ANNO XXIX -N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1977 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1977 




ABBONAMENTI 

ANNO .. . . . � . . . . . .. . . . . . � . � . . . . . . . . . L. 12.750 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . � . . . . . . . � 2.250 


Per abbonamenti e acqidstii rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 , ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in lta/,y 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(7219040) Roma, 1977 -istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



Da questo numero le sezioni di giurisprudenza 

su questioni di giurisdizione ed in materia di appalti 
pubblici vengono curate, rispettivamente, dai 
.colleghi CARLO CARBONE e PAOLO VITTORIA. 
Il collega Benedetto Baccari, che dalla fondazione 

collabor� a questa Rassegna e che da oltre dodici 

anni ne � corredattore, lascia a sua domanda, tale 

incarico. 

Lo ringraziamo per la proficua ed appassionata 

attivit� da lui svolta con personale sacrificio, augu


randoci che egli voglia continuare ad occuparsi, 

anche solo sporadicamente, della Rassegna. 

LA REDAZIONE 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 
del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco 
Favara) , pag. 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 60 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdel/'
avv. Carlo Carbone) � 89 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE 
cato Adriano Rossi) � . � 
(a 
� 
cura dell'avvo� 
� � � � � I I O 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
del/'avv. Ugo Gargiulo e del/'avv. Raffaele Tamiozzo) 
. � 13 6 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
vocato Carlo Bafile) � 
(a cura dell'av� 
� � � 147 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA 
APPALTI PUBBLICI 
toria) . 
IN MATERIA DI ACQUE ED 
(a cura del/'avv. Paolo Vit
� I 86 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � � I94 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE � INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

QUESTIONI . pag. 
LEGISLAZIONE � 7 
�CONSULTAZIONI � 20 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 

Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta,� Filippo CAPECE 
MINUTOLO DEL SASSO, Catb.nzaro; RAFFAELE TA.c'\!IIOZZO, Firenze; Francesco 
GUICCIARDI, Genova; Adriano RossI, L'Aquila,� Giuseppe Orazio Russo, 
Lecce; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MAN� 
cuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio 
DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

CARBONE C., Sugli amanuensi delle cancellerie giudiziarie . . . . I, 94 

DI TARSIA P., In tema cli contravvenzione alla norma dell'art. 650 c.p. I, 195 

LAMBERTI C., Appunti in merito alla purgazione coattiva delle 
ipoteche II, 1 

FAVARA F., Il controllo statale sugli atti amministrativi delle regioni 
a statuto ordinario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 2 

FAVARA F., Potere esecutivo e Corte dei Conti in sede di controllo 
preventivo . . , . . . . . . . . . , . . . . , . . . . , . � . I, 25 

MARZANO A., Ancora in tema di giurisdizione della Corte di giustizia 
delle Comunit� Europee . . . . . . . . . . . . , . . . . . I, 60 

MARZANO A., Sulla ripetibilit� delle somme indebitamente corrisposte 
per tasse di effetto equivalente ai dazi doganali . . I, 70 

TAMIOZZO R., Peculiari caratteristiche dell'espropriazione dei beni 
culturali . . . . . . . , . . . . . . I, 145 

TAMIOZZO R., Requisizione: manifestazione tipica e tipizzata del 
potere di ordinanza del Prefetto . . . . . . . . . . . I, 136 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRI� 
CITA 

-Competenza e giurfsdizione � Consiglio 
di Stato e tribunale superiore 
delle acque � Regione Sicilia � Consorzio 
per la gestione di acquedotto 
pubblico � Provvedimento istitutivo � 
Impugnativa � Giurisdizione del tri� 
bunale superiore, 188. 

-Concessione e derivazione � Clausola 
impositiva d'obblighi al concessiona� 
rio in favore di terzo a salvaguardia 
d'uso preesistente � Effetti in confronto 
del terzo � Equivale a concessione, 
190. 

-Concessione e derivazione � Domanda 
� Capacit� dell'istante � Fallimento 
� Rilevanza � In sede di ammissione 
ed istruttoria � Esclusione, 188. 

ANTICHIT� E BELLE AR'J;I 

-Vincoli alle propriet� private � Divieto 
di smembramento di collezioni 
� Non menoma il contenuto patrimoniale 
della propriet�, 43. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atto amministrativo statale � Potest� 
di disapplicazione ad opera di 
una Regione � Non sussiste, 8. 

-Ordinanza del Sindaco � Sindacabilit� 
da parte dell'A.G.O. � Eccesso di 
potere, 111. 

-Sindacato del giudice ordinario � Ammissibilit�, 
111. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Sanzione amministrativa � Atto amministrativo 
� Ordinanza prefettizia, 

111. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Giurisdizione del T.A.R. sull'indennizzo 
da requisizione � Non sussiste, 
con nota di R. TAMIOZZO, 136. 

-Giurisdizione ordinaria ed amm1mstrativa 
�Qualificazione del �petitum 
sostanziale �: criteri dell'ordinamento 
giuridico nazionale, 89. 

-Impiego pubblico e privato � Rapporto 
di lavoro degli � amanuensi � nel-" 
le cancellerie giudiziarie � Giurisdizione 
dell'A.G.O., con nota di C. CAR� 
BONE, 94. 

-Limiti interni alla giurisdizione dell'A.
G.O. � Immobile locato e destinato 
a sede di pubblici uffici � Esecuzione 
per consegna o rilascio: ammissibilit�, 
103. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
� Graduazione degli sfratti: decreto 
pretorile di fissazione delle modalit� 
dello sfratto � Proposizione 
successiva: ammissibilit�, 103. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Atti delle istituzioni comunitarie� Ricorso 
per annullamento � Proponibilit� 
nei soli confronti dell'istituzione 
che ha emanato l'atto impugnato, 
con nota di A. MARZANO, 60. 

-Attivit� negoziale � Scelta del contraente 
privato �Valutazione delle of� 
ferte � Misura del prezzo � Rilevanza 
soltanto concorrente, con nota di A. 
MARZANO, 60. 

-Provvedimenti nazionali incompatibili 
con il diritto comunitario � lm� 
pugnazione � Inosservanza dei term; 
ni contemplati da diritto interno � 
Opponibilit� � Intervenuto accertamento 
della violazione del trattato 
CEE � Irrilevanza, 70. 

-Unione doganale � Somme indebitamente 
corrisposte per tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali � Domanda 
di restituzione � Termini contemplati 
da norme di diritto interno 
� Opponibilit� � Limiti, con nota 
di A. MARZANO, 69. 

-Unione doganale � Somme indebitamente 
corrisposte per tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali � Do




INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

manda di restituzione -Termini contemplati 
da norme di diritto interno 
-Opponibilit� -Limiti, con nota 
di A. MARZANO, 70. 

CONTABJLITA GENERALE DELLO 
STATO 

-Bilancio -Obbligo di indicare i mezzi 
necessari per far fronte a nuove o 
maggiori spese -Decreti delegati Sussiste, 
con nota di F. FAVARA, 25. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Responsabilit� precontrattuale 
Comportamento colposo degli organi 
della P. A., 135. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizio in via incidentale -Corte dei 
Conti in sede di controllo -� legittimata 
a sollevare questione di legittimit� 
costituzionale, con nota di F. 
FAVARA, 25. 

CORTE DEI CONTI 

-Registrazione con riserva -Incidente 
di legittimit� costituzionale, con nota 
di F. FAVARA, 25. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Antichit� e belle arti -Occupazione 
� permanente di immobile per ricerche 
archeologiche -Competenza prefettizia 
-Sussiste, con nota di R. TA� 
MIOZZO, 145. 

DOGANA 

-Confisca delle cose oggetto di contrabbando 
-Cose appartenenti a terzi 
-Illegittimit� costituzionale, 49. 

ESATTORIA 

-Gestione provvisoria -Dipendenti Rapporto 
di impiego � Natura pubblica 
della funzione dei dipendenti Sussiste, 
121. 

-Inattivit� -Impossibilit� della prestazione 
da parte dei dipendenti Causa 
di risoluzione del rapporto di 
lavoro -Non sussiste, 121. 

-Obbligo dell'esattore al pagamento 
della retribuzione -Rivalsa sull'Amministrazione 
delle Finanze -Respon


sabilit� della P. A. per il ritardo nel 
provvedere alla nomina -Sussiste Delegazione 
amministrativa -Mandato, 
122. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA 

-Indennit� di espropriazione -Opposizione 
alla stima -Termine di decadenza 
-Natura sostanziale -Termini Sospensione 
feriale -Termini sostanziali 
o processuali, 116. 

-Procedimento -Intestatari catastali 
dei beni alla data del provvedimento 
di espropriazione -Sono i destinatari 
del provvedimento, 144. 

FALLIMENTO 

-Art. 56 l.f. -Debito d'imposta ammesso 
al passivo -Credito del fallito 
per una vincita al lotto -Compensabilit� 
-Esclusione, 128. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Dirigenti amministrativi -Personale 
direttivo della scuola -Non � assimilabile, 
39. 

-Sciopero � Dovere di assicurare il 
funzionamento di funzioni e servizi 
essenziali -Sussiste -Individuazione 
dei servizi essenziali, 23. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Concordato fallimentare -Crediti privilegiati 
-Rinuncia -Imposta di cui 
all'art. 32 tariffa A della legge di registro 
-Si estende, 181. 

-Domande di rimborso -Prescrizione 
� Prescrizione triennale -Sussiste 
-Prescrizione decennale dell'azione 
di indebito oggettivo -Inapplicabilit�, 
153. 

-Enunciazione -Contratti verbali fra 
commercianti -Aliquota dello 0,50 % 
di cui all'art. 45 tabella D -Esclusione 
quando manchi l'atto scritto Aliquota 
del 2 % di cui all'art. 3 tariffa 
A -Applicabilit�, 176. 

-Enunciazione -Enunciazione in sentenza 
-Convenzione posta a fondamento 
della decisione -Riforma della 
sentenza � Rimborso dell'imposta Convenzione 
enunciata estranea al 
fondamento della decisione -Riforma 
della sentenza � Irrilevanza, 156. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

-Enunciazione -Inesistenza d� dichiarazione 
di valore -Accertamento Termine 
-Dichiarazione estimativa Pagamento 
dell'imposta salvo maggiore 
accertamento -Decorrenza da 
questo, 178. 

-Presunzione semplice di trasferimento 
di immobili o aziende -� costituzionalmente 
legittima, 20. 

-Societ� -Conferimento -Remissione 
di debito da parte del socio a favore 
della societ� -� tale, 161. 

-Societ� -Societ� per azioni -Emissione 
di nuove azioni -Diritto di opzione 
-Impegno a sottoscrivere le 
azioni -Tassabilit� a norma dell'articolo 
28 della legge di registro 

n. 3269 del 1923, 183. 
- 
Societ� per azioni -Trasferimento 
delle azioni -Enunciazione ex art. 62 Aliquota 
proporzionale -� dovuta Applicazione 
aliquota graduale 
Esclusione -Applicazione imposta 
fissa -Esclusione, 157. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Commissioni delle imposte -Nuoyo 
ordinamento -Insediamento delle 
nuove commissioni -Pronuncia di 
commissione dell'abolito ordinamento, 
175. 

-Concetto di tributo -Diritto demaniale 
per la rappresentazione di opere 
di pubblico dominio -Natura di 
tributo, 165. 

-Imposte indirette -Pagamento dell'imposta 
dopo la decisione in primo 
grado -Nullit� della notifica della 
decisione -Irrilevanza -Ingiunzione Legittimit�, 
173. 

-Imposte indirette -Prescrizione -Interruzione 
-Imposte suppletive -Opposizione 
ad ingiunzione -Estinzione 
del processo -Efficacia dell'atto 
interruttivo fino alla data dell'estinzione, 
168. 

-Notificazioni -Cambiamento di abitazione 
del contribuente -Notifica a 
norma dell'art. 134 c.p.c. -Impossibilit� 
di individuare il nuovo domicilio 
da ricerche anagrafiche -Regolarit� 
della notificazione, 150. 

-Notificazioni -Cambiamento di abitazione 
del contribuente -Obbligo di 
ricercare il destinatario e di far con


statare nella relazione le ricerche 
svolte -Omissione -Nullit� della notificazione, 
149. 

-Violazione di leggi finanziarie e valutarie 
-Pena pecuniaria -Societ� 
avente personalit� giuridica -Responsabilit� 
dell'amministratore -Esclusione, 
147. 

LAVORO 

-Assicurazione obbligatoria -Gestione 
per conto dello Stato -Soggetti 
del rapporto -Diritto di regresso Titolarit� 
della P. A. -Sussiste, 121. 

-Cod. civ. art. 2121 -Indennit� di 
preavviso e di anzianit� -Computo Compenso 
-Natura giuridica -Determinazione, 
110. 

-Lavoro dipendente -Contratti collettivi 
non efficaci � erga omnes � Clausola 
-Interpretazione, 110. 

-Lavoro straordinario -Retribuzione Carattere 
della continuit� e dell'ob� 
bligatoriet�, 110. 

-Operai dello Stato -Assunzione temporanea 
-Protrazione oltre i limiti di 
legge -Conversione in rapporto a 
tempo indeterminato -Non sussiste, 

132. 
-Operai dello Stato -Lavoro dipendente 
-Necessit� del pubblico con


corso -Sussiste, 132. 

- 
Orar.io di lavoro -Orario contrattuale 
-Accordo -Singole prestazioni, 

110. 
MATRIMONIO 

-Tribunali ecclesiastici -Disposizioni 
legislative riproduttive di norme concordatarie 
-Irrilevanza di questioni 
di costituzionalit�, 57. 

MEZZOGIORNO 

-Aree e nuclei di sviluppQ industria. 
le -Imposizione di vincoli sulla pro. 
priet� privata -Necessaria la prefis


sione di un termine di durata, 50. 

MILITARE 

-Reato militare -Reato comune commesso 
da militare e da non militare 
-Connessione -Giurisdizione ordinaria, 
14. 



XI

INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

MONOPOLI 

-Distribuzione e vendita dei tabacchi 
-� servizio pubblico di utilit� 
generale, 14. 

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO 

~ 
Imparzialit� del giudice -Precedente 
pronuncia nello stesso processo Non 
esclude l'imparzialit�, 17. 

PENSIONI 

-Dipendente civile dello Stato -Riunione 
di servizio -Trattamento supplementare 
di quiescenza -Opzione . 
del dipendente, 55. 

PREFETTO 

-Poteri -Ordinanze di urgenza e necessit� 
-Esercizio del relativo potere 
nel rispetto dei principi dell'ordinameno 
e della Costituzione -Necessit�, 
con nota di R. TAMIOZZO, 136. 

-Poteri -Requisizioni -Definitivit� dei 
relativi provvedimenti -Sussiste, con 
nota di R. TAMIOZZO, 136. 

-Poteri -Requisizioni -Statuizioni dirette 
a pi� interessati -Necessit� di 
adeguata pubblicazione -Sussiste, 
con nota di R. TAMIOZZO, 136. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Assicurazione contro gli infortuni sul 
lavoro -Lavoratori agricoli autonomi 
-Esclusione dei lavoratori di et� 
superiore a 70 anni -Illegittimit� costituzionale, 
54. 

PREZZI 

-Materia della disciplina dei prezzi 
� di esclusiva competenza statale, 

44. 
-Zuccheri -Istituzione del Comitato 
interministeriale per lo zucchero di 
importazione -Contribuzioni alla cassa 
di conguaglio zuccheri -Legittimit� 
costituzionale, 20. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Assegno bancario emesso a vuoto Acquisizione 
agli atti da parte del 
pretore -Natura di atto istruttorio 


Esclusione -Comunicazione giudiziaria 
-Non � dovuta, 198. 

-Atti di polizia giudiziaria -Attivit� 
esercitata � motu proprio � dalla polizia 
giudiziaria -Necessit� -Esclusione, 
197. 

-Comunicazione giudiziaria -Atti preliminari 
di polizia giudiziaria -Non � 
necessaria, 14. � 

-Esecuzione penale -Sequestro penale 
-Revoca -In genere -Procedimento 
incidentale -Sindacato sulla fon.
datezza dell'incolpazione -Esclusione, 
194. 

-Responsabile civile -Comunicazione 
� giudiziaria -Omissione -Esclusione 
del responsabile civile dal processo Insussistenza 
-Nullit� degli atti 
Non sussiste, 198. 

- 
Revisione -Effetto estensivo, 43. 

-Sequestro di cose pertinenti al reato 
-Costruzione edilizia abusiva e relative 
attrezzature -Sequestro per 
esigenze istruttorie o come misura 
di polizia giudiziaria -Legittimit� Istanza 
di revoca del sequestro Provvedimento 
del giudice -Motivazione 
specifica -Necessit�, 194. 

REATO 

-Contravvenzioni -Concernenti l'inosservanza 
dei provvedimenti di polizia 
-Ordine di presentarsi alla polizia 
stradale per presentare la patente 
di guida -Facolt� di non rispondere 
-Compatibilit�, con nota di 

P. DI TARSIA, 194. 
-Reati contro l'ordine pubblico -Contravvenzioni 
-'Concernenti l'inosservanza 
dei provvedimenti di polizia Per 
ragioni di giustizia -Fattispecie, 
con nota di P. DI TARSIA, 195. 

REGIONE 

-Commissione statale di controllo sulla 
Regione -Autorizzazione a stare in 
giudizio -Potere di chiedere la trasmissione 
di atto impugnato -Sussiste, 
con nota di F. FAVARA, 1. 

-Commissione statale di conrollo sulla 
Regione -Disapplicazione di legge 
regionale -Impossibilit�, con nota 
di F. FAVARA, 1. 

��.,~,.,���,,��,.,.,�..,. 



Xli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Commissione statale di controllo sulla 
Regione -Esigenze unitarie e di 
coordinamento -Direttive governative 
-Sono vincolanti, con nota di 

F. FAVARA, 1. 
-Legge regionale -Riadozione do� 
po rinvio -Difetto della maggioranza 
assoluta � Invalidit� del procedimento, 
42. 

-Organo statale transitoriamente attributario 
di funzione regionale -Disciplina 
legislativa -Compete esclusivamente 
allo Stato, 43. 

-Prevenzione degli infortuni -Materia 
spettante allo Stato -Istruzione professionale 
-Materia spettante alle Regioni, 
18. 

-Regione siciliana � Consorzi tra enti 
locali -Istituzione -Competenza -Assessorato 
degli e11ti locali -Consorzio 
per la gestione di acquedotto pubblico 
~ Competenza dell'Assessorato ai 
lavori pubblici -Non sussiste, 189. 

REQUISIZIONE 

-Art. 7 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E � 
Motivazione -Sistemazione uffici 
pubblici -Presupposti -Inesistenza, 
con nota di R. TAMIOZZO, 141. 

-Requisizioni ex art. 7 l. 20 marzo 1865 

n. 2248 all. E -Necessit� di indicazione 
di un termine finale di operativit� 
-Sussiste, con nota di R. TA


ll.nozzo, 136. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Responsabilit� della P.A. -Danni da 
mancato funzionamento di opera 
idraulica -Imputazione a titolo di 
colpa -Cassazione della sentenza Giudizio 
di rinvio -Mutamento del 
titolo dell'imputazione -Preclusione, 

186. 
SICILIA 

-Assistenza sanitaria e ospedaliera Blocco 
delle assunzioni -Casse di 
soccorso degli autoferrotranvieri Legittimit� 
costituzionale di deroga 
al blocco predetto, 47. 

-Partecipazione del �presidente della 
Giunta al Consiglio dei Ministri -Limiti, 
7. 

-Potest� legislativa e amministrativa 
in materia di tributi -� concorrente 
o sussidiaria � Disciplina statale 
dei rimborsi I.V.A. -Applicazione nel 
territorio della Regione siciliana -� 
costituzionalmente legittima, 7. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-Interventi per la regolamentazione 
dei mercati agricoli -Attribuzione 
statale -Limiti, 46. 



INDICE CRONOLOGIGO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

7 luglio 1976, n. 162 
14 luglio 1976, n. 166 
28 luglio 1976, n. 196 
28 luglio 1976, n. 208 
3 .agosto 1976, n. 209 
3 agosto 1976, n. 210 (cam. cons.) 
3 agosto 1976, n. 213 
3 agosto 1976, n. 216 
3 agosto 1976, n. 220 
3 ag�sto 1976, n. 221 
3 agosto 1976, n. 222 ( cam. cons.) 
18 novembre 1976, n. 226 
24 novembre 1976, n. 228 
6 dicembre 1976, n. 235 
6 dicembre 1976, n. 236 
20 dicembre 1976, n. 244 
20 dicembre 1976, n. 245 
20 dicembre 1976, n. 246 
20 dicembre 1976, n. 248 
20 dicembre 1976, n. 249 
29 dicembre 1976, n. 259 (cam. cons.) 
29 dicembre 1976, n. 260 
29 dicembre 1976, n. 262 
29 dicembre 1976, n. 275 
5 gennaio 1977, n. 1 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

7 dicembre 1976, ne11a causa 23/76 . 
16 dicembre 1976, nella causa 33/76 
16 dicembre 1976, nella causa 45/76 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 10 marzo 1976, n. 814 . 
Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1609 
Sez. Un., 8 i:naggio 1976, n. 1610 
Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2729 . 
Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2731 

Sez. I, 19 luglio 1976, n. 2855 

Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2888 
Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2903 
Sez. I, 28 settembre 1976, n. 3172 

pag. 1 
� 7 
� 14 
� 14 
� 14 
� 17 
� 1 
� 18 
� 20 
� 20 
� 23 
� 25 
� 36 
� 42 
� 43 
� 43 
� 43 
� 44 
� 46 
� 47 
� 49 
� 50 
� 54 
� 55 
� 57 

pag. 60 
� 69 
� 70 

pag. 89 
� 94 
� 103 
� 110 
� 110 
� 111 
� 116 
� 147 
� 121 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA 

Sez. I, 29 settembre 1976, n. 3181 

Sez. I, 10 ottobre 1976, n. 3199 
Sez. I lo ottobre 1976, n. 3205 
Se. Un., 5 ottobre 1976, n. 3248 
Sez. I, 6 ottobre 1976, n. 3286 
Sez. I, 9 ottobre 1976, n. 3350 
Sez. I, 12 ottobre 1976, n. 3378 
Sez. I, 19 ottobre 1976, n. 3609 
Sez. I, 21 ottobre 1976, n. 3686 
Sez. I, 25 ottobre 1976, n. 3845 
Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3879 

Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3881 � . 
Sez. I, 15 novembre 1976, n. 4220 
Sez. I, 16 novembre 1976, n. 4257 
Sez. I, 29 novembre 1976, n. 4494 

Sez. Lavoro, 22 dicembre 1976, n. 4716 
Sez. Un., 11 gennaio 1977, n. 93 . . 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

12 ottobre 1976, n. 19 
14 ottobre 1976, n. 21 
31 gennaio 1977, n. 3 
31 gennaio 1977, n. 4 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 486 
Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 487 
Sez. IV, 29 luglio 1976, n. 663 

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pag. 149 
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132 
)) 135 


pag. 186 
)) 188 
)) 188 
)) 190 

pag. 136 
)) 144 
)) 145 

DELLO STATO 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DELLA REGIONE SICILIANA 


29 ottobre 1976, n. 281 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 28 aprile 1975, n. 922 
Sez. IV, 23 gennaio 1976, n. 154 
Sez. V, 23 marzo 1976, n. 555 . 
Sez. V, 26 marzo 1976, n. 601 . 
Sez. VI, 22 giugno 1976, n. 7345 

CORTE DI ASSISE 

Catanzaro, ord. 19 gennaio 1977 

pag. 141 

pag. 194 
)) 194 
)) 197 
)) 198 
)) 195 

pag. 198 


PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


IMPOSTA VALORE AGGIUNTO 

-Credito di un privato per rivalsa 

I.V.A. -Natura -Pignoramento presso 
terzi -Ammissibilit�, 20. 
IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

-Generi di monopolio e assimilati Definizione 
amministrativa per reati 
punibili con pena non detentiva Detenzione 
di accenditori automatici 
-Applicabilit�, 20. 

-Olio combustibile -Rottura dell'oleodotto 
-Dispersione del prodotto Colpa 
grave del terzo -Abbuono 
del tributo, 20. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Addizionale -Pro Calabria -Proroga 
-Applicabilit� per imposte relative 
a periodi anteriori al 31 dicembre 
1972, 20. 

-Imposta di R.M. e complementare Trattato 
e convenzione C.E.C.A. Dipendenti 
societ� minerarie -Corresponsione 
indennit� o.d. extra 
d'attesa -Assoggettabilit� al tributo, 
20. 

-Imposta fabbricati -Esenzione venticinquennale 
-Modificazione della 
utilizzazione dell'immobile -Effetti, 

21. 
-Imposta R.M. -Esenzioni e agevolazioni 
-Interessi su mutui contratti 
per costruzione abitazioni non di 
lusso -Proroga dei termini di ultimazione 
-Limiti, 21. 

-Imposta sui fabbricati -Autorimessa 
pubblica -Esenzione venticinquennale 
-Applicabilit� -Limiti, 21. 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Professionisti -Ritenuta 
d'acconto -Difensore antistetario Distrazione 
spese e onorari -Pagamento 
-Applicabilit�, 21. 

-Imposte dirette -Condono -Giudizio 
in corso -Sospensione -Definizione 
senza ulteriore iscrizione a 
ruolo -Applicabilit�, 21. 

-Sanzioni per la violazione -Omessa 

o infedele dichiarazione di redditi 
altrui di lavoro subordinato -Sanzioni 
relative alla frode fiscale -Cumulabilit�, 
22. 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Base imponibile -Determinazione Detrazioni 
Impianti elettrici 

E.S.E. -Contribut� statali o regionali 
per la realizzazione -Quote di ammortamento 
-Detraibilit�, 22. 
-Imposta di R.M. e complementare Trattato 
e convenzione C.E.C.A. Dipendenti 
societ� minerarie -Corresponsione 
indennit� O;d. extra di 
attesa -Assoggettabilit� al tributo, 

22. 
IMPOSTE E TASSE 

-Addizionale -Pro Calabria -Proroga 
-Applicabilit� per imposte relative 
a periodi anteriori al 31 dicembre 
1972, 22. 

-Condono tributario -Controversia 
pendente -Relativa alla sola sopratassa 
-Applicabilit�, 22. 

-Esenzioni e agevolazioni -Decadenza 
-Imposta normale -Riscossione In 
pendenza di ricorso -Sopravvenienza 
delle nuove norme -Effetti, 

23. 
-Sanzioni per la violazione -Omessa 

o infedele dichiarazione di redditi 
altrui di lavoro subordinato -Sanzioni 
relative alla frode fiscale -Cumulabilit�, 
23. 
-Soggetti passivi -Solidariet� -Prescrizione 
-Atti interruttivi -Provenienti 
dal debitore d'imposta -Efficacia 
-Estensione -Limiti, 23. 

...,,,������,.....,..... 



XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Invalidi civili -Pensione sociale Somme 
anticipate dagli ECA -Rimborso 
-Legittimazione, 32. 

-Versamento contributi previdenziali 
-Inadempienza della P.A. -Interessi 
moratori -Debenza -Limiti, 

32. 
PREZZI 

-�Disciplina dei prezzi dei beni di 
, largo consumo -Carni fresche e bestiame 
vivo da macello, 32. 

PRIVILEGI 

-Utenze telex � -Canoni -Credito Privilegio 
dell'amministrazione, 32. 

REATI FINANZIARI 

-Generi di monopolio e assimilati Definizione 
amministrativa per reati 
punibili con pena non detentiva Detenzione 
di accenditori automatici 
-Applicabilit�, 32. 

REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA 

-Dipendenti -Danno recato all'Ente 
regione -Responsabilit� amministrativa 
-Accertamento -Giudizio di responsabilit� 
-Competenza, 33. 

REGIONE VALLE D'AOSTA 

-Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL 
Competenza, 33. 

REGIONI 

-Molluschicoltura -Poteri di vigilanza 
-Delega alle Regioni -Molluschi 
eduli -Autorizzazione alla coltivazione 
-Competenza, 33. 

-Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione 
di poteri statali -Estensio� 
ne, 33. 

-Regione Friuli-Venezia� Giulia 
Espropriazioni per la zona industriale 
di Trieste -Opere portuali Competenza, 
33. 

-Regione Marche -Legge n. 6/1973 
sulla protezione della flora -Costruzione 
di nuove strade da parte del1'
ANAS -Rispetto della legge, 34. 

-Trasferimento degli uffici dallo Stato 
alle Regioni -Consiglio Provinciale 
di Sanit� -Potere di nomina 

dei membri non di diritto -Spet


tanza, 34. 

RESPONSABILITA CIVILE 

-Responsabilit� civile -Trattati e 
convenzioni internazionali -Trattato 
Nato -Danni a stato contraente Legittimazione 
attiva stato di soggiorno, 
34. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa 
-Istituzione e funzio.namento 
dei T.A.R. -Rimessione, 34. 

RISCOSSIONE 

-Imposta sull'incremento di valore 
aree fabbricabili e contributi di miglioria 
-Addizionale -Riscossione 
versamento in tesoreria -Inadempimento 
degli Enti locali -Sanzioni 
amministrative -Applicabilit�, 34. 

-Riscossione delle imposte -Contratto 
esattoriale -Conferma dell'esattore 
per il periodo 1975-1983 -Servizio 
di tesoreria gestito dallo stesso esattore 
-Conferma per lo stesso periodo, 
35. 

-Riscossione esattoriale -Consorzi 
esattoriali -Esattore consorziale Domanda 
di conferma -Parere Competenza, 
35. 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

-Assicurazione obbligatoria -Violazioni 
-Accertamento -Su strade 
non statali e da parte di organi di 
polizia locali -Proventi -Spettanza, 
35. 

-Impianti di distribuzione carburan� 
ti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni 
pecuniarie -Impugnazione -Competenza 
giurisdizionale dell'A.G.O., 35. 

SEQUESTRO 

-Generi di monopolio -Sequestro penale 
-Devoluzione all'Amministrazione 
dei monopoli -Accreditamento 
del prezzo -Criteri di determina


, zione, 36. 

-Tabacco lavorato estero -Contrabbando 
-Provvedimenti relativi alla 
merce sequestrata -Modalit� e competenza, 
36. 



-


INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

SPESE GIUDIZIALI 

-Difensore -Provvedimento di distrazione 
-Pagamento -Efficacia liberatoria, 
36. 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Professionisti -Ritenuta di 
acconto -Difensore -Distrazione 
spese e onorari -Pagamento -Applicabilit�, 
36. 

-Statuto dei lavoratori -Repressione 
di condotta antisindacale -Decreto 
del pretore � Capo di condanna alle 
spese -Esecutivit� immediata, 36. 

STRADE 

-Autostrade -Distanze di rispetto dal 
ciglio -Creazione di nuove perti� 
nenze stradali -Spostamento delle 
fascie di rispetto, 37. 

-Regione Marche -L. 6/1973 sulla protezione 
della flora � Costruzione di 
nuove strade da parte dell'ANAS � 
Rispetto dela legge, 37. 

-Violazione dell'obbligo di non costruire 
case a distanza dal confine 
stradale minore di quella prescritta 
-Ordinanza prefettizia di riduzione 
in pristino -Carattere discrezionale 
� Esclusione, 37. 

TERREMOTO 

-Immobili in Pozzuoli � Danni da bradisismo 
-Contributo di riparazione 

o ricostruzione -Ordinanza di sgombero 
� Necessit� e limiti, 37. 
-Zone terremotate del viterbese -Abitazioni 
per i senza tetto -Espropriazione 
aree occorrenti -Legislazione 
applicabile, 38. 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Cittadini stranieri -Obblighi di assistenza 
-Assunzione di garanzie patrimoniali 
-Legittimit�, 38. 

-Nave italiana -Vendita giudiziale A 
societ� panamense -Autorizzazione 
ministeriale -Dismissione di 
bandiera -Trattato italo-panamense 
-Deroga ai principi, 38. 

-Responsabilit� civile -Trattati e 
convenzioni internazionali -Trattato 
Nato -Danni a Stato contraente Legittimazione 
attiva Stato di soggiorno, 
38. 

TURISMO E SPORTS 

-Costruzione di ippodromo -Dichia� 
razione di pubblica utilit� -Competenza 
prefettizia -Limiti -Pubblico 
interesse provinciale -Necessit�, 
38. 

-Costruzione di ippodromo -Pubblico 
interesse, 39. 

-Finanziamento e tasso agevolato 
delle iniziative turistiche � costru� 
zione, ampliamento, adattamenti e 
attrezzature degli impianti � previsti 
dall'art. 6 I. 22 luglio 1966, n. 614 Ristrutturazione 
di seggiovia, 39. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I) Norme dichiarate incostituzionali 
II) Questioni dichiarate non fondate 
III) Questioni proposte 
pag. 
)) 
)) 
7 
8 
11 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 162 -Pres. Rossi -Rei. Gion� 
frida -Regione Lazio (avv. Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Regione � Commissione statale di controllo sulla Regione -Disapplica. 
zione di legge regionale � Impossibilit�. 
(Cost., artt. 125 e 127; legge reg. Lazio, 23 settembre 1974, n. 66). 

La Commissione statale di controllo sugli atti di Regione a statuto 
ordinario non pu�, al fine di annullare un atto sottoposto al suo esame, 
compiere una indagine circa la legittimit� costituzionale di una legge re� 
gionale e comunque disapplicarla (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 213 � Pres. Rossi -Rei. Rossano 
-Regione Lazio (avv. Guarino e Sandulli) e Presidente Consiglio . 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Regione � Commissione statale di controllo sulla Regione � Esigenze unitarie 
e di coordinamento � Direttive governative � Sono vincolanti. 
(Cost., art. 125; 1. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 41). 

Regione � Commissione statale di controllo sulla Regione � Autorizzazione 
a stare in giudizio -Potere di chiedere la trasmissione di atto impugnato 
� Sussiste. 
(Cost., art. 125; !. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 45). 

Le Commissioni di controllo sulle Regioni a statuto ordinario debbono, 
nell'esercizio della funzione di controllo, considerare e valutare le 
esigenze unitarie e di coordinamento, nell'interesse dello Stato e delle 
stesse Regioni, inerenti alla attivit� amministrativa a questa affidata. 
Le direttive emanate dall'organo competente dello Stato (il Ministero 

(1) La sentenza n. 162 � pubblicata in Giust. civ., 1976, III, 217. 

2. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
per l'attuazione delle Regioni) sono vincolanti per dette Commissioni, le 
quali debbono uniformare la propria attivit� alle direttive stesse. Risulta 
pertanto tardivo e inammissibile il ricorso per confiitto di attribuzioni 
proposto contro l'atto di controllo negativo applicativo della anteriore direttiva 
(2). 

Il controllo di legittimit� ad opera della predetta Commissione di 
controllo sulla deliberazione di autorizzazione a ,stare in giudizio in un 
processo amministrativo deve avere per oggetto anche il provvedimento 
impugnato. Pertanto, in caso di mancato invio di tale provvedimento, 
spetta allo Stato (Commissione di controllo) chiederne la trasmissione e 
in genere chiedere chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, e disporre 
la sospensione dell'esecutivit� della deliberazione sottoposta a controllo. 

I 

(Omissis). -(in fatto). -Con ricorso notificato il 15 giugno 1974 la 
Regione Lazio -in persona del presidente autorizzato con deliberazione 
14 giugno 1974 della Giunta regionale -ha proposto conflitto di attri


~

buzione nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione n. 1836/ 

~ 
~ 

(2) II controllo statale sugli atti amministrativi delle Regioni a statuto 
j

ordinario. 

~ 

f

Della sentenza in esame meritano di essere sottolineati quei brani che 
tratteggiano, sia pure in termini alquanto generici, la collocazione costituzionale 
delle commissioni statali di controllo sulle amministrazioni regionali (art. 125 
comma primo (Cost. e artt. 41 e segg. della legge 10 febbraio 1953, n. 62). 

I brani che tratteggiano, sia pure in termini alquanto generici, la collocazione i 
~ 
costituzionale delle commissioni statali di controllo sulle amministrazioni regionali 
(art. 125 comma primo Cost. e artt. 41 �e segg. della legge 10 febbraio 
1953, n. 62). 

Com'� noto, tali commissioni sono, per cos� dire, degli � asteroidi � che 
subiscono da un lato l'attrazione del modello offerto dalla Corte dei conti, 
organo � ausiliario " con connotati di �indipendenza � strutturale dal Potere 

I

esecutivo statale, e da altro lato l'attrazione del modello offerto dagli organi 
collegiali amministrativi saldamente inseriti nell'apparato statale (quali, ad 
esempio, le preesistenti G.P.A.). 

I 

Per enfatizzare le � simiglianze � -quanto a funzioni e quanto a � garanI 
zie � -tra le commissioni in questione e la Corte dei conti, si � affermato 
che dette commissioni perseguirebbero unicamente lo scopo generale e � neu


I 
trale � della legalit� dell'azione amministrativa, si � sottolinato che esse -quanjdo 
esercitano anche il � controllo di merito � -possono soltanto richiedere 

I 

il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale, si � valorizzato I 
l'art. 42 della citata legge n. 62 del 1953 ove si dispone che il magistrato della I 
Corte dei conti e i tre funzionari dei ruoli civili, membri effettivi della commissione 
di controllo, �sono esonerati da ogni obbligo di servizio presso l'Amministrazione 
cui appartengono �. E da queste � simiglianze � si � pervenuti a 
sostenere che gli atti di controllo negativo delle commissioni di controllo 



3

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

30105 del 29 marzo 1974, pervenuta alla Regione il 18 aprile 1974, con la 
quale la Commissione di controllo sulla Regione Lazio ha ingiunto alla 
Giunta regionale di inviarle il provvedimento 11 ottobre 1972 del medico 
provinciale di Roma al fine di sottoporlo al controllo preventivo di legittimit�. 


La Regione ha chiesto che: 

�a) venga dichiarato che non spetta allo Stato il potere di controllare 
in via preventiva e generalizzata, attraverso la Commissione di 
controllo, gli atti emanati da organi regionali in seguito a delega statale, 
e in particolare l'atto del medico provinciale di cui in epigrafe; 

b) venga dichiarato che lo Stato, e in particolare la Commissione 
di controllo, non dispone del potere di sospendere, in sede di controllo 
di legittimit�, come ha fatto nel caso in esame, in atto regionale per ragioni 
inerenti ad atti diversi, che non condizionano la legittimit� di quello 
sospeso; 

e) venga annullata la deliberazione della Commissione di controllo 
sulla Regione Lazio di cui in epigrafe �. 

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocato 
.generale dello Stato, si � costituito con atto 4 luglio 1974 ed 
ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile perch� tardivo o, 
subordinatamente, respinto. -(Omissis). 

sarebbero -come i rifiuti di visto della Corte dei Conti -sottratti al sindacato 
giurisdizionale dei Giudici amministrativi. Nel senso di un � allineamento � 
delle commissioni di cui all'art. 125 Cost. alla Corte dei conti si sono espressi 
-e il fatto � non scevro di singolarit� -sia qualche � statalista � che ha 
ritenuto di trovare, nella anzidetta sottrazione degli atti di controllo negativo 
al sindacato giurisdizionale, una �promozione� ed un rafforzamento dell'attivit� 
di controllo (unico rimedio rimanendo il conflitto di attribuzioni dinanzi 
alla Corte costituzionale), sia � regionalisti � desiderosi di distaccare le commissioni 
in questione dall'amministrazione dello Stato per collocarle . in posizione 
di � terziet�� (questo termine � utilizzato da PALADIN, Diritto regionale, 
1973, 317). 

Supporto a questo orientamento � stato fornito da considerazioni tratte 
(peraltro non secondo ma contro la disciplina dettata dalla legge ordinaria 

n. 62 del 1953) dal riconoscimento costituzionale e dal significato politico delle 
autonomie regionali. Cos� SANDULLI ha osservato (Controlli sugli enti territoriali, 
Riv. trim. dir. pub., 1972, 578) come fosse �logico attendersi che, nei 
confronti delle Regioni -enti costituzionali, dotati di autonomia politica -, 
il controllo di legittimit� (che � controllo vincolato, da esercitare con riferimento 
a quel dato rigido e obbiettivo che � la legge) fosse affidato a un organo 
particolarmente qualificato, capace di esercitarlo in condizioni di imparzialit�, 
perch� dotato di effettiva indipendenza; ad un organo cio� dello Stato-ordinamento 
(quale � la Corte dei conti, i cui strumenti in materia sono affinati da 
una secolare esperienza) e non a un organo dello Stato-amministrazione, naturalmente 
esposto al rischio (come la Corte costituzionale ha varie volte affermato 
in circostanze analoghe) di essere guidato da chi contingentemente presiede 
agli indirizzi politici dello Stato �. E BENVENUTI ha rilevato (/ controlli 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

4 

II 

(Omissis). -L'Avvocatura Generale dello Stato ha preliminarmente 
eccepito l'inammissibilit� del ricorso per tardivit�, deducendo che il 
21 novembre 1972 il ministro per l'attuazione delle Regioni eman� una 
circolare con la quale, sulla scorta di un conforme parere del Consiglio 
di Stato, disponeva che fossero inviati alla Commissione di controllo 
di cui all'art. 125 della Costituzione, per il prescritto esame di legittimit�, 
gli atti amministrativi emanati dagli organi regionali nell'esercizio 
di funzioni in materie delegate dallo Stato. La circolare fu inviata, oltre 
che a tutti i ministri ed ai Commissari di Governo, ai presidenti di 
tutte le Giunte regionali delle Regioni a statuto ordinario e, quindi, dal 
novembre 1972 il Presidente della Regione Lazio era a conoscenza che gli 
atti in questione dovevano essere sottoposti al controllo della Commissione, 
il che rendeva attuale, fin da allora, l'asserita lesione della competenza 
della Regione. 

Subordinatamente, nel merito, l'Avvocatura Generale dello Stato ha 
sostenuto che, conformemente alle direttive impartite dal ministro per 
l'attuazione delle Regioni, spetta allo Stato il controllo di legittimit� 
sugli atti delegati. 

L'eccezione d'inammissibilit� � fondata per quanto attiene al primo 
profilo. 
La circolare, nel dubbio circa l'organo competente all'esercizio del 
controllo sugli atti amministrativi emanati dalla Regione per delega ai 

sulle regioni, ivi, 1972, 594) che �l'autonomia costituzionale delle Regioni � 
tale che essa postula la esistenza di un controllo sotto ogni profilo indipendente 
e fine a se stesso, di un controllo che deve esplicarsi sul piano dell'accertamento 
della legittimit�, non come elemento integrante n� di una fattispecie 
dell'atto n� di una fattispecie del potere, escludendosi quinc:\.i. ogni possibile 
configurazione sia di complessit� dell'atto, secondo dottrine ormai superate, 
sia di complessit� di procedimenti �. 

Secondo queste opinioni, in sostanza, il regime dei controlli dello Stato 
sugli atti amministrativi regionali verrebbe a risultare nettamente differenziato 
rispetto al regime dei controlli regionali sugli atti. amministrativi degli 
enti territoriali minori. A tali opinioni appare, per�, consentito non aderire; 
e non soltanto per il testuale parallelismo tra gli articoli 125 e 130 Cost. 
Invero, in sede di conflitto di attribuzioni, l'autarchia di un Comune o di una 
Provincia pu� trovare tutela dalle ingerenze di un Comitato (regionale) di 
controllo tanto quanto l'autarchia di una Regione pu� trovare tutela dalle 
ingerenze di una Commissione (statale) di controllo; unica diversit�, la legittimazione 
a ricorrere avverso le ingerenze � invasive � regionali spetta, anzich� 
direttamente al Comune o alla Provincia lesa, allo Stato il quale ben pu� 
ergersi a custode della sfera di attribuzioni riservata, con legge ordinaria 
statale (art. 118 Cost.), alle autarchie degli enti locali minori (enti -questi non 
para-regionali ma pur sempre facenti capo all'ordinamento statale). Non 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

5 

sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, in mancanza di 
una specifica disciplina legislativa, riporta in sintesi il parere, richiesto 
al Consiglio di Stato, sul problema se competente all'esercizio del controllo 
sugli atti amministrativi emanati per delega dalla Regione fossero 
competenti le Commissioni di controllo di cui all'art. 125 della Costituzione 
o la Corte dei conti ai sensi dell'art. lOQ della Costituzione. E alle 
considerazioni riassunte, in base alle quali il Consiglio di Stato aveva 
ritenuto che gli atti emessi dalle Regioni per delega dovessero essere 
sottoposti, al pari di quelli adottati per competenza propria, al controllo 
delle Commissioni di cui all'art. 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, aggiunge 
altre osservazioni a conforto di detta conclusione, � ��� restando 
quindi inteso che -sempre nell'ambito dell'accennata provvisoriet� fino 
a quando il problema non verr� definitivamente risolto con apposita normativa 
-il controllo sugli atti amministrativi regionali, posti in essere 
nelle materie delegate dallo Stato, rientra nei compiti dell'organo statale 
di cui alfart. 125 della Costituzione, che lo esercita secondo le modalit� 
indicate dalla legge 10 febbraio 1953, n. 62. Ulteriori indicazioni potranno 
essere fornite su quanto concerne gli aspetti relativi alla rendicontazione 
delle spese inerenti agli atti regionali delegati in questione, al fine dei 
raccordi che si rendano necessari col sistema del bilancio e della contabilit� 
dello Stato�. 

pare perci� vi sia ragione di una collocazione privilegiata delle Regioni rispetto 
al controllo esterno. 
La sentenza in esame appare piuttosto univocamente orientata nel senso 
di negare rilevanza alle � simiglianze � delle quali si � detto, e di ravvisare 

nelle commissioni -degli organi della amministrazione statale, e -nella 
loro attivit� di controllo -una ordinaria attivit� amministrativa; le commissioni 
statali di controllo sugli atti delle Regioni a statuto ordinario vengono 
quindi a trovarsi allineate ai comitati regionali di controllo sugli atti dei 
Comuni e delle Province. 

La Corte costituzionale, rimanendo aderente alla legge n. 62 del 1953 (sulla 
quale cfr. anche Corte cost., n. 40 del 1972, in Foro it., 1972, I, 1184), ha enunciato 
il principio secondo cui le commissioni di controllo sono tenute ad 
attenersi, oltre che alle leggi statali e regionali (cfr. sul punto Corte cost., 

n. 162 del 1976), anche alle �direttive che l'organo competente dello Siato 
abbia emanato � (nei confronti anche delle Regioni) per il coordinamento delle 
attivit� amministrative regionali, senza possibilit� di � disapplicare � o di 
ignorare dette direttive: le commissioni sono cos� state configurate non come 
organismi � giustiziali � (in senso lato) ma come organi sottoordinati al Governo 
della Repubblica e con esso cooperanti al perseguimento delle esigenze 
unitarie. Pertanto, l'attivit� di controllo da dette commissioni svolta pu�, 
s'intende nel rispetto delle disposizioni e dei principi Costituzionali, essere 
orientata dagli indirizzi politici e amministrativi provenienti dalle autorit� 
centrali dello Stato; e non � integralmente rimessa a � neutrali� interpretazioni 
e valutazioni promananti dalla � coscienza � individuale dei commissari; 
in altre parole, si � in presenza di controlli-volont� piuttosto che di controlligiudizio 
(sulla distinzione, FERRAR!, Gli organi ausiliari, 1956, 274), per i quali 
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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

6 

Siffatta chiara manifestazione di direttive per un fine unitario e 
di coordinamento, la cui rilevanza nei confronti degli organi collegiali 
in genere � stata riconosciuta dalla dottrina nei limiti dei rapporti tra 
l'organo competente all'esercizio delle funzioni di direzione e l'organo 
collegiale, cui non sono applicabili i principi dei rapporti gerarchici valevoli 
per gli organi monocratici, ha particolare rilievo nei confronti delle 
Commissioni di controllo. In vero, questi Collegi, composti, a norma dell'art. 
41 della legge n. 62 del 1953, da soggetti, organi di amministrazioni 
diverse, per tale stessa composizione, nell'esercizio della funzione di controllo, 
debbono considerare e valutare le esigenze unitarie e di coordinamento, 
nell'interesse dello Stato e delle stesse Regioni, inerenti alla 
complessa attivit� amministrativa che le Regioni debbono svolgere nei limiti 
degli artt. 5, 117, 118 e 125 della Costituzione, e conseguentemente 
valutare le direttive che l'organo competente dello Stato abbia emanato 
in proposito. E, se si considera che il rilievo giuridico, riconosciuto in 
dottrina alle direttive impartite dall'organo competente all'organo collegiale, 
consiste nel dovere dell'organo collegiale di considerarle nel procedimento 
di formazione della volont� e di uniformarvisi, anche se in 
casi concreti l'organo pu�, per motivi diversi, non conformarsi, deve 
ammettersi che il dovere di conformit�, da parte delle Commissioni di 
controllo, � particolarmente vincolante e quindi idoneo a una generale 
applicazione delle direttive. Tale forza vincolante, riconosciuta nel ricorso 
della Regione alle direttive emanate dall'organo competente dello Stato 
-il ministro per l'attuazione delle Regioni -nei confronti delle Re-� 

specie nei casi m cui il sindacato � esteso anche al merito -� configurabile 
una responsabilit� politica dell'autorit� di Governo. 

I principi enunciati dalla Corte costituzionale e test� segnalati contribuiscono 
a realizzare quella � uniformit� � del controllo sugli atti amministrativi 
delle Regioni a statuto ordinario che, oltre ad essere esigenza di innegabile 
validit� (cfr. anche PALADIN, op. cit., 315), appare rispondente al dettato dell'art. 
125 Cost. ove si � previsto che il controllo de quo sia esercitato da � un� 
organo dello Stato operante � in forma decentrata �. Rimane, senza dubbio, 
aperto il problema della determinazione delle modalit� di esercizio del potere 
di coordinamento del quale si � detto, e della � misura � entro cui esso dovr� 
essere contenuto; in proposito, dati ulteriori non mancheranno di essere forniti 
dall'esperienza e dal consolidarsi di consuetudini. 

Inoltre, i principi segnalati contengono implicazioni ulteriori ove si consideri 
la relazione tra controlli-volont� e 'interesse pubblico: attraverso tale 
relazione si supera (FORTI, I controlli dell'amministrazione comunale, in Trattato 
Orlando, II, 1915, 682) � quell'idea di conflitto tra l'interesse della persona 
giuridica pubblica e quello dello Stato, conflitto che � tutt'altro che necessario 
ed � anzi normalmente escluso dalla considerazione che in tanto gli enti sono 
pubblici in quanto il loro interesse coincida o converga con quelli collettivi, 
riassunti nello Stato �. 

FRANCO FAVARA 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

gioni, deve anche ammettersi per quelle dirette alle Commissioni di controllo, 
notificate alle Regioni e contenute in circolare, che, per il suo 
contenuto, costituisce manifestazione, concreta, autonoma e vincolante 
anche per la Commissione di controllo, �organo dello Stato, nell'esercizio 
della sua funzione, del potere che lo Stato assume di sua spettanza in 
base alla legge e alla Costituzione. 

Pertanto, per decorrenza del termine d'impugnazione, � inammissibile 
il ricorso per conflitto di competenza per quanto concerne il primo 
profilo. 

L'altro profilo non � assorbito, come ritiene l'Avvocatura Generale 
dello Stato, in quanto � diverso dal primo. 

Questo secondo profilo non � fondato. 

La deliberazione della Giunta regionale di costituirsi nel giudizio promosso 
dalla soc. Pirelli contro il provvedimento del medico provinciale 
di Roma era sottoposta al controllo di legittimit� della Commissione, 
per quanto atteneva alla autorizzazione a stare in giudizio. Tale controllo 
di legittimit� non poteva considerarsi limitato alla deliberazione, come 
sostiene la Regione ricorrente, ma doveva avere per oggetto anche l'impugnato 
provvedimento del medico provinciale in quanto atto del giudizio 
nel quale la Regione voleva costituirsi. Pertanto, la Regione avrebbe dovuto 
trasmettere alla Commissione di controllo il suddetto provvedimento 
del medico provinciale ed i chiarimenti richiesti ai sensi dell'art. 45, comma 
secondo, della legge n. 62 del 1953. In conseguenza del mancato invio 
l'esecutivit� della deliberazione della Giunta regionale era sospesa, come 
dispone il menzionato art. 45, che la deliberazione della Commissione 
di controllo ha espressamente richiamato. La sospensione, quindi, non 
pu� ritenersi esercizio illegittimo del potere di autorizzare la costituzione 
in giudizio, dato che � l'effetto ex lege del mancato adempimento dell'obbligo 
di trasmettere l'atto ed i chiarimenti, espressamente previsti 
dal citato art. 45, comma secondo, della legge n. 62 del 1953. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 166 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano 
-Regione Sicilia (avv. Aula) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Gozzi). 

Sicilia � Partecipazione del presidente della Giunta al Consiglio dei Ministri 
� Limiti. 
(Statuto Sicilia, art. 21). 

Sicilia � Potest� legislativa e amministrativa in materia di tributi � � 

concorrente o sussidiaria � Disciplina statale dei rimborsi I.V.A. � 

Applicazione nel territorio della Regione siciliana � � costituzional


mente legittima. 

(Statuto Sicilia, artt. 20 e 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art 2; d.P.R. 2 luglio 1975, 

n. 288, art. 1). 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

8 

Atto amministrativo � Atto amministrativo statale � Potest� di disapplica� 
zione ad opera di una Regione ~ Non sussi~te. 
(Cost. art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 38 e 41). 

La partecipazione del presidente della Giunta regionale siciliana al 
Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 21 dello Statuto della Sicilia � 
necessaria soltanto per le deliberazioni che interessano detta Regione in 
modo particolare e differenziato, e non � prescritta per le deliberazioni 
di carattere generale che possano coinvolgere anche interessi regionali (1). 

'La potest� legislativa della Regione siciliana in materia tributaria non 
� esclusiva, ma � concorrente o sussidiaria, e gli stessi limiti incontra la 
correlata potest� amministrativa. Il termine � riscosse � usato dall'art. 2 
del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 si riferisce non gi� alle somme comunque 
intestate dai competenti uffici, ma a quelle che abbiano superato la fase 
del definitivo accertamento. Pertanto, � infondata la questione di costituzionalit� 
dell'art. 1 del d.P.R. 2 luglio 1975, n. 288, e spetta allo Stato 
il potere di emanare il decreto ministeriale 23 luglio 1975 avente ad oggetto 
modalit� per l'esecuzione dei rimborsi I.V.A. (2). 

Come gli uffici statali non possono disapplicare gli atti amministrativi 
promananti dalle Regioni, cos� queste non possono disapplicare gli atti 
amministrativi emessi dallo Stato; pertanto va annullato il decreto assessoriale 
29 agosto 1975 avente ad oggetto modalit� per l'esecuzione dei 
rimborsi I.V.A. (3). 

(Omissis). -2. -La Regione siciliana (con un primo ricorso: n.d.r.) 
denuncia Yart. 1 del d.P.R. n. 288 del 1975, per l'operata sostituzione dei 
commi quarto e quinto dell'art. 38 del d.P.R. n. 633 del 1972., Dalle nuove 
disposizioni consegue che ai rimborsi dell'I.V.A., contemplati nei precedenti 
commi secondo e terzo dello stesso art. 38, come modificato dal


(1) La Corte non ha affrontato (e non ve n'era bisogno) il punto se la 
partecipazione del Presidente della Giunta regionale della Socilia al Consiglio 
dei Ministri sia � col rango di Ministro� e � con voto deliberativo �, ovvero 
sia meramente consultivo come per altte Regioni e per le Province autonome 
(in quest'ultimo senso MoRTATI, Istituzioni, ottava ed. 1969, II, 837). Sulla parte. 
cipazione dei presidenti di Giunte regionali a sedute del Consiglio dei Ministri, 
Corte cost., 13 gennaio 1966, n. 4, in Giust. civ., 1966, III, 95, con nota di DI 
SALVO, e in Giur. cast., 1966, 51, con nota di Cuocow; 14 marzo 1968 n. 1, in 
Giust. civ., 1968, III, 220, con nota di .DI SALVO e in Giur. cast., 1%8, 227, con 
nota di GROTTANELLI DE' SANTI; 29 maggio 1974, n. 151, in questa Rassegna, 1974, 
850; 6 giugno 1974, n. 162, in Foro it., 1974, I, 2600; e 14 luglio 1976, n. 166, in 
questa Rassegna, 1976, sesto fascicolo. 
(2) Sulla potest� legislativa in materia tributaria, oltre alle sentenze menzionate 
in motivazione �Corte cost., 26 gennaio 1957, n. 9, in Foro it., 1957, I, 

PARTE I. SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

9 

l'art. 1 del d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687, provvedono gli uffici competenti, 
utilizzando i fondi della riscossione; e che, ai fini della formazione delle 
giacenze occorrenti per l'effettuazione dei rimborsi medesimi, � autorizzata 
dilazione per il versamento all'erario dell'imposta riscossa. � previsto, 
altres�, che ai rimborsi possa in ogni caso provvedersi con i normali 
stanziamenti di bilancio; e che le modalit� relative all'esecuzione 
dei rimborsi, le modalit� e i termini relativi alla dilazione per il versamento 
all'erario dell'imposta riscossa, nonch� le modalit� relative alla 
presentazione della contabilit� amministrativa, vengano stabiliti con decreto 
del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per il tesoro. 
La Regione, premesso che l'impugnata norma, in mancanza di espressa 
esclusione, spiega i suoi effetti anche nel territorio siciliano, si duole del 
pregiudizio che ad essa potrebbe derivarne, per l'eventuale accollo di 
rimborsi di quote d'imposta che non risultino affluite al bilancio regionale, 
ed afferma che tali dannosi riflessi sono la conseguenza delle indicate 
violazioni di norme costituzionali. 

3. -Le prospettate censure non sono fondate. 
Non appare innanzi tutto violato l'art. 21 dello Statuto, l� dove prescrive, 
all'ultimo comma, che il Presidente della Giunta regionale partecipi 
al Consiglio dei Ministri, con rango di Ministro e con voto deliberativo 
�nelle materie che interessano la Regione�. Non si nega che 
l'intervento non vi sia stato in occasione della deliberazione del testo 
del citato d.P.R. n. 288 del 1975. Ma va osservato in proposito che il decreto 
� stato adottato in progressiva attuazione della riforma tributaria, 
secondo quanto previsto dall'art. 17 della legge di delega 9 ottobre 1971, 

n. 825; che, nella specie, il rimborso delle eccedenze dell'I.V.A. � materia 
che interessa tutta la comunit� nazionale, e solo in quanto in essa incluse, 
anche le singole regioni; che, pertanto, nei confronti di norme siffatte, 
di evidente carattere generale, non � dato individuare -secondo quanto 
340; 6 giugno 1973, n. 71, 19 giugno 1973, n. 81 e 10 luglio 1973, n. 116, in Giust. 
civ., 1973, III, 247 e 321), anche Corte cost. 5 febbraio 1975, n. 14 (in questa 
Rassegna, 1975, 30) e 26 giugno 1975, n. 157 (ivi, 1975, 641). Sull'argomento, cfr. 
anche PALADIN, Ancora sui rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione siciliana, 
in Giur. it., 1972, I, 1, 429. 

(3) La Corte ha pi� volte escluso che gli � uffici � statali possano � disapplicare
� gH atti amministrativi regionali (Corte cost., 1� dicembre 1959, n. 58, 
in Foro it., 1960,� I, 10; 28 dicembre 1971, n. 207, ivi, 1972, I, 294; 21 dicembre 1972, 
n. 184, ivi, 1973, 333; 27 dicembre 1974, n. 299, ivi, 1975, 805). Peraltro, la frantumazione 
dello Stato unitario organizzato secondo moduli gerarchici e il sorgere 
di una pluralit� di � produttori � di atti amministrativi, per i quali non 
v'� neppure una struttura unitaria di controllo, d� luogo a problemi; e non � 
dimostrato che una � mediazione necessaria � degli apparati giurisdizionali sia 
la risposta migliore. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gi� affermato dalla Corte (sentenza n. 34 del 1976) -un interesse di 
singole regioni, cos� giuridicamente differenziato, da render necessaria 
la partecipazione dei rispettivi presidenti alle sedute del Consiglio dei 
Ministri. 

Del pari, non possono ritenersi violati dall'impugnata normativa gli 
artt. 36 e 43 dello Statuto siciliano e l'art. 2 delle norme di attuazione 

I 

in materia finanziaria (d.P.R. n. 1074 del 1965). Consolidata giurisprudenza 
di questa Corte (dalla sentenza n. 9 del 1957 fino alle recenti nn. 71, 81 
e 116 del 1973) qualifica la potest� legislativa della Regione siciliana in 
materia tributaria, come potest� non esclusiva, ma concorrente o sussidiaria. 
Preminente �, dunque, la esigenza di unitariet� del sistema, in 
ordine alle caratteristiche di ciascun tributo, ai cespiti colpiti, alle modalit� 
di riscossione; al qual fine si richiede, appunto, che siano osservati 
(oltre, ovviamente, le leggi costituzionali ed i limiti territoriali) i 
limiti derivanti dai princ�pi e dagl'interessi generali, cui s'informano le 
leggi� dello Stato. Ma se questo � l'�m.bito segnato alla Regione siciliana 
dalle norme statutarie e di attuazione, non pu�, per converso, affermarsi 
che, in contrasto con queste ultime, esso risulti vulnerato da norme, 
come quelle impugnate, che mirano ad integrare e correggere, sul 
piano nazionale e con carattere di generalit�, la disciplina dell'imposta 
sul valore aggiunto, migliorando sotto tale profilo l'attuazione della riforma 
tributaria, nel rispetto dei princ�pi e criteri direttivi determinati 
dalla relativa legge di delega. Quest'ultima, infatti, all'art. 5, concernente 
l'I.V.A., prevedeva al n. 10, in tema di rimborsi dell'imposta, la predisposizione 
di un congegno atto a snellire la procedura e a facilitare l'esecuzione. 
In applicazione di tale norma furono dettate le disposizioni dell'art. 
38 del d.P.R. n. 633 del 1972... -(Omissis). -Il precedente congegno, 
facendo affluire al bilancio in entrata tutte le somme riscosse e 
defluire in uscita le somme erogate per i rimborsi, era la precipua causa 
dei ritardi per la insufficienza degli stanziamenti, le cui previsioni si rivelavano 
quasi sempre inadeguate. Adesso, invece, il possibile ricorso 
agli stanziamenti di bilancio � previsto solo in via eventuale e sussidiaria,� 
nella ipotesi, cio�, che le somme riscosse siano insufficienti alla bisogna. 
Tale il nuovo congegno, che il legislatore delegato, in adempimento di 
specifico mandato enunciato nella legge di delega, ha ritenuto maggiormente 
atto, sotto il profilo tecnico, a snellire e facilitare la procedura 
dei rimborsi, ed ha in conseguenza introdotto su scala nazionale. Esso 
non confligge con il combinato disposto degl'indicati articoli 36 dello Statuto 
e 2 delle norme di attuazione, a tenore del quale spettano alla Regione 
siciliana tutte le entrate tributarie erariali � riscosse � nell'�mbito 
del suo territorio; ed invero, il termine usato non pu� intendersi genericamente 
riferito alle somme comunque introitate dai competenti uffici, 
ma a quelle che abbiano superato la fase del definitivo accertamento, 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

che logicamente precede e prepara quella della riscossione nel normale 
procedimento di acquisizione dell'entrata. Nella specie, dunque, affluisce 
in entrata al bilancio della Regione (e corrispondentemente per il restante 
territorio nazionale a quello dello Stato) il gettito effettivo dell'I.
V.A., depurato, cio�, degl'importi erogati in ragione dei dovuti rimborsi. 


Non si nega che il profondo rinnovamento dell'ordinamento tributario 
nazionale, cui � preordinata la riforma, postuli anche il necessario 
coordinamento della disciplina delle entrate tributarie della Regione siciliana. 
Ma a ci� appunto intende (come ha sottolineato la Corte nella 
sentenza n. 298 del 1974) il disposto dell'art. 12, comma secondo, n. 4, della 
citata legge di delega n. 825 del 1971, che prevede la determinazione delle 
norme relative a siffatto coordinamento da parte della commissione paritetica 
di cui all'art. 43 dello Statuto; la deliberazione del loro testo 
definitivo da parte del Consiglio dei Ministri, con l'intervento del Presidente 
della Regione, ai sensi dell'art. 21 dello Statuto; e la successiva 
emanazione da parte del Presidente della Repubblica con apposito decreto 
legislativo. � questa, dunque, la sede nella quale possono essere 
valutati gli inconvenienti che la Regione assume derivare dall'introdotto 
congegno e pu� essere accordata appropriata tutela agl'interessi regionali: 
tutela che per essere veramente efficace, conviene sia anche quanto 
possibile tempestiva e sollecita. 

Infondata si rivela, infine, anche la censura di incostituzionalit� dedotta, 
in riferimento agli artt. 20 e 36 dello Statuto, ed all'art. 8 delle 
citate norme di attuazione, nei confronti del quinto comma dell'art. 38 
del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dall'art. 1 del d.P.R. n. 288 
del 1975, per aver demandato a un decreto ministeriale di stabilire le 
modalit� relative all'esecuzione dei rimborsi, le modalit� e i termini relativi 
alla dilazione per il versamento all'erario dell'imposta riscossa, 
nonch� le modalit� relative alla presentazione della contabilit� amministrativa. 
La Regione assume che in tal guisa viene vulnerata la sua competenza 
in materia di riscossione delle proprie entrate, e vengono obli� 
terate le connesse potest� esecutive ed amministrative. Ben vero che al 
potere normativo attribuito alla Regione nella materia tributaria consegua, 
con necessario collegamento, la potest� amministrativa; ma, come 
� stato precisato dalla Corte nella ricordata sentenza n. 9 del 1957, negli 
stessi sensi ed entro gli stessi limiti dianzi puntualizzati, procedendo cos� 
le due attivit� in parallelo. Non pu�, quindi, ritenersi che l'impugnata 
norma, con il soddisfare alla preminente esigenza di unitariet� del sistema, 
anche per ci� che ha riguardo alle modalit� di riscossione, versamento 
e contabilizzazione, abbia con ci� stesso violato i richiamati precetti 
statutari, o siasi posta in conflitto con l'invocato art. 8 delle norme 
di attuazione. Quest'ultima disposizione, in particolare, abilita la Regione 


RASSEGNA �DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

ad avvalersi degli uffici periferici dell'Amministrazione statale per l'esercizio 
delle funzioni esecutive ed amministrative ad essa spettanti ai sensi 
dell'art. 20 dello Statuto; ma non v'ha dubbio, come la Corte ha pi� volte 
riconosciuto, e pi� specificamente con la sentenza n. 120 del 1966, che tali 
uffici -fino a quando non sar� diversamente stabilito -strutturalmente 
continuino a far parte dell'organizzazione dello Stato, che questo possa 
disporne, e possa, dunque, ,accomunarli agli altri consimili uffici. del territorio 
nazionale, destinatari di direttive di carattere generale e di norme 
regolamentari, al fine di attuare in concreto la riforma dell'ordinamento 
tributario nazionale. 

4. -Dalla infondatezza delle censure d'incostituzionalit� mosse dalla 
Regione siciliana ai comini quarto e quinto dell'art. 38 del d.P.R. n. 633 
del 1972, nel testo sostituito dall'art. 1 del d.P.R n. 288 del 1975, consegue 
la infondatezza del (secondo; n.d.r.) ricorso, con il quale la stessa 
_Regione ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello ~tato 
in ordine al decreto 23 luglio 1975, emesso dal Ministro per le finanze 
di concerto con il Ministro per il tesoro. Tale decreto, la cui emanazione 
era prevista dal comma quinto del citato art. 38, regola, come si � dianzi 
precisato, le modalit� di applicazione delle nuove norme dettate nella 
materia dei rimborsi I.V.A. Secondo la Regione, con l'atto impugnato 
lo Stato non ha tenuto conto anche in sede esecutiva della peculiare posizione 
costituzionale ad essa spettante, e ne ha invaso l'�mbito di competenza, 
quale segnato dalle norme poste a riferimento dal precedente 
ricorso, le cui dedotte censure vengono in questa se�le confermate e 
reiterate. Peraltro, una volta riconosciuto che le norme poste a base dell'impugnato 
decreto sono immuni dai pretesi vizi di incostituzionalit�, 
che nella materia de qua la potest� legislativa della Regione ha carattere 
concorrente o sussidiario e che le connesse potest� esecutive ed amministrative 
vanno esercitate negli stessi sensi ed entro gli stessi limiti, 
egualmente infondate si rivelano le doglianze mosse con il ricorso per 
regolamento di competenza. Le sfavorevoli conseguenze che in concr~to, 
secondo l'assunto della Regione, gi� sarebbero derivate o potrebbero in 
futuro derivare per il suo bilancio, potranno �essere apprezzate in sede 
di apprestamento della normativa di coordinamento, prevista dalla legge 
di delega con l'art. 12 innanzi richiamato. 
5. -Come accennato nella espos1z1one in fatto, l'Assessore per le finanze 
della Regione siciliana, con decreto 29 agosto 1975 (p�bblicato nella 
Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 42 del successivo 27 settembre) 
ha dal canto suo dettato �modalit� per l'esecuzione dei rimborsi 
I V.A. nell'�mbito del territorio della Regione siciliana �. Il decreto asses. 
soriale dispone che, fino a quando la materia non .sar� puntualmente 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE .,13 

e definitivamente disciplinata in sede di norme di coordinamento, il decreto 
ministeriale 23 luglio 1975 non si applichi nell'�mbito del. territorio 
della Regione siciliana, facendosl. quindi obbligo agli uffici I.V.A. della 
Sicilia. di continuare a versare le somme riscosse a titolo d'imposta sul 
valore aggiunto, in conto entrata della Regione (art. 1), e di continuare 
a prevedere ai rimborsi d'imposta, utilizzando le somme che all'uopo 
verranno accreditate sui normali stanziamenti di spesa del bilancio dello 
Stato o di quello della Regione, a seconda dell'Ente al cui erario sono 
afiluite le quote d'imposta ammesse a rimborso, salvo conferma da parte 
del Ministero delle finanze della determin'.azione di provvedere, in linea 
� provvisoria, agli accreditamenti in parola a carico del bilancio statale 
(art. 2). Di tale decreto assessoriale il Presidente del Consiglio dei Mi


nistri, con il suo ricorso, ha chiesto l'annullamento, deducendo invasione 

della sfera di competenza propria dello Stato. 

Il ricorso � fondato. 

In coerenza con i princ�pi richiamati e con le statuizioni adottate in 

precedenti occasioni, in cui lo Stato aveva ritenuto di poter disapplicare 

atti promananti da Regioni (sentenze n. 207 del 1971 e n. 184 del 1972), 

nel caso in esame va dichiarato che non spetta alla Regione siciliana la 

potest� di disapplicare -come ha fatto con l'impugnato decreto asses


soriale -il decreto ministeriale 23 luglio 1975. L'ordinamento costitu


zionale demanda appunto a questa Corte di giudicare sui conflitti di 

attribuzione tra lo Stato e le Regioni (art. 134 Cost.); di dichiarare a chi 

spettino le attribuzioni in contestazione, e di annullare gli atti viziati da 

incompetenza (artt. 38 e 41 legge 11 marzo 1953, n. 87); di sospendere 

per gravi ragioni, in pendenza del giudizio, l'esecuzione degli atti che 

hanno dato luogo al conflitto (art. 40 stessa legge). Nei confronti 'del


l'atto statale ritenuto invasivo della sua competenza la Regione aveva 

dunque lo strumento idoneo per far valere le proprie doglianze e per 

ottenerne la rimozione; e di tale strumento in concreto si � avvalsa con 

il ricorso proposto a questa Corte. 

�Ma, contemporaneamente all'esperimento del ricorso e senza nemme


no attenderne l'esito, la Regione, adducendo -come esplicitamente si 

desume dal preambolo del decreto assessoriale -che l'atto dello Stato 

si appalesava illegittimo e lesivo delle spettanze, d�lle competenze e delle 

potest� regionali costituzionalmente assistite, ha ritenuto di poter � ri


muovere dette turbative e ripristinare il preesistente regime�, facendo 

leva sugli stessi argomenti e sugli stessi parametri posti a base del suo 

ricorso. In certo senso, si � fatta giustizia da s�, non �onsiderando, 

come avrebbe dovuto, che a questa Corte il sistema instaurato dalla Co


stituzione attribuisce sui conflitti di attribuzione competenza esclusiva, 

con pienezza di� effetti della decisione; ed ha, quindi, violato. il richiamato 

art.. 134 della Costituzione. -(Omissis) � 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

14 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 196 -Pres. Rossi -Rel. 
Rocchetti -Chimisso e altri (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Azzariti e Gozzi). 

Militare -Reato militare -Reato comune commesso da militare e da 
non militare -Connessione -Giurisdizione ordinaria. 
(Cost., artt. 3 e 25; cod. pen. mil. pace, art. 264). 

Non contrasta con gli artt. 3 e 25 Cast. l'art. 264 cod. pen. mil. pace, 
nella parte in cui prescrive che, per reati militari (ovviamente commessi 
da militari) e reati comuni ad essi connessi compiuti in correit� da militari 
e non militari, debba seguire un solo giudizio, avanti al giudice ordinario 
(1). 

(1) La sentenza � pubblicata in Cons. Stato, 1976, Il, 742. 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 208 -Pres. Rossi -Rel. 
Capalozza -Canevaro (n.p.). 

Procedimento penale -Comunicazione giudiziaria -Atti preliminari di 
polizia giudiziaria -Non � necessaria. 
(Cost., artt. 3 e 24; c.p.p., art. 390). 

Come la comunicazione giudiziaria non � imposta dalla Costituzione 
e risponde solo ad esigenze che il legislatore ordinario ha ritenuto, nella 
sua discrezionalit�, di dover soddisfare in favare di tutti coloro che 
possono avere interesse nel processo e possono assumere la qualit� di 
parti, cos� rientra nella discrezionalit� del legislatore ordinario determinare 
la sfera di applicazione della comunicazione stessa; pertanto, non 
� fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 390 del codice 
di procedura penale, in relazione all'art. 225 dello stesso codice in quanto 
non prescrive la previa comunicazione giudiziaria per gli atti preliminari 
di polizia giudiziaria (1). 

(1) La sentenza � uubblicata in Giust. civ., 1976, III, 474, con nota di 
richiami. 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 209 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi 
-Di Masi (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Azzariti). 

Monopoli -Distribuzione e vendita dei tabacchi -~ servizio pubblico 
di utillt� generale. 
(Cost., artt. 41 e 43; l. 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e segg., come modificati con I. 3 gennaio 
1951, n. 27). 

La distribuzione �e vendita dei tabacchi ad opera dello Stato � attivit� 
di impresa diretta al conseguimento di entrate tributarie e, al tempo 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

15 

stesso, idonea a perseguire il fine, di ordine igienico-sanitario, di contenere 
la nocivit� del fumo per gli individui e per la collettivit�; sussistono 
quindi i � fini di utilit� generale � per una riserva allo Stato di siffatto 
�servizio pubblico essenziale � (art. 43 Cost.) (1). 

(Omissis). -La riserva allo Stato della vendita dei tabacchi (entro 
l'ambito segnato dal disposto degli artt. 1 e segg. della legge n. 724 del 
1975 e della loro concreta applicazione), come ogni altra riserva vigente 
ed operante nel settore, trova la sua fonte e base in una legislazione che, 
tranne per il quindicennio 1869-1883, si � sviluppata sostanzialmente su 
una medesima linea nell'arco di oltre un secolo. Durante tale lungo 
periodo, infatti, a cominciare dalla legge 13 luglio 1862, n. 710, con la 
quale le diverse discipline di legge sul monopolio e sulle gabelle dei 
tabacchi furono fuse ed unificate ed allo Stato italiano vennero riservati 
la fabbricazione e lo spaccio dei tabacchi, -e fino ai provvedimenti legislativi 
(decreto legge 30 novembre 1970, n. 870 e legge -di conversione 
con modifiche -27 gennaio 1971, n. 3) con cui � stato liberalizzato il 
settore del tabacco greggio, ed alla recente legge n. 724 del 1975, con cui 
� implicitamente dichiarata cessata la riserva di importazione nel territorio 
della Repubblica dei tabacchi lavorati di provenienza dai paesi delle 
Comunit� economiche europee, l'istituzione e la conservazione del monopolio 
statale dei tabacchi hanno avuto luogo per il perseguimento di 
fini pubblici, di vario e complesso contenuto e caratteristicamente consistenti 
nell'assicurazione di entrate tributarie, nella salvaguardia della 
salute pubblica e nell'occupazione dei lavoratori, di date categorie e in 
date zone del territorio nazionale. E tali fini sono in atto esistenti. 

La riserva allo Stato della distribuzione e vendita dei tabacchi, infatti, 
si risolve in servizi che sono disimpegnati dagli ispettorati compartimentali 
dei monopoli di Stato, dai depositi, dai magazzini di vendita 
e dalle rivendite di Stato, ordinarie e speciali (e dai concessionari 
a mezzo di patentini) (legge 22 dicembre 1957, n. 1293 e d.P.R. 14 otto


(1) La parte della motivazione della sentenza concernente l'art. 41 Cost., 
forse, in una prima stesura si esauriva nell'affermazione �riconosciuta la 
mancanza di un contrasto con l'art. 43 Cost. della normativa in questione, la 
stessa non risulta posta in violazione del precedente art. 41 �. Aggiunta sembra 
infatti la considerazione della temporaneit� dei limiti all'iniziativa economica 
privata. 
In ordine alla compatibilit� del monopolio statale dei tabacchi con gli 
artt. 41 e 43 Cost. numerose e difformi erano state le pronunce dei giudici 
ordinari (cfr., ad esempio, Cass. 6 ottobre 1972, in Giur. it., 1973, Il, 452, e, in 
senso opposto, Cass. ord. 28 maggio 1974, in Foro it., 1974, Il, 385). Per molti 
dei giudizi di costituzionalit� che erano stati proposti, la Corte ha pronunciato 
ordinanze di restituzione al giudice a quo per il riesame della rilevanza in 
seguito all'entrata in vigore della legge 10 dicembre 1975, n. 724. 



RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO

16 

bre 1958, n. 1074), e l'attivit� relativa � diretta al conseguimento di una 
entrata tributaria, per un importo pari, in relazione all'unit� di prodotto, 
alla differenza tra il prezzo di vendita e l'ammontare delle quote spettanti 
al fornitore (che pu� essere la stessa azienda di Stato o un esportatore 
straniero), all'amministrazione dei monopoli di Stato (per le spese 
di distribuzione) e al rivenditore (a titolo di aggio), e nel complesso, di 
un provento maggiore di quello che lo Stato stesso avrebbe potuto e 
potrebbe conseguire in regime di libera concorrenza. 

In secondo luogo, posto che il consumo del tabacc�, nonostante che 
ripetutamente e sistematicamente ne sia stata e ne venga messa in evidenza 
la nocivit� all'organismo uman�, risulta essere un fatto permanente 
ed �in aumento, lo Stato considera realisticamente il fenomeno, 
preoccupandosi di non favorirne l'incremento (ed a tal fine imponendo 
nel settore il divieto di pubblicit�); e, dopo aver previsto ed attuato 
accorgimenti e metodi perch� il prodotto abbia il pi� basso tasso nicotinico 
(compMibile con la� domanda) e sia confezionato con filtri a sempre 
pi� elevato potere di assorbimento, lo custodisce e distribuisce all'ingrosso 
e al dettaglio nelle pi� favorevoli ed igieniche condizioni (soggett�ve 
ed oggettive) e d'altra parte dispone che il consumo avvenga con il 
minor danno per la collettivit� (non consentendo, con la legge 12 marzo 
1968, la vendita di sigarette sciolte e imponendo, con la recente legge 
11 novembre 1975, n. 584, il divieto di fumare in determinati locali e 
su mezzi di trasporto pubblico). 

Ed infine, attraverso il compimento della dett~ attivit� di impresa, 
trovano tutela esigenze di ordine sociale, oltre che nella fase della produzione 
(con la specjalizzazione, a vario livello, di numeroso personale e 
con il mantenimento e la creazione delle condizioni di gestione richiedenti 
un. elevato impiego di mano d'opera), in quella della distribuzione 
(come risulta sin dalla legge 12 luglio 1908, n. 441, sulle rivendite. di 
generi di privativa, ed ancor meglio, ed in atto, dalla citata legge n. 1293 
del 1957, sull'organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei 
generi di monopolio, e dal rel.ativo regolamento di esecuzione, e successive 
modifi�azioni). 

La riserva allo Stato della distribuzione e vendita dei tabacchi trova 

nella legge n. 724 del 1975 un notevole condizionamento ed una sostan


ziale limitazione. E', infatti, ammessa l'importazione nel territorio della 

Repubblica di tabacchi lavorati di provenienza dai paesi delle Comunit� 

economiche europee, destinati ad essere introdotti in depositi di distri


buzione all'ingrosso, diversi da quelli dell'amministrazione dei monopoli 

di Stato (e da istituirsi su autorizzazione dell'amministrazione finanziaria), 

eper� la vendita al' pubblico dei tabacchi lavorati, cos� importati, deve 

essere effettuata con i sistemi di cui all'art. 16 della citata legge n. 1293 

de1 1957, e successive modificazioni. 



PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

E l'attuale disciplina della specifica materia � soggetta a modifiche. 
In base al trattato che istituisce la Comunit� economica europea gli 
Stati membri avrebbero dovuto procedere ad un progressivo riordinamento 
dei monopoli nazionali a carattere commerciale, al fine della realizzazione 
di un effettivo mercato comune in tutti i settori produttivi; 
e per quel che riguarda i tabacchi manifahurati, l'Italia, come la Francia, 
avrebbe dovuto modificarne il regime di monopolio anche con riferimento 
alla fase della distribuzione e della vendita, entro i limiti in cui l'applicazione 
delle norme comunitarie non fosse stata d'ostacolo all'adempimento 
in via di diritto e di fatto delle specifiche missioni ad essi monopoli 
affidate ed in particolare di quella (di solito non isolata) di carattere 
fiscale. 

Ora la normativa vigente in materia di distribuzione e vendita dei 
tabacchi non appare il contrasto con gli artt. 43 e 41 della Costituzione. 

Per il passaggio dalla situazione di totale monopolio del s.ettore a 
quella di totale liberalizzazione dello stesso, � inevitabile una fase intermedia 
e prowisoria in cui si possano modificare le strutture della rete 
di distribuzione e vendita per adeguarle alle nuove esigenze ed in cui 
l'attivit� relativa risulta rivolta in modo essenziale al perseguimento di 
rilevanti fini pubblici. 

E' consent�to, quindi, ravvisare nella specie presupposti, mezzi e fini 
propri di un servizio pubblico essenziale. 

D'altra parte, per quanto sopra detto, non mancano fini di utilit� 
generale e l'impresa che tende a conseguirli ha preminente interesse 
generale'. 

Riconosciuta la mancanza di un contrasto con l'art. 43 della Costitw:
ione, della normativa in questione, la stessa non risulta posta in violazione 
del precedente art. 41: la questione relativa � sostanzialmente 
superata, dato che, ammessa, per la sua transitoriet�, la possibilit� che 
pe:rmanga l'impresa di distribuzione e vendita dei tabacchi, rimane assorbito 
e comunque giustificato ogni limite, in quanto temporaneo, alla iniziativa 
economica privata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 210 (caro. cons.) -Pres. De 
Marco -Rel. Rossano. 

Ordinamento giudiziario -Imparzialit� del giudice -Precedente pronun


cia nello stesso .processo � Non esclude l'imparzialit�. 

(Cost., artt. 24 .e 112; cod. proc. pen., art. 399). 

In seguito a rinvio di un processo allo stesso pretore che in precedenza 
aveva emesso sentenza istruttoria di proscioglimento, non pu� 
escludersi la imparzialit� del giudice chiamato nuovamente a decidere, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

18 

dal momento che i fatti devono essere valutati alla stregua degli ulteriori 
approfondimenti eventualmente arrecati dal dibattimento, e il giudicante 
non � vincolato dai propri precedenti orientamenti (1). 

(1) Nello stesso senso la sentenza Corte cost. 6 dicembre 1976, n. 234, relativa 
all'art. 543 n. 5 c.p.p. La Corte ha ritenuto determinante -per il persistere 
della indipendenza del giudice � da se stesso � (in realt� le norme costituzionali 
di riferimento sono gli artt. 101 e 108 Cost.) -la circostanza che, 
tra la prima e la seconda pronuncia resa dalla stessa persona giudicante, v'� 
il dibattimento e quel tanto di � nuovo � che da esso pu� emergere. Diverso 
discorso �dovrebbe, forse, farsi nel caso di mera iterazione del giudizio, sulla 
base degli stessi elementi, come pu� accadere nel caso di consigliere di appello 
o di cassazione, il quale abbia in precedenza reso il proprio giudizio su una 
controversia in materia� di imposte nella veste di componente di commissione 
tributaria. 
CORTE C�STITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 216 -Pres. Rossi -Rel. De 
Stefano -Regione Lombardia (avv. Lorenzoni) e Presidente Consigli<.> 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Regione � Prevenzione degli infortuni � Materia spettante allo Stato � 
Istruzione professionale � Materia spettante alle RegionL 

La prevenzione degli infortuni � materia di competenza statale; pertanto, 
spetta tuttora allo Stato di disciplinare l'abilitazione alla conduzione 
di generatori di vapore, dettando all'uopo le norme relative alla 
classifica dei certificati, alle modalit� ed ai requisiti per l'ammissione 
agli esami, ai programmi ed alle prove di esame, al rilascio dei certificati 
ed all'equipollenza di altri consimili titoli. Spetta invece alla Regione Lombardia 
il potere di disciplinare la organizzazione di corsi di addestramento 
professionale e le modalit� di effettuazione del tirocinio richiesto per 
acquisire l'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore (1). 

(Omissis). -Nella delineata prospettiva si colloca l'interv~nto dello 
Stato per la concessione, a s�guito di verifica della idoneit� alla condu� 
zione dei generatori, della prescritta abilitazione; la quale ovviamente postula 
pur sempre una competenza tecnico-professionale, ma in via primaria 
� preordinata ad assicurare agli apparecchi, in ragione della loro pericolosit�, 
la costante assistenza da parte di personale in grado di prevenire 
possibili incidenti o di limitarne le conseguenze in danno degH 
stessi lavoratori, ed in generale della incolumit� pubblica. 

(1) Per analoga questione, cfr. la sentenza n. SB del 1976 della Corte costituzionale, 
in questa Rassegna, 1976, 329. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Come giustamente osserva l'Avvocatura dello Stato, resistendo al ricorso, 
il certificato rilasciato al termine degli esami -equipollente 
ad abilitazioni specifiche conseguite presso Corpi militari o nell'ambito 
della Marina mercantile o delle Ferrovie dello Stato -presenta sostanziali 
affinit� con quella licenza di p.s. che solo lo Stato � legittimato a 
rilasciare per mestieri pericolosi, o meritevoli di particolari controlli 
(cfr. testo unico delle leggi di p.s., approvato con r.d. 18 giugno 1931, 

n. 773, sotto il capo V, �della prevenzione di infortuni e disastri�, artt. 
46 e segg.; regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di 
p.s. approvato con r.d. 6 maggio 1940, n. 635, sotto il titolo II, � disposizioni 
relative all'ordine pubblico e alla incolumit� pubblica�, par. 11, 
�della prevenzione degl'infortuni e dei disastri�, artt. 81 e segg., in particolare 
artt. 101 e 102). 
L'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore, dunque, pur 
essendo necessariamente connessa con una preliminare attivit� di addestramento 
professionale, non � attratta, quale_ atto terminale del procedimento 
formativo, in siffatto ambito, ma rimane inserita, con carattere 
di strumentalit� diretta, in quello, preminente, della prevenzione degl'infortuni 
(come, del resto, � fatto palese dalla stessa collocazione dei rieordati 
artt. 27, 29 e 30 del regolamento n. 824 del 1927, sotto il titolo I, 
�norme per la prevenzione contro gl'infortuni �). Materia, questa, che appartiene 
alla competenza del Ministero del lavoro e non figura tra quelle 
elencate nell'art. 117 della Costituzione: per essa, dunque, restano ferme 
le attribuzioni degli organi statali, a tenore dell'art. 9 del citato d.P.R. 

n. 10 del 1972, che, ripetendo l'analoga formula inserita negli altri contemporanei 
decreti delegati, esclude dal trasferimento alle Regioni quelle 
attribuzioni che, pur essendo esercitate in relazione alle attivit� di cui al 
presente decreto, riguardano materie non comprese nell'art. 117 della 
Costituzione. 
(Omissis) ... spetta tuttora allo Stato di disciplinare l'abilitazione 
alla conduzione di generatori di vapore, dettando all'uopo le norme relative 
alla classifica dei certificati, alle modalit� ed ai requisiti per l'ammissione 
agli esami, ai programmi ed alle prove di esame, al rilascio 
dei certificati ed all'equipollenza di altri consimili titoli. 

Diversamente deve concludersi per quanto attiene all'addestramento 
professionale ed al tirocinio degli aspiranti al conseguimento dell'abilitazione. 
Rientra, come si � gi� detto, nella competenza dello Stato prescrivere 
di quali nozioni e di quale esperienza pratica gli esami debbano 
accertare il possesso nei candidati; ma dopo l'operato trasferimento delle 
funzioni amministrative in materia di istruzione artigiana e professionale 
ed il concreto esercizio della potest� legislativa in materia da parte della 
Regione lombarda, spetta a quest'ultima organizzare corsi di prepara



20 

RASSEGNA DEll.'AWOCATURA DEll.O STATO 

zione a sostenere l'esame di abilitazione, e disciplinare le modalit� di 
effettuazione del prescritto tirocinio. 

Sotto questo profilo va, quindi, accolto il ricorso della Regione lombarda, 
e va in conseguenza annullato l'impugnato decreto, nella parte in 
cui detta norme per la effettuazione del tirocinio, perch� invasivo della 
competenza della Regione anzidetta. Lo stesso decreto, peraltro, continuer� 
a spiegare i suoi effetti anche in questa parte nei confronti di 
quelle Regioni che non abbiano ancora esercitato in concreto la loro 
potest� legislativa in materia. 

(Omissis) ..:alla Regione Lombardia il potere di disciplinare la 
organizzazione di corsi di addestramento professionale e le modalit� di 
effettuazione del tirocinio richiesto per acquisire l'abilitazione alla conduzione 
di generatori di vapore. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 220 -Pres. Rossi� Rel. Gionfrida 
-Spadini (avv. Borelli) e Min. Finanze (vice avv. gen. dello 
Stato Albisinni). 

Imposta di registro -Presunzione semplice di trasferimento di immobili 

o aziende -i;: costituzionalmente legittima. 
, (Cost., artt. 3 e 24; r.d..30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). 
Posto che la presunzione di corrisponde.nza del capitale sociale (e 
c~o� dell'insieme dei conferimenti originari e successivi) al patrimonio 
sociale esistente al momento dell'atto sottoposto a registrazione � presunzione 
semplice, non � fondata la dedotta questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 18 della legge di registro (1). 

(1) La sentenza � pubblicata in Foro it., 1976, I, 2759; sulla prova testimoniale 
nel processo tributario, Corte cost., 12 luglio 1972, n. 128, in questa 
Rassegna, 1972, I, 977, e GARGIULO, Sull'ammissibilit� della prova nel processo 
tributario; ivi, 1971, 1, 914. 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 221 -Pres. Rossi -Rel. Rossano 
-Soc. COGIS (avv. Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Prezzi -Zuccheri � Istituzione del Comitato interministeriale per Io zuc


chero di importazione � Contribpzioni alla cassa di conguaglio zuc


cheri � Legittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 97, 23 e. 41; d.l.C.p.S. 15 settembre 1947, n. 896, art. 1; d.1.1. 28 dicembre 

1944, n. 411, art. 5). 

La riserva di legge posta dall'art. 97 Cost. non � assoluta, e non esclude 
che la legge consenta al potere esecutivo di emanare norme regola




PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 21' 

mentari; pertanto, costituzionalmente legittima � la istituzione del C.l.Z.I. 
e della cassa conguaglio zuccheri. D'altrd canto, le contribuzioni a favore 
di detta cassa trovano base nel d.l. 26 gennaio 1948, n; 98 (1). 

(Omissis). -L'art. 1 della legge 6 marzo 1958, n. 199, stabil�, alla lettera 
a), che era demandato al Ministero dell'agricoltura e delle foreste 
� l'esercizfo delle attribuzioni statali concernenti l'alimentazione del Paese 
in relazione ai bisogni ed alle disponibilit� dei generi alimentari � ��� e, 
alla lettera f), che era demandata allo stesso Ministero �la trattazione 
degli affari in corso presso l'Alto Commissariato dell'alimentazione �, che 
era soppresso con la stessa legge. Le competenze statali, cui si riferisce il 
citato art. l, lettera a), della legge n. 199 del 1958, erano state attribuite 
all'Alto Commissariato dell'alimentazione con il d.1.1. 28 dicembre 1944, 

n. 411. E -poich� l'art. 5 di tale decreto stabiliva che �il Presidente 
del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Alto Commissariato dell'alimentazione, 
� autorizzato a modificare, a sopprimere uffici od enti operanti 
nel campo dell'alimentazione, e ad istituire servizi ed organismi 
speciali con la partecipazione di tecnici ed esperti anche estranei all'Amministrazione 
dello Stato da assumere nei modi che saranno stabiliti 
ai sensi del succesivo art. 9 del presente decreto... � -deve .conseguentemente 
ritenersi che il ministro per l'agricoltura e per le foreste fu legittimato 
ad emanare decreti, a norma del richiamato art. 9, con lo stesso 
so.stanziale contenuto e con la medesima efficacia di quelli emessi dal 
Presidente del Consiglio dei ministri su proposta dell'alto commissario 
per l'alimentazione. La fonte di tale potest� regolamentare, in ,quanto 
specifica disposiziqne di legge, non � in. contrasto con l'art. 97 della Costituzione, 
il quale, se esclud,e. che, in mancanza di previsione legislativa, la 
pubblica Amministrazione possa disciplinare uffici con competenza esterna, 
non vieta che la legge possa istituire organi abilitati a disciplinare 
l'azione amministrativa di altri organi dello stesso apparato esecutivo. 
Come � stato esattamente considerato in dottrina, la riserva costituzionale 
prevista dall'art, 97 non � assoluta, in quanto non vieta qualsiasi 
normazione diversa da quella legislativa, n� esclude che la legge consenta 
al potere esecutivo di emanare norme secondarie di efficacia subordinata. 
Quanto, poi, al secondo aspetto della questione, concernente la censura 
dell'art. 1 del d.l. c.p.s. 15 settembre 1947, n. 896, che attribu� al 

(1) La sentenza � pubblicata integralmente in Foro it., 1976, I, 2756, con 
nota di richiami. Sulla cassa conguaglio zuccheri, GRANELLI, Zuccheri, in N.mo 
Dig. lt., XX, 1917, Cass. S.U. 15 ottobre 1975, n. �3334, e Trib. Milano 25 maggio 
1970, con nota di SALAFIA, Sulla natura degli interessi sui quali incidono i 
provvedimenti del C.I.Z.I., in Mon. trib., 1970, 1058; cfr. inoltre, Cons. Stato, 
VI, 7 marzo 1969, n. 115, VI, 26 maggio 1970, n. 433, IV, 26 gennaio 1971, n. 48, 
e anche IV, 16 giugno 1965, n. 498. 

22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CIP il potere di istituire Casse di conguaglio � stabilire modalit� delle 
relative contribuzioni, va considerato che tale decreto deve ritenersi collegato 
con il decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98, e che ad entrambi 
fece riferimento, come a sua fonte di legittimazione legislativa, il provvedimento 
del CIP, che stabil� il criterio per la determinazione delle 
contribuzioni dovute dagli importatori alla Cassa di conguaglio. E tale 
provvedimento confer� anche al CIZI la determinazione, nei casi concreti, 
dell'entit� delle contribuzioni in relazione ai necessari singoli accertamenti. 
Ora la natura del potere attribuito al CIP di emanare atti amministrativi 
generali con efficacia erga omnes non giustifica l'opinione che 
la formulazione dell'art. 1 del d.l. c.p.s. n. 896 del 1947 -secondo cui 
il CIP � ... ai fini dell'unificazione o perequa,zione dei prezzi, pu� istituire 
Casse di conguaglio e stabilire le modalit� delle relative contribuzioni � debba 
intendersi nel senso che le modalit� delle contribuzioni debbano 
essere stabilite esclusivamente dal CIP. Il significato linguistico d�ll'espressione 
� modalit�� ha carattere generico di � modo ;,, di mezzo per con� 
seguire uno scopo. I modi, le modalit�, quindi, stabilite dal CIP, in coe� 
renza con lo scopo che deve essere perseguito e con il potere, ad esso 

I 

attribuito, di emanare atti regolamentari o comunque atti amministrativi f: 
di carattere generale, che consentano specificazioni, da parte di _altro or' 
f 
gano, delle modalit� per applicazioni in casi concreti. Conseguentemente, 

~ 

!

0

stante l'ampia formulazione della norma censurata, non costituisce vio~;~ 


lazione dell'art. 97 la competenza, attribuita al CIZI, di determinare nei 

i ! 
~ 

l-

casi concreti le modalit� necessarie per l'applicazione di quelle stabilite f. 

dal CIP. 
(Omissis) ... l'art. 1 del d.l. c.p.s. 15 settembre 1947, n. 896, va collegato, 
come innanzi si � rilevato, con il d.l. 26 gennaio 1948, n. 98, 

I 1

al quale fa anche riferimento, come a sua fonte di legittimazione norma


tiva, il provvedimento del CIP 24 marzo 1964, n. 1066. Tale decreto n. 98 

del 1948, emesso su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri 

l 

e del ministro per il tesoro, di concerto con i ministri per le finanze, 

per l'industria e il commercio, per il commercio con l'estero e per l'agri


coltura e le foreste, dispone, all'art. 1, che �le Casse o i fondi di con


I 

guaglio, di rischi o di compensazione e, in genere, le Casse o i fondi, 

comunque denominati, istituiti o da istituire per la gestione dei sovrap


I!

prezzi, di quote di prezzo o di contribuzioni, imposte dalle competenti au1 
torit� per la disciplina dei prezzi, sono sottoposti alla vigilanza delle amministrazioni 
interessate e del Ministero del tesoro. La vigilanza pu� 
essere esercitata anche a mezzo degli organi locali delle amministrazioni 

I 

rispettive. E' in facolt� del Ministero del tesoro di adottare provvedil 
menti c�utelativi di carattere finanziario �. Questa generica formulazione j 

' 

dell'articolo, come hanno ritenuto anche le sezioni unite civili della Corte 

di cassazione, ha carattere esemplificativo e non tassativo e comprende 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

possa, ai sensi dell'art. 6, 1� comma, del d.l. 5 novembre 1973, n. 660 (convertito 
con modificazioni in legge 19 dicembre 1973, n. 823), trovare applicazione il c.d. 
condono tributario (n. 596). 

Esenzioni e agevolazioni -Decadenza -Imposta normale -Riscossione -In pendenza 
di ricorso -Sopravvenienza delle nuove norme -Effetti -(d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 624, artt. 10, 2� comma e 54; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 7, 
2� comma e 145 3� comma). 

Se per la riscossione delle normali imposte di registro liquidate per decadenza 
dalle agevolazioni fiscali inizialmente concesse in via provvisoria, su atti 
registrati anteriormente al� 1� gennaio 1973, debba, in pendenza di ricorso del 
contribuente, osservarsi la disciplina dettata dall'art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 634 per le imposte complementari sul maggior valore accertato dall'ufficio e 
per le imposte suppletive (n. 592). 
Sanzioni per la violazione � Omessa o infedele dichiarazione di redditi altrui di 
lavoro subordinato -Sanzioni relative alla frode fiscale -Cumulabilit� -(d.P.R. 
29 gennaio 1958, n. 645, artt. 127, 1� comma, 143, 245, 246 e 252). 

Se alle sanzioni fiscali previste dall'art. 252 del t.u. delle leggi sulle imposte 
dirette 29 gennaio 1958, n. 645, che contempla la frode fiscale, siano cumulabili 
quelle previste dagli artt. 243 e 245 dello stesso t.u., che contemplano, rispettivamente, 
l'omessa o tardiva dichiarazione e l'infedele dichiarazione, nella ipotesi 
di �ui all'art. 246 dello stesso t.u. concernente la omissione o infedelt� della dichiarazione 
concernente redditi di lavoro subordinato per i quali siano state gi� 
operate le ritenute prescritte dall'art. 127, 1� comma, e dall'art. 143 (n. 593). 

Soggetti passivi � Solidariet� -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal 
debitore d'imposta -Efficacia -Estensione -Limiti -(r.d. 30 dicembre 1973, 

n. 3259, artt. 140 e 141; cod. civ. artt. 1310, 1� comma, 2943, 1� comma e 2945, 
2� comma). 
Se in materia tributaria possa trovare applicazione il disposto dell'art. 1310, 
1� comma, cod. civ. circa la estensione degli effetti interruttivi della prescrizione 
rispetto ai condebitori solidali dell'imposta, qualora la interruzione derivi da un 
atto dello stesso debitore (nella specie: opposizione ad ingiunzione fiscale ai 
sensi dell'art. 141 della L.0.R.) (n. 596). 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Esenzioni e agevolazioni -Edilizia abitativa -Trasferimento dell'immobile -Destinazione 
a residence -Applicabilit� -(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). 

Se al trasferimento di un immobile destinato a casa-albergo (c.d. residence) 
siano applicabili le agevolazioni tributarie in materia di imposta di registro e 
ipotecarie previste per l'edilizia abitativa dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, 

n. 408 (n. 11). 
Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Acquisto di area da 
parte del Comune in attuazione PETP -Tassa fissa -Applicabilit� -(l. 29 giugno 
1943, n. 666; l. 18 giugno 1962, n. 167, artt. 9 e 20). 

Se l'acquisto di un'area fatto dal Comune in attuazione del piano per l'edilizia 
economica e popolare a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, il cui art. 9 
prevede la immediata espropriabilit� di .aree da destinare alla viabilit� e alle 
opere pubbliche, possa godere delle agevolazioni delle imposte fisse minime di 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

registro e ipotecarie che la legge 29 giugno 1943, n. 666, prevede per i trasferimenti 
a favore dei Comuni di immobili occorrenti per l'esecuzione di piani regolatori 
particolareggiati (n 18). 

Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Alloggi INA-Casa -Cessione 
ad altro lavoratore -Benefici accordati all'atto di assegnazione -Decadenza 
-(l. 14 febbraio 1963, n. 60, artt. 29, 2� comma, e 33,-l. 18 marzo 1968, 

n. 352, art. 5). 
Se l'avvenuta alienazione di alloggio INA-Casa da parte dell'assegnatario ad 
altro lavoratore, effettuata nei limiti e alle condizioni di cui agli artt. 29, 2� comma, 
della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 5 della legge 18 marzo 1969, n. 352, 
importi decadenza dai benefici fiscali di cui all'art. 33 della legge 14 febbraio 1963, 

n. 60, accordati all'originario atto di assegnazione (n. 10). 
Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Alloggi INA-Casa -Cessione 
ad altro lavoratore -Spettanza dei benefici -(l. 14 febbraio 1963, n. 60, 
artt. 29, 2� comma, e 33; l. 18 marzo 1969, n. 352, art. 5). � 

Se la alienazione di alloggio INA-Casa da parte dell'assegnatario ad altro 
lavoratore, effettuata nei limiti e alle condizioni di cui agli artt. 29, 2� comma, 
della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 5 della legge 18 marzo 1968, n. 352, possa 
godere dei benefici fiscali di cui all'art. 33 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, 
relativi agli atti e contratti che si rendono necessari per le operazioni inerenti 
all'attuazione dei piani di costruzione previsti nella stessa legge (n. 9). 

IMPOSTE VARIE 

Alienazione tra parenti di immobile verso costituzione di rendita -Atto di donazione 
-Atto a titolo oneroso -Qualificazione -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
art. 8,-d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 

Se il contratto con cui il padre aliena alle proprie figlie tutta la propriet� 
immobiliare verso costituzione di rendita vitalizia, posto che alcune circostanze 
negoziali attestano essere di lieve entit� l'alea corsa dal costituente il vitalizio, 
possa qualificarsi come donazione, con conseguente applicazione della relativa 
imposta, anzich� come negozio a titolo oneroso per entrambi le parti (n. 95). 

Base imponibile -Determinazione -Detrazioni -Impianti elettrici E.S.E. -Contributi 
statali o regionali per la realizzazione -Quote di ammortamento Detraibilit� 
-( d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83, lett. e). 

Se siano detraibili ai fini della determinazione del reddito netto da assoggettare 
all'imposta di ricchezza mobile (cat. B) e dell'imposta sulle societ� le 
quote annuali di ammortamento relative ad impianti dell'Ente Siciliano di Elettricit� 
-E.S.E. -realizzati con contributi dello Stato e della Regione Siciliana 
per i quali non venga corrisposta l'imposta di ricchezza mobile per ritenuta 
diretta o per rivalsa (n. 97). 

Imposta sull'incremento di valore aree fabbricabili e contributi di miglioria � 
Addizionale � Riscossione versamento in tesoreria � Inadempimento degli Enti 
locali . Sanzioni amministrative � Applicabilit� -( d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
artt. 169, 170 e 260, 1� comma,-d.l. 18 novembre 1966, n. 976, art. 80,-l. 23 dicembre 
1966, n. 1142, art. 1). 

Se siano applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art. 60, 1� comma, 
del t.u. imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, a carico 


PARTE II, CONSULTAZIONI 2f 

di quegli Enti locali che non abbiano effettuato, nei termini stabiliti dagli articoli 
169 e 170 del t.u. citato, presso le competenti Tesorerie provinciali dello 
Stato, i versamenti dei proventi derivanti dall'applicazione dell'addizionale straordinaria 
sull'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili e sui contributi 
di miglioria istitute con l'art. 1 della legge 29 dicembre 1966, n. 1142, che 
ha sostituito l'art. 80 del d.1. 18 novembre 1966, n. 976 (n. 96). 

Presunzioni di liberalit� nelle vendite tra parenti -Alienazione di immobile verso 
costituzione di rendita vitalizia -Sussistenza della presunzione -(d.l.l. 8 marzo 
1945, n. 90, art. 5). 

Se sia applicabile la presunzione fiscale semplice di liberalit� di cui all'art. 5 
del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, all'alienazione di immobile a stretti congiunti verso 
costituzione di rendita vitalizia (n. 94). 

INVALIDI DI GUERRA 

Lavoro subordinato -Impiego pubblico -Assunzione obbligatoria -Limite percentuale 
complessivo -Invalidi -Regime transitorio -(l. 2 aprile 1968, n. 482, 
art. 80). 

Se, anche nel regime transitorio di cui all'art. 80, legge 2 aprile 1968, n. 482, 
l'obbligo di assunzione di invalidi imposto alle aziende private ed alle pubbliche 
amministrazioni sia limitato all'aliquota complessiva del 15 % del personale in 
servizio, anche ove non risultino coperte le percentuali relative a singole categorie 
tutelate (n. 35). 

ISTRUZIONE 

Universit� -Cessazione della figura dell'assistente volontario -(art. 22 l. 24 febbraio 
1967, n. 62; l. 23 novembre 1951, n. 1349; l. 18 febbraio 1958, n. 349). 

Se l'art. 22 della legge 24 febbraio 1967, n. 62, che ha fatto cessare la figura 
dell'assistente volontario a cattedra universitaria ed ha disposto la possibilit� 
di conferma nella qualifica stessa per non oltre 8 anni accademici per coloro 
che rivestivano l'anzidetta qualifica alla data di entrata in vigore della legge, 
sia applicabile a tutti gli assistenti volontari a qualunque facolt� essi appartengano, 
quale che sia l'attivit� professionale da essi svolta nell'ambito della facolt� 
e q�ali che siano i compensi o indennit� percepiti (n. 43). 

LAVORO 

Assunzioni obbligatorie -Obblighi del datore di lavoro -Mancata assunzione 
del lavoratore avviato -Sanzione applicabile -(l. 2 aprile 1968, n. 482, artt. 16, 
4� comma, e 23, 2� e 3� comma). 

Se al privato datore di lavoro che, dopo aver fatto richiesta all'Ufficio Provin'ciale 
del Lavoro ai sensi dell'art. 16, 4� comma, della 1. 2 aprile 1968, n. 482, 
sulle assunzioni obbligatorie di invalidi civili e altre categorie beneficiate, non 
proweda poi di fatto ad assumere il lavoratore avviato al lavoro da tale ufficio 
sia applicabile la sanzione di cui all'art. 23, 3� comma, della citata legge ovvero 
quella pi� grave prevista dal 2� comma dello stesso art. 23 (n. 94). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura � Difetto di giurisdizione 
dell'A.G.O. -Limiti -(l. 14 agosto 1967, n. 800; r.d. 6 giugno 1924, n. 1954, art. 29, 

n. 1; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2� comma; l. 11 giugno 1973, n.533, 
art. 1; c.p.c., art. 409). 
Se il contratto di scrittura teatrale, inteso come contratto di lavoro subordinato 
a termine, stipulato con. un Ente lirico, come .tale avente natura di Ente 
pubblico non economico ai sensi della I. 14 gennaio 1967, n. 800, dia luogo a 
rapporto di impiego pubblico, sottoposto �alla giurisdizione celusiva del giudice 
amministrativo (n. 91). 

Lavoro subordinato -Impiego pubblico -Assunzione obbligatoria � Limite percentuale 
complessivo -Invalidi -Regime transitorio � (l. 2 aprile 1968, n. 482, 
art. 80). 

Se, anche nel regime transitorio di cui all'art. 80, 1. 2 aprile 1968, n. 482, 
l'obbligo di assunzione di invalidi imposto alle aziende private ed alle pubbliche 
amministrazioni sia limitato all'aliquota complessiva del 15 % del personale in 
servizio, anche ove non risultino coperte le percentuali relative a singole categorie 
tutelate (n. 92): 

Statuto dei lavoratori -Repressione di condotta antisindacale � Decreto del pretore 
-Capo di condanna alle spese -Esecutivit� immediata -(l. 20 maggio 
1970, n. 300, art. 28; cod. proc. civ., art. 91). 

Se il decreto del pretore emesso ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 
1970, n. 300, sia immediatamente esecutivo anche per il capo relativo alla 
refusione delle spese del procedimento pretorile, pur in pendenza di opposizione 
al decreto innanzi al Tribunale (n. 93). � 

LEGGI E DECRETI 

Tariffe ferroviarie -Modifiche approvate con decreto ministeriale � Pubblicazione 
-Modalit� -(r.d.l. 5 gennaio 1940, n. 9, art. 6, lett. C e D; l. 13 maggio 
1940; n. 674, art. 6, lett. C e D; r.d. 24 settembre 1931, n. 1256, art. 7). 

Se le modificazioni delle tariffe ferroviarie che possono essere approvate 
con decreti ministeriali ai sensi dell'art. 6, lett. c) e d) r.d.1. 25 gennaio 1940, n. 9, 
convertito in legge 13 maggio 1940, n. 674, debbano essere obbligatoriamente pubblicate 
nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 7 del r.d. 24 settembre 1931, 

n. 1256, ovvero sia sufficiente che le stesse siano pubblicate soltanto nel bollettino 
ufficiale del Ministero dei Trasporti (n. 19). 
LOCAZIONI DI COSE . 

Immobili urbani -Locazioni passive della P.A. -Regime vincolistico -Applicabilit� 
-(d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1; l. 26 novembre 1969, n. 833; d.l. 
26 ottobre 1970, n. 745, art. 56). 

Se il regime vincolistico di proroga� legale e blocco dei canoni stabilito dal 

d.l. 24 luglio 1973, n. 426, si applichi anche alle locazioni passive di immobili 
urbani stipulate dalle Amministrazioni statali per disporre di locali necessari ad 
uffici o servizi (n. 150). 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

27 

tuzionale ai sensi dell'art. 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e 
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve darsi risposta affermativa, 
anche coerentemente con i criteri in precedenza enunciati ed applicati 
da questa Corte quanto ai requisiti necessari e sufficienti affinch� 
le questioni medesime possano considerarsi promananti da un � giudice 
� nel corso di un � giudizio �) art. 1 legge cost. cit. 

In presenza delle espressioni testuali adoperate in quest'ultima disposizione 
e della terminologia, letteralmente pi� restrittiva,. della legge 

n. 87, la Corte, in tema di ammissibilit� di questioni sollevate in sede 
di volontaria. giurisdizione, fin dalla sent. n. 4 del 1956 (seguita e confermata 
da numerose altre adottate in prosieguo di tempo) ebbe a dare 
di quelle disposizioni una interpretazione estensiva, rispondente alla ratio 
che informa il vigente sistema di sindacato di legittimit� costituzionale 
in via incidentale e consistente, essenzialmente, nella duplice esigenza: 
a) che tale sindacato non abbia ad esplicarsi in astratto, ma in relazione 
� contrasto di valutazioni... tra l'autorit� che ebbe ad emanare l'atto ed il 
magistrato che assolve la funzione di controllo nella fase istruttoria�, e cio� 
tra � amministrazioni interessate � e consigliere preposto al controllo il quale 
� non ritenga di apporre il visto � e cos� provochi �il deferimento della pronuncia 
alla Sezione di controllo �. L'avere qualificato il � consigliere delegato � 
contraddittore delle � amministrazioni interessate� conduce ad escludere che 
detto consigliere sia legittimato a sollevare -egli direttamente -una questione 
di legittimit� costituzionale (sul punto non erano mancate opinioni 
contrastanti); tale legittimazione � riconosciuta unicamente alla Sezione di 
controllo. 

Ci� conferma -tra l'altro -che la Corte dei conti � istituzione composita, 
della quale fanno parte �uffici� (quali gli uffici di riscontro, la Procura 
generale, etc.) ed organi collegiali e che solo per questi ultimi organi pu� 
ipotizzarsi una legittimazione a deferire alla Corte costituzionale questione di 
costituzionalit�. 

Il n�cleo della sentenza poggia su due considerazioni, entrambe pi� che 
valide. La prima � espressa dalla constatazione che � il riconoscimento di tale 
legittimazione (della Sezione di controllo), si giustifica anche con l'esigenza 
di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che, come nella 
fattispecie in esame, pi� difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte
�. 

Questa constatazione conferma un orientamento da tempo emerso in 
scritti proveniente dall'Avvocatura dello Stato. 

� Nel primo ventennio di attivit� della Corte Costituzionale, il tipo di 
giudizio pi� frequentemente avutosi � quello sollevato in via incidentale a 
sensi dell'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge 

n. 87 del 1953. La ragione della grande vitalit� di questo tipo di giudizio � nel 
collegamento istituito tra esso e il potere, riconosciuto ad ogni entit� qualificata 
come soggetto, di � agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e 
interessi legittimi� (art. 24 della Costituzione) e di difendersi dalla azione 
penale. 
Detto collegamento determina, peraltro, anche un non trascurabile limite 
all'estensione del sindacato di costituzionalit�, e la configurazione del sindacato 

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28 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a concrete situazioni di fatto, alle quali siano da applicare norme di 
dubbia costituzionalit�; b) che i giudici, soggetti come sono esclusivamente 
alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.), che ad essi � vietato 
disapplicare, non siano costretti ad emettere decisioni fondandosi su 
leggi della cui conformit� alla Costituzione abbiano motivo di dubitare, 
ma debbano, in tal caso, provocare una pronuncia di questa Corte, sospendendo 
frattanto il procedimento, quale che ne sia la natura. Giacch� 
�il preminente interesse pubblico della certezza del diritto (che i 
dubbi di costituzionalit� insidierebbero), insieme con l'altro della osservanza 
della Costituzione, vieta che dalla distinzione tra le varie categorie 
di giudizi e processi '(categorie del resto dai contorni sovente incerti e 
contestati) si traggono conseguenze cos� gravi� (sent. n. 129 del 1957). 

A sua volta, con pi� largo riferimento ad altre ipotesi di procedimenti, 
diversi da quelli di volontaria giurisdizione, pendenti dinanzi ad un giudice, 
la sent. n. 83 del 1966, ebbe ad affermare che, ad aversi giudizio 

medesimo come strumento che in pratica (e anche al di l� degli intendimenti 
originari del costituente) finisce per risultare rivolto a fornire una �garanzia � 
ulteriore ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi dei soggetti diversi dallo 
Stato. Infatti, quando non vi � una situazione giuridica soggettiva a tutela 
della quale possa essere proposta un'azione ovvero quando non si concretizza 
in un soggetto �particolare � un interesse ad agire, la Corte Costituzionale 
non ha modo di � giudicare � (art. 134 della Costituzione) in via incidentale 
della costituzionalit� di leggi o att:i aventi forza di legge dello Stato. 

Accade cos�, nell'effettivit�, che sfuggono di regola al sindacato di costituzionalit� 
le disposizioni legislative statali che potrebbero dirci � concessorie >>, 
che cio� attribuiscono (o prevedono l'attribuzione) di benefici a pi� o meno 
ampie categorie di soggetti, senza nel contempo formalizzare la non inclusione 
delle categorie o dei soggetti non beneficati in un procedimento latu sensu 
concorsuale; e risultano meglio assicurare, in riferimento al parametro offerto 
dai precetti costituzionali, le posizioni che esprimono il momento della libert� 
rispetto a quelle che esprimono il momento dell'autorit�� (cos� L'Avvocatura 
dello Stato, Studio per il centenario, 1976, 482). In precedenza, in questa Rassegna, 
1962, 67, GUGLIELMI, Corte dei Conti e questioni di legittimit� costituzionale. 


Resta da vedere se la legittimazione ora riconosciuta alla Sezione di controllo 
della Corte dei conti sia sufficiente ad assicurare una pienezza del sindacato 
di legittimit� costituzionale, o se -come pare sostenibile -a detta 
legittimazione debba affiancarsi una iniziativa attiva (e non solo difensiva) 
dell'Avvocatura dello Stato chiamata a interloquire nei giudizi di costituzionalit� 
proposti in via incidentale: ci� dicendo si �llude sopratutto alle controversie 
nelle quali viene invocato il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) per 
ottenere un livellamento dei soggetti meno favoriti al trattamento dei soggetti 
pi� favoriti (laddove invece un livellamento potrebbe sovente essere operato, 
con maggiore aderenza ai �valori � costituzionali, attraverso la eliminazione 
delle punte di �privilegio�). 

La seconda considerazione posta a base della sentenza che si annota � 
ormai tradizionale nella giurisprudenza della Corte costituzionale (ed infatti 
vengono esplicitamente rammentati, tra gli altri; i precedenti offerti dalle sen




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 29 

a quo, � sufficiente che ricorra o il requisito soggettivo, consistente nello 
svolgersi del procedimento � alla presenza o sotto la direzione del titolare 
di un ufficio giurisdizionale�, o il requisito oggettivo dell'esercizio �di 
funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge�, da parte di 
organi � pur estranei alla organizzazione della giurisdizione ed istituzionalmente 
adibiti a compiti di diversa natura �, che di quelle siano investiti 
anche in via eccezionale, e siano all'uopo �posti in posizione super 

partes�. 

� alla stregua dei criteri test� rammentati, che la legittimazione a 
sollevare questioni di legittimit� costituzionale � stata riconosciuta, ad 
esempio, al giudice dell'esecuzione immobiliare esattoriale (di cui si trattava 
nella specie decisa con la cit. senz. n. 83 del 1966); al giudice dell'esecuzione 
penale; al giudice di sorveglianza; al tribunale, nel corso del 
procedimento per il ricovero dell'alienato; alla sezione disciplinare del 
Consiglio superiore della magistratura; ai Commissari regionali per la 

tenze 25 giugno 1956, n. 4, in Foro it., 1956, I, 1068, e 12 dicembre 1957, n. 129, 
ivi, 1957, I, 2098). Tale seconda considerazione trovasi espressa nella affermazione 
che nessun giudice deve vedersi costretto ad emettere un atto � sulla 
base e nel rispetto di norme che siano... di dubbia costituzionalit��. 

Com'� noto, anche per le autorit� non giurisdizionali si � posto il problema 
se alle leggi di sospetta incostituzionalit� debba darsi obbediente applicazione 

o se vi sia qualche possibilit� di disapplicazione. La Corte costituzionale non 
ha avuto occasione di affrontare ex professo questo problema, ma l'ha di fatto 
reso meno acuto aprendo al massimo l'accesso al giudizio di legittimit� costituzionale; 
in questa linea si colloca l'orientamento enunciato in modo esplicito 
nella sentenza 2 luglio 1966, n. 83 (in Giur. cast., 1966, 1074) secondo cui per 
aversi �giudizio� e �causa� (termini usati nella legge cost. 9 gennaio 1948, n. 1 
e nell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87) � sufficiente che ricorra o requisito 
soggettivo, consistente nello svolgersi del procedimento � alla presenza e 
sotto la direzione del titolare di un ufficio giurisdizionale>>, o il requisito oggettivo 
de1l'esercizio � di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge '" 
da parte di organi � pur estranei alla organizzazione della giurisdizione ed istituzionalmente 
adibiti a compiti di diversa natura � (in senso critico rispetto 
a questo orientamento, ONIDA, Note critiche in tema di legittimazione del giudice 
a quo nel giudiJzio incidentale di costituzionali della legge, con riferimento 
alla Corte dei conti in sede di controllo, in Giur. it., 1968, IV, 232). 
* * *' 

2. -Dopo queste premesse di carattere generale, pu� passarsi all'esame delle 
enunciazioni che, pi� particolarmente, concernono la collocazione della Sezione 
di controllo della Corte dei conti e la natura della sua attivit�. Com'� noto, la 
Corte costituzionale aveva gi� avuto modo di affermare la legittimazione delle 
Sezioni uil!ite della Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione, a 
sollevare e deferire alla Corte costituzionale questioni di legittimit� costituzionale 
(sentenza 19 dicembre 1963, n. 165, in Giur. cast., 1963, 1614, con nota di 
BusCEMA, 19 dicembre 1966, n. 121, ivi, 1966, 1647, con nota di CHIEPPA R., Sulle 
questioni di legittimit� costituzionale sollevabili nel corso del giudizio di parifi

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

30 

liquidazione degli usi civici; agli Intendenti di finanza; alla Commissione 

dei ricorsi -in materia di brevetti; ai Consigli comunali in sede di conten


zioso elettorale; ai Comandanti di porto; ai Consigli di prefettura e alle 

Giunte provinciali amministrative nell'esercizio di funzioni giurisdizio


nali, nonch� -in una prima fase -alle Commissioni per i tributi erariali 

e locali, e via dicendo. A� volte, taluno dei predetti giudici speciali � stato 

poi colpito da pronuncia di incostituzionalit�, perch�, proprio in quanto 

giudice, sprovvisto delle necessarie garanzie di indipendenza e di ter


ziet�; altre volte, la proponibilit� della questione � stata negata anche ad 

autorit� istituzionalmente giurisdizionali, quando ad esse non spettavano 

poteri decisori. 

Per quanto pi� particolarmente concerne la Corte dei conti, le sen


tenze nn. 165 del 1963, 121 del 1966, 142 e 143 del 1968 ne hanno affer


mato la legittimazione a sollevare questioni di costituzionalit� nel corso 

del giudizio di parificazione (cos� dei rendiconti regionali come del rendi


conto generale dello Stato) pur essendo detto giudizio regolato dal t.u. 

cazione, 20 dicembre 1968, n. 142, in questa Rassegna, 1968, 930, e n. 143 del 1%8, 
gi� citata; cfr. in dottrina, CHIMENTI, Parificazione dei rendiconti ed eccezione 
di incostituzionalit�, in Giur. cost., 1963, 889; e BoRZELLINO, Ancora in tema di 
l"ilevabilit� di queistione costituzionale in sede di controllo della Corte dei Conti, 
in Giust. civ., 1964, Il, 48). 

Ora, per la prima volta la predetta legittimazione � stata riconosciuta anche 
alla Sezione di controllo (l'ordinanza di rimessione 10 aprile 1976 � pubblicata 
in Giur. cost., 1976, Il, 1124; altra ordinanza ne1lo stesso senso 20 novembre 
1975 � in Giur. cost., 1976, Il, 174; in senso della non deferibilit� di questioni 
.di legittimit� costituzionale se era invece in precedenza espressa la stessa sezione 
di controllo in provvedimento 3 maggio 1%2, n. 258, in Foro amm., 1963, 
Ili, 76 con nota adesiva di Mot.TENI, Corte dei conti e questioni di legittimit� 

costituzionale, e 7 ottobre 1966, n. 359). 

La Corte costituzionale � pervenuta a tale conclusione sulla base di quelle 

stesse considerazioni che recentemente hanno condotto la Corte di cassazione 

(Sez. Un., 23 novembre 1974, n. 3806, in Giust. civ. 1975, L, 784, con nota di MASCIA, 

Atti di controllo della Corte dei conti e legitimatio ad causam, e .in� questa 

Rassegna, 1972, I, 1098, con ricorso di CARAFA, Insindacabilit� in s.g. della Corte 

dei conti; contra Cons. Stato, IV, 6 giugno 1972, n. 501, in questa Rassegna, 

loco cit.; cfr. anche RoEHRSSEN, La impugnabilit� degli atti amministrativi di 

autorit� non amministrative, in Riv. amm., 1976, 849) a ritenere la � irriduci


bilit� degli atti di controllo della Corte dei conti alla categoria degli atti della 

pubblica amministrazione (rectius, del Potere esecutivo) �. Nella sentenza che si 

annota si afferma che �la funzione in quella sede (controllo preventivo) svolta 

dalla Corte �dei conti �... analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che 

assimilabile a quella amministrativa �; si raccoglie cio� l'indicazione espressa 

dalla stessa Corte dei conti, Sez. riun. cont., 3 settembre 1%4 n. 4, in Foro it., 

1965, III, 410, con nota di CAIANELLO, e �ivi dottrina da SANDULLI (Funzioni pub


bliche neutrali e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1964, 207) e, in precedenza, da 

PAONE (La natura giuridica del controllo della Corte dei conti sugli enti sovven


zionati, in, Riv. trim. dir. pret., 1960, 1972), da GRECO (Funzione di controllo e 

giurisdizione, in Riv. Corte dei conti, 1949, I, 53). Peraltro nella stessa sentenza 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 31 

12 luglio 1934, n. 1214, nel cap. IV, e non gi� nel. capitolo successivo, che 
� quello concernente le � attribuzioni giurisdizionali � della Corte, e in 
ordine ad esso l'art. 40 del medesimo testo unico limitandosi a richiamare 
�le formalit� della sua giurisdizione contenziosa�: con l'avvertenza, 
peraltro, che, in questa sede, la Corte dei conti � non applica le leggi 
sostanziali di spesa riflettentisi nei capitoli del bilancio, e neppure applica 
la legge di approvazione del bilancio�, avendole � gi� applicate in 
corso di esercizio, operando il riscontro di legittimit� sui singoli atti 
soggetti al suo controllo� (onde la inammissibilit� per irrilevanza di 
questioni relative sia alle prime che alla seconda: sent. n. 142 del 
1968, cit.). 

3. -Ed infatti, procedendo al controllo sugli atti del Governo, la 
Corte dei conti applica le norme di legge da cui questi sono disciplinati, 
ammettendoli al visto e registrazione, soltanto se ad esse conformi: di 
tal che, essendo strettamente vincolata dalle leggi in vigore, potrebb'essere 
costretta, in pratica, a rifiutare il visto quando l'atto contrasti con norme 
si preeisa che � il procedimento svolgentesi davanti alla Sezione di controllo 
non ha natura propriamente giurisdizionale, pur essendo analogo ad un giudizio
� (esclude decisamente, e con copia di argomenti e di indicazioni, il carattere 
giurisdizionale dell'attivit� de qua, ANFLLI, Corte dei conti e questioni di 
legittimit�� costituzional~, in Foro amm., 1968, 782 e segg., e CAMMEO, La competenza 
della IV sezione sugli atti amministrativi delle autorit� non amministrative 
e la posizione costituzionale della Corte dei conti, in Giur. it. 1907, IV, 210). 

Nell'atto di intervento dell'Avvocatura dello Stato si era osservato che l'atto 
di controllo della Corte dei conti � non � soggetto, anche nei riguardi dei soggetti 
che partecipano al provvedimento, ad imperativit� immutabile ed a passaggio 
in cosa giudicata. Ed invero: 

a) nell'ipotesi di atto positivo di controllo, l'Amministrazione rimane sempre 
titolare del potere di annullamento ex officio del proprio atto, contro ogni 
attestazione di legittimit� che vd abbia apposto la Corte dei conti; 

b) neppure nell'ipotesi di rifiuto assoluto (art. 25 t.u.), nella quale la 
pronuncia della Corte dei conti � costitutiva negativa, nel senso che l'atto sottoposto 
a controllo � annullato, si pu� attribuire ~ detta pronuncia efficacia di 
giudicato, posto che, se l'Amministrazione, di sua spontanea iniziativa, emani un 
nuovo atto identico a quello annullato dalla Corte, non �, a questa, fatto divieto 
di registrarlo; se, poi, l'Amministrazione emani l'atto perch� costretta da un 
giudicato, la Corte, addirittura, deve registrare l'atto identico a quello prima 
annullato; 

c) quanto, infine, all'atto negativo di controllo, che si esprime in un rifiuto, 
non assoluto come quello di cui sub b, posto che la procedura si pu� 
evolvere nella registrazione con riserva (atto, quindi, in via terminale anche 
questo positivo di controllo, sia pure di natura eccezionale), � ancora meno 
configurabile rispetto al caso di cui sub b, un'efficacia di giudicato�. 

La Corte costituzionale ha aggirato questo argomento osservando -tra 
l'altro -che le deliberazioni della Sezione di controllo � siano positive che negative, 
hanno certamente contenuto decisorio e non sono modificabili da parte 
della stessa Sezione n� sindacabili in �altra estranea sede� (e qui il discorso si 
� saldato con quanto enunciato nella citata sentenza della Corte di cassazione). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

32 

pur di dubbia costituzionalit�, o viceversa ad apporlo anche ove sia stato 
adottato sulla base e nel rispetto di norme, che siano, a loro volta, di 
dubbia costituzionalit�. Nell'una e nell'altra ipotesi, la situazione �, dunque, 
analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o 
speciale), allorch� procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve 
giudicare alle leggi che li concernono. N� fa differenza al riguardo la 
circostanza che gli atti sottoposti a controllo siano, come nella specie 
decreti legislativi delegati, essendo anche questi subordinati alle leggi di 
delega, che, prefissandone l'oggetto, il tempo ed i principi e criteri direttivi, 
ne stanno rispettivamente a fondamento e rappresentano perci� 
il parametro immediato del controllo operato dalla Corte dei conti; 
mentre diverso � il caso dei decreti-legge, che alla stessa vengono trasmessi 
per il visto, per i quali mancano -di regola -norme di legge 
ordinaria interposte, suscettibili di dar luogo a questioni di costituzionalit�. 

Anche se il�procedimento svolgentesi davanti alla Sezione di controllo 
non � un giudizio in senso tecnico-processuale, � certo tuttavia che, ai 

Indubbiamente valide sono, come si � detto, le ragioni che hanno spinto 
la Corte costituzionale ad accentuare la �diversit� � degli atti di controllo emessi 
dalla Sezione della Corte dei conti rispettq alla attivit� controllata (amministrativa 
e legislativa) posta in essere dal Potere esecutivo. Tuttavia, le predette 
ragioni hanno forse portato ad una troppo accent.ata considerazione di 
alcuni profili strutturali a detrimento di profil\ funzionali. Invero, sulla strada 
della rilevata � diversit� � del � momento � del controllo n�n sia possibile spingersi 
molto oltre, fino a configurare una funzione di controllo � estranea � o 
addirittura contrapposta rispetto alla attivit� controllata del Governo, e fino 
a � credere� troppo � nelle forme � para-giurisdizionale � del controllo. 

Il dato normativo costituzionale pi� significativo � quello offerto dalla collocazione 
e dal contenuto dell'art. 100 Cost. (e singolarmente la sentenza in rassegna 
ha nominato tale articolo solo per segnalarne la disposizione garantistica 
di cui all'ultimo comma). Ora, l'art. 100 Cost. fa parte del titolo III della parte 
seconda della Carta costituzionale, titolo che concerne il Potere esecutivo unitariamente 
configurato; e la Corte dei conti � definita �organo ausiliario� del 
Governo. 

Ci si pu� quindi spingere fino ad accettare le affermazioni secondo cui 
� gli atti degli organi ausiliari non sono atti della pubblica amministrazione � e 
la Sezione di controllo della Corte dei conti � non � affidataria della cura di 
un interesse pubblico specifico � (CORREALE, Il controllo della Corte dei conti, 
in Riv. trim. dir. pub., 1973, 861); ma non pare possa condividersi una configurazione 
dell'atto di controllo emess� da detta Sezione (e del parere messo dal 
Consiglio di Stato) come entit� del tutto estranea al procedimento cui l'atto 
stesso partecipa. Ci� non tanto per una, pur sussistente, esigenza di coerenza 
formale (con la quale contrasterebbe l'inserire una fase quasi giurisdizionale 
in un procedimento amministrativo o legislativo), quanto per una precisa necessit� 
d'ordine costituzionale: estraniare l'attivit� di controllo della Corte dei conti 
(o quella consultiva del Consiglio di Stato) dalla funzione (amministrativa o 
legislativa) esercitata dal Governo si tradurrebbe in una troppo grave mutilazione 
di detta funzione. 

Non pare infatti adeguato al disegno costituzionale ed anche ad un funzionale 
equilibrio tra i poteri dello Stato ritenere che il Governo cui � affidato 



33

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

limitati fini dell'art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della 

�legge n. 87 del 1953, la funzione in quella sede svolta dalla Corte dei conti 
�, sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto 
che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformit� 
degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, 
ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente 
giuridico. Il controllo effettuato dalla Corte dei conti � un controllo 
esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente 
a garantire la legalit� degli atti ad essa sottoposti, e cio� preordinato a 
tutela del diritto oggettivo, che si differenzia pertanto nettamente dai 
controlli c.d. amministrativi, svolgentisi nell'interno della pubblica Amministrazione; 
ed � altres� diverso anche da altri controlli, che pur presentano 
le caratteristiche da ultimo rilevate, in ragione della natura e 
della posizione dell'organo cui � affidato. 

Composta di magistrati, dotati delle pi� ampie garanzie di indipendenza 
(art. 100, secondo comma, Cost.), che, analogamente ai magistrati dell'ordine 
giudiziario, si distinguono tra loro �solo per diversit� di funzioni
� (art. 10 legge 21 marzo 1953, n. 161); annoverata, accanto alla magi-

il Potere esecutivo �e cui il Parlamento ha all'uopo accordato la � fiducia �, 
emetta atti che ricevono la efficacia ab extrinseco, e per di pi� da un organo 
che, -se ha collegamenti con il Parlamento (cfr., in particolai;e, l'art. 150 del 
Regolamento della Camera dei Deputati e l'art. 132 del Regolamento del Senato) 
-certamente non � diretta espressione della sovranit� popolare. Pi� corretto 
appare ritenere che atto del Governo e atto della Sezione di controllo 
siano diversi ma pur sempre omogenei; e cio� che i profili strutturali riconducibili 
alla �indipendenza� della Corte dei conti (come del Consiglio di Stato) 
non alterino la natura della funzione pubblica cui attivit� controllata e attivit� di 
controllo unitariamente pertengono. 

N� si opponga che i limiti intrinseci di un controllo il quale � solo di legittimit� 
e la �neutralit� � della funzione impedirebbero di pervenire ad un frazionamento, 
tra Governo e Corte dei conti, delle funzioni (amministrative e 
legislative) proprio del Potere esecutivo. La �neutralit�� del giurista interprete 
-come, con altra problematica, quella dello scienziato -non � mera utopia 
(come talvolta polemicamente si sostiene), ha uno spessore reale; tuttavia, non 
pare contestabile che residua pur sempre uno spazio, tutt'altro che trascurabile, 
per l'emergere dell'ideologia individuale, degli stati d'animo personali e persino 
degli interessi particolari del �neutrale� (o del ceto dei �neutrali�). 

Del resto, chi pu� ha portato avanti la rivendicazione di una � indipendenza
� della Corte dei conti anche quanto ai profili funzfonali, � stato costretto 
ad introdurre una discutibile differenziazione tra ausiliariet� di detta Corte ed 
ausiliariet� del Consiglio di Stato in sede consultiva quanto ai profili strutturali: 
� che il Consiglio di Stato e la Corte dei conti siano entrambi organi ausiliari, 
contemplati da uno stesso articolo della Costituzione, non significa che -quanto 
a profili organizzatori -essi si trovino su un piano di identit�� (CORREALE, 
op. cit., 874). 

Sembra �quindi consentito auspicare che la � ausiliariet� � venga mantenuta 
nei termini descritti dallo studioso cui pi� si deve per l'elaborazione di tale nozione 
(FERRARI G., Gli organi ausiliari, 1956, e, in Enc. dir., voce Ausiliari organi): 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

34 

stratura ordinaria ed al Consiglio di Stato, tra le � supreme magistrature 
� (art. 135 Cost.); istituzionalmente investita di funzioni giurisdizionali 
a norma dell'art. 103, secondo comma, Cost., la Corte dei conti, � 
infatti, l'unico organo di controllo che, nel nostro ordinamento, goda di 
una diretta garanzia in sede costituzionale. Ed � appunto muovendo dall'esplicito 
riconoscimento di questa particolare posizione della Corte dei 
conti e della natura delle sue attribuzioni di controllo, che una recente 
pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ha avuto occasione 
di affermare la non assoggetabilit� degli atti da essa adottati nel


l'esercizio .di quelle attribuzioni ad alcun sindacato. 

. Deve soggiungersi che non mancano nel procedimento in oggetto elementi, 
formali e sostanziali, riconducibili alla figura del contraddittorio. 
Intanto,. un contrasto di valutazioni sussiste tra l'autorit� che ebbe ad 
emanare l'atto ed il magistrato che assolve la funzione di controllo nella 
fase istruttoria; sicch� ove il consigliere delegato non ritenga di apporre 
il visto, provoca il deferimento della pronuncia alla Sezione di controllo. 
Di tale deferimento, a norma dell'art. 24 del testo �nico, cos� come sostituito 
dall'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161, e delle disposizioni 
regolamentari, che ne integrano e svolgono i precetti, dettate dall'ordinanza 
del Presidente della stessa Corte dei conti 28 novembre 1956, n. 151, 

e cio� dualit� ausiliare-ausiliato avente rilievo solo strutturale, e rapporto di 

� collaborazione pertinenziale � tra i due organi, rapporto che esprime � la de


stinazione istituzionale d� quest'ultimo (l'ausiliario) a vantaggio del principale 

(l'ausiliato) �. L'attivit� dell'ausiliario �non pu� assurgere a dignit� di funzione 

fondamentale autonoma in quanto d� vita solo ad atti-satelliti; ... in altri termini 

esiste la .funzione ausiliaria ma non certo il relativo potere� (questo ultimo 

brano � in Gli organi cit., 345). Il senso della misura � essenziale per cogliere e 

mantenere questo equilibrio: e non si vorrebbe che l'obiettivo politico-istitu


zionale perseguito dalla sentenza che si annota avesse a condurre ad una rottura 

di detto equilibrio, ad una perdita del necessario senso della misura. 

Merita ricordare che la Corte dei conti � stata fin dal secolo scorso con


cepita come � magistratura � non con riguardo ad una natura oggettivamente 

giurisdizional� della sua attivit�, ma unicamente per ottenerne la � indipen


denza� attraverso garanzie concernenti lo status dei suoi componenti (cfr. SELLA, 

Discorso in occasione della istituzione della Corte dei conti il primo ottobre 1962, 

in Celebrazione del primo centenario della Corte dei conti nell'unit� d'Italia, 

1963, 40; e Relazione governativa al Senato, Atti parl. sess. 1801, doc. n. 100, vol. 2, 

519, ove si dice esplicitamente che la Corte �non giudica n� amministra ma 

solamente invigila �) Assimilazione alle magistrature quindi quanto alle garanzie, 

quanto ai connotati strutturali, e non anche quanto alla natura della funzione. 

Va comunque osservato che per escludere l'ammissibilit� di ricorsi ai tri


bunali amministrativi regionali avverso rifiuti di visto espressi dalla Corte dei 

conti � sufficiente rilevare che tali rifiuti non sono atti amministrativi, e non � 

necessario costruire l'attivit� di controllo come attivit�, a sua volta, quasi � giu


risdizionale: cosa questa che la prudenza della Corte di cassazione non ha 

mancato di avvertire nella citata sentenza n. 3806 quando ha � preso le distanze� 

dalla opinione (cos� SANDULLI, Atti della Corte dei conti e sindacato giurisdi




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

35 

viene data alle amministrazioni interessate, come pure a quella del Tesoro 
per quanto la riguardi, comunicazione scritta almeno otto giorni prima 
della seduta fissata per la discussione, con avviso che possono presentare 
deduzioni e farsi rappresentare davanti alla Sezione da funzionari aventi 
un determinato grado. In tal modo � garantita la possibilit� che gli interessi 
ed il punto di vista dell'amministrazione, nelle sue varie articolazioni, 
siano fatti valere nel corso del procedimento. Infine, la deliberazione 
della Sezione dev'essere �sobriamente motivata�, depositata in segreteria 
non oltre il trentesimo giorno successivo a quello in cui � stata 
adottata e comunicata in copia � senza indugio � alle amministrazioni 
interessate ed a quella del Tesoro (art. 5, ordinanza cit.), e rimane inoltre 
a disposizione di chiunque voglia prenderne visione. 

Circostanze, tutte queste, che concorrono a rafforzare la soluzione 
positiva che deve darsi al problema pregiudiziale della legittimazione della 
Sezione di controllo a proporre a questa Corte questioni di legittimit� 
costituzionale. 

D'altronde, sul piano sostanziale, il riconoscimento di tale legittimazione 
si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato della 

zionale, in Giur. it. 1972, III, 465) che vorrebbe fare delle attribuzioni di controllo 
�l'espressione di un potere autonomo� (sull'argomento della impugnativa 
degli atti di controllo della Corte � bene rammentare gli studi, tuttora validi 
di FORTI, Corte dei conti e ricorso alla IV Sezione del Consiglio di Stato, in 
Foro it., 1912, Ili, 308, e CAMMEO, Il ricorso alla IV Sezione contro i provvedimenti 
conseguenti ad un rifiuto di registrazione da parte della Corte dei conti, 
in Giur. it., 1915, III, 79). 

E se � vero che � il concetto del controllo costituisce una categoria diversa 
da quella cui appartengono le tre funzioni tradizionali dello Stato >>, � per� 
anche vero che il controllo � nell'esperienza in genere degli ordinamenti moderni, 
non costituisce una quarta funzione statale �, ma � fenomeno � comprendente 
nell'esplicazione di ciascuna delle tre fondamentali funzioni sovrane o 
pubbliche (come momento che incide nel Procedimento esplicativo tanto della 
legislazione quando dell'amministrazione e della giurisddzione) � anche se �organizzato 
in procedimenti autonomi, a s� stanti (controlli in via principale), 
non pi� come mero momento o fase procedurale inserita nel procedimento degli 
atti delle tre funzioni statali � (GALEOTTI, Introduzione alla teoria dei controlli 
costituzionali, 1963, 95). 

3. -Le considerazioni che precedono conducono ad esprimere rispettose quanto 
ferme riserve a quel passo della motivazione della sentenza in rassegna -ed a 
ben vedere si tratta di un passo non essenziale -nel quale si lascia intendere 
che il Governo potrebbe far ricorso allo strumento della registrazione con riserva 
solo � dopo conclusosi il processo costituzionale incidentale �. Invero, non pare 
che il Governo possa ritenersi, sia pur temporaneamente, privato del potere 
de quo, che ha � remote origini � e �continua ad assolvere una sua utile funzione 
nell'attuale ordinamento �, con �il suo tradizionale contrappeso ... nell'immediato 
assoggettamento del provvedimento registrato con riserva al controllo 
politico del Parlamento � (cos� Corte cost., 19 dicembre 1966, n. 121, citata; sull'ar

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

36 

Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, pi� difficilmente 
verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte. 

4. -Con le considerazioni che precedono, i principali argomenti addotti 
in senso opposti dalla difesa dello Stato hanno gi� ricevuto esplicita 
od implicita risposta. 
Dei rimanenti non � pertinente il richiamo all'art. 111 Cost., secondo 
comma, che ammette � sempre � il ricorso in cassazione � contro le sentenze 
e i provvedimenti sulla libert� personale, pronunciati dagli organi 
giurisdizionali ordinari o speciali�, dal momento che, alla stregua delle 
conclusioni sopra raggiunte, il procedmento svolgentesi davanti alla 
Sezione di controllo non ha natura propriamente giurisdizionale, pur essendo 
anologo ad un giudizio, nel senso ed entro i limiti di cui si � detto 
sopra, al punto 3. 

Considerazioni in gran parte analoghe valgono a far superare l'ulteriore 
argomento che si vorrebbe ricavare dalla inapplicabilit� alle deliberazioni 
della Sezione di controllo dell'istituto del giudicato, non senza 

gomento, GASPARRI, Considerazioni sulla registrazione con riserva, in Studi in 
occasione del primo centenario della Corte dei conti cit., 167; sulle dimensioni 
quantitative del ricorso alla registrazione con riserva, CHIEPPA, op. cit., 1660, 
in nota 30). 

� stato recentemente osservato (da ZACCARIA, Puntualizzazioni sistematiche 
in ordine al procedimento di registrazione con riserva da parte della Corte� dei 
conti, in Cons. Stato, 1974, II, 1074, e da BENNATI, Ancora sul tema delle registrazioni 
con riserva, ivi, 1974, II, 559) che il procedimento di registrazione con 
riserva � separato e diverso dal procedimento conclusosi con la pronuncia di 
controllo negativo emessa dalla Sezione di controllo, e non pu� essere riguardato 
come un grado di appello avverso detta pronuncia. La sospensione del 
procedimento dinanzi alla predetta Sezione per effetto del deferimento della 
questione di legittimit� costituzionale alla Corte costituzionale non interferisce 
direttamente sul distinto (e neppur iniziato) procedimento di registrazione con 
riserva. 

Deve quindi esaminarsi se il potere del Governo di chiedere la registrazione 
con riserva presupponga la previa emanazione di una pronuncia di rifiuto 
del visto ad opera della Sezione di controllo, o se invece tale potere possa essere 
esercitato ogni qualvolta, per qualsiasi ragione, l'atto di controllo positivo non 
sia intervenuto nel momento in cui il Governo decide di chiedere la registrazione 
con riserva. 

Nella sentenza in rassegna si osserva che nessun termine � stabilito dalla 

legge ordinaria alla Corte dei conti per deliberare sull'ammissione o meno al 

visto e registramone. Questa osservazione, per�, non � fine a se stessa, non sta 

solo a dimostrare che. � nella disponibilit� della Corte dei conti la determina


zione dei � tempi � dell'attivit� di controllo e -quel che pi� conta -della 

efficacia degli atti del Governo; al contrario, dalla riferita osservazione deve de


sumersi che, nel silenzio della legge, il Governo (o quanto meno, anche il Go� 

verno) pu� determinare il momento di inizio dell'efficacia dei propri atti, attra


verso il ricorso allo strumento della registrazione con riserva. 

Momento e provvedimento centrale del procedimento di registrazione con 

riserva � la deliberazione del Consiglio dei ministri con la quale si � risolve che 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

37 

aggiungere che tali deliberazioni, siano positive che negative, hanno certamente 
contenuto decisorio e non sono modificabili da parte della stessa 
Sezione n� sindacabili in altra estranea sede. 

Secondo l'Avvocatura, poi, con il rico.noscere alla Sezione di controllo 
la possibilit� di adire questa Corte, si inciderebbe gravemente sul potere 
governativo di disporre la registrazione con riserva nonch� sulla tempestivit� 
dell'azione amministrativa, ed in particolare, nelle ipotesi di controllo 
su decreti legislativi delegati, sul termine per l'esercizio della delega 
prefissati dal Parlamento. 

Quanto alla registrazione con riserva, a prescindere dal rilievo che 
tale istituto incontra gi� nel testo unico del 1934 alcune specifiche eccezioni 
(art. 25, ultimo comma) e dalla constatazione che, dopo l'avvento 
della Repubblica, esso ha trovato limitata applicazione, va precisato che 
il Governo rimane libero di farvi ricorso, oltre che (ovviamente) in 
tutti i casi in cui non sorgano questioni di legittimit� costituzionale delle 
norme che la Corte dei conti deve applicare, anche, essendosi verificata 
una tale evenienza, dopo conclusosi il processo costituzionale incidentale, 
nei limiti di volta in volta derivanti dal contenuto della decisione adot


l'atto o decreto debba aver corso �. Questa deliberazione �assume sostanzialmente 
la portata di un comando malgrado la !inesistenza, sotto il profilo organico 
e funzionale, di qualsiasi rapporto di dipendenza gerarchica anche indiretta fra 
Governo e Corte dei conti� (BENNATI, op. cit., 561). 

Dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri, le Sezioni riunite della 
Corte dei conti debbono limitarsi a verificare se sia �cessata la causa del rifiuto
� (ossia la preesistente causa del rifiuto espresso dalla Sezione) e se non 
ricorra alcuna delle ipotesi di rifiuto assoluto di registrazione. Se n� l'una n� 
l'altra di queste eventualit� si verifica, non v'� alcuna materia per una decisione 
delle Sezioni riunite, le quali non pongono in essere un atto di controllo 
positivo ma sono vincolate a procedere all'apposizione del �visto con riserva�; 
le Sezioni riunite non possono quindi, a loro volta, deferire una questione di 
legittimit� costituzionale, che sarebbe irrilevante posto che nessuna attivit� di 
controllo esse sono chiamate a compiere. 

A quanto precede non pu� essere opposto che l'art. 25 comma primo del 
testo unico 12 luglio 1934, n. 1214 prevede l'intervento del Consiglio dei ministri 
solo � ove ... la Sezione di controllo abbia ricusato il visto sugli atti o decreti 
presentati alla Corte�. La disposizione formula l'ipotesi, per cos� dire, normale 
di un esplicito e sollecito rifiuto del visto, ma non esclude che il Consiglio dei 
ministri, nella sua autonomia, possa ravvisare un siffatto rifiuto anche in un 
diverso comportamento della Sezione di controllo. 

Per concludere, il Governo � -esso pure -�indipendente� rispetto alla 
Corte dei conti, nel senso che pu� disporre (eccettuati i casi di cui al terzo 
comma del citato art. 25) che i propri atti acquisiscano efficacia indipendentemente 
dall'atteggiamento assunto dalla Sezione di controllo della Corte anzidetta, 
con assunzione -s'intende -di responsabilit� politica nei confronti del Parlamento, 
il quale ultimo peraltro non pu� sanare la eventuale illegittimit� commessa 
ma pu� far venire meno la fiducia. 

FRANCO FAVARA 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO 

tata dalla Corte costituzionale e dai principi costituzionali disciplinanti 
gli effetti delle sue pronuncie. 

Quanto ai ritardi che dall'essersi adita questa Corte possono derivare 
all'azione amministrativa, � da osservare che, nessun termine essendo pr-estabilito 
n� alla Corte dei conti per deliberare all'ammissione o meno 
al visto e registrazione n� alle amministrazioni interessate per trasmettere 
ad essa i propri atti e per controdedurre agli eventuali rilievi mossi 
nella fase istruttoria del p:�ocedimento di controllo, ritardi purtroppo si 
verificano e spesso si sono verificati in passato, indipendentemente dalla 
sollevabilit� di questioni di costituzionalit�: che potrebbe, dunque, al pi� 
aggravare un inconveniente gi� riscontrabile nella pnissi. A siffatte preoccupazioni, 
che peraltro non incidono sul problema giuridico della legittimazione 
della Sezione di controllo, pu� tuttavia replicarsi che l'eventuale 
giudizio di questa Corte pu� aver luogo con la massima sollecitudine, avvalendosi 
il Presidente della facolt� di ridurre i termini fino alla met� 
(art. 9, legge cost. n. 1 del 1953), oltre che dandosi alla trattazione della 
causa la precedenza nella fissazione dei ruoli. Rilievi, questi, che naturalmente 
si estendono alla particolare ipotesi di questioni concernenti leggi 
di delegazione, alle quali la Corte dei conti debba raffrontare decreti 
legislativi sottoposti al suo controllo. 

5. -Nel merito, sono denunciate le disposizioni dell'ultimo comma 
dell'art. 4 della legge 30 luglio 1973, n. 477, e del n. 3 dell'articolo unico 
della legge 19 maggio 1975, n. 167. 
La prima di dette leggi, nel delegare al Governo � l'emanazione di 
norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e 
non.docente, della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello 
Stato�, si riferisce, tra l'altro, espressamente, nel menzionato ultimo comma
� dell'art. 4, anche al personale medesimo delle scuole ed istituzioni 
scolastiche italiane funzionanti all'estero; la seconda, nel prorogare i ter-� 
mini per l'esercizio di tale delega, specifica ulteriormente, nel predetto 

n. 3 del suo articolo unico, che la delega medesima si riferisce altres� 
al personale addetto alle iniziat�ve scolastiche, di assistenza scolastica e 
di formazione e perfezionamento professionale a favore dei lavoratori 
emigrati rionch� al personale docente di ruolo assegnato alle istituzioni 
scolastiche ed universitarie straniere, comprendendo in ogni caso sia 
quanto concerne lo stato giuridico, sia quanto riguarda il trattamento 
economico (ed � questo il punto essenziale ai fini del decidere) di tutte 
le categorie di personale test� indicate. 
Ora, poich� l'attuazione della delega, cos� prorogata ed in certo senso 
autenticamente interpretata dallo stesso legislatore delegante, comporta 
indubbiamente nuovi oneri finanziari, alla cui copertura provvede, infatti, 
l'art. 32 del d.P.R. 31 ottobre 1975 (del quale � stata frattanto sospesa la 
registrazione), in mancanza per� di qualsiasi previsione a tale specifico 


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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

riguardo cos� nella legge n. 477 come nella successiva legge n. 167 del 
1975, le censure proposte dalla Sezione di controllo investono le anzidette 
disposizioni, che violerebbero l'art. 81, terzo e quarto comma, Cost., per 
avere omesso di disporre in merito alla copertura della spesa, o -alternativamente 
-l'art. 76 Cost., non avendo nemmeno predeterminato i 
principi e criteri direttivi ai quali il Governo destinatario della delega 
avrebbe dovuto attenersi per provvedervi, invece, esso stesso. 

La questione � fondata. Il principio risultante dal combinato disposto 
del terzo e quarto comma dell'art. 81 consiste, infatti, nell'imporre al 
legislatore l'obbligo di darsi carico delle conseguenze finanziarie delle 
sue leggi, provvedendo al reperimento �dei mezzi necessari per farvi 
fronte. Di regola, perci�, tale obbligo grava sul Parlamento, istituzionalmente 
preposto all'esercizio della funzione legislativa; cos� come grava 
invece sul Governo, allorch�, ricorrendo i presupposti di cui all'art. 77 
Cost., si faccia esso stesso legislatore, sostituendosi in via di urgenza 
alle Camere nella forma del decreto-legge. Ma quest'ultima ipotesi differisce 
profondamente da quella della decretazione delegata, dove � soltanto 
in forza della previa legge delegante ed in ottemperanza alle disposizioni 
in questa contenute che il Governo assume l'esercizio della funzione 
legislativa. In tale ipotesi, dev'essere, dunque, il legislatore delegante 
a disporre in ordine alla copertura della spesa. 

Di guista che deve riconoscersi che le disposizioni delle due leggi di 
delega denunciate dall'ordinanza ed in precedenza pi� volte menzionate, 
avendo omesso di provvedere al riguardo, hanno violato le ricordate 
norme dell'art. 81. 

Non rileva, poi, ai fini del presente giudizio, accertare se, qualora 
eccezionalmente non fosse possibile, in sede di conferimento della delega, 
predeterminare rigorosamente in anticipo i mezzi per finanziare le spese 
che l'attuazione della stessa comporta, sia sufficiente che il Governo venga 
a ci� espressamente delegato, beninteso con prefissione di principi e criteri 
direttivi, come vuole l'art. 76, dal momento che, nella specie, di una 
delega siffatta non vi � traccia alcuna. 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 novembre 1976, n. 228 -Pres. Rossi -Rel. 
De Marco -Menozzi e altro (avv. Abbamonte e Guarino) e Presidente 
Consiglio cj.ei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Impiego pubblico -Dirigenti amministrativi -Personale direttivo della 

scuola -N1;>n � assimilabile. 

~Cost., art. 3 e 36; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, artt. 1 e segg.). 

Premesso che gli uffici periferici dell'amministrazione statale, ai quali 
i primi dirigenti possono essere preposti o devono avere circoscrizione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

40 

provinciale o devono essere di livello corrispondente alla divisione, risulta 
razionale la diseguaglianza (art. 3 Cast.) conseguente dalla non 
inclusione del personale direttivo della scuola (nella specie, presidi di 
scuole secondarie superiori) dal trattamento previsto per la dirigenza 
amministrativa. E non pu� ravvisarsi contrasto con l'art. 36 Cast. allorch� 
modesta sia la differenza delle retribuzioni messe a confron.to. 

(Omissis). -Vi si �, infine, pervenuti con quelle leggi n. 249 del 
1968 e n. 775 del 1970 di delegazione, il cui essenziale criterio informatore 
risulta dalla intitolazione del decreto di attuazione n. 748 del 1972: 
�Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, 
anche ad ordinamento autonomo �. 

Si �, cos�, creata nell'ambito delle carriere direttive dell'Amministrazione 
statale una particolare categoria di funzionari, caratterizzata da 
una rigorosa selezione qualitativa, alla quale, con l'attribuzione di una 
larga sfera di potest� decisionale e corrispondente responsabilit�, viene 
affidata la dirigenza dell'Amministrazione, con quella agilit� e prontezza 
di decisione e di azione che sono necessarie in funzione della corretta 
attuazione dell'art. 97 della Costituzione. 

Di qui la necessit� di tenere nettamente distinta l'attivit� strettamente 
amministrativa da ogni altra attivit� inerente ad altri settori, anche 
essenziali, delle attribuzioni statali, dato che la funzione dirigenziale 
� collegata alla tradizionale articolazione degli uffici ministeriali in direzioni 
generali, uffici centrali assimilabili e divisioni, articolazione che, in 
quanto ne ricorrano le condizioni, si estende agli uffici periferici, la cui 
istituzione deve essere disposta con legge, anche ai fini delle determinazioni 
delle qualifiche dei funzionari da preporre alla loro direzione (art. 
2, commi primo, quinto, sesto e settimo, della legge n. 249 del 1968). 

Infatti, con il d.P.R. n. 748 del 1972, sono stati dettagliatamente specificati 
i compiti dei dirigenti sia degli uffici centrali, sia di quelli periferici 
(art. 2) in relazione agli uffici ai quali debbono essere preposti ed, 
in particolare, per quanto attiene ai primi dirigenti di uffici periferici 
(art. 6) dispone che debbono essere preposti ad uffici con circoscrizione 
provinciale o di particolare importanza. 

Inoltre (art. 6 secondo comma) �negli uffici periferici diretti da 
dirigenti con qualifica superiore, essi (ossia i primi dirigenti) sono preposti 
alle ripartizioni di livello corrispondente alla divisione, ove esistano, 
o svolgono altre funzioni di pari rilevanza previste dalle disposizioni 
particolari concernenti le singole amministrazioni �. Dal che chiaramente 
si desume che gli uffici periferici ai quali i primi dirigenti 
possono essere preposti o debbono avere circoscrizione provinciale o 
debbono essere di livello corrispondente alla divisione o di pari rilevanza. 

Ora, tenuto presente che oggetto del giudizio a quo � la richiesta del 
riconoscimento ai presidi delle scuole medie della qualifica di primo diri




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

gente e non semplicemente quello dell'attribuzione del trattamento economico 
di tale qualifica, alla stregua delle considerazioni che precedono, 
deve escludersi che sussistano le denunziate violazioni degli artt. 3, 36 e 
97 della Costituzione, che inficierebbero le norme delle leggi n. 249 del 
1968 e n. 775 del 1970, in base alle quali quel riconoscimento � stato negato. 

Si deve, infatti, rilevare che in base all'ordinamento speciale per il 
personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola, i presidi delle 
scuole secondarie -anche se in qualche periodo hanno avuto attribuito 
grado uguale e perfino superiore a quello dei provveditori agli studi rispetto 
ai quali si lamenta la disparit� di trattamento ai fini del presente 
giudizio -sono stati sempre inquadrati nei ruoli del personale della 
scuola. 

Si hanno, quindi, posizioni differenziate -essendo stati invece i provveditori 
agli studi sempre inquadrati nei ruoli del personale amministrativo 
-il che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, 
legittima una disciplina del pari differenziata. 

Per uniformarsi a tale giurisprudenza occorre, pertanto, accertare 
se quelle differenziazioni abbiano un fondamento razionale. 

Al riguardo basta rilevare che,, anche se tra le attribuzioni dei presidi 
ve ne sono alcune di carattere amministrativo di non trascurabile 
rilevanza, la loro prevalente attribuzione � quella di sopraintendere al 
governo della scuola, soprattutto sotto il profilo didattico ed � appunto 
per questo che i presidi sono sempre stati e sono tuttora prescelti tra 
il personale docente laureato e fanno parte dei ruoli della scuola. 

D'altra parte per codesto personale non � possibile neppure ipotizzare 
una funzione dirigenziale paragonabile a quella sopra illustrata riguardante 
il personale amministrativo. Si tratta, invero, di un personale che, 
dall'inizio della carriera fino al suo termine, anche se di alto livello 
scientifico, quale quello universitario, esercita le stesse funzioni di studio 
e di insegnamento, che possono differenziarsi per efficacia, in relazione 
alle doti personali di chi le esercita, ma, funzionamente, non si 
prestano ad alcuna classificazione o differenziazione, tanto vero che in 
detta carriera non � preveduta altra progressione che non sia quella 
meramente economica. 

Comunque, l'attribuzione ai presidi della qualifica di primo dirigente 
implicherebbe il passaggio nel ruolo amministrativo il che, a parte ogni 
altra considerazione, non sarebbe possibile, in quanto, come sopra si 
� rilevato, ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. n. 748 del 1972, occorrerebbe 
per essi la circoscrizione provinciale. Le scuole citate dal patrocinio 
delle parti private e dirette da funzionari con qualifica dirigenziale, sono 
infatti scuole speciali uniche in tutto il territorio nazionale e, quindi, 
con circoscrizione pi� che provinciale. 


42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� pu� opporsi che le scuole rientrano tra le � amministrazioni ad 
ordinamento autonomo � alle quali si applicano le norme sulla dirigenza, 
dato che, anche se la formulazione dell'art. 384 del t.u. 10 gennaio 1957, 

n. 3, pu� far sorgere qualche dubbio al riguardo, nel caso del personale 
scolastico si tratta di ordinamento speciale e non autonomo, come dimostra 
la dipendenza diretta dal Ministero della pubblica istruzione ed, in 
sede decentrata, dal provveditore agli studi, per quanto riguarda la parte 
meramente amministrativa. 
Pienamente razionale e rispondente all'ordinamento instaurato col 

d.P.R. n. 748 del 1972 risulta, quindi, la differenziata disciplina in esame, 
con la conseguenza che, come gi� si � detto, non sussiste la dedotta violazione 
del principio di eguaglianza. 
Altrettanto � a dirsi per la dedotta violazione dell'art. 36 della Costituzione, 
che attiene al trattamento economico. 

Invero, attualmente, i provveditori agli studi hanno la qualifica di 
dirigente superiore e non di primo dirigente e quindi il loro trattamento 
economico non � comparabile con quello dei presidi. Inoltre, sta di fatto 
che i presidi -per i quali, a conferma della loro prevalente qualit� di 
docenti era da tempo istituita un'indennit� di studio (vedasi da ultimo 
la legge 15 febbraio 1963, n. 355) -hanno uno stipendio base ed un'indennit� 
(ora definita �assegno annuo pensionabile�), nel loro complesso 
di poco inferiore allo stipendio base ed all'indennit� di funzione dei primi 
dirigenti, il che, attesa la diversit� di posizione posta sopra in rilievo, 
ben pu� attribuirsi ad esatta e non errat� applicazione dell'art. 36, il 
quale evidentemente lascia al legislatore un certo margine di discrezionalit�. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 dicembre 1976, n. 235 -Pres. Rossi -Rel. 
Trimarchi -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Azzariti) e Regione Puglia (n.p.). 

Regione � Legge regionale � Riadozione dopo rinvio � Difetto della mag� 
gioranza assoluta � Invalidit� del procedimento. 

La proposta di � riadozione � di una delibera legislativa regionale rinviata 
dal Governo ai sensi dell'art. 127 Cost. deve considerarsi respinta, 
ove non sia raggiunta la maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio; 
le astensioni equivalgono quindi a voti contrari (1). 

� (1) Nello stesso senso Corte Cost., 7 luglio 1976, n. 153, in questa Rassegna, 
1976, sesto fascicolo. 

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43

. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZION�LE, 6 dicembre 1976, n. 236 -Pres. Rossi -Rel. 
Reale -Micolitti (avv. Petrolillo). 

Procedimento penale � Revisione � Effetto estensivo. 
(Cost., art. 3; cod. proc. pen., artt. 203, 553 e 554). 

Contrasta con l'art. 3 Cast. il combinato disposto degli artt. 203, 553 
e 554 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente che 
la sentenza emessa in sede di revisione in favo re di un condannato possa 
spiegare l'�ffetto estensivo nei confronti di chi, imputato di concorso nello 
stesso reato, ne sia stato assolto per insufficienza di prove. 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 244 � Pres. Rossi -Rel. 
Rocchetti -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Azzariti) e Regione Calabria (avv. Silvestri). 

Regione . Organo statale transitoriamente attributario di funzione regio� 
nale � Disciplina legislativa � Compete esclusivamente allo Stato. 
(Cost., art. 117; I. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 56; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 12). 

Alle Regioni non � attribuita alcuna potest� legislativa per la determinazione 
del trattamento (nella specie, di missione) di dipendenti di 
organi statali, ancorch� in via transitoria investiti di attribuzioni regionali. 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 245 -Pres. Rossi � Rel. 
Capalozza -Di Frassineto (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Antichit� e belle arti � Vincoli alle propriet� private � Divieto di smembramento 
di collezioni � Non menoma il contenuto patrimoniale 
della propriet�. 
(Cost., art. 42; I. 1� giugno 1939, n. 1089, art. 5). 

Il divieto di smembramento di una collezione di interesse storico o 
artistico � diretto a garantirne la destinazione unitaria e non menoma 
il contenuto patrimoniale della propriet�; no71 � quindi configurabile obbligo 
di indennizzo (1). 

(1) Sulla insussistenza di obbligo di indennizzo per i vincoli a tutela dei 
beni culturali, cfr. da ultimo la Relazione dell'Avvocatura per gli anni 1971-1975, 
vol. I, 459. 
s 



RASSEGNA DELL'AVV�CATURA DELLO STATO

44 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 246 -Pres. Rossi -Rel. 

De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 

Stato Carafa) e Regione Sicilia (avv. Aula). 

Prezzi -Materia della disciplina dei prezzi -� di esclusiva competenza 
statale. 
(Statuto Sicilia, artt. 14 e 17; d. lgs. reg. 15 ottobre 1947, n. 86; d. lgs. lgt. 19 ottobre 

1944, n. 347). 

La disciplina dei prezzi e in genere tutto il settore dell'attivit� economica 
e finanziaria dello Stato per la tutela di interessi quali la stabilit� 
monetaria, la difesa dei salari, gli investimenti e gli scambi con l'estero, 
rientrano nelle esclusive attribuzioni dello Stato (1). 

(Omissis). -Il Presidente della Regione siciliana, in applicazione del 
decreto legislativo regionale 15 ottobre 1947, n. 86, ratificato con legge 
regionale 16 dicembre 1948, n. 47, pro\rvedeva alla ricostituzione del Comitato 
regionale per il coordinamento e la disciplina dei prezzi nell'ambito 
della Regione siciliana, con decreto 25 novembre 1974, n. 152/ A. 

Avverso tale decreto il Presidente del Consiglio dei ministri proponeva 
ricorso a questa Corte per regolamento di competenza, assumendo 
che la disciplina dei prezzi non � materia di competenza regionale, bens� 
esclusivamente statale, riguardante la � tutela ed il perseguimento d'interessi 
nazionali � ed opponendo che la legge regionale, in base alla quale 
il decreto impugnato era stato emanato, sarebbe stata abrogata dalle 
norme di attuazione contenute nel d.P.R. 1182 del 1949 e, comunque, 
avrebbe dovuto essere dichiarata, in via incidentale, costituzionalmente 
illegittima. 

In conseguenza, con tale ricorso, si chiedeva che previa sospensione 
della sua esecuzione, l'impugnato decreto venisse annullato. 

Si costituiva in giudizio il Presidente della Regione siciliana, il cui 
patrocinio eccepiva: che doveva escludersi l'abrogazione sia espressa, 
sia tacita del decreto legislativo regionale 15 ottobre 1947, n. 86, e relativa 
legge di ratifica, per effetto delle norme di attuazione dello Statuto 

(1) Con sentenza pari data n. 247 la Corte ha conseguenzialmente dichiarato 
che non spetta alla Regione siciliana.il potere di istituire e ricostituire Comitati 
regionali per il coordinamento e la disciplina dei prezzi nell'ambito della Regione 
e ha annullato il decreto del Presidente della Regione siciliana 25 novembre 
1974, n. 152/A, con il quale � stato ricostituito il � Comitato regionale dei prezzi 
per il coordinamento e la disciplina dei prezzi nell'ambito della Regione siciliana �. 
Sul rapporto tra competenze statali e competenze comunitarie in tema di 
prezzi si rinvia a FAVARA, I regolamenti comunitari tra Corte costituzionale e 
Corte di giustizia delle Comunit� europee, in questa Rassegna, 1976, numero sesto, 
ove altre indicazioni. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

speciale, in materia di industria e commercio, adottate con il d.P.R. 

n. 1182 del 1949; che la disciplina dei prezzi rientra nella materia dell'industria 
e commercio per la quale la Regione, ai sensi dell'art. 14 dello 
Statuto speciale, ha competenza legislativa esclusiva e che, quindi, non 
sussisteva la dedotta illegittimit� costituzionale della legge regionale n. 47 
del 1948; che non sussistevano le gravi ragioni che potessero giustificare 
� la richiesta di sospensione dell'esecuzione del decreto impugnato. 
Questa Corte, con ordinanza n. 122 del 1975, respingeva la domanda 
di sospensione dell'esecuzione. 

Venuto, poi, alla sua cognizione, per la decisione. nel merito, il ricorso 
con il quale era stato sollevato il conflitto di attribuzione, la Corte, con 
altra ordinanza n. 38 in data 19 febbraio 1976, dopo avere esclusa l'abrogazione 
della legge regionale n. 47 del 1948, per effetto delle norme di 
attuazione di cui al sopra citato d.P.R. n. 1182 del 1949, sollevava davanti 
a s� stessa questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli 
artt. 14 e 17 dello Statuto speciale della Regione siciliana, del decreto 
legislativo regionale 15 ottobre 1947, n. 86, e della relativa legge di ratifica 
16 dicembre 1948, n. 47. 

(Omissis)., La tesi fondamentale prospettata dall'Avvocatura dello 

Stato per sostenere che la materia del coordinamento e della disciplina 
dei prezzi � di esclusiva competenza statale, trova piena conferma non 
soltanto nella legislazione nazionale vigente' allorch� vennero emanati il 
decreto legislativo regionale n. 86 del 1947 e la legge di ratifica n. 47 del 
1948, .ma anche nella ulteriore legislazione nazionale che ha dato alla 
materia un significativo ampliamento, dal quale maggiormente emerge 
la preminente natura di interesse nazionale. 

Intanto, se l'iniziale ripartizione dei compiti tra Comitato interministeriale 
e Comitati provinciali, presieduti dai prefetti, risultante dal 
decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 347, che li aveva 
istituiti, non esistendo allora neppure regioni a statuto speciale, non 
poteva avere rilevanza, molto significativo � il fatto che i successivi provvedimenti 
legislativi ed in particolare il de�reto legislativo 26 gennaio 1948, 

n. 98 (emanato cio� quando la Regione siciliana era stata costituita ed 
il relativo Statuto speciale era stato approvato con legge costituzionale}�, 
continua a parlare di Comitato interministeriale e di Comitati provinciali, 
senza alcun cenno ad intermedi Comitati regionali. 
Ma che questa omissione non sia accidentale ma voluta, risulta in 
modo evidente dalla natura delle attribuzioni e dei poteri conferiti a 
detti Comitati. 

Si � voluto sostanzialmente assicurare un penetrante e globale intervento 
dello Stato, la cui importanza � posta in evidenza dal fatto che il 
Comitato interministeriale ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei 
ministri ed � presieduto dal Capo del Governo. 


46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pi� di recente, con la legge 27 febbraio 1967, n. 48, che ha istituito il 

C.I.P.E. (Comitato interministeriale per la programmazione economica) 
e con il d.P.R. 30 marzo 1968, n. 626, che ha riordinato le attribuzioni e 
la composizione dei Comitati dei Ministri aventi competenza in materia 
econolJ1.ica e finanziaria, si � completato (con opportuno coordinamento 
<:on le attribuzioni del C.I.P.) il quadro di un insieme di potest� centralizzate 
riguardanti non soltanto il coordinamento e la disciplina dei prezzi, 
ma, in genere, tutto il settore dell'attivit� economica e finanziaria ~l.ello 
Stato, al fine evidente della tutela di interessi quali la staqilit� monetaria. 
la difesa dei salari e dei redditi fissi, gli investimenti, gli scambi con 
l'estero. 
Tali interessi hanno evidente e preminente carattere nazionale e, di 

�Conseguenza, i provvedimenti predisposti al loro perseguimento postulano, 
necessariamente, una correlativa operativit� su piano nazionale in tempi 
�e modi uguali su tutto il territorio della Repubblica. 
Ne consegue che deve escludersi in materia una qualsiasi competenza 
regionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 248 -Pr�s. Rossi -Rel. 
De Marco -Provincia di Bolzano (avv. Coronas) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Trentino-Alto Adige � Interventi per la regolamentazione dei mercati 
agricoli -Attribuzione statale � Limiti. 
(Statuto Trentino A.A., artt. 4, 5, 8, 9 e 16; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279, art. 8; I. 8 luglio 
1975, n. 306). 

Anche nelle materie rientranti nella potest� legislativa esclusiva di 
Regioni (o Provincie) a statuto speciale, lo Stato pu� emanare disposizioni 
legislative di impulso della anzidetta potest� legislativa. 

(Omissis). -Senonch�, l'art. 8 delle norme di attuazione dello Statuto 
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di propriet� 
colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste, approvate con d.P.R. 22 marzo 
1974, n. 279, statuisce che resta ferma la competenza degli organi 
statali in ordine, tra l'altro: � ... f) agli interventi per la regolamentazione 
del mercato agricolo, compresi quelli effettuati in favore di organismi 
associativi di produttori agricoli �. 

Sul piano di questa normativa deve subito rilevarsi che per quanto 
attiene alle �norme per la determinazione del prezzo di vendita del latte 
alla produzione� non soltanto non � ravvisabile la violazione di alcuna 
delle norme statutarie a riferimento, ma, soprattutto, si verte in materia 
-coordinamento e disciplina dei prezzi -che, come questa Corte 

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ha pi� volte affermato (da ultimo con la sentenza n. 246 di pari data) r 

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....,.,.......................,.,.....................�.�.�.,.............�.�.�.� ............................... �-�-.............................................. .................. ... J 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

appartiene esclusivamente alla competenza statale. Per questa parte, pertanto, 
il ricorso della Provincia di Bolzano risulta senz'altro infondato. 

Resta, in conseguenza, da accertar~ se ed entro quali limiti le norme 
della legge impugnata riguardanti I'� incentivazione dell'associazionismo 
dei produttori agricoli nel settore zootecnico � possano trovare fondamenfo 
nella potest� statale di � interventi per la regolamentazione del 
mercato agricolo, compresi quelli effettuati in favore di organismi associativi 
di produttori agricoli � di cui alla sopra riportata lettera f) dell'art. 
8 del d.P.R. n. 279 del 1974. 

Posto nel dovuto rilievo il raffronto tra intitolazione e contenuto della 
legge impugnata da un lato, e, dall'altro, formulazione della potest� della 
quale il legislatore statale ha evidentemente inteso avvalersi (test� riportata 
lettera f dell'art. 8 del d.P.R. n. 279 del 1974), deve trarsi la conclusione 
che con il termine � incentivazione � il legislatore ha inteso significare 
� gli interventi per la regolazione del mercato agricolo compresi 
quelli effettuati in favore di organismi associativi di produttori agricoli �. 
Ossia impulso alle regioni (o alle. provincie autonome) diretto al fine di 
indurle all'esercizio della potest� legislativa primaria loro spettante per 
l'attuazione degli organismi associativi di produttori agricoli ritenuti necessari 
per la regolazione del mercato agricolo. 

Se cos� �, risulta evidente che tutto quanto nella legge impugnata 
esula dal semplice impulso per risolversi in comando imperativo, eccede 
dal contenuto e dal fine di quanto dispone la pi� volte citata lettera f) 
dell'art. 8 del d.P.R. n. 279 del 1974 e si risolve in una� illegittima compressione 
della potest� legislativa primaria spettante, in materia, alla 
Provincia ricorrente. 

Conseguentemente, per quanto concerne la Provincia autonoma di 
Bolzano, vanno dichiarate illegittime le seguenti norme della impugnata 
legge statale n. 306 del 1975: a) l'art. 2, esclusi i primi due commi; 
b) l'art. 5, comma primo, limitatamente all'imposizione del termine di 
sessanta giorni; c) l'art. 6; 'd) i primi due commi dell'art. 7. 

Entro questi limiti il ricorso deve essere accolto. 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 249 -Pres. Rossi . ReJ. 
De Stefano � Commissario dello Stato presso la Regione siciliana (sost. 
avv. gen. dello Stato Azzariti) c. Regione -siciliana (avv. Sansone). 

Sicilia � Assistenza sanitaria e ospedaliera � Blocco delle assunzioni . 
Casse di soccorso degli autoferrotranvieri � Legittimit� costituzionale 
di deroga al blocco predetto. 
(Statuto Sicilia, art. 17; d.!. 8 luglio 1974, n. 264, artt. 6 e 8). 

Il blocco delle assunzioni prescritto dagli artt. 6 e 8 del d.l. 8 luglio 
1974, n. 264 (avvio della riforma sanitaria) � �principio generale cui si 


48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

informa la legislazione dello Stato�; tuttavia non � principio che non 
tolleri di venir mitigato (1). 

(Omissis). -La legge della Regione siciliana approvata dall'Assemblea 
regionale nella seduta del 27 maggio 1975, recante �Norme integrative 
alla legge approvata dall'Assemblea in materia di finanziamento 
� ella spesa e di erogazione dell'assistenza ospedaliera�, � stata impugnata 
dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana in quanto -� 
col disporre che il divieto, di cui al primo comma dell'art. 8 del d.l. 8 
luglio 1974, n. 264, convertito con modificazioni in legge 7 agosto 1974, 

n. 386, non operi per le Casse di soccorso e malattia dei dipendenti delle 
aziende regolate dal r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, all. B, che si trovino, per 
carenza di personale, nell'impossibilit� di assicurare l'espletamento dei 
propri compiti istituzionali -il legislatore regionale avrebbe violato 
l'art. 17 dello Statuto della Regione siciliana, approvato con r.dJgt. 15 
maggio 1946, n. 455, per aver oltrepassato i limiti segnati alla potest� 
legislativa concorrente della Regione. -(Omissis). 
(Omissis). -Devesi dunque riconoscere che la impugnata legge persegue 
quella finalit� di valutazione e soddisfacimento di peculiari interessi 
nell'�mbito regionale, indicata dall'art. 17 dello Statuto, se � vero 
che -come ha gi� affermato questa Corte con la sentenza n. 97 del 
1974 -la Regione siciliana, nell'esercizio della potest� legislativa concorrente, 
� tenuta a rispettare i princ�pi e gl'interessi generali cui � 
informata la legislazione dello Stato, ma non � affatto obbligata a ripeterne 
pedissequamente le norme, alle quali essa pu� e deve introdurre 
quelle variazioni utili ad adattare le leggi nazionali alle condizioni particolari 
ed agl'interessi propri della Regione medesima. � Nel che -concludeva 
la menzionata sentenza -� la ragione, la portata e il limite della 
stessa legislazione concorrente �. 

Merita ancora di essere osservato che, in seno alle Casse anzidette, 
a mente dell'art. 4 del loro statuto tipo (all. B del citato r.d. n. 148 
del 1931), il servizio di contabilit� e cassa � assolto gratuitamente dall'azienda, 
onde � da presumere che la ipotesi della carenza di personale 
possa ricorrere solo per quello sanitario�. cui � demandato l'accertamento 
delle malattie e la cura degli agenti e dei loro familiari tart. 7 dello statuto 
tipo, nel testo modificato dall'art. 5 della legge 1� agosto 1941, n. 1063). 
E da ultimo va sottolineato che, nel responsabile esercizio dei poteri di 

(1) La sentenza s~ collega al precedente Corte cost. 22 luglio 1976, n. 191, 
in questa Rassegna, 1976, I, ... Sulle Casse in questione anche le sentenze 21 gennaio 
1967, n. 3, in Giur. cost., 1967, 37, e 30 dicembre 1972, n. 220, in questa 
Rassegna, 1973, I, 113. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 49 

tutela e vigilanza ad essa spettanti, l'Amministrazione regionale non mancher� 
certamente, in accordo con . gli organi sindacali delle stesse Casse, 
di controllare che effettivamente sussista quell'assoluta impossibilit� di 
funzionamento voluta dalla legge impugnata, non ricorrendo la quale operer� 
nella sua pienezza il divieto sancito dalla norma statale. 

Conclusivamente, sulla base delle esposte considerazioni, la Corte ritiene 
che la denunciata legge non obbia violato l'art. 17 dello Statuto 
siciliano, sotto il profilo dedotto con il ricorso jn epigrafe. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1976, n. 259 (cam. cons.) -Pres. 
Rossi -Rel. Amadei. 

Dogana -Confisca delle cose oggetto di contrabbando -Cose appartenenti 
a terzi -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 27; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, 

art. 301). 

Sono costituzionalmente illegittimi l'art. 116, primo comma, della legge 
25 settembre 1940, n. 1424, e l'articolo 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, 
nella parte in cui non prevedono la esclusione della confisca per le cose 
oggetto del reato di contrabbando che siano state illegittimamente sottratte 
a terzi, quando tale sottrazione risulti giudizialmente accertata (1). 

(Omissis). -Venendo all'oggetto della presente causa � da rilevare, 
anzitutto, che � palese il contrasto con l'art. 27 della Costituzione, poich�, 
mentre questo afferma la personalit� della responsabilit� penale, l'art. 116 
della legge doganale e l'art. 301 del t.u. delle disposizioni in materia doganale 
contengono delle evidenti previsioni di responsabilit� oggettiva, poich� 
prescindono del tutto dalla valutazione dell'elemento psicologico nella 
condotta del soggetto e comminano la confisca delle cose destinate a commettere 
il reato, �Senza tener conto alcuno della loro appartenenza. E ci� 
anche se � vero che possono esservi delle cose per le quali si pu� configurare 
una illiceit� oggettiva in senso assoluto (art. 240 c.p.), che prescinde, 
pertanto, dal rapporto col soggetto che ne dispone, e che debbono 
essere confiscate presso chiunque le detenga a qualsiasi titolo. Questo, 
per�, rappresenta un profilo del tutto particolare, atipico, ma non estraneo 
alla logica del sistema e ai criteri a cui si ispira la prevenzione 
sul piano generale e di cui le misure di sicurezza patrimoniali costituiscono 
un aspetto. 

(1) La sentenza si collega al precedente Corte Cost. 17 luglio 1974, n. 229, in 
questa Rassegna, 1974, I, 1330. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Con la menzionata sentenza, la Corte ha preso in esame, entro i confini 
dell'ordinanza cos� come allora motivata, la sola questione della 
confisca di cose appartenenti a terzi ai quali si sarebbe potuto imputare 
un difetto di vigilanza. 

Nella presente causa il problema � diverso: non si tratta, infatti, di 
cose appartenenti a terzi estranei al reato, che avrebbero potuto esercitare 
una pi� vigile attenzione, bens� di cose (costituenti l'oggetto del reato doganale) 
che al terzo furono dolosamente sottratte. Cos� essendo, pertanto, 
non pu� assolutamente essere addebitata al proprietario una responsabilit� 
personale, n� pu� appagare la responsabilit� obiettiva che, ingiustamente 
posta a suo carico, ha dato causa al provvedimento di confisca 
di cose che, al proprietario sottratte, hanno poi formato oggetto di violazione 
di norme doganali. 

Questa Corte, tuttavia, precisa che siffatta sottrazione debba risultare 
da pronuncia giudiziale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 di�embre 1976, n. 260 -Pres. Rossi -Rel. 
Astuti -Lucisano e altri (avv. Silvestri), Consorzio per il nucleo di 
industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Nicol� e Sorrentino), Presidente 
Consiglio dei Ministri e Ministero dei lavori pubblici (sost. avv. 
gen. dello Stato Carafa). 

Mezzogiorno -Aree e nuclei di sviluppo industriale -Imposizione di 
vincoli sulla propriet� privata -Necessaria la prefisslone di un 
termine di durata. 
(Cost. art. 42; d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, artt. 146 e 147). 

L'imposizione dei vincoli di destinazione conseguenti dall'approvazione 
dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industrale di. cui 
all'art. 146 del d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 determina il venir meno non 
tanto della possibilit� di utilizzazione a scopo edilizio residenziale quanto 
della possibilit� di miglioramento e trasformazione delle colture agricole, 
e contrasta con l'art. 42 Cost. in quanto avvenga in mancanza d'una precisa 
determinazione della durata dei vincoli stessi. Pertanto, l'art. 147 
primo e ultimo comma del citato d.P.R. � costituzionalmente illegittimo, 
nella parte in cui dette norme, senza prevedere un indennizzo, consentono 
che vincoli di destinazione preordinati all'espropriazione siano imposti 
sui beni di propriet� privata dai predetti piani, senza prefissione di 
un termine di durata. 

(Omissisione). -Preliminarmente all'esame della questione occorre 
considerare il contenuto e gli effetti dei piani regolatori delle aree e dei 
nuclei di sviluppo industriale, la cui formazione � disciplinata dall'art. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

146 del t.u. delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con d.P.R. 30 giugno 
1967, n. 1523. Si tratta di piani regolatori di tipo� speciale, che i consorzi 
previsti dall'art. 144 debbono redigere seguendo, in quanto applicabili, i 
criteri e le direttive di cui all'art. 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150; 
questi piani, una volta approvati, per espressa disposizione dell'art. 146, 
sesto comma, producono gli stessi effetti giuridici dei piani territoriali 
di coordinamento previsti dalla legge urbanistica. Conseguentemente, a 
norma dell'art.� 6 di detta legge, anche questi piani hanno vigore a tempo 
indeterminato; e comportano per i comuni il cui territorio sia compreso 
in tutto o in parte nell'ambito di un comprensorio prescelto come zona di 
sviluppo industriale, l'obbligo di uniformare alle loro indicazioni i rispet~ 
tivi piani regolatori e strumenti urbanistici. 

D'altra parte, i piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo 
industriale possono anche incidere direttamente sui diritti' ed interessi dei 
privati, con la imposizione di vincoli di destinazione per le aree di loro 
propriet�, in vista dell'espropriazione. I piani contengono anzitutto l'indicazione 
e localizzazione delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative 
di cui l(lgli artt. 144 e 150, ossia delle opere di attrezzatura delle 
zone, sistemazione dei terreni, costruzione di infrastrutture, impianti e 
servizi, nonch� di tutte le altre opere d'interesse generale idonee a 
favorire l'insediamento industriale, comprese quelle portuali ed aeroportuali. 
Le opere indicate dai piani, la cui esecuzione � attribuita dalla legge 
in� parte alla competenza della Cassa per il Mezzogiorno ed in parte ai 
consorzi �sulla base delle norme per essi vigenti� (art. 149), sono dichiarate 
di pubblica utilit�, urgenti e indifferibili, per espressa disposizione 
dell'art. 147, primo comma. Inoltre, il nono ed ulti,mo comma dello stesso 
art. 147, che regola la procedura per le espropriazioni, stabilisce testualmente 
che nelle aree e nei nuclei di sviluppo industriale il consorzio pu� 
promuovere l'esproprio di immobili, � oltre che al fine dell'attrezzatura 
della zona, anche allo scopo di rivenderli o cederli in locazione per l'impianto 
di nuovi stabilimenti industriali e di pertinenze connesse, salvo il 
diritto degli espropriati alla restituzione, qualora gli immobili non siano 
utilizzati per lo scopo prestabilito entro 5 anni dal decreto di esproprio �. 

� pertanto indubbio che questi piani� costituiscono strumenti complessi 
di programmazione, e contengono non soltanto indicazioni di carattere 
direttivo, ma anche statuizioni immediatamente precettive; le quali 
"(come conferma altres� l'applicabilit� delle misure di salvaguardia nel 
corso del procedimento di approvazione dei piani, prevista dal terzo comma 
dell'art. 146), possono avere diretta ed immediata incidenza sugli 
interessi dei proprietari di aree incluse nel perimetro dei piani, nella misura 
in cui impongano vincoli di destinazione, con la concreta individuazone. 
di beni soggetti ad esproprio per l'esecuzione di opere di pubblica 
utilit�, ovvero per l'insediamento di determinati impianti industriali. 


52 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Scendendo all'esame della questione di cui � causa, appare 
evidente che l'imposizione di vincoli di destinazione, preordinati 
all'espropriazione, sopra immobili di propriet� privata, quale consegue 
all'approvazione del piano regolatore di un'area o nucleo di sviluppo 
industriale, determina, di regola, una immediata limitazione dei poteri 
di godimento e disposizione, che si concreta non tanto nel venir meno 
della possibilit� di utilizzazione a scopo edilizio residenziale (poich� trattasi 
generalmente di zone a carattere rurale, esterne al perimetro dei 
centri abitati e non urbanizzate), quanto nella menomazione della possibilit� 
e convenienza pratica di investimenti a scopo di miglioramento 

o trasformazione delle colture agricole esistenti e di sviluppo d'ogni altra 
iniziativa o attivit� economica diversa dall'insediamento industriale. 
Tuttavia, a giudizio di questa Corte, non si pu� affermare in via generale 
che le limitazioni dei poteri di gqdimento e di disposizione conseguenti, 
per i privati proprietari, alle prescrizioni immediatamente opera


. tive del piano regolatore di un'area o nucleo di sviluppo industriale, assumano 
senz'altro carattere espropriativo, e quindi richiedano. di per s� 
la previsione di un indennizzo: e ci� proprio perch� trattasi di vincoli 
temporanei, imposti in vista della espropriazione. Il contrasto con il principio 
sancito dal terzo comma dell'art. 42 Cost. si verifica non per effetto 
della imposizione dei vincoli, bens� per effetto della mancanza 
d'una precisa determinazione della durata dei vincoli stessi. Sotto questo 
profilo ed in questi circoscritti termini, meritano accoglimento le considerazioni 
svolte dall'ordinanza di rimessione, per cui, trattandosi di vincoli 
certamente temporanei, in quanto preordinati all'espropriazione, a 
causa della incertezza sul quando, ed anche sull'an del futuro trasferimento, 
�viene ad essere disgiunta, illimitatamente ed irrazionalmente, la 
sottomissione immediata del bene al vincolo dal compenso per la sua 
perdita�. � precisamente la efficacia a tempo indeterminato che conferisce 
ai vincoli di cui trattasi carattere e contenuto espropriativo, nel 
difetto di qualsiasi possibilit� di previsione circa la data della futura 
espropriazione, che potrebbe anche non verificarsi, e senza apprezzabile 
indennit� per l'immobilizzo conseguente al vincolo, per quanto protratto 
nel tempo. -(Omissis). 

(Omissis). -Per quanto concerne i piani regolatori delle aree e nuclei 
di sviluppo industriale previsti dal t.u. delle leggi sul Mezzogiorno, 
occorre tener presente che la loro attuazione non richiede la successiva 
formazione ed approvazione di piani particolareggiati di esecuzione, potendosi 
direttamente procedere alle espropriazioni, secondo le norme dettate 
dall'art. 147, sulla base delle indicazioni contenute nei piani. Di fatto, 
nel caso di specie, le norme di attuazione del piano regolatore territoriale 
del nucleo di industrializzazione di Reggio Calabria stabiliscono all'art. 7 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

che � le opere previste dal piano regolatore sono attuate mediante progetti 
esecutivi redatti sulla base delle planimetrie di piano riguardanti 
sia l'aspetto generale che i singoli agglomerati industriali�, mentre gli 
artt. 10 e seguenti enunciano le prescrizioni di zona, relative alle diverse 
�zone contenute e definite entro il perimetro degli agglomerati, per le 
quali il piano ha valore normativo immediato �. 

Di fronte a tale situazione, mentre � ovvio e naturale che questi piani, 
nella parte in cui contengano direttive e previsioni di lungo periodo, 
debbano aver vigore a tempo indeterminato, al pari dei piani� territoriali 
di c.oordinamento e dei piani regolatori urbanistici, essendo la loro attuazione 
necessariamente graduale nel corso dei decenni, non sussiste invece 
giustificazione razionale per cui anche le prescrizioni o indicazioni direttamente 
incidenti su beni determinati, con l'imposizione di vincoli di 
destinazione preordinati all'espropriazione, debbano avere efficacia senza 
limite di tempo, nell'attesa di future espropriazioni che potrebbero anche 
essere lungamente differite, o non avvenire. 

Appare invece conforme alle pi� evidenti esigenze di contemperamento 
tra gli interessi pubblici e quelli privati (che ai primi debbono 
soggiacere solo per motivi di utilit� generale, e nei limiti da questa richiesti), 
nonch� ad ovvii criteri di buona e ordinata amministrazione, che 
i programmi di sviluppo delle zone destinate alla localizzazione di imprese 
industriali vengano formati sulla base di prudente valutazione dei 
tempi tecnici occorrenti e dei mezzi finanziari disponibili per la effettiva 
esecuzione delle infrastrutture, dei servizi e degli impianti, in correlazione 
con le richieste di insediamento di nuovi stabilimenti industriali. Nei 
piani potr� essere inserita anche la previsione di opere eventualmente 
programmate nel lungo periodo, con riguardo a possibili maggiori sviluppi 
futuri, ma non pare ammissibile .che l'esecuzione delle opere riconosciute 
di immediata necessit�, dichiarate dalla legge non solo di pub.
blica utilit� ma anche indifferibili ed urgenti, possa essere decisa impo


nendo alla propriet� privata vincoli di destinazione immediatamente ope


rativi, senza la indicazione di un termine per l'effettiva esecuzione, e quindi 

per le conseguenti espropriazioni. 

(Omissis). -Per quanto concerne la misura delle indennit� -di cui 

peraltro non si contende nel presente giudizio -occorre rilevare che 

sebbene l'art. 147, settimo comma, ne preveda la determinazione �ai sensi 

della legge 18 aprile 1962, n. 167, modificata dalla legge 21 luglio 1965, 

n. 904 �, (la quale ultima, all'art. 1, dispone la corresponsione ai proprietari 
espropriati, in aggiunta all'indennit�, di una somma pari al due per 
cento dell'importo medio degli indennizzi per ogni anno o frazione di 
anno dalla data di approvazione del piano a quella del decreto di esproprio), 
� legittimo il dubbio circa la perdurante applicabilit�, nella fattispecie 
di cui � causa, di queste disposizioni, posto �che l'art. 39 della 

54 

� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, ha espressamente abrogato gli artt. 12 e seguenti 
della legge n. 167 del 1962 e successive modificazioni, ed inoltre 
la legge 27 giugno 1974, n. 247, ha stabilito che le disposizioni del tit. II 
della legge n. 865 del 1971 relative alla determinazione dell'indennit� di 
espropriazione � si applicano a tutte le espropriazioni comunque preordinate 
alla realizzazione di opere o di interventi da parte dello Stato, 
delle Regioni, delle provincie, dei comuni o di altri enti pubblici o di 
diritto pubblico, anche non territoriali�. Sono d'altra parte veramente 
fuori luogo le ipotesi circa i vantaggi che avrebbero i proprietari dei 
terreni vincolati dai piani, qualora le previste espropriazioni fossero rinviate 
sine die, o non mai pronunciate. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1976, n. 262 -Pres. Rossi -Rel. 
Rossano � Ponti (avv. Agostini). 

Previdenza e assistenza -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro 


Lavoratori agricoli autonomi -Esclusione dei lavoratori di et� supe


riore a 70 anni -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 205). 

Per apprezzare la razionalit� o meno di una qiseguaglianza, la Corte 
costituzionale pu� valorizzare la relazione di un disegno di legge non pervenuto 
alla approvazione ad opera del Parlamento. Non � razionale la 
diversit� di trattamento, per motivi d'et�, tra lavoratori agricoli autonomi 
e altri lavoratori autonomi, quanto all'assicurazione contro gli infortuni 
sul lavoro (1). 

(Omissis). -Questa diversit� di trattamento, per motivi d'et�, tra 
lavoratori agricoli autonomi e altri lavoratori autonomi, quali gli artigiani, 
non � fondata su presupposti logici obiettivi, i quali razionalmente 
ne giustifichino l'adozione. 

Invero, la situazione dei lavoratori agricoli autonomi e quella di altri 
lavoratori indipendenti, quali gli artigiani, sono da considerare, quanto� 
alla detta et�, ragionevolmente simili. Sono entrambe categorie di lavoratori 
indipendenti, n� la denunziata disparit� di trattamento pu� considerarsi 
basata sulla diversa natura delle due attivit�, artigianale e agricola, 
dato che nella materia in esame occorre avere riguardo al rischio. 
Il rischio non ha spiccate caratteristiche diverse, dato che la probabilit� 
di eventi dannosi non pu� ritenersi maggiore nello svolgimento di attivit�. 

(1) Si richiama l'attenzione sulla prima parte della massima. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

da parte dell'artigiano indipendente, che non sempre adopera mezzi pm 
pericolosi di quelli utilizzati dal lavoratore agricolo autonomo. . 

E la dottrina da tempo aveva auspicato l'abolizione del suddetto ' 
limite massimo, per la tutela assicurativa, in considerazione delle caratteristiche 
e delle esigenze dell'ambiente socio-economico dell'agricoltura. 
L'utilizzazione degli ultrasettantenni era ed � determinata dalla necessit�, 
per la crisi dell'agricoltura, delle famiglie contadine di ridurre le spese, 
evitando il ricorso alla mano d'opera estranea. 

Del resto lo stesso legislatore, sia pure nel 1972, ha riconosciuto priva 
di giustificazione la denunciata diversit� di trattamento tra lavoratori 
agricoli ed altri lavoratori. Nella rela:lione sul disegno di legge n. 232 
-Senato, VI Legislatura -divenuto legge 8 agosto 1972, n. 457, si pone 
in evidenza � che il disegno di legge affronta, risolvendolo, il problema 
del divario di trattamento previdenziale ed assistenziale dei lavoratori: 
viene posto finalmente sullo stesso piano chi lavora nelle industrie e chi 
lavora nei campi e si consente a quest'ultimo di non avere per l'avvenire 
alcun sentimento di dequalificazione rispetto a chi opera negli altri settori 
produttivi... �. E nel disegno di legge si indica, tra i fini da perseguire, 
anche quello dell'� eliminazione dei limiti di et� per l'obbligo assi.
curativo contro gli infortuni... �. 

Le considerazioni che precedono danno per ci� fondamento alla questione 
di legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
dell'art. 205, comma primo, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella 
parte in cui esclude che i lavoratori agricoli autonomi di et� superiore 
.ai settanta anni siano soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli 
infortuni sul lavoro. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1975, n. 275 -Pres. Rossi -Rel. 
De Stefano -Bianchi (avv. Capanna). 

Pensioni -Dipendente civile dello Stato -Riwtione di servizio -Trattamento 
supplementare di quiescenza -Opzione del dipendente. 
(Cost., art. 36; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 133). 

Contrasta con l'art. 36 Cost. il combinato disposto degli artt. 112 e 
118, comma secondo, del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza 
dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con il d.P.R. 
29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede, per il caso di 
cui all'art. 133, comma secondo, lett. c) dello stesso testo unico, la corre.
sponsione, in aggiunta al maggiore trattamento di quiescenza che sarebbe 
.spettato sulla base del solo servizio precedente, di un trattamento supplementare 
di quiescenza per il successivo periodo di servizio, da liqui



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

56 

darsi secondo le vigenti disposizioni, limitatamente a quella parte di 
detto servizio che, sommato al precedente, non oltrepassi il limite massimo 
pensionabile. 

(Omissis). -Nella grande maggioranza dei casi la riunione del nuovo 
con il precedente servizio costituisce -come giustamente osserva il 
giudice a quo -un notevole beneficio, tanto che l'art. 112 del testo unico 
la qualifica come �un diritto� dei pensionati, ed il successivo art. 131 
offre al personale, cui sia consentito il cumulo, la facolt� di optare, invece, 
per tale riunione, presentando domanda ai sensi dell'art. 151. Invero, il 
passaggio del dipendente statale da una carriera all'altra implica quasi 
sempre un miglioramento del trattamento economico, e quindi una pensione 
pi� favorevole, visto che questa, per il menzionato art. 112, viene 
liquidata in base allo stipendio goduto alla data della cessazione definitiva. 
Ci� non togile che in talune, sia pure non frequenti, ipotesi la riunione 
possa condurre, al contrario, ad un trattamento definitivo di quiescenza 
meno favorevole di quello che sarebbe spettato sulla base del solo 
primo rapporto: come pu� accadere -secondo quanto prospetta l'ordinanza 
-nel caso di passaggio di sottufficiali all'impiego civile. N� a tale 
inconveniente offre congruo riparo il secondo comma dell'art. 118, disponendo, 
come si � detto, che il trattamento di quiescenza non pu� essere 
inferiore a quello che sarebbe spettato in relazione al servizio precedente. 
In tale guisa, infatti, si impedisce possa concretarsi la paradossale situazione 
in cui verserebbe il sottufficiale che, dopo aver prestato l'ulteriore 
servizio civile, si vedesse addirittura soggetto ad una riduzione della 
pensione che avrebbe potuto liquidare in ragione del solo servizio militare; 
ma non si evita il verificarsi di un'assoluta irrilevanza, in ordine 
al conclusivo trattamento di quiescenza, dello stesso servizio civile, pur 
ex se pensionale e come tale assoggettato alla ritenuta di legge. N� va 
sottaciuto che siffatta irrilevanza consegue ad una riunione, non voluta 
dall'interessato a seguito di libera opzione, ma imposta per effetto del 
divieto di cumulo sancito dalla lett. c) del comma secondo dell'art. 133 
dello stesso testo unico. 

Ben vero che -secondo quanto ritenuto da questa Corte con le sent.
enze n. 105 del 1963 e n. 155 del 1969 -il divieto del cumulo tra pensione 
e stipendio, o la riduzione del trattamento di pensione in concorso 
con un trattamento di attivit�, non appaiono costituzionalmente illegittimi, 
atteso che la funzione previdenziale della pensione non si esplica, o 
almeno viene notevolmente ridotta, quando il lavoratore si trovi ancora 
in godimento di un trattamento di attivit�. Ma da ci� non pu� farsi 
discendere come rigorosa ed imprescindibile conseguenza che il trattamento 
di quiescenza debba essere unico per tutto il servizio utile, pur 
se comporti la mancata valutazione di parte di esso, che normalmente 
sarebbe invece computabile. N� va al riguardo trascurato che uno dei 



PARTI; I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

presupposti essenziali della liquidazione del trattamento di quiescenza dei 
dipendenti statali � costituito appunto dalla durata complessiva del servizio 
prestato che, per i civili, � normalmente utilizzabile fino ad un 
massimo di quaranta anni, e che, entro tale limite, � di regola decisiv� 
ai fini della misura della pensione. 

Una volta riconosciuto, per costante giurisprudenza di questa Corte, 
che la pensione deve essere considerata una forma di retribuzione differita, 
direttamente legata alla natura ed agli aspetti del lavoro prestato 
(sentenza n. 176 del 1975), e che la discrezionalit� del legislatore ordinario 
deve in ogni caso rispettare il criterio della proporzionalit� rispetto alla 
qualit� e quantit� del lavoro prestato durante il servizio attivo (sentenze 

n. 124 del 1968 e n. 57 del 1973), il combinato disposto delle norme impugnate 
deve ritenersi in contrasto con il principio della proporzionalit� 
tra prestazione di lavoro e retribuzione, sancita dall'art. 36 della Costituzione, 
nella parte in cui non prevede, per il caso di cui all'art. 133, comma 
secondo, lett. c) dello stesso testo unico, la corresponsione, in aggiunta 
al maggiore trattamento di quiescenza che sarebbe spettato sulla 
base del solo servizio precedente, di un trattamento supplementare di 
quiescenza per il periodo successivo, da liquidarsi secondo le vigenti 
disposizioni, limitatamente a quella parte di detto servizio che, sommato 
al precedente, non oltrepassi il limite massimo pensionabile. 
(Omissis). -... combinato disposto degli artt. 112 e 118, comma secondo, 
del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti 
civili e militari dello Stato, approvato con il d.P.R. 29 dicembre 
1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede, per il caso di cui all'art. 133, 
comma secondo, lett. c) dello stesso unico, la corresponsione, in aggiunta 
al maggiore trattamento di quiescenza che sarebbe spettato sulla base 
del solo servizio precedente, di un trattamento supplementare di quiescenza 
per il successivo periodo di servizio, da liquidarsi secondo le 
vigenti disposizioni, limitatamente a quella parte di detto servizio che, 
sommato al precedente, non oltrepassi il limite massimo pensionabile. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 gennaio 1977, n. 1 -Pres. Rossi -Rel. Elia Di 
Filippo (avv. Barile e Mellini), Olivieri (avv. Barillaro), Filippucci 
(avv. Bernardini) e Gospodinoff (avv. Gismondi e Satta). 

Matrimonio -Tribunali ecclesiastici -Disposizioni legislative riproduttive 
di norme concordatarie -Irrilevanza di questioni di costituzionalit�. 
(Cost., artt. 2, 3, 7, 24, 25 e 101; 1. 27 maggio 1929, n. 847, art. 17). 

Deve distinguersi tra disposizioni di derivazione concordataria in senso 
proprio (l. 27 maggio 1928, n. 810) le quali godono della �copertura costi



58 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

tuzionale � fornita dall'art. 7 comma secondo Cost. e la cui legittimit� costituzionale 
pu� essere valutata soltanto in relazione ai principi supremi 
dell'ordinamento costituzionale, e disposizioni di derivazione concordataria 
in senso lato (l. 27 maggio 1929, n. 847 e 848) le quali invece sono 
leggi ordinarie la cui legittimit� costituzionale deve essere verificata in 
riferimento a tutti i singoli precetti della Costituzione nonch� eventualmente 
anche alle norme del Concordato in vigore. V'� sostanziale corrispondenz~ 
di proposizioni normative tra i commi quinto e sesto dell'art. 
34 �del Concordato del 1929 e l'art. 17 della l. n. 847 del 1929 (nella parte 
in esame); pertanto le questioni relative alla legittimit� costituzionale di 
questo articolo risultano irrilevanti (1). 

(Omissis). -In primo luogo deve essere identificato il thema decidendum: 
questo consiste nell'accertamento della legittimit� costituzionale 
dell'art. 17 della legge 27 maggio 1929, n. 847, nella parte in cui imporrebbe 
di rendere esecutivi nell'ordinamento italiano sentenze e provvedimenti 
di tribunali ed autorit� ecclesiastiche emessi in violazione di 
principi supremi del nostro ordinamento costituzionale. 

Ma le questioni proposte, proprio perch� sollevate in relazione all'art. 
17, debbono essere dichiarate irrilevanti. In effetti, per la sostanziale 
(e quasi letterale) corrispondenza di proposizioni normative -nella 
parte che qui interessa -tra l'art. 17 legge n. 847 del 1929 e i commi 
quinto e sesto dell'art. 34 del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia 
(reso esecutivo con l'art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810), qualunque 
dovesse essere la pronuncia nel merito in ordine alle denunziate illegittimit�, 
rimarrebbe egualmente ferma l'applicabilit� dei precetti contenuti 
nei commi quinto e sesto deU'art. 34 del Concordato: poich� cadute le 
proposizioni normative dell'art. 17, che riproducono quelle dell'art. 34, 
resterebbero in vigore le norme corrispondenti contenute nei commi quinto 
e sesto dell'art. 34 stesso, cos� come sono state immesse nell'ordinamento 
italiano dal citato art. 1 della legge n. 810 del 1929. Il caso � 
assai simile ad altro gi� deciso da questa Corte nel senso della irrilevanza 
(sentenza n. 108 del 1957). 

(1) Le motivazioni della sentenza e dell'ordinanza n. 2 del 1977 sono integralmente 
pubblicate in Foro it., 1977, I, 5, con nota di LENER e indicazioni delle 
ordinanze di rimessione e degli scritti da esse suscitati in dottrina. 
In materia concordataria e in genere di rapporti tra Italia e Santa Sede, 
cfr. anche Corte cost. 1� marzo 1971, n. 30, 31 e 32 (in questa R~segna, 1971, 
244), 2 febbraio 1972, n. 12 (ivi, 1972, 15), 29 dicembre 1972, n. 195 (ivi, 1973, 7474), 
e 11 dicembre 1973, n. 175 e 176 (ivi, 1974, 49). Cfr. anche LA RANA, Art. 7 cost:. 
e super-principi dell'ordinamento costituzionale italiano, in Dir. giur., 1975, 174. 

,L'iter logico della sentenza qui in rassegna � simile, oltre che a quello 
seguito nella sentenza n. 108 del 1957 (in Foro it., 1957, I, 1358), a quello seguito 
nella sentenza n. 205 del 1976 (in questa Rassegna, 1976, 709). 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Pi� analiticamente: mentre le altre disposizioni delle leggi di applicazione 
del Concordato (nn. 847 e 848 del 1929) contengono in genere norme 
attuative, strutturalmente autonome, quand'anche complementari (si 
tratta di norme di derivazione concordataria in senso largo da tenere ben 
distinte dalle norme di derivazione concordataria in senso stretto o 
proprio, immesse nel nostro ordinamento con la legge n. 810 del 1929), 
l'art. 17 della legge n. 847 del 1929 � costituito prevalentemente da proposizioni 
che riproducono, come si � gi� detto, le formule dei commi 
quinto e sesto dell'art. 34 del Concordato, trasponendole nel linguaggio 
del diritto italiano: in altre parole si esplicitava testualmente quanto era 
gi� passato nel diritto interno con l'ordine di esecuzione contenuto nell'art. 
1 della legge n. 810 del 1929. Ci� fu richiesto in termini assai netti 
in sede parlamentare, proprio perch� la lettera dell'articolo fosse pi� 
aderente a quella della disposizione concordataria (Atti Camera dei Deputati, 
tornata del 14 maggio 1929, pag. 244). 

Risulta quindi inesatta l'affermazione contenuta nell'ordinanza delle 
Sezioni Unite della Cassazione (e fatta propri~ sostanzialmente dalle Corti 
d'appello) che l'art. 17 rende operante la rinunzia dello Stato all'esercizio 
della giurisdizione a favore dell'ordinamento canonico, in quanto la riserva 
a favore del giudice ecclesiastico si era gi� prodotta con la inserzione nel 
nostro ordinamento dei commi quarto e seguenti dell'art. 34 Concordato, 
cos� come disposta in forza del precitato art. 1 legge 810 del 1929. La corrispondenza 
del contenuto normativo non toglie per� che diversa si presenti, 
nella gerarchia delle fonti, la posizione degli atti che contengono le 
norme stesse e, di riflesso, il grado di queste. Invero, le disposizioni dell'art. 
34 Concordato e della legge n. 810 del 1929 ebbero a godere in passato 
detta speciale garanzia conseguita in base all'applicazione dell'art. 12 
della legge 9 dicembre 1928, n. 2963, e godono attualmente della �copertura 
costituzionale� fornita dall'art. 7, secondo comma, Cost.; l'art. 17, invece 
(com.e tutte le disposizioni delle leggi nn. 847 e 848 del 1929), contiene 
norme che risultano da una legge � ordinaria � nel senso pi� proprio 
della espressione, la cui legittimit� costituzionale non deve essere necessariamente 
valutata soltanto in relazione ai principi supremi dell'ordinamento 
costituzionale, ma � verificabile in riferimento a tutti i singoli 
precetti della Costituzione, nonch� eventualmente anche alle norme dello 
stesso Concordato. -(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 7 dicembre 1976, 
nella causa 23/76 -Pres. Kutscher -Avv. gen. Mayras -S.a.s. Pellegrini 
(avv. Spozio e Migliazza) c. Commissione delle Comunit� europee 
(sig. Campogrande) e s.p.a. Flexon Italia (avv. Gasparini). 

Comunit� europee � Attivit� negoziale � Scelta del contraente privato . 
Valutazione delle offerte � Misura del prezzo � Rilevanza soltanto 
concorrente. 
(Trattato CEEA, artt. 146 e 153; regolamento del Consiglio 25 aprile 1973, n. 91, art. 59; 

cod. civ., art. 1563, secondo comi:na). 

Comunit� europee � Atti delle istituzioni comunitarie � Ricorso per annui� 
lamento � Proponibilit� nei soli confronti dell'istituzione che ha emanato 
l'atto impugnato. 
(Trattato CEEA, art. 146). 

In un procedimento di licitazione indetto a norma dell'art. 59 del regolamento 
del Consiglio 25� aprile 1973, n. 91 (che comporta la scelta dell'offerta 
�giudicata pi� rispondente� e non prevede che il prezzo offerto 
debba essere l'unico elemento decisivo) il fatto che la scelta della Commissione 
sia caduta su un'impresa la cui offerta sia situata ad un livello 
di prezzo superiore a quello delle altre� offerte non costituisce, di 
per s�, uno sviamento di potere (1). 

Le azioni di annullamento basate sull'art. 146 del trattato CEEA possono 
essere dirette soltanto contro l'istituzione che abbia emanato l'atto 
impugnato (2). 

(1-2) Ancora in tema di giurisdizione della Corte di giustizia delle Comunit� 
Europee. 

1. -La sentenza in rassegna va segnalata sia per essere la prima, per 
quanto consta, resa dalla Corte di giustizia in tema di appalti pubblici, sia 
per l'interesse delle questioni discusse tra le parti in causa. 
Suscita perplessit�, peraltro, la ritenuta competenza giurisdizionale della 
Corte di giustizia, oltretutto affermata in ragione della sola ravvisata ricorrenza 
della formalit� prescritta .dall'art. 36, n. 6, del regolamento di procedura, e 
quindi senza specifica valutazione della reale questione da decidere: quella, 
cio�, sulla idoneit� a radicare la giurisdizione della Corte di giustizia di una 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 61 

(Omissis). -L'impresa Luigi Pellegrini effettuava, dal 1960, lavori di 
pulizia nello stabilimento del Centro Comune di Ricerche ad Ispra, originariamente 
affidatile, a quanto pare, mediante �trattativa privata� (possibilit� 
prevista dal regolamento finanziario). 

Nel 1971, il contratto per i lavori di Pl,llizia dello stabilimento veniva 
concluso mediante il procedimento di � licitazione �, contemplato dall'art. 
52, n. l, del regolamento finanziario del 1968 (G.U. 1968, n. L 199, 
pag. 1). Il bando aveva la forma di �progetto di convenzione�, nel quale 
l'offerente doveva indicare l'elemento �prezzo� nell'apposito spazio lasciato 
in bianco. Nell'ambito di tale procedimento, � si pu� liberamente 
scegliere l'offerta giudicata pi� rispondente tenendo conto del prezzo delle 
prestazioni, del loro costo di utilizzazione, del loro valore tecnico, nonch� 
delle garanzie professionali e finanziarie presentate da ciascun candidato 
e del termine di esecuzione� (art. 53). 

La ricorrente presentava un'offerta in debita forma, ma l'appalto veniva 
attribuito ad un altro offerente, il quale, poco dopo, recedeva dal 
contratto. 

clausola contemplata da un � progetto di convenzione � richiamato da una 
soltanto delle parti contraenti e non accettato per iscritto dall'altra parte. 

� invero quantomeno discutibile che tale questione pregiudiziale, rimasta 
senz� specifica valutazione, potesse essere risolta in senso positivo, che possa 
cio� una � clausola compromissoria� (tale, oltretutto, da comportare una deroga 
all'ordinaria �giurisdizione�) assumersi valida ed opponibile 'anche quando 
non risulti espressamente accettata per iscritto da una delle parti contraenti; 
n� appare convincente la soluzione in argomento proposta dall'avv. gen. Mayras 
(che pur aveva espressamente commentato l'eccezione della Commissione secondo 
cui � la clausola avrebbe dovuto essere stipulata per iscritto e firmata 
da ciascuna delle parti�), non sembrando invero che l'operativit� della clausola 
nei rapporti. costituiti mediante trattativa privata (e sulla base delle lettere 
di una sola delle parti contraenti) potesse farsi derivare, come aveva sostenuto 
l'avv. gen. Mayras, dal fatto che l'appaltatore aveva accettato le clausole del. 
� progetto di convenzione � quando aveva partecipato alla (precedente ed autonoma) 
� gara� del novembre 1971 (nella quale non era oltretutto riuscito a 
prevalere); cos� come non convince, del resto, l'assunto dell'avv. gen. Mayras 

(volto a superare le prescrizioni formali contemplate all'art. 38, n. 6, del rego


lamento di procedura) secondo cui, � visto che si tratta di un richiamo espresso, 

si darebbe prova di �eccessivo formalismo col negare ogni validit� alla clausola 

compromissoria per l'unico motivo che il progetto di convenzione � stato sem


plicemente richiamato nelle lettere che confermavano l'accordo delle parti �: 

rilievo nel quale non appare considerato, quantomeno, che le � lettere � in que


stione erano nella specie sempre e soltanto di una sola delle parti contraenti. 

2. -Certamente, e nonostante la rilevabilit� di ufficio della questione (espressamente 
denunciata dall'avv. gen. Mayras), pu� aver influito, in concreto, il 
sostanziale accordo delle parti a riconoscere la competenza giurisdizionale della 
Corte di giustizia, essendosi invero rimessa � alla saggezza della Corte� la 
stessa Commissione CEE, che pur aveva sollevato la questione; e pu� anche 
comprendersi la preoccupazione, implicita nella stessa impostazione difensiva 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

62 

La pulizia dello stabilimento veniva allora affidata oralmente, mediante 
�trattativa privata�, alla ditta ricorrente. La lettera di conferma 
di tale �accordo�, in data 20 dicembre 1971, era del seguente tenore: 

� Facciamo riferimento ai colloqui intercorsi col nostro sig. Sempels 
per confermarVi l'incarico di effettuare il servizio di pulizia dello Stabilimento 
durante i mesi di gennaio e di febbraio 1972. 

Vigeranno le prestazioni definite nel progetto di convenzione nelle 
Vostre mani e saranno applicabili le tariffe da Voi proposte con la Vostra 
raccomandata n. 1113 del 27 novembre 1971 �. 

Il � progetto di convenzione � non veniva completato col nome della 
societ� ricorrente, e non recava n� data n� firma. 
Esso contiene i seguenti articoli: 

Articolo 2 -Durata. 

La presente convenzione ha la durata di 36 mesi a decorrere dal 
1� gennaio 1972. 

Articolo 3 -Recesso unilaterale. 

La Commissione pu� in qualsiasi momento, con il solo obbligo d� 
preavviso di novanta giorni, notificato mediante lettera raccomandata, e 
senza alcun obbligo al risarcimento dei danni, recedere dalla presente 
convenzione. 

della Commissione CEE, che sui rapporti contrattuali costituiti con le Comunit� 
possano essere chiamati a pronunciarsi, secondo il principio generale 
stabilito con l'art. 155 del trattato CEEA (e con l'art. 183 del trattato CEE), 
i giudici nazionali (cfr., in argomento: �Corte di giustizia, 11 marzo 1975, nella 
causa 65/74, PoRRINI, in questa Rassegna, 1975, I, 484, ed ivi nota di commento: 
Questione di giurisdizione tra giudice nazionale e Corte di giustizia delle 
Comunit� europee). 

Il criterio con il quale � stata affermata la giurisdizione non sembra aderente, 
tuttavia, ai princ�pi enunciati dalla Corte di giustizia a proposito dei 
requisiti richiesti per la opponibilit�, ai sensi della Convenzione di Bruxelles 
del 27 settembre 1968, della clausola contrattuale attributiva di competenza. 

Con la sentenza 14 dicembre 1976, resa nella causa 24/76, ESTASIS SALOTTI, 
la Corte di giustizia ha invero affermato che � il requisito della forma 
scritta, stabilito dall'art. 17, primo comma, della Convenzione 27 settembre 
1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in 
materia civile e commerciale, nel caso in cui la clausola attributiva della 
competenza figuri fra le condizioni generali predisposte da una delle parti 
stampate a tergo del contratto sottoscritto da entrambe le parti, � rispettato 
solo nell'jpotesi in cui nel contratto sottoscritto da entrambe le parti si faccia 
espresso riferimento a dette condizioni generali >>, precisando anche che 
� nel caso di un contratto stipulato con riferimento a precedenti proposte in 
cui erano richiamate le condizioni generali predisposte da �una delle parti e 
contenenti la clausola attributiva della competenza, viene 'rispettato il requi




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 63 

Articolo 14 -Modifiche della convenzione. 

Le disposizioni della presente convenzione possono essere modificate 
solo per iscritto. 

Articolo 15 -Diritto applicabile e clausola attributiva di giurisdizione. 

a) La presente convenzione � regolata dalla legge italiana. 

b) La Corte di Giustizia delle Comunit� Europee ha giurisdizione 
sulle controversie tra la Commissione ed il contraente, relative alla presente 
convenzione. 

Il 22 febbraio 1972, il 27 febbraio 1973, il 25 giugno 1974 e il 18 settembre 
1975 venivano inviate alla ricorrente lettere di tenore analogo 
a quella del 20 dicembre 1971, ma rispettivamente riguardanti la pulizia 
dello stabilimento per i mesi di marzo e aprile 1972, marzo 1973, luglio 
e agosto 1974, e ottobre, novembre e dicembre 1975. 

In effetti la ricorrente effettuava i lavori di pulizia dello stabilimento, 
senza soluzione di continuit�, fino al 31 gennaio 1976. 

Il 18 dicembre 1975 la Divisione � finanze, bilanci ed approvvigionamenti 
� del CCR inviava alla ricorrente una raccomandava in cui le rimetteva, 
oltre al � capitolato delle condizioni generali applicabili ai contratti 
di fornitura�, due copie del �progetto di convenzione relativo al servizio 
di pulizia�, invitandola a presentare un'offerta per la nuova gara di 
appalto, indetta per gli anni 1976-1977 con proroga eventuale di un anno. 

La ricorrente presentava regolarmente la propria offerta. 

sito della forma scritta stabilito dall'art. 17, primo comma, della Convenzione 
solo qualora il riferimento sia espresso e quindi atto ad essere notato da 
una parte che usi la normale diligenza '" 

Con altra sentenza pure del 14 dicembre 1976, resa nella causa 25/76, SEGOURA, 
la Corte di giustizia ha statuito, inoltre, che � i requisiti di forma 
posti dall'art. 17, primo comma, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente 
la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia 
civile e commerciale, sono soddisfatti, nel caso d'un contratto verbale, solo 
se la conferma scritta del venditore, accompagnata dal testo delle condizioni 
generali di vendita, � accettata per iscritto dal compratore'" rilevando espressamente 
che � il fatto che il compratore non sollevi obiezioni alla conferma 
unilaterale dell'altro contraente non vale accettazione della clausola attributiva 
di competenza, a meno che l'accordo verbale non rientri, per le parti del contratto, 
nell'ambito di rapporti commerciali correnti, disciplinati dalle condizioni 
d'una di esse contenenti una clausola attributiva di competenza �. 

Con riguardo a tali princ�pi, riferiti alle norme della Convenzione di Bruxelles 
ma espressione di criteri generali in tema di clausole compromissorie o 
comunque derogative della ordinaria competenza giurisdizionale, appare in effetti 
discutibile che il solo richiamo, e in lettere di una sola delle parti contraenti, 
alle condizioni del � progetto di convenzione � potesse render applicabile, 
senza alcuna espressa accettazione dell'altra parte contraente, la clausola 
compromissoria contemplata in tale progetto di convenzione; e sarebbe stato 



64 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le condizioni di appalto stabilite nel bando di gara fissavano al 
1� gennaio 1976 la data d'inizio dell'esecuzione del contratto. L'ordinatore 
aveva preventivamente chiesto il parere non obbligatorio della commissione 
consultiva degli acquisti e dei contratti in merito al contenuto 
ed al testo del bando di gara, nonch� sulla procedura da seguire. 

Tutti i partecipanti alla gara avevano potuto effettuare una visita 
d'informazione allo stabilimento, visita nel corso della quale erano state 
loro fomite le delucidazioni richieste. 

La fase decisionale comprendeva il parere obbligatorio (art. 62 del rego� 
lamento finanziario) della commissione consultiva degli acquisti e dei contratti. 
Il direttore dello stabilimento, quale autorit� competente a prendere 
la decisione, si conformava al giudizio di tale commissione. 

Con raccomandata 15 gennaio 1976, la direzione dello stabilimento di 
Ispra scriveva alla ricorrente nei seguenti termini: 

� Vi confermiamo la comunicazione fattavi durante il colloquio tenuto 
in dicembre u.s. riguardante la nostra decisione di concludere il nuovo 
contratto per le pulizie con la Spettabile Flexon �. 

� Siamo stati particolarmente sensibili allo spiccato senso di collaborazione 
che ha dimostrato la Vostra spettabile Ditta nell'accettare di assicurare 
le prestazioni fino al 31 gennaio 1976 onde permettere un passaggio 
di consegne che garantisca la continuit� dei lavori �. 

quantomeno opportuno, invece di evitare la questione di fondo, o di limitarne 
l'esame al solo marginale aspetto procedurale, ravvisare la condizionante � accettazione 
� dell'altra parte del rapporto nel fatto stesso di aver questa stessa 
parte adito la Corte di giustizia. 

3. -Nel merito, la decisione � aderente al criterio secondo cui l'offerta 
pi� conveniente, quando il prezzo minore non sia a priori indicato come unico 
elemento di scelta, non � necessariamente quella che propone il corrispettivo 
meno elevato. 
Com'� noto, per gli appalti pubblici oltre un certo importo � stata a suo 

tempo adottata la direttiva del Consiglio CEE 26 luglio 1971, n. 305, la cui 

mancata tempestiva attuazione da parte della Repubblica italiana ha indotto 

la Commissione CEE a promuovere un procedimento di infry,zione (nel


!'erroneo presupposto, peraltro, che alla direttiva comunitaria si riferisse la 

legge 2 febbraio 1973, n. 14): procedimento definito dalla Corte di giustizia con 

la sentenza 26 settembre 1976, resa nella causa 10/76 'tin questa Rassegna, 

1976, I, 929). 

Per la integrale attuazione della direttiva, che gli altri Stati membri hanno 

in prevalente parte recepito a mezzo di provvedimenti ministeriali o 'anche 

a mezzo di semplici circolari, � stato peraltro gi� a suo tempo presentato 

il disegno di legge n. 652, del tutto analogo a quello n. 3219 gi� presentato 

nella precedente legislatura, ed il cui iter parlamentare � in via di definizione. 

Analoghe disposizioni sono state di recente predisposte, per gli � appalti 
pubblici di forniture�, con la direttiva del Consiglio CEE 21 dicembre 1976, 

n. 62 (CUCE, 15 gennaio 1977, n. L 13; v. anche le due risoluzioni del Consiglio 
CEE pure in data 21 dicembre 1976, CUCE, 15 gennaio 1977, n. C 11 
pag. 1 e pag. 3). 

65

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

�Teniamo ad esprimervi i nostri ringraziamenti per l'ottimo lavoro 
svolto nel passato nonch� la positiva collaborazione prestata in ogni circostanza
�, 

Il parere della commissione consultiva degli acquisti e dei contratti, 
che approva la scelta della societ� di Venezia, fa riferimento a due motivi 
che giustificherebbero tale scelta: solo tale societ� si presentava come 
un'impresa � avente una dimensione industriale e commerciale pienamente 
soddisfacente � ed essa sola prevedeva la formazione di personale qualificato. 


Risulta che l'esecuzione dei lavori di pulizia dello stabilimento da parte 
della ditta Pellegrini era stata pienamente soddisfacente, e che l'offerta della 
societ� di Venezia (che veniva accettata) era, dal punto di vista del prezzo, 
superiore a quella della Pellegrini. La Commissione sostiene tuttavia che 
l'offerta di quest'ultima impresa non era la pi� bassa. 

Con lettera raccomandata 22 gennaio 1976, la ricorrente esprimeva 
alla Commissione le proprie rimostranze in merito alla decisione di cui 
sopra. 

In questo reclamo, si faceva osservare che per i lavori di pulizia dello 
stabilimento era previsto (art. 3) il recesso unilaterale alla precisa condi� 
zione che venisse dato un preavviso di tre mesi, di cui l'interessata esigeva 
l'osservanza. 

La Direzione Generale respingeva tale reclamo con lettera 23 gennaio 
1976. 

4. � Da segnalare, infine, il principio di cui alla seconda massima, con 
il quale � stato escluso che il ricorso per annullamento possa essere proposto 
nei confronti del � controinteressato �. 
Tale criterio, enunciato con riferimento all'art, 146 del trattato CEEA 
ma ovviamente applicabile anche per i ricorsi previsti dall'identica norma con� 
templata all'art. 173 del trattato CEE, � del resto gi� desumibile dalle nume� 
rose sentenze rese dalla Corte di giustizia in tema di giustizia amministrativa, 
ed in particolare su rapporti di pubblico impiego (cfr., da ultimo, sentenza 
29 settembre 1976, resa nella causa 105/75, GIUFFRIDA, con la quale un atto 
di nomina � stato annullato senza contraddittorio con il beneficiario del provvedimento, 
e sentenza 26 ottobre 1976, resa nella causa 130/75, PRAIS, nella 
quale � stata accolta la � domanda di intervento � del controinteressato (rile� 
vandosi nella decisione che � l'interesse dell'interveniente � indiscusso, in quanto 
la sua nomina avrebbe potuto venir annullata�). 

Deve quindi ritenersi che nell'ordinamento comunitario un atto delle istituzioni, 
anche se riferito a determinati soggetti (assunzione, nomina, promozione, 
aggiudicazione, et similia), pu� essere valutato ed eventualmente annul� 
lato senza che il beneficiario del provvedimento sia nemmeno informato del 
ricorso e senza alcuna possibilit� comunque, in caso di annullamento, di far 
in qualche modo valere le proprie ragioni: criterio che non pu� certo non 
suscitare perplessit�, considerata la sua incompatibilit� con la fondamentale 
esigenza del diritto di difesa che dovrebbe riconoscersi al � controinteressato �. 

A.M. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il 9 marzo 1976 la ditta ha proposto il presente ricorso. -(Omissis). 

(Omissis). -In diritto. Con ricorso pervenuto in cancelleria il 9 marzo 
1976, l'impresa Luigi Pellegrini & C. s.a.s., incaricata dal 1960 dei lavori di 
pulizia presso il Centro ricerche nucleari di Ispra, chiede, in primo luogo, 
la condanna della Commissione al risarcimento dei danni per aver posto 
illecitamente fine ai loro reciproci rapporti contrattuali e, inoltre, l'annullamento 
della decisione con cui la Commissione affidava l'esecuzione dei 
lavori di pulizia ad un'impresa concorrente. 

Nel 1971, avendo deciso di porre fine ai suoi precedenti impegni contrattuali, 
la Commissione bandiva una gara per la conclusione di un nuovo 
contratto d'appalto, relativo ai lavori di pulizia del suddetto stabilimento, 
per la durata di trentasei mesi a partire dal 1� gennaio 1972, in base ad w1 
� progetto di convenzione � elaborato dalla stessa Commissione. 

La ricorrente prendeva regolarmente parte alla gara, ma la sua offerta 
non veniva accettata. 

In seguito al fatto che l'impresa prescelta recedeva dal contratto prima 
ancora di aver cominciato a darvi esecuzione, la Commissione chiedeva 
verbalmente alla ricorrente .di provvedere alla pulizia dello stabilimento, 
per i mesi di gennaio e febbraio 1972, secondo i termini e l.e condizioni 
specificati nel � progetto di convenzione �. 

La ricorrente accettava tale proposta e l'accordo cos� raggiunto ve 
niva confermato mediante lettera della Commissione in data 20 dicembre 
1971, ove si faceva espresso riferimento 'alle �prestazioni definite nel progetto 
di convenzione �. 

L'accordo veniva successivamente rinnovato pi� volte, per rispettivi 
periodi di uno, due o tre mesi, fino al dicembre 1975. 

In esito ad una mipva gara d'appalto, cui di nuovo partecipava la 
ricorrente, la Commissione comunicava verbalmente a quest'ultima, nel 
dicembre 1975, che una ditta concorrente era risultata vincitrice, ma le 
chiedeva di continuare ad effettuare le pulizie dello stabilimento durante 
il mese di gennaio 1976, per facilitare il passaggio delle consegne. 

Per quanto riguarda la domanda basata sul contratto. 

Sulla competenza. 

La ricorrente sostiene che questa Corte � competente a pronunciarsi sul 
primo capo delle conclusioni formulate nel ricorso, in forza della clausola 
compromissoria contenuta nell'art. 15 del � progetto di convenzione �. Detto 
articolo prevede espressamente che la Corte di Giustizia ha giurisdizione, 
ai sensi dell'art. 153 del Trattato e.E.E.A., sulle controversie, relative alla 
convenzione, tra la Commissione ed il contraente, mentre per il resto la 
convenzione � retta dalla legge italiana. 

� pacifico fra le parti che l'accordo da esse concluso nel dicembre 1971 
implicava attribuzione di giurisdizione a questa Corte. La Commissione, 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

tuttavia, pur dichiarandosi disposta a sottomettersi a tale giurisdizione, ha 
espresso 9ualche dubbio in merito alla validit� formale della clausola 
relativa alla competenza giurisdizionale. 

A norma dell'art. 38, paragrafo 6, del regolamento di procedura, le 
istanze proposte ai sensi dell'art. 153 del Trattato Euratom dovevano essere 
corredate da una copia della clausola compromissoria. Questa condizione 
� stata soddisfatta nel caso di specie, mediante notifica degli strumenti 
contrattuali (consistenti nel �progetto di convenzione� e nella corrispon� 
<lenza che a questo si riferisce); secondo l'art. 153, la Corte � stata quindi 
legittimamente adita. 

Nel merito. 

Dato l'espresso riferimento della lettera 20 dicembre 1971 alle prestazioni 
contemplate dal � progetto di convenzione �, le clausole di quest'ultimo 
disciplinavano necessariamente i rapporti contrattuali in quanto non 
fossero escluse o modificate dall'espresso tenore della corrispondenza intercorsa 
fra le parti. Era di conseguenza esclusa l'applicazione della clausola 
che, nell'art. 2, stabiliva in trentasei mesi la durata del contratto. 

La ricorrente richiama, in primo luogo, l'art. 3 del � progetto di convenzione
�, che riconosce alla Commissione la facolt� di recesso unilaterale, 
previo preavviso di tre mesi, per sostenere che l'istituzione convenuta 
era tenuta a darle il suddetto preavviso prima di porre fine ai rapporti 
contrattuali di cui trattasi. 

Detta clausola, che pur si applica, in determinate circostanze, in caso 
di anticipato recesso dal contratto, non pu� essere operante nella fattispecie. 


La lettera 18 settembre 1975 precisa infatti che l'incarico dei lavori di 
pulizia restava affidato alla ricorrente solo fino al 31 dicembre successivo. 

Per di pi�, con altra lettera 18 settembre 1975, si notificava alla ricorrente 
che veniva bandita una gara d'appalto, cui essa partecipava presentando 
la propria offerta alla Direzione del Centro. 

Stando cos� le cose, i rapporti contrattuali dovevano estinguersi il 31 
dicembre 1975. 

La ricorrente richiama, in secondo luogo, in base alla legge italiana, 
da applicare al contratto in forza dell'art. 15, punto 1) del � progetto di 
convenzione �, quanto disposto dall'art. 1563, 2� comma, del codice civile 
italiano. 

Secondo questa norma, relativa ai contratti di somministrazione, se 
l'avente diritto alla fornitura ha facolt� di fissare la scadenza delle singole 
prestazioni, egli deve comunicare la data al somministrante con un congruo 
preavviso. 

Anche ammesso che tale norma si dovesse applicare al contratto in 
questione, la ricorrente era necessariamente a conoscenza (dal momento 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cui, nel settembre 1975, la Commissione le aveva comunicato che il 31 
dicembre successivo le sue prestazioni avrebbero dovuto cessare e che 
veniva bandita una gara per la conclusione di un nuovo contratto d'appalto) 
del fatto che i rapporti contrattuali allora vigenti si sarebbero 
estinti il 31 dicembre 1975, cio� alla scadenza di un termine di 3 mesi. 

Questo termine, corrispondente a quello stabilito nel � progetto di 
convenzione � per il caso di recesso anticipato, va considerato come un 
congruo periodo di preavviso. 

Interpellando la ricorrente, nel dicembre 1975, quanto all'esecuzione, 
a titolo provvisorio, dei lavori di pulizia dello stabilimento di Ispra durante 
il mese di gennaio 1976, al fine di permettere il passaggio delle 
consegne alla nuova societ� appaltatrice, la Commissione non agiva nell'esercizio 
di diritti attribuitile dal �progetto di convenzione �. Essa proponeva 
invece la conclusione, per un breve periodo, di un nuovo contratto 
a tempo determinato, proposta accettata dalla Pellegrini. 

In quanto fondato sul preteso inadempimento�del contratto, il ricorso 
va quindi respinto. 

Per quanto riguarda la domanda di annullamento. 

La ricorrente chiede che venga annullato l'atto mediante il quale 
la Commissione decideva di stipulare con la Flexon-Italia il nuovo contratto 
per i lavori di pulizia dello stabilimento di Ispra, sostenendo che 
tale atto � viziato da sviamento di potere o, quanto meno, negligenza grave. 

, Essa si basa, al riguardo, sul fatt,o che l'offerta accettata superava 
tutte le altre del 50%, e che gli unici motivi sui quali la Commissione fondava 
la sua decisione, indicati nel parere obbligatorio della �commissione 
consultiva degli acquisti e dei contratti�, erano estranei alla scelta di 
un'impresa che doveva provvedere alla pulizia del solo stabilimento di Ispra. 

Secondo la ricorrente, poich� essa aveva fornito le sue prestazioni in 
modo assolutamente soddisfacente per vari anni, come attestato dalle 
valutazioni espresse in proposito dalla Direzione dello stabilimento di 
Ispra, il vero scopo perseguito indicendo la gara d'appalto era stato quello 
di metterla da parte e di attribuire un indebito vantaggio alla societ� 
Flexon. 

A norma dell'art. 59, n. 2, del regolamento finanziario del 1973 (G. U. 
1973, n. L 116, pag. 15), l'amministrazione pu� scegliere liberamente l'offerta 
� giudicata pi� rispondente �, il che implica un certo margine di discrezionalit�. 


La suddetta norma non prevede che, nella valutazione delle caratteristiche 
tecniche e finanziarie delle offerte, il prezzo debqa essere l'unico 
elemento decisivo. 

In un procedimento di licitazione, il fatto che la scelta della Commissione 
sia caduta su un'impresa la cui offerta era situata ad un livello di 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

prezzo superiore a quello delle altre offerte non costituisce, di per s�, uno 
sviamento di potere. 

I motivi indicati dalla Commissione per spiegare la sua scelta (fra 
l'altro, la stabilit� dell'occupazione, che l'impresa prescelta era in grado 
di garantire ai propri dipendenti, grazie alla possibilit� di destinarli eventualmente 
ad altre mansioni) erano compresi tra i fattori, di ordine tecnico,� 
di cui essa poteva, in forza dell'art. 59 del regolamento finanziario, tener 
conto nell'effettuare tale scelta. 

L'esistenza di uno sviamento di potere potrebbe essere ammessa soltanto 
qualora fosse provato che i motivi della scelta della Commissione 
erano estranei all'interesse del servizio. Bench� le allegazioni della ricorrente 
possano far sorgere qualche dubbio in proposito, tale circostanza 
non � stata sufficiente provata. 

Sulla ricevibilit� delle conclusioni formulate nei confronti della societ� 
Flexon-I talia. 

La ricorrente ha agito congiuntamente contro fa Commissione e contro 
l'impresa Flexon-Italia S.p.A. Nei confronti di quest'ultima, cui non si 
applica la clausola compromissoria sulla quale � basato il primo capo 
della domanda, questa Corte non ha giurisdizione. 

Le azioni di annullamento basate sull'art. 146 del Trattato e.E.E.A. 
possono essere dirette soltanto contro l'istituzione che abbia emanato 
l'atto impugnato. 

In quanto diretto contro la societ� Flexon-Italia, il ricorso � perci� 
irricevibile. -(Omissis). 

I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 16 dicembre 1976, 
nella causa 33/76 -Pres. Kutscher -Avv. gen. Warner -Domanda-di 
pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht nella 
causa Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (avv. Ehle) c. Landwirtschaftskammer 
fiir das Saarland -Interv.: Commissione delle Comunit� europee 
(ag. Kalbe), Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Marzano), 1 
Governo tedesco (ag. Seidel), e Governo-inglese. 

Comunit� Europee -Unione doganale -Somme indebitamente corrisposte 
per tasse di effetto equivalente ai dazi doganali -Domanda di resti� 
tuzione � Termini contemplati da norme di diritto interno . Opponi� 
bilit� � Limiti. 
(Trattato CEE, artt. 5, 9 e 13, n. 2; regolamento del Consiglio 25 ottobre 1966, n. 159, 

art. 13, n. 1). � 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

70 

Comunit� europee � Provvedimenti nazionali incompatibili con il diritto y ;: 

comunitario � Impugnazione � Inosservanza dei termini contemplati 
da diritto interno -Opponibilit� � Intervenuto accertamento della 
violazione del trattato CEE � Irrilevanza. 


Allo stato attuale del diritto comunitario, questo n�m vieta di op


i

porre, a coloro che impugnano dinanzi ai giudici nazionali, per incompatibilit� 
col diritto comunitario, un provvedimento dell'amministrazione nazionale, 
il mancato rispetto di un termine contemplato dalle norme interne, 
a condizione che le modalit� procedurali dell'azione giudiziale non 
siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema 

II

processuale nazionale (1). 

La circostanza che la Corte di giustizia delle Comunit� europee si sia 
gi� pronunciata in merito ad una violazione del trattato CEE non ha alcuna 
incidenza sulla possibilit� di dedurre, nel caso di impugnazione di provvedimenti 
nazionali incompatibili con il diritto comunitario, la inosservanza 
di termini contemplati da norme di diritto interno (2). 

II 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 16 dicembre 1976, 
nella causa 45/76 -Pres. Kutschel -Avv. gen. Warner -Domanda di pronqncia 
pregiudiziale proposta dal College van Beroep voor het Bedrijfsleven 
nella causa Comet B. V. (avv. Hattinga Verschure) c. Produktschap 
voor Siergewassen -Interv.: Commissione delle Comunit� europee 
(ag. Bourgeois), e Governo tedesco (ag. Seidel). 

Comunit� europee -Unione doganale -Somme indebitamente corrisposte 
per tasse di effetto equivalente ai dazi doganali � Domanda di restituzione 
� Termini contemplati da norme di diritto interno � Opponibilit� 
� Limiti. 

(Trattato CEE, art. 16; regolamento del Consiglio 27 febbraio 1968, n. 234, art. 10). 

Allo stato attuale del diritto comunitario, questo non vieta di opporre, 
a coloro che impugnano dinanzi ai giudici nazionali, per incompatibilit� col 
diritto comunitario, un provvedimento dell'amministrazione nazionale, il 
mancato rispetto di un termine contemplato dalle norme interne, a condizione 
che le modalit� procedurali dell'azione giudiziale non siano meno 
favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale 
nazionale (3). 

I 

(Omissis). -In diritto -Con ordinanza 23 gennaio 1976, pervenuta in 
cancelleria il 6 aprile successivo, il Bundesverwaltungsgericht ha sottoposto 
a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato C.E.E., tre questioni 
pregiudiziali vertenti sugli artt. 5, 9 e 13, n. 2, dello stesso Trattato. 

Le questioni sono state sollevate nel corso di una causa avente ad 
oggetto il pagamento effettuato nel 1968, su mele di origine francese im



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

71 

portate dalle ricorrenti in cassazione, di diritti di controllo fitosanitario, 
considerati, nella sentenza di questa Corte 11 ottobre 1973 (causa 39/73, 
Racc. 1973, pag. 1039), equivalenti a dazi doganali. 

(1-3) Sulla ripetibilit� delle somme indebitamente corrisposte per tasse di 
effetto equivalente ai dazi doganali. 

1. -I princ�pi affermati dalla Corte di giustizia delle Comunit� europee 
con le due conformi sentenze in rassegna sono stati enunciati in tema di 
restituzione di somme indebitamente corrisposte per tasse di effetto equivalente 
ai dazi doganali, ma assumono evidentemente, come risulta dalla stessa 
generica formula adottata, una rilevanza che trascende la specifica materia in 
contestazione tra le parti delle cause di merito; e Ja necessit� di aver riguardo, 
in difetto di norme comunitarie in argomento, e nonostante le discriminazioni 
conseguenziali alla divergenza delle legislazioni nazionali, ai termini stabiliti 
dalle norme di diritto interno, era stata del resto evidenziata sia dalla Commissione 
delle Comunit� europee che dai vari Governi intervenuti. 
La Corte di giustizia noli ha peraltro ritenuto di prendere in esame la 
questione pregiudiziale, proposta dal Governo italiano .nella causa 33/76, sulla 
stessa ammissibilit� di un diritto alla restituzione, nell'ambito dell'ordinamento 
comunitario, delle somme corrisposte per tasse di effetto equivalente ai dazi 
doganali prima della sentenza della Corte di giustizia che abbia tale equivalenza 
affermata o della direttiva adottata dalla Commissione delle Comunit� 
europee i sensi dell'art. 13, n. 2, del trattato CEE. 

2. -La questione era stata proposta in considerazione della esigenza di 
applicare le norme del trattato CEE sul divieto di riscuotere tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali (cos� come quelle analoghe della normativa comunitaria 
derivata) sempre in coerenza con la fondamentale finalit� da tali norme 
perseguita (quella, cio�, di garantire uniformit� di trattamento negli scambi 
intracomunitari e di eliminare ogni squilibrio nelle relazioni commerciali), 
ed in vista quindi della difficolt�, quantomeno, di ravvisare in tali norme il 
fondamento giuridico dell'azione di ripetizione (il cui favorevole esito comporta 
necessariamente, ed a danno degli stessi soggetti, una nuova ed ulteriore 
situazione di squilibrio del tutto analoga a quella gi� determinata dalla 
indebita riscossione); e la stessa Commissione CEE aveva del resto rilevato, 
nella prima parte delle sue osservazioni, che dalla giurisprudenza della Corte 
di giustizia sulla diretta efficacia dell'art. 13, n. 2, del trattato CEE, se risulta 
evidente il diritto degli interessati, di rifiutare il pagamento della tassa di 
effetto equivalente ai dazi doganali, �il n'en d�coule pas toutefois qu'il faille 
leur reconnaitre en outre, apr�s que la tru<e a �t� per�ue nonobstant cette 
interdiction, un droit de recours autonome, en leur permettant ind�pendamment 
de tout fondement materi�l dans le droit national, d'exiger le rembours�ment 
de la taxe de contr�le phytosanitaire acquitt�e par elles '" osservando espressamente 
che � l'article 13 paragraphe 2 du trait� CEE n'a pas �t� con�u 
comme une base juridique communautaire susceptible de fonder des demandes 
de remboursement introduites par des citoyens contre une Etat membre �: 
riconoscimento con il quale appare invero sostanzialmente contraddittoria l'ulteriore 
affermazione della Commissione CEE, contenuta nella seconda parte 
delle sue osservazioni, secondo cui l'art. 13, n. 2, del trattato CEE, oltre ad 
attribuire al singolo il diritto di rifiutare il pagamento del tributo illegittimamente 
richiesto, � ii l'autorise en outre � demander le remboursement 
des taxes d�j� acquitt�es "� 

72 RASSEGNA DELL'AWOCATUR~ DELLO STATO 

La resistente in cassazione ha respinto i reclami delle ricorrenti intesi 
ad ottenere l'annullamento dei provvedimenti coi quali veniva ingiunto il 
suddetto pagamento, nonch� il rimborso delle somme versate (con gli 
interessi), adducendo il motivo della irricevibilit� per inosservanza dei termini 
stabiliti dal paragrafo 58 della Verwaltungsgerichtsordnung (codice 
di procedura per le controversie amministrative). 


Con la prima questione si chiede se la violazione, da parte dell'amministrazione 
nazionale, del divieto di applicare tasse d'effetto equivalente 
(artt. 5, 9, e 13, n. 2, del Trattato C.E.E.) legittimi il singolo ad invocare il 
diritto comunitario al fine di far annullare o revocare l'atto amministrativo 
e/o ottenere il rimborso della somma versata, anche qualora l'atto amministrativo 
non sia pi� impugnabile, secondo le norme processuali interne, 
per scadenza del termine. 


Con la seconda questione si chiede se ci� valga quanto meno allorch� 
la Corte di Giustizia abbia gi� accertato la violazione� del divieto sancito 
dal diritto comunitario. 


3. -La soluzione proposta in argomento dal Governo italiano traeva del 
resto spunto dalla sentenza 8 aprile 1976, resa nella causa 43/75, DEFRENNE, con 
la quale la Corte di giustizia, pur dichiarando la diretta ed immediata applicabilit� 
dell'art. 119 del trattato CEE (sulla parit� di retribuzione per i lavoratori 
di sesso maschile e quelli di sesso femminile), e pur affermando che 
� l'applicazione dell'art. 119 doveva essere pienamente garantita dai vecchi Stati 
membri a partire dal �1� gennaio 1962, inizio della seconda tappa del periodo 
transit.orio, e dai nuovi Stati membri a partire dal 1� gennaio 1973, data di 
entrata in vigore del Trattato di adesione �, ha tuttavia ritenuto di poter 
precisare, nonostante la efficacia soltanto dichiarativa delle sue decisioni, che 
"eccezion fatta per i lavoratori che abbiano gi� promosso un'azione giudiziaria 
o proposto un reclamo equipollente, l'efficacia diretta dell'art. 119 non pu� 
essere fatta valere a sostegno di rivendicazioni relative a periodi di retribuzioni 
anteriori alla data della presente sentenza�. 
Anche in ordine alla questione in esame, invero, tale criterio dovrebbe 

� assumere rilievo, tanto pi� che mentre la limitazione di effetti stabilita per 
l'art. 119 del trattato CEE, � stata determinata soltanto da ragioni di opportunit� 
(e nonostante che la richiesta di adeguamento delle reribuzioni sarebbe 
risult�ta ovviamente del tutto aderente alla ratio ed alle finalit� della norma), 
il riconoscimento di un diritto alla restituzione di somme corrisposte per tasse 
di effetto equivalente ai dazi doganali prima della loro competente individuazione 
risulterebbe invece, p�r l'ulteriore alterazione che ne deriverebbe negli 
scambi intracomunitari, incompatibile con lo scopo stesso dell'art. 13, n. 2, 
del trattato CEE; ed � certamente significativo che anche le altre parti 
avessero avvertito, nonostante la pi� limitata portata dei quesiti proposti dal 
giudice nazionale, la possibile rilevanza del criterio adottato dalla Corte di 
giustizia nella sentenza dell'8 aprile 1976. � 

La parte attrice del giudizio di merito, invero, ravvisando il fondamento 

i' 

dell'azione di restituzione, intesa in effetti come domanda di risarcimento, 
neli'art. 5 del Trattato (e quindi riconoscendo la mancanza, nelle norme del 
trattato CEE, di una disposizione che imponga la restituzione in quanto tale), t 
aveva ritenuto necessario contestare la possibilit�" di applicare nella specie il 

' 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

73 

Con la terza questione si chiede se, in caso di soluzione affermativa 
quanto all'esistenza del diritto 'al rimborso nell'ordinamento comunitario, 
il relativo obbligo di pagamento si estenda agli interessi e, in caso affermativo, 
da quale data ed a quale tasso. 

Sulla prima questione. 
N� la resistente nella causa principale, n� il giudice proponente contestano 
il fatto che la riscossione dei tributi in questione era illegittima. 

Va tuttavia precisato che, bench� l'efficacia diretta dell'art. 13, n. 2, del 
Trattato C.E.E. potesse esser fatta valere solo a decorrere dal 1� gennaio 
1970, fine del periodo transitorio, la riscossione delle suddette-tasse risultava 
gi� anteriormente illegittima, perch� in co~trasto con l'art. 13, n. l, 
del regolamento (C.E.E.) del Consiglio 25 ottobre 1966, n. 159 (G. U. n. 192, 
del 27 ottobre 1966), che ne decretava l'abolizione, per le frutta e gli ortaggi, 
a partire dal 1� gennaio 1967. 

criterio adottato dalla Corte di giustizia nella causa 43/75, per il fatto, in particolare, 
che� nessun dubbio sussiste pi�, fin dalle sentenze rese nelle cause 
2/62 e 3/62, sulla diretta applicabilit� del divieto di riscuotere tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali. 

Il Governo inglese, pur senza richiamare espressamente la sentenza resa 
nella causa 43/75, aveva rilevato che l'onere dei tributi viene di norma trasferito 
sul consumatore e che � if amounts paid are reclaimed at a later date 
it will not normally be possible for the benefit of the repayment to be 
passed on the ultimate consumer, who has borne the burden of the wrongful 
imposition of the charge, and the repayment to the trader concerned assumes 
the character of a windfall �. 

Il Governo tedesco aveva invece sottolineato la esigenza di garantire il 
principio della certezza e della stabilit� dei rapporti giuridici, rilevando che 
� dass die Normen des Gemeinschaftsrechts durch den Grundsatz der Rechtssicherheit 
begrenzt sind, hat der Gerichtshof in jiingster Zeit in dem Urteil 
vom 8 aprile 1976 in der Rechtssache 43/75 erneut anerkannt �. 

La Commissione CEE, infine, proprio a proposito del secondo quesito 
alla sentenza della Corte di giustizia dichiarativa della violazione del divieto 
proposto dal giudice nazionale (sulla rilevanza da riconoscere, in argomento, 
di riscuotere una determinata tassa di effetto equivalente ai dazi doganali), e 
pur contestando poi, nella, fase orale del giudizio, l'accoglimento della soluzione 
proposta dal Governo italiano, aveva espressamente affermato che � la 
Cour pourrait tout au plus rendre en l'esp�ce une d�cision analogue � celle 
contenue dans l'arret pr�judiciel concernant l'affaire DEFRENNE, � propos d'une 
limitation dans le temps de la port�e de l'effet direct de l'article 119 du 
trat� CEE�. 

4. -La Corte di giustizia peraltro, come si � sopra accennato, non ha ritenuto 
di prendere in esame la specifica questione proposta dal Governo italiano, 
pur sembrando invero che tutte le ragioni considerate nella decisione della causa 
43/75, ed altre ancora, dovrebbero assumere rilevanza anche nella specie. 
�II Governo italiano -ha osservato in argomento l'avv. gen. Warner -vi 
ha invitato ad affermare, per analogia con la sentenza 43;75 (Defrenne c. Sabena, 
Racc., 1976, pag. 455), che il singolo non pu� far valere l'efficacia diretta delle 
norme comunitarie che vietano l'imposiziope di oneri di effetto equivalente a 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

74 

Tanto il divieto sancito dall'art. 13 del Trattato quanto quello di cui 
all'art. 13 del regolamento n. 159/66/C.E.E. hanno efficacia diretta ed at� 
tribuiscono ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare. 

Perci�, secondo il principio della collaborazione, enunciato dall'art. 5 
del Trattato, � ai giudici nazionali che � affidato il compito di garantire la 
tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza delle norme di diritto 
comunitario aventi efficacia diretta. 

Conseguentemente, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, 
� l'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa 
il giudice competente e stabilisce le modalit� procedurali delle azioni giu� 
diziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza 
delle norme comunitarie aventi efficacia diretta, modalit� che non possono, 
beninteso, essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni 
del sistema processuale nazionale. 

dazi doganali fino a che tali oneri non siano stati qualificati come compresi nel 
divieto, in una direttiva della Commissione o in una sentenza della Corte. Spero 
che il Governo italiai:io e il suo agente vorranno scusarmi se non procedo ad 
un'analisi dettagliata della loro tesi su questo punto. Questa Corte ne � perfet� 
tamente informata. Ritengo sufficiente dire che, a mio avviso, la causa Defrenne 
non presenta analogie con la fattispecie ora in esame. La ragione per cui la 
Corte, allora, dichiar� che l'effetto retroattivo della propria sentenza era limitata 
consiste nel fatto che innumerevoli soggetti nell'ambito della Comunit�, in particolare 
privati datori di lavoro, erano stati indotti in errore, quanto ai propri 
obblighi, dal comportamento delle istituzioni comunitarie e dei Governi degli Stati 
membri; vi era fondato motivo di ritenere che il rimettere in discussione situazioni 
ormai acquisite portasse a gravi dissesti finanziari e addirittura a fallimenti. 
La fattispecie di cui ci stiamo ora occupando, nella quale trattasi unicamente del 
rimborso, da parte degli Stati membri, di oneri ch'essi non avrebbero mai dovuto 
imporre, non si pu� paragonare con quella della suddetta causa >>. 

Rin:;tane peraltro da verificare, avuto anche riguardo alla chiara lettera dell'art. 
119 del Trattato (ritenuta non preclusiva del principio enunciato nella causa 
43/75), e considerata anche la discriminazione che deriva, tra Stati membri e 
tra cittadini, dai differenti termini di decadenza e di prescrizione vigenti in 
ciascun ordinamento interno (variabili da quindici giorni a dieci anni), se all'onere 
finanziario conseguente all'obbligo della restituzione, talora per centinaia e 
centinaia di iniliardi (ed a carico, in definitiva, degli stessi consumatori che gi� 
l'hanno una volta sostenuto) non possa o debba riconoscersi, anche in considerazione 
di quanto disposto con l'art. 6, n. 2, del Trattato, la stessa rilevanza 
attribuita nella causa 43/75 alle pregiudizievoli conseguenze in quella sede venute 
in discussione; o quantomeno ammettere, in alternativa, che il principio enunciato 
(sia pure �in via eccezionale�) nella causa 43/75, proprio perch� la Corte 
di giustizia, come ha rilevato l'avv. gen. Warner nelle conclusioni per le cause 
in rassegna, � con le sue pronunzie dichiara il diritto, ma non lo crea >>, si 
risolve in effetti in una violazione dell'art. 119 del Trattato. 

5. � Anche in difetto di una espressa valutazione, deve comunque ritenersi 
che la Corte di giustizia sia orientata in senso contrario alla soluzione proposta 
dal Governo italiano, apparendo tale valutazione imposta dalla pregiudizialit� 
della questione rispetto a quella decisa (la cui valutazione avrebbe potuto altri� 

75

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Gli artt. 100 -102 e 235 del Trattamento consentono, eventualmente, di 
adottare i provvedimenti necessari per ovviare alle divergenze fra le relative 
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dei vari Stati 
membri, qualora tali divergenze risultassero atte a provocare distorsioni 

o a nuocere al funzionamento del mercato comune. 
In assenza di siffatti provvedimenti di armonizzazione, i diritti attri� 
buiti dalle norme comunitarie devono essere esercitati, dinanzi ai giudici 
nazionali, secondo le modalit� stabilite dalle norme interne. 

Una diversa soluzione sarebbe possibile soltanto qualora tali modalit� 
e termini rendessero, in pratica, impossibile l'esercizio di diritti che i giudici 
nazionali sono tenuti a tutelare. 

Ci� non si verifica nel caso della fissazione di ragionevoli termini d'impugnazione, 
a pena di decadenza. 
La fissazione di termini del genere, per quanto riguarda le impugnazioni 
in materia fiscale, costituisce infatti applicazione del fondamentale 

menti rimanere assorbita); ma non � da escludere che la Corte di giustizia abbia 
occasione di pronunciarsi sulla questione, che � stata medio tempore espressamente 
proposta da giudici nazionali in altri provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 
177 del trattato CEE. 

Nel segnalare, sulle varie questioni dibattute in argomeno, le relazioni di 
HIRSCH, LANGER, VALENTINE, EBERHARD, GONTHIER, FROMONT, CAPELLI, GUARINO-DE CA� 
TERINI, BUITING, MACHERET, KARPENSTEIN e JUNOD, raccolte in La restitution de 
taxes per�ues indument par l'Etat; Ginevra, 1976, si ritiene utile trascrivere qui 
di seguito, a commento della questione proposta, la memoria depositata nel 
l'interesse del Governo italiano. 

7. (Omissis) -Con l'ordinanza sopra indicata il giudice nazionale tedesco ha 
chiesto di conoscere se la violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente 
ai dazi doganali commessa dall'Amministrazione nazionale legittimi il 
singolo ad invocare il diritto comunitario al fine di far annullare o revocare l'atto 
amministrativo e/o ottenere il rimborso di quanto ha versato, anche quando 
l'atto amministrativo non sia pi� impugnabile, secondo il diritto nazionale, per 
scadenza del termine utile; e se la soluzione positiva del quesito sia da adottare 
quantomeno allorch� la Corte di giustizia abbia gi� accertato la violazione dell'jndicato 
divieto. 
Il giudice nazionale chiede di conoscere, inoltre, se nel caso di riconoscimento 
del diritto al rimborso le somme riscosse debbano essere restituite con 
gli interessi, e, nel caso positivo, con quale tasso e con quale decorrenza. 

La portata generale ed il rilevante interesse di principio delle questioni 
proposte con l'ordinanza di rinvio inducono il Governo italiano a presentare le 
presenti brevi osservazioni, per quanto possano concorrere ad una corretta impostazione 
e soluzione dei quesiti rivolti alla Corte di giustizia. 

8. � Sulla soluzione negativa dei due primi quesiti non sembra che possano 
sussistere dubbi; e lo stesso giudice della causa principale, come risulta espressamente 
evidenziato nella motivazione del provvedimento di rinvio, ha in effetti 
investito delle questioni la Corte di giustizia solo per la necessit� di osservare 
il principio stabilito dall'art. 177, terzo comma, del trattato CEE, ma senza 
che a suo avviso sia nella specie ipotizzabile una questione di interpretazione 
tale da rendere � indispensabile � un rinvio pregiudiziale. 
7 



76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

principio della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente, sia dell'amministrazione 
interessata. 

La questione va quindi risolta nel senso che, allo stato attuale del 
diritto comunitario, questo non vieta di opporre a coloro che impugnano 
dinanzi ai giudici nazionali, per incompatibilit� col diritto comunitario, un 
provvedimento dell'amministrazione nazionale, il mancato rispetto di un 
termine contemplato dalle norme interne, a condizione che le modalit� 
procedurali dell'azione giudiziale non siano meno favorevoli di quelle 
relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale. 

Sulla seconda questione. 

La circostanza che questa Corte si sia pronunciata in merito ad una 
violazione del Trattato non ha .alcuna incidenza sulla soluzione data alla 
prima questione. 

Sulla terza questione. 

Certamente, la esigenza di escludere, sulla base del diritto interno, l'accoglimento 
di domande relativamente alle quali si siano verificate ipotesi di decadenza 
o di prescrizione pu� comportare, in concreto, che analoghe situazioni 
soggettive di cittadini comunitari possano risultare diversamente tutelate a seconda 
della normativa nazionale applicabile; e ci�, in particolare, in ragione 
dei diversi termini di decadenza o di prescrizione contemplati nelle legislazioni 
nazionali, e della possibile divergente normativa in tema di preclusioni processuali. 


In difetto di norme comunitarie, tuttavia, deve necessariamente ammettersi 
che i mezzi e. le modalit� di tutela delle situazioni soggettive derivanti in favore 
dei singoli dal diritto comunitario restano regolati dalla legislazione dei 
vari Stati membri, cos� come dal diritto interno sono del resto tuttora disciplinati 
i mezzi di tutela e le azioni promosse dai vari Stati membri nei confronti 
dei singoli, per quanto concerne, in. particolare, Je modalit� di riscossione o di 
recupero dei prelievi comunitari ed in genere la regolamentazione delle situazioni 
soggettive passive delle quali ri singoli sono tenuti a rispondere sulla base 
della normativa comunitaria. 

9. -La necessit� della indicata soluzione appare del resto adeguatamente 
evidenziata nel provvedimento di rinvio, le cui argomentazioni si ritiene di dover 
condividere. 
Non pu� non essere considerato, d'altronde, che una differente soluzione, 
oltre a risultare incompatibile con il criterio gi� di norma adottato, come si � 
accennato, relativamente alle situazioni soggettive passive dei singoli, comporterebbe 
che la tutela dei diritti dei singoli non sarebbe soggetta, per il difetto 
di norme comunitarie al riguardo, ad alcuna preclusione, decadenza o prescrizione: 
conseguenza evidentemente in contrasto con fondamentali principi di 
diritto comuni agli ordinamenti degli Stati membri, e la cui stessa ipotesi conferma 
la validit� della soluzione negativa sopra commentata. 

10. -Per quanto concerne, in particolare, l'istituto della decadenza dalla 
facolt� di impugnare l'atto amministrativo (alla quale sembra fare specifico riferimento 
il giudice della causa principale), va rilevato, inoltre, che la � definitivit� 
� dell'atto amministrativo, corrispondente per le decisioni giurisprudenziali 
al � giudicato '" preclude, secondo principio comune agli ordinamenti degli 
Stati membri, ogni possibilit� di contestazione in merito alla pretesa che a 
mezzo dell'atto amministrativo sia stata fatta valere. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 77 

Considerata la soluzione data alla prima questione, la terza � divenuta 
priva di oggetto. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 25 maggio 1976, pervenuta in 
cancelleria il 26 maggio 1976, il College van Beroep voor het Bedrijfsleven 
ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., una 
questione pregiudiziale vertente sul � se vi siano norme o principi del 
diritto comunitario che vietino di opporre, a coloro che impugnano dinanzi 
ai giudici nazionali per incompatibilit� col diritto comuntario un provvedimento 
dell'amministrazione nazionale, il mancato rispetto di un termine 
contemplato dalla legislazione interna, con la conseguenza che, nonostante 

Quando l'atto amministrativo non sia stato tempestivamente impugnato, perci�, 
la sua definitivit� assume rilevanza assorbente rispetto ad ogni valutazione 
di merito e preclude, di conseguenza, ogni decisione che non si limiti a dichiarare 
la decadenza della parte interessata dalla possibilit� di rimettere in discussione 
la pretesa vantata con l'atto amministrativo; e la pregiudizialit� della 
valutazione a tal fine richiesta esclude a priori che il giudice possa esaminare 
il merito della domanda del singolo e valutare la sussistenza stessa del diritto 
vantato. 

Del resto, fin quando mancheranno in argomento norme comunitarie (ipotizzabili, 
oltretutto, nei soli limiti in cui non investano forme e modalit� dei 
procedimenti giurisdizionali, estranee alla sfera di competenza trasferita con il 
trattato CEE), non altre norme possono applicarsi, sia in tema di decadenza 
che in tema di prescrizione, se non quelle proprie di ciascun ordinamento nazionale, 
tanto pi� che un diverso criterio, e quindi l'affermazione della irrilevanza 
delle norme di diritto interno sui termini di impugnazione dell'atto amministrativo, 
dovrebbe essere in definitiva applicato, con ulteriori ed altrettanto 
inammissibili conseguenze, anche relativamente alle preclusioni da giudicato, 
anche per tali preclusioni potendosi riscontrare divergenze nei sistemi giudiziari 
di vari Stati membri. 

11. -Non sembra necessario, comunque, un ulteriore e pi� approfondito 
esame dei primi due quesiti proposti con il provvedimento di rinvio. 
Prima facie, invero, alla proposta soluzione negativa dovrebbe essere attribuita 
rilevanza preclusiva ed assorbente anche rispetto all'esame stesso della 
terza questione proposta dal giudice della causa principale, risultando evidente, 
dallo stesso provvedimento di rinvio, che la necessit� di accertare se e con 
quale decorrenza siano dovuti gli interessi sulle somme da restituire perch� 
riscosse in violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi 
doganali assumerebbe rilievo soltanto nell'ipotesi in cui un obbligo di restituzione 
potesse dichiararsi nonostante la definitivit� dell'atto di imposizione. 

Secondo una diversa impostazione di principio, che si ritiene di dover segnalare, 
il rapporto di pregiudizialit� tra le varie questioni proposte dal giudice 
nazionale pu� essere peraltro invertito, s� da rendere assorbente e preclusiva, 
invece, la valutazione del terzo quesito, e superflua, di conseguenza, la soluzione 
delle prime due questioni. 

12. -Dal provvedimento di rinvio risulta invero evidente che il giudice nazionale 
parte dal presupposto che le somme riscosse in violazione del divieto 
di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi doganali debbano essere resti

78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il mancato rispetto del termine, il giudice debba dichiarare ricevibile il 
ricorso e l'amministrazione non possa rifiutare la revoca del provvedimento
�. 

La questione � stata sollevata nell'ambito di una causa pendente dinanzi 
al giudice a quo, nella quale l'attrice mira ad ottenere che venga dichiarato 
indebito il pagamento, da ess� effettuato a favore della Produktschap voor 
Siergewassen (in prosieguo, � Produktschap �), convenuta, di determinati 
tributi (costituenti tasse d'effetto equivalente a dazi doganali all'esportazione, 
incompatibili con l'art. 16 del Trattato C.E.E. e vietati, d'altra parte, 
.dall'art. 10 del regolamento del Consiglio 27 febbraio 1968, n. 234, relativo 
.all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore delle 

tuite; ed � tale presupposto che deve essere invece verificato, apparendo invero 

.quantomeno discutibile che la sua validit� possa essere affermata, nell'ambito 

.dell'ordinamento comunitario, a priori, e senza specifica valutazione. 

Il presente procedimento pregiudiziale di interpretazione assume infatti una 
rilevanza che trascende il caso di specie, ed in particolare offre l'occasione di 
prendere in esame .na questione di principio di non indifferente portata, di 
verificare cio�, con indagine necessariamente condizionante, se e per il caso 
positivo in quali limiti siano le amministrazioni nazionali tenute a restituire 
somme riscosse in violazione del divieto di applicare tasse di effetto equiva� 
lente ai dazi doganali. 

13. � Certamente, la soluzione di tale problema pu� apparire agevole nell'ambito 
di ciascun ordinamento nazionale, sulla base delle norme che regolano 
la condictio indebiti ed in conformit� della prospettiva che sotto tale profilo 
assume rilievo. 
Si tratta di verificare, tuttavia, se alla stessa prospettiva possa o debba ri� 
manere condizionata la valutazione del problema nell'ambito dell'ordinamento 
comunitario: criterio di valutazione che induce invero a ritenere, per le ragioni 
di seguito riassunte, che la restiturione di somme riscosse per diritti riconosciuti 
di effetto equivalente ai dazi doganali debba ammettersi solo a decorrere 
dalla sentenza della Corte di giustizia che abbia dichiarato il diritto riscosso 
di effetto equivalente ai dazi doganali (o eventualmente dalla data della diret� 
tiva adottata dalla Commissione delle Comunit� europee ai sensi dell'art. 13, 

n. 2, del trattato CEE). 
14. -Va preliminarmente osservato, a tale proposito, che il concetto stesso 
di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali fu introdotto, invero, solo per 
ragioni di comprensibile cautela, e senza che la sua portata fosse chiara e definita 
alle stesse parti contraenti del Trattato; ed � sintomatico che ancora nell'accordo 
di associazione tra la Comunit� economica europea e la Grecia ed 
in altri analoghi accordi di associazione, si ritenne di dover precisare che il 
sistema dei prelievi non poteva essere considerato come tassa di effetto equivalente 
ai dazi doganali, e che nella trattazione della causa 37/73 ~a stessa Commissione 
delle Comunit� europee ritenne di dover rilevare che la espressione 
potrebbe riferirsi, nei pi� recenti regolamenti, ad eventuali tasse � comunitarie � 
di effetto equivalente ai dazi doganali. � � 
Cos� come � certo che l'ammontare delle varie tasse di effetto equivalente 
ai dazi doganali applicate dai singoli Stati membri non � stato considerato 
n� ai fini di cui all'art. 14 del trattato CEE, n� nell'applicazione del criterio 

~

stabilito in taluni regolamenti per la determinazione del prelievo dovuto. 

I 

--I 

,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,=:=:.:=:=C'.=:-'.�'.-'.�'.-:�:-:=:�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�:-'.�'.�'.�'.�:�'.�'.-'.�'.-'.�'.-'.�'.�'.�'.�:�:-:c-----� ---� -��.-.,... --�. � � � I 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 79 

piante vive e dei prodotti della floricoltura ed avente effetto a decorrere 
dal 1� luglio 1968), su talune partite di bulbi e tuberi di piante da fiore, 
da essa esportate nella Repubblica Federale di Germania durante gli ultimi 
mesi del 1968 ed i primi mesi del 1969. 

L'attrice nella causa principale chiede al giudice nazionale di riconoscere 
il suo diritto ad una compensazione fra le somme indebita~ente 
i;>�:gate e. gl'importi di cui la Produktschap pretende da lei, ad altro titolo, 
il� pagamento. 

La Produktschap non nega che il tributo in questione sia una tassa 
d'effetto.� �qui:valente ad un dazio doganale all'esportazione, ed ammette 
che le nonne inteirne che ne contemplavano la riscossione rist.tltano, dal 
1" luglio 1968; data in cui doveva avere effetto il regolamento n. 234/68, 

Alla � progressiva � abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doga.aU 
si sarebbe c;lc>VU,to del resto provvedere, a norma dell'art. 13, n. 2, del 
trattato C:BE, �ad opera � degli Stati membri, �durante il periodo transi� 
torio '" e secondo un � ritmo � determinato dalla Commissione delle Comunit� 
e:uropee. coq i;lirettive ispirate � alle norme previste dall'art. 14, paragrafi 2 e 3 
ed alle direttive del . Consigli� in applicazione del . citato paragrafo 2 �, 

In effetti, ed � notorio, la Commissione delle Comunit� europee ha prov� 
veduto in concreto alla individ:uazione stessa delle tasse di effetto equivalente 
ai dazi� doganali, con anal�tico esame delle iniposizioni segnalate dai vari Stati 
membri in risposta ad uno specifico questionario. 

Non� solo, ma poich� le risposte al questionario (relativo ai dazi non doganali 
ed alle. imposte riscosse alriniportazione) risentivano, necessariamente, delle 
variabili� e Contingenti 'ilalUtazitini proprie delle competenti autorit� di ciascuno 
Stato membfo, la Commissione delle Comunit� europee ha provveduto alla individuazione 
delle tasse di effetto equitralente ai dazi/doganali anche a prescindere 
dalle segnalazioni fornite dagli Stati me�nbri; e tale lavoro di individuazione, 
anche se scbno state finora valutate circa 500 fattispecie, e pur essendo il periodo 
transitorio terminato da vari anni, non � stato invero ancora completato, ed 
� appena iniziato, anzi, quanto alle imposizioni dei nuovi Stati membri. _ 

Per quanto concerne, in particolare, la politica agricola comune, i regolamenti 
adottati per la instaurazione del :\TI.ercato comune hanno direttamente contemplato 
la � incompatibilit� � della riscossione delle tasse di effetto equivalente 
ai dazi doganali con l'applicazione del regime�dei prelievi, con normativa entrata 
in vigore prima ancora che la Commissione adottasse la prima direttiva in 
materia di tasse di effetto equivalente ai dazi doganali (che � del 15 ottobre 
1963), e senza alcuna indicazione o specificazione che consentisse la" individua� 
zione stessa delle � tasse � . alle quali riconoscere tale equivalenza� di effetti; . ed � 
pure accaduto, in concreto, che gli stessi competenti servizi della Commissione 
delle Comunit� europee abbiano escluso la ravvisabilit�, in determinati diritti 
riscossi all'importazione, degli estremi della tassa di effetto equivalente ai dazi 
doganali, per poi pervenire in un successivo momento a differente conclusione; 
cos� come � accaduto, ed accade, che nessuna concreta iniziativa sia stata o sia 
assunta dalla competente Istituzione comunitaria nei confronti di Stati che 
abbiano applicato o tuttora applichino tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, 
anche in considerazione della opportunit� (e si fa riferimento, in particolare, 
proprio agli oneri relativi ai controlli sanitari) di trovare una soluzione 
comunitaria dei problemi in discussione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

80 

incompatibili con l'art. 10 di questo testo, articolo che vieta, negli scambi 
intracomunitari, per quanto riguarda i prodotti dell'agricoltura costituenti 
oggetto del regolamento, la riscossione di qualsiasi dazio doganale o tassa 
d'effetto equivalente. 

Va rilevato, tuttavia, che tale incompatibilit� sussiste fin dal 1� gennaio 
1962 in forza dell'art. 16 del Trattato, norma che obbliga gli Stati 
membri ad abolire fra loro, al pi� tardi alla fine della prima tappa del 
periodo transitorio, i dazi doganali all'esportazione e le tasse d'effetto 
equivalente. 

� quindi accertato che la riscossione dei tributi di cui, con note d'imposta 
7 luglio e 19 settembre 1969 e con nota riepilogativa 8 luglio 1971, 
veniva richiesto il pagamento da parte dell'attrice nella causa principale, 
era in contrasto col divieto di cui all'art. 16 del Trattato. 

15. -Con riguardo a tali precedenti di fatto, viene gi� in rilievo una prima 
prospettiva di indagine, neirambito della quale sembra doversi escludere la imputabilit� 
o comunque la responsabilit� degli Stati membri per la mancata 
abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali in concomitanza 
con l'entrata in vigore del regime dei prelievi, ed in genere con le scadenze in 
argomento contemplate dalle norme comunitarie; e ci� soprattutto quando si 
consideri che solo successivamente la Corte di giustizia ha avuto occasione di 
precisare, ed attraverso una continua evoluzione della sua giurisprudenza, quali 
requisiti debbano ricorrere per poter riconoscere una tassa o un diritto riscossi 
all'importazione di effetto equivalente ai dazi doganali. 
Considerata anche la diretta ed immediata applicabilit� delle norme comunitarie, 
dovrebbe infatti ritenersi, altrimenti, che ciascun funzionario doganale 
avrebbe dovuto autonomamente stabilire, quando la stessa Commissione delle 
Comunit� europee nessuna direttiva aveva ancora emanato di quelle riservate 
alla sua competenza, e nessuna decisione della Corte di giustizia era in argomento 
intervenuta, quali diritti non dovessero essere pi� riscossi con l'entrata 
in vigore del regime dei prelievi (complicata oltretutto, per taluni prodotti, 
da deroghe e rinvii), e svolgere quindi, ciascuno di essi (e con risultati ovviamente 
variabili), una indagine la cui difficolt� � stata evidenziata nelle numerose 
controversie successivamente esaminate dalla Corte di giustizia. 

16. -In effetti, non appare sufficiente stabilire la incompatibilit� o il divieto 
di riscossione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, quando non sia 
stato ancora provveduto alla competente individuazione degli estremi stessi di 
tali tasse. 
Anche sotto questo profilo, perci�, sembra potersi ritenere che debbano in 
via di principio essere restituite agli operatori interessati (anche restando fermi 
1'� inadempimento� agli obblighi comunitari e la idoneit� delle norme in questione 
ad attribuire diritti ai singoli) soltanto le somme riscosse dopo la competente 
ed effettiva individuazione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali 
(e quindi dopo le decisioni della Corte di giustizia, o eventualmente� 
dopo le direttive in argomento adottate dalla Commissione delle Comunit� 
europee). 

A tale conclusione pu� essere invero possibile pervenire, anche a prescin� 
dere dalle ulteriori argomentazioni desumibili dal fatto che il prelievo dovuto 
sia stato in concreto calcolato senza considerare l'incidenza di altri diritti do




PARU! I, SEZ. li, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 81 

Detti tributi venivano tuttavia versati dalla ditta interessata, la quale, 
sostenendo di aver effettuato il pagamento per errore, ne chiede, dinanzi 
al giudice nazionale, il rimborso mediante compensazione. 

La Produktschap sostiene che l'attrice nella causa principale, non 
avenqo imp�gnl;ltO entro il termine stabilito dalle relative norme interne 
le� note d'imposta e la nota riepilogativa notificatele, non pu� pi� contestare 
la legittimit� dei tributi in questione, n� pretenderne il rimborso. 

L'attrice nella causa principale assume, da parte sua, che la prevalenza 
del diritto comunitario implica che sia posto nel nulla qualsiasi atto 
con questo contrastante, e ch'essa attrice dispone quindi, dinanzi ai giudici 

ganali (la cui riscossione conserverebbe, perci�, un'autonoma giustificazione), considerandosi 
come non necessariamente corrispondenti il diritto del singolo, alla 
data di entrata in vigore del regime dei prelievi (o alla scadenza del periodo 
transitorio), a corrispondere il solo prelievo (o a non pagare pi� tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali) e l'obbligo dello Stato inadempiente di restituire, 
dopo la individuazione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, le 
somme in precedenza riscosse: �orrispondenza gi� compromessa, invero, dal 
fatto stesso che il diritto del singolo deriva dalla norma comunitaria, mentre 
l'obbligo di restituzione �dello Stato deriverebbe nori tanto dalla norma (direttamente 
applicabile) quanto piuttosto dalla constatata situazione di inadempimento. 


17. -Gi� in via di principio, del resto, e con riguardo alle finalit� istituzionali 
delle Comunit� europee, lo stesso concetto di � inadempimento � sembra 
avere, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, portata diversa da quella rile~ 
vante nel diritto interno; e solo in ragione di tale differente portata possono 
assumere significato, invero, procedimenti di infrazione per inadempimenti che 
stricto jure, e per la diretta ed immediata applicabilit� della normativa comunitaria, 
non sarebbero nemmeno ipotizzabili. 
La rilevanza di tale differente portata, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, 
dell'� inadempimento � (almeno per quanto concerne l'obbligo di provvedere 
alla retroattiva eliminazione degli effetti dannosi) non pu� non �essere 
avvertita, del resto, quando si consideri che nei casi in cui l'inadempimento di 
uno Stato � stato dichiarato per aver concesso aiuti non consentiti o ristorni 
all'esportazione in misura maggiore di quella consentita non � stato poi preteso, 
da parte delle competenti autorit� comunitarie, che lo. Stato inadempiente provvedesse 
al recupero delle maggiori somme corrisposte in violazione della normativa 
comunitaria. 

Pu� essere a tale proposito segnalato, in particolare, ch� la Commissione 
delle Comunit�, con riferimento alla interpretazione dell'art. 4 bis, n. 2, del regolamento 
del Consiglio 974/71 fornita dalla Corte di giustizia con la sentenza 
resa nella causa 34/74 (tale da evidenziare che determinate somme erano state 
indebitamente riscosse all'esportazione o indebitamente corrisposte all'importazione), 
ha anzi espressamente escluso che dovesse procedersi al recupero delle 
maggiori somme indebitamente corrisposte all'importazione. 

� Gli Stati membri -veniva infatti rilevato nella nota 30 maggio 1975, 

n. 75425312 -devono in realt� applicare tale disposizione alla luce dell'interpretazione 
data dalla Corte di giustizia, senza che sia necessario ricorrere a misure 
legislative a livello comunitario. Ci� comporta, in linea di massima, il ripristino 
della situazione che sarebbe esistita se la disposizione fosse stata applicata sin 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

82 

nazionali, tenuti a tutelare i diritti spettantile in forza dell'art. 16, di una 
azione autonoma, sottratta alle limitazioni contemplate dalle norme nazionali, 
limitazioni dalle quali possa risultare menomato l'impatto dell'efficacia 
diretta di tale norma nell'ordinamento giuridico degli Stati membri. 

J..a questione formulata dal giudice a quo riguarda, perci�, il se le 
modalit� di esercizio -in ogni caso, quanto ai termini d'impugnazione delle 
azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai 
singoli in forza dell'efficacia diretta di una norma comunitaria -nella 
fattispecie, dell'art. 16 del Trattato e dell'art. 10 del regolamento n. 234/68 siano 
disciplinate dal diritto interno dello Stato membro in cui tali azioni 
vengano esperite, ovvero siano rette, in modo autonomo ed esclusivo, dal 
diritto comunitario. 

dall'inizio in conformit� dell'interpretazione della Corte, ferme restando peraltro 
le norme generali della legislazione nazionale intese in particolare a salvaguardare 
la sicurezza del diritto e la pace. D'altra parte, a parere della Commissione, 
dalla sentenza citata non risulta che, nella fattispecie e a causa delle circostanze 
particolari dell'affare in questione gli Stati membri siano obbligati a 
recuperare� le somme che non avrebbero dovuto essere erogate se l'articolo di 
cui trattasi fosse stato interpretato nel senso indicato dalla Corte�. 

18. -In via di principio, peraltro, ed anche a prescindere dal fatto che le 
richiamate norme nazionali sono proprie di singoli ordinamenti interni, e non 
comuni a tutti gli Stati membri, non pu� ammettersi che differente criterio 
possa essere adottato, nell'ambito di uno stesso rapporto, e con riferimento ad 
una stessa disposizione comunitaria, a seconda che determinate �somme debbano 
essere recuperate o restituite da parte delle competenti autorit� nazionali; 
ed a:.che dalle indicazioni della stessa Commissione delle Comunit� europee, 
quindi, ut,ili elementi � possibile desumere, per necessaria coerenza, quanto al 
fatto che alla indebita riscossione di somme, specialmente nell'ambito della prospettiva 
sopra commentata, non deve ritenersi necessariamente conseguenziale 
l'obbligo della restituzione. 
N� pu� non essere rilevato, del resto, che le decisioni rese in tema di 
tasse di effetto equivalente ai dazi doganali dalla Corte di gfostizia, sia nei procedimenti 
di infrazione che nelle cause incidentali di interpretazione, hanno 
considerato le questioni da risolvere sempre sotto il profilo dell'obbligo dello 
Stato di abolire le tasse di effetto equivalente ai dazi doganali e della efficacia 
della normativa comunitaria, ma senza valutarle ex professo sotto il profilo 
della restituzione di quanto medio tempore riscosso. 

In definitiva, se nessun obbligo degli Stati membri � stato ravvisato per il 
recupero nei confronti dei singoli delle somme corrisposte per aiuti non consentiti 
o per ristorni all'esportazione in misura maggiore di quella consentita, 
e se anche per somme corrisposte ai singoli secondo errata interpretazione della 
normativa comunitaria � stato espressamente escluso un obbligo di recupero, 
sembra che allo stesso criterio di principio debba essere ispirata la valutazione 
della ipotesi concernente l'obbligo di restituire somme indebitamente riscosse in 
violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi doganalL 

19. -La soluzione finora commentata � ispirata, evidentemente, all'orientamento 
espresso dalla Corte di giustizia, sia pure � in via eccezionale >>, nella 
decisione resa di recente nella causa 43/75. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

83 

Tanto il divieto sancito dall'art. 16 del Trattato quanto quello di cui 
all'art. 10 del regolamento n. 234/68 hanno efficacia diretta ed attribuiscono 
ai singoli dei diritti eh~ i giudici nazionali devono tutelare. 

Perci�, secondo il principio della collaborazione, enunciato dall'art. 5 
del Trattato, � ai giudici nazionali che � affidato il compito di garantire 
la tut�la giurisdizionale spettante ai singoli in forza delle norme di diritto 
comunitario aventi efficacia diretta. 

Con la sentenza 8 aprile 1976, invero, la Corte di giustizia, pur dichiarando 
la diretta ed immediata applicabilit�r dell'art. 119 del trattato CEE, e pur 
affermando che �l'applicazione dell'art. 119 doveva essere pienamente garantita 
dai vecchi Stati membri a partire dal 1 � gennaio 1962, inizio della seconda 
tappa del periodo transitorio, e dai nuovi stati membri. a partire dal 1� gennaio 
1973, data di entrata in vigore del Trattato di adesione�, ha espressamente 
precisato che � eccezion fatta per i lavoratori che abbiano gi� promosso un'azione 
giudimaria o proposto un reclamo equipollente, l'efficacia diretta dell'art. 119 
non pu� essere fatta valere a sostegno di rivendicazioni relative a periodi di retribuzione 
anteriori alla data della presente sentenza�. 

La Corte di giustizia, cio�, ha esplicitamente distinto la constatazione della 
situazione di inadempimento dall'obbligo di provvedere alla retroattiva eliminazione 
degli effetti dannosi da tale inadempimento prodotti; e tale valutazione 
appunto (formalmente in contrasto con l'efficacia soltanto dichiarativa delle 
sentenze della Corte di giustizia) ha indotto il Governo italiano a segnalare la 
possibilit� di adeguare allo stesso criterio di principio anche il tema delle 
tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, tanto pi� che a tale proposito 
assumono rilievo considerazioni del tutto analoghe a quelle riconosciute rilevanti 
nella decisione della causa 43/75 (conseguenze di carattere economico, 
comportamento degli Stati membri, mancata iniziativa della Commissione delle 
Comunit� europee, ed erronea opinione sulla efficacia della normativa comunitaria 
applicabile). 

20..-Nella specie, anzi, la considerazione mostrata dalla Corte di giustizia 
per le situazioni pregresse; e l'aderenza del criterio adottato alla realt� economica 
sembrano assumere rilievo ancora maggiore, e proprio per il sostanziale 
contrasto di una differente soluzione con gli stessi princ�pi istituzionali 
delle Comunit� europee, ed in particolare con i criteri di uguaglianza degli 
operatori comunitari e di tutela della concorrenza ai quali � ispirata la normativa 
comunitaria. 

Certamente, la rilevanza e la portata della questione possono non essere 
avvertite se si abbia riguardo all'irrisorio ammontare delle somme in contestazione 
nelle cause relativamente a:lle quali sono intervenute decisioni in tema 
di tasse di effetto equivalente ai dazi� doganali; ed � notoria, invero, la tattica 
degli operatori interessati di provocare. la competente interpretazione della 
Corte di giustizia in cause-pilota di irrilevante contenuto economico. 

Quando per� si consideri che la sentenza interpretativa della Corte , di 
giustizia, anche se formalmente riferibile alla controversia nell'ambito della 
quale viene emessa, assume in effetti una rilevanza normativa che trascende 
il caso di specie, e che a seguito di una situazione di inadempimento non 
tempestivamente ravvisata e denunciata o comunque di una tardiva individuazione 
e qualificazione di una tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, 



84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Conseguentemente, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, 
� l'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa 
il giudice competente e stabilisce le modalit� procedurali delle azioni giudiziali 
intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza 
delle norme comunitarie aventi efficacia diretta, modalit� che non possono, 
beninteso, essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del 
sistema processuale nazionale. 

dovrebbero essere restituite agli operatori interessati somme ammontanti talora 
a centinaia di miliardi, la rilevanza di prineipio della questione che si � ritenuto 
di segnalare in questa sede non pu� evidentemente non essere ricono� 
sciuta, tanto pi� che alle argomentazioni gi� considerate nella causa 53/75 (ed 
anche in questa sede rilevanti) altre se ne aggiungono, nella specie, utili a 
far escludere la ravvisabilit� di un obbligo di provvedere alla retroattiva eliminazione 
degli effetti prodotti dalla violazione del divieto di riscuotere tasse 
di effetto equivalente ai dazi doganali. 

21. -Senza nemmeno necessit� di sottolineare le gravi conseguenze di 
ordine finanziario a danno dei bilanci di singoli Stati membri, va infatti considerato 
che se la sola astratta previsione del divieto di riscuotere tasse di 
effetto equivalente ai dazi doganali (quale quella di norma prevista nei regolamenti 
sulle organizzazioni comuni dei mercati agricoli) dovesse obbligare poi 
il singolo Stato membro a restituire agli operatori interessati, una volta ravvisati 
in un determinato onere all'importazione gli estremi della tassa di effetto 
equivalente ai dazi doganali, tutte le somme medio tempore riscosse a 
partire dall'entrata in vigore del divieto (e ci� a .prescindere dall'inerzia della 
Commissione delle Comunit� europee, dallo stato di buona fede del singolo 
Stato interessato, e dalla stessa difficolt� di ravvisare nei singoli casi gli 
estremi d~lla tassa di effetto equivalente ai dazi doganali), verrebbe evidentemente 
a determinarsi, anzitutto, una ingiustificata discriminazione tra Stati 
membri e tra cittadjni comunitari, a seconda delle norme contemplate in ciascun 
ordinamento in tema di ripetizione di diritti doganali indebitamente corrisposti. 
I diritti dei cittadini dei vari Stati membri, in particolare, sarebbero o no 
tutelabili ed in concreto soddisfatti (con differente onere finanziario per i 
vari Stati interessati) a seconda del differente termine di prescrizione o anche 
di decadenza previsto nell'ordinamento di ciascuno Stato membro per la ripetizione 
di diritti doganali indebitamente corrisposti; e tale considerazione non 
� certo priva di rilevanza, anche agli effetti pratici, dato che il termine al 
quale si � accennato risulta in concreto variabile, nei vari ordinamenti nazionali, 
da quindici giorni fino a dieci anni, s� che ben differenti conseguenze 
verrebbero di fatto a derivare, a seguito della tardiva individuazione della 
singola tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, e nonostante la corrispondenza 
ed uniformit� delle constatate situazioni di inadempimento, rispetto 
ai vari Stati ed ai vari cittadini delle Comunit� europee. 

Anche sotto questo profilo, quindi, cos� come per le altre ragioni alle 
quali si � gi� sopra accennato, la soluzione in questa sede proposta (quella 
cio� fondata sulla irripetibilit�, secondo il diritto comunitario, delle somme 
corrisposte prima della effettiva individuazione di ciascuna tassa di effetto 
equivalente ai dazi doganali) risulta utile ad evitare una sostanziale quanto 



85

PARTE I, SEZ. II, GlURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Gli artt. 10 � 102 e 235 del Trattato consentono, eventualmente, di 
adottare i provvedimenti necessari per ovviare alle divergenze fra le relative 
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dei vari 
Stati membri, qualora tali divergenze riSultassero atte a provocare distorsioni 
o a nuocere al funzionamento del mercato comune. 

ingiustificata disparit� di trattamento, suscettibile di gravi ripercussioni di 
ordine finanziario; e non pu� negarsi, anzi, che l'indicata solurione varrebbe 
anche ad escludere o quantomeno a contenere quegli inconvenienti che sono 
venuti in evidenza nella trattazione dei primi due quesiti proposti dal giudice 
del rinvio, e che non � invece possibile evitare (per la necessit� di far rifer�� 
mento alle differenti legislazioni nazionali) nell'ambito della impostazione segnalata 
nel provvedimento di rinvio. 

22. � Sempre sotto il profilo sostanziale, inoltre, non pu� non essere con� 
siderato che una � attuale � restituzione delle somme corrisposte, per anni ed 
anni, per tasse riconosciute poi di effetto equivalente ai dazi doganali si risol� 
verebbe, in concreto, in un effettivo arricchimento degli operatori interessati, o 
pi� esattamente in un maggiore ed imprevisto margine di guadagno o comunque 
in sopravvenienze attive, considerato che i relativi importi sono stati 
ovviamente gi� calcolati nella determinazione dei costi e quindi gi� tenuti 
presenti nel trasferimento ai terzi acquirenti dei conseguenziali maggiori oneri; 
e anche tale aspetto della questione non pu� certo non assumere rilievo 
in sede comunitaria, per la ovvia necessit� di garantire il giusto equilibrio degli 
scambi commerciali e di prevenire indebite locupletazioni a vantaggio di sin� 
gole categorie di operatori ed a danno, in definitiva, di tutti gli altri cittadini. 
23. -La esigenza di ritenere non necessariamente conseguenziali, nell'ambito 
dello ordinamento comunitario, la violazione del divieto di riscuotere tasse di 
effetto equivalente ai dazi doganali e l'obbligo di provvedere alla retroattiva 
eliminazione degli effetti dannosi (e quindi di restituire tutte le somme gi� 
ris�osse prima della effettiva e competente qualificazione del singolo onere 
all'importazione come tassa di effetto equivalente ai dazi doganali) assume 
rilievo, infine, anche sotto il profilo della normativa comunitaria sulla concorrenza, 
e con riguardo, in particolare, alla necessit� di escludere una restitutio 
in integrum che risulti pi� dannosa del pregiudizio che dovrebbe a suo 
mezzo essere indennizzato. 
Non pu� non essere considerato, invero, che l'applicazione, in un determinato 
Stato membro, di un onere all'importazione che risulti poi di effetto 
equivalente ai dazi doganali si risolve, in effetti, in un pregiudizio per gli 
esportatori degli altri Stati membri, per i quali tale onere costituisce, eviden� 
temente, una � resistenza � agli scambi commerciali ed un ostacolo alle mag� 
giori esportazioni che in mancanza dell'onere doganale sarebbero teoricamente 
ipotizzabili. 

Il singolo importatore interessato, invece, non subisce in realt� un danno 
concreto (oltre il pregiudizio, teorico e non indennizzabile, derivante dalle ipotetiche 
minori importazioni), in quanto trasferisce ai terzi acquirenti, ovviamente, 
il maggior onere sostenuto per l'importazione dei prodotti commerciati: onere 
che viene in definitiva ad incidere soltanto sulla generalit� dei consumatori (e 
quindi sugli stessi cittadini a carico dei quali verrebbe poi a gravare I'ulte� 
riore onere della restituzione). 

-


--~ ~� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

86 

In assenza di siffatti provvedimenti di armonizzazione, i diritti attribuiti 
dalle norme comunitarie devono essere esercitati, dinanzi ai giudici 
nazionali, secondo le modalit� stabilite dalle. norme interne. 

Una diversa soluzione sarebbe possibile soltanto qualora tali modalit� 
e termini rendessero, in pratica, impossibile l'esercizio di diritti che i 
giudici nazionali sono tenuti a tutelare. 

Con riguardo a tale prospettiva, quindi, non pu� non essere considerato 
che una � attuale � restituzione, avuto anche riguardo all'ammontare talora 
rilevantissimo delle somme in discussione, si risolverebbe, nella sostanza, in 
un � aiuto � agli operatori nazionali, e comporterebbe necessariamente, in concreto, 
proprio quell'alterazione del mercato e della concorrenza che le norme 
comunitarie sono intese ad evitare, oltretutto con ulteriore danno di quelli 
stessi esportatori degli altri Stati membri che gi� hanno subito l'effettivo danno 
derivante dalla resistenza determinata dai maggiori oneri doganali contemplati 
dalla legislazione nazionale dello Stato importatore. 

Anche a considerare la questione sotto il profilo del risarcimento del danno, 
quindi, la soluzione sopra commentata appare la pi� adeguata a garantire un 
concreto equilibrio degli scambi commerciali, non potendo evidentemente ammettersi 
una � riparazione � che risulti in effetti pi� dannosa del pregiudizio 
che dovrebbe indennizzare. 

24. -Ai fini in esame, non pu� non essere considerato, del resto, che le 
norme comunitarie, e quindi anche quelle sull'abolizione delle tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali, sono in via di principio finalizzate al conseguimento 
di determinati scopi di interesse comune degli Stati membri, e volte 
in particolare a garantire, per quanto qui interessa, la libera circolazione delle 
merci nel territorio comunitario, ed in un regime di libera concorrenza tra gli 
operatori economici interessati; e la funzione stessa della normativa comunitaria 
(da considerare nell'ambito di tale prospettiva, gi� di per s� limitativa 
dei diritti dei singoli) non pu� non riflettersi sul suo contenuto, e non pu� 
quindi non tradursi, necessariamente, in un limite alla sua concreta operativit� 
in favore dei singoli (cessante ratione legis, cessat et ipsa lex). 
Al conseguimento degli indicati obiettivi, perci�, e proprio perch� assume 
rilievo solo quando risulti in necessaria correlazione con 1'� attualit�� (quando, 
cio�, viene di fatto ad incidere negli scambi commerciali), rimane del tutto 
estranea, ed anzi controproducente, la retroattiva eliminazione di una disparit� 
di trattamento che ha gi� di fatto influito, ed in modo irreversibile, sulle 
relazioni commerciali, condizionandole ad un equilibrio diverso da quello voluto 
dal legislatore comunitario; ed un formale quanto artificioso ripristino della 
situazione ritenuta in tesi auspicabile verrebbe in concreto a soddisfare soltanto 
interessi privatistici, e non certamente quelli in vista dei quali si era ravvisata 
la necessit� di una determinata normativa. 

Tale retroattiva (e solo apparente) normalizzazione, anzi, risulterebbe evidentemente 
in contrasto, per quanto sopra osservato, con le finalit� perseguite, 
rinnovando una pregiudizievole alterazione dell'equilibrio degli scambi 
commerciali, e senza alcun retroattivo condizionamento delle situazioni pregresse. 

Nel valutare la questione in esame, occorre tener presente, cio�, che quando 
un'alterazione nella dinamica degli scambi si � gi� di fatto verificata, ed 
in particolare quando le relazioni commerciali siano state gi� di fatto influenzate 
dalla incidenza di una determinata tassa di effetto equivalente ai dazi 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

87 

Ci� non si verifica nel caso della fissazione di ragionevoli termini d'im� 
pugnazione, a pena di decadenza. 

La fissazione di termini del genere, per quanto riguarda le impugnazioni 
in materia fiscale, costituisce infatti applicazione del fondamentale 
principio della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente, sia dell'amministrazione 
interessata. 

doganali, non � certo con la restituzione delle somme riscosse che pu� essere 
ripristinata, a posteriori, la libert� di circolazione voluta dalla normativa comunitaria; 
e poich� � esclusivamente questo, invece, l'obiettivo da perseguire, deve 
escludersi una restituzione che si risolverebbe soltanto in un ulteriore pregiudizio 
di tale obiettivo, specialmente quando sia dimostrato, come nella specie, 
che sia il maggiore onere sostenuto all'importazione sia quello di una ipotetica 
restituzione verrebbero a ricadere ad esclusivo carico degli stessi consumatori, 
e senza alcun vantaggio per la gi� pregiudicata ed irreversibile situazione di fatto. 

Se deve ammettersi, quindi, la irripetibilit� delle contribuzioni o degli aiuti 
indebitamente corrisposti agli operatori di un determinato Stato membro (e 
che hanno gi� irreversibilmente condizionato i procedimenti produttivi, la determinazione 
dei costi, la formazione d,ei prezzi, ed i circuiti commerciali), e 
se non pu� non riconoscersi che il recupero di tali contribuzioni ed aiuti, 
invece di garantire la retroattiva eliminazione degli effetti dannosi, varrebbe 
soltanto a determinare ulteriore danno, e di portata del tutto analoga, non 
pu� negarsi, in conclusione, ed in base alla stessa ratio, che la necessit� stessa 
di garantire l'effettivo e reale conseguimento delle finalit� perseguite dalla normativa 
comunitaria, e la irreversibilit�, d'altra parte, delle situazioni pregresse 
gi� negativamente condizionate da un anomalo criterio impositivo, impongono 
di aver preminente riguardo agli interessi pubblici tutelati dalla normativa 
comunitaria, e di escludere, di conseguenza, una restituzione con tali interessi 
necessariamente incompatibile: restituzione che non solo comporterebbe, �invero, 
ulteriore pregiudizio dell'equilibrio degli scambi commerciali (con sostanziale 
arricchimento degli operatori economici dello Stato importatore ed altrettanto 
sostanziale aiuto non consentito), ma che si risolverebbe oltretutto ad esclusivo 
danno, da una parte, dei consumatori dei prodotti importati (che hanno 
gi� sostenuto i maggiori oneri doganali applicati all'importazione e verrebbero 
a sostenere anche quello della restituzione), e, dall'altra, degli esportatori degli 
altri Stati membri (che hanno gi� dovuto subire i negativi riflessi della incidenza 
della tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, e vedono alterata la 
,�oncorrenza per effetto degli � aiuti � concessi agli operatori dello Stato im� 
portatore). 

25. -Nel richiamare quanto altro rilevato dalla Corte di giustizia nell'ul� 
tima parte della sentenza resa nella causa 43/75, si propone pertanto di affermare 
in diritto che la diretta efficacia delle norme comunitarie sul divieto di 
riscuotere tasse di effetto equivalente ai dazi doganali non pu� essere fatta 
valere relativamente a somme corrisposte per determinati diritti doganali prima 
�che per tali diritti sia intervenuta la competente qualificazione di tasse di 
effetto equivalente ai dazi doganali. 
Quanto agli specifici quesiti rivolti con il provvedimento di rinvio, e per 
l'ipotesi che la soluzione della esaminata questione di principio non sia riconosciuta 
assorbente e preclusiva, si propone di affermare in diritto che l'eser




RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

88 

La questione va quindi risolta nel senso che, allo stato attuale del 
diritto comunitario, questo non vieta di opporre a coloro che impugnano 
dinanzi ai giudici nazionali, per incompatibilit� col diritto comunitario, un 
provvedimento dell'amministrazione nazionale, il mancato rispetto di un 
termine contemplato dalle norme interne, a condizione che le modalit� 
procedurali dell'azione giudiziale non siano meno favorevoli di quelle relative 
ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale. -(Omissis). 

c1z10 del diritto alla restituzione di somme corrisposte per tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali � disciplinato, anche per quanto concerne preclusioni 
processuali, decadenza o prescrizione, dalle legislazioni nazionali, cos�: 
come in base alla normativa nazionale va stabilito se, con quale decorrenza, 
e con quale tasso siano eventualmente dovuti gli interessi sulle somme da 
restituire agli aventi diritto. 

A. M. 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 marzo 1976, n. 814 -Pres. La Porta Est. 
Miani -P. M. Pedace (concl. conf.) -Soc. Ronson (avv. Sorrentino, 
Braschi, Boitani) c. Consorzio industrie fiammiferi (avv. Mastrogiovanni, 
M. S. Giannini, C. Selvaggi) e Ministro delle Finanze (avv. dello 
Stato Zagari). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Qualificazione 
del �petitum sostanziale�: criteri dell'orcllnamento giuridico 
nazionale. 

La giurisdizione va determinata in base al criterio che attribuisce al 
giudice ordinario la cognizione delle cause in cui venga fatto valere un diritto 
soggettivo ed al giudice amministrativo la cognizion� di quelle in cui 
venga fatto valere un interesse legittimo; tale qualificazione della domanda 
dedotta col �petitum sostanziale � va compiuta in base ai criteri dell'ordinamento 
giuridico nazionale, a nulla rilevando che l'ordinamento comu~ 
nitario ignori la distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi (1). 

(Omissis). -Nel 1968 la S.p.A. Ronson chiese al Ministero delle Finanze 
di autorizzarla ad impiantare in Italia una fabbrica di fiammiferi. 
Essendole stata negata l'autorizzazione, present� al Ministro un ricorso gerarchico, 
che venne respinto con decreto ministeriale del 29 novembre 
1968 in quanto all'accoglimento dell'istanza ostava la convenzione annessa 
al r.d. 11 marzo 1923, n. 560, col quale lo Stato, dopo l'istituzione di un 
Consorzio Industrie Fiammiferi, si �era obbligato a non consentire l'insediamento 
di nuove imprese aventi per oggetto la produzione di fiammiferi 
per il consumo interno. 

La soc. Ronson impugn� davanti al Consiglio di Stato l'anzidetto decreto 
ministeriale; e contemporaneamente, con citazione del 15 aprile 1969, chiam� 
in giudizio davanti al Tribunale di Roma l'Amministrazione delle Finanze 
ed il Consorzio Industrie Fiammiferi chiedendo che venisse dichiarata la 
nullit� della convenzione allegata al r.d. 11 marzo 1923 e, conseguentemente, 

(1) A quanto consta non risultano specifici precedenti. 
In riferimento ai criteri discriminativi della giurisdizione cfr., da ultimo, 
Cass. 12 maggio 1975, n. 1829; 16 dicembre 1975, n. 4142, in Rep. Foro it., v. Giw 
risdizione civile, nn. 52 e 53; Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 1974, n. 312, id., 1975, 
III, 3 (nota rich.). In dottrina cfr. M. NIGRO, Giustizia amministrativa, 1976; A. 
ROMANO, Giurisdizione amministrativa e limiti della giurisdizione ordinaria. 



90 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

la nullit�, o comunque l'inefficacia, del provvedimento col quale il Ministro 
aveva respinto la sua istanza. 

Il Tribunale, con sentenza del 23 novembre 1970 -28 gennaio 1971, 
dichiarava improponibile la domanda, per difetto assoluto di giurisdizione, 
relativamente alla parte di essa tendente a far dichiarare nulla la con� 
venzione, trattandosi di un atto avente valore di legge; e dichiarava che 
la parte della domanda tendente a far dichiarare la nullit� del decreto 
ministeriale 22 luglio 1968, anche se autonomamente considerata, eccedeva 
in ogni caso i limiti della giurisdizione ordinaria, avendo per oggetto un 
interesse legittimo e non un diritto soggettivo. 

Frattanto, era proseguito il giudizio davanti al Consiglio di Stato, nel 
corso del quale era stata sollevata questione di legittimit� costituzionale 
del r.d. 11 marzo 1923, n. 560 e dell'allegata convenzione; e la Corte Costi� 
tuzionale, a cui la questione era stata rimessa, aveva, con sentenza del 
21 maggio-3 giugno-1970, n. 78, dichiarato l'illegittimit� dell'art. 3 ultimo 
comma del r.d. di cui sopra nonch� degli artt. 1 ultimo comma, 2, 9 comma 
2� e 10 della convenzione annessa al decreto stesso, nella parte in cui essi 
.impediscono agli altri imprenditori la partecipazione al Consorzio Industrie 
Fiammiferi anche quando essa non sia in contrasto con fini di 
utilit� sociale. 

A questa sentenza si richiamava la soc. Ronson nel proporre appello 
contro la sentenza del Tribunale, dolendosi che quest'ultimo non avesse 
tenuto �conto della sopravvenuta inefficacia delle norme come sopra dichiarate 
illegittime, e non avesse riconosciuto �che la posizione fatta valere 
era il diritto soggettivo, derivantele dalle norme del Trattato di Roma reso 
esecutivo con I. 14 ottobre 1957, n. 1203, a svolgere, senza che vi potessero 
ostare le intese risultanti dalla sovraccennata convenzione e senza obbligo 
di partecipare al Consorzio, un'attivit� industriale di produzione dei fiam� 
miferi, alle stesse condizioni in cui vengono esercitate le altre attivit� in� 
dustriali soggette all'imposta di fabbricazione. 

Chiedeva pertanto che, previa rimessione degli atti alla Corte di Giu� 
stizia della Comunit� Economica Europea ai fini dell'interpretazione degli 
artt. 37, 52, 85, 86 e 90 del Trattato di Roma, venisse dichiarato l'anzidetto 
suo diritto, e che, inoltre, indipendentemente dall'impugnazione in corso 
davanti al Consiglio di Stato, venisse dichiarata l'illegittimit� del decreto 
ministeriale del 29 novembre 1968, in quanto 'lesivo del diritto sopra 
specificato. 

Mentre era in corso il giudizio d'appello, il Consiglio di Stato, con sen� 
tenza del 29 febbraio 1972, annullava il d.m. 29 novembre 1968, facendo. 
salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione da adottarsi� nell'esercizio 
del potere discrezionale riconosciutole dalla Corte Costituzionale. 

La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 21 dicembre 1972-29 maggio 
1973, confermava con diversa motivazione la pronunzia del Tribunale, 


.�.� .I 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 91 

�onsiderando: che l'appello era ammissibile perch� le domande con esso 

proposte non erano nuove ma sviluppavano le tesi gi� prospettata dalla 

Soc. Ronson il primo grado circa l'esistenza di un suo diritto soggettivo 

tutelato dalla normativa comunitaria; 

che l'interpretazione e l'applicazione di tale normativa erano peraltro 
irrilevanti ai fini della determinazione della �giurisdizione dovendosi al 
riguardo applicare i criteri dell'ordinamento giuridico nazionale; �he pertanto, 
nel caso concreto, si doveva, in base all'ordinamento italiano, stabilire 
se si faceva questione di un diritto soggettivo o di un interesse 
legittimo; 

che dalla prospettazione stessa della soc. Ronson, la quale non contestava 
in radice il potere dell'Amministrazione di subordinare ad una sua 
autorizzazione l'esercizio di un'industria di produzione dei fiammiferi, risultava 
che la societ� stessa faceva valere un interesse legittimo; 

che pertanto la causa apparteneva alla giurisdizione amministrativa. 

Contro questa sentenza la soc. Ronson, con atto del 27 aprile 1974, 
ha proposto ricorso per cassazione deducendo un unico motivo, che ha 
poi illustrato con una memoria. 

L'Amministrazione delle Finanze ed il Consorzio Industrie Fiammiferi 
hanno resistito mediante rispettivi controricorsi. 

Motivi della decisione. 

Con l'unico motivo dedotto, la societ� ricorrente denunzia la violazione 
delle norme che regolano la giurisdizione nelle controversie tra privati e 
pubblica amministrazione, nonch� la violazione e falsa applicazione dell'art. 
1 cod. proc. civ. degli artt. 102 e 103 della Costituzione, degli artt. 1, 
2, 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 AH. E, degli artt. 37, 52, 85, 86, 
90 e 177 del Trattato di Roma istitutivo della Comunit� Economica Europea 
(reso esecutivo con la legge 14 ottobre 1957, n. 1203), per avere la 
sentenza impugnata ritenuto che la posizione soggettiva fatta valere dalla 
soc. Ronson fosse di interesse legittimo senza considerare che una posizione 
siffatta presupponeva l'esistenza di un potere discrezionale della pubblica 
amministrazione di controllo circa le condizioni richieste dalla Convenzione 
allegata al r.d.l. 11 marzo 1923, n. 560 e dalle norme di esecuzione 
per il rinnovo della Convenzione stessa (richiamate nel d.m. 29 aprile 1965), 
mentre essa soc. Ronson, con sostenere che le misure contenute nella Convenzione 
era illegittima e che le norme che le attuavano erano abrogate per 
incompatibilit� con quelle comunitarie, aveva negato l'esistenza dell'anzidetto 
potere ed aveva, conseguentemente, chiesto l'accertamento del proprio 
diritto soggettivo di esercitare un'attivit� industriale nel campo della 
fabbricazione dei fiammiferi senza sottostare ad autorizzazioni che comunque 
si ricollegassero alle intese tra lo Stato ed il Consorzio Industrie 
Fiammiferi. 

8 



RASSEGNA DEll'AWOCATURA DEllO STATO 

Il motivo non � fondato. 

� opportuno premettere che l'unica questione decisa dalla sentenza 
impugnata e riproposta in questa sede � quella concernente la giurisdizione. 
Tale questione va decisa in base al criterio che attribuisce al giudice ordinario 
la cognizione delle cause in. cui venga fatto valere un diritto soggettivo 
e al giudice amministrativo la cognizione di quelle in cui venga 
fatto valere un interesse legittimo. 

Esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto inutile, ai fini dell'applicazione 
del criterio di cui sppra, interpretare e applicare le norme 
del Trattato di Roma dalle quali la soc. Ronson desume l'esistenza del 
diritto soggettivo descritto nella sua prospettazione, e, pertanto, non necessario 
sottoporre alla Corte di Giustizia della Comunit� Economica Europea, 
ai sensi dell'art. 177 del Trattato, i quesiti all'uopo proposti dalla 
societ� stessa. Per decidere sulla giurisdizione � infatti sufficiente qualificare 
la posizione dedotta col petitum sostanziale, e tale qualificazione va fatta 
in base ai criteri dell'ordinamento giuridico nazionale, a nulla rilevando che 
l'ordinamento comunitario ignori la distinzione tra diritti soggettivi e in� 
teressi legittimi. 

Ci� premesso, occorre esaminare e qualificare l'oggetto della causa, 
desumendolo dalle conclusioni formulate dalla soc. Ronson nel giudizio di 
appello, e ovviamente non ampliabili in questa sede. Con tali conclusioni 
si era chiesto che la Corte d'appello, previe le declaratorie del caso, dichiarasse: 


a) che la soc. Ronson ha diritto di impiantare un'industria di fab� 
bricazione dei fiammiferi alle stesse condizioni in cui vengono esercitate 
altre attivit� industriali per la produzione di articoli soggetti ad imposta 
di fabbricazione; 

b) che non le poteva ~ssere imposto a tal fine un obblico di consorziamento; 


e) che il provvedimento 22 luglio 1968 col quale il Ministro delle 
Finanze le aveva negato la licenza per l'apertura di una fabbrica di fiammiferi 
era illegittimo. 

Al riguardo, si deve anzitutto osservare che circa la domanda sub e), 
a cui sono strumentalmente preordinate quelle sub a) e b), � ormai cessata 
la materia del contedere. Infatti, dopo che l'anzidetto provvedimento � 
stato annullato (gi� durante il corso del giudizio di appello) con la sentenza 
del 29 febbraio 1972, n. 95 del Consiglio di Stato, non pu� pi� sussistere 
alcun interesse della soc. Ronson a far accertare l'illegittimit� del 
provvedimento stesso, il quale non pu� pi� spiegare alcun effetto nei 
suoi confronti. 

Da ci� consegue che, gi� al momento della pronunzia impugnata, n� 
quel provvedimento n� la sua motivazione, anch'essa travolta dall'annullamento, 
potevano pi� ingenerare una situazione di incertezza obiettiva 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

pregiudizievole per la soc. Ronson, n� quindi, determinare un suo interesse 
a proporre un'azione di accertamento tendente a rimuovere, mediante una 
pronunzia giudiziale, una siffatta situazione. 

L'interesse della soc. Ronson ad una azione di accertamento non pu� 
sussistere neppure per il solo fatto che la Corte Costituzionale abbia fatto 
salva la potest� normativa della pubblica Amministrazione di prescrivere 
all'iniziativa privata limiti destinati a realizzare fini di utilit� sociale, e 
che, conseguentemente, il Consiglio di Stato abbia fatto salve le ulteriori 
determinazioni dell'Amministrazione stessa, da adottarsi nell'esercizio dell'anzidetta 
potest�. Per essere obiettiva, l'incertezza che genera l'interesse 
ad agire deve, infatti, essere provocata da un atto o fatto esteriore, tale 
da conferire attualit� e concretezza a quello stato di dubbio di cui si 
vuol rimuovere, mediante una pronunzia di accertamento, l'effetto pregiudizievole. 
Occorre, quindi, che l'incertezza sul contenuto di diritti e 
doveri sia attuale, non soltanto possibile o eventuale, e nasca da un rapporto 
gi� esistente e non meramente ipotetico. Non si pu�, quindi, riconoscere 
alla soc. Ronson un attuale e concreto interesse a far precisare 
dal giudice la portata della vigente normativa e a fargli risolvere, in 
astratto e in anticipo, le questioni a cui questa. potrebbe dar luogo, sol 
perch� 'essa (come scrive nella sua memoria) �progettava di immettere 
sul mercato italiano accenditori ad ignizione chimica classificabili come 
fiammiferi e voleva essere ben sicura che le sue eventuali iniziative in 
questo .campo non avrebbero trovato ostacoli da parte della pubblica 
amministrazione�. Venuto meno il provvedimento che essa assumeva lesivo 
di ~suo diritto, e non essendo intervenute ulteriori determinazioni 
dell'Amministrazione di cui essa possa lamentare un analogo effetto, non 
sussistono le condizioni per la proponibilit� di un'azione di mero accertamento 
dell'avvenuta abrogazione delle disposizioni di esecuzione della 
Convenzione allegata alla legge n. 560 del 1923, nonch� di accertamento 
dei limiti del potere di autorizzazione della Pubblica Amministrazione in 
materia di fabbricazione dei fiammiferi. 

Soltanto ai limiti di tale potere si riferiscono, invero, le questioni sulle 
quali insiste la societ� ricorrente. Essa, anche nel suo ricorso, chiarisce 
che riconosce all'Amministrazione il potere discrezionale di subordinare 
l'esercizio di quell'attivit� industriale � alle normali autorizzazioni (licenze-
permessi) inerenti .all'esercizio di controlli o verifiche dell'osservanza di 
cautele igienico-sanitario, antifortunistico, fiscale, ecc.� escluse soltanto 
le finalit� contrastanti con le norme di liberalizzazione economica sancite 
dal Trattato di Roma, ed in particolare le finalit� perseguite dalla Convenzione 
anzidetta. Il solo interesse residuato alla societ� stessa, e nascente 
dal silenzio-rifiuto dell'Amministrazione (la quale, pur dopo l'annullamento 
del provvedimento che negava la licenza richiestale, non risulta 
aver adottato al riguardo le � ulteriori determinazioni � fatte salve 


94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla sentenza del Consiglio di Stato) � quindi, quello di ottenere l'autorizzazione 
negatale col provvedimento annullato, e di �ottenerla senza sottostare 
a condizioni diverse da que1le richieste per l'autorizzazione ad impiantare 
una fabbrica di un qualsiasi prodotto di largo consumo: si tratta 
cio�, in definitiva, dell'interesse di un soggetto privato all'emanazione, in 
suo favore, di un atto amministrativo immune da quello che, secondo 
l'assunto della ricorrente, costituirebbe un vizio di illegittimit� dell'atto 
stesso. Ma � evidente che la pretesa del privato ad un uso corretto della 
potest� amministrativa tende a tutelare un suo interesse legittimo, e non 
un suo diritto soggettivo, e che, quindi, spetta al giudice amministrativo 
e non a quello ordinario statuire su tale pretesa e sulle tesi giuridiche 
addotte per sostenerla. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1609 -Pres. Stella 
Richter -Est. Franceschelli -P. M. Berri (conci. conf.) -Ministero di 
Grazia e Giustizia (avv. Stato Conti) c. Sesso (avv.ti Ventura, Trioni). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Rapporto di 
lavoro degli � amanuensi � nelle cancellerie giudiziarie -Giurisdizione 
dell'A.G.O. 
(cod. civ., artt. 1343, 1346, 2126; r.d. 8 maggio 1924, n. 745, art. 99). 

Mentre l'affidamento al c. d. �amanuense� di funzioni tipiche del cancelliere 
non pu� avere alcuna giuridica tutela quanto alla retribuzione 
ostandovi i valori tutelati dai principi costituzionali sulla P. A., non altrettanto 
pu� dirsi quando i compiti affidati all'amanuense siano di mera esecuzione 
e d'ordine: in quest'ultima ipotesi il rapporto, sebbene invalido 
per violazione di legge, non � illecito quanto alla causa ed all'oggetto, ma, 
avendo natura privatistica, pu� essere sottoposto alla cognizione dell'A:.
G.O. (1). 

Sugli amanuensi delle cancellerie giudiziarie. 

(1) La decisione in rassegna, pubblicata anche in Foro it. 1976, I, 1851 
con annotazioni di C. M. BARONE, ha completamente modificato l'interpretazione 
e la portata della normativa vigente nella specifica materia. 
Dispone l'art. 99 del r.d.l. n. 745 del 1924 che � nelle cancellerie e segreterie 
giudiziarie ai lavori di copiatura potr� provvedersi sotto la responsabilit� dei 
relativi capi, mediante dattilografi e amanuensi retribuiti con i proventi di 
cancelleria�. ' 

� In nessuno caso i dattilografi e gli amanuensi possono essere adibiti a 
lavori diversi dalla semplice copiatura�. 
� Dai proventi delle cancellerie dei Tribunali e delle Preture deve prelevarsi 
innanzi tutto l'assegno per le spese di ciascun ufficio �. 

� Per la retribuzione del lavoro straordinario di copiatura non pu� prelevarsi 
una quota superiore di quattro decimi delle somme che spettano alle 
cancellerie per diritti di copia �. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 95 

(Omissis). -Con unico motivo; il ricorrente principale deduce violazione 
e falsa applicazione dell'art. 2 1. 22 marzo 1865, n. 2248 all. E in 
relazione all'art. 99 rid. n. 745 del 1924 e succ. mod., nonch� alla legge 

n. 777 del 1960 e n. 1719 del 1962, nonch� ai principi sulle attribuzioni del 
potere giurisdizionale, il tutto con riferimento all'art. 360 n. 1 e 3 c.p.c. 
Il ricorrente Ministero si duole per l'affermata sussistenza di un rapporto 
di pubblico impiego del Sessa, posta a base della pronunzia negativa 
della giurisdizione ordinaria da parte della corte di merito, sostenendo 
che non si configurava alcun rapporto del Sessa con esso Ministero 
e che in conseguenza le di lui domande erano improponibili. Alla 
stregua della relativa normativa, il rapporto del Sessa, quale amanuense, 
si era instaurato con la cancelleria e non con la P. A. e si configurava 
come un contratto d'opera retribuito non con fondi statali, ma con i 
proventi di cancelleria. Neppure in as.tratto sarebbe dato ravvisare la 
sussistenza di un rapporto del Sessa con l'Amministrazione della giustizia 
e che in conseguenza manca una norma sostanziale che tuteli le pretese 
azionate; onde, nella specie, dovrebbe affermarsi il difetto assoluto di 
giurisdizione. 

Il Sessa, con ricorso incidentale, deduce violazione dell'art. 1 c.p.c.; 

2 1. n. 2248 del 1865, all. E; 29 t.u. n. 1054 del 1924; falsa applicazione 
Per quanto concerne sia la natura giuridica di siffatto rapporto, sia le conseguenze 
della violazione dei limiti posti dalla norma, deve essere ricordato 
l'orientamento difensivo a suo tempo adottato dall'Avvocatura Generale ed 
accolto dalla Suprema Corte, secondo cui le prestazioni degli amanuensi nelle 
cancellerie e segreterie giudiziarie non fossero da inquadrare nella figura del 
rapporto di lavoro subordinato. Ci� in quanto nella previsione normativa difettavano 
gli attributi essenziali e caratteristici tanto della collaborazione che della 
subordinazione. 

In tal senso la Corte di cassazione, con sentenze 22 gennaio 1958, n. 141 
e 5 maggio 1958, n. 1469, Riv. giur. lav. 1958, II, 135 e Prev. Soc. 1958, 922, aveva 
conseguentemente deciso che gli incarichi di copiatura, dalla legge consentiti 
in via straordinaria nei riguardi di soggetti privati, mettevano capo a rapporti 
di lavoro autonomo come tali non tutelabili dalle assicurazioni sociali; inoltre 
che l'art. 99 del r.d.I. n. 745 del 1924 nel porre il divieto delle mansioni diverse 
dalla semplice copiatura aveva realizzato una disciplina tassativa, assoluta ed 
inderogabile in quanto diretta a salvaguardia delle funzioni inerenti ai servizi 
delle cancellerie e segreterie giudiziarie. 

Pertanto ogni indebita invasione che, in contrasto con il citato art. 99, 
si fosse verificata da parte di amanuensi, con o senza la consapevolezza dei 
preposti agli uffici, si sarebbe risolta in un'attivit� vietata. 

Questa, per l'illiceit� dell'oggetto, sarebbe stata da considerare sfornita di 
qualsiasi tutela nei riguardi del prestatore d'opera secondo quanto dispone il 
primo comma dell'art. 2126 cod. civile, neppure in forza di azione generale di 
arricchimento. 

Conseguiva in base a tale autorevole orientamento giurisprudenziale e come 
ulteriore sviluppo difensivo adottato in correlazione con le pi� recenti evoluzioni 
del concetto di attribuzione giurisdizionale, che l'impossibilit� di tutela 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO

96 

cli un rapporto di pubblico impiego e della conseguente devoluzione al 
giudice amministrativo della giurisdizione in merito alle sue domande, 
sostenendo che il rapporto si era svolto senza un formale atto cli nomina 
e che di conseguenza non poteva esser negata la giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria. 

Riuniti, preliminarmente, i ricorsi, m quanto investono un'unica sentenza, 
appare opportuno ricordare che la norma, da:lla quale le parti intendono 
far discendere divergenti effetti e della quale entrambe deducono 
la violazione, cio� l'art. 99 del pi� volte citato r._d.l. n. 745 del 1924, 
� scritta �ome segue: � Nelle cancellerie e segreterie giudiziarie ai lavori 
dell'art. 99 del r.d.l. n. 745 del 1924. Si duole per l'affermata sussistenza 
di copiatura potr� provvedersi sotto la responsabilit� dei relativi capi, 
mediante dattilografi o amanuensi retribuiti con i proventi di cancelleria. 


�In nessun caso i dattilografi.e gli amanuensi possono essere adibiti 
a lavori diversi dalla semplice copiatura. 

legislativa in relazione al rapporto in contestazione comportasse la mancanza 
di una qualsiasi posizione giuridica in favore del soggetto attore. 

� E poich� in base all'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 12248, ali. E, presupposto 
della giurisdizione � la sussistenza di una posizione giuridica (diritto 

o interesse legittimo) prevista almeno in astratto come idonea a fondare la 
domanda giudiziale, ne conseguiva che, nella specie, non essendo per definizione 
neppure in astratto configurabile un rapporto di lavoro o di impiego 
secondo il modello previsto dal citato art. 99 r.d.l. n. 745 del 1924, fosse ipotizz~
bile l'improponibilit� della domanda per difetto assoluto di giurisdizione; 
derivante dalla non configurabilit� -nemmeno astratta -di un qualsiasi 
diritto soggettivo in favore dell'attore. 
La sentenza in rassegna, come s'� detto, introduce un'importante mutazione 
giurisprudenziale con essa essendo stata riesaminata e modificata l'intera 
materia. In conseguenza delle decisioni della Suprema Corte 11 gennaio 1973 
-dalla n. 63 alla n. 81, in questa Rassegna, 1973, I, 846 -riguardanti la portata 
del divieto di assunzione senza concorso di dipendenti nella Regione siciliana � 
stato ribadito dal Supremo collegio che l'illiceit� della causa o dell'oggetto 
previsti dall'art. 2126 cod. civ. come presupposto di nullit� del contratto di 
lavoro, per realizzarsi necessitano non solo di un contrasto con una norma imperativa, 
(c.d. �stretta legalit��) ma, anche, di una violazione dei �principi 
giuridici ed etici fondamentali dell'ordinamento� (c.d. �illiceit��). 

Da questa premessa la Suprema Corte, pur ribadendo il carattere cogente 
dell'art. 99 r.d.l. 745 del 1924, ha fatto derivare due ipotesi. La prima, nella 
quale vengano affidate all'amanuense funzioni tipiche di cancelleria: in questo 
caso correttamente � da individuare l'illiceit� del rapporto � dacch� in tale 
ipotesi gli stessi valori protetti dall'art. 36 Cost. possono trovare resistenza 
in altri valori tutelati dai principi costituzionali sulla Pubblica Amministra� 
zione (Cost. art. 97), che hanno, anch'essi, finalit� di primaria. rilevanza per 
l'ordinamento�. 

La seconda -di pi� comune verificazione -nella quale l'affidamento 
all'amanuense consista in mansioni di mera esecuzione e d'ordine � concretizzandosi 
cos� una situazione che, se pur chiaramente illegale e fonte di respon




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 97 

� Dai proventi delle cancellerie dei tribunali e delle preture deve pre� 
levarsi innanzi tutto l'assegno per le spese di ciascun ufficio. 

� Per la retrib�zione del lavoro straordinario di copiatura non pu� prelevarsi 
una quota superiore di quattro decimi delle somme che spettano 
alle cancellerie per diritti di copia �. 

Il personale in tal modo assunto fu costantemente escluso dalla sfera 
di applicazione delle leggi che, dal 1947 in poi, provvidero alla sistema� 
zione del personale statale assunto fuori ruolo e fu invece oggetto di 
trattamento preferenziale nell'espletamento dei concorsi per la copertura 
dei posti di ruolo del personale di dattilografia, istituito con I. 21 dicembre 
1956 n. 1444. Fu prevista l'abrogazione del citato art. 99 in coinci� 
<lenza con l'espletamento dei concorsi (1. 20 febbraio 1958, n. 58), ma 
l'abrogazione stessa fu con successive leggi procrastinata, �per l'evidente 
insufficienza del personale di ruolo a soddisfare le esigenze degli uffici, 
mentre fu stabilito (1. 28 luglio 1960, n. 777 e 20 dicembre 1962, n. 1719) 
che il lavoro di copiatura fosse retribuito in misura fissa in relazione 
al numero delle facciate degli atti copiati. 

Ci� premesso, si osserva che l'opinione espressa nella sentenza impugnata, 
secondo cui, tra il Sessa -assunto ex art. 99 citato -e la pub� 

sabilit� per coloro che l'abbiano determinata, non assume tuttavia quelle 
caratteristiche di illiceit� che, ai sensi dell'art. 2126 cod. civ., e secondo l'interpretazione 
che se ne � data, sottrae il lavoro prestato a qualsiasi tutela �. 

In ordine a tale soluzione si ritiene anzitutto di dover ribadire tutti i dubbi 
e le perplessit� gi� rilevate in occasione della vertenza conclusasi con la gi� 
citata sentenza n. 63 del 1973 (in questa Rassegna 1973, I, 846). Infatti inopinata� 
mente con tale decisione era stato svuotato di pratico contenuto ogni divieto 
legislativo di assunzione di personale da parte di enti pubblici e dello stesso 
Stato, sotto una discutibile dicotomia operata fra � illegalit� � ed � illiceit�� e 
pur nell'ambito di norme imperative inderogabili e dirette a salvaguardia di 
organizzazioni di tipo pubblicistico dominate da controllo sulla spesa pubblica. 

Sotto un profilo di opportunit� processuale per� deve prendersi atto che 
la decisione n. 1609 del 1976 delle Sezioni Unite non consente di riproporre al 
Supremo collegio tesi che pur controvertibili sotto un profilo strettamente 
dottrinario rappresentano ormai derivazioni di un consolidato orientamento 
giurisprudenziale. 

L'ulteriore ed attuale evoluzione della giurisprudenza consiglia viceversa di 
attestare le eventuali future difese su caposaldi pi� sostenibili. 

Anzitutto parrebbe non inutile -ci� � di stretta competenza ministeriale che 
i capi degli uffici di cancelleria fossero esplicitamente edotti con apposita 
comunicazione generale dell'attuale situazione che comporta contro ogni precedente 
prassi il pericolo della loro personale responsabilit� patrimoniale per 
ipotesi nelle quali alla violazione dell'art. 99 del r.d.l. n. 745 del 1924 consegua 
la responsabilit� patrimoniale della P.A. 

Per quanto concerne aspetti pi� specificamente difensivi potrebbe nelle 
future eventuali controversie anzitutto sollecitarsi l'indagine del giudice sulla 
esatta natura delle funzioni in concreto prestate dagli amanuensi. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

98 

blica amministrazione si sia costituito un rapporto di pubblico impiego, 
� palesemente priva di qualsiasi fondamento. 

Non � .dato -anzitutto -comprendere in quale atto la corte di 
merito abbia ravvisato l'esistenza dell'atto di nomina di cui dis.corre, 
quando la stessa difesa del Sessa, nel controricorso, deduce che � non suss�ste 
nessun atto che per la forma (necessariamente scritta) e per il contenuto, 
possa essere considerato come atto formale di nomina, nemmeno 
in relazione a quanto previsto dall'art. 99 r.d.l. 8 maggio 1924, n. 745 �. 

Sembra doversi ritenere che la stessa corte abbia considerato come 
atto di nomina la avvenuta assunzione -senza osservanza di forme del 
Sessa alle mansioni di amanuense di cui al ripetuto art. 99. Ma siffatta 
tesi non trova alcun conforto nell'ordinamento. 

Infatti, l'atto di nomina, indispensabile per l'instaurazione di un rapporto 
di pubblico impiego, non diversamente da qualsiasi atto della pub� 
blica amministrazione, � atto tipico, preordinato ... alla realizzazione dello 
specifico interesse pubblico per il quale l'ordinamento lo predispone. Come 
atto tipico, esso deve avere il particolare contenuto prestabilito dalla legge 
e consistente nella manifestazione della volont� della pubblica amministrazione 
di utilizzare la prestazione di un determinato soggetto e di inserirlo 
nella propria organizzazione (Cass. Sez. Un. sent. n. 403 del 1974). 

Ove dovesse ravvisarsi l'attribuzione di tipiche funzioni di cancelleria e non 
soltanto l'affidamento di mansioni esecutive e d'ordine potrebbe utilmente sol� 
levarsi eccezione di difetto assoluto di giurisdizione -o quanto meno di infondatezza 
della domanda secondo i! c.d. petitum sostanziale -in base ai 
principi pi� sopra indicati. 

Potrebbe altres� essere opposto il decorso della prescrizione quinquennale 
ai sensi dell'art. 2948 nn. 4 e 5 cod. civ. 

Infatti 'pare potersi affermare -pur con tutte le incertezze derivanti dalla 
fattispecie -che la dichiarazione di incostituzionalit� dell'art. 2948 n. 4 e.e. 
per la parte in cui consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione 
decorra in pendenza del rapporto di lavoro (cfr. sentenza n. 73 del 1966 della 
Corte costituzionale) non debba trovare applicazione solo -come riconosce 
pacificamente la giurisprudenza -tutte le volte che il rapporto di lavoro sia 
caratterizzato da una particolare forza di resistenza, come quella derivante da 
una disciplina che assicuri stabilit� al rapporto medesimo e fornisca la garanzia 
di appositi rimedi giurisdizionali contro ogni illegittima risoluzione del rapporto 
stesso (es. lavoro con enti pubblici economici; rapporti per i quali 
trovino comunque applicazione le leggi n. 604 del 1966 o n. 300 del 1970), ma 
anche, e comunque, quando in un rapporto di fatto rientrante nella previsione 
dell'art. 2126 cod. civ. sia parte datrice di lavoro lo Stato. 

E ci� perch� la legalit� della pubblica azione pu� essere assunta a garanzia 
di ragionevole stabilit� del rapporto anche in questa ipotesi cos� da rendere 
inoperante la ratio ispiratrice della pronuncia di incostituzionalit� e, cio�, la 
posizione deteriore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro. 

CARLO CARBONE 



PARTE I, snz. III; GIURIS. su QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

L'atto .stesso -e in ispecial modo quando trattisi della amministrazione 
dello Stato -rivela la sua idoneit� a d�r vita a un rapporto di. 
pubblico impiego in quanto ammette il soggetto privato nell'esercizio 
delle funzioni, ne stabilisce l'inquadramento in una determinata categoria 
di impiegati e specifica ogni altro dato necessario all'identificazione 
del relativo stato giuridico (Cass. Sez. Un. sf_!nt. n. 2857 del 1973). 

Nulla di simile si rinviene negli atti sottoposti al giudizio di queste 
Sezioni Unite, per quanto riguarda la posizione del Sessa. 

Va ancora osservato che l'assunzione di tale lavoratore, da parte 
della cancelleria dell'ufficio giudiziario e per le mansioni di copiatura, 
di cui al citato art. 99 r.d.1. n. 745 del 1924, nemmeno se avvenuta in 
forma scritta potrebbe avere rilievo in questa causa, in relazione alle 
domande proposte, in quanto l'attore intende far valere in giudizio non 
gi� il rapporto di amnuense in tal modo costituito -rapporto che � 
pacifico si sia istituito -bens� il diverso rapporto che si sarebbe venuto 
a creare, con la pubblica amministrazione, per il fatto che il Sessa avrebbe 
svolto continuativamente mansioni diverse da quelle previste dalla norma 
richiamata. 

Rispetto a tale diversa configurazione del rapporto, � del tutto pacifico 
che manchi un atto di nomina ed anzi taie mancanza � presupposto 
della stessa causa pe!endi -cos� come � formulata -e tanto poco 
pu� a tale mancanza sopperirsi con l'eventuale atto scritto di assunzione 
ex art. 99 citato, in quanto questa norma -come risulta dal testo 
sopra riportato -fa esplicito divieto di adibire il personale de quo 
a �lavori diversi dalla semplice copiatura�: � quindi inimmaginabile 
che, ai fini della configurazione �di un rapporto di pubblico impiego, possa 
utilizzarsi un atto emanato in base ad una norma che espressamente 
vieta di attribuire a quel determinato soggetto quelle mansioni o funzioni 
che si pretende formino oggetto di quel rapporto. 

Si deve pertanto escludere che il rapporto dedotto in giudizio dal 

Sessa possa qualificarsi di pubblico impiego. 

Occorre quindi vedere se i fatti esposti abbiano dato luogo al for


marsi di un rapporto di ~avaro privatistico, tra il Sessa e l'amministra


zione, come sostiene il ricorrente incidentale, ovvero soltanto ad una 

situazione che non consente di configurare, nemmeno in astratto, un 

rapporto giuridicamente tutelabiie, in mancanza di una norma sostan


ziale che tuteli le pretese fatte valere, talch� le domande siano da con


siderarsi improponibili per difetto assoluto di giurisdizione, come sostie


ne la difesa dell'amministrazione. 

� appena il caso di ricordare che si � da tempo affermato (Cass. 

Sez. Un. sent. n. 2829 del 1962) e si � sinora mantenuto (Cass. Sez. Un. 

sent. n. 1003 del 1975) l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

100 

in. mancanza di un atto formale di nomina, il rapporto di prestazione 
d'opera retribuita tra il soggetto privato e l'ente pubblico (ed anche lo 
Stato) ha carattere privatistico e come tale riceve tutela. Nella specie, 
per�, ad avviso della difesa dell'amministrazione, tale principio troverebbe 
ostacolo alla sua applicazione nell'espresso e perentorio divieto contenuto 
nel richiamato art. 99, in quanto le prestazioni di lavoro, per le quali 
il Sessa sollecita il corrispettivo, sono state effettuate in violazione di 
tale divieto, che costituisce norma imperativa e di ordine pubblico. 

La questione si restringe quindi ulteriormente in quella se, data la 
natura privatistica del rapporto, esso possa ricevere o meno tutela ai 
sensi dell'art. 2126 cod. civ., vale a dire se, anche supposta l'invalidit� 
del rapporto, in quanto contrario a norme imperative, le prestazioni di 
lavoro siano tuttavia suscettibili di essere retribuite, in quanto non sussista 
illiceit� dell'oggetto o deHa causa. 

Queste Sezioni Unite non ignorano che la particolare questione ha 
formato oggetto di due pronunzie di questa Suprema Corte (sentenze 
nn. 141 e 1469 del 1958), le quali hanno affermato che il divieto di cui 
all'art. 99 R.D.L. n. 745 del 1924, di adibire gli amanuensi a lavori diversi 
dalla semplice copiatura, � tassativo e assoluto e ha il preciso carattere 
di una norma imperativa di ordine pubblico, onde ogni attivit� prestata 
con inosservanza di tale divieto � sfornita di tutela per illiceit� dell'oggetto, 
ai sensi del citato art. 2126, primo comma, cod. civ. 

La questione merita, tuttavia, di essere rimeditata e approfondita 
sotto due � aspetti, vale a dire sotto il profilo dell'interpretazione che 
attualmente questa Suprema Corte fornisce del concetto di illiceit� dell'oggetto 
e della causa, di cui all'art. 2126 cod. civ. e sulla correlativa 
influenza che essa pu� a sua volta esercitare nell'interpretazione del 
divieto di cui al citato art. 99. 

Secondo una certa tendenza interpretativa, l'illiceit� della causa 

(art. 1343 cod. civ.) o dell'oggetto (art. 1346 cod. civ.) sussiste sol che 

vi sia violazione di una norma cogente e precettiva, prescindendosi dal 

richiamo al concetto di ordine pubblico, il quale avrebbe carattere mera


mente sussidiario, nel senso che comporterebbe illiceit� quando la causa 

o l'oggetto sono contrari non gi� a specifici precetti di legge, ma ai principi 
fondamentali alla cui osservanza l'ordinamento condiziona la tutela 
degli interessi. 
Tale orientamento non sembra, per�, che trovi seguito nell'interpretazione 
giurisprudenziale dell'art. 2126 cod. civ., riguardo al quale si osserva 
che non � sufficiente la contrariet� -della causa o dell'oggetto -a 
norma imperativa, ma occorre in ogni caso l'incompatibilit� di tali elementi 
del contratto con i principi di ordine pubblico, strettamente intesi, 

o con norme imperative che di per se stesse attengano all'ordine pubblico. 

PARTE I, Sl!Z. III, GIURI$. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Si � cos� statuito che l'illiceit� della causa, nel contratto di lavoro, non 
pu� ravvisarsi nella violazione della mera. ristretta legalit�, ma nel contrasto 
con norme fondamentali e generali o con i principi basilari pubblicistici 
dell'ordinamento e, con particolare riferimento all'art. 2126 cod. 
civ., si � ritenuto che il contratto spiega i suoi effetti d'ordine patrimoniale 
quando non contrasti con i prindpi giuridici ed etici fondamentali 
dell'ordinamento stesso. (Cass., Sez. Un., sent. n. 63 del 1973). 

Di tale principio si sono fatte molteplici applicazioni in materia di 
inosservanza di precetti legislativi e di difetto di presupposti pubblicistici 
nel rapporto di lavoro, riconoscendosi i suoi effetti, ai sensi dell'art. 
2126 cod. civ., ad esempio, nel caso di lavoro di portierato prestato 
da persona non munita della licenza di P.S. (Cass., sent. n. 1109 del 1965); 
nel rapporto giornalistico svolto da non iscritto all'albo (Cass., sent. 

n. 2918 del 1960); nel rapporto di impiego di pensionati assunti contro 
un espresso divieto di legge (Cass., sent. n. 1934 del 1954) e di personale 
immesso in servizio senza concorso, in violazione di specifica disposizione 
di legge ragionale (Cass., Sez. Un., n. 63 del 1973). 
D'altra parte, dall'inosservanza di normativa pubblicistica relativa 
alla validit� del rapporto di impiego pubblico, si prescinde, in qualche 
modo, anche in tutti quei casi nei quali si riconosce efficacia nel campo 
del diritto privato ai rapporti di lavoro subordinato prestato per pubbliche 
amministrazioni, in mancanza totale di atto di nomina: il che � 
stato ammesso anche nei confronti della amministrazione dello Stato 
(Cass., sent. n. 1222 del 1964). 

Il concetto di illiceit� della causa o dell'oggetto del contratto di 
lavoro, cos� circoscritto, interpreta la norma in senso conforme ai principi 
costituzionali di tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni 
(Cost., art. 35) e del diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata 
alla qualit� e quantit� del lavoro (Cost., art. 36) e deve, conseguentemente, 
essere adottato .anche nell'interpretazione dell'art. 99 del 

r.d.l. n. 745, in esame. 
Le sentenze di questa Suprema Corte, dianzi richiamate, n. 141 e 1409 
del 1958 hanno esattamente ritenuto la natura precettiva e cogente di 
tale norma e correttamente individuato la ragione del divieto in essa 
contenuto, ravvisandola nell'esigenza di riservare ai funzionari, debitamente 
investiti delle funzioni pubbliche, l'esplicazione di compiti e mansioni 
inerenti al loro esercizio. 

Senonch� tale principio va considerato con riguardo alla concreta 
organizzazione degli uffici di cancelleria. e dell'ordinamento del personale 
ad essi preposto, per rilevare che si � in presenza di una stratificazione 
di funzioni e mansioni e di una corrispondente diversit� e pluralit� di 
attribuzioni, cui corrispondono anche distinte carriere del personale ad



102 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

detto: e mentre l'attivit� del cancelliere, caratterizzante e tipica, � esplicazione 
di funzione pubblica in senso proprio (art. 57 e 58 c.p.c.; 147 
c.p.p.), negli uffici di cancelleria si svolgono anche mansioni di mera 
esecuzione e d'ordine, fino a quelle prevalentemente materiali affidate al 
personale ausiliario (v. I. 12 luglio 1975, n. 311). 

Pertanto, l'eventuale infrazione del divieto di cui all'art. 99 in questione, 
mediante I'adibizione dell'amanuense a lavori diversi da quelli di 
copiatura, va riguardata, ai fini dell'applicazione dell'art. 2126 cod. civ., 
con riferimento alla qualit� del lavoro concretamente svolto -da una 
parte -e in relazione ai valori costituzionalmente tutelati che l'una e 
l'altra delle norme citate possono coinvolgere. Sembra al riguardo, potersi 
ritenere che il principio .enunziato nelle sentenze di questa Suprema 
Corte sulla questione possa e debba applicarsi quando si tratti di affidamento 
-all'amanuense -di funzioni� tipiche e pi� delicate del cancelliere 
(da valutarsi in relazione alle norme che le disciplinano), dacch� 
in tale ipotesi gli stessi valori protetti dall'art. 36 Cost. possono trovare 
resistenza in altri valoti tutelati dai principi costituzionali sulla Pubblica 
Amministrazione (Cost., art. 97), che hanno, anch'essi, finalit� di primaria 
rilevanza per l'ordinamento. 

Non altrettanto pu� dirsi quando i compiti affidati all'amanuense 
siano di mera esecuzione e d'ordine, concretizzandosi cos� una situazione 
che, se pur chiaramente illegale e fonte di responsabilit� per coloro che 
l'abbiano �determinata, non assume tuttavia quelle caratteristiche di illiceit� 
che, ai sensi dell'art. 2126 cod. civ., e secondo l'interpretazione che 
se ne � data, sottrae il lavoro prestato a qualsiasi tutela. 

Mette conto di notare, in proposito, che, se per effetto dell'art. 3 
della gi� citata legge 12 luglio 1975, n. 311, i coadiutori dattilografi, con 
un certo numero di anni di servizio, possono assistere i magistrati nelle 
udienze civili e penali, redigere e sottoscrivere i relativi verbali, a maggior 
ragione � da ritenere che anche un limitato livello di cultura e preparazione, 
di cui pu� presumersi dotato l'amanuense, sia sufficiente per 
disimpegnare mansioni ben pi� modeste o addirittura elementari. 

Poich� nella specie e per quanto risulta dall'analitica descrizione con


tenuta nella sentenza del tribunale di Milano, si verte appunto nell'ipotesi 

di esplicazione, da parte del Sessa, di mansioni meramente esecutive e 

d'ordine, si deve ritenere che �, in astratto, invocabile una tutela giuri


dica del rapporto anomalo istituitosi, e che appare quindi infondata la 

tesi della ricorrente amministrazione, circa il difetto assoluto di giurisdi


zione in ordine alle domande del medesimo Sessa, per non essere, sempre 

in astratto, configurabile una posizione di diritto soggettivo o di interesse 

legittimo. 

Il rapporto intercorso tra il Sessa e la Pubblica Amministrazione, 

del tutto inidoneo a configurare un rapporto di pubblico impiego e pur 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1�03 

invalido sotto il profilo della stretta legalit�, spiega tuttavia una residua 
efficacia d'ordine patrimoniale, nel campo del diritto privato, ai sensi 
dell'art. 2126 cod. civ. 

Si deve, quindi, rigettare il ricorso principale; cassare la sentenza 
impugnata e, in accoglimento del ricorso incidentale, dichiarare la giurisdizione 
del giudice ordinario. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1610 � Pres. Boccia � 
Est. Bile -P. M. Del Grosso (conci. parz. diff.) -Ministero Difesa 
(avv. Stato Braguglia) c. Soc. Impresa Masoero (avv. G. Romanelli, 
Pitruzzella, Speranza). 

Competenza e giurisdizione � Regolamento preventivo di giurisdizione � 
Graduazione degli sfratti: decreto pretorile di fissazione delle modalit� 
dello fratto -Proposizione successiva: ammissibilit�. 
(cod. proc. civ. art. 41; I. 26 novembre 1969, n. 833, art. 4). 

Competenza e giurisdizione � Limiti interni alla giurisdizione dell'A.G.O. 
Immobile locato e destinato a sede di pubblici uffici � Esecuzione per 
consegna o rilascio: ammissibilit�. 

(I. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, artt. 2 e 4). 
Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione � proponibile 
anche successivamente al decreto pretorile di fissazione della data di 
esecuzione dello sfratto: infatti tale provvedimento costituisce atto del 
processo di esecuzione non ancora pervenuto alla sua definizione (1). 

Il giudice ordinario ha giurisdizione in tema di esecuzione forzata 
per rilascio di immobili condotti in locazione dalla pubblica Amministrazione 
ed adibiti a sede di pubblici uffici, in relazione ai quali sia stata 
pronunciata ordinanza non .impugnabile di rilascio per mancato pagamento 
dei canoni (2). 

(1) Le Sezioni Unite esattamente hanno ammesso, in contrasto con le conclusioni 
del P.G., la possibilit� di proporre il regolamento preventivo successivamente 
al provvedimento pretorile con il quale sia stata fissata la data di 
esecuzione dello sfratto. 
Da un lato, infatti, non pu� disconoscersi che anche il processo esecutivo 
-al pari di quello di cognizione -ha natura giurisdizionale; sotto altro 
profilo non potrebbe condividersi la tesi della natura non giurisdizionale del 
decreto con il quale il pretore determina le modalit� dello sfratto (in analogia 
con l'art. 612 c.p.c.); infine il citato provvedimento -previsto dagli artt. 
4 e 5 1. 26 novembre 1969, n. 833 -appartiene ad un processo esecutivo non 
ancora definito. 

Parte della dottrina -cfr. G. PETRONE in Foro it. 1976, I, 1185 -rileva 
che la sentenza, mentre pone termine alle molteplici questioni sorte in relazione 
all'individuazione del momento iniziale dell'esecuzione, � ��� dar� senz'altro adito 
alle altre non meno rilevanti questioni collegate al carattere di decisoriet� o 
meno dei provvedimenti emanati in sede di graduazione, in armonia con quanto 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione 
-proposto dall'Amministrazione della Difesa, locataria, a seguito 
del provvedimento con cui il Pretore, su istanza della s.a.s. Masoero, locatrice, 
aveva fissato la data dell'esecuzione per il rilascio dell'immobile 
locato, ai sensi dell'art. 4 della legge 26 novembre 1969, n. 883 � ammissibile. 


Le Sezioni Unite hanno gi� avuto occasione di risolvere in senso 
positivo il problema se il regolamento preventivo della giurisdizione 
possa essere chi.esto nel corso di un procedimento esecutivo, sia di espropriazione 
forzata mobiliare o immobiliare (cfr. sentenze n. 875 del 1972 
e n. 2699 del 1974), sia di esecuzione di obblighi di fare o non fare (cfr. 
sentenza n. 1195 del 1973), sotto il profilo che tale procedimento -pur 
se strutturalmente diverso da quello di cognizione -� caratterizzato 
dallo svolgimento di una serie di atti c~i presiede il giudice, nell'esercizio 
di. poteri di natura giurisdizionale, onde rispetto ad essi ben possono 
configurarsi questioni di giurisdizione nei confronti cos� della pubblica 
amministrazione come dello straniero. E, per quanto concerne l'esecuzione 
per rilascio di immobili assoggettati alla normativa speciale in 
materia locatizia, questa Corte ha da tempo affermato che essa si svolge 
tutta sotto la direzione del pretore (cfr. sentenza n. 1477 del 1954). 

Il c.aso di specie propone piuttosto la questione della natura del 
procedimento previsto dal citato art. 4 della legge n. 833. del 1969 e in 
particolare dell'inquadrabilit� di esso nell'ambito dell'esecuzione. 

accaduto con i provvedimenti emessi in sede di determinazione delle modalit� 
di esecuzione ex art. 612 cod. proc. civ., di cui se ne sono contestate le affinit��. 

(2) Il principio enunciato nella seconda massima costituisce applicazione 
dell'orientamento gi� puntualizzatosi nella giurisprudenza delle Sezioni Unite 
(cfr. Cass. SS.UU. 4 febbraio 1975, n. 416, Comune di Roma c. Garan ed altro, 
Giust. civ. 1975, I, 532). 
Nella fatti.specie richiamata in motivazione fu deciso che rientrava nella 

competenza giurisdizionale dell'A.G.O. la domanda di convalida dello sfratto per 

finita locazione relativa ad un immobile locato ad un Comune per essere desti


nato a scuola elementare ed effettivamente adibito a tale impiego. 

In quella occasione la Corte Suprema afferm� che l'eventuale pronuncia di 

sfratto non avrebbe inciso, revocandolo, sul provvedimento amministrativo con 

cui era stata impressa nell'immobile tale destinazione, ma unicamente sul .suo 

presupposto, costituito dal rapporto locativo in base al quale quel provvedi


mento era stato emesso e la cui durata non poteva, pertanto, non c�ndizionare, 

sotto il profilo temporale, l'operativit� del provvedimento medesimo. 

Infine, poich� l'immobile non era entrato a far parte del patrimonio indi


sponibile del Comune -non avendone questo acquistato la propriet� -. le 

Sezioni Unite esclusero che la pronuncia di sfratto potesse sostituirsi al prov


vedimento amministrativo richiesto dall'art. 828 e.e. per la sottrazione dei beni 

indisponibili alla loro destinazione. 

Nella presente fattispecie -convalida di sfratto per morosit� -tali principi 
sono stati integralmente riaffermati. 

c. c. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

La norma in esame -ma gi� prima l'art. 33 della legge 23 maggio 
195P, n. 253 -attribuisce al decreto con cui il �Pretore fissa la data 
di inizio delle operazioni di rilascio una funzione sostitutiva rispetto al 
preavviso da parte dell'ufficiale giudiziario ri_chiesto dall'art. 608 c.p.c.: 
la: disciplina concreta, quanto al tempo, dell'attuazione coattiva del provvedimento 
di rilascio � perci� sottratta alla disponibilit� della parte 
che -l'ha ottenuto, come avviene all'interno dell'ambito di applicabilit� 
dell'art. 608 c.p.c., ed � invece affidata al prudente apprezzamento del 

. pretore, il quale -entro i limiti posti dalla legge -pu� .cos� comporre 

il conflitto fra il locatore, interessato ad un sollecito svolgimento del


l'esecuzione, ed il conduttore, portatore dell'interesse contrario. 

Appare quindi evidente il parallelismo -gi� sottolineato dall'� dot


trina -fra il provvedimento del pretore in materia di esecuzione per 

rilaseio di immobili urbani adibiti ad abitazione e soggetti alla legisla


zione speciale e quello emesso dal pretore ai sensi dell'art. 612 c.p.c., 

in materia di esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare: en


trambi hanno invero come �contenuto la determinazione delle modalit� 

dell'esecuzione. 

Conseguenzialmente -come l'esecuzione di obblighi di fare ha inizio 

con la presentazione del ricorso al pretore (cfr. sentenza n. 932 del 1964) 


altrettanto deve dirsi per l'esecuzione per rilascio degli immobili in que


stione (cfr. sentenza n. 2807 del 1969). 

Le Sezioni Unite c?ndividono perci� l'affermazione contenuta nella 

sentenza da ultimo citata -secondo la quale sia la istanza con cui il 

locatore promuove la fissazione da parte del pretore del giorno in cui 

il rilascio dell'immobile dovr� aver luogo, sia il correlativo provvedimento 

hanno natura di atti di esecuzione ..:.. e disattendono l'opposto orienta


mento, sull'estraneit� del procedimento in questione all'esecuzione, che 

� stato talora enunciato in altre decisioni (sentenze n. 1877 del 1965 e 

n. 848 del 1968). 
2.� Le conclusioni che precedono implicano il rigetto della tesi della 
natura non giurisdizionale del decreto del pretore in materia di graduazione 
(e di proroga) dell'esecuzione degli sfratti. 

Le sentenze che hanno �accolto questa tesi -sovente ricorrendo alla 
composita definizione di �� provvedimenti che, se pure non estranei allo 
esercizio di funzioni giurisdizionali, hanno prevalente natura amministrativa 
" -hanno quasi sempre esaminato la questione ai fini del problema 
della non impugnabilit� del decreto del pretore, ed in particolare della 
inammissibilit� del ricorso per cassazione ai sensi. dell'art. 111 Cost., 
risolvendolo in senso negativo sulla base non soltanto della natura non 
giurisdizionale, ma anche del carattere meramente ordinatorio del provvedimento 
stesso; ed � di tutta evidenza l'assoluta decisivit� di questa 


�106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

seconda argomentazione (cfr. sentenze n. 1215 e n. 2661 del 1961, n. 1113 

e n. 1517 del 1967, n. 3338 del 1968, n. 2767 del 1971, n. 1507 del 1972). 

Ma alla contraria affermazione della giurisdizionalit� dei poteri eser


citati dal pretore ai sensi dell'art. 4 della citata legge n. 833 conducono, 

senza possibilit� di residui dubbi, i rilievi innanzi svolti in ordine all'in


serimento della norma nell'ambito del procedimento esecutivo per rilascio, 

in palese corrispondenza con la funzione che l'art. 612 c.p.c. esplica nel 

quadro dell'esecuzione degli obblighi di fare. Gi� altra volta questa Corte 

dalla premessa che l'art. 4 attribuisce al pretore il potere di disciplinare 

in concreto le modalit� temporali dell'esecuzione � coerentemente per


venuta alla conclusione della natura giurisdizionale 'del provvedimento di 

fissazione della data del rilascio (cfr. sentenza n. 2807 del 1969, che pe


raltro limita il principio alla sola graduazione e opina diversamente per 

le proroghe). 

N� rileva la natura pubblicistica dell'interesse che la legge -in con


siderazione della crisi dell'edilizia abitativa e delle conseguenti difficolt� 

economiche che il locatario sfrattato, gi� destinatario della tutela pre


disposta dalla normativa sulle locazioni urbane, incontra nel procurarsi 

un altro alloggio -ha inteso soddisfare con l'attribuzione al pretore dei 

poteri. in questione. La proposizione ora riferita coglie certamente il 

fondamento politico della disposizione in esame -e, pi� in generale, 

di tutta la legislazione vincolistica in materia locatizia -ma non esclude 

certo di per s� che il pretore svolga funzioni giurisdizionali quando fissa 

(o proroga) la data del rilascio, componendo il conflitto di interessi fra 

l� parti circa le modalit� dell'esecuzione del provvedimento emesso in 

sede di cognizione, mediante l'esercizio di poteri in qualche misura discre


zionali (cos� come poteri discrezionali sono esercitati dal pretore in ipo


tesi in cui la giurisdizionalit� � fuori discussione: art. 612, art. 700 c.p.c.). 

3. -Una volta riconosciuta identica natura sia al provvedimento di 
fissazione della data del rilascio, di cui all'art. 4 della legge n. 833 del 1969, 
sia a quello o a quelli successivi di proroga, di cui al medesimo art. 4 
ed all'art. 5 della stessa legge, � agevole ritenere che essi siano tutti 
coordinati in un unico procedimento giurisdizionale il quale, nel suo 
complesso, costituisce parte dell'esecuzione, � finalizzato allo scopo di 
determinare il momento in cui il rilascio debba aver luogo ed ha la 
stessa funzione che nel sistema generale previsto dal codice di rito viene 
assolta dalla comunicazione fatta dall'ufficiale giudiziario ex art. 608. 
Ne discende -da un lato -che nella specie il ricorso per regolamento 
preventivo di giurisdizione � stato proposto nel corso di un procedimento 
esecutivo, iniziato con il ricorso al pretore ex art. 4 legge 

n. 833 e -dall'altro -che nessuna preclusione pu� ravvisarsi nella 
emanazione, da parte del pretore, del provvedimento di fissazione del 

PARTI! I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 107 

giorno del rilascio, trattandosi di uno degli atti del processo di esecuzione 
non ancora pervenuto alla sua definizione. 

4. -A sostegno della tesi del difetto di giurisdizione del pretore 
ad�to dalla s.a.s. Masoero, il Ministro della Difesa -pur non contestando 
che fra le parti sia stato stipulato un contratto di locazione 
di diritto comune, del quale il giudice ordinario pu� dichiarare la risoluzione 
per inadempimento della pubblica amministrazione conduttrice, 
con condanna di essa al rilascio dell'immobile -afferma che di siffatta 
condanna il giudice ordinario non potrebbe per� ordinare o autorizzare 
l'esecuzione forzata ove, come nel caso di specie, l'immobile sia stato 
destinato a sede di un pubblico ufficio ed in esso sia quindi in atto 
l'espletamento di un pubblico servizio, a tale esecuzione ostando il 
principio generale posto dall'art. 4, comma secondo, dell'allegato E della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248. 
L'assunto non � fondato. 

Le Sezioni Unite hanno gi� affermato -con la sentenza n. 416 del 
1975 -che il giudice ordinario ha giurisdizione a conoscere della 
domanda di convalida di licenza per finita locazione proposta dal privato 
locatore contro la pubblica amministrazione conduttrice di immobili 
destinati, secondo espressa clausola contrattuale, all'esercizio di 
attivit� correlate con i fini istituzionali di essa. Naturalmente i principi 
allora enunciati sono .integralmente applicabili in tema di convalida 
di sfratto per morosit�. 

Assume determinante importanza ai fini della decisione il fatto 
che il Ministero della Difesa -per l'espl�tamento dei compiti dell'Ufficio 
tecnico militare marittimo di Torino -ha ritenuto, alla stregua 
di una sua autonoma e discrezionale valutazione, di procurarsi la disponibilit� 
dell'immobile per cui � causa ricorrendo allo strumento del 
contratto di locazione e operando quindi al livello del diritto privato. 

� ben vero che nel contratto fu esplicitamente precisato che lo stabile 
locato sarebbe stato utilizzato come sede del citato ufficio (evidentemente 
nell'interesse del locatore, ai fini del controllo sull'adempimento, 
da parte del conduttore, dell'obbligo d� destinare la cosa locata per 
l'uso contrattualmente determinato, a norma dell'art. 1587, n. 1, e.e.). 

Ma se cos� �, siffatta destinazione della cosa assume in realt�, nei 
confronti del locatore, i connotati dell'esercizio dei poteri attribuiti al 
locatario dal contratto di locazione. 

La ricorrente individua per contro nella medesima destinazione il 
contenuto di un provvedimento amministrativo. Peraltro, sviluppando l'indagine 
in questa prospettiva, l'ambito di operativit� di un tale provvedimento 
-per effetto della scelta di fondo precedentemente e liberamente 
compiuta dall'amministrazione pubblica -non pu� non coincidere, 
almeno per quanto concerne i limiti temporali, con i confini en



108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tro i quali il contratto assicura alla stessa amministrazione il godimento 
della cosa condotta in locazione. L'asserito provvedimento spiega 
quindi i suoi effetti nella misura in cui lo Stato pu� disporre del bene 
locato, onde le vicende del rapporto locatizio -che logicamente costituisce 
un prius rispetto al provvedimento -non incidono su questo 
ultimo, attenendo piuttosto ai confini entro i quali esso � destinato 
ad operare. 

Perci�, l'accertamento della risoluzione della locazione per morosit� 
dell'amministrazione conduttrice e la conseguente condanna di essa al 
rilascio della cosa in favore del privato locatore non possono considerarsi 
preclusi dall'art. 4 della legge n. 2248 del 1865, allegato E, in 
quanto, come si � detto, la pronunzia agisce pur sempre entro l'ambito 
delle vicende del contratto, che esclude l'esercizio da parte dell'Amministrazione 
di poteri autoritativi, e che � concettualmente anteriore e 
quindi estraneo, rispetto a quello degli eventuali provvedimenti di destinazione 
ad usi di pubblico interesse del bene condotto in locazione. 

5. -Questi risultati sono determinanti ai fini del rigetto della tesi_ 
della ricorrente, la quale ammette la giurisdizione del giudice ordinario 
in tema di condanna dell'amministrazione al rilascio e la nega in 
tema di esecuzione forzata di quella condanna. 
Se invero, come si � dimostrato, la condanna al rilascio incide 
esclusivamente sul contratto di locazione, altrettanto deve dirsi per la 
sua esecuzione, la quale rimuove la disponibilit� dell'immobile locato 
da parte del conduttore, cos_� assicurando pienezza di tutela al diritto 
soggettivo del locatore: l'esecuzione come gi� la condanna, non tocca 
affatto l'eventuale provvedimento di destinazione, il quale opera se e 
nei limiti in cui quella disponibilit� sussista in base al contratto e 
viene meno inevitabilmente con l'esaurimento di essa. 

Un provvedimento che mantenesse la destinazione data all'immobile 
dall'amministrazione conduttrice malgrado una gi� intervenuta condanna 
al rilascio potrebbe essere configurato soltanto facendo ricorso alla 
categoria degli atti ablatori, previsti dall'ordinamento in una serie di 
ipotesi tipiche. 

Al di fuori di esse non possono rinvenirsi se non comportamenti 
senza potere, come tali inidonei ad incidere su posizioni aventi dignit� 
di diritto soggettivo. 

Peraltro una prospettiva siffatta esula completamente dalla specie, 
nella quale la pubblica amministrazione -come risulta dagli atti di 
causa degli scritti difensivi ed anche dalla discussione orale -ha sempre 
sostenuto che la destinazione dell'immobile a sede dell'ufficio della 
Marina militare deve protrarsi per tutto il quadriennio previsto come 
durata del rapporto locatizio, cos� dimostrando -da un lato -di 
voler continuare ad agire nell'ambito del contratto e -dall'.altro -di 



PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 107 

rilascio, trattandosi di uno degli atti del processo di esen 
ancora pervenuto alla sua definizione. kiosostegno 
della tesi del difetto di giurisdizione del pretore ebbe 

s.a.s. Masoero, il Ministro della Difesa -pur non contefra 
le parti sia stato stipulato un contratto di locazione ~ono 
omune, 
del quale il giudice ordinario pu� dichiarare la riso-
inadempimento della pubblica amministrazione conduttrice, ~ario 

' 

11a di essa al rilascio dell'immob�le -afferma che di siffatta i,:upagiudice 
ordinario non potrebbe per� ordinare o autorizzare ~ella 
forzata ove, come nel caso di specie, l'immobile sia stato frCOrsede 
di un pubblico ufficio ed in esso sia quindi in atto ~delle 
to di un pubblico servizio, a tale esecuzione ostando il '.i-e 

:: 
nerale posto dall'art. 4, comma secondo, dell'allegato E della mmi


trzo 1865, n. 2248. 
~ 

o non � fondato. ~essomi 
Unite hanno gi� affermato -con la sentenza n. 416 del la in 
: il giudice ordinario ha giurisdizione a conoscere della ~anza 
convalida di licenza per finita locazione proposta dal pri; 
caso 
e contro la pubblica amministrazione conduttrice di immo~
e di 
:i, secondo espressa clausola contrattuale, all'esercizio di 
elate con i fini istituzionali di essa. Naturalmente i prin-l ese11unciati 
sono jntegralmente applicabili in tema di convalida ::j' dalla 
:r morosit�. 1rela


determinante 
importanza ai fini della decisione il fatto fu. cui 
' 

tero della Difesa -per l'espl�tamento dei compiti dell'Ufmilitare 
marittimo di Torino -ha ritenuto, alla stregua 
utonoma e discrezionale valutazione, di procurarsi la dispoimmobile 
per cui � causa ricorrendo allo strumento del 
locazione e operando quindi al livello del diritto privato. 
:ro che nel contratto fu esplicitamente precisato che Io staarebbe 
stato utilizzato come sede del citato ufficio (eviden


interesse del locatore, ai fini del controllo sull'adempimento, 
! conduttore, dell'obbligo di destinare la cosa locata per 
tualmente determinato, a norma dell'art. 1587, n. 1, e.e.). 
>s� �, siffatta destinazione della cosa assume in realt�, nei 


locatore, i connotati dell'esercizio dei poteri attribuiti al 

contratto di locazione. 
�ente individua per contro nella medesima destinazione il 
un provvedimento amministrativo. Peraltro, sviluppando l'inesta 
prospettiva, l'ambito di operativit� di un tale provve>
er effetto della scelta di fondo precedentemente e Iiberauta 
dall'amministrazione pubblica -non pu� non coinci


per quanto concerne i limiti temporali, con i confini en



SBZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2731 � Pres. Tresca 
-Est. Coletti -P. M. Pandolfelli (concl. contr.) � Istituto Poligrafico 
dello Stato (avvocato dello Stato Cerocchi) c. Mariella Vincenzo (avv. 
Diana). 

Lavoro -Lavoro dipendente -Contratti collettivi non efficaci � erga om


nes � -Clausola -Interpretazione. 
Lavoro -Cod. civ. art. 2121-Indennit� di preavviso e di anzianit�� Computo. 
Compenso � Natura giuridica -Determinazione. 

I contratti e gli accordi collettivi, stipulati dopo la soppressione del-

I

1'ordinamento corporativo e non dotati di efficacia erga omnes hanno 
natura negoziale: in quanto espressione dell'autonomia privata delle associazioni 
sindacali stipulanti, l'interpretazione delle relative clausole rien


I

tra nei compiti istituzionali del giudice di merito (1). 

I

Ai sensi dell'art. 2121 e.e. le indennit� di preavviso e di anzianit� i 
vanno calcolate computando le provvigioni, i premi di produzione, la 

I

partecipazioni agli utili e ai prodotti e ogni altro compenso di carattere 
continuativo (2). 

i

La denominazione comunque contrattualmente attribuita ad un compenso 
non pu� mai costituire elemento decisivo per determinarne la natura 
giuridica, dovendo questa desumersi dalla considerazione degli ele


I

menti strutturali e funzionali del compenso stesso (3). 

i 

II r 

! 
~ 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2729 -Pres. TreB 
sca -Est. Chiavelli -P. M. Pandolfelli (concl. contr.) -Istituto Poligrafico 
dello Stato (avvocato dello Stato Cerocchi) c. Spinosa Libe


I 

rio (avv. Diana). ~ 

I

Lavoro -Lavoro �straordinario -Retribuzione -Carattere della continuit� 

!' 

e della obbligatoriet�. 

! 

Lavoro -Orario di lavoro -Orario contrattuale � Accordo � Singole prestazioni. 


I compensi per lavoro straordinario non costituiscono, di regola, ele


I 

mento integrativo della retribuzione in considerazione della loro natura 

I 
i i

(1-5) Le pronunzie che si riportano assieme per consentire un inquadramento 
globale dell'orientamento di primo approccio della giurisprudenza del S. C. in 

I 

I 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 111 

transitoria, saltuaria ed eventuale: tuttavia, qualora le prestazioni corrispondenti 
siano continuative ed obbligatorie, il compenso relativo a forfait 
o meno, costituisce parte integrante della retribuzione ai fini dell'indennit� 
di anzianit� (4). 

Gli elementi della continuit� e della obbligatoriet� sussistono certamente 
ogni qualvolta il prolungamento dell'orario normale di lavoro oltre 
quello normale contrattuale -deriva non gi� da un accordo che 
in via generica le singole .prestazioni o periodi di prestazione, ma da 
un patto iniziale o successivo alla costituzione del rapporto di lavoro, 
che investa unitariamente tutte le prestazioni (5). 

merito alla tormentata questione della cosiddetta � ora politica � dei dipendenti 
dell'IStituto Poligrafico dello Stato, mostrano come la Corte sia tuttora ancorata 
ai criteri � classici � di interpretazione della normativa civilistica in tema di 
lavoro straordinario. Per comodit� di ricerca, si richiamano le pronunzie su cui 
si fondano le citate massime: Cass. 24 marzo 1975, n. 1137, in Giust. Civ. Mass. 
1975, 508; Cass. 2 luglio 1971, n. 2391 in Giust. Civ. Mass., 1971, 305; Cass. 30 giugno 
1974, n. 1550, in Giust. Civ. Mass. 1974, 703. Uno spiraglio tendente ad un riesame 
della problematica nella sua globalit�, nella sentenza della S. C. 12 maggio 1976, 

n. 1689, in questa Rassegna, 1976, I, 590. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1976, n. 2855 -Pres. Monelli Est. 
Zappulli -P. M. Antoci (conci. contr.) -Ritarossi c. Ministero 
Interno (avvocato dello Stato Gargiulo). 

Circolazione stradale -Sanzione amministrativa � Atto amministrativo . 
Ordinanza prefettizia. 
Atto amministrativo � Ordinanza del Sindaco � Sindacabilit� da parte della 

A.G.O. � Eccesso di potere. 
Atto amministrativo � Sindacato del giudice ordinario -Ammissibilit�. 
La sanzione amministrativa inflitta al privato con decreto prefettizio 
emesso in virt� della l. 3 maggio 1967, n. 317, incide sul diritto del soggetto 
passivo a non esservi sottoposto se non in quanto l'ordinanza prefettizia 
sia conforme a legge (1). 

Qualora l'ordinanza sia pertanto emessa sulla base di un provvedimento 
del sindaco nell'esercizio del potere attribuitogli dall'art. 4 del 
Codice della Strada, legittimo � il sindacato del giudice ordinario sul contenuto 
dell'ordinanza, ancorch� rivesta carattere discrezionale (2). 

(1-3) La motivazione della sentenza � pregevole, anche per la ricostruzione 
delle opinioni succedutesi nell'iter del tormentato problema della sindacabilit� 
dell'eccesso di potere da parte dell'A.G.O. Oltre ai richiami, oramai reperibili 
nella pi� nota dottrina, cfr., per una reimpostazione del problema, la monografia 
del DE PINA G. in Riv. it. Scienze Giur., 1971, pag. 9 e segg. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il giudice ordinario ha la potest�, nell'esercizio del suo sindacato, di 
disapplicare l'atto amministrativo anche quando sia viziato da eccesso 
di� potere, sempre e unicamente nel caso che esso, o il comportamento 
della p.A. sia direttamente lesivo di un diritto soggettivo (3). 
(Omissis). -La sanzione amministrativa inflitta al ricorrente con il 
decreto prefettizio emesso in virt� della 1. 3 maggio 1967, n. 317, incide 
sul diritto del soggetto passivo a non essere sottoposto se non in quanto 
il provvedimento suddetto sia conforme a legge. Ma il medesimo nella 
speoie, ha come presupposto l'ordinanza del Sindaco di Frosinone che 
disponeva la riserva di sosta per gli automezzi in servizio di tesoreria 
della Banca d'Italia, per la cui accertata violazione � stata inflitta la sanzione 
suddetta, ed � pacifico che quel provvedimento comunale � stato 
emesso nell'esercizio del potere attribuito al Sindaco dall'art. 4 del codice 
stradale. 
Pertanto, per la natura di presupposto necessario del successivo decreto 
prefettizio, quell'ordinanza, pur avendo carattere discrezionale, non 
pu� non sottrarsi al sindacato del giudice ordinario perch� essa, attraverso 
la successiva sanzione, ha inciso sul diritto del soggetto passivo 
di questa ultima. 
Tale sindacato � stato recentemente escluso dalla Suprema Corte, 
anche in via incidentale, sull'atto amministrativo lesivo di un interesse 
legittimo per quanto essa abbia determinato ulteriormente effetti pregiudizievoli 
su diritti soggettivi, e ci� nel caso di una previa imposizione 
di vincolo archeologico, per il quale doveva essere ridotta la indennit� 
dovuta in seguito alla successiva espropriazione per pubblico inte� 
resse, (Sez. Un. 18 marzo 1972, n. 816) e in quello di revoca dell'atto 
amministrativo dichiarativo dell'inutilizzabilit� di relitti dei quali era 
stata gi� chiesta la retrocessione (Sez. Un. 21 febbraio 1974, n. 494). 
Tuttavia, va considerato il differente nesso causale tra l'atto amministrativo 
come in discussione nelle anzidette fattispecie e il pregiudizio 
arrecato, quale mera conseguenza di fatto, estranea alla volont� e ai 
fini della pubblica amministrazione. 
La interposizione di un nuovo atto amministrativo nel caso oggetto 
del presente giudizio incide invece direttamente su un diritto soggettivo, 
onde il potere dovere del giudice ordinario ai sensi del citato art. 5, di 
controllare per il consentito sindacato i presupposti di legge di quest'ultimo, 
tra i quali � il precedente provvedimento sul quale � fondato. 
Ci� premesso pu� passarsi all'esame il quesito se il sindacato del giudice 
ordinario si estenda al dedotto vizio di eccesso di potere del provvedimento 
che costituisce il presupposto dell'atto amministrativo lesivo del 
diritto soggettivo solo ai fini della eventuale sua disapplicazione. 
Indubbiamente tale quesito, pur se limitato alla sede incidentale, � 
di estrema delicatezza, tanto pi� in quanto le norme degli artt. 24 e !, 
f: 
E:
f: 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

113 della Costituzione sopravvenute alla lontana legge del 1865 hanno reso 

diverso un definitivo riesame del problema. 

La estensione di quel sindacato al vizio suddetto � stata sostenuta, 

in linea generale, nei tempi pi� recenti dalla unanime dottrina,� secondo 

la quale la conformit� alle leggi, prevista dal citato art. 5 per l'applica


zione dell'atto amministrativo, si identifica con la sua piena legittimit� 

anche in senso sostanziale, e non con la sua mera corrispondenza for


male alle norme legislative, comprendendovi, pertanto, l'eccesso di po


tere e non soltanto rincompetenza e la violazione di legge in senso 

stretto. Sono stati, tuttavia, concordemente esclusi da tale sindacato i. 

yizi di merito, e cio� quelli relativi alle valutazioni e scelte di limiti e 

mezzi dell'azione amministrativa, in quanto solo per questi ultimi si 

avrebbe quella sostituzione del giudice ordinario all'autorit� amministra


tiva assolutamente disattese dal nostro ordinamento giuridico. 

La giurisprudenza della Corte Suprema, dopo avere in precedenza 

costantemente e fermamente negato la sindacibilit� di parte del giudice 

ordinario del dedotto vizio di eccesso di potere nell'atto amministrativo, 

anche in via incidentale e per i suoi riflessi sul diritto soggettivo, lo ha 

�ormai ammesso in sede penale, a causa dell'impossibilit� di una contrap


posizione. tra giudice ordinario penale e giudice amministrativo penale, 

nonch� per altri validi elementi. 

In sede civile la stessa Corte ha mostrato di accogliere quel principio, 

in una sentenza relativamente recente (Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63), 

affermando che il giudice ordinario pu�, nell'esercizio del suo sindacato, 

disapplicare l'atto amministrativo anche quando sia viziato da eccesso di 

potere, indagando se sussista una deviazione dell'atto stesso dalla sua 

funzione istituzionale, e tutto ci� sempre e unicamente nel caso che esso 

o il comportamento della pubblica amministrazione sia direttamente le-
sivo di un diritto soggettivo. 
Non pu� ritenersi che questo nuovo indirizzo sia stato espressamente 
disatteso, per quanto concerne lo specifico vizio dell'eccesso di potere, dalle 
successive pronunzie della Suprema Corte. 

Infatti, alcune di esse hanno escluso il sindacato del giudice ordinario 
quando. �involge apprezzamenti di opportunit� amministrativa e anche 
di carattere tecnico� (Sez. Un., 4 marzo 1974, n. 595) con riferimento a 
provvedimenti contingenti e urgenti del Sindaco, che richiedano �una 
indagine sull'uso di un potere discrezionale e il sindacato sulle valutazioni 
o apprezzamenti del pubblico interesse... � (Sez. Un., 6 aprile 1970, 

n. 924, 21 settembre 1970, n. 1646). In queste decisioni il richiamo generico 
alle esigenze di urgenza e alle valutazioni e agli apprezzamenti non consentono 
di accertare se la esclusione di quel sindacato � stata fatta con 
riferimento al vizio di accesso di potere, non espressamente menzionato, 
e al loro contenuto di merito sottratto ad ogni sindacato giurisdizionale. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questo Collegio ritiene che il pi� ampio indirizzo che riscontro nella 
citata sentenza del 1965, vada condiviso perch� effettivamente la maggiore 
e pi� energica tutela assicurata dagli art. 24 e 113 della Costituzione 
induce a ritenere non conforme al nostro ordinamento giuridico il criterio 
restrittivo seguito in precedenza. 

Infatti il chiaro tenore delle norme costituzionali e precisamente dell'art. 
24 per il quale � tutti possono agire in giudizio per la tutela dei 
propri diritti e interessi legittimi�, e �la difesa � un diritto inalienabile... � 
e del successivo art. 113, secondo cui �contro gli atti della pubblica amministrazione 
� sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli 
interessi legittimi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa� 
e la stessa � non pu� essere esclusa � impone una revisi�ne interpretativa 
del valore dell'art. 5, I. 1865, del resto pienamente compatita con il testo. 

Non sussiste, cio� contrasto tra le vigenti disposizioni legislative e 
le citate norme della Costituzione, su ordine al quale la decisione sarebbe 
riservata alla Corte Costituzionale, giacch� le diverse opinioni investono 
essenzialmente il sistema e per esso l'interpretazione di ogni norma va 
fatta in correlazione alle altre dell'ordinamento giuridico, tra le quali 
fondamentali quelle della Costituzione, ove non sia d'ostacolo una assoluta 
loro incompatibilit� per la forma e il contenuto. 

Secondo questa interpretazione, corrispondente alla pi� energica tu


tela costituzionale, la conformit� alle leggi richiesta dall'art. 5 della legge 

del 1865 non pu� essere limitata all'assenza di violazioni formali e dirette 

di singole norme legislative e va, invece, estesa e identificata con la totale 

legittimit� dell'atto, quale sua immunit� da tutti i tre noti vizi dell'in


competenza, della violazione di legge in senso stretto e dell'eccesso di 

poter�, salva ogni questione sulla precisa delimitazione di quest'ultimo. 

Giova osservare, al riguardo, che non vi � alcun motivo di contrap


posizione e distinzione tra i due termini di conformit� alle leggi e di 

legittimit�, mentre non pu� ravvisarsi una sostituzione dell'autorit� giu


diziaria e quella amministrativa, assolutamente esclusa dal nostro ordi


namento salvi casi particolari, in quanto restano fuori da quel sindacato 

le valutazioni e scelte di merito, nell'ambito della legge, riservate all'auto


nomia della pubblica amministrazione. 

Proprio da questa ulteriore contrapposizione tra il sindacato sull'ec


cesso di potere quale sindacato di legittimit� e quelle sul merito, sottratto 

anche al giudice amministrativo, salvi i casi espressamente previsti dal 

legislatore, si desume un'altra conferma del principio secondo il quale 

esso � consentito pure al giudice ordinario sia pure incidenter tantum. 

Infatti, come posto in rilievo da alcuni autori, se il vizio di eccesso di 

potere non rientrasse in quello di illegittimit�, e fosse invece compreso 

in quelli inerenti al merito o comunque sottoposto a diversa disciplina 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

avrebbe dovuto essere sottratto pure al giudice amministrativo, quale 
giudice di legittimit�. 

Poich�, invece, questo giudice � competente anche per l'esame di quel 
vizio non vi � ragione perch�, entro i cennati limiti dell'esame incidentale, 
debba diversamente effettuarsi per il giudice ordinario una separazione 
dell'eccesso di potere dagli altri due vizi dell'incompetenza e della violazione 
di legge della consueta tricotomia di quelle forme di illegittimit� 
dell'atto amministrativo. 

Conseguentemente, ritenuta la sindacabilit� suddetta da parte del giudice 
ordinario anche per il vizio di eccesso di potere, dovrebbe precisarsi 
il limite di quel sindacato in relazione alle sue diverse definizioni e configurazioni 
perch�, come � noto, mentre � indubbio che vi sono comprese 
le figure giuridiche dello straripamento di potere, quale incompetenza 
assoluta, e lo sviamento di potere, quale deviazione dell'uso del potere 
discrezionale dal fine, attribuito al potere stesso dalle singole leggi che 
lo regolano, per altre figure vi sono stati dissensi e dubbi nella dottrina 
e nella giurisprudenza. 

Tuttavia, per il caso che ne occupa, la soluzione del quesito si presenta 
superflua in quanto l'eccesso di potere � stato dedotto dal ricorrente 
nell'avere il provvedimento del Sindaco riservato lo spazio indicato 
�all'esclusivo uso di (quelli) autoveicoli in servizio alla Banca d'Italia�, 
senza un motivo di pubblico interesse e � anche per uno spazio eccessivo �. 

� chiaro, perci�, che il primo di questi elementi indicati dal Ritarossi 
si riferisce chiaramente all'eccesso di potere nella forma dello sviamento 
sopra considerata, rientrante nel vizio medesimo. 

Ma nella conseguente indagine sulla sua esistenza, consentita a questa 
corte al fine dell'accertamento della giurisdizione (Sez. Un. 26 ottobre 
1972, n. 3268; 21 febbraio 1974, n. 494), � facile rilevare che l'ordinanza 
del Sindaco, riportata nella sentenza ed esibita in atti, disponeva la 
riserva di sosta, con formula diversa da quella indicata dal ricorrente, 
solo � per le auto in servizio di tesoreria dello Stato � e cio� con la specificazione 
non tanto della loro propriet� quanto del servizio particolare 
al quale erano destinate, con implicito riferimento a esigenze di sicurezza, 
celerit� di manovra, riservatezza e altre, ben note o agevolmente 
riconoscibili. 

� da escludere, pertanto, sotto tale profilo, il dedotto vizio di eccesso 
di potere dell'ordinanza suddetta. 

Quanto all'altro elemento dedotto nel ricorso, e cio� l'eccessivo spazio 
riservato alla sosta in relazione -al numero degli automezzi impiegati in 
quel servizio, la critica fatta dal ricorrente investe la valutazione del 
provvedimento nell'ambito della mera discrezionalit� amministrativa, e 
cio� la scelta quantitativa dello spazio riservato cos� per quanto concerna 
secondo le esigenze e i mezzi della Banca in relazione al numero e alle 


116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dimensioni degli automezzi, alla sicurezza degli stessi e delle persone 
nel relativo carico e scarico dei valori e nell'accesso all'edificio, e ad altre 
circostanze connesse: trattasi di valutazioni di merito, cui non � dato 
validamente opposto alcun vizio di eccesso di potere e come tali sottratte 
a ogni sindacato giurisdizionale, onde l'infondatezza del rpotivo. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2888 -Pres. Giannattasio 
-Est. Scanzano -P. M. Cutrupia (conci. conf.) -Ministero dei 
Lavori Pubblici (avv. dello Stato Tarin) c. La Grassa (avv. Nicol�). 

Espropriazione per p.u. � Indennit� di espropriazione -Opposizione alla 
stima � Termine di decadenza -Natura sostanziale � Termini � Sospensione 
feriale � Termini sostanziali o processuali. 

Il termine stabilito dall'art. 51 della legge 25 giugno 1885, n. 2359, 
per l'opposizione alla stima dell'indennit� di espropriazione ha natura 
sostanziale e non processuale e pertanto non � soggetto alla sospensione 
disposta, per il periodo feriale, dalla l. 14 luglio 1965, n. 818 (1). 

(Omissis). -Col primo motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia 
violazione e falsa applicazione dell'art. 1 I. 14 luglio 1965, n. 818 e 
degli artt. 51, 31-38 I. 25 giugno 1865, n. 2359 e, riproponendo la tesi 
sostenuta senza successo in sede di merito, assume che il termine stabilito 
dal citato art. 51 per l'opposizione alla stima dell'indennit� di espropriazione 
non ha natura processuale ma natura sostanziale e quindi non 
� soggetto alla sospensione disposta, per il periodo feriale,� dalla I. 1965 

n. 818. Conclude pertanto che, essendo stato il decreto di espropriazione 
notificato all'espropriata in data 8 agosto 1969, detto termine era inevitabilmente 
scaduto quando, il 2 ottobre successivo, l'opposizione venne 
proposta. 
La censura � fondata. 

La questione che essa propone ha formato oggetto di specifico esame 
da parte di questa Corte che con sentenza n. 2033 del 13 luglio 1973 ha 
appunto affermato il carattere sostanziale del termine in argomento, escludendo, 
conseguentemente, che esso sia suscettibile della sospensione prevista 
dalle 1. 14 luglio 1965, n. 818 e 7 otfobre 1969, n. 742. Tale principio 
� stato confermato con sentenza 29 ottobre 1975, n. 3643 e poi ancora 
con sentenza 2 marzo 1976. n. 694, sicch� esso � ormai espressione di 

(1) La sentenza, manifestazione di un princ1p10 oramai consolidato, merita 
di essere segnalata per la sintesi delle questioni agitate. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

un orientamento consolidato: orientamento che il Collegio condivide, rite


nendo valide le ragioni che lo presidiano e ravvisando in esse una con


futazione gi� adeguata delle contrarie osservazioni dell'odierna contro. 
ricorrente., 

La quale sostanzialmente assume: a) che �atto processuale� � an


che quello che, sebbene compiuto fuori del processo, sia destinato a 

produrre effetti nell'ambito di questo, onde � tale anche la domanda 

giudiziale, ed ha carattere processuale il termine che nella proposizione 

di essa debba essere osservato per evitare una decadenza; b) che comun


que il termine di cui all'art. 51 I. 1865 n. 2359, riguarda un atto che si 

inserisce in un vero procedimento, qual'� la serie degli atti preordinati 

all'espropriazione per pubblica utilit�, e che in particolare la perizia 

disposta dal tribunale ai sensi dell'art. 32 della legge citata ha gli effetti 

di una perizia giudiziaria disciplinata, in mancanza di precisioni speci


fiche, dalle norme del codice di rito civile, e soggetta ad un vero e 

propro mezzo di impugnazione, quale l'opposizione prevista dal menzio


nato art. 51. 

Questo assunto non pu� essere condiviso. 

Conviene premettere che le leggi 14 luglio 1965, n. 818 (che viene 

in considerazione nella specie) e 7 ottobre 1969, n. 742, bench� inserite 

nell'ordinamento come norme di carattere generale, hanno, in coerenza 

con la loro finalit�, una portata definita, ben pi� limitata di quelle 

che, in relazione ad eventi straordinari che ostacolino il tempestivo eser


cizio di diritti, sostanziali o processuali che siano, sospendono generi


camente il corso dei termini che importano decadenza da diritti, azioni 

od eccezioni (come ad esempio, proprio per la zona del Belice, � stato 

disposto col d.l. n. 12 del 22 gennaio 1968 per tutta la durata di quel


l'anno). A differenza di queste leggi, che sono dettate a favore dei 

titolari dei diritti, anche sostanziali, suscettibili di essere pregiudicati, 

nel loro esercizio, da quegli eventi, le due innanzi indicate sono essen


zialmente dettate a fav�re degli avvocati e procuratori, per consentire 

loro un adeguato periodo di riposo (anche se la sospensione torna pure 

a vantaggio delle parti) e riguardano i termini processuali, cio� quelli 

concernenti gli atti che i predetti professionisti, avendo accettato l'inca


rico, debbono compiere o far compiere nel processo. In tale senso, ai 

fini qui considerati, debbono essere intesi gli �atti del processo�, men


zionati nell'art. 152 c.p.c. 

Ponendo l'accento su quest'ultima espressione ed invocando a conforto 

anche cass. 1974 n. 3053, la controricorrente sostiene non potersi negare 

la natura di atto processuale alla citazione, ch� � diretto ad introdurre 

il processo ed a produrre effetto nell'ambito di questo. 

Il rilievo pu� condividersi su un piano del tutto generale, . ma non 

pare risolutivo ai fini specifici qui considerati, perch�, riferendosi le citate 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

118 

leggi n. 818 e 742 ai �termini processuali�, occorre avere riguardo soprattutto 
al concetto di termine processuali: occorre cio� considerare la funzione 
dello spazio di tempo concesso per il compimento di un atto, in 
relazione alle conseguenze che nel processo, e non fuori e prima di esso, 
sono dalla legge collegate al suo decorso. 

Termine processuale pu� allora ritenersi solo quello dalla cui osservanza 
dipende l'efficace esercizio di una facolt� processuale e, con esso, 
la idoneit� dell'atto relativo a realizzare gli effetti processuali che gli 
sono propri. 

In tale prospettiva il termine di decadenza stabilito per la propo


sizione di una certa domanda giudiziale pu� considerarsi di natura pro


cessuale solo quando il giudizio si inserisca in un pi� ampio ed unitario 

contesto procedimentale, sicch� la domanda stessa assuma il carattere di 

atto d'impulso nel senso processualistico dell'espressione, e la sua tempe


stivit� sia condizione della possibilit� di costituire o riattivare un rap


porto processuale. 

Quanto invece lo stesso termine decorra fuori e prima del processo 

(come ha rilevato questa Corte per escludere la sospendibilit� del ter


mine di cui all'art. 244 cod. civ. in tema di disconoscimento della pater


nit�: sent. 2468/75 e sia posto a tutela di esigenze di certezza e si solle


citudine rilevanti esclusivamente sul piano del diritto sostanziale) esso 

non � che un termine posto per azionare il diritto ed ha appunto natura 

sostanziale, senza possibilit� di subire sospensioni per effetto delle leggi 

relative al periodo feriale. E ci� (come ha posto in evidenza questa Corte 

con la precedente sentenza n. 2033 del 1973) � chiarito anche dai lavori 

parlamentari che hanno preceduto la legge 1965 n. 818. Il fatto che, in 

presenza di un termine di decadenza stabilito per la sua proposizione, 

l'atto di citazione sia l'unico strumento esperibile a tutela del diritto, 

senza possibilit� di atti equipollenti non modifica i termini del problema, 

ma esprime solo una caratteristica comune a tutti gli atti soggetti a ter


mini di decadenza. 

Sulla base di queste premesse deve escludersi che il termine fissato 

dall'art. 51, 1. 1865, n. 2359, per l'opposizione alla stima dell'indennit� 

abbia carattere processuale. � 

L'espropriazione per pubblica utilit�, realizzandosi attraverso una serie 
di atti coordinati rispetto ad una finalit� unitaria, si attua indubbiamente 
attraverso un procedimento. Questo procedimento (che � di natura amministrativa, 
e rimane tale anche se vi sia la nomina dei periti ad opera 
del tribunale, che infatti provvede senza citazione od intervento di parti) 
� si esaurisce con la pronunzia del decreto di espropriazione, che produce 
l'effetto (cui appunto la serie degli atti coordinati � diretta) di trasferire 
il diritto di propriet� all'espropriante e convertire il diritto dell'espro


priato nel diritto all'indennit�. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Ora, a differenza deHa reazione esperibile avanti alla giurisdizione 
amministrativa contro il decreto illegittimo che risulti lesivo di un interesse 
dell'espropriato (reazione che � riconducibile alla categoria delle 
impugnazioni perch� investe direttamente l'atto amministrativo ed � diretto 
ad ottenerne l'annullamento), l'opposizione alla stima, lungi dal 
costituire la prosecuzione del predetto procedimento amministrativo, d� 
luogo ad un'entit� distinta ed autonoma, cio�, come chiarisce l'art. 35 

I. 1865, n. 2359, ad un �separato giudizio� diretto alla tutela del diritto 
soggettivo alla giusta indennit� (cass., 4 ottobre 1975, n. 3144). E rispetto 
a tale giudizio ha carattere autonomo, pur essendo ad esso preordinato, 
finanche la notificazione del decreto di espropriazione, negandone il carattere 
di atto processuale, ha escluso l'applicabilit� dell'art. 156, ultimo 
comma, c.p.c. (sent. 3426/74). 
Il fatto poi che nel predetto giudizio possano dedursi anche nullit� 
della perizia, � sempre in funzione della tutela del su menzionato diritto, 
e non vale in alcun modo a qu~lificare il giudizio medesimo come una 
impugnazione, cio� come rimedio diretto ad ottenere l'annullamento e la 
sostituzione dell'atto: e non costituisce sostituzione della perizia giudiziale 
l'eventuale consulenza tecnica che il giudice dell'opposizione disponga, 
in quanto quest'ultimo mezzo d'indagine conserva la caratteristica di uno 
strumento facoltativo, volto ad integrare le cognizioni del giudice e soggetto 
alla sua libera valutazione, laddove la perizia rimane un'entit� 
propria del procedimento di espropriazione. Sono appunto espressione 
di questi principi le sentenze di questa Corte 4 ottobre 19~5, n. 3144, 
secondo cui il giudice dell'opposizione pu� seguire criteri diversi da quelli 
adottati dai periti pur in mancanza di specifiche censure al riguardo, e 
6 agosto 1965, n. 1894, secondo cui la produzione della perizia non � neppure 
necessaria perch� detto giudice possa esaminare il merito della domanda, 
di cui quella produzione non costituisce condizione di procedibilit�. 

Nella specie poi il riferimento della controricorrente al carattere giudiziario 
della perizia di cui all'art. 32 della citata legge del 1865 ed alla 
sua soggezione alle norme del codice processuale, ed il connesso tentativo 
di renderla partecipe della stessa natura del successivo procedimento di 
opposizione, appaiono privi di pertinenza, dal momento che l'indennit� 
indicata nel decreto prefettizio � stata determinata in base a stima dell'Ufficio 
tecnico erariale. 

Chiariti il concetto di termine processuale e l'autonomia del procedimento 
di opposizione alla stima rispetto al procedimento di espropriazione 
ed ai suoi singoli atti (compreso quello conclusivo, com'� dimostrato anche 
dall'estraneit� del prefetto alla causa), l'inapplicabilit� della legge nei termini 
feriali al caso appare evidente. 

Esaurito il procedimento di espropriazione con la pronunzia del de.
�reto prefettizio (produttivo degli effetti innanzi indicati), la situazione che 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

120 

sta a monte dell'atto di opposizione previsto dall'art. 51 1. 2359 citata � una 
~ituazione di diritto sostanziale, caratterizzata da una certa modificazione 
patrimoniale. L'esigenza di una rapida definizione delle controversie relative 
ha indotto il legislatore a stimolare la diligenza dell'espropriato ed a prefiggere 
un breve termine di decadenza per la tutela del suo diritto alla 
giusta indennit�. L'inosservanza di tale termine non toglie che l'atto di 
opposizione raggiunga gli effetti processuali che gli sono propri, cio� 
dia vita ad un valido rapporto processuale, e si risolve solo in un pregiudizio 
della situazione di diritto sostanziale su indicata. 

In contrario non giova alla controricorrente ricordare che questa Corte 
ha ritenuto ammissibile l'opposizione tardiva di taluno degli espropriati 
purch� altro di essi l'abbia proposta tempestivamente, n� invocare le sentenze 
che hanno qualificato di natura processuale il termine per impugnare 
l'ingiunzione fiscale (come la n. 3996 del 1969), il termine di cui all'art. 
146 della legge di registro del 1923 (Cass. n. 3053/74) e quello di cui 
all'art. 90 TUFL (Cass. 1547/75), n� negare che possa enuclearsi il contenuto 
sostanziale del decreto di espropriazione dal procedimento formale di cui 
esso trae validit� ed efficacia, nell'indugiare sulla distinzione tra diritto 
soggettivo tutelabile col processo, ad azione come diritto astratto o potere 
processuale volto a provocare l'esercizio della giurisdizione. 

Pu� invece replicarsi: 

a) che l'ammissibilit� della opposizione tardiva di taluno degli espropriati 
� stata giustificata col carattere unitario dell'indennit� e con la necessaria 
unitariet� della determinazione del valore del bene espropriato 
(Cass. 3262/74), senza alcun riferimento ai principi (probabilmente sottintesi 
dalla controricorrente) concernenti il litisconsorzio in fase di impugnazione; 


b) che i principi enunciati con le citate pronunzie emesse in materia 
fiscale vanno considerati alla stregua delle fattispecie esaminate, che riguardano 
azioni giudiziarie successive od esperimenti contenziosi avanti ad organi 
o giurisdizioni amministrativi, o comunque rientranti in un pi� ampio 
contesto processuale unitariamente diretto (pur nell'autonomia delle diverse 
sedi) alla tutela di una medesima situazione giuridica sostanziale; 

e) che l'innegabile natura procedimentale degli aUi preordinati al


l'espropriazione non esclude la precisa autonomia della loro finalit� ri


spetto al giudizi� di opposizione, che assume appunto il risultato finale di 

quella serie di atti, come condizioni della sua proponibilit�; 

d) che se si accentua la qualifica dell'azione come astratto diritto 

potestativo processuale, il problema del termine e della sua sospendibilit� 

diventa finanche irrilevante, in quanto l'attitudine della iniziativa proces


suale a provocare l'esercizio della giurisdizione e la soggezione del conve


nuto all'osservanza del giudizio, sussiste (purch� ricorrano i comuni pre


supposti processuali) indipendentemente dal rispetto del termine prefisso 



121

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

per l'esercizio dell'azione. Il quale termine diventa invece rilevante solo 
in quanto la sua osservanza consente di �azionare efficacemente il diritto 
soggettivo; rilevante, cio�, come elemento cui � condizionato non l'esercizio 
di un semplice potere processuale, ma la tutelabilit� in concreto di una 
determinata situazione giuridica. Onde la natura di termine sostanziale e 
npn processuale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. i, 28 settembre 1976, n. 3172 -Pres. Caporaso 
-Est. Virgilio -P. M. Antoci (Conci. conf.) -Ministero poste e 
Telecomunicazioni (Avvocato dello Stato Mazzella) c. D'Ercole Romeo 
(u.c.). 

Lavoro -Assicurazione obbligatoria -Gestione per conto dello Stato Soggetti 
del rapporto -Diritto di regresso -Titolarit� della P.A. Sussiste. 


Mentre gli ordinari rapporti di assicurazione obbligatoria contro gli. 
infortuni sono caratterizzati dalla presenza di tre soggetti (datore di lavoro-
assicurante; istituto nazionale delle assicurazioni-assicuratore; dipendente-
assicurato), nei rapporti. abbinati col sistema della gestione per conto 
dello stato, i soggetti si riducono in definitiva a due, cumulandosi nella 
singola amministrazione la posizione duplice di assicurante e assicuratore 
rispetto al lavoratore-assicurato (2). 

A detti rapporti sono peraltro applicabili tutte le norme relative a 
quelli assicuratrici tipici: donde il diritto dell'amministrazione statale ad 
agire in regresso verso il terzo responsabile del sinistro subito dall'assicurato 
(2). 

(l-2) Giurisprudenza costante: cfr. per un precedente Cass. 11 marzo 1960, 

n. 470. 
�CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un., 5 ottobre 1976, n. 3248, Pres. Boccia Est. 
Sammarco -P. M. Del Grasso (conf.). Assessorato Regionale per 
le Finanze della Regione Siciliana (Avv. dello Stato Giorgio Azzaniti) 

c. Costa Domenico ed altri (avv. Fenuggia e Silvestri). 
Esattoria -Gestione provvisoria -Dipendenti -Rapporto di impiego Natura 
pubblica della funzione dei dipendenti -Sussiste. 

Esattoria -Inattivit� -Impossibilit� della prestazione da parte dei dipendenti 
-Causa di risoluzione del rapporto di lavoro -Non sussiste. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

122 

Esattoria -Obbligo dell'esattore al pagamento della retribuzione � Rivalsa 
sull'Amministrazione delle Finanze � Responsabilit� della P. A. per il 
ritardo nel provvedere alla nomina � Sussiste � Delegazione amministrativa 
� Mandato. 

A mente dell'art. 23 della legge 16 giugno 1939, n. 947, nel caso in cui, 
alla gestione ordinaria dell'esattoria, subentri per effetto della dichiarazione 
di decadenza del titolare una gestione provvisoria, viene comunque 
assicurata ai dipendenti dell'esattoria la continuit� del rapporto di 
impiego, stante l'obbligo del gestore provvisorio di �mantenerli in servizio: 
ci� trae giustificazione dalla natura pubblica della funzione da 
essi svolta (1). 

La vacanza dell'esattoria, dovuta al ritardo dell'Amministrazione Finanziaria 
nel provvedere alla nomina del gestore provvisorio, pur determinando 
impossibilit� della �prestazione da parte dei dipendenti, non costituisce 
causa idonea a risolvere o sospendere la continuit� del rapporto 
di lavoro, essendo un evento direttamente improbabile all'Ente impositore, 
pur rimanendo estraneo alla sfera di volont� del gestore (2). 

Quest'ultimo pertanto sar� comunque tenuto al pagamento degli emolumenti 
arretrati per il periodo di vacanza dell'esattoria, ma potr� sempre 
rivalersi sull'Ente impositore per tali esborsi, ferma rimanendo la sua 
irresponsabilit� per il� ritardo dell'Amministrazione nel provvedere alla 
nomina (3). 

Qualora la gestione di un'esattoria rimasta vacante venga affidata ad 
un delegato governativo, in attesa che l'ente impositore proceda alla concessione 
del servizio di riscossione ad un nuovo titolare, il delegato deve 
essere tenuto indenne -in forza del principio dettato dall'art. 1719 e.e. 
in tema di mandato -da tutti gli oneri finanziari maturati prima che la 
gestione in delegazione avesse inizio (4). 

(Omissis). -� d'uopo precisare che la Corte di Messina ha regolato 

il rapporto dedotto in giudizio dai dipendenti delle esattorie di cui era 

titolare il Santisi Giuseppe, alla stregua delle disposizioni dell'art. 23 della 

legge 16 giugno 1939, n. 947, di cui ha fatto diretta applicazione per acco


gliere la domanda da essi proposta. 

Il richiamo a tali norme per decidere la controversia insorta fra i pre


detti dipendenti e la Cassa Centrale di Risparmio, si rileva pienamente 

(1-4) Circa il principio della stabilit� dell'impiego dei dipendenti esattoriali 

in forza del loro particolare status professionale (cfr. Cass. Sezione Unica 26 mar


zo 1973, n. 827, in Giust. Civ. Mass. 1973). 

In �merito alla insussistenza della impossibilit� della prestazione idonea a 
determinare la risoluzione del rapporto di lavoro, qualora questa risalga al 
fatto della pubblica amministrazione, si segnala il nuovo orientamento delle Sez. 
Un. in riforma della contraria tesi di cui alla sent. 13 dicembre 1952, n. 3175. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

esatto, in considerazione che al momento in cui venne dichiarata la decadenza 
del titolare delle esattorie dei comuni di Casalvecchio, Antillo e Motta 
Camatra (febbraio 1962) la normativa vigente era costituita dalla legge 
16 giugno 1939, n. 947. 

A questa legge, quindi, applicabile al rapporto dedotto in giudizio ed 
effettivamente ad esso applicata, occorre riferirsi per stabilire se nella 
specie sia configurabile il devenir meno della efficacia del contratto per 
impossibilit� sopravvenuta, a norma degli artt. 1463 e 1256 e.e., cos� come 
si sostiene dai ricorrenti. 

Dall'analisi dell'art. 23 della legge citata emerge con evidenza che il 
legislatore, per il caso in cui alla gestione ordinaria dell'esattoria subentri, 
per effetto della dichiarazione di decadenza del titolare, una gestione provvisoria, 
ha inteso assicurare ai dipendenti della esattoria, la continuit� del 
loro rapporto di impiego. Infatti, esso dispone, nella sua prima proposizione, 
che il persona!e della esattoria il cui titolare � stato dichiarato decaduto, 
viene mantenuto in servizio dal gestore. Negli incisi che seguono, 
la norma regola la ripartizione temporale dell'obbligo di pagamento delle 
retribuzioni, fra il precedente titolare ed il gestore provvisorio, stabilendo 
che fino alla dichiarazione di decadenza, le retribuzioni devono essere corrisposte 
dall'esattore dichiarato decaduto, mentre per il periodo successivo 
esse sono a carico del gestore provvisorio. 

La continuit� del rapporto d'impiego per il personale esattoriale, sancita 
dalla norma in esame, si giustifica agevolmente ove si tenga presente 
che la riscossione delle imposte dirette costituisce un pubblico servizio, che 
di solito forma oggetto di concessione e, quindi, la funzione che gli esattoriali 
svolgono � di natura pubblica. 

Il principio del mantenimento dell'impiego del personale esattoriale � 
stato ribadito dal nuovo T.U. delle leggi sui servizi della riscossione delle 
imposte dirette, approvato con il D.P.R. 15 maggio 1963 n. 858, il quale ha 
sostituito alla figura del gestore provvisorio quella del delegato govern�tivo 
e che, con le disposizioni dettate all'art. 140, garantisce agli esattoriali il 
mantenimento in servizio senza alcuna soluzione di continuit� per il caso 
di scadenza o cessazione del contratto di esattoria (Cass. Sez. Un. 26 marzo 
1973 n. 827). 

Alla norma dell'art. 140 del vigente T.U. la Corte di Messina si � riferita 
nella decisione impugnata, ma non per farne diretta applicazione al rapporto 
in controversia; l'ha citata solo per trarne da essa argomento di 
-conferma alla soluzione interpretativa adottata sulla base delle disposizioni 
dell'art. 23 della precedente legge 16 giugno 1939, n. 947. 

Questa puntualizzazione dimostra la non pertinenza della deduzione 

formulata dai ricorrenti nell'ultima parte del motivo, con la quale essi 

contestano che la norma dell'art. 140 del T.U. n. 858 del 1963, possa avere 

efficacia retroattiva: invero, una volta accertato che il giudice di merito 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non ha dato corso all'applicazione diretta della norma in parola, la que-, 
stione se essa possa esplicare effetto retroattivo rispetto al caso in esami:!, 
non ha ragion d'essere. 

L'illustrato principio della continuit� del rapporto di impiego del pt:rsonale 
esattoriale, non si concilia con la tesi sostenuta dai ricorrenti dell'impossibilit� 
sopravvenuta della prestazione, come causa di risoluzione 
del contratto, per il caso in cui, stante il ritardo con il quale l'ente impositore 
nomina il gestore provvisorio o il delegato governativo, l'esattoria 
rimane inattiva e gli impiegati costretti a sospendere il lavoro. 

L'evenienza considerata costituisce una deviazione dalla previsione legislativa, 
di cui all'art. 23 della legge n. 947 del 1939, la quale, come risulta 
dalla formulazione dell'articolo stesso, presuppone che alla gestione dichiarata 
decaduta faccia subito seguito la gestione provvisoria. 

Nel caso in cui essa si verifica, la vacanza dell'esattoria non pu� costituire 
una legittima causa di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti 
dell'esattoria stessa. 

Infatti, il detto rapporto, nel quale subentra il gestore provvisorio, 
nella qualit� di da~ore di lavoro, � assistito, come si � gi� rilevato, dalla 
garanzia del mantenimento del posto, che sono tenuti a rispettare, non 
solo il gestore provvisorio, ma anche l'ente impositore, titolare del servizio 
di riscossione, nell'interesse del quale la garanzia � stata anche predisposta, 
in vista, appunto, del regolare espletamento del servizio. 

Quindi, la vacanza dell'esattoria, dovuta al ritardo con il quale l'Am� 
ministrazione finanziaria procede alla nomina del gestore provvisorio, che 
secondo l'assunto dei ricorrenti determinerebbe l'impossibilit� della prestazione, 
essendo un evento che, pur restando estraneo alla sfera di vo� 
lont� del gestore, � direttamente imputabile all'ente impositore, non pu� 
assurgere a causa idonea a risolvere o sospendere la continuit� del rapporto 
di lavoro. 

Naturalmente, il gestore, che non � responsabile del ritardo con cui 
l'amministrazione ha provveduto alla sua nomina, chiamato a far fronte, 
in qualit� di datore di lavoro, al pagamento degli emolumenti arretrati per 
il periodo di vacanza dell'esattoria, potr� sempre rivalersi sull'ente imposifore 
per tali esborsi. 

� per non aver tenuto conto di questo aspetto dei rapporti fra l'ente 
impositore e gestore provvisorio o nuovo esattore e, soprattutto, per aver 
disconosciuto il principio del mantenimento in servizio del personale esat� 
toriale, che non pu� essere condivisa una precedente, remota, decisione 
di questa Corte che, giudicando su un caso analogo, della vacanza dell'esattoria 
per ritardata nomina del nuovo titolare di essa, ritenne che la 
vacanza dell'esattoria potesse configurarsi come impossibilit� temporanea 


P.UTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

della prestazione di lavoro per fatto della P.A. idonea a determinare la 
risoluzione del rapporto di lavoro (Cass. 13 dicembre 1952, n. 3175). 

Con il primo motivo del ricorso principale, l'Assessorato Regionale, 
denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 21 e 22 della 
legge regionale 4 giugno 1964 n. 13, deduce il difetto di giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria a pronunciarsi sulla domanda proposta dalla 
Cassa Centrale di Risparmio contro esso Assessorato Regionale. Al riguardo 
rileva che in base agli artt. 21 e 22 della L.R. n. 8 del 1953, i rimborsi da 
parte dell'Assessorato per le Finanze, in favore del delegato, devono essere 
autorizzati dall'assessorato e possono essere disposti a seguito di un procedimento 
amministrativo che si conclude con un decreto dell'Assessore 
per le Finanze. Pertanto, da un lato, avendo la legge previsto una facolt� 
e non un obbligo dell'Assessorato per le Finanze di provvedere al rimborso, 
non vi sarebbe un corrispondente diritto soggettivo del delegato ad ottenere 
il rimborso stesso e, dall'altro, la sentenza del giudice ordinario non 
potrebbe sostituirsi all'atto amministrativo producendone gli effetti. 

Ai fini di definire la natura della situazione soggettiva della Cassa 
Centrale di Risparmio nei confronti dell'Assessorato Regionale per le Finanze 
relativamente alla domanda di rimborso dell'importo delle retribuzioni 
che essa � tenuta a pagare ai dipendenti delle esattorie che ne hanno 
fatto richiesta per il periodo dal febbraio 1962 al 31 dicembre 1963, si rende 
necessario fissare i limiti temporali della gestione che la Cassa aveva ricevuto 
in delegazione governativa ed analizzare il contenuto dell'atto di delega. 

Tale delega � contenuta nel decreto 16 giugno 1964 con il quale l'A'>� 
sessorato per le Finanze della Regione Siciliana conferiva, in delegazione 
governativa, alla Cassa Centrale di Risparmio per le Province Siciliane la 
gestione per il biennio 1964-1965, di alcune esattorie delle II.DD. della Pro� 
vincia di Messina, rimaste vacanti. 

Lo stesso decreto, dopo aver precisato che il delegato era obbligato 
ad anticipare le spese di gestione, in esse comprese il pagamento delle 
retribuzioni del personale dipendente, prescrive espressamente che il de� 
legato � tenuto a corrispondere al personale dipendente le retribuzioni a 
far tempo dal 1� gennaio 1964. 

Dai dati esposti si ricava, quindi, che la gestione della Cassa com� 
prendeva il periodo dal 1964 al 1965 e che per quanto riguardava il pagamento 
delle retribuzioni ai dipendenti, esso era a carico del delegato a 
decorrere dal 1� gennaio 1964. 

Se ora si considera che le retribuzioni richieste dai dipendenti delle 
esattorie di cui era stato titolare il Santisi, si riferiscono al periodo che 
va dal 1� febbraio 1962 al 31 dicembre 1963, appare evidente che esse non 
erano contemplate nell'atto di delega e non rientravano fra le voci della 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gestione in delegazione affidata alla Cassa Centrale di Risparmio con decorrenza 
dal 1� gennaio 1964. 

La conseguenza che sul piano giuridico si deve trarre da tale constatazione 
� che il rimborso della detta partita non poteva soggiacere alle 
forme ed alle limitazioni stabilite, per i rimborsi inerenti alla gestione in 
delegazione, dalle disposizioni dettate dagli artt. 22 e 23 della legge regionale 
9 marzo 1953 n. 8, richiamate dall'art. 2 della successiva legge regionale 
4 giugno 1964 n. 13. 

Le dette disposizioni prevedono che il rimborso delle spese effettivamente 
sostenute dai delegati governativi che risultino strettamente indispensabili 
ai fini della gestione e che non siano coperte dall'aggio riscosso 
deve essere autorizzato dall'Assessorato per le Finanze e che la relativa 
domanda deve essere prodotta all'Assessorato entro il 31 marzo dell'anno 
successivo a quello per il quale il rimborso viene chiesto e che, infine, 
l'ammontare del rimborso sar� determinato dall'Assessorato per le Finanze 
su proposta di una apposita commissione. 

Le riportate disposizioni, quindi, regolano il rimborso delle spese inerenti 
a fatti e rapporti ricompresi nella gestione e prodottisi' nel corso di 
essa. Non si applicano, invece, a spese relative a rapporti che, pur riallacciandosi 
al servizio di riscossione, si situano fuori dell'ambito della gestione 
delegata, in quanto sorti anteriormente ad essa. 

Nella specie, le retribuzioni ai dipendenti delle esattorie dei comuni 
di Casalvecchio, Antillo e Motta Camatra, per il periodo antecedente all'inizio 
della gestione in delegazione governativa da parte della Cassa di 
Risparmio Centrale non s'inquadrano nelle spese della gestione affidata 
alla Cassa e, pertanto, il relativo rimborso si sottrae alle regole di cui agli 
artt. 21 e 22 della legge regionale 9 marzo 1953, n. 8. 

Che le disposizioni dei citati articoli non possono trovare applicazione 
in ordine al rimborso delle retribuzioni di cui trattasi, lo si ricava anche 
dai limiti temporali di vigenza stabiliti nei riguardi delle predette norme 
dal legislatore regionale. Infatti, l'art. 2 della legge regionale 4 giugno 
1964 n. 13, riguardante la gestione delle esattorie delle imposte dirette non 
potuta conferire nei modi di legge, all'art. 2 dispone che l'applicazione delle 
norme di cui agli artt. 21, 22 e 23 della legge 9 marzo 1953 n. 8 � estesa al 
quinquennio 1964-1965, con effetto dal 1� gennaio 1964. Il che comporta che 
le spese affrontate dal delegato governativo per fatti inerenti al servizio 
di riscossione verificantesi anteriormente alla indicata data non riducono 
sotto le menzionate norme regionali. 

Escluso che tali norme possano applicarsi alla domanda di rimborso 
avanzata dalla Cassa Centrale di Risparmio, non per questo pu� ritenersi 
che l'Assessorato per le Finanze sia esente dall'obbligo di provvedere al 
rimborso di cui trattasi. 

! 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Il delegato governativo, cui viene affidato in delegazione governativa la 
gestione di una esattoria rimasta vacante in attesa che l'ente impositore 
proceda alla regolare concessione del servizio di riscossione ad un nuovo 
titolare, deve essere tenuto indenne dall'ente impositore di tutti gli oneri 
finanziari inerenti al servizio che si sono mutuati prima che la gestione 
in delegazione avesse inizio. 

Questo in forza del principio, dettato dall'art. 1719 e.e. in tema di 
mandato, secondo il quale il mandante deve fornire al mandatario i mezzi 
finanziari perch� possa adempiere alle obbligazioni che il mandatario assume 
per l'esecuzione del mandato. 

L'enunciato principio trova applicazione nel caso in esame, in quanto 
il rapporto fra ente (impositore) delegante e delegato avente ad oggetto 
la gestione di un'esattoria rimasta vacante, rispecchia sostanzialmente la 
struttura del mandato, dato che il delegato agisce per cpnto e nell'interesse 
dell'ente impositore; posizione questa del delegato che si differenzia da 
quella dell'esattore, il quale, titolare di un regolare atto di concessione 
del servizio e titolare di un contratto di appalto, inerente alla concessione, 
gode di una propria sfera di poteri e di una autonomia di decisione, 
di cui il delegato, invece, � sprovvisto. 

Ai criteri test� enunciati, del resto, si sono attenute le parti nel trattare 
la questione del rimborso in oggetto: infatti, risulta che la Cassa di 
Risparmio, richiesta dagli impiegati delle esattorie di corrispondere loro 
le retribuzioni per il periodo dal 1� febbraio 1962 al 31 dicembre 1964, si 
era rivolta all'Assessorato delle Finanze, sollecitando il suo dovere al riguardo, 
parere che l'Assessorato non aveva rifiutato, ma aveva regolarmente 
emesso; il che denota che la decisione finale, in merito al rimborso, 
rientrava nella sfera di competenze dell'Assessorato. 

L'adozione della delineata prospettiva giuridica in cui deve essere collocata 
la domanda di rimborso di cui trattasi, che prescinde dall'applicazione 
delle norme degli artt. 21 e 22 della legge regionale 9 marzo 1953, 

n. 8,, implica che la motivazione sul punto della sentenza impugnata, che 
fa leva, invece, proprio su tali norme, va rettificata nei sensi sopra indicati. 
I superiori rilievi, in base ai quali � da escludere che la domanda di 
rimborso avanzata dalla Cassa di Risparmio nei confronti dell'Assessorato 
per le Finanze a proposito delle retribuzioni dei dipendenti delle esattorie 
per il periodo dal 1� febbraio 1962 al 31 dicembre 1963, dovesse essere sottoposta 
ad autorizzazione da parte dell'Assessorato, secondo le precitate 
norme regionali e dovesse adeguarsi al particolare procedimento amministrativo 
da queste disciplinato, consentono di pervenire alla conclusione 
che la detta domanda di rimborso pone capo ad una situazione soggettiva 
che ha la consistenza del diritto soggettivo e non del mero interesse legittimo, 
con la conseguenza che al riguardo sussiste la giurisdizione del 
giudice ordinario. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

128 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3881 -Pres. Novelli Est. 
Carnevale -P. M. Monticelli (concl. conf.) -Ministro delle Finanze 
(avv. dello Stato Siconolfi) c. Curatela del fallimento secondo Gravora 
(u.c.). 

Fallimento -Art. 56 l.f. -Debito d'imposta ammesso al passivo -Credito 
del fallito per una vincita al lotto -Compensabilit� -Esclusione. 

L'art. 56 della legge fallimentare, nel consentire l'operativit� della vicenda 
estintiva tra i debiti dei creditori nei confronti del fallito e i loro crediti 
verso quest'ultimo, ancorch� non scaduti alla data della dichiarazione di 
fallimento, prevede la possibilit� di estinguere i crediti contrapposti per 
compensazione quando i crediti nei confronti del fallito non siano esigibili, 
ma importa implicitamente tutti i requisiti indicati nell'art. 1243 cc -in 
particolare quello della esigibilit� -per i creditori del fallito nei confronti 
del debitore, contraente in bonis (1). 

Non pu� pertanto opporsi in compensazione un credito gi� ammesso 
al passivo, nei confronti del fallito, con un suo debito sorto dopo la decisione 
di fallimento (nella specie trattavasi di un credito d'imposta dell'amministrazione 
finanziaria, da compensare con un debito della medesima 
per una vincita al lotto del fallito) (2). 

(Omissis). -Deve essere esaminata, per prima, la questione, di natura 
sostanziale, se, alla stregua della disciplina della compensazione nel fallimento 
risultante dall'art. 56 della legge fallimentare, il credito e il debito 
contrapposti tra i quali la detta compensazione pu� operare debbano essere 
o meno sorti entrambi anteriormente alla dichiarazione del fallimento. 

Solo se questa questione dovesse essere risolta, difformemente da come 
hanno concordemente ritenuto i giudici del merito e in conformit� alla 
tesi sostenuta dall'Amministrazione ricorrente, in senso negativo e cio� nel 
senso che la compensazione prevista dall'art. 56 della legge fallimentare 
possa operare anche tra un credito sorto prima e un debito nato dopo la 
dichiarazione del fallimento -si render� necessario l'altra questione di 
carattere processuale -attinente alle condizioni formali per l'operativit� 
della compensazione nel fallimento. 

Com'� noto, l'art. 56, 2� comma della legge fallimentare per cui i creditori 
hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti 
che essi vantano verso lo stesso, ancorch� non scadenti prima della dichia


(1-2) Si riporta la sentenza per la sua precisa ed ampia motivazione; non 
constano precedenti, sulla fattispecie di cui alla seconda massima. 

In merito alla prima massima cfr. Cass. 22 giugno 1972, n. 2039 in Giust. 
Civ. Mass. 1972, 1144; Cass. 10 dicembre 1970, n. 2631, Foro it. 1971, I, 3008 per la 
giurisprudenza di merito, vedi Trib. Pistoia 13 gennaio -1971, Foro it. Rep. 1971, 1126. 



PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

razione del fallimento, fatta eccezione per i crediti non scaduti acquistati 
dal creditore per atto tra vivi dopo la dichiarazione del fallimento o nell'anno 
anteriore -ha innovato rispetto alla disciplina del codice di commercio 
abrogato, sotto il vigore del quale, in mancanza di una disposizione 
analoga, la giurisprudenza e la dottrina erano pressoch� concordi nel ritenere 
che il fallimento cristallizzasse irrevocabilmente i diritti dei creditori 
del fallito e che, perci�, dal giorno della dichiarazione del fallimento, non 
fosse consentita la compensazione a danno della massa di creditori se non 
tra crediti e debiti, che gi� fossero certi, liquidi ed esigibili prima della 
sentenza dichiarativa. In mancanza di alcuno di tali requisiti, i debiti nei 
confronti del fallito dovevano essere soddisfatti integralmente, mentre per 
i crediti non era prevista altra possibilit� se non quella dell'insinuazione 
al passivo per essere soddisfatti, in sede di riparto, in moneta fallimentare. 
L'esclusione della compensazione, fuori dell'ipotesi avanti precisata, era 
considerata una diretta ed ineliminabile conseguenza del Principio dell'indisponibilit� 
attiva e passiva prodotta dal fallimento, in virt� del quale si 
osservava in dottrina -, nonch� il credito del fallito nei confronti del 
debitore in bonis doveva ritenersi acquisito dal fallimento ed a questo, e 
non al fallito, doveva essere pagato, il credito vantato nei confronti del 
fallito doveva, invece, considerarsi convertito in un diritto al dividendo sulla 
futura liquidazione. I termini di questo rapporto -si aggiungeva -non 
potevano, perci�, alterarsi in danno degli altri creditori. E, d'altra parte, 
una soluzione diversa avrebbe comportato la lesione della par condicio 
creditorum e il depauperamento dell'attivo fallimentare, al quale sarebbe 
stato sottratto il credito del fallito dedotto in compensazione. 

Da una parte della dottrina era stata, peraltro, segnalata l'iniquit� del 
trattamento cui soggiaceva il creditore-debitore, il quale, da un canto, era 
costretto a pagare per intero il suo debito e, dall'altro, doveva accontentarsi 
di partecipare alla proporzionale ripartizione dell'attivo fallimentare. Per 
ragioni di equit�; come � espressamente posto in evidenza nella relazione 
del guardasigilli (v. relazione al Re, n. 13), � stata introdotta con il citato 
art. 56 della legge fallimentare, in conformit� a quanto previsto da altre 
legislazioni straniere, una particolare disciplina della compensazione nel 
fallimento, la quale, come questa Corte Suprema ha avuto pi� volte occasione 
di sottolineare (v. tra le altre, sent. 22 giugno 1972, n. 2039; sent. 10 
dicembre 1970, n. 2631), risponde, per l'appunto, all'esigenza di assicurare 
una giusta tutela a chi venga a trovarsi, di fronte al fallimento, nella posizione 
di debitore-creditore, il quale sarebbe altrimenti esposto, da un lato, 
a dover soddisfare per intero il proprio debito e, dall'altro, a dover subire 
il pagamento del suo credito in moneta fallimentare. 

La compensazione prevista dalla norma in esame configura una particolare 
ipotesi di compensazione legale, alla disciplina della quale �, quindi, 
soggetta, in linea di principio, divergendone soltanto in ci� che, ai fini 


RASSEGNA DEll'AVVOCATURA DELLO STATO 

della sua operativit�, la norma medesima -in aderenza ai principi propri 
del diritto fallimentare (e, in particolare, di quello, sancito dall'art. 55 della 
legge fallimentare, secondo cui i debiti pecuniari del fallito si considerano 
scaduti agli effetti del concorso, alla data della dichiarazione del fallimento) 
ed al principio generale fissato dall'art. 1186 cod. civ., per il quale 
l'insolvenza del debitore, obbiettivamente accertata con la dichiarazione 
di fallimento, rende il credito immediatamente esigibile, anche nel caso 
in cui il termine sia stabilit� a favore del medesimo debitore -prescinde 
dal normale requisito dell'esigibilit�, limitatamente ai crediti nei confronti 
del fallito, ma non anche rispetto ai crediti di quest'ultimo. 

L'art. 56 della legge fallimentare -nel consentire l'operativit� della 
vicenda estintiva tra i debiti che i creditori hanno nei confronti del fallito 
e i loro crediti verso quest'ultimo; � ancorch� non scaduti prima della 
dichiarazione di fallimento -prevede, infatti, la possibilit� di estinguere 
i crediti contrapposti per compensazione quando i crediti nei confronti del 
fallito non siano esigibili, ma esige implicitamente tutti i requisiti indicati 
nell'art. 1243 cod. civ. -e, in particolare, quello dell'esigibilit� -per i 
crediti del fallito nei confronti del debitore-creditore in bonis. 

L'interpretazione letterale suesposta trova conferma in considerazione 
di ordine sistematico. 

La compensazione legale estingue, com'� noto, i debiti contrapposti 
per effetto del fatto oggettivo della lorn coesistenza, sicch� la dichiarazione 
giudiziale della parte che oppone la compensazione legale equivale 
ad una manifestazione di volont� diretta a giovarsi di un effetto gi� verificatisi 
e la pronuncia del giudice non fa che accertare l'avvenuta estinzione 
dei medesimi debiti, totale o fino alla concorrenza di quello di minore 
importo. 

Presupponendo, peraltro, la compensazione legale, oltre alla omogeneit� 
e alla liquidit� l'esigibilit� dei debiti contrapposti, l'operativit� del-
l'effetto estintivo in un momento anteriore a quello in cui la dichiarazione 
di volersi avvalere della compensazione viene emessa incontra un insuperabile 
limite nel momento in cui i crediti e i debiti tra i quali la vicenda 
estintiva si realizza hanno conseguito il requisito dell'esigibilit� (oltre, 
.evidentemente, a quelli dell'omogeneit� e della liquidit�). 

Tale momento, ove uno dei due soggetti dei rapporti obbligatori reci


proci sia dichiarato fallito, non pu� non essere anteriore alla dichiarazione 

del fallimento. 

Se, infatti, il debito del creditore in bonis diventa esigibile successiva


mente a tale dichiarazione, l'effetto estintivo della compensazione � oppo


nibile ai creditori in virt� del principio, fissato dall'art. 2917 cod. civ. in 

tema di effetti del pignoramento, secondo cui l'estinzione del credito pi


gnorato per cause successive al pignoramento non ha effetto in pregiudizio 

del creditore pignorante e dei creditori intervenuti. Principio che, anche 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 131 

se sancito espressamente con riferimento all'esecuzione forzata singolare, 
non pu� non ritenersi, data l'evidente identit� della ratio, applicabile analogicamente 
anche all'esecuzione forzata collettiva, quale � quella conseguente 
alla dichiarazione del fallimento. 

D'altra parte, mentre -quando i presupposti della compensazione 
legale si sono verificati prima della dichiarazione del fallimento -la 
retroattivit� dell'efficacia della dichiarazione di volersi avvalere dell'effetto 
estintivo gi� verificatosi comporta che la mancata acquisizione all'attivo 
fallimentare del credito del fallito, estintosi in epoca anteriore alla dichiarazione 
del fallimento, non altera la par condicio creditorum, quando, invece, 
i presupposti della compensazione si sono realizzati successivamente 
alla detta dkhiarazione, il credito verso il fallito -, da considerarsi in 
ogni caso scaduto alla data -della sentenza dichiarativa e destinato a 
far parte della massa passiva per effetto della cristallizzazione delle situazioni 
giuridiche dei creditori conseguente alla dichiarazione del fallimento 
per la realizzazione tra essi della par condicio -non pu� non essere soddisfatto 
se non con le regole e i modi della procedura concorsuale e, 
quindi, in percentuale e il credito del fallito, divenuto esigibile dopo la 
dichiarazione ciel fallimento, entra a far parte della massa attiva destinata 
al soddisfacimento di tutti i creditori secondo le regole del concorso. 

I principi suesposti valgono a fortiori nell'ipotesi, come � quella verificatasi 
nel caso in esame, in cui il credito del fallito sia sorto successivamente 
alla dichiarazione del fallimento. 

Se � vero, infatti, che tale credito sorge in capo al fallito -giacch�, 
qualunque sia la costruzione dogmatica degli effetti del fallimento sul patrimonio 
del fallito che si ritenga pi� aderente al sistema della legge fallimentare, 
non sembra potersi dubitare che il fallimento non comporti la 
perdita della capacit� giuridica del fallito -e che, conseguentemente, all'operativit� 
della compensazione tra lo stesso credito e quello verso il 
fallito non sarebbe di ostacolo, come pure � stato sostenuto, il difetto 
del necessario requisito della reciprocit� (da intendersi nel senso che i 
due soggetti tra i quali pu� svolgersi la vicenda estintiva collegata alla 
compensazione debbono presentarsi come due centri di interessi caratterizzati 
dall'invertibilit�, per cui ciascuno di essi riveste la posizione di 
creditore in un rapporto e queHa di debitore nell'altro), � del pari vero 
che, anche rispetto al medesimo credito, i presupposti della compensazione 
legale si sono realizzati dopo la dichiarazione del fallimento e che, 
essendo esso destinato al pagamento dei creditori concorsuali, il sottrarlo 
alla legge del concorso -per consentire al debitore in bonis di dedurlo 
in compensazione con un suo credito nei confronti del fallito sorto anteriormente 
alla dichiarazione del fallimento e destinato, per tutta la durata 
della procedura concorsuale, ad essere soddisfatto in moneta fallimentare 

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132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-comporterebbe un'alterazione della par condicio creditorum non con


sentita dalla vigente disciplina del fallimento. 

In conclusione, avendo la sentenza impugnata esattamente escluso che 

lAmministrazione finanziaria potesse operare la compensazione tra il suo 

credito di imposta nei confronti del fallito, gi� ammesso al passivo, e il 

suo debito per la vincita al lotto realizzata dal medesimo fallito dopo la 

dichiarazione del fallimento, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Lavoro -22 dicembre 1976, n. 4716 -Pres. 

Iannitti Piromallo -Rel. Cardarelli -P. M. Grimaldi (conf.) -Assessorato 

Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana (Avv. dello Stato Freni) c . 

. Calanni-Rindina (avv. C. M. Bianca). 

Lavoro -Operai dello Stato -Lavoro dipendente -Necessit� del pubblico 
concorso -Sussiste. 

Lavoro -Operai dello Stato � Assunzione temporanea -Protrazione oltre i 
limiti di legge � Conversione in rapporto a tempo indeterminato -Non 
sussiste. 

L'assunzione di personale operrzio stabile da parte della pubblica Amministrazione 
� di regola soggetta al pubblico concorso, fuori del quale � 
nulla di diritto (1). 

Qualora una pubblica Amministrazione -avvalendosi della possibilit� 
di assunzione di personale per esigenze temporanee di cui alla l. 12 aprile 
1962, n. 205 -lo abbia trattenuto in servizio oltre il limite del previsto, 
l'atipicit� del rapporto di lavoro non ne comporta la conversione in � rapporto 
a tempo indeterminato, stante l'impossibilit� di ammettere una stabilizzazione 
di fatto dell'operaio al di fuori della procedura prevista dalla 
legge 5 marzo 1961, n. 90 (2). 

(Omissis). -La I. 5 marzo 1961, n. 90 stabilisce che gli operai dello 
Stato sono assunti stabilmente ed iscritti a ruolo in conformit� a determinate 
procedure (art. 5) e secondo certe condizioni cui il sorgere del 
rapporto � subordinato (art. 7); determina i diritti e doveri degli stessi 
dipendenti (art. 12, 13, 15, 16) le cause di cessazione del rapporto (art. 52 
e ss.) e la nullit� delle assunzioni effettuate senza l'osservanza delle procedure 
prescritte (art. 6). 

(1-2) La sentenza fissa un importante principio in tema di assunzioni temporanee 
da parte della pubblica amministrazione di personale operaio. Non constano 
precedenti specifici. 



PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVIl.E 

Successivamente la I. 12 aprile 1962, n. 205 ha previsto che � per le 
esigenze temporanee relative alla esecuzione di lavori, condotti in amministrazione 
diretta dalla Amministrazione Forestale o dalla Azienda di Stato 
per le foreste demaniali, il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste e la 
suddetta azienda hanno facolt� di assumere operai con contratto di diritto 
privato, per la durata necessaria all'esecuzione dei singoli lavori ed in 
ogni caso per un periodo non superiore ai sessanta giorni e con l'osservanza 
delle norme sul collocamento di lavoratori disoccupati � e che 
�l'operaio assunto ai sensi dei precedenti commi non acquista la qualifica 
di operaio dello stato, e non pu� essere trattenuto al lavoro oltre il predetto 
periodo massimo di sessanta giorni �. La normativa in questione ha 
trovato riscontro anche nella legge Reg. Siciliana 31 marzo 1972, n. 20. 

Il ricorrente venne assunto dalla Amministrazione della Agricoltura e 
Foreste al fine di sopperire ad esigenze temporanee, con contratto di diritto 
privato, in virt� della citata legge 12 aprile 1962, n. 205 e poich� 
-come ha accertato la Corte di merito -le prestazioni lavorative si 
erano protratte ben oltre il termine di sessanta giorni, invoca tutte le 
conseguenze giuridiche e patrimoniali di un rapporto di lavoro a tempo 
indeterminato. La conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto 
a tempo indeterminato sarebbe quindi una conseguenza diretta del 
protrarsi ininterrotto dalla prestazione lavorativa dopo la scadenza d�l 
termine inizialmente fissato ed importerebbe la disciplina dell'art. 2 legge 
18 aprile 1962, n. 230. 

Va subito osservato che la tipicit� del rapporto di lavoro di cui alla 
legge 5 maggio 1961, n. 90 si sostanzia nella obbligatoria osservanza delle 
procedure prescritte, tanto che l'assunzione del personale operaio effettuata 
senza pubblico concorso (a prescindere da quanto disposto per l'Amministrazione 
Autonoma delle poste e telecomunicazioni e per quella dei 
Monopoli di Stato) � nulla di diritto. 

La inosservanza delle norme che disciplinano la costituzione del rapporto 
incide sulla validit� dello stesso. Al di fuori della disciplina dettata 
dalla legge n. 90 del 1961, sussiste solo la possibilit� di assunzioni per 
esigenze temporanee nei limiti siano stati superati (per esempio per 
avvenuta prestazione di lavoro continuativo per un periodo superiore ai 
sessanta giorni) non pu� certo ritenersi che la � atipicit� � del rapporto 
abbia implicato una convenzione di questo in un rapporto a tempo indeterminato, 
perch� nella sostanza si verrebbe ad ammettere una stabilizzazione 
di fatto dell'operaio al di fuori delle procedure previste dalla 
legge n. 90 del 1961. Questa normativa � intesa infatti a tutelare sia l'interesse 
della P.A. per una assunzione conseguente alla valutazione della 
capacit� e dei titoli degli aspiranti nonch� corrispondente alle previsioni 
di spesa relativa; sia il diritto di coloro ai quali soltanto (proprio per 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'avvenuto rispetto delle forme previste dalla legge) � assicurato un determinato 
stato giuridico ed economico. 

Il rilievo che " i dirigenti degli Uffici centrali e periferici che emettano 
provvedimenti in viol11zione alle disposizioni di cui al precedente 
coml}J.a sono personalmente e solidalmente responsabili delle somme conseguentemente 
erogate�, non pu� certo indurre a sostenere, a contrariis, 
che il legislatore ha preso in considerazione la conversione del rapporto 
di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, cautelando 
la P. A. per le somme erogate al dipendente che abbia continuato 
a prestare la propria opera continuativamente oltre il termine di sessanta 
giorni. Infatti la norma prevede e sancisce la responsabilit� dei funzionari 
pubblici in relazione� agli effetti di cui all'art. 2126 e.e. senza per� che sia 
possibile dedurre la surricordata conversione. 

La stessa legge 18 aprile 1962, n. 230 nel dettare la disciplina del contratto 
di lavoro a tempo determinato ha indirettamente escluso che quella 
enunciata negli artt. 1, 2, 3, 4, 5 fosse applicabile anche ai �contratti di 
lavoro dei lavoratori assunti a termine dalle Amministrazioni statali e 
dalle Aziende autonome dello Stato�, stabilendo all'art. 10 che per questo 
rapporto entro centopttanta giorni dalla pubblicazione della legge, con decreto 
del Presidente della Repubblica, su proposta congiunta del Ministro 
per il Lavoro e la Previdenza Sociale e dei Ministri competenti, di concerto 
con quello della Riforma Burocratica, doveviano essere emanate apposite 
norme di adeguamento. A questo fine il d.P.R. 12 luglio 1963, n. 1215 
ha disposto che agli operai assunti per esigenze temporanee del Ministero 
dell'Agricoltura e delle Foreste e dell'Azienda di Stato ai sensi della 
legge 12 aprile 1962, n. 205 spetta un periodo di ferie nella misura stabilita 
dalle norme di legge o dai contratti collettivi, la tredicesima mensilit� 
in proporzione, alla durata del rapporto. 

Del resto -sotto un mero profilo di completezza -non va neppure 
taciuto che il d.P.R. 31 marzo 1971, n. 276, emanato in virt� della delega 
concessa al Governo dell'art. 25 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, non 
solo ha disciplinato i casi nei quali le Amministrazioni dello Stato possono 
assumere personale con rapporto a termine, ma ha �anche previsto che 
allo scadere di questo, il rapporto � risolto di diritto. 

La presenza di una specifica disciplina contraria (legge 5 marzo 1961, 

n. 90; legge 12 aprile 1962, n. 205; legge 18 aprile 1962, n. 230) non consente 
la conversione del rapporto a tempo determinato in quello a tempo 
indeterminato. La Corte di merito ha erroneamente disapplicato questo 
principio di diritto ed ha assimilato il rapporto di lavoro intercorso 
tra le parti a quello dei salariati fissi in agricoltura (legge 15 agosto 1949, 
n. 533), mentre avrebbe dovuto rilevarne la nullit� salvo valutare le pretese 
del lavoratore in ordine agli effetti del rapporto di lavoro per il periodo 
in cui aveva avuto esecuzione. -(Omissis). 

PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 135 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 gennaio 1977, n. 93 -Pres. StellaRichter 
-Est. Caleca -P. M. Berri (concl. contr.) -Ministero della Difesa 
(avv. dello Stato Terranova) c. SAMAR -Societ� Milanese Apparecchi 
Radioelettrici (avv. Jaia). 

Contratti pubblici � Responsabilit� precontrattuale -Comportamento colposo 
degli organi della P.A. 

Anche se non � ipotizzabile una responsabilit� precontrattuale della 

P. A. in funzione del mancato compimento delle attivit� intese a promuovere 
i prescritti controlli idonei al perfezionamento del contratto, deve 
peraltro essere ammessa la configurabilit� di un comportamento contrastante 
con l'art. 1337 e.e., qualora gli organi dell'Ente pubblico nelle trattative 
e nelle relazioni con i terzi abbiano compiuto azioni o siano incorsi 
in omissioni che contrastano con i principi della lealt�, della correttezza 
e della buona fede, la cui puntuale osservazione da parte della 
P. A. non � incompatibile con i principi generali del diritto pubblico (1). 
(1) La pronunZiia si mantiene in un filone oramai classico in tema di responsabilit� 
precontrattuale della pubblica amministrazione. Interessante � notare 
che anche la giurisprudenza di merito si � adeguata alla concezione affermativa 
della responsabilit� precontrattuale per l'operato colposo dei suoi organi. Cfr. Trib. 
Bergamo 18 dicembre 1969, in Foro it. Rep. 1971, 681. 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 486 � Pres. De Capua Est. 
Schinaia -Prefetto di Torino (avv. Stato Gargiulo) c. Pozzo 
(avv.ti Comba, Besontini e Contaldi) e Comune di Torino (n. c.) Appello 
T.A.R. Piemonte 12 febbraio 1975, n. 42: annulla. 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione del T.A.R. sull'indennizzo da 
requisizione � Non sussiste. 

Prefetto -Poteri -Ordinanze di urgenza e necessit� -Esercizio del relativo 
potere nel rispetto dei principi dell'ordinamento e della Costituzione 
-Necessit�. 

Prefetto -Poteri -Requisizioni -Statuizioni dirette a pi� interessati Necessit� 
di adeguata pubblicazione -Sussiste. 

Prefetto -Poteri -Requisizioni -Definitivit� dei relativi provvedimenti � 
Sussiste. 

Requisizione -Requisizioni ex art. 7 I. 20 marzo 1865 n. 2248 Ali. E Necessit� 
di indicazione di un termine finale di operativit� � Sussiste. 

Poich� solo al giudice ordinario spetta la giurisdizione circa la misura 
dell'indennizzo collegato a provvedimenti espropriativi della privata 
propriet�, resta preclusa al Tribunale Amministrativo Regionale la possibilit� 
di esaminare la predetta questione proposta da un ricorrente avverso 
un provvedimento prefettizio di requisizione a favore di un Comune 
di abitazioni per destinazione a locazione di famiglie bisognose di alloggi 
occupati da assegnatari I.A.C.P. e Ges.Ca.L., i quali non fossero ancora 
stati immessi nel possesso (1). 

Requisizione: manifestazione tipica e tipizzata del potere di ordinanza 
del Prefetto. 

La sentenza della IV Sez. che si annota ha sostanzialmente confermato, quanto 
agli effetti, la pronuncia del T .A.R. del Piemonte (1) che aveva riconosciuto 
la illegittimit� di un provvedimento del Prefetto di Torino con il quale erano 
stati messi a disposizione del Comune per la locazione a famiglie bisognose 
alcuni alloggi (fra i quali quello di propriet� del ricorrente) occupati da famiglie 
alle quali l'I.A.C.P. o la Ges.CaL. avevano assegnato abitazioni delle 
quali non era ancora avvenuta l'immissione in possesso, nonch� del conseguente 


(1) Cfr. T.A.R. Piemonte 12 febbraio 1975, n. 42 in Foro it. 1975, III, 142 con nota di 
CANAVESIO. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 137 

La Corte Costituzionale con la sentenza 27 maggio 1961, n. 26 ha dichiarato 
la illegittimit� costituzionale dell'art. 2 del T.U.L.P.S. n. 773 del 
1931 solo nei sensi e nei limiti indicati in motivazione e pertanto occorre 
accertare se nel caso concreto il potere di emettere ordinanze per motivi 
di urgenza o di grave necessit� pubblica sia stato esercitato dal Prefetto 
nel rispetto dei principi dell'ordinamento e dei diritti previsti dalla 
Carta Costituzionale, fermo, comunque, che l'esercizio di tale potere non 
invade il campo delle riserve di legge, posto che � proprio una norma di 
legge, e precisamente l'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. E, a 
consentire l'emanazione di ordinanze con le quali si dispone della pro� 
propriet� privata (2). 

provvedimento del Comune che aveva assunto la disponibilit� dell'alloggio del 
ricorrente. 
La motivazione delle due decisioni � invece notevolmente difforme e merita 
di essere ricordata. 

Il T.A.R., infatti, aveva ancorato la illegittimit� del provvedimento alla mancata 
previsione, in sede di trasferimento al sindaco della scelta del nuovo inquilino, 
di un indennizzo per la sottrazione al proprietario di tale � facolt� di 
scelta�, che avrebbe comportato una concreta lesione al diritto del proprietario, 
non compensata da un indennizzo, indennizzo che invece deve essere garantito 
in forza dei principi generali dell'ordinamento giuridico e della Carta Costituzionale. 


La decisione del T.A.R. del Piemonte � di poco anteriore ad altra sentenza 
(2) dello stesso organo giurisdizionale amministrativo, nella quale veniva 
ugualmente dichiarata la illegittimit� di altro provvedimento di requisizione, pure 
del Prefetto di Torino, con cui si era disposta la temporanea messa a disposizione 
del sindacato della cit� di 70 alloggi di propriet� di una impresa privata 
per la provvisoria sistemazione di famiglie del tutto sprovviste di abitazione; 
la illegittimit� era, nella fattispecie, ricollegata alla mancata motivazione 
circa i criteri seguiti per la concreta scelta e determinazione dei beni colpiti 
dal provvedimento di requisizione. 

Il Consiglio di Stato, chiamato ora a giudicare in appello sulla prima delle 
decisioni sopracitate, ha anzitutto disatteso i criteri seguiti dai primi giudici, 
ritenendo -e giustamente -preclusa al T.A.R. ogni indagine sulla questione 
attinente alla misura dell'indennizzo, spettando la giurisdizione su tale aspetto 
non al giudice amministrativo, ma solo al giudice ordinario, che, in ogni caso, 
pu� pronunciarsi solo sulla misura dell'indennizzo, non gi� annullare il provvedimento 
di requisizione nel quale fosse indicato un indennizzo inferiore a 
quello in ipotesi dovuto. 

La conferma della iUegittimit� del provvedimento de quo viene invece ricollegata 
dal Consiglio di Stato alla circostanza che il termine indicato nel medesimo 
� posto solo con riferimento al potere, attribuito al sindaco, di locare 
invece del proprietario determinati immobili, senza che nulla si dica -espressamente 
-circa la durata della locazione cos� posta in essere. E poich� � la 
locazione ad incidere direttamente sulla disponibilit� dell'immobile, il provvedimento 
(che non ne fissa il termine finale) mancherebbe cos� di un elemento 
essenziale al medesimo. 

(2) Cfr. T.A.R. Piemonte 18 febbraio 1975, n. 44 in Foro it. 1975, III, 141. 

138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo la interpretazione data dalla Corte Costituzionale le ordinanze 
ex art. 7 legge 2248 All. E non debbono necessariamente essere a carattere 
individuale, ma possono anche riguardare una serie di casi ed essere 
dirette a pi� interessati; in tale ultima ipotesi sussiste la necessit� di una 

.idonea pubblicazione delle ordinanze medesime (3). 

Ai sensi dell'art. unico della legge 30 novembre 1950, n. 996, i provvedimenti 
adottati dai Prefetti nell'esercizio dei poteri previsti dall'art. 7 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. E sono provvedimenti definitivi (4). 

i

I

Invero, sulla natura del termine finale come elemento essenziale del provvedimento 
si � consolidata la giurisprudenza degli organi della giurisdizione amministrativa 
(3), alla quale si � affiancata anche la Corte costituzionale (4), secondo 
cui le ordinanze di necessit� debbono essere ad efficacia temporale limi


I 

tata in relazione ai presupposti della necessit� e urgenza che le hanno deter


I

minate, e vincolate al rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. �' 

Ig

Non va, tuttavia, confusa I'� efficacia temporale limitata� con la necessit� 
della predeterminazione del termine di efficacia nel contesto stesso del provvedimento, 
posto che nessuna norma impone una siffatta necessit� (5), con la conseguenza, 
innegabile, che ben possono darsi provvedimenti di urgenza nella forma 
delle requisizioni, per i quali, in relazione alla particolar� eccezionalit� delle t 
esigenze pubbliche da soddisfare, non possa essere indicato uno specifico ter


! 

mine finale di cessazione di operativit�. � insomma essenziale e connaturato al 

t

provvedimento di urgenza il requisito della temporaneit�, nel senso che esso r-
trova applicazione nelle ipotesi di urgente necessit� in cui occorra sopperire 
ad una situazione di transitoria emergenza, di durata non sempre esattamente 

1

determinabile, ma comunque pur sempre destinata ad esaurirsi nel tempo; co


~ 

sicch� la naturale destinazione alla risoluzione nel tempo della situazione medesima, 
affiancata alla possibile, oggettiva indeterminabilit� del momento in cui 
tale esaurimento � destinato a prodursi in concreto, rappresenta il presupposto, ~ 

I 
I 
f.

logico prima che giuridico, per escludere che costituisca elemento essenziale 
del provvedimento anche la specifica indicazione nel medesimo del dies ad quem 
della sua efficacia. 

In forza di tale ordine di considerazioni trova piena giustificazione l'ipotesi, 
accolta in giurisprudenza (6), della rinnovazione di una requisizione di urgenza, � 
rinnovazione che da un lato sembra�applicabile alle sole ipotesi in cui si accerti 
ricorrere ancora la situazione di grave necessit� che aveva determinato la emanazione 
dell'atto da rinnovare, e dall'altro costituisce indiretta, ma chiara, conferma 
della non necessariet� della predeterminazione del termine finale in discorso. 


Suscita, pertanto, una certa perplessit� la conclusione cui � pervenuta la 
IV Sezione nella decisione che si annota, ove si consideri che nel provvedimento 
prefettizio era inserita anche la frase � la presente eccezionale disciplina 


(3) Cfr. Ad. PI. 9 luglio 1951, n. 6 in Racc. C. Stato 1951, 780. 
(4) Cfr. Corte Cost. 27 maggio 1961, n. 26, in Il Consiglio di Stato 1961, II, 227; cfr. anche 
Corte Cost. 2 luglio 1956, n. 8 in Foro it. 1956, I, 1050. 
(5) In particolare, non la impone l'art. 7 I. 20 marzo 19865, n. 2248 all. E (sulla abolizione 
del contenzioso amministrativo). che non � norma meramente enunciativa di un prindpio, 
ma norma di carattere generale e fondamentale, fonte diretta del potere prefettizio 
di ordinanza in materia di requisizioni della propriet� privata. 
(6) Cfr. IV Sez .., 5 luglio 1967, n. 254, in Foro it. 1967, III, 552. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139 

Poich� costituisce requisito essenziale per tutti i provvedimenti di requisizione 
e gli altri incidenti sulla propriet� privata, adottati ai sensi dell'art. 
7 della legge 2248 All. E del 1865, l'apposizione di un termine finale 
di operativit�, in relazione alla esigenza di far fronte temporaneamente 
allo stato di urgenza e grave necessit� (requisito ritenuto indispensabile 
anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 26 del 1961), ne consegue 
l'illeg~ttimit� del provvedimento prefettizio di requisizione di immo


avr� vigore fino al 31 marzo 1975 �: non essendo esplicitamente indicato il termine 
di cessa:i:ione della requisizione e di riconsegna degli immobili nella disponibilit� 
del proprietario, l'espressione predetta � stata interpretata come costitutiva 
di un termine finale solo apparente, in quanto riferito esclusivamente 
al periodo entro il quale il sindaco poteva disporre per la locazione dell'abitazione 
medesima, laddove essa ben poteva essere riferita all'intero rapporto e 
alla regolamentazione eccezionale (e temporanea) che la situazione di grave necessit� 
conseguentemente imponeva. 

La decisione � ugualmente importante perch� su tutti gli altri punti esaminati 
(in ordine ai quali risulta pienamente legittimo l'operato del Prefetto) 
� dato riscontrare una es�tta, puntuale applicazione di quelli che possono considerarsi 
allo stato principi generalmente acquisiti in tema di requisizione e sui 
quali ci soffermiamo brevemente. 

Il Consiglio di Stato sgombra, anzitutto, il terreno da ogni dubbio sulla 
fonte normativa del potere prefettizio di emettere ordinanze di requisizione, 
individuando esattamente tale fonte nell'art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248 
all. E, che non risulta n� dichiarato incostituzionale n� mai abrogato, e soffermandosi 
particolarmente sulla sufficienza e idoneit� di tale norma ad attribuire 
al Prefetto il pQtere -pur in difetto di specifiche disposizioni concrete per i 
vari settori di volta in volta in considerazione -di pronunciare ordinanze di 
necessit� incidenti sulla propriet� privata (7). 

Del resto era stata la stessa Corte costituzionale, con una decisione del 1961, 
a ritenere che la disposizione contenuta nell'art. 7 della legge sulla abolizione 
del contenzioso amministrativo funziona come norma di carattere generale, 
che completa il sistema legislativo nella materia delle requisizioni (8), con la 
importantissima conseguenza che l'esercizio di tale potere � di competenza esclusiva 
dello Stato e non pu� ritenersi trasferito all'autorit� regionale (9). 

Sembra, pertanto, decisamente da disattendere il diverso criterio seguito in 
alcune decisioni (10), secondo cui la norma contemplata dall'art. 7 in esame 
avrebbe natura meramente procedimentale e pertanto, per la sua applicabilit�, 

(7) Sui rapporto, frequentemente operato in sede giurisprudenziale, fra l'art. 7 I. 2248/1865 
ali. E e altre disposizioni normative (quali, ad es., l'art. 153 della legge com. e prov. del 
1915, l'art. 19 della legge com. e prov. del 1934, l'art. 71 della legge sulle espropriazioni) 
cfr. I Giudizi di Costituzionalit� e il Contenzioso dello Stato negli anni 1966-1910 e 19711975, 
Roma, Poligrafico dello Stato, voi. III, rispett. 1971, 149 e segg. e 1976, 348 e segg. 
(8) Con una certa efficacia in dottrina e in giurisprudenza si ripete spesso che il potere 
in parola rappresenta una � valvola di sicurezza � e un � potere residuale �. 
(9) Cfr. Corte Cost. 30 dicembre 1961, n. 72, in Giustizia Civ. 1962, III, 44; in termini cfr. 
anche Csi 25 febbraio 1960, n. 155 in Il Consiglio di Stato 1960, I, 306; Ad. pi. 2 dicembre 
1958, n. 24, ivi, 1958, I, 1421. 
(10) Cfr. ad es. T.A.R. Campania 18 giugno 1975, n. 75 e 19 novembre 1975, n. 270 in 
I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 2389 e 1976, I, 296; in dottrina cfr. SANDULLI, 
Manuale .ff.i diritto amministrativo, Napoli 1974, 616. 
J:I 

RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO 

bili per la loro messa a disposizione di famiglie bisognose senza che nel 
provvedimento medesimo sia indicata la data di cessazione della requisizione 
e di riconsegna in disponibilit� degli alloggi al proprietario, ma 
sia soltanto fissato un termine con limitato riferimento al potere attribuito 
al sindaco di � locare>>, invece del proprietario, determinati immobili, 
senza alcuna indicazione circa la durata della � locazione � posta in 
essere con siffatte modalit� (5). 

si richiederebbe sempre l'accertamento preventivo della fonte primaria del po


tere di ordinanza ablatoria, da ricercarsi in altre norme sostanziali dell'ordi


namento. 

Anche quanto ai requisiti richiesti dalla norma dovr� farsi costante, esclu


sivo riferimento al tenore testuale dell'art. 7: �allorch� per grave necessit� pub


blica l'autorit� amministrativa debba senza indugio disporre della propriet� pri


vata... �; in sede di interpretazione della. norma sono stati individuati alcuni 

elementi fondamentali: a) gravit�; b) urgenza; c) indilazionabilit�; d) straordi


nariet�; e) imprevedibilit�;� f) inesistenza di mezzi alternativi (11). 

La legge 8 marzo 1949, n. 277 ha, come � noto, modificato l'art. 19 del Testo 
Unico legge comunale e provinciale approvato con r.d. 3 marzo 1934, n. 383, 
riducendo la sfera di discrezionalit� del Prefetto, il quale deve limitare i suoi 
� interventi ai casi di �urgente necessit��; la possibilit� dell'intervento � pertanto 
subordinata all'esistenza del duplice requisito congiunto dell'urgenza e 
. necessit�; e anche se si � gi� precisato come l'art. 7 legge abolitrice del contenzioso 
amministrativo abbia forza propria di portata generale e di immediata 
applicabilit� indipendentemente dal riferimento ad altre concrete e specifiche 
disposizioni normative, tuttavia il richiamo alla legge 277/1949 ci sembra 
utile elemento di raffronto per una conferma del significato e per ilna esatta 
comprensione del testo in esame, nel� quale per l'appunto risulta impiegata dal 
legislatore una terminologia pressoch� anologa (�grave necessit� pubblica�, 

�disporre senza indugio�). 

I requisiti della gravit� e della urgenza non suscitano, invero, particolari 

problemi, essendo sufficiente ricordare, quanto alla gravit�, che in sede giurispru


denziale � stato ritenuto viziato di eccesso di potere l'ordine di requisizione 

che, nel sacrificare l'altrui diritto di propriet�, si sia esteso oltre la misura 

necessaria per il soddisfacimento delle esigenze pubbliche che avevano costituito 

il presupposto del provvedimento medesimo (12); inoltre la circostanza di un 

grave malcontento manifestato dai cittadini � stata ritenuta inidonea a giusti


ficare e legittimare un provvedimento di urgenza sotto il riflesso della sicu


rezza pubblica (13). 

Quanto alla indilazionabilit�, essa � collegata alla urgenza (� urgente ci� 

che non pu� essere differito) e pertanto sul pi;;ino logico non pu� assumere 

connotazioni autonome. 

La straordinariet�, poi, non � affatto contemplata dalla norma e pertanto 

� un attributo che pu� anche non essere presente in senso strettamente natura


(11) Cfr. Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 254; 26 aprile 1968, n. 269; 25 settembre 1968, n. 524; 
Csi 10 luglio 1970, n. 449; rispettivamente in Il Consiglio di Stato 1967, I, 107; 1968, I, 644; 
1968, I, 1352; 1970, I, 1364. 
(12) Cfr., ad es., Sez. V, 17 giugno 1969, n. 681, in Il Consiglio di Stato 1969, I, 916. 
(13) Cfr., Csi 17 gennaio 1970, n; 22, in Il Consiglio di Stato 1970, I, 150; Sez. V, .4 marzo 
1961, n. 78 e 28 febbraio 1961, n. 33, ivi, 1961, I, 494 e 86. 
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PARTE I, SEZ. V,� GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 

Il 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DELLA REGIONE SICILIANA, 
29 ottobre 1976, n. 281 -Pres. (ff.) Calabr� -Est. Giannitto -
Chiaromonte Bordonaro (avv. Roccella) c. Amministrazione provinciale 
di Palermo (avv. Wolleb) e Prefetto di Palermo (avv. Stato Ferrante). 


Requisizione -Art. 7 I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E -Motivazione -Sistemazione 
uffici pubblici -Presupposti -Inesistenza. 

Poich� ai fini dell'applicabilit� dell'art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248 

All. E si rendono necessari i requisiti della grave necessit� pubblica e 

della urgenza di provvedere in presenza di esigenze straordinarie e im


prevedibili; � viziato da illegittimit� il provvedimento prefettizio di requi


sizione pronunciato con la sola motivazione della esigenza di sistemare 

uffici pubblici, nella specie gli uffici del Medico e del Veterinario pro.
vinciate (6). 

listico: la situazione di urgente necessit� pu� ricollegarsi anche alla concomi


tanza di una serie di eventi che nulla hanno di straordinario (14), ma che con


tribuiscono ugualmente, proprio perch� concorrenti (e forse solo in questa 

contestuale concorrenza pu� individuarsi la � straordinariet� �), a determinare 

la situazione di gravit� e urgenza. 

Sulla irrilevanza della imprevedibilit� offrono, invece, un sostegno validissimo 
le �gi� ricordate decisioni del T.A.R. del Piemonte nn. 42 e 44 del 1975, 
che hanno per l'appunto fissato il principio della legittimit� della requisizione 
di un bene di propriet� privata per soddisfare una grave, urgente necessit�, 
pur se quest'ultima era da tempo prevedibile: chiarisce il citato organo giu,
risdizionale che, malgrado la prevedibilit� dell'evento, � consentito al Prefetto 
di far ricorso a detto strumento quando manchino mezzi giuridici alternativi. 

Tale enunciazione dissolve cos� i dubbi e le incertezze contenute nella pre


cedente giurisprudenza del Consiglio di Stato a proposito del predetto requi


sito (15), della cui necessit� ormai non sembra pi� il caso di discutere, essendo 

sufficiente ricordare che esso si svolge comunque solo sul piano possibilistico, 

e pertanto postula che l'evento non possa essere umanamente previsto, laddove 

invece esso non � configurabile quando, a seguito di una condotta omissiva, o, 

al limite, di ignoranza colpevole, non sia stato previsto l'evento che ben avreb


be potuto esserlo sul piano della esperienza tecnica e naturalistica: � una 

siffatta indagine che deve rimanere preclusa ed estranea alle valutazioni del 

Prefetto, cui � demandato solo il potere-dovere di risolvere la situazione di 

(14) Una delle situazioni che ricorrono sempre con maggiore frequenza e che impongono 
l'applicazione dello strumento prefettizio in esame � la persistente carenza di abitazioni civili 
lamentata da gruppi, sempre pi� numerosi, di persone e famiglie: evento che -purtroppo 
-nella attuale, critica fase ecenomica non ha proprio nulla di straordinario. 

.(15) Cfr., ad es., .le gi� citate decisioni Sez. IV n. 254/1967 e 524/1%8 e Sez. V 

n. 681/1969. 
(16) Contra T.A.R. Toscana 13 novi:mbre 1975, n. 397, in I Tribunali Amministrativi 
Regionali 1976, I, 196. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

142 

urgente necessit� comunque prodottasi; se, insomma i requisiti della urgente 
necessit� sussistono (e sono quelli -e soli -richiesti dall'art. 7), non si vede 
perch� il Prefetto (il �quale, fra l'altro -giova ricordarlo -deve provvedere 
� senza indugio �) debba altres� essere tenuto -e preventivamente, pena la 
illegittimit� dell'atto -a valutare se l'evento era o meno prevedibile e se nell'operato 
degli organi (competenti in situazione di normalit�) fosse o meno riscontrabile 
una condotta regolare o invece una ignoranza colpevole circa la 
prevedibilit� dell'evento stesso e, pi� precisamente, della situazione di urgente 
gravit� che impone l'eccezionale intervento (16). 

Sulla inesistenza di mezzi alternativi, invece, l'indagine deve essere condotta 
con particolare rigore, posto che appare evidente come ogni situazione 
di urgente necessit� non possa di per se stessa costituire, automaticamente, 
valido fondamento a provvedimenti ablativi del tipo in esame, ma debba essere 
costantemente correlata ad un concreto accertamento della non suscettibilit� 
ad essere superata con altri, pi� appropriati e specifici, strumenti giuridici. 

In applicazione di tale criterio il Consiglio di Giustizia Amministrativa della 
Regione Siciliana ha ritenuto la illegittimit� di un provvedimento di requisizione 
di alloggi gestiti dall'IA.C.P., motivato con la mera opportunit� di liberare 
alloggi occupati illegalmente e che dovevano essere assegnati a nuclei familiari 
da determinare secondo disposizioni di legge (17): in verit�, nella fattispecie 
esaminata dal predetto Organo giurisdizionale regionale parrebbe assente 
anche il requisito dell'urgenza, posto che una semplice opportunit� non concreta 
mai una situazione di urgente necessit�; ci� che rileva, comunque, sotto 
il profilo in esame, � che risulta fin troppo evidente, in tali fattispecie, la possibilit� 
-o meglio probabilit� -dell'esistenza, e quindi dell'uso alternativo, 
di altri strumenti ugualmente idonei a far conseguire la liberazione degli alloggi 
abusivamente occupati. 

Cos� come altrettanto evidente appare la illegittimit� di una ordinanza di 
requisizione emessa a notevole distanza di tempo rispetto al fatto che avrebbe 
dato origine alla situazione di necessit� (18). 

Una ipotesi di legittimit� della requisizione � stata, invece, individuata 
dalla Sez. IV (19) nella situazione, di urgente necessit�, di assicurare la conti� 
nuit� di un servizio di pubblico interesse, quale lo scarico di rifiuti in una popolosa 
citt�; � stata, invece, esclusa dalla Sez. V (20). la ricorrenza dei presupposti 
per la requisizione, in quanto non veniva addotta la preclusione per soluzioni 
alternative con altri mezzi, in un caso in cui ricorreva la necessit� di sistem�ll" 
zione di alcune classi di un istituto pericolante e parzialmente inagibile, difettando 
il requisito della immediatezza e configurandosi, invece, tale ipotesi come 
semplice fatto di turbamento della sicurezza e dell'ordine pubblico, in relazione,. 
evidentemente, al malcontento diffuso fra la popolazione studentesca dell'istituto 
medesimo. 

Il T A.R. del Lazio ha recentemente confermato la irrilevanza della preoc


cupazione di reazioni incontrollabili sotto il profilo dell'ordine pubblico ai fini 

(17) Cfr. Csi 10 luglio 1970, n. 449 in Il Consiglio di Stato 1970, I, 1364. 
(18) Cfr. T.A.R. Lazio, III Sez., 29 settembre 1976, n. 409 in I Tribunali Amministrativi 
Regionali 1976, I, 3347; cfr. anche, in termini, T.A.R. Lazio, I Sez., 17 settembre 1975, n. 637, 
ivi, 1975, I, 2547. 
(19) Cfr. Se:i:. IV, 11 dicembre 1968, n. 757 in Il Consiglio di Stato, 1968, I, 2020. 
(20) Cfr..Sez. V, 9 gennaio 1948, n. 4, in Foro Amm.vo 1948, I, 2, 157; cfr. anche Sez. V, 
17 giugno 1969, n. 681 in Il Consiglio di Stato 1969, I, 916; in materia di requisizioni di 
immobili da adibire a edifici scolastici cfr. anche Sez. IV 254/1967; 269/1968 e 524/1968 
gi� citate; in genere per requisizioni di immobili da adibire ad altri uffici pubblici cfr. Csi 
30 luglio 1974, n. 351, ivi, 1974, I, 1075. 

PARTE I, SSZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

di legittimare un provvedimento di reqms1z10ne di un impianto di sciovie, adottato 
dal sindaco, quale ufficiale del Governo, in sostituzione del Prefetto, senza 
che peraltro fosse motivata la assoluta indifferibilit� dell'intervento dell'autorit� 
emanante per oggettiva impossibilit� di far intervenire tempestivamente il Prefetto 
a cui il potere di requisizione ex art. 7 spetta in via primaria (21). 

Ferma la ormai non pi� contestabile qualit� di ufficiale di Governo, non 
gi� di capo della amministrazione comunale, rivestita dal sindaco in sede di 
emanazione di provvedimenti ex art. 7 (22), in considerazione della gi� rilevata 
spettanza in via primaria al Prefetto dell'esercizio del potere in esame, si spiegano 
agevolmente: a) il carattere definitivo del provvedimento del Prefetto; 
b) la possibilit� di esperire ricorso gerarchico al medesimo avverso i provvedimenti 
adottati dal sindaco in. subiecta materia, esperibilit� consentita in ogni 
caso, indipendentemente dalla circostanza che il provvedimento del sindaco risulti 
adottato dietro voto del consiglio comunale; e) la natura assolutamente 
autonoma del potere del Prefetto (che comporta in particolare la indagine anche 
nel merito) in ordine alla decisione in sede di ricorso gerarchico rispetto al 
potere che lo stesso Prefetto esercita quando procede direttamente alla emanazione 
della ordinanza di requisizione (23). 

Quanto sopra prescindendo da ulteriori approfondimenti, invero non strettamente 
necessari ai nostri fini, circa la innegabile riduzione dell'ampiezza del 
potere del sindaco per effetto della sempre maggiore capacit� di immediato, e 
comunque tempestivo, intervento del Prefetto nelle situazioni in cui � richiesto 
un provvedimento di urgenza, e ci� in relazione alla adeguatezza, molteplicit� 
e rapidit� degli odierni mezzi di comunicazione. 

Quanto alla sfera oggettiva dell'intervento ex art. 7, e pi� precisamente 
dei beni che possono essere sacrificati per effetto del provvedimento di requisizione 
in parola il testo normativo parla solo di propriet� privata; tuttavia il 
codice civile (24), la dottrina (25) e la giurisprudenza (26) hanno notevolmente 
esteso l'ambito della categoria dei beni che possono essere colpiti dalla ordinanza 
di requisizione, ricomprendendovi gli alloggi costruiti da enti attivi nel 

(21) Cfr. T.A.R. Lazio, II Sez., 14 luglio 1976, n. 506, in I Tribunali Amministrativi Regionali 
1976, I, 2676. 
(22) Cfr. Sez. V, 26 maggio 1972, n. 388 e Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 208 in Il Consiglio 
di Stato 1972, I, 999 e 1975,,1, 110; T.A.R. Lombardia 16 luglio 1975, n. 191 in I Tribunali 
Amministrativi Regionali 1975, I, 3069; T.A.R. Lombardia 30 luglio 1975, n. 210, ivi, 1975, 
I, 3076; T.A.R. Puglia 28 gennaio 1975, n. 3, ivi, 1975, I, 717; T.A.R. Puglia 11 febbraio 1975, 
n. 5, ivi, 1975, I, 725; T.A.R. Abruzzo 30 dicembre 1974, n. 198, ivi, 1975, I. 699; T.A.R. Campania 
18 giugno 1975, n. 75, ivi, 1975, I, 2389; T.A.R. Veneto 8 giugno 1976, n. 463, ivi, 1976, 
I, 2808; T.A.R. Liguria 23 giugno 1976, n. 209, ivi, 1976, I, 2874. 
(23) Cfr. Sez. IV, 8 aprile 1975, n. 405 in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 391. Si ricordi 
che la competenza del sindaco non � alternativa e concorrente rispetto a quella del Prefetto 
e che il rapporto fra i due organi al riguardo � rapporto gerarchico in senso proprio; n�, in 
caso di inerzia del Prefetto (che in ipotesi fosse posto in condizione di intervenire) potr� 
mai interpretarsi detta circostanza quale condizione legittimante il sindaco ad intervenire, o, 
tanto meno, come delega implicita al sindaco di agire in locum et ius del Prefetto (cfr. T.A.R. 
Liguria dee. 209/1976 gi� citata). 
(24) Cfr. artt. 828 c.p.v. e 830 in relazione all'art. 835 e.e. 
(25) Cfr. LANDI, voce Requisizione, in Nuovissimo Digesto Italiano, Torino 1968, XV, 
487 e segg.; LANDI, Rassegna di giurisprudenza �sulla espropriazione per pubblica utilit�, Milano 
1955, 372 e segg.; BARALDI, La requisizione d'urgenza, in Nuova Rass. 1972, 43; ALBISINNI, 
Osservazioni in margine ad una sentenza con la quale il Tribunale Superiore delle Acque 
ha affermato la propria giurisdizione in materia di requisizione di acque pubbliche, in R.A.S. 
1974, I, 268; VITTORIA, Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche 
oggetto di concessione, in R.A.S. 1975, I, 429; GARGIULO, I provvedimenti di urgenza, Napoli, 60. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

144 


campo dell'edilizia economica e popolare, i beni facenti parte del patrimonio 

disponibile degli enti pubblici e dello Stato (27). 

Giover�, infine, ricordare che al Prefetto, nella valutazione dell'urgenza e 
della necessit�, � attribuita un'ampia discrezionalit�, assolutamente insindacabile 
in sede di legittimit� da parte della autorit� giurisdizionale amministrativa, 
la quale deve limitarsi ad effettuare il mero controllo della motivazione sotto 
il profilo della logicit�, ragionevolezza e adeguatezza, controllo nel quale -come 
� noto -si risolve l'indagine sulla esistenza o meno del vizio di eccesso di 
potere, inteso come errata rappresentazione della realt� da valutare e, in particolare, 
della sussistenza o meno del requisito della grave e urgente necessit�, 
nonch� della effettiva inesistenza, sopra sottolineata, di mezzi alternativi 
al provvedimento ablativo adottando (28). 

RAFFAELE TAMIOZZO 

(26) Cfr. Sez.' IV, 9 novembre 1966, n. 770 in Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1981; Csi. 
10 luglio 1970, n. 449, ivi, 1970, I, 1364; Sez;--JV, 23 gennaio 1973, n. 72, ivi, 1973, I, 25. 
(27) La giurisprudenza � invece contraria in materia di beni demaniali e di acque pubbliche 
{cfr. Cass. Sez. Un. 25 gennaio-1975, n. 286 in R.A.S. 1975, I, 430); pur riconoscendo 
che il potere di requisizione pu� essere esercitato riguardo alle posizioni soggettive dei 
privati relative a beni demaniali (cfr. Cass. Sez. Un. 7 dicembre 1974. n. 4089 in Giustizia 
Civ. Mass. 1974, 1770). 
(28) Cfr. LUZZATTO, voce Eccesso di potere, Enc. del. Diritto, Milano,, Giuffr� 1965, 
124 e segg. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 487 -Pres. De Capua Est. 
Schinaia -Perazzini e altri (avv.ti D'Alessio e Del Bianco) c. Pre~ 
fetto di Forl� (avv. Stato Ferri) e Comune di Rimini (avv. Lubrano). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Procedimento -Intestatari catastali 
dei beni alla data del provvedimento di espropriazione -Sono i destinatari 
del provvedimento. � 

D�stinatari del procedimento espropriativo ex art.' 16 legge 25 giugno 
1865, n. 2359 sono coloro che alla data di inizio del procedimento_ figurano 
intestatari catastali dei beni, anche se non ne sono i pr~prietari effettivi; 
il procedimento pu� comunque essere proseguito nei confronti dei 
soggetti a favore dei quali risulti intervenuto il trasferimento di propriet� 
dei fondi, non gi� nei confronti di chi al momento della dichiarazione 
di pubblica utilit� non sia pi� intestatario del bene, in ispecie qualora 
l'Amministrazione conosca i proprietari effettivi e catastali del medesimo 
(1). 

(1) Cfr. Sez. IV 7 febbraio 1968, n~ 65 in Il Con.siglio di Stato 1968, I, 12Q; 
Sez. IV, 27 giugno 1970, n. 472, ivi, 1970, I, 916; Selz. IV, 22 giugno .1976, n. 485, 
ivi 1976, I, 705, . . 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 luglio 1976, n. 663 -Pres. Uccellatore -� 

Est. Schinaia -Rossi e altra (avv. Crisafulli) c. Prefetto di Viterbo 

(avv. Stato Braguglia). 

Demanio e patrimonio -Antichit� e belle arti � Occupazione permanente 
di immobile per ricerche archeologiche � Competenza prefettizia Sussiste. 


Il regolamento approvato con r.d. 30 gennaio 1913, n. 363, tuttora in 
vigore in quanto richiamato dalla legge 1� giugno 1939, n. 1089, stabilisce 
che per le espropriazioni delle cose immobili al fine di eseguire scavi 
archeologici si applicano le norme di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359 
che attribuisce la competenza per l'espropriazione al Prefetto della provincia 
in cui si trova il bene espropriando; solo la di'chiarazione di pubblica 
utilit� � fatta con decreto del Ministro per l'educazione nazionale 
(ora Ministro per i beni culturali e ambientali), decreto per il quale comunque 
la legge non prescrive alcun obbligo di notificazione (1). 

Peculiari caratteristiche delle espropriazioni di beni culturali. 

Decisione di indubbio interesse e pienamente da condividere, in quanto, fra 
l'altro, chiarisce in motivazione alcuni aspetti procedimentali della occupazione 
permanente per ricerche archeologiche. 

Il ricorso risulta proposto avverso un decreto del Prefetto di Viterbo con. 
il quale� era stata autorizzata la Soprintendenza alle Antichit� dell'Etruria Meridionale 
alla occupazione permanente di un immobile di propriet� del ricorr�nte, 
sito in Bolsena, a:1 fine di effettuare nc�rche archeologiche. 

A norma dell'art. 54, 1� comma, della legge 1� giugno 1939, n. 1089; le cose 
mobili o immobili soggette alla disciplina contemplata dalla normativa di tutela 
possono essere espropriate dal Ministro P. I. (ora ..Ministro per i beni culturali 
e ambientali). � 

Il successivo art. 56 contempla la possibilit� di espropriazione di immobili 
� al fine di eseguire ricerche archeologiche o, in genere, opere per il ritrovamento 
di cose di cui all'art. 1 �. 

Peraltro, poich� la legge non prevede alcuna regolamentazione circa le modalit� 
per concretizzare il procedimento espropriativo, appare evidente che il potere-
facolt� previsto dall'art. 56 non comporta che debba essere il Ministro per 
i beni culturali e ambientali a compiere gli atti del procedimento di esproprio; 
per effetto del combinato disposto dell'art. 73 della legge 1089/1939 (che richiama, 
in quanto applicabili, le norme del regolamento approvato con r.d. 30 gennaio 
1913, n. 363) e dell'art. 84 di detto regolamento (pienamente compatibile con 
il sistema della legge 1089) deve trovare applicazione anche per le occupazioni 
in esame la disciplina della legge generale sulle espropriazioni per causa di pubblica 
utilit�, di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359, ivi compreso, in particolare, 
l'art. 69 della medesima, con la conseguenza che il procedimento ablativo de quo 
sar� di competenza del Prefetto della provincia in cui si trova l'immobile espropriando; 
solo la dichiarazione di pubblica utilit� resta di competenza del Ministro 
per i beni culturali e ambientali a mente della disposizione contenuta 
nell'art. 57 legge 10S9/1939, la quale, comunque, non contempla alcuna forma 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

146 

di pubblicit� della dichiarazione di p. u.; n� varrebbe richiamare la legge generale 
sulle espropriazioni, posto che quest'ultima contempla una forma di pubblicit� 
solo per il deposito del piano di esecuzione delle espropriazioni da effettuare. 


In relazione alla piena compatibilit� con la 1089 anche degli artt. 66 e segg. 
del Regolamento del 1913, e in particolare dell'art. 70 c.p.v., questi ultimi prevalgono 
sulla legge fondamentale delle espropriazioni gi� ricordata, ne consegue 
che non potr� trovare applicazione la disposizione dell'art. 85 legge 2359 e 
che pertanto non sar� affatto necessario l'esperimento di amichevoli concordamenti 
per stabilire l'indennit�; l'amministrazione, cos�, ben pu� limitarsi a 
fare una pura e semplice offerta di indennit�, la quale, ove non risulti accettata, 
verr� determinata nei modi previsti dalla legge generale sulle espropriazioni 
agli artt. 31 e 39. 

Quanto alla sfera di applicazione del potere di espropriazione in materia 
di beni culturali � interessante notare che l'art. 56 legge 1089/1939 parla di 
esproprio di immobili, non soltanto di terreni (come invece si esprimeva l'art. 16 
della legge 20 giugno 1909, n. 364), e non soltanto al fine di eseguire ricerche 
archeologiche, ma anche in genere opere per il ritrovamento di cose di cui 
all'art. 1: ci� significa che l'Amministrazione pu� non solo espropriare terreni 
per effettuare ricerche archeologiche, ma anche espropriare, ad es., un fabbricato 
urbano, e non al solo scopo della ricerca archeologica, ma anche per altre ricerche, 
pur sempre interessanti il settore artistico-culturale nella sua pi� ampia 
accezione (si pensi alla ipotesi di dover effettuare ricerche di affreschi in edifici 
di propriet� privata, coperti o alterati. per incuria o dolo, di sinopie, di 
elementi architettonici di particolare pregio alterati da maldestre operazioni 
di trasformazione ambientale, ecc.). 

Sull'argomento, in dottrina, ricordiamo GERACI, La tutela del patrimonio 
d'antichit� e d'arte, Napoli 1956, 156 e segg.; GRISOLIA, La tutela delle cose d'arte, 
Roma 1952, 407 e segg., il quale sottolinea il miglioramento, quanto all'estensione, 
apportato dalla legge 1089, nel senso sopra ribadito, e ricorda, quale precedente 
storico piuttosto lontano l'art. 2 della legge 7 luglio 1889, n. 6212, che prevede 
la facolt� di espropriare in base alle disposizioni sul piano regolatore della citt� 
di Roma le zone laterali alla zona monumentale di Roma quando� contengano 
avanzi monumentali; ROSSANO, Espropriaz.ione per pubblica utilit�, UTET Torino 
1964, 373 e. segg. 

RAFFAELE TAMIOZZO 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2903 -Pres. Caporaso Est. 
Arienzo -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle finanze (avv. 
Stato Galleani) c. Buzzi (avv. Menghini). 

Imposte e tasse in genere -Violazione di leggi finanziarie e valutarie Pena 
pecuniaria -Societ� avente personalit� giuridica � Responsabilit� 
dell'amministratore � Esclusione. 

(I. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 9, 10 e 12). 
Quando il tributo � posto a carico della societ� avente personalit� 
giuridica, a questa soltanto � riferibile l'infrazione tributaria s� che della 
pena pecuniaria non deve rispondere .l'amministratore (1). 

(Omissis). -La ricorrente Amministrazione delle Finanze deduce 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4, 9, 10, 11, 12 della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4; l, 7, 8, 43, 30 e segg., 52 d.l. 9 gennaio 1940, 

n. 2, conv. in legge 19 giugno 1940, n. 762 e successive modificazioni; 2472 
e segg. cod. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) e l'omessa, o insufficiente 
contraddittoria, motivazione su punti decisivi (art. 360 n. 5 cod. proc. 
civ.) e sostiene la solidariet� della societ� e del suo rappresentante nel 
pagamento delle pene pecuniarie, trattandosi di obbligazioni civili aventi 
(1) La decisione, con assai scarsa motivazione, ha radicalmente modificato 
i tradizionali criteri interpretativi delle norme degli artt. 9, 10 e 12 della legge 
7 gennaio 1929, n. 4. 
Sembrerebbe che senza ripudiare la regola generale della � responsabilit� 
indiretta � delle persone fisiche e giuridiche (private) per le violazioni commesse 
rispettivamente dai soggetti sottoposti alla vigilanza, direzione o autorit� 
oppure dai rappresentanti, si voglia affermare il principio diverso della responsabilit� 
diretta ed esclusiva della societ� avente personalit� giuridica, nel caso 
che a questa faccia carico il tributo. 

Questa distinzione non sembra potersi porre perch� in ogni caso del tributo 
risponde il soggetto passivo sia esso persona fisica soggetta all'altrui 
direzione, vigilanza o autorit� ovvero ente fornito di personalit� giuridica. 
Il problema che si pone riguarda soltanto le sanzioni che possono essere riferibili 
ad un soggetto diverso dal debitore del tributo. 

La legge del 1929 all'art. 10 (interessa meno l'ipotesi dell'art. 9) disciplina, 
in conformit� dei principi generali, gli obblighi del civilmente obbligato per 
l'ammenda; questa norma fa riferimento soltanto alle contravvenzioni costituenti 
reato, che evidentemente presuppongono una responsabilit� personale del 
trasgressore (che per le persone giuridiche non pu� essere che la persona 
fisica che agisce per esse) e stabilisce che delle ammende risponde, oltre al 
condannato, l'ente per il quale il condannato ha agito. Lo sdoppiamento tra 



RASSEGNA DEJ..L'AVVOCATURA DELLO STATO

148 

natura sanzionatoria che devono colpire altres� la persona fisica che, in 

concreto, ha commesso gli atti determinanti la inosservanza della norma 

tributaria o per aver agito per l'ente come rappresentante. o dipendente 

ovvero per essere la persona incaricata della direzione dell'ente al quale 

si attribuisca l'illecito tributario (artt. 12 e 9 l. 7 gennaio 1929, n. 4). Ag� 

giunge, poi, che la sentenza non spiegherebbe perch� il Buzzi, unico am� 

ministratore della societ�, non possa considerarsi il concreto autore 

degli atti da cui sorge l'illecito. 

La doglianza non � fondata. 

La sentenza impugnata ha affermato che la disciplina desumibile dagli 
.artt. 9, 10 e 12 della l. 7 gennaio 1969, n. 4, esclude la responsabilit� 
solidale del rappresentante di ente fornito di personalit� giuridica per il 
pagamento della pena pecuniaria inflitta all'Ente, autore della violazione 
della legge finanziaria. Infatti, essendo l'infrazione tributaria ascritta nella 
specie alla S.r.l. SACMA, fornita di personalit� giuridica, l'illecito amministrativo 
non ha come suo autore la persona fisica che ne ha l� rappresentanza 
(art. 10 della legge 7 gennaio 1929, n. 4); n� questa pu� considerarsi 
in posizione di autorit�, direzione o vigilanza riferibili esclusivamente 
alle persone fisiche soggette (art. 9 della legge). 

-Tali conclusioni sono fondate, quanto ai presupposti giuridici, sul 

contenuto normativo degli artt. 9 e 10 della legge citata che riguardano 

le responsabilit� indirette delle persone fisiche e di quelle giuridiche pri. 

vate per le violazioni tributarie commesse rispettivamente dai soggetti 

sottoposti alla loro vigilanza, direzione o autorit� oppure dai loro' rap� 

responsabilit� per l'obbligazione tributaria e responsabilit� penale (personale) 

� evidentemente necessario, s� che nessun particolare problema si presenta per 

le. infrazioni costituenti reato. 

Ma l'art. 12, formulato per rinvio agli artt. 9 e 10, applica lo stesso prin


cipio anche alle sanzioni amministrative; anche di queste risponde in via prin


cipale il trasgressore (autore materiale dell'infrazione) e in via sussidiaria l'ente 

persona giuridica; infatti (art. 59) il provvedimento che irroga la sanzione 

(ordinanza o decreto ministeriale) deve essere notificato oltre che al trasgres


sore (persona fisica) all'ente, che ha la stessa facolt� di ricorso accordata �al 

trasgressore (� per� sufficiente la notifica di un unico atto al legale rappre


sentante che � valida anche nei confronti dell'ente rappresentato: Cass. 7 apri


le 1976, n. 1223, in questa Rassegna, 1976, I, 608). 

La legge del 1929 era concepita prevalentemente come norma di repres


sione e assimilava per molti aspetti le sanzioni amministrative alle sanzioni 

penali, mentre non si occupava affatto della funzione del procedimento come 

mezzo di accertamento dell'obbligazione di imposta. Questa funzione si � in 

seguito, specie con l'imposta sull'entrata, molto sviluppata �ed � diventata 

prevalente, s� che l'ordinanza ed il decreto hanno acquistato rilevanza pi� 

come atto di accertamento del debito d'imposta che come provvedimento san� 

zionatorio. Resta tuttavia immutata la regola che delle sanzioni 11ispondono in 

via principale l'amministratore e in via sussidiaria la persona giuridica, mentre 

quest'ultima risponde sempre in modo esclusivo dell'imposta. Non sono infre� 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 

presentanti. Nel caso di specie, invece, il tributo era posto a carico 
della sola societ� SACMA, come risulta dal decreto ministeriale 14 ottobre 
1968, avente personalit� giuridica, a cui veniva ascritta l'infrazione 
tributaria, con la conseguenza che, sul piano giuridico, non possa considerarsi 
autore dell'illecito il rappresentante della stessa n� attribuirgli la 
responsabilit� solidale per la sola sanzione pecuniaria collegata all'illecito 
tributario commesso da altro soggetto giuridico. Quanto, infine, alla 
possibilit� che l'amministratore unico possa essere il concreto autore 
dell'illecito � una questione di fatto il cui accertamento pu� costituire 
la premessa per attribuire al soggetto, autore del danno, la responsabilit� 
per effetto del proprio comportamento, ad altro titolo, a favore dell'Amministrazione 
delle Finanze. -(Omissis). 

quenti le ipotesi di sanzioni indipendenti da una obbligazione tributaria ed in 
tal caso � pi� evidente che trasgressore � il soggetto che agisce per la persona 
giuridica. � 

In conclusione, quando pure volesse dubitarsi della logicit� della regola 
che obbligato principale � l'amministratore e sussidiario la persona giuridica 
per sostenere il principio opposto, e incontestabile che l'amministratore risponde 
personalmente. 

A seguito della riforma, sono tuttora in vigore le norme della legge del 
1929; la maggior parte delle singole leggi o contengono un rinvio puro e semplice 
alla legge del 1929 o nulla stabiliscono sun punto. Soltanto l'art. 98 del 

d.P.R. n. 602/1973, con formulazione assai sommaria, dispone che al pagamento 
delle soprattasse e delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto 
passivo o con il soggetto inadempiente coloro che ne hanno la rappresentanza. 
Forse questa norma pu� avvalorare l'inversione delle posizioni tra 
obbligato principale e sussidiario, ma sicuramente riconferma che i rappresentanti 
'(espressione da intendere evidentemente in senso lato comprensivo sia 
della rappresentanza legale che della rappresentanza organica) rispond�no personalmente. 
I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 settembre 1976, n. 3181 -Pres. Giannattasio 
-Est. Santosuosso -P. M. Martinelli (conf.) Traversi (avv. 
Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in genere � Notificazioni � Cambiamento di abitazione 
del contribuente � Obbligo di ricercare il destinatario e di far constatare 
nella relazione le ricerche svolte -Omissione -Nullit� della 
notificazione. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38; c.p.c. artt. 140, 143, 148). 
Alle notificazioni da eseguirsi a norma dell'art. 38 del t.u. sulle imposte 
dirette � applicabile l'art. 148 c.p.c. dal quale si evince l'obbligo di 
chi procede alla notificazione di ricercare il destinatario dell'atto, non 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

150 


soltanto attraverso le risultanze anagrafiche, e di far constare nella relazione 
di notifica le ricerche svolte. Ci� mancando, la notificazione � 
nulla, anche se risulti che ricerche anagrafiche non potevano dare un 
utile risultato (1). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1976, n. 3845 � Pres. Giannattasio 
-Est. Giuliano -P. M. Caristo (conf.) AnteHi c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Saltini). 

Imposte e tasse in genere -Notificazioni -Cambiamento di abitazione 
del contribuente -Notifica a norma dell'art. 143 c.p.c. -Impossibilit� 
di individuare il nuovo domicilio da ricerche anagrafiche � Regolarit� 
della notificazione. 

(t.u..29 gennaio 1958, n. 645, art. 38; c.p.c. artt. 140, 143 e 148). 
� regolare la notifica eseguita a norma dell'art. 143 c.p.c. nei confronti 
di contribuente che abbia cambiato abitazione, anche se dalla 
relata non risultano le ricerche eseguite, quando le risultanze dell'anagrafe 
non potevano fornire utili elementi all'identificazione (2). 

I 

(Omissis). -Nell'unico mezzo di ricorso, si premette che l'art. 38 del 

t.u. sull'imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) contiene tre modifiche 
al codice di rito: a) inapplicabilit� dell'art. 143 cod. proc. civ.; 
b) soppressione, nel caso di notifica ex art. 140, dell'obbligo di spedizione 
della raccomandata; c) affissione dell'avviso di deposito all'�lbo del 
Comune anzich� alla porta di abitazione. Ma soggiunge la ricorrente, per 
tutto il resto, secondo l'espressa statuizione dell'art. 38, si applicano �le 
(1-2) Sul problema delle notificazioni al contribuente, non si diradano le 
molte ombre. Le due sentenze sopra riportate sono in netta antitesi sul punto 
della rilevanza, formale e sostanziale, delle ricerche eseguite o eseguibili: sicuramente 
merita consenso la seconda pronunzia che non d� rilevanza alla mera 
omissione di verbalizzazione di una operazione oggettivamente inutile; sorprende 
invece il formalismo della prima pronuncia, che peraltro si basa su una 
norma (art. 148) che n� impone formalit� a pena di nullit� n� precisa in 
quali casi le ricerche devono essere eseguite (v. note alle sent. 13 febbraio 
1969, n. 490 e 24 febbraio 1970, n. 427, in questa Rassegna, 1%9, I, 127 e 1970, 
I, 309). 

Ma il vero problema della controversia non � stato affrontato. Quando il 
contribuente, che ha il dovere di comunicare all'Ufficio le variazioni di domi




PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA 151 

norme stabilite dagli articoli 137 e segg. del codice di procedura civile�. 
Anzi, se le suddette deroghe eliminano per la notifica in materia fiscale 
alcune formalit� previste dalle norme comuni, occorre maggiore cautela 
e diligenza nell'applicazione delle altre formalit� tenute ferme dal legislatore 
tributario. 

Tanto premesso, la ricorrente si duole che la Corte d'appello, pur 
dando atto che alla data del 15 dicembre 1961, la Traversi si era certamente 
trasferita nel nuovo domicilio -come dalla denunzia fatta in 
occasione del censimento -, ha ritenuto irrilevante accertare le cause 
del ritardo nell'aggiornamento dei registri anagrafici e soprattutto ha esonerato 
il messo comunale da qualsiasi ricerca al di l� .delle risultanze 
anagrafiche. 

La resistente Amministrazione giustifica la pronuncia della Corte d'appello 
richiamando il tassativo obbligo, imposto dall'art. 33 del t.u. al contribuente, 
di informare l'amministrazione finanziaria di un suo eventuale 
cambiamento di domicilio an�igrafico. 

A sua volta, la Traversi richiama nella sua memoria la sentenza della 
Corte costituzionale n. 189 del 26 giugno 1974, con la quale � stata dichiarata 
la illegittimit� costituzionale dell'art. 38 del t.u. delle leggi sulle 
imposte dirette nella parte in cui dispensa il messo dall'obbligo di dare 
notizia dell'avvenuta notifica al destinatario (come invece prescritto dall'art. 
140 cod. proc. civ.) in tutti i casi in cui la notifica degli avvisi e 
altri atti non � avvenuta in mani proprie. 

Il ricorso � fondato. 

Questa Corte non ritiene che, nell'economia della presente causa, sia 
necessario accertare (in ordine a quest'ultima deduzione della ricorrente) 
se la questione della mancata notifica per raccomandata fu mai sollevata 
nel corso del giudizio, n� affrontare il problema degli effetti su questo 
rapporto della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalit� della norma 
che tale comunicazione escludeva nel processo tributario. Ai fini del 
decidere, non � nemmeno necessario approfondire la questione posta 
dall'Amministrazione resistente, e cio� se l'obbligo di comunicazione delle 
variazioni del domicilio fiscale -previsto dall'art. 33 t.u. per specifiche 
imposte -costituisca un principio generale, applicabile per ogni altro 
tipo di tributo. 

cilio fiscale, non vi ha provveduto, la notificazione pu� essere validamente 
eseguita nel luogo risultante dagli atti o a norma dell'art. 140 c.p.c., se non 
� possibile consegnare la copia in uno dei modi di cui all'art. 139 per difficolt� 
di ordine materiale, o a norma dell'art. 38, lett. f) del t.u. del 1958 (corrispondente 
all'art. 60 lett. e del d.P.R. n. 600/1973) che sostituisce l'art. 143 c.p.c.; in 
nessun caso si ha il dovere di ricercare il contribuente nella nuova abitazione, 
anche se potrebbe essere individuata attraverso l'anagrafe (v. nota a Cass. 8 mag� 
gio 1976, n. 1619 e 12 maggio 1976, n. 1663, in questa Rassegna, 1976, I, 793). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO.

152 

Non sembra, infine, a questa Corte doveroso esaminare la natura della 
denuncia di cambiamento di domicilio che il cittadino compie in occasione 
di censimenti generali, e quali siano gli adempimenti conseguenzali 
e le relative responsabilit�. 

Punto decisivo e sufficiente per la decisione della presente controversia 
si appalesa quello che ha gi� formato oggetto di varie pronunce 
di questa Corte suprema (sent. n. 427/70; 551/70; 1217/72 ed altre). Ed 
invero, alle notificazioni che dovevano eseguirsi ai sensi del testo unico 
sulle imposte dirette (approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) � 
applicabile anche l'art. 148 cod. proc. civ., dal quale si evince l'obbligo 
di chi procede alla notificazione di ricercare il destinatario dell'atto non 
soltanto attraverso le risultanze anagrafiche e di far constare nella relazione 
di notifica le ricerche svolte. 

La sentenza impugnata, quindi, non si sottrae a censura nella parte 
in cui testualmente afferma che l'omissione di qualsiasi ricerca della 
Traversi da parte del messo dopo il mancato rinvenimento della medesima 
in Piazza degli Albini 20, non pu� avere alcuna rilevanza perch� 
Ja ricerca avrebbe dovuto essere fatta presso l'ufficio anagrafico�. 


(Omissis). 

II 

(Omissis). -La sentenza impugnata ha accertato, in fatto, che il 12 
gennaio 1966 l'ufficiale giudiziario richiesto della notificazione, recatosi, 
in Parma, in via Amato Furlotti n. 2, dove, secondo l'anagrafe, abitava 
l'Antelli, non lo rinvenne, lo dichiar� irreperibile, senza dar atto di 
ricerche compiute, procedette alla notificazione a norma dell'art. 143 

c.p.c. Ma ha accertato altres�, in base alle stesse dichiarazioni dell'Antelli, 
che costui dal novembre 1964 erasi trasferito in un altro alloggio, sito 
in Parma, via Zarott9 n. 36, ma non aveva dichiarato all'anagrafe la 
nuova residenza. E, osservando che incombeva sull'Antelli l'onere di dimostrare 
che, unsando la normale diligenza, l'ufficiale giudiziario avrebbe 
potuto reperirlo nella nuova abitazione, ma che le prove, documentali e 
orali, da lui offerte al riguardo non erano idonee all'uopo, ha riputato 
rituale la notificazione compiuta dall'ufficiale medesimo. 
L'Antelli, col primo mezzo del proprio ricorso, dolendosi di violazione 
dell'art. 140 c.p.c. e di falsa applicazione dell'art. 143 dello stesso codice, 
da un lato sostiene che non questa seconda norma, bens� la prima ove 
ne fossero ricorsi tutti gli estremi, era applicabile, talch� l'ufficiale giudiziario 
avrebbe dovuto depositare copia dell'atto nella casa comunale, 
affiggere avviso del deposito alla porta dell'abitazione e dargliene notizia 
con raccomandata, d'altro lato, si duole che la Corte del merito non 
ha fatto luogo alle prove da lui dedotte per dimostrare che la sua nuova 
abitazione era facilmente reperibile. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA :153 

Questa complessa censura non � fondata. 

Invero, l'art. 140 c.p.c. postula la momentanea assenza del destinatario, 
laddove nella specie � certo che da oltre un anno l'Antelli non abitava 
pi� in via Furlotti n. 2. 

D'altro canto, la Corte del merito ha, con analitica motivazione, immune 
da vizi logici o giuridici, chiarito l'irrilevanza delle prove offerte 
dall'Antelli per dimostrare la propria reperibilit� da parte dell'ufficiale 
notificante.. Egli asseriva, e intendeva provare, che .non aveva denunciato 
all'anagrafe la nuova residenza perch� la casa di via Zarotto n. 36 era 
ancora priva. del certificato di abitabilit� ed egli temeva di incorrere 
in sanzioni; ma qualunque fosse stato il motivo dell'omissione di denuncia, 
restava fermo il punto, unico rilevante nella specie, dell'impossibilit� 
di scoprire, con ricerche anagrafiche, la nuova residenza. L'Antelli, 
inoltre, aveva documentalmente provato che il suo nuovo indirizzo 
era noto al portalettere e che cartelle esattoriali, direttegli in via Furlotti, 
gli erano state poi recapitate in via Zarotto; e aveva formulato una 
prova per testi sul fatto che i co.mponenti di una famiglia abitante nella 
su� vecchia casa avevano in pi� occasioni comunicato il nuovo indirizzo 
a persone che avevano chiesto sue notizie. Ma la Corte del merito ha 
osservato che siffatte circostanze non attenevano propriamente al punto 
focale della lite, cio� alla asserita negligenza in cui fosse incorso, il 12 gennaio 
1966, l'ufficiale giudiziario notificante; apprezzamento logico, attesa 
la genericit� delle circostanze dedotte dall'Antelli. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� ottobre 1976, n. 3199 -Pres. Mirabelli Est. 
Caturani -P. M. Grossi (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Cavalli) c. Soc. Asfalti Sintex -avv. Lo Sardo). 

Imposta di registro � Domande di rimborso � Prescrizione � Prescrizione 
triennale � Sussiste -Prescrizione decennale dell'azione di indebito 
oggettivo � Inapplicabilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136; e.e. artt. 2033 e 2946). 
L'azione di rimborso dell'imposta di registro pagata � soggetta alla 
prescrizione triennale dell'art. 136 dell'abrogata legge di registro, anche 
quando sia incontroversa l'ill�gittimit� della percezione, e non alla prescrizione 
ordinaria riferita alla domanda di ripetizione di indebito oggettivo 
(1). 

(1) Decisione di evidente esattezza. Se talvolta, specie ai fini della giurisdizione, 
si � affermato che non sottost� alle regole dell'obbligazione tributaria 
la prestazione pretesa dall'Amministrazione al di fuori di ogni potere (che non 
trova cio� fondamento nella legge) e che non pu� quindi definirsi tributo; si 

154 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con unico complesso motivo di ricorso l'Amministrazione 
delle Finanze dello Stato censura la sentenza impugnata per violazione 
dell'art. 136, comma primo, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 che 
approva la legge del registro, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; difetto 
di motivazione per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, 
dolendosi che la Corte di merito abbia escluso nella fattispecie l'applicazione 
della norma anzidetta, la quale colpisce con la prescrizione 
triennale senza distinzione alcuna, il rimborso di somme comunque percette 
dall'Amministrazione a titolo di imposta di registro. 

Nel caso concreto il rapporto instaurato tra le parti, contrariamente 
a quanto ritenuto dalla sentenza denunciata, doveva qualificarsi tributario, 
essendosi verificato il fatto astrattamente generatore del debito tributario 
(presentazione di atti per la registrazione) ed essendo stata l'imposta 
percepita dalla Finanza in base ad una interpretazione (anche se 
erronea) dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729. 

Infine si sottolinea dalla ricorrente che ove si accogliesse la tesi 
seguita dalla Corte Romana, l'art. 136 sarebbe svuotato di contenuto, 
non essendo configurabile alcun caso concreto di applicazione della stes~ 
sa, in quanto per qualsiasi restituzione di tributi non dovuti il contribuente 
che ha pagato per errore potrebbe sempre invocare l'art. 2033 e.e., 
mentre la giurisprudenza della Suprema Corte ha gi� ritenuto applicabile 
in materia il termine triennale previsto dall'art. 136 (S.U. 27 giugno 1969, 

n. 2311, 11 dicembre 1968, n. 3940; 20 dicembre 1968, n. 2024). 
� altres� precisato che ci� non si verifica quando si contesti, sotto l'aspetto 
sostanziale o processuale, la legittimit� dell'esercizio di un potere che trae 
origine da una norma erroneamente applicata (Cass. 21 ottobre 1974, n. 2970, 
in questa Rassegna, 1974, I, 1456). Inoltre, come oggi si riconferma, rilevanza 
prevalente ha l'aspetto formale, ossia l'adempimento della prestazione attuato 
con il procedimento e la qualificazione tipiche della obbligazione tributaria 
(nella specie imposta percepita per la registrazione di un atto); in proposito 
� stato affe1mato (Cass. 25 febbraio 1974, n. 554, ivi, 979) che se un soggetto 
estraneo al rapporto assume spontaneamente la veste formale di contribuente, 
sottomettendosi al potere di accertamento dell'Amministrazione, deve sottostare 
alle regole del procedimento tributario amministrativo e giurisdizionale e non 
pu� proporre nei modi ordinari azione di indebito. 

Ci� vale del resto anche nei rapporti di diritto comune: se una domanda 
di rimborso � inerente ad un titolo per il quale � stabilita una prescrizione 
pi� breve, non � consentito, con l'espediente dell'indebito oggettivo, invocare 
la prescrizione ordinaria. 

All'inconveniente evidenziato nella sentenza che il considerare la domanda 
(fondata) di rimborso come azione di indebito significherebbe abrogare la 
norma dell'art. 136 della legge di registro, si pu� aggiungere la considerazione 
che la prescrizione (ordinaria) sarebbe conseguenziale e non pregiudiziale alla 
decisione di merito. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Il ricorso � fondato. 

Giova premettere che, denunziandosi dalla ricorrente Amministrazione 
un errore di diritto nella interpretazione dell'art. 136 legge di registro 
del 1923, il ricorso non pu� essere esaminato sotto il profilo della omessa, 
insufficiente e contraddittoria motivazione, giacch� nella soluzione di 
dette questioni il sindacato giurisdizionale del giudice di legittimit� � 
limitato al controllo della esattezza giuridica della statuizione, salvo il 
potere di correzione della motivazione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c. 

Questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione di occuparsi della 
questione di diritto che si agita nel presente giudizio in due non recenti 
responsi: il primo risale al 7 maggio 1927 in causa Finanze-Zancani, con 
cui il S.C. ritenne applicabile alla fattispecie il termine trentennale (ora 
decennale) di prescrizione, qualificando l'azione come condictio indebiti; 
il secondo rimonta al 4 febbraio 1928 in causa Finanze-Zanoletti, ove 
ritenne invece applicabile il termine breve previsto dal t.u. del 1897. 

Con successiva sentenza 14 febbraio 1947 (Finanze c. Istituto di Credito 
Agrario per la Liguria) ha infine affermato il principio per cui 
quanto il diritto del contribu;nte alla restituzione delle imposte non 
dovute � estinto per prescrizione o decadenza, non pu� pi� chiedersene 
la restituzione mediante l'azione di ripetizione d'indebito o di ingiusto 
arricchimento. 

Il collegio ritiene di seguire quest'ultimo indirizzo. 

Ai sensi dell'art. 136 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, che approva la 
legge del registro, compreso nel titolo VI delle prescrizioni e dei procedimenti 
in via amministrativa e giudiziaria, l'azione del contribuente 
per chiedere la restituzione delle tasse pagate, si prescrive col decorso 
di tre anni dalla data del pagamento. 

� La norma, gi� nella sua formulazione letterale, ha una estensione 
molto ampia, comprendendo nella sua sfera di previsione ogni fattispecie 
in cui il contribuente, avendo eseguito un pagamento d'imposta di registro 
non dovuta, ne chiede la ripetizione dell'Amministrazione accipiente, 
sia che la inesistenza dell'obbligo che si intendeva soddisfare riguardava 
la prestazione nella sua interezza, sia che la prestazione fosse diversa, 
poich�, ad esempio, si � errato nell'applicazione dell'aliquota alla base 
imponibile. E l'ampiezza della previsione normativa trova fondamento 
in esigenze di carattere sintomatico e pratico ed in particolare nella fina� 
lit�, vivamente avvertita dal legislatore, che l'esazione delle tass~ e delle 
imposte divenga definitiva entro un breve periodo di tempo. Ne consegue 
che non pu� accettarsi, in quanto non trova alcun riferimento nella 
legge, la distinzione adottata dalla Corte di merito per restringere la portata 
della norma, tra rapporto tributario, qualificato, da un fatto da cui 
derivi il diritto della Finanza a percepire il tributo e rapporto non 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tributario (meramente obbligatorio), nel quale, non sussistendo l'obbligazione 
d'imposta, primeggerebbe soltanto la pretesa del solvens alla 
ripetizione di quanto pagato senza una causa giustificativa, cui si applicherebbe, 
secondo i principi della condictio indebiti oggettiva (art. 2033 
e.e.) la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946). 

La interpretazione restrittiva dell'art. 136 � contraddetta validamente 
dall'Avvocatura Generale dello Stato sul riflesso che il rapporto giuridico 
d'imposta risulta qualificato non gi� dalla fondatezza della pretesa tributaria, 
ma dalla ricorrenza formale dei presupposti che in astratto 
determinano la percezione del tributo da parte dell'Amministrazione, 
anche se in concreto si sia errato nel far valere la relativa pretesa, 
come, ad esempio, quando si ri�hiede l'imposta ad un soggetto che ne 
� invece esente per legge (fattispecie ricorrente nel caso concreto). 

Ora risulta dalla sentenza impugnata che furono presentati alla registrazione 
numerosi contratti di appalto e versate le relative imposte di 
registro, onde tanto basta per ritenere che non solo il rapporto tributario 
si costitu� tra le parti (cfr. l'art. 1 della legge di registro del 
1923), ma ,che lo stesso ha trovato altres� concreto svolgimento, che poi 
in concreto l'imposta di registro non fosse dovuta in base all'art. 8 della 
legge 24 luglio 1961, n. 729, non toglie che l'azione della societ� Asfalti 
Sintex fosse diretta alla restituzione dell'imposta erroneamente pagata, 
secondo il precetto dell'art. 136 della legge di registro e quindi soggetta 
alla prescrizione triennale ivi prevista. 

Una diversa interpretazione, non solo urterebbe contro la chiara 
dizione della norma, ma la svuoterebbe di contenuto, giacch� -come 
ha rettamente osservato l'avvocatura generale dello Stato -in ogni caso 
di richiesta di rimborso del contribuente, l'azione � fondata sulla inconsistenza 
della causa del vincolo obbligatorio e quindi in ogni ipotesi 
sarebbe applicabile la norma generale sulla condictio indebiti (art. 2033 
e.e.) con l'effetto di una interpretazione abrogans del testo dell'art. 136. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� ottobre 1976, n. 3205 -Pres. Mirabelli Est. 
Scanzano -P. M. Grossi (conf.) -Hary (avv. Stella Richter) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Enunciazione -Enunciazione in sentenza -Convenzione 
posta a fondamento della decisione -Riforma della sentenza . 
Rimborso dell'imposta � Convenzione enunciata estranea al fondamento 
della decisione -Riforma della sentenza . Irrilevanza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 62 e 72). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 

Imposta di registro � Societ� per azioni � Trasferimento delle azioni � 
Enunciazione ex art. 62 � Aliquota proporzionale � ~ dovuta � Applicazione 
aliquota graduale � Esclusione � Applicazione imposta fissa 
esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 27 e 62 e tabella A artt. 2, 108 e 114, tabella E, 
artt. 10 e 11). 
La sentenza pu� contenere una enunciazione giudiziale (art. 72 legge 
di registro del 1923) quando la decisione si basa su una convenzione non 
registrata, ma pu� anche contenere una enunciazione negoziale (art. 62) 
quando, �come un qualsiasi altro atto sottoposto a registrazione, enuncia 
(costituisce cio� il titolo e il documento) una convenzione estranea al 
presupposto logico della decisi<;ne. Nel primo caso, � seguito della pronunzia 
della Corte Costituzionale 29 dicembre 1972, n. 200, l'enunciazione 
viene a mancare, e l'imposta percetta deve essere rimborsata, qualora la 
sentenza venga riformata o annullata; nel secondo caso l'enunciazione 
resta indiffer.ente alle successive vicende della sentenza (1). 

Quando una sentenza contiene la enunciazione negoziale ex art. 62 
legge di registro del trasferimento di azioni non pu� applicarsi n� l'imposta 
graduale dell'art. 114 tabella A in relazione agli artt. 10 e 11 tabella 
E, perch� il trasferimento non � l'oggetto della pronunzia giudiziale, n� 
l'imposta fissa dell'art. 108 tabella A perch� non esiste l'atto dal quale 
'risulti il contestuale pagamento del prezzo, ma deve applicarsi l'imposta 
proporzionale, considerando le azioni come beni mobili a norma dell'art. 
27 della legge (2). 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso principale si denunzia falsa 
applicazione degli artt. 12 e 14 r.d. 1923 n. 3269, lamentandosi sia stata 
trascurata la sentenza 29 dicembre 1972 n. 200 con cui la Corte costituzionale 
ha dichiarato parzialmente illegittimi. 

Secondo tale decisione -sostengono i ricorrenti -la tassazione di 
una sentenza non pu� prescindere dal risultato finale del giudizio, onde 
nella specie, rimasta travolta la sentenza, della cui registrazione si discute, 
a seguito della cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Genova 
che l'aveva confermata, sarebbe venuto meno il presupposto dell'intera 
imposizione tributaria. 

(1) Nella prima massima, in base al princ1p10 ormai pacifico (Cass. 21 
settembre 1973, n. 2412, in questa Rassegna, 1974, I, 445) che la sentenza pu� 
contenere, oltre alla enunciazione giudiziale dell'art. 72 dell'abrogata legge di 
registro, l'enunciazione convenzionale dell'art. 62, esattamente si definiscono 
i diversi effetti che la riforma e l'annullamento della sentenza producono nei 
due diversi casi; nel primo caso, venendo meno il titolo, manca il presupposto 
della tassazione, nel secondo caso l'enunciazione sopravvive ad ogni futura 
vicenda dell'atto enunciante. 
La seconda massima .fa un'ulteriore applicazione del principio; l'enunciazione 
ex art. 62 del trasferimento delle azioni non solo non pu� fruire dell'imposta 
fissa dell'art. 108 della tariffa A, perch� mancando l'atto non risulta 



158 

RASSEGNA DELL'AVVo<;ATURA DELLO STATO 

La censura � fondata nei limiti di cui alle considerazioni che seguono. 

Secondo la giurisprudenza consolidatasi nella vigenza del r.d. 30 dicembre 
1923 n. 3269 la sentenza dichiarativa della: simulazione di un atto di 
vendita importa, ai fini fiscali, la retrocessione del bene, oggetto della 
vendita, al simulato alienante e costituisce perci� titolo per l'applicazione 
dell'imposta proporzionale di registro. 

L'imposta conseguentemente percepita sulla presunta retrocessione non 
poteva essere restituita, anche se nel corso della vicenda giudiziaria una 
tale sentenza avesse perduto effetto per riforma o per cassazione, stante 
il disposto degli artt. 12 e 14 dello stesso r.d. 

Questa normativa risulta per� modificata dalla sentenza 29 dicembre 
1972, n. 200 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime tali 
disposizioni nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione 
dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia stata riformata la sentenza 
con la quale si attua il trasferimento di un diritto. 

L'Amministrazione finanziaria contesta che tale pronunzia possa incidere 
sulla soluzione della controversia, rilevando, da un lato, che anche 
riguardo alle sentenze l'imposta di registro � una �tassa d'atto� e, in 
quanto tale, � ripetibile solo in presenza delle condizioni che consentono 
la ripetizione delle tasse applicate ad atti negoziali, e, dall'altro, che nella 
specie � mancata una pronuncia giudiziale che abbia escluso il trasferimento 
patrimoniale insito nella sentenza (dichiarativa della simulazione) 
tassata, essendo invece intervenuta solo una pronunzia di cessazione della 
materia del contendere. 

Tali rilievi non hanno pregio, essendo agevole osservare in contrario, 
giusta quanto ha gi� considerato la Corte costituzionale: 

a) che la rilevanza fiscale della sentenza, quale mero atto, vale limitatamente 
all'applicazione della tassa fissa cui essa � 'soggetta, laddove 
l'imposta proporzionale trae titolo dal trasferimento attuato con la sentenza 
stessa; 

b) che trasferimento tassabile � quello che risulta attuato con sentenza 
passata in giudicato, per cui se nella evoluzione della vicenda processuale 
intervenga una pronunzia che comunque privi di effetto quella 
in base alla quale l'imposta proporzionale � stata applicata, viene meno 
il titolo della pretesa tributaria e sorge il diritto del contribuente alla 
rest-ituzione dell'imposta pagata. 

il contestuale pagamento del prezzo con danaro o altri titoli (Cass. 14 novembre 
1969, n. 3706, ivi, 1969, I, 1169), ma non pu� giovarsi nemmeno dell'imposta 
graduale di cui all'art. 114 tabella A in relazione dagli artt. 10 e 11 tabella E 
che presuppone l'enunciazione giudiziale. Invero su quest'ultimo punto si potrebbe 
ulteriormente osservare che l'imposta graduale non sostituisce mai 
l'imposta di titolo e che per questa non pu� essere concessa un'agevolazione 
(quale � quella della tabella E) quando l'atto non esista, come � stato affermato 
con la sent. 26 ottobre 1976, n. 3879, in questo fascicolo, pag. 176. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Si tratta dunque si vedere se, nella specie, la sentenza del Tribunale 
di Torino del 1955 sia rimasta caducata. Ma ci� � stato riconosciuto dalla 
stessa sentenza ora impugnata. Invero, nell'ipotesi in cui una sentenza 
confermativa di quella che, avendo dichiarato la simulazione di una compravendita, 
� stata perci� assoggettata ad imposta proporzionale di registro, 
sia stata cassata senza rinvio per cessazione della materia del contendere 
(cio�, perch� venuta meno la situazione di dissenso tra le parti e 
quindi la necessit� della pronunzia giudiziale precedentemente richiesta) 
non pu� dubitarsi che anche la sentenza rimanga definitivamente travolta 
(in tal senso, con riferimento al caso che ne occupa, Cass. 2989/71), con la 
conseguente caducazione del titolo della pretesa tributaria e della ripetibilit� 
dell'imposta proporzionale che sulla base di detta ultima sentenza 
sia stata pagata. 

Trascurando del tutto la nuova situazione normativa determinata dalla 
pronunzia della Corte costituzionale, il giudice di merito ha falsamente 
applicato agli artt. 12 e 14 del citato r'.d. n. �3269, e sotto questo aspetto la 
sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che, 
riguardo alla tassazione della declaratoria di simulazione, riesaminer� la 
controversia sulla base della predetta nuova normativa e di principi su 
enunciati. 

La tesi dei ricorrenti non merita, invece, consenso laddove pretende 

di estendere gli effetti della citata sentenza della Corte costituzionale alla 

tassazione che concerne l'associazione in partecipazione ed il trasferimento 

del pacchetto azionario all'ALI. 

� noto che le sentenze, oltre a costituire titolo di imposizione tributaria 

di registro riguardo alle convenzioni poste a fondamento delle domande 

su cui esse statuiscono (art. 72 r.d. 1923 n. 3269), giustificano una distinta 

imposizione riguardo ai negozi che, sebbene estranei alla portata precettiva 

o ai presupposti logici della decisione, siano in esse enunciati: e ci� per 
effetto dell'art. 62 del citato r.d. che, come questa Corte ha pi� volte affermato 
(sent: 1957/60, 1799/62, 3536/69), � applicabile anche alle enunciazioni 
contenute nelle sentenze. Come meglio si vedr� nell'esame dei motivi seguenti, 
l'associazione in partecipazione ed il trasferimento del pacchetto 
azionario non sono situazioni ed effetti giuridici che traggono titolo direttamente 
dalla sentenza tassata, ma sono negozi che da questa risultano 
documentati, e come tali. soggetti ad imposta. Ed � evidente che mentre 
la portata precettiva della sentenza �, in via definitiva, subordinata al passaggio 
in giudicato delle relative statuizioni, l'efficacia meramente enunciativa 
prescinde dalla sorte che la stessa sentenza possa subire nell'evoluzione 
della vicenda processuale, perci� si ricollega alla esistenza della 
sentenza come documento. Orbene, la pronunzia della Corte costituzionale 
� chiara nel senso che la caducazione della sentenza tassata fa venire meno 

RASSEGNA Db"'LL'AVVOCATURA DELLO STATO

160 

il presupposto dell'imposta relativa ai trasferimenti che sono l'effetto della 
sua portata precettiva. -(Omissis). 

Il terzo motivo del ricorso principale � connesso (e va esaminato congiuntamente) 
con l'unico motivo del ricorso incidentale, entrambe le censure 
essendo dirette contro le statuizioni concernenti la tassazione del trasferimento 
del pacchetto azionario della �LL 

I ricorrenti principali, denunciando violazione dell'art. 108, Tab. A della 
legge di registro del 1923 in relazione all'art. 361. 6 agosto 1954 n. 603, sostengono 
che detto trasferimento non era soggetto neppure a tassa graduale, 
sia perch� dalla decisione della commissione provinciale risultava che esso 
era avvenuto mediante uso di fissati bollati, sia perch� la mancata produzione 
di questi non avrebbe potuto essere imputata ad essi ricorrenti senza 
la previa assegnazione di un termine per la produzione stessa. 

Soggiungono che rigettatasi, con la sentenza della cui registrazione si 
discute, la domanda di revindica del 40 per cento di detto pacchetto, le 
relative azioni non potevano considerarsi oggetto di pronunzia giudiziale, 
mentre l'avvenuto trasferimento dell'intero non era oggetto di controversia, 
ma solo un presupposto storico dell'anzidetta domanda. 

L'Amministrazione delle Finanze, nel contestare la fondatezza di tale 
censura sostiene, in via di ricorso incidentale, che l'operazione de qua 
era soggetta ad imposta proporzionale, in quanto da un lato, nella relativa 
scrittura mancava la dichiarazione di coevo pagamento del prezzo, e dal-
l'altro mancavano le condizioni per l'applicazione della tassa graduale, il 
trasferimento essendo stato tassato non in quanto attuato con la sentenza 
ma in quanto da essa enunciato. Afferma conclusivamente essere dovuta 
l'imposta principale nella misura del due per cento. 

La Corte condivide l'assunto dell'Amministrazione. 
Il trasferimento del pacchetto azionario � soggetto a tassazione non 


. 
perch� attuato con la sentenza, ma perch� da questa enunciato. Ci� giustifica, 
per le ragioni innanzi dette, l'applicazione dell'art. 6~ legge registro 
del 1923 e rende superfluo stabilire se e fino a qual punto il relativo negozio 
appartenga ai presupposti logici della sentenza stessa, tanto pi� che 
la sentenza emessa dal Tribunale nel primo grado del presente processo, 
aveva ritenuto legittima la pretesa tributaria in parola anche con riferimento 
alla disposizione test� citata, senza alcuna doglianza, sul punto, 
nell'atto di appello degli Hary-ALI: i quali, al riguardo, col loro terzo 
motivo di gravame, si limitarono a dedurre che il trasferimento del pacchetto 
azionario era � fuori contestazione, essendo stata assolta, per detto 
passaggio, la tassa col fissato bollato � e che, essendo stata rigettata la 
domanda di revindica proposta nei confronti del fallimento, non era avvenuto 
fra le parti � nessun retro.passaggio del 40% del pacchetto azionario 
della ALI�. Occorre dunque stabilire se per l'operazione de qua sia dovuta 
la tassa graduale o se, contrariamente a quanto ha affermato la Corte di 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

merito, sia applicabile la tassa fissa (come sostengono i ricorrenti principali) 

o quella proporzionale (come sostiene la Finanza). 
Per escludere l'applicabilit� della tassa graduale � sufficiente rilevare 
che secondo l'art. 114 Tar. A in relazione agli artt. 10 e 11 Tar. E, 3� comma, 
allegate al r.d. 1923 n. 3269,� tale tassazione � prevista nell'ipotesi in cui il 
trasferimento di azioni forn� oggetto di pronunzia giudiziale: ci� che nella 
specie, come si � visto, � escluso, in quanto detta operazione � stata solo 
enunciata in sentenza. 

Non pu�, d'altrende, trovare applicazione l'art. 108, Tar. A, invocato dai 
ricorrenti principali, perch� la tassa fissa � prevista da tale disposizione 
per la negoziazione di titoli azionari ed obbligazionari quando dall'atto di 
trasferimento risulta il contestuale pagamento del prezzo con denaro o 
con titoli analoghi (v. anche Cass. 3706/69). 

� fuori discussione, peraltro, che non furono prodotti fissati bollati 
mentre non � censurabile in questa sede n� il fatto che la Corte di merito 
abbia trascurato la risultanza in tal senso contenuta nella decisione della 
commissione provinciale (essendo noto che gli elementi acquisiti in un 
diverso autonomo giudizio hanno valore solo indiziario, mancando riguardo 
ad essi la possibilit� della diretta valutazione del giudice), n� il fatto che 
detta Corte non abbia invitato la parte interessata a produrre i predetti 
documenti in quanto il giudice, �se pu� indicare alle parti lt; lacune che 
ravvisa nell'istruttoria, non � comunque tenuto a sopperire alle loro negligenze). 


Per stabilire, allora, il criterio di tassazione occorre considerare: 
a) che secondo l'art. 62 del r.d. su citato gli atti enunciati sono soggetti 
all'imposta per essi prevista; 
b) che secondo l'art. 27 dello stesso testo le azioni delle societ� commerciali 
sono equiparate ai beni mobili; 
c) che per le alienazioni di beni mobili l'art. 2 Tar. A del medesimo 
decreto prevede l'imposta proporzionale del 2%. 

La conclusione in tal senso formulata dall'Amministrazione finanziaria 
trova dunque fondamento nelle disposizioni ora indicate: e sulla base di 
esse il giudice di rinvio riesaminer� il punto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1976, n. 3286 -Pres. Caporaso Est. 
Borruso -P. M. Pedace (conf.) Ministero delle Finanze (Avv. Stato 
Saltini) c. Soc. O.S.I. (avv. Stevens). 

Imposta di registro -Societ� -Conferimento -Remissione di debito da 
parte del socio a favore della societ� -� tale. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 59 e tariffa A artt. 60, 81 e 85; e.e. art. 2255). 
La remissione del debito da parte del socio a favore della societ� (che 
potrebbe co11:figurarsi come atto di liberalit� quando sia determinata da 


162 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

animus donandi) deve definirsi come conferimento in societ� ai fini dell'applicazione 
dell'imposta di registro quando sia preordinata al raggiungimento 
delle finalit� sociali; non � invece mai definibile come puro e semplice 
atto di liberazione assimilabile a quietanza (1). 

(Omissis). -Col primo motivo la Finanza, denunciando la violazione 
degli artt. 8 e 59 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e degli artt. 81, 85 e 60 
della tariffa all. A a detta legge, lamenta che la Corte d'Appello abbia illogicamente 
dedotto che la rinuncia della� FERGAT �non costituisse un atto 
di conferimento di beni in conto capitale, tassabile ai sensi degli artt. 81 
e 85 della tariffa all. A alla legge di registro, dalla constatazione che in 
tale rinuncia non si rinvenivano gli estremi necessari per qualificarla atto 
di liberalit�: deduzione non solo illogica, ma anche insufficiente a sorreggere 
il convincimento conclusivo sec;ondo cui, nella specie, agli effetti fiscali, 1'a 
predetta rinuncia non avrebbe potuto essere qualificata altro che come 
semplice atto di liberazione assimilabile alla quietanza previsto nell'art. 60 
della medesima tariffa. In tal modo la Corte d� merito avrebbe omesso 
d� considerare che non si poteva attribuire a tale rinuncia il valore di una 
pura e semplice remissione di credito, in quanto: 

1) gli interessi della � FERGAT � si intrecciavano con quelli della 

� O.S.I. � della quale era la principale azionista in modo tale da doversi 
ritenere che la� FERGAT �attraverso un atto improprio, avesse in sostanza 
conferito il credito rinunciato nella societ�; 
2) alla rinuncia della� FERGAT �aveva fatto riscontro l'accettazione 
da parte della � O.S.I. �,sicch� si era posto in essere un rapporto bilaterale 

(1) Decisione di evidente esattezza. Che la rem1ss1one di debito equivalga 
a versamento alla societ� di somma equivalente non � seriamente contestabile. 
Se mai potr� discutersi se questo versamento � da definire come conferimento 
tassabile a norma dell'art. 81 della legge di registro o come sopravvenienza 
attiva; per la seconda soluzione v. Cass. 18 giugno 1973, n. 1768, 
Giur. it., 1973, I, 1552. Oggi la soluzione sembra essere offerta dalla norma dell'art. 
55 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 che definisce sopravvenienza attiva 
le somme di denaro e i beni in natura ricevuti a titolo di contributo o di 
liberalit� mentre per le societ� in nome collettivo e in accomandita semplice 
regolarmente costituite non si considerano sopravvenienze (e sono quindi conferimenti 
soggetti all'imposta di registro) i versamenti fatti dai soci in pro� 
porzione della quota di partecipazione e la rinuncia (= remissione), nella 
stessa proporzione, ai crediti derivanti da precedenti finanziamenti; ove peraltro 
manchi la corrispondenza dei versamenti e delle remissioni alla quota 
di partecipazione (si tratti cio� di versamenti che il socio esegue liberamente 
e al di fuori di un dovere assunto da tutti i soci) deve parlarsi non di con, 
ferimento ma di sopravvenienza. � 
In ogni caso i doveri tributari non possono ritenersi soddisfatti con la 
corresponsione della tassa di quietanza che si riferisce appunto alla quietanza 

o alla liberazione non al titolo in forza del quale si pattuisce la remissione 
con funzione di versamento in favore della societ�. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

che non poteva ricadere in nessun modo� nella previsione dell'art. 60 della 
tariffa A. 

Egualmente illogica risulterebbe la motivazione dell'impugnata sentenza 
laddove esclude che la rinuncia in questione possa essere considerata 
conferimento del credito rinunciato in societ� per il solo fatto che contestualmente 
a tale rinuncia il rinunciante abbia sborsato anche denaro contante 
per la sottoscrizione di nuove azioni. 

A parere della ricorrente tratterebbesi, infatti, di due atti non soltanto 
perfetta.iente compatibili, ma rispondenti anzi al medesimo scopo di consentire 
la ricostituzione del capitale sociale. 

Il motivo � pienamente fondato. 

La remissione di un debito da parte di un socio a favore della societ� 
pu� configurarsi, invero, agli effetti della imposta di registro, tanto come 
att� di liberalit� tassabile ai sensi dell'art. 44 della legge organica di tale 
tributo, quanto come confer~mento del credito in societ�, tassabile ai sensi 
dell'art. 81 della tariffa ali. A alla predetta legge. 

Ricorre il primo caso quando il remittente sia stato determinato all'atto 
da � animus donandi �, cio� quando, all'obiettiva gratuit� dell'atto 
si accompagni l'arricchimento della controparte cui corrisponda il depauperamento 
dell'agente concepiti l'uno in correlazione con l'altro. 

Ricorre il secondo caso quando, invece, la remissione sia preordinata 
al raggiungimento delle finalit� sociali e con esse a tutelare l'interesse dei 
singoli soci. ' 

Tale intento � particolarmente evidente quando la societ� versa in una 
situazione di grave passivo e la remissione appaia il mezzo pi� opportuno 
per sanarlo o, quanto meno, per alleggerirlo e, quindi, per consentire alla 
societ� di riprendere il processo attivo di sviluppo dei propri affari (cfr. 
in tal senso Cass. sent. n. 907 del 1970, 1963 del 1969 e 2215 del 1968). 

Quando ricorrono gli estremi che caratterizzano taie secondo caso, 
la remissione del credito agli effetti fiscali non pu� essere considerata come 
puro e semplice atto di liberazione, assimilabile alla quietanza, previsto 
nell'art. 59 della I. di registro e nyll'art. 60 della tariffa ali. A della medesima. 

Invero, in base al principio fondamentale del tributo in oggetto, consacrato 
nell'art. 8 della predetta legge, nella tassazione degli atti occorre 
aver riguardo, al di l� della forma apparente, all'intrinseca natura di essi 
e agli effetti che sono destinati a produrre, cio� all'atto economico quale 
si rivela attraverso il risultato giuridico concretamente realizzato di volta 
in volta dalle parti e non semplicemente allo schema astratto del negozio 
posto in essere, sicch� la relativa indagine deve essere diretta ad accertare 
quale sia oggettivamente il potenziale valore strumentale dell'atto. A tale 
scopo, come espressamente stabilito nella norma stessa, l'atto dovr� scontare 
l'imposta prevista nella tariffa per quello col quale, per la sua natura 
e per i suoi effetti ha maggiore analogia. 


164 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Orbene, non vi pu� essere dubbio alcuno che alla luce di tali criteri 
la remissione del debito fatta dal socio in favore della societ� per favorirne 
lo sviluppo e soddisfare, cos� -sia pure indirettamente -un proprio 
interesse ha molta pi� analogia con i conferimenti di denaro o di beni 
mobili previsti e tassati nell'art. 81 della tariffa ali. A che non con gli atti 
di pura e semplice liberazione di cui agli artt. 59 della legge e 60 della 
medesima tariffa. 

Invero, quando il socio sia indotto alla remissione dall� affectio societatis 
�, il suo stato � psicologicamente uguale a quello di chi con{erisce in 
.societ� qualcosa di suo, in quanto in entrambi i casi ci si sottopone ad 
un sacrificio personale per il bene immediato della societ� e, quindi, anche 
per un vantaggio futuro proprio; d'altra parte, dal punto di vista obiettivo, 
� pacifico (cfr. art. 2255 e.e.) che tra i beni conferibili in societ� vi siano 
anche i crediti. Che poi a tale conferimento faccia o meno seguito una diversa 
ripartizione tra i soci del capitale sociale � circostanza successiva 
all'atto da tassare che non riguarda quindi la Finanza, cui interessa esclu� 
sivamente colpire i movimenti di ricchezza, quali appunto quelli che sono 
rilevabili nei rapporti tra socio e societ� e che si oggettivano nei documenti 
sottoposti a registrazione. 

Negli atti di liberazione assimilati per il trattamento tributario alla 
quietanza tutti i suddetti estremi mancano: chi li compie non deve volere 
n� donare, ma neppure compiere sacrifici o trasferire alcunch� n� a beneficio 
proprio n� di altri soggetti, in quanto la quietanza non � altro che 
un atto dovuto conseguente all'estinzione di una obbligazione. Se cos� non 
fosse, del resto, ben facile sarebbe l'evasione fiscale in materia di conferimenti 
di denaro in societ�: basterebbe, per sottrarsi all'imposta, che il 
socio lo fornisse sotto forma di prestito e poi rinunziasse al relativo 
credito. 

Tutto ci� premesso in linea di diritto, non pu� non riconoscersi che 
la motivazione addotta dalla Corte di Torino per negare che nella specie 
il socio remittente abbia rinunciato al proprio credito per favorire la societ� 
e, quindi, per tutelare anche un proprio interesse sia del tutto insufficiente 
e illogica. Insufficiente perch� non ha tenuto conto delle. dichiarazioni 
fatte dallo stesso remittente al momento di comunicare alla societ� 
la sua decisione e della loro attendibilit� sia per il pesante stato passivo 
della societ�, sia per il fatto che di essa il rinunciante era il maggiore 
azionista. 

Illogica perch� ha dedotto la mancanza di interesse del socio a rimettere 
il suo credito dal fatto che tale remissione non gli sia stata conteggiata 
in conto capitale e che per aumentarlo infatti, dovette sborsare denaro 
contante. In tal modo � sfuggito alla Corte di merito che si pu� favorire 
la societ� di cui si fa parte -e, cos� indirettamente fare il proprio interesse 
-non soltanto aumentandone il capitale, ma anche ripianandone 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

165 

l'esposizione debitoria verso gli stessi soci senza apparente contropartita 
e che conseguentemente non v'� alcuna antitesi tra il conferimento di un 
credito in societ�, sia pure a fondo perduto e l'aver contestualmente conferito 
anche denaro contante in aumento del capitale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1976, n. 3350 -Pres. Rossi Est. 
Milazzo -P. M. La Valva (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Cascino) c. Falomo (avv. Fornario). 

Imposte e tasse in genere � Concetto di tributo -Diritto demaniale per 

la rappresentazione di opere di pubblico dominio -Natura di tributo. 

(!. 22 aprile 1941, n. 633, art. 175; I. 6 febbraio 1942, n. 95, art. 5; reg. 18 maggio 1942, 

n. 1369, art. 51). 
Il c.d. diritto demaniale per la rappresentazione di opere di pubblico 
dominio che viene corrisposto allo Stato quando non esista o sia venuto 
meno il diritto di autore, ha natura di tributo in quanto prestazione imposta 
con legge che non costituisce il corrispettivo di una prestazione 
resa al privato (1). 

Sul diritto demaniale di rappresentazione di opere di pubblico dominio, 
avente natura di tributo, non � dovuta l'imposta generale sull'entrata 
a norma dell'art. 1, terzo comma, lett. d) della legge 19 giugno 1940, n. 762 (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo del suo ricorso l'Amministrazione 
finanziaria denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. l, primq 
e terzo comma, lett. d) della legge 19 giugno 1940, n. 762 e 175 della legge 
22 aprile 1941, n. 633 per aver la Corte del merito ritenuto, sia pure implicitan:!
ente, la natura tributaria dei diritti demaniali previsti dall'art. 175 
della citata legge sulla protezione dei diritti di autore, e per aver, conseguentemente, 
affermato che le somme riscosse, a tale titolo, dall'Erario 
sono esenti dal pagamento dell'IGE, ai sensi del terzo comma, lett. d) dell'art. 
1 della legge n. 762 del 1940. Sostiene, in particolare, che i diritti de


(1-2) Sulla delicata questione il giudizio della S.C., piuttosto formale, lascia 
qualche perplessit�. Partendo dalla definizione di tributo ormai tradizionale, 
come prestazione patrimoniale stabilita in virt� del potere di imperio dello 
Stato e che non costituisca, o non esclusivamente, il corrispettivo di una prestazione 
resa al privato e che, trovando la sua unica fonte nella legge, sia 
dovuta per il solo obiettivo verificarsi del presupposto, si � giunti alla conclusione 
che il diritto demaniale sulla rappresentazione di opere di pubblico 
dominio, siccome imposto per legge ed al di fuori di un rapporto di corrispettivit�, 
ha natura tributaria. 

Se q�elli ora riferiti sono sicuramente i caratteri salienti e necessari del 
tributo, non si pu� anche ritenere che siano da soli sufficienti a qualificare 
l'entrata come tributaria, altrimenti si rischia di identificare come tributo ogni 
prestazione rientrante nell'area della riserva di legge di cui all'art. 23 Cost. 
Che esistano prestazioni obbligatorie imposte con legge (e quindi al di fuori 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

166 

maniali non hanno carattere tributario, ma costituiscono un corrispettivo 
versato allo Stato, quale rappresentante della collettivit�, subentrata agli 
autori delle opere divenute di pubblico dominio. 

Tale assunto non pu� essere condiviso. 

Premesso che la Corte di appello non si � pronunciata espressamente 
sulla questione prospettata nel motivo di ricorso perch� la questione stessa 
non aveva formato oggetto di discussione nel giudizio di impugnazione 
dopo che il Tribunale, nelle premesse della motivazione in diritto, aveva 
riconosciuto, ai fini dell'esonero dal pagamento dell'IGE, la natura tributaria 
e non di corrispettivo dei diritti demaniali, rilevasi che questi diritti 
sono previsti dal primo comma dell'art. 175 della vigente legge sul diritto 
d'autore per tutte le rappresentazioni, esecuzioni e radiodiffusioni di una 
� opera adatta a pubblico spettacolo o di una opera musicale purch� siano, 
per qualsiasi motivo, di pubblico dominio, qualunque sia lo scopo della 
pubblica utilizzazione e �qualunque sia il paese di origine dell'opera�. 

Il diritto demaniale, ai sensi della legge 6 febbraio 1942, n. 95, denominata 
�Disciplina tributaria degli atti relativi all'.esercizio del diritto 
di autore e determinazione del diritto demaniale�, deve essere corrisposto 
allo Stato, da chi rappresenta, esegue o radiodiffonde l'opera, nella 
misura del 5% sugli incassi lordi, come specificato nel primo comma 
del citato art. 175. 

Ora, se per tributo deve intendersi ogni prestazione patrimoniale stabilita 
in virt� di potere d'impero dallo Stato (o da Enti cui il potere medesimo 
sia concesso) e che non costituisca, o non esclusivamente, il corrispettivo 
di una prestazione resa al privato, bens�, trovando la sua fonte 
unica nella legge, sia dovuta per il solo obiettivo verificarsi della situazione 
di fatto dalla stessa legge ipotizzata ai fini dell'imposizione, si deve 
riconoscere che nella entrata in questione si riscontrano le suddette caratteristiche. 


di un rapporto causale di corrispettivit� che possa giustificare la prestazione 

per fatto diverso da una imposizione iure imperii) non aventi tuttavia natura 

tributaria, � del tutto pacifico. Occorre qualcosa ancora per individuare fra 

le entrare di diritto pubblico, imposte con legge, quelle specificamente tributarie. 

Non ha nemmeno valore decisivo la considerazione che l'entrata in que


stione, al pari di altre �entrate patrimoniali, sia accertata e riscossa con. il 

procedimento stabilito. per i tributi; nessuna rilevanza ha sul problema la sen


tenza della Corte Costituzionale 15 aprile 1970, n. 58, che si � limitata a pren


dere atto che la misura della prestazione � stabilita con legge. 

La prestazione, se si pone in relazione soltanto alla rappresentazione di 

un'opera (presupposto) non si differenzierebbe dall'imposta sugli spettacoli, che 

� invece separatamente dovuta in forza di altra norma; il diritto demaniale 

presuppone invece l'utilizzazione di un'opera ed � pi� vicino concettualmente, 

se pure ne � diverso il fondamento, al diritto di autore (e non � priva di 

rilevanza la collocazione della norma nella legge sul diritto di autore) che 

all'imposta sullo spettacolo. Nell'ambito dell'utilizzazione di un bene ormai 

pubblico, il diritto demaniale sembra doversi ricondurre piuttosto al concetto 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 167 

Risulta, invero, dalla norma istitutiva che il diritto demaniale � impo� 
sto a chiunque utilizzi-pubblicamente in Italia opere divenute di pub� 
blico dominio purch� dalla pubblica utilizzazione sia derivato un incasso. 
Il sorgere in colui che utilizzi pubblicamente l'opera dell'obbligo di pagare 
all'Erario il diritto demaniale deriva, quindi, non da un atto negoziale 
con il quale lo Stato consente l'esecuzione dell'opera divenuta di pubblico 
dominio, bens� dal verificarsi della situazione oggettiva prevista e disciplinata 
direttamente dalla legge, e costituita dall'esecuzione pubblica dell'opera 
stessa. In proposito � del tutto inaccettabile l'equiparazione che 
da parte della ricorrente Amministrazione si tenta di fare tra il diritto 
in questione ed il diritto di autore dovuto per lo sfruttamento delle opere 
tutelate. Mentre, infatti, per quest'ultime opere, l'art. 180 secondo comma, 
della legge n. 633 del 1941 prevede come obbligatoria la �concessione, per 
conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze ed autorizzazioni�, 
nulla di simile la legge prescrive per la esecuzione delle opere divenute 
di pubblico dominio; in tale ipotesi l'art. 51 del regolamento per l'esecuzione 
della legge sul diritto di autore (r.d. 18 maggio 1942, n. 1369), pone 
a carico di chi intende eseguire pubblicamente tali opere di redigere per 
iscritto, prima della esecuzione o immediatamente dopo, un �program� 
ma� delle opere eseguite o rappresentate e di trasmetterlo alla Societ� 
Autori ed Editori, alla quale spetta, in virt� di apposita convenzione 
approvata con d.m. 30 ottobre 1968, l'accertamento, la liquidazione e la 
riscossione dei diritti erariali� sui pubblici spettacoli e dei demaniali. Come 
esattamente � stato rilevato dalla dottrina, tale programma ben pu� 
essere qualificato come la dichiarazione tributaria a mezzo della quale il 
soggetto passivo del tributo porta a conoscenza dell'ente impositore il 
verificarsi del presupposto d'imposta. 

di canone, anche se non connesso ad un provvedimento specifico di autorizzazione 
o concessione. 

Non dissimile dal diritto demaniale dell'art. 175 della legge sul diritto di 
autore � il diritto sullo spaccio �di libri i cui testi sono del pari di pubblico 
dominio (art. 177); questo diritto, che non � nemmeno denominato demaniale, 
� sicuramente un contributo (a favore della Cassa di assistenza e previdenza 
degli autori scrittori e musicisti) che pu� essere convertito in una prestazione 
globale concordata con le associazioni sindacali (art. 179), non avente natura 
tributaria. 

Non sembra azzardata una analogia tra l'utilizzazione per la rappresentazione 
delle opere di pubblico dominio e il godimento delle opere d'arte, libero 
per tutti ma subordinato al pagamento di un diritto di ammissione. E' stata 
per� esclusa la natura di tributo dei proventi derivanti dalla gestione di musei 
e monumenti (Cass. 3 dicembre 1974, n. 3944, in questa Rassegna, 1975, I, 209). 

Infine non sembra che, in mancanza di espresse norme, i diritti demaniali 
possano essere considerati tributi a tutti gli altri effetti (poteri dell'Amministrazione 
sull'accertamento e la repressione, privilegi, competenze degli 
organi e particolarmente competenza del Tribunale del foro erariale sulle 
controversie). 



168 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Parimenti non pu� essere condivisa l'affermazione della ricorrente secondo 
cui il diritto demaniale costituirebbe un mero compenso di natura 
patrimoniale dovuto allo Stato, quale �rappresentante della collettivit�, 
subentrata agli autori delle opere �. 

A parte la considerazione che la dedotta successione della collettivit� 
dei cittadini nei diritti degli autori defunti rappresenta una semplice 
asserzione della ricorrente non sorretta da alcun consistente tentativo 
di dimostrazione, l'inattendibilit� della prospettata tesi � del tutto palese 
ove si consideri che il diritto demaniale � dovuto per la utilizzazione, 
non soltanto delle opere cadute in pubblico dominio per decorrenza 
dei termini di durata della protezione, ma anche delle opere non tutelate 
in Italia e, quindi, per la utilizzazione di opere che, sebbene protette 
nel loro �paese di origine�, non lo siano in Italia, di opere cio�, relativamente 
alle quali lo Stato, in proprio o quale rappresentante della collettivit�, 
non potrebbe vantare alcun diritto. 

Le considerazioni che procedono consentono di affermare, aderendosi 
cos� all'opinione espressa dalla concorde dottrina e dalla stessa Amministrazione 
finanziaria con la risoluzione 23 febbraio 1956, n. 215783 dello 
Ispettorato delle tasse e delle imposte dirette, che il diritto demaniale 
costituisce rin vero e proprio tributo e, come tale, esente dall'I.G.E. ai 
sensi del terzo comma lett. d) della legge n. 762 del 1940. 

Conforta tale conclusione la decisione 15 aprile 1970, n. 58 della Corte 
Costituzionale che, nel dichiarare la legittimit� costituzionale dell'art. 175 
della legge sui diritti di autore, in relazione all'art. 23 della Costituzione, 
non ha negato il carattere tributario del diritto demaniale ed anzi, su 
quel presupposto, ha ritenuto che la legge (artt. 175, terzo comma, legge 

n. 633 del 1941, 58 regolamento di esecuzione 18 maggio 1942, n. 1369 e 
legge 6 febbraio 1942, n. 95) stabilisce i criteri idonei per determinare 
l'imposizione e per delimitare la discrezionalit� dell'ente impositore. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 ottobre 1976, n. 3378 -Pres. Rossi Est. 
Longo -P. M. Grossi (diff.) Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Freni) c. Soc. Citom Sorima (avv. Guidi). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Prescrizione -Interruzione 
-Imposte suppletive -Opposizione ad ingiunzione -Estinzione 
del processo -Efficacia dell'atto interruttivo fino alla data dell'estinzione. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 145; e.e. artt. 2935 e 2945). 
Poich� nelle imposte suppletive l'opposizione del contribuente sospende 
l'obbligo del pagamento a norma dell'art. 145 dell'abrogata legge di registro 
(norma di portata generale) s� che l'Amministrazione creditrice si 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 169 

trova nell'impossibilit� di esercitare il diritto finch� resta pendente il giudizio 
di opposizione, l'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dall'opposizione 
permane per tutto il tempo in cui il giudizio resta pendente. 
ed anche nel caso che questo si estingua fino alla data della dichiarazione 
di estinzione a seguito della quale il creditore riacquista il potere di esercitare 
il diritto (1). 

(Omissis). -Con il terzo e con il secondo mezzo del ricorso che, per 
ragioni di evidente connessione, possono congiuntamente esaminarsi, la 
ricorrente denunzia violazione degli artt. 481 e 627 cod. proc. civ., 2943 e 
2945 cod. civ., 2 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, 24 e 27 della legge 25 settembre 
1940, n. 1424, 140, 144 e 145 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e 
censura la statuizione della sentenza secondo cui �si era verificata la prescrizione 
nonostante gli atti (ingiunzione, opposizione) che avrebbero dovuto 
negativamente incidere sul suo corso. 

Ha invero ritenuto la corte, che ai sensi dell'art. 2945 cod. civ., l'estinzione 
del processo seguito all'opposizione avesse per conseguenza l'attribuzione 
di effetti istantanei e non permanenti all'ultimo atto interruttivo 
della prescrizione (atto da identificarsi appunto nell'opposizione, secondo 
la corte); con il risultato che da tale atto la prescrizione avesse ripreso 
il suo corso, senza che su questo avesse inciso la pendenza del giudizio 
di opposizione. 

Di siffatto convincimento la ricorrente ha dedotto l'erroneit� sotto vari 
profili, riguardanti, rispettivamente, l'impossibilit� di ritenere che al


(1) Decisione di grande interesse. L'insidia della estinzione del giudizio di 
opposizione all'esecuzione che, facendo perdere all'atto introduttivo del giudizio 
l'effetto interruttivo permanente, pu� determinare il compimento della prescrizione 
del credito di imposta, viene ridimensfonata. Questo pericolo non esiste 
quando l'ingiunzione opposta sia stata intimata per il pagamento di imposte 
suppletive la cui riscuotibilit� � sospesa per legge (art. 145 legge di registro) 
se viene proposta tempestiva opposizione. 
L'impossibilit� per l'Amministrazione di procedere alla riscossione del 
credito a causa della sospensione dell'obbligo del pagamento, � un vero e proprio 
impedimento all'esercizio del didtto (art. 2935 e.e.) stabilito da una 
espressa norma e quindi la prescrizione non pu� correre fintanto che il diritto 
non pu� essere esercitato; cos� posto il problema, non acquistano particolare 
rilievo differenziale le cause (decisfone, rinuncia, estinzione) che, eliminando 
la pendenza del giudizio, fanno riacquistare alla Amministrazione creditrice il 
potere di perseguire il credito. In conclusione non pu� trovare applicazione 
l'ultimo comma dell'art. 2945 e.e. 

Nella sentenza si afferma ripetutamente che a causa della sospensione 
dell'obbligo del pagamento, resta �sospesa� anche la prescrizione. Invero non 
� dato comprendere se nell'art. 145 della legge di registro si intende individuare 
una vera e propria. causa di sospensione (e questa, per l'appunto, si sottragga 
alla regola dell'ultimo comma dell'art. 2945 che concerne l'interruzione) o piuttosto 
si usi l'espressione sospensione per intedere l'effetto durevole della 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

170 

l'estinzione del processo incidente di opposizione consegue automaticamente 
quella del processo di esecuzione (asseritamente suscettibile di 
.essere considerato gi� iniziato con l'ingiunzi'one anzich� con il pignoramento) 
il trattarsi, nella specie, non di una interruzione della prescrizione, 
ex art. 2945 cod. civ., bens� di una �sospensione�: quella prevista 
dall'art. 481 cod. proc. civ. quanto� al termine di 90 giorni, scaduto il 
quale non � pi� efficace il precetto (termine e sospensione validi quindi 
anche per l'ingiunzione fiscale, cui del precetto va riconosciuta la stessa 
efficacia), ovvero la �sospensione dell'obbligo del pagamento� (e quindi 
del corso della prescrizione del diritto) che pu� essere desunta all'art. 
145, ultimo comma, della citata legge di registro, con riguardo all'ipotesi 
di opposizione ed ingiunzione di pagamento di imposta liquidata in via 
suppletiva; infine, la possibilit� di considerare intervenuta un'interruzione 
della prescrizione in virt� della disciplina del penultimo comma dell'art. 
140 l.r. secondo cui a dire della ricorrente -l'effetto interruttivo dell'ingiunzione 
dovrebbe �protrarsi per tutta la durata del processo anche 
nell'ipotesi che questo si estingua, e ci� a differenza di quanto contemplato, 
con norma di carattere generale, dall'art. 2945 citato. 

Nella discussione orale, peraltro, la ricorrente ha posto l'accento sul 
ricordato aspetto riguardante �la sospensione�, senza pi� insistere sul 
primo e sull'ultimo dei profili dianzi accennati. 

Ritiene S.C. che, sotto l'aspetto pocanzi indicato, la censura sia fondata; 
e che quindi essa possa essere accolta, non peraltro con riguardo 
ad una sospensione asseritamente derivante, rispetto alla prescrizione, 

interruzione provocata dalla domanda giudiziale (art. 2945 secondo comma). 
Invero sembrerebbe pi� corretta la seconda soluzione, essendo ormai definitivamente 
chiarito che le cause di sospensione sono indicate in numero chiuso 
negli artt. 2941 e 2942 e.e. e che l'effetto durevole dell'interruzione provocato 
dalla domanda giudiziale � pur sempre una interruzione e non una sospensione 
che si innesta sulla interruzione (Cass. 11 novembre 1974, n. 3541, in Giur. 
it. 1975, I, 624). 

Resta a vedere se il principio affermato nella sentenza possa essere ampliato 
anche ad ipotesi in cui l'opposizione giudiziale non sospende l'obbligo 
del pagamento. Il primo esempio che si presenta � quello dell'opposizione 
contro ingiunzione per imposta suppletiva proposta dopo il trentesimo giorno. 
D'un canto il giudizio di opposizione � del tutto identico a quello introdotto 
entro il trentesimo giorno, d'altro canto non si produce l'effetto di impedire 
in modo assoluto l'esercizio del diritto. 

Secondo la prevalente giurisprudenza dovrebbe affermarsi che con l'estinzione 
del giudizio l'effetto interruttivo della prescrizione deve risalire alla data 
della domanda; � per� illogica la conclusione che in due situazioni processuali 
identiche gli effetti siano cos� diversi. 

La questione si incentra sul punto se l'impedimento all'esercizio del diritto 
che impedisce il decorso della prescrizione debba essel'e o no assoluto. Quando 
� facoltativamente possibile in pendenza del giudizio la riscossione di un credito 
contestato, si verifica una situazione diversa da quella considerata nella 

. . I: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 171 

dalla � sospensione � del termine di efficacia del precetto (prevista dal1'
art. 481 c.p.c. in caso di opposizione, ostando a tale tesi il principio, 
pi� volte affermato nella giurisprudenza di questo S.C., secondo cui il 
termine che rimane sospeso a sensi di detta norma � di decadenza, ed 
� previsto soltanto agli effetti processuali dell'esecuzione, non a quelli 
sostanziali (Cass. 17 maggio 1966, n. 1246; 27 novembre 1972, n. 3471), 
come quelli riguardanti il corso della prescrizione (Cass. 24 febbraio 
1960, n. 316); la doglianza pu� invece essere condivisa con riferimento 
all'invocata disciplina dell'art. 145 ult. comma, della legge di registro. 

Trattandosi invero di giudizio promosso in opposizione ad ingiunzione 
di pagamento di imposta liquidata in via suppletiva, avrebbe dovuto 
ritenersi applicabile la citata norma speciale -che appunto tali ipotesi 
contempla -in virt� della quale poteva considerarsi avverato un caso 
di sospensione dell'obbligo del pagamento, e quindi della relativa prescrizione. 


� riconosciuta in dottrina e in giurisprudenza la possibilit� che, in 
relazione a determinati diritti o categorie di diritti, sussistano cause 
particolari di vario genere le quali, costituendo impedimento all'esercizio 
del diritto, impediscono altres� il decorso della prescrizione. 

Si � precisato bens�, in proposito, che il suddetto principio, nonch� 
la nota massima contra non valentem agere non currit praescriptio, con 
cui sostanzialmente esso si esprime (o del quale un'applicazione pu� rinvenirsi, 
quanto all'inizio della prescrizione, nell'art. 2935 cod. civ.) hanno 
nel nostro ordinamento portata non assoluta e generale, ma limitata, 
l'impossibilit� di agire cui la legge attribuisce rilevanza quale causa 

sentenza che si annota? Decorre a danno del creditore la prescnzmne quando 
solo in forza di una eseguibilit� provvisoria del titolo pu� domandare, ma suo 
rischio, l'adempimento? Si dovrebbe dare risposta negativa. 

Anche nei rapporti ordinari, il non uso della facolt� di avvalersi di un 
titolo provvisoriamente eseguibile, non pu� essere pregiudizievole per il creditore. 
Nei rapporti tributari quando l'Amministrazione non si avvale della 
facolt� della iscrizione a ruolo provvisoria (art. 175 del t.u. del 1958 oggi art. 
15 d.P .R. n. 602/1973) non decade dalla iscr.izione a ruolo nei termini normali 
(art. 180 capov. t.u. del 1958, art. 17 d.P.R. n. 602); similmente nelle imposte 
indirette l'Amministrazione nulla rischia se non esige la riscossione dell'imposta 
complementare dopo la decisione non definitiva della commissione (art. 4, 

d.l. 5 marzo 1942, n. 186, oggi con sistema graduato di frazioni di tributo, art. 54, 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 e art. 44, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637). 
Si dovrebbe quindi ritenere che l'opposizione alla ingiun1Jione fiscale, anche 
quando non sospende l'obbligo del pagamento, pone egualmente l'Amministrazione 
creditrice nella condizione di attesa, s� che la prescrizione non dovrebbe 
correre (Cass. 26 agosto 1971, n. 2582 in R�v. leg. fisc., 1972, 719). 

Ma in tal modo si esclude sempre l'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 
2945 e.e. Si deve per� osservare che questa norma presuppone che l'atto 
interruttivo sia la domanda giudiziale promossa dal creditore che ha l'onere 
di coltivarla s� che a suo danno opera l'estinzione del processo. Diversa � la 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

ostativa del decorso del termine prescrittivo dovendosi identificare quale 
derivante non da ogni e qualsiasi impedimento, ma solo da quelli previsti 
dalla legge (Cass. 12 maggio 1962, n. 974). 

Ma appunto di tal genere era l'impedimento verificatosi nella fattispecie 
oggetto dell'esame della denunziata sentenza. Dall'art. 145 del 
citato r.d. n. 3269 del 1923 si ricava infatti in maniera evidente che, nel 
caso di opposizione avverso un'ingiunzione fiscale in.timante il pagamento 
di un'imposta suppletiva, l'obbligo del pagamento, e correlativamente 
il diritto di esigerlo, rimangono sospesi. 

Ovviamente ne discende, per quel che interessa il caso di specie, che 
durante la pendenza di siffatta sospensione -val dire in pendenza del 
procedimento conseguente all'opposizione, a sua volta poi sospeso per 
tutta la durata del procedimento incidente di costituzionalit� rimanevano 
sospesi il diritto dell'Ufficio finanziario di agire esecutivamente e il corso 
della prescrizione. 

N� contro l'applicazione del citato art. 145 al caso in esame pu� de


dursi, come fa la resistente, che tale norma contrasterebbe con la regola 

solve et repete dettata per i tributi doganali; ovvero che la norma stessa 

sarebbe propria esclusivamente del regime della riscossione delle impo


ste indirette sugli affari. 

A tali asserzioni � sufficiente replicare che, come altre volte osser


vato da questo S.C. (Cass. 20 gennaio 1972, n. 143; 23 gennaio 1964, n. 164), 

appunto. il procedimento coattivo di riscossione delle imposte previsto 

dalla citata legge di registro � stato esteso ad altre imposte da leggi 

speciali, fra cui quella in materia di diritti doganali, n� un'incompati


bilit� con tale materia pu� ravvisarsi nella disciplina dell'ultimo comma 

dell'art. 145 della legge, giacch� il principio _solve et repete gi� in detta 

materia sancito dall'art. 24 della legge n. 1424 del 1940, e sul quale la 

resistente fa leva, � stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con 

sentenza 30 dicembre 1961, n. 79, della Corte Costituzionale. Ragion per 

cui, almeno a far tempo dall'inizio di efficacia di tale dichiarazione di 

situa:z,ione quando l'interruzione sia stata prodotta dall'Amministrazione con 
l'ingiunzione, alla quale segue la domanda giudiziale del debitore che prolunga 
l'effetto interruttivo dell'ingiunzione (per simili effetti v. C. BAFILE, Interruzione 
della prescrizione e solidariet� tributaria, in questa Rassegna, 1975, I, 736); 
il creditore, come convenuto, non dovrebbe ragionevolmente esser messo nella 
necessit� di portare a compimento il giudizio di opposizione quando l'attore 
non intende coltivarlo. 

:L'estinzione del giudizio di opposizione fa venir meno l'effetto prolungato 
dell'interruzione in riferimento alla posizione dell'attore; ma per l'Amministrazione 
.che ha intimato l'ingiunzione ed � rimasta giustil�icatamente in attesa 
della definizione del giudizio di opposizione, la �prescrizione � non dovrebbe correre 
fino a quando non cessa, quale che ne sia la causa, la. pendenza del �giudizio 
stesso. 


PARTE .I, SE.Z. VI,, GIURISPRUDENZA, TRIBUTARIA 173 

incostituzionalit�, avrebbe dovuto considerarsi cessato il dedotto ostacolo 
all'automatica applicazione (con conseguente sospensione del corso della 
prescrizione) della ricordata norma dell'art. 145 l.r. in materia di tributo 
doganale. suppletivo. 

Di tutto ci� non ha tenuto conto la corte genovese, allorch� essa 
ha considerato prescritto il credito dell'Amministrazione osservando che 
il pignoramento era stata eseguito �il ~O marzo 1967, ad oltre cinque 
anni dalla data della notificazione dell'opposizione all'ingiunzione fiscale, 
avvenuta il 6 settembre 1958 �. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1976, n. 3609 -Pres. Rossi Est. 
Granata -P. M. Ferraiuolo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Vitaliani) c. Forgione. 

~oste e tasse in genere -Imposte indirette -Pagamento dell'imposta 
'1PO la decisione in primo grado -Nullit� della notifica della deci'
l.e -Irrilevanza -Ingiunzione -Legittimit�. 
' ..marzo 1942, n. 186, art. 4). 

dell'Amministrazione di procedere alla riscossione dell'im. 
decisione della Commissione di prima istanza deve inten."+
I,) alla pronuncia della decisione e non alla relativa notiVJ.
llit� della notifica della decisione della Commissione 
sia intimata l'ingiunzione per il pagamento dell'im


.,~o motivo di ricorso, l'Amministrazione delle 
-'ando violazione degli artt. 112 c.p.c. e 4 d.I. 
\~sufficienza di motivazione sul punto deciche 
erroneamente la Commissione Cen



,_.ssima. Il potere dell'Amministrazione di procedere alla 

,,osta complementare sulla . base di accertamento non defi


Aato soltanto alla pronunzia della decisione. La relativa noti


.�testuale invito al pagamento � rilevante solo come costituzione 

..i fini dell'applicazione della soprattassa; di conseguenza ove la noti


~da decisione sia nulla, mentre resta incontestabile il potere di procedere 

.. riscossione coattiva, il termine �per adempiere decorrer� dalla notifica 
dell'.ingiunzione. . 

Nel regime attuale (art. 54, d.P.R. n. 634/1972; art. 44, d.P .R. n. 637/1972) 
la notifica della decisione � del tutto irrilevante sulla riscossione in pendenza 
del giudizio; il �pagamento deve essere eseguito, nel termine di 60 giorni dalla 
notifica dell'avviso di liquidazione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

174 

trale per le Imposte, dopo avere accertata la nullit� della notifica della 
decisione della Commissione distrettuale, ha apoditticamente affermato il 
che tale invalidit� comportava anche la nullit� dell'ingiunzione emessa 
in base alla decisione stessa; senza considerare che il detto vizio formale 

I

non incide sul potere della finanza di esigere il tributo n� pu� avere 
rilevanza in un giudizio di opposizione all'ingiunzione, diretto all'accertamento 
della fondatezza della pretesa tributaria. 

La censura � fondata. 

I 

Con sentenza 18 settembre 1970, n. 1573, questa suprema Corte, giudi


I

cando a sezioni unite, ha sancito che la nullit� o l'omissione della 
notifica (prescritta dall'art. 4 del d.l. 5 marzo 1942, n. 186) della decisione 
della Commissione distrettuale non pu� dar luogo a declaratoria 
di illegittimit� sotto il profilo formale, dell'ingiunzione emessa per la 
riscossione dell'imposta relativa al maggior valore accertato dalla Commissione 
stessa, in quanto il vizio o l'omissione concerne una formalit� 
che non incide sulla sussistenza della pretesa fiscale. 

Tale principio � stato poi confermato con sentenza 19 giugno 1972, 

n. 1908 e deve essere anche ora ribadito, non essendo emerso alcun elemento 
che induca a un mutamento di indirizzo. 
Invero, il primo comma del succitato articolo nel prescrivere che il 
contribuente � obbligato, in ogni caso, al pagamento delle imposte che 
risultano dovute in base ai valori determinati con la decisione della 
Commissione distrettuale, ancorch� tale decisione sia gravata d'appello 
dal contribuente stesso o dall'ufficio, stabilisce quale unico presupposto 
per l'insorgenza della pretesa tributaria l'emanazione della pronunzia 
della commissione. 

E ci� trova conferma nella considerazione che il secondo comma dello 

stesso articolo, nel prescrivere che il pagamento delle dette imposte deve 

essere effettuato entro il termine di trenta giorni dalla data di notifica


zione della decisione e che in caso di omesso pagamento, il contribuente 

incorre nella sopratassa del 10 % attribuisce rilevanza alla notificazione 

solo ai fini della concessione della dilazione (che resta superata dal suc


cessivo ricorso alla procedura ingiunzionale) e della possibilit� di appli


cazione della sopratassa. 

Dovendosi, dunque, tenere per fermo che la notificazione di cui 
trattasi costituisce una formalit� non incidente sull'esistenza del potere 
dell'Amministrazione di mettere in esecuzione. la pretesa nascente dalla 
decisione della Commissione, resta escluso che i vizi concernenti tale 
formalit� possano acquistare rilevanza nel processo di opposizione all'ingiunzione 
fiscale, con il �quale, secondo la costante giurisprudenza di 
questa Corte (cfr. da ult. Cass. 24 ottobre 1970, n. 2127) si instaura un 
giudizio di cognizione avente per oggetto l'accertamento della sussistenza 
dell'obbligazione tributaria. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 175 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 ottobre 1976, n. 3686 -Pres. Capo


raso -Est. La Torre � P. M. Serio (conf.) -Ministero delle Finanze 

(avv. Stato Pasciuto) e Giangrande. 

Imposte e tasse in genere -Commissioni delle imposte -Nuovo ordinamento 
-Insediamento delle nuove commissioni -Pronuncia di commissione 
dell'abolito ordinamento. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44). 
� da considerare inesistente la decisione di una commissione dell'abolito 
ordinamento del contenzioso tributario depositata dopo l'insediamento 
delle commissioni del nuovo ordinamento (1). 

(Omissis). -Col primo e principale motivo di ricorso -che involge 
una questione di nullit� e non gi� di giurisdizione -la Finanza 
deduce che la decisione emessa dalla Commissione provinciale di Bari 
1'11 dicembre 1973 e depositata il 6 gennaio 1974 deve considerarsi �radicalmente 
nulla e giuridicamente inesistente, come quella che � data... 
da un giudice che, inutilmente decorso il� termine del 31 dicembre 1973, 
aveva perduto il potere di emanarla � per effetto della norma transitoria 
contenuta nell'art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (�Revisione della 
disciplina del contenzioso tributario�). 

Il motivo � fondato. 

L'art. 42, comma secondo, del citato d.P.R. dispone che le nuove 
commissioni �saranno insediate in una data unica entro il 31 dicembre 
1973 � (ed � questa la data di insediamento della commissione di secondo 
grado di Bari: d.m. 29 novembre 1973, n. 304). L'art. 43 detta regole 
in ordine alla controversie pendenti a quella data ed alla traslatio judicii 
presso i nuovi organi del contenzioso tributario. L'art. 44 ul. comma, che 
qui in particolare interessa, prescrive testualmente: � nei procedimenti 
nei quali le Commissioni hanno tenuto l'udienza di trattazione prima 
della predetta data, le relative decisioni devono essere depositate entro 
la data stessa; in mancanza i ricorsi o le impugnazioni si considerano 
pendenti anche agli effetti dell'art. 43 �. 

Orbene, posto che la Commissione provinciale di Bari ha trattato e 
deciso la controversia de quo all'udienza dell'll dicembre 1973, la relativa 
decisione, per potersi ritenere legittimamente emessa dall'organo la cui 
potestas indicandi veniva a cessare il 31 dicembre 1973, avrebbe dovuto 
essere depositata entro tale data; mentre ci�, come � pacifico, � avvenuto 
solo il 6 gennaio 1974 e, quindi, dopo il trapasso dei poteri dalla ces


(1) Decisione di evidente esattezza. Rispetto ad una decisione pronunciata 
senza potere da un organo che non esiste pi�, si pu� anche ritenere che 
non occorra una impugnazione per farne dichiarare la radicale nullit�. 

176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sata comm1ss1one (provinciale) alla nuova e gi� insediata comm1ss1one 
(di secondo grado). Da ci� consegue, in puntuale applicazione del disposto 
test� riferito, che la decisione tardivamente depositata deve ritenersi 
tamquam non esset e che la controversia avent� per oggetto la impugnazione 
della pronuncia emessa dalla commissione distrettuale deve considerarsi 
pendente �anche agli effetti dell'art. 43 �. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3879 -Pres. Novelli Est. 
D'Orsi -P. M. Raja (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Corsini) c. Soc. Alemagna. 

Imposta di registro -Enunciazione � Contratti verbali fra commercianti � 
Aliquota dello O.SO % di cui all'art. 45 tabella D � Esclusione quando 
manchi l'atto scritto -Aliqu9ta del 2 % di cui all'art. 3 tariffa A Applicabilit�. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 72 e tabella A, art. 3, tabella D, art. 45). 
�Se � vero che per la registrazione della convenzione enunciata � dovuta 
l'imposta che l'atto avrebbe scontato se fosse esistito, non � tuttavia 
applicabile all'enunciazione di contratti verbali fra commercianti 
l'aliquota dell'art. 45 tabella D della legge di registro del 1923, essendo 
questa una agevolazione che richiede l'esistenza dell'atto scritto in mancanza 
del quale � dovuta l'imposta ordinaria dell'art 3 della tariffa A (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso l'Amministrazione delle 
Finanze dello Stato denunda violazione e falsa applicazione degli artt, 
45 della tabella All. D, 2 e 3 della tabella all. A della legge organica del 
registro, approvata con r. decreto 30 dicembre 1923, n. 3269, �ome successivamente 
modificato dal d.l. lgt. 5 aprile 1945, n. 141 (artt. 3 e 7); 
nonch� degli artt. 72 della stessa legge e 12 e 14 cod. civ. in rela.Zione 
all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e censura la sentenza impugnata per aver 
interpretato l'art. 72 l.r. nel senso che la convenzione enunciata nella 
sentenza debba subire il trattamento fiscale cui sarebbe stata soggetta 
se realmente fosse stata stipulata per iscritto e l'atto scritto fosse stato 
sottoposto a registrazione. . 

Viceversa l'art. 45 della tabella all. D in quanto contenente � norme 
deroganti alla normale tassazione degli atti e contratti prevista dalla 
tabella A non potrebbe essere esteso al di l� delle ipotesi specificamente 

(1) Ricollegandosi alla sent. 7 dicembre 1973, n. 3324 (in questa Rassegna 
1974, I, 248 con nota di U. GARGIULO), la pronunzia ora intervenuta riconferma 
l'inapplicabilit� dell'aliquota dell'art. 45 della tabella D, che correttamente definisce 
di agevolazione, a convenzioni verbali che emergono in sede di enunciazione. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARL\ 

contemplate e cio� quelle di scritture private di vendita realmente 
redatte e sottoposte a registrazione prima dell'uso. 

Il mezzo deve essere accolto. 

La corte di appello ha fondato la sua decisione sulla fictio che le 
convenzioni non ridotte in scritto o per le quali non siano stati enunciati 
titoli registrati, allorch� sono poste a base di una sentenza, debbono 
ritenersi come realmente stipulate per iscritto ed ha conseguentemente 
ritenuto applicabile l'aliquota che l'atto avrebbe scontato se fosse real-. 
mente esistito. 

Cos� decidendo per� la Corte di appello non si � posto il problema 
del rapporto intercorrente tra i due trattamenti fiscali cui, nella specie, 
l'atto enunciato poteva essere sottoposto (aliquota 2 % in base all'art. 3 
della tariffa all. A, oppure aliquota 0,50 % in base all'art. 45 della tariffa 
all. D) e non ha considerato che aven!fo il trattamento pi� f~vorevole 
carattere speciale, esso poteva essere applicato solo in presenza di tutti 
gli estremi previsti. 

Se, si fosse posto tale problema la Corte di appello avrebbe dovuto 
escludere l'applicazione della disposizione pi� favorevole al contribuente 
proprio per la effettiva mancanza della scrittura, la cui esistenza rientra 
nella fattispecie normativa dell'art. 45. 

Questa Corte, con la sentenza 7 dicembre 1973, n. 3324, nel risolvere 
tigu3.le fattispecie . ha proprio posto il raffronto tra l'art. 3 lett. a) della 
tariffa all. A, secondo cui gli atti di compravendita di merci fra commercianti 
scontano l'imposta di registro con l'aliquota del 2 % e l'art. 
45 della tariffa all. D che prevede la registrazione solo incaso di uso 
e con l'aliquota dello 0,50 % delle scritture private di vendita se il c�ntratto 
ha per oggetto merci od altri prodotti industriali, che nel commercio 
esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita, se � giunta 
alla conclusione: 

a) che la prima norma contiene la regola generale per la tassazione 
della compravendita di merci tra commercianti, mentre la seconda prevede 
una disciplina particolare per la tassazione di compravendite risultanti 
da scritture private; 

b) che il riferimento esclusivo a questa forma delle compravendite 
� ben chiaro nel testo della seconda norma, anche con riguardo alla 
concessione deli'agevolazione della riduzione dell'aliquota, onde l'opposta 
tesi di�� un riferimento limitato alla concessione del beneficio della registrazione 
in caso di uso si appalesa arbitraria. 

A tale conclusione questa Corte � giunta anche su rilievi di carattere 
esegetico ricavati dalla sua sentenza del 27 luglio 1941 nella quale il 
precedente immediato del suddetto articolo 45 fu ravvisato nella legge 
23 luglio 1911, n. 509. 

In quella lontana sentenza fu affermato che la fin~lit� della disposizione 
er� stata quella di ovviare ai molteplici inconvenienti cagionati 


178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sia all'Erario che ai cittadini dell'assoggettamento delle contrattazioni tra 
commercianti aventi ad oggetto merci, macchine od altri prodotti industriali 
ad un'aliquota eccessivamente elevata. 

L'aliquota elevata, infatti, aveva l'effetto di spingere i commercianti 
a stipulare convenzioni solo verbali con perdita di proventi per l'Erario 
e con danno del commercio e dei cittadini onesti. 

Questa Corte ritiene di dover tener ferma questa giurisprudenza, tanto 
pi� che la resistente non ha formulato alcuna deduzione che possa fare 
andare in contrario avviso. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1976, n. 4220 -Pres. Mirabelli 
-Est. Sandulli -P. M. Berri (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Galleani) c. Langione (avv. Ballini). 

Imposta di registro -Enunciazione -Inesistenza di dichiarazione di valore 
-Accertamento -Termine -Dichiarazione estimativa -Pagamento 
dell'imposta salvo maggiore accertamento -Decorrenza da questo. 
(d.!. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 17, 20 e 21; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). 

Nel caso di enunciazione di una convenzione senza indicazione del 
valore, il termine annuale per l'accertamento del maggior valore relativamente 
ai beni della convenzione enunciata decorre dal pagamento dell'imposta 
liquidata, autonomamente dal contratto enunciante, in base 
alla dichiarazione estimativa della parte o determinato provvisoriamente 
dall'ufficio (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo, la ricorrente -denunciata la violazione 
e la falsa applicazione degli artt. 1, 7, 62 e 136 del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269 e 17 e segg. del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; nonch� 
l'omessa ed insufficiente motivazione su punti decisivi (art. 360 nn. 3 
e 5 cod. proc. civ.) -si duole che la Corte del merito abbia ritenuto 
decaduta l'Amministrazione Finanziaria della facolt� di accertare il valore 
dei beni conferiti nella societ� di fatto (la cui costituzione era stata 
enunciata nel contratto di appalto registrato nell'aprile 1964), in quanto 
il termine di decadenza (ex art. 21 del r.d.l. n. 1639 del 1936) di un anno 

(1) Decisione di grande rilievo. Di norma il termine di decadenza dell'art. 
21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 opera su tutta la materia contenuta 
nell'atto e per tutti i possibili effetti tributari (siano stati o meno individuati 
in sede di liquidazione dell'imposta principale), si che l'elevazione del supplemento, 
nel termine triennale, non pu� portare ad un riesame dei valori non 
rettificati nel pi� breve termine di decadenza. Si � a lungo discusso del problema 
delle enunciazioni: se d'un canto l'imposta sulla convenzione enunciata 
non percepita in sede di registrazione pu� dirsi una imposta suppletiva sul

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 179 

dal pagamento dell'imposta (principale) non si applicherebbe alle convenzioni 
enunciate nell'atto tassato, in ordine alle quali il termine decorrerebbe 
dal pagamento del supplemento d'imposta. 

La �censura delineata merita accoglimento, anche se per ragioni diverse 
da. quelle prospettate dall'Amministrazione ricorrente. 

Secondo la tesi di questa -nell'ipotesi di registrazione di un atto, 
contenente l'enunciazione di una convenzione soggetta a tassazione e non 
registrata -il termine decadenziale di un anno, previsto dall'art. 21 
del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (riforma degli ordinamenti tributari) per 
l'accertamento di (maggior) valore, non decorrerebbe, in ordine alla convenzione 
enunciata nell'atto presentato alla registrazione -dal giorno 
del pagamento dell'imposta principale dovuta per la registrazione di questo 
(come ritenuto dalla Corte del merito), ma da quella del pagamento 
dell'imposta suppletiva, corrisposta (per l'intero contenuto dell'atto, comprensivo 
della convenzione) in un secondo tempo. 

Il problema posto �, in sostanza, incentrato sui limiti di efficacia 
della statuizione normativa contenuta nell'art. 21, comma primo, del r.d.l. 

n. 1639 del 1936, trattandosi di individuare (con riferimento all'art. 21) 
quale che sia l'imposta dal cui pagamento decorra il termine decadenziale 
annuale, e cio�, quella principale, percetta al momento della registrazione 
dell'atto enunciante, o qu�lla suppletiva corrisposta successivamente. 
Ai fini della risoluzione della questione proposta, questa Corte non 
ritiene, per�, di poter seguire la linea logico-giuridica profilata dalla 
ricorrente. 

� noto che, secondo la disciplina delle enunciative, si ha ipotesi di 
enunciazione quando di un atto (soggetto a registrazione) sia fatta menzione 
in quello presentato alla registrazione con la indicazione degli elementi 
essenziali delle connotazioni caratterizzanti (idonei a delinearne 
la. fisionomia giuridica), s� da consentirne, in via autonoma, la ricostruzione 
completa (cfr. �cass. sent. 16 luglio 1965, n. 1572), e che, a norma 
dell'art. 62, comma primo della legge di registro (r.d. n. 3269 del 1923), 

l'unico atto gi� registrato, d'altro canto la convenzione enunciata solitamente 
non solo non contiene la dichiarazione del valore dei relativi beni, ma non 
contiene nemmeno l'individuazione di essi. 

L'ufficio non pu� quindi procedere all'accertamento � in contrapposto � 
ai valori dichiarati o determinati di ufficio; � quindi necessaria una scissione 
del tributo (che concettualmente resta unico) tra la parte relativa alla convenzione 
enunciante .liquidabile lin sede di registrazione e la parte relativa 
alla convenzione enunciata per la quale si rende necessaria la dichiarazione 
estimativa (ed anche l'individuazione dei beni) o in mancanza la determinazione 
di ufficio in via provvisoria e salvo rettifica; sono di conseguenza diversi anche 

i. momenti in cui avviene il pagamento dell'imposta principale sulla convenzione 
enunciante e su quella enunciata rispetto ai quali inizia la decorrenza 
del termine per l'accertamento. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in caso di indicazione (in modo enunciativo) di un atto in quello registrato, 
� dovuta, oltre all'imposta cui � soggetto l'atto enunciante che la 
racchiude, anche quella (autonoma) relativo all'atto enunciato. 

Ed � noto -altres�, ove, in caso di presentazione di un atto alla 
registrazione, sia $fuggita alla tassazione la convenzione in esso enunciata 
-l'azione dell'Amministrazione Finanziaria, per richiedere il pagamento 
dell'imposta di registro dovuta relativamente a questa, debba ritenersi 
prescritta, a norma dell'art. 136, comma secondo, del cit. r.d. n. 3269 
del 1923, qualora sia trascorso un triennio dall'en�nciazione (cfr. Cass. sent. 
24 maggio 1968, n. 1589). 

Il .problema da risolvere nel caso di specie, attiene, quindi, alla individuazione 
del procedimento di accertamento da adottare quando, in caso 
di enunciazione di un atto in altro presentato alla registrazione, il contribuente 
registrante (soggetto passivo dell'obbligazione tributaria) abbia 
omesso di indicare il valore del bene, oggetto della convenzione enunciata, 
e non sia trascorso il triennio ex art. 136, comma secondo, della 
legge di registro, entro il quale va esercitato il diritto al credito d'imposta, 
sorto al momento della registrazione dell'atto enunciante. 

Questa Corte ritiene che, in tale ipotesi, debba trovare applicazione 
l'art. 17, comma primo, n. 2 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito 
in legge 7 giugno 1937, n. 1016), il quale dispone che �nella liquidazione 
dei tributi di cui all'art. 15 (imposte di successione e di registro, progressive 
e proporzionali, di trasferimento, ecc.), allorch� l'atto o il contratto 
non esprime il valore sul quale deve liquidarsi l'imposta o non 
contiene gli elementi per determinarlo, le parti (o una di esse) o colui 
che richiede la registrazione ovvero i pubblici funzionari obbligati alla 
registrazione devono supplire con una dichiarazione estimativa sottoscritta, 
in base alla quale l'imposta � liquidata e riscossa, salvo il diritto 
dell'Amministrazione alla revisione di cui all'art. 20 � (al fine di detenniname 
il valore venale tassabile). 

Deve, quindi, affermarsi che -in caso di enunciazione di un atto 
(senza indicazione, da parte del contribuente, del valore del bene oggetto 
di esso) in altro presentato alla registrazione e di mancato decorso del 
termine prescrizionale triennale ex art. 136 della legge di registro -I'Amministrazione 
Finanziaria possa richiedere (al fine di procedere alla liquidazione 
ed alla riscossione dell'imposta dovuta) al contribuente, soggetto 
passivo dell'obbligazione tributaria, una dichiarazione estimativa del valore 
del bene, oggetto dell'atto enunciato, o procedere, in caso di inottemperanza 
a detta richiesta, alla determinazione diretta del valore, a norma 
dell'ultimo comma dell'art. 17. 

Ed -essendo fatto salvo ex lege, sia nella prima che nella seconda 
ipotesi, il diritto di revisione del valore di cui all'art. 20 deve ritenersi 
che nella fattispecie giuridica, oggetto del presente dibattito gi�diziale, 
il termine decadenziale di un anno previsto dal primo comma dell'art. 21 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 181 

per la notificazione (dell'avviso di accertamento) del maggiore valore, 
emerso dal procedimento di revisione decorra dal pagamento dell'imposta 
liquidata in ordine all'atto enunciato, in base alla dichiarazione estimativa 
della.parte e alla determinazione effettuata ex officio dall'Amministrazione. 


Per modo che, pu� concludersi che � in caso di enunciazione di un 
atto (senza indicazione del valore del bene oggetto di esso) in altro presentato 
alla registrazione e di mancata maturazione della prescrizione 
triennale ex art. 136 della legge di registro, il termine annuale di decadenza 
ex art. 21 del r.d. n. 1639 del 1936 decorre dal pagamento dell'imposta, 
liquidata (in via autonoma) riguardo all'atto enunciato, in base alla dichiarazione 
estimativa della parte, o determinata ex officio dall'Amministrazione 
Finanziaria�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 novembre 1976, n. 4257 -Pres. Rossi Est. 
Valore -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Saltini) c. Ancana (avv. Celestino). 

Imposta di registro � Concordato fallimentare -Crediti privilegiati . R,inuncia 
� Imposta di cui all'art. 32 tariffa A della legge di registro � 
Si estende. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 32; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 124 e 127). 
L'impost~ di registro dell'art. 32 della tariffa A della legge di registro 
del 1923 (che colpisce il concordato fra creditori e debitore che 
sostituendosi alla obbligazione originaria costituisce un titolo nuovo e 
diverso) si applica anche sul valore dei crediti privilegiati quando questi, 
per effetto del concordato, subiscono una modificazione t�le che la loro 
regolamentazione non poggia pi� esclusivamente sulla legge, ma trovi nel 
concordato il suo nuovo titolo (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo, l'Amministrazione ricorrente denunziando 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 della suddetta 
Tariffa e. 127 legge fall., nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria 

(1) Decisione da condividere pienamente. La norma dell'art. 32 � invero 
ancora pi� ampia e riferisce il tributo a qualunque concordato, anche quando 
non costituisca novazione del titolo e disciplini soltanto il modo e i tempi 
dell'adempimento. Il problema che si pone � quello di stabilire se i crediti 
privilegiati siano oggetto del concordato; ci� � incontestabile quando un qualunque 
elemento dell'obbligazione sia modificato per effetto del concordato 
stesso al quale i creditori abbiano partecipato con gli effetti dell'art. 127 legge 
fall. 

182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

motivazione -censura la sentenza per avere escluso che il credito postergato 
concorresse a formare la base imponibile del concordato e fosse 
perci� tassabile ai sensi del citato art. 32. Deduce in particolare che il 
credito privilegiato � irrilevante ai fini della tassazione se .ed in quanto 
rimanga fuori della materia oggetto del concordato, ma non quando 
venga da quest'ultimo specificamente regolato (riduzione dell'ammontare; 
modifica del modo o del tempo dell'adempimento). 

La censura � fondata. 

Con l'art. 127 legge fall. -il quale prescrive che i creditori muniti 
di privilegio, pegno o ipoteca, non hanno diritto al voto, in tema di concordato, 
se non rinunciano al diritto di prelazione e che il voto di adesione 
deve essere esplicito ed importa rinuncia al diritto di prelazione 
per l'intero credito, se � dato senza dichiarazione di limitata rinuncia il 
legislatore ha voluto impedire che i creditori assistiti dal diritto di 
prelazione possano interferire sopra un regolamento di rapporti che 
sostanzialmente non li riguarda. ~. infatti, evidente che, assicurando 
la prelazione il soddisfacimento totale del credito, la votazione dei creditori 
che di essa godono non avrebbe giustificazione. 

Orbene, l'art. 32 citato assoggetta al pagamento dell'imposta proporzionale 
� le convenzioni o concordati conclusi tra i creditori ed il loro 
debitore tanto prima che dopo la dichiarazione di fallimento e contenenti 
obbligazioni di somme�; obbligazioni che, nel significato voluto 
dalla norma, richiedono un atto consensuale fra chi propone il concordato 
a colui o coloro che l'accettano, in forza del quale il primo garantisce il 
pagamento dei crediti in una misura determinata. Alla obbligazione originaria 
viene a sostituirsi, in conseguenza dell'accordo, una nuova obbligazione, 
diversa non tanto per l'oggetto, quanto per il titolo: il debito 
del fallito, cio�, non � pi� quello nascente dal titolo originario, ma quello 
costituito dal titolo nuovo e diverso dalla transazione conclusa mediante 
il concordato. 

Siffatte considerazioni riguardano, per�, solo i crediti chirografari, 
in quanto quelli privilegiati (come pure i crediti verso la massa) devono 
essere soddisfatti con priorit� e per intero rispetto ai chirografari. L'art. 
124 legge fall. -che concerne la proposta di concordato -non menziona, 
infatti, i crediti privilegiati, che rimangono al di fuori dell'accordo, 
assistiti come sono dai propri titoli e dalla legge. Tale estraneit� 
alla materia che � oggetto del concordato fa s� che i creditori privilegiati 
sono esclusi dal concorrere a formare la base imponibile del tributo 
previsto dal citato art. 32 della Tariffa. 

Ma, qualora il credito privilegiato subisca una modificazione in forza 
del concordato, sia essa una riduzione o qualsiasi altra variazione -talch� 
la sua regolamentazione non poggi pi� esclusivamente sulla legge, 
ma trovi nel concordato il suo nuovo titolo -non appare giustificato 
escluderlo dall'imposizione. ' 

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PARIE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ci� posto, l'affermazione della Corte milanese, secondo cui la clausola 
in esame (� La Banca Popolare di Lodi accetta di postergare il soddisfacimento 
dei propri crediti all'integrale esecuzione del concordato�) implicherebbe 
soltanto un accordo circa il tempo delfadempimento del 
credito della Banca, che conserverebbe la sua garanzia, non � suffragata 
da adeguata e logica motivazione. La Corte, infatti, non ha considerato 
che alla clausola avrebbe potuto essere attribuito valore meramente 
temporale se il soddisfacimento del credito fosse stato postergato rispetto 
ad altri crediti muniti anch'essi di prelazione, ma, poich� con la clausola 
suddetta si consentiva che il credito in questione venisse soddisfatto 
dopo l'integrale esecuzione del concordato, e cio� anche dopo l'adempimento 
di tutti i crediti chirografari, avrebbe dovuto chiarire quale fosse 
in realt� la sua finalit� giuridica e pratica e quindi esaminare: a) se, 
con tale pattuizione, il diritto di prelazione non venisse ad essere sostanzialmente 
svuotato del suo contenuto; b) se, conseguentemente, la clausola 
incidesse non solo e non tanto sul campo dell'adempimento, quanto sul 
modo di pagamento e sulle garanzie che assistevano il credito; c) se il 
consenso alla postergazione non costituisse una partecipazione della Banca 
al concordato ed una adesione ad esso, con le conseguenze di cui all'art. 
127 legge fall.; d) se, comunque, il credito della Banca non fosse stato 
strutturato in modo �diverso dal concordato, con novazione del titolo 
originario e, con le conseguenze, ai fini dell'imposizione fiscale, sopra 
specificate. 

~ ben vero che la sentenza afferma che la Banca non .ha rinunciato 
al suo diritto di prelazione, ma l'asserzione appare piuttosto apodittica 
perch�, quanto meno, avrebbe dovuto essere spiegato come ci� fosse 
conciliabile col consenso prestato dalla Banca medesima a che il credito 
venisse soddisfatto solo dopo l'adempimento di tutti gli altri obblighi 
assunti col concordato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1976, n. 4494 -Pres. Giannattasio 
-Est. Zappulli -P. M. Gambogi (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Cascino) c. Soc. Costruzioni Metalliche Finsider 
(avv. Cogliati Dezza). 

Imposta di registro � Societ� � Societ� per azioni � Emissione di nuove 
azioni � Diritto di opzione -Impegno a sottoscrivere le azioni . Tassabilit� 
a norma dell'art. 28 della legge di registro n. 3269 del 1923. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 28; e.e. artt. 1331 e 2441). 
Se di norma nel caso di emissione di nuove azioni la societ� ha 
l'obbligo di offrirle agli azionisti i quali hanno la facolt� (ma non il 
dovere) di acquistarle, � tuttavia possibile che gli azionisti assumano 


184 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATU., 

liberamente l'obbligo di sottoscrivere le nuove azioni nel .verbale di assemblea 
o in separato atto da questo enunciato; in tal caso l'obbligo .assunto 
� soggetto all'imposta dell'art. 28 dell'abrogata legge di registro (1). 

(Omissis). -I due ricorsi proposti avverso la stessa seritenza v�nri.o 
previamente riuniti. 

In quello principale l'Amministrazione Finanziaria ha censurato la 
sentenza d'appello, con il primo motivo, deducendo � violazione e falsa 
applicazione degli artt. 2441 e 1183 cod. civ. edegli artt. 62 e 17 del r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3269, sull'imposta di registro in relazione all'art. 
28 della tariffa all. A), nonch� contraddizion� e insufficienza della motivazione. 


Il motivo � fondato solo parzialmente. Non pu� accogliersi, infatti, 
la tesi in esso sostenuta secondo la quale la sottoscrizione delle nuove 

280.000 azioni da parte dei precedenti soci era obbligatoria in virt� 
dell'art. 2441 cod. civ. per l'opzione posta da quella norma, da escludersi 
solo nelle ipotesi e con le modalit� stabilite nel suo secondo comma, 
senza che potesse trovare applicazione l'art. 1331 cod. civ., citato nella sentenza 
impugnata e concernente un istituto previsto solo per i contratti. 
� facile osservare che il citato art. 2441 cod. civ., nello stabilire che 
� le azioni ordinarie di nuova emissione devono essere offerte in opzione. 
agli azionisti in proporzione del numero delle azioni da essi possedute�, 
da un lato si richiama allo stesso istituto dell'opzione previsto dall'art. 
1331, quale promessa unilaterale� irrevocabile di una parte (nella specie 
la societ�) con facolt� dell'altro (soci) di accettarla, adattandosi l� sua 
applic�zione al particolare rapporto sociale, dall'altro attribuisce ai soci 
una �facolt�>>, e non un obbligo: N� ha rilevanza il fatto che quell'offerta 
a costoro ai sensi dello stesso art. 2441 cod. civ., possa essere 
esclusa o limitata con la medesima delibera di aumento del capitale 
perch�, ove non si verifichi tale ipotesi, persiste il diritto, e non l'ob� 
bligo, dei soci ad acquistare le nuove a2iioni, onde la definizione di � obbligatoria
� data :. dall'Amministrazione ricorrente all'opzione prevista da 
quella norma vale solo nei confronti della societ� emittente e non dei soci. 

Peraltro, se. questa assenza dell'obbligo ex lege di quest'ultima ad 
acquistare le nuove azioni importa che nella delibera di emissione non 
pu� ravvisarsi sempre e necessariamente un impegno al loro acquisto, tassabile 
come tale ex art. 28 della citata tariffa, all. A) della legge organica 
di. registro del 1923, non pu�, invece, escludersi che quell'obbligo possa 
essere stato assunto dai soci, implicitamente e esplicitamente; nella specie, 
nello stesso verbale di assemblea, o comunque ivi enunciato, con 

(1) Decisione esatta che si condivide pieiianiente. Non constario precedenti 
specifici. � 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

conseguente applicazione dell'imposta prevista da quella norma in virt� 
dell'art. 62 della stessa legge, cos� come sostenuto dall'Amministrazione 
ricorrente riei precedenti� gradi del giudizio. 

Circa tale enunciazione l'Amministrazione ha dedotto in particolare, 
che il verbale assembleare tassato conteneva la delibera � di effettuare 
la sottoscrizione e il versamento dell'aumento di capitale e dell'intero 
sopraprezzo entro cinque giorni liberi dalla data del decreto di omologazione
�, e cio� con una obbligazione perfetta, anche se non ancora 
efficace perch� sottoposta alla condizione dell'omologazione e al termine 
dei suddetti cinque giorni. 

Al riguardo, la sentenza impugnata non � sufficientemente motivata 
sulla ritenuta assenza dell'enunciazione di quell'obbligo degli azionisti, in 
quanto vi � soltanto affermato che se successivamente essi acquistarono 
le nuove azioni, ci� fecero indipendentemente dal contenuto precettivo 
della delibera. Non � stato, per�, precisato in base a quali elementi, formali 
e sostanziali, � stato escluso/�he il relativo impegno fosse stato 
assunto od enunciato in quello stesso verbale. 

Tale motivazione era, in realt�, ancor pi� necessaria a causa della 
formulazione letterale del verbale stesso perch� due soli erano gli azionisti 
della soclet�, entrambi intervenuti nell'assemblea, e non appare logicamente 
spiegabile l'attribuzione nella societ�, secondo la delibera formulata, 
� d) di versare� il sovrapprezzo per le 310.000 azioni e �e) di effettuare 
la sottoscrizione e il versamento mentre tali operazioni dovevano 
essere compiute dagli acquirenti, quali essi fossero, e cio� da soggetti 
diversi daHa societ�, orbene, indipendentemente dalla questione di merito 
prospettata nella discussione orale dai difensori della societ� se 
i partecipanti all'assemblea avessero o meno i poteri necessari per 
assumere obbligazioni del genere e dagli elementi formali e sostanziali 
inerenti alla esistenza o meno di una enunciazione di quell'obbligo, il 
generico diniego di quest'ultimo non pil� essere posto a base della 
decisione sull'applicabilit� dell'imposta in contestazione senza una adeguata 
motivazione anche sui punti sopra accennati, la cui assenza vizia 
la sentenza impugnata. Pertanto, quel motivo va accolto per quanto concerne 
l'accertamento sulla esistenza della enunciazione indicata, rimanendo 
assorbitb il secondo motivo del medesimo ricorso principale, inerente 
alla responsabilit� solidale della� societ� per l'obbligazione tributaria in 
questione. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 ottobre 1976, n. 19 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Granata -Di Martino (avv. Mittiga, Del Pozzo e Di 
Martino) c. Ministero dell'agricoltura e delle foreste (avv. Stato 
Albisinni) e Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del 
Volturno (avv. Di Maio e Norante). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della P.A. -Danni da mancato funzionamento 
di opera idraulica -Imputazione a titolo di colpa -Cassazione 
della sentenza -Giudizio di rinvio -Mutamento del titolo 
dell'imputazione -Preclusione. 
(Cod. civ., artt. 2043 e 2051). 

Propostasi una domanda di condanna al risarcimento dei danni cagionati 
dal mancato funzionamento di un'idrovora individuando il titolo 
della responsabilit� nella mancanza di una diligente e prudente attivit� 
di manutenzi�ne, accoltasi la domanda dal giudice di merito che abbia 
considerato rientrare nella manutenzione l'apprestamento di un sistema 
supplementare di fornitura d'energia per il funzionamento delle idrovore 
in caso di interruzione dell'erogazione di energia elettrica, la cassazione 
di tale sentenza preclude nel giudizio di rinvio la possibilit� di far valere 
il titolo di responsabilit� per danni cagionati da cose in �custodia (1). 

(Omissis). -1. -In via pregiudiziale va presa in esame l'eccezione 
di inammissibilit� sollevata dal Consorzio riguardo a taluni profili di 
domanda prospettati dal Di Martino in questa sede di rinvio, per sostenere 
(a) che la responsabilit� del Consorzio per tutti i danni sussisterebbe, 
oltre che in relazione all'art. 2043 e.e. per difetto di manutenzione, 
anche ai sensi dell'art. 2051 e.e., con conseguente addossamento al Consorzio 
stesso deila prova liberatoria del caso fortuito, e comunque (b) ai 
sensi dell'art. 2055, a titolo di responsabilit� solidale pur quando fosse 
ad esso riferibile una parte soltanto del complesso di cause rispetto a 
quei danni eziologicamente rilevanti, nonch� per chiedere (e) an�he il risarcimento 
commisurato alla svalutazione menetaria. 

L'eccezione � fondata. 
Quanto al capo di domanda sub �e�, la inammissibilit� discende dalla 
pertinenza di essa alla determinazione del quantum, che la precedente 

(1) Le decisioni intervenute nel corso del giudizio possono leggersi, Trib. 
sup. acque 2 ottobre 1971, n. 21 in Cons. Stato 1971, II, 997 e Cass., Sez. Un., 
9 genl}aio 1974, n. 62 in questa Rassegna 1974, I, 721. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS" IN MATERIA DI ACQUE �ED APPALTI PUBBLICI 187 

sentenza definitiva di questo Tribunale Superiore ha riconosciuto, con 
statuizione sul punto neppure impugnata in cassazione, riservata al prosieguo 
del giudizio pendente davanti al Tribunale regionale di primo grado. 

Quanto ai profili di domanda sub �a� e � b �, la inammissibilit� 
si coglie agevolmente attraverso la rilevazione delle preclusioni derivanti 
dalle valutazior~i compiute e dalle conseguenti statuizioni rese dalla sentenza 
di rinvio delle Sezioni Unite della Corte Suprema e dalla correlativa 
individuazione dell'ambito di indagine e di decisione residuatone. 

Dalla sentenza di rinvio risulta che l'unico titolo di responsabilit� 
prospettato in causa a carico del Consorzio era a quel momento la negligente 
ed imprudente attivit� di manutenzione, di fatto svolta dall'ente 
con piena autonomia organizzativa e tecnica. Oltre che espressamente, 
e ripetutamente, affermato in motivazione, ci� risulta confermato dalla 
stessa ratio decidendi sottesa all'accoglimento dell'unico profilo di censura 
ritenuto fondato dalla Corte Suprema, relativo al vizio di motivazione 
cl.rea la affermazione, contenuta nella sentenza definitiva impugnata, della 
responsabilit� del Consorzio anche per il mancato �apprestamento di 
un sistema supplementare di fornitura di energia per il funzionamento 
delle idrovore in caso di interruzione dell'erogazione di energia elettrica�. 

Nell'accogliere la censura, invero, la sentenza della Corte Suprema 
ha, .per un verso, ritenuto il punto relativo a tale omesso apprezzamento 
decisivo per la imputabilit� al Consorzio dei danni causati dalla mancanza 
di una fonte sussidiaria di energia e con ci� stesso ha escluso e 
precluso -la possibilit� di arrivare all'affermazione di quella responsabilit� 
attraverso altra via, quale appunto quella dell'art. 2051 o 2055 
oggi inv�cati dal Di Martino. Per altro verso, cos� opinando e decidendo, 
la se~tenza ha pure precluso l'esame degli ulteriori accenni ~ra adombrati 
ancora dal Di Martino per prospettare un preteso inadempimento 
del Consorzio all'one�re della prova in ordine sia alle cause del mancato 
afflusso dell'energia elettrica alle idrovore, sia alla rilevanza causale dannosa 
di tali interruzioni; dovendosi riconoscere che in tanto ha �avlito 
senso chiedersi se il Consorzio fosse tenuto a provvedere all'apprestamento 
di fonti di riserva idonee ad impedire quella interruzione, solo 
in quanto si � riconosciuto che sul piano eziologico rivestiva valore 
decisive -nel senso di afferm�re O negare la resp�nsab'ilit� a seconda 
dell'esit� di esso ~ l'accertamento della configurabilit� o meno a carico 
del Consorzio di quello specifico obbligo. 

2. � La sentenza di rinvio fornisce indicazioni risolutive anche per 
il merito. 
L'annulla�:rientd della precedente decisione deffoitiva sul p�nto dianzi 
cerm~to � stato dispoStq sull'espli�ito pr~supposto che non �. concettualm�nte 
p~~sibile far .rieptrare nell'attivit� di mera manutenzione di un'opera 
del tipo in discorso l'apprestamento di iln adeguato impianto sup


14 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURi\ DEU.O STATO

188 

plementare di energia per le idrovore, onde in questa sede di rinvio 
non rimane che prendere atto di questa valutazione di principio, conseguentemente 
escludendo nella specie dall'obbligo di manutenzione del Consorzio 
la istallazione di una siffatta fonte di riserva, e per ulteriore 
implicazione espungendo dall'ambito de1la responsabilit�, al medesimo 
ente ascrivibile per mancato adempimento di quell'obbligo, i danni eziologicamente 
dipendenti dal mancato apprestamento. Peraltro, senza che 
con ci� sia possibile porsi il problema, come il Di Martino invece vorrebbe, 
della imputabilit� di tale omissione -in quanto rientrante nell'area 
della progettazione e costruzione dell'opera pubblica -allo Stato 
e della conseguente responsabilit� di quest'ultimo per i danni correlativi, 
avendo la sentenza di rinvio espressamente avvertito essere divenuta 
estranea all'oggetto del processo -per effetto delle sue concrete vicende: 
rigetto, non impugnato, delle domande del Di Martino contro il Ministero 
e mancanza di una domanda di rivalsa contro quest'ultimo dello 
stesso Di Martino -� ogni questione relativa ad una eventuale responsabilit�, 
per qualsiasi titolo, del Ministero dell'Agricoltura, la quale, senza 
escludere quella del Consorzio, concorra con essa�. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 14 ottobre 1976, n. 21 -Pres. Rosso -
Rel. Pezzana -Intelisano (avv. Belcaro e Vitarelli) c. Genio civile 
Messina (avv. Stato Albisinni) e Cacopardo e altri (avv. Brancati e 
Messina). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Domanda � 
Capacit� dell'istante � Fallimento � Rilevanza � In sede di ammissione 
ed istruttoria � Esclusione. 

Lo stato di fallimento non priva la persona della capacit� di presentare 
domanda per la concessione di un'acqua pubblica, onde non � illegittima 
l'ordinanza dell'ufficio del genio civile che ammette la domanda 
ad istruttoria. 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 31 gennaio 1977, n. 3 -Pres. Vallillo -
Rel. Paleologo � Comuni di Centuripe e Regalbuto (avv. Virga) c. Assessore 
per gli enti locali della Regione Siciliana (avv. Stato Albisinni) 
e Comune di Catenanuova (avv. Finocchiaro). 

Acque pubblfche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione � Consiglio 
di Stato e tribunale superiore delle acque � Regione Sicilia � Consorzio 
per la gestione di acquedotto pubblico � Provvedimento istitutivo Impugnativa 
� Giurisdizione del tribunale superiore. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143 lett. a). 

PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 189 

Regione � Regione siciliana � Consorzi tra enti locali � Istituzione � Competenza 
-Assessorato degli enti locali � Consorzio per la gestione di 
acquedotto pubblico � Competenza dell'Assessorato ai lavori pubblici Non 
sussiste. 

(L. reg. sic. 29 dicembre 1962, n. 28, art. 8; d.I.p.reg. 29 ottobre 1955, n. 6, art. 28; 
I. reg. 15 marzo 1963, n. 16). 
Il ricorso proposto contro il decreto dell'assessore agli enti locali 
della Regione Sicilia, che istituisce autoritativamente un consorzio tra 
comuni per la gestione di un acquedotto pubblico e ne approva lo statuto, 
� diretto all'annullamento di un provvedimento adottato dall'amministrazione 
in materia di aoque pubbliche e rientra nella giurisdizione del 
tribunale superiore delle acque (1). 

Nella Regione siciliana la mat�ria dei consorzi per enti locali � attribuita 
all'Assessorato degli enti locali, n� la circostanza che ,il consorzio 
attenga alla utilizzazione di acque pubbliche vale a spostare la competenza 
all'Assessorato ai lavori pubblici. 

(Omissis). -1. -L'eccezione di carenza di giurisdizione non va condivisa. 


Il decreto assessoriale impugnato istituisce autoritativamente un consorzio 
fra quattro Comuni per la gestione di un acquedotto pubblico, ed 
approva il relativo statuto. Si tratta dunque di un provvedimento adottato 
dall'Amministrazione in materia di acque pubbliche, oltrecch� naturalmente 
di organizzazione di servizi d'enti locali, e diretto al regime attuale 
dell'uso di esse. Sicch� il ricorso in esame, che propone censure di legittimit� 
e chiede l'annullamento dell'atto, rientra -ex art. 143 lett. a) 

t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, delle leggi sulle acque e sugl'impianti elettrici 
-nelle attribuzioni dirette di questo Tribunale. 
2. -Il ricorso �, peraltro, infondato nel merito. 
Non pu� accogliersi, anzitutto, il suo primo motivo. 
Nella Regione siciliana, tutta la materia dei consorzi per enti locali 
� attribuita dall'art. 8 della 1. reg. 29 dicembre 1962, n. 28 (sull'ordinamento 
del Governo e dell'Amministrazione regionali) all'Assessorato de


(1) L'art. 143 lett. a) del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 dispone che � appartengono 
alla cognizione diretta del Tribunale superiore delle acque pubbliche i 
ricorsi per incompetenzai�per eccesso di potere e per violazione di legge avverso 
i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche
�. 
La giurisprudenza � costante nel ritenere che la giurisdizione del tribunale 
superiore si determina non in rapporto all'autorit� che ha emanato l'atto impugnato 
bens� al contenuto dell'atto stesso: Trib. sup. acque 27 giugno 1975, n. 16, 
in questa Rassegna 1915, I, 1137; Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089, Giur. 
it. 1975, I, 1, 1994, Giust. civ. 1975, I, 1010 e in questa Rassegna 1915, I, 428; Trib. 
sup. acque 18 dicembre 1973, n. 36, Cons. Stato 1973, Il, 1303; Trib. sup. acque 
10 ottobre 1973, n. 27, in questa Rassegna 1974, I, 268 con nota di ALBISINNI; Trib. 



190 �RASSl�GNA DBU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

gli enti locali, mentre l'Assessorato dei lavori pubblici si occupa bens� 
del regime delle acque, nia non estende la propria conipeteriza alla costituzione 
di consorzi che attengono all'utili:lzazione di acque pubbliche; Ai 
fini che ora interessano, pertanto, la competenza a provvede.re sulla costituzione 
del consorzio spettava appunto all'Assessorato ;resistente, al quale 
si erano del resto rivolti a suo tempo gli attuali ricorrenti appunto per 
la costituzione del Consorzio in questione, e che ha agito a norma dell'art. 
28 (relativo alla ~ostituzione di consorzi di servi:i'i) � del d.l. p. reg. 
29 ottobre 1955, n. 6, confermato con 1. reg. 15 marzo 1963, n. 16. -(Omissis). 

sup. acque 17 maggio 1973, n, 19, Cons. Stato 1973, II, 824; Trib. !jUp. acque 9 giu� 
gno 1%7, n. 17, in questa Rassegna 1967, I, 903. 
Con riguardo al contenuto sono stati ritenuti rientrare nella giurisdizfone 

. del tribunale superiore ricorsi contro provvedimenti che comunque incidon� sul 
regime e sull'utilizzazione di acque pubbliche: cfr., tra le pi� recenti decisioni, 
Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089, cit.; Trib. sup. acque .17 maggio 1973, 

n. 19, cit., (relative a provvedimenti aventi ad oggetto la requisizione di utenze), 
In argomento, pu� ancora richiamarsi il caso dei ricorsi� proposti contro i1 
piano regolatore generale degli acquedotti, in ordine ai quali hanno affermato 
la propria giurisdizione sia il Consiglio di Stato: Cons. St., Sez. IV; 17 dicem� 
bre 1974, n. 1042, Cons. Stato 1974, I, 1610 e Giust. civ. 1975, Il, 210; Cons. St., 
Sez. IV, 30 marzo 1976, n. 227, Cons. Stato, 1976, I, 315, sia implicitamente 
il Tribunale superiore; Trib. sup. acque 15 luglio 1975, n. 19, in questa Rassegna 
1975, I, 1141. 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 31 gennaio 1977, n. 4 -Pres. Vallillo -
Rel. Sgroi , -Comune di Limone Piemonte (avv. Mazzullo e Nonnis) 

c. Ministeri dei lavori pubblici e delle finanze (avv. Stato Bronzini) 
e Consorzio dei comuni per l'acquedotto delle Langhe (avv. Giorda� 
nengo e Meineri). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione -Clausola impositiva 
d'obblighi al concessionario in favore di terzo a �salvaguardia 
d'uso preesistente -Effetti in confronto del terzo � Equivale a concessione. 


La prescrizione imposta con il disciplinare al concessionario di un'acqua 
pubblica, prescrizione consistente nel dover assicurare la portata 
d'acqua sufficiente per determinati usi idrici e civili dell'abitato di un 
comune, � idonea a fungere da atto di concessione in favore di quest'�ltimo 
ed il contenuto del diritto concesso resta determinato per relationem 
dal preesistente uso di fatto volutosi salvaguardare e far oggetto di riconoscimento 
(1). 

� (1) Le� sentenze richiamate in motivazione possono leggersi, Cass. 28 ottobre 
1961, n. 2481 in Foro it. 1962, I, 271 e Giust. civ. 1961, I, 1712; Trib. sup. acque 
4 aprile 1963, n. 7 in �Giust. civ. Rep. 1963, acque pubbl. e priv., 61; Cass. 19 ottobre 
1954, n. 3863, in Giur. agr. '1955, Il, 395; -Trib. sup. acque 8 aprile 1969, ri. 10 



PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA Dl ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 191 

(Omissis). -Il primo motivo sopra riassunto dell'appello incidentale 
prospetta il quesito se, attraverso l'imposizione di un obbligo, posto 
a carico di un concessionarfo di utenza e inteso a favorire un terzo, la 

P.A. possa attribuire a quest'ultimo un diritto, avente per oggetto un'acqua 
pubblica. 
In linea di principio si deve ritenere con la prevalente dottrina che 
nell'atto amministrativo possono essere inseriti elementi accidentali; e, 
in particolare, che nei provvedimenti concessori � ammissibile la previsione, 
mediante l'apposizfone di una clausola ad hoc, di un determina,to 
obbligo a carico del concessionario. Il limite � costituito soltanto dall'esigenza 
di non alterare o snaturare il carattere tipico dell'atto, da intendersi, 
peraltro, in senso relativo, con riguardo allo scopo in funzione 
del quale il potere, che in quell'atto si estrinseca, � stato attribuito 
alla P.A. 

Se l'imposizione dell'obbligo � intesa ad avvantaggiare (non la P.A. 
concedente ma) un terzo, questi diviene, perci� stesso, titolare di un diritto. 
Lo ha affermato la S.C. con riguardo all'apposizione di un modus 
(cfr. Cass. 28 ottobre 1961, n. 2481); e il principio pu� essere agevolmente 
esteso alla ipotesi in esame. Anche ~econdo questo Tribunale Superiore 
(sentenza 4 aprile 1963, n. 7) le prescrizioni imposte con il disciplinare 
al concessionario di acqua pubblica a favore di terzi, pongono in essere 
a favore di costoro veri e propri diritti soggettivi, tutelabHi dinanzi ai 
Tribunali regionali delle acque pubbliche. 

Si deve, tuttavia, stabilire se il diritto costituito a favore del terzo 
possa avere anch'esso ad oggetto l'acqua pubblica cui si riferisce la 
concessione. 

Ad una risposta affermativa non � di ostacolo la natura demaniale 
del bene, posto che l'acqua pubblica, lungi dall'essere indisponibile da 
parte della P.A., � suscettibile di legittimo uso in forza di titoli formati 
dalla P.A. 

A quest'ultimo proposito pu� tuttavia opporsi che gli unici titoli 
attraverso i qu~li l'Amministrazione dispone delracqua pubblica sono 
quelli tassativamente indicati dalla legge. All'obiezione si pu� replicare 
che la premessa del discorso � che la P.A. abbia seguito le forme proce


in Foro amm. 1969, I, 1, 254; Trib. sup. acque 18 aprile 1968, n. 9 in Cons. Stato 
1968, II, 306 e Giust. civ. 1968, I, 931. 

Per un'ipotesi analoga a quella in esame, cfr. Trib. sup. acque 28 gennaio 
1967, n. 1, in questa Rassegna 1967, I, 160: nel caso allora deciso, in cui veniva 
in questione un provvedimento di riconoscimento di antica utenza con obbligo 
all'utente di fornire acqua a terzi coi quali erano in precedenza intervenuti contratti 
di somministrazione, il tribunale qualific� il provvedimento come costitutivo 
del diritto dei terzi e questo come avente natura di subutenza. 

Sulla problematica degli elementi accidentali dell'atto amministrativo, cfr. 
tucIFREDI, L'atto amministrativo nei suoi elementi accidentali, Milano, 1963 (ristampa); 
GIANNINI M. S., Diritto amministrativo, I, Milano, 1970, n. 169, pag. 554. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

dimentali prescritte per addivenire alla formazione di un titolo del tipo 
di quelli legislativamente previsti e che la clausola particolare di questo 
titolo non pu� non sottostare, proprio per la sua accessoriet�, all'osservanza 
di quelle stesse forme. Non si pu�, insomma, far questione di 
inesistenza del diritto per mancanza del provvedimento formale di concessione 
(cfr. Cass. 19 ottobre 1954, n. 3863), perch� -a prescindere 
dal rilievo che que11'inosservanza non induce la inesistenza, ma la mera 
annullabilit� dell'atto (cfr. Trib. Sup. 8 aprile 1969, n. 10) -nell'ipotesi 
esaminata il procedimento relativo all'atto principale risulta puntualmente 
seguito. 

Questa conclusione non porta ad ammettere un riconoscimento de 
facto di un'utenza (cfr. Trib. Sup. 18 aprile 1968, n. 9), dal momento 
che il titolo del diritto del terzo beneficiario risiede nella clausola di 
salvaguardia dell'uso preesistente, il quale svolge -per relati�nem il 
ruolo di criterio di determinazione del contenuto di quel diritto. N� 
si obietti che quel contenuto non presenta il requisito della determinatezza, 
essendo agevole� rilevare che, mediante l'impiego degli usuali congegni 
probatori, pu� identificarsi con la necessaria precisione, in riferimento 
agli usi per i quali l'acqua veniva per il passato derivata senza 
titolo, la portata di acqua legittimamente utilizzabile. Del resto, anche 
l'art. 2 lettera b e l'art. 4 del testo unico hanno riguardo al quantitativo 
d~acqua effettivamente utilizzato come al parametro cui devono rapportarsi 
il riconoscimento e la concessione previsti dalle norme citate. 

Resta, peraltro, da accertare se la clausola del disciplinare abbia preso 
in considerazione il Comune di Limone Piemonte per farne il beneficiario 
di un diritto ovvero se tale clausola sia stata inserita a protezione 
dell'interesse generale al buon regime delle acque e sia stata ispirata 
dall'esigenza di tutelare l'interesse, anch'esso non individualizzato, connesso 
all'importanza turistica del predetto Comune. 

L'alternativa deve essere sciolta nel primo senso, non soltanto perch� 
intesa in un significato diverso la clausola sarebbe priva di valore 
concreto, ma soprattutto perch� la sua formulazione letterale -vista 
in rapporto alle clausole precedenti del disciplinare -esprime a chh1.re 
note la volont� dell'Amministrazione concedente di considerare direttamente 
e specificamente (�in particolare�) le esigenze del Comune quale 
centro turistico e di garantirgli -mediante un comportamento posto 
a carico del Consorzio e avente ad oggetto l'astensione da una utilizzazione 
dell'acqua in misura tale da intaccare il fabbisogno del Comune -� la 
portata d'acqua sufficiente per il lavaggio del1e fognature e per gli altri 
usi igienici e civHi dell'abitato �. 

Quanto, poi, al secondo motivo dell'appello incidentale il Tribunale 
regionale non ha dato rilevanza ad un ipotetico consenso prestato dal 
Consorzio al fine di ampliare la misura del diritto del Comune, ma, alla 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

luce delle indagini compiute dal consulente tecnico d'ufficio, ha accertato 
in quali limiti la compatibilit� tra i due diritti (quello del Comune 
e quello del Consorzio) potesse sussistere, giovandosi, a tal fine, come 
� nel suo potere, dei riconoscimenti e delle ammissioni che le parti avevano 
fatto in esito alle risultanze di quelle indagini. 

Si deve, pertanto, escludere che il Tribunale regionale abbia in tal 
modo alterato la concessione e il relativo disciplinare, posto che da questi 
-come si � detto -sorgeva un diritto del Comune e che il contenuto 
di questo diritto, commisurato all'uso attuale dell'acqua, in quanto 
veniva correlativamente a limitare il contenuto del diritto concesso al 
Consorzio, in mancanza di obbiettive precisazioni da parte della P.A. 
concedente, pu� ben formare oggetto di accertamento giudiziale. 

Non pu�, infatti, inibirsi al giudice di stabilire se la clausola di salvaguardia 
prevista dal disciplinare possa concretamente operare ed entro 
quali limiti il Consorzio debba contenere lo sfruttamento dell'acqua del 
torrente perch� quella clausola possa dirsi in fatto osservata. 

Se si riconosce con i Ministeri appellati che rientra nella facolt� del 
Consorzio procedere ad una autolimitazione del proprio diritto, questo, 
attraverso il nesso stabilito dalla clausola di salvaguardia, determina 
un correlativo ampliamento della sfera del diritto del Comune, sempre che 
siano rispettati i limiti (il che non viene neppure in discussione) della 
portata d'acqua concessa all'utente. 

N� pu� dirsi che il contenuto del diritto del Comune, in conformit� 
delle risultanze della consulenza tecnica, sia stato determinato in misura 
eccessiva sia sotto il riflesso che il consulente ha calcolato il fabbisogno 
potabile (che, per quanto si dir� in sede di esame dell'appello principale, 
non andava considerato) sia sotto l'ulteriore riflesso che si � fatto 
riferimento, invece che alla popolazione esistente in atto, ad una popolazione 
meramente ipotetica (e, comunque, all'incirca raddoppiata rispetto 
a quella attuale). 

Sul punto manca, intanto, un'impugnazione da parte del Consorzio; e 
poich� l'eventuale eccesso nella determinazione del contenuto del diritto 
del Comune si traduce in un danno esclusivamente per il Consorzio, i 
Ministeri non possono al riguardo muovere una contestazione che rientrerebbe 
nel novero delle eccezioni de iure tertii. Inoltre, gli appellanti in 
via incidentale non hanno fornito una motivazione specifica della loro 
doglianza sicch� il tema sopra accennato non pu� costituire oggetto di 
esame i.n questa sede. 

Si aggiunga, infine, che l'Amministrazione concedente, se ravvisa nel 
comportamento del concessionario un'esorbitanza rispetto alle facolt� 
che il provvedimento ha costituito in capo a quest'ultimo, ha a disposizione 
gli strumenti d'indole amministrativa per sanzionare quel comportamento. 
-(Omissis). 


SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE� 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 aprile 1975, n. 922 -Pres. Muscolo -
Rel. Iannaccone -P. M. conf. Rie. Villani. 

Procedimento penale -Esecuzione penale -Sequestro penale -Revoca 
� In genere -Procedimento incidentale -Sindacato sulla fondatezza 
dell'incolpazione -Esclusione. 

�Procedimento penale -Sequestro di cose pertinenti al reato -Costruzione 
edilizia abusiva e relative attrezzature -Sequestro per esigenze istruttorie 
o come misura di polizia giudiziaria -Legittimit� -Istanza di 
revoca del sequestro -Provvedimento del giudice -Motivazione specifica 
-Necessit�. 

Nel procedimento incidentale relativo alla legittimit� del sequestro 
di una cosa, non pu� sindacarsi la fondatezza dell'incolpazione che � 
oggetto del procedimento principale, ma il giudice deve limitarsi a verificare 
se il provvedimento risponda alle norme che ne consentono o ne 
impongono l'emissione, se sia tuttora ri~pondente alle esigenze processuali, 
se la sua esecuzione sia avvenuta sulle cose indicate nell'atto e se 
questo sia affetto da vizi che ne producano la nullit�. 

Il giudice pu� legittimamente disporre il sequestro di una costruzione 
edilizia abusiva e delle relative attrezzature, sia per esigenze dell'istruttoria 
penale, sia come misura di polizia giudiziaria diretta ad 
impedire la prosecuzione del c�mportamento antigiuridico in atto,-11?-a 
quando sia chiamato a deliberare su un'istanza di. revoca della misura, 
il giudice deve decidere in concreto a quale specifica funzione processuale 
debba rispondere la conservazione ulteriore del vincolo (1). 

(1) Cass. III, 21 giugno 1974, n. 1410 rie. Urraro n. 129227; in materia di 
sequestro di immobili costruiti in violazione delle norme sulla tutela delle cose 
di interesse storico e artistico e delle bellezze naturali, Cass. 11 novembre 1971, 
n. 2690 in I giudizi di costituzionalit� e il contenzioso dello stato negli anni 19711975, 
III, pag. 933. 
I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 23 gennaio 1976, n. 154 -Pres. ForIenza 
-Rel. Dore -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. P.M. in proc. Romano. 

Reato -Contravvenzioni -Concernenti l'inosservanza dei provvedimenti 
di polizia -Ordine di presentarsi alla polizia stradale per presentare 
la patente di guida -Facolt� di nou rispondere -Compatibilit�. 

L'inosservanza dell'ordine di presentarsi all'autorit� di P.S. integra 
gli estremi del reato di cui all'art. 650 cod. pen. La mancata presenta


�~ 

. I 



PARTE .I, 8E2;. VIII, GIURJSPRUDE~.!:',ENALE 195 

zione non pu� identificarsi con la facolt� dell'indiziato di non rispon


dere alle domande degli inquirenti. 

Infatti tale facolt� non comporta il diritto di non presentarsi, para


lizzando l'attivit� della polizia giudiziaria e le funzioni istituzionalmente 

demandatele, sia in relazione alla necessit� di identificazione dell'indi


ziato, sia in relazione ad ogni altro accertamento circa gli elementi di 

prova del reato. 

(Fattispecie in tema di omessa presentazione alla polizia stradale 

per esibire la patente di guida) (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 22 giugno 1976, n. 7345 -Pres. Velot.ti -
Rel. Caputo -P. M. (conf.) -Corrias rie. Torraco. 

Reato � Reati contro l'ordine pubblico -Contravvenzioni � Concernenti 
l'inosservanza dei provvedimenti di polizia � Per ragioni di giustizia � 
Fattispecie. 

I provvedimenti dati per ragioni di giustizia, ai sensi dell'art. 650 
cod. pen~. sono quelli diretti a rendere possibile e pi� agevole l'attivit� 
del giudice o della polizia giudiziaria. 

(1) Giurisprudenza pacifica, v. recentemente nello stesso della massima, perfettamente 
corrispondente alla ratio della norma ed alla natura del bene protetto, 
Cass. 26 aprile 1975, n. 1479 (m. 129.932). Viceversa � stato affermato, in 
conformit� alla natura di reato sussidiario (v. Cass. 28 agosto 1975, n. 8416, 
m. 130.676) della fattispecie prevista dall'art. 650 c.p., che non integra questa 
contravvenzione, ma il reato di cui all'art. 163 del t.u. delle leggi di pubblica 
sicurezza, l'inosservanza dell'ordine di presentazione all'autorit� del luogo di residenza 
da parte di chi vi sia destinato con foglio di vfa obbligatorio (v. Cass. 
18 febbraio 1977, n. 2872, massima 135.354). 
(2) In tema di contravvenzione a norma dell'art. 650 c.p. 
La sentenza ripete un principio pi� volte affermato dalla dottrina e dalla 
giurisprudenza e che non pu� non trovare consensi. 
i! pacifico infatti che le ragioni � di giustizia o di sicurezza, o d'ordine 
pubblico o d'igiene � previsti nella fattispecie astratta costituiscono un'elencazione 
tassativa in applicazione del principio di nominativit� che domina il 
diritto penale �e che oggetto proprio della tutela penale delle contravvenzioni 
' previste neUa Sez. I, del capo I, del titolo I, del libro III del Codice penale 
� l'ordine pubblico e la tranquillit� pubblica intesi in senso generico; pertanto, 
come � pacifico nella giurisprudenza penale e nella dottrina, non pu� concretare 
il reato in discorso un fatto che non concerna in alcun modo lo stesso 
ordine pubblico, ancorch� possa riguardare la giustizia, la sicurezza e l'igiene. 
In particolare, per quanto riguarda la �ragione di giu.stizia >>, � stato ripetutamente 
affermato che i provvedimenti tipici del giudice (sentenza, ordinanza 
e decreto) non possono essere presi in considerazione agli effetti dell'art. 650 c.p. 
sia perch� non riguardano un interesse generale, o, quando lo riguardano, non 
concernono quell'ordine pubblico in senso lato che cos~ituisce l'oggetto generico 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Rientra in tali provvedimenti l'invito rivolto dai carabinieri ad un 
cittadino a presentarsi in caserma per sollecitargli gli adempimenti previsti 
dall'art. 59 del codice della strada per il trasferimento di propriet� 
di un autoveicolo (2). 

della tutela penale rispetto alla smj.petta contravvenzione (e ci� vale soprattutto 
per la giurisdizione amministrativa, preposta, attraverso la tutela degli interessi 
legittimi occasionalmente protetti, alla tutela della legittimit� dell'azione amministrativa 
che �, all'evidenza, cosa ben diversa dall'ordine pubblico), sia perch� 
la punibilit� della loro inosservanza � specificamente preveduta e limitata a 
determinati casi (art. 388, 509 c.p.) (v. MANZINI, Dir. pen. cit. nell'edizione rivista 
da NUVOLONE, art. 650 c. p. 29; ANTOLISEI -Manuale, II, p. 676; Cass. 2 ottobre 
1973 in Cass. Pen. Mass. Ann., 1974, 1105 massima 1725; v. anche l'abbondante giurisprudenza 
citata in MANZINI, loc. cit.). 

e vero che una sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato (15 marzo 
1974, n. 245 in Il Consiglio di Stato 1974, I, 451), ha affermato che la violazione 
dell'ordine di sospensione dell'atto amministrativo comporta responsabilit� penale 
ex art. 650 c. p., ma � anche vero che tale isolata decisione non ha affrontato 
ex professo il problema in quanto la questione fondamentale sulla quale 
quel giudice era stato chiamato a decidere concerneva l'applicabilit�, all'ipotesi 
dell'ordinanza di sospensione, del ricorso di ottemperanza per l'esecuzione del 
giudicato previsto dall'art. 27 n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. 

Il Consiglio di Stato, escludendo tale possibilit� con ampia motivazione, 
ha poi conclusivamente affermato, evidentemente ignorando l'elaborazione della 
dottrina e della giurisprudenza penali, che: � Naturalmente, se l'atto sospeso 
viene portato a esecuzione, dopo che si � avuta conoscenza dell'ordinanza di 
sospensione emessa dal giudice amministrativo, colui che agisce, incorre in responsabilit� 
penale ai sensi dell'art. 650 c. p. �. Quell'avverbio � motivazione del 
tutto inidonea a render convincente l'affermazione che segue, tanto pi� se si 
consideri perch� mai l'ordinamento dovrebbe garantire con la maggior gravit� 
della sanzione penale l'esecuzione di un provvedimento transitorio e meramente 
sospensivo e semplicemente con il ricorso ad un'azione giudiziaria di tipo privatistico, 
l'esecuzione di un provvedimento definitivo d'annullamento. 

V. nello stesso della massima che si annota, Cass. 10 maggio 1975, n. 4873, 
massima 129.992. 
Un'esigenza, spesso trascurata in provvedimenti che non rientrano in astratto 
nella previsione normativa dell'art. 650 c. p., � quella della motivazione, sia 
per succinta. 

La norma di cui all'art. 650 c.p., nel punire il comportamento di chi non 
osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorit� per ragioni di giustizia, 
di sicurezza ecc., non solo indica tassativamente le ipotesi d'applicabilit� della 
norma stessa, ma richiede l'espressa motivazione delle ragioni: il provvedimento 
cio� deve non soltanto risultare in se stesso determinato �dalle ragioni 
descritte nella fattispecie astratta, ma il motivo che lo informa deve essere 
altres� conosciuto e compreso dal suo destinatario. Ci� significa che il provvedimento 
deve essere formalmente motivato non solo mediante la generica 
ragione che lo determina, ma altres� con l'indicazione sommaria del motivo 
specifico del provvedimento medesimo. Non v'� dubbio invece che spesso i 
provvedimenti o non recano alcuna motivazione, o indicano frasi generiche 
come �per motivi che lo riguardano� (ad es. in taluni provvedimenti di P. S. 
che invitano il cittadino a comparire innanzi al Commissariato) o � ricorrendo i 
presupposti di legge � il che non � che una finzione di motivazione. �Se si 
dovesse ritenere sufficiente soltanto l'enunciazione generica della ragione del 

~: 

1: 
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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

197 

provvedimento �, -si legge in una vecchia ma magistrale decisione della Cassazione 
citata da MANZINI op. cit. p. 27 -Ǐ manifesto che l'autorit� potrebbe 
in menzione di tale ragione, esigere obbedienza a qualsiasi provvedimento arbitrario, 
eludendo la legge o ingannando il singolo, poco importando, per chi ha 
prestata la non dovuta obbedienza, la responsabilit� di chi ha dato il provvedimento 
abusivo. D'altra parte, se si ammette il diritto di sindacato del singolo 
sulla legalit� non solo formale, ma anche sostanziale del provvedimento, � necessario 
riconoscere che si debbono fornire al singolo stesso gli elementi indispensabili 
per l'esercizio di tale diritto. Se realmente sussiste la suddetta ragione 
del provvedimento, nessun serio motivo pu� esservi per non enunciarla, 
sia pure nel modo pi� sommario; e se un pubblico ufficiale �per noncuranza o 
per tracotanza omette di motivare i propri provvedimenti come si conviene nelle 
relazioni con uomini liberi, deve dare colpa a s� stesso se non viene obbedito �. 
Questa esemplare affermazione giurisprudenziale � stata costantemente ribadita 
dalla successiva giurisprudenza sino alla recente decisione della Cassazione 5 novembre 
1973 in Cass. Pen. Mass. ann. 1975 p. 156, massima 64 (per la giurisprudenza 
precedente dal 1905 al 1957, v. citata in nota a MANZINI, op. loc. cit.). (
Omissis). 

Ancor pi� recentemente, la Cassazione (Sez. VI, 25 agosto 1975, n. 8420, 
massima 130.682) ha affermato che perch� si configuri la contravvenzione di cui 
all'art. 650 cod. pen. � necessario che il provvedimento dell'autorit� si fondi su 
ragioni di giustizia o di sicurezza o d'ordine pubblico o d'igiene. Ne consegue 
che il sindacato del giudice penale deve tendere ad accertare l'effettiva esistenza 
di tale presupposto. 

(Nel caso di specie l'imputato, in occasione di una cerimonia ufficiale in 
commemorazione dei caduti, si era rifiutato di osservare l'ordine di allontanamento 
impartito dall'autorit� sul presupposto che la presenza dello stesso, che 
portava con se una bandiera italiana con lo stemma sabaudo, creava una situazione 
di pericolo per l'ordine pubblico. La sentenza impugnata aveva escluso 
il reato considerando che non era emerso in modo inequivoco il pericolo di 
turbamento dell'ordine pubblico. La Corte di cassazione nel rigettare il ricorso 
del P. M. ha enunciato il principio di cui sopra). 

PAOLO DI TARSIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 23 marzo 1976, n. 555 � Pres. Ianiri � 
Rel. Pennacchia -P. M. Capecelatro (conf.) Rie. Morg~ri. 

Procedimento penale � Atti di polizia giudiziaria -Attivit� esercitata 
� motu proprio � dalla polizia giudiziaria -Necessit� -Esclusione. 

L'attivit� della polizia giudiziaria esercitata motu proprio non pu� 
essere considerata attivit� istruttoria vera e propria, conseguentemente 
non sussiste alcun obbligo di preventiva comunicazione giudiziaria agli 
interessati prima dell'inizio di tale attivit� (1). 

(1) La norma dell'art. 225 c.p. nell'ultima versione attuata con la 1. 14 ottobre 
1974, n. 497, non sembra legittimare questa conclusione, basata su una 
distinzione dell'attivit� della Polizia giudiziaria che non � nella lettera, n� nella 
ratio dell'articolo (v. in proposito FossoNE, Le nuove �sommarie� indagini di 
polizia giudiziaria -ovvero l'art. 7 della legge 14 ottobre 1974, n. 491, in Riv. it. 
dir. proc. pen., 1975, p. 159). In effetti il potere riconosciuto dall'art. 225 c.p.p. 

RASSEGNA DELL'AV:VOCATURA DEllO STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 26 marzo 1976, n. 601 -Pres. Passanisi -
Rel. Russo -P. M. De Matteo (conf.) -Rie. Rossica. 

Procedimento penale -Assegno bancario emesso a vuoto -Acquisizione 

agli atti da parte dei pretore -Natura di atto istruttorio -Esclusione 


Comunicazione giudiziaria -Non � dovuta. 

Non costituisce atto istruttorio e non obbliga quindi all'adempimento 
della comunicazione giudiziaria, la semplice acquisizione agli atti dell'assegno 
bancario emesso a vuoto trasmesso dal notaio che ha elevato il 
protesto (2). 

agli ufficiali ed agenti di polizia� giudiziaria, quando vi sia necessit� ed urgenza 
di raccogliere le prove o di conservarne le tracce, � un potere autonomo, che 
non deriva la possibilit� del suo esercizio da un atto propulsivo del magistrato 
�d � indubbiamente attivit� istruttoria quando consiste nel � raccogliere le 
prove �, Non v'� dubbio che l'acquisizione delle prove sia atto d'istruzione, tanto 
che altre volte � stato ritenuto che in questo :momento deve essere data la 
comunicazione giudiziaria (Cass. 15 novembre 1972, in Cass. Pen. Mass. Ann. 
1976, p. 183, m. 169) e del resto l'art. 225 c.p.p. detta espressamente che nel 
corso delle indagini di polizia giudiziaria si osservano le norme nell'istruzione 
formale. 

Tuttavia, in base alla considerazione -frutto a sua volta di una inter� 
pretazione restrittiva della norma -che l'obbligo di dare l'avviso di procedimento 
� previsto solo a carico del magistrato dell'art. 304 c.p.p. la giurisprudenza 
e la dottrina dominanti sono nel senso della massima (v. Cass. 9 ottobre 
1974, in Ca.ss. Pen. Mass. Ann. 1976, 227, m. 135; 7 febbraio 1974 ivi 1975, 
1188, m. 156~; CoRDERO, Procedura penale, 1974, p. 391; contra: v. TAORMINA, Riflessioni 
nell'avviso di procedimento in Arch. pen. 1972, I, p. 320). 

(2) Per quanto concerne la ratio della norma che impone la comunicazione 
giudiziaria ed il momento in cui l'obbligo sorge, v. Cass. 14 maggio 
1973, in Cass. pen. Mass. Ann. 1974, 197, m. 166. 
CORTE DI ASSISE DI CATANZARO, ord. 19 gennaio 1977 -Pres. Scuteri 
-Est. Antonini -proc. pen. c. Valpreda, Preda, Giannettini ed altri. 

Procedimento penale -Responsabile civile -Comunicazione giudiziaria � 
Omissione -Esclusione del responsabile civile dal processo -Insussistenza 
-Nullit� degli atti -Non sussiste. 

L'omessa comunicazione giudiziaria del responsabile civile non de, 
termina alcuna nullit�, n� comporta l'estromissione dal processo del responsabile 
civile (1). 

(1) La Corte d'Assiste di Catanzaro ha ritenuto di dover decidere nel 
modo sopra riportato la vexata questio delle conseguenze derivanti dall'omissione 
della notificazione della comunicazione giudiziaria al responsabile civile, 
:: 

f 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 199 

(Omissis). -Sull'eccezione con la quale l'Avvocatura dello Stato ha 
chiesto l'esclusione dal processo del Ministero della Difesa, citato quale 
responsabile civile per i fatti di strage ascritti all'imputato Giannettini 
Guido; 

dato atto che il Ministero della Difesa non risulta essere stato destinatario, 
nell'anzidetta qualit�, di alcuna comunicazione giudiziaria ai sensi 
dell'art. 304 c.p.p. nel corso della fase istruttoria; 

rilevato, tuttavia, che alfa lamentata omissione della sopra indicata 
comunicazione giudiziaria, la legge processuale non ricollega alcuna conseguenza 
che importi l'esclusione del responsabile civile; 

rilevato, in particolare, che la nullit� prospettata dall'Avvocatura dello 
Stato con riferimento all'art. 111 c.p.c. attiene solo ad omissioni ed 
erronee indicazioni concernenti in modo specifico l'atto di citazione del 
responsabile civile e non pu�, quindi, considerarsi estesa, in difetto di 
espresse disposizioni legislative ed in ossequio al principio della tassativit� 
delle cause di nullit� sancita dall'art. 184 c.p.p., alla diversa ipotesi 
che riguarda l'obbligo della comunicazione giudiziaria; 

ritenuto, quanto alla natura del rapporto retribuito intercorso tra il 
Giannettini e la Pubblica Amministrazione, che trattasi di questione di 
merito da risolversi con la sentenza definitiva del procedimento e che 
� estranea all'esame di mera ammissibilit� imposto nell'attuale momento 
processuale; 

P.Q.M. 
rigetta l'eccezione ed ordina procedersi oltre nel dibattimento. 
a norma dell'art. 304 c.p. Come � gi� stato riferito in questa Rassegna (1974, I, 

p. 1502) il Tribunale di Roma � andato invece in contrario avviso, avendo ritenuto 
che la sostanziale violazione dei diritti della difesa poteva trovare una 
sua sanzione nell'interpr.etazione estensiva dell'art. 111 c.p.p. senza violare il 
principio della tassativit� delle nullit� penali. 
Sulla questione, non risulta che si sia pronunciata la Suprema Corte di 
Cassazione. 



PARTE SECONDA 



QUESTION1 


Appunti in merito alla purgazione coattiva delle ipoteche 

1. -Con la sentenza del 29 maggio 1976, n. 1946 (1), per la prima volta, la 
Corte di Cassazione si � cimentata con il disposto dell'art. 2867 del Codice civile, 
ove � disciplinato il tema della cd. �purgazione coattiva � dell'ipoteca: la � coazione 
� si riflette -� agevole desumerlo -nei rapporti tra dante causa e terzo 
acquirente del bene ipotecato che abbia trascritto il proprio titolo e sia ancora 
debitore della somma. 
I creditori iscritti contro l'alienante possono -nella sistematica della 
norma -obbligare il terzo acquirente, indipendentemente da un accollo di 
debito ipotecario, al pagamento in loro favore della somma di cui il terzo 
risulti ancora debitore, secondo i rispettivi gradi: l'azione pu� essere promossa 
da ciascun creditore quando la somma sia attualmente esigibile o basti a soddisfare 
tutti i creditori iscritti (art. 2867, primo comma); o dalla collettivit� dei 
creditori, in accordo fra loro, qualora la prestazione del terzo sia non attualmente 
esigibile, oppure minore o diversa da quanto realmente dovuto (art. 
2867, secondo comma) (2). 

In ogni caso, realizzatasi la surroga, l'immobile � liberato dalle ipoteche, 
in coerenza con la funzione che la legge assegna alla purgazione: cadrebbe altrimenti 
la ragione di evitare che il terzo subisca l'espropriazione. 

Nella specie concreta, verificatosi il � perimento in senso giuridico � dell'immobile 
ai fini dell'esproprio, con il passaggio di esso al patrimonio di un 
Ente pubblico, si poneva l'ulteriore problema circa la sussistenza dei requisiti 
di applicabilit� della purgazione coattiva: problema che il S.C. ha risolto 
in senso positivo. 

Quest'ultima, come le altre affermazioni contenute nella sentenza richiamata, 
circa la personalit� dell'azione e la sua autonomia dalla surrogatoria, cos� come 
disciplinata dall'art. 2900 e.e., necessitano forse di ulteriori verificazioni. 

2. -Il profilo personale, e non reale, dell'azione in discorso, � sostenuto dalla 
pi� accreditata dottrina attuale, contrariamente a quella sviluppatasi sotto l'impero 
del Codice 1865: la Relazione al Progetto Pisanelli giustificava infatti la 
norma dell'art. 2023 (corrispondente all'art. 2867 del Codice attuale) nell'intento 
di evitare una possibile collusione tra terzo possessore dell'immobile -pentito 
del suo acquisto -e creditore, che intentava l'azione ipotecaria al fine di ottenere 
l'espropriazione del bene e la vendita di essi ad un prezzo inferiore al 
suo valore reale, da distribuire poi fra tutti gli altri creditori (3). � 
�Ragione vuole -concludeva il Pisanelli -che gli altri creditori possano 
ci� impedire quando, avendo un interesse opposto, si offrano di cancellare tutte 
le ipoteche, e di adempiere, in tal modo, essi medesimi alle obbligazioni del 
venditore, rinunciando al pacifico possesso della cosa'" 

(!) Pubbiicata per esteso in questa Rassegna, 1976. 

(2) GoRLA G., Del pegno e delle ipoteche, in Commentario a cura di ScIALOJA e BRANCA, 
Bologna, 1962, 387, che pone la norma in esatto parallelo con l'art. 553 c.p.c. 
(3) Pu� leggersi in GORLA, del pegno e delle ipoteche, cit. 383. 
15 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

2 

La suggestione della costruzione prospettata, indusse la dottrina di allora 
ad accettare l'idea della realit� dell'azione, traendovi argomenti dal potere di 
sequela concesse ai creditori ipotecari, che potrebbero addirittura esperire 
l'azione di purgazione nei confronti dell'ulteriore proprietario del bene ipotecato, 
avente causa dal terzo acquirente, stante la trascrizione richiesta dal 2023 

e.e. (4). 
E, del resto, anche il Mortara, pur criticando il fondamento dell'istituto, 
posto, a suo credere, pi� in � un singolo caso di pratica professionale, che 
in un principio generale�, e la � scarsa utilit� pratica � dell'art. 2023, per le 
rarissime applicazioni che esso riceve (5) esprime la convinzione che l'azione 
prevista dalla norma ha carattere strettamente reale. 

Essa, infatti... � sorge per i creditori dal diritto ipotecario, giacch� il diritto 
di agire nasce dall'ipoteca ed � legittimato da essa (6) � in quanto, per 
virt� della medesima, il prezzo si considera destinato per intero a soddisfare 
le ragioni dei creditori; la realit� della purgazione risulterebbe poi evidente 
dalla persona del legittimato passivo, che � sempre e comunque il proprietario 
attuale del -bene, senza che sia dato rivolgersi contro i possessori intermedi, 
anche se abbiano trascritto il titolo. � 

Questa in breve, l'opinione dominante: ma non deve credersi pacifica; 
una lontana sentenza della Cassazione di Firenze (7) ebbe invece ad affermare 
il carattere personale dell'azione, e l'affermazione venne poi condivisa dal Coviello 
(8), che vide nel potere di obbligare il terzo alla purgazione da parte dei 
creditori iscritti, l'esercizio della stessa azione del dante causa, che � di 
carattere personale, perch� mette capo alla stessa azione di compravendita, di 
natura contrattuale (9). 

L'impostazione venne poi condivisa dal Rubino (10), che individua il fondamento 
dell'azione proprio nell'intentio legis di agevolare i creditori ipotecari, 
consentendo loro di ricavare direttamente il prezzo della vendita nei confronti 
dell'alienante, che, dal canto suo, vede estinguersi il credito nei confronti 
del terzo, unitamente alla sua liberazione dalla garanzia per evizione conseguente 
al cadere del vincolo ipotecario (11). 

Il diritto esercitato dal creditore iscritto -conclude il Rubino -no~ � 

pertanto � il credito ipotecario, che non si rivolge contro il terzo, n� la pura 

e semplice ipoteca che non � configurabile senza un credito... ma proprio il 

credito personale dell'alienante, con le modalit� e i limiti suoi originari, sic


ch� l'azione non ha carattere reale (12). 

Sul connotato della personalit� dell'azione � comunque schierata la pm 
recente dottrina, da considerarsi ora prevalente: dal Maiorca (13), il quale, 
pur rilevando il carattere intrinsecamente contraddittorio dell'istituto -la 
purgazione dipende per sua natura da un potere concesso dalla legge al terzq 

(4) FRANCESCHELLI R., L'ipoteca come diritto reale, Riv. dir. Comm. 1938, 286. 
(5) MORTARA L., Commentario del Codice e delle Leggi di procedura civile, Milano, 1910, 
voi. V, 426-427. 
(6) MORTARA L., !oc. cit. 
(7) Cass. Firenze 28 dicembre 1893, con nota favorevole di TARTUFAR!, in Temi Veneta, 
1894, 209. 
(8) COVIELLO L., Delle ipoteche, Napoli 1928, 339. 
(9) Identico avviso esprime il MELUCCI P., Il sistema ipotecario nel diritto civile italiano, 
Napoli, 1893, 296. 
(10) RUBINO D., L'ipoteca, Commentario al Codice civile diretto da Crcu e MESSINEO, 
Milano 1956, 468. 
(11) RUBINO D., L'Ipoteca, cit. 468. 
(12) RUBINO D., L'Ipoteca, cit. 468. 
(13) MAIORCA. 

PARTE II, QUESTIONI 

acquirente, e pertanto non ne � concepibile l'esercizio coatto -finisce per 
ammetterne il carattere personale; al Gorla (14), che deduce la natura personale 
della purgazione dal suo effetto pratico, vale a dire l'obbligo del terzo 
di pagare il prezzo ai creditori iscritti, pena il diritto di costoro a soddisfarsi 
su tutti il suo patrimonio, e non soltanto sul bene ipotecato. 

3. -Il panorama di dottrina �, come si vede, abbastanza vario: ma altrettanta 
diversit� di concezioni si riscontra anche con riferimento alla qualificazione 
dell'azione prevista dall'art. 2867 Cod. civ., anche se pare possa ammettersi 
una sostanziale unanimit� ad escluderne l'identificazione con l'azione 
surrogatoria prevista dall'art. 2900. 
Un'affermazione in tal senso � comunque reperibile nell'opera del Coviello 
(15) quando ne riconduce gli schemi a quelli di una vera e propria surrogatoria, 
modificata soltanto sotto l'aspetto della legittimazione attiva, dall'esi.
stenza dell'ipoteca, per cui si puntualizza nei soli creditori iscritti; ed, antecedentemente 
il Mortara ne ricollega gli effetti all'art. 1234 del Codice 1865 (azione 
surrogatoria) in un rapporto di genus a species, nel senso che... � l'art. 
2030 disciplina ed attua, per un caso speciale, il principio generale scritto 

nell'art. 1234 � (16). 

Ma gi� altri avvertiva che, pur essendo evidente la difficolt� di conte


stare il rapporto di derivazione tra le due norme, si presentava facile inficiare 

la natura surrogatoria della purgazione coattiva, non foss'altro per la esclu


sione dei creditori chirografari dal concorso con quelli ipotecari (17). 

E, successivamente, il Distaso, sempre al fine di escludere la presenza di 

elementi della surrogatoria, ebbe a rilevare che la legittimazione attiva spetta 

comunque al creditore ipotecario, e ci� anche quando il soggetto verso cui 

si riVolge l'azione non sia un suo debitore personale, ma terzo acquirente 

egli stesso: ci� risulta dalla ragion pratica dell'istituto, di evitare il rilascio 

del bene in danno del creditore stesso (18). 

Del fine caratterizzante l'azione di purgazione coattiva, volta allo � esclu


sivo soddisfacimento del diritto del legittimato, cui il pagamento va eseguito 

direttamente �, e, pertanto in modo incompatibile con l'azione surrogatoria, 

parla anche il Rubino, qualificandola, a sua volta, una fattispecie di legitti


mazione primaria all'esercizio di un diritto altrui, che troverebbe causa nella 

speciale tutela concessa dalla legge al credito ipotecario (19). 

Condivide questa opinione anche chi, con diversa motivazione, adduce l'in


differenza per il terzo acquirente della persona cui il prezzo va corrisposto, 

e lo sfavore della legge nei confronti del rilascio del bene ai creditori, visto 

come un mezzo per eluderne, sul piano sostanziale il diritto all'integrale sod


disfazione (20). 

Queste ultime spiegazioni, che fanno riferimento all'aspetto pratico pi� 
che giuridico del fenomeno, non appaiono del tutto appaganti; pi� che chiarire, 
sembrano infatti eludere il problema di un inquadramento teorico dell'istituto, 
come emerge all'evidenza tra gli autori che ne ravvisano... �una ipotesi in cui 
la legge, sulla base di due rapporti di credito, nei quali il soggetto passivo 
dell'uno � soggetto attivo dell'altro, attribuisce al creditore qualcosa in pi� 

(14) GoRLA G., Del pegno e delle ipoteche, cit. 382 e segg. 
(15) Covrnu.o L., cit. 376. 
(16) MORTARA L., cit. 426. 
(17) FRANCESCHELU R., op. cit. 123. 
(18) DISTASO, cit. 123. 
(19) RUBINO D., cit. 469. 
(20) GoRLA G., cit. 385. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

4 

dl una semplice legittimazione ad esercitare il diritto del proprio debitore� (21). 
La connessione tra le posizioni di debitore e creditore sarebbe causale, 
pertanto, e non semplicemente occasionale, come nell'azione surrogatoria. 

4. -Di fronte ad opinioni talmente varie e divergenti tra loro, appare 
difficile; almeno a prima vista, condividere le opinioni affermate dalla Cassazione, 
che, dal canto suo, trovandosi per la prima volta di fronte all'interpretazione 
della norma, ha preferito attenersi alla dottrina pi� accreditata, oltre 
che numericamente prevalente, pur limitandosi ad affermare il carattere personale 
e non surrogatorio dell'azione di purgazione coattiva, senza per� -esattamente 
a nostro avviso -entrare nella questione della sua qualifica sul piano 
teorico, di rilevanza, peraltro, prevalentemente dottrinale. 
Ad un attento esame, comunque, non pare giusto discostarsi da questa 
direttiva, considerato il carattere e la natura dell'azione ex art. 2867 Cod. civ. 

Sotto il primo profilo, l'unico modo per attribuire un senso alla disposizione, 
pare proprio considerare l'azione relativa in un'ottica personale e non 
reale: l'espressa previsione del divieto di rilascio del bene ai creditori (come 
limite alla responsabilit� cd. di cosa per il terzo acquirente) al fine di sottrarsi 
agli obblighi gravanti nei confronti di questi ultimi, ed anzi il vincolo 
dell'intero patrimonio del terzo alle loro ragioni, costituiscono un primo, ma 
irrefutabile indice della caratteristica di personalit� impressa dal legislatore 
all'azione di purgazione coattiva. 

Altri indizi a favore, possono trarsi dalla disciplina dell'opponibilit� delle 
eccezioni ai creditori iscritti, che saranno solo quelle derivanti dai rapporti 
intercorsi tra il terzo acquirente ed il proprio dante causa. 

Infine, nel caso di rifiuto di pagamento da parte del terzo, il creditore 
iscritto si trova sempre e comunque privo di titolo in base a cui procedere 
nei confronti di quest'ultimo (che l'ipoteca si rivolge sempre nei confronti del 
datore e non del bene in s�), e sar� costretto ad intentare un normale giudizio 
di� cognizione, diretto ad ottenere una ordinaria sentenza di condanna contro 
il terzo, senza poter esproprfare direttamente il bene, come � invece concesso 
dall'art. 2858 al .creditore ipotecario, avverso il proprio datore d'ipoteca. 

A poco rileva, perci�, l'espressa previsione della legge della trascrizione del 
titolo in qualit� di condizione dell'azione, all'art. 2867, primo comma: a parte la 
svalutazione dell'istituto dei registri immobiliari quale mezzo di individuazione 
della posizione sostanziale, � da porre in luce che la rilevanza della trascrizione 
si limita alla sola individuazione del soggetto passivo dell'azione di 
purgazione, e che in tema di diritti reali immobiliari il criterio dominante 
nell'insieme del Codice per individuarne i soggetti titolari, sta proprio nella 
trascrizione. Non � perci� difficile pensare che l'inciso della norma sia dovuto 
non tanto ad un'effettiva voluntas legis di caratterizzare l'azione, quando ad un 
� modus operandi � tralatizio del legislatore. 

5 -Pi� delicato diviene il discorso quando poi si tratta di qualificare 
in senso vero e proprio l'azione di purgazione coattiva, inquadrandola tra gli 
istituti desunti dalla �dottrina, o, concludendo per l'impossibilit� di una classi� 
ficazione di questo genere, accontentandosi di soluzioni prettamente negative 
come pare che si pu� desumere dalla lettura della sentenza, anche se -� 

(21) NrcoL� R., Della conservazione della garanzia patrimoniale, Commentario al Codice 
civile diretto da Scialoja e Branca, Bologna 1953, 53-54. 
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PARTE II, QUESTIONI 

da rilevare -bisogna ammettere che la Cassazione ha coerentemente operato, 
non essendo suo compito impegnarsi in definizioni dottrinali. 

Favorevole all'accostamento della purgazione coattiva con l'azione surrogatoria, 
anche se modificata sotto l'aspetto soggettivo della legittimazione, si 
dimostra il Coviello (22) che identifica la ratio dell'art. 2023 Cod. civ. 1865 
soltanto nella necessit� di chiarire, da parte del legislatore, la modificazione 
nella legittimazione ad agire, rispetto all'art. 1324: riguardo al quale solo una 
norma espressa poteva attribuire... � direttamente ai creditori il diritto di esigere 
il prezzo per soddisfarsi dei propri crediti, ma limitando allo stesso 
tempo tale diritto ai soli creditori ipotecari�. 

L'inquadramento non sembra per� del tutto convincente; i creditori iscritti 
legittimati non sono soltanto quelli del debitore ipotecario che alieni al terzo, 
ma tutti quelli iscritti contro il precedente proprietario, che pu� essere dunque 
anche un terzo acquirente intermedio: quindi i creditori iscritti non esercitano 
-contrariamente al disposto dell'art. 2900 e.e. -un'azione che sarebbe 
spettata esclusivamente al loro debitore (23). 

Neanche appaganti possono poi considerarsi le illazioni che riconducono 
l'azione in discorso a quelle connesse all'ipoteca... �giacch� il diritto d� agire 
nasce dall'ipoteca ed � legittimato da essa (24) �, essendo il prezzo convenuto, 
per virt� dell'ipoteca stessa, destinato per intero a soddisfare le ragioni dei 
creditori iscritti. 

.A parte l'incongruenza di raccordare siffatta conclusione con l'altra circa 
la natura � personale � dell'azione di purgazione, rimane sempre la difficolt� 
di conciliare il carattere di realit� dell'ipoteca e la limitazione di responsabilit� 
al valore della cosa, con il vincolo -comunemente ammesso anche dai sostenitori 
di �questa opinione (25) -, dell'intero patrimonio, oltre ai beni ipotecati 
del terzo acquirente. 

Di fronte a simili difficolt� di ricostruzione, ben motivata pare dunque 
presentarsi la spiegazione di chi ne riconduce il fondamento ad una connessione 
causale, esistente ab initio tra le due situazioni � creditore-debitore � e � debitore-
terzo �: effetto della connessione si sostanzia, in ultima analisi, nell'attribuzione 
al titolare della prima. delle due situazioni della potest� di interferire 
nella seconda (26). 

In sostanza, il legislatore intende avvalersi dell'interesse dei creditori iscritti, 
concedendo loro l'azione, nei termini di cui all'art. 2867, qualora il terzo 
si trovi ancora in stato di � debenza � del prezzo dell'immobile ipotecato, dato 
che per questo � indifferente pagare il prezzo al venditore o ai creditori di 
lui, dato che lo deve comunque pagare (27). 

Finisce cos� per derivare un certo favor legis per i creditori iscritti, specie 
se il valore dell'immobile sia ribassato rispetto al prezzo di acquisto: ma 
ci� si attua senza alcun danno per il terzo acquirente, il cui intento di subire 
l'espropriazione (rifiutandosi di pagare l'ipoteca) non pu� essere comunque favorito, 
dato il sospetto -sempre presente -che, quando � ribassato il valore 
dell'immobile rispetto al prezzo, egli ben potrebbe acconciarsi a subire l'espropriazione, 
e poi ripetere l'intero prezzo di acquisto dal proprio venditore, in 
base alla garanzia per evizione (28). 

(22) COVIELLO L., cit. 379. 
(23) L'osservazione � del Cossu, op. cit. 532. 
(24) MORTARA L., op. cit. 428; DISTASO, op. cit. 123. 
(25) DISTASO, op. cit. 124. 
(26) NICOL� R., op. cit. 54. 
(27) GORLA G., op. cit. 385. 
(28) GORLA G., !oc. cit. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

6 

Ma, se l'azione si considera volta all'immediato ed esclusivo soddisfacimento 
del diritto del legittimato, cui il pagamento va eseguito direttamente, 
con relativa estinzione del credito, nulla osterebbe a cons~derarla in qualit� 
di fattispecie di attribuzione ad un soggetto di legittimazione primaria all'esercizio 
di un diritto altrui, come sostenuto da un'autorevole dottrina (29). 

La sostituzione soggettiva che si verifica con la richiesta al terzo, pur 
avvenendo non nella titolarit�, ma solo nell'esercizio del credito, � totale, 
sicch� dal momento in cui essa si realizza, il credito rimane sottratto alla 
disponibilit� dell'alienante l'immobile. 

Allo stesso modo in cui, una volta realizzatasi la sostituzione, divengono 
irrilevanti tutte le vicende che affettano il rapporto sottostante (�nalogamente 
a quanto si verifica in altre ipotesi di questo genere, ad es.: nella delegazione) (30), 
� del pari indifferente che lo stesso oggetto dell'ipoteca, e quindi l'ipoteca 
stessa venga meno a causa del perimento in senso fisico o � giuridico � del 
bene stesso. 

Bene allora ha ragionato la Cassazione, offrendo, in questo caso non solo 
un esempio di chiarezza interpretativa, ma .una valida via per la ricostruzione 
dommatica dell'istituto della purgazione coattiva. 

CESARE LAMBERTI 

(29) RUBINO D., op. cit. 470. 
(30) Cfr. MESSINEO, Manuale, III, cit. 219. 

LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116, primo comma. 

Sentenza 29 dicembre 1976, n. 259, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera 
inelegg,ibilri coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti ,o aziende 
dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del comune, che abbiano 
fatto venir meno questa situazione prima della convalida della elezione. 
Sentenza 20 gennaio 1977, n. 45, G. V. 26 gennaio 1977, n. 24. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera 
ineleggibili coloro che, avendo .lite pendente con il comune, abbiano rinunciato 
al giudizio pr~ma della convalida de1la elezione. 
Sentenza 20 gennaio 1977,. n. 45, G. V. 26 gennaio 1977, n. 24. 

d.P. reg. Siciliana 20 agosto 1960, n. 3, limitatamente alla parte in cl.lii considera 
ineleggibilii coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti o 
aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del comune, che abbiano 
fatto venir meno questa situazione prima della convalida della elezione. 
Sentenza 20 gennaio 1977, n. 45, G. V. 26 geIJJilaio 1977, n. 24. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lettera a. 

Sentenza 29 dicembre 1976, n. 263, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 205, .primo comma, nella parte in cui 
esclude che i lavoratori agrico1i autonomi di et� superiore ai settanta anni siano 
soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. 
Sentenza 23 dicembre 1976, n. 262, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. 

d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, nella parte in cl.lii dette norme, senza preve� 
dere un indennizzo, consentono che i vincoli di dest:iinazione preordinati all'espropria2iione 
siano imposti sui beni di propriet� privata dai piani regolatori 
delle aree e dei nuclei di svi,luppo fodustniale, disciplirnati dagli artt. 146 e 147 
dello stesso testo unico, senza prefissione di un termine di durata. 
Sentenza 29 dicembre 1976, n. 260, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. 

legge 30 aprile '1969, n. 153, art. 9, nella parte in cui esclude dall'aumento 
del dieci p.er cento le pensioni aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 
1968 e che sono st0ate liquidate secondo le disposizioni vigenti anteriormente 
al 1� maggio 1968. 

Sentenza 18 gennaio 1977, n. 37, G. V. 28 gennaio 1977, n. 24. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

8 

legge 23 aprile 1969, n. 153, art. 23, nella parte d!n cui esclude che sia dovuto 
i.I trattamenrto minimo della pensione diretta per l'invalidit�, a carico dell'I.
N .P.S., ai titolari di pensione diretta a carico di amministrazioni dello Stato. 

Sentenza 29 dicembre 1976, n. 263, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 30.1, nehla parte !in cui non prevedono 
la esclusione de1la confisca per le cose oggetto del reato di contrabbando che 
siano state illegittimamenite sottratte a terzi, quando tale sottra2iione risulti 
giudizialmente accertata. 
Sentenza 29 dicembre 1976, n. 259, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 1, nella parte in cui non dispone che 
l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienre di discussione 
sia comunicato �aM'.appellante e che da taile comunicazione decorra il 
termine per la notificazione all'appellato. 

Sentenza 14 geraJJaio 1977, n. 15, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 

legge 11 agosto 1973, n. 533, artt. 1 e 20, nella parte fil cui, con riguardo 
alle cause pendenti al momento dell'entrata in vigore della Jegge, non � prevista 
Ja comunicazione anche ailla parte contumace dehl'ordinanza che fissa 
� �'udienza di discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti. 

Sentenza 14 gennaiio 1977, n. 14, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 69, primo comma, limitatamente all'inciso 
� purch� non gli spetti Ja pensione normale �. 
Sentenza 20. gennaio 1977, n. 48, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

.d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 112 e 118, second�o . comma, nella 
parte in cui non prevede, per il caso di cui all'art. 133, secoodo comma, lettera e, 
dello stesso testo unico, la corresponsione, in aggiunta al maggiore trattamento 
di qU!i.escenza che sarebbe spettato sulla base del solo servizio precedente, di 
un trattamento supplementare di quiescenza per il successivo periodo di servizio, 
da liquidarsi secondo le vigenN disposiziioni, iimitatamente a quella parte 
di detto servizio, che, sommato al �precedente, non oltrepassi il limite massimo 
pensionabile. 

Sentenza 29 dicembre 1976, n. 275, G. V. 5 gennafo 1977, n. 4. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice di procedura civile, art. 409, nn. 4 e 5 (artt. 3, primo e secondo 
comma, 4, primo comma, 25, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione). 


Sentenza 20 gennaio 1977, n. 43, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

codice di procedur<a civile, art. 429, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 20 gennaio 1977, n. 43, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

codice penale, art. �81, primo e secondo comma (artt. 3, 13 e 25, secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 18 gennaio 1977, n. 34, G. V. 26 gennaio 1977, n. 24. I: 

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� PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice pena�le, art. 307, ultimo comma (art. 3 della CostHuzfone). 
Sentenza 12 gennaio 1977, n. 6, G. U. 19 gennafo 1977, n. 17. 


codice di procedura penale, artt. 8 e 141 (artt. 2, 24 e 25 della Costituzione). 
Sentenza 18 gennaio 1977, n. 29, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

codice di procedura penale, artt. 199, terzo comma, e 500 (a[t. 24, secondo 
comma, della Cos1Ji.tuzione). 

Sentenza 29 dicembre 1976, n. 265, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. � 

codice di procedura penale, art. 350 (art. 3 de!Ja Costituzione). 
Sentenza 12 gennaio 1977, n. 6, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 


codice di procedura penale, art. 415, secondo comma (art. 24 della Costituzione). 


Sentenza 18 gennaio 1977, n. 28, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

legge 14 febbraio -1904, n. 36, artt. 1 e 2 (art. 32 della Costituzione). 
Sentenza 20 gennaio 1977, n. 39, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

r.d. 18 giugno. 1931, n. 773, art. 142 (artt. 3 e 10 della Costituzione). 
Sentenza 20 gennaio 1977, n. 46, G. U. 26 gennafo 1977, n. 24. 
r.d. 3 marzo 1934, n. 383, ..art. 20 (artt. 40, 70, 76 e 77 della Costituzione) 
Sentenza 12 genn~io 1977, n. 4, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 
d.l.C.p.S. 1� aprile 1947, n. 273, art. 1, lettera a (artt..3 e 44 della Costituzione). 
Sentenza 
18 gennaio 1977, n. 30, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 
' 


d.P.R. 15 giugno '1959, n. � 393,. art. 91, sesto e settimo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Sentenza 20 gennaio� 1977, n. 47, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

d.P.R. 16 1111aggio 1960, n. 570 (art. 51 della Costituzione). 
Sentenza io gennaio 1977, n. 44, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24 
d.P. reg. Siciliana 20 agosto 1960, n. 3 (art. 51 della Costituzione). 
Sentenza 20 gennaio 1977, n. 45, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 
legge 21 febbraio 1961, n. 95, art. 2 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 12 gennaio 1977, n. 3,. G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

le99e 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 13, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Sentenza 29 dicembre 1976, n. 261, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

d.P.R. 5 9iu9no 1965, n. 749, art. 25, .primo comma (artt. 3 'e 36 della Costituzione). 
Sentenza� 20 gennaio 1977, n. 41, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

d.P.R. 30 9iu9no 1965, n. 1124, art. 2 (1artt. 38 e 76 della Costituzione). 
Sentenza 12 gennaio 1977, n. 8, G. U. 19 gennaiio 1977, n. 17. 
d.P.R. 30 9�iu9no 1965, n. 1124, art. '83, settimo e ottavo comma (art. 38, 
primo e secondo comma, della Costitu:llione). 
Sentenza 18 gennaio 1977, n. 32, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

d.P.R. 30 9lu9no 1965, n. 1124, artt. 111 e 112 (artt. 3 �e 24 della Costitu� 
zione). 
Sentenza 18 gennaio 1977, n. 31, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

d.P.R. 30 9iu9no 1965, n. 1124, art. 112, primo ~omma (art. 38, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 
Sentenza 18 gennaio 1977, n. 33, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

le99e 24 febbraio 1967, n. 62, art. 11, primo comma .(artt. 3 e 36 della Co� 
stituzione). 

Sentenza 20 gennaio 1977, n. 41, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

le99e 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 1, terzo comma, e 4, lettera c (art. 3 
della Costitu:llione). 

Sentenza 29 dicembre 1976, n. 264, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, art. 20 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Sentenza 20 gennaio 1977, n. 41, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 
d.P.R. 23 9ennaio 1973, n. 43, art. 296 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 12 gennaio 1977, n. 5, G. U. 19 gennaio. 1977, n. 17. 
le99e 11 a9osto 1973, n. 533, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 14 gennaio 1977, n. 14, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 


le99e M a9osto 1973, n. 533, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 14 gennaio 1977, n. 13, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 

le99e re9. Siciliana 13 marzo 1975. 

Sentenza 18 gennaio 1977, n. 27, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge reg. sic:iltana 7 agosto 1975 (artt. 17, lettera e, dello statuto speciale 
della regione siciJiMJa). 

Sentenza 18 gennaio 1977, n. 36, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codic:e c:ivile, art. 156, sesto c:omma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 31 maggio 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 


codice civile, art. 1224, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Firenze,. ordinanza 25 agosto 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 


codice civile, art. 2948, n. 4 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 10 maggio 1975, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 


codice civile, artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2, e 2956, n. 1 (art. 36 della Costituzione). 


Pretore di Galatina, ordinanza 12-25 ottobre 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

codice di procedura civile, art. 246 (artt. 3 e 24 de11a Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 5 novembre 1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 


codice di procedura civile, art. 277 (art. 3 della Costituzione). 
Ptretore di Firenze, ordinanza 25 agosto 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 


codice di procedura civile, art. 282 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 25 agosto 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 


codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 23 agosto 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 


codice di procedura civile, art. 431 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Fkenze, ordinanza 25 agosto 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 


codice penale, art. 136 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 1� marzo 1975, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 


codic:e penale, artt. 204, secondo c:omma, e 222, primo comma (artt. 3 e 27, 
primo comma, della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Firenze, ordinanza 30 ottobre 1976, G. U. 
12 gennaio 1977, n. 10. 

codice penale, art. 539 (artt. 3, pr:imo comma, e 27, primo comma, della 
Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Bologna, ordinanza 12 novembre 1976, 

G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 64 (art. 107, terzo comma, della Costituzione). 


Pretore di La Spezia, ordinanza 9 giugno 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 

codice di procedura penale, artt. 78 e 359 (artt. 3, 13 e 24 della Costituzione). 


Ttribunale di Belluno, ordinanza 22 ottobre 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

codice di proced'ura penale, art. 88 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 


Pretore di Rovereto, ordinanza 19 ottobre 1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

codice di .procedura penale, lart. 387, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Corte d'appello di Roma, sezione istruttoria, ordinanza 25 ottobre 1976, 

G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 
codice di procedura� penale, art. 512, n. 2 (artt. 3 e 24 de1la Costituzione). 
Tribunale di Camerino, 011dinanza 28 ottobre 1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

codice di pl'ocedura penale, art. 513, n.. 2 (artt. 3 e 24 de!Ja Costitu:zllone). 

Corte d'appello di Roma, ordinanze (due) 20 e 24 maggio 1976, G. U. 5 gennaio 
1977, n. 4. 

codice di procedura penale, art. 586 (art. 24 deJia Costituzione). 
Pretore di Napoli-Barra, 011dinanza 1� marzo 1975, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

codice penale militare di pace, artt. 186 e 189 (artt. 3 e 52, terzo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale militare ternitoriale di Napoli, ordinanza 20 ottobre 1976, G. U. 
5 gennaio 1977, n. 4. 

codice penale militare di pace, art. 264 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite penali, ordiRanza 23 ottobre 1976, G. U. 
2 febbraio 1977, n. 31. 

r.d. 23 maggio '1924, n. 827, art. 270 (artt. 3, 24, 113 e 97 della Costituzione). 
Tr.ibunaile di Catania, ordinanza 23 lugldo 1976, G. U . .19 gennaio 1977, n. 17. 
r.cf. 3 marzo 1934, n. 383, art. 228, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo reg[onale per il Piemonte, ordinanza 19 maggio 
1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

r.d. 3 marzo 1934, n. 3183, art. 252 (artt. 3, 5, 28 e 128 della Costituzione). 
Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 30 ottobre 1975, 
G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 1J 

legge 7 marzo 1938, n. 141, artt. 78 e 80 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 18 marw 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

legge 7 marzo .1938, n. 141, art. 80, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Tribunale di Mi1ano, ordinanza 18 marzo 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 61, quarto comma, seconda parte (art. 36 
della Costituzione). 
Corte dei contJi, terza sezione giurisdiziona1e, ordinanza 23 febbraio 1976, 

G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 
legge 14 aprile 1939, n. 636, art. 1 O (artt. 3 e 38, secondo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Vene:;o;ia, ordinanza 18 ottobre 1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

r.d. 5 gfogno 1939, n. 1016 (art. 117 de1la Costituzione). 
Pretore di Borgo San Lorenzo, ordinanza 17 novembre 1976, G. U. 23 febbraio 
1977, n. 51. 

r.d. 5 giugn�o 1939, n. 1016, art. 32, �penultimo ed ultimo comma (art. 3 
della Costituzione). 
Pretore d:i Thiene, ordinanza 19 ottobre 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 

r.d. 9 settembre 1941, n. 1022 (art. 25, primo comma, de11a Costitu:zfone). 
Giudice istruttore del tribunale militare territoriale di Verona, ordinanza 
29 ottobre 1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanze (due), 18 marzo 1976, G. U. 23 febbraio 1977, 

n. 51. 
legge 23 dicembre 1949, n. 952, art. 1 (art. .3 de11a CostJituzione). 

Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 15 luglio 1976, G. U. 2 febbraio 1977, 

n. 31. 
legge 19 marzo 1955, n. 160, artt. 9 e 10 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il V.eneto, ordinanza 18 maggio 1976, 

G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 
legge 23 marzo 1956, n. 167, art. 8 {art. 3 �lella Costitu:ziione). 

Corte di cassazione, sezioni unite penali, ordinanza 23 ottobre 1976, G. U . 
.2 febbraio 1977, n. 31. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

14 

legge 27 novembre 1956, n. 1407, art. 5 (a.rtt. 3, primo comma, e 38 della 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 30 giugno 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 

legge 26 dicembre 1956, n. 14~3. art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rovigo, ordllinanza 3 maggio 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

legge 1,8 !n'arzo 1958, n. 312, art. 22, primo e terzo c:omma (art. 3, primo 
comma, della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta seZii6ne, ordinanza 11 giugno 1976, G. U. 2 febbraio 
1977, n. 31. 

d.P.R. 27 ottobre 1958, n. 956, art. 80, dodicesimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Chieri, or,dinanze (due) 24 gennaio 1976, G. U. 2 .e 16 febbraio 
1977, nn. 31 e 44. 

d.P.R. 27 ottobre 11958, n. 956, artt. 80 e 83. 
Pretore di Lodi, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

11egge 25 genna'io 1962, n. 210, art. 15 (artt. 3, 25, 90, 96, 101, 102, 104, 112 e 
134 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 8 lugliio 1976, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 13 giugno 1976, G. U. 
12 gennaio 1977, n. 10. 

legge 15 febbraio 1963, n. 151, art. 3 (artt. 5 e 81, ultimo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 5 luglio 1976, 

G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, terzo comma (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Arezzo, ordinanza 14 ottobre �1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

legge 24 febbraio 1967, n. 62, art. 13, terzo e quarto comma (art. 3, primo 
comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 11 giugno 1976, G. U. 2 febbraio 
1977, n. 31. 

legge 28 aprile 1967, n. 264, art. unico (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 4 febbraio 1976, 

G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 1O. 

Pretore di Siracusa, ordinanza 5 novembre 1976, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 

legge 2 ottobre 1967, n, 895 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Chiavenna, ordinanze (tre) 22 g,iugno 1976, G. U. 5 gennaio 1977, 


n. 4. 
legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 2 e 7 (art. 3 della Cosmtuzione). 
Tribunale di Rovigo, ordinanza 28 ottobre 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10). 

legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 43, lettera d (artt. 3, 4 e 76 deJ.la Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ordinanza 8 settembre 
1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

Pretore di Torino, ordinanza 16 novembre 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 20 (artt. 3, 4, 32 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, 01xLinanza 27 ottobre 1976. G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

d.P;R. 27 marzo 1969, n. llO, 'art. 133 (artt. 3, 4 e 76 de1la Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per <il Lazio, ordinanza 8 settembre 1976, 

G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 
Pretore di Torino, ordinanza 16 novembre 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 26 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Ferrara, ordinanza 19 ottobre 1976, G. U. 12 gel11Ilaio 1977, n. 10. 

legge 30 a.prile 1969, n. 153, art. 26, terzo comma, n. \2 (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 14 dicembre 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

legge 14 maggio 1969, n. 252, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 4 febbraio 1976, 


G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 
legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 7 (artt. 3 e 24 de11a Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 6 giugno 1974, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, primo, secondo e terzo comma 

(art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Pesaro, ordinanza 30 settembre 1976, G. U. 2 febbraio 1977, 

n. 31. 
legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Parma, ordinanza 23 ottobre 1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 


16 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, primo, secondo e quinto comma 

(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Parma, ordinanza 22 novembre 1976, G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art; 28 (artt. 3 e 24. primo e secondo comma, 
della Costituzione). 

Pr.etore di Torino, ordinanza 15 novembre 1976, G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 36, 52, 53, 81, quarto comma, 
117, 118 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 17 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Lecce, ordinanza 19 novembre 1976, G. U. 16 febbraio 
1977, n. 44. 

d.P.R. 26 �ottobre 1972, n. 636, art. 35 (art. 108 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Lucera, ordinanza 21 febbraio 
1975 G. U. 23 febb!'aio 1977, n. 51. 

d.P.lt. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Bologna, ordinanza 8 aprdle 
1976, G. U. 23 febbraio 1976, n. 51. 
Commissione tributaria di secondo grado di Verona, ordinanza 19 maggio 
1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 
Commissione tributaria di secondo grado di Avellino, ordinanza 23 settembre 
1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, artt. 1i1, 1,2, 16 (artt. 3, 21 e 53, primo comma, 
della Costituziol/-e). � 
Pretore di Livorno, ordinanza 4 ottobre 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 

d.P.R. 2�6 ottobre 197~. n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Imperia, ordinanza 11 novembre 
1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 341 (artt. 41 e 43 della Costituzione). 
Tribunale di Cremona, ordinanza 5 ottobre 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 17, primo comma (art. 3 della Costitumone). 


Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 25 maggio 
1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

f~ 


I: 
:

I



PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4, primo comma, lettera a (artt. 3, 
Commissione Tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 23 giugno 1976, 

G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1, terz:o comma (artt. 3, 4, 13, 15, 27, 
29, 31, 35, 37, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 23 giugno 1976, 

G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 34 (artt. 3, 4, 13, 15, 27, 29, 31, 35, 37, 
53, 76 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di pnimo grado di Torino, ordinanza 23 giugno 1976, 

G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 
legge 20 dicembre 1973, n. 831 (artt. 3, 35, 100, ultimo comma, 103 e 108, 
sec0J:1do comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 22 settembre 1976, 

G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 
d.,P.R. 29 dicembre 11973, n. 1092, art. 81, terz:o comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 4 febbraio 1976, 

G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. 
legge 7 giugno 1974, n. 2'20, art. 12 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 18 novembre 1976, G. U. 16 febbraio 1977, n. 44. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, artt. 22, 51, sesto, settimo ed ottavo 
comma, e 55 (artt. 3, 5, 13, 24, 25 e 117 della Costituzione). 

Pretore di Grosseto, ordinanza 23 ottobre 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 55 (artt. 3, 5, 25, secondo comma, 
e 117 della Costituzione). 

Pretore di Borgo San Lorenw, 011dinanza 17 novembre 1976, G. U. 23 febbraio 
1977, n. 51. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Chiavenna, ordinanze (tre) 22 giugno 1976, G. U. 5 geJl[laio 1977, 

n. 4. 
legge 14 ottobre 1974, n. 497, ,art. 2 (aa:tt. 3, 24, 25 della Costituzione). 

Tribunale di Larino, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 26 gennaio 1977, 

n. 24. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d;P,'R, 23 dicembre 1974, n. 688 (art. 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 
6 ottobre 1976, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 
Commissione tributaria di primo grado di Prato, ordinanze (tre) 11 ottobre 
1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

legge 10 agosto 1974, n. �852 (art. 3, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Vicenza, ordinall2Ja 1� luglio 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 

legge 14 aprile '1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 21 e 43 della Costituzione). 

Pretore di Gela, ordinanza 27 aiprile 1976, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 

legge reg. Emilia-Romagna 30 maggio 1975, n. 39, art. 1, tabella A (artt. 81, 
terzo e quarto comma, 3, ;primo comma, 117, primo comma, 123, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale .amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 9 giugno 
1976, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 

legge 22 luglio 1975, �n. 319, artt. 4, 7, 9 e tabelle allegate a, b, c, e ed f 

(artt. 3, 36, 38 e 53 della -Costituzione). 

Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 26 gennaio 
1977, n. 24. 

legge 26 luglio 1975, �n. 354, art. 54, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Sezione� di sorveglianza pr,esso il 1lribunale di Roma, ordinanza 24 agosto 
1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

�legge 10 dicembre 1975, n. 724, art. 7 (artt. 41 e 43 della Costituzione). 

Tribunale di Cremona, ordinanza 5 ottobre 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

legge 10 -maggio �19.76, n. 314, art. 21 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 12 novembre 1976, G. U. 16 febbraio 1977, 

n. 44. 
legge 10 maggio 1976, �n. 319, art. 26, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Rimini, ordinanza .21 �Settembre 1976, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. 

d.P.R. 9 novembre 1976 .�. n. 902 (art. 4, nn. 6 e 12, dello statuto regionale). 
fuesidente della giunta regionale F.riuli-Venezia Giulia, ricorso depositato 
il 15 febbraio 1977, n. 3, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

�l.P.R. 9 novembre 1976, n. 902, art. 28, secondo e quarto ~omma (art. 76 
della Costituzione). 

P�residente della giunta regionale deLla Sicilia, ricorso depositato il 9 febbraio 
1977, n. 2, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 


PARTB II, LEGISLAZIONE 

legge prov. Bolzano 1� dicembre 1976 (artt. 3, 4, 41 e 120 della Costituzione). 
Presidente del Consiglio dei Mini,stri, ricorso depositato il 28 dicembre 1976, 

n. 38, G. U. 12 gennaio 1977, n. 10. 
1legge reg. Lazio 2,2 dicembre 1976 (artt. 117 e 130 della Costituzione). 
Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato :il 22 gennaio 1977, 

n. l, G. U. 2 febbraio 1977, n. 31. 
legge regione Umbria 20 gennaio 1977 (artt. 117, 41, terzo comma, e 42, 
secondo comma, della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 16 febbraio 1977, 

n. 4, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 
legge regione Umbria 20 gennaio 1977 (art. 117 della Costituzione). 
Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 16 gennaio 1977, 

n. 5, G. U. 23 febbraio 1977, n. 51. 

CON-SULTAZIONI 


IMPOSTA VALORE AGGIUNTO 

Credito di un privato per rivalsa I.V.A. -Natura -Pignoramento presso terzi Ammissibilit� 
-(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 18). 

Se possa essere assoggettata a pignoramento presso terzi una somma dovuta. 
dallo Stato ad un privato a titolo di rivalsa per imposta sul valore aggiunto, e 
ci� anche nel caso che il tributo non sia stato ancora corrisposto dal soggetto 
passivo d'imposta (n. 5). 

IMPOSTA DI FABBRI�AZIONE 

Generi di monopolio e assimilati -Definizione amministrativa per reati punibili 
con pena non detentiva -Detenzione di accenditori automatici -Applicabilit� 


(d.l. 20 aprile 1971, n. 162; l. 18 giugno 1971, n. 375; l. 5 gennaio 1951, n. 27, 
artt. 10 e 11). 
Se, dopo l'entrata in vigore del d.l. 20 aprile 1971, n. 162 (convertito in legge 
18 giugno 1971, n. 375) che ha istituito un'imposta di fabbricazione sugli apparecchi 
di accensione ed abrogato le norme contenute nel d.d.l. 26 febbraio 1930, 

n. 105 e nel d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, debba ancora ritenersi applicabile il disposto 
degli artt. 10 e 11 della legge 3 gennaio 1951, n. 27, secondo cui chi abbia commesso 
reati punibili con la solo pena non detentiva, previsti dalle leggi relative ai generi 
di monopolio ed ai generi a questi assimilati, pu� chiedere all'Intendente 
di Finanza di definire il contesto con pagamento di una somma da stabilirsi entro 
i limiti minimi e massimi della pena (n. 25). 
Olio combustibile -Rottura dell'oleodotto -Dispersione del prodotto -Colpa grave 
del terzo -Abbuono del tributo -(l. 15 dicembre 1971, n. 1161, art. 20). 

Se, ai sensi dell'art. 20 della legge 15 dicembre 1971, n. 1161, sia possibile ottenere 
l'abbuono dei tributi gravanti su olio combustibile andato disperso a seguito 
di rottura dell'oleodotto prodotto da terzi per colpa grave (n. 26). 

IMPOSTE DIRETTE 

Addizionale -Pr� Calabria -Proroga -Applicabilit� per imposte relative a periodi 
anteriori al 31 dicembre 1972 -(l. 26 novembre 1955, n. 1177, art. 18; l. 19 maggio 
1967, n. 356). 

Se successivamente al 31 dicembre 1972, data indicata dalla legge di proroga 
19 maggio 1967, n. 356, l'art. 18 della legge 26 novembre 1955, n. 1177, relativa 
alla addizionale � pr� Calabria � sulle imposte dirette riscuotibili negli esercizi 
finanziari dal 1955/56 al 1966/67 sia ancora applicabile a quelle imposte afferenti 
periodi di imposta anteriori alla suddetta data, ma riscuotibili successivamente 
(n. 26). 

Imposta di R.M. e complementare -Trattato e convenzione C.E.C.A. -Dipendenti 
societ� minerarie -Corresponsione indennit� o.d. extra d'attesa -Assoggettabilit� 
al tributo -(l. 28 marzo 1968, n. 405; trattato internaz. 18 aprile 1951, 
art. 5; d.P.R. 16 ottobre 1954, n. 1270). 

Se, anteriormente all'entrata in vigore della legge di esenzione 28 marzo 1968, 

n. 405, siano soggette ad imposta di ricchezza mobile e complementare le c.d. � in

PARTE II, CONSULTAZIONI 21 

dennit� extra di attesa � corrisposte all'atto del licenziamento ai lavoratori di 
societ� minerarie carboniere in virt� dell'art. 5 del trattato internazionale 18 apri� 
le 1951 istitutivo della Comunit� Europea del Carbone e dell'acciaio e dell'art. 23 
della relativa convenzione (n. 27). 

Imposta fabbricati � Esenzione venticinquennale � Modificazione dell'utilizzazione 
dell'immobile � Effetti � (l. 2 febbraio 1960, n. 35, art. 1). 

Se la utilizzazione di un immobile per uso diverso da quello di abitazione di 
nuclei familiari comporti la sospensione -sin quando du~i tale differente desti� 
nazione -della esenzione venticinquennale dell'imposta sui fabbricati (n. 24). 

Imposta R.M. � Esenzioni e agevolazioni � Interessi su mutui contratti per costruzione 
abitazioni non di lusso � Proroga dei termini di ultimazione � Limiti � 

(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 18, 2� comma; l. 2 febbraio 1960, n. 35, art. 2; 
l. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1). 
Se il termine di ultimazione delle costruzioni per ottenere l'esenzione dal� 
l'imposta di ricchezza mobile cat. A sugli interessi sui mutui contratti per la 
costruzione;: di case di abitazione non di lusso ai sensi dell'art. 18, 2� comma, 
della legge 2 luglio 1949, n. 408 abbia ricevuto proroga per effetto dell'art. 2 della 
legge 2 febbraio 1960, n. 35 o dell'art. 1 della legge 19 iuglio 1961, n. 659 (n. 22). 

Imposta sui fabbricati . Autorimessa pubblica � Esenzione venticinquennale � 
Applicabilit� � Limiti . (l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13; d.P.R. 29 gennaio 1958, 

n. 645, art. 72; l. 11 luglio 1889, n. 6214, art. 8). 
Se l'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati di cui all'art. 13 
della legge 2 luglio 1949, n 408, applicata ad un complesso immobiliare abitativo 
sia estensibile ad una autorimessa costruita in separato edificio e costituente 
autonoma unit� funzionale destinata a sede di esercizio commerciale pubblico 
indipendente dal limitrofo fabbricato (n. 23). 

Imposta sul reddito delle persone fisiche � Professionisti�� Ritenuta d'acconto � 
Difensore � Distrazione spese e onorari � Pagamento � Applicabilit� � (d.P.R. 
29 settembre 1973, n. 699, artt. 23, 25 e 29; l. 3 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 5; 

l. 28 ottobre 1970, n. 901, art. 3; cod. pr-oc. civ. art. 98, 1� c�mma). 
Se le Amministraiioni dello Stato debbano applicare la ritenuta d'acconto pre� 

vista dall'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 relativa all'imposta sul reddito 
delle persone fisiche, sui pagamenti dovuti ai difensori delle controparti vit� 
toriose in giudizio in favore dei quali siano stati emessi provvedimenti giudiziali 
di distrazione delle spese e onorari liquidati nella sentenza di condanna ai sensi 
dell'art. 93, 1� comma cod. proc. civ. (n. 28). 

Imposte dirette � Condono -Giudizio in corso � Sospensione � Definizione senza 
ulteriore iscrizione a ruolo -Applicabilit� (l. 19 dicembre 1973, n. 823, artt. 2 
e 11). 

Se si applichi la sospensione del giudizio prevista dall'art. 11 della legge 
19 dicembre 1973, n. 823, relativa alle norme per agevolare la definizione delle 
pendenze in materia tributaria, nel caso in cui la definizione della vertenza 
fiscale avvenga senza che vi sia ulteriore iscrizione a ruolo per effetto della defi� 
nizione anzidetta (n. 13). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

22 

Sanzioni per la violazione -Omessa o infedele dichiarazione di redditi altrui di 
lavoro subordinato -Sanzioni relative alla frode fiscale -Cumulabilit� 


(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 127, 1� comma, 143, 243, 245, 246 e 25 ). 
Se alle sanzioni fiscali previste dall'art. 252 del t.u. delle leggi sulle imposte 
dirette 29 gennaio 1958, n. 645, che contempla la frode fiscale, siano cumulabili 
quelle previste dagli artt. 243 e 245 dello stesso t.u., che contemplano, rispettiv~
ente, l'omessa e tardiva dichiarazione e l'infedele dichiarazione, nella ipotesi 
di cui all'art. 46 dello stesso t.u. concernente la omissione o infedelt� della dichiarazione 
concernente redditi di lavoro subordinato per i quali siano state gi� 
operate le ritenute prescritte dall'art. 127, 1� comma, e dall'art. 143 (n. 25). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Base imponibile -Determinazione -Detrazioni -Impianti elettrici E.S.E. -Contributi 
statali o regionali per la realizzazione -Quote di ammortamento Detraibilit� 
-(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83 lett. e). 

Se siano detraibili ai fini della determinazione del reddito netto da assoggettare 
all'imposta di ricchezza mobile (cat. B) e dell'imposta sulle societ� le 
quote annuali di ammortamento relative ad impianti dell'Ente Siciliano di Elettricit� 
-E.S.E. -realizzati con contributi dello Stato e della Regione Siciliana 
per i quali non venga corrisposta l'imposta di ricchezza mobile per ritenuta diretta 
o per rivalsa (n. 64). 

Imposta di R.M. e complementare -Trattato e convenzione C.E.C.A. -Dipendenti 
societ� minerarie -Corresponsione indennit� o.d. extra d'attesa � Assoggettabilit� 
al tributo -(l. 28 marzo 1968, n. 405; trattato internaz. 18 aprile 1951, 
art. 5; d.P.R. 16 ottobre 1954, n. 1270). 

Se, anteriormente all'entrata in vigore della legge di esenzione 28 marzo 1968, 

n. 405, siano soggette ad imposta di ricchezza mobile e complementare le o.d. 
� indennit� extra di attesa� corrisposte all'atto del licenziamento ai lavoratori di 
societ� minerarie carboniere in virt� dell'art. 5 del trattato internazionale 18 aprile 
1951 istitutivo �della Comunit� Europea del Carbone e dell'acciaio e dell'art. 23 
della relativa convenzione (n. 65). � 
IMPOSTE E TASSE 

Addizionale � Pro Calabria � Proroga -Applicabilit� per imposte relative a periodi 
anteriori al 31 dicembre 1972 -(l. 26 novembre 1955, n. 1177, art. 18; l. 19 maggio 
1967, n. 356). 

Se successivamente al 31 dicembre 1972, data� indicata dalla legge di proroga 
19 m~ggio 1967, n. 356, l'art. 18 della legge 26 novembre 1955, n. 1177, relativa alla 
addizionale � pro Calabria � sulle impo~te dirette riscuotibili negli esercizi finanziari 
dal 1955/56 al 1966/67 sia ancora applicabile a quelle imposte afferenti periodi 
di imposta anteriori alla suddetta data, ma riscuotibili successivamente 

(n. 594). 
Condono tributario -Controversia pendente -Relativa alla sola sopratassa -Ap� 
plicabilit� -(d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 6, 1� comma; l. 19 dicembre 1973, 

n. 823). 
Se, nella ipotesi in cui sia in discussione la debenza della sola sopratassa 
inerente ad una imposta per la quale non esista o non esista pi� controversia, 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

possa, ai sensi dell'art. 6, 1� comma, del d.l. 5 novembre 1973, n. 660 (convertito 
con modificazioni in legge 19 dicembre 1973, n. 823), trovare applicazione il c.d. 
condono tributario (n. 596). 

Esenzioni e agevolazioni -Decadenza -Imposta normale -Riscossione -In pendenza 
di ricorso �Sopravvenienza delle nuove norme� Effetti -(d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 624, artt. 10, 2� comma e 54; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 7, 
2� comma e 145 3� comma). 

Se per la riscossione delle normali imposte di registro liquidate per decadenza 
dalle agevolazioni fiscali inizialmente concesse in via provvisoria, su atti 
registrati anteriormente al 1� gennaio 1973, debba, in pendenza di ricorso del 
contribuente, osservarsi la disciplina dettata dall'art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 634 per le imposte complementari sul maggior valore accertato dall'ufficio e 
per le imposte suppletive (n. 592). 
Sanzioni per la violazione -Omessa o infedele dichiarazione di redditi altrui di 
lavoro subordinato -Sanzioni relative alla frode fiscale -Cumulabilit� -( d.P.R. 
29 gennaio 1958, n. 645, artt. 127, 1� comma, 143, 245, 246 e 252). 

Se alle sanzioni fiscali previste dall'art. 252 del t.u. delle leggi sulle imposte 
dirette 29 gennaio 1958, n. 645, che contempla la frode fiscale, siano cumulabili 
quelle previste dagli artt. 243 e 245 dello stesso t.u., che contemplano, rispetti� 
vamente, l'omessa o tardiva dichiarazione e l'infedele dichiarazione, nella ipotesi 
di cui all'art. 246 dello stesso t.u. concernente la omissione o infedelt� della di, 
chiarazione concernente redditi di lavoro subordinato per i quali siano state gi� 
operate le ritenute prescritte dall'art. 127, 1� comma, e dall'art. 143 (n. 593). 

Soggetti passivi -Solidariet� -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal 
debitore d'imposta -Efficacia � Estensione -Limiti -(r.d. 30 dicembre 1973, 

n. 3259, artt. 140 e 141; cod. civ. artt. 1310, 1� comma, 2943, 1� comma e 2945, 
2� comma). 
Se in materia tributaria possa trovare applicazione il disposto dell'art. 1310, 
1� comma, cod. civ. circa la estensione degli effetti interruttivi della prescrizione 
rispetto ai condebitori solidali dell'imposta, qualora la interruzione derivi da un 
atto dello stesso debitore (nella specie: opposizione ad ingiunzione fiscale ai 
sensi dell'art. 141 della L.0.R.) (n. 596). 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Esenzioni e agevolazioni -Edilizia abitativa -Trasferimento dell'immobile -Destinazione 
a residence -Applicabilit� -(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). 

Se al trasferimento di un immobile destinato a casa-�lbergo (c.d. residence) 
siano applicabili le agevolazioni tributarie in materia di imposta di registro e 
ipotecarie previste per l'edilizia abitativa dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, 

n. 408 (n. 11). 
Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Acquisto di area da 
parte del Comune in attuazione PETP -Tassa fissa -Applicabilit� -(l. 29 giugno 
1943, n. 666; l. 18 giugno 1962, n. 167, artt. 9 e 20). 

Se l'acquisto di un'area fatto dal Comune in attuazione del piano per l'edilizia 
economica e popolare a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, il cui art. 9 
prevede la immediata espropriabilit� di .aree da destinare alla viabilit� e alle 
opere pubbliche, possa godere delle agevolazioni delle imposte fisse minime di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura � Difetto di giurisdizione 
dell'A.G.O. -Limiti -(l. 14 agosto 1967, n. 800; r.d. 6 giugno 1924, n. 1954, art. 29, � 

n. 1; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2� comma; l. 11 giugno 1973, n.533, 
art. 1; c.p.c., art. 409). 
Se il contratto di scrittura teatrale, inteso come contratto di lavoro subordinato 
a termine, stipulato con un Ente lirico, come _tale avente natura di Ente 
pubblico non economico ai sensi della 1. 14 gennaio 1967, n. 800, dia luogo a 
rapporto di impiego pubblico, sottoposto �alla giurisdizione celusiva del giudice 
amministrativo (n. 91). � 

Lavoro subordinato -Impiego pubblico -Assunzione obbligatoria -Limite percentuale 
complessivo -Invalidi -Regime transitorio -(l. 2 aprile 1968, n. 482, 
art. 80). 

Se, anche nel regime transitorio di cui all'art. 80, I. 2 aprile 1968, n. 482, 
l'obbligo di assunzione di invalidi imposto alle aziende private ed alle pubbliche 
amministrazioni sia limitato all'aliquota complessiva del 15 % del personale in 
servizio, anche ove non risultino coperte le percentuali relative a singole categorie 
tutelate (n. 92): 

Statuto dei lavoratori -Repressione di condotta antisindacale -Decreto del pretore 
-Capo di condanna alle spese -Esecutivit� immediata -(l. 20 maggio 
1970,. n. 300, art. 28,� cod. proc. civ., art. 91). 

Se il decreto del pretore emesso ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 
1970, n. 300, sia immediatamente esecutivo anche per il capo relativo alla 
refusione delle spese del procedimento pretorile, pur in pendenza di opposizione 
al decreto innanzi al Tribunale (n. 93). � 

LEGGI E DECRETI 

Tariffe ferroviarie -Modifiche approvate con decreto ministeriale -Pubblicazione 
-Modalit� -(r.d.l. 5 gennaio 1940, n. 9, art.� 6, lett. C e D; l. 13 maggio 
1940; n. 674, art. 6, lett. C e D; r.d. 24 settembre 1931, n. 1256,. art. 7). 

Se le modificazioni delle tariffe ferroviarie che possono essere approvate 
con decreti ministeriali ai sensi dell'art. 6, lett. c) e d) r.d.l. 25 gennaio 1940, n. 9, 
convertito in legge 13 maggio 1940, n. 674, debbano essere obbligatoriamente pubblicate 
nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 7 del r.d. 24 settembre 1931, 

n. 1256, ovvero sia sufficiente che le stesse siano pubblicate soltanto nel bollettino 
ufficiale del Ministero dei Trasporti (n. 19). 
LOCAZIONI DI COSE . 

Immobili urbani -Locazioni passive della P.A. -Regime vincolistico � Applicabilit� 
-(d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1; l. 26 novembre 1969, n. 833; d.l. 
26 ottobre 1970, n. 745, art. 56). 

Se il regime vincolistico di proroga� legale e blocco dei canoni stabilito dal 

d.l. 24 luglio 1973, n. 426, si applichi anche alle locazioni passive di immobili 
urbani stipulate dalle Amministrazioni statali per disporre di locali necessari ad 
uffici o servizi (n. 150). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

Locazione di immobili urbani -Normativa vincolistica -Legalizzazione de.i precedenti 
aumenti dei canoni correnti al 1� gennaio 1971 operata pro parte 
dalla legge 12 agosto 1974, n. 351 -Liceit� di �umenti 'successivi negli stessi 
limiti -Esclusione -(art. 1 bis comma primo legge 12 agosto 1974, n. 351). 

Se la legalizzazione degli aumenti gi� in precedenza apportati, nel limite 
del 10 % del canone locativo corrente alla data del 1� gennaio 1971, disposta 
dall'art. 1 bis, 1� comma, I. 12 agosto 1974, n. 351, per i contratti di locazione cli 
immobili urbani stipulati dopo il 1� dicembre 1969 adibiti ad uso di abitazione 
non soggetti a proroga, comporti la liceit�, entro tale limite, di aumenti successivi 
all'entrata in vigore della disposizione predetta relativamente a canoni rimasti 
invariati dal 1� gennaio 1971 (n. 149). 

Locazio.n{ di immobili urbani -Regime vincolistico -Applicabilit� alle locazioni 
passive della P.A. -(d.l. 25 giugno 1975, n. 225; l. 31 luglio 1975, n. 363). 

Se le disposizioni sul blocco dei canoni e la proroga dei contratti di locazione 
di cui al dJ. 19 giugno 1974, n. 236, e successivi provvedimenti legislativi 
(attualmente d.l. 25 giugno 1975, n. 225, e legge di conversione 31 luglio 1975, 

n. 363, siano applicabili alle locazioni passive della P .A. (n. 151). 
MEZZOGIORNO 

Cassa per il Mezzogiorno e entf concessionari -Appalti -Capitolato Generale 
LL.PP. -Applicabilit� -(l. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d.P.R. �16 luglio 1962, 

n. 1063). 
Se gli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi concessionari-
siano da considerare, in virt� dell'art. 8 della legge 10 agosto 1950, n. 646, 
alla ste~sa stregua di� quelli stipulati dallo Stato e siano pertanto ad essi applicabili 
le norme regolamentari contenute nel Capitolato Generale dei LL.PP. 

(n. 64). 
Cassa per il Mezzogiorno e enti concessionari -Appalti -Capitolato Generale 
LL.PP. -Norme dispositive -Derogabilit� Capitolato Generale Cassa -Norme 
difformi -Limiti di applicabilit� -( d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). 

Se negli� appalti � stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi 
concessionari l'obbligo di uniformarsi alle difformi disposizioni del Capitolato 
Generale. della Cassa possa� valere soltanto nell'ambito delle regole del Capitolato 
Generale dei LL.PP. aventi carattere dispositivo (n. 65). 

Cassa per il Mezzogiorno e enti concessionari -Appalti � Competenza arbitrale 
� Esclusione � Termine � (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47). 

Se l'art. 47 del Capitolato Generale dei LL.PP. che stabilisce il termine cli 
giorni 30 per l'esercizio della facolt� cli esclusione della competenza arbitrale 
prevalga sull'analogo art. 48 del Capitolato Generale della Cassa che fissa il dett0> 
termine in giorni 60 (n. 66). 

Fermo amministrativo -Enti pubblici diversi dallo Stato � Applicabilit� � Limiti 


(r.d. 20 novembre 1923, n. 2440, art. 69, ultimo comma; l. 10 agosto 1950, n. 646, 
art. 8). 
Se il fermo amministrativo dei crediti della P .A. di cui all'art. 69, ultimo� 
comma, della legge di contabilit� generale dello Stato sia invocabile a favore 
di Enti pubblici che non siano soggetti in via generale alle norme sulla contabilit� 
dello Stato (n. 67). 


28 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STA'fO 

MILITARI 

Dipendente militare -Procedimento penale avanti Tribunale Militare -Patrocinio 
dell'Avvocatura -(r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611,' art. 44). 

Se possa concedersi, ai sensi dell'art. 44 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, il 
patrocinio legale dell'Avvocatura dello Stato a favore di un militare soggetto a 
procedimento penale presso il tribunale militare (n. 29). 

MONOPOLIO 

Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione dei 
monopoli -Accreditamento del prezzo -Criteri di determinazione -(l. 17 luglio 
1942, n. 907, art. 109). 

Se in caso di sequestro di generi di monopolio per violazione della legge 
sui monopoli, il prezzo da accreditare per la devoluzione all'Amministrazione 
della merce sequestrata debba corrispondere al valore di mercato dei beni 
ovvero a quanto effettivamente ricavato dall'Amministrazione con la loro utilizzazione 
(n. 53). 

Generi di monopolio e assimilati -Definizione amministrativa per reati punibili 
con pena non detentiva -Detenzione di accenditori automatici -Applicabilit� 


(d.l. 20 aprile 1971, n. 162; l. 18 giugno 1971, n. 375; l. 3 gennaio 1951, n. 27, 
artt. 10 e 11). 
Se, dopo la entrata in vigore del d.I. 20 aprile 1974, n. 162 (convertito in legge 
18 giugno 1971, n. 375) che ha istituito un'imposta di fabbricazione sugli appa� 
recchi di accensione ed abrogato le norme contenute nel r.d.I. 26 febbraio 1930, 

n. 105, e nel d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, debba ancora ritenersi applicabile il 
disposto degli artt. 10 e 11 della legge 3 gennaio 1951, n. 27, secondo cui chi 
abbia commesso reati punibili con la sola pena non detentiva, previsti dalle 
leggi relative ai generi di monopolio ed ai generi a questi assimilati, pu� chiedere 
all'Intendente di Finanza di definire il contesto con pagamento di una somma 
da stabilirsi entro i limiti minimi e massimi della pena (n. 55). 
Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce 
sequestrata -Modalit� e competenza -(l. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 140; 

l. 17 luglio 1942, n. 907, art. 109; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 333�. 
Se, concorrendo con la violazione alla legge sui monopoli la violazione alla 
legge doganale, i provvedimenti relativi all'utilizzazione del tabacco lavorato 
estero sequestrato debbano essere adottati ai sensi dell'art. 109 della legge sui 
monopoli (automatica devoluzione all'Amministrazione con accreditamento del 
prezzo) ovvero ai sensi dell'art. 140 (ora 333) della legge doganale (vendita previo 
provvedimento dell'Autorit� giudiziaria) (n. 54). 

NAVI 

Navigazione marittima -Navi sommerse costituenti pericolo o intralcio -Ordine 
di rimozione -Scadenza del termine -Effetti sul trasferimento della propriet� 
del relitto -(cod. nav. art. 73, 1� e 2� comma; reg. nav. mar. art. 92, 
1� comma). 

Se il semplice ordine di rimozione del relitto di nave sommersa, dalla quale 
possa derivare un pericolo o un intralcio alla navigazione, impartito dall'autorit� 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

marittima al proprietario ai sensi dell'art. 73, 1� e 2� comma, cod. nav., determini 
automaticamente alla scadenza del termine in esso fissato, il passaggio di 
propriet� del relitto in capo allo Stato, facendo sorgere un onere per lo Stato 
di provvedere direttamente alla rimozione stessa (n. 140). 

Navigazione marittima � Navi sommerse costituenti pericolo o intralcio � Poteri 
dell'autorit� marittima -Recupero dei privati -Rapporto � (cod. nav. art. 73; 
cod. nav. art. 501; cod. nav. art. 507; reg. nav. mar. art. 450). 

Se, nel caso di sommersione di navi da cui possa derivare pericolo o intralcio 
alla navigazione, l'Autorit� marittima sia obbligata a far uso dei poteri conferitile 
dall'art. 73 cod. nav. quando il recupero possa avvenire ad opera dei privati 
nelle forme ordinarie di cui all'art. 501 cod. nav. e tale recupero si ravvisi preferibile 
(n. 139). 

Navigazione marittima -Piloti -Trattamento di quiescenza � Marittimi abilitati 
al pilotaggio -Riconoscimento � (cod. nav, artt. 89, 94 e 96; d.P.R. 15 febbraio 
1952, n. 328, artt. 109, 116 e 122). 

Se i piloti nominati ex art. 109 del regolamento per la Navigazione Marittima 
abbiano titolo al riconoscimento, agli effetti del trattamento di quiescenza, del 
periodo di servizio quali marittimi abilitati al pilotaggio a sensi dell'art. 96 cod. 
nav (n. 138). 

Nave italiana -Vendita giudiziale -A societ� panamense � Autorizzazione ministeriale 
-Dismissione di bandiera � Trattato italo-panamense � Deroga ai 
principi -(trattato internazionale 7 ottobre 1965, art. 25; l. 12 febbraio 1968, 

n. 308; trattato internazionale 5 novembre 1948, art. 26; l. 3 luglio 1950, n. 886; 
cod. nav. artt. 156 e 157). 
Se, nel caso di vendita giudiziale di nave italiana a una societ� panamense, 
si possa rinvenire nel trattato internazionale bilaterale tra Italia e Panama del 
7 ottobre 1965, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 12 febbraio 1968, 

n. 308, in base alla eventuale presenza della clausola della nazione pi� favorita, 
una deroga al principio desumibile dal codice della navigazione, secondo cui 
l'acquisto, anche mediante vendita giudiziale, di una nave italiana da parte di 
uno straniero � soggetto ad autorizzazione ministeriale e al procedimento di 
dismissione di bandiera (n. 137). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Forniture -Inadempienza per sciopero incidente sul sub-fornitore � Responsabilit�. 


Se il fornitore che non adempia o ritardi ad adempiere a causa di scioperi 
che colpiscano l'attivit� del suo sub-fornitore possa invocare la causa di forza 
maggiore (n. 58). 

OPERE PUBBLICHE 

Appalto � Contabilizzazione dei lavori -In assenza dell'appaltatore � Facolt� o 
obbligo � Ritardo -Effetti sull'obbligo degli interessi � (r.d. 17 marzo 1932, 

n. 366, artt. 16, 32, 4� comma, e 46, 6� comma). 
Se la possibilit� di procedere alla contabilizzazione dei lavori in assenza 
dell'appaltatore sia da ritenere una facolt� dell'Amministrazione appaltante ovvero 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

un obbligo del cui inadempimento l'Amministrazione sia tenuta a rispondere 
eon la conseguenza che, per il ritardo di detta contabilizzazione, siano dovuti 
dall'Amministrazione gli interessi moratori sui pagamenti in acconto (n. 136). 

Appalto opere pubbliche -Garanzia fideiussoria in luogo delle ritenute sui pagamenti" 
iii conto -Applicabilit� ai pagamenti effettuati prima dell'entrata in 
Vigore l. 12 gennaio 1974, -n. 8. 

Se la facolt� concessa agli appaltatori di opere pubbliche dell'art. 1 della 
legge 12 gennaio 1974, n. 8, di costituire anche per i contratti in corso di esecuzione 
garanzia fideiussoria in sostituzione delle ritenute di garanzia sui pagamenti 
in conto, possa essere esercitata anche in relazione alle ritenute gi� 
applicate sui pagamenti in conto efiettuati prima dell'entrata in vigore della 
legge (n. 137). 

'Appalto di opere pubbliche -Sospensione di lavori illegitt�ma -Aggravio di 
�spese generali -Determinazione dell'indennizzo spettante (d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063). 
In qual modo debba determinarsi l'indennizzo per le spese generali aggravate 
a danno dell'impresa appaltatrice di opere pubbli�he in conseguenza di 
sospensione di lavori illegittime (n. 138). 

Cassa per il Mezzogiorno e enti concessionari -Appalti -Capitolato Generale 
LL.PP. -Applicabilit� -(l. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063): 
Se gli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi conces� 
sionari siano da considerare, in virt� dell'art. 8 della� legge 10 agosto 1950, n. 646, 
alla stessa stregua di quelli stipulati dallo Stato e siano pertanto ad essi appli� 
cabili le norme regolamentari contenute nel Capitolato Generale dei LL.PP. 

(n. 133). 
Cassa per il Mezzogiorno e �enti concessionari -Appalti -Capitolato Generale 
� Ll.PP. -Norme dispositive -Derogabilit� Capitolato Generale Cassa � Norme 
difformi -Limiti di applicabilit� -(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). 

Se negli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi con� 
cessionari l'obbligo di uniformarsi alle difformi disposizioni del Capitolato G�nerale 
della Cassa possa valere soltanto nell'ambito delle regole del Capitolato 
Generale dei LL.PP aventi carattere dispositivo (n. 134). 

Cassa per il Mezzpgiorno e enti concessionari -Appalti -Competenza arbitrale Esclusione 
-Termine -(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47). 

Se l'art. 47 del Capitolato Generale dei LL.PP. che stabilisce il termine di 
giorni 30 per l'esercizio della facolt� di esclusione della competenza arbitrale 
prevalga sull'analogo art. 48 del Capitolato Generale della Cassa che fissa il detto 
termine in giorni 60 (n. 135). 

Ritardi nei pagamenti degli acconti e del saldo -Interessi moratori -Onere di 
riserva -(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37 e 54,� d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, artt. 35 e 36). 
Se in materia di interessi moratori per ritardo dell'Amministrazione nei 
pagamenti della rata di acconto e della rata di saldo in favore dell'appaltatore 
sussista a carico di quest'ultimo l'onere della tempestiva riserva in applicazione 
degli artt. 36, 37 e 54 del rd. 25 maggio 1895, n. 350 (n. 132). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

PARTE CIVILE 

Assicuratore -Surroga nei diritti dell'assicurato -Danneggiato -Costituzione di 
parte civile -Inammissibilit� -(art. 22 cp.p.; r.d. 16 agosto 1939,, n. 1275). 

Se l'assicuratore (hell�. specie l'Ammlnistrazione P.T. che agisce in surrogazione 
quale istituto assicuratore dei propri � dipendenti) possa costituirsi �parte 
civile nel processo penale contro il danneggiante in relazione all'avvenuto pagamento 
delle indennit� all'assicurato (dip'endente) d�nneggiato (n. 13). � 

PENSIONI 

Navigazione marittima -Piloti -Trattamento di quiescenza -Marittimi abilitati 
al pilotaggio -Riconoscimento -(cod. nav., artt. 89, 94 e 96; d.P.R. 15 febbraio 
1952, n. 328, artt. 109, 116 e 122). 

Se i piloti nominati ex art. 109 del regolamento per la Navigazione Marittima 
abbiano tit�lo al riconoscimento, agli effetti del trattamento di quiescenza, del 
periodo di servizio quali marittimi abilitati al pilotaggio ai sensi dell'art. 96 
cod. nav. (n. 146). 

PORTI 

Porto di Venezia -Servizi portuali -Competenza alla determinazione delle relative 
tariffe -(art. 1, lett. G, l. 12 gennaio 1974, n. 6; art. 101 CN; art. 91 CN). 

Se competa al Provveditorato al porto di Venezia ovvero alla Capitaneria 
di Porto la determinazione (e la revisione) delle tariffe dei servizi portuali 

(n. 18). 
POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Utenze telex -Canoni -Credito -Privilegio dell'amministrazione -(d.P.R. 29 mar 
zo 1973, n. 156, art. 253; cod. civ., artt. 2745 e 2752). 

Se il credito dell'Arnministr~zione delle Poste e Telecomunicazioni per canoni 
di utenza telex abbia natura privilegiata ovvero chirograferia (n. 152). 

Utenze telex . Canoni -Natura -(d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 253). 

Quale sia la natura economica e giuridica dei canoni di utenza telex di cui 
all'art. 253 del codice postale approvato con d.P.R. 29 marzo .1973, n. 156 (n. 151). 

PRESCRIZIONE 

Soggetti passivi � Solidariet� -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal 
debitore d'imposta � Efficacia -Estensione -Limiti -(r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3259, artt. 140 e 141; cod. civ., artt. 1310, 1� comma, 2943, 1� comma, e 
2945, 2� comma). � 
Se in materia tributaria possa trovare applicazione il disposto dell'art. 1310, 
1� comma, cod. civ. circa la estensione degli effetti interruttivi della prescrizione 
rispetto ai condebitori solidali dell'imposta, qualora l'interruzione derivi da un 
atto dello stesso debitore (nella specie: opposizione ad ingiunzione fiscale ai 
sensi dell'art. 141 della L.0.R.) (n. 89). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

32 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Invalidi civili -Pensione sociale -Somme anticipate dagli ECA � Rimborso � 
Legittimazione -(l. 6 agosto 1966, n 625, art. 5; l. 13 ottobre 1969, n. 743, 
art. 2; d.l. 14 gennaio 1970, n. 2; l. 11 marzo 1970, n. 74). 

Se spetti alle Prefetture, e con quali modalit�, l'azione di rimborso delle 
somme anticipate dagli Enti Comunali di Assistenza a mutilati ed invalidi civili 
in attesa della corresponsione agli stessi della pensione sociale da parte dell'Istituto 
Nazionale Previdenza Sociale (n. 108). 

Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. � Interessi moratori 
-Debenza. -Limiti -(cod. civ., art. 1282; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
art. 77). 

Se le Amministrazioni dello Stato che siano inadempienti all'obbligo del 
versamento dei contributi previdenziali dovuti per legge siano altres� tenute 
alla corresponsione di somme aggiuntive a titolo di interessi moratori per il 
periodo anteriore alla emissione del titolo di spesa (n. 107). 

PREZZI 

Disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo -Carni fresche e bestiame vivo 
da macello -(d.l. 4 luglio 1973, n. 327, conv. in l. 4 agosto 1977, n. 496, art. 2, 
�n. 1; d.m. 3 agosto 1973, art. 13). 

Se il regime del blocco dei prezzi fissato per le carni fresche di qualunque 
specie animale si applichi anche al bestiame vivo da macello (n. 75). 

PRIVILEGI 

Utenze telex� Canoni� Credito � Privilegio dell'amministrazione -(d.P.R. 29 marzo 
1973, n. 156, art. 253; cod. civ., artt. 2745 e 2752). 

Se il credito dell'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni per canoni 
di utenza telex abbia natura privilegiata ovvero chirograferia (n. 12). 

REATI FINANZIARI 

Generi di monopolio e assimilati � Definizione amministrativa per reati punibili 
con pena non detentiva � Detenzione di accenditori automatici -Applicabilit� 
� (d.l. 20 aprile 1971, n. 162; l. 18 giugno 1971, n. 375; l. 3 gennaio 1951, 

n. 27, artt. 10 e 11). 
Se, dopo l'entrata in vigore del d.l. 20 aprile 1971, n. 162 (convertito in legge 
18 giugno 1971, n. 375) che ha istituito un'imposta di fabbricazione sugli apparecchi 
di accensione ed abrogato le norme contenute nel r.d.l. 26 febbraio 1930, 

n. 105, e nel d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, debba ancora ritenersi applicabile il 
disposto degli artt. 10 e 11 della 1. 3 gennaio 1951, n. 27, secondo cui chi abbia 
commesso reati punibili con la sola pena non detentiva, previsti dalle leggi 
relative ai generi di monopolio ed ai generi a questi assimilati, pu� chiedere 
all'Intendente di Finanza di definire il contesto con pagamento di una somma 
d� stabilirsi entro i limiti minimi e massimi della pena (n. 16). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

REGIONE FRIULI �VENEZIA GIULIA 

Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit� amministrativa Accertamento 
-Giudizio di responsabilit� -Competenza -(r.d. 12 luglio 1934, 

n. 1214, art. 52; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83; d.P.R. 10 gennaio 1957, 
n. 3, art. 19; Cost~, art. 103). 
Se la competenza ad accertare la responsabilit� di dipendenti della Regione 
Friuli�Venezia Giulia, che con il loro comportamento abbiano arrecato danno 
all'Amministrazione da cui dipendono e a promuovere il relativo giudizio di 
responsabilit�. spetti alla Corte dei Conti (n. 2). 

REGIONE VALLE D'AOSTA 

Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL -Competenza -(Statuto Valle d'Aota, articoli 
5, 7, 8, 9, 18). 

Se, fino a quando non vengano emanati provvedimenti legislativi che modifichino 
l'attuale normativa, l'adozione di provvedimenti di concessione all'ENEL, 
a scopo idroelettrico, di acque pubbliche esistenti in Val d'Aosta spetti allo 
Stato ovvero alla Regione a statuto speciale Valle d'Aosta (n. 1). 

REGIONI 

Molluschicoltura � Poteri di vigilanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli Autorizzazione 
alla coltivazione -Competenza -(d.P.R. 14 gennaio 1972, n. J, 
art. 13, n. 15; l. 4 luglio 1929, n. 1315, art. 1). 

Se nei poteri di vigilanza in materia di molluschicoltura, il cui esercizio � 
stato delegato alle Regioni a statuto ordinario in forza dell'art. 13, n. 15 del d.P .R. 
14 gennaio 1972, n. 4, sia compresa anche la competenza a ril~sciare autorizzazioni 
per la coltivazione dei molluschi eduli ai sensi dell'art. 1 della legge 4 luglio 1929, 

n. 1315 (n.224). 
Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione di poteri statali -Estensione -(d.P.R. 
26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). 

Se per effetto degli artt. 22 e .30 del d.P.R. 6 agosto 1965, n. 1116, che hanno 
attribuito alla Regione Friuli-Venezia Giulia i poteri gi� spettanti allo Stato in 
materia di espropriazione per pubblica utilit�, siano da ritenere trasferiti alla 
Regione suddetta i poteri espropriativi con riguardo ad ogni tipo di espropria~ 
zione (con esclusione solo di quelle riguardanti opere a carico dello Stato) ovvero 
solo con riguardo alle espropriazioni per l'esecuzione di opere pubbliche in senso 
stretto (n. 220). 

Regione Friuli-Venezia Giulia -Espropriazioni per la zona industriale di Trieste Opere 
portuali� Competenza -(d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). 

Se la competenza in materia di espropriazioni per opere portuali a favore 
dell'Ente Zona Industriale di Trieste (E.Z.I.T.) sia da ritenere ricompresa nell'attribuzione 
dallo Stato alla Regione Friuli-Venezia Giulia dei poteri in materia 
operata con gli artt. 22 e30 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, ovvero sia rimasto 
allo Stato (n. 221). 


I

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

Regione Marche -Legge n. 6/1973 sulla protezione della flora -Costruzione di !inuove strade da parte dell'ANAS -Rispetto della legge -(art. 1 legge Regione 
Marche 22 febbraio 1973, n. 6; art.' 5 legge Regione Marche 22 febbraio 1973, 

n. 6). 
I

Se l'ANAS sia tenuta, nel tracciare ed eseguire nuovi tronchi di strade statali, 
all'osservanza della legge della Regione Marche sulla protezione della flora, che I 
vieta in modo assoluto l'abbattimento degli alberi di alto fusto secolari e di 
particolare valore naturalistico ed ambientale della specie da essa indicate (n. 222). 

Trasferimento degli uffici dallo Stato alle Regioni -Consiglio Provinciale di Sanit� 
-Potere di nomina dei membri non di diritto -Spettanza -(d.P.R. 11 febbraio 
1961, n. 257, art. 12; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 12, 2� comma, lett. A). 

Se a seguito del trasferimento dallo Stato alla Regione degli uffici periferici 
del Ministero della Sanit� e di altri organi competenti in materia sanitari e 
ospedaliera, operato dall'art. 12 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, il Prefetto conservi 
tuttora il potere di nomina dei membri non diritto del Consiglio Provinciale 
di Sanit� ai sensi dell'art. 12 del d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 257, ovvero tale potere 
debba essere ora esercitato dal competente organo regionale (n. 223). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Responsabilit� civile -Trattati e convenzioni internazionali -Trattato Nato -Danni 
a stato contraente -Legittimazione attiva stato di soggiorno -(convenzione di 

I i

Londra 19 giugno 1951, arft. 8, n. 5,� l. 30 novembre 1955, n. 1335). 

Se in forza della convenzione di Londra sulla Nato lo stato di soggiorno 
sia legittimato a richiedere in� gi�dizio il risarcimento dei danni subiti, ad opera 
di terzi, da altri stati contraenti d�ll'esecuzione dei servizi previsti (n. 281). I 

I

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa -Istituzione e funzionamento dei 
T'.A.R. -Rimessione -(l. 11 giugno 1971, n. 426, art. 32; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, 

I 

artt. 38 e 42). 

I 
! 

Se, in ordine a un ricorso proposto dinanzi alla Giunta Provinciale Amministrativa 
ai sensi dell'art. 32 della 1. 11 giugno 1971, n. 426, una volta sopravvenuta 
la istituzione e il funzionamento dei tribunali Regionali Amministrativi possa trovare 
applicazione l'istituto della rimessione ovvero se tale ricorso, in quanto proposto 
prima di tale funzionamento, debba essere esaminato e deciso dalla Giunta, 
in quanto proposto successivamente, debba essere dichiarato inammissibile (n. 27). 

I !

RISCOSSIONE 

f 

Imposta sull'incremento di valore aree fabbricabili e contributi di miglioria -!

E

Addizionale -Riscossione versamento in otesoreria -Inadempimento degli Enti ~ 
locali -Sanzioni amministrative -Applicabilit� -(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
art. 169, 170 e 260, 1� comma; d.l. 18 novembre 1966, n. 976, art. 80; l. 23 dicembre 
1966, n. 1142, art. 1). 


I

Se siano applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art. 260, 1� comma, 
del t.u. imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 a carico di 

I 
! 
~ 

f 


PARTE II, CONSULTAZIONI Jf 

quegli Enti locali che non abbiano effettuato, nei termini stabiliti dagli artt. 169 
e 170 del t.u. citato, presso le competenti Tesorerie provinciali dello Stato, i versamenti 
dei proventi :derivanti dall'applicazione dell'addizionale straordinaria sull'imposta 
sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili e sui contributi di 
miglioria istituite con l'art. 1 della legge 23 dicembre 1966, n. 1142, che ha costituito 
l'art. 80 d~l d.l. 18 novembre 1966, n. 976 (n. 21). 

Riscossione delle imposte -Contratto esattoriale -Conferma dell'esattore per il 
periodo 1975-1983 -Servizio di tesoreria gestito dallo stesso esattore -Conferma 
per lo stesso periodo -(art. 31 d.P.R. 29 ottobre 1973, n. 603). 

~e la conferma dell'esattore per il periodo 1975-1983 ex art. 31 d.P.R. 29 ottobre 
1973, n. 603, debba necessariamente comprendere anche il servizio di tesoreria 
ove il titolare della gestione� esattoriale gestisca pure. il servizio di tesoreria per 
essere rimasto a suo tempo aggiudicatario di entrambi i servizi della stessa 
gara (n. 19). 

Riscossione esattoriale -Consorzi esattoriali -Esattore consorziale -Domanda di 
conferma -Parere -Competenza -(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, art. 36; 

d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, artt. 15, 31 e 36, 4� comma). 
Se, dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, che, con 
l'art. 36 ha espressamente abrogato la norma dell'art. 36, 4� comma, del t.u. 
15 maggio 1963, n. 858, secondo cui, in deroga alle norme di carattere generale, 
se la domanda di conferma di esattoria riguarda un consorzio esattoriale � 
richiesto il parere di tutti i consigli comunali interessati, il parere sulla domanda 
di conferma dell'esattore consorziale debba essere ora espresso dal consiglio consortile 
(n. 20). 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali e 
da parte di organi di polizia locali -Proventi -Spettanza -(l. 24 dicembre 1969, 

n. 990, artt. 32 e 33; r.d. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 137 e 139; l. 3 maggio 1967, 
n. 317, artt. 5 e 6). 
Se i proventi, contravvenzionali per infrazioni alla disciplina sull'assicurazione 
obbligatoria per la circolazione dei veicoli a motore previsti dagli artt. 32 e 
seguenti della I. 24 dicembre 1969, n. 990, spettino allo Stato anche nel caso di 
accertamenti effettuati da organi di polizia locale per violazioni concesse su 
strade non statali (n. 9). 

Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie 
-Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O. -(l. 29 luglio 
1971, n. 538, art. 10). 

Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni 
alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante 
incidano su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza del 
giudice ordinario le relative controversie (n. 10). 


36 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

SEQUESTRO 

Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione dei 
monopoli -Accreditamento del prezzo -Cl"iteri di determinazione -(l. 17 luglio 
1942, n. 907, art. 109). 

Se in caso di sequestro di generi di monopolio per violazione della legge 
sui monopoli, il prezzo da accreditare per la devoluzione all'Amministrazione della 
merce sequestrata debba corrispondere al valore di mercato dei beni ovvero a 
quanto effettivamente ricavato dall'Amministrazione con la loro utilizzazione 

(n. 25). 
Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce sequestrata 
-Modalit� e competenza -(l. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 140; l. 17 luglio 
1942, n. 907, art. 109; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 333). 

Se, concorrendo con la violazione alla legge sui monopoli la violazione alla 
legge doganale, i provvedimenti relativi all'utilizzazione del tabacco lavorato estero 
sequestrato debbano essere adottati ai sensi dell'art. 109 della legge sui monopoli 
(automatica devoluzione all'Amministrazione con accreditamento del prezzo) 
ovvero ai sensi dell'art. 140 (ora 333) della legge doganale (vendita previo provvedimento 
dell'Autorit� giudiziaria) n. 26). 

SPESE GIUDIZIALI 

Difensore antistatario -Provvedimento di distrazione -Pagamento -Efficacia liberatoria 
-(cod. proc. civ., art. 93, 1� comma; cod. civ., art. 1188). 

Se abbia efficacia liberatoria il pagamento eseguito al difensore in favore 
del quale sia stato emesso provvedimento giudiziale di distrazione delle spese e 
onorari liquidati nella sentenza di condanna ai sensi dell'art. 93, 1� comma, cod. 
proc. civ. (n. 31). 

Imposta sul reddito delle persone fisiche -Professionisti -Ritenuta d'acconto Difensore 
antistatario -Distrazione spese e onorari -Pagamento -Applicabilit� 
-(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23, 25 e 29; l. 9 ottobre 1971, n. 825, 
art. 10, n. 5; l. 28 ottobre 1970, n. 801, art. 3; cod. proc. civ., art. 93, 1� comma). 

Se le Amministrazioni dello Stato debbano applicare la ritenuta d'accontd 
prevista dall'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, relativa all'imposta sul 
reddito delle persone fisiche, sui pagamenti dovuti ai difensori delle controparti 
vittoriose in giudizio in favore dei quali siano stati emessi provvedimenti giudiziali 
di distrazione delle spese e onorari liquidati nella sentenza di condanna ai 
sensi dell'art. 93, 1� comma, cod. proc. civ. (n. 32). 

Statuto dei lavoratori -Repressione di condotta antisindacale -Decreto del pretore 
-Capo di condanna alle spese -Esecutivit� immediata -(l. 20 maggio 
1970, n. 300, art. 28; cod. proc. civ., art. 91). 

Se il decreto del pretore emesso ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, 
n 300, sia immediatamente esecutivo anche per il capo relativo alla refusione 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

delle spese del procedimento pretorile, pur in pendenza di opposizione al decreto 
innanzi al Tribunale (n. 30). 

STRADE 

Autostrade � Distanze di rispetto dal ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali
� Spostamento delle fascie di rispetto -(d.m. 1� aprile 1968, art. 3; l. 6 agosto 
1967, n. 765, art. 19). 

Se la creazione di aree di servizio lungo 1 raccordi autostradali comporti il 
trasferimento delle fascie di rispetto di mt. 60, come previsto dall'art. 3 del 

d.m. 1� aprile 1968, anche al di l� delle pertinenze stradali da realizzare e ci� 
anche ai fini della determinazione dell'indennit� di espropriazione relativa alle 
porzioni di terreno eccedenti la profondit� di ml. 60 misurata dal ciglio stradale 
(n. 109). 
Regione Marche � L. 6/1973 sulla protezione della flora -Costruzione di nuove 
strade da parte dell'ANAS �Rispetto della legge -(art. l legge Regione Marche 
22 febbraio 1973, n. 6; art. 3 legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6). 

Se l'ANAS sia tenuta, nel tracciare ed eseguire nuovi tronchi di strade statali, 
all'osservanza della legge della Regione Marche sulla protezione della flora, che 
vieta in modo assoluto l'abbattimento degli alberi di alto fusto secolari e di 
particolare valore naturalistico ed ambientale della specie da esso indicate 

(n. 110). 
Violazione dell'obbligo di non costruire case a distanza dal confine stradale minore 
di quella prescritta � Ordinanza prefettizia di riduzione in pristino � Carattere 
discrezionale � Esclusione � (art. 1, n. 11, r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740; 
art. 19 l. 6 agosto 1967, n. 765). 

Se, nei casi di costruzione eseguita in violazione delle norme del codice 
stradale, da parte dei prefetti possa valutarsi, prima di emettersi l'ordinanza di 
ripristino dei luoghi ai sensi dell'art. 20 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, l'effettivo 
pregiudizio alla funzionalit� e visibilit� della strada recato dalla costruzione abusiva 
(n. 108). 

TERREMOTO 

Immobili in Pozzuoli � Danni da bradisismo � Contributo di riparazione o ricostruzione 
-Ordinanza di sgombero � Necessit� e limiti -(d.l 1� giugno 1971, 

n. 290, artt. 1, lett. h), 2, 7 e 16; l. 19 luglio 1971, n. 465). 
Se per la concessione del contributo previsto dal d.l. 1� giugno 1971, n. 290 
(conv�rtito in I. 19 luglio 1971, n. 465) per la riparazione o la ricostruzione di 
immobili urbani, siti in Pozzuoli, danneggiati da fenomeni di bradisismo sia 
richiesto che l'immobile sia stato. dichiarato inabitabile e abbia formato oggetto 
di ordinanza di sgombero ovvero di altro provvedimento a tutela della incolumit� 
pubblica entro la data del 31 maggio .1971 (n. 28). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Zone terremotate del viterbese -Abitazioni per i senza tetto -Espropriazione 
aree occorrenti -Legislazione applicabile -(d.l. 1� aprile 1971, n. 119, artt. 9, 10 
e 11; l. 26 maggio 1971, n. 288; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 13; d.P.R. 5 maggio 
1973, n. 245, art. 4 lett. e); l. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9, 16 e 20). 

Se per la espropriazione delle aree occorrenti per la costruzione di abitazioni 
per i senza tetto in Comune di Piansano (prov. Viterbo) colpito dal sisma del 
1971, possano trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 9 e 10 del d.l. 
1� aprile 1971, n. 119 (convertito con modificazioni in legge 26 maggio 1971, n. 288) 
ovver.o si applichino le disposizioni di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 27). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Cittadini stranieri -Obblighi di assistenza -Assunzione di garanzie patrimoniali -
Legittimt� -(accordo italo-somalo 1� luglio 1960). 

Se dall'obbligo di assistenza a cittadini di paesi diversi che lo Stato italiano 
assume con atti internazionali (nella specie con l'accordo italo-somalo del 1� luglio 
1960) discenda altres� la possibilit� e legittimit� per lo Stato di assumere, 
tramite la rappresentanza consolare, impegni che importino una garanzia patrimoniale 
a favore di detti cittadini esteri (n. 41). 

Nave italiana -Vendita giudiziale -A societ� panamense -Autorizzazione ministeriale
�-Dismissione di bandiera -Trattato italo-panamense -Deroga ai principi (
trattato internazionale 7 ottobre 1965, art. 25; l. 12 febbraio 1968, n. 308; 
trattato internazionale 5 novembre 1948, art. 26; l. 3 luglio 1950, n. 886; cod. nav., 
artt. 156 e 157). 

Se, nel caso di vendita giudiziale di nave italiana a una societ� panamense, 
si possa rinvenire nel trattato internazionale bilaterale tra Italia e Panama del 
7 ottobre 1965, ratificato e reso esecutivo in Italia con l. 12 febbraio 1968, n. 308, in 
):>as~ alla eventuale presenza della calusola della nazione pi� favorita, una deroga 
al principio desumibile dal codice della navigazione, secondo cui l'acquisto, anche 
mediante vendita giudiziale, di una nave italiana da parte di uno straniero � 
soggetto ad autorizzazione ministeriale e al procedimento di dismissione di bandiera 
(n. 40). 

Responsabilit� civile -Trattati e convenzioni internazionali -Trattato Nato -Danni 
a Stato contraente � Legittimazione attiva Stato di soggiorno -(convenzione 
di Londra 19 giugno 1951, art. 8, n. 5; l. 30 novembre 1955, n. 1335). 

Se in forza della convenzione di Londra sulla Nato lo stato di soggiorno sia 
legittimato a richiedere in giudizio il risarcimento dei danni subiti, ad opera di 
terzi, da altri Stati contraenti nell'esecuzione dei servizi previsti (n. 42). 

TURISMO E SPORTS 

Costruzione di ippodromo -Dichiarazione di pubblica utilit� � Competenza prefet 
tizia -Limiti -Pubblico interesse provinciale -Necessit� -(l. 25 giugno 1865, 

n. 2359, art. 10, 1� comma). 
Se il Prefetto abbia competenza, ai sensi dell'art. 10, 1� comma, seconda parte, 
della 1. 25 giugno 1865, n. 2359, a dichiarare la pubblica utilit� dell'opera ai fini 
dell'espropriazione di un'area da destinare alla costruzione di un ippodromo, 
qualora l'utilit� di tale impianto sportivo non sia limitato all'ambito provinciale 
ma si estenda a livello nazionale (n. 27). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 

Costruzione di ippodromo -Pubblico interesse. 

Se la costruzione di un ippodromo senza contributi o sovvenzioni da parte 
dello Stato possa essere considerata opera di pubblico interesse ai fini della 
espropriazione per pubblica utilit� (n. 26). ' 

Finanziamento e tasso agevolato delle iniziative turistiche � costruzione, ampliamento, 
adattamenti e attrezzature degli impianti� previsti dall'art. 6 l. 22 luglio 
1966, n. 614 -Ristrutturazione di seggiovia -(art. 6 l. 22 luglio 1966, n. 614). 

Se le opere concernenti lo spostamento a monte della stazione di partenza, 
la sostituzione della fune portante-traente con altra di maggiore sezione, il potenziamento 
del motore e degli altri impianti di una seggiovia possano ricomprendersi 
nel concetto di costruzione, � ampliamento adattamento e attrezzatura degli 
impianti � ai fini dell'ammissione al finanziamento a tasso agevolato di cui all'articolo 
6 della legge 22 luglio 1966, n. 614, concernente le agevolazioni alle iniziative 
turistiche (n. 28).