Spedizione in abbonamento postale 70% -Filiale di Roma ANNOLI-N. l-2 GENNAIO -GIUGNO 1999 ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1999 Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO LI -N. 1-2 GENNAIO -GIUGNO 1999 RAEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1999 ABBONAMENTI ANNO 1999 ABBONAMENTO ANNuo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 70.000 UN NUMERO SINGOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18.000 UN NUMERO DOPPIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36.000 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Via Marciana Marina, Pal. A-00198 Roma Tel. 0685084127 -0685082307 e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219049) Roma, 1999 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. INDICE CERIMONIA D'INSEDIAMENTO DELL'AWOCATO GENERALE DELLO STATO PLINIO SACCHETTO: DISCORSI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E DELL'AWOCATO GENERALE DELLO STATO pag. XV Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: Sezione seconda: Sezione terza: Sezione quarta: Sezione quinta: Sezione sesta: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura di Ignazio Francesco Caramazza) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura di Oscar Fiumara) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIURISPRUDENZA DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILE (a cura di Sergio Laporta) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura di Raffaele Tamiozzo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura di Carlo Bafile) . . . . GIURISPRUDENZA PENALE (a cura di Paolo di Tarsia di Belmonte) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 25 83 113 198 243 Parte seconda: DOTTRINA -OSSERVATORIO LEGISLATIVO RASSEGNA BIBLIOGRAFICA -CONSULTAZIONI DOTTRINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 59 Comitato di redazione: C. Aiello -F. Basilica -R. De Felice P. Gentili -D. Giacobbe -G. Mangia -G. Palmieri P. Palmieri -G.P. Palizzi -F. Quadri -F. Sclafani L. Ventrella Hanno collaborato inoltre al presente numero: Giacomo Aiello Giuseppe Albano -Maurizio Borgo -Massimo Giannuzzi Maria Vittoria Lumetti -Domenico Mutino -Fabrizio Urbani Neri La pubblicazione diretta da PLINIO SACCHETTO ARTICOLI, NOTE, DOTTRINA, RECENSIONI Cerimonia d'insediamento dell'Avvocato Generale dello Stato Plinio Sacchetto: discorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri e dell'Avvocato Generale dello Stato. G. AIELLO, La clausola attributiva della competenza nelle polizze di carico . ..... . G. ALBANO, Il regime dell'affidamento dei lavori pubblici a trattativa privata dopo la Merloni-ter. ................................................. . F. BASILICA, Il caso delle auto blu ed il difetto di legittimazione all'accesso del Codacons . ............................................................ . F. BASILICA, La riforma dell'immigrazione al primo esame della Corte di Cassazione e la novit contenuta nel Decreto Legislativo 13 aprile 1999, n. 113 . ......... . M. BORGO, Apprensione," sine titulo, di area privata da parte della P A.: individuazione del momento acquisitivo della propriet, in capo alla stessa. Problemi connessi alla formalizzazione dell'acquisto, operato dalla P .A.. . .................... . M. GIANNUZZI, Discrezionalit amministrativa e sindacato del giudice penale tra corruzione propria e corruzione impropria. . ................................ . M. V. LUMEITI, Ballottaggio e programmi di governo locale . ................. . G. MANGIA, L'accesso ai documenti amministrativi e il rispetto della legge sulla pri. vacy, con particolare riferimento all'attivit contrattuale di diritto privato della Pubblica Amministrazione. . ........................................... . D. MUTINO, I conflitti di amministrazione tra incertezze e metamorfosi degli interessi pubblici............................................................. . G. PALMIERI, Brevi osservazioni in tema di atti di alta amministrazione. . ....... . G. PALMIERI, La prova di preselezione informatica. . ....................... . P. PALMIERI, Ancora una pronuncia in tema di retribuzione di mansioni superiori. Una questione ancora dibattuta in attesa della definitiva attuazione dell'art. 56 del decreto legislativo n. 29/93. . ...................................... . F. SCALFANI, La prassi interpretativa della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi sul rapporto tra accesso e riservatezza . ................... . pag. XV I, 71 Il, 3 I, 145 I, 102 Il, 11 I, 246 Il, 16 Il, 51 Il, 26 I, 133 I, 194 I, 140 Il, 36 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ARBITRATO -Lodo -Impugnazione per nullit Intervento del terzo -Ammissibilit Esclusione, 94. ATTO AMMINISTRATIVO -Accesso ai documenti -Attivit di diritto privato della pubblica amministrazione Configurabilit, 113. -Accesso ai documenti amministrativi Istanza presentata da un deputato al Parlamento -Legittimazione -Status di parlamentare -Insussistenza, 192. -Diritto d'accesso -Interesse rilevante Insussistenza di un interesse personale e concreto del Codacons ad accedere alla documentazione sull'uso delle c.d. auto blu, con nota di F. BASILICA, 145. CITTADINANZA -Diritto internazionale in genere Disciplina ex art. 10, terzo comma legge 555 del 1912 -Perdita automatica della cittadinanza per il solo fatto del matrimonio della cittadina di quest'ultimo -Pronuncia di incostituzionalit ex sent. n. 87/75 -Efficacia retroattiva -Limiti -Nel caso di matrimonio celebrato prima del 1 gennaio 1948, 87. COMUNIT EUROPEE -Concorrenza -Abuso di posizione dominante -Norme bancarie uniformi Apertura di credito in conto corrente e fideiussione omnibus, 48. -Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale -Clausola attributiva di competenza -Forma ammessa dagli usi del commercio internazionale, con nota di G. AIELLO, 70. -Diritto di stabilimento -Libera prestazione di servizi -Medici -Specializzazioni mediche -Riconoscimento di diplomi Obbligo di retribuzione -Effetto diretto, 59. -Imposta di consumo sulle banane Ripetizione dell'indebito -Conseguenze dell'incompatibilit con il diritto comunitario di un tributo nazionale Disposizioni di rimborso di diritto interno, 26. -Imposta di consumo sulle banane Ripetizione dell'indebito Regole procedurali nazionali, 26. -Imposta di consumo sulle banane Ripetizione dell'indebito -Traslazione dell'imposta -Onere della prova, 26. - Imposte gravanti sulla raccolta di capitali Fusione di societ -Incorporazione ad opera di una societ che gi detiene l'intero capitale sociale delle societ incorporate, 36. - Imposte gravanti sulla raccolta di capitali Imposta sul patrimonio netto delle imprese, 35. -Libera circolazione delle persone -Parit di trattamento -Regime linguistico applicabile ai procedimenti penali -Lingua tedesca nella provincia di Bolzano, 43. -Tasse di concessione governativa Ripetizione dell'indebito -Conseguenze dell'incompatibilit con il diritto comunitario di un tributo nazionale Regole di competenza giurisdizionale e disposizioni di rimborso di diritto interno, 25. CONCORRENZA -Intesa restrittiva -Pratiche concordate Provvedimenti dell'Autorit Garante della Concorrenza e del Mercato -Procedimento -Prova -Mercato rilevante -Definizione Parallelismo oligopolistico -Non esclude le pratiche concordate Sanzioni amministrative -Presupposti, 159. -Provvedimenti dell'Autorit Garante della Concorrenza e del Mercato -Poteri del titolare del diritto di esclusiva utilizzazione delle immagini di calciatori professionisti in tenuta da gioco -Cessione a terzi del diritto di esclusiva (parziale o totale) RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO VIII Intesa restrittiva della concorrenza vietata Configurabilit -Esclusione -Abuso di posizione dominante -Presupposti -Danni ai consumatori Dimostrazione Necessit, 158. CONCORSO -Esami a posti di notaio -Prova di preselezione informatica Mancato superamento -Domanda cautelare Ammissione con riserva alle prove scritte del concorso -Accoglimento, con nota di G. PALMIERI, 196. -Esami a posti di notaio -Prova di preselezione informatica Mancato superamento -Domanda cautelare Ammissione con riserva alle prove scritte del concorso -Rigetto, con nota di G. PALMIERI, 193. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione -Tra Provincia autonoma e Stato -Relativo ad un atto di giurisdizione -Ammissibilit -Limiti, 22. -Giudizio incidentale di legittimit Decisioni -Accoglimento -In genere Effetti -Retroattivit -Operativit -Limiti -Nel caso di norme incostituzionali ab inizio, 87. DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Atto discrezionale -Esercizio distorto della discrezionalit -Contrariet ai doveri di ufficio -Corruzione propria, con nota di M. GIANNUZZI, 245. -Corruzione impropria -Atto discrezionale Configurabilit, con nota di M. GIANNUZZI, 245. -Corruzione propria -Concorso formale con il reato di collusione -Configurabilit, con nota di M. GIANNUZZI, 245. DEMANIO -Trasformazione bene di propriet privata in bene demaniale -Acquisto per accessione Ammissibilit -Fattispecie, 83. ESECUZIONE DEL GIUDICATO -Ricorso in ottemperanza -Giudicato in materia pensionistica della Corte dei conti -Rivalutazione monetaria -Proponibilit innanzi al giudice amministrativo in sede di ottemperanza -Esclusione, 130. FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI -Ripartizione dell'attivo -Crediti in prededuzione -Imposte dovute in base al condono di cui alla legge 30 dicembre 1991 n. 413 -Inclusione -Fallimento e altre procedure concorsuali -Ripartizione dell'attivo -Vendita o realizzo di immobili gravati da cause speciali di prelazione Concorso tra creditori privilegiati e crediti prededucibili -Limiti -Tributi in generale -Sanatorie e condoni -Legge 30 dicembre 1991 n. 413 -Credito erariale conseguente al condono -Ipoteca a garanzia -Concorso con altre cause di prelazione -Effetti, 215. GIUDIZIO PENALE -Amministrazione dello Stato parte civile Avvocatura dello Stato difensore ex lege Procura ex lege -Nomina del sostituto Non richiesta, 243. -Decreto di rinvio a giudizio Modificazione del capo di imputazione da parte del GUP -Abnormit -Non sussiste Difformit fra dispositivo e motivazione Inapplicabilit dell'art. 456 c.p.p., a decreti ed ordinanze, 269. -Dichiarazione di incompetenza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 491 c.p.p. Abnormit Requisiti Insussistenza -Inoppugnabilit della sentenza, 270. - Reati commessi da magistrati -Persona offesa -Non il Ministero di Grazia e Giustizia, 273. GIURISDIZIONE CIVILE -Concessione lavori pubblici Giurisdizione A.G.O. -Legge n. 109/1994 e succ. modifiche -Controversie anteriori Competenza arbitrale -Sussiste, 93. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Sentenza esecutiva Ricorso per ottemperanza -Necessit del giudicato Legittimit, 13. IMMIGRAZIONE -Decreto pretorile -Ricorso per cassazione Inammissibilit dell'impugnazione, con nota di F. BASILICA, 102. IMPIEGO PUBBLICO -Concorsi -Universit -Predeterminazione criteri di valutazione -Obbligo -Sussiste, 155. INDICE ANALITICO ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Concorso universitario -Procedimento Commissione giudicatrice -Astensione e incompatibilit -Cause -Rapporto professionale stabile tra commissario d'esame e candidato -Dovere di astensione -Sussiste, 152. -Dirigenti generali -Nomina -Atto di alta amministrazione -Motivazione -Necessit, con nota di G. PALMIERI,131. . -Responsabilit amministrativa Limitazione ai casi di dolo e colpa grave Ragionevolezza -Non fondatezza, 8. PROCEDIMENTO CIVILE -Notificazioni -Notifica a mezzo del servizio poste -Art. 8 legge 20 novembre 1982 n. 890 -Assenza o rifiuto del destinatario e delle altre persone legittimate a ricevere l'atto -Omessa previsione -Incostituzionalit, 3. -Notificazioni -Notifica a mezzo del servizio postale -Art. 8 legge 20 novembre 1982 n. 890 -Deposito del piego presso l'ufficio postale -Mancato ritiro da parte del destinatario -Restituzione al mittente dopo dieci giorni -Incostituzionalit, 3. PROCEDURA PENALE -Contestazione originaria risultante dal capo di imputazione Condanna per fatto risultante da successive integrazioni Identit sostanziale del fatto contestato Principio di correlazione tra accusa e sentenza -Violazione -Esclusione, con nota di M. GIANNUZZI, 245. -Giudizio di appello -Rito camerale Legittimo impedimento dell'imputato Mancato preannuncio al giudice dell'intenzione di partecipare all'udienza camerale -Richiesta di rinvio dell'udienza -Rigetto -Legittimit, con nota di M. GIANNUZZI, 245. -Giudizio di appello -Rito camerale Legittimo impedimento del difensore Non comparizione del difensore in camera di consiglio -Rilevanza quale causa di nullit -Esclusione, con nota di M. GIANNUZZI, 245. -Omesso deposito da parte del p.m. di tutti gli atti di indagine -Declaratoria di inutilizzabilit degli atti non depositati Ordinanza che dispone il giudizio abbreviato -Invalidit -Esclusione, 262. -Ricorso per Cassazione dell'imputato Richiamo ai motivi dedotti da altri coimputati -Inammissibilit, 262. REATI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO -Associazione a delinquere -Mancanza di un'organizzazione con gerarchie interne e distribuzione di cariche Vincolo associativo esteso ad un generico programma delittuoso -Sussistenza del reato, 263. REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Inserimento del privato in un sistema di mercanteggiamento dei pubblici poteri Sistematicit della pratica della tangente Concussione ambientale Inconfigurabilit, 263. SANIT PUBBLICA -USL -Personale -Stipendi e assegni Mansioni superiori -Rilevanza Esclusione, con nota di P. PALMIERI, 140. TRIBUTI (in generale) -Accertamento -Istruttoria -Perquisizioni Perquisizioni sull'ambito del processo penale e perquisizioni amministrative Forme e autorizzazioni -Mezzi di tutela, 221. -Contenzioso tributario -Nuovo rito Ricorso per cassazione -Art. 360 n. 5 codice procedura civile Applicabilit, 240. -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione -Notificazione -Inesistenza e nullit -Consegna dell'atto alle parti nel domicilio reale -Sanabilit, 206. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sul reddito delle persone fisiche Fallimento del contribuente Dichiarazione del curatore ex art. 125, I comma, TUIR-Effetti, 198. -Imposta sul reddito delle persone fisiche Fallimento del contribuente -IRPEF dovuta per l'anno in corso -Opponibilit ai creditori -Esclusione, 198. -Imposta sul reddito delle persone fisiche Fallimento del contribuente -Periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la dichiarazione di fallimento -Autonoma obbligazione d'imposta ai fini IRPEF Esclusione, 198. -Imposta sul reddito delle persone fisiche Redditi di capitale -Obbligazioni di societ commerciali -Ritenuta alla fonte operata dalla societ emittente su somme erogate a Rimborso dell'imposta versata -Termini, 225. Esclusione, 211. Rimborso dell'imposta versata -Termini, 225. Esclusione, 211. RASSEGNA AVVOCATIJRA DELLO STATO X titolo di rivalutazione del capitale asseritamente non imponibili prima della vigenza del TUIR -Domanda di rimborso del sostituto d'imposta -Sopravvenuta imponibilit dei proventi in base al TUIR Retroazione -Sussistenza -Condizioni Effetti, 207. -Imposte sul reddito -Reddito risultante dalla dichiarazione -Liquidazione dell'imposta art. 36-bis decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600 - Condonabilit -Esclusione, 213. -ILOR -Esenzione decennale per i redditi derivanti da impianti riammodernati nel Mezzogiorno -Applicazione -Modalit Applicazione immediata o differita all'atto del riconoscimento dell'Ufficio -Facolt di scelta del contribuente, 225. -ILOR -Esenzione decennale per i redditi derivanti da impianti riammodernati nel Mezzogiorno -Applicazione differita -ILOR -Esenzione decennale per i redditi derivanti da impianti riammodernati nel Mezzogiorno -Natura, 225. -IRPEG -Reddito d'impresa -Elementi negativi -Somme versate per sanatoria di infrazioni tributarie -Sanatoria disposta con decreto-legge 10 luglio 1982 n. 429 Detraibilit -Limiti -Principi di inerenza e di competenza -Limiti, 232. -Societ di persone -Accertamento in capo alla societ -Effetti nei riguardi dei singoli soci -Automaticit -Esclusione, 237. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Rimborsi Fideiussione -Giurisdizione ordinaria, 204. -Imposta sul valore aggiunto -Rimborso Interessi dovuti dall'Amministrazione Finanziaria -Anatocismo -Spettanza INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 23 settembre 1998, n. 346 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 11-20 novembre 1998, n. 371 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 12 dicembre 1998, n. 406 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 11febbraio1999, n. 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE. Plenum, 22 ottobre 1998, nelle cause riunite da C-10/97 a C-22/97 ............. . pag. 25 Sez. 6, 27 ottobre 1998, nella causa C-4/97 .............................. . 35 Sez. 6, 27 ottobre 1998, nella causa C-152/97 ............................ . 36 Plenum, 24 novembre 1998, nella causa C-274/96 ......................... . 43 Sez. 6, 21gennaio1999, nelle cause riunite C-215/96 e C-216/96 ............. . 48 Sez. 5, 9 febbraio 1999, nella causa C-343/96 ............................ . 26 Sez. 5, 25 febbraio 1999, nella causa C-131/97 ........................... . 59 Plenum, 16 marzo 1999, nella causa C-159/97 ............................ . 70 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 3 luglio1998, n. 6518 .......................................... . pag. 198 Sez. Un., 28 luglio 1998, n. 7395 ...................................... . 204 Sez. I, 5 settembre 1998, n. 8835 ...................................... . 206 Sez. I, 11 settembre 1998, n. 9023 ...................................... . 207 Sez. I, 23 settembre 1998, n. 9497 ...................................... . 211 Sez. I, 9 ottobre 1998 n. 9965 ......................................... . 213 Sez. I, 26 ottobre 1998 n. 10614 ....................................... . 215 Sez. I, 27 ottobre 1998 n. 10664 ....................................... . 221 Sez. I, 4 novembre 1998 n. 11053 ...................................... . 225 Sez. Un., 6 novembre 1998, n. 11211 .... , .............................. . 83 Sez. I, 19 novembre 1998 n. 11653 ..................................... . 232 Sez. Un., 27 novembre 1998, n. 12061 .................................. . 87 Sez. Un., 17 dicembre 1998, n. 12622 ................................... . 93 Sez. I, 11gennaio1999 n. 166 ........................................ . 237 Sez. I, 22 gennaio 1999 n. 580 ................................... ..... . 240 Sez. I, 9 febbraio 1999, n. 1082 ........................................ . 102 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 28 aprile 1999, n. 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 113 Ad. Plen., 28 aprile 1999, n. 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA XII Ad. Plen., 28 aprile 1999, n. 6 ......................................... . pag. 113 Sez. IV, 8 febbraio 1999 n. 128 ........................................ . 130 Sez. IV, ordinanza 2 marzo 1999, n. 421 ................................. . 195 &l Sez. IV, 11marzo1999, n. 260 ........................................ . 131 Y. Sez. V, 19 marzo 1999, n. 290 ......................................... . 140 I I & Sez. VI, 3 dicembre 1998, n. 1649 ..................................... . 145 ?: Sez. VI, 11gennaio1999, n. 8 ........................................ . 152 Sez. VI, 1febbraio1999, n. 99 ........................................ . 155 Sez. VI, 17 febbraio 1999, n. 172 ...................................... . 158 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO Sez. I, 9 novembre 1998, n. 3143 ...................................... . pag. 192 Sez. I, ordinanza 24 febbraio 1999, n. 684 ................................ . 193 Sez. I, 7 aprile 1999 n. 873 ........................................... . 159 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE. Sez. III, 10 febbraio 1997 n. 257 ....................................... . pag. 243 Sez.VI, 28 novembre 1997-4 febbraio 1998, n. 1319 ........................ . 245 Sez. VI, 30 marzo 1998 n. 468 ........................................ . 262 Sez. VI, 16 novembre 1998 n. 3658 .................................... . 269 Sez. VI, 24 novembre 1998 n. 3746 .................................... . 270 Sez. VI, 13 aprile 1999 n. 751 ......................................... . 273 PARTE SECONDA DOTTRINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 I If I CERIMONIA D'INSEDIAMENTO DELL'AVVOCATO GENERALE DELLO STATO PLINIO SACCHETTO Roma, 22 giugno 1999 DISCORSO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ON. MASSIMO D'ALEMA Desidero innanzitutto ringraziare il Presidente della Repubblica per aver voluto partecipare a questa cerimonia di insediamento del nuovo Avvocato Generale dello Stato, Dott. Plinio Sacchetto. Ritengo sia un appuntamento significativo che ci offre la possibilit di sottolineare il ruolo di questo Istituto nella piena espressione dello Stato di diritto e nel1 'affermazione di quei principi di legalit e giustizia che rappresentano una componente essenziale nell'amministrazione della cosa pubblica. noto che nel nostro ordinamento la difesa dello Stato affidata da sempre ad un organo tecnico che assume in forma organica ed esclusiva la rappresentanza e l'assistenza in giudizio della Pubblica Amministrazione. Non a caso la nascita dell'Avvocatura dello Stato risale al 1875 e segue di pochi anni quella dello Stato unitario. Questa lunga tradizione ha progressivamente rafforzato il ruolo dell'Avvocatura dello Stato nell'individuazione del punto di giustizia nei rapporti tra il cittadino e la pubblica autorit, soprattutto sotto il profilo dell'assicurazione di una unit di indirizzo nella difesa dell'interesse pubblico. Su ci ha certamente pesato in positivo, la scelta di aver incardinato tale Istituto nell 'Ammistrazione statale -esso fa capo direttamente alla Presidenza del Consiglio -ma in una posizione di indipendenza nei confronti dei diversi apparati amministrativi che rappresenta e consiglia. Da questo punto di vista ritengo sia un aspetto certamente positivo il fatto che gli avvocati dello Stato -appartenendo ad un corpo professionale autonomo e incaricato in via istituzionale di provvedere alla tutela della Pubblica Amministrazione -possano cogliere l'interesse pubblico in una visione d'insieme che trascende l'ottica di una difesa contingente dell'interesse particolare dell'Amministrazione per rivolgersi, costantemente, all'interesse generale della collettivit. Il valore del nostro sistema di rappresentanza e difesa in giudizio dell'Amministrazione risulta, quindi, costituito da un corpo altamente qualificato di professionisti che, in quanto pubblici funzionari, operano alle dipendenze dello Stato ma, in quanto avvocati, esercitano la loro attivit con l'autonomia e l'indipendenza professionali che ogni avvocato deve avere per assolvere nel modo migliore al proprio lavoro. una soluzione, del resto, comune ad altri ordinamenti giuridici (Austria, Spagna, Svizzera, Norvegia, solo per citare alcuni esempi) e che si rivelata particolarmente efficace nel corso del tempo, oltre ad apparire tuttora, in un'epoca caratterizzata da profondi mutamenti istituzionali, come una soluzione irrinunciabile poich priva di una valida e convincente alternativa. Non a caso la stessa proposta di revisione della seconda parte della Costituzione, elaborata dalla Commissione bicamerale per le riforme costit~zionali, RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO XVIII prevedeva per la prima volta un esplicito rilievo per l'Avvocatura dello Stato, con una sottolineatura particolarmente significativa delle sue funzioni di tutela ed assistenza della Pubblica Amministrazione. Non questa la sede per ripercorrere le tappe del processo storico di formazione del nostro sistema di giustizia amministrativa. Credo sia sufficiente ricordare come l'Avvocatura dello Stato ha assolto ad un ruolo di primissimo piano sin da quando si pose la necessit di interpretare la legge che aboliva il contenzioso amministrativo contribuendo, in questo modo, all'elaborazione di quella dottrina in materia di distinzione tra diritti ed interessi che pure oggi oggetto di riflessione e giudizio, e delimitando il potere del giudice ordinario sull'atto amministrativo. In una fase storica successiva, i principi di democrazia e pluralismo introdotti dalla nostra Costituzione hanno delegato all'Avvocatura dello Stato compiti sempre pi delicati. Mi riferisco, in particolare, al ruolo dell'Istituto dinanzi alla Corte Costituzionale dove previsto che possa intervenire in difesa della legittimit delle leggi, quando il Governo lo ritenga necessario; a tutela delle competenze dello Stato in conflitto con quelle regionali; in rappresentanza del Governo in caso di conflitto con altri poteri; ed infine nei giudizi di ammissibilit dei referendum dove, secondo una definizione offerta dalla stessa Corte, l'Avvocatura dello Stato finisce coll'assumere una posizione di amicus curiae quale rappresentante dello Stato nella sua unit. giusto ricordare, inoltre, come lo sviluppo degli ordinamenti sovranazionali ed internazionali, abbia conferito all'Istituto funzioni di difesa dello Stato italiano sia dinanzi alla Corte internazionale dell' Aja sia, pi frequentemente, dinanzi alla Corte di Giustizia della Comunit Europea dove ha contribuito a rendere armonico ed equilibrato il progredire dell'unificazione europea. Ci, in particolare, ha significato tenere conto dell'immediata applicabilit della normativa comunitaria dinanzi ai giudici nazionali e, quindi, adottare iniziative di raccordo e coordinamento con l'attivit amministrativa in relazione all'evolversi dell'ordinamento comunitario. Il numero dei soggetti pubblici assistiti dall'Avvocatura dello Stato venuto, dunque, aumentando progressivamente sino ad investire l'estensione del patrocinio alle regioni e ad alcuni importanti organismi internazionali come la Commissione della Comunit Europea, la Banca Europea degli investimenti e la F.A.O .. Queste tendenze, ovviamente, vanno analizzate e interpretate anche alla luce di una crescente domanda di giustizia e del mutamento profondo subito dal contenzioso tradizionale dello Stato. Mutamento influenzato da diversi fattori, a partire dalla perdita progressiva di molti privilegi riservati all'Amministrazione nel processo civile e ad una evoluzione del processo amministrativo in senso sempre pi garantistico per l'amministrato. Tutto ci ha comportato, inevitabilmente, un cambiamento del ruolo dell 'avvocato dello Stato il quale appare non tanto come il difensore delle prerogative del potere esecutivo quanto come rappresentante di una parte pubblica che nel processo ormai uguale alle altre, pure perseguendo un obiettivo che non di parte, dal momento che deve costantemente ispirare la propria azione al rispetto della legalit e al perseguimento dell'interesse pubblico generale. Infine, se ci avviciniamo ai giorni nostri e ai temi del dibattito pi attuale, evidente che la crisi e l'evoluzione del modello di Stato sociale che abbiamo cono CERIMONIA DI INSEDIAMENTO sciuto, insieme ad un fenomeno diffuso di privatizzazione, stanno cambiando radicalmente le forme dell'intervento dello Stato nell'economia. Da un lato, importanti enti pubblici si trasformano in societ per azioni, dal1' altro nascono nuovi soggetti pubblici dotati di poteri incisivi di intervento con funzioni di regolamentazione e garanzia di interessi fondamentali che li pongono in una posizione di indipendenza rispetto al Governo. Mi riferisco alle autorit indipendenti per le quali l'ausilio dell'Avvocatura dello Stato, quale difensore pubblico istituzionale, sta diventando sempre pi rilevante, consolidandosi cos quella funzione di difesa imparziale della legge che l'Istituto che ci ospita gi svolge egregiamente nei giudizi di legittimit costituzionale. N va dimenticato, in questo scenario, il processo fondamentale di trasformazione dell'azione amministrativa conseguente alle pi recenti e incisive riforme del settore. Riforme che stanno innovando la stessa cultura dell'organizzazione e della gestione dei pubblici uffici, attuando cos una concezione diversa del rapporto tra il Cittadino e l'Amministrazione. Dal principio di autorit, muoviamo, dunque verso il principio del servizio, da svolgere -se saranno riprese le indicazioni che emersero dal lavoro della Commissione Bicamerale -in direzione della estensione del diritto comune alle prevalenti relazioni tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Questo complesso di evoluzioni e mutamenti, a mio avviso, non soltanto non rimuove ma accentua la necessit per la Pubblica Amministrazione di un organo di legalit. Un Istituto che sia in grado -come nel caso dell'Avvocatura dello Stato -di accompagnare, consigliare e difendere quando necessario la Pubblica Amministrazione, e con essa i diritti del Cittadino, in questo processo di trasformazione profonda che la legislazione interna e internazionale stanno determinando. N ritengo che la forte spinta verso un progressivo decentramento delle funzioni e dei poteri pubblici, renda in prospettiva meno necessaria una Avvocatura pubblica istituzionale in grado di funzionare come punto di raccordo tra l'ordinamento generale e quelli particolari, assicurando cos una linea di indirizzo unitaria su tutti gli snodi fondamentali di questa materia complessa. In un'ottica di questo genere, la funzione consultiva dell'Avvocatura dar un contributo prezioso all'eliminazione, in via preventiva, di un contenzioso vastissimo che danneggia innanzitutto il Cittadino dal momento che lo costringe a ricorrere al giudice per ottenere giustizia, ma anche l'Amministrazione e l'Avvocatura, perch impegnate entrambe in una mole enorme di cause ripetitive che si potrebbero evitare. E che danneggia infine -conseguenza certamente pi grave -la stessa attivit della Giustizia poich contribuisce ad allungare sempre di pi i tempi del processo. Ecco perch l'esigenza di individuare subito una linea di indirizzo chiara ed univoca essenziale, in primo luogo, per la stessa Pubblica Amministrazione che dovr cercare sempre pi di prevenire il contenzioso, componendo nel procedimento gli interessi in conflitto e traendo il pi rapidamente possibile le dovute indicazioni dagli orientamenti della giurisprudenza. Il tutto sotto la guida attenta ed esperta del suo difensore istituzionale. Vorrei dire, infine, che sono convinto -anche per le osservazioni qui svolte che l'esperienza preziosa acquisita dall'Avvocatura dello Stato in oltre un secolo di storia, potr essere utilizzata e valorizzata anche al momento del varo delle riforme RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO xx istituzionali che il Paese attende con urgenza, cos da evitare il sorgere di lunghe e costose fasi di contenzioso sulla interpretazione delle nuove norme. Confido, quindi, nelle capacit degli avvocati dello Stato e nel loro senso di responsabilit. Quelle capacit e quella responsabilit che hanno consentito ali'Avvocatura di svolgere sempre i suoi alti compiti con la professionalit che tutti conosciamo. Signor Avvocato Generale, la sua storia professionale di Avvocato dello Stato -interamente dedicata all'Avvocatura, prima come Avvocato distrettuale di Venezia e poi come Vice Avvocato Generale -consente di poter continuare a far sicuro affidamento sul ruolo di questo prestigioso Istituto. quindi con animo fiducioso che porgo a Lei e a tutti i suoi colleghi i miei auguri sinceri di buon lavoro. 1 fil i Ifil fil ~:-: ~~ ~if;. ~ ,< ' ' I ~ ~:il ti f:: !:: { k'. ~:: fil;: I!i 1 .,,.,,.,f.lfll111~.-l-,. DISCORSO DELL'AVVOCATO GENERALE DELLO STATO PLINIO SACCHETTO Signor Presidente della Repubblica, non posso innanzi tutto non rivolgere a Lei l'espressione del mio ringrazia mento pi vivo per avere accordato la Sua disponibilit -solo a pochi giorni di distanza dalla assunzione del Suo altissimo Ufficio -a presenziare a questa ceri monia: Presenza che onora profondamente l'Avvocatura dello Stato e conforta anche me personalmente a cercare di adempiere ai miei doveri secondo un modello ideale di impegno civile e sociale. Nell'accingermi ora a parlare dinanzi a Lei ed alle altre maggiori cariche dello Stato -in un clima che accentua la mia gratitudine per la fiducia accordatami e ad un tempo il senso di responsabilit per l'impegno che me ne deriva, tanto pi dopo le lusinghiere espressioni del Presidente del Consiglio -non posso non prendere l'avvio dalle considerazioni che, in analoghe occasioni, hanno formulato i miei pre decessori. Ora, la mia prima reazione, nel rileggere i loro discorsi, stata di personale preoccupazione e di disagio per la difficolt di aggiungere qualcosa di originale come sempre si vorrebbe poter fare -alla illustrazione gi fatta allora delle origi ni, della ragion d'essere, della esperienza e della funzione della Avvocatura dello Stato. Ma, re melius perpensa, mi sono detto che sarebbe stato assai pi sconcertante che -nel frattempo -quell'impostazione fosse superata e divenuta repentina mente inattuale. Perch anche la vita istituzionale, al pari della natura, non facit saltus -come anche i pi avveduti riformatori sanno bene -ed i cardini di un sistema, quando sono solidi e ben articolati, costituiscono la migliore garanzia per assicurarne la pi effica ce evoluzione: un'evoluzione come quella che proprio nell'ultimo periodo in atto. Certo, dopo aver ascoltato il Presidente del Consiglio -e non lo dico per adu lazione -mi trovo ancor pi a disagio, perch mi verrebbe naturale richiamarmi integralmente a tutto quello che Egli ha detto e delle sue parole non potrei -e non potr in effetti -che effettuare qualche nota a margine e qualche parafrasi. Ma penso che l'occasione non mi consenta di astenermi dall'aggiungere qualcosa. Cercher quindi anch'io di illustrare brevemente l'identit attuale e le possibi. lit future dell'Avvocatura, muovendo dalle sue caratteristiche strutturali tipiche per verificarne l'attitudine ad inserirsi costruttivamente nel processo in corso: e vorrei evitare che mi faccia velo l'attaccamento -per altro comprensibile -ad un Istituto al quale appartengo e nel quale ho prestato ininterrottamente servizio dal 1956. Ed allora, qual innanzi tutto l'identit dell'Avvocatura -nata nel 1875 -in questo scorcio di millennio cos gravido di domande, di attese e di speranze per il mondo ed anche per l'Italia? Credo di poter rispondere che, nella sua fun~ione al RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO XXII servizio delle Pubbliche Istituzioni, sempre stata e continua ad essere uno strumento preparato, vigile e operoso, attento a che il comportamento della Pubblica Amministrazione corrisponda all'evoluzione dell'ordinamento voluta dal Legislatore ed alla linea d'indirizzo indicata dal Governo. Non a caso, quindi, l'Avvocatura -sorta come organo di tutela in sede giudiziale degli interessi dell'Erario - divenuta ben presto organo di consulenza e patrocinio di tutte le Amministrazioni dello Stato (cos come di numerosi altri Enti che concorrevano a perseguire finalit d'interesse pubblico) ed stata ricondotta direttamente nella sfera della Presidenza del Consiglio, in modo da assicurarne l'obiettivit, il senso critico e la libert di giudizio: qualit necessarie per commisurare il perseguimento dell'interesse generale ad una visione che -al di l dei singoli problemi contingenti che si pongono alle Amministrazioni nelle loro specifiche competenze -consentisse un contemperamento, una ponderazione ed un raccordo dei diversi interessi pubblici concorrenti, nel quadro di una prospettiva mirata al bene della comunit dei cittadini. E tanto pi tale esigenza si rafforza quanto pi l'ordinamento generale si evolve, le strutture istituzionali si modificano ed il rapporto tra interesse generale e posizioni dei singoli si articola in modo diverso. Quindi, in un'ottica corretta della funzione dell'Avvocatura anche in sede giudiziaria, essa non doveva e non deve essere lo strenuo difensore del potere pubblico ad oltranza, perinde ac cadaver, ma lo strumento di una verifica e di un approfondimento per cui a volte necessario bens il ricorso alle vie giudiziarie ma per raggiungere nel comune interesse delle parti la interpretazione delle norme pi corrispondente alla volont del Legislatore. Ed a questa interpretazione -una volta che essa abbia raggiunto la sua compiuta elaborazione -l'Avvocatura deve portare l'Amministrazione ad adeguarsi, mettendo meglio a fuoco la sua azione ed i suoi procedimenti: secondo un iter di assistenza legale che ne investe tutte le possibili fasi ma non sarebbe a rigore -in un sistema ottimale -inevitabile, perch esiste come primaria (in ogni caso preliminare e non di rado in s sufficiente) l'azione consultiva, quella per cui gi ab origine il Mantellini ebbe a definire l'Avvocatura come Giudice prima ancora che come avvocato. Accostamento e confronto che esprime una peculiarit tipica -ed oserei dire unica -del nostro Istituto. Una peculiarit, per altro, che richiede un permanente, rapido e puntuale coordinamento tra Avvocatura e Amministrazioni, ordinariamente in modo diretto ma nelle questioni pi complesse, che investono pi Amministrazioni o che comunque coinvolgono problemi d'indirizzo politico-costituzionale -anche attraverso, e con l'intervento, della Presidenza del Consiglio: cos appunto come oggi particolarmente urgente e necessario. Ora, se questa l'attitudine coltivata dall'Avvocatura dello Stato nel corso della sua storia, non esito ad affermare che ancor oggi non esiste nessun'altra istituzione che abbia un patrimonio di esperienza delle problematiche giuridiche attinenti all'interesse pubblico cos ampia e diffusa come quella dell'Avvocatura. Non cercher a questo punto -posso assicurarlo -di ricostruire la storia d'Italia dall'angolo visuale dell'Avvocatura dello Stato; n -sottolineando l'am piezza della nostra preparazione -intendo interpretare riduttivamente altre presen CERIMONIA DI INSEDIAMENTO XXIII ze fondamentali nel percorso della vita istituzionale, come quella del Consiglio di Stato, ma voglio evidenziarne la diversit e cio la distinta ragion d'essere, perch, da un lato, l'attivit dell'Avvocatura estesa a tutti i settori dell'esperienza giuridica e giudiziaria che coinvolge la P.A. (da quella amministrativistica a quella civilistica a quella penalistica, in sede di consultazione preventiva come di gestione processuale) e, dall'altro, innestata sulle radici stesse della P.A. e preordinata a consentire la puntuale applicazione dei principi normativi alla realt operativa, traendone le indicazioni fondamentali per un indirizzo giuridico-amministrativo non avulso -appunto -dalla realt, ma aderente alle esigenze che le norme astratte sono dirette a realizzare. Ed oggi siamo arrivati ad una svolta decisiva, perch negli ultimi lustri si era verificata una progressiva ripartizione (se non, in qualche caso, frammentazione) delle competenze istituzionali che aveva accentuato la difficolt di una reductio ad unitatem: esigenza che da ultimo emersa in modo ineludibile, tanto vero che (come ha rilevato il Presidente del Consiglio) proprio in sede di definizione delle regole per il conferimento di funzioni dello Stato alle Regioni ed agli enti locali la legge n. 59 del 1997 (legata al nome del prof. Bassanini) ha avvertito la necessit di operare una riforma dell'amministrazione centrale e periferica dello Stato (oltre che la ridefinizione delle regole essenziali dell'attivit amministrativa). E proprio nei giorni scorsi questa riforma stata messa a punto, prevedendo una radicale ristrutturazione, ed un ridimensionamento di modelli operativi altrettanto innovativo, dei Ministeri sinora esistenti. A questo punto, potrebbe sembrare pretenzioso e superfluo ricordare -in questa occasione ed a questo uditorio -che l'unit ed indivisibilit della Repubblica restano, e tanto pi di fronte all'amplissimo conferimento di poteri e di funzioni alle regioni ed agli enti locali di cui ho appena fatto cenno, l'asse portante dell'ordinamento costituzionale. Ma proprio in questo contesto essenziale che l'omogeneit dei fini generali e la coerenza dei criteri di massima diretti a realizzarli siano garantiti sul piano tecnico-giuridico dall'unitariet dell'azione legale: e ben difficilmente, a mio avviso, questo intento potrebbe attuarsi senza mantenere un diretto riferimento all'istituzione che, unitariamente, ha sin qui assolto il relativo compito. Ora, a tale esigenza mi sembra che abbia gi prestato vigile attenzione il Legislatore, l dove ha voluto confermare -ed in certa misura rafforzare -la posizione dell'Avvocatura quale centro di riferimento unitario pur nella molteplicit del1' esperienza. Particolarmente significative mi sembrano, in proposito, due recenti disposizioni: quella contenuta nel Decreto legislativo n. 80/98 sull'organizzazione amministrativa, che, nell: assegnare la trattazione delle controversie di impiego direttamente alle stesse Amministrazioni, ha accordato all'Avvocatura quello che tecnicamente possiamo chiamare un potere di avocazione per la gestione delle cause coinvolgenti questioni di massima o di particolare importanza giuridica od economica; e l'altra, recentissima, contenuta nella legge n. 133/99 in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale, con la disposizione sulle notificazioni delle sentenze d'appello dei giudici tributari, che devono essere effettuate all'Avvocatura dello Stato: disposizione che potrebbe apparire meramente processuale ma possiede invece una portata sostanziale, perch conferma il ruolo unitario e unificante RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO XXIV dell'Istituto nel momento delle valutazioni preordinate al giudizio di legittimit davanti alla Corte di Cassazione. Le due disposizioni, che confermano all'Avvocatura il compito prestigioso e impegnativo di ultimo filtro interpretativo, prima della massima istanza giudiziaria, della legge -e mi qui difficile sottrarmi alla tentazione di evocare lo ius respondendi dell'esperienza romana o i privilegi funzionali dell 'advocatus fisci -avvalorano il suo ruolo e ne ratificano la vocazione a porsi come garante -sia pure con la g minuscola visto che vi sono oggi delle Autorit Garanti -della legalit nell'azione dello Stato. Garante della legalit, che ha un gravissimo compito proprio da svolgere ed una peculiarit tutta sua: il compito quello di assicurare l'uniformit dei comportamenti affinch sia attuato anche nel campo dei procedimenti amministrativi il fondamentale precetto costituzionale dell'eguaglianza; la peculiarit data dal fatto che il garante accanto -non sopra -ai soggetti la cui uniformit di comportamenti va garantita. E la richiesta di assistenza che proviene da quei soggetti divenuta particolarmente intensa da quando, con i provvedimenti dei primi anni Novanta, stata meglio definita e redistribuita la responsabilit degli operatori. cos che l'attivit consultiva dell'Avvocatura, tradizionalmente espletata con pareri formali, ora si va evolvendo in attivit di assistenza, dove la legalit della condotta si incorpora sempre pi strettamente nell'azione concreta e da questa non pu prescindere; la legalit dell'azione amministrativa non pu rimanere nell'enunciazione astratta a priori ma si trasfonde nella legittimit dei singoli atti che nell'esperienza del quotidiano vengono adottati. E ci richiede tempestivit e duttilit, caratteri della funzione che non si aggiungono dall'esterno a quelli tradizionali, e non certo obsoleti, dell'approfondimento e della ricerca di prospettive unitarie e unificanti, ma li presuppongono e vi si innestano. N tale raccordo sar meno necessario, a mio avviso, neppure in materia tributaria, come il Legislatore (lo abbiamo appena visto) ha avvertito: anche di fronte a nuove strutture operative come le agenzie, pi adeguate sul piano sociale ed economico- finanziario, rester ferma ed anzi dovr essere pi rigorosa l'esigenza di un indirizzo unitario che sar, per questa parte, la ragion d'essere del Ministero dell'Economia e delle Finanze e richieder una continua attuazione, verifica e messa a punto in sede processuale, che solo un organo di consulenza unitario potr assicurare a livello di vertice, in permanente confronto strategico -ma anche strumentale, ad evitare frammentazioni e dispersioni -con la massima Autorit Giudiziaria. N l'Avvocatura meno attenta all'azione delle emergenti Autorit, con cui anzi gi collabora e le cui esperienze precedenti rappresentano un presupposto essenziale per la loro nuova e fondamentale azione, come molte di esse hanno gi avuto occasione di riconoscere. Al medesimo tempo, non meno essenziale -come pure ha rilevato il Presidente del Consiglio - l'apporto dell'Istituto in questa nuova fase di evoluzione verso la piena realizzazione dell'Unione Europea, snodo fondamentale verso il futuro. Infatti, le funzioni istituzionali dell'Avvocatura dello Stato si estendono alla dimensione sovranazionale costituita dall'ordinamento giuridico della Comunit europea nel quale ha una posizione centrale la giurisdizione della Corte di Giustizia. CERIMONIA DI INSEDIAMENTO Sin dall'inizio, l'Avvocatura Generale dello Stato assicura anche dinanzi alla Corte di Giustizia la difesa, sia nei giudizi che vedono la Repubblica italiana convenuta dalla Commissione Europea per inadempimento di obblighi derivanti dal Trattato, sia in quelli che il Governo promuove per reagire contro atti delle Istituzioni comunitarie lesive degli interessi nazionali. E non meno attiva la partecipazione dell'Avvocatura ai giudizi incidentali di interpretazione delle norme comunitarie promossi ad iniziativa dei giudici nazionali. Non per compiacimento tecnicistico, ma per la portata determinante che assume la giurisdizione interpretativa della Corte, desidero sottolineare il ruolo propulsore che essa riveste nel processo fortemente evolutivo che caratterizza il diritto comunitario, costruito attorno alle norme fondamentali in tema di libert di circolazione, di concorrenza, di divieto di discriminazioni. La sentenza interpretativa, proprio perch diretta a garantire una applicazione uniforme del diritto comunitario su tutto il territorio dell'Unione, spiega i suoi effetti ben al di l del caso che l'ha suscitata, e spesso al di l della stessa situazione nazionale che ha fatto insorgere la questione. Ecco perch la politica di intervento nei giudizi di interpretazione, per prospettare alla Corte una soluzione giuridicamente corretta ma al contempo conforme all'interesse nazionale, merita di essere sempre pi vigorosamente sostenuta: anche per mantenere un equilibrio con l'azione svolta dai nostri principali partners europei. Per intervenire tempestivamente ed efficacemente in queste controversie, occorre per una valutazione complessa, in cui l'analisi dei termini giuridici della questione deve coniugarsi con quella politico-amministrativa della possibile incidenza della pronuncia della Corte sugli interessi nazionali. Anche qui, perci, sempre pi necessario l'impegno dell'Avvocatura dello Stato, mettendo a punto procedure che assicurino l'apporto tecnico-giuridico dell'Avvocatura presso il Ministero degli Affari Esteri, che presto disporr di una Direzione Generale per l'Integrazione europea, dove dovranno convergere gli apprezzamenti dei Ministeri di volta in volta interessati. Vorrei soffermarmi anche sulla nostra assidua presenza alla Corte Costituzionale per il Governo -ma anche di questo ha parlato il Presidente del Consiglio -e sulla nostra dedizione ai beni culturali, ma mi rendo conto che rischierei, venendo meno al mio impegno di brevit, di esporre gradualmente tutti gli aspetti salienti dell'attivit -o almeno delle buone intenzioni dell'Avvocatura. Ed allora a questo punto doverosamente concludo. Non senza aggiungere che mi si potrebbe chiedere facilmente se il quadro, pur elementare ed incompleto che ho proposto, dell'esperienza e della potenzialit dell'Avvocatura non ne adombri una visuale trionfalistica se non un sotteso desiderio di potere (per l'Istituto, non per me). Ma il potere -sopra tutto nell'epoca della globalizzazione - e sar sempre di pi altrove! Ora, noi siamo consapevoli di essere soltanto strumento dell'azione pubblica, nei limiti voluti dalla legge e con le modalit operative che nell'interesse del Paese ci indica il Governo: ma, in questo ambito, che un ufficio per definizione legale non potrebbe certo ignorare, siamo convinti di essere, senza false modestie, uno strumento utile ed efficiente. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO XXVI Sarebbe forse inelegante cogliere questa occasione per lamentare l'insufficienza delle nostre forze, fenomeno per altro noto e tanto pi preoccupante per tutti gli apparati -amministrativi e giudiziari -che richiedono una elevata qualificazione professionale: e quindi soggiungo di nutrire fiducia che le difficolt potranno essere ridotte, in prospettiva, con un'azione diretta a privilegiare quell'impegno organico, articolato e mirato su obiettivi chiari e puntuali, che il Legislatore ed il Governo appaiono decisi a realizzare. Confido di avere cos individuato alcune coordinate che avvalorano l'utilit, se non l'insostituibilit, dell'Avvocatura in questa prospettiva: da parte mia non posso non assicurare tutto l'impegno, doveroso ma anche profondamente sentito. Vedranno il Legislatore ed il Governo se, nell'interesse generale, questo impegno meriti di essere sorretto, come l'apprezzamento del Presidente del Consiglio ci lascia sperare. Grazie Signor Presidente della Repubblica, grazie Signor Presidente del Consiglio della disponibilit e della fiducia: e grazie a tutti per la pazienza, che spero non completamente inutile. PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 23 settembre 1998, n. 346 -Pres. Granata -Red. Marini -Brucia c. Comune di Lucca; Soc. ICIT c. Soc. Officine di Seveso Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta). (ordd. Pret. Lucca 28 settembre 1996 e C. App. Milano 22 aprile 1997). Procedimento civile -Notificazioni -Notifica a mezzo del servizio poste -Art. 8 legge 20 novembre 1982 n. 890 -Assenza o rifiuto del destinatario e delle altre persone legittimate a ricevere l'atto -Omessa previsione Incostituzionalit. Procedimento civile -Notificazioni -Notifica a mezzo del servizio postale Art. 8 legge 20 novembre 1982 n. 890 -Deposito del piego presso l'ufficio postale -Mancato ritiro da parte del destinatario -Restituzione al mittente dopo dieci giorni -Incostituzionalit. (Cost. art. 24; codice procedura civile, artt. 140 e 149; legge 20 novembre 1982, n. 890, art. 8). L'art. 8, secondo comma, legge 20 novembre 1982 n. 890 illegittimo, per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede che nella notifica a mezzo posta sia data notizia al destinatario a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento del compimento delle formalit prescritte dalla legge in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneit o assenza delle suddette persone (1). L'art. 8, terzo comma, legge 20 novembre 1982 illegittimo per contrasto con l'art. 24 Cost. nella parte in cui prevede che l'atto notificato a mezzo posta sia restituito al mittente in caso di mancato ritiro dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale (2). (1-2) La prima massima corrisponde ad una pronuncia additiva la cui rima obbligata (usando l'espressione di V. Crisafulli) offerta dall'art. 140 codice procedura civile, il quale per la notifica eseguita personalmente dall'ufficiale giudiziario prevede che si dia comunicazione al destinatario a mezzo di raccomandata a.r. del compimento delle formalit prescritte quando non possibile eseguire la consegna. La Corte osserva che solo tale adempimento garantisce l'effettiva conoscenza dell'avvenuto deposito dell'atto e quindi non c' ragione di escluderlo per la notifica a mezzo posta se esso previsto dall'art. 140 codice procedura civile. Peraltro nella sentenza viene sottolineato che un differente regime di garanzia per il destinatario appare ancor pi ingiustificato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO' 4 (omissis) 1. -Data l'identit della materia, le questioni sollevate dalle ordinanze del pretore di Lucca e della Corte di appello di Milano vanno riunite per essere decise con unica sentenza. 2. -Il pretore di Lucca denuncia l'illegittimit costituzionale dell'art. 8, secondo, terzo e quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui detta norma non prevede che il destinatario della notifica effettuata a mezzo posta, dopo l'avviso lasciato presso la sua abitazione, ufficio o azienda, riceva notizia delle attivit compiute per raccomandata a.r., cos come previsto dall'art. 140 del codice di procedura civile per il caso di notifica effettuata personalmente dall'ufficiale giudiziario. 3. -La Corte di appello di Milano dubita, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, della legittimit costituzionale del medesimo art. 8, secondo e terzo comma, della citata legge n. 890 del 1982, nella parte in cui prevede che il piego, notificato per compiuta giacenza dopo il decimo giorno dalla data di deposito presso l'ufficio postale, venga restituito al mittente senza che il destinatario sia messo in grado di conoscere tipo, natura, provenienza e contenuto dell'atto che gli stato notificato. 4. -La prima questione fondata, nei limiti di seguito precisati. 4.1. -Nel sistema delineato dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, l'ufficiale giudiziario pu utilizzare il servizio postale per la notificazione di tutti gli atti in materia civile, amministrativa e penale, salvo che l'autorit giudiziaria disponga, o la parte richieda, che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, primo se si considera che la scelta del modo della notifica non dipende da lui bens dal notificante e dall'ufficiale giudiziario. La seconda massima corrisponde ad una pronuncia non additiva ma anch'essa ispirata all'art. 140 codice procedura civile, il quale non prevede la restituzione del piego al mittente in caso di mancato ritiro dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale e quindi -rileva la Corte -anche qui non v' ragione di stabilire una regola diversa per la notifica a mezzo posta. Per quanto concerne i giudizi in corso tale pronunzia non sembra assumere rilevanza in tutti i casi in cui il destinatario dell'atto notificato a mezzo posta abbia comunque svolto la sua attivit difensiva (art. 156, terzo comma, codice procedura civile) nonch nei casi di gi awenuta dichiarazione di contumacia salva la facolt del contumace di costituirsi tardivamente e chiedere la rimessione in termini ai sensi dell'art. 294 codice procedura civile. In argomento, oltre ai precedenti di rigetto citati in motivazione, si veda Corte Cost. 30 marzo 1992, n. 140 che ha dichiarato l'incostituzionalit dell'art. 5, terzo comma, legge 20 novembre 1982, n. 890 nella parte in cui non prevede la sua applicabilit al processo amministrativo; nonch per il processo penale Corte Cost. 12 dicembre 1998, n. 399, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 159 e 160 in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 Cost., per la parte in cui prevedono che in caso di irreperibilit dell'imputato le notificazioni siano eseguite mediante consegna di copia al difensore. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE comma). In materia civile e amministrativa, inoltre, egli deve sempre avvalersi del servizio postale per le notificazioni da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l'ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, secondo comma). Salva la richiesta del notificante di eseguire la notificazione personalmente, l'ufficiale giudiziario ha dunque la facolt -e talvolta l'obbligo -di utilizzare il servizio postale. 4.2. -In caso di assenza del destinatario di una notificazione a mezzo posta (e di rifiuto, mancanza, inidoneit o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l'atto), l'art. 8 della legge n. 890 del 1982 prevede che l'agente postale depositi il piego nell'ufficio postale, rilasciando avviso al destinatario mediante affissione alla porta d'ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda, e che di tutte le formalit eseguite e del deposito nonch dei motivi che li hanno determinati sia fatta menzione sull'avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall'agente postale, unito al piego (secondo comma). Trascorsi dieci giorni dalla data del deposito senza che il piego sia stato ritirato dal destinatario, il piego stesso viene restituito al mittente, unitamente all'avviso di ricevimento, con l'indicazione non ritirato (terzo comma). La notificazione si ha per eseguita decorso il suddetto termine di dieci giorni dal deposito (quarto comma). 4.3. -Ora, se rientra nella discrezionalit del legislatore la conformazione degli istituti processuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni, un limite inderogabile di tale discrezionalit rappresentato dal diritto di difesa del notificatario. Deve pertanto escludersi che la diversit di disciplina tra le notificazioni a mezzo posta e quelle personalmente eseguite dall'ufficiale giudiziario possa comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delle prime. Per l'ipotesi di notificazione eseguita personalmente dall'ufficiale giudiziario, l'art. 140 del codice di procedura civile impone a quest'ultimo di dare comunicazione al destinatario, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, del compimento delle formalit indicate (deposito dell'atto nella casa comunale e affissione dell'avviso di deposito alla porta dell'abitazione, dell'azienda o dell'ufficio). E ci allo scopo di garantire che il notificatario abbia una effettiva possibilit di conoscenza dell'avvenuto deposito dell'atto, ritenendosi evidentemente insufficiente l'affissione del relativo avviso alla porta d'ingresso o la sua immissione nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'azienda o dell'ufficio ed individuandosi nella successiva comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento lo strumento idoneo a realizzare compiutamente lo scopo perseguito. Una disposizione siffatta -pur se compatibile con la specificit propria del mezzo postale -manca invece nella disciplina censurata che, pertanto, risulta, al tempo stesso, priva di ragionevolezza e lesiva della possibilit di conoscenza dell'atto da parte del notificatario e, quindi, del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione. E ci senza considerare che le insufficienti garanzie di conoscibilit che presenta per il notificatario la notificazione a mezzo del servizio postale derivano, in ultima analisi, dalla scelta del modo di notificazione effettuata da soggetti, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 6 l'ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilit dell'atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti, pu richiedere all'ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora ci non faccia, l'ufficiale giudiziario pu, a sua discrezione, scegliere l'uno o l'altro modo di notificazione. 4.4. -L'art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che, in caso di assenza del destinatario (e di rifiuto, mancanza, inidoneit o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l'atto), sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento del compimento delle formalit prescritte. 5. -Anche la questione sollevata dalla Corte di appello di Milano fondata nei limiti di seguito precisati. 5.1. -La funzione propria della notificazione quella di portare l'atto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l'instaurazione del contraddittorio e l'effettivo esercizio del diritto di difesa. Compete naturalmente al legislatore, nel bilanciamento tra l'interesse del notificante e quello del notificatario, determinare i modi attraverso i quali tale scopo possa realizzarsi individuando altres i rimedi per evitare che il diritto di agire in giudizio del notificante sia paralizzato da circostanze personali -come ad esempio l'assenza dalla abitazione o dall'ufficio riguardanti il destinatario della notificazione. I termini di tale bilanciamento di interessi possono naturalmente essere i pi vari come emerge dalle soluzioni adottate in alcuni degli ordinamenti processuali europei a noi pi vicini per cultura e tradizione. 5 .2. -Ci premesso, non sembra in ogni caso potersi dubitare che la discrezionalit del legislatore incontri un limite nel fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l'ordinaria diligenza e senza necessit di effettuare ricerche di particolare complessit, il contenuto dell'atto e l'oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilit puramente teorica dell'atto notificatogli. opportuno, altres, sottolineare che la questione di cui si tratta non concerne in alcun modo l'individuazione del momento perfezionativo della notificazione (in relazione al quale dispone il quarto comma del citato art. 8) bens la legittimit della norma che dispone la restituzione al mittente del piego non ritirato dal destinatario entro i dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale (art. 8, terzo comma). Disposizione quest'ultima che, in un contesto sociale ben diverso da quello esistente all'epoca della sua emanazione, risulta gravemente pregiudizievole per il notifica tari o, il quale -nel caso (oggi non certo infrequente, specie nel periodo estivo) di assenza dall'abitazione, dall'azienda o dall'ufficio che si protragga per oltre dieci giorni e di mancanza delle persone indicate al secondo e terzo comma dell'art. 7 della citata legge n. 890 del 1982 -non pi posto in condizioni di ritirare il piego, diversamente da quanto si verifica per il destinatario di una PARTE I, SEZ. !, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 7 notificazione effettuata ai sensi dell'art. 140 del codice di procedura civile, e si trova perci in una situazione di impossibilit o comunque di notevole difficolt di individuazione dell'atto notificatogli (talvolta provocata dal notificante, mediante la scelta dell'epoca della notifica e la mancata richiesta di notificazione personale da parte dell'ufficiale giudiziario) tale da potergli in concreto precludere ogni effettiva possibilit di difesa. Anche in tal caso, non si tratta dunque di sostituirsi al legislatore nell'individuare uno dei possibili correttivi alla disciplina delle notificazioni a mezzo posta, bens di rimuovere una previsione (quella di restituzione del piego al mittente dopo il decorso di un termine del tutto inidoneo, per la sua brevit, a garantire l'effettiva possibilit di conoscenza) lesiva del diritto di difesa del destinatario della notificazione, non presente nella parallela disciplina codicistica delle notificazioni a mezzo di ufficiale giudiziario e non connaturata, quanto meno nella sua dimensione temporale, alla specificit del mezzo postale. Il legislatore, nella sua discrezionalit, sar quindi libero di adeguare la disciplina delle notificazioni a mezzo posta (per il caso di assenza del destinatario) a quella dettata dall'art. 140 del codice di procedura civile (che non prevede affatto la restituzione dell'atto al mittente) ovvero di stabilire regole diverse: il limite della discrezionalit sar rappresentato esclusivamente dal diritto di difesa del destinatario, in relazione al quale deve ritenersi illegittima qualsiasi disciplina che, prevedendo la restituzione del piego al mittente dopo un termine di deposito eccessivamente breve, pregiudichi la concreta possibilit di conoscenza del contenuto dell'atto da parte del destinatario medesimo. 5.3. -La mancata restituzione del piego al mittente dopo il decimo giorno di giacenza non solo non incide -come gi si visto -sull'individuazione del momento perfezionativo della notificazione, ma nemmeno pregiudica l'interesse del notificante alla tempestiva formazione della prova dell'avvenuta notifica che ben pu essere fornita, indipendentemente dal piego, dall'avviso di ricevimento, da restituirsi al mittente in raccomandazione e mediante il quale questi potr dimostrare la regolarit della notificazione. 5.4. -L'art. 8, ~erzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, va pertanto dichiarato illegittimo nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimit costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 8 il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneit o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalit descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento; dichiara l'illegittimit costituzionale dell'art. 8, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11-20 novembre 1998, n. 371 -Pres. Vassalli -Red. Vari -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Caramazza). Impiego pubblico -Responsabilit amministrativa -Limitazione ai casi di dolo e colpa grave -Ragionevolezza -Non fondatezza. (Cost. artt. 3, 11, 24, 81, 97 e 103, 2 comma; decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 546, art. 3, comma 1, lett. A), convertito, con modificazioni, in legge 20 dicembre 1996 n. 639). La limitazione della responsabilit amministrativa e contabile dei pubblici dipendenti dinanzi alla Corte dei Conti ai soli casi di dolo e colpa grave risponde ad un ragionevole esercizio della discrezionalit del legislatore ed congruente con una concezione efficientistica dell'impiego pubblico (1). (1) Multa renascentur quae iam cecidere: l'istituto della responsabilit amministrativa ritorna all'originaria configurazione voluta dal legislatore subalpino del 1853. Come incisivamente ebbe a esprimersi Cavour, la responsabilit del pubblico dipendente delineata dal disegno di legge di contabilit generale era una responsabilit da sanzionarsi con un (modico) castigo in denaro (1): volerla punire come quella civile avrebbe comportato, infatti, un inammissibile trasferimento in capo al dipendente pubblico del rischio d'impresa della P.A. (2). Furono gi allora delineate due caratteristiche della responsabilit amministrativa esclusione della solidariet passiva e potere riduttivo del giudice -che dovevano connotare l'istituto anche nell'ordinamento unitario e che lo differenziavano nettamente dalla responsabilit civile. Un errore storico (3) e una pregiudiziale pancivilistica avevano per condotto la giurisprudenza della Corte dei Conti a modellare la responsabilit amministrativa sul paradigma civilistico della responsabilit civile ex contractu, con la considerazione della colpa come criterio privilegiato di imputazione (contraddittoriamente, peraltro, la stessa Corte qualificava il proprio potere riduttivo come parte di un unico potere determinativo, volto ad infliggere una sanzione pecuniaria parametrata -in relazione al grado di colpevolezza -in una percentuale del danno economico (4). (1) Atti del parlamento subalpino, sessione 1852, voi. VI, 1831. (2) P. MADDALENA, Responsabilit civile e amministrativa: diversit e punti di convergenza dopo le leggi nn. 19 e 20 del 14 gennaio 1994. (3) P. MADDALENA, Relazione del Procuratore Regionale della Corte dei Conti, Roma 30 gennaio 1997. (4) Corte dei Conti, Sez. Riunite 27 settembre 1976, n. 1773. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 9 1. -I giudizi di cui alle ordinanze in epigrafe possono essere riuniti e decisi con un'unica pronunzia, in ragione dell'identit o connessione dell'oggetto, atteso che concernono la legittimit costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera a), del decretolegge 23 ottobre 1996, n. 543, recante Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti, convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n. 639, nella parte in cui, sostituendo l'art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, limita la responsabilit dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, in materia di contabilit pubblica, ai fatti ed omissioni posti in essere con dolo o colpa grave. 2. -I giudici rimettenti ritengono che la disposizione censurata si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione: per l'irragionevole livellamento della responsabilit, conseguente all'estensione indifferenziata, a tutte le categorie di dipendenti ed amministratori pubblici, della limitazione della responsabilit stessa ai soli casi di dolo o colpa grave (r.o. nn. 182, 185, 500 e 881 del 1997); per l'assoggettamento di situazioni analoghe a regimi giuridici diversi, a seconda del giudice chiamato a pronunziarsi, come nel caso di costituzione di parte civile della pubblica amministrazione nel giudizio penale, per il reato colposo commesso dal dipendente (r.o. n. 881 del 1997). 2.1. -In riferimento al predetto art. 3 della Costituzione, e con specifico riguardo ai casi di responsabilit degli agenti contabili e degli altri soggetti La nuova normativa del 1994 (legge 14 gennaio 1994 n. 20), modificata nel 1996 (decretolegge 23 ottobre 1996 n. 543, convertito, con modificazioni in legge 20 dicembre 1996 n. 639) opera un riscrittura dell'istituto, razionalizzandone i principi ispiratori, distinguendo una responsabilit civile per illecito arricchimento (in cui vige il principio risarcitorio) da una responsabilit amministrativa per colpa grave di tipo sanzionatorio, che ha natura pubblicistica e funzione diretta ad assicurare l'efficienza della P.A. Su tale secondo tipo di responsabilit il potere riduttivo ha la fondamentale funzione di distinguere fra quella parte di danno che la collettivit ha subito e che deve restare a carico della collettivit in applicazione del criterio del rischio e quella parte, invece, che va accollata, come sanzione, al dipendente (5) sulla base del criterio di imputazione della colpa grave. Con la sentenza in rassegna la Corte Costituzionale ha sanzionato la conformit a Costituzione del principio di generalizzazione della colpa grave come criterio di imputazione di tutte le ipotesi di responsabilit amministrativa. La scelta di un grado qualificato di colpa come criterio di imputazione sarebbe censurabile infatti, secondo un consolidato insegnamento della Corte, solo sotto il profilo della ragionevolezza e nella specie, ha argomentato la Corte Costituzionale, la scelta del legislatore appare perfettamente ragionevole e pienamente congruente con le esigenze di efficienza della pubblica amministrazione perseguite con la nuova disciplina dell'impiego pubblico. Come si desume anche dai lavori parlamentari, che evidenziano l'intento di predisporre un assetto normativo in cui il timore della responsabilit non esponga ad incertezze od inerzie nell'azione amministrativa. l.F.C. (5) P. MADDALENA, Responsabilit civile e amministrativa, cit. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 10 sottoposti alla giurisdizione della Corte in virt di obblighi propriamente contabili, l'ordinanza iscritta al r.o. n. 211 del 1998 sviluppa ulteriori censure sotto il profilo: della violazione dei principi di ragionevolezza ed equit, atteso che l'esclusione della responsabilit contabile nel caso di colpa normale equivale a rimuovere l'effetto garantistico delle regole contabili ed a rendere, altres, incerta la consistenza patrimoniale e finanziaria dello Stato e degli enti pubblici; dell'introduzione, in favore dei contabili pubblici, di un regime meno rigoroso di quello previsto per le consimili figure privatistiche; il che sarebbe tanto pi irrazionale, ove si consideri che tale regime si estende anche ai soggetti con i quali la pubblica amministrazione instaura rapporti convenzionali, per i servizi di riscossione, tesoreria e cassa; del diseguale trattamento riservato al creditore pubblico e al datore di lavoro pubblico rispetto ai corrispondenti soggetti privati, per quel che concerne l'ampiezza della tutela dei rispettivi interessi, nei riguardi degli agenti contabili e dei dipendenti addetti ad adempimenti contabili. 3. -Comune ai diversi giudici rimettenti , altres, il dubbio di illegittimit costituzionale della disposizione in questione, per violazione dell'art. 97 della Costituzione, che le prime quattro ordinanze (r.o. nn. 182, 185, 500 e 881del1997) pongono in connessione con l'art. 103, secondo comma, denunciando gli effetti di permissivit ed incuria che la disposizione stessa pu indurre nell'esercizio delle pubbliche funzioni; e ci in palese contrasto con i principi costituzionali volti a realizzare l'efficienza e la regolarit della gestione finanziaria e patrimoniale degli enti pubblici. Viene sottolineata, altres, la sostanziale sottrazione alla giurisdizione contabile di una serie di comportamenti lesivi del patrimonio pubblico la cui tutela, ai sensi del predetto art. 103, secondo comma, della Costituzione, affidata alla Corte dei conti (r.o. n. 881 del 1997). Analogamente l'ordinanza di cui al r.o. n. 211 del 1998, nell'evocare i test ricordati parametri, rileva: quanto all'art. 97, gli effetti negativi derivanti dagli introdotti ampi margini di immunit per gli errori compiuti, restando cos disattesi, tra l'altro, i canoni di precisione e di coerenza nelle operazioni contabili, a fronte della crescente domanda di professionalit e delle esigenze di salvaguardia della finanza pubblica; quanto all'art. 103, secondo comma, i riflessi negativi che la disposizione censurata avrebbe sull'effettivit del giudizio di conto e, quindi, sulla verifica della regolarit delle gestioni pubbliche, nonch sull'effettivit della garanzia giurisdizionale dei diritti patrimoniali dell'erario, assicurata dall'art. 24 della Costituzione. 4. -Quest'ultima ordinanza, infine, prospetta la violazione dell'art. 81 della Costituzione, giacch la nuova disciplina, data la stretta connessione fra le varie gestioni in cui si articola la finanza pubblica, potrebbe non garantire la tempestivit e la co.mpletezza dei dati finanziari e patrimoniali generali, con implicazioni negative sul piano del riequilibrio della finanza pubblica e dei dati dimostrativi del rispetto dei parametri di Maastricht, s da restarne inciso anche PARTE I, SEZ. I, GIDRISPRUDENZA COSTITUZIONAf-E l'art. 11 della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto degli obblighi internazionali e delle limitazioni derivanti da quel Trattato, oltre che da quello precedente di Roma. 5. -In via preliminare va esaminata l'eccezione di inammissibilit della questione, sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato negli atti di intervento depositati, in base al rilievo che la legge di conversione sarebbe intervenuta successivamente alle ordinanze di rimessione, recando, peraltro, una norma pi complessa ed articolata di quella dell'art. 3, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 543 del 1996, portata all'esame della Corte. Preso atto della precisazione effettuata nella difesa orale dall'Avvocatura erariale, nel senso che la eccezione preliminare non riguarda le ordinanze di cui al r.o. n. 500 e n. 881del1997 e n. 211del1998, le quali, emesse in epoca successiva all'entrata in vigore della legge n. 639 del 1996, fanno in effetti riferimento alla disposizione quale risulta dall'avvenuta conversione, la medesima eccezione va respinta con riferimento alle restanti ordinanze (r.o. n. 182 e n. 185 del 1997), che sono, invece, anteriori a detta legge. Invero, non riscontrabile nella norma censurata una diversit tale, rispetto a quella contenuta nella legge di conversione, da ostare allo scrutinio di costituzionalit, alla luce dell'orientamento secondo il quale l'immutata persistenza della norma stessa ad assicurare la perdurante ammissibilit del giudizio innanzi a questa Corte, sotto il profilo dell'inalterata sussistenza del suo oggetto (sentenza n. 84 del 1996). Pur considerando che la legge n. 639 del 1996 reca integrazioni e modificazioni di non scarso momento alla disposizione in cui ricompresa la norma denunciata, tuttavia le stesse non appaiono sufficienti a concretare la dedotta diversit dell'oggetto dello scrutinio, poich riguardano profili e connotazioni dell'istituto della responsabilit amministrativa e contabile, che non investono l'elemento soggettivo dell'illecito, in ordine al quale la legge stessa si limitata a riprodurre, in maniera pressoch letterale, la formulazione dell'enunciato gi contenuto nel decreto-legg n. 543 del 1996. 6. -Nel merito le questioni non sono fondate con riguardo ad alcuno degli invocati parametri. I rimettenti, nel richiamare le sentenze con le quali questa Corte, in riferimento a molteplici settori della p.a., ha ritenuto non incostituzionale la limitazione della responsabilit di amministratori o dipendenti pubblici ai soli casi di dolo o colpa grave (sentenze n. 1032 del 1988, n. 164 del 1982 e n. 54 del 1975), ritengono che da tali precedenti, ancorch non sia possibile desumere l'esistenza di un principio di inderogabilit delle comuni regole in tema di elemento soggettivo della responsabilit, si possa, tuttavia, ricavare quello secondo il quale la discrezionalit del legislatore, per essere correttamente esercitata, deve determinare e graduare i tipi e i limiti della responsabilit, caso per caso, in riferimento alle diverse categorie di dipendenti pubblici ovvero alle particolari situazioni, stabilendo, per ciascuna di esse, le forme pi idonee a garantire i principi del buon andamento e del controllo contabile. Ne conseguirebbe la non conformit ai principi dell'art. 3 della Costituzione di un esercizio di detta discrezionalit intesa ad introdurre una RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO .. 12 previsione limitativa in forma generalizzata ovvero con riferimento indiscriminato a tutti i pubblici dipendenti. La Corte , invece, dell'avviso che i termini in cui le richiamate decisioni enunciano il principio relativo alla discrezionalit di cui gode il legislatore, nella conformazione delle fattispecie di responsabilit, riflettano la singolarit dei casi di IIvolta in volta esaminati, ma non consentano di accreditare una lettura riduttiva del principio stesso, nel senso che allo stesso legislatore sia preclusa la facolt di valutare anche l'ampiezza dell'esigenza cui si ritiene di far fronte. Non v', infatti, alcun motivo di dubitare che il legislatore sia arbitro di stabilire non solo quali comportamenti possano costituire titolo di responsabilit, ma anche quale grado di colpa sia richiesto ed a quali soggetti la responsabilit sia ascrivibile (sentenza n. 411del1988), senza limiti o condizionamenti che non siano quelli della non irragionevolezza e non arbitrariet. In proposito occorre rilevare che la norma denunciata si colloca nel quadro di una nuova conformazione della responsabilit amministrativa e contabile, alla stregua di peculiari connotazioni di cui d dimostrazione, tra l'altro, il principio peraltro gi anticipato in parte dall'art. 58 della legge n. 142 del 1990 (Ordinamento delle autonomie locali) secondo il quale il debito per il fatto dannoso non si trasmette agli eredi, salvo il caso dell'illecito arricchimento del dante causa e, conseguentemente, dell'indebito arricchimento anche degli stessi eredi. A tale processo di nuova conformazione dell'istituto, sviluppato con le ulteriori previsioni contenute nella legge di conversione, fa riscontro la revisione dell'ordinamento del pubblico impiego, attuata, in epoca di poco precedente, dal decreto legislativo n. 29 del 1993 (cui ha fatto seguito il decreto legislativo n. 80 del 1998) attraverso la c.d. privatizzazione, in una prospettiva di maggiore valorizzazione anche dei risultati dell'azione amministrativa, alla luce di obiettivi di efficienza e di rigore di gestione. Quali siano le finalit ispiratrici della contestata norma dato desumere, del resto, dagli stessi lavori parlamentari, che evidenziano l'intento di predisporre, nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici, un assetto normativo in cui il timore delle responsabilit non esponga all'eventualit di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell'attivit amministrativa. Nella combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, che connotano l'istituto qui in esame, la disposizione risponde, perci, alla finalit di determinare quanto del rischio dell'attivit debba restare a carico dell'apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilit ragione di stimolo, e non di disincentivo. E ci secondo valutazioni che, ovviamente, non spetta alla Corte sindacare dal punto di vista della convenienza ed opportunit, restando, perci, fuori dal presente giudizio ogni apprezzamento al quale, sotto il profilo da ultimo accennato, potrebbe, in ipotesi, prestarsi l'avvenuta generalizzazione del criterio della colpa grave; parimenti sfuggono all'apprezzamento, che va espresso in questa sede, anche altri profili, fra quelli segnalati da taluna delle ordinanze, che possono evidenziare, tutt'al pi, problemi di mera disarmonia ovvero di non compiuto raccordo fra il nuovo regime introdotto ed altri istituti vigenti nell'ordinamento. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 13 Quanto test osservato vale, ovviamente, sia per la responsabilit amministrativa che per quella contabile, posto che, quanto ad elementi costitutivi, quest'ultima, a prescindere dalla specificit delle obbligazioni che incombono su coloro che hanno maneggio di beni e valori di pubblica pertinenza, si modella come da tempo chiarito dalla stessa giurisprudenza contabile sullo stesso paradigma che caratterizza la c.d. responsabilit amministrativa. Per le medesime ragioni va escluso, altres, il contrasto della disposizione all'esame con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, sotto l'aspetto del buon andamento nonch della efficienza e regolarit delle gestioni pubbliche, atteso che, per i motivi sopra esposti, la modifica introdotta dalla disposizione censurata non appare n arbitraria n irragionevole. 7. -Priva di fondamento anche la censura di violazione dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione; articolo che ha soltanto la finalit di riservare alla Corte dei conti la giurisdizione nelle materie di contabilit pubblica, secondo ambiti la cui concreta determinazione, peraltro, rimessa alla discrezionalit del legislatore, mentre la norma denunciata concerne la disciplina sostanziale della responsabilit degli amministratori e dei dipendenti pubblici. 8. -Ugualmente infondate sono le censure prospettate (nell'ordinanza r.o. n. 211 del 1998) in riferimento, da un canto, all'art. 24, e, dall'altro, all'art. 81 in connessione con l'art. 11 della Costituzione. Quanto all'art. 24, da rammentare, a tacer d'altro, il pacifico orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo il quale la garanzia apprestata da detto articolo opera attribuendo la tutela processuale delle situazioni giuridiche soggettive nei termini in cui queste risultano riconosciute dal legislatore; di modo che quella garanzia trova confini nel contenuto del diritto al quale serve e si modella sui concreti lineamenti che il diritto stesso riceve dall'ordinamento. 8.1. -Infine, circa gli altri due parametri evocati, sufficiente rilevare che la disciplina censurata non presenta nesso diretto n con l'adempimento di obblighi internazionali, cui ha riguardo l'art. 11 della Costituzione, n con l'art. 81, il quale attiene ai limiti al cui rispetto vincolato il legislatore ordinario nella sua politica finanziaria, ma non concerne le scelte che il medesimo compie nel ben diverso ambito della disciplina della responsabilit amministrativa (da ultimo, v. sentenza n. 327 del 1998) (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1998, n. 406 -Pres. Vassalli-Red. Chieppa -Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiumara). Giustizia amministrativa -Sentenza esecutiva -Ricorso per ottemperanza Necessit del giudicato -Legittimit. (Cost. artt. 3, 24, 103, 113; regio decreto 26 giugno 1924 n. 1054, art. 27, comma 1, n. 4; legge 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 37). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATo. 14 Non contrasta con il principio dell'effettivit della tutela giudiziaria la norma che consente il ricorso per ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo solo in base ad una sentenza passata in giudicato e non anche in forza di una diversa pronuncia che sia tuttavia gi esecutiva come quella del TAR (1). (omissis) 1. -Nel corso del giudizio promosso nei confronti del Comune di Vigliano Biellese, ai sensi dell'art. 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, dalla Societ Italiana per il gas p.a. per l'esecuzione della sentenza n. 293 del 1996 con la quale erano stati annullati gli atti di aggiudicazione della gara per l'affidamento in concessione del servizio di distribuzione dell'acqua potabile alla Sigesa s.p.a., il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, ha sollevato questione di legittimit degli artt. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, 27, primo comma, numero 4, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, 90 e 91 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642. Il giudice rimettente, dopo aver ricostruito in fatto l'iter processuale della vicenda avente ad oggetto l'impugnazione degli atti del Comune di Vigliano Biellese relativi alla procedura di aggiudicazione, a trattativa privata, della concessione del servizio di distribuzione dell'acqua potabile in favore della Sigesa s.p.a., decisa con sentenza d'annullamento n. 293 del 1996 e nei cui confronti l'amministrazione comunale aveva interposto appello al Consiglio di Stato, ha sottolineato che quest'ultima amministrazione, senza richiedere la sospensione dell'esecutivit della sentenza innanzi al giudice di secondo grado investito dell'esame dell'appello, si era rifiutata espressamente di assumere i provvedimenti necessari per conformarsi alla statuizione del Tribunale amministrativo regionale; tanto che l'originaria affidataria del servizio, controinteressata nel giudizio amministrativo, continuava a svolgere il servizio. (1) La decisione che si annota appare di grandissimo interesse in quanto -per inquadrare la questione costituzionale sollevata -affronta la complessa tematica del rapporto tra giudizio di ottemperanza e principio di esecutivit della sentenza di primo grado del G.A., rapporto nel quale la logica prima che la pratica individuano in prima battuta una. intrinseca contraddizione, foriera di ogni genere di dubbi sulla valenza della funzione giurisdizionale nel suo complesso. Giova seguire l'iter argomentativo della Corte per far risaltare gli aspetti pi significativi della pronuncia. Ricorda la sentenza che il giudizio di ottemperanza aveva gi una sua collocazione nel t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, ove esso riguardava specificamente l'esecuzione delle decisioni dei tribunali ordinari (e quindi si sommava ai giudizi di esecuzione del cod. civ. come uno , strumento ulteriore disponibile solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza da eseguire). ~ Per l'esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato il problema si poneva solo ~ marginalmente nelle rare ipotesi in cui le stesse fossero state impugnate con ricorso per Cass. ex !:[ art. l~~;~~~ue la disponibilit del rimedio in parola per dare esecuzione sia alle sentenze del ri r.:: G.O. sia a quelle del G.A. porta ad escludere una disparit .di trattamento tra i soggetti ricorrenti ( in relazione al diverso titolo giurisdizionale disponibile secondo l'ordine delle giurisdizioni. I'~,--,,= In questo confronto invece la differenza emerge quando si consideri che le tipiche azioni esecutive esperibili dinanzi al giudice civile non richiedono il passaggio in giudicato della r~ . Ji:: [i1-:::v:::.,.:::~',::,y:::=?%"]m'~~ '"'-~A:f~--&~ll+11'-ilr+wll'wtdff~~-&L:.t&WtL PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 15 In diritto, il giudice a quo richiama nelle premesse che il ricorso era basato sull'art. 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 contenente la previsione che le sentenze del giudice amministrativo sono immediatamente esecutive, mentre un consolidato orientamento giurisprudenziale contrario all'esperibilit immediata del giudizio di esecuzione coattiva, essendo questo il tipico rimedio del giudizio d'ottemperanza, fondato sul presupposto che la sentenza da eseguire sia passata in cosa giudicata ai sensi dell'art. 324 del codice di procedura civile (tra le tante, v. Consiglio di Stato, ad plen., 23 marzo 1979, n. 12; 1 aprile 1980, n. 10) . . Poich il riscontro del dato normativo, come conformato dall'indirizzo ermeneutico giurisprudenziale, depone in senso contrario alla pretesa fatta valere nel giudizio di merito, ad avviso del collegio rimettente, si imporrebbe l'indagine sulla legittimit costituzionale delle disposizioni che disciplinano il giudizio di ottemperanza, preclusive all'ottenimento del bene della vita cui sarebbe preordinata la tutela giurisdizionale, in contrasto altres con il precetto scaturente dalla proclamata esecutivit della sentenza del giudice amministrativo. Sul piano dell'effettivit della tutela giurisdizionale che trova presidio costituzionale negli artt. 24 e 113 della Costituzione, atti a garantire il soddisfacimento effettivo dei diritti e degli interessi accertati in giudizio nei confronti di qualsiasi soggetto, dovrebbe essere affermata, secondo la prospettazione del giudice a quo, l'incostituzionalit delle disposizioni che regolano il giudizio di ottemperanza nella parte in cui precludono che siano portate ad esecuzione coattiva le decisioni giustiziali di per s esecutive, prima di aver acquisito autorit di cosa giudicata. Il dubbio di legittimit costituzionale troverebbe ulteriore fondamento alla stregua della sentenza n. 419 del 1995 della Corte, che ha riconosciuto il potere del giudice amministrativo di assumere tutti i provvedimenti necessari all'esecuzione delle proprie ordinanze cautelari; il che oltretutto, quale portato logico-giuridico, sentenza, essendo gi azionabili in base a decisioni esecutive di diritto o espressamente dichiarate tali dal giudice del merito. Per dare conto di tale diversit la Corte opportunamente illustra le diverse modalit con cui si atteggia il giudizio di ottemperanza in relazione alla diversa natura delle sentenze pronunciate dal TAR; il che consente di portare alla luce la peculiarit di questo giudizio nel cui alveo sono state fatte confluire dalla normativa e dalla stessa giurisprudenza (a sua volta sollecitata da una pressante domanda di giustizia sostanziale) una serie articolata di pronunce di varia natura. Si passa cos dal giudizio di condanna al pagamento di una somma di denaro, che il pi simile a quello del G.O., a quello che vincola strettamente l'Amministrazione ad adottare provvedimenti o a compiere operazioni materiali, ad un'ulteriore situazione in cui il deciso lascia un certo margine di discrezionalit all'Amministrazione, rispetto al quale il giudizio di ottemperanza assume quindi una funzione del tutto peculiare assolutamente estranea ai principi del processo civile, ove l'esecuzione richiede un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. su tale contrapposizione di fondo che la Corte perviene a negare l'esistenza di disparit di trattamento, rilevando che proprio la peculiarit del giudizio amministrativo esclude l'esigenza costituzionale di una uniformit nei presupposti relativi al passaggio in giudicato della decisione. Questa rigorosa analisi dei possibili contenuti del giudizio amministrativo ha in effetti portato ad emergenza la corretta ratio della scelta legislativa, che ha voluto negare al ricorrente vittorioso RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO cc 16 sottintenderebbe che a maggior ragione tale potere venisse attribuito alla sentenza che, a differenza della misura cautelare, abbia definito un grado di giudizio. Sul piano dell'intrinseca ragionevolezza delle disposizioni censurate, che si tradurrebbe altres in ingiustificata disparit di trattamento, rileverebbe, sempre I* secondo il giudice a quo, la distinzione fra effetti demolitori, ripristinatori e conformativi, conseguenti alle sentenze del giudice amministrativo, in diretta corrispondenza alla natura dell'interesse fatto valere in giudizio: solo i c.d. interessi oppositivi, che non necessitano di misure attuative concrete, sarebbero immediatamente garantiti dall'annullamento degli atti impugnati; non quelli pretensivi, pur sempre omogenei quanto a tutela giurisdizionale. Sotto altro profilo, la violazione dell'art. 3 in relazione agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione si evincerebbe dalla comparazione con l'esecutivit ex lege delle sentenze emesse dal giudice ordinario, suscettibili di essere portate ad esecuzione coattiva, a prescindere dalla natura della sentenza e dal contenuto della statuizione, nei confronti della pubblica amministrazione senza che possano invocarsi ostacoli all'esecuzione forzata che la prassi giudiziale ha progressivamente ridotto; irrazionalit vieppi palese se considerata con riguardo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo avente ad oggetto i rapporti paritetici, le cui decisioni sono di contenuto omologo a quelle rese dal giudice ordinario. D'altra parte il presunto grado di certezza, sguarnito di tutela costituzionale, insito nell'autorit di cosa giudicata delle sentenze emesse dal giudice amministrativo, si rivelerebbe, secondo la prospettazione delle censure, meramente ipotetico se verificato, con riguardo alle sentenze del Consiglio di Stato, alla luce dell'esclusivit del difetto di giurisdizione quale unico motivo di ricorso in Cassazione; mentre il ricorso straordinario per revocazione e l'opposizione di terzo pongono in discussione la stessa nozione teorica di definitiva certezza della situazione giuridica definita con sentenza passata in giudicato. Inoltre l'eventuale pregiudizio scaturente dal mutamento dell'assetto di interessi in forza dell'esecuzione della pronuncia non definitiva sarebbe scongiurato dall'attribuzione del potere di sospensione della sentenza al giudice investito della cognizione dell'appello. in primo grado il potere di attivare un giudizio idoneo a conseguire l'adozione di provvedimenti che l'Amministrazione avrebbe eventualmente realizzato solo di fronte ad una pronuncia irreversibile. Naturalmente il giudizio della Corte attiene alla correttezza sul piano dei princpi costituzionali, i quali anche per quanto concerne l'effettivit della tutela giurisdizionale impongono solo che sia realizzabile in sede giurisdizionale l'obbligo della P.A. di conformarsi alle sentenze, ma non pretendono che ci avvenga ancora prima della formazione del giudicato, sicch esso nega rilievo costituzionale alla questione ma non affronta radicalmente il problema sull'assunta contraddittoriet del sistema. Anzi, la Corte incidentalmente osserva che la limitazione del giudizio di ottemperanza al giudicato una interpretazione plausibile che il giudice a quo ritiene di seguire, e soprattutto ripropone l'antinomia concettuale quando rileva che rispetto ad una sentenza del G.A. di primo grado, in quanto tale immediatamente esecutiva anche se non passata in giudicato, la spontanea esecuzione da parte dell'Amministrazione sarebbe pur sempre un atto dovuto. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 17 Infine, sempre secondo il collegio rimettente, sul piano sistematico, l'irragionevolezza delle disposizioni censurate si evidenzierebbe dal pi frequente intervento del legislatore volto ad introdurre disposizioni acceleratorie del corso del giudizio amministrativo (cfr., da ultimo, art. 31-bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109), tale da porsi in insanabile contrasto con disposizioni che, viceversa, subordinano il soddisfacimento della pretesa fatta valere in giudizio ad eventi temporali remoti, quali il passaggio in giudicato della sentenza. 2. -Nel giudizio intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. La questione, come proposta dal giudice a quo, difetterebbe della rilevanza avendo questi autonomamente modificato il titolo della domanda del ricorso, avanzato ai sensi dell'art. 33 della legge n. 1034 del 1971, e non come giudizio di ottemperanza verso le cui disposizioni si appuntano le censure di legittimit costituzionale. Nel merito, secondo la difesa erariale, la questione sarebbe infondata poich il giudice a quo, pur muovendo dall'esatto presupposto dell'imprescindibilit della tutela esecutiva, non considera la specificit del processo amministrativo ed, altres, i limiti che circoscrivono l'esecuzione coattiva delle sentenze nei confronti dell'attivit provvedimentale dell'amministrazione. D'altra parte la censura che investe la postulata incoerenza dell'esecutivit delle sentenze di primo grado e l'ammissibilit del ricorso per ottemperanza delle sole sentenze passate in giudicato, si rivelerebbe ad una indagine approfondita insostenibile. L'esecutivit, infatti, rileva l'Avvocatura, sarebbe propria delle sentenze autoesecutive, quali sono le sentenze di annullamento emesse dal giudice amministrativo all'esito di un giudizio impugnatorio; mentre l'azione di ottemperanza diretta a conseguire effetti ulteriori, mediati, tali da presupporre l'adozione di provvedimenti, diversi da quelli oggetto di impugnazione. Ora, sembra potersi arguire dalla parte successiva della motivazione. che spontaneit stia qui per autonomia, in quanto l'Amministrazione, essendo tenuta a conformarsi al decisum, resta tuttavia autonoma riguardo alla determinazione da assumere, nel caso concreto, secondo il tipo di sentenza che stata pronunciata. Vale a dire che la P.A. non potrebbe adottare nuovi atti in contrasto con la pronuncia esecutiva o che abbiano il loro necessario presupposto nell'atto impugnato ed annullato, ma non sarebbe invece tenuta a modificare da subito il proprio orientamento od a reiterare le valutazioni la cui legittimit rimane sub judice, per cui il vincolo derivante dalla decisione esecutiva paralizza il suo agire ma non le impone di conformarsi de plano alle linee di condotta che la sentenza ritiene legittima. Il che sembra convalidare la tesi difensiva proposta dall'Avvocatura, laddove essa sottolinea la diversit tra le sentenze autoesecutive come le sentenze di annullamento, che vincolano la P.A. senza bisogno di alcun giudizio di ottemperanza, rispetto a quelle altre pronunce che, per essere attuate, richiedono l'adozione di nuovi provvedimenti diversi da quelli oggetto dell'impugnazione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ' 18 Del resto la natura stessa del giudizio di ottemperanza, riconducibile per espressa previsione normativa alla giurisdizione estesa al merito riservata alla ,, cognizione esclusiva del giudice amministrativo, renderebbe intuitiva ragione del ,_:.,':;_. carattere sostitutivo di tale giudizio rispetto a provvedimenti discrezionali, : altrimenti rimessi alle attribuzioni dell'amministrazione. N si rivelerebbe fondata l'argomentazione incentrata sulla comparazione delle misure esecutive proprie della fase cautelare, che per sua natura meramente interinale ed inidonea ad incidere in via definitiva sull'assetto di interessi dedotto in giudizio, con il giudizio di ottemperanza, diretto ad adeguare stabilmente la situazione anteriore alla statuizione, imponendo misure attuative e provvedimenti all'amministrazione, al fine di ricercare un momento di equilibrio fra la necessit di garantire la effettivit della decisione giurisdizionale e quella, in ossequio al principio di divisione dei poteri, di non invadere la sfera destinata alla amministrazione da parte del potere giudiziario. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. -Il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, con ordinanza 22 gennaio 1997, ha sollevato questione di legittimit costituzionale degli artt. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), 27, primo comma, numero 4, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), 90 e 91 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), nella parte in cui stabiliscono che i ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorit amministrativa di conformarsi alle decisioni pronunciate dagli organi di giustizia amministrativa possano essere proposti esclusivamente avverso le sentenze passate in giudicato e non anche con riferimento a sentenze di primo grado, esecutive e non sospese dal giudice di appello, ma non passate in giudicato. A parere del tribunale rimettente, le norme anzidette violerebbero gli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione, in quanto l'effettivit della tutela giudiziaria esecutiva sarebbe procrastinata in modo irragionevole tanto pi se comparata con le misure esecutive proprie della tutela cautelare; traducendosi, inoltre, nella violazione del principio di uguaglianza stante l'ingiusta discriminazione fra chi abbia ottenuto una sentenza civile immediatamente esecutiva anche in mancanza di Per queste ultime infatti non si giustifica il giudizio di ottemperanza, secondo l'avveduta valutazione del legislatore -che solo al giudicato ha voluto ricollegare la funzione di indirizzo del decisum giurisdizionale rispetto alla deliberazione amministrativa e quindi la traduzione della prima nell'agire di un organo straordinario, qual' il Commissario ad acta -poich appunto nel delicato equilibrio tra funzione amministrativa e giurisdizionale la prevalenza della seconda, che si fa azione amministrativa, postula quanto meno che essa sia espressione di ultima istanza, cio provenga da quell'autorit giudiziaria legittimata nel caso di specie ad esprimere in via definitiva la determinazione del potere cui appartiene. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITIJZIONALE 19 giudicato, e chi, pur avendo ottenuto una sentenza esecutiva amministrativa, non pu esperire il ricorso per ottemperanza. 2. -Va preliminarmente rilevato che il richiesto scrutinio di costituzionalit deve incentrarsi sugli artt. 37 della legge n. 1034 del 1971, e 27, primo comma, numero 4, del regio decreto n. 1054 del 1924, che sono le norme dalle quali pu dedursi il presupposto contestato, mentre gli artt. 90 e 91 del regio decreto n. 642 del 1907 hanno la sola funzione di regolamentazione della procedura per i ricorsi cui le prime si riferiscono. 3. -La questione non fondata. Giova premettere che lo speciale (per l'oggetto e la procedura) giudizio ex art. 27, numero 4, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato) era concepito con specifico riguardo alle sentenze dei tribunali ordinari ed stato esteso a tutte le decisioni di organi giurisdizionali, compresi quelli della giustizia amministrativa, prima dalla giurisprudenza e poi espressamente, per quanto riguarda il giudicato degli organi di giustizia amministrativa, dall'art. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 nel regolare la distribuzione della competenza tra Tribunale amministrativo regionale e Consiglio di Stato. Mentre solo con il decreto legislativo 31dicembre1992, n. 546, art. 70, stata enucleata -salvo quanto previsto per la esecuzione forzata dal codice procedura civile -una particolare procedura di ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza delle commissioni tributarie purch passata in giudicato, attribuita alla competenza delle commissioni tributarie, laddove in precedenza la giurisprudenza, sia pure in modo non uniforme, aveva ammesso l'azionabilit del giudizio avanti al giudice amministrativo. Di conseguenza, stante l'unicit dei presupposti del ricorso per ottemperanza di sentenze dei giudici ordinari e di quelle dei giudici amministrativi, deve escludersi in radice qualsiasi disparit nell'ambito dei ricorsi per l'esecuzione del giudicato. Invece differenti, rispetto all'azione in base a ricorso per ottemperanza, e quindi non comparabili, sono le azioni esecutive davanti al giudice ordinario secondo le norme del codice di procedura civile, sia nella forma dell'espropriazione forzata mobiliare ed immobiliare sia nelle forme per consegna o rilascio ovvero per violazione di un obbligo di fare o di non fare. Rispetto a dette azioni esecutive ininfluente il mancato passaggio in giudicato della sentenza o provvedimento giudiziale purch esecutivo, trattandosi di circostanza necessaria solo per il concorrente strumento di tutela costituito dal giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo. Ed questo uno schema che in materia di conflitto ricalca esattamente i presupposti della legittimazione a ricorrere dinanzi alla Corte nel tipico giudizio, che le compete di risolvere, tra i poteri dello Stato. Si tratta in effetti, spostando la problematica dal piano delle pronunce a quello dei soggetti, proprio di un conflitto tra potere amministrativo e potere giurisdizionale, che viene risolto dalla legge accordando la prevalenza al primo fino alla formazione del giudicato ed al secondo dopo tale momento, secondo un equilibrio che la Corte ha valutato legittimo sul piano dei princpi costituzionali. GIAN PAOLO POUZZI RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 20 D'altro canto il giudizio di ottemperanza, secondo l'attuale elaborazione giurisprudenziale, ricomprende una pluralit di configurazioni (in relazione alla situazione concreta, alla statuizione del giudice e alla natura dell'atto impugnato), J-: assumendo talora (quando si tratta di sentenza di condanna al pagamento di somma di denaro esattamente quantificata e determinata nell'importo, senza che vi sia esigenza ulteriore di sostanziale contenuto cognitorio) natura di semplice giudizio esecutivo -come tale assoggettabile alle limitazioni proprie delle azioni esecutive nei confronti degli enti locali dissestati -e quindi qualificabile come rimedio complementare che si aggiunge al procedimento espropriativo del codice di procedura civile, rimesso alla scelta del creditore. In altri casi il giudizio di ottemperanza pu essere diretto a porre in essere operazioni materiali o atti giuridici di pi stretta esecuzione della sentenza; in altri ancora ha l'obiettivo di conseguire una attivit provvedimentale dell'amministrazione ed anche effetti ulteriori e diversi rispetto al provvedimento originario oggetto della impugnazione; inoltre pu essere utilizzato, in caso di materia attribuita alla giurisdizione amministrativa, anche in mancanza di completa individuazione del contenuto della prestazione o attivit cui tenuta l'amministrazione, laddove invece l'esecuzione forzata attribuita al giudice ordinario presuppone un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Del resto il giudizio di ottemperanza non deve necessariamente (sotto il profilo costituzionale) modellarsi, anche nei presupposti, al processo esecutivo ordinario, attese le peculiarit funzionali del giudizio amministrativo (esteso al merito) con potenzialit sostitutive e intromissive nell'azione amministrativa, non comparabili con i poteri del giudice dell'esecuzione nel processo civile. Infatti, non esiste un principio (costituzionalmente rilevante) di necessaria uniformit di regole processuali tra i diversi tipi di processo (civile e amministrativo), potendo i rispettivi ordinamenti processuali differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e dalle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, naturalmente a condizione che non siano vulnerati i principi fondamentali di garanzia ed effettivit della tutela (sentenza n. 82 del 1996). 4. -Il limitare l'ambito dello speciale giudizio di ottemperanza -diretto ad ottenere l'adempimento coattivo dell'obbligo dell'autorit amministrativa di II I conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso -al giudicato, inteso come cosa giudicata, una interpretazione plausibile che il giudice a quo ritiene di seguire. Tale limitazione costituisce una scelta che rientra nella discrezionalit legislativa, in quanto non obbligata sul piano costituzionale, essendo libero il legislatore di adottare particolari sistemi di esecuzione in via amministrativa delle sentenze dei giudici nei confronti delle pubbliche amministrazioni, quando queste w non si conformino spontaneamente (scelta di recente ripetuta nel processo & ~ tributario), fermo il principio (v. sentenza n. 435 del 1995) che in caso di pronuncia V. giurisdizionale la quale riconosca come ingiustamente lesivo dell'interesse del Il cittadino un determinato comportamento dell'amministrazione, incombe su ~: quest'ultima l'obbligo di conformarsi ad essa, ed il contenuto di tale obbligo consiste appunto nell'attuazione di quel risultato pratico, tangibile, riconosciuto l come giusto e necessario dal giudice. La fase di esecuzione coattiva di questo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE obbligo, che pur nasce con la pronuncia del giudice con il carattere della esecutivit, costituzionalmente necessaria senza alcuna possibilit di distinzioni tra funzioni giurisdizionali di natura diversa o tra pubbliche autorit anche di rilevanza costituzionale (sentenza n. 435 del 1995), mentre non necessariamente sul piano costituzionale la proponibilit della speciale azione deve coincidere con la pronuncia di primo grado non passata in giudicato. La procedura di ottemperanza -con la possibilit di esercizio di poteri sostitutivi rispetto all'amministrazione inadempiente e di inserimento nello svolgimento concreto dell'azione amministrativa mediante un commissario ad acta o, a seconda della fattispecie, direttamente da parte del giudice -nei confronti della pubblica amministrazione comporta l'esercizio di una giurisdizione estesa anche al merito, di modo che non irragionevole, nell'attuale contesto del sistema processuale, la scelta di porre, come presupposto della speciale azione, l'esistenza di una cosa giudicata, anche se stata auspicata una diversa soluzione legislativa accompagnata da modifiche al processo amministrativo. 5. -L'azione di ottemperanza al giudicato, cos come configurata, non esclude n limita la ulteriore tutela giurisdizionale, potendo il soggetto interessato, da un canto, avvalersi dell'azione esecutiva ordinaria per espropriazione forzata in base a sentenza esecutiva contenente condanna al pagamento di somma di denaro; dall'altro canto, proporre le normali azioni di fronte all'inerzia dell'amministrazione, nonch le impugnazioni contro gli atti della amministrazione che siano in contrasto con le statuizioni contenute in una sentenza provvista di esecutivit, ancorch non definitiva. Del resto, la spontanea esecuzione (pur sempre atto dovuto) da parte della Amministrazione di una sentenza del giudice amministrativo di primo grado, in quanto immediatamente esecutiva, non pu configurare di per s acquiescenza alla sentenza stessa, anche se intervenga successivamente all'appello e senza riserva alcuna circa l'obbligatoriet del comportamento sulla base della sentenza, proprio perch l'Amministrazione Ǐ tenuta a darvi esecuzione, secondo un indirizzo giurisprudenziale tutt'altro che isolato. Sullo stesso piano qualsiasi nuovo atto dell'Amministrazione, che sia in contrasto con la statuizione contenuta nella sentenza esecutiva o che trovi fondamento o giustificazione o che si basi sul presupposto dell'esistenza di un atto annullato con la medesima sentenza ovvero dia ulteriore seguito ai provvedimenti eliminati dal mondo giuridico con l'annullamento disposto da sentenza esecutiva, affetto da antigiuridicit derivata (per violazione dell'obbligo, in precedenza sottolineato, a carico della Amministrazione di conformarsi alla pronuncia giurisdizionale), suscettibile di essere censurato in sede giurisdizionale con gli ordinari rimedi previsti per la tutela delle posizioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo, restando affidato ai giudici l'esercizio dei poteri cautelari conferiti dagli ordinamenti processuali, con le conseguenze attuative (v., sulle possibilit di esecuzione delle ordinanze di sospensiva del giudice amministrativo, sentenza n. 419 del 1995). D'altro canto, secondo un indirizzo della giurisprudenza amministrativa, perfino il giudice che ha provveduto sulla sospensione di una sentenza impugnata in appello conserva il potere di emanare provvedimenti cautelari che impongano RASSEGNA AWOCATlillA DELLO STATO cc 22 alla Amministrazione la assunzione di atti ritenuti necessari per l'effettiva tutela interinale dell'interesse perseguito. Infatti, su un piano pi generale stato affermato il principio che qualora il diritto assistito da fumus boni iuris sia I minacciato da pregiudizio imminente ed irreparabile provocato dalla cadenza dei I tempi necessari per farlo valere in via ordinaria, spetta al giudice il potere di emanare i provvedimenti di urgenza che appaiono, secondo le circostanze, pi idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito (sentenza n. 190 del 1985 a proposito di controversie patrimoniali attribuite alla giurisdizione esclusiva). In ogni caso, la mancata adozione da parte dell'Amministrazione di provvedimel)ti che rimuovano o interrompano gli effetti persistenti e produttivi di ulteriori conseguenze giuridiche a seguito di atti annullati o comportamenti dichiarati illegittimi da sentenza esecutiva o il mancato conformarsi alle statuizioni della medesima sentenza esecutiva -ancorch non ancora suscettibile di coazione in forma specifica attraverso il giudizio di ottemperanza - un comportamento a rischio dell'Amministrazione inadempiente (e del funzionario responsabile), potendo ravvisarsi responsabilit nelle diverse forme -a seconda della sussistenza dei relativi presupposti -e nelle sedi competenti (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 febbraio 1999, n. 27 -Pres. Granata -Red. Zagrebelsky -Provincia autonoma di Trento (avv. Falcon) c. Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Caramazza). Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione -Tra Provincia autonoma e Stato -Relativo ad un atto di giurisdizione -Ammissibilit -Limiti. Riguardo agli atti di giurisdizione il conflitto di attribuzione configurabile solo quando viene contestata radicalmente la riconducibilit del!' atto alla funzione giurisdizionale o viene messa in discussione l'esistenza stessa del potere giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente; pertanto inammissibile il conflitto di attribuzione diretto a censurare il modo di esercizio della funzione giurisdizionale (1). (omissis) 1. -La Provincia autonoma di Trento propone conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, n. 625 del 6 giugno 1997, che ha confermato una pronuncia (1) Principio pacifico in giurisprudenza, come risulta dai precedenti citati in motivazione. Nella fattispecie l'inammissibilit del conflitto appare evidente in quanto la Provincia ricorrente contesta non gi l'esistenza del potere giurisdizionale, bens l'interpretazione del diritto vigente contenuta in una sentenza del Consiglio di Stato, introducendo cos un terzo grado di giudizio in cui si chiede alla Corte Costituzionale di correggere gli errori in iudicando del giudice di vertice del plesso della giustizia amministrativa. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento di annullamento, per incompetenza, dell'ordinanza del Presidente della Giunta provinciale di sospensione dell'autorizzazione all'apertura di un esercizio commerciale. Sarebbero violati l'art. 20, primo comma, dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) e il decreto del Presidente della Repubblica 1 novembre 1973, n. 686 (recante Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige concernente esercizi pubblici e spettacoli pubblici). La norma statutaria -confermata dall'art. 3, primo comma, delle menzionate norme di attuazione stabilisce che i Presidenti delle Giunte provinciali esercitano le attribuzioni spettanti all'autorit di pubblica sicurezza previste dalle leggi vigenti, tra le quali dovrebbe ritenersi inclusa quella relativa alla sospensione della licenza degli esercizi pubblici, prevista dall'art. 100 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto 18 giugno 1931, n. 773). Ad avviso della ricorrente, la decisione del giudice amministrativo che ha dato origine al conflitto disconoscerebbe una competenza provinciale avente fondamento nello statuto speciale, in quanto il Consiglio di Stato ha qualificato il provvedimento adottato dal Presidente della Giunta provinciale ai sensi dell'art. 100 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza come provvedimento per l'ordine pubblico, di competenza dello Stato, a norma dell'art. 21 dello statuto speciale. 2. -Il conflitto non ammissibile. 2.1. -Atti di giurisdizione, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, possono essere a base di conflitto di attribuzione tra Regioni e Stato, oltre che tra poteri dello Stato, purch il conflitto medesimo non si risolva in mezzo improprio di censura del modo di esercizio della funzione giurisdizionale (sentenze nn. 289 del 1974, 98 e 183 del 1981, 70 del 1985, 285 del 1990, 99 e 175 del 1991, 357 del 1996). Contro gli errori in iudicando di diritto sostanziale o processuale, infatti, valgono i rimedi consueti riconosciuti dagli ordinamenti processuali delle diverse giurisdizioni; non vale il conflitto di attribuzione. A ritenere diversamente, il giudizio presso la Corte costituzionale si trasformerebbe inammissibilmente in un nuovo grado di giurisdizione avente portata tendenzialmente generale. Avendo infatti per lo piu' le situazioni soggettive delle Regioni base diretta o almeno indiretta in norme di rango costituzionale attributive di competenza, la gran parte dei motivi di doglianza da parte delle stesse contro decisioni giurisdizionali finirebbe per potersi trasformare automaticamente in motivo di ricorso per conflitto di attribuzione, con evidente forzatura dei caratteri propri di quest'ultimo e alterazione dei rapporti tra la giurisdizione costituzionale e quella riconosciuta a istanze giurisdizionali non costituzionali. Invece, ancora secondo la giurisprudenza di questa Corte sopra ricordata, il rimedio del conflitto di attribuzione relativamente ad atti di giurisdizione configurabile quando sia contestata radicalmente la riconducibilit dell'atto che determina il conflitto alla funzione giurisdizionale ( cfr., ad esempio, sentenze nn. 24 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATCr" 150 del 1981 e 283 del 1986) ovvero sia messa in questione l'esistenza stessa del potere giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente. In tutti questi casi, il conflitto verrebbe infatti a configurarsi non come controllo sul contenuto ,I dell'attivit giurisdizionale, ma come garanzia di sfere di attribuzioni che si ~J vogliono costituzionalmente protette da interferenze da parte di organi della I:_;_ giurisdizione o che si vogliono riservare al controllo di altra istanza costituzionale. 2.2. -Nella specie, la Provincia autonoma ricorrente non contesta l'esistenza del potere giurisdizionale relativamente alla legittimit dei provvedimenti di sospensione della autorizzazione all'apertura degli esercizi commerciali. Essa contesta invece l'argomentazione contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato secondo la quale tali provvedimenti sarebbero da ascrivere alla difesa dell'ordine pubblico e non invece della sicurezza pubblica, con la conseguente affermazione della competenza statale invece che regionale. Trattasi quindi di una controversia che, avendo base in una questione di interpretazione del diritto vigente che influisce sulla decisione del giudice che si vorrebbe censurare, non attiene all'esistenza della giurisdizione in quanto tale. Il ricorso per conflitto di attribuzione deve pertanto essere dichiarato inammissibile. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE I ~ dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dello Stato, in relazione alla sentenza del I Consiglio di Stato, sezione IV, n. 625 del 6 giugno 1997, con il ricorso indicato in I I ~ epigrafe (omissis). ,, Il SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Plenum, 22 ottobre 1998, nelle cause riunite da C-10/97 a C-22/97 -Pres. Rodrguez Iglesias -Rei. Puissochet -Avv. Gen. Ruiz -Jarabo Colomber -Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Pretore di Roma nelle cause Min. Finanze c. IN.CO.GE. srl ed altri. Interv.: Governi italiano (avv. Braguglia e Quadri), francese (ag. Rispal -Bellanger e Mignot) e del Regno unito (ag. Nicoll) e Commissione delle C.E. (ag. Traversa). Comunit europee -Tasse di concessione governativa -Ripetizione dell'indebito -Conseguenze dell'incompatibilit con il diritto comunitario di un tributo nazionale -Regole di competenza giurisdizionale e disposizioni di rimborso di diritto interno. (Trattato CE, art. 5; direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, n. 69/335/CEE; decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, art. 13; decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853. conv. in legge 17 febbraio 1985 n. 17; decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, conv. in legge 29 ottobre 1993 n. 427; codice civile, art. 2946). L'obbligo incombente al giudice nazionale di disapplicare una normativa nazionale che abbia istituito un tributo contrario al diritto comunitario deve portarlo, di regola, ad accogliere le domande di rimborso del detto tributo. Tale rimborso dev'essere garantito conformemente alle disposizioni del suo diritto nazionale, fermo restando che queste ultime non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna n rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario. Un'eventuale riqualificazione dei rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale di uno Stato membro e singole societ del detto Stato all'atto della riscossione di un tributo nazionale successivamente riconosciuto contrario al diritto comunitario rientra, pertanto, nella sfera dell'ordinamento nazionale (1). (1-4) Soluzione logica, quella della prima sentenza, conforme a quanto proposto dal Governo italiano, in quanto il fatto che l'indebita riscossione di un'imposta -nella specie la tassa di concessione governativa gi ritenuta incompatibile con la direttiva 69/335/CEE -sia conseguenza del contrasto della norma tributaria interna con il diritto comunitario non elimina certo la natura fiscale della lite innescata dalla domanda di rimborso del contribuente, con la conseguente applicazione delle regole processuali e sostanziali della particolare materia, fermo che -come ripetutamente affermato dalla Corte di giustizia -le disposizioni di diritto nazionale non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO. 26 II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, sez. 5, 9 febbraio 1999, n {:: nella causa C-343/96 -Pres. rei. Puissochet -Avv. Gen. Ruiz -Jarabo Colomber -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Bolzano nella causa Dilexport srl c. Min. Finanze. Interv.: Governi italiano (avv. Stato Braguglia), francese (ag. de Salins e Mignot) e del Regno unito (ag. Nicoll) e Commissione delle C.E. (ag. Traversa). Comunit europea -Imposta di consumo sulle banane -Ripetizione dell'indebito -Conseguenze dell'incompatibilit con il diritto comunitario di un tributo nazionale -Disposizioni di rimborso di diritto interno. (Trattato CE, art. 95; legge 9 ottobre 1964, n. 986; decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, art. 91; d.l. 30 settembre 1982, n. 688, conv. nella legge 27 novembre 1982, n. 873, art. 19; legge 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29). Comunit europea -Imposta di consumo sulle banane -Ripetizione dell'indebito -Traslazione dell'imposta -Onere della prova. (Trattato CE, art. 95; legge 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29). Comunit europea -Imposta di consumo sulle banane -Ripetizione dell'indebito -Regole procedurali nazionali. (Trattato CE, art. 95; legge 29 dicembre 1990, n. 428, art 29). Il diritto comunitario non osta a disposizioni nazionali che assoggettino il rimborso di dazi doganali o di tributi incompatibili con il diritto comunitario a modalit relative ai termini e alla procedura meno favorevoli di quelle previste per l'azione di ripetizione dell'indebito tra privati, purch tali modalit si applichino namento comunitario. Cfr., per la giurisprudenza nazionale, Cass. sez. un. 23 febbraio 1996, n. 3458, citata in motivazione. Le sentenze della Corte di giustizia 15 settembre 1998, nelle cause C-231/96, EDIS, e C-260/96, SPAC, citate al n. 27 della motivazione, sono pubblicate in questa Rassegna, 1998, I, 365, con nota. Nello stesso senso la successiva sentenza 17 novembre 1998, nella causa C-228/96, FALL. APRILE, con la quale la Corte ha statuito che: 1) il diritto comunitario non osta all'applicazione di una disposizione nazionale che mira a sostituire, per tutte le azioni di rimborso in materia doganale, un termine speciale di decadenza, quinquennale e poi triennale, che deroga al termine ordinario di prescrizione di ripetizione dell'indebito di dieci anni, purch il detto termine di decadenza, analogo a quello gi previsto per diverse imposizioni, si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione fondate sul diritto comunitario e a quelle fondate sul diritto interno; 2) in circostanze come quelle della causa a qua, il diritto comunitario non vieta a uno Stato membro di opporre un termine nazionale di decadenza alle azioni di rimborso di tributi percepiti in violazione di disposizioni comunitarie, anche se questo Stato membro non ha ancora modificato la propria normativa interna per renderla compatibile con tali disposizioni. E nello stesso senso anche, sostanzialmente, la seconda sentenza annotata, con la prima e l'ultima massima (se ne omette, quindi, la motivazione). PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 27 ugualmente alle azioni di rimborso fondate sul diritto comunitario e a quelle fondate sul diritto interno e non rendano impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto al rimborso. Il diritto comunitario non osta a che, a seguito di sentenze della Corte che dichiarano l'incompatibilit con il diritto comunitario di determinati diritti o tributi, uno Stato membro adotti disposizioni che rendono le modalit di rimborso applicabili a questi diritti e tributi meno favorevoli di quelle che sarebbero applicate in loro assenza, purch tali modificazioni non riguardino specificamente i diritti o tributi in questione e le nuove disposizioni non rendano impossibile o eccessivamente difficile il diritto al rimborso (2). Il diritto comunitario osta a che uno Stato membro assoggetti il rimborso di diritti doganali e d imposte incompatibili con il diritto comunitario a una condizione, quale l'assenza di ripercussione di tali diritti e imposte su altri soggetti, relativamente al ricorrere della quale l'onere della prova incomberebbe al ricorrente (3). Il diritto comunitario non osta a che una domanda di rimborso di diritti doganali o di imposizioni incompatibili con il diritto comunitario sia soggetta, a pena di irricevibilit, a una condizione non retroattiva di notifica al servizio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi dell'interessato per l'esercizi di competenza (4). I (Omissis). 1. -Con tredici ordinanze 17 dicembre 1996, giunte alla Corte il 16 gennaio 1997, la Pretura circondariale di Roma ha proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale vertente sulle conseguenze derivanti, in diritto interno, dall'incompatibilit di un tributo nazionale con il diritto comunitario. Con la massima (3) la Corte, nel presunto contrasto interpretativo della norma nazionale, ha osservato, con la motivazione che si riporta, che sarebbe contraria al diritto comunitario una norma nazionale che presuma l'avvenuta traslazione dell'imposta sui consumatori trasferendo quindi l'onere della prova contraria al contribuente, mentre perfettamente compatibile con il diritto comunitario sarebbe una norma nazionale secondo la quale spetta all'amministrazione dimostrare mediante tutti i mezzi di prova generalmente ammessi dal diritto nazionale l'avvenuta traslazione: ma proprio quest'ultima -come ha rilevato in causa il governo italiano - la portata dell'artt. 29 comma 2 della legge 428/1990, il quale ha precisato che i diritti .... riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti, derogando cos espressamente, come precisato nel comma 3, alla regola generale dell'art. 19 del decreto-legge 688/1982 conv. in legge 873/82, rimasta ferma per il rimborso di tributi che non rilevano per l'ordinamento comunitario (cfr. Cass. 26 febbraio 1998 n. 2083; 5 maggio 1995 n. 4922), per cui spetta al contribuente dare la prova della mancata traslazione. In tal senso quindi resta ferma la giurisprudenza della Corte di cassazione che addossa l'onere della prova dell'avvenuta traslazione all'amministrazione ma consente anche che questa prova venga data attraverso presunzioni, gravi precise e concordanti, riferibili ovviamente al caso esaminato e basata su elementi rilevanti per il caso di specie (Cass. 7 marzo 1997 n. 2086; 1 settembre 1995 n. 9215). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 28 2. -Tale questione stata sollevata nell'ambito di controversie tra il Ministero delle Finanze e la IN.CO.GE '90 e altre dodici societ a responsabilit limitata (in prosieguo: la IN.CO.GE '90 e a.) in merito alle modalit di rimborso della tassa di concessione governativa per l'iscrizione delle societ nel registro delle imprese (in prosieguo: la tassa di concessione). 3. -La tassa di concessione stata istituita dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 (GURI n. 292, dell'll novembre 1972, Supplemento n. 3; in prosieguo: il decreto n. 641/1972). Essa stata oggetto, in quanto applicata all'iscrizione nel registro dell'atto costitutivo delle societ, di modifiche successive in relazione ai suoi importi e alla sua periodicit. 4. -Gli importi della tassa di concessione sono stati anzitutto notevolmente aumentati con decreto legge 19 dicembre 1984, n. 853 (GURI n. 347, del 19 dicembre 1984), convertito nella legge 17 febbraio 1985, n. 17 (GURI n. 41-bis, del 17 febbraio 1985), il quale ha anche stabilito che il versamento della tassa sarebbe dovuto avvenire, in futuro, non solo al momento dell'iscrizione nel registro dell'atto costitutivo della societ, ma anche il 30 giugno di ciascun anno solare successivo. Gli importi della tassa sono stati poi di nuovo modificati nel 1988 e nel 1989. In quest'ultima occasione, essi hanno raggiunto il livello di 12 milioni di LIT per le societ per azioni e in accomandita per azioni, di 3,5 milioni di LIT per le societ a responsabilit limitata e di 500.000 LIT per le altre societ.' 5. -Nella sentenza 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91, Ponente Carni e Cispadana Costruzioni (Racc., I-1915), pronunciata con riferimento alla tassa di concessione, la Corte ha dichiarato che l'art. 10 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, 25), dev'essere interpretato nel senso che, fatte salve le disposizioni derogatorie dell'art. 12, esso vieta un tributo annuale dovuto in ragione dell'iscrizione delle i societ di capitali anche qualora il gettito di tale tributo contribuisca al finanziamento del servizio incaricato della tenuta del registro in cui sono iscritte le societ. La Corte ha parimenti deciso che l'art. 12 della direttiva 69/335 dev'essere interpretato nel senso che i diritti di carattere remunerativo di cui al n. 1, lette), dello stesso articolo possono Iessere remunerazioni riscosse come corrispettivo di operazioni imposte dalla legge per uno scopo di interesse generale, come l'iscrizione delle societ di capitali. L'entit di tali diritti, che pu variare a seconda della forma giuridica della societ, dev'essere calcolata in base al costo dell'operazione, che pu essere determinato forfettariamente. 6. -In seguito a tale sentenza, il decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 (GURI n. 203, del 30 agosto 1993), convertito nella legge 29 ottobre 1993, n. 427 (GURI n. 255, del 29 ottobre 1993), ha ridotto la tassa di concessione a 500.000 LIT per tutte le societ e ne ha soppresso la riscossione annuale. 7. -La IN.CO.GE. '90 e a. hanno proposto con successo, ai sensi degli artt. 633 e ss. del codice di procedura civile, dinanzi al Pretore di Roma, diversi ricorsi PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE ingiuntivi per ottenere dal Ministero delle Finanze la restituzione delle somme che avevano versato a titolo di tassa di concessione negli anni precedenti. 8. -Il Ministero delle Finanze ha proposto tuttavia opposizione ai decreti ingiuntivi del Pretore di Roma sollevando due eccezioni relative, l'una, all'incompetenza di quest'ultimo a conoscere di una controversia di natura tributaria, e l'altra, alla decadenza dal diritto al rimborso delle ricorrenti limitatamente alle somme versate oltre un triennio prima della presentazione delle loro domande di ripetizione, ai sensi dell'art. 13 del decreto n. 641/1972. 9. -Dall'ordinanza di rinvio risulta che tali eccezioni vanno accolte o respinte insieme in quanto sono ambedue vincolate alla natura tributaria o civile della controversia. Infatti, se questa di natura fiscale, il Pretore incompetente a conoscerne e non gli spetter quindi esaminare l'eccezione di decadenza. Per contro, se la lite non ha natura tributaria, ma rientra nel regime della ripetizione dell'indebito del diritto civile, non soltanto spetter al giudice a quo risolverla, ma non sar nemmeno applicabile il termine di decadenza triennale di cui all'art. 13 del decreto n. 641/1972. 10. -Il Pretore di Roma aggiunge in proposito che, nella sentenza 23 febbraio 1996, n. 3458, la Corte suprema di cassazione (sezioni unite) ha dichiarato che la restituzione della tassa di concessione rientra in quest'ultima disposizione poich questa si applica a tutti i tributi indebitamente pagati, indipendentemente dalla causa dell'indebito pagamento. 11. -Il giudice a quo non condivide tuttavia quest'analisi. Esso ricorda che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la normativa nazionale, anche posteriore, contraria al diritto comunitario va disapplicata dal giudice statale senza che se ne debba chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (sentenza 4 giugno 1992, cause riunite C-13/91 e C-113/91, Debus, Racc., I-3617). Ora, nel caso di specie, la disapplicazione integrale della legge italiana che ha istituito la tassa di concessione avrebbe necessariamente l'effetto di privare della loro natura tributaria i rapporti giuridici sorti tra il Ministero delle Finanze e le societ ricorrenti all'atto del versamento delle somme controverse. Dato che queste sono state riscosse sulla base di un tributo ormai inesistente e quindi in mancanza di qualsiasi credito tributario dello Stato, il loro rimborso rientrerebbe nel regime della ripetizione dell'indebito, soggetto altermine di prescrizione decennale del codice civile. 12. - alla luce di ci che il Pretore di Roma ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se l'incompatibilit tra l'art. 10 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, interpretato nel senso risultante dalla sentenza della Corte in data 20 aprile 1993 (resa nelle cause riunite C-71/91 e C-178/91 ), e l'art. 3, commi 18 e 19, del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17, comporti, in base ai criteri di integrazione tra la normativa nazionale e quella comunita RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 30 ~::;l~bo~!i d:.C~rte medesima, la ~~a~li~ai:i~e total~ d~citati C::U/8 e 19 d~l-~ . d. , e m p . 1co are se eshsa ~mpdo d1 ~ ealifi~u ~e nazd10n e non ~ ~d.ene~e :.On o l[ d1 ette norme mteme neanc e m se e 1 qu caz1one e1rapporto gmn 1co, m i.orza 1'. del quale un soggetto di uno Stato ~emb:o ri~hiede all'amministrazionedfinll.anziaria la restituzione delle somme versate m v10laz1one del citato art. 10 e a direttiva ~ 69/335/CEE. ~ ~ Sulla competenza della Corte 13. -Il governo del Regno Unito afferma che la Corte incompetente in merito alla questione sollevata dal Pretore di Roma per la parte in cui quest'ultima verte sull'interpretazione del diritto italiano e non su quella del diritto comunitario. Infatti, spetterebbe a ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalit procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario (sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc., 1989, e causa 45/76, Comet, Racc., 2043). 14. -A tal riguardo va rilevato che, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, incombe effettivamente a ciascuno Stato membro il compito di designare il giudice competente a risolvere liti vertenti sui diritti soggettivi, scaturenti dall'ordinamento comunitario, fermo restando, tuttavia, che gli Stati membri sono tenuti a garantire, in ogni caso, la tutela effettiva dei detti diritti. Alla luce di questa riserva, non spetta alla Corte intervenire nella soluzione dei problemi di competenza che possono discendere, nell'ambito dell'ordinamento giudiziario nazionale, dalla definizione di determinate situazioni giuridiche fondate sul diritto comunitario (sentenze 9 luglio 1985, causa 179/84, Bozzetti, Racc., 2301, punto 17; 18 gennaio 1996, causa C-446/93, SEIM, Racc., 1-73, punto 32, e 17 settembre 1997, causa C-54/96, Dorsch Consult, Racc., 1-4961, punto 40). 15. -Tuttavia, la Corte competente a indicare al giudice nazionale gli elementi del diritto comunitario che possono contribuire alla soluzione del problema di competenza che esso deve risolvere (sentenze Bozzetti, punto 18, e SEIM, punto 33, citate). A tal fine essa pu, eventualmente, desumere gli elementi di cui trattasi dal testo della questione proposta e dai dati riferiti dal giudice nazionale (v., in particolare, sentenza 4 dicembre 1980, causa 54/80, Wilner, Racc. 3673, punto 4). 16. -A tal riguardo, dall'ordinanza di rinvio si ricava che il Pretore di Roma s'interroga sulle conseguenze derivanti, in diritto interno, dall'incompatibilit di un tributo nazionale con il diritto comunitario. Il giudice a quo fonda infatti il suo convincimento che le controversie pendenti innanzi ad esso non siano di natura tributarja ma rientrino, secondo l'ordinamento italiano, nel regime generale della ripetizione dell'indebito sul fatto che una siffatta incompatibilit, comportando la disapplicazione integrale delle disposizioni nazionali rilevanti e rendendo giuridicamente del tutto inesistente il tributo di cui trattasi, dovrebbe produrre necessariamente l'effetto di privare quest'ultimo della sua natura fiscale. PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 17. Ne discende che la Corte competente in merito alla questione proposta. Sulla questione proposta 18. -La Commissione ricorda che, nella sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal (Racc., 629), la Corte ha dichiarato, in particolare, che le disposizioni del Trattato e degli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l'effetto, nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere ipso iure inapplicabile qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali in quanto incompatibili con norme comunitarie. La Commissione ne deduce che uno Stato membro sarebbe del tutto incompetente ad adottare una disposizione fiscale incompatibile con il diritto comunitario di modo che una norma del genere e l'obbligo fiscale corrispondente dovrebbero essere considerati inesistenti. 19. -Questa interpretazione non pu essere accolta. 20. -Occorre rilevare che, nella citata sentenza Simmenthal, la Corte era chiamata a pronunciarsi segnatamente sulle conseguenze dell'applicabilit diretta di una disposizione del diritto comunitario in caso di incompatibilit di quest'ultima con una disposizione successiva della legislazione di uno Stato membro. Ebbene, nella sua giurisprudenza anteriore (v., in particolare, sentenza 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa, Racc., 1158), la Corte aveva gi sottolineato l'impossibilit per uno Stato membro di far prevalere una norma nazionale su una norma comunitaria contraria, senza fare distinzioni tra diritto nazionale anteriore e successivo. Nella citata sentenza Simmenthal la Corte pertanto ha affermato che qualsiasi giudice nazionale, adito nell'ambito della sua competenza, ha l'obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore che successiva alla norma comunitaria (sentenza Simmenthal, cit., punti 21 e 24). Questa giurisprudenza stata riconfermata in numerose occasioni (v., in particolare, sentenze Debus, cit., punto 32; 2 agosto 1993, causa C-158/91, Levy, Racc., I-4287, punto 9, e 5 marzo 1998, causa C-347/96, Solred, Racc., I-937, punto 30). 21. -Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non pu pertanto dedursi dalla citata sentenza Simmenthal che l'incompatibilit con il diritto comunitario di una norma di diritto nazionale successiva abbia 1'effetto di rendere quest'ultima inesistente. Posto di fronte a una situazione del genere, il giudice nazionale viceversa obbligato a disapplicare la detta norma, fermo restando che quest'obbligo non limita il potere dei giudici nazionali competenti di applicare, tra i vari mezzi offerti dall'ordinamento interno, quelli che appaiono loro pi appropriati per tutelare i diritti attribuiti agli individui dal diritto comunitario (v. sentenza 4 aprile 1968, causa 34/67, Liick, Racc., 325, in particolare 334 es.). RASSEGNA AWOCATURA DELLO STAT6. 32 22. -Occorre ancora chiedersi se la disapplicazione, in seguito a una sentenza della Corte, di una normativa nazionale che abbia istituito un tributo contrario al diritto comunitario abbia l'effetto di privare retroattivamente il detto tributo della sua natura di tassa e quindi di far venir meno la natura tributaria dei rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale nazionale e le societ debitrici del tributo all'atto della riscossione di quest'ultimo. 23. -Conformemente a una giurisprudenza costante, l'interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla Corte nell'esercizio della competenza ad essa attribuita dall'art. 177 del Trattato chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma cos interpretata pu e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa se, per il resto, sono soddisfatte le condizioni che consentono di portare alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all'applicazione di detta norma (sentenze 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit italiana, Racc., 1205, punto 16, e 2 dicembre 1997, causa C-188/95, Fantask e a., Racc., I-6783, punto 37). I 24. -Sempre secondo tale giurisprudenza, il diritto di ottenere il rimborso di tributi percepiti in violazione delle norme del diritto comunitario la conseguenza e il I complemento dei diritti riconosciuti ai singoli dalle norme comunitarie cos come interpretate dalla Corte. Lo Stato membro pertanto tenuto, il linea di principio, a I rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto comunitario (sentenza Fantask e ili a., cit., punto 38). ~ 25. -Tuttavia, in assenza di una normativa comunitaria in materia, tale rimborso pu essere richiesto solo in osservanza delle modalit formali e sostanziali stabilite dalle diverse legislazioni nazionali, fermo restando che le dette modalit non Ipossono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna n rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (v., in particolare, sentenze 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Racc., 1-4599, punto 12, e I8 febbraio 1996, causa C-212/94, FMC e a., Racc., 1-389, punto 71). 26. -Pertanto, l'obbligo incombente al giudice nazionale di garantire il rimborso di un tributo nazionale riscosso in violazione del diritto comunitario dev' esI sere adempiuto, fatto salvo il rispetto delle due condizioni stabilite dalla giurispru denza della Corte, conformemente alle disposizioni del suo diritto interno. Ne discende che la fissazione delle modalit di rimborso applicabili e la qualificazione, I a tal fine, dei rapporti giuridici tra l'amministrazione fiscale di uno Stato membro e singole societ del detto Stato all'atto della riscossione di un tributo del genere rienIl trano nella sfera dell'ordinamento nazionale. 27. -Occorre del resto ricordare che, come deciso recentemente dalla Corte, il diritto comunitario non osta, il linea di principio, a che la normativa di uno Stato PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE membro contempli, accanto a un termine di prescrizione ordinario applicabile alle azioni di ripetizione dell'indebito tra privati, modalit particolari di reclamo e di azione giudiziale per la contestazione delle tasse e degli altri tributi (sentenze 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis, punto 37, e causa C-260/96, Spac, punto 21, non ancora pubblicate nella Raccolta). 28. -Ebbene, il potere in tal modo riconosciuto dalla Corte di prevedere anche modalit particolari per il rimborso di tributi ed altre imposte riconosciuti contrari al diritto comunitario sarebbe del tutto svuotato d'efficacia se, come sostenuto dalla Commissione, il contrasto fra un tributo nazionale e il diritto comunitario portasse necessariamente a privare il detto tributo del suo carattere di tassa e facesse venir meno la natura tributaria dei rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale nazionale e i soggetti passivi all'atto della riscossione del tributo di cui trattasi. 29. -Occorre pertanto risolvere la questione proposta dichiarando che l'obbligo incombente al giudice nazionale di disapplicare una normativa nazionale che abbia istituito un tributo contrario al diritto comunitario deve portarlo, di regola, ad accogliere le domande di rimborso del detto tributo. Tale rimborso dev'essere garantito conformemente alle disposizioni del suo diritto nazionale, fermo restando che queste ultime non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna n rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario. Un'eventuale riqualificazione dei rapporti giuridici sorti tra l'amministrazione fiscale di uno Stato membro e singole societ del detto Stato all'atto della riscossione di un tributo nazionale successivamente riconosciuto contrario al diritto comunitario rientra, pertanto, nella sfera dell'ordinamento nazionale (omissis). II (omissis). 44. -Con la quarta e la quinta questione il giudice nazionale domanda se il diritto comunitario osti a che uno Stato membro assoggetti il rimborso di diritti doganali e di imposizioni incompatibili con il diritto comunitario a una condizione, quale l'assenza di traslazione su terzi di tali diritti e imposizioni, relativamente al ricorrere della quale l'onere della prova incomberebbe al ricorrente. 45. -Secondo Dilexport e la Commissione a tali questioni si deve dare una risposta affermativa. Esse ricordano che la Corte ha dichiarato, in particolare nella citata sentenza San Giorgio, che il diritto comunitario osta a presunzioni o a discipline della prova dirette a far incombere sul contribuente l'onere di dimostrare che i tributi indebitamente pagati non sono stati trasferiti su altri soggetti, o a limitazioni particolari per quanto riguarda la forma delle prove da apportare, come l 'esclusione di mezzi di prova non documentali. Il governo francese, che rileva che la formulazione dell'art. 29, n. 2, della legge del 1990, non contiene alcuna disciplina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 34 dell'onere della prova, condivide questo punto di vista nel caso in cui la normativa nazionale dovesse essere interpretata nel senso indicato dal giudice a quo. 46. -Il governo italiano sostiene che, contrariamente a quanto indicato dal giudice a quo, l'art. 29, n. 2, della legge del 1990 stato oggetto di un'interpretazione costante da parte della Corte suprema di cassazione secondo la quale a carico del1' amministrazione la prova che il diritto o l'imposizione controversa sono stati trasferiti su altri soggetti, sulla base dei mezzi di prova ammessi dal diritto nazionale, quali presunzioni gravi, precise e concordanti o consulenze tecniche. 4 7. -Si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto comunitario non osta a che un ordinamento giuridico nazionale rifiuti il rimborso di una tassa indebitamente riscossa quando ci comporti un arricchimento senza causa degli aventi diritto. Nulla si oppone quindi, sotto il profilo del diritto comunitario, a che i giudici tengano conto, secondo il loro diritto nazionale, della circostanza che i tributi indebitamente riscossi abbiano potuto essere incorporati nel prezzo delle merci e ripercossi sui consumatori. Non possono quindi considerarsi nel loro complesso contrarie al diritto comunitario disposizioni legislative nazionali che escludano il rimborso di imposte, dazi e tasse riscossi in violazione del diritto comunitario quando sia appurato che la persona tenuta al pagamento del tributo lo ha di fatto riversato su altri soggetti (v. sentenze citate San Giorgio, punto 13, Comateb e a., punto 21, e 27 febbraio 1980, causa 68/79, Just, Racc., 501, punto 26). 48. -Sono per contro incompatibili con il diritto comunitario tutte le modalit di prova il cui effetto sia di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'ottenimento del rimborso della tassa riscossa in violazione del diritto comunitario. Tale il caso, in particolare, di presunzioni o di discipline della prova dirette a far incombere sul contribuente l'onere di dimostrare che i tributi indebitamente pagati non sono stati trasferiti su altri soggetti, o di limitazioni particolari per quanto riguarda la forma delle prove da apportare, come l'esclusione di mezzi di prova non documentali (sentenze San Giorgio, cit., punto 14, e 25 febbraio 1988, cause riunite 331/85, 376/85 e 378/85, Bianco e Girard, Racc., 1099, punto 12). 49. -Nel caso di specie, l'art. 29, n. 2, della legge del 1990 prevede che i diritti e le imposizioni ivi menzionati sono rimborsati quando sono incompatibili con la legislazione comunitaria, salvo che l'onere corrispondente sia stato trasferito su altri soggetti. 50. -Il governo italiano e il giudice nazionale contestano, tuttavia, l'interpretazione data a questa disposizione dalle giurisdizioni nazionali. 51. -Occorre ricordare che la Corte non competente a interpretare il diritto nazionale (v., tra l'altro, la citata sentenza Deville, punto 17) e che spetta al giudice nazionale, e a lui solo, determinare l'esatta portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali (v. sentenza 16 aprile 1991, causa PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZlONALE 35 C-347/89, Eurim-Pharm, Racc., 1-1747, punto 15, e 16 dicembre 1992, cause riunite C-132/91, C-138/91 e C-139/91, Katsikas, Racc., 1-6577, punto 39). 52. -Se, come ritiene il giudice nazionale, esiste una presunzione di ripercussione su altri soggetti dei diritti e dei tributi illegittimamente pretesi o indebitamente riscossi e se a carico del ricorrente la prova contraria di tale presunzione per ottenere il rimborso del tributo, si dovr considerare che le disposizioni di cui si tratta sono contrarie al diritto comunitario. 53. -Se, per contro, come sostiene il governo italiano, spetta all'amministrazione dimostrare, m.ediante tutti i mezzi di prova generalmente ammessi dal diritto nazionale, che il tributo stato trasferito su altri soggetti, si dovr invece considerare che le disposizioni di cui si tratta non sono contrarie al diritto comunitario. 54. -La quarta e la quinta questione devono quindi risolversi nel senso che il diritto comunitario osta a che uno Stato membro assoggetti il rimborso di diritti doganali e di imposte incompatibili con il diritto comunitario a una condizione, quale l'assenza di ripercussione di tali diritti e imposte su altri soggetti, relativamente al ricorrere della quale l'onere della prova incomberebbe al ricorrente (omissis). I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, sez. 6, 27 ottobre 1998, nella causa C-4/97 -Pres. Kapteyn -Rei. Ragnemalm -Avv. Gen. Fennelly Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze nella causa Manifattura italiana Nonwoven s.p.a. c. Dir. Gen. Entrate Toscana -Interv.: Governi Italiano (avv. Stato de Bellis) ed ellenico (ag. Kanellopoulos) e Commissione delle C.E. (ag. Traversa). Comunit europee -Imposte gravanti sulla raccolta di capitali -Imposta sul patrimonio netto delle imprese. (Direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, n. 69/335/CEE come mod. dalla direttiva 10 giugno 1985, n. 85/303/CEE, artt. 4 e 7; decreto-legge 30 settembre 1992 n. 394). La direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE, non osta alla riscossione, a carico delle societ di capitali, di un'imposta come l'imposta sul patrimonio netto delle imprese (in Italia) (1). (1-2) Soluzioni conformi a quelle proposte dal governo italiano. Di ampio respiro la prima sentenza, riguardante in generale l'imposta sul patrimonio netto delle imprese, qualificabile come imposta diretta e quindi non rientrante nell'ambito di applicazione della direttiva comunitaria. Un caso di specie invece quello della seconda sentenza, dove l'imposta, pur indiretta, sfugge comunque alla previsione della medesima direttiva. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 36 II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, sez. 6, 27 ottobre 1998, nella causa C-152/97 -Pres. Hirsch -Rei. Ragnemalm -Avv. Gen. Cosmas. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria provinciale di Milano nella causa Abbruzzi Gas s.p.a. c. Amm.ne tributaria di Milano -Interv. Governo italiano ( avv. Stato de Bellis) e Commissione delle C.E. (ag. Traversa). Comunit europee -Imposte gravanti sulla raccolta di capitali -Fusione di societ -Incorporazione ad opera di una societ che gi detiene l'intero capitale sociale delle societ incorporate. (Direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, n. 69/335/CEE, come mod. dalla direttiva 10 giugno 1985, n. 85/303/CEE, artt. 4 e 7; decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, artt. 1, 2 e 50; decreto-legge 20 giugno 1996 n. 323, conv. in legge 8 agosto 1996 n. 425). I La direttiva del Consiglio 17luglio1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10giugno1985, 85/303/CEE, non osta alla riscossione di un'imposta di registro in caso di incorporazione di societ ad opera di un'altra societ che gi detiene la totalit delle azioni e delle quote delle societ incorporate (in Italia) (2). I (omissis) 1. -Con ordinanza 18 ottobre 1996, pervenuta in cancelleria il 9 gennaio 1997, la Commissione tributaria provinciale di Firenze ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 117 del Trattato CE, una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, 25), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE (GU L 156, 23; in prosieguo: la direttiva). 2. -Tale questione stata sollevata nell'ambito di una controversia tra la Manifattura italiana Nonwoven S.p.A. (in prosieguo: la Nonwoven) e la Direzione regionale delle entrate per la Toscana (in prosieguo: 1'amministrazione tributaria) riguardo alla domanda della N onwoven diretta al rimborso di una somma versata a titolo di imposta sul patrimonio netto delle imprese. 3. -La direttiva mira, in particolare, ad armonizzare gli elementi che contribuiscono alla fissazione e alla riscossione dell'imposta gravante sui conferimenti di capitali nelle societ nell'ambito della Comunit, nel contesto dell'eliminazione degli ostacoli fiscali che si frappongono alla libera circolazione dei capitali (v., in particolare, sentenza 5 marzo 1998, causa C-347/96, Solred, Racc., 1-937, punto 3). PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 4. -L'art. 4, n. 1, della direttiva dispone: Sono sottoposte all'imposta sui conferimenti le operazioni seguenti: a) la costituzione di una societ di capitali; b) la trasformazione in societ di capitali di una societ, associazione o persona giuridica che non sia una societ di capitali; e) l'aumento del capitale sociale di una societ di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura; d) l'aumento del patrimonio sociale di una societ di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura, remunerato non con quote rappresentative del capitale o del patrimonio stesso, bens con diritti della stessa natura di quelli dei soci ( ... ). 5. -L'art. 4, n. 1, lett. e), h), della direttiva stabilisce che il trasferimento da un paese terzo o da un altro Stato membro della sede della direzione effettiva o della sede statutaria di una societ di capitali anch'esso soggetto all'imposta sui conferimenti. 6. -L'art. 4, n. 2, della direttiva elenca le diverse operazioni che possono essere assoggettate all'imposta sui conferimenti: a) l'aumento del capitale sociale di una societ di capitali mediante incorporazione di utili, riserve o provvigioni; b) l'aumento del patrimonio sociale di una societ di capitali mediante prestazioni effettuate da un socio che non implicano un aumento del capitale sociale, ma che trovano la loro contropartita in una modifica dei diritti sociali ovvero che possono aumentare il valore delle quote sociali; e) il prestito contratto da una societ di capitali se il creditore ha diritto ad una quota degli utili della societ; d) il prestito contratto da una societ di capitali presso un socio, un congiunto o un figlio di un socio, nonch quello contratto presso un terzo quando esso garantito da un socio, a condizione che tali prestiti abbiano la stessa funzione di un aumento del capitale sociale. 7. -L'art. 7, n. 2, della direttiva dispone che gli Stati membri possono esentare dall'imposta sui conferimenti o assoggettare ad un'unica aliquota non superiore all'l% talune operazioni previste dalla direttiva. 8. -La direttiva prescrive anche, ai sensi dell'ultimo considerando, la soppressione di altre imposte indirette aventi le stesse caratteristiche dell'imposta sui conferimenti e dell'imposta di bollo sui titoli e il cui mantenimento rischia di rimettere in questione le misure previste dalla medesima direttiva. Tali tributi, di cui vietata la riscossione, sono in particolare elencati nell'art. 10 della direttiva, ai sensi del quale: oltre all'imposta sui conferimenti, gli Stati membri non applicano, per quanto concerne le societ, associazioni o persone giuridiche che perseguono scopi di lucro, nessuna altra imposizione, sotto qualsiasi forma: a) per le operazioni previste all'articolo 4; RASSEGNA AVVOCATl.JRA DELLO STATO ' 38 b) per i conferimenti, prestiti o prestazioni, effettuati nel quadro delle operazioni previste all'articolo 4; e) per l'immatricolazione o per qualsiasi altra formalit preliminare all'esercizio di un'attivit, alla quale una societ, associazione o persona giuridica che persegue scopi di lucro pu essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica. 9. -L'imposta sul patrimonio netto delle imprese stata introdotta nel sistema tributario italiano con il decreto legge 30 settembre 1992, n. 394 (GURI n. 230 del 30 settembre 1992). I soggetti passivi dell'imposta sono, in particolare, le societ di capitali, le societ cooperative e le societ di mutua assicurazione, gli enti pubblici e privati diversi dalle societ, che hanno per oggetto esclusivo e/o principale l'esercizio di attivit commerciali, nonch le persone fisiche che svolgono attivit produttive di reddito d'impresa. 10. -La base imponibile dell'imposta costituita dal patrimonio netto della societ risultante dal bilancio di fine esercizio, detratti gli utili dell'esercizio considerato, e comprendente in particolare i seguenti elementi: -il capitale sociale sottoscritto, ancorch non versato, nonch i versamenti a fondo perduto o in conto capitale eseguiti dai soci; -le riserve variamente denominate e costituite: riserva legale o statutaria, riserve da sovrapprezzo delle azioni o per azioni proprie in portafoglio, riserve vincolate al reinvestimento e altre riserve o fondi; -i fondi destinati alla copertura di oneri generici ed a futuri investimenti; -gli utili di precedenti esercizi riportati a nuovo; -le perdite afferenti all'esercizio considerato e le eventuali perdite di esercizi precedenti riportate a nuovo. 11. -Dal patrimonio imponibile sono detratte le partecipazioni azionarie, possedute alla fine dell'esercizio da almeno tre mesi, in societ assoggettate all'imposta medesima. 12. -L'aliquota dell'imposta pari allo 0,75% del patrimonio netto risultante alla chiusura del periodo d'imposta. 13. -La procedura di recupero e il contenzioso sono disciplinati dalle norme in materia di imposta sui redditi. 14. -Il 30 novembre 1994 la Nonwoven, non avendo ottenuto risposta da parte dell'amministrazione tributaria alla domanda di rimborso della somma di 93.063.000 LIT che aveva dovuto versare come imposta sul patrimonio netto delle imprese per i periodi d'imposta 1992 e 1993, ha presentato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze un ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto alla detta domanda. PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 15. -A sostengo del ricorso la Nonwoven ha fatto valere che l'imposta sul patrimonio netto delle imprese illegittima in quanto grava sul capitale sociale che gi stato assoggettato all'imposta di registro allorch stato conferito alla societ. Pertanto essa disconoscerebbe il divieto, sancito dalla direttiva, di assoggettare la raccolta di capitali a qualsiasi altro tributo diverso dall'imposta sui conferimenti. 16. -L'amministrazione tributaria ha contestato tale argomentazione, deducendo, da un lato, che l'imposta sul patrimonio netto delle imprese un'imposta diretta, per cui sarebbe erroneo sostenere che possa considerarsi, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello economico, come imposta indiretta, e, dall'altro, che, per la sua natura, essa esula dalla sfera d'applicazione della direttiva. 17. -In considerazione degli argomenti dinanzi ad esso prospettati, il giudice nazionale ha ritenuto che la soluzione della controversia dipenda essenzialmente dell'applicabilit della direttiva in ordine alla decisione sulla domanda di rimborso ad esso sottoposta, nonostante che l'imposta sul patrimonio netto delle imprese sia unanimemente qualificata come imposta diretta. La Commissione tributaria provinciale di Firenze ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione: se sia compatibile con l'ordinamento comunitario, e segnatamente con la direttiva 69/335/CEE, la previsione legislativa di un'imposta sul patrimonio netto delle societ di capitali che abbia effetti economicamente equivalenti a quelli di un'imposta indiretta sui conferimenti. 18. -Il giudice a quo chiede quindi, in sostanza, se la direttiva osti alla riscossione, a carico delle societ di capitali, di un'imposta come l'imposta sul patrimonio netto delle imprese. 19. -In via preliminare, poich il giudice a quo ha accertato che l'imposta sul patrimonio netto delle imprese unanimemente qualificata come imposta diretta, si deve rilevare che risulta da una giurisprudenza costante che la qualificazione di un'imposta, tassa, dazio o prelievo alla luce del diritto comunitario dev'essere compiuta dalla Corte in base alle caratteristiche oggettive del tributo, indipendentemente dalla qualificazione che gli viene attribuita nel diritto nazionale (v. sentenza 13 febbraio 1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Bautiaa e Socit franaise maritime, Racc., I-505, punto 39, e giurisprudenza cit.). 20. -In primo luogo, per quanto riguarda le caratteristiche oggettive dell'imposta di cui trattasi nella causa a qua, occorre osservare, come ha fatto l'avvocato generale nel paragrafo 14 delle sue conclusioni, che le varie operazioni che, ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, devono essere assoggettate all'imposta sui conferimenti sono tutte caratterizzate dal trasferimento di capitali o di beni ad una societ di capitali nello Stato membro che riscuote l'imposta. Del pari, le categorie di operazioni che, ai sensi dell'art. 4, n. 2, possono essere assoggettate a tale tributo si risolvono tutte in un effettivo aumento del capitale o del patrimonio sociale. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 40 21. -Per contro, l'imposta sul patrimonio, come quella in esame nella causa a qua, riscossa annualmente, al momento della chiusura dell'esercizio, sul patrimonio sociale netto delle imprese risultante dal bilancio. Essa non presuppone alcuna operazione implicante un movimento di capitali o di beni e non corrisponde quindi a nessuna delle operazioni imponibili enumerate nell'art. 4 della direttiva, al quale fa riferimento l'art. 10, lett. a) e b). 22. -In secondo luogo;anche se la base dell'imposta di cui alla causa a qua tiene conto dell'ammontare del capitale sottoscritto, che deve o pu essere assoggettato all'imposta sui conferimenti, tale capitale rappresenta solo un componente del patrimonio netto delle imprese. Infatti la base imponibile costituita dalla somma di svariate voci contabili, tra le quali le riserve o i fondi nonch gli utili degli esercizi precedenti portati a nuovo e le perdite, tanto quelle dell'esercizio attuale che quelle degli esercizi anteriori. 23. -Pertanto un'imposta siffatta, diversamente dall'imposta sui conferimenti che colpisce operazioni per la raccolta di capitali, riscossa sul patrimonio netto delle societ di capitali, come definito dalla normativa nazionale. Di conseguenza, e contrariamente a quanto sostenuto dalla Nonwoven, l'imposta di cui trattasi nella causa a qua non si risolve in un aumento dell'aliquota dell'imposta sui conferimenti o in un'ulteriore riscossione di tale imposta. 24. -Ne risulta che un'imposta come quella di cui trattasi nella causa a qua non costituisce un'imposta sui conferimenti n un'imposta avente le stesse caratteristiche di questa. 25. -Pertanto, la questione sollevata dev'essere risolta nel senso che la direttiva non osta alla riscossione, a carico delle societ di capitali, di un'imposta come l'imposta sul patrimonio netto delle imprese (omissis). II (omissis). 12. -La Agas deteneva l'intero capitale sociale delle societ Briangas S.p.A. e Italgasdotti S.r.l. Il 20 dicembre 1994 le assemblee degli azionisti e dei soci di queste tre societ ne deliberavano la fusione, mediante l'incorporazione della Briangas e della Italgasdotti da parte della Agas. La fusione non comportava alcun aumento del capitale sociale della Agas, bens l'annullamento delle sue partecipazioni, corrispondenti ad azioni e a quote delle societ incorporate, che erano iscritte all'attivo del bilancio. 13. -La Brianga.s_ e -irttalgasctotti conferivano alla Agas, a seguito dell'operazione di fusione, un patrimonio netto che ammonta rispettivamente a LIT 1.439.682.051 e a LIT 22.105:502.52&. PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 14. -Alla registrazione dell'atto di fusione, il 28 dicembre 1994, l'Ufficio del Registro Atti Pubblici-di Milano riscuoteva la somma di LIT 236.052.000 a titolo di imposta di registro, applicando un'aliquota pari all'l % del valore del patrimonio netto delle societ incorporate, quale risultante dalla loro situazione patrimoniale valutata ai fini dell'atto di fusione. 15. -L'll luglio 1996 la Agas domandava all'Ufficio del Registro la restituzione dell'impsta di registro corrisposta, maggiorata degli interessi, facendo valere, in sostanza, l'incompatibilit dell'art. 4 della tariffa allegata al decreto n. 131 con gli artt. 4 e 7 della direttiva. 16. -In mancanza di una risposta da parte dell'amministrazione fiscale, il 13 novembre 1996 la Agas ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano. 17. -Dubitando dell'interpretazione da dare alla direttiva, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha deciso di sospendere il procedimento fino a che la Corte non si sia pronunciata a titolo pregiudiziale sulla questione seguente: le disposizioni per l'uniformit della tassazione indiretta sui conferimenti a societ di capitali nell'Unione si riferiscono anche all'ipotesi di fusione per incorporazione di una societ in un'altra che gi era proprietaria del 100% del capitale della prima?. La questione pregiudiziale 18. -Con tale questione il giudice a quo domanda in sostanza se la direttiva osti alla riscossione di un'imposta di registro in caso di fusione per incorporazione di societ ad opera di un'altra societ che gi detiene la totalit delle azioni e delle quote delle societ incorporate. 19. -A questo proposito, risulta dal combinato disposto degli artt. 1 e 4 della direttiva che l'imposta riscossa sui conferimenti a societ di capitali costituisce un' imposta sui conferimenti ai sensi della direttiva allorch si applica alle operazioni elencate da quest'ultima (sentenza 13 febbraio 1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Bautiaa e Socit franaise maritime, Racc., I-505, punto 31). 20. -Infatti, le operazioni soggette o che possono essere assoggettate dagli Stati membri all'imposta armonizzata sui conferimenti sono definite all'art. 4 della direttiva in modo oggettivo e uniforme per tutti gli Stati membri, senza fare riferimento alle eventuali peculiarit dei singoli diritti nazionali o all'organizzazione dei regimi fiscali nazionali (sentenza Bautiaa e Socit franaise maritime, cit., punto 32). 21. -Ne consegue che, per rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva, l'operazione considerata deve potersi ricollegare a una delle fattispecie previste RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 42 all'art. 4 cui fa riferimento l'art. 10, lett. a) e b), della direttiva. A ci va aggiunto in divieto, enunciato all'art. 10, lett. e), della direttiva, di assoggettare ad imposta la registrazione o qualsiasi altra formalit preliminare all'esercizio di un'attivit alla quale una societ pu essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica. Quest'ultimo divieto giustificato dal fatto che, anche se i tributi di cui trattasi non colpiscono i conferimenti di capitali in quanto tali, essi sono tuttavia riscossi per le formalit connesse alla forma giuridica della societ, vale a dire a motivo dello strumento usato per raccogliere capitali, per cui il loro mantenimento rischierebbe di mettere in discussione anche gli scopi perseguiti dalla direttiva (sentenza 11 giugno 1996, causa C-2/94, Denkavit International e a., Racc., 1-2827, punto 23). 22. -Tenuto conto del caso di cui si tratta nella controversia a qua, si deve dichiarare, in primo luogo, che un'operazione di fusione ad opera di una societ che gi detiene la totalit delle azioni e delle quote delle societ incorporate non comporta un aumento del capitale sociale della stessa e non rientra, pertanto, nella previsione dell'art. 4, n. 1, lett. e), della direttiva. 23. -Una simile operazione non rientra neanche nell'ambito di applicazione dell'art. 4, n. 1, lett. d), della direttiva. 24. -Certamente, il conferimento alla societ incorporante dei patrimoni netti delle societ incorporate pu causare un aumento del patrimonio sociale della prima societ. ITuttavia, per essere assoggettabile ad imposta, tale operazione deve, secondo la disposizione in esame, trovare una contropartita non in quote rappresentative del capitale I o del patrimonio sociale, bens in diritti della stessa natura di quelli dei soci, quali il fil diritto di voto, la partecipazione agli utili o all'attivo risultante dalla liquidazione. I 25. -Ora, nel caso di incorporazione ad opera di una societ che detiene la ~ totalit delle azioni o delle quote sociali della societ incorporata, una fil remunerazione di questo tipo semplicemente inapplicabile. I ~ 26. -Si deve infine dichiarare che un'operazione come quella considerata nella causa a qua non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 4, n. 2, lett. b), della direttiva. Questa disposizione presuppone infatti che l'aumento del patrimonio sociale consista in I prestazioni effettuate da un socio, il che non si verifica nell'operazione in esame. I 27. -Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'applicabilit dell'art. 10, lett. e), della direttiva, si deve rilevare che, in un caso come quello in esame, non sembra che I l'imposta di registro sia stata versata per l'immatricolazione di una nuova societ di capitali, vale a dire per una formalit preliminare all'esercizio di un'attivit. I f: L'imposta non stata percepita neanche per l'iscrizione di un aumento di capitale che ~! sia condizione per l'esercizio e la prosecuzione di tale attivit (v., in proposito, I I sentenza 2 dicembre 1997, causa C-188/95, Fantask e a.,Racc., 1-6783, punto 22). 28. -Ne consegue che il divieto previsto dall'art. 10, lett. e), della direttiva non vige nei confronti dell'imposta di registro controversa nella causa a qua. I I PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 29. -Si deve concludere che, sebbene la direttiva abbia segnatamente l'obiettivo di evitare che i trasferimenti di attivi tra societ incontrino ostacoli di natura fiscale in modo da favorire la riorganizzazione e il raggruppamento di imprese (v., in questo senso, sentenza 13 ottobre 1992, causa C-50/91, CommerzCredit- Bank, Racc., I-5225, punto 11), essa non trova applicazione nel caso di un'imposta di registro riscossa per l'incorporazione di societ ad opera di un'altra societ che gi ne detiene la totalit del capitale. 30. -Si deve quindi risolvere la questione sottoposta alla Corte nel senso che la direttiva non osta alla riscossione di un'imposta di registro in caso di incorporazione di societ ad opera di un'altra societ che gi detiene la totalit delle azioni e delle quote delle societ incorporate (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Plenum, 24 novembre 1998, nella causa C-27 4/96 -Pres. Rodrguez Iglesias -Rei. Ragnemalm -Avv. Gen. Jacobs -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal.Pretore di Bolzano nei procedimenti penali c. H.0. Bickel e U. Franz. -Interv.: Governo italiano (avv; Stato Ferri) e Commissione delle C.E. ( ag. Van Nuffel e Altieri). Comunit europee -Libera circolazione delle persone -Parit di trattamento Regime linguistico applicabile ai procedimenti penali -Lingua tedesca nella provincia di Bolzano. (Trattato CE, artt. 6, SA e 59; Statuto Trentino Alto Adige appr. con decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1972 n. 670, artt. 99 e 100; decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988 n. 574 artt. 13-15). Il diritto riconosciuto da una normativa nazionale di ottenere che il procedimento penale si svolga in una lingua diversa dalla lingua principale dello Stato interessato rientra nella sfera di applicazione del Trattato e deve conformarsi all'art. 6 di quest'ultimo. L'art. 6 osta ad una normativa nazionale che riconosce ai cittadini di una lingua determinata, diversa dalla lingua principale dello Stato membro interessato, i quali risiedono nel territorio di un determinato ente locale, il diritto di ottenere che il procedimento penale si svolga nella loro lingua, senza garantire il medesimo diritto ai cittadini degli altri Stati membri, della stessa lingua, che circolano e soggiornano nel detto territorio. (omissis). 1. -Con ordinanze 2 agosto 1996, pervenute in cancelleria il 12 agosto successivo, la Pretura circondariale di Bolzano, Sezione distaccata di Silandro, ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione degli artt. 6, 8 A e 59 del Trattato CE. 2. -La questione stata sollevata nell'ambito di due procedimenti penali promossi, l'uno, nei confronti del signor Bickel e, l'altro, nei confronti del signor Franz. 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STA1U 3. -Il signor Bickel, cittadino-austriaco, residente a Niiziders in Austria, esercita la professione di camionista. Il 15 febbraio 1994 veniva fermato alla guida del suo autocarro a Castelbello, nella Regione Trentino-Alto Adige in Italia, da una pattuglia di carabinieri che gli notificava una contravvenzione per guida in stato di ebbrezza. 4. -Il signor Franz, cittadino tedesco, residente a Peissenberg, in Germania, si recava nella Regione Trentino-Alto Adige come turista. Il 5 maggio 1995 veniva sottoposto a un controllo doganale in esito al quale risultava in possesso di un coltello di tipo proibito. 5. -Entrambi gli imputati dchiaravano al Pretore di Bolzano di non conoscere la lingua italiana e chiedevano che il procedimento avviato nei loro confronti si svolgesse in tedesco, avvalendosi delle norme intese a tutelare la comunit di lingua tedesca della Provincia di Bolzano. (omissis). 11. -Nutrendo dubbi sull'applicabilit, ai sensi del diritto comunitario, delle norme processuali previste per i cittadini della Provincia di Bolzano ai cittadini di altri Stati membri che si recano nella medesima Provincia, il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento sino alla pronuncia della Corte sulla seguente questione: Se i principi della non discriminazione ai sensi dell'art. 6, primo comma, del diritto di viaggio e di soggiorno dei cittadini dell'Unione ai sensi dell'art. SA nonch della libert dei servizi ai sensi dell'art. 59 del Trattato impongano che a un cittadino dell'Unione il quale possiede la cittadinanza di uno Stato membro e dimora in un altro Stato membro venga concesso il diritto di chiedere che un procedimento penale nei suoi confronti venga svolto in un'altra lingua, quando i cittadini di questo Stato, che si trovano nella stessa situazione, godono di tale diritto. 12. -Con tale questione il giudice nazionale chiede in sostanza se il diritto riconosciuto da una normativa nazionale di ottenere che un procedimento penale si svolga in una lingua diversa dalla lingua principale dello Stato interessato rientri nella sfera di applicazione del Trattato e debba quindi conformarsi al suo art. 6. In caso di soluzione affermativa, il giudice nazionale chiede inoltre se l'art. 6 del Trattato osti ad una normativa nazionale, come la normativa di cui trattasi, che riconosce ai cittadini di una lingua determinata, diversa dalla lingua principale dello Stato membro interessato, e residenti nel territorio di un determinato ente locale, il diritto di ottenere che il procedimento penale si svolga nella loro lingua, senza garantire il medesimo diritto ai cittadini degli altri Stati membri, della stessa lingua, che circolano e soggiornano nel detto territorio. Sulla prima parte della questione 13. -Va rammentato anzitutto che nell'ottica di una Comunit basata sul principio della libera circolazione delle persone e della libert di stabilimento la tutela dei diritti e delle prerogative dei singoli in materia linguistica riveste PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE un'importanza particolare (sentenza 11 luglio 1985, causa 137/84, Mutsch, Racc., 2681, punto 11). 14. -Vietando ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalit, l'art. 6 del Trattato impone la completa parit di trattamento per soggetti che si trovino in una situazione disciplinata dal diritto comunitario, rispetto ai cittadini dello Stato membro (sentenza 2 febbraio 1989, causa 186/87, Cowan, Racc., 195, punto 10). 15. -Le situazioni disciplinate dal diritto comunitario comprendono segnatamente quelli'! rientranti nel diritto alla libera prestazione dei servizi conferito dall'art. 59 del Trattato. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, tale diritto include la libert per i destinatari dei servizi di recarsi in un altro Stato membro per fruirvi di un servizio (citata sentenza Cowan, punto 15). Rientrano quindi nell'art. 59 tutti i cittadini degli Stati membri i quali, senza godere di un'altra libert garantita dal Trattato, si recano in un altro Stato membro al fine di ricevervi determinati servizi o avendo la facolt di riceverne. Tali cittadini, fra cui rientrano i signori Bickel e Franz, possono recarsi e spostarsi liberamente nello Stato ospitante. Del resto, ai sensi dell'art. SA del Trattato ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso. 16. -A tale proposito, la possibilit per i cittadini dell'Unione di comunicare in una data lingua con le autorit amministrative e giudiziarie di uno Stato, alla stessa stregua dei cittadini di quest'ultimo, idonea a facilitare l'esercizio della libert di circolare e di soggiornare in un altro Stato membro. Ne consegue che soggetti come i signori Bickel e Franz, quando esercitano il loro diritto di circolare e soggiornare in un altro Stato membro, hanno in linea di principio il diritto di fruire di un trattamento non discriminatorio rispetto ai cittadini di tale Stato, ai sensi dell'art. 6 del Trattato, quanto all'uso delle lingue che vi sono utilizzate. 17. -Se la legislazione penale e le norme di procedura penale, nel novero delle quali rientra la controversa disposizione nazionale, sono in linea di principio riservate alla competenza degli Stati membri, tuttavia dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che il diritto comunitario pone dei limiti a tale competenza. Le norme considerate non possono infatti porre in essere discriminazioni nei confronti di soggetti cui il diritto comunitario attribuisce il diritto alla parit di trattamento n limitare le libert fondamentali garantite dal diritto comunitario (v., in tal senso, citata sentenza Cowan, punto 19). 18. -Ne risulta che, nella misura in cui possa riguardare il diritto alla parit di trattamento dei cittadini degli Stati membri che esercitano il diritto di circolare e soggiornare in un altro Stato membro, una normativa nazionale relativa alla lingua processuale applicabile dinanzi ai guidici penali di tale Stato dev'essere conforme all'art. 6 del Trattato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT-0 46 19. -La prima parte della questione sottoposta alla Corte va quindi risolta nel senso che il diritto riconosciuto da una normativa nazionale di ottenere che un procedimento penale di svolga in una lingua diversa dalla lingua principale dello Stato interessato rientra nella sfera di applicazione del Trattato e deve conformarsi all'art. 6 di quest'ultimo. Sulla seconda parte della questione 20. -Secondo i signori Bickel e Franz, al fine di evitare qualsiasi discriminazione contraria all'art. 6 del Trattato, il diritto di ottenere che il processo si svolga in tedesco dovrebbe essere garantito a tutti i cittadini dell'Unione, quando il medesimo diritto sussista in capo ai cittadini di uno degli Stati che ne fanno parte. 21. -Il governo italiano fa valere che il diritto in questione esclusivamente conferito ai cittadini appartenenti al gruppo linguistico tedesco della Provincia di Bolzano e residenti in tale Provincia. L'obiettivo delle norme controverse consisterebbe nel riconoscere l'identit etnico-culturale della persona che appartiene alla minoranza tutelata. Ne deriverebbe che il diritto di ottenere l'impiego della lingua della minoranza etnico-culturale interessata non dovrebbe essere esteso al cittadino di uno Stato membro che si trovi occasionalmente e temporaneamente presente nella regione in questione, nella misura in cui gli siano garantiti strumenti che gli consentano di esercitare adeguatamente il suo diritto di difersa nonostante egli non conosca la lingua ufficiale dello Stato in questione. 22. -Quanto alla Commissione, essa rileva che, nella fattispecie di cui alla causa a qua, il diritto di ottenere che il procedimento si svolgga in tede~co non riconosciuto a tutte le persone di cittadinanza italiana ma soltanto a quelle che, da un lato, risiedono nella Provincia di Bolzano e, dall'altro, appartengono al gruppo di lingua tedesca di tale Provincia. Spetterebbe quindi al giudice nazionale determinare anzitutto in modo concreto se la normativa di cui trattasi istituisca una discriminazione in ragione della nazionalit, circoscrivere la cerchia di persone che sarebbero vittime della discriminazione ed esaminare in seguito se quest'ultima possa essere giustificata da circostanze oggettive. 23. -Dagli atti di causa emerge che la normativa italiana riserva ai cittadini di lingua tedesca della Provincia di Bolzano il diritto di ottenere che il processo si svolga in questa lingua. Ne risulta che i cittadini di lingua tedesca di altri Stati membri e segnatamente della Germania e dell'Austria, come i signori Bickel e Franz, i quali circolano o soggiornano in tale Provincia, non possono esigere che un procedimento penale si svolga in tedesco bench, secondo le norme nazionali, tale lingua sia parificata alla lingua italiana. 24. -Alla luce di tale situazione, risulta che i cittadini di lingua tedesca degli altri Stati membri, i quali circolano e soggiornano nella Provincia di Bolzano, sono PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 47. svantaggiati rispetto ai cittadini italiani di lingua tedesca residenti in questa stessa regione. Infatti, mentre un cittadino italiano di lingua tedesca residente nella Provincia di Bolzano pu, se imputato in tale Provincia, ottenere che il procedimento si svolga in tedesco, tale diritto sar rifiutato ad un cittadino di lingua tedesca di un altro Stato membro che circoli nella stessa Provincia. 25. -Anche supponendo, come sostiene il governo italiano, che i cittadini di lingua tedesca degli altri Stati membri residenti nella Provincia di Bolzano possano effettivamente avvalersi della normativa controversa e svolgervi le loro difese in tedesco, cosicch non vi sarebbe discriminazione in base alla nazionalit tra i residenti nella regione, va rilevato che i cittadini italiani sono favoriti rispetto ai cittadini di altri Stati membri. Infatti, la maggior parte dei cittadini italiani di lingua tedesca pu esigere che il tedesco venga utilizzato per tutta la durata del procedimento nella Provincia di Bolzano, in quanto essi soddisfano il criterio di residenza previsto dalla normativa controversa, mentre la maggior parte dei cittadini di lingua tedesca degli altri Stati membri, non soddisfacendo tale criterio, non pu avvalersi della detta normativa. 26. -Ne discende che una normativa, come quella di cui trattasi nella causa a qua, che subordina il diritto di ottenere che, nel territorio di un determinato en,te locale, un procedimento penale si svolga nella lingua dell'interessato a condizione '" che quest'ultimo risieda in tale territorio favorisce i cittadini dello Stato in questibne rispetto ai cittadini degli altri Stati membri che esercitano il proprio diritto alla Fber circolazione e, di conseguenza, in contrasto con il principio di non discriminazione affermato all'art. 6 del Trattato. 27. -Una siffatta condizione di residenza pu essere giustificata solo.se basata su considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate, e adeguatamente commisurate allo scopo legittimamente perseguito dall'ordinamento nazionale (v., in particolare, sentenza 15 gennaio 1998, causa C-15/96, Schoning-Kougebetopoulou, Racc., I-47, punto 21). 28. -Tuttavia, risulta dall'ordinanza a qua che non questo il caso della normativa controversa. 29. -L'argomento del governo italiano, secondo cui tale normativa diretta a tutelare la minoranza etnico-culturale che risiede nella Provincia interessata non costituisce, nel presente contesto, una valida giustificazione. Certo, la tutela di una minoranza, come quella di cui trattasi, pu costituire un obiettivo legittimo. Non risulta tuttavia dagli atti di causa che l'estensione della normativa controversa ai cittadini di lingua tedesca di altri Stati membri che esercitano il loro diritto di libera circolazione lederebbe tale obiettivo. 30. -Va peraltro rilevato che, all'udienza, i signori Bickel e Franz hanno osservato, senza essere contraddetti sul punto, che i giudici interessati sono in grado di svolgere i procedimenti in lingua tedesca senza che ci dia luogo a complicazioni o costi supplementari. . 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 31. -La seconda parte della questione pregiudiziale va quindi risolta nel senso che l'art. 6 osta ad una normativa nazionale che riconosce ai cittadini di una lingua lli.i,. determinata, diversa dalla lingua principale dello Stato membro interessato, i quali ~.,:=,. risiedono sul territorio di un determinato ente locale, il diritto di ottenere che il . procedimento penale si svolga nella loro lingua, senza garantire il medesimo diritto ai cittadini degli altri Stati membri, della stessa lingua, che circolano e soggiornano ~ nel detto territorio (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, sez. 6, 21 gennaio 1999, nelle cause riunite C-215/96 e C-216/96 -Pres. rei. Hirsch -Avv. Gen. Ruiz. -Jarabo Colomber -Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunale di Genova nelle cause C. Bagnasco ed altri c. Banca Popolare di Novara e Cassa di risparmio di Genova e Imperia -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Mascardi e Wils). Comunit europee -Concorrenza -Abuso di posizione dominante -Norme bancarie uniformi Apertura di credito in conto corrente e fideiussione omnibus. ~ (Trattato CE, artt. 85 e 86; legge 10 ottobre 1990 n. 287). ~ I ~ Norme bancarie uniformi che permettono alle banche, nei contratti relativi ~= all'apertura di credito in conto corrente, di modificare in qualsiasi momento il tasso d'interesse in ragione di cambiamenti intervenuti sul mercato monetario, mediante I I rJ una comunicazione affissa nei loro locali oppure con le modalit che esse ritengano ~ pi opportune, non hanno per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza ai I ~ m sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE. Norme bancarie uniformi relative alla E:; ff fideiussione omnibus a garanzia dell'apertura di credito in conto corrente che !!1 derogano alla disciplina comune della fidejussione, come quelle in esame nella causa a qua, non sono atte, nel loro complesso, a pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. L'applicazione delle dette norme bancarie uniformi non costituisce sfruttamento abusivo di una posizione dominante nel senso dell'art. 86 del Trattato CE (1). I (1) Nel corso del 1993 l'ABI -Associazione bancaria italiana, associazione di imprese che I~ raggruppa la quasi totalit delle banche operanti sul territorio nazionale per la tutela degli inte-< ~es~i dei propri _membbri,_ aveva not~ficaNto alla Cbommi.ssio~ef del~e(NCBomUu)nit europee le circola .ri ~=,::_ mviate a1 propn mem n contenenti 1e orme ancane um orm1 per ottenerne un vag 110 i:: alla luce dell'art. 85 del Trattato di Roma. La stessa documentazione era stata inviata anche alla 1~~ Banca d'Italia, in qualit di autorit nazionale competente all'applicazione della normativa a tute-!:1 la della concorrenza e del mercato al settore creditizio ai sensi dell'art. 20 della legge italiana !il 10 ottobre 1990, n. 287. t: La Commissione delle C.E. rispondeva precisando che la maggior parte degli accordi noti-( ~:ficatile dall' ABI non apparivano in grado di pregiudicare, totalmente o in modo sensibile, il com- l:J:= mercio fra gli Stati membri. In effetti, essa precisava che: a) i servizi bancari in questione si : .. ti I I 1ra1.111i11111w111.11.11:::'.zzit11 PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (omissis) 1. -Con due ordinanze del 15 maggio 1996, pervenute in cancelleria il 21 giugno successivo, il Tribunale di Genova ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, quattro questioni relative all'interpretazione degli artt. 85 e 86 dello stesso Trattato rispetto ad alcune norme bancarie uniformi (in prosieguo: le NBU) che l'Associazione Bancaria Italiana (in prosieguo: l'ABI) impone ai propri membri in occasione della conclusione di contratti relativi all'apertura di credito in conto corrente e alla fideiussione omnibus. 2. -Tali questioni sono sorte nell'ambito di due controverse tra il signor Bagnasco e altri e la Banca Popolare di Novara soc. coop. a r.l. (in prosieguo: la BPN), nel procedimento C-215/96, e il signor Bagnasco e altri e la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia S.p.a. (in prosieguo: la Carige), nel procedimento C-216/96, in merito alla restituzione di crediti concessi da questi istituti bancari. 3. -Gli attori nel procedimento a quo, il signor Bagnasco, quale debitore principale, ed i suoi fideiussori, debitori in solido, hanno proposto opposizione contro due decreti ingiuntivi del 1 giugno 1992 -provvisoriamente esecutivi con i quali il presidente del Tribunale di Genova aveva loro ingiunto, su ricorso della BPN e della Carige, di pagare in favore della BPN, la somma di Lit. 222.440.332 in relazione alle seguenti causali (omissis). 12. -In relazione al complesso di tali clausole, il giudice a quo ritiene che una decisione della Corte sia pertinente con riferimento alle somme che la BPN e la Carige considerano loro dovute in relazione ai contratti di conto corrente stipulati dal signor Bagnasco e alle garanzie fideiussorie rilasciate al riguardo dagli altri opponenti. Il giudice a quo ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) se le Norme Bancarie Uniformi dettate dall' ABI alle sue associate, relativamente al contratto per l'apertura di credito in conto corrente, in quanto dettate e applicate in modo uniforme e vincolante da parte delle banche associate nell 'ABI, siano compatibili, nella parte in cui sottopongono l'apertura del credito a un regime di determinazione del tasso di interesse non previamente determinato n limitano al territorio nazionale e concernono delle attivit economiche che per disposizione contrattuale o per la loro stessa natura non possono esercitarsi che sul territorio italiano oppure hanno una influenza molto ridotta sul commercio fra gli Stati membri; b) la partecipazione a questi accordi delle filiali o succursali di istituzioni finanziarie non italiane limitata. Pertanto essa dichiarava di non voler procedere a ulteriori attivit istruttorie relative a tali accordi, ritenendo loro inapplicabile l'art. 85 del Trattato. I soli accordi che invece la Commssione riteneva di propria competenza riguardavano le norme sul conto corrente di corrispondenza utilizzabile in valuta, le norme sul conto corren te di corrispondenza aperto in valuta estera, le norme che regolano i servizi di incasso o di accettazione degli effetti, documenti o assegni sull'Italia e sull'estero, le norme uniformi rela tive ai finanziamenti in valuta, accordi estranei a quelli interessanti la causa. 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO determinabile dal cliente, con la norma di cui all'art. 85 del Trattato, in quanto idonee a pregiudicare il commercio tra Stati membri, e aventi a oggetto e come effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune; 2) quali effetti l'eventuale riconoscimento dell'incompatibilit sub 1) pu produrre sulle corrispondenti clausole dei contratti di apertura di credito in conto corrente, stipulati a valle dalle banche associate con i singoli clienti, posto che l'insieme delle banche associate nell' ABI possa venire considerato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 86 del Trattato, come detentore di una posizione dominante collettiva sul mercato nazionale del credito, di cui I'applicazione concreta della normativa in esame (relativamente alla determinazione del tasso di interesse debitore) si configuri come sfruttamento abusivo; 3) se le NBU dettate dall' ABI alle sue associate relativamente al contratto di fideiussione omnibus a garanzia dell'apertura di credito in quanto dettate e applicate in modo uniforme e vincolato da parte delle banche associate -siano compatibili, in relazione alle singole clausole di cui alla motivazione della presente ordinanza e nel loro complesso, con la norma di cui all'art. 85 del Trattato, in quanto idonee a pregiudicare il commercio tra Stati membri, e aventi a oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune; 4) quali effetti l'eventuale riconoscimento dell'incompatibilit sub 3) pu produrre sulle corrispondenti clausole dei contratti di fideiussione omnibus e sui Sulle stesse NBU, per, in quanto rientranti nell'ambito di applicazione della normativa nazionale a tutela della concorrenza, la Banca d'Italia avviava un'istruttoria, ai sensi dell'art. 14 della suddetta legge n. 287/90. Al termine di essa la Banca d'Italia emanava il provvedimento n. 12 -Associazione Bancaria Italiana del 3 dicembre 1994: in esso si precisava che la predisposizione, la divulgazione e la raccomandazione dell 'ABI alle banche aderenti di utilizzare i modelli di contratto, noti come Norme Bancarie Uniformi, nel regolamento dei rapporti con la clientela con criteri di stretta uniformit dovevano ritenersi attivit che, quali decisioni di un'associazione di imprese, integravano intese vietate ai sensi dell'art. 2, comma 2, della legge suddetta. Tenuto conto che l'ABI raggruppa la quasi totalit delle banche italiane, l'adozione uniforme degli schemi contrattuali da essa predisposti era suscettibile di incidere in maniera consistente sulle condizioni di mercato. In particolare la Banca d'Italia rilevava che alcune NBU contenevano clausole lesive della concorrenza, altre contenevano clausole anch'esse lesive della concorrenza ma si riferivano a procedure ormai da tempo desuete e/o rifluite, in tutto o in parte, in altri schemi contrattuali, altre ancora non restringevano affatto la concorrenza. Il contrasto con l'art. 2, comma 2, lett. a), della legge n. 287/90 veniva constatato per alcune clausole che determinavano le condizioni economi~ che sia in termini di prezzo sia in termini di oneri a carico delle parti al verificarsi delle possibili vicende del rapporto contrattuale. In particolare, si riteneva che le clausole che fissano direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni contrattuali erano fil rtf11.a111.m?111a11.1t.1~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRIITIVA e) in base all'art. 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1992, legittimamente vi stato il rigetto dell'istanza volta ad acquisire informazioni (riservate e coperte da segreto) sull'attivit di vigilanza e di controllo svolta nei confronti di altri soggetti, poich va tutelata la loro riservatezza, anche ai sensi degli articoli 20 e seguenti della legge n. 675 del 1996; d) non pu ammettersi che la societ appellata abbia un interesse generico a verificare il buon andamento dell'attivit di vigilanza e di controllo; e) in ogni caso, se anche si dovesse ritenere possibile l'accesso agli atti riguardanti altri centri di servizio, il TAR avrebbe dovuto ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati. La Sesta Sezione, rilevata l'esigenza di determinare la natura pubblicistica o contrattuale dell'attivit di vigilanza e di controllo svolta dalla S.p.a. Telecom, ha richiamato gli orientamenti giurisprudenziali che si sono formati sulla questione se possa esercitarsi il diritto d'accesso nei confronti dell'attivit privatistica della pubblica amministrazione e dei concessionari di pubblici servizi ed ha rimesso l'appello all'esame dell'Adunanza Plenaria. 1.4. -Con una successiva memoria, l'appellante ha richiamato la normativa applicabile per i servizi audiotex e per la relativa attivit di vigilanza ed ha ribadito le proprie conclusioni: -sull'assenza di un interesse dell'appellata a conoscere le iniziative poste in essere dal Ministero delle comunicazioni o dalla S.p.a. Telecom Italia nei confronti di altri soggetti che gestiscono i servizi audiotex; -sulla insussistenza dell'obbligo di consentire l'accesso ai suoi atti che non hanno natura pubblicistica e sono stati posti in essere in esecuzione delle determinazioni del Ministero delle comunicazioni, perch altrimenti si dovrebbe ammettere che l'accesso non tutela quel bene preziosissimo che l'informazione, ma di indagine e financo di ispezione di quanto si faccia nell'esercizio di un'impresa. 2. -Ritiene l'Adunanza Plenaria che l'appello nel suo complesso sia infondato e vada respinto, poich: a) in base alla normativa vigente, gli atti del Ministero delle comunicazioni e della S.p.a. Telecom Italia (riguardanti l'attivit di vigilanza e di controllo nei confronti dei gestori dei servizi audiotex e le specifiche iniziative riguardanti la societ appellata) sono in ogni caso riferibili ad una attivit di natura pubblicistica (sicch non rileva nel presente giudizio l'esame della questione se l'accesso sia consentito nei confronti degli atti disciplinati dal diritto privato); b) la societ appellata ha un interesse ad accedere a tali atti, tutelato dagli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990; e) l'accesso agli atti in concreto pu avere luogo con modalit che non contrastano con le esigenze di riservatezza delle altre societ che svolgono l'attivit di centri di servizio audiotex. ' RASSEGNA AVVOCATlJRA bELLO STATO' 126 3. -Gli atti oggetto dei punti 3, 4, 5, 6 e 7 della originaria istanza di accesso rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 22, primo comma, della legge n. 241 del 1990, il quale consente l'accesso ai documenti amministrativi al fine di assicurare la trasparenza del/' attivit amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale. L'attivit di vigilanza e di controllo nei confronti dei centri di servizio audiotex, infatti, costituisce espressione di poteri pubblicistici. In applicazione della direttiva della CEE n. 388 del 1990, l'art. 3, comma 8, del decreto legislativo n. 103 del 1995 ha attribuito al Ministro delle poste e delle telecomunicazioni il potere di prescrivere le modalit tecniche delle attivit dei soggetti autorizzati ad offrire al pubblico i servizi di trasmissione dei dati. Col regolamento adottato col decreto n. 385 del 13 luglio 1995, il Ministro ha disciplinato le attivit che possono svolgere gli imprenditori in regime di concorrenza tra loro quali c.d. centri di servizi audiotex, prevedendo il compenso spettante al concessionario della rete telefonica per il servizio offerto. La S.p.a. Telecom Italia, quale gestore della rete telefonica, conclude contratti di diritto privato con gli imprenditori del servizio audiotex, determina il costo delle telefonate sulla base del corrispettivo del servizio e della durata della conversazione, deduce il costo del trasporto fisso e riscuote dagli utenti i compensi dovuti per le chiamate effettuate. Per quanto riguarda l'attivit di vigilanza, l'art. 20 del medesimo regolamento dispone che essa svolta dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni (cui succeduto il Ministero delle comunicazioni), mediante azioni di monitoraggio sul1' effettivo buon andamento dei servizi e nel rispetto dei relativi obblighi. Nel caso di accertata violazione, il Ministero pu irrogare una sanzione, che a seconda della gravit dei fatti pu consistere nella diffida a cessare il comportamento illegittimo ovvero nella disattivazione. Ai sensi dell'art. 21, il gestore della rete tenuto a dare tempestiva applicazione alle sanzioni predette. Da tale normativa emerge la natura pubblicistica ed autoritativa dei provvedimenti sanzionatori del Ministero e la natura pubblicistica della connessa attivit di vigilanza e di controllo, nonch di quella di esecuzione delle sanzioni irrogate. Tale natura attribuibile anche all'attivit di monitoraggio, di vigilanza e di controllo che la S.p.a. Telecom Italia (quale concessionario della rete telefonica, tenuto ad applicare le sanzioni irrogate dal Ministero) svolga sulla base della normativa vigente, della concessione rilasciata in suo favore e di specifiche richieste del Ministero. Le risultanze degli accertamenti effettuati nei confronti dei centri di servizio, nell'ambito dell'attivit materiale di vigilanza e di controllo, rientrano nel novero degli atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attivit amministrativa (art. 22, comma 2, della legge n. 241 del 1990). L'accesso nei confronti dei relativi atti consentito, dunque, non importando sotto tale aspetto se gli accertamenti siano stati direttamente svolti dal Ministero, nell'ambito della sua attivit istituzionale, ovvero dal concessionario della rete, che tenuto a dare esecuzione alle richieste del Ministero, nell'ambito della dovuta atti- I I ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA vit di collaborazione affinch i servizi siano offerti all'utenza nel rispetto della normativa di settore e del generale canone della correttezza. 4. -Contrariamente a quanto stato dedotto dall'appellante, va ravvisato l'interesse della societ appellata ad accedere agli atti indicati nei punti 3, 4, 5, 6 e 7 della originaria istanza del 16 giugno 1997. Va fatta applicazione del principio generale per cui vanno rilasciati al richiedente gli atti che riguardino direttamente la sua sfera giuridica, anche quando si tratti di attivit svolta nell'esercizio di poteri di vigilanza e di controllo. 4.1. -L'art. 22 della legge n. 241 del 1990, sull'accesso ai documenti amministrativi, ha dato attuazione all'art. 97 della Costituzione, per il quale la legge assicura il buon andamento e l'imparzialit dell'amministrazione. Tali principi costituiscono i valori essenziali di riferimento di ogni comportamento dell'amministrazione. Mediante la disciplina sull'accesso, il legislatore: -ha permesso una pi diffusa conoscenza dei processi decisionali ( agevolando il concreto perseguimento dei valori dell'imparzialit e del buon andamento); -ha favorito la partecipazione ed il controllo degli amministrati sui comportamenti dei soggetti che agiscono per l'amministrazione, che sono pertanto stimolati a comportarsi responsabilmente, con attenzione, diligenza e correttezza e sulla base di parametri di legalit, con il conseguente svolgimento di un'attivit controllabile e, pertanto, qualitativamente migliore; -ha introdotto un istituto che pu anche avere un effetto deflattivo dei giudizi, poich la conoscenza dei documenti rilevanti, O corroborando la legittimit degli atti amministrativi o comunque ingenerando il convincimento dell'inopportunit dell'impugnazione, pu dissuadere dall'azione giurisdizionale (Sez. V, 18 dicembre 1997, n. 1591; Sez. IV, 6 marzo 1995, n. 158). Le esigenze del buon andamento e della imparzialit dell'amministrazione (come disciplinate dall'art. 97 della Costituzione) riguardano allo stesso modo, pertanto, tutte le attivit volte all'emanazione dei provvedimenti, anche quando si tratti delle attivit ispettive di vigilanza, di controllo e di accertamento delle infrazioni alle leggi vigenti (cfr. Sez. IV, 6 agosto 1997, n. 772): chi svolge tale attivit non si avvale di una zona franca di applicazione della normativa sull'accesso. L'accesso va escluso nei soli casi espressamente previsti dalla legge ( cfr. l'art. 24 della legge n. 241 del 1990 e l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1992, l'art. 4 del decreto legislativo n. 39 del 1997), tra i quali non rientra quello dello svolgimento dell'attivit di vigilanza, di controllo o di accertamento di illeciti. 4.2. -Per quanto riguarda gli atti indicati nei punti 6 e 7 della originaria istanza di accesso (cio quelli trasmessi dalla S.p.a. Telecom Italia all'autorit giudiziaria, al Ministero o ad altri organi amministrativi), non rileva in questa sede verificare se siano fondate le contestazioni rivolte alla societ appellata dal Ministero delle comunicazioni, con alcuni provvedimenti impugnati in distinti giudizi (che risultano ancora pendenti). RASSEGNA AWOCATURA DELLO stAto 128 Contrariamente a quanto stato reiteratamente dedotto dalla S.p.a. Telecom Italia, sussiste l'interesse della societ appellata a conoscere gli elementi posti a suo carico e oggetto delle segnalazioni trasmesse alle autorit competenti, poich: -per l'art. 24, comma 2, lettera d), della legge n. 241 del 1990, l'accesso va consentito agli interessati in relazione agli atti la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici; -se anche il Ministero delle comunicazioni o la S.p.a. Telecom Italia abbiano trasmesso all'autorit giudiziaria una denuncia di reato per i fatti oggetto dell'attivit di vigilanza e di controllo sui servizi audiotex svolti dall'appellata (circostanza che non stata peraltro comprovata e neppure esposta), non poteva esservi il rigetto della domanda di accesso, in assenza di un provvedimento di sequestro (Sez. IV, 28 ottobre 1996, n. 1170); -il soggetto nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento sanzionatorio ha titolo ad accedere alla documentazione che lo riguarda, anche al fine di un sindacato a posteriori sulla legittimit del comportamento tenuto dall'Amministrazione e dai suoi funzionari ( cfr. Sez. IV, 20 maggio 1996, n. 665). 4.3. -A parte le precisazioni svolte nel successivo punto 5 sull'esigenza di rispettare la riservatezza delle societ eventualmente sottoposte a controllo, va altres considerato sussistente l'interesse della societ appellata ad accedere anche agli atti indicati nei punti 3, 4, e 5 della originaria istanza del 16 giugno 1997, riguardanti lo svolgimento dell'attivit di vigilanza e di controllo dei servizi audiotex nei confronti di altre societ. La societ appellata, sia nella istanza del 16 giugno 1997 che negli atti dei due gradi del giudizio, ha evidenziato di avere interesse ad accedere ad atti che potrebbero fare ravvisare profili di eccesso di potere nei provvedimenti sanzionatori emessi nei suoi confronti (sotto i profili dello sviamento, della inidonea ricostruzione dei fatti e della disparit di trattamento). Pertanto, essa.ha chiesto l'acquisizione di atti che, anche sotto tale aspetto, sono riferibili all'esigenza di difendere compiutamente i suoi interessi legittimi, poich: -l'accesso ai documenti amministrativi va consentito anche quando la relativa istanza sia preordinata alla loro utilizzazione in un giudizio (Sez. IV, 6 marzo 1995, n. 158; Sez. VI, 25 novembre 1994, n. 1715; Sez. VI, 19 luglio 1994, n. 1243; Sez. VI, 20 giugno 1994, n. 1015); -l'accertamento dell'interesse all'esibizione degli atti riguardanti il richiedente va effettuato con riferimento alle finalit che egli dichiara di perseguire, non potendosi operare alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilit della domanda o della censura che sia stata proposta o si intenda proporre, la cui valutazione spetta solo al giudice chiamato a decidere (cfr. Sez. IV, 27 agosto 1998, n. 1131; Sez. IV, 8 settembre 1995, n. 688; Sez. VI, 25 novembre 1994), sicch non pu in questa sede l'appellante dedurre che sarebbero inammissibili le censure di eccesso di potere, formulate dalla societ appellata nei giudizi proposti avverso gli atti sanzionatori emanati nei suoi confronti. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 5. -Vanno altres respinte le residue censure formulate dall'appellante, secondo cui, rilevando le esigenze di riservatezza delle societ che svolgono i servizi audiotex e nei cui confronti stata svolta l'attivit di vigilanza e di controllo, la sentenza impugnata dovrebbe essere riformata o, quanto meno, dovrebbe essere integrato il contraddittorio nei confronti delle medesime societ. Poich anche l'attivit di vigilanza e di controllo va svolta nel rispetto delle esigenze di imparzialit e di buon andamento, l'impresa che svolge la sua attivit in regime di concorrenza ha titolo a conoscere gli atti determinativi degli eventuali criteri predeterminati in base ai quali siano state svolte le attivit di vigilanza e di controllo nei suoi confronti, nonch le specifiche risultanze della complessiva attivit svolta, senza favoritismi, per fare rispettare la normativa del settore. In tal modo, oltre a tutelare l'interesse dell'impresa alla conoscenza di circostanze da porre se del caso all'esame del giudice eventualmente adito, l'ordinamento tutela l'interesse pubblico allo svolgimento di una corretta attivit di vigilanza e di controllo, maggiormente stimolata quando il comportamento di chi la effettua valutabile, anche a posteriori, sulla base dei principi della trasparenza e del buon andamento (cfr. Sez. IV, 20 maggio 1996, n. 665, cit.). La fondatezza dell'istanza di accesso dell'impresa che opera in regime di concorrenza va per esaminata tenendo anche conto della riservatezza e delle esigenze industriali e commerciali dei soggetti nei cui confronti stata svolta l'attivit di vigilanza e di controllo. Poich l'interesse dell'impresa richiedente quello di verificare che tale attivit sia svolta senza favoritismi, nel rispetto dei principi costituzionali e della normativa di settore, non sussiste uno specifico ed ulteriore interesse tutelabile alla diretta conoscenza dei dati identificativi dei soggetti nei cui confronti siano state concretamente svolte le indagini ovvero siano state accertate infrazioni. L'originaria istanza di accesso, infatti, come in casi similari in cui va garantito l'anonimato (cfr. Cons. giust. amm., 25 ottobre 1996, n. 384; Sez. V, 28 aprile 1995, n. 639) pu essere soddisfatta, nella specie, rilasciando gli atti con la copertura dei dati identificativi delle medesime societ e dei numeri telefonici loro assegnati. La S.p.a. Telecom Italia, pertanto, deve consentire l'accesso agli atti che abbiano eventualmente determinato i criteri da seguire nel corso delle attivit di vigilanza, di controllo e di c.d. monitoraggio, nonch agli atti che, nel corso delle medesime attivit, abbiano in concreto riguardato altri centri di servizio, senza consentire di risalire alle societ coinvolte dalle operazioni di controllo e ai numeri telefonici loro assegnati. 6. -Va infine respinta la deduzione formulata dall'appellante nella sua memoria difensiva, per cui l'istanza di accesso poteva essere formulata nei soli confronti del Ministero, quale titolare della potestas publica. A parte l'assenza di uno specifico motivo di appello avverso la statuizione contraria espressamente contenuta a pp. 14 e 15 della sentenza impugnata, rileva il dato testuale dell'art. 25, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e dell'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1992, per i quali l'istanza di accesso pu essere formulata nei confronti dell'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente, e cio anche del concessionario, che non RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO. 130 abbia formato il documento, ma sia tenuto a rispettare gli articoli 22 e seguenti della legge n. 241del1990. 9. -L'appello nel suo complesso infondato e va respinto. La S.p.a. Telecom Italia, con le modalit sopra precisate, deve pertanto consentire l'accesso ai propri atti riguardanti l'attivit di vigilanza e di controllo svolta nei confronti della societ appellata e degli altri centri di servizio audiotex, nonch agli atti, di cui abbia la disponibilit materiale, con cui il Ministero delle comunicazioni ha determinato i criteri di svolgimento della medesima attivit, ha constatato le infrazioni di altre societ e ha irrogato le relative sanzioni (omissis). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 8 febbraio 1999 n. 128 -Pres. !annotta -Est. Numerico -Emiliani (avv. Guerra) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Nucaro). Esecuzione del giudicato -Ricorso in ottemperanza -Giudicato in materia pensionistica della Corte dei conti -Rivalutazione monetaria -Proponibilit innanzi al giudice amministrativo in sede di ottemperanza -Esclusione. inammissibile, in sede di ottemperanza ad un giudicato della Corte dei Conti in materia pensionistica, la domanda avente per oggetto la rivalutazione monetaria del credito e gli interessi moratori, proposta per la prima volta innanzi al giudice amministrativo (1). (omissis) Il ricorso in ottemperanza in esame in parte infondato, in parte inammissibile. L'infondatezza riguarda la domanda di interessi. La Corte dei conti, con la sentenza di cui si chiede l'esecuzione accord il dirit to all'indennit una tantum per il periodo di servizio militare in s.p.e. dal quale il sig. Lanfranco Emiliani si era dimesso; riconobbe pure il diritto agli interessi. (1) Con la decisione in esame il Consiglio di Stato fa applicazione dei principi recentemente affermati con l'Adunanza Plenaria n. 7 del 1997. . La giurisprudenza amministrativa, seppure pacifica nell'ammettere il ricorso all'ottemperanza del giudice amministrativo anche nei confronti di giudicati emessi da giudici speciali (nella specie trattasi di giudicato della Corte dei Conti), si pone il problema della sussistenza della giurisdizione ove si tratti di integrare il dictum contenuto nel giudicato -per esempio, come nel caso in esame, ordinando la corresponsione di interessi e di rivalutazione -anche in difetto di una pronuncia esplicita della decisione da ottemperare. I I I f: La soluzione adottata di tipo restrittivo. Se infatti, da un lato, il giudice dell'ottemperanza pu adottare una statuizione analoga a quella che avrebbe potuto emettere in un nuovo giudizio di cognizione, risolvendo problemi interpretativi che comunque spetterebbero alla propria giurisdizione, dall'altro, il medesimo giudice difetta di un analogo potere integrativo allorch il !: i= ili ~ ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 131 Questi sono stati attribuiti, con i mandati esibiti dall'amministrazione, prima dell'instaurazione del giudizio. L'inammissibilit riguarda la domanda in quanto volta ad ottenere la rivalutazione sulla sorte capitale riscossa. In tema, occorre richiamare la recente decisione dell'Adunanza plenaria 17 gennaio 1997, n. 1. Tale precedente, al quale si deve conformit per l'autorit della sua fonte, ritiene che il giudice amministrativo non ha gli usuali poteri di interpretazione integrativa del precetto giudiziale con riferimento agli accessori a quel precetto quando la decisione di cui si chieda l'ottemperanza sia stata adottata, come nel caso, da un Giudice appartenente ad un diverso ordine giurisdizionale e quando la questione sui diritti accessori rientri nella sua giurisdizione: ultima condizione, questa, che, per pacifico orientamento della Cassazione (Cass., 4 ottobre 1996, n. 8682 e 9 marzo 1995, n. 2742), si deve intendere verificata con riferimento all'estensione dei poteri di cognizione della Corte dei conti. Per le considerazioni esposte il ricorso va in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile (omissis). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 11 marzo 1999, n. 260 -Pres. !annotta -Est. De Lipsis -Sgandurra (avv. Marzano), Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dei Lavori Pubblici e ANAS (avv. Stato G. Palmieri) c. Elia ( avv. Rienzi). Impiego pubblico -Dirigenti generali -Nomina -Atto di alta amministrazione -Motivazione -Necessit. In tema di atti di alta amministrazione preordinati alla provvista di personale dello Stato ai massimi livelli, i parametri di legittimit ai quali deve essere rapportata l'azione amministrativa discendono direttamente dai precetti costituzionali di cui agli artt. 97 e 113 Cost. e dai principi scaturenti dalla disciplina di rango ordinario di cui alla legge n. 241 /90. giudicato da eseguire provenga da un giudice appartenente ad un diverso ordine giurisdizionale e le questioni da risolvere, in base alle norme attributive della giurisdizione, spettino a quest'ultimo. Ci in quanto l'esercizio di quei poteri integrativi finirebbe col comportare la violazione proprio delle regole sul riparto della giurisdizione. Sui poteri del giudice amministrativo dell'ottemperanza di interpretare anche in via integrativa la sentenza, al fine di garantire effettivit al giudicato da eseguire, tra le tante: Ad. Plen. 15 marzo 1989 n. 7; Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 1989 n. 307. Pacifica anche la giurisprudenza amministrativa sulla estensione del ricorso in ottemperanza del giudice amministrativo anche ai giudicati di giudici speciali; per tutte cfr.: Cons. Stato, Ad.Plen., 23 dicembre 1994 n. 14. P.P. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STA1U', 132 Ne deriva, da un lato, che necessario che i soggetti prescelti (senza alcuna I valutazione comparativa) siano effettivamente professionalmente qualificati con , riferimento al grado ed alle funzioni dell'ufficio; dal!' altro, che necessario che, I dagli atti del procedimento, emergano i criteri seguiti dall'Amministrazione e le ili ragioni giustificatrici, cos da consentirne la puntuale verifica anche in sede giuri-ili sdizionale (1). ~ (omissis). 1. -I due appelli possono esser riuniti attesa la loro connessione soggettiva ed oggettiva. 2. -Come diffusamente evidenziato in narrativa, l'adito TAR, con l'impugnata sentenza, ha annullato il decreto del Presidente della Repubblica 7 novembre 1994, (1) La sentenza si segnala non solo per l'applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di atti di alta amministrazione e dei quali si tratter diffusamente infra, ma anche per alcune puntualizzazioni in tema di effetti dell'annullamento in sede giurisdizionale dell'atto amministrativo per difetto di motivazione. Nella sentenza de qua si precisa che l'immediata efficacia esecutiva della sentenza di primo grado riguarda soltanto l'effetto caducatorio e non quello conformativo della futura attivit amministrativa; aderendo, cos alla tricotomia classica, individuata dalla dottrina (Nigro, Sandulli) e dalla giurisprudenza (per i riferimenti cfr. A. ROMANO, Commentario alle leggi sulla giustizia amministrativa, 1992, 728-733) in base alla quale l'annullamento giurisdizionale di un provvedimenta amministrativo determina, appunto, effetti demolitori (delle situazioni giuridiche soggettive costituite dall'atto impugnato), effetti ripristinatori (delle situazioni giuridiche soggettive modificate dall'atto impugnato) ed effetti conformativi (consistenti nel vincolo imposto all'attivit di rinnovazione dell'atto impugnato). La sentenza de qua, perci, statuisce che gli effetti ripristinatori dell'esecutivit della sentenza di primo grado non si spingono fino all'attribuzione all'appellato dell'incarico oggetto della delibera annullata in sede giurisdizionale in primo grado. Sul primo profilo, attinente alle modalit ed ai criteri di scelta in tema di atti di alta amministrazione, oltre ai precedenti menzionati nella sentenza che si annota, (Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 1995, n. 562, in Cons. Stato, 1995, I, 1034; id., 1 settembre 1998, n. 1139, ivi, 1998, I, 1255), vanno ricordate id., 9 luglio 1998, n. 1068, in Foro Jt., 1999, III, 105; id., 5 febbraio 1998, n. 120, ibidem, con ampi riferimenti nella motivazione della decisione stessa alla quale si ispira chiaramente la sentenza che si annota. Pi in generale, la Corte dei Conti richiede una motivazione specifica con riferimento al possesso dei requisiti richiesti per i soggetti estranei all'Amministrazione (Sez. contr., 24 marzo 1993, n. 41, ivi, Rep. 1993, voce Impiegato dello stato, n. 510). Infine, va ricordato il profilo attinente alla trasformazione dell 'ANAS in ente pubblico economico, ritenuto ~ in definitiva -irrilevante dal Consiglio di Stato, perch la questione stata esaminata e risolta con riferimento ai principi generali di cui all'art. 21 decreto legislativo n. 29/93. Successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo 26 febbraio 1994, n. 143 e con la trasformazione giuridica dell'Ente in ente pubblico economico attuata dal d.P.C.M. in data 26 luglio 1995, anche i rapporti di lavoro hanno subito un mutamento di disciplina, essendo da quel momento in poi regolati dal codice civile, dai contratti collettivi (per il personale dirigenziale stipulato in data 15 maggio 1996 ed immediatamente applicabile a decorrere da tale data) e dai regolamenti adottati dall'Ente (art. 10 decreto legislativo n. 143/94 cit.; art. 15 dello Statuto dell'Ente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1995, n. 242). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 133 n. 15638 di nomina del dott. Sgandurra a dirigente generale di livello C dell' ANAS, ed il decreto ministeriale 22 febbraio 1995, n. 2367, con il quale il Ministero dei lavori pubblici ha attribuito al dott. Sgandurra la funzione di direttore centrale per gli affari generali e del personale dell' ANAS, per violazione dell'art. 21 del decreto legislativo n. 29/93, poich il decreto impugnato non reca alcuna motivazione circa il possesso dei requisiti per la nomina e dal curriculum vitae del dott. Sgandurra non emergerebbe con immediatezza che egli abbia maturato una professionalit specifica nel campo della gestione amministrativa. Nel presente giudizio le intimate amministrazioni hanno ottenuto la sospensione dell'esecuzione dell'impugnata sentenza (ordinanza n. 2350/97). Successivamente, a seguito di istanza di revocazione della predetta ordinanza, presentata dall'odierno appellato sulla base della circostanza nuova di essere stato Pertanto, la nomina dei direttori centrali avviene in base all'art. 7, 3 comma, del citato, decreto legislativo n. 143/94, il quale conferisce all'Amministratore tutti i poteri di gestione ordinaria e straordinaria, in base all'art. 11 dello Statuto, ed in base all'art. 7del Regolamento di organizzazione, richiamato dal primo comma dell'art. 11 dello Statuto, ed approvato con delibera n. 11 in data 27 dicembre 1995 del Consiglio di Amministrazione, secondo il quale alle direzioni centrali l'Amministratore prepone funzionari con la qualifica di dirigente dandone comunicazione al Consiglio di Amministrazione. Evidentemente il quadro di riferimento ha assunto connotati diversi proprio per effetto della trasformazione del regime giuridico dell'Ente e del rapporto di lavoro dei suoi dipendenti (v. art. 5, che disciplina l'assunzione del personale dirigenziale, del Regolamento del personale approvato con delibera n. 12 in data 27 dicembre 1995 del Consiglio di Amministrazione), svincolandosi da una rigida applicazione dell'art. 21 del decreto legislativo n. 29/93 cit. e senza che possa ipotizzarsi alcuna riserva in favore del personale gi appartenente ai ruoli dell' ANAS (questa la chiave di lettura corretta che scaturisce anche dal 3 comma del citato art. 5 del regolamento che per il personale gi in servizio fa riferimento per la nomina a dirigente alla dimostrata ed elevata competenza e professionalit nel settore di attivit ove necessario ricoprire l'incarico). Brevi osservazioni in tema di atti di alta amministrazione. 1.-NOZIONE Secondo la dottrina pi autorevole (A. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, 1989, 19) non rientrano nell'attivit politica ma rappresentano il primo grado di attuazione dell'indirizzo politico nel campo amministrativo gli atti di suprema direzione della Pubblica Amministrazione designati come atti di alta amministrazione e segnano il raccordo tra la funzione di governo, espressione dello Stato -Comunit, e la funzione amministrativa, espressione dello Stato -Soggetto e che essi realizzano al pi alto livello. L'attivit di alta amministrazione attiene alle scelte di fondo dell'azione amministrativa discrezionale ed demandata ai supremi organi di direzione della P.A.. Gli atti di alta amministrazione ineriscono, quindi, all'attivit amministrativa e sono soggetti al regime giuridico proprio degli atti amministrativi; sono sottoposti al sindacato dei giudici non diversamente dagli altri atti amministrativi, pur se condizionatamente alla loro rilevanza esterna ed alla loro efficacia immediata (A. ROMANO) e, diversamente dagli atti politici, non sono liberi nella scelta dei fini, ma sono legati -pur nell'ampia discrezionalit che caratterizza l'alta amministrazione -ai fini indicati dalle leggi. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 134 riammesso in servizio per effetto di due provvedimenti del Pretore e del Tribunale in funzione di giudice del lavoro, la Sezione -con ordinanza n. 1092/1998 -ha revocato la precedente ordinanza n. 2350/1997. 2.1. -Orbene, giova a questo punto evidenziare una prima considerazione: sia la sentenza di annullamento, oggi appellata, sia l'ordinanza cautelare di rigetto dell'istanza di sospensione dell'esecuzione della predetta decisione -contrariamente a quanto sembra ritenere l'odierno resistente -non comportano come effetto automatico il diritto del dott. Elia a ricoprire l'incarico di cui trattasi. In altri termini, gli effetti ripristinatori della esecutivit della citata sentenza n. 1514/1997 (conseguente all'adozione dell'ordinanza di revoca n. 1092/1998) non si spingono fino all'attribuzione al dott. Elia dell'incarico di direttore centrale AA.GG: e Personale. L'alta amministrazione consta di una parte fissa, rigorosamente prevista dall'ordinamento, I consistente nell'attivit amministrativa che la legge stessa rimette al Consiglio dei Ministri o ai Comitati interministeriali, e una parte variabile, essenzialmente direttiva e volta ad imprimere all'azione amministrativa discrezionale gli indirizzi di base. I Tra gli atti inerenti alla parte fissa si collocano le deliberazioni del Consiglio dei Ministri relative alla nomina ed alla revoca delle pi alte cariche dello Stato, aventi carattere fiduciario, quali ad es., Segretario Generale e Direttore Generale dei Ministeri, Prefetti, Capi missioni diplo I matiche, Avvocato Generale dello Stato (Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 1981, n. 340, in Cons. Stato, 1981, I, 387 e in Foro Amm., 1981, I, 849, con nota di F. PIGA, Attivit di alta ammini I strazione e controllo giurisdizionale). . ' I. Si tratta di una categoria eterogenea (A. ROMANO, op. cit., 300) e di difficile precisazione . (F. CuocoLo, Enc. Treccani, vol. I, voce Alta Amministrazione). Gli atti di alta amministrazione si caratterizzano per il fatto di essere dotati di amplissima . discrezionalit e, in quanto tali, per non essere propriamente atti di mera attuazione, attraverso la ' Iscelta dei modi e dei mezzi, dei fini stabiliti dalla legge. w Altro elemento connotatore della categoria la titolarit soggettiva che appartiene per defi r~! nizione agli organi di vertice dell'Amministrazione. 2. -I PRINCIPI ELABORATI DALLA GIURISPRUDENZA 2.1. -La sindacabilit degli atti di alta amministrazione. La giurisprudenza ha operato una progressiva erosione della sfera dell'attivit c.d. politico- amministrativa sottratta per definizione al sindacato giurisdizionale al fine di sottoporre al vaglio del giudice amministrativo anche provvedimenti connotati da una forte motivazione politica. Come si gi detto, il Consiglio di Stato, con la citata sentenza n. 562/95, ha precisato che, in tema di atti di alta amministrazione preordinati alla provvista di personale dello Stato ai massimi livelli, i parametri di legittimit ai quali deve essere ragguagliata l'azione amministrativa sono direttamente identificabili negli artt. 97 e 113 Cost., oltre che nella disciplina di rango ordinario contenuta nella legge n. 241/90. Ne deriva, da un lato, l'esigenza sostanziale che i soggetti prescelti siano effettivamente di qualificazione professionale adeguata al grado, alla complessit ed alla delicatezza delle funzioni inerenti l'ufficio e, dall'altro, l'esigenza formale che dagli atti del procedimento emergano i criteri seguiti dalla Amministrazione ai fini della scelta, o comunque, le ragioni giustificanti la stessa, s da consentirne la puntuale verifica anche in sede giurisdizionale. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRPJIVA 135 Come noto, l'immediata efficacia esecutiva della sentenza di primo grado riguarda l'effetto caducatorio e non quello confermativo della futura attivit amministrativa. Pertanto, sotto questo profilo, l'istanza per l'esecuzione della ordinanza n. 1092/98 e della sentenza n. 1514/97, in quanto intesa a Voler far ricoprire, nelle more della decisione di merito, la direzione generale AA.GG. e Personale dell' ANAS con il dott. Elia non e ammissibile. 2.2. -Ma l'istanza in questione non appare ammissibile sotto un ulteriore profilo. Invero, trattasi di domanda concernente le modalit di esecuzione di un provvedimento attinente alla fase cautelare (ormai conclusa) di un giudizio, il cui merito viene deciso con la presente sentenza; essa, quindi, accessiva alla sentenza appellata, la quale non pu avere un effetto interinale di sovrapposizione all'effetto definitivo della presente decisione. Ha ancora precisato il Consiglio di Stato che i provvedimenti di scelta alle pi alte cariche dello Stato, proprio in ragione della natura squisitamente discrezionale dei provvedimenti stessi, sono sindacabili soprattutto sotto il profilo dell'eccesso di potere (fattispecie in tema di nomina ad ambasciatore, Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 1995, n. 898/95, in Cons. Stato, 1995, I, 1503; id., 6 aprile 1993, n. 393, ivi, 1993, I, 486). 2.2. -Il profilo attinente alla organizzazione dell'ufficio Nel caso di revoca della nomina ad ambasciatore, il TAR Lazio, Sez. I, con sentenza 20 maggio 1996, n. 773, ha respinto il ricorso, ritenendo che l'organizzazione degli uffici della Pubblica Amministrazione rientri in un potere che per molti versi insindacabile nel giudizio di legittimit, trattandosi dell'esercizio concreto di una serie di atti che tendono al raggiungimento delle finalit proprie dell'Amministrazione e la cui concreta adozione, sempre che non sia manifestamente illogica, il connotato essenziale della sua esistenza. Tali vicende organizzatorie, quando attengono alla preposizione ad uffici di particolare rilevanza, assumono connotazioni pi marcatamente discrezionali, in cui possono essere valutate esigenze di natura complessa, non necessariamente estemabili in precise e compiute ragioni obiettive, quali la convenienza di una certa preposizione, l'opportunit di un avvicendamento, la necessit o l'opportunit di avvalersi di soggetto in possesso di specifiche qualit contingentemente ritenute correlate con l 'organizzazione dell'ufficio. In tutte queste evenienze, quindi, non si discute della Capacit assoluta di un soggetto, ma si relaziona la posizione dello stesso con il particolare momento di un determinato ufficio e si assumono le conseguenti disposizioni sulla base di questo giudizio relazionale. 2.3. -Il profilo della motivazione L'orientamento giurisprudenziale pu dirsi, comunque, consolidato nel senso che l'Amministrazione deve manifestare chiaramente le ragioni della scelta compiuta, non avendo alcun rilievo in proposito la natura di atto di alta amministrazione, applicandosi anche a tale tipo di atto l'obbligo immanente sull'Amministrazione di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della specifica determinazione assunta. Tale obbligo di motivazione discende dalla sussistenza, a fronte della potest esercitata, di posizioni soggettive tutelate dall'ordinamento (Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 1997, n. 528, ivi, 1997, I, 648; id., 11 giugno 1997, ibidem, 680). 2.4. -Il profilo fiduciario La componente fiduciaria costituisce il sostrato sostanziale e la ragione stessa dell'attivit di alta amministrazione, tanto che le norme prevedono, in ipotesi particolari, (ad es., Segretario Generale RASSEGNA AVVOCATIJRA DELLO STKI'O 136 3. -Nell'ordine logico delle varie pregiudiziali proposte nella complessa vicenda oggetto del giudizio, il collegio esamina, innanzi tutto, l'eccezione relativa alla tardivit del ricorso di primo grado. Assumono, in sostanza, gli odierni appellanti che la notoriet e la risonanza dei due provvedimenti impugnati in primo grado dal controinteressato (sia quello di nomina del dott. Sgandurra a dirigente generale dell' ANAS del 7 novembre 1994, sia quello di attribuzione delle funzioni al medesimo, datato 22 febbraio 1995) sarebbero stati tali da far presumere l'avvenuta conoscenza dei medesimi in un periodo antecedente a quello indicato nel ricorso introduttivo (proposto soltanto il 10 luglio 1995). Avvalorerebbe, inoltre, tale eventualit la circostanza che l'interessato abbia occupato per mesi l'ufficio contiguo a quello dello Sgandurra (onde non avrebbe potuto ignorare la sua promozione), nonch il fatto che il dirigente del servizio personale, con nota del 3 marzo 1995, aveva comunicato a tutti i dirigenti, tecnici ed amministrativi, dell' ANAS, e quindi anche al dott. Elia, l'assegnazione al dott. Sgandurra delle funzioni di direttore centrale, con decorrenza da 22 febbraio 1995. Il suesposto assunto privo di pregio. 3.1. -Al fine di stabilire la tempestivit del ricorso, la presunzione di piena conoscenza del provvedimento deve essere ancorata ad elementi univoci e sicuri, tali da rendere certo, e non semplicemente probabile, che in un determinato momento l'interessato abbia avuto cognizione dell'atto. Nel caso di specie, in difetto di alcuna produzione documentale dalla quale possa inequivocabilmente desumersi la tardivit del ricorso introduttivo, non pu fondatamente accertarsi l'esatta data in cui l'interessato abbia sicuramente avuto cognizione dell'atto in un ben determinato momento. della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Vice Segretario Generale, Capi Dipartimento) una sorta di spoiling system temperato (art. 18, 3 comma, legge n. 400/88, secondo il quale i decreti di nomina alle predette cariche cessano di avere efficacia dalla data di giuramento del nuovo governo). La giurisprudenza ha precisato che la fiducia non va intesa come affinit di idee personali o politiche o generica compatibilit o simpatia, ma deve consistere nella ricerca di dati obiettivi con riferimento alle probabilit di svolgimento ottimale di mansioni pubbliche per un periodo indipendente dalle vicende governative ( cfr., nelle fattispecie in tema di nomina ad ambasciatore, le sentenze citate n. 562/95 e 393/93). Nel caso della revoca delle funzioni attinenti ad alte cariche, dalla forte connotazione fiduciaria dell'incarico pu derivare una diversa ampiezza e latitudine del potere discrezionale dell'Amministrazione e, quindi, una correlativa consequenziale riduzione dell'area del sindacato di legittimit che pu esercitare il giudice amministrativo, attenendo la considerazione del permanere del rapporto fiduciario ad un profilo concreto di insindacabili valutazioni di merito. Il giudice amministrativo, per, ritiene costantemente che sia comunque necessario esternare nell'atto i motivi che hanno fatto venir meno il rapporto fiduciario, anche attraverso l'elencazione di fatti specifici; operando una distinzione tra il momento della nomina e quello della revoca, nel quale l'accento si sposta sul dato obiettivo, quale, ad es., lo svolgimento ottimale delle mansioni affidate con la nomina ovvero il decorso del tempo nell'ipotesi di assenza di prefissione della data di scadenza dell'incarico stesso. Va, comunque, ricordato che, in base ad un orientamento giurisprudenziale, dal carattere fiduciario di un incarico e dalla conseguente amplissima discrezionalit nel conferirlo deriva un diritto PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 137 N al riguardo pu indurre a diversa conclusione l'asserita circostanza dell'esistenza della citata nota del dirigente del servizio personale, inviata in comunicazione a tutti gli altri dirigenti ANAS, relativa all'assegnazione al dott. Sgandurra delle funzioni di direttore centrale. Ci in quanto la suddetta nota potrebbe non essere mai pervenuta a conoscenza del dott. Elia per vis maior o altro fatto impeditivo. Pertanto, non essendo stati offerti quegli elementi idonei ad integrare gli estremi di una prova rigorosa, il ricorso di primo grado deve ritenersi tempestivamente prodotto. 4. -Con una ulteriore eccezione di rito, il dott. Sgandurra chiede l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per sopravvenuto difetto di interesse. E ci per un duplice ordine di considerazioni; in primo luogo, l'originario ricorrente, il dott. Elia: sar collocato a riposo, per raggiunti limiti di et, il 1 dicembre 1997, si che non dato di comprendere quale persistente interesse gli si potrebbe riconoscere all'annullamento dei provvedimenti impugnati. Inoltre, con la trasformazione dell' ANAS, sarebbe venuto meno nell'odierno appellato il presupposto stesso di un interesse all'impugnazione del provvedimento di nomina, atteso che l'attribuzione delle funzioni di direttore centrale non presupporrebbe pi, nel nuovo ordinamento, la qualifica di dirigente generale. La su rappresentata eccezione in ordine all'improcedibilit del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse va disattesa. 4.1. -In primo luogo, osserva il Collegio che il collocamento a riposo dell'originario ricorrente non fa venir meno in questi l'interesse -quanto meno morale alla definizione del presente giudizio. all'ufficio per cui ogni provvedimento inteso ad estinguere tale diritto deve essere motivato (Cons. Stato, sez. VI, 2 novembre 1983, n. 806, ivi, 1983, I, 1226); precisando la stessa pronuncia che la notoriet di un fatto pu dispensare dall'onere di provarlo, ma non dall'obbligo di esporlo in motivazione e di esternare le relative valutazioni dell'Amministrazione. Va esaminato un ultimo profilo che attiene alla comunicazione dell'avvio del procedimento ex art. 7 legge n. 241/90. La natura e la struttura del procedimento di alta amministrazione non consentono di contemplare l'intervento dei soggetti interessati e l'esigenza di celerit in re ipsa, atteso il carattere fortemente fiduciario e la particolare connotazione del provvedimento di specie, volto ad assicurare, anche attraverso un delicato equilibrio con gli interessi privati, il perseguimento del superiore interesse allo svolgimento delle funzioni cui l'Amministrazione preposta. Peraltro, sulla questione generale dell'obbligo della comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo la giurisprudenza si attestata su posizioni assolutamente non formalistiche, ritenendo che esso sussiste solo quando, in relazione alle ragioni che giustificano l'adozione del provvedimento amministrativo e a qualsiasi altro profilo, la comunicazione stessa apporti una qualche utilit all'azione amministrativa, perch questa sul piano del merito e della legittimit riceva arricchimento dalla partecipazione del destinatario del provvedimento. Pertanto, in mancanza di tale utilit viene meno l'obbligo della comunicazione (Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 1996, n. 283, ivi, 1996, I, 421). GABRIELLA PALMIERI RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO In termini pi generali, va, poi, osservato che l'interesse all'impugnazione di un provvedimento amministrativo non viene meno per il solo fatto che, nelle more del giudizio, venga emanato, comunque, un nuovo provvedimento (anche se privo del1' efficacia integralmente satisfattiva dell'interesse dedotto in giudizio), ovvero intervenga la trasformazione dell'Ente con conseguente privatizzazione del rapporto d'impiego dei dirigenti. Nella fattispecie in esame, non pu revocarsi in dubbio che sussiste per l'Elia l'attualit dell'interesse a ricorrere, atteso che i nuovi elementi verificatisi non sono idonei a rimuovere il fatto storico per cui si controverte e che, comunque, l'utilit della domanda di annullamento si realizza anche nella soddisfazione morale costituita dalla tutela della integrit professionale del ricorrente a non essere pretermesso nella promozione ad opera di altro soggetto di pari qualifica. Pertanto, permanendo una residua utilit (ancorch meramente strumentale o morale) non pu essere dichiarata l'improcedibilit del ricorso. 5.1. -Anche il dedotto vizio di extrapetizione, rappresentato solo nell'appello del dott. Sgandurra, infondato. Sostiene al riguardo l'appellante che il TAR ha annullato gli impugnati provvedimenti per difetto di motivazione circa il possesso dei requisiti per la nomina nonch per il dubbio ipotizzato relativamente alla specifica professionalit dell'appellante , profili di censura, peraltro, non dedotti dall'originario ricorrente n nei motivi prospettati nel gravame introduttivo n nei motivi aggiunti. Tale tesi non pu essere condivisa, in quanto appare agevole ricostruire il secondo motivo del ricorso di primo grado come difetto di motivazione in relazione al meccanismo di provvista dei dirigenti generali stabilito dall'art. 21 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, specie laddove viene evidenziato l'obbligo di una istruttoria e di una motivazione rinforzate per il caso di nomina di un esterno, atteso che la possibilit per una amministrazione di attingere i propri dirigenti da quelli di altre amministrazioni, comunque postulava il possesso dei richiesti requisiti professionali (pag. 8 del ricorso introduttivo). D'altra parte, il giudice di prime cure ha ritenuto fondata la censura di difetto di motivazione a fronte della omessa evidenziazione nel corpo del provvedimento impugnato dell'acclarato possesso da parte del dott. Sgandurra della professionalit adeguata alle funzioni da svolgere. Pertanto, anche l'esaminata doglianza non fondata. 6. -Nel merito l'appello infondato. Come in precedenza accennato, i primi giudici -nell'annullare i provvedimenti gravati -hanno, in sostanza, ritenuto che dal curriculum non emergesse con immediatezza che il dott. Sgandurra avesse maturato una professionalit specifica nel campo amministrativo. In particolare, il TAR -mentre non ha condiviso la tesi dell'originario ricorrente intesa a sostenere che la nomina alla qualifica di dirigente generale dell 'ANAS riservata ai dirigenti superiori dell' ANAS stessa -ha accolto la dedotta violazione dell'art. 21 del citato decreto legislativo 29/93, in quanto la scelta dell'Amministrazione, deve sempre essere orientata nei confronti di soggetti dotati di professionalit adeguata alle funzioni da svolgere. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 6.1. -Giova, al riguardo, ribadire i principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio in materia di provvedimenti (discrezionali) di nomina dei dirigenti generali dello Stato. La circostanza che l'Amministrazione fruisca di poteri ampiamente discrezionali con riferimento ai soggetti da nominare dirigenti generali, senza vincoli derivanti da aspettative di carriera dei funzionari che prestano servizio all'interno dell'Amministrazione stessa ed in ossequio al principio legislativo secondo cui -nel conferimento di tali qualifiche di vertice -si deve privilegiare l'obiettivo della piena efficienza della Pubblica amministrazione attraverso la pi ampia possibilit di reperimento dei soggetti pi capaci e meritevoli, non esclude di per s che, in relazione a singole fattispecie, possano emergere posizioni di singoli qualificati a chiedere la verifica della legittimit delle nomine stesse. Pertanto, in tema di atti di alta amministrazione, preordinati alla provvista di personale dello Stato ai massimi livelli, i parametri di legittimit ai quali deve essere rapportata l'azione amministrativa sono direttamente identificabili negli art. 97 e 113 della Cost., oltre che nella disciplina di rango ordinario contenuta nella legge 7 agosto 1990, n. 241; il che implica, da un lato, l'esigenza sostanziale che i soggetti prescelti (senza alcuna valutazione comparativa tra essi) siano effettivamente di qualificazione professionale adeguata al grado, alla complessit ed alla delicatezza delle funzioni inerenti all'ufficio e, dall'altro, l'esigenza formale che dagli atti del procedimento emergano i criteri seguiti dall'Amministrazione ai fini della scelta, o comunque le ragioni giustificanti la stessa, si da consentirne la puntuale verifica anche in sede giurisdizionale (cfr.: Sez. IV, 14 luglio 1995, n. 562, in Ras. Cons. Stato, 1995, I, 1034; Sez. IV, 1 settembre 1998, n. 1139 ivi, 1998, I, 1255). 6.2. -Applicando i su esposti principi al caso di specie, non pu non riconoscersi la illegittimit dell'impugnato decreto di nomina del dott. Sgandurra, con particolare riferimento ai profili evidenziati dal TAR di difetto di motivazione circa il possesso dei requisiti per la nomina (non superabile n ammettendo un implicito richiamo alla proposta del Ministro dei lavori pubblici n argomentando ex post sulla necessit funzionale della predetta nomina, come rimedio alla grave situazione di malaffare esistente nell'azienda) e carenza nel curriculum di quella professionalit specifica maturata nel campo della gestione amministrativa, elemento necessario alla nomina de qua. Con questo non si vuole affermare che il dott. Sgandurra -funzionario dotato, nel complesso, di notevole spessore -sia stato nominato in ragione di rapporti fiduciari di collaborazione con esponenti del Governo allora in carica n che il medesimo non abbia mai svolto compiti riconducibili all'area dello svolgimento delle funzioni dirigenziali. Ci che si vuole, invece, affermare che, nel caso di specie, dalla documentazione istruttoria agli atti, risulta comprovata la valutazione che del curriculum vitae dell'interessato ha effettuato il giudice di prime cure in termini di carenza dei necessari elementi attitudinali atti a giustificare il possesso, in capo all'interessato, della specifica professionalit per essere scelto dall'Amministrazione ai fini dell'accesso alla nomina de qua. Invero, posto che la congruit dell'atto di nomina va verificato esclusivamente attraverso l'esame del menzionato curriculum dell'interessato, il Collegio non pu non rilevare che il dott. Sgandurra -ancorch abbia svolto importanti compiti quale dirigente della Polizia Stradale e come capo della segreteria dell'Alto RASSEGNA AWOCATURA DELLO STAI'O 140 Commissariato antimafia -non vanta alcuna significativa esperienza nei settori di attivit in cui si articola, in maniera predominante, la Direzione Centrale degli Affari Generali e del Personale (cos come indicati nell'organigramma relativo alle competenze attribuite alla predetta Direzione Centrale). Inoltre, dall'esame del suo curriculum, si evince agilmente che l'interessato non ha mai svolto funzioni inerenti alla gestione del personale. 6.3. -Pertanto, va confermata -anche con riferimento al disposto dell'art. 21 del richiamato decreto legislativo n. 29/1993, il quale ha previsto che la nomina a dirigente generale debba essere effettuata in favore di soggetti dotati di professionalit adeguata alle funzioni da svolgere -la illegittimit dei provvedimenti impugnati in priino grado per i motivi esposti in precedenza. 7. -Alla stregua delle su esposte considerazioni gli appelli vanno respinti e, per l'effetto, va confermata l'impugnata decisione. Il rigetto degli appelli principali esonera il Collegio dall'esame del ricorso incidentale proposto dal dott. Elia (omissis). CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 19 marzo 1999 n. 290 -Pres. !annotta -Est. Buonvino -U.S.L. 35 Regione Campania (avv. Grasso) c. Minetti (avv.ti D 'Avino e Correale ); Ministero del Tesoro ( avv. Stato Sabelli). Sanit -ASL -Personale -Stipendi e assegni -Mansioni superiori -Rilevanza -Esclusione. Allo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica di inquadramento, anche se verificatosi su formale incarico e su posto vacante, non si correla, a meno che specifiche disposizioni non prevedano eccezionalmente il contrario, l'attribuzione del corrispondente inquadramento sovraordinato (1). (omissis) 3. - da respingere, invece, il secondo degli appelli in epigrafe. (1) Ancora una pronuncia in tema di retribuzione di mansioni superiori. Una questione ancora dibattuta in attesa della definitiva attuazione dell'art. 56 del decreto legislativo n. 29/1993. La tormentata questione della rilevanza dello svolgimento di mansioni superiori da parte dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale torna all'attenzione del Consiglio di Stato che, con la decisione qui riportata, esclude la possibilit per il dipendente di ottenere le retribuzioni differenziali per lo svolgimento di mansioni inerenti a qualifica superiore, a meno che ci sia espressamente consentito da un'apposita previsione normativa che il collegio ravvisa, in tal caso, nella eccezionale disposizione di cui all'art. 1 della legge 207/1985, disciplina diretta a sanare situazioni di precariet esistenti al momento della sua entrata in vigore. Il Consiglio di Stato dunque, pur accogliendo la pretesa dell'interessata, fondando l'accoglimento sulla rilevata esistenza di una norma eccezionalmente derogatoria, si allinea all'orientamento pi restrittivo in materia di mansioni superiori che ne sancisce radicalmente l'irrilevanza ai fini PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 3.1. -La sentenza impugnata dichiara il diritto dell'originaria ricorrente all'inquadramento in qualifica dirigenziale ai sensi dell'art. 1 della legge n. 207/1985. 3.2. -L'appellante, oltre ad insistere per la riunione dei due appelli in epigrafe, sembra volere affermare, anzitutto, che il secondo degli originari ricorsi (cui si riferisce la sentenza qui in esame) sarebbe stato inammissibile, reiterando la domanda gi svolta nel primo dei ricorsi di primo grado. Ma cos non , dal momento che il primo di detti ricorsi era volto alla declaratoria del diritto all'inquadramento sulla base di un semplice silenzio rifiuto, mentre il secondo ricorso mirava alla declaratoria del diritto all'inquadramento sulla base della speciale -e sopravvenuta -disciplina normativa di cui alla legge n. 207 del 20 maggio 1985; legge che, a talune condizioni, era volta a sanare specifiche posizioni di precariato. Differente quindi la seconda domanda, in quanto basata su normativa (applicabilit del disposto di cui legge n. 207/1985) del tutto distinta rispetto alla prima (illegittimit del silenzio rifiuto); con la conseguenza che il secondo ricorso non reiterava la stessa domanda gi avanzata con il primo, ma costitutiva domanda del tutto nuova e autonoma e, pertanto, meritevole di separato giudizio. 3.3. -Nel passare al merito dell'appello, giova premettere che i primi giudici suffragano la propria decisione segnalando, in particolare e con articolata motivazione: a) che i compiti espletati dall'interessata, alle date di riferimento previste dalla legge, erano di carattere dirigenziale; b) che tali compiti erano stati sempre esperiti in base ad incarichi formali; e) che gli stessi erano stati svolti su posto vacante, anche se si trattava di un organico provvisorio. Ebbene, l'Amministrazione appellante, nelle proprie censure deduce, in primo luogo, che l'accoglimento della domanda giudiziale della ricorrente Minetti, cos come disposto dal TAR, comporterebbe il passaggio dell'interessata dai ruoli del personale esecutivo a quello dirigenziale; ma che, nello stabilire l'equiparazione, la legge n. 833/1978 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979 faceva- non solo della progressione in carriera ma della stessa retribuzione (in tal senso anche Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 1997, n. 429, ove peraltro non si riconosce la previsione derogatoria di cui alla legge 207/1985; Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 1997 n. 290; Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 1997 n. 356; Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 1997 n. 353 ma per i soli dipendenti non medici). Le ragioni sottese all'orientamento pi rigoroso sono individuate dalla giurisprudenza amministrativa: 1) nell'indisponibilit degli interessi pubblici coinvolti; 2) nel carattere formale che contrassegna l'organizzazione della P.A. compresa quella del servizio Sanitario nazionale che, pertanto, richiede che l'attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico trovino il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di inquadramento o di nomina e non siano rimesse alle libere determinazioni dei funzionari amministrativi; 3) nell'impossibilit di invocare l'art. 36 Cost. a giustificazione della retribuibilit delle mansioni superiori, atteso che detta norma costituisce solo il parametro per verifi RASSEGNA AVVOCATIJRA DELLO STA'J:O 142 no riferimento alle qualifiche desumibili dai decreti del Presidente della Repubblica nn. 411/1976 e 509/1979, tra le quali non sarebbero state assolutamente previste quelle attribuite alla ricorrente nell'ente di provenienza, n avrebbero potuto esserlo dato il carattere di sussidiariet di queste ultime. Tale doglianza priva di ogni giuridica consistenza ai fini del presente appello, atteso che nella sentenza impugnata non si fa questione degli inquadramenti inter venuti ai sensi della contrattazione del parastato, n di quelli correlati alla legge n. 833/1978 e al decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979, bens della care se le scelte operate dal legislatore in materia abbiano violato il principio costituzionale della giusta retribuzione. Il contrapposto orientamento, inizialmente affermatosi proprio nel settore dei dipendenti del S.S.N., si fondava sull'interpretazione, peraltro non univoca, della complessa disciplina normativa che contempla la possibilit di svolgimento di mansioni superiori, sia pure a determinate condizioni e limiti (art. 29 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979 n. 761, nonch per il personale medico, art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 25 maggio 1969 n. 128) -data dalla Corte Costituzionale con le decisioni n. 57/1989 e 296/1990. La Corte, considerando, in particolare, l'art. 29 del decreto del Presidente della Repubblica n. 761 del 1979 quale disposizione di :% carattere eccezionale e di stretta interpretazione -nel senso che I'adibizione temporanea a mansioni superiori non pu dare diritto al superiore trattamento economico se non entro il limite temporale dei sessanta giorni ivi previsto -finiva col ritenere che il prolungamento oltre tale termine implicasse un arricchimento ingiustificato tale da determinare la diretta applicabilit dell'art. 36 Cost. e, pertanto, l'obbligo per il datore di lavoro, di integrare la retribuzione del dipendente sanitario in misura corrispondente alla qualit del lavoro effettivamente prestato. Cos anche Corte Cost. 19 giugno 1990 n. 296 su remissione dell' Ad. Plen del Consiglio di Stato, nonch sulla scia di tali decisioni: I Cons. Stato, sez. IY, 4 luglio 1996 n. 817; Cons. Stato sez. V, 12 marzo 1996 n. 265; Cons. Stato sez. V, 18 maggio 1998 n. 608. Unici presupposti per il riconoscimento delle mansioni superiori, sono individuati nella vacanza del posto in organico e nell'esistenza, per il dipendente, di un vero e pro il:I~ prio obbligo di esercitarle (tra le pi recenti: Cons. di Stato, sez. V, 18 maggio 1998, n. 611). I . Il prevalere, nei pi recenti pronunciamenti, dell'indirizzo pi restrittivo sembra dipendere , dalla difficolt di identificare volta per volta norme derogatorie, dato l'equivoco significato di 'l molte disposizioni autorizzative dello svolgimento di mansioni superiori da parte del personale i? sanitario, nonch dal probabile timore di finire col provocare ingiustificate disparit di trattamento nell'ambito di determinate categorie di dipendenti pubblici. Si pensi alle contrapposte pronunce del Consiglio di Stato che, facendo leva su disposizioni particolari applicabili al personale medico (art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969 n. 128 relativo alla sostituzione dell'aiuto da parte dell'assistente ospedaliero), aveva inizialmente riservato l'affermata irrilevanza ai fini economici dello svolgimento di mansioni superiori, al solo personale non medico: Cons.Stato sez. V, 14 aprile 1997 n. 353, per poi estendere detta irrilevanza a tutto il personale sanitario con Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 1997 n. 290. I La difficolt di individuare le norme effettivamente derogatorie nel senso di consentire lo svolM ~; gimento di mansioni superiori si ritrova, in effetti, in alcune pronunce in cui il Consiglio di Stato sot'% tolinea il valore di sanatoria di certe normative, quali la legge n. 207 del 1985, richiamata anche dalla rn decisione in esame, nella quale il Legislatore, se in alcune norme ha riconosciuto lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, ci ha fatto solo a titolo di sanatoria per il passato e, comunque, previa riaffermazione, nell'ambito della stessa normativa, del divieto di utilizzare a qualsiasi titolo il per I ''.'' sonale in deroga alle vigenti disposizioni di legge (art. 14 legge 207/1985). In Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 1997 n. 429, ad esempio, se da un lato si ribadisce l'irrilevanza dello svolgimento di man I fil~ sioni superiori per tutti i dipendenti pubblici ivi compreso il personale medico, facendo salve le dis f:j posizioni derogatorie, dall'altro, tali disposizioni non vengono poi puntualmente indicate. i i I& ~% . rw,{11z111z1.,11111 ' PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 143 corretta applicabilit della del tutto autonoma ed eccezionale disciplina derogatoria di cui alla ripetuta legge n. 207/1985. 3.4. -In ogni caso, secondo l'appellante, la sig.ra Minetti solo nel 1988 sarebbe stata preposta al settore programmi di incentivazione e aggiornamento del personale e che anche per tale limitato settore non sarebbe stata richiesta la preposizione di un dirigente. Anche tale censura appare irrilevante per la definizione del gravame, in quanto l'inquadramento ex lege 207/1985 non tiene conto della posizione rivestita nel 1988 La vicenda relativa ai dipendenti del Servizio sanitario nazionale, almeno stando alle decisioni pi recenti sembra, quindi, sempre pi rifluire ed allinearsi alla giurisprudenza maggioritaria formatasi in relazione ai dipendenti pubblici statali per i quali, salvo taluni casi isolati ad opera, soprattutto, di alcuni T.A.R., la giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato non ha seguito nei suoi possibili sviluppi le indicazioni della Corte Costituzionale ed il principio della conformit alla Costituzione della remunerazione delle superiori mansioni fondato sulla diretta applicazione dell'art. 36 Cost. Ancorandosi al principio di cui all'art. 31 T.U. imp. civ., in virt del quale l'esercizio di mansioni superiori non comporta la corresponsione del trattamento economico superiore a quello spettante al prestatore nella qualifica di appartenenza, la giurisprudenza in materia si per lo pi attestata sul principio di generale irrilevanza anche ai fini economici delle mansioni svolte. In tal senso: Cons. Stato sez. IV, 15 ottobre 1990 n. 768; Cons. Stato, sez. V, 18 gennaio 1995 n. 89; Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 1995 n. 452; Cons. Stato, sez VI, 27 gennaio 1996 n. 134; Cons. Stato, sez. IV, 17 giugno 1997 n. 647; e da ultimo, Ad. Plen. 4 settembre 1997 n. 20; ma si veda anche la pi recente giurisprudenza costituzionale che, a proposito dell'art. 97 Cost., ha finito con l'affermare che il principio va inteso nel senso che anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore, comportando l'accesso da un nuovo posto di lavoro, corrispondente a funzioni pi elevate, una figura di reclutamento soggetta alla regola del pubblico concorso: cos, Corte Cost. 20 luglio 1994 n. 313 nonch, per una statuizione analoga, Corte Cost. 27 dicembre 1991 n. 487. Non mancano, tuttavia, le pronunce che continuano ad affermare l'inesistenza, nell'ambito del pubblico impiego in generale, di un principio che impedisca di riconoscere la maggiorazione retributiva delle prestazioni che eccedano la qualifica formalmente rivestita ritenendo che, diversamente opinando, si violerebbe il principio della corrispondenza del trattamento economico ad una attivit concretamente svolta ( Cons. di Stato, sez. VI, 18 luglio 1997 n. 1123; Cons. di Stato, sez VI, 22 aprile 1997 n. 655). Resta, comunque, nel sistema previgente l'emanazione del decreto legislativo n. 29/1993, la difficolt di ritenere direttamente applicabile l'art. 36 della Costituzione, nascendo l'impiego pubblico da un atto autoritativo, il provvedimento di nomina, essendo tale rapporto regolato in ogni sua fase dalla legge, e mancando, oltretutto, in tale sistema, una norma analoga a quella di cui all'art. 2099 codice civile che consente al solo giudice del lavoro -a differenza di quello amministrativo -di integrare la disciplina normativa al fine di garantire il rispetto del principio della giusta retribuzione ( sulla problematica in generale: La riforma del pubblico impiego di O. FORLENZA, G. TERRACCIANO, I. VOLPE; SALA, Ancora sulle mansioni di fatto degli impiegati pubblici alla luce dello Statuto dei Lavoratori in Giur. Amm. 1983, 52). La materia non sembra trovare pace neanche sul versante normativo. Dopo la previsione, ad opera del decreto legislativo n. 29 del 1993 (artt. 56 e 57), di una disciplina generale, sostanzialmente analoga a quella privatistica, quanto alle mansioni relative alla qualifica di appartenenza ed alle qualifiche superiori, peraltro di non facile applicazione per un'Amministrazione non ancora riformata e, soprattutto, non ancora contrattualizzata, ne viene dapprima differita l'efficacia, da ultimo, al 31 dicembre 1998 con l'art. 39 della legge n. 449 del 1997. Abrogato, quindi, l'art. 57 del decreto legislativo n. 29 del 1993 dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80 del 1998, la 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT& o nel periodo immediatamente precedente, ma solo di quella rivestita tra il 30 giugno 1984 e la data di entrata in vigore della legge stessa. In ogni caso, con tale censura l'appellante si limita a sostenere che l'originaria ricorrente non avrebbe esperito mansioni di carattere dirigenziale; ma ci viene dedotto in modo apodittico, del tutto generico e indimostrato, senza in alcuna misura contestare quanto puntualmente e partitamente dedotto dai primi giudici a supporto della propria decisione. Potr anche fondatamente dubitarsi, per quanto sopra si visto, della correttezza di tali apprezzamenti; ci per non toglie che essi sono stati, nella decisione oggetto del presente gravame, articolatamente motivati e supportati da elementi giuridico- fattuali specificamente individuati; mentre l'appellante non fornisce, in questo specifico ricorso in appello -nettamente distinto ed autonomo dall'appello sopra esaminato -alcuna puntuale controdeduzione alle argomentazioni cos svolte dal TAR (applicabilit, nella specie, del disposto di cui alla citata delibera di G .R. n. 560/1984; preposizione all'ufficio distaccato di Castellammare di Stabia con assoluta ed esclusiva responsabilit del settore amministrativo fin dall'Ente di provenienza; continuit di svolgimento di funzioni dirigenziali anche quale responsabile dei settori Personale ed Economico etc.). I 3.5. -Evidenzia, ancora, la ASL che l'art. 1 della legge n. 207/1985 presuppone, comunque, l'esistenza di un incarico formale in un posto vacante in pianta orgaI nica e che, inoltre, nell'ambito del pubblico impiego le mansioni superiori svolte di fatto sarebbero del tutto irrilevanti sia ai fini economici che di carriera, cos come per l'emanazione di provvedimenti di preposizione ad uffici. Anche tali doglianze sono da disattendere. I L'appellante richiama, infatti, l'anzidetto art. 1 della legge n. 207 del 1985, senza, per, contrastare in alcun modo quanto dal TAR illustrato in merito alla piena I applicabilit, nella specie, della norma stessa, sia per la sussistenza di provvedimenti formali di conferimento di incarichi, continuativi, di livello dirigenziale, sia per la I vacanza del posto. I primi giudici, oltre ad individuare i citati provvedimenti di conferimento di incarico, hanno anche spiegato con chiarezza le ragioni per cui il posto di cui si discute era da ritenersi a tutti gli effetti vacante, seppure appartenente ad un organico provvisorio; l'appellante si limita, invece, ad affermare che l'art. 1 della legge 207 /85 si applica solo in presenza di vacanza organica, ma non smentisce in alcuna misura quanto in concreto e motivatamente dedotto dai primi giudici in ordine alla disciplina delle mansioni superiori viene ridisciplinata dal nuovo testo dell'art. 56 -come modificato dall'art. 25 del menzionato decreto n. 80 del 1998 -per poi essere ulteriormente modificata dal decreto legislativo 29 ottobre 1998 n. 387. L'efficacia della nuova disposizione, che prevede in via di principio, il diritto alla retribuzione propria della qualifica della quale si sono svolte le mansioni , tuttavia, rinviata al momento della emanazione dei contratti collettivi di lavoro ed all'attuazione degli ordinamenti professionali ivi prevista che, quanto meno nell'intento del Legislatore, dovrebbero porre la parola fine a tante incertezze giurisprudenziali e normative. f: ~ r: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ' .. 145 effettiva esistenza della vacanza organica di cui si tratta e alla conseguente applicabilit, nella specie, della norma stessa. 3.6. -L'appellante afferma, ancora, che nel caso in esame, l'art. 14 della citata legge n. 207/1985 avrebbe inibito l'espletamento di mansioni superiori. Anche tale censura da disattendere in quanto la stessa legge n. 207/1985, all'art. 1 -che il TAR ha ritenuto applicabile nella specie -mira proprio a sanare situazioni di precariet in atto al momento della sua entrata in vigore, mentre l'inibitoria anzidetta vale solo per il futuro; con la conseguenza che il citato art. 14 stato qui inutilmente invocato, in quanto i primi giudici hanno inteso assegnare decisiva rilevanza proprio ai presupposti giuridico- fattuali maturati al momento dell'entrata in vigore della legge n. 207 /1985. 3.7. -Quanto al fatto, pure dedotto dall'appellante, secondo cui al semplice espletamento di mansioni superiori non potrebbe correlarsi il diritto al corrispondente inquadramento in posizione sovraordinata, pu osservarsi che ci non normalmente possibile; ma che proprio l'art. 1 della legge n. 207/1985, nella specie ritenuto concretamente applicabile, ha eccezionalmente e in via di sanatoria reso possibile tale operazione (omissis). CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 3 dicembre 1998, n. 1649 -Pres. De Roberto Est. Romeo-Codacons (avv. Rienzi) c. P.C.M. (avv. Stato Di Pace). Atto amministrativo -Diritto d'accesso -Interesse rilevante -Insussistenza di un interesse personale e concreto del Codacons ad accedere alla documentazione sull'uso delle cd. auto blu. L'interesse giuridicamente rilevante per legittimare la richiesta di accesso deve essere personale, cio immediatamente riferibile al soggetto che pretende di conoscere i documenti e specificamente inerente alla situazione da tutelare. L'interesse al corretto utilizzo delle auto blu un interesse di fatto che proprio di ogni singolo cittadino e che tale rimane anche se la sua tutela assunta dal Codacons, il quale organismo particolare, privo di rappresentativit generale nel!' ordine reale, non pu agire che per la difesa dei soli cittadini da esso rappresentati e quindi privo di quell'interesse concreto che la legge richiede come presupposto indefettibile per l'esercizio del diritto di accesso (1). (1) Il caso delle auto blu ed il difetto di legittimazione all'accesso del Codacons. a) La questione esaminata. Non c' dubbio che, con l'introduzione del diritto di accesso, il nostro legislatore abbia voluto assicurare una forma di controllo democratico dell'efficienza ed imparzialit dell'attivit amministrativa: il principio di pubblicit e di trasparenza (art. 1 legge n. 241/1990), l'obbligo di motivazione del provvedimento (art. 3), l'identificazione di un responsabile del procedimento (artt. 4 e 6), il principio di partecipazione (del privato e degli enti esponenziali) al procedimento sono tutti strumenti che -unitamente all'accesso -si muovono nella direzione della controllabilit dell'operato dei pubblici poteri, sotto i profili della correttezza, imparzialit ed efficienza RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 146 (omissis). Il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso per l'esibizione della documentazione relativa ai criteri di utilizzo delle autovetture in dotazione delle amministrazioni centrali dello Stato, la cui richiesta d'accesso era stata formulata dal Codacons ( ... ).Alle richieste di accesso, solo due amministrazioni( ... ) hanno dato risposta negativa(... ), mentre, in relazione alle altre, si formato il provvedimento implicito di rifiuto per l'inutile decorso del termine di 30 giorni di cui al 4 con;una dell'art. 25 della legge 241/1990. Il primo giudice, dopo aver richiamato il contenuto delle istanze di accesso ha statuito che il ricorrente, alla stregua dell'art. 22 della legge n. 241/1990, non titolare dell'invocato diritto di accesso, difettando in capo allo stesso l'interesse concreto che la norma pone come presupposto indefettibile per l'esercizio di tale diritto. (su questi profili -prima dell'avvento della legge n. 241/1990 -si veda VrLLATA, La trasparenza amministrativa, in Dir. proc. amm., 1987, 539; ed il pi recente L'accesso ai documenti amministrativi di CARINGELLA, GAROFOLI, SEMPREVIVA, Milano, 1999, 14). altrettanto vero, per, che il legislatore si preoccupato di prevenire gli abusi connessi ad un generalizzato riconoscimento del diritto di accesso a chiunque ed infatti ha subordinato l 'actio ad exhibendum alla sussistenza di una specifica posizione legittimante, individuandola nella titolarit di un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (art. 22 comma 1 ). i Che si sia trattato di una scelta meditata lo dimostra il consapevole abbandono dell'originario schema del disegno di legge n. 1913 (presentato alla Camera il 19 novembre 1987) predisposto dalla I Commissione Nigro, che -come noto -faceva dell'accesso il contenuto di una vera e propria azione popolare, esercitabile da chiunque, a prescindere dalla titolarit di una posizione legittimante, essendo essa preordinata alla tutela dell'interesse pubblico. A fugare ogni dubbio in pro I posito , del resto, intervenuto il decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, !I che all'art. 2, primo comma, nel ribadire la necessit che chi chiede l'accesso Vi abbia un inte@ resse precisa (significativamente) che deve trattarsi di un interesse personale e concreto per la ~ tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. @ La questione della legittimazione rappresenta, tuttavia, uno dei profili pi problematici che ~ connotano l'istituto dell'accesso e la grande attenzione che dottrina e giurisprudenza vi hanno dedicato discende dalla diffusa convinzione che da essa dipende la stessa funzione che il diritto ~ destinato ad assolvere nell'ordinamento. La sentenza che si annota contiene importanti precisazioni sull'argomento. Con essa stato I risolto il cd. caso delle auto blu (cui la stampa aveva dato notevole risalto) portato all'esame del Consiglio di Stato dal Codacons, che aveva chiesto l'accesso alla documentazione relativa ai cri-ml teri di utilizzo delle vetture di servizio, negata dalle amministrazioni interessate. L 'actio ad exhi-, bendum era stata respinta dal T.A.R. del Lazio, che aveva riconosciuto la carenza dell'interesse ~, concreto richiesto come presupposto indefettibile dalla legge n. 241/1990. Questa tesi stata contestata dal CODACONS sull'assunto che l'interesse concreto richiesto dall'art. 22 sussiste e con- I siste nell'incremento di spesa e nel nocumento all'ambiente e al traffico cittadino derivante da un I indebito uso delle auto blu; l'appellante sostiene che l'associazione vanta un interesse immediato ~ alla tutela di tale situazione rientrando la difesa dell'ambiente e degli utenti nei suoi fini statutari. f b) La soluzione. I La decisione in epigrafe ribadisce che il diritto di accedere agli atti amministrativi non rico-i:: nosciuto a tutti, ma solo a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rile-1_-~,. vanti e che tale interesse deve essere personale, cio immediatamente riferibile al soggetto che ~ chiede laccesso ai documenti e specificamente inerente alla situazione da tutelare. In tal modo, il t Consiglio di Stato ribadisce la sua precedente giurisprudenza (in questo senso tra le molte: Cons. iP Stato, sez. IV, 17 giugno 1997, n. 649, in Urb. e appalti, 1997, 1218; Cons. Stat~, sez. lV, 3 feb-lii -. ~ rr1~1111 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 147 Di questa conclusione si duole il Codacons, il quale chiede la riforma della decisione impugnata per i seguenti motivi: -ilCodacons una associazione che ha come fine statutario la tutela dei diritti degli utenti e consumatori innanzi a soggetti pubblici e privati erogatori di beni e servizi; -con l'istanza di accesso, che stata denegata, si intendeva conoscere gli effetti dei due menzionati decreti del Presidente del Consiglio, con i quali era stato regolamentato l'utilizzo delle autovetture di servizio, la cui illegittimit era stata denunciata dal Codacons innanzi al TAR Lazio, perch ritenuti pregiudizievoli agli interessi dell'associazione, a motivo del considerevole incremento di spesa e dell'incidenza negativa sul traffico e sull'inquinamento del centro storico di Roma. In questo senso, la domanda di accesso era giustificata dal fatto che la valutazione del braio 1996, n. 98, in Cons. Stato, 1996, I, 133) che ha individuato -nella situazione protetta dal1' ordinamento (elemento oggettivo) e nell'interesse del soggetto rispetto alla situazione meritevole di tutela -i presupposti per la sussistenza del diritto d'accesso in capo al soggetto richiedente. Muovendo da queste premesse la decisione effettua una verifica di tipo formale della sussistenza di tali requisiti, escludendo sia che l'interesse al corretto uso delle auto blu possa qualificarsi come situazione protetta dall'ordinamento, trattandosi invece di una situazione di mero fatto non tutelabile in via giurisdizionale, sia negando che il Codacons possa farsi portatore di un interesse che per essere cos generale non pu ascriversi tra le finalit di un'associazione. Il Consiglio di Stato si spinge oltre, precisando che si al di fuori della tematica dei c.d. interessi diffusi, cio di quegli interessi che sono privi di referente personale per questa via sottraendo quindi al Codacons la legittimazione processuale in qualit di ente esponenziale che ne persegue la tutela a vantaggio di tutti. e) L'evoluzione giurisprudenziale relativa a profilo della legittimazione: un percorso in tre fasi. Come noto, il profilo della legittimazione stato oggetto di elaborazione giurisprudenziale, in considerazione della formula generale con cui il legislatore definisce la titolarit del diritto di accesso. Infatti ai sensi del citato art. 22, tale diritto pu essere esercitato da chiunque vi abbia interesse per la tutela di <>, comm. a sent. Corte Giustizia C.E. 31marzo1993, in Foro Italiano, 1994, IV, 65. Sulle sanzioni pecuniarie antitrust v. Cass., S.U., 5 gennaio 1994 n. 52, in Foro Italiano, 1994, I, 732, con nota di BARONE e TAR Lazio 21luglio1993 n. 1157 citate nella decisione; TAR Lazio 23 settembre 1996 n. 1576. F.Q. RASSEGNA AVVOCATURA. DELLO STATO 164 normative di tutela della concorrenza) in quanto attivit collaterale e marginale rispetto all'attivit agonistica dei calciatori e non funzionale ad incentivare direttamente quest'ultima; ~: ~. e) la constatata situazione di monopolio innescata dalla titolarit in via esclu-lr:. siva dei diritti ceduti in capo alla associazione cedente avrebbe imposto il vaglio ~ delle pattuizioni de quibus non gi alla stregua della fattispecie astratta dell'intesa , restrittiva della concorrenza ex art. 2 della legge n. 287/1990, bens alla luce della diversa fattispecie dell'abuso di posizione dominante ex art. 3 della legge n. 287/1990, segnatamente in relazione alla subordinazione della illiceit dell'abuso di posizione dominante al requisito ulteriore, non prescritto in tema di intese restrittive .della concorrenza, della derivazione di un danno in testa ai consumatori. I ricorsi vanno riuniti in quanto relativi alla medesima sentenza. 2.a) -Con un primo ordine di doglianze, suscettibili di trattazione congiunta, le ~I parti ricorrenti contestano la conclusione, peraltro ultra od extra petita, secondo cui il diritto ceduto con le fattispecie oggetto della stigmatizzazione del Garante sareb- I be un prodotto nuovo, caratterizzato dall'assemblaggio, non sprovvisto di apporto '. creativo, di diritti diversi ognuno dei quali oggetto di cessione da parte del titolare originario. Una pi corretta disamina dei presupposti giuridici e fattuali della vicen- I da dimostra infatti che le fattispecie pattizie in questione erano nella sostanza fun-,~,. zionali alla sola cessione del diritto, spettante in via di origine ai calciatori -e, per . essi, in forza di clausola statutaria, all' AIC -a sfruttare la riproduzione delle pro-,, prie immagini. L'inclusione nelle immagini medesime dei simboli della nazionale e[~r~.:,. delle squadre di club non necessiterebbe, in forza della normativa vigente, di alcun . consenso da parte di soggetti terzi. Il diritto oggetto delle intese reputate dal Garante i! restrittive in definitiva riconducibile al paradigma di cui all'art. 96 della legge sul diritto d'autore. In via subordinata, ove anche si accedesse alla tesi sviluppata dai I~.=,' primi Giudici in merito al carattere di novit del diritto oggetto di commercializza-: zione, parimenti non sarebbero rintracciabili gli estremi di attivit creative, artisti che e comunque intellettuali meritevoli di piena remunerazione attraverso benefi-~~ cio della sottrazione ai rigori della normativa anticoncorrenziale. Segnatamente, l'assenza di uno sforzo meritevole di remunerazione comporta la non traslabilit delle coordinate giurisprudenziali elaborate in tema di privative per brevetto industriale e di diritto di autore su opere letterarie ed artistiche. 2.b) -Con un secondo gruppo di censure, congiuntamente scrutinabili non- I ostante la parziale diversit sul versante della formulazione, gli appellanti mettono t:l l'accento sull'irrilevanza del riferimento del Garante, oggetto di valutazione critica ID del Tribunale, alla violazione dell'art. 2 anzich dell'art. 3 della legge n. 287/1990, I attese la funzionalizzazione delle norme de quibus al perseguimento dello stesso 1~:'.:'. obiettivo rappresentato dalla protezione del diritto di iniziativa economica ex art. 41 Cost., la possibilit che una medesima condotta sia sussumibile in entrambe le fat-!!:,....:.:. tispecie legislative, l'insindacabilit della scelta discrezionale e adeguatamente . motivata del Garante in merito alla norma su cui fare perno per garantire gli interessi di cui portatrice in chiave tutoria e, in definitiva, la possibile identit dei i?. f'. requisiti costitutivi. Non in definitiva dubitabile che un'intesa sigl~ta da soggetto 11 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA detentore di posizione dominante possa rivelarsi restrittiva della concorrenza a mente dell'art. 2 della legge n. 287/1990. Parimenti la stipulazione di un contratto di esclusiva, senza estrinsecarsi in abuso di posizione dominante, pu ci non di meno falsare in modo rilevante il gioco della concorrenza e, per l'effetto, risultare oggetto di riprovazione a mente del pi volte citato art. 2. Si soggiunge, in una prospettiva in parte diversa, da parte della difesa della curatela del fallimento Euroflash e della S.p.a. Diamond, che l'applicazione dei principi in tema di privativa contraddetta ab ovo dalla considerazione che nella specie la titolarit del diritto allo sfruttamento dell'immagine non si appunta in via originaria in capo all' AIC ma deriva in testa all'associazione in forza di fattispecie convenzionali traslative. In specie si evidenzia, a sostegno della sussumibilit delle convenzioni di che trattasi nel1' ambito dell'art. 2 piuttosto che dell'art. 3 della legge n. 287, che non sostenibile la tesi secondo cui la tutela che la legge attribuisce al diritto di ogni persona a sfruttare la propria immagine istituisca un monopolio ex lege che obbliga la persona medesima a contrattare con chiunque lo richieda. Di qui la conclusione che la fattispecie in esame era suscettibile di valutazione ai soli sensi dell'art. 3 della legge del 1990. Si conclude che le valutazioni dei primi Giudici in ordine alla norma da applicare alla fattispecie in esame sarebbero irrilevanti ai fini della verifica della legittimit sostanziale della determinazione gravata, la quale ha con coerenza preso atto degli effetti ingenerati dalle stipulazioni sulla possibilit di permanenza di altri concorrenti sul mercato delle figurine. 3.a) - incontestabile in punto di fatto che l'AIC, in qualit di organismo di categoria al quale sono associati i giocatori tesserati della Federazione Italiana Calcio, detiene in esclusiva il diritto di utilizzazione economica dell'immagine dei calciatori in tenuta da gioco, diritto ceduto dagli stessi ai sensi dell'art. 23 dello Statuto AIC. Segnatamente, l'abbinamento dell'immagine fisica dei calciatori ai colori delle squadre di club ovvero ai colori della squadra nazionale consentito per effetto di cessione da parte delle leghe e della FIGC. Il diritto esclusivo finale in capo all' AIC deriva dal concorso dei diritti esclusivi ceduti da parte dei calciatori, delle leghe e dell'associazione. 3.b)-Reputa il Collegio che decisiva ed assorbente ai fini dell'esito della controversia risulta, a prescindere dal carattere di novit o meno del prodotto, id est del diritto, oggetto di cessione, la valutazione della ricorrenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della fattispecie di cui all'art. 2 della legge del 1990, con particolare riguardo all'emersione dei tratti distintivi, sul piano ontologico, di una restrizione in senso tecnico della concorrenza. La ricostruzione del Garante, nel postulare la configurazione di un'intesa restrittiva della concorrenza, non tiene conto, ad avviso della Sezione, della posizione di partenza di cui gode l'organismo di categoria, unico soggetto capace gi ex se di presentarsi sul mercato, per effetto di convenzioni e di norme statutarie non oggetto di stigmatizzazione sul versante antitrust, quale offerente del prodotto rappresentato dal ritratto dei calciatori professionisti in tenuta da gioo. L'AIC, associazione di categoria dei calciatori tesserati alla Federazione Italiana Calcistica (F.I.G.C.), nonostante la forma associativa e le finalit statutarie colle RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAJ'O 166 gate alla tutela degli interessi morali, professionali ed economici degli iscritti, opera in subiecta materia come impresa. Giova sul punto ricordare che la normativa antimonopolistica, in armonia con gli indirizzi comunitari, recepisce una nozione di impresa pi ampia di quella tradizionale sottesa all'art. 2082 codice civile, comprensiva degli organismi associativi operanti come agenzie di vendita esclusiva in relazione alla gestione di diritti, come nella specie, dal contenuto tipicamente economico. Gestione i cui proventi nel concreto vengono destinati al perseguimento degli scopi statutari, con particolare riguardo ai profili mutualistici. Tanto premesso, devesi rimarcare che in linea generale il nostro ordinamento, salvo non si verta in tema di settori vitali e di interessi generali, considera l'esercizio del diritto di esclusiva come legittima forma di sfruttamento di un bene (intellettuale o industriale) da parte del titolare. La titolarit del diritto implica in via strutturale la possibilit, in capo al titolare, di orientarsi, nell'esercizio della politica lato sensu imprenditoriale reputata pi conveniente, circa la forma di sfruttamento pi redditizia. Di qui la praticabilit di una scelta in linea tendenziale insindacabile tra le varie modalit rappresentate dalla produzione o gestione diretta del bene economico, dalle cessioni plurime, dalla cessione in toto dell'esclusiva ovvero, in ipotesi, dalla rinuncia allo sfruttamento. Non sul punto seriamente dubitabile che, nell'esercizio della libert di impresa che le compete, l'AIC, ove lo avesse reputato con I venieQte dal punto di vista economico, avrebbe potuto intraprendere direttamente ID l'attivit di produzione delle raccolte o collezioni di figurine connesse ai campionati di calcio e collocarle direttamente sul mercato. La commercializzazione del pro I dotto, ricavato dai diritti esclusivi oggetto di concessione da parte dei titolari originari, avrebbe costituito esercizio tipico del diritto di impresa, non limitabile, ~ nell'ottica dell'art. 2 della legge del 1990, attraverso l'imposizione di un obbligo di I divisione con altri operatori commerciali del mercato. 1"1=' La possibilit dell'esercizio in prima persona dell'attivit di commercializza. zione di un diritto di cui si vanta la titolarit esclusiva comporta, sempre in via di m principio, la libert di scelta circa l'identit ed il numero dei soggetti ai quali affi~ dare l'opera di commercializzazione. La titolarit dell'esclusiva comporta uno jus ' ' excludendi alias dalla commercializzazione del prodotto e si condensa nella libert ' di decidere se ed entro quali limiti disporre del proprio diritto in favore di terzi. In quest'ottica gli accordi che trasferiscono a terzi lo jus excludendi non configurano un'intesa restrittiva della concorrenza vietata dalla legge antitrust ma anzi risultano Iprocompetitivi: il titolare consente uno sfruttamento del diritto che altrimenti, salva la ricorrenza di esigenze di interesse sociale, sarebbe comunque precluso ai terzi. Un obbligo di contrarre con i terzi configurabile ove l'esclusiva, lungi dal derivare I dalla pertinenza ad un solo referente soggettivo della titolarit della risorsa, derivi d da una determinazione autoritativa della P.A. e, pi in generale, come si vedr in re seguito, sia imposta dalla tutela dell'interesse dei consumatori In sostanza, cos come costituisce esercizio di libert di impresa la possibilit di rJ,l w gestire direttamente il prodotto piuttosto che affidarne ad altri la commercializzazione, non dissimilmente deve opinarsi in merito alla traslazione del relativo com!- 11 II ::: .. pito in capo a terzi. Nella specie, per l'appunto, I'AIC, sulla base delle risultanze di l contatti informali, ha reputato pi conveniente, anche alla luce delle esperienze pregresse, l'affidamento in prevalenza (contratto del 1992) o in esclusiva (stipulazione . tr.wJrw1-1.,~ , PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del 1995) ad un unico soggetto, per via della valutazione, oltre che del corrispettivo pattuito per lo sfruttamento della posizione di privilegio, dei proventi derivanti dalle royalties calcolate percentualmente in rapporto alle vendite. Non illogico sul punto ritenere che un soggetto che goda dell'esclusiva, in considerazione degli introiti sicuri derivanti dallo sfruttamento della posizione solitaria sul mercato, abbia la possibilit di investire in modo pi massiccio, articolare in modo pi variegato la politica di gestione del prodotto e, per l'effetto, garantire al cedente un introito maggiore di quello assicurabile da una molteplicit di soggetti equiordinati, sottoposti alle forche caudine dell'alea della concorrenza di altri operatori. 3.c) -Dalle considerazioni che precedono deriva che nella specie si verte in tema di esercizio di un diritto di privativa da parte del titolare, concretantesi nel1' opzione, reputata economicamente pi conveniente in un'ottica imprenditoriale, della cessione preferenziale o totale in testa ad un unico referente. Detta ricostruzione consente al Collegio di convenire con il primo Giudice in merito alla non qualificabilit degli accordi di che trattasi a guisa di intese restrittive della concorrenza ai sensi dell'art. 2 della legge n. 287/1990. Per definizione l'intesa costituisce un accordo capace di creare una situazione nuova, a sua volta specificamente diretta ad impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza. Non ricorrono per motivi ontologici i requisiti dell'intesa ove l'accordo sia sprovvisto della capacit di generare un quid novi, ma miri ad disciplinare il regime della medesima situazione preesistente, con il solo corollario della sostituzione di un soggetto ad altro soggetto. Si ponga mente sul punto alla circostanza che l'infungibilit del bene oggetto di licenza, ossia la commercializzazione delle immagini dei calciatori in tenuta da gioco, comporta una sostanziale unicit e non sostituibilit del prodotto rispetto a collezioni di figurine relative a soggetti diversi e, quindi, risulta capace di determinare un contesto di separatezza in cui opera il soggetto titolare. Allo stesso modo in cui la gestione diretta del prodotto dell' AIC non avrebbe potuto creare una turbativa del mercato, e ci in virt della non preesistenza di un mercato e della riconduzione del diritto da commercializzare in capo ad un unico soggetto per via della pregressa esclusiva, del pari da escludere che una turbativa della concorrenza ai sensi dell'art. 2 possa derivare dall'affidamento della gestione del medesimo prodotto a soggetto diverso dal precedente titolare del diritto, a sua volta investito dai titolari originari. Il vincolo negoziale creato nella fattispecie non fuoriesce dai binari delle concessioni di privative su beni immateriali (siano essi di propriet intellettuale o industriale), non concretizzanti ex se intese anticoncorrenziali, e segnatamente pattuizioni restrittive della concorrenza. Non pu venire in rilievo una limitazione dell'assetto concorrenziale allorquando la concorrenza sia in radice esclusa, ossia la situazione monopolistica preesista -sia pure in forma virtuale merc la mancata intrapresa dell'iniziativa economica diretta da parte del titolare del diritto allo sfruttamento -e venga solo trasferita con l'accordo. Ancora pi sinteticamente la posizione monopolistica non deriva dalle intese incriminate ma dalla titolarit a monte dell'esclusiva. In definitiva l'esclusiva (totale o parziale) di cui risulta titolare la Panini, lungi dall'atteggiarsi a conseguenza di un accordo idoneo ad immutare in senso negativo il gioco della concorrenza, costituisce il portato del monopolio pregresso dell' AIC, intrinseco nella titolarit del diritto, in merito RASSEGNA AVVOCATURA DELLO SfA'It>" 168 alla utilizzazione giuridica di un prodotto confezionato attraverso la cessione dei diritti da parte dei titolari originari anch'essi in via esclusiva. Non assume sul punto soverchio rilievo la circostanza che nella specie il diritto non spetti in via originaria all' AIC ma si consolidi in capo a questa in forma derivata per effetto degli accordi intervenuti con i titolari in partenza, ossia i calciatori. In disparte la considerazione che I'AIC si presenta quale organo esponenziale dell'interesse dei singoli atleti, va rimarcato che le modalit con le quali si costituisce il diritto di esclusiva, posta la non contestazione delle medesime e del risultato finale derivatone, nulla spostano sul punto della inidoneit di un'intesa volta alla cessione dell'esercizio dell'esclusiva ad alterare un equilibrio concorrenziale in partenza inimmaginabile per difetto della concorrenza medesima relativamente al prodotto specifico. Tali essendo le coordinate giuridiche della vicenda, pu convenirsi che l'esercizio tipico del diritto di privativa, id est la cessione dell'esercizio della stessa al miglior offerente ai fini della massimizzazione del profitto, si atteggia ad espressione della libert di impresa non suscettibile di censura o conformazione in chiave anticoncorrenziale ove non debordi nel tentativo abusivo di perseguimento di obiettivi esulanti dalla connotazione propria del diritto, ossia non riveli una distorsione funzionale etichettabile in termini di abusivit e di capacit invasiva e distorsiva ai danni di altri operatori presenti sul mercato. Deve in altri termini escludersi, in conformit ai principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria, che la concessione di un'esclusiva da parte dell'unico titolare della risorsa necessaria per il confezionamento del prodotto, possa ex se innescare una violazione dell'art. 85 del trattato CE, in quanto la semplice sostituzione di un soggetto ad altro soggetto nell'esercizio di esclusiva incontestabilmente di pertinenza di quest'ultimo si riflette in un puro mutamento soggettivo che ontologicamente inidoneo a determinare un'alterazione del gioco della concorrenza. L'equilibrio generale e l'accessibilit del mercato non sono all'evidenza incisi a seconda che l'attivit in via esclusiva di commercializzazione delle figurine venga esercitata da parte del titolare del diritto (nella specie dall' AIC) ovvero dal soggetto che abbia stipulato con quest'ultimo il contratto di licenza (la Panini). In ogni caso non muta il dato oggettivo della presenza di un unico referente soggettivo legittimato alla commercializzazione del prodotto. La stipulazione dell'accordo non sortisce un esito peggiorativo nel confronto tra situazione concorrenziale prodotta dall'accordo e situazione concorrenziale verificabile in assenza del medesimo. 3.d) -Tali essendo i presupposti della vicenda in relazione alla causa reale della limitazione concorrenziale, devesi ritenere che, esclusa l'emersione di un'intesa restrittiva a fronte della fattispecie relativa alla cessione di un diritto di esclusiva da parte del soggetto risultato unico titolare della stessa, il quesito al quale avrebbe dovuto rispondere il Garante riguarda il mantenimento della condotta tenuta dall'associazione calciatori, in sede di intese pattizie con la Panini, nei limiti fisiologici segnati dal legislatore in caso di titolarit di esclusiva o di posizione preminente sul mercato ovvero l'esorbitanza rispetto agli stessi con l'assunzione delle caratteristiche patologiche dell'abuso. In particolare, ammesso e non concesso che il dominio insito in re ipsa nel diritto di esclusiva sia compatibile con la configurazione di un mercato di riferimento e che in particolare di PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA abuso di posizione dominante o monopolistica possa parlarsi ove difetti il dato fattuale dell'operativit concreta del titolare sul mercato, si pone il problema, non esplorato dall'Autorit, della configurazione di una situazione di monopolio ingenerante un obbligo a contrarre. Segnatamente, il baricentro interpretativo si sposta verso l'emersione, in caso di titolarit di un diritto esclusivo, di un obbligo a contrarre con una pluralit di interlocutori, ove si verta in tema di attivit non relativa alla gestione di servizi pubblici o alla fruizione di beni essenziali, pi in generale ove si tratti di attivit, come nella specie, difficilmente configurabile in termini di rilevante e primario interesse collettivo. In specie, non stata presa in considerata la cristallizzazione, in relazione ai prodotti in questione, di esigenze sociali idonee ad innescare l'abdicazione o la limitazione del diritto alla massimizzazione del profitto. Premessa l'esorbitanza rispetto alla sfera cognitiva del Collegio della verifica della ricorrenza o meno dei presupposti dell'art. 3 della legge n. 287/1990, con specifico riguardo alla configurazione di un mercato di riferimento al quale ricondurre l'assunzione di posizione egemonica, le argomentazioni degli appellanti in punto di irrilevanza del richiamo all'art. 2 ovvero all'art. 3 della legge n. 287/1990 -stante l'attagliabilit delle argomentazioni del Garante anche alla fattispecie dell'abuso di posizione dominante -sono in linea di principio contraddette dalla considerazione che la norma in tema di abuso, diversamente dalla disciplina in materia di intesa restrittiva, richiede, per quel che riguarda la fattispecie dell'art. 3 lett. b (impedimento o limitazione della produzione, degli sblocchi o degli accessi al mercato, dello sviluppo tecnico o del processo tecnologico), il presupposto ulteriore, non scrutinato dall'Autorit Garante, della derivazione dalla condotta abusiva di un pregiudizio ai danni dei consumatori, sub specie di variazioni peggiorative su prezzi, quantit, qualit e variet dei prodotti immessi sul mercato. Non dubitabile che detto requisito aggiuntivo rispetto ai tasselli dell'intesa restrittiva, stato contemplato dal legislatore in virt della considerazione che la lesione della sfera dei soggetti interessati ad entrare in un mercato non sono considerati sufficienti, in un mercato gi inquinato in origine dall'assenza o dalla penalizzazione della concorrenza, a far scattare la risposta negativa dell'ordinamento, ove non si profili altres un vulnus ai danni dei consumatori. Per converso, il provvedimento contestato, pur conducendo un'attenta indagine microeconomica in merito alla problematica sostituibilit del prodotto, non arricchito dalla verifica degli effetti negativi a sfavore degli acquirenti delle figurine, sub specie di peggioramento, sul piano qualitativo ed economico, dell'offerta ai consumatori e delle determinazioni conseguentemente assumibili da questi ultimi. Non in sostanza acclarato che l'offerta del prodotto editoriale da parte di un solo titolare della licenza comporti una maggiore esosit ed un peggioramento qualitativo rispetto alle condizioni praticabili in caso di offerta promanante da una molteplicit di soggetti. 4. -Le considerazioni che precedono confermano la bont delle argomentazioni sviluppate dai Primi Giudici in ordine al difetto motivazionale ed ai vizi di legittimit individuati nel provvedimento impugnato, e per l'effetto, impongono la reiezione dei ricorsi (omissis). RASSEGNA AVVOCATIJRA DELLO STATO 170 II (omissis). 1. -I ricorsi in epigrafe possono essere riuniti, ai fini di un'unica decisione, sussistendo tra gli stessi connessione per l'oggetto, in ragione dell'identit del provvedimento impugnato e delle principali questioni proposte dalle parti. 2. -Prima di procedere all'esame dei motivi di diritto proposti da ciascuna delle ricorrenti imprese, giova riassumere brevemente, in punto di fatto, la vicenda cui mettono capo i motivi anzidetti. Il proc.edimento in esame stato occasionato dalla presentazione di due segnalazioni da parte della Associazione Vendomusica del 22 gennaio e 28 febbraio 1996 ed ha avuto inizio con provvedimento formale del 24 ottobre 1996, dopo che l'Autorit intimata aveva operato una prima delibazione della questione, anche acquisendo, limitatamente a tale fine, elementi ulteriori rispetto a quelli forniti dalla predetta Associazione. Nel citato atto di avvio dell'istruttoria l'Autorit ha precisato che il procedimento stato avviato per una ipotesi di violazione dell'art. 2 della legge n. 287/1990, avente ad oggetto accordi o pratiche concordate tra le principali case discografiche (c.d. major), con riguardo: a) alla fissazione dei prezzi di vendita di supporti fonografici agli esercizi commerciali (c.d. prezzi di listino o PPD); b) alla determinazione di altri aspetti delle politiche commerciali attuate nei confronti dei rivenditori; e) alla limitazione ed alla ripartizione dei titoli interessati alla campagna pubblicitaria attuata in occasione del Salone della Musica svoltosi nel mese di ottobre 1996. Nello stesso provvedimento di apertura dell'istruttoria l'Autorit ha precisato, inoltre, di ritenere che l'ipotizzata uniformit di comportamento delle Major potes se essere stata facilitata dalla adesione delle stesse alla Federazione Industria Musicale Italiana, associazione costituita proprio per iniziativa delle anzidette Major. Nel corso del procedimento l'Autorit ha pi volte prorogato il termine di chiusura dell'istruttoria, al fine di poter portare a compimento sia specifici accertamenti ispettivi sia le audizioni delle parti, nonch al fine di acquisire dalla Societ Grandi Numeri s.r.l. apposita relazione di indagine statistica relativa alle condizioni di fornitura praticate dalle Major alla rete di distribuzione sia al dettaglio sia all'ingrosso. ;al Con la delibera impugnata l'Autorit, sulla base di tutti gli elementi acquisi-. ti nel corso del procedimento, ha affermato che le imprese ricorrenti hanno vio-!: !i lato l'art. 2, comma 2, della legge n. 287/1990, per aver partecipato ad una pra-1: tica concordata avente per oggetto e per effetto di falsare in maniera consistente !i Ii la concorrenza sul mercato discografico in Italia, mediante la definizione di una i' struttura ed un livello uniforme dei prezzi praticati ai rivenditori; ha applicato i alle medesime imprese una sanzione pecuniaria che stata commisurata, per eia-I scuna delle imprese, alla gravit e durata delle infrazioni commesse da ciascuna ~ iF'"[:'.::~::r:::;w..J.&JJ.'filFf.Pfi?"'It.I%.F'\11W@''''flfilif---W:W4T~if'.'.'.::::r.mr*'f@f~-:lliWwd?J.W.f~.~:::.' ~~IN~Me~riltirl4llr'~tlriA1rll PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA di esse ed anche al comportamento tenuto nel corso del procedimento; ha ingiunto, infine, a dette imprese di cessare dall'attuazione e continuazione dell'infrazione accertata e di astenersi da ogni accordo e pratica concordata che potesse avere oggetto od effetto analogo a quello accertato e, in particolare, dall'effettuare riunioni, al di fuori di quanto richiesto da finalit associative legittime e dallo scambio di informazioni, che in ogni caso consentissero di individuare il comportamento delle singole imprese discografiche. 3. -Ci premesso, rileva il Collegio che i motivi di diritto proposti dalle parti possono essere suddivisi, ai fini del decidere, in due grandi gruppi: -da un lato, quelli attinenti alle regole del procedimento che l'Autorit avrebbe disatteso; -dall'altro, quelli concernenti le questioni di c.d. legalit sostanziale delle determinazioni assunte dall'Autorit con la delibera impugnata. 4. -Le censure proposte con il primo di detti gruppi di motivi possono essere cos riassunte: a) violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa sotto molteplici e specifici profili; b) illegittimit del procedimento per divergenza tra loggetto del provvedimento di avvio e quello di chiusura dell'istruttoria; e) violazione delle norme procedimentali relative sia al conferimento sia all'espletamento dell'incarico peritale; d) illegittimit delle audizioni perch effettuate in assenza dell'organo collegiale dell'Autorit ovvero di almeno uno dei suoi componenti; e) violazione delle regole del collegio perfetto; f) illegittimit dei modi e dei tempi dell'adunanza nella quale stato delibera to il provvedimento impugnato; g) illegittima verbalizzazione dell'adunanza dell'Autorit in data posteriore alla notifica del provvedimento. 4.1. -La doglianza riassuntivamente indicata sub A) articolata in pi profili che il Collegio ritiene di dover esaminare distintamente, attesa la loro rilevanza e possibile incidenza determinante nell'economia del presente giudizio. 4.1.1. -Con un primo profilo stato evidenziato che la dedotta violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa si sarebbe verificata in conseguenza dell'espletamento, da parte dell'Autorit -prima della notifica alle parti interessate dell'atto di apertura dell'istruttoria e, quindi, senza il coinvolgimento di queste ultime -di alcuni adempimenti propri di tale fase istruttoria, quali l'audizione della denunziante Soc. Vendomusica e l'acquisizione di alcuni elementi di conoscenza presso terzi. La doglianza non pu essere condivisa poich la fase preprocedimentale della quale si contesta la legittimit non soltanto non vietata dalle norme regolanti il RASSEGNA AVVOCJITURA DELLO STATO 172 procedimento in questione, ma anzi trova giustificazione nei poteri attribuiti all'Autorit dalle norme della legge n. 287/1990. Ed infatti, l'art. 12 di detta fonte legislativa prevede che, proprio ai fini della corretta attivazione del potere di istruttoria formale rimesso all'Autorit, quest'ultima debba, preventivamente a tale momento, valutare gli elementi acquisiti su iniziativa di parte ovvero di ufficio e cio porre in essere una attivit che le consenta di operare una prima delibazione della questione, potendosi anche pervenire, all'esito di tale delibazione, all'archiviazione degli atti. A tal fine, non priva di significato la circostanza che il Legislatore abbia utilizzato proprio tale specifico verbo (valutare), tenuto conto che ogni relativo processo, dal pi semplice al pi complesso, presuppone necessariamente una fase istruttoria pi o meno ampia ed approfondita, a seconda dello spessore della ponderazione richiesta, come deducibile dal contesto di riferimento nella quale inserita. Nella specie, in presenza di una prima denunzia da parte della Soc. Vendomusica, l'Autorit, nel corretto esercizio del suddetto potere, ha operato una sommaria verifica degli elementi segnalati, acquisendo prime informazioni sia presso la stessa denunziante (audizione) sia presso altre fonti, per escluderne, poi, la valutabilit, ai fini di cui all'art. 14 della legge 287/1990, tant' che nella lettera di apertura di istruttoria notificata alle ricorrenti, non v' alcun riferimento a tale prima denunzia, bens ad altre due successivamente prodotte dalla medesima Soc. Vendomusica. Peraltro, occorre tener conto che l'Amministrazione afferma nei propri scritti difensivi ( cfr. pag. 27), senza essere smentita sul punto, che alle parti stato, in ogni caso, consentito di prendere visione pure degli atti acquisiti al fascicolo nella fase preistruttoria del procedimento, per cui anche in fatto, oltre che in diritto, insussistente la dedotta violazione del principio del contraddittorio e, in parte qua, del diritto di difesa. In breve, pu convenirsi con la difesa dell'Autorit che gli adempimenti posti in essere informalmente nella fase precedente l'istruttoria formale prevista dall'art. 14 della legge n. 287/1990 sono non solo legittimi, ma anche doverosi, rispondendo a principi di economicit e buon andamento dell'azione amministrativa che l'avvio di un procedimento antitrust, in particolar modo a seguito di denunzia, sia preceduto da una prima delibazione degli elementi a disposizione, in relazione ai quali ben pu rendersi necessario acquisire, ex officio, ulteriori elementi informativi. 4.1.2. -Con un secondo profilo si argomentato in ordine alla illegittimit della segretazione che l'Autorit ha disposto di parte della documentazione acquisita al procedimento e si contestata, prima ancora, la sussistenza di un potere della stessa Autorit di procedere al bilanciamento degli opposti interessi all'accesso ed alla segretezza, sul presupposto che risulterebbe comunque pregiudicato gravemente il contraddittorio. Tali argomentazioni non possono essere condivise alla stregua delle seguenti motivazioni. La disciplina vigente in materia di accesso ai documenti in possesso dell'Autorit della Concorrenza e del Mercato deducibile dalle disposizioni contenute nei comma PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 3 e 4 dell'art. 14 della legge n. 287/1990 e nei comma 1, 3 e 4 dell'art. 8 del regolamento esecutivo di detta legge (approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 461/1991) ed l'unica a trovare applicazione nella specie, come ha gi chiarito questa Sezione con la sentenza 1547 del 17 settembre 1996. Essa, a ben vedere, consente di rispettare, contemporaneamente, sia le esigenze di riservatezza prospettate da chi, comunque coinvolto in un procedimento antitrust, abbia interesse a non vedere divulgati i propri segreti di affari sia il diritto di difesa di chi si trovi ad essere destinatario di un provvedimento ai sensi dell'art. 2 della legge n. 287/1990, proprio perch conferisce all'Autorit, sostanzialmente, il potere di operare, in relazione alla documentazione per la quale sia stata richiesta in parte od in tutto la segretazione, quel bilanciamento di interessi che, invece, si contesta potesse essere legittimamente effettuato. E ci perch, il legislatore ha ragionevolmente, quanto sostanzialmente, voluto escludere ogni possibile contrapposizione tra la rigorosa disciplina dettata in ordine alla generale riservatezza degli atti e dei documenti inerenti i procedimenti antitrust e l'eventuale indiscriminata garanzia del diritto di accesso, in nome del diritto di difesa. Nella specie, il comportamento tenuto dall'Autorit non sembra, in ogni caso, contrastante con il diritto riconosciuto dall'art. 14 della legge n. 287/1990 di prendere visione degli atti e documenti dell'istruttoria poich detta Autorit, bilanciando gli opposti interessi (peraltro alternativamente fatti valere anche dalle imprese ricorrenti nel corso del procedimento in esame) ha consentito alle parti del procedimento di poter: -esercitare il diritto di visione integrale soltanto per quegli atti e documenti riservati, o per parti di essi, che contenessero informazioni ed elementi direttamente attinenti, ovvero direttamente sintomatici, dell'ipotesi di intesa restrittiva contestata, attesa la loro valenza di elementi essenziali e fondanti le determinazioni conclusivamente assunte; -ottenere, comunque, il diritto di visione parziale di quei documenti riservati che non dimostrassero in modo diretto o fossero sintomo nella stessa maniera del1' esistenza di un accordo o di una pratica concordata; -conoscere quali e quanti documenti fossero stati fatti oggetti di segretazione, con ci consentendo, in ogni caso, agli interessati anche una verifica sia sulla richiesta sia sulla decisione di segretazione, attraverso la visione non solo delle istanze al riguardo prodotte dalle imprese interessate, ma anche dei provvedimenti in proposito emanati dall'Autorit. In sintesi, l'Autorit -secondo quanto dalla stessa affermato nei propri scritti difensivi, senza essere contraddetta sul punto -ha, comunque, segretato soltanto quella parte di documentazione, peraltro minima, che conteneva specifici segreti commerciali ed aziendali e che non era direttamente dimostrativa della fondatezza o dell'infondatezza della contestata violazione, e cio quei dati che non sono stati utilizzati per decidere. 4.1.3. -Parimenti non condivisibili sono, poi, le seguenti ulteriori deduzioni con le quali stato complessivamente denunziato, che, nel corso del procedimen RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 174 to, l'Autorit avrebbe sostanzialmente compresso il diritto di difesa delle parti attraverso: -la possibilit concessa alla Soc. Grandi Numeri di depositare la relazione peritale successivamente al termine prestabilito, riducendo in tal modo lo spazio di tempo utile per controdedurre; -la fissazione di un termine (dal 28 luglio al 15 settembre) per il deposito delle memorie difensive eccessivamente ristretto, tenuto anche conto della sua coincidenza con il periodo generalmente feriale; -la fissazione dell'audizione finale delle parti in data anteriore a quella di deposito delle memorie; -il diniego di proroga dei termini di chiusura del procedimento, pur essendo, . da un lato, chiara la natura contenziosa del procedimento e, per l'effetto, l'applicabilit dell'istituto della sospensione dei termini in periodo feriale, e, dall'altro, evidente che i tempi di difesa effettivamente concessi fossero del tutto insufficienti. Al riguardo, pu preliminarmente osservarsi come tutte le anzidette deduzioni sembrano muovere, sostanzialmente, dal convincimento, pi o meno espressamente palesato, che al procedimento antitrust possano applicarsi automaticamente le norme proprie dei procedimenti giurisdizionali, ivi comprese quelle relative alla disciplina dei termini. A tal ultimo riguardo, giova immediatamente precisare che tale tesi non pu I essere seguita, poich, a parere del Collegio, non in ogni caso possibile ricono scere -a Costituzione vigente -natura giurisdizionale all'Autorit intimata ed ai I procedimenti che innanzi ad essa si svolgono, per il noto divieto di istituzione di giudici straordinari o di giudici speciali imposto dall'art. 102, comma secondo. Inoltre, l'eventuale previsione (o ritenuta configurabilit) di un organo a natura giurisdizionale che emani, nell'esercizio delle sue istituzionali attribuzioni, atti di conI tenuto giurisdizionale giustiziabili, in via ordinaria, innanzi ad altra Autorit ~ Giurisdizionale preposta a diverso e distinto plesso, risulterebbe in contrasto con i principi informatori del nostro generale ordinamento giudiziario, cos come disegnato dal Costituente, essendo caratteristica indefettibile e comune a tutti i giudici dei diversi plessi non soltanto la loro terziet, ma anche la piena autonomia degli uni dagli altri, ed in particolare delle rispettive pronunzie, tranne quanto previsto dal1' art. 111 della Costituzione. I Tale autonomia, invece -in disparte l'effettiva natura terza o meno dell'Autorit -certamente non sussisterebbe nella specie, prevedendosi dalla legge n. 287/1990 l'impugnabilit, in via ordinaria, innanzi al Giudice Amministrativo II degli atti (invero autoritativi) emanati dall'Antitrust. . Consegue l'inapplicabilit della sospensione dei termini in periodo feriale invo;;. ili cata dalle ricorrenti imprese, potendo farsi ricorso a tale istituto esclusivamente per gli atti ed i procedimenti giurisdizionali. li Inoltre, giova soggiungere che neppure pu incidere, nei sensi voluti dalle ricorrenti imprese, l'eventuale riconoscimento di una natura quanto meno ammini1: strativo-contenziosa al procedimento in questione, poich noto, per pacifica giuri I! sprudenza del Giudice Amministrativo, che pure in tal caso (vedasi ad esempio l'ipotesi dei procedimenti da ricorso amministrativo, anche straordinario) non trova I . ' ] l'J'..l'.'."''''"''"""":-:......"fl".................-J'.J'."l'""""""......-;_.....r..r..-............,-..-...-.-.-,.,.,,,,.,.,,.,.,.,.,./..-.r.-.r.r.r.-.-.-.-.r..-/.Z".-/..r..ᥥ..-.-.r..r.-q_..r.-.-.r.-.r.-.r.r.r...-.-.-.-.-.-.-..-..-.-.-.-..-.7,..;.r"".r.r.r.-.-.-.-.-.- .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-..-.-.-.r.- .-.-z.- "'"' 6Mlll#ll1111r1w11#t+f:1a11tr11r1 PARTE I, SEZ. IY, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA applicazione la suddetta norma processuale di sospensione dei termini. Dalle suesposte premesse consegue che nessuna lesione del contraddittorio o del diritto di difesa pu farsi discendere dal deposito, oltre il termine prefissato, della relazione commissionata dall'Autorit alla Soc. Grandi Numeri, poich risulta in atti che alle parti stato, comunque, concesso un termine ( 45 giorni) ampiamente superiore a quello minimo (15 giorni) stabilito dall'art. 7, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 461/1991, anche ai fini delle audizioni previste dall'art. 14 della legge n. 287/1990. Neppure pu avere incidenza alcuna sulla legittimit della delibera impugnata la circostanza che il decorso del termine anzidetto pressocch coinciso con il periodo estivo poich, una volta chiarita l'inapplicabilit dell'istituto della sospensione dei termini relativi ai procedimenti giurisdizionali, una tale evenienza perde qualsivoglia apprezzabile consistenza in questa sede giurisdizionale. N pu condividersi la doglianza relativa all'anticipazione dell'audizione, rispetto alla data di deposito delle memorie difensive, poich nessuna delle norme applicabili alla fattispecie in esame impone, in argomento, un ordine procedimentale vincolato e perch, in ogni caso, non irrazionale la specifica procedura seguita nella specie, tenuto conto che il termine entro il quale la denunziante Vendomusica ha depositato la propria memoria (peraltro, meramente riassuntiva di quanto dedotto nel corso dell'audizione finale di tutte le parti del procedimento, come afferma l'Autorit nelle proprie difese, senza essere smentita) era stabilito a favore di tutte le parti del procedimento, ivi comprese le imprese ricorrenti. Tutto ci, senza tralasciare di evidenziare che tale momento procedimentale, ulteriore rispetto all'audizione, ha, semmai, garantito ancor pi il contraddittorio e, quindi, quel diritto di difesa il cui esercizio rimane pur sempre una facolt del titolare il quale, come le ricorrenti nella specie, pu anche non avvalersene nella massima misura prevista, ritenendo, evidentemente, sufficienti le modalit a tal fine gi sperimentate. A non diversa negativa sorte soggiace, poi, anche la doglianza di diniego di proroga dei termini di chiusura del procedimento, rientrando nei poteri di ogni autorit amministrativa determinare l'eventuale prolungamento dei tempi procedimentali, in assenza di un limite temporale perentoriamente prefissato ex lege ovvero in via regolamentare. Nella specie, possono ritenersi sufficientemente evidenti e ragionevoli le motivazioni dell'opposto diniego, stante, da un lato, la gi intervenuta proroga degli stessi termini di chiusura dell'istruttoria per ben due volte, e, dall'altro, il rilievo della adeguatezza degli elementi raccolti e dei termini concessi per la consultazione degli atti, nonch per il deposito delle argomentazioni di parte. 4.1.4. - stato eccepito, inoltre, che l'Autorit avrebbe continuato ad assumere elementi istruttori pur dopo la chiusura della relativa fase procedimentale. Il rilievo, tenuto conto del concreto evento cui si riferiscono le argomentazioni allo scopo svolte, si dimostra per privo di consistenza ad un pi approfondito riscontro. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 176 Ed invero, per quel che risulta, la doglianza riferita specificamente all'acquisizione da parte dell'Autorit del documento contenente i dati di bilancio di una delle imprese ricorrenti, al fine di individuare la concreta misura di sanzione applicabile, in conseguenza della accertata violazione della norma del comma 2, dell'art. 2, della legge n. 287 /1990. Come ben osserva la difesa dell'Autorit, non ha rilievo nella specie il momento temporale nel quale stato acquisito il documento poich esso, contenendo null'altro che il fatturato storico, servito soltanto come fattore matematico per il calcolo della misura concreta della sanzione pecuniaria gi individuata nella sua sostanza ( dimensione percentuale) dall'Autorit, all'atto dell'adozione della delibera impugnata. Dunque, nella fattispecie nessun nuovo elemento probatorio stato acquisito dopo la chiusura dell'istruttoria, al fine di sorreggere le motivazioni della delibera impugnata, per cui nessuna violazione del contraddittorio pu imputarsi all'Autorit sotto il profilo esaminato. 4.2. -La seconda delle doglianze pregiudizialmente sollevate in questa sede (riassuntivamente indicata nel capo 4 della presente sentenza, sub B) volta a censurare la delibera impugnata perch la dedotta divergenza tra l'oggetto del provvedimento di avvio dell'istruttoria e quello di sua chiusura sarebbe ricavabile dal fatto che, nel corso dell'istruttoria, le indagini si sarebbero estese ad aspetti del tutto nuovi ed autonomi rispetto a quelli originariamente considerati nel predetto atto di avvio dell'istruttoria, quali: -la conclusione di accordi tra le Major sia per la realizzazione di compilations e l'acquisizione di artisti sia per regolare i rapporti da intrattenere con gli organismi radiotelevisivi, la grande distribuzione organizzata e gli edicolanti sia per il rilancio dei c.d. singoli; -l'adozione di un codice etico per l'autoregolamentazione dell'attivit di scritturazione degli artisti. Rileva, preliminarmente, il Collegio che non v' motivo per discostarsi, in generale, da quanto la Sezione ha gi avuto modo di affermare in occasioni analoghe, in sede di interpretazione delle norme di cui agli articoli 14 della legge n. 287/1990 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 461/1991. stato, infatti, gi precisato che non in contrasto con la garanzia del contraddittorio che ... gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni... -che devono essere contenuti nel provvedimento di avvio dell'istruttoria, in applicazione della suddetta specifica locuzione dispositiva recata dal comma 3 dell'art. 3 del regolamento n. 461/1991 -siano costituiti ... da un'indicazione sommaria degli elementi di fatto contestati e delle conseguenze giuridiche che secondo l'Autorit ne derivano... (cfr. TAR Lazio, sez. I, n. 1576/1996). stato, inoltre, gi evidenziato che ragionevole che, in un'istruttoria diretta ad accertare infrazioni al corretto svolgersi della concorrenza, ... non possono che essere indicati, all'avvio dell'istruttoria stessa, che gli elementi essenziali in merito ad infrazioni e comportamenti che in quel momento sono solo presunti e rispetto ai quali si hanno notizie derivanti da denunzie e da precedenti indagini meramente conoscitive... (cfr. TAR Lazio, sez. I, n. 1474/1995). PARTE !, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Consegue l'illogicit della pretesa che l'Autorit, sin dal suo primo atto formale, debba indicare, in dettaglio, tutti gli elementi che poi sorreggeranno le sue determinazioni finali. A parere del Collegio, ci che indefettibile che le parti, nei modi disciplinati dal pi volte citato regolamento esecutivo della legge n. 287/1990, siano messe in condizioni di partecipare al procedimento e di accedere alla documentazione utile a consentire la libera espressione delle proprie ragioni. E, nella specie, tutto ci risulta essere stato garantito poich gli atti istruttori posti in essere ed i contenuti degli stessi sono stati partecipati alle imprese ricorrenti (cfr. lettera di comunicazione delle risultanze istruttorie del 28 luglio 1997), per cui le stesse imprese, come gi rilevato pi innanzi, hanno avuto un tempo pi che congruo ( 45 giorni) per rassegnare, al riguardo, le rispettive osservazioni. Diversamente opinando, si perverrebbe all'illogica conclusione che l'Autorit, ogni qualvolta nel corso dell'istruttoria viene a conoscenza di atti e fatti che, seppur prima di allora ignoti, sono comunque connessi con l'oggetto dell'istruttoria formale avviata, dovrebbe, comunque, procedere a nuova ed autonoma contestazione agli interessati, in contrasto con quei principi di speditezza ed economicit dell'azione amministrativa che ognora devono trovare applicazione, purch, come nella specie, non incidano negativamente sul diritto al contraddittorio ed alla difesa delle proprie ragioni. Le esigenze di completezza del procedimento -la cui soddisfazione costituisce, a ben vedere, la miglior garanzia degli interessi delle parti tutte del procedimento -comportano, in sintesi, che il procedimento deve essere necessariamente integrato durante il suo corso quando le nuove allegazioni costituiscano naturale complemento dell'oggetto iniziale, poich in tal modo che si consente a tutte le parti di esprimere compiutamente le rispettive ragioni. Nella specie, non sembra revocabile in dubbio che -essendo scopo del1' istruttoria avviata dall'Autorit ex art. 14 della legge n. 287 /1990 la verifica della eventuale sussistenza di una ipotesi di intesa restrittiva della libert di concorrenza nel mercato discografico, in una delle due sue possibili accezioni dell'accordo ovvero della pratica concordata -l'oggetto del procedimento inizialmente individuato potesse legittimamente arricchirsi, nel corso dello stesso, con elementi che presentassero aspetti di effettiva connessione con l'oggetto stesso. Non sembra seriamente dubitabile, infatti, che ad un oggetto cos come legittimamente definito nella specie dal provvedimento di avvio dell'istruttoria, ex art. 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 461/1991, siano estranei elementi ed argomenti che convergono tutti a definire il complessivo comportamento tenuto nel caso in esame dalle imprese discografiche qualificate .Major del mercato discografico. Infatti, la conclusione di accordi che abbiano a loro specifico oggetto la realizzazione di compilations o di dischi singoli, ovvero l'adozione di regole di comportamento nella scritturazione degli artisti, ovvero ancora i rapporti da intrattenere sia con gli organismi televisivi sia con la grande e la piccola distribuzione, logicamente materia da ritenere connessa naturalmente e necessariamente con una indagine che si riprometta di scoprire se le maggiori case discografiche agenti sul mercato italiano (ed anche europeo), nel fissare i listini prezzo dei supporti fonografici e RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STA:t' 178 gli altri aspetti di politica commerciale e promozionale del settore, abbiano o meno violato la regola dell'art. 2 della legge n. 287/1990. 4.3. -Con la censura indicata sub C) stato eccepito che sarebbero state violate le regole procedimentali relative sia al conferimento dell'incarico di perizia sia all'espletamento dello stesso, con finale compromissione anche della garanzia del contraddittorio. In particolare, si sostenuto: -sotto un primo profilo, che illegittimamente non avrebbero trovato applicazione le disposizioni del codice di procedura civile -che sarebbero, invece, applicabili al procedimento in esame, richiamando la legge n. 287/1990 i modelli processualcivilistici in pi parti -con la conseguenza dell'erronea attribuzione dell'incarico, peraltro immotivatamente, ad una societ di capitali anzich ad una persona fisica iscritta in apposito albo e dell'erronea sostanziale estromissione delle parti, in violazione dell'art. 194 codice procedura civile, dalla fase di espletamento del sub procedimento peritale, del quale le parti avrebbero potuto avere contezza soltanto attraverso la relazione finale all'uopo redatta dall'incaricato; -sotto un secondo profilo, che dalla delibera di conferimento emergerebbe come l'incarico sarebbe stato utilizzato non come strumento di ricerca della verit, ma bens come ... espediente surrettizio per accreditare la soluzione voluta dell'istruttoria in corso ..., anche tenuto conto dell'assoluta indefinibilit del quesito (analisi campionaria) posto all'incaricato. Quanto al primo dei suddetti profili ritiene il Collegio che non possano trovare applicazione nella specie le norme del rito processuale civile poich la legge regolatrice dei procedimenti antitrust disciplina in via autonoma e speciale i mezzi istruttori di cui pu avvalersi l'Autorit nell'esercizio dei poteri ad essa riconosciuti dalla stessa legge. Infatti, il legislatore della legge n. 287/1990, soltanto laddove ha voluto, ha espressamente previsto la possibilit di integrazione delle norme procedimentali antitrust con quelle del codice di procedura civile. Ci perch ha conferito caratteristiche peculiari al procedimento antitrust e lo ha informato a principi comuni in genere a procedimenti amministrativi, i quali assicurano sostanzialmente la garanzia del contraddittorio attraverso la conoscenza degli atti interni del procedimento, specialmente se aventi natura e funzione istruttoria, come nella specie, soltanto dopo la loro formazione, tranne che apposita disposizione non consenta anche la partecipazione alla loro elaborazione. Consegue che i riferimenti operati dalle parti ricorrenti alle norme degli articoli 31e33, comma secondo, della legge n. 287/1990 non solo non hanno la funzione loro accreditata, ma anzi sorreggono, per le ragioni anzidette, il convincimento test espresso di inapplicabilit delle norme del codice di procedura civile all'incarico di perizia previsto dagli articoli 14, comma 2, della legge citata e 6 del regolamento esecutivo di quest'ultima (decreto del Presidente della Repubblica n. 461/1991). N pu, per questo preteso ed insussistente obbligo di osservare le norme del codice di procedura civile, disporsi, in questa sede, una consulenza tecnica o perizia PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (che, peraltro, coinvolgerebbe apprezzamenti tecnico-valutativi che, come tali, sembrano preclusi a questo Giudice) in quanto ogni ponderazione degli elementi istruttori acquisiti per tale via attiene al merito delle valutazioni riservate all'Autorit dalla legge n. 287/1990. Quanto al secondo di detti profili, non possono condividersi le relative argomentazioni poich esse, diversamente da quanto affermato, in parte, non trovano corrispondenza alcuna nel testo della delibera di conferimento dell'incarico, non emergendo da quest'ultima elementi che concretamente consentano di ritenere proposto e perseguito quel diverso scopo cui sarebbe stato orientato detto mezzo istruttorio, e, per altra parte, sono smentite dalla chiara indicazione espressa dall'Autorit di voler acquisire, attraverso la perizia, elementi idonei a verificare la sussistenza o meno del presupposto della contestata violazione, e cio se veramente fosse esistita, per il periodo considerato, una struttura ed un livello uniforme di prezzi praticati ai rivenditori del mercato discografico italiano, per effetto del comportamento praticato dalle imprese c.d. Major. 4.4. -Infondata , altres, l'eccezione rubricata sub D), in quanto sembra ragionevole escludere, alla luce delle vigenti disposizioni, che le audizioni delle parti possano aver luogo soltanto con la partecipazione dell'intero organo collegiale costituente l'Autorit ovvero, in subordine, con la presenza di almeno uno dei suoi componenti, pena l'invalidit non soltanto delle audizioni stesse, ma anche dell'intero procedimento nel quale sono sperimentate. Ed invero, come ha gi chiarito la Sezione in precedente occasione ( cfr. n. 96 del 8 gennaio 1998) non pu non tenersi conto della separazione funzionale esistente, alla stregua della specifica normativa regolamentare attualmente vigente, tra attivit istruttoria ed attivit deliberativa, delle quali la prima rimessa agli uffici e la seconda all'organo collegiale costituente l'Autorit. N pu ipotizzarsi la partecipazione anche di uno soltanto dei membri dell'Autorit poich, come stato pure precisato nella citata sentenza, non lo consente la volont espressa dal legislatore della legge n. 287/1990 a favore della natura necessariamente collegiale dell'Autorit. La garanzia del contraddittorio, in sintesi, non pu essere messa in dubbio a seconda della qualit del soggetto preposto all'audizione poich essa essenzialmente collegata a fatti e circostanze oggettivamente esistenti o meno. Nella specie, l'acquisizione diretta delle valutazioni e degli elementi offerti dalle parti mediante le audizioni effettuate avvenuta, secondo quanto allo stato risulta dagli atti, senza alcuna limitazione di qualsivoglia genere e con la garanzia di imparzialit insita nella qualit di pubblico ufficiale riconosciuta dalla legge ai funzionari dell'Autorit che vi hanno concretamente provveduto. 4.5. -Con la censura sub E) si sostiene che l'Autorit avrebbe deliberato in assenza di uno dei suoi componenti e che tale circostanza invaliderebbe l'intero procedimento, tenuto conto che la legge richiederebbe come quorum strutturale la presenza di tutti i componenti, avendo l'Autorit stessa natura di collegio perfetto. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 180 La soluzione a tale quesito non pu che essere negativa, condividendo il Collegio le argomentazioni espresse in argomento dal Consiglio di Stato con parere della sua Prima Sezione n. 785/1995, nell'adunanza del 12 aprile 1995. Ed infatti, pu consonarsi nel rilevare che non solo difettano disposizioni che direttamente od anche indirettamente obblighino l'Autorit a deliberare con la totalit dei suoi componenti, ma anzi riconosciuta dal Legislatore alla medesima Autorit (cfr. art 10, comma 6, della legge n. 287/1990) un'ampia autonomia in materia di organizzazione e di funzionamento che ha consentito, attraverso il regolamento interno allo scopo emanato, di definire, in piena discrezionalit, l'assetto delle maggioranze sia per quanto attiene al c.d. quorum strutturale sia per quanto attiene al c.d. quorum funzionale. In sintesi, non avendo l'Autorit natura di collegio perfetto, ben pu ritenersi che essa possa legittimamente deliberare anche con la sola met pi uno dei suoi componenti, per cui immune dal vizio denunziato la delibera impugnata. 4.6. -Non diversa risposta negativa deve, poi, darsi al quesito posto con la doglianza sub F) con la quale si afferma, da un lato, l'irregolarit della fase deliberativa dell'Autorit, in quanto quest'ultima avrebbe assunto le numerose e complesse determinazioni contenute nella delibera impugnata in un tempo manifestamente inadeguato, tenuto conto del complessivo tempo impiegato per esaminare e discutere tutti gli argomenti iscritti all'ordine del giorno dell'adunanza e, dall'altro, l'illegittimit dell'art. 25 del regolamento interno di organizzazione e di funzionamento perch, prevedendo che ... nella seduta la discussione introdotta dal relatore, che propone l'approvazione, la modifica o il rigetto delle proposte degli uffici ..., inciderebbe sull'imparzialit del giudizio del Collegio che finirebbe per decidere sulla base di proposte ...precostituite dagli uffici ... . Ed infatti, questa Sezione ha gi avuto modo di affermare ( cfr. sentenza n. 96 del 8 gennaio 1998) che la separazione funzionale esistente, a mente del decreto del Presidente della Repubblica n. 461/1991, tra attivit istruttoria spettante agli uffici ed attivit decisoria rimessa al collegio costituente l'Autorit non incide minimamente sulla garanzia di imparzialit che deve assistere le valutazioni di competenza di detta Autorit, in quanto quest'ultima, nella sua espressione collegiale, rimane sempre totalmente libera di modificare, approvare o rigettare le proposte formulate dal relatore sulla base dei dati istruttori forniti dagli uffici. Ci perch rimane, in ogni caso, strumentale l'attivit esercitata dagli uffici, che non assume mai dignit di momento procedimentale autonomo. in tale ottica che va letta, dunque, la norma dell'art. 25 del regolamento interno dell'Autorit, che legittimamente ha consentito la partecipazione all'adunanza del Direttore dell'unit organizzativa competente alla raccolta dei dati istruttori, riproducendo essa, come pure chiarito con la medesima sentenza sopra citata, uno schema procedimentale usuale nell'attivit di ogni organo collegiale. N pu trarsi alcun sintomo di inadeguatezza del tempo impiegato dall'Autorit per adottare la delibera impugnata dal calcolo puramente matematico del tempo stesso e dalla combinazione di detto calcolo con il numero di argomenti iscritti all'ordine del giorno dell'adunanza, perch in tal modo si omette di considerare che PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA al Collegio (costituente l'Autorit), e non anche al solo relatore, erano gi ampiamente noti i termini della questione per averla esaminata pi volte prima dell'adunanza finale, e cio in sede di emanazione del provvedimento di avvio dell'istruttoria, in sede di conferimento dell'incarico peritale alla societ Grandi Numeri, ed in sede di comunicazione alle parti dei risultati dell'istruttoria, oltre che sulla base degli esiti delle audizioni effettuate e delle memorie prodotte in corso di procedimento dalle parti. N, ancora, incombeva in capo all'Autorit alcun obbligo di integrale verbalizzazione della discussione (cfr. sul punto C.d.S. n. 220 del 24 aprile 1989), essendo sufficiente, ai fini che qui rilevano, che dal verbale risultino elementi che consentano di ritenere (come nella specie possibile fare) che l'iter seguito conforme alle norme regolatrici del procedimento ed, in ogni caso, ad ordinari criteri di razionale formazione della volont collegiale. 4.7. -Infine, nessun rilievo invalidante pu avere la circostanza che l'approvazione del verbale dell'adunanza nella quale stato adottato il provvedimento impugnato sia avvenuta dopo la notifica agli interessati del provvedimento stesso, tenuto conto che la volont collegiale viene in essere nel momento della sua espressione e che l'atto di approvazione del verbale ha come suo contenuto soltanto la certificazione, da parte del medesimo organismo, della corrispondenza delle determinazioni effettivamente assunte con quelle riportate nel relativo documento che le contiene. In ogni caso, da condividere l'avviso secondo il quale tale circostanza costituisce al pi mera irregolarit che stata sanata dall'approvazione del verbale della seduta in questione, comunque intervenuta nella specie. 5. -Ci deciso in via pregiudiziale, pu ora darsi ingresso all'esame delle questioni che le parti hanno proposto con riferimento al c.d. merito delle valutazioni operate dall'Autorit. Dette questioni possono essere cos riassunte, tenuto conto delle specifiche censure mosse da ciascuna delle imprese ricorrenti: 1) l'Autorit avrebbe erroneamente definito il mercato rilevante sia dal punto di vista merceologico sia dal punto di vista geografico perch non avrebbe tenuto conto, sotto il primo profilo, della differenza tra produzione e commercializzazione dei supporti fonografici (consistenti in musicassette, compact disc e dischi in vinile gi contenenti, ovviamente, la riproduzione di brani musicali), della infungibilit di detti supporti, nonch delle differenze relative ai generi musicali; sotto il secondo profilo, delle rilevanti importazioni di supporti fonografici, con conseguente artificiale riduzione del mercato rilevante al solo ambito del mercato nazionale; 2) l'Autorit, inoltre, attraverso l'erronea individuazione del mercato rilevante, avrebbe anche ampliato l'oggetto dell'intesa che le imprese ricorrenti avrebbero posto in essere, pur avendo in concreto effettuato accertamenti circa la sussistenza dell'intesa stessa soltanto con riferimento ad un solo dei prodotti, e cio i compact disc di musica pop; RASSEGNA AVVOCAJ'URA DELLO STATO 182 3) l'Autorit avrebbe operato una ricostruzione e valutazione dei fatti in contrasto con le caratteristiche proprie del mercato dei supporti fonografici, che, aven-~ do struttura oligopolistica, naturalmente produrrebbe il riscontrato parallelismo dei ~ prezzi ed il tendenziale allineamento di tutte le altre condizioni contrattuali, nonch, ~ avrebbe mal interpretato, nella stessa ottica, lo scambio di informazioni avutosi a livello di associazione rappresentativa e le iniziative pubblicitarie congiuntamente organizzate e svolte; 4) l'Autorit, infine, avrebbe illegittimamente applicato sanzioni amministrative alle imprese ricorrenti, essendo carenti i presupposti di gravit e durata richiesti ex lege ed immotivate le relative determinazioni, anche con riferimento all' aspetto della quantificazione delle stesse, nonch incorrendo, peraltro, in disparit di trattamento, tenuto conto della specifica misura di sanzione pecuniaria irrogata alla Soc. Emi, in comparazione con quelle irrogate alle restanti Major. 6. -Nessuna di dette censure pu essere condivisa, alla stregua delle seguenti motivazioni. 6.1. -L'Autorit afferma di essere pervenuta alla contestata adozione della delibera impugnata sulla base di una rilevante quantit di elementi che, pur non avendo natura e consistenza di prove dirette dell'intesa raggiunta per condizionare od escludere il libero mercato dei supporti fonografici nel periodo considerato, tuttavia costituirebbero indizi gravi, precisi e concordanti che, congiuntamente valutati, fornirebbero prova almeno sufficiente dell'intesa restrittiva anzi detta. In particolare, dall'istruttoria sarebbe emerso: -un elevato grado di uniformit dei prezzi praticati ai rivenditori che si rifletterebbe sui prezzi al pubblico, notoriamente allineati; -la coincidenza delle condizioni di vendita dei supporti fonografici effettivamente praticate, avuto riguardo al contributo per spese di trasporto, al ticket TV, ai termini di pagamento ed alle condizioni di resa della merce invenduta; -un intenso scambio di informazioni in sede associativa, avente ad oggetto dati strategici dell'attivit di impresa e proiettato a realizzare concretamente un coordinamento delle attivit anzidette; -l'esistenza di un contesto collaborativo anche per altri rilevanti aspetti delle politiche commerciali, quali l'organizzazione congiunta sia della distribuzione dei prodotti attraverso il canale della grande distribuzione sia della promozione pubblicitaria in occasione di eventi particolari. 6.2. -Un primo quesito cui occorre dare risposta se, ai fini della corretta individuazione di una pratica concordata sia sufficiente l'esistenza di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti, come ritenuto dall'Autorit, ovvero necessiti, in ogni caso, una prova diretta e puntuale. Dispone l'art. 2 della legge 287/1990 che le intese restrittive della libert di concorrenza possano consistere: a) in accordi; b) in pratiche concordate; PARTE I, SEZ. Iv, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA e) in deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari. Dispone la stessa norma che ... sono vietate le intese che hanno ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attivit consistenti nel... (omissis) ... fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero le altre condizioni contrattuali.... Orbene, ritiene il Collegio, in linea di principio, che la prova della pratica concordata pu ritenersi correttamente acquisita anche quando non emergano riscontri diretti della sussistenza di concreti elementi intenzionali proiettati a falsare il mercato, in quanto una tale prova richiesta dalle citate disposizioni di legge soltanto con riferimento alle ipotesi indicate sub a) e sub c). Deve convenirsi, infatti, con quell'avviso giurisprudenziale ( cfr. Cds, sez. VI, n. 1792 del 30 dicembre 1996) secondo il quale per la configurabilit dell'ipotesi di pratica concordata irrilevante la prova del raggiungimento di accordi da parte di persone fisiche a ci abilitate. Consegue che l'esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti assume spessore sufficiente ai fini della dimostrazione della pratica concordata e pu, dunque, costituire elemento fondante la eventuale relativa declaratoria. 6.3. -Prima, per, di verificare se gli elementi raccolti dall'Autorit nel corso dell'istruttoria costituiscano o meno indizi sufficienti ai fini che qui rilevano, occorre verificare preliminarmente se l'Autorit ha ben individuato l'ambito di riferimento della propria indagine e cio se, alla luce del disposto dell'art. 2 della legge n. 287/1990, ha ben individuato il mercato rilevante dei supporti fonografici nel quale si sarebbe consumata la contestata violazione. Al riguardo, giova subito ribadire, in linea generale, l'avviso (cfr. TAR Lazio, I, n. 1576/1996) secondo il quale, nel caso di intesa, l'Autorit, tenendo conto dei soggetti partecipanti all'accordo e delle condizioni economiche del mercato, deve considerare sufficiente, a fini probatori, anche soltanto la capacit potenziale del1' accordo o della pratica concordata di restringere la concorrenza nel mercato, in quanto riscontri concreti delle effettive conseguenze prodottesi sono necessari soltanto nella diversa e distinta ipotesi dell'abuso di posizione dominante. Pi in particolare, poi, pu rilevarsi come l'Autorit abbia correttamente individuato il mercato rilevante sia sotto il profilo merceologico sia sotto quello geografico per le seguenti ragioni. Ed invero, sotto il primo di detti profili, deve convenirsi che esso va individuato con riferimento alla produzione ed alla commercializzazione dei supporti fonografici ai rivenditori, senza alcuna distinzione per tipo di fonogramma o per generi musicali, tenuto conto che la domanda dei consumatori finali pu rilevare, ai fini del presente procedimento, soltanto per spiegare, eventualmente, le politiche di approvvigionamento dei rivenditori e che questi ultimi esprimono una domanda di acquisto che strettamente correlata all'esigenza di disporre, al minor costo, di un assortimento di titoli pi possibile funzionale a soddisfare le attese dei consumatori finali. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 184 A tal ultimo riguardo, soccorre, infatti, anche la comune esperienza della realt commerciale effettivamente esistente ed il fatto, oggettivamente verificabile, che il magazzino del rivenditore di supporti fonografici normalmente molto articolato per poter venire incontro immediatamente a qualsiasi richiesta del consumatore finale. N pu assumersi che l'Autorit abbia errato nel ritenere insussistente una segmentabilit del mercato, tenuto conto che la domanda presa in considerazione nel procedimento in esame non quella del consumatore finale, bens quella del rivenditore, come deducibile dalla circostanza che la contestazione mossa alle imprese ricorrenti ha come suo oggetto l'omogenizzazione dei pezzi praticati ai rivenditori e non anche quelli al pubblico. Infatti,. al rivenditore non interessano le caratteristiche tecniche dei singoli supporti fonografici, n la loro astratta distinguibilit per generi musicali e per titoli, bens interessa di riuscire ad offrire al consumatore finale una vasta gamma di brani musicali al costo pi basso possibile. Ci perch il consumatore finale che esprime preferenze specifiche e, quindi, caratterizza la sua domanda in termini di distinguibilit anche in relazione al tipo di supporto (compact, cassetta ... etc.) ovvero al genere musicale. Peraltro, tale avviso sembra trovare riscontro anche nella giurisprudenza comunitaria (cfr. decisione del 27 aprile 1992 -Emi-Virgin, in caso IV/M 202) laddove si osserva, con riferimento alla sostituibilit dei prodotti appartenenti a generi musicali diversi, che la domanda dei rivenditori non presenta caratteristiche di rigidit, come quella dei consumatori finali. Sotto il secondo profilo (quello geografico), neppure pu ritenersi che l'Autorit abbia errato nelle proprie valutazioni, tenuto conto che i mercati dei supporti fonografici tendono ad essere nazionali, come ha rilevato la medesima giurisprudenza comunitaria pi innanzi citata. Sembra corretto, infatti, che l'Autorit abbia tenuto conto, a tal proposito, dei seguenti fatti: -che le imprese ricorrenti, pur essendo, come tutte le pi importanti case discografiche, espressione di gruppi multinazionali, operano in ciascun Paese con proprie specifiche societ locali, la cui attivit comprende anche lo sfruttamento degli autori e degli artisti indigeni, con commercializzazione dei relativi prodotti unitamente a quelli stranieri; -che le stesse imprese applicano per ciascun mercato nazionale specifiche condizioni di fornitura; -che i rivenditori, certamente del mercato italiano, acquistano dalle filiali nazionali delle imprese discografiche e non anche da quelle estere. Peraltro, il convincimento che il fenomeno delle importazioni nel mercato discografico italiano ...praticamente inesistente ... stato espresso da una delle stesse imprese ricorrenti, come risulta dal par. 14 del provvedimento impugnato nel quale si d conto del contenuto, in parte qua, del piano commerciale 1994/1995 della BMG-Ricordi. 6.4. -N dalle conclusioni espresse dall'Autorit in materia di mercato rilevante disceso, un artificiale ampliamento dell'oggetto dell'intesa, come pure PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA sostengono le imprese ricorrenti, in quanto la valutazione operata ha riguardato, comunque, tutti i prodotti fonografici commercializzati dalle anzidette imprese, ancorch gli accertamenti compiuti hanno avuto di mira un particolare prodotto quale i compact disc di musica pop. Infatti, a ben vedere, tale ultima circostanza non in contraddizione con l'ambito di valutazione avuto presente dall'Autorit se si tiene conto dei dati del mercato discografico italiano, come deducibili dagli atti istruttori, compiuti dall'Autorit, e del fatturato realizzato dalle imprese ricorrenti. Risulta, invero, che il mercato italiano dei prodotti fonografici costituito, in termini di valore, per il 72% dai compact disc, per il 26% da musicassette e per lo 0,4% da dischi in vinile e che le imprese ricorrenti hanno realizzato, nel periodo considerato, il 90% del loro fatturato nel settore dei compact disc del genere musicale pop, mentre la restante quota ha interessato quasi totalmente le musicassette del medesimo genere musicale, attestandosi a livelli del tutto minimi la vendita dei dischi in vinile. Dunque, la circostanza che l'accertamento sia stato compiuto su l'elemento del tutto predominante del mercato e della attivit di produzione e commercializzazione posta in essere dalle imprese ricorrenti non solo non rende artificiale la valutazione complessivamente operata sull'intero mercato dei supporti fonografici, ma anzi la giustifica poich l'eventuale restante accertamento non avrebbe potuto incidere, comunque, su detta valutazione, attesa la sua dimensione residuale. 6.5. -Ci chiarito, occorre ora darsi carico delle questioni principali poste dalle parti ricorrenti e riassunte sub 3), del capo 5 della presente sentenza. Innanzitutto, in punto di fatto, giova rilevare che i dati emersi in corso di istruttoria danno contezza: a) del fatto che i prezzi praticati ai rivenditori mostrano un elevato grado di uniformit che, ovviamente, si riflette anche sui prezzi praticati al pubblico che sono notoriamente allineati; b) del fatto che le condizioni di vendita sono quasi del tutto coincidenti con riferimento al contributo per le spese di trasporto, al ticket TV, ai termini di pagamento ed alle condizioni di resa della merce non venduta; e) del fatto che stato posto in essere, nel periodo oggetto di indagine, un'intensa scambio di informazioni relativamente ai dati strategici delle imprese ricorrenti, anche attraverso la comune istituzione rappresentativa di categoria; d) del fatto che il contesto collaborativo tra le ricorrenti si esteso alla organizzazione congiunta della commercializzazione dei prodotti attraverso il canale della grande distribuzione e delle politiche promozionali in occasioni di eventi particolari. 6.5.1. -Le ricorrenti, affermano, che l'Autorit non avrebbe considerato la struttura naturalmente oligopolistica del mercato dei supporti fonografici, la quale comporterebbe un parallelismo obbligato dei prezzi ed un allineamento tendenziale di tutte le altre condizioni contrattuali. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO .. 186 Affermano, inoltre che la stessa Autorit non avrebbe raffrontato la situazione propria, in genere, del mercato olipolistico dei supporti fonografici con quella accertata in conseguenza dell'istruttoria svolta. Al riguardo, ritiene il Collegio di poter rilevare che il parallelismo di comportamento che fisiologicamente discende dalla natura oligopolistica di un mercato, non pu essere considerata comunque, una verit incontrovertibile e non diversamente spiegabile, alla luce delle norme sulla libera concorrenza nello stesso, poich detto parallelismo pu, invece, sempre nel mercato oligopolistico, essere conseguenza anche (e prevalentemente) dello scambio di documenti e di informazioni strategiche e dell'essersi rivolti, ad esempio, con assiduit e frequenza ad un comune centro di coordinamento, con la conseguenza che, in tal caso, il mero parallelismo di comportamento assume i contorni illeciti della concertazione che diviene di quel parallelismo la sola spiegazione plausibile. Si ha, allora, la vulnerazione dello scopo delle norme antitrust di evitare che i contatti diretti o indiretti tra le imprese abbiano lo scopo o l'effetto di influire sul comportamento di mercato di un concorrente, ovvero di rivelare a quest'ultimo il proprio comportamento futuro, la quale si rende palese allorquando, come nella specie, si abbiano riscontri sufficienti che l'allineamento dei prezzi ai rivenditori e la definizione di tutte le altre condizioni contrattuali sono spiegabili, soltanto con riferimento ai concreti comportamenti collusivi posti in essere dalle imprese. Le risultanze istruttorie indicate nel provvedimento impugnato danno contezza dell'esistenza di elementi che, se vero che singolarmente considerati non possono assurgere al rango di prova diretta, pur tuttavia, congiuntamente considerati, ben possono costituire indizi gravi, precisi e concordanti della deviazione da una fisiologica condizione di mercato oligopolistico perch, a ben vedere, risultano essere l'effetto di una concertazione che si dimostra essere l'unica causa efficiente del parallelismo di prezzi e dell'allineamento delle altre condizioni contrattuali riscontrati, nel mercato dei supporti fonografici. I Infatti, dalla documentazione ivi citata emerge che i prezzi praticati dalle imprese ricorrenti ai rivenditori sono sostanzialmente omogenei sia per struttura sia per livello, pur in assenza di identit di costi sostenuti, che, dato, quest'ultimo, evidente sol che si tenga presente l'aspetto della estrema variabilit dei compensi corrisposti a ciascun autore o esecutore di brani musicali, in quanto intimamente con I nessa alla misura di popolarit da essi acquisita. N sembra seriamente contestabile il fondamento di tali dati poich essi sono ~ stati ricavati da quelli forniti dalla SIAE, in relazione ai prezzi di listino praticati I i:~ dalle imprese ricorrenti, nonch da quelli contenuti nella relazione redatta dalla Societ Grandi Numeri a compimento dello studio statistico commissionatogli ' dall'Autorit che, in particolare, ha posto in risalto come il 90% circa dei prezzi di l i:~ listino di ciascuna delle imprese major risultato fissato esattamente a lire 20.000. ffi Consegue che, in presenza dei citati dati e della concorrente risultanza che le == imprese ricorrenti fossero aduse scambiarsi le rispettive tabelle dei prezzi di listino -anche attraverso l'associazione di categoria F.l.M.I. e prima ancora che i listini I stessi fossero pubblici -possono gi ritenersi sussistenti elementi sufficienti a pro' I vare una pratica concordata, cos come contestata, e ci perch, gli estremi della 1:: ' 1 ~i ,, . . J ~11111:1111z14'9i11 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA pratica vietata ricorrono allorquando gli elementi essenziali costituenti il prezzo vengono artificialmente uniformati, allo scopo di far s che i prezzi effettivi di ven dita del bene si attestino a livelli diversi da quelli che naturalmente si determine rebbero in conseguenza del libero gioco della concorrenza ( cfr. sul punto, dee. Comm. 8/2/80, n. 80/257/CECA). N, inoltre, pu assecondarsi la tesi che gli scostamenti comunque esistenti dei prezzi praticati ai rivenditori sarebbero rilevanti ed incidenti nell'escludere la sostanziale omogeneit dei prezzi stessi poich deve convenirsi con la difesa dell'Autorit che gli scostamenti rilevati nella specie sono ininfluenti, in quanto ammontanti a poche centinaia di lire (500 circa). In sintesi, la riscontrata uniformit dei prezzi praticati ai rivenditori dalle ricor renti imprese non pu trovare, allo stato, altra razionale giustificazione, oltre la con testata violazione dell'art. 2 della legge n. 287/1990, tenuto conto: -che il prezzo di listino (c.d. PPD) risultato fissato da tutte le Major esatta mente a 20.000 lire; -che i costi sostenuti dalle Major, per la realizzazione dei supporti fonografi ci, sono considerevolmente variabili e che tale variabilit conseguente alla variabilit molto elevata delle componenti di tali costi, quali le royalties versate agli artisti (che possono variare dal 5% al 22%), i corrispettivi per i contratti di licenza (variabili dal 7% al 50% ), i c.d. minimi garantiti agli artisti, corrisposti in via dianti cipazione (i quali possano variare a seconda della notoriet dell'artista da alcune centinaia di milioni ad alcuni miliardi di lire, in relazione a ciascun prodotto com mercializzato) ed i costi di marketing e di promozione pubblicitaria; -che tra tali costi, l'unico effettivamente comune a tutte le imprese discografi che soltanto quello della duplicazione tecnica dei prodotti fonografici che, per, non incide sul prezzo di listino di ciascun singolo prodotto fonografico per pi del 10%; -che le altre condizioni contrattuali confermano come le restanti componenti del finale prezzo praticato ai rivenditori sono state anch'esse artificialmente costruite, sol che si tenga presente la pressoch totale uniformit, nel corso del tempo, sia dell'elemento contributo spese di trasporto e di imballaggio, fissato mediamente al 6% del fatturato (al netto di IVA e al lordo del ticket-TV) senza alcuna possibile correlazione n con i costi effettivamente sostenuti da ciascuna casa discografica n con l'effettiva condizione esistente con ciascun rivenditore, prova ne sia, a tal ultimo riguardo, che la misura anzidetta non varia anche nella ipotesi che lo stesso rivenditore provveda autonomamente al trasporto della merce ( cfr. doc. all. n. 11 produzione difesa della Autorit); sia dell'elemento Ticket-TV, applicato nella misura di lire 3000 circa da ciascuna delle case discografiche ricorrenti, pur in presenza di costi di investimento pubblicitario ovviamente variabili per volume e nel tempo; sia dell'elemento condizioni di resa della merce invenduta, praticate dalle major nell'ordine pressoch allineato del 3% per i dettaglianti e dal 3% a 4,5% per i grossisti; sia del l'elemento termini di pagamento, fissato nell'ordine comune di 30/60 giorni. 6.5.2. -Inoltre, a corroborare la valutazione espressa dall'Autorit ben si pongono anche gli ulteriori elementi acquisiti in corso di istruttoria, relativi all'intenso e cosciente scambio di informazioni avvenuto direttamente tra le imprese RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO .. 188 ricorrenti, ovvero per il tramite dell'Associazione di categoria, con riguardo ai prezzi praticati ai rivenditori ed alla quantit e valore della merce venduta, nonch quelli relativi all'organizzazione di un comune rapporto di fornitura dei propri prodotti attraverso la grande distribuzione e di specifiche iniziative promozionali per eventi particolari. Ed invero, quanto allo scambio di informazioni, pu, innanzitutto, darsi atto che, effettivamente, l'Autorit non ha assunto i dati emersi al riguardo come elementi comprovanti, in via autonoma, il comportamento anticoncorrenziale tenuto dalle imprese ricorrenti, ma li ha considerati come fattori concorrenti a dimostrare la sussistenza di una pratica concordata. Pu, poi, rilevarsi pi in particolare che di detto scambio, avvenuto in forma diretta e con riferimento ad informazioni strategiche, non pu, allo stato, dubitarsi, alla luce di quanto emerge dai paragrafi 44 e 45 del provvedimento impugnato circa i listini prezzo (che risultano essere stati scambiati tra le Major prima della loro entrata in vigore) ed i fatturati realizzati che le stesse imprese (in ispecie, BmgRicordi, Emi, Warner e Polygram) si sono vicendevolmente comunicati anche I mediante lettere circolari. ~ Cos pure, non pu dubitarsi del ruolo avuto dalla F.l.M.I., sempre ai fini dello ~ scambio di informazioni strategiche, tenuto conto: ~ -che detta Associazione di categoria stata fondata nel 1992 proprio dalle @ imprese ricorrenti, dopo che le stesse erano uscite dall'unica precedente associazio-f:~.. ne esistente (AFI), alla quale aderivano unitariamente tutte le case discografiche fil esercenti nel mercato italiano; -che nella stessa sono confluite le case discografiche (in totale 56) rappresentanti 1'80% circa dell'intero mercato nazionale; -che le imprese ricorrenti rappresentano nella F.I.M.I. oltre il 90% del fatturato complessivo degli aderenti a detta associazione; -che il Comitato direttivo della F.I.M.I. composto, per la quasi totalit, dai rappresentanti delle imprese ricorrenti, come emerso dai verbali delle riunioni del 1992, citati nel provvedimento impugnato; I -che, infine, sempre dai verbali del comitato direttivo della F.I.M.I. e dagli ~ altri atti acquisiti in corso di istruttoria presso detta Associazione, risulta come dati ID strategici relativi all'attivit commerciale di ciascuna delle imprese sono stati scambiati tra le ricorrenti sia attraverso documenti redatti dalla F.I.M.I. (concernenti dati anche disaggregati delle attivit di ciascuna delle major) sia attraverso le riunioni del Comitato direttivo dell'Associazione. Dunque, pu escludersi, allo stato degli atti, che nelle riunioni di tale Associazione, per quel che qui rileva, venissero affrontati soltanto aspetti e problemi di carattere generale del mercato discografico, poich vi ostano le risultanze emergenti, ad esempio, dal verbale del 13 dicembre 1993 (cfr. doc. n. 12 della produzione di parte resistente) dal quale risulta che le imprese ricorrenti si scambiarono in quella occasione dati relativi agli aumenti di costi avuti ed alle modalit con le quali tali costi erano stati trasferiti nei singoli listini prezzo ovvero dagli atti acquisiti in sede ispettiva, in data 29 ottobre 1996, dai quali si evince che la F.l.M.I. effettuava un controllo periodico sull'uniformit del contributo spese di trasporto e PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA di imballaggio effettivamente applicato dalle societ ad essa aderenti, sulla base di dati comunicati mensilmente dalle stesse societ. Quanto alle iniziative congiuntamente intraprese dalle imprese ricorrenti per la concorde commercializzazione di propri prodotti anche attraverso la grande distribuzione, ritiene il Collegio che ne sono sufficiente riprova, come deducibile dal paragrafo n. 70 del provvedimento impugnato, l'aver conferito, in comune, apposito mandato ad un unico operatore del settore (G.D.O. Service), con l'incarico di svolgere attivit di rack jobber, nonch l'aver, in ogni caso, praticato, a prescindere dalla circostanza che le condizioni siano state formalmente negoziate separatamente, condizioni di fornitura identiche sia con riferimento allo sconto sul prezzo di listino, sia sulle percentuali di resa dell'invenduto, sia sui termini e modalit di pagamento, sia sul contributo spese di trasporto ed imballaggio. N, infine, pu ritenersi illegittimo che l'Autorit abbia tenuto anche conto del fatto che, nel periodo considerato, le imprese ricorrenti hanno anche organizzato un'unica campagna promozionale per la vendita di 150 titoli, egualmente ripartiti tra di loro, in occasione del Salone della Musica di Torino, tenuto conto che tale evento costituisce, alla stregua delle non smentite affermazioni dell'Autorit, riscontro pure di una comune prassi promozionale che ancor pi contribuisce a far ritenere sufficientemente provata la sussistenza di una precisa intesa tra le parti ricorrenti per escludere ogni possibilit di leale concorrenza in un mercato che, per sua natura, gi presenta caratteri fisiologici di anelasticit. 6.5.3. -Alla stregua delle motivazioni sin qui rese e dei dati riassuntivamente ricavabili dalla tabella n. 16 del paragrafo n. 45 del provvedimento impugnato pu, dunque, convenirsi con l'Autorit che, nel caso in esame, si avuta una consapevole collaborazione tra le imprese ricorrenti, a danno della concorrenza, manifestatasi, in particolare, in una pratica concordata al fine di falsare il naturale gioco della concorrenza, attraverso: -l'uniforme determinazione, nel tempo, dei prezzi di listino (che, peraltro, si sono attestati su livelli superiori a quelli fissati dalle altre case discografiche non major); -l'allineamento costante nel tempo delle altre componenti del prezzo praticato ai rivenditori come ticket-tv e le spese di trasporto; -l'omogeneizzazione dei prezzi finali richiesti ai rivenditori; -l'assunzione di iniziative comuni e con esiti sostanzialmente identici sia per la commercializzazione dei propri prodotti, anche attraverso la grande distribuzione, sia attraverso specifiche iniziative promozionali comuni rivolte ad incidere direttamente sul consumatore finale, in occasione di eventi particolari, quali, nella specie, il Salone della Musica di Torino. N, infine, pu condividersi la tesi che, nella specie, l'Autorit avrebbe, in ogni caso, omesso di raffrontare la situazione emergente dai dati istruttori con quella tipica di un mercato oligopolistico, quale quello dei supporti fonografici, poich, a tal fine, sufficiente rilevare che per ciascuno degli elementi valutati (siano essi relativi al prezzo sia alle altre condizioni commerciali) l'Autorit anzidetta ha posto in RASSEGNA AVVOCA1URA DELLO STATO' 190 comparazione espressa quelli relativi alle imprese ricorrenti con quelli delle altre imprese discografiche non major. Di ci sono testimonianza sufficiente le deduzioni e rilevazioni, ad esempio, fatte in relazione ai prezzi di listino nei paragrafi 50 e seguenti del provvedimento impugnato, ovvero nei paragrafi da 71 a 77, in sede di analisi del comportamento delle case discografiche non major, ovvero ancora nei paragrafi 159 e seguenti nei quali l'Autorit ha valutato la struttura ed il livello del prezzo ai rivenditori dei vari supporti fonografici. 6.6. -L'ultima delle questioni proposte dalle ricorrenti imprese concerne le sanzioni pecuniarie irrogate dall'Autorit che sarebbero illegittime perch difetterebbe una congrua motivazione dei presupposti di gravit e durata delle infrazioni accertate, sulla base dei quali dovrebbero risultare giustificate le sanzioni anzidette. Inoltre, alcune delle ricorrenti sostengono, con riferimento alla misura individuata per sanzionare il comportamento tenuto dalla EMI MUSIC ITALY S.p.a., che la quantificazione delle sanzioni sarebbe stata operata in violazione del criterio della parit di trattamento. Le tesi suddette non possono essere condivise per le seguenti motivazioni. Innanzi tutto, non pu ritenersi irrazionale che le infrazioni accertate nella specie -della cui corretta rilevazione si dato contezza nei capi di motivazione che precedono -siano state ritenute gravi, poich, per quantit e per spessore, esse giustificano le singole valutazioni operate, tenuto conto del numero e della convergenza dei riscontri emersi nonch della significativa valenza degli stessi, sotto il profilo economico. Lo scopo distorsivo della regola di mercato cui sono risultati concretamente preordinati i comportamenti tenuti dalle imprese ricorrenti deve ritenersi sufficientemente emergente dall'istruttoria svolta ed idoneo a sorreggere le determinazioni sanzionatorie applicate, attesa la continuit ed organicit con la quale le c.d. Major hanno provveduto a coordinare, sul piano sostanziale, le rispettive attivit di fissazione dei prezzi e delle altre condizioni contrattuali praticate ai rivenditori nonch le strategie di commercializzazione e di promozione dei prodotti. Inoltre, giova considerare che dette infrazioni assumono valenza ancor pi significativa, alla luce del fatto che i comportamenti imputati alle Major sono stati posti in essere in un mercato oligopolistico, gi di per s anelastico rispetto alla ordinaria regola di libera concorrenza praticabile nei mercati in genere e considerato che dette imprese, sono oggettivamente qualificabili come operatori dominanti del settore, coprendo esse circa 1'80% del mercato nazionale dei supporti fonografici. Non pu sfuggire, infatti, come il potere economico esercitabile dalle imprese ricorrenti, la loro capacit strutturale ed organizzativa di presenza sul peculiare mercato in questione, congiunto alla accertata utilizzazione anche di sedi istituzionali comuni per facilitare rapporti e scambi aventi lo scopo di eliminare la gi ridotta concorrenza esistente fisiologicamente in un mercato oligopolistico, costituiscano tutti elementi di tal indubbio e rilevante spessore da giustificare le concrete sanzioni irrogate a ciascuna delle imprese ricorrenti. N pu condividersi la tesi che per potersi irrogare sanzioni pecuniarie di un certo rilievo occorra necessariamente la compresenza sia dell'elemento della PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA gravit sia della prolungata durata dell'infrazione, poich tali requisiti non sono indefettibilmente cumulativi, come gi ha avuto modo di chiarire la Sezione (cfr. sentenza n. 1157/1993) in precedente occasione, anche tenuto conto dell'avviso espresso dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. sentenza 7 giugno 1983, cause riunite n. 100-103/80, Musique Diffusion Francaise c/ Commissione CE). Tutto ci, senza tralasciare di evidenziare che, anche a voler in ipotesi non ritenere applicabile il criterio anzidetto, comunque, il periodo di tempo nel quale nella specie la concertazione si praticamente realizzata (1992/1997) da ritenere sufficiente per qualificare, in accertata compresenza del requisito di gravit dell'infrazione, adeguate le misure sanzionatorie applicate. N, ancora, possono condividersi le deduzioni volte a contestare la correttezza dell'ambito di valutazione avuto presente dall'Autorit per quantificare le sanzioni irrogate poich deve convenirsi con la difesa della predetta Autorit sul fatto che l'esperito accertamento effettuato tramite la perizia commissionata alla soc. Grandi Numeri non costituisce elemento necessario ed indefettibile per determinare la quota di fatturato da considerare. L'unica regola applicabile nella specie, quella resa palese dalla norma dell'art. 15, la quale, per quel che qui rileva, disponendo che la sanzione amministrativa deve essere calcolata sulla base del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, relativamente ai prodotti oggetto dell'intesa ... , consente di ritenere, ragionevolmente, che la base di riferimento da utilizzare per quantificare la sanzione deve essere il fatturato realizzato dall'impresa nell'area economica nella quale la regola di mercato stata violata per effetto dell'intesa vietata posta in essere. Inoltre, alla luce della stessa norma, sembra sufficientemente chiaro che la locuzione ... esercizio chiuso ... vada interpretata nel senso che il legislatore ha inteso fare riferimento soltanto all'arco di tempo statutariamente prefissato per la redazione degli atti contabili fondamentali di impresa, per cui ai risultati in s considerati, cos come ricavabili dalle relative scritture di ogni impresa, che occorre fare riferimento ai fini in esame. I dati necessari possono, dunque, essere ricavati dai documenti contabili del1' impresa, indipendentemente dall'approvazione del formale documento di bilancio, poich, diversamente, la funzione della norma sanzionatoria -riconducibile anche a scopi di tempestivit e, quindi, di immediata efficacia della stessa -ne risulterebbe vulnerata per tale essenziale aspetto. Infine, pu escludersi che la delibera impugnata sia viziata per disparit di trattamento nell'applicazione delle concrete misure delle sanzioni pecuniarie irrogate poich ritiene il Collegio che, anche in questo caso, l'Autorit abbia fatto corretta applicazione della norma dell'art. 15, comma 1, della legge n. 287/1990, tenuto conto del comportamento specificamente tenuto dalla ricorrente EMI nel corso del procedimento. Infatti, il minimo edittale applicato trova giustificazione, peraltro ampiamente espressa con le motivazioni contenute nel paragrafo 190 della delibera impugnata, nella specifica circostanza che la EMI stata l'unica delle imprese ricorrenti ad assumere, prima di ricevere la lettera relativa alle risultanze istruttorie, una serie di impegni volti a far cessare la collaborazione con le altre case disco RASSEGNA AWOCATURA DELLO S'D\TO 192 grafiche, anche attraverso la FIMI, e cio a dimostrare di voler ottemperare alla diffida contestatagli dall'Autorit ai sensi del citato comma 1 dell'art. 15 della legge n. 287/1990 (omissis). TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, sez. I, 9 novembre 1998, n. 3143 -Pres. Schinaia -Rei. Monticelli -Saponara ( avv. Tedeschini) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Caramazza). Atto amministrativo -Accesso ai documenti amministrativi -Istanza presentata da un deputato al Parlamento -Legittimazione -Status di parlamentare Insussistenza. (Legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 22) Un deputato al Parlamento nazionale non legittimato ad accedere ai documenti amministrativi ai sensi della legge 7 agosto 1990 n. 241 per il sol fatto di essere un parlamentare e di avere interesse all'accesso per l'espletamento del suo mandato (1). (omissis) Il ricorrente, deputato al Parlamento nazionale, lamenta che il Ministero di Grazia e Giustizia gli abbia negato l'accesso ad atti relativi ad una ispezione ministeriale. La richiesta era stata formulata in considerazione del fatto che l'istante aveva presentato un'interrogazione con riferimento a tale ispezione ed intendeva cos seguire in modo migliore e pi consapevole le risposte del Ministro. Il diniego stato opposto in quanto non stato ravvisato un diretto e concreto interesse alla conoscenza di atti che, secondo disposto dall'art. 4 comma 1, lett. l) del decreto del Ministro di Grazia e Giustizia 25 gennaio 1996 n. 115, sono sottratti all'accesso ai fini della tutela della riservatezza. La tesi dell'amministrazione deve essere condivisa. Va al riguardo considerato che il ricorrente aveva fatto valere ai fini dell 'accesso, non gi una situazione giuridica di carattere personale, bens la sua posizione di deputato, interessato ad esercitare nel modo migliore le proprie attribuzioni. (1) Non constano precedenti giurisprudenziali in termini, ma in senso conforme si espressa la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi con parere del 28 febbraio 1996 pubblicato (in massima) in L'accesso ai documenti amministrativi n. 3, 95. Il ragionamento del TAR appare ineccepibile sia perch la legge non prevede una automatica e generale legittimazione all'accesso in relazione ad uno status del soggetto, sia perch occorre tenere ben distinte dalla disciplina dell'accesso le prerogative riconosciute ai parlamentari in tema di sindacato sull'attivit del governo, le quali hanno carattere essenzialmente politico. Peranto, quando un deputato esercita il diritto di accesso lo fa come un qualunque cittadino che ai sensi dell'art. 25 legge 7 agosto 1990 n. 241 deve motivare la sua istanza circa l'esistenza di uno specifico interesse giuridicamente rilevante a conoscere i documenti richiesti (il quale secondo l'attuale giurisprudenza del Consiglio di Stato deve essere serio e non meramente emulativo). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Senonch, non appare compatibile con la particolare disciplina delle prerogative dei parlamentari in tema di sindacato sull'attivit di governo prevedere per gli stessi la possibilit di avvalersi a tal fine del diritto d'accesso di cui alla legge n. 241/1990. Ed invero, il nostro ordinamento prevede come fondamentale tra le attivit del Parlamento quella di controllo sugli atti e comportamenti del Governo, tanto che i regolamenti dei due rami del Parlamento dettano una serie di norme che rendono molto incisivo e penetrante il sindacato dei membri del Parlamento. Tale sindacato , tuttavia, di carattere essenzialmente politico e non si concreta in strumenti giuridici in grado di far ottenere in modo coattivo le notizie richieste. Prevede, infatti, I'art. 131 del regolamento della Camera dei deputati (in questa sede interessa soprattutto questo regolamento) che il Governo pu dichiarare di non poter rispondere indicandone il motivo. pertanto, evidente che, qualora si consentisse al parlamentare di avvalersi del1' accesso di cui alla legge n. 241/1990, si altererebbe la natura del sindacato previsto dall'ordinamento, il quale prevede una semplice responsabilit politica del Governo. Una risposta positiva al quesito potrebbe comportare poi un'elusione del principio, ricavabile dal sistema, secondo cui il Governo, assumendosi le relative responsabilit politiche, pu sempre decidere di non rispondere. Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto. Sussistono ragioni per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese, competenze ed onorari del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Sezione Prima. Respinge il ricorso in epigrafe (omissis). I TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, sez. I, ordinanza 24 febbraio 1999, n. 684 -Pres. Schinaia -Est. Lucrezio Monticelli Salomone Luigi (avv. Sanino) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato G. Palmieri). Concorso -Esami a posti di notaio -Prova di preselezione informatica Mancato superamento -Domanda cautelare -Ammissione con riserva alle prove scritte del concorso -Rigetto. Va respinta la domanda incidentale di sospensione del provvedimento di non ammissione alle prove scritte del concorso per esami a posti di notaio per mancato superamento della prova di preselezione informatica, avendo la difesa RASSEGNA AWOCATURA DELLO StA'fO dell'Amministrazione fornito delucidazioni in ordine alle caratteristiche del sistema impiegato con particolare riferimento alla garanzia dell'anonimato e non emergendo elementi macroscopici di illogicit rispetto ai parametri normativi, e sussistendo un evidente interesse pubblico ad un sollecito svolgimento del concorso (1). (1-2) La prova di preselezione informatica. 1. Premesse. Si tratta del primo banco di prova per il nuovo strumento di preselezione a quiz che debutta al concorso da notaio ed gi previsto per il prossimo concorso di uditore giudiziario, con il dichiarato scopo di rendere ancora praticabile -nell'odierna realt che vede la partecipazione di migliaia di candidati -lo svolgimento di prove concorsuali secondo il metodo tradizionale studiato per un decisamente pi esiguo numero di partecipanti; incidendo non solo sui tempi di svolgimento del concorso stesso, riducendoli in modo significativo, ma anche e soprattutto sulla qualit della partecipazione, circoscrivendola ai soli candidati dotati di un certo grado di preparazione culturale misurato secondo parametri e criteri obiettivi identici per tutti. Si tratta di un meccanismo che trover sempre pi frequente applicazione ed opportuno, perci, soffermarsi anche sulle sue caratteristiche intrinseche. 2. Le fonti normative. La fonte normativa costituita, innanzi tutto, dalla legge 26 luglio 1995, n. 328, che ha introdotto la prova di preselezione informatica nel concorso notarile e che, perci, ha modificato alcune norme delle leggi 16 febbraio 1913, n. 89 e 6 agosto 1926, n. 1365. In particolare, l'art. l, 3 comma, della legge n. 328/1995 cit. ha aggiunto alla legge n. 89/1913 cit. l'art. 5-bis e, quindi, ha stabilito che le prove scritte del concorso per la nomina a notaio sono precedute da una prova di preselezione eseguita con strumenti informatici e con assegnazione ai candidati di domande con risposte multiple prefissate, secondo le modalit stabilite dal regolamento. Il successivo comma 6 dell'art. 1 cit. ha previsto, infatti, l'emanazione di un regolamento di attuazione che contenga tutti gli elementi necessari all'esecuzione della prova di preselezione ed alla conservazione, gestione ed aggiornamento del sistema per la prova di preselezione. Sono stati, quindi, adottati in ordine di tempo i decreti ministeriali 24 febbraio 1997, n. 74; 8 agosto 1997, n. 290; 24 luglio 1998, n. 339 nelle premesse dei quali sono richiamati i pareri favorevoli resi dal Consiglio di Stato Sezione Consultiva sugli atti normativi. Infine, con decreto del D.G. Affari Civili e Libere Professioni in data 11 maggio 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 maggio 1998, n. 38, stato indetto il primo concorso per esami a posti di notaio preceduto dalla prova di preselezione informatica e l'archivio di tutte le domande dal quale sono state tratte quelle poste ai candidati stato pubblicato sul supplemento della G.U., 4a serie speciale, del 16 giugno 1998. 3. Le modalit di svolgimento della prova di preselezione informatica. In base all'art. 5-ter, 3 comma, della legge n. 328/1995 cit., oltre ai candidati contemplati nel comma 5 dell'art. 5-bis (sono esonerati dalla prova di preselezione coloro che hanno conseguito l'idoneit in uno degli ultimi tre concorsi espletati in precedenza), ammesso a sostenere le prove scritte un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso e, comunque, non inferiore a 900, secondo la graduatoria formata in base al punteggio conseguito da ciascun candidato nella prova di preselezione. Nel caso di specie il concorso stato bandito per 230 posti e, quindi, il numero di candidati ammesso doveva essere pari a 1.150 unit. I : ~: f: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 195 II CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, ordinanza 2 marzo 1999, n. 421 -Pres. De Lise Est. Camera -Salomone Luigi (avv. Sanino) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato G. Palmieri). All'esito delle prove di preselezione risultato che 1562 candidati hanno riportato il punteggio massimo di 40, 60 e, pertanto, sono stati tutti ammessi a sostenere le prove scritte, pur essendo stato superato il numero di 1150, perch il 4 comma dell'art. 5-ter, cit., prevede espressamente che sono comunque. ammessi alle prove scritte i candidati classificati ex aequo rispetto all'ultimo che risulterebbe ammesso in base al punteggio conseguito nella prova di preselezione. Pertanto, anche chi ha sbagliato una sola domanda e ha conseguito il minor punteggio di 37, 60 non ha potuto essere collocato utilmente nella graduatoria perch preceduto da ben 1562 candidati con punteggio maggiore che hanno esaurito il contingente determinato, appunto, dalla legge n. 328/1995, da ammettere alle prove scritte. Le modalit di svolgimento della prova di preselezione sono, quindi, compiutamente individuate dalla norma primaria, dai regolamenti di attuazione e dal bando di concorso; in particolare, il numero dei quesiti (35) ed il tempo a disposizione (70 minuti) dei singoli candidati sono determinati dall'art. 4, punti 4 e 5, del decreto ministeriale n. 74/1997 e dall'art. 5 del bando. La modifica introdotta prima dell'espletamento delle prove di preselezione dal decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 339 cit. diretta a rendere praticabile il meccanismo introdotto dalla legge n. 325/1998, avendo riguardo alla rappresentazione di tutti i raggruppamenti per materie (art. 1, lett. a) e a tutti i gradi di difficolt, tenendo conto a tal fine dell'intero l'archivio (art. cit. lett. b); con lo scopo, condiviso dal parere favorevole dell'Adunanza Consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato in data 13 luglio 1998, citato nelle premesse del decreto ministeriale, di individuare nella Commissione ministeriale per l'archivio informatico dei quesiti l'mgano competente in via esclusiva a provvedere alla formazione, conservazione, gestione e aggiornamento del sistema e del relativo archivio informatico dei quesiti, per assicurare la parit di trattamento attraverso un'uniforme individuazione della percentuale del grado di difficolt dei quesiti che compongono l'archivio e della percentuale di suddivisione degli stessi tra i vari gruppi argomentali. Ogni questionario, composto di 35 quesiti complessivi, contiene non pi di 4 quesiti di difficolt massima, non pi di 12 quesiti di difficolt intermedia e non pi di 19 quesiti di difficolt pi bassa. I parametri di difficolt sono stati determinati dalla Commissione per l'archivio informatico e sono riportati nel supplemento della Gazzetta Ufficiale del 16 giugno 1998 che pubblica l'intero archivio dei quesiti. Lo scopo evidentemente anche quello di dotare il sistema di meccanismi che impediscano la individuazione della sequenza dei quesiti e delle chiavi di accesso al sistema stesso. Dalla relazione depositata per l'udienza camerale innanzi al TAR e di cui vi espressa menzione nella motivazione dell'ordinanza stessa si evince come i quesiti siano stati generati randomicamente solo al momento dell'inserimento della card da parte del singolo candidato che ha scelto a caso la sua postazione e assicurando cos non solo parit di trattamento, ma soprattutto rendendo impossibile qualsiasi manipolazione. L'art. 5-ter, 1 comma, cit., l'art. 4 decreto ministeriale 74/1997 cit. e l'art. 4, 1 comma, del bando di concorso prevedono espressamente che le prove di preselezione siano effettuate a gruppi di candidati in numero non superiore a 300, divisi secondo l'ordine alfabetico del loro cognome, previo sorteggio della lettera iniziale. 4. L'inconfigurabilit dell'ammissione con riserva. Occorre, immediatamente sgombrare il campo da un possibile malinteso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO S'rATO Concorso -Esami a posti di notaio Prova di preselezione informatica Mancato superamento -Domanda cautelare -Ammissione con riserva alle ~ prove scritte del concorso -Accoglimento. In accoglimento della domanda cautelare va disposta l'ammissione con riser I va alle prove scritte del concorso a posti di notaio, considerando che l'appellante non chiede l'annullamento del bando di concorso, ma contesta solo le modalit di I espletamento delle prove preselettive e che in ogni caso l'ammissione con riserva non arreca pregiudizio all'Amministrazione (2). I (omissis). Ritenuto che, allo stato, non sembrano sussistere le ragioni richieste dalla legge per l'accoglimento della sospensiva, considerato che: -la difesa dell'amministrazione ha fornito all'odierna Camera di Consiglio, mediante il riferimento alla nota n. 2/99 S.P. in data 29 gennaio 1999 del competen te ufficio del Ministero di Grazia e Giustizia, (depositata nel fascicolo relativo al ,~ ricorso n. 1640/1999 la cui domanda di sospensiva stata discussa contestualmente a quella di cui al presente ricorso), delucidazioni in ordine alle caratteristiche del % ,_ sistema impiegato con particolare riferimento alla garanzia dell'anonimato: . 1 -non emergono, ad un sommario esame, elementi macroscopici di illogicit ~; in relazione alle linee seguite dal legislatore; ' Ritenere che sia inammissibile l'ammissione con riserva alle prove scritte del concorso nel caso di mancato superamento della prova di preselezione non significa sostenere una battaglia di retroguardia o arroccarsi su posizioni retrive che volutamente ignorino l'orientamento in materia del giudice amministrativo, ormai fermo su posizioni di assoluto favore nei confronti di ricorrenti esclusi da prove concorsuali per esami. Si tratta, invece, di superare gli schemi finora seguiti, per qualche verso ormai obsoleti, e ci nell'interesse della maggioranza dei candidati che ha superato brillantemente la prova di preselezione. Nel meccanismo introdotto dalla legge n. 325/1998, dai citati regolamenti di attuazione e dal bando di concorso non quindi ipotizzabile l'ammissione con riserva ed in soprannumero perch essa, oltre a frustrare lo scopo delle norme che invece proprio quello di limitare numericamente la partecipazione al concorso, verrebbe a rendere praticamente inutile l'espletamento della prova di preselezione ed a vanificarla peraltro proprio a danno di coloro i quali hanno riportato un punteggio maggiore. Le decisioni del Consiglio di Stato (oltre a quella in epigrafe ne sono seguite due identiche in data 9 marzo 1999) hanno avuto un effetto limitatamente dirompente perch, dati i tempi ristretti, ben pochi (circa una trentina) sono riusciti a proporre ricorso al TAR Lazio ed ottenere il provvedimento di ammissione con riserva (motivato dal TAR stesso con riferimento unico ed espresso all'ordinanza del Consiglio di Stato n. 421/1999 che si annota con una serie di coeve ordinanze in data 3 marzo 1999) e, quindi, non hanno alterato in modo sostanziale l'esito della prova di preselezione stessa. Va sottolineato che il Ministero di Grazia e Giustizia non era tenuto ad estendere le pronunce cautelari emesse dal TAR e dal Consiglio di Stato ai candidati non ricorrenti, sia perch comunque tale potere rientra sempre nella discrezionalit dell'Amministrazione e non un atto dovuto; sia perch il disposto normativo chiaro in proposito (art. 5-ter, 4 comma cit.). PARTE I, SEZ. IY, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 197 -vi un evidente interesse pubblico ed un sollecito svolgimento del concorso in questione cui hanno richiesto di partecipare un rilevante numero di candidati (circa 5.000). P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Sezione Prima Respinge la suindicata domanda incidentale di sospensione (omissis). II (omissis) Considerato che l'appellante non chiede l'annullamento del bando di concorso, ma contesta solo le modalit di espletamento delle prove preselettive: -che le censure non sembrano prive di jmus boni juris; -che in ogni caso l'ammissione dell'appellante all'espletamento delle prove di concorso non arreca pregiudizio all'Amministrazione; P.Q.M. Accoglie l'appello (Ricorso numero 1608/1999) e, per l'effetto, in riforma dell'ordinanza impugnata, dispone l'ammissione con riserva al concorso dell'appellante (omissis). Va, infine osservato che le decisioni in esame appartengono alla categoria delle ordinanze cautelari di tipo ordinatorio (sulle quali cfr. A. ROMANO, Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, CEDAM, 1992, 662 e ss.), per le quali si pone, tra l'altro, in applicazione dei principi generali elaborati per le misure cautelari di tipo inibitorio o sospensive in senso stretto, il problema di individuare il momento in cui cessa la loro efficacia con riferimento al giudizio di merito. Infatti, se non vi dubbio che la loro efficacia venga meno nel caso che la sentenza di merito rigetti il ricorso, controverso il caso in cui la sentenza di primo grado accolga il ricorso, annullando il provvedimento di diniego di ammissione. Sembra esatto ritenere che in tale ipotesi l'Amministrazione sia tenuta ad assumere i provvedimenti necessari per evitare che la posizione del ricorrente risulti deteriore rispetto alle utilit allo stesso attribuite con l'ordinanza cautelare. Le ordinanze con le quali si dispone l'ammissione con riserva (ad un concorso, come nel caso di specie, o ad una gara) sono denominate anche propulsive perch sollecitano un rinnovato esercizio di potest provvedimentale della P.A. (sul tema specifico si svolto il 14 aprile 1999 al Consiglio di Stato un Convegno di studi organizzato dalla Societ Italiana degli Avvocati Amministrativisti nel ventennale della sua fondazione). La dottrina sottolinea che tali ordinanze non rendono inutile la successiva fase di cognizione piena (cfr. G. CARuso, La giustizia cautelare: i provvedimenti negativi e le ordinanze propulsive dei TAR, in Foro Amm., 1994, Il, 2283 e ss.) essendo provvedimenti emanati in ottemperanza ad uno specifico ordine del giudice e con riserva all'esito definitivo della lite, non godendo di autonomia dal processo (cautelare) che li ha originati. GABRIELLA PALMIERI SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 3 luglio 1998, n. 6518 -Pres. Grieco -Est. Papa -P. G. Gambardella ( conf.) -Fallimento soc. Soffieria Meccanica Industriale Grasso (avv. Di Nola) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Lancia) e soc. Gestione Esattorie Cuneesi (avv. Di Gravio). Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Fallimento del contribuente -Periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la dichiarazione di fallimento -Autonoma obbligazione d'imposta ai fini IRPEF -Esclusione. Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Fallimento del contribuente -Dichiarazione del curatore ex art. 125, I comma, TUIR -Effetti. I ~ Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Fallimento del contribuente -IRPEF dovuta per l'anno in corso -Opponibilit ai creditori -Esclusione. (TUIR, art. 125, I comma; legge Fall., art. 52). Attesa la natura personale dell'Irpef, in caso di fallimento del contribuente, l'obbligazione relativa al periodo d'imposta in corso rimane unitaria, sicch non ammissibile una determinazione parziale di essa riferita al periodo antecedente la dichiarazione di fallimento (1). La dichiarazione del Curatore fallimentare relativa al reddito d'impresa risultante nel periodo antecedente la dichiarazione di fallimento non titolo per un'autonoma tassazione dello stesso, ma deve essere riportata dal contribuente fallito nella propria dichiarazione annuale, ai fini della determinazione complessiva e unitaria dell'imponibile (2). (1-3) La Suprema Corte, con decisione non priva di coerenza interna, ma che -a nostro modesto avviso -si presta a critiche, esaltando la natura personale dell'Irpef conclude che la relativa obbligazione tributaria non possa sorgere se non in riferimento ad un intero periodo d'imposta, con la conseguenza che, in caso di apertura di una procedura concorsuale a carico del contribuente, fatalmente il credito erariale non sarebbe opponibile alla massa dei creditori, anche per il periodo antecedente la dichiarazione di fallimento, in quanto sorgerebbe successivamente ad essa, con la determinazione annuale finale dell'imposta. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 199 Il crdito erariale per l'Irpefdovuta dal contribuente fallito, relativa al periodo d'imposta in cui stato dichiarato il fallimento, non opponibile alla Curatela, poich sorge in momento successivo all'inizio della procedura concorsuale (3). (omissis) Denunzia l'Amministrazione finanziaria, con unico complesso motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 10 decreto del Presidente della Repubblica 600/1973, 125 decreto del Presidente della Repubblica 917/1986; 18 decreto del Presidente della Repubblica 42/1988, 55 e 59 legge fall. e combinato disposto degli stessi, nonch omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo. Premessa la propria legittimazione a ricorrere -in quanto parte necessaria nel processo, anche se non appellante -, afferma che la normativa nella specie applicabile quella degli artt. 10 decreto del Presidente della Repubblica 600/1973 e 73 decreto del Presidente della Repubblica 597/1973, poich si versa in materia di IRPEF per l'anno 1987, mentre il decreto del Presidente della Repubblica 917/1986 entrato in vigore dal 1 gennaio 1988 (art. 136) ed il decreto del Presidente della Repubblica 42/1988 ancora successivo -anche se poi osserva che ai fini proposti non esiste divario rilevante tra le due discipline -. Richiama, quindi, il contenuto dell'art. 10 cit. per dedurne che la dichiarazione del curatore, in esso prevista, era disposta a fini impositivi; puntualizza che il credito erariale, dal 1 gennaio alla dichiarazione di fallimento (10 luglio), va necessariamente insinuato nel fallimento, e che non vi alcun motivo di attendere la decorrenza dell'anno solare, sovvenendo gli artt. 55 e 59 legge fall. che fissano la scadenza dei debiti pecuniari, agli effetti del concorso, alla data della dichiarazione di fallimento; ribadisce l'autonomia del presupposto d'imposta del periodo considerato, ai sensi dei citt. artt. 10 e 73, nonch dello stesso art. 125 t.u. 917/1986 pur applicato nella sentenza impugnata-, per riaffermare la debenza dell'IRPEF pretesa e la natura concorsuale del relativo credito, non senza aver sottolineato le conseguenze assurde della soluzione opposta, che porterebbe ad escludere ogni garanzia patrimoniale, per l'erario, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta appena prima della scadenza dell'anno solare. Di contenuto e struttura sostanzialmente analoghi il ricorso della G.E.C. S.p.a., col quale si denunzia lo stesso vizio complesso, per pervenire alle medesime conclusioni. In esso, in particolare, si insiste sulla scissione dei due periodi, anteriore e successivo al fallimento, affermandosi che non si pu operare alcuna compensazione tra le due situazioni reddituali con la conseguenza che, nel primo Va osservato che la stessa decisione, in un obiter dictum, ammette la frazionabilit dell'ILOR, in quanto imposta reale: non sorgono questioni in relazione a redditi omogenei (per le societ di persone, ILOR artt. 6e118 b) TUIR) in dipendenza della loro stessa base di calcolo che ne consente la [razionabilit ... . Deve osservarsi, per, che lo stesso art. 125 TUIR a frazionare il periodo d'imposta in corso al momento della dichiarazione di fallimento, imponendo al Curatore la ricognizione del reddito d'impresa sin allora prodotto con la dichiarazione iniziale, e cumulando nel cosiddetto maxiperiodo il rapporto d'imposta successivo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO SThTO 200 caso, vi sar un debito da pagare (quindi insinuabile al passivo) e, nel secondo, un credito che potr essere recuperato chiedendone il rimborso alla Finanza. La controricorrente curatela, ricalcando il contenuto e l'impostazione della sentenza impugnata ed apportandovi ulteriori considerazioni, resiste alle argomentazioni dell'Amministrazione finanziaria. I ricorsi vanno previamente riuniti, ai sensi dell'art. 335 codice procedura civile. Procedendo, quindi, all'esame congiunto -per l'analogia di contenuto ritiene il collegio di doverli respingere perch infondati. Giova premettere ~ anche se la prospettiva non sarebbe destinata a mutare, sulla base del previgente sistema, come del resto ammettono le stesse ricorrenti che la disciplina applicabile quella risultante dalle disposizioni degli artt. 125 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, e 18 decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988 n. 42, contenente disposizioni correttive e di coordinamento sistematico formale, di attuazione e transitorie, relative al medesimo testo unico. Perci, con riferimento all'ILOR, deve ritenersi che, tanto nel caso di imprenditore individuale, che in quello del socio illimitatamente responsabile di una societ di persone (a sua volta dichiarato fallito ex art. 147 legge Fall.), i redditi di impresa prodottisi nel periodo antecedente la dichiarazione di fallimento siano autonomamente tassabili, in quanto il periodo d'imposta in corso da tale momento terminato per lasciare luogo al maxiperiodo. Ci, in particolare, avviene per l'ILOR sul reddito della societ di persone, in quanto tutti i redditi a essa riferibili sono redditi d'impresa, ex art. 6, III comma, TUIR, e perch la societ, non i soci, il soggetto passivo di tale imposta: quindi non pu avvenire alcuna confusione tra l'imponibile individuale del socio e quello dell'impresa collettiva. Inoltre, poich tale ILOR commisurata ai redditi prodottisi sino alla data di dichiarazione del fallimento, come da apposita dichiarazione iniziale del curatore, il relativo credito, in quanto antecedente tale data, opponibile alla curatela del fallimento della societ e nel contempo a quello dei soci, che riunito al primo (art. 148 legge Fall.). All'uopo, deve ritenersi che la dichiarazione del curatore sia idonea, in quanto dichiarazione finale del miniperiodo, a permettere l'iscrizione a ruolo della relativa ILOR ex art. 11, II comma, decreto del Presidente della Repubblica 602/1973. Si veda inoltre la norma di cui all'art. 10, IV comma, decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600 (ora sostituito dall'identico art. 5, comma IV, decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998 n. 322): la dichiarazione del curatore relativa al miniperiodo vi annoverata come una dichiarazione dei redditi tout court. Maggiori difficolt ricostruttive si incontrano invece per l'obbligazione a titolo di IRPEF relativa ai redditi di impresa del miniperiodo. palese che l'importo complessivo dell'imposta personale deve essere determinato alla fine del periodo d'imposta, dedotti gli oneri ex art. 10 TUIR, le detrazioni, e tutti gli altri componenti negativi. Nelle societ personali ci avviene imputando ai soci pro quota il reddito prodotto dalla societ (art. 5, I comma TUIR) e dividendo pro quota il risultato della dichiarazione iniziale della curatela (art. 125, I e II comma, TUIR; art. 18, IV comma, decreto del Presidente della Repubblica 42/88). Tale quota entra a far parte, quindi, del reddito IRPEF del socio, cumulata con gli altri redditi e sulla somma si applica -dedotto quanto di competenza -l'aliquota. Ma, a nostro avviso, altro affermare che la IRPEF si deve determinare in modo unitario, altro ritenere che il relativo credito erariale sorga solo alla fine del periodo d'imposta, con le conseguenze, in tema di opponibilit ex art. 52 legge Fall., evidenziate. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 201 Posto che il fallimento del cui debito si discute stato dichiarato il 10 luglio 1987, risultano, infatti, superate le iniziali posizioni delle ricorrenti, con riferimento all'art. 136 decreto del Presidente della Repubblica 917/1986 (che fissa l'entrata in vigore dello stesso testo unico al 1 gennaio 1988 con effetto per i periodi d'imposta che hanno inizio dopo il 31 dicembre 1987) e della controricorrente, con riguardo all'art. 36 decreto del Presidente della Repubblica 42/1988 (che stabilisce l'efficacia delle nuove disposizioni anche per i periodi di imposta antecedenti al primo periodo d'imposta successivo al 31dicembre1987, se le relative dichiarazioni, validamente presentate, risultano ad esse conformi, stante la contestazione insorta circa la mancata presentazione della dichiarazione IRPEF ad opera del Grasso), giacch l'art. 31 comma 1 cit. decreto del Presidente della Repubblica n. 42 -come sottolinea la Curatela nella memoria -espressamente detta che le disposizioni dell'art. 125 del testo unico, concernenti il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa, si applicano anche per le procedure in corso alla data del 1 gennaio 1988 (salvo quanto stabilito nei commi successivi, che non riguardano la fattispecie in esame). Il possesso di redditi, presupposto dell'imposta, fatto continuativo, il rapporto d'imposta non si esaurisce nell'adempimento finale dell'obbligazione determinata su base annuale, ma composto da numerosi obblighi, non solo formali, ma anche di pagamento anticipato (ritenute, acconti) la cui legittimit sarebbe dubbia se non fosse prevedibile il finale obbligo contributivo e non sussistesse l'attualit dell'obbligazione, ancorch illiquida. Pu ben dirsi che, verificatosi il possesso anche di una sola fonte di reddito, l'obbligazione sorge, anche se con un oggetto determinabile e non ancora perfettamente determinato: n mancano le norme che ancorano a un preciso momento temporale la verificazione del presupposto ( cfr. artt. 23 e 30; 42 I, II e III comma; 48, I comma; 50, 52 e ss.; 82/85 TUIR). Pertanto possibile, una volta determinato, in capo al periodo d'imposta, l'ammontare della stessa, riferirne una quota proporzionale all'ammontare del reddito d'impresa del miniperiodo, che preconcorsuale, e opporre tale quota del credito -in quanto sorta prima del fallimento ai creditori. Su tale interpretazione la dottrina (MrccINESI, L'imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, Milano, 1990, 146-147: niente osta alla possibilit di frazionare l'entit della obbligazione, che viene progressivamente formandosi, nell'arco di tempo preso a ragguaglio per la sua commisurazione, in funzione del dato cronologico attinente alla nascita della medesima .... ferma rimanendo la unicit di tale obbligazione e la sua determinazione unitaria; Idem, 147: Il debito d'imposta in questione -quello risultante dalla dichiarazione annuale del fallito, che cumula il reddito d'impresa risultante dalla dichiarazione del curatore con gli altri redditi del fallito -non pu essere considerato concorsuale nella sua interezza, ma ci non dovrebbe impedire... di scinderne la quota proporzionalmente riferibile al reddito d'impresa prefallimentare ). Ci, del resto accade in caso di morte del contribuente (fenomeno analogo al fallimento, che la morte dell'impresa), laddove previsto che i redditi del defunto siano tassati separatamente da quelli dell'erede (art. 65 decreto del Presidente della Repubblica 602/1973). Altrimenti, stridente sarebbe la disparit di trattamento tra il credito -peraltro privilegiato -tributario e gli altri crediti sorti nel medesimo periodo prefallimentare in virt di una relazione giuridica continuativa (come un qualsiasi contratto di conto corrente). R.o.F. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO ST~O 202 Ci posto, l'art. 125 T.U .l.R. disciplina le modalit di determinazione del reddito d'impresa, rispettivamente, relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e la dichiarazione di fallimento (o il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa: comma 1) ed al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di questo ed anche se vi stato esercizio provvisorio (comma 2, 4: cd. maxiperiodo). Interessa qui solo il primo, a proposito del quale la disciplina (che ricalca appunto quella, pi succinta, dei previgenti artt. 10 decreto del Presidente della Repubblica 600/1973 e 73 decreto del Presidente della Repubblica 597/1973) risulta fissata nel senso della determinazione del reddito in questione in base al bilancio redatto dal curatore (o dal commissario liquidatore), con la seguente articolazione ulteriore: Per le imprese individuali e per le societ in nome collettivo e in accomandita semplice il detto reddito concorre a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, dei familiari partecipanti all'impresa e dei soci relativo al periodo d'imposta in corso alla data della dichiarazione di fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione. In tale contesto, si inquadra il successivo art. 18 comma 4 decreto del Presidente della Repubblica n. 42 cit. che, in caso di fallimento (o di liquidazione coatta) di imprese individuali o di societ di persone, fa obbligo al curatore (o al commissario liquidatore), unitamente agli adempimenti iniziale e finale (di cui al comma 1 art. cit., che si riferisce al reddito d'impresa regolato dall'art. 125 t.u., definendo, appunto, 'iniziale' la dichiarazione di cui al comma 1 e 'finale' quella del comma 2), di consegnarne o spedirne copia per raccomandata all'imprenditore e a ciascuno dei familiari partecipanti all'impresa, ovvero a ciascuno dei soci, ai fini dell'inclusione del reddito o della perdita che ne risulta nelle rispettive dichiarazioni dei redditi relative al periodo d'imposta in cui ha avuto inizio e in quello in cui si chiuso il procedimento concorsuale. Ora, mentre non sorgono questioni in relazione a tributi su redditi omogenei (per le societ di persone, ILOR: artt. 6 e 118 lett. b t.u. cit.) in dipendenza della loro stessa base di calcolo che ne consente la frazionabilit con riguardo all'arco temporale dall'inizio del periodo d'imposta alla dichiarazione del fallimento ( cfr. art. 125 t.u. cit., comma 4), pi complessa si rivela la soluzione, relativamente all'IRPEF sul reddito d'impresa del 'periodo' prefallimentare, dovendosi operare la scelta nell'alternativa -che si propone appunto nel presente procedimento -fra l'inscindibilit del periodo d'imposta (propriamente detto), corrispondente all'anno solare (art. 7 t.u. vigente, che riproduce l'art. 7 decreto del Presidente della Repubblica 597/1973), con conseguente affermazione di extraconcorsualit della pretesa dell'amministrazione finanziaria, e la possibilit di scissione del regime satisfattivo, con attribuzione alla dichiarazione (iniziale) del curatore di finalit impositive, anche ai fini dell'IRPEF, e qualificazione del credito d'imposta corrispondente come concorsuale. Ritiene il collegio di dover aderire alla prima proposizione dell'alternativa, seguita nella sentenza impugnata. Il reddito delle persone fisiche (artt. 8 segg. t.u.) si atteggia come una somma algebrica, comprensiva di poste attive e passive (in particolare: oneri deducibili, detrazioni d'imposta), con possibilit di determinazione dell'imponibile soltanto alla scadenza dell'anno solare, ed il reddito d'impresa, costituendo solo una posta dell'IRPEF, non pu essere oggetto di autonoma tassazione. La ragione di ci risiede nella impossibilit di individuare un reddito, propriamente detto, al momento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA della dichiarazione di fallimento quale che ne sia l'evenienza, nell'ambito dell'anno solare) onde, esattamente, il giudice 'a quo' ha rilevato che la soluzione opposta contrasterebbe con il principio di capacit contributiva, non permettendo al contribuente di far valere quelle componenti negative verificatesi nel successivo periodo dominato dalla procedura concorsuale; e verrebbe altres ad incidere, in maniera non consentita, sul carattere progressivo del tributo e su fattispecie di tassazione separata fuori dei limiti tassativi dettati dall'art. 16 del citato testo unico (sentenza impugnata, pag. 15 seg.). Nella delineata prospettiva, il richiamo agli artt. 55 e 59 legge fall. non si presenta puntuale, giacch l'anticipata scadenza dei debiti pecuniari presuppone proprio l'individuazione di un debito d'imposta che invece, nel caso in esame, non ancora configurabile; allo stesso modo, non coglie nel segno la critica della G.E.C. S.p.a., circa una inammissibile compensazione fra una situazione di debito del contribuente per il periodo prefallimentare ed una (eventuale) di credito riferibile a quello successivo, trattandosi di argomento che d per scontata proprio la 'scindibilit' da dimostrare. Quest'ultima in realt, prospettata in dottrina attraverso la diversificazione fra unitariet del debito d'imposta e scindibilit del regime satisfattivo, dev'essere invece esclusa, poich -in corrispondenza con quanto precedentemente rilevato -alla scadenza del periodo propriamente detto (anno solare) risulter impossibile l'individuazione delle singole poste in relazione alla imponibilit effettiva, e non sar dato determinare la 'parte' di credito d'imposta prefallimentare, avuto riguardo altres alla progressivit delle aliquote. In definitiva, quindi, deve affermarsi che la componente dell'IRPEF, derivante dal reddito dell'impresa dichiarata fallita nel corso del periodo d'imposta, limitatamente all'arco temporale che va dall'inizio dell'anno alla dichiarazione di fallimento, non pu, per effetto della dichiarazione iniziale del curatore prevista dagli artt. 125 t.u. 917/1986 e 18 decreto del Presidente della Repubblica 42/1988, costituire oggetto di autonoma tassazione, restando l'IRPEF unitariamente determinabile solo alla scadenza dell'anno solare e nascendo pertanto il corrispondente debito d'imposta successivamente alla dichiarazione di fallimento -con la conseguenza dell'inopponibilit alla massa dei creditori-. I ricorsi, come sopra riuniti, vanno dunque rigettati, non essendo contestato che l'imposta pretesa con la dichiarazione tardiva stata determinata, attraverso la criticata 'scissione', unicamente sulla base della dichiarazione iniziale del Curatore e limitatamente all'arco temporale dal 1 gennaio 1987 alla dichiarazione di fallimento (del 10 luglio successivo) allorquando il periodo d'imposta, ai fini dell'IRPEF, era ancora in corso, secondo la locuzione impiegata nel comma 1 art. 125 cit. Al rigetto consegue, per il criterio della soccombenza, la condanna alle spese anticipate, per il presente giudizio, dalla Curatela fallimentare, nei confronti della sola Amministrazione finanziaria; nessuna statuizione va resa nei riguardi dell'altra ricorrente, per mancanza di attivit difensiva specifica della stessa Curatela circa l'autonomo ricorso della Societ concessionaria del servizio di riscossione. P.Q.M. Riuniti i ricorsi, li rigetta (omissis). e RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 204 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 luglio 1998, n. 7395 -Pres. Bile -Est. Pigna taro -P.M. Lo Cascio ( conf.) -Minerva Assicurazioni ( avv. Cascino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano). Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Rimborsi -Fideiussione -Giurisdizione ordinaria. (Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 art. 38-bis). Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda di rimborso dell'I. VA. proposta dal fideiussore che abbia garantito il rimborso accelerato al contribuente ex art. 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 (1). (omissis) Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 636 in relazione all'art. 360 nn. 1 e 3 codice procedura civile, la societ ricorrente addebita alla corte di appello l'errore di avere attribuito alla controversia natura tributaria, come tale devoluta alla cognizione delle commissioni tributarie, mentre la domanda di I restituzione della somma di L. 2.357.000 proposta da essa ricorrente trovava ~ fondamento nel rapporto nascente dalla polizza fideiussoria stipulata dalla Imarredo I s.r.l. e comportava l'individuazione dei limiti della garanzia senza che venisse in t;j discussione il debito tributario della contribuente, ed in particolare l'obbligo della I stessa di pagare la pena pecuniaria di L. 2.357.000 inflitta con l'avviso di . accertamento. . . Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di omessa e insufficiente I motivazione su punto decisivo della controversia e deduce che la corte d'appello ~ avrebbe omesso di considerare che la assunzione dell'obbligazione da parte di essa societ, scaturendo dalla polizza fideiussoria, era regolato dalle norme del codice I civile e dalle clausole contrattuali ed in particolare da quella dell'art. 3 concernente l'oggetto della garanzia. Col terzo motivo, denunziando violazione degli artt. 1942-1944 codice civile in I relazione all'art. 360 nn. 1 e 3 codice procedura civile nonch vizio di omessa e insufficiente motivazione, la ricorrente deduce l'erroneit della affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui il rapporto tra fisco e fideiussore sarebbe lo stesso che intercorre tra fisco e contribuente. Al riguardo osserva che la solidariet dell'obbligazione del fideiussore non altera l'autonomia dei due rapporti e non esclude che il fideiussore possa garantire solo una parte del debito principale (nella specie le somme indebitamente rimborsate dall'ufficio I.V.A. con i relativi @ interessi, con esclusione della pena pecuniaria). I r 1i1 (1) La sentenza, evidentemente persuasiva, rivela la tendenza a non estendere i confini della giurisdizione speciale tributaria alle liti semplicemente accessorie al rapporto di imposta; in passato si seguita la tendenza contraria (cfr. C. BAFILE, Alcune riflessioni sui limiti della giurisdizione speciale tributaria, in Riv. Dir. Trib., 1991, I ,721). ~ I a111~1111111-1x.C-- ~ . . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Con il quarto motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2036 codice civile in relazione all'art. 360 n. 3 codice procedura civile nonch vizio di motivazione, e deduce che la corte territoriale avrebbe trascurato di considerare che la domanda di ripetizione (parziale) delle somme pagate era regolata dalla disciplina generale sull'indebito oggettivo (2033 codice civile) e si fondava sul presupposto della non debenza, da parte di essa societ assicuratrice, della pena pecuniaria inflitta alla contribuente in relazione all'oggetto della garanzia indicato nella clausola di cui all'art.3 della polizza fideiussoria. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente nei profili che rilevano ai fini della decisione della questione di giurisdizione, meritano accoglimento sulla base delle seguenti considerazioni. L'art. 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, nel disciplinare le modalit del rimborso richiesto dal contribuente per eccedenza I.V.A. risultante dalla dichiarazione annuale, prevede che il contribuente stesso possa conseguirlo in via accelerata, senza il previo riscontro della spettanza del credito, a condizione che egli presti idonea garanzia per la restituzione della somma ricevuta nel caso in cui l'ufficio, eseguiti successivamente i riscontri, rilevi che l'eccedenza non sussisteva. La garanzia pu essere fornita, tra l'altro, mediante polizze fideiussorie rilasciate da imprese assicuratrici. In dette polizze prevista una clausola-tipo, presente anche nel caso di specie, cos formulata: la societ si obbliga a versare, a meno che non vi abbia gi provveduto il contraente, senza eccezione alcuna, le somme richieste dall'ufficio I.V.A. In tale disposizione, queste sezioni unite (v. sentenze nn. 8592/1996, 3519/1994, 4966/1992) hanno ravvisato i caratteri del contratto autonomo di garanzia, riconosciuto da dottrina e giurisprudenza, e connotato -diversamente dal modello tipico della fideiussione -dalla non accessoriet della obbligazione di garanzia rispetto all'obbligazione garantita. A tale conclusione hanno indotto sia la formula senza eccezione alcuna caratteristica di tale contratto, sia la ratim> della garanzia che non quella di sostituire e garantire il versamento dell'imposta, ma, pi semplicemente e provvisoriamente di rimettere le parti del rapporto tributario nella posizione anteriore al rimborso. Sulla base degli esposti rilievi non pu condividersi l'affermazione fatta dalla corte territoriale per ritenere sussistente la giurisdizione del giudice tributario, secondo la quale il rapporto giuridico che intercorre tra fisco e fideiussore lo stesso che intercorre tra fisco e contribuente, come se il fideiussore fosse un sostituto o un responsabile d'imposta. N appare esatta l'altra considerazione espressa nella sentenza impugnata, secondo cui loggetto della presente controversia sarebbe l'accertamento dell'estensione del rapporto tributario, tale certamente essendo quello intercorrente tra fisco e contribuente, anche in relazione alla sola pena pecuniaria che trova radice nel tributo, sicch ogni contestazione su questa coinvolge il credito tributario. Nella specie, infatti, l'attuale ricorrente, nel proporre la domanda di ripetizione della somma di L. 2.357.000 (versata all'amministrazione finanziaria, per pena pecuniaria inflitta alla contribuente Imarredo s.r.l.), ha dedotto in giudizio il rapporto nascente dalla polizza fideiussoria (ed autonomo rispetto a quello tributario), senza RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 206 porre minimamente in discussione il debito della contribuente concernente la pena pecuniaria alla stessa inflitta, ma assumendo che nell'oggetto dell'obbligazione di garanzia contrattualmente assunta non rientrava la somma dovuta dalla contribuente per pena pecuniaria. Il rapporto tributario , pertanto, estraneo all'oggetto della presente controversia, poich questa concerne solo il rapporto privatistico nascente dalla stipulazione della polizza fideiussoria. La conseguenza che la controversia non rientra tra quelle devolute alla cognizione delle commissioni tributarie, ma rientra nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario, ed in tali sensi deve essere emessa la pronuncia di queste sezioni unite. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa va rimessa, anche per le spese di questa fase di giudizio, al tribunale di Pesaro, che ha pure declinato la giurisdizione, quale giudice di primo grado (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 5 settembre 1998, n. 8835 -Pres. Contillo -Est. Vitrone -P.M. Carnevali ( diff.) -Ministero delle Finanze ( avv. Stato Criscuoli) c. Mariani ( avv. Colantoni). Tributi (in generale) -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione Notificazione -Inesistenza e nullit -Consegna dell'atto alle parti nel domicilio reale -Sanabilit. La notificazione di un atto inesistente solo quando differisce dal suo modulo legale in misura tale da impedire che possa inserirsi nello sviluppo del processo; in particolare la consegna dell'atto inesistente solo quando venga effettuata in luogo e a soggetto totalmente estranei al destinatario; soltanto nulla (e suscettibile di sanatoria con la rinnovazione o con la comparizione dell'intimato) quando la consegna sia eseguita in luogo ed a soggetto che, pur diversi da quelli indicati nella legge, abbiano un qualche riferimento con il destinatario. Conseguentemente affetta da nullit sanabile la notifica del ricorso per cassazione effettuata sul domicilio reale della parte anzich presso il procuratore costituito (1). (1) Sentenza importante che modera il formalismo spesso dominante in materia di notificazioni. Accedere favorevolmente alla rinnovazione ex art. 291 codice procedura civile un segnale di civilt giuridica. Con la sanatoria stata superata la questione della notificazione del ricorso per cassazione che presenta varie difficolt. infatti dubbio che l'art. 330 codice procedura civile possa applicarsi al processo tributario e che in particolare possa considerarsi procuratore costituito l'assistente tecnico dell'art. 12 del decreto legislativo 346/1992, che pu essere persona che non ha dimestichezza con il processo ordinario. Pi radicalmente dubbio che l'assistenza tecnica sia rapportabile alla funzione procuratoria e non sia piuttosto una difesa senza rappresentanza con la conseguenza che sia del tutto inapplicabile l'art. 170 codice procedura civile. Nello stesso senso la sent. 19 ottobre 1998 n. 10344. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) Va esaminata preliminarmente l'eccezione di nullit insanabile della notificazione del ricorso per cassazione avvenuta per mezzo del servizio postale presso il domicilio reale delle parti e non nel domicilio eletto presso il procuratore costituito nel giudizio dinanzi alla commissione regionale. L'eccezione non ha fondamento poich, com' noto, la notificazione dell'atto di impugnazione pu ritenersi giuridicamente inesistente solo quando differisca dal suo modulo legale in misura tale da impedire che essa, per la sua abnormit, possa inserirsi in alcun modo nello sviluppo del processo, e sia perci insuscettibile di sanatoria, comportando l'impossibilit di una sua rinnovazione e l'inammissibilit dell'impugnazione che non venga riproposta in termini. Ci premesso, se il vizio attiene alla fase della consegna dell'atto, la notificazione inesistente solo quando venga effettuata in un luogo o ad un soggetto totalmente estranei al destinatario, mentre nulla, e in quanto tale suscettibile di sanatoria, se abbia luogo mediante consegna di copia dell'atto in luogo o a soggetto che, pur diversi da quelli indicati dal codice di rito, abbiano un qualche riferimento con il destinatario dell'atto (Cass. 3 marzo 1997, n. 1868): ne consegue che la notifica del ricorso per cassazione effettuata al domicilio reale della parte anzich presso il procuratore costituito nel giudizio nel quale stata resa la sentenza impugnata determina non gi l'inesistenza, ma solo la nullit della notificazione, sanabile con la sua rinnovazione, ovvero con la notificazione del controricorso, o anche solo con la partecipazione alla discussione orale da parte del destinatario dell'atto (Cass. 23 giugno 1997, n. 5575). Essendo rimasta sanata la nullit della notificazione del ricorso dell'Amministrazione per raggiungimento dello scopo, come risulta dalla notificazione del controricorso, pu passarsi all'esame delle censure proposte contro la decisione impugnata (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 settembre 1998, n. 9023 -Pres. Cantillo -Est. Pignataro -P. G. Mele -Soc. Perfetti ( avv. Restano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Bellis). Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi di capitale -Obbligazioni di societ commerciali -Ritenuta alla fonte operata dalla societ emittente su somme erogate a titolo di rivalutazione del capitale asseritamente non imponibili prima della vigenza del TUIR Domanda di rimborso del sostituto d'imposta -Sopravvenuta imponibilit dei proventi in base al TUIR Retroazione Sussistenza Condizioni Effetti. (Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 597, art. 41 lett. d) -decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, art. 26 -T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 41 lett. b) -decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988 n. 42, art. 36). Il sostituto d'imposta (nella specie, societ di capitali emittente di obbligazioni) che, pur vigendo l'art. 41 lett. d), decreto del Presidente della Repubblica RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 208 29 settembre 1973 n. 597, abbia effettuato ritenute su somme corrisposte a titolo di rivalutazione del capitale, allora ipoteticamente non suscettibili di imposizione, non pu ottenerne il rimborso, in quanto tali proventi sono stati assoggettati alla imposizione dal sopravvenuto art. 41 lett. b) TU 22 dicembre 1986 n. 917, e in quanto tale norma retroagisce, ai sensi dell'art. 36 decreto del Presidente della Repubblica 4febbraio1988 n. 42, nel caso in cui la precedente dichiarazione sia conforme alla nuova normativa, a nulla rilevando, ai fini della norma di retroazione, la inesistenza di dichiarazioni del sostituito, ad essa non tenuto per legge (1). (omissis) Con il primo motivo la societ ricorrente deduce l'erronea applicazione retroattiva alla fattispecie dell'art. 41 lett. b) del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 per falsa applicazione della norma di cui all'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 42/1988. Al riguardo sostiene che la commissione tributaria centrale avrebbe errato nell'attribuire rilevanza, ai fini dell'applicazione di detta norma, ai comportamenti tenuti ed alle dichiarazioni presentate dai sostituti d'imposta (societ Selebeta e Seledelta Holding), mentre a tal fine occorreva far riferimento al comportamento dei sostituiti (obbligazionisti persone fisiche percettori dei proventi in questione), unici soggetti passivi dell'imposta e veri contribuenti, i quali non avevano presentato alcuna dichiarazione al riguardo non essendovi tenuti per essere le ritenute alla fonte a titolo d'imposta. Col secondo motivo, denunziando omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, la societ ricorrente deduce che la commissione tributaria centrale, per respingere la richiesta di rimborso, non avrebbe dovuto limitarsi a rilevare l'esistenza di una nuova norma sostanziale retroattiva, la quale renda imponibile .... qualsiasi provento delle obbligazioni...., ma avrebbe dovuto rilevare che nel 1979 non esisteva una corrispondente norma di accertamento che imponesse al soggetto pagatore di effettuare le ritenute, poich l'art. 26 del (1) di particolare interesse l'applicazione a sfavore del contribuente dell'art. 36 decreto del Presidente della Repubblica 42/1988, laddove prevede la retroazione delle norme del nuovo TUIR. Tale previsione appariva, di primo acchito, essere tesa a 'sanare' le irregolarit commesse nel vigore della vecchia normativa che tali non sarebbero state con la nuova. Qui invece si afferma l'irripetibilit di somme indebitamente percette tramite ritenuta d'imposta. L'art. 36 invero fa riferimento all'agire conforme alla nuova normativa, manifestato con la dichiarazione del contribuente, quasi un elemento di pubblicit, di esternazione del comportamento. evidente che la norma in questione, ove ci si attenesse a una interpretazione letterale del termine dichiarazione, non potrebbe trovare applicazione in tutti quei casi in cui il contribuente non sia tenuto a presentare una dichiarazione. Pertanto la Corte, con esegesi condivisibile, interpreta il dettato normativo qualificando dichiarazione -ai fini dell'applicazione dell'art. 36 e quindi della retroazione delle norme del TUIR -ogni comportamento del contribuente che sia attuativo del rapporto d'imposta. In tali termini il sostituto d'imposta, che aveva ritualmente eseguito e poi versato le ritenute non dovute ilio tempore, e reso la dichiarazione a lui propria, si visto consolidare la ritenuta forse indebitamente -ratione temporis -operata. Ma -(e qui risiede lo spunto pi interessante di riflessione -la Corte ha dovuto considerare in modo autonomo la posizione del 'vero' contribuente, il sostituito. L'argomento pi forte della difesa avversaria consisteva, appunto, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 209 decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 (nel testo allora vigente) prevedeva l'obbligo della ritenuta sui soli interessi, premi ed altri frutti corrisposti agli obbligazionisti e non sul rimborso della svalutazione del capitale. I due motivi, che vanno esaminati congiuntamente essendo logicamente connessi, sono infondati. L'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988 n. 42 (recante disposizioni correttive e di coordinamento sistematico-formale, di attuazione e transitorie relative al testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917) stabilisce: Le disposizioni del testo unico non considerate nei precedenti articoli di questo capo hanno effetto anche per i periodi di imposta antecedenti al primo periodo di imposta successivo al 31 dicembre 1987, se le relative dichiarazioni, validamente presentate, risultano ad esse conformi. La Corte Costituzionale, con sentenza del 17 febbraio 1994 n. 38, ha dichiarato l'infondatezza della questione di legittimit costituzionale di detto articolo (con riferimento agli artt. 3, 53, 76 e 77 Cost), nella parte in cui, al fine di eliminare controversie in ordine all'interpretazione delle norme previgenti, rende applicabili le disposizioni dettate dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 anche per i periodi d'imposta antecedenti a quelli nello stesso considerati, se le dichiarazioni, validamente presentate, risultino conformi a tali disposizioni. La giurisprudenza di questa corte (v. sentenze nn. 2947/1996, 10026/1955, 4037/1995) ha gi posto in rilievo che il presupposto per rendere operante l'effetto di retroazione previsto dall'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 42/1988 e quindi per rendere applicabili alle fattispecie pregresse, le disposizioni del nuovo testo unico sulle imposte dirette, costituito dalla conformit delle dichiarazioni validamente presentate a tali disposizioni, precisando che il presupposto per la retroazione dello < .. .. -i11 : :~ $ g'='=''~'':::w:'.:'.::)';:::'z}.':'V"'='{t,@{'-'i':i."'='='~:;::::::::Nf.&4.f'':'i::=:;::::=:~=;::::::m:=t==::~}.=;:rn:r:=;t.f'WW;fjj?@=f.:':'i'lliP;::::::;.:ffe11.@i@fllif%f4.ffi''';..&:mtt 9'lllatllaltWIAll.r-ldf&M:sli@K966Llt&0 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 257 10.3. -Quel che, peraltro, occorre stigmatizzare relativamente al contesto motivazionale della sentenza impugnata, il perentorio convincimento che il reato di corruzione impropria possa accedere ai soli atti di natura vincolata. Pure se, di norma, la corruzione impropria antecedente risulta incompatibile con il compimento di atti di natura discrezionale, perch il pactum sceleris, venendo a condizionare la possibilit di scelta del corrotto costituisce gi di per s il presupposto per la finalizzazione dell'atto, sulla base di una condizione non sviluppata, ma comunque rilevante, considerato il ruolo esponenziale che assume il motivo nell'ambito di un assetto negoziale contra legem e, per di pi, comune ad entrambe le parti, la proposizione non pu dirsi immanente nel sistema. La pi avveduta giurisprudenza risulta, infatti, attestata nel senso che la corruzione cosiddetta impropria di cui all'art. 318 codice penale, configurabile non soltanto con riguardo agli atti vincolati del pubblico ufficiale, ma anche con riguardo agli atti discrezionali, sempre che questi non siano contrari ai doveri di ufficio, indipendentemente dall'indebita retribuzione la quale, di per s, comportando violazione del solo dovere esterno che impone di non accettarla, e non anche del dovere interno, che impone di rispettare le regole che presiedono all'emanazione dell'atto, non implica necessariamente contrariet dell'atto medesimo ai doveri d'ufficio, ben potendo esso risultare comunque idoneo alla miglior soddisfazione dell'interesse pubblico, s da poter essere considerato, in effetti, al pari dell'atto vincolato, come l'unico possibile. Per converso, quando l'indebita retribuzione, o la relativa promessa, siano finalizzate a far s che la facolt discrezionale sia esercitata in modo difforme da quello altrimenti suggerito dall'equilibrata e disinteressata valutazione della situazione concreta, si sar in della discrezionalit in modo difforme dalla linea di condotta imposta dalla disinteressata ed equilibrata valutazione della situazione concreta, essendo predicabile in tal caso la contrariet dell'atto del pubblico ufficiale ai doveri di ufficio. Tale ordine di idee espresso efficacemente dal VASSALLI (cfr. op.ult.cit., 313), il quale ragiona della necessit della violazione di un "doppio dovere"perch si possa configurare il reato di corruzione propria. Pur avendo corretto l'impianto motivazionale della sentenza della Corte territoriale, la Corte di Cassazione ha convalidato la tesi secondo la quale le condotte corruttive in questione integrano il delitto di corruzione propria. A tal fine si fatto riferimento all'insegnamento giurisprudenziale secondo il quale anche se ogni atto del pubblico ufficiale, separatamente considerato, appaia legittimo, l'asservimento costante della funzione agli interessi del privato corruttore concreta il reato di corruzione propria. Questa tesi si giustifica sol che si consideri come la locuzione atto contrario ai doveri di ufficio va intesa in modo tale da ricomprendere ogni comportamento del pubblico ufficiale contrastante con norme giuridiche o con istruzioni di servizio o che comunque violi quegli specifici doveri di fedelt, imparzialit ed onest che incombono su chiunque sia investito di una pubblica funzione. Certamente contrastante con il dovere di imparzialit -inteso non come dovere esterno, eluso ogni qualvolta il pubblico ufficiale agisca anche in funzione di una privata utilit (come avviene anche nell'ipotesi di corruzione impropria), ma come dovere interno, inerente, cio, al contenuto ed alle modalit dell'atto da compiere -deve essere ritenuta la condotta dei finanzieri, ricostruita dai giudici di merito, che hanno condotto verifiche fiscali con particolare celerit, non gi per soddifare al meglio l'interesse pubblico, ma per favorire il pi possibile le aziende destinatarie di tali verifiche al fine di essere indebitamente da esse compensati alla fine delle operazioni. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 258 presenza di corruzione cosiddetta propria, cio per atti contrari ai doveri di ufficio (Sez. VI, 8 novembre 1996, Malossini). D'altro canto, non pu trascurarsi che, allorch la corruzione si profili come antecedente, l'attivit amministrativa discrezionale risulta palesemente in contrasto con il principio della par condicio civium solo perch l'operazione amministrativa non ceda ad indugi burocratici per assicurare non una pronta ed efficace tutela dell'interesse pubblico coincidente con l'interesse del privato, ma allo scopo, indotto dalla promessa (non importa se solo implicita) o dalla dazione di una somma di danaro o di altra utilit, di favorire l'interessato. Una linea pi volte seguita da questa Corte la quale ha osservato che quando il pubblico ufficiale, potendo scegliere tra una pluralit di determinazioni volitive, scelga quella che assicura il maggior beneficio per il privato, che attraverso la dazione di un'indebita retribuzione lo ha spinto a privilegiare la propria posizione, deve ritenersi sussistente -per violazione del dovere di ufficio e non solo del principio di imparzialit -la fattispecie legale di cui all'art. 319; in tal caso, infatti, il motivo dell'atto, e non solo il motivo del comportamento, trova il suo fondamento e la ragione determinante non nell'interesse pubblico, ma anche e prevalentemente nell'interesse privato (Sez. VI, 25 gennaio 1982, Albertini, in Cass. pen., 1983, 1966). I 10.4. -Ancora, la eclatante sproporzione tra le somme versate e l'attivit I compiuta (omessa o ritardata) appare un indice univoco, pure in base ad elementari ~ massime di esperienza, della contrariet agli atti di ufficio di quanto compiuto 0 (omesso o ritardato) dal pubblico ufficiale. Infatti il concetto di proporzione -da intendersi nel senso di mancanza di sproporzione manifesta tra la prestazione del privato e quella del pubblico ufficiale -riguarda soltanto la corruzione impropria prevista dall'art. 318 codice penale, che si riferisce alla retribuzione non dovuta per il compimento di un atto dell'ufficio, Ie non pure la corruzione propria prevista dall'art. 319 dello stesso codice, relativa al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, in cui non si fa riferimento al . '.i Nel caso di specie la prospettiva del conseguimento di un'utilit privata da parte dei pubblici ufficiali avendo viziato l'esercizio di una pubblica funzione, giustamente stata ritenuta la contrariet ai doveri di ufficio dell'attivit dei finanzieri complessivamente considerata, con conseguente conferma dell' applicabilit dell'art. 319 codice penale. Un'altra questione di diritto sostanziale, affrontata dalla Corte di cassazione, che merita di essere segnalata in questa sede, quella concernente la possibilit di ravvisare un'ipotesi di concorso apparente di norme penali nella relazione logico-giuridica intercorrente tra la norma incriminatrice della corruzione propria e quella dettata dall'art. 3 della legge speciale 9 dicembre '.a 1941 n .. 1383f, cdhe c~ntempl~fl'.ipot~si ?ellbabc~l~usione di un militare della Guardia di finanza con ~ estranei per ro are mteressr manzran pu ber. 1== La Corte di Cassazione ha risolto negativamente tale questione ( cfr. nello stesso senso, r~ Cass.16 dicembre 1986, in Rivista penale, 87, 383; Cass. SS.UU. 12 aprile 1980, in Giustizia p penale, 80, III, 541) sulla base di due considerazioni. i'': In primo luogo, esaminata la struttura logica del reato di collusione, ha escluso che si tratti !:..:; di un reato complesso traendo argomento dal rilievo che tale reato si perfeziona con il semplice ~" accordo fraudolento tra finanziere e privato, senza contemplare quale suo elemento costitutivo il [ '"'o di cmrnzione. . . I ': J rr11~111r11~ ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 259 concetto di retribuzione, essendo sufficiente che la datio sia correlata all'atto contrario ai doveri di ufficio che il pubblico ufficiale, per 1 'accordo intervenuto, deve compiere o ha compiuto (Sez. un., 24 gennaio 1996, Panigoni). E se vero che nel caso di corruzione propria non possibile escludere la illiceit penale dell'offerta o della dazione in quanto diretta a compensare la condotta del pubblico ufficiale contraria ai doveri dell'ufficio, pure se costituita da una somma di danaro di qualunque entit, anche lieve, anche vero che la vistosa sproporzione tra il risultato conseguibile dal privato e la somma data o promessa rappresenta un dato di chiaro valore sintomatico, che -in presenza di ulteriori elementi complementari -viene ad assumere valore di prova della sussistenza, non della corruzione impropria, ma della corruzione propria. Una proposizione, quella ora ricordata, in ordine alla cui rilevante significazione logico-giuridica si avveduta la pi attenta dottrina la quale ha puntualizzato che il principio di proporzione in un delitto caratterizzato dall'inserirsi la condotta in un rapporto sinallagmatico fra le parti contrapposte deve valere non soltanto quando si negoziano atti di ufficio, ma anche quando 1 'accordo sia in vista del compimento di atti contrari ai doveri di ufficio, dell'omissione e del ritardo di atti dell'ufficio; in questi ultimi casi, anzi, essendo nella natura delle cose che il compenso debba proporzionalmente elevarsi. Il tutto risulta, del resto confermato dal diverso atteggiarsi del sinallagma nelle due ipotesi criminose, ferma restando la corrispettivit funzionale di ciascuna di esse, comprovata dal fatto che mentre 1 'art. 318 codice penale fa riferimento ad una retribuzione... non dovuta, 1 'art. 319 dello stesso codice si limita a riferisi alla ricezione di danaro od altra utilit. 10.5. -Poste tali premesse, pur dovendo stigmatizzarsi una qualche frettolosit motivazionale emergente dalla sentenza impugnata, va dato atto al giudice a quo di avere, sia pure sommariamente, argomentato, discostandosi dalla motivazione della sentenza di primo grado quanto alla qualificazione del fatto reato, relativamente proprio alla violazione del dovere di imparzialit specifica. In secondo luogo, sul piano dell'analisi dell'obiettivit giuridica dei due reati de quibus, se ne messa in luce la loro profonda diversit, essendo l'incriminazione della corruzione diretta a tutelare l'interesse generale al buon funzionamento ed al prestigio della pubblica amministrazione, laddove con la norma incriminatrice contenuta nell'art. 3 della legge n. 1383 del 1941, il legislatore ha inteso garantire il fedele adempimento dei servizi della Guardia di Finanza. Pur condividendo la tesi dell'inapplicabilit del concorso apparente di norme tra il reato di collusione e quello di corruzione propria, ci sembra lecito precisare che il riferimento al regolare funzionamento dei servizi della Guardia di finanza non vale ad individuare l'oggetto giuridico del reato in questione, trattandosi di una mera parafrasi della descrizione della condotta incriminata; sembra pi corretto individuare nell'interesse alla regolare percezione da parte dello Stato delle entrate finanziarie necessarie al suo concreto funzionamento il bene giuridico leso, o quanto meno minacciato, dall'adozione di condotte riconducibili alla fattispecie di reato delineata dall'art. 3 della legge n.1383/41. Analogamente in dottrina (cfr. PAGLIARO, op.ult.cit., 140) a proposito dei delitti di corruzione si sostenuto che il dovere di ufficio o il dovere di fedelt, proprio in quanto , non sono beni, oggetto di tutela giuridico-penale, ma sono piuttosto imposti dall'ordinamento giuridico in funzione della tutela di taluni . MASSIMO GIANNUZZI RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 260 Ha rimarcato, infatti, la decisione impugnata come sia risultato che tutti gli imputati abbiano ammesso di essere stati al corrente della prassi in uso e delle ragioni che spingevano gli imprenditori alle elargizioni di danaro anche in mancanza di specifiche sollecitazioni, concretizzando in tal modo 1 'accordo criminoso tacito. Cosicch una simile consapevolezza induceva inevitabilmente il verificatore ad operare in modo pi conforme alle esigenze della celerit dell'azienda, in modo da poter legittimamente attendere il compenso per il suo comportamento al termine delle operazioni. E che simili argomentazioni corrispondano al convincimento del giudice di appello che la celerit si identificasse con la superficialit delle verifiche, sulla base di precisi fatti emergenti dall'attivit acquisitiva, appare chiaramente dalla lettura comparativa della sentenza impugnata con la sentenza di primo grado, nella quale racchiusa una significativa parte descrittiva che vale ad integrare, non sul piano valutativo, ma su quello narrativo, la decisione qui denunciata, cos da comporre un contesto motivazionale davvero indissolubile, in grado di arricchire le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale. Ci secondo la regola, costante nella giurisprudenza di questa Corte, in base alla quale la motivazione della sentenza di appello si integra in un tutto organico omogeneo con quella della sentenza di primo grado, da cui deve risultare che la decisione imperniata su dati di fatto di indubbio rilievo nel loro combinato significato logico. Un principio operante, a fortiori, quando nell'opera di controllo sulla motivazione demandato a questa Corte occorra soltanto individuare dal testo del provvedimento impugnato (la cui interpretazione non pu prescindere, oltre che dagli atti difensivi, dalla sentenza di primo grado) i presupposti di fatto -per giunta, incontestati nella loro storicit -dai quali scaturito il contesto argomentativo della decisione sottoposta a verifica di legittimit. 10.6. -Signicative appaiono, al riguardo: 1) Le dichiarazioni dell' Arces (p. 11, della sentenza 6 novembre 1995) secondo cui il maresciallo Morabito gli aveva raccomandato, al momento in cui egli era stato assegnato alla II Sezione, di non essere eccessivamente polemico con i colleghi e con gli imprenditori nel corso delle operazioni di verifica, e che un'analoga raccomandazione gli era stata rivolta dal suo comandante di pattuglia, maresciallo maggiore Giraldino, che, nel corso della prima verifica, gli aveva detto: se piove piove su tutti; 2) Le dichiarazioni dello Sciascia (p. 12 della stessa sentenza) il quale, pur lasciando intendere che la FININVEST era vittima di una concussione, riferisce (a proposito della verifica Mediolanum) che il Guardino gli prospett delle perplessit in merito all'esito della verifica cui la Guardia di finanza avrebbe potuto pervenire ed un allungamento dei tempi della verifica stessa; gli avrebbe, quindi, richiesto, in cambio di una maggiore superficialit dei controlli e di un'accelerazione dei tempi delle verifiche, il versamento di una somma di danaro; il tutto era stato consentito da Paolo Berlusconi con le stesse modalit dei pagamenti effettuati per Mondadori e Videotime. Ancora lo Sciascia ha dichiarato che nel corso della verifica presso la Videotime il Licheri gli avrebbe fatto presente che 1 'accertamento avrebbe dovuto e potuto estendersi anche ai rapporti documentali che riguardavano tutti gli artisti, danneggiando cos 1 'immagine del gruppo, ma che egli avrebbe potuto essere accomodante se gli fosse stata consegnata una somma di danaro; era stata cos concordata in lire 100 milioni PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE la somma che la FININVEST avrebbe fatto pervenire alla pattuglia; 3) Le osservazioni della sentenza 6 novembre 1995 (p.15) circa la forza oggettiva di resistenza della FININVEST, confermata da Paolo Berlusconi (Credo che il gruppo avesse la possibilit di farsi valere, di resistere, certamente questa stata la norma per le tantissime visite, accessi di persone della guardia di Finanza e questo quello che il dott. Sciascia faceva valere). Dichiarazioni che finiscono per completare quelle dello Sciascia (p. 12, della sentenza 17 novembre 1995), secondo cui egli avrebbe avuto richieste di danaro direttamente dal dott. Tanca il quale, durante la verifica, avrebbe fatto intravedere la possibilit di un'estensione della verifica stessa a tutte le societ controllate dalla Mondadori, con notevole dispendio di tempo e danneggiamento dell'immagine della societ, e avrebbe altres fatto presente che si sarebbe potuto sollevarli dai problemi di natura fiscale, lasciando intendere che soltanto accettando di consegnargli del danaro si sarebbe potuta trovare una soluzione di compromesso; 4) Le dichiarazioni del maresciallo Licheri (p. 13 della sentenza 17 novembre 1995), il quale ha riferito: che i suoi superiori lo inducevano a non contrastare, anzi a favorire, le offerte dei soggetti sottoposti a verifica: si era quindi dovuto necessariamente adeguare a questa prassi; che le ditte sottoposte a verifica erano sempre ben disposte nei confronti della Guardia di finanza: i responsabili delle medesime lasciavano intendere anche in modo non velato, che erano disposti ad essere riconoscenti non tanto per avere un rapporto compiacente, quanto per ottenere celerit nell'espletamento della verifica ed il minor ingombro possibile a seguito della presenza di militari della Guardia di finanza in azienda; 5) Il rilievo, assai significativo (pag. 11 della sentenza 6 novembre 1995), che presso la Fininvest lavoravano varie persone gi appartenenti alla Guardia di Finanza, come ... Rizzi Mario e come Berruti Massimo Maria; mentre l'episodio del favoreggiamento Corrado evidenzia che i rapporti fra il Gruppo Fininvest e la Guardia di Finanza erano improntati a cordialit e collaborazione; 6) Le dichiarazioni del Ballerini (p. 10, della sentenza 17 novembre 1995): quando veniva iniziata una verifica, o legali rappresentanti delle ditte e loro commercialisti solevano avvicinare i militari della Guardia di Finanza, facendo capire in modo pi o meno velato la loro disponibilit ad effettuare delle regalie, in quanto esisteva interesse a non litigare, comune tanto ai militari che ai responsabili delle aziende. In relazione alla verifica Mondadori Ballerini afferma che nel corso delle operazioni era stato contattato dal dott. Sciascia (persona gi conosciuta nel 1982 durante un servizio presso una societ del Gruppo Fininvest), che gli aveva manifestato la volont di incontrare il ten. col. Tanca. Aveva fissato un appuntamento (nonostante il Tanca si trovasse al momento a Roma) presso un bar di Milano, ove i due avevano parlato non in sua presenza (le trattative avvenivano, dunque, anche durante le verifiche). 10.7. -L'integrale contesto narrativo sopra trascritto rende evidente, da un lato (per quanto possa interessare questo processo), 1 'insussistenza di ogni ipotesi concussiva, dall'altro lato, la veridicit sostanziale delle dichiarazioni dello Sciascia e dell' Arces circa le ragioni delle dazioni delle somme di danaro: fare in modo che le verifiche fossero superficiali e si concludessero nel pi breve tempo possibile. Cos da conferire alle argomentazioni della sentenza impugnata un tessuto logico RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 262 non censurabile alla luce della narrativa della decisione di primo grado, da ritenere incontestata per i profili ora ricordati. Con conseguenti riverberi anche riguardo alla denunciata violazione della legge penale. 10.8. -Poich ai ricorrenti De Gennaro, Sicuro e Licheri sono state concesse le circostanze attenuanti generiche, il reato loro ascritto risulta prescritto nel marzo 1997. L'impugnata sentenza deve, quindi, essere annullata senza rinvio nei confronti di De Gennaro Gaetano, Licheri Giuseppe e Sicuro Giuseppe perch il reato estinto per prescrizione. 11. -L'avv. Vincenzo Lo Giudice, nell'interesse del Ballerini, del Guardino e dello Spazzoli, ha lamentato mancanza di motivazione relativamente all'esclusione del concorso apparente di norme tra corruzione propria e collusione, nonch errata applicazione dei principi concernenti il concorso di norme. La censura infondata. La giurisprudenza di questa Corte costante nel senso che la collusione, non essendo un reato complesso, ma perfezionandosi con il semplice accordo fraudolento tra finanziere e privato, non assorbe, come suo elemento costitutivo, il reato di corruzione (significativamente, di corruzione propria, prevedendo 1 'art. 3 della detta legge la fattispecie del militare della Guardia di finanza che collude con estranei per frodare gli interessi finanziari pubblici con inevitabili conseguenze qualificative anche nell'ipotesi di specie, attesi i giudicati finora formatisi). La collusione ha, infatti, una propria autonomia e distinta obiettivit giuridica: mentre la corruzione riguarda, in particolare, la tutela dell'interesse generale al buon funzionamento ed al prestigio della pubblica amministrazione, con il precetto della legge speciale 9 dicembre 1941, n. 1383, si inteso garantire il fedele adempimento dei delicatissimi servizi della Guardia di finanza da parte degli appartenenti al Corpo e scoraggiare possibili collusioni in danno dell'amministrazione finanziaria (Sez. VI, 12 dicembre 1989, Bettinelli). Con la conseguenza che nell'ipotesi in cui il militare della Guardia di finanza non si sia limitato ad accordarsi con degli estranei per violare la finanza, ma abbia percepito danaro o altre utilit, correttamente viene ritenuto responsabile anche del reato di corruzione. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, sez. VI, 30 marzo 1998 n. 468 -Pres. Caso-P.M. Di Zenzo ( conf. )-imp. Pareglio ed altri. Procedura penale -Ricorso per Cassazione dell'imputato -Richiamo ai motivi } dedotti da altri coimputati -Inammissibilit. .i. : (codice procedura penale artt. 581e587) Procedura penale -Omesso deposito da parte del p.m. di tutti gli atti di iI indagine -Declaratoria di inutilizzabilit degli atti non depositati -~: Ordinanza che dispone il giudizio abbreviato -Invalidit -Esclusione. (codice procedura penale artt. 178 e 416) I f:'. ? .,~~::f::Y"V''''.=':::'=:::r;;::7~'.'=xY'Zillfilill.@l~--f@f'-~-~~z,,.,.4lli .J ...._ ~Lf,./,'.-..'t="~ AW;_,,.;x,,... .df"-~..,,&L"",~h_g;,F~::-Bf'iF'~,l~J&kaLJ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 263 Reati contro la Pubblica Amministrazione Inserimento del privato in un sistema di mercanteggiamento dei pubblici poteri Sistematicit della pratica della tangente Concussione ambientale Inconfigurabilit. (codice penale, art. 317) Reati contro l'ordine pubblico Associazione a delinquere Mancanza di un'organizzazione con gerarchie interne e distribuzione di cariche Vincolo associativo esteso ad un generico programma delittuoso Sussistenza del reato. (codice penale, art. 415) inammissibile il ricorso per Cassazione proposto da un imputato nel quale ci si limiti a richiamare i motivi di ricorso dedotti dai coimputati, chiedendo di beneficiare dell'effetto estensivo dell'impugnazione, ex art. 587 codice procedura penale. L'omesso deposito da parte del pubblico ministero di tutti gli atti di indagine non comporta l'invalidit dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato qualora gli atti non depositati siano stati dichiarati non utilizzabili. Lo stato di cose evocato dall'espressione concussione ambientale, consistente nella attiva partecipazione di imprenditori privati ad un sistema nel quale la pratica della tangente e il mercanteggiamento dei pubblici poteri siano dati costanti, non riconducibile allo schema del reato di concussione, mancando completamente nel soggetto privato lo stato di soggezione nei confronti del pubblico ufficiale necessario perch sia configurabile il reato di concussione. Sussiste il reato di associazione a delinquere allorch, pur in mancanza di una vera e propria organizzazione con gerarchie interne e distribuzione di cariche, esiste un vincolo associativo esteso ad un generico programma criminoso (1). (omissis) 1. -Va anzitutto dichiarata l'inammissibilit dei ricorsi proposti da Pareglio e da Binasco. Tali ricorrenti, dopo essersi genericamente riportati ai motivi dedotti dai coimputati, chiedono di avvalersi dell'effetto estensivo. (1) La sentenza in esame ha deciso un ricorso proposto da una pluralit di imputati avverso una sentenza della Corte di Appello di Torino che concludeva un giudizio di appello promosso mediante l'impugnazione di due distinte sentenze del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Alessandria, emesse all'esito di due giudizi abbreviati. In primo luogo la Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilit dei ricorsi proposti da due imputati i quali -dopo essersi riportati ai motivi di ricorso dedotti dai coimputati -hanno chiesto di avvalersi dell'effetto estensivo dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 587 codice procedura penale. Tale statuizione processuale stata giustificata alla luce del dispostodell'art. 581 codice procedura penale, lett. a) e lett. e) che prevede, a pena di inammissibilit, che l'impugnazione sia proposta mediante l'enunciazione dei capi o dei punti a cui essa si riferisce, nonch dei motivi mediante l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono il gravame, RASSEGNA AVVOCPJURA DELLO STATO 264 Non ritiene la Corte che si sia adempiuto in tal modo all'onere di cui all'art. 581, lett. a e C, codice procedura penale il quale richiede, a pena di inammissibilit, che l'impugnazione si proponga per mezzo della indicazione dei capi e dei punti della decisione ai quali si riferisce il gravame, con l'enunciazione dei motivi e l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. L'impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente personale della decisione impugnata, valida per la posizione del singolo ricorrente e va tenuta distinta da quelle che sono le conseguenze della decisione favorevole ad altro coimputato riguardanti l'effetto estensivo, tanto che questo applicabile indipendentemente dall'impugnazione dell'interessato. 2. -Per ci che attiene agli aspetti processuali dei ricorsi, non sono fondati i motivi con i quali si sostiene la nullit dell'ordinanza di rinvio a giudizio e del provvedimento con il quale stato disposto il giudizio abbreviato per il mancato deposito da parte del P.M. di tutti gli atti di indagine unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio. La giurisprudenza di questa Corte si gi espressa in proposito, ritenendo che l'inosservanza dell'obbligo del P.M. di depositare tutti gli atti di indagine con la richiesta di rinvio a giudizio comporti la sola conseguenza della inutilizzabilit degli atti non trasmessi tempestivamente, non essendo prevista una sanzione autonoma di nullit degli atti, indipendentemente dalla loro utilizzabilit o meno (Cass., 4 giugno 1993 [ud.], Carnazza; Cass., 17 febbraio 1996 [ud.], Cariboni ed altri). L'invalidit degli atti non neppure riconducibile alle ipotesi delle nullit generali di cui all'art. 178, lett. b e C, perch l'azione penale pur sempre esercitata dal P.M. e restano comunque assicurati l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato. La questione di legittimit costituzionale sollevata in proposito da Muzio deve ritenersi irrilevante ai fini del decidere. Nella specie infatti, pacifico che gli atti sono stati messi a disposizione degli imputati sia pure tardivamente. L'eventuale dichiarazione di illegittimit conformemente all'orientamento giurisprudenziale, assolutamente prevalente, secondo il quale il requisito della specificit dei motivi di impugnazione pu dirsi sussistente solo se l'impugnazione sia idonea ad assolvere la sua specifica funzione di critica ed a consentire, conseguentemente, al giudice dell'impugnazione di esercitare il suo sindacato (Cass., I, 17 novembre 1993, Settecase, CED 196795), anche se attraverso un'esposizione sintetica dei motivi di censura (Cass., VI, 15 febbraio 1993, Barlow, CED 194536; Cass. VI, 19 novembre 1992, p.m. rn in e.De Michelis, CED 193466). ~ w Correttamente la Suprema Corte ha tenuto distinta la questione dell'ammissibilit ~~ dell'impugnazione del singolo ricorrente, da risolversi alla stregua del parametro fornito dall'art. m 581 codice procedura penale, in relazione alla critica specifica e necessariamente personale della t~:~= decisione impugnata da parte del ricorrente, da quella relativa all'operativit dell'effetto estensivo :: I I =~ dell'impugnazione, ex art. 587 codice procedura penale. ~ Tale effetto, infatti, opera indipendentemente dall'impugnazione dell'interessato; conseguentemente si riconosciuto il diritto del coimputato non impugnante ad ottenere l'estensione dei motivi non esclusivamente personali prospettati dagli impugnanti con separato r=~~. . J . . I :-:-::::;-:;-:.,,.,.,.,.,.,.,.,.Mf'.lii?*'''''':;:;:mrn'"''"''''"':-:::-::-::~=~1.:if"''::-:,.,.,.z.,....,.z.z.,.z.z",.,.,.z.z:z::::z"'iff.{'".,.,.z,,.z.z,,,.,."*"'"''"'""''"'""""."%IfiiJf'fJE'...,..-:::::"'Zllif~- ..w..w;& w::Atw1.11tw11Hdlw.lfkl'..wlftP~~$.IR?tll%t.. r.r1 :=Z~:~-::=..::J@~2"1k:::{~~::fi:=~=~::;ttx:.:::::-{i::::~l~~~if:~f::~fa:::~~~:{~=1@~~===--:::--;}?i.:::::::f:~~/4:::..._.::;::::::::::::::.:=fil"@-i:::.f~&~P:i::/:f&:~:=~=:M::::=::::.:-:=:.::;:::::::W& . _..;===~~==:ff PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 265 costituzionale dell'art. 416 codice procedura penale non potrebbe comunque estendersi alla fattispecie in esame, avendo potuto gli odierni ricorrenti prendere visione degli atti, dei quali stata dichiarata l'inutilizzabilit. Parimenti, non pu ravvisarsi alcuna ragione di invalidit dell'ordinanza che ha disposto il rito abbreviato. Se vero che al momento di tale provvedimento gli imputati avevano preso visione dei soli documenti depositati, sui quali avevano basato la loro scelta del rito e se anche vero che il pubblico ministero ha fatto richiesta di una successiva acquisizione di tutti gli atti concernenti le singole gare e dei contratti relativi (insieme ad altri atti pacificamente non necessari per la definizione del processo), anche vero che, con apposita ordinanza, il G.l.P. ha concesso a tutti gli imputati un congruo termine per il loro esame, con invito a prenderne visione e a dichiarare se intendessero o meno avvalersene ai fini della decisione. Dopo che nessuno degli imputati aveva formulato richiesta di revoca del provvedimento ammissivo del rito abbreviato e che la quasi totalit degli imputati aveva eccepito la nullit dell'ordinanza del G.I.P. e dichiarato che non intendeva avvalersi di tali documenti optando per la loro inutilizzabilit, lo stesso giudicante pronunciava nuova ordinanza con la quale la documentazione di che trattasi veniva dichiarata inutilizzabile nei confronti di tutti gli imputati che tale richiesta avevano formulato. Tali provvedimenti hanno ricondotto il giudizio abbreviato nell'alveo della legalit, essendo rimasta confermata la richiesta relativa sulla base degli atti originariamente allegati dal P.M. alla richiesta di rinvio a giudizio. (omissis). (omissis) 5. -In ordine ai reati di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, la Corte d'appello di Torino ha correttamente applicato le norme del codice penale come interpretate dalla pi recente giurisprudenza di questa Corte di cassazione (v. fra tutte: Cass., 1 febbraio 1993 [ud.], Cardillo ed altri) che ha ritenuto la sussistenza del delitto in questione quando il privato ed il pubblico ufficiale pongano in essere procedimento (Cass. VI, 14 marzo 1995, Sarmino, CED 200753) e ad impugnare la sentenza che abbia accolto motivi di gravame non esclusivamente personali, senza estendere i suoi effetti all'imputato non impugnante (Cass. VI, 17 maggio 1993 Khalifi, CED 194962). Tra le altre questioni processuali sollevate nel giudizio di legittimit conclusosi con la sentenza in esame merita di essere segnalata quella concernente la presunta invalidit dell'ordinanza con cui in primo grado era stato disposto il giudizio abbreviato, per omesso deposito da parte del P.M. di tutti gli atti di indagine unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio. La Corte di Cassazione, richiamata la propria giurisprudenza secondo la quale l'inosservanza dell'obbligo del P.M. di depositare tutti gli atti di indagine unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio comporta solo l'inutilizzabilit degli atti non trasmessi tempestivamente, ha rilevato che, avendo gli imputati avuto a disposizione un congruo termine per l'esame degli atti non tempestivamente depositati dal P.M ed essendo stata accolta la loro richiesta di non utilizzazione di tali atti, ha concluso che nel caso di specie non si determinata alcuna concreta lesione del diritto di difesa degli imputati, giudicati esclusivamente in base agli atti originariamente allegati alla richiesta di rinvio a giudizio. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STXI'O' 266 l'illecito accordo in una posizione di pari potere contrattuale a differenza di quanto avviene nel reato di concussione in cui il privato costretto o indotto a porre in essere l'illecita dazione o promessa per effetto della situazione di consapevole coartazione psichica conseguente alla prospettazione di un male minacciato (dallo stesso pubblico ufficiale) che il privato vuole evitare. 5.1 -Nella specie, vanno richiamate tutte le esatte argomentazioni della sentenza impugnata con le quali si sono messe in luce le condizioni che hanno permesso di ritenere la posizione assolutamente paritetica di Pareglio e di Pranz ai fini degli accordi sulle assegnazioni degli appalti sia per la soc. Edilvie sia per tutti gli altri imprenditori i quali, pur non avendo mai avuto contatti con il personaggio politico, hanno conseguito i loro vantaggi proprio per mezzo di accordi con Pareglio, divenuto il loro interlocutore, avvalendosi della sua posizione nei riguardi del Presidente della Provincia. 5.2. -Quasi tutti i ricorrenti hanno sostenuto che nel caso avrebbe dovuto ravvisarsi la sola responsabilit di Pranz per il reato di concussione. Molti hanno posto in luce come, per la consumazione di tale reato, quest'ultimo si fosse avvalso di Pareglio quale sua longa manus o nuncius. Alcuni si sono semplicemente riferiti al concetto di concussione delineato nel codice penale; molti hanno fatto ricorso al concetto di concussione ambientale. Tutte tali tesi non possono essere condivise per le seguenti ragioni. Anzitutto, Pareglio non era concusso da Pranz: si detto del rapporto paritetico tra i due e come il coordinatore del gruppo fosse il primo soggetto a trarre vantaggi illeciti dalla situazione conseguendo appalti per la societ da lui amministrata. Che, poi, Pareglio assumesse oltre alla qualit di corruttore nei confronti di Pranz anche quella di nuncius di quest'ultimo nell'esercizio della concussione escluso non dal fatto che mancava un contatto diretto tra Pranz e gli altri imprenditori diversi dal Pareglio, perch sicuro che la concussione pu anche essere esercitata per interposta persona (v. Cass., 10 novembre 1972 [ud.], Raheli), ma perch i fatti si sono svolti nell'arco di tredici anni, ripetendosi moltissime volte per tutti gli odierni ricorrenti e non slo non dimostrato ma non comunque interessante notare che nel testo della motivazione della sentenza stato utilizzato il concetto di concussione ambientale che ha visto i suoi natali nel linguaggio giornalistico e politico-giudiziario nel pieno dell'inchiesta in materia di reati contro la pubblica amministrazione conosciuta alle cronache con il nome di mani pulite. Giustamente la Corte di Cassazione ha escluso, in omaggio al principio di stretta legalit vigente in materia penale, che la fattispecie evocata da tale locuzione sia riconducibile al reato di concussione, tutte le volte in cui -come, secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, avvenuto nel caso di specie -l'imprenditore privato si inserisca attivamente in un sistema nel quale la pratica della tangente e il mercanteggiamento dei pubblici poteri siano dati costanti e contribuisca permanentemente ad alimentarlo nell'ottica dell'asservimento dei pubblici poteri ad interessi privati in cambio di compensi illeciti. In situazioni del genere manca completamente nel privato lo stato di soggezione indispensabile perch si possa configurare il reato di concussione. Precedentemente la Corte di PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 267 neppure ipotizzabile, proprio per la diluizione temporale dei fatti stessi, che per ciascuna gara ogni ricorrente si sia trovato, di volta in volta, nello stato di soggezione tipico della vittima della concussione, che mira ad evitare il male maggiore del taglieggiamento conseguentemente all'abuso del pubblico ufficiale anzich quello del privato che intenda trarre vantaggi illeciti dalla situazione. 5.3. -Per superare tale difficolt si fatto ricorso al concetto di concussione ambientaie ma tale tesi, allo stato della legislazione, non sostenibile, in quanto la fattispecie ipotizzata non pu rientrare nella norma del codice penale che prevede il reato di concussione, come la dottrina e la giurisprudenza di questa Corte hanno gi avuto occasione di affermare nonostante il dibattito sul tema sia alquanto recente (v. Cass., 26 marzo 1996 [ud.] Garbato ed altri). Quando, infatti, il privato si inserisca in un sistema nel quale il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della tangente sia costante, permanentemente alimentandolo ed assicurandogli la linfa necessaria per sopravvivere ed anzi crescere, manca completamente in lui lo stato di soggezione, indispensabile per la configurazione della concussione, perch non pu ritenersi vittima degli abusi dei rappresentanti dei pubblici poteri. Al contrario, in tale situazione il privato mira ad assicurarsi vantaggi illeciti (nella specie: aggiudicazione di gare sistematicamente al di fuori degli schemi del perseguimento dell'interesse pubblico, e, al contrario, nell'ottica dell'asservimento dei pubblici poteri agli interessi privati in cambio di compensi illeciti), approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch'egli protagonista del sistema. Viene, in altri termini, a mancare l'azione di prevaricazione, di sopruso e di taglieggiamento del pubblico ufficiale, capace di determinare nella vittima uno stato di soggezione, tipico del reato di concussione. (omissis). (omissis) 6. -Con riferimento al reato di associazione per delinquere, pi di un ricorrente ne ha prospettato la mancanza degli estremi quale inevitabile conseguenza dell'inesistenza dei reati di corruzione. Ritenuta,. peraltro, la consumazione di questi ultimi reati cade il presupposto stesso della censura. Cassazione aveva affermato, per, che la predisposizione di rilevanti risorse finanziarie da parte di un'imprenditore per la costituzione di fondi neri destinati a retribuire illeciti favori da parte di pubblici funzionari non esclude di per s la possibilit di configurare il reato di concussione, come si legge in Cass. sez VI, 6 dicembre 1994, Nicolazzi. Tra gli altri delitti contestati agli imputati figura anche quello di associazione a delinquere. La Suprema Corte, in conformit alla propria giurisprudenza prevalente in materia, ha confermato la sussistenza nel caso concreto di tale reato, pur in mancanza di una vera e propria organizzazione con gerarchie interne e distribuzione di cariche, ritenendo sufficiente l'esistenza di un vincolo associativo non circoscritto a determinati delitti, ma esteso ad un generico programma delittuoso (affectio societatis); in senso conforme orientata anche la giurisprudenza pi recente: cfr. Cass. sez.VI, 25 settembre 1998, Villani ed altri. M.G. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 268 6.1. -Del tutto privi di pregio sono, poi, i motivi di ricorso con i quali si sostiene che mancherebbe, nella specie, l'accordo associativo, ovvero che, non essendo stata accertata, caso per caso, la responsabilit degli imputati con riferimento alle singole gare, difetterebbe la prova della finalit delittuosa che i ricorrenti si sarebbero proposta. Nella motivazione della sentenza dei giudici torinesi si mette, correttamente, in chiara evidenza come fosse stato posto in essere tra gli aderenti al cartello un accordo generale (nel quale si concretizzava il pactum sceleris) con effetti permanenti, per il sistematico, illecito conseguimento degli appalti; come, inoltre, tale accordo fosse destinato a concretizzarsi progressivamente, di anno in anno, in relazione al programma di esecuzione dei lavori di cui il Pareglio veniva preventivamente a conoscenza; come, in tal modo, la finalit del sodalizio criminoso fosse ravvisabile nel mantenimento del monopolio, a tempo indeterminato, degli appalti stradali della Provincia e, al contempo, nella realizzazione di un progetto spartitorio in forza del quale ciascun appalto doveva venire assegnato -ed in concreto lo era -, in cambio della tangente, non all'impresa che assicurasse l'offerta pi vantaggiosa in una libera competizione concorrenziale, bens all'impresa la cui sede fosse la pi vicina al luogo dei lavori, cos sistematicamente turbando le gare, senza che fosse assolutamente necessario accertare gara per gara quale fosse il meccanismo di alterazione delle offerte, posto che era stata conseguita la prova, in generale, che il regime instaurato era fondato sul meccanismo degli inviti e delle esclusioni discrezionali e sulla tecnica degli accordi preventivi sui ribassi da praticare (nella specie l'affectio societatis era prevalentemente caratterizzata dal fatto che ciascun aderente era impegnato a non intervenire, o ad intervenire pro forma, con ribassi pilotati, nelle gare per le quali non era il vincitore predestinato). 6.2. -Ma sono parimenti infondati i motivi che, partendo dal presupposto della indispensabilit dei requisiti della struttura associativa e della predisposizione dei mezzi per la configurazione giuridica del reato in esame, profilano la mancanza, nel caso di specie, di tali essenziali condizioni. Per vero, la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte da sempre orientata nel ritenere che per la configurabilit del delitto di associazione per delinquere non sia necessaria una vera e propria organizzazione con gerarchie interne e distribuzione di cariche, essendo sufficiente l'esistenza di un vincolo associativo non circoscritto a determinati delitti ma esteso ad un generico programma delittuoso (affectio societatis) (Cass., 1 giugno 1983 [ud.], Romeo, Cass., 25 maggio 1990 [ud.], Sorn; Cass., 11marzo1992 [ud.], Piastrelloni ed altri). Tale orientamento merita di essere confermato anche nella specie, nella quale i giudici di merito hanno fornito ampia e convincente motivazione sull'esistenza del patto criminoso idoneo a dar vita al reato contestato, la cui pericolosit per l'ordine pubblico si manifesta, a differenza del concorso nel reato continuato, proprio per l'indeterminatezza della sua durata. Non pu, tuttavia, farsi a meno di rilevare che anche a volere -in ipotesi aderire alla tesi dottrinaria che richiede la necessaria sussistenza di una struttura organizzativa, si dovrebbe pur sempre ritenere che tale struttura associativa non ' 1~j~ r ~l! p !~. f' l:j~ r PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 269 potrebbe prescindere da un giudizio di adeguatezza al tipo di reati ricompresi nel pactum sceleris, richiedendosi substrati pi o meno complessi a seconda del tipo dei delitti-scopo progettati. Non potrebbe allora non convenirsi sulla elementarit o rudimentalit della organizzazione necessaria nel caso di specie per la natura .stessa dei delitti oggetto del programma criminoso, riducendosi l'organizzazione ai soli aspetti riguardanti, per cos dire, la vita dell'associazione in s considerata, quali, fondamentalmente, la fissazione dell'entit e delle modalit dei conferimenti per il raggiungimento degli scopi criminosi (denari necessari per la corruzione, di volta in volta raccolti dal Pareglio dai vari associati per essere consegnati al Pranz dopo l'assegnazione dell'appalto); la definizione e la spartizione dei compiti (assegnazione degli appalti da parte dell'amministratore provinciale; coordinamento del gruppo con indicazione dei lavori da. assegnare da parte di Pare gli o); la fissazione di riunioni con cadenze periodiche ai fini deliberativi (adunanze annuali per gli accordi sull'attribuzione dei singoli appalti e sui ribassi da praticare). (omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, sez. VI, 16 novembre 1998 n. 3658 -Pres. D'Asaro Est. Garriba -P.M. Fraticelli (conf.) -imp. Carlutti ed altri (avv. Stato Lancia). Giudizio penale -Decreto di rinvio a giudizio -Modificazione del capo di imputazione da parte del GUP -Abnormit -Non sussiste -Difformit fra dispositivo e motivazione -Inapplicabilit dell'art. 456 c.p.p, a decreti ed ordinanze. (c.p.p. artt. 429, 456, 423, 516) Non abnorme ilprovvedimento con il quale il giudice dell'udienza preliminare modifica il titolo del reato contestato dal Pubblico Ministero nella richiesta di rinvio a giudizio, fermo restando l'autonomo potere di quest'ultimo di modificare il fatto contestato e di procedere alla nuova contestazione, quando il fatto risulti diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio. La norma prevista dall'art. 456 c.p.p., per la quale in caso di difformit il dispositivo prevale sulla motivazione, opera soltanto per la sentenza e non anche nei confronti dell'ordinanza o del decreto, per i quali non prevista una specifica forma.(l) (1-2) Due sentenze indubbiamente corrette, sbrigativa la prima sulla esclusione della abnormit del provvedimento (e d'altro canto, tanto palese essendo il legittimo esercizio del potere da parte del GUP non era necessario dilungarsi ), pi interessilnte la seconda, nella individuazione dei requisiti del provvedimento abnorme. La Cassazione infatti non richiede soltanto che questo sia tale da porsi al di fuori dell'ordinamento giuridico, ma altres che esso determini una stasi del procedimento non altrimenti eliminabile che con l'intervento di una sentenza di annullamento della Corte di legittimit, con ci confermando il suo precedente indirizzo. La Corte Suprema infatti (VI, 13.10.1995 n. 3124 imp. D'Amato) aveva affermato che il decreto di rinvio a giudizio provvedimento inoppugnabile n sussiste la possibilit di una censurabilit come atto abnorme neppure se emesso in presenza di eventuale precedente giudicato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 270 II CORTE DI CASSAZIONE, sez. VI, 24 novembre 1998 n. 3746 -Pres. D'Asaro Est. Di Virginio -P.M. Fraticelli ( parz.conf.) ~ imp. De Mita (avv. Stato Macaluso). Giudizio penale -Dichiarazione di incompetenza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 491 c.p.p. -Abnormit -Requisiti -Insussistenza Inoppugnabilit della sentenza. (c.p.p. art. 491, 568) Le sentenze sulla competenza sono inoppugnabili, salvo che ricorra un'ipotesi di abnormit, non sussistente nel caso di specie, in cui non si determinata una stasi del procedimento tale da non essere altrimenti eliminabile che con l'intervento rescindente della Cassazione.(2) I (omissis) I Con decreto emesso in data 6 ottobre 1997 ai sensi dell'art 429 cod. proc. pen., il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste, dopo avere osservato, in motivazione, che il fatto ascritto agli imputati integrava il reato di corruzione per I atti conformi ai doveri d'ufficio (art. 318 cod.pen.), anzich, come contestato dal r: pubblico ministero, per atti contrari (art. 319 cod.pen.), disponeva il rinvio a giudizio di Clausi Schettini Corrado e Carlutti Carlo per i reati di cui all'allegato I capo di imputazione (Id est per i capi d'imputazione cos come formulati dal pubblico ministero) Avverso detto decreto ricorre per cassazione il pubblico ministero, il quale, I rilevato che in calce ai capi d'imputazione riportati nell'epigrafe del provvedimento era stata aggiunta, ad opera del collaboratore di cancelleria, la postilla che il giudice I per le indagini preliminari con provvedimento emesso all'udienza preliminare del 6 ~ ~ I Atto abnorme invero non solo quello rispondente . ad alcuno schema processuale, ma altres & quello che non pu essere rimosso dalla realt giuridica senza la denuncia della sua abnormit; l'ipotesi del bis in idem invece, pur nella sua patologia processuale, non pu dunque considerarsi tale in quanto pi volte considerata dal legislatore che ne ha previsto i rimedi nelle varie fasi processuali, se del caso, addirittura in sede di esecuzione, dettando una serie di norme che disciplinano la riproponibilit di un secondo giudizio, i casi di proscioglimento o di non luogo a procedere e quelli di revoca delle sentenze. Per converso ed esattamente con altra sentenza la Cassazione (I, 31.1.1996 n. 5789 imp. Garganelli) aveva statuito che il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 521, comma secondo, cod. proc. pen., per la ritenuta, inesatta indicazione della norma incriminatrice, da considerare erroneo, ma non abnorme, ed pertanto sottratto, in assenza di specifico mezzo di gravame, ad ogni possibilit di impugnazione. (Nella specie, la restituzione degli atti era stata disposta in quanto essendo stato l'imputato tratto a giudizio per rispondere del reato di contravvenzione al foglio di via obbligatorio, previsto dall'art. 2 della Legge n. 1423/56, detta legge era stata erroneamente indicata come legge n. 1423/86). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE ottobre 1997 ... ha disposto la qualificazione della condotta ex art. 318 cod. pen., denuncia l'abnormit dell'atto, assumendo che l'opinione del giudice per le indagini preliminari sulla diversa qualificazione giuridica del fatto era rimasta senza effetto, perch il dispositivo non ne faceva menzione n essa poteva essere esplicitata mediante l'integrazione della cancelleria; comunque -prosegue il ricorrente -il decreto abnorme, perch il giudice dell'udienza preliminare non ha il potere n di modificare il fatto contestato n di dare allo stesso una diversa definizione giuridica. 2.-Premesso che il principio, desunto dall'art. 456 cod. proc. pen., secondo cui, in caso di difformit, il dispositivo prevale sulla motivazione opera soltanto per la sentenza e non trova invece applicazione nei confronti dell'ordinanza o del decreto, non essendo prevista per questi provvedimenti una specifica forma, cosicch la relativa motivazione adempie una funzione di chiarificazione e integrazione della decisione adottata dal giudice, si osserva che, nella fattispecie in esame, l'estesa motivazione -peraltro letta in udienza -circa la conformit ai doveri d'ufficio degli atti da compiere o compiuti dietro la promessa o la dazione dell'indebita retribuzione, non pu non riflettersi sulla contestuale decisione di rinvio a giudizio, che necessariamente ingloba la nuova qualificazione giuridica. Chiarito cos che l'impugnato decreto, a prescindere dalla nota esplicativa apposta dalla cancelleria (che, superfluo dirlo, nulla pu aggiungere o togliere al provvedimento del giudice), ha modificato il titolo del reato contestato dal pubblico ministero nella richiesta di rinvio a giudizio, si ricorda che -contrariamente all'opinione del ricorrente -il giudice, in ogni fase e grado del procedimento, ha il potere-dovere di attribuire al fatto per cui si procede l'esatta qualificazione giuridica, senza che ci incida sull'autonomo potere, riservato in via esclusiva al pubblico ministero, di modificare il fatto contestato e di procedere alla nuova contestazione quando il fatto risulti diverso da come descritto nell'imputazione (art. 423 cod. proc. pen.) o da come descritto nel decreto che dispone il giudizio (art. 516 cod. proc. pen.). Ci stato affermato dalla giurisprudenza sia della Corte costituzionale (sentenza 11 luglio 1991 n. 347) sia di questa Corte di legittimit (Sez.Unite, 19 giugno 1996, Di Francesco; Sez. VI, 29 gennaio 1996, n. 548, Verde). Ne consegue che il decreto impugnato, essendo stato emesso dal giudice per le indagini preliminari nel legittimo esercizio del potere attribuitogli dall'ordinamento processuale, non affatto abnorme. Pertanto il ricorso del pubblico ministero, siccome proposto avverso provvedimento inoppugnabile, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 591, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. (omissis) II (omissis) Ricorre De Mita Michele avverso sentenza in data 15 aprile 1998 con la quale il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi ha dichiarato la propria incompetenza territoriale in ordine al reato di abuso d'ufficio e ad altri reati ascrittigli in concorso con altre persone. Il ricorrente deduce l'abnormit del provvedimento, per essere stato adottato oltre il termine perentorio di cui all'art. 491 c. 1 c.p.p.; e dopo che la RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO. relativa eccezione era stata gi sollevata e disattesa dal collegio, in diversa composizione, in sede di atti preliminari al dibattimento. Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso. Il ricorrente ha depositato una memoria con la quale contesta le argomentazioni poste alla base della richiesta ed insiste per l'annullamento della sentenza. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non essendo le sentenze sulla competenza impugnabili, il gravame sarebbe ammesso nel solo caso in cui quella in argomento fosse qualificabile come provvedimento abnorme, cos come sostiene il ricorrente; ma ci deve essere escluso per diverse ragioni. Abnorme , in primo luogo, il provvedimento non gi semplicemente erroneo, ma tale da porsi completamente al di fuori dell'ordinamento giuridico e da determinare una stasi del procedimento non altrimenti eliminabile che con l'intervento rescindente di questa Corte. Una situazione del genere non ricorre manifestamente nel caso in esame poich la dichiarazione di incompetenza territoriale, oltre a non determinare alcuna stasi del procedimento (destinato a proseguire davanti al giudice indicato come competente), pu sempre essere posta in discussione attraverso l'elevazione di conflitto da parte del giudice che a sua volta si ritenga incompetente, a ci eventualmente sollecitato dalla parte interessata. In secondo luogo, come osserva il P.G., la questione non stata affatto proposta tardivamente perch, dopo il mutamento della composizione del collegio giudicante, il procedimento era regredito nella fase degli atti preliminari al dibattimento, destinata tra laltro alla trattazione delle questioni concernenti la competenza per territorio; e per l'appunto in questa fase la questione stata di nuovo proposta. Non pu condividersi la tesi, sviluppata nella memoria aggiuntiva del ricorrente, secondo cui sarebbe necessario distinguere tra atti da compiersi subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti ed ulteriore fase preliminare al dibattimento, durante la quale sarebbe ormai precluso l'esame delle questioni di cui all'art. 491 e.I c.p.p., perch il mutamento intervenuto nella composizione del collegio aveva riportato il procedimento nella fase prevista da tale norma e rendeva quindi ammissibile la proposizione di tutte le questioni da essa previste. Da ultimo, come osserva ancora il P.G., il predetto limite temporale riguarderebbe esclusivamente, in ogni caso, la proponibilit della questione; e non osterebbe a che questa, ammissibile perch tempestivamente proposta (come nel caso), venisse eventualmente decisa, nel corso del dibattimento o all'esito dello stesso, in senso difforme a quella originale, non potendo la preclusione alla ulteriore deducibilit essere impeditiva del potere del giudice di apprezzare liberamente tutti gli elementi necessari alla propria decisione, ivi comprese le questioni attinenti alla competenza. Escluso il profilo dell'abnormit, la sentenza non pu ritenersi soggetta ad impugnazione, per l'esclusione espressa contenuta nel secondo comma dell'art. 568 c. p. (omissis) I I I . I l l iili , PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE 273 CORTE DI CASSAZIONE, sez. VI, 13 aprile 1999 n. 751 -Pres. Pisanti -Est. Albamonte -P.M. Febbraro (diff.)-imp. Diego Curt ed altri (avv. Stato N. Bruni). Giudizio penale -Reati commessi da magistrati -Persona offesa -Non il Ministero di Grazia e Giustizia. (Cost. art. 110 ; c.p. art. 185, 319 e 379) Nella corruzione commessa nell'esercizio di funzioni giurisdizionali l'offesa inerente alla violazione della funzione giustizia che viene amministrata in nome del popolo e che deve essere improntata ad imparzialit ed indipendenza nel/' ambito delle quali assurge a giuridica rilevanza il correlato interesse collettivo da tutelare. Tale interesse non pu essere rappresentato dal Ministro della Giustizia, cui va riconosciuta soltanto la legittimazione all'azione di risarcimento dei danni che offendono la sua sfera istituzionale attinente al mero funzionamento dei servizi e all'organizzazione, compresa quella del personale ausiliario.(l) (omissis) A questo punto rimane da esaminare il motivo concernente le statuizioni in favore della parte civile, Ministro della Giustizia. Le sentenze di primo e di secondo grado hanno riconosciuto il diritto del Ministro al risarcimento del danno, quale soggetto esponenziale della collettivit dei cittadini, offesa nell'interesse all'indipendenza ed imparzialit della funzione giudiziaria. E ci, in quanto, secondo la Corte di Appello, il Ministro rappresenta il centro di riferimento pi ampio e compresivo degli interessi statali nel settore specifico demandato alla sua compentenza, fra cui, come noto (art. 110 Cost.), la organizzazione ed il funzionamento dei servizi della giustizia. Ad avviso di questa Corte il suddetto assunto giuridicamente (e doppiamente) erroneo. erroneo, innanzi tutto, perch identifica l' organizzazione ed il funzionamento dei servizi, materia che spetta al Ministro della Giustizia (art. 110 Cost.), con la funzione giurisdizionale, cio confonde le strutture serventi e l'amministrazione con la funzione affidata ai magistrati, e deve essere esercitata con imparzialit ed indipendenza. Non a caso l'art. 110 Cost. posto a chiusura della Sezione I, del Titolo IV della Costituzione, le cui norme prevedono le guarentigie dell' Ordinamento giurisdizionale, alla cui salvaguardia posto il Consiglio Superiore della (1) La sentenza della Cassazione che si annota da condividere per l'esatta distinzione fra funzione giurisdizionale e l'organizzazione e le strutture che consentono l'esercizio di quella, con la conseguente necessaria -in ossequio al principio della divisione dei poteri -dichiarazione di estraneit del Ministro della Giustizia all'esercizio della funzione giurisdizionale. Puntuali sono i riferimenti alle normative che individuano nel Presidente del Consiglio dei Ministri il titolare dell'interesse leso dal cattivo esercizio delle funzioni giudiziarie ed a questi pertanto attribuiscono la qualit di persona offesa e la legittimazione alla costituzione di parte civile, cos come dispone la richiamata legge 13.4.1988 n. 117. P.d.T. RASSEGNA AVVOCA1URA DELLO STATO 274 Magistratura. Ora l'art. 110 attiene a quanto strumentale allo svolgimento della funzione, ed attribuisce al Ministro poteri, ma anche le relative responsabilit politiche, per assicurare efficacia ed efficienza all'amministrazione servente. E che il Ministro della Giustizia sia estraneo all'esercizio della funzione risulta anche dalle norme sull'ordinamento giudiziario, e trova conferma, in ultimo, dalla legge 13 aprile 1988 n. 117, relativa al Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilit civile dei magistrati. Nella suddetta legge, difatti, la legittimazione passiva nell'azione di risarcimento viene riferita, non casualmente, al Presidente del Consiglio dei Ministri, proprio perch il relativo danno attiene all'esercizio delle funzioni giudiziarie. Ma, l'assunto della Corte errato anche laddove -in termini generali definisce il Ministro come centro di riferimento dell'interesse della collettivit all'esercizio imparziale ed indipendente della funzione giurisdizionale. Ora, essendo il suddetto interesse riferito alla collettivit, di esso non pu essere esponenziale un'entit organizzativa dello Stato-apparato, quale il Ministro della Giustizia, ma solo il soggetto che rappresenta la sintesi politica e di governo dello Stato-comunit, cio il Presidente del Consiglio dei Ministri. E cio in quanto costituzionalmente dotato della capacit di interpretare e di rappresentare, quindi, l'interesse nella sua completezza ed organicit per la sua tutela nell'istanza giudiziaria. Al Ministro della Giustizia va riconosciuta, invece, la legittimazione all'azione di risarcimento di quei danni che offendono la sua sfera istituzionale, attinente come si diceva -al funzionamento dei servizi ed all'organizzazione, comprensiva -s'intende -del personale ausiliario. Ma, nella corruzione commessa nell'esercizio della funzione giudiziaria, l'offesa (suscettibile di risarcimento) inerente alla violazione della base ordinamentale, e prima ancora costituzionale, della funzione giustizia, che viene amministrata in nome del popolo, e che deve essere improntata ad imparzialit ed indipendenza: termini questi sui quali e nell'ambito dei quali assurge a giuridica rilevanza il correlato interesse collettivo da tutelare (quanto alla natura dell'interesse collettivo ed a sua rappresentanza in giudizio: Cass. sez. un., 21 maggio 1988, lori). Appare, allora, del tutto evidente che non solo il suddetto interesse non pu dirsi rappresentato dal Ministro, ma la dimensione e la qualit di tale interesse trascendono la stessa sfera (istituzionale) di apprezzamento del Ministro. Pertanto, va annullata l'impugnata sentenza in ordine alle statuizioni in favore della parte civile. (omissis) PARTE SECONDA DOTTRINA Il regime dell'affidamento dei lavori pubblici a trattativa privata dopo la Merloni-ter (*) L'approvazione della Merloni-ter offre lo spunto per qualche riflessione sull'affidamento dei lavori pubblici a trattativa privata e sull'attuale assetto della materia. La nuova normativa ha inciso sulla precedente legge quadro con le disposizioni di cui all'art. 9 nn. da 36 a 40, che introducono modifiche all'art. 24 della legge, per il resto inalterato. Si inteso, in termini generali, apportare talune correzioni preordinate al superamento di difficolt esegetiche insorte in relazione alla previgente normativa, della quale risulta, peraltro, in ogni senso confermato lo spirito inteso alla incisiva limitazione dei casi di eccezionale ricorso a tale sistema di scelta del contraente e alla razionalizzazione delle procedure, nella direzione della massima trasparenza. noto, infatti, che il ricorso alla trattativa privata, siccome caratterizzato da un ampio margine di discrezionalit e di libert di scelta in capo alla stazione appaltante ed idoneo come tale a prospettare ampie possibilit elusive del ben pi garantistico meccanismo della gara o della licitazione, visto con progressivo disfavore dal legislatore, che ha: a) da un lato inteso limitare i casi in cui lo stesso risulta ammissibile e b) dall'altro ha comunque procedimentalizzato (a fini di evidenza pubblica in senso ampio) la fattispecie contrattuale in discorso nell'ottica del massimo di trasparenza. In tale intento limitativo la legge stata, come ben noto, aiutata dall'opera della giurisprudenza, che ha finito per elaborare un nutrito corpus di regole pretorie finalizzato a rendere giustiziabili le ipotesi di scelta a trattativa privata, da ultimo disegnando un'ampia legittimazione ad agire a fini di censurare il ricorso lesivo a tale meccanismo di affidamento. Scopo di queste sintetiche osservazioni , peraltro, solo quello di dare conto delle modifiche normative di cui dicevo in premessa, senza pretesa di completezza di analisi, che occorre lasciare alla successiva elaborazione teorica e pratica. Ebbene, l'art. 24 della Merloni prevede, al primo comma, che l'affidamento a trattativa privata ammesso per i soli appalti pubblici ed esclusivamente nei casi analiticamente individuati. pacifico anzitutto che il sistema in esame non possa essere adottato per le concessioni di lavori pubblici, le quali sono giustificatamente guardate con evidente (*)Le recenti modifiche introdotte dalla c.d. Merloni-ter (legge 18 novembre 1998, n. 415) rendono di particolare attualit le interpretazioni del tema, trattato nella relazione predisposta dall'avvocato Giuseppe ALBANO per il Convegno di Campobasso del 28-29 maggio 1999 su La legge quadro sui Lavori Pubblici e che qui si pubblica. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 4 disfavore: premesso che -sulla scorta delle limitazioni di cui all'art. 19, pur dopo le significative modifiche di nuova introduzione -non sono pi ammesse concessioni se non nella forma delle concessioni di costruzione e gestione (essendo in particolare vietate le concessioni di sola costruzione e le concessioni di committenza), altres previsto all'art. 20, comma 2 che tali concessioni siano affidate (esclusivamente) mediante licitazione privata, laddove la trattativa privata riservata all' appalto e per di pi esclusivamente nel casi e secondo le modalit di cui alla presente legge (art. 20, comma 3). Ne discende -come concordemente si riconosce -che i casi in cui ammessa, per l'appalto, la trattativa privata devono ritenersi tassativi e non suscettibili di applicazione analogica, anche perch costituiscono eccezione al principio generale della massima concorrenza. Si pone, sotto questo profilo, la prima significativa questione: se il tenore testuale della norma sia tale da escludere, per implicita abrogazione, le ipotesi previste, per i lavori superiori alla soglia minima comunitaria, dal decreto legislativo 406 del 1991. Al riguardo si contrappongono due tesi: ~ 1) secondo alcuni, la legge 109/94, come successivamente modificata, si applicherebbe solo ai lavori sottosoglia, mentre negli altri casi il ricorso alla tratta I tiva privata risulterebbe ammesso nei meno restrittivi limiti di cui .ali' art. 9 decreto i ~ legislativo 406/91, di recepimento della direttiva comunitaria in materia; 2) secondo altri, gli appalti, anche soprasoglia, possono essere affidati a trattativa privata solo nei casi di cui ali' art. 24 in esame, che avrebbe tacitamente abro I I rJgato in parte qua il decreto legislativo 406/91. i:= Per quest'ultima soluzione, evidentemente ispirata a criteri di maggior rigore, militano taluni argomenti di indubbio rilievo, che si possono sintetizzare nei seguenti punti: 1) la Merloni una legge-quadro, le cui disposizioni contengono regole di principio di applicazione generale: tale legge, ai ricordati artt. 20 e 24, afferma I espressamente la tassativit e l'esclusivit dei casi di ricorso alla trattativa privata; 2) nessuna norma della legge limita l'applicabilit della stessa agli appalti di I importo inferiore alla soglia comunitaria; in particolare, la modifica dell'art. 24 lett. b) operata gi con la Merloni-bis e l'espunzione del riferimento ivi previsto agli appalti sottosoglia ha eliminato un utile, seppur certo non univoco, appiglio testuale a favore della contraria tesi; I 3) costituisce principio generale -fatto proprio dalla Corte costituzionale ~ I ::a :; con la sentenza n. 482/95 -quello che il legislatore nazionale possa fissare norme fil' per la partecipazione alle gare pi ristrette e rigorose di quelle scolpite dalla normativa comunitaria, stante che la trattativa privata contrasta in linea di principio con il generale precetto di tutela della concorrenza. Nel senso della implicita abrogazione dell'art. 9 decreto legislativo 406/91 (e dunque nel senso che la legislazione italiana sia complessivamente pi rigorosa . I r:: ' m ill .:ᥥ1111l111111rrt. PARTE Il, DOITRINA della base minima comunitariamente imposta per il lecito ricorso alla trattativa privata) si sono pronunciati, oltre a parte della dottrina: a) la Presidenza del Consiglio dei Ministri, all'art. 11.3 della direttiva 29 aprile 1994; b) il Consiglio di Stato in sede consultiva, (sez. II, 30 maggio 1994, n. 482), in un parere reso su uno schema di contratto predisposto dal Ministero dei Trasporti; c) la richiamata Corte Costituzionale (n. 482/95), la quale ha escluso -in una controversia azionata dalla Regione Emilia Romagna -che la Merloni sia in contrasto con la Costituzione nella parte in cui pone restrizioni maggiori rispetto a quelle pretese dalla normazione comunitaria; d) il Ministero dei Lavori pubblici, con la circolare 7 ottobre 1996 n. 4488/UL, nella parte in cui ha chiarito che l'art. 7 dell'art. 24 in discorso, nella parte in cui consente il ricorso alla trattativa privata per l'affidamento di lotti successivi appartenenti alla medesima opera purch il primo lotto funzionale sia stato aggiudicato mediante gara, debba interpretarsi come riferito alle opere aggiudicate anteriormente al 3 giugno 1995, data di entrata in vigore della nuova normativa portata dalla legge quadro, proprio in considerazione della ribadita eccezionalit dell'ipotesi rispetto ai casi tassativi di cui al primo comma dello stesso art. 24; e) implicitamente la Corte dei Conti (sezione controlli, III Collegio, delibera n. 8198 del 18 giugno 1998) in sede di Relazione sulla gestione dei lavoripubblici da parte delle Amministrazioni dello Stato relativa agli esercizi 1995-97, laddove ha incidentalmente affermato che la disciplina comunitaria non fa venir meno la competenza normativa dei legislatore italiano, la quale pu legittimamente esplicarsi in modo difforme laddove sia volta a perseguire, magari in maniera pi rigorosa, i valori tutelati a livello comunitario, tra cui quello della massima espansione del principio di concorrenzialit; f) da ultimo, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. V, 18 settembre 1998, n. 1312), che ha a chiare lettere precisato che in materia di trattativa privata la legge 109/94 ha implicitamente abrogato la precedente normativa relativa alle ipotesi in cui essa era consentita. La tesi della implicita abrogazione del decreto legislativo 406/91 -pur cos argomentata -non da tutti condivisa. In senso contrario si sostenuto che: 1) lo stesso art. 24, al comma 8, effettuava un richiamo ali' art. 9 del detto decreto legislativo, nella parte in cui disponeva che l'interferenza tecnica o di altro tipo non rientrasse, per diritto nazionale, tra le ipotesi comunitarie di trattativa privata, imponendo il meccanismo della risoluzione automatica e del contestuale affidamento congiunto dei lavori interferenti con quelli interferiti: tale richiamo era da intendersi quale sintomatico della perdurante validit ed operativit della disposizione richiamata; 2) la legge Merloni non ha espressamente abrogato il decreto legislativo 406/91: sicch l'art.9 decreto legislativo 406/91, in riferimento agli appalti soprasoglia, essendo recettivo di una direttiva comunitaria, deve in difetto di espressa abrogazione per principio considerarsi comunque prevalente sulla normativa comunitaria. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO s1~m 6 Entrambe queste motivazioni sono, peraltro, oggi venute meno, giacch: 1) la Merloni-ter ha espressamente abrogato il comma 8 dell'articolo in parola, che quindi non reca pi il valorizzato appiglio testuale; 2) la direttiva C.E.E. n. 89/440, poi recepita con il decreto legislativo 406/91, stata da ultimo coordinata e trasfusa nella nuova direttiva n. 93/97, peraltro non ancora recepita dal legislatore nazionale con apposita normativa. Non mancato, peraltro, chi ha continuato a sostenere, pur dopo le descritte vicende, la tesi della perdurante validit delle ipotesi di trattativa privata di matrice comunitaria, argomentando nel senso che: 1) dal punto di vista ermeneutico, l'espressa abrogazione del comma 8 dell'art. 24 ha solo eliminato un appiglio testuale, ma ha lasciato sostanzialmente irrisolto il problema della ammissibilit del ricorso alla trattativa privata nei casi di interferenza tecnica o di altro genere: in altri termini, pu legittimamente argomentarsi nel senso che l'intento del legislatore della Merloni-ter fosse semplicemente quello di eliminare il criticato meccanismo della risoluzione di diritto, non quello di prendere posizione sulla ammissibilit del ricorso alle ipotesi di trattativa privata di cui all'art. 9 del pi volte richiamato decreto legislativo; anzi, non si mancato di osservare che il silenzio sul punto sia in certo modo suscettibile di aperta censura; 2) dal punto di vista normativo, la direttiva n. 93/97, ancorch non recepita, da ritenersi autoesecutiva in virt del suo carattere dettagliato: posto che tale direttiva contempla all'art. 7 il ricorso alla trattativa privata negli stessi termini delle direttive precedenti, essa deve ritenersi applicabile in via immediata e diretta in virt del principio della prevalenza del diritto comunitario su quello interno e del conseguente obbligo di automatica disapplicazione della normativa interna difforme; 3) dal punto di vista sistematico, andrebbe considerato che nell'ambito delle direttive comunitarie e della normativa interna di recepimento esiste una certa omogeneit dei casi di utilizzo della trattativa privata, preceduta o meno da bando, negli appalti pubblici di lavori (art. 9 decreto legislativo 407/91), di forniture (art. 9 decreto legislativo 358/92), di servizi (art. 7 decreto legislativo 157/95) e nei settori esclusi (art. 13 decreto legislativo 158/95): tale omogeneit verrebbe implausibilmente spezzata ove si espungesse, per la prospettata via interpretativa, l'ipotesi dei lavori pubblici. In conclusione, sembra peraltro che tali osservazioni non siano tali da superare la preferibile tesi della tacita abrogazione, anche se bisogna criticamente dare atto che il legislatore interno non sempre si dimostrato coerente con se stesso, laddove ha per esempio disposto, con la legge 579/96, l'ammissibilit senza limiti del ricorso alla trattativa privata, in deroga alla legge generale, in relazione alla ristrutturazione e all'adattamento degli edifici demaniali destinati o da destinare ad uffici giudiziari in Sicilia ed in Calabria. Procedendo alla indicazione delle novit recate dalla Merloni-ter, gi si detto che l'art. 9 comma 40 ha disposto l'abrogazione del comma 8 dell'art. 24, il quale, PARTE Il, DOITRINA 7 per l'eventualit di interferenza tecnica o di altro tipo (esemplare l'ipotesi della c.d. interferenza di cantiere) escludeva I'ammissibilit del ricorso alla trattativa privata (in astratto consentita per i lavori soprasoglia dall'art. 9 del decreto legislativo 406/91, in riferimento ai motivi tecnici ivi contemplati) e prevedeva il meccanismo della automatica risoluzione di diritto, con il contestuale e congiunto affidamento dei lavori da eseguire e di quelli non ancora eseguiti. Gi si detto delle implicazioni della novit in ordine al problema della pretesa sopravvivenza dell'art. 9 del decreto legislativo 406/91. Occorre dire che, per altro verso, l'abrogazione della previgente disposizione va salutata con favore. Invero, la stessa aveva suscitato notevoli critiche e perplessit, soprattutto con riferimento alla previsione della automatica risoluzione. In particolare: 1) taluno aveva, come noto, prospettato anche dubbi di legittimit costituzionale, sotto il duplice e concorrente profilo della violazione del principio di ugua.: glianza (art. 3) perch il contratto veniva risolto a prescindere dall'inadempimento dell'impresa esecutrice dei lavori e del principio di buon andamento (art. 97) per il sicuro ed ingiustificabile allungarsi dei tempi di realizzazione dell'opera riconnessi alla necessit di riappaltare i lavori; 2) altri aveva posto in luce che all'esito della automatica risoluzione, difficilmente avrebbe potuto evitarsi (a meno di non ipotizzare una ipotesi sui generis di risoluzione dejure) il ricorso all'art. 345 legge 20 marzo 1865 n. 2248 Allegato F, con la conseguente (ed inopportuna) necessit di liquidare a favore dell'impresa aggiudicataria il 10% delle opere ancora da eseguire, in aggiunta al rimborso dei costi e delle spese sostenute; 3) inoltre, si era in senso critico osservato che la norma era foriera di incongruenze nella eventualit che i lavori appaltati e quelli ancora da appaltare (cio i lavori interferiti e quelli interferenti) fossero di pertinenza di Amministrazioni distinte; 4) ancora, si era in punto di fatto osservato che la disposizione avrebbe di certo contribuito ad accrescere il contenzioso in materia. Se l'abrogazione da salutarsi con favore, resta peraltro irrisolto il problema se, nel caso di interferenza tecnica, sia possibile o meno il ricorso alla trattativa privata. , infatti, chiaro che: a) per chi ritiene a tutt'oggi vigente la norma di cui all'art. 9 decreto legislativo 406/91, quale assorbita dall'art. 7 della direttiva C.E.E. n. 93/97, l'affidamento a trattativa privata sar possibile per gli appalti soprasoglia e precluso per quelli sottosoglia; b) per chi invece, come sembrato preferibile, opta per la tacita abrogazione di quelle norme (per pi rigorosa opzione del legislatore nazionale), il ricorso alla trattativa privata sar nell'ipotesi in discorso sempre precluso. Continuando la rassegna delle modifiche introdotte con la Merloni-ter, si nota che il comma 36 dell'art. 9 ha modificato l'art. 24, comma 1) lettere a) e b), prevedendo: . ' ~r~:;:m;::r.%--)f""'.N'.'.'.'.',:l.'tWD"J.&.''-""':::::::::>;:::W"wJ.W..fr'""""'~Wffi.F..#.d@W*-f'),f."~%..P.'-i.%.V"..Afil~ -~1Billr~tl~l@ilff@B.B::ftiill&treM&fatillwillt#ifiif&WJW%e&Y?%illrt4f&trt&W1W&iMM RASSEGNA AVVOCATORA DELLO STATO 8 -anzitutto (quanto alla lettera a) l'innalzamento della soglia massima per il ricorso alla trattativa privata, fermo il rispetto delle norme sulla contabilit di Stato, portandola dagli originari 150.000 ECU a 300.000 ECU; -e quindi (quanto alla lettera b, da coordinarsi con il comma 5 dell'art. 24, a sua volta coerentemente modificato dal comma 38 dell'art. 1 della Merloni-ter) la necessit di gara informale con invito ad almeno quindici concorrenti solo nel caso di ripristino di opere di valore superiore alla soglia cos innalzata gi esistenti e rese inutilizzabili da eventi imprevedibili di natura calamitosa, qualora motivi di imperiosa urgenza rendano incompatibili i termini imposti dalle altre procedure di affidamento degli appalti. Le modifiche, tra loro coordinate, hanno una ratio ed una implicazione. a) Quanto alla ratio, evidente che -come non si mancato di osservare dai primi commentatori -il legislatore si reso conto della eccessiva rigidit e farraginosit cui il testo originario sottoponeva la trattativa privata. In particolare, si era osservato che, per appalti di valore tutto sommato irrisorio, imporre la gara informale si risolveva in un eccesso di garanzia spesso antieconomico oltrech in un ingiustificato ritardo nell'affidamento rispetto alle pi snelle ed adeguate forme della trattativa privata. In tale prospettiva, l'elevazione della soglia per il ricorso alla trattativa privata e soprattutto la consequenziale riduzione delle ipotesi di obbligatoriet della gara informale sono correttamente interpretate quale segno di attenuazione dei disfavore per la trattativa privata. b) Quanto all'implicazione, non si mancato di osservare che l'elevazione fino a 300.000 ECU della soglia originariamente fissata a 150.000 ECU eliminer o almeno ridurr in fatto il rischio di ricorso ai lavori in economia (che il comma 6 dell'art. 24 consente per lavori fino a 200.000 ECU) al solo fine di eludere i limiti per la trattativa privata. Piuttosto, occorre dire che ulteriore modifica introdotta in relazione alle ipotesi di cui al comma 1 lett. b), quella -prevista dal comma 37 dell'art. 9 della Merloni- ter -che richiede che i motivi di imperiosa urgenza i quali, in caso di ripristino di opere gi esistenti e funzionanti danneggiate e rese inutilizzabili da eventi imprevedibili di natura calamitosa, rendono possibile, oltre la soglia dei 300.000 ECU, il ricorso alla trattativa privata per l'incompatibilit con i tempi delle procedure ordinarie di affidamento, siano espressamente attestati dal dirigente o dal funzionario responsabile del procedimento. La norma ha ricevuto letture contrastanti: a) da un lato, la stessa richiede invero una espressa assunzione di responsabilit da parte del dirigente o del responsabile del procedimento: e ci sembra apprezzabile, in relazione agli evidenti abusi -di rilievo contabile e penale -cui l'ipotesi in questione si prestata e si presta; b) dall'altro, si per osservato che l'innovazione foriera di difficolt appli cative non essendo, infatti, chiaro se l'assunzione di responsabilit da parte del diri gente o del responsabile del procedimento abbia carattere alternativo o cumulativo PARTE II, DOTTRINA (se, cio, in pratica, l'attestazione del dirigente debba di necessit affiancarsi o possa semplicemente sostituirsi a quella di analogo tenore del responsabile del procedimento), ampiamente prevedibile che nella pratica si vedranno dei tentativi di scaricabarile, vale a dire dei reciproci tentativi di addossare la responsabilit della (impegnativa) dichiarazione di imperiosit dei motivi di urgenza; c) oltretutto, sempre in chiave complessivamente critica, si osservato che, da un punto di vista sostanziale, la norma non sarebbe granch innovativa, atteso che nell'obbligo di motivazione di cui all'invariato art. 24 comma 2 deve implicitamente ritenersi ricompresa l'attestazione della ricorrenza in fatto (oltretutto di difficile verificazione) dei ridetti imperiosi motivi di urgenza, di guisa che l'innovazione sarebbe da un lato superflua (nella parte in cui ribadisce un obbligo implicito) e dall'altro complicatoria (nella parte in cui prospetta una incerta attribuzione di competenze). Sta di fatto che il legislatore, guardando con chiaro sospetto alle situazioni di emergenza di matrice calamitosa, ha inteso circondare di una ulteriore cautela il frequente ricorso alla trattativa privata (anche se bisogna in materia rammentare il frequente ricorso a leggi speciali o ad ordinanze extra ordinem con valore normativo ad opera di commissari straordinari, come tali derogative -nel rispetto dell'art. 4 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in materia di protezione civile -del.lo stesso art. 24 della Merloni nel suo complesso e dei limiti quivi previsti: leggi ed ordinanze per le quali occorrerebbe svolgere un discorso ben pi ampio di quello consentito dai minuti a disposizione). Della modifica introdotta al comma 5 dell'art. 24 si gi detto: la necessit di ricorso alla gara informale cui debbono partecipare almeno quindici concorrenti stata limitata alla ipotesi di cui alla lett. b) del comma 1 (quella appena ricordata) e non pi a tutte le ipotesi di trattativa privata. Ne consegue che, per i lavori di importo inferiore a 300.000 ECU l'Amministrazione libera di adottare le procedure informali caratterizzate da libert di movimento e di determinazione, fermo restando, chiaro: a) il rispetto dei principi generali (che rendono sindacabile dal giudice amministrativo la violazione dei precetti della evidenza pubblica e perfino la scelta incongrua della trattativa privata, salva l'eccezionalit se non proprio l'esclusione del risarcimento della lesione dell'affidamento precontrattuale, pur oggetto di diffusi auspici dottrinali); b) nonch la generale facolt di autolimitazione (gara ufficiosa non obbligatoria), con la conseguente necessit di rispettare il vincolo autoimposto. Sempre in rapida sintesi occorre dare atto della modifica del comma 6 del!' art. 24, il quale, nella nuova versione, ammette i lavori in economia fino a 200.000 ECU, facendo peraltro salvi i lavori del Ministero della Difesa che vengono eseguiti in economia a mezzo delle truppe e dei reparti del Genio militare, disciplinati dal regolamento di cui all'art. 3 comma 7-bis. L'innovazione va intesa nel senso che siano sottratti alla previsione dell'art. 24 (quindi non solo a quella relativa alla soglia di importo massimo) tutti i lavori di per RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 10 tinenza della Amministrazione militare, stante il generale rinvio ad apposito provvedimento regolamentare. In proposito, si pu rammentare che per lavori in economia si intende una triplice tipologia di intervento: a) lavori in amministrazione diretta, eseguiti cio direttamente dalla Amministrazione con propria organizzazione di personale e di mezzi; b) cottimo fiduciario od autonomo, del tutto assimilabile alla trattativa privata, nei casi in cui il funzionario dell'Amministrazione stipula, sotto la sua personale responsabilit, apposita convenzione con impresa di fiducia; c) appalto a regia, in cui i lavori si svolgono sotto la direzione di un funzionario e l'impresa fornisce la manodopera, i materiali, i mezzi e tutto ci che occorra per l'esecuzione dell'opera. Ebbene, pur con la recente innovazione, la Merloni-ter non ha chiarito se l'esecuzione dei lavori in economia nella triplice forma indicata sia integralmente sostitutiva delle procedure ordinarie: se, in particolare, nel ricorso a tale forma di affidamento (salvo, evidentemente, il limite quantitativo del valore delle opere), l'Amministrazione sia soggetta agli obblighi procedimentali a partire da quello di adeguata motivazione di cui al comma 2 e dell'obbligo di gara informale. Peraltro, la gi ricordata modifica del comma 5 -nella parte in cui ha reso obbligatoria la gara informale solo nel casi di cui alla lettera b) del comma 1 -ha in parte ridotto la rilevanza del problema, atteso che non si pu pi dubitare che, nel caso in questione, il ricorso alla gara officiosa sia sempre e solo il frutto di una scelta facoltativa di tipo autolimitante e mai obbligo procedimentale imposto ex lege). Un'ultima notazione: introducendo la figura del < stanza agevolmente, nel sistema normativo. Ed invero, la domanda, con la quale il proprietario dell'area, abusivamente manipolata dall'attivit realizza ti va della P.A., abdicando al proprio diritto alla restitutio in integrum del terreno, chieda, all'autorit giudiziaria, il risarcimento del danno sofferto, si inquadra perfettamente fra quegli atti di rinunzia, per i quali l'art. 1350, n. 5 del codice civile richiede la forma scritta, ove gli stessi ineriscano a diritti immobiliari. Ebbene, nulla esclude che la P.A., al fine di formalizzare il proprio acquisto (trascrizione nei registri immobiliari, volturazione catastale, ecc.) possa utilizzare l'atto di rinunzia, posto in essere dal privato, curandone la trascrizione nei registri immobiliari (come previsto dall'articolo 2645 n. 5 del codice civile) ed ottenendo, sulla base di esso, la volturazione in proprio favore delle risultanze catastali. PARTE Il, DOTTRINA Tirando le somme dell'indagine compiuta, possiamo affermare che le soluzioni, prospettate in ordine alle modalit di formalizzazione dell'acquisto, non iure, di aree private, da parte della P.A., potranno trovare conferma della loro bont solo nella pratica, ma hanno il merito, a sommesso avviso di chi scrive, di volere sanare quelle molteplici situazioni, in cui un'opera pubblica, compiutamente realizzata e funzionante risulta poggiare su di un'area formalmente, ma non pi sostanzialmente, privata. MAURIZIO BORGO . I lI Ballottaggio e programmi di governo locale (*) II 1. Premessa: ilprogramma amministrativo del candidato alla carica di sindaco o di presidente della provincia. La Regione siciliana, avvalendosi della potest esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, riconosciutale dall'art. 14 dello Statuto, ha inaugurato la stagione riformistica in materia elettorale amministrativa con un anno di anticipo rispetto alla legge 25 marzo 1993, n. 81 (1). Con la legge reg. sic. 26 agosto 1992 n.7 stata introdotta, per la prima volta, nella storia del sistema elettorale amministrativo italiano, una forma di governo di tipo presidenziale, corretta da elementi di democrazia diretta, caratterizzata dall'elezione a suffragio universale del sindaco e del consiglio comunale, separatamente anche se contestualmente, per un mandato di cinque anni (2). Anche la legge nazionale n. 81/93 un anno dopo ha ridisegnato il sistema elettorale per l'elezione dei consigli comunali e provinciali (3), configurando una nuova forma di governo locale attraverso la designazione diretta dei sindaci e dei presidenti della provincia, estendendo l'ambito di applicazione del sistema maggioritario e correggendo, nelle province nonch talora nei grandi comuni, la formula proporzionale con un premio di maggioranza ( 4). Le innovazioni introdotte dalle suddette leggi, che peraltro completano il processo riformistico delle autonomie locali iniziato con la la legge 8 giugno 1990, n. (*)Testo della relazione svolta dall'avvocato Maria Vittoria LUMETII nella Tavola rotonda sul tema Nuove norme per la elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio comunale e del consiglio provinciale, tenutasi nella sala Convegni del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia -Sede di Catania, il 6 dicembre 1997. (1) La legge costituzionale 23.9.1993, n. 2 ha conferito anche alle altre regioni a statuto speciale la medesima competenza. (2) A. PrzzoRusso, Commento alla legge, in Corr. giur., 1992, 1205. L'art. 7, co. l, della legge 30 aprile 1999 n. 120, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 101del3 maggio 1999, che modifica l'art. 2, co. 1, della legge 25 marzo 1993 n. 81, ha elevato la durata del mandato da quattro a cinque anni ( Progetto di legge s. 1388 bis Disposizioni in materia di elezione degli organi degli enti locali, nonch disposizioni sugli adempimenti in materia elettorale). ~ I u f: (3) L'iter di approvazione della legge stato breve: con una cospicua maggioranza il Senato, al quarto passaggio legislativo, il 25.3.1993, lo ha approvato definitivamente, al fine di evitare la consultazione referendaria sul punto. Cfr. al riguardo, per quanto riguarda gli aggiustamenti subiti dall'atto normativo nonch il numero dei votanti, G. MORLINI, La nuova legge elettorale per comuni e province tra elezione ii diretta, principio maggioritario e premio di maggioranza, in Dir. Economia, 93, Il, 183 e F. LANCHESTER, La propaganda elettorale ( e referendaria ) in Italia tra continuit sregolata e difficile il~ rinnovamento, in Quaderni costituzionali, 1996, I, 402. , ':: (4 ) M. Lovo, L'elezione diretta del sindaco, in Nuova rassegna, 1994, 2098, ss. i:: ' ' . lI ~ ,,_.,,,_..~-lllllllll'8BIMll.lt.fl ._a,,,,,.,.,,,_.;;;:_.J~i!~!t.,.,llt.W,-y,,~,~.,,:,:.,,,.,.,,:,:.,.}:r,iillmL,,,._.11!,.,,,,,,.,,,.,.,.,.,.,,,fo,.:,:.,,.,,.&,,,,.,,.B,,,,,,,,"_,,._.y_:;,_.,_,,_;Jl;,__,,_,_,,,,,}::t,,,0,,,w.,,,.,;;::.::::,,,., PARTE II, DOTTRINA 17 142 (5), intendono rafforzare le prerogative del corpo elettorale, attribuendogli un ruolo determinante nel processo di formazione dell'indirizzo politico proprio al fine di assicurare la governabilit delle amministrazioni locali. Rispetto alla situazione legislativa precedente la figura del candidato ha acquisito una dimensione formalmente e sostanzialmente pi autonoma dai partiti o dai gruppi di appartenenza: uno degli aspetti pi qualificanti delle recenti leggi elettorali amministrative e politiche approvate recentemente consiste proprio nella cosiddetta personalizzazione delle competizioni elettorali (6). La legge regionale 2" agosto 1992, n.7, ha introdotto l'elezione con suffragio popolare del sindaco, prevedendo, all'art.12, la nomina da parte del sindaco eletto al primo turno, entro dieci giorni dalla proclamazione, della Giunta con scelta dei componenti tra i consiglieri del comune ovvero tra i soggetti in possesso dei requisiti di eleggibilit richiesti per la elezione al consiglio comunale ed alla carriera di sindaco (7). Il conferimento al corpo elettorale del potere di determinare l'indirizzo politico, stato perseguito attraverso la modifica in senso maggioritario o bipolare del sistema elettorale dei comuni e delle province (8). La maggiore stabilit governativa viene perse (5) In tal senso G. SORGE, Dall'ordinamento delle autonomie alla elezione diretta del sindaco, in Nuova rassegna, 1994, 321, ss. I punti nodali della riforma, riguardano il riconoscimento del potere statutario comunale e provinciale, l'organizzazione e la trasparenza amministrativa, il pubblico impiego e, per quanto riguarda in particolare gli enti territoriali di base, i meccanismi elettorali, con particolare attenzione per la libera scelta degli amministratori da parte dei cittadini, la chiarezza dei programmi da realizzare, la precisazione e redistribuzione delle competenze e delle responsabilit politiche da assumere nel governo e di quelle tecnico professionali da dimostrare nella gestione dei servizi nonch la riduzione e il ricambio dei mandati rappresentativi, GESSA, I nuovi meccanismi elettorali per gli enti locali, in Cons. Stato, 1993, II, 782. (6) Gi la riforma conseguente al referendum abrogativo del 1991, che introdusse la preferenza unica per le elezioni della Camera dei deputati con il sistema proporzionale a liste concorrenti allora vigente, aveva rivelato come fosse avviata una profonda trasformazione dei rapporti tra le formazioni politiche e i propri candidati, E. BETIINELLI, Propaganda elettorale, in Digesto Discipline pubblicistiche, 63, e SORRENTINO, Referendum elettorali ed omogeneit, in Giur. cost., 1991, 1542. (7) Per una panoramica sulle novit normative della legge cfr. S. MELI, Il sindaco nella regione Sicilia, in Nuova rassegna, 1994, 1725 ss. Per una disamina sulle linee essenziali della nuova disciplina elettorale vedi F. STADERINI, Diritto degli enti locali, CEDAM, 282 e P. VIRGA, Diritto amministrativo, vol. III, Milano, Giuffr, 1994. Sul nesso tra riforme elettorali e riforme istituzionali, BALDUZZI, Considerazioni sparse sul rapporto tra riforme elettorali e sistema dei partiti, in Nuova politica, 1989, II, 9 ss. (8) RENATO BALDUZZI -PASQUALE COSTANZO, in Commento alla l. n. 81/93, 979. Interessante il raffronto con la legge nazionale n. 81/1993. La ratio della l. n. 81 del 1993 va rinvenuta da un lato nell'attribuzione di un reale potere di decisione e di scelta di cittadino elettore sul programma e sugli uomini legittimati a realizzarlo e dall'altro nel perseguimento, proprio attraver&o il premio di maggioranza, di un alto livello di stabilit ed efficienza degli esecutivi locali, edel pieno svolgimento del principio di alternanza, nonch di quello, ad esso strettamente correlato, della responsabilit politica, fondato sulla reale possibilit attribuita all'esecutivo (legittimato democraticamente ) di realizzare il proprio programma , sulla funzione preminentemente di controllo riservata all'organo rappresentativo e sull'esercizio un incisivo potere di premio sanzione attribuito agli elettori, nota alla sentenza della Corte cost., n. 5/1995, in Giur. cost. 1995, 3353. Per una disamina completa della legge 25 marzo 1983, n. 81 vedi BARBERA ed altri, Elezione diretta del sindaco, Rimini, 1993; BARUSSO, GRASSI, GROPPI, LENZETTI, Prime note. Elezione diretta del sindaco, Milano, 1993; GIANNULI, La nuova legge per l'elezione del sindaco, Roma, 1993; ITALIA e BASSANI, L'elezione diretta del sindaco, Milano, 1993. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 18 guita mediante il potenziamento del corpo elettorale inteso come uno degli attori dominanti del policy making, ossia dello svolgimento della dinamica politico-amministrativa (9). Il sistema elettorale, infatti, mediante la designazione attraverso il voto, delle persone chiamate a rappresentare una collettivit, costituisce lo strumento principe per addivenire ad un mutamento istituzionale di un certo rilievo, in grado di garantire ad ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all'esercizio del potere pubblico. La tensione dialettica che sussiste tra la funzione di investitura dei titolari del1' organo e la funzione di determinazione dell'indirizzo politico (10), induce il legislatore a privilegiare la prima rispetto alla seconda: il risultato immediato e diretto delle elezioni consiste solo nell'investitura dei titolari dell'organo, mentre la determinazione dell'indirizzo politico si sostanzia in un risultato sempre mediato ed eventuale, anche nei sistemi che ammettono il ballottaggio (11). La ratio sottesa a tali interventi normativi, dunque, obbedisce all'esigenza di migliorare la governabilit degli enti locali garantendo stabilit ai sindaci attraverso l'assicurazione di un premio di maggioranza alla coalizione vincente: l'intento quello di entrare nella logica di una dialettica tra una maggioranza e una opposizione, al fine di perseguire e garantire il principio, fondamentale in una moderna democrazia, di alternanza alla guida delle Amministrazioni locali (12). stato, dunque, introdotto nel sistema elettorale locale il principio maggioritario, gi previsto nel nostro ordinamenento dall'art.I comma 2 della Costituzione, il quale sancisce che la sovranit appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione (13). noto, peraltro, che la volont della maggioranza costituisce in modo inequivocabile espressione della volont comune (14), anche se sarebbe preferibile l'una (9) G. SOLA, Storia della scienza politica, Carrocci, 1996, 515; R DE MucCI, Giudici esistema politico, Rubettino, 1995, 129. (10) FERRARI, Elezioni (teoria generale), in Enc. dir., 629; SENIO PRINCIVALLE, Nuove valutazioni sulla elezione diretta degli organi delle amministrazioni locali, in Nuova rassegna, 1993, 182. (11) L'argomento delle elezioni sotto la duplice prospettiva della teoria dello sviluppo politico e dell'influenza dei sistemi elettorali sul sistema partitico affrontato da D.FISICHELLA, Elezioni e democrazia. Un'analisi comparata, Bologna, 1982, 312, riportato da F. LANCHESTER, In ordine a recenti studi su temi elettorali, in Riv. trim. di dir. pubblico, 1983, 957. (12) In tal senso E. BALBONI, Riforme elettorali: si inizia dal sindaco, in Corriere giuridico, 1993, Il, 531. Presupposto implicito dei costituenti del 1946/47 stato che il pluralismo, conI correnziale e competitivo, costituzionalmente sancito dal sistema, fosse in grado di garantire dopo la compressione del corporativismo -la vita democratica, rafforzata dalla qualificata pre I visione, accanto allo Stato, di autonomie territoriali ben articolate, regionali e locali, GESSA, I ~ nuovi meccanismi elettorali per gli enti locali, in Cons. Stato, 1993, Il, 781. f:: ~ f (13) La democrazia dunque intesa come forma di governo il cui potere risiede nel popolo @ che esercita la sua sovranit attraverso i vari istituti politici previsti dall'ordinamento. fa (14) L'espressione di O. VON GIERKE, Sulla storia del principio di maggioranza, in Rivista 1:: delle Societ, 1961, 1102. L'autore approfondisce, al riguardo, proprio l'esigenza di un bilanciai:: mento del principio maggioritario con il principio di unanimit. r Si tratta della traduzione in italiano della conferenza di O. VON GIERKE, Ueber die Geshichte des majoritaet sprnzips, pubblicata nel vol. Essays in Legai Studies, editor by P. Vinogradoff, Uni I~ versity, Oxford Press, Oxford, 1913, 312-335. L'autore compie anche una disamina della storia del } li::; principio maggioritario, il quale affonderebbe le proprie radici nella societ greca e romana. "' ' ' . j , ~====,&.4'4ffi='}W.J.lr'-z111'1"'1,Lll'-'-I ,:(:::ff.:::M=iid&:=:,.,:='==l~b:.,..,=.X~-i~...,M::=tf&,,:f.=::::ilL:lt~/fa,.,&:Jiifft:.,ffi:)iii:ilillidliL...,..,.,.,tL.,w,,tfa)iiffi,,.,,,.,.,.;;,.,:,::::% PARTE II, DOITRINA 19 nimit, in quanto considerata pi garantista, atteso che il principio maggioritario quale accordo pacifico per la soluzione del conflitto tra attori sociali e attori istituzionali costituisce pur sempre frutto di un compromesso ispirato alla tolleranza reciproca (15). per tale motivo che taluni autori, come Hans Kelsen, sono assertori convinti del sistema proporzionale, che viene preferito a quello maggioritario (16). Sovente, il concetto di democrazia (17), inteso come sistema politico ideale in cui i cittadini trovano soddisfazione dei loro desideri, evocato proprio dal principio maggioritario, inteso come regola di governo ideale finalizzata a salvaguardare la libert e la pari opportunit dei cittadini di esprimere preferenze, nonch come tecnica di formazione delle deliberazioni collettive (18). La scienza politica ha elaborato due definizioni del concetto di democrazia: la prima normativa, intesa quale regime ideale politico in cui i cittadini trovano soddisfazione dei loro desideri, e la seconda empirica, caratterizzata dal suffragio universale, da elezioni libere e competitive, dalla presenza attiva di pi di un partito, nonch da diverse e alternative fonti di informazione (19). La tematica inerente alla scelta tra sistemi elettorali maggioritari e proporzionali coinvolge il problema dell'eguaglianza dei partiti ed assume notevole rilievo in quanto i primi premiando i partiti pi forti, restringono il concorso delle forze politiche entro l'ambito del principio maggioritario e lo esauriscono nella mera possibilit dell'alternanza, assicurando una rappresentanza delle minoranze, ma non la proiezione della loro effettiva consistenza, mentre i secondi determinano una proiezione fedele dei rapporti di forza tra i partiti, costituendo la pi immediata traduzione del (15) Sono numerosi quei regimi democratici in cui si ricerca l'unanimit o, perlomeno, il consenso pi ampio. Sartori elabora al riguardo la cosiddetta teoria dei comitati e li definisce piccoli gruppi istituzionalizzati investiti di precisi compiti istituzionali che diventano, tuttavia, occasione di partecipazione. La regola decisionale all'interno dei comitati non quella maggioritaria, bens l'unanimit, G. Sartori, Tecniche decisionali e sistema dei comitati, in Rivista italiana di scienza politica, 1977, 7. (16) H. KELSEN, La democrazia, Bologna, Il Mulino, 1981, 170. (17) Sul concetto di democrazia cfr. G. SARTORI, Democrazia che cosa , Rizzoli, Milano, 1994, 92; DAHL, La democrazia e i suoi critici, tr. it. Editori riuniti, Roma, 242; DAHL, La democrazia procedurale, in Rivista italiana di scienza politica, 1979, 9; G. SARTORI, Democrazia competitiva e lites politiche, in Rivista italiana di scienza politica, 1977, 7; L. MORLINO, misure di democrazia e di libert, in Rivista it. di se. politica, 1975, 5; L. MORLINO, Consolidamento democratico. Definizione e modelli in Riv. it. di se. politica, 1986, 16; S. BARTOLINI, M. COTTA, L. MORLINO, A. PANEBIANCO, G. PASQUINO, Manuale di scienza della politica, 83, ed. Il Mulino; T.E. FROSINI, Sovranit popolare, principio maggioritario e riforme istituzionali, in Diritto e societ, 1995, 466. Sui criteri ultimi di funzionamento della democrazia, del principio contrattualistico e del principio di maggioranza adottati non con metodo giuridico o della filosofia politica o della sociologia, bens con metodi puramente logico-matematici o di scienza economica interessante la disamina di A. CERRI, Dal contrattualismo al principio di maggioranza : approccio giuridico ed approccio economico-matematico al processo politico in Riv. trim. di dir. pubblico, 1996, 613, ss, laddove viene analizzata la tesi di Condorcet, cui si deve il primo tentativo di ricostruire e giustificare, con l'ausilio della logica matematica, il sistema politico. (18) A. PIZZORUSSO, Il principio maggioritario. Vecchi e nuovi problemi, in Quaderni Regionali, 94, 1217. (19) s. BARTOLINI, M. COTTA, L. MORLINO, A. PANEBIANCO, G. PASQUINO, Manuale di scienza della politica, 83. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 20 principio di eguaglianza nella sfera dei rapporti politici (20). Nel nostro ordinamento la Costituzione non prevede ladozione del sistema proporzionale, ma non si pu negare che la correlazione tra il pluralismo partitico e il sistema proporzionale sia supportata e giustificata a livello dogmatico da quella corrente dottrinaria che, rifacendosi ad Hans Kelsen, rinviene il fondamento implicito del principio proporzionale, oltre che in argomenti di carattere storico e sistematico, nell'art. 49 della Costituzione, laddove si riconosce il diritto dei cittadini di associarsi liberamente