ANNO XXV-N. l GENNAIO -FEBBRAIO 1973 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1973 ABBONAMENTI A.NNo L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO .�..........��.... � 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (3219013) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. Con questo numero la �Rassegna dell'Avvocatura dello Sta to� compie i venticinque anni dalla sua istituzione. Sorse nel 1948 con la finalit� di costituire un importante strumento di coesione degli s1forzi comuni tendenti ad assicurare il perfezionamento tecnico del nostro Istituto e la migliore preparazione professionale degli Avvocati dello Stato. Nella prima fase della sua vita il periodico, anche se in edizione ridotta, costituiva un rendiconto mensile di informa zioni ed esPerienze al fine di provocare critiche, osservazioni, pro poste, cos� da diventare una forza viva, continuamente operante nella nostra organizzazione; una guida per un miglior orienta mento nella scelta e nella utilizzazione delle tesi difensive, ridu cendo al minimo la dispersione di energie causata dalla necessit�; di ricerche individuali. La Rassegna pubblicava, infatti, solo alcune sentenze di particolare importanza per la difesa degli interessi fondamentali dell'Amministrazione dello Stato, con note di commento che tendevano a far conoscere le nostre tesi, con l'opportunit� di meditare e riconsiderare il lavoro compiuto ed esporre l'orienta. mento per l'avvenire a quanti, per impegni pubblici e forensi, si interessavano all'attivit� della difesa dell'Amministrazione pubblica. Nella seconda fase la Rassegna ha assunto una nuova veste, cui si � accompagnata una riorganizzazione redazionale con la costituzione di un corpo di redattori, composto di colleghi, a cia scuno dei quali � affidata la cura di una rubrica. Questa specifica assunzione di responsabilit� ha reso pi� age vole il conseguimento dei fini della Rassegna, che restarono inal terati nella loro essenza, ed ha stimolato, rendendola pi� orga nica e sistematica, la collaborazione di tutti i colleghi, come pu� rilevm�si dai numerosi articoli e note di commento, in ciascun anno pubblicati. Ha reso, altres�, possibile una pi� organica e completa pubblicazione di tutte le pronuncie della Corte Costi tuzionale e della Corte di Cassazione, e delle pi� importanti pronuncie dei giudici di merito, che riguardano l'Amministra-� zione dello Stato, con rassegne di giurisprudenza. Il bilancio di questi venticinque anni pu�, quindi, ritenersi. positivo: La possibilit� di far conoscere le nostre tesi ha conseguito utili risultati, sviluppando, in sede dottrinale e giurisprudenziale, un utile dibattito. Da questo numero, il periodico, in collegamento col cervello elettronico, ha istituito una rubrica delle questioni, di particolare interesse per la loro novit� o per la loro importanza, che si agitano dinanzi la� magis.tratura, al fine di sollecitare su di esse un dibattito nella stessa Rassegna, che attraverso l'attivit� dei colleghi corrispondenti, potr� realizzare un pi� continuo e utile collegamento con le Avvocature distrettuali. INDICE Parte prima: GIUiRl5PRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pog. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdell'avv. Benedetto Baccari) � 121 Sezione terza: GIURISPRUDENZA tro de Francisci) CIVILE (a cura � del/'avv. Pie � I34 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del1' avv. Ugo Gargiulo) . � 164 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 193 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) . � � � 277 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) � 289 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. LEGISLAZIONE � 3 INDICE BIBLIOGRAFICO � 16 CONSULTAZIONI � 17 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Francesco MARruzzo, Brescia; Giovanni CoNTu, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Giovanni VAcmcA, Catania; Filippo CAPECE MmuToLo DEL SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; li�mberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI ALBISINNI G., Brevi osservazioni sul provvedimento� emesso ai sensi dell'art. 21 della legge 1� giugno 1939 n. 1809 . . . pag. 148 GIOVANNINI G., L'orientamento della giurisprudenza in tema di avanzamento a scelta degli ufficiali dell'Esercito . . . . 165 MARIUZzo F., Il controllo autoritativo dei prezzi: attualit� di una disciplina contingente . . . , . . . . . . . . . . . . . 177 Russo G. O., Nuovi spunti in tema di validit� dell'impu.gnazione a nome della parte defunta o divenuta incapace dopo la pubblicazione della sentenza . . . . . . . . . . . . . . 134 SALTINI M., Sulla applicabilit� del termine stabilito nell'art. 34 legge 8 giugno 1936 n. 1231 alle decisioni della Commissione Centrale in materia di imposte indirette . . . . � . 193 'I'AMmzzo R., Sul procedimento dei contratti della P. A.: i vizi di forma . . . . . . . . . , . . . . . . . . . . . . . 181 TAM1ozzo R., La dispensa dal servizio per infermit� nella giurisprudenza del Consiglio di Stato . . . . . . . . . . . 190 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' -Danni provocati a fondi privati dall'esecuzione di opere di bonifica -Proponibilit� dell'azione giudiziaria dei proprietari contro la P.A. esclusivamente sotto il profilo della richiesta di indennizzo ex art. 46 I. 25 giugno 1865, n. 2359 -Differenza tra indennit� e risarcimento del danno, 280. -Espropriazione di fondo privato occorrente per la costruzione di un acquedotto -Dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera derivante ex lege dalla approvazione del relativo progetto da parte della Cassa per il Mezzogiorno Necessit� della contestuale prefissione dei termini entro i quali devono essere iniziati e ultimati le espropriazioni ed i lavori -Sussiste -Illegittimit� della deliberazione del C. di A. della Cassa per il Mezzogiorno d'approvazione del progetto senza prefissione ab initio dei termini ex art. 13 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Sussiste -Sanabilit� del vizio con atto successivo -Esclusione, 287. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Appalto a misura -Riserva dell'appaltatore per rettifica di prezzi unitari di elenco che si assumono erroneamente calcolati -Improponibilit� -Sussiste -Errore di calcolo -Esclusione -Necessit� di azione di annullamento del contratto per vizio del consenso Sussiste, 277. -Appalto di opere pubbliche -Appalto a misura -Tariffa dei prezzi unitari per categorie di lavoro -Determinazione del contenuto di ciascuna voce della tariffa -Questione di interpretazione contrattuale -Rilevanza degli elementi risultanti dalle analisi dei prezzi e dalle stime di progetto -Esclusione, 277. ATTO AMMINISTRATIVO -Motivazione -Pluralit� di motivi interdipendenti tra loro -Inconsistenza di uno dei motivi Illegittimit�, 179. -Norme applicabili -Sono quelle vigenti non alla data di presentazione della domanda, bens� alla data di emanazione del provvedimento, 180. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Agricoltura e foreste -Enti di sviluppo -Assegnazione delle terre di riforma -Natura e contenuto dei rapporti con l'assegnatario, 121. -Danni di guerra -Indennizzo Cittadino italiano danneggiato da atti ablativi delle potenze nemiche -Diritto soggetivo all'indennizzo -Esclusione -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 129. -Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice -Concetto, 130. -Ordinamento giudiziario -Atti del Consiglio Superiore della Magistratura riguardanti la convalida della elezione dei suoi componenti -Sindacato dell'Autorit� giudiziaria ordinaria -Ammissibilit�, 128. -Riscossione esattoriale a carico di Enti di riforma fondiaria -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato -Sussiste, 179. COMUNE -Controlli -Nomina di commissario per impossibilit� di funzionamento dell'amministrazione comunale -Competenza dello Stato, 30. INDICE IX CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Dfatributori di carburante -Autorizzazione a nuovo impianto Titolare di imp�anto preesistente sulla stessa strada -Interesse alla impugnativa -Sussiste, 180. -Distributori di carburante -Decreti prefettizi -Definitivit�, 180. CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO -Contratti della P. A. -�Gara -In genere -Offerte -Prescrizione di una data forma -Inosservanza Esclusione delle offerte fatte in forma diversa -Non � sempre necessaria, con nota di R. TAMiozzo, 181. -Contratti della P. A. -Gara -In genere -Offerte -Prescrizione di una data forma -Inosservanza -Offerta di compenso globale anzich� in percentuale -Ammissibilit�, con nota di R. TAMIOZZO, 181. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Atti normativi di esistenza e valore incerti -Privilegi aragonesi -Inammissibilit� della questione, 60. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Estensione di ufficio della questione oltre i limiti dell'ordinanza di rinvio -Inammissibilit�, 74. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Questione meramente eventuale -Inammissibilit� per irrilevanza, 40. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Questione sollevata da giudice privo di poteri decisori -Inammissibilit� per irrilevanza, 66. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Questione sollevata dopo regolamento di giurisdizione -Inammissibilit�, 119. Giudizi di legittimit� costituzionate in via incidentale -Ufficio circoscrizionale elettorale -Mancanza della qualit� di giudice Inammissibilit� della questione, 106. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale -Ricorso dello Stato avverso leggi regionali -Deliberazione del Consiglio dei Ministri di rinvio della legge regionale -Perduranza degli effetti anche per la proposizione del ricorso -Ratifica successiva del Consiglio dei Ministri -Ammissibilit�, 6. - Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale -Ricorso dello Stato avverso legge regionale -Sottoscrizione del ricorso da parte dell'Avvocato generale o di un sostituto Avvocato generale dello Stato -Idoneit� ad esprimere la volont� del Presidente del Consiglio dei Ministri, 6. DEMANIO -Demanio artistico -Cose di interesse storico e artistico -Distanze e misure delle costruzioni su terreni adiacenti -Natura espropriativa ed indennizzabilit� del vincolo -Non sussiste, con nota di G. ALBISSINI, 148. DOGANA -Dichiarazione di abitualit� del contrabbando Equiparazione all'abitualit� a delinquere -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 23. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Controinteressato -Ricorso contro la graduatoria nel procedimento di avanzamento a scelta Individuazione, con nota di G. GIOVANNINI, 169. -Notificazione ai controinteressati -Omissione -Integrazione del contraddittorio -Inammissibilit�, con nota di G. GIOVANNINI, 171. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Alloggi INCIS a destinazione particolare -Inammissibilit� del diritto di riscatto -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 56. ELEZIONI AMMINISTRATIVE E POLITICHE -Elezioni regionali -Ineleggibilit� per i capi degli uffici dello Stato nella Regione -Illegittimit� costituzionale, 35. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' -Piano di costruzioni autostradali -Occupazione temporanea Proroga da parte del Prefetto Illegittimit� costituzionale Esclusione, 69. FALLIMENTO -Presupposto per il reato di bancarotta -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 72. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Giurisdizione della Corte dei conti -Estensione ai dipendenti regionali a componenti la Giunta regionale, 96. IMPIEGO PUBBLICO -Congedo e aspettativa -Aspettativa -Infermit� -Durata massima ;,, Calcolo -Congedo straordinario -Va considerato come servizio attivo, con nota di R. TAMIOZZO, 190. -Dispensa dal servizio -Infermit� -Scadenza dal periodo massimo di aspettativa -Omesso iter procedimentale prescritto -Illegittimit�, con nota di R. TAMiozzo, 190. -Segretario generale provinciale Nomina per concorso statale Trattamento economico -Art. 35 legge 8 giugno 1962, n. 604 Inapplicabilit�, 164. -Segretario comunale e provinciale -Trattamento economico - Artt. 227 t. u. 3 marzo 1934, n. 283 e 202 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Inapplicabilit�, 164. IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE -Oli minerali -Approvvigionamento -Maggiori oneri risultanti dalla crisi di Suez -Rimborso e restituzione dei contributi Condizioni Esportazione di merce estera importata o di prodotti petroliferi, comunque disponibili sul mercato interno, 210. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo trasferimento di propriet� di terreni e fabbricati -Estensione alla costituzione del diritto di superficie su bene demaniale -Legittimit�, 256. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Ambulatorio INAM -Si esteridono, 241. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Casa di abitazione -Nozione -Vendita di una casa di abitazione rientrante in un edificio non agevolato Inapplicabilit� delle agevolazioni, 270. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Vendita di lastrico solare di abitazione non ultimata -Decadenza dall'agevolazione per l'acquisto dell'area Fattispecie, 242. -Agevolazioni per opere degli enti locali -Legge 29 luglio 1961, n. 719 -Valore innovativo -Opere dirette ad incrementare la fornitura di energia elettrica a Comuni che gi� ne sono provvisti, 236. . -Automobili usate -Atto d� trasferimento di propriet� -Registrazione a termine fisso -Dichiarazione unilaterale non autenticata -E' soggetta, 217. INDICE XI -Cessione di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione fra i due negozi -Limitazione degli effetti della cessione -Divieto di compensazione -Necessit�, 231. -Solidariet� -Obbligo di denuncia -Parte contraente -Mandatario o commissionario -E' tale, 217. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Deduzione di passivit� -Debiti verso pubbliche amministrazioni non liquidi al momento dell'apertura della successione -Prova della illiquidit� -Termine Inosservanza -Decadenza, 251. -Deduzione di passivit� -Debito cambiario -Annotazione sui libri di commercio non anteriore alla apertura della successione Non deducibilit�, 253. -Presunzione per mobili denaro e gioielli -Inventario -Beni esistenti nella casa di abitazione dell'autore della successione Presunzione di appartenenza ex art. 621 c.p.c. -Non opera Esclusione di bene di appartenenza aliena -Legittimit�, 239. -Successione di quota sociale Concordato -Passivit� sociali riconosciute -Successiva esclusione -Necessit� della preliminare impugnazione del concordato, 220. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Azione civile ordinaria -Termine per la notifica della decisione della Commissione Centrale di cui all'art. 34 della I. 8 giugno 1936, n. 1231 -Imposte indirette -Si estende, con nota di M. SALTINI, 193. -Azione giudiziaria -Acquiescienza -Impugnazione parziale di decisione della Commissione Altra parte della pronuncia collegata -Acquiescienza parziale Non si verifica, 236. -Competenza e giurisdizione Controversia di imposta -Questioni sulla regolarit� formale del procedimento di riscossione Competenza del Tribunale, 240. -Imposta di pubblicit� -Targhe delle societ� di assicurazione Corresponsione in modo virtuale -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 103. -Imposte dirette -Interessi ex lege 26 gennaio 1961, n. 29 -Applicabilit�, 228. -Imposte dirette -Interessi ex lege 26 gennaio 1961, n. 29 -Inapplicabilit�, 229. -Imposte dirette -Maggiorazione per ritardata iscrizione a ruolo Infedele dichiarazione -Concetto -Applicazione di sanzioni Eguale concetto di dichiarazione infedele, 204. -Imposte indirette -Abbonamento -Cassa per il Mezzogiorno Portata -Atti di enti affidatari in materia di credito -Estensione dell'abbonamento -Limiti, 247. -Imposte indirette -Concordato Impugnazione -Forma -Imposta di successione -Cespiti omessi -Percezione della relativa imposta -Preliminare impugnazio_: ne del concordato -Necessit�, 220. -Imposte indirette -Imposta complementare e suppletiva -Nozione e distinzione -Valore legale di un bene -Titoli quotati in borsa -Adeguamento del valore dichiarato -Imposta suppletiva, 233. - Imposte indirette -Ingiunzione fiscale -Azione giudiziaria in pendenza del ricorso alle Commissioni -Conseguente rinunzia al ricorso, 274. -Imposte indirette -Interessi Imposta complementare -Dichiarazione suppletiva di valore in sede . contenziosa innanzi alle Commissioni -Non � idonea ad escludere l'obbligo degli interessi, 224. XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Imposte indirette -Interessi Imposta complementare -Rapporto anteriore all'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data, 224. -Interessi -Prescrizione -Termine di cinque anni, 208. -Interessi -Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data, 208. -Norme di agevolazione -Interpretazione estensiva -Legittimit� -Trasferimento in propriet� Estensione alla costituzione del diritto di superficie su bene demaniale -Concetto di propriet� -Sua funzione sociale, 256. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Sottoscrizione del ricorso dell'Ufficio -Funzionario preposto al reparto -Validit�, 201. -Ricorso per Cassazione contro decisioni di Commissioni delle imposte -Impugnazione della Finanza -Necessit� della notifica della decisione nel termine di 60 giorni -Esclusione, 201. � Solidariet� tributaria -Procedimento -Litisconsorzio necessario -Esclusione, 248. ISTRUZIONE PUBBLICA -Istruzione superiore -Universit� Cattolica del S. Cuore -Placet dell'autorit� ecclesiastica per i docenti -Illegittimit� costituzionale -Eclusione, 75. LAVORO -Collocamento lavoratori -Richieste nominativi di mano d'opera -Disciplina -Decreto ministeriale -Omessa acquisizione del parere della Commissione consultiva -Illegittimit�, 187. -Collocamento lavoratori -Richieste nominativi di mano d'opera -Legge n. 300 del 1970 -Validit� per ogni settore di attivit� Conseguenza, 187. MILITARE -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Autonomia dei singoli giudizi -Limiti -Illegittimit�, con nota di G. GIOVANNINI, 176. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Censure riferite ai precedenti di ufficiali parigrado -Inammissibilit�, con nota di G. GIOVANNINI, 165. - Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Comunicazione sintetica del rapporto personale o informativo -Onere dell'impugnazione -Fattispecie, con nota di G. GIOVANNINI, 165. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Giudizio negativo -Precedenti non costantemente ottimi -Eccesso di potere -Insussistenza, con nota di G. GIOVANNINI, 167. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Giudizio negativo -Precedenti non costantemente ottimi -Vizio di eccesso di potere -Insussistenza, con nota di G. GIOVANNINI, 165. -Ufficiale dell'Esercito -Avan�lamento a scelta -Impugnative proponibili, con nota di G. G10VANNIN1, 169. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Ottimo disimpegno dei compiti -Insufficienza, con nota di G. GIOVANNINI, 165. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta .. Pluralit� di titoli da valutare -Mancanza di taluni titoli -Criteri di valutazione, con nota di G. GIOVANNINI, 167. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Posizione deteriore rispetto a precedente giudizio -Legittimit� -Fattispecie, con nota di G. GIOVANNINI, 167. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Reclamo al Ministro -Omissione -Inammissibilit� del ricorso giurisdizionale, con nota di G. GIOVANNINI, 175. INDICE XIII -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Risultati uniformi per gruppi di titoli diversi Eccesso di potere -Insussistenza, con nota di G. GIOVANNINI, 167. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Variet� di titoli -Punteggio non ripartito -Illegittimit�, con nota di G. G10VANNINI, 175. -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Vizio di eccesso di potere per contrasto con i precedenti di carriera non costantemente ottimi -Insussistenza, con nota di G. GIOVANNINI, 171. -Ufficiale dell'Esercito -Giudizi distinti per l'avanzamento a scelta -Autonomia -Limiti, con nota di G. GIOVANNINI, 169. -Ufficiale dell'Esercito -Impugnative avverso i documenti caratteristici -Termine di decadenza, con nota di G. GroVANNINI, 171. -Ufficiale dell'Esercito -Mancanza di titoli -Migliore valutazione ai fini dell'avanzamento a scelta -Eccesso di potere -Non configurabilit�, con nota di G. G10vANNINI, 171. - Ufficiale dell'Esercito -Seconda revisione -Necessit� di motivazione della omessa concessione di elogio proposta in sede di prima revisione -Insussistenza, con nota di G. GroVANNINI, 171. MISURE DI SICUREZZA -Accertamenti del giudice di sorveglianza -Osservanza del contraddittorio -Obbligo delle ricerche dell'interessato -Ipotesi varie, 40. -Assegnazione a casa di lavoro ed a colonia agricola -Applicabilit� anche all'inabile al lavoro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 37. PENSIONI -Dipendenti Enti locali -Assegni vitalizi -Limitazione alla concessione -Illegittimit� costituzionale, 91. -Pensioni degli Istituti di Previdenza -Riversibilit� a favore del marito -Condizione della convivenza a carico -Illegittimit� costituzionale -Eclusione, 89. -Pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato -Perdita per dimissioni -Illegittimit� costituzionale, 90. -Riordinamento della Previdenza marinara -Massimo della pensione per gli ufficiali naviganti Numero degli anni eccessivo -Illegittimit� costituzionale, 100. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Enti previdenziali -Acquisto di beni -Approvazione dei piani ai sensi dell'art. 65 legge 20 aprile 1969, n. 153 -Esonero dalle procedure previste per gli acquisti dei beni in relazione all'esercizio finanziario cui si riferisce il piano -Disciplina transitoria nel periodo dal 1� maggio 1969 (data di entrata in vigore della legge) al 31 dicembre 1969, 183. -Fondo sociale -Versamento di contributi a carico delle pensioni del personale addetto ai pubblici servizi di telefonia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 3. -Pensioni dell'assicurazione obbligatoria -Riversibilit� solo a favore del marito invalido -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 88. -Previdenza dei giornalisti -Impignorabilit� delle pensioni e di altri assegni -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 101. PREZZI -Comitato provinciale prezzi Competenza -Ordine di revoca di provvedimento gi� adottato dal Comitato, impartito dal Ministro Presidente del C.I.P. -Illegittimit�, con nota di F. MARiuzzo, 177. -Disciplina -Criteri e principi generali -Riduzione di prezzi gi� in precedenza determinati Legittimit�, con nota di F. MAnzuzzo, 177. XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Comparsa di risposta contenente appello incidentale nei confronti del coappellato contumace -Notificazione -Inosservanza -Effetti -Rilevabilit� d'Ufficio -Esclusione, 161. -Impugnazione -Morte o perdita della capacit� della parte dopo la pubblicazione della sentenza Notifica della impugnazione nei confronti della parte costituita Validit� -Condizioni, con nota di G. O. Russo, 134. -Ricorso per Cassazione -Deposito di documenti nuovi -Divieto -Limiti, 153. -Societ� non aventi personalit� giuridica -Notificazione nel luogo ove svolgono l'attivit� in modo continuativo -Efficacia, 153. PROCEDIMENTO PENALE Casellario giudiziale -Iscrizione di sentenza applicativa di amnistia dopo sentenza non irrevocabile di condanna -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 64. -Decreto di irreperibilit� -Emissione anteriore alla data di arrivo delle informazioni sulle ricerche effettuate per accertare il domicilio dell'imputato -Legittimit�, 291. -Difesa e difensori -Incoll}.patibilit� -Estremi e limiti, 290. -Giudizio davanti al Pretore Mancata attivit� istruttoria Omesso avviso di procedimento -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 80. -Giudizio per decreto -Imputato assente -Illegittimit� costituzionale � -Esclusione, 25. Giudizio per decreto -Mancato obbligo del difensore nella fase di opposizione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 71. -Impedimento del difensore di fiducia -Mancato obbligo di rinvio del dibattimento -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 62. -Impugnazione del difensore Esclusione del patrocinatore legale o praticante procuratore Illegittimit� costituzionale -Insussistenza, 1. -Incidenti di esecuzione -Mancata comparizione del difensore di ufficio -Decisione dell'incidente -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 17. -Istruzione sommaria -Richiesta di citazione a giudizio -Omesso previo deposito degli atti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 79. -Parte offesa dal reato ,_ Irreperibilit� -Omissione della citazione -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 67. -Rito direttissimo pei reati sul controllo delle armi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 47. -Rito direttissimo -Reati di stampa -Obbligatoriet� del rito e sue conseguenze -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 50. -Rito direttissimo -Sommario interrogatorio dell'imputato -Mancata assistenza del difensore -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 48. -Rito pretorile direttissimo -Impossibilit� di richiedere l'istruzione sommaria -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 46. -Tribunale per i minorenni -Deroga alla competenza nelle ipotesi di connessione con reati commessi da maggiorenni -Illegittimit� costituzionale, 82. REATO -Peculato -Momento consumativo del reato -Restituzione o volont� di restituire -Irrilevanza Peculato d'uso -Configurabilit� -Condizioni, 289. -Reati e pene -Dichiarazione di abitualit� presunta e pronunciata in ogni tempo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 40. -Reati e pene -Oltraggio a pubblico ufficiale ed a pubblico impiegato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 33. INDICE xv -Reati e pene -Reato continuato -Limitazione a pi� violazioni della stessa disposizione di legge -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 108. -Reati e pene -Recidiva -Computo delle condanne estinte per amnistia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 28. REGIONE -Impugnativa da parte dello Stato di legge regionale -Promulgazione medio tempore della legge Carenza di potere del Presidente della Regione, 6. -Regione Lombarda -Legge sul trattamento economico del personale comandato per la prima costituzione degli uffici e dei servizi regionali -Illegittimit� costituzionale, 6. -Regioni a statuto ordinario -Beni forestali -Approvazione di vincoli -Spettanza allo Stato, 113. � -Regioni a statuto ordinario -Potere di riconoscimento degli Enti ospedalieri, o di compimento di atti <!onnessi -Decorrenza dalla durata dei decreti delegati traslativi delle funzioni, 25. -Regioni a statuto speciale -Norme di attuazione -Precedenza sulle leggi ordinarie -Ipotesi di conflitto e non di abrogazione fra le due norme -Ammissibilit� del giudizio di legittimit� costituzionale sulla legge ordinaria, 20. RESPONSABILIT� CIVILE -Scontro tra veicoli -Presunzione di colpa -Limitazione al solo conducente il veicolo non danneggiato -Illegittimit� costituzionale, 91. SICILIA -Concessione per distributori di carburanti -Competenza statale Ipotesi di esclusione -Illegitti mit� costituzionale della relativa normativa -Ipotesi di riserva allo Stato -Infondatezza della questione, 20. -Previdenza e assistenza sociale Casse mutue malattie -Poteri di vigilanza e di nomina di amministratori e sindaci -Competenza dello Stato, 113. SICUREZZA PUBBLICA -Diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 84. -Diffusione di scritti e disegni contrari agli ordinamenti costituiti -Illegittimit� costituzionale, 84. SOCIET� - Societ� per azioni e consorzi � Adeguamento dei rispettivi statuti alle disposizioni del Codice civile del 1942 -Proroga del termine fino alla revision� del Codice civile -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 13. STAMPA -Obbligo per lo stampatore d1 consegnare copia delle pubblicazioni -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 85. TRENTINO-ALTO ADIGE -Competenza in materia di protezione della flora e della fauna Legge sul Parco Nazionale dello Stelvio -Nuova normativa statutaria -Inammissibilit� delle questioni, 111. VALLE D'AOSTA -Norme per la protezione della flora spontanea -Sanzioni penali -Rinvio al Codice penale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 94. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 24 luglio 1972, n. 145 27 luglio 1972, n. 146 27 luglio 1972, n. 147 pag. 1 3 6 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 24 luglio 1972, n. 145 27 luglio 1972, n. 146 27 luglio 1972, n. 147 pag. 1 3 6 27 luglio 1972, n. 148 27 luglio 1972, n. 150 27 luglio 1972, n. 151 15 novembre 1972, n. 157 15 novembre 1972, n. 158 15 novembre 1972, n. 159 28 novembre 1972, n. 163 28 novembre 1972, n. 164 28 novembre 1972, n. 165 28 novembre 1972, n. 16� 28 novembre 1972, n. 167 28 novembre 1972, n. 168 12 dicembre 1972, n. 169 12 dicembre 1972, n. 170 12 dicembre 1972, n. 171 12 dicembre 1972, n. 172 12 dicembre 1972, n. 173 12 dicembre 1972, n. 176 12 dicembre 1972, n. 177 21 dicembre 1972, n. 182 21 dicembre 1972, n. 183 21 dicembre 1972, n. 187 21 dicembre 1972, n.� 188 21 dicembre 1972, n. 189 21 dicembre 1972, n. 190 29 dicembre 1972, n. 195 29 dicembre 1972, n. 196 29 dicembre 1972, n. 197 29 dicembre 1972, n. 198 29 dicembre 1972, n. 199 29 dicembre 1972, n. 201 29 dicembre 1972, n. 202 29 dicembre 1972, n. 203 29 dicembre 1972, n. 204 29 dicembre 1972, n. 205 30 dicembre 1972, n. 210 30 dicembre 1972, n. 211 30 dicembre 1972, n. 213 30 dicembre 1972, n. 214 30 dicembre 1972, n. 215 30 dicembre 1972, n. 216 30 dicembre 1972, n. 217 30 dicembre 1972, n. 218 13 17 20 23 25 25 28 30 33 35 37 40 46 47 48 50 56 60 62 64 66 67 69 71 72 74 79 80 82 84 88 89 90 91 91 94 96 100 101 103 106 108 111 INDICE 30 dicembre 1972, n. 219 30 dicembre 1972, n. 220 30 dicembre 1972, n. 221 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 7 aprile 1972, n. 1041 Sez. Un., 26 giugno 1972, n. 2151 Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2392 Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2394 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2852 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2856 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2864 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2865 Sez. Un., 7 ottobre 1972, n. 2914 Sez. Un., 7 ottobre 1972, n. 2918 Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2940 . Sez. Un., 16 ottobre 1972, n. 3082 Sez. I, 25 ottobre 1972, n. 3218 . Sez. I, 27 ottobre 1972, n. 3300 . Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3375 Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3383 Sez. I, 17 novembre 1972, n. 3419 Sez. III, 21 novembre 1972, n. 3431 Sez. Un., 24 novembre 1972, n. 3436 Sez. I, 4 dicembre 1972, n. 3494 Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3503 Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3506 Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3505 Sez. I, 7 dicembre 1972, n. 3538 Sez. III, 28 dicembre 1972, n. 3676 Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 40 . Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 54 . Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 113 Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 120 Sez. I, 18 gennaio 1973, n. 171 Sez.' I, 18 gennaio 1973, n. 179 Sez. I, 25 gennaio 1973, n. 250 Sez. Un., 21 febbraio 1973, n. 515 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 5 dicembre 1972, n. 45 16 dicembre 1972, n. 49 xvn pag. 113 113 119 pag. 193 201 204 208 210 217 220 224 121 128 228 129 134 231 233 236 239 240 130 148 241 153 242 247 161 248 251 277 253 229 256 270 274 pag. 280 287 XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 667 Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 884 Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887 Sez. IV, 17 ottobre 1972, n .. 891 Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 929 Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 943 Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 944 Sez. IV, 31 ottobre 1972, n. 992 Sez. IV, 31 ottobre 1972, n. 997 Sez. V, 17 ottobre 1972, n. 677 Sez. V, 27 ottobre 1972, n. 733 Sez. VI, 24 ottobre 1972, n. 600 Sez. VI, 27 ottobre 1972, n. 672 Sez. VI, 31 ottobre 1972, n. 700 pag. 164 165 167 169 171 175 176 177 179 180 181 183 187 190 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 3 maggio 1972, n. 2965 Sez. VI, 31 maggio 1972, n. 3937 Sez. I, 19 dicembre 1972, n. 8542 pag. 289 290 291 "',�, INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE QUESTIONI COMUNITA EUROPEE -CEE -Decisione del Consiglio dei Ministri CEE -Se possa ritenersi esecutiva in Italia, 1. -CEE -Norme di abolizione del diritto di statistica -Se abbiano immediata forza precettiva, 1. -CEE -Prodotti esenti da prelievo -Supplemento di prelievo Se sia applicabile, 1. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni tributarie in Sicilia -Atto di acquisto di case di nuova costruzione, 2. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Ritenuta di acconto operata da Enti su somme corrisposte per prestazioni professionali -Se sia applicabile anche quando il pagamento debba essere effettuato al procuratore legale distrattario, 1. IMPOSTE DIRETTE -Sgravio dai ruoli -Necessit� del preventivo ricorso alle Commissioni per adire l'A.G.O., 2. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Ingiunzione -Opposizione -Recupero diritti di prelievo -Trattamento pi� favorevole dell'importatore -Richiesta di applicabilit�, 2. INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI AERONAUTICA ED AEROMOBILI -Aeroporto -Direttore -Poteri di polizia -Demanio aeronautico (cod. nav., artt. 692 e 718), 17. ALBERGHI -Albergo -Vincolo alberghiero Esecuzione forzata -Vendita Effetto (1. 15 febbraio 1962, n. 68; 1. 13 marzo 1968, n. 326; c.p.c., art. 586), 17. APPALTO -Fallimento dell'appaltatore Cauzione prestata da terzo con beni propri -Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. Cauzione prestata presso Cassa DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione committente -Forma (art. 5 Cap. Gen. 00.PP. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063; artt. 289 segg. istruzioni servizi depositi Cassa DD.PP.), 17. -Richiesta interessi del 5% su fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 1971 relative a servizio manovalanza (art. 41 d.m. 30 giugno 1960, n. 123; art. 1224 e.e.), 17. AUTOVEICOLI -Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale, 17. CERTIFICAZIONE -Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali Deposito atti -Rilascio documenti (1. 12 marzo 1969, n. 410, art. 1; r.d. 27 dicembre 1822, n. 1139, artt. 5 e 10), 18. CIRCOLAZIONE STRADALE -Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale, 18. COMPRAVENDITA -Alienazione, ad enti pubblici, di beni facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato -Vincolo di destinazione -Clausole da inserire nei relativi contratti, 18. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Abbonamenti sugli autoservizi di linea -Rimborso in caso di sciopero del personale (1. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 3), 18. -Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto di fondi rustici -Applicabilit� (1. 11 febbraio 1971, n. 11), 19. -Concessioni amministrative Gratuit� -Ad ente pubblico con finalit� concorrenti con quelle dello Stato -Ammissibilit� -Effetti, 19. - Concessioni beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone Applicabilit� (1. 11 febbraio 1971, n. 11), 19. - Ferrovia concessa -Concessionario decaduto -Disavanzi precedenti la decadenza -Adeguamento della sovvenzione di esercizio -Sussidio integrativo di eser INDICE c1z10 (1. 2 agosto 1952, n. 1221, artt. 2 e 5; r.d. 29 luglio 1938, n. 1121, art. 27), 19. CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO -Appalto -Fallimento dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con beni propri -Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione prestata presso Cassa DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione committente -Forma (art. 5 Cap. Gen. 00.PP. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063; artt. 289 segg. istruzioni servizi depositi Cassa DD.PP.), 19. -Fondo di rotazione per Trieste e Gorizia -Recupero crediti -T.rasporto nella contabilit� demaniale -Somme recuperate -Destinazione (1. 18 ottobre 1955, numero 908), 19. CONTRATTI AGRARI -Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto di fondi rustici -Applicabilit� (1. 11 febbraio 1971, n. 11), 20. - Concessioni di beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� (1. 11 febbraio 1971, n. 11), 20. CONTRIBUTI -Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali Depo:; ito atti -Rilascio documenti (legge 12 marzo 1969, n. 410, art. 1; r.d. 27 dicembre 1822, numero 1139, artt. 5 e 10), 20. CORTE DEI CONTI -Case dello Stato assegnate in locazione di cui l'I.A.C.P. sia gestore -Mancato versamento da parte dell'I.A.C.P. dei canoni Giurisdizione contabile della Corte dei conti (1. 30 dicembre 1960, n. 1676, art. 4; d.l.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, art. 55; 1. 4 marzo 1952, artt. 22, 24, 25; 1. 9 agosto 1954, n. 640, artt. 6, 7; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44, 45), 20. DAZI DOGANALI -Importazione -Distruzione della merce per fatto gravemente colposo di terzo estraneo all'importatore (1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 4 bis; d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62, art. 1), 21. DEMANIO -Aeroporto -Direttore -Poteri di polizia -Demanio aeronautico (Cod. nav., artt. 692 e 718), 21. -Alienazione, ad enti pubblici, di beni facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato -Vincolo di destinazione -Clausole da inserire nei relativi contratti, 21. -Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto di fondi rustici -Applicabilit� (1. 11 febbraio 1971, n. 11), 21. -Concessioni amministrative Gratuit� -Ad ente pubblico con finalit� concorrenti con quelle dello Stato -�Ammissibilit� -Effetti, 21. -Concessioni di beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� (legge 11 febbraio 1971, n. 11), 22. DIFESA DELLO STATO -Attivit� consultiva dell'Avvocatura dello Stato a favore delle regioni a statuto ordinario ed agli uffici ex statali trasferiti alle regioni stesse -Ammissibilit� (t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; legge 16 maggio 1970, n. 281), 22. XXII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Citazione in giudizio di ufficiale giudiziario in relazione a protesto cambiario -Richiesta di patrocinio dell'Avvocatura (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 44), 22. EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Case dello Stato assegnate �n locazione di cui l'I.A.C.P. sia gestore -Mancato versamento da parte dell'I.A.C.P. dei canoni -Giurisdizione contabile della Corte dei conti (legge 30 dicembre 1960, n. 1676, art. 4; d.l.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, art. 55; legge 4 marzo 1952, artt. 22, 24, 25; legge 9 agosto 1954, n. 640, artt. 6, 7; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44, 45), 22. ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI -Servit� di elettrodotto � inamovibile� -Diritto all'indennit� in caso di spostamento (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 122, 126), 22. ESECUZIONE FORZATA -Albergo -Vincolo alberghiero Esecuzione forzata -Vendita Effetto (legge 15 febbraio 1962, n. 68; legge 13 marzo 1968, n. 326; c.p.c., art. 586), 23. -Pignoramento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipendente pubblico, ma a lui pervenuto per successione (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2), 23. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� Sicilia -Zone terremotate del 1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� -Deposito -Ius superveniens -Pagamento diretto (d.l. 1� giugno 1971, JJ.. 289, art. 7), 23. -Trasferimento e ricostruzione di abitati -Espropriazione aree Disciplina -Legge 22 ottobre 1971, n. 865 -Applicabilit� alle espropriazioni in corso -Indennit� -Determinazione -Competenza (legge 9 luglio 1908, n. 446, art. 64; legge 9 aprile 1955, n. 279; d.I. 18 novembre 1966, n. 976, conv. con mod. in legge 23 dicembre 1966, n. 1142; legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9 e seguenti; le�gge 25 febbraio 1972, n. 13, art. 1 ter), 23. FALLIMENTO -Appalto -Fallimento dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con beni propri -Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione prestata presso la Cassa DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione committente -Norma (art. 5 Cap. Gen. 00.PP. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063; artt. 289 e segg. istruzioni servizi depositi Cassa DD.PP.), 24. FERROVIE -Ferrovia concessa -Concessionario decaduto -Disavanzi precedenti la decadenza -Adeguamento della sovvenzione di esercizio -Sussidio integrativo di esercizio (1. 2 agosto 1952, n. 1221, art. 2 e 5; r.d. 29 luglio 1938, numero 1121, art. 27), 24. FORESTE -Terreni forestali da trasferirsi alle regioni -Crediti gi� maturati per loro occupazione -Titolarit� (I. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11), 24. - Trasferimento alle regioni delle funzioni dello Stato in materia di agricoltura e foreste -Applicazione di sanzioni amministrative per violazione norme di polizia forestale -Inclusione (d.P.R. 15 INDICE XXIII gennaio 1972, n. 11; legge 9 ot tobre 1967, n. 950), 24. -Trasferimento alle regioni di beni forestali -Terreni per i quali sia stata gi� emessa la dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione (1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11, comma quinto), 25. IMPIEGO PUBBLICO -Citazione in giudizio di ufficiale giudiziario in relazione a protesto cambiario -Richiesta di patrocinio dell'Avvocatura (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 44), 25. -Dipendente statale -Promozione con effetto retroattivo -Ricostruzione della carriera -Emolumenti arretrati -Interessi di mora (e.e., art. 1234), 25. -Dipendenti statali -Aggiunta di famiglia -Figli minori apprendisti (1. 10 agosto 1964, n. 656, articolo 9; d.l. 27 novembre 1947, n. 1331, art. 2), 25. -Indennit� di rischio ex legge 30 giugno 1971, n. 518 -Personale sanitario ausiliario del Poligrafico -Spettanza (1. 30 giugno 1971, n. 518), 25. -Pignoramento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipendente pubblico, ma a lui pervenuto per successione (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2), 25. -Prestatore di lavoro saltuario Applicabilit� delle leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 ai fini dell'inquadramento (1. 28 ottobre 1970, n. 775, art. 25; 1. 18 marzo 1968, n. 249, art. 21), 26. -Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto alla retribuzione Decorrenza -Sent. Corte cost. 3 giugno 1966, n. 63 -Operativit� nei confronti dei rapporti giuridici anteriori, non definiti con sentenza passata in giudicato (artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 2956 11. 1 e.e.), 26. IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE -Pubblico serv1z10 automobilistico -Esercizio abusivo con veicoli non idoneo -Tassa concessioni governative -Omesso pagamento -Conseguenze (t.u. 1 marzo 1961, 11. 121, art. 185, Tab. all. A), 26. IMPOSTA DI REGISTRO -Decreti ingiuntivi -Tassazione graduale -Ammissibilit� -Limite (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, art. 114), 26. -Edificio distrutto da eventi bellici -Compropriet� dell'area di risulta -Reciproche concessioni ad aedificandum tra comproprietari -Ricostruzione dell'edificio (1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 67), 26. -Societ� -Passaggio di riserve a capitale per copertura perdite (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, artt. 85 e 88), 27. -Vendita di fabbricato o area edilizia tra parenti entro il terzo grado -Presunzione di liberalit� -Agevolazioni per i trasferimenti onerosi -Applicabilit� (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5; d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 44), 27. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Impresa artigiana in forma di societ� di persone -Classificazione del reddito ai fini della R.M. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 85), 27. IMPOSTE DIRETTE -Esenzione decennale alle nuove imprese artigiane e alle nuove piccole industrie costituite nelle zone depresse del centro-nord (1. 29 maggio 1957, n. 635, art. 8), 27. XXIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Imposta RM-C/2 -Imposta complementare -Sostituto d'imposta -Mancato pagamento -Reato finanziario -Azienda municipalizzata -Controllo sostitutivo Societ� per azioni -Denuncia degli amministratori (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, 127 e 261; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 19; e.e. art. 2409), 27. IMPOSTE E TASSE -Pignoramento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipendente pubblico, ma a lui pervenuto per successione (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2), 28. INTERESSI -Dipendente statale -Promozione con effetto retroattivo -Ricostruzione della carriera -Emolumenti arretrati -Interessi di mora (e.e., art. 1234), 28. -Richiesta di interessi del 5% su fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 1971 relative a servizio manovalanza (art. 41, d.m. 30 giugno 1960, n. 123, art. 1224 e.e.), 28. ISTRUZIONE -Sicilia -Scuole professionali Alunni e personale insegnante Assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 127), 28. LAVORO -Istituto Poligrafico dello Stato Dipendenti -Crediti di lavoro Prescrizione -Decorrenza (e.e., art. 2948, n. 4), 29. -Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto alla retribuzione Decorrenza -Sent. Corte Cost. 3 � giugno 1966, n. 63 -Operativit� i nei confronti dei rapporti giuri 1 dici anteriori, non definiti con \ sentenza passata in giudicato \ (artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2, 2956, I n. 1 e.e.), 29. I -Statuto dei lavoratori -ControlI lo dei lavoratori sull'applicazione delle norme di prevenzione infortuni e malattie professionali -Soggetto passivo -Datore di lavoro -Ispettorato del lavoro (1. 20 maggio 1970, n. 300, art. 9), 29. NAVI -Trasporto marittimo -Scarico Impossibilit� per scioperi -Stallie -Decorrenza (art. 445 cod. nav.), 29. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Richiesta interessi del 5% su fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 1971 relative a servizio manovalanza (art. 41, d.m. 30 giugno 1960, n. 123; art. 1224 e.e.), 29. � OPERE PUBBLICHE -Opere in conglomerato cementizio -Competenza del Genio Civile (1. 5 novembre 1971, n. 1086), 30. PENSIONI -Indennit� di buonuscita -Competenze accessorie (r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, ali. A, artt. 26 e 27), 30. -Orfano maggiorenne di dipendenti o pensionati statali -Pensioni di riversibilit� -Cumulo INDICE xxv Scelta (d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20, art. 21; I. 15 febbraio 1958, n. 46, artt. 12 segg.), 30. PRESCRIZIONE -Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale, 30. -Istituto Poligrafico dello Stato Dipendenti -�rediti di lavoro - Pres�rizione -Decorrenza (e.e., art. 2948, n. 4), 30. -Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto alla retribuzione Decorrenza -Sent. Corte Cost. 3 giugno 1966, n. 63 -Operativit� nei confronti dei rapporti giuridici anteriori, non definiti con sentenza passata in giudicato (artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2; 2956, n. 1 e.e.), 31. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali -Deposito atti -Rilascio documenti (1. 12 marzo 1968, n. 410, art. 1; r.d. 27 dicembre 1882, n. 1139, artt. 5 e 10), 31. _:_ Sicilia -Scuole professionali Alunni e personale insegnante Assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 127), 31. PUBBqco UFFICIALE -Dipendenti della S.E.A. (Societ� esercizi aeroportuali) -Qualit� di pubblici ufficiali, 31. REATI FINANZIARI -Imposta RM-C/2 -Imposta complementare -Sostituto d'imposta -Mancato pagamento -Reato fi nanziario -Azienda municipalizzata -Controllo sostitutivo -Societ� per azioni -Denuncia degli amministratori (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, 127 e 261; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 19; e.e. art. 2409), 31. REGIONE SICILIA -Sicilia -Scuole professionali Alunni e personale insegnante Assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 127), 32. -Sicilia -Zone terremotate del 1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� -Deposito -Ius superveniens -Pagamento diretto ( d.l. 1 � giugno 1971, n. 289, art. 7), 32. REGIONI -Attivit� consultiva dell'Avvocatura dello Stato a favore della Regione a statuto ordinario ed agli Uffici ex statali trasferiti alle Regioni stesse -Ammissibilit� (t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; 1. 16 maggio 1970, n. 281), 32. -Trasferimento alle Regioni delle funzioni dello Stato in materia di agricoltura e foreste -Applicazione di sanzioni amministrative per violazione norme di polizia forestale -Inclusione (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; I. 9 ottobre 1967, n. 950), 32. -Trasferimento alle Regioni di beni forestali -Terreni per i quali sia stata gi� emessa la dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione (1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11, quinto comma), 33. RESPONSABILITA CIVILE -Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veico XXVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lo -Azione di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale, 33. RICORSI AMMINISTRATIVI -Provvedimento della Regione Ricorso straordinario al Capo dello Stato -Istruttoria -Organo competente (d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 11, terzo comma), 33. TRANSAZIONE -Procedimento penale -Risarcimento del danno sub�to dalla parte lesa -Transazione, 33. TRASPORTO -Abbonamento sugli autoservizi di linea -Rimborso in caso di sciopero del personale (1. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 3), 33. -Trasporto marittimo -Scarico Impossibilit� per scioperi -Stallie -Decorrenza (art. 445 cod. nav.), 34. VIOLAZIONI TRIBUTARIE -Pubblico servizio automobilistico -Esercizio abusivo con veicolo non idoneo -Tassa concessioni governative -Omesso pagamento -Conseguenze (t.u. 1� marzo 1961, n. 121, art. 185, Tab. all. A), 34. SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI LEGISLAZIONE pag. 1 QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali II. -Questioni dichiarate non fondate III. -Questioni proposte INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI pag. 3 4 6 16 17 PARTE PRIMA ~ i I I ! 1 i 1 J i I I I I I I i I i' SEZIONE :i'RIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 145 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Marrongiello (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Procedimento penale -Impugnazione del difensore -Esclusione del patrocinatore legale o praticante procuratore -Illegittimit� costituzionale -Insussistenza. (Cost., artt. 3, 34; c.p.p., art. 192, ultimo comma; 529, primo comma). Non � fondata, con riferimento ai principi: di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale deli'art. 192, ultimo comma, c.p.p. e dell'art. 529, primo comma, dello stesso codice, in base ai quali viene escluso dal diritt.o di proporre� impugnazione il difensore dell'imputato nel giudizio a quo che sia patrocinatore legale o praticante procuratore (1). (Omissis). -1. -L'art. 192 c.p.p. dispone che il diritto di impugnativit� pu� essere esercitato: a) dall'imputato personalmente o per mezzo di procuratore speciale (primo comma); b) dai genitori, per i figli minori sottoposti alla loro potest�, o dal tutore, per le persone sottoposte a tutela (secondo comma); c) dall'avvocato o dal procuratore che ha assistito o rappresentato l'imputato nel procedimento (terzo �comma). Nel giudizio a quo, che si svolgeva in pretura nei confronti di un imputato dichiarato irreperibile, il pretore aveva dovuto emettere, ai sensi dell'art. 170 c.p.p., decreto con il quale gli nominava un difen sore di. ufficio scelto, peraltro, nella persona di un praticante procu ratore ammesso al patrocinio in pretura e ordinava che le notificazioni venissero eseguite mediante deposito in �cancelleria. Detto difensore ha proposto ricorso per cassazione �contro la sentenza di a�ssoluzione (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 29 lugliio 1970 dal pretore di Chieri (Gazz. Uff. n. 299 deQ 25 novembre 1970). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche l'avv. Carlo SALIMEI. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perch� estinto il reato per amnistia, riservandosi i motivi per la presentazione dei quali nominava all'imputato un avvocato abilitato al patrocinio davanti alle magistrature superiori. Secondo la costante giurisprudenza della Corte suprema di cassazione il patrocinatore legale o il prattcante procuratore ammesso al patrocinio, ai sensi dell'ultimo comma del riportato art. 192 c.p.p., non sono legittimati a proporre impugnazioni. Da questa giurisprudenza il giudice a quo, con l'ordinanza di rinvio, ha tratto argomento per denunziare a questa Corte, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, detto ultimo comma dell'art. 192 c.p.p. nonch� l'art. 529, primo comma, c.p.p., nella parte in cui non consente che l'avvocato 'cassazionista che sottoscrive i motivi del ricorso sia nominato da persona diversa dall'imputato, in quanto porrebbero in essere una sperequazione tra imputato che sia stato difeso davanti al giudice a quo da un avvocato o procuratore ed imputato che sia stato difeso da un patrocinatore, nonch� tra imputato che sia stato difeso da un avvocato cassazioni.sta o imputato che sia stato difeso da un avvocato non cassazionista. Sperequazione ancora pi� grave nel caso di imputato irreperibile, assistito davanti al giudice a quo da difensore nominato d'ufficio. 2. -Cosi chiariti i termini delle questioni sottoposte all'esame della Corte, deve anzitutto rilevarsi che la sussistenza eventuale dei vizi denunziati dal giudice a quo deve esaminarsi soltanto per l'ipotesi di imputato non presente nel giudizio od al quale sia stato comunque nominato un difensore d'ufficio. Infatti l'imputato presente nel giudizio, anzitutto, pu� esercitare personalmente il diritto di impugnativa e comunque pu� esercitarlo mediante procuratore �speciale scelto, eventualmente, nella .persona dello stesso patrocinatore, dal quale, nei giudizi davanti al pretore abbia ritenuto opportuno di farsi difendere e, quando si prospetta la necessit� del patrocinio di un cassazionista, ben pu� nominarlo direttamente: imputet sibi, quindi, se non ha saputo avvalersi dei mezzi che la legge gli offre per provvedere adeguatamente alla sua difesa. Nell'ipotesi di imputato irreperibile o, comunque, assente dal giudizio oche non abbia nominato un. difensore di fiducia ed al quale occorre quindi nominare un difensore d'ufficio, poi, i vizi denunziati dal giudice a quo :non possono verificarsi quando alla nomina del difensore d'ufficio si proceda con l'esatta osservanza della norma di legge che la disciplina e l'impone. Come ha rilevato l'Avvocatura generale dello Sta.to, invero, l'articolo 128 �c.p.p., al terzo comma, dispone che il �difensore di ufficio � nominato tra gli avvocati e i procuratori iscritti negli albi locali� ed il giudice a quo, non poteva ignorare che la giurisprudenza della PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 3 Suprema Corte di cassazione ha dichiarata illegittima la nomillla di un difensore di ufficio scelto tra i patrocinatori legali e non fra gli avvocati e procuratori e, conseguentemente, ha giudicati nulli i giudizi svoltisi con la loro assistenza. N� pu� opporsi che la disparit� di trattamento dovrebbe ravvivarsi tra patrocinatori che, una volta ammessi al patrocinio dovrebbero poterlo esercitare senza limitazioni, da un lato ed avvocati e procuratori ,dall'altro e non fra i loro difesi, sia .pereh� tale disparit� deriva da una differenziata valutazione �di efficienza tecnica, sicuramente rientrante nella discrezionalit� del legislatill'e, sia perch� il giudice a quo la questione l'ha proposta soltanto sotto il profilo della disparit� �di trattamento tra difesi e non tra �difensori. D'altra parte, mentre per l'impugnato ultimo coonma dell'art. 192 c.p.c. l'avvocato o procuratore che abbia difeso l'imputato in giudizio � legittimato, non soltanto a proporre l'impugnativa, ma anche ad enunciarne contestualmente i motivi, � ovvio che, ove se ne prospetti la necessit�, la difesa di ufficio ben pu� essere affidata ad wn avvocato abilitato' al patrocinio davanti alle magistrature superiori. Vengono, cosi, a cadere anche le censure mosse contro l'art. 529 del codice di procedura penale. -(Omissis). CORTE �OSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 146 -Pres. Chiarelli - Rel. Verzi -Cicu (avv. Simi, Fornario), INPS (avv. Belloni) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Previdenza e assistenza -Fondo sociale -Versamento di contributi a carico delle pensioni del personale addetto ai pubblici servizi di telefonia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 36, 38, 53; 1. 13 luglio 1957, n. 583, art 22; l. 20 marzo 1968, n. 369, articolo unico). N<Yn � fondata la questione di leg.ittimit� costituzionale� deit'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583 e deU'articolo unico deLla legge 20 marzo 1968, n. 369, che assoggettano ad un contributo straord�i1iario e temporaneo del 16 % le pewsioni eccedenti L. 7.20.0.000 annue, dagli iscritti al fondo di previdenza per i servizi di telefonia, per alimentare il fondo sociale dell'INPS istituito� con la legge 21 luglio� 1965, n. 903 (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con o:ridinainm emeSJSla il 6 ottobre 1970 dal trirb:una1le di Bologna (Gazz. Uff. n. 49 del 24 febbraio 1971). 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4 (Omissis). -1. -L'ordinanza del tribunale di Bologna solleva la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, e dell'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369, per violazione degli artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione osservando che: 1) il contributo di solidariet� a favore del Fondo sociale richiesto ai titofari di pensioni superiori a L. 7 .�200.000 annue non trova giustificazione, non suss.iistendo alcun collegamento fra la imposizione patrimoniale e le finalit� del Fondo sociale, al quale il personale dei telefoni rimane del tutto estraneo; 2) siffatto �prelievo pecuniario� viola il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 in relazione all'art. 53 Cost., in quanto non risulta imposto a tutti i soggetti trovantisi in identica situazione, atteso che rimangono esclusi i tit�lari di �similari trattamenti di quiescenza su fondi non attribuiti in gestione all'INPS; 3) l'imposizione di tale sacrificio economico contrasta con la particolare protezione di cui gode la retribuzione del lavoratore, tanto se corrisposta nel corso del rapporto di lavoro quanto se differita sotto forma di liquidazione o di pensione; e non rispetta il principio della intangibilit� della pensione, siiccome adeguata alle esigenze di vita del lavoratore ed alla quaut� e quantit� del lavoro prestato. 2. -La questione non � fondata. Non soltanto i titolari di alte pensioni a carico del Fondo di previdenza del persooale telefonico sono soggetti al versamento di un contributo a favore del Fondo sociale. Dopo che la legge ;n. 369 del 1968, tenendo conto dei rilievi fatti in sede di �discussione parlamentare del progetto, ha esteso l'applica 1 zfone del contributo ai titolari di :pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e dei Fondi sostitutivi od integrativi di essa, gestiti dall'INPS, la nortma ha assunto carattere di generalit�. Infatti, i lavoratori iscritti all'assicurazione generale sono in numero rilevante; ed i fondi sostitutivi od integrativi gestiti dalla Previdenza sociale comprendono il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto, i telefonici, il personale delle esattorie delle imposte dirette, quello delle imposte di consumo, quello delle aziende private del gas e della elettricit�, quello dipendente dall'ENEL, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, gli artigiani, gli esercenti attivi.t� commerciali, il clero, il personale di volo, ecc., sicch� pu� affermarsi che gli iscritti al sistema previdenziale facente capo all'INPS costituisc�no la quasi totalit� dei lavoratori retribuiti alle �dipendenze altrui. Orbene, una no:rma destinata ad essere applicata -senza eccezioni -nei confronti di tutti indistintamente agli appartenenti ad una estesa categoria razionalmente individuata non disattende certamente il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 i.a suindicata sfera di applicazione 'di detta norma e l'ulteriore circostanza che l'INPS gestisce anche il Fondo sociale e la pensione di sicurezza sociale istituita con legge 30 aprile 1969, n. 153, rendono legittima l'esclusione di situazioni estranee al �Campo della previdenza generale dal pagamento del contributo. Per i dipendenti statali, al cui trattamento pensionistico provved,e direttamente lo Stato, e per .gli iscritti a taluni Fondi (liberi professionisti, giornalisti, dirigenti di azienda, addetti a pubblici spetta,coli, ecc.), la particolare struttura del rapporto di lavoro e le speciali ,discipline, che non consentono di affidare la gestione della previdenza all'INPS, concretano certamente situazioni differenti, che .giustificano un trattamento diverso. Appare priva di pregio l'osservazione dell'ovdinanza di rimessione che -non potendo il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia usufruire dei benefici del Fondo speciale -manchi il collegamento fra l'imposizione patrimoniale e le finalit� da perseguire con i proventi relativi. Infatti, la previdenza sociale -unitariamente concepita ed attuata -abb:vaccia tutte le manifestazioni della mutualit� ed attua un principio di collaborazione per l'aipprestamento dei mezzi di� prevenzione e di difesa contro l'.invalidit�, la vecchiaia, ed i rischi del lavoratore. Il contributo del singolo so.ggetto va a vantaggio di tutti gli iscritti, assicurando in tal modo il concorso dei lavoratori con redditi pi� alti nella copertura delle prestazioni a favore delle cate .gorie con redditi pi� bassi. Ed in virt� del vincolo -che accomuna tutti gli iscritti 'all'assicurazione generale obbligatoria ed ai Fondi� sostitutivi od integrativi di essa, .gestiti dall'INPS -il personale telefonico in pensione pu� beneficiare dell'esenzione dal pagamento della ricchezza mobile, esenzione concessa -ai sensi dell'art. 124 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della Previdenza sociale) -�per le pensioni, gli assegni, i sussidi, le indennit� da corrispondersi come prestazioni assicurative in forza del presente decreto�. 3. -La �ritenuta progressiva� sulle alte pensioni, disposta dalle norme impugnate, ha sostanzialmente carattere di .prestazione imposta. E, pur .tenendo conto della particolare protezione �di .cui godono le retribuzioni dei lavoratori, � certo che le loro pensioni, salvo espresse eccezioni, non si sottraggono al regime tributario. E ci� non contrasta con i principi proclamati dagli artt. 36 e 38 della Costituzione. L'istituzione delle nuove pensioni sociali ha dato luogo a spese rilevanti, alla copertura delle quali, tanto i notevoli interventi annuali dello Stato, quanto i contributi del Fondo adeguamento pensioni e di varie gestioni speciali si sono 'dimostrati insufficienti. I suddetti interventi, per�, vanno gradatamente aumentando e .dal 1� gennaio 1976 tutto l'onere della pensione sociale e di quella di �sicurezza sociale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 sar� assunto dallo Stato. Nel frattempo, per la relativa copertura, � stato istituito un contributo .progressivo straordinario e temporaneo a carico di coloro che -secoodo la valutazione del legislatore hanno la capacit� contributiva. Pertanto, la Corte ritiene che nessuno dei principi costituzionali invocati dall'o:vdinanza di rimessione sia violato dalle norme impugnate. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 147 -Pres. Chiarelli Rei. Mortati -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Lombardia (avv. Elia, Benvenuti). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale -Ricorso dello Stato avverso legge regionale -Sottoscrizione del ricorso da parte dell'Avvocato generale o di un sostituto Avvocato generale dello Stato -Idoneit� ad esprimere la volont� del Presidente del Consiglio dei Ministri. (1. 11 marzo 1953, n. 87; art. 20). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via prin-� cipale -Ricorso dello Stato avverso leggi regionali -Deliberazione del Consiglio dei Ministri di rinvio della legge regionale Perduranza degli effetti anche per la proposizione del ricorso Ratifica successiva del Consiglio dei Mll,llstri -Ammissibilit�. (Coot., art. 127; 1. 11 mazo 1953, n. 87, art 31). Regione -Regione Lombarda -Legge sul trattamento economico del personale comandato per la prima costituzione degli uffici e dei servizi regionali -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 117, disp. trans. VITI, 97; st. reg., art. 6, n. 6, 47). Regione -Impugnativa da parte dello Stato di legge regionale -Promulgazione medio tempore della legge -Carenza di potere del Presidente della Regione. (Cost., art. 127). Nei giudizi di legittimit� costituziQ!rtale promo�ssi dallo� Stato contro leggi regionali, non occorre una particolare forma per la dimostrazione deH'esistenza ed operativit� deHa determinaziQ!rte del Rre�sidente del Consiglio dei Ministri, essendo requisito necessario e� sufficiente PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 7 per l'ammissibilit� del ricorso la sottoscrizione: deU'atto da patrte dell'Avvocato generale dello Stato o di un suo sostituto, sreondo le nOT'me �d ii principio sulla rwppresentanza del Gover'no nei giudizi incidentali (1). Nei giudizi di le.gittimit� costituzionale prromossi dallo Stato contro leggi regionali, il rinvio del disegno di le,gge, da parte� del Consiglio dei Ministri, per il rie<same del Consiglio re'gionale ha anche una componente di volo111,t� futura ed eventuale per la successiva impugnativa del disegno di legge riapprovato. Pertanto, in tale perdurante manifestazi01J,e� di volont� del Governo, qualorra questo,, per circostanze eccezionali, non a,bbia potuto riunirsi e de�iiberare swti'impugnativa, � ammissibile la proposizione del ricorso deliberata dal solo Presidente del ConsigLio dei Ministri, e seguita dalla conferma esrpressa dal Consiglio dei Ministri prima del deposito del ricoTso davanti alla Corte Costituzionale (2). � costituzionalmente iUegittima la le.gge della Regione Lombardia 21 febbraio 1972, n. 2, recante norme concernenti il trattamento economico del pers01J,a,le comandato per la prima costituzione de�gli uffici e dei servizi regionali (3). Durante la pendenza del giudizio di legittimit� costituzionale� promosso dallo Stato c01J,tro una legge regiO!ll,ale, il Presidente della Regione ha �carenza di potere di promulgare la legge, e� qualora ci� faccia, l'eventuale dichiarazione di illegittimit� .costituzionale va riferita alla legge promulgata (4). (Omissis). -1. -Con ricorso del 19 febbraio 1972 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha promosso la questione di legittimit� costituzionale della legge approvata il 9 dicembre 1971 dal Consiglio regionale della Regiooe Lombardia e, a seguito di rinvio, riapprovata il 3 febbraio 1972 a ma.ggioranza assoluta �dei componenti dello stesso Consiglio, recante norme concernenti il .tra.ttamento economico del personale per la prima costituzione degli uffici e dei servizi regionali, per violazione dell'art. 117, dell'VIII disposizione transitoria e dell'art. 97 della Costituzione, nonch� dell'art. 6, comma quinto, n. 6, e dell'art. 47 dello Statuto approvato con legge 22 maggio 1971, n. 339. 2. -Per la Regione Lombardia il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri sarebbe apparente, inesistente o nullo, perch� non sarebbe stato preceduto da una -anche se illegittima -formale (1-4) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso del PresideiIJJ1Je del Co�IJJsiglio dei Ministri, notificato il 19 febb['aiO 1972. Per l'esame dei delicati problemi posti dalla situazione eccezionale evidenziata nella sentenza, dm. 1re1aziooe, soprialbtutto, a11 pdncilpio di continruit� fra ~ hlin.etto di.missiofnairio e nuovo Gover.no, v. Giurisprudenza italiana, 1973, I, 1, col. 5. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 8 determinazione di esso Presidente e sarebbe stato solo sottoscritto da un Avvocato dello Stato, che, per mancanza di una qualsiasi delibera zione, non avrebbe la veste di rappresentare il Governo. Sulle ragioni poste a fondamento delle eccezioni e sviluppate nella memoria di costituzione, la resistente non si sofferma pi� nella me moria difensiva, senza peraltro rinunciarvi: � quindi necessario che la Corte se ne occupi. Risulta in punto di fatto che il Presidente del Consiglio dei Mi nistri ha promosso la questione di legittimit� costituzionale sopra spe cificata, a mezzo dell'Avvocatura gene:mle dello Stato; e dal ricorso non emerge se vi sia stata una formale deliberazione o determina zione del Presidente del ConsigJio dei Ministri. Non vi � dubbio per� che la redazione e la sottoscrizione del ri corso da parte dell'Avvocato generale dello Stato e per es,so da un sostituto Avvocato generale, rsiano state precedute da una determina zione del Presidente del Consiglio dei Ministri. Per l'esistenza ed operativit� di un atto del genere non occorre una particolare forma, ma basta, come osserva l'Avvocatura generale, che la volont� del Presidente del Consiglio si esprima, di volta in volta, attraverso i ,canali necessari e sufficienti in relazione al conte. nuto dell'atto stesso. Nella specie, essendoci stata la volont� del Presidente del Con siglio di impugnare davanti alla Corte la legge de qua, ,come inequi vocabilmente � dimostrato dal comportamento dello stesso Presidente ed indirettamente � comprovato dalla deliberazione cOTIJSiliare del 22 febbraio 1972, di cui infra, ed essendo stata tale volont� portata util mente a conoscenza dell'Avvocatura generale dello Stato, questa le gittimamente ha proposto il ricorso a nome e nell'interesse del Pre sidente del Consiglio dei Ministri. Nei giudizi in via d'azione valgono circa la rappresentanza e difesa del Governo le norme che sono dettate per l'intervento nei giudizi incidentali (art. 20, comma terzo, della legge 11 marzo 1953, n. 87), e sono applicabili i principi riconoociuti validi da questa Corte (sentenza n. 6 del 1969) a proposito della non necessariet� di un mandato o �di uno specifico atto da cui risulti la volont� del Presidente del Consiglio dei Ministri. Stante ci�, la sopraddetta eccezione � infondata. 3. -� La Regione Lomba1dia eccepisce altres� ed in modo preminente che il ricorso sarebbe inammissibile perch� la propo,sizione della questione operata dal Presidente del Consiglio non sarebbe stata preceduta da una conforme deliberazione del ColllSiglio �dei Ministri e perch� al riguardo non sarebbe consE?ntito al Presidente, neppure per ragioni di urgenza, di sostituirsi al Consiglio. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Invero, alla proposizione del ricorso entro il termine di cui al l'art.. 127, comma quarto, della Costituzione e all'art. 31, comma primo, della legge n. 87 del 1953, ha fatto seguito, al di l� della scadenza del termine stesso, una deliberazione con cui il Consiglio dei Ministri ha confermato l'impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale proposta in via d'urgenza dal Presidente del Coll!Siglio dei Ministri. Ed a queste premesse si riporta la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato, per cui, in caso di necessit� ed urgenza, il Presidente, salvo ratifica o conferma del Consiglio dei Ministri, � legittimato a sostituirsi al Consiglio stesso nell'iniziativa di promuovere una que stione di legittimit� costituzionale in via principale relativamente ad una legge regionale. Tale tesi, per�, in linea di princ1p10, non .pu� essere cocndivisa. Questa Corte ha pi� volte (sentenze n. 76 del 1963, n. 119 del 1966 e n. 8 del 1967) precisato che il potere di proporre la detta iml pugnativa spetti al Governo, che sia il Consiglio dei Ministri a dover deliberare al riguardo e che il Presidente del Consiglio sia legitti mato ad agire se ed in quanto sussista la detta determinazione del Consiglio dei Ministri, e correlativamente che neppure per ragioni di urgenza il Presidente si possa sostituire in sede decisionale al Con siglio dei Ministri. Ed ora ritiene che non ricorrono nuove ragioni per mutare il proprio convindmento. In par.ticolare, non � dell'avviso che l'art. 127, ultimo �comma, come invece si legge nella difesa dello Sta.to, �non esclude, �di per s�, che, osservato il termine perentorio di quindici giorni, il Presidente del Consiglio dei Ministri .si assuma, in via di urgenza, i poteri del Gabinetto, di cui egli rappresenta (art. 95 della Costituzione) la sintesi dell'attivit� politica generale e �di quella di indirizzo politico, salva la suc.cessiva conferma o ratifica da parte del Constglio dei Ministri �. � vero che solo la legge ordinaria (art. 31 citato) prescTive la previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ma tale norma non si presta ad essere interpretata nel senso ora detto, perch� � proprio _l'art. 127 della :costituzione a ricollegare al Governo e cio� al Con siglio dei Ministri i poteri in o'rdine alla proposizione del ricorso. Senonch�, con il mancato accoglimento della tesi difensiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, non si perviene, come vorrebbe la Regione Lombardia, alla dichiarazione di �nammissibilit� del ricorso. Bisogna anzitutto porire mente al fatto �che l'arit. 127 si occupa del controllo dello Stato nei confronti delle leggi regionali, prevedendone l'esercizio nei modi del visto e del rinvio per riesame. E che -tale con trollo pu� essere fine a s� stesso ovvero, per quanto in questa sede rileva, pu� presupporre e comportare che venga instaurato il giudizio di legittimit� costituzionale. IO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In questa seconda ipotesi, qualo~a. come nel caso in esame, la legge regionale venga riapprpvata nell'identico testo, non appare utile distinguere, nel procedimento di controllo latamente inteso, due fasi, e ritenere che la prima finisca con la. riapprovazione della legge (come implicitamente ammesso con la sentenza n. 8 del 1967). E ci� pereh� il rinvio della legge al Consiglio regionale deve essere preceduto dal controllo del Consiglio dei Ministri, e quando questo rinvia con atto motivato, esso rileva vizi di legittimit� costituzionale della legge ed invita il Consiglio regionale a considerarli ed a rimuoverli, in sede di nuova approvazione. Tale atto ha una sua componente di volont� in relazione ad un comportamento immediatamente successivo (rinvio) o futuro ed eventuale (ricorso per illegittimit� costituzionale alla Corte). E come tale non � istantaneo, ma perdurante, sia pure a date condizioni (e soprattiltto a quella della riapprovazione della legge); per cui appare, siccome rilevato in dottrina, �come predeterminazione da parte del Governo delle linee j;)SSenziali dell'eventuale ricorso alla Corte e del conseguente giudizio di legittimit�. La valutazione e il giudizio espressi dal Consiglio dei Ministri non si caducano per decorso di tempo, ma vengono meno solo per il formarsi di una differente determinazione dello stesso Consiglio. E per ci� all'atto in cui la legge, con lo stesso contenuto di prima, viene riapprovata, in relazione ad essa esistono quella valutazione e quel giudizio. Di conseguenza, quando l'ar.t. 127 dice che entro 15 giorni dalla comunicazione della nuova approvazione della legge il Governo della Repubblica pu� ;promuovere la questione di legittimit� davanti alla Corte Costituzionale e quando l'art. 31, primo e secondo comma, della legge n. 87 del 1953 dispone che la questione pu� essere promossa e sollevata �previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, dal Presidente del Consiglio :., si vuole che a fronte dell'atto �di rinvio e del ricorso alla Corte esista una volont� attuale di opposizione per ragione di legittimit�, del Governo nei confronti della legge regionale perch� eccedente la competenza della Regione, e che codesta vo.Jont� (gi� formatasi ed espressa prima della negazione del visto) venga constatata dallo stesso Consiglio dei Ministri come esistente al tempo della proposizione del ricorso. Se per� per ragioni eccezionali tale formale constatazione di attuale esistenza della volont� del Consiglio dei Ministri non pu� aver luogo, deve ammettersi che sulla base di quella volont� per altro non modificata, il Presidente del Consiglio abbia il potere di promuovere il giudizio ed il Consiglio dei Ministri, almeno prima del deposito del ricorso davanti alla Corte, abbia quello di riaffermare con una formale deliberazione la detta volont�, in modo diretto o in modo indi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE H. retto (ratificando o confermando il comportamento del Presidente del Consiglio), e di fornire ,di ci� la .prova nella debita sede. Nella specie, come risulta dall'atto di _rinvio, il cui contenuto � riportato nella memoria di 'Costituzione della Regione, il Consiglio dei Ministri ha utilmente e regolarmente effettuato il controllo spettantegli sulla legge regionale de qua ed ha partecipato i motivi (del proprioconvincimento e della ;propria determinazione ai fini) del rinvio al Consiglio, regionale. La volont� di opposizione del Governo alla promulgazione e pubblicazione della legge non ha sub�to alcuna mo-difica n� tanto mene> si � esaurita, per cui se ne pu� ritenere l'esistenza alla data in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto il ricorso. Questo atto, pertanto, proviene da un organo legittimato specificamente a sensi dell'art. 31, comma secondo, della legge n. 87 del 1953, a seguito della precedente e perdurante (almeno negli effetti) deliberazione del Consiglio dei Ministri. � mancata, � vero, in fatto la constatazione della perduranza di codesta volornt� all'atto della proposizione del ricorso, ma a tale omis-sione si � ovviato con il successivo atto di conferma. Da tutto ci� consegue clle il ricorso, essendo stato legittimamente proposto ed -essendo stato comunque sanato ogni suo eventuale vizio~ debba dirsi pienamente ammissibile. 4. -Nel merito, il ricovso � fondato. La legg~ in questione si rnerisce non solo al trattamento economico ma anche allo stato giuridico del pevsonale comandato. Non appare sostenibile l'assunto della Regione secondo cui non si � voluto modificare lo stato giuridico del detto personale e si � inteso solo incidere sul suo trattamento economico, e non si � voluto dar vita ad un ruolo a .parte ed attribuire qualifiche e mansioni in contrasto con le qualifiche che i singoli dipendenti avevano presse> gli enti di appartenenza. � vero che il titolo della legge fa riferimento al trattamento economico, e che nello stesso senso � il disposto dell'art. 1, comma primo,. e dell'art. 2 cpv., ma non deve trascurarisd. in contrario che, come ammette la stessa Regione, si � posto in essere un � mansionario � valido per tutto il personale (compreso quello comandato) e quin-di si sono sostanzialmente modificate le qualifiche originarie, e tra !'altre> e soprattutto si � operata un'integrazione della retribuzione percepita rivalutata attraverso la costruzione deila carriera pregressa. Stante ci�, la legge � illegittima: a) Pereh� la Regione non ha il .potere di discipJ.inare lo stato .giuridico del personale che non sia regionale ma semplicemente presso 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di essa comandato (e tuttavia appartenente ai ruoli dello Stato o degli enti locali). Non basta al detto fine che nella mancanza di un rapporto organico, vi sia un semplice rapporto funzionale. Nulla pu� ricavarsi in contrario (come vorrebbe invece fare la Regione) dall'art. 117 della Costituzione e dal citato art. 6, n. 6, dello Statuto r~gionale. Ch� anzi da tali testi emerge chiaramente la necessit�, perch� la Regione possa provvedere all'organizzazione degli uffici e dei servizi, che tale attivit� si rivolga, sul piano dei �soggetti, nei confronti di persona.le regionale. b) Inoltre, la Regione non pu� dettare un trattamento economico (qualsiasi) per il personale non regionale ancorch� dipendente funzionalmente da essa. � quanto mai significativo al riguardo il precedente in materia offerto dalla sentenza n. 93 del rn68, secondo cui �l'indispensabile presupposto della legittimit� di una legge regionale regolatrice del trattamento economico del personale di determinati uffici � costituito dal fatto che essa si riferisce a dipendenti della Regione�. E non vale eccepire che quello che definisce la causa degli emolumenti sia il momento della dipendenza funzionale perch� � evidente che collegando formalmente o fittiziamente il trattamento economico alle mansioni, e modificando queste, si viene a incidere sullo stato giuridico del personale che sul terreno della retribuzione � ancorato al grado e alle qualifiche secondo i ruoli di appartenenza. e) La Regione, ad ogni modo, si sarebbe dovuta adeguare ai principi a sensi del ripetuto art. 117 e dell'art. 67 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (giusta l'interpretazione datane da questa Corte con la sentenza n. 40 del 1972). Codesti principi non sono -�Come vorrebbe la Regione -solo quelli che impongono certe procedure per la determinaziorne del trattamento economico o certi parametri minimi in relazione a certe funzioni. Sono .tali anche e, tra gli altri, quelli che escludono l'automaticit� degli scatti di stipendio e li condizionano all'assenza di demerito. Contro questi ultimi principi � volto il �.nuovo� sistema creato dalla Regione che tra l'altro si fonda sulla concessione di uno scatto di classe di stipendio al quinto anno ed in modo indiscriminato per tutti i dipendenti, e sull'attribuzione degli scatti di stipendio prescindendo dall'assenza di demerito. Appare quindi evidente la violazione delle citate norme. d) La Regione ha comunque violato direttamente il �citato art. 67, seconda parte, della legge n. 62 del 1953, pevci� �che, fissando la misura degli scatti al 6 % anzich� al 2,50 % , ha previsto un trattamento economico pi� favorevole in assoluto per il personale comandato presso la Regione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 �5. -Rimane cosi assorbito l'esame delle considerazioni relative alla denunciata violazione dell'art. 97 della Costituzione nonch� dell'VIII disposizione transitoria. 6. -Si pu� pertanto concludere per 1a fondatezza del ricorso. Ritenuto, infine, che il Presidente della Giunta regionale della Lombal'dia, nonostante la pendenza del presente giudizio, ha promulgato la legge e ne ha ordinato la pubblicazione e che questa ha avuto luogo nel Bollettino Ufficiale n. 9 del 21 febbraio 1972, non ;pu� non. essere rilevata la gravit� di .codesto comportamento posto in essere in piena carenza di poteri, senza attendere, in ol'dine al proposto ricorso, la decisione di questa Corte .e �cio� dell'unico organo competente ad -esprimere al riguardo determinazioni costituzionalmente valide. Ed essendo intervenuta la pubblicazione della legge, � di questa che deve essere dichiarata l'illegittimit� costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 148 -Pres. Chiarelli - Rel. Rocchetti -Rebora (avv. Clerici) c. Soc. Montecatini Edison (avv. Nicol�) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Societ� -Societ� per azioni e consorzi -Adeguamento dei rispettivi statuti alle disposizioni del Codice civile del 1942 -Proroga del termine fino alla revisione del Codice civile -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; e.e., artt. 2368, 2369; 1. 18 ottobre 1950, n, 920, art. 1). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la -questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 18 ottobre 1950, n. 920, che prornga sino aU'attuazione della .revisioine del �codice civile il termine per l'adeguamento de�gli statuti delle societ� per .azioni e dei consorzi cos.tituiti anteriorniente all'entrata in vigore del codice civile del 1942, aile disposizioni recafJe dagli artt. 2368 e 2369 d�llo stesso codice (1). (Omissis). -1. -Gli artt. 2368 e 2369 del vigente codice civile stabiliscono, per la �costituzione delle assemblee e per la validit� delle �deliberazioni delle societ� per azioni, determinate maggioranze, inde( 1) La que1stione era stata sottoposta all'esame deil1a Cocte con Qll'dinanza emessa il 29 ottobre 1970 dal tribunale d� Milano (Gazz. Uff. n. 42 -del 17 feb~aio 1971). La sentenza 8 Luglio 1967, n. 101 leggesi in que�sta Rassegna, 1967, I, 70~. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 rogabili nel minimo, in ci� innovando alla disciplina dispositiva e suppletiva del codice di commercio del 1882, in cui i quorum assembleari previsti dal legislatore erano applicabili solo se le societ�, nell'atto costitutivo o nello statuto, non avessero diversamente disposto (articoli 157 e 158). Per l'adeguamento degli anteriori atti statutari alle nuove norme, l'art. 206 delle disposizioni di attuazione del codice civile (r.d. 3() marzo 1942, n. 318) concedeva termine fino al 30 .giugno 1945. Tale� termine, �con vari provvedimenti legislativi, fu pi� volte rinviato a scadenze determinate, fin quando, con la legge 18 ottobre 1950, n. 920, esso venne ulteriormente prorogato con una formula che ne disponeva il differimento �fino all'attuazione della revisione del codice civile�. Il tribunale di Milano, considerato che la proroga da ultimo stabilita � collegata alla stessa revisione della disciplina attualmente vigente per le societ� per azioni, ritiene che la di�sposizione che la sancisce sia incompatibile con un sistema di diritto transitorio. perch� in realt� essa darebbe luogo a due regolamentazioni definitive, diverse e contrastanti, della stessa materia, a seconda che le societ� siano state� costituite anteriormente o posteriormente all'entrata �l!l vigore del nuovo codice. Tale duplicit� di regolamentazione � assunta dal giudice a qu0> a fondamento della dedotta illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della citata legge del 1950, per violazione dell'art. 3, primo comma, della. Costituzione. 2. -Come � noto, l'originario termine entro il quale le societ� regolarmente costituite al giorno della entrata in vigore del codice dovevano provvedere ad uniformare allo stesso l'atto costitutivo e lo statuto, aveva lo scopo di evitare che quelle societ� potessero risentire danno dall'applicazione :troppo precipitosa .di una innovazione che aveva riflessi sulla loro or.ganizzazione interna e sulla regolarit� del loro funzionamento. Scaduto quel termine, a sollecitarne di volta in volta la .proroga contribuirono da un lato talune esigenze di carattere contemporaneo, connesse allo stato di guerra (d.l.lgt. 4 gennaio 1945, n. 11); dall'altro ragioni di carattere sostanziale che investivano le stesse. scelte di politica legislativa adottate dal codice del 1942, nella materia in esame. In particolare, si profilava, negli ambienti politici. ed economici, il dubbio che la ratio, che ispira il codice vigente, di rendere pi� rigido il sistema mediante la previsione di quorum costitutivi e deliberativi inderogabili, non costituisse effettivamente lo strumento pi� idoneo, nel mutato contesto politico-sociale, per tutelare le minoranze e per garantire in misura adeguata la posizione dei soci assenti e dissenzienti. Tali perplessit�, alimentate dalla impossibilit� di valutare criti-camente, nella diflkile situazione del Paese impegnato nella ricostru PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 zione, tutti ,gli aspetti, politici ed economici, delle innovazioni del eodice vigente in materia di societ� e di consorzi, indussero il legis1a, tore a prorogare ulteriormente i relativi termini previsti dalle disposizioni di attuazione, dapprima a tempo ,determinato (d.1.C.P.S. 29 marzo 1947, n. 361; d.lg. 25 marzo 1948, n. 484; legge 19 dicembre 1949, n. 1051), e poi fino all'attuazione della revisione del codice civile (legge 18 ottobre 1950, n. '920). 3. -Cosi precisate le finalit� delle leggi di proroga, va rilevato, preliminarmente, ,che nessuna influenza riveste, ai fini della decisione, la formulazione della norma impugnata, gi� censurata in sede di Lavori preparatori e, successivamente, da par:te della dottrina. N� alcun contributo pu� recare alla soluzione del problema l'indagine, necessariamente astratta, delle caratteristiche delle no,rme di diritto c.d. transitorio: come gi� questa Corte ha avuto occasione di rilevare (sentenza' n. 101 del 1967), �la definizione di una norma come transitoria implica solo che, nel passaggio da una vecchia ad una nuova disciplina, alcuni fatti o rapporti, in considerazione della loro collocazione cronologica, sono sottratti alla efficacia del nuovo regolamento, ma nOl!l esclude che la norma possa trovare applicazione, per un tempo indefinito, tutte le volte in cui quei fatti e quei rapporti siano oggetto di valutazione giuridica�. Ci� posto, occorre esaminare se l'espressione secondo la quale i termini in �esame � sono ulteriormente prorogati sino alla attuazione della revisione del codice civile � volesse introdurre semplicemente una proroga sine die, �diretta a mantenere in vita a tempo praticamente indeterminato, per le societ� costituite anteriormente alla entrata. in vigore del codice civile, le disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto che non fossero ad esso conformi, oppure se que�l1a espressione servisse, nelle intenzioni del legislatore, a fissare nel tempo un termine finale alla durata del differimento della efficacia di quelle disposizioni. A questo proposito va sottolineato che il �coUegamento tra la proroga e la modifica de~e norme del libro V del codice trova esplicito riferimento non solo nella formulazione della legge impugnata, ma anche nei lavori preparatori dell'ultima delle leggi di proroga. a termine, la legge 19 dicembre 1949, n. 1051, con cui il legislatore provvide a rinviare di un anno l'estensione delle disposizioni del codice civile in tema di societ� e di consorzi. Quest'ultimo rilievo permette di valutare esattamente il significato della espressione contenuta nell'art. 1 della legge 18 ottobre 1950, n. 9�20, nel senso che essa aveva la funzione di indi,care il termine finale della proroga, che il legislatore aveva gi� preventivamente de 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO terminato nell'an e, ragionevoln.1.ente, ritenuto determinabile nel quando (dr. sent. n. 16 del 1968). Di conseguenza, non pu� essere condiviso l'assunto del giudice a quo, secondo cui la legge n. 920 del 1950 attribuisce carattere definitivo al sistema di diritto transitorio, previsto dalle norme di attuazione; deve, al contrario, ritenersi che la proroga di tale sistema � riferita ad un termine finale che il legislatore, nell'ambito del suo potere discrezionale, ha determinato in modo elastico e flessibile, collegandolo ad un avvenimento che si aveva ragione di ritenere, se non imminente, quanto meno prossimo. 4. -Decisivo �, �comunque, il rilievo che la prev1sione di un duplice sistema �di regolamentazione delle societ� commerciali e dei consorzi in tema di quorum assembleari si presentava, al momento in cui fu disposta la pror��ga, perfettamente corrispondente alle esigenz.e prese in considerazione dal legislatore. In effetti, in una situazione politica cara�tterizzata da non poche incertezze in ordine agli strumenti giuridici adeguati alle necessit� del momento per regolare istituti fondamentali per lo sviluppo economico del Paese, quali le societ� per azioni, non pu� lllOn apparire razionale la scelta del Patlamento di evitare l'applicazione di quelle norme del nuovo �Codice di cui si prevedeva, sin d'allora, una modificazione . . D'altra parte, che tale previsione fosse aderente alla realt� politica e sociale, � dimostrato dagli avvenimenti verificatisi negli anni successivi, in cui, a:p_che per effetto della rapida industrializzazione del Paese e della �diffusiol!le dell'azionariato, il problema della riforma della disciplina delle societ� per azioni � stato sempre considerato una esigenza viva, sia dagli studiosi della materia che da parte dei rappresentanti politici. A questo proposito, merita di essere ricordato �che, dopo prece denti" studi e proposte, il Governo, nel novembre 1963, assunse im pegno dinanzi al Parlamento di portare a compimento quella riforma e che, sulla base di un'ampia elaborazione effettuata da umi commis sione di studio particolarmente qualificata, nel .gennaio 1967 fu dira mato �per il parere uno schema di disegno di legge, che, per diverse ragioni, che in questa sede non � il caso di valutare, non fu poi presen tato all'approvazione degli organi parlamentari. Nel frattempo, delineatasi, a livello comunitario, l'esigenza di eliminare taluni contrasti esistenti nella disciplina delle societ� per azioni nei diversi paesi della e.E.E., il Governo emanava la le�gge delegata 29 dicembre 1969, n. 1127, con cui, in attuazione della direttiva della e.E.E. 9 marzo 1968, n. 151, venivano introdotte� parziali modifi.che al reg1me delle societ�. i l I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 17 Attualmente, il problema relativo ad una pi� incisiva e generale riforma della disciplina societaria � tuttora aperto e non pu� considerarsi n� risolto n� superato. Infatti, nel �documento programmatico preliminare�, contenente elem.enti per l'impostazione del programma economico nazionale per il quinquennio 1971-1975, � stata ancora una volta sottolineata l'ur.genza di adottare � misure legislative idonee a rendere la struttura societaria pi� funzionale tanto ai fini dello sviluppo economico generale, quanto a quelli di una corretta raccolta e canalizzazione del risparmio �. In questa prospettiva, ritiene la Corte che il collegamento operato dalla legge impugnata tra il differimento del~a applicazione di determinate norme del codice e la riforma della disciplina delle societ�, resta tuttora valido hel suo presupposto di fatto. Di conseguenza, in materia di maggioranze assembleari, la diversit� di regolamentazione esistente tra le societ� costituite anteriormente o posteriormente alla entrata in vigore del codice civile, trova anche oggi una valida .giustificazione, nell'attesa della 'disciplina che, tenendo conto dei rilevanti mutamenti della situazione economico-sociale, regoli in modo unitario il regime giuridico delle societ�. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 150 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Vanacore (n. c.). Procedimento penale -Incidenti di esecuzione -Mancata comparizione del difensore di ufficio -Decisione dell'incidente -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 24, 3; c.p.p., art. 630, ultimo comma). Non � fondata, con riferimento ai principi di difesa e' di eguaglianza, ia questione di legittimit� costituzionale dell'art. 630, ultimo comma, c.p.p., che _consente la decisione sull'incidente di eisecuzione anche se il difensore di ufficio, regoLarmente citato, non sia comparso (1). (Omissis). -1. -L'art. 630 c.p.p., nel disciplinare il procedimento per gli incidenti di esecuzione, dispone fra l'altro: a) in seguito alla richiesta del pubblico ministero e alla istanza dell'interessato, il presidente o il pretore nomina un difensore d'uf (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emesi:\a il 5 novembre 1970 dal pretore di Napoli (Gazz. Uff. n. 22 del 27 genooio 1971). La sentenza Corte Cost., 16 dicembre 1970, n. 190 leggesi in questa Rassegna, 1971, I, 14; per la sentenza Corte Cast., 30 marzo 1971, n. 62 id., 1971, I, 524. 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :f�cio all'interessato ammesso al gratuito patrocinio; fissa con decreto il giorno della deliberazione e ne fa comunicare avviso, non meno di cinque giorni prima di quello stabilito, al pubblico ministero anche quando l'incidente � stato proposto a sua richiesta. Lo stesso avviso nel medesimo termine deve �essere notificato al privato che ha proposto l'incidente e agli altri �che vi abbiano interesse (comma primo); b) il pubblico ministero presso il tribunale o la corte presenta requisitoria scritta. I privati che ne fanno domanda, se compaiono, :sono uditi personalmente o per mezzo del difensore in camera di consiglio; se sono detenuti in luogo diverso da quello in cui risiede il .giu �dice, sono previamente sentiti a loro domanda dal giudice di sorveglianza o dal pretore del luogo all'uopo delegato; essi o il difensore banno anche facolt� di ;presentare memoria, senza che per ci� possa essere ritardata la decisione ('secondo comma); c) si osservano quando occorre le disposizioni conce.menti la jstruttoria formale (ultimo comma). Con l'o!I'dinanza di r.invio il pretore di Napoli, che aveva :proposto ,d'ufficio, ai sensi degli artt. 655 e 628 c.p.p., incidente di esecuzione per provvedere �sulla confisca di un corpo di reato, come si � esposto :in narrativa, ha denunciato a questa Corte l'ultimo comma del sopra riportato art. 630, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, ;sostenendo, in sostanza, la tesi che anche nel procedimento per incidente di esecuzione la difesa tecnica dell'imputato debba ritenersi non :facoltativa ma obbligatoria in ogni fase e che, pertanto, !'.incidente non possa essere deciso, in assenza del �difensore, anche se questo sia stato nominato d'ufficio ed abbia avuto notificato .tempestivamente il pre' 5critto avviso, cirica il �giorno fissato per la discussione, non potendosi ravvisare una razionale analogia con la istruttoria formale. 2. -Anzitutto deve rilevarsi che (a parte la considerazione che, �trattandosi di incidente di esecuzione di competenza del pretore e da ..questi proposto, non era prescritto l'intervento del pubblico ministero) la questione � infondata, perich�, in base ai principi fissati nella ..sentenza n. 190 del 1970 il diverso trattamento tra p.m. e difensore non � di per s� sufficiente a porre in essere una violazione dell'art. 3 della �Costituzione dell'art. 24 della Costituzione. 3. -Anche infondata risulta sotto il profilo della violazione delTart. 24 della Costituziooe. Gi� con sentenza n. 29 del 1962 questa Corte ebbe a dichiarare �non fondata analoga questione, rilevando, tra l'altro, che� n'ei vigenti nostri or�dinamenti processuali il diritto alla difesa non si identifica sempre con la necessit� dell'assistenza del difensore, osserv.ando, al ::riguardo, che nel procedimento penale tale assistenza � obbligatoria PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE nella fase del giudizio, ma non lo � nella istruzione e che nel procedimento civile lo stare in giudizio senza l'assistenza 1del difensore � consentito per i giudizi davanti ai conciliatori ed anche, a date condizioni, in quelli davanti ai pretori. Afferm�, poi, il .principio .generale che il diritto di difesa deve ritenersi sufficientemente garantito dalle norme in virt� delle quali � assicurata la possibilit� di tutelare in giudizio le proprie ragioni e di farsi assistere dal difensore, salvi i casi in cui il legislatore ordinario disponga la obbligatoriet� di tale assistenza. Dopo la pubbUcazione delle sentenze n. 86 del 1968 nonch� di quelle nn. 148 e 149 del 1969 e n. 2 del 1970, con le quali venne dichiarata illegittima l'esclusione della difesa tecnica anche nella istruttoria sommaria, nelle indagini di polizia giudiziaria e, a maggior ragione, in taluni atti dell'istruttoria formale, la questione della legittimit� costituzionale dell'art. 630 c.p.p. venne riprodotta dalla Corte di assise di Milano per la parte del primo comma nella quale, mentre � prescritto che debba essere nominato un difensore all'interessato ammesso al gratuito patrocinio, nulla � disposto per il caso di chi non � ammesso a quel beneficio e non ha, tuttavia, nominato un suo difensore. Questa volta la Corte, con sentenza n. 68 del 1970, ha riconosciuto fondata la questione, dichiarando illegittimo il primo comma dell'articolo 630 c . .p.p., niella parte nella quale non prevede la nomina del difensore di ufficio anche all'interessato non ammesso al gratuito patrocinio, che non abbia provveduto a nominarne uno di fiducia e non prevede che l'avviso del giorno della deliberazione dell'incidente vada notificata anche al difensore dell'interessato. La sentenza � motivata in riferimento alle citate pronunzie del 1968, 1969 e 1970, nonch� alla legge 5 dicembr.e 1969, n. 932, e, quindi, non incide �stil presupposto della analogia tra istruttoria formale ed incidente di esecuzione, che allora non formava oggetto di contesta zione �come lo forma, invece, nel caso presente. Ora, con la sentenza n. 62 del 1971, si � ritenuto: �La Corte, ri chiamandosi ai principi costantemente affermati, secondo i quali il diritto .inviolabile di difesa .garantito dalla norma costituzionale di raffronto (art. 24) non comporta che il suo esercizio debba essere disciplinato in modo identico in ogni tipo di procedimento ed in ogni fase processuale, ritiene che, una volta che sia stato assicurato il diritto dell'imputato di nominare un difensore di fiducia, in mancanza di tale nomina, di essere assistito da un difensore di ufficio ed unq. volta che sia stato garanti.to il diritto del difensore a svolgere adeguati inter venti, il legislatore abbia il potere di valutare se determinati atti processuali possono essere vaUdamente compiuti anche se il difensore si astenga dal pronunziarsi. E non esce dai limiti di questa discre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 20 zionalit� una disciplina che, diversamente valutando le esigenze difensive nella fase istruttoria ed in quella dibattimentale, ritenga, per quanto riguarda la prima, che esse non impongano attraverso la sanzione della nullit� degli atti, una necessaria partecipazione del difensore �. In base a questi principi Ja questione risulta infondata in considerazione della tipicit� del procedimento di incidente di esecuzione, le cui caratteristiche lo differenziano nettamente dal procedimen.to dibattimentale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 151 -Pres. Chiarelli Rei. Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas) e Presidente Regione Siciliana (avv. VilJari). Regione -Regioni a statuto speciale -Norme di attuazione -Prececenza sulle leggi ordinarie -Ipotesi di conflitto e non di abrogazione fra le due norme -Ammissibilit� del giudizio di legittimit� costituzionale sulla legge ordinaria. (Cost., art. 134: 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; d.P.R., 5 novembre 1949, n. 1182; d.l. 20 ottobre 1970, n. 745, art. 16). Sicilia -Concessione per distributoridi carburanti -Competenza statale -Ipotesi di esclusione -Illegittimit� costituzionale della relativa normativa -Ipotesi di riserva allo Stato -Infondatezza della questione. (St. Reg. Sic. art. 14, lett. b, 20; d.P.R. 5 novembre 1949, n. 1182; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 16). Le norme di attuazione degli statuti delle Regioni ad ordinamento speciale prevalgono sulle leggi ordinarie dello Stato, ed in ragione di tale procedura, non danno luogo a conflitto�, potendo�si provvedere� al relativo adeguamento in sede di applicazione della legge ordinaria; ma ci� non si verifica allorch� la legge abbia un contenuto tale da negare effetto alle norme di attuazione. In tale ipotesi, � consentito ii giudizio di le9ittimit� costituzionale sulla legge ordinaria (1). � costituzionalmente illegittimo, per violazione deile norme� statutarie e di attuazione in materia di industrie e commercio deUa Regione siciliana, l'art. 16 d.l. 26 otbobre 1970, n. 725, nelle parti in cui: (1-2) Giudizio di legittimit� costituzionale dell'art. 16 d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 (\Provvedimenti straoodinaxi per l~ ~esa economica), coo,vertito m le.gge 18 dicemblre 1970, n. 1034, piroonosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1972 dalla Co.rte Costituzionale (Gazz. Uff. n. 141 del 31 maggio 1972). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 che implica necessit� di contemperare anche le esigenze di Regioni contermini. Nemmeno fondato � l'a,ssunto che lede la competenza regionale in materia di enti locali, il comma quattol'dicesimo, il quale, per alcune localit�, permette di dare la concessione al comune nella concorrenza di specifiche circo~tanze. La norma invece d� criteri per l'attivit� di distribuzione dei carburanti nelle zone alle quali l'iniziativa privata non dimostra di avere particolare interesse, ed � perci� coerente alla necessit� di direttive di valore generale, destinate a dare ordine alla rete di impianti di distribuzione dei carburanti, e soprattutto ad evitare che in qualche zona abbiano a verificarsi carenze. Deil resto, la norma ha carattere transitorio, rife!'endos~ all'ipotesi in cui i comuni abbiano chiesto la concessione entro i 180 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 157 -Pres. Chiarelli -Rel. Rossi -Zecchino (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Dogana -Dichiarazione di abitualit� del contrabbando -Equiparazione all'abitualit� a delinquere -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 25; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 114, primo comma). Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che a queilo di legalit�, la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 114, primo comma, della vigente legge doganale (legge 25 settembre 1940, n. 1424) che equipara negti effetti la dichiarazione di abitualit� in contrabbando alla dichiarazione di abitualit� a delinquere, di cui ail'art. 1-09 c.p. (1). (Omissis). -Le questioni sollevate dalle diverse ordinanze sono due: a) se l'art. 114, primo comma, della legge 25 settez:nbre 1940, n. 1424, secondo cui �gli effetti della dichiarazione di abitualit� nel (1) La questione era stata sottoposta all'esame della COll'rte con ordinanz. e emesse il 22 Luglio 1970 dall giudice di SOll'V�eg;lianza del Tribunale di Fi�renze (Gazz. Uff. n. 299 del 25 novembre 1970) ed il 9 dicembre 197() dallo stesso giudice (Gazz. Uff. n. 74 del 24 marzo 1971). 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contrabbando sono quelli stessi stabiliti dall'art. 109 c.p. che disciplina l'abitualit� a delinquere comune, non contrasti con il principio d'uguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione, in quanto parifica, agli effetti di misure detentive, due ipotesi diverse, quella del contrabbandiere abituale che abbia riportato quattro condanne a pene eventualmente lievi, e quella del delinquente comune la cui abitualit� non pu� esse!'e dichiarata �se non in seguito a gravi condanne; b) se l'impugnato art. 114, primo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, non contrasti con il principio di legalit� garantito dalla Costituzione anche in tema di misure di sicurezza (art. 25, terzo comma, Cost.), in quanto col semplice 11ichlamo all'art. 109 c.p. attribuisca ad una certa specie di pericolosit� sociale (l'abitualit� in contrabbando) le �conseguenze previste per una specie diversa. Entrambe le questioni sono infondate. 1. -La valutazione della pericolosit� dei singoli reati, e il compito di .graduare per ciascuno le pene e le eventuali misure di sicurezza, spetta al legislatore, entro i limiti imposti dai principi generali e specificamente dagli artt. 2 e 27 della Costituzione. Ben pu� il legislatore, perseguendo ragionevoli fini di politica criminale, punire un reato in modo pi� severo di un altro che appaia a taluni meno dannoso o riprovevole; allo stesso modo pu� regolarsi per l'applicazione delle misure di sicurezza, che sono legittimamente previste anche per fatti non punibili. N� si comprende perch� la recidiva abituale in contrabbando dovrebbe meritare un trattamento diverso e pi� favorevole della comune recidiva abituale. Il contrabbando non soltanto � un reato diretto contro un interesse generale dello Stato, costituzionalmente protetto (articoli 53 e 14, terzo comma, Cost.), ma � capace di creare situazioni di pericolo e di pubblico allarme. Il ricorso al principio di uguaglianza, sotto l'aspetto di un minor rilievo penale dell'abitualit� in �contrabbando rispetto alla generica abitualit� nel delitto, � del tutto fuori luogo. 2. -Non �sussiste in alcun modo la violazione del principio di legalit� giustamente esteso dalla Costituzione anche alle misure di sicurezza (art. 25, terzo comma). L'art. 114, primo comma, della legge doganale, che 'con il preciso rinvio all'art. 109 c.,p. prevede per la dichiarazione di abitualit� in contrabbando i medesimi effetti stabiliti per l'abitualit� a delinquere, costituisce una completa, tassativa e non equivoca previsione legislativa. --(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE -sottrae art.a Regione la competenza a provvedere alla concessione di distributori di carburanti nell'ambito del territo'l"io regionale, 'ed ipotesi analoghe; -non prevede il pa'l"ere della Regione prima che ii CIPE deliberi sugU indirizzi di carattere generale in materia, per quanto riguarda l'interesse regionale; -non prevede la competenza della Regione ad emana.re� norme esecutive della legge statale; mentre non � fondata la questione relativa allo stesso articolo nella parte in cui demanda al Ministro pe1� l'indust.ria la competenza a rilasciare concessioni lungo le autostrade, o in localit� molfl,tane o nelle piccole isole (2). (Omissis). -2. -La disposizione oggetto della questione di legittimit� costituzionale assegna alla Regione siciliana soli.tanto urna �attivit� consultiva nei confronti del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da esplicarsi dopo che il comitato interministeriale per la programmazione avr� deliberato sui criteri di attuazione della legge statale (comma quinto). Ci� fa intendere che nessun altro compito spetta alla Regione, nemmeno quello sostitutivo del potere attribuito al prefetto, come risulta, del resto, dalle disposizioni regolamentari approvate con d.P.R. 27 ottobre 1971, n. 1269. Si ha conferma di ci� nel fatto che il primo comma dell'art. 16 suddetto conferisce solo al Presidente della Giunta valdostana competenza per il rilascio della conc�essione rnel territorio della Regione e, per quanto in tal modo si sia voluto tener conto del particolare ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta, il non aver fatto salve anche le attribuziooi della Regione siciliana, a favore della quale lo Stato si �� gi� spogliato della propria competenza per il particolare settore, rivela una mens legis discriminatrice in pregiudizio della competenza siciliana, e rende perci� necessaria una pronunzia di questa Corte. � esatto che le norme di attuazione degli statuti delle Regioni ad ordinamento speciale che siano esplicazione dei principi statutari prevalgono sulle norme delle leggi o:r1dinarie dello Stato, e, in ragione di tale prevalenza, non danno luogo a �conflitto fra legge ordinaria e norme di attuazione degli statuti stessi. Ma all'adeguamento suddetto pu� provvedersi in sede �di applicazione della J.eg�ge ordinaria soltanto se questa non abbia un contenuto tale da negare eff.e.tto alle norme di attuazione; e, nella specie, la norma denundata �di illegittimit� costituzionale deve ritenersi che non permetta coordinamenti che lascino salva la competenza della Regione siciliana. Deve pertanto, entro questi limiti, pronunziarsi l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1'6 del decreto legge 26 o�ttobre 1970, n. 745, su menzionato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 3. -Un primo motivo di illegittimit� concerne il potere di rilasciare la concessione di impianto di esereizio e quello di autorizzare i trasferimenti di impianti da una localit� ad un'altra di una stessa provincia (commi secondo e undicesimo). Questi poteri debbono essere eserdtati dalla Regione siciliana, n001 dai prefetti. Non risultano poi coordinati con la competenza statutaria della Regione siciliana i poteri del comitato interministeriale della programmazione circa la determinazione degli indirizzi da seguire per il rilascio delle concessioni (comma quinto): 1a Regione, essendo chiamata a dar pareri al Ministro dopo che il comitato per la programmazione abbia deliberato sugli indirizzi che il Ministro deve seguire, non � posta in grado di rappresentare al comitato quali siano le necessit� locali effettive cosi che il comitato l,e abbia presenti nel quadro delle esigenze generali. Se � poss:ibile che, nella sede centrale, si stabiliscano, anche con riguardo alla Sicilia, indirizzi di carattere globale, queste esigenze risulteranno aderenti pi� alla realt� sociale quando gli indirizzi siano assunti avendo conoscenza della valutazione che ne fa la Regione. Analogamente deve dirsi che, senza voler contestare il :potere del Ministero �fell'industria di dettare anche per la Regione siciliana criteri generali di rilascio delle concessioni, sulla base degli in'dirizzi del ,comitato di programmazione (comma quinto gi� menzionato), deve spettare alla stessa Regione i1 potere ,di specificare, provincia per provincia, le determinazioni ministeriali; cos� ,che la ripartizione dei coefficienti ministeriali possa avvenire attraverso la considerazione delle concrete necessit� locali. Deve inoltre affermarsi rche spetta alla Regione la competenza ad accoroare l'autorizzazione alla cessione di concessioni da parte di chi sia proprietario di pi� impianti di distribuzione situati in diverse provincie del territorio siciliano (comma decimo): la competenza che � stata attribuita al Ministro per tutto il territorio �dello Stato si spiega con il fatto che il provvedimento autorizzativo riguarda anche zone ter:riitoriali che eccedono i limiti della cireoscrizione di un prefetto, ma non si giustifica quando gli impianti interessano esclusivamente provincie siciliane. Il comma tredicesimo non riconosce la competenza regionale a dettare norme esecutive della legge statale; viceversa tale competenza attiene alla funzione amministrativa che l'art. 20 del suo statuto� attribuisce alla Regione, 'e, nell'�mbito del regolamento statale e dei compiti ad essa spettanti, non pu� essere in nulla pregiudicata. 4. -La Regione ritiene lesiva della propria competenza la norma del comma secondo che attribuisce al Ministro la competenza ad accordare le concessioni relative ai distributori di autostrade; ma la questione non � fondata, a motivo del carattere unitario della materia, ! PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 25 CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 158 -Pres. Chiarelli -Rel. Rossi -Presidente Regione Umbrfa (avv. Piras) c. Presidente Consiglio dei Ministl'i (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordinario -Potere di riconoscimento degli Enti ospedalieri, o di compimento d'atti connessi -Decorrenza dalla durata dei decreti delegati traslativi delle funzioni. (Cost., artt. 117, 118; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; 1. 12 febbraio 1968, n. 132). Il potere .di riconoscere gli Enti ospedalieri e di porre in essere gli atti connessi, a' sensi della legge ospedaliera 12 febbraio 1968, numero 132, decorre, per le Regioni a statuto ordinario, solo dal 1� aprile 1972, data di inizio di efficacia dei decret~ delegati tiraslativi delle funzioni: pertanto, anteriormente a tale data, non spettava alla Regione Umbria, ma allo Stato, il potere di individuazione dell'organo competente a designare gli interessi originari dell'Ente ospedaliero1 di Gualdo Tadino (1). (1) La �questione em stata ipromossa oon dco:riso del Presidente de1ila Regione Umbria notificato il 25 giugno 1971. � In particolare per la sentenza Corte Cost. 19 gennaio 1972,' n. 5 v. in questa Rassegna, 1972, I, 6. CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 159 -Pres. Chiarelli -Rel. Capalozza -Crazzolara (n.c.). Procedimento penale -Giudizio per decreto -Imputato assente -Illegittim~ t� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 169). Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che a quello di difesa, la questione di legitt.imit� costituzionale dell'art. 1'69 c.p.p., per la parte in cui esso � applicabile al procedimento per decreto, nei �Conf.ronti dell'imputato assente, che non abbia comunicato la sua meta ai domiciliatari (1). ,. (1) La questione ere stata sottoposta all'esame della C()['te e� ordinanza emessa il 22 gennaio 1972 dal pretoire di Brunico (Gazz. Uff. 134 del 24 maggio 19�7!2). La sentenza Corte Cost. n. 77 del 1972 leggesi in questa Rassegna, I, 557; per Ja sentenza Corte Cost., 4 febbraio 1970, n. 16 v. id., 1970, I, 175. 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale riguarda l'art. 169 c.p.p., nel caso di sua app1icazione al procedimento per decl'eto penale, in relazione agli axtt. 3 e 24 della Costituzione. 2. -La Corte ha gi� esaminato sotto diversi profili alcune questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 169 c.p.p., ritenendo fondata solo la denunzia mossa all'ultimo capoverso (nel senso che i termini, anzich� dalla data di spedizione, ad opera dell'ufficiale giudiziario, della comunicazione dell'avvenuto deposito dell'atto presso la casa comunale, debbano decorrere dalla data di ricevimento della raccomandata: sent. n. 77 del 1972). 3. -Tenendo conto degli argoment� posti a base di precedenti sentenze (n. 170 del 1963, n. 27 del 1966 e n. 48 del 1969), con le quali questa Corte ha disatteso J.e censure attinenti al .procedimento per decreto penale nelle sue peculiarit� processuali (artt. 506-510 c.p.p.), la questione ora proposta, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., va risolta nel quadro pi� generale dei prindpi affermati a proposito della prima notifica all'imputato non detenuto, nella .gi� citata sentenza n. 77 del 1972. 4. -Senza dubbio, la relativa brevit� del termine si inserisce nel sistema del codice. Nel prefissare il termine per l'opposizione al decreto penale, H legislatore ha operato una sua scelta tipicamente discrezionale, che sarebbe illegittima solo se -nell'assenza �di un metro, a livello costituzionale, per la congruit� del termine stesso -qu�st'ultimo vanificasse, sul piano dell'id quod plerumque accidit, l'azione difensiva: ci� che pu� dirsi qui escluso dai dati dell'esperienza. Tale congruit� �deve .essere valutata tanto in rapporto all'interesse del soggetto che ha l'onere di compi�re un cer�to atto .per salvaguardare i propri diritti, quanto in relazione alla funzione assegnata all'istituto nel sistema dell'intero ordinamento �giuridico> (Corte cost., 1962, n. 93; vedansi anche le sentenze n. 59 del 1969, n. 10 del 1970 e n. 136 del 1971). Va aggiunto, per completezza e di passaggio, che l'art. 192, secondo comma, �C.p.rp. introduce un'eccezione all'art. 509, primo comma, facultando sia i genitori per <i. figli minori sottoposti alla loro� potest� -soggetti penalmente capaci, se ultradiciottenni (art. 98 c.p.), e processualmente capaci, se ultraquattordicenni (art. 120, terzo comma, c.p.; art. 159, n. 1, e art. 169, quarto comma, c.p.p.) -sia il tutore per le persone sottoposte a tutela, a proporre l'impugnazione che spetta ad imputati meno atti a prevedere e a provvedere, cio� a prec'lisporre idonee misure per l'eventualit� �di una notifica in loro assenza. E, come � noto, l'opposizione al decreto monitorio rientra nella categoria PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 25 CORTE COSTITUZIONALE, 15 nov�embre 1972, n. 158 -Pres. Chiarelli -Rel. Rossi -Presidente Regione Umbvia (avv. Piras) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordinario -Potere di riconoscimento degli Enti ospedalieri, o di compimento d'atti connessi -Decorrenza dalla durata dei decreti delegati traslativi delle funzioni. (Cost., artt. 117, 118; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; 1. 12 febbraio 1968, n. 132). n potere .di riconoscere gli Enti ospedalieri e di porre in essere gli atti connessi, a' sensi della legge ospedaliera 12 febbraio 1968, numero 132, decorre, per le Regioni a statuto ordinario, solo dal 1� aprile 1972, data di inizio di efficacia dei decret~ delegati ttraslativi d.etie funzioni: pertanto, anteriormente a tale data, non spettava alla Regione Umbria, ma allo Stato, il potere di individuazione dell'organo competente a designare gli interessi originari dell'Ente ospedaliero� di Gualdo Tad.ino (1). (1) La �questione era stata IPl.'Olnossa oon ll"�oCOJ.'ISO del Presidente defila Regione Umbri�a notifiicarto il 25 giugno 1971. In particolare per la sentenza Corte Cost. 19 gennaio 1972,� n. 5 v. in questa Rassegna, 1972, I, 6. CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 159 -Pres. Chiarelli -Rel. Capalozza -Crazzolara (n.c.). Procedimento penale -Giudizio per decreto -�Imputato assente -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 169). Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che a .quello di difesa, la quesUone di legittimitd costituzionale dell'art. 169 c.p.p., per la parte in cui esso � applicabile al procedimento per decreto, nei confronti detl'imputato assente, che non abbia comunicato la sua meta ai domiciLiatari (1). , (1) La questione era stata sottoposta all'esame della CO!l.'te oon ordinanza emessa il 22 geinooio 1972 dal pretore di Bruniico (Gazz. Uff. 134 del 24 maggio 19ii!2). La sentenza Corte Cost. n. 77 del 1972 leggesi in questa Rassegna, I, 557; per J.a sentenza Corte Cost., 4 febbraio 1970, n. 16 v. id., 1970, I, 175. ~~~ @ Jj i :::: % 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituziooale riguarda l'art. 169 c.p.p., 111.el caso di sua applicazione al .procedimento per decr:eto penale, in relazione agli axtt. 3 e 24 della Costituzione. 2. -La Corte ha gi� esaminato sotto diversi profili alcune questioni di legittimit� costituzionale �dell'art. 169 c.p.p., ritenendo fonda< ta solo la denunz.ia mossa all'ultimo capoverso (nel senso che i termini, anzich� dalla data di spedizione, ad �opera dell'ufficiale giudiziario, della comunicazione dell'avvenuto deposito dell'atto presso la casa comunale, debbano decorr:ere dalla data di ricevimento della raccomandata: sent. n. 77 del 1972). 3. -'.Venendo conto degli argoment� :ixisti a base di precedenti sentenze (n. 170 del 1963, n. 27 del 1966 e n. 48 del 1969), con le quali questa Corte ha di'satteso le censure attinenti al procedimento per decreto penale nelle s.ue peculiarit� processuali (ar.tt. 506-510 c.p.p.), la questione ora proposta, in xiferimento agli artt. 3 e 24 Cost., va risolta nel quadro pi� generale dei prinC<ipi affermati a proposito della prima notifica all'imputato non detenuto, nella gi� citata sentenza n. 77 del 1972. 4. -Senza dubbio, la relativa brevit� del termine si inserisce nel sistema del codice. Nel prefissare il termine per l'opposizione al decreto penale, U legislatore ha o,perato una sua scelta tipicamente discrezionale, che sarebbe illegittima solo se -nell'assenza di un metro, a livello costituzionale, per la congruit� del termine stesso -qu�st'ultimo vanificasse, sul piano dell'id quod pZerumque accidit, l'azione difensiva: ci� che pu� dirsi qui escluso dai dati dell'esperienza. Tale congruit� �deve ,essere valutata tanto in rapporto all'interesse del soggetto che ha l'onere di compiere un cerfo atto per salvaguardare i propri diritti, quanto in relazione alla funzione assegnata all'istituto nel sistema dell'intero ordinamento .giuridico:. (Corte cost., 1962, n. 93; vedansi anche le sentenze n. 59 del 1969, n. 10 del 1970 e n. 136 del 1971). Va aggiunto, per completezza e di passaggio, che l'art. 192, secondo comma, c.p.p. introduce un'eccezione all'art. 509, primo comma, facultando sia i genitori per .i figli minori sottoposti alla loro potest� -soggetti penalmente capaci, se ultradiciottenni (art. 98 �c.p.), e processualmente capaci, se ultraquattordicenni (art. 120, terzo comma, c.p.; art. 159, n. 1, e art. 169, quarto comma, c.p.p.) -sia il tutore per le persone sottoposte a tutela, a proporre l'impugnazione che spetta ad imputati meno atti a prevedere e a provvedere, cio� a preilisporre idonee misure per l'eventualit� ,di una notifica in loro assenza. E, come � noto, l'opposizione al decreto monitorio rientra nella categoria .. .. . PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE dei mezzi di impugnazione, pur con caratteristiche che la differenziano dai mezzi ordinari. Non �, pertanto; vulnerato il diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.): questa Corte ha pi� volte affermato che non sono richieste identiche modalit� per il suo eserc.izio, potendo esso venire diversamente regolato ed adattato alle speciali esigenze dei singoli procedimenti, purch� non ne siano pregiudicati lo scopo e le funzioni (vedansi le sentenze n. 46 del 1967 e n. 16 del 1970; e, per qualche accostamento, n. 108 del 1963). " 5. -Neppme sussiste la violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) -come assume, invece, il pretore di Brunico -per 1'.incompatibilit� tra la procedura per decreto penale -che consente solo all'imputato personalmente o per mezzo di procuratore speciale� di interporre pppos.izione (art. 509, primo comma, c.p.p.) -e la dichiarazione di irreperibilit� dell'imputato (art. 170 c.p.p.: vedasi la sentenza n. 90 del 1963 di questa Corte), la quale attribuisce al difunsore il potere di� impugnazione. La posizione dell'irreperibile � ben diversa da quella del precariamente assente, sicch� appare del tutto giustificato il differente trattamento processuale, che all'uno e all'altro � riservato. All'opposto, la compatibilit� violerebbe l'art. 3 Cost., dato che� essendo il dec11eto penale opponibile solo dall'interessato o da un suo .procuratore speciale -verrebbe meno il trattamento processuale unitario della categoria degli irreperibili; d'altronde, sarebbe irragionevole pretendere, ai fini dell'osservanza del precetto costituzionale, che sia notificato a mani proprie un decreto penale emesso nei confronti di chiunque si sia allontanato anche momentaneamente dalla sua abitazione o dal luogo in cui abitualmente esercita la sua attivit� professionale. Di �converso, un utile rimedio � stato escogitato dal prudente magistero della Cassazione, secondo la quale, per l'imputato da tempo� assente, che non abbia dato notizie del suo nuovo recapito, occorre procedere alla notificazione con il rito degli irreperibili. Ne discende che l'imputato erroneamente ritenuto assente e, in effetti, irreperibile, cui sia stato notificato il decreto di condanna, ben pu� eccepire la nullit� della notificazione e la conseguente mancata istituzione del rapporto processuale. 6. -L'espresso obiettivo dell'ordinanza � di rendere obbligatoria, nel caso particolare del decreto penale, la notifica a mani proprie; ma � ovvio che si tratta �di r.iforma che non spetta alla Corte di attuare, anche a prescindere dal rilievo che ci� andrebbe contro le necessit� pubblicistiche d.el potere punitivo e del sollecito svolgimento 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. del processo, imposte dal ,carattere 'e dai fini della pretesa punitiva in generale e del rito per decreto penale in ispecie; necessit� che vanno contemperate con l'osservanza delle garanzie della difesa e non, da questa, vanificate. E qualora l'ordinanza, lamentando la brevit� del termine (che gi� una Commissione ministeriale di studio propose di portare a dieci giorni: Progetto di modificazioni per !'�aggiornamento del codice di procedura penale, Roma, 1950), ne volesse un allargamento, ci� non eliminerebbe l'eventualit� che l'interessato non ne abbia tempestiva contezza. Rilievi ,critici, se mai, vanno spostati dall'art. 169 all'art. 509, primo �comma, 'c.p.p., il quale, per altro, non � oggetto di discussione: problema di cui, de iure condendo, aveva proposto una soluzione, per quanto parziale ed insufficiente, la citata Commissione ministeriale di studio, prevedendo che la richiesta dell'ordinaxiio giuqizio in contraddittorio mediante l'opposizione ;potesse essere avanzata anche dal difensore che l'imputa.io avesse nominato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 163 -Pres. Chiarelli -Rel. Mortati -Pitzalis (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Bronzini). Reato -Reati e pene -Recidiva -Computo delle condanne estinte per amnistia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p., art. 106). Non � fondata, con riferimento al principio, di eguaglianza, la que. stione di legittimit� costituzionale dell'art. 106 c.p. che, agli effetti della recidiva, computa anche le condanne per le quali sia intervenuta estinzione per amnistia (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza in oggetto denuncia il primo comma dell'art. 106 c.p., nella parte in cui dispone che, agli effetti dell'applicazione della recidiva, si tiene conto anche delle condanne per le quali sia intervenuta amnistia, nella considerazione che incorre in violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. in quanto d� luogo ad una dif (1) La quest.tooe em stata sottoposta ail!l'esame della Corte con ordinanza emessa il 22 febbraio 1972 dal mbuniale di Milano (Gazz. Uff. n. 134 del 24 maggio 1972). La sentenza Corte Cost., 2 aprile 1964, n. 30 leggesi in questa Rassegna, 1964, I, 442. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE ferenza di trattamento rispetto al caso in cui l'amnistia intervenga prima che sia stata pronunziata una condanna; differenza non giustificata tanto pi� quando si tenga presente che anche per l'applicazione dell'amnistia propria, cio� anteriore alla condanna, il giudice deve e:ffiettual'\e un giudizio di colpevolezza, tenendo conto delle circostanze -che influiscono sulla ipena, tutte le volte in cui H decreto di amnistia �condizioni la sua applicazione alla valutazione di tali circostanze. 2. -La questione cos� proposta deve ritenersi infondata. Deve preliminarmente essere contestata l'affermazione dell'ordinanza per ultimo riferita, non essendo esatto che nel caso di amnistia propria si debba effettuare un vero e proprio giudizio di colpevolezza, sia pure al limitato fine della determinazione dell'entit� della pena, poich�, invece, una volta .intervenuta l'amnistia, non compete al giutlice compiere un effettivo accertamento di sussistenza del reato, dovendosi egli limitare ad ipotizzare tale sussistenza in quanto nec�eS �sario all'applicazione del provvedimento di clemenza, salvo nel caso previsto dall'art. 152 c.p.p. della non punibilit� del fatto imputato '<lUando risulti di piena evidenza che esso non sussiste o non � previsto come reato o non � addebitabile all'indiziato. Si � pertanto in presenza di una obiettiva disparit� tra le due situazioni prospettate, dato che in una di esse, mancando ogni accertamento definitivo di colpevolezza, non si rende possibile far derivare alcun effetto penale, mentre nell'altra l'ammissibiUt� di tali effetti trova fondamento nell'avvenuta e non pi� contestabile qualificazione �di illecito penale del fatto di cui si � chiamati a rispondere. Sioch� l'art. 151 c.p., quando �dispone che l'amnistia sopravvenuta alla condanna fa cessare la sua esecuzione e le pene accessorie ma non gli altri effetti ad essa riconducibiU, non induce .lesione dell'art. 3 della Costituzione. In questo senso si � pronunciata la Corte con sentenza n. 30 del 1964 che, riguardo ad uno -di tali effetti, quale quello dell'obbligo del condannato poi amnistiato al pagamento delle spese processuali, ebbe a ritenere la razionalit� della differenziazione di disciplina, in corrispondenza alla diversit� �obiettiva costituita dall'esistenza o non esistenza di una sentenza di -condanna al ,sopravvenire dell'amnistia. Pertanto la norma dell'art. 106 C.p., secondo cui, in �Caso di amnistia sopravvenuta alla condanna, si tiene conto di questa agli effetti della recidiva, appare in piena con- cordanza con l'art. 151 c.p. e, come questo, giustificata dalla sussi: stenza del presupposto del definitivo accertamento della colpevolezza, .che manca nell'altro caso. 3. -L'incongruenza fatta presente dall'ordinanza del diverso trattamento riservato a colpevoli dello stesso reato in dipendenza della .cireostanza del tutto fortuita dell'essere stati giudicati prima o dopo RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 30 dell'applicazione del provvedimento di amnistia, in realt� non sussiste pereh�, come si � detto, non � vero che nei due casi si veiri~hi, secondo si asserisce, una identka situazione processuale. Quanto poi' alla diversit� che pu� nascere fra i trattamenti a riguardo di due soggetti imputati dello stesso :reato per la circostanza fortuita del sopravvenire del decr�eto di amnistia in un momento anteriore o posteriore al ipassaggio �n giudicato della sentenza di condanna, � da osservare. come essa sia espressione di una mera disparit� di fa.tto, cui � estranea la legge e quindi rimanga irrilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 164 -Pres. Chiarelli -Rei. Mortati -Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. Berti) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. g�en. dello Stato Savarese). Comune -Controlli -� Nomina di commissario per impossibilit� di funzionamento dell'amministrazione comunale -Competenza dello Stato. (Cost., artt. 128, 130; I. 10 febbraio 1953, n. 62, artt. 59, 64; 1. 8 marzo 1949, n. 277; St. Reg. Emilia-Romagna, art. V disp. trans.). Spetta allo Stato (Prefetto) e non agli organi deUa Regione il potere di nomina di commissari per la temporanea reggenza di amministrazioni comunali incapaci di funzionare (1). (Omissis). -1. -La Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione chiedendo che venga dichiarata la propria competenza a provvedere alla nomina di un commissario per la provvisoria reggenza dell'amministrazione del Comune di Podenzano fino alla ele (1) La sentenza appwe meritevole di ipall.'ltioola:re segna:Lazione, perch� ha rprevisato i limirti. del conitrollo sugli atti dei Com'llll:i, Provdncie ed altri Einti J.ocali, che il.'a:rt. 130 de:Lil.a Costituzione affida alla competenza delle Regioni a statuto ordinario: esso non pu� andare oltre il controllo sostitutivo su singoli atti emessi dall'Ente controJ.lato, e non comp:rende, i.nivece, la 1sostituzicmre, in officio, per la temporanea carenza del titolaa:e, di un Oll'g;ano straolr1ditnario che lo regga. T�ailJe poter.e spetta alla Sitarto anche Ln presenza de1l'attuato ordinrunento !l'egionale, (perch� allo Stato � riservata. l'intera disciplina or~zmtiva e fu:nzionail.e di C!omuni e Provincie, in base all'art. 128 della Costituzione. La sentenza deve esser�e segnalata anche per il dispositivo adottato. Nei giudizi rper r:egolamento di competenza, in base al combinato disposto. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 31 zione del nuovo Consiglio, e conseguentemente annullato il provvedimento del Prefetto di Piacenza avente anch'esso ad oggetto la temporanea gestione dell'ente medesimo. La pretesa fatta valere dalla Regione poggia sul presupposto che la riforma regionale abbia importato un sostanziale mutamento nella posizione prima rivestita dai minori enti territoriali di amministrazioni indirette dello Stato, rendendo di conseguenza necessaria una configurazione diversa da quella prospettata nel �Passato in ordine al criterio distintivo fra controllo sugli atti e controllo sugli organi, nel senso che d.ebba competere alla Regione ogni specie di controllo sostitutivo, � quale �che �sia il �suo oggetto, tutte le volte che si renda nec�essario farvi ricorso per assicurare il regolare funzionamento degli enti medesimi, mentre residua allo Stato solo !'�esercizio dei poteri che rivestono �carattere di supremazia, quali quelli a contenuto sanzionatorio, a �carico di singoli amministratori o dell'intero Consiglio, pel caso di un loro illecito comportament�. 2. -La tesi riferita non trova alcun sostegno nelle norme costituzionali, apparendo invece dall'art. 128 la volont� di mantenere alle Provincie ed ai Comuni la figura da essi tradizionalmente rivestita di parti dell'ordinamento generale dello Stato, al quale pertanto deve rimanere riservata l'intera loro disciplina organizzativa e funzionale. degli artt. 41 e 38 del.la iLegge 11 marw 1953, n. 87, il dispositivo cO!lll(preltlde due caipi, l'uno obbligatOII"io (la dichiarazione di appartenenza delle attrlibuzion: i 1n �contestazione in �Capo ad UJna delle due Bariti iiil contesa), l'altra mera.mente eventuale (l'annullamento dell'atto viziato da incompetenza, ove questo sia stato emainaito). La iegg1e non specl:fica se, in questa ipotesi, l'atto da arunull:are sia da identificare con 11'atto i.rrnipugnato; bench� nella stregirande maggioranza dei giudizi, rper regolamento di competenza, vi sia sempre stata taLe coincidenza. La rpal'ltico1arit� della :l�atttsp.ecie sta prorprio in questo: che la Corte, illlvestita del iricooso solo da pairte della Regione avve11SO il decreto prefettizio, aV100do dkhiairato 1a competenza dello Stato, non ha soltanto respinto il ricorso della Regione, ma ha annullato il provvedimento regionale che si pOOJ.eva diialetticamente antitetico 1rispetto al decreto pr.efettizio. Ci� sembra oompo:ritaxe un adattamento molto relativo dei conceitti P!rOoessuaJ.istid tradizionali, sulle pivecLusioni, sui t0['1Illini, sull'ultrapetizione, nei giudizi del genel'e davanti alla Corte Costituzionale. � da ritenere, vicevema, che, dato H partkolai'e tipo e funzione del processo 1costituzdona1e, iLa p:ron'l.Lllcia di armullaimenJto possa essere emanata come sel!IlPlioe conseguenza della declaratoria di riconoscimento del poteire, mdipendenitemente dalla posizione pirocessuaLe -:dcorrente o resistente deliLe due Pa!rti, e dall'oatto denunciato come fonte di coinflitto. Questo principio trova del resto una testuale, analoga esplicazione nie'Lla dkhiarazfone di illegittimit� co.stttuzdonale derivata, nei giudizi in via incidentale, .giusta l'art. 27 della 1egg.e n. 87 del 1953. 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In armonia con tale configurazione si presenta la disposizione dell'art. 130 che, nel coordinare l'assetto dei controlli con il sopravvenutfr ordinamento regionale, se pure ha chiamato le Regioni a partecipare� all'esercizio dei medesimi, ha d'altra parte affidato alla legge statale la determinazione dei modi di costituzione dell'organo regionale competente all'esercizio stesso, limitandone, in modo testuale e tassativo, il sindacato di legittimit� e di merito solamente ai singoli atti, di volta in volta ad esso sottoposti. � da ammettere che il controllo sugli atti cosi inteso comprenda anche quello che si esercita sulla legittimit� dell'omessa emanazione di uno di essi quando sarebbe stato obbligatorio effettuarla, e comporti la conseguente sostituzione nell'esercizio del potere corrispondente da parte dell'organo di controllo a quello dell'ente rimasto inattivo; ma � invece da escludere �che possa ritenersi in esso inclusa anche la potest� di sostituire nell'ufficio in cui si v�erif�chi la temporanea carenza del titolare, un organo straordinario che lo regga. Siffatta sur I roga dell'organo � espressione di un potere politico di sovranit� che non pu� quin�di non rimanere di pertinenza dello Stato. In questo senso si � pronunciata la Corte con la sentenza n. 24 del J 1957, riguardante l'interpretazione dell'art. 46 dello Statuto sardo che i delimita l'ambito del controllo assegnato alla R�egione negli stessi Ifil termini espressi nell'art. 130 della Costituzione. t 3. -Elementi in contrasto con la conclusione cui si � giunti non possono desumersi dall'ultimo comma dell'art. 59 della legge n. 62 del 19'53 che attribuisce all'organo abilitato all"esercizio del controllo, ai 1 sensi dei precedenti artt. 55 e 56, i poteri di controllo sostitutivo gi� attribuiti al Prefetto dalle leggi allora vigenti. Infatti, se � vero che I un dubbio potrebbe derivare dalla considerazione che l'art. 19 t.u. legge i1 com. e prov., modificato dalla legge n. 277 del 1949, conferiva al Prefetto anche il potere dell'invio di appositi comm~sari per reggere temporaneamente le amministrazioni locali, delle quali riusciss�e comunque impedito il normale funzionamento, non sembra contestabile che tale generico rinvio all'art. 19 debba interpretars.i in senso restrittivo, per la. necessit� di metterlo in armonia con la fonte superiore di cui � esecuzione, includendovi cio�, come si � detto, solamente i poteri considerati nella iprima parte del quinto comma dell'articolo stesso relativi alla sostituzione riguardante singoli atti, e non gi� quelli della seconda parte, riferenti�si alla surroga di organi. Che questa sia l'esatta interpretazione da dare all'art. 59 risulta i_comprovato dalla �intitolazione data agli artt. 55 e 56 che fa menzione f del �controllo sugli atti�, e pi� ancora dall'art. 64, che, nel consen-I\ tire alle autorit� governative di richiedere alle sezioni di controllo J- regionale gli, elementi necessari ad un eventuale provvedimento di ,_. -� I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 33 scioglimento, di sospensione o di rimozione, poi nell'ultima parte, lascia �ferme le attribuzioni di cui alla citata legge n. 277 �. Non � possibile ritenere, come fa la difesa regionale, che la norma cosi formulata si riferisca ai pro:vvedimenti sanzci.onatori, poich�, se fosse intesa in tal modo, non avrebbe senso, dato che proprio a questi ultimi ha riguardo J.'art. 64. Non vale poi invocare, a sostegno della pretesa della Regione, la V disposizione transitol'ia dello Statuto, che fa riferimento ai controlli sostitutivi da parte della Regione sugli organi degli enti locali, poich� essa non � attributiva di una competenza di tal genel'e (n� avrebbe potuto esserlo, dato che, come ha ritenuto la Corte con la sentenza n. 40 del 1972, l"intera materia dei controlli esula da quella statutaria, e non � prevista fra le potest� legislative elencate .nell'articolo 117), ma si limita a dichiararla, sotto la condizione formulata in questi termini: � sinch� ed in quanto previsto dalla leg,ge �. E poich� si � dimostrato che nessuna previsione in questo senso � desumibile dall'unica fonte normativa competente, costituita dalla legge dello Stato, � da concludere che 1a disposizione t~�nsitoria richiamata non offre alcun valido argomento a favore della tesi in contestazione. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 nov�embre 1972, n. 165 -Pres. Chiarelli -Rel. Capalozza -Foresti ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Reato -Reati e pene -Oltraggio a pubblico ufficiale ed a pubblico impiegato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. l, 2, 3, 4, 35, 97, 98, 113; c.p., artt. 341, 344). Non sono fondate le questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 341 e 344 c.p., sull'oltraggio, rispettivamente, a pubblico ufficiale od a pupblico impiegato (1). (Omissis). -1. -Le quattro ordinanze hanno, sostanzialmente, lo stesso oggetto, anche se quella del pretore �di Bologna in data 13 mar (1) La ~esenrtenza 19 lugldo 1968, n. 109 oui la Corte si riichiama � pubblicata in questa Rassegna, 1968, I, 1, 887. In dottrina, a commento della sentenza stessa, GAGLIANI CAPUTO, In tema di costituzionalit� dell'art. 341 c.p., in Cons. Stato, 1968, II, 899 e GOLDONI, Sulla costituzionalit� dell'art. 341 c.p., in Arch. pen., 1969, II, 108. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 34 .zo 1970 riguarda l'art. 344 c.p. (oltraggio a pubblico impiegato), mentre le altr�e (pretore di Carr� dell'll luglio 1970; pretore di Bologna del 17 ,giugno 1971 e ,pretore di Bassano del Grappa del 25 giugno 1971) attengono all'ar�t. 341 dello stesso codi.ce (oltraggio a pubblico ufficiale); e, pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza. 2. -Per quanto concerne le ,censure che fanno riferimento agli .artt. 1 e 3 'della Costituzione, la soluzione da adottare � indicata dalla sentenza n. 109 del 196.8, i cui principi debbono essere applicati anche nell'attuale giudizio, non essendo state prospettate argomentazioni che inducano la Corte a mutare avviso. E, mentre allora l'ordinanza di rinvio -pur riconoscendo l'esigenza di difendere in modo pi� vigoroso la funzionalit� della pubblica amministrazione -si limitava a ritenere irragionevolmente sproporzionata la differente disciplina praUcata dal legislatore nei confronti di chi offende l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale rispetto a chi rechi ingiuria a colui che non riveste tale qualifica; le ordinanze che ora ci� oocupano vorrebbero addirittura equiparare il pubblico ufficiale e l'impiegato esercente un pubblico servizio a qualsiasi �cittadino privato. Di tal che i criteri accolti nella motivazione della citata sentenza -secondo la quale il diverso trattamento dell'oltraggio rispetto all'ingiuria non .� irrazionale .per ec �cessiva sproporzione delle rispettive sanzioni -valgono a maggior ragione per respingere la tesi diretta a sottoporre alla stessa pena reati .aventi un altro oggetto di tutela. Il che, ovviamente, non esclude che competono al legislatore quei compiti ai quali la Corte ha fatto dchiamo nella precedente sentenza n. 109 del 1968. 3. -Le affermazioni contenute nella sentenza test� ricordata con. ducono a ritenere non fondate le rimanenti censure. Infatti, una volta negata la violazione dell'art. 3, ,cade quella dell'art. 4 e del correla �tivo art. 35 Cost., perch� se � vero che tutti i cittadini hanno diritto al lavoro e che quest'ultimo � oggetto, nel suo complesso, di apposita garanzia costituzionale, � vero altresi che proprio dall'art. 35, nel suo primo comma, si evince il potere. del legislatore ordinario di attuare �una distinta protezione delle svariate forme ed applicazioni del lavoro. . Ci� implica che ai doveri dei pubblici funzionari e dipendenti dello Stato e degli �enti pubblici, quali sono posti, genericamente o .specificamente, da varie norme della Costituzione, possano corrispondere un'adeguata normativa diversa da quella dei lavoratori autonomi e dei prestatori d'opera dipendenti da privati, ed una particolare valu �tazione, SIUl piano giuridico-penale, la quale -ferma restando la pari PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 35 dignit� delle persone uti singuli -sia conforme alle esigenze di :pro tezione delle mansioni esercitate, che, tra l'altro, postulano efficienza e serenit� di espletamento. Quanto all'art. 113 Cost., che l'ordinanza del pretore di Bologna del 17 giugno 1971 assume violato senza per altro darne alcuna motivazione -come giustamente rileva l'Avvocatura generale dello Stato -basti osservare che il denunziato art. 341 c.p., norma di diritto penale sostanziale, non limita in alcun modo la guarentigia giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi del cittadino. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 166 -Pres. Chiarelli -Rel. Crisafulli -Tenaglia (avv. Giannini, Lubrano). Elezioni amministrative e politiche -Elezioni regionali -Ineleggibilit� per i capi degli uffici dello Stato nella Regione -Illegittimit� co stituzionale. (Cost., artt. 3, 51; I. 17 febbraio 1968, n. 108, art. 5, n. 7). � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza. e di capacit� elettorale passiva, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5, n. 7, legge 17 febbraio 1968, n. 108, sulla ineleggibilit� a consigliere comunale per i capi, e loro vice, de�gli uffici regionali, provinciali e locali dello� Stato nella Regione (1). (Omissis). -2. -Nel merito, la questione di legittimit� costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., dell'art. 5, n. 7, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, nella parte in cui dichiara ineleggibili (1) La questione era stata sollevata con ord.irn:anza del Til'ibunale del-. l'Aquila 28 febooaio 1972 (Gazz. Uff. 21 giugno 1972, n. 158). Le decisioni. 't'iciliiamate dalla COil.'te sono pubblicate .iJil questa Rassegna, 1969, I, 1, 377 e 378; ivi, 1971, I, 1, 501 e 1316 ed ivi, 1972, I, 1. H �carattere �eccezionale delle norme che pongono cause di ineleggibilit� � indicato con partkolaTe vigore neLlia decJ,sione n. 46 del 1969 che inciJSli: vamente a:ffierma che, pmo il.'art. 51 Cost., l'eleggibilit� � la regola, l'ineleggibilit� l'ecceziOl!lJe. La C-OO:'te non 1si � �esplkdtamente pronunciata suNa questione, ohe pure era stata sollevata per !prima, deLla ruspaTit� di trattamenrto esistente per l'eleggibilit� a consigliere tra ae Regioni a statuto speciale e quel1e a statuto ord.iJilario. Ha tuttavia .colto l'occasiOiO.e per indicare al legiislatwe la necessit� di una normaiti.va uniforrrne in tema di cause di ineleggibil.tt�. Sul divieto per il legislatore regionale di introdurre deroghe non giustificate e non 11.'aziolllali a!l.la legislazione elettorale .statale la Clorte si filia gi� pronunciata, con 11iferiimento al.la Regione siciliana, ineUa decisione 108 del 1969 SOIP'l'a cita.fa. 5 36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. ai consigli delle Regioni a statuto ordinario � i capi degli uffici regionali, provinciali 'e locali, dello Stato nella Regione, co1oro che ne fanno le veci per disposizione di legge o di regolamento�, � fondata. Secondo la co�stante giurisprudenza di questa Corte, le cause di ineleggibilit� sono di stretta interpretazione e devono essere conte. nute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse, ricoJ1egantisi alla funzione elettorale, cui sono di volta in volta preordinate (sent. nn. 46 e 108 del 1969, nn. 38 e 189 del 1971, n. 58 del 1972). � vero che l'art. 51 Cost. rimette alla legge �~i stabilire i l'equisiti di eleggibilit�, i quali possono essere cos� positivi come negativi od ostativi (sent. n. 38 del 1971, test� rammentata); ma, proprio perch� questi ultimi, risolvendosi in cause di ineleggibilit�, formano altrettante eccezioni al generale e fondamentale principio, enunciato in apertura dallo �stes�so art. 51, del libero accesso, in condizione di eguaglianza, �di tutti i cittadini alle cariche elettive, � necessario che siano t:Lpizzati dalla legge con determtnatezza 'e precisione sufficienti ad evitare, quanto pi� possibile, situazioni di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contraddittorie, che finirebbero per incrinare gravemente, in fatto, la proclamata pari capacit� elettorale passiva dei cittadini. Al contrario, la norma denunciata stabilisce -oltre tutto, senza precedenti e senza attuale riscontro nell'intera legislazione elettorale italiana, se si prescinde �da una disposizione, sostanzialmente analoga, della legge regionale siciliana del 20 marzo 19�51, n. 29 -una causa di ineleggibilit� dai confini estremamente generici ed elastici, suscettibile di essere dilatata in sede interpretativa sino a ricomprendere le situazioni pi� diverse, come invece all'opposto di applicazioni pratiche variamente restrittive, circoscritte ad una parte soltanto delle ipotesi che potrebbero egualmente, in astratto, giustificare ragionevolmente la ineleggibilit� a consigliere regionale. Come si riconosce, infatti, anche negli scritti difensionali della parte ricorrente, n� nella legge in questione, n� .in altro testo legislativo � dato rinvenire norme che definiscano l'� ufficio � e specifichino che cosa debba intendersi per tale, o che definiscano la nozione di � capo � di un ufficio. Allo stesso modo, sarebbe vano ricercare nell'ordinamento vigente criteri univoci che permettano di individuare con la desiderabile chiarezza quali � uffici � statali, diversi da quelli ad ambito regionale e provinciale, siano da qualificare �locali�. Nemmeno soccorrono a tali fini elementi desumibili dai lavori preparatori della legge del 1968, quale che sia poi il valoore che si debba a questi attribuire per ricostruire il significato della norma. La causa di ineleggibilit� .di cui � questione v�enne per la prima volta introdotta, senza spiegazione n� discussione alcuna, dalla prima commissione della Ca PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 37 mera dei deputati, in sede di esame der disegno di legge governativo presentato il 19 maggio 1964 �e di altri progetti di legge in tema di elezioni dei consigli regionali; successivamente essa ricompare (ed anche questa volta, senza che ne risultino comunque addotte le ragioni giustificatrici e la portata) nel nuovo disegno di legge governativo presentato alla Camera il 21 giugno 1967, che diventer� poi la legge de qua. Il rilevato contrasto, per le considerazioni fin qui accennate, dell'art. 5, n. 7, della legge n. 108 del 1968, nella parte denunciata, con l'art. 51 Co:st., che d'altronde rappresenta specificazione del pi� generale principio di eguaglianza, rende superfluo prendere in esame gli altri profili della questione sollevata dal tribunale di L'Aquila, con pi� particolare riguardo all'art. 3 Cost. nei rapporti tra elezioni dei consigli delle Regioni a statuto ordinario e dei consigli di quelle a statuto speciale. � tuttavia da soggiungere che, ovviamente, il legislatore, nella sua .prudente discrezionalit�, potr� sempre, ove lo ritenga neeessario, statuire, con uniforme riferimento a tutti i consigli regionali, ipotesi ben determinate e chiaramente cil'coscritte di ine�leggibilit� per particolari categorie di funzionari dello Stato esplicanti le loro mansioni nelle Regioni. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 167 -Pre�s. Chiarelli -Rel. Amadei -Zoppo (n.c.) c. Pr�esidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Misure di sicurezza -Assegnazione a casa di lavoro ed a colonia agricola -Applicabilit� anche all'inabile al lavoro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 27, 38; c.p., art. 216). Non � fondata, con riferimento ai principi dei fondamento rieducatfivo deUa pena e deH'assistenza agii inabiH, ia que�stione di Legittimit� costituzionale dell'art. 216 c.p., neiia parte in cui omette� di distinguere tra soggetti abili e soggetti inabili al lavoro (1). (1) Merita di essere sottoilineata !l'esplicita affermazfone dell'applicabilit� alle misure di sicurezza delle garanzi-e costituzioo.aJ.i previste dall'art. 27 Cost. per le pene. In pa:-ecedenza l:a Corte; plllt' affermando che le misure di s:Lcu'.I'ezza tendono ex se a un risultato che eguaglia quella rieducazione cui deve mirare la pena, aveva tuttavia escluso che l'art. 27 Cost. potesse estendell"si alle misure di skurezza: Corte Cost., 9 giu~o 1967, n. 68, in Giur. cost., 1967, 740, con nota di VASSALLI, Le presu.nzioni di peri 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -Le due ovdinanze investono la costituzionalit� dell'applicazione della misura di sicurezza detentiva dell'assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavorn a soggetti fisicamente debilitati, sotto il profilo che, non essendo tali soggetti capaci di svol gere un'attivit� lavorativa, l'applicazione stessa si risolve in una vio lazione degli artt. 27, terzo comma, e 38 della Costituzione. La questione non � fondata. 2. -Il presupposto delle misure di sicurezza, nella loro diversa articolazione, poggia sulla pericolosit� sociale.. del soggetto al quale vengono applicate. Esse non hanno �carattere punitivo -e� ci� le differenzia ontologicamente dalle pene -, ma solo funzione di prevenzione e difesa sociale. Tale differenziazione non viene meno neppure quando esse, come nella specie, statuiscono una limitazione della libert� personale. Ci� non toglie che a dette mi,sure siano estensibili le garanzie costituzionali previste in tema di riduzione della libert� personale e, quindi, quantunque non vi sia nella norma costituzionale un diretto riferimento ad esse, anche le disposizioni contenute nell'art. 27, terzo �comma, della Costituzione, richiamate nelle due ordinanze. In sostanza, qualsiasi intervento coercitivo in tema di libert� personale, ricollegabile al fatto-reato, 'sia pure ai fini di una prevenzione speciale, come � quello delle misure di sicurezza, non pu� sottrarsi a finalit� socialmente apprezzabili, quali il senso di umanit� nel trattamento e la possibilit� di determinare nel soggetto colpito un impulso diretto al suo recupero sociale. L'indirizzare il sottoposto a misure di sicurezza detentiva ad una attivit� lavorativa � uno dei tanti aspetti in cui si sosfanzia il processo di recupero e di riadattamento sociale. Per quanto attiene alla misura di sicurezza dell'assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro, la scelta dell'una o dell'altra spetta al giudice, il quale deve valutare, in funzione di tale scelta, le particolari attitudini �e le possibilit� dei' sottoposto anche in relazione alle sue condizioni fisiche. Tanto la colonia agdcola, quanto la casa di lavoro offrono la possibilit� di porre a disposizione del sogg,etto aspetti diversi e articolati di attivit� lavorative, anche minime, proprie di una comunit� di lavoro autonomamente organizzata. Tale possibilit� viene meno solo nel caso in cui il soggetto sia incapace di azione e di movimento. In questa ipotesi, per�, 1a legge offre colosit� sociale di fronte alla Costituzione, e Corte Cost., 20 gennaio 1971, n. 1, in Giur. cost., 1971, 1, con nota di VASSALLI, La pericolosit� presunm del minore non imputabile. Ln .genm-ale, sul1e misur.e di �skurezza: CAPACCIOLI, I problemi generali sulle misure di sicurezza, MHano, 1970. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE opportuno valido rimedio, in quanto, se le condizioni fisiche del soggetto sono tali da far venir meno in c2ncreto la probabi1it� che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati, ben pu� trovare applicazione, secondo il rilievo dell'Avvocatura dello Stato, l'ultimo comma dell'art. 207 del codice penale. Infatti, tanto l'interessato, quanto il giudice di sorveglianza possono rivolgersi al Ministro della giustizia al fine di provocare la revoca della misura di sicurezza, prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla Jegge. Peraltro, non sempre pu� trovare applicazione l'ultimo comma dell'art. 207 del codice penale. Sogg,etti nella fisica impossibilit� di agire, ben possono svolgere attivit� promotrice e direttiva nel complesso quadro delle manifestazioni penalmente illecite. La pericolosit� di tali sogg,etti deve essere necessariamente preveduta. In sostanza se il lavoro � il mezzo pi� idoneo per conseguire il riadattamento sociale del soggetto, tuttavia l'impossibilit� fisica di questi a potervi attendere, non pu� far venir meno il fondamento giuridico su cui poggia la misura di sicurezza detentiva, quello di impedire che la persona socialmente pericolosa possa continuare liberamente a delinquere. Il lavo.ro � un aspetto dell'umanizzazione del _trattamento, ma non � il solo. Atteso il fondamento giuridico delle misure di sicurezza, il problema sollevato rientra nel quadro delle attribuzioni della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena sulla base delle disposizioni contenute nel regolamento carcerario (artt. 271 e 272). Ev.entuali disfunzioni nel settore amministrativo non possono formare oggetto di un giudizio costituzionale, a meno che �esse direttamente o indirettamente siano determinate da una ambigua formulazione di legge che si presti ad una interpretazione contrastante con le norme costituzionali. Quando la legge offre garanzia sul piano della legittimit� costituzionale � compito del potere esecutivo rimuovere ogni disfunzione che si manifesti sul piano organizzativo. 3. -� da rilevare, infine, che le questioni prospettate nelle due ordinanze non investono l'art. 38 della Costituzione. L'inabile al lavoro, colpito da una delle due misure di sicur�ezza contemplate, non perde affatto i diritti previsti dall'art. 38, in forza del quale ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. Se questo la norma penale escludesse o si prestasse, nella sua interpretazione, ad escludere, fondamento assumer,ebbe l'invocata eccezione; ma in effetti essa non arriva e non pu� arrivare a tanto. Essa non toglie all'inabile colpito dalla misura di sicurezza quei didtti riconosciuti dall'art. 38 a qualsiasi cittadino ove ne ricorrano i presupposti. -(Omissis). 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 168 -Pres. Chiarelli -Rel. Reale -Librera ed altri (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Questione meramente eventuale -Inammissibilit� per irrilevanza. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n, 87, art. 23). Misure di sicurezza -Accertamenti del giudice di sorveglianza -Osservanza del contraddittorio -Obbligo delle ricerche dell'interessato Ipotesi varie. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., artt. 6.36, 637, 645). Reato -Reati e pene -Dichiarazione di abitualit� presunta e pronunciata in ogni tempo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 27; c.p., artt. 102, 109, secondo comma). � inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� costituzionale riguardante l'efficacia di provvedimenti non ancora pronunciati in relazione all'eventuale contenuto dispositivo degli stessi ed alla loro supposta incidenza sull'interesse delle parti (1). Nel procedimento davanti al giudice di .sorveglianza devono trovare applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni sull'osservanza del contraddittorio dettate per il processo ordinario: conse�guentemente, non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 636 e 637 c.p.p.; mentre � fondata la que�stione di legittimit� costituzionale dell'art. 645 dello stesso codice, in quanto prevede� la facolt�, e non l'obbligo, di disporre nuove ricerche deli'interessato (2). Non sono fondate le questioni di legitt.imit� costituzionale degli artt. 102 e 109, secondo comma, c.p., sulla dichiarazione c;U abitualit� nel reato, presunta e pronunciabile in ogni tempo (3). (Omissis). -2. -In alcune di ta:li ordinanze � prospettato il dubbio circa la compatibilit� coi principi di cui agli artt. 3, 13, 27, secondo comrria, 102, primo comma, e 112 della Costituzione, dell'art. 642 c.p.rp., (1) La sentenza � conforme ai [l(t'incipi pi� volte enunciati daJ.la Corrte i!n :tema di riilevanza del1e questioni dd legittimit� costitu2lionale. Da ultimo: Corte Cost., 19 gennaio 1972, n. 7 e 19 aprile 1972, n. 63 in Sent. Ord. Corte Cast., 1972, 24 e 238. (2) La pronUJncia di incostitu2lionalit� relativa all'�wt. 645 c.p.p. oo�stituisoe il logico ,sviluppo deJ.la (p!I'ecedente pronuncia rigua11dante gli artt. 636 e 637 c.p.JP. contenuta nella sentenza 9 maggio 1968, n. 53, i!n Giur. cost., PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 41 nella parte in cui � disposto �che il ricorso dell'interessato non sospende l'esecuzione del decreto del giudice di sorvegfainza, a meno che il pub blico ministero vi consenta, mentre ne impone la sospensione a seguito dell'impugnazione del pubblico mi~istero. Correlativamente � denun ziata altresi l'incostituzionalit� dell'art. 646 dello stesso codice, in quanto prevede che, nelle ipotesi di revoc� delle misure di sicurezza, � sospesa l'esecutoriet� del provvedimento del giudice di sorveglianza, in pendenza del termine stabilito per la proposizione del ricorso da parte di quest'ultimo. Nei termini accennati le questioni cosi sollevate, nel corso di pro cedimenti pendenti davanti ai giudici di sorveglianza di Pisa e Firenze, debbono dichiararsi inammissibili per palese difetto .di rilevanza. Nelle ordinanze in esame, invero, si assume la pregiudizialit� necessaria, nel corso della fase di primo grado del .procedimento per l'applicazione �di misure di sicurezza demandata al giudice di sorveglianza, di questioni riguardanti 1'.effi.cacia di provvedimenti non ancora pronunziati, in relazione all'eventuale contenuto dispositivo degli stessi e alla loro supposta incidenza sull'interesse delle parti; in relazione, cio�, a circostanze ed a requisiti futuri ed incerti e comunque . attinenti a fasi ulteriori del procedimento, condizionate a specifiche statuizioni, presentemente soltanto ipotizzabili, dei provvedimenti da emanarsi dai giudici che hanno sollevato dette questioni. Esse non rivestono, pertanto, i �caratteri di .pregiudizialit� ed in cidentalit� quali sono richiesti dall'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e devono in conseguenza dichiararsi inammissibili. 3. -Con le or.dinanze iscritte ai nn. 431, 432 e 467 del registro 1971 ed ai nn. 138 e 154 del reg.istro 1972, le disposizioni del codice di procedura penale concernenti l'intervento della persona interessata nel procedimento per misura di sicurezza (art. 636), le investigazioni del giudice <li sorveglianza (art. 637) e la disciplina delle comunicazioni all'interessato irreperibile (ar.t. 645) sono state impugnate per violazione degli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione. 1968, 802, con note di DOMINION!: Presunzione criminale e diritto di difesa, e di CARETTI: Diritto di difesa e misure di sicurez;m post-delictum. (3) La decisione costituisce un'ulteriore applicazione del principio af: fe:rnnato dalla Corte nella precedente sentenza 15 giugno 1972; n. 106 (in questa Rassegna, 1972, I, 929), che fa presunzione di peri.colosit� sociale deve ritenersi giustificata quando �Si sia in presenza di condizioni che consentano di far ritenere, sulla base di valutazioni obiettive ed uniformi, desunte dalla comune esperienza, la probabilit� di un futuro comportamento criminoso. 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A sostegno dell'impugnativa si assume che nel procedimento per l'applicazione di misure di sicurezza, diversamente dalla normativa dettata dallo stesso c.p.p. per il processo ordinario, le ricordate disposizioni degli artt. 636 e 637 disciplinerebbero rispettivamente in modo non conforme alle garanzie dell� difesa la contestazione dei fatti per i quali si procede e la ricerca delle prove, in ordine alle qua1i non sono prescritti limiti di forma, di provenienza e di contenuto dei singoli mezzi di investigazione. L'art. 645 non impone, infine, che siano disposte dal giudice di sorveglianza nuove indagini, in analogia con quanto � disposto, invece, dall'art. 170, per le fasi del procedimento ordinario, ai fini della identificazione del luogo idoneo alla notificazione all'interessato, quando questi risulti irreperibile alle ricerche svolte da un uffi.dale o agente di pubblica sicurezza incaricato delle comunicazioni di atti o provvedimenti. Tali questioni investono momenti fra loro complementari del processo di sicurezza e si riassumono nella prospettazione comune della garanzia della difesa dell'interessato nella cornice del princtpio di eguaglianza. 4. -Questa Corte, per vero, con la sentenza n. 53 del 9 maggio 1968, ha gi� dichiarato, in riferimento all'art. 24 Cost., ' la �llegittimit� degli artt. 636 e 637 c.p.p., nella parte in cui comportano che i provvedimenti del giudice di sorveglianza siano adottati senza la tutela del diritto di difesa, sul presupposto che la dimensione di tale diritto nel procedimento in esame va considerata in relazione all'interesse che ne � oggetto, vale a dire quello supremo della libert� personale. Ed ha espressamente chiarito in motivazione che, secondo lo spirito della norma costituzionale, si deve ritenere necessaria la conoscenza delle investigazioni e degli accertamenti compiuti dal giudice e dei loro risultati relativamente all'intero costo del proc�edimento e mediante l'assistenza tecnica di un difensore, da rendersi, oltretutto, obbligatoria e non facoltativa. Ha concluso, poi, che a seguito della dichiarazione di illegittimit� costituzionale dei ricordati artt. 636 e 637 c.p.p., l'esercizio della difesa, in attesa di un intervento del legislatore, potr� svolgersi sulla base deHe norme stabilite per la difesa nell'istruzione, secondo le estensioni operate dalla giurisprudenza di questa Corte. Secondo la ratio della precedente decisione, quindi, devono oggi ritenersi operanti nel procedimento in esame, per logica necessaria estensione, le parallele disposizioni dettate, per il .processo ordinario, nei limiti in cui le disposizioni stesse risultino, con prudente interpretazione, compatibili con la peculiare struttura, con l'oggetto e con le finalit� dello speciale giudizio per l'applicazione delle misure di sicurezza. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Limiti derivanti anzitutto dalla posizione che l'interessato assume, non quale imputato di fatti penalmente perseguibili, in riferimento ai quali ne va a�ccertata e valutata la vesponsabilit�, ma, di regola, in quanto sottoposto a misure di sicurezza per effetto, in genere, di un provvedimento che ne abbia accertato la responsabilit� penale o comunque una personalit� susc,ettibile di creare �situazioni di pericolo. Ed in relazione, appunto, all'oggetto del procedimento per l'applicazione delle misure di ,sicurezza, concernente esclusivamente la valutazione, in senso sintomatologico criminale, della condotta del soggetto, quale pu� essere rivelata, oltre che dai fatti gi� accertati nella precedente sentenza del giudice penale, da altr:e circostanze rilevanti ai fini del giudizio circa la personalit� sociale del soggetto, il diritto di difesa deve potersi estrinsecare nell'ambito del principio del contraddittorio, in correlazione con i poteri attribuiti al pubblico ministero. Dal che discende, ovviamente, che gli artt. 636 e �637, nel contenuto normativo risultante dalla precedente pronunzia di questa Corte, resistono alle attuali censure. Per vero tali disposizioni, conformemente ai precetti degli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, comportano ormai che l'intevessato debba essere tempestivamente edotto sui fatti in merito� ai quali � chiamato a fare dichiarazioni e sui quali il giudice intende dirigere o ha diretto le investigazioni e gli accertamenti, perch� in ordine ad essi ed ai relativi risulta.ti sia posto in grado di svolg.ere Je proprie difese. E va in proposito riaffermato che al soggetto passivo del procedimento per l'applicazione di misure di sicurezza deve essere assicurato l'esercizio della difesa, sia personalmente sia per mezzo del difensore, con facolt� di esserne assistito in tutti gli atti nei quali ne � ammesso l'intervento dalle disposizioni vigenti. 5. -II .rispetto dei principi esposti conduce, per contro, a confortare l'ulteriore esigenza che le comunicazioni degli atti e dei provvedimenti, indicate nell'art. 645 c.p.p., siano volte ad una reale conoscenza dell'interessato o quanto meno alla conoscenza legale di esse, con le modalit� previste a garanzia della difesa. Ed al riguardo non pu� non porSi in rilievo l'insufficienza della disciplina contenuta nell'art. 645 sopra richiamato, nella parte in cui affida ,alla discrezionalit� del giudice di sorveglianza (anzich� fargliene obbligo) di emanare l'ordine che siano eseguite nuove ricerche dell'interessato, destinatario delle comunicazioni suddette, dopo quelle infruttuosamente svolte dagli organi incaricati delle notificazioni. E parimenti va accolta la ulteriore censura di incostituzionalit� mossa dai giudici del merito, in riferimento all'ultima parte di detto 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO articoli.o, nel quale � contenuta la disposizione che, nel caso di dichiarata irreperibilit� dell'interessato �la mancanza della comunkazione non impedisce l'emissione dei provvedimenti del giudice e non ne sospende l'esecuzione�. La norma denunziata risulta cio� in contrasto con la Costituzione (artt. 3 e 24) in quanto consente che sia pretermesso il deposito degli atti in cancelleria ed il contestuale avvi.so al difensore, eventualmente nominato dall'ufficio, previa le nuove rfoerche dell'interessato: il tutto secondo le modalit� indicate dall'art. 170, secondo comma, del codice di procedura penale, con norma di carattere generale, alla quale non v'� motivo per derogare nel procedimento in oggetto. 6. -Con le stesse ordinanze dei giudici di sorveglianza presso i tribunali di Firenze e di Torino � sollevata la questione circa la rispondenza agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione dell'articolo 102 c.p., concernente l'abitualit� nel delitto presunta dalla legge. Sotto il profilo della compatibilit� sia con il principio di ugua .glianza e delle sue implicazioni di ordine sociale (contraria ad ogni forma di emarginazione legale) sia con quello della funzione rieducativa della pena, si pone in dubbio la costituzionalit� della norma, la quale esclude che il giudice proceda al concreto accertamento della pericolosit� sociale di chi ope legis deve essere consi.derato dedito abitualmente al .delitto. Situazione che la legge prevede allorch� risulti che il soggetto, gi� condannato alla reclus.ione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre del�tti non colposi, della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non contestualmente, ripovti altra condanna per un delitto, parimenti non colposo, del1a stessa indole, e commesso nei dieci anni (computati nei modi stabiliti nel secondo comma) successivi all'ultimo dei precedenti delitti. La questione non ha fondamento. La presunzione di pericolosit� esprime, invero, le valutazioni, desunte da comune esperienza, secondo indicazioni sociocriminologiche discrezionalmente apprezzate dal legislatore, le quali alla reiterazione di fatti criminosi, gi� accertati a seguito di giudizi penali, danno significato di probabilit� o temibilit� di un ulteriore futuro comportamento criminoso (sent. 19/1966 e 68/1967). E ci� anche al fine dell'applicazione, �con provvedimento del giudice, di misure di sicurezza, le quali (cit. sent. 68/1967) ex se tendono ad un risultato che eguaglia quella rieducazione cui deve mirare la pena. Con che resta anche superata la censura basata sul disposto dell'art. 27, terzo comma, della Costituzione. Deve altres� escludersi che l'art. 102 violi il principio di eguaglianza. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Non pu�, infatti, ritenersi derivi, ai sensi di detto articolo, disparit� di trattamento nei confronti di soggetti che, per i precedenti penali, in relazione al tempo, nonch� alla gravit� ed indole dei delitti commessi, siano passibili di qualificazione penale soggettiva ipso iiire (e non a seguito di valutazioni rimesse, caso per caso, al giudice), rispetto ad ipotesi che per la loro minore rilevanza, desumibile dai criteri indicati dall'art. 103 c.p., il legislatore ha ravvisato non suscettibili di generalizzata significazione a fini di prevenzione criminale. 7. -Non ha, da ultimo, fondamento, alla stregua dei principi costituzionali test� esaminati, l'ulteriore questione sollevata dalle ordinanze predette circa la legittimit� dell'art. 109, secondo comma, c.p., nella parte in cui si stabilj.sce che la dichiarazione di delinquenza abituale, a carico,del soggetto che versi nelle condizioni prevedute dalle precedenti disposizioni degli artt. 102 e 103, pu� essere pronunziata in ogni tempo, anche dopo l'esecuzione della pena (e ovviamente non avendo a ci� provveduto il giudice della cognizione) suna base della condotta gi� considerata nella sentenza di condanna, senza che possa tenersi conto della condotta successiva del soggetto. E ci� anche quando tale �condotta possa far ritenere verificato il ravvedimento di lui e la cessazione della condizione di pericolosit� sociale. Ad escludere la violazione del principio di uguaglianza, ai sensi del primo e del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, valga il considerare che, al contrario, la norma impugnata � informata al rispetto della parit� di trattamento. Detta norma, invero, col riferire l'accertamento della qualit� di delinquente abituale allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della pronunzia della condanna, ha inteso espressamente sottrarre il trattamento del condannato, ove questo accertamento non sia intervenuto, a successive evenienze, a ritardi oppur anche a disfunzioni dell'apparato giudiziario, escludendo che da questi eventi possa trarsi vantaggio, non altrimenti giustificato che da un fortuito decorso del tempo. N� da siffatta situazione pu� ritenersi possa derivare pregiudizio nei confronti di chi, nel tempo intercorso dopo la condanna, ha dato prova di ravvedimento e di reinserimento nell'omine sociale, in quanto venga assoggettato tardivamente a restrizioni della libert� personale anche con l'imposizione di misure di sicurezza, giacch� non mancano nell'ordinamento opportuni temperamenti al rigore delle �sopra ricor- date disposizioni. Il che, a prescindere da ogni altra considevaz�one, vale parimenti ad escludere che, in riferimento ai principi dell'art. 27, terzo comma, Cost., abbiano fondamento le censure formulate, nelle ordinanze di rimessione, alla disposizione in esame, sotto il riflesso che le mi1sure -di sicurezza risulterebbero inutili o addirittura dannose. -(Omissis). 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 169 -Pres. Chiarelli -Rel. Bonifacio -Orioli (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Procedimento penale -Rito pretorile direttissimo -Impossibilit� di richiedere l'istruzione sommaria -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., art. 3; c.p.p., art. 389, ultimo comma). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale deli'art. 389, uitimo comma, c.p.p:, nella parte in cui esso non attribuisce all'imputato, qua.ndo si tratti di giudizio direttissimo pretorile, la facolt� di chiedere che si proceda ad istruzione sommaria (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata. Essa � stata proposta dal giudice a quo sul presupposto che l'art. 389 c.p.p. e, in particolare, le innovazioni introdotte dalla legge n. 780 del 1969, trovino applicazione nel giudizio direttissimo per reati di competenza del tribunale o della Corte di assise: ma tale presupposto � sicuramente e manifestamente errato. Ed infatti la disciplina risultante dal nuovo testo dell'art. 389 riguarda esclusivamente l'istruzione sommaria ed i rimedi apprestati quando l'imputato ritenga che, non ricorrendone le ipotesi, si debba procedere col rito formale, sioch� tutta la problematica relativa al giudizio direttissimo, specificamente ed autonomamente diseiplinato dagli artt. 502 e segg., � certamente estranea alla disposizione impugnata. L'errore nel quale il pretore di Milano � incorso � quello di ritenere che anche il rito direttissimo preveda una fase di istruzione sommaria : ma su ci� non si pu� consentire, giacch�, anche se il sommario interrogatorio dell'imputato previsto dall'art. 502 dovesse qualificarsi come atto istruttorio, non si tratterebbe, certo, di quella istruzione sommaria ,che � disciplinata dal titolo terzo del libro se . (1) La questione � stata sollevata ,con ocdinanza del Pretore di MHano 12 maggio 1971 (Gazz. Uff. 22 settembre 1971, n. 240). L'illegittimit� costituzionale del secondo e del terzo comma dell'art. 389 c.p.p., nel testo anterime alla legge 7 novembre 1969, n. 780, � stata dichiarata dalla Corte con le sentenze 28 novembre 1968, n. 117 (in Giur. cost., 1968, 2097, con nota di MADDALENA, Scelta del rito istruttorio e inderogabilit� del principio del giudice naturale precostituito per legge) e 4 marzo 1971, n. 40 (in Giur. cost., 1971, 203). In dottrina, surl nuovo testo dell'art. 389 c.p.p.: CARLI, La scelta del rito istruttorio e la legge 7 novembre 1969, n. 780 in Riv. dir. proc., 1970, 228 e M. LEONE, Considerazioni sulla nuova disciplina dell'istruzione sommaria, in Giur. merito, 1970, III, 107. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 47 condo del codice. Da qui discende l'ovvia �Conseguenza che nei reati di competenza del tribunale o della Corte di assise, per i quali si proceda col rito direttissimo, l'imputato non pu� esercitare la facolt� concessa dal quarto comma dell'art. 389 n� proporre il ricorso previsto dal sesto comma dello stesso articolo: solo il giudice del dibattimento -art. 504 'c.p.p. -(si tratti del pretore, del tribunale o della Corte di assise) � competente a verificare l'effettiva susststenza dei presupposti del rito direttissimo e, quindi, solo nel dibattimento l'imputato pu�, anche su questo punto, far valere le sue ragioni. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 170 -Pres. Chiarelli -Rel. Bonifacio -Maffei (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Procedimento penale -Rito direttissimo pei reati sul controllo delle armi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 25; 1. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 9). Non � fondata, con riferimento al principio del giudice naturale, la questione di legittimitd costituzionale deii'art. 9 della legge 2 ottob1 �e 1967, n. 895, sul controllo delle armi, che consente al P. M. ia scelta del rito direttissimo svincolato daU'ordinario termine di cinque giorni (1). (Omissis). -Nel proporre l'attuale questione di legittimit� costituzionale il tribunale di Pisa sostiene che il pubblico ministero, quando promuova il giudizio direttissimo previsto dall'art. 9 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, sul ��controllo delle armi�, � svincolato dal rispetto del termine di dnque giorni previsto dall'art. 502 c.p.p. per il comune rito direttissimo e di conseguenza ha una fac�lt� di scelta della sezione del tribunale o del collegio giudicante, che sarebbe incompatibile col principio secondo il quale l'imputato non pu� essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma, Cost.). � La questione non � sostanzialmente diversa da quella decisa da questa Corte a proposito dell'art. 502 c.p.p., nel senso dell'infonda (1) La 1Pr�ecedente :sentenza 3 dicembire 1969, n. 146 cui la Corte si richiama � pubbilicaita iin Giur. cost., 1969, 2217 con nota di ScAPARONE, Giudice naturale e scelta della sezione nel giudizio direttissimo. 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tezza, con la sentenza n. 146 del 1969. I principi allora affermati -e dai quali non c'� ragione di discostarsi -valgono anche per l'attuale questione, giacch� questa non presenta particolari profili per il solo fatto che la vaHdit� del giudizio direttissimo previsto dalla norma impugnata non � condizionata dal rispetto del termine previsto dal- l'art. 502 c.p.p. Si deve convenire che la dispo,sizione concernente tale termine non � ,applicabile quando, come nel caso in esame, il legislatore preveda che per certi reati si proceda obbligatoriamente col rito direttissimo e si pu� anche convenire, col giudice a quo, che la. non operativit� di quel termine comporti la possibilit� che il pubblico ministero venga a fruire di una maggiore libert� della seelta della sezione o del collegio giudtcante. Ma questa particolarit� non sposta i termini della questione, perch� -anche se non si vuol considerare rilevante, a causa della mancanza di sanzione, l'obbligo, certamente desumibile dall'ordinamento e coerente con la natura e le finalit� del giudizio direttissimo, di investire immediatamente il giudice -la maggior ampiezza temporale in cui di fatto pu� spaziare l'esercizio dell'azione penale non incide in alcun modo sulla validit� delle ragioni che, nella ricordata decisione, indussero questa Co.rte ad escludere che la scelta della sezione o del collegio giudicante da parte dell'organo requirente comportasse la violazione del principio secondo il quale il giudice deve esser precostituito per legge. La questione deve pertanto essere dichiarata non fondata. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 171 -Pres. Chiarelli -Rel. Bonifacio -Ferrara (n.c.). Procedimento penale -Rito direttissimo -Sommario interrogatorio dell'imputato -Mancata assistenza del difensore -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 502, 503). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguagiianza e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 502 e 503 c.p.p. per quanto concerne il sommario interrogatorio dell'imputato, senza l'assistenza di difensore, prima del giudizio cJ,irettissimo (1). (1) S'Ull'aipplicabilit� della norma dell'art. 304 bis, c.p.p., secondo il testo di cui al1a legge 18 marzo 1971, n. 62, anche nei casi di giudizio direttissimo: Corte Cost., ord. 19 aprile 1972 e 73 (in Sent. e ord. della Corte Cost., 1972, 284). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 49 (Omissis). -Nel proporre l'attuale questione di legittimit� costituzionale il tribunale di Caltanissetta parte dal pre-supposto che gli artt. 502 e 503 c.p.p. non assicurino, per quanto riguarda il sommario interrogatorio dell'imputato cui si deve procedere prima del giudizio diretti.ssimo, quelle stesse garanzie difensive (nomina ed intervento del difensore) che la legge predispone per l'interrogatorio nella procedura ordinaria: da ci� deriverebbe la violazione sia dell'art. 3 sia dell'art. 24 della Costituzione. La questione non � fondata. Premesso che non � sufficiente leggere isolatamente le due disposizioni impugnate, ma che occorre interpretarle sistematicamente nella loro necessaria connessione con le altre norme concernenti l'interrogatorio dell'imputato, la Corte osserva che nel vigente ordinamento processuale -quale risulta a seguito della sentenza n. 190 del 1970 e della legge 18 marzo 1971, n. 62 -il diritto del difensore ad esser presente al predetto atto � garantito nell'istruzione formale (art. 304 bis c.p.p.), nell'istruzione sommaria (art. 392: cfr. sent. n. 52 del 1965) e nelle indagini .di polizia giudiziaria (art. 225: �fr. anche sent. n. 86 del 1968): sicch� non � dubbio che, quale che sia la qualificazione degli atti compiuti dal pretore -per il quale cfr. l'art. 231, primo comma, c.p.p. -o dal pubblico ministero prima del giudizio di-rettissimo, il difensore ha diritto di assistere all'interrogatorio sommario previsto dall'art. 502. N� diversamente stanno le cose a proposito della necessit� della previa nomina del difensore, giacch� gli artt. 304 e 390 c.p.p., nel testo risultante dalle recenti modifiche legislative, ne dispongono l'obbligatoriet� nell'istruzione formale, nell'istruzione sommaria e nelle indagini di polizia .giudiziaria, con la conseguenza che l'art. 503 -nella parte in cui prevede che il presidente del tribunale o della Co.rte di asisise, in mancanza di un difensore di fiducia, nomini un difensore di ufficio ove non vi abbia provveduto il pubblico ministero nel primo atto del procedimento -deve essere interpretato nel senso ,che restano impregiudicati gli effetti invalidanti che si connettono all'inosservanza dell'obbligo imposto al pubblico ministero. Non sussistono pertanto le denunziate violazioni dell'art. 3 e dell'art. 24 della Costituzione. Giova peraltro aggiungere, poich� l'ordinanza parla di �obbligatoriet� � dell'intervento del difensore, che, come questa Corte precis� nella sentenza n. 62 del 1971, il rispetto del diritto di difesa non richiede siffatta obbligatoriet�, ma � sufficientemente garantito dalla possibilit� che il difensore assista� al predetto atto. -(Omissis). Sul diritto del dirensore di assistere all'interrogatorio dell.'imputaito, ancor prima deMa modifica dell'art. 304 bis c.p.p., anche nei casi di giudizio direttissimo: Cass., Sez. I, 7 maggio 1971, Saltarelli, in Giu.st. pen., 1972, III, 327. RASSEGNA UELL'AVVOCATURA DELLO STATO 50 CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 172 -Pres. Chiarelli -Rel. Bonifacio -De Panicis ed altri (n.c.). Procedimento penale -Rito direttissimo -Reati di stampa -Obbliga toriet� del rito e sue conseguenze -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 3, 21, 24, 25, 33, 104, 111; I. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, commi terzo e quarto). Non sono fondate, con riferimento ai principt di eguaglianza, di difesa, del giudice naturale, deUa libert� di stampa, dell'indipendenza del giudice, le questioni di legittimit� costituzionale deU'art. 21, terzo e quarto comma, della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, che prescrivono l'obbligatorio rito direttissimo pei reati di stampa, con tutte le connesse conseguenze, e l'obbligo per il giudice di emettere la sentenza entro un mese (1). (Omissis). --2. -In ordine logico la prima questione da decidere � se il terzo comma della disposizione impugnata -in forza del quale per i reati commessi col mezzo della stampa si procede con il rito direttissimo -sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, del quale si denuncia la violazione sotto due diversi profili: per l'eguale trattamento di fattispecie diverse, quali sono, da un lato, i reati commessi col mezzo della stampa e, dall'altro, i casi per i quali il codice di procedura penale (art. 502) consente il comune rito direttissimo; per la disparit� di trattamento degli imputati, secondo che la imputazione riguardi un reato commesso con l'uso della stampa ovvero con altro mezzo. La Corte ritiene che la questione non sia fondata. Vero �, infatti, che anche in materia processuale, nel prevedere procedure differenziate da quelle ordinarie e nel determinare i casi di applicazione delle prime, (1) Con la precedente sentenza 26 giugno 1970, n. 109 (in Giur. cost., 1970, 1197) la Corte avev;a gi� affermato ila leWitti.mit� costituzionale delle noil'me ,che escludono, iper il giudizio dil'ettissimo pr-evLsto peil' i reati c0tmmessi ,col mezzo della stampa, la necessit� della istruttoria pr,edibattimentale e dell'dnterrogaitorio dell'imputato prima della citazdOilJe a giudizio. Con la ipresenrte sentenza la OOiI'te estende l'esame a tutte iLe altre disposizioni dell'atiJpico riito direttissimo. Sulla inapip[kabilit� dell'a:rt. 504 C.[p.rp.: SABATINI, Trattato dei procedimenti speciali e complementari del processo penale, Torino, 1956, 191. Sulla natura ordinatoria del termine fissato dall'art. 21 della l�egge sulla PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 51 il legislatore -oltre che garantire comunque l'osservanza dei principi 'costituzionali che presiedono alla giurisdizione ed al processo deve ispirarsi al canone della ragionevolezza: ma non pu� di:l'Si che nella legge in esame siano stati travalicati i limiti entro i quali pu� spaziare la sua discrezionalit� politi-ca. � in proposito da osservare che il particolare mezzo usato per la commissione dei reati, ai quali l'impugnato art. 21 si riferisce, pu� di per s� costituire non ingiustificato motivo per la scelta di una pi� rapida e semplificata procedura: l'omissione della fase istruttoria, il pronto intervento del giudice, l'immediata celebrazione del dibattimento possono esser giustificati sia dalla ragionevole valutazione, almeno in base all'id quod plerumque accidit, che la fattispecie in relazione alla quale si procede presenta una particolare evidenza, sia dalla opportunit� che denunce e querele concernenti fatti commessi con uno dei pi� efficienti strumenti di formazione della pubblica opinione diano luogo a solleciti, definitivi accertamenti, nell'interesse stesso della stampa, alla quale, ove l'accusa sia giudicata infondata dopo un pubblico dibattimento, la sentenza assolutoria restitui8ce rapidamente quella credibilit� e quella attendibilit� che inevitabilmente sono messe in forse durante la pendenza �di un processo penale. 3. -Numerose denunce di illegittimit� �costituzionale sono state proposte dalle ordinanze con riferimento al carattere obbligatorio del rito direttissimo ed alle divergenze di disciplina che, rispetto al comune giudizio direttissimo regolato dal codice (artt. 502 e segg.), discendono da tale carattere secondo una consolidata giurisprudenza, condivisa da questa Corte -sentenze n. 56 del 1961 e n. 109 del 1970 -e dagli stessi giudici che hanno promosso gli attuali giudizi. Va subito detto .che, se � stato compito della giurisprudenza accertare quali �disposizioni fra quelle contenute negli artt. 502 e segg. c.p.p. risultano applicabili alla procedura di cui qui ci si occupa, ovviamente ci� non significa affatto, al contrario di quanto mostra di ritenere il tribunale di Ascoli Piceno (ord. n. 129 del 1971), che ci si trovi di fronte ad una �carenza di una disciplina processuale prestabilita-� e che di conseguenza l'atto col quale l'imputato viene tratto �a giudizio sia �sostanzialmente immotivato�. Risulta invece inequivocabilmente stampa per la pronumda della sentenza, sulla in~licaibtlit� del termine stesso �e su11e esigenze di una rifomna dello speciale rito direttissimo: UNGARO, Le leggi per la stampa, in Riv. pen., 196�5, I, 138 e CoNso, Riformare la legge su.lla stampa, in Arch. pen., 1970, I, 363. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 52 chiaro il dettato della legge, che vuole che ogni reato commesso col mezzo della stampa sia perseguito col rito direttissimo: tanto chiaro e tassativo che la stessa ordinanza in altro punto della motivazione rivolge alla le,gge l'opposta censura -anch'essa ictu ocru:li infondata -di aver sottratto �al prudente arbitrio dell'autorit� giudiziaria... la disciplina in questione�, di aver quindi violato �il sistema costituzionale di garanzia�, in tal modo realizzando un'illegittima limitazione della libert� tutelata dall'art. 21 dell� Costituzione. In verit�, il fatto che il giudizio direttissimo previsto dalla disposizione impugnata non risulti del tutto assoggettabile, a ,causa della sua obbligatoriet�, alle disposizioni deUate dagli artt. 502 e segg. c.p.p. e, specificamente, a quelle fra esse che si collegano appunto alla non obbligatoriet� dell'ordinario giudizio direttissimo, � cosa che, di per s�, non � .certo contraria alla Costituzione. Si tratta piuttosto di verificare se contrastanti col precetto costituzionale siano singole regole cui soggiace il rito direttissimo obbligatorio e, al limite, se una eventuale illegittimit� di esse non investa l'intero istituto a causa della strettissima connessione fra tali regole e l'obbligatoriet� del rito. La Corte ritiene che al problema, posto in siffatti termini, debba darsi soluzione negativa. Gi� altra volta -cfr. sentenza n. 109 del 1970 -questa Corte ha deciso che l'inapplicabilit� al rito in esame dell'obbligo del previo, sommario interrogatorio dell'imputato, stabilito dall'art. 502 c.p.p., non contrasta con l'art. 24 della Costituzione. Alcune ordinanze propongono ora, a tal proposito, una diversa questione: posto che la non obbligatoriet� dell'interrogatorio non significa che al pubblico ministero sia fatto divieto di procedervi, la legge, cosi interpretata, finirebbe col conferire all'organo requirente un potere di libera scelta non conciliabile con� il principio di eguaglianza e per di pi� esercitabile con atto immotivato (da qui la denuncia in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost.). Si pu� consentire sulla premessa di questa tesi, non sulle conseguenze che se ne vogliono trarre sul piano della legittimit� costituzionale. Ed invero, per quanto riguarda la prima di esse, � sufficiente qui richiamare i principi affermati dalla Corte nella sentenza n. 209 del . 1971: se � connaturale al potere istituzionale dell'organo requirente la scelta delle modalit� inerenti all'esercizio dell'azione penale, a maggior ragione ci� vale quando non si tratti, come nel caso allora esaminato, di optare per un rito od un altro, ma, pi� limitatamente, di interrogare o meno l'indiziato, ovviamente in base non ad una valutazione arbitraria, sibbene ad esigenze connesse col corretto promovimento dell'azione. N� sembra che in questo caso l'atto che dispone l'interrogatorio debba esser motivato pi� di quanto debba esserlo tutte le volte in cui a tale incombenza occorra provvedere per un adeguato svolgimento del processo; n�, per converso, sembra che debba esser - , PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 53 motivata l'omissione di un interrogatorio ritenuto superfluo quando dagli atti risultino sufficientemente specificati gli elementi obiettivi e subiettivi della promovenda azione penale. � peraltro da rilevare che la questione di cui or ora si � discorso si collega all'altra questione di legittimit� �costituzionale -pur essa proposta in alcune ordinanze -concernente l'interesse dell'imputato a veder riconosciuta l'innocenza prima e fuori della fase dibattimentale. Tuttavia, al contrario di quanto affermano i giudici che hanno trattato quest'ulteriore tema, siffatto interesse -al quale, nella realt� della vita, non si pu� negare una certa rilevanza, anche se pu� ipotizzarsi l'interesse a che l'innocenza sia riconosciuta in un immediato dibattimento, con effetti definitivi che l'assoluzione istruttoria non produrrebbe --non appare costituzionalmente protetto. Si deve anzitutto osservare che, giacch� il rit� direttissimo (si tratti di quello ordinario disciplinato dal 1codice processuale ovvero di quello previsto dalla legge in esame) � preordinato all'immediato svolgimento del dibattimento, non � neppure configurabile un diritto dell'imputato ad ottenere una verifica giurisdizionale della legittimit� .dell'iniziativa del pubblico ministero se non attraverso il controllo che su di .questa pu� e deve effettuare, appunto, il giudice del dibattimento: la questione fu gi� risolta da questa Corte con la gi� ricordata sentenza n. 209 del 1971 a proposito dell'art. 502 c.p.p. e non si pone in termini sostanzialmente diversi quando si tratti, come nel caso in esame, di un rito direttissimo obbligatorio, perch� anche in questo caso � di esclusiva competenza del giudice del dibattimento accertare c4e ricorrano le ipote.si per le quali la legge prescrive quel rito. Sicch� -mentre risultano prive di fondamento quelle censure che sono motivate dall'impossibilit� che l'imputato di un reato commesso con la stampa si avvalga di quei mezzi ora predisposti dall'art. 389 c.p.p. per l'immediato controllo giurisdizionale sulla legittimit� dell'apertura dell'istruttoria sommaria -il vero problema consiste nell'accertare se valida � la tesi, .prospettata dal tribunaie di Ascoli Piceno, secondo la quale �la fase istruttoria... costituisce un elemento essenziale nel nostro sistema processuale riconosciuto e recepito dalla nostra Costituzione�. Orbene, a parte la palese inconsistenza della pretesa violazione del pTincipio costituzionale concernente il giudice naturale' (il quale, secondo la costante interpretazione data dalla Corte al primo comma dell'art. 25 Cost., si risolve nella necessit� della precostituzione del giudice per legge), anche questa questione � stata gi� Titenuta infondata dalla Corte -dr. sentenze n. 11 del 1965 e n. 209 del 1971 -n� ora vengono prospettate nuove e valide ragioni che possano indurre a diversa conclusione. In particolare, del tutto inesatta � l'argomentazione che si vuol trarre dalla lettera del secondo comma dell'art. 24 Cost.: il fatto che il diritto di difesa � garantito � in ogni stato � del procedi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento non significa, certo, che la Costituzione imponga che il procedimento conosca necessariamente pi� stati, ma solo che, quando pi� fasi siano stabilite dalla legge, non ve ne sia alcuna nella quale la difesa sia preclusa. Val la pena di rilevare, peraltro, che una diversa interPretazione -specialmente se, come avviene nell'ordinanza di rimessione del tribunale di Ascoli Piceno, portata fino al punto da ritenere conforme alla Costituzione solo un sistema che in ogni caso consenta una pronuncia del giudice istruttore -non solo condurrebbe all'illegittimit� di larga parte del vigente sistema processuale, ma precluderebbe quelle riforme che, sollecitate dalla viva, sofferta esperienza delle attuali lungaggini processuali, tendono a consentire un pi� rapido ac�cesso al dibattimento. E non � fuor di luogo a�ggiungere che, quando, come nel caso in esame, gli atti istruttori vengono compiuti solo nel pubblico dibattimento, le garanzie della difesa vengono esaltate, non gi� compresse. Sulla base di queste considerazioni pu� essere agevolmente risolta, nel senso dell'infondatezza, anche la questione relativa alla cir.costanza che nel rito direttissimo prescritto dalla legge in esame manca la possibilit� (prevista invece dall'art. 504 c.p.p.) che il giudice, chiuso il dibattimento, disponga .che si proceda con istruttoria formale. Tale possibilit�, strettamente connessa alla premessa cui il �comune rito direttissimo � collegato (che, cio�, non siano necessarie �speciali indagini �), non esiste nel rito direttissimo obbligatorio proprio in conseguenza di tale obbUgatoriet�, la quale esclude in radtce ogni competenza del giudice istruttore. Non si verifica, quindi, una disparit� di trattamento, giacch� la diversit� di disciplina corrisponde ad una diversit� di presupposti. N�, come sembra al tribunale di Firenze, imputato e parte civile sono posti in � condizione di inferiorit� �: � del tutto evidente che il tribunale, se non pu� disporre che si proceda con istruzione formale, ha il dovere di compiere direttamente tutte quelle indagini, per complesse che possano essere, che siano necessarie per la decisione del caso. 4. -Oggetto di impugnativa � anche il quarto �comma dell'art. 21 della legge in esame, in forza del quale al giudice vien :fotto obbligo di � emettere in ogni caso la sentenza nel termine massimo di un mese � dalla denuncia o querela. Risulta dai lavori preparatori (Atti della Costituente, 19 gennaio 1948) che a tale disposizione si volle assegnare solo una funzione di semplice raccomandazione, ed � certo, secondo l'univoca interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, che n� il termine ha carattere perentorio n� alla sua inosservanza conseguono sanzioni. Non si pu� dunque ravvisare nella norma impugnata quell'interfeTenza nell'esercizio del potere giudiziario e quella v.iolazione dell'indipendenza della PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 55 magistratura (art. 104 Cost.) che si verificherebbero solo se la prefissione del termine dovesse significare che, prim�. della sua scadenza, il giudice debba comunque decidere la causa: � vero, al contrario, che il giudice ha il potere ed il dovere di compiere tutte le indagini che siano necessarie per la decisione, anche se per l'espletamento di queste debba esser oltrepassato il termine fissato dalla legge. 5. -L'ordinanza del 24 marzo 1972 (n. 171 del 1972) del tribunale di Pisa, facendo riferimento all'ordinanza 29 ottobre 1971 (n. 481 del 1971) con la quale lo stesso tribunale ha impugnato l'art. 9 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, denuncia l'art. 21 deUa legge sulla stampa, in riferimento all'art. 25 della Costituzione, a causa del potere del pubblico ministero di scegliere, nell'ambito dell'ufficio competente, questa o quella sezione, questo o quel collegio. La questi-0ne non � fondata per gli stessi motivi che hanno indotto questa Corte -sent. n. 170 del 1972 -a respingere le censure mosse alla legge n. 895 del 1967. 6. -Escluso che il rito imposto dalla legge impugnata violi il principio. di eguaglianza e che la sua disciplina contrasti con precetti costituzionali, appare priva di fondamento la tes� che esso si risolva in un limite ed in un ostacolo alla libert� di stampa e si ponga perci� in contrasto con l'art. 21 Cost. (ord. n. 129 del 1971) o, nello stesso tempo, con questo e con l'art. 33 Cost. (ord. n. 129 dcl 1972). La Corte ha pi� volte affermato che la libert� di espressione del pensiero � fondamento della democrazia e che la stampa, considerata come essenziale strumento di quella libert�, deve� esser salvagua�rdata contro ogni minaccia o coartazione, diretta o indiretta. Nel ribadire la piena validit� di tale affermazione, la Co�rte non ritiene, tuttavia, che i principi costituzionali sui quali essa si fonda siano vulnerati dalla legge impugnata, giacch� l'obbligatoriet� del rito direttissimo per i reati commessi col mezzo della stampa non pone ostacolo alcuno alla libert� di questa. Non si tratta, infatti, n� di un giudizio persecutorio n� di una procedura sommaria e straordinaria. Se il legislatore -in un'epoca, nella quale, �contrariamente all'inesatta valutazion� sto.fica che si legge nell'ordinanza del tribunale di Ascoli Piceno, si avvertiva in tutta la sua urgenza l'esigenza di restituire alla stampa il ruolo che le compete in una libera societ� -ha �scelto, nell'esercizio della sua legittima discrezionalit� politica, una procedura che consenta l'immediato intervento del giudice del dibattimento e se, nell'ambito di tale procedura, al denunciato od al querelato viene assicurato pieno contraddittorio ed ampia possibilit� di �difesa, non � dato davvero di vedere in qual modo si realizzi la denunciata coartazione della libert� di stampa. -(Omissis). 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 173 -Pres. Chiarelli -Rel. De Marco -Stauder (avv. Ferrari) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Edilizia popolare ed economica -Alloggi IN�IS a destinazione par ticolare -Inammissibilit� del diritto di riscatto -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 47; d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2; lett. a; 1. 21 marzo 1958, n. 447, articolo unico, quarto comma). Non � fo�ndata, con riferimento al principio di eguaglianza e di tutela del risparmio, la questione di legittimit�; costituzionale dell'art. 2 lettel)'a a) d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e deWarticolo unico, quarto comma, della relativa legge di delega 21 marzo 1958, n. 447, che escludono dal diritto alla cessione in prnpriet� gli alloggi INCIS a destinazione particolare per gli ufficial.i ed i sottufficiali delle forze armate dello Stato (1). (Omissis). --2. -L'art. 2 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, emanato in attuazione della delega contenuta nella legge 21 marzo 1958, n. 447, ed avente per oggetto �Norme �concernenti la disciplina della cessione .in propriet� degli alloggi di tipo popolare ed economico�� dispone testualmente: � Sono esclusi dalla cessione in propriet�: a) gli alloggi costruiti o da costruirsi ai sensi dell'art. 343, secondo comma, del t.u. delle leggi sull'edilizia popolare ed economica, approvato con regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, del decreto legislativo C.P.S. 7 maggio 1948, n. 1152, e delle leggi 28 luglio 1950, numero 737, 27 dicembre 1953, n. 980, e 15 maggio 1954, n. 336, e successive integrazioni; b) gli alloggi la cui concessione sia essenzialmente condizionata alla prestaz.ione in loco di un determinato servizio presso pubbliche Amministrazioni; c) gli alloggi che si trovano negli stessi immobili nei quali hanno sede uffici, comandi, reparti o servizi delle Amministrazioni predette �. Con le ordinanze sopra richiamate, i tribunali di Torino e di Milano, nel corso di giudizi civil� promossi da ufficiali dell'Esercito con (1) In giurisprudenza, sulla possibilit� per gli appaOC'tenenti a11e forze armate, nonostante 1a pvevisione di una caitegoria di alloggi con destinazione paJ:"tioolall'e a :fiavore di tale pervsonai1e, di concorr�ere alla conc�essione degli alloggi costruiti per la generaUt� degli ~lll1Pi1egati dello Stato: Cons. Stato, Sez. VI, 19 novembre 1965, n. 829, in Cons. Stato, 1965, I, 1980. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE tro il rifiuto dell'INCIS di ammetterli alla cessione in propriet� degli alloggi loro concessi in locazione, motivato sul disposto della lettera a) del riportato art. 2 del d.P.R. n. 2 del 1959, dubitano della 'legittimit� costituzionale di detta norma, in quanto violerebbe il principio di eguaglianza, dato che a differenza delle lettere b) e e), riguardanti i cosiddetti alloggi di servizio, che, pertanto, hanno uri evidente fondamento oggettivo, la detta lettera a) porrebbe in essere una differenziazione meramente soggettiva, che non ha alcuna razionale giustificazione. Il tribunale di Milano dubita, altres�, della legitt.5mit� costituzionale della prima parte del comma quarto dell'articolo unico della legge delega n. 447 del 1958, di cui la ripetuta lettera a) dell'art. 2 del decreto delegato contiene esatta attuazione, non saltanto sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, ma anche sotto quello della violazione del principio dell'accesso alla propriet� dell'abitazione, sancito dall'art. 47, secondo comma, della Costituzione. Chiaritine, cosi, i termini, .passando all'esame delle questioni .pro poste si rileva : 3. -Anzitutto � pacifico che gli alloggi dei quali gli attori nei giudizi pendenti davanti i tribunali che hanno emesso le ordinanze di rinvio hanno chiesto la cessione in propriet�, appartengono alla categoria che il primo comma dell'art. 376 del t.u. n. 1165 del 1938 definisce come soggetti a �particolare destinazione�, con espresso richiamo all'art. 343, comma secondo, dello stesso testo unico che cosi dispone: � L'Istituto � autorizzato, altres�, a fornire alloggi per ufficiali e sottufficiali dell'esercito in servizio permanente effettivo. Tale attivit~ � considerata come una gestione autonoma con bilancio distinto�. Per l'art. 381, comma primo, dello stesso testo unico, tali alloggi sono concessi in locazione ad ufficiali e sottufficiali del presidio dai comandi militari di divisione competenti per territorio, cui spetta anche dichiarare la revoca delle .concessioni nei casi dell'art. 386. Tale articolo, poi, dispone: � Costituiscono motivo di risoluzione dei contratti di affitto: (Omissis). d) il collocamento a riposo, la cessazione comunque dal serv1z10 attivo del personale militare per gli alloggi di cui agli artt. 343 (se condo comma) e 345, lettera b) >>. Si viene cos� a profilare una disciplina differenziata riguardante non gi� i militari, come tali, ma gli alloggi a loro particolarmente destinati. Occorre, quindi, accertare se tale disciplina differenziata, nei li miti risultanti da quanto precede, corrisponda ad una posizione ogget -mm --.,, Bili' -Pi--'-:W _,, ---:::::::~ H --..,., ...,.,.�::v~%.�.::?rn=����-�=w-���=;:::= .. -----=--� ':/',; . � �:���'f.-::: X;.-/ �. , 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tiva corrispondentemente differenziata, in relazione alla quale abbia razionale giustificazione. Al riguardo � opportuno tenere presente che -come � anche ricordato nella relazione alla Camera dei deputati per la fogge delega 21 marzo 1958, n. 447 -l'INCIS venne istituito nel dopo-guerra 19151918 per far fronte ad una crisi degli alloggi che minacciava l'equilibrio economico del Paese, crisi che presentava particolari aspetti nei confronti dell'Amministrazione dello Stato, .in quanto �sia per la scarsit� degli alloggi disponibili, sia per l'alto livello raggiunto dai canoni di locazione, sia per le disagiate condizioni economiche dei ceti a reddito fisso e, segnatamente, degli impiegati dello Stato, la difficolt� per questi. di trovare un alloggio, specie nei casi di trasferimento per esigenze di servizio, comprometteva l'organizzazione ed il funzionamento della pubblica Amministrazione. Scopo precipuo dell'istituzione di tale Ente risulta, quindi, quello di far fronte ad esigenze di-interesse pubblico, rispetto alle quali gli aspiranti assegnatari degli alloggi si trovavano ad essere titolari di un mero interesse occasionalmente protetto. Dopo l'ultima guerra si � verificata un'analoga crisi .degli alloggi ancor pi� imponente, perch� aggravata dalle distruzioni operate dai bombardamenti aerei e dalla svalutazione della moneta, alla quale molto lentamente e non completamente sono stati adeguati gli stipendi dei dipendenti statali, con i medesimi riflessi per quanto attiene alle esigenze della organizzazione ed il funzionamento della pubblica Amministrazione, particolarmente alle esigenze dei quadri delle '.l'icostituende forze armate. L'urgenza e la seriet� di tali esigenze � dimostrata dai provvedimenti legislativi richiamati nella stessa lettera a) dell'art. 2 del d.1. n. 2 del 1959, del quale si contesta la legittimit� costituzionale, in forza dei quali � stata affidata all'INCIS la costruzione di alloggi a �particolare destinazione � anche per gli ufficiali e sottufficiali della Marina, dell'Aeronautica, della Guardia di finanza. Anche se ha sempre fatto del suo meglio per fa.r fronte ai suoi compiti istituzionali l'INCIS, peraltro, non ha potuto raggiungere quel fine ultimo, che sarebbe auspicabile, di poter avere alloggi disponibili p�r tutti i dipendenti dello Stato. Non solo, ma ha risentito in modo .particolarmente grave le ripercussioni dell'ultima crisi sotto un peculiare aspetto: mentre i canoni di locazione, a norma di legge, erano stati e sono determinati in modo da coprire soltanto l'importo dell'ammortamento dei capit�ali impiegati, le spese di ordinaria manutenzione e le spese di amministrazione, il blocco dei canoni di locazione e l'aumentato costo della manutenzione, specie per gli edifici di pi� vecchia costruzione -che sono poi i pi� numerosi e, per giunta, ormai occupati non da personale in at PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5\t tivit� di servizio ma da pensionati o loro discendenti -hanno fatto si che la� gestione in locazione di tali edifici � diventata notevolmente� passiva. Di qui la presentazione, nel 1950, di una proposta di legge tendente alla �Rinnovazione graduale del patrimonio immobiliare dell'INCIS e degli Istituti similari, al fine di incrementare le nuove costruzioni �. Una legge, cio�, diretta a .permettere all'INCIS -fermi restando i suoi compiti istituzionali -di eliminare, mediante cessione in propriet� agli assegnatari in locazione, le vecchie costruzioni, la �cui manutenzione era divenuta troppo onerosa, autofinanziandosi nel contempo per incrementare nuove costruzioni. Ma l'originario disegno di tale legge, attraverso vicende acutamente illustrate nella relazione alla Camera dei deputati sopra citata, si � concretizzato neUa legge di delega n. 447 del 1959, in forza della quale la cessione in propriet�, anche di alloggi da costruire, diventa la regola. All'Istituto, infatti, � data soltanto facolt� di escludere dalla cessione una certa quota di alloggi, ritenuta necessaria � perch� gli enti proprietari possano adeguatamente svolgere le loro attribuzioni nel settore della edilizia popolare �. Sono in ogni caso esclusi dalla cessione in propriet� gli alloggi a � particolare destinazione � ed, in sostanza, quelli di servizio. � chiaro, quindi, che il legislatore pur avendo ritenuto, nella sua insindacabile discrezionalit�, d� dover consentire l'acceSJSo alla propriet� della casa a vaste categorie di cittadini non abbienti (relazione al Senato) non ha voluto nel contempo trascurare, addirittura sopprimendole, le funzioni istituzionali, particolarmente, dell'INCIS, al quale, pertanto, per evidenti esigenze di interesse pubblico, ha conservata la disponibilit� di una certa quota (fissata nel 30 % del suo patrimonio immobiliare dall'art. 3, primo comma, de�l d.l. n. 2 del 1959) nonch� la gestione autonoma con bilancio se.parato degli alloggi a �destinazione ..particolare �. � molto significativa, al riguardo, la legge 18 marzo 1959, n. 134, che commette all'INCIS, concedendo all'uopo un congruo contributo, la costruzione di alloggi da assegnare in locazione semplice al personale dell'Amministrazione della pubblica sicurezza e dell'Arma dei carabinieri, sia perch� emanata dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 2 del 1959, sia perch� tali alloggi sono espressamente assimilati a tutti gli effetti a quelli contemplati nell'art. 343, secondo comma, del t.u. n. 1165 del 1938 pi� volte richiamato (art. 3, comma secondo) e, per giunta, prescrive che l'assegnazione pu� essere disposta solo limitatamente al periodo in cui il personale presta servizio nella sede nella quale sono situati gli alloggi e deve in ogni caso essere revocata qualora 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il personale medesimo sia trasferito in altra sede o cessi dal serv1z10 alle dipendenze dell'Amministrazione della pubblica :sicurezza o dell'Arma dei carabinieri (art. 4, u.c.). 4. -Da quanto precede risulta in modo evidente che la differenziata disciplina degli alloggi a � destinazione particolare � quali, 'come sopra si � chiarito, sono quelli che hanno dato origine ai due presenti giudizi, trova piena giustificazione in esigenze obbiettive di interesse della pubblica Amministrazione, che conferiscono� agli alloggi stessi se non proprio la natura di alloggi di servizio un carattere analogo, in quanto sono costruiti, assegnati ed utilizzati nell'interesse precipuo del servizio. Risulta, altres�, che dalla particolare destinazione di tali alloggi non deriva disparit� soggettiva di trattamento tra personale militare ed altro personale dello Stato, perch� anche il personale militare pu� avere assegnati alloggi dell'INCIS non �a destinazione particolare � nel qual caso, al pari degli altri dipendenti statali, ha titolo per la cessione in propriet� (art. 376 del t.u. approvato con r.d. n. 1165 del 1938). Sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, tanto la questione sollevata dal tribunale di Torino, quanto quella sollevata dal tribunale di Milano, vanno dichiarate infondate. 5. -Anche la questione di costituzionalit� prospettata dal solo tribunale di Milano sotto il profilo della violazione dell'art. 47 della Costituzione va dichiarata infondata, dato che i motivi di �interesse della pubblica Amministrazione che giustificano la costruzione e la gestione degli alloggi �a destinazione particolare � spiegano come gli alloggi stessi debbono essere mantenuti disponibili e non possono essere quindi ceduti in propriet�. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 176 -Pres. Chiarelli -Rel. Rossi -Lauro (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mini-. stri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Atti normativi di esistenza e valore incerti -Privilegi aragonesi -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; rescritto di Ferdinando d'Aragona del 1301). Secondo l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, incombe al giudice a quo s.pecij�care quali sono le disposizioni di legge che si vo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 61 gLiono sottoporre all'esame della Corte Costituzionale; pertanto, � inammissibile La questione di legittimit� costituzionale di un rescritto di Ferdinando d'Aragona del 1301, recante privilegi a fa,vore� dei Comuni di Ischia, per assoluta incertezza sull'esistenza, sulla natura giuridica e sull'attuale vigenza di detto rescritto (1). (Omissis). -Il pretore di Ischia ha sottoposto all'esame della Corte costituzionale il quesito se contrastino o meno con gli artt. 3, 23 e 41 della Costituzione taluni privilegi, che si suppongono concessi dai re aragonesi, secondo cui le comunit� isolane prima, ed i Comuni dell'Isola oggi, avrebbero il potere di disciplinare e godere in esclusiva i lidi marittimi ischitani. Il giudice a quo ha pure prospettato l'illegittimit� .costituzionale degli artt. 36, 48, 50, 52 e 54 del codice della navigazione, per la parte in cui non contemplano detti privilegi, in riferimento all'art. 128 della Costituzione. L'ordinanza di remissione non � idonea a promuovere un giudizio di legittimit� co�stituzionale. Sorgono, anzitutto, gravi dubbi sull'esistenza materiale dei cosi detti privilegi aragonesi cui il giudice a quo fa riferimento. Non pu� sussistere un �rescritto del 1301 del re Ferdinando II d'Aragona (1296-1336) �, perch� in quel tempo il regno era tenuto dagli Angi�, mentre gli aragonesi ascesero al trono di Napoli solo nel 1442 �con Alfonso il Magnanimo, quarto d'Aragona, e primo di Napoli; nemmeno pu� invocarsi una conferma del rescritto ad opera !ii Federico d'Aragona il 10 luglio 1458 e quindi il 15 agosto 1501, perch� nel 1458 il re non era Federico ma Ferdinando I e il 15 agosto 1501 regnava in Napoli Luigi XII d'Orleans. Secondo l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (contenente norme sul funzionamento della Corte costituzionale), incombe al giudice a quo l'onere di specificare quali sono le disposizioni di legge che si vogliono sottoporre all'esame della Corte, mentre nell'ordinanza di remissione viene riconosciuto che non � stato possibile rintracciare le raccolte autentiche dei rescritti aragonesi. (1) La questione era stata sollevata dal Pretore di Ischia con ordinanza 28 ottobre 1969 (in Gazz. Uff. 23 dicembre 1970, n. 324). Sui c.d. privilegi aragonesi: Cons. Stato, Sez. III, 12 ottobre 1956, parerre n. 1073, tn Cons. Stato, 1957, I, 549. Sulla necessi.t� che l'ordilil!anza di rinvio specifichi quali siano le disposizioni di 1eg.g.e rper le quali viene so1leva1ta la questione di J.egittimiit� costituzionale: Corte Cost., 18 febbraio 1970, n. 21; in dottrina: PrzzoRusso, La restituzione degli atti al giudice aquo, Milano, 1965, 74. Sulla ammissibilit� di questioni prospettate in via ipotetica: Corte Cost., 20 dicembre 1968, n. 134, in Giur. cost., 1968, 2249. 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'incertezza assoluta in ordine alla originaria formulazione della norma impugnata rende impossibile qualsiasi valutazione della natura giuridico-formale della stessa, costituendo ulteriore motivo di inammissibilit� del giudizio di legittimit� costituzionale, che pu� aver ad oggetto soUanto le leggi e gli atti aventi forza di legge (legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1). Non pu� tacersi infine che nella stessa ordinanza di remissione sono ravvisabili seri dubbi in ordine all'attuale vigore dei cosi detti privilegi aragonesi, sicch� la stessa questione di legittimit� costituzionale appare sollevata con riferimento ad una interpretazione della norma: che il pretore non mostra di condividere, e che viene quindi sostanzialmente prospettata in via ipotetica. Ulteriori .aspetti di tale incertezza possono ravvisarsi in una certa alternativit� tra le questioni propost�: incostituzionalit� dei cos� detti privilegi per violazione del principio di� uguaglianza e, nel contempo, eventuale illegittimit� delle norme generali del codice della navigazione proprio nella parte in cui. non contemplano i privilegi stessi. Gli elementi di indeterminatezza che caratterizzerebbero detti privilegi si estendono necessariamente alla questione prospettata in ordine alle impugnate norme del codice della navigazione, attesa l'intrinseca connessione tra le due questioni. Tutto ci� non permette di considerare sufficientemente delimitato, nei suoi vari aspetti, l'oggetto del giudizio e pertanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione prospettata va dichiarata inammissibile. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 177 -Pres. Chiarelli -Rel. Rossi -Anchisi (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Agr�). Procedimento penale -Impedimento del difensore di fiducia -Mancato obbligo di rinvio del dibattimento -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., art. 24; c.p.p., art. 498). Non � fondata, con 1�iferimento al diritto di difesa, la questione di legittimit�, costituzionale deU'art. 498 c.p.p. neUa parte in cui non prevede l'obbligo di rinviare il dibattimento nel caso� di legittimo impedimento del difensore di fiducia (1). (1) Ln 'giurislpruidenza, per l'esclUJsione dell'obbligo di ricnviail'e H dibattimento nel �Caiso di impedimento del difensore di fiducia: Oass., Sez. II,. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 63 (Omissis). -Il pretore di Chieri solleva un problema di legittimit� costituzionale dell'art. 498 c.p.p. nella parte in cui non .prevede l'obbligo di rinviare il dibattimento nel caso di legittimo impedimento del difensore. Tale esclusione sarebbe lesiva del diritto di difesa garantito dal. l'art. 24, secondo .comma, della Costituzione. Non vale, secondo l'ordinanza, il rilievo che in ogni caso il giudice deve sempre, per poter procedere, nominare un difensore d'ufficio, in q�anto alla difesa di ufficio non si dovrebbe ricorrere quando il giudicabile abbia esercitato il p;roprio diritto di indicare un difensore di fiducia. Su questo punto l'ordinanza si attarda per dimostrare che l'opera del difensore ufficioso, oltre a non corrispondere alla scelta elettiva dell'imputato, pu� per diverse ragioni risultare meno efficace. La questione non � fondata. Gli artt. 128 e 432 c.p.p. assicurano in ogni �caso la conveniente difesa dell'imputato e, secondo la giurisprudenza della Cassazione, anche il legittimo impedimento del difensore di fiducia pu� costituire di per s� motivo sufficiente per il l'invio, o la sospensione, del dibattimento, quando risulti che questi non possa venir sostituito da un difensore d'ufficio senza pregiudizio per gli interessi dell'imputa~o. A maggior garanzia per� 1a continuit� e coeren~a dell'opera difensiva, l'art. 127 �c.p.p. prevede altres� che i difensori nomtnati dalle parti possano designare tempestivamente un proprio sostituto per il caso di loro impedimento. Infine, secondo la comune prassi interpretativa e secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, non pu� essere negato al difensore d'ufficio, nominato statim in luogo di quello di fiducia che non si presenti, un congruo termine per lo studio degli atti e la preparazione della difesa, pena la nullit� assoluta di cui all'art. 185, n. 3, c.p.p. ( Omissis). 18 marzo 1969, Marcato e Sez. I, 28 gennaio 1969; Di Meglio, in Cass. pe nale, 1970, n. 505 e 526; sull'obbligo di �concedere il termine a difesa ri chiesto dal difensore nominato d'ufficio: Cass., Sez. VI, 22 febbraio 1969, Giuliano, in Cass. pen., 1970, n. 512. In dottrina, nel senso che U legittimo impedimento del di:fensocrie dovrebbe comportrure l'olbbUgo di rinvio del rclibattimento: FoscHINI, Degenezione del processo pervale e responsabilit� della Cassazione, in Giur. it., 1962, II, 317 e SABATINI, Del legittimo impedimento del difensore di fiducia a comparire al dibattimento, fu Giust. pen., 1952, II, 208. Nei!. senso che il di:liensocrie di ufficio deve essooe nomiTIJato anche per l'esame della istanza di Tlinvio motivata da imperumento del dif.ensore di fiducia: MASSA, Difensore impedito, imputato indifeso, in Foro pen., 1964, 154. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 64 CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 182 -Pres. Chiarelli -Rel. Capalozza -Delle Bande (n.c.). Procedimento penale -Casellario giudiziale -Iscrizione di sentenza applicativa di amnistia dopo sentenza non irrevocabile di con danna -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 27; c.p.p., art. 604, secondo comma). Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che a quello di presunzione di non colpevolezza, la questione di legittimit� costituzionale deWart. 604, secondo comma, c.p.p., relativamente all'iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza di non doversi procedere per amnistia, che abbia fatto segu_ito a sentenza non irrevocabile di condanna (1). (Omissis). -1. -� stato denunziato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, l'art. 604, secondo comma, c.p.p., nella parte che attiene alla iscrizione nel casellario giudiziale di talune sentenze di non doversi procedere per amnistia. 2. -La questione non � fondata sotto entrambi i profili, pur non riguardando, ovviamente -giusta la stessa dizione dell'ordinanza di rimessione -l'ipotesi della cosiddetta amnistia impropria (articolo 593 c.p.p.). Nella vigente disciplina del casellario giudiziale -quale risulta dalle modificazioni apportate all'istituto con la legge 14 marzo 1952, n. i58, e dalla � novella � 18 giugno 1955, n. 517 -�, bensi, disposta la non iscrizione delle sentenze di non doversi procedeTe peT amnistia, ma, nel contempo, in deroga a tale criteTio, � richiesta l'iscrizione nel caso in cui fosse stata prima pronunziata sentenza di -condanna per lo stesso fatto di reato dichiarato poi estinto. (1) In giurisprudenza, sulla funzione della isorizione nel case11ario giudiziale delle sentenze di :non dQIVersi procedeTe peT amnistia che intervengano dopo una sentenza di condanna: Cass., Sez. III, 27 giugno 1966, Romano, in Giust. pen., 1966, 705. In dottrina: Mn.ETTO, nota con ampi richiami a Cass., 27 .giugrno 1966, cit., iin Cass. pen., 1967, 300. AUISPicano una rifonna della normativa in questiooe: FR1soL1, Osservazioni sul riordinamento del casellario giudiziale, in Riv. it. dir. pen., 1954, 347, e ANGIONI, Inaccettabile disposizione di legge in tema di iscrizione nel casellario giudiziale (art. 604 c.p.p.), in Riv. pen., 1962, I, 797. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 65 3. -Orbene, quanto all'art. 3 Cost., � da osservare che non � identica la posizione dell'imputato, al quale, prima che sia stata pronunziata condanna, venga applicata l'amnistia e quella dell'imputato che, gi� condannato con sentenza non irrevocabile, fruisca del beneficio in pendenza dell'impugnazione: e ci� anche perch�, in regime di rinunciabilit� all'amnistia (vedasi la sentenza n. 175 del 1971 di questa Corte), il condannato che abbia impugnato la sentenza pu� invocare una pronunzia di merito ex art. 152, secondo comma, c.p.p. Manca, dunque, quella diversit� di trattamento (o quella patente irragionevolezza) cui iende ovviare il precetto costituzionale di raffronto. 4. -Circa l'altra censura, relativa alla violazione dell'art. 27 Cost., secondo cui l'imputato non � considerato colpevole sino alla 'Sentenza definitiva, � da obiettare che l'iscrizione nel casellario. giudiziale, la quale risponde ad esigenze di documentazione (tra l'altro, di rilevante interesse statistico), di per s� immune da conseguenze pregiudizievoli, non confligge col principio di non colpevolezza, in quanto n� tramuta l'amnis.tiato in colpevole, n� al colpevole lo equipara. E se pur si volesse indagare sulla natura giuridica dell'istituto, tutt'al pi� potrebbe giungersi a qualificare l'iscrizione un effetto non penale della (precedente) condanna,_ posto che qualsiasi effetto penale sarebbe incompatibile con l'estinzione del reato (art. 151, primo comma, c.p.), operato dall'amnistia (propria). 5. -Per quel che concerne la certificazione rilasciata ad � ogni autorit� avente giurisdizione penale� e �a tutte le amministrazioni pubbliche ed alle aziende incaricate di pubblico servizio ( ... ) per provvedere ad un atto delle loro funzioni� (art. 606 c.p.p.) e la sua incidenza -ogniqualvolta il comportamento anteriore rilevi o possa rilevare -nel campo del diritto penale sostanziale (artt. 49, ultimo comma; 62 bis; 100; 115, ultimo comma; 133, secondo comma, n. 2; 163; 169; 175, ecc., c.p.) e nel campo del diritto penale processuale (artt. 251 e seguenti; 277 e seguenti, ecc., c.p.p.), oltrech� nell'ambito amministrativo e disciplinare, l'indagine � preclusa dai limiti della questione attualmente sottoposta alla Corte, stante la differente funzione della iscrizione e della certificazione. N� varrebbe l'argomento che la certificazione consegue automaticamente all'iscrizione, per estendere, in sede di interpretazione dell'ordinanza, l'esame della questione ad altre norme: � vero il contrario, siccome risulta dal confronto dell'art. 606 c.p.p. con gli artt. 608 e 609 e, per i minori non imputabili, con l'ultima parte del capoverso del medesimo art. 606 ,c.p.p. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 66 CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 183 -Pres. Chiarelli -Rel. Benedetti -Soc. Smea (n.c.). -Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci dentale -Questione sollevata da giudice privo di poteri decisori Inammissibilit� per irrilevanza. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; c.p.c., art. 648, secondo comma). � inammissibile per difetto di rilevanza la questione di le�gittimit� �costituzionale dell'art. 648, secondo comma, c.p.c., sulla� provvisoria esecutoriet� del decreto ingiuntivo dietro cauzione, sollevata non dal giudice istruttore competente a concederla, ma dal" pretore quale giudice dell'esecuzione a carico del debitore ingiunto (1). (Omissis). --1. -Il presente giudizio trae origine dall'ordinanza 20 gennaio 1972 emessa dal pretore di Carpi nel procedimento di opposizione ad esecuzione mobiliare vertente tra la societ� Manifattura d'Este e la societ� SMEA ed ha ad oggetto l'art. 648, comma secondo, c.p.c. ritenuto costituzionalmente illegittimo, ~n riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, perch� fa obbligo al giudice istruttore di con- cedere l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo nel caso in cui 1a parte che l'ha chiesta offra cauzione per le eventuali restituzioni, spese e danni. 2. -Non occorre scendere all'esame dei motivi di merito prospettati nell'ordinanza poich�, in via preliminare, va rilevata l'inammissibilit� della proposta questione. Risulta, invero, chiaro dalla esposizione dei fatti di causa e dal testo dell'ordinanza di rinvio 'che la norma denunciata ha gi� trovato .applicazione nel procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo pre �cedentemente instauratosi tra le parti dinanzi al tribunale di Modena. Il giudice istruttore. della causa, con propria ordinanza del 27 novem �bre 1969, a seguito di offerta di cauzione avanzata dalla creditrice ~Manifattura d'Este, aveva gi� concesso l'esecuzione provvisoria, ai sensi dell'art. 648 cpv. del codice di rito, del decreto ingiuntivo 5 luglio 1969 del Presidente dello stesso tribunale avverso il quale la debitrice .SMEA aveva proposto opposizione. (1) .Aipplicazione del pri!tllciipJ.o pi� volte affe.:rnniato dalla C'orte secondo ,cui la questione di legittimit� costitu2lionale pu� di11si rilevante soJ:o quando il giudice a quo debba necessariamente faire applicazione della norma sospettata di incostituzionalit�. Da ultimo: Corte Cost., 28 nov�embre 1972, n. 168, in questa Rassegna, 1973, I, 1, 45. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 67 Ora � di tutta evidenza che soltanto tale giudice, al quale la norma in esame riserva poteri decisori e definitivi in ordine al provvedimento di provvisoria esecuzione (ordinanza non impugnabile), poteva promuovere il processo incidentale di legittimit� costituzionale di una disposizione ch'egli soltanto era tenuto ad applicare. Di siffatto potere il giudice competente non si � avvalso ed, anzi, nella parte motiva della sua ordinanza egli cita la giurisprudenza di �questa Corte in argomento. La circostanza relativa alla intervenuta applicazione della norma denunciata induce a disattendere le cons1deraziorti svolte dal pretore in ordine alla sua competenza a promuovere la questione di legittimit� costituzionale ed alla rilevanza della medesima nel processo di esecuzione mobiliare successivamente dinanzi a lui instauratosi. Vero �, per contro, che nel �caso in esame � venuto .meno il presupposto richiesto per l'introduzione del giudizio di legittimit� costituzionale e manca conseguentemente il requisito di rilevanza della proposta questione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 187 -Pres. Chiarelli -Ret. Reale -Manera (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mi �nist11i (Sost. avv. goo.. dello Stato Gioo:-gio Azzariti). Procedimento penale -Parte offesa dal reato -Irreperibilit� ... Omis� $ion:e della citazione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 175). Non � fondata, sia con riferimento ai principi di eguaglianza che di difesa, la questione di legittimit� cos.tit.uzionale dell'art. 175 c.p.p., che consente� di omettere la citazione delia parte offesa dal reato allorch� risulti frreperibile (1). (Omissis). -3. -Le questioni non sono fondate. Premesso che, come opportunamente ricorda l'Avvocatura, 'le vane ricerche�conclusesi col certificato negativo dell'autorit� comunale non equivalgono a notificazione, la prospettazione delle ordinanze appare infi.ciata da un comune vizio logico-giuridico, perch� sostanzialmente si basa sul concetto che la persona �offesa dal reato versi in definitiva in (1) Sugli eff.etti della 1sootenza penale nei confronti dei sog.g.etti rimasti estrrunei al gi'udizio penale peroh� non posti iin. condizione di intervenirvi : Corte Cost., 22 marzo 1971, n. 55, in Giur. cost., 1971, 573, con nota di SATTA, Limiti di estensione dell'art. 24 della Costituzione. 7 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO situazione processuale analoga a quella dell'imputato, si da implicare per essa un pari trattamento nello svolgimento del processo penale. E non si � considerata,. invece, la diversa posizione giuridica che nel vigente sistema qualifica l'imputato nei confronti della persona offesa dal reato. L'imputato � parte principale del processo penale, nel quale ha diritto di esercitare la difesa, tanto personalmente quanto con il necessario intervento del difensore, di fiducia o nominato per lui dal giudice. All'esigenza della difesa sono istituzionalmente correlati i rimedi diretti sia a portare ad effettiva conoscenza dell'imputato l'atto contenente 'la contestazione dell'accusa, previe ulteriori ricerche nel territorio dello Stato (ed eventuale trasmissione all'estero dell'avviso di procedimento mediante missiva postale raccomandata con invito a indicare od eleggere domicilio nella Repubblica, art. 177 bis), sia a stabilirne quanto meno, dopo la declaratoria di irreperibilit�, la conoscenza legale, a seguito del deposito in cancelleria e segreteria degli atti da notificare, .con contestuale avviso dell'avvenuto deposito al difensore, gi� nominato dall'imputato o da nominarsi dall'autorit� giudiziaria procedente: difensore a cui � attribuita la rappresentanza processuale dell'imputato, salvo che per gli atti che questi deve compiere personalmente o per mezzo di procuratore speciale (art. 170 c.p.p.). L'offeso dal reato, invece, non � parte nel rapporto processuale penale, ancorch� egli possa assumere tale qualifica inserendosi nel processo con la costituzione di parte civile. La legge processuale penale, invero, d� rilievo a questa eventualit�, prevedendo che anche nei confronti dell'offeso abbia attuazione l'avviso di un procedimento, al quale egli possa avere interesse a partecipare (art. 8 legge 5 dicembre 1969, n. 932) e ;perch� in esso eserciti (se crede) le pretese di restituzione o di risarcimento, collaborando peraltro ai sensi di legge, alla ricerca della verit� ed alla formazione delle prove. Ma deve considerarsi che nel nostro ovdinamento la partecipazione dell'offeso al giudizio penale, nei modi previsti anche a seguito della costituzione di parte civile, non pu� mettersi sullo stesso piano di quello dell'imputato, cosi da esigere parit� ,di trattamento. E c.i� attesa la diversa efficacia che il giudicato penale ha direttamente nei rigual\di dell'imputato e, solo di riflesso, nei limiti della normativa vigente, nei riguardi dell'offeso dal reato. All'offeso in particolare non pu� negarsi che incomba l'onere della domanda per la tutela dei propri interessi civili; domanda alla cui proposizione non � estraneo anche un onere di diligenza nel seguire le vicende del processo penale. Nel processo penale, d'altro canto, la presenza dell'offeso da reato � richiesta anche a fini istruttori, quale testimone, spesso unico e solitamente essenziale, onde, a norma dell'art. 408 c:p.p., si deve, a pena �di nullit� (art. 412), notificare anche a lui il decreto di citazione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 69 al dibattimento, salvo che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, la notifica risulti impossibile per accertata irreperibilit� di fatto dell'offeso medesimo. Ma al fine di questo accertamento e in relazione alle accennate esigenze Ticorrenti nelle due fattispecie che hanno dato occasione alle ordinanze in esame, � opportuno rilevare che non � esclusa la facolt� per il giudice di ordinare che siano rinnovate le ricerche del soggetto nel territorio dello Stato, mentre, nel caso �di soggetto che si sappia essere emigrato all'estero, ne vanno acquisite nel processo le deposizioni a mezzo di rogatorie ad autorit� di altro Stato, quando sia possibile. Per il caso appunto che la parte offesa risieda all'estero, valgono i temperamenti al principio di territorialit� che sono apportati dalle convenzioni internazionali di assistenza giudiziaria, stipulate e rese esecutive nello Stato, per effetto delle quali (in attuazione dell'art. 656 c.p.p.) sono rese possibili le assunzioni di testimonianze, le notificazioni e comunicazioni di atti processuali agli interessati, con la opportuna collaborazione (anche in ordine a eventuali ricerche) degli organi giudiziari degli altri Stati contraenti. E sempre in riferimento alla fattispecie considerata nell'ordinanza del tribunale di Torino va ricordato che una convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, cui ha aderito la Svizzera il 20 dicembre 1966, � stata resa esecutiva in Italia con legge 23 febbraio 1961, n. 215. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 188 -Pres. Chiarelli -Rel. Bendetti -Consorzio autostrada Messina-Catania (avv. Silvestri) e Prestdente Consiglio dei Ministri (Sos.t. avv. gen. dello Stato Azzariti). Espropriazione per pubblica utilit� -Piano di costruzioni autostradali Occupazione temporanea -Proroga da parte del Prefetto -Ille gittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 42, 1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 11, ultimo comma). Non � fondata, con riferimento alla tutela del diritto di pro'P'l"iet�, la questione di legittimit� costituzionale� deWart. 11, ultimo comma, della legge 24 luglio 1961, n. 729 sul piano di nuove costruzioni autostradali, che autorizza il Prefetto a disporre una sola prroroga, di durata non superioire a due anni, dei termine per l'occupazione temporanea (1). (1) ln generale, sui requ~siti che le J:iimitaziOihi. alla propriet� privata debbono presentare ai fini della loro legittimit� costituzionale: Corte Cost., 29 maggio 1968, nn. 55 e 56, Giur. cast., 1968, 838 e 884. 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. -La questione non � fondata. La Corte ritiene che la disposizione contenuta nell'art. 11, ultimo comma, della legge n. 729 del 1961 debba essere interpretata nel senso che una sola proroga, di durata non superiore a due anni, pu� essere disposta, �con nuovo decreto .prefettizio, nel caso in cui sopravvenute esigenze impongano la modifica dei progetti originariamente approvati. Dal testo della norma � dato quindi desumere le condizioni che rendono legittimo l'esercizio del potere di proroga. I criteri della durata dell'ulteriore occupazione e del fine per il quale essa pu� essere accordata sono posti a garanzia del diritto di propriet� in quanto non consentono al beneficiario della proroga di continuare indefinitamente nell'occupazione n� di richiederla per motivi diversi da quelli espressamente indicati. 3. -Nessun rilievo ha l'argomento che la norma in esame deroghi alla regola generale dell'art. 73 della legge n. 2359 del 1865 secondo la quale 'l'occupazione temporanea non pu� durare pi� di due anni. Questa disposizione, invero, non ha la forza di principio inderogabile essendo �contenuta in una norma di legge ordinaria; ben poteva, pertanto, il legislatore dettare una disposizione diversa per la disciplina di un caso particolare quale quello in esame delle occupazioni di terreni per nuove costruzioni stradali e autostradali. � peraltro da disattendere l'affermazione del tribunale secondo la quale scopo della norma sarebbe quello di esonerare per un altro biennio il soggetto espropriante dal pagamento del prezzo delle aree occupate. La finalit� della norma, come sopra precisato, va ricercata unicamente nella esigenza sopravvenuta di apportare modifiche ai progetti di costruzione dell'opera pubblica prima approvati. L'ulteriore limite al diritto di propriet� ch'essa importa non � del resto privo di conseguenze economiche per l'occupante essendo egli obbligato a corrispondere un indennizzo anche per la durata della proroga. Le considerazioni svolte valgono ad escludere l'asserito contrasto col principio enunciato dall'art. 42, comma secondo, della Costituzione. Il riconoscimento e la garanzia del diritto di propriet� non escludono che il legislatore possa imporre, come nella specie, una ragionevole e temporanea limitazione alle facolt� di godere e di disporre del proprietario quando ci� sia richiesto da finalit� di interesse pubblico. Nello stesso precetto costituzionale invocato � sancito il principio della funzione sociale della propriet� nel quale trova appunto fondamento il potere predetto. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 71 CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 189 -Pres. Chiarelli -Rel. Verz� -Meneghetti (n.c.). Procedimento penale -Giudizio per decreto -Mancato obbligo del difensore nella fase di opposizione -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., art. 24; c.p.p. art. 509). Non � fondata, con ,riferimento al diritto di d,ifesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 509 c.p.p., neiza parte in cui omette di disporre la nomina di un difensore di ufficio per l'opponente a decreto penale di condanna, ove manchi queizo di fiducia (1). (Omissis). -L'ordinanza del pretore di B,assano del Grappa denuncia la norma dell'art. 509 c.p.p., in quanto omette di disporre la nomina di un difensore di ufficio all'opponente al decreto di condanna, ove manchi quello di fiducia. E rileva in proposito che: 1) l'atto di opposizione costituisce una impugnazione specia'le, unico mezzo formale per far valere le proprie ragioni, la cui proposizione esige un'alta preparazione tecnica; 2) la legge richiede, a pena di inammissibilit�, che i motivi siano specificamente indicati, e ci� pu� essere assicurato soltanto mediante l'assistenza del difensore. La mancanza di tale assistenza nel primo atto del procedimento monitorio al quale interviene l'interessato, sarebbe quindi lesiva del diritto di difesa. La questione non � fondata. La Corte ritiene ,che, attesa la particolare struttura del procedimento per decreto penale, gi� messa in evidenza da altre precedenti sentenze, e riconosciuta dalla stessa ordinanza rispetto all'atto di opposizione, definito una �impugnazione speciale�, il diritto di difesa � assicurato anche se nella proposizione dell'oppo,sizione al decreto, in mancanza di un difensore di fiducia, non ve ne sfa uno di ufficio. L'opposizione, infatti, si risolve in una richiesta di dibattimento, sul presupposto della ritenuta ingiustizia della condanna, richiesta resa agevole ed alla portata anche di persona priva di cognizioni tecniche in quanto pu� concretarsi nella mera contestazione degli elementi risultanti dal decreto penale. Ed ovviamente potr� essere sviluppata e (1) La sentenl!la non avrebbe certo mancato di suscitare qualche riserva sul pWl!to in cui esclude La v�e>lazicme dell'art. 24 della Costituzione anche in relazione al requisito, ,richiesito a pena di inammissibd:lit�, della irndicazione specifica dei motivi di opposizione. Ogni perplessit� deve per� ora dil~si superata per e:treitto della suc,cessiva 1sentenza 27 febbraio 1973, n. 19 con la quale La Cor,te ha dichiarato la :il1egittimit� dell'art. 509 c.p.ip., nella parte in cui !Pl'evedeva, appunto, la sanzione della inao:nanis'SdibdUt� dell'opposizione per la mancata indicazione dei motivi. 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dettagliata nella sede dibattimentale, ove � assicurato l'intervento del difensore. � esatto che la norma impugnata prescrive la specificazione dei motivi di opposizione a pena di inammissibilit�, ma, secondo la corrente interpretazione giurisprudenziale, il �concetto di specificit� non deve essere ispirato ad un criterio di rigore perch� le censure dell'opponente, pur dovendo nella sostanza indicare univocamente la ragione per cui si chiede il dibattimento, non poi.sono non essere proporzionate alla motivazione necessariamente sommaria del provvedimento. E la Corte ritiene che, alla stregua di questa interpretazione, la norma denunciata non �contrasta col principio sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 190 -Pres. Chiarelli -Rel. Trimarchi -Sbarbati (n.c.). Fallimento -Presupposto per il reato di bancarotta -Illegittimit� co stituzionale -Esclusione. (C9st., artt. 3, 27; d.P.R. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, comma primo e secondo). Non � fondata, con riferimento agli artt. 3 e 27 deila Costituzione, ed � manifestamente infondata, con riferimento aU'art. 3 delLa Costituzione, la que�stione di legittimit� costituzionale dell'art. 217, comma primo e secondo legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267), che considerano come presupposto del reato di bancarotta, anche ai fini del momento di applicazione deLL'amnistia, La sentenza dichiarativa di fallimento (1). (Omissis). -2. -Circa la questione di legittimit� costituzionale del citato art. 217 in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, prospettata dal tribunale di Macerata, la Corte rileva, che, pur essendosi essa in precedenza occupata della legittimit� costituzionale della norma denunciata, non � stata emessa alcuna pronuncia specificamente in ordine ai profili ora messi in risalto. Il rapporto tra la sentenza dichiarativa di fallimento e il procedimento penale per i reati previsti e puniti dall'art. 217, � stato infatti oggetto di esame da parte di questa Corte per asserita violazione del (1) La sentenza 27 1giugno 19712, n. 110 cui !La Cor.te si richiama � pubblicata in questa Rassegna, I, 1, 929. In PTecedenza 11a Corte aveva gi� ~onunciato sulla iLegittimit� dell'iwticolo 217 legge fallimetail.'e con le sentenze 16 lug.Uo 1970, n. 141, in Giur. cost., 1970, 1624, e 22 marzo 1971, n. 59, in Giur. cost., 1971, 596. In dottrdina: CONTI, Giudizio sulla seriet� dell'opposizione al fallimento e sospensione del procedimento penale per bancarotta, in Riv. dir. proc. pen., 19i59, 624. ::: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 73 ' l'art. 24 della Costituzione; e la Corte, con sentenza n. 110 del 1972, ha ritenuto non fondata la relativa questione concernente gli artt. 19 e 21 c.p.p. le cui norme si assumeva che determinassero una paralisi della difesa nel procedimento penale a carico di un imputato del reato previsto e punito dall'art. 217, comma secondo, come conseguenza della paralisi della funzione primaria del giudice penale vincolato a tener fermo un presupposto (s.tatus di imprenditore) contenuto in una sentenza resa in un procedimento non garantito da adeguato contraddittorio. Con l'ordinanza del tribunale di Macerata ora si assume invece, anzitutto, che l'art. 3, comma primo, della Costituzione sarebbe violato dall'art. 217, comma secondo, nella parte in cui, resa superflua ogni indagine sulla qualit� di imprenditore dell'imputato ai sensi del codice civile, sottopone allo stesso trattamento giuridico (in ordine all'obbligo di tenere i libri contabili) e in maniera non ragionevole, situazioni (altrove ritenute dallo stesso legislatore) diverse. La questione cos� prospettata non � fondata. Posto che al giudice penale chiamato a giudicare circa l'esistenza di reati fallimentari ed in particolare di quello previsto e punito dall'art. 217, comma secondo, non � consentito di indagare sulla sussistenza delle condizioni soggettive e oggettive richieste per la dichiarazione di fallimento, essendo ogni pronuncia a quest'ultimo riguardo riservata al competente giudice civile, la norma richiamata dell'art. 217, comma secondo, presuppone e .comporta che ogni indagine sulla assoggettabilit� (in concreto) idi un dato imprenditore alla procedura concorsuale venga compiuta dal giudice civile e �che la sentenza dichiarativa di fallimento, in ordine a quella condizione giuridica dell'imprenditore, debba fare stato nel procedimento pe~ale. Non � prospetta�bile, quindi, una pluralit� di situazioni giuridiche soggettive diverse in relazione alle quali si possa parlare di trattamento differenziato e per giunta posto in essere in modo irrazionale. Del pari, non ha fondamento la prospettata violazione dell'art. 27 della Costituzione nella parte in cui questo richiede che la responsabilit� penale sia personale. L'asserito contrasto con detta norma, dell'art. 217, comma secondo, non sussiste, per�ch�, anche a voler ammettere che davanti al giudice penale l'imputato non possa utilmente riportarsi al proprio atteggiamento psicologico in ordine alla riconoscibilit� degli elementi della fattispecie penale (qualit� di imprenditore, sussistenza dell'obbligo della tenuta dei libri e di altre scritture contabili), ricorre nell'ipotesi criminosa de qua, a base della responsabilit� penale personale, il rapporto di causalit� materiale tra azione ed evento (art. 40 c.p.) che � sufficiente a stabilire tra il soggetto ed il fatto preveduto come reato il necessario carattere di suit� (sentenza numero 107 /1957). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 74 Pu� quindi concludersi con la dichiarazione di non fondatezza della questione come sopra prospettata dal tribunale di Macerata. 3. -Deve invece dirsi manifestamente non fondata la questione di legittimit� costituzionale sollevata dal pretore di Bologna, a proposito dell'art. 217, primo e secondo comma, ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza sarebbe violato .perch� la norma denunciata � facendo coincidere la consumazione del reato di bancarotta semplice col momento in cui viene emessa la sentenza dichiarativa di fallimento, non consente di godere del beneficio dell'amnistia solo a quegli imputati per i quali la dichiarazione di fallimento sia intervenuta dopo il termine ultimo di efficacia del beneficio, prescindendo dall'epoca in cui ebbe a realizzarsi la condotta anco:reh� anteriore all'indicato termine�, e quindi �in quanto per i medesimi fatti commessi nello stesso periodo di tempo un soggetto � ammesso ad usufruire del beneficio di un'amnistia, mentre un altro deve rispondere penalmente per gli stessi fatti soltanto perch�, per motivi indipendenti dalla sua volont�, la di lui qualit� di socio del gi� fallito, e come tale assoggettabile a declaratoria di fallimento, viene riconosciuta in un momento successivo allo spirare del termine utile per l'applicazione del beneficio di legge�. La questione non � nuova. Negli stessi termini sostanzialmente � stata gi� sollevata con ordinanza del pretore di Siracusa (n. 198 del reg. ord. 1971) e del pretore di Napoli (n. 406 del reg. ord. 1971) ed esaminata da questa Corte, che, vaiutati anche altri profili di illegittimit� costituzionale prospettati da altri giudici, l'ha, con �la sentenza n. 110 del 1972, dichiarata non fondata. Stante ci�, non ravvisando nell'ordinanza de qua alcuna ragione che possa indurla a modificare il precedente avviso, la Corte ritiene di doverlo confermare, con la dichiarazione di manifesta infondatezza della questione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 195 -Pres. Chiarelli -Rel. Oggioni -Cordero (avv. Barile, Guarino, Piccardi), Universit� Cattolica del S. Cuore (avv. Balladore-Pallieri, Sorrentino, Lessona) e Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero Pubblica Istruzione (Sost. avv. gen. deJlo Stato Coronas). Corte Costituzionale -Giudizi di le~ittimit� costituzionale in via incidentale -Estensione di ufficio della questione oltre i limiti dell'ordinanza di rinvio -Inammissibilit�. (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 75 Istruzione pubblica -Istruzione superiore -Universit� Cattolica del S. Cuore -Placet dell'autorit� ecclesiastica per i docenti -Ille~ ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., artt. 33, 19, 3, 7; Cane. fra l'Italia e la S. Sede, reso esecutivo con 1. 27 maggio 1929, n. 810, art. 38). Nei giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale non � ammessa l'estensione di ufficio deUa questione oUre i limiti segnati daU'ordinanza di rinvio, salvo che si tratti di norme che si presentino come pre.giudiziali e strumentali rispetto alla definizione deila questione .principale (1). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale deLL'articolo 38 del Concordato tra l�'ItaUa e la S. Sede, 1�eso esecutivo con la legge 27 maggio 1929, n. 810, che prescrive il placet dell'autorit� ecclesiastica per le nomine dei professori p1'es<so l'Universit� Cattolim del S. Cuore (2). (Omissis). -3. -Come si � riferito, l'art. 38 del Concordato risulterebbe, secondo l'ol'dinanza di rinvio, in contrasto con gli artt. 3, 7, 19 e 33 della Costituzione. La difesa del prof. Cordero, nelle deduzioni svolte all'udienza, ha prospettato anche un contrasto con gli artt. 1, 5, 24, 101 e 113. :Di conseguenza, ha formalmente chiesto che la Corte sollevi d'ufficio questione di costituzionalit� dello stesso art. 38 del Concordato, estendendola alla rilevazione di illegittimit�, sotto il profilo desumibile dalla violazione degli altri articoli succitati. Ci�, soprattutto, per quanto concerne l'impedimento che �dall'applicazione dell'art. 38 del Concordato (1) P�er J.a costante gimis.rudenza della OoTte: da ultimo sent. 26 giugno 1970, n. 1-09 e 16 luglio 1970, n. 143 in Giur. cost., 1970, 1197 e 1645. (2) La qru:estione era stata pro[[lOSta con ood:inanza 26 novembre 1971 dal COOJJSi..glio di Staito, Sez. VI (Gazz. Uff. 12 aprdle 1972, n. 97}. A commento delle precedenti se!llteinze deJ.J.a Corte in tema di Concoodato: LAVAGNA, Prime decisioni della Corte sul Concordato, in Giur. it., 1971, I, 630; PUGLIESE, Infondatezza della possibilit� di sottaporre i Parbti lateranensi ail controllo di costituzionalit�, in Giur. it., 1971, I, 634; BELLINI, Sul sindacato di costituzionalit� delle norme di derivazione concordataria, in Giur. it., 1971, IV, 88; MoDUGNO, LJa Corte costituzionale di fronte ai Patti lateranensi, in Giur. cost., 1971, 406 e LARICCIA, Patti lateranensi e principi costituzionali, in Dir. eccl. 19171, 341. Sui riapporti tra Stato e Chiesa tn riferimento alle libert� scolastiche : SAILIS, La costituzione itatiana e le libert� scolastiche, in Studi economicogiuridici dell'Universit� di Cagliari, XXXII, 1948-1949; FEDELE, LJa, libert� religiosa, Milooo, 1963. Sulla estensione e sui limiti deJ.J.a libert� di insegn, ame!llto g�lll.'antita daill'art. 33 della Costituzione: CRISAFULLI, La scuola nella costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 67; PoTOTSHNIG, Insegnamento istituzione, scuola in Giur. cost., 1961, 373. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deriverebbe alla difesa, davanti all'autorit� giurisdizionale italiana, dei suoi interessi legittimi, in relazione allo svolgimento di un rapporto di pubblico impiego. L'istanza non � ammissibile. L'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, segna l'oggetto e, nel contempo, i limiti della proposizione di un giudizio di legittimit� co stituzionale, sia ad istanza �di parte che di-ufficio, con riferimento alle disposizioni della Costituzione che si assumono violate. Ed � l'ordi nanza di rinvio che, con preciso riferimento a queste disposizioni, pun tualizza e circoscrive i termini della questione. Nel �corso dei giudizi per conflitto di attribuzione, � tuttavia con sentito alla Corte, secondo giurisprudenza costante, di sollevare in via incidentale, questione di legittimit� di disposizioni legislative, aventi carattere strumentale rispetto alla decisione sul conflitto. Tale facolt� � stata, bens�, ritenuta estensibile (ordinanza 11 novembre 1965, n. 73) anche nei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale, ma a condi zione che si tratti di norme che si presentino come pregiudiziali e strumentali rispetto alla definizione della questione principale. Tutto ci� non ricorre nell'attuale situazione, nella quale i nuovi profili di legittimit� prospettati dalla difesa Cordero vengono posti in 'relazione alla stessa norma sottoposta al controllo della Corte (cio� l'art. 38 del Concordato) e rappresentano solo una inammissibile esten sione dell'oggetto del giudizio, gi� deferito, nei suoi limiti, alla Corte dal Consiglio di Stato. 4. -Superate queste eccezioni ed al fine di precisare i dati posti a base delle proposte questioni, la Corte ritiene di premettere un cenno sulla configurazione dell'Universit� Cattolica del Sacro Cuore. L'Universit�, gi� canonicamente eretta con decreto della Congregazione dei Seminari e delle Universit� degli studi, � stata � istituita � dal r.d. 2 ottobre 1924, n. 1661, con riferimento agli artt. 1 e 99 del r.d. 30 settembre 1923, n. 2102, sull'ordinamento dell'istruzione superiore, ed al r.d. 6 aprile 1924, n. 674, contenente il regolamento generale universitario: cio�, � stata �istituita � come Universit� �libera � rientrante nella previsione e negli schemi di detto ordinamento, con lo scopo di impartire istruzione superiore, complementarmente a quella delle Universit� di Stato e col potere di rilasciare titoli finali di studio aventi valore legale. Nello schema generale figurano il riconoscimento di personalit� giuridica, l'autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, sotto la vigilanza dello Stato (art. 1, terzo comma, del citato r.d. 2102 del 1923, testualmente ripetuto nell'art. 1 del successivo testo unico delle leggi sull'istruzione superiore di cui al r.d. 31 agosto 1933, n. 1592). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 77 Con il r.d. n. 1661 del 1924, alla �istituzione� della Universit� libera in esame, si � aggiunta l'approvazione del relativo Statuto, in cui (art. 1) si legge che � scopo di essa � di contribuire allo svolgimento degli studi e di .preparare i giovani alle ricerche scientifiche, agli uffici pubblici ed alle professioni liberali, con una istruzione, adeguata ad una educazione morale, informata ai principi del cattolicesimo �. Tale Statuto, rimanendo inalterato nelle sue linee, � poi stato trasfuso nel successivo r.d. n. 1163 del 1939 nel quale, confermato .il resto, figura inserita nell'art. 22 la .formulazione testuaie dell'art. 38 del Concordato. Una ulteriore precisazione si ha riguardo all'onere delle spese per lo stipendio dei professori, che � posto a carico del bilancio delle singole Universit� libere anzich� a carico del bilancio dello Stato (art. 100, secondo comma, r.d. n. 2102 del 1923 e art. 100,. terzo comma, t.u. del 1923): salvo, da parte dello Stato, la concessione di un generico contributo facoltativo, come per tutte le universit� libere, secondo l'art. 14 della legge 18 dicembre 1951, n. 1551. 5. -Si deduce nell'ordinanza, riguardo alla denunciata violazione dell'art. 7 Cost. che, essendo lo Stato e la Chiesa cattolica, nel rispettivo ordine, indipendenti e sovrani, la subordinazione al � placet � del!' Autorit� ecclesiastica in una materia (l'insegnamento) pertinente in esclusiva all'ordine �od ordinamento dello Stato, ne vulnererebbe la sovranit�. La questione non � fondata. Va considerato �che i requisiti della indipendenza e della sovranit�, riconosciuti nell'art. 7 sia allo Stato che alla Chiesa, riflettono il carattere originario dei due ordinamenti. Ma la separazi�ne e la reciproca indipendenza tra i due ordinamenti non escludono che un regolamento dei loro rappo.rti sia sottoponibile a disciplina pattizia, alla quale legittimamente pu� risalire la rilevanza di atti promananti da una delle parti, purch� questi non siano tali da porre in essere nei confronti dello Stato italiano situazioni giuridiche incompatibili con i principi supremi del suo ordinamento costituzionale, ai quali le norme pattizie non possono essere contrarie (sent. n. 30 del 1971). . Nella specie, dunque, si tratta di accertare se nell'art. 38 del Concordato si ravvisino quelle violazioni degli artt. 33, 19 e 3 della Costituzione che sono state denunziate. 6. -Viene per primo in considerazione l'art. 33 della Costituzione, che detta i principi e le reg�le fondamentali che disciplinano l'insegnamento. RASSEGNA DELL'AVVOCATUHA DELLO STATO � da rilevare, anzitutto, che, in base all'art. 33, lo Stato ha, bens�, l'obbligo di provvedere alla pubblica istruzione, dettando le norme relative ed apprestando i mezzi necessari (apertura di scuole di ogni ordine e grado, ecc.) ma non ha l'esclusivit� dell'insegnamento. Ch�, anzi, contrariamente a quanto asserito nell'ordinanza di rinvio, � lo stesso art. 33 a porre il principio del pluralismo scolastico, che � conforme, d'altronde, a quello fondamentale, di cui al primo comma, della libert� dell'arte e della scienza. Non v'� dubbio che la libert� della scuola si estende a comprendere le universit�, che sono previste nel contesto del medesimo articolo 33; e sarebbe, d'altronde, illogico che le garanzie di libert� per la scuola in genere non fossero applicabili anche alle universit� e agli istituti di istruzione superiore. Accertato che non contrasta con l'art. 33 la creazione di universit� libere,. �che possono essere confessionali o comunque ideologicamente caratterizzate, ne deriva necessariamente che la libert� di insegnamento da parte dei singoli docenti -libert� pienamente garantita nelle universit� statali -incontra nel particolare ordinamento di siffatte universit�, limiti necessari a realizzarne le finalit�. N� vale la dedotta obiezione che l'Universit� Cattolica, risultando inquadrata, a seguito dell'intervenuto riconoscimento, tra le universit� dette �libere � sarebbe da considerarsi, ad ogni effetto, come persona giuridica di diritto pubblico. Da questa considerazione e dalla natura del predetto inquadramento, non consegue che dell'Universit� Cattolica siano state attenuate la originaria destinazione finalistica e la connessa caratterizzazione confessionale, riaffermata, anzi, �come si � ricordato, nel relativo Statuto debitamente approvato. Invero, l'art. 33 garantisce � piena libert� � a tutte � le scuole non statali che chiedono la parit��: �non statale � appunto, �come � ritenuto anche nella pi� recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, deve considerarsi l'Universit� Cattolica del Sacro Cuore. Da quanto precede risulta di tutta evidenza che, negandosi ad una libera universit� ideologicamente qualificata il potere di s.cegliere i suoi docenti in base ad una� valutazione della loro personalit� e negandosi alla stessa il potere di recedere dal rapporto ove gli indirizzi religiosi o ideologici del docente siano divenuti contrastanti con quelli che caratterizzano la scuola, si mortificherebbe e si rinnegherebbe la libert� di questa, inconcepibile senza la titolarit� di quei poteri. I quali, giova aggiungere, costituiscono certo una indiretta limitazione della libert� del docente ma non ne costituiscono violazione, perch� libero � il docente di aderire, con il consenso alla �chiamata, alle particolari finalit� della scuola; libero � egli di recedere, a sua scelta, dal rapporto con essa quando tali finalit� pi� non condivida. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 79 7. -Le stesse ragioni valgono a dimostrare l'infondatezza della addotta violazione dell'art. 19 della Costituzione. La legittima esistenza di libere universit�, caratterizzate dalla finalit� di diffondere un credo religioso, � senza dubbio uno strumento di libert�: ed anche qui giova ribadire che, ove l'ordinamento imponesse ad una siffatta universit� di avvalersi e di continuare ad avvalersi dell'opera di docenti non ispirati dallo stesso credo, tale disciplina fatalmente si risolv�erebbe nella yiolazione della fondamentale libert� di religione di quanti hanno dato vita o concorrano alla vita della scuola confessionale. Nella specie -ma giova aggiungere che l'argomentazione ha validit� pi� generale --la libert� dei cattolici sarebbe gravemente compromessa ove l'Universit� Cattolica non potesse recedere dal rapporto con un docente che pi� non ne condivtda le fondamentali e caratterizzanti finalit�. Invero, il docente che .accetta di insegnare in una universit� �onfessionalmente o ideologicamente caratterizzata, lo fa per un atto di Hbero consenso, che implica l'adesione ai principi e alle finalit� cui quella istituzione scolastica � informata. 8. -Si pu� perci� concludere che l'art. 38 del Concordato, in quanto non costituisce uh privilegio dell'Universit� Cattolica, ma � specifi. cazione di un principio immanente alla libert� della scuola ed al.la libert� religiosa -e tale da valere per qualsiasi scuola e per qualsiasi religione o ideologia -non risulta contrastante con alcuna delle norme costituzionali invocate a raffronto. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 196 -Pres. Chiarelli -Rel. Rocchetti -Fabbri (n.c.). Procedimento penale -Istruzione sommaria -Richiesta di citazione a giudizio -Omesso previo deposito degli atti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 392). Non � fondata, con riferimento ai princip'� di eguagLianza e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 392 c.p.p. che consente la richiesta di citazione a giudizio senza ii previo� deposito degLi atti prescritti dall'art. 372 dello stesso� codice (1). (1) La Oorte aveva gi� in precedenza escluso che la mancata previsione del deposito degli atti in canceil1eria !Prima dell'emfo:;sione del decreto di citazione costituisca violazione dell'art. 24 della Costituzione (sent. 4 f.ebbraio 1970, n. 16, in Giur. cost., 1970, 148, con nota di BoNETTO, Legittimit� dei poteri discrezionali del pretore penale). 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 197 -Pres. Chia relli -Rel. Capalozza -Vivo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mii: r: nistri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). I Procedimento penale -Giudizio davanti al Pretore -Mancata attivit� istruttoria -Omesso avviso di procedimento -Ille~ittimit� costi� I tuzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; 1. 5 dicembre 1969, n. ,-� 932, art. 3). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di 1 difesa, la questione di legittimit� costituziomale deH'art. 8 deila legge 5 dicembre 1969, n. 932, che consente� al Pretore di non comunicare avviso di procedimento se ritenga di non dovere esperire attivit� istruttoria (2). I (Omissis). -2. -La questione non � fondata. Il giudice a quo ripropone censure che questa Corte ebbe gi� a respingere, in riferimento al solo art. 24 Cost., con la sentenza n. 127 del 1966. E la decisione allora assunta va mantenuta, nonostante la pi� ampia denuncia ed i nuovi profili proposti. Deve infatti osservarsi che la diveTsit� di regolamentazione per quanto concerne il deposito degli atti -che, del resto nell'istruzione sommaria non manca, bench� sia successiva e non anteriore alla chiusura .di quella fase del processo (art. 397 c.p.p.) -non viola il principio di eguaglianza, perch� � giustificata dall~ diversa natura dei due tipi di istruzione che coonporta, per quella sommaria, pi� rapido procedimento e minori formalit�. .3. -Quanto alla tutela del diritto di difesa, va innanzi tutto ricordato come esso sia, anche nella istruzione sommaria, ampiamente tutelato dall'obbligo della notifica dell'avviso di procedimento, da quello dell'interrogatorio con l'assistenza del difensore e da tutte le altre garanzie previste negli artt. 304 b�s ter e quater c.p.p. (2) Nel 1senso che J.'obbUgo dell'avviso di ,procedimenito sussi�ste solo ove vi sia attiv�t� istruttoria, in dottrina: CAPENA, SvJl'avviso di procedimento, mForo it., 1971, II, 642; DosI, L'avviso di procedimento, in Riv. dir. proc. pen., 1970, 1090. PARTE I, SEZ. I, GIURIS1 COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE N� pu� rinvenirsi �causa di menomazione di quel diritto nella rilevata omissione, anteriormente alla chiusura dell'istruzione sommaria, del deposito degli atti che, per la maggior parte almeno, sono stati peraltro gi� depositati in ottemperanza all'art. 304 quater c.p.p. Non ha infatti alcun pregio l'assunto dell'ordinanza di rinvio, che coo.rdina il diritto di difesa, e una sua possibile violazione, all'interesse dell'imputato all'eventuale risoluzione del processo in fase istruttoria; risoluzione che i suoi pi� informati e tempestivi interventi difensivi potrebbero rendere pi� probabile. Bench�, infatti, non possa negarsi un simile interesse dell'imputato, deve per� osservarsi che esiste anche un suo opposto interesse a .conseguire nella risonanza di un pubblico dibattimento un'assoluzione definitiva con importanza ed effetti ben diversi da un semplice proscioglimento istruttorio. Dal che consegue che l'interesse dell'imputato ad evitare il dibattimento, appunto perch� contrastante con altro suo, non meno apprezzabile interesse, a desiderarne la celebrazione, non pu� ritenersi giuridicamente rilevante e, tanto meno, costituzionalmente protetto (sent. n. 172 del 1972). -(Omissis). II (Omissis). -3. -La questione non � fondata~ La norma impugnata prescrive che sin dal primo atto di istruzione sia comunicato avviso di procedimento all'imputato ed a coloro che possono avere interesse nel processo come parti private; pone, cio�, la linea di demar.cazione dell'obbligo nell'espletamento del primo atto di istruzione (eseguito direttamente o a mezzo di ufficiali di polizia giudiziaria: art. 398, primo comma, c.p.p.), nel senso che il giudice, solo se questo voglia compiere, deve disporre la previa comunicazione. � esatta l'affermazione del pretore di Livorno che la ratio legis della normativa introdotta dalla �novella� n. 932 del 1969 sia quella di assicurare all'imputato e a'lle altre parti private pi� ampie e con crete garanzie di soddisfacimento dei vari interessi contrastanti; ed � esatta, altresi, l'affermazione che tale .ratio sia ispirata all'art. 24 della Costituzione. Ha, per altro, osservato giustamente l'Avvocatura generale dello Stato che, prima dell'entrata in vigore della legge n. 932, non si era mai denunziata, per violazione del diritto di azione e di difesa, la man cata previsione, nel nostro sistema processuale, dell'avviso di procedi mento: una violazione che avrebbe -in ipotesi e per assurdo riguardato, per diffusa situazione di incostituzionalit� l'intiero sistema, dal momento dell'esercizio dell'azione penale. 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Appare coerente �con la giurisprudenza costituzionale -che, pur avendo inciso profondamente nelle strutture del codice di rito per l'ampiamento e il rafforzamento del diritto di difesa, ha ripetutamente riconosciuto la legittimit� della citazione a giudizio senza istruttoria predibattimentale, del rito direttissimo e della condanna per decreto penale -escludere che la norma impugnata vulneri l'art. 24 della Costituzione. Proprio da questo orientamento �Consegue la legittimit� della norma, tanto pi� in quanto n� il diritto di difesa si spinge, a livello costituzionale, sino alla tutela della pur giustificata aspirazione di scongiurare lo strepitus fori, n� la presentazione spontanea dell'art. 250 c.p.p.. e il deposito di memorie, istanze e proposte degli artt. 145 e 306 dello stesso codice (che sono, del resto, solo modalit� accessorie ed integrative, cio� niente affatto essenziali e caratterizzanti dell'azione e della difesa di cui all'art. 24 Cost.) attribuiscono all'inquisito il diritto di evitare il giudizio (o la condanna per decreto) e alla parte offesa o danneggiata quello di far valere, nel processo penale, le proprie ragioni; n� alcuna discriminazione viene operata tra l'imputato e quanti siano civilmente interessati al processo. Soluzione, questa, che trova conforto nella stessa dizione dell'art. 24, secondo comma, Cost., che prevede la garanzia della difesa in ogni stato (e grado) del procedimento: non pu�, invero, ritenersi obbligatoria quella garanzia per uno stato (o fase: la fase istruttoria) che nel procedimento manchi. 4. -N� l'art. 8 della legge confligge col princ1p10 di eguaglianza dell'art. 3 Cost., esistendo una differenza obiettiva tra i procedimenti che richiedono l'avviso e quelli che non lo richiedono, cio� tra i procedimenti per cui si compiono atti istruttori e quelli per i quali viene disposto direttamente il dibattimento. Si tratta di una differenza che giustifica, appunto, la diversit� di trattamento. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 198 -Pres. Chiarelli -Rel. Benedetti -Donaggio (n.c.). Procedimento penale -Tribunale per i minorenni -Deroga alla compe tenza nelle ipotesi di connessione con reati commessi da maggio renni -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma). � fondata, con riferime11to ai principio di eguaglianza, La questione di Legittimit� costituzionale deH'art. 9, comma secondo, delLa legge istitutiva del tribunale pe1� i minorenni (r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404) PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 83 nella parte in cui non Limita la deroga alla competenza del t?"ibunale per i minorenni aila sola ipotesi nella quale minori e maggiori degli anni 18 siano coimputati dello stesso reato (1). (Omissis). -3. -La questione � fondata. Nel primo comma dell'art. 9 della legge istitutiva del tribunale per i minorenni viene enunciata 1a regola generale-della competenza di detto tribunale per tutti i procedimenti penali �per reati commessi dai minori degli anni 18 >; nel capoverso dello stesso articolo � prevista l'eccezione a tale regola per il caso in cui �nel procedimento vi sono coimputati maggiori degli anni 18 >. Evidente � la stretta relazione che intercorre tra le locuzioni � reati commessi dai minori > e � coimputati maggiori >. L'ipotesi prevista � soltanto quella della compartecipazione del maggiore allo stesso reato compiuto dal minore: il caso tipico del concorso �di pi� persone nel medesimo reato. Nella previsione normativ: a non rientrano altre forme di connessione. Questa interpretazione � d'altronde giustificata dallo stesso contenuto della disposizione in �esame. Essa prevede una eccezione alla generale competenza del tribunale per i minorimni ed in tema di deroghe non sono consentite interpretazioni estensive. Diversa �, per�, l'interpretazione data dalla giurisprudenza alla norma impugnata. Al termine coimputato � stato infatti costantemente attribuito un significato ampio e generico in modo da ricomprendervi non solo colui che � imputato di concorso nel reato �Commesso da altri contro cui si procede, ma anche colui che � imputato di un reato connesso a quello per il quale si procede a carico di altri. Ed � stato conseguentemente affermato che la competenza del giudice ordinario sussiste non solo nel caso in cui debba procedersi per un reato commesso da un minore degli anni 18 e un maggiore in concorso tra loro, ma anche in ogni altro caso di connessione di procedimenti. Cos� interpretata ed applicata la disposizione denunciata vive nella realt� concreta in modo incompatibile col principio di uguaglianza enunciato dall'art. 3 della Costituzione. La necessit� del simultaneus processus, che la Corte nella sua precedente decisione ha posto a giustificazione della deroga alla com (1) La legittimit� costituzionale della nocma, in velazione aLl'art. 25 e all'art. 3 deLla Costf.tuzdone, era stata aff.ermata dailla CO'.I'te con le precedenti semitenze 4 luglio 1963, n. 130 (in Giur. cost., 1963, 1454) e 8 febbraio 1966, n. 10 (in Giur. cost. 1966, 119, con nota di GREVI, Davvero legittima la competenza del giudice non specializzato nei confronti dei minorenni coimputati con maggiorenni?). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO petenza del tribunale per i minorenni per l'ipotesi di procedimenti contro minori e maggiori coimputati dello stesso reato, non ricorre quando il reato commesso dal minore -come nel caso sottoposto al giudizio del tribunale -sia distinto e diverso da quello compiuto dal maggiore degli anni 18, anche se fra tali reati sussista connessione. Non v'� sostanziale differenza tra questa seconda ipotesi e quella relativa ad un minore che commetta da solo un reato; in entrambi i casi l'azione del minore ha un'autonomia tutta propria sicch� si giustifica l'identit� della loro disciplina. La sussistenza del denunciato contrasto con l'art. 3 Cost. della norma impugnata -nella parte in cui non limita la competenza del giudice ordinario al caso di procedimenti nei quali minori e maggiori degli anni 18 siano coimputati dello stesso reato -dispensa la Corte dall'esame dell'altro motivo di incostituzionaHt� prospettato in riferimento all'art. 25 della Costituzione. 4. -Il tribunale di Venezia ha invece emesso la propria ordinanza in un procedimento penale instaurato a carico di tre minori degli anni 18 ed un maggiore di tale et�, tutti imputati di concorso nello stesso reato di furto aggravato continuato, ed ha ritenuto che la norma impugnata sia in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzion �e in quanto al� concetto di diritto di difesa non sarebbe estranea la struttura particolare dell'organo giudicante. La questione non � fondata. � invero di tutta evidenza che non pu� essere lamentata la lesione del diritto di difesa quando viene garantita l'effettiva possibilit� di tutela delle proprie ragioni. La deroga alla competenza del tribunale per i minorenni, disposta con la norma impugnata, non preclude, n� limita in alcun modo il diritto di farsi assistere dal difensore nel procedimento dinanzi al giudke comune. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 199 -Pres. Chiarelli -Rei. Mortati -Adamo ed altri (n.c.). Sicurezza pubblica -Diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., art. 21; c.p., art. 656). Sicurezza pubblica -Diffusione di scritti e disegni contrari agli ordinamenti costituiti -Illegittimit� costituzionale. (Cast., art. 21; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 112). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 85 Stampa -Obbligo per lo stampatore di consegnare copia delle pubbli cazioni -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 21, 42, 53; I. 2 febbraio 1939, n. 374, artt. 1, 8). Non � fondata, con riferimento alla l~bert� di manifestazione del pensie1�0, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 656 c.p., incriminatore della diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose (1). � fondata, con ,1-iferimento alla libert� di manifestazione� del pensiern, la questione di legittimit� costituzionale delL'art. 112 v.u. legge di P. S. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) nella parte relativa al divieto di pubbLicazioni contrarie agli ordinamenti dello Stato o al prestigio delle autal'it� e lesive del sentimento nazionale (2). � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzio nale degli artt. 1 e 8 deUa legge 2 febbraio 1~39, n. 374, sull'obbiigo deilo stampatore di consegnare un prescritto numero di esemplari deila pubblicazione (3). (Omissis). --1. -Le dieci ordinanze sottopongono questioni in parte analoghe ed in parte connesse sicch� si rende opportuna la foro riunione per la decisione con unka sentenza. Un primo gruppo di sette ordinanze solleva la questione di legit timit� costituzionale dell'art. 656 c.p., nella considerazione che, confi gurando esso quale reato la pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico, viene a porsi in contrasto con l'art. 21 della Costituzione, che alla manifestazione (1) Irn dottrilila, a commento di alcune delle oo-di.inanze di rinvio, v. nota in Giur. it., 1970, II, 527. Sulla precedelllte sentenZJa della Corte 16 mM"zo 1962, n. 19: BARILE, La libert� di espressione del pensiero e le notizie false, esagerate e tendenziose, in Foro it., 1962, I, 855; CAPACCIOLI, Brevi cenni sulla nozione di ordine pubblico nelt'art. 656, ilil Dir. e proc. pen., 1962, 797; ESPOSITO, La libert� di manifestazione del pensiero e l'ordine pubblico, !�!n Giur. cost., 196�2, 191. In generale, sulla ,tutela deMa iliibert� di pensiero �ilil rnippovto aM'ocdine pulbblico: ZuccAL�, Personalit� dello Stato, ordine pubblico e tutela della libert� di pensiero, in Dir. proc. penale, 1966, 1150 e MASANTE, In tema di pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, in Giur. it., 1970, II,� 151. (2) L'art. 112 del t. u. delle leggi di IPUbblica skurezza era stato gi� dJichia:raito viziato da illegiittimit� costituzionale, nella parte relativa ali1a propaganda di mezzi aintiiconc,eziooali, con sentenza 16 marzo 1971, n. 49 (in q1UJesta Rassegna, 1971, I, 1, 520). .,,,., La sentenza 6 iLuglio 1966, n. 87, cui la Corte si :richiama per la illegittimit� della ciTcolazione di scritti offensivi del sentimento nazionale, � pubblicata ilil Giur. cast., 1966, 1090 con nota cir.ttica, imche sUJl punto della prop.aganda aintiin!azionale, di VASSALLI, Propaganda sovversiva e sentimento nazionale. 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del pensiero non pone altri limiti che non siano quelli del buon co stume e della protezione dalla violenza. La sentenza n. 19 del 1962 che le ordinanze richiamano ha rigettato le censure di illegittimit� costituzionale sollevate in ordine all'art. 656 c.p., in quanto ha ritenuto che la tutela costituzionale dei diritti, come quello cui ha riguardo l'art. 21, ha sempre un limite non derogabile nell'esigenza che attraver.so il loro esercizio non vengano sacrificati beni anch'essi voluti garantire dalla Costituzione, e che tale deve ritenersi non solo la tutela del buon costume, cui l'articolo stesso fa espresso riferimento, ma anche il mantenimento dell'ordine pubblico, che � da intendere come ordine legale su cui poggia la convivenza sociale. Ora non sell}bra contestabHe che anche la diffusione di notizie comunque consapevolmente inventate o alterate, cosi da non corrispondere alla realt� effettuale, deve ritenersi suscettibile di compromettere l'ordine che si vuole proteggere, allorch�, in considerazione del contenuto delle medesime o delle civcostanze di tempo e di luogo della diffusione stessa, risultino idonee a determinare un turbamento consistente nell'insorgenza di un completo ed effettivo stato di. minaccia dell'ordine stesso. La Corte ritiene che non sussistono motivi per discostarsi dalla precedente pronuncia, che pertanto deve essere �confevmata in ogni sua parte. Spetta poi al giudice di merito valutare in concreto la sussistenza dei requisiti prima specificati necessari alla perseguibilit� del reato di cui all'art. 656. 2. -Fondata deve invece ritenersi la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 112 t.u. leggi di p.s. n. 773 del 1931, nella parte' in cui fa divieto di mettere in circolazione scritti, disegni, immagini contrari agli ordinamenti costituiti dello Stato, o lesivi del prestigio dello Stato o dell'autorit�, o offensivi del sentimento nazionale. Tale disposizione, pur se privata della sanzione del sequestro degli oggetti colpiti dal divieto, quale era previsto dall'ultimo suo comma, in virt� del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 561, � tuttavia protetta dalla disposizione generale dell'art. 17 dello stesso testo unico, che commina pene per ogni contravvenzione alle sue disposizioni. L'affermato contrasto con l'art. 21 della Costituzione appare paiese quando si consideri che l'art. 112 conferisce un potere assolutamente discrezionale di vietare svariate manifestazioni del pensiero, sempre �che queste non configurino fattispecie previste dalle leggi penali, per le quali, quando ricorressero, sarebbe sufficiente a reprimerle (3) La IP'l'ecedente s.entenza 8 luglio 1957, n. 115, cui la Corte si richiama � pubblicata in Giur. cast., 1957, 1053. La que.stione era stata ritenuta manifestamente infondata da Cass., Sez. III, 15 febbraio 1968, Saccone in Giust. pen., 1969, II, 52. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE la denunzia all'autorit� giudiziaria. La semplice e generica contrariet� agli ordinamenti costituiti non pu� essere titolo sufficiente a giustificare il divieto in uno Stato democratico, che non �solo consente la critica alle istituzioni vigenti, ma anzi da essa trae alimento per assicurare, in una libera dialettica delle idee, l'adeguamento delle medesime ai mutamenti intervenuti nella coscienza sociale. Analogamente devono farsi rientrare nella stessa facolt� di critica le manifes.tazioni suscettibili di offendere il prestigio delle pubbliche autorit�, fino a quando non varchino la soglia, oltre la quale ricadono nel vilipendio. Nei riguardi poi dell'offesa al sentimento nazionale � da rilevare che, se deve ritenersi affet.ta da incostituzionalit� la pena per la propaganda lesiva del sentimento stesso, qual era disposta dall'art. 272 c.p., secondo quanto ha ritenuto la Corte con J.a sentenza n. 87 del 1966, con pi� forti ragioni la censura di illegittimit� deve colpire la parte della disposizione in esame che vieta comportamenti meno gravi di quelli in cui si sostanzia la propaganda. 3. -Passando infine ad un altro gruppo di ordinanze che denunciano gli artt. 1 e 8 della legge 2 febbraio 1939, n. 374, in quanto, obbligando ogni stampatore a consegnare un certo numero di esemplari delle pubblicazioni da lui effettuate, sarebbero in contrasto o solo con l'art. 21 o anche con gli artt. 42 e 53 Cost., se ne deve dichiarare la manifesta infondatezza. Infatti, in ordine alla dedotta violazione dell'art. 21, � da ricordare che gi� la Corte, con la sentenza n. 115 del 1957, ha dichiarato l'infondatezza della questione in un caso assimilabile a quello della consegna delle copie, riguardante le affissioni murali di scritti in copia unica per i quali la consegna � sostituita dal previo avviso all'autorit� di pubblica sicurezza. � ora da confermare che anche l'obbligo della consegna, non inducendo nessun potere di autorizzazione o di censura da parte dell'autorit� stessa, in nessun �modo contras.ta con l'art. 21. A diversa conclusione non pu� giungersi anche in presenza delle nuove prospettazioni che della questione �danno il pretore di Recanati e quello -di Ronciglione. Infatti non pu� ritenersi ostacolo apprezzabile alla diffusione del pensiero la consegna di un esiguo numero di stampati (tenuto anche conto delle esenzioni dall'obbligo considerate nell'art. 7), e tanto meno essa pu� venir�si ad equiparare al sequestro, poich� tale provvedimento, vietato dall'art. 21, riguarda il complesso della tiratura di ogni pubblicazione, mentre nella specie, anche nel caso dell'esecuzione di ufficio prevista dall'art. 8, la sottrazione coattiva alla disponibilit� dello stampatore rimane limitata alle copie a"i obbligo. Analoghe considerazioni sono da invocare per contestare la fondatezza dell'allegata violazione dell'art. 42. Un'ipotesi di espropriazione senza indennizzo potrebbe, se mai, riscontrarsi nel �caso, che non 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricorre nella specie, di pubblicazioni di costo elevato (per le quali peraltro il cit. art. 7 prevede la dispensa); ma, ove essa si verifichi, l'interessato potr� trovare sufficienti garanzie del proprio diritto attraverso l'esperimento dei comuni rimedi contro l'attivit� discrezionale della pubblica Amministrazione. Ad eguale conclusione di infondatezza deve giungersi con riferimento alla denuncia di violazione dell'art. 53, poich�, a parte l'inesattezza di quanto si afferma circa la ratio della disposizione in esame, � da negare che l'obbligo di cui si tratta possa incidere sulla capacit� contributiva. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 201 -Pres. Mortati -Rel. Trimarchi -Papis (avv. Bussi) c. INPS (avv. Rizzuti). Previdenza e assistenza -Pensioni dell'assicurazione obbligatoria - Riversibilit� solo a favore del marito invalido -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 29, 37, 38; r.d. I. 14 aprile 1939, n. 636 e succ. mod., art. 13). Non � fondata, con 1�iferimento ai principt di eguaglianza fra i coniugi e di assistenza, la questione di legittimit� costituzio'YULlf! dell'art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 (modificazioni delle disposizioni sulle wssi-curazioni obbligatorie per l'invalidit� e la �vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), conve1�tito in legge con legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito con l'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218 (riorclinamento deLle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l�'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), e con l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (avviamento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza sociale), nella parte in cui, nell'ambito della disciplina delle pensioni dell'Msicurazione obbligat01ia per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti, dispone che, se viene a morte un pensio'YULto o assicurato e se superstite � il marito, la pensione di riversibilit� � a questo corrisposta, nel caso in cui esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10 del detto r.d.l. n. 636 del 1939 (1). (Omissis). -La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 '(modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), convertito in legge con (1) La Clotrte ha fatto aipplica2lione dei medesimi principi gi� enunciati nella precedente sentenza 6 .Iuglio 1972, n. 119, in questa Rassegna, 1972, I, 1, 954. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 89 legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito con l'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218 (riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), e con l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (avviamento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza sociale), nella parte in cui, nell'ambito della disciplina delle pensioni d�ll'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti, dispone che, se viene a morte un pensionato o assicurato e se superstite � il marito, la pensione di riversibilit� � a questo corrisposta, nel caso in cui esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del .primo comma dell'art. 10 del detto r.d.l. n. 636 del 1939. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 202 -Pres. Mortati -Rel. Trimarchi -Ravenna (n.c.). Pensioni -Pensioni degli Istituti di Previdenza -Riversibilit� a favore del marito -Condizione della convivenza a carico -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma). Non � fondata, con riferimento all'art. 3 deLla Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 6, terzo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, nella parte in cui dispone che la pensione di riversibilit� spetti al marito della dipendente iscritta presso gli Istiituti di previdenza, quando risulti �che questi, alla data di morte della moglie, fosse a di lei carico (1). (Omissis). -1. -Secondo la Corte dei conti, che ha sollevato la questione con l'ordinanza indicata in epigrafe, sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'art. 6, comma terzo, ultima parte, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), che �per il conferimento della pensione di riversibilit� al vedovo di ex amministrata dagli Istituti di previdenza, pone, fra l'altro, la condizione dell'a carico della dante causa, all'epoca della morte di quest'ultima�. 2. -La questione non � fondata. In effetti, dalle norme relative al trattamento pensionistico del coniuge superstite di un amministrato dai detti Istituti di previdenza, risulta che codesto trattamento � differente a seconda che si tratti di (1) La Corte ha applicato gli stessi principi enunciati neHa sentenza 6 foglio 1972, n. 119, in questa Rassegna, 1972, I, 1, 954. 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vedovo o di vedova. Come ha esattamente osservato la Corte dei conti, per la vedova, dagli artt. 37 e 38 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, e dalle successive disposizioni intervenute in merito, non � richiesta, perch� essa possa conseguire il ripetuto trattamento, la condizione che, alla data della morte del marito, risulti a suo carico; e la norma denunciata, invece, dispone espressamente, che al vedovo spetti la pensione indiretta e di riversibilit� solo se esso risulti ess,ere stato, alla data di morte della moglie, a di lei carico. Ma ci� evidentemente non basta perch� la norma de qua possa dirsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Non si ha, infatti, una disciplina differente di situazioni eguali o ritenute tali, in modo razionale, dal legislatore. E quindi non si pu� dedurre che il differenziato trattamento del coniuge superstite, nell'ipotesi in esame, sia da ricollegare unicamente alla distinzione di sesso. Va al riguardo considerato quel che questa Corte ha gi� avuto occasione e modo di rilevare con la sentenza n. 119 del corrente anno, e cio� che, nonostante l'esistenza di� un'ampia e articolata normativa (soprattutto costituzionale) ,diretta a rendere possibile e realizzare la eguaglianza, morale e giur1dica dei cittadini, senza distinzione di sesso, � avvertita nella realt� sociale la minore probabilit� che sia il marito anzich� la moglie a dipendere economicamente dal coniuge. Non pu� perci� ritenersi che il legislatore, nel dettare le disposizioni sopra richiamate, si sia trovato a dover �iisciplinare un'unica situazione di fatto e di diritto o situazioni suscettibili d'essere considerate eguali o equivalenti. E appare del tutto razionale che l'accertamento in concreto dello stato di bisogno sia richiesto solo per il vedovo e non anche per la vedova. La norma in esame, di conseguenza, trova nella notata peculiarit� la sua logica ragione di essere. --(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 203 -Pres. Mortati -Rel. Trimarchi -Genoese (n.c.). Pensioni -Pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato -Perdita per dimissioni -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 36; r.d. 22 aprile 1909, n. 229, mod. da art. 1 d.1.1. 8 giugno 1945, n. 915, art. 16, lett. a). � fondata, con riferimento all'art. 36 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'm�t. 16, comma primo, lettera a), del testo unico per le pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 91 (r.d. 22 apriie 1909, n. 229, modificato dal d.l.l. 8 giugno 1945, n. 915) nella parte in cui esclude dal dh'itto alla pensione gli impiegati il cui rnpporto sia cessato pe1� dimissioni, anche di ufficio (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 204 -Pres. Mortati -Rel. Trimarchi -Bolletta ed altri (n.c.). Pensioni -Dipendenti Enti locali -Assegni vitalizi -Limitazione alla concessione -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 36; I. 13 marzo 1950, n. 120, art. 11, primo comma). � fondata, con riferimento all'art. 36 della Costituzione, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 11, comma primo, deLla legge 13 marzo 1950, n. 120 (2). (Omissis). -Nella parte in cui subordina la concessione di diritto degli assegni vitalizi al personale alla condizione che il collocamento a riposo abbia luogo per motivi indipendenti dalla sua volont�, e di detto comma nonch� del terzo comma dello stesso articolo nella parte in cui le relative norme negano all'iscritto la concessione dell'assegno e ai suoi congiunti la riversibilit� quando ai detti aventi diritto, per titolo differente, spetti una pensione propria. -(Omissis). (1-2) Sru:lla iJlegitti.mit� delle norme che escludono il diritto a pensione in alcune iPotesi di cessazione del rapporto: Corte cost., 13 g,ernnaio 1966, n. 3 in Giur. cost., 1966, 45; 3 lug.lio 1967, n. 78 in Giur. cost., 1967, 984 e 19 :Luglio 19'68, n. 112 in Giur. cost., 1968, 1751. L'm.egittimit� del divieto' di cumulo di pi� ,trattamenti ipeo:llsiooristici per contrasto con l'art. 36 deUa Costituzione � la logica'conseguenza della natura di retribuzione differita riconosciuta ai trattamenti economici successivi alla cessazione del vapporto. CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 205 ~ Pres. Mortati -Ret Bonifacio -Tambellini (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Responsabilit� civile -Scontro tra veicoli -Presunzione di colpa -Li mitazione al solo conducente il veicolo non danneggiato -Ille gittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; e.e., art. 2054, secondo comma). � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 2054, secondo comma, e.e., 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO limitatamente alla parte in cui, nel caso di scontro fra veicoli, esclude che la presunzione di egual concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni (1). (Omissis). -2. -Il secondo comma dell'art. 2054 e.e. stabilisce che nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a P.rova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia egualmente concorso a produrre il danno subito dai singoli veicoli. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, la disposizione viene intesa nel senso che la presunzione di eguale �concorso o.pera solo se entrambi i veicoli coinvolti nella collisione abbiano riportato danni, e non anche se uno di essi sia rimasto indenne: a causa della cos� delineata sfera di appUcazione del secondo comma, quest'ultimo caso deve trovare altrove la sua disciplina, precisamente nel disposto del primo comma dello stesso articolo, con la �conseguente presunzione a carico del solo conducente del .._veicolo non danneggiato. Sul presupposto di siffatta interpretazione -intorno alla validit� della quale, stante il consolidato ed univoco indirizzo giurisprudenziale cui si � fatto cenno, non � opportuno indugiare -questa Corte � chiamata a decidere se la diversit� di regime giuridico concernente lo scontro, secondo che ne siano derivati danni reciproci o unilaterali, dia luogo, in violazione dell'art. 3 Cost., ad una illegittima disparit� di trattamehto. 3. -La questione � fondata. Vero � che le due situazioni che qui vanno raffrontate -scontro con danni reciproci, scontro con danni unilaterali -presentano fra loro una qualche diversit�, ma d�, tuttavia, non � di per s� sufficiente a far concludere che legittimamente esse siano state sottoposte a discipline differenziate. Conformemente ai principi affermati da questa Corte nella giurisprudenza concernente l'art. 3 Cost., occorre infatti verificare se il legislatore, dando rilievo all'elemento di diversificazione (danni reciproci o danni unilaterali) piuttosto che all'elemento comune alle due fattispecie (scontro tra veicoli), non abbia arbitrariamente considerato diverse due ipotesi che, almeno ai fini che qui interessano, avrebbero dovuto esser valutate come eguali. (1) A commento di una delle or:wnanze di rinvio: LAPICIRELLA, Scontro di veicoli con danni unilaterali e presunzione di colpa, in Riv. giur. circ. e trasp., rnn, 416. In giurisprudenza, in senso difforme dal consolidato indirizzo della Corte di Cassazicm.e: Caiss., 20 :llebbraio 1951, n. 429, in Resp. civ. e prev., 1951, 231; Tl'l1bunale Milano, 25 febbvaio 1954, in Foro it., 1954, I, 1668 e Tribunale Genova, 26 dicembve 1955, I, 1144. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE In quest'ordine di idee occorre porre in rilievo che la .presunzione di un egual concorso nello scontro, posta a carico dei conducenti dal secondo comma dell'art. 2054 e.e., � del tutto svincolata dalla proporzione dei danni derivati ai singoli veicoli: la maggiore o minore entit� di tali danni gioca, � ovvio, sul quantum dovuto dall'uno all'altro soggetto, ma nessuna influenza spiega sulla determinazione della quota della loro corresponsabilit�, che per tutti � presunta eguale. Ci� significa che, �conformemente ad intuitive esigenze di razionalit�, le conseguenze della collisione alla quale i conducenti hanno materialmente concorso non sono assunte ad indice della loro (maggiore o minore) responsabilit� nell'aver provocato lo scontro, ed � perci� arbitrario ed ir~agionevole che tale funzione esse assumano quando non entrambi i veicoli siano stati danneggiati. Nel vigente regime dello scontro con danni unilaterali la responsabilit� presunta del solo conducente del veic0lo non danneggiato vien fatta discendere da un elemento accidentale e casuale, da una circostanza, cio�, che � razionalmente inidonea a far presumere, in mancanza di prova contraria, che nel determinare la collisione non abbia concorso anche la colpa del conducente del veicolo danneggiato. La conseguente disparit� di trattamep.to risulta di tutta evidenza ove si consideri che la operativit� della presunzione di egual concorso, collegata ad un fatto esterno rispetto all'azione dei soggetti, � affidata al mero caso: al limite, l'assenza di danno o la presenza di un danno di minima entit� determina l'applicazione di regole giuridiche profondamente diverse. In definitiva si deve concludere che, quanto alla responsabilit�, dei conducenti, la fattispecie � scontro � � sostanzialmente identica quali che siano le conseguenze dannose che ne son derivate e non pu� pel'ci� non essere assoggettata ad una disciplina unitaria: la differenza di regime, dipendente da mera accidentalit�, inevitabilmente comporta una disparit� di trattamento di situazioni sostanzialmente eguali e, di conseguenza, la violazione dell'art. 3 della Costituzione. 4. -Per le considerazioni esposte, il secondo comma dell'art. 2054 e.e. deve essere dichiarato illegittimo nella parte in cui esclude che, in mari.canza di prova contraria, la presunzione di egual concorso dei conducenti valga anche nell'ipotesi in cui uno dei veicoli coinvolti nello scontro non abbia subito danni. Con questa statuizione � esaurito l'intero thema decidendum. La questione proposta dal pretore di Luc�ca ha investito invero anche il primo comma dello stesso articolo, ma tale denuncia � stata formulata sul presupposto che all'ipotesi di scontro con danni unilaterali non fosse applicabile, de iure condito, il secondo comma: presupposto che ovviamente vien meno a seguito della dichiarazione di parziale illegittimit� di quest'ultimo. -(Omissis). 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. �210 -Pres. e Rel. Chiarelli -Ciolino (n.c.). Valle d'Aosta -Norme per la protezione della fiora spontanea -Sanzioni penali -Rinvio al Codice penale -Ille~ittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 3, 5, 25; I. reg. 8 novembre 1956, n. 6, art. 12, c.p., art. 734). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza, di autonomia regionale ne/.l'unit� dello Stato e di irretroattivit� della legge penale, la questione di legittimit� costituzionale deU'art. 12 della legge regionale della Valle d'Aosta, che dichiara punibili a sensi deH'art. 734 c.p. le contravvenzioni alle norme suUa protezione della "flora spontanea (1). (Omissis). -3. -La questione non � fondata. Questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare, per quanto riguarda il collegamento della competenza legislativa regionale con la potest� penale riservata allo Stato, che non � esatto che la norma penale statuale si debba riconnettere a norme legislative gi� entrate in vigore (sent. n. 142 del 1969). Il principio della riserva penale dello Stato non richiede che questo intervenga di volta in volta sulla produzione legislativa regionale per integrarla, ove occorra, con la disciplina penale; il che, oltre tutto, renderebbe inoperante la legge regionale fino all'emanazione della legge statale. Il principio, invece, � osservato quando la Regione, nel regolare una materia di sua competenza, rimanda alla preesistente disciplina penale statale ad essa applicabile. In tal m�do l'autonomia legislativa attribuita dalla Costituzione alle Regioni si armonizza. col principio dell'unit� dello Stato, nel suo aspetto di unit� dell'ordinamento penale, e col principio dell'eguaglianza dei cittadini, ed � ottemperato il principio della irretroattivit� della legge penale, giacch� la legge regionale, nel richiamarsi alla norma statale, disponendo per il futuro non attribuisce a questa alcuna efficacia retroattiva. N� gli accennati principi escludono che la legge regionale possa richiamare una norma penale in bianco, la quale, com'� proprio della sua natura, sar� applicabile in quanto integrata nella sua parte precettiva. Sulla base di queste precisazioni, che dimostrano l'infondatezza delle premesse da cui muove l'ordinanza, va esaminata la questione se l'art. 12 impugnato, col richiamare le norme del codice penale, e implicitamente l'art. 734 di esso, abbia violato il principio della riserva statale in materia penale. (1) La sentenza 120 novembre 1969, n. 142 cui la Corte si ['ichiama � pubblicata in Giur. cost., 1969, 2190, con nota di PALADIN, Diritto penale e leggi regionali. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 4. -L'art. 734 c.p. rientra, come l'ordinanza afferma, nella categoria delle c.d. norme in bianco, non solo in quanto la sua applicazione richiede i,m atto dell'autorit� ,che abbia dichiarato la bellezza naturale di un luogo, ma in quanto il suo contenuto precettivo si integra con le disposizioni che stabiliscono la �speciale protezione� delle bellezze naturali. Il precetto in esso racchiuso colpisce pertanto l'opera di distruzione, o ,comunque di alterazione dello stato di un luogo, compiuta in violazione delle norme che assicurano tale protezione: in sostanza, in violazione della legislazione protettiva delle bellezze naturali. Nel caso in esame la Regione, con suo atto legislativo, ha dichiarato bene da tutelare, sottoponendolo a speciale protezione, la flora spontanea della Valle d'Aosta, �in quanto concorre a creare la bel~ lezza naturale dei luoghi e l'aspetto e, le caratteristiche naturali ed ambientali di particolari zone e localit� alpine � (art. 1). � fuori contestazione la competenza esclusiva della Regione in materia di �tutela del paesaggio�, ai sensi dell'art. 2, lett. q), dello Statuto. Ed � anche fuori dubbio che il campo della protezione delle bellezze naturali si estende alla vegetazione, com'� confermato dall'art. 9, secondo comma, n. 1, Reg. 3 giugno 1940, n. 1357 (di applicazione della legge statale 29 giugno 1939, n. 1497), che del resto � aderente all'art. 812 e.e. Ma la tutela della vegetazione spontanea come bellezza naturale, e in particolare di quella aperta alla disponibilit� del pubblico, richiede che siano determinati i modi di protezione di essa. Vale a dire, richiede che, nello stabilirne la protezione, siano determinate le condizioni perch� ad essa sia conservato il carattere di elemento costitutivo della bellezza naturale, e, conseguentemente, richiede la individuazione dei fatti che, secondo le valutazioni della legge che ne stabilisce la speciale protezione, possono produrre l'alterazione o la distruzione di tale carattere. Pertanto, con lo stabilire la protezione della flora spontanea alpina e ,col vietare atti valutati come .produttivi di distruzione o alterazione del suo carattere di bellezza naturale, riportandosi alle sanzioni previste dal codice penale, la legge regionale non ha creato una nuova fattispecie di reato in aggiunta a quella prevista dall'art. 734, ma ha individuato una serie di comportamenti che in essa rientrano, specificando il contenuto precettivo della norma, in relazione a quella speciale protezione a cui essa stessa rinvia. N�, cosi operando, il legislatore regionale ha invaso il campo di apprezzamenti riservati al potere giurisdizionale, come lamenta l'ovdinanza, giacch� al potere giurisdizionale appartiene l'applicazione della norma completa nel suo contenuto. Pu� aggiungersi a questo proposito che la determinazione legislativa dei comportamenti che cadono sotto le sanzioni del codice penale, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 96 in quanto contrastanti con la speciale protezione della bellezza naturale a cui l'art. 734 fa riferimento, assicura, con la sua efficacia generale, l'eguale applicazione della disciplina protettiva, nell'ambito del territorio regionale, sottraendola a valutazioni caso per ,caso, ed eventualmente fra loro difformi, della idoneit� dei singoli atti a costituire lesione della bellezza naturale protetta. Dall� esposte considerazioni deriva che la norma impugnata non viola il principio dell'esclusiva competenza dello Stato in materia penale, n� contraddice alle norme della Costituzione invocate nell'ordinanza a fondamento di tale principio. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 211 -Pres. Chiarelli -Rel. Rocchetti -Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Pacia, Varvesi, Benvenuti) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Friuli-Venezia Giulia -Giurisdizione della Corte dei conti -Estensione ai dipendenti re~ionali a componenti la Giunta regionale. (Cost., art. 103, secondo comma; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 53; r.d. 18 no vembre 192;3, n. 2440, art. 83; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 20). Spetta alla P1�ocura Generale della Cortie ,dei conti promuovere l'azione di responsabilit� sia nei confronti dei dipendenti deUa Re'gione del Friuli-Venezia Giulia per i danni causati alla Regione' neWesercizio delle loro attribuzioni, sia nei confronti dei componenti la Giunta della stessa Regione per omissione della denuncia di taii danni (1). (Omissis). -1. -Il conflitto di attribuzione sollevato dalla Re gione Friuli-Venezia Giulia � proposto in riferimento alla citazione (e successivi decreti di fissazione di udienza) intimata dal Procura tore generale della Corte dei conti nei confronti d.i un autista dipen dente della Regione per danni arrecati ad un'autovettura affidata alla sua guida, e nei confronti del Presidente della Giunta e degli asses sori regionali che, con la deliberazione in data 6 agosto 1969, n. 2861, avrebbero impedito che la denunzia del danno venisse sporta da chi di dovere allo stesso Procuratore generale, e sarebbero perci� a tal titolo responsabili. Tale deliberazione disponeva infatti che non dovessero essere pre sentate a quel Procuratore generale, che le sollecitava, denuncie per (1) Le sentenze 26 giugno 1970, n. 110 e 5 aprile 1971, n. 68 sono pubblicate in Giur. cost., 1970, 1203 e 1971, 627 con note dii richiami. In dottrina: CAPOTosrx, Giurisdizione della Corte dei Conti e autonomia regionale; in Giur. it., 1971, IV, 163. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 97 danni procurati da autisti dipendenti dalla Regione per effetto della circolazione dei veicoli, perch� doveva ritenersi in materia competente l'autorit� giudiziaria 011dinaria, avanti la quale la Giunta regionale si riservava, dopo l'esame del caso, di decidere in merito alla proposizione dell'azione. Trattavasi quindi di una deliberazione di massima che la Giunta aveva creduto di adottare per segnare la condotta da tenersi in materia dai dipendenti uffici e che si ispirava ai principi allora ammessi, e ritenuti anche da questa Corte nella sentenza n. 17 del 1965, circa la necessit� che, per sottoporre settori, prima non compresi, alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilit� pubblica, occorressero apposite norme legislative da emanarsi in ottemperanza all'art. 103, comma secondo, della Costituzione, ma non emanate. Quella deliberazione venne poi revocata con altra in data 3 maggio 1971, n. 1611, dopo che la Corte di cassazione prima e questa stessa Corte poi (sentenza n. 110 del 1970), andarono in contrario avviso, ritenendo l'immediata precettivit� in materia del richiamato art. 103. Ci� precisato, devesi, prima di affrontare l'esame del merito, risolvere un duplice ordine di questioni: quelle attinenti alle eccezioni di inammissibilit� del ricorso, proposte dall'Avvocatura dello Stato, e quelle di legittimit� costituzionale, prospettate dalla Regione. 2. -Sostiene l'Avvocatura che il ricorso sarebbe �inammissibile perch� diretto contro a~ti di natura giurisdizionale dello Stato, relativamente ai quali n� la Regione ha titolo a una vindicatio potestatis, n� essa, come Ente fornito di autonomia e svincolato dalle persone fisiche dei suoi organi rappresentativi, ha titolo a lamentare una lesione della sua competenza�. Ma la duplice eccezione proposta non ha fondamento. Nulla vieta che un conflitto di attribuzioni possa trarre origine da un atto giurisdizionale, se ed in quanto, come � nel caso, si deduca derivarne una invasione della competenza costituzionale garantita alla Regione (sentenza n. 110 del 1970). N� occorre che, .per dar luogo a un confHtto di attribuzione, vi sia una contestazione ,sull'appartenenza di un medesimo potere, essendo sufficiente che dall'illegittimo esercizio del potere altrui consegua la menomazione di una ,sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto (<stessa sentenza). Come pure � certo che un attentato ai poteri spettanti ai rappre sentanti di un Ente fornito di autonomia costituzionalmente protetta non pu�, in tesi, non offender.e l'autonomia dell'Ente. Deduce ancora l'Avvocatura che, nel caso, mancherebbe l'attualit� di una lesione, in quanto si � in presenza soltanto di un atto introduttivo di un giudizio che potrebbe, in tesi, determinare la lesione che la Regione lamenta, solo se e quando le domande contenute nell'atto venissero accolte. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma la Corte, poich� non vengono dedotte nuove e convincenti ragioni contrarie, non ritiene vi sia motivo per rivedere sul punto la propria giurisprudenza, secondo la quale qualsiasi atto, anche preparatorio, pu� dar luogo a conflitto purch� sia idoneo ad affermare una competenza ed a negare, o menomare, l'altrui (sent. n. 171 del 1971). Ta:rito pi� che, nel caso, la Regione, oltre che la competenza della Corte dei conti, contesta soprattutto il potere, ed impugna l'atto, del suo Procuratore generale volto a promuovere d'ufficio l'instaurazione di un'azione giudiziaria, in merito alla cui proposizione� essa rivendica l'esercizio di una sua autonoma facolt� di decidere. Pertanto nessuna delle proposte eccezioni di inammissibilit� ha fondamento e pu� essere accolta. 3. -La Regione solleva due gruppi di questioni di legittimit� costituzionale che vanno qui distintamente esaminate ai fini di accertarne, con la rilevanza, che non � dubbia, la non� manifesta infondatezza. Col primo gruppo si denunciano gli articoli: a) 53 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, �Contenente il testo unico sulla Corte dei conti (emanato in virt� della delega di cui all'art. 35 della legge 3 aprile 1933, n. 255); b) 83 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, contenente norme sull'amministrazione del patrimonio e la contabilit� generale dello Stato (emanato in virt� della delega contenuta nella legge 3 dicembre 1922, n. 1601); e) 20 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, contenente il testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati dello Stato (emanato in virt� della delega contenuta nemart. 4 della legge 20 dicembre 1954, n. 1181); i quali sarebbero illegittimi nella parte in cui dispongono la responsabilit� per omessa denunzia da parte dei direttori generali, capi servizio e, in determinati casi, dei singoli ministri, relativamente a danni da altri arrecati allo Stato. Le citate norme non sarebbero illegittime di per s�, ma in quanto se ne faccia applicazione estensiva a soggetti non contemplati in quelle norme, quali appunto, nel caso, i direttori generali, i capi servizi e gli assessori delle Regioni. In tal caso quelle stesse norme, applicate in via interpretativa, poich� contengono sanzioni di natura disciplinare e di contenuto patrimoniale, violerebbero gli artt. 23 e 25 della Costituzione, i quali dispongono che tali sanzioni possano essere imposte soltanto con legge. La questione � manifestamente infondata, perch� l'art. 25 (commi secondo e terzo), riguardando unicamente la materia penale, non ha attinenza con l'argomento di causa; mentre non pu� parlarsi, a proposito dell'art. 23, di una violazione della riserva di legge in esso contenuta solo perch�, utilizzando legittimamente lo strumento della in �.-.:::.....-.:.::::�::.::-.:-.x:-�x��.x�.:-::-�.-.�� "J:{ �':�:�::::=:... ,~ _,_,:.� �' � , PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 99 terpretazione, si estendono le ipotesi di cui alle norme impugnate ad altre prima non previste, in quanto non prevedibili, ma identiche nei presupposti. Col secondo gruppo di questioni, la Regione denuncia poi altri articoli dei gi� citati provvedimenti legislativi, e cio� 44 e seguenti del r.d. n. 1214 del 1934, 82 e 83 del r.d. n. 2440 del 1923, 18 e 19 del d.P.R. n. 3 del 1957 e denuncia altresl gli artt. 43 e seguenti del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, contenente il Regolamento per la procedura innanzi alla Corte dei conti, sul cui valore di atto avente o no forza di legge non � qui il caso di indugiare. Queste norme sono denunziate in riferimento agli artt. 5, 24, 25, 33, 42, 97, 102 e 103 della Costituzi-One, ma limitatamente a quanto attiene alla l�ro applicazione nei confronti della Regione Friuli-Venezia Giulia. Con tale ampfo raggio di impugnative, la Regione sostanzialmente sostiene che essa ed i suoi amministratori e i suoi dipendenti, non sono assoggettabili alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di re sponsabilit� amministrativa, n�, tanto meno, essa � tenuta a sottostare all'iniziativa del Procuratore generale di detta Corte nella proposizione delle relative azioni, perch� tutto il sistema predisposto per lo Stato e altri enti pubblici non si attaglierebbe a essa Regione in quanto lesive della sua autonomia. Anche tale questione � manifestamente infondata, essendo gi� stata ampiamente esaminata dalla Corte, e risolta nel senso della non fon datezza, nella sentenza n. 110 del 1970 quanto all'ambito di applica zione della norma dell'art. 1-03, comma secondo, della Costituzione; ed essendo gi� stata ritenuta la competenza della Corte dei conti, in ma teria di contabilit� pubblica, anche nei confronti delle Regioni, a Sta tuto ovdinario che a Statuto speciale, e senza che occorrano particolari norme legislative di applicazione. Essendo superfluo ripetere le ragioni esposte nella sentenza ri chiamata, qui conviene soltanto aggiungere qualche parola sul nuovo rilievo proposto, e cio� che, ammessa pure la competenza in materia della Corte dei conti, non dovrebbe per� riconoscersi il potere del suo Procuratore generale ad agire d'ufficio nei confronti della Regione, cui spetterebbe autonomia di decisione nella proposizione delle azioni. Ma nemmeno entro questi pi� ristretti limiti la questione pu� non essere ritenuta manifestamente infondata, essendo ovvio che l'art. 103, comma secondo, della Costituzione, allorch� ha riconfermata, e, secondo si ritiene da molti, anche ampliata, la giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilit� pubblica, ha richiamato tutto l'istituto cosi come esso era ed � regolato dalle norme relative, e nel quadro delle quali l'iniziativa del Procuratore generale si colloca come ovviamente necessaria per evitare lassismi e contrasti di posizioni e di in 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO teressi: relativamente ai quali, anche sul piano .giuridico, ricorrerebbero notevoli difficolt� per una diversa regolamentazione. 4. -Venendo in.fine all'esame del merito, deve osservarsi che, pur ritenendosi ,corretto il comportamento della Giunta regionale riguardo all'adozione della deliberazione n. 2861 del 1969, che ora viene assunta come fonte di responsabilit� per i componenti della stessa, non pu� accogliersi il ricorso della Regione, in quanto nell'azione del Procuratore .generale della Corte dei conti non si rinviene alcun aspetto di illegittimit�, dovendosi riconoscere che egli ha agito nell'ambito dei poteri a lui segnati dalle J.eg.gi e nell'esercizio degli stessi. Mentre � ovvio che solo da un atto illegittimo pu� derivare una invasione di competenza. Se l'azione da lui proposta � o no fondata, dir� la Corte adita, la cui competenza a decidere in proposito, per quanto si � detto, non pu� essere posta in dubbio. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 213 -Pres. Chiarelli -Rel. Benedetti -Puppo (avv. Balzano), Cassa Previdenza marinara (avv. Belloni) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Pensioni -Riordinamento della Previdenza marinara -Massimo della pensione per gli ufficiali naviganti -Numero degli anni eccessivo Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; I. 27 luglio 1967, n. 658, art. 67, primo comma). � fondata, con riferimento al princitpio di eguaglianza, la questione di legittimit� cost~tuzionale deli'art. 67, p1-imo comma, della legge 27 luglio 1967, n. 658 sul riordinamento della previdenza marinara, nella parte in cui -per il conseguimento del massimo deUa pensione -stabUisce un numero di anni di iscrizione alla gestione speciale non raggiungibile dagli ufficiali dello stato .maggiore� navigante dipendenti dalle societ� di navigazione di preminente interesse nazionale (1). (1) La Corrte ha ritenuto la norma in contrasto con iJ. prinaip.io di eguaglianza, perch�, a differ.enza del personaile amministrativo, il personale dello stato maggiore navig,ante, considerata J.'et� minima nel1a quale � cO!rl:segu~ bile il titolo dii studio necessallio per l'mgresso �IIl ca['riera, 111001 poteva mai perv;endre aJ. massimo della pen!!ione. Con la stessa sentenza la Corte ha dichiarato l'infondatezza delle altre questioni soHevate dal Tribunale di Genova con le due ordinanze 23 giugno 1970 (Gazz. Uff., 10 febbraio 1971, n. 36 e 17 febbraio 1971, n. 42). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 101 CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 214 -Pres. Mortati -Rei. Rocchetti -Esattoria comunale di Roma (avv. Mesiano) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Previdenza e assistenza -Previdenza dei giornalisti -Impignorabilit� delle pensioni e di 1altri assegni -lIllegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., art. 3; I. 9 nov�mbre 1955, n. 1122, art. 1). Non � fondata, con 1�iferimento ai principio di e'guaglianza, la questicme di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della le�gge 9 novembre 1955, n. 1122, che dichiara totalmente impignorabili e�d insequestrabili le pensioni ed altri assegni e1�ogati agli iscritti deWistituto nazionale di previdenza dei giornalisti (1). (Omissis). -1. -Il pretore di Roma, con l'ordinanza in epigrafe, denunzia alla Corte l'art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122, che dichiara totalmente insequestrabili ed impignorabili le somme corrrisposte agli iscritti per pensioni, assegni ed altre indennit�, dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti. Secondo il giudice a' quo, la norma in tale articolo contenuta sarebbe illegittima nella parte in cui esonera quelle somme anche da procedure coattive per pagamento di tributi ed entro la misura di un quinto di cui all'art. 545 c.p.c. La illegittimit� deriverebbe dalla violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, per difformit� di trattamento rispetto a fattispecie analoghe, in quanto le somme erogate per le medesime causali da casse di previdenza di professionisti, quali avvocati, dottori commercialisti, ragionieri, geometri, sono invece assoggettate alle stesse disposizioni vigenti per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, e perci� sequestrabili e pignorabili, per crediti nascenti da tributi ed entvo la misura di un quinto (art. 2 d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180). 2. -La questione non � fondata. Va innanzi tutto rilevato che, nel nostro ordinamento, non pu� ritenersi esistente, secondo sostiene il giudice a quo, un principio di carattere generale relativo alla sequestrabilit� e pignorabilit� degli (1) Sulla insequestrabilit� e impignorabilit� delle pensioni corrisposte dall'istituto nazionale della pr�esidenza sociale: Corte cost., 4 aprile 1960, n.18 in Giur. cost.1960, 187 e 20 febbraio 1969, n. 22 in Giur. cost., 1969, 149. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 102 stipendi e pensioni per determinati crediti, tra cui quelli relativi al pagamento dei tributi. Accanto alle norme citate, che ammettono l'assoggettabilit� ad atti coattivi di pensioni da pagarsi da privati o da pubbliche Amministrazioni, esistono le norme che escludono le pensioni di qualsiasi importo, erogate dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, da ogni azione esecutiva, tranne che per crediti verso lo stesso Istituto erogante (art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, e art. 69 legge 30 aprile 1969, n. 1.53). La tesi della eccezionalit� della norma denunziata, che concerne l'esonero della perseguibilit� delle pensioni dei giornalisti, non trova quindi conforto nella realt� normativa e non pu� perci� fornire la base di appoggio all'eccezione di illegittimit� della stessa norma per violazione del principio di eguaglianza. 3. -Parimenti � insussistente l'analogia che vi sarebbe, a detta dell'ordinanza, fra la cassa di previdenza dei giornalisti e quelle degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei geometri. Invero, n� i giornalisti sono liberi professionisti, n� la loro cassa di previdenza ha. gli stessi compiti delle casse che gestiscono la previdenza a favore dei sopraindicati esercenti professioni liberali. � vero, peraltro, che dalla legge che disciplina la loro attivit� (legge 3 febbraio 1963, n. 69) i giornalisti sono qualificati giornalistiprofessionisti, ma tale denominazione � loro conferita al solo fine di distinguerli dai �pubblicisti�, per quanto concerne la professionalit� dell'impegno di lavoro dei primi, che deve essere esclusivo e continuativo, cosa che non occorre invece per quegl� altri che, unitamente all'attivit� giornalistica, possono anche esercitare altre professioni o impieghi (art. 1, comma quarto, detta legge). Comunque sia poi in merito a tale qualificazione, certo � che i giornalisti-professionisti sono lavoratori dipendenti, il cui rapporto di lavoro � regolato da contratti collettivi, onde � certo che liberi professionisti o professionisti, nel senso tradizionale, essi non sono: 4. -Ancora meno sussiste poi una analogia tra la struttura e gli scopi �della cassa dei giornalisti e le finalit� di quella dei liberi professionisti di cui si � detto, perch� la prima, e cio� l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani �Giovanni Amendola � (legge 20 dtcembre 1951, n. 1564), cui possono iscriversi solo i giornalisti che hanno in atto un rapporto di lavoro, sostituisce a tutti gli effetti le corrispondenti forme d.i previdenza ed assistenza obbligatorie (art. 1) e cio� non solo quelle attinenti alla pensione di vecchiaia e invalidit�, ma anche quelle che concernono la disoccupazione involontaria, la tubercolosi, le malattie e gli assegni famigliari (art. 3), mentre le ricor PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 103 date casse di liberi professionisti hanno compiti ben pi� limitati e cireoscritti. In sostanza, la cassa dei giornalisti costituisce un settore autonomo del complesso sistema previdenziale predisposto a tutela dei lavoratori dipendenti e i cui compiti sono assolti principalmente dall'INPS e dall'INAM. Appare perci� coone del tutto logico e naturale che la legge 9 novembre 1955, n. 1122, abbia esteso all'Istituto previdenziale dei giornalisti tutti i benefici, privilegi ed esenzioni tributarie previsti per l'Istituto nazionale della previdenza sociale (art. 10), e quindi anche la norma impugnata, contenuta nell'art. 1, concernente. la insequestrabilit� ed impignorabilit� delle pensioni, la quale � poi anch'essa una disposizione estensiva della normativa prevista in materia per l'INPS dall'art. 128 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827. Deve quindi concludersi che la lamentata violazione dell'art. 3 della Costituzione non sussiste. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE 30 dicembre 1972, n. 215 -Pres. Mortati - Rel. Oggioni -SAI (avv. Biamonti) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Imposte e tasse in genere -Imposta di pubblicit� -Targhe delle societ� di assicurazione -Corresponsione in modo virtuale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 53; d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, art. 4, tariffa all. A). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di capacit� contributiva, la questione di legittimit� costituzionale deU'articolo 4 della tariffa aU. A al d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 sulla co'l'responsione dell'imposta di pubblicit� in modo virtuale per le targhe delle societ� di assicurazione (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza del tribunale di Torino solleva questione di costituzionalit� dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1954, n. 342 (tariffa allegato A), che fa obbligo (1) La precedente sentenza, 23 febbraio 1970, n .28 cui la Corte si richiama � pubblicata in questa Rassegna, 1970, I, 1, 185. In dottrina: GALLO, Sulla incostituzionalit� di alcune imposte c. d. in abbonamento, in Riv. dir. fin., 1971, II, 209. 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alle societ� di assicurazione di pagare l'imposta di pubblicit� sulle tabelle e targhe pubblicitarie in misura percentuale sui premi di competenza, anche nel caso in cui i detti mezzi pubblicitari siano stati soltanto predisposti, ma non ancora distribuiti agli assicurati per l'affissione, ed effettivamente affissi. Secondo l'ordinanza, tale sistema parrebbe importare violazione dell'art. 3 Cost., sia pel"ch� le imprese assicuratrici verrebbero sottoposte a trattamento pi� vincolato in confronto ad altre imprese non assicuratrici, sia perch�, all'interno della categoria degli �assicuratori, con lo stabilire che tutti siano tenuti ad assolvere l'imposta, abbiano o no effettuato la pubblicit�, si darebbe luogo a identit� di trattamento, nonostante situazioni diseguali. L'ordinanza aggiunge che il sistema parrebbe contrastare anche con l'articolo 53 della Costituzione, in quanto, ai fini dell'imposizione fiscale, prescinderebbe dall'effettiva sussistenza del presupposto di fatto del tributo (concreta apposizione delle targhe) che dovrebbe manifestare la capacit� economica, e quindi tributaria, dell'obbligato. 2. -La questione non � fondata. Va premesso che questa Corte, con sentenza n. 28 del 1970, ha esaminato, agli effetti degli artt. 76 e 77 Cost., la corrispondenza del citato decreto presidenziale n. 342 del 1954 con la legge-delega 27 dicembre 1952, n. 3596. Nell'esaminare il punto allora in questione e nel ritenere che le regole sulla delega legislativa, sono state, nel caso, compiutamente osservate, la Corte ha addotto argomenti basati sull'analisi della delega, stil contenuto e finalit� delle norme delegate e sul sistema che ne � conseguito, a conferma e perfezionamento del sistema precedente, di cui al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3268, ed al decreto legislativo C.P.S. 14 aprile 1947, n. 242. La questione ora sollevata davanti alla Corte ha bensl diversa impostazione, in quanto sono le norme delegate a formare �direttamente oggetto dell'esame di legittimit�. Tuttavia, le considerazioni svolte nella precedente sentenza possono utilmente essere qui richiamate per l'esame da compiere sotto i particolari profili ora prospettati. 3. -Riguardo alla denunciata violazione del principio di eguaglianza, la Corte osserva che non � fondato il richiamo ad una pretesa irrazionalit� del trattamento disposto peculiarmente per le sole imprese assicuratrici e non anche per tutte le altre imprese in genere. Invero, risulta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 342 del 1954 e dall'allegata tariffa che la categoria di pubblicit� manifestata mediante � tabelle e targhe distribuite dalle societ� di assicurazione ai propri assicurati ed affisse al pubblico sui fabbricati e sulle i~ -~��lrllal�llll�l�lll~llllt&��IPlml PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 105 cose assicurate� � stata considerata e regolata a s� stante nel modo di pagamento (cosiddetto �virtuale �) dell'imposta annuale di pubblicit�, indipendentemente dalla effettiva loro distribuzione. La diversit� di trattamento dagli ordinari avvisi e manifesti pubblicitari esposti al pubblico, deriva la sua ragion d'essere dall'esigenza, costantemente riconosciuta dal legislatore, di dar luogo ad un sistema particolare, in cui si congiungono elementi che attengono, sia alla identificazione delle cose assicurate, sia alla esteriorizzazione del raggio d'azione delle riprese all'uopo impegnate. Trattasi, pertanto, di situazioni differenziate, per cui l'art. 3 Cost. non pu� intendersi, nel caso, vulnerato. Nemmeno pu� ritenersi, secondo l'altro e diverso .profilo prospettato, che il principio di eguaglianza verrebbe ad essere eluso, col sottoporre tutte le imprese assicuratrici allo stesso onere fiscale, sia che mettano poi in opera le targhe, sia che ci� omettano di fare in tutto o in parte pur dopo averne dichiarato e denunciato la predisposizione, poich� trattasi, dato il sistema della legge ed ai fini della sua applicazione pratica, di circostanze fiscalmente indifferenti. Sicch�, deve al contrario riconoscersi che, in luogo di una ingiustificata riduzione ad unicit� di trattamento per situazioni diseguali, il sistema � invece informato a coerente unicit� di trattamento. 4. -Circa la denunciata violazione dell'art. 53 della Costituzione, nel senso che, con la non attuazione della pubblicit�, verrebbe a mancare il presupposto materiale, costituente la base imponibile, la Corte osserva che, in conformit� a quanto spiegato nel numero precedente, la estrinsecazione effettiva della pubblicit� non si configura come presupposto dell'obbligo tributario. Il presupposto risiede, invece, nella dichiarazione anteatta degli enti assicuratori, i quali (come gi� rilevato nella precedente sentenza n. 28 del 1970) �vengono a porre essi stessi le basi dell'accertamento� mediante l'indicazione della forma di pubblicit� che si apprestano ad effettuare con mezzi predisposti in relazione ai singoli contratti �conclusi con gli assicurati. Il calcolo del dovuto � rapportato ad una misura percentuale sugli incassi dei rispettivi premi di competenza. Tale �, adunque, nel sistema, la manifestazione economica da cui si fa derivare la formazione della base imponibile. E coerenti al sistema sono gli artt. �8 e 9 del citato d.P.R. n. 342 del 1954 laddove dispongono appunto che il pagamento dell'imposta deve essere effettuato al momento della presentazione della denuncia. Di conseguenza, l'assunto dell'ordinanza, che tenderebbe a far prevalere sulla rilevanza del presupposto giuridico la rilevanza del mero presupposto materiale, non pu� essere accolto. -(Omissis). 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 216 -Pres. Mortati ~ Rel. Crisafulli -Tibaldi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Min1stri (Sost. avv. gen. dello Stato� Azzariti). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci dentale -Ufficio circoscrizionale elettorale -Mancanza della qua lit� di giudice -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; 1. 17 febbraio 1968, n. 108, art. 15). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale deli'articolo 15 della legge 17 febb1'aio 1968, n. 108, in quanto sollevata da un ufficio circoscrizionale elettorale, al quale non pu� essere riconosciuta la qualit� di giudice (1). (Omissis). -Come riferito m narrativa, l'Ufficio circoscrizionale elettorale di Benevento si � posto preliminarmente il quesito circa la propria qualificazione come giudice, ai fini della idoneit� a sollevare questioni di legittimit� costituzionale delle norme di legge che � chiamato ad applicare, e lo ha risolto in senso affermativo, ravvisando il ricorrere di entrambi i criteri -soggettivo ed oggettivo -che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, permettono, ai fini predetti, di riconoscere ad un organo il carattere di giudice ed al procedimento davanti ad esso svolgentesi natura di giudizio. La difesa dello Stato contesta, invece, tali conclusioni, richiamando anche argomenti di oroine pratico, inerenti alla particolare celerit� che la legge ha voluto imprimere alle operazioni dirette al risultato della proclamazione degli eletti, e chiede pertanto che la questione ;proposta sia dichiarata inammissibile. L'ec�ezione pregiudiziale � fondata. Sotto il profilo soggettivo, infatti, gli uffici elettorali circoscrizio nali SOOO Ol"gani temporanei, costituiti di volta in volta �presso il tri bunale � nella cui giurisdizione � il comune capoluogo di provincia, i quali, mentre non si identificano con lo stesso tribunale, nemmeno danno vita ad altrettante sezioni o particolari articolazioni del mede simo, e non sono perci� istituzionalmente incardinati nel potere giuri sdizionale dello Stato. La legge prescrive, bensi, che siano composti (1) Per urna breve rassegna della .giurisprudenza della Corte costituzionale sul carattere giurisdizionrale degli 011gani che le hanno rimesso questioni di ilegittimit�: DEVOTO, L'ufficio centrale per il referendum, in studi parlamentari e di poiitica costituzionale 1971, n. 14. In materia elettorale la Corte ha negato il oaraittere di OII'lgano giurisdizionale alla Clommissi.one elettorale maindamentaile con sentenza 17 febbraio 1971, n. 17 (in Giur. cast. 1971, 119). I {: I K I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 107 di tre �magistrati�, designati dal presidente del tribunale, ma non dice anche che debbano necessariamente essere formati da � giudici ad esso appartenenti� (che anzi, gli analoghi uffici elettorali centrali previsti, per le elezioni comunali nei comuni con pi� di diecimila abitanti, dall'art. 71 del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, sono soltanto :presieduti dal presidente del tribunale o da altro magistrato da questo delegato e costituiti, per il rimanente, dai componenti dell'ufficio elettorale della prima sezione, i quali non sono affatto magistrati; mentre, per l'art. 67, nei comuni con popolazione inferiore, in luogo degli uffici elettorali circoscrizionali, funzionano speciali collegi comprendenti i. presidenti delle varie sezioni). D'altronde, a differenza da quanto per regola generale avviene per gli organi giurisdizionali, ordinari o speciali che siano, gli uffici circoscrizionali constano, in realt�, di un numero variabile di membri, essendo attribuita al presidente del tribunale facolt� di aggregarvi, a richiesta dei rispettivi presidenti, � altri magistrati, nel numero necessario per il pi� sollecito espletamento delle operazioni�. Sotto il profilo oggettivo, poi, e cio� avendo riguardo alla funzione esplicata, � da rilevare, anzitutto, che questa si inserisce, come una sua fase particolare e strettamente delimitata nei compiti e nel tempo, entro l'arco di un complesso procedimento -al quale, nel suo insieme, non potrebbe in alcun modo riconoscersi natura giurisdizionale n� a questa assimilabile -che muove dalla formazione delle liste e dalla presentazione e verifica delle candidature, per sfociare nel procedimento di convalida degli eletti, di competenza -per quanto qui interessa -dei consigli regionali. Procedimento nettamente distinto e diverso da quelli, senza dubbio giurisdizionali, che potranno svolgersi, in seguito a ricorsi contro le operazioni elettorali, davanti ai tribunali amministrativi regionali, quali organi di giustizia amministrativa di primo grado, e poi, in sede di appello, davanti al Consiglio di Stato, ovvero, per questioni relative alla eleggibilit�, successivamente alla intervenuta convalida, dinanzi alla autorit� giudizi<'}ria ordinaria, attraverso ben tre gradi di giurisdizione. Il fine, cui la funzione degli uffici elettorali chiaramente � preordinata, .non � gi� di dichiarare o attuare nel caso concreto la volont� della legge, ma consiste piuttosto nel dare soddisfazione al pubblico interesse alla pronta costituzione, sia pure in una formazione provvisoria, che potr� in seguito subire dei muiamenti, delle Assemblee elettive degli enti regionali; ed a tale scopo essi pervengono -in esecuzione vincolata delle norme di legge -compiendo una serie di attivit� materiali e di conteggio, che, com'� stato anche recentemente ritenuto dalla Corte di cassazione, in relazione agli analoghi uffici istituiti per le elezioni politiche, sono semplici operazioni amministrative, dalle quali esula un momento suscettibile di configurarsi come pro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO priamente decisorio. Potrebbe sembrare, a prima vista, fare eccezione quel riesame delle schede contenenti voti contestati e provvisoriamente non assegnati, a conclusione del quale � l'ufficio ... tenendo presenti le annotazioni riportate a verbale e le proteste e i reclami ,presentati in proposito, decide, ai fini della proclamazione, sull'assegnazione o meno dei voti relativi >>. Ma -anche a prescindere dal rilievo che, nella specie, la questione di costituzionalit� � stata sollevata nel corso della fase terminale, prevista dall'ultimo comma dell'art. 15 della legge del 1968, che � di mera e stretta esecuzione di operazioni gi� effettuate dall'ufficio regionale -l'eccezione � soltanto apparente. Infatti, il compito di decidere, per intanto ed in linea provvisoria, sulle schede contestate e non assegnate, � attribuito agli uffici elettorali all'unico scopo di pervenire al pi� presto alla proclamazione (a sua voJta, provvisoria anch'essa) degli eletti, affinch� i consigli siano posti in grado di insediarsi ed iniziare il proprio funzionamento. Ed � superfluo soffermarsi a sottolineare quanto circoscritto sia anche siffatto compito, eventuale e puramente strumentale, spettante agli uffici elettorali circoscrizionali, dal momento che rimangono sottratte al riesame le schede contenenti voti del pari contestati, ma -diversamente da quelli -tuttavia assegnati dagli uffici di sezione. N� pu� trascurarsi, infine, la considerazione, sulla quale ha insistito, specie nella discussione orale, la difesa dello Stato, che le operazioni elettorali successive alle votazioni e culminanti nella proclamazione degli eletti non possono, per loro natura, subire sospensioni di pi� o meno lunga durata, n� il loro compimento pu� essere procrastinato a volont� dagli uffici elettorali, come accadrebbe ove questi fossero -in contrasto con tutti i rilievi che precedono -considerati giudici, legittimati pertanto a porre questioni di legittimit� costituzionale a questa Corte. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 217 -Pres. Mortati Rei. Amadei -Angelino (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Reato -Reati e pene -Reato continuato -qmitazione a pi� violazioni della stessa disposizione di legge -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., art. 3; c.p., art. 81 cpv.). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 81, capoverso, c.p., nella PARTE I, SEZ. I, GIURIS. �COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 109 parte in cui limita il beneficio detia continuazione a pi� violazioni della stessa disposiziolfl,e di legge (1). (Omissis). -La questione sottoposta all'esame della Corte, con l'ordinanza del 27 agosto 1970 del tribunale di Orvieto, � se l'art. 81, cpv., c.p., nella parte in cui limita il beneficio della continuazione �a pi� violazioni della stessa disposizione di legge�, contrasti con l'articolo 3 della Costituzione. Detta ordinanza trae� motivo dall'applicazione che la Cassazione fa, nel caso di concorso di reati di falso materiale e falso per soppressione, della interpretazione data alla formula usata dal legislatore � pi� violazioni della stessa disposizione di legge �, come � pi� violazioni della stessa norma incriminatrice comprensiva delle norme generali e speciali che aggravano o attenuano il reato in essa contemplato, ovvero da quello di consumato in tentato >>. La questione non � fondata. 1. -Il codice vigente ha unificato nella determinazione degli effetti giuridici le due forme di concorso di reato: formale (unicit� di azione o d'omissione e pluralit� di violazioni simultanee di legge penale) e materiale (pluralit� di azioni o di omissioni e pluralit� di violazioni di legge penale), applicando per entrambe il metodo del cumulo materiale delle pene. � noto che la figura del reato continuato si impernia sui seguenti elementi costitutivi: a) pi� azioni od omissioni esecutive. Il che tuttavia non esclude, in base alla interpretazione giurisprudenziale fatta propria da questa Corte (sentenza n. 9 del 1966 e ordinanza n. 12 del 1969), la ipotizzazione del reato continuato anche� se le violazioni siano effettuate con una sola azione od oinissione (conco11so formale); (1). Per l'interpretazione giurisprudenziale deM'art. 81 cpv. c.p., nel senso indicato dalla sentenza: Cass., Sez. II, 17 marzo 1971, Marchetto, in Cass.. pen., 1972, 565, con nota di richiami; Cass., Sez. VI, lo marzo 1969; Magliano, e Cass., Sez. VI, O febbraio 1969; Mavolo, in Cass. pen., 1970, 445 e 446 con ampi richiami di giurisprudenza e dottrina. In parlicOllare, sulla contin:uazi01ne in itema di reati di falso: Cass., Sez. VI, 31 marzo 1971; Macchiati e Cass., Sez. VI, 12 febbraio 1971; Vendrainin, in Cass. pen., 1972, 564 e 565. La precedente sentenza della Coote 8 febbraio 1966, n. 9 in <tema di reato continuato con umcdt� di azione od omissione, � pubblfoa<ta in Giwr. cost., 19.66, 106, con nota di VASSALLI, Concarso formale omogeneo e reato contin'UD,to. llO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO b) unicit� del disegno criminoso; c) pi� violazioni della stessa disposizione di legge. 2. -La questione di legittimit� costituzionale sulla quale la Corte � chiamata a decidere, investe quest'ultimo elemento ed � cosi rappresentato : il riferimento alla stessa disposizione o norma di legge fa si che il concetto di continuazione improntato al favor rei, viene disatteso nei casi in cui si hanno figure distinte di reati che pur presentano elementi comuni e la cui separata considerazione non corrisponderebbe ad un sostanziale diverso apprezzamento della fattispecie. Con la formula � pi� violazioni della stessa disposizione di legge � non sarebbe pertanto consentita una interpretazione diversa di quella data dalla Corte di cassazione, mentre si sarebbe dovuto comprendere nel reato continuato anche una �pluralit� di violazioni di diverse disposizioni di legge� purch� riguardanti fatti aventi caratteri fondamentali comuni. Gli esposti argomenti non valgono ad evidenziare, sul piano del diritto vigente, la denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione. Premesso che non pu� essere considerata restrittiva della espressione usata dal legislatore, la giurisprudenza della Corte di cassazione quando intende la formula �medesima disposizione di legge � come � stessa norma incriminatrice � comprensiva di tutte le altre norme che rispetto ad essa hanno carattere integrativo e complementare, giova ribadire come la stessa interpretazione giurisprudenziale abbia esteso la portata dell'art. 81, cpv., c.p. stabilendo che, ove sussista la identica unit� di disegno criminoso, il trattamento del reato continuato debba comprendere anche la ipotesi in cui sia stata una sola azione a produrre pi� violazioni della stessa norma, poich� la legge parla di pi� azioni od omissioni non nel senso che debbano essere plurime, ma in quello che possono essere anche pi� di una. Potr�, se mai, il legislatore nella sua discrezionalit� e valutazione politica, allargare la sfera di applicazione dell'art. 81, cpv., c.p., ma, de iure condito, � da escludersi che detto capoverso contrasti con la norma costituzionale che si assume vulnerata. 3. -In tema di valutazione del princ1p10 di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., pi� volte questa Corte si � espressa nel senso che detto articolo mira ad impedire che a danno dei cittadini siano dalle' leggi disposte discriminazioni arbitrarie, senza che la disposizione obblighi il legislatore a fissare per tutti una identica disciplina; per cui gli � consentito di adeguare le norme giuridiche ai vari aspetti della vita sociale e, in conseguenza, di dettare norme diverse per situazioni diverse. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE lll Tale principio rientra nel piano di una inderogabile esigenza di logica legislativa. Un ovdinamento che non distingua situazioni da situazioni e tutte le consideri allo stesso modo non � nemmeno pensabile: finirebbe col non disporre regola alcuna. L'impostazione � valida non soltanto per il principio di uguaglianza in genere, ma per ogni norma in cui il principio di uguaglianza venga in questione, anche in una sua applicazione particolare (sentenza n. 64 del 1961). Il fatto che il legislatore abbia inteso dare al concorso di reati un diverso aspetto giuridico agli effetti della pena, distinguendo quando si deve far luogo al criterio generale del cumulo materiale e quando si deve far luogo al previsto criterio particolare del cumulo giuridico, non pone in essere discriminazioni ai sensi dell'art. 3 della Costituzione in quanto l'istituto trova applicazione nei riguardi di tutti coloro che si trovino nella situazione o condizione prevista. 4. -Nel caso del falso, che � quello in cui il giudice a quo � chiamato a decidere e che l'ordinanza segnala come caso in cui emerge la pretesa illegittimit� della norma, esiste una obiettiva e ontologica differenza fra il falso materiale e quello per soppressione. Trattasi di reati che presentano una identit� del bene 'giuridico foso (fede pubbUca), ma una diversit� di elementi sostanziali che ne variano il contenuto specifico. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 218 -Pres. Mortati -Rel. Verzl -Prestdente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Trentino-Alto Adige e Presidente Provincia di Bolzano (avv. Giannini, Guarino) e viceversa. Trentino-Alto Adige -Competenza in materia di protezione della flora� e della fauna -Legge sul Parco Nazionale dello Stelvio Nuova normativa statutaria -Inammissibilit� delle questioni. (1. cost. 10 novembre 1971, n. 1, artt. 11, 56; 1. reg. 18 gennaio 1972). Sono inammissibiii, per effetto delle sopravvenute mod.ifiche statutarie deUa Regione Trentino-Alto Adige: ii ricorso� deHo Stato� contro la legge� regionale suita ristrutturazione del Parco Nazionale dello Stelvio, che non pu� essere pi� promulgata; il rico'l'so della Regione contro l'atto di rinvio del Governo, pe'I' sopravvenuto difetto di interesse; il 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricorso deHa provincia di Bolzano contro lo stesso atto per difetto di competenza attuale al momento del rinvio (1). (Omissis). --2. -Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso avverso il disegno di legge �Ristrutturazione del Parco nazionale dello Stelvio�, riapprovato dal Consiglio regionale TrentinoAlto Adige nella seduta del 18 gennaio 1972, denunziandone la illegittimit� costituzionale nel suo complesso e nelle singole disposizioni. Con ricorso congiunto dell'8 marzo 1972, il Presidente della Regione Trentino-Alto Adige e quello della Giunta della Provincia di Bolzano hanno sollevato conflitto di attribuzione in merito al provvedimento con cui il Presidente del Consiglio dei ministri rinviava a nuovo esame il suindicato disegno di legge, approvato nella seduta del 7 dicembre 1971. La Corte osserva che il disegno in esame � stato approvato quando era in �-vigore l'art. 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, che attribuiva alla Regione la potest� di emanare norme legislative nella materia �di apicoltura e di parchi per la protezione della flora e della fauna�, comprensiva, secondo la Regione, anche della disciplina del Parco nazionale dello Stelvio. Nel frattempo � intervenuta la legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 5 gennaio 1972 ed entrata quindi in vigore il 20 gennaio successivo, la quale legge, modificando l'art. 4 sopraindicato, ha trasferito alle Provincie di Trento e di Bolzano la potest� legislativa nella stessa materia di �alpicoltura e di parchi per la protezione della flora e della fauna� (art. 11). Orbene, la sopravvenuta modifi-ca statutaria fa s� che il disegno di legge regionale non pu� pi� essere promulgato n� assumere forza . di legge, come � desumibile dalla norma transitoria per cui, � nelle materie trasferite�dalla competenza della Regione a quella delle Provincie, le leggi regionali, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi fino a quando non sia diversamente disposto con legge provinciale � (art. 56). Ed alla data del 20 gennaio 1972 il disegno di legge in esame non era ancora �legge vigente�. � Per quanto sopra esposto, la Provincia di Bolzano non era legittimata a proporre ricorso, non avendo ancora competenza nella materia nel momento del rinvio per nuovo esame della legge regionale. Ed inoltre, sia lo Stato, sia la Regione non avevano, nell'atto in cui li proponevano, alcun interesse ai rispettivi ricorsi. Questi, quindi, devono essere dichiarati inammissibili. -(Omissis). (1) Per un analogo caso di pronuncia di inammissibilit� del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse: Corte Cost., 15 marzo 1972, n. 44, in Foro it.. 1972, 1886, con nota di richiami. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 113 CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 219 -Pres. Mortali -Rei. Bonifacio -Presidente Regione Toscana (avv. Cheli) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordina:rio -Beni forestali -Approvazione di vincoli -Spettanza allo Stato. (1. 16 maggio 1970, n. 231, ai�t 11). Prima dell'effettivo trasferimento alle Regioni a statuto ordinario deHe funzioni amministrative gi� statali, lo Stato ha conservato, sui beni forestali, la pienezza dei suoi poteri in ordine all'imposizione di vincoU di tutela e di destinazione (1). (1) La precedente senteru:a 4 maggio 1972, n. 79 Cli.li la Corte si richiama � pubblicata in Sent. e Ord. Corte Cast., 1972, 314 e in Foro it., 1972, 1534, con ampia nota di richiami. CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 220 -Pres. Mortati -Rel. Crisafulli -Prestdente Regione Sicilia (avv. Maniscalco- Basile) c. Presidente Consiglio dei Ministri e Ministro del Lavoro (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Previdenza e assistenza sociale -Casse mutue malattie -Poteri di vigilanza e di nomina di amministratori e sindaci -Competenza dello Stato. (St. Reg. Sic. art. 17, lett. f, 20; d.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138). Spettano aHo Stato i poteri di vigilanza e di tut'e la sulle casse mutue provinciali malattia operanti in Sicilia: pertanto spetta allo Stato il potere di nominare i sindaci di tali casse mutue e non spetta al.la Regione siciliana il potere di scioglimento e di nomina dei commissari delle casse (1). (1) Ln dottrina, sulla struttura delLe federazioni d�lle casse mutue ma1ait:bie per i colitivatori d�retti, per gli artigiani e per gli esercenti di attivit� comrnerdali: PASTORI, Previdenza sociale, in Archivio ISAP, 1962� e COLOMBO, Amministrazione sociale, Milano, 1966. La IJIDecedente sen1ieru;a 21 gennaio n. 3 del 1967 cui la Corte fa riferimento � pubblicata in Giur. Cost., 1967, 37. 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. -Come detto in narrativa, con il primo ricorso, il Presidente della detta Regione impugna due decreti del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, con i quali sono stati nominati alcuni sindaci delle Casse mutue provinciali di malattia per gli esercenti attivit� commerciali di Palermo, Agrigento ed Enna, rivendicando la relativa competenza alla Regione, previa -occorrendo -risoluzione della questione di legittimit� costituzionale dell'art. 22 della legge� 27 novembre rn6o, n. 1397. Il secondo ricorso, proposto viceve!'sa dal Ministro per il lavoro, all'uopo delegato dal Presidente del Consiglio, si riferisce al decreto 19 febbraio 1972, con il quale l'Assessore regionale per il lavoro e la cooperazione ha sciolto la Cassa mutua malattia artigiani della Provincia di Catania nominando ad essa un commissario straordinario. Anche ai fini della decisione di tale conflitto sono sollevate, dalla resistente difesa regionale, questioni di legittimit� costituzionale di talune disposizioni della legge 29 dicembre 1956, n. 1533 (ed in particolare degli artt. 7, commi secondo e terzo, 12, commi secondo, terzo e quarto, e 18, comma primo). Il terzo ricorso, infine, proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, trae origine da una circolare diramata in data 13 gennaio 1972 dall'Assessorato regionale e indirizzata, tra l'altro, ai presidenti delle Casse mutue malattia dei coltivatori diretti, degli artigiani e degli esercenti attivit� commerciali operanti nell'isola, nonch� alle rispettive Federazioni nazionali, ed ha per oggetto la competenza alla vigilanza sulle menzionate Casse mutue provinciali siciliane. Ancora una volta la difesa della Regione solleva questione di costituzionalit� di una serie di disposizioni delle leggi sopra rammentate e della legge 9 gennaio 1963, n. 9, relativa alla previdenza dei coltivatori diretti, nonch� del d.P.R. 28 febbraio 1961, n. 184, contenente le norme di attuazione della citata legge n. 1397 del 1960. 3. -Vanno preliminarmente disattese sia l'eccezione di inammissibilit�, per difetto di interesse, adombrata nel primo giudizio dalla difesa dello Stato, sia quelle opposte dalla difesa regionale avverso i ricorsi statali negli altri due giudizi i cui termini essenziali sono stati test� riassunti. Ed invero, quanto alla eccezione dell'Avvocatura dello Stato, peraltro non formalizzata nelle conclusioni, � agevole rilevare che la Regione non pu� dirsi carente di interesse sol perch� le nomine dei sindaci alle Casse provinciali esercenti attivit� commerciali devono aver luogo su designazione vincolante della Federazione, sussistendo del pari l'interesse della Regione alla tutela della asserita propria competenza, quale che ne sia poi, in pratica, l'effettiva portata. .PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 115 Quanto alla eccezione sollevata, invece, dalla difesa della Regione sLcHiana, nel secondo giudizio, non � esatto che, 'con il ricOl'so avverso il provvedimento di scioglimento della Cassa artigiani di Catania, lo Stato lamenti invasione della sfera di competenza di un ente pubblico distinto e diverso, e precisamente del�a Federazione nazionale Casse mutue malattia artigiani, poich� l'assunto del ricorso � che il detto provvedimento ha per conseguenza di sottrarre al Ministro per il lavoro il potere di decidere sui ricorsi gerarchici impropri che possano essere avanzati �contro lo scioglimento, a norma dell'art. 18, lett. f, della citata legge n. 1533 del 1956. N� il conflitto potrebbe ritenersi meramente virtuale, per non esservi stato, nella specie, alc�n ricorso avverso lo scioglimento, essendo evidente che, una volta adottato il relativo provvedimento dall'Assessore regionale, anzich� dalla Federazione, vien meno con ci� stesso 'la possibilit� di ricorrere al Ministro e quindi, pe�r logica conseguenza, a quest'ultimo risulta sottratto il potere conferitogli dalla disposizione di legge test� rammentata. Per quel che concerne, infine, il conflitto proposto dallo Stato in merito alla circolare dell'Assessorato (oggetto del terzo giudizio), deve rilevar.si che la prima eccezione di inammissibilit� del conflitto per mancanza nel Ministro di poteri di vigilanza sulle Casse, in quanto enti locali, attiene, in realt�, al merito e non pu� pertanto essere presa in considerazione in questo momento; mentre la _seconda eccezione va incontro a rilievi strettamente analoghi a quelli qui sopra accennati in ovdine al conflitto che forma oggetto del secondo giudizio: deducendosi, infatti, dallo Stato ricorrente invasione, da parte della Regione, dei poteri di vigilanza ad esso spettanti nei confronti delle Federazioni nazionali e delle Casse provinciali che le costituiscono. 4. -Nel merito, � da precisare, anzitutto, che, a norma del combinato disposto degli artt. 17, lett. f, e 20 dello Statuto, la Regione siciliana ha competenza legislativa ed amministrativa in materia di previdenza ed assistenza sociale (che � quella su cui incide l'attivit� delle Casse in oggetto e delle loro r~ederazioni); tale competenza, peraltro, oltre ad essere limitata dai �principi ed interessi generali cui si informa fa legislazione dello Stato�, deve contenersi -alla stregua dei criteri ripetutamente affermati da questa Corte -entro l'ambito del territorio regionale, per la soddisfazione degli interessi che a questo si riconnettono. In -conformit� a detti criteri, il trasferimento alla Regione delle funzioni amministrative �n materia, operato con il d.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138, ha avuto esclusivo riguardo alle attribuzioni, in� particolare di vigilanza e tutela, per l'innanzi esercitate da organi dell'amministrazione statale, concernenti enti ed istituti locali, compresi quelli consorziali, i quali svolgono sul territorio della Regione attivit� nelle 10 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO materie di cui all'art.. 17, lett. f, dello Statuto (art. 3 del d.P.R. n. 1138 ora citato). Vero �, bensi, che, in forza del successivo art. 4, la Regione ha altresl diritto ad essere � rappresentata � negli organi locali degli enti nazionali similari, ma questa norma non viene in considerazione nel presente giudizio, non avendo la Regione avanzato, con riferimento ad essa, alcuna pretesa. � da rammentare, infine, che, pur dopo il trasferimento delle funzioni e sino al 1966, la Regione non aveva comunque esplicato la sua �competenza legislativa sui settori di materia che formano oggetto delle leggi statali n. 1136 del 1954, n. 1533 del 1956 e n. 1397 del 1960, con le quali furono istituite -contestualmente -le predette Casse mutue di malattia e le rispettive Federazioni nazionali. 5. -Tutto ci� premesso, si tratta ora, di accertare se le Casse mutue provinciali di malattia per i coltivatori diretti, gli artigiani e gli esercenti attivit� commerciali siano da qualificare come enti locali, e cio� �di interesse esclusivamente regionale�, secondo la dizione usata nel Regolamento dei rapporti tra il Ministero per il lavoro e la previdenza sociale e il corrispondente Assessorato regionale siciliano, concordato tra le due parti il 15 settembre 1972 per dare attuazione al d.P.R. n. 1138 del 1952 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione del 30 settembre 1972, n. 45, ovvero siano integrate, pur con propria autonoma personalit� giuridica, entro le rispettive Federazioni nazionali. Con l'avvertenza che, ove�pure la prima alternativa dovesre rivelarsi -in ipotesi -quella esatta, la Regione non potrebbe rivendiicare per s� che le sole attribuzioni di organi dello Stato, direttamente riferentisi alle singole Casse provinciali operanti nell'isola, non rientrando certamente tra le funzioni trasferite dal d.P.R. n. 1138 del 1952 quelle prima di spettanza delle Federazioni, n� quelle �di organi dello Stato nei confronti delle Federazioni stesse. Queste ultime rappresentano, com'� stato rilevato in dottrina, un nuovo tipo di struttura previdenziale sui generis, a livello insieme nazionale e di categoria, ben diversa da quella a livello nazionale e funzionale, in precedenza attuata nel nostro ordinamento. La disciplina che ne danno le leggi rispettive, pur differendo in alcuni dettagli, rical�a sostanzialmente un medesimo schema, consentendo in questa sede, ed ai fini che ora interessano, un discorso unitario. Ed � subito da avvertire che tale schema � nettamente diverso da quello cui � invece informata la regolamentazione delle Casse di soccorso del personale dipendente dalle aziende ferrotranviarie, alle quali aveva riguardo la �sentenza n. 3 del 1967 di questa Corte, che ebbe ad affermare nei loro confronti la competenza della Regione sidliana: di guisa che il �precedente� non � fondatamente invocato, nell'attuale controversia, dalla difesa regionale. Le Casse autoferrotranvieri, sono, in PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 117 fatti, istituite dalle amministrazioni delle singole imprese ed operano limitatamente alla cerchia dei loro dipendenti; sono del tutto autonome l'una 'dall'altra e finanziate unicamente attraverso entrate che, per la loro natura e provenienza, non travalicano l'ambito delle imprese cui si riferiscono, 'senza che le condizioni dei rispettivi bilanci risentano dell'alea di gestione delle altre. Per contro, le Federazioni di cui � questione nei presenti giudizi sono finanziate in parte dai contributi degli iscritti, ma in parte anche dallo Stato, e la gestione del fondo di solidariet� nazionale, che le somme da queste erogate vanno a costituire, avviene sulla base del principio mutualistico, secondo piani stabiliti dagli organi centrali delle Federazioni stesse, tenendo conto, a fini e secondo criteri perequativi, delle esigenze delle singole Casse, le quali risultano perci� interdipendenti. Il regolamento delle prestazioni �bbligatorie � di competenza delle Federazioni, rimanendo affidato all'autonoma determinazione delle Casse locali soltanto quello delle prestazioni facoltative, pur sempre, tuttavia, anche qui, �entro le direttive delle Federazioni�. Gli organi di queste ultime hanno competenza ad approvare le pi� importanti deliberazioni degli organi di amministrazione delle Casse, a cominciare dai bilanci, e a decidere i ricorsi proposti avverso talune tra esse, ivi comprese quelle concernenti Je prestazioni dovute a�gli assistiti. Anche il regolamento del personale � deliberato dalle Federazioni, le quali hanno altres� una ingere.nza nella nomina dei direttori delle Casse provinciali: che deve essere sottoposta a controllo da parte della Federazione, per gli artigiani (art. 12, comma primo, lett. g), e comma quarto, della legge n. 1533 del 1956), ed avvenire alla stregua delle �norme� fissate dagli organi federali, per gli esercenti attivit� commerciali (art. 26, primo comma, lett. m, della leg.ge n. 1397 del 1960); mentre, nel caso dei coltivatori diretti, � addirittura effettuata da questi ultimi (art. 14, comma primo, lett. �, della legge numero 1136 del 1954). 6. -Cosi sotto l'aspetto organizzativo come sotto l'aspetto funzionale, si rivela perci� nettamente prevalente, nella disciplina delle Casse e delle rispettive Federazioni, l'elemento unitario su scala nazionale': rautonomia di cui le prime sono dotate si esplica, bensi, largamente, a livello soprattutto di azione amministrativa, nei rapporti esterni; ma � un'autonomia strettamente limitata dagli ampi poteri normativi e �di direzione, nonch� di riesame e controllo nei confronti di concreti provvedimenti, spettanti agli organi centrali delle Federazioni. Le singole Casse provinciali non sono, perci�, suscettibili di essere considerate �in s� e per s� �, come altrettante istituzioni locali, avulse dal complesso sistema in cui sono organicamente inquadrate. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 118 N� pu� fondatamente dubitarsi della costituzionalit� della normativa a suo tempo dettata dalle leggi statali che le hanno in tal modo configurate, attribuendo tra l'altro alle Federazioni gli svariati poteri cui si � sopra accennato. Ed invero, fermo restando. che, come rilevato dal punto 4, la potest� legislativa della Regione siciliana di cui all'articolo 17 dello Statuto incontra il limite dei principi ed interessi della legislazione statale, sta di fatto che, al momento in cui quelle leggi furono emanate, la Regione non aveva posto in essere alcuna diversa disciplina della materia. Di guisa che lo Stato conservava la pienezza della propria potest� legislativa e poteva validamente esplicarla sull'intero territorio nazionale, nei modi e con i contenuti ritenuti politicamente pi� opportuni. N� la situazione pu� dirsi mutata a seguito delle leggi regionali n. 30 e n. 31 del 1966, come meglio si vedr� appr'esso . .$ono perci� manifestamente infondate le questioni di legittimit� costituzionale sollevate incidentalmente dalla difesa della Regione nei confronti delle disposizioni delle leggi nazionali (non sempre, d'altronde, specificamente indicate) che concorrono a determinare la struttura territorialmente articolata, ma sostanzialmente unitaria, delle tre Federaziooi. Dalle considerazioni fin qui svolte consegue che il ricorso regionale contro la nomina da parte del Ministero per il lavoro di alcuni sindaci di Casse provinciali siciliane per gli esercenti attivit� commerciali, oggetto del primo giudizio, deve essere respinto; mentre vanno accolti, all'inverso, quelli p:mposti dallo Stato contro il provvedimento di scioglimento della Cassa artigiani di Catania, adottato dal- l'Assessore regionale per il lavoro, e contro la circolare dell'Assessorato medesimo che formano oggetto degli altri due giudizi. Non vale invocare in linea subordinata, come fa la difesa della Regione, le leggi regionali n. 30 e n. 31 del 25 novembre 19616 (della cui validit� non sorge adesso questione), giacch� l'essersi in tali leggi stabilita la possibilit� di controlli, peraltro non meglio specificati, dal- l'amministrazione regionale sulla gestione dei contributi finanziari dalla. stessa erogati -limitatamente, si badi, alle sole Casse artigiani esistenti in Sicilia, nonch� nell'ambito delle loro prestazioni assistenziali facoltative -non rappresenterebbe base efficiente per fondarvi il potere della Regione di impartire ad esse direttive, n� tanto meno quello di scioglimento e di nomina di un commissario, essendo questo ultimo un potere che, spettando per l'innanzi alle Federazioni, non era compreso, secondo si � detto al punto 3, nel trasferimento alla Regione, n� rientrerebbe comunque tra quelli di vigilanza e di controllo (sent. n. 164 del 1972). -(Omissi.s). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZION�LE E INTERNAZIONALE 119 CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, rl. 221 -Pres. Chiarelli -Rel. Mortati -Cioni (n..c.), Arcispedale S. Maria Nuova (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Corte Costituzionale -Giudizi di le~ittimit� costituzionale in via inci dentale -Questione sollevata dopo regolamento di giurisdizione Inammissibilit�. ('Cost .. art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; c.p.c., artt. 41, 367; 1. 15 luglio 1966, n. 604 e art. 1). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 deiza le�gge 15 luglio 1966, n. 604, recante norme� sui licenziamenti individuali, perch� sollevata dopo la proposizione del rego,lamento di giurisdizione nel giudizio a quo (1). (Omissis). -1. -Il ~retore di Firenze ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 deUa legge n. 604 del 1966 (che richiede la giusta causa per la validit� dei licenziamenti individuali dei prestatori d'opera nei rapporti a tempo indeterminato), nella parte in cui viene a limitare, secondo l'interpretazione datane dalla Cassazione, la competenza pretorile a conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione della legge stessa solamente-quando riguardano dipendenti da enti pubblici economici, escludendola nei �confronti di quelli appartenenti ad altri enti pubblici, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto induce a carico di questi ultimi l'onere di� far ricorso a rimedi giurisdizionali meno rapidi e pi� dispendiosi, e con violazione altresi degli artt. 4, 25 e 35 della� Costituzione. Ritiene il pretore di essere abilitato a sollevare� la detta que (1) Sulla sospensione ipso iure del giudizio per effetto della propo. sdzicme del regolamernto di giuriiSdizione: Casis., Sez. Un., 17 febbraiio 1965, n. 259 in Giust. civ., 1965, I, 666 e 11 dicembre 1950, n. 21705 in Foro it. Rep:, 1950, v. Competenza civ., nn. 450 e 451. Pienamente aderente alla giuriisprudenza de1ila Ooote 1n tema di rilevanza ('SeltlJ1;. 19 ~nnaio 1972, n. 7 e 19 aipriJ.e 1972, n. 63 in Sent. Or~. Corte Cost. 1972, 24 �e 238) � \l'accenno ail. di:Letto attuale di ri.levanza della questione !(l'roposta: ii1. Pretore potrebbe d�nf�tti trOV1arsi nella nece1ssit� di dare applicazione alla norma sospettaita di incostituzd01I11aUt� solo nella ipotesi di una pronuncia afiermartiva delJ.a giuxisdizione del gli:udice ordinario. La questione di iegittimit� costituzionale degli artt. 41 e 367 c.p.c., che la Corte neUa presente sentenza non ha esaminato perch� non ritualmente prospettata dall'ordinanza di rimessione, � stata poi specificamente sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza 10 febbraio 1971, in Giust. civ., 1971, III, 173, con nota. 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO BTATO stione (rilevante per il giudizio di merito) nonostante fosse stato in prec.edenza proposto dall'ente convenuto rico.rso per regolamento di giurisdizione, poich�, mentre tale ricorso non determinerebbe l'automatica .sospensione del corso della 'causa, la questione stes�sa deve ritenersi logicamente antecedente e prevalente, in quanto pregiudiziale, rispetto ad ogni altra. 2. -Le deduzioni dell'ordinanza per ultimo riferite circa l'ammissibilit� della questione non sono da accogliere. Infatti risulta dagli artt. 41 e 367 c.p.c. che la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Cassazione, per lo stesso carattere preventivo da essa rivestito, obbliga il giudice davanti a cui pende la causa a disporre, con ordinanza non impugnabile, l'immediata sua sospensione. Non � il caso di indugiare sui dubbi prospettati dal giudice a quo circa l'automaticit� delia sospensione e la sorte degli atti che fossero compiuti in deroga all'obbligo di disporre la sospensione stessa, poich�, comunque tali rilievi si apprezzino, � certo che il ricorso spoglia il giudice stesso di ogni competenza a conoscere o a disporre della o sulla questione giurisdizionale. Non � dubbio che richiedere alla Corte una pronuncia sull'eccezione di costituzionalit� costituisce atto d'esercizio di quella competenza, che � invece precluso. I Ci� ai '8ensi del citato art. 41, in ordine al qua,le non � stata sollevata alcuna eccezione di incostituzionalit�, tale non� potendosi riteI I I rn nere il generico accenno contenuto solo nella motivazione dell'ordi nanza in forma del tutto eventuale e senza alcuna indicazione delle norme costituzionali cui la disposizione stessa contrasterebbe. Il �carattere pregiudiziale attribuito all'eccezione �stessa avrebbe giust�ficato la sua proposizione in limine litis, e comunque anteriormente al ricorso per regolamento. Ma, una volta intervenuto quest'ul I timo, il potere ad essa relativo deve ritenersi trasferito alla Corte di cassazione. Da quanto precede si deve argomentare anche il difetto di rilevanza dato che la pronuncia che la Corte emanasse sulla questione nessun effetto potrebbe avere sull'ulteriore corso del �giudizio avanti al pretore. Infatti la prosecuzione del medesimo si renderebbe possibile esclusivamente in virt� del riconoscimento della giurisdizione che fosse fatto da parte della suprema Corte. -� (Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 ottobre 1972, n. 2914 -Pres. Rossano -Rei. De Santis -P. M. Tavolaro (conf.) -D'Ambruoso (avv. Leonetti) c. Ente di Sviluppo in Puglia e Lucania (avv. Stato Carafa). Competenza e giurisdizione -Agricoltura e foreste -Enti di sviluppo Assegnazione delle terre di riforma -Natura e contenuto dei rapporti con l'assegnatario. (1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 16, 17, 18 e 23; 1. 21 ottobre 1950, n. 841; 1. 29 maggio 1967, n. 379, art. 1). n contratto che ineris.ce aUa �Concessione o� che costituisce io strumento mediante ii quale La concessione si attua crea situazioni di diritto soggettivo in favore del concessionario, ma queste sit.uazioni mentre sono nei confronti dei terzi dei tutto inattaocabiii, costitiuendo diritti soggettivi perfetti, nei confronti detl'Amministrazione concedente sono subordinate al permanere deUa concessione, costituendo dei diritti affievoliti nei senso che, indipendentemente daUe cause di estinzione previste dal diritto privato e proprie dei rapp01-to instaurato co'lt ii contratto, la pubblica Amministrazione ha ii potere� di imporne� il sacrificio facendo venir meno ii presupposto costituito dalla concessione : fattispecie riguardante la posizione di un'CIJssegnatario cLi terreni da parte cLi un ente di sviluppo (1). (Omissis). -L'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania assegnava, nel 1960, a Cosimo (1) La importainz:a della sentenza di cui si tratta, che conclude conseguentemente affermamdo per la specie la giurisdizione del Consigltio di Starto, sta nel :rii.esame apipll'odlondito di tutti ~ a51P�1tti della qruestione con:s1deTarta alla str:eg.ua anche della legige n. 379 deJ. 1967 e della prr:ecedente giuri.spl'udenzia. Se ne ritiene pwci� opiportuna La p1UJbblicazione integirale. La sentenza 10 1dicem1bve 1959, n. 3527, rfohiamata in quella, di cui si tratta, trovasi pubbUcata dn Giust. civ. 1960, I, 495. In argomento ok. pure Oass. 10 luglio 1963, n. 1863, Cass. '29 ottob:r�e 19i6�3, n. 2887, Cass. 11 novembre 1961, n. 2644, Cass., Sez. Un., 22 a!Priile 19-60, n. 905, Cass. 19 ,gJ.ugno 1957, n. 2337 e Cass. 15 mru-zo 19'57, n. 914. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche l'avv. Carlo CARBONE. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO D'Ambruoso, in applicazione delle leggi di riforma fondiaria, un fondo esteso ha. 19.15.50 sito in agro del comune di Mottola, stipulando in data 16 marzo, con esso D'Ambruoso, un contratto denominato di assegnazione e vendita di terreni. Con provvedimento in data .2 maggio 1966, il presidente dell'ente anzidetto, rilevato che il D'Ambruoso aveva abbandonato il podere affidandolo a tal Giulio Fasano, il quale da oltre cinque anni lo conduceva a mezzadria, che pertanto erano venuti meno i presupposti per l'assegnazione, deliberava di revocarlo, disponendo il rilascio del terreno da parte del D'Ambruoso. Questi insorgeva contro tale provvedimento dinanzi al Consiglio di Stato denunziandone l'illegittimit� e chiedendone perci� l'annulJamento. L'Ente di sviluppo resisteva ed il Consiglio di Stato, �con decisione del 24 febbraio 1970 l"espingeva la domanda. Il O'Ambruoso ha proposto rkorso a queste Sezioni Unite denunziando, con unico mezzo, illustrato successivamente con memoria, il difetto di giurisdizione dell'organo della giustizia amministrativa. L'Ente di sviluppo resiste mediante controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Il D'Ambruoso sostiene, a fondamento del suo rkorso, che la posizione dell'assegnatario di terreni, in base alla legge 12 maggio 1950, n. 320 (colonizz�azione della Sila) ed alla legge 21 ottobre 1950, n. 841 sulla riforma fondiaria (cosiddetta legge stralcio) � quella di titolare di un diritto soggettivo perfetto, la cui tutela contro atti lesivi, secondo i noti criteri di discriminazione, spetta all'autorit� giudiziaria ordinaria e non agli organi di giurisdizione amministrativa, poich� la competenza di questi, salvo i casi di giurisdizione esclusiva, � ristretta al campo degli interessi legittimi. Ulteriormente sviluppando questo assunto, il D'Ambruoso ricorda che l'assegnazione in suo favore, in conformit� dell'art. 17 legge n. 230 del 1950, ha avuto� luogo con contratto di vendita, con pag�amento rateale del prezzo e con patto di riservato dominio a favore dell'Ente di sviluppo. Il rapporto instaurato in tale modo rientra perci�, ad avviso del ricorrente, totalmente nell'ambito del diritto privato., creando a favore suo un diritto soggettivo perfetto. L'inadempimento agli obblighi assunti dall'assegnatario pu� determinare la risoluzione del rapporto e conseguentemente l'estinzione del �diritto, ma in caso� di controversia tra le parti, la sussistenza della causa di risoluzione deve essere valutata unicamente dall'autorit� giudiziaria ordinaria, esclus�a ogni possibilit� di revoca unilaterale da parte della pubblica Amministrazione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 123 questo assunto non pu� essere condiviso. Nel ricercare quale sia la natura ed il contenuto del rapporto. che si instaura con l'assegnazione delle terre di riforma non si puo mvero prescindere da un punto fondamentale, che � il seguente: gli enti di riforma (ora enti di sviluppo) sono enti pubblici e, quello che ancora pi� conta, sono pubblici, i beni oggetto dell'assegnazione. I terreni, provenienti da espropriazioni in danno di privati proprietari sono infatti trasferiti agli enti anzidetti per il raggiungimento di fini di interesse pubblico e cio� dei fini propri della riforma fondiaria e di quella agraria, che, come � noto, sono fondamentalmente quelli della migliore ripartizione della propriet� fondiaria e della valorizzazione delle terre, attraverso una trasformazione delle colture. Sempre per il raggiungimento di tali finalit�, la legge prescrive �che l'assegnazione sia fatta in favore di lavoratori manuali della terra, entro tre anni dal giorno dell'avvenuta presa di possesso .da parte del- 1'.ente (artt. 16 e 20 legge n. 230 del 1950). Movendo dalle precedenti considerazioni (natura pubblica dell'ente che fa l'assegnazione e natura pubblica dei beni da assegnare) queste Sezioni Unite ritengono non potersi dubitare che alla base del rapporto in esame sia una concessione amministrativa, cio� un atto amministra tivo idoneo di per s� a costituire nuovi poteri e diritti che ampliano la sfera giuridica del privato concessionario, rispetto al bene che . � oggetto della concessione. Il fatto poi che la legge stessa jmponga di attuare l'assegnazione mediante un con.tratto qualificato di vendita, .introduce indubbiamente nel rapporto elementi privatistici ma non vale ad attrarre il rapporto stesso totalmente nell'ambito del diritto privato. Il contratto che la legge qualifica di vendita con pagamento ra teale e con patto di riservato dominio non � in fondo che lo strumento mediante il quale l'assegnazione viene fatta. Che si tratti di uno strumento proprio del diritto privato sarebbe addirittura assurdo contestare, � ugualmente certo che l'adozione di tale strumento comporti l'insorgere di situazioni riconducibili nell'am bito dei diritti soggettivi perfetti e ad un determinato momento, il definitivo trasferimento del bene nel patrimonio del privato e nella piena d~sponibilit� dello stesso, con il conseguente venir meno di ogni potere della pubblica Amministrazione su di esso. Ma fino a quando ci� non .si verifichi, la pubblica Amministrazione conserva i poteri che ha normalmente in caso di concessione, compreso quello di revoca, per esserne venuti meno i presupposti. Ci� del resto, per quanto attiene alla materia in esame, � conse guenza tanto necessaria quanto evidente del fatto che con l'assegna zione non si esaurisce la funzione dell'Amministrazione che, come si 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � gi� accennato, non � infatti soltanto quella della riforma fondiaria (migliore distribuzione della propriet� fondiaria) ma anche quella �lella trasformazione e del miglioramento dei terreni, che l'assegnatario ha l'obbligo di attuare mediante la creazione di appropriata impresa agraria, sotto la direzione e la sorveglianza dell'Amministrazione pubblica. Anche dopo l'assegnazione dunque resta all'Amministrazione una funzione da svolgere, funzione che caratterizza la sua ulteriore attivit� ed alla quale sono correlativi i poteri, che nella specie sono stati esercitati mediante la revoca della concessione. Si verifica cio� nel caso dell'assegnazione dei terreni di riforma quanto accade normalmente nelle ipotesi di cosiddette concessionicontratto. II contratto, che inerisce alla concessione o che costituisce lo strumento mediante il quale la concessione si attua, crea mtuazioni di diritto soggettivo in favore del concessionario ma mentre queste situazioni sono, nei confronti dei terzi, del tutto inattaccabili, costituendo cio� diritti soggettivi perfetti, nei confronti del!'Amministrazione concedente esse sono subordinate al permanere della concessione: sono perci� di diritti affievoliti nel senso che, indipendentemente dalle cause di estinzione previste dal diritto privato e proprie del rapporto instaurato con il contratto, la pubblica Amministrazione ha il potere di imporne il sacrificio, facendo venir meno il presupposto costituito dalla concessione. La disciplina positiva della particolare materia in esame non contrasta ma anzi pienamente conforta quanto innanzi si � esposto. Che il contratto di diritto privato sia un mero strumento per l'attuazione dell'assegnazione risulta invero testualmente dal disposto dell'-art. 17 legge n. 230 del 1950 che recita: � L'assegnazione � fatta con contratto di vendita... �. Che l'adozione di questo strumento non implichi disinteresse della pubblica Amministrazione per l'ulterfore sorte dei beni si evince poi da una serie di disposizioni, tra cui meritano particolare menzione quelle degli artt. 18, primo comma, e 23 della legge sopra citata (n. 230 del 1950). La prima norma stabilisce: �Nel �contratto (cio� quello di vendita, mediante il quale si attua l'assegnazione) � previsto un periodo di prova di tre anni sotto condizione dsofativa espressa�. La seconda prescrive che l'assegn1;1tario faccia parte per venti anni dalla stipulazione del contratto di vendita, di cooperative o consorzi promossi o costituiti per garantire l'assistenza tecnica ed economicofinanziaria alle nuove piccole propriet� coltivatrici. Per l'inadempienza a tale obbligo � sancita nel secondo comma dell'art. 23 la decadenza dall'assegnazione pronunciata dall'ente. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 125 Queste disposizioni sono tanto chiare da meritare assai breve commento. Occorre cio� soltanto osservare se l'art. 18 relativamente alla prescrizione del periodo di prova stabilisce che il mancato superamento di esso opera come condizione risolutiva espressa, tuttavia la terminologia adoperata non pu� significare che anche in proposito si sia voluto far ricorso ad uno strumento proprio dei negozi di diritto privato. Basti considerare che spetter� sempre all'ente che ha fatto l'assegnazione di 'stabilire se il periodo di prova � stato favorevolmente superato, con valutazione che, per la sua stessa natura, comporta apprezzamenti discrezionali. Il testo dell'art. 23 basta invece da solo a superare l'assunto del ricorrente secondo il quale, a tutto concedere, solo nei limiti temporali del periodo di prova, :potrebbe essere riconosciuto all'Amministrazione un residuo potere �di rimuovere l'assegnazione, facendone cessare gli effetti. La disposizione di legge in esame dimostra invece che il potere, connesso alla funzione relativa al promovimento della riforma agraria, perdura oltre il periodo di prova sino al definitivo trasferimento della propriet� del bene al privato. Nell'.esame della ,disciplina positiva della materia non vanno infine trascurate, ma h_anno invece anch'esse rilevante importanza, le norme che impongono la rateizzazione del prezzo con riservato dominio a favore dell'ente e vietano il riscatto anticipato (artt. 17 e 18 legge n. 230 del 1950). Queste disposizioni stanno anch'esse a dimo. strare che il legislatore, lungi dal disinteressarsi della sorte dei fondi nel tempo successivo all'assegnazione, ha voluto che questa non comporti l'immediato definitivo acquisto della propriet� da parte dell'assegnatario onde consentire che l'ente di riforma continui ad esercitare la funzione che gli � propria, relativa alla riforma agraria. Le norme sopra richiamate sono state peraltro modificate dalla legge 29 maggio 1967, n. 379 e da ci� la difesa del ricorrente ha tratto nuovo a.rgomento a sostegno della sua tesi, secondo la quale l'assegnazione attuata mediante contratto di vendita determina una situazione di diritto soggettivo perfetto a favore dell'assegnatario e fa venir meno .ogni potere dell'Amministrazione relativamente al bene assegnato. Senonch� la modificazione delle norme sulla riforma fondiaria, introducendo una deroga al divieto precedentemente stabilito dalla legge, non ha dato all'assegnatario una piena ed illimitata facolt� di riscatto delle annualit� previste dell'atto di assegnazione. Ha invece stabilito che il riscatto sia possibile solo dopo sei anni dall'ammissione in possesso e sempre 'Che l'assegnatario o l'avente 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO causa abbia adempiuto gli obblighi essenziali derivanti �dal rapporto di assegnazione (art. 1 legge n. 379 del 1967). Orbene se � innegabile che con le modificazioni introdotte si migliora la situazione dell'a..ssegnatario, consentendogli di diventare in tempo pi� breve titolare di un diritto di propriet� sul terreno, nondimeno le nuove norme confermano d'altra parte che la finalit� perseguita. dalla pubblica Amministrazione �, oltre che quella della riforma fondiaria anche quella della riforma agraria; pertanto il diritto di riscatto delle annualit� rimane ancora escluso per sei anni dall'ammissione in possesso ed anche oltre i sei anni, se non siano stati operati la trasformazione ed il miglioramento dei terreni. Ad ogni modo fino a quando il riscatto non sia stato esercitato, con il definitivo acquisto della propriet� da parte dell'assegnatario, restano pienamente valide tutte le ragioni innanzi esposte per dimostrare la persistenza del potere di revoca della concessione, nei limiti, si intende, risultanti dalla legge. Occorre a questo punto occuparsi, sia pur brevemente, di un altro argomento su cui viene fondata la difesa del ricorrente, che mostra di attribuire ad esso la massima importanza. Si sostiene cio� che questa Corte, con varie sentenze, per la maggior parte delle sezioni semplici, abbia gi� ripetutamente riconosciuto che la situazione dell'assegnatario � quella di titolare di un diritto soggettivo perfetto, e che costituisce pertanto una deviazione da tale indirizzo giurisprudenziale quello, assolutamente costante, del Consiglio di Stato, che si riconosce competente a decidere nelle controversie relative alla revoca dell'assegnazione. � chiaro �che quand'anche l'assunto del D'Ambruoso rispondesse ad esattezza, quand'anche esistessero precedenti decisioni favorevoli alla tesi che egli propugna nella presente causa, ci� non avrebbe esonerato la Co�rte dal verificarne la rispondenza ad esatti criteri giuridici. Tuttavia l'esame delle decisioni richiamate dal ricorrente porta ad escludere che se ne possa desumere argomento che giovi per la risoluzione della presente controversia in senso favorevole al D'Ambruoso. In nessuna delle sentenze anzidette, e, per quanto risulta, in nessun'altra decisione, questa� Corte ha avuto modo di occuparsi direttamente della posizione dell'assegnatario nei .confronti dell'ente di riforma (ora di sviluppo) che ha disposto l'assegnazione del fondo, poich� le controversie decise riguardano l'assegnatario e i terzi. In una sola controversia, quella decisa con sentenza n. 3527 del 1959, fu parte l'Ente di riforma, ma la disputa ebbe un oggetto del tutto particolare e tale da non consentire di desumerne alcun argomento utilizzabile nella presente causa. Un esattore delle imposte aveva infatti pi�gnorato per un debito di imposte dell'assegnatario il fondo che questi aveva ricevuto. Di qui l'opposizione, con la quale l'Ente deduceva la impi - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 127 gnorabilit� del bene ai sensi dell'art. 18, ultimo comma, della legge n. 230 del 1950. L'esattore promosse allora regolamento preventivo di giurisdizione e questa Corte decise che in effetti l'opposizione non potesse �ssere proposta per mancato adempimento del precetto del solve et repete, che, come � noto, � stato poi eliminato dal nostro ordinamento, per riconosciuta illegittimit� costituzionale. In detta sentenza si espong0tno � vero alcune considerazioni, in gran parte desunte da altra precedente sentenza (n. 2337 del 1957) circa la natura del rapporto cui l'assegnazione d� luogo ma, a parte la �circostanza gi� accennata della particolarit� dell'oggetto della controversia, alla cui decisione le anzidette considerazioni non erano neppure necessarie, sta di fatto che queste considerazioni, come tutte quante le altre contenute in altre sentenze (e particolarmente in quella n. 2337 del 1957) non si pongono in contrasto ma, anzi, confortano quanto innanzi si � detto circa il persistere di un potere della pubblica Amministrazione dopo l'assegnazione dei terreni di riforma. L'indagine compiuta da questa Corte era invero nei casi precedentemente risolti diretta soprattutto ad identificare la vera natura ed il contenuto del contratto di vendita mediante il quale si attuano le assegnazioni dei terreni di riforma. La conclusione raggiunta era quella che, malgrado la denominazione datagli dalla legge, si tratta di uno speciale negozio sui generis, nel quale ineriscono particolari finalit� di diritto pubblico, sicch� solo nella situazione finale prevista sono identificabili gli elementi propri della vendita. Che, trattandosi comunque di uno strumento elaborato sulla base di istituti propri del diritto privato, venisse riconosciuta all'assegnatario una posizione di diritto soggettivo era del tutto logico�, n� tale affermazione sembra da rivedere o modificare, ma soltanto da completare e chiarire nel senso che gi� innanzi � stato spiegato. Quello che importa � che dai precedenti giurisprudenziali di questa stessa Corte � facilmente desumibile il seguente concetto informatore delle decisioni adottate: che �con l'assegnazione fatta mediante contratto di vendita non si esaurisce cio� la funzione dell'ente di riforma, la quale perdura invece sino al definitivo trasferimento del bene, con la conseguenza gi� enunciata del persistere altresi del potere di incidere, con� atto amministrativo, nelle posizioni di diritto soggettivo che l'assegnazione mediante contratto di vendita ha creato a favore dell'assegnatario. Insomma non vi � ragione per negare che dal contratto di vendita con �cui si fa l'assegnazione sorgano diritti soggettivi a favore dell'assegnatario ma, come si � gi� detto, trattandosi di diritti la cui origine ed il cui fondamento � in una concessione, esisi sono subo:vdinati al permanere della concessione e vengono perci� meno con la revoca di questa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 128 Da tutto quanto innanzi si � esposto deriva, relativamente al problema della discriminazione della giurisdizione, che quando l'Amministrazione si avvalga del potere di revoca della concessione, la controversia determinata dalla contestazione che il privato muove sulla legittimit� della revoca stessa, rientra nella competenza giurisdizionale degli organi della giustizia amministr-ativa, anche se la decisione � destinata a svolgere altres� effetti nel campo dei diritti soggettivi nascenti dal contratto. L'estinzione di questi 1sar� invero semplice conseguenza dal venir meno della concessione che costituisce il presupposto del contratto, fermo restando che oggetto della controversia � la legittimit� della revoca della concessione amministrativa ri1spetto alla quale la posizione del concessionario non pu� essere che quella del titolare di un interesse legittimo. Quando viceversa la concessione non venga in discussione ma si contenda unicamente de.gli obblighi derivanti dal contratto, la competenza a decidere spetta �all'autorit� giudiziaria ordinaria. Nessun dubbio pu� esservi infine, e non � stato in realt� neppure prospettato, che nella specie non venivano in discussione inadempienze di obblighi nascenti meramente dal contratto di vendita: l'obbligo di coltivare direttamente il fondo, al pari di quello di far parte di cooperative o consorzi di coltivatori diretti non � infatti in alcun modo ricollegabile allo schema della vendita, sia pure con le peculiarit� gi� poste in rilievo. La questione invece riguardava il venir meno delle condizioni necessarie per ottenere e conservare la concessione di terreni dell'Ente �di riforma. Esattamente perci� ha deciso il Consiglio di Stato ritenendo che la controversia rientrava nella sua competenza giurisdizionale. Il ricorso del D'Ambruoso deve essere pertanto rigettato con la conseguente sua condanna alla perdita del deposito nonch� a rimborsare alla controparte le spese del presente giudizio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Uri., 7 ottobre 1972, n. 2918 -Pres. Stella Richter -Rei. Jannitti Piromallo -P. M. Tavolaro (conf.) Consiglio Superiore della Magistratura (avv. Stato Azzariti Giorgio) <1. Pone, Boccasini ed altri (n.c.). Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Atti del Consiglio Superiore della Magistratura riguardanti la convalida della elezione dei suoi componenti -Sindacato delPAutorit� giudiziaria ordinaria -Ammissibilit�. (I. 24 marzo 1958, n. 195, artt. 1, 4, 17 e 20). La deliberazione, co11i la quale il Consigiio superiore deUa magistratura, in sede di verifica dei titoli di ammissione dei C'ompo11ienti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 129 eletti dai magistrati e di decisione dei recl.ami attinenti aUe� elezioni, annuili nomine proclamate dali'ufficio elettomle centrale presso la Cort? di cassazione e proce.de ad aitre nomine interpretando le norme in materia, � soggetta al sindacato deH'autoritd giudiziaria ordinaria (1). (1) La impoirtante sentenza delle Sezioni Unite della Coil"te di Cassazione tirovasi p>UJbibUcata rper esteso in Foro it., 1972, I, 2762 COltl nota redaziooaile. Cass., :Sez. Un., 10. marzo 1971, n. 6�74, Cons. di Stato, 6 arp1ri'.Le 1971, n. 3, Corte Cost., 2 febbraio 1971, n. 12, 14 mag,gio 1968, n. 44 e 30 giugno 1964, n. �66, ricl�amaite nella SEmtenza, di cui si tratta, tirovansi pubblicate rispettivamente in questa Rassegna, 1971, I, 251; 1971, I, 808; 1971, I, 230; 1968, I, 353 e 1964, I, 985. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 ottobre 1972, n. 3082 -Pres. Gionfrida -Rel. Cusani -P. M. Trotta (conf.) -Martini (avv.ti Danesi e Riccio) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Tracanna). Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo -Cittadino italiano danneggiato da atti ablativi delle potenze nemiche -Diritto soggettivo all'indennizzo -Esclusione -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (1. 24 novembre 1948, n. 1493 e 1. 29 ottobre 1954, n. 1050). La posizione dei titolari di beni ed interessi italiani all'estero, perduti per l'applicazione� degli artt. 74 e 79 del Trattato di pace, non � diversa da quella degH altri danneggiati di guerra e quindi (fatta salva la diversa ipotesi dei beni situati in territori gid italiani e ceduti con il Trattato di pace) non assume la consistenza di diritto soggettivo n� riguardo alla concessione deU'indennitd o del contributo di ricostruzione n� riguardo alla determinazione della loro misura, ma � da configurarsi come interesse legittimo ed in quanto tale � susce-ttibile di tutela giurisdiz,ionale soltanto davanti agli organi della giustizia amministrativa (1). (1) Giurisrprudenza ,costante della Corte� di Cassazione e del CoIJJSiglio di Stato. Cfr. Oaiss., Sez. Un., 19 settembre 1967, n. 2183, in questa Rassegna, 1967, I, 964, Cass. Sez. Un., 5 agosto 1958, n. 2872, in Foro it., 1958, I, 1246 e Cons. Stato, 30 luglio 1965, n. 537, in Foro amm., 1965, I, 2, 952. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 130 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 novembre 1972, n. 3436 -Pre'S. Pece -Re.i. Miele -P. M. Secco (conf.) -Curatela del fallimento della ditta Formica Vito (avv. Cannizzo) c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Tracanna). Competenza e ~iurisdizione -Imposte e tasse in ~enere -Estimazione semplice -Concetto. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; t.u. 28 agosto 1877, n. 4021, art. 53; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). Si ha questione di estimazione semplice tutte le voite� in cui si controverte sulla sussistenza del cespite tassato oLtre che sulla sua misura, senza che occorra procede1�e ad esaminare e risolvere questioni giuridiche (1). (Omissis). -Preliminarmente il ricorrente curatore, in relazione all'attuale giudizio di cassazione, eccepisce la illegittimit� costituzionale degli artt. 375 e segg. c.p.c. e 138 disposizioni attuazione nella parte in cui si prevede che la Corte pronunzi in camera di consiglio su richiesta del P. M. o d'ufficio, ordinanza di inammissibilit� del ricorso o di rigetto di esso per mancanza di motivi. Tale eccezione, di �cui non si indicano le ragioni, non ha alcun rilievo nella presente controversia, essendo stata la causa chiamata all'udienza pubblica, onde non si ravvisa alcuna pregiudizialit� costituzionale all'attuale controversia (art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87). Il ricorrente eccepisce ancora la illegittimit� costituzionale dell'art. 379 c.p.c. nella parte in cui prevede che il P. M. espone le sue motivate conclusioni dopo la difesa delle parti, in quanto ci� sarebbe in contrasto con gli artt. 2, 3, 24 della Costituzione. L'eccezione � manifestamente infondata. Invero la circostanza che il P. M. concluda all'udienza dopo che le parti hanno esposte le loro difese, non importa menomazione alla difesa, vertendo la discussione (1) Giurisprudenza costante della Cm-te di Cassazione. Cfuo. per tutte da ultimo Cass., 24 aprile 1970, n. 2281 e Caiss. 13 maggio 1968, n. 1488", entrambe citate in quella, di cui si tratta, pubblicate rispeittivamente in Foro it., 1970, I, 1899 e in Riv. leg. fisc., 1968, 1'671. V. pure in ar<gomento I giudizi di costituzionalit� ed il contenzioso dello Stato nel quinquennio 1966-70, vol. II, 481-482. Si pubblicano tuttavia integralmente i motivi delila decisione petl'C:h� con �essa v:erigono dichiarate manifestamente infondate talune questioni di legittim1t� p!t'ospettate dal ric0ttenite circa La posizione del P.M. nel giudizio davanti alla Corte idi Cassazione, la esclusione dalla giurisdizione de:Ll.'Autorit� giudiziaxia ordinaa'ia delle contro'\'ersie relative ailla semplice estimazione dei redditi inonch� circa la nomina e ~a composizione del�le Clo:mmissioni tributarie. PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 131 del P. M. solo sui motivi proposti dalle parti o sui quali queste ultime hanno avuto la possibilit� di svolgere completamente le loro ragioni. llloltre l'art. 379 c.p.c. d� alle parti facolt� di presentare per scritto brevi osservazioni siulle conclusioni del P. M., onde, anche per tal via, sussiste ampia possibilit� di difesa. Il ricorrente deduce poi che la norma la quale prescrive che il P. M. debba assistere alla decisione della causa. (art. 380 c.p.c.) sarebbe in contrasto con gli ar.tt. 24, 104 e 108 della Costituzione. Anche questa eccezione � manifestamente infondata. Nell'ordinamento giudiziario (art. 76 del r.d..30 gennaio 1'941, n. 12) e nel codice di procedura civile (art. 379) � stabilito che nelle udienze civili della Cassazione intervenga il P. M., il quale deve anche assistere (art. 380 c.p.c.) alla deliberazione della sentenza. Si � gi� detto sopra che l'attivit� requirente del P. M. all'udienza non menoma in alcun modo le po8sibilit� di difesa delle parti intervenute nel giudizio. Va affermato che anche l'a�ssistenza del P. M. alla decisione della causa non pone affatto in posiz.ione di minorata difesa le parti alla decisione della causa. Il ricorrente deduce, che tale assistenza comporterebbe una menomazione del diritto di difesa, garantito in modo assoluto dall'art. 24 della Costituzione in ogni stato e grado del procedimento. Tale deduzione non pu� essere condivi�sa. Gi� questa suprema Corte, con seJ!tenza a sezioni unite del 4 ottobre 1969, n. 3176, ha giudicato manifestamente infondata tale eccezione. Con la predetta sentenza fu posto in evidenza la posizione di organo giurisdizionale super partes che �compete al procuratore generale che conclude in Cassazione essendo egli disimpegnato dalla titolarit� di una posizione soggettiva sostanziale e vegliando esclusivamente alla retta applicazione del diritto oggettivo. Ci� premesso, va rilevato che, pur accedendo ad una concezione ampia del diritto di difesa inteso come possibilit�, non solo di prospettare le argomentazioni a favore della propria tesi, ma anche di controbattere, con pienezza di cognizione, le argomentazioni delle controparti, tale diritto di difesa non resta menomato dall'assistenza del procuratore generale alla deliberazione della sentenza in camera di consiglio. Invero il P. M. non ha potere di intervenire alla deliberazione della decisione e la sua � assistenza � (art. 380 c.p.c.) non importa alcun potere di intervenire in alcun modo nella discussione che si svolge in camera di consiglio. Invero il termine � assistenza � va interpretato nel suo significato lessicale fondamentale di � presenza � e non gi� nell'altro signifrcato traslato di: �aiuto mediante suggerimenti, consigli od altro �, o ancor meno, in quello di � vigilanza � sulle operazioni di deliberazioni della Il 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURX DELLO STATO sentenza, il che costituirebbe un'ing.erenza illegittima sulla sovranit� delle deliberazioni dei giudici. Pertanto, come gi� sottolineato dalla citata sentenza n. 3176 del 1969, il procuratore generale, che non pu� modificare in camera di consiglio il parere motivato gi� da lui espresso nella pubblica udienza, assiste alla deliberazione della sentenza esclusivamente nell'interesse della legge al fine di integrare la conoscenza della giurisprudenza attraverso l'assistenza alla formazione della stessa. L'esposta eccezione di illegittimit� costituzionale prospettata dall'odierno ricorrente � quindi manifestamente infondata. Con il primo motivo il ricorrente deduce poi l'illegittimit� costituzionale degli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 53 del t.u. 28 agosto 1877, n. 4021; 22 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in relazione agli artt. 113, 2, 3, 24 della Costituzione in quanto tali norme, escludendo dalla competenza dell'A.G.O. le controversie relative alla �semplice estimazione dei redditi � comporterebbero una disparit� di trattamento in ordine alla tutela di diritti in materia tributaria. La dedotta eccezione � manifestamente infondata. Ha pi� volte affermato questa suprema Corte che le commissioni tributarie hanno natura giurisdizionale (Cass., 22 settembre 1970, .n. 1663; 22 settembre 1970, n. 165�9; 21 settembre 1970, n. 1652; 19 gennaio� 1970, n. 105; 20 giugno 1969, n. 2175). Da ci� consegue che, attribuendosi le questioni di estimazione semplice ad organo giurisdizionale diverso dall'autorit� giudiziaria ordinaria non si sottrae al cittadino la tutela giurisdizionale dei suoi diritti, secondo il precetto costituzionale dell'art. 113 della Costituzione. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l'illegittimit� costituzionale degli artt. 24, 25, 32 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; in relazione agli artt. 24, 102, 104, 108 della Costituzione, assumendo che i componenti delle Commissioni tributarie non si troverebbero in posizione di indipendenza. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l'illegittimit� costituzionale dell'art. 50 del r.d. n. 1516 del 1937, in relazione all'art. 50 della legge n. 1 del 1956 in quanto, attribuendo al Ministero delle finanze fa nomina del segretario delle commissioni tributarie, determinerebbe la nullit� delle decisioni di questa, nei casi in cui il segretario, nominato dal Ministero, sia un dipendente dell'Amministrazione finanziaria, subordinato al procuratore delle imposte. Le proposte questioni di illegittimit� costituzionali sono irrilevanti ai fini della decisione di questa controversia, in quanto attengono alla pretesa illegittimit� delle decisioni delle Commissioni tributarie, deci sioni che non hanno formato oggetto di impugnazioni in questa sede, avendo il ricorrente riproposta direttamente ad ex novo avanti al giu dice ordinario le questioni della illegittimit� dell'imposizione tribu-� PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 133 taria omettendo di impugnare direttamente avanti a questa suprema Corte la decisione terminale del giudizio avanti alle commissioni tributarie. Con il quarto motivo il ricorrente, den.unziando violazione e falsa applicazione degli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 53 del t.u. 26 agosto 1877, n. 4021; 22 del r.d.l. 7 ago.sto 1936, n. 1639 in relazione all'art. 360, nn. 1, 2, 3, 5, c.p.c. afferma che la Corte di merito ha erroneamente qualificata questione di estimazione semplice, e quindi sottratta alla giurisdizione dell'A.G.O., tutte le questioni sottoposte al suo esame, giacch� si sarebbe trattato invece non di questione quantitativa ma qualitativa, riguardante la corretta interpretazione ed applicazione di leggi, di regolamenti e di contratti. La censura � infondata. Invero, con la sua impugnazione al giudice ordinario il ricorrente aveva chiesto che si dichiarasse che, nei periodi considerati dagli accertamenti, i redditi oggetto dell'imposizione, non si erano prodotti, in quanto o la consegna dei lavori appaltati exa avvenuta in un momento successivo al periodo considerato, o il risultato economico era stato conseguito successivamente ai periodi stessi. Pertanto non �Si faceva questione se il reddito accertato fosse in astratto soggetto ad imposizione di ric�chezza mobile ma si affermava che, in concreto, il preteso reddito tassato non si era prodotto nel periodo considerato all'accertamento. Si era dedotta in tal modo, una tipica fattispecie di estimazione del reddito, avendosi questione di estimazione semplice, come ha precisato pi� volte questa suprema Corte (Cass., 24 aprile 1970, n. 1181; 13 maggio 1968, n. 1488) tutte le volte in cui si. controverte sulla sussistenza del cespite tassato, oltrech� sulla sua misura, senza che occorra procedere ad esaminare e risolvere questioni giuridiche. Pertanto il ricorso, essendo infondato, va rigettato con la conseguente condanna del ricorrente fallimento alla perdita del deposito e alle spese. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE {*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1972, n. 3218 -Pre8. Romano -Est. Novelli -P. M. Caristo (conf.) -D.I.L.C.A. S.p.A. (avv.ti Marinangeli e Andrioli) c. Ministero delle Finanze dello Stato (avv. Stato Savarese). Procedimento civile ~ Impugnazione -Morte o perdita della capacit� della parte dopo la pubblicazione della sentenza -Notifica della impugnazione nei confronti della parte costituita -Validit� Condizioni. (c.p.c., artt. 299, 328. 330). � ammissibile l'impugnazione notificata dopo la pubblicazione deHa sentenza al nome deila parte defunta o che ha perduto la capacit�, se cl.ella morte o degli aitri eventi di cui all'art. 299 c.p.c. il procuratore non ne abbia data comunicazione al soccombente (1). Indipendentemente dalla colpa del procuratore', la parte legittimata, che assume di non aver ricevuto l'atto diretto� a que�lla risultante tale in sentenza, ha la possibilit� di provare che la mancata ricezione � dovuta ad ignoranza colpevole dell'altra parte, risultando l'evento dagii atti processuaLi, cos� da rendere superfluo l'adempimento dell'obbligo di comunicazione da parte d.eZ procuratore presso cui doveva notificarsi l'impugnazione (2). (1-2) Nuovi' spunti in tema di validit� dell'impugnazione a nome della parte defunta o divenuta incapace dopo la pubblic'!lzione della sentenza. Con la sentenza in rassegna la Corte di cassazione, ancora una volta, si ocoupa. del tOII'mentato ;problema degli effetti SUil il:'la<pPQ'rlo processuale, sugli artti ad esso inerenti, e, I�ln particolare, sull'a<tto dd impu~ Ol!l:e, degli evienti dd cui alil'airt. 299 e.pie. avveratisi. in danno della parte vittoriosa dopo '1a pubblicazione della sentenz�a. Il travaglio della suprema Corte sulla questione dura ormai da oltre venti amni �IIl una materia cosi disartkolata 1quanto a[1�JdJa, ma importarnti-ssi! ma dal pU1nto di vista pra�tico, .come quella della interXIUZione del pa-ocesso. Le difficoot� sorgono dal fatto che il codice dd rito mentre detta una di:scipldJnia coono;iiuta per �il caso che la morte o la pEIDdita della capacit� (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche l'avv. Adriano Rossi. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CI-VILE 135 (Omissis). -Con il primo motivo la societ� DILCA denuncia la violazione degli artt. 159, 163, 164, 299, 324, 328, ultimo comma, 342 c.p.c. e 504, 2909 e.e. in relazione agli arti. 360, n. 3, e 4 C'.p.c. Con tale motivo la ricorrente, premesso che l'atto con U quale la soc. Fulgor venne incorporata dalla soc. DILCA � stato depositato e iscritto presso la cancelleria del tribunale di Milano il 12 gennaio 1968 e pubblicato sul foglio annunzi legali della provincia di Milano il 24 gennaio dello stesso anno, �deduce che l'atfo di appello dell'Amministrazione finanziaria, notificato il 14 febbraio 1968 alla Fulgor � affetto da nullit� .assoluta ed insanabile, in quanto notificato ad un ente gi� estinto e di conseguenza la �sentenza impugnata innanzi a questa Corte deve essere cassata senza rinvio. della pwte 1si avverino inel periodo che va da1 momento della notifica del- 1',atto iintrodJUttivo filno alla ohiuSIUl'a del1a discmssione davaintd al coll.e.gio (v. artt. 299, 300, 302 e ss.), pex l'ipotesi, iinwoe, in OU:i i suddetti eventi si avverino dopo tale momento si limita a staibildre: a) �Che J.'evernto non produce effetto interiruttivo e ohe iLa notificaziooe della ,sentenza � si pu� faire �, arnche a :nmma deJ.il'ar�t. 303, seooo::ido comma, a coloro ai quald. spetta di stare in giudizio (art. 286); b) che il termirne breve per dmrpugnaire � !interrotto e rfoomincia a decmreire dal mOOillento in cui ila notifica della sentenza, che pu� e1sseire fatta agli e11edi c0i11ettivaimente nell'ultimo dorniciilio del deiliUllllto, � l'imrnoV'. ata, e .che fil termine annuale di cui all'art. 327, � pro�lungato di 6 mesi, sempre che 1l':evento si sia verificato neil 2� semestre (art. 328); e) che il"atto di impugnazione pu� essel'e notificato, IOOi luoghi di cui all'art. 330, primo comma, coll.erttivaimente e :i;mperisonailmfill;te agili eredi della paT'te dedluinta (airt. 330, secoodo comma). Su .queste poche �e f:vamm.entarire norme la SUJprema Corte ha costruito ben qua�ttro � indir'izzi � che, come dn un'equazione, comprfill;dono due estremi e due mediani. I due mdirizzi estremi partano da una conc.ezione diviersa, anzi cootraipposta, deille fasi iin cui si articola il processo civile. Ritiene, il primo, che le fasi, �anzi i gradi del giudizio siano staccati e quindi dtstdnti ed autonomi tra lOT'o, s� ohe con la conclusione delila IJ["ima farse o, iin .gemere, di Uiilla fase, ila rparte diismette taile qualit� rper riacquir stairla con la notifica dell'atto di �impugnazione. Cessaino, alwes�, i poteri di rap'Pl'esentanza rdel prrocuratooe che, per .tale motivo, non ha il.'oibibUgo di comunfoaire aJJl'altra parte 1gili eivienti che OCJ�IPiscono iii. patrocinato. Alttesa l'aiutonomia tra le VlaT'ie faisi, J.'atto di impuginazione dev'essere diretto, a pena di nulilit� e quindi di !inammissibilit�, alla :persona l:eg1i.ttimata. Naturalmente la deteocmirnazione della 1egittimazfone dev'essel'e fatta con riferimento al momento deilila notifica deill'impugina2lione, si .che, �ve la pemoina che .sia 1stata pairte vittoriosa nella farse rprecedente, sia deiliul!lta o abbia perduto la capacit�, l'atto di appeno o il rico.rso rper Caissazione non possono e.sse11e diretti alila stessa, ma agli ere1di o al :nuovo rawresentante. (v. tra 1e altre Oass., 18 .gennaio 1962, n. 81, Giust. Civ., 1962, I, 222 co:n nota di BIANCHI D'ESPINOSA; Caiss., 29 novembre 1971, i!l. 3474). Il 1secondo indirizzo sostiene dl pdncilpio � deill'unirt� deil rappol'to p!l"ocessuaiLe, per cui il processo continua a sussistere Ulllko tra una fase e 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In proposito la ricorrente assume che non si pu� richiamare la giurisprudenza della Corte di cassazione per l'ipotesi di scioglimento delle societ� -secondo la quale fino a quando permangono debiti, la cancellazione della societ� dal registro delle imprese non fa venir meno giuridicamente l'esistenza dell'ente sociale ~ in quanto essa si � for mata con riferimento all'ipotesi di estinzione per scioglimento dove si verificano pi� successioni a titolo particolare, mentre nell'ipotesi di estinzione per incorporazione si ha una successione a titolo universale con cessazione completa dei diritti ed obbl�ghi della societ� incorpo rata e assunzione degli stessi da parte di quella incorporante. Con la conseguenza che i terzi sono posti immediatamente nelle condizioni di conoscere, in un giudizio, il nuovo titolare della legittimazione passiva. Neppure pu� invocarsi la sanatoria prevista dall'art. 156 c.p.c., in relazione alla notificazione della sentenza al procuratore gi� costituito perch� la nullit� dell'atto di appello denunciata non era suscettibile l'altra e, irn particolare, nel !Periodo dintermedio tra la sentenza di primo grado 'e l'iinsta'Uil'azione del giudizio d'appello � (Caiss., 6 lugiLio 1971, n. 2116). La persona che � stata 1PaT!te nel periodo .precedente conserva tale $Ua qualit�, imen1lrte �la Tappresentamza processuale del procuratore spiega eft (: fetto fino a quando l'altra parte non :Compia una notificazione conseguente ~ aJilia pubblicazione de1La sentenza, ,sia essa �quella sentenza medesima, sia ~ quella dell'atto di im!P'llgnazdone �. (Caiss., 18 ottobre 1950, n. 19<59, Foro it., 19<51, I, 454). ~ Da tali premesse wsoende, per la Corte, la CootSeguenza che i'l PTOCU~; ratore della paTte vittoriosa ha il.'oibbligo di comuni.care all'altra parte gli eventi che colpi�scono dl p!!!trocinato. I Ove a tale obbligo iJ. proourraitor:e non ottemperi, oppure ove gli eventi ~; di cui al.l'art. 29,9 non !risultino dail1a l'e1a1la di notifica dell'atto di impUigJn! l!Zione, bene e validamente il soccombente notifica la tmpuginazione stessa a nome delia parte defulnta o colpita nella caJpacit� � (v. oltre alle sentenze citate, Cass., 21 marzo 1970, n. 767; 24 febbraio 1966, n. 574; 28 settemb! I'e 19i62, n. 279-2). ll !PT�l!no indirizzo, � ovvio, sacrifica, quasi del tutto il diritto della parte soccombente, che � costvetta, in ogni caso, a p.r�eoOCUIParisi di ac ~ cerit!l!re che, per avventUTa, la parte vittoriosa IlJOil sia stata collpita da , < alcuno degli eventi di cui all'art. 29.9 e, nell'ipotesi di esito posi-tivo deil.l'iindag1ne, di afiarn:l!arsi ad ii.ndiviiduare e a i1'1cercare ,g�i eTedi o il ruuovo ~ Tarpp!resentanite del suo ex � aV'V1ersario. E i termini per l'impugnazione, sebbene interrotti o prolungati a norma dell'art. 328, non sempre si dimo Il strano sufficienti a�11o scopo, come aiprp0are evidente dal!1a tr:avagiliata esperdenza v~ssuta dalla Corte di cassazfone. ' A 'SUa volta il secondo indicr>izzo non tiene ccmto, o si preocC'Ulpa ben poco, dei di.!ritti del soggetto che subenitra alla ;par:te vittoriosa col1);>ita dagli eventi in questione, il quale soggetto un bel giorno pu� trovarsi davanti alla sorpr.esa di un giudizio svoltosi in SJUa assenza e di una Isentenza, efffoace nei suoi confronti, 1pronuncia1Ja a rua drnsaputa. Di qud il rkor:so a .soluzioni imeno &:-astiche, pi� vicine agli opposti imteressi del1e parti. .. II m rrlrft~IMtsiftlit:tt#i&illf.l~frrrriJii&TiwrJ&;lfiilillfr%�11r%t'�rlll!Jlll'''� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 137 di sanatoria tenuto conto che il procuratore si costitUl sempre in nome della Fulgor e non della societ� incorporante. Il problema che ne occupa -non potendosi nella presente fattispecie, come ha ben dedotto la ricorrente, far ricorso all'istituto della sanatoria -ripropone alla Corte, in via pregiudiziale, l'interpretazione di un complesso di norme processuali dalle quali trarre la regolamentazione degli effetti che produce la morte o la ,perdita della capacit� della parte costituita se avvenuta nel periodo successivo alla pubblicazione della sentenza ai fini della notificazione dell'atto di impugnazione. In proposito la Corte, nel corso �di pi� che un ventennale travaglio, ha seguito quattro indirizzi fondamentali: con il primo, ha .ritenuto &i � cosi venruta affermando, come dimostra J.a sentenza che si annota, che � la pi� recente, !�tl. secondo orientamento, ma cOIIl questi temperamenti (,che poi costituiscono il terzo e qUJarlo mdirizzo): a) iin mancanza della c01IX1unfoazfone del l(Woouratore ail.l'altra parte o di .certificazione dell'ufficiale �giiudiziaa:-io, l'appello, dil. ricOl'ISO per Cll!Ssazione ecc. sono considerriati validi e amrmssilbili q'UJalora il'altra parte non provi cihe iii. notificante ha j:gnmato l'ev;ento per colpa in g.enere o per colpa consistita nel non a.v;er rilevato J.'evento dalle ail.tre carte prooesSl\lali (v. per qruesto concetto di crurpa la sentenza che si commenta; v. pure Oass., 22 ottobre 1'971, n. 2917; 16 ottoW<e 1969, n. 3352); b) lin altre sentenze .la Corte di ca:ssazlione ha posito l'onere defila prova della buona :fiede, cio� della ignocanza incolpevol�e dell'evento a carico dell'impugnante (v. Ca:ss., 23 maggio 1972, n. J.605; 8 luglio 1965, n. 1424). II La soluzione del ptl'ob1ema ora dehla:JJeaito, ruota, com'� faciil.e constatare, attorno alla conoscenza, 1I1eJ.l'impugnante, dell'evento che ha coilpi.to l'�avver.sanio vittorioso dopo la pubbUcazione della sentenz�a. Nelil.'adoittarla fa suprema Corte si � certaJmente ii.srpfil-ata all'insegnamento del Chiovenda. L'Alutove, come ricorda l'ANDRIOLI (v. nota a Cass., 18 ottobre 1950, n. 1959, Foro it., 1951, I, 454), commentando l'orientamento della Suprema Corte sulila .questione che ne occUJpa, costante sotto il vigove del codice di rito aW<ogato neil. ritenere dm.valida l'impugnazione a nome delila parte defunta, (Cass., 6 marzo 1939, Foro it., Rep. 1939, proc. civ. nn. 217-220; Cass., 22 g.ennaio 1935 Faro it., iRep" Ca:ss. civ., 309) ll"avvfaa:va neil.La inaprpilicabilit� degli arlt. 33'2 e segg. cod. ci:v. 1865, dtsciipil.inanti la interruzione del rprocesso, una carattenistica della fase delJa Utisrp�endenza che va dalla pubbiLioazione della sentenza alla proposizione dell'impugnazione, ma se riteneva gi1lJsti!ficaibili che all'infuori delle norttne rpa:rticO!l.ari dell"art. 486�, non �si v.erifica:sse inteN.uzione, lamentava che � dorpo J.a publ:>ilicazione della sentenza se anche il fatto 1I1uovo (mor.te di una parte, cambd.a)mento dello stato, cessazione di ufficio) non v.i�ene notifi�caito, l'altra parte deve ugualmente tenerne conto, dove cio�, neil. continuare i suoi raipp<Y.rti con J.'avve11sario, dinig.ere i suoi atti (notificazione della sentenza, appello 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che tali eventi, se non comunicati dal procuratore con atto autonomo o all'ufficiale giudiziale che procede alla notifica, non interrompono il processo e che .quindi la notificazione, al nome del titolare del diritto risultante in sentenza, resta valida (v. tra le altre: sent. Cass�., 6 luglio 1971, n. 2116; 21 marzo 1970, n. 767; 9 ottobre 1969, n. 3240; 24 febbraio 1966, n. 574; 23 febbraio 1963, n. 436; 27 luglio 1954, n. 2753; 18 luglio 1950, n. 1959; 28 settembre 1962, n. 2792; 23 giugno 19�59, n. 1977; 19 ottobre 1957, n. 3971; 29 maggio 1954, n. 1753). Con il secondo ha invece considerato che gli eventi anzidetti, esaurita la fase processuale conclusasi con la sentenza, automatka ecc.) agli �eredi, al nuovo rapupresentante e cos� via (CHIOVENDA, Rapporto giuricido processuale e litispendenza, Riv. dir. proc. civ., 1931, I, 16). Il :fondamento positivo della 1I1JU01Va costruzione della suprema Corte poggia tutto suil. disposto dell'arl. 328 c.p.c. A differenza del coclice aib!rogato che alil'art. 468, attrdibuiva efficacia sospensiva del t�iI"ll�l!lie !P~ impugnare solo all'evento che, dO!PO la ipubbilicazione delila sentenza, aivesse colpito Ila !Pall'te socoomboote, il codice attuale, come � xicOIIlosciuto in rflutte le maissime su citate, riconnette all'evento lSilesso un effetto i:lliterrluttivo o prorogativo del termdne rpex impugnaire sia che esso colpisca il socoomboote, sia che ri1g;uardi iii. vi.111JCitoce (v. art. 328). Se cos� �, e i lavori preparatori conforterebbero tale intexpiretazi() llle (v. Cass., 1950, n. 1959 pi� volte citaita) � chiaro, si � detto, che la iLeggie vuole che ognuna delle parli .sta posta �IIl ~ado di sap�exe nei corufironti di �Chi si dovr� svolgieve l'evenrtuale giudizio d'!imjpugnazione. � Al triguairdo -dice Oarss., n. 1959, del i.950 -� patrtko1la.rmente significativa J.a noll'lma del primo comma dell'art. 328. Una volta, illlrfatti che iJ. vincitore ha :notifi.caito 1a ~ntenzia aJ. soccombente, ila morite o il cambiiamento di stato di lui non dOV111ebbexo ave.rie incidenza sulla decorrenza del teTlll.�Jne, gi�acch� egli ne.sSUltl atto deve pi� oompiere, a ddfferenza dell'allitra rparte cui spetta dli provvedexe a1l'i!!Illpuginazione. La necessi< t� ipairimenti sentita dell'dintem"UZione del rteTmine e della nuova notificazdone della sentenZJa, non pu� avooe �alJtra ~ustifi.cazione che nella :ri-00nosc�IUta esigerwa di 11endere noto al soccombente nei oon:flvonti di chi egli dovr� 1110tificare l'impugnazione�. La stessa giU1Stificazione avvebbe, secondo la Corte Supll'ema, il prolu. ngamento ~tutte iLe pairti del termiine (lungo di cui alil'art. 327 c.p.c1. Della 1stl'ag:rande maggioranzJa dei caisi l'atto di �impug�nazione, a: 111.oa:'lma delJ.'art. 330, primo CO!Illma, ultima parte, vi1ene notificato presso iJ. procuratore costituito. Si coffi!Prende allora come sia vera l'affermazione dell'~ diuoli (v. nota su citata) :liatta !P["Opda aJit1che dalla senitenm. in rassegna, secondo cui... �il deilicatissimo meccanismo ruota tutto attorno a~ proCUI" atore costituito '. Ln aJ.we parole hl v:edcofo principale attl'av:erso il quale viene iprocu: mta alla parte soccombente la conoscenza degli evienti che hanno colpito l'�altria !Parte � la comunicazdone di tali evooti fotta dal procumatore all'Ufficiale Giudiziario che procede a1la notifica dell'atto di impugnazione, OiplpJ\l!re dWettaimente alla parte soccombente. E secondo ila Corte il procuratol'e ha l'obbligo di furre tale comunicazione. NiegLi altra caisi (notifica dell'impug�nazione nella xestdenZJa dichiarata o :nel dom.Lcilio eletto neH'atto di notificazione della sentenza, OPIPlliI'e ~~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 139 mente interrompono il processo nonostante la presenza di un :procuratore gi� costituito per la parte che ha subito l'evento (v. Cas.s., 6 giugno 1972, n. 1745; 29 novembre 1971, n. 3474; 12 marzo 19>66, n. 717; 28 luglio 1951, n. 2190). Con il terzo ha operato un contemperamento al secondo indirizzo,. autorizzando la parte che avrebbe dovuto ricevere la notificazione di provare che l'errore era dovuto ad ignoranza colpevole (v. Cass., 22 ottobre 1971, n. 2977; 16 ottobre 19<69, n. 3352; 10 febbraio 1968,. n. 452; 8 marzo 1965, n. 500). Con il quarto infine lo stesso contemperamento� della giustificazione dell'errore per ignoranza � visto :eon prova a carico della parte che procede alla notifica (v. Cass., 23 maggio 1972, n. 1605; 8 lu notifica de11'aitto di impugnazione ail contumace o ailla parte costituita p011sona�lmente) H veicolo sairebbe costituito dalla certdficazdone dell'uf: fidale � gd,udiziairio. Certo lo sforzo della Suprema Corte per superare gli inconvenienti derivanti dalla trigdida applicazione dei ![>rindpi e per conciliM'e gli 0tpposti interessi, � notevoile e merita sen'altro aipproyaziorne. Ma ci� 111orn esime J.o studioso del diritto dall'oblbLigo di iriLevarre che l'edifido costruito, per i :fil!li indicati, pil"esenta delle ore11Je. Invero, IPOtreibbe accadere ~e per 1a vierit� accade moJ.to spesso), che l'atto di impugnazionJe sia notificato l'ultimo giorno o negli ultimi giorni del termine annuale di cui all'art. 327, non prorogato perch� l'evento si � avverato !t1el preo semestre. Dato il poco tempo a dis!Posiziorne H soccombente norn farebbe certamente iLn tempo ad individuare le !111UO'Ve persone legittilmate, e andrebbe sicUJI'lamente incontro ad 'Uilla dichiarazione di manurussibilita dell'im![>ugnazione. E ipotrebbe pure accadere, afJ'.lZi chi ha esperienza .giJudiz;iaxia sa che � noT1ma1e .che accada, che iii. IP!tlOcuiratore non comu:niclli e che l'ufficiale giudiziairio non certifichi gli eV1enti ilil questione. Sembra allora rperico!losoper non 1dire strano, affdaire la sorte di UIIl atto �di impugnazione aid un'indagilile, che ![JIU� rivelarsi estremamente difficoltosa e dubbia, sullo stato so~gettivo di buona o mala fede, di i�gnoranza colpevole o incol!Pevoile del soccombe111te. E �taccio deiLl'ipotesi, :molto probabile, dJn cui il soccombente sia l�egalmente a conoscenza dell'evento che ha col!Pito la ,pllJ!J:lte vittOTI�osa, ma ignori del tutto ubi sit an sit la pEIDsona cui spetta, per effietto delil.'event<> stesso, dli stare in giudizio. D'altro canto � piuttosto eccessivo ritenere �Che taile pelt'.sona, senza essere stata, come dO'Veva, !Parte ilil .giudizio, debba sottostair�e ad un girudicato rpro111u.ncctato a sua insaput� sol ip�erch� l'al!tra parte ha ignOi!'ato, sia pure senza colpa, :iii fatto nuO'Vo. Tutto l'edificio, poi, mirnaccia di oroil.1are quando si esaimini attentamente l'axt. 3�28 ~che, cOlffie si. � detto, costituisce il fondamento positiivo dell'attuale orctentamenfo della Corte di �cassazione) e si noti come lo scopo dell'iinteirruzione del termine 'bir�eve e d!l :pirolungamento del teTmine lUIIlgo runche nel caso in cui ad essere colpita � la parte vittoriosa, pu:� anche non essere quello di procurare alla parte soccombente che deve procedere ailil'!Lmpug.nazfone � la conoscenza � dell'evento e quindi di sapere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 140 glio 1965, n. 1424; 7 agosto 1963, n. 2220; 29 aprile 1959, n. 1284; 10 ottobr:e 1958, n. 3194; 19 luglio 1957, n. 3048; 28 aprile 1956, n. 1305). Tali perplessit� chiaramente dimostrano che l'elemento letterale e quello logico dell'interpretazione dell'art. 328 c.p.c., con riferimento in particolare agli artt. 286, 300, 330 e 299 e alle norme relative alla citazione, all'impugnazione e alla notificazione della sentenza e all'interruzione del processo, possono, con uguale plausibile successo, essere utilizzati per giustifi:care sia il primo che il secondo indirizzo ancorch� antitetici: meno semplice � l'utilizzazione dei pi� comuni elementi interpretativi per giungere al terzo e quarto indirizzo. Ma con la normativa a disposizione, � doveroso affermare che tutta la questione � stata e va vista in ragione dell'evidente portata a ,chi deve indirdzzare :l'atto, ma sempilicemenite quello di consentire ai nuovi ;Legittimati dli valuta:re se sussiste un loro irnte:vesse all'impugnazione rdelila IPllir fuvo:revo1e sentenza. E tale dQliteripretazi-OltlJe tar�.to pi� sembra vaHda in quanto il:a :noti.fica della sentenza fa decOlt"reTe, CO!lll'� giuri. sprudenza costante (v. Caiss., 4 giugno 1965, n. 1210), il terirniine peo:-la impugnazione non solo per il notilkando, ma anche per il notificante (sul punto v. in dottrina LASERRA, � Ecletticit� della interruzione del termine di impugnazione �, irn Giur. it., 1960, �I, 2, p. 748). Ai rilievi test� fatti bisogna poi aggiiungere la cOIJJsiderazione, non oeiDto 'll!1tima in mdine di :importanza, che molto diff�cilmenrt;e sembra ipotizzabi'.Le, sulla base dei principi, una ultrattivit� del portooe di rappresentanza processuale del procuratore e quindi, addirittura, un obbligo dello stesso di fare aJil.'altra parte le comunfoaziom di cui so.pra si � detto. E la stessa Corte di cassa2�ione, irn alLcune sentenze ha escluso tassativamente la sussistenza di ta~e ultrattivit� (Cass., 29 novembre 1971, n. 3474). VaU,e la pena allora di esaminare 1su basi nuove fa questione per vedere se gli strumenti off�erti dal codice di rito non auto:dzzi,no una diversa soluzdone del prroiblema. III � dndubibio che l'atto dd dmpugnazdone notificato a nOlllle di perisona defunta o div;en1uta incapace dopo la pubblicazione della sentenza sia nultlo. Dirfettano, invero, 1 presu(plposti dell'eSI�Jstenza stessa della persona e della ,capacit� di agiire inel processo, che sono condizdOl!ll� per ila vaiLiida costirtuizione. del rappo:rto processuai1e. Ma � sopratutto da un punto di vilSlta fomnale ohe l'atto � I11Ullo giacch� esso non contiene hl. veqU:isito di cui al n. 2 deLI'art. 163 c. p. c.. Ln linea d:i pirlincdJpdo il vizdo di nuLlit� della citazi-Oil!e � suscettibile di sanatoria ai sensi degli artt. 156 e ss. e ai sensi dell'art. 164 c.p.c. Tale sanatocia, che di regola viene operata attraverso la r1D;IJ:ovazione dell'atto (per l'ilm(pugnazdone v. per�, gli arrtt. 358 e 387) o attrav;eTso la costi-tuziOQlie dei!. convenuto, opera ex nunc per la iragli-One che l'ul1Jimo ,comma dell'art. 164 fa satlvi i didtti anteidormenrte que1sditi (v. Oass., 4 settembre 1956, n. 3175; 6 luglio 1962, n. 1746; 7 ottobr;e 19<61, n. 2046). E chiaro ,che nel giudizio di impugnazione quel!la sanatcmia non � ..quasi mai realizzabile: al momento della it1innovazione dell'atto o delila PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 141 pratica del prablema e della necessit� di escludere soluzioni che tra scurano la tutela della parte ritenuta, nell'ipotesi di notifica di un atto d'impugnazione diretto a persona morta o non pi� capace, non colpevole o comunque pi� meritevole di tutela. In effetti come � stato rilevato sin dalla sentenza n. 1959 del 18 luglio 1950, la legge attribuisce rilevanza all'evento sia che cada sulla parte vittoriosa che sulla parte soccombente. Ci� significa che essa vuole che ognuna delle parti sia posta in condizfoni di conoscere l'evento e cio� di sapere nei confronti di chi dovr� svolgensd. l'even tuale giudizio di impugnazione. Ed il primo comma dell'art. 328, che sancisce l'interruzione del processo, presuppone la comunicazione del l'evento all'altra parte, sia pure a mezzo della nuova notifica della sentenza, altrimenti la disposizione non avrebbe ragion d'essere posto che una notifica vi � stata; n� la ripetizione avrebbe altra finalit�. costituzione del convenuto, infatti, il termine per impugnare � quasi semp1re scaduto. Se ta1i prillncilpi fossero ritenuti applicaJbdli sic et simpliciter, anche nell'ipotesi che !l]e OOOUJPa, La conseguenza ,ineluttabile sarebbe, com'� intuitivo, e come dimostrano 1e numerosissime sentenze della Suprema Corte, antiche e r�ecenti, sul .punto (v. l'ultima del 1972 n. 1745), quel�l.a deil.la inammissib:Hiit� della dmpugnazion:e notificata nel modo dianzi detto. Ma il lll:Ost!ro 011clinamento giu;ridico iprocessual�e oltre che :prevedere una sanatoria del!le nrullit� 1per il a:-aggiungimento dello scopo, conosce e discirplilll:a altresi, il pa:-incipio de'lla non rilevanza, sotto determinate C()[ldizioni, delle nullit� stesse. Gi� H principio non � estraneo al diritto sostanz.fale che iper determinati fi11i, in presenza di certi presupposti ed entro deteil'minati limiti (che, tutti, non � qui il caso di indicare) considera irrilevanti o, pi� tecni- eamente, non azionabili o inoppombili o imp!roduttive di effetti alcune IlJU!l.lit� che inifi.<ciano il negozio giuriidi.co (v. c1c. artt. 590, 799, 1424, 1415, 1416, 128, 2332, P!fimo e q1.11arto comma, 2126 ecc.). Esp1ressione del'lo stesso prindpio � l'istituto, pill[''esso sostanziale, della validit� eV'entua!Le (co!lldizionata alla S01Pravvemenza di certi elementi o eondizioni), del negozio giUI'lidko (�ed artt. 462, 600, 651, seco!lldo comma, 784 primo comma, 1347, 1349, secondo comma). Uno studio approfondito del fenomeno � in SANToRo PASSARELLI, Dottrine generali del Diritto Civile, J ovene, 1966, 248 e ss. Anche hl codice di 1r1ito .come .si � detto, fa sovente rkoll'so al ![)T'incipio test� enunciato. Una rilevante ed evidente applicazione dello stesso � nellla norma di .cui all'art. 1'6-1 che sancisce la regola dell'a.issO!rbimento delle nullit� della sentenza (e quindi anche del 1proced:imeillto, nei mezzi dii gravame). Tali n;1.tllit� diventano, in 1sostanza :irrileV<anti, se la sentenza non viene impugnata. Alrtra cospicua a[)lpUoazione dello stesso rprinoipio � n�H'isitituto della intel'!ruzione del proc.esso. Il .codi'Cle dii irito, invero, considera inval1di (v. il cormbinato disposto degli aritt. 304 e 008) soia glii atti processuali !Posti in essere dopo l'intelrruzione del ip!r0Ce0sso, sia questa automatka (v. es. a!l"ltt. 299, e 300, terzo 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La stessa esigenza si verifica nell'ipotesi in cui la sentenza non sia stata notificata e quindi sia utilizzabile il termine di un anno per! l'impugnazione che in ogni �caso non pu� essere superato al di fuori I ! della proroga prevista per l'ipotesi �di cui al terzo comma dell'art. e27. Giustamente � stato osservato che se l'evento riguarda il soccombente la proroga � sufficiente a garantire i diritti dell'una e dell'altra parte, mentre se si riferisce al vincitore occorre, necessariamente, la. comunicazione del procuratore, almeno in �sede di ricezione dell'atto all'ufficiale giudiziario che notifica l'impugnazione. I Tale ultima affermazione trova conferma nel collegamento degli artt. 286, primo comma, e 300 e 330, nel senso che in .presenza dei. ricovdati eventi, la parte pu� eseguire la notificazione della sentenza e quindi, se parte soccombente, dell'atto di impugnazione, sia alla parte legittimata a stare in giudizio che al procuratore della parte� costituita. Per superare tali argomenti si � assunto. l'erroneit� dell'espressione facoltativa �si pu� fare� contenuta nella disposizione del primo comma), o dichiarata a seguito di ceritifi1cazJi.one delrl'evento da parte dell'Ulfficdaile gdiuidiztario (art. 300, .quarto ooonma) o di comunicazione da parte� del pxocwartore costdrtiuito (,aa.-.t. 300, �pximo e secondo comma). Ma, nell'ipotesi dii interruzione non automatiica, gli atti processuali posti in 1essere, anche a nome della parte defunta o che ha perduto l�a capacit�, dal momento dell'e\nento fino a quello in cui, con 1a dichiarazione o certificazione sopra menzionate, si O\pera l'mtexiruzione, sono dalla legge considerati pienamente validi, o, per meglio dire, la nullit� che, a!lla stregua dei principi, li inficia, � irrilevante. La �stessa sentenza pronunciaitia a nome della parte coliptta, � in ogind caiso, considerata \llalida (rectius La sua nulilit� � inilevamite) ove l'eve�!lito� si avve:ri o � notificato dopo la chiusw1a della d!iiscussione davanti aiL colilegio. Se questi sono i principi che vigono neill'ambito del giudizio di prdmo graido o di awello non si vede la :ragione per cui gil.i stessi non deiblbano valeve anche nell'intervalilo di tempo (che il Chiovenda considerava litispendenza) t11a la pubblicazione della sentenza e la sua impugnazione. Non � 1ce11to :i!l 1ca1so qui di affrontare il pxoblema delil'aiuitonomia e del l'imiCl!ipendenza deUe varie fasi del giudizio. Sembra senz'altro preferiJbiiile, perch� aderente alla realt� oltr,e che ai prindpi, la tesi che comidera i'l proeesso unico non solo nell'ambito di uoo fase � ma sopratutto tra una fose e J.'ailtra e in particolare nel periodo cintermedio tra La sentenza di primo grado e l'dnstaux.azione del giu,dizio di impu,ginazione � (v. Cass.,, 6 iLuglio 1971, !Il. 2116� su citata). Non si compvende:rebbe altrimenti la ragione per cui il codice, chiusa una fase, continui a considEroaxe, �par.ti� pur ne'll"intervallo, le :persone che a quella fase hanno (partecipato (v. per� es. art. 328, ultimo comma, 330, secondo comma). Orr, � pacifico, anche se la sentenza che si commenita molto supeTficial mente lascia appari�re fil contTario, che gli eventi di cui at!J.'art. 299, che si avverino nel lasso di tempo fra la chiusura della discussione e la notifica dell'iimpugn;azione della sentenza non determinano, a tenore del nuovo� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 143 eomma dell'art. 286, si � ricordata l'autonomia delle fasi processuali e quindi il contenuto restrittivo dell'art. 300, primo e secondo comma, .e, per quanto riguarda la valutazione del sistema, si sono richiamate le presc;rizioni sul contenuto dell'atto introduttivo di impugnazione e, infine, si � insistito nella necessit� di tutelare la parte legittimata a resistere nel giudizio di impugnazione che potrebbe restare ignara dell'atto notificato ,al procuratore costituito. Il terzo e quarto in�dirizzo giurisprudenziale, in effettr restano �chiaramente giustificati da ragioni pratiche (v. ad es. sent. 23 maggio 1972, n. 1605) d'indubbio peso, riconosciute appunto, anche da molti di �coloro che assumono, in via generale, l'operativit� automatica degli effetti processuali conseguenziali alla perdita o alla dimin.u. zione della capacit� in tale fase del giudizio. Questo collegio ritiene che nello studio della questione non possono essere trascurati alcuni principi generali desumibili dal sistema e in particolare: � a) la regolamentazione delle comunicazioni e delle notificazioni relative agli �venti che riguardano la capacit� delle parti o dei .foro ooddce di rito, i'iinterruzione del processo (l'aa:-t. 328 si lt'iferisce all'ilnterruzdone del termine, non del processo). Ma :se i:l processo � unico, � il."egolarmente co,s1;iituito e non � iintetrrotto, l:>isogna allOit"a coerentemente concludere che �gli atti compiuti e qui�ndi anche Le impugnazioni, a nome della parte colpita inell'linrtervallo sono V'alidi o meglio la ilOil."o nu.'filit� � ill'rilevanite o � condi2fonata ailila sopravvenienza di � certe condfaioni �. Si �tratta � V'ero dii una finzioine, ma � una finzione che fil codice stesso, come si � visto autorizza, :per fini di ~nteresse superiOil."e o anche ;parliicolari (�snellezza dei procedimenti, conservazione delle posizioni il!egittdmamente acquisite, necessit� di eviifla:re spreco di attiv.tt� .giuxiisddzionale, salvaguardia di diritti di terzi ecc.) e ohe la stessa giurisprudenza (quando cOillSlideira vailiida l'fun:piugnazione proposta nel modo detto da chi noo conosce l'evento, in sostanza, ricorre aitla stessa fim.zione) non disdegna, A favore della itesi quli prospettata militano 'Plla'�e 1e espressioni �si pu� fare � di cui agli �artt. 286, primo comma e � pu� essere � di cui all'art. 330, secondo com.ma, che a parer�e di chi scriV'e non siglllJ�.ficaino soltanto possibilit� di eseguire la notifica dn quel determinato modo (coillettivamente �e impersonalmente :nell'ultimo domicilio deil 1defumito), ma anche .lia faco1t� idi esegu�it"e la notifica a nome della parte colipita o degli eredi. Si di�ceva dianzi che la 1egige, nelLa quasi totalit� dei caisi :in cui ha riitenuto m1evainte o non azionabile o in@pontbile fa nru1lit� di un atto, lo ha :fiatto ipur.ch� sussistarno o sopravvengano deteriminaite conruzioni. Anche :nel caso che si esamina il codke di l'ito non senza condizioni ha rinunciato alla xf.gorosa applicazione dei iprincipi :iJn tema di nullit�; solo che la �condizfone non � dettata espliicitamenite, ma � si.curamente deswmibile dail sistema. Stabilisce, inv.ero, J.',airt. 110 c.p.-c. che quando La pairte viene meno peir morte o per a::Ltra causa, iii. rpirocesso � proseguito dal successore univer: sale o in suo confronto. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 143 eomma dell'art. 286, si � ricordata l'autonomia delle fasi processuali e quindi il contenuto restrittivo dell'art. 300, primo e secondo comma, .e, per quanto riguarda la valutazione del sistema, si sono richiamate le presc;rizioni sul contenuto dell'atto introduttivo di impugnazione e, infine, si � insistito nella necessit� di tutelare la parte legittimata a resistere nel giudizio di impugnazione che potrebbe restare ignara dell'atto notificato ,al procuratore costituito. Il terzo e quarto in�dirizzo giurisprudenziale, in effettr restano �chiaramente giustificati da ragioni pratiche (v. ad es. sent. 23 maggio 1972, n. 1605) d'indubbio peso, riconosciute appunto, anche da molti di �coloro che assumono, in via generale, l'operativit� automatica degli effetti processuali conseguenziali alla perdita o alla dimin.u. zione della capacit� in tale fase del giudizio. Questo collegio ritiene che nello studio della questione non possono essere trascurati alcuni principi generali desumibili dal sistema e in particolare: � a) la regolamentazione delle comunicazioni e delle notificazioni relative agli �venti che riguardano la capacit� delle parti o dei .foro ooddce di rito, i'iinterruzione del processo (l'aa:-t. 328 si lt'iferisce all'ilnterruzdone del termine, non del processo). Ma :se i:l processo � unico, � il."egolarmente co,s1;iituito e non � iintetrrotto, l:>isogna allOit"a coerentemente concludere che �gli atti compiuti e qui�ndi anche Le impugnazioni, a nome della parte colpita inell'linrtervallo sono V'alidi o meglio la ilOil."o nu.'filit� � ill'rilevanite o � condi2fonata ailila sopravvenienza di � certe condfaioni �. Si �tratta � V'ero dii una finzioine, ma � una finzione che fil codice stesso, come si � visto autorizza, :per fini di ~nteresse superiOil."e o anche ;parliicolari (�snellezza dei procedimenti, conservazione delle posizioni il!egittdmamente acquisite, necessit� di eviifla:re spreco di attiv.tt� .giuxiisddzionale, salvaguardia di diritti di terzi ecc.) e ohe la stessa giurisprudenza (quando cOillSlideira vailiida l'fun:piugnazione proposta nel modo detto da chi noo conosce l'evento, in sostanza, ricorre aitla stessa fim.zione) non disdegna, A favore della itesi quli prospettata militano 'Plla'�e 1e espressioni �si pu� fare � di cui agli �artt. 286, primo comma e � pu� essere � di cui all'art. 330, secondo com.ma, che a parer�e di chi scriV'e non siglllJ�.ficaino soltanto possibilit� di eseguire la notifica dn quel determinato modo (coillettivamente �e impersonalmente :nell'ultimo domicilio deil 1defumito), ma anche .lia faco1t� idi esegu�it"e la notifica a nome della parte colipita o degli eredi. Si di�ceva dianzi che la 1egige, nelLa quasi totalit� dei caisi :in cui ha riitenuto m1evainte o non azionabile o in@pontbile fa nru1lit� di un atto, lo ha :fiatto ipur.ch� sussistarno o sopravvengano deteriminaite conruzioni. Anche :nel caso che si esamina il codke di l'ito non senza condizioni ha rinunciato alla xf.gorosa applicazione dei iprincipi :iJn tema di nullit�; solo che la �condizfone non � dettata espliicitamenite, ma � si.curamente deswmibile dail sistema. Stabilisce, inv.ero, J.',airt. 110 c.p.-c. che quando La pairte viene meno peir morte o per a::Ltra causa, iii. rpirocesso � proseguito dal successore univer: sale o in suo confronto. 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tale situazione ha determinato, in giurisprudenza, reazione di conternperamento. Peraltro questo collegio riconosce che il �contemperamento va riguardato con riferirnento al prirno� e pi� seguito indirizzo di questa Corte (v. gi� Sez. Un., 2�8 rnaggio 1948, n. 802). In sostanza l'atto di irnpugnazione diretto alla parte indicata in sentenza � valido se comunque il procuratore costituito e do:m1ciliatario o la stessa parte legittimata non comunichi l'evento. Peraltro, l'indagine sul contenuto della dichiarazione resa dal procuratore, induce a ritenere diversa la comunicazione sull'evento che il procuratore costituito esegue a seconda che essa avvenga nel corso del rapporto processuale in fase di contraddittorio (art. 300 c.p.c.) o successivamente dopo la discussione (art. 300 �C.p.c.) e dopO' la sentenza (artt. 286, 300, 328, 330). Orbene fino alla discussione, la comunica: zione all'altra parte dell'avvenuta morte o di altre situazioni relative alla capacit� della parte rappresentata � una cornunicazione che contiene oltrech� una �dichiarazione di �conoscenza anche una �dichiarazione di volont�, manifestata in un negozio processuale in senso lato, e diretta a produrre essa sola, l'interruzione del processo salve le ipotesi di costituzione volontaria o di riassunzione (v. Cass., 22 ottobre 1971, n. 2977). Al contrario tale carattere non si pu� riconoscere alla stessa dichia- razione del procuratore dopo la sentenza in qualunque sede compiuta. Essa, finito il perindo per il quale vi � la regolamentazione dei .commi primo e secondo dell'art. 300 c.p.c., � soltanto una comunica �zione di conoscenza, e quindi il silenzio, anche se voluto, non pu� impedire l'esigenza fondamentale che la successiva fase di giudizio si .svolga tra le parti effettivamente .legittimate. Ci� comporta in primo luogo la validit�, in ogni caso, dell'impu. gnazione diretta alla persona legittimata, comunque il ricorrente sia venuto a conoscenza dell'evento. �tlei termini originali. Le indagini saranno certamente sollecitate dalle certificazioni delli'ufficiale giudiziario, dall!e dichiarazioni che il procu: raitore della parte colpdta � itenuto a fare cO'ffie doonichl:iatrurio e solo in quanto tale, nonch� da!l'.la mancata costituzione del convenuto. Se il Giudice istruttore, in quest'ultima ipotesi, deve .p!l:"eoccuprursi, prima di dichiarare la contumacia, o ptrima di dichiarrure l'atto invalido, di accertare la regolarit� della notifica o della costituzione del con �traidddtorio (v. airt. 182 e 350) non si vede rpwch� tM:i indaigind non debba (1si tratta di un vero e 'PiI"QPI"�O onere) compiere anche l'impugna.'DJte. La 1sanz.ione pe!l' l'inottemperanza sar� la revivi�scenza della nullit� ::aissoluta della impugnazione nonch� 1della sentenza che, come si � rilevato, ;.sar� inutiliter data. � GIUSEPPE ORAZIO RUSSO PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE In secondo luogo la possibilit� di prova -a carico della parte legittimata, la quale assume di non aver ricevuto l'atto diretto alla parte risultante tale in 'sentenza -che, indipendentemente dalla colpa del procuratore, la mancata ricezione era dovuta ad ignoranza colpevole dell'altra parte risultando l'evento dagli atti processuali cosi da rendere superfluo l'adempimento dell'obbligo di comunicazione da parte del procuratore presso cui doveva notificarsi l'impugnazione. Nella fattispecie in esame la societ� Fulgor fu incorporata con un atto pubblicato nel foglio annunzi legali di Milano del 24 gennaio 1968. La sentenza di primo grado, non notificata fu pubblicata il 12 maggio 1967 e l'atto di �appello fu notificato il 14 febbraio 1968. Il procuratore costituito non soltanto non comunic� l'incorporazione, ma si costitui nel giudizio di appello�, e neppure nel corso di quel giudizio -nel quale sv�lupp� difesa di merito -dedusse l'evento n� ai fini dell'inammissibilit� dell'appello, n� ai fini dell'interruzione. In tali condizioni la nullit� dell'impugnata sentenza potrebbe conseguire solo riconoscendo piena automatica operativit� interruttiva ed ogni evento relativo alla capacit� della parte, intervenuto dopo la pubblicazione della sentenza oppure riconoscendo, anche nel processo, valore di presunzione assoluta di 'conoscenza degli eventi relativi alle societ� commerciali in ragione �~ella pubblidt� per esse stabilita. Ma n� l'una n� l'altra tesi, come si � gi� esposto, questo collegio ritiene di poter condividere. In udienza il procuratore dell'attdce ha prospettato, non rite, anche l'eccezione d'incostituzionalit� dell'art. 328 c.p.c. con riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, nell'ipotesi di un'interpretazione di detta norma non favorevole alla tesi dell'operativit� delle cause di interruzione.. E per� l'interpretazione della norma seguita, resa con riferimento al sistema e avuto riguardo al giusto contemperamento delle esigenze delle parti in causa esclude che possa porsi questione di violazione dell'art. 24, secondo comma, posto che detta questione va fatta sia con riferimento alla parte successivamente legittimata, verso la quale non pu� escludersi l'obbligo di comunicazione dell'atto �ad opera del procuratore domiciliatario, sia con riguardo alla parte che deve notificare l'impugnazione. Ed al limite qualunque soluzione interpretativa potrebbe dar luogo a doglianze d'incostituzionalit�. Vero � invece che la soluzione adottata non si discosta da altre che ruotano intorno alla diligenza del procuratore, e l'eventualit� che essa non sia espressa nell'espletamento degli obblighi direttamente previsti dalla legge, non ha mai dato luogo ad incostituzionalit� delle relative norme. -(Omissis). 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 dicembre 1972, n. 3494 -Pres. Rossano -Est. Mirabelli -P. M. Cutrupia (conf.) -Opera di Assistenza Pontifi.cia (avv. Dallari) c. Ministero della Pubblica Istruzione (avv. Stato Albisinni). Demanio -Demanio artistico -Cose di interesse storico e artistico Distanze e misure delle costruzioni su terreni adiacenti -Natura espropriativa ed indennizzabilit� del vincolo -Non sussiste. (1. 10 giugno 1939, n. 1089, artt. 1, 2 e 21; Cost. art. 42, secondo e terzo comma). I beni adiacenti a cose di interesse artistico e storico so,ggiacciono ai limiti inerenti alla salvaguardia deU'integritd, della pro~ettiva e deHe condizioni di ambiente e di decoro in conse:guenza della lor'o stessa posizione di adiacenza e non a seguito di un'attivitd deLia pub blica Amministrazione. Ii provvedimento che viene emesso in applicazione deH'ar't. 21 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, ha mero contenuto dichiarativo di un limite gid incidente sui bene e la situazione che ne deriva rientra, pertanto, neH'ambito dei limiti aLla proprietd previsti nei se condo comma dell'art. 42 deUa Costituzione (1). (1) Brevi osservazioni sul provvedimento emesso ai sensi dell'art. 21 della legge Io giugno 1939, n. 1089. La Corte di Cassazione ha, per la pxima vo1ta, risoJ.to, con 1a sentenza che si annota, la ,qiuestione ciil.'ca la natura del vinco<lo che, a nonrna dell'art. 21 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, venga posto su beni adiacenti a cose di intel'esse artistico e storico. Tale art. 21 dispone, al primo comma: � Il Ministro per l'educazione Nazionale ha facolt� di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo la integrit� delle cose immobili soggette alle disposizioni della presente legge, ne sia danneggiata la prospettiva e la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro �. In aippJIDcaziorne della disposizione di legge in disCO["SO, il Ministm della Pubblica Istruzione, con Decreto del 25 gennaio 1963, imponeva, su di un aipipez~amento di terreno di iprOPTiet� della Pontificia Opera di Assistenza (P.0.A.), sito nella frazione Montecchio del Comune di Sasso Marconi e circostante il Mausoleo MaTconiaino e la ViLla Grifone (beni soggetti alla disciplina di cui agli axtt. 1 e 2 delia citata legge 1� giugno 1939, n. 1089), il divieto di edificare per una striscia della larghezza di m. 250 e la limitazione dell'edificabilit� a m. 7,50 di aiJ..tezza .pea-le !l'estam.ti parti. Con �atto di citaZJione del 5 magg:io 1966, la P.O.A., che non aveva, a suo tempo, proposto impugnazione contro il Decreto indicato e che non ne contestava nemmeno ora la legittimit�, conveniva il Mi�nistero della Fubblica Lstruzione iillDallZi aJ Til"i:buna:1e di Bologna e, sostenendo che i vincoli suddetti avessero sostanziale natura e8P["O[p(riativa e fossero fonte di uria rilevante diminuzione patrimoniale, chiedeva che l'Amministrazione fosse tenuta a pagar.e la somma corrispondente a tale diminuzione. Il Tll'ibunale adito irespingeva la domanda, affermando che i vincoli imposti con il d.m. 25 gennaio 1963 costituissero una di quelle � limi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 149 (Omissis). �-Con il primo motivo del ricorso la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 21 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, e 42 della Costituzione, sostenendo che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere che i vincoli imposti a sensi del primo si sottraggano alla indennizzabilit� prevista dal terzo comma del secondo e rientrino, invece, nella previsione del secondo comma di questo; adduce, al riguardo, che nella previsione del secondo comma dell'art. 42 della Costituzione rientrano i beni di interesse artistico o storico, tali dichiarati a sensi degli artt. 1 e 2 della legge speciale, ma non i beni adiacenti, per i quali il vincolo nasce con l'emanazione del provvedimento previsto dall'art. 21. La censura � infondata. tazioni � della propriet�, PtI"eviste dal 2� comma dell'mt. 42 della Costituzione, ohe ooncemono intere categorie di beni, rispetto ai quali la P. A. si limita ad emettere provvedimenti di concreta individuazione in base ad elemer.nti rpredetmmmati ed intriooeci, senza v:a.Lea:-si di alcuna discxezionalit� amm.inistrativa; e che, del resto, i vincoli stessi non comportavano una incisione cosi pene1IDante ne'l diritto di propriet� da potersi equiparaTe all'espropdazidh:e. Avverso la sentenza del Tribunale la P.O.A. propose ap.pel!lo e il.a Corte di Bologna, con decisione del 24 ottobre-18 dicembre 1969, cor.nferm� la sentenza di ;primo g;rado, motivando le p;roprie statuizioni con argomentazioni, che la Cbrte di Cassazione ha, nella sentenza che si annota, giustamente definite pregevoli. La Corte di Appello ha, dn:fatti, irilevato che, esc:liuso che alcUlll contributo potessero airr�ecaxe afil'assiunto dell'appellante gli wtt. 1218 e.e. e 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, pure richiamati dalla P.O.A. a giustificazione della sua pretesa di indennizzo, a sorreggere la domanda attrice rimaneva sol<tanto l'art. 42, coonma terzo, della Costituzione, del quale la P.O.A. chiedeva l'applicazione diretta, iperch� lo invocava come fonte del tJffopr�O asserito diritto e non come :nOO'lma da cui dedvasse iJ.'illegittimit� costituzionale dell'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, illegittimit� che la stessa P.OA. affermava non sussistesse, perch� -a suo �avviiso -l'art. 21 non awebbe escluso l'indennizzo. La COII'te di Appello ha, qumdi, osservato che non vi � dubbio che la illegittimit� costituzionale di un atto legislativo possa derivare anche dalla mancanza, che esso presenti, di una no:ranativa che dovrebbe necessariamente � esservi, secondo uina disposizione della Costituzione. Ha esattamente richiamato, in proposito, la sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio 1968, n. 55, che ha dichiarato � l'il!leg1ttimit� costituzionale dei nn. 2, 3, 4 deLl'axt. 7 della legge 17 a1gosto 1942, n. 1150, e dell'art. 40 steissa legge, nella parte in �cui non ;pr.ev;edono un 1ndennizzo per l'imposizione cli limitazioni oipeTtanti immediatamente e a temip� indeterminato nei cor.nfronti dei diritti reali, quando le limitazior.ni abbiano contenuto espropriativo �. La C0r>te di merito �continua, rpoi, irilevando che la �tesi dell'appellante (chiarramente i:spirata alLa sentenza 20 .gennaio 1966, n. 6, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 3, comma secondo, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, �sulle servit� militari, in riferimento all'art. 42, �terzo comma della Costituzione, in quanto non pirevede inden 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I beni adiacenti a cose di interesse artistico o storico soggiacciono ai limiti inerenti alla salvaguardia dell'integrit�, della prospettiva e delle condizioni di ambiente e di decoro in conseguenza della loro stessa posizione di adiacenza, e non a seguito di un'attivit� della pub blica Amministrazione. Il provvedimento che viene emesso in applicazione dell'art. 21 della legge citata ha, dunque, mero contenuto dichiarativo di un li mite gi� incidente sul bene e la situazione che ne deriva rientra, per tanto, come ha esattamente, e con pregevole argomentazione, affermato la sentenza impugnata, nell'ambito dei limiti alla propriet� previsti nel citato secondo comma dell'art. 42 della Costituzione. Con il secondo motivo, peraltro, la ricorrente deduce sotto altro aspetto la violazione e la falsa applicazione delle medesime norme e nizzo per limitazioni della piropntet� privata di natura espropriativa) � che il vincolo a cui � istato sottoposto di terreno di sua ;propriet� realizza quella penetrante incisione sul diritto che, secondo il.a giuriisprudenza della Corte Costituzionale, conferisce ,al vincolo stesso carattere espropriativo e fa scattaa:-e, a ca!l:ico dello Stato, l'obbliigo di cO!lTispondel'e l'iindennizzo. A tal punto la Corte di appello conside!l:a : � Senonch� l'assunto si rivela infCJIIlJdato proprio ailla luce dell'interip!l:etazione data dalla Clorte Costituzionale all'art. 42 Cost., gi� desumibile dalla sentenza n. 6 del 1966, e 1successivamente appxofondita e chia:rdita da altre pronunzie (specialmente 1e senteIWe n. 20 del 1967, n. 55 e n. 516 del 1968). L'esegesi della di.JSposizione costituzionale -puntualissima e pienamente convincente ha consentito alla Corte di enunciare alcune prQPosizioni di fondamentale importanza, dalle quali non si ;pu� P!l:esoindere �. Il punto di prurteruia da teniere, secondo iLa Corte di appello, costantemente !p!l:esente � che, mentre � Lo Statuto Mbertino dkhiatrava inviolabile la propriet� �, ma consentiva, � dato il suo catrattere di flessibilit�, che la legg,e limitasse o addirittura sottraesse ii1 dir~tto aJ.findennizzo �, � la Costituzione vigente, per un verso accorda una minore tutela, ma, per l'altro, stante .i!1 suo carattere rigido, non ammette la legittimit� di una legge ordinaria che, disponendo o autorizzando misure espropriative, neghi l'indennizzo � (Sent. Corte Cost. n. 6 del 1966). E, secondo tale sentenza della Corte Costituzionale, la nozione di espropriazione � non pu� essere ristretta al concetto di trasferimento coattivo., dovendo invece essere estesa anche ai 1casi in cui � P'UII" l'estando intatta la titolarit�, H didtto di proPriet� (v1enga) annullato o menO!!Ilato senza indennizzo�. � Peraltro, se queste sono le conseguenze della tutela rigida acoordafa dail.la Costituzione al 1dliiritto di ip!l:opri:et�, questo, [per ci� che tri,guarda la sua estensione, non va inteso � come dominio assoluto ed illimitato sui beni J;JTOpiri, dovendosi imneoe ritenerlo caratterizzato dall'attitudine ad esseTe sottop0sto, nel suo contenuto, ad un regij.me che ila Costituzione lascia al Legislatore di determinare. Nel determinare tale regime, il LegislatO! l:e pu� persino esclude!l:e la propriet� privata di certe categorie di beni, cO!!Ile pure pu� imp0trre, sempre 1per categorte di beilli, talune limitazioni in via g,enerale, ovvero autorizzare imposizioni a titolo p:a!l:ticolare �, [purch� queste ultime non eccedano, �senza indennizzo, quella porfata, al di l� della quale iJ. sacrificio imposto v:enga ad irncidere sul bene, oltre PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 151 sostiene che la sentenza impugnata abbia errato nel considerare origi nariamente intrinseco nel bene il limite di edificabilit�, laddove il limite stesso � sorto, quanto meno, dalla data in cui nella villa Gri fone si sono svolti gli esperimenti marconiani od ivi � stato costruito il Mausoleo. Ma la censura � infondata in quanto il rilievo � del tutto ininfluente. Sia il limite che la legge impone ai beni di interesse artistico e storico, sia il limite gravante sui beni a questi adiacenti, hanno inizio e fine nel tempo, nascendo nel momento in cui viene compiuta l'opera d'arte o si verifica l'evento storico, da cui il limite deriva, e cessando quando l'opera sia distrutta od il valore storico venga a cessare. � ci� che � connaituriaile al diTitto dominicale, quale viene riconosciuto nel l'attuale momento stoTico �. (Sent. Corte cost. n. 55 del 1968). Da tali en'Uilciazioni la Corte di appello !ritiene possa trarsi, con suf ficiente chiarezza, quale sia il rispettivo ambito �di applicazione dei commi secondo e terzo deill'aTt. 42 della C'ostituziorne. p,eT potersi parlaire di espa-o priazione, e qlllindi di diTitto all'indennizzo, occoll.'Te non solo che il prov vedimento incida sul dd:ritto di PTOIPQ'.'iet� in modo cosi piro.fondo da svuo tarlo di contenuto, ma anche che .questa incisione non derivi da una legige generale, !riguardante una inteTa categoiria di beni e diretta a disciplinare ii1 regime di appartenenza o di .godimento. Qualora si veirifichi quest'ultima ipotesi, H Legislatore si mantiene entro i limiti che il secondo comma dell'arrt. 42 della Costituzione pone al suo potere e pu� non disporre ailcun indennizzo, quale ch,e sia l'intensdt� della limitazione prevista dalla legge. Tale intensit� assume rilievo solamente quando la limitazione venga im posta da un atto particolare e concrreto (non importa se amministrativo o legislativo), perch� allora, se la limitazione decampa dai limiti minimi connaturrali al!1:a nozione stessa di propriet�, 1si entra nella ,sfera della esprro priaziorne e nasce l'obbligo dell'indennizzo, sancito dal terzo comma del l'oot. 42. Nell.'esame delle singole fattispecie pu� duscirre ,talvolta difficile di scernere !l'uno dall'aitro iregime. Ma anche a questo proposito la Corte d'Appello rrileva che �la ,stessa Corte costituzionale ha irilpetutamente enun ciato criteri preci:si, che consentono dii S1JiPerare ogni incertezza, almeno con riferimento al caso in esame. Cosi, si tratta di limitazioni (legjittime miiche senza :indennizzo) e non di espropriazioni, quando ile disposizioni di legige imprimono &ettamente � un certo carattere a determinate categorrie di beni, identif�cabiili a fP["iori per ca:ratteristiche intrinseche � (Sent. n. 6 del 1966), cosfoch� la Pubbilioo .Anuninistra?Jione, imponendo il vincolo, � non fa che esercitacre una potest� che le � attribuita dallo stesso regime di ,godimemto di quell bene ., allo scorpo di � conserrvarre le qualit� che il bene ha connaturali, secondo il regime che g1i � proiprrio ., secondo la PTescrizione di � adempimenti coorrdinati e correil.ativi a tali esigenze � (Sent. n. 56 dei! 1968). Si tratta, inv:ece, di espTopIDiazione quando l'atto legiislativo provoca il pre,giudizio dei diritti, �non di tutti in egual modo e rrutswra, ma di a1ooni soltanto dei componenti ila col1ettiviit� desti.natarria deil.la legge �, purrch� -s'intende -H vincolo operi � �!Ulla definitiva incisione profonda, al di l� dei limiti connaturali, sulle facolt� di uti1izzabHit� sussistenti al momento della imposizione � (Sent. n. 55 del 1968). 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La circostanza, dunque, che il limite ha una durata individuabile nel tempo non incide sulla natura del limite stesso, s� che anche la censura sollevata con il secondo motivo deve essere respinta. Con il terzo motivo, poi, la ricorrente deduce violazione dello stesso art. 42 della Costituzione e vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata per avere negato che il vincolo di inedificabilit� incida sul diritto del proprietario del fondo, e con il quarto deduce violazione dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, censurando la stessa sentenza per averne ritenuto l'inapplicabilit� al caso in esame. Entrambe le censure sono da respingere, in quanto assorbite nel rigetto dei due precedenti motivi. Riconosciuto, infatti, che il .bene di cui si discute � assoggettato a limite per norma generale e che non vi � luogo ad indennizzabilit� La fonte del potere conferito alla Pubblica Amministrazione va sempve ri�cer.cata nella legg.e; ma, nel caso dell'espropriazione, l'atto specifico che la reailizm � un atto diiscirezionale di detea:'llli.niazione (che, tenendo conto della previsione a:stratta della legge, l'aipplica, :in concreto ed in relazione alle esigenze mutevoli da apprezzarsi caso per caso, a questo bene piuttosto che a quello); mentre, nel caso della limitazione ex art. 42 secondo comma, Cost., l'atto specifico di imposi2'liorne � un atto di setmJplice accerlamento, che non comporta alcun uso di disCII"eziornalit�, � non modifica la situazione preesistente (del 'bene) ma acclara la cornispoooenza delle conCII"ete sue qua1ii� alla prescrizione normativa ., il"endendo cosi e<Vidente � dl contra:sseg.no igiuridieo e8P['ess<> dalla sua na:tuxa �. (Sen.t. n. 56 de!I. 1968). La Corte di Appello ha, infine, osservato che �ia Corte Costituzionale, in piena aderenza con d principi :tndicati, mentre ha di�chia11ato la iliegittimit�, in relazione all'art. 42, terzo coonrm.a, della Costituzione, di alcune norme della legge sull.e servit� militari e della legge U!l'banistica (sen:.. tenzie n. 6 del 1966 e n. 55 del 1968) appunto ipea-ch� esse comportavano lianitaziond da dmpoosi mediante atti a:rnmirustrativi di dete=.inazionie � impartanti a criteri di larga discrezionalit� ed aventi contenuto svariato ., sacrifi.cando cosi soltanto alcuni dei beni sottoposti allo stesso regime giuridico, ha, invece, escluso ognd ipotesi di illegittimit� dei vincoli nascenti da1'1a legge sulle cave e le toobiere e da quella sui bend dii valore paesistico (Sentenze n. 20 del 1967 e n. 56 del 1968). Questi ultimi vincoli, infatti, essendo rpll"eVisti in via generale dalla legge per tutti d bend appartenenti �a!lla categoria considerata, attengono a�l regime giuridico originario dei beni medesimi, che il iLeg1slatore ha facolt� di determinare a norma dell'art. 42, secondo comma, Cost., dema:nda:to evientuahnente al!1a Pubblica Amministrazione l'accertamento concreto della sussistenza delle caratteristiche obiettive e pa-edietermina:te, il"ichiste dalla legge. Abbi.amo ritenuto di riportare mlwga paTte la motivazione della sentenza defila Corte di appello, perch� essa costituisce il miglior commento per 1a statUJizione della Clorte di cassazione, La quale ha affermato: �I bend adiacenti a cose di interesse artdstico e storico soggiacciono ai limiti inerenti alla salvagual.1dia dell'integrit�, della prospettiva e delle condizioni di ambiente e di decoro in conseguenza della loro stessa posizione.di adiacenza e non a seguito di una attivit� della Pubblica Amministrazione. ~~ r11t1r1=111r111i11r1r~w111r&rit11111a111,,tfll�111'11��~� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 153 del pregiudizio economico 'che da tale limite deriva al proprietario del bene stesso, del tutto irrilevanti sono le considerazioni che attengano alla sussistenza, o meno, di tale pregiudizio ed alla risarcibilit� di questo. Il ricorso deve essere, quindi, rigettato, con la condanna della ricorrente alla perdita del deposito ed al rimborso delle spese a favore dell'Amministrazione controricorrente. -(Omissis). Il provvedimento che viene emesso in ap:plica:2J�one dell'art. 21 della 1eg.ge citata ha, dunqiue, mero oonteniuto dichiarativo di un ili.mite gi� incidente sul bene e la situazione che ne deriivia :rii.entra, pertarnto, come ha esattamente, e con pregevole 'argomentazione, affermato la sentenza impuglllata, nell'ambito dei limiti alla pirqpirdet� previisti. nel citato secondo comma dell'art. 42 della Costituzione �. La statiuizione, peraltro, della Corte di cassa2l�one trova conforto e, potremmo dia-e, un precedente in tenni'Illi nella sentenza, richiamata dalla Cortedi appello, n. 56 del 9-29 maggio 1968, con la quale la Corte Costituzionale ha affermato che� i beni immobili qualificati di bellezza naturale hanno va.loce rp.aesi1stico Pe!l' una cia-costianza che <lipende dalla loro localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualit� indicate dalla leg:ge., traendOl'~ la conseguenza che tale reg:ime costituisce � un complesso normativo che determina il modo di essere e di godere dei diiritti stessi, legittimato datll'art. 42, secondo comma, della Costituzione �. Se cos� � per i vincoli pt:i.eSistici, il.o stesso non pu� non essere per i vincoli che vengono posti, ai sensi degli artt. 1 e 2 deN.a Leg:ge 1 giugnio 1939, n. 1089, sultle cose dii mteresse artistico e storico nonch� per i vincoli che, a n<mma dell'art. 21 della stessa legge, vengono posti sui beni adiacenti a cose immobili soggette alle disposi2J�oni della legge mdicaita. GIOVANNI ALBISINNI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 dfoembre 11972,, n. 3'506 -Pres. Favara -Est. Falcone -P. M. Caristo (oonf.). -s.,a.s. Immobiliare Prosem '(avv. Carboni Corner e Russo) c. Ministero delle �Finanze (avv. Stato Salto). Procedimento civile -Ricorso per Cassazione -Deposito di documenti nuovi -Divieto -Limiti. (c.p.c.� art. 372). Procedimento civile -Societ� non aventi personalit� giuridica -Noti ficazione nel luogo ove svolgono l'attivit� in modo continuativo Efficacia. (c.p.c., artt. 19 e 145). La produzione in Corte di cassazione di documenti nuovi relativi atla nunitd della sentenza impugnata, � ammessa non soltanto nel caso 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di nunit� derivante da vizi, formaU o sostanziali, propri di tale� atto, ma anche se il vizio consegua da nullit� del procedimento dipendente da mancata costituzione del. contraddivtorio per l'inesistenza deUa notificazione dell'atto di appello (1). � legittima ed efficace la notificazione nei confronti di societ� non aventi personalit� giuridica, di associazione non riconoscente e di comi (1) 11 divieto di produrre nel giudizio di Oassazione atti e docwnenti non prodotti nelie precedenti fasi del giudizio, ad esclrusione di quelli concernenti ila nul1it� delLa sentenza �impugnata e l'armmissi!bilit� del ricOO"SO e del �contvoricocso; trae fondamento ne'l. rilievo che la giurisdizione� della COlrte di 1caissazione, diretta ad assicurare il.'esatta osseTVanza e l'uniforme intexpretazd:one della legge, � di sola legi:ttim.tt�, cfr. S. U. 4 ottobre 1969, n. 3176, Foro it., 1969, I, 2754, che hanno ravvisato manifestamente infondata, in rllierimento aigli airtt. 2 e 24 Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 372 c.p.c.; Cass. 4 g.ennaio 1969, n. 16 per la quale il divieto di produrre documenti diversi da quelli consentiti dalla norma in parola, 1ruretto a salvaguairdalt"e i limiti dstituzionali del gwdizio di legittimit�, � sottratto al potere disposi>tivo del1e pariti. La nullit� deilla sentenza'impugnata, che in ba:se a siffatta norma facuil.ta ila prodluzdone di documenti nuovi in Cassazione, non costituisce una eccezione ad un tale divieto ma consegue dal ll:'ili!evo che il giudizio di C!aissazdonie costituisce una fase autonoma del processo onde la Corte pu� e deve svolgere tutti d poteri rper !la verifica dei presuwosti del suo giudizio, c:fir. SATTA, Commentario 1966, sub art. 372 c.p.c. Pertanto in giurrisprudenza erasi sempre inteso in senso restrittivo la disposizione su menzionata ed 1identificata tale nullit� con quella derivante dal difetto dei requisiti menzionati dalla sentenza, in relazione agli a!t'tt. 132, 141, 156, 161, 360, n. 4 c.p.c., escludendo invece la ipotesi dd i'.I'lregolarit� de'l. rprocedimento che si fossero. potute 11."�lpericuotere nella sentenza, ofr. Cass. 8 nov:embre 1971, n. 3151; 14 iluglio 1971, n. 2302; 16 ottobre 1970, n. 2052; 6 febbi1aio 1969, n. 403 ecc. In par�U.colaire si escludeva la possibilit� di Pll."Odurire documenti nuovi nell'ipotesi di !IliUlUt� mediata della sentenza dipendente dalil.a nullit� del procedimento per drrego.larit� del contraiddittOll'io, clr. Cass. 4 aprile 1959, n. 1005; 9 aprHe 1958, n. 1171, convenendosi che J.a irregolarit� del ra(prporto prooeSSU!a!le poteva essere conosciuta dalla Corte dd cassazione sulla ba:se dei documenti e degli altri elementi idi Pll'OVa ,gi� acquisiti al 'PTocesso nelle precedenti fasi di merito. Ca:ss. 21 marzo 1969, n. 907; 15 maggio 1956, n. 1598; 7 giugno 1956�, n. 1951. Peraltro siffatto orientamento non aveva mancato di suscifare qualche dissenso, cfr. FAZZOLARI, Giur. Compl. Civ., XXVII, 2 Quadir. 12. Con la sentenza che si annota la Corte di Cassazione, sensibile a manifeste esigenze di giustizia sostanziale, ha puntualizzato la portata dell'mt. 372 c,p.c. nel senso che la norma faculterebbe 1a produzione d!i nuovi documenti qualora la nullit� della sentenza di appello consegua dalla mancata coistituzi:one del contraddittorio, per inesistenza deMa notificazione deU'atto di appello. C:irca 1'asseri:te distinzdoni tra inesistenza 1e nullit� di notifica cfir. Cass. 13 maggio 1969, n. 1'654 m Foro it. Mass., notevoli divergenze sussistono in dottrina, ritenendosi che -gli aitti processua!li ddve:rai dalla sentenza non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 155 tati di cui aU'art. 36 e.e., eseguita nella sede ove svo,lgono l'attivit� in modo continuativo, ancorch� diversa da quella ufficiale risuitante dai pubblici registri (2). (Omissis). �-La societ� Prosem ha effettuato, in questa fase del processo, il deposito in cancelleria di due nuovi documenti, assumendo la ammissibilit� della produzione degli stessi in quanto diretti a pro vare che la sede legale di essa ricorrente era del tutto diversa da quella nella quale risulta eseguita la notificazione della citazione d'ap pello e, quindi, a dimostrare la nullit� del procedimento e della sen. tenza di secondo grado. Il primo documento, rappresentato da un certificato della Camera di Commercio di Milano, rilasciato il 15 novembre 1971, dal quale risulta che la sede della societ� Prosem venne trasferita in data 13 marzo 1964 in Via S. Antonio n. 14 in Milano a Via Tadino n. 15 nella stessa citt�, � stato depositato nella Cancelleria di questa Suprema Corte insieme con il ricorso, nel termine stabilito dall'art. 3,69 c.p.c. Il secondo documento, costituito da un certificato della Cancelleria del Tribunale di Milano in data 4 maggio 1972 dal quale risulta che la societ� Prosem ha avuto la sua sede in via Cottusio n. 2 in Milano dalla costituzione al marzo 1955 e in via S. Antonio n. 14, nella stessa citt�, dall'aprile 1955 in poi (ed anche in data 17 febbraio 1971), � stato depositato in udienza, prima della relazione della causa, insieme con l'atto di avviso del deposito stesso notificato alla Amministrazione resistente in data 15 maggio 1972. La decisione drca l'ammissibilit� della produzione in questa sede� di detti documenti si pone ,come pregiudizale, quale che possano es sere le conclusioni circa la fondatezza in diritto della tesi che gli stessi, secondo l'assunto della ricorrente, sarebbero idonei a corrobare, e� circa il valore che ad essi pu� essere in concreto attribuito a tale fine. � appena il caso di richiamare il disposto dell'art. 372 c.p.c., il quale -come � noto -vieta il deposito, nel giudizio di cassazione, di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del giudizio, tranne che essi non riguardino la nullit� della sentenza impugnata O' l'ammissibilit� �del ricorso e del controricorso. ammettono la confi.gureta nullit�-insussistenza in quanto iJ. v1z10, non escludendo l'eserciziio del ipotea.-e giurisdizionale non impedisce aJ. processo di approdare il Sl\lO risUltato finale, Clfr. DENTI in Novissimo Digesto, voce Inesistenza degli atti processuali civili. SUL punto, per quel che concerne l'impugnativa proposta dalJ.a ![>arte con1JUmace oltre l'anno d.i pubblkazione della sentenza, cfr. Cass. 7 aipriiLe 196,2, :n. 1060, Foro it. 1972, I, 3191. (2) diI'. Cass. 10 febb['aio 1970, n. 331, Foro it. 1970, I, 1496 con nota di richiami e riferimento, cui si ;rinvia. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In relazione a questa normativa deve essere esaminato il problema se il significato e la portata della locuzione � nullit� della sentenza �, consentano di ritenere ammissibile la produzione in questa sede di documenti idonei --in ipotesi -a dimostrare la nullit� della sentenza impugnata quale conseguenza dell'inesistenza della notificazione della citazione di appello (o di quelle di entrambi i gradi del giudizio di merito). In .proposito questa Corte si � pronunciata ripetutamente nel senso che l'espressione �nullit� della sentenza�, adottata nella norma che pone i limiti alla produzione di documenti nuovi in Cassazione, deve essere intesa in senso restrittivo, come comprensiva della sola nullit� direttamente derivante da vizi propri di tale atto, di ordine sia formale che sostanziale (artt. 132, 156 capoverso, 158, 161, comma secondo, c . .p.c.), con esclusione della nullit� che possa, per via riflessa e mediata, scaturire da vizi del procedimento (Cass. 14 luglio 1971, n. 2302; 30 aprile 1969, n. 1432; 26 luglio 1968, n. 2704). A questa interpretazione restrittiva, peraltro, somministra fondamento il solo rilievo che il legislatore, il quale proprio nella indicazione dei motivi di cassazione ha contropposto la nullit� della sentenza a quella del procedimento (art. 360 n. 4 c.p.c.), non pu� avere ammesso espressamente la produzione �di documenti relativi alla sola nullit� della sentenza se non per escludere la pos&ibilit� di esibizione di quelli riguardanti fa nullit� del procedimento. Ma questa argomentazione, legata alla lettera delle disposizioni normativ� cui si richiama, � stata altra volta superata da questa Corte ehe, prendendo espressmente in esame la fattispecie tipica che qui si ripresenta in concreto, ha affermato che l'espressione accolta dal le, gislatore nella norma in esame deve essere intesa come comprensiva anche dell'ipotesi della nullit� che colpisce la sentenza quale conseguenza della nullit� inficiante il procedimento qualora in fase di appello, o in entrambe le fasi di merito, non sia stato costituito il contraddittorio. (Cass. II, Sez. Ord. 31 maggio 1959). Alle considerazioni che convincono a ribadire questo orientamento, ..giova brevemente premettere, che, nel riconoscere la possibilit� di distinguere dalla ipotesi di nullit� della notificazione quella della inesistenza di essa, questa Corte ha delineato i confini delle due categorie affermando che la nullit� presuppone pur sempre che la notificazione sia materialmente avvenuta mediante rilascio di copia in luogo ed a persona che, pur diversi da quelli prescritti, abbiano qualche riferimento con il destinatario della notificazione medesima (ad esempio: notificazione al domicilio reale anzich� al domicilio eletto, alla parte anzich� al procuratore o viceversa); e che, invece, non pu� dirsi che vi sia stata notifica, neppure irregolare, quando questa sia avvenuta in luogo o a persona che non siano in nessun modo e per nessuna via PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE riferibili al soggetto passivo della notificazione, risultando assolutamente estranei al destinatario dell'atto da notificare (Cass. 13 maggio 1969, n. 1654). In questa ipotesi, che � quella che si assume verificata nella specie, in quanto il luogo e la .persona presso cui la notificazione � avvenuta non avrebbero alcun riferimento alla sede legale della societ� -unico 1uogo nel quale, ad avviso della dcorrente, l'attivit� di notifi<:azione poteva trovare il suo compimento -la radicale divergenza dell'attivit� processuale svolta dal modulo legale della _notificazione importa inesistenza di questa. Ci� posto, nelle ipotesi in cui l'esel'cizio della funzione �giurisdi' Zionale sia stata svolta da parte dell'organo giudiziario su domanda di una parte (artt. 99 c.p.c.), ma senza che �colui �contro il quale il provvedimento � stato domandato ed emesso sia stato messo in contlizione di contraddire, la mancata instaurazione del rapporto proces. suale non pu�, di solito, essere da questi dimostrata se non attraverso documenti che provano le circostanze di fatto dalle quali discende la inesistenza della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio; cio� dei documenti �che, proprio per effetto della non avvenuta costituzione del contraddittorio (quale possibilit� offerta al convenuto di conoscere 1a pendenza del processo per potere contraddire ove lo creda opportuno nel suo interesse) non potevano essere acquisiti nel procedimento concluso con la sentenza impugnata. A questo primo rilievo, che prospetta un'esigenza di non trascurabile momento a favore dell'ammissibilit� del deposito in Cassazione �dei documenti predetti, va aggiunta la considerazione che -come � �stato gi� osservato --la parte, per dimostrare l'inesistenza della notificazione della citazione di appello (o �di quella di primo grado e di appello) non pu� avvalersi di alcun altro rimedio processuale, per cui, ove si accedesse alla tesi contraria le sarebbe tolta ogni possibilit� di -dimostrare che il giudizio nella fase di merito si � svolto senza che essa vi sia stata chiamata. Neppure, poi, pu� essere trascurata l'osservazione che alla parte rimasta �contumace in dipendenza dell'inesistenza della notificazione �della citazione, � consentito proporre l'impugnazione -compreso il ricorso per cassazione -dopo il decorso dell'anno dalla pubblicazione -della sentenza (art. 327 c.p.c.); e che tale impugnazione tardiva resterebbe una mera lustra se lo stesso documento, al quale il ricorrente affida la dimostrazione dell'inesistenza della notificazione per superare 1'ostacolo della avvenuta scadenza del termine, e la cui produzione �, pertanto fuori discussione per la sua attinenza all'ammissibilit� del ricorso per cassazione (art. 372 c.p.c.), restasse poi inutilizzabile -secondo la .tesi che si disattende -ai fini della decisione dell'impugna: zione eventualmente incentrata sull'unico motivo della nullit� del 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedimento e della sentenza per mancanza assoluta di contraddittoriet�. Non sembra, poi, che al concetto di nullit� della sentenza quale emerge dalla norma in esame, possa ritenersi estraneo il vizio determinato dalla assoluta mancanza di contraddittorio. Ed infatti, la sentenza, secondo il modello normativo (art. 132: c.p.c.) � tale in q~anto � coolldinata al processo, sicch� intanto esiste come provvedimento giurisdizionale che ne conclude una fase, in quanto un processo, pur viziato come si voglia, vi sia stato. Senonch� l'assoluto difetto di contraddittorio per inesistenza della chiamata in giudizio del convenuto rende il processo una mera parvenza, non essendosi in alcun m<;>do costituito il rapporto processuale fra i tre soggetti che ne sono i necessari partecipi. La regola formale del contraddittorio (art. 101 c.p.c.) ha assunto, invero, nell'ordinario giudizio di cognizione, come risulta dalla stessa rubrica dell'articolo� che la pone, il valore di un principio di garanzia dell'oggettiva attuazione della giustizia, cio� della realizzazione dello scopo del processo, la portata di una delle condizioni che, come � stato affermato, �fanno giudizio un giudizio�. Ci� posto, � subito da aggiungere che soltanto il primo dei due ricordati documenti pu� essere preso in esame, perch� i documenti relativi alla nullit� della sentenza impugnata con il ricorso per cassazione devono essere deposit�ti unitamente al ricorso stesso, nel termine perentorio di cui all'art. 369 c.p.c. La facolt� di depositare atti e documenti in un momento successivo fino all'inizio della discussione del ricorso �, invero, rigorosamente limitata, dal secondo comma dell'art. 372 c.p'.c., ai documenti relativi all'ammissibilit� del ricorso o del controricor.so e non si estende anche a quelli riguardanti la nullit� della sentenza (Cass. 8 novembre 1971, n. 3151, 27 novembre 1970, n. 2521). Passando all'esame del ricorso, la censura con la quale la societ� Prosem assume violata la norma dell'�rt. 145 c.p.c., in quanto la citazione di 'appello risulta notificata nella sua pretesa sede in Milano via Baldissera n. 2 presso lo studio del dott. Cataldo, mentre la sede legale di essa societ� ricorrente, secondo le risultanze del certificato esibito, � in Milano via Tadina n. 15, appare priva di fondamento e non pu� essere accolta. Giova ricordare che, come � stato esposto nello svolgimento del processo, l'amministrazione finanziaria, aveva richiesto all'ufficiale giudiziario la notificazione della sentenza di primo grado alla soc. Prosem (risultata vittoriosa in quel giudizio) nello stesso luogo nel quale era stata effettuata la notificazione dell'atto introduttivo, cio� in via Tadino 15 presso il dott. Cataldo; senonch� l'ufficiale giudiziario procedente, in data 18 gennaio 1972 attestava di non avere potuto ese PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE guire la notificazione al detto indirizzo essendo stato informato che la societ� Prosem si era trasferita in via Ba1dissera n. 2 .presso lo studio del dott. Cataldo. Incaricato di procedere alla notificazione in via Baldissera n. 2 l'ufficiale giudiziario provvedeva a tanto, dando atto, nella relazione in data 22 gennaio 1971, di avere consegnato la copia della sentenza nelle mani dell'impiegata addetta. Dovendo provvedere alla notificazione della citazione d'appello, la stessa amministrazione finanziaria incaricava l'ufficiale giudiziario di procedervi al medesimo indirizzo di via Baldissera n. 2 e l'ufficiale giudiziario, con relazione del 17 febbraio 1971, dava atto di essere acceduto in via Baldissera 2 presso lo studio del dott. Cataldo e di avere consegnato copia dell'atto nelle mani dell'impiegata del domiciliatario Angela Passero. Orbene, ai sensi del secondo comma dell'art. 145 c.p.c., la notificazione alle �~ociet� non aventi personalit� giuridica -quale � la societ� in accomandita semplice Prosem -, alle associazioni non riconosciute ed ai comitati di cui agli artt. 36 e segg. e.e., deve essere eseguita a norma del ,comma precedente (cio� mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante ed alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in man<:anza, ad altra persona addetta) nella sede indicata nell'art. 19 secondo comma, c.p.c.; vale a dire nella sede dove detti enti svolgono attivit� in modo continuativo. Alla stregua di tale normativa non pu� dubitarsi che per quanto concerne la valida instaurazione di un rapporto processuale nei confronti di detti enti, la notificazione nel luogo di svolgimento dell'attivit� continuativa, anche se diverso da quello risultante dai pubblici registri quale sede ufficiale di essi, � pienamente legittima ed efficace (Cass. 10 febbraio 1970, n. 331). E deve essere rilevato che questo principio si cool'dina con quello. affermato da questa Cor.te in tema di notificazione a societ� dotate di personalit� giuridica regolata dal primo comma dello 'stesso art. 145, nel senso di ritenere anche tale norma, che indica quale luogo di notificazione la sede della societ�, come norma non cogente, e di considerare validamente eseguita �la notificazione compiuta nella sede effettiva anzich� in quella ufficialmente iscritta nei pubblici registri, sotto il profilo che l'art. 46 e.e., ha equiparato la sede effettiva della persona giuridica a quella legale, agli effetti della tutela dei terzi (Cass. 13 febbraio 1970, n. 355). Orbene, il luogo di svolgimento della attivit� in modo continuativo � quello dove � posta la direzione dell'attivit� sociale, dove vengono trattati gli affari inerenti all'impresa ed organizzati i diversi fattori della produzione, quelli cio� in cui sono posti gli uffici nei quali si svolge l'attivit� direttiva ed amministrativa, ed a questa realt� immediatamente percepibile dai terzi -e non certo alla sede risultante 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della pubblicit� legale -si riferivano le dichiarazioni raccolte dall'ufficiale giudiziario quando, recatosi in via Tadina n. 15 per eseguire la notificazione alla soc. Prosem, apprese che la stessa si era trasferita in via Baldissera n. 2. La verit� ctelle circostanze attestate dall'ufficiale giudiziario sulla base delle indicazioni fornitegli e delle informazioni assunte ha trovato poi conferma in occasione della Soc. Prosem, presso lo studio del dott. Cataldo, in via Baldissera n. 2, dove sia la copia della sentenza di primo grado, sia la copia della citazione di appello di cui si discute, furono rkevuti dall'impiegata addetta. -In questa situazione processuale la censura cos� come prospettata dalla Prosem non coglie nel segno e non trova, comunque, neppure nel documento esibito, il sostegno di fatto sul quale pretende di fondarsi. Ricordato che la ricorrente configura esplicitamente la censura proposta nel senso della nullit� (inesistenza) della notificazione per non �essere avvenuta nella sede legale di essa societ�, dev'essere sottolineato che, facendo esclusivo riferimento al luogo risultante dai registri della Cancelleria Commerciale �senza neppure accennare alla coincidente effettivit� di tale sede, quale luogo nel quale l'attivit� sociale trovava svolgimento, la societ� Prosem finisce col sostenere, implici.tamente, ma in maniera non equivoca, che unico luogo per le notificazioni a societ� che pure essendo prive di personalit� giuridica sono assoggettate al regime di pubblicit� legale, quale la societ� in accomandita semplice (artt. 2313, 2295, n. 4, 2296, 2300, 2193 e.e.), � la sede risultante dall'atto costitutivo o da successive modificazioni dello stesso, ancorch� in detta sede l'ente non svoJ.ga alcuna attivit�. Orbene questa tesi � certamente da respingere, sfocarne in contrasto con il chiaro disposto delle norme dettate dagli artt. 145, capoverso e 19, secondo comma, c.p.c., sopra esaminate, per le quali pu� porsi �soltanto un problema di coordinamento con le norme avanti ricordate sulla pubblicit� legale in materia di societ� prive di personalit� giurid1ca, le cui soluzioni alternative possono peraltro profilarsi o nel senso di ritenere l'art. 19, secondo comma, come deroga- tivo� del disposto dell'art. 2193 e.e. o in quello di ammettere il concorso del criterio del luogo di svolgimento dell'attivit� continuativo con quello della sede legale, ma che non consentono in alcun modo di accogliere l'interpretazione cui la ricorrente si richiama. � infine da considerare che, come si � gi� detto, l'assunto della ricorrente non tro�va nel documento prodotto in questa sede, costituito da un certificato della Camera di Commercio di Milano, quel substrato di fatto sul quale viene assertivamente fondata. Finch� non sar� attuato il registro delle imprese, gli effetti che la legge fa discendere dalla iscrizione nei registri medesimi degli atti e fatti per i quali � prescritto tale adempimento, ai fini dell'apponibilit� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE di essi ai terzi, si realizzano con la: iscrizione nei registri della Cancelleria del Tribunale (disp. att. e.e. artt. 100, 101), e non possono essere collegati alle annotazioni fatte nei registri tenuti dalle Camere di Commercio. La compilazione e la tenuta dei registri delle ditte, istituiti presso le Camere di Commercio (d.lgts.lgt. 21 settembre 1944, n. 315, art. 2; t.u. 20 settembre 1934, n. 2011 art. 50) sulla base delle dichiarazioni rese dagli interessati in ordine alla costituzione della societ� ed alle eventuali modificazioni avvenute nello stato di fatto e di diritto delle stesse (art. 48 t.u. cit.), hanno lo scopo non di fondare una verit�, ma solo di offrire una utilit� informativa, sicch� l'efficacia probatoria dei certificati rilasciati sulla base delle risultanze di detti registri � limitata alla sola esistenza delle dichiarazioni medesime e non concerne l'effettiva corrispondenza di esse alla realt� oggettiva (Cass. 5 gennaio 1968, n. 18; 3 giugno 1967, n. 1293). Le note presentate dal difensore della Soc. Prosern. dopo le conclusioni del Procuratore Generale ribadiscono la tesi prospettata nel ricorso ed illustrata nella discussione, facendo riferimento alla pretesa sede legale della Soc. Pros:em in via Tadina n. 15, senza alcun ace.enne circa la coincidenza con essa del luogo in cui la societ� stessa svolge la sua attivit� in modo continuativo ed invocando a prova di tale situazione il Certificato della Camera di Commercio del cui valore si � detto, per esse � sufficiente, quin�di, riportarsi a quanto esposto per disattendere il motivo di ricorso. Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato con la condanna della societ� ricorrente alla perdita del deposito per il caso di soccombenza (ar.t. 381 c.p.c.) ed al pagamento delle spese giudiziali (artt. 383 e 91 c.p.c.). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 dicembre 1972, n. 3676 -Pres. Maccarone -Est. Schermi -P. M. Raja (conf.) -Comune di Frattamaggiore (avv. De Stefano Donzelli) c. Cassa per il Mezzogiorno (aw. Stato Lombal'di), Amministrazione provinciale di Napoli (avv. Florio), Romano ed Altieri. Procedimento civile -Appello -Comparsa di risposta contenente appello incidentale nei confronti del coappellato contumace -Notificazione -Inosservanza -Effetti -Rilevabilit� d'Ufficio -Esclusione. (c.p.c., artt. 157, 292, 343). La omessa notificazione della comparsa di rispo�sta contenente a.ppello incidentale contro il coa.ppellato contumace, non comporta di 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per s� inammissibilitd del gravame ma il dove1�e giuridico di regolaTizzare il contraddittorio nei suoi confronti e non pu� essere rilevata -d'ufficio, ma deve essere dedotta dal contumace medesimo nella prima difesa successiva (1). (Omissis). -Nella memoria difensiva il ricorrente comune di Frattamaggiore, modificando uno dei presupposti sui quali aveva ba sato l'originario unico motivo di ricorso, riconosce che l'Amministra .zione provinciale di Napoli avanz�, nel giudizio di secondo grado, la richiesta subordinata di rivalsa di cui si � detto sopra, proponendo �cos� appello incidentale condizionato nei confronti di esso comune, il quale, rispetto all'appello principale .proposto dal Romano e dall'Al tieri, era coappellato insieme alla detta Amministrazione provinciale e alla Cassa per il Mezzogiorno. Ed in base a questa reale situazione processuale, censura la .sentenza impugnata per non avere considerato �Che l'appello incidentale condizionato, proposto con la comparsa di ri sposta, non era stato notificato ad esso comune, contuma�ce nel giudizio �di secondo grado. Questa censura � inammissibile perch� si traduce in un motivo aggiunto dopo la proposizione del ricorso per cassazione e solleva una �questione che non � rilevabile d'ufficio. Proposto appello principale nei confronti di pi� parti, un coappellato pu� proporre, nel modo e nel termine di cui all'art. 343 c.p.c., ,appello incidentale, eventualmente condizionato, nei confronti di altro coappellato, se l'interesse all'impugnazione incidentale sorge dalla proposizione dell'impugnazione principale; e se il coappellafo ed appellato incidentale � contumace, deve essergli notificata la comparsa di costituzione con la quale � stato proposto l'appello incidentale. L'omessa (1). � pacificamente ammesso nella giurisprudenza e V'algono all'UO\PO le numerose decisioni richiamate nella motivazione della sentenza che si annota, che la notiffoa al contumace delle comp.a:rse contenenti domande nuove o riconvenzionali, prevista dall'art. 292 c.p..c., costitutsce una particolare a[>rplicazione del �PT'incipio del contraddittorio dettata nell'interesse della pB1'te contumace, alla quale soltanto� � quindi !riservato di poterne '0ccepire l'inosservanza. In dottrina, sulle notificazioni e comunicazioni al C0111V1enuto contumace, da faa:isi in conformit� de11'art. 292 c,p.c., cfr. GIANNozzx, La contumacia nel processo civile, 1963, 189 e segg. Sull conicetto di domanda nuova, agli effetti de11'art. 292 c.p.c. cfr. Cass. 22 gennaio 1959, in. 151; 1 giugno 1968, n. 1638 ecc., per la quale devono intendersi domande nuove quelle con cui si chiede l'attribuzdone di un bene. In dottrina cfr. SATTA, Commentario sub art. 292 e giurisprudenza ivi �richiamata. Sui modi e termini de11'appello 'io:iddentale previsti dall'art. 343 c.p.c. ,cfir, Cass. 10 gi'UJgno 1968, n. 1829. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE no.Uficazione di tale compar.sa non comporta l'inammissibilit� dell'appello incidentale, che � stato ritualmente proposto nel modo e nel termine di 'cui all'art. 343 ,c,p.c.; ma comporta, bens�, il dovere del giudice di assegnare all'appellante incidentale un termine per la regolarizzazione del �contraddittorio nei confronti dell'appellato incidentale, mediante la detta notificazione, in applicazione del disposto dell'art. 292, primo comma, c.p.c. (Cass., 10 giugno 1968, n. 1829; 7 aprile 1964, n. 1095). Invero, la proposizione rituale e tempestiva, ai sensi dell'art. 343 c.p.c., dell'appello incidentale si traduce nella proposizione di una domanda nuova� (sia pure ad opeTa di un soggetto -il coappellato incidentale -'diverso da quello che ha proposto la domanda originaria -l'appellante principale) nel �processo in cui il coappellato ed appellato incidentale � gi� parte; sfoch� si verifica l'ipotesi di cui al citato art. 292. Norma, questa, che, per la parte che impone la notifica al �contumace delle comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali, costituisce una particolare applicazione del principio del contraddittorio ed � dettata nell'esclusivo inteTesse del contumace medesimo, allo scopo .di metterlo in grado di difendersi dalle domande proposte dopo la notifica dell'atto introduttivo del giudizio. Ne consegue che soltanto il contumace, costituendosi in giudizio, pu� far valere l'inosservanza della dtata norma, secondo il criterio generale stabilito dall'art. 157, seco�ndo comma, c..p.c., nella prima difesa successiva �alla notifica dell'atto compiuto in violazione della norma stes,sa; e tale violazione non pu� essere rilevata d'ufficio dal giudice (Cass., 24 novembre 1971, n. 3435; 3 aprile 1970, n. 895; 3 marzo 1969, n. 678; 20 dicembre 1968, n. 4039; 5 ottobre 1964, n. 2497; 27 luglio 1964, n. 2076; 25 luglio 1964, n. 2047; 17 ottobre 1961, n. 2177). In particolare, la mancata notificazione al ,contumace della �Comparsa contenente un appello incidentale pti.� essere dedotta soltanto dal contumace medesimo, sempre che l'appello incidentale sia stato accolto (Cass., 23 gennaio 1971, n. 146), con ,conseguente esclusione della rilevabilit� d'ufficio. -(Omissis). !3 SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 667 -Pres. Breglia -Est. Cuonzo -Amministrazione provinciale di Ferrara (avv.ti Betti e Silvestri) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Sernicola). Impiego. pubblico -Segretario comunale e provinciale -Trattamento economico -Artt. 227 t. u. 3 marzo 1934, n. 283 e 202 t. u.10 gennaio 1957, n. 3 -Inapplicabilit�. (1. 27 giugno 1942, n. 851, art. 173, sub. 1). Impiego pubblico -Segretario generale provinciale -Nomina per concorso statale -Trattamento economico -Art. 35 legge 8 giugno 1962, n. 604 -Inapplicabilit�. La disposizione� di cui all'art. 227 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, che fa divieto di reformatio in peius del trattamento economico degli impiegati e salariati dei comuni, delle province e dei consQll'zi, non si applica nei confronti dei seigre�tari comunali e provinciali, cui � riconosciuta, infatti, dall'art. 173, sub 1, deHa legge 27 giugno 1942, n. 851 la qua.lifica di funzionari dello Stato e l'equipamzione a questi ultimi a tutti gli effetti; �, peraltro, del pari inapplicabile ai segretari comunali e provinciali, nell'ipotesi che proverngano dalla qualifica di vice-segretario, l'art. 202 del.t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, essendo ii beneficio relativo alla conservazione del precedente tratitame:nto economico riservato ai soli funzionari deUo Stato nel caso di passaggio di carriera. presso la stessa o diversa Amminist1�azione (1). Non � estensibile ai segretari gen.erali della provincia nominati a seguito di concorso indetto ed espletato dallo Stato il beneficio stabilito dall'art. 35 della legge 8 giugno 1962, n. 604, di corres.ponsione, cio�, di tanti aumenti biennali quanvi ne occoll'rono per assicurar�e al (1-2) Su'l trattamento economico dei segir.eiari comunali e provinciali con riferimento ail co11egamento e.sistente con .quello degli impiegaiti civdli dello Stato v;edaisi Sez. V, 27 luglio 1971, n. 726, Il Consiglio di Stato, 1971, 1478; sul problema deUa scelta del pirocedimento di nomina (piromozione o (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche l'avv. Francesco MARtuzzo. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 165 l'interessato; lo stipendio, immediatamente supe1�iore a quello' in godimento all'atto della nomina disposta ex a.rt. 58 della le�gge 8 giugno 1962, n. 604: detta ultima nr;irma, infatti, cui va riconosciuta natura singolare, si riferisce alle mere promozioni anche se dipendenti da conco1"si interni, e rappresenta, quindi, una fattispecie ben diversa da quella. sopraindicata di concorso esterno bandito ed espletato dallo Stato (2). concorrso interno ovvero concorso esterno) cfu-. Sez. V, 23 ottob:ve 1970, n. 796, ivi, 1970, 1669 con ri<chiami bibUogira:fi.ci; ciirca 'La necessit� di distinguexe il servizio prrestato quale woe-segiretario comunale e !PTO'Vinciale ve. dasi parr. Sez. I, 3 febbrraio 196�5, n. 64, ivi, 1966, 1932. I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 884 -Pres. Potenza -Est. Schinaia -Massaro (avv. Ferruggia) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Giorgio Azzariti). Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Ottimo disimpegno dei compiti -Insufficienza. Militare -Ufficiale dell'esercito -Avanzamento a scelta -Giudizio negativo -Precedenti non costantemente ottimi -Vizio di eccesso di potere -Insussistenza. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Censure riferite ai precedenti di ufficiali parigrado -Inammissibilit�. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Comurticazione sintetica del rapporto personale o informativo -Onere dell'impugnazione -Fattispecie. . Il buon disimpegno dei compiti del proptl'�O' grado non � condizione sufficiente, anche se necessaria, per l'avanzamento a scelta al grado superiore degli ufficiali deti'Esercito (1). Nel giudizio negativo di avanzamento a scelta non sussiste vizio di eccesso di potere per contrasto con i ptl'ecedenti di carriera dell'ufficiale, qualora essi non siano costantemente o�ttimi (2). (1-19) L'orientamento della giurisprudenza in tema .di avanzamento a scelta degli ufficiali dell'Esercito. In materia di arvanzamento a scelta degli uffidali dell'Eser�oi.to, il Consiglio di Stato ha a~to modo di ribadire anche di recente Le ormai consolidate linee deJfa sua giUII'iSl[Jrrudenza. 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � inammissibile in sede di impugnativa del giudizio negativo di avanzamento a scelta la censura la quale comporti valutazione in me rito dei preced(;'!nti di ufficiali parigrado dichiarati idonei (3). Sussiste l'one'l'e dell'impugnativa sotto pena di decadenza, a far tempo dalla data di sottoscrizione, del modulo di comunkazione, del rapporto personale o del rapporto informativo, qualora il Loro conte nuto, seppure sintetico, sia inequivocabilmente negativo (4). Come � noto, nel sistema stabilito dalla legge 1'2 novembre 1955, n. 1137 e �successhne modificazioni � pr.ev:iisto un primo giudizio delle commissioni oodinaria o superiore di avanzamento, li.a cui rispettiva competenza viene detemninata a seco!Ilda del diverso graido dello 1scrutinando. Tale giudizio si conclude con una clichliarazione di :Ldoneit� o non ~doneit� de1l'ufficiale all'avanzamento e, per gli idonei, con il.'attviibuzione di un punteggio di merito in base ai criteri predeterminati da11a '.Legge medesima, nonch� con la loro iscrizione in uma graduatoria. Quest'ultima � poi sottQ1Posta all'approvazione discrezi001:a1e del Ministro della Difesa. La questione di costituzdonalit� dell'esposto &isterma di avanzamento � stata gi� dkhiwafa mani!liestamente infondata (Sez. IV, 30 lrugilio 1969, n. 400, Il Consigtio di Stato, 1969, I, 1186). La massima parle delle controversie ha avuto riguardo ai gi'llJdizd. va'.LutatiVli. delle commiissioni, oppugnati sia iper la composimone dell'organo, sia per la JProced'Ul'a seguita, sia per il loro iin.triI11Seco contenuto. A proiposito della �composizione dell'ovgiano, il Consiglio di Stato ha affermato che ila regolarit� :rielativa del'.Le commissioni di avanzamento deve essere accertata con rifer:Lme.nrto al momento in �cui Vliiene espresso il giudizio e n01I1 a quello in cui l'ufficiale � iscritto in quadro (Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 5216, ivi, rn68, iI, 1022). Non costituisce d'altra parte vtiziio di composi:ziione deliLa cOlllllllldissiooe la circostanza che taliuni suoi membri avessero, nei .pvecedenti gradi, an,zianit� imeriori a queilla del giudiOOIJJdo, ove all'atto dehla valutazione detti membri rivestano un grado superiore, ai sensi dell'art. 10, quarto comma, della legge 12 novembre 19515, n. 1137 (Sez. IV, 6 novembTe 1968., n. 709, ivi, 1968, I, 1179). InoJ.~e gld. ufficiali collocati in soprannumero a determmati effetti non cessano, salva diversa disposizione di J.egge, di alplpartenere al servizio peTmanente effettivo, eppertanto ii1 foro intervento a'Lle sedute della commi.1ssione non viola il .disposto del medesimo art. 10, priimo comma (Sez.. IV, 10 luglio 1968, n. 444, ivi, 1968, I, 1159; Sez. IV, 15 novembre 1967, n. 595, ivi, 1967, I, 2166; Sez. IV, 12 lugl'.io 1967, n. 302, ibidem, I, 1138; Sez. IV, 7 giugno 1967, �n. 217, ibidem, I, 1022). Tale !l'egola non vale ovviamente per gli ufficiali collocati in S01PrannumeTo ai sensi del successivo art. 11 : tuttavia �anche per questi ulititmi il divieto di parteciipall'e an,e sedute delle com.missioni non � operante, qualora essi abbiano un titolo specifico detemninato ex lege per fare parte del colLegio (Sez. IV, 19 1giennaio 1968, n. 25, ivi, 1.968, I, 21). A proposito del1a procedui'a da seguire nelle valutazioni, il C'onsiglio di Stato ha osservato che nessuna norma n� principio esigono l'adozione di determii!lialte forme iper la convocazione delle oommtssion:i . .A!ll'uopo � sufficiente �che detto organo, ;regolarmente nominato, si sia effettivamente riu PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 167 II CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887 -Pres. Meregazzi -Est. Pianese -Serafini (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Giorgio Azzariti). Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Posizione deteriore rispetto a precedente giudizio -Legittimit� -Fattispecie. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Giudizio negativo -Precedenti non costantemente ottimi -Eccesso di po tere -Insussistenza. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzament� a scelta -Pluralit� di titoli da valutare -Mancanza di taluni titoli -Criteri di valutazione. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Risultati uniformi per gruppi di titoli diversi -Eccesso di potere -Insussistenza. Non sussiste illegittimit� del procedimento di avanzamento a scelta di ufficiale dell'Esercito, il quale sia stato collocato i'li posizione deteriore rispetto ad aitro precedente giudizio, qualora ci� sia dovuto alla partecipazione, anteriormente non verificatasi, di altri ufficiali pa.rigrado muniti di titoli poziori (5). � legittimo il giudizio negativo relativo ad un procedimento di avanzamento a scelta, se i precedenti di carriera dello scrutinato non siano tutti costantemente ottimi (6). Poich� la legge prevede variet� di titoli da valutare al fine dell'avanzamento a scelta, la manoanza di taluni di essi non comporta nito, tS1Pecie se aUa x.funione abbiano paTtecipato tutti i membri (Sez.. IV, 19 gennaio 1968, n. 25, ivi, 1968, I, 2.1). Ln rpairticolal'e J.'oo:dine di convocazione !PU� !l.'li.�tenersi implid.fo nello stesso provvedimento ministeriale di nomina della commissione (Sez. IV, 10 lugldo 1968, n. 444, ivi, 1968, I, 1159; Sez. IV, 25 settembr�e 19168, n. 498, ibidem, I, 1325). Costitu&sce poi ius receptum la non necessit� della contestualit� delle operazioni di valutazione. Invero, l'art. 25 della legg.e, come si � gi� accennato, rp<l.'evede in prrimo luogo una dichiaraZJi.one di 1doneit� o di non woneit� de11'uffictal�e all'avanzamento e solo � .SUJccessivarmente � il.a attribuzione a ciascuno degli idonei di un punto di merito e quindi, I�.n baise al punteggio, la compHa1Zione della graduatori-a. Appare pertanto unicamente necessario che l'attribuzione� del punteggio di merito segua il giudizio di idoneit� e preceda la compilazione della graduatoria (Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 343, ivi, 1972, I, 770; Sez. IV, 13 luglio 1971, n. 711, ivi, 1971, I, 1343). � stato altres� stabilito che, poich� la legge elenca compiutamente le categorie de1 Htoli da considerar'e ai fini della va�lutazione dell'ufficiale, 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO automaticamente una migliore valutazione degli scrutinati i quali, vi ceversa, di essi abbiano il possesso (7). Nella valutazione dei t�re gruppi di titoli ai fini dell'avanzamento a scelta degli ufficiali dell'Esercito, ben pu� pervenirsi a ris:ultati unif01 �mi, senza che ci� costituisca sicuro sintomo di eccesso di potere (8). legittimamente la commissione omette la predeterminazione dei criteri di massima (Sez. IV, 30 luglio 1969, n. 400, Foro amm., 1969, I, 2, 751; Sez. IV, 10 LugUo 1900, in. 444, ivi, 1968, I, 2., 984; Sez. IV, 15 novemooe 1967, n. 595, Il Consiglio di Svato, 1967, I, 2166). L'attribuzione del punteggio ben pu� 1essere �e:ffiettuata con rpu.nti frazionati al centesimo, costituendo anzi ci� faccilitazione nella iricostruzione dell'iter logico seguito dalla commissione ai fini d~l controllo giurisdizionale (Sez. IV, 11 luglio 1969, n. 372, Foro amm., 1969, I, 2, 738; Sez. IV, 31 gennaio 1968, n. 47, Foro it., 1968, III, 201; Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 312, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1141). Peraltro, in tutti i oasi din cui la leg:ge preveda una distinmone di categoriie di titoli da valuta:ire, deve procedersi alla attrtbuzione di disti!tllti !Pilllilteggi per ciascuna di tali categorie (Sez. IV, 24 ottobire 1972, n. 943, ivi, 1972, I, 1644). In sede consultiva � stato :rilevato, che ai 1sensi dell'art. 22 della Jiegge 12 novembre 1955, n. 1137, ~�e commissioni hanno il potere di sosipendere il giudizio allorch� vi sia mancanza o insufficienza di sicuri elementi di valutazione; senonch� ta1e potere non pu� essere esercitato per ragioni diverse, quali La pendenza di un gravame .gerarchico �contro la documentazione caratte� risti�ca o una sanzione disciplinare, ovvero quali Ja sussistenza di una inchiesta idonea a concludersi con un procedimento disciiplinaire o penale, ovv�ero, ancora, quale la es~stenza di un pil'ecedente giudizio delia commissione di avanzamento (.par. Sez. III, 28 ottohve 1970, n. 1737, ivi, 1971, I, 156'9). A diffeirenz1a di quanto si diir� a proposito de11e censure reia.tive al contenuto stesso dei giudizd di val.iutaziooe, l'eventuale accoglimento dei motivi concernenti la pretesa illegittima composizione della commissione, l'irregoilarit� del iplt"Ocedimento �e degli atti connessi e conseguenti conduce alla caducazdone di tutte 1e 01Perazioni gi� espletate �Con e:ffietto dti!Vetto sia nei conrfrroruti dei1l'irn.teressato sia dei '.Pari�givado scrutina.ti: la costante giurisprudenza ritiene ipertanto che gli ufficiali dfohi-airati idoniei e quelli iscritti nel quadro di avan~amento abbiano la qualit� di controintevessati, onde il iricor!SO va di�chiairato irna:manissibi1e qualora non sia stato loiro notificato (Sez. IV, 6 girugino 19�72, n. 4'91, ivi, 1972, I, 883; Sez. IV, 26 aprile 19721, n. 315, ibidem, I, 597; Sez. IV, 30 ottobre 1971, n. 925, ivi, 1971, I, 1777). lliguairdo allie 1impugnazd.oni avverrso i1l contenuto dei giudizi delle commissioni, il Consitgilio di Stato ha pi� voa.te ribadito �che esula dalle ipiropo:-ie attribuzioni �giurtsdizionali l'a1ppir�ezzamern.to, sotto n p.rOJfiJ.o tecnico, della maggiore o mdnore attitudine a ricOJPII"ire il givado superi<Y.re dimostrata da ciascun scrutmando, tra�ttaindosi di questione di merito ir~servata escJusivam�nte agli organi amministrativi preposti alle operazioni per l'avanzamento a scelta (Sez. IV, 29 settembre 1972, n. 818, ivi, I, 1488; Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 315, ibidem, I, 597; Sez. IV, 21 dicembre 1971, n. 1274, ivi, 1971, I, 2425; Sez. IV, 15 dieembre 1970, n. '972, Foro amm., 1970, I, 2, 1377). Per tale ragiooe deve dunque ritenersi iinammilssi:bi1e1 in quanto attinente al me!l'ito, la censura con 1a quale il dcorrente, neHa impugnazione PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 169 III CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 891 -Pres. Potenza -Est. Battara -Pece (avv.ti C. e N. Sciacca) c.� Ministero della Difesa (avv. Stato Cosentino). Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Impugnative proponibili. Giustizia amministrativa -Controinteressato -Ricorso contro la graduatoria nel procedimento di avanzamento a scelta -Individuazione. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Giudizi distinti per l'avanzamento a scelta -Autonomia -Limiti. Poich� nel sistema della legge 12 novembre 1955, n. 1137 i giudizi di 1,doneit� e l'iscrizione in quadro degli �fficiali hanno carattere individuale, l'impugnativa pu� avere ad oggetto i singoli giudizi ma � della mancata iscrizione nel quadro di avain:l)amento, lamenti il difetto di attribuzione di un !PUn1iegigio tlde da consentivgli dii ottenere la promozione (Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 238, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 364). Tuttavia in sede di ileg�ittimit� � ben possibdile il controllo sulla relazione :fu-a determinazione dell'Amministrazione e !l)['esup[>osti di fatto eventuaJm. ente viziata da travisamento, illogicit� o i.ncoerenza, controllo che non deborda in sindacato sul merito dell'atto amminiistrativo (Sez. IV, 14 marzo 1972, n. 185, ivi, 1972, I, 320; Sez. IV, 22 diebbiraio 1972, n. 97, ibidem, I, 126; Sez. IV, 12 novembre 1969, n. 704, Foro amm., 1969, I, 2, 1201) �e che pu� attenere sia alla fase concernente fidoneit� all'a'V'a:nzamento, sia alla false !l"elativa a[l'a�ttribuzione de'l punteggio (Sez. IV, 16 magigio. 1972, n. 415, Ii Consiglio di Stato, 1972, I, 832). Il �sindacato di legittimit� com.e do:manzi delineato risulta per� singolarmente ristretto, allorch� il giudizio di avanzamento a scelta riguardi i ~radi di geneirale o di armmi:rag1io; in tali i.ipotesi, i!llfatti, le valutazioni delle coonmi:ssioni in :modo eminente ptJ:esentano il maggiore livelil.o di discrez.ionalit�, sicch� minore occasione vi � di riscontral'le, in casi di esito negativo de11a valutazione medesima, contrasto ri1evabile prima facie o viziato di incoerenza logica con i precedenti di carriera (Sez. IV, 1� febbraio 1971, n. 32, ivi, 1972, I, 87; Sez. IV, 2 \luglio 1969, n. 330, Foro amm., 1969, I, 2, 715; Sez. IV, 29 settembll1e 1972, n. 818, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 1488). Trattasi in sostanza di un controllo giurisdizionale volto essenzialmente all'acceirtamento della sussistenza di eventuali vizi di eccesso di poter�e, circa 1e cui singole figure sintomaUche il Consiglio di Stato' si � espresso come segue: a) illogidt� mani:liesta e contvaddittoriet�; conformemente a quanto. per esplkito disposto dall'art. 1 della ieg.ge 12 novembll1e 1955, n. 113<7, l'arver bene disinl!Peginato i compiti del prOptJ:io grado � condizione neoosslil'ia ma non sufficiente iper ottenere J.'a\TlaJnzamento a scelta (Sez. IV, 17 ottob!l"e 1972, n. 884, Il Coosigtio di Stato, 1972, I, 1608; Sez. IV, 29 settembre 1972, n. 818, ibidem, I, 1488; Sez. IV, 6 lu~lio 1971, n. 681, ivi, 1971, I, 133'4). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 170 inammissibiie se proposta avverso la graduatoria di merito redatta dalla commissione di avanzamento e le relative� operazioni da essa compiute, nonch� avverso il decreto di approvazio1ie de�l Ministro e di tutti gli atti connessi e conseguenziali (9). Al ricorso proposto da ufficiale non iscritto avverso la gmduatoria di merito, sono �contrninteressati i parigra.do idonei ed iscritti, in quanto titolari deU'interesse a 1Jener ferma la graduatoria (10). Malgrado l'autonomia dei singoli giudizi, deve ritenersi viziata di eccesso di potere la seconda v�alutazione che abbia importato, a distanza di pochi mesi, un'inversfone totale rispetto alla precedente graduatoria di merito a danno di un ufficiale (che nel periodo fm le due valutazioni aveva nella s.pe.cie riportato la qualifica di �ecceUente �) ed a vantaggio di ufficiali parigrado (11). Conseguentemente� vizio rdi eccesso di potere non si confi.gura per contrasto tra d priecedenti di carriera ed M giudizio negativo di avanzamento, qualoxa tali pT<ecedenti non lcisultino costantemente ottimi 0Sez. IV, 14 luglio 1972, n. 728, ivi, 1972, I, 1356; Sez. IV, 16 maggio 1972, n. 415, ibidem, I, 832; Sez. IV, 126 ottdbre 1971, n. 895, ivi, 1971, I, 1761,; Sez. IV, 2. luglio 19i69, n. 330, Foro amm., 1969, I, 2, 715). Vizio di eccesso di potere ,si ravvisa fa1vrece nella valutazione negativa, ove i giudizi eccezionalmente positivi riportati con costanza da1l':iinteressato in tutto� lo svolgimento della sua carriera e lo straOT'dina[1i.o numero di encomi che a quei� giudizi si sono accompagnati non ll"isultino essere stati dalla commissione apprezzati affatto o comunque in adeguata misUTa nel punteg:gio assegnato (Sez. IV, 14 marzo 1972, n. 185, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 320; Sez. IV, 28 marzo 19-72, n. 238, ibidem, I, 364; Sez. IV, 21 dicemb: r-e 19-71, n. 1274, ivi, 1971, I, 2425). In aderenzia al disposto dell'art. 30 ultimo comma della legg:e 12 novembre 1955, n. 1137, poi, i vari giudizi susseguentisi nel tempo relativi allo stesso �scrutinando sono autonomi tra loro, onde non pu� faT<si campar. azione tra M punteg:g:io attribuito in un anno e il diverso punteggio attribuito in anni precedenti (Sez. IV, 1<> febbraio 1972, n. 32, ivi, 1972, I, 87; Sez. IV, 23 novembre 1971, n. 1037, ivi, 1971,-I, 2109). Peraltro '.I.a suddetta autonomia non � illimitata, giacch� l'e,sigenza di coerenza e di unifm"Illit� dei criteri valutativi non consente che un organo, chiamato a veiterare a distanza di pochi mesi M.gifUJdi:zfo nei confronti deg:Li stessi ufficiali, pervenga a -rirsultati affatto contrad!dittord ed a ing:iu:sti.fi.cate preposizioni e posposizfoni. : ci� ovviamente in mancanz�a di pairticolari titoli di demerito emersi medio tempore (Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 634, Il Consi.glio di Stato, 1972, I, 1311; Sez. IV, 16 maggio 1972, n. 422, ibidem, I, 849; 1Sez. IV, 21 di!cembre 1971, n. 1274, ivi, 1971, I, 2425). Il vizio per� non sussiste se la variazione di valutazione sia contenuta in limiti particolarmente moderati (Sez. IV, 29 settemb11e 1972, n. 818, ivi, 1972, I, 1488; Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 238, ibidem, I, 364); b) disparit� di trattamento; il Consiglio di Stato ha pi� volte affermato l'autonomia dei vari giudizi �afferenti i singoli scrutinandi. Invero, la valutazione per �l'avanzamento a scelta degli ufficiali consiste nell'apprezzamento individuale degli interessati, che si estrinseca poi in una altrettanto individuale attribuzione di punteggio. Non trova pertanto nella specie PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 171 IV CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 929 -Pres. Potenza -Est. Battara -Occorsio (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Siconolfi). Giustizia amministrativa -Notificazione ai controinteressati -Omissione -Integrazione del contraddittorio -Inammissibilit�. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Impugnative avverso i documenti caratteristici -Termine di decadenza. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Seconda revisione -Necessit� di motivazione della omessa concessione di elogio proposta in sede di prima revisione -Insussistenza. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Vizio di eccesso di potere per contrasto con i precedenti di carriera non costantemente ottimi -Insussistenza. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Mancanza di titoli -Migliore valutazione ai fini dell'avanzamento a scelta -Eccesso di potere -Non configurabilit�. Qualora il rico1�so giurisdizionale non sia stato notificato ad alcuno dei controinteressati, non � possibile ammet.tere L'inte�grazione de�l contrnd�ittorio (12). applicazione il procedimento di valutazione per merito comparativo (Sez. IV, 29 settembre 1972, n. 818, ivi, 1972, I, 1488; Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 891, ibidem, I, 1613; Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 315, ibidem, I, 597; Sez. IV, 21 dicembr.e 1971, n. 1274, ivi, 1971, I, 2425). Corollario di ta!Le affermazione sta in ci� che � inammissibiile l'impugnativa delle operazioni della commissione, della determinazione di approvazione della graduatoria da parte del Ministro e di tutti gli altri atti della procedura connessi e. conseguenziali, i quali :rtguan:l:ino esc1usdvamente gli altri scrutinati (Siez. IV, 14 iluglio 1972, n. 727, ivi, 1972, I, 1353; Sez. IV, 29 febbraio 19-72, :n. 98, ibidem, I, 128; Sez. IV, 13 ottobre 1970, n. 653, FOO'O amm., 1970, I, 2, 947); inoltre non pu� richiedersi la esibizione in giudizio della documentazione persona'.le di Wificiali diversi dai!. ricOll'Tente, a meno che non si tratti �di provare sintomi di eccesso di 1pQtere sulla base di� elementi divoosi dai gi.rurddzi contenuti nella documentazione medesima (Sez. IV, 30 ilugilio 1969, n. 400, Il Consiglio di Stato, 1969, I, 1186). Ulterioce cocol!l:ario deilla �autonomia in questione, gi� innanzi accen nato, sta in ci� �che l'accog.Umento del ricor1so rper vizi attinenti al conte nuto delle valutazioni deUe� commissioni non influisce n� sugli altri giudizi relativi ai parigrado, n� sulla complessiva graduatoria, sicch� non sussi stono sog.getti :processualmente controinteressati (Sez. IV, 20 aiprile 1971, n. 465, Il ConsigLio di Stato 1971, I, 736; S�ez. IV, 5 ottobre 1971, n. 876, ibidem, I, 1708). Anche la suddetta autonO�illia non � peraltro incQIIldizionata, poich� deve essere :rispettato 'il principio della uniformit� dei criteri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 172 Una voita sottoscritte le note caratteristiche per presa conoscenza �anteriormente� aH'esibizione in giudizio del proprio libretto personale e non proposto tempestivo ricorso, � inammissibile L'impugnativa del giudizio negativo di avanzamento a sce.zta pe1� censura attinente le stesse note caratteristiche (13). di valutazione nei confronti dei vax-i scrutinati : pertanto vizio di eccesso potere per dispaTit� di trattamento si verifica allor.ch� aippaia che la commissione aibbia ingiustamente favOII'ito taluno �degli u:fi:fidali in danno ~1i'inte! I"essato (Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 491, ivi, I, 883; Sez. IV, 5 ottobre 197l,.n. 87�6, ivi, 1971, 1708; Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 465, ibidem, I, 736) sulla base di una macroscopica divergenza di apprez2lamento degli stessi dati di fatto (S;ez. IV, 27 ottobre 1970, n. 745, Foro amm., 1970, I, 2, 2997; Ad. p1en., 22 maggli.o 1964, n. 11, ivi, 1964, I, 2, 561). D'aUra rparte fa pluralit� degli el1ementi, che La 1e~ge ipres�riv.e siano valutati in 1sede di avanzamento a scelta, esclude :La sussistenza della dispall'it� di trattamento per La isola m.an001I1Za da parte di alcuni ufficiali di titoli vklev�ersa posseduti da altri e, in pairticolaire, dal ricorvente. Ben possono infatti essi, a giudizio della commissione, essere compensati dal possesso da pairte dei P!I'imi e dalla mancanza da rparte dei secondi di titoli diversi (Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887, ivi 1972, I, 1610; Sez. IV, 26 ottobre 1966, n. 720, Foro amm., 1966, I, 2, 1499); e) difetto di motivazione; costituisce indirizzo giurisprudenziale costante l'afieiranazione secondo cui il g.iudizio di avanzamento a scclta non dev�e veniil"e motivato, essendo sufficiente, ai fini della dichiaraziione di idoneit�, av.er riportato un numero di voti favorevoli 1superiore ai due terzi dei membrr:i della commissione, ai sensi dell'art. 25, comma primo, dehla legge 12 novembre 1955, n. 1137 (Slez... IV, 14 luglio 1972, n. 728, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 1356; Sez. IV, 29 settembre 1970, n. 609, ivi, 1970, I, 1466; Sez. IV, 18 giugno 1969, n. 295, ivi, 1969, I, 859). Per quanto poi pi� strettamente riguairda li.a viera e P\l'Orpria ponderazione degli elementi di �giUJdizio, � stato osservato che � :ben ammi.�ssibfile una parificazione dei punteggi affe!I'enti '.Le varie categorie di titoli, senza che ci� induca a sos1pettal'e la mancanza di un serio a~ezzamento dello scrutinato (Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887, ivi, 1972, I, 1610); d) traviisamento d.el fatto; sotto -tale sintomo di e.ccesso di potere � stato in ,genere inquadrato il g.i!udimo deMa commissione di avanzamento, il quale 1si sia formato sulla base di una documentazione :Lncompleta, insufciente o affatto manchevole (Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 314, ivi, 1972, I, 597; Sez. IV, 9 Juglio 1971, n. 687, ivi, 1971, I, 1340; Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 2361, ibidem, I, 394; Sez. IV, 7 aprile 1970, n. 240, Foro amm., 1970, I, 2, 431). Tuttavia tale illegittimit� si :riveTbera sull'intero giudizio solo qualora per sua causa nO\Il si ,stano potute aippvezzwe circostanze :rHevanti (Sez. IV, 16 novembre 1971, n. 998, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 2095; Sez. IV, 12 giugno 1970, n. 412, Foro amm., 1970, I, 2, 587). All'Oipiposto si � ritenuta l'illegittimit� del giwdizfo di avanzamento, qualora tale documentazione contempli dati non sog,getti ex lege a valu tazione: cos�, ai sensi dell'art. 2 delia legige 11 maggio 19i66, n. 334, nei rigual1di dei tenenti colonnelli del :ruolo� dell'arma dei caraibiinieri e dei ruoli normali di fanteria, cavalleria, airti~eria e genio, non costitui,sce elemento valutabile il risultato del corso valutativo eventualmente frequen tato, onde � illegittima l'omessa eliminazione dailla documentazione carat �..� Ji'Aitt~ I/EJEZ'/ IV', Gl'.tlR:tSP~VPlilNZA AMMINISTRATIVA 173 n seconao revisore pu�., a pre>pria discrezione, omettere di concedere Ueiogio proposto da.i primo revisore; senza �necessit� di addurre alcuna motivazione (14). tetiiStica ~el <l'.~rto t-elativo al 1detto cOt'so (Sez. IV, 26 apdle 1972, in. 315, li <::'misi!l!H<> dj. ~f(.tt()I~ 1972,_ I, 1)~7; ~Z� IV, 24 marzo 1972, n. 214, ibidem, ~� ~~~);: �gi;i, ~P'.l:eP.ti, ~ d.l~~Jttfn:i,o !l .<looomento cao:-attertstico dai quale r;is\_llt~ p.ayCi~il!l,()1 �tt U.:tl'ineht~�t~ bt �corso nei confronti dell'ufficiale, ad u~'~1li:Ofi \Q.~ ~ ~:�8,tt() ~eoche. sta ruila base dei due procedimenti ( 1~, JY,_ ~fii!<$ato J912'i n. Q$, i11i, 19'72, I, 128; Sez. IV, 29 settembre 1966, n, 626:> faro 11i!J'>m�~ l!)6JirI,. 2, 1339); cosi, � illegittimo in relazione all'art. 7 Cfili<J.)?~.. 15 ~g'no1965, n. 1431, dl riferimento a :fatti specifici per i quali l'~#�'~~ion� awebbe potuto iniziare procedim�nto diiSciplinare, ma . ~f~<�lt� n.on �lo abbia :fatto, non potendosi procedere a valutazione di quei � ~atti in .sede di formazione 1del rapporto ainnuale ~Sez. IV; 30 maiggio 1972,� ��*� 4'tl);Jtii 197''2, I, 862); cos�, � :illegi.ttimo i!l 1giudizio negativo della coonmiisl! l�l~l;Me; Q'.\llElf dalle note caratteristiche riisulti un accenno ad una punizione ~l:Pt~*a.t~ i$'1J;j:)!ta dall'in~ssato ma poi annullata (Sez. IV, 20 ottdbre ~970:< h. f�6$* Jt"Qro amm., 1970, I, 2, 953). .:�;~g(l.~~Ji~ iJ;);'\l'lllUJ.;;iinte � stata altresi ravvisata nella menzione di una ~1l#Q~ 9~�,tp,ti~.fil� ~ntm..ta� nelJ.e note oairatter~stic:he e nei irap:porti �i~�itii~hr_ii. id~&~~Y~p.ire aoo.otata untcaimente ne1la parle terna ,dell1JbiettC> Jier$().~'E!'� :i:.l~y~i~ de}~ V'atutazione in taie ipotesi si realizza �(llial~.'.ti~tii�!!i~~cla:tl~che9\lella menzione abbia influito sttll'esito ~~tivoi(�l 1gi'Uidimo (set. IV;�23 ottobre 1968, n. 001, n Consigtio di Stato, l$)68k:t~:t~~k>/ / /)/<<������<>������� ��.�...��. 1Jlx>aa't~�o!llit.-e ~~~~a'(ltla��dec:i$l<>ne �del Oon.sdglio di Stato, dl quaie ..�ha .~eli@inrut'!nlel:l:~ 9s~~v11;t� eh~ 1'7fficiicia del condono delLe ~nzdoni. �i!lfi.i#e (! '~a intJ.lgg~ ~~~~zifooi 4isclplinari, e~a tutto il 31 gennai� 11166 .d.ai �diipe�l.J4en,ti .�<ielle airnn:U.nistrazioni diil� Staito compresi i llliiHt�ri, au:. $�l)lsi'dlel!la J.egge 18 marz() 1968,. n. 250, decorre dai 2 aiprile 19168. ]:)a� taj1e u:i.~ dat� l'~istrazione ha l'obbligo di canc6ll:1;1re le punizioni i.s~itt� .e1 1iil:~tre~ ~aledell'impiegato. C�nSegu~temente, in ca>SO dd giucUzio Aegati~o em.e�so anteriormente alla daita medesima, � !legittimo il riiftufo. d~amtnJin;iistrazdone di il'�esaminaire la valutazione eseguita, nQn �~liis@do. mutato alCIUllo dei presupposti sui qilliali essa � fondata (Sez. IV, 'i~ :maggio 1971, n. 564, Foro amm., 1971, I, 2, 463). � � � Peraltvo, a seguito dell'entrata in vigore (a far tempo dal l 0 luglfo ,, 1965) d�ella tllllova noronativa in materia di:sciplinwe, non !P'U� nemmeno !Pi� essere. :iJ.scdtto il suddetto :richiamo nel'.l:a parle terza del libretto perronale (Se,z. IV, 23 ottobre 19168, n. 66(), 1l Consiglio di Stato, 19618, I, 1496). L'impugnazione del g.iuiddzio delle commissioni per vizi derivati dalla :l,Jl~gittiim1t� della documentazione carattedstica � tuttavia di maliisima S()ggetta a termini di decadenza. Per costante giurispTudenz�a, liinfatti, debbono ritenersi tardive le censur1e �p.ropo.ste contro detta documentazfone, ove 1riisu1ti che il.'interessato ne abbia da tempo preso conoscenza per sottoscrizione e non abibia prodotto il reclamo amministrativo contemplato dalle relative istruzioni (Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 8S4, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 1608; Sez. IV, 29 settemb: re 1972, ibidem, 1, 1483; Sez. IV, 26 aiprile 1972, n. 323, ibidem, I, 604; Sez. IV, 28 maTzo 1972, n. 239, ibidem, I, 3�65). L'impugnazione deve per� ritenersi tempestiva, qualo:ra, sottoscritto il modulo di COOlllUnkaziooe del II'apiporto peOC1sonale o del rapporto infor 174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n giudizio negativo di avanzamento a scelta non � vizia:to da eccesso di potere, se i precedenti dello scrutinato risultino non costantemente ottimi (15). La migliore valutazione di un ufficiale rispetto ad altro parigrado, malgrado il primo� difetti di titoli viceversa poisseduti dal se'Condo, non � indice di vizio di eccesso di potere, potendo quella ~anc,anza essere ampiamente compensa.ta dalla sussistenza di altri titoli (16). motivo, l'ufficiale non abbia avuto modo di rendersi conto di apprezzamenti o dati lesiVi. a causa della sintetidt� delle espressioni contenute in quel modulo (1Sez. IV, 17 ottobre 19-72, n. 884, ivi, 1972, I, 1608; Sez. JV, 6 Luglio 1971, i!l. 681, ivi, 19-71, I, 1334). In ipartico1are, Jia sussistenza di taLe conoscenza non pu� evincersi da11a dichiarazione di completezza della documentazione :rifasci-ata dall'ufficiale nella imminenza del giudizio di avanzamento: a segwito dell'aib:rogazione dell'art. 12, ultimo comma, del1a legge 8 maggio 1940, n. 370 per effetto della J.eg.ge 112 nov:embre 1955, n. 1137, infatti, tale dkhiaraziOtDJe costitui1sce una mera attivit� di coJ.J.ab()['azdone con gli adempimenti di pertinenza dell'amministrazione e non ipostula, in quanto tai1e, una presunzione assoluta di consaipevoJ.ezza deJ. contenuto della doCUllllentazione medesima (Sez. IV, 26 aiprile 1972, n. 323, ivi, 1972, I, 604; Sez. IV, 13 febbraio 1970, n. 111, ivi, 1970, I, 180; Sez. IV, 14 febbraio 1968, n. 87, ivi, 1968, I, 144). In base ai principi gienerali :relativi al processo amm�nistratirvo, poi, se la conoscenza integ:rale della doowmentazione piell'sonaLe � avvenuta da parte dell'ufficiale solo posteriormente a>l deposito iin giudizio, � ama:russibi: le la proposizione di motivi aggiunti su di essa fondati (Sez. IV, 29 :liebbraio 19-72, n.. 98, ivi, 1972, I, 128; Sez. IV, 13 febbraio 1970, n. 111, Foro it., 1970, III, 146). Il Consiglio di Stato ha inoil.tre sovente affrontato il problema del rinnovo del giudizio di valutazione conseguente all'annullamento del precedente fa sede giurisdiziona>le o di :ricor:so al Capo deJ.J.o Sfa.fo., configurando va:rie specie di vizi, i quali, a seconda deUe fat�tispecie, possono :rkomprendersi nell'una o nelJl'altra delle fiig.u:r.e gi� esaminate. In primo luo.go � stato affermato che la irinnovazione suddetta riguarida il solo singolo giudizio annUJillato, ad sensi dell'art. 54 deil.la leg.ge 12 1I10Viembre 1955, n. 11317 in relazione all'art. 49, restando peraltro inail.terata la g;raduato:ria degli idonei e deg)i iisc:rti..1Jti in quadro (Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 491, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 883). Intervenuto :l'annullamento giurisdizdonale, in secondo luogo, l'azione dell'autorit� amministrativa nell'iter fo:rmativo del nuovo pTocedimento viene a risultare vincolata peir que.gli specifici elementi, che, esaminati dal giudice, siano stati dichiararti .megi�ttimi (1Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 256, ivi, 1967, I, 1078; Sez. IV, 5 '.luglio 196�7, n. 266, ibidem, I, 1084). Co:rolla:ri di ta1e .p:ri.ncipio sono stati ritenuti l'ilJegittimit� del nuovo giudizio negativo che sia stato emesso su1la base della stessa documentazione gi� esaminata nel p:recedente gi1Jdizio annullato dal Consiglio dd Stato per contll'asto con i pirecedenti di cam"iiera ('Sez. IV, 18 a1priile 1972, n. 292, ivi, 1972, I, 5161); ancora, l'.iil.legittimiit4 del nuovo giudizio di non idoneit� deTivato dall'annullamento del precedente anche �esso negativo, pe:r difetto di taluno dei requisiti richies�ti da.Ua legge (Sez. IV, 28 lugliio 1971, n. 754, ivi, 1971, I, 1385). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 175 V CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 943 -Prres. Potenza -Est. Battara -Maras (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Cosentino), Bosco ed altri (n.c.). Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Reclamo al Ministro -Omissione -Inammissibilit� del ricorso giurisdizionale. Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Variet� di titoli -Punteggio non ripartito -Illegittimit�. � inammissibile il ricorso giurisdizioinale avverso la mancata iscrizione nel quadro di av.anzamento, il deliberato� deile commissioni, la graduatoria di merito e i decreti di promozione dei parigrado, in difetto del previo reclamo al Ministro previsto dail'art. 64 dei r.d. 18 giugno 1931, n. 914 (17). Naturalmente il.'accoglimento deil. ricOI'ISo giu:risdrnionail.e avv~so Ja mancata isooizione di un ufficiail.e nel quadro di avanzamento, in dipendenza di assegna2lione di un p1U!Ilte~gio insufficiente, non implica che il.'arrnministrazione in esecuzione dcl 1girudicato debba necessariamente attribuire all'ufficiale medesimo un punteggio idoneo, tanto elevato da consentirne l'iscrizione nel �quadl'o stesso: l'alllllullamento di un �giudizio di avanzamento non pu�, infatti, incidere sul po.tere tecni�co ruscrezfonail.e delle c�mmdssioni. Tuttavia il nuovo giudizio � ce~urabile sotto iii. profilo dell'eccesso di potere, al:loo:ich� venga efliettuato un ritocco modesto, ictu oculi meramente fm-male rispetto alla precedente v;alutaz-ione, taJ,e cio� da ilascia'.t'le sopravvivere nella sostanza la gi� dichiarata iillegittimii� (Sez. IV, 14 ao;>cile 1970, n. 270, Farro amm., 1970, I, 2, 393). Costituisce altresi principio pacifico in giruri�SIP!l"�udenza che, in sede di rinnovazione del .giudizio ora per allora, l'amministrazione � tenuta a vialutaire �gli elementi, sia a favore sia a carico acquisiti dalil'interessato sucoesshcamente aU'anno, con rdiferimento al quaJ,e la nuova valutazione deve effettuaT,si (Sez. IV, 6� lugllio 1971, n. 675, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 1332; Sez. IV, 10 iLuglio� 1970, n. 5(}9, ivi, 19<70, I, 1224; Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 115, ivi, 1969, I, 527). Pertanto, in applicazione di quanto innanzi detto a propostto del vizio di travi:samento deil. fatto, � illegittimo i1 �giudizio della commissione, ove non risulti allegata alla precedente documentazione personale anche quella afferente l'alllllo o gli .anni SUJOOessivi (Sez. IV, 6 iLugil.io 1971, n. 675, ivi, 1971, I, 1332; Sez. IV, 11 luglio 1969, n. 392, Foro amm., 1969, I, 2, 750). Con la necessit� della valutazione dei fatti sapravvenienti, non deve essere coruBuso :l'�aocertamento dei irequ~si.ti di ammiissilbilit� ail. giudizio; i quaili vfoeve11sa, in sede di irinnovazione, vanno determinati con rlierimento allo ,stato di fatto e di diritto� esistente :nell'anno di imputazione degli effetti derivanti dalla nuova V�ailutazione (Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 761, Foro amm., 1969, I, 2, 1457). Per questo tale valutazione va eseguita anche se, successivamente a quella annullata, lo scrutinato abbia cessato di appartenere al :ruolo per iJl quale si era proceduto al precedente giudizio e sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 176 VI ' CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 944 -Pres. Potenza -Est. Carbone -Biccolini (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Cosentino). Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Autonomia dei singoli giudizi -Limiti -Illegittimit�. In ipotesi di variet� di titoli da valutare stabilita dalla fogge, ad ogni categoria deve corrispondere un distinto punteggio, al fine' di consentire ii controllo deHe operazioni compiute (18). Sebbene i singoli giudizi di valutazione neH'avanzamento a sceUa degli ufficiali dell'Esercito siano autonomi tr:a loro, � viziato di illegittimit� il secondo giudizio, con il quale -nell'identit� di tutti gli elementi e in particolare della composizione della commissione, 7!-onoh� nella presenza di una classificazione di � eccellente�� conseguita. dal ricorrente medio tempore -si attui un'inversione nella graduatoria fra ufficiali parigrado rispetto al precedente gi.udizio (19). passato ad altro ruofo (Sez. IV, 30 nov:emb11.1e 1966, n. 889, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 2061). � In materia va infine sottolinea1o -0he, ai serJ!Si degli airtt. 54 e 49 della legge 12 novembre 1955, n. 1137, la rinnovazione de'l giudizio di avanzamento dev:e essm-e fatta m occasione della prima g;raduatoiria successiva all"an.Dlll'Llamento., con attdbuzione di un solo ipunte~gio aillo scrutinato. Siffatto ,punteggio costituir�, poi, fil pairametro iai fini dell'inserimento o meno deH.'ruffidale nei quadri dii avanzamento dell'anino precedente (Sez. IV, 23 novembre 1971, n. 1037, ivi, 1971, I, 2109; Sez. IV, 25 settembre 1966, n. 523, ivi, 1968, I, 13150). Di pi� scarso numero :risultano le pronunce del Consi.glio di Stato r1guairdanti il decreto di aippll'ovazione della graduatordia da parte del Ministro, secondo1 quanto stabfilto dall'art. 27 della iLeg,ge. In (J;liroposito � stato comunque affermato che il provvedimento positivo di a(J;l!Provazione non deve essere motivato (Sez. IV, l9 g,ennaio 1966, n. 25, ivi, 1968, I, 21), laddove motivazione � necessaria iper il provvedimento di disapprovazione (Sez. IV, 30 giugno 1970, n. 479, Foro amm., 1970, I, 2, 615). In pairtioolare, la facolt� conf1erita al Mimstro della Difesa di apPoirtaire ~ ne~i elenclti degili ufficiali Idonei e nel.te graduatorde di merito le esclusioni .ritenute giuste e necessatrie -facolt� iriconosciutagli dall'art. 27 della le~ge -� circoscri,tta alle sole ipotesi della esistenza di fatti accertati di notevole iriUevo riferilbii!li allo scrutinato e tali che, incidendo sui1 rappor1o di fiducia ,con l'ammill�ISt:razione, rendono mdi:spensaibile H p.rovvedimento di escl.usio.ne. � stata conse.guentemente ravvisata !'il.legittimit� deil. provvedimento di esclusione dalla ,graduatoria di un .ufficiale, nei cui coniironti sia :stata emessa moilto temrpo addietro ,sentenza .penale di assoliuz:ione per insu!fficienza di prove e per am.1n1stia (Sez. IV, 12 nove�nbr,e 1969, n. 689, Foro amm., 1969, I, 2, 1192). GIORGIO GIOV ANNINI PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 177 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 31 ottobre 1'972, n. 992 -Pres. Uccellatore -Est. Carbone -Lucci ed altri (avv.ti Jerardi e Lanzara) c. Comitato provinciale prezzi e Comitato interministeriale prezzi (avv. Stato Cosentino) e Comune di Roma (avv. Bozzi). Prezzi -Disciplina -Criteri e principi generali -Riduzione di prezzi gi� in precedenza determinati -Legittimit�. (d.l.C.p.S. 15 settembre 1947, n. 896, art. 9). Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Competenza -Ordine di revoca di provvedimento gi� adottato dal �omitato, impartito dal Mi� nistro Presidente del C.I.P. -Illegittimit�. (d.l. C.P.S. 19 ottobre 1944, n. 347, art. 4). Legittimamente il Comitato provinciale dei prezzi provvede aUa riduzione di un prezzo in pre.oedenza determinato, e StLlla base della gi� svolta istruttoria aUo scopo di graduare nel te.mpo l'aumento in un periodo di marcata tensione inflazionistica; scopo predpuo dei provvedimenti in materia di prezzi �, infatti, quello di contro.Zlare la spinta inflazionistica, trattenere e scaglionare nel tempo, aumenti di prezzo, evitando, cosi, l!immediata 1�ipercussione suWindice� generale dei prezzi e quindi suUa dinamica del sistema economico (1). (1-2) Il controllo autoritativo dei prezzi: attualit� di una disciplina contingente. Il principio fatto salvo della pronuncia in esame, che appare adevente alla rpivecedente ,giUTi:srprndenza in materia, r1propone pe!l' altro verso all'attenzione sia il profilo generale dell[.a disciplina autoritativa dei prezzi, risalente, come � noto, al decreto luogotenenzi�ale del 19 ottobre 1944 e a quello del Ciapo IJ;l['Ovvi.rsocio dello Stato del 15 settembre 1947, sia quello della ripairtizio!ne di competenze tra i singoli Comitati provinciali e il Comitato intermimsteriale, oggetto della seconda pa!l'te delila decisione. A �quest'ultima va, innanzitutto, dconosciuto il pregio di ave!l' posto in evidenza il nesso teleologico, che sta a fondamento dell'intera disciiplina in marteda di prezzi: se � certo, infatti, che li �.problemi del dopo guerra avevano una dimensione e natura del tutto particolari, dilpendenti dai guasti dei .conflitto e dallla penuria dei mezzi a disposizione, l'aVlelr !ricondotto la n-OTmati.va in esame e la cottelativa azione amm.irnistrativa a quella di controllo di runa fase congiruntU!l'ale � calda � e di contrasto alla tensione inflazionisti.ca dimostra nel modo rpi� evidente il'attuailit� delile suindicate disposizdoni di legge, rapportate come sono a :problemi stcuramente divevsi da quelli che il legislatol.'e di alloca s'era ripromesso di dsoJ.vere. Sotto questo protf�lo, del resto, la J.ati.tudirne della fa:scia di disc�reziona! li�t� attribuita ai Comitati norn consente una dive111sa conclusione; resta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 178 La competenza a determinare i prezzi nelL'ambito di ciwscuna circos. crizione � at!tribuita dall'art. 9 del d.i.C.P.S. 15 settembre1 1947, n. 896 al Comitato provinciaLe dei prezzi, fermo restando il potere di direttiva e coordinamento del Comitato interministeriale� di cui al- fermo, peraltro, il. contenuto tecnico dei il'elativi poteri intesi a ll:'affironrtare su base documentale e !PII'evio accertamento i prezzi delle merci e dei seTvizi ai costi di produzione e di esercizio: da ci� il conseguente loro livellamento in tutti i settori assoggettati a oont't-olJLo per assicurail'e fa costante possibilit� di perequazione in tutto il tell.'!l'itorio :nazionale; l'esistenza dell'anzidetto, intrinseco limite all'esercizio della ,potest�, ha ~i, co111Senti..to in altra occasione aUa Sezione di dichiaEare la manifesta infondatezza delil.' eccezione <U dlllJcostituzionailit� delle norme in qruestione !Pell" un :pTeteso contrasto con gli artt. 3, 23, 41 e 9�7 della Costituzione (�cdir. S:ez. IV, 16 dicembire 19164, n. 1470, Il Consiglio di Stato, 19<64, 2171; vedasi anche Sez. IV, 22 dicemibTe 1964, n. 1590, ivi, 2201). In coerenza con Le suesposte pl"errnesse apipal"e, pertanto, ineccepibile la pronuncia nella parte in cuii, colllStata il.a esistenza di una previa i�struttoTia tecnica, riconosce al Comitato provinciale .il poteTe di riesame di una precedente determinazione autoritativa e la sua modifica �i fin�i sopTaindicati; risponde, invece, ad esigenze fo:rmali Ja riconosciuta hllegittimit� del provvedimento con cud il Presidente del C.I.P. ha �ingj,uinto al coonpetenite Comitato provinciale la modifica di un !P["ovvediimento adottato in materia di prezzo del pane, ritenuto in contrasto con il.e concrete direttive impartite dal Comitato intermin�isteriale. Ha rilevato, infatti, iLa Sezione che l'autonomia attribuita ai singoli Comitati dall'oct. 9 del d;l.0.P.S. 15 settembTe 1947, n. 896, appari:rebibe in sostanza ferita, ove si rdconoscesse una tale estensione ai poteri di dfil-e,ttiva e coooidinamento dei!. Comitato interminiisteriale di cui aU'oct. 4, terzo comma del d.l.C.P.S. 19 ottobre 1944, n. 347: secondo 1a Sezione, infatti, iplUr restaindo indi�scussi i poteri dli autotutela spettanti al C.I.P., la ri1sexva di competenza stabilita per i Colillitati provinciaili dalla iegge non consentirebbe interventi dei!. tipo considerato. Anche sotto questo p.rof�llo ila decisione si � riportata ad una precedente giuri1sprudenza, essendo stata pi� volte di:chi&-a>ta l'Hlegittimit� dei concreti provvedimenti in materia di prezzi, ogni volta che fossero stati adottati su :iistruzicmi impartite dail. Comitato inte:mninistea:-iail.e (�cfT. Sez. IV 8 maggio 1963, n. 295, n Consiglio di Stato, 1963, 684; Sez. IV 13 marzo1 1963, n. 160, ivi, 300; per con:fironti vedasi anche Sez. VI, 8 giugno 1965, n. 423, ivi, 1238): � fome questo il punto, :tuttavia, ove la disciplina in materia di prezzi appare palesemente inade~ta ai tempi: mentre, indlatti, nel periodo successivo ,alla guerra il.a competenza autonoma attribuita ai Comitati provinciali si fondava suLla concreta e riilevaita possibilit� di costi e prezzi div:ersi per ogni provincia nell'ambito del tel"ritorio nazionale, tail.e eventualit�, che ipUT non ;pu� essere oggi del tutto negata, � perail.tro, lar. gamente smentita dalla rea:lt� economica odierna, considerata sLa l'uniformit� di costi delle maiter.ie !P["ime, dipendenti dalle maggiori dimensioni delle imprese .produttrici, che da quelli del costo del lavoro, strettamente connesso con la contrattazione coLLettiva su base l!llazionai1e. Se, pertanto, va accolta come conforme a legge anche la seconda parte della decisione della Sezione, �essa appare, tuttavia, nella sostanza con>trad PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 179 l'art. 4 del d.l.C.P.S. 19 ottobre 1944, n. 347; �, pertanto, inegittimo il provvedimento con cui il Ministro p1�esidente del C.I.P., riscontrato un cont1�asto tra le direttive impartite ed un provvedimento del Comitato provinciale, impone la revoca di quest'ultimo, non 1-ientrando detta facolt� nei limiti dei poteri di auvotutela consentiti dalla vigente normativa (2). dittoria con i principi riaffermati nella rprima parte qua.Ii finalit� precipue del sistema del controllo autoritativo dei prezzi, ri[)o!l'tate, infatti, a necessit� di ,carattere generaile in ordine alle quali l'esi,genza del rispetto formale delle rispettive competenze appalt'e una componente minore e collaterale certamente superabile nella misura in cui i suggerimenti del Comitato interministeriale siano fatti rpropri in via autonoma dai focali Comitati provinciali non soltanto in sede di esecuzione delle direttive, ma con riferimento a singoli e conm-eti provvedimenti-pl'ezzi. FRANCESCO MARIUZZO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 31 ottobre 1972, n. 997 -Pres. Meregazzi -Est. Eboli -Piantino (avv. Piantino) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Cosentino). Competenza a giurisdizione -Riscossione esattoriale a carico di Enti di riforma fondiaria -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato -Sussiste. Atto amministrativo -Motivazione -Pluralit� di motivi interdipendenti tra loro -Inconsistenza di uno dei motivi -Illegittimit�. Esula dalla competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato la controversia relativa aU'esecuziD'lte esattoriale subita da un Ente di riforma fondiaria per ii recupe1�0 di tributi e redditi agrari dovuti da aLcuni assegnatari, considerato che in tal caso la cognizione incide direttamente sul rapporto tributario e sulia conseguente responsabilit� solidale per il pagamento del credito erariale (1). L'atto amministrativo adottato suUa scorta di una pluralit� di motivi � sempre legittimo, ove possa rinvenirsi in uno sofo di essi (1) Cfr. in termini Sez. IV, 27 aprile 1971, n: 512, n Consiglio di Stato, 1971, 767; in generaile sul punto della giurtsdizione vedasi Sez. VI, 27 aprile 1971, n. 325, ivi, 1971, 868 e Sez. IV, 28 agosto 1970, n. 599, ivi, 1970, 1289; diversamente si pone, invece, il problema nell'tipotesi che sia impugnato l'atto generale istitutivo del tributo, wattaindosi in tal. caso di acoerta:re la legittimit� dell'esercizio del rpotere disc:r.ezionale d'dmrposizione: vedasi, a,l riguardo, Sez. V, 22 dkembre 1970, n. 1248, ivi, 2305. 14 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'autonoma giustificazione del provvedimento, diversamente� da quanto si verifica, ove i motivi 1�isultino le�gati tra di loro da un nesso di interdipendenza (2). (2) Giurisprudenza costante. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 ottobre 1972, n. 677 -Pres. Lugo Est. Catalozzi -Soc. Carburanti e affini Perugia (S.C.A.P.) (avv. Sorrentino) c. Prefetto Perugia (avv. Stato Lancia) e Martiroli (avv. Cesarini). Concessioni amministrative -Distributori di carburante -Autorizzazione a nuovo impianto -Titolare di impianto preesistente sulla stessa strada -Interesse alla impu~nativa -Sussiste. Concessioni amministrative -Distributori di carburante -Decreti prefettizi -Definitivit�. Atto amministrativo -Norme applicabili -Sono quelle vi~enti non I alla data di presentazione <:!ella domanda, bensi alla data di ema- I i ~ nazione del provvedimeno. Nel caso di CQ!ncentrazione di diversi distributori di carburante nelia stessa strada, che dete~mina un eccesso di concorrenza e, eventualmente, uno sviamento di clientela, il titolare di un impianto preesistente ha interesse a impugnare il provvedimento che autorizza un ;:: nuovo impianto neUa stessa strada (1). � definitivo il provvedimento adottato dal Prefetto in tema atti I vazione e di esercizio di appareicchi erogatori di carburanti (2). Il provvedimento amministrativo -eccettuati i casi tassativamente I previsti dall'ordinamento. -deve uniforma1�si alle norme vigenti al i:; momento della sua emanazione, non a queUe vigenti al momento della r~ ~: p1�esentazione delle domande che ne sollecitano l'emanazio1ie (3). fil l ~~ I~ (1-3) La pTirrna e la terza massima sono esatte. La seconda confoTma una giurisprudenza costante (Sez. V, 23 marzo ,' 1971, n. 238, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 490) e si giustifica in base alla com ' .petenza escilusiva attribuita al prefetto che, come organo locale, �, da solo, legittimato a valutare tle iniziativ�e dei a'ichiedenti fa instaUazione, dal pro If , filo economico-pubblicistico, con riguardo all'interesse dei consumatori che potrebbero 1esseT1e danneggiati da una iprolifeTazione dei punti di vendita se eccedenti il f.abbisogno dell'utenza (Sez. V, 13 luglio 1971, n. 699, ivi, 1971, I, 1454) o Tifiettentisi in senso negativo sui :prezzi e sui servizi (Sez. V, I i::: 27 apd1e 1971, n. 38'6, ivi, 1971, I, 808) e con la possibilit�, quindi, di negare la autorizzazione motivando in base a concreti elementi di fatto (densit� d~lla popolazione, intensit� del traffico, sviluppo edilizio) (Sez. V, 13 luglio 1971, 700, ivi, I, 1454; Ad. gen., 11 giugno 1970, n. 667, ivi, 1971, I, 332; 13 luglio 1971, n. 697, ivi, 1971, I, 1453). i l I, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 181 CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 ottobre 1972, n. 733 -Pres. Di Pace -Est. Salvatore -Soc. S.P.A.I.C (avv. Golda Perini) c. Comune di Cermenate (avv. Monti). Contabilit� generale dello Stato -Contratti della P. A. -Gara -In genere -Offerte -Prescrizione di una data forma -Inosservanza Esclusione delle offerte fatte in forma diversa -Non � sempre necessaria. Contabilit� generale dello Stato -Contratti della P. A. -Gara -In genere -Offerte -Prescrizione di una data forma -Inosservanza Offerta di compenso globale anzich� in percentuale -Ammissibilit�. Le prescrizioni concernenti una data forma delle offerte in una ga1�a per l'aggiudicazione di un contratto della P. A. non implicano necessariamente l'esclusione delle offerte redatte in foTma diversa, quando nessun partico�lare interesse dell'Amministmzione -e pi� in generale del corretto svolgimento della gara -pu� indurre� ad interpretare come disposizione stabilita a pena di nullit� queLla c�he prescrive la forma in questione; ci� anche in ossequio al principio� delia conservazione degli atti amministrativi, che impone� il mantenimento dei risultati procedimentali quando la disposizione relativa alla forma vincolata non abbia carattere essenziale (1). (1-2) Sul procedimento dei contratti della P. A.: i vizi di forma. La piresente deci:sione costituisce una conferma della� consolidata giuriisprudenza del Consiglio di Stato, secondo C'U!i in mateTia di gare per l'aggiudicazione di contiratti pubblici 1a esclusione dailila gara per inosservanza di forme rpu� esser:e disposta solo qualora eissa sia esp:ressamente p:revista, rimanendo invece esclusa l'ipotesi in .cui non sussista alcun interesse da parte dell'Amministrazione al rispetto di una determinata forma. Gi� nel 1955, in un caso di specie ref1ativo ad una gar.a a licitazione privata per la �concessione di uno spaccio di vendita, il Consiglio di Stato iiveva sta!bilito che legittimamente era stata dichiarata nulla l'offerta di una ditta che invece di attenersi alle prescrizioni indicate nella lettera di invito �e, in particolar.e, a quella che irrnlponeV1a di offrir.e a titolo di canone una quota pe11centuale sulla merce fatturata, esp.t"essa in una cifra unka, aveva redatto l'offerta indicando percentuali diveirise su rdiv;eirise merci, e ci� irn quanto tale forma dell'offerta rendeva impossibile la comparazione con le off~te degli altri concorrenti (cfr. VI Sez. 13 giugno 1955, n. 457, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 787 e in Foro amm., 1955, I, 3, 304). In una successiva decisione del 1956 vceniva per ['appunto precisato che non ogni i:r:regolarit� rprocedUTale comporta necessariamente l'illegittimit� della gara, ma solo quelle che risultano determinanti al fine del risultato 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n fatto che, in una gam per l'aggiudicazione, sia indicata la percentuale definitiva richiesta a titolo di compenso del servizio da prestare e non un ribasso percentuale dell'aggio base stabilito daU'Amministrazione, cos� come indicato nella lettera di invito alla licitazione, non � idoneo ad inficiare il corr~tto svolgimento delle operazioni di g.ara, n� a ledere l'interesse della pubblica Amministrazione ad otte (dr. Sez. VI, 11 a:pri1e W56, n. 231, Foro amm. 1956, I, 3, 292 e Il Consiglio di Stato, 1956, I, 487). Si �colloca su!hlo stesso piano la decisione n. 5�8'6 della V Sez. pronun 0 data il 29 maggio 1964 (Il Consiglio di Stato, 1964, I, 977), secondo la quale non tutte le disposizioni che disciplinano Le fomne dell'incanto nell'ilnteresse della p.a. possono considerarsi di natura inderogabile e cogente, di guisa che l'inosservanza de�~le medesime debba in ogni caso render�e nulla la ~a; tale valore va riiconosciuto �solo a quelle modalit� rpTescritte la cui violazione possa compromettere un serio e utile svolgimento della gara stessa, crune ad esempio queUe dettate a garanzia della se.gretezza delle offerte (in senso conforme anche la dee. Sez. V, 2 marzo 19�6�3, n. 99, ivi, 1963, I, 404). Pi� spedf�camente, in ordine attle modalit� delle offerte, il Consiglio di Stato ha chiarito che le prescrizioni concernenti una data forma delle offerte in una gara non comportano l'automatica esclUIS�one delle offerte redatte in una forma divel'sa, tanto pi� che �l'art..89 rid. 23 maggio 1924, n. 827, non preclude la .po.ssibilit� che le ofllerte V'engano presentate in varr-ie forme, purch� ri1sulti da esse ol'entit� del miglioramento sul p:l'ezzo base (dr. Sez. V, 12 novembre 1960, n. 791, ivi, 1960, I, 2074). Nel caso specif��co � dato a:inveni'.l'e un inte11essante pr.eced.ente del 19�58, e precisamente la decisione Sez. V, 20 giugno 1958, n. 426 (Giuris. it., 1959, III, 33, nonch� in Il Consiglio di Stato, 1958, I, 647), secondo cui non costituiisce vizio dd eccesso di potere, per disparit� di t:l'attamento, del procedimento posto in essere dal pvesiden<te della gara, la ci'.l'costanza che, nei confronti di un offerente -il qual.e abbia omesso di indicare il ribasso sui !P['ezzi unitari, richiesto dall'avviso di Ucitazione pirivata, presentando, al posto di taJ.e indicazione, il'�e1enco dei lp['lezzi ofllerti -il presidente medesimo non abbia senz'altro disposto 'l'esclusione dal<la gara, ma si sia limitato a demandare alla commissione tecnica, incadcata di esamina!l'e iLe offerte, di valutare IJ["eliminarmente la possibilit� di considerare ii! detto elenco vaUdamente sostitutivo della indicazione del ribasso off�erto. In tal.e ordine di pri�nci:pi si colloca anche ila .pi� irecente giuriSrpTudenza (cfr. Sez. V, 9 giugno 1967, n. 608; 26 maggio 19i67, n. 441, Il Consigiio di Stato, 1967, I, 1237 e 910o; S�ez. V, 29 settembr�e 1971, n. 798, ivi, 19o71, I, 1604; Sez. V, 26 apiri1e 19i72, n. 341 e 9 irnag1gio 1972, ivi, 19172, I, 676 e 986), La quale ribadisce, anzitutto, che non tutte J.e no11ffie che disciplinano i procedimenti dei vari ,si,stemi di gara vanno osservate a tPena di nul:lit�, ma solo quelle la cui disa'[ltplicazione comprometta il serio e !P['oficuo svolgimento del.la gara; cosicch� deve essere ritenuto �legittimo il provvedilmento di esclusione dalla licitazione privata di un conco:l'rente per inosservanza di una p11escrizione contenuta nelfinvifo, espressamente Pl'evista a pena di esclusione, in quanto dette prescrizioni si presumono preovd:inate a garanzie sostanziali. Infatti, quando si tratti invece di lnO'.l'ffie legislative o r.egolamenta:ri, che non dettano prescrizioni a pena di esclusione, in caso di loro inois�ser PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 183 nere offerte precise, serie e vantaggiose, essendo sufficiente una, semplice operazione aritmetica per convertire L'entit� globale offerta in entit� percentuale (2). vanza l'attivit� intE!['ll)retativa dell'autorit� preposta a'11a gara, prima, e del giudice amministrativo, poi, esplicata attraverso l'indagine della finalit� della norma, po;rta a distinguere tTa prescrizioni essenziali per il proficuo svolgimento della gara (e pertanto inderogabili) e prescrizioni meramente formali, la cui inosservanza � sanabile con adempimenti sostitutivi, idonei a perseguire ugualmente la finalit� cui la norma stessa � preordinata. RAFFAELE TAMIOZZO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 24 ottobre 1972, n. 600 -Pres. Mastropasqua -Est. Squillante -Fondo previdenza Mario Negri (avv. Simi) c. Ministero del Lavoro (avv. Stato Vitucci). Previdenza e assistenza -Enti previdenziali -Acquisto di beni -Approvazione dei piani ai sensi dell'art. 65 legge 20 aprile 1969, n. 153 Esonero dalle procedure previste per gli acquisti dei beni in relazione all'esercizio finanziario cui si riferisce il piano -Disciplina transitoria nel periodo dal 1�maggio 1969 (data di entrata in vigore della legge) al 31 dicembre 1969. Ai sensi deWart. 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153, il Ministero del lavom ha ii potere di approvare -per ciascun ese"l"cizio finanziario, a decorrere dal 1� gennaio 1970 -i piani annuali d'investimento redatti da enti (pubbLici e privati) che gestiscono fo'Mne di previdenza e assistenza sociale, e tale approvazione e'sonera gli enti stessi dall'osservanza delle procedure per l'autorizza.zione ail'acquisto di beni e valori indusi nei piani. Pertanto, gli acquisti posti in essere dopo il 1� maggio 1969 (data di entrata in vigore della legge) e fino al 31 dicembre 1969, restano sottoposti alla precedente disciptina senza che sia consentito all'Amministrazione sostituire l'autorizzazione ex art. 17 e.e. �con la propria approvazione, es�sendo il potere di approvazione concesso in relazione ai piani di investimento e nOIJ'l, in relazione ai singoli atti di acquisto (1). (1) La decisione apipaire esatta laddove estende la diJSci.pli111a della il�egge n. 153 agli enti pubblid ed a.ne persone giuridiche p:rivate che eseTcitano quaLsi�asi forma asstourativa, obbiUgatoria, sostit'l.l!tiva, libera o integrativa. Suscita inve�ce qualche pe~~essit� iladdo:vce p�er il pe:riodo successivo all'entrata in vigore (1� maggio 1969) della stessa ilegge che ha abrogato le procedw-e pll'evLste rpier gli acquisti di beni, ha :ritenuto '.legittimo applicare ancora tali procedure. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 184 (Omissis). -Come si � esposto in narrativa, il Fondo ricorrente impugna il provvedimento del 17 ottobre 1970 con il quale il Mini stero del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'art. 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153 e della civcolare del 24 luglio 1969, n. 12, ha approvato il contratto di acquisto di un immobile sito in Roma. Sostiene in primo luogo il ricorrente l'inapplicabilit� della norma in esame alle persone giuridiche private che gestiscono forme aggiuntive o integrative delle assicurazioni sociali obbligatorie! in quanto nell'espressione �forme di previdenza e assistenza sociale� non possono rientrare che le forme di assistenza e previdenza obbligatorie. Diversamente ritenendo si verrebbe a sottoporre l'assistenza privata, la cui libert� � garantita dalla Costituzione, ad una non consentita vigilanza. In secondo luogo il ricorrente afferma che nella specie il Ministero, sostituendo la propria approvazione all'autorizzazione ex art. 17 e.e., ha dato attuazione anticipata ed erronea all'art. 65 prima che vi fossero i presupposti di legge. Ha cio� esercitato un potere che non trova alcun fondamento nell'art. 65 della legge, ma che si basa sulla circolare del 24 luglio 19�69, che, per aver violato il principio stabilito nella legge (potere di approvazione dei piani annuali), deve ritenersi, senza alcuna possibilit� di dubbio, illegittima. In terzo luogo il ricorrente deduce l'illegittimit� del provvedimento impugnato per incompetenza, in quanto l'approvazione non doveva essere concessa con provvedimento del solo Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, per eccesso di potere e per difetto di motivazione giacch� non sono state rese note le ragioni per le quali di fronte ad una richiesta di autorizzazione a norma del codice civile si � invece concessa l'approvazione ex art. 65. La resistente Amministrazione osserva in contrario che la consapevole latissima dizione della norma in esame e la mancanza di qualsiasi accenno circa l'applicabilit� della legge a tipi particolari di previdenza inducono a ritenere che anche il Fondo ricorrente sia sottoposto alla. legge n. 153 del 1969. Quanto alla legittimit� del potere esercitato l'Amministrazione fa rilevare che l'immediata entrata in vigore della legge e la mancanza di norme transitorie hanno determinato la necessit� di dettare una disciplina interinale e provvisoria (con la circolare del 24 luglio 1969, n. 12) che � in armonia con la legge pi� volte citata. All'esame dei motivi di gravame � necessario premettere qualche cenno esplicativo in ordine alle disposizioni applicate. L'art. 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153 ha introdotto una sostanziale modifica nel regime giuridico degli acquisti di beni e valori da parte degli enti pubblici e delle persone giuridiche private, co PA,RTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 185 munque denominate, che gestiscono forme di previdenza e assistenza sociale. Detto articolo prescrive infatti: 1) che tali enti sono tenuti a compilare annualmente piani di impiego dei fondi disponibili, da presentare, entro 30 giorni dalla data d'inizio dell'esercizio cui si riferiscono, al Ministero del lavoro ed alle altre ammnistrazioni vigilanti; 2) �che la percentuale dei fondi disponibili da destinare agli investimenti immobiliari non pu� superare la terza parte di tali fondi pur ipotizzando eventuali variazioni in relazione a particolari esigenze di bilancio o alla forma di gestione adottata; 3) che l'approvazione dei predetti piani, cui provvede il Ministero del lavoro di concerto con il Ministero del tesoro e con il Ministero del bilancio e la programmazione economica, esonera gli enti suindicati dalle procedure previste per l'autorizzazione all'acquisto di beni e di valori inclusi nei piani stessi, ivi comprese le procedure previste nella legge 5 giugno 1850, n. 1037 e nell'art. 17 e.e. e relativi regolamenti di attuazione e di esecuzione. Da tale articolo risulta, quindi, evidente che all'Amministrazione � stato .conferito il potere di approvare i piani d'impiego redatti annualmente dagli enti pubblici e dalle persone giuridiche private che gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale e che, una volta approvato il piano, i soggetti interessati non debbono ottenere alcuna altra autorizzazione per gli acquisti effettuati in conformit� del piano stesso. L'Amministrazione, essendo la norma entrata in vigore il giorno succe,ssivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, e cio� il 1� maggio 196�9, si � posta il problema del coordinamento fra le procedure seguite anteriormente al 1� maggio 1969 e quelle che devono essere osservate posteriormente alla data predetta e nella circolare impugnata lo ha risolto nel senso di sottoporre tutti gli acquisti immobiliari stipulati nel periodo compreso tra il 1� maggio ed il 31 dicembre 1969 all'approvazione del Ministero del lavoro e delle altre amministrazioni vigilanti, precisando inoltre che a partire dal 1 � gennaio 1970 gli enti interessati dovranno annualmente compilare i previsti piani di impiego. Tanto premesso, la Sezione osserva che gli impugnati provvedimenti non si sottraggono alle censure moss�e con il secondo motivo di gravame, .che per investire la stessa esistenza del potere del quale l'Amministrazione ha inteso fare uso hanno indubbiamente carattere pregiudiziale ed assorbente rispetto alle censure dedotte con gli altri motivi di ricorso. Si � gi� visto che ai sensi dell'art. 65 della citata legge � stato attribuito all'Amministrazione del lavoro il potere di approvare i piani RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO annuali d'investimento redatti dagli enti pubblici e dalle persone giuridiche private, comunque denominati, i quali gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale e che l'approvazione dei piani esonera gli enti stessi dall'osservanza delle procedure previste per l'autorizzazione all'acquisto di beni e valori inclusi nei predetti piani. La legge, �quindi, pone come condizione necessaria e sufficiente per l'esonero dall'autorizzazione l'approvazione del piano d'impiego da redigere annualmente, coskch�, sino a quando per gli enti interessati non diviene operante l'obbligo della redazione del piano, gli acquisti di beni continuano necessariamente ad essere assoggettati alla precedente disciplina. Il problema �, pertanto, quello d'individuare il momento in cui la norma in esame fa sorgere, per gli enti che gestiscono � forme di previdenza e assistenza sociale, l'obbligo della redazione del piano annuale d'impiego. Non vi' � dubbio che la norma aggancia il piano d'impiego all'esercizio finanziario e poich�, come la stessa Ammiiiistrazione riconosce, l'esercizio finanziario ha generalmente inizio il 1� gennaio e termine il 31 dicembre, l'obbligo di redigere il piano di investimento ed il �conseguente potere dell'Amministrazione di approvare i piani non pu� essere sorto che a decorrere dall'esercizio finanziario 1970. Di conseguenza tutti gli acquisti antecedenti al 1970 posti in essere da enti pubblici o da persone giuridiche private, qualunque sia la forma di assicurazione gestita (obbligatoria o sostitutiva, libera o integrativa), restano sottoposti alla precedente disciplina, senza che sia consentito all'Amministrazione, in difetto di un'espressa norma sulla quale basare il potere esercitato, sostituire l'autorizzazione prevista dall'art. 17 e.e. con la propria approvazione, tanto pi� che, giova ripeterlo, il potere di approvazione � concesso in relazione al piano di investimento e non in relazione ai singoli atti di acquisto. N� dalla norma in esame sorgono problemi di diritto transitorio; se � infatti vero che l'art. 65 � entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale, altrettanto vero � che la sua applicazione concreta, connessa, per le ragioni che sopra si sono esposte, all'obbligo di .presentare i piani di investimento entro trenta giorni dalla data d'inizio dell'esercizio finanziario, non poteva che avere decorrenza dal 1� gennaio 1970. Sino a questa data, pertanto, il Ministero del lavoro non poteva ritenere inapplicabili nei confronti di tutti gli enti che comunque gestiscono forme �di previdenza le precedenti procedure e di conseguenza non poteva provvedere per conto proprio ad un'approvazione sostitutiva dell'autorizzazione, ignorando cos� che l'approvazione deve riguardare i piani e :~: ~~i :~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA non gli acquisti singoli e che essa non � sostitutiva ma esonerativa delle procedure previste nella legge 5 giugno 1850, n. 1037 e nell'art. 17 c..c. e relativi regolamenti di esecuzione e di attuazione. Dalle considerazioni �Che precedono risulta, pertanto, evidente che l'Amministrazione ha fatto uso di un potere che non trova fondamento in alcuna disposizione legislativa e che quindi non poteva essere esercitato nei confronti dei soggetti che comunque operano nel campo della previdenza e assistenza sociale, sia, cio�, che gestiscono forme di previdenza obbligatoria, sia che gestiscano forme di previdenza facoltativa e volontaria. -(Omissis). CONSIGLIO DI ST~TO, Sez. VI, 27 ottobre 1972, n. 672 :. Pres. Tozzi Est. Varino -Soc. Vides cinematografica ed altri (avv. Sorrentino) c. Ministero del lavoro e della previdenza sociale (avv. Stato Vitucci). Lavoro -Collocamento lavoratori -Richieste nominativi di mano d'opera -Legge n. 300 del 1970 -Validit� per ogni settore di attivit� -Conseguenza. Lavoro -Collocamento lavoratori -Richieste nominative di mano d'opera -Disciplina -Decreto ministeriale -Omessa acquisizione del parere della Commissione consultiva -Illegittimit�. La legge 20 maggio 1970, n. 300 ha dettato precise disposizioni di carattere generale sulle richieste nominative di mano d'opera, valevoli per tutti i settori dell'attivit� produttiva, nessuno escluso, da attuarsi, in concreto, con decreti del Ministro per il lavoro� e la previdenza sociale, sentita la commissio1te di cui alla leg�ge 29 aprite 1949, n. 264; pertanto, la disciplina prevista dalla citata legge ha abrogato ogni precedente disposizione con essa contrastante (ad ecce�zione delle disposizioni dei �contratti collettivi e dei contratti sindacali pi� favorevoli ai lavoratori, ai sensi detl'art. 40 legge citata). Il parere della commissione di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264, previsto dall'art. 34 legge 20 maggio 1970, n. 300, � un parere in senso proprio, e cio� espressione di un giudizio sulla nuova disciplina del collocamento dei lavoratori per quanto attiene� alle richieste� nominative di mano d'opera; pe'rtanto, � ilLegittimo il provvedimento ministeriale emanato ai sensi deill'art. 34 cit., allorch� la detta commissione, per contrasti insorti nel suo seno, abbia addirittura rinunciato a.d esp1�imere il pare1�e prescritto dalla legge come atto dovuto. 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATVRA DELLO STATO (Omissis). -Ritiene la Sezione che non possa considerarsi positivamente l'eccezione di inammissibilit� del ricorso adombrata dalla difesa dell'Amministrazione col rilievo che la limitazione della facolt� di scelta dei lavoratori da assumere costituisce una lesione immediata e diretta di diritti soggettivi delle aziende cinema.tografiche. Con buon fondamento le societ� riconenti hanno replicato nella discussion_e orale che si tratta semmai di un diritto affievolito dall'ampio potere discrezionale di limitazione che la legge accorda alla pubblica Amministrazione e che, come tale, � tutelabile innanzi al giudice amministrativo. Le ricorrenti non negano infatti il potere esercitato, ma ne censurano le modalit� di esercizio in violazione della portata sostanziale e finale delle norme di legge. Nel merito deducono, col primo motivo, �Che la disciplina del collocamento nel settore dello spettacolo ha la sua fonte nel d.P.R. 24 settembre 1963, n. 2053, emanato in virt� dell'art. 23 della legge 29 aprile 1949, n. 264, che le successive disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300 non hanno n� abrogato, n� modificato. Il citato decreto stabilisce, quanto alla richiesta nominativa dei lavoratori da assumere, �disposizioni particolari in deroga all'art. 14 della legge n. 264, costituendo un'autonoma disciplina con carattere di regolamento delegato. Le relative disposizioni, per la loro natura speciale, conservano l'efficacia derogatoria che � loro propria di fronte a nuove norme di carattere generale di diverso contenuto. Ne discende che il Ministro del lavoro e della previdenza sociale non aveva facolt� di introdurre col decreto 1� luglio 1971 una nuova determinazione di categorie di lavoratori altamente specializzati per il settore dello spettacolo ai quali � limitata la richiesta nominativa. Il motivo non appare tuttavia fondato per un duplice ordine di considerazioni. Da un lato, la legge n. 300 del 1970 ha espressamente abrogata ogni disposizione in contrasto con le norme in essa contenute, con la sola eccezione delle condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali pi� favorevoli ai lavoratori (art. 40). D'altro lato, � da tener presente che la disciplina dell'art. 4 del d.P.R. 24 settembre 1963, n. 2053, con riferimento al d.m. 1� ottobre 1942, ha avuto fin dall'origine carattere provvisorio, essendo espressamente previsto che la sua efficacia sarebbe venuta meno quando, con disposizioni di carattere generale, fossero state fissate le qualificazioni e le specializzazioni che comportano la richiesta nominativa. Ora, non pu� dubitarsi che l'art. 34 della legge n. 300 del 1970 abbia dettato precise disposizioni di carattere generale sulle richieste nominative di mano d'opera, valevoli per tutti i settori dell'attivit� PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 189 produttiva, nessuno escluso, da attuarsi in concreto con decreti del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264. � quindi evidente che, con l'attuazione della nuova disciplina, estesa al settore dello 'spettacolo in forza del decreto impugnato, veniva a cessare ,quella precedente a carattere provvisorio, temporaneamente prorogata. Merita invece di essere accolto il �secondo motivo, che riflette la violazione dei principi generali in tema di deliberazione degli organi collegiali ed eccesso di potere. Rilevano le ricorrenti che nella seduta del 30 giugno 1971, la commissione centrale per l'avviamento al lavoro non formul� un giudizio finale che formalmente e sostanzialmente rappresentasse la volont� del collegio debitamente obiettivata nei risultati della votazione. In proposito, � sufficiente rilevare che il parere previsto dall'art. 34 della legge 1970, n. 300 � un parere in senso proprio, � cio� espressione di un giudizio sulla nuova disciplina del collocamento per quanto attiene alle richieste nominative di mano d'opera, con tutti i conseguenti effetti sul provvedimento cui � preordinato. L'esame del verbale della seduta conferma la fondatezza del motivo dedotto. Sulle proposte ministeriali relative al settore dello spettacolo i rappresentanti dei diversi interessi in causa si sono trovati in aperto dissenso sulle questioni particolari e di fondo. Particolarmente � stata rilevata la inidoneit� dei criteri di individuazione delle �ristrette categorie di lavoratori altamente specializzati �, mentre dall'una parte e dall'altra venivano avanzate proposte di variazioni all'elenco proposto dal Ministero. La richiesta di rinvio della seduta per un pi� approfondito esame degli argomenti controversi � rimasta senza esito. In tale situazione -� dichiarato in verbale -il presidente insist� pi� volte sull'esigenza che i convenuti � esprimano chiaramente con il voto il loro avviso, ad evitare possibili successive recriminazioni e impugnative�. Il voto � tuttavia mancato, in quanto i rappresentanti delle organizzazioni sindacali hanno chiesto che l'Amministrazione � decida obiettivamente per le qualifiche sulle quali non � stato possibile raccogliere l'unanimit� dei consensi� ed il presidente si � limitato a prendere atto �che tutti i convenuti si d1chiarano d'accordo su tale soluzione�. Dal che si rileva chiaramente che la commissione ha addirittura omesso di formulare il proprio parere, previsto dalla legge �come atto dovuto, ed il Ministero ha rinunziato a pretenderlo, ponendo in essere una condizione di manifesta illegittimit� del decreto impugnato. (Omissis). 190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 31 ottobre 1972, n. 700 -Pres. Mastro. pasqua -Est. Lanza -La Cava (avv. Silvestri) c. Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste (avv. Stato Pierantozzi). Impiego pubblico -Dispensa dal servizio -Infermit� -Scadenza dal periodo massimo di aspettativa -Omesso iter procedimentale prescritto -Illegittimit�. Impiego pubblico -Congedo e aspettativa -Aspettativa -Infermit� Durata massima -Calcolo -.Congedo straordinario -Va considerato come servizio attivo. � illegittimo il provvedimento di dispensa. dal servizio di un impiegato, al termine del limite massimo del periodo d� aspetta.tiva per infermit�, allorch� per l'emanazione del provvedimento si prescinde da un esame� medico-collegiale tendenve all'accertamento dell'inabilit� del dipendente a riprendere servizio ed ove .. prima di detto accertamento non si sia proceduto a comunicare all'interessato la proposta di scioglimento del rapporto di lavoro, con i'esplicito invito a produrre le proprie osservazioni entro un congruo termine, n� gli sia stato notificato successivamente l'invito a poter far partecipare un proprio medico di fiducia alla conseguente visita medico-coUegiale; una certificazione prodotta dalL'interessato o l'esito di una visita collegiale diretta ad altri fini (nella specie, ad ottenere una proroga di aspettativa) non possono consentire di prescindere dall'apposito iter previsto dalle norme in vigore (1). (1-2) La dispensa dal servizio per infermit� nella giurisprudenza del Consiglio di Stato. La presente decisione sancisce, anzitutto, l'illegittimit� della dispensa in difetto di esperimento del .prescritto esame medico-collegiale, nonch� di p.t'ev�entiva .comunicazione aH'inter.essato della proposta di sciogli. mento del rapporto di lavoro. �Numerosi i l(>r<ecedenti in tal senso: fl!'a le aitre c:l!r. Sez. VI, 19 ottobre 1960, n. 806, Il Consiglio di Stato, 19<60, I, 1864; VI Sez. 16 ottobre 1963, n. 732, ivi, 1963, I, 1435; VI Sez., 26 ottobre 1960, n. 877, ivi, 1960, I, 190~; V Sez., 23 .g.enn:aio 1965, n. 64, ivi, 1965, I, 76�; IV Sez. 27 ottobre 1965, n. 662, ivi. 1965, I, 229; VI Sez., 26 ottobre 1965, n. 711, ivi, 1965, I, 1784; V Sez.., 19 aprile 1966, n. 576, ivi, 1966, I, 751; Cons. Giust. Amm. Regione Siciiliana, 28 l.glio 1971, n. 373 (Spiro c. Consiglio Amministrazione Provinciale di Messina), ivi, 1971, II, 1547; Cons. Giust. Amm. Regione Siciliana, 17 febbraio 1972, n. 265, ivi, 1972, II, 254; COl!ls. Stato, Sez. V, 17 f.ebbraio 1970,. n. 130, ivi, 1970, I, 237; Sett. Giuridica, 1970, I, 117; Foro amm., 1970, I, 2, 194. Fin dai iprimi anni di applicazione del t.u. del 1957, n. 3 iJ. Consiglio di Stato aveva preciisato che la dispensa dal servizio per infermi�t�, gi� prevista dall'art. 85 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960 e attuaimente daltl'art. 71 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 191 n congedo straordinario, al pari dei congedo ordinario, va considerato come servizio attivo, mentre i'CI!Spettativa costituisce una sospensione deUa prestazione dei servizio; iUe�gittimamente, pertanto, L'Amministrazione, ai fine dell'appUcazione deH'art. 71 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 (dispensa dai se1�vizio in seguito ai superamento dei del citato t.u., � un provvedhnento dichia;rativo, che J.'.Ammi:nistrazione deve �emettel'e quando abbia accertato, alla scadenza del periodo massimo di aspettativa, che l'impiegato non � in grado di il"iIJTendetl'e servizio (cf1r. Cons. Stato, Sez. VI, 14 maggio 1958, n. 351, n Consiglio di Stato, 19<58, I, 673). Successivamente venne sancita la ne�cessit� che il collegio medico p!t"o-ceda in ogni caso a vtsita e cio� ad esarrne diTetto de1l rupendente, non essendo sufficiente che esso esP!t"ima la diagnosi sulla base soltanto di atti foomm dall'ArruniJilj.strazione (dee. cit. n. 806/1960); nella stessa decisione si chtariva inoltre che il dfiuto dell'impiegato di sottoporsi a visi�ta medica col1egiale non autoriz2la l'Ammimstrazione a d1sporre la dispensa dail. sea:vizio rper motivi di salute, ma pu� :rendere possibile solo la pe!rsecuzione dtsciplinare delle omissioni �Commesse dal dilpendente con la mancata ip:re$ tazione del servizio. Il particolare rigore cui � tenuta l'Amministrazione in subiecta materia tvova stgnifi.cartiva conferma nella dectsione n. 464 del 25 ottobre 1961 (Sez. IV, n Consiglio di Stato, 1961, I, 1583), secondo cui il giudizio tecnico del col1egio medtco sulla idoneit� o meno di un impiegato a riprendere il seirvi2! io non vincol1a tLa deUberazione dell'organo che deV1e .pronunciare ia,_ dispensa dal servizio sulla base di tale giudizio, trattandosi .pUT sempre di un rp~ere di ordine tecmco, .emesso ai fiill� di un P!t"Ovvedimento !La cui adozione � risea:vata alla competenza deH'organo amministrativo, corretta applicazione peraltro della nota distinzione fra discrezionalit� tecnica e discrezionalit� amministrativa. Con ila decisione n. 662/1965 (.che aveva avuto analogo pl'ecedente nel 1954, dee. del 20 ottob!t"e, n. 692, ivi, W54, I, 1035) venne dichiarato iHegittimo il provvedimento di dispensa dal Se!t"Vizio per motivi di salute, che non sia pl'eceduto da vi�sita mediica col1egiale e dall'invito all'impiegato di presentare le proprie deduzioni avverso la piroposta; neHa decisione dello stesso anno (n. 64/1965) l'illegittimit� venne estesa anche al caso di dispensa allo scader-e del periodo massimo di aspettati.va per motivi di salute, poich� l'unica differ�enza fra il procedimento relativo a ta1e dispensa e quello relativo alla dispensa per dnalbilit� consiste nel :Batto che i�l pdmo ha natura dichi~ativa e il secondo matU!t"a costitUJtiva. Il C'onsi.glio di Giustizia Amministrativa della iR!egione stciil.iana, nel1a intea:essante deciisione n. 373/1971, dopo aver ;precLsato che il termine per l'impugnazione deJ. p;rov~edimento di 1di.spensa per infermit� decorre dalla data di comuntcazione o ipiena conoscenza di tale provvedimento, non dalla data di comunicazione del 1.'efer-to medi�co che ha ri1scontl'ato l'infermit�, el�enca la successione fogica delle vari�e fasi del pa:ocedimento di ilispensa dal �servizio per inabilit� fisica dei pubbUci dipendenti: 1) anzdtutto, l'impiegato dev�e essere proposto iper la disp�ensa; 2) al medesimo deve essere assegnato un termine per presenta11e ile P!t"opirte osSe!t"vazioni eventuali; 3) l'impiegato deve, infine, esser�e sottaposto a visita medica collegi:a1e e l'Amminiistrazione, nell'invitarlo a .sottapol'si agli accertamenti ,sanitari, deve 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO limite massimo di aspettativa per infermit�), cumula i periodi di aspettativa con queUi di congedo straordinario concessi ai ricorrenti trascurando di considerare le interruzioni superiori a tr�e mesi tra un periodo di aspett.ativa e l'altro (2). indi,cargli non sofo lo scopo cui detti accertamenti sono diretti, ma anche i motivi che sta!llino a base della determinazione. Ne consegue la ifilegittimit� de1l provvedimento di dispensa qualora sia mancata la ptrev�entiva, apposita � pa:-oposta � di dispensa e quaJ,ora all'impieg� ato� non 1sia stato, !inol.itr1e, comunfoato cihe l'accertamento medi�co veniva esp,J.etato allo scorpo specifico de1la eventuale dispensa dal servizio. Si segnaia, !infine, anche l'altra deci1sione del Consiglio Giust. Amm. Reg. Sic. (n. 2165/1972), nella quale, dbaidito che 1a dispensa dail. servizio peT inabilit� fisica a carico del pubblico dipendente pu� essere rusposta so.io dopo la scaden2'Ja del periodo massimo di aspettativa e semprech� si accerti che l'impiegato si trova a;ncOTa nella condizione di incapacit� per infermi.fa al momento in cui deve riprendere servi2'lio, viene ruchiatrata illegittima la dispensa dal servizio per inabilit� fisica di un pubblico dipendente, qualora essa si basi su di un accertamento medico che sia stato effettuato non .gi� ai fini de11a dispensa, bens� al fine deHa concessione di un periodo di aspettativa. RAFFAELE TAMIOZZO :;., ' :~: 1r1111a1t11r1111g,111111r1111111111~:r1111111111111ir1111111111111�1r� SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1972, n. 1041 -Pres. Caporaso -Est. Brancaccio -P. M. De Marco (diff.) -Soc. CO.RE.LI. (avv. Emmi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). Imposte e tasse in genere -Azione civile ordinaria -Termine per la notifica della decisione della Commissione Centrale di cui allo art. 34 della 1. 8 giugno 1936, n. 1231 -Imposte indirette -Si estende. (1. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 34). n termine di tre mesi stabiLito nell'art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231 per la notifica della decisione delia Commissione Cent1" ale in materia di imposte diretve, � applicabile anche per le imposte indirette. Conseguentemente l'Amministrazione decade dal diritto di propor1�e l'azione ordinaria ove non abbia provveduto a notificare la decisione nel detto termine (1). (Omissis). -Con la prima censura svolta col primo mezzo del ricorso, la cooperativa CO.RE.LI. -deducendo la violazione dell'articolo 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231 -sostiene che la Corte di merito abbia errato nell'affermare che questa disposizione, la quale stabilisce che la decisione della �commissione centrale, ove non notificata dall'ufficio entro tre mesi dal giorno in cui � ad esso pervenuta, diventa definitiva per la Finanza, debba essere �ntesa come riferita (1) Sulla applicabilit� del termine stabilito nell'art. 34 legge 8 giugno 1936, n. 1231, alle decisioni della Com.missione Centrale in materia di imposte indirette. Con questa sentenza la Corte di cassazione ha affrontato per la prima volta ex professo la questione se il termine di tre mesi fissato dall'art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, riguardante la materia delle imposte dirette, per la notifica delle decisioni della Commissione centrale, sia applicabilt! anche in materia di imposte indirette; e l'ha risolta in senso affermativo, dichiarando in conseguenza la P. A., che non aveva provveduto alla notifica della decisione nel detto termine, decaduta dal diritto di proporre l'azione giudiziaria ordinaria. In senso conforme si erano pronunciati il tribunale di Torino con sentenza 7 marzo 1972, Finanze c. Longo e Boetti, avverso la quale pende appello e il tribunale di Milano, con sentenza 6 marzo 1969 in causa Finanze c. Andreoletti, pubblicata in Mass. Trib., 1969, 336: sentenza che � stata riformata daHa Corte di appello di Milano (sent. 14 marzo 1972, n. 1844) in senso favore 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO soltanto alle decisioni in materia di imposte dirette, e non anche a quelle concernenti le imposte indirette, e, conseguentemente, nell'escludere che nella specie l'Amministrazione finanziaria fosse decaduta dall'azione giudiziaria per non aver adempiuto l'onere di notifica che su di essa incombeva, per quanto riguardava la decision� emessa dalla commissione centrale nella controversia a cui era interessata la medesima CO.RE.LI. La censura � fondata. La �questione che con essa si .solleva, circa l'estensione dell'onere di notifica previsto dall'art. 34 legge n. 1231 del 1936 alle decisioni della commissione centrale in materia di imposte indirette, non risulta che sia mai stata affrontata espressamente da questa Suprema Corte in un caso in cui, come quello qui oggetto di esame, si discutesse della decadenza della Finanza dall'azione giudiziaria per pretesa relativa ad imposte indirette, instaurata successivamente alla decisione della commissione centrale. Tuttavia talvolta questo Supremo Collegio, dovendo decidere la questione se l'Amministrazione finanziaria fosse decaduta dall'azione giudiziaria di cui all'art. 29 r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639 (azione concessa in materia di imposte indirette), per avere vole alla Finanza, ma per motivi diversi da quelli che il Tribunale aveva accolto. � L'argomento posto a fondamento della decisione sia della Corte di cassazione che dei due tribunali, � tratto dalla lettera dell'art. 31 detl r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, quarto comma, il quale stabilisce � sono estese alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei beni tutte le altre norme relative al procedimento davanti alle Commissioni amministrative delle imposte dil'ette �. La Corte di cassazi.one, peratltro, si � resa conto che questa disposizione riguarda solo il procedimento innanzi alle Commissioni tributarie: mentre l'art. 34 della legge n. 1231/1936 pone una norma comminante una decadenza, che si proietta oltre il giudizio amministrativo; una norma cio� che disciplina l'azione daViant:i al gtludiice ordinario. Ma essa ha osservato: �� agevole replicare che codesta estensione non diretta ma .meramente riflessa, � perfettamente aderente aUa ragione delila disposizione, che va individuata in un'esigenza di disciplina unitari�a del contenzioso tributario innanzi alle Commissioni, determinata dagli aspetti sostanziali di analogia degli interessi in gioco ned due tipi di controversia relativi alle imposte dirette e a quelle indirette �. Tale argomentazione non ci trova consenzienti: il procedimento I ~ in materia di imposte dirette presenta infatti degli aspetti particolari che giustificano la norma posta da'Ll'art. 34 della legge n. 1231/1936, aspetti che vice\nersa non si rinvengono neil procedimento contenzioso tributario in materia di imposte indirette, per cui l'applicazione anche in relazione m t: a queste di tale norma non ci appare logica. La norma anzidetta invero f: si trova inserita in un testo che� ebbe ad oggetto la conversione in legge i: di tre decreti-legge concernenti modifiche, interpretazioni e aggiunte alle leggi sulle imposte dirette, e si inquadra strettamente nel relativo sistema. li � noto che secondo l'art. 53 del t.u. per 1l'imposta sui redditi di rie- I. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA. 195 omesso la notifica in termini della decisione della Commissione provinciale, ha argomentato, per giusti.f�.care la soluzione negativa ora quella affermativa, richiamando anche il suddetto art. 34, che ha inteso, con riguardo rispettivo a ciascuna delle opposte soluzioni, come limitato a disciplinare esclusivamente la notifica delle decisioni relative ad imposte dirette, oppure come esteso anche alla disciplina della notifica delle decisioni concernenti le imposte indirette. La prima interpretazione � stata sostenuta nella sentenza n. 988 del 23 marzo 1957, considerando che l'art. 34 �contiene una disposizione eccezionale dettata per la sola materia delle imposte dirette -l'unica disciplinata dalla legge a cui essa appartiene -e pertanto non estensibile, in appHcazione dell'art. 14 delle preleggi, oltre il caso che espressamente prevede. La seconda interpretazione � stata affermata dalla sentenza n. 828 dell'll marzo 1958 e da numerose altre decisioni successive, per il rilievo che la norma sancisce un principio generale riferito alle decisioni in entrambi i settori tributari di cui qui si discute. Questo secondo orientamento si � consolidato in giurisprudenza, con affermazioni peraltro meramente incidentali o implicite (dr., per es., le sentenze delle Sez. Un., 6 giugno 1967, n. 1236 e 24 maggio 1968, numero 1587), e da molti anni ad esso ha mostrato costantemente di ispirarsi l'Amministrazione finanziaria (v. per es. la Circolare delchezza mobi!le, approvato con r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, si riteneva improponibile l'azione giudiziaria finch� non fossero stati percorsi tutti i gradi del procedimento amministratvo (v. !NGRosso, Istituz. di dir. trib., Jovene, Napoli, 1937, pag. 240, n. 285, nota 1). Con sentenza della Cassazione 27 giugno 1911 in causa Trezza-Finanze fu viceversa ritenuta sufficiente la decisione di una commissione di merito � che sia divenuta definitiva per difetto di gravame �: massima confortata dal disposto dell'art. 120 del regolamento per l'applicazione dell'imposta di cui al r;d. 11 luglio 1907, n. 560. La questione era tuttavia dubbia, ma il principio fu riaffermato con 'l'art. 22 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, il quale ha disposto che l'� Autorit� giudiziaria pu� essere adita dal contribuente anche dopo che sia intervenuta soltanto decisione definitiva della Commissione distrettuale o di quella provinciaile, purch� la r�elativa imposta sia stata iscl"itta a ruooo �. Nel sistema quale era delineato nella legge del 1877, appariva evidente la opportunit� di fissare un termine perentorio alla Finanza per procedere alla notifica della decisione, termine che fu infatti stabHito in sessanta giorni negli artt. 97 e 99 del r.d. 11 luglii.o 1907 relativamente alle decisioni della Commissione di prima istanza e di quelJJa provinciale di appello: esso aveva il fine di evdtare la stagnazione del processo amministrativo, con evidente danno del contribuente, che aveva interesse alla sollecita definizione del contesto, sia per evital"e il cumulo di arretrati, essendo l'imposta di r.m. a carattere periodico, sia per ottenere il rimborso delle somme pagate, a sensi del terzo comma art. 120 r.d. 560/1907. La mancata notifica della decisione nel termine previsto portava perci� decadenza dell'ufficio dal!. diritto di appello; e poich�, secondo il sistema della legge del 1877, J.'Autorit� giudiziaria poteva essere adita soltanto dopo 15 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO l'Ispettore Compartimentale Tasse II.II. di Roma 7 dicembre 1960, n. 770/16927). Esso in realt� � meritevole di essere condiviso. L'estensione della disciplina contenuta nell'art. 34, nella parte che qui interessa, alla materia delle imposte indirette si desume da un decisivo argomento testuale fornito dall'art. 31 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, quarto comma, il quale, al termine di una serie di dispo'sizioni che prevedono assimilazioni nei procedimenti relativi alle controversie in materia di imposte dirette ed indirette, stabilisce: �Sono estese alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei beni tutte le altre norme relative al procedimento davanti alle Commissioni amministrative delle imposte dirette�. Questa norma contempla una clausola generale di unificazione della disciplina del contenzioso nelle materie delle imposte dirette ed indirette innanzi alle commissioni amministrative. In questa disciplina certamente rientra la notifica della decisione della commissione centrale, perch� tale notifica costituisce il presupposto per la conclusione del procedimento nella sede della giurisdizione amministrativa, con che fosse intervenuta la decisione della Commissione centrale, la decadenza dal diritto di impugnativa determinava in realt� l'irreformabilit� per Ja Finanza della decisione emessa dalla Commissione di prima o di seconda istanza. L'art. 34 deilla legge 8 giugno 1936, n. 1231 venne perci� effettivamente a colmare una lacuna nel sistema: perch�, essendo indubbio anche nel sistema precedente la riforma di cui al d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 che l'Autorit� giudiziaria poteva essere adita dal contribuente soltanto dopo che fosse intervenuta una decis�one definitiva della Commissione distrettuale o di que1'la provinciale (1), le norme predisposte dal legislatore per eviitare ila stagnazione del processo amministrativo, a tutela degli interessi del contribuente sopra ricordati, venivano vanificate quando il processo tributario aveva esaurito l'ultimo stadio: non essendo infatti fissato alcun termine all'Amministrazione per la notifica della decisione della Commissione centrale, questa poteva procrastinarne ad libitum la definitivit�: eludendo o comunque ritardando il diritto del contribuente di� adire il'Autorit� giudiziaria o di chiedere il rimborso della maggiore imposta corrisposta. Completamente diverso � il sistema, per quanto concer.ne le imposte indirette. � Nelle imposte indirette -scrive ALLoRio, Dir. proc. trib., 4� ediz., paragr. 101, pag. 301 -allorch�, secondo il sistema pi� antico, le relative (1) �Decisione definitiva in quanto non pi� soggetta a gI'avame dinanzi ad altro giudice tributario, per decorrenza di termine; giacch�, nel caso di soccombenzi; t bilateI'ale, non potrebbe il contribuente, ricorrendo per saltum ai tribunali ordinari, togliere esplicazione al diritto della finanza di gravarsi dinanzi al giudice speciale tributario di grado superiore� (ALLORIO, Dir. proc. trib., 4� ediz., parag. 101. pag. 301). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 197 l'effetto tipico dell'atto conclusivo dell'attivit� giurisdizionale cognitiva e cio� quello della costituzione del giudicato. Il correlativo dovere, previsto dall'art. 34 della legge n. 1231 del 1936, non pu�, quindi, non rientrare nella stessa disciplina, nella ricezione della quale non vi sarebbe motivo per operare distinzioni; e se vi � �compreso il dovere, non pu� non esservi compresa anche la corrispondente conseguenza sanzionatoria, cio� la definitivit� del provvedimento per la Finanza che ad esso non abbia ottemperato, con l'implicita decadenza della medesima dall'azione giudiziaria. Non si pu� osservare che con questa interpretazione dell'art. 31 se ne estende l'ambito di riferimento oltre il procedimento innanzi alle Commissioni per investire quello innanzi al giudice ordinario, procedimento quest'ultimo la <:ui disciplina sembrerebbe del tutto estranea alla formula della norma. � agevole replicare che codesta estensione, non diretta ma meramente riflessa, � perfettamente aderente alla ragione della ?-isposizione, che va individuata in un'esigenza di disciplina unitaria dal contenzioso tributario innanzi alle Commissioni, determinata dagli aspetti sostanziali di analogia degli interessi controversie siano risolte mediante ricorsi amministrativi gerarchici, il previo esaurimento di questi ricorsi non �, o non era, affatto un presupposto del processo avanti i tribunali ordinari: � noto che, quando l'azione giudiziaria sia stata promossa senza che sia stata presentata domanda in via amministrativa, o prima che siano trascorsi novanta giorni dalla presentazione, fil processo avanti l'Autorit� giudiziaria ordinaria non � irregolarmente costituito; ma si determina a carico del ricorrente la sola sanzione che egli non possa pretendere dall'Amministrazione il rimborso delle spese di lite neanche in caso di soccombenza. � Ma, come si � veduto, rispetto a taluni fra i pi� dmportanti tributi indiretti (imposta di registro, di successione e in surrogazione, e ipotecavie; imposta sull'entrata riscotibile per abbonamento) il ricorso gerarchico amministrativo � stato sostituito dal: ricorso giurisdizionale alle Commissioni tributarie. Peraltro io non credo che diversamente dal ricorso gerarchico, i11 processo tributario davanti alle commissioni, in tema di imposte indirette, costituisca un antecedente necessario del processo avanti i giudici ordinari�. Tale opinione dell'Allol'io in materia di imposta di reg.istro, successoria, ecc., trova ormai conferma in una costantissima giurisprudenza. Ora, posto che <in materia di imposte indirette la decisione definitiva di una Commissione tributaria non costituisce un antecedente necessario del processo avanti lAutorit� giudiziaria: che anzi esiste -con l'eccezione del terzo comma art. 29 d.l. n. 1639/936 -piena alternativit� tra il processo avanti il giudice tributario e quello ordinario; e che questo giudizio pu� esseve iniziato in qualunque momento, indipendentemente dallo stadio e stato� di quello tributario, � evidente che l'estensione ai giudizi tributari concernenti le imposte indirette del principio posto dall'art. 34 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in gioco nei due tipi di controversia relativi alle imposte dirette e a quelle indirette: questa disciplina unitaria non tollera una diversit� di trattamento del procedimento di formazione del giudicato relativamente alle decisioni delle commissioni e, per necessaria implicazione logica, della conseguenziale preclusione dell'azione giudiziaria. Un valido motivo di distinzione tra i regimi giuridici non potrebbe essere rinvenuto nella considerazione che lo stesso legislatore mostra di intendere diversamente le tutele relative alle due categorie di imposte, allorch� condiziona la proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo esperimento dell'azione innanzi alle Commissioni tributarie solo quando si tratta di imposte dirette e non anche quando si controverte in tema di imposte indirette. La diversit� di disciplina delle due tutele trova un limite nella ricezione del principio della stabilit� del giudicato amministrativo, principio di cui il legislatore mostra chiaramente di volere il rispetto con rigual'do ad entrambe. Per quanto concerne le controversie in materia di imposte dirette a questo principio si ispira l'art. 34 legge n. 1231 del 1936, nello stabilire termini perentori, per la Finanza, per la notifiea delle decisioni de!la commissione centrale e, per tutte le parti, per la proposizione dell'azione della legge n. 1231/1936, rappresenterebbe non l'eliminazione di una lacuna nel sistema, ma una vera anomalia nel sistema. A che scopo infatti limporre all'ufficio di notificare in un termine breve la decisione della Commissione centrale, ponendo come sanzione la sua decadenza, dall'impugnativa avanti all'Autorit� giudiziaria? Questo principio di rigore, che non si collega al sistema della alternativit� tra procedimento giudiziario, vigente per le imposte indirette, emergerebbe solo quando il processo tributario ha raggiunto l'ultimo stadio e si � esaurito con la decisione della Commissione centrale. La decadenza verrebbe infatti a colpire solo la mancata notifica delle decisioni della Commissione centrale, ma non quella delle decisioni della provinciale o delila distl'ettuale. Invero la Corte di cassazione, esaminando un caso particolare, quello dell'azione giudiziaria di impugnativa deille decisioni emesse in materia di determLnazione del valore dalle Commissioni provinciali di valutazione (art. 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) dopo un'oscillazione rappresentata dalla sentenza 11 marzo 1958, n. 828, con le sentenze a SS. UU. 17 luglio 1965, n. 1594 (Finanze c. Cammarata e Taormina, in questa Rassegna, 1965, I, 1070) e I Sez. sent. 14 maggio 1968, n. 1587, ha :ciconfermato il principio che la decadenza prevista dagli articoli 35 e 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 per il caso di mancata notifica nei sessanta giorni dal ricevimento delle decisioni deHe Commissioni distr�ettuali e provinciali opera esclusivamente nell'ambito del processo tributario: ma non preclude �all'Amministrazione la facolt� di adire l'Autorit� giudiziaria nei sei mesi dalla notifica. Tale principio � indubbiamente esatto, non potendosi riconoscere al Governo delegato a sensi dell'art. 45 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 ad emanare le norme riguardanti � ��� la rinnovazione ed il funzionamento delle Commissioni, la procedura conten PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 199 giudiziaria successiva a questa notifica; mentre con riguardo a quelle in materia di imposte indirette il principio � presente nell'a~. 146 del t.u. di legge del registro 30 dicembre 1923, n. 3269, come sostituito dall'art. 1 r.d.l. 13 gennaio 1936, n. 2312, il quale prevede che per tutte le relative controversie che abbiano formato oggetto di decisione amministrativa, il termine � per ricorrere all'autorit� giudiziaria � � di sei mesi a decorrere dalla data di notificazione della decisfone amministrativa. L'affermazione che il principio della stabilit� del giudicato amministrativo � comune al regime dei due tipi di controversia, nonostante i loro aspetti differenziali, consente di desumere dall'art. 146 della legge sul registro un argomento ulteriore di conferma dell'esattezza della interpretazione qui data dall'art. 31 del r.d.l. n. 1639 del 1936. Invero il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria contemplato nella prima norma in tanto � idoneo a garantire la piena osservanza di quel principio in quanto si raccorda col termine per la notifica della decisione della Commissione centrale stabilito dall'arti-. colo 34 della legge n. 1231 del 193,6. Se non sussistesse questo raccordo, la possibilit� in concreto di realizzare la stabilit� del giudicato amministrativo sarebbe rimessa esclusivamente all'apprezzamento assolutamente discrezionale della Pubblica Amministrazione in ordine al momento in cui provvedere alla notifica della decisione, apprezzamento ziosa... � (ovviamente davanti alle Commissioni), la facolt� di fissare decadenze operanti fuori de1lla procedura contenziosa tributaria. � ancora da aggiungere che la ricordata sentenza, per superare questa eccezione, aveva dovuto considerare il giudizio davanti all'Autorit� giudiziaria ex art. 29, terzo comma, del d.l. n. 1639/1936 come una fase del giudizio tributario. Ora, a parte le acute critiche svolte contro siffatta tesi da FILIPPO LONGO in Monitore dei Trib., 1958, pag. 476 segg., � da osservare che la tesi stessa non potrebbe certamente essere invocata per giustificare l'estensione della decadenza prevista dagli artt. 35 e 41 r.d. 1516/1937 alle altre ipotesi in cui l'azione giudiziaria avv�erso le decisioni delle Commissioni tribut�rie sia proposta a sensi del quarto comma, anzich� del terzo comma dell'art. 29 d.l. n. 1639/1936. Nel sistema della legge pertanto, la decadenza prevista dagli articoli 35 e 41 ricordati non colpisce l'azione giudiziaria della Finanza, in materia di imposte indirette nemmeno nel caso che (l'azione sia proposta a sensi del disposto del terzo comma art. 29 d.l. n. 1639/1936. Ora, se nemmeno in questo caso, in cui il processo tributario rappresenti eccezionalmente una via necessaria per ottenere giustizia, la mancata notifica della decisione nel termine produce decadenza dell'azione giudiziaria, che senso avrebbe stabilire un termine perentovio esclusivamente per la notifica delle decisioni della Commissione c�entrale? Una norma siffatta rappresenterebbe indubbiamente, come dicevamo, un'anomalia nel sistema. 200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO discrezionale che, mentre potrebbe essere gravemente lesivo degli interessi del contribuente, non avrebbe giustificazione in alcun interesse giuridicamente rilevante dell'Amministrazione; ci� significherebbe che il principio della stabilit� del giudicato sarebbe stato accolto nel si stema esclusivamente a favore della Finanza con una statuizione discri minatoria nei riguardi del contribuente affatto irragionevole; e questa interpretazione non si potrebbe accettare, perch� priva di fondamento logico, ,senza riscontri in discipline analoghe e, oltre tutto, in con trasto con l'art. 3 della Costituzione, cos� come � stat� interpretato dalla consolidata giurisprudenza della eorte costituzionale. La soluzione qui accolta della questione dell'estensione del ter mine previsto dall'art. 34 pi� volte citato alle decisioni della Com missione centrale su controversie in materia di imposte dirette ha come conseguenza il riconoscimento del pieno fondamento della cen sura. In applicazione di quella disposizione, la Corte, infatti, avrebbe dovuto rilevave, in accog.1imento delle deduzioni difensiv� della coo perativa CO.RE.LI., che l'Amministrazione finanziaria era decaduta dall'azione, per non avere notificato validamente la decisione della commissione centrale nel termine di tre mesi dal momento in cui essa era pervenuta all'ufficio competente. -(Omissis). Talch� un'interpretazione estensiva dell'art. 31 del r.d. 1639/1936, oltrech� essere esclusa dalla sua formulazione, appare infondata alla luce dei principi fondamenti:ili che abbiamo cercato di illustrare. � La omissione della notifica delle decisioni delle Commissioni -come rileva E. CIACCI in nota critica alla sentenza in rassegn�i, in Giust. Civ, 1972, I, pag. 1259 -, no;n impedisce al contribuente, che ritiene ingiusta la pronuncia, di appellarla o di proporre contro di essa l'azione giudiziaria, nei casi �in cui questa � ammessa. Tali decisioni infatti si intendono pubblicate alla data del ricevimento da parte dell'ufficio tributario (rectius: a sensi dell'art. 50 della legge n. 1/1956, alla data in cui la segreteria della Commissione ne spedisce copia all'Ufficio;' v. in arg. ZAPPAL� e LANZA, 'L'imposta sui redditi mobiliari, Napoli, 1968, paragr. 223, pag. 1159), e gli interessati hanno diritto di prenderne visione e di averne dall'ufficio stesso, previo �pagamento dei relativi diritti, copia autenticata (art. 34, richiamato dagli artt. 41, 47 e art. 49 r.d. 8 luglio 1936, n. 1516) �, Nulla perci� vieta al contribuente, che voglia affrettare la definizione del contesto, di farsi rilasciare copia autentica della decisione e di prov vedere lui ana notifica della decisione aH'ufficio, per determinare la decorrenza del termine. Ci sembra perci� indubbio per le considerazioni sopra esposte, che l'eccezione di decadenza dell'ufficio dal diritto di impugnare in viia giu diziaria la decisione della Commissione centrale, per non aver provveduto alla notifica nei tre mesi dal suo ricevimento, non possa ritenersi esten sibile alla materia delle imposte indirette. � Si segnala, in argomento, la sentenza Sez. Un. 26 giugno 1972, n. 2151, che segue. M. SALTINI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 201 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 giugno 1972, n. 2151 -Pres. Marletta -Est. Tamburrino -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Istituto Luce (avv. Perrino). Imposte e tasse in genere -Ricorso per Cassazione contro decisioni di Commissioni delle imposte -Impugnazione della Finanza Necessit� della notifica della decisione nel termine di 60 giorni Esclusione. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 35 e 41). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni .. Sottoscrizione �:lel ricorso dell'Ufficio -Funzionario preposto al reparto -Validit�. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 38). n ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. � un rimedio straordinario previsto per tutte le decisioni giurisdizionali, svincolato dalle norme speciali e particolari di un determinato procedimento, dinanzi alle giurisdizioni speciaH che in vista di quel procedimento stabiliscono decadenze; conseguentemente il ricorso per Cassazione proposto dall'Amministrazioine Finanziaria non � condizfonato alla preventiva notifica della decisioine nel termine di 60 giorni di cui agli artt. 35 e 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (1). Validamente il ricorso dell'Amministmzione alle Commissioni � sottoscritto dal funzionario preposto al re.parto che come ha, in forza del rapporto di immedesimazione organica, la capacit� di manifestare la volont� deWAmministrazione nei confronti dei terzi nel rapporto sostanziale, cos� ha iL potere nella stessa materia di compiere atti processuali (2). (Omissis). -Secondo la difesa dell'Istituto resistente, il ricorso per �Cassazione, proposto dall'Amministrazione finanziaria ai sensi del (1-2) La prima massima � molto importante e da condividere p1enamente. Il termine per la notifica delle decisioni delle Commissioni condiziona l'impugnazione della Finanza solo nell'ambito del contenzioso tributario. E va sottolineato che la pronuncia delle Sez. Un. sembra voler chiaramente affermare che le limitazioni particolari stabilite per i procedimenti dinanzi alle giurisdizioni speciali in vista della peculiarit� di quei procedimenti e di quella giurisdizione, non sono applicabili in genere per i rimedi dinanzi alla Autorit� giudiziaria ordinaria. Quindi 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 111 della Costituzione, sarebbe inammissibile per non essere cura dell'Ufficio nel termine di. giorni sessanta dalla data di pubblicazione della decisione stessa. Secondo il ricorrente cio� s:i applicherebbe an�he alla possibilit� di ricorrere ex art. 111 della Costituzione la norma dettata dalle leggi fiscali (art. 35 e 41 r.d. 8 lug11.fo 1937, n. 1516) secondo cui l'Ufficio � decaduto dal diritto di appellare avverso la decisrione delle Commissioni provinciali se non abbia provveduto a notificare al contribuente la rispettiva decisione nel termine di giorni sessanta dalla pubblicazione. La questione � gi� stata sottoposta all'esame delle sezioni semplici di questa Corte Suprema ed ha dato luogo a decisioni contrastanti, onde la rimessione della stessa a queste Sezioni Unite. Invero, mentre con una prima sentenza (n. 1236 del 1967) � stata ritenuta l'inapplicabilit�, al ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, delle norme succitate, considerate proprie e particolari del procedimento tributario, 'Con una seconda sentenza (n. 1587 del 1968) invece � stata ammessa l'applicabilit� sotto il profilo fondamentale della natura del ricorso ex art. 111 della Costituzione come una impugnativa da inserirsi nel procedimento tributario. Queste Sezioni Unite ritengono pi� fondata la tesi negativa. Ben vero � indubitabile che si tratta, secondo la previsione normativa degli artt. 35 e 41 della legge del 1937, di decadenze dal diritto di impugnazione proprie e caratteristiche del procedimento trib�tario, decadenze che fanno carico esclusivamente all'Ufficio: tali decadenze non possono appUcarsi ad un procedimento autonomo e generale, ad un rimedio, cio�, ammesso dall'art. 111 della Costituzione, in via �generale e straovdinaria avverso tutte le decisioni giurisdizionali, come controllo ultimo della loro legittimit�. N� pu� parlarsi di un richiamo per via analogica, vietato dalla natura speciale ed eccezionale dell'imposta decadenza. Con ci� queste Sezioni Unite intendono applicare la loro giurisprudenza secondo cui il ricorso ex art. 111 della Costituzione � un nuovo e straordinario rimedio concesso dalla Costituzione, cui, in mancanza di precise disposizioni ad hoc, si debbono richiamare le norme del codice di procedura civile sul ricorso per cassazione. E non anche --si aggiunge -le norme speciali e particolari di un determinato procedimento, avanti giurisdizioni speciali, che, in vista delle -~ -:= anche per l'azione dinanzi al tribunale, che non � un mezzo di impugnazione, il termine di 60 giorni per la notifica della decisione non dovrebbe operare. La seconda massima � ormai pacifica ed � riconfermata anche dalla sent. 23 giugno 1972, n. 2094 (in questa Rassegna, 1972, I, 828) che ha affermato la stessa regola anche per la sottoscrizione dell'accertamento e del relativo avviiso. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA peculiarit� di quel procedimento e di quella giurisdizione, stabiliscono decadenze inestendibili oltre i casi ristretti per i quali sono comminati e comunque inconcepibili per i rimedi, anche se straordinari, avanti l'autorit� giudiziaria ordinaria, cui la Corte di cassazione pur sempre appartiene. Pertanto ---senza le necessit� di discutere sulla richiamabilit� della sospensione dei termini di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742 il ricorso appare ammissibile e pu� essere esaminato nel merito: Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente censura la decisione della Commissione centrale per avere ritenuto che non erasi validamente costituito il rapporto precessuale avanti la Commissione provinciale e avanti la stessa Commissione centrale, per essere stato tanto l'appello alla prima, quanto il ricorso alla seconda sottoscritto non gi� dal titolare dell'Ufficio, sibbene da un capo reparto. La censura, che ripropone la questione della validit� �di un atto processuale sottoscritto non dal titolare dell'Ufficio, ma dal capo di un reparto del medesimo, si palesa fondata. Invero, la questione stessa � gi� stata recentemente decisa da queste Sezioni Unite (v. sent. numero 2657 del 1970, conforme ad altre cinque della stessa data), nel senso della facolt� di impugnare le decisioni delle Commissioni tributarie non solo da parte del titolare dell'Ufficio, ma anche dei funzionari, preposti al reparto che tratta la materia controversa, validamente nei confronti dei terzi. Siffatta statuizione non pu� che essere seguita. La norma fondamentale, infatti, regolatrice della materia � costituita dalle disposizioni analoghe degli artt. 88 e 45 del citato decreto n. 1516 del 1937, le quali attribuiscono la facolt� di impugnare la decisione della Commissione distrettuale avanti la Commissione provinciale e quella della Commissione provinciale avanti la Commissione centrale �all'Ufficio � : l'attribuzione della detta facolt�, � fatta dalla legge non specificamente alla persona fisica del titolare dell'Ufficio o del reggente (come in altre ipotesi avviene) ma generimente all'Ufficio. Onde va fatto riferimento alla nozione generica amministrativa di Ufficio, la cui nozione, sotto il profilo soggettivo comprende non solo il titolare ma anche i funzionari preposti al reparto che trattano le materie controverse e abbiano la capacit� di manifestare validamente, nei confronti dei terzi, la volont� dell'Amministrazione, nella specifica materia, per il rapporto �di immedesimazione organica a suo tempo costituito ed attualmente in corso, con il pieno svolgimento delle attivit� specifiche del ramo per cui � avvenuta la preposizione. Tali considerazioni, fondate sui principi della continuit� dell'azione amministrativa, delle unitariet� dell'ufficio pubblico e della salvaguardia dei diritti dei terzi, valgono certamente non solo nel campo amministrativo so'stanziale, ma anche per quello processuale: il funzionario preposto al reparto che ha la potest� di trattare valida 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente �con i terzi in campo sostanziale, ha certo il potere processuale di impugnazione in controversie riguardanti la medesima materia. N� vale -come per la decisione impugnata -richiamare le disposizioni del r.d. 560 del 1907 che sono state abrogate del decreto del 1937, il quale -completamente disciplinando la materia -parla di impu! gnazioni da parte dell'Ufficio, nel senso suddetto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2392 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. De Marco (diff.) -Soc. SAPE (avv. Romualdi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cerocchi). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Maggiorazione per ritar data iscrizione a ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto -Appli cazione di sanzioni -Eguale concetto di dichiarazione infedele. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 184 bis e 245). H concetto di infedele dichiamzione di cui ail'art. 184 bis del t.u. sulle imposte dirette, che prevede una maggiorazione di aliquota per le imposte o la parve di esse iscritte a ruolo con ritardo, � identico a quello dell'art. 245 che prevede l'applicazione di una sopratt.assa.; nell'uno e nell'al.tro caso la dichiarazione � infedele quando indica u.n imponibile inferiore di almeno u.n qua1�to a quello definitivamente accertato (1). (Omissis). --Con il primo motivo del ricorso la societ� ricorrente, sotto il profilo dell'inesatta interpretazione dell'art. 184 bis t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 con riferimento all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., sostiene che il citato articolo non possa contenere una nozione di � infedele � dichiarazione dei redditi diversa da quella dell'art. 245 t.u. avendo le stesse espressioni un unico significato e che, quindi, la sentenza impugnata abbia errato nel ritenere dovuta la maggiorazione di imposta di cui all'art. 184 bis ogni qualvolta il reddito definitivamente accertato superi, quale che sia la misura, quella dichiarata dal contribuente. .... (1) Viene modificato l'orientamento stabilito con la sent. 23 aprile 1970, n. 1171 (in questa Rassegna, 1970, I, 641). La precedente pronunzia sembrava per� pi� convincente. La maggiorazione di aliquota, che per le imposte dirette � l'equivalente degli interessi, ponendo sullo stesso piano la Finanza e il contribuente, � da considerare un indennizzo per il mancato impiego del denaro dovuto per il sol fatto della ritardata iscrizione a ruolo (e alil'inverso deWanticipata riscossione di imposta non dovuta), mentre la sopratassa, avente carattere sanzionatorio, richiede un minimo di gravit�. , �<�' I*"'t='<lt. %7.J.0. ���*���,:W..#"iillill.m" -- �... .. WL&lmf&ili W& �=*-=== PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 205 La doglianza � fondata. La sentenza impugnata ha ritenuto che per l'art. 245 t.u. � � infedele �, non qualsiasi dichiarazione non veritiera del contribuente, bens� quella che indica un imponibile inferiore di almeno un quarto a quello definitivamente accertato sempre che detta differenza non sia dovuta ad indetreabilit� di oneri passivi dedotti dal contribuente, mentre per l'art. 184 bis t.u., introdotto con la legge 25 ottobre 1960, n. 1316, I'� infedele� denuncia � considerata senza alcuna limitazione e consiste in qualsiasi dichiarazione non veritiera. A tali conclusioni la sentenza impugnata � pervenuta osservando, sotto un aspetto esegetico, che l'art. 184 bis non contiene nessun riferimento diretto all'art. 245 e che la maggiorazione, ivi prevista, pu� applicarsi, per espressa previsione, anche �indipendentemente� dalla soprattassa di cui all'art. 245; e, sotto un aspetto razionale, che quest'ultima norma colpisce la deliberata infedelt� contributiva del cittadino, mentre la maggiorazione prevista dall'art. 184 bis tende a compensare la Finanza della ritardata riscossione della maggiore imposta in caso di dichiar�izione non �conforme al vero. E, applicando tale principio alla fattispecie, ha ritenuto dovuta la maggiorazione dell'art. 184 bis, atteso che la diversa imposta definitivamente accertata a carico della SAPE, rispetto a quella iscritta a ruolo, pur non raggiungendo il limite di un quarto di cui all'art. 245 t.u., era dovuta alla non riconosciuta detraibilit� di oneri passivi. Il principio di diritto affermato � conforme a quello enunciato da questa Corte Suprema (Cass., 25 aprile 1970, n. 1181) la quale, ritenuto che l'infedele dichiarazione pu� avere presupposti diversi e correlativamente effetti diversi, ha fondato il proprio convincimento, oltre �che sugli argomenti contenuti nella motivazione della sentenza impugnata, anche sul rilievo che l'art. 245 t.u. non definisce il concetto di infedele dichiarazione ma fissa i criteri per l'applicazione di una sovrattassa avente carattere sanzionatorio non estensibili alla maggiorazione di imposta, avente finalit� risarcitoria, sia per il silenzio della legge sia per la pi� ampia sfera di applicazione dell'art. 184 bis. Ma questo Collegio, riesaminata la normativa sopracitata, ritiene di non poter condividere il principio enunciato, che non � giustificato dagli elementi esegetici e razionali, indotti a suo sostegno, bens� � fondato su di un'affermazione, sostanzialmente apodittica, e, comunque, in contrasto con la lettera e la ratio della legge. Invero, gli artt. 243, 244 e 245 t.u. prevedono sanzioni (ammenda e soprattassa) a carico dei contribuenti in caso di �omessa�, � tardiva �, �incompleta� o �infedele� dichiarazione e, in particolare, nel prevedere la soprattassa di un terzo (ora due terzi in base all'art. 7 legge 28 ottobre 1970, n. 801) sulla differenza tra l'imposta dovuta e 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quella corrispondente alla dichiarazione, l'art. 245, intestato � dichiarazione infedele � limita questa nozione nel senso che ritiene infedele, non qualsiasi dichiarazione non veritiera, bens� quella che indica un imponibile inferiore di almeno un quarto a quello definitivamente accertato, sempre che la differenza tra il dichiarato e l'imponibile non sia dovuta ad indetraibilit� di oneri passivi (di,sposizione quest'ultima abrogata dall'art. 7 dell<;l �egge 28 ottobre 1970, n. 801). L'art. 184 bis, introdotto con la legge 25 ottobre 1960, n. 1316, stabilisce a carico del �contribuente, in caso di � omes�sa �, �incompleta� o �infedele� dichiarazione una maggiorazione del 2,50 % sulle imposte o .le maggiori imposte, dovute in base a rettifica delle dichiarazioni stesse o ad accertamento di ufficio, per ogni semestre intero successivo al primo dopo la pubbUcazione dei ruoli, in cui le imposte stesse sarebbero state iscritte e sino alla pubblicazione dei. ruoli, in cui � stata effettuata l'iscrizione delle nuove imposte. Ci� posto, devesi innanzitutto, osservare che gli argomenti, posti a base del principio enunciato da.Ila sentenza impugnata e dalla precedente decisione di questa Corte, non appaiono convincenti. Dall'assunto mancato riferimento dell'art. 184 bis all'art. 245 t.u. non pu� dedursi che il primo contenga diversa nozione di � infedele � dichiarazione, nel senso di genericamente non veritiera, in quanto, nel silenzio dell'art. 184 bis, introdotto �con legge successiva al t.u., non pu� sussumersi nella norma una nozione di dichiarazione � infedele � diversa da quella dettata dall'art. 245 del t.u., alla quale debbono collegarsi tutte le altre norme che, senza, definirla, fanno riferimento alla dichiarazione infedele. Inoltre, dall'avverbio � indipendentemente �, contenuto nell'art. 184 bis, il quale sta a significare � in aggiunta � alle sanzioni previste nel titolo XI, non pu� argomentarsi ��che l'art. 184 bis recepisca implicitamente una nozione di infedele dichiarazione diversa da quella dettata dall'art. 245 t.u., ma, anzi, deve ritenersi che l'art. 184 bis col riferimento all'art. 245, effettuato col detto avverbio, abbia logicamente accolto la medesima nozione di dkhiarazione � infedele � non avendone data una diversa. Non � dubbio che le infedeli dichiarazioni possono avere effetti diversi, e la normativa in esame ne � un esempio, e presupposti diversi, ma questi ultimi debbono risultare dalle norme di legge non potendosi dedurli, in presenza dell'espressa disposizione dell'art. 245 t.u., dal sHenzio dell'art. 184 bis o dall'apodittica affermazione che questo articolo avrebbe una pi� ampia sfera di applicazione. N�, infine, appare convincente, per sostenere la tesi accolta dalla sentenza impugnata, l'argomento che la sovrattassa ha contenuto sanzionatorio e la maggiorazione contenuto risarcitorio perch�, atteso il carattere di sanzione amministrativa della sovrattassa, come tale suscettibile di condono, e quello risarcitorio della maggiorazione -entrambe possono coesistere �== PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 207 e colpire lo stesso contribuente per la medesima dichiarazione allorch�, per infedelt�, il reddito definitivamente accertato sia inferiore di almeno un quarto a quello dichiarato e sussista il ritardo di cui all'articolo 184 bis nell'iscrizione dell'imposta dovuta. Invece, la tesi contraria a quella accolta dalla sentenza impugnata e dalla citata precedente pronuncia di questa Corte � giustificata da argomenti; esegetici e logici, pi� convincenti. L'art. 245 t.u., invero, nel comminare la s:ovrattassa di un terzo (ora elevata a due terzi dall'art. 7, primo comma, legge 28 ottobre 1970, n. 801) per stimolare il contribuente a soddisfare l'esatto adempimento della obbligazione tributaria con dichiarazione veritiera, d� la definizione di �infedele� dichiarazione come si deduce, oltre che dalla intestazione della norma �infedele dichiarazione�, dal contenuto normativo che l'infedelt� ravvisa nella dichiarazione che � indica un imponibile inferiore di almeno un quarto a quello definitivamente accertato�, dando al termine �infedele dichiarazione� un significato tecnico che si inserisce nel t.u. come un principio, di carattere generale, cui bisogna far riferimento ogni qualvolta le particolari disposizioni contengono la stessa locuzione. In mancanza di una espressa deroga a questa nozione di � infedele dichiarazione � non � consentito dare alla stessa espressione, contenuta dalle altre norme del t.u. un contenuto generico e non tecnico di dichiarazione comunque non conforme al vero, introducendo un significato, diverso da quello voluto dal legislatore, che aggrava la posizione del contribuente, col fargli carico di una maggiorazione d'imposta per un comportamento, anche semplicemente ,colposo, non previsto nell'unica norma che detta la nozione di infodele dichiarazione. L'art. 184 bis, inserito successivamente nel t.u. n. 645 del 1958 dalla legge 25 ottobre 1960, n. 1316, se avesse voluto introdurre una nozione .generica di � infedele � dichiarazione, diversa da quella gi� enunciata dall'art. 245 t.u., al quale � collegato, come sopra si � detto, dall'avverbio � indipendentemente � e, cio�, � in aggiunta � -avrebbe dovuto espressamente indicarla. Nel silenzio dell'art. 184 bis si deve logicamente dare alla 'Stessa espressione il medesimo significato cosi come � dovuto per gli altri articoli che fanno riferimento all'infedele dichiarazione. Pertanto, il primo motivo del ricorso va accolto, e, in conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio del processo, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese e degli onorari di questo giudizio, alla Corte di appello di Roma, affermandosi il principio che � ai fini dell'applicazione della maggiorazione di imposta per ritardata iscrizione a ruolo, prevista dall'art. 184 bis t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 sulle imposte dirette, la dichiarazione � da reputare infedele allorch� indica un imponibile inferiore di almeno un quarto a quello definitivamente accertato e iscritto a ruolo�. -(Omissis). 208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2394 -Pres. Ca poraso -Est. Miele -P. M. Pedace (conf.) -Michelazzi c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). Imposte e tasse. in genere -Interessi -Prescrizione -Termine di cinque anni. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; I. 28 marzo 1962, n. 147; e.e., art. 2948, n. 4). Imposte e tasse in genere -Interessi -Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 26~gennaio 1961, n. 29-Decorrenza da tale data (l. 26 gennaio 1961, n. 29; I. 28 marzo 1962, n. 147). Gli inte1�essi sui tributi indiretti istituiti con la legge 26 gennaio 1961, n. 29 sono soggetti alla prescrizione quinquennale deU'art. 2948 n. 4 e.e. e non alla prescrizione stabiUta per l'imposta cui afferisco1io (1). Gli interessi sui tributi indiretti istitruiti con la legge� 26 gennaio 1961, n. 29 sono dovuti con de�correnza dalla data di entrata in �vigore della legge anche sui r:apporti tributari anteriormente sorti, pur:ch� non esauriti (2). (Omissi.s). -Con il primo motivo la ricorrente afferma che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale regolata dall'art. 2-948, n. 4 e.e. in quanto trattandosi di interessi moratori aventi natura tributaria, essi soggiacciono alla prescrizione triennale posta per il debito principale d'imposta, alla stregua dell'art. 86 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270. La censura � infondata. L'art. 86 del r.d. 20 dkembre 1923, numero 3270 sull'imposta di successione, regola la prescrizione dell'imposta stessa, stabilendo che essa si prescriv� dopo tre anni qualora vi sia stata denunzia del contribuente o venti anni nel caso in cui non vi sia stata denunzia. Anche la soprattassa si prescrive nello stesso termine (art. �88) mentre le pene pecuniarie si prescrivono dopo quattro anni dalla commessa infrazione. Con le leggi 26 gennaio 1961, n. 29 e 28 marzo 1962, n. 147 � stato stabilito per la prima volta, in relazione a tutte le tasse ed im (1-2) Al contenuto della prima massima si pu� aggiungere che la prescrizione sugli interessi non comincia a decorrere fino a quando il credito di imposta sia contestato (Cass., 5 gennaio 1972, n. 20, in questa Rassegna, 1972, I, 281). Sulla seconda massima la giurisprudenza � ormai pacifica (Cass. 23 novembre 1971, n. 3396, 18 febbraio 1972, n. 441, ivi, 1972, I, 115). � PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 209 'poste indirette sugli affari, l'obbligo di corrispondere gli interessi definiti � moratori � sull'importo del tributo a partire dal momento in cui l'imposta o tassa � divenuta esigibile nel caso in cui vi sia stato un comportamento omissivo del contribuente che abbia impedito l'esatta determinazione del tributo. Queste leggi non regolano la prescrizione di tale obbligazione; onde sorge questione se essa soggiace al termine prescrizionale previsto dalla legge sull'imposta di sueeessione (per il caso ehe ne occupa) oppure a quello quinquennale degli interessi previsto dall'art. 2948 n. 4 del e.e. Va ricordato che le norme sulla prescrizione, in quanto prevedano termini pi� brevi di quelli ordinari, importando eccezione alla norma che prevede in via generale un termine pi� lungo (art. 2946 e.e.), debbono ricevere interpretazione tassativa senza possibilit� di estensione analogica (art. 14 disposizioni prel. e.e.). Nel caso di specie l'obbligazione d'interessi non pu� assimilarsi alla obbligazione tributaria principale ed essere considerata come un ampliamento, una estensione, di questa, differendone nella sostanza e nelle condizioni. Invero l'imposta di successione � determinata in relazione alla� natura e all'importo dei beni soggetti al tributo, laddove l'obbligazione d'interessi presuppone un ,comportamento omissivo del contribuente comportamento che ha impedito la tempestiva esazione del tributo. Indubbiamente tale obbligazione ha i caratteri dell'obbligazione tributaria come ha precisato questa suprema Corte (Cass., 23 ottobre 1967, n. 2612), avendo riferimento ad un rapporto d'imposta. Ma ci� non � sufficiente per una completa equiparazione di essa a quella principale avendo, come si � osservato, presupposti diversi, pur richiedendo necessariamente la sussistenza dell'obbligazione d'imposta. Dovendosi pertanto considerare come obbligazione indipendente ed autonomamente regolata, non pu� equipa rarsi alla imposta o alla soprattassa o alla pena pecuniaria, il che esclude che trovino applicazione per essa le norme degli artt. 86 e segg. della legge sull'imposta di successione. Non � inutile rilevare, onde escludere che l'obbligazione d'interessi possa rientrare nella espressione (�tassa sulle concessioni� contenuta nell'a.rt. 86 r.d. cit.) che, all'epoca della entrata in vigore di tale legge, essa non era regolata in modo specifico onde l'Amministrazione finanziaria, per conseguire la corresponsione degli interessi, doveva far capo alle ordinarie norme del codice civile, invocando la inadempienza del debitore d'imposta. In tal caso non poteva sorgere dubbio sull'applicahilit� delle norme del codice civile a riguardo della prescrizione degli interessi, ma eguale conclusione si ha nella attuale situazione per quanto pi� sopra osservato. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando la violazione del principio dell'irretroattivit� delle leggi sancito all'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile; l'errata e la falsa applica RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 210 zione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e dei principi sulle obbligazioni pecuniarie ed il falso riferimento agli artt. 51 e 72 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e 15 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, afferma che, essendo sorto il rapporto tributario in questione in epoca in cui il comportamento del contribuente era rilevante solo agli effetti di cui agli artt. 51 e 72 della legge tributaria delle successioni, la legge n. 29 del 1961 non pu� trovar applicazione rispetto ai rapporti :sorti anteriormente alla sua entrata in vigore. La censura � infondata. Questa Suprema Corte ha con pi� pronunce (da ultimo Cass., 18 febbraio 1972, n. 441) affermato che la legge 26 gennaio 1961, n. 29, che stabilisce l'obbligo e la misura degli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, si applica anche ai rapporti tributari sorti prima dell'entrata in vigore della legge stessa, puvch� detti rapporti non siano ancora esauriti al momento della entrata in vigore della legge. Invero, si � osservato, il pagamento degli interessi di mora non deriva da un fatto verificatosi anteriormente alla entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge, ossia dalla apertura della successione, ma darritardo nell'adempimento della obbligazione tributaria, ritardo nell'adempimento che, sussistendo anche al momento della entrata in vigore della legge in questione, assoggetta alla nuova legge tale situazione di mora e ci� in conformit� delle norme che disciplinano la successione delle leggi nel tempo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2852 -Pres. Favara -Rel. Boselli -P. M. Cutrupia (conf.) -Societ� Petrolifera Italiana (avv. Satta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fanelli). Importazione ed esportazione -�Oli minerali -Approvvigionamento Maggiori oneri risultanti dalla crisi di Suez -Rimborso e restituzione dei contributi -Condizioni -Esportazione di merce estera � importata o di prodotti petroliferi, comunque disponibili sul mercato interno. A norma del d.l. 22 novembre 1956, n. 1267 e del relativo d.m. 3 luglio 1957, n. 29, U rimborso dei maggiori oneri risultanti dalia crisi di Suez nel costo di approvv,igionamento degli oli minerali avveniva sotto la condizione che le aziende petrolifere che del rimborso stesso usufruivano erano, poi, tenute a restit.uire i detti contributi per i prodotti espo1�tati, sia che l'esportazione riguardasse prodotti ottenuti dalla lavorazione o rielaborazione di merce estera importata, sia in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 211 vece che l'esportazione concernesse prodotti ottenuti con rielaborazione di greggio comunque disponibile sul mercato interno, anzich� estero, con p1�odotti petroliferi di qualsiasi origine e provenienza (1). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso la societ� Petrolifera Haliana denuncia violazione e falsa interpretazione del d.l. 22 novembre 1956, n. 1267, del d.l. 3 luglio 1957, n. 475 (art. 3) e del d.l. 2 ottobre 1967, n. 967 nonch� dell'art. 12 delle preleggi, a sensi dell'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. e censura la sentenza impugnata per aver fatto ricorso, ai fini della soluzione del problema interpretativo che costituiva il nucleo della controversia, alla ratio del d.l. 22 novembre 1956, n. 1267 affidandosi -a tal fine -ad un elemento, a suo dire, inidoneo, quale � la semplice intitolazione del decreto, e soprattutto ad una serie di congetture arbitrarie ed irreali, mentre nei testi normativi citati vi era quanto necessario per suffragare la tesi di essa ricorrente. Bastava, invero, che l'espressione �prodotti petroliferi nazionali �, contenuta nell'art. 9 del d.m. 25 gennaio 1957, n. 2.9, fosse stata intesa (com'era fatto palese dal suo necessario coordinamento con l'art. 2 del d.l. n. 1267 del 1956) nel senso di � prodotti .petroliferi nazionalizzati � e che si fosse tenuta nella debita considerazione la formulazione parzialmente diversa (e, a riguardo, pi� esplicita rispetto ai provvedimenti legislativi del 1956) delle norme del d.l. 2 ottobre 1967 con le quali, in occasione del conflitto arabo-israeliano, il legislatore aveva fronteggiato una situazione in tutto analoga a quella disciplinata col d.l. del 1956 nel campo degli approvvigionamenti petroliferi. La censura � infondata. (1) Sentenza di particolare interesse, con la quale la Corte Suprema, per la prima volta, ha esaminato e risolto le varie questioni sorte sui rimborsi dei maggiori oneri per l'approvvigionamento di oli minerail.i e sul1e condizioni . cui � subordinata la restituzione dei contribuenti cos� liquidati. � noto che la crisi di Suez aveva provocato un maggior onere per l'approvvigionamento dei prodotti petroliferi, e ci� sia per i prodotti provenienti dalle zone del Medio Oriente, per i quali il trasporto, stante la chiusura del canale, doveva avvenire con la circumnavigazione del1' Africa, sia per i prodotti provenienti da altre zone, a causa deil conseguente verificatosi generale aumento dei noli cisternieri. Anche nel nostro mercato interno si sar�ebbero avute le ripercussioni dei considerati aggravi, e si sarebbe dovuto consentire perci� un ritocco dei prezzi all'ingrosso ed al dettaglio, che, peraltro, mentre sarebbe valso ad assicurare la continuit� dei rifornimenti (perch� gli importatori, potendo rifarsi dei maggiori costi e noli, in sede di rivendita, non avrebbero ridotto il ritmo degli approvvigionamenti), si sarebbe risolto in aggravio indiscriminato per tutti i prodotti petroliferi, anche diversi dalla benzina 1 per autotrazione, e quindi anche per queHi destinati ad usi industriali (con conseguente aumento di prezzi in ulteriori settori), e, inoltre, in 16 212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si tratta -ancora una volta -di stabilire se la restituzione cui, in forza degli artt. 9 e 10 del d.m. 25 gennaio 1957, n. 29, gli espor I tatori italiani erano tenuti relativamente alle somme conseguite (in t virt� degli artt. 1 e 2 del d.I. 22 novembre 1956, n. 1267) a titolo di ~ rimborso del maggior costo dei prodotti petroliferi importati per il consumo interno al tempo della c.d. �prima crisi di Suez�, fosse dovuto unicamente in relazione alle esportazioni di prodotti di origine Iestera od anche in relazione alle esportazioni di prodotti di origine nazionale (di prodotti, cio�, relativamente ai quali nessuna erogazione di denaro, a titolo di rimborso dei maggiori oneri di trasporto, essi avevano concretamente ottenuto). Ancora una volta, perci�, � bene riprodurre, nei limiti del necessario, il testo delle disposizioni ora citate. Disponeva il d.I. 22 novembre 1956, n. 1267 (convertito nella legge 27 dicembre 1956, n. 1415), all'art. 1, che: � � concesso agli importatori di oli minerali greggi naturali o di residui della lavorazione, aventi le caratteristiche indicate nella tabella C..., il rimborso del maggior onere derivante all'importazione dei prodotti petroliferi dalla particolare situazione del mercato internazionale �; ed, all'art. 2, che: �Il rimborso � limitato ai quantitativi dei prodotti indicati al precedente articolo importati e nazionalizzati per il consumo interno, riferimento alla stessa benzina (ll cui prezzo, come � noto, � determinato uniformemente con appositi provvedimenti), avrebbe determinato un ingiustificato profitto per i fabbricanti, che av,essero avuto la possibilit� di disporre di greggio di produzione nazionale. Si prefer�, invece, e cos� si evitarono gli accennati inconvenienti, porre a cardco dello Stato i maggiori oneri, conseguenti all'aumento dei costi e dei noli per i prodotti di origine estera, e far fronte aMa relativa spesa, almeno in parte, con un aumento delil'imposta di fabbricazione sulla benzina (artt. 1 1e 4 del citato d.l. 22 novembre 1956, n. 1267); sicch� si ottenne il risu1tato di c9ncentrare l'aggravio effettivo in un solo settore (con una scelta eminentemente discrezionale del legislatore), e di affrancare dall'onere medesimo i fabbricanti, i quali, sia che si fossero approvvigionati del greggio all'interno, sia che ne avessero importato dall'estero, avrebbero serripre sopportato gli stessi anteriori costi, i quali, attraverso i rimborsi per i prodotti importati, erano resi insensibiU agli aumenti determinatisi, anche per i moli, sui mercati internazionali. In tal modo, dunque,, le raffinerie erano poste in grado di offrire i propri prodotti senza maggiorazione di prezzi, quale che fosse stata la provenienza del greggio, e di fare quell'offerta, alle stesse condizioni, sia sul mercato interno che aWestero. Ma, alilora, o si sarebbe determinato un ingiustificato vantaggio per gli esportatori, i quali avrebbero potuto vendere all'estero, realizzando i maggiori prezzi del mercato dnternazionale, pur s�nza aver sub�to aumenti di costi, o, comunque, analogo beneficio avrebbero conseguito i consumatori esteri, i quali, quando l'esportatore Haliano avesse venduto a prezzi non maggi�rati, si sarebbero cos� I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 213 ed � determinato in misura pari al maggioc onere che in base alle modalit� da determinarsi con decreto del Ministro per l'industria ed il commercio, di concerto con i Ministri per il bilancio, per il tesoro e per le finanze, sar� rilevato dal Comitato interministeriale dei prezzi...�. E disponeva, a sua volta, il d.m. 25 gennaio 1957, n. 29 emanato -in virt� della delega di cui all'art. 7 della legge -per stabilire le modalit� dei rimborsi e recuperi, che: �Gli esportatori di prodotti petroliferi nazionali sono tenuti a restituire all'erario la somma co�rrispondente al maggior onere previsto dall'art. 1 del d.l. 2 novembre 1956, n. 1267 ... , relativo al quantitativo di olio naturale greggio di petrolio o di residui della lavorazione da cui i prodotti stessi sono stati ottenuti, da determinarsi con i criteri... � (art. 9); e che: � La restituzione di cui al precedente articolo � dovuta sui prodotti nazionali ~sportati a decorrere dal giorno successivo a quello dell'importazione del primo carico di olio minerale greggio o di residui della lavorazione destinati alla trasformazione che ha titolo al rimborso del maggior onere� (art. 10). Ora, � subito evidente che si esorbiterebbe dal campo della pura interpretazione letterale, consistente (ex art. 12 preleggi) nell'attribuire alle parole adoperate dalla legge il significato loro proprio, qua v�enuti a giovare di un contributo dato dallo Stato Italiano, e in definitiva, dai contribuenti dehlo stesso. Nelil'un caso e nell'altro si sarebbe pervenuti ad un risultato inaccettabile, ed Il J..egislatore, perci�, ebbe cura di evitare le inique ipotizz�ate conseguenze, disponendo che il rimborso sarebbe spettato limitatamente � ai quantitativi dei prodotti... importati e nazionalizzati per il consumo interno �, e cio�, come � chiaro, nella sola misura in cui le importazioni, i�l cui maggiore onere veniva addossato alla co1lettivit�, fossero state necessarie per il rifornimento del mercato nazionale, del quale soltanto, come era logico, ci si era voluti preoccupare. Ma questo rifornimento, come innanzi si � rilevato, si sarebbe potuto attuare, ed anzi in primo luogo si sarebbe dovuto fare, anche con prodotti ricavati dal greggio di origine nazionale, per il quale i maggiori oneri determinati dalla crisi internazionale non ricorrevano; ed in definitiva, quindi, un maggiore onere per ciascuna azienda produttrice, da riversare sulla collettivit�, si sarebbe potuto e dovuto considerare ned soli limiti in cui, avuto riguardo al complesso della produzione, ed indipendentemente dalla provenienza del gr�eggio, le aziende avessero destinato al consumo interno i loro prodotti. In questa prospettiva, perde ogni rile 1 vanza 1a distinzione tra oli minerali di provenienza estera ed oli minerali di origine nazionale, giacch�, se il rimborso era da ritenere concesso a compenso degli �oneri incontrati dalle az~ende per le sole vendite sul mercato interno, e se � anche vero, come non pu� revocarsi in dubbio, che il legislatore non potette assolutamente avere l'intenzione, specialmente nel considerato periodo, di favoriJ;e le esportazioni dei prodotti petroliferi (� anche noto, del ;resto, che una delle soluzioni escogitate, al 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lora si pretendesse, secondo l'assunto della ricorrente, di istituire un rapporto di equivalenza fra l'espressione �prodotti nazionali � adoperata dall'art. 10 del d.m. e l'espressione �prodotti nazionalizzati � adoperata dall'art. 2 del d.l.: essendo noto che codeste locuzioni hanno nell'uso corrente significato diverso e che pertanto la loro postulata equivalenza, nel caso concreto, non potrebbe essere che frutto di una operazione logka idonea a giustificare l'adozione dell'aggettivo �na zionali � da parte del legislatore in un senso inusitatamente restrit tivo, in quanto esclusivo di quei prodotti che, per essere stati ricavati dalla lavorazione del greggio di estrazione italiana, meriterebbero la qualifica di �nazionali � per eccellenza. Sul piano strettamente testuale poi, se � da convenirsi con la Corte del merito c~e la letterale formulazione della legge del 1956 non � per s�_ risolutiva del problema ermeneutico di cui si tratta, � altrettanto innegabile che a dissipare ogni possibilit� di dubbio sulla portata delle restituzioni di cui � caso abbia decisivamente contribuito il successivo d.l. 3 luglio 1957, n. 475 (<convertito nella legge 12 ago sto 1957, n. 754) col quale si ebbe cura di precisare, con espresso ri ferimento al d.m. del 1957, che la restituzione ivi contemplata doveva operarsi con riguardo ai prodotti nazionali esportati, ossia senza pos sibilit� di discriminazione quanto alla loro origine. posto di quella dei rimborsi, era di disporre il razionamento dei detti prodotti), deve conseguentemente anche dirsi che la valutazione di quell'aggravio non si sarebbe potuta effettuare che in un solo modo: cio� considerandosi, da una parte, i maggiori oneri incontrati all'importazione, e, dall'altra, accertandosi quanta parte dei quantitativi importati fossero stati effettivamente necessari alle aziende per le vendite ail.l'interno, cos� escludendosi il rimborso per i quantitativi che, per essere stati esportati, si fossero rivelati non destinati all'appagamento di quelle esigenze. Si spiega, quindi, che col d.m. 25 gennaio 1957 (Gazz. Uff. 1� febbraio 1957, n. 29), emesso in attuazione del disposto degli artt. 1 e 7 del d.l. n. 1267, sia stata prevista la restituzione ail:l'Erario, da parte degli interessati, e relativamente ai �prodotti petroliferi nazionali � esportati, delle somme loro corrisposte a rimborso ded maggiori oneri, e si comprende, in particolare, perch� non si sia fatta alcuna distinzione dei prodotti stessi secondo la loro origine. Invero, � evidente, da un lato, che i prodotti esteri, una volta nazionalizzati, e cio� importati col pagamento delle dovute imposte, non si sarebbero potuti pi� distinguere, a nessun fine, dai prodotti gi� oviginariamente nazionali, e non si sarebbero potuti perci� diversamente considerare nemmeno per una discriminazione in relazione aUa loro eventuale successiva destinazione. Ed � anche chiaro, d'altro canto, che, posta l'esigenza innanzi vista, di concedere il rimborso dei maggiori oneri nella sola misura corrispondente alle maggiori spese delle importazioni necessarie per assicurare l'approvvigionamento del mercato interno, ogni e qualsiasi esportazione di prodotti originariamente nazionali, o tali diventati a seguito di importa PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Quand'anche tuttavia potesse prescindersi da un tale rilievo, la soluzione adottata dalla Corte del merito (favorevole alla tesi della Finanza) rimarrebbe del pari saldamente ancorata ad un procedimento ermeneutico che, muovendo dalla intenzione del legislatore -desunta dallo stesso contesto normativo, oltre che dalla intitolazione del decretolegge -si SIVolge secondo una linea di ineccepibile rigore logicogiuridico. Premesso invero -come chiaramente avverte lo stesso titolo della legge (�Misure per assicurare l'approvvigionamento dei prodotti petroliferi nell'attuale momento internazionale �) che il legislatore si era indotto, con la legge del 1956, a far carico alla collettivit� dell'onere finanziario derivante dal rimborso del maggior costo dei trasporti (c.d. � prima crisi di Suez �) solo allo scopo di assicurare il fabbisogno di prodotti petroliferi .per le esigenze interne; e ritenuto che, non ignorando che al soddisfacimento �di tali esigenze contribuivano le sia pur modeste risorse petrolifere del territorio nazionale, il legislatore non poteva non averne tenuto conto nef calcolo di quell'onere; la Corte del merito ne ha logicamente inferito che l'esportazione di qualsiasi quantitativo �di prodotti, anche se di estrazione nazionale, non potesse non legittimare la pretesa di restituzione della Finanza, in quanto idonea a far ritenere non destinato al consumo interno un corrispondente quantitativo di greggio estero importato col beneficio del rimborso. zione e nazionalizzazione, sarebbe stata di per s� rivelatrice della inesistenza, per i corrispondenti quantitativi, di una ragione giustificatrice dell'assunzione di quell'onere da parte della collettivit�. Pu� ancora osservarsi che l'art. 2 del d.I. n. 1267, nel disporre la limitazione del rimborso � ai quantitativi dei prodotti... importati e nazionalizzati per il consumo interno�, e cos� riferendo al detto consumo sia il fatto dell'importazione che quello della nazionalizzazione, in definitiva dava precipuo rilievo, anche lessicalmente, allo stesso scopo della importazione ( � prodotti... importati... per il consumo interno � ), che non si sarebbe potuto ritenere conforme a quello di legge, per quanto detto, se non nella misura in cui la sua realizzazione fosse stata imposta dalle considerate esigenze. E che il rimborso non spettasse, e dovesse quindi effettuarsene il recupero, in misura corrispondente ai quantitativi fatti oggetto di esportazione, indipendentemente dalla loro originaria provenienza, risulta altres� confermato dal d.l. 3 luglio 1957, n. 475, convertito nella legge 12 agosto 1957, n. 754, con iii quale, facendosi espresso riferimento al detto recupero, quale disciplinato dal d.m. 25 gennaio 1957, e con tale specifico richiamo recependosi lo stesso d.m., e comunque riconoscendosi che con esso era stata data esatta attuazione alle disposizioni del d.l. n. 1267, testuaJlmente ebbe a pr�ecisarsi (art. 2) che la ripetuta restituzione doveva operarsi con riguardo ai � prodotti nazionali esportati! �, e cio� senza alcuna discriminazione quanto alla loro origine, del resto ad ogni effetto irrilevante. 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La stessa decorrenza dell'obbligo di restituzione -posta dal d.m. in coincidenza col giorno successivo a quello dell'importazione del primo carico di olio minerale greggio (art. 10) impedisce, sul piano logico, di ritenerne limitato il riferimento ai soli quantitativi estratti dal greggio di provenienza estera. Nel quadro di questa ragionevole e persuasiva impostazione del sistema dei rimborsi e dei recuperi connessi alle esigenze dell'approvvigiol; lamento dei prodotti petroliferi al tempo della prima crisi di Suez, la dr.costanza che, dieci anni dopo, in occasione del riprodursi di quella situazione a causa del conflitto arabo-israeliano, il legislatore, nel ripristinare col d.l. 2 ottobre 1967, n. 867 quel precedente sistema, abbia espressamente eccettuato dall'obbligo della �restituzione del contributo i prodotti petroliferi ottenuti dalla lavorazione degli oli minerali greggi naturali di petrolio di produzione nazionale (art. 5), costituisce un elemento di conferma piuttosto che di contraddizione rispetto all'interpretazione ora riferita; dimostrando appunto che, in una sistemazione del �genere, non si sarebbero potute esentare dall'onere della restituzione le esportazioni di prodotti nazionali senza una esplicita eccezione. Sia, dunque, sotto il profilo letterale, sia sotto quello logico, si ha ragionevole motivo di riaffermare in questa sede che, a norma del d.l. 22 novembre 1956, n. 1267 e del relativo d.m. 3 luglio 1957, n. 29, il rimborso dei maggiori oneri risultanti dalla crisi di Suez nel costo di approvvigionamento degli oli m�nerali avveniva sotto la condizione che le aziende petrolifere che del rimborso stesso usufruivano erano, poi, tenute a restituire i detti contributi per i prodotti esportati, sia che l'esportazione riguardasse prodotti ottenuti dalla lavorazione o rielaborazione di merce estera importata, sia invece che l'esportazione concernesse prodotti ottenuti con la rielaborazione di greggio comunque disponibile sul mercato interno, anzich� estero, con prodotti petroliferi di qualsiasi origine o provenienza. Subordinatamente al rigetto del primo motivo, la Societ� Petrolifera Italiana, col secondo motivo del ricorso, denunzia violazione delle citate disposizioni di legge, in riferimento all'eccezione di incostituzionalit� gi� sollevata in relazione agli artt. 23, 76 e 77 della Costituzione (art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.), assumendo che, qualora dovesse accogliersi la soluzione data al problema interpretativo dalla Corte del merito, ne deriverebbe alternativamente: -o la incostituzionalit� del d.l. n. 1267 del 1956 (art. 7), per avere consentito all'autorit� amministrativa di istituire un vero� e proprio tributo senza precisarne la disciplina; -o la illegittimit� del d.m. n. 29 del 1957, per violazione dei limiti della delega e delle disposizioni della legge civile in tema di prova. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 217 Anche queste ulteriori censure sono manifestamente infondate. Sotto il primo profilo, ove si ritenga -come rilevato in precedenza -che la restituzione di cui � caso, anche riguardo all'esportazione di prodottl ottenuti dalla lavorazione del greggio nazionale, si configura come �restituzione di indebito� �(ossia come restituzione di una proporzionale quota di rimborso percepita su un corrispondente quantitativo di greggio estero che, non essendo destinato all'approvvigionamento interno, non avrebbe dovuto fruire del beneficio), ci� � sufficiente ad escludere che l'onere della restituzione medesima possa essere equiparato ad una sorta di tributo imposto sulle esportazioni di prodotti petroliferi nazionali. E, sotto il secondo profilo, � altrettanto evidente che, una volta concepito il meccanismo di questi rimborsi e recuperi nei termini che si sono fin qui esposti, diventa del tutto inconferente, al fine di sottrarsi all'obbligo della restituzione, la prova che il prodotto esportato provenga dalla lavorazione di greggio nazionale e non dalla lavorazione del greggio importato col beneficio del rimbo�rso dei maggiori oneri. --(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2856 -Pres. leardi Est. Miele -P. M. Mililotti (conf.) -Sereni (avv. Fornario) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tracanna). Imposta di registro -Automobili usate -Atto di trasferimento di pro pri~t� -Registrazione a termine fisso -Dichiarazione unilaterale non autenticata -� soggetta. (r.d. 29 luglio 1927, n. 1814, art. 13: d.l. 18 giugno 1945, .n. 399, art. 2; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tabella D, art. 45). Imposta di registro -Solidariet� -Obbligo di denuncia -Parte contraente -Mandatario o commissionario -� tale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 82 e 93, n. 1). A norma dell'art. 2 del d.l. 18 giugno 1945, n. 399, l'atto col quale si trasferisce la propriet� di un autoveicolo gi� immatricolato � sem'[)re soggetto a registrazione a termine fisso; conseguentemente anche la dichiarazione unilaterale del venditore non autenticata � soggetta a registrazione a termine fisso, in quanto l'autenticazione, necessaria '[)er le trascrizioni sul P.R.A., non � essenziale per il perfezionale dell'atto di trasferimento (1). (1-2) La prima massima � di evidente esattezza. Importante la seconda massima, che riconferma il principio della c.d. solidariet� formale nonostante che sul punto qualche incertezza si fosse manifestata in tempo recente (Cass., 5 maggio 1972, n. 1358, in questa Rassegna, 1972, I, 678). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D�ELLO STATO Sia ai fini dell'obbligo di denunzia di cui all'art. 82 legge di r�egistro, sia ai fini dell'obbligo del pagamento dell'imposta di cui all'art. 93 n. 1, � parte c.ontraente quella che interviene neU'atto anche senza assumere in proprio le obbligazioni nascenti dal nego.zio concluso; � quindi parte contraente il mandatario e il commissionario (2). (Omissis). -Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo la erronea interpretazione degli artt. 26 e 45, ali. D, della legge di registro e l'inapplicabilit� della legge 18 giugno 1945, n. 399, afferma che, erroneamente, la Corte di merito ha ritenuto che le dichiarazioni unilaterali di vendita di macchine usate, prive di autentica notarile, siano soggette a registrazione in termine fisso, mentre, invece, si sarebbe dovuto procedere a registrazione solo nel caso in cui si fosse inteso produrre dette scritture private. al pubblico registro automobilistico per le volture. La censura � infondata. Il r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 all'art. 13 stabilisce che, onde ottenere l'annotazione nel pubblico registro automobilistico del trasferimento della propriet� di un autoveicolo va esibito, con gli altri documenti, il titolo che d� luogo al trasferimento. Tale titolo, come precisa l'ultimo cpv. di detto articolo, � costituito, in caso di vendita effettuata verbalmente, da una dichiarazione firmata dal venditore, con firma autenticata, attestante l'effettuata vendita. Si precisa che tale dichiarazione va registrata a �tassa fissa � e nell'art. 2 del d.1.1. 18 giugno 1945, n. 399, essendosi modificato il modo di tassazione, si sta ,bilisce che l'atto va registrato �in termine fisso�. L'essersi menzionata la registrazione dell'atto in relazione all'iscrizione della compravendita dell'autoveicolo nel pubblico registro automobilistico non vuol dire, come sostiene il ricorrente, che detta registrazione sia facoltativa, nel senso che debba essere eseguita solo nel caso in cui l'interessato voglia procedere all'iscrizione nel P.R.A., giacch�, avendosi un atto di trasferimento di propriet� di un autoveicolo, esso � soggetto a registrazione in termine fisso alla stregua dell'art. 1 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, non stabilendo in proposito alcuna eccezione al precetto n� la legge di registro n� la citata legge n. 1814 del 1927 n� quella n. 399 del 1945, la quale ultima esenta da registrazione solo la prima iscrizione nel registro automobilistico. Invero la legge n. 399 del 1945 stabilisce espressamente che l'atto di compravendita, o la dichiarazione comprovante la vendita verbale, va registrata �in termine fisso�. L'espressione �in termine fis1so � con riferimento alla richiamata norma della legge di registro, sta a significare, secondo l'art. 2 della legge stessa, che vi � obbligo di registrazione dell'atto nel termine di cui al successivo art. 82, indipendentemente dall'uso che se ne voglia fare. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 219 In tale ipotesi, adunque, perch� sorga l'obbligo della registrazione (e quindi del pagamento dell'imposta) � sufficiente la sola sussistenza del negozio giuridico traslativo, sia poi questo redatto per iscritto, o, se verbalmente concluso, sia comprovato nei modi di legge e cio�, nel caso di trasferimento di autoveicoli, � sufficiente la dichiarazione del l'art. 13 della r.d. 29 luglio 1927, n. 1814, di cui si � fatto cenno pi� sopra. Tale espressa sottoposizione a registrazione dell'atto traslativo della propriet� dell'autoveicolo, vale ad escludere che possa prospet tarsi una delle ipotesi dell'art. 45 della tariffa all. D della legge di registro. Nel caso di omissione della registrazione dell'atto da parte del. l'obbligato, la liquidazione dell'imposta � fatta, d'ufficio, dall'Ammi nistrazione finanziaria, ove, nel caso di scrittura privata non auten ticata, essa ne sia venuta in possesso in modo legittimo (art. 1 del d.l. 26 settembre 1935, n. 17 49) senza che occorra, come si � osservato, che la scrittura privata abbia la firma autenticata. Difatti tale formalit� non � affatto richiesta dall'art. 2 della legge 18 giugno 1945, n. 399, come sostiene il ricorrente, ai fini della registrazione, ma solo per l'iscrizione dell'atto nel P.R.A., formalit� questa non essenziale per il trasferimento dell'autoveicolo ma solo per la sua apponibilit� ai terzi, per cui non potrebbe ritenersi che, prima di questo momento, l'atto di trasferimento non siasi perfezionato. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l'erronea applicazione dell'art. 82, ultimo .comma, della legge di registro in relazione alla prima parte di detto articolo ed in relazione alle disposizioni ministeriali n. 62797 del 29 marzo 1952; n. 170235 del 26 ottobre 1961; n. 217234 del 28 �febbraio 1956 ed afferma che, avendo agito quale mandatario del venditore e non avendo comprato o venduto autoveicoli, non era tenuto al pagamento dell'imposta, cos� come aveva erroneamente ritenuto la Corte di merito. Anche tale censura � infondata. Invero l'obbligo della denunzia e del pagamento dell'imposta grava sulla parte contraente (art. 82 legge di registro) come pure il pagamento delle imposte di registro (art. 93, n. 1, legge di registro). Onde, ai fini degli obblighi suddetti � sufficiente la qualit� di par.t~ contraente e non occorre anche che il contraente abbia assunto in proprio le obbligazioni nascenti dal negozio giuridico concluso (come nel caso del rappresentante). A maggior ragione ci� vale nel caso del mandatario (e del commissionario), il quale contrae in proprio, sia pure per conto di altri e quirndi assume direttamente le obbligazioni nascenti dal negozio giuridico concluso per suo mezzo (artt. 1703, 1705, 1731 e.e.) in tale qualit�. Tale essendo il sistema della legge di registro, non vale invocare delle istruzioni ministeriali (peraltro ne1wure prodotte in giudizio) giacch� tali istru 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zioni non sarebbero state emanate in forza di delega legislativa o di un potere regolamentare, ma solamente in forza del potere gerarchico verso gli uffici dipendenti e quindi aventi valore obbligatorio solo per gli uffici stessi ma non nei confronti dei privati o del giudice stesso (Cass., 4 aprile 1970, n. 908). --(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2864 -Pres. Favara -Est. Alibrandi -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Franchi (avv. Leati). -Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Concordato -Impugnazione -Forma -Imposta di successione -Cespiti omessi -Percezione della relativa imposta -Preliminare impugnazione del concordato -Necessit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 34 e 35). Imposta di successione -Successione di quota sociale -Concordato Passivit� sociali riconosciute -Successiva esclusione -Necessit� della preliminare impugnazione del concordato. (r.d. .30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45; d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15). Sebbene il concordato sia un at;to amministrativo, L'Amministrazione non pu� modificare o sottoporre a 1�evisione L'accertamento compiuto con ii concordato se non Limitatamente all'ipot:esi deUa sopravvenuta conoscenza di presupposti o elementi di fatto nuovi di cui non abbia potuto tener conto al momento del concordato; inoltre l'Amministrazione, una volta intervenuto il concordato, non pu� intimare il pagamento di una nuova imposta (nemmeno nel caso di omessa denuncia di cespiti ai fini dell'imposta di successione) senza prima aver proceduto alla notifica di un nuovo accertamento a norma deU'art. 35 del t.u; 29 gennaio 1958, n. 645 (1). Allorch� sia caduto in successione uno stabiiimento industriale, l'intervenuto concordato sul valore della quota del socio defunto ai fini dell'imposta di successione deve, a norma dell'art. 15 r.d. n. 1639 del 1936, ricomprendere non solo l'attivit� industriale, ma anche la 1�elativa attiv�it� commerciale. Pertanto, l'eventuale omissione di valutazione di tale seconda attivit�, per errore al mome1ito del concordato, pu� essere invocato dalL'ufficio impositore in sede di impugnativa del concordato e non gi� quale nuovo separato accertamento (2). (1-2) La sentenza in esame suscita perplessit� perch� nonostante la particolarit� delle fattispecie relativa ad una successione di quota sociale, fissa limiti troppo stretti alla impugnabilit� del concordato da parte dell'Amministrazione e applica senza adeguata giustificazione alle imposte indirette le norme del t.u. sulle imposte dirette. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 221 (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, l'Amministrazione delle finanze, lamentando la violazione degli artt. 29 della legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) e 15 e segg. d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che, procedutosi alla valutazione della quota di una ,societ� personale e intervenuto il concordato fiscale, non � possibile agire per omissione di cespiti nel caso di rinvenimento di nuovi elementi attivi della societ�, ma soltanto di proporre impugnativa del concordato. Deduce, in via di censura, la ricorrente, che la fondamentale norma dell'art. 29, terzo comma, della citata legge tributaria sulle successioni impone l'analisi dei vari beni costituenti il patrimonio sociale, ai fini dell'applicazione del diverso criterio di tassazione per gli immobil e per i mobili, onde l'ufficio, impugnando il concordato, ben poteva procedere, mediante le notificate ingiunzioni fiscali, all'esecuzione nei confronti degli eredi Franchi. Il motivo non � fondato. Come questa Corte .suprema ha gi� avuto occasione di pronunciare (sent. n. 498 del 1966 e sent. n. 2220 del 1968), il concordato tributario non ha natura negoziale, di transazione o novazione, ma ha unicamente natura di atto unilaterale dell'Amministrazione, che pone L'art. 35 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 non esaurisce la materia della impugnazione del concordato (e de1l'accertamento); basti pensare che in questa norma non si prevede affatto l'impugnazione da parte del contribuente che non pu� essere certamente esclusa in modo assoluto o limitata alla sola impugnazione di nullit� dell'art. 34. La materia dell'impugnabilit� del concordato, specialmente per le imposte dirette, d� luogo a molti problemi di difficile soluzione (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 465 e segg.), ma non pu� certo affermarsi che l'Amministrazione, intervenuto il concordato, non abbia altro rimedio che quello della modificazione o integrazione (che non � una impugnazione) dell'art. 35. Se � incontestabile che ile norme relative all'accertamento e al concordato del t.u. sulle imposte dirette sono di portata generale, � del pari indubitabile ch�e nell'applicare queste norme alle imposte indirette deve tenersi conto della diversa, e pi� modesta, funzione che per dette imposte hanno questi istituti. L'accertamento nelle imposte indirette ha per oggetto esclusivamente la determinazione economica della base imponibi:le, cio� il valore venale ai fini della tassazione dei prezzi, dei corrispettivi e dei valori risultanti da stipulazioni e dichiarazioni delle parti o determinate dall'Ufficio quando manchi una dichiarazione delle parti (art. 20 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639); oggetto dell'accertamento � soltanto la verifica di congruit� del valore di un bene, dato che sia soggetto a revisione di congruit�; di conseguenza il concordato contiene semplicemente la determinazione definitiva del valore dei beni che gi� sono stati oggetto di accertamento. Da c10 consegue d'un canto che appare dubbia, peir le imposte indirette, la possibilit� di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 222 in essere, con l'adesione del contribuente, una delle operazioni tendenti alla liquidazione dell'imposta e, precisamente, quella relativa alla determinazione dell'imponibile (argom. ex art. 34 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, in riferimento all'art. 4 legge 5 gennaio 1956, n. 1, recante norme integrative della legge 11 gennaio 1951, n. 25, sulla perequazione tributaria). Tuttavia l'Amministrazione non pu� modificare o sottoporre a revisione l'accertamento compiuto a mezzo di concordato, se non limitatamente all'ipotesi della sopravvenuta conoscenza di presupposti ed elementi di fatto nuovi, di cui non si sia potuto tener conto al momento del concordato. E, anche nella detta ipotesi di conoscenza sopravvenuta, l'integrazione o modificazione dell'accertamento, avvenuto con l'adesione del contribuente, deve essere preceduta dalla no.Uficazione di apposito avviso di nuovo accertamento, mentre, nella specie, l'ufficio, ha senz'altro proceduto con le ingiunzioni fiscali notificate il 19 giugno 1965. La necessit� della preventiva notificazione dell'avviso di accertamento � imposta dall'art. 35, comma primo, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, norma, questa, che, sebbene dettata in materia di imposte dirette � gi� stata ritenuta da questa Corte suprema applicabile in ogni ipotesi di imposizione concordata (sent. 18 ottobre 1968, n. 3847). integrazione o modificazione deill'accertamento e del concordato ex art. 35 del t.u. del 1958, essendo difficilmente configurabile [a sopravvenienza di nuovi elementi nella valutazione a stima di un bene determinato, dall'altro che non pu� operare alcuna preclusione qUJando in quallunque modo venga in discussione l'imposta dovuta per il trasferimento di beni diversi da quelli ogg.etto deH'accertamento e del concordato. Per l'imposta di successione � �ancor pi� evidente che l'omessa denunzia di cespite non preclude all'Ufficio l'azione per il pagamento della relativa imposta quando pu11e vi sia stato concordato sul valore dei cespiti denunciati.. Per le imposte indirette l'accertamento ed il concordato non possono considerarsi come l'atto �che identifica i limiti dell'imponibilit� e, come invece avviene per le imposte dirette, determina in tutti i suoi elementi costitutivi l'obbligazione tributaria; l'accertamento e il concordato riguardano soltanto la valutazione di beni determinati suscettibili di stima secondo il valore venale e non esaurisce nemmeno la quantificazione della base imponibi1e, nell1a quale possono concorrere altri beni che non incidano affatto sul concordato, come ad esempio, i beni soggetti a valutazione automatica, i crediti, i beni tassabili in base a un valore nominale, e i beni il cui valore � determinato presuntivamente. Il concordato non costituisce quindi nelle imposte indirette un atto che precostituisce nell'an e nel quantum l'ogg�etto della imposizione; conseguentemente non � necessario rimuovere il concordato per poter estendere ila tassazione a cespiti omessi. Se con ~I concordato neUe imposte dirette si definisce il reddito tassabile nel periodo considerato, s� che non � possibile," senza rimuovere la ~\ ~~� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 223 In altri termini, se la legge, da un lato, non preclude alla Finanza, nel caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, di integrare o modificare l'accertamento avvenuto con l'adesione del contribuente, in base al generale principio dell'autotutela della pubblica Amministrazione, non fa venir meno, da un altro lato, il diritto del contribuente di adire le commissioni tributarie, prima che la Finanza promuova la procedura esecutiva fiscale, nel cui ambito va inquadrata l'ingiunzione fiscale (artt. 144 e 145 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione agli artt. 2 e 3 t.u. 14 aprile 1910, n. 639, per la riscossione delle entrate patrimoniali). Deve, peraltro, ritenersi che allorquando sia caduto nella successione, come nella specie, uno stabilimento industriale, il seguito c�n_ cordato sul valore della quota del socio defunto ai fini dell'imposta di successione deve, a norma dell'art. 15 del d.l. n. 1639 del 1936, ricomprendere non solo l'attivit� industriale, ma anche la correlativa attivit� commerciale. E l'eventuale omissione di valutazione di questa seconda attivit�, per errore al momento del concordato, pu� essere -a norma del citato art. 15, in relazione agli artt. 36 e 29 della legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) -invocata dall'ufficio impositore in sede di impugnativa del concordato e non gi� quale nuovo separato accertamento, dovendo la valutazione della societ� (dalla quale sono state svolte l'attivit� in.dustriale e quella commerciale) essere globalmente considerata ai fini dell'imposta di successione. L'ambito della materia che ha formato oggetto di concordato, individuato nei termini dianzi esposti, � gi� stato delineato, rispetto ad analoga fattispecie, da precedente pronuncia di questa Corte suprema (sent. 21 aprile 1966, n. 1010) e non ricorrono motivi che possano giustificare un diverso orientamento. -(Omissis). preclusione da esso costituita, accertare altre fonti di reddito, nelle imposte indirette (e con pi� evidenza nell'imposta di successione) non si accerta il valore di tutti i beni caduti in successione, ma soltanto dei beni da valutare ,secondo M valore venale, che sono stati indicati nella denuncia. Mentre nel primo caso dev,e esser cura dell'Ufficio accertare tutti i redditi del soggetto, nel secondo caso non deve essere cura dell'Ufficio verifical'e che la denuncia sia completa; tutte le conseguenze negative della mancata denunzia, totale o parziale (art. 72 e segg.) restano identiche se vi sia stato o no un concordato; per questa ragione sono previste nella legge (e sono di uso corrente) l'e denunce integrative anche a distanza di tempo considerevole dalla apertura defilia successione. Bisogna ad ogni modo rilevare che anche per �le imposte dirette, si deve considerare reddito � omesso � e non semplicemente reddito � dichiarato da rettificare ., quello che abbia una propria autonomia economica e giuridica rispetto ad altro pur dichiarato (Cass., 3 maggio 1971, n. 1271 in questa Rassegna, 1971, I, 1076). A maggior ragione per le imposte indirette non pu� esistere una preclusione nascente dal concordato rispetto a cespiti diversi da quelli in esso considerati. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 224 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2865 -Pres. Favara -Est. Alibrandi -P. M. Pedace (conf.) -Casissa (avv. Ermetes) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta complementare -Rapporto anteriore all'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. (I. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, articolo unico). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta complementare -Dichiarazione suppletiva di valore in sede contenziosa innanzi alle Commissioni -Non � idonea ad escludere l'obbligo degli interessi. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. l, 2 e 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, articolo unico; I. 12 giugno 1930, n. 742, art. 12). Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere liquidate per mancanza, imputabile al contribuente, degli elementi necessari alla liquidazione, sono dovuti, per i rappo'l"ti anterio'l"mente sorti e non definiti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio W61, n. 29 (1). Non ha rilevanza ai fini dell'obbligo di cwrispondere� gli interessi sull'imposta. complementare, la dichiarazione di riconoscimento di un maggior valore contenuta in un atto del procedimento contenzioso innanzi alle commissioni, successivo alla not.ifica dell'accertamento (2). (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente denunzia omesso esame ed omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.), nonch� falsa applicazione e violazione della legge 28 marzo 1962, n. 147 e dell'art. 2 legge 26 gennaio 1961, n. 29, in relazione all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Deduce, in :particolare, che la Corte del merito non ha preso in considerazione la questione prospettatale dell'applicabilit� della citata legge n. 29 del 1961 (e della legge interpretativa n. 147 del rn.62) ai rapporti tributari sorti, come nella specie, anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa ed aggiunge che il giudice di appello, nel ritenere dovuti gli interessi moratori, in ragione del tasso del 3 % a semestre, secondo le norme della nuova legge del 1961, sono incorsi nella violazione del principio della irretroattivit� della legge. Il motivo non � fondato. (1-2) Possono ritenersi ormai ferme le due proposizioni contenute nelle massime. Sulla prima v. Cass., 17 aprile 1972, n. 1207 in questa Rassegna, 1972, I, 493 e precedenti ivi richiamati; sulla seconda Cass., 9 ottobre 1972, n. 2949, ivi, 1211. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 225 Gi� questa Corte suprema ha avuto occasione di esaminare la questione se gli interessi moratori, previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 (interpretata dalla legge 28 marzo 1962, n. 147) siano dovuti, dall'entrata in vigore della prima delle predette leggi, sull'importo dell'imposta complementare di ,suecessione rispetto a rapporti tributari che abbiano avuto origine prima dell'entrata in vigore della legge del 1961. E, mentre la soluzione negativa � stata accolta soltanto da una pronuncia di questa suprema Corte (sent. 18 dicembre 1970, n. 2707), rimasta isolata, la soluzione affermativa, gi� affermata in precedenza (sent. 7 novembre 1970, n. 2273), � stata poi seguita da pi� recenti decisioni (sent. 23 novembre 1971, n. 3966; sent. 18 febbraio 1972, n. 441 e sent. 8 marzo 1972, n. 655). E da tale ultimo indirizzo questo collegio non reputa di allontanarsi per i motivi che si passa ad esporre. La legge 26 gennaio 1961, nello stabilire l'obbligo e la misura degli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di omissione di formalit� o di omessa autotassazione o di insufficiente o mancata denunzia, detti interessi decorrono dal giorno in cui la tassa o l'imposta sarebbe stata dovuta se la formalit� fosse stata es,eguita o l'autotassazione effettuata oppure la denuncia presentata in modo completo. Con riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed imposte predette, cio� a quella parte �che non pot� essere liquidata, fin dall'origine, per mancanza o insufficienza degli elementi all'uopo occorrenti, la legge interpretativa del 28 marzo 1962, n. 147, chiarisce che gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo principale, salvo che la mancanza o insufficienza, le quali abbiano impedito l'originaria liquidazione integrale, siano dipese da fatto non imputabile al contribuente (nel qual caso di interessi sul tributo complementare decorrono dal giorno della sua liquidazione). Ci� posto, rilevasi che la tesi della ricorrente, la quale sostiene l'inapplicabilit� della citata legge n. 29 del 1961 ai rapporti tributari sorti prima dell'entrata in vigore della legge medesima, si fonda su di una rigida ed astratta concezione della regola della irretroattivit� della legge, di cui al citato art. 11, la quale non tiene presente che nel caso di situazioni giuridiche, le quali non si esauriscono in un determinato momento, come quella che si verifica nella specie, detta regola lascia aperta la questione dell'applicabilit� della nuova legge alla situazione ancora in atto ed agli effetti non ancora prodotti o tuttora pendenti di un rapporto giuridico sorto in precedenza. E questa suprema Corte ha gi� risolto l'accennato problema, relativo all'individuazione dell'ambito d'efficacia della nuova legge, nel senso che questa si applica quando ,concorrono le seguenti condizioni: a) che il 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rapporto giuridico, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti; b) che la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti. di esso (sent. n. 3304 del 1957 e sent. n. 1114 del 1963). A tali criteri questo supremo collegio ha fatto ricorso anche per stabilire l'ambito di applicabilit�, nel tempo, della citata legge n. 29 del 1961, affermando che la decisione la quale, con riguardo ad una successione mortis causa, apertasi .prima dell'entrata in vigore della legge menzionata, dichiara il �contribuente tenuto a pagare gli interessi di mora sull'imposta complementare, con decorrenza dall'entrata in vigore della legge medesima, non comporta l'attribuzione a questa di effetti retroattivi (cos�, da ultimo, sent. 7 novembre 1970, n. 2273). Invero, il pagamento dei suddetti interessi non deriva da un fatto verificatosi anteriormente all'entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge, ossia dall'aper.tura della successione, ma del ritavdo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria e, quindi, da un fatto che, protraendosi nel momento in .cui le nuove norme sono entrate in vigore, cade sotto la disciplina di queste, in conformit� ai principi ge-. nerali che presidiano le successioni delle leggi nel tempo. Si ha, infatti, una situazione di mora che si rinnova de die in diem, onde non pu� dirsi che essa si sia interamente verificata sotto l'impero della precedente legge e per nulla 'sotto quello della nuorva. N� giova alla tesi della ricorrente il richiamo alle norme ed ai principi .comuni che richiedono la liquidit� del debito, quale presuppo. sto degli interessi di mora, essendo evidente, come gi� questa Corte I suprema ha avuto occasione di rilevare (sent. 28 ottobre 1967, n. 2670), che a tali principi le leggi n. 29 del ],961 e n. 147 del 1962, hanno Iespressamente derogato con lo stabilire la decorrenza degli interessi sul tributo complementare da un momento anteriore a quello della I sua liquidazfone, cio� da quando � dovuto il tributo principale che, con riguardo all'imposta di successione, � esigibile entro sei mesi dalla morte del de cuius (art. 64 in relazione all'art. 53, n. 3, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270). Con il secondo motivo del ricorso la Casissa, nel denunziare erronea applicazione e falsa interpretazione dell'articolo unico, �comma secondo, della legge 28 marzo 1962, n. 147, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., censura la sentenza impugnata, perch� questa, limitandosi a considerare che l'ufficio impositore aveva il diritto di attendere l'esito del giudizio di estimazione, prima di procedere alla liquidazione dell'imposta complementare, non ha esaminato la vera questione da risolvere ai fini della decisione. Tale questione -precisa la ricorrente -� quella dell'applicabilit� degli interessi moratori, di cui alla citata legge del 1962, sebbene la mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo complementare non fosse I ~: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dipesa da fatto imputabile alla ricorrente, perch� costei, prima della definizione giudiziale, aveva riconosciuto, in data �19 gennaio 1961, il maggior valore dell'immobile �caduto nella successione, rettificando quello inizialmente dichiarato. Neppure questo motivo � fondato. La Corte del merito ha accertato che la Casissa, nel corso del giudizio di estimazione avanti la commissione distrettuale di Novi Ligure, ebbe ad offrire, in data 19 gennaio 1961, di elevare il valore dell'asse ereditario a L. 3.700.000, in misura, cio� molto vicina al valore poi definitivamente accertato (L. 3.800.000). Ma la Corte d'appello ha escluso che tale offerta, diretta peraltro alla commissione tributaria e non all'ufficio impositore, avesse l'effetto di eliminare le conseguenze derivate, in sede di valutazione del bene ereditario, dalla non fedele indicazione del suo valore nella denuncia di successione a suo tempo presentata, onde la mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione dell'imposta complementare doveva, in definitiva, ricollegarsi a fatto imputabile all'odierna ricorrente. Tale argomentazione si ravvisa corretta. La liquidazione dell'imposta di successione avviene �con il concorso dell'attivit� del soggetto passivo del relativo rapporto tributario, chiamato dalla legge a fornire i necessari elementi per la determinazione quantitativa dell'obbligazione tributaria e, quindi, della prestazione dovuta. Tale concorso si realizza con l'adempimento deU'obbligo (stabilito dall'art. 51 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) di fornire, mediante la prescritta denuncia, una particolareggiata notizia dei beni compresi nella successione, la dichiarazione del loro valore e le indicazioni sufficienti per far conoscere la natura, la .situazione e l'importanza economica dei vari beni (comma secondo). E l'art. 15 r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, con riferimento al secondo dei suddetti elementi, precisa che il valore, cui va commisurata l'imposta, � quello venale in comune commel'cio al giorno del trasferimento, determinato con riguardo agli elementi di cui al successivo art. 16. E, dal coordinato disposto di tali norme, si evfoce che il contribuente ha l'obbligo non solo di dichiarare il valore effettivo dei beni caduti nella successione, ma anche quello di provvedere a tale adempimento nei termini stabiliti per la presentazione della �denunzia di successione (art. 55, comma terzo, del citato r.d. n. 3270 del 1923). Conseguentemente, l'indkazione successiva da parte del contribuente di un maggior valore dell'asse ereditario fatta in sede di discussione avanti alla commissione tributaria come non obbliga l'uff�do ad accettarla,. cosi non elimina perch� � ormai in corso la liquidazione del tributo in via contenziosa, quella situazione di carenza RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 228 o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo complementare che si ricollega, geneticamente, alla non esatta dichiarazione della contribuente nella denuncia di successione. Ci� trova conferma in quanto, appunto in materia di imposte di successione, ha avuto occasione di pronunciare questo supremo collegio (sent. 21 marzo 1963, n. 682), secondo cui il denunciante, anche oltre i limiti dell'art. 2732 e.e., pu� rettifkare in una successiva dichiarazione gli elementi di fatto in precedenza indicati per l'accertamento del valore imponibile. In tale caso, l'eventuale maggior valore in essa indicato � vincolativo per il contribuente e d� facolt� all'ufficio di acquisire immediatamente all'imposizione l'ulteriore ammontare del tributo, senza che ne resti paralizzato il corso del giudizio di congruit�. Ora, se trattasi di una facolt� dell'ufficio, ne consegue che questo, essendo Hbero di avvalersene, non � in alcun modo vin colato dalla rettifica operata dal contribuente. E la soluzione �che la Corte ritiene di accogliere, contrariamente a quanto in sede di discussione orale ha dedotto la difesa della ricorrente, non contrasta con la sentenza di questa suprema Corte del1' 8 marzo 1972, n. 655. Infatti, in quella pronuncia si fa riferimento ad una dichiarazione suppletiva, cio� ad una dichiarazione eseguita nel termine di cui all'art. 12, comma terzo, legge 12 giugno 1930, n. 742 e nelle forme di cui all'art. 72 della legge organica sulle imposte di successione. Invece, nel �caso in esame, non si tratta di una dichiarazione nel senso suddetto, non solo perch� l'offerta della Casissa era priva dei requisiti suindicati, ma anche perch� era diretta alla commissione distrettuale e non gi� all'ufficio impositore. ( Omissis). I CO~TE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2940 -Pres. Caporaso -Est. Elia -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa) c. Soc. La Columbia (avv. Uckmar). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Interessi ex lege 26 gennaio 1961, n. 29 -Applicabilit�. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1 e 5; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 199 bis). I Le norme di fJJOrtata generale della legge 26 gennaio 1961, n. 29 sono i applicabili anche alle imposte dirette e di conseguenza sono dovuti gli PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 229 interessi dalla domanda sul 1�imborso dell'imposta indebitamente percepita in base ad iscrizione a ruolo definitiva (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1973, n. 171 -Pres. !cardi Est. Arienzo -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Perennia (avv. Capacdoli e Spolidoro). Imp�ste e tasse in genere -Imposte dirette -Interessi ex lege 26 gennaio 1961, n. 29 -Inapplicabilit�. (I. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1 e 5; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 199 bis). Gli interessi moratoiri previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 per le imposte indirette non sono applicabili per Le imposte dirette, che sono regolate dalla legge 25 ottobre 1960, n. 136 (2). I (Omissis). -Col secondo motivo, l'Amministrazione ricorrente denuncia violazione degli artt. 1 e 5 della legge 26 gennaio 1961, n. 29, nonch� dell'articolo unico della legge 25 ottobre 1958, n. 1316, nonch� degli artt. 198 e 199 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, deducendo che erroneamente la Corte di merito ha fissato la data degli interessi dalla domanda di rimborso dell'imposta, mentre alla specie non erano applicabili gli artt. 1 e 5 della citata legge n. 29 del 1961, trattandosi di imposta diretta, di ricchezza mobile, mentre i detti articoli sono applicabili solo alle imposte indirette. La censura � infondata. Come pi� volte questa Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, il principio generale della decorrenza degli interessi moratori dalla domanda � applicabile nei �confronti dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato per tutti i tributi per effetto delle (1-2) La prima sentenza non pu� essere condivisa. Anche se dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 possono trarsi dei principi di portata generale, non vi � dubbio che l!a disciplina dettata per le imposte dirette � radicalmente diversa da quella prevista per le imposte indi!l'ette; per le prime non � a parlare di interessi ma di [ndennit� da determinare nei modi stabiliti e non rpu� ammettersi che siano dovuti gli intere<Ssi nei casi in cui non � previ�sta l'indennit�. P!roprio perch� il contribuente e l'Amministrazione vanno posti su di un piano di parit�, l'indennit� dell'ar 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disposizioni degli artt. 1 e 5 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 che, pur enunciando il principio per i tributi indiretti, ne confermano l'applicabilit� a� tutti i tributi, anche diretti (Cass., 14 gennaio 1967, n. 141). Infatti la ratio legis delle citate norme � di porre su un piede di eguaglianza l'Amministrazione e il contribuente, circa l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora, e ci� vale anche per le imposte dirette (Cass. 9 agosto 1964 n. 2241). Nella specie, trattandosi di rimborso di somme indebitamente percepite, a seguito di decisione della Commissione centrale delle imposte, che rendeva definitiva l'iscrizione a ruolo, a termini dell'art. 174 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, non sorge questione circa l'appUcabilit� della norma dell'art. 199 bis dello stesso t.u., in relazione all'art. 1 della legge 25 ottobre 1960, n. 1316, che prevede un'indennit� speciale, di mancato sgravio, esclusivamente per le imposte iscritte a ruolo a titolo provvisorio, in applicazione degli artt. 175 e 176 del t.u. citato. Il secondo mezzo di gravame non pu� dunque trovare accoglimento. --(Omissis). II (Omissis). --Fondato �, invece, il secondo motivo del detto ricorso, al quale non si oppone la resistente, �con cui si deduce che la Corte di merito ,abbia erroneamente ritenuto applicabili nella specie le disposizioni sugli interessi moratori previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 per le imposte indirette, atteso che, trattandosi di imposte dirette, � applicabile la legge 25 ottobre 1960, n. 136. -(Omissis). ticolo 199 bis del t.u. sulle imposte dirette va posta in relazione con quella dell'art. 184 bis; e come l'indennit� a carico del contribuente non � dovuta in ogni caso per qualunque ritardo nella percezione del :tributo (va ricovdato in proposito che recentemente, modificando un precedente indirizzo, � stato stabilito che l'indennit� � dovuta dal contribuente solo quando la denuncia sia dnfedele secondo la definizione .che se ne da a�ll'art. 245: Cass. 14 lugUo 1972, n. 2392, retro), cosi l'indennit� a carico dell'Amministrazione � dovuta nei limiti stabiliti nell'art. 199 bis del t.u. Il problema allora che si poteva porre consisteva nello stabilire se la norma dell'art. 199 bis, riferita neila sua espressione letterale alle iscrizioni a ruolo provvisorie, fosse applicabile anche per le iscrizioni a ruolo definitive successive alla decisione�della Commissione centrate (� stato gi� affermato che l!ai norma che si richiama alle maggiori imposte riscosse e risultate dovute per un ammontare inferiore si deve estendeve anche alle imposte iscritte a ruolo che risultano non dovute affatto: Cass., 27 maggio 1971, n. 1579, ivi, 1971, I, 1101); ma se a ci� si d�, come n~l caso, risposta negativa, non potr� affermarsi che sono dovuti gli interessi della legge n. 29 del 1961, proprio perch� � da escludere la corresponsiOne dell'indennit�. E in tali sensi ha deciso la seconda delle sentenze in esame. PARTE I, SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 231 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1972, n. 3300 -Pres. Favara -Est. Lo Cigno -P. M. Caristo (conf.) -Istituto di credito delle. Casse di risparmio italiane (avv. Palandri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini). Imposta di re~istro -Cessione di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta Correlazione fra i due ne~ozi -Limitazione de~li effetti della cession_ e -Divieto di compensazione -Necessit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 4, lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 lett. e; e.e. art. 1246 e 1853). La ne:cessaria correlazione fra la cessione di crediti verso la piubblica Amministrazione e l'operazione di finanziamento concessa da aziende d� credito a ditte commerciali e industriali richiesta per L'applicabilit� dell'aliquota ridotta dell'art. 4, lett. c, deUa tariffa A, deHa legge di registro, esige che con patto espresso� sia vietata la compensazione legale di cui agli artt. 1246 e 1853 e.e. tra proventi della cessione e crediti delta banca (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Istituto bancario denunzia violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261 ed allo art. 8, primo �comma, della legge di registro); insufficiente e contrad (1) Conformi sono le sentenze in pari data n. 3301 e n. 3307. Una nuova conferma di un orientamento ormai ben fermo: cfr. da uUimo Cass., 25 giugno 1971, n. 2006 in questa Rassegna, 1971, I, 1198, e precedenti ivi richiamati. Degna di nota � l'affermazione che la obiettiva possibilit� di un materiale ampliamento dell'impiego della cessione per operazioni diverse da quella contemplata sia sufficiente ad escludere l'applicabilit� dell'aliquota di :llavove; con ci� viene confutata la tesi del ricorrente secondo la quale non potrebbe essere di ostacolo all'agevolazione un �effetto della cessione che si produce in applicazione di principi generali e non in conseguenza del negozio soggetto a registrazione; ma poich� � proprio degli effetti che si preoccupa la nota aggiunta all'art. 4, questi vanno considerati nella loro obiettiva portata. Pure assai importante � la riaffermazione che la limitazione dei normali effetti della cessione, tante volte proclamata come nec�essaria, deve concretarsi in un espresso divieto di compensazione (patto contrario all'art. 1853); in questo modo dovrebbe essere esclusa ogni possibilit� (ancora ammessa da qualche giudice di merito) di considerare �Sufficientemente limitato l'effetto della cessione per il sol fatto che essa � posta a garanzia di un finanziamento determinato. � evidente che non basta stabilire un semplice legame tra la cessione e una operazione bancaria per �escludere che la cessione produca gli effetti suoi propri che vanno oltre la garanzia del finanziamento pattuito. 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dittoria motivazione su punti decisivi (art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere il giudice di merito negato l'agevolazione sul rilievo che il credito ceduto, oltre ad estinguere il concesso finanziamento, avrebbe, per la sua consistenza, potuto essere utilizzato per fini diversi dalla garanzia del finanziamento stesso, a cagione della mancata inserzione, nel contratto, di una preventiva rinunzia alla compensazione legale. Si duole il ricorrente che la Corte di merito non abbia considerato che l'eventuale compensazione legale dci residui realizzi della cessione dei crediti con eventuali diversi debiti potrebbe darsi esclusivamente solo dopo il totale esaurimento della funzione tipica (satisfattoria e di garanzia) della cessione stessa, cio� in un momento in cui la banca, non avendo pi� titolo in ordine al soddisfatto finanziamento, in �concreto sarebbe divenuta debitrice e deterrebbe i residui non in forza della cessione, a disposizione della �:liente. Sicch�, a quel momento, la compensazione opererebbe non in adempimento di un patto o di una previsione della cessione dei crediti, bens� in applicazione di principi generali, non attinenti all'istituto della cessione. Pertanto la ipotizzata compensazione, non avendo la capacit� di interrompere il collegamento tra finanziamento e cessione non potrebbe assumersi quale pretesa �causa di interruzione del predetto collegamento. Il motivo � infondato. � giurisprud~nza costante di questa Suprema Corte (v. sent. n. 760 del 18 marzo 1971) che per potere usufruire delle agevolazioni fiscali di �cui all'art. 4, lett. c, della tariffa all. A, nel testo modificato degli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1963, n. 261, occorre che l'atto di cessione di credito verso pubbliche Amministrazioni a garanzia di finanziamenti concessi da aziende di credito a ditte industriali e commerciali sia congegnato in modo da escludere fin dal primo momento che esso possa servire ad operazioni diverse da quelle previste e determinate nell'atto stesso. Pertanto � sufficiente la obiettiva possibilit� di un ampliamento a nuove operazioni a sottrarre l'atto all'applicazione dell'aliquota di maggior favore, indipendentemente dagli effetti pratici, apparentemente ed effettivamente perseguiti dalle parti. Al riguardo � stato affermato che l'indagine del giudice di merito non deve limitarsi a �cogliere la comune intenzione delle parti, ma deve considerare le circostanze del rapporto e la obiettivit� intrinseca fra l'importo della cessione e quello del finanziamento, la natura pro soluto o pro solvendo della cessione, la sua incidenza sulla clausola specificamente considerata, la possibilit� di deviazione o di ampliamento del rapporto oltre l'area della agevolazione fiscale alla stregua delle modalit� secondo cui il finanziamento poteva assere utilizzato, la sussistenza, o meno, della cautela di implicite od esplicite disposizioni idonee a limitare il normale effetto della cessione di credito, cos� da escludere che, nella specie, il suo scopo e la sua attitudine fossero PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 233 diver,si, o maggiori, rispetto a quelli della estinzione del finanziamento. (Cass., Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3989). La Corte di merito, dopo avere ritenuto che solo un patto che vieti la compensazione legale (art. 1246 ed art. 1853, u.p., e.e.) ovvero circoscriva il potere dell'Istituto cessionario di risc~otere dalla pubblica Amministrazione terza debitrice, i ratei via via maturatisi del credito ceduto, nei limiti conseguenti alla sua contemporanea posizione attiva verso l'appaltatore cedente, pu� impedire che la cessione si presti ad essere utilizzata per fini diversi dalla garanzia del finanziamento, ha escluso, ,con ampia indagine di fatto, nella specie in esame, la sussistenza di siffatte clausole contrattuali: conseguentemente ha negato l'applicabilit� del trattamento agevolato per la inidoneit� della cessione al detto esclusivo scopo di garanzia e per la mancanza di una stretta interdipendenza fra finanziamento e cessione. La sentenza impugnata, con motivazione corretta ed immune da vizi logici e giuridici si � attenuta ai principi sopra enunciati; pertanto essa sfugge al sindacato di questa Corte Suprema. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3375 -Pres. Giannattasio -Est. Miele -P. M. Silocchi (conf.) -Pellizzari (avv. De Luca) �c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposta complementare e suppletiva -Nozione e distinzione -Valore legale di un bene -Titoli quotati in borsa -Adeguamento del valore dichiarato Imposta suppletiva. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 5; r.d. 7 agosto 1936, n. 16.39, art. 15, 16 e 20). � complementare l'imposta che l'Ufficio non pot� li.quidare al momento della percezione dell'imposta principale, per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti e che pertanto costituisce una integrazione deLl'impostm principale di cui estende la base imponibile; � suppletiva l'imposta che t1�ae causa dalla rettificazione di un errore o una omissione dell'Ufficio e Lascia invariati gli elementi cf.i base per la liquidazione del tributo. Conseguentemente, ove l'imposta debba essere liquidata in base ad un prezzo legale fisso ed immutabile (nel caso deciso azioni quotate in borsa) la rettifica del valore dichiarato non � l'effetJfo di un giudizio di congruit� ma della applicazioine� della legge (correzione di un e7�1�ore di liquidazioine) si che L'imposta che ne deriva ha carattere suppletivo (1). (1) Decisione da condividere pienamente. Sono indubbiamente suppletive le imposte che, se pur determinano una modificazione della base imponibile, discendono dall'applicazione della legge e, per tale ragione, 234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l (Omissis). -Con l'-unico complesso motivo, i ricorrenti deducono f f violazione dell'art. 17 n. 1, 20, 21 del r.d.l., 7 agosto 1936, n. 1639, I. i omissione o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia da essi prospettati, il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 I a c.p,,c. ed affermano che la Corte ha erroneamente qualificato il tributo ff in questione supplementare mentre invece esso doveva qualificarsi i complementare. Ci� in quanto, secondo i ricorrenti, trattandosi di titoli quotati in borsa e mancando al momento della liquidazione l'indicazione di tale valore, l'ufficio era incorso non gi� in errore di 1 liquidazione dell'imposta, che solo pu� dar luogo ad imposta suppletiva, ma in errore di commisurazione dell'imponibile, al quale errore l'ufficio poteva ovviare, secondo i ricorrenti, solo con un nuovo accertamento da notificare nel termine di un anno dal pagamento dell'imposta principale secondo l'art. 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Ci� vale, sempre secondo i ricorrenti, anche nel caso� in cui gli imponibili siano soggetti a stima ex lege, dovendosi nella prima applicazione dell'imposta commisurare l'imposta al valore dichiarato (art. 17 del r.d.l. cit.), per cui la variazione di tale valore d� luogo a rettificazione. I ricorrenti deducono ancora che la Corte sarebbe incorsa in omessa motivazione su un punto decisivo da loro prospettato e cio� che i prezzi dei titoli quotati in borsa, da essi denunziati, quali risul tavano dal ,certificato da essi prodotto all'Ufficio erano superiori a quelli di listino. Le censure del mezzo sono infondate. Stabilisce l'art. 5 del r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3270, sull'im posta di successione, che le tasse richieste dopo la liquidazione della tassa principale sono complementari o suppletive. Si qualificano com plementari quelle che l'ufficio non pot� liquidare, al momento della liquidazione della tassa principale, mancando, od essendo insufficienti, gli elementi occorrenti (oltre al caso delle imposte rimaste sospese danno luogo ad una controversia di diritto: cos� per i beni soggetti a valutazione presuntiva e� per le deduzioni di passivit� (art. 31 e 45 delila legge sulle successioni) la imposta che si pretende su una maggiore base imponibile � sicuramente suppletiva; lo stesso � a dirsi per quei beni da assoggettare a tributo in base ad un valore legale insuscettibi1e di valutazione di congruit� come appunto le azioni quotate in borsa, i terreni agricoli soggetti a valutazione automatica, ecc. In tali ipotesi non si fa luogo ad accertamento ex art. 20 e 21 del r.d. 7 agosto 1936 e non opera H relativo termine di decadenza, perch� l'accertamento � richiesto soltanto per quei beni � soggetti a revisione per indagarne la congruit� e determinare cos� il valore venale �. Sull'argomento meno precisa della sentenza in rassegna � l'altra 6 ottobre 1972, n. 2864 (in questo fascicolo) che invece ricomprende nell'accertamento e nell'eventuale concordato tutti i valori costituenti la base imponibile ed anche quelli da determinare ex lege. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 235 per disposizione di legge). Imposte suppletive sono invece quelle che traggono causa dalla rettificaziohe di un errore o di una omissione dell'ufficio. Ordunque, nel caso dell'imposta complementare la successiva acquisizione degli elementi mancanti o non sufficienti per una integrale liquidazione al momento della imposizione principale, porta ad una vera integrazione dell'imposta principale gi� riscossa, estendendosene la base imponibile. Nel caso, invece, della imposta supplementare, restano fermi gli elementi gi� acquisiti dall'ufficio con la denunzia del contribuente, e sulla cui base � stata liquidata l'imposta, e si procede solo alla rettificazione dell'errore o alla eliminazione dell'omissione verificatasi nella liquidazione dell'imposta principale. Quindi, nel caso di tale imposta, restano invariati gli elementi base per la liquidazione del tributo e variano solo i risultati complessivi. � chiaro, d'altronde, che, ove la denunzia offra tutti gli elementi necessari per la liquidazione del tributo, non � possibile pi� alcun accertamento integrativo ma � possibile solo la rettifica dei risultati cio� la pretesa ad un supplemento. Quindi ai fini della distinzione dell'imposta complementare da quella suppletiva va considerato se la liquidazione del tributo principale possa considerarsi definitiva oppure se questa debba essere integrata con altri elementi al momento della liquidazione, non conosciuti, o non considerati. Nel caso in cui l'oggetto del tributo, secondo l'art. 15 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, debba essere valutato al valore venale in comune commercio, il giudizio di congruit� previsto dall'art. 20 dello stesso r.d. d� luogo indubbiamente ad un accertamento complementare, non cos� avviene invece nel �caso in cui l'oggetto del tributo debba essere valutato in base ad un prezzo legale, fi.sso ed immutabile. Invero in tal caso l'adozione del prezzo legale che avvenga dopo la liquidazione del tributo principale non � effetto di un 'giudizio di congruit� ma di rettificazione dell'errore in cui l'ufficio � incorso adottando, �contro legge, un valore diverso da quello legale. Ci� � tanto pi� vero poi nel caso (come quello in esame) in cui, indicato nella denunzia il prezzo della cosa oggetto del tributo (ne1 caso i:n esame titoli quotati in borsa) l'ufficio, nel fare il conteggio, giunga ad un risultato diverso ed inferiore a quello ottenuto elaborando i dati indicati dal contribuente. Poich� in tal caso la base imponibile � rimasta immutata (quantit� di titoli quotati in borsa) ed � solo modificato il valore legale di questi titoli da prendere a base del calcolo l'operazione va qualificata come rettificazione di un errore. Pertanto la Corte di merito ha esattamente qual�fi.cata suppletiva l'imposta pretesa con il decreto ingiuntivo. Quanto al preteso errore dell'Ufficio di aver preso a base del calcolo della imposta pretesa non gi� il prezzo di listino di borsa dei W.t.::::: ~w--~ ...@. ~ili-;:% ,.f;mff@� �fa]. :-: �-=~---~-~#~~ ~ 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO titoli quotati ma il diverso e maggiore prezzo stimato dal Comitato direttivo degli agenti di cambio va osservato che i ricorrenti sia nelle fasi di merito che in questa sede si sono limitati solo ad affermare la esistenza di tale pretesa maggiorazione ma senza farne oggetto di una specifica domanda diretta a contenere l'importo dell'imposta richiesta nei limiti dell'effettivo prezzo di listino. Pertanto non essendo stata formulata domanda, sia pure subordinata, in tal senso, la Corte non era tenuta ad esaminare tale fatto che, non essendo in relazione ad una domanda proposta dalla parte, non era decisivo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3383 -Pres. Capora�so -Est. Elia -P. M. Trotta (conf.) -Azienda Elettrica Consorziale di Bolzano e Merano (avv. Uckmar) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per opere degli enti locali -Legge 29 luglio 1961, n. 719 -Valore innovativo -Opere dirette ad incrementare la fornitura di energia elettrica a Comuni eh~ gi� ne sono provvisti. (1. 3 agosto 1949, n. 589, art. 10 e 18; I. 15 febbraio 1953, n. 184; 1. 26 luglio 1961, n. 719). Imposte e tasse in genere -Azione giudiziaria -Acquiescienza -Impugnazione parziale di decisione della Commissione -Altra parte della pronuncia collegata -Acquiescienza parziale -Non si verifica. (c.p.c., art. 329). L'agevolazione originariamente prevista ne�gli artt. 10 e 18 delia legge 3 agosto 1949, n. 589, modificata con la Legge 15 febbraio 1953, n. 184, era limitata alle opere occorrenti per fornire di ener1gia elettrica i comuni e le frazioni che ne erano totalmente sprovvisti; solo con la legge 26 'luglio 1961, n. 719, di portata innovativa, L'a;gevolazione � stata estesa alle opere per incrementare la fornitura della energia elettrica ai comuni che ne erano gi� forniti (1). L'acquiescienza parziale non si verifica quando, in presenza di una impugnazione limitata, le diverse pm�t.i della pronuncia gravata siano tra loro collegate nel senso che L'una p1�esupponga l'aitra; conse (1-2) Sulla prima massima v. in senso conforme le sent., citate ne'l testo, 6 marzo 1969, n. 704 e 9 aprile 1969, n. 1124 (Riv. leg. fisc., 1969, 1512 e 1579). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 237 guentemente ove l'Amministrazione abbia impugnato la de'Cisione di una commissione che riconosca spetilante una agevolazione deducendo l'inapplicabilit� della agevolazione al soggetto c�he� la invocava, non si produce acquiescenza sull'altra que�stione collegata se l'agevolazione fosse da escludere per obiettivo difetto di presupposto (2). ('Omissis). --Il ricorso principale, all'accoglimento del quale � condizionato il ricorso incidentale, .va esaminato preliminarmente, .previa riunione dei due gravami, aventi per oggetto la stessa sentenza. Con unico mezzo, la ricorrente principale, Amministrazione delle Finanze dello Stato, denuncia violazione degli artt. 10 e 16 legge 3 agosto 1949, n. 589, nonch� delle leggi 15 febbraio 1953, n. 184 e 26 luglio 1961, n. 719, ed infine, dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. deducendo che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che le agevolazioni tributarie previste dalle leggi sopra citate, anteriori alla citata legge 26 luglio 1961, n. 719, avente carattere innovativo, fossero applicabili ad atti relativi alla esecuzione di opere dirette ad incrementare la fornitura di energia elettrica a Comuni e frazioni che gi� fossero provvisti di tale energia, sia pure in misura insufficiente al fabbisogno. Sostiene la ricorrente Amministrazione che invece, prima che la legge del 1961 estendesse il beneficio anche a localit� gi� fornite di energia elettrica, le agevolazioni tributarie erano attl'ibuibili solo a Con).uni o frazioni del tutto sfornite di energia elettrica e la legge del 1961 deve intendersi innovativa del regime precedente, avendo appunto esteso il beneficio fiscale anche ai Comuni e alle frazioni gi� fornite di elettricit�. La censura � fondata. Come questa Corte Suprema ha avuto gi� modo di stabilire (Cass., 6 marzo 1969, n. 704 e 9 aprile 1969, n. 1124) la legge 26 luglio 1961, n. 719 ha carattere innovativo in quanto ha estese anche ai Comuni gi� forniti di energia elettrica le agevolazioni fiscali che le precedenti leggi 3 agosto 1949, n. 589 (art. 10) e 9 agosto 1954, n. 649 (art. 2) limitavano invece solo ai Comuni totalmente sprovvisti di energia elettrica. Infatti gli artt. 10 e 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589 e 2 della legge 9 luglio 1954, n. 649 espressamente prevedevano le agevolazioni tributarie per gli atti e contratti riguardanti la costruzione ed il completamento di opere occorrenti per fornire di energia elettrica i comuni, le frazioni e le borgate che ne fossero totalmente privi. Essendo Le seconda massima � di evidente esattezza. Si pu� ancora aggiungere che nell'autonoma azione in sede ordinaria possono sen2ia alcuna preclusione dedursi titoli diversi a sostegno della stessa pretesa di imposta -0ggetto delle decisioni delle Commissioni. 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pacifico in� fatto che i Comuni di Bolzano e Merano, all'atto della stipula della convenzione ipotecaria 29 luglio 1952 anteriore alla entrata in vigore della. successiva legge innovativa del 1961, erano forniti di energia elettrica, all'atto non era applicabile l'esenzione di cui all'art. 10 della legge 3 .agosto 1949, n. 589 ed esattamente l'Ufficio richiese con l'ingiunzione 23 marzo 1955, le normali imposte di registro sull'atto medesimo. Il ricorso principale, proposto dall'Amministrazione Finanziaria, merita dunque, pieno accoglimento. Col ricorso incidentale condizionato, l'Azienda Elettrica. Consorziale di Bolzano e Merano deduce che l'Amministrazione Finanziaria impugIJ.� davanti alla commissione centrale la decisione deUa .commissione provinciale di Bolzano sostenendo che l'agevolazione fiscale fosse applicabile soggettivamente solo ai comuni e non alle aziende elettriche gestite in consorzio fra i pi� comuni e che per effetto della norma dell'art. 329 c.p.c. l'aver limitata la impugnazione solo a tale questione di� carattere soggettivo, senza avere, anche, proposto gravame sulla questione obbiettiva della inapplicabilit� delle agevolazioni ai Comuni gi� forniti di energia elettrica, importa acquiescenza al principio che il beneficio sia applicabile anche ai Comuni gi� forniti di elettricit�. La censura sollevata dall'Azienda col ricorso incidentale � del t�tto priva di fondamento. L'acquiescenza parziale prevista dalla norma dell'art. 329 c.p.c. non si verifica se le diverse parti della statuizione impugnata non siano del tutto indipendenti fra loro, ma si trovino invece collegate nel senso che l'una presupponga l'altra. Nel caso in cui si controverta sull'applicabilit� di un beneficio, se l'Amministrazione sostiene che esso non competa al soggetto che l'invoca, tale questione � preliminare all'altra sulla sussistenza dei presupposti obbiettivi dell'agevolazione tributaria. L'avere impugnata la decisione� che attribuiva il diritto al beneficio, facendo espresso riferimento al motivo preliminare ed assorbente che �esso fosse inapplicabile al soggetto che l'invocava, non pu� valere acquiescenza all'altra questione, se obiettivamente, vi fosse una situazione di fatto tale da attribuire. il beneficio, perch� questa seconda questione presuppone che il beneficio possa riguardare comunque il soggetto che lo richiede: se in nessuna ipotesi, infatti, il soggetto pu� pretendere l'agevolazione, � superfluo il passaggio all'altra questione, .dipendente, se in fatto, vi sia la situazione obiettiva tale da produrre l'esenzione tributaria. Le due questioni, cio�, non sono fra loro indipendenti, ma collegate, nel senso che quella obiettiva presuppone l'altra, subbiettiva, e ci� basta ad escludere ogni ipotesi di acquiescenza parziale, come gi� questa Corte suprema ha avuto modo di chiarire (Cass., 30 luglio 1965, n. 1845). ( Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 239 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 novembre 1972, n. 3419 -Pres. Giannattasio -Est. Lo Cigno -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Gaia (avv. Giusiana). Imposta di successione -Presunzione per mobili denaro e gioi�lli Inventario -Beni esistenti nella casa di abitazione dell'autore della successione -Presunzione di appartenenza ex art. 621 c. p. c. -Non opera -Esclusione di bene di appartenenza aliena Legittimit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; c.p.c., art. 621). Poich� la presunzione di appartenenza dei beni mobili di cui all'art. 621 c.p.c., posta soltanto a tutela del creditore in sede esecutiva, non � applicabile ~i fini dell'imposta di successiol/ie, legittimamente l'ufficiale che procede� all'inventario pu� escludere da esso i beni che si trovano nella casa di abitazione deiL'autore della successiol/ie che a suo giudizio risultano di propriet� altrui (1). (Omissis). --Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione deduce violazione dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270), in relazione all'art. 775 c.p.c. e dei principi generali (art. 360 n. 3 c.p.c.) per avere la Corte di appello di To~ino ritenuto idoneo l'inventario della eredit� beneficiata di Gaia Enrichetta -redatto, a richiesta dell'erede Gaia Leopolda, dal notaio Tabacchi di Torino -a vincere la presunzione, per gioielli, denaro e mobilia, �di cui al primo comma del .citato art. 31 della legge tributaria sulle successioni. L'Amministrazione ricorrente deduce che il notaio avrebbe doduto, ai sensi dell'art. 775 c.p..c., inventariare tutto' quanto esisteva nell'alloggio della defunta, facendo menzione delle istanze della erede in ordine al diritto di propriet� da lei vantato su alcuni dei beni ivi rinvenuti. Il ricorso � infondato. (1) Decisione in netto contrasto con quella 11 agosto 1972, n. 2683 (in questa Rassegna, 1972, I, 1191). In tale pronunzia, con argomentazioni ben pi� convincenti, si � affermato che la presunzione dell'art. 621 c.p.c. opera ai fini dell'appartenenza all'autore della successione dei beni esistenti nella sua casa di abitazione e che l'uffidale che procede all'inventario pu� solo raccogliere a verbale le dichiarazioni di terzi che vantano la propriet� di alcuni beni; si che � da considerare inefficace l'inventario quando l'ufficiale che ilo ha compilato abbia a suo criterio escluso alcuni dei beni esistenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la ricorrente, essendo l'alloggio in cui abitava la defunta di propriet� comune della defunta e della sorella, avrebbero dovuto essere considerati di propriet� comune anche tutti i mobili in esso esistenti, in forza di un principio che troverebbe espressione nell'articolo 621 c.p.c., quello secondo il quale il possesso per i mobili vale titolo ed il possesso dei mobili arredanti la causa � costituito dal fatto di detenerli nella propria abitazione. La Corte di merito ha affermato al contrario che la presunzione di appartenenza al debitore dei beni pignorati nella sua abitazione posta dall'art. 621, non trova appHcazione all'inventario dell'eredit� beneficiata trattandosi di una norma che ha una ratio particolare, rispondente all'esigenza di una efficace tutela del diritto del creditore in sede esecutiva e non applicabile, pertanto, fuori dei limiti delle opposizioni all'esecuzione. La stessa Corte, nella specie, con esauriente motivazione ha accertato che la Gaia Enrichetta aveva abitato fino al giugno del 1959 in altro appartamento dello stesso stabile dal quale si era trasferita nell'alloggio sottostante della sorella Leopolda, occupandovi una sola stanza, ed abitandovi fino alla sua morte. Tale �circostanza fu tenuta presente dal notaio che form� l'inventario, come emerge dall'impugnata sentenza, e la Corte ritenne, con suo incensurabile apprezzamento di fatto, che l'inventario nel quale non erano stati compresi i mobili della Gaia Leopolda fosse completo e redatto con piena osservanza dell'art. 775 c.p.c. In ogni caso, ha aggiunto la Corte, restava salva la possibilit� per qualunque interessato, e quindi anche per l'Amministrazione delle Finanze di impugnare le risultanze dell'inventario denunciando che esso non riproduceva l'esatta consistenza del patrimonio della defunta. La Corte ha per� ritenuto, con un apprezzamento insindacabile, che tale prova non fosse stata fornita n� offerta dall'Ammi.nistrazione ed ha conseguentemente considerato esclusa la applicabilit� del primo comma dell'art. 31 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 novembre 1972, n. 3431 -Pres. Lagrotta -Est. Caleca -P. M. Pedace (conf.) -Agosta c. Ministero delle Finanze. Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia di imposta -Questioni sulla regolarit� formale del procedimento di riscossione -Competenza del Tribunale. (t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 8). � controversia di imposta, 1�imessa alla competenza del Tribunale ' del foro erariale, quella che, svolgendosi tra i due soggetti del rapporto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 241 tributario, ha per oggetto la regolarit� formale del proced.imento coattivo di riscossione e quindi a?vche quella riguardante la inefficacia del pignoramento per decorso del termine, pu1� se non vengano' in discussione norme e principi di carattere tributario e non si contesti la fondatezza sostanziale dell'imposizione (1). (1) Giurisprudenza pacifica, v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 531. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3503 -Pres. Caporaso -Est. Sandulli -P. M. Silocchi (conf.) -Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (avv. Pietrantoni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Ambulatorio INAM -Si estendono. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 18; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1; r.d. 21 giugno 1938, n. 1094, art. 2). Fra gli edifici assimilati alle case di abitazione in forza dell'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659 in relazione all'art. 2 del r.d. 21 giugno 1938, n. 1094, vanno ricompresi gli ambulatori INAM, in vista della loro funzione svolta per l'utilit� e il vantaggio del corpo sociale (1). (1) Si conferma la decisione 9 ottobr�e 1972, n. 2941 (in questa Rasiegna, 1972, I, 1209). In taJ.i condizioni va sottolineata la necessit� di porre giusti limiti �al concetto, invero assai vago, di utilit� di carattere sociale arrecata alla comunit�, e che sempre rimane indeterminato se pure l'utilit� sociale viene posta in relazione alle funzioni scolastica, di difesa dello Stato, di assistenza dei minori e dei vecchi e sanitari.a. Dovrebbe pertanto considerarsi d'un canto che si discute pur sempre di edifici da assimilare a case� di abitazione, si da escludere dall'agevolazione quegli edifici che da queste stru.tture troppo si differenziano anche se perseguono una funzione sociale e d'altro canto il concetto di servizio sociale dovrebbe essere inteso in senso restrittivo cio� con riferimento ad attivit� di pubblico interesse collettivamente esercitate. Sotto questo ultimo profilo l'estensione dell'agevolazione ad un ambulatorio dell'INAM, considerato neltla sentemia in rassegna, � 1accettabile assai di pi� di quanto lo fosse l'estensione, accolta nella precedente sentenza, ad un ambulatorio di privato professionista; non dovrebbe cio� bastar�e la funzione sociale (specificamente queliJ.a sanitaria), ma dovrebbe richiedersi anche uno svolgimento pubblicistico e collettivo della funzione stessa. Infatti nell'elencazione dell'art. 2 del r.d. n. 1094 del 1938 la caratteristica comune degli edifici considerati � sicuramente 1a gestione conettiva del servizio relativo. 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3505 -Pres. Favara -Est. Falcone -P. M. Cari.sto (conf.) -Borrelli c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Matafoni). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lus so -Vendita di lastrico solare di abitazione non ultimata -Deca denza dall'agevolazione per l'acquisto dell'area -Fattispecie. (I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). La decadenza daU'agevolazione dell'art. 14 della legge1 2 luglio 1949, n. 408 per avvenuta rivendita deU'area prima che la costruzione sia eseguita, si verifica anche quando l'acquirente dell'area abbia venduto il lastrico solare� di una cost1�uzione iniziata e non portata a termine. Per stabilire se la costTUZione sia o no ultimata, ove dall'atto di acquisto dell'area non risulti un programma edilizio, deve farsi rife1 �imento alla licenza edilizia (1). (Omissis). -Il ricorrente, premesso che nell'atto di acquisto dell'area edifi:cativa, per il quale aveva ottenuto le richieste agevolazioni fiscali previste dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, non vi era alcun cenno n� al progetto del fabbricato da costruire, n� alla licenza edilizia e �che egli, sull'area stessa, aveva costruito un edificio di un sol piano diviso in appartamenti forniti di licenza di abitabilit�, censura la decisione impugnata, per averlo dichiarato decaduto dagli anzidetti benefici fiscali in conseguenza della vendita, a scopo edificatorio, dei lastrici solari soprastanti la costruzione realizzata. E, denunciando la violazione degli artt. 13, 14 e 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408 nonch� dell'art. 1173 e.e. in relazione all'art. 360 c.p.c., sostiene: che i benefici tr.ibutari concessi dal �citato art. 14 gli spettavano per il solo fatto dell'avvenuta costruzione, sull'area compravenduta, di case di abitazione non di lusso, indipendentemente dalla integrale realizzazione di tali case quali risultavano dal progetto approvato e dalla licenza di costruzione per esse rilasciata, poich� il contenuto di tali atti non pu� essere costitutivo di un'obbli.gazione a favore della Finanza; e che, in ogni caso, la decadenza dal beneficio (1) Decisione da condivideve pienamente e ne va posta in evidenza la diligente motivazione. Sul punto che si verifica _decadenza quando la costruzione iniziata dall'acquirente dell':area sia ultimata da terzi v. Cass., 13 gennaio 1972, n. 102 (in questa Rassegna, 1972, I, 282); per l'unitariet� del programma edilizio sull'intera area acquistata con unico atto, v. Oass., 10 novembve 1970, n. 2316 (ivi, 1970, I, 1160). Con assoluta coerenza si afferma che la vendita del lastrico solare di una casa non ultimata equivale alla vendita di una costruzione non ultimata. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA fiscale avrebbe potuto essere dichiarata, solo in proporzione dei cinque piani non costruiti. Il ricorso non merita accoglimento. La legge 2 luglio 1949, n. 408 subordinava -nel suo testo ori ginario il consolidamento delle agevolazioni fiscali da essa previste sui contratti di compravendita di aree alla non rivendita dell'area prima della sua edificazione, nonch� all'inizio ed alla ultimazione della costruzione, avente le caratteristiche prescritte, entro determinati tempi. Prorogati, per effetto delle successive modificazioni, i termini di inizio e di fine della costruzione (v. legge 16 aprile 1954, n. 112 e su,ccessive) � stato poi abolito, con decorrenza dall'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960 (e cio� dell'8 marzo 1960), l'obbligo della ultimazione della costruzione entro il biennio dal suo inizio, salvi i termini massimi generali di validit� delle norme agevolative in discussione (artt. 3 legge 2 febbraio 1960, n. 35, 5 del d.l. 11 dicembre 1967, numero 1150, convertito in legge con la legge 17 febbraio 1968, n. 26); rimanendo; peraltro, ferma la decadenza per il caso di rivendita della area inedificata, cui -s�condo la giurisprudenza costante di questa . Suprema Corte -deve essere equiparato il �caso di rivendita di area prima che la costruzione, eventualmente iniziata, sia stata ultimata. A questo riguardo � stato, infatti, affermato che i benefici fiscaU concessi dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949 sono applicabili solo se la costruzione sia compiuta, nel termine prescritto, ad opera delle parti intervenute nell'atto in ordine al quale i benefici stessi sono stati invocati, �con la conseguenza che si verifica la decadenza di cui all'art. 20 della legge anzidetta se la costruzione -sia pure nel termine stabilito -� invece effettuata, od anche soltanto ultimata, da altro soggetto al quale l'area sia stata trasferita (Cass., 30 maggio 1969, n. 1914 e Cass., 21 dicembre 1962, n. 3398). Questo indirizzo si fonda, anzitutto, sulla formula dell'art. 14 che, col concedere i benefici fiscali ner gli atti di acquisto delle aree fabbricabili, dispone che tali benefici spettano quando l'atto ha � per oggetto la costru:llione > �di .case non di lusso, �purch� la costruzione sia iniziata e ultimata entro i limiti stabiliti> dal precedente art. 13, ponendo cos� una stretta, necessaria relazione tra concessione dei benefici, da una parte, e l'atto di acquisto, in r.iferimento al quale la concessione viene chiesta, nonch� la costruzione da effettual'lsi in attuazione del fine per il quale quel determinato atto di acquisto � stato posto in essere, dall'altra; relazione tanto stretta e necessaria da rimanere interrotta e travolta per effetto della successiva rivendita dell'area, senza che la costruzione sia stata ultimata, con la conseguenza della decadenza da quei benefici. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La rilevanza di tale �connessione risulta confermata dalla ratio della norma, che intende favorire l'assorbimento della domanda di abitazioni proveniente da.i ceti meno abbienti, incrementando la costruzione di case non di lusso con un contenimento del costo di esse attraverso la rinuncia parziale, ma di notevole rilievo, alle pretese tributarie sull'atto di trasferimento dell'area destinata alla fabbricazione. Orbene, la finalit� della concessione delle agevolazioni tributarie allo scopo di ridurre l'esborso complessivo per l'acquisto delle aree, quale strumento per il contenimento del costo globale della costruzione su cui quello esborso si ripercuote, e per favorire, quindi, il mer�cato delle case non di lusso, sarebbe frustrata ove fosse consentita la rivendita della area prima dell'inizio o del completamento della costruzione, poich� in tal caso la conseguita riduzione della spesa di acquisto dell'area per effetto degli ottenuti benefici fiscali, lungi dal riflettersi sul costo dell'edificio destinato ad abitazione, rimarrebbe assorbita nel profitto della successiva rivendita, e vanificherebbe quel risultato di politica economk� e quelle finalit� sociali cui la legge � indirizzata. E se questo � il principio desumibile in materia non solo dal significato proprio delle espressioni legislative secondo la connessione di esse, ma anche dalla intenzione del legislatore quale risulta dalla individuazione del bisogno sociale che la norma � destinata a soddisfare, non pu� dubitarsi che le stesse conseguenze che discendono dalle ipotesi gi� considerate devono essere ricollegate alla specie in esame, della rivendita dell'area soprastante la costruzione non ultimata. Si rimane invero all'interno del campo delimitato dalla fatti specie astratta di decadenza dalle agevolazioni fiscali innanzi chiarita tanto se oggetto della rivendita da parte dell'acquirente dell'area edi ficabile, che abbia chiesto ed ottenuto detti benefici, sia la stessa area con la soprastante costruzione non ancora ultimata, quanto se oggetto di essa sia il lastrico solare della costruzione non ultimata. Poich� la causa della decadenza dai benefici non � la rivendita in s�, bensi la mancata utilizzazione dell'area per la realizzazione della costruzione in funzione della quale i benefici stessi erano stati concessi, ci� che � r.ilevante nella struttura della fattispecie, � il fatto che la costruzione non � stata ultimata e che l'acquirente-rivenditore non sia pi� nella possibilit� di ultimarla, neppure nei termini finali pre visti dalla legge per la validit� dei benefici fiscali e sotto questo pro filo le due situazioni considerate non presentano nessuna differenza tale da giustificarne un diverso trattamento. Del resto, ai fini della legge di agevolazione di cui si discute, si ritiene compreso fra gli � acquisti di aree edificabili � aventi ad og PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 245 getto la costruzione di case, anche l'acquisto, dal :proprietario di un'area o di un edificio, del diritto di superficie o di sopraelevazione (Cass., 10 marzo 1970, n. 608). In armonia con tali principi deve essere risolto il quesito ulteriore in ordine al valore da attribuirsi all'espressione �ultimazione della costruzione �, quale evento dal �cui verificarsi o meno dipende, nel concorso delle altre condizioni previste dalla legge, il consolidarsi dello speciale trattamento fiscale accordato su domanda �specifica, al momento dell'a�cquisto dell'area edificabile, o la decadenza da esso. Al riguardo deve essere ricordato il costante indirizzo di questa Suprema Corte in tema di acquisto con unico atto di area fabbricabile destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici;. indirizzo secondo il quale, per fruire in tale ipotesi dell'agevolazione sull'imposta di registro (art. 14 della legge n. 408 del 1949), � necessario che l'intero complesso edilizio venga portato a compimento entro il termine di legge; cio� che venga realizzat.a l'attivit� costruttiva su tutto il terreno :Unitariamente considerato. Questa giurisprudenza, che si fonda sulla ricordata ratio della legge, e cio� sulla stretta e necessaria relazione della concessione dei benefici tributar.i con l'atto in riferimento al quale la concessione viene richiesta e con la costruzione da effettuarsi in attuazione del fine per il quale quel determinato atto � stato posto in essere, sottolinea il collegamento che deve sussistere tra l'atto di acquisto dell'area e l'at tivit� edificatoria che l'acquirente pro.getta di realizzare sulla stessa; attivit� che pu� ritenersi concretata solo con il compimento. di quelle costruzioni, in numero e consistenza, che costituiscono oggetto del �programma edilizio�, per la cui esecuzione l'atto � stato posto in e~ere, programma che deve, pertanto, ricevere intera esecuzione (v. in particolare Cass., 10 novembre 1970, n. 2316). N� pare seriamente contestabile �Che la coerenza del sistema im pone di accogliere lo stesso principio anche quando l'accertamento del l'avvenuta ultimazione della costruzione venga in rilievo agli effetti della decadenza per la rivendita dell'area. Rimane da stabilire, quando il � programma di costruzione� non risulti dallo stesso atto di compravendita, se e da quali elementi estranei all'atto esso possa desumersi. Sul primo punto -come osserva la sagace difesa dell'Ammini strazione finanziaria -appare chiaro come sia la stessa legge a rinviare, agli effetti della determinazione della fattispecie legale agevolata, ad elementi estranei all'atto, cio� al fatto �costruzione�; e non sola mente, come � ovvio, per quanto riguarda le caratteristiche strutturali che valgono a qualificarla come �casa di abitazione non di lusso�, ma anche per quanto riguavda la sua compiuta consistenza. 246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto al secondo pnnto, il dato certo ed obbiettivo che d� concreto contenuto alle espressioni � ultimazione del fabbricato � e � costruzione ultimata� (v. art. 5 d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150); che consente, cio�, di individuare, nell'ambito dell'ampia accezione di cui sono capaci tali concetti, quella che deve ritenersi propria nel caso concreto, in rapporto all'economia dell'atto che alla costruzione stessa � preordinato, � la licenza edilizia rilasciata. � L'obbligo di ultimazione del fabbricato a carico dell'acquirente dell'area, secondo il signifi.cato proprio delle parole consiste, infatti, nell'obbligo di portare a compimento, di condurre a termine il fabbricato del quale � stata iniziata la costruzione; e detto fabbricato non pu� essere che quello che ha formato oggetto dell'autorizzazione contenuta nella licenza edilizia, cio� di quello edificio che lo stesso acquirente ha concretamente progettato per dare esecuzione al suo programma costruttivo, ed in ordine al quale � stato rimosso a suo favore il limite all'esercizio dello ius aedificandi. L'esercizio dello ius aedificandi inerisce, infatti, al diritto di propriet� fondiaria come una delle sue concrete e peculiari manifestazioni, ma soggiace all'osservanza di molteplici limitazioni e prescrizioni commesse per legge a determinazioni della pubblica autorit�, per cui chiunque intenda nell'ambito del territorio com.nale procedere alla costruzione di un edificio deve chiedere al sindaco apposita licenza (art. 10 legge 6 agosto 1967, n. 755) presentando, tra l'altro, nn progetto tecnico dell'opera da costruire, ed � autorizzato ad edificare in conformit� dei progetti sottoposti all'autor.it� comunale e da questa approvati (in conformit� delle modalit� esecutive fissate nella licenza di costruzione: art. 32 legge 17 agosto 1942, n. 1150). In conclusione, il giudizio sulla compiutezza del "fabbricato agli effetti della conservazione dei benefici fiscali per il caso di rivendita dell'area non pu� che essere fatto con riferimento alla detta licenza, la quale ha autorizzato la costruzione del fabbricato il cui completamento viene in esame, e �Che non costituisce, pertanto -c�me sostiene il ricorrente -il fatto generatore di nn'obbligazione a favore del1' Amministrazione finanziaria, ma concorre semplicemente a determinare in concreto la complessa fattispecie legale (acquisto dell'area per la costruzione di case non di lusso e costruzione delle stesse) cui la norma agevolatrice ha riguardo, quale elemento certo di raffronto per il giudizio di completezza della costruzione. Correttamente, pertanto, la decisione impugnata ha ritenuto che l'acquisto di' un'area per la costruzione di un edificio ad uso di ahitazione pu� usufruire deil'agevolazione sull'imposta di registro concessa dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, solo in quanto l'edificio cosi come progettato nella licenza di costruzione venga ultimato e portato a compimento per case non di lusso entro i termini di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 247 legge, e che decade dal beneficio fiscale l'acquirente il quale, dopo avere costruito un solo piano dell'edificio progettato di sei piani, venda ad altri il lastrico solare su detto piano da lui costruito, perch�, il secondo acquirente possa, ove lo creda, ultimare l'edificio per il quale era �stata ottenuta la licenza. N� in tal caso � ammissibile -come pretende il ricorrente -la conservazione da parte del contribuente, di un beneficio parziale, perch� diventa operante il principio, vigente in materia tributaria, secondo il quale l'inadempimento anche parziale delle condizioni poste dalla legge per fruire di un'agevolazione porta alla decadenza totale delle agevolazioni gi� applicate; con la conseguenza che la decadenza inerisce all'intero contratto di acquisto, indivisibilmente riferito al suolo, e non alle dimensioni dell'edificio soprastante, cosi da potersi frazionare secondo la parte costruita rispetto a quella non costruita. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 dicembre 1972, n. 3538 -Pres. leardi -Est. Longo -P. M. Raya (diff.) -Compagnia Italiana dei Jolli Hotels (avv. Ledda) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Abbonamento -Cassa per il Mezzogiorno -Portata -Atti di enti affidatari in materia di credito -Estensione dell'abbonamento -Limiti. (1. 10 agosto 1950, n. 646, artt. 8, 17 e 26; 1. 22 dicembre 1951, n. 1575, art. 1; 1. 29 luglio 1957, n. 634, art. 31). L'abbonamento di cui all'art. 26 deHa legge 10 agosto 1950, nume �ro 646 sostituisce le imposte dovute daila Cassa per il Mezzogiorno per attivit� ad essa strettamente inerenti, anche se compiute in partecipazione con aitri enti, e per quelle afferenti ali'esecuzione1 di opere da parte degli enti affidatari o concessionari contemplati nell'art. 8; conseguentemente in materia di finanziamento e cmice�ssiolfl,e di credito pos�sono riteners.i inerenti alla attivit� della Cassa (che� non ha il potere di intervenire direttamente) le opeT.azioni eseguite:, a norma dell'art. 17, dagli enti affidatari che abbiano in base aile norme che li disciplinano, potere di esercitare ii credito nell'Italia meridionale nel particolare settore; non sono invece riconducibili alla attivit� della Cassa e soggiacciOlfl,O quindi all'imposta ordinaria, le operazioni di creditJo eseguite da enti non abtzitati per lo specifico setto-re o che superano i limiti delle relative attribuzioni (1). (1) Identica � l'altra sentenza in pari data n. 3539. Sulla questione non constano precedenti specifici. 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 40 -Pres. Giannattasio -Est. Valore -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Fabrini. Imposte e tasse in genere -Solidariet� tributaria -Procedimento Litisconsorzio necessario -Esclusione. La solidariet� tributaria � �a ricondurre integralmente aUe regole della soLidariet� di diritto comune sia sotto l'aspetto sostanziale che sotto quello processuale; conseguentemente, non essendosi in presenza di un rapporto unico e inscindibile ma di una pluralit� di obbligazioni di identico contenuto rette da �causa unica, non si crea litisconsorzio necessario (1). (Omissis). -Con citazione 13 agosto 1962, l'Amministrazione delle Finanze dello Stato conveniva innanzi al Tribunale di Bologna Fabrini Anita, Pellecchi Ugo e Pellecchi Federico, chiedendo l'annullamento per mancanza di cakolo e grave errore di apprezzamento della decisione 19 ottobre 1961, emessa dalla Commissione Provinciale delle Imposte di detta citt� in merito alla determinazione di valore relativa alla vendita alla Fabrini di un podere appartenente ai Pellecchi. Costituitasi in giudizio, la Fabrini chiedeva il rigetto della domanda. � Pellecchi Fede~ico, a sua volta, compariva di pel'sona, senza l'assistenza di difensore, dichiarando che il padre, Pellecchi Ugo era deceduto il. 31 luglio 1959. A seguito di ci�, il G.I. dichiarava l'interruzione del giudizio. Con ricorso 6 maggio 1963, l'Amministrazione attrice chiedeva la revoca di tale provvedimento, in quanto il Pellecchi Ugo, essendo deceduto prima della proposizione della domanda, non aveva assunto la qualit� di parte, e domandava, pertanto, la fissazione della udienza per la prosecuzione del giudiz.io. Il G.I. fissava l'udienza del 5 luglio successivo per la riassunzione. La Fabrini eccepiva l'avvenuta estinzione del processo, perch� non riassunto nel �termine di cui all'art. 305 c.p.c. ed, in subordine, insisteva nelle sue eccezioni di merito. Il Tribunale respingeva l'eccezione di estinzione ed accoglieva la domanda dell'Amministrazione, condannando alle spese la Fabrini e Pellecchi Federico. (1) Ancora una pronunzia sulla solidariet� tributaria che nega la necessit� del contradittorio; ed � significativa perch�, in un giudizio di impugnazione (per difetto di calcolo e errore di apprezzamento) di decisione di commissione, esclude la necessit� dell'integrazione del contradittorio nei confronti di una parte che aveva partecipato al giudizio nella fase precedente. Sull'intero problema v. C. BAFILE, I nuovi problemi della solidariet� tributaria, in questa Rassegna, 1972, I, 663). I II I I I I ~~ ~~ --�. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Su gravame della Fabrini, questa pronuncia veniva riformata dalla Corte di Appello che, con la sentenza oggi denunciata, affermava che l'obbligazione tributaria, nel caso di solidariet� passiva, � caratterizzata dall'unit� ed inscindibilit� del vincolo, in quanto il rapporto tributario non consente diversit� di definizione nei confronti dei singoli coobbligati, per l'interesse pubblico ad evitare disparit� di trattamento fra ,i pi� contribuenti tenuti in base allo stesso fatto generatore di imposta. Affermava, quindi, che al presente giudizio dovevano necessariamente partecipare tutti gli eredi del coobbligato Pelfocchi Ugo e che, pertanto, la causa andava rimessa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., perch� disponesse l'integrazione del contraddittorio nei loro confronti. Avverso tale decisione l'Amministrazione ricorre per Cassaz.ione sulla base di un unico motivo. Non � presente la Fabrini. MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'unico mezzo di ricorso, l'Amministrazione delle Finanze lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 331, 354 c.p.c., 1292 e segg. e.e., nonch� l'illogicit� e contraddittoriet� della motivazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che, pur venuta meno, per effetto della sentenza n. 48 del 16 maggio 1968 della Corte Costituzionale, la rappresentanza reciproca in materia di obbligazioni nascenti dal rapporto di imposta, sia rimasto ugualmente fermo il principio della inscindibilit� ed indivisibilit� dell'obbligazione tributaria, affermando conseguentemente la necessit�, ai fini della instaurazione di un valido contraddittorio, della p~esenza in giudizio di tutti contribuenti in ordine allo stesso fatto generatore di imposta. La censura � fondata. In passato, questa Suprema Corte, muovendo in genere dal presupposto che l'obbligazione tributaria, per la sua natura pubblicistica che la fa essere identica nei confronti di tutti i coobbligati, � unica e inscindibile, aveva affermato che la solidariet� tributaria ha delle caratteristiche peculiari proprie che, sottraendola alla disciplina dell'analogo istituto di diritti privato fanno di es'sa un particolare tipo di consorzio originario nel quale il pericolo di decisioni e di trattamenti difformi viene evitato con l'attribuire a ciascuno dei coobbligati, sia nella fase di accertamento che in quella contenziosa, la rappresentanza processuale degli altri. Da tali principi derivava l'ulteriore conseguenza della estensione a tutti i coobbligati dell'efficacia del giudicato formatosi nei confronti di uno solo di essi. 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Venuto meno, al principio della mutua rappresentanza processuale, il conforto degli artt. 20 e 21 del r.d.l. n. 1639 del 1936 che la Corte Costituzionale, con la citata sentenza del 1968, ha dichiarato costituzionalmente illegittimi �nella parte secondo la quale, dalla contestazione dell'accertamento di maggior imponibile nei confronti di uno solo dei coobbligati, decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale anche nei confronti degli altri�, il problema della solidariet� tributaria � stato riesaminato da questa Corte Suprema che, con una serie di ;pronunce (Cass. 20 gennaio 1969, nn. 135 e 138; 28 ottobre 1969, n. 3534; 3 aprile 1971, n. 943; 5 gennaio 1972, n. 13), mutando indirizzo, ha affermato l'esclusione di qualunque particolarit� della solidariet� tributaria, da ricondurre integralmente alle regole comuni sia sotto l'aspetto rprocessuale che sotto quello sostanziale, accogliendo cosi l'opinione della prevalente dottrina. Codesto nuovo indirizzo giurisprudenziale deve essere ribadito, non apparendo idonee, per discostarsene, le considerazioni della Corte bolognese, prevalentemente incentrate sulla natura pubblicistica della obbligazione tributaria. Tale natura invero, in mancanza di una norma concreta di diritto positivo, non pu� valere, da sola, a far derogare al principio generale secondo cui, nella obbligazione assunta da pi� soggetti identicamente ed in solido, si ha una pluralit� di obbligazioni rette da un'unica causa. N� dalle disposizioni che sanciscono la solidariet� del debito di imposta � possibile desumere alcun suffragio alla tesi della unit� e inscindibilit� della relativa obbligazione, limitandosi esse sostanzialmente a stabilire che i condebitori sono solidali nel pagamento: cos� l'art. 93 della legge di registro, l'art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e l'art. 12 d.l.lt. 8 marzo 1945, n. 90, in tema di imposta sulle successioni, l'art. 43 legge 19 giugno 1940, n. 762 in tema di imposta sull'entrata, e, in tema �di imposte dirette, gli artt. 16, 50, 70, 191 e 197 t.u. 29 g.ennaio 1958, n. 645. Per converso, la pretesa inscindibilit� �_ nettamente contrastata, oltre che dalla natura stessa dell'obbligazione pecuniaria -che � sempre divisibile -da quella �rateizzazione � del pagamento che, come risulta da numerose disposizioni di legge vigenti in proposito, � del tutto normale in materia di imposte (artt. 12 legge registro, 65 legge sulle successioni, 10 r.d. 22 maggio 1960, n. 316 e 195 t.u. n. 645 del 1958). < Del pari inidoneo ad avvalorare la tesi di una diversa struttura . :: �: della solidariet� tributaria � anche l'argomento tratto dalle disposi:: zioni che consentono all'Amministrazione Finanziaria di compiere atti di accertamento in base alla dichiarazione di uno solo dei coobbligati (artt. 30 e 79 legge registro, 55 sulle successioni e 18 r.d.l. n. 1639 del 1936). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tali disposizioni mirano invero a rendere concreto ed operante il dovere di cooperazione che la legge pone a carico dei soggetti passivi dell'imposta chiamandoli a fornire gli elementi necessari per l'accertamento e la determinazione del tributo; e lungi dall'attribuire alle dichiarazioni cos� rese valore di confessione o di ricognizione di debito ed a farle perci� assurgere a .fonte di prova dell'obbligazione tributaria, valgono soltanto a fare in modo che la dichiarazione resa da uno dei coobbligati esoneri gli altri dall'analogo adempimento. Una diversa interpretazione non riuscirebbe a spiegare la presenza, nel sistema, di una disposizione come quella dell'art. 16, ultimo comma, del citato t.u. n. 645 del 1958 che -nell'ipotesi di procedure da proseguire nei confronti di coeredi del contribuente -con lo estendere a tutti l'efficacia di atti notificati ad uno di essi unicamente nel caso in cui gli eredi abbiano omesso di comunicare all'ufficio le loro generalit�, e comunque fino a sei mesi dalla morte del contribuente, lascia chiaramente intendere che, ove l'onere di comunicazione sia stato dagli eredi adempiuto, � necessario procedere a distinte notificazioni, con la conseguente possibilit� di autonome decorrenze di termini. Orbene, una volta accertato che la solidariet� tributaria non differisce dalla solidariet� comune, non pu� esservi dubbio che l'obbligazione solidale, non facendo sorgere un rapporto unico e inscindibile, ma una pluralit� di obbligazioni di identico contenuto, rette da una unica causa, non d� luogo a litisconsorzio necessario (Cass. n. 1562, del 1971), per cui non era necessaria la integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di Ugo Pellecchi, come ha invece opinato la Corte bolognese, rimettendo c�nseguentemente la causa al primo giudice. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 54 -Pres. Saya Est. Pascasio -P. M. Minetti (conf.) -Malvasia Tortorelli (avv. Busi e Di Segni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di successione -Deduzione di passivit� -Debiti verso pubbliche amministraz!oni non liquidi al momento dell'apertura della successione -Prova della illiquidit� -Termine -Inosservanza Decadenza. (r.d. :30 dicembre 1923, n. 3270, art. 50). I debiti verso pubbliche amministrazioni non Liquidi al momento deLL'wpertura del.La su,ocessione possono essere dedotti dal passivo anche dopo il decorso del termine di due anni daHa denuncia a condizione che sia dimostlrato con un certificato da presentare un mese RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 252 prima della scadenza del biennio, cio� nel corso del 23� mese, la iLliquidit� del credito; ii termine del 23� mese ha riferimento sia aila certificazione della illiquiditd in quel tempo, sia alla presentazione all'Ufficio del relativo certificato (1). (Omissis). --Del pari infondato � il secondo motivo col quale la ricorrente, denunciando la v.iolazione degli artt. 50 e 115 della legge tributaria sulle successioni 12 e 14 delle preleggi in relazione all'articolo i.360 n. 3 e 5 c.p.c., sostiene che non sussisterebbe i.l'obbligo di produrre il .certificato di illiquidit� del debito entro l'ultimo mese del biennio dalla presentazione della denuncia. Dispone detto. articolo che � quando si tratta di debiti verso la Pubblica Amministrazione, non liquidi al momento dell'apertura della successione, � ammessa la giustificazione anche dopo la scadenza dei due anni dalla denuncia, se sia provato� con un certificato dell'Amministrazione creditrice che un mese prima di detta scadenza (quindi nel 23� mese) la liquidazione non era ancora avvenuta. In questo caso, la giustificazione deve fornirsi entro due mesi dalla data della liquidazione. Questa disposizione � stata interpretata dalla Corte d'Appello in conformit� della giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo la quale l'erede, per poter ottenere la detrazione dei debiti verso la P.A. oltre il biennio imposto da detto art. 50 per tutte le passivit� .in genere, � tenuto a produrre un mese prima dei due anni, e cio� nel corso del 23� mese, un certificato attestante la illiquidit� del debito a quella data, senza possibilit� di presentare una dichiarazione precedente o susseguente. La �giustificazione�, ossia la prova del debito, deve essere fornita ne�l'ulteriore termine di due mesi dalla liquidazione (sent. 12 agosto 1963, n. 2301; 20 novembre 1956, n. 4275). Consegue, che l'inosservanza del primo termine rende superflua l'osservanza del secondo. Peraltro, poich� la norma, nella sua testuale formulazione, condiziona la detraibilit� del debito alla produzione del predetto certificato: � se sia provato � -e lo sia entro il termine di due anni stabilito dal precedente comma per tutti i debiti da dedurre, compresi quelli verso pubbliche amministrazioni -� manifesto che la prova non pu� essere data successivamente, �Come si pretende dalla ricorrente. Trattandosi di disposizioni di carattere formale e probatorio, non � ammissibile diversa interpretazione che non si fondi sul letterale significato delle disposizioni di cui innanzi e pertanto questa Corte Suprema non trova motivo per una interpretazione diversa. -(Omissis). (1) Giurisprudenza pacifica: Cass. 12 agosto 1963, n. 2301, Riv. Leg. fisc., 1963, 2350; 27 gennaio 1959, n. 237, ivi, 1959, 852; 20 novembre 1956, n. 4275, ivi, 1957, 406. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 253 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 120 -Pres. Mirabelli -Est. Elia -P. M. De Marco (conf.) -Monti (avv. Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di successione -Deduzione di passivit� -Debito cambiario -Annotazione sui libri di commercio non anteriore alla apertura della successione -Non deducibilit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45 e 48). Per la deduzione dall'attivo della successfone di debito cambiario � necessaria, oltre� alla produzione del titolo, l'annotazione di esso nei libri di commercio del creditore o del debitore in data anteriore all'apertura della successione. Conseguentemente non � deducibile un debito cambiario annotato sui registri di una banca lo stesso giorno deU'apertura della successione (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni) e successiv�e modifiche (art. 4, legge n. 206 del 1949, nonch� legge n. 1509 del 1960 e legge n. 69 del 1967) ed inoltre violazione degli artt. 1327 e.e. abrogato e 2704 e.e. vigente ed infine vizio di motivazione su punto decisivo, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Deduce il ricorrente che, erroneamente, la Corte di merito ritenne che il debito cambiario risultante annotato nei libri contabili della Banca creditrice lo stesso giorno dell'apertura della 1successione non fosse de~ ducibile dall'asse ereditario perch� l'annotazione non forniva la prova della esistenza di un debito esistente al momento della morte, ossia, di data certa, anteriore al decesso. Deduce il ricorrente che il quinto comma dell'art. 45 della legge tributaria sulle successioni stabilisce un trattamento particolare per la detraibilit� dall'asse ereditario dei debiti cambiari. Tale trattamento particolare consisterebbe nel fatto che, per dedurre il debito cambiario dall'asse, ove manchi il requisito di certezza della data, deve ritenersi sufficiente l'annotazione nei libri contabili. Secondo il ricorrente, mentre per i debiti risultanti da scrittura privata � necessaria l'acquisizione della data certa, invece per quelli risultanti da cambiali � sufficiente l'annotazione nei libri di (1) Per giurisprudenza pacifica l'annotazione del debito cambiario sui libri di commercio, che costituisce l'equipollente dell'acquisto della data certa delle scritture private, � sempre necessaria e deve essere anteriore all'apertur.a della successione (cfr. Cass., 22 marzo 1967, n. 652, in questa Rassegna, 1967, 460; 16 novembre 1971, n. 3262, Riv. leg. fisc., 1972, 1245). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 254 commercio, oltre all'esibizione del titolo, perch� questo ha acquistata data certa con la morte del sottoscrittore, e l'esistenza del debito� � confermata dalla dichiarazione degli eredi e della Banca creditrice. Assume il ricorrente che, diversamente ragionand�, la disposizione del quinto comma dell'art. 45 della legge tributaria citata sarebbe inutile, in quanto le cambiali sono scritture private, e per esse, in genere, il secondo comma prevede il requisito della certezza di data, onde la disposizione del quinto comma pu� intendersi solo nel senso che, per le cambiali, la legge non richieda tale requisito. La censura � infondata. L'art. 1 della legge tributaria per [e successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) assoggetta alla tassa le trasmissioni di beni e diritti in base al loro ammontare netto di passivit�. L'art. 20 della stessa legge fissa il principio .che la tassa opera al momento in cui la successione si apre, ossia al momento della morte de1l de cuius. Con riferimento implicito a tali norme l'art. 45 della stessa legge fissa, nel primo comma, il principio, avente valore generale, secondo cui sono ammessi in deduzione dall'ammontare dell'asse ereditario i debiti esistenti nel momento della morte. Lo stesso articolo ritiene esistenti, al momento della morte, le passivit� risultanti da atti pubblici o sentenze di data anteriore alla morte del de cuius, oppure i debiti risultanti da scritture private che abbiano acquistata data certa, anteriormente al momento della morte del dante causa, in uno dei modi previsti dall'art. 1327 del codice abrogato (2704 del codice civHe vigente), ma esclude, espressamente, che la certezza di data possa derivare dalla morte o dalla fisica impossibilit� di scrivere �di colui, o di coloro, che sottoscrissero la scrittura. Per i debiti cambiari, la loro esistenza (al momento della morte) pu� giustificarsi quando siano annotati nei libri di commercio, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore. Risulta dal collegamento delle norme suddette il principio generale che la detrazione dall'asse pu� aversi solo se gli eredi dimostrano che '1a passivit� sia anteriore al momento della morte. Tale dimostrazione, che, per le scritture private, pu� darsi solo in uno dei modi di cui all'art. 2704 e.e., esclusa la morte o la fisica impossibilit� di scrivere dei sottoscrittori, invece, per i debiti cambiari, si pu� dare, anche, con riferimento ad un'annotazione nei libri di commercio (del debitore o del creditore); che, dunque, deve, in base alla rilevata ratio legis, essere sicuramente effettuata in un momento anteriore a quello della morte del de cuius. Ove manchi la prova, da fornirsi a cura degli eredi, nei modi prescritti dalla legge tributaria sulle successioni (art. 50 della legge medesima), che il debito esisteva anteriormente alla morte, � evidente che non si pu� procedere alla detrazione, nemmeno nel biennio successivo all'apertura della successione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Oltre a tale prova, dell'anteriorit� del debito, rispetto al momento della morte del de cuius, da darsi nelle forme previste dalla legge fiscale, e, dunque, non con testimoni o presunzioni o altri mezzi istruttori, la legge esige, in aggiunta alla prova, e per maggior cautela del pubblico interesse, anche (art. 48, r.d. n. 3270 del 1923) che siano prodotti i titoli dei debiti e una dichiarazione, degli eredi debitori, e dei creditori, la quale affermi che il debito sussisteva �al tempo dell'aperta successione�, ossia al momento della morte. Il che viene a confermare che il presupposto della detrazione � sempre che il debito risulti esistente al momento della morte del de cuius. Per il combinato disposto dell'art. 45 e dell'art. 48 citp.ti, � chiaro che, ai fini della deducibilit� del debito dall'asse ereditario, non � sufficiente la dichiarazione, prevista dall'art. 48, n� la produzione del titolo, ma occorre dimostrare, coi limiti probatori fissati dalla legge fiscale, e, cio�, con atto pubblico o scrittura, che ahbia acquistata data certa, ai sensi dell'art. 2704 e.e. citato, e non per morte o fisica impossibilit� di scrivere. Per i debiti cambiari, la dimostrazione di anteriorit� del debito rispetto al momento della morte pu� essere data anche mediante l'annotazione nei libri di commercio, dal che deriva che tale annotazione deve risultare sicuramente anteriore alla morte del dante causa, debitore originario. L'annotazione eseguita lo stesso giorno della morte nei libri di commercio di un istituto bancario, essendo priva dell'indicazione dell'orario dell'operazione, non � sufficiente a dimostrare che essa sia stata eseguita anterjormente al decesso del debitore cambiario, salvo che l'ora del decesso risulti certamente successiva all'ora di chiusura del servizio bancario. Nella specie, come motivatamente ritenne la Corte di merito e come � pacifico, il de cuius decedette alle ore 10 del 1� settembre 1961 e l'annotazione risulta eseguita lo stesso giorno della morte, e, dunque, poich� la morte era avvenuta prima dell'orario, notorio, di chiusura del servizio bancario, che alle dieci del mattino � in pieno svolgimento e prosegue per altre ore successive, non si pu� stabilire se l'annotazione sia stata posta in essere prima del decesso e, dunque, non si ha alcuna 'prova che il debito cambiario esistesse prima della morte. M legislatore fiscale ha voluto, infatti, che la deducibilit� dell'asse presupponga un sistema probatorio legale, dal quale esclusivamente, in base alla stessa legge fiscale, possa derivare la certezza, formalmente intesa, dell'anteriorit� del debito rispetto al momento della morte. Per le cambiaU, il detto sistema comprende l'annotazione nei libri di commercio, sempre ai fini della sicurezza che la passivit� sia anteriore alla morte, e, comunque, esige che l'annotazione sia anteriore al decesso, per poter essere efficace, alla stregua della ratio legis. In base a tali principi di diritto la sentenza denunciata ha accer tato che, in fatto, nella specie, non vi era certezza che l'annotazione, 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO eseguita lo stesso giorno della morte, avvenuta alle dieci del mattino, fosse precedente al momento del decesso, e dunque esattamente, con riferimento all'art. 45� della legge n. 3270 del 1923, la Corte di me1rito ha dichiarato che il debito cambiario di 200 milioni, rappresentato da cambiali emesse anche lo stesso giorno della morte, non potesse essere detratto dall'asse ereditario ai fini dell'imposta di successione. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1973, n. 179 -Pres. Saja Est. Lipari -P. M. Minetti (conf.) -Mi�listero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Soc. Investimenti Sud Italia (avv. Gagliardi). Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Primo trasferimento di propriet� di terreni e fabbricati -Estensione alla costituzione del diritto di superficie su bene demaniale -Legittimit�. (d.I. 14 dicembre' 1947, n. 1598, art 5). Imposte e tasse in genere -Norme di agevolazione -Interpretazione estensiva -Legittimit� -Trasferimento in propriet� -Estensione alla costituzione del diritto di superficie su bene demaniale -Concetto di propriet� -Sua funzione sociale. Le agevolazioni tributarie previste daWart. 5 del d.l. 18 dicembre 1947, n. 1598, coentenente disposizioni per favorire l'industrializzazione del Mezzogiorno, si applicano, nel concorso degli altri requisiti di legge, anche all'atto amministrativo di anticipata occupazione del demanio marittimo, con l'autorizzazione alL'immediata edificazione di opere permanenti per la costruzione di uno stabilimento industriale, in quanto tale atto, a prescindere dalla sua precariet�, pone� in essere un uso eccezionale del bene demaniale consentendo l'edificazione di uno stabilimento sul quale all'imprenditore spetter� un diritto reale soggettivo cor1�ispondente nei rapporti fm privati alla propriet� superficiaria (1). (1-2) La sentenza sopra riportata, con ampiezza di argomentazioni, affronta un problema di per s� modesto, ma estende la tr.attazione ad un gran numero di questioni di grande rilievo. La motivazione pu� essere divisa in capitoli, ciascuno rilevante anche da solo. La prima parte riassume l'orientamento della S.C. sulla interpretazione estensiva d~l d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598 e porta alla conclusione che l'agevolazione per il trasferimento � di propriet� " di terreni e di fabbricati comprende anche l'atto traslativo costituitivo del diritto di super PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 257 In applicazione del canone ermeneutico secondo cui le norme che concedono agevolazioni fiscali, pur essendo insuscetitibili di interpretazione analogica, possono essere interpreta.te estensivamente, deve farsi rientrare nella finalit� di incremento industriale, accanto alla realizzazione di stabilimento industriale mediante trasferimento in propriet�, queUa che si attua a mezzo. di propriet� superficiaria dello stabiiimento su area demaniale, realizzando la funzione sociale della propriet� pubblica (2). (Omissis). -Il problema che questo S. C. � chiamato a risolvere � pertanto solo quello inter,pretativo del citato art. 5, della sua estensione ad atti amministrativi di concessione �precaria � di beni del demanio marittimo, mediante l'attribuzione del diritto di effettuare e mantenere le costruzioni da destinare ad impianti industriali. La conclusione affermativa cui � pervenuta la Corte d'appello di Catanzaro appare esatta, anche se la succinta linea argomentativa adottata merita qualche integrazione, tanto pi� opportuna in quanto la specifica questione viene affrontata dal S. C. per la prima volta. -Punto di partenza obbligato dell'indagine � il richiamo al costante orientamento giurisprudenziale di questo supremo collegio secondo cui le norme che concedono agevolazioni fiscali hanno carattere eccezionale, perch� derogano al principio generale dell'imposizione collegata ad un certo presupposto, e sono quindi insuscettibili di interpretazione analogica, mentre ne � ammessa l'interpretazione estensiva. (Cass., 21 luglio 1971, n. 2376; Cass., 3 luglio 1971, n. 2074; Cass., 9 giugno 1971, n. 1708; Cass., 29 maggio 1971, n. 1614; Cass., 10 febbraio 1971, n. 339; Cass., 26 gennaio 1971, n. 179; Cass., 7 dicembre 1970, n. 2585; Cass., 6 maggio 1969, n. 1540; Cass., 10 luglio 1968, ficie su beni privati. Segue la disamina della questione deilla creazione di diritti soggettivi di consistenza reale su beni demaniali risolta, secondo un insegnamento ormai costante, nel senso affermativo sia agli effetti sostanziali che a quelli tributari (Oass., 26 ottobre 1970, n. 2164, in questa R.assegna, 1971, 356; 7 aprile 1971, n. 1030, ivi, 860; 29 maggio 1972, n. 1680; ivi, 1972, I, 721); di qui l'equiparazione tra diritto di superficie su beni privati e uso eccezionale (concessione ad aedificandum) su beni demaniali, negandosi rilevanza alla temporaneit� o precariet� della concessione. Quest'ultima affermazione sembra invero troppo assoluta: se l'uso eccezionale di beni demaniali pu� creare diritti soggettivi di consistenza rea1e, e come tali considerati agli effetti della legge di registro, sovente accade che le costruzioni eseguite dal concessionario siano destinate a passare in propriet� dello Stato al termine della concessione, ed in tal caso, come pure La sentenza ricorda, il valore delle costruzioni costituisce corrispettivo ai fini deilla base imponibile (Cass., 7 aprile 1972, n. 1033, ivi, 1972, I, 483); in tale ipotesi il diritto del concessionario a tempo determinato su una costruzione sin dall'origine destinata a diventare di propriet� demaniale non sembra potersi equiparare al diritto di propriet�, cos� come pu� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 258 n. 2392; Cass., 4 giugno 1968, n. 1688; Cass., 26 giugno 1968, n. 1269; Cass., 3 luglio 1967, n. 1621; Cass., 7 gennaio 1967, n. 61; Cass. 5 gennaio 1967, n. 28; nonch� le meno recenti decisioni nn. 179-65, 2094-64, 404-64, 699-62, 611-62, 863-61, 3030-59, 2500-59, 1191~58, 1822-57, ecc.). Le numerose sentenze di questa suprema Corte che hanno affrontato e risolto problemi interpretativi riguardanti il d.l.c.p.s. n. 1598 in generale, e l'art. 5 in particolare, ne ribadiscono la ratio legis di chiarissima evidenza che � quella di favorire (incrementare, potenziare, incentivare, stimolare, sviluppare, attivare: secondo una gamma di sinonimi di sostanziale equivalenza concettuale) l'industrializzazione dell'Italia meridionale e insulare (cfr. ad esempio: Cass., 27 ottobre 1966, n. 2645; Cass., 29 febbraio 1968, n. 663; Cass., 29 maggio 1972, n. 1689). La valorizzazione di questa ratio ha comportato l'adozione di interpretazioni necessariamente estensive (e non analogiche) in coerenza con l'enunciato principio generale. Si � cos� ritenuto che stabilimenti industriali tecnicamente organizzati sono sia quelli destinati alla produzione di beni, sia quelli che producono servizi (Cass., 27 ottobre 1964, n. 2645 cit.; Cass., 24 maggio 1967, n. 1134); si � allargata la nozione di �primo � trasferimento, precisando che l'agevolazione spetta non al primo trasferimento in senso cronologico, ma al primo utile ai fini dell'attuazione delle iniziative industriali, cio� a quel trasferimento di beni per mezzo tlel quale sia stata realizzata l'iniziativa (Cass., dubitarsi della equiparazione allo stesso diritto di propriet� della costituzione del diritto di superficie a. tempo determi:r;iato prevista dall'articolo 953 e.e., sebbene ambedue questi diritti abbiano indubbiamente consistenza reale. Il capitolo che segue sUJl concetto moderno di propriet� supera il problema della qualificazfone dell'atto ai fini dell'imposta di registro e per la sua generalit� rischia di essere scarsamente utile ai fini del caso deciso e della definizione delle questioni tributarie connesse al trasferimento della propriet�; non vo1endo entrare nel vivo di tanto problema, sembra tuttavia si debba rilevare che appare eccessivo considerare diritto di propi:iet� temporanea il diritto su un bene per la durata di un solo triennio, entro il quale 1'1agevolazione in disamina deve consolidarsi. Sembra poi troppo assoluta la sottoposizione della propriet� pubblica agli stessi principi della funzione sociale deMa propriet� che l'art. 42 della Costituzione riferisce alla propriet� privata; la propriet� pubblica svolge indubbi1amente una funzione sociale ancor pi� marcata, ma fondamentalmente diversa. L'ultima parte approfondisce il problema della interpretazione esten siva delle norme tributarie sul solco di una giurisprudenza ormai assai ricca; � una trattazione assai profonda ma che pecca forse di genericit� perch� non offre i criteri soddisfacenti per stabilire, in riferimento alla specifica norma di agevolazione, il modo di individuazione della mens legis (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 448). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 6 novembre 1968, n. 3662; Cass., 19 ottobre 1970, n. 2080); e si � riconosciuto il beneficio non solo in ipotesi di trasferimento di immobili destinati a nuovi impianti industriali, ma anche rispetto a trasferimenti relativi ad opere di ampliamento, trasformazione, ricostruzione o riattivazione di stabilimenti gi� esistenti (Cass., 8 luglio 1971, n. 2144). Lo .scopo perseguito di favorire il processo di industrializzazione in quanto effettivamente si creino nuovi impianti industriali (o si potenzino quelli esistenti) impronta di s� la stessa configurazione della fattispecie agevolativa, scandita in due momenti : quello della concessione immediata, ma provvisoria, del beneficio accordato in funzione della prevista attuazione di una data iniziativa industriale e quello della definitiva conferma, o decadenza dal beneficio ove lo stesso non si dimostri, entro il termine di tre anni dalla registrazione dell'atto, che il fine sia stato raggiunto, mediante dichiarazione del Ministro per l'industria ed il commercio (o, dopo l'entrata in vigore della legge 5 ottobre 1962, n. 1492 dalla Camera di commercio) costituente mezzo di prova esclusivo al riguardo (Cass.: 1234-58, 2288-61, 1111-63, 2334-63, 1548-65, 553-68, 3662-68, 2046-72). Alla luce di questa ratio, ed in armonia con le precedenti puntualizzazioni giurisprudenziali, deve verificarsi la ritualit� dell'interpretazione estensiva: compiuta dalla sentenza impugnata. L'espressione �trasferimenti di propriet��, riferita ai terreni od ai fabbricati occorrenti all'attuazione delle iniziative industriali, ed apprezzata sul piano della qualificazione civilistica, certamente comporta l'equivalenza fra atti di trasferimento della piena propriet� ed atti traslativo-costitutivi del diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo delle costruzioni rispetto alle quali si potr� realizzare il diritto di propriet� superficiaria. Al trasferimento di propriet� previsto per il terreno da destinare a fabbricati industriali corrisponde, nella previsione normativa, quello riguardante il fabbricato gi� costruito da utilizzare a fini industriali: si richiede, cio�, la � primariet� � dell'acquisto perch� si vogliono realizzare nuove iniziative industriali (sia pure nel senso lato del potenziamento di quelle esistenti); e si parla di �propriet�� rispetto alla acquisizione della signoria su un fabbricato da adibire ad impianti industriali, sia direttamente, sia attraverso il previo trasferimento delle aree e l'operativit� dei principi dell'accessione. La concessione ad aedificandum escludendo gli effetti dell'accessione, determina il sorgere del diritto di propriet� superficiaria sull'erigendo stabilimento industriale in capo all'imprenditore acquirente. Nessun dubbio, quindi, che sul piano civilistico, acquisto di terreno per costruire e acquiisto del diritto di superficie volto alla realizzazione della costruzione da adibire a stabilimento industriale si pongono su piani di sostanziale equivalenza. 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A suffragio dell'interpretazione restrittiva del termine � trasferimento di .propriet��, la difesa dello Stato non adduce alcun argomento nel ricorso, e nella discussione orale ha richiamato altre leggi agevolative in cui nell'applicazione giurisprudenziale la fattispecie dell'acquisto de'l diritto -di propriet� � stata mantenuta distinta da quella del trasferimento o della costituzione di diritti reali parziali, quali l'usufrutto o l'enfiteusi. Non si nega che ci� che possa farsi ove la struttura e la ratio della disposizione lo comportino; si tratta perci� di stabilire se in concreto il richiamo al trasferimento della propriet� di cui all'art. 5 del d.l.c.p.s. n. 1598 del 1947 sia tassativo o non riguardi invece situazioni di diritto reale assimilabili, come quella che, con specifico riguardo alla realizzazione di impianti industriali, si concreta nell'acquisto del diritto di propriet� sull'edificio o sul complesso di edifici da costruire nel suolo altrui in base alla concessione ad aedificandum, una volta che l'edificio sia realizzato. L'equiparazione cio� si pone fra il trasferimento della propriet� di un edificio a destinazione industriale ed il trasferimento costitutivo del diritto di costruire un edificio che una volta edificato diventa di propriet� del concessionario. Ma la sottolineatura dei tratti differenziali fra diritto reale di propriet� e diritto di superficie, ammesso che sia producente e rilevante sul piano civilistico, non presenterebbe alcuna pratica utilit� ai fini della disciplina dell'imposta di registro, dato che l'art. 1 della tariffa all. A del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 sottopone ad eguale trattamento, mediante assoggettamento ad imposta proporzionale � ogni altro , diritto reale su immobili �; dopo aver specificamente ricordato � alienazioni, vendite, rivendite, cessioni, retrocessioni e qualunque altro. atto... traslativo a titolo oneroso della propriet� dell'usufrutto, dell'uso e godimento di beni immobili�, senza menzionare' il diritto di superficie perch�-il codice civile vigente al tempo dell'emanazione della tariffa non ne faceva cenno (quantunque la propriert� superficiaria fosse gi� stata riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisP.�rudenza; cfr. Cass.: 330-64, 791-55, 4546-54, 1655-53). Consegue che l'uniformit� del trattamento impositivo ai fini dell'imposta di registro per gli atti traslativi onerosi di diritti reali tendenzialmente dovrebbe ripercuotersi sulle leggi .agevolative, le cui espressioni, sia tenendo presente l'eccezione introdotta alla regola deIl'impositivit�, vanno intes.e, ove il contra�rio non risulti puntualmentedal -tenore o dalla ratio della norma considernta, alla luce del principio della sostanziale omogeneit� fra regime impositivo che accomuna taluni atti e regime di esenzione introdotto per una data finalit� ri' I ~:spetto� ai medesimi atti. Riconosciuto che il trattamento tributario di favore previsto peri trasferimenti ,di propriet� va applicato estensivamente anche al trasferimento costitutivo del diritto di superficie comportante la .pro "' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 261 priet� superficiaria dell'edificio da costruire, sia in base alla qualificazione civilistica, sia per l'identit� del trattamento tributario dei trasferimenti onerosi di �diritti reali, la soluzione del caso in es1ame richiede due ulteriori passaggi che attengono rispettivamente alla disciplina giuridica dei beni demaniali �ed al regime impositivo delle concessioni amministrative d'us~ eccezionale relative ai beni medesimi. � stato ripetutamente affermato da questo supremo collegio che i beni che fanno parte del demanio pubblico, giusta la testuale disposizione dell'art. 823, primo comma, e.e., sono inalienabili, e non possono formare oggetto di diritti a favore di t&zi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano; e che, pertanto, sono insuscettibili di private convenzioni anche a mezzo di negozi che non abbiano carattere traslativo. Tuttavia � consentito alla P. A. di costituire mediante concessione sui beni demaniali diritti a favore di pri� vati, anche con consistenza reale, nei 'limiti e con gli effetti riflettenti le esigenze del pubblico interesse (Cass., 31 maggio 1969, n. 1949; Cass., 22 novembre 1969, nn. 3805 e 3806; Cass., 22 luglio 1969, n. 2764). Il regime dei beni demaniali dettato dalrart. 823 e.e. comporta, cio�, che mentre su tali beni non possono sorgere a favore di terzi diritti reali secondo la disciplina del codice medesimo, alla P. A. com petente � consentito di costituire su di essi, mediante atti di conces sione, diritti �che, fermo restando il limite del pubblico interesse, hanno nei confronti di tutti gli altri soggetti privati quei caratteri di assolu tezza ed esclusivit� che sono propri dei diritti reali. Sicch� le situa zioni giuridiche soggettive che scaturiscono da tali concessioni sono equiparabili a diritti soggettivi reali su cosa altrui, nei rapporti fra privati, mentre vanno qualificati come diritti condizionati nei con fronti della pubblica Amministrazione concedente (Cass., 30 maggio 1969, n. 1913; Cass., 6 agosto 1968, n. 1711; Cass., 28 febbraio 1967, n. 670). La previsione dell'insorgenza in capo al privato concessionario di facolt� aventi la consistenza di diritti soggettivi perfetti, assimilabili a diritti reali su cosa altrui � stata sempre ricondotta dalla giurisprudenza di questa suprema Corte alla concessione di un uso eccezionale su be~ demaniali (Cass., Sez. Un., 17 aprile 1971, n. 1106). E pur essendosi precisato che, talvolta la concessione pu� risolversi nell'attribuzione di diritti personali di godimento, che trovano la loro disciplina in un contratto ad effetti obbligatori (Cass., 18 ottobre 1971, n. 2932; Cass., 27 gennaio 1970, n. 176, e inoltre Cass., 3218-68; 2851-67; 2704-64; 779-53), non si � mai dubitato� che i diritti costituiti mediante concessione ad aedifican,dum su beni demaniali hanno il carattere della realit� e vanno assimilati ai diritti reali su cosa altrui, sicch� il relativo atto di concessione � soggetto -di norma --all'imposta di registro ai sensi dell'art. 1 della tariffa all. A (Cass., 29 maggio 1972, 262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 1680; Cass., 29 maggio 1972, n. 1688; Cass., 22 novembre 1969, n. 3806 cit.; Cass., 6 maggio 1968, n. 1711; Cass., 31 maggio 1969; Cass., 25 giugno 1960, n. 1675; Cass., 13 maggio� 1959, n. 1417). Deve, quindi, tenersi per fermo che la P. A. pu� concedere l'uso ec.cezionale del bene demaniale riconoscendo, mediante rinuncia all'accessione, la .propriet� separata delle costruzioni che saranno edificate (Cass., 31 maggio 1969, n. 1949 cit.). Recenti sentenze hanno affermato, a corollario della (pacifica) tassazione ex art. 1 della tariffa della concessione ad aedij�candum, che il valore della costruzione superficiaria eretta dal concessionario (nella specie proprio su aree del demanio marittimo) va ricondotta alla nozione di corrispettivo, cui fa riferimento l'art. 43, .primo comma, della legge reg., ai fini di stabilire la base imponibile dell'imposta proporzionale prevista per i trasferimenti a titolo oneroso, sicch� se nell'atto di concessione � stabilita l'acquisizione, a favore del concedente delle costruzioni superficiarie per il termine della concessione, si deve ten�er conto di tale valore (Cass., 19 giugno 1972, n. 1923; Cass., 1688-72; 3806-69 e 2764-69 citate). Nel caso in esame l'atto di sottomissione era ordinato a consentire l'immediata occupaZlone di un'area del demanio marittimo del porto di Vibo Valentia Marittima e la societ� si impegnava ad iniziare i lavori giusta il progetto approvato che prevedeva l'edificazione1 di uno stabilimento industriale �comprendente capannoni in muratura e silos metallici per l'immagazzinamento e la lavorazione di mangimi e fertilizzanti per l'agricoltura, con tempi-differenziati e perentori per la realizzazione delle opere murarie e l'impianto delle attrezzature e dei macchinari. Il tutto in previsione di una futura concessione. Ma l'attribuzione del potere di erigere costruzioni stabili destinate alla realizzazione di un complesso industriale, integra come si � visto, un uso eccezionale di area appartenente al demanio marittimo, e conferisce al privato diritti di consistenza reale (assimilabili a quello di superficie). Ed, infatti, ove restasse esclusa l'applicabilit� delle norme ageyolative .per l'industrializzazione del Mezzogiorno, l'atto di sottomissione in esame sconterebbe l'imposta di registro proporzionale come costitutivo di diritti reali immobiliari. Tale atto (riconducibile alla fattispecie astratta dell'art. 38 cod. nav.) deve ritenersi, pertanto, costitutivo di un diritto soggettivo perfetto nei confronti dei privati a carattere reale e l'accessione delle costruzioni comporta il sorgere di una propriet� superficiaria. Ci� posto non � producente far leva sulla precariet� del diritto in quanto dipendente da una concessione provvisoria. L'eventualit� della revoca si presenta necessariamente rispetto a tutte le situazioni giuridiche soggettive create in base a concessioni f su beni demaniali qualificate da questo supremo collegio diritti 'I"eali PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 263 di superficie se attribuiscono il potere di effettuare costruzioni aventi strutturalmente e funzionalmente carattere permanente. L'argomento tratto dalla possibilit� di revoca della concessione per escludere la realit� del diritto di erigere e mantenere costruzioni permanenti su suolo demaniale prova troppo perch� pretende sostan zialmente di sovvertire il costante orientamento di questa suprema Corte che, nonostante la possibilit� della revoca della concessione, e la previsione di altri modi di estinzione del rapporto per discrezio nale iniziativa della P. A. come il riscatto e la decadenza, considera le situaziqni del concessionario, che ne scaturiscono, diritti reali, sia pure esposti al limite del pubblico interesse. N� ai fini della decisione � rilevante la diversa misura di rischio che l'imprenditore assume nella fase di anticipata occupazione di aree demaniali rispetto a quella di concessione definitiva (la contrapposi zione cio� dell'ipotesi dell'art. 38 cod. nav. a quella deil'art. 36 stesso codice). L'e�quiparazione da compiere ai fini tributari riguarda la si tuazione iniziale di acquisizione di un diritto di propriet� sul suolo o sul fabbricato rispetto all'attribuzione di opere permanenti a destinazione industriale. L'uso eccezionale del suolo d� luogo alla costituzione di diritti reali a prescindere dalla latitudine dei poteri di diritto della P. A. e delle �garanzie� che l'imprenditore ha di godere nel tempo e mantenere i suoi diritti sugli edifici che si accinge a realizzare. � la struttura permanente delle costruzioni che caratterizza il diritto nascente dalla concessione come reale; e non la pi� o meno accentuata facolt� della P. A. di ordinare la riduzione in pristino. La difesa erariale insiste sul carattere di perpetuit�, di illimitata durata nel tempo quale attributo essenziale del db;�itto di propriet�, che non potrebbe essere temporaneo stante la sua �pienezza�. Lad dove la propriet� superficiaria, collegata al rapporto di conceSiSione, integrerebbe un'ipotesi di tipica propriet� temporanea, limitata nel tempo dalla durata della concessione, e, pur in pendenza della con cessione medesima, della pos�sibilit� di decadenza, revoca o riscatto di questa. Ma la contrapposizione della temporaneit� e precariet� del diritto del concessionario alla pretesa perpetuit� della �propriet� non appare . decisiva. La perpetuit�, infatti, � un carattere normale., ma non essenziale del diritto di propriet�, come ha messo in evidenza da tempo autorevole dottrina, e come � stato riaffermato vigorosamente, anche di recente, contro l'opinione tradizionale. Si � osservato che la propriet� secondo il diritto vigente, quale risulta dalla sovrapposizione della Costituzione al codice civile e dal superamento degli schemi del diritto romano classico, pu� essere concepita in termini di temporaneit�, e che gli elementi dai quali discende la limitazione nel tempo della durata del diritto di propriet� si pongono tutti all'esterno di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esso (come il termine finale) e non riguardando perci� il contenuto del diritto non possono assumere portata caratterizzante ed essenziale. Il diritto positivo del resto non sancisce direttamente la perpetuit�, mentre all'opposto prevede, accanto ad ipotesi di propriet� risolubile, casi certi di propriet� temporanea agli artt. 588, 64.9, 692, 953 e.e. Proprio l'art. 953 viene specificatamente .in considerazione, riguardando la costituzione, a tempo determinato, non solo del diritto di superficie, ma anche della propriet� separata, che si viene a configurare puntualmente come propriet� temporanea. Quindi, anche indipendentemente dall'esattezza della tesi circa la possibilit� di costruire una figura generale di propriet� temporanea, non pu� essere revocata in dubbio l'ammissibilit� nel nostro diritto ,della propriet� temporanea delle costruzioni realizzate su suolo altrui. La temporaneit� del diritto .di propriet� attribuito� al concessionario sulle costruzioni effettuate non si pone, quindi, come insormontabile ostacolo alla proposta interpretazione estensiva. E sempre dal punto di vista del diritto positivo la realit� del diritto sulle costruzfoni erette su suoli demaniali trova preciso riscontro nel codice della navigazione (prevedendosi, a proposito di concessioni sul demanio marittimo, la possibilit� di sottoporre a vincolo ipotecario le costruzioni dei concessionari). D'altra parte la �precariet� � della concessione sul piano di at tribuzione del beneficio viene neutralizzata dalla struttura �del bene ficio medesimo che, come si � gi� posto in rilievo, diviene definitivo solo se alla scadenza del triennio dalla (provvisoTia) registrazione a tas�sa fissa l'iniziativa industriale sia stata portata a termine. Sotto questo profilo al fisco nessun nocumento verrebbe da un rapporto che. non superi la durata di un triennio. Mentre la precariet� di una concessione ultratriennale rientra nel margine normale di du rata proprio dell'istituto. Ma in linea di fatto, non sembra ragione volmente prevedibile che la P. A. dopo laborioso procedimento istrut torio si induca a consentire l'anticipato possesso e ad imporre la costruzione per ovdinare a breve scadenza la riduzione in pristino, determinando una distruzione di ricchezza e spiegando opera di disin centivazione (disegno opposto rispetto alle finalit� di industrializza zione perseguite), laddove l'indirizzo politico che si manifesta soprat tutto .nelle leggi, ma opera anche al livello dell'alta amministrazione e delle direttive date agli uffici periferici, mira al promuovimento delle costruzioni industriali. Decorso il triennio dalla stipulazione dell'atto l'avvenuta esecu zione delle costruzioni industriali implica la definitivit� del beneficio, quantunque in linea di diritto la propriet� superficiaria dello stabili mento, dipendendo da un rapporto di concessione, resti esposta alla eventualit� che la P. A. eserciti la revoca o il riscatto. In questa pos PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sibilit� va ravvisato l'elemento differenziatore da superare in via di interpretazione estensiva, tenendo presente, oltre alle considerazioni svolte, che diversamente opinando dovrebbero escludersi dal regime di favore le iniziative industriali che si appoggiano (e talune debbono necessariamente farlo) a concessioni su beni demaniali. La tesi che qua'lora si~ lo Stato a venire incontro alle iniziative industriali con sentendo l'erezione degli stabilimenti su aree demaniali l'imprenditore non possa fruire del medesimo trattamento agevolato spettante per la provvista di aree private lascia perplessi e non pare sostenibile. Tale limitazione, del tutto ingiustificata, frusterebbe, infatti, lo scopo della legge, circoscrivendo inopinatamente l'ambito di applica bilit� dei benefici alle sole contrattazioni su aree e su fabbricati pri vati, escludendo il concorso agevolato al processo di industrializzazione in via diretta da parte dello Stato mediante la messa a disposizione di aree demaniali esponendo una remora alla funzione sociale della propriet� pubblica. Il termine �propriet� � non ha nel vigente ordinamento un significato univoco, data la compresenza nel sistema normativo di dati apparentemente eterogenei come l'art. 832 e.e., l'art. 42 Cost. e le leggi speciali riguardanti la propriet� fondiaria, quella di aree edificabili, ecc. Ci� ha indotto a prospettare un orientamento pluralistico dell'istituto della propriet� abbracciante una molteplicit� di situazioni inquadrabili fra i due poli del potere di disporre in modo pieno ed esclusivo e della funzione sociale. Questa, pur nella diversit� delle �ricostruzioni offerte dalla dottrina e dall'interpretazione giurisprudenziale comporta, quanto meno, il riconoscimento che nella disciplina legislativa dei rapporti economici costituiscono fini di utilit� sociale da un lato gli interessi della produzione e daU'altro la protezione del contraente pi� debole. Propriet� e impresa, attivit� e godimento si presentano come diverse angolazioni di una realt� sociale che trova sul piano del diritto nell'iniziativa privata il suo centro unificante e nella funzione sociale il criterio di attuazione per realizzare nelle scelte individuali e pubbliche il costante adeguamento ai fini della collettivit�. La funzione sociale della propriet� �, invero, principio operante rispetto a ,qualsiasi situazione di propriet� sia essa privata che pub blica (come si ricava espressamente dalla dizione dell'art. 41, terzo comma, Cost.); e si manifesta come dimensione dinamica, compren siva di qualsiasi forma di 5fruttamento, godimento, utilizzazione dei beni (dalla semplice appropriazione di frutti alla creazione di una industria). L'art. 5 del d.l.C.P.S. n. 1598 che � stato formulato antecedente mente all'entrata in vigore della Costituzione, nel suo riferimento ai RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trasferimenti di propriet� ordinati a nuove iniziative industriali deve essere inteso alla luce dei criteri dettati dalla Costituzione medesima, tenendo presente il fondamentale criterio dell'unit� dell'ordinamento e valorizzando la ratio della legge di agevolazione che nell'iniziativa privata volta a realizzare l'industrializzazione del Mezzogiorno, ravvisa un indubbio vantaggio per la collettivit�: una funzione sociale. Va favorito quindi chi vuole insediarsi nel Sud per realizzare quelle iniziative acquistando i suoli necessari, e va favorita per converso la destinazione �effettiva di suoli, privati o pubblici che siano, ad insediamenti industriali. Caratteristica determinante � la conversione della propriet� del suolo, o dell'edificio, alla destinazione industriale e l'utilizzazione del bene (o dei diritti sul bene che assicurano analoga pienezza di poteri) ai fini della realizzazione della (nuova) impresa industriale. La propriet� pubblica, che non sfugge all'imperativo della funzione sociale, per realizzarla deve adeguarsi alla �disciplina che le � propria, sovrapponendo ad una forma di generica utilit� rappresentata dall'uso comune del bene demaniale, queila specifica destinazione industriale che spesso rappresenta la soluzione ottimale per l'insediamento di taluni impianti. In questa prospettiva appare evidente che il legislatore del 1947 minus dixit quam voluit, non tenne presente specificamente il concorso determinante all'incremento industriale del Sud venuto dallo sfruttamento delle aree demaniali; ma non volle certamente escluderlo, impiegando l'espressione non in senso restrittivamente tecnico; e consentendo, comunque, tale espressione all'interprete di ricomprendere nella lata accezione gi� evidenziata del termine � propriet� � situazioni che muovendo nella direzione propriet� (pubbHca)-impresa rispondono pienamente alla realizzazione della funzione sociale della propriet� pubblica nel quadro del perseguito incremento industriale del Mezzogiorno, agevolato sul piano dell'imposizione tributaria, laddove si realizzi la conversione da una preesistente forma di propriet� in propriet�. industriale. Il richiamo della ratio della legge, da cui si sono prese le mosse, conferma e sugella le conclusioni raggiunte, toccando il nucleo della sintetica motivazione della C�rte del merito. Il trasferimento di pro priet� cui si � riferito il legislatore riguarda tutti gli atti a cui con seguano posizioni giuridiche soggettive di consistenza reale, equipara bili sul piano degli effetti alla propriet� piena. Tale equiparazione indubbiamente opera, nella qualificazione di diritto civile, rispetto alla concessione ad aedificandum ed alla �conseguente propriet� superficiaria PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 267 dell'edificio industriale. Sui beni demaniali attraverso la concessione� dell'uso eccezionale di edificare e mantenere costruzioni permanenti possono sorgere diritti soggettivi di consistenza reale corrispondenti. a quelli di superficie, da sottoporre in principio alla medesima disciplina fiscale: conseguentemente ai fini applicabili del trattamento tri-� butario di favore l'agevolazione prevista per il trasferimento di propriet� di diritto .privato va estesa alle concessioni ad aedifican.dum. su aree demaniali che si risolvono nella costruzione degli stabilimenti industriali di propriet� superficiaria dell'imprenditore, dovendosi postulare la funzione sociale anche e soprattutto della propriet� pubblica, che si realizza consentendo insediamenti industriali su aree demaniali da attuarsi con gli strumenti giuridici propri al regime di tali beni ed idonei a porre in essere posizioni sostanzialmente corri-spondenti a quelle privatistiche sia sul piano soggettivo che su quello obiettivo, donde l'ammissibilit� dell'applicazione dei benefici previsti. dalla legge. Resta da verificare se il procedimento ermeneutico fin qui seguito� sia da inquadrare nello schema dell'interpretazione estensiva, ovvero. trasmodi nell'integrazione analogica (e ci� in piena aderenza all'indirizzo fermissimo della giurisprudenza, e prescindendo dal saggiarne� la perdurante validit� alla stregua dei soggettivi orientamenti della dottrina che nega il fondamento della distinzione qualitativa fra processo di interpretazione e processo di integrazione del diritto, appiattendo, fino a farla scomparire, la tradizionale contrapposizione fra interpretazione e analogia; ed invero un'indagine del genere non sarebbe producente nel caso in esame in cui la .puntuale adesione ai criteri dettati dalla giurisprudenza consente di ricondurre agevolmente la soluzione accolta nell'alveo dell'interpretazione estensiva). Nel fissai:e i limiti dell'interpretazione estensiva questo S. C. ha precisato che essa � ammessa tutte le volte che nel caso non espressamente regolato dal legislatore ricorrono � motivi e le finalit� che� giustificano l'identit� della soluzione giuridica (Cass., 3 luglio 1971, n. 2074), ricomprendendo nell'ambito dell'agevolazione tributaria tutti i casi a cui �essa si possa riferire secondo� l'espressione letterale e la ratio tegis (Cass., 29 maggio 1971, ri.. 1614; Cass., 7 dicembre 1970, n. 2585; Cass., 4 maggio 1968, n. 1688; Cass., 7 gennaio 1967, n. 61), tutti i casi cio� oggettivamente considerati dal legislatore (Cass., 29' maggio 1971, n. 1612; Cass., 6 maggio 1969, n. 1540); anche se questo comporta che si debba attribuire un significato lessicale pi� ampio all'espressione letterale impiegata (Cass., 26 gennaio 1971, I).. 179) da determinare alla stregua dei motivi e finalit� propri della legge che si intende applicare per estensione (Cass., 4 febbraio 1965, n. 179). 268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quando il significato proprio della disposizione normativa, apprezzato anche sulla base dei motivi obiettivi posti a fondamento della legge (la c.d. intenzione del legislatore) risulti pi� ampio di quanto un'accezione semantica rigorosamente tecnica lo comporterebbe, bisogna prescindere dalla terminologia impiegata (la cui correttezza e rigorosit� di solito non � rispecchiata nelle leggi speciali, cosi come avviP.ne per i codici) ricomprendendo nella norma tutti i casi che questa alla stregua della ratio che la sottende, � suscettibile di ab~ bracciare, nonostante la formula testuale cui si � fatto ricorso. Ed infatti ove si avesse riguardo. alla mera espressione letterale senza procedere ad un adeguato esame del fondamento e dello scopo della norma si compirebbe un'interpretazione imperfetta e contrastante con lo spirito della legge che va ricavato dai motivi che la detern�narono e dallo scopo da raggiungere (Cass., 9 giugno 1971, n. 1707). La dottrina tradizionale vede nell'interpretazione estensiva l'accertamento di una norma esistente e nell'analog�a, od integrazione, la � creazione � di una nuova norma. La gi1;1risprudenza di que~o S. C. riecheggia tale orientamento, ravvisando nell'analogia il processo volto a ricomprendere nella disposizione casi oggettivamente non contemplati dal legislatore (Cass., 29 maggio 1971, n. 1612; Cass., 6 maggio 1969, n. 1540;. Cass., l� marzo 1967, n. 446). L'interpretazione analogica � consentita, quindi, per regolare una specie non prevista dalla legge con la disciplina prevista per un caso analogo, che abbia cio� lo stesso razionale fondamento, e consiste in un procedimento logico per risalire dalle norme espresse e particolari al principio che le governa per accertare se. in questo rientri anche �l caso non previsto (Cass., 23 novembre 1965, n. 2404; nonch� Cass., 1121-52; 2012-50; 1802-49). Orbene nel caso di specie l'interpretazione � stata condotta prendendo per base l'espressione �trasferimento di propriet��, mirando ad accertare se l'espressione medesima valutata alla stregua della 1'ati� legis ed alla luce della sopravvenuta Costituzione repubblicana, dovesse essere intesa secondo una restrittiva accezione tecnico-giuridica, oppure riguardasse anche l'acquisto della propriet� superficiaria dello stabilimento industriale costruito a seguito di atto di concessione ad aedif�candum. Si verte cio� in ipotesi di individuazione dell'oggettiva possibilit� di ricondurre una data fattispecie nel caso considerato, nonostante l'apparente rigorosit� del termine tecnico-giuridico, perch� il superamento di tale rigorosit� discende sia da un'esatta configurazione del collegamento fra diritto di superficie e propriet� superfidaria (che pu� essere temporanea art. 953 e.e.) sia dalla precisazione PARTE I, SEZ�. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 269 della ratio Legis e si opera un'ulteriore estensione del regime agevolativo dal diritto di superficie regolato nel codice civile al corrispondente diritto reale costituito sui beni demaniali sorretta, pure, dal rilievo da d~rsi alla funzione sociale della propriet� pubblica. L'articolazione in pi� passaggi del procedimento interpretativo .sempre sui piano della possibilit� di ricondurre il caso in esame alla previsione astratta della legge intesa nella piena virtualit� del suo <lettato, finalisticamente orientato all'incremento dell'industrializzazione favorendo comunque l'utilizzazione di suoli, o fabbricati per insediamenti industriali, comporta una dilatazione del procedimento esten. sivo per successive tappe, attuato mediante un consulente concorso di argomentazioni giuridiche, ma non incide qualitativamente sulla :sua essenza alla stregua del parametro distintivo dell'estensione dall'analogia. In conclusione: le agevolazioni tributarie previste dall'art. 5 del tl.l.C.P.S. 18 dicembre 1947, n. 1598, contenente disposizioni per favo- rire l'industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare, e riguar< ianti l'atto con -cui si pone in essere il primo trasferimento di propriet� di terreni o di fabbricati occorrenti per l'attuazione delle ini �ziative industriali per l'impianto di stabilimenti tecnicamente organizzati in quelle regioni (percezione dell'imposta di registro e di trascri zione in misura fissa) si applicano, nel concorso degli altri requisiti di legge, anche all'atto amministrativo di anticipata occupazione di aree �del demanio marittimo, con autorizzazione alla immediata edificazione di opere permanenti per la costruzione di uno stabilimento industriale {da portare a termine entro un perentorio termine). L'atto medesimo, infatti, a prescindere dalla sua precariet� (perch� ordinato ad una �concessione definitiva, a sua volta soggetta a revoca) pone in essere un uso eccezionale del bene demaniale, consentendo l'edificazione dello :stabilimento, sul quale all'imprenditore spetter� un diritto reale sog_ gettivo corrispondente nei rapporti fra privati, alla propriet� superficiaria (e sarebbe quindi assoggettabile, ove non operasse la norma :agevolativa, al trattamento tributario previsto dall'art. 1 della tariffa all. A della legge di registro per i trasferimenti di diritti reali). Per- tanto in applicazione del canone ermeneutico secondo cui le norme che concedono agevolazioni fiscali, pur essendo insuscettibili di interpretazione analogica, possono essere Interpretate estensivamente alla stre; gua della ratio legis deve farsi rientrare nella finalit� di incremento industriale accanto alla realizzazione dello stabilimento industriale me �diante trasferimento in propriet� del terreno o del fabbricato, quella .che si attua a mezzo di propriet� superficiaria dello stabilimento me- O.esimo su area di propriet� demaniale realizzando la funzione sociale della propriet� pubblica. �-(Omissis). 270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 �gennaio 1973, n. 250 -Pres. Caporaso -Est. D'Orsi -Raspini (avv. Manfredonia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Casa di abitazione -Nozione -Vendita di una casa di abitazione rientrante in un edificio non agevolato -Inapplicabilit� delle agevolazioni. (I. 2 luglio 1949, n. 408; 6 ottobre 1962, n. 1493; 2 dicembre 1967, n. 1212). La legge 2 luglio 1949, n. 408, nel prevedere le agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso, usa il termine� �casa � nei senso di �edificio�, e considera l'edificio nel suo complesso, richiedendo la prevalenza, in un primo tempo generica, delle unit� adibite ad abitazioni su quelle destinate ad uffici e negozi e, successivamente, in base al rapporto proporziona.le indicato dalle leggi 6 ottobre 1962, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212. Pertanto, come viene a godere dell'agevolazioni la vendita separata di un'unit� adibita ad ufficio, quando sia compresa in un edificio rientrante nell'agevolazione, cos� del pari deve essere esclusa dal .beneficio la vendita separata di una unit� destinata ad abitazione, qualora faccia parte di un edificio non avente le caratteristiche richieste dall'art. 13 della legge n. 408, successivamente modificata con le richiamate leggi n. 1493 e n. 1212 (1). (Omissis). --Con il primo mezzo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 17 della legge n. 408 del 2 luglio 1949 e successive modifiche di cui alle leggi n. 1493 del 1962 e n. 1212 del 1967, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., e sostiene che, essendo il beneficio previsto dalla legge n. 408 del 1949 diretto allo scopo di incrementare l'edilizia destinata ad abitazione, sarebbe in contrasto con la 'l'at'io della legge negare i benefici medesimi ad una singola unit� immobiliare destinata, appunto, ad abitazione. Il rapporto proporzionale tra unit� destinate ad abitazione ed unit� create ad altro scopo, avrebbe rilevanza ai fini dell'estensione dei benefici agli uffici e negozi, ma non influirebbe sulle unit� destinate ad abitazione; cui in ogni caso spetterebbero i benefici. Il mezzo � infondato. (1) Massima esatta, che si ricollega a giurisprudenza pacifica: cfr. per tutte, Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2176, in questa Rassegna 1969, I, 552; e Cass., 18 gennaio 1973, n. 176 (inedita). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 'l'RIBUTARIA La Corte d'appello � partita dalla premessa che le norme agevo1atrici (artt. 13 e 17 legge n. 408 del 1949) non fanno riferimento alle ,singole unit� immobiliari di cui si compongono gli edifici, ma a questi ultimi nel loro complesso e che le singole unit�, in tanto possono go �dere dei benefici, in quanto questi spettino all'intero edificio. Ha ritenuto poi che tale principio non sia stato modificato dalla legislazione .successiva ed ha tratto un'ulteriore conferma al suo ragionamento �dalla non frazionabilit� di taluni dei benefici quali quelli relativi agli .acquisti delle aree fabbricabili e ai contrasti di appalto e di mutuo -ed ha concluso che l'unica eccezione alla regola di considerare I'edi. i�cio nel suo complesso � data dalle norme del secondo e terzo comma dell'art. 17 della legge n. 408 del 1949 relativamente alla vendita .separata dei negozi. Ora il ragionamento della Corte d'appello � ineccepibile. Questa Corte si � spesso occupata delle numerose questioni cui ha dato luogo l'interpretazione della legge n. 408 del 1949 e delle suc �cessive leggi integrative e interpretative. In ordine a q.este ultime ha rilevato che esse hanno solo precisato la determinazione specifica del .criterio di prevalenza delle abitazioni rispetto agli uffici e negozi (Cass. 10 ottobre 1971, n. 2930, 20 giugno 1969, n. 2176), di guisa che il carattere generale della legge n. 408 del 1949 � rimasto immutato. Circa il carattere della legge, pur pronunciandosi specificamente �su casi relativi alla spettanza o meno dei benefici a locali non destinati ad abitazione, questa Corte ha avuto modo di affermare il principio della considerazione unitaria dell'edificio ai fini del godimento o :meno delle agevolazioni fiscali (Cass. 23 novembre 1963, n. 3023). Ora � appunto nella esigenza di considerare l'edificio nel suo complesso che, come ha correttamente affermato la Corte d'appello, va vista la soluzione della causa. Indubbiamente la legge n. 408 del 1949 usa il termine case nel .senso di edificio; basti considerare la formulazione dell'art. 13 che si riferisce alle case di abitazione, anche se comprendono uffici e ne; gozi, e a quella dell'art. 17, che nel primo comma si riferisce al tra; sferimento di case, comprensive anch'01Sse di uffici e negozi. Anche negli altri articoli della legge le varie agevolazioni in essi �previste si riferiscono alle case nel loro complesso. Il trasferimento di parte del fabbricato (e non dell'intera casa) � �esplicitamente previsto dai commi secondi e terzi dell'art. 17 ai fini -della esclusione dal beneficio della vendita di negozi non effettuata �con Io stesso atto con il quale viene trasferito l'intero fabbricato o alla vendita isolata di negozi che costituiscono unit� economiche a s� stanti. Da questa esclusione � agevole dedurre, e questa Corte lo ha co. stantemente fatto, l'inclusione nel beneficio delle vendite separate di .abitazioni ed uffici facenti parte di edifici agevolati. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E questa interpretazione di considerare l'edificio nel suo complesso e di richiedere una prevalenza, in un primo tempo generica, delle unit� adibite ad abitazioni su quelle destinate ad uffici e negozi e successivamente in base al rapporto proporzionale posto dalle leggi 6 ottobre 1962, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212, risponde alla ratio della legge, quale riconosciuta dallo stesso ricorrente, di soddisfare il bisogno di abitazioni avvertitosi nell'immediato dopoguerra per le distruzioni operate dal conflitto e la stasi dell'edilizia. Ma questo bisogno poteva essere soddisfatto solo invogliando a costruire case di abitazione e non anche edifici destinati prevalentemente ad altri usi, anche se contenenti. qualche unit� destinata ad abitazione. La presenza di questa non rendeva l'edificio rispondente alle esigenze volute dal legislatore, come, del resto, non rispondeva a tali esigenze la costruzione di edifici, destinati ad abitazioni di lusso. Si volle evitare ogni interferenza tra agevolazioni e speculazione, viste nella previsione legislativa come entit� incompatibili. Il contenuto di alcune agevolazioni in tema di acquisto dell'area e di materiale esecuzione delle opere, come ha giustamente osservato la Corte d'appello, non pu� poi che riguardare l'intero fabbricato, di guisa che la regola generale resta quella della concessione del beneficio all'intero fabbricato ed anche ai successivi trasferimenti parziali con le sole eccezioni espressamente previste in ordine alla vendita dei negozi d�i comuni secondo e terzo dell'art. 17. Pertanto, come viene a godere dell'agevolazione la vendita separata di un'unit� adibita ad ufficio, quando sia compresa in un �fabbricato rientrante nell'agevolazione, cos� del pari deve essere esclusa dal beneficio la vendita separata di un'unit� destinata ad abitazione, qualora faccia parte di un edificio non avente le caratteristiche richieste dall'art. 13 della legge n. 408 del 1949 e successive modificazioni e interpretazioni legislative. La conclusione propugnata dal ricorrente, oltre a contrastare con la lettera e la ratio della legge, cos� come delineate, sarebbe anche illogica perch� porterebbe all'incongruenza di dover far pagare l'im posta nella misura normale, nel caso di trasferimento dell'intero edi ficio, anche sull'unit� destinata ad abitazione e di accordare poi l'age volazione sull'imposta di trasferimento nel caso di vendita separata dell'appartamento. Con il secondo mezzo il ricorrente solleva la questione di legit timit� costituzionale delle norme richiamate nel primo mezzo per con trasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, qualora dovessero essere interpretate nel senso di es.eludere la spett~nza del beneficio nella fat tispecie 'in esame. Vi sarebbe ingiustificata sperequazione tra l'acquirente di un ap partamento facente parte di un edificio rientrante nell'agevolazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA prevista dall'art. 13 della legge n. 408 del 1949 e l'acquirente di un appartamento similare sito in un edificio in cui siano prevalenti gli uffici e i negozi rispetto alle abitazioni. L'imposta poi sarebbe svincolata dalla capacit� contributiva del soggetto, perch� il fatto incidente sull'ammontare del dovuto 1sarebbe aleatorio e variabile. La questione negli stessi termini era stata proposta anche alla Corte d'appello, la quale l'ha giudicata manifestamente infondata sotto il profilo che ogni norma di agevolazione fiscale, posta per particolari finalit� legislative, comporta una situazione di favore rispetto alla regola generale e tale situazione per la sua intrinseca essenza non pu� dirsi in contrasto n� con il principio di uguaglianza, n� con quello della capacit� contributiva. E del resto, ha concluso la Corte d'appello, se in ipotesi l'eccezione fosse fondata, la conseguenza non potrebbe essere quella della concessione dell'agevolazione anche al Raspini, ma quella opposta del diniego dell'agevolazione a tutti i .casi agevolati con l'obbligo del Raspini di pagare l'imposta normale, cos� come richiestogli con l'ingiunzione. Questa Corte si � gi� occupata della questione relativa alla legittimit� costituzionale della legge 2 luglio 1949, n. 408 per il preteso contrasto con gli artt. 3 e 53 della costituzione e l'ha ritenuta manifestamente infondata (Cass. 18 febbraio 1972, n. 431; 18 ottobre 1971, n. 2930). Tale conclusione va ribadita anche in relazione alla fattispecie in esame. Le due norme costituzionali vengono invocate sotto l'identica prospettiva della necessit� di assicurare al cittadino, a parit� di condizioni, il pagamento di una medesima imposta. Principio di uguaglianza� che rapportato nel campo tributario in tema di tributi indiretti e precisamente dell'imposta di registro, dovrebbe assicurare il pagamento di imposte di pari ammontare su atti di pari valore ed effetto. ~a in realt� nella specie la normativa impugnata contempla situazioni �differenziate quale quella della costruzione di edifici adibiti in prevalenza ad abitazioni non di lusso e quella della costruzione di edifici non aventi tali caratteristiche. E questa diversit� di situazione iniziale ben pu� comportare un trattamento fiscale differenziato, che si pooe come eccezione alla regola generale e che ha l'intento di contribuire alla realizzazione dei fini propostisi dal legislatore. Per di pi� la situazione da cui deriva la pretesa diversit� di trattamento � scelta proprio dal cittadino, il quale � libero di acquistare un appartamento rientrante in edifici la cui costruzione � stata favorita dal legislatore e godere anch'egli del trattamento di favore, oppure di scegliere altro appartamento. :274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In sostanza il principio della parit� di trattamento, come ha chiarito la Corte Costituzionale (cfr. sentenza 6 luglio 1970, n. 114 -16 luglio 1968, n. 102) � invocabile ogni qualvolta ci si trovi in presenza �di identit� di presupposti soggettivi e oggettivi, ma non anche quando sia razionalmente giustificata l'adozione di norme differenziate; e nella .specie l'adozione di norme differenziate risponde alla finalit� di politka legislativa sopra ricordata. -(Omissis). 'CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 febbraio 1973, n. 515 -Pres. Flore -Est. Miani -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Longo. �imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione fiscale Azione giudiziaria in pendenza del ricorso alle Commissioni Conseguente rinunzia al ricorso. In tema di imposte indirette, poich� il contribuente pu� proporre �contro l'ingiunzione fiscale ricorso alle commissioni oppure opposizione :giudiziaria, instaurando cos� due procedimenM. autonomi, deve rite nersi che l'azione giudiziaria proposta. in pendenza del ricorso importa -rinunzia ad esso, con la conseguenza che viene meno la pote�st� di .decidere delle commissioerii (1). (Omissis). -Col primo motivo, l'Amministrazione ricorrente, �denunziando il difetto di giurisdizione della commissione centrale per �1e imposte, in relazione all'art. 29 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, la menta che, sebbene fosse stata accertata la pendenza davanti all'auto rit� giudiziaria ordinaria di un giudizio sulla medesima controversia .sottoposta alle commissioni amministrative, abbia ritenuto di dover :egualmente decidere, esercitando cosi poteri giurisdizionali che pi� �non le competevano in quanto l'avvenuta proposizione dell'azione giu �diziaria importava rinunzia al ricorso in via amministrativa. Il motivo � fondato. (1) Le Sezioni Unite, con questa sentenza, si orientano a confermare un indiriz:z;o giurisprudenziale che aveva sub�to frequenti oscillazioni e per cui cfr. Cass., 23 marzo 1965, n. 478, in questa Rassegna, 1965, I, 1019, con :nota di G. ANGELINI ROTA con ulteriori riferimenti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 275 A norma dell'art. 145 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, il contribuente al quale viene intimato, con Lr:1giunzione fiscale, il pagamento di un'imposta di registro, pu� contro l'ingiunzione reclamare in via amministrativa o proporre opposizione in via giudiziaria. Al reclamo amministrativo si � poi sostituito il ricorso alle commissioni di cui agli artt. 22 e segg. del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, �salvo il ricorso all'autorit� giudiziaria � a norma dell'art. 29, comma quinto, del detto decreto. Non vi � dubbio �Che in virt� delle norme sopra dtate l'opposizione in via giudiziaria pu� essere proposta indipendentemente dal ricorso, che i due procedimenti sono autonomi e che la pendenza del giudizio tributario non determina la sospensione di quello ordinario. Non altrettanto concordi sono le opinioni circa la possibilit� che i due giudizi, qualora sia stato propdsto il ricorso e anche l'opposizione in via giudiziaria, continuino a svolgersi contemporaneamente fino alla loro definizione. Al riguardo, una corrente giurisprudenziale (Cass., Sez. Un., 30 aprile 1949, n. 1069; Cass., 13 aprile 1960, n. 861; 13 ottobre 1961, n. 2125) afferma che il processo davanti alle commissioni tributarie e quello davanti al giudice ordinario possono continuare a coesistere ed hanno contemporaneo svolgimento fino a quando non sfasi formato un giudicato nel processo ordinario, ovvero non sia stato proposto ricorso per cassazione contro la decisione della commissione centrale. Secondo altre sentenze, invece, l'azione giudiziaria proposta in pendenza del ricorso importa rinunzia ad esso, con la conseguenza che vien meno la potest� di deddere delle commissioni tributarie (Cass., Sez. Un., 1� febbraio 1947, n. 123; Cass., 30 ottobre 1963, n. 2901; 7 giugno 1966, n. 1484; 22 marzo 1969, n. 924). Questa seconda opinione appare preferibile. Sebbene i due sovraccennati proce�dimenti siano indipendenti l'uno dall'altro ed abbiano entrambi carattere giurisdizionale, va tuttavia rilevato che l'opposizione in via giudiziaria, tendente ad ottenere, attraver�so un processo svolgentesi con le pi� ampie garanzie del rito ordinario, una sentenza insuscettibile di ricorso alla giurisdizione rappresenta per il contribuente una maggior tutela e che perci� nell'elezione da lui fatta di quel mezzo di difesa del suo diritto ben pu� ravvisars�i una manifestazione della sua volont� di affidarsi unicamente alla decisione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, rinunziando agli atti del procedimento in via amministrativa. Tale rinunzia non abbisogna di accettazione, non avendo l'Amministrazione ,finanziaria interesse alla prosecuzione del giudizio tributario, ed equivale, in questo, ad una revoca del reclamo contro l'atto impositivo (come ha osservato la citata sentenza n. 924 del 1969); 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cosfoch�, revocato il ricorso col quale il giudice amministrativo era stato investito dalla controversia, viene a mancare, nel giudice stesso, la potest� di decidere. Nel caso concreto le eredi Longo, come ha accertato la sentenza impugnata, avevano portato la controversia davanti al tribunale -di Lecce gi� prima dell'adunanza della commissione provinciale; esattamente, quindi, questa aveva ritenuta superata la procedura amministrativa. Tale decisione avrebbe dovuto esser confermata, per le sovraesposte ragioni, dalla commissione centrale; venendo in contrario avviso, e ritenendo di dover decidere la controversia, questa � pertanto incorsa nella violazione delle norme sopra indicate; e, decidendo ha esevcitato un potere giurisdizionale che non le competeva, stante la tacita rinunzia delle contribuenti, gi� nella fase di primo grado del giudizio amministrativo, al ricorso proposto alla commissione provinciale. -(Omissis). I I ~ II i: SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 113 -Pres. Caporaso -Est. Valore -P. M. Trotta (cornf.) -Spinelli (avv. Norrito) c. Mini!stero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Carusi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto a misura -Tariffa dei prezzi unitari per categorie di lavoro -Determinazione del contenuto di ciascuna voce della tariffa -Questione di interpretazione contrattuale -Rilevanza degli elementi risultanti dalle analisi dei prezzi e dalle stime di progetto -Esclusione. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 326-330; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 7). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto a misura -Riserva dell'appaltatore per rettifica di prezzi unitari di elenco che si assumono erroneamente calcolati -Improponibilit� -Sussiste Errore di calcolo -Esclusione -Necessit� di azione di annullamento del contratto per vizio del consenso -Sussiste. (e.e., artt. 1429 e ss.). Negli appalti di opere pubbliche, nei quali U prezzo sia stato pattuito per unit� di misura per ogni spercie o categoria di la.volT'o, la de�terminazione dell'esatta portata di ciascuna voce della relativa tariffa � questione di interpretazione�, per la soluzione� della quale� non � consentito il ricorso alle analisi dei prezzi o stime di pro�get.to, costituenti attli interni delL'Amministraziorne appaitante, destinati a rimaner�e� al di fuori del contenuto vincolante del contratto (1). L'�assunta, erronea determinaz.ione dei prezzi unitari di un contratto di appalto di opera pubblica noi/I. � deducibile dall'appaltatore mediante riserva, ma, ove ne ricorrano i pr"esupposti e le condizioni, (1) Sulla interpretazione del contvatto di appalto di opere pubbliche, v. Oass., 18 maggio 1960, n. 1255, Giust. civ., 1960, I, 2104; Cass., Sez. Un., 22 aprile 1941, n. 1142, Foro it., 1941, I, 1098 e seg.; sulla seconda parte della massima, v. CrANFLONE, L'appalto di opere' pubbliche, Milano, 1964, 584 e seg. ed ivi (note 7-9) citazioni di giurisprudenza arbitrale. 278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pu� da queHo esser fatta valere ne.i confronti dell'Amministrazione soltanto con azione di annullamento del contratto per� vizio del consenso (2). (Omissis). -La Corte del merito, nel confermare la s.entenza di primo grado, ha .considerato che la tesi dell'appellante -secondo cui i prezzi unitari complessivi per le opere da pagarsi a misura dovevano trovarsi in armonia con i prezzi �lementari previsti per i lavori in economia, dato che ad essi prezzi unitari di tariffa si perviene applicando, con l'impiego degli schemi di analisi tipo, i prezzi elementari previsti nello stesso contratto, onde i �primi andavano maggiorati per adeguarli ai secondi -non �era fondata; che la rappresentanza necessaria concordanza tra prezzi unitari e prezzi elementari, nel senso che questi ultimi debbono �costituire la base dei primi, non trovava, infatti, aLcun fondamento normativo regolamentare, n� contrattuale; che il regolamento del 25 magg.io 1895 era invocato a torto pevch� le norme in esso contenute sono dirette soltanto a prestabilire le operazioni ed i criteri cui la P. A. deve attenersi nella preparazione e nella compilazione di progetti sotto l'aspetto tecnico e sotto queno finanziario; che nessun elemento potevano offrire le analisi dei prezzi e le stime del progetto che, costituendo solo atti interni dell'Amministrazione, destinati a rimanere al di fuori del vincolo� contrattuale, non erano utilizzabili ai fini della determinazione del prez:w applicabile alle varie categorie di lavoro; che tale carattere interno delle analisi dei prezzi e dei calcoli di perizia trovava puntuale riscontro anche nelle disposizioni degli artt. 322 e 330 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F; che agli effetti del vincolo contrattuale rilevavano soltanto i prezzi finali, proposti dalla P. A. e liberamente accettati dall'impresa e su di essi non � dato tornare indietro per discutere in ordine al modo di formazione essendosi concluso ormai l'accordo; che l'asserita concordanza tra prezzi unitari e prezzi elementari resta esclusa anche dalla netta distinzione e indipendenza delle due tariffe, ciascuna delle quali risponde ad una funzione divevs�a ed assume, nell'economia del contratto, una posizione ed un rilievo diversi. Con i tre mezzi, che possono essere esaminati congiuntamente perch� �Connessi, il ricorrente, denunziando l'omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della causa, nonch� la violazione dell'art. 1655 e.e., in relazione all'art. 326 della legge sui LL.PP., degli artt. 21 e 22 regolamento n. 350 del 1895, dell'art. 1 d.l.C.P.S. (2) Sulla competenza arbitrale, v. Cass., 17 agosto 1946, n. 1238, Foro it., 1944-46, 920; 19 gennaio 1948, n. 75, Giur. op. pubbl., 1948, I, 48; in dottrina, CIANFLONE, op. cit. a nota 1, 810. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 279 15 luglio 1947, n. 763 e dell'art. 2 del capitolato speciale di appalto, si duole che 1a Corte di appello : a) non abbia accertato se tra i prezzi elementari e quelli unitari vi fosse effettiva discordanza; b) si sia limitata ad affermare che, non essendo stati pattuiti lavori in economia, i prezzi elementari sono rimasti estranei al rapporto, mentre detti prezzi avevano invece trovato piena applicazione nell'elaborazione delle analisi dei prezzi suppletori; c) abbia ritenuto le due tariffe (quella dei prezzi elementari e quella dei prezzi unitari) come ,distinte ed indipendenti --attribuendo ai prezzi elementari la natura di atto interno della P. A. e quindi di fatto estraneo all'accordo --quando, invece, dallo stesso capitolato speciale emergeva che l'elemento costo della mano d'ope,ra, non calcolato nei prezzi unitari, era venuto in contemplazione nell'incontro. dei consensi; d) non abbia conseguentemente provveduto, previa .consulenza tecnica, a rettificare l'errore della P. A. concernente l'omesso calcolo della mano d'opera. Le �censure non hanno fondamento. La tesi della necessaria concordanza tra prezzi unitari e prezzi elementari -nel senso che questi ultimi debbono costituire la base dei primi -non trova alcun fondamento � n� nelle disposizioni di legge n� nel contvatto, come ha posto in rilievo la sentenza impugnata. Alle corrette argomentazioni di quest'ultima, sopra riportate, va aggiunto che � un fuor d'opera voler desumere detta concol'danza dalle pattuizioni relative ai compensi previsti dal capitolato speciale per i lavori in economia, trattandosi di comp~nsi che non attengono al rapporto di appalto, ma ad un diverso rapporto acces,sorio, avente ad oggetto la fornitura di mano d'opera, materiali ed attrezzi all'Amministrazione, qualora la stessa li richieda, per l'esecuzione diretta a sua cura di alcune categorie di lavoro escluse da quelle proprie dell'opera data. in appalto. Non senza considerare che le suddette pattuizioni, nel capitolato spedale, sono previste distintamente da quelle relative ai prezzi unitari dell'appalto. Non ha, poi, maggior .consistenza il rilievo che i prezzi elementari avrebbero trovato piena applicazione nell'elaborazione delJ.e analisi dei prezzi suppletori. Le cosiddette analisi dei prezzi, cio� f'insieme dei calcoli compiuti per arrivare alla formazione dei prezzi base, costituiscono documenti extracontrattuali e non vincolanti. Agli effetti contrattuali, infatti, hanno rilevanza solo i prezzi finali, quelli cio� che sono il risultato dell'analisi e sui quali si � formato l'accordo. Ma anche a prescindere da tali considerazioni la :pretesa del ricorrente di disconoscere la vincolativit� dei prezzi unitari -chieden RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO done la rettifica -� priva di consistenza per altro assorbente motivo. Sulla base del dedotto errore, essenziale e riconoscibile, lo Spinelli avrebbe dovuto agire per l'annullamento del contratto, ma non poteva, sul presupposto della validit� ed efficacia 'del contratto stesso, formulare in corso d'opera richiesta di aumento di alcuni prezzi. Nella specie, infatti, non ,si tratterebbe di errore di calcolo, suscettibile di rettifka (art. 1430 e.e.) ma di errore sulla qualit� viziante il consenso. Il primo, invero, si ha quando in operazioni aritmetkhe, posti come chiari, sicuri e fermi i tern�ni da ,computare e il criterio matematico da seguire, si commette, per inesperienza o disattenzione, un errore materiale di cifra �che si ripercuote sul risultato finale, che � tuttavia rilevabile ictu ocuii, in base a quegli stessi dati e criteri, a seguito della ripetizione corretta del calcolo; il secondo, invece, si ha quando la parte ha avuto ragionevolmente una falsa rappresentazione, una falsa conoscenza della realt� riguardo ai dati aritmetici o al criterio matematico in base ai quali si debba effettuare il calcolo, che, posti quei dati e quel 'criterio, � invece esatto. Pertanto, poich� il ricorrente assume che, nel calc�lo dei prezzi unitari, non si sarebbe tenuto conto del costo della mano d'opera, e cio� sarebbe stato trascurato uno dei termini da computare,� deduce con ci� un errar in quantitate, �che avrebbe inficiato la sua vc5lont�, e non un mero errore di calcolo. Il ricorso va, quindi, rigettato. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 5 dicembre 1972, n. 45 -Pres. Flore -Est. Leone -Schoenburg Waldenburg ed altri (avv. Menghini, Ramalli, Ghelardi) c. Ministero dell'Agricoltura e Foreste (avv. Stato Tomasiechio). Acque pubbliche ed elettricit� -Danni provocati a fondi privati dall'esecuzione di opere di bonifica -Proponibilit� dell'azione giudiziaria dei proprietari contro la P. A. esclusivamente sotto il profilo della richiesta di indennizzo ex art. 46 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Differenza tra indennit� e risarcimento del danno. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46; r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 91; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d). Nel caso di danni provocati a fondi privati dall'ese'cuzione di un'opera di bonifica, l'azione dei proprietari contro la P. A. � proponibile soltanto come domanda di indennizzo ex art. 46 le'gge 25 giugno 1865, n. 2359 e, di conseguenza, l'indagine del giudice circa la ne,cessaria relazione causale va condotta in s�enso meramente obiet- I i: I I I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 281 tivo e riferita aLLa sussistenza o meno di u.n danno relativamente permanente e reale, arrecato, cio�, alia comistenza strutturate ed aUa naturale destinazione dei fondi dalla costruziorne dell'opera pu.bbLica, con escLusione di ogni diretta considerazione, come oggetto di risar�cimento, delle singole perdite di prodotti, di cose o di lavori, aziendali o di mancati lucri (1). (Omissi.s). In questa fase ultima del procedimento di appello, in cui deve provvedersi sul terzo motivo dell'appello d'�l Ministero dell'agricoltura e foreste, relativo alla sussistenza del nesso causale tra le opere di bonifica eseguite e gli eventi dannosi denunziati dall'attore, nesso da vedere nell'ambito dell'applicazione dell'art. 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359, la pronunzia � ovviamente condizionata dal-� l'accertamento gi� compiuto irrevocabilmente che la domanda attrice deve considerar.si ammissibile esclusivamente sotto il profilo dell'indennizzo dovuto in virt� della detta norma. Questa peraltro presuppone la liceit� della condotta della P. A. e circoscrive l'oggetto dell'indennizzo alla parte sacrificata del valore intrinseco, effettivo del bene che ha subito pregiudizio dall'esecuzione dell'opera pubblica, senza che sia possibile estenderlo alla perdita di altre utilit� e lucri. � stato osservato dalla Corte di cassazione (Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2481) che l'indennizzo ex art. 46 legge 2�5 giugno 1865, n. 2359 presuppone un danno (relativamente) permanente e reale, rapportabile, sul piano concettuale, ad una parziale espropriazione del valore intrinseco del fondo che ha subito pregiudizio, dovendo il danno rigual'dare il diritto di propriet� nel suo contenuto obiettivo. Questo contenuto i;ssenziale e limitato dell'indennizzo per cui � causa � stato richiamato dal tribunale regionale nella sentenza impugnata, ma non � stato poi mantenuto in sede di concreta applicazione nella liquidazione dell'indennizzo: come ha rilevato l'Amministrazione appellante, in tale liquidazione il tribunale, adottando i criteri di valutazione del consulente tecnico, ha operato piuttosto come se l'Amministrazione dovesse rispondere di fatto colposo, quasi che e�ssa avesse obbligo di migliorare la situazione anteriore degli scoli di acque nella zona di Badia Pozzeveri. Nella specie, invece, non vengono in considerazione diretta, come oggetto di risarcimento, le singole perdite di prodotti di cose o di lavori aziendali o i mancati lucri per le singole inondazioni: ma questi elementi debbono confluire nella valutazione del danno relativamente (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2.481, Foro it., 1962, I, 27l; ex art. 2043 e.e., v. Cass., 17 ottobre 1955, n. 3224, id. Rep., 1955, 1976, nn. 199-201; v. anche Cass., 12 ottobre 1.959, n. 2762, Foll'o amm., 1959, II, 1, 549. 282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D�ELLO STATO permanente riferibile alla diminuzione del valore intrinseco della tenuta Badia Poz.zeveri, causato dal pregiudizio arrecato alla consistenza strutturale ed alla naturale destinazione dei terreni dalla costruzione dell'opera pubblica. Quindi l'indagine circa la necessaria relazione causale va considerata in senso meramente obiettivo e dev'essere riferita, secondo i dati di fatto dedotti dalle parti, ad una situazione dete,riore per i fondi della tenuta suindicata, che sarebbe stata costituita con la modificazione del sistema di canalizzazione per il deflusso delle acque. pio'.Vane, disposta dalla P. A. per l'esecuzione delle opere di bonifica del comprensorio: ;situazione deteriore per cui, in caso di precipitazioni pluviali consistenti o persistenti, i terreni della tenuta rimanevano allagati (fino all'esecuzione dei nuovi lavori di miglioramento es�eguiti nel 1954), con conseguenti perdite di frutti, opere lavorative, animali, ecc. Impostata cos� l'indagine di causalit� materiale, essa assume ovviamente una diversa dimensione ma approda egualmente a �rtsultato favorevole in buona parte all'attore� Wolf Schoenburg. Prima di esaminarla nel merito, deve rilevarsi, a confutazione di un'eccezione posta dal detto attore, che � legittima la sostituzione operata dal Ministero dell'agricoltura del proprio consulente di parte prof. De Ricco con il prof. Gaddini. La sostituzione risulta regolarmente dichiarata nel verbale dell'udienza del 17 aprile 1971 e tale dichiarazione formale, rispondente al precetto dell'art. 201 c.p.c., � pienamente produttiva di effetti, dato che la parte, come pu� sempre revocare la nomina del proprio difensore, cosi pu� revocare e sostituire l'ausiliare tecnico della propria difesa. Consegue che deve ammettersi l'esibizione delle due relazioni del nuovo consulente di parte ing. Gaddini, depositate nel corso dell'istruttoria in appello, relazioni che questo collegio � tenuto a prendere in esame insieme a tutti gli altri elementi relativi alla cennata residua questione di causalit� materiale, come precisata innanzi. L'indagine relativa a detto rapporto comporta anzitutto l'accertamento di quali fossero le condizioni della tenuta Schoenburg all'epoca dell'esecuzione delle opere di bonifica per cui � causa, quanto alla difesa nei confronti delle precipitazioni meteoriche. Questo collegio, che per la sua composizione si avvale di cognizioni tecniche specialistiche in materia di opere idrauliche e di bonifiche, rileva che il prof. De R1cco, non smentito dagli altri tecnici che hanno partecipato alle indagini nella presente controversia, . ha osservato che i terreni di Badia Pozzeveri sono compresi in una zona quasi totalmente priva di scolo naturale, tanto che il proprietario ha dovuto costituire un impianto idrovoro autonomo per l'eliminazione delle acque superficiali. Il consulente ing. Cornieri ha scritto nella sua relazione che prima del 1947, cio� prima che l'Ufficio del Genio civile di Pisa PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 283 effettuasse Le opere per migliorare lo scolo dei terreni della zona, i fossi di scolo ivi esistenti avevano sezioni molto modeste e che anche dopo le opere di bonifica gi� realizzate restano tuttora sofferenze di scolo e impaludamenti nelle zone pi� depresse.. In genere � ammesso dai tecnici che la rete preesistente dei canali di scolo delle acque meteoriche non rispondeva ad un piano razionale generale, perch� realizzata secondo iniziative di beneficio privato locale. Deve aggiungersi che risulta dalle consulenze e dalla testimonianza dell'ing. Bonfanti che il controfosso della Navareccia � stato sempre chiuso da cateratte allo sbocco in Navareccia, con un congegno automatico, che consentiva il deflusso in questo colleUore delle acque dei �canali, che scaricavano nel controfosso, soltanto se il Navareccia era in grado di recepirle: �con la conseguenza che, se il Navareccia si trovava in piena, i canali sfocianti nel controfosso non trovavano sbocco e finivano per riversare le acque sui terreni limitrofi. Di questi allagamenti anteriori ai lavori di bonifica sono numerosi i cenni nelle deposizioni dei testi: anche quelli presentati dall'attore e per lo pi� suoi dipendenti non hanno potuto tacere che, prima dei lavori del Genio Civile, qualche voHa l'acqua traboccava dagli argini ed altre volte essa provocava piccole falle negli argini stessi (testi Maiocchi, Sciacqua, Santi); il teste Ceccotti ha riferito di qualche inondazione di limitata ampiezza in seguito alle quali con le pompe idrovore si riusciva sempre a smaltire l'acqua ed a riportare le cose alla normalit�, dopo due o tre giorni; l'ing. Bonfanti dell'Ufficio del Genio civile di Pisa ha riferito che egli, direttore dei lavori della bonifica di Bientina dal 1937, era informato che nella tenuta di Badia Pozzeveri si verificavano allagamenti e rotte in caso di piogge abbondanti, specialmente nel periodo autunnale, tanto che il proprietario dell'epoca, Zeloni, aveva venduto la tenuta' per disperazione. Un insieme di elementi validi e convergenti concorre, dunque, a far ritenere che i terreni di Badia Pozzeveri, per fattori naturali, presentavano anche prima dei lavori di bonifica per cui � causa il carattere di terreni soggetti ad allagamenti, in caso di precipitazioni meteoriche intense e prolungate. Intense furono le precipitazioni pluviali verificatesi nel 1949 e nell'agosto del 1952. L'Amministrazione appellante vorrebbe che esse siano qualificate eccezionali, ma i tecnici ci� hanno escluso e, mentre poco o nulla hanno detto per l'inondazione del maggio 1949, hanno de.finito le piogge del novembre 1949 e dell'agosto 1952 �precipitazioni di un certo rilievo, non certamente catas�trofiche o semicatastrofiche � : sulla base dei dati dei pluviografi pi� vicini e degli atti dell'Ufficio del Genio civile, il consulente ing. Carnieri ha spiegato che la piena del novembre 1949 fu caratterizzata, pi� che da piogge molte intense, da piogge abbastanza intense, susseguenti a lungo periodo pio 284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO voso e quindi da �coefficiente di deflusso particolarmente alto; per la piena del 19'52 lo stesso �consulente ha rilevato che i dati pi� attendibili segnano la precipitazione oraria massima di mm. 30, per precipitazioni, per�, di breve durata. Anche l'ing. Gaddini, consulente del Ministero appellante, rivalutati i dati �disponibili, ha concluso esser solo possibile che l'alluvione del 1952 sia �stato eccezionale, ma che tale qualificazione non pu� dirsi provata; quella del 1949 fu �di portata minore. Deve, quindi, esser respinto il dubbio che i guasti siano stati causati da eventi imprevedibili ed irresistibili. Ma � un fatto certo che nelle cennate evenienze si � trattato di piogge di intensit� notevole, essendo stati abbondantemente superati gli indici medi delle precipitazioni nella zona in esame. E poich�, come si � detto, i terreni di Badia Pozzeveri, per la loro posizione e per l'insufficienza dei canali �di scolo, si presentavano allagabili in caso di precipitazioni meteoriche di un certo rilievo, deve ritenersi certo che allagamenti si sarebbero avuti in tali terreni per le piogge intense di maggio e novembre 1949 e di agosto 1952, anche senza la esecuzione delle opere di bonifica per cui � causa. A questo punto assume qualche consistenza il rilievo che le opere di bonifica vengono �commisu:mte, dal punto di vista tecnico, ad eventi normali di piena, cio� a piogge ricorrenti con frequenza annuale, l?�a pure valutate con un certo margine di sicurezza: questo criterio risulta osservato nella specie, essendo addirittura pacifico che le o.pere eseguite hanno caratteristiche tali da consentire lo smaltimento di acque pluviali. di piena normale e comunque di portate ben superiori a quelle dell'antica rete scolante; sembrerebbe anzi dai calcoli sulle canalizzazioni svolti dai diversi tecnici che le canalizzazioni stesse nei lavori di bonifica sono state sovradimensionate, perch� commisurate a piene di gran lunga superiori alle normali. Ma, come s'� detto, nelLa presente contestazione non vengono in rilievo problemi di colpa nella progettazione, esecuzione e manutenzione delle opere di bonifica; assume importanza primaria e decisiva il fatto obiettivo del pregiudizio permanente che l'opera ha prodotto ai terreni di Badia Pozzeveri e tale pregiudizio sussiste, nonostante il rispetto dei criteri tecnici riguardanti le opere di bonifica. Esso, che, per le cose dette innanzi, non pu� ritenersi costituito dalla condizfone di inondabilit� dei terreni, stato che, come si � dimostrato, preesisteva all'esecuzione delle opere di bonifica, � messo in evidenza dal fatto che nel 1949 cedette proprio l'argine dell'opera nuova, cio� del canale costruito per portare il Rio Tazzera a sfociare nel canale Rapecchio (cosidetta � allacciante �). Quest'allacciante, che taglia trasversalmente la tenuta, oltre che aumentare le superfici di arginatura, che di per s� costituiscono pericolo di inondazione per tracimazione e falle, era PARTE 'I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 285 soggetta (e probabilmente � tuttora, non ostante le modifiche apportate al sistema di canali nel 1954) alla dinamica di correnti che determinava forti rigurgiti nell'allacciante medesima, con cons�eguente pericolo di esondazione o di falle negli argini. Il consulente tecnico ing. Cornieri ha appunto spiegato, sulla base dei calcoli pi� attendibili circa le portate dei yari �canali, che la massa d'acqua fluente dai canali S. Gallo e Rapecchino nel Rapecchio, non trovando adeguato ricetto, risali sulla destra nell'allacciante e perfino nel Tazzera, per il che nell'allacciante stessa si determin� un urto di onde discendenti ed ascendenti ed un moto ondoso certamente rilevante, che fu causa di estesa tracimazione, con conseguente incisione di un certo rilievo e con asportazione di dglio per una certa ampiezza. Nell'inondazione del 1952 il canale allacciante resistette, perch� nel frattempo era stato costruito lo scolmatore all'inizio dell'allacciante medesima che. smalti in parte la .piena del Tazzera : ma la corrente dell'allacciante passata nei Rapecchio determin� l'accumulo in detto canale di tale massa d'acqua, che essa, al1a stretta del ponticello sulla pioppeta, in parte reflui rigurgitando e determin� la frana dell'argine del Rapecchio medesimo ad una certa distanza dall'ostacolo del ponte. Quindi, da una parte, con le opere di bonifica si costru� un canale trasversale tra due vie di acqua, tali da determinare in caso di piena un contrasto di correnti nel canale stesso, pericolo.so per la resistenza degli argini e per:ci� causa di maggior pericolo di inondazione dei terreni circostanti; dall'altra, con l'allacdamento del Tazzera con il Rapeochio, si rese possibile l'afflusso in detto ultimo canale di ma.sse d'acque che lo stesso non avrebbe potuto smaltire, in caso di piena, per la presenza di ostacoli al deflusso di portate superiori ad un certo limite: anche qui con maggior pericolo di inondazione dei terreni circostanti, facenti parte della Badia P.ozzeveri. Questo maggior pericolo di esondazioni e di inondazioni � il reale pregiudizio della Tenuta Schoenburg indennizzabile ai sensi dell'art. 46 della legge generale sulle espropriazioni per p.u. richiamato nell'arti colo 140 lett. d del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. La riprova della derivazione causale del cennato pregiudizio dall'esecuzione delle opere di bonifica si ricava dal fatto che, quando l'Amministrazione, resasi conto degli inconvenienti procurati con le opere fatte, ha eseguito le modificazioni necessarie nei canali a valle dell'allacciante, gli inconvenienti lamentati sono cessati: anche se nel maggio 1965 il consulente dott. Susini ebbe ad osservare che, a seguito di un periodo di intense piogge, il torrente Rapecchio aveva cominciato a tracimare, fa�cendo temere che si ripetesse l'inondazione del tipo di quella del 1952, pericolo non realizzatosi perch� le piogge .cessarono. 286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ci� ritenuto in punto di fatto, l'indennizzo� riferibile atl. danno cos� identificato, da una parte, non pu� essere ragguagliato ad ogni perdita patrimoniale risentita dallo Schoenburg peT danno emergente o per lucro cessante ai terreni ed all'azienda agricola di Badia Pozzeveri, dall'altra, deve tener conto della certezza che negli eventi metereologici considerati innanzi, caratterizzati da piogge intense e persistenti, i terreni suddetti sarebbero rimasti allagati, sia pure in misura meno vasta e rovinosa, anche se immutato foss�e rimasto lo stato dei canali e dei luoghi in genere. Si rende evidente cosi l'obiettiva, insuperabile impossibilit� di pervenire ad una determinazione dell'indennizzo esattamente rapportata ad elementi precisi e sicuri del pregiudizio risentito dall'attore Schoenburg. Di conseguenza il Collegio � costretto a stabilire tale indennizzo in misura equitativa, tenendo presente certamente, in via primaria, la notevole entit� conclamata dagli stessi organi della P. A., dei guasti in concreto prodotti dalle inondazioni, considerate nella maggiore portata distruttiva conseguente ai lavori eseguiti dall'Amministrazione appellante. Tutto valutato, questo Tribunale Superiore ritiene giusto l'indennizzo al netto dell'acconto versato pari al sessanta per �cento di quello liquidato, sulla base �di non accettabili criteri giuridici e valutativi, dal Tribunale Regionale nella sentenza impugnata. L'indennizzo, pertanto, risulta essere di L. 68. 793.330. L'appellato Schoenburg, che nella comparsa di costituzione in appello e nelle conclusioni rassegnate in questo grado aveva chiesto semplicemente il rigetto dell'appello proposto dal Ministero, in una postilla aggiunta alla memoria difensiva presentata al Coliegio ha chiesto l'adeguamento dell'indennizzo alla svalutazione della moneta intervenuta tra la data della consulenza determinativa assunta dal Tribunale e la data odierna di pronunzia di questo Tribunale Superiore. , La domanda cos� proposta non � ammissibile per violazione del principio del contraddittorio. N� sono conferenti i richiami alle decisioni �che hanno affermato essere rilevabile dal giudice anche di ufficio il dato della svalutazione della moneta, trattandosi di sentenze relative a domande di risarcimento del danno, la cui determinazione sia stata impugnata dal danneggiato per una maggiore valutazione del danno nel limite della completa reintegrazione della perdita patrimoniale subita: elementi questi che nella specie difettano. In ordine alla decorrenza degli interessi legali, che non ha costituito oggetto dei motivi di gravame, debbono mantenersi le decorrenze stabilite dal Tribunale, ovviamente tenendosi conto della riduzione al 60 % degli importi parziali dai quali � composto l'indennizzo totale. ( Omissis). I I ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 287 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 16 dicembre 1972, n. 49 -Pres. Flore -Est. Piroso -Micillo (avv. Montuori, Marotta) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Zoboli). Acque pubbliche ed elettricit� -Espropriazione di fondo privato occorrente per la costruzione di un acquedotto -Dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera derivante ex lege dalla approvazione del relativo progetto da parte della Cassa per il Mezzogiorno Necessit� della contestuale pre:fissione dei termini entro i quali devono essere iniziati e ultimati le espropriazioni ed i lavori -Sussiste -Illegittimit� della deliberazione del C. di A. della Cassa per il Mezzogiorno d'approvazione del progetto senza pre:fissione ab initio dei termini ex art. 13 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Sussiste -S:.;tnabilit� del vizio con atto successivo -Esclusione. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13; 1. 22 marzo 1952, n. 166, art. 3). La prefissione dei termini entro i quali devono essere iniziate' e uitimate le espropriazioni e i lavori ai sensi dell'art. 13 Legge 25 giugno 1865, n. 2359 costituisce elemento essenziale di quatsiasi dichiarazione di pubblica utilit� e deve essere effettuata ab origine, anche quando tale dichiarazione derivi ope legis dall'atto di approvazione del proget.to dell'opera, dovendosi escludere la possibilit� di una prefissione in s,anato1'ia, con apposito, successivo, atito, integrativo di queUo originario (1). (Omissis). -Passando all'esame del merito, osserva il ,collegio che fondato appare l'unico motivo dedotto nei primi due ricorsi. La giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare: Ad. Plen. 2 luglio 1958, n. 382, e IV Sez. 14 luglio 1959, n. 767; 4 marzo 1960, n. 245) e di questo Tribunale Superiore 30 dicembre 1960, n. 41, 11 marzo 1964, n. 8) � concorde nel ritenere che� la pre.fissione dei termini entro i quali devono essere iniziati e ultimati le espropriazioni e i lavori, ai sensi dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, costituisce elemento essenziale di qualsiasi dichiarazione di pubblica utilit� e deve essere effettuata anche quando tale dichiarazione derivi ope legis, come nella specie, dall'atto di approvazione del progetto.. Inducono a tale conclusione, dalla quale il collegio non ha alcuna ragione di discostarsi, sia l'imperativit� della formula usata nel citato art. 13 sia la finalit� della norma, 'Che � ovviamente quella di non lasciare all'ar (1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 marzo 1960, n. 245, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 357, sitb 3; Ad. Plen., 2 luglio 1958, n. 18, id., 1958, I, 773. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 288 bitrio dell'espropriante la facolt� di attuare e portare a compimento iniziative che toccano i diritti del proprietario espropriato, del quale altrimenti verrebbe frustrato anche il diritto alla retrocessione, previsto nel capo VII della legge del 186,5. Tali considerazioni portano altres� a ritenere, anche qui in armonia con la precedente giurisprudenza di questo Tribunale Superiore (11 marzo 1964, n. 8) che l'atto iniziale del procedimento espropriativo, nella specie la menzionata deliberazione 25 giugno 1954, numero 134/A-3, della Cassa per il Mezzogiorno, invalido per la mancata indicazione dei termini di inizio e di compimento delle espropriazioni e dei lavori, non pu� succes1sivamente ess'ere sanato con altro atto che stabilisca i termini, non fissati ab initio. Ne consegue che anche le deliberazioni della Cassa per il Mezzogiorno in data 4 aprile 1962, 28 luglio 196'5 e 30 novembre 1966, che avevano il dichiarato scopo di .confermare e integrare quella originaria di approvazione del progetto, sono illegittime per tale assorbente considerazione, che rende superfluo l'esame degli ulteriori vizi denunciati dal ricorrente. In conclusione: i ricorsi in esame sono fondati e vanno accolti, con l'annullamento dei provvedimenti con essi impugnati. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 3 maggio 1972, n. 2965 " Pres. Leone A. -Rei. Pignataro -P. M. Bruno (conf.) -Rie. Ragazzini. Reato -Peculato -Momento consumativo del reato -Restituzione o volont� di restituire -Irrilevanza -Peculato d'uso -Configura bilit� -Condizioni. (c.p., art. 314). n peculato avente ad oggetto cose di quantit� come il danaro si re-alizza nei mom�nto in cui l'agente si approrpria dolosamente deHe cose o d� a queste una diversa destinazio1Y1,e; il fine o i motivi per cui ha �agito il colpevole SOlfl,O irrilevanti rispetto aHa consumazione del reato, che � perfetto nonostante l'intenzione dell'agente di restituire o l'effettiva restituzio1Y1,e del tolto. Infatti il pubblico ufficiale ha l'obbligo di rispondere in ogni momento deLle cose affidategli per ragioni di ufficio, e il cosiddetto peculato d'uso � configurabile solo quando sia commesso da chi � consegnatario di cose di specie (1). (1) � affermazione costante in giurisprudenza che il peculato d'uso ricorre soltanto quando sia commesso su cose di specie e non di quantit�: Cass., 27 maggio 1967, n. 2033 in Cass. Pen. Mass. annotato, 1968, pag. 1267, m. 2033; 10 maggio 1963 in Giust. Pen., 1964, II, c. 181, m. 203; 23 febbraio 1962 in Cass. Pen. Mass. annotato, pag. 535, m. 958. Per quanto concerne il momento consumativo del reato, � giurisprudenza costante che, essendo il peculato reato istantaneo, il momento consumativo � quello in cui si verifica la dolosa appropriazione. Perci� nel caso di vuoto di cassa non pu� aversi reato tentato, ma reato consumato anche se il reo restituisca il denaro prima della scadenza del termine di rendiconto (Cass., 7 giugno 1969, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 1178, m. 1716). Cos� � stato affermato che l'ufficiale postale che faccia uso del denaro pervenuto 1agili ufficd postali periferici commette peculato, essendo irrilevante che prima della scadenza del termine mensile fissato per la trasmissione alla direzione provinciale dei titoli giustificativi, abbia rimborsato il denaro prelevato, av�endo l'obbligo di rispondere in ogni momento del denaro affidatogli (Cass., 29 ottobre 1969, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 1499, m. 2237. Tuttavia � stato riconosciuto insussitente il peculato quando il pubblico ufficiale abbia utilizzato momentaneamente sia puve a scopo per 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA PELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 31 maggio 1972, n. 3937 -Pres. Leone A. -Rel. Bifani -P. M. De Sanctis (conf.) -Rie. Morgantini ed altra. Procedimento penale -Difesa e difensori -Incompatibilit� -Estremi e limiti. (c.p.p., art. 133). La nullit� conseguente a incompatibiUt� del difensol/"e non si verifica per il solo fatto che un difensore abbia assunto ii patrocinio di pi� imputati, e nemmeno quando alcuno di essi abb.ia chiamato in correit� un altro, ma soitanto quando fra due o pi� imputati, .assistiti dal mecfosimo difensore, vi sia un contrasto attuale ed effettivo, tale� che l'assunzione di una tesi difemiva a favore di uno riesca pregiudizievole aLL'altro (1). sanale una somma di cui :abbia la disponibilit� sapendo di essere in grado in modo certo di restituirla immediatamente: in tal caso si avrebbe infatti una mera operazione di scambio tra due uguali partite di denaro� costante (Cass., 29 settembre 1964, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1965, pag. 268, m. 464; v. in dottrina ANTOLISEI, Manuale di dir. pen., �parte specia~e, vol. II, 1960, pag. 635; R1cc10, I delitti contro la P. A., 1955, pag. 191). (1) Come � noto, � affermato in giurisprudenza il principio che la nullit� del giudizio derivante dalla inconciliabilit� dellla difesa di pi� imputati, affidata ad un comune difensore, ha carattere assoluto ai sensi dell'art. 185, n. 3 c.p.p. e ci� in conformit� alla decisione della Corte costituzionale, 27 novembre 1959, con la quale � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionaQe della norma contenuta nel primo comma, II proposizione, dell'art. 133 c.p.p. che prevedeva una forrp:a di sanatoria della nullit� (v. Cass., 22 gennaio 1968, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1968, pag. 1288, m. 2060). Per quanto concerne gli estremi e i limiti della incompatibilit� della difesa degli imputati, � giurisprudenza costante che la mera possibilit� in rastratto che si generi un contrasto fra coimputati non � sufficiente peTch� possa riconoscersi l'esistenza effettiva di un conflitto. � invece necessario che la situazione processua1e sia tale per cui la posizione difensiva di uno degli imputati non si concili con quella dell'altro, il che accade quando uno di essi abbia interesse giuridico a f1are affermazioni difensive pre: giudizievoli all'altro e quindi a sostenere una tesi difensiva che possa riuscire di nocumento al coimputato (Cass., 22 gennaio 1968, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1968, pag. 1416, m. 2280). La situazione di incompatibilit� per altro deve essere effettiva ed attuale e il conflitto di interessi reale ed obiettivo,. sicch� non pu� essere costituito da un semplice contrasto nelle dichiarazioni rese dagli imputati (Cass., 14 dicembre 1965, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1966, pag. 906, m. 1418; 21 novembre 1966, ivi, 1967, pag. 1167, m. 1799; 18 ottobre 1966, ivi, 1967, pag. 1018, m. 1578). � stato altres� affermato che l'incompatibilit� della difesa collegiale non consegue necessariamente all'imputazione di ..concorso nel reato n� alla chiamata di correo, in quanto la valutazione PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 291 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 dicembre 1972, n. 8542 -Pres. Rosso -Est. Piroddi -P. M. De Sanctis (conf.) -Rie. Capitano ed altri. Procedimento penale -Decreto di irreperibilit� -Emissione anteriore alla data di arrivo delle informazioni sulle ricerche effettuate per accertare il domicilio dell'imputato -Legittimit�. (art. 170 c.p.p.). � validamente emesso il decreto di irreperibiiit� dell'imputato anche se sia anterio~�e al foglio di informazioni della polizia giudiziaria, quando dalle carte processuaLi possa trarsi la logica presunzione che ii magistrato che eman� ii decreto era, a conoscenza delle indagini compiute. (Nel caso di specie il decreto di irreperibiLit� porta una data di un giorno anteriore a quello del foglio di informazioni della poHzia giudiziaria, ma venne notificato in questo stesso giorno) (1). (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, Mafara Francesco eccepisce la violazione dell'art. 170 c.p.p. per erronea dichiarazione di irreperibilit� e contumacia, sotto il profilo che il relativo decreto della incompatibilit� della difesa comune deve essere fatta con esclusivo riferimento alla concreta situazione processuale (Cass., 19 aprile 1969, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 1234, m. 1204). Coerentemente � stata esclusa la sussistenza del contrasto di interessi quando il coimputato abbia ritrattato fin dalla fase delle indagini della polizia giudiziaria la chiamata di correo ,assumendo con il proprio comportamento negativo la medesima posizione processuale del chiamato in correit� (Cass., 14 novembre 1968, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 514, m. 701) e quando il chiamante in correit� non tragga n� possa trarre alcun giovamento dalla chiamata stessa e se quindi il dif.ensore comune nell'esplicazion~ del suo mandato non abbia ragione di far uso di tale elemento a scopo difensivo (Cass., 15 ottobre 1969, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 1534, m. 2316). Per quanto concerne i limiti dell'indagine del giudice di legittimit�, � stato �afformato che la Corte di cassazione, quando sia chiamata a decidere sull'asserita violazione dell'art. 133 c.p.p., pu� accertare se la situazione di pi� imputati difesi nel giudizio di merito da un unico difensore sia stata tale da determinare incompatibilit� della dif.esa (Cass., 8 febbraio 1965, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1966, pag. 96, m. 91). (1) La decisione della Suprema Corte nella sentenza che si riporta appare corretta e lontana dail formalismo interpretativo che sosteneva la tesi esposta dalla difesa: l'art. 170 c.p.p. non pone invero una rigorosa subordinazione del decreto di irreperibilit� al1a previa comunicazione formale dell',esito delle ricerche, ma dispone soltanto che: � il giudice o il pubblico ministero dopo aver disposto nuove ricerche... emette decreto �. Se � vero quindi che nella ratio legis presupposto dell'�emanazione del decreto di irreperibilit� � che si abbia notizia del vano esito delle ricerche, 21 292 RASSEGNA DE�LL'AVVOCATURA DELLO STATO venne emanato prima che pervenissero le informazioni della polizia giudiziaria sulle ricerche eseguite per accertare il suo domicilio. L'eccezione �, infatti, infondata. Se � vero, infatti, che il decreto� di irreperibilit� porta una data anteriore di un giorno a quello del foglio di informazioni della polizia giudiziaria, � pur vero che il decreto venne notificato lo stesso giorno, ci� che fa logicamente presumere che il magistrato che eman� il decreto era gi� a conoscenza delle indagini compiute quando l'eman�, conoscenza che poteva anche avere per informazione verbale ricevuta dall'organo competente. Poich� pertanto, non � stata posta in essere alcuna violazione del traddittorio e dei diritti della difesa, l'eccezione gersi. -(Omissis). principio del constessa deve respin I fil I {:: i non � men v�ero che questa notizia non deve essere formalmente documentata dall'anteriorit� della data sull'atto scritto che la fornisce, poich� tanto la legge non richiede. � quindi lecita la prova per presunzioni, cosi come in motivazione afferma la sentenza, purch� tratta dalle carte processuali. � stato infatti affermato in dottrina che il concetto considerato nell'art. 170 � quello della irreperibilit� processuale, sicch� sono irrilevanti le notizie circa il r�ecapito dell'imputato pervenute all'Autorit� giudiziaria da altre fonti che non siano quelle richieste dietro suo ordine (v. CAVALLARO, Le notificazioni nel processo penale, 1959; pag. 239). V. in giurisprudenza, per l'irrilevanza delle notizie fornite ex post dall'imputato, Cass., 22 giugno 1967, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1969, pag. 159, m. 184; 6 maggio 1968, ivi, pag. 676; m. 1022; 23 gennaio 1968, ivi, pag. 159, m. 183. PARTE SECONDA [: :-:; QUESTIONI (*) Comunit� europee -CEE -Prodotti esenti da prelievo -Supplemento di prelievo -Se sia applicabile. Se sia legittima l'applicazione di un supplemento di prelievo su prodotti dichiarati esenti da prelievo. (Trattato C'EE ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203; Circ. Min. Fin. Dir. Gen. Dogane UTCO 1966/373, prot. 6363, 25 luglio 1966). (Cont. 173/73, Alessio c. Finanze, Avv. Stato Argan). Comunit� europee -CEE -Decisione del Consiglio dei Ministri CEE Se possa ritenersi esecutiva in Italia. Se una decisione del Consiglio dei Ministri C.E.E. (che autorizza la Repubblica italiana a maggiorare i prelievi sulle importazioni da Paesi terzi di carni bovine) possa spiegare efficacia, pur non essendo stata resa esecutiva in Italia inei modi di cui all'art. 4 del d.l. 23 febbraio 1964, n. 1351. (Trattato e.E.E. ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, Circ. Min. Fin. Dir. Gen. Dogane UTCO 9166/373, prot. 6363, 25 luglio 1966. Inoltre: d.l�. 23 febbraio 1964, n. 1351, art. 4). (Cont. 173/73, Alessio c. Finanze, Avv. Stato Argan). Comunit� Europee -CEE -Norme di abolizione del diritto di sta� tistica -Se abbiano immediata forza precettiva. Se gli artt. 18 e 20 del regol. C.E.E. 4 aprile 1962 hanno portata precettiva immediata di abolizione, con decorrenza dal 1 luglio 1962, del � diritto di statistica �; del � diritto per servizi amministrativi � e delle �tasse �di sbarco� per le importazioni di cereali, soggette al regime sostitutivo dei �prelievi agricoli �. (Regol. e.E.E. 4 aprile 1962, n. 19; artt. 42 e segg. disposiz. prelim. tariffa d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723; l. 15 giugno 1950, n. 330; l. 21 dicembre 1921, n. 1592). (Cont. 37/73; Soc. Carapel'li c. Dogane Genova; Avv. Stato Cipparone). (*) Vengono qui pubblicate le questioni di particolare interesse e di attualit� che si agitano in sede contenziosa, con l'indicazione del numero del contenzioso e del collega incaricato per favorire il collegamento con altri colleghi che trattano le stesse questioni e per aprire, possibilmente, sulle stesse un dibattito. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposta di ricchezza mobile -Ritenuta di acconto operata da Enti su somme corrisposte per prestazioni professionali -Se sia applicabile anche quando il pagamento debba essere effettuato al I procuratore legale distrattario. ,fI Se gli enti, le associazioni e gli imprenditori commerciaii debbano operare la ritenuta di acconto dell'8% sui due terzi delle somme corrisposte per prestazioni professionali, anche quando il pagamento debba essere effettuato direttamente al procuratore legale della parte avversa, H quale abbia ottenuto la distrazione delle spese in suo favore. (Art. 3 legge 28 ottobre 1970, n. 801; art. 93 cod. proc. civ.). (Cont. 16/73; ENEL c. Finanze e avv. Caruso Lombardo; Avv. Stato Vacirca). Imposta di registro � Agevolazioni tributarie in Sicili� -Atto di acquisto di case di nuova costruzione. Se per effetto della sanatoria prevista dalla legge Reg. 30 luglio 1969 possano beneficiare dell'agevolazione gli atti registrati nel periodo tra il 31 dicembre 1965 e il 13 maggio 1966, di non vigenza di alcuna legge agevolativa. (artt. 2 e 6 legge Reg. 28 aprile 1954, n. 11; art. 1 legge Reg. 14 dicembre 1965, n. 41; artt. 1 e 2 legge Reg. 13 maggio 1966, n. 8; art. 1 legge Reg. 30 luglio 1969). (Cont. 55173 Ispettorato delle Tasse di Palermo c. Di Filippo, Avv. Stato Orlando). Imposte e tasse in genere -Ingiunzione -Opposizione -Recupero diritti di prelievo -Trattamento pi� favorevole dell'importatore -Richiesta di applicabilit�. Se il trattamento pi� favorevole per l'importatore, successivo alla data di accettazione della dichiarazione di importazione debba essere richiesto con domanda scritta. (l. 19 febbraio 1965, n. 28; d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723; art. 6, n. 1 e n. 2; l. 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 24-27). (Cont. 44/73 Ditta Ultrocchi c. Finanze; Avv. Stato Olivo). Imposte dirette -Sgravio dai ruoli -Necessit� del preventivo ricorso alla Commissioni per adire l'A.G.O. Se, in materia di sgravio di imposte dirette iscritte nei ruoli, sia necessario il previo esperimento del ricoirso alle Commissioni per adire il Giudice oirdinario al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimit� dello sgiravio per omessa liquidazione dell'indennit� di ritardato sgravio e peir omesso sgravio dell'indennit� di mora. (artt. 198, 199, 199 bis, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645; d.m. 12 aprile 1924, par. 5; d.m. 4 febbiraio 1969, articolo 4). (Cont. 118/73; Fallimento Giuffrida c. Ufficio Imposte di Acireale; Avv. Stato Genovese). LE.GISLAZ�ONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 2054, secondo comma, limitatamente alla parte in cui nel caso di scontro fra veicoli esclude che la presunzione di egual concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni. Sentenza 29 dicembre 1972, n. 205, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d. 2,2 a.prile 1909, n. 229, art. 16, primo comma, lett. a. Sentenza 29 dicembre 1972, n. 203, G. U. 31 gennaio 1973, n. 3. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3.269, artt. 12 e 14 della legge del registl'O, nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia stata riformata la sentenza con la quale si attua il trasferimento di un diritto. Sentenza 29 dicembre 1972, n. 200, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d. 18 giugno 1931, n. 7,73, art. 112, nella parte relativa al divieto di pubblicazioni contrarie agli ordinamenti dello Stato o al prestigio della autorit� e lesive del sentimento nazionale. Sentenza 29 dicembre 1972, n. 199, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma, nella parte in cui non limita la deroga alla competenza del tribunale per i minorenni alla sola ipotesi nella quale minori e maggiori degli anni 18 siano coimputati .nello stesso reato. Sentenza 29 dicembre 1972, n. 198, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d.I. 1� giugno 1946, n. 539, art. 3, primo comma. Sentenza 20 febbraio 1973, n. 10, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. d.lg.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, art. 1, nella parte in cui statuisce che il professore di ruolo, il quale abbia un impiego alle dipendenze dello Stato o di altri Enti pubblici, � compensato in ragione di due terzi della misura oraria della retribuzione risultante dall'applicazione dell'art. 1 del regio decreto-legge 1� giugno 1946, n. 539, cosi 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come modificato da esso stesso decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 31 dicembre 1947, n. 1687, anzich� stabilire che venga ridotta del terzo la retribuzione minore. Sentenza 20 febbraio 1973, n. 10, G. U. 2.S febbraio 1973, n. 55. legge 13 marzo 1950, n. 120, art. 11, primo comma, nella parte in cui subordina la concessione .di diritto degli assegni vitalizi al personale alla condizione che il collocamento a riposo abbia luogo per motivi indipendenti dalla sua volont�, e di detto comma nonch� del terzo comma dello stesso articolo nella parte in cui le relative norme negano all'iscritto la concessione dell'assegno e ai suoi congiunti la riversibilit� quando ai detti aventi diritto, per titolo differente, spetti una pensione propria. Sentenza 29 dicembre 1972, n. 204, �G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 414, articolo unico. Sentenza 29 dicembre 1972, n. 206, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, secondo e terzo comma. Sentenza 20 febbraio 1973, n. 11, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 27 luglio 1967,. n. 658, art. 67, primo comma, nella parte in cui, per conseguire il massimo della pensione, stabilisce un numero di anni di iscrizione alla Gestione speciale non raggiungibile dagli ufficiali dello stato maggiore navigante dipendente dalle societ� di navigazione di preminente interesse nazionale. Sentenza 30 dicembre 1972, Il'. 213, G. U. 3 gennaio 1973, 11. 3. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice penale, art. 81, capoverso (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1972, n. 217, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. codice penale, art. 656 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1972, n. 199, G. U. 3 gennaio 1973, 11. 3. codice di procedura penale, artt. 106, 366, 408, 441 e 449 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza l� febbraio 1973, n. 2, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. codice di .procedura penale, art. 392 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1972, n. 196, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 21, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 20 febbraio 1973, n. 8, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 27 maggio 1929, n. 81 O, art. 38 del Concordato fra l'Italia e la Santa Sede (artt. 3, 7, 19 e 33 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1972, n. 195, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 41, ultima parte (artt. 24, secondo comma, e 102, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 1� febbraio 1973, n. 3, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1972, n. 198, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13, nella parte in cui, nell'ambito della disciplina delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti, dispone che, se viene a morte un pensionato o assicurato e se superstite � il marito, la pensione di riversibilit� � a questo corrisposta, nel caso in cui esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10 (artt. 3, 29, 37 e 38 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1972, n. 201, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, art. 4 tariffa allegato A (artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, della Costituzione).� Sentenza 30 dicembre 1972, n. 215, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. legge 9 novembre 1955, n. 112.2, art. 1 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1972, n. 214, G. U. 30 dicembre 1973, n. 3. legge reg. Valle d'Aosta 8 novembre 1956, n. 6, art. 12 (artt. 3, 5 e 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1972, n. 210, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, secondo comma, lettera a (articoli 3, 24, 42 e 113 della Costituzione). Sentenza 1� febbraio 1973, n. 4, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 243, secondo comma (art. 76 della Costituzione). Sentenza 1� febbraio 1973, n. 5, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 19 luglio 1961, n. 659, art. 5, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 20 febbraio 1973, n. 7, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1972, n. 202, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. legge 27 luglio 1967, n. 658, artt. 58, primo comma, 59, primo, terzo e quarto ,cC)mma, 62, primo e secondo comma, 64, 65, primo comma, lettera a, 66, quinto comma, 68, terzo comma, 76, 71, ,79, secondo comma, 80, quarto comma, 90, quarto e sesto comma <artt. 3, primo comma, 36, primo comma, c e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1972, n. 213, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 11 luglio 1969, n. 13, art. 1 (art. 4 della legge ,costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1). Sentenza 30 dicembre 1972, n. 212, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. legge 5 dicembre 1969, n. 932, art. 8 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1972, n. 197, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. legge 29 novembre 1971, n. 1097 (artt. l, 3, 4, 35, 41 e 42, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 20 febbraio 1973, n. 9, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, artt. 260 e 279 (art. 30, primo comma, della Costituzione). Giudice tutelare della pretura di Asti, or,dinanza 7 ottobre 1972, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. codice civile, art. 1310, primo comma (art. 3, primo comma, e art. 24, secondo comma, della Costituzione). Corte dei conti, prima sezione, ordinanza 21 marzo 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. codice civile, art. 1462, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura civile, art. 247 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Martina Franca, ordinanza 2 ottobre 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. codice penale, art. 69, quarto e quinto comma (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 9 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. codice penale, artt. 204 e 222 (artt. 2, 3, 25, 27 e 32 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Enna, ordinanza 13 ottobre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. codice penale, art. 290 (art. 21 e 3 della Costituzione). Corte di assise di Bari, ordinanza 8 novembre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. codice penale, art. 341 (artt. 1, 2, 3, 4, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione). Pretore di Avigliana, ordinanze 1 e 18 marzo 1972, 15 e 28 giugno 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. Pretore di Sampierdareria, ordinanza 4 ottobre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. Pretore di Lugo, ordinanza 3 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. Giudice istruttore del tribunale di Torino, ordinanza 17 novembre � 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. codice penale, art. 344 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 11 gennaio 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. codice penale, art. 546 (artt. 32, primo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 2 ottobre 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. codice penale, artt. 718 e 720 (art. 3, 76 e 25 della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. codice di procedura penale, artt. 95, 108 e 11 O (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Massa, ordinanza 9 novembre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 102 (artt. 3 e 24� della Costituzione). Tribunale di Belluno, ordinanza 23 ottobre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. codice di procedura penale, art. 390 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Treviso, ordinanza 12 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. codice di procedura penale, art. 631, ultima parte (artt. 3, prima parte, 13, prima e seconda parte, e 24, seconda parte, della Costituzione). Pretore di Locri, ordinanza 14 luglio 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. codice di procedura penale, disp. att.. art. 43 (artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Biella, ordinanza 24 novembre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 53 (artt. 3, 24, e 113 della Cos~ituzione). Tribunale di Potenza, ordinanza 22 giugno 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. legge 7 luglio 1907, n. 429, art. 56 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Avigliana, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 225 (artt. 24 e 130 della Costituzione). Corte di appello di Palermo, ordinanza 7 giugno 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. d.lgt. 1� maggio 1916, n. 497, art. 9, prim�o comma (art. 3 della Co.. stituzione). Corte dei conti, quarta sezione, ordinanza 21 febbraio 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. r.d.I. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertiti con legge 27 dicembre 1928, n. 3125 (artt. 3, 76 e 25 Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Novara, ordinanza 6 ottobre 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. PARTE II, LEGISLAZIONE r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 26, quinto comma, del regolamento alle� gato A (artt. 3, primo ,comma e 36, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 25 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. r.d. 18 9iugno 1931, n. 773, art. 35, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pontremoli, ordinanza 16 ottobre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, a:rt. 41 (artt. 2, 13 e 14 della Costitu.; zione). Pretore di Feltre, ordinanza 9 novembre 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. r.d.I. 2 marzo 1933, n. 202, convertito con legge 8 marzo 1933, n. 205 (3, 76 e 25 della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1, n. 4 (art. 36 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 27 febbraio 1936, n. 645, artt. 1, 166 e 251 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Assisi, ordinanza 9 dicembre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. r.d.I. 16 luglio 1936, n. 1404, convertito con legge 14 gennaio 1937, n. 62 (3, 76 e 25 della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22, terzo c,omma (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Tribunale di Potenza, ordinanza 22 giugno 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29 (artt. 104, 106, 107 e 113 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA ..DELLO STATO r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (artt. 104, 106, 107 e 113 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 109 u.p. (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 marzo 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. legge .2 febbraio 1939, n. 374, art. 1 (art. 21 deHa Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 23 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 8, quinto comma (art. 3. della .Costituzione). Pretore di Linguaglossa, ordinanza 20 ottobre 1972, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 24, 98 e ss., 101 e 103 e ss. (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 18 marzo 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 51 (artt. 3, primo comma, e 25, primo comma della Costituzione). � Tribunale di Marsala, ordinanza 7 luglio 1970, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 183, primo comma (art. 24, secondo comma della Costituzione). Corte di appello di Bologna, ordinanza 13 ottobre 1972, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Napoli, ordinanza 12 ottobre 1972, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21 (artt. 3, 21, 24, 25, 104, 111 della Costituzione). Corte di assise di Pisa, ordinanza 21 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 31 luglio 1972, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. legge 1 O ag�osto 1950, n. 648, art. 77 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, quinta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. legge 14 marzo 1952, n. 196, art. 1 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Assisi, ordinanza 9 dicembre 1972, �a. U. 28 febbraio 1973, n. 55. d.lg.P. reg, siciliana 26 ottobre 1955, n. 6, art. 255 (artt. 3, 116, 117 e 128 della Costituzione). Corte di appello di Palermo, ordinanza 7 giugno 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 206, primo comma (art. 3, primo comma, e 25, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Marsala, ordinanza 7 lugli0 1970, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 206, 208, 209 e 227 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 19 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lettera a, t.u. (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretor� di Piacenza, ordinanza 23 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 86, quarto comma, e 87, sesto e ottavo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Avigliana, ordinanze 28 febbraio 1972 (G. U. 31 gennaio 1973, n. 28) e 8 marzo 1972 (G. U. 24 gennaio 1973, n. 21). � legge 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3, ultima parte t.u. (art. 51 della Costituzione). Corte di cassazione, prima sezione, ordinanza 3 luglio 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 13 giugno 1961, n. 528, art+. 2 e 3 (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Corte di appello di Bologna, ordinanza 3 ottobre 1972, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. legge 16 luglio 1962, n. 1085, art. 14 (artt. 101, secondo comma, 108, secondo comma, e 109 della Costituzione). Tribunale dei minorenni di Bologna, ordinanza 14 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 e relativa tabella allegata n. 4 (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione). Tribunale di Terni, ordinanza 18 dicembre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 21, terzo comma (art. 38, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22 (artt. 3, 29 e 38 della Costituzione). Tribunale di Trieste, ordinanza 5 maggio 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 12 settembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. legge 23 feb~raio 1967, n. 104, art+. 2, terzo comma e 3 (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Corte di appello di Bologna, ordinanze 7 e 3 ottobre 1972 (due), G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 75 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, quinta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. d.P.R. 27 a.prile 1968, n. 488, art. 36, secondo comma (art. 38, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 27 marzo 1969, n 130, art. 25, quarto comma (artt. 38, primo comma, e 3 della Costituzione). Pretore di Pescara, ordinanza 16 settembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 38, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Trieste, ordinanza 29 maggio 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 27, lettera a (artt. 2, 3, 18, 39, 97 e 99 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. legge 30 aprile 1969, n, 153, art. 43, seQondo comma (art. 38, secondo comma, e 3 primo comma, della Costituzione). Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 2, secondo comma, 4, lettera c, e 18 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como,' ordinanza 13 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 11, sesto comma, e 34 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Giudice �Conciliatore di Roma, ordinanza 3 gennaio 1973, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 10 luglio 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. Pretore di Roma, ordinanza 30 novembre 1972, G. U. 21 feb):>raio 1973, n. 48. d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 3, ultimo comma (artt. 2, 3, 18, 39, 97 e 99 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3, �39 e 40 della CostJituzione). Pretore di Trinitapoli, ordinanza 22 luglio 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 2 (artt. 7 e 138 della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 6 luglio 1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 2 (art. 42, terzo comma della Costituzione). Pretore di Aragona, ordinanza 17 ottobre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. Pretore di Ceglie Messapico, ordinanza 5 dicembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 3 (artt. 41, 42 e 44 della Co�stituzione). Tribunale di Cuneo, ordinanza 17 giugno 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. legge 25 febbraio 1971, n. 11 O (artt. 53, primo comma, e 41, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 24 giugno 1972 (due), G. U. 24 gennaio 1973, n. 21 e 21 febbraio 1973, n. 48. legge 1� giugno 1971, n. 425, art. 5. Pretore di Cesena, ordinanza 13 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 12, secondo comma, n. 3 e 14, quarto comma (artt. 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e articoli 39 e 23 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, a: U. 3 gennaio 1973, n. 3. Provincia di Trento, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. legge 11 d�icembre 1971, n. 1115, artic�olo unico (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 2 marzo 1972, G. U. 31 gennaio 1973, n. 28. I@ ., :! PARTE II, LEGISLAZIONE d.I. 30 giugno 1972, n. 267, art. 6, primo comma (art. 38, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 ,febbraio 1973, n. 55. legge 24 luglio 1972, n. 32.1, art. (art. 6 della legge costituzionale 26 :febbraio 1948, n. 5, e artt. 39 e 23 deUa legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. Provincia di Trento, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, ort. 8 (art. 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e artt. 39 e 23 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. Provincia di Trento, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 3 (artt. 2, 3 e 6 della Costituzione, art. 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e artt. 2, 3, 23, 50 e 51 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 651 (artt. 5 e 6 della Costituzione, art. 34 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e artt. 3, 23, 39 e 41 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. INDICE BIBLIOGRAFICO delle opere acqu.isite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato AMATO Giuliano, GH Statuti Regionali, Commento allo Statuto Regione Lq,zio, Giuffr�, Milano, 1972. CAPPELLETTI Mauro, La pregiudizialit� costituzionale nel processo civile, Giuffr�, MHrano, 1972. CATAUDELLA Antonino, La tutela civile della vita privata, Giuffr�, Milano, 1972. CHELI-DE SrERVO, Gli Statuti Regionali, Commento aHo Statuto Regione Toscana, Giuffr�, Mifano, 1972. DINAccr Ugo, Contributo aHo studio del sequestro conservativo nel processo penale, Giuffr�, MHano, 1972. FRANCHINI Flaminio, Principi di riforma deHa giustizia amministrativa nei recenti provvedimenti normativi, Giuffr�, Milano, 1972. GIZZI EJio, Manuale di diritto regionale, Giuffr�, Milano, 1972. LEMMo Elio, L'accusa suppletiva nel dibattimento penale, Giuffr�, Milano, 1972. PREDIERI Alberto, Le Societ� finanziarie regionali, Giuffr�, Milano, 1972. Ross Alf, Colpa, responsabilit� e pena, Giuffr�, Milano, 1972. RoVERSI MONACO F., Gli Statu.ti Regionali: Commento allo Statuto Regione Emilia-Romagna, Giuffr�, Milano, 1972. SERRANI Donatello, Gli Statuti Regionali: Commento allo Statuto Regione Marche, Giuffr�, Milano, 1972. TABET Andrea, La locazione-conduzione (vol. XXV del trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu-Messineo), Giuffr�, Milano, 1972~ VINCI C.-GAGLIARDI M.-STrPo G., I.V.A. -Principi istituzionali, Giuffr�, Milano, 1972. CONSULTAZIONI AERONAUTICA ED AEROMOBILI Aeroporto -Direttore -Poteri di polizia -Demanio aeronautico (cod. nav., artt. 692 e 718). Se i poteri di polizia spettanti al direttore dell'aeroporto ai sensi dell'art. 718 cod. nav. possano essere esercitati anche sui beni del demanio aeronautico posti all'esterno deH'aeroporto e con esso strumentalmente collegati (n. 27). ALBERGHI Albergo -Vincolo alberghiero -Esecuzione forzata -Vendita -Effetto (l. 15 febbraio 1962, n. 68; l. 13 marzo 1968, n. 326; c.p.c., art. 586). Se la vendita a seguito di esecuzione forzata di un immobile, soggetto a vincolo di destinazione alberghiera regolarmente trascritto, faccia venir meno il vincolo stesso (n. 19). APPALTO Fallimento dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con beni propri Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione prestata presso Cassa DD. PP. -Rivalsa dell'Amm.ne committente -Forma (art. 5 Cap. Gen. 00. PP. appr. con d.P.R. 16 �uglio 1962, n. 1063; artt. 289 segg. istruzioni servizi depositi Cassa DD: PP.). Se, nel caso di fallimento dell'appaltatore, il committente possa soddisfarsi sulla cauzione prestata da un terzo con beni propri, senza necessit� di insinuare iil. credito al passivo fallimentare (n. 360). Richiesta interessi del 5% su fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 1971 relative a servizio manovalanza (art. 41 d.m. 30 giugno 1960, n. 123; art. 1224 e.e.). Se l'Amministrazione possa invocare quale causa di forza maggiore, giustificatrice del ritardo nella liquidazione di fatture (nella specie relative all'appalto di servizi di manovalanza) ed esimente dal!l'obbligazione di corrispondere i relativi interessi moratori del 5% annuo, il prolungato sciopero posto in essere nel periodo aprile-settembre 1971 del personale civile dipendente (n. 361). AUTOVEICOLI Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo Azione di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale. Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per il recupero delle somme pagate al danneggiato n un incidente stradale provocato da dipendente non autorizzato ad usare il veicolo e quale sia in tale ipotesi il termine prescrizionale (n. 75). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CERTIFICAZIONE Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali -Deposito atti -Rilascio documenti (l. 12 marzo 1969, n. 410, art. 1; r.d. 27 di cembre 1822, n. 1139, artt. 5 e 10). Se sia dovuto il contributo alle Casse Nazionali di Previdenza e Assistenza a, favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali sui documenti allegati ad atti depositati presso le cancellerie commerciali dei tribunali, riguardanti le imprese commerciaH (n. 4). Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionali di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali sulla certificazione di eseguita trascrizione, apposta dal cancelliere sulla relativa nota, di atti che vengono depositati nella cancelleria commerciale dei tribuna:li, riguardanti le imprese commerciali (n. 4). CIRCOLAZIONE STRADALE Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale. Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per il recupero delle somme pagate al danneggiato in un incidente stradale provocato da dipendente non autoriz2lato ad usare il veicolo e quale sia in tale ipotesi il termine prescrizionale (n. 36). COMPRAVENDITA Alienazione, ad enti pubblici, di beni facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato -Vincolo di destinazione -Clausole da inserire nei relativi contratti. Quali clausole sia opportuno inserire nei contratti di vendita o di permuta dei beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato od enti pubblici, al fine di garantire la destinazione dei beni alienati o permutati ad una particolare finalit� di pubblico interesse (n. 5). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Abbonamenti sugli autoservizi di linea -Rimborso in caso di sciopero del personale (l. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 3). Se l'Amministrazione abbia il potere di imporre alle imprese concessionarie di autolinee la eliminazione, dal novero delle condizioni di abbonamento, della clausola con la quale viene oggi escluso, in caso di sciopero del personale, qualsiasi rimborso, totale o parziale, del prezzo dei viaggi non effettuati dagli utenti (n. 110). PARTE II, CONSULTAZIONI Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto di fondi rustici -Applicabilit� (l. 11 febbraio 1971, n. 11). Se siano applicabili alle concessioni in uso precario di beni demaniali le norme dettate dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, in materia di affitto di fondi rustici (n. 111). Concessioni amministrative -Gratuit� -Ad ente pubblico con finalit� concorrenti con quelle dello Stato -Ammissibilit� -Effetti. Se l'Amministrazione la quale abbia fatto una concessione per errore gratuita possa pretendere poi un corrispettivo dal concessionario che sia stato indotto ad usufruire della concessione in ragione della sua gratuit� (n. 112). Se un ente tra i cui compiti vi siano lo svolgimento di attivit� analoghe e concorrenti con quelle proprie di una Amministrazione dello Stato possa usufruire gratuitamente in relazione a tali attivit� di concessione di beni o servizi dello Stato (n. 112). Concessioni beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� (l. 11 febbraio 1971, n. 11). Se la concessione in uso precario di terreni pascolivi demaniali sia soggetta ai vincoli sui contratti agrari e, di conseguenza, sia applicabile al rapporto relativo la rivolutazione del canone, giusta la legge 11 febbraio 1971, n. 11 (n. 113). Ferrovia concessa -Concessionario decaduto -Disavanzi precedenti la de-: cadenza -Adeguamento della sov�venzione di esercizio -Sussidio integrativo di esercizio (l. 2 agosto 1952, n. 1221, artt. 2 e 5; r.d. 29 luglio 1938, n. 1121, art 27). Se sia legittimo ,attribuire ad un concessionario di ferrovia decaduta dalla concessione l'adeguamento della sovvenzione di esercizio ovvero un sussidio integrativo di �esercizio a copertura dei disavanzi verificatisi prima della decadenza (n. 114). CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO Appalto -Fallimento dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con beni propri -Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione prestata presso Cassa DD. PP. -Rivalsa dell'Amministrazione committente -Forma (art. 5 Cap. Gen. 00. PP. appr. con d.P.R. 16 lu.. glio 1962, n. 1063; artt. 289 segg. istruzioni servizi depositi Cassa DD.PP.). Se, nel caso di fallimento de1l'appaltatore, il committente possa soddisfarsi sulla cauzione prestata da un terzo con beni propri, senza necessit� di insinuare il credito al passivo fallimentare (n. 266). Fondo di rotazione per Trieste e Gorizia -Recupero crediti -Trasporto nella contabilit� demaniale -Somme recuperate -Destinazione (l. 18 ottobre 1955, n. 908). Se, qualora i!l cr�edito da recuperare nei confronti di un mutuatario debitore del Fondo di rotazione per iniziative economiche a Trieste e 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Gorizia sia stato, con decreto del Ministro del Tesoro, trasportato nella contabilit� demaniale, le somme recuperate debbano essere incamerate da parte dell'Amministrazione Finanze ovvero versate nella contabilit� del Fondo di rotazione (n. 267). CONTRATTI AGRARI Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 feb braio 1971, n. 11 sull'a.ffitto di fondi rustici -Applicabilit� (l. 11 feb braio 1971, n. 11). Se siano applicabili alle concessioni in uso pvecario di beni demaniali le norme dettate dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11,. in materia di affitto di fondi rustici (n. 20). Concessioni di beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� (l. 11 febbraio 1971, n. 11). Se la concessione in uso precario di terreni pascolivi demaniali sia soggetta ai vincoli sui contratti agrari e, di conseguenza, sia applicabile al rapporto relativo la rivalutazione del canone, giusta la legge 11 febbraio 1971, n. 11 (n. 21). CONTRIBUTI Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali -�Deposito atti -Rilascio documenti (legge 12 marzo 1969, n. 410, art. 1; r.d. 27 dicembre 1822, n. 1139, artt. 5 e 10). l Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionali di previdenza e assistenza a favove degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali sui documenti allegati ad atti depositati � presso le cancellerie commerciali dei tribunali, riguardanti le imprese commerciali (n. 105). Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionali di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali sulla certificazione di eseguita trascrizione, apposta dal cancelliere sulla relativa nota, di atti che vengono depositati nella cancelleria commerciale dei tribunali, riguardanti le imprese commerciali (n. 105). CORTE DEI CONTI Case dello Stato assegnate in locazione di cui l'I.A.C.P. sia gestore -Man cato versamento da parte dell'I.A.C.P. dei canoni -Giurisdizione con tabile della Corte dei conti (l. 30 dicembre 1960, n. 1676, art. 4; I d.l.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, art. 55; l. 4 marzo 1952, artt. 22, 24, 25; l. 9 agosto 1954, n. 640, artt. 6, 7; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44, 45). Se sussista la giurisdizione contabile della Corte dei conti nei confronti dell'Istituto autonomo case popolari ov�e questo non versi allo Stato PARTE II, CONSULTAZIONI 21 i canoni dovuti dagli assegnatari delle abitazioni costruite dallo Stato per i lavoratori agricoli, per sfollati e senza tetto, per profughi e per elimi-, nazione di case malsane (n. 9). DAZI DOGANALI Importazione -Distruzione della merce per fatto gravemente colposo di terzo estraneo all'importatore (l. 25 settembre 1940, n. 1424, articolo 4 bis; d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62, art. 1). Se l'obbligo per ]l'importatore di pagare ugualmente i diritti doganali anche se la merce sia andata distrutta per fatto gravemente colposo di un terzo presupponga che tale terzo non sia del tutto estraneo all'importatore (es. dipendente, custode) (n. 66). DEMANIO Aeroporto -Direttore -Poteri di polizia -Demanio aeronautico (Cod. nav., artt. 692 e 718). Se i poteri di polizia spettanti al dir�ettore dell'aeroporto ai sensi dell'art. 718 cod. nav. possano essere esercitati anche sui beni del demanio aeronautico posti all'est�rno dell'aeroporto e con esso strumentalmente collegati (n. 254). Alienazione, ad enti pubblici, di beni facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato -Vincolo di destinazione -Clausole da inserire nei relativi contratti. Quali clauSO!le sia opportuno inserire nei contratti di vendita o di permuta dei beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato od enti pubblici, al fine di garantire la destinazione dei beni alienati o permutati ad una particolare finalit� di pubblico interesse (n. 255). Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto di fondi rustici -Applicabilit� (legge 11 febbraio 1971, n. 11). Se siano appilicabili alle concessioni in uso precario di beni demaniali le� norme dettate dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, in materia di . affitto di fondi rustici (n. 256). Concessioni amministrative -Gratuit� -Ad ente pubblico con finalit� concorrenti con quelle dello Stato -Ammissibilit� -Effetti. Se l'Amministrazione la quale abbia fatto una concessione per errore gratuita possa pretendere poi un corrispettivo del concessionario che sia stato indotto ad usufruire della concessione in ragione della sua gratuit� (n. 257). Se un ente tra i cui compiti vi siano lo svolgimento di attivit� analoghe e concorrenti con quelle proprie di un'Amministrazione dello Stato possa usufruire gratuitamente in relazione a tali attivit� di concessione di beni o servizi dello Stato (n. 257). 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Concessioni di beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� (legge 11 febbraio 1971, n. 11). Se la concessione in uso precario di terreni pascolivi demaniali sia soggetta ai vincoli sui contratti agrari e, di conseguenza, sia applicabile al rapporto relativo l,a rivalutazione del canone, giusta la legge 11 febbraio 1971, n. 11 (n. 258). DIFESA DELLO STATO Attivit� consultiva dell'Avvocatu.ra dello Stato a favore delle regioni a statuto ordinario ed agli uffici ex statali trasferiti alle regioni stesse Ammissibilit� -(t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; legge 16 maggio 1970, n. 281). Se le regioni a statuto ordinario, a seguito del trasferimento alle medesime del1e funzioni amministrative statali, ai sensi della legge 16 maggio 1970, n. 281 �e successivi decreti delegati, possano avvalersi o meno della consulenza dell'Avvocatura dello Stato (n. 23). Citazione in giudizio di ufficiale giudiziario in relazione a protesto cambiario -Richiesta di patrocinio dell'Avvocatura (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 44). Se, ai sensi dell'art. 44 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, possa essere accordato il patrocinio dell'Avvocatura all'ufficiale giudiziario citato in giudizio in una causa civile promossa avverso di lu1 a seguito protesto cambiario dallo stesso elevato (n. 24). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Case dello Stato assegnate in locazione di cui l'I.A.C.P. sia gestore -Mancato versamento da parte dell'I.A.C.P. dei canoni -Giurisdizione contabile della Corte dei conti (legge 30 dicembre 1960, n. 1676, art. 4; d.l.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, art. 55; legge 4 marzo 1952, artt. 22, 24, 25; legge 9 agosto 1954, n. 640, artt. 6, 7; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44, 45). Se sussista la giurisdizione contabile della Corte dei conti nei confronti dell'Istituto autonomo case popolari ove questo non versi allo Stato i canoni dovuti dagli assegnatari delle abitazioni costruite dallo Stato per i lavoratori �agricoli, per sfollati e senza tetto, per profughi e per eliminazione di case malsane (n. 241). ELETTRICITA ED ELETTRODOTTI Servit� di elettrodotto � inamovibile � -Diritto all'indennit� in caso di spostamento (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 122, 126). Se per lo spostamento di un elettrodotto � inamovibile � gravante su area poi espropriata dall'Amministrazione deve essere corrisposta all'E. N.E.L. indennit� (n. 53). PARTE II, CONSULTAZIONI 23 ESECUZIONE FORZATA Albergo -Vincolo alberghiero -Esecuzione forzata -Vendita -Effetto (legge 15 febbraio 1962, n. 08; legge 13 marzo 1968, n. 326; c.p.c., art. 586). Se la vendita a seguito di esecuzione forzata di un immobile, soggetto a vincolo di destinazione alberghiera regolarmente trascritto, faccia venir meno il vincolo stesso (n. 54). Pignoramento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipendente pubblico, ma a lui pervenuto per successione -(d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2). Se possa procedersi a pignoramento dello stipendio di dipendente statale per debiti tributari non facenti capo fin dalla loro origine all'interessato ma trasferiti al medesimo per successione (n. 55). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA Sicilia -Zone terremotate del 1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� Deposito -Ius superveniens -Pagamento diretto (d.l. 1� giugno 1971, n. 289, art. 7). Se le indennit� depositate per espropriazioni relative ahle zone siciliane colpite dal terremoto del 1968, iniziate prima dell'entrata in vigore del d.1. 1� giugno 1971, n. 289, possano essere direttamente pagate all'espropriato (n. 315). Trasferimento e ricostruzione di abitati -Espropriazione aree -Disciplina -Legge 22 ottobre 1971, n. 865 -Applicabilit� alle espropriazioni in corso -Indennit� -Determinazione -Competenza (legge 9 luglio 1908, n. 446, art. 64; legge 9 aprile 1955, n. 279; d.l. 18 novembre 1966, n. 976, conv. con mod. in legge 23 dicembre 1966, n. 1142; legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9 e segg.; legge 25 febbraio 1972, n. 13, art. 1 ter). Se le espropriazioni per pubbliche utilit� delle aree destinate a sedi dei nuovi abitati, nel caso di trasferimento e ricostruzione totale o parziale degli �abitati stessi, siano attualmente disciplinate dallia legg�e 22 ot~ tobre 1971, n. 865 ovvero restino disciplinate dalla legge 9 luglio 1908, n. 446 (n. 316). Se la nuova disciplina relativa al procedimento dell'espropriazione per pubblica utilit� dettata dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 si applichi anche alle espropr~azioni in corso relativ�e a materie da detta legge pre viste (n. 316). Se la determinazione dell'indennit� di un'espropriazione per pubblica utilit� relativa a materie contemplate daUa legge 22 ottobre 1971, n. 865 vada operata con i criteri in detta legge previsti o con quelli precedentemente vigenti (n. 316). Se l'indennit� di un'espropriazione per pubblica utilit�, relativa a materie contemplate dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 e determinata alla stregua dei criteri precedentemente vig.enti, possa essere nuovamente determinata in base ai criteri da detta legge previsti qualora si�a intervenuto accordo tra �le parti, ovvero l'indennit� sia stata accettata, ovvero ne sia stato ordinato il deposito o pagamento (n. 316). 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se la competenza a conoscere dell'opposizione alla stima in un procedimento di espropriazione per pubblica utilit�, relativa a materie contemplat, e dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, che � stato svolto secondo la disciplina previgente, spetti al tribunale ovvero alla Corte d'appeUo (n. 316). FALLIMENTO Appalto -Fallimento' dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con beni propri -Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione prestata presso la Cassa DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione committente -Norma (art. 5 Cap. Gen. 00.PP. appr. con d.P.R. 16 lugio 1962, n. 1063; artt. 289 e segg. istruzioni servizi depositi Cassa DD.PP.). Se, nei! caso di fallimento dell'appaltatore, il committente possa soddisfarsi sulla cauzione prestata da un terzo con beni propri, senza necessit� di insinuare il credito al passivo fallimentare (n. 133). Con quali forme l'Amministrazione committente pu� riva1ersi, in caso di inadempimento dell'appaltatore fallito, sulla cauzione prestata da un terzo con beni propri presso la Cassa depositi e prestiti, e disciplinata dalla disposizione di cui all'art. 5 Capitolato Generale Appalto 00.PP. approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (n. 133). FERROVIE Ferrovia concessa -Concessionario decaduto -Disavanzi precedenti la decadenza -Adeguamento della sovvenzione di esercizio -Sussidio integrativo di esercizio (l. 2 agosto 1952, n. 1221, artt. 2 e 5; r.d. 29 luglio,1938, n. 1121, art. 27). Se sia legittimo attribuire ad un concessionario di ferrovia decaduta dalla concessione� l'adeguamento della sovvenzione di esercizio ovvero un sussidio integrativo di esercizio a copertura dei disavanzi verificatisi prima della decadenza (n. 426). FORESTE Terreni forestali da trasferirsi alle regioni -Crediti gi� maturati per loro occu.pazione -Titolarit� (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11). Se si trasferiscano alle regioni i crediti per occupazione di terreni forestali gi� maturati al momento in cui operi il trasferimento dei terreni stessi alle regioni (n. 9). Trasferimento alle regioni delle funzioni dello Stato in materia di agricoltura e foreste -Applicazione di sanzioni amministrative per violazione norme di polizia forestale -Inclusione (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; legge 9 ottobre 1967, n. 950). Se con l'entrata in vigore del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 siano divenute di competenza regionale le funzioni degli Ispettorati ripartimentali delle foreste in materia di applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla legge 9 ottobre 1967, n. 950 per i trasgressori delle norme di polizia forestale (n. 10). PARTE II, CONSULTAZIONI 25 Trasferimento alle regioni di beni forestali -Terreni per i quali sia stata gi� emessa la dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destina zione (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11, comma quinto). Se tra le foreste trasferite dallo Stato alle regioni in forza della legge 16 maggio 1970, n. 281 siano compresi �anche i terreni per i quali, essendo in corso l'alienazione a terzi, sia stato gi� emanato il provvedimento di dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione degli stessi ai fini della tutela e dell'incremento del patrimonio boschivo (n. 11). IMPIEGO PUBBLICO Citazione in giudizio di ufficiale giudiziario in relazione a protesto cambiario -Richiesta di patrocinio dell'Avvocatu.ra (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 44). Se, ai sensi dehl'art. 44 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, possa essere accordato il patrocinio dell'Avvocatura all'ufficiaile giudiziario citato in giudizio in una causa civile promossa avverso di lui a seguito protesto cambiario dallo stesso elevato (n. 744). Dipendenbe statale -Promozione con effetto retroattivo -Ricostruzione della carriera -Emolumenti a�rretrati -Interessi di mora (e.e., art. 1234). Se, disposta -a seguito di nuovo scrutinio -la promozione con effetto retroattivo del dipendente statale, rimasto escluso da precedenti promozioni annullate dal giudice amministrativo, spettino al dipendente medesimo gli interessi moratori sulle somme a lui corrisposte in base alla ricostruzione della carriera (n. 745). Dipendenti statali -Aggiunta di famiglia -Figli minori apprendisti (l. 10 agosto 1964, n. 656, art. 9; d.l. 27 novembre 1947, n. 1331, art. 2). Se al dipendente statale spettino le quote e i relativi aumenti di aggiunta di famigUa per il figlio minore apprendista (n. 746). Indennit� di rischio ex �legge 30 giugno 1971, n. 518 -Personale sanitario ausiliario del Poligrafico -Spettanza (l. 30 giugno 1971, n. 518). Se l'indennit� di rischio spettante, in forza della legge 30 giugno 1971, n. 518, al personale sanitario ausiliario dell'E.N.P.I. e degli enti che gestiscono forme obbligatorie di assicurazione sociale debba essere ricono-. sciuta anche al personaJle sanitario ausiliario del Poligrafico dello Stato (n. 747). Pignoramento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipendente pubblico, ma a lui pervenuto per successione (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2). Se possa procedersi a pignoramento dello stipendio di dipendente statale per debiti tributari non facenti capo fin dalla loro origine all'intliol'essato ma trasferiti al medesimo per successione (n. 748). 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Prestatore di lav-0ro mzltuario -Applicabilit� delle leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 ai fini dell'inquadramento (l. 28 ottobre 1970, n. 775, art. 25; l. 18 marzo 1968, n. 249, art. 21). Se possa essere� inquadrato nel personale diurnista ai sensi dell'art. 21 legge 18 marzo 1968, n. 249 e dell'art. 25 legge 28 ottobre 1970, n. 775 chi abbia svolto mansioni saltuarie di dattilografia parzialmente al proprio domicilio e parzialmente nei locali dell'ufficio, con retribuzione gravante su capitoli di bilancio dell'Amministrazione (n. 749). Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto aUa retribuzione -Decorrenza -Sent. C01�te cost. 3 giugno 1966, n. 63 -Operativit� nei confronti dei rapporti giuridici anteriori, non definiti con sentenza passata in giudicato (artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 2956 n. 1 e.e.). Se la dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2 e 2956 n. 1 e.e. � nslla parte in cui consentano che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro subordinato � (Corte cost., sent. 3 giugno 1966, n: 63) applichi i vari effetti anche sui rapporti di pubblico impiego, ed in particolare cessati prima della pubblicazione di detta sentenza ma non ancora definiti con sentenza passata in giudicato (n. 750). IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE Pubblico servizio automobilistico -Esercizio abusivo con veicoli non idoneo -Tassa concessioni governative -Omesso pagamento -Conseguenze (t.u. 1 marzo 1961, n. 121, art 185, Tab. all. A.). Se colui che eserciti abusivamente un pubblico servizio automobilistico di linea con v�eicorlo non idoneo ad ottenere la concessione amministrativa, debba rispondere anche per l'omesso pagamento della tassa dl concessione governativa (n. 3). IMPOSTA DI REGISTRO Decreti ingiuntivi -Tassazione graduale -Ammissibilit� -Limite (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, art. 114). Se possano essere sottoposti a tassazione graduale di registro i decreti ingiuntivi che non siano stati notificati all'ingiunto (n. 379). Edificio distrutto da eventi bellici -Compropriet� dell'area di risulta Reciproche concessioni ad aedificandum tra comproprietari -Ricostruzione dell'edificio (l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 67). Se l'atto contenente reciproche concessioni di jus ad aedificandum, fattesi dai comproprtetari di un'area di risulta di un edificio distrutto da eventi bellici al fine di ricostruirlo, vada tassato con imposte di registro ed ipotecaria in misura normale ovvero in misura fissa ai sensi dell'art. 67 L 27 dicembre 1953, n. 968 (n. 380). PARTE II, CONSULTAZIONI 27 Societ� -Passaggio di 1�iserve a capitale per copertura perdite (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, artt. 85 e 88). Se sia tassabHe con l'imposta proporzionale di registro l�a delibera societaria con cui si stabilisce il passaggio delle riserve direttamente a capitale a copertura d~ parte delle perdite di esercizio, mentre contestualmente si riduce il capitale sociale in proporzione alla parte di tali perdite non coperta dal trasferimento delle riserve (n. 381). Vendita di fabbricato o area edilizia tra parenti entro il terzo grado Presunzione di liberalit� -Agevolazioni per i trasferimenti onerosi Applicabilit� (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5; d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 44). Se, nel caso di trasferimento tra parenti entro il terzo grado di fabbricato o area destinata alla costruzione edilizia, l'atto debba essere tassato alla stregua di una liberalit� ai sensi dell'art. 5 d.l. 8 marzo 1945, n. 90, ovvero con l'aliquota ridotta di registro per i trasferimenti onerosi di cui alla norma agevolativa dell'art. 44, primo comma, d.l. 15 marzo 1965, n. 124 (n. 382). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Impresa artigiana in forma di societ� di persone -Classificazione del reddito ai fini della R.M. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 85). Se il reddito prodotto da impresa artigiana ma organizzata sotto forma di societ� di persone debba essere classificato, ai fini dell'imposta di R.M., in cat. B o in cat. C/1 (n. 54). IMPOSTE .DIRETTE Esenzione decennale alle nuove imprese artigiane e alle nuove piccole industrie costituite nelle zone depresse del centro-nord (l. 29 maggio 1957, n. 635, art. 8). Se l'esenzione decennale dalle imposte dirette, prevista dall'art. 8 1. 29 maggio 1957, n. 635 (modificato dall'articolo unico del!la 1. 13 giugno 1961) a favore delle nuove imprese artigiane e piccole industrie costituite nelle zone depresse de<l centro-nord, sia applicabile anche alle imprese di autotrasporti per conto terzi (n. 10). Imposta RM-C/2 -Imposta complementare -Sostituto d'imposta -Mancato pagamento -Reato finanziario -Azienda municipalizzata -Controllo sostitutivo -Societ� per azioni -Denuncia degli amministratori (t.11.. 29 gennaio 1958, n. 645, arti. 87, 127 e 261; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 19; e.e. art. 2409). Se e quali reati siano ravvisabili nel comportamento degli amministratori di azienda municipalizzata che omettano di provvedere al pagamento di imposte di R.M. cat. C/2 e complementare di rivalsa, trattenute per legge sulle competenze dei dipendenti (il r�eato di cui alil'art. 261, primo comma, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) (n. 11). 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se l'Autorit� governativa possa sostituirsi nell'attivit� di un'azienda municipalizzata al fine di compiere atti di pagamento di imposte di R.M. cat. C/2 e complementare di rivalsa, trattenute sul1e competenze dei dipendenti e dovute all'Erario dall'azienda medesima (n. 11). Se siano passibili di denunzia al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 e.e., gli amministratori di una societ� per azioni che omettano il pagamento di imposte di R.M. cat. C/2 e complementari di rivalsa, trattenute dalla societ� sulle competenze dei dipendenti (n. 11). IMPOSTE E TASSE Pigno1�amento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipen dente pu.bblico, ma a lui pervenuto per successione (d.P.R. 5 gen naio 1950, n. 180, art. 2). Se possa procedersi a pignoramento dello stipendio di dipendente statale per debiti tributari non facenti capo fin dalla loro origine a1'1'interessato ma trasferiti al medesimo per successione (n. 564). INTERESSI Dipendente statale -Promozione con effetto retroattivo -Ricostruzione della carriera -Emolumenti arretrati -Interessi di mora (e.e., art. 1234). Se, disposta -a seguito di nuovo scrutinio -la promozione con effetto retroattivo del dipendente statale, rimasto escluso da precedenti promozioni annullate dal giudice amministrativo, spettino al dipendente medesimo gli interessi moratori sulle somme a lui corrisposte in base alla ricostruzione della carriera (n. 7). Richiesta di interessi del 5% su fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 1971 relative a servizio manovalanza (art. 41, d.m. 30 giugno 1960, n. 123, art. 1224 e.e.). Se l'Amministrazione possa invocare quale causa di forza maggiore, giustificatrice del ritardo nella liquidazione di fatture (nella specie relative all'appalto di servizi di manovalanz_a) ed esimente dall'obbligazione di corrispondere i relativi interessi moratori del 5% annuo, il prolungato sciopero posto in essere nel periodo aprile-settembre 1971 del personale civile �dipendente (8). ISTRUZIONE Sicilia -Scuole professionali -Alunni e personale insegnante -Assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 127). Se siano applicabili alla Regione Siciliana le norme statali sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro a favore degli alunni e del personale insegnante e tecnico-pratico nelle scuole professionali (n. 27). 29. PARTE II, CONSULTAZIONI LAVORO Istituto Poligrafico dello Stato -Dipendenti -Crediti di lavoro -Prescrizione -Decorrenza (e.e., art. 2948, n. 4). Se la prescrizione dei crediti di lavoro dei dipendenti dell'Istituto Poligrafico dello Stato possa iniziare a decorrere durante il rapporto di lavoro (n. 75). Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto alla retribuzione -Decorrenza -Sent. Corte Cost. 3 giugno 1966, n. 63 -Operativit� nei confronti dei rapporti giuridici anteriori, non definiti con sentenza passata in giudicato (artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2, 2956, n. 1 e.e.). Se la dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2 e 2956, n. 1 e.e. � nella parte in cui consentano che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante H rapporto di lavoro subordinato � (Corte Cost., sent. 3 giugno 1966, n. 63) applichi i vari effertti anche sui rapporti di pubblico impiego, ed in particolare cessati prima della pubblicazione di detta sentenza ma non ancora definiti con sentenza passata in giudicato (n. 76). Statuto dei lavoratori -Controllo dei lavoratori sull'applicazione delle norme di prevenzione infortuni e malattie prnfessionali -Soggetto passivo -Datore di lavoro -Ispettorato del lavoro (l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 9). Se il controllo da parte dei rappresentanti dei lavoratori sulla applicazione del1e norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali comporti il diritto di prendere visione, presso gli Ispettorati del lavoro, dei fogli di prescrizione rilasciati dagli Ispettorati stessi ai datori di lavoro in occasione dehle ispezioni (n. 77). NAVI Trasp01�to marittimo -Scarico -Impossibilit� per scioperi -Stallie -Decorrenza (art. 445 cod. nav.). Se nel trasporto marittimo di cose l'impossibilit� dello scarico dipendente da scioperi portuali sospenda la decorrenza del termine delle stallie (n. 129). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Richiesta interessi del 5% su. fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 1971 relative a servizio manovalanza (art. 41, d.m. 30 giugno 1960, n. 123; art. 1224 e.e.). Se l'Amministrazione possa invocare quale causa di forza maggiore, giustificatrice del ritardo nella liquidazione di fatture (nella specie relative ad appalto di servizi di manovalanza) ,ed esimente dall'obbligazione 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di corrispondere i relativi interessi moratori del 5% annuo, 11 prolungato sciopero posto in essere nel periodo aprile-settembre 1971 dal personale civile dipendente (n. 55). OPERE PUBBLICHE Opere in conglomerato cementizio -Competenza del Genio Civile (l. 5 novembre 1971, n. 1086). Se le competenze �attribuite al Genio Civile dalla I. 5 novembre 1971, n. 1086 in materia di opere di conglomerato cementizio comprendano il sindacato di merito sugli atti al detto Ufficio consegnati in allegato alla denuncia dei lavori o alla relazione a strutture ultimate ovvero si limitino ail. mero controllo di completezza degli atti stessi (n. 101). PENSIONI Indennit� di buonuscita -Competenze accessorie (r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, all. A, artt. 26 e 27). Se nel calcolo per la determinazione dell'ammontar.e dell'indennit� di buonuscita dei dipendenti delle aziende autofilotranviarie cessati dal servizio senza diritto a pensione, devono essere computate anche le competenze accessorie (n. 138). Orfano maggiorenne di dipendenti o pensionati statali -Pensioni di riversibilit� -Cumulo -Scelta (d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20, art. 21; Z. 15 febbraio 1958, n. 46, artt. 12 segg.). Se l'orfano maggiorenne di dipendente o pensionato statale abbia diritto a cumulare le pensioni di riversibilit� alla morte dell'altro genitore, anch'esso dipendente o pensionato statale, qualora il reddito, superiore a L. 240.000 annue, risulti costituito dalla prima pensione liquidata (n. 139). Se l'orfano maggiorenne di genitori entrambi dipendenti o pensionati statali, che non abbia diritto a cumulwe �le due pensioni di riversibilit�, possa scegliere tra l'uno e l'altro trattamento pensionistico (n. 139). PRESCRIZIONE Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione di regresso dell'Amministrazione -Natu.ra -Termine prescrizionale. Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per il recupero delle somme pagate al danneggiato in un incidente stradale provocato da dipendente non autorizzato ad usare il veicolo e quale sia in tale ipotesi il termine prescrizionale (n. 78). Istituto Poligrafico dello Stato -Dipendenti -Crediti di lavoro -Prescrizione -Decorrenza (e.e., art. 2948, n. 4). Se la prescrizione dei crediti di lavoro dei dipendenti dell'Istituto Poligrafico dello Stato possa iniziare a decorrere durante il rapporto di J.avoro (n. 79). PARTE II, CONSULTAZIONI 31 Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto alla retribuzione -Decorrenza -Sent. Corte Cost. 3 giugno 19'66, n. 63 -Operativit� nei confronti dei rapporti giuridici ante1�iori, non definiti con sentenza passata in giudicato (artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2; 2956, n. 1 e.e.). Se la dichiarazione di illegittimit� costituzional,e degli artt. ~948, n. 4; 2955, n. 2 e 2956 n. 1 e.e. � nella parte in cui consentano che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro subordinato � (Corte Cost., sent. 3 giugno 1966, n. 63) esplichi i suoi effetti anche sui rapporti di pubblico impiego, ed in particol1are su quelli cessati prima della pubblicazione di detta sentenza ma non ancora definiti con sentenza passata in giudicato (n. 80). PREVIDENZA E ASSISTENZA Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali -Deposito atti -Rilascio documenti (l. 12 marzo 1968, n. 410, art. 1; r.d. 27 dicembre 1882, n. 1139, artt. 5 e 10). Se sia dovuto il contributo alle Casse Nazionali di Previdenza e Assistenza a favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e dei ragionieri ,e periti commerciali sui documenti allegati ad atti depositati presso le cancellerie commerciali dei tribunali, riguardanti le imprese commerciali (n. 94). Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionail.i di previdenza e assistenza a favor,e degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali sulla certificazione di eseguita trascrizione, apposta dal cancelliere sulla relativa nota, di atti che vengono depositati nella cancelleria commerciale dei tribunali, riguardanti [e imprese commerciali (n. 94). Sicilia�-Scuole professionali -Alunni e personale insegnante -Assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 127). Se siano applicabili alla Regione Siciliana le norme statali sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro a favore degli alunni e del personale insegnante e tecnico-pratico nella scuole professionali (n. 95). PUBBLICO UFFICIALE Dipendenti della S.E.A. (Societ� esercizi aeroportuali) -Qualit� di pubblici ufficiali. Se a taluni dipendenti della S.E.A. (Societ� esercizi aeroportuali) possa riconoscersi la qualifica di pubblico ufficiale (n. 7). REATI FINANZIARI Imposta RM-C/2 -Imposta complementare -Sostituto d'imposta -Mancato pagamento -Reato finanziario -Azienda municipalizzata -Controllo sostitutivo -Societ� per azioni -Denuncia degli amministratori (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, 127 e 261; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 19; e.e. art. 2409). Se e quali reati siano ravvisabili nel comportamento degli amministratori di azienda municipalizzata che omettano di provvedere al paga 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento di imposte di R.M. cat. C/2 e complementare di rivalsa, trattenute per legge sulle competenze dei dipendenti (il reato di cui all'art. 261, primo comma, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) (n. 12). Se l'Autorit� governativa possa sostituirsi nell'attivit� di� un'azienda municipalizzata al fine di compiere atti di pagamento di imposte di R.M. C/2 e complementar� di rivalsa, trattenute sul!le competenze dei dipendenti e dovute all'Erario dall'azienda medesima (n. 12). Se siano passibili di denunzia al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 e.e., gli amministratori di una societ� per azioni che omettano il pagamento di imposte di R.M. cat. C/2 e complementari di riv�alsa, trattenute dalla scoiet� sulle competenze dei dipendenti (n. 12). REGIONE SICILIA Sicilia -Scuole professionali -Alunni e personale insegnante -Assicu razione obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno'1965, n. 1124, art. 127). Se siano applicabili alla Regione Siciliana le norme statali sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro a favore degli alunni e del personale insegnante e tecnico-pratico nelle scuole professionali (n. 5). Sicilia -Zone terremotate del 1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� -Deposito -Ius superveniens -Pagamento diretto (d.l. 1� giugno 1971, n. 289, art. 7). Se le indennit� depositate per espropriazioni relative alle zone siciliane colpite dal terremoto del 1968, iniziate prima delLa entrata in vigore del d.l. 1 giugno 1971, n. 289, possano essere direttamente pagate all'espropriato (n. 6). REGIONI Attivit� consultiva dell'Avvocatura dello Stato a favore della Regione a statuto ordinario ed agli Uffici ex statali trasferiti alle Regioni svesse Ammissibilit� (t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; l. 16 maggio 1970, n. 281). Se le Regioni a statuto ordinario, a seguito del trasferimento alle medesime delle funzioni amministrativ'e statali, ai sensi della I. 16 maggio 1970, n. 281 e successivi decreti delegati, possano avvalersi o meno deUa consulenza dell'Avvocatura dello Stato (n. 191). Trasferimento aUe Regioni delle funzioni dello Stato in materia di agricoltura e foreste -Applicazione di sanzioni amministrative per violazione norme di polizia forestale -Inclusione (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; l. 9 ottobre 1967, n. 950). Se con l'�entrata in vigore del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 siano divenute di competenza regionale le funzioni degli Ispettorati ripartimentali delle foreste in materia di applicazione delle sanzioni amministrative previste dallia I. 9 ottobre 1967, n. 950, per i trasgressori delle norme di polizia forestale (n. 192). PARTE II, CONSULTAZIONI Trasferimento alle Regioni di beni forestali -Terreni per i quali sia stata gi� emessa la dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11, quinto comma). Se tra le foreste trasferite dallo Stato a1l1e Regioni in forza della I. 16 maggio 1970, n. 281 siano �ompr�esi anche i terreni per i quali, essendo in corso l'alienazione a terzi, sia stato gi� emanato il provvedimento di dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione degli stessi ai fini della tutela e dell'incremento del patrimonio boschivo (n. 193). RESPONSABILIT� CIVILE Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale. Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per il recupero delle somme pagate al danneggiato in un incidente stradale provocato da dipendente non autorizzato ad usare il veicolo e quale sia in tale ipotesi il termine pr�escriziona'.le (n. 261). RICORSI AMMINISTRATIVI Provvedimento della Regione -Ricorso straordinario al Capo dello Stato Istruttoria -Organo competente (d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 11, terzo comma). Se, trasferite alcune funzioni amministrative alle Regioni, la competenza a curare l'istruttoria di un ricorso straordinario al Capo dello Stato avverso un provvedimento regionale spetti al!la Regione stessa ovvero alla Pr�esidenza del Consiglio ovvero al Ministero le cui funzioni siano correlate a quelle r�egionali (n. 16). TRANSAZIONE Procedimento penale -Risarcimento del danno sub�to dalla parte lesa Transazione. Se rientra nella disponibilit� dell'Amministrazione fa definizione transattiva della pretesa del danneggiato allorch� sia pendente un procedimento penale contro il dipendente che ha causato l'evento dannoso (n. 21). TRASPORTO Abbonamento sugli au.toservizi di linea -Rimborso in caso di sciopero del personale (l. 28 settembre 1939, n. 1822, art.� 3). Se l'Amministrazione abbia il poter�e di imporre alle imprese concessionarie di autolinee la eliminazione, dal novero delle condizioni di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 34 abbonamento, della clausola con la quale viene oggi escluso, in caso di sciopero del personale, qualsiasi rimborso, totale o parziale, del prezzo dei viaggi _non effettuati dagli utenti (n. 79). Tmsporto marittimo -Scarico -Impossibilit� per scioperi -Stallie -Decorrenza (art. 445 cod. nav.). Se nel trasporto marittimo di cose l'impossibilit� dello scarico dipendente da scioperi potuali sospenda la decorrenza del termine delle stame (n. 80). VIOLAZIONI TRIBUTARIE Pubblico servizio automobilistico -Esercizio abusivo con veicolo non ido neo -Tassa concessioni governative -Omesso pagamento -Conse guenze (t.u. 1� marzo 1961, n. 121, art. 185, Tab. all. A), Se colui che eserciti abusivamente un pubblico servizio automobilistico di linea con V�eicolo non idoneo ad ottenere la concessione amministrativa, debba rispondere anche per l'omesso pagamento della tassa di concessione governativa (n. 3).