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J.j. �. :~~ . rj .� l i ���:.-~: :~~ il !~~ \ ~�::
DE


Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. 



ANNO XLIV -N. 1 GENNAIO -MARZO 1992 


~A��JEGrNA 


AVW(Q)CCA1r1UIB&A 
ID>JEJLJL(Q) �1rAJr(Q) 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1992 

-



ABBONAMENTI ANNO 1993 

ANNO . . . . . � . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � . . . . L. 52.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 13.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Marketing e Commerciale 


Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 


Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(4219120) Roma, 1993 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE {a cura del


/'avv. Franco Favara) .. pag. 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA


,

ZIONALE (a cura dell'avv. Oscar Fiumara) 35 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 
{a cura degli avvocati Antonio Cingolo e 
Giuseppe Stipo) )) 52 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Raffaele Tamiozzo) . . : � 84 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avvocato 
Carlo Bafile) . . )) 110 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA PENALE . )) 154 

Parte seconda: a�UESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 


QUESTIONI ........ . pag. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 29 

,

CONSULTAZIONI 
..... . 43 

Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia -
Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafanl 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


C. 
BAFILE, Ancora sulla rinnovazione della notifica dell'accertamento 
......................... . 
I. 
F. CARAMAZZA e F. BASILICA: Appunti sulla tutela cautelare nel 
processo amministrativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
A. 
CINGOLO, Brevi note in materia di profili processuali dell'accesso 
ai documenti amministrativi ex lege n. 241 del 1990 . . . . . . . 
A. 
CINGOLO, Inammissibilit� del ricorso per assoluta carenza di una 
posizione giuridica tutelabile dinanzi al G. A. e carenza di 
interesse processuale ad attire .in giudizio; difetto di legittimazione 
attiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
F. FAVARA, Maggiorazione di conguaglio e compagine societaria . .. 
O. 
FIUMARA, Decadenza da aiuto comunitario per mancato rispetto 
di termini .. 
U. 
PERRUCCI, Punto fermo della Cassazione sulle cosiddette �assicurazioni 
fidejussorie � . . . . . . . . . . . . 
D. 
SNAIDERO, Dai servizi archivi e impianto al Servizio di supporto 
amministrativo per l'attivit� professionale degli avvocati . ... 
G. 
STIPO: L'equo indennizzo ai dipendenti dell'Ente Ferrovie dello 
Stato 
R. 
TAMIOZZO, Effetti della natura dichiarativa del vincolo di interesse 
culturale sulla tutela dei� beni immobili e, in particolare, 
delle zone archeologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
I, 128 
II, 
I, 94 

I, 103 

I, 3 

I, 35 

I, 144 
II, 19 


I, 52 

I, 84 


PARTE P~lMA 

�INDICE ANALITICO�-ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
ANTICBIT� E BELLE ARTI 

-Beni di interesse storico e 'artisti� 
co �� Provvedimento di vincolo ~��� Di� 
screzi�nalit� � � Effetti; . con �nota di 

R. 
TAMIOZZO; 84; 
- 
Beni di interesse storico e artisti� 
co � Provvedimento di vincolo � 
Istruttoria � Pre,deteI'lllinazione di 
criteri .procedurali e termini� rigidi 

����Insussistenza, con nota di � R. � TA� 
?v�:l.O.ZZ!J, .84, 
...,.. 
Beni di interesse storico e artisti� 
CO' � Provvedimento di vincolo � Motivazione 
"� Motivazione ob relationem 
� J:,egittit;nit� .e sufficienza, con 
nota dLR. TM116zzo, 84. � 

-Beni di interesse storico e artistico 
� Provvedimento di viticolo � 
Motivazione � Valutazione . compa., 
rativa. degli. interessi pubblici e privati 
~ Ne<:e~sh� -EsClusione, con 
noi:a �di R~ 'l'~iozzof 84. 

- 
Beni �di interesse storico e artistico 
� Provvedimento di vincolo su 
aree di interesse archeologico � Ambito 
e limiti � Esigenza che i reperti 
di . interesse .. archeologico�. risulti� 
no :Visibili -No,n sussiste, con nota 
di R .. TAMIOZZO,. 84. 

ARBITRATO 

..,,.. 
Lodo -�.� Decreto pretorile di esecutivit� 
" Emissione � inaudita altera 
parte -Violazione del diritto di difesa 
� Non sussiste; 21. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Diritto di accesso agli atti della 
pubblica armninistrazione � Legge 

n. 241 del 1990 -Esercizio � Legitti� 
mazione, con nota di A. CINGOLO, 93. 
--Diritto di accesso agli atti della 
pubblica amministrazione � Legge 

n; 241 del 1990 � Operativit� -Dall'entrata 
in vigore dei decreti . ex 
art. 24, 1. cit., con nota cU .A. CIN� 
GOLO, 94. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

.,... 
Sosta veicoli. in zona a traffico limita.
to � Autorizzazione tl.et Ministero 
interessato � Legittimit�, con nota 
di A. CINGOLO, 102.. 

COMMERCIO 

~. Oro greggio � Regime di monopelio 
, per l'acquisto all'estero � Commercio
� interno � Attribuzioni del MiIiistero 
del tesoro � Vincolo di desti.
nazione ad usi industriali � :Legittimit�, 
62. 

COMUNIT� .EUROPEE 

-Agricoltura -Aiuti alla distillazione 
del vino � Presentazione delle prove 
della distillazione ~ Termine � Validit�, 
con nota di O. FIUMARA, 35. 

-Appalti pubblici di forniture -InadempimeJ:
lti di uno Stato -Parere 
motivato � Cessazione dell'inadem� 
piJ:nentO -Ricorso alla Corte � Irri� 
cevibilit�, 47. 

-. Libera circolazione delle merci � 
Propriet� industriale � Brevetto nazionale 
per invenzione industriale o 
nuova variet� v~getale � Licenza obbli~
atoria~ 40. � 

DEMANIO 

-Demanio comunale � Uso particolare 
� Istituzione di zona a traffico 
litnitato . Motivi di sicurezza e protezione 
degli addetti all'amministra� 
zione della Giustizia � Legittimit�, 
con nota di A. CINGOLO, 102. 


VI 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

-Assistenza continua -Non costituisce 
convivenza, 66. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Costruzione di opera pubblica con 
irreversibile trasformazione del suolo 
-Risarcimento del danno con 
riferimento agli strumenti urbanistici 
vigenti e non all'edificabilit� 
di fatto,. 76. 

-Costruzione di opera pubblica prima 
che intervenga il decreto di 
espropriazione -Diritti di credito 
dell'ex proprietario per la perdita 
del suolo� e per il periodo di occu� 
pazione legittima e il periodo di occupazione 
illegittima, 76. 

GIURISDIZIONE CIVILE 

-Inconfigurabilit� in astratto del diritto 
fatto valere in giudizio -Questione 
di merito -Fattispecie in tema 
di danno per lesione di interesse 
legittimo -Regolamento di 
giurisdizione -Inammissibilit�, 59. 

PENSIONI 

-Periodo eccedente i sei mesi calcolato 
per anno intero -Norma di 
carattere eccezionale -Divieto di 
interpretazione analogica, 68. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Corrispondenza raccomandata 
Mancato recapito -Limitazione di 
responsabilit� -Legittimit� costituzionale, 
11. 

-Corrispondenza: raccomanda -Sottrazione 
dolosa del contenuto ad 
opera di dipendenti dell'amministrazione 
-Limitazione di responsabilit� 
-Illegittimit� costituzionale, 11. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

.......; 
Delega autenticata da difensore non 
abilitato al patrocinio in Cassazione 
-Nullit� di ricorso o controricorso 
-Sottoscrizione dell'atto da 
parte di avvocato cassazionista -Irrilevanza, 
68. 

-Ordine di esibizione documenti Condizioni 
-Incensurabilit� dello 
esercizio del potere del giudice di 
merito; 65. 

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 


-Peculato -Differenza con il reato 
di abuso di ufficio, 154. 

-Peculato -Differenza con il reato 
di truffa, 154. 

-Peculato -Imputazione per peculato 
per distrazione -Condanna per 
peculato per appropriazione -Identit� 
dei fatti accertati -Legittimit�,
� 154. 

-Peclilato -Nozione di possesso del 
bene -Disponibilit� -Carta di credito 
-Costituisce possesso, 154. 

-Peculato -Nozione di pubblico ufficiale 
e incaricato di pubblico servizio 
-Criterio oggettivo -Irrilevanza 
della natura dell'Ente, 154. 

-Peculato -Nu�va legge modificativa 
dell'art. 314 cod. pen. -Effetti, 154. 

REGIONI 

-Limiti della legislazione regionale Legittimazione 
postuma di fatti illeciti 
-Contrasta �con prin�ipio fondamentale 
dell'ordinamento, 1. 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

-Produzione e c�mmercio di metalli 
preziosi privi di marchio -Ordinanza 
ingiunzione -Opposizione 
sul quantum -Limiti della contestazione 
-Poteri del Pretore e natura 
del giudizio pretorile ex artt. 22 
e segg. della legge 24 novembre 1981 

n. 
689, con nota di U. PERRUCCI, 72. 
STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE 


-Detenzione in quantit� superiore alla 
dose media giornaliera -Coscienza 
dell'antigiuridicit� del fatto e conoscibilit� 
del precetto penale -Violazione 
del principio della personalit� 
della responsabilit� penale e 
della finalit� rieducativa della pena 
-Infondatezza, 24. 



TRJ\S~q;ttt� 

~l~~tt;y.s.~f;, 


-Ferrovie � Equo inderonizo � Termini. 
per la. presentazione . della domanda 
� Sanatoria ex art. 11 legge 

n. .564 del 1981, con nota di G. 
STIPO, 52. 
- 
Ferrovie � Personale �delle ferrovie 
e autolinee in concessione � Inden� 
nit� di bttciiluseita � Contrattazione 
collettiva� -Nullit� di� clausola 
esclusiva della computabilit� di 
emolumenti cli natura retributiva, 82. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-IMPEG � Maggiorazione . d� conguaglio 
-Utili distribuiti a soci asseritamente 
non residenti -Discre;zionalit� 
del legislatore ordinario, con 
nota di F. FAVARA, 2. 

-Imposta sui redditi delle persone 
fisiche . Sanzioni � Socio di societ� 
di persone � Infedele dichiarazione 
� Riferimento alla dichiarazione 
della societ� -Responsabilit� del socio, 
135. 

..-.; Imposta � suJi reddito delle persone 
�.� ���� fisibhe " Redt;lito jfi impresa � Accer. 
.��. tamenm di maggiori ricavi �. Deduzione.
dLc(;>&#��� ed��orteri��11on .imputati 
al. co.nt9 �)y()l�6mieo -, Art. 74 
�l.P.R. 29 settembre 1973 n, 591.~ De.
�� t�irfilln~zfal:i~ a~tf�etamt i%tfo, �.140. 

TRIBU'fI.���:�:�t\RJ�U !NDlRET!U������. 

.�.� \ Im~�st� stdiValore aggi~to ~ ��Di� 
� �����cfilarazi�ne,��;; Rettifica'bilit���"�Liniite,

122; . . 

2���~Tifiil~~~$i�i~����,1�~~fcfia:d;e; 

.� �. ��QUJ;tntita . bnprecisata � �� ��� Deterniina� 
zian~ .della: quantit� ai : .fini della 
�.������.ijq1#di:tZ~l'.>ne.~l'iII1posta:�.:� Legittimi�
J�> l?i:e9Iilsiort�!; d:� giudicare � Esclu


.���.�.����s~�.e;< 114�.��.��.�.�...��..��. /.'����������ᥥ�������� 

. -~~o~~~?~=nita;.1t;~~iti!i~~s~ 

� 'I'rasll1zic.)rie dell'.oriere su> altri>sog~
..� iir~fe�pf3/ol1 ii. Aits ??R;~fti~til~itl~ 

:��,�::;:..:.:::,:.:: ":-:.:-���� : 

-R�nborsi accelerati� di iva -ASsicur11zi9ni 
fi.d.eiu,ssor,ie . . . . . A.:wno;mia
� dell� i::ela.dve�.�obblig~oni � ;>J11am� 
� � missibilita �della collfpep.saziorie � an� 
che se patiia:if-. Effettl. di :�a. even


.�� 
@�e ....�.�.�... cazii'.irie def~()):�di:irio j>re-
Visto ;~rfr 26 della legge 516/82, 
con nota di u. PERRUCCI, 143. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento � Motivazione � Prova 
dei fatti -Non attiene alla motiva� 
zione, 117. 

-Accertamento � Notificazione � Elezione 
di domicilio � D.icbiarazione 
espressa -Indicazione nella dichia� 
razione del domicilio fiscale � Non 
vale come elezione di domicilio, 119. 

_. Accertamento tributario � Motivazione 
� Prowedimento . sulla spet� 
tanza di esenzioni � Agevolazio11i 
per le case di abitazio11e non di 
lusso � Difformit� dalla normativa 
urbanistica � Richiamo alla norma 
violata � Sufficienza, 124. 

-Co11tenzioso tributario � Impug11azione 
� Termine art. 327 cod. proc. 

civ. � Applicabilit� alle decisioni del� 
le commissioni tributarie di primo 
e secondo grado, 113. 

vm RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

-Contenzioso tributario -Notificazione 
-Consegna a persona di famiglia 
-Rapporto di convivenza -Accettazione 
della ricezione dell'atto Sufficienza, 
126. 

-Contenzioso tributario -Notificazione 
-Omessa indicazione nella relazione 
del luogo di consegna della 
copia -Validit�, 126. 

-Contenzioso tributario -Rimborsi Imposte 
dirette -Legittimazione passiva 
-Intendente di finanza e ufficio 
distrettuale delle imposte -Sono 
ambedue legittimati, 124. 

-Contenzioso tributario -Rinnovazione 
della notifica dell'atto impugnato 
-Ordinanza della commissione 
-Non ha valore decisorio -Impugnabilit� 
autonoma Esclusione, 
con nota di C. BAFILE, 128. 

-Dichiarazione -Mancanza di sottoscrizione 
-Nullit�, 139. 

-Dovere di concorrere alle spese pubbliche 
in ragione della capacit� contributiva 
-C.d. segreto bancario Non 
� opponibile, 15. 

-Soggetti passivi -Solidariet� -Articolo 
1306 cod. civ. -Debitore nei 
cui confronti � intervenuto accettamento 
definitivo -Ricorso unita.
mente ad altro condebitore per il 

quale il termine non � decorso Inammissibilit�, 
132. 

-Soggetti passivi -Solidariet� -Giudicato 
pi� favorevole ottenuto da 
altro condebitore -Estensione dalla 
imposta di registro all'imposta 
sull'incremento di valore dei beni 
immobili -Art. 1306 cod. civ. -Si 
applica, 120. 

TRIBUTI LOCALI 

-Ilor -Redditi fondiari -Imposta 
sui fabbricati -Esenzioni e agevolazioni 
-Esenzione venticinquennale 
-Costruzione difforme dalla concessione 
edilizia -Difformit� relativa 
a singole porzioni di fabbricato 
-Perdita dell'esenzione per l'intero 
immobile, 112. 

-Imposta locale sui redditi -Societ� 
di persone -Adempimenti da parte 
del socio -Consapevolezza di 
soddisfare debiti altrui -Necessit�, 
115. 

-Invim -Esenzioni e agevolazioni Immobili 
appartenenti ad enti morali 
-Destinazione immediata e diretta 
al perseguimento dei fini istituzionali 
-Esenzione totale dell'imposta 
-Utilizzazione indiretta e mediata 
-Riduzione del SO% dell'imposta, 
110. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

24 gennaio 1992, n. 16 

3 febbraio 1992 n. 44 . . . 

18 febbraio 1992, n. 50 . . . 

18 febbraio 1992 n. 51 (com. cons.) 

28 febbraio 1992, n. 74 (cam. cons.) 

4 marzo 1992, n. 80 . . . . . . . . 

27 marzo 1992, n. 133 . . . . . . . 
27 marzo 1992, n. 136 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

Sez. VI, 27 novembre 1991, nella causa C-199/90 

Sed. plen., 18 febbraio 1992, nella causa C-235/89 

Sed. plen., 31 marzo 1992, nella causaC-362/90 . 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 20 settembre 1991, n. 9846 

Sez. I, 23 settembre 1991, n. 9911 

Sez. lavoro, 27 dicembre 1991, n. 13955 

Sez. Un., 10 gennaio 1992, n. 202 

Sez. I, 1� gennaio 1992, n. 209 . 

Sez. Un., 14 gennaio 1992, n. 367 

Sez. I, 16 gennaio 1992, n. 502 . 

Sez. I, 18 gennaio 1992, n. 590 . 

Sez. I, 5 febbraio 1992, n. 1257 

Sez. I, 7 febbraio 1992, n. 1382 

Sez. I, 10 febbraio 1992, n. 1473 

Sez. I, 11 febbraio 1992, n. 1529 . 

Sez. I, 17 febbraio 1992, n. 1901 . 

Sez. un., 17 febbraio 1992, n. 1918 

Sez. Un., 18 febbraio 1992, 
Sez. I, 18 febbraio 1992, n. 
Sez. I, 18 febbraio 1992, n. 
Sez. I, 20 febbraio 1992, n. 
Sez. I, 22 febbraio 1992, n. 
Sez. I, 24 febbraio 1992, n. 


n. 1990 
2041 
2060 
2112 . 
2191 . 
2269 . 

Sez. I, 2 marzo 1992, n. 2514 . 
Sez. I, 5 marzo 1992, n. 2662 . 
Sez. I, 13 marzo 1992, n, 3081 . 

pag. 1 
)) 2 

)) 11 

� 15 
� 11 
)) 21 
� 24 

,. 

33 

pag. 35 

,. 

40 
� 47 

pag. 110 
� 112 
� 52 
)) 113 
� 114 
� 59 
� 62 
� 65 
� 115 
� 117 
� 119 
� 120 
� 122 
� 124 
� 68 
� 124 
� 126 
� 128 
)) 132 
)) 133 
� 135 
)) 139 

)) 

72 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

I ~ 

Sez. I, 13 marzo 1992, n. 3083 . . . � 140 
Sez. Un., 18 marzo 1992, n. 3355 . � 76 
Sez. Un., 19 marzo 1992, n. 3465 . � 143 ~~ 

~ 

Sez. Lav., 25 marzo 1992, n. 3694 . � 82 
~ 
~ 

~ ,.~ 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. VI, 18 novembre 1991, n. 874 . pag. 84 
Sez. VI, 27 marzo 1992, n. 193 . . . � 93 

T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 gennaio 1992, n. 210 . 
� 102 
GIURISDIZIONI PENALI 

TRIBUNALE DI ROMA 

Sez. X pen., 8 aprile 1991 . 
pag. 154 

! 

--1~!~--~�Jllll���� 



PARTE SECONDA 

QUESTIONI pag. 1 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Questioni di legittimit� costituzionale: 
-Norme dichiarate incostituzionali . 29


)) 

-Questioni dichiarate non fondate . � 35 

))

Consultazioni 43 


PARTE PRIMA 



GIURlSPRUDENZA 


i/ ~s~~C?m ~~ 

�� .. QltJR.lS1?RJJDJ3NZA CQSTlTt1ZtONAL$ 
CORTE COSTITUZIONALE, 24gennaiol992, u;t6 -�Pres; Corasaniti � R:ed. 
� C�s�v�la ~� C�mmissario d�ll� Stato per la regione Sicilia (avv. Stato 
Fa\iara) e.Regione Sidli� (avv. Castaldi e Silvestri). 

R,egioQi � l.~tl delliti Jegi$lazio11e regio,IlaJe � .� :Legittimazic;lDe..p<>s~wua .cli 
fatti illeciti�� C:o:tJt~sta coIJ. .Principio.fonc1amenta1e dell'or(linamento, 

. Ogni norma che. soprawenga ad omot6gare fatti cons�guiti .. alla� vioiM.
�:>nit a& .fieiJlirtefu laedere li pohe �fili:lri Jet �quadro dei� valori� sii .cui 
t castr�ito to sidtO d{diritto.�tiquindi c"Ostii�zionairiienie iliegttttma �za 
delibera legislativa regionale (nella specfe, �della ~�gione Sicilia) che con~ 
solida silud.iiOitl d(fdtto Bqstituitesi ��illegalmente (1). 

(omiss#) L� questioni su BU.r questa� Corte deve pro:frunciarsi sono tre: 

. . .... .. . ..... . 

al. inefficacia.�cie1 gisegiiJ 4ilegge per ta1diva comunicazione delbl!
pprovazicme da parte de�'Assernblea regionale al Commissario dello 
Stato; 

b) illegittimitik 99stituzionale dell'art. 2, primo ....e... secondo cc;>mma, 
della legge regionale impugriata, per. viol!lzio11e �dell'art. 53 della .. legge 

n. 457 del 5 agosto 1978 (Norme per l'eclilizia residenziale), in COJ:lllessione 
e.on l'ai;t. 26 della legge. 8 agosto 1977�. n� 513 (Prqyvedimenti urgenti per 
}'.accelerazione <;lei. programmi in coi;sp, fina.ziamento d�. tll1. programma 
straordinario e canone. :i.inimp dell.'edilizia ... residenziale �pubblica), in 
relazione ai limiti posti dagli articoli 14 e 17 dello $tjil.tuto della Regione 
siciliana; 
e) illegittimit� costituzionale dell'art. 5, terzo. comma, della . stessa 
legge ililpugna~a, in relazione all'art'. 11 del d;P.R. 30 dicembre 1972, 
n.1035. (6missis) 

La questione sub b) � fondata. 

� Con l'art. ~�. primo e secon(:).o comma, la Regione provv~de a regolariz� 
zare �l'occupaziol{le abusiva d� alloggi.. d� .edilizia. soyvenzionata, compensando 
11 gi� individuato legittimo assegnatario, cui non sia stata.cons~griata 
l'abitazione perch� illecitamente occupata, con mera attribuzione di 

(�) Il legislatore regionale non pu� dare � esempio di diseducazi�:>ne civile '" 
La sentenza va: ben oltre il caso esaminato; , 



2 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

precedenza nell'assegnazione di altro alloggio popolare, anche se non 
incluso nella graduatoria generale vigente. 

Pur dandosi atto che la Regione � stata indotta a procedere a tale 
sanatoria daHa difficolt� di fronteggiare emergenze di ordine pubblico, 
derivanti da operazioni di sgombero coattivo, degli occupanti senza 
titolo, dagli alloggi da consegnare ai legittimi assegnatari; non si pu� 
non rilevare che una normativa consolidante situazioni di fatto costituitesi 
illegalmente a danno di assegnatari gi� individuati in pubbliche 
graduatorie, � di per s� causa di ben pi� gravi e durature tensioni sociali, 
oltre che esempio di diseducazione civile, dimostrandosi ai cittadini 
rispettosi �delle leggi che essi, anzich� tutelati, sono spogliati delle loro 
spettanze a favore di chi, anche se spinto dall'impulso di soddisfare l'esigenza 
fondamentale dell'abitazione ha violato la legge. Si tocca qui uno 
dei principi costitutivi dell'ordine giuridico, il divieto di farsi ragione 
da s� con k;sione del diritto altrui. 

Ogni norma che sopravvenga ad omologare fatti conseguiti alla 
violazione del neminem laedere si pone fuori del quadro dei valori su 
cui � costruito lo Stato di diritto. 

Nel caso di specie, proprio ad impedire ogni regolarizzazione postuma 
di situazioni di abuso, il legislatore statale ha comminato, per atti 
posti in essere violando le prescrizioni dettate in materia, non solo sanzioni 
amministrative, ma la nullit� assoluta ed insanabile, fatta valere 
da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'U!ffido dal giudice (art. 26, 
ultimo� comma, della legge n. 513 del 1977). � 

� inconfutabile la violazione dell'art. 53 della legge 5 agosto 1978, 

n. 457, che esclude la regolarizzazione dell'occupazione quando essa 
�abbia sottratto il godimento dell'alloggio ad assegnatario gi� individuato 
in graduatorie pubblicate a norma di legge�, nonch� dell'art. 26, quarto 
comma, del!la legge 8 agosto 1977, n. 513, che esclude dalla assegnazione di 
alloggi di edilizia residenziale pubblica � chiunque occupi un alloggio 
di edilizia residenziale pubblica senza autorizzazioni previste dalle� disposizioni 
in vigore�. (omissis) 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 febbraio 1992 n. 44 -Pres. Corasaniti -Red. 
Granata -Sp.A. Contraves italiana {avv. Chiola) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Favara). 

Tributi erariali diretti -IRPEG -Maggiorazione di conguaglio � Utili 
distribuiti a soci asseritamente non residenti � Discrezionalit� del 
legislatore ordinario. 
(Cost., artt. 3 e 53; legge 2 novembre 1983 n. 649, art. 2). 

Operando la funzione compensativa dt#l'imposta di conguaglio 
IRPEG in riferimento a due termini, ogge,Jto di comparazione, ossia 



PARTB 1, SEZ. I, GlURlSPRUDENZA.COSTITUZlONALE 

IRPEG pagata dalla societ� e credito d'imposta riconosciuto al socio 
percettore del dividendo, � conseguenziale che due siano anche i piani 
di un possibile intervento di correzione del meccanismo: .quello dell'imposta 
personale. sulla societ� e quello dell'imposta personale sul socio. 
Pertanto la soluzione invocata nell'ordinanza di rimessione (che auspica 
pe,r i dividendLattribuitiai socinon residenti la detraibilit� dalla base 
imponibile dell'impo:;:ta di conguaglio IRPEG) si affianca quanto meno 
ad una simmetrica soluzione, .anch'essa ipotizzabile, che intervenga sul 
versante della tassazione personale del reddito distribuito ai soci (1). 

>~ st1;tta sollevata questione incidentale di; ,legittimit� costituzionale 
dell'art 2;�secondo �comma, legge 25 novembre 1983 n. 649. di conversione 
in legge, con modificazi<mi, del d.l. 30 settembre 1983, n. 512 (recante 
disposizioni relative ad alcune ritenute alla fonte sugli interessi ed 
altri proventi <li capitale), corrispondente all'art. 105, primo comma, d.P.R. 
22 di<;:einbre 1986, n. 917 (approvazione del testo unico delle imposte 
sui. red!ilti), ne~la parte;in cui, ai fini della determinazione dell'imposta 
di c<:>ngUaglio IRPEG (imposta sul reddito delle persone giuridiche), non 
esclude dal calcolo del reddito imponibile anche la parte di utiH attribuiti 
ai� soci non residenti per sospetta violazione degli artt. 3 e 53 Cost. 

(1) Maggiorazione di conguaglio e compagine societaria. 
Come noto, la maggiorazione. dell'IRPEG a titolo di conguaglio. {sulla quale, 
ora gli artt; 105-107 del T.U.I.R.>apptovato con d.P.R. 22 dicembre 1986. n. 917, 
integrati dall'art. 4 del. d.P.R .. 4 febbraio 1988, n. 42) costituisce non un tributo 
a s� stante~ ma -appunto ,;,;.. una � maggiorazione � integrativa del quantum 
dell'IRPEG gravante sulla societ� (di capitali) o ente. Del. tutto diversa dalla 
predetta maggiorazione � la ritenuta -di norma � a titolo di acconto �, in 
casi particolari � a titolo di imposta � -che la societ� od ente � tenuta ad 
operare, in qualit� di sostituto di imposta, sui dividendi distribuiti ai propri 
soci: tale ritenuta grava sui soci � sostituiti�; i quali ricevono un dividendo 
decurtato, anche se -a fini di accertamento, relativo contenzioso e riscossione 
-un rapporto tributario intercorre tra fisco e1 societ� od ente �sostituto�. 
Tra maggiorazione e ritenuta non v'�, sul piano giuridico, collegamento 
alcuno, e non soltanto per il profilo per certi versi soggettivi cui si � test� 
accennato. Anche oggettivamente la ritenuta attiene all'ambito dell'imposta 
(IRPEF o IRPEG) relativa al socio, della quale costituisce un � acconto � o 
un sostitutivo. Per coritro, il socio non � affatto coinvolto, sul piano giuridico, 
dalla ... maggiorazione, la.. quale �rimane int!'lgralmente nell'ambito dell'IRPEG 
relativa alla societ� od ente. L'assenza di collegamento tra maggiorazione e 
ritenuta �, del resto, confermata dalla contemporanea pendenza in concreto 
del giudizio � a quo � e di altra controversia volta ad ottenere, con analoghe 
argomentazioni, ll rimborso dd ritenute. 
Come la ritenuta anche il �credito di imposta� (ora artt. 14. 15 e 92 del 
citato T.U.I.R.) attiene all'ambito dell'imposta (IRPEF o IRPEG) relativa al 
socio. Valgono per detto �credito� le considerazioni test� svolte con riguardo 
alla ritenuta, alle quali va aggiunto che il recupero del credito di imposta � 
vicenda dalla quale la societ� rimane del tutto estranea (ovviamente, per esso 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

atteso che tale esclusione � invece prevista per l'ipotesi di utili attribuiti 
a soci titolari di azioni di risparmio al portatore. 

Giova premettere che l'imposta di conguaglio IRPEG -il computo 
della cui base imponibile � oggetto della censura di incostituzionalit� 
mossa dalla Commissione rimettente -rappresenta il pi� recente approdo 
di uno sviluppo normativo risalente alla riforma tributaria del 
1973, che nell'originario regime introdotto dal d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 598, istitutivo dell'IRPEG, aveva previsto che il reddito della societ� 
per azioni fosse tassato sia presso la societ�, quale utile di esercizio, sia 
presso gli azionisti, in occasione della distribuzione dei dividendi, due 
essendo le capacit� contributive prese in considerazione: quella della 
societ� (persona giuridica autonoma e distinta) e quella del socio. 
L'art. 27 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, prevedeva poi in generale 
una ritenuta a titolo di acconto sui dividendi distribuiti, che viceversa 
per i soci non residenti era (eccezionalmente) operata a titolo d'imposta. 

Una settoriale inversione di tendenza si � avuta con il d.I. 8 aprile 
1974, n. 95, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 216, che -nell'introdurre 
le azioni di risparmio con parziale deroga al principio della nominativit� 
-ha contemplato un regime fiscale ad hoc prevedendo all'art. 
20 per le azioni di risparmio al portatore una ritenuta a titolo di 
imposta e per le azioni di risparmio nominative un'opzione tra la rite


non pu� aversi neppure �sostituzione�). La disciplina del credito di imposta 
attiene integralmente alla imposi7Jione sul socio. Se questi � non residente, 
detta disciplina � posta dalle norme estere relative alle imposte corrispondenti 
alla IRPEF ed alla IRPEG. Ed infatti pi� convenzioni internazionali 
per evitare la doppia dmposizione trattano anche l'argomento credito di 
imposta. Tra maggiorazione di conguaglio e credito di imposta un qualche 
collegamento pu� essere stabilito solo sul piano politico-economico'. Su 
quest'ultimo piano � incontestabile (cfr. circ. min. 16 marzo 1984, n. 8) che 
la maggiorazione di conguaglio � stata introdotta -come misura � difensiva � 
del fisco -per evitare una duplicazione di benefici, e cio� per evitare il cumulo 
di esenzioni dall'IRPEG (a favore della societ�) e crediti di imposta (a favore 
dei soci). � appena il caso di rammentare che il credito di imposta in questione 
� stato introdotto dalla legge 16 dicembre 1977 n. 904, al fine di consentire ai 
soci di recuperare pro quota la IRPEG pagata dalla societ�; sicch� sarebbe irrazionale 
concedere crediti di imposta ove e per quanto la societ� � stata 
esonerata dall'IRPEG. Posto che antecedente empirico della maggiorazione di 
conguaglio � un beneficio fruito dalla societ�, la maggiorazione -lungi dall'essere 
un carico aggiuntivo -� in realt� uno strumento che compensa (si parla 
di � imposizione compensativa �), neutralizza e, per cos� dire, fa venir meno 
ex post l'anteriore beneiiicio, riportando a livello � normale � il trattamento di 
redditi in precedenza favoriti (c.d. �principio di copertura�). 

� appena il caso di rammentare anche che il credito di imposta in questione, 
se giova particolarmente a quegli operatori che, con relativamente modesto 
capitale proprio, controllano -tramite holdings e sub-holdings eventualmente 
quotate in borsa -societ� � operative� di cospicue dimensioni, determina, 
per�, sul piano economico una diversit� di trattamento tra utili distri


f 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

5 

nuta a titolo d'imposta (cdme per quelle al portatore) e la ritenuta a 
titolo di acconto (come per le azioni ordinarie ex art. 27 d.P.R. n. 600/73 
cit.). 

Successivamente ed in relazione, pi� in generale, al trattamento fiscale 
dei dividenti assegnati ad azioni ordinarie, il legislatore -dopo un'iniziale 
opzione per il regime della cedolare secca (art. 20, I comma, d.l. 

n. 95 cit., poi abrogato dall'art. 5 legge 16 dicembre 1977, n. 904) -ha 
introdotto il meccanismo del credito d'imposta integrale (art. 1 della 
cit. legge 16 dicembre 1977, n. 904): ai soci percettori di dividendi � attribuito 
un credito d'imposta pari originariamente alla percentuale di 1/3, 
successivamente incrementata a 9/16, dell'ammontare degli utili che concorrono 
a formare il reddito imponibile ai fini dell'IRPEG o dell'IRPEF 
dei soci medesimi. 
Il meccanismo era, ed �, tale per cui nella ba!se imponibile del socio 
viene ricostituito il valore (al lordo deU'incidenza dell'IRPEG pagata dalla 
societ�) dei. dividendi distribuiti e poi, una volta calcolata l'imposta 
dovuta, da essa si detrae il credito d'imposta. L'automaticit� di tale 
meccanismo comporta per� che, ove i redditi della societ� siano esenti 
da IRPEG ovvero siano stati assoggettati ad una aliquota ridotta, il 
credito d'imposta sui dividendi distribuiti risulta conseguentemente 

buiti ed utili non distribuiti (tant'� che molti Paesi, e tra essi gli U.S.A., 
preferiscono non prevedere il credito di imposta di che trattasi, e praticare 
aliquote meno elevate, in tal modo incentivando la public company ossia la 
societ� a diffusa partecipazione). 

L'ordinanza di rimessione aveva ipotizzato una pronuncia � additiva '" e 
cio� di aggiungere, alle parole � diminuita della parte (di dividendi distribuiti) 
assegnata alle azioni di risparmio al portatore � (risultanti tali dal libro 
soci, aggiunge la menzionata circolare ministeriale), una ulteriore previsione 
per la parte (dei dividendi predetti) assegnata alle azioni, diverse da quelle 
di risparmio al portatore, appartenenti a soggetti non residenti nel momento 
in cui i dividendi sono corrisposti. 

Pervero, la � addizione � ipotizzata era stata formulata in termini vaghi ed 
imprecisi, al punto che essa sarebbe risultata di ardua applicabilit� in concreto. 
Si era parlato di � parte di utili attribuita a soci non residenti >>, senza precisare 
quali dati oggettivi, ed a quali momenti riferiti, debbano comprovare 
la appartenenza delle azioni e la non-residenza del socio (nella specie, era stata 
esibita a base della domanda una � carta� denominata � attestazione che 
l'intero pacchetto azionario della societ� � intestato a soggetti giuridici non 
residenti� prodotta dalla stessa societ� e perci� non qualificabile prova documentale, 
� carta� anche �priva di oggettiva attendibilit� posto che la circolazione 
delle azioni ordinarie italiane pu� aver luogo per girata persino ignota 
alla societ� emittente le azioni stesse), e senza indicare quali rimedi dovrebbero 
prevenire una circolazione dei titoli azionari a scopo di elusione fiscale. N� era 
stato affrontato il problema del diffondersi alla societ� e quindi a tutti i soci 
(anche quelli residenti) di un trattamento che si ipotizza rapportato alla condizione 
di fatto (tale � la non-residenza) di un singolo socio; e ci� con riguardo 
anche alla articolata disciplina delle riserve non tassate. Ancora era stato, omesso 



6 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATa 

determinato in misura superiore a:ll'imposta IRPEG pagata dalla societ�. 

Al dichiarato fine di rimuovere tale (ritenuto) inconveniente ed inserendosi 
in questo contesto normativo, la citata legge n. 649 del 1983 ha 
introdotto l'imposta di conguaglio IRPEG che opera (soltanto) ove si 
verifichi -come presupposto di fatto dehl'imposizione addizionale -una 
eccedenza dei dividendi distribuiti sull'utile di esercizio (diminuiti della 
parte aissegnata alle azioni di risparmio al portatore) rispetto a:l 64% 
del reddito imponibile, al lordo delle perdite riportate da precedenti 
esercizi, dichiarato dalla societ� ai fini dell'imposta sul reddito delle 
persone giuridiche dovuta per l'esercizio medesimo. 

Tale imposta (che grava sulla societ�, e non sul socio, talch� essa 
� legittimata a contestarne l'ammontare ed � conseguentemente rilevante 
la questione di legittimit� costituziona:le della norma che tale 
ammontare determina, sollevata -'Come nella specie -nel giudizio 
che abbia ad oggetto la pretesa della societ� al rimborso dell'imposta di 
conguaglio pagata) ha la funzione (compensativa) di rendere il credito 
d'imposta, riconosciuto ai soci in ragione della percezione dei dividendi, 
esattamente pari all'imposta complessiva versata dalla societ� a titolo 
di IRPEG e di conguaglio IRPEG. 

Tale funzione compensativa -ritenuta nell'ordinanza del giudice 
rimettente e sulla quale concordano le difese sia dell'Avvocatura gene-

ogni esame delle complessit� conseguenti alla vigenza di numerose, e sovente 
differenziate, convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni (nella 
vicenda � a qua�, ad esempio, rilevava la convenzione italo-svizzera, che consente 
una ritenuta alla fonte non superiore al 15 %). 

Del resto, in occasione della redazione del citato T.U.LR. non sono mancati 
coloro che si sono resi latori della soluzione ipotizzata dal giudice remittente. 
Il legislatore delegato l'ha per� ritenuta inaccoglibile. e non solo per considerazioni 
relative ai limiti della delega. Gi� adesso, con la legislazione vigente, 
numerosi operatori trovano vantaggioso localizzare all'estero (ad esempio, in 
Lussemburgo, in Olanda, per non dire dei c.d. �paradisi fiscali�), le holdings 
di controllo su societ� italiane. In libreria � possibile trovare cataloghi in veste 
di libri, ove sono elencati ed illustrati i vantaggi conseguibili mediante siffatte 
localizzazioni. � stata quindi (ed �) vivamente avvertita l'esigenza di non incentivare 
il fenomeno, mediante dirette od indirette detassazioni dei flussi di 
utili in uscita (sovente pi� apparente che effettiva) dal territorio dello Stato. 

Ed invero la ricchezza mobiliare �, per sua natura, mobilissima e sfuggente; 
dar rilevanza a condizioni � soggettive � relative a singoli soci equivale 
ad aprire la strada ad ogni genere di elusione. Ed � semplicemente ingenuo 
pensare di porre limiti o steccati mediante annotazioni su libri dei soci; questi 
sono libri appartenenti a privati, scritti da privati e che restano nelle mani 
dei privati (salvo casi marginali, quali il fallimento). 

In assenza (e non certo per �colpa� del nostro Paese) di una armonizzazione 
a livello continentale delle legislazioni in tema di imposizione diretta 
sui capitali, sta dilagando il c.d. tax shopping, ossia l'offerta di condizioni 
sempre pi� � attraenti � alla ricchezza mobiliare da parte di Stati messi in 
concorrenza tra loro. La vera sovranit� (economica e non) sta transitando 



PAl!.TB I, SBZ. I, GIUl!.lSPl!.UDENZA �CO&tlTUZIONALB 

7 

rale. dello Stato; sia della societ� costituita .,,_ emerge: a) dalla lettura 
dei lavori preparatori della dt. legge n. 649;. nonch� della legge finanziaria 
per Tanno 1984~< di cui la prltna .contiene . ..,.... in. parte. qua ..,,...,. uno 
stralcio (in entrambe le. sedLinfatti si�� ebbe . a precisare che . t< U. credito 
d!iniposta deisoci e le imposte dovute.� dalla societ� sugli utili distribuiti 
d~yi));lj)c�l'risporidere�)fb) dallamisuradell'eliquota (che � pal:'i a>nove 
sedke~Hni dell'eccedenza> dei dMdendi distribuiti� sull'�tUe <lF esercizio 
risp�ttcF al 64% �del reddito imporiibHe; � ossi� � pari �.;;._ rion gi��. ad una 
percerifaale aiifonoritatriente determinata second:o l.lila. discrezionale valut~
fo#efdel l~g~$latore d.ella capa�it� contributiva della soeiet� -'-ma 
ad��&i coefficiertte.. di cal~olo.. che .discende.� automaticamente null'altro 
che . daUa stessa aliquota ordinaria lRPEG, cos� .come l'identica pf)r~ 
C�nftUtle di COrllpUtO del credito cl� imp~sta); e) (ial guinto comma c1ella 
n<:>riiia �cens�rat~ {attualme).lte al'1;. 106 d.J?'.it n. 917 del 1986 cit.) che ~per 

;~t~~u~lp~ev~~!r~~~ii6i!�J~~~i=~o1:~~~:;i!~~~!~:ogJrt:o~!:~~st: 


aurnep.~~ta di. .n. imp9r~Q pi;irl i;illa diff~renza t;p:l l'hn.p()s~a ordinarifl....~ 
rlll1pos.ta .rid<:>tta ~ c;emtempla. un cor:rettivo <:li c;alcolo proprio al fine 
di realizzare in ogni ci:iso (salvo alcune. deroghe dalla stessa norma indi


rag~daU1ente vel"~9C:olorn�.. che po~sono trarre.. maggior. beneficio �� dalla mobilit� 
delfa ticcl:iezza... �ikcli~ ;non pare proprio il caso di incentivare le � esterovesti:
z:ione � e,. in 1;i:l1f!sto. CJ.uadro, anche la collocazione all'estero dei momenti 
terminali dei flussi df red.dl.to mobiliare. . ....� . . 

D'altro <:ai;ito, )e regqle speciali, poste per le ~�ioni di risparmio non possono 
costituire tertium .. carnparationis. Le aziorii di risparmio sono state 
introdotte nel nostro ord�i;iamerito dagli artt. 14, 15 e 16 d.el d.l. 8 aprile 1974, 
n .. 95, coi;iv. nella legge 7 giugno 1974, n. 216, che ha istituito la Consob. Nelle 
affermaiioni ufficiali. esse avrebbero dovuto costituire uno strumento per favorire. 
l'afflusso del . �piccolo � rispannio. al. mercato. azionario.�. In questo quadro 
si � addotto che. s~rebbe stato opportuno. differ-eJ;lZiare �anche formalmente la 
PO$�zione dell'azioxiato � di comando � da quelfa dell'aiionato �" di risparmio �, 
coin:pensando .. quest'ultimo . della sottrazione . dei diritti di . voto mediante il 
riconoscimento di congrui . benefici nel . momento del dividendo e sul piano 
della � sicurezza� dell'investimento . 

.fo realt�, le cose sono ai;ic{ate diversamente da .come asserito nelle originarie 
procla.mazi()ni: inei;itreJ bene~ici accordati agli azi()ll.fati di~sparmio a carico 
dell'aiionaria.fo �di comando� e . coqiunque �ordinario )I .�sono stati irrisori, 
pesanti sono stati gli svantaggi anche per pratic;he disinvo�te �(ad esempio, 
ingenti soprapprezzi imposti in occasioni di aumenti di capitale); e l'azionariato 
di risparmio � stato strumentalizzato dalle societ� per otfo,:1.ere agevolazioni 
per se stesse a c.arico del fisco, La disciplina legi!)lathra delJ.e ~oni di risparmio, 
nel complesso poco equilibrata, ha prodotto risultati ii;isoddisfacenti, tant'� 
che ancor oggi dette azioni sono molto penalizzate, come emerge con evidenza 
dalla lettura dei listini di borsa. 

Cos�., sul piano fiscale, le societ� quotate hanno premuto sul legislatore 
per ottenere un beneficio a loro favore (cio� non a favore degli azionisti di 



. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT()

8 

cate) l'equivalenza tra credito d'imposta dei soci ed imposta complessivamente 
versata dalla societ�. 

Coerente a tale funzione compensativa dell'imposta di conguaglio in 
esame � la diminuzione (prevista dalla norma censurata) della parte 
di dividendi assegnati alle azioni di risparmio al portatore dalla base 
imponibile dell'imposta medesima. Ed infatti gi� l'art. 20, primo comma 
(tale dopo l'abrogazione del comma che precedeva), del citato d.l. n. 95 
del 1974, ha previsto uno speciale regime tributario, che si inserisce nel 
contesto di misure dirette a favorire l'afflusso del risparmio al mercato 
azionario: sugli utili attribuiti alle azioni di risparmio al portatore la 
ritenuta, prevista in generale sui dividendi azionari dall'art. 27 d.P.R. 
29 settembre 1973, n. 600, � applicata (anche nel caso di soci non residenti) 
a titolo d'imposta (e non gi� d'acconto), peraltro secondo la 
minore (e pi� favorevole) aliquota del 15% (successivamente elevata al 
50 % dall'art. 1 d.l. 10 ottobre 1976, n. 694, convertito in legge 6 dicembre 
1976, n. 788, ma poi . ripristinata nella misura originaria per effetto 
dell'abrogazione di tale norma). In tale contesto normativo, evidentemente, 
il meccanismo del credito d'imposta non pu� operare (come era 
ben presente al legislatore del 1984, leggendosi nella relazione alla citata 
legge finanziaria che la base imponibile dell'imposta di conguaglio de qua 

risparmio); ed in effetti hanno ottenuto con l'art. 13 della legge 2 dicembre 
1975 n. 576 (come si vede, si � sempre nel periodo a cavallo della met� degli 
anni Settanta) addirittura la deducibilit�, dal reddito della societ�, dei dividendi 
corrisposti agli azionisti di risparmio. Questa disposizione � stata abrogata 
(per troppo vistosa asistematicit�) alcuni anni dopo, ma costituisce per cos� 
dire il precedente che vale a comprendere l'effettivo significato dell'inciso 
relativo alle azioni di risparmio contenuto nella disposizione oggi sub judice. 

In questo quadro appare palese come l'inciso � diminuita della parte assegnata 
alle azioni di risparmio al portatore � contenuto nell'art. 2 della legge 

n. 649 del 1983 risulta esso stesso asistematico. 
La sentenza in rassegna, dopo aver ripercorso accuratamente le vicende 
legislative, � pervenuta alla esatta soluzione riferita nella massima. Sono rimasti 
assorbiti altri profili, quali la gi� osservata inidoneit� della normativa particolare 
e derogatoria relativa alle azioni di risparmio al portatore a fungere 
da tertium comparationis, e la oggettiva diversit� delle situazioni messe a 
confronto. quella degli azionisti di risparmio titolari di azioni al portatore e 
quella dei soci non residenti titolari di azioni ordinarie, essendovi nel primo 
caso un dato oggettivo che rende riconoscibile la situazione alla quale �si 
applica la norma indicata come tertium comparationis, mentre nell'altra ipotesi 
vi � un dato meramente soggettivo, mutevole de die in diem, manipolabile 
secondo convenienza, in concreto non controllabile dagli uffici finanziari. 

Giova sottolineare come la Corte abbia palesemente evitato di riconoscere 
al credito di imposta di che trattasi una qualche protezione costituzionale. 
L'attribuzione o meno, ed in quale misura (eventualmente parziale), di tale 
credito -che parecchi (e non secondari) ordinamenti tributari non conoscono, e 
che � consono ad un � capitalismo familiare � -� rimessa al legislatore ordinario. 

(F.F.) 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

deve essere depurata dei dividendi assegnati �alle azioni di risparmio al 
portatore, e quindi senza credito d'imposta�). Nessuna esigenza, quindi, 
di compensazione pu� insorgere in alcun caso, non potendo il soggetto 
passivo dell'imposta personale effettuare alcun ricalcolo dell'imposta dovuta 
avendo egli definito il suo obbligo tributaTio, limitamente al reddito 
rappresentato dalla percezione dei dividendi, con il pagamento (in 
via definitiva e non d'acconto) della ritenuta d'imposta. 

Altres� coerente alla funzione compensativa .dell'imposta di conguaglio 
IRPEG � il paraHelo regime fiscale delle azioni di risparmio nominative: 
per i possessori di queste ultime il terzo comma dell'art. 20, 
cit., prevede la facolt� di optare per l'ordinario regime della ritenuta 
d'acconto ai sensi dell'art. 27 cit., facendone richiesta all'atto del1a 
riscossione degli utili; in mancanza della quale, trova invece applicazione 
1o stesso regime della ritenuta a titolo d'imposta, previsto per 
le azioni di risparmio al portatore. Optando per la ritenuta d'acconto, 
il possessore di azioni di risparmio nominative pu� operare il ricalcolo 
dell'imposta personale dovuta portando in detrazione il credito d'imposta. 
Questa possibilit� rende piena ragione del fatto che dalla base 
imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG non si detraggano i dividendi 
assegnati ai possessori di azioni di risparmio nominative (ma 
soltanto quelli assegnati ai possessodi di azioni di risparmio al portatore). 

Nel quadro normativo cos� delineato deve essere esaminata la compatibilit� 
con i parametri costituzionali invocati nell'ordinanza di rimessione 
del regime fiscale risultante dagli artt. 2, secondo comma, legge 

n. 649 del 1983 cit., e 27, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 cit., al quale 
sono sottoposti i possessori di azioni ordinarie che siano non residenti 
nel territorio nazionale. 
In sostanza rper costoro (ma non in ogni caso essendo previsto, 
come si dir�, un regime speciale per 'le societ� od enti di cui all'art. 2, 
lettera �d), d.P.R. n. 598 del 1973) da una parte opera l'art. 27, terzo 
comma, cit. che prevede sui dividendi distribuiti ai soci non residenti 
una ritenuta d'imposta (e non gi� d'acconto) nella misura del trenta 
per cento (aliquota questa talora fisisata in diversa misura da accordi 
internazionali, come nel caso della convenzione italo-svizzera del 9 marzo 
1976, ratificata con legge 23 dicembre 1978 n. 943, che prevede un'aliquota 
del 10 %). Sicch� il socio non residente possessore di azioni ordinarie, 
al pari del possessore di azioni di risparmio al portatore, definisce 
immediatamente e definitivamente i suoi obblighi tributari con il pagamento 
della ritenuta d'imposta e quindi non si giova, al pari del primo, 
del meccanismo del credito d'imposta. 

D'altro canto l'art. 2, secondo comma, non defalca dalla base imponibile 
dell'imposta di conguaglio IRPEG i dividendi attribuiti ai soci 
non residenti (a differenza dei dividendi attribuiti ai possessori di 
azioni di risparmio al portatore), sicch� la societ� � tenuta a corrispon



10 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dere, per la parte imputabile a questi ultimi, un'imposta compensativa 
in relazione ad un'eccedenza contabile di credito d'imposta (rispetto 
all'imposta personale sulle persone giuridiche effettivamente pagata dalla 
societ� medesima) che non si traduce per i soci (non residenti) percettori 
dei dividendi in un'effettiva detrazione dell'imposta personale sui 
medesimi gravante. 

Orbene, ove anche la diversit� di trattamento fosse apprezzabile in 
termini di costituzionalit� e richiedesse un intervento correttivo, deve 
comunque prendersi atto che si profila una pluralit� di soluzioni possibili, 
la quale -proprio perch� tale -implica ineludibilmente una 
scelta demandata unicamente alla discrezionalit� del legislatore. Ed infatti, 
operando la funzione compensativa dell'imposta di conguaglio 
IRPEG in riferimento a due termini, oggetto di comparazione, ossia 
IRPEG pagata dalla societ� e credito d'imposta riconosciuto al socio 
percettore del dividendo, � conseguenziale che due siano anche i piani 
di un possibile intervento di correzione del meccanismo: quello dell'imposta 
personale sulla societ� e quello dell'imposta personale sul socio. 
Pertanto la soluzione invocata nell'ordinanza di rimessione (che auspica 
per i dividendi attribuiti ai soci non residenti la detraibilit� dalla base 
imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG) si affianca quanto meno 
ad una simmetrica soluzione, anch'essa ipotizzabile, che intervenga sul 
versante della tassazione personale del reddito distribuito ai soci con 
meccanismi correttivi, come la facolt� di opzione per il regime della 
ritenuta d'acconto prevista per le azioni di risparmio nominative ovvero 
anche l'adozione di questo solo regime come gi� previsto per le societ� 
(od enti) non ,residenti (ossia quelle di cui all'art. 2, lettera d), d.P.R. 

n. 598 del 1973) aventi stabile organizzazione nel territorio dello Stato. 
E neppure pu� escludersi che il legislatore, sempre nell'esercizio della 
sua discrezionalit�, privilegi gli inevitabili aspetti �di diritto internazionale 
del problema, preferendo lo strumento del trattato internazionale 
per trovare di volta in volta la soluzione pi� opportuna. 
In questo scenario aperto la soluzione invocata nell'ordinanza di 
rimessione si presenta come una delle tante possibili; ed anzi appare 
come quella che meno si connota per aderenza alla (ipotizzata) esigenza 
correttiva atteso che l'auspicata (dal giudice a quo) detrazione dalla 
base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG dei dividendi assegnati 
ai soci non residenti avrebbe l'effetto di differenziare il trattamento 
fiscale delle societ� in ragione di una condizione di fatto (la non residenza) 
rapportata ai singoli soci, penalizzando (ingiustificatamente) le 
societ� che abbiano prevalentemente soci residenti rispetto a quelle che 
prevalentemente abbiano soci non residenti. 

N� � priva di rilievo la considerazione che le altre soluzioni che a 
quest'ultima si contrappongono -ed in particolare quella gi� positivamente 
accolta per una determinata 1categoria di soci non residenti (le 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA cosnTUZIONALB 

societ� od enti aventi una stabile organizzazione nel territorio dello 
Stato) -appaiono maggiormente rispettose del canone costituzionale 
della progressivit� dell'imposizione (art. 53, 2 comma, Cost.), cui viceversa 
non si ispira l"(eccezionale) regime della ritenuta a titolo d'imposta 
(e non gi� d'acconto), regime il quale riisulterebbe invece accentuato 
ove .ne scaturisse l'ulteriore conseguenza della non computabilit� dei 
dividendi assegnati a soci esteri nella base imponibile dell'imposta di 
conguaglio IRPEG. 

La sollevata questione di costituzionalit� va pertanto dichiarata inammissibile. 


I 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 febbraio 1992, n. 50 -Pres. Corasaniti -
Red. Mengoni. 

Poste e Telecomunicazioni -Corrispondenza raccomandata � Mancato re


capito � Limitazione di responsabilit� -Legittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3 e 113; d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93). 

Funzione istituzionale del servizio di raccomandazione della corrispondenza 
� quella d.i forriire un mezza di prova facilmente accessibile 
della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una lettera o di un plico, 
non la funzione di mezzo di trasporto di oggetti di valore. Se l'utente 
include nella corrispondenza raccomandata carte-valore, pur nei limiti 
in cui ci� non � vietato dall'art. 83 del codice postale (che vieta solo 
l'inclusione di titoli esigibili al portatore), egli usa il servizio per uno 
scopo estraneo alla causa del contratto, e quindi a suo rischio e pericolo. 
Se non intende correre questo rischio e garantire il contenuto della 
corrispondenza deve scegliere, pagando un corrispettivo adeguato, la forma 
dell'assicurazione convenzionale, che comporta l'assunzione da parte dell'Amministrazione, 
di responsabilit� commisurata al valore dichiarato. 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 febbraio 1992, n. 74 (cam. cons.) -Pres. 
. Cora:saniti -Red. Mengoni. 

Poste e Telecomunicazioni � Corrispondenza raccomandata � Sottrazione 

dolosa del contenuto ad opera di dipendenti dell'amministrazione 


Limitazione di responsabilit� � Illegittimit� costituzionale. 

Cost., artt. 3 e 28; d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93). 

L'art. 28 Cost. non esclude che il legislatore ordinario possa, nell'ambito 
dei rapporti contrattuali, limitare la responsabilit� (o permet



12 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

tere la limitazione della responsabilit�) dello Stato per inadempimenti; 
in tal caso, per�, la legislazione ordinaria deve rispettare il canone della 
razionalit�. Contrastano con l'art. 28 Cost. gli artt. 6, 28, 48 e 93 del 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (testo unico delle disposizioni legislative in 
materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) nella parte in 
cui non eccettuano dalla limitazione di responsabilit� dell'amministrazione 
delle poste per i danni derivati da perdita totale di corrispondenze raccomandate 
il caso di sottrazione dolosa del loro contenuto ad opera di 
dipendenti dell'amministrazione medesima (1). 
-I 


Dal Pretore di Firenze � sollevata questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (codice 
postale), �per possibile contrasto con gli artt. 3, primo comma, 28 e 
113 della Costituzione, in quanto stabiliscono che il Ministero delle poste 
e telecomunicazioni non � tenuto ad alcuna forma di risarcimento verso 
l'utenza oltre l'indennit� prevista dall'art. 28 dello stesso decreto presidenziale, 
nel caso di mancato recapito o manomissione di raccomandata �. 
In riferimento agli artt. 3 e 113 Cost. la questione non � fondata. 

Che il rapporto dell'Amminrstrazione delle poste con gli utenti abbia 
natura contrattuale e sia perci� fondamentalmente soggetto al regime 
del diritto privato (sent. n. 303 del 1988) non � una premessa sufficiente 
per dedurre che, in caso di perdita di una corrispondenza raccomandata, 
l'Amministrazione deve essere assoggettata a responsabilit� per il pieno 
risarcimento dei danni, secondo la regola generale dell'art. 1218 cod. civ. 
Come ha precisato ulteriormente la 'Sent. n. 1104 del 1988, questo dato 
non conduce di per s� ad escludere la possibilit� di configurare una 
disciplina speciale, ispirata a criteri pi� restrittivi di quella ordinaria 
in rapporto tanto alla complessit� tecnica della gestione quanto all'esigenza 
del contenimento dei costi. Non vale richiamare il precedente 
della sentenza n. 303 del 1988, perch� il caso su cui verte il giudizio 
a quo non pu� essere paragonato al caso che ha dato luogo a quella sentenza, 
nel quale il mittente (Banca d'Italia) era legalmente tenuto a usare 
la forma della corrispondenza raccomandata. 

N� si pu� obiettare che le norme denunciate, in quanto riducono la 
responsabilit� dell'Amministrazione a una somma pari a di�ci volte l'im


(1) La sentenza parrebbe comportare la necessit� di predisporre strumenti 
di indagine pi� incisivi e distaccati e procedure meno di routine per l'acclaramento 
delle cause di perdita delle corrispondenze raccomandate; la frequenza 
delle perdite di raccomandate contenenti assegni potrebbe di per s� indurre 
i giudici ordinari alla severit� nei confronti dell'amministrazione. 

13

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA cosnTUZIONALE 

porto del diritto di raccomandazione, non rispettano la condizione che 
la somma-limite della responsabilit� sia fissata in misura tale da garantire 
in ogni caso un ristoro serio e non fittizio del danno. La misura 
dell'indennizzo (conforme all'art. 50, n. 4, della Convenzione postale universale, 
resa esecutiva con d.P.R. 11 febbraio 1981, n. 358) � correlativa al 
basso prezzo del servizio di raccomandazione, la cui funzione istituzionale 
� quella di fornire un mezzo di prova facilmente accessibile della 
spedizione e dell'arrivo a destinazione di una 'lettera o di un plico, non 
la funzione di mezzo di trasporto di oggetti di vailore. Se l'utente include 
nella corrispondenza raccomandata carte-valore, pur nei limiti in cui 
ci� non � vietato dall'art. 83 del codice postale (che vieta solo l'inclusione 
.di titoli esigibili a1 portatore), egli usa il servizio per uno scopo 
estraneo alla causa del contratto, e quindi a suo rischio e pericolo. Se 
non intende correre questo rischio e garantire il contenuto della corrispondenza 
deve scegliere, pagando un corrispettivo adeguato, la forma 
dell'assicurazione convenzionale, che comporta l'assunzione, da parte del!'
Amministrazione, di responsabilit� commisurata al valore dichiarato. 

L'art. 113 Cost. � richiamato fuori di proposito. Le norme denunciate 
non impediscono la tutela giurisdizionale del diritto dell'utente contro 
atti dell'Amministrazione postale, bens� limitano il diritto per il quale 
la tutela pu� essere invocata. {omissis) 

-II


(omissis) In riferimento all'art. 28 Cost. il giudice a quo si duole 
dalla mancata distinzione, nelle disposizioni impugnate, tra perdita di 
lettere raccomandate cagionata da anomalie del servizio e perdita causata 
da sottrazione dolosa ad opera di dipendenti dell'Amministrazione postale. 
Sotto questo limitato profilo e in riferimento anche al principio 
di razionalit� di cui all'art. 3 Cast., la questione � fondata. 

n rinvio operato dell'art. 28 Cast. concerne le leggi regolatrici della 
responsabilit� dei funzionau-i e dipendenti pubblici verso i terzi danneggiati, 
alla quale viene poi riferita la responsabilit� concorrente dello 
Stato o dell'ente pubblico. Nell'ambito dei rapporti contrattuali la norma 
costituzionale non esclude la possibi'lit� di legge restrittive di tale responsabilit� 
concorrente, anche in deroga al limite dell'art. 1229 cod. civ. Ma 
in questi casi l'art. 28 Cast. conserva valore di principio, in riferimento 
al quale le accennate leggi restrittive devono giustificarsi secondo il 
canone della razionalit�. 

Come gi� si � rammentato, la restrizione del!la responsabilit� dell'Amministrazione 
in caso di perdita totale di corrispondenze raccomandate 
si giustifica, in generale, in correlazione al basso costo del servizio, imposto 
dall'esigenza di fornire alla popolazione un agevole mezzo di prova 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STA'fO 

della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una comunicazione epistolare 
o di carte manoscritte o stampate. La legge (art. 83 del t.u. citato) non 
vieta che nel plico raccomandato siano incluse carte-valore a legittimazione 
nominale (sul presupposto, in realt� sempre pi� labile, della non 
negoziabilit� di esse da parte di persone diverse dagli intestatari), ma 
l'utente che si avvale di tale facolt� lo fa a suo rischio e pericolo, perch� 
la funzione di trasporto di carte-valore, comprese quelle non colpite dal 
divieto dell'art. 83, esula da questa forma del servizio postale, e quindi 
non pu� tradursi nel contenuto dell'obbligazione assunta dal vettore 
e della corrispondente responsabilit� per l'adempimento. 

La ratio ora individuata vale per� a giustificare l'esclusione del risarcimento 
dei danni, oltre la misura dell'indennit� prevista dall'art. 48 
del codice postale, solo nei casi in cui la perdita della lettera raccomandata, 
per ipotesi contenente titoli di credito aH'ordine o nominativi, sia 
causata da fatti di disservizio dovuti a inefficienze organizzative o gestionali 
oppure a colpa, anche grave, di singoli dipendenti. � fuori dalla sua 
portata il caso di illecito impossessamento del contenuto della corrispondenza 
operato da agenti del servizio postale al fine di trarne profitto 
per s� o altri. Alla stregua della razionalit� pratica, matrice dell'equit�, 
� manifestamente contraddittorio consentire l'indusione nelle corrispondenze 
raccomandate di titoli all'ordine o nominativi addossando tuttavia 
all'utente anche il rischio di questo caso. L'obbligazione di trasporto e 
consegna al destinatario del plico raccomandato rimane qui inadempiuta 
non a causa di un'anomalia del servizio, che ha inciso nell'attivit� di 
adempimento (cio� per perdita o distruzione della corrispondenza dovute 
a negligenza di addetti al servizio o a difetti delle macchine di raccolta 
e di selezione), bens� a causa dell'appropriazione del contenuto del 
plico da parte di dipendenti del gestore, in violazione non solo della legge 
penale, ma altres� dell'obbligo specifico di evitare nell'esecuzione del 
contratto comportamenti pregiudizievoli alla persona o ai beni del creditore: 
obbligo pure derivante dal contratto in virt� della regola di correttezza 
sancita dall'art. 1175 cod. civ., e in ordine al quale il debitore 
risponde anche del fatto dei suoi ausiliari (art. 1228 cod. civ.). 

Per stabilire l'imputabilit� dell'illecito all'Amministrazione, ai fini 
della sussunzione sotto la fattispecie dell'art. 28 Cost., � sufficiente il nesso 
di occasionalit� necessaria con l'attivit� di esecuzione del contratto, 
non essendo applicabile nel campo della responsabilit� contrattuale il 
requisito di imputazione dei fatti illeciti extracontrattuali, per cui le 
attivit� materiali e giuridiche dei pubblici dipendenti non sono riferibili 
all'Amministrazione se dettate da un fine egoistico, estraneo agli scopi 
istituzionali dell'ente (cfr. Cass. n. 3612 del 1979). 

Trattandosi di violazione di un obbligo ex contractu (obbligo accessorio 
di rispetto e di salvaguardia della persona e delle cose della contro



15

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

parte) non correlato con la controprestazione dell'utente, l'esonero dell'Amministrazione 
da responsabilit� per un congruo risarcimento deroga 
senza .giustificazione al principio della responsabilit� concorrente dell'ente 
sancito dall'art. 28 Cost., e pertanto deve essere dichiarato costituzionalmente 
illegittimo. 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 febbraio 1992, n. 51 (cam. cons.) -Pres. 
Corasainiti -Red. Baldas'Sarre. 

Tributi in genere � Dovere di concorrere alle 'Spese pubbliche in ragione 
della capacit� contributiva � C.d. segreto bancario -Non � opponibile. 
(Cost., artt. 76 e 77; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 63; d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 600, art. 33; d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, artt. 2 e 7). 
Il se, il quanto e il come della tutela del segreto bancario sono lasciati 
alla scelta discrezionale del legislatore ordinario, il quale, in tale valutazione, 
� tenuto a un non irragionevole apprezzamento dei fini di utilit� 
e di giustizia sociale che gli artt. 41, secondo comma, e 42, secondo' comma, 
della Costituzione prevedono a proposito della disciplina delle attivit� 
economiche e del regime delle appartenenze dei beni patrimoniali. Comunque, 
le scelte discrezionali del legislatore, ove si orientino a favo re 
della tutela del segreto bancario, non possono spingersi fino al punto 
di fare di quest'ultimo un ostacolo all'adempimento di doveri inderogabili 
di solidariet�, primo fra tutti quello di concorrere alle spese pubbliche 
in ragione della propria capacit� contributiva (art. 53 della Costituzione), 
ovvero fino al punto di farne derivare il bench� minimo intralcio 
all'attuazione di esigenze costituzionali primarie, come quelle connesse 
all'amministrazione della giustizia e, in particolare, alla persecuzione dei 
reati (1). 

(1) Sentenza di grande importanza, che esclude il sussistere di una diretta 
garanzia costituzionale del � riserbo � bancario e ripristina con linearit� e 
chiarezza una � scala di valori � rimasta sinora velata e distorta per il pluridecennale 
stratificarsi di � opinioni � non disinteressate. D'ora in poi, qualsiasi 
intervento del legislatore ordinario (o dell'interprete, spesso pi� �garantista� 
del legislatore) a tutela del � riserbo � bancario dovr� rispettare i principi 
enunciati nella. sentenza. 
Secondo tali principi, il circuito delle informazioni e dei documenti non 
deve subire interruzione alcuna, e deve tradursi -ove si realizzino i � presupposti
� delle singole imposte -in atti di accertamento. Sotto -questo aspetto 
(trasmissione delle notitiae fiscalmente rilevanti ed utilizzazione delle stesse) 
non v'� sostanziale differenza concettuale e pratica tra istruttoria fiscale con 
conseguente accertamento dell'illecito fiscale ed istruttoria penale con conseguente 
accertamento del reato. Il che � ovvio, nell'uno e nell'altro caso dovendo 
l'ordinamento reprimere il comportamento � deviante � di un soggetto individuale. 


� L'unico limite che occorre rispettare � (cos� recita la sentenza) � quello 
dato dalla esigenza di evitare che, nei casi in cui una istruttoria penale abbia 



16 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

La Commissione tributaria di primo grado di Pordenone ha sollevato 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 63 del d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), 
e dell'art. 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (disposizioni comuni 
in materia di accertamento delle imposte sui redditi), che, a seguito 
delle modifiche apportate dagli artt. 7 e 2 del d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, 
al primo e al terzo comma, contengono una disposizione identica, in 
base alla quale la Guardia di finanza -nell'ambito di un rapporto di 
cooperazione con gli uffici finanziari per l'accertamento dell'imposta sul 
valore aggiunto, in un caso, e delle imposte sui redditi, nell'altro caso 
�previa autorizzazione dell'autorit� giudiziaria in relazione alle norme 
che disciplinano il segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici delle 
imposte documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell'imputato 
nell'esercizio dei poteri e facolt� di polizia giudiziaria e valutaria�. Secondo 
il giudice a quo, tale disposizione violerebbe gli artt. 76 e 77, primo 
comma, della Costituzione, dal momento che costituirebbe l'esercizio di 
una funzione legislativa delegata svolta in contrasto con un principio 
direttivo contenuto nell'art. 10, n. 12, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 
(delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), 
in base al quale il Governo � stato delegato a stabilire � l'introduzione, 
limitata a ipotesi di particolare gravit�, di deroghe al segreto bancario 
nei rapporti con l'amministrazione finanziaria, tassativamente determinate 
nel contenuto e nei presupposti �. 

La questione di costituzionalit� sollevata dal giudice a quo non � 
fondata. Con il termine di segreto bancario si denota un dovere di 
riserbo cui sono tradizionalmente tenute le imprese bancarie in relazione 
alle operazioni, ai conti e alle posizioni concernenti gli utenti dei 

ad affiancarsi ad una istruttoria fiscale o ad essere iniziata in assenza di 
una istruttoria fiscale, una troppo sollecita trasmissione di documenti ed informazioni 
anche agli uffici finanziari interessati potesse innescare iniziative di 
detti uffici (od illecite �fughe di notizie�) tali da arrecare pregiudizio o turbativa 
alle ulteriori indagini eventualmente in corso od attivabili ad iniziativa 
del magistrato inquirente. Si tratta dunque di una esigenza di coordinamento 
tra due (o pi�) parallele e reciprocamente autonome attivit� istruttorie: di 
una esigenza che l'accelerazione impressa alle istruttorie penali dal nuovo codice 
di procedura penale ha reso meno � condizionante � per le attivit� istruttorie 
e di accertamento di competenza degli uffici finanziari, attivit� che subiscono 
ritardi (e possono subire pregiudizio) dall'ancorch� temporaneo e parziale 
black out informativo determinato dal �segreto istruttorio�, Si � detto � temporaneo 
e parziale � perch� -ovviamente -la salvaguardia del � segreto 
istruttorio � cessa automaticamente con il venir meno di detto segreto, e 
perch� agli uffici finanziari devono essere trasmessi senza indugio e senza 
necessit� di autorizzazione tutti quei documenti ed informazioni che non rivestono 
rilevanza penale. 

Come noto, in argomento ha statuito l'art. 18 commi 1 e 2 della legge 
30 dicembre 1991, n. 413. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

servizi da esse erogati. A tale dovere, tuttavia, non corrisponde nei 
singoli clienti delle banche una posizione giuridica soggettiva costituzionalmente 
protetta, n�, men che meno, un diritto della personalit�, 
poich� la sfera di riservatezza con la quale vengono tradizionalmente 
circondati i conti e le operazioni degli utenti dei servizi bancari � direttamente 
strumentale all'obiettivo della sicurezza e del buon andamento 
dei traffici commerciali. In� ragione di ci�, il se, il quanto e il come della 
tutela del segreto bancario son lasciati alla scelta discrezionale del legislatore 
ordinario, il quale, in tale valutazione, � tenuto a un non irragionevole 
apprezzamento dei fini di utilit� e di giustizia sociale che gli artt. 41, 
secondo comma, e 42, secondo. comma, della Costituzione prevedono a 
proposito della disciplina delle attivit� economiche e del regime delle 
appartenenze dei beni patrimoniali. Al livello dei principi costituzionali 
resta fevmo, comunque, �che le scelte discrezionali del legislatore, ove si 
orientino a favore della tutela del segreto bancario, non possono spingersi 
fino al punto di fare di questo ultimo un ostacolo all'adempimento 
di doveri inderogabili di solidariet�, primo fra tutti quello di concorrere 
alle spese pubbliche in ragione della propria capacit� contributiva .(art. 53 
della Costituzione), ovvero fino al punto di farne derivare il bench� 
minimo intralcio all'attuazione di esigenze costituzionali primarie, come 
quelle connesse all'Amministrazione della giustizia e, in particolare, alla 
persecuzione dei reati. 

Entro questa cornice di principi costituzionali va collocata la legge 
delega invocata come norma interposta del giudizio di costituzionalit� 
sulle disposizioni impugnate. Il legislatore delegato, infatti, � tenuto 
a dare attuazione alla legge di delegazione interpretandone i contenuti 
normativi in armonia con i principi costituzionali. Sicch� l'inquadramento 
delle direttive stabilite dall'art. 10, n. 12, della legge n. 825 del 1971 
all'interno delle norme costituzionali di riferimento si rende necessario 
proprio .al fine di valutare la costituzionalit� delle disposizioni poste dal 
legislatore delegato in attuazione di quelle direttive. 

Interpretata nel contesto dei principi costituzionali ora menzionati, 
la disposizione della legge delega invocata come norma interposta nel 
presente giudizio di costituzionalit� non pu� avere il significato ad essa 
attribuito dal giudice a quo. In altri termini, la norma direttiva contenuta 
nell'art. 10, n. 12, della legge n. 825 del 1971 -per la quale il legislatore 
delegato � tenuto a provvedere alla � introduzione, limitata a ipotesi di 
particolare gravit�, di deroghe al segreto bancario nei rapporti con l'Amministrazione 
finanziaria, tassativamente determinate nel contenuto e nei 
presupposti � -non pu� av�ere il significato di riconoscere il segreto 
bancario come principio anche nei confronti dell'autorit� finanziaria 
procedente all'accertamento degli illeciti tributari, principio che pu� 
essere derogato soltanto nei casi, tassativamente determinati, di illeciti 
di particolare gravit�. Se questo dovesse esserne il significato, si do



18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

vrebbe seriamente dubitare della legittimit� costituzionale dell'art. 10, 

n. 12, della legge delega in riferimento ai principi costituzionali affermati 
negli artt. 2 e 53 della Costituzione e questa Corte non esiterebbe ad 
accogliere il suggerimento dell'Avvocatura dello Stato a sollevare di 
fronte a se stessa la questione di costituzionalit�. 
In realt�, se la norma di delega dev'esser interpretata in armonia 
con la Costituzione e, pi� in particolare, con il principio che il dovere 
di riservatezza connesso con il segreto bancario non pu� coprire illeciti 
tributari e non pu� essere di ostacolo all'accertamento dei medesimi 
illeciti, l'art. 10, n. 12, non pu� essere visto come diretto a riconoscere il 
principio del �segreto bancario�, di fronte al quale gli interventi dell'autorit� 
pubblica v�lti all'accertamento degli illeciti tributari siano 
configurati come � deroghe eccezionali � e, persino, � sospette �, tanto da 
esigere determinazioni tassative e limitate ai casi di maggior gravit�. 
In altri termini, alla riservatezza cui le banche sono tenute nei confronti 
delle operazioni dei propri clienti non si pu� applicare il paradigma di 
garanzia proprio dei diritti di libert� personale, poich� alla base del 
segreto bancario non ci sono valori della persona umana da tutelare: 
ci sono, pi� semplicemente, istituzioni economiche e interessi patrimoniali, 
ai quali, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, quel 
paradigma non � applicabile (v. sentt. nn. 55 del 1968 e 22 del 1971). 

Ci� significa che la stessa norma di delega non pu� essere interpretata 
come una norma restrittiva dei poteri di accertamento dell'Amministrazione 
tributaria di fronte al segreto bancario, tanto pi� che, quando 
l'art. 10, n. 12, fa riferimento alle �ipotesi di particolare gravit�� che 
legittimerebbero l'accesso degli uffici finanziari ai dati riservati custoditi 
dalle banche, non pu� non ricomprendere in quelle ipotesi tutti i possibili 
casi di illecito tributario per evasione. Alla luce dei principi costituzionali, 
infatti, l'evasione fiscale costituisce in ogni caso una �ipotesi di 
particolare gravit��, per il semplice fatto che rappresenta, in ciascuna 
delle sue manifestazioni, la rottura del vincolo di lealt� minimale che 
lega fra loro i cittadini e comporta, quindi, la violazione di uno dei 
� doveri inderogabili di solidariet� >>, sui quali, ai sensi dell'art. 2 della 
Costituzione, si fonda una convivenza civile ordinata ai valori di libert� 
individuale e di giustizia sociale. 

In definitiva, la direttiva contenuta nell'art. 10, n. 12, della legge 

n. 825 del 1971, vincola il legislatore delegato a conformare i rapporti tra 
le imprese bancarie e i poteri di accertamento propri dell'Amministrazione 
tributaria in modo che quest'ultima possa accedere ai dati relativi 
alle operazioni o ai patrimoni di singoli clienti, tenuti riservati dalle 
I 

banche, purch� si tratti di ipotesi e di modalit� prestabilite dalla legge. 

fil 

f:
Infatti, poich� in via di principio nessun documento o nessun dato, 

II 
~~ 
relativo agli utenti dei servizi bancari e detenuto confidenzialmente dalle f.: 
banche, pu� essere sottratto ai poteri di accertamento degli uffici tribu




PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA .COSTITUZIONALE 

19 

tari, il significato sostanziale della norma di delega ora esaminata � 
q�ello di sottoporre tali poteri �al principio di legalit�, di modo che 
questi ultimi non po:ssano essere svolti arbitrariamente e indiscriminatamente. 


Ad avvis� del giudice a quo, il legislatore delegato mentre avrebbe 
accti:ratatnente attuato la predetta direttiva con fart. 51 bis deL d.P.R. 

n. 633 del 1972 e con l'art. 35 del d.P.R. n. 600 del 1973, ne avrebbe, invece, 
violato il contenuto sostanziale con le disposizioni impugnate. 
I ricordati artt. 51 bis e 35, nei testi introdotti, rispettivamente, 
dall'art. 5 e dall'art. 3 del d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463 (che, peraltro, 
risultano ora abrogati dalla legge 30 dicembre 1991, n. 413 art. 18, punto 2, 
lett. e) e � p�nto 1, � �1ett. h; hanno predeterminato _..... l'uno in relazione 
all'imposta sul valore aggiunto e l'altro in relazione alle imposte sui 
redditi -i fatti o gli indizi . (omessa presentazione della dichiarazione, 
accertamento di corrispettivi o redditi reali superiori di una certa percentuale 
rispett� a quelli dichiarati, etc.), in presenza dei quali gli uffici 
finanziari sono abilitati ad accedere ai documenti, alle notizie e ai dati 
conservati . dalle aziende e �dagli istituti di credito. In tali casi, occorre 
ricordarlo, l'esercizio del� potete di accesso alle predette informazioni 
riservate. � subordinato alla previa autorizzazione del presidente della 
commissione tributaria di primo grado territorialmente competente, vale 
a dire alla previa �autorizzazione di un magistrato incaricato di presiedere 
un� organo avente natura giurisdizionale. 

Le disposizioni impugnate -cio� l'art. 63, primo comma, seconda 
proposizione, del d.P.R. n. 633 del 1972 e l'art. 33, terzo comma, seconda 
proposizione, del d.P.R. n. 600 del 1973, nei testi risultanti dopo le modifiche 
ad essi apportati, rispettivamente, dagli artt. 7 e 2 del gi� menzionato 
d.P.R. n. 463 del 1982 -prevedono una via ulteriore e diversa attraverso 
la quale gli uffici finanziari, pur sempre ai fini dell'accertamento 
di eventuali illeciti tributari, possono avere accesso ai documenti e ai 
dati riservati tenuti�� dalle aziende o dagli istituti di credito. In base alle 
citate disposizioni, infatti, la Guardia di finanza, previa autorizzazione 
dell'autorit� giudiziaria in relazione alle norme sul segreto istruttorio, 
utilizza e trasmette agli uffici delle imposte documenti, dati e notizie 
acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri di polizia 
giudiziaria e valutaria; Secondo il giudice a quo, la previsione in questa 
disposizione della sola previa autorizzazione del giudice inquirente e la 
mancata predeterminazione, in tal caso, delle ipotesi legittimanti l'accesso 
ai dati riservati costituirebbero motivo d'illegittimit� costituzionale per 
violazione della norma di delega esaminata nel . punto precedente della 
motivazione. Tale assunto, tuttavia, non pu� essere condiviso. 

In realt� le norme sospettate d'incostituzionalit� abilitano la Guardia 
di finanza a trasmettere agli uffici delle imposte informazioni, 
dati o documenti, rilevanti per l'accertamento di illeciti tributari, che 

.,._ 

:--... ... �-. --::-: ... ... .. .. .... ..... ... -...... :-: . 


20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

siano stati acquisiti dalla stessa Guardia di finanza nell'esercizio delle 
funzioni di polizia giudiziaria. Ci� significa che quest'ultima ha originariamente 
accesso ai dati cui si riferiscono le disposizioni impugnate in 
relazione a ipotesi che la legge penale predetermina come ipotesi di reato, 
in conformit� al principio di riserva assoluta di legge, stabilito dall'art. 25, 
secondo comma, della Costituzione. Inoltre, nella sua attivit� di polizia 
giudiziaria, v�lta al reperimento o alla verifica dei suddetti dati, la 
Guardia di finanza agisce, oltrech� secondo modalit� stabilite dalla legge, 
sotto l'impulso, il controllo e la vigilanza dell'autorit� giudiziaria, cos� 
come � previsto in genera.le per le attivit� di prevenzione e di repressione 
dei reati. .Tutto ci� dimostra che l'accesso ai dati riservati cui si riferiscono 
le disposizioni impugnate � sottoposto a rigorose condizioni di 
predeterminazione legale e di controllo giudiziario, le quali anzi, proprio 
perch� attengono alla persecuzione dei reati, sono definite persino in 
modo pi� preciso e garantistico rispetto a quelle stabilite dai ricordati 
artt. 51 bis e 35 per l'accertamento degli illeciti tributari da parte degli 
uffici delle imposte. L'illimitata trasmissibilit� dei dati coperti da segreto 
bancario da parte della polizia giudiziaria a favore dell'amministrazione 
finanziaria si basa, dunque, sul presupposto che il segreto ban


I 

cario non pu� in alcun modo sussistere di fronte alla (legittima) attivit� 

I 

di prevenzione e di repressione dei reati (artt. 248, secondo comma, c.p.p. 

I

e 255 c.p.p.). E poich� tale attivit� risponde a requisiti di legalit� e di 
controllo giudiziario particolarmente rigorosi, nessun ostacolo pu� sus


II sistere affinch� i dati riservati (legittimamente) acquisiti per tale via 
possano essere comunicati all'amministrazione finanziaria e possano 
essere da quest'ultima pienamente utilizzati, anche al di l� delle ipotesi 
previste dai pi� volte citati artt. 51 bis e 35 (come ora, a definitivo chiarimento, 
stabilisce l'art. 5, quattordicesimo e quindicesimo comma, del 
decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito dalla legge 5 luglio 1991, 

I

n. 197). Ci�, del resto, come si � prima accennato, corrisponde al bilanciamento 
dei valori costituzionali, in base al quale i valori collegati ~ 
~

* 

al dovere di riserbo sui dati bancari sono sicuramente recessivi di 

fronte a quelli riferibili al dovere inderogabile imposto dall'art. 53 della 

Costituzione e, a maggior ragione, di fronte all'esigenza costituzionale 

primaria collegata alla persecuzione dei reati. 

L'unico limite che occorre rispettare. nella altrimenti piena possibilit� 
della polizia giudiziaria di trasmettere agli uffici delle imposte gli anzidetti 
dati va individuato nella imprescindibile esigenza. che a quclla 
trasmissione non consegua alcun pregiudizio agli interessi protetti con il 
segreto istruttorio o, in genere, con il segreto attinente alla fase delle 
indagini preliminari. Di ci�, a ragione, si . preoccupano le disposizioni 
impugnate allorch� subordinano la trasmissione agli uffici finanziari delle 
informazioni e dei documenti in possesso della polizia giudiziaria alla 
previa autorizzazione del giudice, la quale � espressamente giustificata 


PARTE I,. -SBZ. I, �(;llJRISPR:ul>BNZA .COSTITUZIONALE 

dall'esigenza di��salvaguatdare l'efficienza e -�iL buon esito della mdagine 
penale e di tutelare i diritti della persona sottoposta all'indagine med�sima. 
l'ale __ �autorizzazione_ � evidentemente -diretta a ~golare i-confini e 
le . possibili interferenze tra !'.istruttoria p�nale e quella. tributaria, sicch�, 
contrariamente a quanto suppone il giudice a quo, non pu� essere posta 
$illl9 stess9 pi~Q dei poteri giudiziali di ac�es1>9 .ai dati.-ri1>e:rvati, che 
sono drstinta,rnertte disciplinati _.dalle . norme sulle indagini di polizia 
giUdiziaria: {arttCi4s, secondo comma, e 255 c.p.p;) e_ da �quelle sull'accertamento 
tributario (artt 51 bis e 35, prima ricordati). 

COR.'fE C�ST~.l'UZION.ALE, 4.. marzo 1992,. n..80 � Pres. CorasantL~ R.ed. 
(Jranata � S.p.,A. ',l'echnicolor (avv. Colesanti), S~p.A. Telecolor. (avv. 
<J)i,.Oravio) .e Ptesict~rit~ Jlel C(.)nsiglio ciei min.istri (avv. Stato D;Amato), 

Arbit:rato � Lode> � Decret1> pretorile di esecutivit� � Emissione inaudita 
ajteJ:l\-Ptirte ~ Vie>la~oJie deldi:ritto di difesa �-~-Ne>n sus1dste. 
{Coi;t.; -art'}4; .cod.<PF(IC� civ., .art�. 825). 

f/a.rt. 825 cod, pro_e,, civ., nella parte in cui non prevede l'obbligo della 
convocazione delle pq,rti prima 4ella dichiarazione di esecutivit�, del Jodo, 
ncm contrasta con l'art. l4;Cost.ll .decreto pretorile che dichiara l'esecutivit� 
segue le sorti del lodo ed � perci� sindacabile sia nell'ambito della 
inipugriazione-per�� n.l#t�,, sia, ricorrendone i presupposti, in occasione 
di opposizione all'esecuzione. 

� stata sollevata questione. incidentale di legittimit� costituzionale 
dell'art. 825 c.p.c. nella parte in cui, prevedendo la dichiarazione di esecutivit� 
del lodo arbitrale con decreto del pretore inaudita altera parte, non 
contempla per --il giudice. l'obb:1igo della. previa convocazione delle parti 
per sospetta violazione. del diritto di difesa (art. 24 .Cost.). non essendo 
altrimenti la parte soccombente posta. in condizione di -far -valere, in 
quella sede, le. sue eccezioni. (omissis) 

Nel�-merito-la .questione non � fondata; La nonna impugnata -modificata, 
ma non nella parte che interessa, dall'art. 3 legge.9 febbraio 1983 

n. 28 (Modifica della disciplina dell'arbitrato) -prevede ~he la parte 
che intende far eseguire il lodo in Italia � tenuta a depositarlo in 
originale, unitamente al compromesso (o ad altro atto equipollente}, nella 
cancelleria della pretura del luogo in cui � stato deliberato nel termine 
(perentorio) di rin anno dal ricevimento del lodo; 
Su tale lodo il pretore opera un duplice controllo, essendo chiamato 
ad accertare sia la tempestivit� del deposito, sia la regolarit� formale del 
lodo stesso. All'esito di tale verifica, se positiva, dichiara esecutivo il lodo 


22 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

con decreto, emesso inaudita altera parte, ed in tal modo gli conferisce 
efficacia di sentenza. 

Il procedimento che conduce al decreto pretorile di esecutivit� � 
quindi estremamente snello ed � ben circoscritto il controllo operato 
dal pretore; sicch� in questa fase processuale cos� configurata, la norma 
non .prevede un obbligo del pretore della previa audizione delle parti; 
n� � prevista :la previa instaurazione del contraddittorio. 

C'� per� da rilevare innanzi tutto che l'atto di impulso del procedimento 
che sfocia nella �dichiarazione di esecutivit� del lodo � rappresentato 
dalla determinazione di una delle parti espressa con il mero atto d� 
deposito del lodo (e del compromesso) senza che sia prevista alcuna 
attivit� difensiva ancorch� volta unicamente ad illustrare le ragioni della 
ritenuta tempestivit� del deposito e della regolarit� del lodo. Il sindacato 
del pretore � quindi operato sugli atti e pertanto, come non sente la 
parte che ha promosso il procedimento, analogamente non � tenuto a 
sentire la controparte, giustificandosi tale disciplina -ispirata a finalit� 
di semplificazione e di celerit� -per il fatto che il decreto pretorile 
si colloca, come appendice terminale, dopo la procedura arbitrale nel 
corso della quale il contraddittorio tra le parti ha avuto possibilit� di 
estrinsecarsi (arg. ex art. 816, terzo comma, cod. proc. civ. che fa salvo 
in ogni caso il diritto delle parti ad avere un termine per presentare 
documenti e memorie e per esporre le loro repliche). 

D'altra parte l'ordinamento appresta adeguati strumenti processuali 
per instaurare successivamente all'emanazione del decreto pretorile il 
contraddittorio delle parti sulla sussistenza, o meno, dei presupposti per 
la declaratoria di esecutivit� del lodo. 

Infatti, in caso di decreto del pretore che (illegittimamente) nega 
l'esecutoriet� del lodo, � ammesso reclamo mediante ricorso al presidente 
del tribunale che � tenuto a sentire le parti prima di provvedere 
con ordinanza (art. 825, ultimo comma, cod. proc. civ.). 

Nel caso, invece, del decreto che (illegittimamente) dichiara l'esecutivit� 
del lodo, cos� facendo venire ad esistenza la sentenza arbitrale 
(art. 825, quinto comma, cod. proc. civ.), � vero che il legislatore sia del 
codice di rito del 1940, sia della riforma del 1983 -sulla scorta di risalenti 
sollecitazioni della dottrina che aveva ritenuto ridondante la previsione 
del reolamo contro il decreto pretorile che dichiara l'esecutivit� 
(com'era previsto nel previgente codice di procedura civile) -non ha 
contemplato uno specifico mezzo di impugnazione che consenta di aggredire 
il solo decreto pretorile, essendo questo assorbito nella sentenza 
arbitrale di cui segue le sorti (analoghe ragioni si rinvengono nella relazione 
al disegno di legge n. 1686 di ulteriore riforma deMa disciplina dell'arbitrato, 
presentato .dal Ministro di Grazia e Giustizia e comunicato 
aUa � Presidenz� del Senato della Repubblica. il 10 aprile 1989). �� anche 
vero per� che nei confronti della sentenza arbitrale � esperibile l'impu



PARTE I, SBZ. l,. GIURlSPRUDBNZA CQS'J:ITUZIONALE 

gnazione pe:r nwlit� nei easi previsti dall'art. 829 cod. proc. civ. (e segnatamente, 
in riferimento alla regolarit� formale del lodo, nel caso contemplato 
dal n. 5 della norma), come anche � possibile, ricorrendone i 
presupposti, l'opposizione all'.esecuzione, In entrambi t casi �� .altres� approntata 
la possibilit� di �una tutel;:i immediata. potendo richiedersi la 
sospe:i:tsione dell'esecuzione della sel).tenza. 'arbitrale, rispettivamente e.x 
artt. 830, secondo comma, e li24 cod. pr9c. civ. Ove .poi si ritenga ammis$
ibUe J?opposizione, .. agli atti esecutivi -come afferma. il giu.ice rimettente.""-.
� comunque possibile l'emanazie>ne di provvedimenti � indilazionabili 
� ex art. 618 cod. proc. civ., i quali secondo un';:iccre.ditata opinione 
dottrinale, fatta propria dal[a pi� recente giurisprudenza della Corte di 
Cassazione, comprendono anche la facolt� di sospendere l'esecuzione. In 
dottrina si ritiene amn:dssibile anche un'ordinaria azione di accertamento. 
Inoltre, nel caso particolare dell'erre>re commesso dal pretore nel valutare 
come rituale (e quindi omologare) un lodo ohe invece �. irrituale, la 
giurisprudenza ritiene ammissibiile l'impugnativa negoziale del lodo stesso 
e non gi� l'azione di nullit�, ciella sentenza arbitrale. 

Ci�. che comunque in questa sede, ..rileva �, che. il .. diritto di difesa, 
sanclto. dall'art. 24 Cost., .vuole che. il. provvedimento del pretore che 
ha. controllato i presupposti .per. la dichiar;:izione di esecutivit� del lodo 
trasformandolo in sentenza arbitrale sia -come in effetti � -esso 
stess9. sindacabile anche se successivamente. 

Tanto � sufficiente al fine dell'esame della questione di costittiziona�.
it� per poter riconoscere che il. contraddittorio tra le parti si instaura 
in termini costituzionalmente adeguati dopo l'emanazione d,el decreto 
pretorile anche nell'ipotesi in cui esso sia dichiarativo dell'esecutivit� 
del lodo. 

Versandosi quindi in fattispecie di mero differimento dell'instaurazione 
del contraddittorio, questa Corte ritiene di conferm~e la propria 
giurisprudenza in . ordine alfa ritenuta compatibilit�. di siffatta posticipazione 
con la garanzia del diritto di difesa sancito daill'art. 24 Cost. 

. Cos�, con riferimento al decreto con cui il giudice liquida il comp�nso 
al consulente tecnico, decreto che costituisce titolo esecutivo contro 
la parte a carico della quale � posto� il pagamento ed . � pr<;munciato 
senza la previa i.nstaurazione del contra~l<;littorio (art. 24, disp. att. cod. 
proc. civ.), la Corte (sent. n. 125 .del 19]2) -nehl'a.ssimilare tale provvedimento 
al decreto ingiuntivo con conseguente ritenuta ammissibilit� 
dell'opposizione della parte interessata -ha affermato ch� in tale fattispecie 
non � precluso il contraddittorio, ma ne � differita l'attuazione 
alla fase processuale di opposizione ed � in questa successiva fase che 
trova esplicazione la garanzia deil diritto di difesa, che � non resta infirmato 
d�lla legge che ne adegua le modalit� di esercizio alle speciali 
caratteristiche di struttura� dei singoli procedimenti �. E tale indirizzo 
ha trovato c�nferma anche con riferimento al procedimento per ingiun



RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ,Q STATO 

24 

zione e alla possibilit� di iscrizione dell'ipoteca giudiziaile sulla base 
del decreto provvisoriamente esecutivo (ord. n. 37 del 1988). 

Solo allorch� nel procedimento che precede l'instaurazione del contraiddittorio 
si sia formato un titolo dotato di provvisoria esecutivit�, 
non suscettibile di sospensione nel'la successiva fase in cui il contraddittorio 
viene instaurato, risU!lterebbe gravemente inciso il diritto di 
difesa (sent. n. 141 del 1970); ma nella specie -come gi� posto in evidenza 
-l'esecuzione della sentenza arbitrale, formatasi sulla base di 
un illegittimo decreto pretorile dichiarativo dell'esecutivit� del lodo, � 
in ogni caso suscettibile di sospensione. (Omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1992, n. 133 -Pres. Corasaniti -
Red. Granata. Santuzzi ed altri c. Presidente del Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato Caramazza). 

Stupefacenti e sostanze psicotrope � Detenzione in quantit� superiore alla 
dose media giornaliera . Reato di pericolo � Discrezionalit� del legislatore 
� Incensurabilit� � Violazione del principio di offensivit� del 
reato, del principio di eguaglianza e della libert� personale � Manifesta 
infondatezza. 

Stupefacenti e sostanze psicotrope -Detenzione in quantit� superiore alla 
dose media giornaliera � Decreto del Ministro della Sanit� che fissa 
i limiti quantitativi massimi di principio attivo per la determinazione 
della dose media giornaliera . Violazione della riserva di legge � Manifesta 
infondatezza. 

Stupefacenti e sostanze psicotrope � Detenzione in quantit� supeliore alla 
dose media giornaliera . Coscienza dell'antigiuridit� del fatto e conoscibilit� 
del precetto penale � Violazione del principio della personalit� 
della responsabilit� penale e della finalit� rieducativa della pena -In� 
fondatezza. 

Stupefacenti e sostanze psicotrope . Detenzione in quantit� superiore alla 
dose media giornaliera � Sospensione dell'esecuzione della pena detentiva 
per l'attuazione di un programma terapeutico o socioriabilitativo 
-Inapplicabilit� in concreto al mero tossicofilo -Violazione del 
principio di eguaglianza � Infondatezza. 
Cqst., artt. 3, 13, 25, 27; d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73, 75, 78, 90). 

Le incriminazioni di pericolo presunto non sono incompatibili in 
via di principio con il dettato costituzionale purch� non siano irrazionali 
ed arbitrarie, .pertanto � manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale degli artt. 73, 75 e 78 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, 
con riferimento agli artt. 3, 13 e 25 Cast. nella parte in cui adottano 
un criterio quantitativo oggettivo ai fini della discriminazione della 


PARTE I; SEZ. I, .GIURISPRUDENZA�COSTITUZIONALE 

25 

condotta punibile con sanzione penale (spaccio) da quella punibile con 
sanzione amministrativa (consumo) non essendo n� arbitraria n� irragionevole 
la scelta di politica criminale di valutare il pericolo di spaccio 
come insito nell'accumulazione di sostanze stupefacenti oltre un dato 
limite (1). 

� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 73, 75 e 78 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in riferimento 
all'art. 25 Cast., nella parte in cui demandano ad un decreto del Ministro 
della Sanit� la determinazione dei limiti quantitativi massimi di principio 
attivo per la determinazione delle dosi medie giornaliere, in quanto 
la fattispecie penale risulta sufficientemente descritta nei suoi elementi 
essenziali dalla norma primaria, residuando soltanto una determinazione 
tecnica sulla base di nozioni di tossicologia, farmacologia e statistica 
sanitaria (2). 

� infondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 73, 
75 e 78 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in riferimento all'art. 27, primo 
e terza comma, Cast., nella parte in cui prevede che il discrimine quantitativo 
della detenzione di stupefacenti penalmente rilevante sia correlato 
ad una misura predeterminata in via generale non suscettibile di 
adattamento al caso concreto e senza tener conto della variabilit� dei 
quantitativi di sostanza pura presente nelle singole dosi, di cui l'agente 
non � consapevole (3). 

� infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 90 del 

d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione all'art. 3 Cast., nella parte in 
cui la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva per l'attuazione 
di un programma terapeutico o socio-riabilitativo � in pratica appli(
1-4) La Corte conferma buona parte di quanto affermato nella sent. 11 luglio 
1991, n. 333 (in questa Rivista, 1991, p. 172, con nota di W. FERRANTE, Modica 
quantit�, dose media giornaliera e modesta entit� nella detenzione di stupefacenti 
ed in Foro it., 1991, I, 2628, con osservazioni di G. GIORGIO e nota di G. FIANDACA) 
a cui hano fatto seguito varie ordinanze di manifesta infondatezza. 

Due le questioni nuove esaminate, e dichiarate infondate, nella sentenza 
in commento. La prima riguarda la coscienza dell'antigiuridicit� della condotta 
sotto il profilo sia della conoscibilit� della d.m.g. fissata dalla norma 
e applicabile al caso, sia della consapevolezza di detenere droga con una 
quantit� di principio attivo superiore a quella indicata nel decreto ministeriale. 
Secondo il giudice rimettente la previsione di un discrimine quantitativo rigidamente 
predeterminato in via generale e la variabilit� della quantit� di 
sostanza pura nelle c.d. dosi da strada esporrebbero il detentore al rischio 
di essere punito anche quando non � consapevole di detenere droga in 
misura superiore alla d.m.g. In realt� la questione della conoscenza della 
quantit� di principio attivo nella dose di droga detenuta non � nuova perch� 
gi� incidentalmente esaminata nella sent. 333/91 in cui si legge: � nell'ipotesi 
in cui il soggetto tossicodipendente o tossicofilo acquisti una quantit� di droga 
che normalmente contiene un principio attivo inferiore a quello di legge ma 



llASSBGNA AVVOCATURA -DELLO STATO 

cabile solo in caso di consumo abituale di droghe pesanti perch� presuppone 
di fatto uno -stato di tossicodipendenza non ipotizzabile in caso 
di consumo occasionale o di droghe leggere che non inducono a dipendenza 
(4). 

(Omissis) La prima delle numerose questioni di costituzionalit� sollevate, 
ch� si vengono ard esaminare s�eparatamente, suddividendole secondo 
le norme impugnate ed i parametri costituzionali di riferimento, 
ha ad oggetto gli artt. 71, 72 e 72 quater della 1legge 22 dicembre 1975, 

n. 685, come modificati dalla legge 26 giugno 1990, n. 162 (corrispondenti 
rispettivamente agli artt. 73, 75 e 78-del t.u. approvato �on d.P.R. 9 ottobre 
1990, n. 309, norme alle quali di segtlito si far� esclusivo riferimento); 
tali disposizioni -secondo � giudici rimettenti (g.i.p. presso il Tribunale 
di Roma, Tribunale di Torino -violano l'art. 3 Cost. perch� prevedono 
un'arbitraria ed irragionevole presunzione assoluta di spaccio 
di �sostanze stupefacenti � nel caso di detenzione in misura superiore alla 
dose media giornaliera (di seguito d.m.g.) in quanto l'esperienza giudiziaria 
mostra che non � dato escludere che i tossicodipendenti ricorrano 
aj:l'accv.mulazione di sostanze stupefacenti in quantit� superiore a tale 
parametro per il soddisfacimento del fabbisogno quotidiano. 
La questione � manifestamente infondata. 

Nella sentenza n. 333 del 1991 questa Corte ha gi� affermato che 
�le incriminazioni di pericolo presunto non sono incompatibili in via 
di principio con iil dettato costituzionale�, purch� non siano irrazionali 

I

od arbitrarie. Ha quindi individuato la ratio (non arbitraria, n� irragio


I ~ 

nevole) deila norma incriminatrice, che prevede come reato la detenzione 
di sostanze stupefacenti per uso personale in misura superiore alla 

che per avventura risulti essere particolarmente pura e quindi ricca di principio 
attivo in misura superiore a quella di legge, potrebbe mancare la con


I sapevolezza del superamento della soglia di punibilit� e quindi il dolo e, per 
esso, il reato stesso �. 

Dopo aver richiamato tale obiter dictum la Corte osserva, sul secondo 
profilo, che il giudizio sulla conoscibilit� del punto di discrimine tra detenzione 
lecita ed illecita appartiene al giudice del merito il quale dovr� accertare 
-seguendo i criteri fissati nella nota sent. Corte Cost., 24 marzo 1988, n. 364, 
in Foro it., 1988, I, 1385 con nota di G. FIANDACA -se il detentore versi in uno 
stato di scusabile ignoranza della quantit� di d.m.g. normativamente prevista. 

La seconda questione nuova riguarda il c.d. patto terapeutico che secondo 
il gi�dice rimettente costituirebbe un ingiustificato privilegio del tossicodipen� 
dente perch� di fatto solo lui, e non anche il mero tossicofilo, potrebbe usufruirne; 
ma s�c�ndo la Cort� lo stato di tossicodipendenza � il logico presupposto 
di tale �misura premiale � sia perch� nei confronti del tossicofilo-non 
tossicodipendente viene meno la ratio della norma (che � di incoraggiare e 
sostenere una terapia o riabilitazione), sia perch� il consumo di droga indotto 
da uno stato di dipendenza � cosa ben diversa da quello� riconducibile nella 
sfera� di libero arbitrio del soggetto. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

d.m.g., nell'esigenza -conseguente ad una pi� rigorosa valutazione del 
fenomeno-droga e dei suoi� effetti -sia di rendere � estremamente improbabile 
� che il detentore possa spacciare, od anche solo cedere a terzi, 
pur se in piccola parte, la sostanza detenuta, sia di limitare l'accumulo 
di droga per uso personale al fine di contrastarne l'illecito traffico, � costretto 
dalla parcellizzazione della domanda a moltiplic�re i rivoli dell'ultima 
fase dello spaccio�. 

Tale principio, pi� ampiamente argomentato nella citata sentenza, 
non pu� che essere ribadito anche in questa sede, non avendo i giudici 
rimettenti prospettato profili nuovi e diversi rispetto a quelli gi� valutati 
da questa Corte. 

E stata poi sollevata (dal Tribunale di Roma, dal g.i.p. presso il Tribunale 
di Roma, dal Tribunale di Torino, dal g.i.p. presso il Tribunale 
di Campobasso, dal g.i.p. presso il Tribunale di Crotone) questione di 
costituzionalit� degli artt. 73, 75 e 78 del t.u. citato per contrasto con 
l'art. 3 Cost. sotto il profilo della disparit� di trattamento nella forma 
di pari trattamento di situazioni diverse perch�, in caso di detenzione 
di sostanze stupefacenti in misura superiore alla d.m.g., sarebbero assoggettati 
alla stessa pena sia lo spacciatore che ha ceduto la droga, sia 
il tossicodipendente o tossicofilo che l'ha consumata. 

Anche tale seconda questione � manifestamente infondata. 

�Ha gi� affermato questa Corte, nella cit. sentenza n. 333/91, che le 
due fattispecie poste a raffronto (spaccio e mera detenzione per uso 
personale di sostanze stupefacenti), ove aventi ad oggetto una quantit� 
appena superiore alla d.m.g. non sono affatto entrambe al limite minimo 
della soglia di punibilit�, atteso che lo spaccio, essendo sanzionato anche 
se relativo a quantitativi inferiori alla d.m.g., non rappresenta la condotta 
di minor disvalore penale destinata in linea di principio all'applicazione 
della pena minima, salva la possibile incidenza in concreto della 
valutazione discrezionale del giudice ex artt. 132 e 133 cod. pen. al fine 
della quantificazione della pena. Tale differenziazione sul piano sanzionatorib 
-progressivamente pi� rilevante in caso di quantitativi che 
superano in misura maggiormente considerevole la d.m.g. -esclude la 
disparit� di trattamento prospettata dai giudici rimettenti, mentre la 
configurazione in tal caso di un solo reato con plurime condotte alternative 
non � in s� arbitrari� od irragionevole irt considerazione del fatto 
che �offerta (spaccio) e domanda (consumo) sono profili interagenti di 
un unico fenomeno �. 

D'altra parte la posizione del � consumatore non spacciatore � si differenzia 
ulteriormente perch� -come ha gi� �affermato questa Corte l'inequivoca 
destinazione all'uso personal� della droga detenuta anche in 
quantit� �non lieve � pu� essere valorizzata dal giudice penale al fin� 
di ritenere non di meno integrato il presupposto del fatto di �lieve 
entit��, di cui al quinto comma dell'art. 73, con conseguente applica



28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

zione delle meno severe pene da tale disposizione previste, atteso che 
tra le � circostanze dell'azione � ivi menzionate sono comprese anche le 
� circostanze soggettive � tutte, e quindi anche le finalit� della condotta 
tenuta dall'agente; infatti, come risulta inequivocabilmente dagli atti parlamentari 
(v. soprattutto l'intervento del rappresentante del Governo, 

I

=~ 

sen. Castiglione, Senato della Repubblica, seduta del 12 giugno 1990), la 
sostituzione, nel quinto comma dell'art. 73, dell'originario riferimento 
� alle circostanze inerenti alla persona del colpevole � con quello alle 
�circostanze dell'azione� era stata dettata dall'esigenza di ampliare (e 
non gi� di restringere) la rilevanza delle circostanze per comprendervi 
quelle soggettive e quelle oggettive. 

Un'ulteriore questione di costituzionalit� ha investito gli artt. 73, 75 
e 78 del t.u. citato per contrasto con gli artt. 13 e 25 Cost. per violazione 
del principio della necessaria offensivit� del reato, quale limite alla 
discrezionalit� del legislatore penale, giacch� nel caso della detenzione 
destinata al consumo o di effettivo consumo di sostanze stupefacenti in 
quantit� superiore alla d.m.g. non sarebbe configurabile la lesione o 

I 

l'esposizione a pericolo di alcun bene giuridico che possa giustificare la 

I

sanzione penale. 
Anche tale questione -sollevata dal Tribunale di Roma, dal g.i.p. 
presso il Tribunale di Roma, dal Tribunale di Torino, dal g.i.p. presso 

I 
I r.: 
il Tribunale di Campobasso -� manifestamente infondata; ed infatti 
questa Corte, dopo aver precisato che la condotta punita � la detenzione 

I 
~= per uso personale di sostanze stupefacenti e non gi� il consumo (n� != 
tanto meno -pu� aggiungersi -il consumo pregresso), ha gi� ritenuto, 

~ 

nella pi� volte citata sentenza n. 333 del 1991, che il principio della necessaria 
offensivit� del reato non � stato leso, essendo l'apprezzamento del 
legislatore in ordine alla condotta prevista nella fattispecie penale astratta 
n� irrazionale, n� arbitrario in ragione della (gi� ricordata) ratio sottesa i: 

" 

all'incriminazione della detenzione per uso personale di quantit� di droga 
superiore alla d.m.g.; ratio che � quella �per un verso, di ridurre il 
pericolo che una parte della sostanza detenuta possa essere venduta o 
ceduta a terzi, e, per altro verso, di indurre la domanda, e di riflesso 
l'offerta, a modellarsi su quantitativi minimi in guisa da costringere lo 
spaccio a parcellizzarsi al massimo e da renderne cos� pi� difficile la 
pratica�; tutto ci� per perseguire l'obiettivo di tutela di valori costituzionalmente 
rilevanti (salute pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico). 

Invece l'offensivit� della condotta concreta tenuta dall'agente costituisce 
oggetto di accertamento (caso per caso) del giudice di merito. 

Si � poi ritenuto (dal Tribunale di Roma, dal Tribunale di Camerino, 
dal Tribunale di Torino, dal Tribunale di Sassari, dal g.i.p. presso il 
Tribunale di Campobasso) che i medesimi artt. 73, 75 e 78 del t.u. citato 
contrastino con l'art. 25 Cost. per violazione della riserva di legge in 
materia penale in quanto � demandata ad un decreto del Ministro della 



PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sanit� la determinazione dei limiti quantitativi massimi di princ1p10 attivo 
per le dosi medie giornaliere senza che risulti soddisfatta l'esigenza 
di predeterminazione ad opera della norma primaria del contenuto essenziale 
della � fattispecie penale .. 

Tale questione � stata�� gi� .esaminata da questa Corte� nella sentenza 

n. 333 dell991, in cui le norme censurate sono state ritenute compatibili 
conJ'obbligo della riserva .di..legge, essendo sufficientemente determinato 
dalla norma .primaria il precetto penalmente sanzionato, mentre -in 
funzione di mera integrazione.� dello stesso -� demandato al Ministro 
della sanit� l'esercizio di una cliscrezionalit� meramente tecnica, tenendo 
conto dello stato attuale delle conoscenze scientifiche, senza che sia� con� 
sentita alcuna valutazione in chiave di prevenzione o di repressione. 
Invece l'eventuale illegittimit� in concreto dell'integrazione amministrativa 
della norma incriminatrice non pone un problema di compatibilit� 
con il precetto costituzionale della riserva di legge, ma radichere�be. 
il potere-dovere del giudice ordinario di disapplicare caso per caso 
il decreto .�ministeriale suddetto .. 

.Comiessa a quest'ultima questione. � poi quella, specificamente sollevata 
dal Tribunale di Torino, che investe gli artt. 73, 75 e 78 del T.U. 
citato, ulteriormente censurati per contrasto con gli artt. 3 e 25 Cost. 
sotto i profili della disparit� di trattamento di situazioni analoghe, della 
violazione del principio. di offensivit� e della violazione del principio della 
riserva di legge, perch� la quantificazione in maniera tassativamente tabellata 
della d.m.g. comporta la conseguenza di far discendere la responsabilit� 
del soggetto da un fattore (la misurazione) che per definizione 
presenta margini pressoch� imprescindibili di errore. 

Anche in tal caso soccorrono le valutazioni gi� fatte nella sentenza 

n. 333/91 per ritenere manifestamente infondata la questione. Dovendo 
la soglia quantitativa (la d.m.g.), che scrimina tra la detenzione punibile 
e quella non punibile, essere �media� ed essere riferita all'arco di una 
giornata, � conseguenziale -ma non per ci� solo irragionevole -che tale 
criterio presenti � margini inevitabili di approssimazione �, cos� come 
ogni standardizzazione. � sufficiente per�, per ritenere rispettato il precetto 
costituzionale della riserva di legge, che la determinazione del suddetto 
parametro avvenga seco.ndo le attuali conoscenze scientifiche e 
tecniche di campionatura e di accertamento, mentre la prevista variabilit� 
delle tabelle � in relazione alla evoluzione delle conoscenze del settore � 
(art. 78, secondo comma) rappresenta un sufficiente correttivo del possibile 
errore statistico del criterio adottato. 
Un'ulteriore. questione di costituzionalit� (anch'essa sollevata dal 
Tribunale di Torino) riguarda i medesimi artt. 73, 75 e 78 del T.U. citato 
per contrasto con il principio della personalit� della responsabilit� penale, 
posto dall'art. 27, 1 co., Cost., e con il principio della finalit� di rieducazione 
cui la pena deve tendere (art. 27, 3 co., Cost.) perch� il soggetto 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

agente non � posto in condizione di percepire l'antigiuridicit� del comportamento 
tenuto per essere il discrimine quantitativo (della detenzione 
penalmente rilevante), correlato non gi� alle sue personali necessit� quotidiane 
di droga, ma ad una misura rigidamente predeterminata in via 
generale, non suscettibile di adattamento al caso concreto; e perch� inoltre, 
la variabilit� dei �quantitativi di sostanza pura presente nelle singole 
dosi �da strada� viene a determinare una situazione di rischio alla quale 
l'agente deve soggiacere a prescindere da ogni effettiva componente individuale 
di prevedibilit� e consapevolezza. 

Entrambi i profili di censura non sono fondati. 

Ed infatti la coscienza dell'antigiuridicit� della condotta -valorizzata 
da questa Corte nella sentenza n. 364 del 1988, che ha dichiarato 
l'illegittimit� costituzionale dell'art. 5 c.p. nella parte in cui non esclude 
dall'inescusabilit� dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile 
-attiene al precetto normativo e non gi� al giudizio di disvalore ad 
esso sotteso, che � espressione della scelta di politica ciriminale del 
legislatore, in astratto sindacabile sotto i profili finora esaminati, ma non 
certo censurabile ove in concreto difforme dall'apprezzamento soggettivo 
del singolo autore della condotta vietata. 

In particolare la citata sentenza n. 364/88, dopo aver giudicato corretta 
la tesi della � inesistenza nella Costituzione di un vincolo per il 
legislatore ordinario di non sanzionare penalmente fatti carenti di 
effettiva conoscenza dell'antigiuridicit��, ha poi ravvisato come requisito 
subiettivo minimo costituzionalmente necessario la possibilit� della conoscenza 
della legge penale ed ha conseguentemente elevato a ragione di 
esclusione della colpevolezza l'ignoranza inevitabile della stessa, pur 
qualificando tale soltanto quella che l'agente non ha potuto evitare nemmeno 
adempiendo ai doveri strumentali di informazione e conoscenza. 

La coscienza dell'antigiuridicit� richiesta dalla Costituzione si risolve 
quindi nella conoscibilit� del precetto penale da parte del soggetto agente, 
con la precisazione che anche � in relazione a reati sforniti di disvalore 
sociale � deve ritenersi che � l'agente versi in evitabile e, pertanto, rimproverabile 
ignoranza della legge penale � quando la mancata percezione 
dell'illiceit� derivi dalla violazione degli obblighi di informazione della 
normativa vigente che sono alla base di ogni convivenza civile. 

Escluso il denunciato vizio di incostituzionalit� della norma, rimane 

per� affidato al giudice di merito -nei limit� puntualizzati dalla citata 

sentenza n. 364/88 -stabilire in concreto se -alla stregua delle informa


zioni in proposito fornite al singolo nell'attuale contesto storico -debba 

dirsi percepibile o non percepibile dall'agente, anche a livello di mero 

dubbio, l'illiceit� della condotta tenuta, quale detentore di una quantit� 

di droga superiore alla d.m.g. 

Quanto al secondo profilo questa Corte, nella sentenza n. 333/91, ha 

gi� affermato che l'eventuale errore dell'agente nell'apprezzamento della 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

quantit� di principio attivo contenuto nella sostanza stupefacente detenuta 
non � privo di rilevanza perch� al fine dell'integrazione dell'elemento 
soggettivo del dolo, � necessario che gli sia consapevole di detenere (per 
uso personale) una quantit� totale di sostanza stupefacente tale che 
contenga il relativo principio attivo in misura superiore a quella tabellata 
nel decreto ministeriale. 

Gli artt. 73, 75 e 78 del T.U. citato sono poi sospettati (dal g.i.p. 
presso il Tribunale di Campobasso) di contrastare con l'art. 3 Cost., per 
disparit� di trattamento nella .forma di pari trattamento di situazioni 
diverse dei vari possibili consumatori perch�, in caso di detenzione d� 
sostanze stupefacenti in misura superiore alla d.m.g., la condotta penalmente 
rilevante dipende da un dato quantitativo oggettivo senza 
tener conto n� della maggiore o minore efficacia stupefacente della 
sostanza secondo il modo di assunzione, n� del grado di tolleranza del 
soggetto assuntore. 

Anche tale questione � manifestamente infondata. 

Questa Corte nella sentenza n. 333/91 ha riconosciuto -come gi� 
rilevato -l'offensivit� della condotta del tossicodipendente o tossicofilo 
che, per il suo personale consumo differito, accumuli una quantit� 
di sostanza stupefacente superiore a quella tabellata. Superata tale 
soglia di punibilit�, le circostanze soggettive e oggettive (che in concreto 
connotano la detenzione per uso personale e tra cui rientrano il grado 
di tolleranza del soggetto assuntore ovvero la maggiore o minore efficacia 
stupefacente del modo di assunzione) possono essere non di meno 
apprezzate dal giudice penale ex artt. 132 e 133 c.p. Pertanto il fatto che 
il medesimo quantitativo di esubero della droga accumulata possa avere 
una diversa valenza in ragione del maggiore o minore grado di tolleranza 
del soggetto assuntore, ovvero delle modalit� di assunzione, non 
� privo di rilevanza e pu� condurre ad un trattamento differenziato in 
termini di gravit� del fatto accertato, non senza considerare che l'offensivit� 
della condotta non viene meno per il fatto che l'accumulo in 
ragione dello stato di assuefazione particolarmente accentuato del 
tossicodipendente -risulti essere di minima (ma non nulla) entit�. 

Infine il medesimo giudice rimettente censura l'art. 90 del T.U. citato 
perch� contrastante con l'art. 3 Cost., per disparit� di trattamento riservato 
a s1tuazioni meno gravi (droghe leggere ovvero consumo occasionale) 
rispetto a quello previsto per situazioni pi� gravi (droghe 
pesanti ovvero consumo abituale), applicandosi in particolare solo a 
queste ultime la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva per la 
attuazione di un programma terapeutico o socio-riabilitativo. 

La questione non � fondata. 

L'art. 90 T.U. approvato con d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 prevede che 
nei confronti di persona condannata ad una pena detentiva non Superiore 
a tre anni, anche �se congiunta a pena pecuniaria, per reati com



32 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

messi m relazione al proprio stato di tossicodipendente, il tribunale di 
sorveglianza pu� sospendere (una sola volta) l'esecuzione della pena 
per cinque anni qualora accerti che la persona si � sottoposta o abbia in 
corso un programma terapeutico e socioriabilitativo, sempre che dopo 
l'inizio di tale programma non abbia commesso altro delitto non colposo 
punibile con la reclusione. La soglia di applicabilit� del beneficio 
� portata a quattro ani di pena detentiva inflitta, ove i reati accertati 
siano quelli previsti dal quinto comma dell'art. 73. 

Il presupposto di applicabilit� del beneficio (che, all'esito del programma 
terapeutico e sempre che il tossicodipendente nei cinque anni 
successivi � al provvedimento non commetta un delitto non colposo punibile 
con la sola reclusione, comporta l'estinzione della pena e di 
ogni altro effetto penale) � quindi duplice: mancato superamento di 
un tetto massimo di pena inflitta (ed a tal fine il tribunale pu� tener 
conto cumulativamente di pene detentive inflitte con pi� condanne gi� 
divenute definitive); effettuazione di un programma terapeutico e socioriabilitativo. 
Ed � essenzialmente questa seconda condizione che costituisce 
la ratio dell'istituto volto a favorire il recupero dei tossicodipendenti, 
che in tal modo abbiano concretamente e meritevolmente mostrato 
di volersi adoperare per sottrarsi al gioco della droga e nello 
stesso tempo si siano astenuti dal commettere altri delitti (non colposi). 
Sicch� questa speciale sospensione dell'esecuzione della pena detentiva 
assume un carattere latamente premiale (che l'accomuna alla 
disciplina altrettanto speciale della custodia cautelare e dell'affidamento 
in prova prevista rispettivamente dagli artt. 89 e 94 T.U. cit. ove il 
tossicodipendente si sottoponga ad un programma terapeutico di recupero) 
ed una connotazione incentivante del recupero stesso (perch� la mancata 
prosecuzione del programma comporta la revoca del beneficio). 

Secondo il giudice rimettente, per�, l'ammissione al beneficio -proprio 
perch� � condizionato alla praticabilit� da parte del soggetto di 
un programma terapeutico e socioriabilitativo -presuppone uno stato 
di tossicodipendenza non ipotizzabile in caso di consumatori occasionali, 
o di consumatori di droghe leggere che non inducono dipendenza. 

Deve per� rilevarsi che la norma censurata non contiene, nel suo 
tenore testuale, nessuna limitazione in ragione del tipo di sostanza stupefacente 
che abbia determinato nel soggetto condannato lo stato di 
dipendenza (inteso come limitazione dell'area del libero arbitrio e della 
piena capacit� di autodeterminazione, indotta dall'abitualit� del consumo 
di sostanze stupefacenti), stato che costituisce l'unico elemento 
giuridicamente rilevante. L'accertamento in concreto dello stato di tossicodipendenza 
del soggetto condannato unitamente a quello del correlato 
carettere terapeutico e socioriabilitativo del programma di recupero 
� demandato al tribunale di sorveglianza. Nessuna disparit� di 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 33 

trattamento sussiste quindi in ragione del tipo di sostanza stupefacente 
che abbia determinato lo stato di dipendenza. 

Nel caso invece di consumo occasionale ovvero di consumo abituale 
che non abbia causato alcuno stato di tossicodipendenza viene meno il 
presupposto della misura premiale nel senso che l'eventuale persistere 
del soggetto nel consumo di droga � pienamente ed integralmente nella 
sfera del suo libero arbitrio, sicch� non � ingiustificatamente discriminante 
per la. diversit� delle situazioni poste in comparazione che non 
trovi applicazione la speciale misura della sospensione dell'esecuzione 
della pena, non essendo ipotizzabile alcuna terapia o riabilitazione del 
� tossicofilo-non tossicodipendente � da incoraggiare e sostenere. In tali 
casi per� -ricorrendone i presupposti -pu� trovare applicazione (in 
sede di pronuncia della condanna) il generale beneficio della sospensione 
condizionale della pena. 

Se per� la disciplina differenziata contenuta nella norma censurata 
non confligge con il canone costituzionale dell'eguaglianza di trattamento, 
non di meno -nel quadro della globale verifica, sul concreto 
terreno applicativo, degli effetti della legge n. 162 del 1990, anche al fine 
di �individuare le linee di ogni possibile ed utile modifica migliorativa � 
(sent. 333/91) -� rimessa alla discrezionalit� del legislatore pure la 
eventuale valutazione dell'opportunit� di introdurre, in relazione ai reati 
previsti dall'art. 73, quinto comma, cit., una parallela misura premiale 
anche in favore del mero tossicofilo. 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1992, n. 136 -Pres. Corasaniti -
Red. Granata -S.p.A. Finshipping (n. p.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (avv. Stato D'Amato). 

Procedimento civile -Interruzione del processo per fallimento della parte 
costituita -Non � automatica � Decorrenza del termine per la rlasswizione. 
(Cost., art. 24; cod. proc. civ., art. 305), 

Stante la possibilit� per il curatore del fallimento -in dipendenza 
dell'obbligo di informazione gravante sul procuratore del fallito -di 
avere preventiva e comunque tempestiva conoscenza della pendenza del 
processo e della sua interruzione, nessuna violazione del diritto di difesa 
� prospettabile, in suo danno, sotto il profilo della integrale utilizzabilit� 
del termine semestrale per la riassunzione del giudizio (1). 

(1) Una pronuncia che pu� risultare significativa anche per il caso di cosidetta 
trasformazione di ente (o azienda) pubblico in societ� per azioni. 

34 .RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATU 

(omissis) . .Diversamente che nei casi di morte o perdita della capacit� 
della parte non costituita (art. 299 c.p.c.) e di morte od impedimento 
del procuratore (art. 301 c.p.c.) (ai quali, rispettivamente si riferiscono 
le sentenze 159/71 e 139/1967, qui non utih:nente richiamate), ed 
in cui l'interruzione del processo interviene automaticamente nel momento 
nel quale si verifica l'evento impeditivo, nelle ipotsi invece di 
perdita delle capacit�, anche in conseguenza di fallimento, come in quella 
di morte della parte costituita (art. 300 c.p.c.), l'interruzione non � automatica 
ma interviene soltanto se il procuratore della parte, cui l'evento 
si riferisce, ne renda nota la causa. 

Per il disposto del comma primo del citato art. 300, la produzione degli 
effetti interruttivi � invero, in detti casi, subordinata alla dichiarazione 
(�ui si attribuisce carattere di manifestazione di volont� e non di scienza) 
che il procuratore della parte fallita (o deceduta) -ed egli soltanto -faccia 
in udienza dell'evento in questione; ed in difettto della quale -per 
consolidata giurisprudenza -il processo prosegue regolarmente nei confronti 
della parte (dichiarata fallita o defunta). 

La sopravvivenza (o ultrattivit�) -cos� codificata -della rappre~entanza 
processuale al fallimento o morte del mandante si spiega, peraltro, 
proprio in funzione della esigenza (avuta di mira dal legislatore) di tutelare 
gli interessi degli aventi causa dal soggetto colpito dall'evento inter


I

ruttivo: che sottintende di conseguenza un obbligo del procuratore di 
rendere noto a quei soggetti l'evento medesimo, concordando con essi la 
correlativa dichiarazione. 

Un tale obbligo, anche se non esplicitato nel richiamato art. 300, trova 
infatti il suo referente normativo, sul piano sostanziale, nel combinato 
disposto dell'art. 1728 comma primo e.e. (la cui applicabilit� anche al 

IIcaso del fallimento del mandante � ritenuta dalla prevalente dottrina, 
con cui concorda la giurisprudenza della Corte regolatrice, sia pur relativa 

~ 

alla parallela ipotesi, sub co. 2 della stessa norma, di fallimento del man


~ 

datario) e dell'art. 1710 cod. civ. A tenore dei quali �quando il mandato 
si estingue per morte od incapacit� sopravvenuta� (come nel caso di fallimento) 
�del mandante, il mandatariq che ha iniziato l'esecuzione deve 
continuarla se vi � pericolo nel ritardo� (art. 1728 cit.): ed a lui di conseguenza 
incombe anche di rendere note le circostanze sopravvenute che 
l;n.cidono sulla sorte del mandato {art. 1710). Informazione, questa, che nel 
caso di ma,ndato processuale ha appunto come naturali destinatari gli 
aventi causa del mandante che nel processo sono chiamati a succedergli 
(111 c.p.c.). (omissis) 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 6" sez., 27 novembre 
1991, nella causa C-199/90 -Pres. Schockweiler -Avv. Gen. 
Darmon -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale 
di Roma nella causa Italtrade S.p.A. (avv.ti proff. F. Capelli 
e A. Giardina) c. A.I.M.A. -Interv.: Governo italiano (avv. Stato 
Fiumara) e Commissione delle C. E. (ag. de March). 

Comunit� Europee -Agricoltura -Aiuti alla distillazione del vino � Presentazione 
delle prove della distillazione -Termine -Validit�. 
(regolamenti CEE del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337/79, art. 11; e della Commissione 

22 agosto 1983, n, 2373, art. 8, e 12 dicembre 1983, n. 3501). 

I termini prescritti dall'art. 8 del regolamento (CEE) della Commissione 
22 agosto 1983, n. 2373, che stabilisce le modalit� di applicazione 
della distillazione di cui all'art. 11 del regolamento (CEE) n. 337/79 per 
la campagna viticola 1983/1984, e prorogati dal regolamento (CEE) della 
Commissione 12 dicembre 1983, n. 3501, sono ter.mini imperativi la cui 
inosservanza comporta ipso iure come sanzione l'incameramento parziale 
o, a seconda dei casi, totale, della cauzione. L'esame congiunto delle 
questioni seconda e terza non ha rivelato alcun elemento atto ad infir~ 
mare la validit� dell'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83 (1). 

(1) Decadenza da aiuto comunitario per mancato rispetto di termini. 
Il principio enunciato dalla Corte (nel solco di un indirizzo gi� delineato 
in precedenti sentenze: cfr. quelle citate in motivazione 18 novembre 1987, 
nella causa 137/85, MAIZENA, in Racc., 4587, 27 giugno 1990, nella causa C-118/89, 
LINGENFELSER, in Racc. 1-2637, 12 luglio 1990, nella causa C-155/89, PHILIPP BROTHERS, 
in Racc., 1-3265, cui adde 22 gennaio 1986, nella causa 266/84, DENKAVIT, in Racc., 
164, 8 marzo 1988, nella causa 2%/86, McNICHOLL, in Racc., 1507), in senso 
conforme alle osservazioni formulate in causa dal Governo italiano, � suscettibile 
di essere generalizzato: non viola il principio di proporzionalit� una 
norma comunitaria, in tema di aiuti, che contempli una decadenza dai benefici, 
totale o parziale a seconda delle circostanze, per il mancato rispetto dei termini 
entro cui va eseguita l'operazione che si intende agevolare e va fornita la prova 
dell'esecuzione della stessa, ove i termini siano congruamente stabiliti. 
L'aiuto comunitario viene concesso, di norma, quando ricorrono due condizioni, 
l'una sostanziale, consistente nell'esatta esecuzione dell'operazione che 
la norma stessa intende agevolare, l'altra formale, consistente nell'esibizione 
della prova dell'esatta osservanza della prima. 
Naturalmente per il rispetto della prima � fissata una data: l'operazione 
deve essere eseguita entro una certa data. Se cos� non fosse, e fosse invece 



36 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -Con ordinanza 29 marzo 1990, pervenuta in cancelleria 
il successivo 29 giugno, il Tribunale civile di Roma ha sottoposto alla 
Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali 
vertenti sull'interpretazione e sulla validit� dell'art. 8 del regolamento 
(CEE) della Commissione 20 agosto 1983, n. 2373, che stabilisce 
le modalit� di applicazione della distillazione di cui all'art. 11 del regolamento 
(CEE) n. 337/79 per la campagna viticola 1983/1984 (G. U. 1. 232, 
pag. 5), come modificato dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 
1983, n. 3501 (G. U. 1. 350, pag. 5). 

2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia 
sorta fra la societ� Italtrade S.p.A. e l'Azienda di Stato per gli interventi 
nel mercato agricolo (in prosieguo: l'� AIMA �), ente d'intervento 
italiano competente per l'applicazione della politica agricola comune, 
in ordine all'incameramento di cauzioni costituite nell'ambito di una 
operazione di distillazione preventiva del vino. 
3. -L'art. 9, n. l, del regolamento (CEE) del Consiglio 25 luglio 1983, 
n. 2179, che stabilisce regole generali relative alla distillazione dei vini 
e dei sottoprodotti della vinificazione (G. U. L. 212, pag. 1), prevede il 
versamento, al distillatore o al produttore che effettui la distillazione, 
di un anticipo sull'aiuto, a condizione che sia stata costituita una cauzione. 
Ai sensi del n. 2 dello stesso articolo la cauzione � svincolata soltanto 
se, entro un termine da stabilirsi, � fornita la prova della distillazione 
e quella del pagamento al produttore, entro i termini fissati, del 
prezzo d'acquisto. 
possibile operare in qualsivoglia momento senza limiti temporali, secondo la 
buona volont� dell'operatore, l'aiuto non avrebbe senso, perch� non si realizzerebbe 
quell'impatto dell'operazione agevolata nel mercato, in ragione del 
quale l'aiuto � stato previsto. :e possibile, per�, che un qualche ritardo possa 
essere tollerato nel senso che ad esso non possa essere rigidamente e necessariamente 
collegata una totale perdita dell'aiuto, ove lo stesso non incida 
sostanzialmente sull'efficacia dell'aiuto: e cos� la Corte, con la sentenza 
LINGENFELSER sopracitata, in tema anch'essa di aiuti alla distillazione del vino, 
ha ritenuto che un'inosservanza del termine di pagamento del prezzo minimo 
da parte del distillatore al produttore, che non alteri le condizioni di svolgimento 
dell'operazione in modo cos� notevole rispetto a quelle dei normali 
negozi commerciali da scoraggiare il produttore dall'offrire il vino alla distillazione, 
non pu� essere considerata atta a compromettere la stessa finalit� 
del regime di distillazione, sicch� una disposizione (art 9, n. 2, reg. CEE della 
Commissione 15 dicembre 1982, n. 2499) che punisce con la perdita totale dell'aiuto 
qualsiasi superamento, anche minimo, del termine deve essere ritenuta 
sproporzionata rispetto alla finalit� perseguita con l'istituzione del termine 
stesso. 

Per quanto riguarda il rispetto della condizione formale per l'aiuto, cio� 

l'esibizione della prova dell'esatta esecuzione dell'operazione, � chiaro che 
anche per essa deve essere rispettato un termine, non patendo ammettersi, per 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 37 

4. -L'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83, prevedeva che ai fini 
dello svincolo della cauzione la prova della distillazione del vino e del 
pagamento . del prezzo d'acquisto entro i termini . previsti dovesse essere 
fornita entro e non oltre il 31 ottobre 1984. Ove tale termine non fosse 
stato :�spettato, ma la prova fosse stata fornita anteriormente al 1� febbraio 
1985, l'importo da svincolare era pari all'80% della cauzione, con 
incameramento della differenza. 
5. -Il regolamento n. 3501/83 sostituiva alle date del 31 ottobre 1984 
e del 1� febbraio 1985 quelle del 31 dicembre 1984 e del 1� aprile 1985. 
6. -Poich� la documentazione probatoria relativa al pagamento del 
prezzo d'acquisto al produttore era stata prodotta dall'Italtrade qualche 
giorno dopo la scadenza del 1� aprile 1985, l'AIMA incamerava le garanzie 
prestate per gli anticipi richiesti e concessi. 
7. -Investito del ricorso proposto avverso questa decisione dell'AIMA, 
il Tribunale civile di Roma ha disposto la sospensione del procedimento, 
fintantoch� la Corte non si sia pronunciata sulle seguenti questioni 
pregiudiziali: 
� 1) Se il termine previsto nell'art. 8 del regolamento della Commissione 
(CEE) n. 2373/83, come prorogato dal regolamento n. 3501/83, 
sia o non sia da interpretare come termine imperativo, alla cui inosservanza 
� ricollegata non una sanzione, ma la decadenza del benefi


un princ1p10 di ordine amministrativo, che la pratica resti aperta fino a che 
non decida di chiuderla l'interessato, a sua completa discrezione. 
In relazione alla prova, per�, un termine pu� assumere una rilevanza 
diversa, maggiore o minore, a seconda delle modalit� di erogazione dell'aiuto. 

t;:. chiaro, infatti, che se l'aiuto deve essere materialmente erogato solo 
dopo la verifica delle prove offerte dall'interessato, vi sono due interessi 
convergenti alla definizione della pratica entro un certo termine: da un lato 
v'� l'interesse amministrativo alla chiusura e dall'altro v'� un parallelo ma 
distinto interesse dell'operatore a presentare la documentazione che attesti 
l'avvenuto rispetto delle condizioni per conseguire al pi� presto il pagamento 
dell'aiuto in suo favore. Ma se l'aiuto � stato corrisposto in anticipo, sia pure 
in via provvisoria e con cauzione, e salva la verifica della ricorrenza delle 
condizioni imposte dalla norma, sar� ancor pi� necessario, a tutela dell'interesse 
dell'ente erogatore dell'aiuto (e quindi dell'interesse della Comunit�), 
che la prova sia prodotta entro un certo termine e non oltre esso. Pu� essere 
ragionevole, anche qui, che sia ammessa entro certi limiti una prova tardiva, 
ma � chiaro che; al di l� di un certo termine, nessuna prova pu� essere pi� 
ammessa e l'anticipazione corrisposta deve essere restituita per la constatata 
impossibilit� di verificare la ricorrenza, a posteriori, delle condizioni dell'aiuto. 

E appunto, nel caso sottoposto all'esame della Corte in cui veniva corrisposta 
un'anticipazione (corrispondente al presumibile aiuto) per consentire 
l'immediato pagamento del prezzo minimo al produttore, il regolamento della 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

38 

ciario dal diritto di richiedere il contributo previsto per la distillazione 
del vino; 

2) Qualora venga data risposta negativa al quesito sub l), se le 
disposizioni su citate siano da ritenere invalide in quanto la sanzione 
prevista (perdita del contributo) violi il principio di proporzionalit� sia 

perch� eccessiva rispetto all'infrazione (di natura meramente formale) 
commessa sia perch� punisce con pari rigore violazioni di diversa gravit� 
(inadempienze sostanziali connesse alle operazioni di distillazione e 
meri ritardi nella produzione della documentazione probatoria sullo 
svolgimento di tali operazioni); 

3) In caso tale sproporzione sia ritenuta sussistente, se l'invalidit� 
sia comunque da escludere in relazione al fatto che le disposizioni in 
esame prevedono una graduazione delle sanzioni (rispettivamente perdita 
del 20% o dell'intero contributo) in funzione dell'entit� del ritardo 
(superamento del termine del 31 dicembre 1984 o di quello del 31 marzo 
1985) �. 

8. -Per una pm ampia illustrazione degli antefatti della causa 
principale, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte 
presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi 
elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla 
comprensione del ragionamento della Corte. 
9. -Alla luce dell'ordinanza di rinvio e della controversia pendente 
dinanzi al giudice nazionale, vertente sulla legittimit� dell'incamera-
Commissione (n. 2373/83 mod. con il n. 3501/83), rispettando la linea impostale 
dal regolamento del Consiglio (n. 337/79), di graduare le conseguenze di un 
ritardo nella presentazione della prova, aveva fissato un termine di quattro 
mesi per la presentazione della documentazione, scaduto il quale sarebbe stata 
ancora concessa la possibilit� di presentare la documentazione per un ulteriore 
periodo di quattro mesi ma con la perdita del 20 % della cauzione (che corrispondeva 
all'anticipazione, cio� all'aiuto previsto, con una maggiorazione del 
10 % per il presumibile ritardo); scaduto anche l'ulteriore termine di 4 mesi 
(in totale, cio�, 8 mesi) la cauzione veniva incamerata per intero (il che significa, 
praticamente, che l'aiuto non era pi� corrisposto e l'anticipazione doveva 
essere restituita con la maggiorazione del 10 %). 

1l. stato riconosciuto che il doppio termine � ragionevole e sufficientemente 
ampio per consentire all'operatore di adempiere: e ci� non poteva proprio 
essere posto in dubbio, essendo evidente, ictu oculi, l'ampiezza del termine. 

Certamente pu� sembrare � cattivo � che un aiuto di grossa consistenza 
si perda a causa del mancato rispetto del termine per la prova per soli uno 

o due giorni di ritardo. Ma questa � la conseguenza della scadenza dei termini, 
che, se ragionevoli, non possono non essere rispettati: tanto pi� se si tratta di 
un doppio termine con una graduazione ragionevole delle conseguenze negative. 
OSCAR FIUMARA 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITMUA E INTERNAZIONALE 

mento delle garanzie prestate, le suddette questioni devono essere intese 
nel senso che il Tribunale civile di Roma mira in sostanza a stabil�r�: 

-se l'incameramento della � cauzione prevista all'art. 8, n. 2, del 
regolamento n:. 2373/83, abbia natura sanzionatoria e, in caso affermativo; 


-se la disposizione iii parola sia conforme al principio�� di proporzigtia}
i:t�.~ in �onsiderazione dell'entit� del 11uperamento del termine di 
presentazione delle prove e della graduazione delle sanzioni prevista dal 
detto art. 8, n. 2, in funzione della gravit� di tale ritardo. 

10. -Pet quatito riguarda la prima questione, occo.rre ribadire che 
secondo uria gitiri~prud�n:Z� costante l'incameramento di una cauzione, 
destinata a garantire un determinato impegno e applicabile al1orch� 
l'operatore economico non abbia prodotto entro il termine stabi1ito le 
prove prescritte per dimostrare che l'operazione che si era impegnata a 
compiere � stata effettivamente.� compiuta, deve essere considerata una 
sanzione (v. in particolare; sentenza 18 novembre 1987, Maizena, causa 
137/85, Racc, pag. 4587; e 12 luglio 1990, Philipp Brothers, causa C-155/89, 
Racc, pag. I-3265). 
11. -Pertazito la prima questione, nei termini incui � stata riformu� 
lata, dev'essere� risolta nel senso che i termini prescritti dall'art. 8 del 
regolamento n. 2373/83 e prorogati da regolamento n. 3501/83 sono 
termini imperativi, la cui inosservanza comporta ipso iure come sanzione 
l'incamerame:ato parziale o, a seconda dei casi, totale, della cauzione. 
12. -Per risolvere la seconda questione, cos� come � stata riformulata, 
� opportuno ricordare che, per stabilire se una disposizione del 
diritto comunitario � conforme al principio di proporzionalit�, bisogna 
esaminare se i mezzi a cui essa ricorre per realizzare il proprio obiettivo 
si accordano con .l'importanza di questo e se sono necessari per 
raggiungerlo (v. da ultirno, le sentenze 12 luglio 1990, Philipp Brothers, � 
gi� citata, e 27 giugno 1990, Lingenfelser, causa C-118/89, Racc. pag. 
I-2637). 
13. -Per quanto riguarda la normativa che � �oggetto del presente 
procedimento pregiudiziale, l'obiettivo della fissazione di un termine 
imperativo per la� presentazione della prova della distillazione e del 
pagamento del prezzo aJ. produttore viene enunciato nel . ventesimo 
�considerando>> del regolamento n. 2179/83, in cui si legge che �ai fini 
di un funzionamento uniforme del sistema negli Stati membri, � opportuno 
prevedere che la presentazione della domanda nonch� il versamento 
dell'aiuto ai . distillatori avvengano entro termini da determinare �. 
I termini imperativi prescritti dall'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

40 

sono pertanto intesi a garantire la buona gestione amministrativa del 
sistema degli anticipi e l'osservanza del principio di parit� di trattamento 
tra gli operatori economici, evitando, in particolare, che un operatore 
economico consegua un vantaggio indebito ottenendo un anticipo 
del quale non potr� giustificare il fondamento se non in tempi eccessivi 

(v. sentenza 12 luglio 1990, Philipp Brothers, gi� citata). 
14. -Ai fini di una valutazione della congruenza del regime dell'incameramento 
della cauzione prevista dall'art. 8, n. 2, del regolamento 
n. 2373/83, all'importanza dell'obiettivo sopra richiamato nonch� della 
sua necessit� per conseguirlo, occorre rilevare che la sanzione prevista 
non � forfettaria, bens� proporzionale alla gravit� del ritardo, e che la 
perdita totale della cauzione interviene solo se il distillatore non abbia 
prodotto la documentazione probatoria allo scadere di un termine perentorio 
successivo allo scadere di un primo termine, per il quale � comminata 
la perdita parziale della cauzione. 
15. -Stando cos� le cose, si deve constatare che l'art. 8, n. 2, del 
regolamento n. 2373/83, prevede un regime sanzionatorio adeguato allo 
scopo perseguito e necessario per l'attuazione del medesimo e che tale 
norma �, di conseguenza, conforme al principio di proporzionalit�, la 
cui importanza � del resto ribadita nel ventesimo � considerando � del 
regolamento n. 2179/83. 
16. -La questione posta dal giudice nazionale dev'essere pertanto 
risolta nel senso che l'esame congiunto delle questioni seconda e terza 
non ha rivelato alcun elemento atto ad infirmare la validit� dell'art. 8, 
n. 2, del regolamento n. 2373/83. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 18 
febbraio 1992, nella causa C-235/89 -Pres. Due -Avv. Gen. Van 
Gerven -Commissione delle C.E. (ag. Marenco e White) c. Rep. 
italiana (avv. Stato Fiumara) -Interv.: Regno di Spagna (ag. Conde 
de Saro e Navarro Gonzales), Regno unito di Gran Bretagna e 
Irlanda del Nord (ag. Candwell) e Rep. portoghese (ag. Inez Fernandes, 
Mota Capit�o e Ruy Serr�a). 

Comunit� Europee -Libera circolazione delle merci -Propriet� industriale 
� Brevetto nazionale per invenzione industriale o nuova variet� vege� 
tale � Licenza obbligatoria. 
(trattato CEE, artt. 30, 36 e 222; r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, artt. 52, 53, 54, 54-bis 

e 54-ter; legge 12 agosto 1975, n. 974, art. 14; conv. di Parigi 20 marzo 1883, art. 5). 

Avendo consentito il rilascio di licenze obbligatorie quando un brevetto 
per invenzione industriale o per una nuova variet� vegetale non 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

41 

viene attuato sotto forma di produzione nel territorio nazionale e 
quando il brevetto viene attuato sotto forma di importazioni da altri 
Stati membri, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che 
le incombono in forza dell'art. 30 del Trattato CEE (1). 

(omissis) h -Con atto intrOduttivo depositato nella cancelleria 
della� Corte� il 27 luglio 1989, la Commissione delle Comunit� Europee 
ha proposte>, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto 
a far dichiarare che la Repubblica ital�ana, col prevedere la concessione 
di licenze obbligatorie qualora il titolare ��di un brevetto per invenzione 
ind~striale � per una nuovavariet� vegetale . non attui. il brevetto sotto 
forma di.� produzione nel territorio italiano, � venuta meno agli obblighi 
c:be le incombono in forza dell'art. 30 del Trattato CEE. 

2. -In Italia i brevetti per invenzione industriale sono in particolare 
disciplinati< dal regio decreto 29 giugno 1939 (G.U.R.I. n. 189 del 
14 lig�sfo 1939), :rriodificafo c�n decreto del Presidente della Repubblica 
26 febbraio 1968�; n. 849 (G.U.RL n. 193 del 31 luglio 1968). 
3. ,.,.... Ai sensi dell'art. 52 del citato regio decreto n. 1127: � L'invenzione 
industriale che costituisce oggetto di brevetto deve essere attuata 
nel territorio dello Stato in misura tale da non risultare in grave sproporzione 
con 1 bisogrJ.i del Paese.�,. L'art. 53 dello stesso decreto precisa 
che: � L'introduzione o la vendita nel territorio dello Stato di oggetti 
prodotti all'estero non costituisce attuazione dell'invenzione �. 
4.._,.. Le conseguenze della mancata attuazione sul territorio na-zionale. 
dell'invenzione tutelata da un brevetto sono previste dagli 
artt. 54, 54-bis e 54-ter del regio decreto n. 1127, nella versione risultante 

(1) Nelle difese scritte del Governo italiano (e in quello degli Stati intervenuti 
-Spagna, Regno Unito e Portogallo -, le cui .legislazioni, unitamente a 
quelle di Danimarca, Germania .e, almeno al momento dell'inizio della causa, 
Francia, Irlanda e Grecia, erano nella stessa linea di quella italiana), lungi dal 
sostenersi che era preoccupazione del legislatore nazionale favorire la produzione 
nazionale (punto 25 della sentenza), si era rilevato che la normativa 
interna non impediva certo al titolare del brevetto di importare il prodotto 
brevettato in Italia, ma limitava soltanto, con pieno rispetto dello spirito 
dell'art. 36 del Trattato, la tutela della propriet� industriale -di competenza 
degli Stati membri -in caso di non utilizzazione dell'invenzione sul territorio 
italiano. � In tale angolazione -si era detto -non appare. possibile parlare 
di discriminazione fra prodotti importati e prodotti nazionali, �n� di una 
restrizione dissimulata al commercio fra gli Stati. Il prodotto brevettato pu� 
essere realizzato fuori del territorio nazionale ad opera del titolare del brevetto 
o di chi per esso ed essere quindi importato senza alcuna limitazione da 
chiunque; ovvero pu� essere realizzato in Italia dallo stesso titolare del brevetto 
o da chi ha il suo consenso o, non provvedendo l'uno o l'altro, da parte 

42 . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 849. L'art. 54, primo 
comma, dispone che: � Trascorsi tre anni dalla data di rilascio del 
brevetto, o quattro anni dalla data di deposito della domanda se questo 
termine scade successivamente al precedente, qualora il titolare del 
brevetto o il suo avente causa, direttamente o a mezzo di uno o pi� 
licenziatari, non abbia attuato nel territorio dello Stato l'invenzione brevettata, 
o l'abbia attuata in misura tale da risultare in grave sproporzione 
con i bisogni del paese, pu� essere concessa licenza obbligatoria 
per l'uso non esclusivo dell'invenzione medesima, a favore di ogni interessato 
che ne faccia richiesta�. 

5. -'1 brevetti concernenti nuove variet� vegetali sono disciplinati 
dal decreto del Presidente della Repubblica 12 agosto 1975, n. 974 (G.U.RJ. 
n. 109 del 26 aprile 1976), modificato dalla legge 14 ottobre 1985, n. 620. 
Ai sensi dell'art. 14 di questo decreto: �Ai brevetti concernenti nuove variet� 
vegetali si applicano, in quanto compatibili con le disposizioni contenute 
nel presente decreto, le norme del decreto del presidente della 
Repubblica 26 febbraio 1968, n. 849, e successive modificazioni, in materia 
di licenze obbligatorie. La mancanza, la sospensione o la riduzione dell'attuazione 
prevista dall'art. 1 del citato decreto si verifica quando il 
titolare del brevetto o il suo avente causa, direttamente o a mezzo di uno 
o pi� licenziatari, non pone a disposizione degli utilizzatori, nel territorio I 
I ~

dello Stato, materiale di propagazione e di moltiplicazione della variet� 
vegetale brevettata in misura adeguata alle esigenze dell'economia nazionale
�. 

6. -Ritenendo che queste disposizioni nazionali costituissero misure 
I

di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione ai sensi 

I

di chi ottiene licenza obbligatoria. Nessun effetto limitativo ne deriva alle 

� 

importazioni, le quali possono essere effettuate� in piena libert�, pur se in concorrenza 
con la produzione nazionale realizzata in regime di licenza obbligatoria. 
Quel che il titolare del brevetto perde non � certo il mercato italiano, che esso 
pu� tranquillamente utilizzare per le sue importazioni, ma l'esclusiva nel mercato 
stesso e ci� in ragione della mancata attuazione da parte sua del brevetto 
nel territorio italiano �. 

Affermandosi che lo sfruttamento attraverso le importazioni deve essere 
messo sullo stesso piano dello sfruttamento sul territorio, nazionale, si sono 
anticipati, in sostanza, gli effetti delle due convenzioni sul brevetto comunitario 
citate in motivazione, le quali, per�, non ancora in vigore, consentivano agli 
Stati membri cLi esprimere una riserva tempO'I'anea sul punto, il che giustificava 
ampiamente la normativa italiana dettata in aderenza ai principi della convenzione 
di Parigi per la protezione della propriet� industriale del 20 marzo 1883, 
riveduta a Bruxelles, Washington, L'Aja, Londra, Lisbona e da ultimo Stoccolma 
il 14 luglio 1967. 

In tema di licenza obbligatoria cfr. anche in questa Rassegna, 1985, I, 748, 
la sentenza della Corte 9 luglio 1985, nella causa 19/84, PHARMON. 



PARTE I, SEZ. 111 GIURIS. COMUNITARIA� R INTERNAZIONALE 

dell'art. 30 del Trattato, la Commissione ha proposto il presente ricorso 
per inadempimento. 

7. -Per una pi� ampia illustrazione delle disposizioni comunitarie 
e nazionali, dello svolgimento del procedimento nonch� dei mezzi e argomenti 
delle parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi 
del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione 
del ragionamento della Corte. 
Sull'oggetto del ricorso. 

8. -La Commissione precisa nel ricorso di non contestare, su di 
un piano generale, n� l'obbligo per il titolare del brevetto di attuare 
il brevetto e di soddisfare la richiesta sul mercato nazionale del prodotto 
brevettato, n� la facolt� per le autorit� competenti di uno Stato membro 
di concedere una licenza obbligatoria quando tale obbligo non sia adempiuto. 
La contestazione riguarda esclusivamente le citate disposizioni 
della normativa italiana in quanto operano una distinzione tra la fabbricazione 
del prodotto sul territorio nazionale e l'importazione di detto 
prodotto dal territorio di un altro Stato membro, e sfavoriscono l'importazione 
mediante i requisiti cui subordinano la concessione, da parte delle 
autorit� competenti, di una licenza obbligatoria qualora il brevetto venga 
attuato sotto forma di prodotti importati. Questo � l'oggetto del ricorso, 
cos� circoscritto, sul quale deve pronunciarsi la Corte. 
9. -La Commissione allega anche l'incompatibilit� con l'art. 30 del 
Trattato delle disposizioni nazionali che limiterebbero al solo territorio 
nazionale l'esercizio dei diritti conferiti da una licenza obbligatoria. L'incompatibilit� 
contestata costituisce una censura distinta la quale, non 
esi;endo oggetto delle conclusioni del ricorso, non sar� esaminata dalla 
Corte nell'ambito della presente controversia. 
Sulla fondatezza del ricorso. 

10. --La Commissione ritiene che le citate disposizioni nazionali favoriscano 
la produi:ione nazionale a scapito dell'attuazione del brevetto 
sotto forma di importazioni nel territorio nazionale. Tali disposizioni, che 
spingono il titolare del brevetto a produrre sul territorio nazionale piuttosto 
che ad importare dal territorio di altri Stati membri, costituirebbero 
misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni. 
Avendo gi� riconosciuto che una semplice campagna pubblicitaria organizzata 
da autorit� statali a favore di prodotti nazionali costituisce una 
misura di effetto equivalente (sentenza 24 novembre 1982, Commissione/ 
Irlanda, causa 249/81, Racc. pag. 4005), a maggior ragione la Corte, considerata 
la gravit� delle conseguenze giuridiche dell� �oncessione di una 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

licenza obbligatoria, dovrebbe dichiarare l'incompatibilit� delle disposizioni 
controverse con il Trattato. Quest'ultime non potrebbero trovare 
giustificazione nelle disposizioni di deroga di cui all'art. 36 del Trattato 
perch� la normativa contestata non sarebbe volta a garantire la tutela 
della propriet� industriale e commerciale ma, al contrario, a circoscrivere 
i diritti conferiti da detta propriet�. L'obiettivo perseguito, cio� favorire 
la produzione nazionale, sarebbe inoltre diametralmente opposto a quelli 
del Trattato. Infine i provvedimenti adottati non sarebbero comunque 
proporzionati a tale obiettivo. 

11. -La Repubblica italiana, convenuta, nonch� il regno di Spagna, 
il Regno Unito e la Repubblica portoghese, intervenienti, chiedono alla 
Corte di respingere il ricorso e deducono a tal fine diversi mezzi e argomenti. 
In primo luogo, le modalit� per l'istituzione di un regime di 
licenza obbligatoria, in materia di propriet� industriale e commerciale, 
conformemente alle disposizioni degli artt. 222 e 36 del Trattato, sarebbero 
di competenza esclusiva del legislatore nazionale. In secondo luogo, 
le disposizioni controverse sarebbero conformi all'art. 5 della Convenzione 
di Parigi del 20 marzo 1883 per la protezione della propriet� industriale, 
come riveduta ultimamente a Stoccolma il 14 luglio 1967 (in prosieguo: 
la �convenzione di Parigi�). In terzo luogo, le disposizioni controverse 
non comporterebbero il divieto o la riduzione delle importazioni. In quarto 
luogo, l'argomentazione sostenuta dalla Commissione non sarebbe in 
realt� volta a garantire la libera circolazione delle merci bens� a consolidare 
i diritti del titolare del brevetto in condizioni che disconoscono 
le esigenze della libera concorrenza fra gli operatori economici dei diversi 
Stati membri. In quinto luogo, la censura nei confronti delle disposizioni 
di cui � causa sarebbe essenzialmente teorica perch� dette disposizione 
nella pratica sono raramente applicate. In sesto luogo, solo nell'ambito 
di un'armonizzazione comunitaria del complesso delle normative 
degli Stati membri potr� essere raggiunto lo scopo perseguito dalla Commissione 
con il presente ricorso. Infine il ragionamento della Commissione 
porterebbe a considerare che talune disposizioni della convenzione sul 
brevetto comunitario firmata a Lussemburgo il 15�dicembre 1975 (in prosieguo: 
la �prima convenzione sul brevetto comunitario�) e della convenzione 
sul brevetto comunitario allegata all'accordo firmato a Lussemburgo 
il 15 dicembre 1989 (in prosieguo: la � seocnda convenzione sul 
brevetto comunitario�) sono in contrasto con il Trattato. 
12. -Nello stato attuale del diritto comunitario le disposizioni in 
materia di brevetti non sono state ancora oggetto di unificazione nell'ambito 
della Comunit� o di ravvicinamento delle legislazioni. La prima 
convenzione sul brevetto comunitario, che ha il duplice scopo di creare 
un brevetto comunitario ed istituire un regime comunitario dei brevetti 

46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

20. -Il tiolare del brevetto, per evitare il rischio di perdere il suo 
I

diritto esclusivo, che non pu� essere effettivamente compensato, a suo 

I ili 

parere, dal versamento da parte del licenziatario dell'equo comp�nso pre-' 
visto d�ll'art. 54-bis del citato regio decreto n. 1127, � pertanto indotto 
a produrre nel territorio dello Stato in cui � stato rilasciato il brevetto, 
piuttosto che a importare da altri Stati membri il prodotto tutelato da 
brevetto. 

21. -Siffatte disposizioni, a prescindere dal numero delle licenze 
IIobbligatorie concesse, sono atte ad ostacolare dirett�mente o indirettamente, 
in. atto o in potenza, il commercio intracomunitario. 

22. -Del pari, come ha rilevato l'avvocato generale nelle sue conclusioni 
(punto 10), l'applicazione di queste disposizioni, quando conduce 
alla concessione di una licenza obbligatoria ad un produttore nazionale, 
comporta necessariamente un calo dell'importazione da altri Stati membri 
del prodotto brevettato, �a danno del commercio intracomunitario. 
23. -Pertanto dette disposizioni costituiscono misure di effetto equiv�lente 
a restrizioni quantitative all'importazione ai sensi dell'art. 30 del 
Trattato (sentenza 11 luglio 1974, Dassonville, causa 8/74, Racc. pag. 837, 
punto 5 della motivazione). 
24. -Bench� la sanzione per la mancata o insufficiente attuazione 
del brevetto possa essere ritenuta la necessaria contropartita dell'esclusiva 
territori�le attribuita dal brevetto, rion vi � invece nessuna ragione 
inerente all'oggetto specifico del brevetto che giustifichi la discriminazione 
operata dalle controverse disposizioni fra l'attuazione del brevetto 
sotto forma di produzione nel territorio nazion�le e quella per mezzo 
di importazioni provenienti d�l territorio di altri Stati membri. 
25. -Una discriminazione del genere non � in realt� motivata dalle 
esigenze specifiche della propriet� industri�le e commerciale bens�, come 
riconosce peraltro lo Stato convenuto, dalla preoccupazione del legislatore 
nazion�le di favorire la produzione nazionale. 
26. -Orbene, siffatta considerazione, che ha la conseguenza di frustrare 
gli scopi della Comunit� sanciti in particolare dall'art. 2 ed elaborati 
dall'art. 3 del Trattato, non pu� essere applicata per giustificare 
una restrizione �l commercio fra gli Stati membri. 
27. -N� le disposizioni dell'art. 5 della Convenzione di Parigi, che 
si limitano ad offrire agli Stati firmatari la facolt� di prevedere la concessione 
di licenze obbligatorie per prevenire gli abusi che potrebbero 
risultare d�ll'esercizio del diritto esclusivo attribuito dal brevetto, come 
ad esempio la mancata attuazione, n� l'intento di garantire una maggior 

41 

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�6ri,S~nt1to il iila$ci� di li�!e:ClZe obbligatorie quando ���un �brevetto � per 
�nvenzi<:>ne ingustriale �. o. per nuova. variet� vegetale non viene attuato 
sotto roil,tr� ~ pr()g~i~ne .el t�,rrit()rio nazionale e quando il brevetto 
viene attt(at�fsc.Jtto fol'D.1a �cl.i! �mportazioni .� da altri .�Stati .membri;� � .ve. 
nuta�meno agli�. obblighi che le incombono in forza dell'art. 30 del Trat� 
tato: . c:Sfa (pmissis) 

CORTE Df ��t1STlZ�A bBtLE coMiTNlTX EiTROPEll sed. � � Ien. 31

.....�.�.���.��.��.� ...� ... ��� .. �.� . ... . ' . p , 
.... :w,i.:z9JQ~~, ne:lla.cia..�~C-362/90 .~.R:re.~.Due -Avy.. Gen.. Lenz �.Com� 
mi~~d,91;1:e:del1~ �9~.tlit�t .eurQpee (ag, Be:ni.rdis e Aresu) c. Repubblica 
.. italiana (avv. ~~a,to !Jragugli.a). 

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c'lm1Uljt� E;.rope~ ~ J\.pp~tl pubblici di fonlitute �.~��.l:n~dernpimento. di. ~o 
�.Stato�~ Parere m,9tivato � Cessazione delrinadempimento ���Ricorso . alla 
Corte � Jrri(,:e\tibjlit�. 
(trattato CEE, fu.t>169; direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, n. 77/62/CEB); 

:S irricevibile i(ricorso proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato 
CEE, aalla Commissione delle Comunit� Europee dopo la scadenza del 


48 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

termine fissato nel parere motivato per far cessare l'inadempimento, se 
alla data della scadenza l'inadempimento contestato non sussiste pi� per 
esaurimento degli effetti (1). 

(omissis) 1. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte 1'11 
dicembre 1990, la Commissione delle Comunit� Europee ha proposto, ai 
sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far constatare 
che, avendo imposto l'Unit� Sanitaria Locale XI -Genova 2 (in prosieguo: 
l'� USL�) che il 50 % dell'importo minimo di forniture, realizzato nell'ultimo 
triennio e richiesto per poter partecipare ad u�l appalto di forniture, 
sia stato effettuato in favore di amministrazioni pubbliche, la 
Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono in 
forza della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che 
coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture 
(G. U. 1977, 1. 13, pag. 1). 

2. -L'USL faceva pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubolica 
italiana, parte II, 10 ottobre 1988, n. 238, un bando di gara per la 
fornitura di vari prodotti, tra i quali in particolare carne bovina fresca 
per un importo di 5.800.000.000 di lire. Il bando subordinava l'ammissione 
alla gara alla condizione che i potenziali offerenti avessero effettuato, 
nell'ultimo triennio (1985/1986/1987), la fornitura di prodotti identici 
per un ammontare pari almeno a sei volte il valore di ciascuna 
fornitura per la quale intendevano fare un'offerta; il 50 % di detto ammontare 
doveva essere costituito da forniture ad amministrazioni pubbliche. 
3. -La Commissione riteneva che detta condizione, in quanto faceva 
riferimento alla fornitura dei prodotti considerati ad amministrazioni pub(
1) Decisione di indubbia esattezza, nella quale la Corte ribadisce aspetti 
fondamentali del procedimento di infrazione di cui all'art. 169 del Trattato CEE. 
Anzitutto, il fatto che la ricevibilit� del ricorso della Commissione deve 
essere esaminata anche d'ufficio (punto 8 della motivazione). In secondo luogo, 
il fatto che il ricorso non � ricevibile se l'inadempimento contestato pi� non 
sussista alla data stabilita nel parere motivato (punto 10). 

Opinare diversamente significherebbe invero vanificare la funzione primaria 
del parere motivato, che � quella di indurre lo Stato membro a conformarsi 
per tempo, evitando cos� il giudizio. 

Si pu� aggiungere che la Corte ha rigettato (anche se su tale punto nulla 
traspare dalla motivazione) la tesi della Commissione secondo la quale il suo 
interesse a ricorrere permaneva posto che, pur essendo cessato l'inadempimento 
contestato, il Governo italiano continuava a sostenere la legittimit� della clausola 
del bando di gara. 

Statuizione anche questa ineccepibile, posto che il giudizio ex art. 169 del 
trattato CEE tende a constatare in concreto un'infrazione; e non gi� ad accertare, 
in astratto e quando l'infrazione sia tempestivamente cessata, se questa 
sussistesse o meno. 

(I.M.B.) 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

bliche nella misura del SO%, fosse in contrasto con l'art. 23 della citata 
direttiva 77/62, norma che stabilisce in maniera limitativa i mezzi di 
prova che le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere per dimostrare 
le capacit� tecniche dei fornitori, e, pertanto a norma dell'art. 14, 
lett. d), della medesima direttiva, detta condizione non dovesse figurare 
nel bando di gara dell'USL. 

4. -Con lettera 10 febbraio 1989, la Commissione, ai sensi dell'art. 169 
del Trattato, ha invitato il governo italiano a comunicarle, entro quindici 
giorni, le sue osservazioni sull'inadempimento addebitatogli. Ritenendo 
che le spiegazioni inviatele dal governo italiano con lettera 30 giugno 1989 
non fossero soddisfacenti, la Commissione ha invitato la Repubblica italiana, 
con parere motivato 27 marzo 1990, ad adottare i provvedimenti 
richiesti per conformarsi a detto parere entro quindici giorni a decorrere 
dalla sua notificazione. 
5. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa, dello 
svolgimento del procedimento e dei mezzi e degli argomenti delle parti, 
si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono 
richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento 
della Corte. 
6. -Nel controricorso il governo italiano ha fatto valere che il 
ricorso della Commissione era privo di oggetto poich� il contratto di 
fornitura seguito alla gara d'appalto per l'anno 1989 aveva esaurito ogni 
suo effetto il 31 dicembre 1989, e che i bandi di gara per gli anni 1989 
e 199,1, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit� Europee 4 novembre 
1989, S 213, e 3 novembre 1990, S 216, non recavano la condizione 
controversa. Di conseguenza, esso ha chiesto alla Commissione di 
rinunciare al proprio ricorso e, qualora questa avesse proseguito la sua 
azione, ha invitato la Corte a respingerlo. Nella controreplica detto governo 
ha aggiunto che l'inadempimento addebitato era terminato prima 
ancora della scadenza del termine di 15 giorni impartitogli dalla Commissione 
nel parere motivato 27 marzo 1990 e, di fronte al diniego della 
Commissione di rinunciare al ricorso, ha chiesto che il ricorso stesso 
fosse dichiarato irricevibile. 
7. -Nella replica la Commissione ha negato che il proprio ricorso 
fosse privo di oggetto poich�, tenuto conto delle obiezioni formulate dal 
governo italiano riguardo al merito della causa, non era affatto dimostrato 
che la condizione controversa non sarebbe stata inserita in futuro 
in un altro bando di gara. All'udienza la Commissione ha osservato inoltre 
che il 17 agosto 1989 aveva emesso un primo parere motivato, e che aveva 
formulato il parere motivato 27 marzo 1990 soltanto per tener conto 
della risposta del governo italiano alla sua diffida, pervenutale il 6 luglio 
1989. 

RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ..O STATO

50 

.8. -In via preliminare si deve rilevare come il fatto che il governo 
italiano abbia formalmente eccepito !'irricevibilit� del ricorso soltanto 
nella fase della controreplica non pu� impedire alla Corte di esaminare 
la ricevibilit� del ricorso stesso. Infatti, gli argomenti sostenuti al riguardo 
dal governo italiano erano gi� stati formulati nel controricorso, 
nel quale esso aveva formalmente chiesto il rigetto del ricorso. La Commissione 
ha avuto quindi la possibilit� di confutare questi argomenti 
nella replica. D'altro canto, la Corte, in ogni caso, pu� esaminare d'uf. 
ficio se ricorrano i presupposti contemplati dall'art. 169 del Trattato 
perch� sia proposto un ricorso per inadempimento. 

9. -A questo proposito si deve ricordare in primo luogo che dalla 
lettera stessa dell'art. 169, secondo comma, del Trattato emerge che la 
Commissione pu� adire la Corte con un ricorso per inadempimento solo 
qualora lo Stato membro di cui trattasi non si sia conformato a detto 
parere entro il termine impartitogli dalla Commissione a tale scopo. 
10. -In secondo luogo si deve osservare che, secondo la costante 
giurisprudenza della Corte, l'oggetto del ricorso proposto ai sensi dell'art. 
169 consiste nel far dichiarare che lo Stato di cui trattasi � venuto 
meno agli obblighi impostigli dal Trattato, e che esso non ha posto termine 
a questo inadempimento entro il termine fissato a tal fine nel parere 
motivato della Commissione (sentenza 13 dicembre 1990, Commissione I 
Repubblica ellenica, punto 40 della motivazione, causa 347/88, Racc. pag. 
I-4747). La Corte ha del pari costantemente affermato che la sussistenza 
di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione 
dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine fis, 
sato nel parere motivato (sentenza 27 novembre 1990, Commissione / Repubblica 
ellenica, punto 13 della motivazione, causa 200/88, Racc. pag. 
I-4299). 
11. -Orbene, nella fattispecie � pacifico che il controverso bando 
di gara aveva esaurito ogni suo effetto il 31 dicembre 1989, vale a dire 
ancora prima dell'emissione del parere motivato 27 marzo 1990. Inoltre, 
i bandi di gara per gli anni 1990 e 1991, pubblicati rispettivamente il 
4 novembre 1989, vale a dire prima della formulazione del parere motivato, 
e il 3 novembre 1990, vale a dire prima della proposizione del 
presente ricorso, non recavano pi� la condizione controversa. 
12. -Si deve rilevare inoltre che la Commissione non ha agito in 
tempo utile per evitare, con i procedimenti di cui dispone, che l'inadempimento 
addebitato producesse effetti, e non ha neanche eccepito l'esistenza 
di circostanze che le avrebbero impedito di terminare il procedimento 
precontenzioso, contemplato dall'art. 169 del Trattato, prima che 
detto inadempimento avesse cessato di sussistere. Il fatto, addotto al-
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

l'udienza. che essa avesse gi� emesso un primo parere motivato il 17 agosto 
1989 � a questo.� proposito irrilevante, . dato che questo parere non 
� stato menzionato nel corso del ��procedimento e che il ricorso non � 
fondato su di esso, Peraltro, lo stesso fatto non pu� costituire un elemento 
di diritto o di fatto emerso durante il procedimento, ai sensi 
dell'art. 42, n. 2, del regolamento di procedura, di modo che qualsiasi 
mezzo basato su di esso dev'essere ritenuto tardivo e perci� irricevibile. 

13.� -Dalle considerazioni��� che precedono emerge che alla data di 
scadenza del termine fissato nel parere motivato della Commissione 
27 marzo 1990 l'inadempimento addebitato non era pi� sussistente. Il 
ricorso della Commissione dev'essere pertanto dichiarato irricevibile. 
(omissis) 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE, 
GIURISDIZIONE E APPALTI 


CORTE DI CASSAZIONE, sez. lavoro, 27 dicembre 1991, n. 13955 -Pres. 
Sandulli -Rel. Farinaro -P. G. La Valva (conf.). -Ente F. S. (avv. 
Stato Nucaro) c. Scazzola (avv. Cal�). 

Trasporti -Ferrovie -Equo indennizzo -Termini per la presentazione della 
domanda -Sanatoria ex art. 11 legge n. 564 del 1981. 

Trasporti -Ferrovie -Equo indennizzo -Rivalutazione monetaria -Ammis� 
sibilit�. 

L'art. 11 legge 6 ottobre 1981, n. 564, disciplinando per la prima 
volta l'istituto dell'equo indennizzo in favore dei dipendenti F. S. ha 
delegato al Ministro dei trasporti l'emanazione delle norme di attuazione 
ed ha contestualmente disposto una sanatoria in forza della quale, 
per le infermit� manifestatesi dopo il 30 giugno 1956, tutte le domande 
di equo indennizzo prodotte prima dell'entrata in vigore della legge e 
comunque non oltre il semestre successivo sono ammissibili, anche in 
caso di tardiva presentazione della domanda di riconoscimento della 
causa di servizio. 

L'equo indennizzo, in quanto grava esclusivamente sul datore di lavoro, 
� in diretta derivazione del rapporto di impiego (di carattere privatistico 
per i ferrovieri a seguito della legge n. 210 del 1985) e non ha 
natura n� risarcitoria n� previdenziale, per cui costituisce oggetto di un 
credito suscettibile di rivalutazione monetaria ai sensi dell'art. 429, 
terzo comma, cod. proc. civ. 

L'equo indennizzo ai dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato. 
La problematica dell'equo dndennizzo ai ferrovieri � stata esaminata in 
numerose sentenze della Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, ed � 
riassunta nella sentenza in rassegna (V. Sez. Un., 5 aprile 1991, nn. 3559, 3560, 3561; 
Sez. Lavoro, 30 marzo 1992, n. 3911; 11 febbraio 1992, n. 1521; 8 febbraio 1992, 

n. 1415; 6 luglio 1991, n. 7502; 21 giugno 1991, n. 6997). 
Prima della istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato, avvenuta con legge 
17 maggio 1985, n. 210, lo stato giuridico dei ferrovieri era regolato dalla legge 
26 marzo 1958, n. 425. Una delle norme finali di quest'ultima legge, e precisamente 
l'art. 209, faceva richiamo alla legge generale degli statali, cos� disponendo: 
� Per le materie non specificamente disciplinate dalla presente legge 
valgono le disposizioni della legge generale concernenti lo statuto degli impiegati 
civili dello Stato�. 

�I 




PARm I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

53 

(omissis) Con il primo motivo, l'Ente FF. SS. -denunciando violazione 
degli artt. 11, 12, 13, 14 e 15 Preleggi, 68 d.P.R. 10 gennaio 1957, 

n. 3, e degli artt. 36 e 51 d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, 209 L. 25 marzo 1958, 
n. 435, 11 L. 6 ottobre 1981, n. 564, 21 L. 6 dicembre 1971, n. 1034, 1362 
cod. civ. per difetto di interpretazione del D. M. 19 dicembre 1958, n. 2716 
e succ. modf. e della Cfrcolare del Direttore Generale della FF. SS. 
6 agosto 1975, n. 14500, nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.) -sostiene che la sanatoria 
dell'art. 11 della legge n. 564 del 1981 riguarda le sole domande 
di equo indennizzo, che presuppongono un tempestivo e valido riconoscimento 
della causa di.. servizio, e non gi� le domande aventi per oggetto 
siffatto riconoscimento, sottoposte al termine di decadenza di sei mesi 
dalla data della conoscenza della malattia previsto dall'art. 36 d.P.R. 
3 maggio 1957, n. 686, quando siano, come nella specie, preordinate al 
Orbene, la legge generale per gli impiegati statali era rappresentata dal 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, emanato in virt� della legge di delega 20 dicembre 
1954, n. 1181. 
L'art. 68, ottavo comma del citato d.P .R. n. 3 cos� stabiliva: � Per l'infermit� 
riconosciuta dipendente da causa di servizio sono altres�, a carico dell'amministrazione, 
le spese di cura ... -nonch� un equo indennizzo per la perdita 
della integrit� fisica eventualmente subita dall'impiegato �, 

Secondo la Cassazione, il rinvio di cui all'art. 209 dello stato giuridico 
dei ferrovieri � stato limitato solo alle norme della legge in generale (citato 

d.P.R. n. 3 del 1957), ma non anche alle disposizioni regolamentari di attuazione. 
Non � pertinente quindi, a proposito dell'equo indennizzo dei ferrovieri, 
richiamare la disciplina del regolamento di esecuzione d.P.R. 3 maggio 1957, 

n. 686, ed in particolare l'art. 36 (che prevede il termine di sei mesi dall'infermit� 
per la domanda dell'impiegato diretta all'accertamento della causa di 
servizio) e l'art. 51 (che prevede il termine di sei mesi dal riconoscimento 
della causa di servizio per la domanda dell'impiegato diretta a conseguire l'equo 
indennizzo). 
In virt� del richiamo di cui all'art.� 209 dello stato giuridico, i ferrovieri 
avevano perci� il diritto a conseguire l'equo indennizzo, ma non esistevano 
le norme di procedura per la concessione. 

Per il riconoscimento della inabilit� come dipendente da causa di servizio, 
lo stato giuridico dei ferrovieri all'art. 91, ultimo comma stabiliva che 
�nulla � innovato alle disposizioni in vigore che prevedono termini e procedure 
ai fini del riconoscimento -di inabilit� dovuta ... a malattia contratta per 
causa unica e diretta di servizio �. 

Il successivo art. 208 dello stesso stato giuridico stabiliva poi che �il Ministro 
dei Trasporti emaner� con propri provvedimenti, le norme di applicazione 
della presente legge �. 

In attuazione del citato art. 208 veniva quindi emanato il d.m. 19 dicembre 
1958, n. 2716, pubblicato in Gazz. Uff. 23 aprile 1959, n. 97 (modificato dal 

d.m. 17684/1969 e dal d.m. 8711/1971, art. 4), che all'art, 38 stabiliva che �per 
conseguire il riconoscimento della dipendenza da cause di servizio di una 
infermit� ... il dipendente deve, entro sei mesi dalla data in cui si � verificato 

54 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

conseguimento cli alcuno dei benefici previsti dall'art. 68 T.U. 10 gennaio 
1957, n. 3. 

Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell'art. 11 legge n. 564 
del 1981 e dell'art. 36, primo comma, d.P.R. n. 686 del 1957 (art. 360 n. 3 
cod. proc. civ.), non avendo la sentenza impugnata tenuto conto della 
circostanza decisiva che il dipendente era incorso nella decadenza prevista 
dal cit. art. 36, non sanata dall'art. 11, che opera per le domande 
di equo indennizzo presentate fuori termine, sempre, per�, sul presupposto 
che sia gi� stata validamente riconosciuta la causa cli servizio. 

Col terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 
1124 e.e. (art. 360, n. 3 c.p.c.) per avere il giudice del merito attribuito 
al dipendente la rivalutazione monetaria sugli importi liquidati a titolo 
di equo indennizzo, mentre tale rivalutazione non compete trattandosi 
di crediti di natura previdenziale sui quali possono essere tutt'al pi� 
liquidati gli interessi nella misura globale. 

l'evento dannoso o da quello in cui ha avuto conoscenza dell'infermit�, presentare 
domanda scritta ... �, 

Dunque per i ferrovieri era disciplinata la procedura per il riconoscimento 
della causa di servizio (valevole ai fini della rendita d'infortunio, della pensione 
privilegiata, ad ulteriori effetti del rapporto di lavoro, nonch� ai fini 
dell'equo indennizzo) ma non era ancora disciplinata la procedura per la concessione 
dell'equo indennizzo. 

A ci� � stato provveduto con l'art. 11 della legge 6 ottobre 1981 n. 564, 
che cos� dispone: 

�Per il personale dipendente dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello 
Stato la competenza a concedere e liquidare l'equo indennizzo � attribuita al 
Ministro dei Trasporti, previo parere del Consiglio di Amministrazione dell'Azienda 
autonoma delle Ferrovie dello Stato, sulla base del verbale emesso dall'ufficio 
Sanitario Compartimentale o dalla sezione sanitaria competente per territorio. 

Le domande prodotte dagli interessati o dai loro aventi causa anteriormente 
all'entrata in vigore della presente legge, ovvero nel semestre successivo 
alla data in questione, sono considerate ammissibili semprech� le infermit� 

o le lesioni si siano manifestate posteriormente al 30 giugno 1956. 
li Ministro dei Trasporti potr� emanare con propri provvedimenti, previo 
parere del Consiglio di Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, sentite le 
Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, le 
norme di applicazione necessarie per l'attuazione delle disposizioni contenute 
nei commi precedenti. 

Le norme stesse potranno consentire che i provvedimenti negativi siano 
emessi prescindendo dall'esame di merito degli organi sanitari dell'Azienda, 
qualora manchino presupposti giuridici per la concessione dell'equo indennizzo
�, 

In base a tale disposizione coloro che avevano ottenuto il riconoscimento 
della causa di .servizio di una infermit�, potevano, ove non lo avessero fatto 
prima, presentare domanda per la concessione dell'equo indennizzo entro sei 
mesi dalla data di entrata in vigore della citata legge e cio� entro il 28 aprile 
1982, essendo stata la legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 
1981, n. 281. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTi 

55 

I due primi motivi, suscettibili� di congiunto esame, sono infondati. 
L'istituto dell'equo indennizzo -disciplinato dal d.P.R. 10 gennaio 1957, 

n. 3, T.U. degli impiegati civili dello Stato, e dal d.P.R. 3 maggio 1957, 
n. 686, contenente norme di esecuzione dello stesso T.U. -risulta in 
effetti ricompreso nel generico rinvio effettuato dall'art. 209 della legge 
25 marzo 1958; n.. 425 sullo stato giuridico dei dipendenti della Azienda 
Autonoma FF.SS., ma tale rinvio, limitato alle disposizioni della legge 
generale, con esclusione di quelle dei relativi regolamenti di esecuzione, 
necessitava di un'ulteriore specifica disciplina: appunto contenuta 
nell'art. 38 del D.M. 19 dicembre 1958, n. 2716 (norme di applicazione 
dello Stato giuridico del personale delle Ferrovi� dello Stato), emanato 
dal ministro per i trasporti in forza dell'art. 208 della stessa legge n. 425 
del 1958. Questa disciplina dell'equo indennizzo prevedeva, al primo 
comma del cit. art. 38, che � per conseguire il riconoscimento della 
dipendenza da causa di servizio di una infermit�, fuori dei casi di infor-
Si � trattato, in altri termini di una legge di sanatoria, che ha inteso 
stabilire per la prima volta un termine per le domande di equo indennizzo in 
relazione ad infermit� contratte dal 30 giugno� 1956 all'entrata in vigore della 
legge. Indipendentemente dal riconoscimento della causa di servizio, i ferrovieri 
inabili per servizio, avevano l'onere di presentare la domanda di equo 
indennizzo entro i:l 28 aprile 1982 a pena di inammissibilit�. 

La Cassazione non ha ancora considerato le domande di equo indennizzo 
presentate per infermit� contratte dopo l'entrata in vigore della citata legge 
6 ottobre 1981, n. 564. 

A tal fine l'ultimo comma del soprariportato art. 11 della legge delegava 
il Ministro dei Trasporti ad emanare � le norme di applicazione necessarie 
per l'attuazione�. 

Tali norme sono state emanate con il d.m. 2 luglio 1983, n. 1622 (pubblicato 
in Gazzetta Ufficiale 3 ottobre 1983, n. 271), che ne ha disciplinato la procedura, 
la misura, ed il cumulo con la pensione privilegiata ed altri indennizzi assicurativi. 


Con successivo d.m. 9 giugno 1984, n. 1429 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 
5 luglio 1984; n. 184) sono state dettate modifiche ed integrazioni al regolamento 
per la concessione dell'equo indennizzo ai ferrovieri. 

Per quanto riguarda i termini, l'art. 4 del sopracitato d.m. 2 luglio 1983, 

n. 1622, primo comma, cos\ stabilisce: � Per conseguire l'equo indennizzo il 
dipendente deve presentare domanda entro sei mesi dal giorno in cui gli � 
stato comunicato il provvedimento col quale si riconosce la dipendenza da 
cause di servizio della menomazione dell'integrit� fisica, ovvero entro sei mesi 
dalla data in cui si � verificata la menomazione dell'integrit� fisica in conseguenza 
dell'infermit� o della lesione gi� riconosciuta dipendente da cause di 
servizio�. 
In sostanza si � ripetuta la disposizione dell'art. 51 del Regolamento per 
gli impiegati dell� Stato di cui al citato d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686. 

I regolamenti di esecuzione dell'art. 11 della legge 6 ottobre 1981, n. 564 
(il cui testo � stato retro riportato) non trattano della procedura diretta al 
riconoscimento della causa di servizio, che pertanto resta regolata dal gi� citato 
art. 38 d.m. 19 dicembre 1958, n. 2716. 



.RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

56 

tunio e di malattia professionale, il dipendente deve, entro sei mesi 
dalla data in cui si � verificato l'evento dannoso o da quella in cui 
ha avuto conoscenza dell'infermit�, presentare domanda scritta al 
Direttore centrale o al Direttore compartimentale competente indicando 
specificamente la natura dell'infermit�, le circostanze che vi concorsero, 
le cause che la produssero e, ove possibile, le conseguenze sull'integrit� 
fisica �. Nessun particolare termine era invece previsto per 1a presentazione 
della domanda di equo indennizzo, e tale lacuna -non ovviabile 
con la applicazione dell'art. 36 del decreto n. 686 del 1957, trattandosi 
di norma relativa agli impiegati civili, non direttamente applicabile, come 
gi� detto, al personale delle FF. SS. -fu appunto colmata solo con l'art. 4 

D.M. 2 luglio 1983, n. 1622, che al primo comma stabil� che� per conseguire 
l'equo indennizzo il dipendente deve presentare domanda entro sei mesi 
dal giorno in cui gli � stato comunicato il provvedimento col quale si 
Con l'intervento dei regolamenti di esecuzione, la procedura per la concessione 
dell'equo indennizzo � del tutto analoga a quella prevista per i dipendenti 
civili dello Stato, per cui pu� farsi riferimento alla giurisprudenza amministrativa 
per la risoluzione delle questioni particolari. 

Pertanto, successivamente al d.m. 2 luglio 1983, n. 1622, il ferroviere che 
intendeva ottenere l'equo indennizzo aveva l'onere di richiedere nel termine 
semestrale di cui al d.m. 19 dicembre 1958, n. 2716 (art, 38) il riconoscimento 
della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio e successivamente richiedere 
nel termine semestrale di cui al d.m. 2 luglio 1983, n. 1622 (art. 4) la concessione 
dell'equo indennizzo. 

La stessa Cassazione, con alcune decisioni che si erano discostate dall'orientamento 
prevalente espresso dalla sentenza in rassegna, aveva precisato 
che, ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, la disposizione dell'art. 11, secondo comma, 
della legge n. 564 del 1981. deve intendersi comprendere solo le domande 
rivolte alla concessione dell'equo indennizzo, stante il carattere transitorio 
della disposizione, restando perci� escluse dalla sanatoria le domande di accertamento 
dell'infermit� da causa cli servizio, tenutot anche conto dell'autonomia 
e delle distinte finalit� del procedimento per il riconoscimento della causa di 
servizio e di quello diretto ad ottenere l'equo indennizzo (Cass., 14 giugno 1991, 

n. 6753; Cass., 3 luglio 1991, n. 7279; Cass., 8 giugno 1991, n. 6536). 
Ed in precedenza, con altra sentenza 4 ottobre 1990, n. 9802 (in questa 
Rassegna, 1990, I, 450) la stessa Cassazione aveva evidenziato che il riconoscimento 
della causa di servizio e la concessione dell'equo indennizzo costituiscono 
situazioni giuridiche diverse fondate su distinti presupposti giuridici 
e sono regolate da separate norme, come peraltro ritenuto dal Consiglio di 
Stato (v. sez. VI, 31 luglio 1987, n 512; 19 marzo 1987, n. 139). 

Comunque l'orientamento prevalente, adottato dalle Sezioni Unite, cui 
si � uniformata la sentenza in rassegna, pur non disconoscendo i principi ora 
esposti, ha ritenuto di estendere la sanatoria di cui all'art. 11 legge 6 ottobre 
1981, n. 564, anche alla domanda di riconoscimento della causa di servizio, 
per cui tali principi non sono applicabili alle domande di equo indennizzo 
presentate entro il semestre dalla entrata in vigore della stessa legge. 

Al riguardo l'art. 15 ultimo comma del regolamento per la concessione 
dell'equo indennizzo (d.m. 2 lugldo 1983, n. 1622 pi� volte citato) cos� dispone: 

I 
1

.,,.,,,,��,,,,��,.,,....,,.1,1� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

57 

riconosce la dipendenza da cause di � servizio della menomazione dell'integrit� 
fisica in conseguenza dell'infermit� o della lesione gi� riconosciuta 
dipendente da cuasa di servizio �. 

Come questa Corte ha gi� ritenuto, la sentenza impugnata ha, ci� 
premesso, esattamente escluso che il primo comma dell'art. 11 della legge 
6 ottobre 1981, n. 564, possa essere interpretato nel modo restrittivo prospettato 
dall'Ente FF. SS. La norma detta che � le domande prodotte dagli 
interessati o dai loro aventi causa anteriormente all'entrata in vigore della 
presente legge, ovvero nel semestre successivo alla data in questione, sono 
considerate ammissibili sempreche le infermit� e le lesioni si siano manifestate 
posteriormente al 30 giugno 1956 �. 

La portata generale della sanatoria, cos� accordata, � attestata sia 
dalla lettera della disposizione, che � ampia, comprensiva e condizionata al 
solo fatto che le domande, presentate nei termini da essa previsti, siano 
relative ad infermit� manifestatesi �successivamente alla detta data; sia 
dalla ratio, costituita dalla opportunit� di rimettere in termine i ferrovieri, 
pregiudicati da quella grave carenza regolamentare che aveva di 

� Per le domande di concessione dell'equo indennizzo prodotte prima della 
data di entrata in vigore della legge 6 ottobre 1981, n. 564, ovvero nel semestre 
successivo alla data stessa, si prescinde dal termine perentorio previsto dall'art. 
4, primo comma, del presente regolamento, semprech� le infermit� o 
le lesioni si siano manifestate posteriormente al 30 giugno 1956 �. 

Si pone pertanto il problema della efficacia retroattiva del termine semestrale 
stabilito con l'art. 4 del d.m. 2 luglio 1983, n. 1622, che la lettera della 
norma regolamentare sembra riguardare anche le domande di equo indennizzo 
presentate nell'arco di tempo dal 28 aprile 1982 (semestre successivo 
alla entrata in vigore della legge 6 ottobre 1981, n. 564) al 2 luglio 1983, n. 1622 
(data del regolamento), in relazione al quale periodo non vale la sanatoria 
dell'art. 11 della citata legge n. 564 e non era stato ancora stabilito con regolamento 
il termine semestrale di decadenza. 

Riconoscere efficacia retroattiva ad un termine di decadenza sembra per� 
eccessivo e contrario ai principi generali dell'ordinamento giuridico; per cui 
appare logico ritenere che per il periodo successivo al 28 aprile il termine 
semestrale di cui al citato art. 4 non pu� che avere inizio dal 2 luglio 1983, 
cio� dalla data del regolamento che stabilisce tale termine. 

Successivamente alla legge 6 ottobre 1981, n. 564 ed ai regolamenti di esecuzione, 
� intervenuta la legge 17 maggio 1985, n. 210 che ha istituito l'Ente Ferrovie 
dello Stato, con personalit� giuridica e autonomia patrimoniale distinte 
dallo Stato. 

L'art. 21, primo comma, della citata legge n. 210 stabilisce che � il rapporto 
di lavoro del personale dipendente dall'Ente Ferrovie dello Stato � regolato su 
base contrattuale collettiva ed individuale �. 

Orbene, come� puntualizzato nella sentenza in rassegna, alla stregua della 
costante giurisprudenza della Cassazione, l'equo indennizzo, essendo in im~ 
mediata e diretta derivazione dal rapporto di impiego (ora di natura privatistica 
per i ferrovieri), costituisce oggetto di un credito non previdenziale ma 
di lavoro (confermato peraltro dalla coincidenza del soggetto erogante con 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

fatto impedito di fruire di un beneficio solo astrattamente loro concesso 
dalla legge; ma, soprattutto, dalla decisiva considerazione che, diversafil 
mente, la disposizione sarebbe stata priva di contenuto ed inutile, dal 
momento che, come si � visto, la sola ipotesi di decadenza prevista dalla 
disciplina vigente nel 1981 era proprio quella discendente dalla tardiva @ 
presentazione della domanda di riconoscimento della causa di servizio, r.� 
perch� quella derivante dalla intempestiva domanda dell'equo indennizzo 
fu successivamente introdotta dall'art. 4 D.M. n. 1622 del 1983. � dunque 
impossibile che il ripetuto art. 11 sia stato diretto a sanare (come il 
ricorrente sostiene) quest'ultima decadenza e che si sia invece inteso 
escludere l'efficacia della sanatoria rispetto alla prima decadenza, che 
era l'unica allo stato esistente. 

Relativamente al terzo motivo si deve in primo luogo osservare che 
il ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 1224 cod. civ., mentre 
i giudici del merito hanno fatto applicazione del meccanismo di rivalutazione 
di cui al terzo conima dell'art. 429 cod. proc. civ., coordinato (e non 
cumulabile) con quello dell'art. 15 D.M. 2 luglio 1983 (operante in sede 

il datore di lavoro), tanto � vero che � stato ritenuto suscettibile di rivalutazione 
monetaria ai sensi dell'art. 429, terzo comma, codice procedura civile. 

Se quindi l'equo indennizzo ha natura retributiva, la sua regolamentazione 
non pu� che avere sede nella contrattazione collettiva e, trattandosi di un 
istituto proprio del rapporto di pubblico impiego, l'equo indennizzo � incompatibile 
con il rapporto di impiego privato, fatto sta che non figura nei due 
contratti collettivi finora intervenuti. 

N� pu� valere la disposizione del secondo comma dell'art. 21 della legge 
17 maggio 1985, n. 210, ove � detto che � i contratti collettivi ed i regolamenti 
di organizzazione, che in sede di prima applicazione della presente legge, rechino 
modifiche al vigente regime di costituzione e cessazione del rapporto di lavoro 
nonch� alla materia della responsabilit� civile e disciplinare dei dipendenti, 
non possono, a pena di nullit�, contenere una disciplina della materia meno 
favorevole ai lavoratori di quella vigente all'atto della entrata in vigore della 
presente legge�; e infatti, la materia retributiva (di cui fa parte l'equo indennizzo) 
� diversa dalle materie contemplate dall'ora riportato secondo comma 
dell'art. 21 della legge n. 210. 

Da quanto sopra possono perci� ricavarsi le seguenti conclusioni: 

-sino all'entrata in vigore del primo contratto collettivo, e cio� sino 

al 5 febbraio 1988, continuano ad applicarsi le vecchie norme sullo stato giu


ridico del personale (v. Corte Cost., 22 aprile 1992, n. 191; Cass., 3 maggio 1989, 

n. 2050, in Foro it., 1989, I, 1786 e successiva giurisprudenza costante), per cui 
� da riconoscersi il diritto all'equo indennizzo per le infermit� contratte entro 
tale data; 
-essendo state sostituite le norme sullo stato giuridico dei ferrovieri 
dalla disciplina della contrattazione collettiva, � a quest'ultima che occorre 
fare riferimento per determinare il trattamento retributivo dei dipendenti 


ferroviari, per cui non pu� continuare ad applicarsi un istituto che la contrattazione 
collettiva non prevede. 
GIUSEPPE STIPO 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

59 

amministrativa ai fini del calcolo dell'indennizzo); sicch�, per ci� solo, 
la censura non coglie nel segno. Si deve comunque osservare che, una 
volta esclusa (del tutto pacificamente) la natura risarcitoria dell'equo indennizzo, 
se ne deve del pari escludere la natura previdenziale per la 
totale ed esclusiva incidenza del relativo carico sul datore di lavoro; 
ragione questa, che ha gi� indotto a ritenere che nel rapporto di pubblico 
impiego la stessa pensione, direttamente erogata dallo Stato o da 
altro ente datore di lavoro, integra una forma di retribuzione differita 
a fini previdenziali (v. Corte Cost. sent. n. 501/88, n. 173/86, n. 26/80, 

n. 124/68; e, per i fondi di previdenza privi di autonomia rispetto al 
datore �di lavoro, sent. S. U. 10 giugno 1988, n. 3937). Sussistendo, pertanto, 
una derivazione diretta ed immediata dell'equo indennizzo dal rapporto 
d'impiego, correttamente il giudice del merito ha inquadrato il relativo 
credito tra i crediti di lavoro ed ha ad esso applicato la rivalutazione monetaria 
di cui al terzo comma dell'art. 429, cod. civ.; tanto pi� che l'equo 
indennizzo in favore dei dipendenti dell'Ente FF. SS. inerisce ora ad un 
rapporto di natura privatistica. Si deve del resto rilevare che la pretesa 
natura previdenziale del credito di per s� non escluderebbe l'applicabilit�, 
ricorrendone i presupposti, dell'ultimo comma dell'art. 1224 cod. civ. 
CORTE DI CASSAZIONE, sez. un., 14 gennaio 1992 n. 367 -Pres. Montanari 
Visco -Rel. Rocchi -P. M. Amatucci (concl. parz. conf.) -Pazzi 
ed altri, nonch� Ministero del Tesoro e Commissione nazionale per 
la societ� e la borsa (Avv. Stato D'Amato) c. Gatti ed altri (avv. Giorgianni, 
La Villa, Danovi e Villata) e Matturi (avv. Manzi e Celona). 

Giurisdizione civile -lnconfigurabllit� in astratto del diritto fatto valere 
in giudizio -Questione di merito -Fattispecie in tema di danno per lesione 
di interesse legittimo -Regolamento di giurisdizione -Inammissibilit�. 


L'inconfigurabilit� in astratto del diritto fatto valere in giudizio � 
questione di merito, non di giurisdizione -e come tale non pu� essere 
dedotta in sede di regolamento ex art. 41 c.p.c -pertanto la questione 
della non risarcibilit� del danno per lesione di interessi legittimi comporta 
non gi� la improponibilit� per difetto assoluto di giurisdizione 
ma la reiezione nel merito della domanda per difetto del diritto (1).' 

(1) Decisione conforme al pi� recente orientamento della Cassazione secondo 
il quale la questione della mancanza di una norma qualificatrice dell'interesse 
fatto valere consiste in un giudizio sull'esistenza o inesistenza del 
diritto ed � perci� strutturalmente estranea all'ambito delle questioni di giurisdizione 
ed appartenente al merito della controversia (in tal senso: Cass., 
Sez, Un., 20 giugno 1987, n. 5449, in Giust. civ., 1987, I, 2849; Cass., Sez. Un., 15 giu

60 

RASSEGNA AVVOCATURA DELW STATO 

(omissis) Tutti i regolamenti proposti sono inammissibili, nei termi


ni delle proposizioni che seguono. 

In punto di regolamento proposto dalle parti private -sulla base del 
rilievo che il caso concreto, costituito da una controversia tra privati, 
integra un'ipotesi di improponibilit� assoluta della domanda e, quindi 
di difetto assoluto di giurisdizione, in quanto la posizione soggettiva fatta 
valere in giudizio non corrisponde, neppure in astratto, a una posizione 
di diritto soggettivo -va rilevato che l'istanza di regolamento preventivo 
di giurisdizione � stata proposta in un caso diverso da quelli contemplati 
dal sistema processuale ricavabile dagli artt. 41 e 37 c.p.c. 

Tale sistema, infatti, prevede che il regolamento pu� essere proposto 
(oltre che nell'ipotesi attinente alla giurisdizione del giudice straniero, 
che non viene in considerazione nella specie) nel caso in cui sorga problema 
di rapporti fra giudice ordinario e giudice speciale, o fra giudice 
ordinario e pubblica amministrazione, mentre, nel caso concreto, � stato 
adito il giudice ordinario, ma secondo la prospettazione dei ricorrenti parti 
private, nessun giudice avrebbe potuto essere adito perch� difetta, 
anche in astratto, una posizione di diritto soggettivo. 

Orbene, queste Sezioni Unite, modificando il precedente indirizzo, 
hanno in proposito affermato il principio, dal quale l'attuale Collegio non 
intende discostarsi, secondo cui una prospettazione quale quella in esame 
non vale a �giustificare la proposizione di un regolamento preventivo di 
giurisdizione, proprio perch� il caso della c.d. �improponibilit� assoluta 
della domanda� non � espressamente contemplato dai citati articoli del 
codice di rito: con la conseguenza che appare pi� aderente al sistema 
codificato ritenere che la fattispecie della configurabilit� o della inconfigurabilit� 
in astratto del diritto fatto valere in giudizio costituisca questione 
di merito e non di giurisdizione, e vada, perci�, giudicata dal 

gno 1987, n. 5256, ivi, 1987, I, 1913 ed in Foro it., 1987, I, 2015; per il precedente 
orientamento si veda Cass., Sez. Un., 29 maggio 1951, n. 1330, in Foro it., 1952, 
I, 701 con osservazionii di A. SCIALOJA, ed in Giur. Cass. civ., 1951, III, 427, con 
nota di BERRI, nonch� Cass., Sez. Un., 25 ottobre 1982, n. 5530, in Giur. it., 1983, I, 
390 con nota di F. ROSELLI). 

La dottrina � da tempo favorevole a questa interpretazione, cfr. A. PROTOPISANI, 
Problemi e prospettive in tema di regolamenti di giurisdizione e di 
competenza, in Foro it., 1984, V, 89; E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale 
civile, I, Milano, 1980, p. 24. nota 23; C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale 
civile, I, Torino, 1989, p. 49 nota 1; V. ANDRIOLI, Improcedibilit� assoluta 
della domanda tra privati, in Giur. cass. civ. 1952, I, 13. 

Non � la prima volta che il suddetto principio viene affermato in tema 
di domanda di risarcimento del dannoJ per lesione di interesse legittimo ove 
la qualificazione della situazione soggettiva assume rilevanza ai fini della 
ingiustizia del danno (cfr. Cass. Sez. Un., 3 luglio 1989, n. 3183, in Giust. civ. 
mass., 1989; Cass. Sez. Un., 21 maggio 1989, n. 6168, in Mass. giur. lav .. 1989, 254; 
Cass., Sez. Un., 31 maggio 1984, n. 3316 e n. 3318, in Giust. civ., 1984, I, 2415). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

giudice adito, al pari della esistenza concreta del diritto stesso (v., per 
tutte, Cass. 5449/1987). 

In punto di regolamento proposto dalla Consob e dal Ministero del 
Tesoro, il discorso, pur portando ad identica conclusione, esige una maggiore 
articolazione. 

Va, innanzitutto, ricordato come, al riguardo la controversia originaria 
verta non tra privati, ma tra privati e P.A., cio� contempli un rapporto 
coinvolgente potenzialmente anche posizioni soggettive aventi natura 
e consistenza di interessi legittimi, posizioni che trovano la loro 
istituzionale tutela attraverso la competente giurisdizione del giudice amministrativo. 


Alla Consob (Commissione Nazionale per le Societ� e per la Borsa) 
sono, infatti, affidate dalla legge istitutiva e successive modifiche (d.l. 
95/74, convertito in legge 216/74, legge 77/,1983, legge 281/1985), per quanto 
interessa in questa sede, funzioni volte ad assicurare l'osservanza di regole 
procedimentali e di standard informativi da parte degli operatori e degli 
intermediari finanziari che intendono sollecitare il risparmio diffuso, in 
una prospettiva di sviluppo del mercato finanziario ed a tutela dell'interesse 
generale all'ordinata attivazione ed alla trasparenza di quel settore 
specifico rappresentato dal mercato mobiliare, con il fine precipuo di evitarne 
eccessive frammentazioni e consentirne l'efficienza e l'esplicazione 
delle capacit� selettive. 

In tale prospettiva la situazione soggettiva del privato e, in particolare, 
dell'eventuale futuro acquirente del prodotto finanziario offerto al 
pubblico, si traduce nell'interesse all'appropriato svolgimento, da parte 
della Consob, delle funzioni regolatrici e di vigilanza demandatele, e trova, 
quindi, considerazione nell'ordinamento solo in maniera indiretta e a 
livello, quindi, di mero interesse variamente qualificato. 

Orbene, a fronte di una potenziale posizione di interesse legittimo 
del privato, che assume violata la propria situazione soggettiva nei confronti 
della P.A., il problema della giurisdizione si pone (o pu� porsi) in 
termini relativi, cio� in termini di rapporti tra giudice ordinario e giudice 
speciale e, quindi, di scelta del giudice giurisdizionalmente competente, 
nell'ambito del sistema sopra descritto. 

Al riguardo va, per�, ricordato che, secondo un indirizzo ormai 
costante di queste Sezioni Unite (vedi, per tutte, Cass. 3183/89), la questione 
della non risarcibilit� del danno per lesione di interessi legittimi presupponendo 
la fattispecie dell'illecito civile di cui all'art. 2043 e.e. in 
ogni caso la violazione di un diritto soggettivo -comporta non l'improponibilit� 
per difetto assoluto di giurisdizione, ma la reiezione, nel merito, 
per difetto del diritto, della domanda risarcitoria proposta dal privato 
nei confronti della P .A., in relazione alla lesione di una sua posizione soggettiva 
avente consistenza di interesse legittimo. 


62 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Di conseguenza, anche il regolamento proposto dalla Consob e dal 
Ministero del Tesoro va dichiarato inammissibile, implicando non una 
questione di giurisdizione, ma una questione di merito, che si traduce nell'infondatezza 
della domanda risarcitoria per difetto di violazione di 
un diritto soggettivo. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1992, n. 502 -Pres. Bologna -
Rel. Lupo -P.M. (conci. diff.) -Maranghi (avv. Irti, Rossi, Uckmar, 
Bocchiola) c. Ministero del Tesoro {avv. Stato De Figueiredo). 

Commercio -Oro greggio -Regime di monopolio per l'acquisto all'estero 


Commercio interno . Attribuzioni del Ministero del tesoro � Vincolo di 

destinazione ad usi industriali � Legittimit�. 

(r.d.l. 14 novembre 1935, n. 1935; d.l.lgt. 17 maggio 1945, n. 331; legge 2 giugno 1968, 
n. 46; d.P.R. 29 settembre 1987, n. 454). 
La disciplina del commercio dell'oro greggio (contenuta nel r.d.l. 
1935/1935 e nel d.l.lgt. 331/1945) oltre ad introdurre un regime di monopolio 
per l'acquisto all'estero dell'oro, attribuisce al Ministero del Tesoro 
il potere di sottoporre a limitazioni e controlli il commercio interno di 
tale metallo ove ci� si renda opportuno per assicurare le esigenze pubblicistiche 
tutelate dal regime di monopolio; rientra, pertanto, nell'esercizio 
di tali poteri il d.m. 23 marzo 1968 che prevede l'importazione e la 
circolazione interna dell'oro greggio limitata alla sua destinazione ad 
usi industriali potendo tale metallo essere ceduto alle sole imprese esercenti 
attivit� che implichino l'impiego dell'oro come materia prima (1). 

(omissis) Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente 
affermato l'esistenza di un monopolio sulla circolazione interna 
dell'oro. Questo monopolio non era contenuto nel testo originario del 

(1) La giurisprudenza ha avuto rare occasioni di occuparsi della disciplina 
del commercio dell'oro, oltre a Cass., 22 febbraio 1986, n. 1078, in Foro it., 
1986 I, 1297, conforme alla sentenza in commento, si veda per qualche riferimento 
Corte App. Trento, 17 maggio 1983, in Foro it., Rep. 1983, voce �Oro e 
metalli preziosi� n. 2. In dottrina si segnalano gLi studi di F. CAPRIGLIONE e F. 
CIRILLO, Oro, iin Enc. giur., XXII, Roma, 1990; E. ANTONINI, L'Oro � disciplina 
giuridica, in Il sistema valutario italiano, a cura di F. CAPRIGLIONE e V. MEzZACAPO, 
I, Milano, 1981; G. PANICO, In tema di legittimit� delle disposizioni sul 
commercio dell'oro, in Gazz. val., 1979, 425 e G. PANICO, Sulla legittimit� delle 
disposizioni sul commercio interno dell'oro, in �Atti del Convegno IPSDA >>, 
Milano, 3-4-5 1979; G. SCIACCA, Il commercio interno dell'oro greggio di importazione, 
in Riv. dir. ec. val., 1980, 707. Come correttamente si legge in sentenza, 
la disciplina vincolistica sul commercio interno dell'oro si applica in via esclusiva 
all'oro greggio, non lavorato n� semi-lavorato, ed importato dall'estero, con 
esclusione quindi del c.d. oro nazionale. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

64 

gio limitata rigidamente alla sua destinazione ad usi industriali, potendo 
tale metallo essere ceduto alle sole imprese � esercenti attivit� che implichino 
l'impiego dell'oro come materia prima �, 

Una chiara conferma della esattezza della interpretazione data da 
questa Corte alla disciplina del commercio interno dell'oro greggio pu� 
trarsi dalla successiva evoluzione legislativa. La normativa sul commercio 
dell'oro, contenuta nel r.d.l. n. 1935/1935, � stata espressamente 
abrogata dall'art. 42 del t.u. delle norme di legge in materia valutaria 
approvato con d.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, il cui art. 15 (conforme 
all'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1987, n. 454) ha inequivocabilmente 
limitato il commercio interno dell'oro greggio importato alla produzione 
di beni in Italia, confermando l'esistenza del vincolo di destinazione 
gi� affermato da questa Corte. 

Non pu� quindi sostenersi che le abrogazioni di alcune disposizioni 
del r.d.l. n. 1935/1935 -attuatesi negli anni 1947-48 -abbiano comportato 
un'assoluta libert� del commercio interno dell'oro greggio, perch� 
-cos� opinando -si verrebbe ad attribuire un effetto restrittivo di 
carattere innovativo alle recenti modifiche normative in materia valutaria, 
le quali sono state notoriamente ispirate, in linea generale, da 
finalit� liberalizzatrici. 

Nella memoria e nella discussione orale il ricorrente, pur non contestando 
l'orientamento interpretativo affermato da questa Corte con 
la sentenza n. 1078/86, ha sostenuto che la violazione della normativa 
che impone la destinazione industriale dell'oro commerciato pu� essere 
ascritta al solo venditore dell'oro, e non anche a colui che l'ha acquistato 
per uso non produttivo. Pur se la fattispecie presa in esame dalla 
citata sentenza di questa Corte era relativa alla vendita di oro greggio 
a terzi effettuata da soggetto che lo aveva acquistato per la lavorazione 
in proprio, non pu� negarsi che la violazione della norma che impone 
una particolare destinazione all'oro greggio commerciato � parimenti 
commessa sia dal venditore che dal compratore, tenuto conto che, come 
ha affermato detta sentenza, la disciplina del commercio dell'oro � tende 
ad impedire una incondizionata commerciabilit� del bene mediante atti 
dispositivi�. 

Non � inutile, infine, osservare che al Maranghi � stata applicata 
la pena pecuniaria per avere egli non solo acquistato ma anche rivenduto 
lingotti d'oro non destinati a finalit� produttiva. 

2. -Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa 
applicazione degli artt. l, 2 e 3 del r.d.l. 5 dicembre 1938, nonch� degli 
artt. 3 e 4 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e, altres�, vizi di motivazione, 
censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto applicabile 
una sanzione amministrativa in violazione del principio di legalit�, in 
quanto manca una legge formale che prevede espressamente come illecito 
il comportamento della COFIMER. 
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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVlLE, GIURISDIZIONE E APPALTI 65 

Il motivo di ricorso � infondato. Il r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928 
(convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739) comminava la pena pecuniaria 
per le violazioni delle norme sul commercio dell'oro contenuto 
nel r.d.l. 14 novembre 1935, n. 1935, noch� dei decreti ministeriali 
emanati per l'attuazione dello stesso (v. l'art. 1). La pena pecuniaria 
� quindi prevista anche per la violazione del d.m. 23 marzo 1968 che, 
come si � osservato nel precedente paragrafo, � stato emanato in attuazione 
del r.d.l. n. 1935/1935. 

Poich� la sanzione amministrativa � comminata da una legge formale 
per la violazione di un precetto posto da un decreto ministeriale 
in attuazione della stessa legge, non sussiste la dedotta violazione del 
principio di legalit�. 

3. -Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa 
applicazione della legge 20 gennaio 1968, n. 46, nonch� la contraddittoriet� 
della motivazione, sostenendo che la Corte di appello ha confuso la 
disciplina del commercio interno dell'oro con quella della marchiatura 
dell'oro, dettata dalla legge n. 46/68. La sanzione per le violazioni di 
quest'ultima legge � prevista nell'art. 26, onde, al pi�, poteva essere applicata 
tale sanzione, di minore gravit�. 
Il motivo di ricorso � infondato. Nessuna confusione tra normative 
diverse si ravvisa nella sentenza impugnata. La Corte di appello, come 
si dir� nel successivo paragrafo, ha fatto richiamo alla disciplina della 
marchiatura dell'oro solo per escludere la fondatezza della tesi del Maranghi 
che i lingotti da lui commerciati provenissero da �squaglio�, ma, 
in ordine al tipo di violazione ritenuta sussistente, ha fatto sempre riferimento 
alla normativa del r.d.l. del 1935 e del d.m. del 1968, interpretati 
come limitativi del commercio interno dell'oro greggio. 

La sussistenza della violazione di tali limiti, per la quale � stata 
inflitta la sanzione in discorso, non � esclusa dalla possibile esistenza 
anche di una infrazione alla legge n. 46/1968, che, come ha osservato la 
stessa ricorrente, ha una propria autonomia, onde � ammissibile il concorso 
dei diversi regimi sanzionatori. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1992, n. 590 -Pres. Scanzano -
Rel. Borruso -P.G. Leo (conf.) -Bonalumi (avv. Vigan�) c. Ente Ferrovie 
dello Stato (avv. Stato Stipo). 

Procedimento civile . Ordine di esibizione documenti � Condizioni � Incensurabilit� 
dell'esercizio del potere del giudice di merito. 
Edilizia economica e popolare � Assistenza continua � Non costituisce 
convivenza. 

L'ordine di esibizione di documenti a una delle parti in lite o a un 
terzo, previsto dall'art. 210 cod. proc. civ., pu� essere pronunciato solo 



66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Iquando sia certa la materiale esistenza dei documenti; il mancato esercizio 
del potere da parte del giudice di ordinarne la esibizione non � 
censurabile in sede di legittimit� neppure sotto il profilo del difetto di 
motivazione. 

Agli effetti della normativa sull'edilizia economica e popolare, non 

IIcostituisce � convivenza � con una persona il fatto di recarsi sia pure 
quotidianamente in casa sua per assisterla e di rimanervi per molte ore 
anche notturne quando si continui ad avere una casa propria e a volerla 
considerare tale. 

I

I 

(omissis) Il motivo � infondato per tre ragioni: 

a) perch� l'ordine di esibizione, dei documenti a una delle parti in 
lite (o a un terzo) previsto dall'art. 210 cod. proc. civ. pu� essere pronunciato 
solo quando sia certa la materiale esistenza dei documenti (certezza 
che nella specie i giudici di merito hanno mostrato, sia pure implicitamente 
ma chiaramente di non aver acquisito) (cfr. Cass., sent. 1123 
dell'87); 

b) perch� il mancato esercizio del potere da parte del giudice di 
ordinare la suddetta esibizione non � censurabile in sede di legittimit� 
neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (vedi in tal senso Cass., 
sent. nn. 5657 dell'80, 3465 dell'82, 3883 dell'85, 1123 e 3499 dell'87); 

c) perch�, sia nell'atto di citazione in primo grado sia in quello d'appello 
ci si limita ad affermare che, morto nel 1973 Martino Croci che 
aveva fatto domanda di riscatto dell'alloggio, la vedova, Alessandrina Anzaghi, 
con atto del 25 agosto 87 la riconferm� ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 27 della 1. 8 agosto 1977, n. 513, lasciando cos� chiaramente intendere 
di non aver essa provveduto a dare, in precedenza, un'altra conferma: 
precisamente quella imposta dall'art. 7, comma quarto della 1. n. 
231 del 27 aprile 1962, che, sostituendo l'art. 10 del d.P.R. 17 gennaio 1959, 

n. 2, cos� disponeva: � In caso di decesso dell'aspirante, i discendenti 
entro il 3� grado e gli ascendenti conviventi con l'aspirante possono confermare 
la domanda entro 30 giorni dall'evento�. 
La Corte d'Appello ha ritenuto che l'abrogazione del d.P.R. 17 gennaio 
1959, n. 2, da parte della 1. 8 agosto 1977, n. 513 (art. 27) non abbia 
comportato anche l'abrogazione della norma soprariportata, avendo previsto 
la possibilit� di confermare le domande presentate in precedenza 
dagli aspiranti proprietari, quindi, implicitamente, mantenuta ferma la 
disciplina relativa alla loro proposizione: di qui la perdurante necessit� 
per l'attrice di dimostrare l'avvenuta conferma dell'originaria domanda 
del nonno non solo dopo l'emanazione della legge del 1977 sopracitata ma, 
ben prima di essa, entro 30 giorni dalla morte del nonno (avvenuta nel 
1972) ai sensi del soprariportato art. 7 della 1. n. 231 del 1962. 


6 


68 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATCl 

Premesso, infatti, in diritto che non costituisce � convivenza � con 
una persona il fatto di recarsi sia pure quotidianamente in casa sua per 
assisterla e di permanervi per molte ore anche notturne quando si continui 
ad avere una casa propria e a volerla considerare tale, appare incensurabile 
in questa sede la valutazione dei giudici di merito secondo cui 
i capitoli di prova testimoniale articolati dalla Bonalumi fossero diretti 
a dimostrare non tanto la convivenza quanto piuttosto l'assistenza e, 
quindi, non meritassero di essere ammessi. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 febbraio 1992, n. 1990 Pres. Brancaccio 
-Red. Baldassarre -P.G. Di Renzo (conf.). Provveditorato al 
Porto di Venezia c. C.P.D.E.L. (avv. Stato Stipo) c. Ceccon (avv. Zanardi). 


Pensioni -Periodo eccedente i sei mesi calcolato per anno intero -Norma 
di carattere eccezionale -Divieto di interpretazione analogica. 

Procedimento civile -Delega autenticata da difensore non abilitato al patrocinio 
in Cassazione -Nullit� del ricorso o controricorso -Sottoscrizione 
dell'atto da parte di avvocato cassazionista � Irrilevanza. 

I

La disposizione secondo cui, per la determinazione degli anni di servizio, 
quando risulti una frazione d'anno, il periodo che eccede sei mesi 
� calcolato per anno intero, ha carattere eccezionale e vale ai fini del 
normale pensionamento; detta disposizione non pu�, in assenza dt pre


Icise indicazioni normative, assumere portata precettiva nel diverso ambito 
di una speciale disciplina dell'anticipata risoluzione del rapporto di 
lavoro, nell'ambito della quale, salvo espresse deroghe, si deve tener conto 

I

del servizio effettivo e dei versamenti previdenziali in concreto effettuati. ~ 
Sono inammissibili il ricorso per cassazione ed il controricorso quando I

!

la firma della parte nella procura speciale a margine o in calce dell'atto 

' 

ii

sia certificata autografa da un difensore non ammesso al patrocinio innanzi 
alla Corte di Cassazione, a nulla rilevando che l'atto medesimo 
sia firmato anche da altro avvocato, iscritto nello speciale albo, cui 
sia stato, in tal modo, conferito il mandato. 

I 

(omissis) 1. Con il primo mezzo, denunciandosi violazione degli artt. 
7 e 9 d.l. 17 dicembre 1986 n. 873, convertito in legge 13 febbraio 1987 

n. 26, degli artt. 3 e 21 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nonch� omessa, 
insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 nn. l, 2 
e 3 cod. proc. civ., si addebita al Tribunale di avere affermato la giurisdizione 
del giudice ordinario a conoscere della legittimit� del decreto 
interministeriale 28 luglio 1987 e di quello in data 4 novembre 1987 del 
Provveditore, senza considerare che la Casson, la quale aveva gi� presentato 
e visto respingere domanda di pensionamento anticipato, avrebbe 

PARTE I, SEZ. III1 .GIURISPI.mDENZA CIVILE, GI~ISDIZIONE E APPALTI 

dovuto impugnare,. una.. v'olta divenuto. attuale il suo.. interesse,�il decreto 
interministeriale; in mancanza, questo (atto presupposto) era divenuto 
incenimrabile e non potevano essere pi� censurati i p:i:ovvedimenti .che ne 
rappresentano l'esecuzione. 

n��motivo non �. :fondato. 

Invero, dalla non controversa <(e affermata per altro dall'art. 2 r.d.l. 

n. 503/29, convertito neUa legge n; 2342/29, come risulta dal testo sostituito 
dalla legge m. 6/74) natura� di ente pubblico economico del Provveditorato 
al Porto .di Venezia, del quali;: la Casson era dipendente �l momento 
della domanda; deriva che le controversie, nelle quali venga allegato il 
rapporto di lavoro cori l'Ente .ed invocata la tutela dei connessi diritti 
soggettivi, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario ed alla 
competenza . del Pretore quale � giudice del lavoro. 
Nella� specie; anche�. se l'istante ha chiamato in �giudizio le altre su 
indicate amministrazioni ...-... in relazione, per�, ai .:riflessi di carattere 
previdenziale� della .� deeisione, di� cui �si dir� �in prosiegUo -� oggetto immediato 
del giudizio � l'accertamento del diritto vantato dalla lavoratrice 
all'anticip13.t1;1 ~essazio.e del rapporto (il c,d~ prepensionamento), in 
forza della�� dtata normativa��. sul risariamerito della �gestione dei porti, e 
di quello consegUenziale a rimanere, sino al pensionamento, alle dipendenze 
� del Provveditorato invece che, previo trasferimento, della SAVE 

S.p.A. 
Nella vertenza cos� promossa -senza che sia parte in giudizio il 
Ministero dei trasporti, il quale, di concerto con gli altri competenti, ha 
emesSo il ptil::no dei due prowedimenti indicati nel ricorso -il giudice 
del merito, essendo investito del potere-dovere di disapplicare gli atti 
�mministrativi illegittimi, ritenuti lesivi dei diritti della lavoratrice istante; 
non ha ecceduto dai limiti della propria giurisdizione, allorch� ha preso 
in esame i predetti provvedimenti e giudicato irrilevante il decreto 
interniinister�ale e illegittimo, per contrasto con l'art. 9 cit., quello del 
Provveditore al Porto. 

Consegue il rigetto del primo mezzo. 

2. Con il secondo motivo si� deduce la violazione dell'art. 60 r.d.l. 
3 marzo 1938 n. 680, nonch� vizio di motivazione, per avere il Tribunale 
affermato il diritto dell'istante alla fruizione della pensione in virt� dei 
criteri di arrotondamento di cui all'art. 10 della legge 26 �luglio 1965 
n. 965 e all'art. 35 del r.d.l. n. 680/38, mentre avrebbe dovuto accogliere 
l'eccezione di difetto di giurisdizione, appartenendo alla giurisdizione 
della Corte dei conti anche le azioni di mero accertamento; ovvero, 
ritenendo che l� controversia riguardasse solo il rapporto di servizio, 
avrebbe dovuto estromettere la C.P.D.E.L. dal giudizio. 
Il motivo deve .essere dichiarato inammissibile, in quanto assegna 
alla denunziata sentenza una portata decisoria che essa non ha. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

70 

La sentenza, che reca nel dispositivo pronuncia di semplice rigetto 
dell'appello, non contiene in motivazione alcun accertamento riferibile 
al rapporto previdenziale, bens� l'espressa precisazione che �la controversia 
non � affatto finalizzata alla liquidazione e alla corresponsione 
della pensione, ma concerne l'accertamento del diritto dell'appellata a 
far cessare il rapporto di lavoro con determinati benefici �, 

Anche con maggiore chiarezza la confermata sentenza di primo 
grado, dopo avere precisato che il diritto al pensionamento anticipato 
non attiene alla corresponsione della pensione, aveva concluso che �la 
domanda ha dunque come diretti destinatari il Ministero del tesoro e 
il Provveditorato al Porto, non la C.P.D.E.L., che si limiter� a corrispondere 
la pensione quando ne avr� l'obbligo ... �. 

Del resto la stessa Cassa ricorrente non nasconde le proprie perplessit� 
sul contenuto della sentenza nella parte che la riguarda, tanto che 
lamenta, in via alternativa, la mancata estromissione dal giudizio; estromissione 
che -alla stregua dei rilievi che precedono -deve ritenersi, 
per�, pronunciata dai giudici del merito. 

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione 
degli artt. 7 e 9 del d.l. 17 dicembre 1986 n. 873, cenvertito in legge 
13 febbraio 1987 n. 26, degli artt. 33, 47, 67, 68 e 71 del r.d.l. n. 680 del 
1938, nonch� vizio di motivazione, e si assume che: 
a) nell'interpretare la norma dell'art. 9, non pu� essere dato rilievo 
all'attribuito �effettiva�, in quanto riferito alla contribuzione I.N.P.S. e 
non anche a quella della C.P.D.E.L., se si tiene presente che l'espressione 
contribuzione indica avvenuti versamenti e che nell'ordinamento della 
Cassa, a differenza di quello dell'I.N.P.S., non sono previste contribuzioni 
figurative; 

b) per la Ceccon, che era stata assunta presso il Provveditorato il 
15 marzo 1972, alla data del 31 dicembre 1988 risultavano versati contributi 
C.P.D.E.L. per soli anni 16, mesi 9 e giorni 16, non essendo rilevante 
e, comunque, nemmeno avvenuta la ricongiunzione di precedenti contribuzioni 
I.N.P.S.; 

e) nessuna norma prevede che il personale avente diritto al prepensionamento 
continui a prestare servizio presso il provveditorato. 

La censura sub b) � inammissibile, in quanto propone, per la rima 
volta in questa sede di legittimit�, questione -che implica, per di pi�, 
specifici e mai richiesti accertamenti di fatto -rimasta estranea al 
giudizio di merito. 

La doglianza sub e) presenta carattere gradato rispetto alla prima 
e rimane assorbita dall'accoglimento di essa. 

1 

4. Il terzo mezzo, limitatamente alla censura riassunta sub a), � infatti 
fondato. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

Ai sensi dell'art. 9, lettera b), cit. costituiscono requisiti per l'esercizio 
della facolt� di presentare domanda irrevocabile di pensionamento 
anticipato: � et� inferiore a 52 anni, con almeno 27 anni di contribuzione 
effettiva assicurativa all'I.N.P.S. o presso altre forme previdenziali ed 
assicurative sostitutive o con almeno 20 anni. di contribuzione assicurativa 
se iscritto alla c.assa di previdenza dipendenti enti locali o presso le 
previdenze locali previste dai regolamenti degli enti porti. Per i lavoratori 
marittimi si applicano, ai fini del computo della predetta anzianit� 
contributiva, le disposizioni del titolo III della legge 26 luglio 1984, 

n. 413 �. 
Il Tribunale ha tratto argomento dal dato letterale, rilevando che, 
con riguardo agli iscritti alla C.P.D.E.L., la legge non usa la qualificazione 
�effettiva�, riferita, invece, alla contribuzione I.N.P.S. 

L'argomento potrebbe assumere rilievo ermeneutico se detta qualificazione 
non trovasse ragione nel sistema delle assicurazioni I.N.P.S., che 
prevede, accanto alla contribuzione � effettiva � obbligatoria, correlata 
cio� ai periodi di prestazione di lavoro, contribuzioni � figurative �, utili 
a determinati fini, le quali da detta prestazione prescindono. Sarebbe 
stato invece pleonastico, oltre che fonte di perplessit� con riguardo al 
sistema I.N.P.S., il generalizzato riferimento alla contribuzione effettiva, 
posto che per gli iscritti alla Cassa non si pone il problema dei contributi 
figurativi. 

Lo stesso art. 9, lett. b), con riguardo ai lavoratori marittimi, volendo 
adottare il sistema di computo proprio dello speciale regime assicurativo 
della categoria, non limitato agli effettivi versamenti, ha ritenuto insufficienti 
le espressioni �contribuzione� o �anzianit� contributiva� ed avvertito 
l'esigenza di indicare la precisa fonte legislativa a cui attingere la 
disciplina del computo. 

In effetti l'espressione �contribuzione� assume nell'art. 9 il significato 
ben preciso di corresponsione di contributi ed � diversa da quella 
adoperata, in tema di �arrotondamento�, dagli art. 35 del r.d.l. 3 marzo 
1938 n. 680 e 10 della legge 26 luglio 1965 n. 965, nei quali il computo 
della frazione di anno e di mese quale anno o mese intero � riferito al 
� servizio �, 

Dispone in particolare l'art. 35 che per la determinazione degli anni 
di servizio e dell'et� degli impiegati, quando risulti una frazione d'anno, il 
periodo che eccede 6 mesi � calcolato per anno intero, altrimenti si 
trascura. 

N� una tale norma, di carattere eccezionale, dettata ai fini del normale 
pensionamento, pu� -in assenza di precise indicazioni normative -assumere 
portata precettiva nel diverso ambito della speciale e temporanea 
disciplina dell'anticipata risoluzione di determinati rapporti di lavoro; 
disciplina che, implicando oneri contributivi a carico dello Stato, deve 


RASSEGNA AVVOCAT�RA DELLO STATO

72 

tener conto, salvo espresse deroghe, dei versamenti previdenziali effettuati, 
pi� che di quelli computabili. 

L'effettiva anzianit� contributiva, in caso di accoglimento della domanda 
e di conseguente risoluzione del rapporto, va aumentata, ai fini 
della liquidazione della pensione, del periodo previsto dal terzo comma 
dell'art. 9 ed � solo in sede di liquidazione che deve operare il predetto 
criterio di arrotondamento, non anche agli effetti del computo della contribuzione 
utile per detta risoluzione. 

Conseguono il parziale accoglimento del terzo motivo del ricorso e 
la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Treviso, 
il quale, procedendo a nuovo, limitato esame della causa, far� applicazione 
del seguente principio: 

�Al fine dell'esercizio della facolt� di presentare domanda di pensionamento 
anticipato, ai sensi dell'art. 9 del d.l. 17 dicembre 1986 n. 873, 
convertito in legge 13 febbraio 1987 n. 26, il requisito di almeno venti anni 
di contribuzione assicurativa per gli iscritti alla Cassa di previdenza 
dipendenti enti locali, di cui alla lettera b) del primo comma di detto 
articolo, va computato in base ai contributi versati, non operando, a 
tal fine, il criterio di arrotondamento previsto dall'art. 35 del r.d.l. 3 marzo 
1938 n. 680 �, (omissis) 

Va, ad ogni effetto, dichiarato inammissibile il controricorso, in quanto 
la firma apposta dalla Ceccon alla procura speciale a margine di tale 
atto, in favore dell'avv. Luciano Jaconis (oltre che, invalidamente, del 
�dottor proc. Paolo Zanardi �), risulta autenticata dal predetto dott. proc. 
Zanardi, mentre entrambi i legali hanno sottoscritto il controricorso. 

~ stato gi� chiarito infatti, dopo iniziale contrasto, che sono inammissibili 
il ricorso per cassazione ed il controricorso quando la firma 
della parte nella procura speciale a margine o in calce dell'atto sia certificata 
autografa da un difensore non ammesso al patrocinio innanzi 
alla Corte di cassazione, a nulla rilevando che l'atto medesimo sia firmato 
anche da altro avvocato, iscritto nello speciale albo, cui sia stato, 
in tal modo, conferito il mandato (conf. sent. nn. 5664/89 S. U., 4661/86, 
3718/86, 4511/82, 1954/79). 

CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 13 marzo 1992, n. 3081 -Pres. Montanari 
Visco -Est. Baldassarre -Uff. prov. metrico e del saggio dei metalli 
preziosi di Roma c. Fiermonte ed altri (Avv. Stato Cenerini). 

Sanzioni amministrative -Produzione e commercio di metalli preziosi privi 
di marchio -Ordinanza ingiunzione -Opposizione sul � quantum � -Limiti 
della contestazione -Poteri del Pretore e natura del giudizio pretorile 
ex artt. 22 e segg. della legge 24 novembre 1981 n. 689. 

L'ordinanza-ingiunzione (nella specie emessa onde infliggere la sanzione 
dovuta per la produzione ed il commercio di metalli preziosi privi 



PARTE I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

73 

di marchio) non pu� limitarsi a riportare una generica contestazione contenuta 
nel verbale di accertamento e consistente nella sostanziale parafrasi. 
del testo normativo, ma deve fornire elementi specifici per individuare 
l'ipotesi di infrazione contestata e determinare la sua concreta 
consistenza; 

Ancorch� il .. ricorso.�dell'opponente� sia limitato aWammontare della 
sanzJone, il Pretore pu� rilevare il vizio di motivazione del provvedimento1 
ove. l'opponente abbia .nel corso del giudizio integrato i motivi 
dell'Qpposizione; deducendo l'indeterminatezza della contestazione, e l~Ufficio 
non abbia, sul punto, rifiutato il contradditorio ..(1). 

(omissis) Del dtorso principale il secondo mptivo presenta carattere 
pregiudiziale e pric>ritario, 

Con esso si den:.nzia infatti. fa violazione e falsa applicazione dell'art. 
112 cod. proc. civ. per avere il Pretore annullato il provvedimento 
dell'Ufficio metrico suJ1a l:>ase <limativi diversi da quelli dell'opposizione, 
non avendo gli opponenti contestata la sussistenza del fatto, n� la generica 
qualificazic;me(iello stesso, n� la mancanzadi motivazione sul quantum 
messo in discussi<>ne solo nella sua eccessivit�. 

llmotivo, che. prende le mosse da esatte premesse in diritto, non 
trova riscontro concreto nella realt� processuale. 
Le Sezioni Unite di questa Corte (conf. sent. n. 3271/90), superando 
il contrasto creato, in relazione ad un consolidato indirizzo, dalla sent. 

n. 2323/89, hanno definitivamente chiarito che l'opposizione avverso l'ingiunzione 
di pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, 
di cui agli artt. 22 e segg. della legge 24 novembre 1981, 
n. 689, configura l'atto introduttivo, secondo le regole del procedimento 
civile davanti al pretore, di un giudizio di accertamento della pretesa 
sanzionatoria, il cui accertamento � delimitato, per l'opponente, dalla 
(1) Al �di l� della singolarissima fattispecie, che riguardava la produzione 
ed il commercio di metalli preziosi privi di marchio (1), la sentenza in rassegna 
ripropone il problema della natura giuridica dello speciale giudizio pretorile 
pervisto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 .e dei poteri in esso esercitabili 
dal Pretore. 
In proposito gi� le Sezioni Unite, con la sentenza 19 aprile 1990, n. 3271, 
avevano richiamato la nota giurisprudenza, affermatasi in sede tributaria, 
secondo cui l'atto di impugnazione del provvedimento amministrativo costituisce 
il � veicolo di accesso � al giudizio di merito (2). 

Si era, cio� affermato che tale giudizia concerne innanzitutto la legittimit� 
formale e sostanziale del provvedimento impugnato, sicch� il giudice pu� 
anche arrestars~ all'invalidazione dell'atto, allorch� ricorrano vizi talmente 

(1) La stessa fattispecie costituisce anche oggetto di un illecito di natura valutaria: 
v. Cass., 16 gennaio 1992, n. 502. 
(2) Assai significativa in tal senso la motivazione. di Cass., Sez. Un. 3 febbraio 1986, 
n. 661 (in Corr. trio~. 1986, pag. 802). 

74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

causa petendi fatta valere con l'opposizione e, per l'amministrazione, dal 
divieto di dedurre motivi o circostanze diverse da quelle enunciate con 
l'ingiunzione. Ne consegUe che il giudice, salve le ipotesi di inesistenza, 
non ha il potere di rilevare d'ufficio ragioni di nullit� del provvedimento 
opposto o del procedimento che l'ha preceduto, nemmeno sotto il profilo 
della disapplicazione del provvedimento, e che l'opponente, se ha facolt� 
di modificare l'originaria domanda nei limiti consentiti dagli artt. 183 e 
184 cod. proc. civ., non pu� introdurre in corso di causa domande nuove, 
a meno che su di esse non vi sia accettazione del contraddittorio da parte 
dell'amministrazione. 

Nella specie risulta dalla sentenza impugnata e, negli esatti termini, 
dal ricorso principale e dall'avverso controricorso, che, � deducendo l'illegittimit� 
dell'ordinanza per violazione di legge, difetto di motivazione 
e difetto di prove sulla responsabilit� dell'interessato, gli opponenti chiedevano 
l'annullamento dell'ordinanza o, quanto meno, la riduzione della 
sanzione. In prima udienza gli opponenti integravano i motivi dell'opposizione 
deducendo l'indeterminatezza della contestazione �. 

Con il ricorso principale non si deduce per� che di quest'ultima 
allegazione, comprendente in modo non equivoco il �concetto del difetto 
di motivazione l'Ufficio opposto abbia eccepito la novit�, rifiutando il 
contraddittorio. 

In conseguenza, anche a voler ammettere che non vi fosse specifica 
deduzione nell'atto di opposizione (il che � da escludere in base a quanto 

I 

I i 
gravi da non consentire neppure l'identificazione dei presupposti materiali e 
giuridici cui � correlata la pretesa dell'Amministrazione; ma nello stesso tempo 
si era riconosciuto che, a parte tale dpotesi, di ben limitata verificazione, il 
giudizio di impugnazione � un 'giudizi<> sul rapporto giuridico (e non sull'atto), 

" 

nel corso del quale entrambe k parti, sia l'opponente che l'Amministrazione ~ 
opposta, possono liberamente dedurre o produrre nei limiti previsti dall'art. 184 ~ 
del cod. proc. civ. 

Questo orientamento sembrava far salvo il valore di un giurisprudenza, meno 
recente ma autorevolissima e pressoch� consolidata, secondo cui nel giudizio di 

I opposizione ad ingiunzione fiscale, l'Amministrazione pu� ben proporre domanda 
riconvenzionale per l'accertamento della legittimit� della sua pretesa, e ad


I 
dirittura, senza la necessit� di proporre domanda riconvenzionale, pu� dedurre 
a fondamento della medesima un titolo diverso da quello indicato nell'atto 
amministrativo opposto (3). 

Sta di fatto che le Sezioni Unite avevano ritenuto tali principi applicabili 
anche allo speciale procedimento previsto dagli artt. 22 e 23 della legge 
24 novembre 1981, n. 689, nonostante l'accentuazione dei poteri del Pretore 
di verificare � in limine � l'ammissibilit� dell'impugnazione, di disporre d'ufficio 
i mezzi di prova, e di ordinare all'Amministrazione il deposito in cancelleria 
del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonch� alla contestazione 
o notificazione della violazione. 

(3) Cosi Cass., 20 settembre 1971, n. 2623 (in Rass. Avv. Stato, 1971, I, pag. 1473). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA.CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI ,75 

pacificamente riferito), il Pretore ben poteva e doveva accertare '-.come, 
esprimendo giudizio negativo, ha fatto '---' se l'ordinanza presentasse dati 
esplicativi tali da rendere attuabile la difesa degli intimati ed il contraddittorio. 


�Non. sussiste;�� per.� tanto; il denunciato vizio di ultrapetizione e va 
presa in esame l~ulteriore, gradata� doglianza. 

Con ilprimo ~otivo l'Ufficio lamenta violazione e falsa applicazione 
degli artt. 23~ comma 11 e 12, legge 24 novembre 1981, n. 689, 18 stessa 
legge; rton<:h� erronea e contraddittoria motivazione, per non avere considerato 
il Pretore che nell'irrogazione delle sanzioni non sussiste alcun 
potere. discrezionale della P.A., dovendo questa limitarsi ad accertare 
l'esistenza del . fatto costituente la violazione; che il giudice non � chiamato 
a disapplicare l'atto amministrativo, ma pu� revocarlo in tutto o 
in parte; che la motivazione dell'ingiunzione deve essere interpretata con 
riferimento alle eventuali ragioni addotte dal. trasgressore; che nella specie 
non occorreva una . .maggiore . specificazione .della condotta, posto che 

-l'ali considerazioni inducono ad esprimere qualche perplessit� sul diverso 
orientamento .. emergente dalla motivazione della . sentenza in esame. 

In primo foogo, la difesa dell'Amministra:ifone av�va dedotto che gli 
opponenti non avevano contestata la sussistenza del fatto posto a fondamento 
dell'ordinanza-ingiunzione, n� la generica qualificazione dello stesso, e tanto� 
meno la mancanza di motivazione, ma soltanto. l'ammontare della sanzione, 
ritenuto eccessivo. 

Stando cos� le cose, non solo era mancata la deduzione da parte dei ricorrenti 
di viii che consentissero al Pretore di invalidare l'atto amministrativo 
opposto, ma addirittura si era configurata sul pU11to una mancanza di contestazione 
che ben rientra nei poteri dispositivi della parte privata, e che, 
quindi, delimitava al solo quantum l'oggetto della contesa. 

Riesce, pertanto, difficile condividere l'opinione del Pretore il quale, tra� 
valicando l'ambito della contestazione, in un giudizio a carattere pur sempre 
dispositivo, aveva rilevato vizi, astrattamente capaci di precludere un esame 
nel merito, che non erano stati dedotti dalla parte opponente. 

D'altra parte, anche a voler accettare una siffatta impostazione, e ritenere 
con la Suprema Corte che gli opponenti, integrando i motivi dell'opposizione 
in udienza, avessero lamentato l'indeterminatezza della contestazione, � ben 
singolare che sia stato POl�tO a carico dell'Ufficio di non aver � eccepito la 
novit�, rifiutando il contraddittorio �. 

Anche. a voler prescindere.dal. fatto che �indeterminatezza della contestazione 
� non significa mal1canz<i di motivazione capace di violare il diritto 
alla difesa dell'opponente, e quindi di precludere un esame nel merito (specie 
se questi abbia compresa talmente bene la contestazione da lamentare l'eccessivit� 
della sanzione in rapporto ai fatti contestatigli), � tuttavia evidente che 
il rifiuto del contraddittorio non pu� essere legato all'utilizzo di formule sacramentali, 
a maggior ragione in un procedimento dove le parti possono stare in 
giudizio senza assistenza di difensore, Irta pu� essere desunto dal complessivo 
comportamento della parte resistente; comportamento da valutarsi, �quantomeno, 
con la stessa apertura utilizzata per qualificare nel senso anzidetto la domanda 
della parte opponente. � 

UBALDO PERRUCCI 



RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

l'opponente non aveva contestato il fatto, mentre l'art. 26 prevede una 
medesima sanzione per le diverse ipotesi contemplate. 

Osserva il collegio che, in tema di sanzioni pecuniarie amministrative, 
l'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui prevede 
che l'ordinanza-ingiunzione irrogativa della sanzione deve essere motivata 
e deve tenere conto dei documenti e delle deduzioni difensive formulate 
dall'incolpato, richiede che il provvedimento contenga elementi esplicativi, 
anche sintetici, ma tali da rendere possibile all'intimato di individuare 
l'infrazione contestatagli. A tal fine, � sufficiente che siano indicati gli 
estremi dell'addebito, la norma violata e la risposta alle allegazioni� del 
trasgressore, ben potendo desumersi tali elementi dal richiamo del rapporto 
o verbale, che sia venuto a legale conoscenza dell'interessato e contenga 
indicazioni adeguate rispetto alla funzione propria della contestazione 
ed alle esigenze difensive del privato. 

Nel caso in esame il Pretore ha messo in evidenza che, non solo 
l'ordinanza ingiuntiva, ma anche il verbale di accertamento, in essa menzionato, 
consistono nella sostanziale parafrasi del dettato normativo, 
senza specificare, per altro, la consistenza delle tre ipotesi di violazione 
richiamate; con la conseguente impossibilit� di verificare, nella sede 
giudiziaria, sia la corrispondenza della qualificazione giuridica ai fatti 
concreti, sia la congruit� della sanzione. 

Lo stesso Pretore ha rilevato poi come la sommariet� dell'accusa abbia 
caratterizzato, oltre che la fase amministrativa dell'accertamento, anche 
quella della successiva istruttoria processuale, e precluso quindi una pronuncia 
sorretta da attendibili e sufficienti elementi. 

Poich� l'apprezzamento espresso dal primo giudice non trova smentita 
in dati di fatto, di cui parte ricorrente abbia dimostrato l'omessa o 
errata valutazione in sentenza, l'esaminato motivo deve essere respinto 
e con esso l'intero ricorso principale. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 marzo 1992, n. 3355 -Pres. Brancaccio 
-Est. Sgroi -P. M. Caristo (diff.). -Ente Ferrovie Stato (Avv. 
Stato Stipo) c. Urz� Brancati (avv. Saitta). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Costruzione di opera pubblica prima 
che intervenga il decreto di espropriazione � Diritti di credito dell'ex 
proprietario per la perdita del suolo e per il periodo di occupazione 
legittima e il periodo di occupazione illegittima. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Costruzione di opera pubblica con 
irriversibile trasformazione del suolo -Risarcimento del danno con 
riferimento agli strumenti urbanistici vigenti e non all'edificabilit� 
di fatto. 

Nel caso di occupazione di un suolo da parte della Pubblica Amministrazione, 
la costruzione dell'opera pubblica determina l'acquisto della 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE; GIURISDIZIONE E APPALTI 77 

propriet� da parte dell'Amministrazione, con la conseguenza che: �) se 
l'irreversibile trasformazione del bene � avvenuta durante il biennio di 
occupazionelegittima, all'ex proprietario spetta l'indennit� per tale occupazione 
da considerarsi debito dt valuta, nonch� il risarcimento per la 
perdita dell'immobile, e ct'o� il valore, rivalutato al momento della decisione; 
delfimmobile stesso; b) se l'irreversibile trasformazione �. avvenuta 
durante il periodo di occupazione illegittima, all'ex proprietario spetter� 
il controvalore del bene come sopta, ma l'indennit� per quest'ultima 
occupazione spetter� soltanto fino al momento di tale illegittima trasformazione 
(l). 

Per� stabilire il valore venale di un'area su cui � stata costruita una 
opera pubblica con irreversibile trasformazione del suolo, non deve farsi 
riferimento, ai fini del. risarcimento del danno in favore dell'ex proprietario, 
all'edificabilit� di fatto, ma occorre tener conto della destinazione 
del terreno alla stregua degli strumenti urbanistici, che il giudice deve 
esaminare d'ufficio a prescindere da. qualsiasi iniziativa probatoria delle 
parti. 

(1) La sentenza in rassegna ribadisce il pnnc1p10 dell'acquisto della propriet� 
.in capo alla P.A. (cosiddetta accessione invertita) con il completamento 
dell'opera pubblica (cosi Ca:ss; S�i. �Un:,� 10 ottobre 1988, n. 3940) ovvero ancor 
prima con l'irreversibile destinazione del suolo alla realizzazione dell'opera 
pubblica (c<;>s� Cass;, Sez. Un., 26 febbraio 1983, n. 1464). 
In favore dell'ex proprietario del bene, resta pertanto il diritto al controval6i-
e del bene stesso, acquisito a titolo originario dall'Ente titolare del� 
l'opera pubblica (v. Cass., 11 luglio 1990, n. 7210, in Foro it., 1990, I, 2789 con 
nota di DE MARZO). 

Secondo una prima costante giurisprudenza, l'illegittima occupazione, divenuta 
definitiva ed irreversibile per la radicale trasformazione del fondo conseguente 
alla destinazione del bene alla costruzione di un'opera pubblica, costituisce 
un illecito istantaneo, sia pure con effetti permanenti, che fa sorgere 
nell'ex proprietario il diritto al controvalore soggetto alla prescrizione quinquennale 
dal momento della trasformazione del fondo (Cass., Sez. Un., 26 febbraio 
1983, n. 1464; Cass., Sez. Un;, 9 marzo 1983, n. 1754; Cass., 13 luglio 1983, 

n. 4767; Cass., 21 �maggio 1984, n. 31119; Cass., 5 febbraio 1985, n. 784. 
Tuttavia successivamente, con la sentenza 11 luglio 1990, n. 7210, la Cassazione 
ha inteso precisare che l'acquisto della propriet� non costituisce l'effetto 
dell'eventuale fatto illecito della Pubblica Amministrazione, ma opera indipendentemente 
da questo come modo autonomo ed originario dell'acquisto 
della propriet�; in altri termini, l'acquisto della propriet� del bene a titolo 
originario non deriva mad dall'illecito, anche se la propriet� � sorta � in occasione 
dell'illecito �; da ci� la conseguenza che il diritto dell'espropriato al controvalore, 
non rientrando nell'ambito del fatto illecito, non � soggetto alla 
prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2947 cod. civ., ma carne qualsiasi 
altro diritto personale di credito, si prescrive nel termine ordinario decennale 
stabilito dall'art. 2946 cod. civ. 

Essendo la Pubblica Amministrazione legittimata a trattenere il bene, questo 
non pu� pi� essere restituito al suo proprietario, con la conseguenza che 
dal momento della sua irreversibile trasformazione, cessa il diritto alla 



78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Col primo motivo, l'Ente Ferrovie dello Stato denuncia la 
violazione degli artt. 13 e 50 legge 25 giugno 1865, n. 2359, degli artt. 4 e 
5 legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E; degli artt.. 2, 3 e 4 legge 6 dicembre 
1971, n. 1034, nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione 
(art. 360 n. 1, 3 e 5 cod. proc. civ.), osservando che non � esatto 
che il termine di cui all'art. 13 legge n. 2359/1865 possa essere prorogato 
una sola volta e per motivi di forza maggiore, per cui, caduta la 
premessa .su cui si basa la pronuncia, ne deriva che doveva essere rigettata 
la domanda di risarcimento del danno. 

Secondo l'Ente FF.SS., una volta ammesso che al momento della 
pronuncia del decreto ablativo del 31 luglio 1976, cio� pochi giorni dopo 
la proroga, l'opera ferroviaria non fosse compiuta, non vale il principio 
invocato dalla Corte d'Appello secondo cui l'esecuzione dell'opera comporta 
l'irreversibile trasformazione del fondo con l'estinzione del diritto 
di propriet� del privato e la contestuale acquisizione a titolo originario 
della propriet� in capo all'ente espropriante; se perci� il decreto di 
espropriazione � intervenuto quando l'opera pubblica non � stata ancora 
realizzata, gli eventuali vizi del decreto andavano denunciati davanti al 
giudice amministrativo e la Corte d'Appello non avrebbe potuto decidere, 

I 

per carenza di giurisdizione. 

j

Il motivo (che ha determinato la rimessione della causa alle Sezioni 

I ~ 

Unite) � infondato. 
Con esso si attribuisce alla Corte d'Appello un'affermazione che era 
contenuta nella decisione di primo grado, e che la Corte di Messina ha 

I 

indennit� di occupazione e ad esso occorre far riferimento per il risarcimento 
del danno corrispondente al valore del bene e al mancato godimento dei frutti 

I per la sua occupazione abusiva, mentre i fatti sopravvenuti non esplicano alcuna 
rilevanza giuridica sulla obbligazione risarcitoria dell'Amministrazione; tra tali 

I

fatti sopravvenuti possono citarsi il decreto di espropriazione successivamente 
intervenuto (che � stato ritenuto irrilevante dalla giurisprudenza della Cassazione 
da ultimo citata), come pure gli eventi di forza maggiore; con riferimento 
al fatto di forza maggiore la Cassazione, 8 giugno 1979, n. 3243, ha 
affermato che nel caso in cui l'opera pubblica sia rimasta sommersa dall'erosione 
marina, ci� non vale a far ritenere che l'obbligazione risarcitoria si � 
estinta. 

Per quanto riguarda l'occupazione, ha natura risarcitoria, siccome derivante 
da fatto illecito, l'azione proposta contro la Pubblica Amministrazione 
per i danni subiti in relazione al periodo di occupazione abusiva e ad essa 
pertanto � applicabile la prescrizione quinquenale di cui all'art. 2947 cod. civ.; 
viceversa il diritto spettante per il periodo di occupazione legittima non ha 
natura risarcitoria, ma di compenso per fatto lecito ed � perci� soggetto alla 
ordinaria prescrizione decennale anche quando l'indennit� stessa viene liquidata 
mediante calcolo degli interessi sulla somma corrispondente al valore 
venale del suolo, trattandosi sempre di un capitale e di un accessorio di esso 
e non potendo il modo di liquidazione mutarne la natura (Cass., 7 agosto 
1963, n. 2234). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

modificato, affermando, in modo espresso, che il decreto di espropriazione 
� intervenuto quando il suolo era stato gi� irreversibilmente trasformato 
con l'esecuzione dell'opera pubblica. 

Il suddetto decreto di esproprio � stato considerato dalla Corte d'Appello, 
in via alternativa, o illegittimo (perch� emesso sotto il vigore della 
terza proroga del termine per l'esecuzione di lavori) o irrilevante, perch� 
emesso -ad opera gi� compiuta -durante il periodo dell'occupazione 
illegittima, essendo gi� scaduto da tempo, alla data del 31 luglio 1976, 
il periodo di occupazione legittima (giurisprudenza costante di questa 
Corte, ribadita con numerosissime sentenze). L'Ente Ferrovie ha censurato 
soltanto la prima ratio decidendi, ma non la seconda, di guisa che 
la censura � inammissibile, posto che il suo accoglimento non porterebb� 
alla cassazione della sentenza impugnata, la quale si regge sufficientemente 
sulla seconda ratio, non impugnata. 

Con il secondo motivo, l'Ente ferrovie denuncia la violazione dell'art. 
39 legge 25 giugno 1865, n. 2359, dell'art. 16 legge 22 ottobre 1971, 

n. 865, dell'art. 4 legge 27 giugno 1974, n. 247, degli artt. 11 e 34 legge 
17 agosto 1942, n. 1150, nonch� omesso esame di punto decisivo e difetto 
di motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., osservando 
che fin dal giudizio di primo grado era stato prodotto il certificato del 
24 aprile 1982 con il quale il Sindaco di Messina attestava che alla data 
del 3 luglio 1976 l'edificazione doveva svolgersi in conformit� alle prescrizioni 
del programma di fabbricazione (adottato e presentato all'Assessorato 
Regionale allo sviluppo) e con le limitazioni di cui all'art. 28 
della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21; che il terreno de quo, in data 
3 luglio 1976, ricadeva, nel programma di fabbricazione, in zona es 
�attrezzature di zona di progetto� con densit� edilizia fondiaria massima 
consentita di 0,01 mc/mq; che la stessa part. n. 235 del foglio di 
mappa n. 205, alla data del 3 luglio 1976, ricadeva, come tutt'oggi, nel 
Piano regolatore generale approvato successivamente in data 21 marzo 
1978, su fascia di rispetto dove sono ammesse attrezzature tecnologiche 
pubbliche o di interesse pubblico, allacciamenti ai servizi tecnologici, 
parcheggi, sistemazione a verde, allacciamenti stradali e percorsi pedonali 
e ciclabili ed il mantenimento dell'attivit� agricola, con esclusione 
di qualsiasi tipo di edificazione. 
Nell'atto di appello l'Ente aveva insistito perch� il terreno fosse 
valutato secondo i valori agricoli medi nella zona in questione ed aveva 
lamentato che per stabilire il valore del terreno era stato preso a raffronto 
un terreno vicino degli stessi Urz� destinato in piano regolatore in 
zona B3D con indice di edificabilit� 3 mc/mq. 

Nella sentenza impugnata -osserva il ricorrente -non � contenuto 
alcun accenno agli strumenti urbanistici. Esclusa la natura edificatoria 
del terreno, la valutazione andava eseguita con i criteri dei valori 
agricoli di cui alla legge n. 865 del 1971 e, se si voleva fare riferimento 


80 RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO 

al valore venale del terreno, questo non poteva essere valutato come 
suolo edificatorio, quando nel P.R. poteva essere adibito a parcheggi, 
verde pubblico e sede viaria. 

Il motivo � fondato. 

La Corte d'Appello ha fatto riferimento all'edificabilit� di fatto, senza 
spiegare in alcun modo le ragioni per le quali non ha tenuto conto della 
destinazione del terreno de quo, alla stregua degli strumenti urbanistici 
che lo riguardavano (e che la Corte deve esaminare d'ufficio, a prescindere 
da qualsiasi iniziativa probatoria delle parti). Non vale l'obiezione 
dei controricorrenti, secondo cui la destinazione edificatoria del terreno 
era stata riconosciuta dall'ente nel verbale di consistenza dell'll marzo 
1971, perch� non � questa la data che occorreva prendere in considerazione, 
bens� quella sicuramente successiva di irreversibile trasformazione 
del suolo. Parimenti non decisiva -allo stato -� l'altra obiezione secondo 
la quale il certificato del Comune faceva riferimento ad una data 
(3 luglio 1976) in cui era venuto meno il potere di pronunciare l'espropriazione 
e l'occupazione temporanea era gi� divenuta illegittima. 

Infatti, non risultando con esattezza dalla sentenza qui impugnata 
il momento dell'acquisto della propriet�, . deve accertarsi la destinazione I 
urbanistica del terreno de quo con riguardo all'epoca dell'illegittima trasformazione, 
ovvero, se l'opera era stata gi� compiuta durante il periodo 
di occupazione legittima biennale, con riguardo alla scadenza del bien


I 

nio (Cass., 20 giugno 1990, n. 6209, fra le molte conformi). 
Infine, il parametro di comparazione adottato (terreno venduto con 
rogito dell'll dicembre 1978) non � giustificato da una puntuale inda


I 

I1 
� 

gine circa la similarit� di destinazione urbanistica del terreno preso 
a raffronto. 
Pertanto, la causa va rimessa ad altro giudice, che dovr� eseguire 
detti accertamenti, in relazione agli strumenti urbanistici di conformaI


' 

zione generale delle� propriet� ricadenti nella zona in cui � compreso il 
terreno occupato de quo. 

Col terzo motivo l'Ente FF.SS. denuncia la violazione dell'art. 72 legge 
25 giugno 1865, n. 2359, dell'art. 16 legge 22 ottobre 1971, n. 865, dell'art. 4 
legge 27 giugno 1974, n. 247, degli artt. 11 e 34 legge 17 agosto 1942, n. 1150, 
nonch� omesso esame di punto decisivo e difetto di motivazione (art. 360 

n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.), osservando che la sentenza � censurabile, 
anche nella parte in cui ha determinato l'indennit� di occupazione: anzitutto, 
per quanto esposto nel primo motivo, nessun periodo di occupazione 
pu� essere considerato illegittimo; inoltre, per quanto esposto nel 
secondo motivo, l'indennit� di occupazione non pu� essere calcolata sul 
valore attribuito dalla Corte d'appello. 
Il motivo � assorbito. 
Quanto alla prima censura, in conseguenza del rigetto del primo motivo, 
l'occupazione deve considerarsi illegittima a partire dalla scadenza 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 81 

del biennio (mai prorogato) di occupazione legittima (cfr. Cass., 7 dicembre 
1990, n. 11733), ma l'occupazione illegittima � indennizzabile soltanto 
se l'irreversibile trasformazione del bene � avvenuta in epoca successiva 
al suddetto biennio, e soltanto fino a detta irreversibile trasformazione, 
che dovr� essere accertata in modo puntuale. 

Quanto alla seconda censura, essa � assorbita in conseguenza dell'accoglimento 
del secondo motivo, perch� la nuova indagine che il giudice 
di rinvio . dovr� compiere sulle caratteristiche e sul valore del terreno in� 
fluir� anche sulla determinazione dell'indennit� di occupazione legittima 
biennale (dovuta in ogni caso), da considerarsi debito di valuta, in base 
al valore del terreno all'epoca di detto biennio; nonch� sull'indennit� di 
occupazione illegittima (debito di valore), se ed in quanto dovuta fino al 
momento dell'irreversibile trasformazione del bene (v. infra). 

Col quarto motivo, l'Ente Ferrovie denuncia la violazione dell'art. 2043 
cod. civ. e dell'art. 72 legge 25 giugno 1865, n. 2359; nonch� omessa, 
insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 

n. 5 cod. proc. civ. osservando che, per il caso che dovesse essere ritenuto 
valido quanto affermato dalla Corte d'appello, nel senso che l'acquisto 
irreversibile della propriet� in capo alla P.A. sia intervenuto per effetto 
del compimento dell'opera (e non per effetto del decreto di esproprio) 
non ha senso una condanna al risarcimento ed all'indennizzo per il periodo 
di occupazione. 
Il m()tivo � fondato, per quanto di ragione. 

La sentenza impugnata ha liquidato l'indennit� di occupazione legit� 
tima biennale, e questa liquidazione (salvo il nuovo esame in ordine al 
suo ammontare, in conseguenza di quanto detto supra) dovr� essere in 
ogni caso mantenuta ferma, perch� l'occupazione legittima biennale deve 
essere indennizzata, anche se il successivo decreto di esproprio � irrilevante, 
perch� emesso dopo la scadenza dell'occupazione legittima e dopo 
l'irreversibile trasformazione del suolo in bene pubblico. 

Per�, la sentenza impugnata ha anche � confermato nel resto � la sentenza 
di I grado, la quale aveva condannato l'Ente FF.SS. a pagare l'indennit� 
per il periodo di occupazione illegittima, successiva al biennio, 
in lire 4.244.000 per anno, fino al decreto di esproprio. Tale condanna, 
in conseguenza nella diversa soluzione data dalla Corte d'appello al problema 
del momento dell'acquisto della propriet�, non per effetto del 
decreto di esproprio (ritenuto irrilevante), ma per effetto dell'irreversibile 
ed illegittima trasformazione del bene, con conseguente acquisto della 
propriet� in capo all'Ente, non ha alcun senso. Invero, secondo la consolidata 
giurisprudenza di questa Corte, posto che, nel caso di occupazione 
illegittima di un suolo da parte della P.A., la costruzione dell'opera 
pubblica determina l'acquisto della propriet� da parte dell'Amministrazione 
ne consegue che all'ex proprietario del suolo, a partire dalla data 
di tale acquisto, spetta soltanto il risarcimento per la perdita dell'im




82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

mobile (e cio� il valore, rivalutato al momento della decisione, dell'immobile 
stesso), ma non spetta anche l'indennit� di occupazione temporanea 
che, stante la perdita della propriet�, non gli � pi� dovuta (Cass., 

n. 5127 del 1987). 
Pertanto: a) se l'irreversibile trasformazione del bene � avvenuta 
durante il biennio di occupazione legittima, all'ex proprietario spetta (oltre 
all'indennit� per tale occupazione) soltanto il controvalore del bene; b) se 
l'irreversibile trasformazione � avvenuta durante il periodo di occupazione 
illegittima, l'indennit� per quest'ultima occupazione spetter� soltanto 
fino al momento di tale illegittima trasformazione, da identificare 
in modo preciso. 

In ogni caso, non ha senso un'indennit� di occupazione illegittima fino 
ad un decreto di esproprio che � del tutto irrilevante, come si � detto 
rigettando il primo motivo. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. lav., 25 marzo 1992 n. 3694 -Pres. Scala -Rel. 
De Luca -P.G. Zema (conf.) -Rubiu (avv. Chiesa) c. Gestione Governativa 
Ferrovie della Sardegna (avv. Stato Stipo). 

Trasporti -Ferrovie -Personale delle ferrovie e autolinee in concessione 


Indennit� di buonuscita -Contrattazione collettiva -Nullit� di clausola 

esclusiva della computabilit� di emolumenti di natura retributiva. 

I criteri fissati per l'indennit� di anzianit� degli artt. 2120 e 2121 
cod. civ. trovano applicazione anche con riguardo all'indennit� di buonuscita 
prevista dalla contrattazione collettiva in favore del personale 
autoferrotranviario, con la conseguente nullit� di clausole contrattuali 
esclusive della computabilit� di emolumenti di natura retributiva. 

(omissis) 2. Con l'unico motivo dei ricorsi, si censura la sentenza 
impugnata per non aver dichiarato la nullit� della clausola contrattuale 
(accordo nazionale 31 maggio 1981, punto 3) -che esclude il c.d. � elemento 
distinto della retribuzione � (E D R ) dalla base di calcolo dell'indennit� 
di buonuscita, prevista contrattualmente in favore degli autoferrotranvieri 
cessati dal servizio con diritto a pensione -in quanto contrasta 
con la nozione �onnicomprensiva� della retribuzione (ex art. 
2121 cod. civ.), che va posta a base del calcolo di quell'indennit�. 

I ricorsi sono fondati. 

3. Questa Corte (v., per tutte, le sentenze 10203, 11475, 2787, 2056, 
443/90, 346/89, 6862/87, 3140/85, 1735/83, 1437/82, 5043/81; in senso contrario, 
tuttavia, pare l'isolata sent. 1687/90) ha gi� avuto occasione di affermare 
il principio di diritto seguente: �il principio affermato dalla Corte 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

Costituzionale (con sentenza n. 124 del 1975) -secondo cui la retribuzione 
da prendere a base del calcolo dell'indennit� di buonuscita spettante 
al personale autoferrotranviario senza diritto a pensione (artt. 21 
e 27 all. A) al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148) deve intendersi in senso onnicomprensivo, 
secondo i criteri fissati per l'indennit� di anzianit� (dagli 
artt. 2120. e 2121 cod. civ.) -trova applicazione anche riguardo all'indennit� 
di buonuscita prevista dalla contrattazione collettiva (accordo nazionale 
19 febbraio 1948 e contratto collettivo 23 luglio 1976) in favore del 
personale autoferrotranviario con diritto a pensione, la quale ha anch'essa 
la medesima natura e funzione dell'indennit� di anzianit� prevista in via 
generale dal codice civile, con la conseguente nullit� di clausole contrattuali 
eventualmente esclusive della computabilit� di emolumenti di natura 
retributiva� (cos�, testualmente, Cass. 10203/90 cit.). 

La sentenza impugnata non si � uniformata al principio di diritto 
enunciato e merita, quindi, le censure che le vengono mosse dai ricorrenti. 
(omissis) 


SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 
SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI -18 novembre 1991, n. 874 -Pres. Impera


trice -Est. Luce -Ministero beni culturali e ambientali ed altro (avv. 
Stato Arena) c. Petrucci ed altro (avv. Lais) -annulla T.A.R. Lazio, 
Sez. II, 14 dicembre 1989 n. 1787, in T.A.R. 1990, I, 34). 

Antichit� e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Discrezionalit� -Effetti. 

Antichit� e belle arti � Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Istruttoria -Predeterminazione di criteri procedurali e 
termini rigidi -Insussistenza. 

Antichit� e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo su aree di interesse archeologico -Ambito e limiti -Esigenza 
che i reperti di interesse archeologico risultino visibili -Non 
sussiste. 

Antichit� e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Motivazione -Motivazione � ob relationem � -Legittimit� e 
sufficienza. 

Antichit� e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Motivazione -Valutazione comparativa degli interessi pubblici 
e privati -Necessit� -Esclusione. 

La discrezionalit� che caratterizza il provvedimento di vincolo di 
un bene immobile di particolare interesse storico e artistico ha natura 
strettamente tecnica e, come tale, si sottrae ad ogni sindacato di merito 
in sede giurisdizionale (1). 

(1-5) Effetti della natura dichiarativa del vincolo di interesse culturale sulla 
tutela dei beni immobili e, in particolare, delle zone archeologiche. 

1. La sentenza che si annota costituisce una significativa conferma della 
tesi della natura dichiarativa del vincolo ex L. 1089/1939, ribadita con forza anche 
dalla pi� recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, con specifico riferimento 
ai criteri da seguire per la legittima imposizione di vincoli su aree ritenute dalla 
competente Amministrazione per i beni culturali e ambientali di interesse 
archeologico. 
Il TAR del Lazio, con la sentenza riformata dal Consiglio di Stato, aveva 
ritenuto -in accoglimento delle censure mosse sul punto dai ricorrenti in 
primo grado -che il provvedimento amministrativo impugnato, impositivo 
del vincolo di interesse archeologico, fosse andato decisamente oltre lo stretto 
necessario � in relazione alla collocazione e concentrazione dei reperti e senza 
che fosse stata offerta una � adeguata giustificazione delle ragioni � in base 



PARm I, SEZ~ IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 8S 

La procedtura pre,vista �dalla legge 1� giugno 1939; n. 1089: per l'ema� 
nazione del vincolo di importa:nte interesse storico e >artistico su beni 
di propriet�� privata. non �� caratterizzata dalla esigenza� del rigoroso rispetto 
di�.. termini rigidi e:d;ssolttti �.e .. pertanto l'istruttoria che precede 
Vemanazione d.ell'atto fitiaJe impositivo del vincolo pu� essere svolta dalle 
comt;J.eten# autorit�~>centrate: e periferica,�. dell'Amministrazione .. anche in 
tempi t#vepsi (~h: < . 

Ferina lieslgenza di una� attenta valutazione di �tutte .. le circostanze 
di�� fatto esis,tenti :noncM.>delle diverse modalit� e. intensit� della presenza 
di beni .. amheologici .in un determinato territorio da sottoporre a 
vincolo drci�i�tdgico) vtt peraltro� riconosciuta alla pubblica� Amministra~ 
zione .un'ampia .sfera dt discrezionalit� .nella�.� valutazione della presunta 
disseminazione dei reperti archeologici e, in particolare, dei ruderi, anche 
se non� ancQra portati alla �luce, considerato.� che la disciplina normativa 

alle quali il; vincolo era; stato esteso.�a terreni.�ǥ�ris.ltati completamente� sterili 
di materiale archeologico�. Nel caso di specie, .invero,. l'.obiettivo, dell'azione 
dF tutela era costituito da un'area nella quale sondaggi esegmti negli anni 
1984 e 1986 avevano gi� dato esito positivo.con. la scoperta inequivooa. di alcune 
antiche � struttw;e; �nel successivo pro.vvedimento.� di . vincolo veniva .esplicita� 
mente �indicato �.ohe nell'area (della�quale. erano> individuate��� e� precisate�.le 
particelle. catastali. di.� :riferimento). insistevano. �resti di� .. un complesso . immobiliare; 
presumibilmente una villa romana indicata dagli studiosi con la villa 
Faonte sulla via.Patinarla nella�quale,. secondo Svetonio, Nerone mor�; 10 stesso 
provvedimento di .vincolo. precisava ohe i resti della villa; ohe si estendeva 
presumibilmente per .circa 300 � metri.� da via delle Vigne Nuove, .. erano rappresentati. 
essenzialmente da un . cripto-portico .lungo circa. 25 metri. a due. navate, 
con cortina in opus reticulatum; in un. sistema sotterraneo gi� .. esplorato nel 
1981, costituito da una galleria e una serie di cunicoli con pozzi verticali, 
forse destinati alla raccolta delle acque piovane e da altre strutture la cui 
presenza era stata gi� accertata nel 1986. 

���Nella � �. valutazione operata in sede �di apprezzamento tecnico-discrezionale 
l'AmministraziOne per i beni culturali e ambientali aveva ritenuto, proprio in 
relazione'� alla presumibile estensione��. dei resti e �delle presenze archeologiche, 
anche se non portati alla. luce; di sottoporre a tutela l'intera area archeologica 
nella �quale erano disseminati i ruderi, in quanto la stessa rappresentava 
complesso unitario costituente indubbiamente un documento di interesse 
:Particolarmente importante; come richiesto .dall'art. 3, :.primo comma, della 
legge 1'1'. �giugno 1939; �� n..1089 sulla �� tutela� delle cose di interesse artistico e 
storico; in quanto CQmplesso �;.; ~.; . legato �a� vicende� storiche dell'antica Roma 
e della storia delle ricerche archeologiche, nonch� come interessante esempio 
di villa romana di et� imperiale ed elemento topografico di rilevante valore 
per la conoscenza del territorio� compreso tra� la via Nomentana � Salaria sul 
percorso dell'antica via Patinai'ia �: motivazione questa ohe il Consiglio di 
Stato ha riten�to ' frutto di un giudizio non sindacabile sotto il profilo. del 
merito e caratterizzata da incontestabili profili di correttezza sul piano della 
legittimit�, in quanto addotta a conclusione del procedimento previsto e sulla 
base di un apprezzamento operato dopo la compiuta acquisizione di tutti gli 
elementi utili alla decisione stessa. 



86 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

vigente non richiede, ai fini della imposizione del provvedimento di notifica, 
che i reperti predetti siano stati gi� trovati o portati alla luce (3). 

Qualora risulti che, sulla base dell'iter logico seguito per l'imposizione 
di un vincolo di notifica su beni di interesse storico e artistico, la 
fattispecie considerata rientra a pieno titolo nella previsione normativa, 
anche una specifica motivazione ob relationem e succintamente espressa 
deve essere considerata sufficiente ad assicurare la legittimit� del provvedimento 
emanato (4). 

Poich� in sede di imposizione di un vincolo su beni di interesse storico 
e artistico l'interesse del privato � sempre subordinato e soccombente 
rispetto a quello pubblico di assicurare la tutela e la conservazione 
del bene, non � necessario in sede di motivazione del provvedimento 
indicare i criteri di comparazione fra i due interessi, pubblico e 
privato, seguiti dall'autorit� preposta alla emanazione del vincolo stesso (5). 

2. Se la fattispecie concreta esaminata dal Consiglio di Stato appare 
particolarmente ricca di elementi (resti in luce sia pure sparpagliati, esiti 
positivi dei sondaggi, elementi storicoctopografici, etc.) cos� da giustificare una 
pronuncia di piena legittimit� dell'azione amministrativa in funzione della 
consistenza e concorrenza degli indizi comprovanti la presenza dell'area archeologica, 
la decisione in esame riveste un peculiare, pi� pregnante interesse 
per le affermazioni di portata generale che essa contiene in motivazione e che 
sembrano senz'altro da condividere, in particolare laddove si afferma che <in 
tema di provvedimento di vincolo l'individuazione dell'estensione del complesso 
archeologico da tutelare afferisce al potere tecnico-discrezionale della pubblica 
amministrazione, non sindacabile per il profilo di merito e che pu� ben estendersi 
oltre gli stretti limiti spaziali direttamente interessati dal rinvenimento 
di reperti. Quanto al profilo di legittimit� abbiano gi� ricordato g1i elementi 
in base ai quali il Consiglio ha ritenuto congruamente motivato il vincolo e di 
conseguenza legittimamente esercitata la funzione pubblica ad esso correlata. 
Fra tali elementi abbiamo visto indicato anche l'elemento topografico, sul 
quale giova porre una particolare attenzione poich� non sempre esso viene 
considerato come dovrebbe e cio� per s� solo idoneo a legittimare l'imposizione 
di un vincolo di interesse archeologico di un sito: basti pensare alle 
difficolt� che spesso ha incontrato e incontra l'Amministrazione per assicurare 
una compiuta azione di tutela di aree qualificate d'interesse archeologico 
solo per riferimento topografico e cio� perch� in quel sito si sono svolti 
importanti avvenimenti (per esempio storiche battaglie), senza peraltro che 
esista alcuna presenza di resti monumentali che possa soccorrere ai fini del 
soddisfacimento delle esigenze di tutela del luogo. Ma non basta. Frequenti e 
numerose sono le difficolt� che l'Amministrazione preposta alla tutela del 
beni culturali incontra quando � chiamata a predisporre adeguati strumenti 
a difesa della conservazione di memorie storiche di carattere forse peculiare 
ma di indubbio, indiscusso valore: intendo qui riferirmi alla problematica 
dei piani regolatori, ad es. quello della piana di Sibari o -esempio ancor pi� 
significativo e per altri versi clamoroso -il piano regolatore della citt� di 
Napoli, a proposito del quale -come ha recentemente ricordato il prof. Giovanni 
Pugliese Carratelli alla III Conferenza Nazionale degli Istituti Culturali 

(Roma, 4-7 dicembre 1991 adde: in Gli Istituti Culturali nella Dimensione Europea 
-Atti della Conferenza, 117 e seg.) -si � resa necessarfa una massiccia 

PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

mobilitazione di studiosi per ewtare una grave compromissione alla conservazione 
dell'antico impianto urbano� di Napoli, pervenuto intatto fin dall'antichit� 
greca pur con� ricostruzione e rifacimento di edifici, e pertanto monumento 
importantissimo; tale massiccia mobilitazione non ha comunque potuto evit.
are che alcuni resti monumentafil. venuti alla luce {e precisamente un tratto 
delle mura della Napoli greca del V secolo) venissero ricoperti da una nuova 
st.rnttura immobiliare .pubblica destinata .alla locale Universit�. 

A tale proposito e� con .riferimento ad un altro .strumento urbanistico, 
il p�llllO particolareggiato della. zona B del Comune di Tivoli, la. � panoramica � 
citt� dell'imperatore Adriano, va ricordata anche una decisione del 1980, del 
C:onsiglio di ~tato {Sez. IV, n. 856 del 26 agosto 1980; in Il Consiglio di Stato, 
1980, I, 1121). In. 1;1ssa viene anzitutto fatta una chiara applicazione del principio, 
che sar� pi. avanti analizzato fusius, circa la piena legittimit� della 
imposizione di un vincolo di importante interesse archeologico ai sensi della 
legge 1� giugno 1989, n. 1089 su beni immobili, relativamente ai quali non siano 
rinvenibili reperti gi� .materialmente trovati o portati alla luce, essendo sufficiente 
a tale riguardo . che l'Amministrazione, in relazione ai dati in suo possesso, 
ne presuma ragionevolmente l'esistenza sulla base di un giudizio tecnicodiscrezionale 
{cfr, in termini anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 novembre 1985, 

n. 616,. inll Consiglio di Stato, .1985, I, 1489). 
Ma il profilo pi� interessante ai nostri fini della decisione 856/80 si rin� 
viene nella� . affermazione .� del principio secondo �cui tutti i piani particolareggiati 
nei qualt.nisu!tino comprese cose immobili di interesse. archeologico, come 
tali soggette alla citata legge 1089, debbono essere preventivamente sottoposti 
alla competente Soprb1tendenza archeologica. 

Il Comune interessato .� .cos� tenuto a richiedere espressamente la cons.ltazione 
del citato organo statale di tutela in sede di formazione dei piani 
:inede$imi, adempimento che dovr� quindi essere ritenuto necessario anche nel 
momento in .cui dalla pianificazione generale si passa alle previsioni� pi� specifiche 
e concrete contenute nello stesso piano particolareggiato. La ragione di 
siffatto rigore va individuata nella natura stessa del piano particolareggiato, 
il quale pu� sempre contenere previsioni in certo senso innovative rispetto 
al piano regolatore (si pensi, ad esempio, al tracciato della rete viaria di una 
zona residenziale); nei confronti di quest'ultimo il piano particolareggiato assume 
cos� connotati di autonomia pi� o meno estesa in relazione alla maggiore 

o minore specificit� delle previsioni in esso contenute, che impongono il preventivo 
esame e approvazione della Soprintendenza preposta alla tutela dei� valori 
culturi:ili e archeologici della zona interessata. 
In verit� molti dei problemi cui si � ora accennato potrebbero essere 
sicuramente evitati se i responsabili degli uffici comunali competenti per i 
piani regolatori, i .piani particolareggiati e gli altri strumenti urbanistici e di 
pianificazione del territorio tenessero sempre presente la esigenza -che, 
oltrecll� prova di sensibilit� culturale, � segno di acquisita competenza tecnicoscientifica 
-di pretendere, non �solo in sede di elaborazione del piano ma anche 
in occasione della predisposizione di una semplice variante, che sia effettuata 
una approfondita ricerca storica intorno alla citt� o al pezzo di citt� che 
viene pianificato. 

Ecco allora .perch� � necessario cogliere tempestivamente e valorizzare al 
massimo grado tutti i segnali positivi che fortunatamente possono rinvenirsi, e 
sempre pi� di frequente, nel fertile terreno della giurisprudenza e in ispecie 
di quella amministrativa; ad essa va riconosciuta la funzione di supporto 
e sussidio oramai insostituibile all'azione degli organi dell'Amministrazione 
preposta alla tutela del patrimonio culturale, ai quali un non sufficiente 


88 ... RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

e tempestivo allineamento della oramai vetusta legislazione con la evoluzione 
in atto, sul piano dottrinario e scientifico, della complessa e delicata materia 
impedisce spesso di poter disporre di strumenti operativi effettivamente e realmente 
efficaci nel senso desiderato. 

3. Per comprendere le linee della evoluzione -pur nella riaffermazione 
del priincipio di base -che, come si � ricordato sopra, ha caratterizzato il settore 
della giurisprudenza amministrativa in subiecta materia, sembra opportuno 
anzitutto, partire da una �necessaria premessa, che rappresenta un dato inequivoco 
in sede dottrinaria e giurisprudenziale: il valore semplicemente dichiarativo, 
e non costitu�ivo, del decreto impositivo del vincolo di interesse storico, 
artistico o archeologico su un bene mobile o immobile di propriet� privata, 
e cio� dell'atto formale con il quale la pubblica autorit� conferisce rilevanza 
giuridica alla qualifilcazione di una cosa, mobile o immobile, come bene di 
interesse culturale. 
Con l'attribuzione al vincolo del predetto carattere dichiarativo si realizza 
lo scopo di evidenziare e definire una realt�, anche giuridica, che in effetti 
preesiste al vincolo stesso: il bene, cio�, � e resta bene culturale indipendentemente 
dell'intervento dell'atto formale e cio� del provvedimento amministrativo 
che tale qualit� di bene c.lturale non conferisce, ma semplicemente riconosce 
per i limitati effetti che dall'imposizione del vincolo sono destinati a prodursi 
ex lege. Tali effetti, invero, sono tutt'altra cosa rispetto agLi altri effetti nonch� 
agli altri poteri riconosciuti alla pubblica autorit� sul bene culturale, esplicitamente 
previsti dalle leggi di disciplina del settore, e in particolare dalla legge 
1� giugno 1989, n. 1089, i quali ben possono essere esplicati ed esercitati dalla 
pubblica Amministrazione e dai suoi organi del tutto indipendentemente rispetto 
alla preventiva imposizione del vincolo. A riprova della natura dichiarativa del 
vincolo pu� essere ricordato il potere di sospensione dei lavori, previsto dall'art. 
20 della legge 1089/1939, esercitabile dal soprintendente ai beni architettonici, 
storico-artistici o archeologici anche con riferimento a cose sulle quali 
non sia stato ancora rimposto alcun provvedimento di vincolo. Va, inoltre, 

It ricordato che la notifica, o meglio la notificazione, del vincolo di interesse 
storico-artistico � l'atto che determina la soggezione del bene oggetto del 
vincolo alla speciale legislazione di tutela; si tratta della soggezione del bene, non 
del soggetto destinatario della notificazione che in qualche modo si trovi in 
una relazione (di diritto o anche semplicemente di fatto, come proprietario, 


I

possessore o detentore) con il bene; da ci� emerge, anzitutto, che per g1i effetti 
della notifica (e quindi del provvedimento con il quale � stata operata dalla 
amministrazione competente la valutazione tecnica che ha comportato il riconoscimento 
della qualit� di interesse pubblico del bene, qualificato sotto il profilo 
culturale) sono destinati ad incidere in una sfera soggettiva che comprende 
si anche i soggetti che hanno attuali rapporti di fatto o di diritto con le cose, 
ma che � comunque ben pi� ampia quanto a portata ed estensione: insegna, 
infatti, una consolidata e copiosa giurisprudenza che la notifica fatta al detentore, 
anche se invito domino, estende i suoi effetti sia al possessore che al 
proprietario, e viceversa; la notifica fatta ad uno dei contitolari di diritti sul 
bene vale anche nei confronti degli altri; anche la errata indicazione sulla 
qualit� del soggetto (possessore anzich� proprietario) non rileva ai fini della 
valutazione della regolarit� del vincolo, essendo sufficiente operare la rettifica 
con un secondo provvedimento: tutto ci� non potrebbe trovcare spiegazione se 
non tenendo presente che la dichiarazione di interesse artistico e storico 
particolarmente importante o ecce2lionale, di cui agli articoli 2, 3 e 5 della legge 
1089/1939, trova sempre ed esclusivamente la sua fonte e la sua causa in considerazioni 
e motivazioni che attengono al bene in s�, mai alla identit� dei 


PAJ{TB I, SBZ: .lV, GJURISPRUDll~ZA AMMINISTRATIVA 

soggetti privati destinatari del vincolo; che risultin� essere di volta in volta 
proprietari, possessori)� � contitolari� o semplici.�� detentori a qualsiasi titolo� e 
quindi anche con un semplice� rapporto sol.o occaSionale e di fatto con la cosa, 
come, ad. esempio, nella ipotesi di. rappresentanti dell'esecutore testamentario, 
investito temporaneamente dei poteri di amministrazione e. del �possesso dei 
beni.. cc:>:m.presi �..nell'lilSs� ere.ditario; � in tale veste legittimato passivamente ad 
ow:ii< atto rifetjbi:le alla �sf�:a. giuri(iica; dell'esecutore stesso ed .efficace, conse~
ueiltem,~nte, �~iconfre>!di &egli eredjproprietari .. (cfo; . in termini, Consiglio .di 
�tati:>, �c;!�kVI;~9 .genr.iaio.1980, n. 73; Sez>. VI, 14.�dicembre 1979;. n. 889; Sez;., IV, 
28 settembre 1967, Ii; A3Q; Sez. lVi .�22��� novembre 1967, n., 632,. in Jl Consiglio di 
Stato, . .rispettivamente 1986, .I; 98; 1979>; I, l8SO; 1967, I; 16U e 2907; cfr..anche 
Cassazione, Sez, U Penale, 21 dicembre �.~., 22 roag~o 1982, n. 1987, in Il 
C.O.rt$�/JJiQ;�t# '/Stato., i983;, .Jl, 1212, la, qulille, dalla.�.�premessa che �il vincolo di 
foteJ:esse st�dco-artistico inerisce al bene oggettivamente. individuato e non 
ai � soggE)tti . prop;rietari, � possessori.�. o .detentori; fa conseguire la. interessante 
c�ncl.sione,. pienamente da condividere,. che .l'art. 59 della legge 1� giugno 1939. 
n.1089,ilq.ale. punisce itrasg;ressori�alle .. disposizioni.di. tutela e conservazione 
i;lc;!i bel)i . �ultlilraj.i di caj aglk.artt. Jl, .12i 13, 18, 19;. 20 � e. 21 della stessa legge, 
~a <::onte 4e$tinatari n�lztsol<> i��p:t'oprietati.deLbene. vincolato edi �soggetti. a 
questi . equiparati (Possessori o detentori), In.a anche tutti gli altri.� soggetti (terzi 
es~ranei) i q.ali, pur n<>n essendo Jit<:>lati di poteri e facolt� sul bel)e medesimo, 
Possono dLf11tto; att:rave:rsoc:1,ut loro ci:>m:Pottamento �.(restauro. �privo di autoriz� 
~;r;tone .m,b.:);isJerilil!e, modifica, , rimozione./ o � demolizione), �operare modifiche 
alla condizione materiale o giq;ridica della cosa tutelata in un senso vietato 
d~ disp()sizioni che la ;riguardano; e la Cassazione nell'occasione precisa 
che,.�. q.ando ' tali coropo:i;tamenti .:rllat:eriali . vengono posti in essere da terzi 
estranei, � senz'altro possibile che essi integrino gli estremi di reati comuni 
4es,tin,ati a concorxe:re'.. cori il reato � speciale,. previsto dall'art. 59 sopra ricor� 
.dato). 

Ne consegue, . altresi, che .la notificazione del vdncolo; pur essendo neces� 
satia per Ja produzione degli effetti ad .�. esso connessi, non vale ad integrare 
liii Ji;ittispecie dell'atto ricettizio, relativamente al quale, come � noto, la notifica� 
zlc:me ' del provvedimento svolge la funzione necessaria ed esclusiva di rendere 
legalmente edotti dell'atto< tutti coloro la cui sfera venga in qualche modo 
incisa dal provve.dimento .. stesso. 

Direttamente connesso al profilo del carattere ricettizio o meno della 
notizia � l'altro. problema cui sopra si. � fatto cenno, della natura, dichiarativa 
o, costitutiva, delprovvedimento d'imposizione �del. vincolo. 

� La soluzione, gi� motivatamente recepita, della natura dichiarativa trova 
ulteriore sostegn� con riferimento ad una situazione, come quella gi� descritta, 
in �cui .....,. come si � visto -un soggetto privato � destinato a sottostare 
a> tutte le obbligazioni di natura pubblicistica collegate al vincolo imposto 
sul bene di . cui .vanta la .propriet�, al)che se il vincolo medesimo risulti 
essere stato notificato ad un soggetto diverso, il quale, contro la volont� del 
primo, proprietario, detiene il bene senza valido titolo giuridico. 

4, Oltre� a quelle fin�ra indicate;� possono essere addotte ulteriori e altrettanto 
significative argomentazioni a giustificazione della indicata natura dichiarativa, 
Tali argomentazioni fanno capo, da un lato, ai' risultati che scaturiscono 
da una indagine del complesso sistema normativo della tutela del bene culturale; 
dall'altro ad un approfondimento, compiuto con criteri di particolare 
rigore filologic�, in merito a quella che � e deve essere considerata la natura, 
l'essenza stessa del bene culturale. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

90 

Ed invero l'esame delle norme che disciplinano il regime della tutela 
porta ad escludere che il requisito della preventiva notifica dell'imposizione del 
vincolo d'interesse storico-artistico sia sempre richiesto e costituisca requisito 
condizionante e presupposto indispensabile ai fini della applicabilit� della 
normativa speciale. 

In aggiunta al gi� ricordato art. 20 della legge 1089/1939, che disciplina il 
potere di sospensione lavori da parte dei soprintendenti, sar� sufficiente ricordare 
che l'art. 6 della legge 1089/1939 al primo comma stabilisce che: �Sono 
soggette alla vigilanza del Ministro per i beni culturali le cose che hanno l'interesse 
di cui agli articoli 1, 2 e 5 �: il legislatore, cio�, non ha ritenuto di dover 
richiamare la condizione della preesistenza dell'imposizione del vincolo per 
definire e sanzionare il potere di vigilanza che comunque compete e deve 
competere allo Stato sui beni culturali di propriet� privata, indipendentemente 
quindi dalla notifica; � significativo rilevare altres� che l'uso del verbo avere 
(�hanno�) fa riferimento al possesso, da parte del bene, di particolari qualit� 
e caratteristiche che ne costituiscono l'essenza indipendentemente dal riconoscimento 
formale che un atto pubblico, comunque emanato e qualificabile, gli 
abbia in precedenza attribuito. Diversa forse avrebbe potuto essere l'interpretazione 
se, invece che il verbo avere (�hanno�), il legislatore avesse usato il verbo 
rivestire ( �rivestono �): solo in tale ipotesi, infatti, avrebbe potuto trovare 
giustificazione sul piano logico ed ermeneutico l'equiparazione � provvedimento 
� = � paludamento �, � manto�, � vestito � dall'esterno imposto per caratterizzare 
e contraddistinguere in qualche modo e misura la trasformazione (fatto 
costitutivo) della cosa in bene di interesse culturale. 

Le considerazioni sopra svolte trovano ulteriore conferma ove si abbia 
riguardo alla disciplina stabilita dalla legge 1089/1939 per i beni culturali di 
propriet� di province, comuni, enti e istituti legalmente riconosciuti. Per tali 
beni va richiamato il noto principio secondo cui la demanialit� non � una 
qualit� che venga attribuita ad un bene della pubblica amministrazione, ma 
� qualit� inerente alla natura stessa del bene, per la funzione cui esso � destinato, 
con la conseguenza che l'iscrizione del medesimo in un elenco di beni 
demaniali non � attributiva, ma meramente ricognitiva della natura demaniale; 
con riferimento specifico al bene culturale di propriet� statale o di enti pubblici, 
la natura degli elenchi descrittivi previsti dall'art. 4 non � quella di atti 
costitutivi della qualit� di bene storico-artistico e attributivi del relativo, 
connesso interesse meritevole di tutela, ma semplicemente quella di atti dichiarativi 
cosicch�, in funzione del carattere puramente strumentale degli elenchi 
stessi, il bene culturale deve essere considerato soggetto ipso iure alle norme 
di tutela della legge 1089/1939 qualora appartenga ai predetti enti pubblici; 
n� il riconoscimento, spettante alla soprintendenza (c.d. �declaratoria�), dell'interesse 
storico o artistico pu� essere addotto per contrastare tale ordine 

di principi, considerato che la declaratoria altro non � che un mero atto 

ricognitivo di una realt� preesistente, non certamente un atto con effetti, sia 

pure solo parzialmente, costitutivi. L'esigenza della presentazione, da parte 

degli enti, degli elenchi descrittivi sta solo a significare che la legge ha ritenuto 

di affidare a detti enti, per ragioni evidenti di convenienza pratica, la funzione 

di accertare e far conoscere quali cose debbano essere considerate soggette alla 

normativa di tutela: non si tratta, cio�, di semplice onere, ma di un vero e 

proprio compito di collaborazione attiva con lo Stato (cos�, in dottrina, ALIBRANDI� 

FERRI, I beni culturali e ambientali, Milano, Giuffr�, 1985, pag. 291 seg.). 

5. Premesso quanto sopra in linea generale sulla natura del provvedimento 
impositivo del vincolo di interesse culturale, un esame pi� approfondito della 

."7' 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

92 

6. Come risulta dai lavori parlamentari che portarono alla approvazione 
della legge n. 431, l'esigenza che ha ispirato il legislatore � la stessa che era 
stata posta a base della disciplina contenuta nell'A.C. 1974-974 bis-A, diretta a 
conseguire un effettivo e ben pi� efficace ampliamento della disciplina di tutela 
al fine di ricomprendervi, oltre ai beni singolarmente individuati e ai complessi 
di beni nel senso tradizionale del termine (cio� le serie e le collezioni previste 
dall'art. 5 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, per le quali, peraltro, � rkhiesto 
il requisito non dell'importante ma dell'� eccezionale � interesse artistico o 
storico), anche le cosiddette zone funzionali (come, in realt�, sono le zone di inte� 
resse archeologico), con specifico riguardo al contesto e alle caratteristiche del 
territorio nel quale i beni stessi sono inseriti. 
In tale nuova ottica viene cos� consentito di dare idonea protezione non 
solo alle aree caratterizzate dalla presenza di resti archeologici accertati 
perch� affioranti o perch� scavati, ma anche a tutte le altre aree individuate 
come aree di interesse archeologico solo in base ad un qualsiasi metodo riconosciuto 
valido ai fini dell'accertamento scientifico dell'esistenza del predetto, 
specifico, interesse culturale e, specificatamente, anche le zone individuate a 
mezzo di indagini effettuate con metodologie non tradizionali, con l'ausilio 
della chimica e della fisica, per l'accertamento delle stratificazioni archeologiche, 
per l'effettuazione di indagini topografiche di antichi insediamenti, per la definizione 
infine delle loro datazioni; ugualmente tutelabili debbono essere ritenute 
tutte le zone archeologiche e in particolare le necropoli non ancora portate 
alla luce e individuate esclusivamente con strumenti aerofotografici e gli altri 
metodi di rilevazione aerea del territorio, senza alcuna necessit� di operare 
interventi materiali diretti, sia pure a campione, sul territorio interessato (saggi 
di scavo, sondaggi, carotaggi, etc...). 

Con riferimento allo stato attuale della legislazione vigente, non va dimenticato 
tuttavia che l'art. 1 della legge 431/1985 deve essere necessariamente 
raccordato con l'art. I-bis, il quale, ai fini della piena operativit� del vincolo 
paesaggistico, prescrive che le regioni sottopongano a specifica normativa 
d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione 
di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali, con specifica considera� 
zione dei valori paesistici ed ambientali presenti nel territorio medesimo; pertanto 
la tutela delle zone di interesse archeologico non pu� non essere subordinata 
all'inserimento preventivo della zona stessa nel piano paesistico o urbanistico-
territoriale; in difetto dell'inserimento il richiamo alla legge n. 431, 
quantomeno per tali beni, non pu� essere validamente operato. In siffatta 
situazione e considerato lo stato della normativa, ove la stessa fosse stata 
interpretata nel senso di pretendere la presenza di reperti immobili visibili, 
anche se solo parzialmente, appare evidente che l'azione di tutela sarebbe 
risultata di ben ridotta efficacia e decisamente lacunosa. A tale lacuna ha 
fortunatamente sopperito la sensibile e intelligente opera di ermeneutica cui 
si sono dedicati gli organi della giustizia amministrativa nel settore in considerazione. 
� stato cos� escluso che, ai fini della imposizione del vincolo di cui alla 
legge 1� giugno 1939, n. 1089 su beni immobili di interesse archeologico, si debba 
richiedere, quale requisito indispensabile, che i reperti siano stati naturalmente 
trovati, portati alla luce o comunque individuati con precisione attraverso 
sistematici sondaggi e scavi, ed � stata invece ritenuta sufficiente, ai 
fini della legittimazione del vincolo, la motivazione collegata ad un giudizio 
tecnico-discrezionale in base al quale l'Amministrazione per i beni culturali e 
ambientali abbia ritenuto sussistere la presenza, nelle zone considerate, di 

resti di interesse archeologico (cfr. TAR per l'Umbria, 24 gennaio 1990, n. 4 e 
25 maggio 1990, n. 191, in I Tribunali Amministrativi Regionali, rispettivamente 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

94 

Atto amministrativo � Diritto di accesso agli atti della pubblica ammini


strazione � Legge n. 241 del 1990 � Operativit� � Dall'entrata in vigore 

dei decreti ex art. 24 I. cit. 

L'accesso agli atti della pubblica amministrazione � consentito soltanto 
a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, 
pertengono e che se ne possano, eventualmente, avvalere per la tutel� 
di una posizione soggettiva di interesse legittimo (1). 

Ai sensi dell'art. 31 della legge n. 241 del 1990, l'operativit� delle 
norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi � fatta coincidere 
con la data di entrata in vigore dei decreti di cui al precedente 
art. 24 della stessa legge (2). 

(1-2) Si tratta della prima sentenza, ampiamente motivata, del Consiglio di 
Stato sulla nuova disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi, contenuta 
nella legge 7 agosto 1990, n. 241: cfr., negli stessi termini, e fra le tante TAR 
Lazio, Sez. I, 23 ottobre 1991, n. 1836, in I T AR 1991, I, 3721 ss. e TAR Lazio, Sez. 
I, 13 dicembre 1991, n. 2106, in I T AR 1992, I, 10 ss. Segue una nota dell'avv. dello 
Stato ANTONIO CINGOLO. 

Brevi note in materia di profili processuali dell'accesso ai documenti amministrativi 
� ex lege � n. 241 del 1990. 

La sentenza in rassegna costituisce la prima puntualizzazione diffusamente 
argomentata del Consiglio di Stato in merito alla nuova disciplina dell'accesso ai 
documenti amministrativi sancita nel Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241 
(un accenno, conforme nel dispositivo ma assai pi� scarso quanto alla motivazione, 
era gi� rinvenibile nel precedente provvedimento (emesso per� in forma 
di ordinanza) del 14 giugno 1991, n. 615 della VI Sezione. Essa, nell'accogliere 
integralmente le tesi dell'Amministrazione resistente, rappresenta l'orientamento 
del Supremo Conses'So di Giusti:1'Jia amministrativa in relazione al contrasto giurisprudenziale 
manifestatosi nella giurisprudenza dei Tribunali amministrativi 
regionali in ordine all'operativit� immediata o meno delle norme del Capo V, 
successivamente all'inutile decorso dei termini dettati dall'art. 24 per l'emanazione 
di fonti secondarie regolamentari. 

Due sono state le principali problematiche affrontate. 

La prima, quanto mai interessante, � quella della legittimazione giudi� 
ziiale in materia di accesso ai documenti amministrativi, ed � stata provocata 
dell'intervento ad adiuvandum spiegato in appello da due soggetti (una organi:lzazione 
sindacale di categoria e una associazione di utenti e consumatori) rimasti 
estranei al primo grado di giudizio. 

Occorre preliminarmente osservare, sul punto, che la recente legge 7 agosto 
1990, n. 241 ha dettato, al Capo V, norme in materia di accesso ai documenti 
amministrativi riconoscendo il relativo diritto � al fine di assicurare la 
trasparenza dell'attivit� amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale 
�, � a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente 
rilevanti � (art. 22). 

Tale affermazione ha sacralizzato nell'ordinamento un pvincipio di carattere generale 
di tenore opposto a quello rinvenibile nelle norme fondamentali preesistenti 
(cfr. ad es. art. 15 t.u. n. 3/1957, sul �segreto d'ufficio�), ancorch� alcune disposi~ 
zioni settoriali gi� prevedessero casi specifici di accesso, come ad es. la legge 
27 dicembre 1985, n. 816 (art. 25), in tema di aspettative, permessi e indennit� 


PARTE I, SEZ; IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 95 

L Va, preliminarmente, osservato che l'intervento adesivo nel giudizio 
amministrativo, anche di appello, � condizionato dalla sussistenza 
nell'interventore oltre che di un interesse a ricorrere, dalla titolarit� di 
una posizione sostanziale di interesse legittimo, anche .se dipendente da 
quella fatta valere in via principale, ovvero non ancora direttamente 
incisa dall'atto dell'amministrazione. 

Va rilevato; altres�, che la norma . di cui al primo comma dell'art. 22 
della legge� 7 agosto 1990 il. 241, pur riconoscendo il diritto di accesso ai 
documenti . amministrativi a � chiunque vi abbia�. interesse �, non ha, tutt1:
wia, introdotto. alcun tipo di azione popolare, dal momento che ha, 
successivamente, � ricolleg.at� siffatto interesse all'esigenza di tutela di 
situ.azioni soggettive � giuridicamente rilevanti �. 

degli amministratori locali, secondo cui � tutti i cittadini hanno diritto di 

pren<lere visione di tl,l,tti .�i proweclimenti acl<>ttati.�.dai co:rnuni, dalle province, 
dai consigli .. circoscrizionali, dalle aziende . speciali .. di enti territoriali, dalle 
Unit� Sanitarie Locali; dalle comttnit� montane�; l'art, 2 commal, n. 9 legge 
qqadro sul p.);>blico. impiego; l'art. 14 comma 3, legge 8 luglio 1986, n. 349, .che 
prevede il diritto dei cittad.ini di acceclere alle informazioni sullo staJo dell'am� 
bdente clisponibili presso gli uffici; il d.P.R, 23 glugno 1988, n. 250, cl;ie .prevede 
la poss~bilitit .di� ottenere copia dei pareri resi � dal� Consiglio di Stato per la 
decisione..� dei. �ricorsi straordinari <> su richiesta delle� amministrazioni puh� 
bliche (se queste u1time non coml,l,llicano, entro 90 giorni, che il parere riguarda 
materia riservata), 

Anche la giurisprudenza, invero, �aveva mostrato una linea evolutiva tendente 
al rico11oscimento del diritto di. accesso agli atti amministrativi, almeno in 
quei casi in cui questo appariva. funzionalmente indispensabile per il pieno 
esercizio del.diritto di difesa (1) �. 

La recezione del diritto in parola ora operata dalla legge 241/90, muovendo 
dai principi costituzionali della. libert� di manifestazione del pensiero (di cui 
l';ideguatezza dell'informazione C()Stituisce indefettibile presupposto) e della 
pienezza del diritto di difesa in relazione agli atti amministrativi (che postula 
la necessaria conoscenza degli stessi) viene indirizzata dal legislatore all'ulteriore� 
fine di � assicurare la traspanmza dell'attivit� amministrativa e di favo 
rirne lo svolgimento imparziale�, nel solco cio� dei principi di cui all'art. 97 
Cost. 

Tuttavia siffatta tutela pu� essere originata -'-a differenza di quanto 
stabilito dalla legge n. 142/90 sulle autonomie locali -solo dalla sussistenza 
di 1,l,ll interesse connesso a .si:tqazioni giuridicamente rilevanti: la nuova regola 
della pubblicit� relativa a tutte le conoscenze pubbliche oggettivizzate in documenti 
di vario tipo (art..22) trova quindi 1,l,ll espresso limite nella qualit� dell'interesse 
dedotto, che pu� essere solo giuridico e non politico (2). 

Tale regola sostanziale si riflette anche sul piano processuale, sotto il profilo 
della legittimazione ad esperire il rimedio di cui all'art. 25 (cfr. al riguardo 

(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 10 giugno 1980, n. 22, in materia di accesso del ricorrente 
in via straordinaria agli atti e alle deduzioni dell'Amministrazione. 
(2) SAvo AMooro A., op. cit., p. 2980; cfr. anche Atti parlamentari, seduta Commissione 
Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, 21 marzo 1990, nella quale fu respinto un 
emendamento volto ad ampliare la formula in guisa di quella contenuta nella legge delle 
autonomie locali. 
-



96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Il diritto in questione � stato, in tal modo, configurato come pretesa 
strumentale per l'eventuale tutela di posizioni normativamente qualificate; 
pur conseguendo, quindi, al proclamato intento di � assicurare la 
trasparenza dell'attivit� amministrativa e favorirne lo svolgimento imparziale
�, l'accesso agli atti della pubblica amministrazione � consentito 
soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, 
pertengono e che se ne possano, eventualmente, avvalere per la tutela 
di una posizione soggettiva di interesse legittimo. 

Ne consegue, nella fattispecie, l'inammissibilit� dell'intervento del Coordinamento 
delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli 
utenti e consumatori (CODACONS), dell'avv. Lo Mastro e del Sindacato 
nazionale C.G.I.L. scuola, il cui interesse all'esame degli atti concernenti 

anche l'art. 25, comma 2�, che prescrive che la richiesta di accesso ai documenti 
deve essere motivata). 

Il comma 5� dell'art. 25 introduce infatti una procedura giudiziale abbreviata 
dinanzi al giudice amministrativo �contro le determinazioni amministrative 
concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4� � (che 
concerne una forma particolare di silenzio-rifiuto riconnessa all'inutile decorso 
di 30 giorni dalla richiesta del privato): contro il rifiuto esplicito o implicito dell'Amministrazione 
� dato quindi ricorso entro 30 giorni al Tribunale Amministra


Itivo Regionale competente (quello in cui ha sede l'Amministrazione destinataria ~ 
della richiesta, e cio�, ai sensi del comma 2� dell'art. 25, quella � che ha formato 
il documento o lo detiene stabilmente�), che decide in camera di consiglio entro 
trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso. 

La decisione del TAR � appellabile entro trenta giorni dalla notifica della 
stessa al Consiglio di Stato il quale decide con le medesime modalit� e negli 

II

stessi termini. 

Si tratta, all'evidenza, di un procedii.mento speciale caratterizzato dalla drastica 
riduzione dei tempi di proposizione del ricorso introduttivo e dell'appello 
nonch� dalla rapidit� della trattazione di entrambi i gradi di merito del e

I giudizio, pur se con forme (camera di consiglio) tipiche del processo amministrativo 
cautelare (3): il legislatore ha quindi mutuato, in materia, lo schema 
procedimentale stabilito dall'art. 21 I. 1034/19711 per la definizione delle istanze 
di sospensione degli atti impugnati, al fine di assicurare, stavolta la pronta 
trattazione e definizione del merito. Dal che consegue che il provvedimento 

Igiudiziale conclusivo di ciascuno dei gradi previsti deve essere -stante il suo 
tipico contenuto decisorio -quello della sentenza e non gi� (come nel procedimento 
cautelare) quello dell'ordinanza (4). 

Nella specie, infatti, il giudizio � cos� definito con il provvedimento che 
respinge (o dichiara inammissibile) o accoglie il ricorso, in tale ultimo caso 
ordinando, all'occorrenza, all'Amministrazione l'esibizione dei documenti richiesti. 


(3) L'efficacia di tale rimedio era stata gi� descritta da VIu.ATA R., op. cit., p. 555, in 
sede di analisi del � progetto di riforma Nigro �. 
(4) Cosl ad es. T.A.R. Lazio, Sez. I, 21 marzo 1991, n. 392; contra T.A.R. Marche, n. 163/91 
e Cons. Stato, 14 giugno 1991, n. 615. Cfr. anche parere Cons. Stato, Ad. Gen., n. 7/87 del 
17 febbraio 1987, in Cons. Stato, 1987, II p. 550. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 97 

la . mancata � promozione �dell'alunno Davide �.De Concilio non pu� ricollegarsi, 
neppure indirettamente, all'eventuale tutela di proprie posizioni 
differenziate e qualificate come interesse legittimo, identificandosi piuttosto 
col generico ed indistinto -e come tale non assistito da specifica 
e puntuale tutela giurisdizionale -interesse di ogni cittadino al legittimo 
esercizio dell'attivit� della pubblica amministrazione. 

<2. I1 l'riqunal~. Amministrativo Regionale ha dichjarato inammissib,
ile il .ri�o:rso p:roposto .da Lucia Sorvillo e Romeo De Concilio, in 
quanto l>asato. su una normativa formalmente ritenuta non ancora operante,. 
stante. la. ll1ancata adozione della prevista e prescritta. regolamentazione 
attuativa. 
Deve ritenersi, quindi, che la disposizione in parola abbia riconosciuto una 
nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva in relazione a un diritto soggettivo del 
privato nef confronti. della p .A; . 

Ancorch� si tratti di posizione giuridica la cui operativit� ed effettivit� 
consegue alla sussistenza di particolari � requisiti condizionanti � previsti dalla 
fogge (o anche dalla fonte regolamentare), sembra che ruso costante e quasi 
-si direbbe ...;... insistente del termine � diritto � da parte del legislatore non possa 
ritenersi casuale, al punto da giustificare egualmente la sussunzione della situazione 
giuridica in parola.. nella categoria degli interessi legittimi (5). 

Il Consiglio di Stato, nella sentenza in rassegna, fa propri i suindicati principi, 
affermando che, pur trattandosi di situazione giuridica avente natura di 
diritto sqggettivo, ad.. essa non corrisponde alcun tipo di azione popolare, dovendo 
la relativa posizione ricollegarsi all'esigenza di. tutela di situazioni sog� 
gettive giuridicamente. rilevanti facenti capo a quei soggetti ai quali gli atti 
di cui si chiede la visione � direttamente o indirettamente pertengono e che 
se ne possano .�eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva 
di interesse legittimo �. Alla stregua di tali principi, correttamente il Consiglio 
di Stato ha escluso,. nella fattispecie . posta al suo vaglio, la ammissibilit� dei 
due interventi (del Codacons e della organizzazione sindacale C.G.I.L. Scuola) in 
quanto non sostenuti dal collegamento alla. tutela di proprie situazioni diffe. 
renziate di interesse legittimo, 

In .questa parte, la pronuncia in argomento ha dunque confermato la valenza 
squisitamente strumentale dell'accesso, configurato soprattutto come istituto 
volto a consentire al titolare di un interesse legittimo la previa acquisizione 
di dati documentali idonei a meglio sostenere e supportare l'impugnativa di 
un atto amministrativo precedentemente noto solo come atto finale di un 
procedimento i cui termini di riferimento (e soprattutto gli elementi della 
istruttoria} erano . ignoti. 

In effetti, deve convenirsi sulla bont� dell'impostazione, atteso che lo scopo 
fondamentale della nuova disciplina di accesso e trasparenza dell'attivit� amministrativa 
� non gi� quello di consentire un controllo politico dell'operato 
della p.a., quanto invece quello di precostituire al cittadino i dati dell'impugna


(5) Di tale ultimo avviso � PALBOLOGO G., La legge 1990, n. 241: procedimenti amministrativi 
ed accesso ai documenti della Amministrazione, in Dir. proc. amm., 1991, p. 8. Il Consiglio 
di Stato, peraltro, nella prima pronuncia in materia (ord. 14 giugno 1991, n. 615, 
Sez. VI) si mostra nel senso di considerare quello dell'accesso come un � diritto �. 

98 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel censurare la sentenza del T.A.R., gli appellanti, oltre a richiamare 
le argomentazioni difensive svolte in primo grado, deducono: Violazione 
di legge (artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990), eccesso di potere, 
sviamento, travisamento, difetto di motivazione e di presupposti, omissione, 
violazione dei principi di trasparenza, efficienza, pubblicit� e buon 
funzionamento della pubblica Amministrazione, nonch� violazione dell'art. 
97 della Costituzione. 

Concretamente, rilevano che la posizione soggettiva fatta valere identifica 
un diritto soggettivo pubblico e non un generico diritto civico, come 
ritenuto dal T.A.R.; una posizione, cio�, protetta direttamente dalla legge 
e garantita� dalla Costituzione e che, in quanto tale, non necessita, per 
essere azionata, di alcuna norma regolamentare. 

tiva, limitando cos� i casi di ricorso al giudice amministrativo ad ipotesi supportate 
da elementi documentali concreti, con esclusione dei casi, finora assai 
frequenti, di impugnazione � al buio � e successiva (ma a volte farraginosa) 
istruzione giudiziale. 

Nella seconda parte, la pronuncia annotata ha avuto modo di dirimere il 
contrasto giurisprudenziale circa la decorrenza operativa della nuova disciplina 
dell'accesso posto dalla legge 241/90. 

La prima fase applicativa dello strumento giudiziale dell'art. 25 ha infatti 
denotato un oscillante orientamento della giurisprudenza di primo grado nel 
senso di ritenere o meno inoperanti -secondo il disposto dell'art. 31 della legge 
241/90 -le norme sull'accesso ai documenti di cui al Capo V della legge stessa 
fino alla emissione dei decreti governativi di cui all'art. 24, comma 2 (6) e dei 
� regolamenti ministeriali � di cui al comma 4 del medesimo articolo, tenendo 
altres� conto del carattere o meno di ordinatoriet� (e non perentoriet�) del 
termine semestrale previsto da entrambe le disposizioni per l'emanazione di tali 
decreti. 

In tal senso il TAR del Lazio ha ripetutamente ritenuto (7) che l'evidente fine 
della previsione dell'art. 31 � quello di differire l'applicazione dell'intera normativa 
sul diritto di accesso al momento in cui sar� stato definito, pregiudizialmente, 
sia l'ambito delle materie per le quali l'accesso sia da escludere in 
relazione alle ipotesi indicate dalla stessa legge n. 241, sia le modalit� di esercizio 
del diritto in parola: il che impedisce che possano essere assunti provvedimenti 
nella materia de qua, finch� i decreti in questione non siano entrati 
in vigore. 

Taluni Tribunali amministrativi regionali periferici si sono mostrati, invece, 
di contrario avviso ritenendo che l'inutile decorso del termine in argomento 
non possa riverberarsi in una illegittima vanificazione sine die del diritto conclamato 
dalla legge in favore del cittadino (8). 

(6) Si tratta di decreti � intesi a disciplinare le modalit� di esercizio del diritto di accesso 
e degli altri casi di esclusione del diritto � stesso ove non gi� presenti nell'ordinamento 
vigente quali � casi di segreto o di divieto di divulgazione �, secondo quanto espressamentegi� disposto dal primo comma dell'art. 24. 
(7) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I, sentenze nn. 1836/91, 2106/91, 70/92, 291/92, 381/92; Sez. III, 
sentenze nn. 392/91 e 1682/91, nonch� altre in corso di pubblicazione. 
(8) Cfr. ad es. T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 26 marzo 1991, n. 268, in Foro lt., 1991, Ili, 
323 (riformato per� dal Consiglio di Stato con decisione in corso di pubblicazione). 

PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 99 

Ne conseguirebbe che, scaduto il termine di sei mesi, di cui al� 
l'art. 24 legge n. 241/1990, assegnato all'Amministrazione per l'adozione 
dei regolamenti attuativi, la piena operativit� della disciplina concernente 
il diritto stesso, il cui ambito e contenuto sarebbero sufficientemente 
definiti ed avrebbero un concreto referente normativo costituzionale 
del'i:vante dal disposto di cui all'art. 97 della Costituzione. 

La censura � infondata e come tale va respinta, stante l'espresso ed 
esplicito disposto di �ui all'art. 31 dell'indicata legge n. 241/1990, in base 
al quale l'operativit� delle norme sul diritto di accesso ai documenti 
amministrativi � fatta coincidere con la data di entrata in vigore dei 
decreti di cui al precedente art. 24. 

Per il che appare evidente come l'adozione della normativa regolamentare; 
lungi dall'incidere, come sembrano ritenere gli appellanti, sulla 

Il Consiglio di Stato ha ora nettamente affermato che l'adozione della 
normativa� regolamentare in discorso, lungi dall'incidere negativamente sul diritto 
dei ricorrenti, � identifica positivamente il momento temporale di efficacia 
della legge che la stessa concerne e la qualifica come diritto soggettivo �. Il 
Supremo Consesso ha, in altri termini (facendo in ci� piena recezione degli 
argomenti difensivi espressi nella discussione orale dalla difesa dell'amministrazione 
appellata), ritenuto che il delicatissimo passaggio dal sistema di riservatezza 
a quello di trasparenza necessita inderogabilmente di una fase di mediazione 
e dimensionamento, costituita dall'emanazione di atti organizzativi discre� 
zionali interni all'Amministrazione e �non surrogabili dall'intervento del giudice�, 
soprattutto in vista del definitivo dimensionamento in relazione alla salva� 
guardia di altri .interessi fondamentali per l'ordinamento (cfr. lett. 4), b), e) e d) 
del comma 2 dell'art. 24) che, ove si desse immediata applicazione alle norme 
nell'accesso, rischierebbero di restare irrimediabilmente travolte, con conseguente 
pregiudizio di altri interessi protetti dn via primaria dall'ordinamento 
e, dunque, in direzione opposta a quella evidentemente voluta dal legislatore. 
Da ultimo, interessante �, tuttavia, il monito espresso in via conclusiva dal 
Consiglio di Stato, nel non mtenere � giustificato il protrarsi dell'i.nerzia del1'
Amministrazione �, monito che appare in tutto da condividere: la mancata 
emissione entro i sei mesi previsti dalla norma, infatti, se da un lato � giustifi� 
cata dalla estrema .complessit� e delicatezza della materia da regolare, non pu� 
tuttavia perdurare a lungo (9). Ci� soprattutto in ragione del fatto (fondamentale) 
che le norme del Capo V della legge 241/90 (e, in realt�, tutta la stessa 
legge) non devono in verit�, ritenersi norme dettate solo in vista dell'interesse 
dei cittadini, bens� costituiscono, a ben vedere, un momento di svolta e modernizzazione 
dell'attivit� amministrativa, integrando in tal senso un complesso 
strumentale di miglioramento della buona amministrazione, la cui sollecita e 
piena attuazione non pu� che essere auspicata e perseguita da ogni pubblico 
funzionario, prima ancora che dal cittadino destinatario di prestazioni o servizi. 
Le conclusioni espresse dal Consiglio di Stato nella pronuncia in epigrafe 
devono altres�, ad .avviso di chi scrive, essere riferite anche alla facolt� di cui 

(9) Risulta, peraltro, che l'apposita Commissione per l'accesso, abbia da qualche tempo 
completato i propri lavori, elaborando un progetto di testo di decreto governativo. 
8 

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100 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

qualificazione della pos1z10ne soggettiva tutelata, identifica positivamente 
il momento temporale di efficacia della legge che la stessa concerne e 
la qualifica come diritto soggettivo. 

Anche a voler ritenere, cio�, che l'accesso agli atti dell'Amministrazione, 
pi� che un diritto civico, tutelato alla stregua di un interesse legittimo, 
identifichi, invece, un diritto soggettivo pubblico, tutelato, direttamente 
ed immediatamente, dalla norma (di relazione) che lo prevede, non per 
questo pu� essere pretermessa la prescrizione di cui al richiamato 
art. 31 legge n. 241/1990, che differisce l'entrata in vigore delle norme 
che tale diritto riconoscono alla data di adozione della regolamentazione 
attuativa concernente le modalit� di esplicazione. 

N� a diverso risultato conduce l'osservazione secondo cui l'Amministrazione 
sia rimasta inadempiente rispetto al termine massimo (di sei 

all'art. 10 lett. a) della legge 241/90, laddove si prevede che i soggetti interessati 
ad un procedimento amministrativo dn corso possano prendere visione degli 
atti, salvo quanto previsto dall'art. 24 (10). 

Anche in tale ipotesi -che riguarda il limitrofo ma distinto problema della 
partecipazione di soggetti (privati) al procedimento amministrativo durante 
il corso del medesimo -la situazione giuridica attiva prevista dall'art. 10 lett. a) 
non pu� ritenersi operante (giusta il rinvio di tale norma all'art. 24, che � poi 
richiamato dall'art. 31, quale norma contenuta nel capo II) fino a quando non 
saranno stati emessi i decreti governativi e i regolamenti ministeriali volti 
al completamento dell'individuazione del campo di interessi -contrapposti a 
quello della pubblicit� degli atti e ritenuti su questo preminenti -indicati 
nelle generali categorie di cui alle lettere a), b), e), d) del secondo comma del 
ripetuto art. 24. 

Sul punto appare dl caso di precisare, con l'occasione, che peraltro il 
rimedio giurisdizionale posto dall'art. 25, comma 5, legge 241/90, proprio 
in virt� della sua specialit�, non pu� ritenersi applicabile ad ipotesi diverse 
(ancorch� analogiche) da quelle cui la legge lo riferisce: di talch�, mentre esso 
� certamente applicabile alle controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi 
gi� formati. non lo � �invece per questioni attinenti alla ~denegata 
visione degli atti nell'ambito del procedimento amministrativo in corso (art. 10, 
lett. a), in relazione ai quali nessuna tutela specifica � prevista, sicch� devono 
ritenersi operanti, in quanto ne ricorrano i presupposti, le ordinarie forme di 
tutela previste dall'ordinamento (11). A riprova di tale conclusione va osservato 
che, ove ci� ha voluto, il legislatore anche nel capo III ha regolato problemi di 
natura processuale (cfr. art. 11, comma 5) e quindi, ove ci� avesse voluto, avrebbe 
disciplinato in via specifica anche la tutela della situazione di cui al ricordato 
art. 10 lett. a). 

Detto del profilo di inammissibilit� della attivazione dell'art. 25, comma 5, 
fino all'attuazione del precedente art. 24, merita infine rilievo tm ulteriore 

(10) Contra, T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 26 marzo 1991, n. 268, in Foro lt., 1991, III, 
323, che per� risulta riformata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con decisione ad udienza 
28 giugno 1991, in corso di pubblicazione. 
(1) Contr. T.A.R. Lombardia n. 268/1991 cit., riformata per� in appello dal Consiglio di 
Stato, Sez. VI. 

101

PUTE I, SBZ; IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

m:esi)��.en~��il �q.W,e�� av~bbe�.dovuto.adottatela:�no11'ruttiva regolamentare 
ain:ictettat<ltil triomento che anche ili siffatta evenienza:; nori pu� ritenersi 
operant~ tlll: diritto del .quale non sono state discit:Jlinate le condizioni e le 
l.liOliajitlf cli�� eserc,iziq� e.� che���:{lOl'l .�.risulta���ancora� �tefiri,itivamente dimensiona,
to ri~Pl\!tt~ agl1,Jn,t�re$si non tra.scl.ttabili dfcui aUelett.� a), b), e) e d) 

���i--~~~~:::.:~e=:;


lai tri:tspar~:r.;a l'ecc;e~iol\e; i:td al.tro ordinamento nel quale giustamente 

.illil~~~~":,~~~i=;;:n'":= 


..��.�.� ��-:::-��� ::�.<:-<::{(::);;/: :� . . .... 

pfofill'i �.()ncefn.tm.~ lit ~colt� d�l1'All1iriinistrazfone di ��non dar corso ad istanze 
df lllcces~o no1t sufficiente~ente llio#Vate (t~U dQvendosi.iJ!lten<lere quelle da cui 

!it1J!9!''1'1$;::::~=:E 


�.�...�. :P~ve .~�tutto.pre�~s~si, .l.ll. rigllarclo, cJie tale indagine, lungi dall'integrare 
valu~azi0nij.:li l:llerito sull:a fondatezZ!l� deU!l istanza di accesso al documento 
aro.wjni~i:r:ativ9.7 poicM o~niett<:>. della. relativa.)Q.(;lagine � solo la rispondenza 
tbi~~l~itll&1~eedr~~e:~r1~~iti!ri~i:Crii~\v~~d~~~n:1~:s!~~a~;;~~~ 

~inalb:zata i.ii:t �iicludere tu.tti � casiAn cui la vicbiesta del privato non sia giustificata 
con Ja puntuali') indicazione dell'interesse sotteso nonch�, soprattutto, 
<:lel!a siNa#Pl1e gj.q�li~ che <l,ovrnl:)pe trov!lre tt,J,tela !'! che evidentemente non 

~%nf3:1~i~f~~~�rz~9~ 'iri1;~~!Ei1AieJ/t!i~~~re~g~v�~~a~~~v~:r~b~~n:~

una estensione i!ldiscriminata dell'aecesso; palesemente non voluta e non prevista 

~~! ~~ta~dt~fiii' ~t~fi 2M&~vaiitine dell'istariza �� a& ac:c~$$<), come gi� . si� � 
accennato fu �.precedenza/ si atteggia <quale efofuerifo d:tratterizzarite (e nel 
cont()mPo ql.l.<lle .requisito c;ondizionante imprescindibile) .. del� diritto et.i accesso 
nella)~~~ <~41f!IDk ~iy~rs~il~e da �. quan~o rist1lta d1:111a legge 142/90 in tema 
dl a�~$s(). ~li atti degli eritLlocali, la � cui previsi():tle ne>rniativa � �assai pi� 

i&;ii!�?ii:fl~i~~\~1;~


controllo <i. Politico: 'tsttUf()perato delle pubblichi') amminist;azioni: e ci� giustifica,
al1zi impone che anche il sindacato giurisdizionale sulle relative controversie sia 
caratterizzato dall'esperimento di una indagine preliminare sulla sussistenza di 
tale � condi.ziorie Jeg�tt�riante: pfopi:fo �c:oS� �come il Consiglio�� di Stato ha avuto 
modo di affermare neil� annotata pfonttl1cfa. 

A�. ANTONIO CINGOLO 

(12) Ctr; Colls. di Stato, Ad. Ge1L, 17 ~ebbraio 1987, n. 7/87 (in Cons. Stato, i987, 11, 
543) sul parere reso nel disegno di legge presentato alla Camera il 9 marzo 1987. 

102 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Il che rende comprensibile e ragionevole la previsione di una mediazione 
tra i due momenti temporali, costituita dall'emanazione di atti 
organizzativi e discrezionali interni all'amministrazione, non surrogabili 
dall'intervento del giudice, in relazione al necessario adattamento degli 
uffici al nuovo rapporto con gli amministrati, alla individuazione delle 
concrete modalit� di esercizio del diritto di accesso ed al suo definitivo 
dimensionamento in relazione alla salvaguardia di altri interessi fondamentali 
per l'ordinamento, quali indicati nel comma 2 dell'art. 24 legge 
241/1990. 

Il che, peraltro, se porta a ritenere non ancora applicabile il complesso 
normativo di cui al capo V della menzionata legge n. 241/1990, 
non implica, tuttavia, che sia, da un lato, giustificato il protrarsi dell'inerzia 
dell'Amministrazione, e, dall'altro, che venga meno l'efficacia di 
altre, eventuali, norme dell'ordinamento, tese alla protezione del medesimo 
interesse sottostante al diritto di accesso. 

Va, quindi, allo stato, respinto l'appello e confermata, con le predette 
puntualizzazioni, l'impugnata sentenza, con compensazione tra le parti 
delle spese processuali in relazione alla novit� della questione trattata. 

T.A.R. 
Lazio, Sez. Il, 27 gennaio 1992, n. 210 -Pres. Elefante -Est. Lamberti 
-Codacons e altri (avv. Rienzi) c. Comune di Roma (avv. Marzolo), 
Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Cingolo) e altri. 
Demanio -Demanio comunale -Uso particolare -Istituzione di zona a traffico 
limitato -Motivi di sicurezza e protezione degli addetti all'amministrazione 
della Giustizia -Legittimit�. 

Circolazione stradale -Sosta veicoli in zona a traffico limitato -Autorizzazione 
del Ministero interessato -Legittimit�. 

E legittima l'istituzione da parte dell'Amministrazione comunale, ai 
sensi dell'art. 13 legge 24 marzo 1989 n. 122, di una zona a traffico limitato 
prospiciente il � Palazw di Giustizia� (sede della Corte Suprema di Cassazione), 
al fine di tutelare la sicurezza nell'esercizio dell'amministrazione 
della Giustizia e assicurare la protezione di cose e persone ivi presenti od 
operanti (1). 

(1) La sentenza definisce un'annosa controversia. articolata in pi� giudizi, 
originata dalle doglianze di talune Associazioni costituite a tutela di interessi 
diffusi, in relazione prima al perdurante posizionamento di bandoni metallici 
circostanti il � Palazzo di Giustizia >>, sede della Corte di Cassazione, per consentire 
lavori di manutenzione dell'edificio, poi (a seguito della rimozione di 
tali strutture metalliche) all'istituzione di un'area a traffico limitato, all'interno 
della quale � per� consentita la sosta dei veicoli di propriet� di magistrati e 
impiegati, autorizzati dal Ministero di Grazia e Giustizia. 

PAl~TE ~' SBZ. IV, (JIURlSP1'UDBNZA AMMINISTRATIVA 103 

�.�������S �()nforme aft(.l, clJs;�iplina generale degli artt; 3 � 4d.P � .8:;J5 giugno 1959 

n. 393 (y0dice delta Strada) .Ja possibilit�. attribuita. ai dipendenti degli 
Ufffoi d�l: }!atazzo d� gtustit,ia di parcheggiare� veieoli, previa autorizzazione 
discrezionale; dell'Amministrazione della GiustiZ~i �nella sJi;ddett� zana a 
.tr4ftido .. t�'mitatt:J�..�(nel�����fJtJ~dro....4i ... ury .� us�: ... varticala.re�..di �.. qu.est'ulti1rtltl ..onde 
�kdf<ii#tr'#~��zav(ii$4ni#� 4~ fini� it~it4�.. #'�1/r~~z4�.4e.t'P~tsofiaie��$te$s()�.. <i>. � 


�.� (4) i.., p1;9:riJJ.Ilqj1:1. :i\1:1. pre!j!i99M iritt:igralrne:rtte. re�epito.)e argoweritazi9ni .. di 

ij~1sibt!::rtt~lfied!~~z~~~s~rlf!!fri~:f1!~~;Jffe~it~~:,1t~a21!~~al~~~~ 

dei�v.ari s()ggettirlc9l::reri.~{. Ai;;i~e J�ltim() J!roposito si J.:ip()rt1:1. il semiel1tfl estratt() 
della m~ol;ja. �llf~n~iv1:1..J?r�dott:t.Jl:t g~.i:lizi�;. � � � � � �.� .�.� � � 

~~i::~~~~~~ 


A) I~ ;ririt6 lu�~('> o6~o~re� radiCalmente contestare la presenza �di i1:n fate. 
resse gittc.lizi1:1.Ime:.t(il tutelabile in capo al C�dacons, nonch� la legittimaziotie 
attiva a. ricorrere Aello stes~o.... Pur dando d�verosamente� � atfo, infatti; della 
tendenza giudsprudenziale>.ad� animettereᥥ�la�����tutela��di�.�rtteresst.diffusi di cui 
si faC(lia � t?ort~to.re u.i1 ente esponenziale . noi:i. pu� negarsi, peraltro;. la ptesenza 
obiettiva di limiti all'ammissione di una tale tutela, sii!: nei termini �rtdicati 

..,,A.alla giurfspru~leriia, sia� come precisati �rt sede � Iegislativ.a. 

( >l.a ste~sa dQ1:tr:l11a (y; N1G1to;�Giusti~ia4,mt#itiis(t<tt�va, 1979)�.�afferrna� che 

f � insostenibile ritenere' che tutti>� gli inieress� � diffllsi; �ssia ��quegli .. interessi 
che���appa#tettgdno �.ad��una�� pluralit�.��di soggetti� pi��� o meno��vasta e���ctetermfuata, 
siano tutelabili � se non si 'Vuol vedere nell'azione giurisdizionale ammfriistrativa 
un'azione' popolate���� e�� alterare essenzialmente �.�lo stess� /concetto di-interesse 
Iegittiin(>, oltre l()he >confondere.. i �omp�ti di urt . organo g�uriSdizfonale � con 
quelli�� pfopn dell'�tgano di� direzione p6litica �. 
:S necessarick pertanto �in (>gni caso-trov.are dei momenti di �collegamento 
tra� la�.. posizione del s�ggetto che chiede tutela ed�.. il bene,. che qualifichirio 
l'�rtteresse.> in m�do differenziato: ma tali elementi di Colleganza risultano 
difettare del tutto nella fattispecie che qui interessa. Nel caso in cui urt;associazione 
si faccia� portatrice di un interesse diffuso � necessari�; infatti; che 



104 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

denti addetti alla Corte di Cassazione nelle carreggiate di via Triboniano 
e via Ulpiano prospicienti l'edificio ove ha sede la Corte medesima, e, 
precisamente, le note 11 settembre 1989 del Ministero di Grazia e Giustizia 
e 24 aprile 1989 del Comitato provinciale per la Sicurezza pubblica. 

I

ili 

2. In punto di fatto va precisato che, anteriormente all'adozione 
della delibera in parola, la sede stradale di via Ulpiano e di via Triboniano 
immediatamente adiacente la Corte di Cassazione era circondata da bandoni 
metallici, la cui posa in opera risale al mese di aprile 1970, dopo 
il distacco di alcune parti della struttura esterna dello stabile. 
L'interdizione al transito dell'intero perimetro del Palazzo, allora 
disposta, si � protratta durante l'intero corso delle opere di consolidamento 
e restauro, per l'esigenza di evitare ostacoli alle macchine ed attrezzi 
delle ditte impegnate nelle opere, e perdura tuttora per motivi di protezione 
della sede della. Corte di Cassazione e delle persone che istituzionalmente 
vi svolgono la propria attivit�. 

Le ragioni di non consentire utilizzazioni del suolo immediatamente 
circostante il Palazzo di Giustizia diverse da quelle inerenti la custodia 
dell'edificio e le esigenze interne degli uffici, ivi comprese quelle dei 
magistrati e degli altri addetti individualmente identificati o autorizzati, 

� t' 
,v�� ,,)f<.: !->A'<��
.' ~{~,,/< i;��t-:�_,._:).,.-1:_��~.._~,.,. 


questo corrisponda ad'. un interesse univocamente connesso alla tutela dello 
� scopo istituzionale i'. dell'associazione stessa (v. ALBAMONTE, Danno ambientale 
nella legge 349 del )986 e responsabilit� dei privati, in Cons. Stato, n. 10, ottobre 
1988; v. anchslCons. Stato, Ad. Plen., 19 ottobre 1979, n. 24). , 

Di converso( lo scopo statutario ~concernente la itutela dell'ambiente. 
"�� dei � diritti degli utenti. e consumatori dei beni pubblici e dei pubblici 
servizi ~ppare in s� troppo vasto, vago ed indeterminato p�rch� in esso 
possano rinvenirsi precisi specifici momenti di collegamento con i beni di cui 

I 

.� ~. ~-� invoca tutela, ed in particolare per quanto attiene alla specie con tl-berul i�.::.~~�,_ 
;~4;p~...,,.,,,.--"~"" �eHa-dispmr.ihlHt�-t!.elle..ar-ee..adiacen:tLaLP...al.azzo..d.LG.iust~ia�,�� tale da far con


;'>,;W-L ~ ~�:�~;~�~f,~. 
figurare una lesione di interesse meritevole qi tutela nella_sottxazi-One,.della:�eitatl!I"; e? ~ 
~b'"'pubb.lWe..r-�~-.f~...~ ~;.::::....~\,�v...;.. '"1.��r.:J:_..... ~....&. ""'""""~ �!i-.;..:--i\o"""~' �~.. ~,,........~~~...-.::~~.~:-,;,� ~.::_,...;., {;~-#iifi. 1 ,.-~JJ:.,�'"*;..t.o _ � 

La estrema.. genericit� del conclamato scopo associativo si pone in verit� 
come inequivoco indice rivelatore di una mera ,..copex:tura formale per poter 
agire in maniera del tutto indiscriminata, costituendo in ogni e qualsiasi 
situazione di lesione di interessi una presunta posizione differenziata dell'interesse 
di volta in volta fatto valere; la quale in realt� non sussiste perch� 
poggiata su elementi di differenziazione completamente generici. 

Il Codacons, affermando tra l'altro di agire a tutela della collettivit� intera, 
si pone in evidente contraddiizione con la realt� dei fatti, non potendosi certamente 
riconoscere per tutti i cittadini l'interesse..aH'elimil'l:M:iene ~:na &.. 

.J�t""'"�""�f�i';"I.,..,~ ~-~tante...il--P.alazw,di�-Giu.stiz.i,~b,P-wero.�el,...presunw�����posteggia��,. 

�' 
,che.c-i:v<i-..sarebbe'�"Sussistente. In altre parole non � logicamente (prima ancora 
che giuridicam,ente) concepibile riconoscere legittimazione attiva per la tutela 
di interessi diffusi ad una associazione che per la stessa estrema genericit� e 
concreta illimitatezza dello scopo statutario, pretenda di ritenersi operante in 
relazione a qualsiasi tipologia di tali interessi, poich� con ci� stesso verrebbe 
completamente meno anche quel minimum di differenziazione che deve pur 




IAT<TB J, SFZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 105 

erano state gi� evidenziate sia dalla nota. 6 dicembre 1988, n. 11282 della 
Prima Presidenza della Corte Suprema di Cassazione, sia dal verbale 8 aprile 
1989 del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, 
che le ha; del resto, ribadite; nella riunione tenutasi il 17 febbraio 1989 
con i .rappresentanti dell'Vfficio per il Controllo e la Sicurezza della 
Corte stessa; ' 

In quest'ultima sede � sato1 in particolare, rilevato come siffatta 
esigenza di sicurezza implicava l'esclusione in modo assoluto deUa circolazione 
di altri mezzi riella zona in discorso, conseguibile solo tramite il ... 
� mantenimento di una fascia delimitata e protetta, sostanzialmente corrispondente 
a quella circoscritta dalla... recinzione in lamiera�. E ci� 
sin quando. non sarebbe stato istituito nel sottosuolo di piazza Cavour 
un vasto parcheggi() comunale, secondo un. progetto che prevede un collegamento 
sotterraneo coiPalazzo di Giustfaia . 

. L'impugnata delibera d:eifa �Giunta Municipale n. 2298/90, �nel delimitare 
raccesso nell'area� imrrieclfafall!lerite adiacente il Palazzo di Giustizia 
fra le vie Ulpiano e Tribori�an() alle sole categorie di automezzi in servizio 
�di polizia e di pronto intervento rionch� agli autoveicoli muniti 
dello � specifico permesso rifasciato per rag�mii di servizio dal Ministero 

sempre distinguere l'interesse diffuso da q_uello meramente fattuale, del �quale 
� titolare la collettivit� in senso lato. 

La intrinseca motivazione dell'ingresso di un ente in giudizio e della sua 
stessa titolarit� a curare la tutela di un interesse appartenente ad una� certa 
categoria di soggetti � >.infatti costituita proprio dal carattere di � esponenzialit� 
� di un certo ordine di interessi, ed � all'evidenza incompatibile con 
tale concetto la figura di enti che, come quelli odierni ricorrenti, pretenda di 
farsi paladino di tutti gli interessi relativi all'ambiente e ai diritti degli utenti 
e consumatori. � fin troppo chiaro che questa pur abile costruzione involge 
l'inaccettabile conseguenza di dover ammettere in ogni caso (e quindi in palese 
elusione e pieno disdoro del quadro leglslativo . giurisprudenziale vigente in 
materia) la legittimazione ad agire di qualsiasi ente, a ci� bastando soltanto 
la mera conclamazion� di llilO scopo statutario privo di effettive delimitazioni 
settoriali. � W>, � � .,~ 

Tutto~'~i�''}{~ova conferma nello stesso richiamo fatto dall'associazione in 
questione alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 725 deF 27 maggio 
1988, la quale non � certamente di sostegno: alla posizione del ricorrente 
Codacons: l'ammissione della tutela giudiziale in quel caso, oltre che riferita 
specificamente alle associazioni utenti del� telefono, fu conseguenza del riconoscimento 
di queste come � organizzazioni dotate di autonomia soggettiva portatrici
� di interessi dndividuali ed autonomi... che li legittimano ad impugnare 
gli atti di regolamentazione del settore � da parte dell'art. 5 d.1.vo 15 settembre 
1947, n. 846. 

Completamente diversa appare, pertanto, la posizione di tali associazioni 
rispetto a quella del Codacons. 

La stessa legge 8 luglio 1986, n. 349, che ammette all'art; 18 che le assoc1az1oni 
possano � ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento 
di atti illegittimi � limita tale facolt� alle sole � associazioni di 

-11 



106 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO� STATO 

di Grazia e Giustizia, prende atto di siffatte necessit�, secondo quanto 
prevede l'art. 13 della legge 24 marzo 1989, n. 122. 

La finalit� che essa persegue di proteggere il Palazzo di Giustizia 
e le persone che instituzionalmente in esso svolgono la propria attivit� 
e prevenire, con ci�, possibili attentati, ben si presta, invero, ad integrare i 
presupposti afferenti l'ordine pubblico, in base a cui la predetta norma 
consente alle Amministrazioni comunali la potest� di istituire le zone 
a traffico limitato. 

L'operato del Comune deve, pertanto, ritenersi immune dai profili 
di censura inerenti il difetto di motivazione e lo sviamento, adombrate 
nel primo motivo del ricorso che va, conseguentemente, respinto. 

3. Parimenti infondati sono, poi, gli ulteriori aspetti d'illegittimit� 
contenuti nella censura predetta e nel terzo motivo, circa la possibilit� 
attribuita ai dipendenti degli uffici del Palazzo di Giustizia di parcheggiare 
le loro autovetture, munite dell'apposito contrassegno, nelle carreggiate 
interne delle vie Ulpiano e Triboniano, prospicienti quest'ultimo. 
Anche all'interno delle zone previste dall'art. 13, L. 122/89, ove l'accesso 
veicolare � limitato a particolari categorie di utenti, la potest� dei 

protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno 5 regioni 
� individuate con decreto del Ministro dell'Ambiente in base all'art. 13 
della stessa legge: mentre di certo non l'ammette in generale per tutte le 
associazioni. 

Con decreti ministeriali 20 febbraio 1987 (in G.U. 27 febbraio 1987), 26 maggio 
1987 (in G.U. 2 giugno 1987) e 1� marzo 1988 (in G.U. 19 maggio 1988) il 
Ministero dell'ambiente ha individuato 17 associazioni, qualificate � di protezione 
ambientale ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 della legge 8 luglio 1986, 

n. 349 � tra le quali per� non � menzionata la ricorrente associazione, che pertanto 
deve necessariamente ritenersi del tutto priva di legittimazione a proporre 
il ricorso giurisdizionale de quo. 
Le considerazioni che precedono devono parimenti ritenersi valide e pertinenti 
non solo in relazione al Codacons, ma anche agli altri due enti ricorrenti 
(Lega per l'Ambiente e Associazione Utenti Servizi Pubblici), essendo 
evidente che tali soggetti non possono vantare una posizione differenziata 
qualificabile in relazione ad uno specifico rapporto obiettivo esistente tra i 
beni (che si assumono lesi dalle scelte della Amm.ne comunale) ed i soggetti 
stessi. 

In sostanza, come codesta stessa Sezione Ecc.ma ha gi� avuto modo di 
affermare (sent. 13 gennaio 1984, n. 21) l'interesse specifico delle associazioni 
ricorrenti deve per ottenere tutela, � essere localizzato ovvero localizzabile .in 
quel determinato ambiente o� in una zona comunque circoscritta che lo ricomprenda 
o presenti con esso una obiettiva connessione �: la tutela dei relativi 
interessi deve poi formare oggetto dei fini statutari e tali interessi devono 
presentare dei requisiti concreti di specificit� che impediscano la loro quali.
ficazione a livello di interessi � semplici �. 

Ma, nell'ipotesi che qui interessa, tale differenziazione manca del tutto 
per gli enti ricorrenti: non vi � alcuna posizione circoscritta, localizzata e dif



PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDBNZA AMMINISTRATIVA 107 

Comuni� di limitare �o interdire il parcheggio o la sosta delle autovetture 
� soggetta -ad avviso del Collegio -alla disciplina generale degli 
artt. 3 e 4 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (cd. Codice della Strada) e 
dall'annesso regolamento. 

In base a tale disciplina, in particolare all'art. 4, d.P.R. 393/59, nei 
centri abitatL. laddove siano stati stabiliti obblighi divieti o limitazioni 
di carattere, permanente oppure sia stata vietata la sosta... possono 
essere accordati, per accertate necessit�, permessi subordinati a speciali 
condizioni e cautele. 

Di siffatte necessit� e cautele � data precisa contezza non solo nei 
richi~ati verbali in data 17 febbraio ed 8 aprile 1989 del Comitato Provinciale 
per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, ma anche, e� con specifico 
richiamo all'art. 4 del Codice della Strada, nel verbale della riunione tenutasi 
il 31 maggio 1989 presso il Ministero di Grazia e Giustizia, ove � 
stato pnntt,1.alizzato eh(:'! i motivi di sicurezza ..,. non debbono essere riferiti 
esclusivamente all'incolumit� pubblica ma, in primo luogo alla tutela 
dei magistrati e del personale addetto alla Corte di Cassazione che per 
la particolare fw:Jzione cui � chiamata va garantita da atti di terrorismo 
�,�� Ad avviso del Comitato, pertanto... � nella zona recintata devono 
accedere e parcheggiare . le autovetture in quanto viene cos� garantita la 

ferenziata adducibile da chi intenda vantare un generico interesse � a calcare 
il suolo del demanio comunale� (sottratto al transito veicolare comune dal 
provvedimento impugnato), senza poter spiegare quali particolari ragioni rendano 
tale interesse leso in misura maggiore e pi� intensa di quanto non avvenga 
per ogni normale utente automobilista. 

B) Ancora va denunciata la carenza di un interesse qualificabile come 
legittimo in capo ai soggetti ricorrenti in proprio. L'avv. Canestrelli, I'on. Realacci 
e il sig. De Russis non hanno neppure manifestato il loro presunto titolo 
di legittimazione a ricorrere: ma se questo va individuato nel fatto di essere 
semplici� possessori di patente, � fin troppo evidente che tale condizione non 
pu� configurare in capo ai succitati soggetti una posizione differenziata rispetto 
alla posizione. comune agli altri cittadini (la stragrande maggioranza dei quali 
� parimenti titolare di patente e libretto di circolazione e potrebbe nello 
stesso modo addurre di dover calcare, per motivi vari, il suolo circostante 
la sede della Corte di Cassazione) che li colleghi in modo particolare all'esercizio 
del potere amministrativo. 

Del resto, se effettivamente una posizione di interesse legittimo potesse 
essere . vantata dai ricorrenti in parola non si comprende perch� questi non 
avrebbero dovuto evocare in giudizio come controinteressati (con conseguente 
inammissibilit� del ricorso) tutti gli altri cittadini che invece consentono e 
condividono l'istituzione dell'area di rispetto attorno al Palazzo di Giustizia 
nonch� tutti coloro che a qualsiasi titolo circolano in quell'area. 

C) Per quanto ancora riguarda, infine, l'on. Realacci baster� osservare che 
il membro parlamentare che ricorra in proprio non ha alcuna facolt� di farsi 
portatore di interessi generici della collettivit� in sede giurisdizionale, mentre 
appare evidente che l'unica legittima sede di suo intervento sia quella politica. 

A. CINGOLO 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

108 

vigilanza delle stesse ai fini della sicurezza del personale che ne � 
proprietario �. 

Il riferimento all'interesse generale della sicurezza del personale che 
opera presso gli Uffici della Corte di Cassazione anche sottoponendo 
ad idonea vigilanza le loro autovetture, giustifica per un verso che -oltre 
alla circolazione ed al transito nella zona a traffico limitato -siano consentiti 
la sosta ed il parcheggio dei veicoli autorizzati in appositi spazi, e, 
per altro canto, legittima la possibilit� che una parte della predetta area 
venga sottratta all'uso pubblico, per essere devoluta all'uso particolare 
del predetto personale. 

Ci� stante, neppure possono ritenersi in atto ostativi alla predetta destinazione 
della carreggiata interna di via Ulpiano e di via Triboniano i 
commi settimo ed ottavo dell'art. 59, del regolamento di esecuzione al 
predetto T. U. sulla circolazione stradale (d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420) 
e la circostanza -pure addotta nelle censure in esame -che nei cortili 
interni del Palazzo di Giustizia esistano altre aree da destinare al parcheggio 
delle predette autovetture. 

Quanto al primo di tali aspetti di censura, va ribadito che le restrizioni 
alla possibilit� di derogare al divieto di sosta enumerate nei predetti 
commi (che consentono siffatta deroga in favore delle sole specifiche categorie 
di veicoli appartenenti alle forze armate, polizia, vigili del fuoco, 
servizi di soccorso, limitatamente alle aree antistanti le rispettive sedi e 
per l'estensione strettamente indispensabile) non possono comprimere la 
potest� dell'Amministrazione a introdurre ulteriori ipotesi di eccezioni 
al divieto, in aggiunta a quelle specificamente contemplate (Cass., III, 
27 giugno 1979, n. 3596). 

La giurisprudenza oramai consolidata (Cass. pen., Sez. IV, 28 novembre 
1961, Cerrone; Cass. pen., Sez. IV, ,16 gennaio 1962, Zappal�) ha ritenuto, 
infatti, illegittime, e pertanto inapplicabili tali disposizioni del regolamento 
di esecuzione, in quanto restringono la potest� degli enti 
locali di disporre deroghe al divieto di sosta, qualora essi ne ravvisino come 
nella specie -la necessit� per ragioni diverse da quelle ivi specificate. 


Circa il secondo dei ricordati aspetti, deve ritenersi rimessa totalmente 
alla discrezionalit� dell'Amministrazione -perch� responsabile delle 
pi� opportune misure -la scelta delle aree e degli spazi pi� idonei 
ove possono concretamente operare i mezzi pi� efficaci per garantire la 
sicurezza e la prevenzione da eventuali attentati dei veicoli in parcheggio 

o in sosta appartenenti al personale del Palazzo di Giustizia. 
Tali valutazioni attengono infatti, al merito dell'azione amministrativa, 
una volta che la vigilanza dei veicoli di propriet� del personale predetto 
sia stata dichiarata attinente ad un interesse generale, nel corso 
della riunione del 31 maggio 1989, tenutasi fra gli esponenti dell'Ufficio 

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I 

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, 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 109 

per il controllo e la Sicurezza della Corte di Cassazione e quelli del Comitato 
Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica. 

4. Quanto ai predetti uffici ed orgalll�, il primo rappresenta, invero, 
un'articolazione interna dell'organizzazione burocratica dell'Amministrazione 
della Giustizia, ed il secondo risulta istituito dalla legge 1� aprile 1981, 
n. 
121. 
Ne deriva l'infondatezza del secondo motivo, articolato sulla loro irrilevanza 
a statuire circa l'uso degli spazi di che trattasi. 
Secondo l'art. 20 della legge n. ,121/81, il Comitato ha, infatti, la funzione 
di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica nonch� prevenire la violenza 
eversiva ed ha la possibilit� di avvalersi, a tal fine, anche delle 
autorit� locali di Pubblica sicurezza e dei responsabili delle Amministrazioni 
dello Stato e degli enti focali interessati ai problemi da trattare. 

Esso � pertanto specificamente competente ad emanare direttive e 
prescrizioni in subjecta materia, come lo �, tra l'altro, quella riportata nel 
verbale 17 febbraio 1989, circa la necessit� dell'apposito contrassegno per 
accedere nella zona controllata. 

5. Sono, cos�, da rigettare, anche il quarto ed il quinto motivo, ove 
viene censurato di incompetenza il rilascio di siffatti permessi da parte 
del Ministero di Grazia e Giustizia. 
Sia l'istituzione della zona a traffico limitato che la riserva della 
carreggiata interna delle vie Ulpiano e Triboniano, alla sosta ed al parcheggio 
per determinati utenti trovano, infatti, ragion d'essere nelle 
esigenze inerenti la prevenzione da attentati ed a garanzia dell'incolumit� 
del personale appartenente alla Corte di Cassazione. 

� pertanto consequenziale che a tale Amministrazione sia attribuita 
la potest� di valutare l'esistenza dei presupposti per derogare al divieto 
di circolazione e sosta, a ci� non ostando alcuna espressa disposizione 
della I. 122/89, o del d.P.R. 393/59, n� tantomeno alcuna diversa manifestazione 
di volont� dei competenti organi del Comune di Roma. 



SEZIONE QUINTA 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
SEZIONE QUINTA 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 settembre 1991, n. 9846 -Pres. Montanari 
Visco -Rel. Prato -P. M. Golia (concl. conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Favara) c. Fondazione Girolamo Gaslini (avv. Romanelli 
e Uckmar). 

Tributi locali -Invim -Esenzioni e agevolazioni -Immobili appartenenti 
ad enti morali -Destinazione immediata e diretta al perseguimento 
dei fini istituzionali -Esenzione totale dall'imposta -Utilizzazione indiretta 
e mediata -Riduzione del 50 % dell'imposta. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25; legge 22 dicembre 1975, n. 694, art. 3). 
L'esenzione dal pagamento dell'JNVIM per gli immobili appartenenti 
ad enti pubblici e privati non aventi per oggetto esclusivo o principale. 
l'esercizio di attivit� commerciale e destinati all'esercizio delle attivit� 
istituzionali dell'ente presuppone la destinazione immediata e diretta di 
detti immobili al raggiungimento dei fini d'istituto mentre l'utilizzazione 
indiretta e mediata di essi comporta la riduzione del 50 % dell'imposta (1). 

(omissis) Secondo l'orientamento gi� espresso da questa Corte (cfr., 
tra le altre, Cass., 2 luglio 1990, n. 6767 e Cass., 2 agosto 1990, n. 7759), l'esenzione 
dal pagamento dell'imposta sull'incremento di valore, relativamente 
agli immobili appartenenti agli enti pubblici e privati non aventi per oggetto 
esclusivo o principale l'esercizio di attivit� commerciali, (indicati 
nell'art. 2, lett. c) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, in materia di IRPEG), 
che siano destinati all'esercizio delle attivit� istituzionali, prevista dall'art. 
25, comma secondo, lett. c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, come 

(1) La Corte conferma l'indirizzo gi� espresso in Cass., 2 agosto 1990, 
n. 7752, in Foro it., 1990, I, 507 e Cass., 2 luglio 1990, n. 6767, nonch� da alcune 
pronunce della Commissione Tributaria Centrale (dee. 7 settembre 1990, n. 5410, 
in Foro it., Rep. 1989, voce �Tributi locali>>, n. 67; 8 giugno 1989, n. 4228, ibidem, 
n. 68; 26 novembre 1984, n. 10227, id., Rep. 1985, voce cit., n. 186). 
La decisione � di evidente esattezza in quanto il legislatore ha posto in 
modo chiaro la differenziazione tra immobili destinati e non destinati allo 
esercizio delle attivit� istituzionali e l'ha fondata sul criterio della destinazione 
immediata e diretta la quale non pu� che essere accertata attraverso l'attivit� 
svolta nell'immobile intesa nella sua oggettiva connotazione, altrimenti la diversa 
misura dell'esenzione espressamente prevista dall'art. 25 d.P.R. 643/72 
non avrebbe ragion d'essere . 

����,.,����,��,��,����,,._,ti. 



PARTE I; SSZ. � V; GIUIUSPRUDENZA TRilltlTAIUA Hl 

modificato: <Wt'a:i;t. 3. della �legge 22 dicembre 19751 n, 694,;.presuppone la 
destinazione ~iata e di:retta di detti immobili per il raggiungimento 
dei fini di istituto, m�~tre la utilizzazione .indi:retta e>mediata di essi 
compqtta la rid~one del 50 % dell'imposta, ai sensi dell'art. 25, comma 

qui.to,.le.tt.�.. <Z), <:l�llo stesso dJ>,~, �....�.�.���� .����������� OU~$t&���fiiliifilid.����ni�Ht~V��~$ione.�������� .. / .

;; �~-rj~~~~,~~.o�. �~~.~.9�~~$fu.. norn1~i~~~i A.�.. ~ai~i~iPi~�����~���.���posto 
una . netta .differeJilZiaziime tra immobiliv destinati /all~esercizio<delle attivit� 
�. istituzionali .(art. 2S~ com1lla 2�, lett. e) d;P.R. n. 643) e immobili 
n�n destinati al.l'esercii.io delle attivit� istituzionali (art. 25, comma 5�, 
l~tf:, a} d,~.aᥥ��n~���64J)1���in��b�s���al.criteti����della��destinazione� immediata e 
dit~t~ al. ~ggj.ngimentQ de,i fini deU'istitutor tenendo presente che, 
�pme ~ g��/11tato q~setvatodaUa giurisprudenia (Cass .. �7759/90),<�se la 
cU~r�' (lisciplUia �onterne �.n,lobili. di propriet� .� clei medesimi ���enti; 
avell.tt��� fJ.ijatii� ~oc;�ali�.� ~he��w$ti.ficano... 1'esehzione,.�.. n �.... trattamento diver� 
sifi~to deve pfu seili:P'J:~ trovar�:Ja �sua ragion. d'.e$sere nel� diverso . modo 
di :g>artecipare �.al. r�ggi.ngW!ento dei��.finipropri dell'ente; .mediante .la 
uti.lizz~.one indi:r�tta e non immediata dell'immobile all'esercizio delle 
attivit� istitUZionali. 

> . ~.$tregw.i AAt criteri en'llllciati, e tenendo . conto �lel carattere ecC:
e#onaj.e cb,e ya ricQ:n9sciuto ajle ipotesi di esenzione fiscale; deve essere 
col).s~4erata)a i:;~tui;tZion,e in es~e. nella quale, come. � paciiice>,.� l'l$tituto 
Giannina Gaslini � un ente del tutto distinto dalla Fondazione GeJ:Qlt:J.n'lo 
Gasllni,.. dl,e;. cos1;jt.ito al Jine di esercitare .. la difesa ..� e l'assMelilZa dell'infanzia 
.~/deijf,i.. f@�iu}~e.a, questo fine. pe:rsegue. i,n �concrete> conila 
ge&:tic;>ne del .�. p.i:oprio. patrimonio,. allo . scopo di . devolverne le. �.rendite 
aU'JsP.tt1J9{1,Ut.�3)egge 2ln9veinbre .1950,. n.. S.97) e di apprestare i.mezzi 
t.ateJ;'tW:i pei; il ~~~entodi questo, 

.13: }\)(>ich�. ci�) c:he rileva, ai fini�� della destinazio.ne degli innn�bili, 
non � la finalit�(generalment� perseguita, ina l'attivit� svolta nella sua 
()ggett�va connotazione, non � dubbio che quelli in questione; non essendo 
statLdirettamente<adibiti ad attivit� di assistenza pediatrica, non pote� 
vano essere qualificati come immobili destinati �aU'eser�it;o. delle attivit� 
�istituzionali, ai sensi dell'art. 25, comma 2, lett. e) del d.P.R. n. 643 sopra 
richiamato, in quanto strumentali al procacciamento di mezzi economici 
per realizzare.le finali.t� dell'ente, n,la non dii:ettamente ed immediatamente 
aWattivit� istituzionale di questo. 

3. In conchtsion�, �. in conformit� alle considerazioni che precedono, 
il ricorso deve essere accolto e la decisione . impugnata, consegtientemente,
� cassata, con rinvio, per. un .uqyo esame, alla� Commissione tributaria 
centrale, che si atterr� ai principi sopra enunciati. 

112 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 settembre 1991, n. 9911 -Pres. Corda -
Rel. Berruti -P.M. Donnarumma (concl. conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Palatiello) c. Noto Giuseppe. 

Tributi locali -Ilor -Redditi fondiari -Imposta sui fabbricati -Esenzioni 
e agevolazioni -Esenzione venticinquennale -Costruzione difforme 
dalla concessione edilizia -Difformit� relativa a singole porzioni di 
fabbricato -Perdita dell'esenzione per l'intero immobile. 
(legge 6 agosto 1967, n. 767, art. 15; legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 13). 

La realizzazione di una costruzione abitativa in difformit� dalla 
licenza o concessione edilizia determina, ai sensi dell'art. 15 legge 765 
del 1967, la perdita per l'intero immobile dell'esenzione venticinquennale, 
di cui all'art. 13 legge 408 del 1949, dal pagamento dell'ILOR e della imposta 
sui fabbricati; ci� anche quando la difformit� riguardi singole por 
zioni di fabbricato appartenenti a diversi titolari giacch� tanto l'imposta 
quanto l'esenzione si riferiscono ad una caratteristica giuridica che identifica 
l'immobile in quanto tale (1). 

(omissis) Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria 
denuncia la violazione dell'art. 15 della legge 6 agosto 1967, n. 767, e dei 
principi relativi alla natura di beneficio della esenzione venticinquennale. 


Afferma infatti che essendo stata revocata la esenzione nei confronti 
del costruttore, tanto con riferimento alla imposta fabbricati che 
all'ILOR, l'ufficio doveva pretendere il tributo su tutto l'immobile, e 
dunque su ciascuna unit� di cui questo risulta composto, indipendentemente 
dalla attuale titolarit� del diritto di propriet� sulle medesime. 

Ci� per la ragione che il beneficio stesso ha carattere oggettivo, e 
prescinde dalla qualit� soggettiva del titolare dell'immobile. 

La doglianza � fondata. Questa Corte ha pi� volte affermato che la 
realizzazione di una costruzione abitativa in difformit� della licenza o 
concessione edilizia, realizza, ai sensi dell'art. 15 della legge 765 del 

(1) Principio pacifico nella pi� recente giurisprudenza della Corte. 
Oltre alle sentenze 9908, 9909 e 9910 pubblicate lo stesso giorno della decisione 
in commento, si veda Cass. 21 luglio 1988, n. 4726 e Cass. 10 settembre 
1990, n. 9322; in quest'ultima si escl�de la violazione dell'art. 3 Cost. per l'equiparazione 
all'autore dell'infrazione di soggetti ad essa estranei, come i proprietari 
delle altre unit� immobiliari, perch� il destinatario della sanzione � 
il costruttore responsabile della violazione e solo in via conseguenziale i suoi 
aventi causa i quali potranno ag>ire in via risarcitoria contro di lui 


PARTE I, SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 113 

1967, la perdita per l'intero immobile della esenzione venticinquennale 
della imposta sui fabbricati di cui all'art. 13, della legge 408 del 1949. 
Ci� anche quando la difformit� riguardi singole porzioni di fabbricato, 
giacch� tanto la imposta quanto la esenzione si riferiscono ad una caratteristica 
gii.lridiea che identifica, in quanto tale, un immobile ed un 
s@ pi� anipfo �regime. (Cass; :ti, �9322�� del� 10 settembre �1990;� n; 4726 del 
2f ltlglio l9SS); La> revoca ��in questione, �peraltro opera �ape legis, ovvero 
automaticamente all'accertamento delflllecito edilizi.o, ed al di fuori di 
qualunque possibilit� valutativa della amministrazione finanziaria. La 
quale .pertanto � tenuta, a seguito dell'accertamento dell'illecito suddetto, 
e senza rilievo alcuno per la considerazione delle parti nella..controversia 
inerente l'accertamento di tale illecito edilizio, a revocare il 
beneficio gi� concesso. Ovviamente con riferimento all'intero immobile 
e non al titolare o ai titolari di porzioni eventualmente separate 
dopo.� della concessione del . beneficio,. poi revocato. Cosicch�, il requisito 

d.e:U.a conformit� alle normative edilide vigenti, si atteggia conie carattedstica 
giuridica oggettiva dell'immobile. (Cass. 8982/87). 
�<>�.����� .�� . . .... 

La contestazione della carenza di tale caratteristica determina il

.�: ::.� �.� ..�<"� . . .. . . . 

sqrgere della pretesa tributaria. Questa, nei confronti del contribuente 
acquir@11tl:l della porzione di immobile, non pu� che essere esercitata 
che attraverso la iscrizione .a ruolo dell'imposta dovuta, che dunque 
corrisponde; quanto all'acquirente, alla revoca del beneficio. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 gennaio 1992, n. 202 -Pres. Brancaccio 
-Est. Sgroi -P. M. Caristo (conf.) -Hardouin c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Palatiello). 

Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -lmpugnazione � Termine 
art. 327 cod. proc. civ. � Applicabilit� alle clecisioni delle commissioni 
tributarle di PrltnO e 

. . . secondo grado. . 
(cod. proc. civ., art. 327; d.).>.R. 26 .ottobre 1972, n. 636, art. 39). 


La decadenza prevista nell'art. 327 cod. proc. civ. opera nei riguardi~ 
delle impugnazioni delle commissioni tributarie di primo e di secondo; 
grado (1). 

(1) Nt\OVO indirizzo, confermato con le sentenze 30 gennaio 1992 nn. 668 e 669. 

lH RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 gennaio 1992, n. 209 -Pres. Scanzano 
-Est. Morelli -P. M. Simeone (diff.). -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Linguiti) c. Cadei. 

Tributi erariali indiretti -Imposte doganali � Contrabbando � Giudicato 

pen~le di condanna per quantit� imprecisata � Determinazione della 

quantit� ai fini della liquidazione dell'imposta � Legittimit� � Preclu� 

sione da giudicafo � Esclusione. 

cod. proc. pen. abrog., art. 28). 

La se.ntenza penale di condanna per contrabbando di quantit� imprecisata 
di tabacchi nella quale si affermi che mancano sufficienti elementi 
per la determinazione della quantit�, non preclude, ex art. 28 cod. 
proc. pen. abrog., la quantificazione in sede civile della liquidazione della, 
imposta evas� (1). 

1. Dopo aver rilevato che nella sentenza penale, di condanna per 
contrabbando, pronunciata nei confronti del Cadei, si d� atto che � manI


�

cano precisi riscontri obiettivi in ordine alla determinazione del quan


I ~ 

titativo di sigarette contrabbandato�, la Corte a quo ne ha inferito che 
� la ricostruzione dei dati obiettivi accertati come mancanti rientri nella 
ricostruzione del fatto che vincola il giudice civile �, ai sensi dell'art. 28 
cod .proc. pen., precludendogli una determinazione quantitativa della merce 
contrabbandata al fine del computo dei tributi correlativamente evasi. 

I

2. Tale conclusione forma, appunto, oggetto di contestazione da 
I ~ 

parte della Finanza. La quale, all'uopo, denuncia l'errata interpretazione 
ed applicazione della richiamata norma processuale, in relazione anche 
all'art. 2697 cod. civ. 

3. La censura � fondata. 
I 

Invero, la quantificazione delle sigarette contrabbandate non � un 

I 

fatto materiale, ai fini dell'effetto vincolante, ex art. 28 cod. proc. pen., 
del relativo accertamento negativo; bens� una operazione logica di tipo induttivo 
che si innesta su un fatto materiale (questo s�), accertato in 
sede penale (contrabbando), utilizzato come premessa per desumerne nel 
concorso di altri dati fattuali (entit� del corrispettivo ricavato dalla 
rivendita delle sigarette; prezzo di questi al mercato nero) -il quantitativo 
appunto della merce oggetto della condotta illecita. 

Ed � appena il caso di aggiungere che un tale giudizio sul quantum 
-oltrech� non impedito, per quanto gi� detto, dal precedente giudicato 
penale, era anzi doveroso in sede civile. 

(1) Decisione di molto interesse suscettibile di estensione. Il vero giudicato 
sul fatto accertato in sede penale in genere non riguarda direttamente 
le quantit� che andranno a costituire nella fase successiva la base imponibile. 

U:6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
essa dovuta. Aggiunge che non rileva, al riguardo, il preteso adempimento 
da parte dei singoli soci, poich�, in disparte il fatto che questi 
non hanno inteso soddisfare il debito della societ� (la quale non ha, 
comunque, adempiuto gli obblighi strumentali a suo carico e sarebbe, 
perci� solo, soggetta al versamento della soprattassa), avendo pagato 
in nome proprio crede11�.o di essere personalmente obbligati (al punto 
da aver chiesto il rimborso, una volta avvedutisi dell'errore), non trovano, 
comunque, spazio nella materia, data la specialit� della relativa 
disciplina, n� l'istituto di cui all'articolo 1180 cod. civ. n� il principio 
sancito dal comma secondo del successivo articolo 2331. 

Il ricorso � fondato. 
Entrambe le preposizioni di cui si nutre la motivazione della decisione 
impugnata sono, infatti, effettivamente errate. 

Nori �, in primo luogo, esatto che i soci delle societ� di fatto sono 
solidalmente obbligati con esse iil pagamento dell'imposta di cui si discute, 
poich� soggetto passivo di quest'ultima, ai sensi dell'att. 2 d.P.R. 599/1973, 
� unicamente la societ�, nei confronti della quale soltanto si instaura, 
quindi, il rapporto impositivo, che non pu� essere, pertanto, esteso ai soci, 
promanando esso da una fonte legale tipica e, quindi, da una fattispecie 
esclusiva compiutamente disciplinata, la cui rigidit� si ripercuote sulla 

II

collegata situazione effettuale, esaurendone, senza residui, le corrispondenti 
qualificazioni (oggettive e soggettive). 
Relativam�nte alle quali non sono, dunque, correttamente ipotizzabili 

I

dilatazioni di matrice codicistica, nella specie, per di pi�, tratte dalla apodittica 
equiparazione (generalmente rifiutata) della societ� non (ancora) 

I 
II

iscritta (articolo 2331 cit.) alla societ� di fatto. 

Posto ci�, conviene solo aggiungere che i richiami alla giurisprudenza 
di questa Corte contenuti nel controricorso non sono appropriati, riguardando 
essi la configurabilit� (ormai ripudiata, com'� ampiamente noto) 
della c.d. supersolidariet� tributaria e, quindi, un problema che rispetto 
a quello qui considerato si pone, con evidenza, come cura posterior, 
avendo per oggetto non la (presupposta) individuazione delle ipotesi di 
responsabilit� solidale in campo fiscale, ma il relativo trattamento, 
questo s�, rinvenibile, in via di massima, nelle pertinenti norme del codice 
civile. 

Al quale, in .secondo luogo, pu� farsi anche ricorso, oltre che nei casi 
di rinvio espresso, per eventuali integrazioni attinenti (non al momento 
genetico o alla struttura, ma) all'attuazione dell'obbligazione tributaria, 
se non precluse dalla disciplina speciale dei singoli tributi. L'adempimento 
di un'obbligazione siffatta da parte del terzo (articolo 1180 cod. 
civ.) non pu� dirsi, dunque, in principio escluso (v. tra gli altri, art. 49 

d.P.R. 602/1973), ma � ovviamente necessario, a questo fine che il terzo 
adempia, oltre che in nome proprio, con la consapevolezza di soddisfare 
l'obbligazione altrui, poich� se (come nella specie) adempie nell'erroneo 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 117 

convincimento di essere personalmente obbligato si verte nell'ipotesi di 
indebito soggettivo (art. 2036 cod. civ.) e l'obbligazione, perci�, non si 
estingue, potendo il solvens ripetere, di norma, ci� che ha pagato (come 
nel caso concreto �, in realt�, avvenuto). 

Di cui l'ulteriore errore fondatamente addebitato alla decisione impugnata, 
che deve essere, di conseguenza, cassata, con rinvio alla Commissione 
di provenienza. 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 7 febbraio 1992, n. 1382 -Pres. Falcone Est. 
Sensale -P. M. Golia (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Palatiello) c. Soc. Santa Seconda Casalotti (avv. Selvaggi). 

Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Prova dei fatti -Non 
attiene alla motivazione. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39).. 
La motivazione dell'accertamento, che .attiene alla legittimit� formale, 
va distinta dalla prova dei fatti, che attiene alla fondatezza sostanziale 
della pretesa tributaria, che sar� verificata nel processo (1). 

(omissis) Fondato, invece, � il secondo motivo, con il quale l'Amministrazione 
denuncia la violazione degli artt. 39 e 42 del d.P .R. 29 settembre 
1973 n. 600 ed il vizio di difetto di motivazione, deducendo che l'avviso 
d'accertamento era sufficientemente motivato secondo le prescrizioni 
dell'art. 42 prima citato e che la Commissione Centrale, ritenendo il 
contrario, avrebbe confuso la prova del maggior reddito accertato, che 
pu� essere data anche in sede contenziosa, con � le indicazioni motivazionali 
dell'accertamento>>, che erano puntualmente contenute nel relativo 
avviso, il quale era sicuramente analitico, perch� l'ufficio contest� singole 
voci di bilancio, rideterminando i redditi nel quantum, tanto da permettere 
alla contribuente, sin dal ricorso di primo grado, una effettiva 
e concreta difesa. 

Invero, con riguardo all'accertamento in rettifica della dichiarazione 
del contribuente per redditi risultanti da scritture contabili, l'art. 39 
del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 distingue le irregolarit� meno gravi, 

(1) Decisione da condividere pienamente di cui va sottolineata l'importanza 
(in senso conforme Cass., 2 febbraio 1991, n. 1025, in questa Rassegna, 1991, 
I, 110). Spesso, confondendo i due concetti e i due momenti, le commissioni 
di�hiarano la nullit� d�ll'accertamento per difetto di prova senza scendere 
all'esame della fondatezza della pretesa. 

U8, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

contemplate nel primo comma ed� a fronte delle quali rAmministrazione 
pu� procedere a rettifica analitica (utilizzando gli stessi dati forniti dal 
contribuente ovvero ricorrendo a presunzioni, munite dei �requisiti di cui 
all'art. 2729 cod. civ., in ordine al~a inesattezza o incompletezza di una o 
pi��poste), dai� casi, di maggiore gravit�, previsti dal secondo c.omma, che 
evidenzian.o una inattendibilit� globale delle scritture ed autorizzano l'Amministrazione 
a procedere in via induttiva avvalendosi anche di semplici 
indizi sforniti dei requisiti idonei necessari a costituire prova presuntiva 
(sent. 24 febbraio 1989 n. 1022). La differenza fra i due tipi di accertamento 
�, cio�, data dal fatto che la rettifica investe le singole poste del 
bilancio (urta, pi�' � anche, eventualmente, tutte), distintamente considerate, 
o\ivero investe l'i�ter� contabilit�, globalmente considerata, in quanto 
le irregolarit� siano di tale gravit� da farla ritenere inattendibile nel 
suo complesso. 

In entrambe le ipotesi l'�tto d'accertamento dev'essere motivato, con 
riferimento ai presupposti che consentono il ricorso al metodo adottato 
(analitico o sintetico) ed alle ragioni che giustificano il calcolo in rettifica, 
tenendo per� presente che la motivazione su detti presupposti pu� 
emergere �implicitamente; �specie �nel caso di rettifi�a � analitica, dove la 
singola ripresa pu� di �per s�� evidenziare l'inesattezza della contabilit� 
che giustific� la rettifica.medesima (sent 1022/89; citata);' 

Problema diverso da quello concernente la motivazione dell'accertamento, 
che� attiene alla legittimit� formale dell'avviso, _(( quello della 
prova della maggiore pretesa tributaria, ossia della st,la fonda.te;zza sostanziale, 
,�he sar� verificata nel processo aperto dalla opposizione. all'avviso 
d'accertamento, s� che far rilevare le due esigenze . a_I momento dell'accertamento 
(e non nei due momenti diversi, l'.uno dell'accertamento e 
l'altro, successivo, del processo) costituisce un equivoco logico giuridi�o, 
che � quello in cui ~ incorsa la decisione .impugnata. 

In altri termini, quando l'Ufficio add.ca, , nel, .processo, elementi a 
sostegno della . pr:etesa tributaria, non integra .n avv~so d'accerta.mento 
n.llo,_ma adempie gli oneri che ad esso_ in�ombono come parte <;lei processo, 
n�� da; ci� pu� trarsi argomento in ordine alla .natura del metodo 
seguito, che � analitico o sintetico non in dipendenza . dalla prova, che 
venga fornita opp'ur� no, ma a seconda che la rettifica~ investa,, le singole 
poste del .bilancio ovvero Ja contabilit� nella .sua complessit�. 

La decisi�ne impugnata n:move, dunque, da un errore .di . partenza 
che ne inficia la motivazione circa la interpretazione data all'avviso d'accertamento 
in ordine alla individuazione del metodo adottato dall'Ufficio 
ed alla motivazi�ne dell'avviso, interpretazione che indubbiamente � 
compito del giudice del merito, ma �. censurabile in sede di legittimit� 
~e. non � congruamente motivato e se )a motivazione non � immune da 
vizi logici e giuridici. (omissis) � 


PARTE �r, SEZ. . V, 'GIURISPRUDENZA 'TRIBtJITARIA �119 

CORTB DI�CASSAZIONE, Sez. I, te febbraio 1992> n. 1473 -Pres. Corda Est. 
Berruti -P. M. Donnarumma .(conf;) � Di� Felice � (avv. Vasile) c. 
Ministero� delle Finanze (avv. Stati:> Palatiello). 

Tributi in genere -Ac1;1erti�n~nto � N()tificazione -Elezione di domicilio 
.�., �,Di�hiaraz�o;ne�� .espr.e~a ... � �Indicazione nella . dicl.arazione de,l 
49ipi~o fiscale ~ Non yale C()ll1e ~lezioJ}e di domicilio; 
(d.P..l~.. 29..settembre 1973, n.,<6(l0' 11rtt� 5$ e 60; .co<J. c~v.,<~rt� 47). 

L'elezione di domicilio prevista n�ll'art. 60 lett. d)'d�l �d.P;R; 29 �� s�tt�'mbte 
J973'.n. 600, �n quanto der�g� al('art. 47 cod. civ.; deve esplicitare/ 
la scetta di un domicilio Speciale; non vale a tal fine 'la indicazione, che 
deV� essere contenuta n�lta dxchia~azlone, dell'indirizzo d�lla �abitazfone o 
azienda che �na�zo scop� di individuare it df!m�cilio fiScale (1). 

�.:�.,, 

(omissis); Con il primo inptivo, �il ri<zorso denunci� la violazione dell'art.. 
60; lett. d) del d;P .R. m 600 del 1973, nonch� degli artt.� 139, 141, 148 
cod.. prOc� civ.; 'irt relaziohe� all'art.. 360 'n. 3 �cod; proc.�civ. -afferma in


. 
fatti la indicazione d~l rl�inicili� contenuto n�lla�denuncia dei redcliti; costituisce 
elezione cli domicilio, ai � sensi clell'art. 60 del cl.P,R.� n. .600 clel 
1973. , Conseguentemente la n0tifica fuori di tal� domitilio, senza che il 
messo abbia dato: atto cli �aver ricercato; presso il domicilio eletto, la 
persona alla quale effettuare la notificazione , stessa,. �:� �nulla. 

� . Con .il secondo motivo, :che pu� . essere esaminato �insieme al primo, 
in quanto connesso, afferma che �troneamente � stato ritenuto non applicabile 
il richiesto . conclono per pretesa tardivit� : di impugnazione degli 
accertamenti,. e cons�g�ente d,efinitivit� dei medesimi �. Invece; la nullit� 
dedotta delle notificazioni e la impugnativa del ruolo; avrebbero cletertninato 
la pendenza della controversia;� hnpedendo fa suclcletta definitivit� . 

. Le doglianze non sono foncl�te. �� .Pmnieilio .�fiscale del� cittadino contribuente 
�, ai sensi dell'art. 58 del cl.P.:&. n:. 600/73~ ilcomune d� ;residenza. 
La notifica, dunque, salvo il caso cli consegna clell'atto a mani 
proprie,. che qui .on ricorre, deve essere Jatta in tale domicilio, seconclo 
la regoli:), e le priorit� dell'art. 139, primo' c;qnjma, cod. pr,oc. civ., ovvero 

(1) Decisione esatta. L'elezione di domicilio, prevista dall'art. 60 lett. d), 
del d.P_R,. n, 600/1973 �, sia per la forma !lia pe:i: il co,ntenuto, ~osa diversa 
dalla indicazione. della residenza (reale) che. deve essere. indicata (a coriferma 
non in variazione) nella dichiarazione. � �!.� pe:i;ta.to sicuramente valida Ja notifica 
eseguita nel domicilio fiscale effettivo (ari:. 60 � lett. e), sia pure diverso da 
quello indicato nella dichiarazione. � � .� � . 
Pi� interessante � l'ipotesi inversa della notifica eseguita nel luogo indica,
to: :nella' dichiarazione che non corrisponde (o �.on-corrisponde., pi�) al 
domicilio fiscale. Si deve ritenere che sia validamente eseguitl!. la notificazione 
in detto luogo, anche a norma , dell'art. 140 cod. proc. civ. senza.� che 
siano necessarie altre ricerche (Cass., '10 lug1io �1991, n. 7650, in questa Rassegna. 
1991, l, 329) i . 



120 

RASSEGNA AVVOCATURA DEI.LO STATO 

ricercando il destinatario nella casa di abitazione, o dove ha l'ufficio, o 
esercita l'industria o il commercio. 

A tale criterio generale di notificazione, peraltro, la legge prevede una 
possibilit� di deroga, riconoscendola, all'art. 60 lettera d), del citato d.P.R., 
la facolt� del contraente di eleggere un domicilio presso una persona o 
un ufficio del proprio domicilio fiscale, ovvero all'interno del comune 
di residenza. Tale elezione deve risultare � espressamente � dalla dichiarazione 
annuale ovvero da atto comunicato alla amministrazione e mediante 
raccomandata con avviso di ricevimento. 

La lettera della legge, che richiede che la elezione di domicilio sia 
fatta espressamente, e la logica del sistema, fanno coerentemente escludere 
che possa ritenersi equiparabile alla elezione di domicilio la dovuta 
indicazione del domicilio, ovvero di uno degli elementi concorrenti di cui 
all'art. 139 cod. proc. civile. La elezione di domicilio, in quanto deroga al 
criterio� generale di cui all'art. 47 cod. civ., � di per s� un atto che deve 
esplicitare la scelta che viene compiuta in modo espresso (art. 47 cod. civ., 
secondo comma). Tale necessit� � ribadita dall'art. 60 lett. d) d.P.R. 600, 
cosicch�, mentre la Indicazione dell'indirizzo della propria abitazione assolve 
alla funzione di identificare uno dei luoghi di riferimento del contribuente, 
anche ai ffni delle comunicazioni e delle certificazioni della amministrazione, 
la elezione del domicilio, che pu� anche non coincidere con 
alcuno dei luoghi Indicati dall'art. 139 cod. proc. civ., come si evince con 
chiarezza dalla stessa norma dell'art. 60 lett. d), ha la funzione di individuare 
il domicilio speciale di un affare. 

Le notificazioni, pertanto, sono regolari, perch� avvenute, in mancanza 
di una espressa elezione di domicilio, nel domicilio fiscale generale 
del contribuente. 

Conseguentemente gli accertamenti in questione sono divenuti definitivi 
per mancata tempestiva impugnazione sul termine decorrente dalle 
notificazioni suddette. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11febbraio1992, n. 1529 -Pres. Montanari 
Visco -Est. Morelli -P. M. Donnarumma (diff.) -Miglino c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Cocco). 

Tributi in genere -Soggetti passivi -Solidariet� -Giudicato pi� favorevole 
ottenuto da altro condebitore -Estensione dalla imposta di registro 
all'imposta sull'incremento di valore dei beni immobili -Art. 1306 
cod. civ. -Si applica. 
(cod. civ., art. 1306). 

Il principio desumibile dell'art. 1306 in forza del quale il condebi-� 
tore solidale che non abbia impugnato l'accertamento pu� opporre all'Amministrazione 
il giudicato pi� favorevole ottenuto da altro condebitore 
solidale, trova applicazione non solo nell'ambito della stessa imposta, 



PARTE 'I, �SBz. V, GltlRISPRUUBNZ:A' TRIBUTARIA !121 

ma, .anche rispetto ad altra imposta con la prima coordinata (registro ed 

INVIM) (1). 

2. Il ricorso -con il cui unico mezzo, incentrato sulla dedotta violazione 
degli artt. 1306 cod. civ., 48, SO d.P.R. 1972 n. 634 e 6 d.P.R. 1972 n. 643, 
si lamenta. dal Miglino1 debitore dell'INVIM, 1a negata: applicazione; in 
suo favore, di una sentenza favorevole emessa nei conffohti � d�i � c�ssionari 
debitori solidali dell'imposta di registro, in relazione al trasferimento di 
be;ii, tra le, s~esse PaJ:"tiattuato con atto. del 22. novembre 1974 per notaio 
Grasso -�, peraltro, fondato e va accolto. 
Con semenza� n. 25.7~ del 1990 e. con altra successiva, alle cui . pi� . diffuse
�. argomeritaziOni direttamente si. rinvia, resa sul .ricorso (n. 2590/87) 
della� Finanza � Mortantolo ed altri, discusso alla stessa odierna udienza, 
questa Corte ha invero, gi� avuto modo di rilevare. come -con riguardo 
all'imposta sull'incremento di valore degli immobili (INVIM), ai fini della 
deterroinazi?ne del . val?re finale dell'immobile trasferito, il venditore, 
�ncorcn� non abbia irnpugriato .l'accertamento di maggior valore notificatogli. 
con riguardo all'imp.osta'� di registro, possa comunque awalersi 
degli� effetti� favorevolf della sentenza che, resa �.nei confronti dell'acquirente�.. 
�<>bl:>ligatO �.al. pagamento. dell'imposta . di registro, abbia annullafo 
() � ridotto quell'accerfa~ento: . stante l'identit� di valore . del bene 
trasferlto ag� effett� dell� due imposte; postulato dall'art. 6 del d.P.R. 
26 ottobre 1972 n. 643, rettament~ interpretato in conformit� agli artt. 3, 
53 e 97cost. e fa prevalenza. comunque, dell'accertamento giurisdizionale 
su.quelle>��(relativo �a.I medesimo bene, nel medesimo contesto temporale 
e negoziale) contenuto nel provvedimento amministrativo, sia pur definitivo 
(per l'alienante). (omissis) , � � 

(1) Dopo che le Sezioni Unite con la. sentenza 3 luglio 1991, n. 7321 (in 
questa Rassegna, 1991, I, 367) avevano prudentemente contenuto la nuova regola 
cl.ella solidariet� fra i condebitori della stessa . .imposta, la Sez. semplice, con 
assai succinta motivazione, fa l'ulteriore passo. di estendere n giudicato .intervenuto 
sUll'iniposta di registro all'INVIM. A ci� non soc�orre l'art. 1306 cod. 
civ. non essendovfsolidariet�; eci � assai dubbio che il solo coordinamento fra 
le due imposte giustifichi tale estensione. 
Non valgono a tal fine le considerazioni, fatte nell'altra sentenza, sulla 
necessit� di uniformit� della definizione quantitativa del tributo per l'osservanza 
del prin�ipio della capacit� contributiva: l'estensione del giudicato infatti 
pu� (non deve) essere opposta. E non � improbabile che il giudicato non 
venga opposto. 

' Al di fuori della solidariet�, l'estensione finisce col produrre effetto non 
solo nei confronti del creditore (Amministrazione) ma anche nei confronti dell'altra 
parte non, coobbligata; il compratore che ha ottenuto il giudicato favorevole 
ai fini dell'imposta di registro,. ha un interesse nettamente contrario a 
che n venditore riduca la base imponibile dell'INVIM, perch� questo minor 
valore graver� sul compratore nel futuro trasferimento. Il giudicato dovrebbe 
cio� essere opposto anche al compratore che non � n� il creditore n� un condebitore, 
il che non pare conciliabile con l'ar:t. 1306 cod. civ. 



122 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1972; n. � 1901 -Pres. Scanzano 
-Est. Morelli -Soc. Esplosivi e Affini c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Laporta). 

Tributi erariali indiretti � Imposta sul valore aggiunto � Dichiarazione -Rettificabilit� 
� Limite. 

(d.P.R. 26 �otto1:>re 1972, n. 633, artt. 1, 2, � 6, 28 e 43). 
Sebbene la dichiarazione del contribuente, in quanto atto di scienza 
e non di volont�, sia in linea di principio rettificabile, l� rettifica deve 
essere effettuata per essere pr.~sa in considerazione dall'ufficio (non in 
ogni tempo ed anche. in sede giudiziari�) esattamente nelle stesse forme 
della dichiarai.ione e nello stesso termine, s� da costituire una sostituzione 
della dichiarazione inesatta �(1). 

(omissis) 2. Con .i tre mezzi del ricorso prii:icipale -_incentrati sull;;t 
violazione, rispettivamente degli artt. 40 e 29 d.P.R. 636/1972; 43 d.P.R. 
633/1972;. e 28, 29 legge 516/1987 -la soc_iet� c,ritica la Corte, di Brescia 
per avere, una volta amm.essa la rettifi�:abilit� _senza limiti temporali della 
dichiarazione I.V.A., erroneamente, afferma.to poi che il controllo contabile, 
finalizzato a tale rettifica, _costituisse questione "di. valutazione estimativa 
sottratta alla competenza di essa Corte. . 

E contraddittoriamente inoltre anticipano l'.es�to di detto controllo, 
sia affermando che le sanzioni pecuniarie andavano comunque corrisposte 
ai sensi dell'art. 43 (che postula una differenza tra imposta dichiarata 
ed imposta dovuta, -ancora -da dimostrare), sia ritenendo che il condono 
di tali sanzioni avrebbe potuto validamente operarsi solo con fa 
definizione automatica ex art. 18 legge 416/82, anche sotto questo aspetto 
gi� dando, quindi, per scontata �1a dehenza _dl. una imposta UI~eriore.: 

3. A sua voita, l'Amministrazione contesta, con il ricorso inddentale, 
la premessa maggiore (vale a. dire ia rettificabilit� in ogni tempo e sec:le 
della dichiarazione I.V.A.), su cui si imposta la decisione impugnata (in 
parte qua, ovviamente, condivisa dalla contribuente).� 
(1) Decisione di grande rilievo. Nel campo specifico dell'IVA, la massima � 
giustificata da precisi riscontri. Ma pi� in generale, non ostante il riferimento 
acritico e ripetitivo alla dichiarazione di scienza, si ritiene, pur� con qualche 
contrasto (Cass., 24 settembre 1991, n. 9965,. in' questa Rassegna, 19911 I; 586) 
che la ritrattazione della dichiarazione possa essere manifestata nello stesso 
termine stabilito per la dichiarazione da rettificare, e per le imposte dirette 
nel termine di. un mese successivo di cui all'art. 9 ultimo comma del d.P.R. 
n. 600/1973 (Cass., 9 giugno 1989, n; 2321, in Giust. civ.,� 1989, I, 2321). 
Per pi�� ampi riferimenti v. BAFILE, Considerazioni sugli effetti della dichiarazione, 
in questa Rassegna, 1983, I. 935; ID, Riflessioni sulla dichiarazione e 
sul processo, in Rass. trib., 1988, I,. 513. 


PARTE 'I/SEZ.' V{GltlRISPRUDBNZA :TRIBUTARIA 

E ,tale censura, .che si< risolve in una dentineia di~ violazione degli 
artt� 19, 28 :e43 d.P;R.. 633/72, :per essere'l6gicainente pregiudiziale (in 
quanto suscettiva ove in tesi accolta .di assorbire ogni doglianza ex adverso 
formulata) va esaminata con carattere di priorit�. 

~~+:�lli~~~i:~::~~i:=~~: 


ai fini IN.A., in quanto atto di scienza, .,e non di .vo10nt�, � in Jinea di 
principio rettificabile, vero � anche per� che -come di recente gi� 
P�N~ljzzato ~<�:l'evel).tuale rettifica deve essere effettuata;::per essere 
pres~ ~n��<::Ql)sJ,der�.zione dall'uffici� ~�... [non gi� ' in ogni tempo, ed. anche 
in sedei gb;Jd�iiaria,. eome erroneamente opina la Corte a qu9.~ sibbene�J 
� esattamente nelle stesse forme della dichiarazione e quindi sostanzialmente 
mediante la S()Stltuz�one, nei termini, della dichiarazione inesatta, 
con altra coniplefat ed emendata� �.�(cfr; Set; I, 4 :giugri� 1990;�'n. 9240). 
��. �. �.�.'� CoriduC:i a tal~ dbn6b.tsfone �....;.; che qutmedif�tamente, sf ribadisce '-u:
na serie convergente di indicazioni normative, emergenti �dalla disciplina 
dell'.I.V.A. Fra le quali: 

a) Ja minu:d()s,a regolamentazione cleUe re.ttifich!i!, d~l1!i! annotazioni 
irl~saite, ispirata ad' innegabili crit~ri formali '(v. art. 26, c�mnii , 2� e

4� d;P.R; cit.){ . �> .. � . . , .. �.� .. , . . .. 

.... ... . . . . 

b) le stesse prescrizioni formali che accompagnano� 1a dichiarazione 
an.nuale.<1:1rt... 28) anche per .quanto ri.gu1:1rda nveicolo .. obbligato (apposito 

ffl;od�ttb) clf11J� Stl� pt�$�ntazion�; � �� � � � �� � ��� � � .��.��. � � � � � � 

~) .� la ~~~fi~~iio~e della� . fattispe�je di .��11,~sattd dichigrazione � 
come. infrazione di. aiotratto pericolo, sanzionata, come tale, a pres�indere 
dal concreto pregiudizio, effettivo o virtuale, dell'Amministrazione . 

./.D'altra .parte� va �. q~servato� che .talf)1 se. ,pur;rigoro~a. interpretazione 

�ciel.la� normatiya, . stJl!'l..,Y~A., .on �� present1:1.... l:lspetti di irr1:1gionevolezza. ed 
adeg\latamente,. inv���, �on1:ernpera . e bilancia rhiteresse del Fisco, con 
quello del contribuente. � � � � � � � � � � � � � � � � 
Infatti il rilevato sbarramento temporale per la presentazione e per 
la �ret:tifica(con so$tituzi<:1ne).. della di:cbiarazione ,annuale�� (il quale, in 
linea� di principio; non opera con rigaa:rdo alla producibilit� di . ulteriori 
docurrzihU a . comptova ��He c:�rc�sfi1nz<;l.. ��.��� degli .. elementi . gi���� dedotti 
nella dicl;.ar~~one), '.el. menfre. attribuisce a.1. contdbu�ritf1,il.�.. vant1:1ggl� 
di conseg\lb;e il d:cn1;>orso �delle eccedenze sulla base . della propria dichiarazione,
�� contemporaneamente.� tutela l'amministrazione erogante; ponendola 
al riparo dal p�ricolo (che concretamente si. prosJ?ettetebbe ove, al di 
l� di quelle . prescriz~oni di forma e di� tempo,�. la dichiarazfone p�,tesse 
comunqu~. essere ancor1:1 modificata) di rimborsare al.dicpiarante somme 
non spettantigli. (omissis) 


124 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 febbraio 1992, .n. 1918 -Pres. Brancaccio 
-Est. Sensale -P. M. Amatucci (diff.) -Ministero delle. Finanze 
(avv. Stato Palatiello) c. Gelso. 

Tributi in genere -Accertamento tributario -Motivazione. -Provvedimento 
sulla spettanza di esenzioni -Agevolazioni per le case di abitazione non 
di lusso -Diformit� dalla normativa urbanistica -Richiamo alla norma 
violata -Sufficienza. 
((legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 15). 

Per giustificare il diniego delle agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso, in quanto non conformi alla normativa urbanistica, � suf-, 
ficiente il richiamo all'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765 (1). 

(1) Le Sezioni Unite tornano ancora sull'argomento con una assai ampia 
motivazione che ripercorre quella di Cass., 14 ottobre 1991, n. 10769, in questa 
Rassegna, 1991, I, 587. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1992, n. 2041 -Pres. Montanari 
Visco -Est. Morelli -Ministero delle Finanze (avv. Stato. Palatiello) c. 
Luiso (avv. Soprano). 

Tributi in genere -�Contenzioso tributario -Rimborsi -Imposte dirette -Legittimazione 
passiva -Intendente di finanza e ufficio distrettuale delle 
imposte -Sono ambedue legittimati. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 37 e 38; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). 
Per resistere al ricorso contro il rigetto dell'istanza di rimborso delle 
ritenute e dei versamenti diretti di cui agli artt. 37 e 38 del d.P.R. 

n. 602/1973, la legittimazione passiva � alternativamente duplice dell'intendente 
di finanza e dell'ufficio distrettuale delle imposte (1). 
(1) La pronunzia desta perplessit�. Invero essa parte dalla premessa pacifica 
che l'istanza di rimborso debba essere dil:etta all'intendente di finanza 
e non all'ufficio distrettuale delle imposte e non contraddice i precedenti che 
sono nel senso della inammissibilit� dell'istanza diretta all'ufficio delle imposte 
(16 gennaio 1986, n. 210, in questa Rassegna, 1986, I, 168 e 16 giugno 1990, n. 6105). 
Su questa premessa appare poco giustificata la legittimazioh� dell'ufficio 
delle imposte, anche perch� la competenza della commissione va determinata 
con riferimento alla sede dell'intendente di finanza che non sempre coincide 

con quella dell'Ufficio delle imposte. 

Altro problema, che ha creato qualche iinconveniente pratico, � se 
dente possa delegare per gli atti del processo l'ufficio delle imposte e 
rilievo abbia detta delega agli effetti delle notifiche�. 

l'intenquale 


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'RASSEGNA AVVOCATURA '�DjlLLO STATO � 

ricorso avverso detto atto proposto dall'interessato (anche in applicazione 
dell'art. 15 lett. C) e 16 comma terzo d.P.R. n. 636 del 1972, nel testo 
novellato del d.P.R. n. 739 del 1981); e, sotto il secondo profilo, che analoga 
legittimazione vada appunto riconosciuta all'Ufficio competente all'imposizione 
ove la fondatezza di questa sia �(come nella fattispecie) sostanzialmente 
rimessa in discussione. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 18 f�bbraio 1992 n. 2060 -Pres. Bologna Est. 
Nardino. -P. M, Martinelli (diff.) -� Pagliarini c. Ministero d�lle 
Finanze (avv. Stato Criscuoli). 

Tributi in genere ~ Contenzioso tributario -�Notificazione -Omessa indicazione 
nella rela2:ione del luogo di consegna della copia -Validit�. 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Notificazione -Consegna a 

persona di famiglia -Rapporto di conviyenza -Accettazione della rice


zione dell.'atto -Sufficienza. 

,(c�d. proc. civ., art. 139). 

L'omessa indicaziOne nella relata di notifica del luogo di �onsegna 
della copia non comporta nullit� della notificazione dovendosi ritenere 
che la consegna, in difetto di contraria indicazione, sia stata eseguita nel 
luogo indicato nell'atto da notifi�are il cui contenuto non� � irrilevante 
e inutilizzabile ai fini della regolarit� della notificazione (2). 

La consegna della copia dell'atto da notificare a persona qualificata 
come di famiglia che abbia accettato di ricevere l'atto � regolare anche se 
non sussista un rapporto di stabile �onvivenza (2): 

(omissis) Peraltro, il ricorso del Pagliarini, con il quale si d�duce � violazione 
e falsa applicazione dell'articolo 32 d.P.R. 636/1972 e degli articoli 
137, 139 e 148 c.p.c. �, non � fondato. 
. Correttamente la C.T.C. ha affermato che l'omessa i�:J.dicazione, 'nella 
relata di notifica dell'ufficiale giudiziario, del luogo di consegna de�la copia 
dell'atto non comporta la nullit� della notificazione, dovendosi nella spe�ie 
ritenere che la medesima, ~' in difetto di contraria indicazione � sia stata 

(1-2) La prima massima corregge la inaccettabile affermazione di Cass., 
26 febbraio� �990, n. 1434, in qu�sfa Rassegna; 1990, I, 332. � 

La seconda massima � orniai consolidata. Sul punto si pu� osservare che, 
valendo la rela1z:ione di notifica fino a querela di falso, l'indicazione in essa di 
una qualit� di convi.vente dimostra che la persona che ha ricevuto la copia 
per tale si � qualificata; non pu� quindi successivamente dimostrarsi, meno 
che mai� da semplici certificati anagrafici, che quel rapporto di parentela o 
di convivenza non sussisteva. 


PARTE Ii SEZ.<.\l',.GlURISJi'IHJl)ENZ'A 'tll;lBUTARIA 

eseguita �neldonii�ilio del contribuente (cofocidente aon.l'abitazi�ne), esattarnerite2in:
dicat�J nell'atto danotifiCare/incalce al quale la relata: risulta 
redatta../ 
'<' Ser:�.vero fufattl�cbe -+ di tegola�-�gU t�lementi idone��>.stabilire 


ili�;�~~fi�~


Qties~ C�rt~ llll HpettitaJ�lerite affemiat� l'opposto principio�-, mri


� $i:ff$aE~~:iE~MA::.:. 
qulillld01tali dati sianoindica.t�... nell'atto d� ric;>tintare, ctovehd�si in tale 
casQ��ri~nere;�� fil)()��� a�' querela; di�� falso,� �che la.��noiifici\li ��sia�� stata� effettuata 

:~i~{f,~irn~!~n?11~e!~~~~~~~:-~~~~~:i ;~~~1:~~;>d!{t!4~:ii~=6)~e:: 

notiflca rdf un: ~tfo � (: {t; ~�eo~r~ �esa~inare ; �l'intero C())ltesto .�.dell'atto 
stesso d�lla �ri,test~ion� ifua telazione>di notiffoazfon~; potendo. in.� qual~ 
siasf parte �di esso. trovarsi la indicazione idonea a colmare eventuali 
lacune .�. � (Cass. 28 febbraio 1987 n. 2152)� 

. �..��. Nella . ,fatti~p~ie iJ:J, �!)aJl1e pon ~�lo l'orciinan:Z:lil �� ga not~fic.are. c.01;1t~ 

!:~~~~~~~~~t~l;i~J:~:: 


fica), m~ esi$te. _,.comela. stessa Commissione Centrale. non ha ll1an


!~~:~~Jilllrf1�!;~~j


stata consegnata copia dell'atto si trovava solo . temporaneamente .. nella 

~~~lilj~~~~!iiY:~���~;s~~~~~~~j.:::~~~:icoJ:los�!Ht<? .....clie.�.. qHivi.. era avve


T~~,,�?nclusie>ne induce )l disattenciere i.iche la pens.ra di nullit� 
dell~ l'J.Qti~ic~ie>nc:l, per. inesistel)~1'1 di un ra,:pporto di convivenza (o anche 
solo stabile)� tra il r\�qrrente e::Ja>persona (signora: Men:apace).che .rice~ 
vette la �copia dell'atto. 

Poich� tale persona viene qualificata, nella relazione dell'ufficiale 
giudiziario, � cognata �:' del destinatario; la�� sua �.presenza . nell'abitazione 
c;U, q.est~ultime>: ed il fatto di avere accettat0i senza riserve Ja c;onsegna 
dell'atto diretto ;ai Pagl�arini giustificano pienamente l'affermazione della 
C;'f.c. second� cui fa M�napace �ra persori~ ��incaricata � � � idone� ��. a 
r~d1aye:J;"tt l'~i:.to:. st�sso ~d il �'onseguent� gil:~c:lizfo cli esclusione. della dedott� 
�J:lullit�. 



128. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
Cos� decidendo la Commissione Centrale si �, infatti, uniformata al 
costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha 
stabilito che, ai fini della validit� della notifica a persona di famiglia, 
ai sensi dell'articolo 139 c.p.c., non � richiesto necessariamente un rapporto 
di convivenza tra detta persona ed il destinatario dell'atto, con 
la conseguenza che, ove il familiare trovato dall'ufficiale giudiziario 
nell'abitazione del destinatario stesso accetti l'atto senza riserve, la validit� 
della notificazione pu� essere esclusa soltanto se il notificando, il 
quale assuma di non aver ricevuto l'atto, fornisca adeguata dimostrazione 
che la presenza in casa del familiare era del tutto occasionale e 
temporanea, non essendo a tal fine sufficiente la produzione di certificato 
anagrafico attestante che il familiare abbia �ltrove la propria residenza 
(confronta Cass. nn. 2682/89; 5954/87; 8655/86; 7191/1986, 3304/85 e 
numerose altre pronunce conformi). 

Nel presente caso siffatta dimostrazione manca in modo assoluto; 
per contro le circostanze sopra evidenziate consentono di presumere 
fondatamente che la Menapace (in qualit� di affine, oltre che di � incaricata 
a ricevere la notifica�) avrebbe consegnato al Pagliarini l'atto 
ricevuto nell'abitazione del medesimo ed a lui destinato. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 febbraio 1992 n. 2112 -Pres. Bologna 
�Est. Graziadei -P. M. Romagnoli (conf.). -Cavallo (avv. Lombardi) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cenerini). 

Tributi in genere � Contenzioso tributario � Rinnovazione della notifica del


l'atto impugnato � Ordinanza della commissione � Non ha valore deci


sorio � Impugnabilit� autonoma � Esclusione. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 21). 
L'ordinanza con la quale la commissione tributaria, a norma dell'art. 21 
del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, ordina la rinnovazione dell'atto impugnato, 
non ha valore decisorio e non � autonomamente impugnabile; 
detta ordinanza � invece revocabile e soggetta a riesame nella fase decisoria 
e sar� impugnabile la successiva decisione (1). 

(1) Ancora sulla rinnovazione della notifica dell'accertamento. 
La S.C., affrontando per la prima volta il problema, boccia la tesi, sostenuta 
da autorevole dottrina (CONSOLO, Irrevocabilit� dell'ordinanza che dispone la 
rinnovazione dell'atto impugnato e rimedi concessi nei suoi confronti, in 
Rass. trib. 1985, Il, 687; ID., Sul contenuto e sulla natura decisoria di merito 

dell'ordinanza di rinnovazione ex art. 21 d.P.R. n. 636 e della conseguente eventuale 
dichiarazione di cessazione della materia del contendere, in Giur. it. 1988, 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 129 

Con il ricorso si sostiene che l'ordine di rinnovazione della notifica 
dell'accertamento � stato emesso dalla Commissione di seconda istanza 
in violazione dell'art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, e doveva essere 
considerato impugnabile, perch� irretrattabilmente definiva l'intera contesa, 
residuando al contribuente solo la possibilit� di instaurare autonoma 
controversia contro il nuovo atto di accertamento. 

La tesi � infondata. 

Il citato art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972 (nel testo riformulato dall'art. 
13 del d.P.R .. n. 739 del 1981), reso applicabile in fase d'appello dal 
richiamo di cui al successivo art. 23, consente alle commissioni tributarie 
di primo. e di secondo �grado di disporre la rinnovazione dell'atto 
impugnato, con contestuale sospensione del i;>rocesso, al fine di sanare 
vizi dell'atto medesimo, purch� essi non coinvolgano l'esistenza e l'ammontare 
della pretesa creditoria, n� consistano in difetto di motivazione, 
e sempre che non sia verificata decadenza a carico dell'Amministrazione 
(cfr. Cass. n. 2358 del 12 aprile 1984). 

Si conviene sul rilievo che detta rinnovazione pu� sottendere od 
esprimere un'anticipazione del giudizio della commissione in senso sfavorevole 
al contribuente; evenienza prospettabile nella vicenda concreta, 
posto che tale rinnovazione riguardava un atto anteriore a quello impugnato, 
la cui invalidit� era allegata per contrastare la pretesa imposi-

III, 1, 17), che l'ordinanza di rinnovazione dell'atto ex art. 21 del d.P.R. n. 6'36/1972 
abbia valore decisorio. 
Invero tale tesi, pur bene argomentata, urta contro serie difficolt� sul 
punto della impugnabilit� dell'ordinanza. 

La posizione ora assunta dalla S.C. suscita tuttavia non minori problemi 
riguardo alla impugnazione, riconosciuta ammissibile, della decisione che abbia 
riesaminato, confermandola (ma anche revocandola), l'ordinanza. 

L'impugnazione, se pure attraverso la decisione, vanifica lo scopo della 
norma. Se, come sembra evidente, scopo dell'art. 21, come di analoghe norme 
del cod. proc. civ., � quello di provocare una sanatoria la cui ragione d'essere 
� la eliminazione del capo della controversia sul quale la sanatoria opera (BAFILE, 
Rinnovazione della notifica dell'accertamento e sanatoria dei vizi, in questa 
Rassegna, 1990, I, 333). sembra incongrua la impugnabilit� dell'atto che ha 
aperto la strada alla sanatoria. L'art. 21 sarebbe, anzi, soltanto una fonte di 
inutile dispendio di attivit� processuale: se sorge questione sulla validit� della 
notifica dell'accertamento e viene ordinata la rinnovazione, ma poi dn sede di 
decisione si torna a discutere della validit� della notifica, come se non fosse 
stata sanata l'irregolarit�, si � soltanto perso tempo e lavoro. La sanatoria non 
ha pi� senso se si pu� tornare a discutere della validit� della notifica (inutil� 
mente) sanata. 

Anche indipendentemente dalla espressa previsione della cessazione della 

materia del contendere (di cui si vedr� pi� innanzi), l'impedimento della deca


denza, che � l'effetto della sanatoria, impedisce per l'appunto che la decadenza 

possa essere successivamente dichiarata. 

Non � pertinente l'osservazione, che si legge nella sentenza, �he pur dopo 
la rinnovazione (e la cessazione della materia del contendere) il presidente 



130. RASSEGNA AVVOCATURA �nELLO STATO 
tiva, di modo che il riconoscimento dell'emendabilit� dell'invalidit� stessa 
veniva ad infirmare i presupposti delle deduzioni dell'istante. 

Siffatta anticipazione, peraltro, implicita od esplicita che sia, non si 
traduce e non pu� tradursi in pronuncia sulla domanda del contribuente, 
perch� resta meramente delibativa e strumentale, nell'ambito 
di un'iniziativa di tipo ordinatorio, che precede e non vincola la decisione, 
ancora da adottarsi. 

Una situazione analoga ' si verifica nei casi in cui sia .disposta la 
rinnovazione della notificazione della citazione introduttiva o l'integrazione 
del contraddittorio. La valutazione sottesa ai relativi ordini, circa 
la� sussistenza di una nullit� sanabile o circa la spettanza ad un determinato 
soggetto della. qualit� di litisconsorte necessario, ha funzione provvisoria 
ed interinale, potendo e dovendo .essere riesaminata con la 
sentenza che. chiuda il processo o comunque definisca le questioni alle 
quali gli ordini stessi ineriscono. 

La riesaminabilit� del ,provvedimento in esame, e quindi la sua revo, 
cabilit� in fase decisoria; non possono essere messe in dubbio in relazione 
al terzo comma dell'art. 21, ove contempla, come effetto � ope 
legis �, � la cessazione della materia del contendere sui motivi che hanno 
determinato la rinnovazione. La norma, invero, prosegue con il disporre 
che,-dopo la. rinnovazione (o l'.inutile._ decorso del termine per . essa 
assegnato), il presidente della commissione fissa la nuova udienza di 

deve fissare la nuova udienza di discussione (il che escluderebbe che l'ordinanza 
abbia, valore decisorio). L'impedimento della decadenza opera su un capo preliminare 
della controversia s� che resta ancora -necessario decidere il merito e 
definire comunque il giudizio, anche in relazione all'ipotesi, espressamente prevista 
nell'ultimo comma dell'art. 21, che. alla rinnovazione ordinata le parti non 
abbiano provveduto. 

Si dovrebbe allora concludere che l'ordinanza di rinnovazione non impugnabile 
autonomamente non sia nemmeno soggetta a riesame, e quindi ad 
impt1gnazione, con la . de�isione. 

Si deve precisare che l'art. 21, che nel testo originario si riferiva soltanto 
alla-rinnovazione della notifica dell'atto impugnato, ha, nel testo novellato, so1o 
apparentemente ampliato �la sanatoria, Si prevede infatti la sanatoria del vizio 
di incompetenza o di ogni altro vizio che non attiene alla esistenza o all'ammontare 
del credito di imposta. Ma il�. vizio di incompetenza, che comporta una 
nullit� sostanziale, � �difficilmente sanabile, se non altro perch� comporterebbe 
non: la, rinnovazione, ma la emanazione di un nuovo atto da parte di un diverso 
-ufficio tributario, il che potrebbe dar luogo alla competenza di altra commissione; 
gli altri vizi che non attengono all'esistenza o all'ammontare del 
credito tributario non comportano nullit� e non hanno bisogno di essere sanati. 

I.n sostanza quel che resta del testo novellato dell'art. 21 � la rinnovazione della 
notifica 'dell'atto impugnato affetta da uno dei vizi che, a norma dell'art. 160 
cod. proc. civ., riguardano la consegna della copia. L'art. 21 ha dunque, come 
ho osservato nella nota citata, funzione analoga a quella degli artt. 291 e 647 cod. 
proc. civ. Perde di c:cmseguenza consistenza la previsione della cessazione della 
mate;ria del contendere sui motivi che risultano accolti dall'atto rinnovato (ipote

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 131 

discussione: la causa, pertanto, � ancora da decidere, anche per quanto 
riguarda la dichiarazione del � verificarsi dei suddetti effetti di legge, 
previo accertamento delle prescritte condizioni (inclusa la legittimit� 
dell'ordine in precedenza impartito). 

La riattivazione del processo sospeso, del resto, si atteggia come 
un obbligo .del presidente della commissione, sicch� l'evenienza di un 
indebito protrarsi della quiescenza della causa, dopo il provvedimento 
in discorso, integra un fatto anomalo, ovviabile con le opportune iniziative 
della parte interessata, e comunque non utilizzabile per inferire una 
diversa natura del provvedimento stesso. 

Acclaratasi la non decisoriet� e revocabilit� dell'ordine di rinnovazione 
da parte della commissione che l'ha emesso, si deve conseguenzialmente 
negare la sua autonoma impugnabilit� davanti ai giudici del 
grado superiore, dato che, nella disciplina del contenzioso tributario, non 
trova deroga la regola generale secondo cui il rimedio� dell'impugnazione 
� accordato contro la pronuncia del giudice adito che definisca (totalmente 
o parzialmente) la contesa, con attitudine ad acquistare autorit� di 
giudicato. 

Ove l'ordine sia illegittimo, come si assume nel caso in esame, le posizioni 
dei contendenti rimangono tutelabili in via d'impugnazione della 
successiva decisione della medesima commissione tributaria che lo abbia 
confermato.. 

A tali principi si � uniformata la sentenza della Corte d'appello, e, 
q$di, il ricorso del Cavallo deve essere respinto. (omissis) 

si che nella ormai decennale esperienza non ha mai avuto occasione di concretarsi); 
al di l� dell'apparenza, in forza dell'art. 21 non si emana un nuovo 
atto ma si rinnova la notificazione dello stesso atto. 

Se cos� �, e comunque quando, come nel caso deciso, la rinnovazione 
riguarda soltanto la notificazione, � perfettamente normale che l'ordinanza 
che dispone la rinnovazione al fine di sanare il sospetto di una irregolarit� 
non sia impugnabile. Non � dubbio, infatti; che in riferimento all'art. 291 cod. 
proc. civ. resti esclusa ogni possibilit� di ridiscutete della irregolarit� dell'atto 
come se non fosse intervenuta la sanatoria. 

Nella materia in discussione si presenta normalmente una contrapposizione 
irriducibile di posizioni: se la notifica dell'accertamento � nulla. l'Amministrazione 
� decaduta dal potere di accertare, ma se la notifica dell'accertamento � 
valida � il soggetto passivo che sar� decaduto dalla impugnazione; per troncare 
questo esasperato contrasto interviene l'art. 21 che fa obbligo al giudice 
di ordinare la notificazione (il giudice non pu� . decidere sulla valich':t� della 
notifica perch� ha il dovere di provocare la sanatoria) con il che viene impedita 
ogni decadenza, sia per l'ufficio che per il soggetto passivo che potr� 
impugnare l'atto di cui ha avuto conoscenza. Qusto risultato sarebbe frustrato 
se il giudice in un momento successivo potesse revocare l'ordinanza e decidere 
sulla validit� della notifica; ma � evidente che quello stesso dovere di provocare 
la sanatoria senza decidere sulla nullit� che aveva al momento della 
ordinanza, il giudice lo ha ancora al momento della decisione finale (e lo ha 
perfino ex art. 24 il giudice di appello). 

CARLO BAFILE 

10 



132 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 febbraio 1992 n. 2191 -Pres. Scanzano 
-Est. Sensale -P. M. Amirante (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Palatiello) c. Lodovici. 

Tributi in genere � Soggetti passivi � Solidariet� -Art. 1306 cod. civ � Debi� 
tore nei cui confronti � intervenuto accertamento definitivo -Ricorso 
unitamente ad altro condebitore per il quale il termine non � decor� 
so � Inammissibilit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16; cod. civ. art. 1306). 
Poich� per ogni atto diretto a pi� condebitori notificato a ciascuno 
di essi in tempi diversi il termine per l'impugnazione decorre per ciascun 
soggetto dalla notificazione ricevuta, il debitore che abbia lasciato 
decorrere il termine non pu�, ex art. 1306 e.e., far propria l'impugna-� 
zione proposta tempestivamente da altro condebitore asserendo di 
volersi giovare di un eventuale giudicato futuro (1). 

(omissis) Con il primo motivo l'Amministrazione denuncia� la violazione 
dell'art. 31 del d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, anche con riferimento 
agli artt. 1306 e 1310 e.e. e, in genere, ai principi delle obbligazioni solidali 
e all'art. 2966 e.e., censurando la decisione impugnata nella parte in cui 
ha ritenuto ammissibili i ricorsi davanti alla Commissione tributaria 
di primo grado di Mario e Lodovico Lodovici, nonostante fossero stati 
proposti oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'atto 
impugnato, sull'erroneo presupposto che, nel caso di pi� obbligati solidali, 
il termine decorrerebbe per tutti dall'ultima notificazione. 

La censura � fondata. 

Invero, i principi relativi alle obbligazioni solidali non giustificano 
l'affermazione contenuta nella decisione impugnata. Com'� noto, tali 
obbligazioni danno luogo, sul piano processuale, a cause scindibili, ciascuna 
delle quali pu� avere una sorte diversa da quella dell'altra. 

Conseguentemente di fronte ad un atto indirizzato a pi� condebitori, 
ma notificato a ciascuno di essi in tempi diversi, il termine per impugnare 
l'atto decorre per ognuno dalla notificazione che egli ne abbia avuto 
e bene pu� accadere che taluni dei coobbligati impugni tempestivamente 
l'atto e che gli altri decadano dal potere d'impugnazione, scindibilmente 
loro attribuito, per non averlo esercitato nei termini stabiliti dalla legge. 

(1) Decisione di evidente esattezza. In senso conforme Cass., 21 gennaio 1991, 
n. 535, in questa Rassegna, 1991, I, 367. 
Nel caso deciso l'impugnazione tardiva e non salvabile ex art. 1306 cod. civ. 
� stata dichiarata inammissibile. Questo � un giudicato che non ammette l'estensione 
di altro giudicato. Ma quale effettiva differenza vi � tra una definitivit� 
incontestabile dell'atto dell'ufficio e una definitivit� dichiarata dal giudice? 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 

N� contrasta con tali affermazioni la regola dettata dall'art; 1306, 
secondo comma, e.e., che consente al condebitore inerte di opporre al 
creditore la sentenza favorevole formatasi nel giudizio vertito tra questo 
ultimo ed altro condebitore. Presupposto della norma, infatti, � che 
tale sentenza sia stata gi� pronunciata (e sia passata in giudicato) e che 
nonostante ci�, il creditore si rivolga esclusivamente . al condebitore rimasto 
inerte per realizzare il suo credito, senza tener conto del giudicato, 
che, nei rapporti di ajtro condebitore, abbia negato l'esistenza del credito 

o l'abbia ridotto. Ma ritenere gi� sorto, in capo al condebitore che 
no11 i1llpugni tempestivamente l'atto indirizzato a tutti, e in pendenza 
della tempestiva impugnazione di altro condebitore, l'interesse ad opporre 
al creditore un giudicato favorevole che non si � ancora formato 
(e potrebbe non formarsi neppure successivamente) vorrebbe dire attribuirgli 
non gi� la facolt� di utilizzare la disposizione di cui all'art. 1306, 
secon:do comma, e.e. (di cui mancavano ancora i concreti presupposti), 
ma il potere di far propria l'impugnazione tempestivamente proposta 
da altri e. d'interloquire sul merito di una controversia, alla quale egli, 
per sua negligen:za, si � preclusa la partecipazione: e ci� in violazione 
della norma (nei' caso, l'art. 7 del d.P.R. n. 739/81) che consente l'impugnazione 
dell'atto dell'Amministrazione entro il termine perentorio, che, per 
ciascuno dei coobbligati solidali, decorre dalla data in cui l'atto stesso 
gli � stato notificato. 
Ne consegue che, nel caso concreto, essendo stato notificato l'avviso 
di liquidazione il 18 marzo 1983 a Mario Lodovici ed il 1� aprile dello 
stesso anno a Lodovico Lodovici; ed avendo costoro proposto opposizione, 
oltre il termine di sessanta giorni stabilito dalla legge, il 10 giugno 
1983, la Commissione tributaria centrale avrebbe dovuto ritenere 
inammissibile il ricorso alla Commissione di primo grado di Mario e 
Lodovico Lodovici. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1992 n. 2269 -Pres. Caturani Est. 
Sgroi -P. M. Martinelli (conf.) -Soc. Bayerland Vipiteno (avv. 
Manzi) c.. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). 

Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Incompatibilit� con norme 
comunitarie -Rimborsi � Traslazione dell'onere su altri soggetti � Pro� 
va -Art. 29 legge 29 dicembre 1990 n. 428 -Retroattivit�. 
(legge 30 settembre .1982, n, 688, art. 19; legge 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29). 

Poich� l'art. 29 della legge 29 dicembre 1990 n. 428, che esclude il rimborso 
di imposte illegittimamente percepite quando il relativo onere sia 
stato trasferito ad altri soggetti, � retroattivo e non in contrasto con la 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

134 

normativa comunitaria in quanto l'onere della prova � posto a carico del@ 


l'Amministrazione, non pu� pi� essere seguita la giurisprudenza formatasi 
sull'art. 19 della legge 30 settembre 1982 n. 688 (1). 

(Omissis) Con l'unico motivo di ricorso la Societ� Bayernland denuncia 
la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della I. n. 873 del 1982, contrastante 
con l'ordinamento comunitario; invero, la giurisprudenza della 

S. C; � ferma nel ritenere che l'importatore � legittimato, in quanto solvens, 
a richiedere il rimborso; a prescindere dal trasferimento a terzi della� merce 
e dall'effettivo depauperamento; l'art. 19 cit. ha carattere di indivisibilit� 
ed esso deve essere totalmente disapplicato, perch� in contrasto con 
l'ordinamento comunitario (Cass. n. 2347, 2346 e 2344/1989). 
Il motivo � infondato. 

La causa si deve decidere alla stregua dello jus superveniens, costituito 
dal comma 2 dell'art. 29 della legge comunitaria n. 428 del 29 dicembre 
1990: � I diritti doganali all'importazione (omissis) riscossi in applicazione 
di dispositivi nazionali incompatibili con il diritto comunitario sono 
rimborsati, a meno che il relativo onere non sia stato trasferto su altri 
soggetti�. 

La norma � retroattiva (comma 7). 
La norma � conforme ai principi del diritto comunitario, quali risultino 
dalle sentenze della corte e.E.E. 9 novembre 1983 (in causa n. 104/86). 

Basta richiamare le ragioni della disapplicazione del precedente art. 19 
della legge del 1982 (poggiate sull'impossibilit� di distinguere la norma 
�ttinente all'indebito da quella attinente alla prova: da ultimo, fra le 
molte, Cass. n. 2216/89), ed osservare che nella considerazione -parimenti 
unitaria -della nuova norma (che pone l'onere della prova della 
traslazione a carico dell'Amministrazione, salvo che gi� risulti ex actis) 
non sussistono ragioni di contrasto col diritto comunitario e la sua attuazione 
in tema di indebito: esso, invero, non esclude che la norma nazionale 
tenga conto del fatto che l'onere del tributo indebitamente riscosso 
pu� essere stato trasferito, mentre sono incompatibili col diritto 
comunitario tutte le modalit� di prova che abbiano �l'effetto di rendere 
eccessivamente difficile ottenere il rimborso. 

Nella specie, poich� l'operatore, oltre il fatto obiettivo del pagamento 
indebito, non deve provare altro -alla stregua dell'art. 2, l'incompatibilit� 
non sussiste, neppure con riguardo ad una diversit� di trattamento con 
l'analogo indebito interno (o extracomunitario), nel quale vige l'art. 19 
(come espressamente si esprime l'art. 29) della legge del 1982, il quale 
� stato ritenuto costituzionale (Corte Cost. n. 651 e n. 807/88) ed � assai 

(1) Coerentemente con la sent. 2 luglio 1991, n. 7248 (in questa Rassegna, 
1991, I, 355), la S.C. si avvia al nuovo regime in materia di rimborsi di diritti 
illegittimamente percepiti. 

PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 135 

pi� penalizzante per l'importatore, per cui coloro che si trovano nella 
sfera di applicazione della legge. del 1990 sono pi� favoriti. 

Le suddette considerazioni portano alla reiezione dell'unica censura 
contenuta nel ricorso; d'altra parte, non esiste alcuna censura in ordine 
alla diffusa motivazione della sentenza impugnata che ...,.. indipendentemente 
dall'onere della prova. documentale della non traslazione, imposta 
dall'art. 19<della )egge clt:l 1.982 -.ha ritenuto esistente una presunzione 
semplice di avvenuta,. concreta traslazione; pronuncia legittima, alla stregua 
dell'art. 29 della legge del 1990, perch� la presunzione di traslazione � 
stata invocata dalla Finanza nel giudizio di merito, sul presupposto che 
della precedente norma si dovesse dare la lettura (allora inammissibile, 
ma ora imposta) che risulta �lal nuovo testo. 

Neppure .esiste una ce:Qsura sulla mancata ammissione delle prove 
orali contrarie contenuta nella se:Qtenza impugnata, con specifica e diffusa 
motivazione. (Omissis). 

CORTE DI_ CASSAZIONE, Sez. I, 2 marzo 1992, n. 2514 -Pres. Montanari 
Visc� -Est Carbone -P'. M. Zenia (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato De Stefano) c. Malinconi. 

Tributi erariali dir~tti -�Imposta sui redditi delle persone fisiche -Sanzioni 
-Socio di societ� di persone -Infedele dichiarazione -Riferimento 
alla dichiarazione della societ� -Responsabilit� del socio. 

(d.P.R. 29 settembre l�m, n. 600, art. 46; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5). 
Nell'ambito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il socio di 
societ� di persone risponde della sanzione pecuniaria (nella specie di infedele 
dichiarazione) anche se il suo comportamento � in dipendenza con 
la dichiarazione della societ� (1). 

Con l'unico motivo del proposto ricorso l'Amministrazione finanziaria 
censura l'impugnata decisione per violazione dell'art. 46 d.P.R. 600/73, 
dell'art, 5 d.P.R. 597/73, nonch� ctelle norme civilistiche sulle societ� di 
persone, perch� nell'attuale sistema fiscale la societ� di persone � soggetto 
passivo_ �:i imposta solo ai fi:Qi Ilor, mentre il socio lo �, pro quota, 

(1) Decisione importante da condividere pienamente. Nel quadro del principio 
codificato nell'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973, il socio, che fa la sua dichiarazione, 
non pu� essere immune dalla responsabilit� che con essa assume, sia 
pure con riferimento alla dichiarazione della societ�_ della quale � parte essenziale. 
La sentenza lascia in ombra la posizione dei soci accomandanti; ma sulla 
base di quanto esposto in motivazione, e in relazion� all'art. 2320 e.e., anche per 
costoro la responsabilit� per la sanzione non pu� essere esclusa. 
-


~~



136 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ai fini Irpef, per cui trattandosi di un reddito proprio del socio deve 
applicarsi nei suoi confronti la pena pecuniaria per infedele dichiarazione 
per il solo fatto che dichiari un proprio reddito complessivo 
netto inferiore a quello accertato. 

La censura � fondata. 

Non � ignoto al collegio il contrasto giurisprudenziale che divide sia 
la Commissione tributaria centrale che le commissioni di primo e secondo 
grado sull'applicabilit� delle sanzioni pecuniarie al socio di una 
societ� di persone per infedele dichiarazione, in quanto il reddito da 

partecipazione del socio � strettamente correlato alla dichiarazione dei 
redditi presentata dalla societ� di persone. 

Secondo un primo orientamento, attualmente minoritario, che fa capo 
ad una lontana decisione delle sezioni unite della Commissione tributaria 
centrale (21 aprile 1980 n. 4724), cui aderisce anche la decisione impugnata, 
non vi sarebbe alcuna soluzione di continuit� tra il regime precedente 
imperniato sull'art. 245 t.u. 645/1958 e la disciplina successiva 
alla riforma tributaria del 1973. Si � ritenuto pertanto che il principio 
secondo cui non si debba far luogo all'applicazione della sanzione pecuniaria 
nei confronti di un soggetto a seguito dell'infedelt� della dichiarazione 
commessa da altro soggetto, quale la societ� di persone, sia attualmente 
applicabile, in quanto l'art. 46 d.P.R. 600/73 sarebbe una disposizione 
� sostanzialmente analoga � alla precedente contenuta nell'art. 
245 t.u. 645/1958, stante lo stretto collegamento esistente tra reddito 
della societ� e reddito del socio, sulla base dell'automatismo voluto 
dall'ordinamento per cui il secondo � strettamente conseguenziale al 
primo (cfr. Commissione tributaria centrale XIX 7 febbraio 1990, n. 1051; 
IX, 28 giugno 1989, n. 4207; XV, 25 ottobre 1988, n. 6998; IV, 4 marzo 1985 

n. 2168). 
Un secondo indirizzo, che si va sempre pi� affermando, ritiene, invece, 
applicabile al socio della societ� di persona l'art. 46 d.P.R. 600/73 
anche se la dichiarazione infedele � la conseguenza dell'accertamento del 
maggior reddito di partecipazione e quindi della dichiarazione infedele 
della societ�. Questa seconda tesi ritiene che l'art. 46 disponga l'applicazione 
della pena pecuniaria ogni volta che la dichiarazione non com� 
prenda tutti i redditi o venga indicato un reddito inferiore a quello ac� 
certato (Commissione tributaria centrale XX, 4 gennaio 1989, n. 58; XIV, 
11 febbraio 1989 n. 4881; I, 8 gennaio 1988 n. 132, VIII, 12 marzo 1988 

n. 2564; VIII 18 aprile 1988 n. 3555; X, 5 giugno 1985 n. 5503; VIII, 12 maggio 
1984). Secondo quest'ultimo indirizzo il reddito di partecipazione si 
sostanzia in un reddito proprio del contribuente in applicazione dell'art. 
5 d.P.R. 597/1973, in quanto il socio di una societ� di persone partecipa 
sempre alla gestione della societ� con poteri di controllo e di 
vigilanza diretta, mentre il corretto assolvimento delle obbligazioni .tri� 

PARTE I; SEZ~ V, GIUIUSPRUDENZA TRIBUTARIA 137 

butarie che lo riguarda � indipendente dall'altra autonoma obbligazione 
riferita� alla societ�. 

Queste diverse conrt�tazioni �dello� status�� di. socio e di quello della 
s�ciet�, ai fini delle rispettive obbligazioni tributarie costituiscono il fondamento 
logieo giuridico della responsabilit� del socio per le dichiarazio1li 
Jia lui fatte :in v�oiazi�ne dei criteri sanciti.dall'art. 1 d.P.R. 600/73. 

l'Ut�en� ff �collegfo che il� primo orientamento non �sia pi� oorisono 
allanormat�va in:trodotta, �1n attua.�ion� della rif6rma�tribtifat�a, �c�n la 
legge 9 ottobre 1971 n~ 825 che non coriti�rie pi� ttn� disposizione analoga 
a quella sancita nell'art. 24St.u. 645/1958, mentre il secondo deve Pl.!r 
sempre ptesi:i:pporr� I'eff�ttiv6 .. coirivolgimentc:i . del socio nella gestione 
cl.ella societ� di persone, come appunto�� nena. fattisp�cie �� il� cui socio in 
questione � socio accolti�11datari0 �della s~a.s. Sita e Malinconi e come tale 
fa parte della ragione sociale ai sensi dell'art 2314, comma l, e.e., oltre 
~1:t�. e$sert! amministratore della societ�. ai seris�d~ll'art; 2318, comma 2 e.e. 
�.� ����La tesi sostenuta :tiella� decisione impugnata ri6n pu�, pertanto essere 
condivisa. In primo luogo, la giurisprudenza formatasi sotto il vigore 
dell'art; 245. tu. 645/1958 non pu� pi� applicarsi, perch� . manca una disposizi01le 
an�loga �.�a ��quella contenuta nel .��citato articolo � secondo cui 
� nell'applicazione deHa ��soprattassa per infedele dichiarazione in sede di 
imposta complementare e di �mpo$ta stille societ�; non� si tiene conto 
dtJlle variazioni dipendenti da rettifica dei redditi� soggetti alle imposte 
di R. M. e sui fabbricati �i Ed infatti nella normativa vigente non risulta 
tiptod-Otta una disposizione che sottolinei la dipendenza necessaria tra 
la: ��rettifica dru reddito-della soeiet� e �quella del singolo socio. L'attuale 
art. 46 d.P.R;. commina la sanzione a carico del socio per i1 semplice fatto 
che il �contribuente dichiari � un reddito complessivo netto � inferiore a 
quello accertato, ed � irrilevante che la sanzione a carico del socio sia 
comminata�� perch� l'infedelt� della dichiarazione consegue� alla rettifica 
operata sui rtJdditi della: societ�. � 

Inoltre con l'art, 5 d.P.R. 597/1973; riproposto senza modifiche dall'�tt. 
S d.P.R. 917/1986, l redditi delle societ� di persone costituiscono 
reddito della societ� ai fini Ilor, mentre ai fini Irpef il reddito sin dall'origine 
� attribuito a ciascun socio;� indipendentementtJ dall'effettiva 
:PtJrcezionE:, in furlzione della� sua�� quota di �partecipazione � agli utili 6tJlla 
societ�. Infatti la norma pone una presunzione assoluta di reddito nel 
senso che i soci delle <societ� personaili sono tenuti a dichiarate non 
gli utili effettivamente percepiti -come�rt�lle societ� di capitali -�ma 
la porzione di reddito dichiarata dalla societ� ed a loro imputata in 
proporzione della quot� di partecipazione societaria. 

In realt�, il -�fondamento logico della responsabilit� del socio viene 
in genere ravvisato nel fatto che il reddito di partecipazione costituisce 
un reddito proprio del contribuente che lo dichiara dal� momento che 
il socio della societ� di persone -a difforenza di quello della societ� 



138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO' STATO 

di capitali partecipa alla gestione della societ�, per cui i poteri di 
controllo che gli spettano in base alle norme sul V libro del e.e. danno 
un fondamento logico giuridico della responsabilit� di detto socio per 
l'infedele dichiarazione. Ed a sostegno di questa tesi si sottolinea che 
in una s.n.c., ai sensi dell'art. 2257 e.e., nell'ipotesi di amministrazione 
disgiuntiva ciascun socio ha tutti i poteri di gestione, di direzione e di 
controllo che competono all'amministratore ed anche nell'ipotesi di amministrazione 
congiuntiva ex art. 2258 e.e., i soci non amministratori 
hanno pur sempre poteri di controllo sullo svolgimento degli affari sociali 
e di consultazione dei documenti contabili con il diritto di ottenere 
il rendiconto inerente al compimento dell'attivit� sociale secondo 
quanto disposto dall'art. 2261 e.e. 

Ma nella specie il problema � risolto in radice perch� il socio ricorrente 
� socio accomandatario, ha il proprio nome nella ragione sociale 
della s.a.s. (art. 2314), � amministratore della societ� (art. 2318) e 
quindi ben a conoscenza della reale situazione dei redditi dichiarati dalla 
societ� ed attribuiti ai singoli soci. 

In conclusione, non si pu� non riconoscere che in forza dell'imputazione 
al socio . del reddito di partecipazione pro quota, indipendentemente 
dall'effettiva percezione, il socio medesimo diventa l'unico soggetto 
passivo dell'imposta personale, avendo in realt� dichiarato un reddito 
proprio ancorch� il presupposto dell'imposizione si verifichi unitariamente 
presso l'ente collettivo che lo produce e lo dichiara. Questa diretta 
imputazione del reddito � la conseguenza logica immediata del prin


I 

cipio accolto dal legislatore tributario di � immedesimazione � esistente I 
tra societ� a base personale e singoli soci che la compongono, per cui 
non � configurabile una soggettivit� distinta, separata o disgiunta della 

I 

I ~ 

societ� rispetto ai soci. Tale principio costituisce espressione della giuridica 
irrilevanza della soggettivit� della societ� di persone in campo 
tributario, considerando il Fisco le societ� di persone come uno schermo ~ 
dietro il quale operano i soci con i particolari poteri di direzione, di 
controllo e di gestione anche se non sono amministratori (cfr. per riferimenti 
Cass. 21 marzo 1990, n. 2345 che ritiene direttamente deducibili 
dai singoli soci gli interessi velativi al mutuo edilizio pagato dalla societ� 
di persona non considerata come soggetto passivo Irpef). E nella specie 
il socio accomandatario, amministratore della s.a.s. � a perfetta conoscenza 
della reale situazione della societ� e del reddito dichiarato inferiore 
a quello successivamente accertato per cui anche se non gli � 
direttamente attribuibile la dichiarazione, gli � pur sempre imputabile 
quanto meno il mancato colpevole controllo dell'infedelt� della dichiarazione 
stessa. 


La soluzione adottata evita infine un'ingiustificata disparit� di trattamento 
tributario relativa allo stesso tipo di reddito, cio� del reddito 
d'impresa, tra le imprese individuali e le societ� di persone nel caso 


PARTE� I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA ,139 

di reddito prodotto in forma associata, in quanto il ricorrente come impresa 
individuale sarebbe certamente soggetto anche alle sanzioni di cui 
all'art. 46, mentre sfuggirebbe alle sanzioni medesime sia come socio accomandatario 
della s.a.s., sia quale amministratore della societ� di persone 
la quale non � soggetto Irpef e quindi non � destinataria n� del 
reddito, n� della sanzione. 

L'impugnata decisione va pertanto cassata e le parti rimesse alla 

C.T.C. che si atterr� al principio secondo cui il reddito di partecipazione 
di un socio amministratore, � pur sempre un reddito proprio del contribuente 
e non della societ� con la conseguenza che non pu� non rispondere 
della sanzione pecuniaria tutte le volte che abbia dichiarato 
un reddito complessivo netto inferiore a quello accertato. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 marzo 1992, n. 2662 -Pres. Favara Est. 
Proto -P. M. Golia (conf.). -Ditta Pelagotti (avv. Arnaboldi) c. 
Finanze (avv. Stato Palatiello). 

Tributi in genere -Dichiarazione -Mancanza di sottoscrizione -Nullit�. 

� da considerare inesistente a tutti gli effetti la dichiarazione (nella 
specie ai fini dell'IVA) non sottoscritta (1). 

(Omissis) Con l'unico motivo del ricorso la ricorrente denuncia violazione 
ed erronea applicazione degli artt. 37, primo comma, e 55, secondo 
comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e censura la decisione 
impugnata per aver ritenuto nulla una dichiarazione IVA priva di sottoscrizione, 
senza considerare che la nullit� non � prevista dalla. legge, 
la quale si limita a stabilire, in tale ipotesi, che l'ufficio delle imposte 
pu� procedere ad accertamento induttivo. 

2. Il motivo � infondato. 
Come ha esattamente osservato la Commissione tributaria centrale, 
qualsiasi dichiarazione, perch� possa definirsi tale, deve poter essere riferita 
ad un soggetto. 

Una dichiarazione IVA non� sottoscritta, non essendo riferibile ad alcun 
dichiarante, priva com'� di un elemento essenziale per la produzione 
degli effetti che la legge ricollega a detta dichiarazione, deve essere, pertanto, 
considerata inesistente sul piano giuridico. 

(1) Decisione di evidente esattezza. Riconferma l'esattezza della proposizione 
il fatto che talvolta norme particolari diano rilievo a limitati effetti alla 
dichiarazione non sottoscritta (art. 1 d.l. 10 luglio 1982, n. 429; art. 21 dl. 2 marzo 
1989, n. 69). 

140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

N� giova richiamarsi agli artt. 37, primo comma, e 55, secondo 
comma, del d.P.R. istitutivo dell'imposta sul valore aggiunto, in quanto la 
prima di queste disposizioni prevede espressamente che le dichiarazioni 
� devono essere sottoscritte dal contribuente o da un suo rappresentante 
legale o negoziale�, e la seconda equipara alla mancata presentazione 
della dichiarazione annuale la dichiarazione che sia stata presentata 
priva di sottoscrizione, ponendo perci� sullo stesso piano, ai fini 
dell'accertamento induttivo, entrambe le situazioni. 

Neanche � possibile trarre utili argomenti a sostegno della tesi del 
ricorrente, dalla legge 22 dicembre 1980 n. 882 di sanatoria delle irregolarit� 
formali, in quanto l'art. 5 di questa legge, con riferimento alle 
� dichiarazioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 
1972, n. 633 � non contempla e, quindi, non riconosce alcun effetto 
alle dichiarazioni non sottoscritte. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1992, n. 3083 -Pres. Favara � 
Est. Graziadei -P. M. Lanni (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Criscuoli) c. Quadraroli. 

Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche � Reddito 
di impresa -Accertamento di maggiori ricavi � Deduzione di costi 
ed oneri non imputati al conto economico -Art. 74 d.P.R. 29 settembre 
1973 n. 597 � Determinazione del reddito netto. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74). 
Ove siano accertati maggiori ricavi rispetto a quelli contabilizzati, la 
rettifica non pu� andare oltre la differenza tra il prezzo di rivendita e 
il prezzo di acquisto; a ci� non � di ostacolo la norma dell'art. 74, terza 
comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 che � operante solo quandv 
l'accertamento sia eseguito sulla base del conto economico (1). 

(1) Decisione importante, sulla quale vanno fatte delle precisazioni. 
Come � noto, l'art. 74, terzo comma, del d.P.R. n. 597/1973 stabilisce che 
non sono ammessi in deduzione costi ed oneri che non risultino imputati al 
conto dei profitti e delle perdite. Con una interpretazione esasperata della 
norma gli uffici tributari sono indotti a sostenere che a fronte di ogni accertamento 
di maggiori elementi positivi non dichiarati non pu� essere operata 
alcuna detrazione di costi, per l'appunto non contabilizzati; il che, al limite, 
si risolve nel considerare reddito l'entrata lorda. E particolarmente scottante 
� la situazione quando in sede di ispezione viene rinvenuta la c.d. contabilit� 
in nero dalla quale gli uffici estraggono gli elementi attivi ed escludono quelli 
passivi. 

Contro questa interpretazione sono state mosse vivaci critiche; � stata 
anche sollevata un'eccezione di illegittimit� costituzionale che peraltro � stata 
rigettata (sent. 8 novembre 1982, n. 186). 

i 

I II

I 

__.,,,,,,.,.,,.....,,Ar�� 



PARTE� J,: SEZ� V; GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 141 

(Omissis) Con il primo motivo del ricorso, si ripropone la tesi. secondo 
cui il citato art. 74, quando dispone che i costi e gli oneri non 
regolarmente dichiarati e. regi!ltrati non sono ammessi in deduzione, � 
applicabile sia/ ai proventi . inclusi nella denuncia sia.� a.�.quelli accertati 
in .via �di rettifica, non essendovi �ragione per differenziare. le due ipotesi 
rispetto atl . una � prescrizione:�� diretta a sanzionare .I'infedelt� della denuncia 
stes.s.a. . 
.�.�. �� > Ifmotivo � infondato, � 

� � �. La rettifica a carico dell'imprenditore tenuto alle .. $critturazioni contabili1in 
tutti i� casicontemplati dall'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973 
n; 600, presuppone. l!individuazione di. un maggior �reddito d'impresa�, 
vale a dire diunprofitto, pi�.consistente.rispettoa quello dichiarato, che 
sia stato conseguito dall'imp'['enditore med.esi.mo come risultat� della propria 
attivit� economica professionale �ed organizzata. 

Pertanto, ove l'applicazione della suddetta norma riguardi un comme'['
ciante, �e si colleghi all'accertamento di rivendite di merci ulteriori 
rispetto a quelle contabilizzate,; la rettifica non pu� andare oltre. la differenza 
fra. ilprezzo di rivendita ed il prezzo diacquisto, atteso che il 

Si deve condividere l'affetirtaziorte che l'art. 74 terzo comma presuppone 
la determinazione analitica del reddito, quella cio� che si stabilisce sulla 
base del conto dei profitti e delle perdite secondo il disposto dell'art. 52 del 
d.P.R.. n. 597, anche nel �aso in cui alcune rettifiche di singole poste siano 
eseguite in base ad elementi �induttivi, ma senza sovvertire la impostazione 
fondamentalmente analitica dell'accertamento. In tal caso il conto dei profitti e 
delle perdite, che � lo scudo di protezione del �contribuente e che pu� essere 
modificato solo sulla. base di: prove dirette (art. 39 primo comma, d:P.R. 

n. 600/1973), vincola il contribuente medesimo nel bene e nel male. 
Quando invece ��si procede all'accertamento extracontabile, prescindendo 
dalle riswtanze del bilancio e delle scritture contabili (art. 39 secondo comma) 
deve essere determinato in modo sintetico un reddito ragionevolmente corriSp�nd�nte 
� all'utile netto. Va per� precisato che in questo caso il contribuente 
non pu� dimostrare i costi sopportati avvalendosi delle prove di cui � in 
possesso, che non risultino dalla contabilit�; la determinazione dei costi, al 
pari del�a determinazione dei ricavi, sar� eseguita induttivamente. con quelle 
approssimazioni� (riduzioni percentuali, ricarichi medi ecc,) che possono essere 
assai. pericolose per il c�ntribtiente. 

L'art. 74 non pu� �essere aggirato (come potrebbe � sembrare da qualche 
passo della motivazione); si deve solo ammettere che esso non impedisce la 
determinazione induttiva del reddito netto, al di fuori delle risultanze contabili. 
Cos� nel caso della contabilit� in nero, l'ufficio non deve tener conto dei costi 
da essa risultartti come se fossero regolarmente contabilizzati; pu� dare solo 
valore di indizio, concorrente � con altri, alle notizie estraibili da tale contabilit� 
e, dopo aver stabilito i ricavi determinare, sempre con criteri extracontabili 
il reddito netto. 

Le vivaci critiche mosse all'art. 74 hanno portato ad� una riformulazione 
nel nuovo t.u. delle imposte dirette (art. 75, comma 4); ora � stabilito che le 
spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi ed altri proventi, che. pur 



142 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

relativo importo segna il limite massimo del profitto configurabile in tali 
operazioni. 

Il riportato principio non trova deroga nelle disposizioni del secondo 
e terzo comma dell'art. 74 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, ove 
escludono la deducibilit� di costi ed oneri non imputati al conto dei 
profitti e delle perdite allegato alla dichiarazione, ovvero non registrati 

o registrati irregolarmente nelle scritture all'uopo prescritte. 
Detta norma, invero, alla luce della sua collocazione e formulazione 
letterale, si riferisce inequivocamente alle detrazioni che il contribuente 
pretenda di apportare a decurtazione del reddito dichiarato, sicch� non 
opera nella distinta sede della rettifica della dichiarazione sulla base 
del riscontro di altri redditi, non indicati dal dichiarante. 

Tale affermazione, conforme a quanto gi� ritenuto da questa Corte 
con la sentenza n. 5071 del 24 novembre 1989, resta insensibile all'interpretazione 
autentica del citato art. 74, introdotta dall'art. 2 n. 6 bis del 

D.L. 27 aprile 1990 n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 26 giugno 
1990 n. 165, riguardando detta interpretazione solo i requisiti necessari 
affinch� le menzionate componenti negative possano considerarsi 
imputate al conto dei profitti e delle perdite. 
L'estensione od applicazione analogica dell'art. 74 in esame, nel senso 
voluto dalla ricorrente, trova insormontabile ostacolo nel rilievo che la 

non risultando dal conto dei profitti e delle perdite concorrono a formare il 
reddito sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi 
certi e precisi. Se l'ufficio accerta ricavi non indicati nel conto possono essere 
dedotti i costi, se specificamente afferenti, che risultino da elementi certi e 
precisi. Oi� deve intendersi nel senso che in caso venga rilevato Wl cespite 
totalmente omesso nel conto, sia per l'attivo che per il passivo, l'ufficio deve 
ammettere in deduzione i costi afferenti se risultano da elementi certi e precisi; 
non sono invece deducibili maggiori costi relativi a ricavi compresi nel 
conto economico. 

Resta a vedere cosa debba intendersi per elementi certi e precisi. Sicuramente 
non sono tali le risultanze delle contabilit� informali; parimenti non 
possono avere rilievo dati documentali generici che non trovano riscontro preciso 
con altre risultanze anche di altri soggetti (incrocio di contabilit�). Si 
dovrebbe ritenere che siano certi e precisi gli elementi desumibili dalle scritture 
contabili, o almeno da alcune di esse. Ci� trova conferma nell'art. 2 
comma 6 bis del d.I. 27 aprile 1990, n. 90, che con riferimento sia all'art. 74 
del d.P.R. n. 597 sia all'art. 75 del nuovo t.u. stabilisce che le spese e i componenti 
negativi sono imputati al conto dei profitti e delle perdite (rectius: si 
considerano imputati pur non figurando in detto conto) se e nella misura in 
cui siano stati annotati nelle scritture contabili ed abbiano concorso alla 
determinazione del risultato netto del conto dei profitti e delle perdite, indipendentemente 
dalla specifica evidenza �in tale documento. 

Per una pi� ampia disamina v. BAFILE, Considerazioni sui requisiti e sugli 
effetti del bilancio nella determinazione del reddito di impresa, in Rass. trib., 
1984, I, 155; ID., Reddito di impresa e bilancio nel nuovo t.u. delle imposte sui 
redditi, ivi, 1987, I, 373. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 143 

norma, prendendo in considerazione i costi e gli oneri che vanno ad abbattere 
i proventi, riposa sulla distinzione, dal profitto lordo, di quello 
netto, quale risultante dopo. la sottrazione delle spese (anche generali) 
necessarie per la sua produzione, e si traduce sostanzialmente in una presunzione 
di coincidenza del primo. con il secondo (e quindi con l'imponibile), 
in correlazione all'inopponibilit� di poste passive non oggetto di 
regolare notazione nelle s.critture d'impresa. 

La delineata distinzione non entra in gioco con riguardo alla rettifica 
in discussione, dato che, rispetto ad un'attivit� di rivendita di 
beni, la parte dell'incasso sostituita dal prezzo per l'acquisto dei beni 
medesimi non � componente del profitto, nemmeno in termini lordi, ma 
mero recupero dell'esborso occorrente all'atto di commercio in cui si 
articola l'esercizio imprenditoriale. 

Del resto, la logica delle disposizioni in discorso, che � quella di 
impedire decurtazioni dal reddito lordo all'imprenditore inadempiente 
ad obblighi contabili, sarebbe stravolta, se si accedesse alla soluzione 
propugnata dall'Amministrazione, perch� si andrebbe al di l� di una 
perdita di facolt� di deduzione, a titolo di sanzione per irregolarit� contabili, 
e si verrebbe a tassare, come reddito d'impresa, quanto, secondo 
lo stesso accertamento dell'ufficio, reddito non �; risultato inconciliabile 
con l'art. 53 della Costituzione, poich� il prelievo fiscale a carico del commerciante 
sarebbe ancorato al �risultato di cassa�, e, quindi, ad un 
parametro che non esprime, o quantomeno non esprime per il suo intero 
ammontare, capacit� contributiva. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 19 marzo 1992 n. 3465 -Pres. Brancaccio 
-Est. Favara -Fondiaria Compagnia di assicurazioni e riassicurazioni 
c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato De Stefano). 

Tributi erariali indiretti -Rimborsi accelerati di Iva -Assicurazioni fidejussorie 
� Autonomia delle relative obbligazioni -Inammissibilit� della 
compensazione anche se parziale -Effetti di una eventuale applicazione 
del condono previsto dall'art. 26 della legge 516/82. 

La polizza fidejussoria prevista dall'art. 38 bis del d.P.R. 633/72 rappresenta 
un contratto di garanzia del tutto autonomo rispetto all'obbligazione 
tributaria sottostante, e quindi da adempiersi in prevenzione 
rispetto all'esito della controversia tributaria fra debitore garantito ed 
Amministrazione finanziaria, a semplice richiesta di quest'ultima. 

La compagnia assicuratrice escussa non pu� validamente opporre 
all'Amministrazione eventuali pagamenti, totali o parziali, eseguiti posteriormente 
alla predetta � richiesta�. 



144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

La domanda di condono, proposta dal contribuente ai sensi dell'art. 
26 della legge 516/82, non estingue l'obbligazione di garanzia, avendo 
il solo effetto, in caso di spettanza del condono accertata dal compe�1 
tente giudice tributario, di consentire il successivo recupero del 60 %1\ 
versato dal contribuente per avvalersi di detto beneficio. 

2. Con i primi due motivi del ricorso principale, deducendo violazione 
degli artt. 1362 e seguenti in relazione agli artt. 1936 e seguenti del 
codice civile, nonch� degli artt. 26 e seguenti D.L. n. 429/1982, si sostiene 
che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto autonoma l'obbligazione 
fideiussoria assunta da essa ricorrente rispetto a quella tributaria gravante 
sulla societ� contribuente. A tale errore la Corte � stata indotta 
anzitutto a causa di una inesatta accezione della nozione e della fun. 
zione della polizza fideiussoria, la quale d� luogo sostanzialmente ad una 
fideiussione, la cui disciplina � improntata all'opposta regola dell'accessoriet�: 
ma anche a causa di una non corretta lettura e interpretazione 
della disciplina contrattuale, poich� l'art. 4 della polizza non impediva 
al fideiussore di opporre (ai sensi degli artt. 1936 e seguenti del codice 
civile) l'avvenuta estinzione del debito tributario da parte del garantito, 
come nella specie era avvenuto a seguito dell'ammissione del contribuente 
al condono fiscale. Sostiene in particolare la ricorrente, sul primo punto, 
che l'assicurazione fideiussoria ha per contenuto l'obbligo del garante 
ad un adempimento sostitutivo o di regresso: e si qualifica perci� come 
Pwtto fermo della Cassazione sulle cosiddette � assicurazioni fidejussorie �. 
Con la sentenza 19 marzo 1992, n. 3465, le Sezioni Unite della Cassazione 
pongono fine, nel senso pi� favorevole all'Amministrazione, ad una lunga serie 
di controversie riguardanti la natura giuridica delle cosiddette � polizze fidejussorie 
�, rilasciate a garanllia dei rimborsi IVA prev�isti dall'art. 38-bis del d.P.R. 
633/72. 
Le questioni erano insorte in occasione del condono fiscale previsto dalla 
legge 516/82, allorch� molte Compagnie assicuratrici che tali polizze avevano 
rilasciato si erano rifiutate di onorare le prestate garanzie, sostenendo che 
l'estinzione del rapporto tributario, a loro dire determinata dalla presentazione 
della domanda di condono da parte del contribuente garantito, avrebbe determinato 
altres� l'estinzione dell'obbligazione accessoria del fidejussore. 
Peraltro gi� la Corte d'appello di Milano, con la sentenza 8 luglio 1986, 

n. 1649, che risulta essere la prima di una lunga serie conforme, ebbe ad accogliere 
le eccezioni svolte dalla difesa dell'Amministrazione finanziaria, riconoscendo 
che le polizze fideju:ssorie rilasciate a garanzia dei rimborsi IVA, secondo 
un apposito modello approvato dal Ministero, non configurano ipotesi di fidejussione 
in senso tecnico, ma piuttosto forme di garanzia astratta alla tedesca (garantievertrag), 
del tutto autonome rispetto al rapporto tributario garantito, il 
cui scopo non era quello di rifondere all'Amministrazione quanto dovuto dal 
contribuente garantito in esito al processo tributario, bens� di � anticipare ,, il 
rientro nelle casse dell'Erario di somme che vi erano uscite solo provvisoriamente, 
in attesa di verificare se il contribuente stesso fosse effettivamente tlto

PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 145 

sottotipo innominato di fideiussione, cui � estranea la previsione di una 
garanzia automatica, scollegata dal rapporto principale. Sul secondo 
punto, .la F.CAR. sostiene che l'esegesi del contratto, che la Corte di 
merito ha del tutto trascurato, conferma che essa ricorrente aveva assunto 
una prestazione accessoria; destinata ad operare in via sostitutiva solo 
nell'ipotesi .in cui il debitore principale non fosse stato in grado di 
adempiere o comunque non avesse.adempiuto. Ci� si � appunto verificato 
nel caso in esame in cuila richiesta di condono, determinando ipso jure 
l'estinzione del rapporto tributario (art. 31,..comma 2, D.L. n. 429/1982), 
ha realizzato la condizione prevista dal citato art. 4 della polizza, contenente 
l'inciso �a :i:neno che non vi abbia� gi� provveduto il contribuente �, 
essendo l'estinzione del debito principale equivalente in termini giuridici 
all'avvenuto pagamento del debito d'imposta, anche se accertato in via 
di rettifica, per effetto di condono tributario. 

Con il terzo e quarto motivo la S.p.A. F.C.A.R., denunciando violazione 
e falsa applicazione dell'art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972, anche in relazfone 
agli artt. 14 e 15 delle preleggi, e degli artt. 26, 31 e 32 del D.L. 

n. 429/19821 nonch� il vizio di difetto di motivazione, sostiene che l'estinzione 
dell'obbligazione tributaria a carico del debitore principale, per ef� 
fetto delle norme sopravvenute (rispetto all'avviso di rettifica), di cui 
al D.L. n. 429/1982, e perci� speciali rispetto al citatoart. 38-bis, e comunque 
per l'estinzione automatica del rapporto d'imposta dopo la presentazione 
della domanda integrativa di ammissione al condono, si � determilare 
del credito IVA dichiarato; e quindi dovevano rientrarvi � a semplice 
richiesta� dell'Amministrazione, come conseguenza della rettifica cui era stata 
sottoposta la relativa dichiarazione IV A. 

In quella occasione la Corte milanese, con espressione sintetica ma efficace, 
ebbe a dichiarare che la legge aveva inteso giustificare i cosiddetti " rimborsi 
accellerati � di IVA, eseguii.ti prima di verificare la posizione fiscale del con� 
tribttente, reintroducendo per vfa contrattuale nei confronti della Compagnia 
assicuratrice garante .il famoso principio del solve et repete, che qui trova 
una giustificazione fondamentale nella natura stessa del rimborso. 

Tale principio della reciproca autonomia fra obbligazione d'imposta ed 
assicurazione fidejussoria fu anche confermato dalla Sez. I della Cassazione, 
eppoi con la sentenza 24 aprile 1991, n. 4519 (in questa Rassegna 1991, I, 128), ma 
eppoi con la sentenza 24 aprile 1991,. n. 4519 (in questa Rassegna. 1991, I, ...), ma 
non pienamente, nel senso che la Suprema Corte, pur riconoscendo l'astrattezza 
della polizza fideJussoria, ritenne opponibile all'Amministrazione creditrice l'eccezione 
di adempimento ti:>tale o parziale dell'obbligazione d'imposta, da chiunque 
ed in qualunque momento avvenuto. 

Essa, in sostanza, ritenne che il versamento del 60 % dell'imposta o della 
maggiore imposta dovuta, previsto dall'art. 26 della legge 516/82 come condizione 
indispensabile per avvalersi del condono da parte del contribuente garantito, 
fosse invocabile per ridurre di pari importo (pro concurrenti quantitate) l'ob� 
bligazione fidejussoria; sicch� la Compagnia assicuratrice potrebbe liberarsi 
dal suo obbligo limitandosi a versare il residuo 40 %, o addirittura non ver


-



146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

nata l'inefficacia dell'avviso di rettifica (cui si sostituisce la dichiarazione 
integrativa. ex D.L. n. 429/1982; e comunque ne � derivata l'opponibilit� 
al Fisco da parte del fideiussore dell'eccezione. di avvenuto pagamento 
del debito garantito, negando la quale si verrebbe ad escludere anche la 
facolt� di surroga che l'art. 1941 del codice civile assicura al predetto soggetto,. 
in contrasto peraltro anche con la finalit� del provvedimento di 
condono, quella . cio� di prevenire e comporre le controversie tributarie. 

La ricorrente aggiunge che la Corte di Milano si � poi indebitamente � 
rifiutata di conoscere incidentalmente dell'intervenuta estinzione automatica 
del debito d'imposta, o di sospendere il giudizio in attesa della 
decisione del giudice tributario sulla questione pregiudiziale relativa alla 
legittimit� dell'ingiunzione fiscale. dopo l'intervenuta ammissione del contribuente 
al condono (nella specie negata dalle Commissioni tributarie 
di I e II grado, e ignorata dalla.Corte di merito). 

3. Tali censure non hanno fondamento, 
La categoria dei contratti autonomi di garanzia, che la prassi commerciale 
ha imposto in figure negoziali variamente caratterizzate, � 
stata da tempo riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche 
di questa Suprema Corte (cfr. S.U. 1� ottobre 1987, n. 7341; Cass. 6 ottobre 
1989, n. 4006; 21 febbraio 1991, n. 1852). Si tratta di figure atipiche 
nelle. quali la finalit� di garanzia viene perseguita solitamente attraverso 

I

la clausola di pagamento � a prima richiesta �, o � senza eccezioni �, con 

I 

I ~ 
sando alcunch� ma rilasciando il diverso tipo di polizza fidejussoria prevista 
dal sesto comma del citato art. 3&-bis. 

In tal modo si istituiva fra obbligazione tributaria e obbligazione fidejussoria 
un collegamento destinato ad operare, non solo in via di regresso fra 
garante e garantito, ma anche prima di quel momento con l'effetto di ridurre 
al 40 % l'obbligazione sostanziale di garanzia, e di annullare la pregiudizialit� del 

I

processo civile sulla debenza della garanzia stessa rispetto a quello tributario 
sulla debenza o meno dell'imposta accertata dall'Amministrazione. 

Assai pi� coerentemente le Sezioni Unite, con la sentenza in esame. halll.Ilo 
accolto integralmente le argomentazioni che la difesa dell'Amministrazione 
aveva sviluppato sin dai gradi di merito. 

Ribadita la validit� anche nel nostro ordinamento dei contratti autonomi 
di garanzia, che la prassi negoziale e la stessa Cassazione avevano gi� riconosciuto 
al di fuori dell'ambito tributario (v. per tutte Cass., Sez. Un., 1� ottobre 
1987, n. 7341), la Corte Regolatrice ha cos� configurato anche la garanzia 
prevista dall'art. 38-bis primo comma del d.P.R. 633/72, assai opportunamente 
sottolineando che le polizze fidejussorie rilasciate in occasione dei rimborsi 
accelerati di IV A svolgono la medesima funzione delle cauzioni in titoli di 
Stato o garantiti dallo Stato, che ivi � prevista come forma cli garanzia alterna� 
tiva e che, proprio per la sua natura, consente al creditore di soddisfare diret� 
tamente il vantato credito, senza necessit� di collaborazione del debitore e 
senza attendere i tempi lunghi del processo tributario, necessario per conoscere 
�l'esistenza e le dimehsioni. del credito stesso. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 147 

la quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della 
garanzia senza potere opporre eccezioni attinenti alla validit�, all'efficacia, 

o in genere alle vicende del rapporto principale. Anche se ispirate al modello 
della fideiussione, le garanzie autonome -quali negozi atipici -se 
ne discostano soprattutto perch� derogano al principio dell'accessoriet� 
che �connota detta figura negoziale tipica e in particolare al regime delle 
eccezioni consentite al garante. L'esigenza che i contratti autonomi di 
garanzia soddisfano e l'utilit� che essi forniscono al creditore, � quella 
di assicurare prontezza e sicurezza nel pagamento dell'obbligazione garantita; 
e l'autonomia si esplica, gi� nel momento causale genetico, elidendo 
il nesso di accessoriet� con l'obbligazione garantita, le cui sorti per 
eventi successivi alla richiesta della prestazione di garanzia -non 
hanno incidenza diretta sull'obbligazione del garante, dovuta in ogni caso, 
perch� indipendente dal rapporto principale, in seguito alla semplice 
dichiarazione del creditore-beneficiario circa il verificarsi dell'evento cui 
� ricollegata la garanzia. 
A tale schema negoziale si ispira la polizza fideiussoria prevista dall'art. 
38-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Tale norma tributaria, nel 
disciplinare le modalit� del rimborso richiesto dal contribuente per il 
credito d'imposta eventualmente risultante dalla dichiarazione annuale 
presentata ai fini dell'Iva (quando risulti che nell'anno egli ha versato 
somme in eccedenza rispetto a quelle dovute), dispone che il contribuente 
pu� ottenere il pagamento . accelerato (senza cio� un previo riscontro 

Tuttavia il fatto nuovo e rilevante � che la Corte non si � limitata ad 
elaborare in un discorso compiuto e sistematico tali argomentazioni, in qualche 
modo gi� prefigurate dalla Sez. I nelle decisioni dianzi citate. � 

Infatti le Sezioni Unite, interpretando con rigore letterale ed in armonia 
con la � ratio � della norma il testo della polizza fidejussoria sottoposta al 
relativo giudizio, hanno soggiunto che l'unica eccezione proponibile da parte 
della Compagnia garante nei confronti dell'Amministrazione � quella di un 
pagamento avvenuto anteriormente alla formale richiesta di quest'ultima, � 
necessariamente da parte de'l debitore garantito. 

Ci� significa che ogni altra somma, sia essa versata successivamente alla 
richiesta ed a diverso titolo, come il 60 % dell'imposta versata per avvalersi del 
condono, sia essa versata da soggetto diverso rispetto al debitore, non vale ad 
estinguere neppure parzialmente la garanzia fidejussoria. 

Di qui la conseguenza, in tutto coerente con le premesse, che il pagamento 
effettuato dal contribuente al fine di richiedere l'applicazione del beneficio 
previsto dall'art. 26 della legge 5'16/82 non determina l'estinzione, neppure 
parziale, dell'obbligazione fidejussoria, come aveva ritenuto la Sez. I; infatti 
le Sezioni Unite non mancano di avvertire l'inammissibilit� della compensazione 
di un credito certo e liquido, come quello vantato dall'Amministrazione 
in relazione alla polizza fidejussoria che costituisce una forma di garanzia � a 
prima richiesta �, con un debito del tutto incerto, perch� ancora sub judice, 
derivante da una ipotetica applicazione del condono richiesto dal debitore 
garantito, il quale, com'� noto non trova applicazione in caso di utilizzo di 

li 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

148 

della spettanza del credito dedotto) a condizione che presti idonea garanzia 
per la restituzione della somma pagata, nel caso in cui l'Amministrazione 
successivamente accerti che non esisteva il dedotto credito d'imposta. 
Tale garanzia pu� essere fornita o da una cauzione in titoli di 
Stato attraverso altri negozi, tra cui la polizza fideiussoria rilasciata da 
un istituto di credito o da un'impresa di assicurazione. Successive istruzioni 
ministeriali, con la predisposizione di una clausola-tipo da inserire in 
simili polizze, hanno precisato in quale modo perseguire in via autonoma 
la predetta finalit� di garanzia. Come tale garanzia � destinata 
ad operare risulta chiaro, per il fatto che, nel sistema di legge, alternativa 
a simile polizza � la prestazione di un deposito cauzionale in titoli di 
Stato, che una volta consegnati al creditore permettono a questo di soddisfarsi 
direttamente del proprio credito, senza necessit� di collaborazione 
del garante e senza alcun possibile margine di incertezza in ordine 
al regime di opponibilit� delle eccezioni (le quali, se consentite, farebbero 
rivivere l'accessoriet�, per definizione esclusa). 

Nel caso di specie, simile clausola (conforme al modello ministeriale) 
risulta del seguente tenore: � La societ� (garante) si obbliga a versare, a 
meno che non vi abbia gi� provveduto il contraente, senza eccezione alcuna, 
le somme richieste dall'ufficio Iva entro 30 giorni dalla data di 
notifica al contraente dell'avviso di rettifica o di accertamento. Nell'interpretazione 
datane dal giudice del merito, la dizione � senza eccezione 
alcuna� sancisce l'obbligo del garante di pagare � a prima richiesta� 

fatture fittizie (v. Comm. centrale, Sez. XI, 25 luglio 1987, n. 5898, in Corr. trib., 
1987, pag. 2627). 

Parimenti nessun rilievo pu� essere attribuito ad un pagamento del residuo 
40 % avvenuto ad opera della Compagnia assicuratrice dopo la richiesta 
dell'Amministrazione nelle more del giudizio civile pendente nei confronti 
della medesima; e ancor meno pu� attribuirsi rilievo al fatto che, in luogo del� 
l'accennato 40 %, mancante nelle casse dell'Erario, la Compagnia abbia ritenuto 
di prestare la divesa garanzia prevista dal sesto comma del citato art. 38-bis, 
dato che lo scopo della disposizione rimane quello di consentire che l'Amministrazione 
rientri nell'integrale possesso delle somme rimborsate in anticipo 
rispetto alla definizione del rapporto impositivo controverso. 

Gi� costituisce una concessione il fatto che la Suprema Corte riconosca 
alla Compagnia assicuratrice che ha pagato il 100 % della somma garantita 
la possibilit� di agire in regresso, oltre che nei confronti del contribuente 
garantito, anche nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, relativamente 
al solo 40 %, nel caso che successivamente fosse accertata con efficacia di 
giudicato la spettanza del richiesto e ,contestato condono, cos� in sostanza 
mutando l'originaria imputazione del pagamento del 60% effettuato dal 
contribuente per avvalersi del beneficio; laddove a noi sembra che una eventuale 
restituzione del 60 %, dopo l'integrale adempimento della garanzia fidejussoria, 
sia di spettanza del solo contribuente. e semprech� la ipotizzata restituzione 
non urti contro le norme specifiche riguardanti la richiesta di condono. 

UBALDO PERRUCCI 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 

e determina pertanto la. deroga al principio di accessoriet� proprio del 
contratto di .fideiussione, con conseguente inopponibilit� di qualsiasi 
eccezione attinente al rapporto principale. 

La motivazione che si .legge nella sentenza impugnata riguardo all'interpretazione 
del citato art. 4 dell!;t; polizza si sottrae alle censure mosse 
dalla ricorrente (col second.q motivo), se lette in relazione.>alla premi;:
ssa teorica sui�. contratti autonomi di garanzia .che la stessa� sentenza 
far.richiamando< correttamente i principi dottrinari e giurisprudenziali 
in argomento. Ed � dirimente ai fini del problema dell'opponibilit� 
dell'eccezione di estinzione del debito principale formulata con il terzo 
e quarto motivo di ricorso, la notazione fatta -sempre in punto di 
lettura e di interpretazione della clausola ,;..,.__ dalla Corte di Appello in 
ordine all'inciso � a meno che non vi abbia gi� provveduto il contraente �. 

Simile patto sta infatti a significare che solo il pagamento del debito 
garantito anteriore alla richiesta di. garanzia rende questa inoperante. 

� consentito cio� al garante unicamente di eccepire che il pagamento 
� stato gi� eseguito dal debitore principale prima della richiesta di 
garanzia; ineide:lld� tale<fatto sulla stessa genesi causale del rapporto. 
Restano invece privi di effetto, nei confronti del fideiussore che ha 
emesso la polizza di cui all'art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972, i pagamenti e 
in genere i fatti estintivi successivi al detto momento, anche se ovviamente 
tali eventi avranno i loro effetti in sede. restitutoria o di recupero 
d'indebito. Diversamente opinando, si snaturerebbe il contratto di garanzia 
autonoi:na; restando eluso l'effetto principale che ad esso si ricollega 
nella previsione negoziale delle parti e cio� l'inopponibilit� delle 
eccezioni di qualsiasi genere attinenti� al rapporto principale, il cui 
ingresso paralizzerebbe, fino all'esito del giudizio di accertamento sulla 
loro fondatezza, il recupero del credito garantito, dovuto invece � a prima 
richiesta �. 

Contrariamente a� questo sostenuto dalla ricorrente (specie in memoria), 
non vi � parallelismo tra posizione del garante e quella del debitore 
principale, non essendovi accessoriet� ma autonomia. Il che vale 
a dire che, a parte l'eccezione di pagamento quale prevista nella clausola 
(cio� di previo pagamento rispetto alla richiesta di garanzia), non compete 
al fideiussore escusso dal creditore principale l'eccezione di estinzione 
del debito� garantito. 

Le linee essenziali di simile patto non mutano per la natura tributaria 
del debito principale, tanto pi� che nell'ipotesi in esame la garanzia 
investe non (come nell'altra figura di polizza fideiussoria prevista nell'ultimo 
comma dello stesso art. 38-bis del d.P.R. n. 633/1972 e cio� quella 
concernente il futuro pagamento da parte del contribuente dell'imposta 
che risulter� definitivamente accertata in sede contenziosa) il versamento 
di una imposta controversa, che potrebbe anche risultare non dovuta, 

-



150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

bens� la (pronta) restituzione di una somma che (altrettanto prontamente) 

l'amministrazione aveva rimborsato al contribuente in via provvisoria, 

sotto la condizione (risolutiva) dell'immediata restituzione a mezzo del fi


deiussore. E pertanto, l'unico fatto idoneo ad elidere la garanzia � l'inte


grale pagamento della somma fiduciariamente rimborsata, per presunto credito 
d'imposta, al contribuente; il che rappresenta la causa e la finalit� 
essenziale del negozio, come del .resto la stessa parificazione della polizza 
fideiussoria al deposito cauzionale in titoli di Stato lascia chiaramente 
intendere. Pu� soggiungersi che la previsione in legge del sistema 
alternativo di garanzia, per l'adempimento delle obbligazioni nascenti 
dal contenzioso, conferma che diversa � la garanzia quando � incerta 
la debenza del tributo ed il suo ammontare, debenza e ammontare 
che nell'ipotesi qui in esame sono invece certi e dovuti, senza possibilit� 
di opporre alcuna eccezione. 
I primi due motivi di ricorso sono perci� infondati. 

4. Se al fideiussore di siffatta obbligazione tributaria (di rimborso) 
non compete l'eccezione di estinzione dell'obbligazione principale al fine 
di paralizzare la domanda di garanzia, dovuta (salvi sistemi recuperatori 
successivamente esperibili) quando non vi � stato, da parte del contribuente, 
il previo pagamento integrale della somma dovuta in restituzione, 
certamente non � possibile per detto garante avvalersi di un pagamento 
(parziale e soggetto ad accertamento nel suo effetto estintivo) 
fatto dal debitore principale al creditore successivamente all'avviso di 
rettifica. Ci� � quanto accade nel caso di presentazione della dichiarazione 
integrativa prevista dall'art. 26 del D.L. n. 429/1982 in materia 
di I va, accompagnata dal versamento del 60 % dell'imposta richiesta, specie 
quando la spettanza del beneficio non sia stata riconosciuta e penda 
controversia dinanzi alle Commissioni; in un'ipotesi in cui il condono 
dovrebbe, piuttosto che risolvere una controversia sulla debenza o sull'ammontare 
dell'imposta non ancora assolta (concernente cio� una situazione 
debitoria accertata dall'ufficio), ridurre l'importo del rimborso, 
incidendo sul debito di restituzione di un rimborso non dovuto e consentendo 
al contribuente di trattenere il 40% di quanto (indebitamente) 
ricevuto. Il tutto per di pi� senza il necessario riesame globale a tale 
fine delle operazioni imponibili eseguite nell'anno in cui era maturato 
il preteso credito d'imposta. Deve ritenersi pertanto (contrariamente a 
quanto opinato sul punto nella sentenza della Sezione I civile di questa 
Suprema Corte n. 4519/1991) che il pagamento eseguito ai fini del condono 
Iva non determina l'estinzione parziale della garanzia fino a concorrenza 
di quanto versato a tale titolo. Ci� non solo perch� (come riconosce 
la stessa sentenza) detto versamento -anche se irreversibile e definitivamente 
acquisito dal Fisco -non determina l'estinzione della 

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PARTE I, SEZ. V, GlURISPRUl)ENZA TRIBUTARIA 151 

controvers�a e l'automatica applicabilit� del condono; ma anche perch� 
� inoperante la clausola n. 4 della polizza, che riconosce (per quanto 
sopra si � .rilevato) solo l'eccezione di previo pagamento e non anche 
l'eccezione di estinzione del rapport�. principale (d'imposta) per causa 
successiva; alla. richiesta di rimborso.. E disapplicantlo tale clausola verrebbe 
meno I'bitero sistema .. di garanzia<autonoma prevista dalla legge. 

L'auton.omia tra U :Presente giudizio sulla garanzia e quello tributaricr 
instaur�to sul���rapporto principale (e cio� sulla dedotta estinzione 
per condono. del su ricordato debito di restituzione, avvenuta nella 
specie prima della notifica dell'ingiunzione alla F.C.A.R. ma dopo la 
notifica dell'aVviso di rettifica .impedisce ...:... come ha correttamente opinato 
la Corte �ditnerito ....._ �che �degli. effetti del condono si dovesse tenere 
oonto:in via incidentale e aLfinLdi compensazione, o anche (a 
mezzo di sospensione ex art. 2.95 del codice di procedura civile) ai fini 
di una possibile pregiudizialit� del giudizio tributario (che non resta invece 
pregiudicato dall'accertamento del debito di garanzia del fideiussore). 

L'inopponibilit� ��di�� ogni eccezione attinente al rapporto principale e 
comunque la pendenza; deLgiudizio tributario sulla spettanza del condon� 
escludevano perci�:Ia possibilit� di tenere conto in qualsiasi modo 
degli. effetti derivanti. dalla presentazione . della dichiarazione integrativa 
fatta dal contribuente ai sensi del D.L. n. 429/1982. 

:g infine chiaratnente .infondato il rilievo secondo cui tale provvedimento 
normativo avrebbe comportato; per il principio di specialit� 
che regola la successione delle leggi, l'estinzione degli obblighi contrattuali 
�assunti con la .polizza fideiussoria, per abrogazione del disposto di 
cui all'art; 38-bis, d;P;R. n. 633/1972 che la disciplina: trattasi infatti nel 
caso di specie di pattuizione soggetta alla legge del tempo in cui fu stipulata, 
anteriore. alla legge sul condono e vigente� al momento in cui vennero 
effettuati i riscontri sulla spettanza dei rimborsi per crediti Iva 
relativi al 1980. 

Anche il terzo e quarto motivo di ricorso sono quindi infondati. 

5. Con il quinto motivo . di ricorso si deduce il vizio di difetto di 
motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere la 
Corte. d'Appello. considerato .che., non tenendo conto .�delle .somme. (per 
un importo pari al 60 %) v.ei:'sate per condono prima�� della notifica � deJ... 
l'ingiunzione da esso g�fante, si determinava una duplicazione di pagamento 
per lo stesso titolo assolutamente ingiustificata e illegittima; ci� 
t�nto pi�: in quanto l'art. 26 del D.L. n. 429/1982 dispone che, qualora la 
dichiar�zione integrativa non comporti l'estinzione della controversia, questa 
prosegue limitatamente alla differenza tra l'imposta accertata e quella 
risultante dalla dichiarazione integrativa. 
Con il sesto motivo di ricorso infine, deducendo violazione dell'art. 1, 
del codice di procedura civile e difetto di motivazione, la societ� F.C.A.R. 



152 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

sostiene che erroneamente la Corte di Milano ha ritenuto, nel respingere 
la domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione dell'ingiunzione 
(40 %, oltre interessi), trattarsi di questione tributaria rientrante 
nella giurisdizione delle Commissioni, cos� sottraendola alla cognizione 
del giudice ordinario. E ci� in quanto trattasi di domanda inerente al 
rapporto, non tributario, tra fideiussore e Amministrazione e presentata 
nell'ambito del giudizio di opposizione all'ingiunzione. 

Anche tali censure sono prive di fondamento. 

Sempre in conseguenza dell'insensibilit� del rapporto di garanzia 
rispetto a quello principale e dell'inopponibilit� dell'eccezione di estinzione 
del debito principale (anche se di natura tributaria), � evidente 
che il debito di garanzia della ricorrente in base alla polizza fideiussoria 
copre l'intero ammontare per cui la stessa era stata rilasciata. � perci� 
evidente anche se il pagamento � avvenuto, in ragione del 60 %, prima, 
per dar modo 1al contribuente di presentare la richiesta di condono, e, 
per il residuo 40 %, dopo, per onorare l'impegno contrattuale di garanzia 
sull'intero debito del contribuente, non � consentito al garante di eccepire 
l'estinzione (totale, per la definizione automatica per condono dell'intero 
rapporto d'imposta; parziale, ove si ritenga, che l'imposta resta 
proporzionalmente decurtata, stante l'irretrattabilit� dei versamenti fatti 
in sede di condono, che comunque restano acquisiti definitivamente dal 
Fisco) del rapporto principale al fine di ottenere -prima della definizione 
della controversia tributaria sul condono -la restituzione degli 
importi versati in adempimento della polizza. Essendo finalit� della garanzia 
fideiussoria (alternativa, lo si ricorda ancora, al deposito cauzionale, 
direttamente sati~fattivo, salva rivalsa) quella di assicurare al 
Fisco il rimborso delle somme indebitamente versate al contribuente 
(ante omnia restitu,endus), non � possibile operare in via restitutoria 
quella che si risolverebbe in una compensazione con un debito ancora 
incerto, perch� sub iudice. 

Ci� anche considerando che, in caso di diniego del beneficio del condono 
o di un'imputazione delle somme versate a tutte le somme costituenti 
il debito annuale per Iva e non al solo preteso saldo attivo esposto 
dal contribuente, l'obbligo di restituzione garantito dalla polizza potrebbe 
risultare ancora dovuto, anche se in parte; e che la ritenzione delle 
somme versate al contribuente da parte del Fisco in caso di non spettanza 
del beneficio resta pur sempre una vicenda che interessa il solo 
contribuente, di cui il garante non pu� avvantaggiarsi una volta ritenuto 
illegittimo, e non condonabile, il rimborso dei fraudolenti crediti 
d'imposta. 

Entrambe le domande di restituzione (del 60 % versato a titolo di 
condono e del residuo 40 % in base al contratto) non potevano perci� 
essere accolte, stante la pendenza della lite tributaria diretta ad accer



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

tare l'effettiva estinzione del rapporto d'imposta. Il che non esclude, 
come gi� si � osservato, il successivo recupero da parte del fideiussore 
nei confronti del debitore principale, in caso di non spettanza del condono 
e di debenza dell'intero importo a lui rimborsato con procedura 
accelerata ex art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972; ovvero nei confronti del 
Fisco, nell'ipotesi inversa di estinzione del rapporto d'imposta (o anche 
in parte da entrambi), a seconda dell'esito finale della controversia tributaria. 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. X penale, 8 aprile 1991 -Pres. est. Perrone Imputati: 
Misiti ed altri. 

Reati contro la Pubblica Amministrazione -Peculato -Nuova legge modifi�ativa 
dell'art. 314 cod. pen -Effetti. 

Reati contro la Pubblica Amministrazione -Peculato -Imputazione per 

peculato per distrazione -Condanna per peculato per appropriazione 


Identit� dei fatti accertati -Legittimit�. 

Reati contro la Pubblica Amministrazione -Peculato -Nozione di pubblico 

ufficiale e incaricato di pubblico servizio -Criterio oggettivo -Irrile� 

vanza della natura dell'Ente. 

Reati contro la Pubblica Amministrazione -Peculato -Nozione di possesso 
del bene -Disponibilit� -Carta di credito -Costituisce possesso. 

I 

Reati contro la Pubblica Amministrazione -Peculato -Differenza con il 
reato di truffa. 

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Reati contro la Pubblica Amministrazione . Peculato -Differenza con il 
reato di abuso di ufficio. 

Dal raffronto tra la nuova norma incriminatrice (legge 26 aprile 
1990, n. 86) e quella preceden~ (testo originario dell'art. 314 codice penale) 
si evince come tra le due norme vi � perfetta corrispondenza, anche 
letterale, per quanto riguarda il sogg'etto attivo, il soggetto passivo, 
l'oggetto materiale, l'oggettivit� giuridica, la condotta, l'evento, il dolo 
ed il regime sanzionatorio. La nuova norma incriminatrice � pi� favorevole 
in quanlfo prevede la stessa pena detentiva ma non la pena pecuniaria 
comminata dalla precedente normativa �e soprattutto perch� limita 
l'incriminazione soltanto al peculato per distrazione (1). 

L'espressione del capo di imputazione �distrazione ad esclusivo profitto 
proprio ed altrui� non vincola il giudice alla ipotesi di peculato per 
distrazione, quando il fatto accertato � sostanzialmente quello dell'appropriazione. 
Si versa pertanto in una ipotesi di diversa qualificazione 
giuridica del fatto, secondo i principi elaborati in tema dell'art. 477 codice 
procedura penale, ogni qualvolta vi � perfetta correlazione tra l'ac


(1) La sentenza fa riferimento a Cass., Sez. Un. penali, 20 giugno 1990, 
MONACO, in Foro it., 1990, II, 637 con nota. 

PARTE� I, SBZ. VI, Gl'URJSPRUDBNZA'. PENALE 155 

cusa contJestata di peculato per distrazione e la sentenza di condanna 

per �peculato periapptopriazione .(2). 

Anche in forza del nuovo testo degli artt. 357 e 358 codice penale, le 

qualit� di pubbttco ufficiale e di incaricato di pubblico servizio vanno de


terminate'< <:qn �crf;terio oggettiw � e non�� soggettivo, indipendentemente 

dalla natUrt!rdeWe~u~:,(3);� 

Anc~i alla stregua d�t nuovo test<)' dell'art> 314 codice penale,� il pos


�s�~~o pu� 'essere diretto ed indiretto; immediato e mediato, e; pucJ consistere
� sia netta materiale �detenzione sia. nella disponibilit� �giuridica del 
denaro o della cosa mobil'e>detenuti da altri soggetti, mate:nalmente, mci di Cui t'dgent�possa conseguirne la cbnse:gna mediante� un atto dispositivo 
di. sda competenza (mattdato, .ottl�ne, delibera, .ecc.); pertanto, 
avendo la iarta d� cr-edito vatore rappresentativo del denaro, essa ha 
natura di bene suscettibile: df �v"alutazione economica, intrinseca .ed 
estrinseca (4); 
F criteri di differertt.iazione tra truffa e peculato invest�no il pos~ 
sesso, conseguito, nel primo caso, att'raverso raggiri ed artifici e, nel 

(2) Cfr. Oass. pen., 17 maggio 1965, Gabriele, che cos� si � espress�: �L'art. 
314 cod. pen. prevede. ciue ipotesi di illecito. del pubblico ufficiale, ossia l'appropriazione 
indebita e la distrazione di cose dell'amministrazione; a pr�fitto proprio 
o di altri: l'appropriazione consiste n�l cofupiere sulfa cosa atti di disposi2lione 
dominicali; la distrazione nel dare alla cosa stessa una destinazione 
diversa da quella normale; la distrazione, per assurgere a reato, deve essere 
compiuta a profitto proprio o di altri, ed � chiaro che quando � compiuta 
a profitto proprio importa l'appropriazione della stessa, di talch� appropriazione 
o distrazione della cosa a proprio profitto sono termini che si equivalgono 
n� richiedono o comportano diversit� di azione da parte del pubblico 
ufficiale agente. Non immuta la contestazione della accusa di cui all'art. 314 
cod. pen., la sentenza che affermi essersi il pubblico ufficiale appropriato di 
una certa somma della p.a., anzich� ritenere che eg1i abbia distratto a profitto 
proprio la som:tna stessa�. 
(3) Per il concetto di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio 
la sentenza in rassegna ha richiamato le seguenti decisioni: Cass., Sez. Un. 
penali, 10 ottobre 1981, imp. Carf�, in Foro it., 1981, Il, 553 con nota; Cass. 
Sez. Un. penali, 24 luglio 1989, imp. Bert�. 
(4) La nozione di appropriazione � rimasta invariata dopo la riforma di 
cui alla legge n. 86/1990, per cui il requisito richiesto dall'art. 314 cod. pen. 
� soddisfatto qualora il pubblico ufficiale abbia del denaro o cosa pubblica 
il possesso o la disponibilit� per ragioni del proprio ufficio (Cass., VI sez. 
pen., 13 settembre 1991, imp. Regazzoni). 
La nozione di possesso di cui all'art. 314 cod. pen. ha un significato pi� 
ampio di quello civilistico, comprendendo la disponibilit� giuridica del bene 
anche se questo sia da altrii custodito (Cass., sez. VI penale, 16 gennaio 1991 
ud. 6 giugno 1990). 

Ancorch� il denaro venga convertito in titolo di credito, la somma non 
perde il carattere di pecunia pubblica, sicch� il pubblico ufficiale che se ne 
appropria commette peculato (Cass., sez. VI penale, 24 ottobre 1989, n. 14124). 



156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

secondo caso, per .effetto della posizione della persona nell'ambitjo dell'ente, 
in forza della quale si ha il possesso del denaro, possesso inteso 
come disponibilit� giuridica, anche indiretta e mediata, delle res detienute 
da altri, delle quali pu� conseguire anche la detenzione materiale 
attraverso atti dispositivi rientranti nella sfera delle sue attribuzioni. 
Accertato ci�, sono irrilevanti le modalit� dell'appropriazione e il peculato 
sussiste e pende di valore il criterro di differenziazione relativo alla 
precedenza cronologica dell'appropriazrone rispett,o ai raggiri; in tale 
ipotesi, gli eventuali raggiri e l'eventuale inganno rientrano nel surretizio 
operare per mascherare o occultar,e il peculato 1(5). 

Riguardo il d.elitto di abuso di ufficio, anche il nuovo testo dell'art. 
323, secondo comma, codice penale � norma incriminatrice generica 
e sussidiaria che, punendo l'agire del pubblico ufficiale finalizzato ad un 
interesse diverso da quello proprio della pubblica amministrazione, prescinde 
dal profitto economico che pu� derivare all'agente e dal danno che 
pu� subire l'ente; quando l'azione tipica � quella dell'appropriazione del 
denaro pubblico, sussiste pertanto il reato di peculato e non quello sussidiario 
di abuso in atti di ufficio. 

(5) Sugli elementi differenziali dei reati di peculato e truffa v. Cass., sez. VI 
penale, 19 settembre 1990. imp. Morreale, in Riv. pen., 1991, 488; Cass., sez. VI 
penale, 21 settembre 1988, imp. Barone. 
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PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


APPUNTI SULLA TUTELA CAUTELARE 
NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO (*) 


SOMMARIO: 1. Premessa; 2. La disciplina delle notifiche e la peculiare posizione 
dell'avvocato dello Stato; 3. Il giudizio sull'atto ed H giudizio sul rapporto; 

4. Lo strumento cautelare: genericit� e specificit�; 5. La sospensiva secondo 
l'impostazione tradizionale; 6. Il c.d. potere generale di cautela e l'art. 700 
cod. proc. civ. nei confronti della P A.; 7. La posizione della Corte Costituzionale; 
8. La sospensiva in funzione anticipatoria; 9. Conclusioni. 
1. Diceva Salvatore Satta che se la forza della matematica � quella 
di non essere una opinione, la forza del diritto �, invece, quella di essere 
una opinione (1) e trovava il miglior riscontro della verit� di questo 
suo assioma nel modo di funzionamento del processo, in cui la verit� 
si forma attraverso lo scontro delle due contrapposte opinioni delle 
parti in causa, attraverso una prima sintesi costituita dalla opinione 
mediatrice del� giudice ed attraverso il confronto delle opinioni successive 
dei vari giudici dei gradi di impugnazione per arrivare, poi, al 
risultato finale, non pi� revocabile in dubbio. Risultato finale che, non 
a caso, riposa su un dato puramente formale -quello della incontestabilit� 
della cosa giudicata -a testimonianza della relativit� della verit� 
processuale. 
Orbene, sembra che a questa intuizione di Satta si siano informati 
g1i organizzatori nell'elaborare la filosofia di questi incontri di studio, 
che prevedono, appunto, il confronto delle opinioni dei diversi operatori 
del diritto che si misurano nella realt� del processo amministrativo: l'avvocato 
della parte ricorrente, l'avvocato della parte resistente, il giudice. 

II � gioco delle parti � impone, pertanto, in questa sede di affrontare 
il problema dal punto di vista del difensore della parte pubblica, con 
quel tanto di immedesimazione che c'� sempre tra avvocato e patro


cinato (2). 

(*) H presente articolo � tratto da una conversazione sul tema tenuta alla 
Scuola forense istituita presso l'ordine degli avvocati e procuratori legali di 
Roma, nel quadro di un corso di aggiornamento organizzato dalla Societ� 
italiana degli avvocati amministrativisti. 

(1) S. SATTA, Diritto processuale civile, Padova, 1948, VIII. 
(2) Sui problemi della difesa dello Stato in giudizio, con particolare riferimento 
al giudizio amministrativo, v.: l.F. CARAMAZZA e ML. SPINA, L'Avvocato 
nel processo amministrativo, in Rass. Avv. Stato, 1990, Il, 11 ss. 
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2 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

2. Va precisato, in proposito, che il difensore istituzionale della 
parte pubblica si trova nel giudizio cautelare amministrativo in una posizione 
del tutto particolare, innanzi tutto per la disciplina vigente in 
tema di notifiche. 
Fino agli anni '30, anche nel giudizio contro lo Stato le notifiche andavano 
effettuate presso la parte e quindi il privato patrocinante che 
doveva chiamare in giudizio la P.A. richiedeva che la notifica fosse 
effettuata presso l'organo competente. Nel 1933 venne affermato il principio 
che tutte le notifiche andavano fatte presso l'Avvocatura dello 
Stato: la regola non valeva, per�, per i giudizi amministrativi (3). 

Nel 1958, con la famosa riforma Trabucchi (4), che semplificava la 
individuazione dell'organo da evocare in giudizio, riconoscendo la legittimazione 
passiva dello Stato nella persona dei ministri competenti, 
venne estesa la regola delle notifiche presso l'Avvocatura dello Stato 
anche ai giudizi amministrativi. 

Ma il Consiglio di Stato abrog� � pretoriamente � quella norma (5) 
affermando il principio secondo il quale anche dopo la promulgazione 
della legge Trabucchi, era valido il ricorso notificato direttamente presso 
l'Amministrazione. E questo, per l'Avvocatura, era estremamente conveniente 
perch� l'Istituto veniva investito dell'affare a cura dell'Amministrazione 
resistente. e quindi riceveva il ricorso insieme con una 
relazione su quelli che erano i fatti di causa. 

La legge 3 aprile 1979, n. 103, riafferm� invece la regola che anche 
nei giudizi amministrativi la notifica del ricorso andava fatta presso 
l'Avvocatura dello. Stato (6). Questo ha comportato, per gli avvocati dello 
Stato, un serio problema perch� la camera di consiglio per la sospensiva 
segue di due o tre settimane, grosso modo, la notifica del ricorso. 
Sicch� non ci sono i tempi burocratici materiali perch� l'Avvocatura 
possa chiedere informazioni all'Amministrazione e possa poi riceverle. 
Quindi, il pi� delle volte, l'avvocato dello Stato si trova a discutere 
la sospensiva senza conoscere della questione niente di pi� di quello che 
scrive nel ricorso l'avversario. 

3. Fatta questa premessa � opportuno chiedersi se esiste ancora 
un processo amministrativo come istituto unitario. 
Esisteva in realt� un processo amministrativo unitario fino al 1923, 
ed era il classico processo amministrativo di tipo impugnatorio, giu


(3) R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. 
(4) Legge 25 marzo 1958, n. 260. 
(5) Cons. Stato, Ad. Plen. dee. 15 gennaio 1960, n. 1, in Cons. Stato, 1960, 
I, 3 ss. 
(6) V. sul punto, M. NIGRO, L'infelice � resurrezione� per i giudizi amministrativi 
della legge 25 marzo 1958, n. 260, in Cons. Stato, 1979, II, 103; nonch� 
la recentissima decisione Cons. Stato, Ad. Plen., 6 giugno 1990, n. 5, in Dir. Proc. 
Amm., 1991, 549 ss., con nota di V. DOMENICHELLI. 

3

PARTE Il, QUESTIONI 

dizio di annullamento di atti su rii.corso proposto a tutela di interessi 
legittimi. 

Nel 1923 vene istituita la novit� della giurisdizione esclusiva per 
alcune materie, la pi� importante delle quali era quella del pubblico 
impiego. 

In questo .campo, l'introduzione di una competenza � ratione materiae 
� del .giudice amministrativo apparve il rimedio legislativo pi� opportuno 
per risolvere i delicati problemi di riparto, visti gli insuccessi 
delle soluzioni giurisprudenziali derivanti dal complicato intreccio di 
diritti (connessi allo stato economico) ed interessi legittimi (connessi 
allo stato giuridico del dipendente) (7). 

Ma, da allora in poi, molta acqua � passata sotto i ponti e molte 
leggi sono passate al vaglio del Parlamento: la giurisdizione esclusiva 
si � andata progressivamente espandendo. La stessa legge istitutiva dei 
T.A.R,. (8) introdusse un nuovo ed importante campo di giurisdizione 
esclusiva: quello delle concessioni di beni e di servi!zi pubblici. Va ri� 
cordata poi la Legge Bucalossi del 1977 (9), che introdusse la giurisdizione 
esclusiva anche in materia di concessioni edilizie e di sanzioni 
urbanistiche. Continuando a citare esemplificativamente e non esausti� 
vamente, si possono ricordare ancora la legge Prodi sulle grandi aziende 
in crisi (10), la legge sul procedimento amministrativo (11), la legge 
� antitrust� (12). 

Si vanno moltiplicando, quindi, i casi in cui il giudice amministrativo 
diventa giudice del rapporto, e non pi� dell'atto (13), per tutta una 
serie di �blocchi di materie� (14). Ed il giudizio sul rapporto, in sede 

(7) Cfr. V. CAIANIBLLO, I caratteri della giurisdizione amministrativa esclusiva, 
in Foro Amm.. 1971, III, 480 ss. 
(8) Legge 6 dicembre 1971, n. 1034. 
(9) Legge 28 gennaio 1977, n. 10. 
(10) Legge 3 aprile 1979, n. 95. 
(11) Legge 7 agosto 1990, n. 241. 
(12) Legge 10 ottobre 1990, n. 287. 
(13) La distinzione accolta, tra gli altri, da M. NIGRO, Giustizia amministra� 
tiva, Bologna, 1983, 293 ss. ed A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 
Napoli, 1989, 1365, � stata sottoposta a critica da M.S. GIANNINI e A. PIRAS, 
Giurisdizione amministrativa, Voce dell'Enc. del dir., XIX. 1970, 254 ss. seguiti 
da V. CAIANELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1988, 
403 ss., e da A. QUARANTA,� Lineamenti di diritto amministrativo, Novara, 1987, 
443 ss. 
(14) F. BBNVBN�tiTI, in Atti Parlamentari, Camera, I Commissione Perma� 
nente Audizioni sullo stato della giustizia amministrativa, seduta 24 ottobre 1984. 
Sul punto, v. I. F. CARAMAZZA e P, GENTILI, La giurisdizione amministrativa (100 
anni dopo l'istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato), in Rass. Avv. 
Stato, 1990, II. 1 ss. 

4 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di giurisdizione esclusiva, � logicamente ed ontologicamente assimilabile 
al giudizio civile (15). 

Quest� ha condizionato la indivitluazione del criterio di riparto tra 
le giurisdizioni; che anche fuori dei casi di giurisdizione esclusiva, si va 
trasformando. Diventano, infatti, sempre pi� rare le sentenze in cui si 
discrimma fra competenza: del giudice ordinario e competenza del giudice 
amministrativo sulla base della distinzione tradizionale diritto soggettivo-
interesse legittitpo, mentre diventano sempre pi� frequenti le 
sentenze che trovano questo criterio discriminatore nel tipo di materia 
regolata (16); 

Si assiste, d'altronde, statistioamente ad un'inversione di parti tra 
reg,ola ed eccezione, nel senso che se tradizionalmente il giudizio sull'atto 
era stato la regola ed il giudizio sul rapporto in sede di gforisdizi�!
l.e esclusiva l'eccezione, � vero oggi rinverso, in quanto la grande 
maggioranza delle Ol:J.USe davanti al giudice amministrativo sono in ma.terfa 
di giurisdizione esclusiva. 

:E. chiaro che questo fenomeno esercita una forza traente, volta a, 
modificare la disciplina del tradizionale giudizio amministrativo sull'atto. 
E si sono andate moltiplicando negli ultimi anni le tendenze ad 
operare dei trapianti sic et simpliciter di tutto l'armamentario del pro, 
cesso civile nel processo amministrativo (17), senza discriminare tra 
giurisdizione esclusiva e giurisdizione di pura legittimit�. 

(15) Un contributo rilevante alla costruzione del giudizio sul rapporto di 
pubblico impiego con garanzie simili a quelle del processo del lavoro � stato 
dato dalla Corte Costituzionale, che � intervenuta con due sentenze additive 
a colmare le lacune della legge n. 1034 del 1971. Si fa riferimento alla nota 
sentenza 28 giugno 1985, n. 190 (di cui si tratter� diffusamente al par. 7) ed 
alla pi� recente sentenza 23 aprile 1987, n. 146 che ha dichiarato incostituzionale 
la norma del processo amministrativo che non consente l'adozione dei mezzi 
istruttori previsti nel processo del lavoro. Cfr. sul punto: R. MARONE, Il nuovo 
pubblico impiego, Napoli, 1991, 116 ss. 
(16) Cfr. M. NIGRO, in Atti Parlamentari, cit., seduta 16 ottobre 1984; nonch� 
A. NOCCELLI, Principio di partecipazione e funzione del giudice amministrativo, 
in Studi per il centocinquantenario della istituzione del Consiglio di Stato, 
MHano, 1981, III, 1671-1672. E da ultimo: S. GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva, 
in Foro amm. 1985, Il, 2068 ss. 
(17) Cfr. G. VERDE, Norme processuali ordinarie e processo amministrativa 
in Diritto amministrativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio 
di giurisprudenza, Rimini, 1987, I, 283, per il quale l'analisi della giurisprudenza 
amministrativa � dimostra che � in atto un fecondo processo di osmosi tra 
processo civile e processo amministrativo�. L'opportunit� di un integrale trapianto 
del sistema processual-civilistico nel giudizio amministrativo in materia 
di pubblico impiego � stata sostenuta da I. F. CARAMAZZA, La riforma del processo 
amministrativo, Atti della Tavola rotonda 19 aprile 1980, in Riv. Amm., 1980. 

PARTB II, QUESTIONI f 

Vedremo� tra. poco. come questa distinzione tra i due tipi di processo 
svolga1 un ruolo determinante per la sospensiva. Sta di fatto, per�, che. 
la .tendenza evolutiva. del . processo amministrativo negli ultimi ventiventicinque 
anni. � .ancorata ~n'Che..a questo� ampliarsi dei. campi di giurisdizione. 
esclusiva. ed alla CO!O!Seguente � pr;opensione del giudizio tradizionale 
s.ll'atto a trasforrna.rsLin giudizio sul rapporto .(18). 

Come � nQt0, la differenza fo.damentale fra i due.tipi di giudizio � 
cbe, mentre :il giudizi() s:ul rapporto fa. conseguire alla parte il bene 
della vi11a per cmlotta, cos� non avviene per Jl giudtzio sull'atto (a meno 
che l'interesse fatto valere non sia meramente oppositivo). 

Il bene della vita �,. s�, presente anche nel giudizio sull'atto perch� lo 
condizionacin quanto il giudice. amministrativo, prima di decidere un 
ricorso; va1uta se esiste o meno l'interesse legittimo da tutelare. Soltanto 
se riconosce: Ja sussistenza di un interesse legittimo come posizione 
sostanziale, e quindi giudicai ammissibile il ricorso, passa poi 
all'esame del merito. l~er� la decisione non riconosce o disconosce un 
bene della vita, ma si Mmita ad annullare o non aillllllllare un atto. 
Il: bene<4ella vita non viene, q:uindi,. m quesitione al momento della 
decisione, e non viene perci� mtelato: verr� tutelato se ed in quanto 
l'atto che l'Amministrazione emaner� successivamente afl'attmullamento 
lo riconoscer�. :a noto infatti che ~ sentenza del giudice amministrativo 
che annulla l'atto impugnato si conclud,e con la formula: � salvi gli 
ulteriori. provvedim~:ti dell'.Amminis.trazione �. 

Il bene della vita risulter� tutelato, dunque, se ed in quanto l'Amministrazione 
.adotter� quell'atto che: il ricorrente auspica. Mai ci� non 
aqcadenecessariam.ente: �l'Amministrazione .Potrebbe, per esempio, reiterare 
l'atto lesivo deM'interesse con altra motivazione, ove l'annullamento 
fosse stato pronunciato per difetto di quella . 

.Di ciui la tradizionale doglianza della insufficiente tutela offerta dal 
giucli~o amministrativo sull'atto e. l'a:uspicio di una pienezza di giustizia 
da realizzarsi attraverso 1a sua trasformazione in giudizio sul rapporto. 

Orbene, si ha l'impressione che lo strumento della sospensione nel 
giudizio amministrativo sia sfato � il cavallo di Troia � con il quale il 
giudizio sul rapporto, attraverso l'evoluzione giurisprudenziale, � pene� 
trato attraverso la ben munita cinta che presidiava il giudizio sull'atto, 
nella sua classica conformazione. 

Si cereher� di analizzare il fenomeno, partendo da qualche cenno 
generale sulla tutela cautelare (19)., 

(18) Cfr. M. NtGRo, hl Atti parlamentari, cit. 
(19) Ricordiamo che autorevole dottrina ritiene che l'analisi vada condotta 
dal punto di vista del provvedimento e non della c.d. azione cautelare, poich� 
� � il provvedimento ad individuare e reggere il proprio iter di formazione di ctlli. 
l'azione � parte�: cos� E. FAZZALARI, Profili della tutela cautelare, in I prov

6 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

4. Nel migliore dei mondi possibili, sognato da un Candido redivivo, 
in cui la giustizia potesse funzionare in tempo reale, lo strumento cautelare 
non avrebbe ragione di essere. Per� la giustizia, � risaputo, richiede 
tempo; da noi ne richiede troppo, ma anche se ne chiedesse in misura 
pi� ragionevole vi sarebbe purtuttavia una discrasia tra il momento in 
cui viene chiesta giustizia ed il momento in cui viene resa (20). 
L'azione cautelare mira proprio a porre rimedio al pericolo di � tardivit�
� della tutela giurisdizionale, per evitare, per dirla col CHIOVENDA, 
che la durata del processo danneggi la parte che ha ragione (21). La tutela 
cautelare risponde dunque all'esigenza di massima strumentalit� del 
processo rispetto al diritto sostanziale ovvero di effettivit� della tutela 
giurisdizionale, riassunta neU'altro celebre principio chiovendiano secondo 
cui � il processo deve dare per quanto � possibile praticamente a 
chi ha diritto tutto quello e proprio quello ch'egli ha diritto di conseguire 
� in base alla legge sostanziale (22). 

Appare dunque evidente il carattere strumentale della garanzia cautelare 
(23) attesa la sua funzione anticipatoria dei prevedibili effetti di una 
pronuncia di merito favorevole alla parte, basata sull'accertamento della 
sussistenza dei presupposti che legittimano la cautela e cio� il �fumus boni 
iuris � (la c.d. �parvenza del buon diritto�) ed il �periculum in mora�, 
elemento quest'ultimo in base al quale si determina tipologicamente il 
provvedimento cautelare richiesto (sicch�, per esempio il creditore che 
teme di perdere le garanzie del proprio credito chieder� un sequestrq 
conservativo). 

Nel processo civile, il legislatore ha accolto il principio di tipicit� 
delle misure cautelari, temperandolo attraverso l'introduzione della 

vedimenti cautelari ed urgenti in materia di energia, Quad. della Rass. giur. 
energia elettrica, Milano, 1991, 4. 

(20) Cfr. A. PROTO PISANI, Prospettive di riforme urgenti della tutela cautelare. 
Atti del convegno di Trevi, II, 13 dicembre 1987, in Quaderni del Consigl!io 
Superiore della Magistratura, 65 ss.; nonch� P, PAJARDI, Note sull'urgenza come 
valore nel processo civile, in I provvedimenti cautelari ed urgenti, cit., 191 ss. 
(21) G. CHIOVENDA, nota Cass., Roma 7 marzo 1921, in Giur. Civ. e Comm., 
1921, 362 ss. 
(22) G. CHIOVENDA, Della azione nascente da contratto preliminare, in Saggi 
di diritto processuale, Roma, 1930, I, 110-111. Si tratta di un principio cardine 
di tutto il sistema chiovendiano di grandissima portata sul piano interpretativo, 
sul quale si vedano i rilievi di V. ANDRIOLI, Progresso del diritto e stasi del processo, 
in Scritti giuridici in memoria di Pietro Calamandrei, V, Padova, 1958, 
409 ss., e pi� recentemente, di A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di condanna, 
in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, 1104 ss.; dello stesso autore, che ha molto 
valorizzato l'insegnamento chiovendiano, si veda inoltre: Chiovenda e la tutela 
cautelare, in Riv. dir. proc., 1988, 16 ss. 
(23) Evjdenziato soprattutto da P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio dei 
provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 39. Sulla strumentalit� della ordinanza di 
sospensione, v. invece: M. NIGRO, Giustizia amministrativa, cit. 283 e P. VIRGA, 
Diritto amministrativo, Atti e ricorsi, vol. II, Milano, 49, 366. 

7

PARTE II, QUESTIONI 

norma di chiusura dell'art. 700 cod. proc. civ.,. che si applica in via 
residuale. Nei casi, cio�, in cui non sia possibile assicurare una efficace 
tutela interinale con i rimedi tipfa;zati (24). 

La normativa sul processo amministrativo contempla invece un'unica 
J;Uisura cautelare: la sospensione delrefi'icacia del provvedi.mento impugnato� 
che .. non .�. prevista com� co:ns�guenza automatica �della proposi� 
ziope del ricorso giurisdizionale, proprio per evitare che la proposizione 
di� ricorsi $olo pretestl,.losi. paralizzi di fatto lo svolgimento dell'attivit� 
amministrativa. 

/.. La; . sospensione mira, infatti, ad evitare che� in forza del principio 
di. esecutivit� ed esecutoriet� del provvedimento impugnato, che consente 
alla P.A. di dare �d. esso esecuzione, usando la coazione, se necessario, 
o di. porlo a pres.upposto di ulteriori provv:edimenti, ad onta della 
sua.denunciata illegittimit�; la posizione soggettiva del ricorrente subisca. 
un pregiudizio irreparabile (25). 

5. La scheletrica disciplina normativa della cautela amministrativa, 
rimasta sostanziahnente .inamutata dal 1889 ad oggi, dimostra chiaramente 
l'idea che il legislatore aveva della sospensione, come un � incidente 
del processo amministrativo, a carattere eventuale e di rara 
applicazione�. (26), idea largamente sconfessata dalla grande crescita 
della domanda cautelare, che ha indotto la� giurisprudenza� amministrativa 
ad intervenire � pretoriamente � (27) per conferire all'istituto una fisionomia 
nuova. 
Nell'ottica di un processo amministrativo di tipo impugnatorio ed in 
un contesto normativo che non prevedeva una � clausola generale di cautela
� sulla falsarigli dell'art. 700 cod. proc. civ., �1a .sospensiva rappresentava 
fonico strumento cautelare che consentisse alla pronuncia di annullamento 
di spiegare jnteramente la sua efficacia ripristinatoria (28). 

(24) A. PROTO PISANI, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 cod. proc. civ., in 
Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 367 ss. 
(25) Sulla natura giurisdizionale del potere cautelare amministrativo, v. per 
tutti: M. NIGRO, Sulla natura giuridica della sospensione da parte del Consiglio 
di Stato degli atti amministrativi impugnati, in Foro Amm., 1941,. I, 2, 276. 
(26) E. FoLLIERI, La cautela. tipica e la sua evoluzione, in Dir. proc. amm., 
1989, 648. 
(27) Per V. ANDRIOLI: �la sospensione degli atti amministrativi offre ( ...) un 
esempio del mirabile� lavorio, da taluni addirittura definito pretorio, con il 
quale il supremo consesso amministrativo ha integrato le regole positive incomplete 
o deficienti '" Su la sospensione del provvedimento impugnato disposta 
dal giudice amministrativo, in Riv. dir. proc. civ., 1942, Il, 29. 
(28) La tesi era sostenuta da G. PALEOLOGO, Il giudizio cautelare amministrativo, 
Padova, 1971, 12 ss. Sulle ragioni della resistenza giurisprudenziale a configurare 
misure cautelari diverse dalla sospensiva, v. A. DE ROBERTO, La sospen

8 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

Ma si trattava di uno strumento chiaramente inadeguato (29) che 
non poteva certo assicurare una completa tutela cautelare al ricorrente, 
anche perch� l'impostazione tradizionale ne restringeva la sfera operativa 
in limiti troppo angusti. 

Da un lato, infatti, l'interpretazione letterale delle norme degli 
artt. 39 t.u. Cons. di Stato e 21 legge TAR, ch� parlano di sospension~ 
dell'esecuzione �dell'atto o del provvedimento impugnato� restringeva 
in pratica l'ambito applicativo del rimedio ai soli giudizi su atti (secondo 
il modulo processuale impugnatorio-annullatorio). 

D'.altro lato, l'interpretazione teleologica arguiva, dalla funzione 
eminentemente conservativa della sospensiva, un ulteriore limite alla 
operativit� del rimedio, nell'ambito dei giudizi impugnatori, ritenendolo 
diretto a preservare una situazione di vantaggio di fronte ad un provvedimento 
restrittivo della P.A. e perci� ammissibile solo a tutela di 
interessi legittimi di tipo oppositivo, � il cui nucleo centrale -come 
spiegava Mario Nigro -� costituito dall'interesse alla conservazione di 
un bene� (30). 

Ci� anche perch� il Consiglio di Stato fino agli anni '60 considerava 
la sospensiva uno strumento per impedire la produzione degli � effetti 
materiali� del provvedimento impugnato, sicch� lo riteneva inutilizzabile 
nei confronti degli atti negativi, che non pongono effetti innovativi 
sul reale (31), in ordine ai quali solo l'annullamento pu� determinare 
un effetto vantaggioso per il ricorrente, obbligando la P.A. a provvedere 
ed a conformarsi alle statuizioni del giudice. 

6. A tale situazione hanno tentato di reagire la dottrina e la giurisprudenza, 
sia ordinaria che amministrativa, a partire dagli anni '70, 
battendo due strade entrambe dirette al risultato dell'ampliamento della 
tutela cautelare nei confronti della P.A. 
Da un lato, si � infatti affermato il principio della generalizzazione 
della tutela cautelare attraverso l'interpretazione estensiva dell'art. 700 
cod. proc. civ.; dall'altro si � cercato di ampliare la stessa sfera di 
applicazione dell'art. 21 legge TAR al di l� degli angusti limiti individuati. 
dalla dottrina tradizionale. 

sione del provvedimento amministrativo, in Il giudizio cautelare amministrativo 
(aspetti e prospettive), Atti della giornata di studio tenuta a Brescia il 4 maggio 
1985, Roma, 1987, 73 ss. 

(29) Di inadeguatezza del sistema parla R. LASCHENA, Profili innovatori della 
disciplina del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 30 ss. 
(30) M. NIGRO, Giustizia amministrativa, cit., 149. 
(31) Relazione del Consiglio di Stato al Presidente del Consiglio dei Ministri 
per il quadriennio 1961-1965, vol. III, 903. Il dibattito con ampi riferimenti 
dottrinali e giurisprudenziali � riassunto da E. FoLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo 
ed interessi tutelari, Milano, 1981, 86 ss. 

Pl\RTB II, .QUESTIONI 

Esamineremo separatamente tali linee di ten.denza ed i risultati cui 
sono .pervenute, non senza aver chiarito preliminarmente .che entrambe 
mirano a porre rimedio alla carenza di una tutela cautelare � in funzione 
anticipatoria �, nei confrontidella P.A., attesa la funzione solo 
� conservativa� della sospensiva tractizionale, congruente unicamente 
con la sit}.\azione esistente . nell'infanzia della giustizia amministrativa 
quando la grandissima parte degli interessi da tutelare erano di tipo 
oppositivo. 

Muovendosi nella prima direzione, si � tentato ...,.. soprattutto dai 
pretori civili ...,.... di risolvere il problema della generalizzazione della 
tutela . cautelare, non .attraverso !'.allargamento forzoso della cautela amministrativa, 
ma affiancando ad essa i provvedimenti cautelari innominati 
del processo civile, ex art. 700 cod. proc. civ. (32), idonei a neutralizzare 
non solo il c.d. p.erico1o da infruttuosit� pratica della decisione 
dLmerito, ma anche il c,d. pericolo da tardivit� della decisione sul 
merito, in funzione �io� anticipatoria (33). 

Tale soluzione � stata proposta rivisitando il problema alla luce 
dei principLcostituzionali, La dottrina pi� innovativa (34) ha infatti 
argomentato dal combinato disposto degli artt. 24, 103 e 113 Cost., .affer� 
mando che risulterebbe violato il principio di effettivit� e completezza 
della tutela del privato nei confronti della P.A. ove si escl.desse l'ipotiz� 
zabilit� di una tutela piena anche a livello cautelare. 

In tal senso si era.tentato.d,i superare} limiti c:Iie la lettera dell'art. 700 
pone .all'ammissibilit� del ricorso ai provvedimenti d'urgenza, al fine 
di ridurre sempre pi�, in via interpretativa, gli spazi c:tie separano la 
misura cautelare atipica dell'art. 700 dal c.d. potere generale di cautela, 
che consentirebbe �all'autorit� giudiziaria, di adottare, caso per caso, le 
misure .che appaiono pi� opportune ad assicurare il miglior risultato 
del processo e soprattutto di evitare che i tempi di produzione della 
tutela giurisdizionale ne frustrino in concreto l'effettivit� ed utilit�� (35). 

(32) Cfr. F. G. ScocA, Modello tradizionale e trasformazione del processo amministrativo, 
in Diritto amministrativo e giustizia amministrativa .. ., cit., 210 
e ss. 
(33) Ripetiamo .nel testo la classica distinzione del CALAMANDREI, cit., 55 ss. 
(34) Ci si riferisce alle opinioni espresse, .. quanto meno � de iure condendo '" 
da M. NIGRO, Linee di una riforma necessaria e possibile del processo amministrativo, 
in Riv. dir. proc., 1978, 288 ss.; ID., Trasformazioni dell.'amministrazione 
e tutela giurisdizionale differenziata, in Riv. trim. dir. civ., 1980, 19 ss.; e da 
A. PROTO PISANI, I provvedimenti. d'urgenza ex art. 700 ood.. proc.� civ., cit., 
369 ss. 
(35) Cos�: L. MoNTESANO, Proposta di un modello di misura cautelare generale, 
in Le nuove frontiere del diritto e il problema dell'unificazione, Milano, 
1979, II, 752, il quale ricorda come esempi di potere generale di cautela il 
sistema francese del � r�f�r� � e l'art. 324 del progetto .Carnelutti di riforma 
del cod. proc. civ. del 1926. Nel vigore del codice previgente' la dottrina pi� 

1:0 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
Il primo ostacolo in cui il tentativo si imbatt� derivava dal dato 
normativo �che consente il ricorso ai provvedimenti di urgenza solo per 
tutelare �i diritti suscettibili di essere fatti valere in via ordinaria�, 
escludendo tutti quegli inter�essi legittimi rispetto ai quali la tutela 
cautelare ottenibile con la sospensiva si presenti inidonea a cautelare 
l'istante da un diverso � periculum in mora � che pur presenti gli 
estremi della irreparabilit�. 

La Corte di Cassazione ha infatti sempre ritenuto insuperabile tale 
limite: cosi ad esempio, le Sezioni Unite (36) dopo aver qualificato interesse 
legittimo la posizione del privato che, in difetto di autorizzazione 
trasmetteva programmi televisivi in ainbito locale, hanno escluso che 
�il potere cautelare generale attribuito al giudice ordinario dall'art. 700 
cod. proc. civ.� sia esperibile rispetto a situazioni di interesse legittimo 
rientranti nella giurisdizione generale di legittimit� del G.A. 

Particolarmente controverso era del pari il problema dell'ammissibilit� 
del ricorso in parola a tutela di diritti soggettivi la cui causa 
di merito rientrava nella giurisdizione esclusiva del G.A., qualora il 
� periculum in mora � che si intendeva neutralizzare non potesse essere 
eliminato con il ricorso alla sospensiva. 

I problemi pi� delicati sorgevano per le controversie inerenti ai 
rapporti di lavoro alle dipendenze di enti pubblici, dove la magistratura 
pretorile ha pi� volte accordato la tutela cautelare invocata, ritenendo 
ammissibile il ricorso all'art. 700 ad onta appunto del dettato normativo 
che ne restringe l'operativit� ai soli diritti suscettibili di essere fatti 
valere � in via ordinaria � (37). 

Considerando la norma in parola espressione del principio generale 
che la durata del processo non deve danneggiare la parte che ha 
ragione, la parte pi� giovane ed innovativa della magistratura ordinaria 
operava nella direzione della massima valorizzazione della tutela cautelare, 
considerandola una componente essenziale della tutela giurisdizionale. 


autorevole ha ritenuto di poter desumere, dai principi generali, tale potere 
generale di cautela, sulla falsariga delle � einstweilige Verfilgungen � dell'ordinamento 
tedesco: v. C. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, l, Napoli, 
1935, 259; 

(36) Sentenza 1� ottobre 1980, n. 5336, in Foro lt., 1980, I, 2391, con nota di 
PARDOLESI. 
(37) Il � leading case � � costituto dall'ordinanza del Pretore di Pisa, 
30 luglio 1977, in Foro lt., 1977, I, 2354, emanata �a tutela del diritto dei contrattisti 
ed assegnisti universitari ad ottenere, una volta qualificato il loro rapporto 
come rapporto di pubblico impiego, la corresponsione dell'indennit� integrativa 
speciale e delle quote di aggiunta di famiglia�. Il dibattito giurisprudenziale 
� riassunto da A. PROTO PISANI, Due note in tema di tutela cautelare, in 
Foro it., 1983, V, 146 ss. 

PARTE II, QUESTIONI 11 

A sostegno di tale tesi si. adducevano tra l'altro i seguenti argomenti: 
sul piano .sistematico, si arguiva dal principio di unicit� della giurisdi� 
zione statuale pur nella diversit� dei giudici chiamati a pronunciarsi 
in sede di cognizione piena; sul piano esegetico, invece, si argomentava 
dalla disciplina. dei sequestri ,....., ... elevata �ad archetipo da prendere a 
modello per integrare le lacune <lei sistema ,....., che prevede; appunto, il 
potere del G.O. di provvedere anche con riferimento a diritti non rientranti 
nella sua. sfera di gi1.trisdizione. 

Per tale motivo si spiegava allora il riferimento normativo ai 
diritti da far valere �in via ordinaria � nel senso .di diritti da far 
valere 'in un � processo a �cognizione .piena ed esauriente e non gi� di, 
na:nzj al solo G.O. (38)� 

Tale tendenza evolutiva � stata per� .fer:tnata . dalle Sezioni Unite 
della Cassazione (39), che ne hanno posto in evidenza i punti deboli 
sulla bl,lse.di considerazioni fondate sul principio, ormai consolidato1 
secondo JL quale il. giudice� della Gautela e quello del merito devono 
appartenere allo stesso plesso giurisdizionale, da cui discenderebbe appunt<> 
il difetto di giurisdizione del G.Q. che non si pu� pretendere di 
superare �sulla base di �un argomento. quale quello desunto dall'art. 6Tl;, 
comma �terzo, cod �. pro.e. civ. (in tema �di sequestri), poich� basato sulla 
estensione analogica di una norma.. eccezionale. 

D'altra parte,. si diceva, l'operativit� dell'art. 700 cod. proc. civ. nei 
confronti della P;A. incontrerebbe un ostacolo insormontabile nell'art. 4 
Legge abolitiva del contenzioso amministrativo (40) poich� il provvedimento 
d'urgenza, per la sua portata anticipato.ria della decisione di 
merito, comporterebbe inevitabilmente l'imposizione .di un � facere � alla 
P.A., determinando una inclebita ingerema del potere giurisdizionale su 
quello amministrativo. 

7. A fronte di tale consolidato insegnamento clella Cassazione -che 
segn� la fine del tentativo d.ei pretori cli amministrare la cautela amministrativa 
-si pone il diverso esperimento tentato. dalla J1lagistratura 
amministrativa, sia con la reinissione di questioni cli costituzionalit� 
alla Consulta (41) che con una opera di ortopedia ermeneutica. 
(38) Cfr. G. ARIETA, I provvedimenti d'urgenza, Padova, 1982, 171 .ss.; nonch�, 
A. PRoro PISANI, Due note in tema di tutela cautelare, cit., 155 ss. 
(39) Cass., Sez. Un., 25 novembre 1977, n. 5132, in Giust. civ., 1978, 960 ss.; 
25 ottobre 1979, n. 5575, in Giust. civ., 1980, 1672 ss., 16 marzo 1981, n. 1484 in 
Foro lt., n. 1981, I, 985. Si tratta di un orientamento consolidato ribadito 
recentemente da Cass .. Sez. Un., 4 agosto 1989, n. 3599, in Foro lt., 1990, I, 552; 
26 agosto 1991, n. 9128, in Foro 1t., 1991, I, 3043. 
(40) Legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. 
(41) Le ordinanze di rimessione erano due: una del TAR Lazio, Sez. Ili, 
5 maggio 1980 (Pres. DE ROBERTO, Est. MILLEMAGGI, in Foro amm., 1980, I, 1482) e 

12 

RASSEGNA AVVOCATURA :nBLLO STATO 

Sotto il primo profilo, il giudice amministrativo propose alla Corte 
Costituzionale la seguente provocatoria �alternativa: o �si riteneva illegittimo 
l'art. 700, in quanto inapplicabile nelle controversie patrimoniali 
in materia di pubblico impiego, devolute alla giurisdizione esclusiva de\ 
TAR; oppure si riteneva illegittimo l'art. 21 legge TAR per la sua inapplicabilit� 
nelle medesime controversie che si traducevano in giudizi 
su rapporti. 

La Corte Costituzionale era gi� intervenuta sull'argomento con la 
nota sentenza 1� aprile 1982, n. 63 (42) che; pur essendo stata resa in una 
controversia tributaria, conteneva affermazioni di carattere generale 
di grande rilievo, quale soprattutto quella secondo cui �la potest~ 
cautelare non costituisce una componente essenziale della tutela giurisdizionale 
ex artt. 24 e H3 Cost. �~ 

La Corte Costituzionale, pur interpretando in chiave precettiva il 
principio di effettivit�, afferma che questo riguarda la tutela giurisdizionale 
in genere e non l� tutela cautelare, che � una tutela meramente 
eventuale, aggiuntiva, frutto di una soelta discrezionale del legislatore 
ordinario, che ha escluso un potere cautelare generalizzato; se pertanto 
ha ritenuto che nel giudizio amministrativo come giudizio su atti la 
sospensiva � l'unico rimedio a disposizione del ricorrente, nessuna censura 
di incostituzionalit� pu� essere mossa. 

Nei confronti della PA., dunque, la sospensiva pu� essere azionata 
solO in funzione conservativa e l'art. 700 solo nel rispetto dei limiti posti 
dall'art. 4 L.A.C. (con riferimento cio� alla sola attivit� i�re privatorum 
e nei confronti dei comportamenti materi\ali della P.A.). 

Ci� anche perch� .._ come ha chiarito qualche commentatore -se 
si consentisse il ricorso all'art. 700 in presenza di atti illegittimi della 

P.A. si arriverebbe al paradosso che il G.O., dopo aver deciso in sede 
cautelare, dovrebbe rinviare per il merito al G.A. e ci� stravolgerebbe il 
principio di omogeneit� della giurisdizione e del giudice naturale ex 
art. 25 Cost., poich� il giudice naturale degli interessi verrebbe ad OCCU� 
parsi di una questione che, sia pure in sede di cognizione sommaria, 
� stata gi� decisa in via anticipata dal G.O. 
L'esigenza di completamento della tutela cautelare trov� tuttavia 
in tale decisione solo una battuta d'arresto, poich� di l� a poco la 
stessa Corte Costituzionale analizz� pi� a fondo il problema in relazione 
alla diversit� dei giudizi d� competenza del giudice amministrativo. 

l'altra Ciel TAR Toscana, 18 aprile �1980, n. 182 (Pres. CAIANIELLO, Est. ZEVIANI 
PALLOTTA, in Foro lt., Rep. 1981, voce � Giust. amm. �, n. 716). 

(42) Corte Cost., 1� aprile 1982, n. 63, in Foro lt., 1982, I, 1216 ss. Sulla 
sospensione della riscossione dei tributi da parte del giudice amministrativo, v.: 
C. BAFILE, Osservazioni sulla sospendibilit� della riscossione dei tributi nel 
processo amministrativo, [n Dir. proc. amm., 1986, 212 ss. 

:-..�.�. . .. ��. . ..� ...�.� 

����� ..�.���ᥥ��.�.��/�lnfattl,ᥥconᥥla���n()t����se1'.l;tenza�..�.f19Q���del�����1985�� (43)� ..��.stato affermato 
c1leJa�ᥥsUfficfonia�� de1��.� ~udido... �a�telare� amministrativo .riguarda� $olo 
Ja; git,trl~(li,<,me generale �(;ll1egittipxliaroio�il ~udiz�o sull'atto. Quando~ 

.lflJiliiiiil~ 
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���.�����ᥥ� ���Perfavedt�:;:� I� pfoi:i�.n�iarigtia:rda���es~.lU:sNamente Ie �cause patrimcr 
*11~1j df, pul?l:>lico .npiego, ~~r(kla �ratio��. � ~alef<ia far prevedete�. che 
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tre le regole gi.g~~ali assat�.pi�nt,lmerose che lo0 :r.egg0no.sonp state 
s~iUe�. 4ai�gi.4lb~: amminisJrativi. . �... � 

. '~:� tomal'e . \ll'l ~tt�mo<1ll d~scorsq .. gell'attegg!a.me:nte> Psicologico 

::~:l=~~~l=���:~t:~~~r!~~e�g~t~~:d:en::.�:::~oi~~~=::i;:::h:~ 

ric<:>rrentebadi;. fronte a s~� Jm ~:v:vers!i!-do <ia l:>atterl:'-i :me:ntre,qua:nto 
meno in Italia ed in. tutti<f Paesi di formazione c.lt.r:ale .di tipo 
fi-anc~e.�� <ii. fr9l'l~e alll~filn),.W,jsW~~ip:ne .resistente ..;no. �'� .�\,\Il �� avver� 

__..........""' >"".-:"""--'-:-:�.�'.�


..:::""::=:-..... 

(43) Corte Cost1'.�gll~'11ln~l985, n,.MlO;J.�iut'�[~4J985;.I, 1. con�nptadi 
M. N)G!lo, L'art. 7()0 cQ'JfJtiJstq, cmche> il pro(j~so amministrativo; non�h�, in 
Foro lt., � 1985, I, 1881, fillnqtata da A:: PRoio PISANI, Rilevanza de(principio 
secondo cui fa durata. del' pro�tsso rion devi andate a danno d�tl'attore che 'ha 
ragione; e poi commentata nella stessa Rivista da A. ROMANO, Tutela cautelare 
nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, 1985, I, 2491; 
�� (44) � E. � FAZZALAl!.I; �Il futuro .. del pr�cedimento .amministrativo visto da un 
processualcivilista,>in Foro amm., 1985, Il, 349. 

(45) Vi al riguardo: I.F. CARAMAZZA e p, GENTILI;. La.. giurisdizione ammi� 
nistrativa, cit., 1 ss. 

14 

RASSEGNA AVVOCATURA ��DELLO STATO 

sario da battere, ma un demone da esorcizzare, e quel demone non 
� l'avversario, ma il giudice, perch� il rapporto Amministrazione-giurisdizione 
nasce all'insegna del cattivo rapporto. La rivoluzione francese, 
si caratterizz�, tra l'altro, per l'assoluta disistima nei confronti del 
potere giudiziario, da un lato, e per la convinzione, dall'altro, che l'interferenza 
del potere giudiziario con il potere amministrativo fosse 
una ingerenza che sostituiva un potere all'altro. 

Tanto questo � vero che il nostro Consiglio di Stato, in larga parte 
erede della tradizione francese, non � nato come giudice amministrativo, 
ma come organo di amministrazione, che, in ultima istanza e con 
un sindacato di legittimit� di tipo puramente cassatorio, doveva esercitare 
un controllo. In questa situazione, la sospensiva costituisce una 
stortura logico-giuridica, perch� il rimedio della sospensione dell'atto 
impugnato in un giudizio di tipo cassatorio non dovrebbe mai spettare 
al giudice della cassazione, tant'� vero che nel processo civile, quando 
si chiede la sospensione dell'esecutivit� della sentenza in presenza di 
un ricorso per Cassazione, non la si chiede alla Cassazione ma al giudice 
di merito. 

Ci� discende dal fatto che la sospensiva comporta un giudizio di 
merito (46). Tanto � vero che nella originaria normativa dell'89, la sospensione 
veniva concessa dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con 
decreto motivato, cio� con un atto tipicamente amministrativo. 

Contro gli atti della P.A. era concesso quindi un ricorso amministrativo 
al Consiglio di Stato, che esercitava un controllo di legittimit� 
di tipo cassatorio; era altres� concessa la facolt� di chiedere la 
sospensione dell'atto ed in quel caso per� il Consiglio di Stato pronunciava 
non nell'ambito di un provvedimento di tipo cassatorio, ma 
nell'abito di un diverso procedimento di tipo appellatorio, tanto � 
vero che anche quando il Consiglio di Stato acquist�, in via pretoria, 
natura giurisdizionale, per molti anni ancora la dottrina continu� a 
sostenere che la sospensiva era un provvedimento amministrativo. 

Ci� in quanto � proprio la diversit� tra la struttura logica del giudizio 
cautelare e la struttura logica del giudizio sulla istanza di annullamento, 
che porta a tale risultato. 

Infatti, sia il giudice della cautela che il giudice del merito valutano 
l'esistenza o meno dell'interesse che legittima ad accedere al 
giudizio: � il c.d. esame preliminare di ammissibilit�. 

Dopo di che, per�, il giudice del merito annulla o meno l'atto, senza 
pi� curarsi dell'esistenza dell'interesse legittimo e della sua soddisfa


(46) Cfr. sul punto: L. CUONZO, La innominativit� della pronuncia cautelare 
del giudice amministrativo: notazio<ni minime sui suoi presupposti, sulla sua 
consistenza, sulle sue implicazioni, in I provvedimenti cautelari ed urgenti..., 
cit., 173 ss. 

PARTE II, QUBSTIONI 1J 

zione. Il giudice. della cautela, invece, quando decide sulla base della 
sussistenza o meno del danno grave ed irreparabile, tutela proprio, 
seppure in via provvisoria ed interinale, l'interesse legittimo, e quin, 
di �giudica su un rapporto>>, non sull'atto, garantendo il �bene della 
vita�. 

Questo, probabilmente, non fu molto chiaro in un primo momento, 
poich� originariamente il giudizio cautelare era volto a tutelare esclusivamente 
interessi di tipo oppositivo, che trovavano piena soddisfazione 
con l'annullamento dell'atto impugnato e la sospensione non faceva 
altro che consentire a tale annullamento di spiegare interamente 
la sua efficacia ripristinatoria. 

Tuttavia, soprattutto a partire dagli anni '70 di questo secolo, 
considerandosi il posto occupato dallo strumento cautelare nel quadro 
della tutela giurisdizionale, per assicurare l'effettivit� e la completezza 
della tutela del privato nei confronti della P.A., si � ampliata la sfera 
di applicazione della sospensiva oltre gli angusti limiti individuati dalla 
dottrina tradizionale. 

L'evoluzione della giurisprudenza amministrativa in tema di sospensiva 
nell'ultimo ventennio � troppo nota perch� vi si debba indugiare: 
� stata, infatti, affermata e sistematizzata la sospendibilit� di una 
serie di atti amministrativi (quali dinieghi di ammissione, atti intermedi 
di procedimenti, atti negativi di controllo, ecc.) esclusi dalla 
sospend�bilit� secondo le teorie classiche perch� atti negativi. Oltretutto 
il giudice amministrativo ha utilizzato con estrema duttilit� 
lo strumento cautelare piegandolo, per esempio, a fini istruttori o 
mirandolo meglio al fine attraverso l'introduzione di elementi accessori 
come il termine o la condizione. Si � cos� giunti a sdddisfare, in 
sede di sospensiva, non solo � interessi oppositivi �, ma anche � interessi 
pretensivi � (quanto meno quelli �a soddisfazione preregolata �). 
(47), restando quindi esclusi, come posizioni conoscibili, soltanto quegli 
interessi pretensivi per la cui soddisfazione l'Amministrazione conservi 
margini di discrezionalit� in ordine all'an, al quomodo ed al quando (48)~ 

Certo, per tale via, il giudice amministrativo sconfina non poco 
da quel mero �effetto anticipatorio � della pronuncia di merito che 
dovrebbe avere la decisione cautelare alla luce dell'insegnamento chio


(47) F. FOLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, cit., 
148 ss. 
(48) Parte della dottrina ha spiegato tale evoluzione come fisiologica presa 
di coscienza di una realt� esistente sin dal 1889: la estensione al merito della 
competenza del giudice amministrativo in sede cautelare: A. ROMANO, Tutela 
cautelare nel processo amministrativo..., cit., 2491. In senso contrario si veda 
invece: I. F. CARAMAZZA e M. G. MANGIA, Le misure cautelari nel processo amministrativo, 
in Rass. Avv. Stato, 1986, II, 90 ss. 

16 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

vendiano secondo cui il tempo necessario ad avere ragione nel processo 
non deve tornare a danno di chi ha ragione. 

Ed infatti accade oggi che il ricorrente paradossalmente chieda 
ed ottenga � di pi� � in sede cautelare, di quanto non possa ottenere 
in sede definitiva (49). 

Si pensi, ad esempio, al caso in cui venga impugnato il diniego 
di ammissione ad un . concorso, con richiesta di sospensiva. La sospensiva, 
in questo caso, � un provvedimento di ammissione con riserva, 
che consente al ricorrente di partecipare al concorso, fruendo del 
�bene della vita � in contestazione. La decisione definitiva di merito, 
invece, non sarebbe mai potuta andare al di l� dell'annullamento 
del diniego di ammissione. 

In un caso del genere, quindi, il ricorrente ha ottenuto in sede 
cautelare pi� di quanto non avrebbe potuto ottenere in sede definitiva. 


Ma � evidente che in tal caso si verifica proprio quella ingerenza 
del giudice della cautela nell'esercizio dell'attivit� amministrativa, 
che il legislatore vieta in ossequio al principio della separazione dei 
poteri. 

La peculiare funzione �conservativa� della sospensione cautelare 
risulta stravolta, attraverso una forzatura del sistema che porta a 
riconoscere la possibilit� di una sospensiva con � funzione anticipatoria 
�, chiara violazione del principio fondamentale secondo cui il 
provvedimento cautelare non pu� produrre effetti pi� ampi di quelli 
che produrrebbe la sentenza definitiva di merito, cui � collegata da 
un rapporto di necessaria strumentalit� (50). 

Taluno ha parilato di sospensiva �propulsiva�, per spiegare che 
con la sospensione dell'atto negativo non si � pi� in presenza di un 
rimedio che cristallizza la situazione in attesa della decisione di 
merito, ma di un mezzo che � modifica � la situazione consentendo 
al giudice di operare non sulla amministrazione, ma � come � amministratore 
(51). 

(49) Nello stesso senso: F. G. ScocA, Provvedimento cautelare e provvedimento 
di merito, in I provvedimenti cautelari ed urgenti..., cit., 160 ss., il 
quale si dice � convinto che nel processo amministrativo, la misura cautelare 
l!lon corrisponda mai alla misura di merito, cio� alla sentenza di merito, ma 
sia sempre qualcosa di pi��; e, ancora, A. DI MAJo, L'ambito della tutela 
cautelare nel rito civile, ivi, 171 ss., il quale riconosce � che ormai tutti ricorrono 
al processo cautelare perch� sanno di ottenere di pi� da esso anzich� 
dal giudizio di merito�. Si vedano peraltro le osservazioni di C. VARRONE, 
ivi, 162 ss. 
(50) Su tale principio, v.: Cass. Sez. Un., 22 luglio 1983, n. 5063, in Coni. 
StatQ, 1983, Il, 1490 ss.; Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 1984, n. 17, in Foro 
lt., 1985, III 51 ss, 
(51) G. SAPORITO, Le sospensive �propulsive>>, in Diritto amministrativo e 
giustizia amministrativa ..., cit., 355 

ss. l~ 

I 

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I 

! 
I 



PARTE II, QUESTIONI 

17 

Il che � una forzatura dell'ordinamento �vigente. Se ne prende 
atto come realt�, come fatto che sintomatizza una situazione di crisi, 
insieme con numerose altre divaricazioni della prassi giurisprudenziale 
d�ll� normativa in materia, alle quali � si eccenner� brevemente. 

Si pensi innanzitutto al fatto che la legge, sin dal 1889, prescrive 
che il provvedimento di sospensiva deve essere motivato: � noto che, 
invece la motivazione non viene stesa quasi mai. Ancora: l'ordinanza 
cautelare non dovrebbe essere soggetta ad appello, per logica e per 
preciso disposto normativo: ma il Consiglio di Stato ha deciso che 
le ordinanze che la concedono o la negano siano impugnabili (52). 
Terzo esempio: un principio generale prescrive che l'accoglimento 
dell'istanza deve fondarsi sul � periculum in mora � e sul � fumus 
boni iuris �. Per contro, il � fumus � non viene quasi mai preso in 
considerazione (e questo si raccorda alla mancanza di motivazione), 

Tanto questo � vero che esiste un dato statistico sintomatico: i 
provvedimenti di �sospensiva non costituiscono preannuncio della deci� 
sione di merito, tranne che in un caso: quando, cio� la sospensiva 
sia chiesta al Consiglio di Stato, in grado di appello, e quando l'appello 
sia proposto non avverso l'ordinanza cautelare, ma avverso una 
sentenza. In questo caso la statistica (quando non a chiare lettere 
lo stesso giudice) (53) ci dice che la concessione della sospensiva da 
parte del Consiglio di Stato prelude, generalmente, ad un accogli� 
mento dell'appel�o ed il diniego� ad un rigetto. � 

.E ci� si spiega, perch� in questo caso c'� una motivazione pregressa, 
quella della sentenza di primo grado, e. quindi il giudice (di 
secondo grado) della cautela non pu� non valutar(f il fumus boni iuris. 

9. Traendo una sommaria conclusione del discorso sin qui svolto, 
sembra potersi osservare che l'evoluzione giurisprudenziale in materia 
di sospensiva ha determinato una profonda trasformazione nel processq 
amministrativo, che da processo di tipo impugnatorio, sull'atto, si sta 
trasformando in � processo sul rapporto �. 
In questo senso sembra provato il nostro assunto della sospensiva 
come � cavallo di Troia � attraverso il quale il giudizio sul rapporto 
� penetrato nella cittadella del tradizionale processo di tipo cassatorio'. 
Si tratta di una profonda trasformazione che ha costituito il terreno 
fertile per una riforma legislativa del processo amministrativo che 

(52) Cons. Stato, Ad. Plen., 20 gennaio 1978, n. l, in Foro lt., 1978, III, 1 ss.. 
con nota di F. SATTA. La vicenda � riassunta da V. CAIANIELLO, Diritto processuale 
amministrativo, cit., 591 ss. 
(53) Cons. Stato, Sez. IV, ord. 28 febbraio 1992, Min. Affari Esteri c. Urbini 
Giammario. 

18 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

nella passata legislatura era stata approvata da un ramo del Parla.. 
mento (54). 

Trattasi di riforma profondamente innovatrice, sia per il giudizio 
definitivo che per il giudizio cautelare, perch� -andando ovviamente 
per grandissime linee -il nuovo giudizio amministrativo � previsto 
come pienamente satisfattivo delle pretese del ricorrente, realizzando 
pienamente il bene della vita di cui si lamenta la lesione. 

Il nuovo processo contempla, addirittura, il risarcimento dei danni 
da lesioni di interessi legittimi; prevede sentenze di accertamento, 
costitutive e di condanna; prevede la possibilit� per il giudice di sostituirsi 
alla P. A. nell'adottare il provvedimento che avrebbe dovuto 
essere adottato con la sola eccezione dei casi in cui residui alla P.A. 
un potere discrezionale, in ordine al tipo di provvedimento e alle 
modalit� della sua adozione. 

Ma questo a ben vedere, significa soltanto che in quel caso non 
c'� una situazione sostanziale preesistente perch� se c'� un potere 
discrezionale di operare delle scelte, � chiaro che da parte del privato 
non ci pu� essere altra aspettativa che non sia quella alla legittimit� 
dell'azione amministrativa. Si tratta, quindi, di un caso in cui non vi � 
posizione sostanziale tutelata. 

Infine, proprio in sede cautelare, � prevista l'introduzione dell'articolo 
700, in quanto il giudice della cautela pu� adottare tutte le misure 
necessarie per assicurare il risultato del processo: ed � significativo 
che l'Adunanza Generale del ConsigliO' di Stato (55) abbia sottolineato 
l'importanza di tale disposizionle, in relazione al carattere del nuovo 
processo, connotato dalla centralit� della posizione fatta valere in 
giudizio, e non pi� dall'annullamento dell'atto. 

I. F. CARAMAZZA -F. BASILICA 
(54) Il disegno di legge pu� leggersi in Cons. Stato, 1989, Il, con nota 
di MURA. 
(55) Cons. Stato, Ad. Gen., parere 8 febbraio 1990. 

RASSEGNA AVVQCATlJRA DELLO STATO 

Il problema invece � stato brillantemente superato agendo sui 
seguenti fronti: 
1) unificazione dei Servizi Archivio e Impianto e costituzione di 
un nuovo ServiZfo; 

2) ristrutttirazione degli uffici e mobilit� del personale; 

3). riorganizzazicme �.delle procedure . automatizzate. 

1) Unificazione dei serv�z.i. 

L'unificazione. dei due Servizi non � . stata una semplice operazione di 
cosmesi burocr~tica ma una precisa e>pzione organizzativa, volta alla 
risoluzione deLpro'blema. La creazione, infatti, del nuovo Servizio di 
S.pportot Amministrativo all'Attivit� Professionale degli Avvocati ha 
sottolineato �. li;t �sua importanza nell'economia. operativa dell'Istituto ri� 
spetto<aglL altri Servizi �professionali�. Ce>mpito del Servizio infatt~ 
� quello di ricevere il materiale �grezzo � (lettere e attinotificat;i) e di. 
produrre ctei � semilav:orati � per gli altri Servizi (Esterno\ .Agenda, 
Segrete:rie�.�. degli. Avvocati). Il flusso di.�. lavoro ha �lue precisi ingressi 
(Ufficio Protocollo .Arrivo e Ufficio A.tti Notificati) e, tramite una sequenza. 
logica .di� passaggi, una serie <;li uscite .(Impianto, Scadenziere, 
ecc.). 

CO'll� tale decisione quindi si � data una precisa collocazione, non solo 
oggettiva. ma psicologica, al personale impiegato che da � cenerentola � 
dell'Istituto si. � visto proiettato al centro dello1 scenario. 

2) Ristrutturazione degli Uffici e mobilit� interna. 

Chiarite le premesse, si trattava ora di elaborare dei programmi 
operativi .adeguati. L'idea chiave � stata quella. di formare dei piccoli 
gruppi fortemente motivati dalla consapevolezza di lavorare uno in 
funzione. dell/altro per il raggiunghp.ento di uno scopo chiaro e comune 
(l'eliminazione dell'arretrato). Per raggiungere tale scopo era necessario 
sviluppare nel personale addetto uno spirito di coinvolgimento e di 
coesione, far comprendere ad ognuno la concat�nazione logica del lavoro., 
c;hiarire la coMocazfone di ognuno all'interno della struttura organizzativa 
e ottenere al pi� presto dei risultati positivi per rompere la .spirale 
autolesionistica. A queste premesso concettuali si. affiancavano,. per�, 
alcune difficolt�. di carattere psicologico, perch� si trattava (considerato 
che tutto il ciclo lavorativo subiva gravi ritardi) di impostare l'organiz, 
zazione del lavoro secondo alcune priorit�, per non correre il rischio 
di considerare solo la quantit� dell'arretrato giacente e non la sostanza 
delle singole lettere e atti. Venne quindi attribuito carattere di urgenza 
alle lettere in arrivo recanti il riferimento al numero di affare, ai ricorsi 


PAR'l'B II, W'BSTXONI 

21 

avanti il TAR con istanza di sospensiva, ai ricorsi avanti le Preture sez. 
Lavoro e, naturalmente, alle lettere e ricorsi con scadenza immediata 
(cd. �a vista � o � fuori sacco �}. Questa iimjl�stazione metodologica 
.:.::_ presupponendo di per se stessa una st,tddiv�sibrie . del materiale lavorativo 
secondo . una seala �. di prlorita .-'-.. gerierl> ..all;inizfo .. una serie di 
resisteru:e; peraltro i primii ristlltati ottenuti vais�ro a ricreare nel personale. 
nuova fiducia. nelle proprie capacit�. 

Nel 1990 si poteva passare alla secortda <fuse e cio� alta definitiva 

eiimi'naifone dell'arretrato �he si presentava nei tertn�ni seg�enti: 

. -la cc>rrispond.enza in arrivo ancora da smistare ammontava a circa 

10.000lettere; 
.:__ un.i::ihorso avanti il TAR non corredato da istanz~ di so~pensiva 
veniva impiantato a cinque mesi dalla natifica; 
-gli atti avanti le giurisdizioni ordinarie venivano impiantati a 
ridosso dell'udienza di comparizione; 
;;.;;.;.;� un consttlt�Vo veniva impiantato �:rt-Che a. tre mesi dalla ricezione 
della richiesta di parere. 

Per risolvere il complesso problema, gli impiegati vennero suddivisi 

.in �due. gruppi. (per il lavoro corrente e per !':arretrato) e, soprattutto 
nelle ore pomeridiane {straordinario o altro), fu ritemito che il perscmale 
dovesse smaltire l'arretrato a prescindere dallo specifico settate ael quale 
era applicato (mobilit� interna). 

Per la posta arretrata ci si preoceup� anzitutto di catalagare tutte 
le lettere inevase, raggruppando i vari solleciti e successivamente di 
protocollarle in un affare contenitore (e.:d. �calderone�). In qttesto 
modo si pot� acquisire la certezza sia dell'effettiva quantit� dell'arretrato 
sia della certezza dell'arrivo' di una determinata lettera. 

L'arretrato dei vari � impianti � fu risolto anzitutto accorpando gli 
atti per gruppi omogenei (Am:mmistraz�one, trggetto) e utilizzando in 
fase di impianto un nuovo programma ch� permetteva una maggiure 
velocit� produttiva e, inoltre, individuando una soluzione diversa per 

il c.d. � penale tributario �. 
La terza fase (non: alllcora conclusa) consiste in una maggiore razionalizzaz:
�one delle diverse procedure, evitando inutili passaggi verticali tra 
uri Servizio e l'altro o tra un piano e l'aHro ed analoghi inut�li passaggi 
orizzontali tra i vari Uffici del Servizid. Per ottenere questo: � 

-si .� provveduto a far controllare gli atti notificati all'interno 
dell'Ufficio; 
-si � fatto uso di lettere prefirmate per la richiesta di rapporto 
e clowmenti; 
-si � pr-0vveduto ad indicare l'avvocato assegnatario dell'affare 
prima dell'impianto. 

I S 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

22 

3) Riorganizzazione delle procedure automatizzate. 

Ai cambiamenti di modello organizzativo sopra indicati ha contribuito 
in modo determinante anche il Centro elaborazione dati, adeguando 
tra il 1989 ed il 1990, i propri programmi solftware alle accresciute esigenze, 
dotandosi di nuove apparecchiature hard-ware e fornendo l'utenza 
di un numero sufficiente di terminali. 

Anche il CED, del resto, soffriva di un analogo �complesso di cenerentola
� perch�, a sua volta, era ritenuto principale responsabile dell'impasse 
che, nel 1988, bloccava ormai i Servizi Archivio e Impianto. Orbene, 
i programmatori del CED riuscirono in brevissimo tempo a rivedere 
tutte le procedure di impianto, protocollo e ricerca, ponendo cos� 
le premesse di un risultato che non appariva affatto scontato. 

In particolare, sembrano doversi evidenziare i seguenti aspetti peculiari. 


1) Determinante per la risoluzione del problema, si � rivelata la 
creazione di una maschera di base valido per tutti i tipi di impianto. 
I diversi casi o giurisdizioni ne risultavano differenziati poi solo in 
pochissimi elementi. In tal modo gli operatori divenivano interscambiabili 
all'interno dell'Ufficio, a seconlda del flusso di lavoro (mobilit� 
interna), e non erano pi� staticamente obbligati a lavorare solo per una 
specifica giurisdizione. 

2) Con il programma per il controllo del numero di affari e del nome 
dell'avvocato incaricato, gli operatori del protocollo in arrivo (ed in partenza) 
sono riusciti ad avere la certezza .che una determinata nota si 
riferisse allo specifico numero di affare, assegnato ad un determinato 
avvocato. � in tal modo che si � reso pos�sibile accellerare la distribuzione 
della corrispondenza che recava in evidenza il numero di affare 
anche se, ad onor del vero, le Amministrazioni interessate non hanno 
ancora utilizzato al massimo tale procedura. Va per� aggiunto che gli 
avvocati non sono stati pi� costretti a restituire la corrispondenza, per 
errata attribuzione, all'archivio. 

3) Il programma di pre-impianto infine ha certamente rivoluzionato 
la metodologia di lavoro del Servizio. Tramite tale procedura automatizzata, 
introdotta nell'aprile del 1991, gli atti notificati non solo vengono 
immediatamente inseriti al terminale, ma M software � anche in grado di 
stabilire se un dato atto si riferisca o meno ad eventuali affari precedenti 
e a quali. Con questo programma quindi non solo si sono eliminati 
tutti i supporti cartacei, ma si sono anche ridotti al minimo i margini 
di errore. Non va infine dimenticato che � finalmente possibile fornire 
delle statistiche esatte su numero degli atti notificati presso l'Avvocatura 
Generale. 


PARTE LI, QUESTIONI 

Conclus,ion.i. 

Chi scrive si augura di aver ben evidenziato come i risultati ottenuti 
siano frutto di un determinante lavoro di equipe e che attualmente il 
supporto cartaceo non sia pi� cos� indispensabile come nel passato 
mentre, invece, si rende ora possibile operare con procedure automatizzate 
duttili e veloci. Si pu�, quindi, guardare con motivata soddisfazione al 
lavoro fatto, anche se � a tutti evidente che molto rimane ancora da fare. 
Il vecchio Servizio Archivio e Impianto ha costituito il banco di prova che 
ha consentito all'Istituto di trarre elementi utili sull'organizzazione del 
lavoro, sulla possibilit� di applicazione e sull'imprescindibile utilit� delle 
procedure automatizzate. In definitiva, si pu� ora guardare con realistica 
fiducia al futuro ed alla fatidica soglia dell'anno duemila. 

DARIO SNAIDERO 

Preposto al Servizio 


2+ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
PROTOCOLLO IN PARTENZA 
2+ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
PROTOCOLLO IN PARTENZA 
120.000 

110.000 

100.000 

90.000 

80.000 

70.000 

60.000 

50.000 
51.302 
40.000 
30.000 
20.000 
10.000 
1986 1987 1988 1989 1990 1991 
Incremento tra il 1986 ed il 1990 pari all'87,29% 



120.000 

110.000 

100.000 
90.000 
80.000 
70.000 
60.000 
50.000 
40.000 
�0.000 

20.000 
10.000 
PROlOC-Ot.10 lN ARRIVO 


88.361 

54.249 


1986 1987 1988 1989 1990 1991 
lncrementt> tra il 1986 ed il 1990 pari al 53,32% 

-



26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ATII NOTIFICATI 

120.000 

110.000 

100.000 

I

90.000 

80.000 

I 

67.368

70.000 

I

I

60.000 

II 

50.000 

40.000 
I 

~ 

~ 

I 
~

30.000 
~ 

20.000 
10.000 
I

1986 1987 1988 1989 1990 1991 ~ 

' 

i 

Incremento tra il 1986 ed il 1990 pari al 295% f. 

E 

22.827 



�PARTE II, QUESTIONI 27 

TOTALE NOTE PROTOCOLLATE 

1986 1989 

Arrivo Partenza Arrivo Partenza 

57.630 51.302 74.537 94.898 
1987 1990 

Arrivo Partenza Arrivo Partenza 

54.249 65.308 88.361 96.087 
1988 1991 (al 25 ottobre) 

Arrivo Partenza Arrivo Partenza 

60240 72.256 74.264 . 89.200 

INCREMENTO IMPIANTI 1980-1990 

Contenziosi da 8.100 a 30.465 + 276,11 % 
Consultivi da 5.110 a 10.263 + 100,84 % 
Pignoramenti da 360 a 4.114 + 761,11 % 
Ordlni da 400 a 1.642 + 310,50 %

== 

AFFARI IMPIANTATI 

I

IContenziosi' 'Consultivi I Pigno-Ordini TOTALE

ra.menti 

I 

1980 

1985 

1986 (*) 

1987 (*) 

1988 (*) 

1989 (*) 

1990 
1991 (parziale al 29 ott.) 


(*) + 105,6% 

8.100 

13518 

14.578 

19.982 

28.815 

31.591 

30.478 

23.039 

5.110 

7.172 

8.290 

8.245 

9.515 

11.564 

10.264 

6.829 

360 

487 
752 

1.053 

1.582 

3.555 

4.115 

3.096 

400 

13.970 

587 

21.764 

824 

24.444 

786 

30.066 

983 

40.895 

1.037 

47.747 

1.643 

46.500 

1.507 

34.471 



RASSEGNA AWOOATURA DELLO STATO 

NOTE IN ARRIVO (IN ARRETRATO) 
ACCERTATE E PROTOCOLLATE NEL CORSO DEL 1990 


Riguardanti gli anni 1986-1987 622 
Riguardanti l'anno 1988 105 
Riguardanti l'anno 1989 3.579 

TOTALE 4.306 

NOTE IN ARRIVO (IN ARRETRATO) 
ACCERTATE E PROTOCOLLATE NEL CORSO DEL 1991 

Riguardanti l'anno 1987 
Riguardanti l'anno 1988 
Riguardanti l'anno 1989 
Riguardanti l'anno 1990 
768 
2.087 
1.745 
1.390 
TOTALE 5.990 

TOTALE ATTI NOTIFICATI 

1980 9.677 
1985 20.433 
1986 22.827 
1987 31.159 

percentuale 
1988 53.688 

+295% 
1989 64.606 
1990 67.368 
1991 (proiezione) 68.000 

Note protocollate in arrivo nel 1986 57.630 
Note protocollate in arrivo nel 199{) 88.361 

Incremento pari al 53,32 %. 

Note protocollate in partenza nel 1986 51.302 
Note protocollate in partenza nel 1990 96.087 

Incremento pari all'87,29 %. 

Proiezione note protocollate nel l9n in arrivo 
(calcolata in base ai dati relativi al 25 ottobre) 91.000 

Incremento pari al 57,90 % rispetto al 1986. 

Proiezione note protocollate nel 1991 in partenza 109.000 

Incremento pari al 112,46 % rispetto al 1986. 

.:aa�...!~~=����amw~��a.� 


! 


RASSEGNA �DI LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

codi�e di. I>rOQedura civile, art�.705, primo comma, nella parte in cui subordina 
la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia 
possessoria e all'esecuzione . della decisione nel caso che ne derivi o possa 
derivarne un pregiudizio .irreparabile al convenuto. 

Sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, G.U. 12. febbraio 1992, n. 7. 

codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui 
non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice 
per le indag~ni preliminari presso la Pretura che abt>ia elJleSS() l'ordinanza di 
cui alrart. 554, secondo comma, dello stesso codice. � 

Sentenza 30 dicembre 1991. n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

codice di � procedw.-a penale, . aft� 34, � seco.do COIJlllla,, nella parte in c.i non 
prevede che non .possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le 
indagim preliminari presso il tribunale che abbia emesso l'ordinanza di cui 
all'art.. 409, quinto comma, dello stesso codice. 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui 
non .prevede . l'incompatibilit� a pa,rtecipare al giudizio del giudice per.� le . indagini 
preliminari che ha rigettato la richiesta di decreto di condanna per la 
ritenuta inadeguatezza della pena richiesta dal pubblico ministero. 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

codice di procedura penale, art. 195, quarto comma. 

Sentenza 31 gennaio 1992, n. 24, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. 

codice procedura penale del 1930, artt. 382, primo CQlllD1a, e 482, primo 
comma, , nella parte in cui prevedono la condanna del querelante alle spese 
del procediment() a~ticipate dallo Stato, anche .nell'ipotesi di pr0scioglimento 
dell'ilJlputato perch~ il fatto nofl: costituisce reato. 

Sentenza 3 febbraio 1992, n. 29, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

combinato disposto artt. 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale, 
nella parte in cui non prevede che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo 
che il processo poteva -su richiesta dell'imputato e con il consenso 
del pubblico ministero -essere definito allo stato degli atti dal giudice per 
le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, 
secondo comma, dello stesso codice. 

Sentenza 31 gennaio 1992, n. 23, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. 



30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO �STATO. 

codice di procedura penale, art. 458, primo e secondo comma, nella parte 
in cui non prevede che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo che il 
processo poteva -su richiesta dell'imputato e con il consenso del pubblico 
ministero -essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini 
preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo 
comma, dello stesso codice. 

Sentenza 31 gennaio 1992, n. 23, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. 

codice di procedura penale, art. 464, primo cmnma, nella parte in cui non 
prevede che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo 
poteva -su richiesta dell'imputato e con il consenso del pubblico ministero essere 
definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, 
possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma, 
dello stesso codice. 

Sentenza 31 gennaio 1992, n. 23, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. 

r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267, artt. 21, secondo, terzo e quarto comma, 
e 50, secondo comma. 
Sentenza 27 dicembre 1991, n. 488, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

I

d.P.R. 30 giugno 1964, n. 1124, art. 11, primo e secondo comma, nella parte 
in cui consente all'INAIL di avvalersi, nell'esercizio del diritto di regresso 
I I 
I& 
contro le persone civilmente responsabili, anche delle somme dovute al lavoratore 
infortunato a titolo di risarcimento del danno biologico non collegato 
alla perdita o riduzione della capacit� lavorativa generica. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 485, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, sesto e settimo comma, nella parte 
in cui prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa hanno diritto, 
nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato da cui l'infortunio 
� derivato, al risarcimento del danno biologico non collegato. alla perdita 
o riduzione della capacit� lavorativa generica solo se e solo nella misura in 
cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l'ammontare delle 
I

indennit� corrisposte dall'INAIL. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 485, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non 
consente l'integrazione al minimo della pensione di invalidit� erogata dalla 
Gestione speciale commercianti dell'INPS in caso di cumulo con pensione 
diretta a carico del fondo pensioni del personale addetto ai servizi di telefonia. 

Sentenza 19 marzo 1992, n. 114, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, lett. b), nella parte in 
cui subordina il diritto della prole maggiorenne dell'iscritto all'INADEL deceduto 
in attivit� di servizio alla erogazione nella forma indiretta della indennit� 
premio di servizio alla condizione di essere permanentemente inabile a lavoro 
proficuo, nullatenente e a carico dell'iscritto alla data del decesso del medesimo; 
e per le orfane all'ulteriore condizione dello stato di nubile o di vedova. 

Sentenza 24 febbraio 1992, n. 63, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 


PARTE� Il, �RASSEGNA; DI LEGISLAZ'.IONE 

le~ 8 marzo 1968,. n. 152, art. 12, nella parte in cui non prevede, per gli 
infermieri professionali ai quali,... ai. sensi dell'art. 24 della legge 22 novembre 
1962, n. 1646, sia stato riconosciuto il riscatto del corso di studio a fini di 
quiescenza, il megesimo riconoscimento per la. liquidazione della indennit� 

premio di servizio: � � � � � 

Sentenza 3 febbrai<> 1992, n. 26, G. U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

l�gg� 311 a1:fril� 1''69( n. 153, art. 26 [come 111.cidificato dall'art. 3 del d.l. 
2 matto 1914; n. 30, convertito in legge 16 aprile 1974, n; 114 e dall'art. 3 della 
legge 3 giugno 197S, n. 160] nella parte in cui; nell'fodicare il limite di reddito 
cumulato con quelIC) .elel coniuge. ostativo al conseguimento della pensione 
sociale, non prevede un meccanismo differenziato di determinazione per gli 
ultrasessantacinquenni divenuti invalidi. 

Se'nten:ia 9 marzo Wii, Ii:. 88,�G~U. ���18 marfo 1992, n. 12. 

� legge prov;� Bolzauo. 20. agosto 1912, n. 15,. art�.46, .decimo comma [come sostituit� 
dall'arti/5 della l~ge Ptov. Bolzano 23 maggio 1971, n. 13) e legge prov. 
Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 10, quinto comma. 
Sentenza 30 dicembre l.991; n. SOS, G.U. 8 gennaio .1992, n. 2. 

legg~ 2 fe)?bJ;"aio ..1973, n.� 12, art. 20, quinto couuna; 

Sentenza 22 gennaio 1992i n. 1, G. U~ 29 gennaio>1992, n. S. 

d.P.R. 29 marzo 1913, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93, nella parte in cui non eccettuano 
dalla limitazione di responsabilit� dell'Amministrazione delle poste per i 
danni derivati da perdita totale di corrispondenze raccomandate il caso di sottrazil:
n:ie dolosa del loro �9ntenuto ad opera di dipe]ldenti dell'Amministrazione 
medesima.����.� � ��� .. �� �.. � � � � � � 

Sentenza 28. febbraio 1992, n. 74, G. U. 4 marzo 1992, n. m 

d.P.R. 29 settembre 1913, n. 602, art. 97, terzo comma. 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 89, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

decreto-legge 2 marzo . 1914, n. 30, art. 2-novies, primo comma, introdotto 
dalla leg,ge di conversione 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui non prevede 
la fac.olt~ diriscattate i l'eriodi corrispondenti alla durata degli studi per il 
coiiseguiril:ento del dipl�madi educazione fisica rilasciato da uno degli Istituti 
superiori a d� �demandati. � 

Sentenza 3 febbraio 1992, .n. 27, G.U. 12 febbraio 1992,. n. 7. 

legge 26 luglio 1915, n~�354, art. 23, nella parte in cui stabilisce una riduzione 
dei tre decimi della mercede corrisposta per il lavoro dei detenuti da versarsi 
alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime dei delitti e dopo la sua 
soppressione, alle� regioni ed agli enti locali (province e comuni). 

Sentenza 18 febbraio 1992, n. 49, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 


Sentenza 30 dicembre 1991, n. 506, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 506, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

legge prov. Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 10, quinto �onnna e legge prov. 
Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 46, decimo comma [come sostituito dall'art. 5 . 
della legge provineiale di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13). 


I 

S~htenfa 30 dicembre 1991~ n. � 505, G.U. 8 gehriaio 1992, n. 2. I 

ru.

m 

legge 11 luglio 1978, n. 382, art. 15, secondo comma, nella parte in cui non 
prevede che il militare sottoposto a procedimento disciplinare ha la facolt� 
di indicar<'/ come difensore nel procedimento stesso un altro militare non appartenente 
all'� ente� nel quale egli presta servizio. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. '37, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53, primo comma, nella parte in cui non 
consente al personale ivi contemplat� che al raggiungimento del limite di et� 
per il collocamento a riposo non abbia compiuto il numero degli anni richiesti 
per ottenere il minimo della pensione, di rimanere su richiesta, in servizio fino 
al conseguimento di tale anzianit� minima e, comunque, non oltre il settantesimo 
anno di et�. 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 90, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

legge 20 settembre 1980, n. 576, art! 3, secondo comma, nella parte in cui 
prevede l'incompatibilit� della corresponsione della pensione di anzianit� con 
l'iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi, diversi dagli albi di avvocato 
e di procuratore, e con qualsiasi attivit� di lavoro dipendente. 

Sentenza 28 febbraio 1992, n. 73, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 

d.l. 6 giugno 1981, n. 283, art. 17, secondo comma, lett. a) [convertito in 
legge 6 agosto 1981, n. 432] nella parte in cui non prevede -ai fini dell'inquadramento 
ivi contemplato -l'attribuzione dello �stipendio dell'ufficiale in servizio 
permanente effettivo, che segue nel ruolo, al militare pari grado che abbia 
conseguito un trattamento stipendiale inferiore. 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 105, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23, combinato disposto con l'art. 122 
c.p.c., nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla 
minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze -ingiunzioni 
applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente 
competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, 
su loro richiesta la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della 
traduzione nella �lingua italiana, nonch� di ricevere tradotti nella propria 
linqua gli atti dell'autorit� giudiziaria e le risposte della controparte. 

Sentenza 24 febbraio 1992, n. 62, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 

legge reg. Calabria 17 dicembre 1981, n. 21, art. 62, quarto comma. 


PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge reg. Sicllia 4 gennaio 1984, n. 1, art. 6, nella parte in cui prevede che 
due dei tre rappresentanti delle associazioni degli industriali nei consigli 
generali dei consorzi siano designati dalle associazioni provinciali degli indu� 
striali. 

Sentenza 9 marzo 1992, n. 87, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

legge feg �. Piemonte 10 dicembre 1984, n, 64, artt.. 20, ottavo comma, e 21, 
dodicesimo comma. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 489, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, n. 31, secondo periodo, nella parte in cui 
vieta l'utilizzazione. agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza. della stessa 
polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni. 

Sentenza 31 gennaio 1992, n. 24, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. 

legge 27 ottobre 1988, n. 458, art. 3, nella parte in cui non prevede che al 
proprietario del terreno utilizzato per finalit� di edilizia residenziale pubblica 
senza che�� sia stato emesso alcun provvedimento di esproprio possa applicarsi 
la disciplina da detta norma prevista per l'ipotesi in cui -nella medesima 
situazione -il provvedimento espropriativo sia stato dichiarato illegittimo. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 486, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 21 novembre 1988, n. 508, art. 6, nella parte in cui non prevede l'erogazione 
dell'assegno di accompagnamento fino alla data di entrata in vigore della 
legge 11 ottobre 1990, n. 289. 

Sentenza 18 marzo 1992, n. 106, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 

dJ. 1 aprile 1989, n. 120, art. 2, secondo comma, [convertito in legge 15 maggio 
1989, n. 181], nella parte in cui non riconosce alla lavoratrice del settore 
siderurgico, in caso di prepensionamento anticipato al compimento del cinquan� 
tesimo anno, di conseguire la medesima anzianit� contributiva fino a sessanta 
anni come per il lavoratore. 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 503, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23, art. 7, primo e secondo 
comma, [come modificato dall'art. 2 della legge regionale del Friuli 3 dicem� 
bre 1990, n. 53], nella parte in cui dette norme prevedono, sia pure in via transi� 
toria, la possibilit� di continuare l'abusivo ammasso temporaneo di rifiuti tossici 
e nocivi all'interno dell'azienda, previa presentazione della istanza di autoriz� 
zazione. 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 504, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 3, primo e terzo comma, nella parte in cui 
non prevede che il permesso di prospezione � accordato � d'intesa �, nei sensi 
espressi in motivazione, �con la regione autonoma Valle d'Aosta o. la provincia 
autonoma di Trento o di Bolzano �. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

15 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 5, primo comma, e 6 primo comma, nella 
parte in cui non prevedono che il permesso di ricerca � accordato � d'intesa'" 
nei sensi espressi in motivazione, �con la regione autonoma Valle d'Aosta o 
con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano �. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 9, in quanto non prevede che la concessione di 
coltivazione sia accordata, nei sensi espressi in motivazione, con la regione 
autonoma Valle d'Aosta o con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G. U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, primo comma, nella parte in cui prevede 
che le province autonome di Trento e Bolzano individuano i bacini, ivi considerati, 
� d'intesa con� anzich� � sentito � i'ENEA. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, secondo comma, nella parte in cui prevede 
che le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono i loro piani 
� d'intesa con � anzich� � sentiti � gli enti locali e le loro aziende. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, quarto coQDa, nella parte in cui non 
prevede un congruo preavviso, nei sensi espressi in motivazione, alle province 
autonome di Trento e di Bolzano, in ordine all'esercizio dei poteri sostitutivi 
ivi disciplinati. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, artt. 9 e 38, nella parte in cui, includendo le 
province autonome di Trento e di Bolzano nella delega relativa alla concessione 
di contributi di spettanza provinciale, non prevedono per queste le modalit� 
di finanziamento secondo le norme statutarie. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991 n. 10, art. 13, secondo c0DJ.1a1 nella parte in cui prevede 
che anche la provincia autonoma di Bolzano promuova accordi con le 
categorie professionali ivi indicate. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia riapprovata il 26 febbraio 1991, art. 3, secondo 
comma. 

Sentenza 3 febbraio 1992, n. 28, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge reg. siciliana approvata l'l-2 maggio 1991, artt. 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 
11, 12 e 13. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 484, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge� approvata dall'Assemblea reg. siclllana nella seduta ri� 3'70 dell'1�2 
maggio 1991, art. 2, primo comma, limitatamente alla parte � o, se assegnati, 
non si � proceduto alla consegna al legittimo assegnatario �, e secondo comma, 
nonch� dell'art. 5, terzo coniina, della legge approvata dall'Assemblea regionale 
siciliana nella seduta n. 370 dell'l-2 maggio 1991. 

Sentenza 24 gennaio 1992, n. 16, G.U. 29 gennaio 1992; n. 5. 

legge reg. Veneto, riapprovata dal Consiglio regionale il 23 maggio 1991. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 487, G. U. 4 gennaio 1992; n. 1. 

legge 4 giugno 1991, n. 186, art .2, primo comma, lettere e) e h), nella parte 
in cui, ai fini del coordinamento e dell'adeguamento dei piani e dei programmi 
provfuciali � ivi� indicati con il Piano generale �dei trasporti, non prevede� l'intesa 
con le Province autonome di Trento e di Bolzano. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 4 giugno 1991, .n. 186; art. 2, primo comma, lett. m), .qu�.i'ta e quinta 
proposizione. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legg~ reg. siciliana 19 giugno 1991, n. 39, art. 5, primo, secondo e terzo 
comma, nonch� art. 6, quinto comma. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 35, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 19 luglio 1991, n; 216, art. 2, sesto comma, nella parte in cui non 
prevede la preventiva intesa fra lo Stato e le Province autonome di Trento 
e di Bolzano in ordine al decreto del Ministro dell'interno che dispone i contributi. 
di cu� al medesimo art. 2 per il sostegno a iniziative attivate nell'ambito 
dei rispettivi territori provinciali. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 36, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

. . legge 19 luglo 1991, .n. 216, !lrt. 6,. nella parte in cui estende �la disciplina 
prevista dallo stesso articolo alle Province autonome di Trento e di Bolzano. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 36, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice di procedura civile, art. 825 (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 4 marzo 1992, n. 80, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non 
prevede che non possa partecipare al giudizio il giudice che abbia proceduto 
al riesame delle ordinanze che �dispongono una misura coercitiva ai sensi del� 
l'art. 309 dello stesso codice (artt. 76 e 25 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 


l:tASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 55, primo comma (artt. 3, 24, primo comma, 
e 42 della Costituzione). 

Sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

codice di procedura penale, art. 60 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 108, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 


codice di procedura penale, art. 197 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 109, G.U. 25 marzo 1992, n. 13 . 


codice di procedura penale, art. 291, comma 1-bis (artt. 3, 24, 31 e 101 [rectius 
lll] della Costituzione). 

Sentenza 22 gennaio 1992, n. 4, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. 

codice di procedura penale, art. 469 (artt. 3, 101 e 112 della Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 91, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

codice penale militare di pace, art. 199, nella parte in cui dispone l'applicabilit� 
del reato speciale di insubordinazione ai fatti commessi per cause 
estranee al servizio o alla disciplina militare, per la sola circostanza della 
presenza di militari riuniti per servizio (artt. 3 e 52, ultimo comma della 
Costituzione). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 45, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 30, primo comma, lett. a) (artt. 3, 51 e 97 
della Costituzione). 
Sentenza 4 marzo 1992, n. 83, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

combinato disposto legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 e legge 7 febbraio 
1978, recte 1979, n. 29, art. 2, comma terzo (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 508, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 13 luglio 1967, n. 584, art. 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 febbraio 1992, n. 52, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 


legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, quinto comma (artt. 3, 4, 35 e 41 della 
Costituzione). 

Sentenza 4 marzo 1992, n. 81, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 19 e d.lgvo 23 novembre 1988, n. 509, 
artt. 6 e 8 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1992, n. 88, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 



II II 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 55, primo comma (artt. 3, 24, primo comma, 
e 42 della Costituzione). 

OJJ.tj 

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Sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

codice di procedura. penale, art. 60 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 108, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 


codice di pro.cedura penale, art. 197 (art..3 della Costituzione). 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 109, G.U. 25 marzo 1992, n. 13 . 


codice di procedura penale, art. 291, comma 1-bis (artt. 3, 24, 31 e 101 [rectius 
111] della Costituzione). 

Sentenza 22 gennaio 1992, n. 4, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. 

codice di procedura penale, art. 469 (artt. 3; 101 e 112 della Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 91, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

codice penale militare di pace, art. 199, nella parte in cui dispone l'applicabilit� 
del reato� speciale di insubordinazione ai fatti commessi per cause 
estranee al servizio o alla disciplina militare, per la sola .� circostanza della 
presenza di militari riuniti per servizio (artt. 3 e 52, ultimo comma della 
Costituzione). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 45, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

d.P.R. 16 maggio 19601 n. 570, art. 30, primo comma, lett. a) (artt. 3, 51 e 97 
della Costituzione). 
Sentenza 4 marzo 1992, n. 83, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

combinato disp�sto legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 e legge 7 febbraio 
1978, recte 1979, n. 29, art. 2, comma terzo (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 508, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 13 luglio 1967, n. 584, art. 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 febbraio 1992, n. � 52, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 


legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, quinto comma (artt. 3, 4, 35 e 41 della 
Costituzione). 
Sentenza 4 marzo 1992, n. 81, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 19 e d.lgvo 23 novembre 1988, n. 509, 
artt. 6 e 8 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1992, n. 88, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 


RASSEGNA AVVOCAtURA DELLO STATO 

FIDEIUSSIONE (CONTRATTO DI) -Garanzia concessa per operazioni di credito 
navale -Contenuto. 

Quale contenuto debba avere lo schema tipo di fideiussione prestato 
a garanzia di operazioni di credito navale, anche alla luce delle contestazioni 
giudiziarie insorte con riferimento alle polizze fideiussorie precedentemente 
adottate (es. 4946/91). 

IMPIEGO PUBBLICO -Sospensione cautelare in pendenza di procedimento 
penale -Inizio del procedimento disciplinare -Termine. 

Se il termine di 180 giorni decorrente dalla sentenza di proscioglimento 
per finizio del procedimento disciplinare nei confronti di pubblico 
dipendente sottoposto a procedimento disciplinare si applichi solo nel 
caso di intervenuta sospensione cautelare (es. 6794/91). 

IMPIEGO PUBBLICO -Trattam�nto economico -Indennit� di direzione Dirigenti 
USL -Se debba entrare nel computo dello stipendio. 

Se l'indennit� di direzione spettante ai dirigenti USL poi comandati 
presso i Commissari straordinari per la ricostruzione delle zone terremotate 
debba essere computata nello stipendio ai fini della maggiorazione 
di cui all'art. 84 legge n. 219/81 (es. 3202/91). 

ISTRUZIONE E SCUOLE -Scuole non autorizzate -Riconoscimento legale da 
parte della Regione Sicilia -Effetti. 

Quali effetti possano derivare dal riconoscimento legale operato dalla 
Regione Sicilia di scuole per odontotecnici e ottici cui dalla stessa Regione 
sia stata precedentemente negata la autorizzazione di cui all'art. 140 

t.u. n. 1275/31 (es. 5280/91). 
NAVE -Contributi per la costruzione -Navi destinate alla ricerca -Se 
spettino in caso di successiva diversa utilizzazione. 

Se spettino i contributi al cantiere per la costruzione di navi mercantili 
anche per navi originariamente destinate alla ricerca e successivamente 
utilizzate per attivit� militari (es. 7687/90). 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Pubblico ufficiale -Personale addetto agli 
USTIF -Se rivestano tale qualifica. 

Se rivestano la qualifica di ufficiali ovvero di agenti di polizia giudiziaria 
i dipendenti degli Uffici Speciali per i Trasporti ad Impianti 
Fissi (es. 4503/91). 

RISCOSSIONE DELLE ENTRATE PATRIMONIALI -Recupero aiuti alla trasformazione 
di ortofrutticoli -Modalit�. 

Con quali modalit� possa procedersi al recupero di crediti vantati 
dall'AIMA per il recupero di aiuti alla trasformazione di ortofrutticoli 
(es. 4094/91). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 4! 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Immobili non iscritti 

in catasto -Valutazione automatica in base al reddito catastale � 

Liquidazione dell'imposta -Termini. 

Se, allorquando il contribuente, acquirente di immobile non ancora 
catastalmente censito, dichiari di volersi avvalere della particolare procedura 
volta alla valutazione automatica in base al reddito catastale, 
la richiesta dell'imposta da parte dell'Ufficio finanziario sia sottoposta ad 
un termine, e con quale decorrenza (es. 6936/91). 

TRIBUTI (IN GENERALE) -Agevolazioni per le operazioni BEI -Se si applichino 
ai prestiti di riconversione fatti dalla CECA. 

Se le agevolazioni fiscali previste per le operazioni della Banca 
Europea Investimenti si applichino anche ai prestiti di riconversione della 
CECA agli istituti finanziari, ai negozi accessori ed ai successivi prestiti 
aiccordati dagli istituti stessi alle singole imprese (es. 3279/91). 

TRIBUTI (IN GENERALE) -Tassa specale per fuoristrada e caravan -Quando 
debba essere corrisposta. 

Se debba essere corrisposta la tassa speciale per fuoristrada e caravan 
di cui alla legge n. 202/91 anche se gli stessi siano stati consegnati per 
la rivendita o per essi sia stata annotata la perdita di possesso prima 
dell'l maggio 1991, ma siano coperti da un pagamento di tasse automobilistiche 
con scadenza successiva a detta data (es. 7667/91). 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

.� legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 5, primo comma, e 6 primo comma, nella 
parte in cui non prevedono che il permesso di ricerca � accordato � d'intesa'" 
nei sensi� espressi in motivazione, �con la regione autonoma Valle d'Aosta o 
con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano �. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 91art. 9, in quanto non prevede che la concessione di 
coltivazione sia accordata, nei sensi espressi in motivazione, con la regione 
autonoma Valle d'Aosta o con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G. U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, primo co:mma, nella parte in cui prevede 
che le province autonome di Trento e Bolzano individuano i bacini, ivi considerati, 
� d'intesa con � am;ich� � sentito � !'ENEA. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9.gemiaio 1991, n. 10, art. 5, secondo comma, nella parte in cui prevede 
che le provfuce autonome di Trento e di Bolzano predispongono i loro piani 
� d'intesa con � anzich� � sentiti � gli enti locali e le loro aziende. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, quar.to co~a, nella parte in cui non 
prevede un congruo preavviso, nei sensi espressi in motivazione, alle province 
autonome di Trento e di Bolzano, in ordine all'esercizio dei poteri sostitutivi 
ivi disciplinati. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, artt. 9 e 38, nella parte in cui, includendo le 
province autonome di Trento e di Bolzano nella delega relativa alla concessione 
di contributi di spettanza provinciale, non prevedono per queste le modalit� 
di finanziamento secondo le norme statutarie. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991 n. 10, art. 13, secondo COOllillla, nella parte in cui prevede 
che anche la provincia autonoma di Bolzano promuova accordi con le 
categorie professionali ivi indicate. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n~ 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia papprovata il 26 febbraio 1991, art. 3, secondo 
comma. 

Sentenza 3 febbraio 1992, n. 28, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge reg. siciliana approvata l'l-2 maggio 1991, artt. 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 
11, 12 e 13. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 484, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge. reg. Sicilia 4 genn�io �1984, n. 1, art. 6, nella parte in cui prevede che 
due de� tre rappresentanti delle associazioni degli industriali nei consigli 
generali dei consorzi siano designati dalle associazioni provinciali degli industriali. 


Sentenza 9 marzo 1992, n. 87, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

legge reg. Piemonte 10 dicembre 1984, n, 64, artt. 20, ottavo comma, e 21, 
dodicesimo comma. 

Sentenza 27 d�cembre 1991, n. 489, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, n. 31, secondo periodo, nella parte in cui 
vieta l'utilizzazione. agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza della stessa 
polizia giudiziaria,� delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni. 

Sentenza 31 gennaio 1992, n. 24, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. 

legge 27 ottobre 1988, n. 458, art. 3, nella parte in cui non prevede che al 
proprietario del terreno utilizzato per . finalit� d� edilizia residenziale pubblica 
senza che. �sia stato emesso alcun provvedimento d� esproprio� possa� applicarsi 
la ci�sciplina da detta norma prevista per l'ipotesi in cui -nella medesima 
situazione -il provvedimento espropriativo sia stato dichiarato illegittimo. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 486, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 21 novEilllbre 1988, n; 508; art. 6,. nella parte in cui non prevede l'erogazione 
dell'assegno di accompagnamento fino alla data di entrata in vigore della 
legge 11 ottobre 1990, n. 289. 

Sentenza 18 marzo 1992, n. 106, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 

dJ. 1 aprile. 1989, n. 120, art. 2, secondo comma, [convertito in legge 15 maggio 
1989, n. 181], nella parte in cui non riconosce alla lavoratrice del settore 
siderurgico, in caso di prepensionamento anticipato al compimento del cinquan� 
tesimo anno, di conseguire la medesima anzianit� contributiva fino a sessanta 
anni come per il lavoratore. 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 503, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23, art. 7, primo e secondo 
comma, [come modificato dall'art. 2 della legge regionale del Friuli 3 dicembre 
1990, n. 53], nella parte in cui dette norme prevedono, sia pure in via transitoria, 
la possibilit� d� continuare l'abusivo ammasso temporaneo di rifiuti tossici 
e nocivi all'interno dell'azienda, previa presentazione della istanza di autorizzazione. 


Sentenza 30 dicembre 1991, n. 504, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 3, primo e terzo C<iDmla, nella parte in cui 
non prevede che il permesso di prospezione � accordato � d'intesa '" nei sensi 
espressi in motivazione, �con la regione autonoma Valle d'Aosta o. la provincia 
autonoma di Trento o di Bolzano '" 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

15 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 55, primo comma (artt. 3, 24, primo comma, 
e 42 della Costituzione). 

Sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

codice di procedura venale, art. 60 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 108, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 


codice di pro.cedura penale, art. 197 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 109, G.U. 25 marzo 1992, n. 13 . 


codice di procedura penale, art. 291, comma 1-bis (artt. 3, 24, 31 e 101 [rectius 
111] della Costituzione). 

Sentenza 22 gennaio 1992, n. 4, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. 

codice di procedura penale, art. 469 (artt. 3, 101 e 112 della Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 91, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

. codice penale militare di \)actl, art. 199, nella parte in cui dispone l'applicabilit� 
del reato speciale di insubordinazione ai fatti commessi per cause 
estranee al servizio o alla disciplina militare, per la sola circostanza della 
presenza di militari riuniti per servizio (artt. 3 e 52, ultimo comma della 
Costituzione). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 45, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 30, primo comma, lett. a) (artt. 3, 51 e 97 
della Costituzione). 
Sentenza 4 marzo 1992, n. 83, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

combinato disposto legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 e legge 7 febbraio 
1978, recte 1979, n. 29, art. 2, comma terzo (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 508, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 13 luglio 1967, n. 584, art. 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 febbraio 1992, n. 52, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 


legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, quinto comma (artt. 3, 4, 35 e 41 della 
Costituzione). 

Sentenza 4 marzo 1992, n. 81, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 19 e d.lgvo 23 novembre 1988, n. 509, 
artt. 6 e 8 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1992, n. 88, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 


PARTE li, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge �pprovata dall'Assemblea reg. siciliana nella seduta n. 370 dell'1�2 
maggio 1991, art. 2, primo comma, limitatamente alla parte � o, se assegnati, 
non si � proceduto alla consegna al legittimo assegnatario �, e secondo comma, 
nonch� dell'art. 5, terzo comma, della legge approvata dall'Assemblea regionale 
siciliana nella seduta n. 370 dell'l-2 maggio 1991. 

Sentenza 24 gennaio 1992, n. 16, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. 

legge reg. Veneto, riapprovata dal Consiglio regionale il 23 maggio 1991. 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 487, G. U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 4 giugno 1991, n. 186, art .2, primo comma, lettere e) e h), nella parte 
in cui, ai fini del coordinamento e dell'adeguamento dei piani e dei programmi 
provinciali ivi indicati con il Piano generale dei trasporti, non prevede l'intesa 
con le Province autonome di Trento e di Bolzano. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 4 giugno 1991, n. 186, art. 2, primo comma, lett. m), quarta e quinta 
proposizione. � 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge reg. siciliana 19 giugno 1991, n. 39, art. S, primo, secondo e terzo 
conuna, nonch� art. 6, quinto comma. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 35, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 19 luglio 1991, n; 216, art. 2, sesto comma, nella parte in cui non 
prevede la preventiva intesa fra lo Stato e le Province autonome di Trento 
e di Bolzano in ordine al decreto del Ministro dell'interno che dispone i con� 
tributi� di cui al medesimo art. 2 per il sostegno a iniziative attivate nell'ambito 
dei rispettivi territori provinciali. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 36, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 19 luglo 1991, n. 216, art. 6, nella parte in cui estende la disciplina 
prevista dallo stesso articolo alle Province autonome di Trento e di Bolzano. 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 36, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice di procedura civile, art. 825 (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 4 marzo 1992, n. 80, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non 
prevede che non possa partecipare al giudizio il giudice che abbia proceduto 
al riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva ai sensi dell'art. 
309 dello stesso codice (artt. 76 e 25 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 


RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 103, quinto comma (artt. 3, 36 e 97 della 
Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 96, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 3, secondo comma, nella parte in cui 
subordina la corresponsione della pensione di anzianit� alla cancellazione 
dagli albi di awocato e di procuratore (artt. 3, 4, primo comma, 35, primo 
comma e 38, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 28 febbraio 1992, n. 73, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 

d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, sesto comma [convertito in legge 
11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 18 marzo 1992, n. 107, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. 

d.I. 
27 giugno 1985, n. 312, art. 1-sexies, aggiunto dalla legge 8 agosto 1985, 
n. 
431 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 febbraio 1992, n. 67, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 
legge 26 settembre 1985, n. 482, art. 2 (art. 53 della Costituzione). 
Sentenza 5 febbraio 1992, n. 42, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 


legge 26 settembre 1985, n. 482, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 27 dicembre 1991, n. 494, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 


legge reg. Emilia-Romagna 23 aprile 1987, n. 16, art. 3, primo comma. 
Sentenza 24 febbraio 1992, n. 66, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 

legge reg. Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25, art. 10, secondo comma (artt. 117, 
118 e 42 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 511, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 27 ottobre 1988, n. 482, art. 2, quinto comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 95, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

legge 21 novembre 1988, n. 508, art. 5 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1992, n. 3, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. 

legge 15 febbraio 1989, n. 51, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 30 dicembre 1991, n. 510, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 


disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura 
penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, art. 156, 
secondo comma, nella parte in cui non prevede, nel procedimento pretorile, 
in caso di opposizione della percona offesa alla richiesta di archiviazione, l'audizione 
delle parti in camera di consiglio (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1992, n. 94, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 63, primo comma, seconda proposizione 
[nel testo risultante dopo la modifica apportata dall'art. 7 del d.P.R. 
15 luglio 1982, n. 463] (art. 76 e 77, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 18 febbraio 1992, n. 51, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 18 febbraio 1992, n. 50, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33, terzo conuna, seconda proposizione 
[nel testo risultante dopo la modifica apportata dall'art. 2 del d.P.R. 
15 luglio 1982, n. 463] (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 18 febbraio 1992, n. 51, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 27 dicembre 1991, n. 494, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 
d.l. 
23 dicembre 1976, n. 850, art. 1 [convertito in legge 21 febbraio 1977, 
n. 
29] (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 88, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 
combinato disposto legge 7 febbraio 1978, recte 1979, n. 29, art. 2, comma 
terzo e legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13. (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1991, n. 508, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 55 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 22 gennaio 1992, n. 2, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. 

d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14-septies [introdotto con la legge 29 febbraio 
1980, n. 33] (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1992, n. 88, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. 

legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5, terzo comma, n. 3 (art. 3 della Costituzione). 


Sentenza 3 febbraio 1992, n. 31, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 11 luglio 1980, n. 312, art. 61, secondo comma (art. 28 della Costituzione). 


Sentenza 24 febbraio 1992, n. 64, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 50, n. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 3 febbraio 1992, n. 31, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

40 RASSEGNA AVVOCATURA DJlLLO STATO 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 17 (artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 1&, 
19, 20, 21, 24, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 10, 11; 12; 13; 14; 15 e 16, primo comma, dello 
statuto spec. prov. Bolzano). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1991, n. 1. 

legge reg. siciliana; approvata 1'1-2 maggio 1991 (artt. 28 e 29 dello statuto 
spec. reg. sicilian�). � 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 484, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge approvata dall'Assemblea regionale sicfilana nella seduta n. 370 dell'l-2 
maggio 1991 (art. 28 statuto reg. siciliana). 

Sentenza 24 gennaio 1992, n. 16, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. 

legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 2 maggio 1991 (art. 28 
statuto spec. reg. siciliana). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 493, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge reg .. siciliana approvata il 2 maggio 1991, art. 1 (art. 14, lett. q) dello 
statuto speciale). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 493, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. 

legge 4 giugno 1991, n. 186, art. 2, primo comma, lett. a), b) e g) (artt. 8, 
nn. 5, 17 e 18; 14, primo comma; 16, primo comma, dello statuto spec. prov. 
Bolzano). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 4 giugno 1991, n. 186, art. 2, primo comma, lett. c) e i) (artt. 8, nn. 5, 
17 e 18; 14, primo comma; 16, primo comma, dello statuto speciale prov. 
Bolzano). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 4 giugno 1991, n. 186, art. 2, primo comma, lett. n) (art. 8, nn. 5, 
17 e 18; 14, primo comma; 16, primo comma, dello statuto speciale prov. 
Bolzano). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 6 giugno 1991, n. 175, artt. 2, secondo comma, 3, secondo e terzo comma, 
e 25, primo comma (artt. 5, n. 3, e 16, primo comma, dello statuto speciale 
per il Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 40, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge reg. siciliana 19 giugno 1991, n. 39, art. 4, secondo comma (artt. 14 e 
17 dello statuto spec. reg. siciliana). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 35, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 


�J9
PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

dJegvo 28 luglio 1989, n. 271, art. 210 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 41, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

d.l. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, quarto comma quinquies [convertito in 
legge 28 febbraio 1990, n. 37] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 27 dicembre 1991, n. 490, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

d.l. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, quarto comma quinquies [convertito 
in legge 28 febbraio 1990, n. 37] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 27 dicembre 1991, n. 491, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 4 maggio 1990, n. 107, art. 13 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Sentenza 18 febbraio 1992, n. 52, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. 

legge 11 maggio 1990, n. 108, art. 5 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 4 marzo 1992, n. 82; G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 1 (artt. 3, lett. d), 5, 7 e 8 dello statuto spec. 
reg. Valle d'Aosta). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 20, ottavo comma (artt. 8, n. 19; 9, n. 9; 12; 13; 
104, primo comma e 107 dello statuto spec. prov. Bolzano). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 20, ottavo comma, e 24 (artt. 7 e 8 dello 
statuto spec. reg. Valle d'Aosta). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 2 (artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, rn, 19, 20, 
21, 24, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 10, 11; 12; 13; 14; 16, primo comma; titolo VI; 104 e 107 
dello statuto spec. prov. Bolzano). 

Sentenza .27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 4, primo, terzo e quinto comma (artt. 8, 
nn. 5, 10, 18 e 21; 16 dello statuto spec. prov. Trento). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1991, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 4, primo, terzo, quarto, quinto comma (art. 8, 
nn. 3, 5, 6, 9, 10, 16, 17, 18, 21 dello statuto prov. Bolzano). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1991, n. 1. 

legge 9 gennaio 1991, n. 10, artt. 8, 10 e 13, primo conuna (artt. 8, nn. 8, 9, 17, 
20, 21; 9, nn. 3, 11; 15; 16, primo comma dello statuto spec. prov. Bolzano). 

Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1991, n. 1. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 19 luglio 1991, n. 216, artt. 1, 2, primo, secondo, terzo, quarto, quinto 
e settimo cQDlDla, e 3 (artt. 8, 9, 16, 78, 79 e 80 dello statuto spec. Trentino-Alto 
Adige e 119 della Costituzione). 

Sentenza 5 febbraio 1992, n. 36, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. 

legge 8 agosto 1991, n. 252, artt. 1, primo comma, e 2, primo comma (artt. 8, 

n. 21; 9, nn. 3 e 8; e 16 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige, titolo, VI 
di tale statuto e art. 136 della Costituzione). 
Sentenza 4 marzo 1992, n. 78, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. 

legge 11 agosto 1991, n. 266, artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10, 12, primo 
comma, lett. d), e) e g), e 15 (artt. 8, nn. 1, 4, 25 e 29; 9, n. 10; e 16 dello statuto 
spec. reg. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 28 febbraio 1992, n. 75, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 

legge 11 agosto 1991, n. 266, artt. 10, secondo co;nuna, lett. a), b), e) ed f), 12, 
primo comma, e 15 (artt. 8, rin. 1, 4, 25 e 29; 9, n. 10; e 16 dello statuto spec. 
Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 28 febbraio 1992, n. 75, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 

. legge 11 agosto 1991 n. 266, artt. 10, secondo comma, lett. e), d) e) e g), e 6 
(titolo VI dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige e art. 81 della Costituzione). 


Sentenza 28 febbraio 1992, n. 75, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. 


CONSULTAZIONI 


CONTABILITA PUBBLICA � Sistema di tesoreria unica � Conti correnti presso 
l'Istituto cassiere del RAI � Se siano infruttiferi. 

Se, in seguito all'istituzione del sistema di tesoreria uniica, i conti 
correnti di gestione aperti presso l'Istituto cassiere del RAI siano divenuti 
infruttiferi {es. 2879/91). 

CONTRATTI (IN GENERa) -Contratti della Pubblica Amministrazione � Acquisti 
da parte delle istituzi�ni scolastiche -Certificazione cd. � antimafia � � 
Se sia necessaria. 

Se sia necessario provvedere �all'acquisizione della �certificazione cd. 
�antimafia � anche per gli aequisti operati dalle istituzioni scolastiche 
(es~ 9859/90). 

CoNTRATtt (IN GENERE) � Contratti della Pubblica Amministrazione � Trat� 
tativa privata � Gara informale � Se sia compatibile. 

Se sia compatibile con il ricorso alla trattativa privata il precedente 
espletamento di una gara informale minutamente regolata (es. 3138/91). 

DEMANIO -Demanio storico-artistico -Alienabilit�. 

Se i beni appartenenti al demanio� storico-airtistico siano alienabili ad 
enti pubblici non territoriali (es. 1326/91). � 

DOGANA -Diritti doganali . Ritardato pagamento � Computo degli interessi. 

Se .il nuovo sistema di computo degli interessi (a mese anzich� a 
semestri) introdotto dall'art. 25 l. n. 9/91 si applichi an~he ai rapporti 
sorti anteriormente all'entrata in vigore �di detta nm;mativa (es. 6981/91). 

ENTI PUBBLICI " Croce Rossa Italiana -Membri di commissioni -Gettoni 
di presenza. 

Se ed in quali ipotesi cl,ebba essere corrisposto ai dipendenti della 
Croce Rossa Italiana membri di varie Commissioni il gettone di presenza 
relativo ai lavori delle stesse ~es. 1382/91). 

ESECUZIONE FORZATA -Pignoramento presso terzi � Invalidi civili � Prowidenze 
economiche -Pignorabilit�. 

Se siano pignorabili le provvidenze economiche (pensioni di invalidit�; 
indennit� di accompagnamento) spettanti agli invalidi civili ed erogate 
dal Ministero degli Interni (es. 3170/89). 



44 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

FIDEIUSSIONE (CONTRATTO DI) -Garanzia concessa per operazioni di credito 
navale -Contenuto. 

Quale contenuto debba avere lo schema tipo di fideiussione prestato 
a garanzia di operazioni di credito navale, anche alla luce delle contestazioni 
giudiziarie insorte con riferimento alle polizze fideiussorie precedentemente 
adottate (es. 4946/91). 

IMPIBGO PUBBLICO -Sospensione cautelare in pendenza di procedimento 
penale -Inizio del procedimento disciplinare -Termine. 

Se il termine di 180 giorni decorrente dalla sentenza di proscioglimento 
per <l'inizio del procedimento disciplinare nei confronti di pubblico 
dipendente sottoposto a procedimento disciplinare si applichi solo nel 
caso di intervenuta sospensione cautelare (es. 6794/91). 

IMPIEGO PUBBLICO -Trattamento economico -Indennit� di direzione Dirigenti 
USL -Se debba entrare nel computo dello stipendio. 

Se l'indennit� di direzione spettante ai dirigenti USL poi comandati 
presso i Commissari straordinari per la ricostruzione delle zone terremotate 
debba essere computata nello stipendio ai fini della maggiorazione 
di cui all'art. 84 legge n. 219/81 (es. 3202/91). 

ISTRUZIONE E SCUOLE -Scuole non autorizzate -Riconoscimento legale da 
parte della Regione Sicilia -Effetti. 

Quali effetti possano derivare dal riconoscimento legale operato dalla 
Regione Sicilia di scuole per odontotecnici e ottici cui dalla stessa Regione 
sia stata precedentemente negata la autorizzazione di cui all'art. 140 

t.u. n. 1275/31 (es. 5280/91). 
NAVE -Contributi per la costruzione -Navi destinate alla ricerca -Se 
spettino in caso di successiva diversa utilizzazione. 

Se spettino i contributi al cantiere per la costruzione di navi mercantili 
anche per navi originariamente destinate alla ricerca e successivamente 
utilizzate per attivit� militari (es. 7687/90). 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Pubblico ufficiale -Personale addetto agli 
USTIF -Se rivestano tale qualifica. 

Se rivestano la qualifica di ufficiali ovvero di agenti di polizia giudiziaria 
i dipendenti degli Uffici Speciali per i Trasporti ad Impianti 
Fissi (es. 4503/91). 

RISCOSSIONE DELLE ENTRATE PATRIMONIALI -Recupero aiuti alla trasformazione 
di ortofrutticoli -Modalit�. 

Con quali modalit� possa procedersi al recupero di crediti vantati 
dall'AIMA per il recupero di aiuti alla trasformazione di ortofrutticoli 
(es. 4094/91). 



PARTE li, CONSULTAZIONI 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Immobili non iscritti 

in catasto -Valutazione automatica in base al reddito catastale .. 

Liquidazione dell'imposta -Termini. 

Se, allorquando il contribuente, acquirente di immobile non ancora 
catastalmente censito, dichiari di volersi avvalere della particolare procedura 
volta alla valutazione automatica in base al reddito catastale, 
la richiesta dell'imposta da parte dell'Ufficio finanziario sia sottoposta ad 
un termine, e con quale decorrenza (es. 6936/91). 

TRIBUTI (IN GENERALE) -Agevolazioni per le operazioni BEI -Se si applichino 
ai prestiti di riconversione fatti dalla CECA. 

Se le agevolazioni fiscali previste per le operazioni della Banca 
Europea Investimenti si applichino anche ai prestiti di riconversione della 
CECA agli istituti finanziari, ai negozi accessori ed ai successivi prestiti 
accordati dagli istituti stessi alle singole imprese (es. 3279/91). 

TRIBUTI (IN GENERALE) -Tassa specale per fuoristrada e caravan -Quando 
debba essere corrisposta. 

Se debba essere corrisposta la tassa speciale per fuoristrada e caravan 
di cui alla legge n. 202/91 anche se gli stessi siano stati consegnati per 
la rivendita o per essi sia stata annotata la perdita di possesso prima 
dell'l maggio 1991, ma siano coperti da un pagamento di tasse automobilistiche 
con scadenza successiva a detta data (es. 7667/91).