in quanto, nei loro confronti, �i crediti alle rispettive prestazioni 
non possono diventare esigibili se non in conseguenza di un provvedimento 
amministrativo (da tenersi distinto dai procedimenti contabili 
afferenti all'emissione del mandato di pagamento)�. 

Tuttavia, i crediti previdenziali, attingono -da altra ipotesi di mora 
ex re (di cui al n. 2 dello stesso art. 1219, 2� comma, e.e. -il dies a quo 
per rivalutazione ed interessi. Questi intercorrono, infatti, � dalla data 
del provvedimento di reiezione della domanda oppure dopo centoventi 
giorni dalla presentazione della medesima senza che l'istituto si sia 
pronunciato (arg. ex art. 47, 4� comma, d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639 e 7 

1. 11 agosto 1973 n. 533, in relazione all'art. 1219, 2� comma, n. 2, e.e.) �. 
H comune rinvio ad ipotesi, sia pure diverse, di mora ex rie (di cui 
all'art. 1219, 2� comma, nn. 2 e 3, e.e.) -al solo scopo (espressamente 
dichiarato) di determinare il dies a quo per rivalutazione monetaria ed 
interessi --'-sembra esaurire, quindi, la disciplina codicistica della responsabilit� 
contrattuale, che -non diversamente dai crediti di lavoro -il 
legislatore intende applicare ai crediti previdenziali. 

N� rileva, in contrario, il generico riferimento della stessa sentenza 
della Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) -alla responsabilit�, ap_
punto, del debitore (peraltro non qualificata, sia detto per inciso, n� � oggettiva
�, n� �colpevole�) -sia in motivazione (laddove stabilisce che, 
per i crediti di lavoro, � il debitore � automaticamente in mora, ossia 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 101 

risponde .del ritardo dell'adempimento; fin dalla maturazione del diritto
�), sia in dispositivo (laddove la decorrenza di rivalutazione monetaria 
ed interessi, sui crediti previdenziali, viene fissata, appunto, � dal giorno 
in �cui si sono verificate le :condizioni legali di responsabilit� dell'istituto 

o ente debitore per il ritardo dell'adempimento�). 
��� ���� ��. Si tratta, .infatti, di qualificazione giuridica (responsabilit� contrattualei 
appunto)/ che �la corte�� attinge~ bens�, dal sistema. del codiee. civile, 
ma in �funzione ��. esdusiva, tuttavia, della determinazione -mediante 
rinvio. ad ipotesFdi. mora. ex re. previste dallo stesso codice -del dies a 
quo: di rivalutazione ed interessi sia per crediti previdenziali che per 
crediti di lavoro. 

P�r entrambi i crediti, quindi, pare.identica portata e dimensione del 
rinvio, operato dalla corte al � sistema della responsabilit� contrattuale 
del codice eivile�. 

Tale. :rinvio risulta, infatti, funzionale -..per quanto si � detto ..._ 
esclusivamente��� alla determinazione del .dies .a quo per� la .decorrenza di 
rivalutazione monetaria ed interessi su entrambi i crediti (in tal senso, 
vedi1. sez.. un. 6700/93, id., Mass.; 652). 

Ferma restando la diversa decorrenza, interessi e rivalutazione monetaria 
-sui crediti previdenziali ..,,.-. risultano, quindi; sostanzialmente 
assoggettati -alla medesima disciplina stabilita, sul punto, per i crediti 
di lavoro (art. 429, 3� comma, c.p.c.) -quantomeno fino all'entrata 
in vig9re (o, comunque, al di fuori del campo di applicazione ratione 
teniporis) dello specifico ius superveniens nella soggetta materia (art. 16, 
6� comma, L 412/91). 

12. -� ben vero, infatti, che -a seguito della ricordata sentenza 
della Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) -la norma applicabile, alla 
prospettata fattispecie (interess� e rivalutazione monetaria, cio�, sui 
crediti previdenziali), Ǐ l'art. 442 c.p.c., cos� come modificato dalla sentenza 
( ...), il quale, agli erfetti del risarcimento del danno da svalutazione 
monetaria, non rinvia all'art. 429, ma detta una norma formalmente distinta 
ed autonoma� (Corte cost., ord. 96/93). 
Tuttavia tale . norma -ancorch� � formalmente distinta ed autonoma
� -�attinge il proprio contenuto dalla interpretazione dell'art. 429, 
3� comma, c.p'.c., applinto, prevalsa in gitlrisprl1denza, alla quale 1a stessa 
Corte costituzionale (sent. 394/92, id., 1993, I, 1049; vedi,. altres�, sent. 
196/93, cit.) ammette di �essersi �adeguata nell'estendere la regola alle 
controversie in materia previdenziale (salvo il diverso �riterfo di decorrenza 
della rivalutazione e degli interessi) �. 

Suppone, peraltro, la conclusione prospettata -implicita nella prima 
delle sentenze esaminate (n. 156/91, cit.) ed enunciata, esplicitamente, 
nella giurisprudenza successiva (sent. 394/92, 196/93, cit.) della Corte 
c�stituzionale -la portata innovativa, che la stessa giurisprudenza 

8 


RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

102 

riconosce allo ius superveniens nella soggetta materia (art. 16, 6� comma, 
1. 412/91, cit.). 

Infatti tale disposizione -secondo la giurisprudenza della Corte 
costituzionale (vedi sent. 394/92, 196/93, cit.) e di questa Corte (vedi, 
per tutte, sez. un. 6700/93, cit.; sez. lav. 7221/92, id., Rep. 1992, voce Lavoro 
e previdenza (controversie), n. 182; 9140/92, ibid., n. 178; 9897/92, 
ib,id., n. 176; 11529/92, ibid., n. 171; 12038/92 ibid., n. 170; 52/93, id., Mass., 
8; 227/93, ibid., 23; 2707/93, ibid., 279; 3074/93, ibid., 312; ed altre) riconduce 
il credito previdenziale � sotto il dominio del principio nominalistico 
�, al quale era stato, all'evidenza, precedentemente sottratto. 

Pertanto � il �diritto vivente� (nell'accezione accolta dalla Corte 
costituzionale: vedi ampi riferimenti in sez. un. 3888/93, ibid., 370, ed 
altre coeve) -che si � formato (sull'art. 429, 3� comma, c.p.c.), con riferimento 
ai crediti di lavoro -ad integrare il contenuto della norma 
(peraltro � formalmente distinta ed autonoma � rispetto allo stesso 
art. 429, 3� comma, c.p.c.), che � deputata a governare (a seguito di Corte 
cost. 156/91) rivalutazione monetaria ed interessi sui crediti previdenziali. 

Tuttavia ne � fatta salva, per quanto si � detto, la decorrenza diversa 
rispetto ai crediti di lavoro. 

Parimenti impregiudicata risulta, altres�, l'innovazione normativa, 
che -come � stato anticipato -pare introdotta (dall'art. 16, 6� comma, 
1. 412/91, cit.), con specifico riferimento ai crediti previdenziali. 

13. -Al pari dei crediti di lavoro, quindi, i crediti previdenziali 
risultano sottratti al principio nominalistico, cos� che Ja rivalutazione 
deve considerarsi � parte del complesso credito � e � gli interessi vanno 
computati sulla somma capitale rivalutata � (vedi Corte cost. 394/92 
nonch� 156/91 cit). 
Il che risulta, peraltro, confermato -a contrario -dalla circostanza 
che, secondo la stessa Corte costituzionale (sent. 196/93, 394/92, 
cit.), lo ius superveniens (art. 16, 6� comma, 1. 412/91, cit.) ha ricondotto 
i crediti previdenziali sotto il dominio, appunto, del principio nominalistico. 


Oltre a prescindere dalla �tipologia� del creditore (che, per quanto 
riguarda le prestazioni previdenziali, oscillava tra quella del c.d. � modesto 
consumatore� e quella del e.cl. �creditore occasionale�, a seconda 
della entit� della prestazione: vedi, per tutte, sez. un. 2368/86, id., 
1986, I, 1265; 3004/86, ibid., 1261; nonch� Corte cost. 408/88, id., 1988, I, 2127), 
la rivalutazione monetaria dei crediti previdenziali non incontra, di conseguenza, 
neanche il .limite della incumulabilit� � (ex art. 1224, 2� 
comma, e.e.) con gli interessi. 

14. -Come per i crediti �di lavoro, poi, rivalutazione monetaria ed 
interessi -sui crediti previdenziali -prescindono non solo dalla costituzione 
in mora -che risulta sostituita, per quanto si � detto, da 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 103 

(una sia pur diversa ipotesi di) mora ex re -ma anche dalla colpa 
(e, in genere, da profili di imputabilit� soggettiva), a carico del debitore, 
per il ritardo nell'adempimento. 

Si tratta, invero, di conclusione condivisa -con riferimento, appunto, 
ai crediti di lavoro -dall'orientamento consolidato della giurisprudenza 
�di questa corte (vedi, per tutte, sez. un. 1620/93, id., Mass., 171; 
2720/91, id., Rep; 1991, voce Impiegato dello Stato; n. 720; 2717/91, ibid., 

n. 721; sez. lav. 3155/92, id., Rep. 1992, voce Lavoro e previdenza (controversie), 
n. 165); nonch� dagli sviluppi pi� recenti, della giurisprudenza 
della Corte costituzionale (vedine, per tutte, la sentenza 204/89, cit., 
300/87, id., Rep. 1987, voce Responsabilit� contabile, n. 407, che sembrano 
anticipare, peraltro, il revirement realizzato dalla sentenza 157/91, cit.). 
Fondata sulla configurazione di rivalutazione monetaria ed interessi 
-quali componenti del � complesso � credito di lavoro -la conclusione 
prospettata, infatti,. � volta a dare attuazione all'art. 36 Cost. 

Sul medesimo fondamento giuridico, tuttavia, riposa -a seguito 
della esaminata sentenza (n. 156/91) della Corte costituzionale -anche la 
disciplina di rivalutazione monetaria ed interessi sui crediti previdenziali. 

Non � un caso, quindi, che -proprio a seguito della medesima sentenza 
della Corte costituzionale (n. 156/91, appunto) -queste sezioni unite 
abbiano configurato rivalutazione montaria ed interessi --quali componenti, 
appunto, del � complesso � credito previdenziale (vedi sez. un. 
13408/91, id., Rep. 1991, voce Pensione, n. 462) -e, peraltro, li abbiano 
applicati prescindendo -almeno implicitamente -dalla colpa del 
debitore (vedi sez. un. 8587/91, id., 1993, I, 551). 

15. -N� pu� sfuggire il rilievo che -al fine di decidere la questione, 
assegnata a queste sezioni unite (per la composizione del contrasto 
di giurisprudenza, insorto nell'ambito della sezione lavoro) -pare destinata 
ad assumere la prospettata insensibilit� di (rivalutazione monetaria 
ed) interessi -su crediti previdenziali -verso la colpa (ed, in 
genere, verso qualsiasi profilo di imputabilit� soggettiva), a carico 
del debitore, per il ritardo nell'adempimento. 
Si tratta di stabilire, infatti, se -per i crediti previdenziali, che 
si fondino su pronunce di accoglimento della Corte costituzionale interessi 
(e rivalutazione monetaria) competano per il periodo (successiv� 
alla mora ex re, ma) precedente la �pubblicazione della pronuncia 
della corte. 

In tale prospettiva, infatti, non pare priva di rilievo la � colpevolezza 
� del ritardo nell'adempimento. 

16. -� ben vero, infatti, che le pronunce di accoglimento della Corte 
costituzionale hanno efficacia invalidante (assimilabile all'effetto dell'annullamento) 
e non gi� abrogativa, delle disposizioni (o norme) im

104 "IUSSEGNA .AVVO.CA'I.UR,FDELLO STAIO 

pugnate �e, perci�, ne determinano -secondo la giurisprudenza consolidata 
di questa corte (vedi, per tutte, le sentenze nn. 1095/74, id., 1974, 
I, 2040; 762/73, id., 1973, I, 3141, 1181/70, id., 1970, I, 1899 delle sezioni 
unite; 757/92, id., Rep. 1992, voce Cassazione civile, n. 34; 6007/88, id., 
Rep. 1989, voce Corte costituzionale, n. 78; 4459/88, id., Rep. 1988, voce 
Previdenza sociale, n. 960; 1476/81, id., Rep. 1981, voce Agricoltura, n. 87; 
3514/79, id., Rep. 1979, voce Corte costituzionale, n. 90; 3111/79, ibid., n. 92, 
di sezioni semplici) -la caducazione con effetto ex tunc, facendo salvi, 
tuttavia, i rapporti giuridici ormai � esauriti�. 

La c.d'. retroattivit� -che ne risulta -(degli effetti) di dette pronunce 
� limitata, per�, alla � antigiuridicit�� delle disposizioni (o norme), 
che ne siano investite. 

Queste, infatti, non sono pi� applicabili -a far tempo dal giorno 
successivo alla pubblicazione delle pronunce della corte (art. 136 Cost.) (
non solo ai rapporti giuridici futuri, ma) neanche ai rapporti pregressi, 
che non siano� ancora. �esauriti�. 

Le pronunce stesse, tuttavia, non consentono di configurare retroattivamente, 
quanto fittiziamente (vedi sez. un. 2767/72, id., Rep. 
1972, voce Contratto in genere, n. 212) -la � colpa� del soggetto che prima 
della declaratoria di incostituzionalit� -abbia � conformato � il 
proprio comportamento alle disposizioni (o norme), solo successivamente, 
investite da quella declaratoria. 

Esula, pertanto, la responsabilit� _,.. per tale comportamento -ove 
la � colpa � dell'agente, appunto, sia elemento essenziale dell'illecito, 
che ne risulti configurabile.. 

17. -Infatti �, proprio, il difetto della �colpa� che -pur ricorrendone 
tutti gli altri requisiti essenziali -esclude la stessa configurabilit� 
-in comportamenti �conformi� a disposizioni (o norme), solo 
successivamente, dichiarate incostituzionali -non solo della responsabilit� 
(ex art. 1224 e.e.), per inadempimento di obbligazioni pecuniarie 
(oltre la giurisprudenza della sezione lavoro, che ha dato luogo al contrasto, 
vedi, per tutte, sez. un. 4669/91, id., 1992, I, 1266), ma anche di 
qualsiasi illecito contrattuale od extracontrattuale (vedi, per tutte, sez. 
un. 2767/72, cit., 1576/71, id., 1971, I, 2531; sez lav. 2249/87, id., Rep. 1987, 
voce Previdenza sociale, n. 1253), nonch� dell'inadempimento legittimante 
la risoluzione del contratto (vedi sez. III) 4195/74, id., Rep. 1974, voce 
Contratti agrari, n. 189). 
Ad opposta conclusione devesi, invece, pervenire. ove la � colpa � dell'agente 
non sia elemento essenziale della fattispecie considerata. 

I 

:t:. il caso della stessa responsabilit� contrattuale, secondo quella doti 
.trina che -in contrasto con la giurisprudenza consolidata -la qualifica 
(( obiettiva � e, perci�, indipendente dalla " colpa )) del debitore 

I

inadempiente. 

I 

I

II

I 


PARTE I, SEZ. III, (�lU~ISf.RUDENZJ\,CIVILE, .GIURISDIZIONE E APPALTI 105 

:e,. del pari, il caso -che .sL o<;:cupa ,--degli interessi su crediti 
previdenziali. 

���� 18..� -.�.A �seguito clel. segnalato .revirem~nt della Corte .. costituzionale 
(sent.156/91,cit.),infatti, tali interessi sonodovuti -come per i creClitl 
di lavoro ~ indipendentemente . dalia . � colpa � .. del debitore inadem


~�eritb. .� .�.. �......�� �...� � ���. � �. �.. �� .. �.. . .. �� � ... �.� .. .. � .� 
/.�.�.�� cC>�tituiscbno, infatti,���(non gi�. risarcimento del .danno �.. ma) con1ponenti 
del . (( complesso )) creditO previde~iale (assimilabile, anche sotto 
.questo profilo, al credito di lavoro), in funzione della garanzia costitui;
iom�.e (art~. ~81 it;l :i;~azi0ne all'a;rt. 36, Cost., appunto) di �� adeguatez?!
a � c!el~e. pr�istazionj pJ:twiclenzi;lli, appunt9, alle � esigenze di v:ita � del 


'iavoi:atore. � �� .� � _, � � � � .. . . 

Come tali, gli interessi in questione decorrono -sui crediti previdenziali, 
derivanti da pronur:u;:~ .di accoglimento delli;i � Corte . costituzio. 
I1�Je 2.. ~11c~~. !leipe~iodo preced{llte la p.bblicazi0n�i delle .J?ronunce 
stesse. .. � .� ..� .. � 

�.... Il �difetto di � colpa � � del debitore . inac1em:pie11te �.,__.durante. Jale periodo 
-non esclude infatti, per quanto si � detto, la maturazione del diritto 
agli interes.si. . 

ll prqspett;;iJo contrasto . di giurisprudenza va,. pertanto, composto 
.nel senso che -anche per i crediti .previdenziali, derivanti da � pronunce 
di accoglimento ciella Corte costituzionale ,--gli interessi decol'rono 
dalla dat~ della mora ex re (~he coincic1e, per quanto si ..�. detto, .con il 
provvedimento tempestivo di reiezione de1l'ente previdenziale oppure 
con la scadenza del te:i;mine pel' provvedere), ancorch� quella ciata precede 
.. !a, pu])blicazione . ciella .� pronuncia della CO!'.te cpstituzionale. 

. 19. -Alla luce dei principi di diritto enwiciati, il ricorso deve essere 
accolto per quanto. di ragione. . 

.... ln..v:er0 J <,leqotti. interessi su credito. pre.videnziale (integrazione al 
�ninil:no d.i pensione). competono, bens�, (anche) per .il periodo precP.. 
dente la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale. (n. 34/81, 
id., 1981, I, 1502) -sulla quale si fonda quel credi~o ..,... �ma de�orrono, 
tuttavfa, dalla . data della mora ex re deli'Istituto ricorren.te (.che coincide, 
per quanto si � detto, con la data del provvedimento tempestivo 
di liquidazione, sia pure inesatta, del!a p~estazione oppure con quella di 
scadenza' del termine per provveder~, nonch� con le successive scadenze 
dei singoli ratei) e non gi� W;�la data (l<> novembre 1971) di c;l.ecorrenza. 
della pensione integrata . 

.20. ~ Pertanto, il .ricorso va �ccolto -per . quanto di ragione 
e Ia: s.entenza impugnata . deve ~ssere cassata' ~ negli stessi limiti 
con rinvio �ad altro giudice d'appello, designato in disp9sitivo, perch� 


RASSEGNA AWOCATURA DBLLO STATO

106 

proceda al riesame della controversia uniformandosi al principio di 
diritto seguente: 

� Gli interessi, sul credito previdenziale dedotto nel presente giudizio 
(integrazione al minimo della pensione), decorrono dalla data deleventuale 
provvedimento di liquidazione, sia pure inesatta, della pensione 
oppure dalla scadenza del centoventesimo (120�) giorno successivo 
alla presentazione della domanda amministrativa della medesima prestazione, 
nonch� dalle successive scadenze dei singoli ratei �. 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 4 novembre 1993 n. 10916 -Pres. Pannella 
-Rel. Olla -P. M. Viale (conf.) -Di Gravio c. Agenzia per la 
Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno (avv. Stato Polizzi). 

Procedimento civile -Impugnazioni -Decreto ex art. 745 c.p.c. su ricorso 
contro rifiuto del cancelliere di rilasciare copia della sentenza -Atto 
di volontaria giurisdizione -Natura decisoria -Esclusione -Ricorso 
ex art. 111 Cost. -Inammissibilit�. 

Il decreto emesso dal Presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 745 

c.p.c. sul rico'rso avverso il rifiuto del cancelliere di rilasciare copia di 
sentenza � atto di volontaria giurisdizione, non coinvolge posizioni di 
diritto soggettivo e dunque non ha carattere decisorio e non pu� essere 
oggetto di ricorso ex art. 111 Cast. (1). 
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in adesione alle 
deduzioni al riguardo formulate dai resistenti (di natura prioritaria ed 
assorbente), perch� investe un provvedimento che � privo di decisoriet� 
e, come tale, non � riconducibile nelle previsioni dell'art. 111 secondo 
comma della Costituzione. 

Il carattere decisorio dell'atto del giudice postula che esso coinvolga 
posizioni di diritto soggettivo ed altres� statuisca sulle medesime, risolvendo, 
con pronuncia idonea ad acquistare autorit� di giudicato (in 
difetto di impugnazione), un conflitto in proposito insorto con la parte 

o le parti controinteressate. 
(1) In senso conforme cfr. Cass. 24 giugno 1948, n. 1006, in Giur. compl. 
cass. civ. XXVII, p. 100, con nota di MONGIARDO, ove si afferma che l'interessato 
pu� adire ex novo l'a.g.o. perch� si pronunci sul diritto soggettivo al rilascio 
della copia della sentenza; per un precedente che invece riconosce natura decisoria 
al decreto ex art. 745 c.p.c. cfr. Cass. sez. un., 20 marzo 1986, n. 1973, in 
Giust. Civ. 1986, p. 1276, richiamata peraltro nella sentenza che si annota con la 
precisazione che questa diversa soluzione deve ritenersi giustificata dal carattere 
sostanziale del decreto in quel caso specifico, statuente in via diretta sull'esiste:{lZ<!, 
di un diritto soggettivo. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 107 

La seconda delle indicate connotazioni difetta nel decreto che il 
presidente del tribunale emette, ai sensi dell'art. 345 cod. proc. civ., sul 
ricorso avverso il rifiuto del cancelliere di rilasciare copia di sentenza, 
sempre che il relativo provvedimento ed il procedimento a conclusione 
del quale sia adottato restino nei limiti delineati dalla citata norma, 
come, pacificamente, nella specie. 

Detto decreto promana da un organo che, salvo specifica norma in 
senso contrario, � istituzionalmente privo di attribuzioni giurisdizionali 
decisorie, devolute al tribunale in composizione collegiale, e che, invece, 
� titolare di proprie attribuzioni in materia di volontaria giurisdizione, 
oltre che, con particolare riferimento all'operato del cancelliere, di compiti 
di controllo in ordine agli adempimenti connessi alle funzioni giurisdizionali 
dell'ufficio giudiziaro che presiede ed organizza. 

Il decreto medesimo, inoltre, � emesso sulla sola base dell'audizione 
del pubblico ufficiale il cui rifiuto o ritardo viene censurato e, quindi, 
in via sommaria, senza necessit� di costituzione del contraddittorio 
con il soggetto passivo del diritto alla copia, vale a dire l'Amministrazione 
dalla quale quel pubblico ufficiale dipende e che lo stesso non �, di 
regola, abilitato a rappresentare in giudizio. 

Le menzionate caratteristiche sono tipiche dell'atto di volontaria 
giurisdizione, rivolto a tutelare esigenze di ordine generale, ancorch� 
correlate a diritti soggettivi. La circostanza che tale atto richieda apprezzamenti 
su detti diritti non lo trasforma in statuizione in proposito, 
restandosi sul piano della valutazione meramente incidentale, e strettamente 
strumentale rispetto al controllo sul comportamento del pubblico 
ufficiale, priva di attitudine a spiegare effetti vincolanti nei confronti 
delle parti dei relativi rapporti se non altro, come s'� visto, per l'assenza 
di una di esse. La questione della sussistenza o meno del diritto 
alla copia resta conseguenzialmente impregiudicata, e pu� essere dedotta, 
indipendentemente dalle determinazioni prese dal presidente del 
Tribunale ex art. 745 cod. proc. civ., nella dovuta sede contenziosa, con 
azione promossa nei confronti dell'Amministrazione depositaria del documento 
reclamato (e, peraltro, responsabile o corresponsabile delle 
eventuali violazioni di diritti altmi commesse dal proprio personale). 

Le affermazioni che precedono sono in linea con lo specifico precedente 
di questa Corte, costituito dalla lontana sentenza n. 1006 
del 24 giugno 1948, e, giova aggiungere, non si pongono in contrasto, anzi 
traggono indiretto conforto dalla pi� recente pronuncia delle Sezioni 
Unite n. 1973 del 20 marzo 1986, la quale, nel riconoscere la decisoriet� 
e l'impugnabilit� ex art. 111 della Costituzione di un decreto reso da 
Presidente di Tribunale in base all'art. 745 cod. proc. civ., ha puntualizzato 
che tale decisoriet� dipendeva dalla natura sostanziale del decreto 
stesso, in quanto statuizione, con efficacia di giudicato, su questioni 
inerenti alla competenza giurisdizionale ed all'esistenza o meno di un 


108 RASSEGNA AVVOCATURA DEI.LO STATO 

diritto fatto valere con domanda proposta da una parte nei confronti 
dell'altra: situazioni presenti in quell'occasione (l'ordine del rilascio 
di una copia di istanza di concessione edilizia era stato impartito ad 

I 

un Comune, previa instaurazione del contraddittorio fra il ricorrente ~ 
ed il Comune medesimo) e, invece, non ravvisabili nella vicenda in discus


I 

sione, quanto meno per la mancanza del contraddittorio. 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 9 novembre 1993 n. 11061 -Pres. Rossi -
Rel. Favara -P. M. Lupi (conf.). -Italsider spa (avv. Prosperetti) c. 
Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (avv. 
Stato Onufrio). 

Obbligazioni in genere -Gestione di affari -Attivit� non ancora obbligatoria 
per la pubblica amministrazione -Incremento patrimoniale o 
evitata diminuzione patrimoniale -Utiliter coeptum -Sussistenza. 

Obbligazioni in genere -Gestione di affari -Impossibilit� della pubblica 
amministrazione di provvedere in tempi brevi -Sostituzione del privato 
alla pubblica amministrazione . Esclusione. 

Obbligazioni in genere � Gestione di affari -Arricchimento senza causa � 
Termine iniziale di prescrizione � Decorrenza dal completamento del 
depauperamento di una parte � Non necessaria coincidenza col riconoscimento 
della utilitas da parte del beneficiario. 

.Nella gestione di affari il requisito dell'utilit� iniziale pu� consi1stere 
anche nell'utile gestione di un'attivit� che non sia !obbligatoria 
ma che si prevede ragionevolmente che lo diventi quando l'anticipazione 
si risolve in un incremento patrimoniale o in una evitata diminuzione 
patrimoniale (1). 

L'istituto della gestione di affari non consente al privato di sostituirsi 
alla P.A. nell'esecuzione dell'attivit� materiate che questa dovr� porre in 
essere a suo beneficio sol perch� la P.A., tenuta al rispetto delle pro


{1-3) Sull'ammissibilit� della negotiorum gestio nei confronti della p.a., 
nonostante le perplessit� di parte della dottrina sulla possibilit� di ravvisare 
in concreto la mancanza di una proibizione del dominus e l'utiliter coeptum, 
l'orientamento giurisprudenziale � pacifico. La gestione d'affari non � esclusa 
dal fatto che il gestore tratti un affare anche proprio, purch� per� l'interesse 
personale non sia prevalente, essendo al contrario quello del dominus del tutto 
indiretto ed occasionale: in questo senso un precedente si ha in Cass. 13 feb� 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 109 

cedure, anche nell'interesse .di terzi, potrebbe non essere in grado di adempiere 
ai suoi obblighi nei tempi graditi al privato stesso (2). 

Nell'azione di arricchimento senza causa il dies a quo della prescrizione 
decennale pu� anche essere successivo a quello del riconoscimento 
dell'utilitas da parte del beneficiario, �che segue il perfezionamento della 
fattispecie dell'arricchimento; perch� in tale momento pu� non essersi 
ancora verificata o completato il depauperamento dell'altro soggetto (3). 

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 2028, 2031 e 2042 e.e. nonch� il vizio di 
omessa e insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia. 

Lamenta che la Corte ha escluso gli estremi de1la gestione d'affari 
perch� 'fino al 25 l�glio 1972 non sussisteva un obbligo per la Cassa di 
procedere all� sbancamento delle aree. Tale affermazione � errata in 
quanto l'obbligatoriet� o necessit� .per l'interessato dell'affare gestito non 
� in�alcun modo �richiesta dalle norme sulla negotiorum gestio, che richiedono 
soltanto il requisito dell'utilit� iniziale, che pu� consistere anche 
nell'utile gestione di una attivit� che non sia obbligatoria ma che si 
prevede ragionevolmente che lo diventi, quanto l'anticipazione si risolve 
in un incremento patrimoniale o in una evitata diminuzione patrimoniale. 
E nella specie non v'� dubbio sull'utilit� dell'avviata gestione d'affari. 

La Cotte ha, altres�, errato quando ha ritenuto che mancasse l'elemento 
dell'� absentia domini � e che� vi fosse invece queMo della � prohibitio 
domini �; e ci� perch� un privato non potrebbe mai sostituirsi alla 

P.A. nel compimento anche di una attivit� materiale e perch� nella specie 
non poteva prevedersi che la CASMEZ non sarebbe riuscita a terminare 
in tempo i lavori. Ci� in quanto, sul primo punto, deve (sempre secondo 
la tesi della ricorrente) ritenersi che il privato pu� sostituirsi alla P.A. 
nel compimento di attivit� materiali; e, sul secondo, che nella specie 
sussisteva il requisito dell'� absentia domini� perch� era impossibile che 
la CASMEZ realizzasse in tempo utile i favori. La Corte ha poi omesso 
di considerare un altro argomento che dimostrava la sussistenza dell'absentia 
domini �, e cio� il fatto che la CASMEZ ha sempre provveduto 
a rimborsare le opere eseguite dai privati in sua vece quando, come nella 
braio 1978, n. 667, in Mass. Giu,r. It. 1978, n. 158. Per il riconoscimento dell'utiliter 
versum quale requisito dell'azione di indebito nei confronti della p.a. cfr. Cass. 
17 novembre 1981, n. 6094, in Rep. Foro It. 1981, voce Indebito, n. 8. Circa il 
dies a quo della prescrizione ordinaria decennale dell'actio de in rem verso, 
si afferma che esso normalmente coincide con il giorno in cui si verifica l'arricchimento 
del beneficiario con correlativa diminuzione patrimoniale dell'altra 
parte, e tuttavia quando non vi sia coincidenza temporale tra utiliter versum 
e depauperamento dell'altra parte, � al verificarsi di quest'ultimo requisito che 
bisogna fare riferimento: in senso conforme cfr. Cass. 15 luglio 1978, n. 3564, 
in Mass. (;iu,r. It. 1978; Cass. 26 novembre 19861 n. 6981, in Mass. Giur. lt., 1986. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

110 

specie, le opere stesse fossero gi� approvate in sede amministrativa. 

Nella specie poi la CASMEZ aveva seguito l'esecuzione dei lavori e quindi 

pu� ritenersi che sussiste anche una ratifica implicita. Quanto meno, 

cos� facendo, la CASMEZ ha riconosciuto di un potere provvedere essa 

a quanto doveva. La Corte, inoltre, nel negare la gestione d'affari, ha 

omesso di considerare una serie di elementi fondamentali riguardanti la 

deliberazione dei lavori, divenuti obbligatori almeno dalla delibera CIPE 

del 26 novembre 1970. 

Con il secondo motivo di ricorso si deduce poi la violazione dell'art. 8, 

2� c. n. 3 e 3 c. della 1. 6 ottobre 1971 n. 853 nonch� dell'art. 1 penultimo 

comma della 1. 26 apriJe 1965 n. 717, oltre che il vizio di insufficienza di 

motivazione. 

Si sostiene che la Corte di Roma ha omesso di considerare che le due 

citate disposizioni stabiliscono l'obbligatoriet� delle direttive CIPE sia 

per la CASMEZ che per le aziende a partecipazione statale. Pertanto, in 

presenza della direttiva CIPE del 21 novembre 1967, non poteva dubitarsi 

dell'iesistenza di un obbligo della CASMEZ di attuare in tempo utile fo 

sbancamento. 

Al riguardo, occorre anzitutto rilevare l'infondatezza dell'eccezione di 

inammissibilit�, per difetto d'interesse, formulata dalla resistente sotto il 

profilo che le due domande, di gestione di affari e di arricchimento senza 

causa, anche se proposte non alternativamente ma gradatamente, avevano 

uguale� petitum� (il medesimo importo di L. 11 miliardi, 852 milioni), con


siderando che la Corte ha accolto una delle due ed ha poi ritenuto di 

valore il debito di arricchimento senza causa. 

L'interesse all'impugnazione deriva infatti dalla diversit� tra le due 

azioni sia in astratto (perch� collegate a presupposti diversi e perch� at


tributive di diritti diversi ai sensi rispett1vamente degli artt. 2030-1 e 2041 

e.e.), sia in concreto ~quella accolta essendo limitata all'arricchimento iin 

ipotesi anche inferiore allo speso, pur se nella specie i due importi sono 

stati ritenuti equivalenti); e in ogni caso dal diverso modo di determina


zione del danno e degli interessi (come si dir� in appresso). 

I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono 

privi di fondamento. 

Le considerazioni che si leggono nella sentenza impugnata e i rilievi 
che, per contrastarle, sono stati formulati dalla ricorrente, mettono a 
fuoco la particolarit� del caso in esame per quanto riguarda il requisito 
primario della gestione d'affari e cio� I'� absentia domini�. L'impedimento 
del � dominus � a provvedere alla cura del proprio interesse, senza 
di che la gestione dell'affare altrui rappresenterebbe un'ingerenza indebita 
nella sfera di autonomia di un altro soggetto, � infatti presupposto essen. 
ziale per la riferibilit� all'interessato dell'attivit�, giuridica o materiale, 
posta in essere dal gestore. L'imposs~bilit� per il � dominus � di gestire 
l'affare va intesa in senso ampio e relativo, non cio� in senso rigoroso 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVItE, GIURISDIZIONE E APPALTI 111 

e assoluto (Cass. 13 maggio 1964 n. 550; 6 dicembre 1968 n. 3901 e 7 gennaio 
1970 n. 35). L'intervento gestorio deve per� avere di mira principalmente 
li'nteresse del soggetto che, per ragioni di varia natura, non sia 
in grado di tutelarlo direttamente. Se � vero infatti che in linea di principio 
la configurabilit� della � negotiorum gestio � non � esclusa dal 
fatto che il gestore tratti un affare che sia al tempo stesso anche suo 
proprio (o di altro soggetto diverso dal � dominus �) � vero pure che in 
siffatta ipotesi, nel rapporto espletato, obiettivamente prevalga l'interesse 
del � dominus � rispetto a quello del gestore o del terzo, non essendo 
sufficiente che tale soggetto tratti un affare che � essenzialmente suo 
proprio, per il quale sussista solo un qualche interesse indiretto ed occasionale 
del preteso � dominus � (Cass. 13 febbraio 1978 n. 667). Limite 
estremo � quello della � prohibitio domini � (anche se si � talora ritenuto 
sufficiente la non opposizione dell'interessato), poich� � evidente 
che oltre tale soglia vi � solo ingerenza indebita del preteso gestore. 

Nel caso di specie, al fine di valutare se sussistesse o meno una 
situazione di impedimento che legittimasse la gestione d'affari, occorre 
tenere conto del fatto eh il � dominus � era un'amministrazione pub" 
blica e che l'intervento a questa affidato, consistente nell'esecuzione di 
un'opera che, pur se intesa a perseguire interessi generali, avrebbe reso 
possibile l'ampliamento dell'attivit� d'impresa di un soggetto privato, 
doveva osservare modalit� procedimentali e tempi tecnici propri di 
simile soggetto giuridico. Dovendo aversi riguardo, al fine di addebitare 
ad esso l'obbligo � ex lege � di rispondere delle conseguenze derivate dall'attivit� 
del gestore, il particolare modo di operare che caratterizza 
l'azione delle persone giuridiche specie se pubbliche (ma per un'ipotesi 
di soggetto -un condominio -diverso dalla persona fisica, v. Cass. 
15 ottobre 1963 n. 2757, che appunto decise che � necessario avere riguardo 
alla speciale natura dell'organo cui spetta di compiere l'atto che viene 
considerato, per valutare se esista o meno una situazione di inerzia o di paralisi), 
non pu� di certo qualificarsi come impedimento quello che � invece 
il normale modo di deliberare e di agire dei soggetti appartenenti all'amministrazione 
pubblica, anche se ci� � suscettibile di causare ;ritardi contrastanti 
con le aspettative del privato; il quale non pu� -senza impingere 
nella discrezionalit� amministrativa -strumentalizzare tale suo interesse 
particolare e svolgere in proprio attivit� i cui risultati la P.A. solo al termine 
dell'iter procedimentale su ricordato � in grado di assicurargli. Non 
� !Cio� gestione di un affare altrui a cui si possano riconoscere gli effetti 
previsti dall'art. 2028 e.e. quella che il predetto soggetto privato svolga, 
come attivit� materiale, per anticipare gli effetti di provvidenze economiche. 
disposte in suo favore da una P.A. ancora non pervenute alla fase 
attuativa. Osterebbero del resto ad una simile gestione di affari proprio 
1!1 p.atura pul;>blic!l degli interessi affidati ad una P.A. e che in tanto 


112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

potrebbero essere superati con la � negotiorum gestio � del privato in 
quanto fossero pervenuti alla predetta fase, quando cio� l'atto di assunzione 
dell'obbligo verso il privato 'beneficiario sia divenuto eseguibile e 
questi abbia acquistato il diritto a profittarne. 

Questo �, in buona sostanza, il concetto espresso dalla sentenza della 
Corte di Appello, quando ha parlato di obbligo dell� CASMEZ nato solo 
il 25 luglio 1972, dopo la nota 26 giugno 1972 dello stesso MISM e la conforme 
delibera CIPE del 13 luglio 1972, quando venne emanato il provvedimento 
del MISM che autorizzava la CASMEZ ad eseguire una serie 
di opere, tra cui lo sbancamento nello stabilimento siderurgico di Taranto 
della Italsider; e quando ha affermato che perci� l'attivit� materiale 
svolta dalla societ� privata non poteva dare luogo a � negotiorum gestio � 
poich� alla data di inizio dei lavori di sbancamento non esisteva alcun 
obbligo per la Cass; e cio� non esisteva una situazione che potesse essere 
interpretata come inerzia o come impedimento. 

Quanto assume la ricorrente, che cio� le norme sulla � negotiorum 
gestio � non postulano l'obbligatoriet�, o necessit�, per l'interessato dell'affare 
gestito (quando concorrano gli altri requisiti e in particolare 
l'� .utiliter coeptum �); e che inoltre l'obbligatoriet� potrebbe anche essere 
valutata � a posteriori�, quando l'attivit�, inizialmente non vincolante, 
svolta dal dominus sia divenuta in prosieguo effettivamente obbligatoria, 
(con l'implicazione dogmatica che il contesto tipico in cui la gestione di 
affari opera � prettamente aleatorio, perch� soggetto alla capacit� di 
previsione, da parte del gestore, del maturarsi dell'obbligo), non si attaglia 
,ai caso in esame. Esattamente anzi la Corte di merito, nell'esaminare 
specificamente il requisito dell'� absentia domini�, pur parlando 
(impropriamente) di obbligo, ha concluso che deve negarsi al privato la 
possibilit� di sostituirsi all'ente pubblico nell'esecuzione dell'attivit� materiale 
che questi dovr� porre in essere a suo beneficio, sol perch� l'ente 
pubblico, tenuto al rispetto delle procedure, anche nell'interesse dei terzi, 
potrebbe non essere in grado di adempiere ai suoi obblighi nei tempi graditi 
al privato stesso. 

Se � vero poi che il privato potrebbe sostituirsi ad una P.A. nel 
compimento di attivit� materiali, � vero pure che ci� � consentito (a 
titolo di gestione d'affari) quando vi sia un interesse della stessa P.A. 
(diretto e non meramente occasionale o generale, per essere diretto e 
preponderante invece l'interesse del gestore) e quando comunque non si 
incida sulla discrezionalit� degli atti amministrativi (nel senso che si 
adduca come impedimento la scelta discrezionale dei modi e dei tempi 
dell'agire amministrativo in fase di deliberazione dell'intervento o di situazione 
dello stesso. Non vale perci� parlare (come fa la ricorrente) di 
superamento del �tempo utile�, o dei tempi tecnici �idonei� a soddisfare 
l'interesse del privato beneficiario dell'op�ra. N� vale invocare una 
�prassi�, instauratasi a proposito dei lavori della CASMEZ deliberati 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 113 

e non �cora posti in attuazione, nel senso che tale ente era solito ratifi� 
care poi i lavori eseguiti dal diretto interessato prima del perfezionamento 
clell'iter p.rocedimentale, poich� di simile ratifica (anche implieita) 
di :un'attivit� p:retesamente gestoria la. Italsider non. ha fornito la necessari.
a pr9ya, (a;sui;>;ca:dco). 

Jil.4 ~I~ P'lll" n�n .contestando l'esecuzione� dei� lavori� da. parte dell'Ha!� 
sider, il co.ipqrtamento processuale della CASMEZ era stato di segno 
qpposto quando a:veita negatQ che que!lti erano eseguiti nel suo interesse 
(percJ:i{non vi eia obblig13,ta) addurre la progressivit� degli atti deliberativi 
intervenuti il. 1� agosto .1966 (con l'affidamento alla CASMEZ clel 
l?fail,C) ~i. cc:>orClina.l~nto p(;!r gli iil!lediame)J.ti industriali), il 20 gennaio 1970 
(data di approvaziOne del programma IRI relativo all'ampliamento del 
centro siderurgico. di Taranto, da realizzarsi entro il 1975); il 25 giugno 
1972, il 13 luglio J972 e i1 25 luglio 1972 (data di approvazione dei 
favori e della spesa per lo sbancame:n,to d.a parte del MISI e del CIPE): 
�itfch� seco:hdo la ricorrente obbllgavano non solo la CASMEZ ma la 
stessa Italsidet (che 68me societ� a 6apitale pubblico era anch'essa 
destinataria della deliber� CIPE 20 novembre 1970) a realizzare l'ampliamento 
deMO sta1::>llimento $identtgico. E ci� anche ai sensi dell'art. 8 legge 
n;>853/71 � dell'art. 11. n. 717/65, come si sostiene col secondo motivo 
di ricorso. 

� agevole infatti osservare, quanto a tale ultimo punto, che secondo 
le norme ora :richiamate le direttive CIPE sono impegnative per le amministrazioni 
e gli enti pubblici, gli enti di gestione e le aziende a partecipazione 
statale,< la Cassa per il Mezzogiorno e gli enti ad essi col� 
legati,. ma solo per gli obblighi che siano posti a carico specificamente 
di ciascuno di tali soggetti; e quindi vincolavano la CASMEZ, ma non 
anche i beneficiari degli.� interventi, anche se compresi tra detti soggetti, 
tanto . meno nel senso che essi dovessero anticipare le spese e curare 
sostitutivamente gli interventi quando l'ente onerato non vi provvedesse, 

o non riuscisse a realizzare l'opera nel tempo utile auspicato dal beneficiario, 
specie se per le finalit� proprie dell'impresa. Quanto poi all'af. 
fidamento che la conoscenza dell'iter procedimentale concernente l'intervento 
di. cui � causa poteva legittimare, basta ricordare quanto gi� di sopra 
osservato e cio� cbe per potere invocare gli effetti della � negotiorum 
gestio �occorre dimostrare l'esistenza dei suoi presupposti, primo tra i 
quali 1'� absentia domini� (nel senso gi� chiarito), difettando il quale 
non � P.OSsibile fare valere la gestione dell'interesse proprio come gestione 
dell'interesse di altro soggetto durante il tempo che a questi � 
necessario per azionarlo. 
I primi due motivi del ricorso vanno perci� respinti. 

3~ ,__ Gli altri due motivi dello stesso ricorso concernono invece la domanda 
subordinata di arricchimento senza causa che la Corte ha accolto. 



114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche i due motivi del ricorso� incidentale riguardano lo stesso capo della 
sentenza e anzi il loro esame ha precedenza logica. 
Denunziando la violazione degli artt. 2041 e.e., 4 1. 20 marzo 1865 

n. 2248, 12 delle preleggi, 1362 ss. cc., 134 ss. T.U. 30 giugno 1967 n. 1523, 
I 
I
li

1 ss. 1. 6 ottobre 1971 n. 853, nonch� il vizio di difetto di motivazione, 
l'Agenzia per lo Sviluppo del Mezzogiorno deduce che erroneamente la 
Corte ha qualificato il rapporto come un arricchimento senza causa. Erroneamente 
infatti la Corte ha ritenuto che la CASMEZ fosse obbligata 
a sbancare i terreni di propriet� della Italsider, mentre tale obbligo in 
realt� non � mai esistito, e ci� perch� l'area di intervento della CASMEZ 
in tema di opere di sistemazione dei terreni era circoscritta ai terreni 
appartenenti ai Consorzi e non comprendeva anche i terreni di propriet� 
privata dei singoli operatori economici. La Cassa poteva eventualmente 
essere autorizzata ad intervenire su questi terreni in sostituzione dei 
Consorzi, cui solo spettava tale competenza, ma anche in presenza di 
simile autorizzazione l'esecuzione dell'opera da parte di un terzo sarebbe 
avvenuta nell'interesse del Consorzio e non della Cassa. In ogni caso 
neppure i Consorzi potevano eseguire opere d'interesse particolare di un 
singolo imprenditore. N� comunque un obbligo di tal genere per la Cassa 
poteva essere posto da un atto amministrativo in mancanza di una previsione 
legislativa. 

Quanto al riconoscimento da parte della P.A. dell'opera eseguita dal 
privato, deduce il ricorrente che, in tema di incentivazione, quando cio� 
l'arricchimento dovrebbe essere individuato nel risparmio della spesa 
che avrebbe potuto essere altrimenti disposta, un riconoscimento �a 
posteriori � non � nemmeno ipotizzabile, proprio perch� la necessit� stessa 
di un intervento pubblico per sua natura incentivante pu� essere rav


visata solo in vista del conseguimento di determinate finalit� e quindi va 

necessariamente esclusa quando tali finalit� risultino di fatto gi� conse


guite e le opere in astratto richieste gi� in concreto eseguite. D'altra parte 

anche la delibera CIPE del 13 luglio 1972, quando parla di infrastrutture 

da realizzare, deve ritenersi che si riferisca esclusivamente ad opere 

future e non ancora esistenti (come erano invece quelle de quibus), per


ch� di fronte ad una opera gi� realizzata non � neppure configurabile 

un intervento incentivante della P.A. 

Inoltre, il fatto che l'Italsider ha agito del tutto liberamente e volon


tariamente, senza alcun affidamento da parte della CASMEZ, prova 

la mancanza di qualsiasi nesso causale tra la spesa da essa sostenuta 

ed il presunto arricchimento della CASMEZ. 

La Corte ha altres� dimenticato che per dare ingresso ad una azione 
� di arricchimento nei confronti della P.A. il riconoscimento dell'utilitas 
deve essere compiuto dalla stessa amministrazione che si sarebbe arric



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 115 

chita (nella specie la CASMEZ) e non gi� da una amministrazione 
diversa (nella specie il CIPE o il MISM). 
I quattro punti sopra richiamati vanno esaminati distintamente. 

A) In ordine al primo, concernente la sussistenza dell'obbligo della 
CASMEZ di finanziare il lavoro di sbancamento gi� eseguito dall'Italsider 
con conseguente arricchimento senza causa, la tesi della ricorrente 
incidentale -che cio� le opere di sbancamento nell'interesse di privati 
esulavano dalle sue competenze -era gi� stata formulata in grado di 
appello e disattesa dalla Corte territoriale in base alle seguenti consid�razioni: 


a) che alla stregua della normativa all'epoca vigente, tra i compiti 
affidati alla Cassa per il Mezzogiorno rientrava quello di procedere 
in base alle indicazioni dei piani di coordinamento alla costruzione delle 
infrastrutture necessarie per l'insediamento di complessi industriali; 
infrastrutture che potevano essere realizzate -a totale carico della Cassa 
-su terreni consortili, o anche non consortili, dalla stessa Cassa 

o dai consorzi o ancora dalla Cassa, ma sostitutivamente ai consorzi 
se risultanti non idonei, previa autorizzazione del Ministro per gli Interventi 
straordinari (art. 134 e 149 T.U. n. 1523/1967); che dopo l'entrata 
in vigore della legge n. 853 del 1971, soppressi i piani di coordinamento, 
era stato affidato al CIPE di emanare direttive per assicurare la localizzazione 
degli impianti industriali; 
b) che pertanto rientrava nella competenza della CASMEZ di realizzare 
le infrastrutture anche su terreni privati, con la conseguenza 
che non potevano ritene:risi nu1le la delibera CIPE 13 marzo 1971 e 13 luglio 
1972 e la decisione del MISM 25 luglio 1972 finailizzate a realizzare, a mezzo 
della Cassa, le infrastrutture occorrenti per il IV Centro Siderurgico di 
Taranto; 

c) che perci� alla data di tale ultimo provvedimento (il 25 luglio 
1972) era sorto l'obbligo della CASMEZ ,di procedere all'esecuzione dei lavori 
di sbancamento. 

Riportando pi� nel dettaglio le censure formulate nel ricorso incidentale, 
si rileva che l'Agenzia nega l'esistenza di un obbligo a suo 
carico di eseguire detti lavori di sbancamento per le seguenti ragioni: 

a) l'area dell'intervento della Cassa in tema di infrastrutture non 
era disciplinata dagli artt. 134 e 149 del T.U. n. 1523 del 1967 sia perch� i 
lavori di sbancamento non potevano rientrare tra le infrastrutture, che 
(come chiarito anche dalla normativa successiva di cui al D.P.R. 6 marzo 
1978 n. 218, art. 2 lett. b) sono opere di carattere generale che non possono 
identificarsi con le strutture aziendali di un singolo imprenditore, 
sia perch� la Cassa pu� sostituirsi ai consorzi, normalmente competenti 


116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ad eseguire direttamente le opere in questione, solo a seguito di autorizzazione 
del Ministro; 

b) che se la normativa richiamata non autorizzava la CASMEZ ad 
eseguire i lavori di sbancamento in questione (perch� non costituenti 
infrastruttura e perch� non eseguibili su terreni non consortili), era 
vano ricercare la fonte dell'obbligo nei provvedimenti del CIPE e del 
MISM sopra ricordati, poich� fa seconda delibera CIPE del 13 Juglio 1972 
(che aveva elencato le opere infrastrutturali -tra le quali quelle di 
sistemazione e sbancamento dei termini -da eseguirsi per la realizzazione 
del Centro Siderurgico di Taranto) aveva inteso di concedere 
alla CASMEZ solo l'autorizzazione ad eseguire su terreni consorziali 
lavori di interesse generale e non anche lavori di interesse particolare 
su terreni di propriet� di un singolo imprenditore. 

Tale tesi � la stessa che gi� venne proposta ai giudici di appello 

e non si rinvengono argomentazioni nuove idonee a superare l'avviso 

espresso dalla Corte di Roma in punto di diritto nell'esaminare il 

quadro normativo applicabile e poi anche in sede di interpretazione 

degli atti amministrativi, qui con valutazione di merito non riesami


nabile nella presente sede di legittimit�, emessi dal CIPE e poi dal 

MISM relativamente alle infrastrutture da realizzare nel Centro Side


rurgico di Taranto. 

In rapida sintesi si pu� comunque ribadire quanto segue: 

1) che nell'art. 134 del T.U. n. 1523/67, che regola le �competenze 
generali de1la Cassa per il Mezzogiorno � � ben chiaro che � nell'ambito 
dei comprensori ... di sviluppo industriale�, la Cassa � autorizzata a 
realizzare a suo totale carico le infrastrutture necessarie alla localizzazione 
delle attivit� produttive� senza distinzione tra territori consortili 
e non; e con possibilit� di provvedere in via sostitutiva, su 
autorizzazione del MISM nel caso in cui i consorzi non siano in grado 
di adempiere agli specifici compiti fissati dal piano di coordinamento 
(terzo comma); che l'assegnazione direttamente alla CASMEZ, o invece 
ai consorzi, delle opere da realizzare veniva decisa in sede di formazione 
dei piani di coordinamento (art. 149 stesso T.U.), poi sostituiti 
dalle direttive CIPE (ai sensi della l. 6 ottobre 1971 n. 853 di rifinanziamento 
della Cassa); 

2) che nel caso di esecuzione diretta, da parte della CASMEZ, 
delle infrastrutture necessarie alla localizzazione delle attivit� produttive, 
destinatari dell'intervento non dovevano necessariamente essere 
consorzi, n� le opere da eseguire, per la realizzazione delle finalit� 
. d'interesse generale proprie dell'intervento deliberato, dovevano necessariamente 
riguardare terreni consortili, potendo riguardare anche un 
singolo imprenditore, se l'intervento da realizzare interessava in modo 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 117 

particolare un impianto preesistente, da ampliare in vista di esigenze 
di carattere generale (come appunto nel caso del centro siderurgico 
di Taranto, gi� esistente, ma per il quale le direttive CIPE avevano 
indicato come interesse nazionale i lavori di ampiamento); 

3) che tra le . opere elencate nella delibera CI.PE di affidamento 
alla Cassa :rientravano anche quelle di � sistemazione dei terreni �, 
purch� � d'interesse generale idonee a favorire la localizzazione industriale
� (art 1 1. n. 1462/62), cosicch� da tale deUber� -preceduta 
dalla deliber� IRI 26 novembre 1970 di ampiarrtento del C.S. di Taranto era 
legittimamente derivato l'obbligo della CASMEZ di eseguire anche i 
lavori di sbaricam�nto nello stabilimento della !talsider, necessari per 
assicurare l'area di sedime sulla quale realizzare poi la costruzione dei 
nuovi impianti di ampliamento del Centro. 

B) Sul secondo punto, concernente la asserita mancanza delle condizi.
Oni previste dall'art. 2041 e.e. perch� possa configurarsi un arricchimento 
senza causa che si concreti in un risparmio di spesa in favore 
della P.A., l'Agenzia sembra attribuire eccessivo rilievo al fatto che un 
simile arricchimento sarebbe conseguito ad un finanziamento deliberato 
a fini di incentivazione. A parte infatti la considerazione che l'incentivazione, 
a mezzo di leggi di favore o di provvidenze varie, attiene 
alle finalit� ultime e particolari che 11 legislatore si propone di conseguire 
�e che il finanziamento (o altra forma di beneficio) costituisce lo 
strumento di tale finalit�, non si vede perch� ci� possa avere influenza 
in caso di risparmio di spesa per il fatto che l'intervento finanziato 
sia stato eseguito da un altro soggetto, dal momento che la realizzazione 
di questo rappresenta proprio il conseguimento della finalit� voluta 
dalla legge incentivante. Anche perci� ai fini della validit� del 
riconoscimento �a posteriori� della � utilitas �, la gi� avvenuta esecuzione 
dell'opera prevista rappresenta, sul versante del risparmio di spesa 
e dell'arricchimento senza causa della . P .A. che la spesa doveva 
erogare, la conferma del con~eguimento della finalit� voluta dalla legge 
di incentivazione. Altro discorso � invece quello secondo cui una simile 
legge, quando parla di infrastrutture da realizzare, non pu� che riferirsi 
ad opere future e non ancora esistenti. Il rilievo � certamente esatto 
ma non risulta pertinente nel caso di specie, nel quale i lavori furono 
iniziati dalla ltalsider (come accertato dal giudice di merito) dopo 
l'approvazione delle direttive CIPE e delle leggi di finanziamento della 
Cassa per il Mezzogiorno (con l'indicazione delle opere da eseguire) e 
completati nel 1974, dopo le delibere IRI e Cl<PE riguardanti gli ~nterventi 
diretti a realizzare l'ampliamento del Centro Siderurgico di Taranto, 
proprio al fine di �consentire, dopo lo sbancamento e il livellamento 
del terreno, Ja costruzione dei nuovi impianti entro l.a data (1975) 


118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

prefissata. E anzi proprio tale obiettivo dell'Italsider, che costituiva 
indubbiamente una finalit� pi� generale di adeguare alle nuove prospettive 
di mercato la struttura dell'impianto siderurgico), dava la prova 
della utilit� dell'opera eseguita direttamente dall'Italsider, prima che 
fosse completato l'iter procedimentale che avrebbe poi consentito il fi. 
nanziamento da parte della Cassa. Il che non toglie per� che l'intervento 
CASMEZ, con riferimento all'epoca in cui fu deliberato, fosse 
incentivante; n� esclude che la Cassa dovesse procedere nell'iter inteso 
a rendere possibile il finanziamento, cos� ottemperando alla direttiva 
del MISM e alla delibera del CIPE, anche se poi la diretta esecuzione 
dell'opera da parte della Italsider rese inutile '1a fasa di attuazione dell'intervento. 


C) Tali particolarit� del caso in esame, sono state evidenziate dalla 
Corte di Roma, che le collega al fatto che l'Italsider come societ� a 
capitale pubblico e d'interesse nazionale era bene a conoscenza delle 
provvidenze in arrivo e che, calcolando i tempi tecnici della procedura 
di erogazione del finanziamento, aveva deciso di dare corso ai lavori. 
Ci� era sufficiente a dimostrare che vi era nesso di causa -almeno indiretta 
-tra la spesa sostenuta e il dedotto arricchimento in forma 
di risparmio di spesa. E l'avviso espresso dalla Corte di Roma sul 
punto costituisce accertamento di merito non sindacabile in questa sede. 

D) Quanto infine al rilievo secondo il quale il riconoscimento 

della utilit�, anche se implicito, doveva essere compiuto -secondo un 

principio pi� volte affermato in giurisprudenza -dalla stessa ammini


strazione che si era arricchita, va osservato che nel caso specie in cui vi 

� stato arricchimento per risparmio di spesa ,non � mai stata in discus


sione la piena conformit� dell'opera direttamente eseguita dal privato 

rispetto a quella per la quale la spesa era stata deliberata dalla P.A.. 

Il riconoscimento dell'utilit� (il quale costituisce il requisito dell'effet


tivo arricchimento: Cass. 17 novembre 1981 n. 6094) � stato desunto dal 

fatto che sussisteva fa detta conformit� per il !fatto che la CASMEZ, 

pur avendo negato il proprio obbligo ad eseguire quei lavori e la corri


spondenza tra l'opera eseguita dall'Italsilder e l'intervento delilberato dal 

MISM, non aveva n� precisato su quali diversi terreni detto intervento 

era stato invece realizzato, n� che lo sbancamento eseguito dalla Ital


sider fosse proprio quello che essa aveva avuto fincarico di realizzare. 
Sulla base di simile accertamento di fatto, correlato anche al comportamento 
processuale tenuto dall'Agenzia nel presente giudizio, anche 
in questa fase (in cui non ha negato detta corrispondenza ma 
. solo affermato, sul punto, che il riconoscimento era stato effettuato da 

altra autorit�), deve ritenersi che correttamente la Corte di merito ha 

ravvisato arricchimento, per il risparmio di spesa derivato dalla gi� av




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 1.19 

venuta es.ecuzione ' dei lavori per i quali era stato effettuato lo stanziamento 
di L. 11 miliardi, 825 milioni non pi� utilizzato; che tale arricchimento 
senza causa si era verificato gi� dal 1972, che � il� tempo sia 
del completamento di lavori sia della delibera CIPE e della nota del 
M�SM; e che vi era stato riconoscimento implicito della utilit� di essi 
da parte della P.A....;.;.; unitamente 'intesa nei rapporti tra MISM e CASMEZ 
preposti alla cura del :medesimo interesse pubblico -nel fatto �di non 
avete contestato la conformit� dell'opera e di non avere dimostrato che 
quello stanziariiento era stato utilizzato per altri e diversi lavori di 
sbancamento, finalizzati all'ampliamento del Centro Siderurgico di Taranto, 
c�me previsto nella delibera CIPE 26 novembre 1970 e 18 marzo 1971. 

� poi evidente (e perci� la Corte ha parlato di riconoscimento 
�in re ipsa �f�he questo...;.;.; in .forma di mancata contestazione -doveva 
essere . riferito proprio �al soggetto che reatlizzava , il.. risparmio di spesa 
e al fatto della mancata contestazione; e non qtliridi al provvedimento 
del MISM (indiciito come� incompetente <a operare il riconoscimento 
perch� non beneficiario dell'arricchimento), che � stato richiamato 
dalla Corte di m.erito solo per trarne gli �elementi. circa .� la natura dei 
lavori da eseguire; i quali -' al termine dell'iter procedimentale ini7lia� 
to nel 1966 --erano poi perci� ben noti sia alla CASMEZ sia all'ltalsider, 
diretta interessata che intendeva dopo lo sbancamento eseguire 
(sull'area di sedime cosi ricavata) i lavori di costruzione dei nuovi 
impianti. 

Il primo motivo del ricorso incidentale � perci� infondato. in tutti 

profili di censura proposti. 

4 -�. poi infondato anche il s~concio motivo del ricorso inci� 
dentale, con iJ quale si denunzia fa violazione degli artt.. 2934, 2935 ss. (in 
relazione aJl'art. 2041) e.e., oltre che il vizio di motivazione carente e 
contradciittoria. 

�Si dedu�e che. dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa risulta 
che alla data del presunto riconoscimento della utilitas, cio� il 25 luglio 
1972, tutta l'opera era stata da tempo eseguita, il che significa 
che era stata anche pagata, essendo noto che i lavori appaltati si pagano 
in base agli stati di avanzamento. Nel 1.974 furono solo redatti alcuni 
verl:>ali di .�collaudo e fu semmai pagato il saldo di qualche lavoro. La 
prescrizione, pertanto, non poteva essere fatta decorrere dal 1974, perch� 
nell'azione di arricchimento senza causa il giorno in cui il diritto pu� 
essere fatto valere coincide con quello in cui si verifica lo spostamento 
di. ricchezza da un soggetto ad un altro. 

Sicch� essendo stata l'opera quasi interamente pagata prima del 
25luglio1972 la prescrizione non poteva farsi decorrere da epoca successiva 
a� tale data; o ..quanto meno : avrebbe dovuto . dichiararsi prescritta tutta 
quella parte della domanda dell'Italsider correlata: agli esborsi effettua~ 



120 .RASSEGNA AVVOCATURA. DELLO STATO 
ti prima del decennio dalla notifica della prescrizione, ossia prima del 

26 ottobre 1973. In ogni caso, la fattispecie di arricchimento senza causa 
si era completamente integrata dalla data del decreto del 1972 in quantO' 
la diminuzione patrimoniale si sarebbe verificata gi� con l'effettuazione
�� dello sbancamento, alla quale era correlato il relativo debito 

verso l'impresa che aveva effettuato il lavoro. Inoltre, trattandosi di 
arricchimento nei confronti della P.A., la prescrizione comincia a decorrere 
dalla data dell'avvenuto riconoscimento dell'utilitas da parte della 
stessa P~A. e cio� nella specie, secondo Ja sentenza impugnata, dal 
25 foglio 1972. 

Nell'azione di arricchimento senza causa il � dies a quo � della prescrizione 
ordinaria decennale �, secondo la giurisprudenza di questa 
Corte (Cass. 15 luglio 1978 n. 3564; Id. 26 novembre 1986 n. 6981), quello. in 
cui pu� essere fatto valere il diritto all'indennizzo, che -di regola coincide 
con quello di cui si verifica l'arricchimento del beneficiario con 
correlativa diminuzione patrimoniale dell'altra parte. Tale momento PtJ� 
tuttavia anche essere successivo a quello del riconoscimento della � utilitas 
� da parte del beneficiario, che segna il perfezionamento della fattispecie 
dell'arricchimento, perch� in tale momento pu� non essersi ancora 
verificato,. o completato, il depauperamento dell'altro soggetto. E cos�, 
nell'ipotesi in cui l'arricchimento consista in un risparmio di spesa e 
tale spesa, in. base al rapporto contrattuale tra colui che ha eseguito 
l'opera della quale il beneficato si � avvantaggiato e il terzo {appaltatore) 
che ha effettuato i relativi lavori, non � stata ancora erogata (perch� 
ancora non � stato effettuato il collaudo o perch� non sia ancora 
scaduto il termine di pagamento pattuito), il diritto all'indennizzo ancora 
non pu� essere fatto valere e non ha inizio perci� il decorso del predetto 
termine prescrizion�le. 

Nel caso in esame la Corte di Appello ha accertato che, pur essendo 
stati i lavori di sbancamento completati nel 1972, in coincidenza con la 
delibera CIPE 25 luglio 1972, H pagamento venne effettuato, dalla Finsider 
{cui faceva capo la Italsider) solo nel 1974, per cui alla data della citazione 
(1'983) il termine decennale previsto dall'art. 2946 e.e. non era 
ancora decorso. 

Non � comunque possibile, come chiede l'Agenzia, frammentare il 

credito del depauperato in relazione ai vari momenti in cui questo 
avviene,� nel caso di pagamento ripartito nel tempo de1l'opera. A parte 
che al pagamento in corso d'opera corrisponde un'effettuazione parziale 
dei lavori e perci� non � ipotizzabile in correlazione a questi il beneficio 
(che pu� derivare solo dall'opera completa, collaudata e conforme allo 
scopo perseguito dalla P.A.), � decisivo il rilievo che, nell'ipotesi del.
l'arricchimento per risparmio di spesa, specie se si considerano le 
modalit� proprie della P.A. per l'erogazione della spesa o per il profittamento 
dei vantaggi derivanti dall'opera da altri eseguita, certo non 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 121 

rilevano i rapporti contrattuali interni che eventualmente legano il 
depauperato� con il terzo esecutore dei lavori ammessi a finanziamento 
pubblico, essendo unicamente necessario che colui che agisce. per arricchimento 
senza causa dimostri in quale momento si � verificato il 
depauperamento, che nel caso di lavori eseguiti in 'Vece di un P.A. presuppone 
pur sempre l'arricchimento di questa, che non pu� aversi pd� 
ma che l'opera risulti. compiuta. 

Correttamente perci� la Corte ha ritenuto che. l'arricchimento senza 
causa consistente nel risparmio di una data somma di danaro si sostanzia 
solo nel. momento in cui si concretizza l'esborso del depauperato, 
cb,e .�jl momento mcui si .. verifica lo spostamento di, ricchezza da un 
patrimonio all'altro, non avendo rilevanza n� la data dei .singoli paga. 
menti. agli stati di avanzamento dei lavori (come deduce l'Agenzia, peraltro 
su ba$e puramente presuntiva), n� la data di completamento dei 
lavori �i sbancamento.. N� rileva infine (per quanto si � detto}, in 
particolare la data del 25 luglio. 1972 della; deli'bera CIPE perch� non � a 
questa, bens� alla mancata contestazione della conformit� dei lavori che 
va ricollegato il riconoscfanento dell'utilitas. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione Lavoro, 22 dicembre 1993 n. 12708. Pres. 
Farinaro, Rel. Casciaro, P. G. Martone (parz. conf.) -Ferrovie dello Stato 
(Aw. Stato Stipo) c/ Apollonio ed altri. 

Trasporti � Ferrovie � Personale� delle Ferrovie dello Stato � Compenso per 

lavoro �straordinado � Periodo antecedente la contrattazione collettiva � 

Determinazione. 

Lavoro � Contmversie individuali � Collctestazione dell'intero credito preteso 
dall'attore � Onere per il convenuto .di contestazione specifica dei con� 
teggi � Non sussiste. 

Per il periodo antecedente la contrattazione collettiva, la determinazione 
del compen$O per lavoro straor.dinario del personale ferroviario 
va determinato ai sensi dell'art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977 n. 1188 e dd 
collegamento ivi disposto con it trattamento retributivo del primo dirigente 
statale, essendo agli stessi fini irrilevanti eventuali aumenti concessi 
ai dirigenti dell'Ente Ferrovie dello Stato (1). 

(1) Con la sentenza in rassegna, la Cassazione affronta per la prima volta 
la questione dei compensi per il lavoro straordinario prestato dai .ferrovieri nel 
periodo antecedente l'istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato e quello sticces

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

122 

Nelle controversie individuali di lavoro, l'onere ex art. 416, 3� comma 
c.p.c., gravante sul convenuto di contestare specificamente i conteggi 
reZ.ativi al quantum delle pretese del ricorriente, si pu� configurare quando 
non sia insorta controversia sull'an debeatur, ma non anche laddove il 
credito dedotto in lite risulti essere oggetto di globale contestazione, con 
la negazione in radice del credito vantato; in ogni caso l'inottemperanza 
del convenuto all'onere predetto e l'omessa redaziorJe di eventuali conteggi 
alternativi non comportano di per s� il riconoscimento della esattezza 
dei conteggi avversari (2). 

(omissis) Il ricorso per cassazione dell'Ente Ferrovie dello Stato � affidato 
a due motivi. 

Con il primo l'Ente ricorrente denuncia � violazione artt. 1 e 9 legge 
22 luglio 1975, n. 382; art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188; artt. l, 17, 
32, 33 Legge 6 febbraio 1979, n. 42; artt. 1, 16 Legge 22 dicembre 1980, 

n. 885; art. 1 L�gge 1� luglio 1982, n. 426; art. 2 d.P.R. 25 giugno 1983 
n. 344; art. 7 Legge 10 luglio 1984, n. 292; art. 8 Legge 24 dicembre 1985 
n. 779; art. 21 Legge 17 maggio 1985 n. 210; omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. �. 
Con il secondo motivo denuncia: �violazione degli artt. 11, 13, 14 e 15 
disp. sulla legge in gen.; art. 2697 cod. civ.; artt. 113, 115, 116, 416 c.p.c.; 

sivo fino alla regolamentazione del 'trattamento economico attraverso la contrattazione 
collettiva. 
La stessa Cassazione, con giurisprudenza costante (Cass. 3 maggio 1989, 

n. 2050 e successive). aveva affermato che, ai sensi dell'art. 21 della legge 17 maggio 
1985, n. 210, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, il rapporto di lavoro 
dei ferrovieri era regolato dalla normativa vigente per l'Azienda Autonoma delle 
Ferrovie dello Stato fino a quando non fosse intervenuta la contrattazione collettiva. 
In .materia di trattamento economico del lavoro straordinario, il primo 
accordo sindacale ha avuto effetto dal 1� gennaio 1987. 

Per il periodo precedente occorreva pertanto far riferimento alla normativa 
prevista per l'impiego statale, ancorch� il rapporto di lavoro dei ferrovieri, 
a partire dalla legge 6 febbraio 1979, n. 42, fosse ordinato in profili professionali, 
essendo stato abbandonato il criterio di classificazione del personale in qualifidie 
e parametri, vigente per il restante personale statale. 

Essendo il compenso. per lavoro straordinario rapportato al trattamento 

economico del primo dirigente, la materia del contendere (risolta non unifor


memente dai vari giudici di merito) consisteva nel verificare quali aumenti 

stipendiali accordati nel tempo al primo dirigente dovessero essere assunti nel 

calcolo per la determinazione del compenso per lavoro straordinario. 

Sulla computabilit�, ai fini dello straordinario, degli aumenti intervenuti 

per i primi dirigenti, la Cassazione ha assunto l'orientamento che cos� pu� rias


sumersi: 

a) nella base di calcolo non deve essere �computato l'aumento del 40 % 
disposto con decorrenza 1� gennaio 1979 dall'art.. 133, primo comma, legge 11 luglio 
1980, n. 312; e ci� in quanto il successivo art. 134..ha stabilito che �il miglio




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 123 

art. 34 Legge 11 febbraio 1970 n. 34; art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188; 
artt. 1, 17, 32, 33 Legge 6 febbraio 1979, n. 42; art. 134 Legge 11 luglio 1980, 

n. 312; art. 13 d.l. 6 giugno 1981, n. 283, conv. in Legge 6 agosto 1981, n. 432; 
art. 6 d.l. 27 settembre 1982, n. 681 conv. in Legge 20 novembre 1982, 
n. 869; artt. 1 e 9 d.P.R. 25 giugno 1983, n. 344; omessa, insufficiente e 
contraddittoria motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e S c.p.c. �. 
I due motivi fra loro connessi ben possono esaminarsi congiuntamente. 
Con il primo motivo, nell'esporre le vicende relative alla disciplina 

della retribuzione del lavoro straordinario dei ferrovieri, deduce l'Ente 
ricorrente ch,e l'art. 17 della legge n. 42 del 1979 non and� al di l� della 
prospettazione di un obiettivo programmatico, e, quindi, non intese abrogare 
i criteri delineati dal d.P.R. 1188 del 1977; che inoltre -essendo la 
retribuzione delle prestazioni di lavoro straordinario voce puramente accessoria 
del trattamento economico dei pubblici dipendenti -l'aggiornamento 
delle misure orarie dei compensi di lavoro straordinario del personale 
ferroviario non poteva prescindere dalla verifica dei necessari presupposti 
di compatibilit� finanziaria; che nella copertura finanziaria dei 
provvedimenti legislativi invocati dai lavoratori (legge 6 febbraio 1979, 

n. 42 e leggi successive) non erano stati inc1usi i compensi di lavoro 
straordinario; che, sul presupposto della riconosciuta inammissibilit� di 
ramento temporaneo derivante dall'applicazione del precedente art. 133 non 
opera ai fini della determinazione dei compensi per lavoro straordinario chiunque 
ne sia il beneficiario�; 

b) nella base di calcolo deve essere computato l'aumento del 23 % disposto 
con decorrenza 1� febbraio 1981 dall'art. 10, primo comma, dl. 6 giugno 1981, 

n. 283 (convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432); e ci� in quanto il successivo 
terzo comma ha stabilito che � la nuove misure degli stipendi derivanti dall'applicazione 
del presente articolo non hanno effetto sulle indennit�, assegni 
o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i 
dirigenti �; 
c) nella base di calcolo deve essere computato l'aumento �del 12,20 % 
disposto con decorrenza 1� gennaio 1983 dal d.l. 27 settembre 1982, n. 681 (convertito 
in legge 20 novembre 1982, n. 869), e ci� in quanto l'art. 6 ha stabilito 
che � le nuove misure degli stipendi derivanti dall'applicazione del presente 
decreto non hanno effetto sulle indennit�, assegni o compensi ad essi commisurati 
o rapportati; a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti �; 

d) nella base di calcolo non deve essere computato l'aumento retribu


tivo per il 1� dirigente stabilito dal Consiglio di Amministrazione dell'Ente F.S., 

con delibera 19 giugno 1986, n. 181, di gran lunga superiore al coevo tratta


mento retributivo del 1� dirigente statale. 

Per la computabilit� degli aumenti di cui alle leggi n. 432/81 e n. 869/82, 
il P.G. si era espresso in senso difforme, in quanto l'interpretazione restrittiva 
e strettamente letterale, secondo cui gli aumenti � non hanno effetto sulle indennit�, 
assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo 
previsti per i dirigenti�, andrebbe contro la logica legislativa che non pu� 
aver voluto attribuire al personale non dirigenziale un compenso per lavoro 
straordinario in misura superiore a quello spettante ai dirigenti. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

124 

un adeguamento delle tariffe orarie per lo straordinario, a seguito della 
soppressione delle qualifiche nell'inquadramento del personale ferroviario, 
il Pretore di Napoli, in altra occasione, aveva denunciato come incostituzionale 
la mancata estensione al personale delle Ferrovie dello 
Stato delle norme che avevano consentito la rivalutazione dello straordinario 
relativamente al personale dei Ministeri. 

Con il secondo motivo d'impugnazione l'Ente ricorrente attribuisce al 
Tribunale di Napoli l'assunto che, una volta sopravvenuta la legge 6 febbraio 
1979, n. 42, abolitiva dell'inquadramento per parametri del personale. 
dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, ci� nonostante i 
conteggi dei compensi di lavoro straordinario potessero ugualmente aver 
corso (in applicazione dell'art. 4 del d.P.R. n. 1188 del 1977), previa individuazione 
delle corrispondenze fra l'antecedente classificazione per parametri 
e la nuova classificazione per categorie (di cui alla legge n. 42 del 1979). 

Si volge poi l'Ente ricorrente a censurare l'apprezzamento dei Giudici 

napoletani in ordine alla ravvisata esattezza dei pur contestati conteggi 

elaborati dai lavoratori, non potendo, ad avviso dell'Ente, limitarsi il 

Tribunale a dichiarare la computabilit� -in sede di determinazione dei 

compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario -degli aumenti 

retributivi concessi ai dirigenti, senza passare in rassegna i singoli prov


vedimenti di aumento. 

(2) Orientamenti giurisprudenziali sulle deduzioni difensive nel processo del 
lavoro. 
L'art. 416 c.p.c. tratta della costituzione del convenuto nel procedimento 

del lavoro. 

Il 1� comma stabilisce il termine di almeno 10 giorni per la costituzione. 

Il 2� comma stabilisce la decadenza da parte del convenuto della proposi


zione dei mezzi di prova, delle domande riconvenzionali e delle eccezioni pro


cessuali e di merito non rilevabili d'ufficio, come la prescrizione (Cass. 13 di


cembre 1985, n. 6407), il giudicato esterno (Cass. 14 novembre 1985, n. 5591, 

Cass. 16 giugno 1985, n. 3375) che non pu� essere neanche dalla parte contumace 

eccepito nel grado di appello (Cass. 28 aprile 1984, n. 2668). 

Tale decadenza, vertendosi in materia sottratta alla disponibilit� delle parti 
(art. 2969 e.e.), ha carattere assoluto ed inderogabile, rilevabile d'ufficio dal 
giudice (Cass., SS.UU. 19 novembre 1985, n. 5686), indipendentemente dal silenzio 
serbato dall'attore o dalla circostanza che il medesimo si sia difeso sostenendo 
l'infondatezza, anzich� l'intempestivit�, dell'eccezione o della domanda riconvenzionale 
(Cass. 21 aprile 1988, n. 3111; Cass. 13 febbraio 1988, n. 1574). La 
decadenza di cui al 2� comma vale anche per l'attore in relazione alla domanda 
riconvenzionale, dovendo egli considerarsi convenuto rispetto a tale domanda 
(Cass. 21 novembre 1984, n. 5981, in Giust. Civ. 1985, I, 2822), con l'unica differenza 
che il termine di riferimento per la decadenza �, non gi� l'udienza fissata 
�ex art. 415 c.p.c., bens� la nuova udienza, la cui fissazione, ai sensi dell'art. 418 

c.p.c. deve essere richiesta dal convenuto contestualmente alla proposizione della 
riconvenzionale (sull'art. 418 c.p.c. si � espressa la Corte Costituzionale, dichia

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUJjENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 125 

Con riguarda a tale ultima :�questione, sostiene l'Ente ricorrente che 
non computabili dovevano riconoscersi gli aumenti retributivi accordati 
dalla.legge n; 312 del 1980, avendo questa esplicitamente negato l'incidenza 
sui compensi di lavoro straordinario degli aumenti in parola, chiunque 
n~.fosse il beneficfario, e:bhe del pari: non computabili dovevano dirsi 
gli atitilei;rt� concessVcon d�col:'f~ti~a .1� febbraio 1981 e 1� gennaio 1983 
rispettiyafuel1t�c da,Ua legge n� 432 del 1981 e dalla legge n. 869 del 1982. 

.. .. . .. .. . 

E i.tl61t:re/ad. m�so del ricorrente Ente Ferroviario dello Stato, a 
p.artire dal 1986 doveva prendersi a base del calcolo dei compensi di 
lavofo :str�otdinarfo� dei ferrovieri ��sempre ed unicamente la retribuzione: 
ordinaria. pJ:�vista per i dirigenti .statali, e non gi� quella attribuita ai 
dirigenti� deL medesimo. Ente. 

Il riferimento allo stipendio del dirigente statale come base di calcolo 
dei.compensi di lavoro straordinario del personale di altre categorie era 
coJ;'.l'.1:1,lllql;le .clJil ritenere �in(l!J;'etto e strumentale �, dovendo (( il rapporto 
js.titui:rst diretta1$.enie e � pr<>:Pdamente tra compenso di lavoro straordinario 
di quel ciirigente (ovviamente determinato in relazione al suo stiPendio) 
e C:O@Penso &Ilo s~e�so titolo spettante alle altre categorie di 
dipe.denti>~;. il che jrovi;?rel:>be:.co.ferma nel disposto del secondo comma 
dell'art. 9 .ciel d�:P�B� 25 gi.g:o,o 1983, n. 344. 

I due riferiti motivi sono fondati nella misura di oui appresso. 
Giova premettere che dall'impugnata sentenza (con la quale il Tribunale 
di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, favorevole ai la� 

rando manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale; v. 

C. �Cost. 14 gennaio 1977, n. 13; C. Cost. 10 maggio 1978, n. 64). 
� comunque da ricordare come � stata ritenuta inammissibile la domanda 
rk:�nvenzionale spiegata nella memoria difensiva del convenuto ove sia stata 
omessa l'istanza di fissazione .di nuova udienza e se, malgrado la mancata richiesta 
il giudice abbia fissato la nuova udienza, la decadenza dalla riconvenzionale 
si verifica ugualmente, ed. � rilevabile d'ufficio anche in Cassazione non 
essendo. il provvedimento del giudice idoneo a sanare una decadenza ormai verificatasi 
(Cass. 12 agosto 1993, n.. 8652; Cass. 20 maggio 1983, n. 3499; Cass. 
12.giugno 1981, n. 3837, in Giust. Civ;.1981, I, 2567), mentre in altra decisione 
�. stato affenrtato,.che l'inosservanza. del.disposto dell'art. 418 c.p.c. resta irrilevante 
se fattore accetti ilcontraddittorio,... chiedendo il rigetto delle pretese 
avversarie {Cass. 9 luglio 1982, n. 4091}~ 

� stato comunque precisato che la decadenza di cui al 2� comma dell'art. 416 

c.p.c. presuppone l'osservanza da. parte dell'attore; delle prescrizioni di cui all'art. 
414 c.p.c; n. 4, per cui se, a causa di incompleta o inesatta esposizione dei 
fatti e . degli elementi di diritto posti a fond.amento della .domanda, il convenuto 
tlQn� abbia avuto modQ o interesse a sollevare .un'eccezione in senso proprio, 
questa pu� essere proposta oltre il limite precisato dal citato art. 416, e; quindi, 
con la prima difesa successiva alla� deduzione o� alla acquisizione in giudizio, 
per altra via, d�L fatto o elemento.. omesso, la cui cognizione � essenziale ai 
fini della proposizione dell'eccezione. stessa. (Cass., 28 giugno 1984, n; 3808). 

RASSEGNA AVVOCAT{JRA. DELLO STATO

126 

voratori) si evince che i Giudici di merito hanno senz'altro affermato la 
piena incidenza degli aumenti del trattamento retributivo del dirigente 
statale sui compensi di lavoro straordinario spettanti a1l'Apollonio e 
ag.U altri in quella sede appellati nella sentenza non si rinviene peraltro 
alcuna specifica analisi dell'ambito e degli effetti dei vari provvedimenti 
legislativi apportatori di aumenti stipendiali al dirigente dello Stato, n� 
l'indicazione. dei cri:teri sulla. base dei quali erano stati impostati i conteggi, 
articolati dai lavoratori nel ricorso introduttivo delJa lite, e che 
il Tribunale ha per vero sbrigativamente recepito con l'addurre a giustificaz~
one �l'estrema genericit�� delle contestazioni sollevate dall'Ente. 

Di ci� ragionevolmente si duole la parte qui ricorrente. Sul convenuto 
in controversia indivi:duale di lavoro, come � noto, fa carico l'onere di 
specifica contestazione �circa i fatti affermati dall'attore a fondamento 
della domanda �, e di enunciazione simuJtanea, in memoria difensiva, 
di tutte le sue difese in fatto e in diritto (art. 416, terzo comma, c.p.c.)1 
L'onere di specifica contestazione ben �pu� investire anche �l'attendibilit� e 
la correttezza dei conteggi, elaborati ex adverso ed inseriti nel ricorso 
introduttivo della lite o ritualmente prodotti: peraltro, l'inottemperanza del 
convenuto all'onere predetto e l'omessa redazione di eventuali conteggi 
alternativi non comportano di per s� il riconoscimento della esattezza dei 

Riferendosi la preclusione di cui all'art. 416 c.p.c., 2� comma, alle eccezioni 
non rilevabili d'ufficio, il convenuto pu� contestare la giurisdizione del giudice 
adito anche successivamente alla costituzione in giudizio (Cass. SS.UU. 16 aprile 
1984, n. 2424) e cos� pure l'incompetenza per materia che pu� essere eccepita 

o rilevata d'ufficio anche in appello alla stregua dell'art. 38 c.p.c. (Cass. 10 febbraio 
1983, n. 1064) come anche la questione relativa al difetto di legittimazione 
processuale, in quanto attenendo alla regolarit� del contraddittorio e alla validit� 
della sua costituzione � rilevabile d'ufficio (Cass. 17 aprile 1980, n. 2535) 
e pu� essere dedotta in appello dalla parte contumace in primo grado (Cass., 
17 novembre 1993, n. 11364). 
Il 3� comma dell'art. 416 c.p.c., nel prevedere per il convenuto l'onere di 
prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione 
circa i fatti affermati dall'attore e proporre tutte le sue difese in fatto 
ed in diritto nella memoria di costituzione, a differenza di quanto disposto 
nel 2� comma, non lo sanziona invece con la decadenza in caso di inosservanza. 

Pertanto l'inottemperanza da parte del convenuto ad una delle prescrizioni 
dettate dall'art. 416 comma 3�, secondo la giurisprudenza: 

-non pu� essere equiparata, quanto ad effetto probatorio ad una confessione 
della fondatezza degli assunti di controparte (Cass. 6 marzo 1987, n. 2386, 
citata nella sentenza in rassegna), in quanto la generica contestazione non 
implica ammissione dei fatti, potendo al pi� costituire una violazione dell'obbligo 
di lealt� processuale di cui agli artt. 88 e 92 c.p.c. (Cass. 17 aprile 1985, 

n. 2551; Cass. 11 settembre 1980, n. 5241); 
-non impedisce al convenuto la esplicazione della attivit� difensiva volta 
a contrastare le condizioni di fondatezza della domanda, quali ogni questione 
di interpretazione e di applicazione di legge (Cass. 16 giugno� 1987, n. 5335; Cass. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUI)ENZA CIVILE, GIURISI)IZIONE E APPALTI 127 

conteggi avversari, pur potendo, a seconda delle circostanze, fungere da 
elemento integrativo del convincimento del magistrato (cfr. Cass., 6 marzo 
19&7, n. 2386). E in ogni caso l'onere, .gravante sul convenuto, di contestare 
specificamente i conteggi relativi al quantum delle pretese spettanze 
del ricorrente; si .pu� configurare quando non sia insorta controversia sull'an 
debeatur, ma non certo laddove il credito dedotto in lite risulti essere 
oggetto ;.;i come nella specie -di globale contestazione, e ci� in quanto non 
sarebbe logico ipotizzare che il (presunto) debitore sia tenuto a rivedere 
criticamente le voci del conteggio di un altrui (presunto) credito, che ha 
negato in radice. 

Tanto premesso, osserva fa Corte che esattamente i Giudici napoletani 
hanno individuato nell'art. 4, d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188 (recante 
� Nuova disciplina delle prestazioni straordinarie del personale dell'azienda 
autonoma delle ferrovie dello Stato e nuove misure dei relativi 
compensi�), la disposizione enunciante i criteri di determinazione dei 
cor.pensi di lavoro straordinario del personale ferroviario mediante 
test'l,lale riferimento a quota del trattamento economico mensile (ordinarfo) 
del primo dirigente; e che del pari esattamente hanno osservato 
come quella disposizione non sia stata successivamente abrogata n� 
modificata. Mentre, dunque, si rende evidente che l'aggancio del compenso 
di lavoro straordinario del personale ferroviario al trattamento 
retributivo ordinario del primo dirigente statale esclude la computabilit� 

28 marzo 1980, n. 2048; Cass. 4 marzo 1980, n. 1462) e la successiva specifica 
contestazione sulla esistenza e la portata dei fatti affermati dall'attore (Cass. 
18 luglio 1987, n. 5933; Cass. 8 ottobre 1985, n. 4870), e in genere i fatti costitutivi 
della pretesa (Cass. 20 luglio 1985, n. 4301; Cass. 8 gennaio 1983, n. 140, in Giust. 
Civ. 1983, I. 3037); . 

-non vale ad esimere il giudice dalla verifica dell'assolvimento da parte 
dell'attore, dell'onere probatorio in ordine ai fattr costitutivi dell'azione (Cass. 
10 novembre 1990, n. 10849; Cass. 6 febbraio 1990, n. 815; Cass. 4 marzo 1980, 

n. 1464), rientrando nel potere-dovere del giudice di accertare se da parte dell'attore 
sia stata data dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e dimostrativi 
della pretesa, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, 
siano state o meno proposte contestazioni specifiche, difese ed eccezioni 
improprie non soggette alle preclusioni di cui agli artt. 416, 2� comma e 437 c.p.c. 
(Cass. 28 giugno 1984, n. 3796, in Giust. Civ. 1984, I, 2736); 
-in caso di contumacia, non esclude il potere-dovere del giudice di accertare 
se l'attore abbia fornito la prova dei fatti costitutivi della domanda (Cass. 
30 agosto 1980, n. 5050; Cass. 12 giugno 1987, n. 5170); 

-non comporta preclusione a contrapporre le proprie difese al convenuto, 
che abbia accettato il contraddittorio in ordine a deduzioni tardivamente formt.).
late dall'attore (Cass. 19 giugno 1982, n; 3755). 

Con: particolare riferimento al quantum in contestazione, l'onere della 
specificazione delle richieste, cos� per l'attore come per il convenuto., deve ritenersi 
assolto allorch�, pur non essendo stato indicato l'importo, vengano indi




RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

128 

(salvo espressa pattuizione diversa) di aumenti retributivi eventualmente 
concessi in via convenzionale dall'Ente Ferrovie dello Stato ai 
suoi dirigenti, essendo l'unico termine di raffronto il trattamento economico 
ordinario del primo dirigente statale, non pu� aderirsi alla tesi 
dell'Ente ricorrente, a tenore .della quale nei vari provvedimenti legislativi 
di aumento del trattamento economico del dirigente dello Stato sarebbe 
stata carente la previsione di spesa, in quanto tale previsione al 
contrario non difettava con riguardo agli � oneri riflessi � degli aumenti 
retributivi. 

Infondata � anche la tesi per cui il richiamo del trattamento economico 
ordinario del primo dirigente statale sarebbe solo strumentale, 
il collegamento dovendo pi� giustamente avvenire con il compenso di 
lavoro straordinario per quello stesso primo dirigente: tesi non avvalorata 
dal preciso �ed inequivoco tenore letterale deH'art. 4 cit., e argomento 
plausibile ove si consideri che il trattamento retributivo di 
lavoro straordinario del dirigente dello Stato venne disciplinato con legge 
22 luglio 1978, n. 385, sicch� il Legislatore del 1977 non poteva riportarsi 
a un dato normativo che, all'epoca, ancora non sussisteva. Ed incongruo 
appare in proposito il richiamo fatto al secondo comma dell'art. 9 del 

d.P.R. 25 giugno 1983, n. 344. 
cati in modo preciso gli elementi di calcolo necessari e sufficienti per la sua 

determinazione (Cass. 30 maggio 1983, n. 3732; Cass. 14 dicembre 1982, n. 6904). 

� stato altres� precisato che mentre il soggetto che agisce in giudizio � 

dispensato dall'onere di provare la sussistenza degli elementi costitutivi della 

domanda solo quando detta sussistenza non sia oggetto di contestazione, perch� 

ammessa, esplicitamente o implicitamente, dalla controparte, la contraria dedu� 

zione difensiva di quest'ultima, attenendo a questione rilevabile anche d'ufficio, 

non integra una eccezione soggetta alle preclusioni stabilite dagli artt. 416 e 

437 c.p.c. (Cass. 11 luglio 1983, n. 4688). 

Infine, per quanto riguarda la produzione di documenti, questi, quali prove 

precostituite, possono essere prodotti fino all'udienza di discussione ed anche in 

appello, senza incorrere nelle preclusioni di cui agli artt. 414, 416 e 437 c.p.c., appli


cabili alle sole prove costituende, come quelle testimoniali (Cass., 4 febbraio 1993, 

n. 1359). 
Pertanto, in controversia relativa al pagamento di spettanze retributive, 

il convenuto datore di lavoro che deduca di averne eseguito il pagamento, pu� 

in qualunque momento, ed anche in appello, produrre le relative quietanze 

(Cass. 26 gennaio 1988, n. 643). 

� stato tuttavia precisato che la produzione in appello di nuovi documenti 

esige, a pena di decadenza rilevabile d'ufficio, che essi siano specificamente 

indicati nel ricorso dall'appellante o nella memoria difensiva dell'appellato, e 

depositati contestualmente; a meno che non si tratti di documenti sopravve


nuti (od anche anteriori la cui produzione sia giustificata dallo sviluppo assunto 

dalla vicenda processuale), ferma peraltro la necessit� che la produzione sia 

� autorizzata dal giudice (Cass. SS.UU. 6 settembre 1990, n. 9199, in Giust. Civ. 
1990, I, 2255). 
GIUSEPPE STIPO 



PARTE I, SEZ. III, GI'UlUSPRtmENZA� CIVILE, -GIURISDIZIONE E APPALTI 129 

Lo .stesso Ente Ferrovie dello Stato ha poi ammesso il carattere 
programmatico dell'art; 17 della legge 6 febbraio 1979; n. 42, in cui sarebbe 
vana la ricerca di criteri di calcolo del compenso di lavoro straordillario 
del perso1ui.le ferrov~rio sostitutivi di quelli dell'art. 4 d.P.R. 
w 1188 .. 4e1 197.7:. cit. > � 

Non merita consenso Fopinione; manifestata dall'Ente ricorrente, per 
cuit jdopo:.�che il�d,P.R. n, 1188 aveva� fissato �la determinazione�. dei compensi 
di lavoro straordinario su base parametrica; la sopraggiunta legge 
n;.42 del 1979 "'"'avendo abbaridonato le qualifiche e i parametri e introdotto, 
liifinidella:. cla:ssi.ffoazione. del personate, le categorie stipendiali 
e��i profili professionali:...,. era �venuta a predudere��l'utilizzo dei vecchi criteri 
di �omputo1 rendendo �indispensabile una� normativa �sui criteri di 
determinazione:dei compensi�.. di� lavoro� straordinario adeguata .al nuovo� 
sistema�� di�� inquadramento; 
...�.��.�Vero �; ii.ifatti, ch� la legge ri. 42 del '1979 Ia:s�i� sostanzialmente fenrio 
00 invarlafo il rapporto rra le�� posizioni dell'organigramma Miendale, 
sfoch� rlrriiiise possibile proseguire nelliapplfoazione dei� criteri; ariterior~ 
mente fissati, sulla� scorta: del quadro n~ 2, detto� di equiparazione;� allegato 
alla legge. La stessa Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, per 
quanto si �argomenta dalla sentenza impugnata, continu� del resto 
ad�. applicare, nella liquidazione� dei compensi di lavoro straordinario dei 
suoi dipendenti '(ariche<nuovf assunti); il sistema parametrico, pur asteIl.
eridos� dall'inserire�� nelcom:puto gli aumenti del trattamento �retributivo 
ord�nario del dirigente statale, frattanto maturati. 

Alfa luce di quanto s<>pra; il Tribunale d� Napoli, anzich� limitarsi a 
dar� atto della esattezza dei conteggi articolati dai lavoratbri perch� 
� contestati con estrema genericit� �, avrebbe ciowto procedere a separata 
valutazione dei singoli provveclimertti. di legge recanti aumento del trattatrientb 
retributivo ordinario del primo dirigente, successivi al d.l?.R. 

n. 1188 del 1971, ohd.e stabilire se gli aumenti volta per volta concessi 
dovessero. operare. in sed.e di determinazione delle . retribuzioni di lavoro 
straordinarib del personale ferroviario, muovendo poi nell'indagine dal 
pr~supposto che, in forza del�trt. 4, d.P.ll. i6 sett�mbre 1977, n. 1188, 
sulla misttt�. �oraria� deicompensi per �lavoro� straordinario del personale 
ferroviario dovevano incidere tutti gli aumenti del trattamento economico 
mensile del primo dirigente, beninteso tranne il caso di deroga legisla" 
tiva. 11 Tribunale avrebbe dovuto quindi verificare (ove necessario con 
l'ausilio di consulenza tecnica) la piena rispondenza dei conteggi ai criteri
� normativi preventivamente individuati. 
Orbene; l'Ente Ferrovie dello Stato sostiene la non computabilit�, 
ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordinario del perso




130 RASSEGNA AVVOCATVRA DELLO STATO 

nale ferroviario, sia degli aumenti concessi ai dirigenti statali con 
legge n. 312 del 1980, sia di quelli concessi con leggi n. 432 del 1981 e 

n. 869 del 1982. 
L'assunto del ricorrente � solo parzialmente fondato. Effettivamente 
non computabile� deve ritenersi l'aumento concesso con legge 11 luglio 1980, 

n. 312 ( � Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare 
dello Stato�), il cui art. 134 testualmente lo dichiarava �inoperante 
ai fini della determinazione dei compensi per lavoro straordinario, 
� chiunque ne sia il beneficiario �. La scelta di una cos� lata ed onnicomprensiva 
locuzione induce a ritenere che il Legislatore del 1980 abbia 
inteso � sterilizzare � l'aumento de quo anche con riguardo a!l computo 
delle retribuzioni di lavoro straordinario del personale ferroviario. E, 
sul punto giova avvertire che l'esclusione dell'aumento retributivo, di cui 
alla legge n. 312 del 1980, in sede di determinazione dei compensi di 
lavoro . straordinario chiunque ne fosse il beneficiario, � rimasta ferma 
pur dopo l'avvento delle leggi successive, che hanno ulteriormente incrementato 
il trattamento retributivo ordinario del dirigente statale, poich� 
da tali oleggi non � dato ricavare il superamento del tassativo divieto di 
cui all'art. 134 della citata Jegge n. 312. 
Computabili ai fini della determinazione dei compensi di lavoro 
straordinario del personale ferroviario, in difetto di specifica disposizione 
di segno contrario, sono invece da ritenere gli aumenti concessi al 
primo dirigente dello Stato con legge 6 agosto 1981, n. 432, e con legge 20 
novembre 1982, n. 869. In particolare la legge n. 432 del 1981, nel conv,
ertire il d.l. 6 giugno 1981, n. 283, ebbe a sostituire l'art. 10 del medesimo 
decreto iLegge: ed � significativo che, in sede di conversione, venisse a 
cadere la formula originaria, a sensi della quale � le nuove misure degli 
stipendi ... non hanno effetto sulle indennit�, assegni o compensi ad essi 
commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti, 
nonch� sui trattamenti commisurati o rapportati agli stipendi stessi, spettanti 
ad altre categorie ... �, disponendosi per contro che � le nuove misure 
degli stipendi � ��� non hanno effetto sull<e indennit�, assegni o compensi 
ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo prev.isti per i dirigenti
�. Dal testo definitivo, adottato nella legge di conversione, chiaramente 
deriva l'operativit� dei nuovi aumenti su indennit�, assegni 
e compensi ragguagliati allo stipendio dei dirigenti, ma spettanti ai non 
dirigenti, e, quindi, anche sui compensi di lavoro straordinario dei ferrovieri. 


A sua volta la legge 20 novembre 1982, n. 869, nel convertire con modipcazioni 
il d.t 27 settembre 1982, n. 681 (concernente adeguamento prov� 
visorio del trattamento economico dei dirigenti delle amministrazioni 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 131 

dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e del personale ad essi 
collegato), h� lasciato invariato il primo comma del menzionato decreto 
legge, limitante ai soli dirigenti la non operativit� degli aumenti di 
stipendio sulle indennit�, gli assegni o i compensi a qualsiasi titolo 
previsti e commisurati allo stipendio che veniva aumentato. 

Alla luce di quanto precede il ricorso deve essere accolto per quanto 
di ragione. Il Giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Avellino, 
sottoporr� a nuovo esame la controversia, facendo applicazione dei suenunciati 
principi, che sembra opportuno riepilogare come segue: 

1) ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordi~ari~ 
del personale ferroviario, per il. periodo successivo all'entrata in vigore 
del d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188, trovano applicazione i criteri ivi 
enunciati, ed in particolare il collegamento disposto dall'art. 4, d.P.R. cit., 
con il trattamento retributivo ordinario del primo dirigente dello Stato; 

2) la sopravvenienza della legge 6 febbraio 1979, n. 42, la quale pure 
rideterminava l'inquadramento del personale ferroviario, sostituendo 
alle antecedenti qualifiche i nuovi profili professionali ed ai parametri 
le nuove categorie stipendiali, non ha comportato abrogazione dell'art. 4, 

d.P.R. n. 1188 del 1977, e del collegamento ivi disposto con il trattamento 
retributivo ordinario del primo dirigente, collegamento pur sempre esperibile 
sulla base del quadro di equiparazione allegato alla legge n. 42 
del 1979; 
c) per ci� che riguarda gli intervenuti aumenti del trattamento retributivo 
ordinario del primo dirigente, non � da considerare nel calcolo 
dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario quello intmdotto 
con legge 11 luglio 1980, n. 312, stante la tassativa disposizione 
ivi contenuta, che escludeva l'operativit� dell'aumento in sede di determinazione 
dei compensi di lavoro straordinario, chiunque ne fosse il beneficiario; 
la non computabilit� dell'�umento di cui alla legge del 1980 � 
rimasta ferma anche in seguito, e dopo l'avvento delle leggi 6 agosto 1981, 

n. 432, e 20 novembre 1982, n. 869, che hanno stabilito ulteriori aumenti 
del trattamento retributivo ordinario del primo dirigente; aumenti, questi 
ultimi, che, in difetto di contraria disposizione, sono computabili ai fini 
della determinazione dei compensi di lavoro straordinario del personale 
ferroviario; 
d) non computabili ai fini anzidetti sono gli aumenti eventualmente 
concessi dall'Ente Ferrovie dello Stato istituito con legge 17 maggio 1985, 

n. 210, ai propri dirigenti, in quanto del tutto estranei al collegamento 
disposto dall'art. 4, d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188, con il trattamento retributivo 
ordinario del primo dirigente dello Stato. (omissis) 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

132 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 5 gennaio 1994, n. 52 -Pres. Zucconi Galli 
Fonseca -Rel. Cantillo -P. M. Aloisi (concl. conf.). -Autorit� garante 
della concorrenza e del mercato (avv. Stato Braguglia) c. ENI (avv. 
Guarino, Gambino, Mezzanotte, Grande, Mercuri). 

Concorrenza (disciplina della) -Autorit� garante -Sanzioni amministrative Opposizione 
-Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 
(legge 24 novembre 1991, n. 689, modifiche al sistema penale, art. 22; legge 10 ottobre 

1990, n. 287, norme per la tutela della concorrenza e del mercato, artt. 31 e 33). 

Rientra nella giurisdizione esclusiva del T AR la cognizione dell'opposizione 
avverso i provvedimenti irrogativi di sanzione amministrativa 
pecuniaria emessi dall'Autorit� garante della concorrenza e del 
mercato .(1). 

1. -Il regolamento oggetto del ricorso concerne i rimedi giurisdizionali 
che la legge 10 ottobre 1990, n. 287, sulla tutela della concorrenza 
e del mercato, consente contro i provvedimenti di irrogazione di sanzioni 
amministrative pecuniarie adottati dall'Autorit� Garante della 
concorrenza e del mercato nelle fattispecie previste dalla legge. Si tratta 
di stabilire se la giurisdizione spetti al giudice ordinario, precisamente 
al 1.Pretore, secondo la disciplina di cui alla legge n. 689 del 1981, oppure 
al giudice amministrativo, in particolare al Tar del Lazio; e ci� in 
relazione a due disposizioni della legge n. 287 del 1990 che sembrano 
enunciare al riguardo regole confliggenti, cio� l'art. 31 e l'art. 33: il 
primo articolo, sotto il titolo �sanzioni�, dispone che �per le sanzioni 
amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della presente 
legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel 
(1) La sentenza in epigrafe risolve nel senso della massima l'apparente 
contrasto, gi� evidenziato dai primi commentatori della 1. 287/90 (cfr. A. BARONE. 
Diritto antitrust italiano, a cura di Frigani, Pardolesi, Patroni Griffi, Ubertazzi, 
Bologna, 1993, 1424; ALESSI (e OLIVIERI), La disciplina della concorrenza e 
del mercato, Torino, 1991, 167-168), tra gli articoli 31 e 33 della legge citata. Delle 
due norme, infatti, la prima contiene un richiamo alle disposizioni di cui al 
capo I e II della legge 689/81 (tra cui sono comprese quelle che prevedono l'opposizione 
dinanzi al Pretore), da osservarsi relativamente alle sanzioni amministrative 
pecuniarie conseguenti alla violazione della legge antitrust; la seconda 
prevede la giurisdizione esclusiva del TAR del Lazio in ordine ai ricorsi avverso 
i provvedimenti amministrativi emessi dall'Autorit� garante della concorrenza 
e del mercato. 
Nel ritenere l'art. 33 applicabile anche ai provvedimenti sanzionatori, le 
Sezioni Unite circoscrivono dunque il rinvio di cui all'art. 31 agli aspetti sostanziali 
dell'illecito, al procedimento di irrogazione ed alla riscossione delle sanzioni 
inflitte. 

La pronunzia in esame perviene a tale conclusione argomentando, oltre 
che dalla � specialit� � della disciplina contenuta nell'art. 33 della legge 287 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRtJDENZA CIVILE, �GIU1USDIZIONE E APPALTI H3 

capo I; sezioni J e Il; della legge 24 novembre 1981, n. 689 �; l'altro arti~ 
colo, con.il titolo <t competenza giurisdizionale �; al primo comma dispone 
�che �~ L ricorsi avverso i�� provvedimenti� �lllminist:rativi �. adottati�� dall'Autc;
u'it�: in. base alla legge�.�� rientrano nella>giurisdizione� esclusiva �del 
giudice .. amministrativo � e � dev6no essere proposti davanti al��. TaI' del 
L::tzio�� .... � � �. 

2. DA.1.ltorit� Istante sostiene 1~ gi~risdizione del giudice arwrumst:(
ativo ()ss~ryap.d,o che g.est'uJ.til1la disposizione regola la cqp:Jpetenza 
gi.ri5diziop~lcr. e rig..1;1,tda tll:tti. J . provvedimenti, compresi q.elli san~ 
:z;ic:>natQ~�; mentre l'art. 31 richj;:lmaJa normativa della J. n.. 689 delJ981 
c9A ~~~~p~e�lso figi#~ de�~ collJ.patihmt�,, si~cl-i�.U rinvio ,deve intendersi 
ci:rcos�ritto agli aspetti sostanziali dell'illecito e alla riscossione delle 
5aJ.ionJ ;pecuniar~e jpfljtte. 
�.�� .�... A..Parere ..Jlel . resistente, . invece, )'~rt, .�. 31 disciPJina spec;ificamente 
i~ �. matei:ia. �.�� ~k:l�e ~~nzioni �. pecuniarie�.. ~... richiama an~he le :. c.�spo~izioni 
geli~ l, 11. 689 ~h~ prevegono l'9p;posizione �giudiziale pl'etol1Ue,. le ciuali, 
q.ajpqi, per ta,le c;;lra~!ere �ij. s:peci1.1Jit~ii. depl:lono l?rnvaj~J:'~ e sqno �ompa. 
til:>ilt �q. Ja liiv~rsa disci:pUna Jmpartit~ per. i J?rovve�limenti .. amministratfvi 
4eii' Autorit�i e � q.Uesta �. e~egesi te�ltuaI.e . troyerebbe risc.ontro. nell'i!}.
terpretazione �. logico-sistem!'ltica,. � posto . �.�che. . la .� diversificazione della 
t.tela gi\lrisdiziqnaje .contro i .meri provvedimenti da quella contro le 
decisio.ni . sanziOil.at�rie dspett� il.principio j$enerale.�� se�qndo cui fa materia.. 
delle �. sanziopt pec\Jr,tiarie � rim.essa . al ~iudice .orcli.nario.. � 
3. -Questa tesi non pu� essere condivisa gi� ne11a premessa cui 
s� affida in base al principk> di specialit�, in quanto non considera che 
(stante altres� il limite della compatibilit� inserito nel richiamo di cui all'art. 31), 
daL contenuto .complesso ~l�provvedimento sanzionatorio adottato dalla Autorlt�, 
che, .:a.elle fattispe�ie di illecito dLrnaggjqrerilievo, assurnere:bbe i caratteri 
del prowedimentoafuriiin1sfrati\1o in senso proprio (di cuJall'art. 33) con esercizio 
di poteri autorifati'.vi discreziOnaii �spettanti. all'Autorit� stessa per la cura 
degli interessi pubblici cUi � istittiZionalmente preposta. 

In senso conforme alla sentenza in oggetto, v .. TAR Lazio; sez. I, 21 luglio 

1993, n~ 1i~1, i11. Foro lt.. 1994, Ill, 147'�< con< nota di.richiami, che peraltro � 
esplicita nel riconoscere at . gjudi�e ainministrativo anche . il potere, attribuito 
al�pr�tored�ll'art. 23 d�lla��iegg;e 689, di mo�lifi�are� u��provvedimerito��iinpttgiiato 
quanto all'entit� della sanzione pecllniaria. dovuta. 

b1 .� d9ttrina si. .. :veda, jn argomento, CLAlUGH, �. Per uno studio sui poteri 
dell'Autorit� garante della concorrenza e del mercato, in Dir. Amm., 1993, 77; 
MARINO; A�tdrit� garante delia concorrenza e del mercato e giustizia amministrativa;� 
in �Di'r. economia, 1992, 573, nonch� �A; BARONE, Sanzioni pecuniarie 
antitrust. e questioni di giurisdizione, nota alla. sentenza in epigrafe, in !!oro [t., 
J994, I, 733, H quale esprime qualche perplessit� sul riparto di giurisdizione 
compitit� � dalla Corte. � 

F.S. 
10 



134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 33 � l'unica norma che regola in modo speciale, rispetto all'ordinaria 
disciplina, i mezzi di tutela giurisdizionale relativi all'applicazione 
della legge n. 287, tanto quelli adottati dall'Autorit� (primo comma) nell'ambito 
delle tre categorie di atti vietati dalla legge (intese restrittive 
della concorrenza; abuso di posizione dominante; concentrazioni elisive 

o riduttive della concorrenza), quanto quelli concernenti le conseguenze 
pregiudizievoli derivate ai soggetti interessati dagli atti medesimi (secondo 
comma). 
In particolare, circa i rimedi contro l'operato dell'Autorit�, l'ampia 
form.la dell'enunciato � tale da comprendere, con il termine � provvedimenti 
�, tutte le determinazioni che essa pu� assumere nell'esercizio 
del potere decisionale, dunque sia gli atti di accertamento dei comportamenti 
vietati e sia i conseguenziali provvedimenti sanzionatori (su 
ci� ancora infra). E la specifica disciplina riguarda, come si � visto, anche 
il carattere esclusivo della giurisdizione amministrativa -perci� estesa 
ad ogni posizione giuridica tutelata, di interesse legittimo come di diritto 
soggettivo -e l'indicazione dell'organo competente all'interno della 
giurisdizione medesima, tassativamente individuato nel Tar del Lazio. 

La portata del.l'art. 33, quale norma intesa a definire le specialit� 
della giurisdizione per le azioni relative alla legge in oggetto, � confermata 
dal secondo comma della disposizione, che attribuisce alla corte 
di appello competente per territorio talune controversie tra privati originate 
dalle medesime violazioni, precisamente le azioni di nullit� e di 
risarcimento del danno, nonch� i ricorsi volti ad ottenere provvedimenti 
di urgenza in materia. 

Ci� posto, il coordinamento dell'art. 31 non pu� essere operato affidandosi 
sic et simpliciter alla specialit� della prima disposizione, nel 
senso che essa dovrebbe prevalere perch� riguarda in modo specifico le 
sanzioni pecuniarie. Occorre considerare, invece, che l'art. 33 gi� regola 
in modo speciale la tutela giurisdizionale nelle materie della legge e 
che perci�, per ritenere applicabile una diversa tutela (in ipotesi, quella 
ordinaria), bisognerebbe rinvenire una norma settoriale espressamente 
limitativa dell'ambito di operativit� della disciplina (speciale) introdotta 
con la disposizione suddetta. 

Nell'enunciato dell'art. 31 non solo non si rinviene una siffatta pre


visione, ma la diversa regolamentazione � esclusa in radice dall'inciso per 

cui le disposizioni della legge n. 689 del 1981, ivi indicate mediante un 

riferimento globale alle sezioni I e II del capo I, vengono richiamate 

� in quanto compatibili �. � vero che tra le norme per le quali potrebbe 

in astratto operare il rinvio sono comprese quelle che disciplinano il 

.procedimento di opposizione davanti al pretore (art. 22 ss.); ma nella 
legge n. 287 del 1990 la tutela contro tutti i provvedimenti dell'Autorit� 
� specificamente attribuita dall'art. 33 al Tar del Lazio e risultano inap




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 135 

p1icabili quindi, le disposizioni sulla competenza giurisdizionale delpretore, 
in quanto incompatibili. 

N� questa limitazione toglie valore al rinvio, che conserva importanza 
sia quanto agli aspetti sostanziali dell'illecito -risultando applicabili, 
ad es., le norme de1la I. n. 689 in tema di solidariet�, di non 
trasmissibilit� dell'obbligazione agli eredi, di prescrizione -sia quanto 
al. procedimento di irrogazione delle sanzioni � -essendo applicabili, ad 
es., le norme concernenti la contestazione delle violazioni e l'attivit� di 
difesa -e sia, infine, quanto alla riscossione, essendo applicabili, ad es., 
le nori;ne sul pagamento rateale e sull'esecuzione forzata. 

4. -Il coordinamento ora delineato -per cui il richiamo dell'art. 31 
alla disciplina ordinaria delle sanzioni amministrative concerne gli aspetti 
suddetti, mentre la tutela giurisdizionale � rimessa, ex art. 33, al giudice 
amministrativo -trova puntuale riscontro nell'esegesi logico sistematica, 
non avendo consistenza gli argomenti addotti al riguardo 
dal resistente. 
A parte la considerazione che nella legge n. 287 del 1990 l'atto con 
cui l'Autorit� infligge le sanzioni pecuniarie viene testualmente indicato 
con il. termine �provvedimento� (v. art. 14, comma 5), va detto che nelle 
fattispecie di illecito di maggior rilievo l'atto medesimo non � di mera 
applicazione della sanzione, volto, cio�, alla quantificazione ed alla riscossione 
di un credito sorto ex lege in conseguenza della operazione 
vietata, ma ha un contenuto complesso, che gli attribuisce i caratteri 
del provvedimento amministrativo in senso proprio, con esercizio di poteri 
autoritativi discrezionali spettanti all'Autorit� per la cura degli 
interessi pubblici ad essa istituzionalmente attribuiti. La qual cosa � 
fatta palese anche da ci�, che alla medesima Autorit� competono il potere 
di accertamento della violazione e la potest� sanzionatoria, sicch� 
manca la diversificazione -postulata come normale nella legge n. 689 
del 1981 (v. artt. 17 e 18) -tra l'organo che procede all'accertamento e 
l'organo che, valutata la fondatezza dello stesso, infligge la sanzione. 

Sono significativi, al riguardo, gli artt. 15 e 19 della legge del 1990, 

in cui le sanzioni pecuniarie, largamente discrezionali nel quantum e, 

talvolta, anche nell'an (v. comma 1 dell'art.� 15; comma 2 dell'art. 19), 

vengono correlate all'inadempimento di diffide o prescrizioni impartite 

dalla stessa Autorit� e chiaramente non costituiscono espressione di un 

potere sanzionatorio meramente punitivo. Nelle quali ipotesi, poi, i cri


teri di determinazione della pena non sono quelli dettati dall'art. II 

della legge n. 689, n� risultano applicabili i poteri attribuiti al pretore 

dall'art. 23, comma 2, della stessa legge. 

Specificamente quanto alla tutela giurisdizionale va sottolineata, infine, 
la stretta connessione che si riscontra tra il provvedimento sanzionatorio 
e quello di accertamento della violazione, con il quale l'Autorit� 



.IW!SflGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ritiene sussistere uno dei comportamenti vietati.dalla legge: cos� �, ad es., 
per l'accertamento dell'intesa vietata ex. art. 2 o dell'abuso vietato ex 
art. 3, rispetto all'irrogazione della sanzione di cui all'art. 15; ovvero per 
l'accertamento dell'esistenza di una concentrazione e per il conseguente 
ol;>bligo di. co:municazione ex art. 16 comma 1, rispetto all'irrogazione deli:
l 
le sanzioni di cui all'art. 19. :� 


Ora, poich� � incontestabile che contro i provvedimenti di accertamento 
degli atti vietati la giurisdizione appartiene al giudice amministratiyo, 
se fosse esatta l'oppc;>sta esegesi si dovrebbe registrare un'inammissiqile 
separazione della tutela, che dovrebbe essere attribuita per 
l'aspetto sanzionatorio ad un giudice (pretore) cui sarebbe preclusa ogni 
indagine in ordine all'esistenza� �ed entit� dell'illecito per il quale la sanzione 
� stata inflitt�, con evidente pregiudizio del principio di effettivit� 
della tutela giurisdizionale invocato dallo stesso resistente. 

Pertanto risulta del tutto razionale l'attribuzione allo stesso giudice 
amministrativo anche dei� ricorsi in materia di sanzioni pecuniarie, giudice 
munito di giurisdizione esclusiva e perci� abilitato a giudicare dell'intero 
rapporto controverso, indipendentemente anche dalla consistenza 
delle posizioni sogg�ttive tutelate (com'� noto, rispetto al potere sanzionatorio 
della P. A. non meramente punitivo la posizione soggettiva del 
privato affievolisce ad interesse legittimo). Criterio, codesto, nient'affatto 
nuovo nell'ordinamento, essendo sufficiente ricordare in tal senso 
la t n. 10 del 28 gennaio 1977, che attribuisce al Tar la giurisdizione 
esclusiva in materia di sanzioni per violazioni urbanistiche ed edilizie. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 gennaio 1994 n. 337 -Pres. Rossi -
Rel. Proto -P. M. Viale (conf.) -ANAS (avv. Stato Clemente) c. 
Foc� (avv. Panuccio). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione appropriativa -Compimento 
di opere irreversibili -Determinazione e offerta dell'indennit� 
di esproprio -Riconoscimento del diritto al risarcimento del danno Esclusione. 


In caso di illecita occupazione appropriativa di un fondo da parte 
della pubblica amministrazione, la determinazione e l'offerta dell'indennit� 
di esproprio non costituiscono manifestazione univoca di riconoscimento 
.del diritto del privato espropriato al risarcimento del danno (1). 

(1) Che la determinazione e il deposito dell'indennit� di esproprio non 
costituiscano riconoscimento del diritto del privato espropriato al risarcimento 
dei danni per illegittima occupazione, rileva in particolare per le conseguenze 
'-"""""''/."""7."'"7.'H'"""''h .� ���, ...., ......, .��, �.��, �����, ..................., � 


ll.a?l.,....

,.,,.1&.,llW� 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI H7 

.L -Con l'unico motivo del ricorso si denuncia violazione e falsa 
applicazione dell'art. 2943, 2944 e 2947 e.e., nonch� carenza di motivazione. 
La� ricorrente censura l'affermazione della sentenza impugnata secondo 
cui la determinazione e l'offerta dell'indennit� di esproprio costituiscono 
riconoscimento del diritto al risarcimento del danno e deduce che la do� 
manda volta ad ottenere la giusta indennit� non pu� essere ritenuta idonea 
ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno. 
Censura, inoltre, la sentenza impugnata per non aver considerato 
che; comunque, la citazione notificata � il 3 marzo 1976 non poteva influire 
.suila. prescrizione gi� maturata, essendo estinti a quella data iJ 
credito risarcitorio di lire 7.848J88 e quello di lire 13.650.000. 

2. -Il primo profilo della censura � fondato. 
La Corte d'appello ha accertato (con apprezzamento che non � oggetto 
di doglianza in qu~sta sede) che l'inizio della prescrizione decorreva dal 
22 luglio 197(}, data in cui si era perfezionato il fatto illecito della pubblica 
amministrazione. Muovendo da questa situazione di. fatto e con riferimento 
ai diritti di credito fatti valere, a titolo cli risarcimento, dalla 
Foc�, l;la, quindi, ritenuto che il corso della prescrizione era -stato interrotto 
dalla offerta di indennizzo contenuta nel decreto prefettizio di esproprio 
del 7 maggio 1974. La Corte. ha, infatti, osservato che -indipendentemente 
dal carattere lecito od illecito. dell'.atto. apprensivo posto in essere 
dalla pubblica amministrazio~e e dalla qualificazione, come indennizzo 
ovvero risarcimento del danno, della prestazione pecuniaria dovuta -l'offerta 
valeva come riconoscimento delle -ragioni creditorie cli carattere 
risarcitorio dell'attrice, idoneo, come tale, ad interrompere la prescrizione. 


in materia di ptescrizione quinquennale la quale decorre dal momento di perfezione 
dell'illecito della pubblica amministrazione, e non viene interrotta dalla 
determimi.zione dell'indennit� di esproprio. Infatti sussiste una radicale diversit� 
tra l'offerta dell'indennit� espropriativa (dovuta in caso di appropriazione 
sia lecita che illecita), e quella di risarcimento da illecita occupazione. In questo 
senso sono numerosi i precedenti: Cass. 18 ottobre 1990, n. 10159, in Mass. 
Foro It. 1990, p. 1138; Cass. 11 novembre 1992, n. 12150, in Mass. Foro Jt. 1992, 

p. 1072; Cass. 28 marzo 1990, n. 2532, in Mass. Foro It. 1990, p. 362. Cass. 9 litglio 
1989, n. 3253, in Mass. Foro lt. 1989, p. 476. 
In generale, -sulle differenze, in termini di qualificazione della somma dovuta 
al privato e della conseguente prescrizione, tra espropriazione sostanziale 
ed occupazione acquisitiva, v. da ultimo Cass. 8 novembre 1992, n. 10979 e Cass. 
25 novembre 1992, n. 12546, entrambe in Foro lt. 1983, I, p. 87 ss., con note di 
CASO e DE MARZO. Inoltre sulla natura dell'indennit� di occupazione a seguito 
di irreversibile destinazione del fondo alla realizzazione dell'opera pubblica durante 
l'occupazione legittima v. Trib. Latina, 7 marzo 1991, in Foro It. 1991, I, 
1557, con osservazioni di CASO; mentre sulla quantificazione del risarcimento 
del danno da illegittima occupazione acquisitiva del fondo privato Cass. 21 ottobre 
1991, n. 11133, in Foro It., 1992, I, 1200, con nota di PELLECCHIA. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Queste statuizioni non possono essere condivise. La tesi qui censurata 
riposa, infatti, sulla considerazione della identit� di contenuto della contro


138 

prestazione dovuta dalla pubblica amministrazione come corrispettivo 
della acquisizione del bene privato, in quanto, secondo la Corte di merito, 
sia l'indennit� espropriativa che il risarcimento del danno da illecita 
occupazione appropriativa sarebbero correlati al valore venale del bene. 
Tesi, questa; che contrasta con l'orientamento ripetutamente affermato 
da questa Corte, secondo cui offerta e deposito dell'indennit� di espropriazione 
-in quanto non inerenti al credito risarcitorio spettante al 
proprietario del fondo per effetto della radicale trasformazione del bene 
con l'irreversibile acquisizione nella realizzazione dell'opera pubblica senza 
titolo espropriativo e nella conseguente perdita del diritto dominicale 
per fatto illecito dell'amministrazione -non possono integrare n� riconoscimento
� del credito stesso, n� rinuncia ad opporsi alla prescrizione 
(ex pZ.urimis, Cass. 9 luglio 1989 n. 3253; Cass. 28 marzo 1990 n. 2532; 
Cass. 18 ottobre 1990 n. 10159; Cass. 11 novembre 1992 n. 12150). 

Attesa, dunque, la diversit� ontologica dei due diritti, nella ipotesi 
in cui, come quella di specie, i soggetti siano legati da una pluralit� di 
rapporti obbligatori, radicati su fonti diverse ed eterogenee, il comportamento 
concludente idoneo ad integrare un riconoscimento in relazione 
ad uno di essi non pu� da solo essere assunto come dato significativo 
artche nei confronti agli altri rapporti, trattandosi di fatto per s� suscettibile 
di interpretazione non univoca. 

3. -Alla stregua delle considerazioni che precedono evidente �, dunque, 
l'errore della Corte di merito, che, partendo dalla errata premessa 
della identit� di contenuto delle due obbligazioni, non ha considerato che, 
in virt� della diversit� strutturale del diritto alla indennit� di esproprio 
rispetto al diritto al risarcimento del danno, il comportamento dell'amministrazione, 
senza uno specifico e significativo quadro di riferimento, 
non poteva valere come ammissione del diritto al risarcimento del danno 
preteso dalla Foc�. 
4. -Resta assorbito il secondo profilo della censura. 
La sentenza impugnata va, dunque,� cassata in relazione alla censura 
accolta, con rinvio della causa ad altro giudice, che proceder� ad un 
nuovo accertamento in conformit� ai suenunciati principi di diritto. Il 
giudice del rinvio vorr� provvedere anche in ordine alle spese di questa 
fase. 

P.Q.M. 
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la 
causa, anche per le spese relative a questa fase, ad altra Sezione della 
Corte d'appello di Catanzaro. 




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 139 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 gennaio 1994 n. 728 � Pres. Salafia � 
Rel. Baldassarre . P.M. Alosi (parz. conf.) � Lapiccerella (avv. Berruti 
e Padoa) e Salina Amorini (avv. Guarino) c. Ministro dei Beni 
Culturali ed ambientali (avv. Stato Ferri). 

A.ntichit� e IJelle Arti . Alienazione abusiva di cose. di interesse artistico � 
Sanzione pecuniaria ex a..,-t. 64 legge 1 giugno 1939, n. 1089 � Accertamento 
deipresupposti � Giurisdizione ordinaria � Sussistenza. 

In caso di vendita abusiva di cose di interesse artistico l'accertamento 
dei presupposti dell'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 64 
legge 1� giugno 1939 n. 1089, da cui dipende l'irrogazione della sanzione, 
spetta .al giudice ordinario, in concorrenza col potere della pubblica amministrazione 
di procedere direttamente all'applicazione della sanzione 
amministrativa (1). 

1. -Il ricorrente principale, Leonardo Lapiccerella, deduce che, in ordine 
alla sanzione prevista dall'art. 64 della Jegge 1� giugno 1939 n. 1089, 
� sembrano sussistere aspetti di discrezionalit� amministrativa circa l'accertamento 
della impossibilit� di rintracciare il bene vincolato � e che dovrebbe 
negarsi la giurisdizione ordinaria, da:l momento che la fattispecie in 
esame attiene alla fase antecedente quella della determinazione del � quantum 
� della sanzione, determinazione rispetto alla quale soltanto ricorrebbe, 
secondo la giurisprudenza richiamata in sentenza (SU n. 1235/74), 
una �discrezionalit� tecnica�, 
Con il ricorso incidentale i Salina Amorini, nel riproporre l'eccezione 
di difetto di giurisdizione de1l'A.G.O., sostengono che l'obbligo di corrispondere 
allo Stato una somma pari al valore della cosa, di cui all'art. 64 
legge n. 1089/39, secondo �la citata sentenza, ha natura di sanzione amministrativa, 
per la cui irrogazione la legge prescrive un preciso iter 
procedimentale, dettato a tutela sia della pubblica amministrazione che 
del privato; con la conseguenza, che non assume alcuna rilevanza la 
questione sul se l'atto dell'amministrazione sia discrezionale o abbia na


(1) ile Sezioni Unite, a fronte della contestazione della giurisdizione ordinaria 
rispetto all'accertamento dei presupposti per l'irrogazione della sanzione 
amministrativa prevista dall'art. 64, primo comma, legge 1� giugno 1939, n. 1089, 
confermano un costante indirizzo giurisprudenziale, in base al quale al giudice 
ordinario spetta la verifica dell'an debeatur, mentre all'amministrazione -che 
peraltro pu� procedere autonomamente anche a tale accertamento -spetta 
in via esclusiva la determinazione del quantum debeatur, caratterizzata da discrezionalit� 
tecnica. Viene evidenziato anche il carattere non solo sanzionatorio 
bens� risarcitorio dell'addebito di cui all'art. 64 I. cit. 
. Nello stesso senso, richiamata nella motivazione della sentenza, Cass., 
28 ottobre 1959, n. 3165, in Foro it. Rep. � 1959, voce Monumento, nn. 36-30, e in 
Foro amm. 1959, Il, I, 591, con nota di PIVA, Cose d'arte: esportazione abusiva 
e... distrazioni: secondo la quale la sanzione amministrativa in oggetto costi




140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
tura vincolata, essendo essenziale, invece, l'esistenza dell'atto, posto che 
� il giudice non pu� sostituirsi all'autorit� amministrativa, che sola pu� 
dare avvio al procedimento�. Soggiungono che tali principi, gi� desumibili 
dall'insieme del sistema normativo, oltre che dallo stesso art. 64 
cit., hanno trovato compiuta definizione, nelle more del giudizio, ad opera 
della legge n. 689/8i, che, nel caso in esame, dovrebbe ritenersi autonomamente 
applicabile, quanto meno a far data dalla sua entrata in vigore. 
2. -Le riassunte censure muovono da posizioni antitetiche, giacch�, 
mentre il ricorrente principale pone a base dell'eccezione di difetto di 
giurisdizione (e dell'asserita giurisdizione del giudice amministrativo) la 
natura amministrativa, e non solo tecnica, della discrezionalit� operante 
ai fini della determinazione della sanzione prevista dall'art. 64 della legge 
1� giugno 1939 n. 1089, i ricorrenti incidentali (come risulta ben ribadito in 
memoria) danno per � pacifico che la misura della sanzione � frutto non 
di una determinazione discrezionale, ma di un accertamento tecnico ('somma 
pari al valore della cosa', stabilisce l'art. 64 cit.) �, tanto da definire 
�corollario incontestato ... che l'atto amministrativo, con il quale si accerta 
il fatto e si irroga la sanzione, incide su diritti soggettivi e che 
contro di esso � data pertanto difesa in giudizio avanti l'autorit� giudiziaria 
ordinaria �. 
Poich� quest'ultimo rilievo risulta in linea con l'indirizzo giurispru�� 
denziale di cui si dir�, deve essere disattesa l'eccezione sollevata dal 
ricorrente principale. 
3. -I ricorrenti incidentali, anche se eccepiscono � il difetto di 
giurisdizione del g. o. �, tendono, nella sostanza, a sentir affermare un 
assoluto, anche se temporaneo, difetto di giurisdizione, in quanto il giudice 
ordinario, riconosciuto come l'unico munito di competenza giurisdizionale 
in tema di sanzioni ex art. 64 cit., non potrebbe conoscere le relative 
controversie prima dell'emanazione del provvedimento con il quale l'amministrazione 
irroga la sanzione. 
tuisce un diritto soggettivo della pubblica amministrazione, come tale soggetto 
alla cognizione del giudice ordinario. Si veda anche Cass. 3 maggio 1974, n. 1235, 
in Foro it., 1974, I, 2334 ss. che afferma la giurisdizione ordinaria rispetto alle 
controversie insorte sulla legittimit� del provvedimento sanzionatorio adottato 
dall'amministrazione. 
Sull'assenza di discrezionalit� amministrativa in ordine alla valutazione 
dei presupposti dell'applicazione della sanzione amministrativa, in quanto consistono 
nel semplice fatto che la cosa non si possa pi� rintracciare o risulti 
esportata, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 1965, n. 128, in Foro it. 1965, III, 463. 
In dottrina, sulle problematiche inerenti al diritto di prelazione da parte 
. dello Stato e alla relativa tutela, cfr. GERACI, La tutela del patrimonio d'antichit� 
e d'arte, Napoli 1956, 88 ss.; CANTUCCI, La tutela giuridica delle cose di 
interesse artistico e storico, Padova 1953, p. 216 ss.; GRISOLIA, La tutela giu� 
ridica delle cose d'arte, Roma 1952, 394 ss. f 
f. 
~ i f 
j 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 141 

In senso contrario hanno pronunciato queste Sezioni unite -pi� 
che con la gi� citata sentenza 3 m!;lggio 1974 n. 1235, resa in controversia 
che era stata promossa per contestare l'irrogazione della sanzione ad 
opera di decreto ministeriale -con la precedente sentenza 28 ottobre 1959 

n. 3165. 
�:a stato con questa chiarito che il potere della pubblica amministrazione 
di procedere direttamente all'applicazione della sanzione amministrativa 
prevista dall'art. 64 della legge 1� giugno 1939 n. 1089, sulla tutel� 
delle cose di interesse storico e artistico, non esclude il concorrente rimedio 
-:-in linea di principio non escluso dall'art. 2 della legge 20 marzo 
1865 n. 2248 all. E. -dell'azione.� giudiziaria limitatamente �all'accertamento 
della trasgressione, da cui dipende poi l'irrogazione della sanzione. 

Se il procedimento ed il relativo provvedimento ministeriale, previsti 
dal citato art. 64, non sono sostituibili per quel che riguarda la determinazione 
de~ � quantum debeatur �, non pu� estendersi il .divieto all'accertamento 
dei fatti costitutivi .dell'infrazione e causativi della .sanzione (quali 
l'esportazione abusiva, l'omessa denuncia di un qualsiasi atto di trasferimento 
del bene, ecc.), restando all'amministrazione, limitatamente a detto 
accertalllento, di valutare l'opportunit� di richiedere un preventivo giudizio 
del magistrato ordinario' ovvero di emettere senz'altro il provvedimento 
di applicazione della sanzione. 

Al riguardo deve essere tenuto presente che si tratta di azione diretta 
all'accertamento della sussistenza dell'obbligazione nascente dalla violazione 
dell'art. 64 cit., che trova fondamento nell'interesse dell'amministrazione 
a. conseguire la certezza in ordine ai presupposti della sanzione 
da c9mminare, che indubbiamente incide su posizioni di diritto soggettivo 
del privato. 

Appare, d'altra parte, rilevante la particolare natura della prestazione, 
che; accanto alla (e pi� che) funzione propriamente sanzionatoria 
-in materia realizzata certamente dalle norme degli artt. 63 e 65 
della legge 1089/39 -svolge una funzione risarcitoria, ben desumibile 
da significative previsioni normative: il pagamento dell'equivalente � 
previsto sol� in c�so di mancato recupero della cosa protetta, ossia per 
l'avverarsi di un danno effettivo, che viene eliminato mediante la cor~ 
responsione di somma �ommisurata al� valore della cosa (primo comma 
dell'art. 64); la possibilit� di devolvere la somma all'ente o istituto 
cui la cosa apparteneva .(secondo comma) tende a far coincidere le posizioni 
di danneggiato e di percettore; il previsto pagamento solidale 
della somma, che rimane unica anche quando la violazione sia imputabile 
a pi� persone (terzo comma) mal si concilia con una prestazione 
tipicamente sanzionatoria. 

Nel caso in esame la pronuncia in ordine alla sanzione risulta anche 
connessa con quella di accertamento della nulUt� dell'atto di alienazione 

-


~



142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

del dipinto; e c10 pu� spiegare, sul piano pratico, la scelta dell'unica, 
comune via del giudizio innanzi al giudice ordinario. 
Vero � che la sentenza impugnata reca un dispositivo di condanna 
a pagare somma corrispondente al valore del quadro, ma in relazione 

I

a tale generica e conseguenziale pronuncia, la motivazione opportuna


1 

mente fissa i limiti della cognizione del giudice ordinario, affermando 
che �alla P.A. � riservato il potere di accertare e determinare il valore 
dell'opera e quindi della sanzione amministrativa�. 

4. -Non porta a diversa so1uzione del problema della giurisdizione 
il ri<;:hiamo della legge 24 novembre 1981 n. 689 -per altro emanata 
quando il presente giudizio era gi� da tempo iniziato -atteso che 
l'art. 12, che ne delimita l'ambito di applicazione, fa riferimento a sanzioni 
di natura essenzialmente punitiva. 
Se ne trae conferma, sul piano normativo, dal d.P.R. 29 luglio 1982 

n. 571, l� dove, nell'individuare, ai fini del rapporto previsto dalla legge 
n. 689/81, gli uffici periferici del Ministero per i beni culturali ed ambientali, 
indica le violazioni di cui agli artt. 58, 60 e 69 de1la legge 1� giugno 
1939 n. 1089, non anche all'art. 64. 
Va tenuto fermo, per tanto, il punto deHa decisione relativo alla 
declaratoria della giurisdizione dell'A.G.0. 

5) -Il paragrafo b) del primo motivo del ricorso principale espone 

I 
la censura, sempre di ordine procedurale, di violazione degli artt. 112 
e 345 cod. proc. civ., per avere il Giudice dell'appello, senza motivare 

I 
al ri.�guardo, pronunciato la condanna del Lapicce!'ella al pagamento della 
sanzione, sebbene il Ministero istante ne avesse chiesto la conqanna 

I per la sola ipotesi in cui si fosse accertato che egli avesse ostacolato 
il reperimento del dipinto. 

I

La censura di ultrapetizione non pu� trovare ingresso, dal momento 
che la sentenza -in sintonia con la domanda e contrariamente a quanto 
sostenuto dal ricorrente, che non deduce il vizio di motivazione -afferma 
espressamente che il Lapiccerella aveva dichiarato che non intendeva 
rivelare �il nominativo � della persona giuridica cui il quadro 
era stato venduto �suo tramite� (docum. n. 3) e che la violazione 
dell'obbligo di denuncia era stato fattore causativo dell'impossibilit� di 
reperire il dipinto. 

6. -Con i primi due mezzi, che presentano elementi di connessione, 
Leonardo Lapiccerella addebita alla Corte d'appello: 
1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1704, 1705 e 1706 del 
codice civile, per non avere considerato che nel caso di mandato senza 
rappresentanza, relativo a beni mobili, l'acquisizione effettiva o sostanziale 
del bene acquistato dal mandatario si produce direttamente in 
capo al mandante, come si desume dall'art. 1706 cit.; per avere ritenuto, 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 143 

in conseguenza erroneamente, che l'obbligo della denuncia incombesse 
anche al ricorrente in quanto mandatario. 

2) Omessa od insufficiente motivazione e violazione dell'art. 2697 
cod. civ., per avere recepito acriticamente la motivazione del Tribunale, 
senza tenere . conto delle. difese del ricorrente, che aveva sempre sostenut() 
�di avere agito qt1a1e � intermediario� e, quindi, quale mediatore; 
pernon avere tenuto presente l'allegazione secondo cui incombeva al 
Ministero provare che Lapiccerella si era reso acquirente del dipinto 
e che tale prova� non era stata raggiunta. 

Nell'ordine logico va preso in esame preliminarmente il secondo mezzo, 
dal. momento che la questione di diritto posta con il primo presuppone 
l'accertamento, in fatto, della contestata esistenza di un mandato 
senza rappresentanza. 

La Corte del merito, nel compiere l'indagine probatoria riservata 
alla .sua esclusiva cognizione, non � incorsa nel vizio di motivazione che 
le � stato ascritto. 

Ha rilevato, infatti, che il Lapiccerella con la comparsa di costituzione 
jn giudizio e nella successiva comparsa 20 luglio 1980 aveva ammesso 
di avere trattato con il marchese Salina l'acquisto del dipinto 
in oggetto e di avere concluso la vendita dopo lunghe trattative e ripetuti 
esami del quadro nell'aprile 1973, traendone la conclusione che lo 
stesso aveva agito quale mandatario senza rappresentanza. 

E non pu� ritenersi carente la motivazione per avere sottolineato la 
rilevanza di tali atti processuali della parte, al fine di trarre elementi 
di giudizio dal contegno dalla stessa tenuto, senza menzionare le successive 
difese, atteso che, per ci� solo, esse non possono considerarsi ignorate, 


Il ricorrente, per altro, richiama le difese svolte con le comparse 
conclusionali, senza contestare tuttavia di avere offerto una diversa 
impostazione difensiva con le comparse di costituzione in prime cure, a 
tal fine determinanti, e finisce per ammettere che la citazione di secondo 
grado, che avrebbe dovuto contenere specifici motivi di censura (art. 
342 cod. proc. civ.), consisteva nella semplice allegazione di non avere 
mai acquistato direttamente e personalmente il quadro. 

La Corte bolognese ha fondato, per altro, il proprio convincimento 
circa l'esistenza di un mandato senza rappresentanza su ulteriori, conferenti 
elementi, ossia sulle conformi ammissioni del Salina e . sulla dichiarazione 
di vendita del quadro, prodotta in giudizio dallo stesso Lapiccerella, 
e tali elementi non trovano smentita nel ricorso. 

Consegue il rigetto del terzo motivo. 

7....,-In or�ine al primo mezzo, il collegio osserva che l'art 1706 
eod. civ., che c�nferisce al mandante il potere di rivendicare le cose mo



144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

bili acquistate per suo conto dal mandatario, presuppone che all'atto 

stesso dell'acquisto da parte di quest'ultimo si attuino due distinti 

trasferimenti, logicamente successivi, ma cronologicamente contempo


ranei, l'uno dal terzo al mandatario e l'altro dal mandatario al man


dante. 

Siffatto condivisibile princ1p10 non ha tuttavia impedito che, con 

non recente sentenza (n. 773/66), si sia ritenuto ammissibile che il secondo 

trasferimento, pur senza compromettere il diritto di revindica gi� acquic 

sito dal mandante, si esteriorizzi in un successivo, distinto negozio. 

Invero, il contratto con il quale viene pattuito l'acquisto di cose mo


bili' ad opera del mandatario, che non agisce (e, non essendo munito di 

poteri di rappresentanza, non pu� agire) in nome del mandante, vede 

quali parti uniche e necessarie il terzo alienante e, quale acquirente, lo 

stesso mandatario; sicch� a questi soltanto il primo trasferisce o rimane 

obbligato a trasferire le cose mobili, specificate nel contratto, senza che 


nella legittima ignoranza dell'esistenza del mandato e sino a che non sia 

esercitata dal mandante la revindica ex art. 1706, primo comma, cod. 

civ . ...:.. possa sottrarsi alfa pattuita consegna alla controparte. 
In caso di alienazione di bene di interesse storico o artistico soggetto 
a vincolo, Ja norma dell'art. 30 della legge 1� giugno 1939 n. 1089, che 
impone al proprietario (o detentore) di denunciare al competente Ministero 
l'atto che trasmetta la propriet� o la detenzione del bene, comporta 
il dovere dell'alienante di rendere edotta l'Amministrazione della 


I 

pattuizione contenuta nell'atto medesimo e quindi del �trasferimento 
immediato del bene in favore del mandatario senza rappresentanza (non 


I" 

potendo dubitarsi �he, quando questa sussista, debba essere denunziato 

l'effettivo� e diretto trasferiment� al rappresentato). Nel contempo il 

mandatario senza rappresentanza rimane investito di analogo dovere di 

denuncia, con �riferimento al contratto �di �mandato, J>er l'a\rverarsi, 

alla stregua del principio posto dall'art. 1706, primo comma, cod. civ., 

del contestuale ed automatico trasferimento al mandante. 

Tuttavia -data l'ampia previsione del primo comma dell'art. 30 

cit., che, non solo fa riferimento all'atto nella sua essenza pattizia, ma 

rende esplicito il dovere di denunziare l'effettiva trasmissione della pro


priet� o della semplice detenzione del bene protetto -deve ritenersi 

che l'alienante, qualora abbia notizia (attraverso esplicita . dichiarazio


ne del contraente-mandatario, o altrimenti certa) dell'effettiva destina


zione del bene al mandante, debba di ci� rendere edotta, mediante la 

prescritta, formale denuncia, l'Amministrazione. 

Nella specie ...__ ferme le ragioni esposte in s�entenza in ordine all'esi


stenza del mandato senza rappresentanza, di cui al precedente para. 
grafo, ed alla condotta dell'attuale ricorrente, che non aveva inteso render� 
noto il soggetto per corito � d�l quale agiva '(sub 5) -la Corte d'appello, 
in aderenza �agli esposti principi,. ha pronunciato la richiesta de




PARTE I, SEZ. III, GIVRISPRUDENZA CIVILE,,GIURISDIZIONE E APPALTI 145 

claratp;ril! .di_ :rmllH�,, aYen,.c:;l._o:, accertato che, non .solo la vendita dal Sa


lina al Lapiccerella, ma anche � il successivo atto di ritrasferimento 

realizzato da Lapiccerella �, non avevano formato oggetto di denunzia. 

Consegue �l rigetto anche del prinio mezzo e con esso dell'intero ri


corso principale. 

8, --. .Ccm il secondo mezzo i ricorrenti incidentali invocano l'applica


?:ione dell'art. 7 della legge 24 novembre 1981 n. 689 :.-che riafferma il 

principio della re-sponsabilit� personale, prevedendo che l'obbligazione 

elle. forma oggetto clella sanzione amministrativa non si trasmette agli 

ere4i '.'""":per essere essi .eredi di Boel Vera Orr, moglie ed erede del 

venditore Gian Augusto Salina Bolognini Amorini. 

Il motivo cleve essere rigettato sulla base delle considerazioni svol


te innanzi (sub 4) circa la particolare natura e funzione della sanzione 

dLcui all'art. 64, che non consentono di ricondurre la fattispecie in esa


me a,lle. p.revisiq:ritdella citata legge. 

9. -Il terzo mezzo enuncia tre autonome censure di vizio di motivazione, 
proposte le prime due contro l'Amministrazione e la terza contro 
il Lapicerella: 
La prima dogli�n2:a, niovendo dal presupposto della insufficienza 

e contraddittoriet� della niotfvazione in ordine alla posizione (di sempli~ 

ce mediatore o di mandatario senza rappresentanza) assunta dal Lapb 

cerella nel rapporto con il venditore Salina ed agli effettivi sogg�tti della 

stipula, tende a dimostrare che sarebbe stata decisa una fattispecie del 

tutto diversa da quella cui unicamente si riferiva la domand.a (vendita 

Salina-Lapiccerella). 

L'assunto � smentito, per�, dai rilievi, gi� fatti nell'esaminare i 
primi due motivi del ricorso principale, che escludono il vizio di motiva
�. zione sul punto posto a prei;nessa della presente censura e definiscono 

la natura dei rapporti dedotti in causa. 

10. -Del pari infondata � la sec�nda censura, che tende ad escludere 
la responsabilit� del Salina in conseguenza della sua estraneit� al 
mancato recupero del quadro. 
La ragione del rigetto della doglianza � a monte del denunciato vizio 
di motivazione. 

Invero, l'impossibilit� di rintracciare la cosa ovvero l'accertamento 
della sua esportazione, che, in via alternativa, sono richiesti dal primo 
comma dell'art. 64 della legge n. 1089 del 1939 perch� insorga l'obbligo 
di corrispondere la somma pari al valore della cosa medesima, costituiscono 
un elemento obiettivo della fattispecie e ricorrono, qundi, indipendentemente 
dalla responsabilit� dell'autore del fatto costituente il detto 
elemento e, nella. Pi::t.ma ipotesi (�la cosa non si pu� rintracciare�), che 
qui interessa, addirittura dall'esistenza di UJJ.. auto:re. (si. pensi al .mancato 


146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

recupero della cosa, oggetto dell'alienazione non denunciata, a causa della 
sua accidentale distruzione). 

11) -� fondata invece la censura rivolta contro il Lapiccerella. 

La Corte territoriale ha ritenuto di poter superare tutte le innanzi 
riferite considerazioni circa la conoscenza da parte dell'acquirente del 
vincolo esistente sul dipinto e la di lui condotta reticente, ed affermare, 
quindi, l'obbligo degli eredi Salina di rivalerlo del danno (costituito 
dal pagamento della sanzione e delle spese) sul rilievo che nei rapporti 
Salina-Lapiccerella si verte in materia di responsabilit� contrattuale, 
nascente dalla garanzia prestata con la dichiarazione di vendita 
del 12 aprile 1973. 

La succinta motivazione sembra configurare un negozio di garanzia, 
autonomo rispetto alla compravendita, tanto da non essere coinvolto 
dalla declaratoria di nullit� di questa, e diretto a tenere indenne il compratore 
dal danno che. gli sarebbe potuto derivare dalla violazione del 
dovere di denuncia. 

Si tratta per� di una costruzione che, non essendo esplicita nella 
sentenza, potrebbe anche non corrispondere all'effettiva ratio decidendi 
e richiederebbe, comunque, il sostegno di esaurienti ragioni di ordine 
ermeneutico. Le quali non possono consistere nel semplice richiamo 

Idella suddetta scrittura, contenente la garanzia della libert� dell'opera 
d'arte venduta. 

I 

L'incertezza interpretativa in ordine all'effettiva volont� delle parti 

~ 

contraenti e la mancanza di coordinamento tra l'affermazione del diritto 
di rivalsa e la contestuale enunciazione di circostanze indicative della 
conoscenza del vincolo da parte del Lapiccerella rendono necessado 
un nuovo esame del punto. 

12. -In conclusione, accolto, solo nella parte che riguarda il Lapiccerella, 
il terzo motivo del ricorso incidentale dei Salina, si rigettano le 
altre censure dello stesso ricorso, nonch� l'impugnazione principale. 
In relazione alla censura accolta la sentenza impugnata deve essere 
cassata con rinvio della causa per limitato nuovo esame ad altra Sezione 
della Corte d'appello di Bologna, alla quale va demandato anche il regolamento 
delle spese del giudizio di cassazione. 

P.Q,M. 

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale; accoglie 
per quanto di ragione il terzo motivo del ricorso incidentale; in relazione 
alla censura accolta cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per 
spese, ad altra Sezione della Corte d'appe1lo di �Bologna; rigetta gli altri 
motivi del ricorso incidentale. 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO � Sez. IV . 11 gennaio 1994 n. 21 . Pres. Quartulli � 
Est. Malinconico � Ministero degli Affari Esteri (Avv. dello Stato 
Cingolo) c. Ciurcina (n.c.). 

Atto amministrativo -Accesso ai documenti � Interesse del richiedente � 
Caratteristiche � Individuazione. 

Atto amministrativo � Accesso ai documenti � Diritto . Riguardo gli atti 
di wi concorso � Fattispecie. 

La posizione che legittima all'accesso non necessariamente deve possedere 
tutti i requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice amministrativo 
avverso un atto lesivo della posizione soggettiva vantata, 
e neppure, quindi, l'attualit� dell'interesse ad agire in giudizio per 
la tutela immediata della posizione sostanziale alla cui tutela � comunque, 
anche indirevtamente, r.ivolta la domanda di accesso ai documenti 
amministrativi. E invece sufficiente che l'istante sia titolare di una posizione 
giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta si 
fondi su tale posizione (1). 

Il soggetto partecipante ad un concorso � titolare di una posizione giuridicamente 
tutelata alla conoscenza dell'attivit� della commissione giudicatrice 
ed ha un interesse autonomo, sia pure strumentale, ed attuale 
alla immediata conoscenza degli atti della procedura (2). 

1. -Deve preliminarmente essere esaminata l'eccezione di inammis� 
sibilit� del ricorso originario per non essere stati ancora emanati i 
decreti attuativi previsti dall'art. 24 della legge n. 241 del 1990 e per 
l'indebita anticipazione del sindacato giurisdizionale rispetto al termine 
dell'anno dalla pubblicazione del d.P.R. n. 352 del 1990. 
L'ecce:llione � infondata. 

(1) Cfr., in tema, Cons. Stato, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969, in questa 
Rassegna 1992, p. 488 e ss. e relativa nota redazionale. 
In dottrina, sull'argomento, P. Al.BERTI, L'accesso ai documenti amministrativi, 
in Al.BERTI e AA.VV., Lezioni sul procedimento amministrativo, Torino, 1992 
e A. CINGOLO, Brevi note in materia di profili processuali dell'accesso ai documenti 
amministrativi � ex lege � n. 241 del 1990, in questa Rassegna, 1992, I, 93 
e ss. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

148 

L'art. 13 del regolamento approvato con il d.P.R. n. 352 stabilisce 
che nelle more dell'adozione dei regolamenti ministeriali concernenti 
le categorie dei documenti da sottrarre all'accesso ed in ogni caso non 
oltre un anno dalla entrata in vigore del presente regolamento, il diniego 
di accesso pu� essere opposto dalle amministrazioni statali con provvedimento 
motivato del Ministro, al fine di salvaguardare gli interessi 
di cui all'art. 24, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e con riferimento 
ai criteri delineati dall'art. 8 dello stesso d.P.R. n. 352. 

Nella specie la richiesta di accesso, avente ad oggetto gli atti relativi 
. al concorso di volontario nella carriera diplomatica bandito con 

d.m. 13 gennaio 1992 e particolarmente gli elaborati dello stesso istante, 
era dallo stesso istante datata 26 febbraio 1992. Detta richiesta, tuttavia, 
pervenne, per ammissione della stessa amministrazione e perch� 
cos� risultante dal protocollo, il 9 marzo 1993 e quindi dopo il 13 agosto 
1992, data di entrata in vigore del d.P.R. n. 352 del 1990. 
L'amministrazione oppose il rifiuto, peraltro sottoscritto dal Capo 
dell'ufficio V invece che dal Ministro, motivandolo con la mancata emanazione 
dei decreti previsti dagli artt. 22 e 24 della legge. Tale motivazione 
� erronea, proprio in base alle considerazioni gi� esposte dalla Sezione 
nella decisione 21 novembre 1992, n. 969. Gi� in quella occasione la 
Sezione aveva avuto modo di chiarire, infatti, che il menzionato termine 
di un anno, di cui all'art. 13 della legge n. 241, termine ora prorogato dal 
decreto-legge 14 settembre 1993, n. 358, convertito nella legge 12 novembre 
1993, n. 448, non costituisce proroga del termine di emanazione dei regolamenti 
attuativi del diritto di accesso, trattandosi, invece, �di una 
autodisciplina, della durata di un anno, intesa a mitigare gli effeUi negativi 
di un eventuale eccessivo ritardo nella adozione dei regolamenti ministeriali
�. 

Da quella norma regolamentare, quindi, deriva che nelle more della 
adozione di questi ultimi regolamenti e comunque entro il termine di cui 
all'art. 13 del regolamento governativo, n� c'� un assoluto ostacolo alle 
richieste di accesso, n� una loro illimitata ammissibilit�, dovendo invece 
di volta in volta essere valutata dal Ministro la sussistenza di 
ragioni preclusive dell'accesso. 

Nella specie, dunque, � illegittimo il diniego di accesso, basato unicamente 
sulla mancata adozione del regolamento ministeriale di individuazione 
delle categorie di documenti da sottrarre all'accesso. N� 
sussiste, conseguentemente, una anticipazione del rimedio giurisdizionale 
rispetto alla scadenza del termine posto che anteriore alla data di entrata 
in vigore del d.P.R. n. 352 � solo la data apposta dall'istante sulla 
propria domanda, ma non la ricezione della .. domanda stessa da parte 
dell'amministrazione. 


PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

2 . .,.._ Nel merito, poi, � infondato il motivo di appello con cui si censura 
la mancanza di attualit� dell'interesse all'accesso e la mancanza di 
motivazione della relativa istanza. 
Non necessariamente, infatti, la posizione che legittima all'accesso 
deve possedere tutti i requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice 
amministrative> avverso. un atto lesivo della posizione soggettiva vantata, 
e J!.eppure; quindi, l'attualit� dell'interesse ad agire in giudizio per 
la tutela immediata della posizione sostanziale alla cui tutela � comunque, 
anche indirettamente, rivolta la domanda di accesso ai documenti 
amministrativi. :e invece sufficiente che l'istante sia titolare di una posizione 
giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta si fondi 
su. tale posizione. 

Ora, nel caso di specie, non pu� essere disconosciuta all'istante una 
posizione giuridicamente tutelata alla conoscenza dell'attivit� della comndssione
� .. giudicatrice, .proprio in considerazione della partecipazione 
dell'istante stesso al concorso. E l'eventualit� che egli debba poi impugnare 
l'esito finale del concorso, in quanto il risultato dello stesso gli � 
sfavorevole, e che per proporre quest'ultimo ricorso debba attendere 
che la lesione si faccia concreta e con essa l'interesse all'impugnazione 
attuale, non esclude il suo interesse autonomo, sia pure strumentale, ed 
attuale alla immediata conoscenza degli atti della procedura. Del resto 
una diversa conclusione porterebbe ad un consistente svuotamento dell'istituto 
dell'accesso agli atti dell'amministrazione, se non alla completa 
frustrazione delle sue finalit�. 

Per lo stesso ordine di considerazioni deve escludersi che la domanda 
�di accesso sia immotivata e auindi inammissibile ai sensi dell'art. 25, 
comma 2, della legge n. 241 del 1990. La motivazione, infatti, � richiesta 
essenzialmente per dimostrare la sussistenza dei presupposti dell'accesso 
ai documenti, specificati dall'art. 22 della stessa legge, e per 
consentirne la verifica. In tale senso il precetto .legislativo � esplicitato 
dal regolamento di cui al d.P.R. n. 352 del 1992, all'art. 3, comma 2. 
Ogni altra specificazione delle finalit� che si propone l'istante non � 
necessaria. 

Nel caso di specie la domanda di accesso era sufficientemente specifica 
per l'individuazione dell'oggetto della richiesta e dell'interesse ad 
essa sotteso. L'interesse �, infatti, quello rivolto alla verifica delle operazioni 
compiute dalla commissione esaminatrice ed � collegato alla gi� 
menzionata posizione legittimante all'accesso, costituita dalla partecipazione 
alla procedura concorsuale. 

3. -Neppure pu� condividersi l'assunto dell'amministrazione appellante, 
secondo cui sulla trasparenza prevarrebbe l'esigenza di tutelare la 
riservatezza degli altri candidati, nella parte in cui l'accesso ai documenti 
riguarda anche i loro elaborati. 

150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT(} 

� decisivo in proposito il rilievo che la riservatezza dei terzi va 
tutelata secondo quanto previsto dall'art. 24, comma 2, della legge n. 241, 
come specificato dall'art. 8, commi 2 e 5 lettera d) del d.P.R. n. 352 del 
1992. La tutela della vita privata e della riservatezza della persona 
riguarda la sfera degli interessi strettamente legati alla persona stessa, 
tant'� che l'esemplificazione menziona gli interessi epistolare, sanitario, 
professionale, finanziario, industriale e commerciale. Tra questi non 
pu� certo comprendersi la redazione di elaborati destinati, per loro natura, 
al confronto con quelli di altri candidati, in un contesto di competizione 
concorsu~le, che non si riduce al rapporto tra il candidato e l'amministrazione, 
ma �oinvolge anche gli altri candidati in un necessario giudizio 
di relazione. Del resto la trasparenza dei procedimenti concorsuali, sia 
pure sotto il diverso, ma collaterale, profilo dell'onere di motivazione 
� espressamente affermata dalla legge n. 241 del 1990 con riferimento 
allo svolgimento dei pubblici concorsi (art. 3). E ci� a prescindere dal 
rilievo che l'amministrazione, invece di negare completamente l'accesso, 
avrebbe potuto se mai tutelare l'anonimato dei compiti con l'omissione 
dei nomi degli autori. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 settembre 1993 n. 9660 -Pres. Montanari 
Visco � Est. De Musis -P. M. Tondi (conf.). -Banca agricola 
salentina (avv. Rampino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De 
Stefano). 

Tributi in genere -Riscossione -Versamenti diretti -Istituto di credito 

delegato -Ritardato versamento in tesoreria -Penale -Natura -Ridu


cibilit� -Esclusione. 

(legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 17; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 3 bis; e.e. 

artt. 1383 e 1384). 

La penale stabilita a carico degli istituti di credito delegati dal contribuente 
in caso di ritardato versamento in tesoreria, pur avendo 'matura 
privatistica, analoga a quella dell'art. 1383 e.e., con funzione risarcitoria, 
svolge soprattutto una funzione sanzionatoria; � di conseguenza esclusa 
la riducibilit� a norma dell'art. 1384 e.e. (1). 

(omissis) La censura sub b) � infondata. 
� ben vero che questa Corte ha affermato che la penale �de qua� 
ha natura privatistica analoga a quella della penale prevista dall'art. 1283 

e.e. (Cass. 29 agosto 1990 n. 8985). 
Ma da tale affermazione non pu� inferirsi la completa equiparabilit� 
tra 1le due penali poich� la identit� della natura non esclude differenze 
strutturali e funzionali e, conseguentemente, diversit� di effetti. 

La penale prevista dal codice civile assolve (oltre che alla funzione 
di stimolo all'adempimento) ad una funzione meramente risarcitoria, 
come si rileva dalle previsioni che detta penale 1) � ... ha l'effetto di 
limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non � stata convenuta 
la risarcibilit� del danno ulteriore� (art. 1382 e.e.); 2) pu� essere 
ridotta � ��� avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva 
all'adempimento �. 

La penale prevista dalla legislazione tributaria, invece, assolve certamente 
(oltre che alla funzione di stimolo al tempestivo adempimento) 
ad una funzione risarcitoria, essendo evidente il danno conseguente alla 
ritardata disponibilit� della somma, ma svolge soprattutto una funzione 
sanzionatoria, come rilevano le circostanze che la sua misura � fissa, 
poich� non � proporzionata n� all'ammontare del danno n� al periodo 
di durata di questo ed � di rilevantissimo ammontare (due per cento 
per� ogni giorno di ritardo). 

(1) Un importante chiarimento. 

152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Le individuate differenze escludono che alla penale in esame possa 
applicarsi la riducibilit� prevista dall'art. 1384 e.e. 

Peraltro due ulteriori considerazioni suffragano tale conclusione. 

La prima � che mentre la penale civilistica � �convenzionale�, e 
cio� � diretta a disciplinare interessi dei contraenti, e ci� spiega la possibilit� 
di intel'Vento del giudice, previsto per accertare se << in concreto � 
la tutela di quegli interessi risulti sproporzionata, e quindi da mitigare, 
la penale prevista dalla legislazione tributaria � �autoritativa�, perch� 
imposta preventivamente e indiscriminatamente, e ci� esclude che essa 
sia correlata agli interessi concreti che in futuro saranno influenzati 
da specifici versamenti, il che determina l'impossibilit�, per il giudice, 
di eseguire quella valutazione (in funzione riduttiva) che la penale civilistica 
invece gli consente. 

La seconda considerazione � che la riduzione della penale � condizionata, 
ai sensi dell'art. 1384 e.e., alla valutazione dell'� interesse che il 
creditore aveva all'adempimento�, e, quindi, al pregiudizio che egli ha 
ricevuto da quel concreto inadempimento. 

E un siffatto interesse, e quindi il conseguente pregiudizio, non pu� 
costituire oggetto di accertamento nella penale in esame, dal momento 
che l'interesse che con questa si � inteso tutelare, oltre che valutato gi� 
in via preventiva dal legislatore, e quindi per ci� solo gi� insuscettibile di 
diversa valutazione �da parte del giudice, non � l'interesse correlato ad 
uno specifico adempimento, ma quello correlato all'adempimento � globale 
� di tutte le obbligazioni tributarie per le quali � prevista la delega: 
e pertanto il giudice non potrebbe procedere a quell'accertamento, che 
si � visto necessario per la riduzione della penale. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 novembre 1993 n. 10929 -Pres. Rossi . 
Est. Lupo -P. M. Lupi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
De Stefano) c. Soc. Parco Villa Fiorita. 

Tributi in genere -Sanzioni -Elemento intenzionale . Volontariet� del 
fatto � Sufficienza. 

Negli illeciti amministrativi tributari presupposto sufficiente � la 
volontariet� del comportamento sanzionato, indipendentemente dalla presenza 
di dolo o colpa, in quanto a tali illeciti non � applicabile l'art. 3 
della legge 24 novembre 1981 n. 689 (1). 

(1) Decisione importante che si ricollega alla precedente 8 gennaio 1993, 
n. 125 (in questa Rassegna, 1993, I, 117), che aveva ritenuto inapplicabile alle 
sanzioni tributarie l'intera prima sezione del capo primo della legge n. 689/1981. 
Evidentemente esatta la precisazione che l'errore di diritto sulla norma di 
incerta portata non influisce sull'elemento soggettivo. 

PARTE I, SEZ�. V, .GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA 

e (omissis) Con.. l'unico motivo. di ricorso l'amministrazione� .finanziaria 
deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 29 gennaio 
1929 n. 4, dell'art. 43, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 633, nonch� dei principi generali in tema di pene pecuniarie per la 
violazione di leggi tributarie; deduce altres� motivazione. perplessa e 
contraddittoria su punti decisivi della controversia. La parte � ricorrente 
osserva che, nel sistema sanzionatorio tributario, la distinzione tra violazioni 
dolos.e e vicilazioni colpose non � consentita n� in via .generale n� 
in via eccezionale (cio� per la fattispecie prevista dall'art. 43, secondo 
�omma1.del d.P.R. n .. 633/1972). Gli illeciti tributari sono punibili a seguito 
della sola �� commissione della violazione, come si afferma in dottrina. 
Al pi�, in via subordinata, pu� affermarsi la necessit� della colpa (come 
per le contravvenzioni) e pu� attribuirsi rilevanza al solo errore di diritto, 
come si desume dall'art. 48, ultimo comma, dello stesso d.P.R. n. 633/72. 
Il motivo di ricorso � fondato. 
Questa Corte, con la recente sentenza d�lle Sez. Un., 8 gennaio 1993 


n. 125, ha affermato che gli illeciti amministrativi in materia tributaria 
sono punibili sulla base della semplice volontariet� del comportamento 
sanzionato, indipendentemente dalla presenza di dolo o di colpa, posto 
che alle pene pecuniarie tributarie non si applicano le disposizioni in tema 
di elemento i.;oggettivo dettate dall'art. 3 della legge 24 novembre 1981 
n. 
689. 
A tale principio generale non si sottrae l'illecito amministrativo 
configurato dall'art. 43, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, 
in tema di IV A, secondo cui � se dalla dichiarazione presentata risulta 
un'imposta inferiore di oltre un decimo a quella dovuta, ovvero una eccedenza 
detraibile o rimbotsabi1e superiore di oltre un decimo a quello 
spettante, si applica la pena pecuniaria da uno a due volte la differenza �. 
Non vi � alcun elemento per ritenere che tale fattispecie di illecito, in 
deroga al principio generale sopra specificato, sia intrinsecamente dolosa, 
come ha. affermato la decisione impugnata. La trascritta disposizione 
mira a rendere veritiera la dichiarazione che deve essere presentata dal 
contribuente e che costituisce il presupposto della imposizione; essa 
quindi intende sollecitare la diligenza e l'attenzione del dichiarante, al 
fine di evitare inesattezze ed errori anche meramente colposi. 
La decisione impugnata richiama, a fondamento del proprio orientamento 
interpretativo, il dispositivo dell'art. 48, ultimo comma, del d.P.R. 

n. 633/72 (secondo cui �gli organi del contenzioso tributario possono 
dichiar~re non dovute le pene pecuniarie quando la violazione � giustificata 
da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione 
delle disposizioni alle quali si riferisce�) e il disposto dell'art. 8 
del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito nella 1. 7 agosto 1982 n. 516 (secondo 
cui � l'errore sulle norme che disciplinano le imposte sui redditi e sul 

154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

valore aggiunto esclude la punibi1it� quando ha cagionato un errore sui 
fatti che costituiscono reato a norma del presente decreto�). 

In ordine alle due disposizioni normative richiamate, va osservato 
che la prima di esse concerne una ipotesi di errore di diritto, dovuta 
ad incertezza normativa (situazione che non si �afferma sussistere nel 
caso di .specie). 

Com�nque,.anche tale forma di errore non comporta la non punibilit� 
dell'autore . della violazione, ma determina un potere discrezionale degli 
organi del contenzioso tributario (e non anche degli uffici finanziari) 
di non applicare la sanzione comminata dalla legge. Non pertinente �, poi, 
il richiamo della seconda norma sopra trascritta, che concerne soltanto 
i reati, e non anche gli illeciti amministrativi. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 19 novembre 1993 n. 11445 -Pres. Bene. 
forti -Est. Borruso � P. M. Lo Cascio (diff.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Fiorilli) c. Pignatelli (avv. Orlando). 

Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi 
fondiari � Reddito dei fabbricati -Catasto -Categoria di classamento Castelli 
e palazzi di eminente pregio artistico -Categoria A/9 -Riferimento 
all'intero immobile -Destinazione effettiva -Irrilevanza. 

(d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 8; !. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 2). 
I castelli e i palazzi di preminenti pregi artistici o storici vanno classificati 
unitariamente nella categoria catastale A/9 indipendentemente dalla 
destinazione effettiva, anche ad usi commerciali, e senza suddistinzione 
fra singole parti (1) 

(1) La decisione solleva molti dubbi. � innanzi tutto generica, una volta 
escluso che abbia valore formale la sottoposizione al vincolo della legge 1� giugno 
1939, n. 1089, la definizione di palazzo, ove si prescinda dalla destinazione; 
non d� certo affidamento il riferimento al � caseggiato cittadino di notevole 
mole e a pi� piani�. 
Sembrerebbero contrastare con quanto affermato nella sentenza le numerose 
provvidenze previste da norme di legge per i fabbricati sottoposti al vincolo: 
il reddito � determinato mediante applicazione della minore tra le tariffe 
d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale � collocato 
il fabbricato (art. 11, comma 2, legge 30 dicembre 1991, n. 413) anche ai fini 
dell'ICI (art. 2, comma 5, d.l. 23 gennaio 1993, n. 16); esclusione dall'attivo dell'imposta 
di successione (art. 13 dl. lg.vo 31 ottobre 1990, n. 346); deducibilit� dal 
reddito complessivo delle spese sostenute per manutenzione, protezione e restauro 
(art. 10, lett. o, t.u. 22 dicembre 1986, n. 917). Inoltre l'applicazione della 
tariffa minima d'estimo ai fini IRPEF ed ICI � prevista solo per le abitazioni 
sl che resta confermata la inclusione nel gruppo C degli immobili a destina


iione commerciale. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(omissis) Nel 1981 L'Ufficio Tecnico Erariale (U.T.E.) di Roma attribuiva 
alle singole unit� immobiliari costituenti l'edificio sito in Roma, 
via dei Coronari (civici n.ri 136, 138, 139, 140, 141, e 142) e via Vecchiarelli 38 
categorie catastali varie, tratte dal quadro generale delle categorie del 
nuovo catasto edilizio urbano (1. 11 agosto 1939 n. 1249): ad alcune la 
categoria A/1 (abitazioni di tipo &ignorile), ad altre la categoria A/2 (abitazioni 
di tipo civile) o A/4 (abitazioni di tipo popolare) o A/10 (uffici e 
studi privati), ovvero C/l (negozi e botteghe) o C/2 magazzini e locali di 
deposito). 

Avv:erso tale provvedimento Giuseppina Pignatelli della Leonessa, proprietaria 
di tutto l'edificio �de quo�, ricorreva alla Commissione tributaria 
di 'primo grado, chiedendo il censimento dell'intera costruzione 
in categoria A4A, riferentesi, secondo la dizione usata nel quadro suddetto 
a �castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici�: ci� in quanto 
il Ministero della Pubblica Istruzione, in data 22 luglio 1957, aveva riconosciuto, 
a tutto l'edifici� considerato nel suo insieme, interesse artistico-
storico, tale da assoggettarlo al vincolo di cui alla 1. 1� giugno 1939 

n. 1089, imponendo, tra l'altro anche l'obbligo al proprietario di consentire 
periodicamente e gratuitamente la visita al pubblico. 
Tenuto conto di ci�, l'U.T.E. ammetteva in categoria A/9 solo una 
parte di detto edificio, mantenendo le restanti parti inquadrate nelle 
categorie censuarie sopraspecificate. L'Ufficio giustificava tale conferma 
sostenendo l'irrilevanza del riconoscimento operato dal Ministero della 
P.I., in quanto era decisivo, pur sempre, far riferimento alla destinazione 
propria di ogni singola unit� immobiliare, cos� come risultava dal suo 
uso attuale e dal1e sue caratteristiche costruttive. 

La commissione adita accoglieva il ricorso della contribuente dichiarando 
il palazzo totalmente classificabile in categoria A/9. 

Tale decisione veniva confermata sia dalla Commissione Tributaria 
di II grado, sia da quella Centrale. Quest'ultima, con decisione depositata 
il 29 gennaio 1988 (n. 906/88) cos� motivava in sintesi: 

1) il Ministero della P.I. aveva riconosciuto di rilevante interesse artistico 
e storico tutto il palazzo in questione nel suo complesso, con tutti 
i suoi elementi decorativi; 

2) esso doveva, perci�, essere classificato unitariamente nella categoria 
A/9, senza possibilit� alcuna di operare, nei confronti di parte di esso, 
una diversa classifica, n� con riferimento alle altre classi della stessa 
categoria �A�, n� con riguardo alle altre categorie: e ci� perch� la classificazione 
in A/9 sarebbe assorbente e non consentirebbe di subd!i.stinguere, 
nell'ambito dello stesso immobile, classamenti diversi sulla 
base della destinazione di parte di esso. Invero, sull'uso attuale prevarrebbero 
(come avverte la n�ta che precede il quadro generale delle categorie) 
le caratteristiche costruttive ed una stessa unit� immobiliare, sulla 


RASSEGNA AVVOCATURA DEU.0 STATO

156 

base di tali sue caratteristiche costruttive, sarebbe suscettibile di un 
solo classamento e non gi� di classamenti concorrenti, attesoch� ['uno 
escluderebbe l'altro. 

Avverso la summenzionata decisione l'Amministrazione finanziaria 
dello Stato ricorre per cassazione in base ad un unico motivo. 
Resiste con controricorso la contribuente. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

�on l'unico motivo di ricorso la Finanza denunzia la violazione degli 
artt. l, 2, 5, 8, 12, del d.I. 13 aprile 1939 n. 652 (conv. in I. 11 agosto 1939 

n. 1249), degli artt. 10 e 12 del d. leg.vo 8 aprile 1948 n. 514; degli artt. 6, 
7, 61 del d.P.R. 1� dicembre 1949 n. 1142, degli artt. 2 e segg. nonch� 11 e 
segg. della I. 1� giugno 1939 n. 1089 in relazione aH'art. 360, n. 3, c.p.c., per 
sostenere che attribuire la categoria A/9 automaticamente ad un intero 
palazzo sol perch� esso � oggetto di un vincolo storico-artistico sarebbe 
illogico ed illegittimo in quanto il complesso procedimento di classamento 
catastale e di conseguente determinazione della rendita ha una 
precipua finalit� economico-fiscale correlata alla ricostruzione della 
capacit� contributiva (art. 53 Cost.) di ogni cittadino a secondo del reddito 
che ricava dai suoi beni, sicch� n� si potrebbe mai prescindere dalla 
utilizzazione attuale propria di ciascuna unit� immobiliare compresa nel 
palazzo e dal diverso reddito che � suscettibile di produrre, n� avrebbe 
senso attribuire (per superare tale aspetto economico-fiscale) una rilevanza 
decisiva ai pregi artistici e storici dell'immobile presi in considerazione 
dalla legislazione sulla tutela delle cose d'arte. Tali pregi, invero, 
potrebbero, al pi�, essere presi in considerazione per l'attribuzione della 
categoria A/9 nell'unico caso in cui � i castelli o i palazzi � cui essa si 
riferisce, fossero destinati ad abitazione (in quanto tutte le altre categorie 
comprese nel medesimo gruppo � A � riguardano pressoch� tutte 
abitazioni): ma ci� sempre con effetti limitati alla singola unit� immobiliare 
compresa nel palazzo ed effettivamente adibita ad abitazione 
ovvero all'ipotesi di un palazzo costituente un'unica unit� immobiliare 
e, comunque, non mai nel caso di unit� immobiliari adibite a destinazioni 

commerciali. 

L'inquadrabilit� dei beni di interesse artistico o storico in pi� catego


rie (diverse dalla A/9) troverebbe del resto una decisiva conferma nel


l'art. 2 della 1. 2 agosto 1982 n. 612. 

Il suesposto motivo di ricorso � infondato in relazione a tutte le 

censure in cui si articola. 

Innanzitutto va premesso, per una pi� chiara comprensione della 
controversia in esame, che il Quadro generale delle Categorie stabrilito 
con regolamento dalla Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tee


. ! 

ri.:�..11:;;;:11:�i:�1�Jm��i�� 



RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

nici Erariali ai fini della � qualificazione � delle unit� immobiliari urbane 
in esecuzione del R.D.L. 13 aprHe 1939 ( � Accertamento generale dei fabbr�cati 
urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto 
edilizio urbano�) convertito nella 1. 11 agosto 1939, n. 1249 divide 
tutti gli edifici in cinque gruppi. 

Il gruppo �A� � ripartito nelle seguenti categorie: 

A/l -Abitazioni di tipo signorile; 

A/2 -Abitazioni di tipo civile; 

A/3 -Abitazioni di tipo economico; 

A/4 -Abitazioni di tipo popolare; 

A/5 -Abitazioni di tipo ultrapopolare; 

A/6 -Abitazioni di tipo rurale; 

A/7 -Abitazioni in villini; 

A/8 -Abitazioni in villa; 

A/9 -Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici; 

A/10 -Uffici e studi privati; 

A/11 -Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi. 

Il secondo gruppo (B) comprende collegi, caserme, case di cura, prigioni, 
uffici pubblici, biblioteche, accademie, gallerie, musei che non abbiano 
sede in edifici della categoria A/9, cappelle e magazzini sotterranei. 

Il terzo gruppo (C) comprende negozi, botteghe, magazzini, laboratori, 
stabilimenti balneari e sportivi etc. 
Il quarto gruppo (D) comprende immobili c.d. � a destinazione speciale
� (opifici, alberghi e pensioni, teatri etc). 
Il quinto gruppo (E) comprende immobili c.d. � a destinazione particolare 
{stazioni di servizio, fortificazioni, fari, chiese, cimiteri etc). 

Ci� posto va anche premesso che la legittimit� del surriportato Quadro 
Generale delle Categorie con particolare riferimento alla cat. A/9 non 
� stata mai posta in discussione (neppure con l'odierno ricorso per cassazione), 
costituisce tutt'ora la base portante per la determinazione dei 
redditi immobiliari urbani e non appare, infine, in contrasto con alcuna 
norma di legge. Se � vero, infatti, che, a norma dell'art. 3 del R.D.L. 652 
del 1939, l'� accertamento generale degli immobili urban~ deve essere fatto 
per � unit� immobiliare � e che si considera tale, in base al successivo 
art. 5, � ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, � di per 
se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio � e che, quindi, ben 
pu� anche un castello o un palazzo scindersi, agli effetti catastali, in tan� 
te .unit� immobiliari distinte quando sono ciascuna idonea a produrre un 
reddito suo proprio, � innegabHe, per�, che esse non cessino solo per 
.questo, di far parte del castello o del palazzo. 

-



158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Il problema si riduce, quindi, a determinare sul piano ermeneutico 
in che rapporto debba stare l'espressione � castelli e palazzi di eminenti 
pregi artistici o storici � con tutte le altre classificazioni previste nel 
suddetto Quadro Generale rispettivamente per i vari gruppi e se, pi� in 
particolare i castelli e i palazzi suddetti vadano classificati in cat. A/9 
anche quando, in considerazione della loro destinazione attuale, potrebbero 
essere classificati (in tutto o in parte) in altre categorie. Invero la 
pi� gran parte delle categorie elencate nel Quadro Generale sovraesposto 
si caratterizza per la destinazione dell'unit� immobiliare (ad abitazione 

o a ufficio o a collegio etc... etc.); la categoria A/9, invece, si caratterizza 
p�r la natura intrinseca della costruzione (castello o palazzo di eminenti 
pregi artistici e storici) indipendentemente dalla sua destinazione. Si 
tratta, quindi, di dare un significato a questo mutamento di criterio di 
qualificazione, repentino ed isolato, tenendo presente che il predetto rapporto 
tra �destinazione� e �intrinseca natura� non pu� essere di integrazione, 
ma soltanto di alternativit�, ben potendo accadere che l'intero 
edificio (castello o palazzo) abbia una destinazione corrispondente ad 
altre categovie, sicch� dare valore alla destinazione per la individuazione 
della categoria comporterebbe l'impossibilit� di tener conto, sia pure solo 
I

marginalmente, dell'intrinseca natura dell'immobile. 

Inducono a ritenere che il suesposto problema vada risolto in senso I, 
affermativo come deciso dalla Commissione Centrale le seguenti quattro 
considerazioni. 

I) Poich� contrasta con la attuale realt� pi� notoria che un castello 0 
un palazzo non possa avere, sol perch� di eminente pregio artistico o 
storico, nessuna delle tante destinazioni considerate nel surriportato quadro 
Generale delle Categorie (e che, quindi, debba essere necessariamente 
considerato pressoch� inservibile, dato il carattere tendenzialmente esaustivo 
di tali destinazioni alle quali sarebbe difficile aggiungere altre 
diverse) e poich�, al contrario, � altrettanto notorio che il pi� delle volte 
castelli e palazzi hanno oggi precise destinazioni (ad es. quelle di biblioteca, 
di accademia o di museo previste espressamente nella categoria 
B/6), � inimmaginabile che si sia istituita una categoria specifica (l'A/9 
appunto) per castelli e palazzi sul presupposto che essi non siano adibiti 
a nessuna delle destinazfoni indicate nel Quadro e s,enza neppure avvertire 
in tal caso la necessit� di esplicitare tale requisito indubbiamente 
anomalo. In riferimento a quest'ultimo, infatti, non pu� trovare applicazione 
il noto principio ermeneutico applicabile anche ai regolamenti, secondo 
cui il legislatore � uhi voluit dixit, uhi noluit tacuit �. 

II) Richiedere che per essere ricompresi nella cat. A/9 (indubbiamente 
di favore dal punto di vista fiscale) castelli e palazzi non debbano avere 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nessuna delle destinazioni previste per altre categorie (e, quindi, -come 
gi�. osservato _... debbano/finire col restare praticamente inutilizzati) sarebbe 
contrario alla valorizzazione di tali beni culturali, voluta; . invece, 
c:lal legislatore e che, tanto pi� proficuamente si realizza. quanto pi� i 
suddettiedifici~ pur rimanendo inalterati nel loro aspetto esterno e/o 
interno (a seconda che il pregio rigua:rc:li l'uno o l'altro ovvero entrambi), 
d>ilf:inuin.o a far p~rte viva del nostro ambiente. � � 

III) n mutamento di criterio di elencazione, che la categoria A/9 evidenzia 
se raffrontata con tutte le altre, ben pu� spiegarsi, invece, attribuendo' 
il carattere di eccezione agli immobili ai quali si riferisce, nel 
senso, � Cio�, di ritenere. che . si sia voluto ricomprendere nell'A/CJ tutti i 
castelli e i palazzi di interesse culturale quale che sia la loro destinazione 
e, conseguentemente anche il reddito da essi ricavato, quale che sia la sua 
natura. 

La configurabilit� di un'eccezione �al riguardo non contrasta affatto 
n� col principio della capacit� contributiva di ciascuno quale criterio 
f�ndamentale di tassazione, n� con quello della parit� di trattamento, 
sanciti rispettivamente negli �lrtt. g � e 53 della nostra Costituz�one. 

Se � v�ero, infatti, che il riconoscimento della A/9 � molto ambito in 
quanto comporta solitamente un imponibile minore, � pur vero, per�, 
che tale� agevolazione � accordabile soltanto agli immobili che, come quelli 
dei quali qui trattasi (circostanza questa del tutto pacifica) siano stati 
dichiarati, con atto amministrativo notificato ai proprietari, di interesse 
artistico e� storico ai �sensi e per gli effetti �della 1. 1� giugno 1939 n. 1089 
(artt. 2 e 3). II che comporta per i proprietari vincoli e oneri gravosi, 
quali quelli: 

.�-:-,cli .non poter c:lemolire, modificare o restaurare l'immobile senza 
l'autorizzazione del Ministero per i beni c�lturali; (art. 11 1� co. e 12 1. n. 
1089); 

-di non poterlo adibire ad usi non compatibili con il suo carattere 
storico o artistico oppure tale da recare pregiudizio alla sua conservazione 
o integrit� (art. 11; 2� co. e 12); 

-di dover obbligatoriamente sostenere le spese necessarie per la sua 
conservazione estensibile oltrech� alla manutenzione anche alla protezione 
e al restauro (artt. 15 e 17 l. citata e art. 3, 1. n. 512 de11'82): obbligo che 
non cessa di essere gravoso e singolare sol perch� le relative spese sono 
deducibili dall'imponibile delle imposte dirette; di sottoporre alla competente 
sopraintendenza i progetti di opere di qualunque genere che il 
proprietario (o chi per lui) intenda eseguire al fine di ottenerne la preventiva 
approvazione (art. 18, 1� co.); 


160 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

-di non poter compiere qualsiasi atto, a titolo oneroso o gratuito, 
che ne trasmetta in tutto o in parte la propriet� o la detenzione senza 
denunziarlo al Ministero sopramenzionato; 

-di soggiacere, oltrech� alla possibilit� di espropriazione per pubblica 
utilit� connessa alla esigenza di conservazione dell'immobile, al diritto 
di prelazione da parte della P.A. in caso di alienazione che rimane 
sospensivamente condizionata sino a che tale diritto non sia stato esereitato, 
con divieto per il proprietario di effettuare nel frattempo anche 
la semplice consegna dell'immobile a terzi; 

__:_ di �soggiacere eventualmente aQche all'obbligo di ammettere il 
pubblico a visitare per scopi culturali l'immobile secondo determinate 
modalit� (obbligo senza corrispettivo che nella specie, come sembra 
pacifico, � stato imposto dal Ministero alla proprietaria degli immobili dei 
quali qui trattasi). 

Di fronte ad un cos� gravoso complesso di vincoli e di obblighi ai 
quali risulta soggetto il proprietario di immobili �notificati� ai sensi 
dell'art. 3 della 1. n. 1089 del 1939, il fatto che, per la parte pi� cospicua 
di essi (castelli e palazzi), sia stata prevista una classificazione censua


Iria di favore non rappresenta certo un privilegio, bens� una sorta di equa 
compensazione per i rilevanti pregiudizi che tali vincoli e obblighi provocano 
al proprietario anche sul piano economico riducendone, quindi, per 
quel che qui interessa la relativa capacit� contributiva. (Si pensi -, tan


I

to per prospettare uno dei tanti esempi possibili -, alle ingenti spese 

I

che il proprietario, il pi� delle volte, deve sostenere per riscaldare i 

~ 

~

saloni di tali edifici senza poterne abbassare i soffitti solitamente altis


simi o alla sottoutilizzazione dei vani per l'impossibilit� di dividerli come 
sarebbe pi� conveniente per soddisfare esigenze funzionali oggi ritenute 
irrinunciabili specie per abitazioni o uffici o alberghi). Includere tali 
immobili (che talvolta possono arrivare a costituire addirittura una sorta 
di �dannosa proprietas �) nelle stesse categorie previste per gli altri 
immobili dei quali il proprietario ha la pi� libera disponibilit� sarebbe, 
quindi, contrario al pi� elementare senso di giustizia tributaria e quindi, 
anche alla Costituzione, secondo la quale altrettanto ingiusto � sia trattare 
in maniera diversa soggetti che versano nelle stesse condizioni, sia 
trattare in maniera eguale soggetti che versano in condizioni diverse. 

Cadono, quindi, alla luce di queste considerazioni, tutte le opposte 
argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato e basate sul presupposto 
certamente vero in linea generale che la classificazione catastale e la 
conseguente determinazione della rendita deve aver riguardo precipuo 
ad aspetti -quali la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sul reddito ....__ essenzialmente economicisti che non avrebbero (ed� � qui 
l'errore) � se non un possibile �d eventuale rapporto del tutto accidentale, 
e perci� non suscettibile di diventare decisivo, con i pregi artistici 
e storici dell'immobile .presi in considerazione sulla tutela delle cose 
d'arte�� (Argomentazioni del resto anche contraddittorie, perch� a pag. 8 
del rk:orso in esame sembra sostenersi che l'applicazione della categoria 
A/9 spetti ai castelli �e ai palazzi � de quibus � quanto �meno quando siano 
adibiti per intero ad abitazioni; a pag. 9 (in fondo) si stigmatizza invece 
come giuridicamente inaccettabile anche il fatto che � una lussuosa 
'abitazione, collocata nel centro di Roma (magari frutto di uno svuotamento 
e di una<ristrutturazione che ha lasciato solo le originali antiche 
facciate perimetrali} avente tutte le caratteristiche di una abitazione 
signorile o di lusso, debba essere classificata insieme a tutto il palazzo, e 
quindi anche ai negozi e alle autorimesse, in A/9 quando essa ha obiettivamente 
caratteristiche reddituali intrinseche ad estrinseche del tutto 
identi�he a quelle classificabili in A/1 o A/2 collocate subito accanto e 
pur ritenute dalla Sopraintendenza non meritevoli di vincoli storico-artistici 
�. 

IV) La stessa Finanza, -avvertendo l'insostenibilit� della tesi secondo 
cui castelli e palazzi non dovrebbero avere alcuna delle destinazioni 
previste nel quadro� generale e quindi rimanere in sostanza inutilizzati, ha 
finito col ritenere (come chiaramente si evince nella specie dal comportamento 
dell'U.t.E. e come, sia pure contraddittoriamente, ammesso dalla 
stessa Avvocatura, che compatibile con il riconoscimento della cat. A/9 
possa essere soltanto la destinazione abitativa dei suddetti edifici o, quanto 
meno, non quelle commerciali come ad es. quelle ad uffici o ad alberghi. 
Ma non � affatto chiara, n� tanto meno plausibile la giustifica~ 
zione di siffatta discriminaziope. 

Se� � vero infatti, che la destinazione � albergo o pensione � � prevista 
nel quadro Generale delle Categorie nel gruppo � D �, � anche vero che 
quella di � ufficio o studio privato � eprevista nello stesso gruppo � A � 
�n cui sono inclusi i castelli o i palazzi dei quali qui trattasi. 

Ci� iinpedisce di ritenere che i castelli e i palazzi di cui alla cat A/9 
possano essere solo quelli destinati ad abitazione per il solo fatto 
d'essere stati inclusi nel gruppo � A�. 

D'altra parte, se � vero che i castelli originariamente servivano ad 
abitazione dei signori feudali o rinascimentali che li possedevano, � vero 
aii,che che non erano affatto escluse altre destinazioni sia pure secondarie 
e di natura commerciale (quali botteghe, laboratori e magazzini) 
connesse con l'economia curtense dell'epoca. Quanto ai palazzi, poi, essi 


162 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

hanno in tutte le epoche molto spesso avuto vani terranei adibiti agli 
usi pi� diversi da quelli abitativi (rimesse di veicoli, magazzini, uffici, 
negozi). 

Ritenere, quindi, che la cat. A/9 sia attribuibile solo a castelli o 
palazzi adibiti per intero ad abitazione ovvero soltanto a quelle porzioni 
di essi che abbiano tale destinazione sarebbe, nel silenzio del legislatore, 
tanto arbitrario quanto priivilegiare altre destinazioni o, al limite, escluderle 
tutte. 

Tale conclusione non deve sembrare affatto paradossale perch� rivela 
�molta pi� capacit� contributiva (criterio cardine da cui non si pu� 
prescindere nell'interpretazione di norme tributarie) chi destini un intero 
tcastello o palazzo (o parti di esso) a sua abitazione (come usavano 
i signori feudali o rinascimentali) ovvero addirittura li tenga inutilizzati 
(pur sobbarcandosi a sostenere le spese di manutenzione), che non chi 
sia indotto a dare ad essi una destinazione pi� produttiva. 

Alla luce delle quattro sovraesposte considerazioni si deve risolvere 
negativamente il sottoproblema (in quanto accessorio rispetto a quello 
principale sin qui affrontato) consistente nell'accertare se, qualora il 
castello o il palazzo di eminente pregio artistico o storico sia diviso catastalmente 
in pi� unit� immobiliari distinte, almeno talune di esse possano 
essere classificate in categoria diversa dalla A/9 per effetto della 
loro attuale destinazione ad uso commerciale (quali alberghi, negozi, 
uffici, magazzini, rimesse etc). 

Infatti: 

a) se il pregio storico o artistico � stato riconosciuto dal competente 
Ministero all'edificio �in toto et in qualibet sua parte � (come nella 
specie la Commissione Centrale ha ritenuto con accertamento di fatto 
insindacabile in questa sede) affermando espressamente che il riconoscimento 
del Ministero della Pubblica Istruzione aveva �investito il Palazzo 
in tutto il suo insieme� e, quindi, inscindibilmente considerato); 

b) se, conseguentemente, gli oneri e i vincoli gravanti la propriet� 
di esso non possono non riferirsi anche ad ogni singola sua parte, sicch� 
il reddito di cui ciascuna � suscettibile deve essere considerato �pro 
parte � pur sempre minore di quello apparente per effetto di tutti quei 
pesi che gravano i beni culturali e che in precedenza si sono ricordati; 

e) se � vero che -come gi� dimostrato -sarebbe arbitrario, nel 
silenzio del legislatore, ritiene compatibile con l'inquadramento nella cat. 
A/9 solo gli edifici destinati ad abitazione, non pu� non concludersi che 
detta categoria deve essere attribuita a ciascuna unit� immobiliare, in 
cui l'edificio si trovi catastalmente diviso, quale che sia la destinazione 
che 'essa abbia e la natura del reddito ricavatone. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRffiUTARIA 163 

N� meno infondate sono le argomentazioni svolte dall'Avvocatura 
d�llo Stato e basate sull'art. 2 della 1. 2 agosto 1982 n. 612 (Regime Fiscale 
dei beni di rilevante interesse culturale�. 

Detta norma cos� recita: 

.� � L'aggiornamento dei� redditi degli.. immobili riconosciuto di interesse 
storico o artistico ai sensi della 1. lQ giugno 1939 n; 108~t (e successive 
modificazioni e integrazioni) � effettuato l1lediante l'applicazione del minore 
tra i coefficienti previsti per i fabbricati �. 

� innegabile che una siffatta dizione sembra presupporre� che� immobili, 
pur riconosciuti di interesse storico o artistico, si trovino classificati 
in categorie diverse dall'A/9. Ma tale constatazione sarebbe vera'mente 
ostativa alla tesi che qui si giudica preferibile soltanto se fosse 
vero che � castelli e palazzi � esauriscano l'intera categoria degli im1UPbili 
diinteresse storico e artistico, oggetto dell'art. 2. della citata 1. 
512 dell'82, Il che, invece, � falso !'!� per rendersene conto, bastLpensare 
che nella suddetta categoria rientrano anche immobili che, pur ~vendo 
i:O.ciubbf pregi storici .�o artistici, non possono essere considerati . n� castelli, 
n� palazzi, quali, ad es. ville, giardini, portici, gallerie, case di 
semplice fattura e di piccola mole (quale pu� essere, ad es. la casa 
natale di un personaggio i11ustre di umili origini), singoli locali di immobili 
pi� complessi etc. 

�Castello�, invero, significa, -nel lessico comune che qui deve �Ssere 
tenuto presente ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, (( grande e maestosa 
residenza signorile (a1meno iii origine), strutturata a fortificazione; tipica 
dimora di signori feudali o rinascimentali o costruita anche in epoca pi� 
tarda ma a . somiglianza di essa �. E per �palazzo �, d'altra parte, deve 
ii:J.tendersi � edificio di notevole impegno e sviluppo architettonico, adibito 
nel suo complesso ad abitazione signorile o a sede dipubblici uffici 
.e -oggi per estensione -, caseggiato cittadino, ma pur sempre di 
notevole mole unitaria e a pi� piani, comprendente un numero notevole 
di appartamenti ed, eventualmente, di negozi e uffici o adibito ad altre 
destinazioni di notevole spicco socio-economico �, 

Queste definizioni sono sufficienti per dimostrare che la categoria 
A/CJ, �lungi dal poter essere attribuita a�tutti gli immobili riconosciuti di 
interesse storico o artistico ai sensi della l. 1� giugno 1939 n. 1089, pu� 
ricomprendere soltanto edifici di ben� specifiche e non comuni caratteristiche, 
anche se, certamente, tra i pi� rilevanti (per qualit� anche se 
non per quantit�) fra tutti quelli che costituiscono il patrimonio cuUurale 
della Na7Jione e che .richiedono pi� ingenti spese di manutenzione: il che 
spiega perfettamente perch� meritino, anche fiscalmente una considerazione 
particolare. (omissis) 

-



164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 2 dicembre 1993 n. 11957 � Pres. Beneforti 
-Est. Rocchi -P. M. Priscoli (conf.) � Soc. COSI c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Criscuoli). 

Tributi in genere � Violazione di leggi finanziarie � Misure conservative � 
Opposizione � Giudice competente -Foro dello Stato. 
(legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 26 e 27). 

Giudice competente per l'opposizione contro il provvedimento che 
autorizza le misure cautelari di cui all'art. 26 della legge 7 gennaio 1929 

n. 4 � il tribunale del foro dello Stato (1). 
(omissis) Con l'unico motivo di ricorso, denunciando violazione e 
falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., violazione dell'art. 27 della legge 

n. 4/1929, nonch� difetto di motivazione su un punto decisivo della 
controversia, il ricorrente contesta sostanzialmente che il rimedio previsto 
dal citato art. 27 instauri un normale giudizio di cognizione da 
proporsi secondo le regole previste per il foro erariale. 
I

Il ricorso � infondato. 

Secondo un indirizzo gi� espresso da questa Corte suprema (v. Cass. 

n. 2447/80), al quale il Collegio, condividendolo, intende interamente 
uniformarsi, � per individuare il giudice competente a conoscere dell'imI


pugnazione contro l'iscrizione dell'ipoteca ed il sequestro a norma del~ 
l'ar. 27 della legge n. 4/1929, deve farsi ricorso all'art. 25 c.p.c. nonch� alle 
disposizioni di cui al R.D. n. 1611/1933 �. 


In particolare, mentre l'intendenza di Finanza esercita la facolt� di 
richiedere all'Autorit� giudiziaria i provvedimenti di cui al precedente 
art. 26 della legge citata direttamente e senza la rappresentanza dell'Avvocatura 
dello Stato, l'impugnazione in opposizione prevista dall'art. 27 
instaura un giudizio di cognizione, nel quale cela la regola generale della 
rappresentanza obbligatoria della P. A. a cura della Avvocatura di Stato. 

Inoltre l'art. 27 citato, poich� stabilisce soltanto che l'impugnazione 
in opposizione va proposta �innanzi al giudice�, sancisce un implicito 
rinvio alla normativa generale del codice di rito, con la conseguenza che 
l'opposizione avrebbe dovuto nella specie essere proposta con citazione 

a coxpparire innanzi il Tribunale di Palermo, secondo le regole del foro 
erariale. (omissis) 
(1) Un utile chiarimento: decisione da condividere. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 

CORTE DI CASSAZIONE, sez~ I, J dicembre 1993 n. 12021 -Pres. Favara 
� Est. Grieco -Ministero delle Finanze (avv. Stato Mangia) e; Dell'Orto. 

Tributi in genere � Contenzioso tributarlo � Notificazione -Consegna a 

persona di famiglia � Omessa indicazione nella relazio.ne del luogo di 

c�ilSegna della copia . NwUt�. � � � � 

(c.p.c. art. 139). 
Sebbene per la validit� della notifica con la consegna a persona di 
famiglia non sia richiesto un rapporto di convivenza, � tuttavia necessario 
ehe .dalla .relazione rt1sulti che la cons�gna sia avvenuta i?.ella casa del 
destinatario. della notifica (1). 

(omissis) Il ricorso � inammissibile. 

:� ageyole rilevare dagli atti di causa-che questa Corte ha il poteredovere 
di esaminare in ragione della .natura dell'errore in cui � incorsa 
l'Amministrazion� ricorrent�he l'impugnazione n,on risulta notificata alla 
Maria. Luisa . Dell'Orto bensr .�al. suocero . di cui, per altro, nena relata di 
notifica (~ffettuata con il servizio postale) non � stata attestata la � convivenza 
con la destinataria dell'atto notificato�; n� la circostanza che il 
cor�seWiatario dell'atto era .stato �rinvenuto� nella casa di abitazione 
del destinatario. � � 

Premesso che il plico raccomandato era stato indirizzato alla Dell'Or~
o, i:n vja Alighieri II, 22060. Arosio (Como) e che l,a dichiarazione di 
ricezione, sottoscritta dal consegnatario menziona la data dell'operazione 
ma :nessun'.altra. circostanza relativa al luogo della consegna, deve con~
iuciersi :P.�r-~~ inefficacia della notilic:::a. 

Se � ver~, i~fatti, che ai fini della validit� della notifica a p~rsone 
di famiglia, ai sensi dell'art. 139 c.p.c., non � richiesto, necessariamente, 
un rapporto di convivenza tra detta persona ed il .destinatario dell'atto 
{con la conseguenza che ove H �familiare abbia accettato senza riserve il 
plico, la va1idit� pu� essere esclusa solo se il destinatario della notifica 
dimostri l�� o.cc11siol.1.alit� e la temporaneit� della permanenza nell'abitazione 
d�l consegnatado),. (cfr. Cass. 19 febbraio 1992 n. 2060), � pur vero 
che � necessario che nella relata di notifica, si indichi non solo . il vincolo 
familiare fr� i soggetti� ma� si dia, altresf, atto del � rinvenimento � del 
familiare nella casa del destinatarfo della notifica, atteso che proprio 
da siffatta situazione pu� evincersi la presunzione della consegna dell'atto 
al destinatario della notifica (cfr . .Cass. 26 febbraio 1990 n. 1434). 

Principio, quello affermato dalla Corte di legittimit�, pienamente 
condht:iso dal Collegio. Che lo ribadisce. (omissis) 

�(1) Decisione inaccettabile, specialmente nel caso di notifica a mezzo, posta 
nella quale la consegna nel luogo .di destinazione � bene presumibile. In senso 
contrario Cass., 18 febbraio 1992, n. 2060, in questa Rassegna, 1992, I, -126. 

12 



RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

166 


CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 24 dicembre 1993 n. 12777 -Pres. Rossi 


Est. Grieco -P. M. Lupi (conf.) -Giangrasso (avv. Spallina) c. Ministero 

delle Finanze (avv. Stato Palatiello). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario � Impugnazione � Responsabile 
per la sanzione � Legittimazione � Esclusione. 

(d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 98; c.p.c. artt. 100 e 112). 
Il responsabile per la sanzione (nella specie amministratore di societ�) 
se pure pu� int,ervenire nel giudizio promosso dall'obbligato pr,incipale, 
non pu� proporre l'impugnazione della sentenza se non � destinatario del 
comando in essa contenuto (1). 

(omissis) Con il primo motivo, il ricorrente denunzia violazione e 
falsa applicazione degli artt. 2448 CC. e II2 nn. 3 e 4 LF. in relazione agli 
artt. 99 e 100 c.p.c. nonch� in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Sostiene che 
la responsabilit� di un amministratore, sia essa fiscale o nei confronti 
dei soci o di qualsiasi altra natura, sussiste in relazione al periodo di 
tempo in cui questi ha rivestito la carica medesima. In relazione a tale 
periodo, anche chi ha cessato di svolgere il compito di amministratore pu� 
essere convenuto in giudizio per rispondere di inadempimenti e irrego� 
larit�. In definitiva�, l'ex amministratore -di per s� -� esposto ad 
azioni di varia natura: azione ex art. 2395 C.C.: responsabilit� ex art. 98 

d.P.R. 602/1973. Assume, inoltre, il ricorrente di essere titolare di un du� 
plice interesse ad agire: in re propria, per difendersi dall'accertamento 
tributario che potrebbe lederlo anche nell'immagine (di cittadino); in 
(1) Decisione interessante sul multiforme problema del potere del responsabile 
per la sanzione ex art. 98 del d.P.R. n. 602/1973 di tutelare la sua posizione. 
Sulla premessa che l'accertamento e il ruolo costituiti nei confronti 
dell'obbligato principale sono efficaci contro il responsabile della sanzione 
(Cass. 26 luglio 1993, n. 8366, in questa Rassegna, 1993,. I, 465), resta a vedere 
quali mezzi di difesa possa esercitare autonomamente il responsabile. Nel pi� 
ristretto ambito delle societ�, l'amministratore in carica pu� agire in giudizio 
sia a nome della societ� che a nome proprio. Quando invece l'amministratore 
non � pi� in carica la situazione processuale � pi� difficile: egli pu� intervenire 
nel giudizio che sia stato promosso dalla societ�, ma questo � un inter� 
vento dipendente che, come esattamente afferma la sentenza, non lo legittima 
all'impugnazione; pu� anche proporre un proprio autonomo ricorso (contro 
l'avviso di mora), per� � incerta l'ampiezza delle opposizioni deducibili contro 
l'accertamento definitivamente intervenuto nei confronti dell'obbligato principale. 
Le difficolt� sono per� appianate da ragioni di merito: poich� la sanzione 
dell'art. 92 del d.P.R. n. 602 presuppone sempre l'omesso o ritardato ver. 
samento (dato certo), le opposizioni del responsabile possono riguardare il titolo 
della sua personale responsabilit� (l'essere amministratore o l'estinzione dell'obbligazione), 
piuttosto che il merito. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 'llUBUTARIA 

qualit� di ex amministratore della societ� � per supplire� alla inerzia 
degli organ,i fallimentari. 

Con il secondo motivo, si , denunzia violazione e falsa applicazione 
degli artt. 98 e 36 d.P.R. 602/1973, in .relazione agli artt. 99 e 100 c.p.c. e 
360 n. 3 c.p.c. Deduce ilricorrente che la Commissione tributaria di secondo 
g:rado �.avrebbe.� dovuto dichiarare ... la nullit� degli . accertamenti essendosi 
estinto il soggetto passivo d'imposta. Che comunque, indipendentemente 
dalla estinzione, non pu� essere negata all'amministratore, per i periodi 
di imposta cui si riferiscono gli accertamenti, la legittimazione ad agire 

i.n. proposito~ 
... Le censure-che i;ipropongono la questione della legittimazione. di colui 
che f� amministratore della societ� nel periodo cui si riferiscono gli 
�accertamenti� ad agire per contestarli, indipendentemente dall'esistenza 
cl~~ potere di rappresentanza e del soggetto tributario nel moniento del� 
l'<,p:i9ne difensi:va~sono �infondate, 

� opportuno.� sottolineare che�. il Giangrasso, allo scopo di tutelare 
un � suo � interesse, propose in proprio il gravame alla Corte d'appello 
avverso la decisione della Commissione di secondo grado che concerneva 
la societ� per azioni � Giulio 1� � nell'ambito di un rapporto processuale 
che era stato iniziato da altro soggetto (il Curatore fallimentare) e coltivato, 
in secondo grado, dall'Amministratore della societ�; che l'impugnazione 
alla Corte romana, for.mulata dal Giangrasso, non interess�, 
processualmente, altri soggetti oltre l'Amministrazione finanziaria dello 
Stato. 

� agevole, allora, rilevare che la questione si propone in termini 
essenzialmente procedurali in quanto non � in esame la ammissibilit� di 
tutela di un soggetto, in relazione ad interessi di varia natura, nell'ambito 
di un rapporto processuale di incontestata ritualit� quanto l'ammissibilit� 
di una �iniziativa processuale, in fase di impugnazione, da parte di un 
soggetto diverso da quello, o da quelli, che avevano partecipato ai gradi 
precedenti di giudizio. 

Alla questione cos� delineata non pu� che darsi risposta negativa 
sottolineando che la pronuncia di inammissibilit� della Corte d'appello, 
in� relazione� ad un gravame proposto da soggetto diverso da quelli che 
avevano partecipato ai primi due gradi di giudizio, � conforme a legge. 

Ed invero, il principio affermato da questa Corte (cfr. Cass. 13 dicembre 
1990 n. 11828), secondo cui la facolt� di intervenire nel processo, 
per 6gni interessato, deve riconoscersi indipendentemente dalla effettiva 
esistenza, nel soggetto che ha inizialmente proposto la domanda, delle 
condizioni necessarie per l'esperimento dell'azione, sicch� il soggetto legittin).
ato ad intervenire pu� sostituirsi al non legittimato �anche nel corso� 
del processo nell'esercizio dell'azione giudiziale (la legittimazione deve, 
infatti, ricondursi fra le condizioni dell'azione e non fra i presupposti 


168 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

processuali), non pu�, incontestabilmente, travolgere i limiti �.di realizzazione 
dell'intervento in causa e quelli posti dalle regole delle impugna~ 
zioni che, in tutta evidenza; legittimano .si a quella fase processuale 
anche coloro che non .hanno partecipato al. giudizio ma a condizione 
che siano destinatari del comando del giudice (Cass.12 magg�o 1990 n. 4101). 
Il che, nella specie, non si era verificato fa aloun modo e in alcuna 
misura. (omis$is) 

CORTE D.I CASSAZIONE, sez. I, 20 gennaio 1994 n. 516 -Pres. Montanari 
Visco -Est. De Musis -P. M. Martinelli (diff.) -Marzano (avv. Agnino) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone). 
Tributi in genere -Accertamento� -Istruttoria -Documenti atti e notizie 
acquisiti nell'esercizio di poteri di polizia giudiziaria � Istruttoria penale 
nei confronti di soci � Utilizzazione nei confronti della societ� 
di fatto fra gli indagati � Legittimit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,.art. 63; d;P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33). 
Allorch� si ritenga che sia sta(a costituita una societ� di fatto, i risul~ 
tati delle indagini esperite nei confronti .dei soci imputa,ti penalmente 
possono essere utilizzati.nei confronti della societ� in. quanto la soqiet�, 
pur concettualmente distinta, si identifica i:;on i soci (1). 

(omissis) Con il secondo motivo si deduce che la Commissione Tributaria 
Centrale, affermando che i risultati delle indagini esperite nei 
confronti del Marzano, quale imputato in sede penale, potevano essere 
utilizzati nei confronti della (a.sserita) societ� di fatto, .della quale il Marzano 
sarebbe stato socio, � incorsa in violazione e falsa applicazione degli 
artt. 51, n, 5, 53 e 63, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 p.. 633 e 35 
del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, nonch� il travisamento di fatti perch� i 
risultati delle indagini, ~nche perch� aventi ad oggetto fatti personali; non 
potevano essere utilizzati nei confronti di un soggetto diverso,, quale 
era la societ� di fatto, tanto pi� che il Marzano era stat9 in seguito assolto 
in sede penale. 

Il motivo � infondato. 

Allorch� (si ritenga che) sia stata costituita come societ� di fatt�>, 
i risultati delle indagini esperite nei confronti dei due soci, imp.tati 
penalmente, possono essere utilizzati nei confronti della societ�. 

Lo scopo dell'art. 63 del d.P.R. 26-10-1972 n. 633, nella parte in cui 
dispone che la utilizzazione deve concernere documenti, dati e notizie 

(1) Decisione da condividere pienamente. 

PARTE: IcSEZ� .Vr GnIRiSP.RUDENZA :{R~llUTARIA 169 

�acquisiti nei confronti dell'imputato�, � quellg.dj. precludere che detta 
11tiJjAl,~zioq~ .(lvv~ngfl. neJ confr(};t}t~ di .n soggetto diyer59 dall'imputato . 
.. M~.Jal~. dj,v('!rsitil, nqn su,s~j�t~ tra l!l�.socit':t�,dj.,tattQ e.� i suoi soci 

9.111 �lllom~r:tto.. phe �:ostoro. sono c;:ssi �ste�~i gli. a.@rninistratori .. ed i ... rap.. 
!),r~sep~i:,tti .... dylJ.~ ... sq�:ie;�. singqlarw~n;e,. Ji:\Uto . che .. singolarmente sono 
.!UH~i~~t.~~~ti:i .� ,i;espgnsJabiH ...� .;\elle ol:)p!igo?;ioI1i�...d.ellll�� societ�~ 
. . � . J.,a . societ� �it fattQ1 cio�, �.�pur essendo . concettualmente.� distinta dai 
singoli soc( ~ostailzialmente si id~rt�fic� ~on cost~ro dal momento che 
gli elementi strutturali della stessa si ritrovano unicamente nel comportamento 
dei �singoli soci. 
Costituisde� ooriferina di���� ta1� C�ndusfone��n� �rilievo che ul1'eventUa:
fo�ihdagin�/ che volesse esperirsi ne��conftontt����c:teua (ritenuta) societ� 
di fatto,� non 'pottebbe�che essere svolta, per �dif�ho'.appul1to� del formale 
tif�riment� �alla �s-0ciet� .�. degli� elementi strutturali della stessa, che nei 

confronti dei Su�i singoli so�i. �(omissis}� 
�oitH: �1 CASSAZIONE; se~. I, 23 febb~~io 1994 n.1815 -Pres. Corda Est. 
Cantillo -P. M. Tondi (conf.) -Monte dei Paschi di Siena c. MiriiStero 
d�lfo Finanze (avv. Stato SalvatC>reUi). 

Trl'bttifit��geliere ~ Riscossione -Versainentt diretti��~���Istituto di �credito de...
legato�~ .vers~ento ad ufficio �incompetente� -�Applicabilit� i della penale.. 
" Elemento soggettivo ... Irrilevanza. 

����(legge.:���.dicembre� 1975/m� 576, �art:.10) . 

. � ��. Il versarrz~nto... presso ufficio .incompetente 4a parte dell'istituto di 
credito �le~egato <f..ai,oq~tribuenti d�. luogp .all(;l �ipplicazione della stessa 
penale prevista per il versamento omess(); per l'operativit� della penale 
non si richiede ~a sussistenza dell'elemento� soggettivo (1). 

. (dntissi~f i. Coh li primo motivo, denuriziando la violazione delral't. 
f della legge 2 rilaggio 1976, n. 160, il Monte dei Paschi d� Siena 
'sostiene che �rr6neahlente fa seriteriz� �.impugnata ��ha��ritenuto� fogitt�ma 
Ia s�nziori� comminata .� daU'Amtni:ilist:razforie firianzi�rfa; giacch� �fa.� norma 
concerne l'omesso versamento delle somme riscosse � dal11istitufo� di 
credi:to e non i} versamento ad ufficio incompetente, nel:la qu11le ipotesi 
manchere\')per9 siaJ'illecito arricchimento del solvens, che. la disposizione 
� diretta a�l evitare, e siaJa co~cienza e volontariet� (;lell'evento, 
che � ele.mento essenzj.ale di ~ualsiasi illecito. 

(1) Decisione �ineccepibile. S�l1a natura della penale v. Cass., 21 settembre 
1993, n. 9660, in questo faSc:icolo, pag. 151. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO. STATO 

La censura � infondata. 

La questione che essa suscita � stata gi� decisa in senso contrario 
da qu�sta Corte con una recente pronunzia, che ha ritenuto dovuta la 
penale anche nelle ipotesi in cui il versamento venga effettuato ad un 
uffitio o ad una tesoreria� incompetente. E questa soluzione merita conferma, 
non venendo ora addotte nuove e valide ragioni per discostarsene. 

IIi particolare, alle argomentazioni svolte dal ricorrente va obiettato 
che: 

a) nell'ambito del rapporto di delegazione tra l'istituto di credito 
e l'Amministrazione finanziaria, il versamento delle somme riscosse da 
parte del primo ha effetto liberatorio, ai sensi dell'art. 1 I. 160 del 1976, 
solo se effettuato alla .Tesoreria dello Stato competente (cio� la sezione 
di tesoreria nella cui circoscrizione ha sede l'azienda delegata), per modo 
che l'imputazione del versamento ad un diverso organo, ancorch� 
appartenente alla Amministrazione finanziaria, costituisce inesatto adempimento 
della prestazione dovuta e realizza i presupposti della fattispecie 
che rende applicabile la penale, risolvendosi in un ritardo nell'adempimento; 


b) tale equiparazione � dovuta a ci�, che l'errata imputazione rende 
indisponibile la somma oggetto del versamento anche rispetto aJ.. 

l'ufficio cui .� pervenuta, il quale non ha titolo giuridico per acquisirla; 

e) la necessit�: di rispettare in modci rigoroso l'imputazione prescritta 
� altresi correlata ai controlli che le sezioni di Tesoreria sono tenute 
ad effettuare immediatamente in ordine ai versamenti compiuti dalle 
aziende di credito, incidendo allo stesso modo dell'omissione di versamento 
sia quanto alla corrispondenza tra le somme riscosse e quelle 
versate, sia quanto alla liquidazione delle commissioni trattenute dall'azienda, 
ex art. 17 della legge; 

d) in sostanza, prima dell'eventuale correzione dell'errore di imputazione, 
non si perfeziona la fattispecie estintiva dell'obbligazione, in 
quanto non v'� un'entrata che possa essere legittimamente acquisita: 
il versamento �, quindi, tamquam non esset ed in ci�. risiede la ratio 
.della penale, a nulla rilevando che -non vi sia anche un illecito arricchimento 
cl.ell'istituto di credito; 

e) posto che la penale di cui si discute � analoga a quella prevista 
in via generale dall'art. 1382 e.e. -in quanto attiene ad un rapporto che, 
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non ha natura tributaria 
(v., fra altre, S.U. n; 8985 del 1990; n. 1198 del 1988; n. 1467 del 

_1987; n. 6417 del 1983) -non � pertinente il riferimento all'elemento 

soggettivo. nelle violazioni amministrative sanzionate con pena pecu


niaria, di cui alla legge n. 689 del 1981. (omissis) 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I penale, 4 marzo 1994 (dep. il 21 aprile 
1994) n. 1099 -Pres. Valiante -Est. Valente -Procedimento penale c. 
Prandini Giovanni ed altri -Parti civili Ministero dei lavori pubblici 
e ANAS (avv. Stato Fiumara). 

Procedimento penale � Procedimento penale per reati ministeriali . Con� 
flitto di competenza fra Collegio per i reati ministeriali e G.U.P. 
(Cost., art. 96; legge cost. 16 gennaio 1989, n. 1, art. 9; legge 5 giugno 1989, n. 219, 

art. 3; cod. proc. pen. artt. 416-417). 

Nel procedimento penale per reati ministeriali la competenza allo 
svolgimento di specifici atti istruttori, successivi alla concessione dell'autorizzazione 
a procedere, ed alla decisione sulla richiesta di rinvio 
a giudizio, spetta al Collegio per i reati ministeriali, istituito dalla legge 
costituzionale n. 1 del 16 gennaio 1989 (1). 

(omissis) Nel procedimento penale a carico, tra altri, dell'on. Prandini 
Giovanni, in ordine a fatti, al medesimo ascritti, con riferimento 
all'incarico di Ministro dei Lavori Pubblici, svolto dallo stesso, dopo la 
concessione dell'autorizzazione a procedere, da parte della Camera dei 
Deputati, sulla scorta di specifica richiesta formulata dal locale P.M., il 

G.I.P. del Tribunale di Roma fissava l'udienza preliminare dinanzi a s�. 
A seguito di ci�, i difensori dell'imputato denunciavano conflitto di competenza, 
sul rilievo che la competenza per la fase del procedimento successiva 
all'autorizzazione a procedere doveva ritenersi attribuita al 
Collegio per i reati ministeriali, istituito dalla legge costituzionale 16 gennaio 
1989 n. 1 (omissis). 
(1) Soluzione difforme da quella proposta dall'Avvocatura dello Stato costituitasi 
parte civile nel processo per il Ministero dei lavori pubblici e l'ANAS. 
L'Avvocatura aveva sostenuto, pur non nascondendo l'opinabilit� della tesi, che, 
entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale, coerenza avrebbe voluto 
che la competenza del Collegio per i reati ministeriali dovesse intendersi limitata 
alla fase relativa alla concessione o al diniego dell'autorizzazione a procedere. 
La Corte Suprema ha ritenuto invece la �conservazione� del Collegio 
anche successivamente alla concession~ dell'autorizzazione a procedere, precisando 
che nella fase ad essa successiva il Collegio � svolga le funzioni che erano 
proprie del G.I., con applicazione delle norme procedimentali del previgente 
codice del 1930, giacch� soltanto queste si conformano alla sua struttura e 
consentono l'esplicazione della funzione, per la quale � stato creato dalla vo

172 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Il Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma, con 
ordinanza in data 26 novembre 1993, nel trasmettere la denuncia di 
conflitto, confermav~.fa .sua .competenza a proseguire nel procedimento. 

Il G.U.P. del Tribunale di Roma, a sua volta, con provvedimento in 
data 13 dicembre 1993, interloquendo sull'eccezione di incompetenza per 
materia dedotta dai difensori del Prandini, riteneva sussistente la propria; 
cornpetenza e, preso atto dell'identica affermazione formulata dal 
Collegio .per i reati ex art. 94 della Costituzione, rilevava autonomamen� 
te sittJ.azione di conflitto di competenza e disponeva trasmettersi gli at� 
ti a questa Corte per la risoluzione. 

Quel giudice prospettava una pi� rigorosa interpretazione letterale 
delle due norme in apparente contrasto ed evidenziava che una diversa 
soluzione della questione avrebbe dato luogo ad una commistione di ruo� 
li -P.M. e Giudice -inammissibile in un procedimento, quale quello 
attuale, caratterizzato dalla netta distinzione tra organi e funzioni in� 
quirenti ed. organi e funzioni giurisdizionali. 

Passando ad esaminare il conflitto, sui quale � stata chiamata a 

decidere la Corte, va osservato come lo stesso -pienamente ammissi� 

bile in rito, giacch�, si � venuta a creare una situazione di stallo, che 

pu� essere rimossa soltanto con decisione di questa Corte regolatrice 

va risolto nel senso che la competenza allo svolgimento di specifici atti 

lont� legislativa costituzionale'" La Corte, per�, non ha mancato di sottolineare 

che � le non poche perplessit� che sorgono dalla soluzione scelta e i non lievi 

problemi processuali che dalla stessa potranno scaturire rendono auspicabile 

un ulterior~ intervento cl;�arificatore del legislatore che, alla luce anche delle 

esperienze sopravvenute alla pratica applicazione delle disposizioni del nuovo 

codice di rito, fissi in modo organico e preciso la disciplina delle attribuzioni 

del Collegio nelle due fasi delle indagini �. 

Si trasc:i;ive la memoria depositata dall'Avvocatura dello Stato sulla que


stione. . . 

Procedimento penale per reati ministeriali. Competenza dello speciale Col� 

legio istituito �dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1. 

(omissis). -2. -Il problema di competenza che � sorto non � certo di 

facile soluzione. 

Analoga questione era sorta invero, e proprio presso il Tribunale di Roma, 
in occasione di altro reato ministeriale, l'affare Nicolazzi. Allora� il Collegio 
per i reati ministeriali, cui gli atti erano stati restituiti dalla Camera con la 
concessa autorizzazione a procedere, aveva rimesso gli� atti al P.M.. Questi, ritenendo 
che la trasmissione dovesse intendersi come finalizzata a consentire al 
suo ufficio di procedere secondo le norme ordinarie all'istruzione e non invece 
all'esclusivo esercizio del potere dovere di formulare richieste istruttorie (come 
il Collegio all'uopo interpellato gli aveva fatto sapere) aveva sollevato conflitto 
di competenza dinanzi alla� Suprema Corte. La Corte investita del conflitto, nel 
ritenere che ove fosse stata fondata l'interpretazione dell'articolo 3, commi 1 
�e 2, legge 219/89, prospettata dal P.M.; la norma avrebbe potuto porsi in contrasto 
con l'articolo 9, comma 4, legge costituzionale n. 1/89, che anche ermeneutica. 
mente valutata alla stregua dei lavori preparatori e dell'emendamento appor� 



PARTII I; SEZ. VI, GIURISPRUDENZA "PENALE 173 

istruttori; successivi alla concessione dell'autorizzazione a procedere, ed 
alla decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio, spetta al Collegio per 
i reati ministeriali, istituito dalla legge costituzionale n. 1 d�l 16-1-1989~ 

Al riguardo, va, anzitutto, .ribadito che la soluzione della <questione 
deve ricercarsi �alla stregua delle�. disposizioni.�� di �legge ��esistenti e sulla 
scorta di interpretazione delle st�sse che. sia. conforme ai canoni cor� 
rentL di ermeneiltiea, non essendo consentito, neppure a questa Suprema. 
Corte, di ricercare principi giuridici diversi da quelli discendenti 
direttamente dalle norme vigenti, pur se con la giustificazione� --... di 
.natura, evidentemente, solo meta ...,... giuridica -che questi �ultimi mal 
si conciliano con istituti processuali; introdotti dal codice di .nito del 
1988. 

In proposito; non sembra, comunque; superfluo rilevare che l'articolazione 
normativa di istituzione e funzionamento del Collegio per i rea� 
ti ministeriali -legge costituzionale n. l del 1989 e legge� 219 dello stesso 
1989 + pur se. app(:lre ispirata al modello procedimentale del previgente 
codice, ha esteso il suo intervento con riferimento specifico anche al 
nuovo codiee di rito, come sLdesume dal combinato disposto dagli 
art. 1, co. 2 e 3, co. l della predetta legge n. 219/89; sicch�, deve fondatamente 
ritenersi che il Legislatore�~ peraltro, come si �� �visto; cost�tu� 
zionale -ha ben tenuto presenti le nuove caratterizzazioni (quali; la 

tato al testo ongmario, sembrava aver attribuito al Collegio-ra� c�mpetenza 
funzionale a proseguire il giudizio nella fase istruttoria, aveva s�llevato que. 
stione .di legittimit� costituzibnale;� La Corte Costituzionale con sent�rtza 23-25 
maggio 1990, n. 265,. aveva dichiarato non fondata la questione Pr-O:P�stai risolvendosi 
questo in un mero problema di interpretazione, problema the trovava 
la sua soluzione nel fatto che l'articolo 3 legge 219/89 andava inteso nel senso 
che la trasmissione. degli atti dal Collegio al P. M. era avvenuta non perch� 
quest'ultimo provvedesse allo svolgimento di tutta l'attivit� conseguente alla 
concessa autorizzazione ma. soltanto perch� partecipasse all'attivit� spettante 
al Collegio esercita.n:do i suoi poteri. La Corte di Cassazione con sentenza 26 giugno-
10 luglio 1990, n. 1817; si conformava alla .pronuncia della Consulta e nella 
specie il�� C�llegio per �i �reati ministeriali provvedeva esso stesso �con ordinanza 
2-18 marz� 1991 al.�.rinvio a giudizio degli imputati. Ma la soluzione cui allora 
si pervenne non � necessariamente la stessa nel caso di specie, in quanto allora 
il procedimento� penale�si svolgev� . secondo il veechio rito,� mentre il pr�cesso 
di cui trattiamo oggi si svolge con il nuovo rito�. 

3. � La legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, contenente modifiche 
degli articoli 96, 134 e�135 della C�stituzione e della legge costituzionale U marzo 
1953, n. 1,. e n�rme. in materia di procedimenti per i reati di cui all'articolo 96 
della Costituzione, � stata emessa� �vigente . ancora il vecchio c.c.p. e, � invero, 
senza una ben precisa rappresentazione di quanto sarebbe pot�to accadere 
con il nuovo �codice gi� formato ma non ancora vigente. � Il Collegio di ctii 
all'articolo 7 -dispone l'articolo 8 della legge costituzionale -, ... compiute 
indagini preliminari e sentito il P.M.; se non ritiene che si debba disporre l'archiviazione, 
trasmette gli atti con �relazione motivata al Procuratore della Re. 
pubblica per la loro immediata rimessione al Presidente della. Camera com

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO��

174 

distinzibne tra organi preposti alla ricerca delle prove ed organi di controllo 
delle prove stesse) ed i nuovi istituti introdotti con il codice di rito 
del 1988. 

Tanto premesso e, poich�, la materia risulta disciplinata da fonti 

legislative di rango diverso e, metodologicamente, � la legge costituzionale 
che deve fornire i parametri di interpretazione di quella ordinaria 
e non viceversa, �, innanzitutto, alla legge n. 1 del 1989 -di modifica 
dell'art 96 della Costituzione -che bisogna rifarsi per la ricerca della 
soluzione. 

Ora, l'art. 9 comma 4 di detta legge, recitando testualmente � L'Assemblea, 
ove conceda l'autorizzazione, rimette gli atti al Collegio di cui 
all'art. 7, perch� continui il procedimento secondo le norme vigenti� 
non concede spazio ad interpretazione diversa da quella, secondo la 
quale si � inteso deputare alla continuazione del procedimento proprio 
il Collegio istituito con la predetta legge costituzionale; a meno di non 
voler sostenere -come sono costretti a fare i propugnatori della tesi 
opposta -che il Legislatore abbia compiuto un errore nella costruzione 
logica del testo normativo, apparendo evidente che ove il significato 
da attribuire al verbo � c�ntinuare � fosse stato quello intransitivo, lo 

stesso -second� corrente regola sintattica -doveva esser proposto 
e non preposto, al sostantivo � procedimento �, al quale si sarebbe dovuto 
riferire. 

petente ...; in caso diverso il Collegio, sentito il P.M., dispone l'archiviazione ... �. 
Da tale norma possono trarsi due conseguenze: l'una che il Collegio aveva la 
specifica funzione di svolgere le sole indagini finalizzate �alla richiesta di autorizzazione 
a procedere, e l'altra che lo stesso veniva ad assumere le funzioni 
proprie del giudice istruttore (si veda il potere di archiviazione) ben distinte 
da quelle del PM. In questo quadro, la norma del 4� comma dell'articolo 9, 
secondo cui �l'Assemblea, ove coi1ceda l'autorizzazione, rimette gli atti al Collegio 
di cui all'articolo 7 perch� continui il procedimento secondo le norme 
ordinarie �, se pur incoerente con la prima delle due conseguenze sopra dette, 
appare in linea con la seconda di esse, � continuando � il Collegio nella prosecuzione 
del procedimento con le funzioni del giudice istruttore. E in tal senso 
� stata la decisione della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione sopra 
riferite. 

Ma ben diverso � il quadro nel quale si colloca tale normativa una volta 
entrato in vigore il nuovo codice di rito. 

In esso le funzioni propulsive di indagine preliminare sono specificamente 
ed esclusivamente attribuite al Procuratore della Repubblica (il P.M. svolge 
� le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione 
penale � -art. 326 c.p.p. -, � dirige le indagini e dispone direttamente della 
Polizia Giudiziaria� -art. 327 c.p.p. -, restando al giudice [delle indagini preliminari] 
le sole funzioni decisionali). Coerentemente la legge 5 giugno 1989, 

n. 219, contenente nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti 
dall'art. 90 della Costituzione, all'art. 1, comma 2, dispone che � successivamente 
alla data di entrata in vigore del nuovo c.p.p. il Collegio (per i reati ministeriali) 
procede alle indagini di cui al comma 1 con i poteri che spettano al P.M. 
! 



PARTE I, SBZ. 'VI, GIURISPRUD�NZA P�NALB 175 

Ma, una siffatta lettura del testo normativo, oltrech� chiaramerite 
non rispondente a corretti canoni di ermeneutica, giacch� il contenuto 
precettivo della norma deve essere desunto dal dettato letterale, quale 
risulta dalle espressioni usate dal legislatore, si dimostra, peraltro, in 
contrasto con l'andamento dei lavori preparatori della legge costituzionale, 
attesoch� '--come posto in evidenza anche dalla Corte Costituzion�le 
nella sentenza n. 265 del 1990 -al testo che prevedeva, in origine, la 
trasmissione degli atti al P.M. perch� il procedimento avesse corso 
�secondo le norme vigenti�, ne fu sostituito altro, tradottosi, poi, nella 
�lefinitiva versione dell'art. 9 della richiamata legge n. 1/1989. 

Ed � noto che, se l'interprete, in genere, non � vincolato dai lavori 
preparatori, dovendo aver riguardo non tanto al pensiero delle persone 
che concorsero a formare la legge, quanto al senso proprio di quest'ultima, 
di per s� considerata nell'autonomia che acquista, a quelli � consentito 
rifarsi quando, come nel caso di specie, sorgono dubbi sul significato 
da dare alle espressioni letterali usate. 

Non senza tener conto, poi, che la soluzione opposta si rivela impraticabile 
anche perch�, in funzione della stessa, dovrebbe ammettersi 
che la legge costituzionale abbia inteso istituire un Collegio da restare 
relegato nella posizione marginale di organo competente per le sole 
indagini preliminari ex art. 8, con incoerente frantumazione della fase 

nella fase delle indagini preliminari �. E le indagini di cui al comma 1 sono 
specificamente ed esclusivamente quelle � previste dall'art. 8 della legge costituzionale 
16 gennaio 1989, n. 1 �, cio� solo quelle finalizzate alla richiesta di 
autorizzazione a procedere: data questa sfera limitata entro cui pu� muoversi 
il Collegio, pu� trovare una sia pur labile spiegazione l'ulteriore potere attribuito 
al Collegio stesso in tema di incidente probatorio e di altra attivit� 
di competenza del G.I.P. 

Esaurita dunque la fase relativa all'autorizzazione a procedere con la 
concessione della stessa, dovrebbero ritenersi esaurite anche le funzioni dello 
speciale Collegio. L'art. 3 della legge 219/89 prescrive infatti che rimessi al 
Collegio stesso dal Parlamento gli atti ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 
costituzionale � il procedimento continua secondo le norme ordinarie vigenti al 
momento della rimessione�. C�o� torna la competenza del P.M. per le eventuali 
ulteriori indagini e per la richiesta di rinvio a giudizio e torna la competenza 
dell'ordinario G.U.P. per il rinvio a giudizio. 

Questa coerenza sembra per� venir meno -e non lo si pu� negare -nell'ipotesi 
dell'art. 4 della legge 219/89, secondo il quale quando � negata l'autorizzazione 
a procedere � proprio il Collegio a disporre l'archiviazione, con 
poteri quindi giudicanti e non solo inquirenti: ma in realt� il contrasto � solo 
formale, posto che l'archiviazione � in tal caso un atto dovuto. 

4. -In conclusione, dunque, una logica interpretazione della normativa vigente 
nel quadro del nuovo processo penale lascia intendere che la competenza 
a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio del P.M. spetti al G.U.P. ordinario 
e rion gi� al Collegio speciale. Se cos� non fosse emergerebbe la chiara incongruenza 
di attribuire al Collegio inquirente funzioni decisorie in contrasto con 
lo spirito del nuovo processo penale e con il principio costituzionale del diritto 

176 

RASSEGNA-AVVOCATURA DELLO STATO 

delle indagini in due tronconi -� ante � e � post � autorizzazione a procedere 
-att:i;ibuiti alla competenza di organi del tutto diversi e, peraltro 
di rango differente. 

N�. pu� ritenersi che la soluzione cui si aderisce sarebbe improponibile 
per;ch�. d� luogo ad una commistione di ruoli (P.M. e. G.I.P.), inammiss~
bile �.in un procedimento quale quello attuale caratterizzato dalla 
netta distinzione tra organi e funzioni inquirenti ed organi e. funzioni 
giurisdizionali�, giacch� l'obiezione -svolta dal G.I.P. del Tribunale di 
Roma nel provvedimento di elevazione del conflitto -non tiene conto 
della circostanza che, gi� nello svolgimento delle indagini che precedono 
la richies;ta di autorizzazione a procedere, il Collegio somma in s� attribuzioni 
del P.M. e del G.I.P., per espressa disposizione normativa (art. 1 
co. 2 L. n. 219 del 1989).. 

. Orbene, d�>Vendosi affermare, per le argomentazioni svolte, la � con


servazione� del Collegio per i reati ministeriali anche successivamente 

alla concessione dell'autorizzazion.e a procedere, pur se la questione non 

investe direttamente il � thema decidendum �, la Corte ritiene di dover 

ricercare le funzioni che vanno attribuite al Collegio, dopo che sia in


tervenuta la detta autorizzazione e la conciliabilit� delle stesse con le 

norme procedurali. 

di difesa di cui all'art. 24, comma 2, della Costituzione. Deve per� riconoscersi 
che la soluzione . � oltremodo perplessa, profilandosi anche per quella suggerita 
un dubbio di costituzionalit�: l'art. 3 della legge 219/89 dispone che, una: volta 
restituiti gli atti dal Parlamento al Collegio, �il procedimento continua secondo 
le norme ordinarie >>, mentre la norma di rango costituzionale contenuta nell'art. 
9, comma 4, della legge costituzionale 1/89 dispone che in tal caso (il 
Collegio?) �continui il procedimento secondo le norme ordinarie�, pur se 
quest'ultima norma potrebbe essere intesa, secondo un'interpretazione evolutiva 
che tenga conto del nuovo quadro di riferimento, che il Collegio debba � conti;
nuare �.il proce�limento nel senso limitato di �dare impulso� ad esso rimettendo 
gli atti al P.M. per la eventuale prosecuzione delle indagini e le conseguenti 
richieste al G.l.P. competente. 

Ben venga dunque una pronuncia chiarificatrice dalla Corte Suprema che 

dirima il conflitto positivo di competenza fra il G.U.P. e il Collegio per i reati 

ministeriali, previa, se del caso, da parte della stessa Corte, rimessione degli 

atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione dei dubbi di costituzionalit� 

sopra prospettati. 

Non sembra, invece, opportuno il rinvio pregiudiziale alla Corte Costitu


zionale da parte dello stesso G.U.P.: la questione sarebbe ovviamente inammis


sibile se .pronunciata dopo una declinatoria di competenza da parte dello stesso 

G.U.P., ma sarebbe quantomeno di dubbia ammissibilit� ove sollevata dopo una 

pronuncia positiva di competenza, risultando anche in tal caso il G.U.P. privato 

di poteri decisori definitivi, per l'insorto conflitto positivo con il Collegio per 

i reati ministeriali. Le Amministrazioni costituite parte civile concludono quindi 
�chiedendo che� gli atti siano rimessi alla Corte di Cassazione per la risoluzione 
del conflitto di competenza. (omissis) 
OSCAR FIUMARA 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 

Anche in tale ricerca non pu� prescindersi dalle norme regolanti 
specificamente la materia e, quindi, va subito rilevato come la legge 

n. 219 contenga clausole di rinvio, idonee ad individuare le regole da 
applicare ai procedimenti in questione: difatti, mentre l'art. 1 comma 5 
prevede che, per quanto non disciplinato dalla legge costituzionale e da 
quello stesso articolo, si devono osservare le norme del codice di procedura 
penale �in quanto compatibili�, l'art. 3, comma 1 dello stesso 
testo normativo stabilisce che, quando gli atti, dopo l'autorizzazione a 
procedere, siano stati rimessi al Collegio, � il procedimento continua � 
~econdo le norme ordinarie vigenti al momento della rimessione. 
Ora, tali norme -il cui contenuto letterale rafforza, all'evidenza, 
le ragioni svolte a sostegno della tesi che si accoglie, in quanto, disponendo 
il rinvio alle norme procedurali ordinarie, solo se compatibili 
con quelle speciali, proprie dei procedimenti affidati al Collegio in questione, 
consentono esplicitamente quella commistione dei ruoli, ritenuta 
inammissibile dal G.I.P. confliggente e dimostrano inequivocabilmente 
che il Legislatore, quando ha voluto dare significato intransitivo al verbo 
� continuare�, lo ha fatto attraverso corrette regole sintattiche devono 
essere correlate con quella del comma 2 del menzionato art. 3, 
stabilente che gli atti siano rimessi, senza ritardo, al Procuratore della 
Repubblica. 

La coordinazione di tali norme porta indiscutibilmente ad ammettere 
-peraltro, in aderenza a quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale 
nella pi� volte richiamata sentenza n. 265 -che il Collegio ex art. 7 

L. 1/89, nella fase successiva alla concessione dell'autorizzazione a procedere, 
svolge le funzioni che erano proprie del G.I., con applicazione 
delle norme procedimentali del previgente codice del 1930, giacch� soltanto 
queste si conformano alla sua struttura e consentono l'esplicazione 
della funzione, per la quale � stato creato dalla volont� legislativa 
costituzionale. 
I due fascicoli, instaurati a seguito delle due distinte denunce di conflitto, 
erano riuniti, apparendo evidente l'unicit� dell'oggetto, richiedente 
la decisione di questa Corte regolatrice. (omissis) 

Sembra appena il caso di rilevare che con la soluzione adottata non 
si � posto, affatto, nell'ordinamento un caso singolare di sopravvivenza 
della previgente normativa processuale, giacch� esso va a collocarsi al 
fianco delle fattispecie di diritto transitorio, che tuttora permangono. 

Certo, le non poche perplessit� che sorgono dalla soluzione scelta 
ed i non lievi problemi processuali che, dalla stessa, potranno scaturire, 
rendono auspicabile un ulteriore intervento chiarificatore del Legislatore 
che, alla luce anche delle esperienze sopravvenute alla pratica 
applicazione delle disposizioni del nuovo codice di rito, fissi in modo organico 
e preciso la disciplina delle attribuzioni del Collegio nelle due 
fasi delle indagini. (omissis) 


PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


l/IN'ffIR~NTO DBIL'A\1y0CATODELLO STATO 
11\l UN P~OC~SS() STORICd (dal rlC()rdl. di .un giudice popolare) .(*) .�. 


:: :.,:-�. 
Attacca poi ravv, BESl'BN:TB dell'Avvocatura dello Stato, rappresentante della 
{'residenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero. dell'Interno costituitosi 
Parte Clvile, per.i s()li fatti di l\!Iilano. 
La sua arringa � molto lunga e dev9 onestamente. riconoscere che, se tutti 
g1k impiegati del19 S~ato lavorassero con fimpegno e .la passionalit� dell'avv. 
BESTENTE, nessuno avrebbe di che Iameutarsi dell'inefficienza .. delfo Stato, neppure 
le B.R, 

t:.�.. 1in'~nga� lucida; profonda, . esauriente;.� che�� avvince. e convince, i;mche 
menti. cowe le nostre. co$l poco.� aduse .a seguire. disc�rsi in Corte di . Assise� 

La parte pi� sconosciuta; �che nessuno almeno finora ci aveva mai illustrato 
� la:.� patte. storica delle B.R.:. come. sono� nate ed in. quale contesto. si sono svi, 
luppate .. 

Voglio.trascrivere guesta. storia, perch� �� molto�.interessante. 

Infatti; l'avv; BESTllNTE; dopo lina lunga disamina delle motivazioni che hanno 
portato al rinvio a giudizio degli imputati, a proposito della storia e fenomen�' 
logia delle BRlGAIB ROSSE, dice: 

;, Per capii'e che co~a siano le B.R., bisogna rifarsi lontatio: e precisamente 
alla creazione nel �. 1962 a Trento, dell'Istituto di Scienze Sociali, p�i Lib�ra Universit� 
di Sociokigfa di TrentO; . . . ..�� . . .� . . . . .�. 

Questo Istituto, vofoto dalla Deniocrazia Cristfona locale, fu creato da un 
lato per vincere iri guaiche modo l'atmosfera provinciale dellacitt�, dall'altro 
-sull'esempio di aitre universit� nate in Europa e negliStati Uniti -per 
creare lina le\r~ di te�llologi di tipo nuovo: di t�i:nofogi della societ�, di ing~ 
gneri soc:fai�~ � che � fhsser� � in grado . di portare�. nella. loro futura azione profes: 
sionale e polltka un11. C()ll9sCenza specifiea .� de.i . meccanismi .. sociali . e politici. 

Questo istituto, appena c;reato, attir� una ql.i@ti1:� di giovani non solo trentini, 
ma provenienti da tutte le parti d'Italia'. . � .� � .� � � .� � � 

Si trattava: in gran parte di giov@i .� spi11ti d'.a. interessi politici, com'� normale 
che avvenga per gli studi sociologici, �he quasi sempre costituiscono Un 
obiettivo prefei:�nzial� per i . giovani. politicariiente orientati: il che� determin� 
rapidamente a Trento un ambiente incandescente/ di . grande . fervore . ideologico 
e di intensa: ricerfa politida e sociale, favorito anche da:lfisolameni:o in cui 
gli studenti si ve:rii:J.ero �. �: trovare. 

Nel 1964 approda a Trento Renato Curcio. Si iscrive, fatta la conoscenza 
con Marco Boato, al G.D.I.U.T., l'organizzazione universitaria cattolica locale. 

(*) A cura di un Rotary Club di Torino sono stati pubblicati i ricordi di. un giurato,

Rosalbo Folchini, al processo delle Brigate Rosse svoltosi avanti la Corte d'Assise di quella

citt�� nel 1978. 

Riteniamo di pubblicare la parte inerente l'intervento del nostro caro ed indimenticabile 

Giovanni � Bestente che in quel processo era costituito parte. civile in difesa dell'Amministra


zj.one dello Stato. Lo facciamo con orgoglio ed insieme, con rimpianto, del collega pr~tu


ramente scomparso. , � 

lS 



2 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

E qui comincia, o almeno riceve un impulso decisivo, la maturazione politica 
di Renato Curdo. 

L'Universit� � ancora giovane quando, nel maggio 1965, il Senato, nell'approvare 
il disegno di legge per il riconoscimento dell'istituto, declassa la laurea 
in sociologia in � laurea in scienze politiche e sociali, ad indirizzo sociologico �. 
� la rivolta. Nel gennaio 1966, gli studenti, unitisi in assemblea generale, deci� 
dono l'occupazione dell'Universit�; l'occupazione dura 18 giorni, e poi � la vittoria. 
Il Senato modifica il provvedimento. � un fatto episodico, ma ha un'importanza 
notevole, perch� in quell'occasione il movimento studentesco prende 
coscienza della propria forza. Ed il movimento prosegue, in un clima crescente 
di contestazione e di discussione teorica. � stata una scintilla -il '68 � vicino da 
cui nascer� presto un incendio. 

Curcio, intanto, nell'ambiente ormai inquieto dell'Universit�, subisce una 
progressiva evoluzione verso la sinistra pi� radicale. 
Nel frattempo si verifica, a Trento, il primo massiccio e serio coinvolgi: 
mento nel movimento degli studenti cattolici. 
� in quel clima che Curcio si forma. E nel 1967, ormai profondamente 
impegnato nel movimento studentesco, lancia una proposta: Universit� Negativa. 

Il movimento, cui tale proposta d� vita, organizza controcorsi in concorrenza 
e contrapposizione all'Universit� ufficiale, rispetto a. cui si pone in polemica, 
accusandola di essere uno strumento di classe, che si appropria della 
scienza e della tecnologia per rafforzare il predominio della classe pi� forte 
su quella pi� debole, consolidando il potere esistente ed il sistema capitalistico. 

In contrasto con l'Universit� Ufficiale, Universit� Negativa postula una 
riappropriazione del sapere a favore degli studenti, per scoprire i meccanismi 

del sistema ed incidere sul loro funzionamento, promuovendo una maturazione 
politica in vista di una societ� nuova e diversa, non pi� fondata sullo sfrutta� 
mento e sulla divisione in classi. 

Nell'autunno del '67 il � Movimento per l'Universit� Negativa � � fra i promotori 
della rivista �Lavoro Politico�, che sorge nell'ottobre dello stesso 1967 
dal bollettino del Centro di Informazione (C.D.I.) di Verona, come �organo 
marxista-leninista che si lega nelle sue origini ad alcuni avvenimenti del nostro 
tempo, quali la rivoluzione culturale guidata dal pensiero di Mao-Tse-Tung, l'invincibile 
lotta del popolo vietnamita e la contemporanea degenerazione del 

P.C.I. e del P.S.I.U.P., sempre pi� apertamente dimostrativa della politica di 
''nuove maggioranze", logico sbocco della via italiana pacifica al socialismo�. 
� interessante osservare che nell'editoriale del primo numero compare una 
presa di posizione che contrasta singolarmente con quelli che saranno gli orientamenti 
successivi dello stesso Curcio. 

Egli infatti critica aspramente il revisionismo da un lato, le tendenze estre� 
miste ed il filocastrismo dall'altro, nonch� le tendenze che gi� allora si venivano 
prospettando fra gli studenti verso una lotta politica intesa come guerriglia 
armata, e ne accusa i propugnatori di essere dei piccoli borghesi in cerca di 
emozioni. 

Sembra impossibile: poco pi� di un anno e la guerriglia armata verr� 
considerata dallo stesso Curcio come l'unica alternativa per la contestazione 

del sistema. 
Vengono le lotte del '68, cominciate in Francia, e dilagate negli altri paesi 
europei ed in Italia. 

Frattanto, nell'autunno, Curcio e Mauro Rostagno,. il pi� importante esponente 
del movimento studentesco a cui Curcio si � avvicinato, pubblicano un 
singolare e contradditorio documento: � Proposte di lavoro >>, in cui molti di 



PilRTE II, OUESTJllNI 

quelli che saranno i temi ricorrenti dell'ideologia delle Brigate Rosse trovano 
un'anticipazione. 
Mauro Rostagno si dissocer� poco dopo dagli orientamenti espressi nel 
documento; Curdo no. 

Alla fine .di novembre del 1968, l'intera redazione. della rivista, fra cui Renato 
Curcio e Mara Cagol, aderisce al Partito. Comunista d'Italia, per poi seguire 
poche settimane piu tardi la scissione del partito, confluendo nella fazione 
� linea rossa� -contrapposta alla fazione �linea nera � -.destinata a sua 
volta a sciogliersi, cos� come si scioglie il collettivo redazionale di � Lavoro 
Politico�. 

Nel frattempo, per�, Curdo ed il suo gruppo vengono espulsi dal partito. 
Le lotte del '68 hanno prodotto, fra gli altri effetti, il diffondersi, fra gli 
studenti, di nuove. forme conflittuali spesso violente ed illegali. 
In questo clima acceso, Curdo si riavvicina, al.l'inizio del '69 al movimento 
studentesco di Trento. 

t!. la fase di � Universit� Critica �: momento forse di minor impegno nel 
lavoro di massa, ma di grande fervore teorico, nel progetto di trasformare 
ideologicamente e politicamente l'universit� dall'interno: �Rovesciare la citt� 
sull'universit�, l'universit� sulla citt�, restituire al proletariato il sapere sociale 
che gli � stato espropriato �. 

Ma gli avvenimenti incalzano. Fra la primavera e l'estate del 1969, sulla 
spinta dei tragici disordini di Battipaglia, della ripresa della lotta operaia alla 
F.IA.T., della prospettiva, concreta e minacciosa; dello scontro d'autunno per 
il rinnovo dei contratti collettivi, il movimento studentesco compie una radicale 
autocritica e viene rilanciato il lavoro di massa a livello operaio. 

Il Movimento studentesco confluisce in gran parte in << Lotta Continua "� 
Curcio, sua moglie Mara Cagol ed altri del gruppo che gravitava intorno a 
� Lavoro Politico � lasciano Trento e si trasferiscono a Milano. 

Il '68, le lotte studentesche, sono finite. 
t!. il primo contatto con la realt� urbana della metropoli industriale, con 
la fabbrica. 

Ed � il contatto di una realt� nuova, che si era andata sviluppando parallelamente 
al radicalizzarsi delle lotte studentesche: il diffondersi fra gli operai 
di nuove forme di lotta, in cui la violenza e l'illegalit� hanno una parte prima 
sconosciuta, che colgono di sorpresa le organizzazioni tradizionali e gli stessi 
sindacati. 

Si pensi ai GA.P. (Gruppi di azione partigiana), cui si affiancano altre 
formazioni autonome similari. 
In mimerosi stabilimenti si creano gruppi o collettivi, che si prospettano 
per la prima volta i problemi di una vera e propria organizzazione rivoluzionaria. 

Sorgono alla Sit-Siemens ed alla I.BM. � Gruppi di Studio >>, �Gruppi Autonomi
� all'Alfa Romeo, ed alla Pirelli (pi� importanti di tutti) i �Comitati Unitari 
di Base� o C.U.B. 

E' proprio in questo periodo che militanti di questi gruppi, insieme a mili


tanti di collettivi di lavoratori-studenti, gruppi di operai e impiegati della Marelli 
e dei Telefoni di Stato danno vita al Collettivo Politico Metropolitano -C.P.M. 
Data di nascita ufficiale: 8 settembre 1969. 

Atto di nascita: un bollettino ad uso interno dei militanti, scritto sotto 
forma di relazioni compilate a cura dei singoli comitati di azienda di Torino, 
Milano o di lavoratori-studenti, che. definisce il C.P.M. come strumento che deve 
predisporre � le strutture di lavoro indispensabili ad impugnare in modo non 
individuale l'esigenza-problema dell'organizzazione rivoluzionaria della metropoli 
e dei suoi contenuti (ad es. democrazia diretta, violenza rivoluzionaria, ecc.�). 


4 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

In contrasto col rigore m�rxist�-leninisia in voga, vi si sottolinea che �attualmente 
il processo di costruzione del collettivo non avviene sulla base di un 
programma, e neppure sulla base di una rosa: di principi ideologici�. 

Ma, pur nella disponibilit� degli orientamenti ideologici -sempre tuttavia 
nell'ambito marxista-leninista -e . delle possibili tattiche, ci� che� rimane fermo 
� lo scopo fondamentale: cio� l'intento dichiarato di organizzare nelle fabbriche 
e nelle scuole n�n s�lo, ma di portare al di fuori delle fabbriche e delle scuole, 

l'offensiva generalizzata e radicale, violenta e sevvertitrice al sistema, investendo 
l'intera area metropolitana. 

Sar� proprio il Collettivo Politico Metropolitano, come vedremo subito, 
il nucleo inizial,e. da cui, attraverso varie trasformazioni, nasceranno e si svilupperanno 
le Brigate Rosse. 

Il discorso che sto facendo ha in effetti proprio questo senso: vedere come 
la fenomenologia attuale delle B.R., le loro proposte tattiche e strategiche, la 
loro ideologia, non nascano oggi come funghi, ma siano il risultato di un'evoluzione 
lenta e graduale, ma conseguente sulle stesse linee ferme e direttive. 

Approdati a Milano, Renato Curcio e Mara Cagol aderiscono al C.P.M. e 
vi svolgono un intenso lavoro, assumendo in breve tempo una posizione di 
preminenza . 

. Nel pieno dell'autunno, il Gollett~vo cresce e si sviluppa, operando sempre 
pi� radicalmente in. una prospettiva eversiva e di lotta armata. 

Negli �Appunti per una discussione� dell'autunno del 1969, leggiamo: �Non 
� con le armi della critica e della chiarificazione che si intaccano la corazza 
del potere capitalistico e le �croste della falsa coscienza delle masse... Il pro� 
blema della violenza non � separabile da quello dell'illegalit�... ...Pratica organiizata 
di contro a rabbia operaia (episodica/soggettiva) sta ad indicare che 
lo scontro violento � una necessit� intrinseca necessaria, sistematica e continua 
dello scontro di classe �. 

Un convegno di tre gi�rni, cui partecipano una settantina di militanti del 

C.P.M. (fra cui Curcio, Berio, Simioni, Semeria, Mario Moretti, Enrico Castellani), 
si tiene dal 1� al 4 novembre 1969, all'Albergo �Stella del Mare� di Chiavari. 
In quel convegno -che a quanto pare fu piuttosto turbinoso, combattuto 
e diviso nelle opinioni che vi si scontrarono -si gettano le basi della futura 
lotta armata -di cui viene riconosciuta e sostenuta la necessit� -nonch� della 
futura tattica di quelle che saranno le Brigate Rosse; si delinea, insomma, l'indirizzo 
che �l'organizzazione -non molto tempo dopo -puntualmente seguir�. 

I risultati dei lavori svolti in quel seminario sono raccolti in un opuscolo 
-detto il � Volantone � ' -di una trentina di pagine circa,. � frutto di un lavoro 
collettivo�, stampato dal C.P.M. e dal titolo: �Lotta sociale ed organizzazione 
nella metropoli >?. 

Il documento, ricollegandosi alle lotte del '68, individua :nell' � autonomia 
proletaria � il � contenuto unificante delle lotte degli studenti, . degli operai e 
dei tecnici che hanno permess.o il salto qualitativo; del 1968-1969 �. 

Dell'autonomia proletaria viene .delineato il concetto in questi termini: 
�L'autonomia � il movimento di liberazione del proletariato dall'egemonia complessiva 
della borghesia, e coincide con il processo rivoluzionario ... �. una categoria 
politica del marxismo rivoluzionario, alla luce della quale .valutare la 
consistenza e la ditezione di un movimento� di massa. Autonomia da: istituzioni 
politiche borghesi (stato, partiti, sindacati, '.istituti giuridici, ecc.), istituzioni 
economiche (l'intero apparato produttivo-distributivo capitalistico),� istituzioni 
culturali (l'ideologia dominante� in tutte le sue articolazioni), istituzioni nor




PAR1'E �II, QUESTIONI 

mative (il costume, la �morale� borghese). Autonomia per:�� l'abbattimento del 
sistema globale di sfruttamento e la costruzione di un'organizzazione sociale 
alternativa�. 

Vengono giudicati come Parziali gli orientamenti emessi dai grqppi della 
sinistra italiana durante le battaglie d'autunno, in quanto di tali battaglie sfruttano 
soltanto aspetti parziali: cos� gli-indirizzi che risalgono a �Lotta continua� 
ed a � Potere operaio ,,, 

Viene criticato aspramente il lavoro dei sindacati e del P.C.I., nonch� generalmente 
le � fotze marxiste entro il sistema �; come portatrici di posizioni 
riformiste, sostanzialmente moderate, tali da impedire . ogni spazio politico ai 
gruppi marxisti extraparlamentari: in ultima analisi alla guerriglia rivoluzionaria, 
che si prospetta come la sola concreta soluzione dello scontro di classe. 

Il terreno della lotta � individuato come terreno � essenzialmente urbano �, 
quello cio� delle grandi citt� industriali: �La citt� � oggi il cuore del sistema, 
il centro organizzatore dello sfruttamento economico-politico... ma � anche 
il punto pi� debole del sistema, dove il caos organizzato che caratterizza la 
societ� tatdocap�talistica appare pi� evidente, dove le spaccature politiche fendono
� verticalmente l'intero tessuto sociale. ~ su questo terreno che il prole� 
tarlato moderno emerge pi� impetuosamente... S qui, nel suo cuore, che il 
sistema'. va colpito �. . 

Come si vede, sono gia presenti tutti i connotati che caratterizzeranno 
l'ideologia e le azioni delle B.R. quali oggi le conosciamo: in particolare, � 
presente la prospettiva radicale della lotta politica intesa come lotta armata 
senza tregua, intesa soprattutto come � guerriglia urbana �. 

Come strumento di agitazione, il C.PM. usa un � foglio di lotta�., che 
appare a volte. senza titolo, a volte intitolato � Sinistra Proletaria �. 

Con la stessa� testata -�Sinistra Proletaria �, a luglio del 1970 esce un 
�numero unico in attesa di autorizzazione � di una rivista che dovrebbe fiancheggiare 
il lavoro collettivo del C.P.M. Stampato �a cura del Collettivo Politico 
Metropolitano�, annovera nella redazione, fra gli altri, Renato Curdo, 
Alberto Pinotti e Corrado Simioni, e fra i collaboratori Alberto Franceschini, 
Duccio Berlo e Vanni Mulinaris. 

Il tema dominante della rivista � l'esigenza attuale ed immediata della 
rivoluzione: �perch� in Europa, in Italia, la lotta rivoluzionaria non appare 
pi� soltanto come un imperativo storico, ma nella prospettiva di una congiuntura 
economico-politica e militare che ha tempi determinati� e determinabili 
e ch� costituisce l'iniziativa reale, attuale del proletariato �. 

Il secondo ed ultimo numero della rivista esce in settembre 1970. 

La sigla del C.P.M. � scomparsa: il gruppo ha ormai cambiato nome. 

Hann() portato alla decisione, mesi di dibattiti e di discussioni, soprattutto 
intorno al problema della lotta armata e della esigenza di entri\lre in clandestinit�. 
Discussioni a volte violente che spesso hanno provocato fratture e 
defezioni. 

I membri del C.P.M., in particolare, si sono divisi in due: quelli che non 
ritengono esigenza attuale e del momento l'entrata nella clandestinit� e l'inizio 
della lotta armata nella forma della guerriglia urbana; e quelli che invece 
considerano immediata ed indifferibile tale esigenza, ed intendono procedere 
senza. indugio alla sua attuazione. Fra questi ultimi, Curdo, Mara Cago! e 
Franceschini. 

Quest'ultimo orientamento prevale. Coloro che non lo condividono se ne 
vanno. 

.. :-:-.�:.0: .... :--... -............'Y/ . .-....... ~... :--.... 


~~ 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel �Foglio di lotta� del luglio 1970 di �Sinistra Proletaria� fra l'altro 
si afferma: 
� Gli anni di lotte autonom� non sono passati invano, noi oggi sappiamo 
che incontro a padrone armato non si va disarmati �. 

Di qui l'esigenza di armarsi e di organizzarsi, nonch� di unire i vari gruppi 
della sinistra proletaria, in vista di una prospettiva rivoluzionaria ormai sentita 
come immediata. 

Il proletariato ha avuta una precisa maturazione, secondo il documento: 
� � uscito dalla sua prima fase: quella dello scontro comunque, del � o la 
va o la spacca �, e incomincia a capire che la lotta di classe � come una guerra. 
Bisogna imparare a colpire all'improvviso concentrando le proprie forze per 
l'attacco, disperdendosi rapidamente quando il nemico si riprende �. 

Come si vede, � cos� esposta nelle sue linee generali, la tattica che carat� 
terizza le prime imprese delle B.R.: il � mordi e fuggi �. 

Conclude il foglio di lotta: � Chi pensa di colpirci impunemente, di licen� 
ziarci, di aggredirci, deve trovare una dura risposta. Ma non solo: dobbiamo 
imparare a colpirlo prima noi, quando � ancora impreparato. Costituiamo 
�Nuclei Operai� di difesa e di attacco... L'organizzazione della violenza � una 
necessit� della lotta di classe �. 

Il momento evidentemente appare ormai maturo: da ora in poi la clan� 

destinit� viene accettata come regola di vita e di lotta e si entra nella prospet� 

tiva della guerriglia urbana. 

D'ora in poi, gli unici problemi non saranno pi� di scelta, ma di orga


nizzazione. 

Il momento di prendere le armi � deciso, ed anche il terreno della lotta: 

sar� l'area industriale del Nord, il � triangolo � industriale fra Milano, Torino 

e Genova, il primo campo dove le B.R. faranno le loro prime esperienze ed 

elaboreranno la loro prima organizzazione. 

Pi� tardi, si aggiungeranno altre zone: il Veneto, Padova, Mestre, Porto 

Marghera, l'Emilia, la Toscana (a Massa ed a Livorno) e Roma. 

Il passaggio � graduale. Tuttavia, nella misura in cui questo si afferma 

e diventa irreversibile, man mano che si approfondisce il distacco dalla vita 

sociale, si diradano le vecchie pubblicazioni. 

La rivista �Sinistra Proletaria� cesser� le sue pubblicazioni il 2 settembre 

1971. Un nuovo giornale: �Nuova resistenza�, uscir� nell'aprile; anche questo, 

stampato con la collaborazione del gruppo di � sinistra proletaria�, avr� vita 

molto breve: soltanto due numeri. 

� interessante tuttavia il primo editoriale, che pu� essere considerato addi� 

rittura come una pubblicazione di servizio delle B.R., in quanto riassume le 

linee della strategia che le B.R. seguono e seguiranno puntualmente in tutta 

la loro storia: 

� Lo Stato dell'ordine e della strage � sconvolto da contraddizioni non 
risolvibili, e la crisi di regime � ormai prossima al punto di tracollo �. 

La strategia � dunque questa: � trasformare la crisi di regime in lotta 
armata per il comunismo �. 

Saranno variabili i momenti tattici, ma quello che conta, � che nell'estate 

del 1970, dal C.P.M. sono uscite le avanguardie armate della nuova guerriglia 

urbana. 

Le B.R., sia pure ancora in fase embrionale di organizzazione, sono ormai 

una realt�. 


PARTE II, QUESTIONI 

Sono parole loro: �un fiore � nato, il fiot� della lotta �rmata �. 
Dicevamo dunque che nell'estate del 1970 le Brigate Rosse sono ormai 
una realt�. 

-La denominazione � Brigate Rosse �, veramente, aveva gi� fatto una fugacissima 
apparizione nella primavera del 1970, in un comizio volante del quartiere 
popolare di Lorenteggio, a Milano. 

Ma .. eravamo. ancora alla preistoria, per cos� dire, delle :S.R., che non 
rivestivano ancora la forma di un gruppo organizzato ed armato per la guerriglia 
nella metropoli e nella fabbrica. 

La prima apparizione . della sigla � Brigate Rosse � sul terreno della lotta 
appare alla fine di agosto d~l 1970. 
� All'interno �dello stabilimento Sit-Siemens di Milano, durante un'agitazione 
per il rinnovo contrattuale, viene trovato un pacco di ciclostilati, firmati � Brigate 
Rosse '" il cui testo violento e provocatorio, illustra situazioni aziendali 
mescolandole con .insulti feroci contro � Dirigenti Bastardi � e � Capi Reparto, 
aguzzini. da mettere ,fuori gioco�. 

Appare una proposta di Jotta violenta, alternativa a quella condotta dai 
Sindacati,. sul modello di queue gi� iniziate dai C.U.B. 
Quei primi volantini, data la loro firma ancora sconosciuta, lasciano pm 

o meno. indifferenti i dirigenti dell'azienda e l'Ufficio Politico della Questura 
di Milano,. chiamati per l'inchiesta. 
Ma otto giorni pii1 tardi la nuova sigla ricompare. 
In pieno giorno un motociclista, casco' e occhiali scuri, passa davanti allo 
stabilimento Sit-Siemens di Settimo Milanese e scaglia verso il cancello principale 
un centinaio di volantini firmati � Brigate Rosse �: contengono nomi e 
indirizzi di dirigenti ed operai dell'azienda, accusati di legami col padrone, � che 
devono essere colpiti dalla. vendetta proletaria'" 

Si tratta, come si vede, di un esplicito invito ad agire, rivolto agli operai. 
Ma ben presto la sigla B.R. incomincia a contrassegnare non pi� soltanto 
volantini minacciosi o provo.catori, bens� veri e proprii atti di violenza. 

La prima azione con cui le B.R. scendono concretamente sul terreno della 
guerriglia, si compie il 17 settembre 1970. Quella sera, ignoti tentano di bruciare 
l'autovettura del dott. Giuseppe Leoni, direttore centrale dello stabilimento 
milanese Sit-Siemens, appiccando fuoco a due bidoni di plastica contenenti 
liquido infiammabile addossati alla saracinesca del box sito in Milano, via Moretto 
da Brescia, n. 30, nel quale l'autovettura era stata ricoverata. Sulla serranda 
del box � stampigliata la scritta �Brigate Rosse �. 

/!, questo il primo atto ufficiale delle B.R. 

Sempre la stessa sera del 17 settembre 1970 in Milano, l'ing. Giorgio Villa, 
dirigente centrale della Sit-Siemens, recatosi a prelevare la sua autovettura 
Ferrari che. aveva parcheggiata in via Vittor Pisani, all'altezza del numero 
civico 5, trova sul parabrezza un foglio di carta a quadretti con le frasi: � Ingegnere 
Villa, quanto durer� la ferrarina? Fino a quando noi decideremo di finirla 
con i teppisti -Brigate Rosse -'" 

Lo stesso ing. Villa, in sede di denuncia, consegn� un volantino ciclostilato 
recante la scritta �Ai signori fascisti della Sit-Siemens '" ed un volantino 
a firma � Brigate Rosse '" che inizia con l'espressione: � Repressione capi, 
capetti, fascisti �. 

La nascita delle B.R. e la loro presenza alla Sit-Siemens viene segnalata 
per la prima volta sulla stampa dal numero del foglio di lotta � Sinistra Pro


-



8 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

letaria � del 20 .ottobre 197(}: come sappiamO', il giornale continuer� ad uscire 
per qualche tempo, fino al 2 settembre 1971, .contemporaneamente alla prima 
esistenza ed allo sviluppo delle B.R. E viene segnalato in questi termini: 

� Le apparizioni di organizzazioni op�raie autonome (Brigate Rosse) indicano 
i primi momenti di autorganizzaziOne proletaria per combattere i padroni 
e i loro servi sul loro terreno � alla pari � con gli stessi mezzi che essi utilizzano 
�ontro la classe operaia: �diretti; selettiVi, coperti. Come alla Sit-Siemens "� 

Seguono altre azioni, di violenza sempre crescente, espressamente firmate 
dalle B.R.: -il 28 novembre 1970, l'incendio dell'auto FIAT-850 di Ermanno 
Pellegrini, funzionario della soc. � Pirelli Bicocca �; -1'8 dicembre 1970, l'incendio 
dell'auto Alfa Romeo 1750 �nt�stata alla soc. Pirelli ed in consegna all'aVv. 
Enrico Lciriga. 

Nello stesso dicembre 1970, il Prefetto di Milano Mazza invia al Ministro 
dell'Interno Restivo un rapporto in cui vengono illustrati i termini della situazione 
e la sua pericolosit�; purtroppo l'iniziativa del Prefetto rimane senza 
apprezzabili effetti pratici. "--L'incendio, avvenuto la notte del 25 gennaio 1971, 
di tre autocarri adibiti alle prove dei pneumatici nella pista di pneumatici 
Pirelli di Lainate. 

Nel volantino 5 febbraio 1971 le B.R., rivendicando la paternit� dell'attentato, 
aggiungono: � Continueremo con forme �di lotta pi� avanzate sulla strada 
gi� intrapresa; attacco alla produzione, molto danno per il padronato, poca 
spesa per noi. � su questa strada che abbiamo gi� incominciato a muovere 
i primi passi �. 

Seguono gli incendi alle autovetture di Bianca Camaggio, in uso al figlio 
Franco Rosario Mojana �(23 aprile 1971), esponente della �Giovane Italia�; di 
Paolo Romeo (23 aprile 1971), esponente d�ll'estr�lna destra; il furto e la distruzione 
dell'auto di Carla Ghislandi, in uso al marito Raffaele Artom (15 luglio 
1971), appartenente al M.S.I.; l'incendio dell'auto di Corrado Ferrara, sindacalista 
CISNAL (15 gennaio 1972); l'incendio dell'auto di Arrigo Garelli in uso al 
figlio Attilio, consigliere di zona del M.S.I. (20 gennaio 1972); l'incendio dell'auto 
dell'avv. Antonio La Russa in uso al figlio Ignazio, aderente al Fronte della 
Giovent� del M.S.I. (20 gennaio 1972); l'attentato incendiario a Natale Gattuso 
(19 febbraio 1972); l'incendio dell'auto di Remo Casagrande, estremista di destra 
(19 febbraio 1972); l'incendio dell'auto di Salvatore Liparati (19 febbraio 1972). 

Siamo cos� giunti all'inizio del 1972. Da questo momento inizia una nuova 
fase per le B.R.: la loro azione. si inasprisce e verranno commessi nuovi delitti 
contro la persona, quali sequestri di p�rsona e ferimenti. 

Cos�, il 3 marzo 1972 abbiamo il sequestro con ferimento dell'ingegner Idalgo 

Macchiarini, catturato davanti allo stabilimento della Sit�Siemens di Milano e 

rilasciato dopo una ventina �di minuti contuso e legato, con appeso al collo 

un cartello �con la scritta: � Brigate Rosse -Mordi e fuggi! -Niente rester� 

impunito! -Colpiscine uno per educarne cento! -Tutto il potere al popolo 

armato! �. Sequestro rivendicato anche con volantini a firma B.R. 

Pochi giorni dopo, � e precisamente il 13 marzo 1972, si verifica l'irruzione 

nella sezione del . M.S.I. di Cesano Boscone con aggressione di Bartolomeo Di 

Mino e suo sequestro. 

Viene lasciata una scritta a spray: � Niente rester� impunito -Brigate 

Rosse� e viene rivendicata la paternit� dell'atto con volantino ciclostilato 

inviato al Corriere della Sera. 


PARTE II, "QUESTIONI 

Segue il sequestro in Milano dell'ing. Michele Minguzzi dirigente dell'Alfa 
Romeo in data 28 giugno 1973, rilasciato la sera stessa legato, imbavagliato e 
con un cartello al collo davanti all'uscita degli operai dell'Alfa Romeo. 

La sera del 15 gennaio 1973, viene compiuta un'irruzione armata negli 
uffici dell'U.CJ.D. di Milano, con aggressione ed immobilizzazione del direttore 
di segreteria Giulio Barana, nonch� di Claudio Massazza, ed asporto di materiale 
. e di documenti. 

Viene abbandonato sul posto un volantino intestato alle Brigate Rosse, nel 
quale sono � esposte le .ragioni dell'azione. 

Da notare che .il. 27 gennaio 1973 la Questura di Milano sequestrava presso 
la redazione del � Giorno ,, e del � Corriere della Sera � copie di un ciclostilato 
�in. tre..fogli intestato � Brigate Rosse � ed intitolato � Bilancio della perqui� 
sizione della sede dell'U.C.I.D. di Milano effettuata il 15 gennaio 1973 >>, in cui 
fra l'altro le B.R. .rivendicavano anche altre azioni, quali �Lainate, Macchiarini, 
Cesano Boscone�, 

Arriviamo cosi al sequestro di Bruno Labate, impiegato FIAT e sindacalista 
CISNAL, effettuato in Torino .il 12. febbraio 1973. 

Come si ricorder� il Labate, dopo un interrogatorio, fu rilasciato. verso 
le 13,30 dello stesso giorno davanti alla FIAT in Corso Tazzoli, legato ad un palo 
della luce con un cartello al collo. 

All'atto dell'abbandono della vittima, gli aggressori lanciavano numerosi 
volantini contenenti un comunicato delle B.R. 

Alla fine dello stesso anno abbiamo il sequestro di Ettore Amerio, direttore 
del personale del gruppo automobili della FIAT, rapito il 10 dicembre 1973 
e rilasciato, dopo lunghi interrogatori e. discussioni di carattere ideologico condotti 
da persona che potrebbe essere Renato Curcio, il 18 dicembre 1973. 

Abbiamo sentito in quest'aula, dalla viva voce dello stesso Amerio, un det� 
tagliato resoconto dei fatti. 
In relazione a questo sequestro, venivano diffusi tre comunicati intestati 
e firmati Brigate Rosse. 

Il 4 marzo 1974, verso le �9,20, viene compiuta un'irruzione nell'Ufficio della 

CISNAL di Mestre, ad opera di un gruppo di tre persone armate di pistola, 

con aggressione, immobilizzazione, minacce ed imbavagliamento delle tre per


sone presenti, ed asporto di documenti. 

Azione, questa, rivendicata dalle RR. mediante un volantino firmato B.R., 

prima deposto in una cabina del telefono ed il giorno dopo distribuito in citt�. 

Successivamente, si noti, veniva distribuito, sempre a firma delle B.R., un 

opuscolo dal titolo: � Via i fascisti dalle fabbriche di Porto Marghera >>, jn cui 

era riprodotto il testo del comunicato, assieme ad altre notizie (ad es. l'elenco 

di attivh;ti, di �fascisti >>, lettere di raccomandazione) desunte dalle carte seque


strate durante l'irruzione. 

Abbiamo poi, il 18 aprile 1974, il . sequestro Sassi, rilasciato il i3 maggio 

1974: Vicenda troppo n9ta .in tutti i suoi particolari ...., minuziosamente e cli~


samente rievocata in questa sede dallo ste&so. dott. Sossi e da vari testimoni 


perch� occorra descriverla ancora. � 

Non passa molto tempo, e viene fatta un'irruzione nei locali del Centro 

Studi Luigi Sturzo di Torino: siamo alle 9,40 del 2 maggio 1974 (dunque, men


tre � in corso il sequestro Sossi), e gli aggressori sono due persone di cui una 

armata, che esercitano Violenza e provocano lesioni a carico del dipendente 

Giancarlo Fava -legato, imbavagliato� ed immobilizzato -ed asportano docu� 

menti. Sui muri, scritte inneggianti alle Brigate Rosse. 


10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Lo stesso giorno, verso le 18,30, viene effettuata un'irruzione nella sede 
del Comitato Resistenza Democratica -C.R.D. -di Via Guicciardini a Milano, 
ad opera di cinque persone armate, con immobilizzazione delle persone presenti 
in ufficio -il segretario del Comitato Vincenzo Pagnozzi, Roberto Casana e 
Secondo Sottimano -e con sottrazione di numerosa documentazione. Vengono 
lasciate le solite scritte sul muro, con frasi inneggianti alle B.R. 

Le azioni criminose in danno del Centro Luigi Sturzo e C.R.D. venivano 
rivendicate dalle B.R. con due volantini ciclostilati. 

Il contenuto dei due volantini � riprodotto integralmente nell'opuscolo: 
� Contro il Neogollismo portare l'attacco al cuore dello Stato -n. 2 -� datato 
aprile 1974. Al testo dei volantini � fatta precedere una sorta di introduzione, 
e fatto seguire un � inquadramento storico-politico delle due organizzazioni 
colpite�. 

Menzioniamo infine le irruzioni, entrambe dell'll dicembre 1974 e quasi 
contemporanee (fra le 16,45 e le 17) da parte di due nuclei armati nelle sedi del 
Sindacato Autonomo dell'Automobile -S.D.A. -di Nichelino e Rivalta, con 
violenza sulle persone, nonch� asporto di documenti. 

Azioni anche queste rivendicate dalle Brigate Rosse con volantini ciclostilati. 


Qui termina l'arco dei fatti su cui verte il presente processo. 
Abbiamo esaminato solo le azioni principali. Perch� nello stesso arco di 
tempo, fino al 1974, numerosissimi altri fatti criminosi si affiancano a questi, 
oggetto di questo e di altri processi. 

Soprattutto rapine -dette � espropri proletari ,, -compiute dalle B.R. 
allo scopo di autofinanziarsi, ma anche furti di moduli di documenti, di patenti, 
furti numerosissimi di auto, poi utilizzate dalle B.R. per le loro azioni. 

Falsi di ogni genere, fra i quali quelli perpetrati per affittare od acquistare 
immobili utilizzati dai brigatisti come abitazioni o come � covi '" reati vari contro 
la persona, aggressioni, minacce, oltraggi, ecc. 

Dicevamo che non finiscono qui le attivit� delle B.R .. 
Anzi, col 1975 inizia una nuova fase. Fra aggressioni, irruzioni, distruzioni 
di auto, i brigatisti iniziano un nuovo periodo della loro storia. 

Ed ecco il sequestro di Vallarino Gancia, concluso tragicamente con la 
morte dell'appuntato D'Alfonso e della brigatista, moglie di Renato Curcio, 
Mara Cagol. 

Abbiamo il grave ferimento del tenente Rocca, l'uccisione dell'appuntato 
Niedda in Veneto, a Ponte del Brenta, e, 1'8 giugno 1976, l'uccisione di Coco. 

Accenniamo a questa nuova fase, anche se estranea al presente processo, 
solo perch� essa � stata annunciata e rivendicata dagli odierni imputati nell'aula 
di questa Corte di Assise, in Torino. 

Giustiziare Coco non � stata una � rappresaglia esemplare. Con questa azione 

si apr;e una nuova fase della guerra di classe che punta a disarticolare l'apparato 
dello Stato, colpendo gli uomini che ne impersonificano e dirigono la sua 
iniziativa controrivoluzionaria ... � e conclude con la parola d'ordine: � Portare 
l'attacco al cuore dello Stato!'" f 

Questa nuova fase � punteggiata da una serie di assassinii, che la cronaca 

I

ha imposto all'attenzione di tutti -l'assassinio Croce, l'assassinio Casalegno, 
l'assassinio Berardi, l'assassinio Cotugno, ecc... per finire con il pi� recente, il 
vile assassinio di Moro e della sua scorta -nonch� da una serie interminabile 

I 

di agguati e di ferimenti. 

I ~ 

I' 



PARTB II, QUESTIONI 

Tutti questi episodi hanno trovato puntuale riscontro in quest'aula, dove 
con insensata arroganza sono stati rivendicati dagli odierni imputati, che non 
hanno perso occasione per sottolineare la loro completa identificazione con 
l'organizzazione esterna e coi suoi delitti�. 

Conclude dopo circa quattro ore (160 cartelle) chiedendo la condanna del 
nucleo storico delle B.R. per i reati di banda armata e associazione sovversiva. 

Fa anche i nomi degli �storici� che sono CURCIO, FRANCESCHINI, MQ.. 
RETTI, SEMERIA, BUONAVITA, FERRAR!, MANTOVANI, BASONE, GUAGIARDO 
e ISA, e precisa che le Parti Civili da lui rappresentate sono riferite esclusivamente 
ai fatti di Milano, quindi... se avesse parlato anche per i fatti di Torino 
.chiss� cosa avrebbe detto! 

L'udienza � tolta, si riprender� il 31, mercoled�, con la requisitoria del P.M. 


RASSEGNA DI DOTTRINA 


RECENSIONI 

GABRIELE MoNET'A: �1 �mutamenti nella giurispr�den~a della Cassai.ione civile 
(ottocentosessantasette casi di contrasto net quinquennio 1988-1992), CEDAM 
Padova; '1993. 

La ricerca sui contrasti della giurisprudenza della Cassazione civile offre 
.un contributo. ai progetti di riforma della stessa Cassazione, e nello stesso tempo 
pone in risalto l'asp.etto patologico :della giurisprudenza che, al .livello pi� 
alto,. segnala con frequenza statuizioni.� non sempre :uniformi. 

L'autore, con esattezza;. pone in risalto non..i contrasti che si sono verificati 
a notevole distanza. di tempo, giustificati dall'esigenza. di adeguare il diritto 
alla realt�, come espressione di un effettivo mutamento della giurisprudenza, 
bens� i cnptrasti che prescindono dal fattore tempo e sono originati da 
una disfunzione �organizzativa dell'Ufficio: sono, questi,. i contrasti �voluti �, 
che risiedono, secondo l'autore, nelle contrapposte opzioni di valore sulla in. 
terpretazione delle leggi e che .,.-talvolta -riflettono un compiaciuto indi� 
vi dualismo, 

L'autore si sofferma anche sul concetto di nomofilachia, che dovrebbe essere 
tendenziale e dialettica, in modo da assicurare non � certezza ad ogni 
costo�, ma �dinamica continuit��, e pone cos� in risalto come il tema dei con� 
.trasti �. uno degli aspetti della crisi della giustizia. 

Viene per� precisato che il contrasto �non � stato individuato attraverso la 

lettura attenta della motivazione delle sentenze (in relazione alla fattispecie), 

bens� attraverso la lettura delle massime e delle sole sentenze pubblicate nelle 

riviste giuridiche (con le note redazionali). Tale. precisazione -in verit� 


pone dubbi sulla esattezza delle conclusioni raggiunte. 

Tuttavia l'autore, sensibilmente preoccupato, rileva che dopo l'indagine 

compiuta sui contrasti tra le sentenze del 1988, il numero delle statuizioni dif


formi � sensibilmente aumentato nel 1989: �in sostanza . . . . . . diminuiscono le 

sentenze e aumentano i contrasti �, mentre nel 1990 aumentano le sentenze e 

aumentano i contrasti; e ci� � sintomo evidente -secondo l'autore -di una 

disfunzione interna all'apparato giudicante (pag. 173). 

L'autore osserva, dopo la sua ampia e diligente analisi, che spesso le sezioni 

semplici della Cassazione, nel rilevare il contrasto, anzich� rimettere le que


stizioni alle Sezioni Unite, decidono esse la controversia, motivando la preferenza 

accordata all'orientamento prescelto (pag. 302). 

Ed infine conclude nel senso che, per evitare tanta difformit� di soluzioni. 

� necessario ridurre al massimo il numero dei giudici (pag. 566). 

UGO GARGIULO 

SEGNALAZIONE DI NUOVE PUBBLICAZIONI 

I contratti dello Stato e degli enti pubblici. 

In un momento in cui la materia degli appalti � al centro di un intenso 
dibattito che coinvolge giuristi, tecnici ed opinione pubblica, nasce la rivista 
� I contratti dello Stato e degli enti pubblici � con l'intento di fornire un ausilio 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

a quanti, amministratori ed operatori privati, svolgono la propria attivit� in 
questo settore. 

Senza affatto trascurare gli orientamenti della dottrina, la rivista intende 
privilegiare gli aspetti pratici, dando particolare rilievo ai contributi della 
giurisprudenza. 

Stante la continua necessit� di adeguare il nostro ordinamento alla disciplina 
comunitaria degli appalti, questa nuova pubblicazione si prefigge tra 
suoi obiettivi di offrire un osservatorio di tutte le innovazioni derivanti dal 
diritto comunitario al quale si deve in gran parte il graduale recupero dei 
fondamentali valori della concorrenza e del mercato, unica reale garanzia, 
secondo gli Autori, del pieno soddisfacimento degli interessi, pubblici e privati, 
in gioco. 

� Il criterio di scelta dei membri del comitato scientifico -afferma Ernesto 
Liesch, condirettore della rivista -� stato quello di chiamare come collaboratori 
illustri esponenti dei settori coinvolti nella materia. Fanno parte perci� 
del comitato scientifico alcuni magistrati contabili, magistrati amministrativi. 
ma anche operatori pratici, come ad esempio segretari generali dei comuni, 
nonch� economisti che si occupano di amministrazione pubblica, come Elio 
Borgonovi, direttore del dipartimento di amministrazione pubblica della Bocconi 
e Fabio Gobbo, attualmente commissario dell'Antitrust�. 

Le prime due sezioni di cui si compone la rivista sono dedicate l'una, agli 
orientamenti dottrinali, l'altra ai contributi giurisprudenziali, ivi comprese, tra 
l'altro, le pi� significative ordinanze delle commissioni di controllo sugli atti 
delle regioni. 

Di particolare interesse � poi la sezione dedicata alle rassegne della legislazione 
interna e comunitaria, laddove, oltre ad una sintesi del quadro normativo, 
vengono riportati, accanto agli estremi delle leggi e dei decreti presidenziali, 
quelli delle delibere di comitati interministeriali, delle circolari, dei 
decreti ministeriali, delle leggi e dei decreti regionali nonch� degli atti parlamentari 
intervenuti in materia. 

� I contratti dello Stato e degli enti pubblici � � una rivista trimestrale 
pubblicata dall'editore udinese Aviani. 

F. SCLAFANI 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I � NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

codice di procedura civile, artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, 
primo comma, nella parte in cui non prevedono che la notificazione all'estero 
del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine, con 
il tempestivo compimento delle formalit� imposte al notificante dalle conven� 
zioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. 

Sentenza 3 marzo 1994, n. 69, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. 

codice di procedura penale del 1930, art. 62, nella parte in cui non prevede 
che nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate 

o diverse, giudici che sono tra loro coniugi. 
Sentenza 30 dicembre 1993, n. 473, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

codice di procedura penale, artt. 392 e 393, nella parte in cui non consentono 
che, nei casi previsti dalla prima di tali disposizioni, l'incidente probatorio 
possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell'udienza preliminare. 

Sentenza 10 marzo 1994, n. 77, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. 

r.d. 14 aprile 1910, n. 639, art. 6, comma 4, nella parte in cui prevede la 
rimessione di copia dell'atto di pignoramento, per conto del debitore, al sindaco, 
anzich� la notifica di copia dell'atto di pignoramento al debitore. 
Sentenza 3 marzo 1994, n. 68, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. 

r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 73, terzo comma [convertito in legge 9 gen� 
naio 1939, n. 41] nella parte in cui non prevede la facolt� -per il dipendente 
che sia cessato dall'impiego, senza aver effettuato il pagamento ddl'onere di 
riscatto in unica soluzione, ma senza essere ancora incorso, al momento della 
cessazione, nella decadenza prevista dal precedente art. 72, secondo comma di 
chiedere all'ente previdenziale che il contributo dovuto venga recuperato 
mediante riduzione della pensione di una quota vitalizia da calcolarsi in base 
alla tabella B annessa allo stesso regio decreto legge n. 680 del 1938 e successive 
modificazioni. 
Sentenza 10 febbraio 1994, n. 24, G. U. 16 febbraio 1994, n. 8. 

r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 165, nella parte in cui non prevede che, quando 
la rettifica degli atti dello stato civile, intervenuta per ragioni indipendenti dal 
soggetto cui si riferisce, comporti il cambiamento del cognome, il soggetto 
stesso possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere il 
cognome originariamente attribuitogli ove questo sia ormai da ritenersi autonomo 
segno distintivo della sua identit� personale. 
Sentenza 3 febbraio 1994, n. 13, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

-



16 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132, primo comma, nella parte in cui non 
comprende, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine 
alle quali � possibile la riammissione in servizio, la dispensa dal servizio per 
motivi di salute. 
Sentenza 26 gennaio 1994, n. 3, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 122,. nella parte in c.ui non prevede che 
l'Istituto assicuratore, nel caso di decesso dell'assicurato, debba avvertire i 
superstiti della loro facolt� di proporre domanda per la rendita nella misura 
e nei modi previsti dall'art. 85 nel termine decadenziale di novanta giorni decorrenti 
dalla data dell'avvenuta comunicazione. 
Sentenza 3 febbraio 1994, n. 14, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22, nella parte in cui non prevede che la 
pensione di riversibilit� sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata 
al trattamento minimo gi� liquidata al pensionato o che l'assicurato 
avrebbe comunque diritto di percepire. 

Sentenza 31 dicembre 1993, n. 495, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non 
consente la integrazione al minimo della pensione di riversibilit� erogata dalla 
Gestione speciale dell'INPS per i commercianti in caso di cumulo con una 
pensione di riversibilit� a carico dello Stato. 

Sentenza 3 febbraio 1994, n. 15, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, secondo comma, nella parte in cui 
non prevede che, nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato 
il cumulo delle indennit� integrative speciali, debba comunque farsi salvo 
l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il 
Fondo pensioni lavoratori dipendenti. 
Sentenza 31 dicembre 1993, n. 494, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

legge 31 maggio 1975, n. 191, art. 22, primo comma, n. 10 [come integrato 
dall'art. 9, secondo comma, della legge 11 agosto 1991, n. 269], nella parte in cui 
non contempla, nel beneficio della dispensa dall'obbligo della ferma di leva, 
i figli dei lavoratori deceduti nello svolgimento di attivit� di lavoro autonomo. 

Sentenza 10 marzo 1994, n. 76, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. 

dJ. 7 maggio 1980, n. 153, art. 26, settimo comma [convertito nella legge 
7 luglio 1980, n. 299]. 

Sentenza 23 febbraio 1994, n. 49, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 

dJ. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma [convertito in legge 29 otto� 
bre 1987, n. 440], nella parte in cui dispone che � le somme dovute a titolo di 
Tiliquidazione dell'indennit� premio di servizio non danno luogo a rivalutazione 
monetaria �. 

Sentenza 15 marzo 1994, n. 85, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1987, n. 30, �artt. 5, primo coinma, 
lett. e), n. 2, e 30 [come sostituiti dagli artt. 5 e 29 della legge reg. 28 novembre 
1988, n. 65], nella parte in cui non includono il trasporto dei rifiuti speciali 
prodotti da terzi tra le attivit� soggette ad autorizzazione regionale. 

Sentenza 24 marzo 1994, n. 96, G. U.. 30 marzo 1994, n. 14. 

legge prov. aut. di Bolzano 13 marzo 1990, n. 6, art. 7, primo comma, nella 
parte in cui non prevede l'ultrattivit� sino al 31 dicembre 1993 degli accordi 
di comparto per il pubblico impiego relativi al triennio 1988-1990. 

Sentenza 31 dicembre 1993, n. 496, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

dl. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, secondo comma [convertito 
dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge 
17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 
1993, n. 461]. 

Sentenza 17 febbraio 1994, n. 48, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. 

legge reg. Piemonte, riapprovata il 6 luglio 1993, art. 13, secondo comma, 
recante � Ricerca, uso e tutela delle acque sotterranee '" 

Sentenza 24 febbraio 1994, n. 61, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 

Decreto legislativo 6 luglio 1993, n. 291, art. 2. 

Sentenza 24 marzo 1994, n. 95, G. U. 30 marzo 1994, n. 14. 

legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 ottobre 1993. 

Sentenza 15 marzo 1994, n. 84, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. 

lb � AMMISSIBILIT� DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM POPOLARE 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19. 

Sentenza 12 gennaio 1994, n. 1, G. U. 14 gennaio 199::)., n. 3. 

d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2 [convertito in legge 29 gennaio 1992, n. 35]. 
Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 [come modificato dall'art. 11 della legge 24 dicembre 
1993, n. 537]. 

Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 

d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, artt. 5, primo e quarto comma; 6, primo 
comma; 7, primo, secondo e terzo comma. 

Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 

d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 47. 
Sentenza 12 gennaio 1994, n. 1, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 



18 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

c1.lgs. 11 agosto 1993, n. 373, art. 2. 
Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 


legge 24 dicembre 1993, n. 537, artt. 1, 2, 3, primo, secondo, terzo e quarto 
comma; 4, come modificato dall'art. 11, trentottesimo comma. 

Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice civile, artt. 291 e 297 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 febbraio 1994, n. 53, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 


codice civile, combinato disposto artt. 892 e 894 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 febbraio 1994, n. 54, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 

codice penale, art. 146, primo comma, n. 3 [aggiunto dall'art. 2 del d.I. 14 
maggio 1993, n. 139, convertito dalla legge 14 luglio 1993, n. 222] (artt. 2, 3, primo 
comma, 27, terzo comma, 32 primo comma e 111, primo comma, della Costi


tuzione). 

Sentenza 3 marzo 1994, n. 70, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. 

codice penale, art. 385, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 15 marzo 1994, n. 87, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. 


codice di procedura penale, art. 185, primo comma, n. 1 (art. 101, secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1993, n. 473, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

codice di procedura penale, artt. 238 e 512 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Sentenza 3 febbraio 1994, n. 17, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

codice di procedura penale, art. 270, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 febbraio 1994, n. 63, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 

codice di procedura penale, artt. 321 e 324 (artt. 24, 42, 97 e 111 della Costituzione). 
Sentenza 17 febbraio 1994, n. 48, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. 

codice di procedura penale, art. 419, terzo comma (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 3 febbraio 1994, n. 16, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 

codice di procedura penale, .art. 424 (artt. 3, 97 e 112 della Costituzione). 
Sentenza 15 marzo 1994, n. 88, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. 

codice di proceduta penale, art. 446, primo e terzo comma (artt. 3 e 24, 
secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza17 febbraio 1994, :ii. 41, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. 

codice di procedura penale, art. 554, secondo comma (art. 112 della Costituzione). 


Sentenza 30 dicembre 1993, n. 478, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

codice di procedura penale, art. 577 (artt. 3 e 112 della Costituzione). 
Sentenza 30 dicembre 1993, n. 474, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

legge prov. Bo~no 2 aprii~ 1962, n. 4, aru. 2 e 3 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 3 febbraio 1994, n; 19, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

legge prov. Bolzano 2 aprile 1962, n. 4, artt. 2 e 3 (artt. 8, n. 10, statuto 
spec. Trentino-Alto Adige e 47, secondo co.una, della Costituzione). 

Sentenza 3 febbraio 1994, n. 19, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

legge 31 maggio 1965, n,.575, art. 2-ter, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 28 dicembre 1993, n. 465, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3, 38 e 41 della Costituzione). 
Sentenza 3 febbraio 1994, n. 22, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10, sesto e settimo comma, e 11, primo 
e secondo comma (artt. 2, 32 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 17 febbraio 1994, n. 37, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. 

legge 26 luglio 1965, n. 966, art. 2, primo comma, lett. b) (artt. 23 e 41 della 
Costituzione). 

Sentenza 15 marzo 1994, n. 90, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, nel testo sostituito dall'art. 15, primo 
comma, p.p., del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356 
(artt. 3, primo comma, 25, secondo comma e 27, terzo comma, della Costituzione). 


Sentenza 17 febbraio 1994, n. 39, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, allegato 2, limitatamente alle disposizioni 
riguardanti gli psicologi provenienti dagli Enti locali e ivi inquadrati con la 
qualifica di collaboratore tecnico. 
Sentenza 30 dicembre 1993, n. 476, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 



20 RASSEGNA. AVVOCATURA DELLO STATO . 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 39, nella parte in cui dichiara non pensionabile 
l'assegno aggiuntivo riconosciuto ai professori universitari che optano 
per il regime di impegno a tempo pieno (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 10 marzo 1994, n. 78, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. 

d.l. 6 giugno 1981, n. 283, art. 26 [convertito nella legge 6 agosto 1981, n. 432] 
(art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 30. dicembre 1993, n. 477, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

legge 13 luglio 1984, n. 312, art. 6, secondo comma, nella parte in cui esclude, 
per i �lipendenti non artisti degli enti lirici autonomi, l'applicabilit� dell'art. 6 
del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, convertito nella legge 26 febbraio 1982, n. 54 
(artt. 3, 4 e 38, secondo e quarto comma, della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1993, n. 475, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

legge reg. Veneto 27 giugno 1985, n. 61, art. 24, terzo comma (artt. 5, 32, 97 e 
128 della Costituzione). 

Sentenza 10 marzo 1994, n. 79, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. 

legge 17 dicembre 1986, n. 890, art. 3 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1993, n. 479, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 18, primo comma (artt. 3 e 53, primo 
comma, della Costituzione). 
Sentenza 23 febbraio 1994, n. 50, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 

legge 23 dicembre 1986, n. 898, art. 2, nel testo vigente prima delle modifiche 
apportate dall'art. 73 della legge 19 febbraio 1992, n. 142 (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 10 febbraio 1994, n. 25, G. U. 16 febbraio 1994, n. 8. 

d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36 (artt. 3, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 17 febbraio 1994, n. 38, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. 

legge reg. Sicilia 29 dicembre 1989, n. 19, art. 3, n. � 3 (artt. 3 e 53 della Co� 
stituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1993, n. 480, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 

d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, commi 12-bis e .12-ter [convertito dalla 
legge 28 febbraio 1990, n. 39] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 febbraio 1994, n. 62, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 

d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, art. 11, come modificato dall'art. 12 del d.l. 
24 novembre 1990, n. 344, convertito nella legge 23 gennaio 1991, n. 21 (artt. 3 e 
97 della Costituzione). 
Sentenza 23 febbraio 1994, n. 51, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 


PARTE II, RASSEGNA or LEGISLAZIONE 

d.l. 
27 aprile 1990, n. 90, art. 5, nono comma [convertito in legge 26 giugno 
1990, 
n. 165] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 3 febbraio 1994, n. 18, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

d.l. 24 novembre 1990, n. 344, artt. 7 e 8, primo comma [convertito con legge 
23 
gennaio 1991, n. 21] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 26 gennaio 1994, n. 4, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. 

d.I. 13 maggio 1991, n. 152, art. 2, primo comma [convertito in legge 12 luglio 
1991, n. 203] (artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 17 febbraio 1994, n. 39, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. 

legge 11 agosto 1991, n. 266, art. 15 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 31 dicembre 1993, n. 500, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. 

d.Igs. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 2, comma 6 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 31 dicembre 1993, n. 512, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. 

d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, artt. 2, commi 6 e 7, e 4 (artt. 3, 24, 25 e 81 della 
Costituzione). 
Sentenza 31 dicembre 1993, n. 512, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. 

d.I. 11 luglio 1992, n. 33, art. 2, quarto comma [convertito dalla legge 8 ago� 
sto 
1992, n. 359] (artt. 3, 24, 36, 73, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 26 gennaio 1994, n. 6, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. 

d.l. 19 settembre 1992, n. 384, artt. 4, primo e terzo comma, e 14 [convertito 
in legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 3, 24, 38 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 3 febbraio 1994, n. 20, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. 

d.I. 
19 settembre 1992, n. 384, art. 7, settimo comma [convertito dalla legge 
14 
novembre 1992, n. 438] (artt. 3, 24, 36, 73, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 26 gennaio 1994, n. 6, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. 

d.I. 19 dicembre 1992, n. 485, art. 1, commi primo, secondo e quarto-ter [con� 
vertito in legge 17 febbraio 1993, n. 32], nella parte in cui esclude la regione 
Sardegna dalla partecipazione alla ripartizione dei finanziamenti ivi previsti 
(artt. 3, lett. g), 4, lett. g), 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 54 e 56 dello statuto spec. 
Sardegna e 3, 81, 116 e 119 della Costituzione). 
Sentenza 31 dicembre 1993, n. 499, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. 

d.I. 22 maggio 1993, n. 155, art. 18, settimo e ottavo comma [convertito 
nella legge 19 luglio 1993, n. 243] (art. 9 statuto spec. Trentino-Alto Adige). 
Sentenza 23 febbraio 1994, n. 52, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 

d.I. 22 maggio 1993, n. 155, art. 18, settimo e ottavo comma [convertito nella 
legg� 19 luglio 1993, n. 243] (artt. 75, 78 e 104 dello statuto spec. Trentino-Alto 
Adige). 
Sentenza 23 febbraio 1994, n. 52,G. U. 2 marzo 1994, n. 10. 


CONSULTAZIONI 


ANTICHIT� E BELLE ARTI -Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali 
Componenti. -Possibilit� di essere nominati pi� di due volte. 

Se il divieto di conferma nell'incarico per pi� di una volta, posto per i 
membri del Consiglio nazionale per i� beni culturali e ambientali, precluda 
la possibilit� di una terza nomina che avvenga con soluzione di continuit� 
rispetto alle due precedenti (es. 6465/93). 

Immobili soggetti a vincolo storico-artistico -Lavori di manutenzione straordinaria 
necessari ad assicurarne la conservazione -Effettuazione a spese di un 
condominio -Erogazione a questi dell'intero contributo ex l. 1552/61 Possibilit�. 


Se il condominio, che abbia provveduto ad eseguire a sue spese lavori di 
manutenzione straordinaria necessari per assicurare la conservazione di un immobile 
oggetto di vincolo artistico, abbia diritto a vedere erogato in suo favore 
l'intero contributo spettante ai sensi della legge 21/12/1961 n. 1552 (es. 7974/93). 

Immobili sottoposti a vincolo storico-artistico -Opere abusive realizzate sugli 
stessi prima dell'imposizione del vincolo e per le quali sia stata chiesta 
sanatoria ex l. 47/85 -Autorit� che ne dispone la demolizione -Poteri del 
Ministero dei beni culturali. 

Se e da chi possa essere ordinata la demolizione di opere realizzate in 
carenza di concessione edilizia su di un immobile sottoposto a vincolo storico 
artistico, vincolo posto successivamente alla realizzazione delle opere stesse, e 
per le quali sia stata chiesta la sanatoria ex 1. 47/85; e se per la concessione 
della sanatoria sia necessario il parere favorevole del Ministero dei beni culturali 
(es. 5288/93). 

ASSICURAZIONE -Controlli amministrativi -Imprese assicuratrici -Assunzione 
di partecipazioni in societ� -Obbligo .di comunicazione all'ISVAP � Fattispecie. 


Se l'Impresa di assicurazione che abbia comunicato all'ISVAP (Istituto per 
la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) l'assunzione 
di partecipazione in altra societ�, superiore al 5 % del capitale sociale dell'Impresa 
assicuratrice stessa, debba comunicare all'ISV AP l'assunzione di ulteriori 
partecipazioni nella medesima societ�, pur se di per s� inferiori al ridetto limite 
del 5 % (es. 5571/93). 

Impresa di assicurazione -Controlli amministrativi -Omissione di comunicazioni 
.(art. 16 c. 2 legge 20/91) all'ISVAP " Consumazione del reato -Momento. 

Quando diventi penalmente sanzionabile il ritardo nelle comunicazioni al. 
l'ISVAP previste dagli artt. 5, 9, 15 legge n. 20/91 (es. 5571/93). 



24 

RASSEGNA AWOCATURA DEUO STATO 

BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) -Autorizzazioni paesaggistiche ex art. 7 

l. 1497/39 -Esame da parte del Ministero dei beni culturali delle autoriz� 
zazioni rilasciate dalle regioni -Possibilit� di richiedere alla regione pi� 
copie della documentazione necessaria -Richiesta dell'interessato di inter� 
vento sostitutivo del Ministero dei beni culturali -Termine -Perentoriet�. 
Se il Ministero dei beni culturali e ambientali possa richiedere alla regione 
di inoltrare in pi� copie la documentazione necessaria ai fini dell'esame diretto 
all'eventuale annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate ex art. 7 
legge 1497/39 dalla regione medesima; e se, non avendo la regione provveduto 
sulla richiesta di autorizzazione entro il termine di legge (60 giorni), l'interessato 
possa chiedere l'intervento sostitutivo del Ministero dei beni culturali anche 
oltre i trenta giorni successivi previsti dall'art. 82, nono comma, d.P.R. 616/77 
(es. 2225/93) . 

CIRCOLAZIONE STRADALE -Veicoli -Tributi -Tasse automobilistiche -Tassa di circolazione 
-Soggetto passivo -Soggetto che risulta proprietario dal pubblico 
registro automobilistico. 

Se l'obbligato al pagamento della tassa di possesso di autoveicolo sia 
sempre e comunque l'intestatario del veicolo nei registri del PRA, anche se 
risulti da atto avente data certa l'alienazione dell'autoveicolo a terzi (es. 4375/93). 

Veicoli -Tributi -Tassa di circolazione -Tasse automobilistiche -Soggetto passivo 
-Soggetto che risulta proprietario dal pubblico registro automobi� 
listico. 

Se (pur dopo la sentenza 2 aprile 1993 n. 164 della Corte Costituzionale) 
sia corretto affermare che l'obbligato al pagamento della tassa di possesso 
di autoveicolo sia sempre e comunque l'intestatario del veicolo nei registri 
del PRA, anche nel caso in cui risulti da atto avente data certa l'alienazione 
dell'autoveicolo a terzi (es. 7279/93). 

DEMANIO -Demanio statale -Marittimo -Assistenza, integrazione sociale e diritti 
dei portatori di handicap -Barriere architettoniche -Opere dirette a consentire 
la visitabilit� degli impianti balneari e l'accesso al mare da parte 
delle persone handicappate -Regime urbanistico -Necessit� di concessione 
edilizia (o autorizzazione sindacale ex art. 48 l. 457/78). 

Se per le opere dirette a consentire la visitabilit� degli impianti balneari 
(e l'accesso al mare), da parte delle persone handicappate, sia necessaria la 
concessione edilizia o l'autorizzazione sindacale ex art. 48 I. 457/78 (es. 6446/93). 

ENTI PUBBLICI -Enti locali -Emissione prestiti obbligazionari � Possibilit� -App[i. 
cabilit� art. 18 e ss. d.l. 8 aprile 1974 n. 95. 

Se ed a quali condizioni di procedura sia consentita agli Enti locali l'emis� 
sione di prestiti obbligazionari; e se siano applicabili le norme dettate dagli 
artt. 18 e seguenti del d.I. 8 aprile 1974 n. 95 conv. in I. 7 giugno 1974 n. 216, in 

�materia di sollecitazione del pubblico risparmio, alla emissione e al collocamento 
presso il pubblico da parte degli Enti locali di prestiti obbligazionari 
(es. 5474/93). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 2J 

FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI -Fallimento del debitore sottoposto 
ad esecuzione presso terzi -Ordinanze di assegnazione del credito anteriori 
e successive al fallimento -Effetti. 

Se intervenuto, nel corso della procedura di espropriazione presso terzi, 
il fallimento del debitore esecutato, possa essere emessa ordinanza di assegnazione 
del credito; a chi debbano essere pagati -dopo il fallimento dell'esecutato 
-i crediti assegnati -ex art. 553 c.p.c. -prima della declaratoria di fallimento 
(pign. 1441/91). 

Riparazione per ingiusta detenzione � Fallimento dell'ex detenuto -Acquisibilit� 
dell'indennizzo alla massa fallimentare. 

Se siano acquisibili all'attivo fallimentare le somme dovute al fallito a 
titolo di riparazione per ingiusta detenzione (pign. 1441/91). 

IGIENE E SANIT� PUBBLICA -Igiene degli alimenti e delle bevande -Produzione e 
commercio degli sciroppi e delle bevande a base di mandorle -Normativa 
vigente in materia -Legge 23 febbraio 1968 n. 116 e d.lgs. 27 gennaio 1992 

n. 109 -Abrogazione della prima da parte del secondo. 
Se la normativa di cui al d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109 (introdotta in attuazione 
delle direttive CEE del Consiglio 89/395 e 89/396), disciplinante l'etichettatura, 
la presentazione e la pubblicit� dei prodotti alimentari, abbia determinato 
l'abrogazione delle norme (ed in particolare di quelle sanzionatorie) che, 
con specifico riguardo alla produzione e al commercio di sciroppi e bevande 
a base di mandorle, erano state poste dalla legge 23 febbraio 1968 n. 116 (es. 
6162/93). 

Sanit� dell'ambiente -Ministero dell'ambiente -Componenti Commissione VIA Aspettativa 
per malattia ex art. 68 t.u. imp. civili e congedo per maternit� 
ex art. 41 t.u. impiegati civili .. Spettanza. 

Se ai componenti della Commissione per la valutazione dell'impatto ambientale, 
istituita presso il Ministero dell'Ambiente, spettino l'aspettativa per 
malattia e il congedo per maternit� propri dei dipendenti dello Stato (es. 
8841/93). 

Tutela dell'ambiente -Smaltimento rifiuti speciali -Ripascimento arenili -Spandimento 
di sabbia ottenuta da drenaggio portuale. 

Se Io spandimento di sabbia, proveniente da dragaggio portuale, su arenili, 
a fine di ripascimento di questi, sia operazione da qualificare come smaltimento 
di rifiuti speciali e soggetta ad autorizzazione da parte della Regione (es. 
5075/93). 

Servizio sanitario nazionale -C.d. prestazioni strumentali � Accesso dell'assistito 
a strutture private -Condizioni -Impossibilit� di provvedere per le strutture 
pubbliche. 

Se, con l'entrata in vigore dell'art. 8, quinto comma, d.lgs. n. 502/92, il 
ricorso dell'assistito alle prestazioni di strutture sanitarie private convenzionate 
non sia pi� condizionato all'impossibilit� per le strutture sanitarie pubbliche 
di effettuare entro 4 giorni le prestazioni strumentali (es. esami di laboratorio) 
richieste (es. 4722/93). 


26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPIEGO PUBBLICO -Comune � Organi -Segretario comunale inidoneo in via permanente 
al servizio attivo -Apertura del procedimento per l'inquadramento 
nei ruoli dell'amministrazione civile dell'Interno -Collocamento in aspettativa 
per infermit� -Possibilit� e durata. 

?, 
.

I

Se, ed eventualmente per quanto tempo, possa essere collocato in aspet


j

tativa per infermit� il segretario comunale, giudicato inabile definitivamente 
alla funzione, rispetto al quale sia promosso il procedimento volto all'eventuale 
passaggio nel ruolo dell'amministrazione civile dell'Interno (es. 4423/93). 

ISTRUZIONE E SCUOLE -Personale insegnante -Docenti universitari -Professori 
associati -Conferma in ruolo -Determinazione trattamento retributivo -Periodo 
intercorrente fra la decorrenza giuridica della nomina (conseguita a seguito 
di positiva partecipazione alla prima e seconda tornata dei giudizi di 
idoneit�) ed effettiva presa di servizio -Valutazione. 

Se al fine di determinare il trattamento retributivo di chi sia nominato 
professore universitario associato (a seguito di positiva valutazione riportata 
nella prima o seconda tornata dei relativi giudizi di idoneit�) e sia stato -poi confermato 
in ruolo, si debba considerare il periodo intercorso fra la decorrenza 
giuridica della nomina a professore associato e l'effettiva presa di servizio, 
come periodo di servizio prestato in detta qualifica (es. 3348/92). 

t

Universit� -Edifici destinati a sede di pubblici uffici -Concessione di porzioni 
di essi, in uso a privati, per destinazione a bar, edicole, o similari -Fattispecie. 


Se, ed eventualmente con quali modalit�, l'Universit� degli studi di Roma 
�La Sapienza�, che ha per legge l'uso gratuito degli immobili (di propriet� 
dello Stato) nei quali � operante il Policlinico Umberto I, possa concedere a 
terzi l'uso di parti di detti immobili affinch� vengano adibiti a spaccio di generi 
di conforto, punto vendita di giornali (e simili) (es. 8177/90). 

II 

Universit� -Prima facolt� di medicina e chirurgia dell'Universit� Federico II Scorporo 
e passaggio alla Seconda Universit� degli studi di Napoli -Rapporti 
giuridici nei quali quest'ultima � succeduta -Individuazione. 

Quali siano i rapporti trasferiti alla Seconda Universit� degli studi di Napoli 
a seguito dello scorporo dall'Universit� Federico II della prima facolt� di 
medicina e chirurgia e il passaggio della stessa alla Seconda Universit� (es. 
2770/93). 

OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) -Appalto di opere pubbliche: revisione prezzi ex 
art. 33 legge 41/86 -Base di computo dell'alea contrattuale (importo complessivo 
della prestazione) -Nozione. 

Se la percentuale di alea del 10 %, il cui superamento, ai sensi dell'art. 33, 
terzo comma, legge 41/86, comporta l'applicazione della revisione dei prezzi dell'appalto 
di opera pubblica, vada calcolata sull'intero importo del contratto o 
sul solo importo �revisionabile (escludendo cio� le anticipazioni e i lavori eseguiti 
nel primo anno) (es. 5662/93). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

PATRIMONIO DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Beni immobili dello Stato -Per� 
muta ex art. 1 r.d.l. 2000/1923 -Immobili adibiti ad uffici pubblici o ad uso 
di Amministrazioni governative -Nozione. 

Se il disposto dell'art. 1 r.dl. 10 settembre 1923 n. 2000 (secondo il quale 
�il Governo ... � autorizzato .a permutare ... gli immobili demaniali adibiti ad 
uffici pubblici ed, in genere, ad uso delle Amministrazioni governative con altri 
immobili di minor valore, che debbano avere la stessa o analoga destinazione, 
mediante conguaglio in denaro a favore dell'Amministrazione demaniale�) concerna 
anche immobili dello Stato che al momento della permuta non siano pi� 
adibiti ad usi governativi (es. 1462/91). 

POSTE E RADIOTELECOMUNICAZIONI PUBBLICHE -Servizi di telecomunicazione -Trasferimento 
di propriet� di imprese radiotelevisive -Contravvenzione di 
omessa comunicazione al garante dell'editoria -Soggetto attivo del reato Sussistenza 
del reato ove nel termine di legge la comunicazione sia fatta 
solamente a mezzo raccomandata. 

Chi sia il soggetto penalmente sanzionabile in caso di mancata comunicazione 
al garante dell'editoria del trasferimento di propriet� delle imprese radiotelevisive; 
e se la comunici;tzione possa avvenire mediante azione diversa dalla 
notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario (es. 8518/93). 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Ministero delle Poste e Telecomunicazioni -Amministrazione 
delle Poste e Telecomunicazioni -Contratti di manutenzione e 
acquisizione di servizi -1) Contratti di durata superiore a tre anni -Aggiudicazioni 
anteriori al 3 luglio 1993 -Sorte -2) Applicabilit� direttiva 92/50/CEE 
del Consiglio. 

Se, ravvisatasi l'opportunit� che . i contratti di manutenzione o di acquisizione 
di servizi stipulati dalla Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni 
abbiano, in vista della trasformazione di questa in s.p.a., una durata massima 
triennale, possano essere annullate o revocate le aggiudicazioni gi� avvenute 
(e possa essere denegata l'approvazione dei contratti ai quali esse pertengono); 
e se ai contratti di tale tipo sia applicabile la direttiva 92/50/CEE del Consiglio 
del 18 giugno 1992 (che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti 
di pubblici servizi) (es. 7160/93). 

RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Riscossione delle imposte sui redditi -Imposte indirette 
di cui all'art. 67, primo comma, d.P.R. 43/88 -Legale rappresentante 
di societ� o di ente -Responsabilit� personale per il pagamento di �pene 
pecuniarie e soprattasse -Sussistenza. 

Se possa estendersi alle imposte indirette indicate nel primo comma dell'art. 
67 d.P.R. 43/88 (es. imposta sul valore aggiunto, imposta di registro, imposte 
ipotecarie e catastali, imposta sulle successioni e donazioni, imposte di fabbricazione, 
imposte erariali di consumo) la disciplina contenuta nel sesto comma 
dell'art. 98 d.P.R. 620/1973 (secondo il quale: �Al pagamento delle soprattasse 
e delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con 
il soggetto inadempiente coloro che ne hanno la rappresentanza�) (es. 2236/93). 


28 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

Riscossione delle imposte sui redditi -Tributi � Riscossione � Ricorso alla Com


missione tributaria di I grado inammissibile -Possibilit� di procedere ad 

immediata riscossione integrale del tributo. 

Se l'Amministrazione finanziaria possa avviare le procedure di riscossione 
del tributo a titolo definitivo, senza attendere la pronunzia della decisione, 
quando il ricorso alla Commissione tributaria di I grado non sia stato portato 
a conoscenza dell'ufficio mediante consegna o spedizione, o sia stato consegnato 

o spedito tardivamente all'ufficio, o l'esemplare da esso diretto all'ufficio non 
sia stato sottoscritto, o sia stato spedito entro busta (es. 1677/91). 
SANZIONI AMMINISTRATIVE �. Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 

n. 571 � Applicazione -Pagamento in misura ridotta � Trasgressore soggetto 
a procedura concorsuale -Sospensione del termine previsto per effettuare 
il pagamento. 
Se, essendo l'autore di un illecito amministrativo sottoposto a procedura 
concorsuale diretta al risanamento dell'impresa (nella specie gestione straordinaria 
di societ� assicuratrice), il termine per effettuare il pagamento in misura 
ridotta, di cui all'art. 16 legge 689/81, sia sospeso fino al termine della procedura 
(es. 5571/93). 

Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 -Applicazione � 
Procedimento di irrogazione di sanzioni pecuniarie amministrative -Applicabilit� 
delle norme poste dalla legge 241/90 in materia di procedimento 
amministrativo. 

Se per il procedimento di irrogazione di una sanzione pecuniaria amm1mstrativa 
(ex l. 689/81) l'Amministrazione competente abbia l'onere di fissare i 
tempi e i termini del procedimento stesso, ai sensi dell'art. 2 legge 241/90 (es. 
5571/93). 

Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 -Riserva assoluta 
di legge ex art. 1 legge 689 del 1981 -Sanzioni introdotte da regolamenti 
anteriori (caducazione) e posteriori (illegittimit�) alla legge 689/81. 

Se l'art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale), 
secondo il quale nessuno pu� essere assoggettato a sanzioni amministrative se 
non in forza di una legge, abbia posto in materia una riserva di legge di carattere 
assoluto; se pertanto debbano ritenersi caducate le norme regolamentari 
-entrate in vigore prima della l. 689/81 -che prevedono siffatte sanzioni, ed 
invalide (quindi disapplicabili dall'a.g.o, ancorch� non dalla PA) quelle entrate 
in vigore successivamente (nella specie le norme punitive contenute nel regolamento 
di attuazione della 1. 11 giugno 1971 n. 426, sulla disciplina del commercio, 
approvato con D;M. 4 agosto 1988 n. 375) e non fondate su di una legge 
successiva alla 689/81, che abbia derogato al principio della riserva assoluta 
(es. 4516/93). 

Sanzioni pecuniarie amministrative -Indebita percezione aiuti FEOGA � Notificazione 
del verbale di contestazione -Termine -Decorrenza -Accertamento 
della violazione -Nozione -Applicazioni. 

Se il termine per notificare il verbale di contestazione a colui che abbia 
percepito, mediante l'esposizione di dati falsi, aiuti comunitari alla produzione 
d�ll'olio di oliva, possa iniziare a decorrere anche se l'ente accertatore della 
violazione non abbia ancora quantificato l'ammontare degli aiuti indebitamente 
percepiti (es. 6553/93). 



�. � . PARtB: Ili CONSULTAZIONI 

Sanzioni pecuniarie amministrative � Pagamento in misura ridotta -Rateazione 
della somma � Possibilit�. 

Se. l'autore .di un iiledto a.mministrativo possa essere ammesso ad effettuare 
ii pagamento in misura ridotta, previsto dall'art .. 16 legge 689/81, a rate, 
pagando. cos� l'intera somma dovuta a tal fine oltre il sessantesimo giorno dalla 
contestazione della violazione (es. 5571/93). 

Saniionipecunidtie amministrative -Persone giuridiche -Applicabilit� alle stesse 
� quali autrici dell'infrazione. � 

Se, dopo l'entrata .in vigore della legge 24 novembre 1981 n. 689, possano 
essere irrogate a persone giuridiche, quali autrici di illecito amministrativo, 
le sanzioni pecuniarie comminate a (o anche a) .persone giuridiche da norme 
di legge emanate anteriormente all'entrata in vigore della ridetta legge 689/81 
(nel caso di specie viene in considerazione. la sanzione posta a carico della 
societ� di assicurazione per tardivo risarcimento del danno cagionato dall'assicurato 
per la r.c.a.) (es. 5571/93), .�� 

Sanzioni pecuniarie amministrative -Riscossione coattiva e R�corsi esperibili 
avverso i ruoli emessi ex art. 27 legge 689/81 -Autorit� competente alla 
decisione del ricorso. 

Quali ricorsi siano possibili contro i ruoli emessi, ex. art. 27 legge 24 novembre 
1981 n. 689, per la riscossione delle sanzioni pecuniarie amministrative e 
a chi spetti deciderli (in particolare se all'autorit� che abbia emesso l'ingiunzione, 
oppure all'Intendenza di finanza (es. 3814/92). 

Successione di leggi punitive nel tempo -Configurazione quale illecito ammi� 
nistrativo punito con pena pecuniaria di un fatto prima prev�sto come 
reato (depenalizzai.ione) -Fatti commessi prima dell'entrata in vigore della 
huova legge -Applicabilit� della san~ione amministrativa -Fattispecie 
(infrazioni al codice della strada). 

Se ai fatti, che giusta le previsioni del codice della strada abrogato (d.P.R. 
393/1959) integravano fattispecie di reato, ed alla stregua di quanto previsto 
dal codic;e della strada vigente (d.lgs. 285/1992) hanno invece natura di .mero 
illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria, compiuti neUa. vigenza 
del vecchio codice, possa appli,carsi la sanzione amministrativa prevista dal 
nuovo (es. 4698/93). 

SPESE GIUDIZIALI CIVILI -Controversie in materia di IGE -Definizione ex art. 54 
legge 413/91 -Spese di giudizio. 

Se il contribuente che abbia definito una controversia, in materia di IGE, 
ai sensi dell'art. 54 �della legge 413/91, debba corrispondere all'amministrazione 
finanziaria dello Stato le spese di giudizio liquidate in favore dell'erario da 
sentenza intervenuta anteriormente alla summenzionata definizione della controversia 
(es. 1039/93). 

SPORT -Comitato Olimpico Nazionale Italiano -Poteri di controllo della Presi� 
denza del Consiglio dei Ministri sul CONI � Quali siano. 

Quali controlli siano esercitabili -da parte della Presidenza del Consiglio 
dei Ministri -sul Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) (es. 5346/93). 


90 

RASSEGNA AVVOCATURA DBLLO STATO 

TRASPORTI -Concessioni ferroviarie -Fine della concessione -Assunzione della 
gestione della ferrovia da parte dello Stato -Subentro di questo negli obblighi 
del concessionario verso i lavoratori -Obbligazione di rimborsare ai 
lavoratori i contributi previdenziali da questi versati all'INPS a cagione 
di insufficienti versamenti da parte del datore -Prescrizione del diritto al 
rimborso del dipendente -Tempo necessario -Decorrenza del termine. 

Se, cessata una concessione ferroviaria, e assunta la gestione della ferrovia 
(nella specie Adriatico-Sangritana) da parte dello Stato, questo subentri negli 
obblighi del concessionario verso i prestatori di lavoro ed, in particolare, nell'obbligazione 
di rimborsare ai lavoratori i contributi previdenziali che questi 
ha versato all'INPS a cagione dell'assolvimento, in misura insufficiente, dell'obbligo 
contributivo da parte del datore di lavoro; ed inoltre quale sia e da quando 
decorra il termine di prescrizione del summenzionato diritto di rimborso del 
dipendente (es. 2146/93). 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Cessione di specialit� 
medicinali da parte di imprese farmaceutiche a enti ospedalieri -Base 
imponibile (nozione di prezzo di cessione al pubblico sul quale va operato 
lo sconto del 50 %). 

Se nelle cessioni di specialit� medicinali da parte di imprese farmaceutiche 
a enti ospedalieri, l'aliquota IVA (del 9 %) vada applicata sul 50 % del prezzo 
di vendita al pubblico del medicinale comprensivo dell'IVA, oppure sulla met� 
del prezzo di cessione al pubblico al netto dell'IVA (es. 8309/93). 

Imposte doganali e imposte di fabbricazione -Reati -Riscossione del tributo 
nei confronti dell'autore del reato -Pendenza di processo penale. 

Se prima della conclusione del processo penale possa richiedersi il pagamento 
delle imposte doganali o delle imposte di fabbricazione, a chi detti tributi 
deve in quanto autore dell'illecito oggetto dell'accertamento penale (es. 552/93). 

Tributi doganali -Entrata in vigore del d.P.R. 43/88 -Emissione da parte dell'Amministrazione 
finanziaria di ingiunzione fiscale -Possibilit�. 

Se -pur dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 43/88 -l'Amministrazione finanziaria 
dello Stato possa emettere ingiunzione di pagamento (ex art. 82 d.P.R. 
43/73) di diritti doganali non pagati (es; 3697/90). 

TRIBUTI (IN GENERALE) -Rimborso di tributi indebitamente percepiti -Interessi 
anatocistici -Se possano spettare al contribuente. 

Se gli interessi scaduti, relativi a somme indebitamente percette dal fisco 
a titolo di imposta, possano produrre interessi (es. 5888/93).