ANNO XXV-N. l GENNAIO -FEBBRAIO 1973 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1973 



ABBONAMENTI 

A.NNo L. 8.500 
UN NUMERO SEPARATO .�..........��.... � 1.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(3219013) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



Con questo numero la �Rassegna dell'Avvocatura dello Sta


to� compie i venticinque anni dalla sua istituzione. 

Sorse nel 1948 con la finalit� di costituire un importante 
strumento di coesione degli s1forzi comuni tendenti ad assicurare 
il perfezionamento tecnico del nostro Istituto e la migliore preparazione 
professionale degli Avvocati dello Stato. 

Nella prima fase della sua vita il periodico, anche se in 

edizione ridotta, costituiva un rendiconto mensile di informa


zioni ed esPerienze al fine di provocare critiche, osservazioni, pro


poste, cos� da diventare una forza viva, continuamente operante 

nella nostra organizzazione; una guida per un miglior orienta


mento nella scelta e nella utilizzazione delle tesi difensive, ridu


cendo al minimo la dispersione di energie causata dalla necessit�; 

di ricerche individuali. 

La Rassegna pubblicava, infatti, solo alcune sentenze di particolare 
importanza per la difesa degli interessi fondamentali 
dell'Amministrazione dello Stato, con note di commento che 
tendevano a far conoscere le nostre tesi, con l'opportunit� di 
meditare e riconsiderare il lavoro compiuto ed esporre l'orienta. 
mento per l'avvenire a quanti, per impegni pubblici e forensi, 
si interessavano all'attivit� della difesa dell'Amministrazione 

pubblica. 

Nella seconda fase la Rassegna ha assunto una nuova veste, 

cui si � accompagnata una riorganizzazione redazionale con la 

costituzione di un corpo di redattori, composto di colleghi, a cia


scuno dei quali � affidata la cura di una rubrica. 

Questa specifica assunzione di responsabilit� ha reso pi� age


vole il conseguimento dei fini della Rassegna, che restarono inal


terati nella loro essenza, ed ha stimolato, rendendola pi� orga


nica e sistematica, la collaborazione di tutti i colleghi, come pu� 

rilevm�si dai numerosi articoli e note di commento, in ciascun 

anno pubblicati. Ha reso, altres�, possibile una pi� organica e 

completa pubblicazione di tutte le pronuncie della Corte Costi


tuzionale e della Corte di Cassazione, e delle pi� importanti 


pronuncie dei giudici di merito, che riguardano l'Amministra-� 
zione dello Stato, con rassegne di giurisprudenza. 

Il bilancio di questi venticinque anni pu�, quindi, ritenersi. 
positivo: La possibilit� di far conoscere le nostre tesi ha conseguito 
utili risultati, sviluppando, in sede dottrinale e giurisprudenziale, 
un utile dibattito. 

Da questo numero, il periodico, in collegamento col cervello 
elettronico, ha istituito una rubrica delle questioni, di particolare 
interesse per la loro novit� o per la loro importanza, che si 
agitano dinanzi la� magis.tratura, al fine di sollecitare su di esse 
un dibattito nella stessa Rassegna, che attraverso l'attivit� dei 
colleghi corrispondenti, potr� realizzare un pi� continuo e utile 
collegamento con le Avvocature distrettuali. 


INDICE 

Parte prima: GIUiRl5PRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Michele Savarese) pog. 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdell'avv. 
Benedetto Baccari) � 121 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
tro de Francisci) 
CIVILE (a cura 
� 
del/'avv. Pie
� I34 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del1' 
avv. Ugo Gargiulo) . � 164 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 193 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi) . � � � 277 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � 289 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


QUESTIONI pag. 

LEGISLAZIONE � 3 

INDICE BIBLIOGRAFICO � 16 

CONSULTAZIONI � 17 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 

Avvocati 

Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Francesco MARruzzo, Brescia; Giovanni CoNTu, Cagliari; Americo RALLO, 
Caltanissetta; Giovanni VAcmcA, Catania; Filippo CAPECE MmuToLo DEL 
SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; 
Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, 
Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio 
MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; 
li�mberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo ScoTTI, 
Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia 



ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


ALBISINNI G., Brevi osservazioni sul provvedimento� emesso ai 
sensi dell'art. 21 della legge 1� giugno 1939 n. 1809 . . . pag. 148 
GIOVANNINI G., L'orientamento della giurisprudenza in tema di 
avanzamento a scelta degli ufficiali dell'Esercito . . . . 165 
MARIUZzo F., Il controllo autoritativo dei prezzi: attualit� di una 
disciplina contingente . . . , . . . . . . . . . . . . . 177 
Russo G. O., Nuovi spunti in tema di validit� dell'impu.gnazione 
a nome della parte defunta o divenuta incapace dopo la 
pubblicazione della sentenza . . . . . . . . . . . . . . 134 
SALTINI M., Sulla applicabilit� del termine stabilito nell'art. 34 
legge 8 giugno 1936 n. 1231 alle decisioni della Commissione 
Centrale in materia di imposte indirette . . . . � . 193 
'I'AMmzzo R., Sul procedimento dei contratti della P. A.: i vizi 
di forma . . . . . . . . . , . . . . . . . . . . . . . 181 
TAM1ozzo R., La dispensa dal servizio per infermit� nella giurisprudenza 
del Consiglio di Stato . . . . . . . . . . . 190 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 
ED ELETTRICITA' 

-Danni provocati a fondi privati 
dall'esecuzione di opere di bonifica 
-Proponibilit� dell'azione 
giudiziaria dei proprietari 
contro la P.A. esclusivamente 
sotto il profilo della richiesta di 
indennizzo ex art. 46 I. 25 giugno 
1865, n. 2359 -Differenza tra 
indennit� e risarcimento del danno, 
280. 

-Espropriazione di fondo privato 
occorrente per la costruzione di 
un acquedotto -Dichiarazione di 
pubblica utilit� dell'opera derivante 
ex lege dalla approvazione 
del relativo progetto da parte 
della Cassa per il Mezzogiorno Necessit� 
della contestuale prefissione 
dei termini entro i quali 
devono essere iniziati e ultimati 
le espropriazioni ed i lavori 
-Sussiste -Illegittimit� della 
deliberazione del C. di A. della 
Cassa per il Mezzogiorno d'approvazione 
del progetto senza 
prefissione ab initio dei termini 
ex art. 13 1. 25 giugno 1865, n. 
2359 -Sussiste -Sanabilit� del 
vizio con atto successivo -Esclusione, 
287. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Appalto 
a misura -Riserva dell'appaltatore 
per rettifica di prezzi 
unitari di elenco che si assumono 
erroneamente calcolati -Improponibilit� 
-Sussiste -Errore 
di calcolo -Esclusione -Necessit� 
di azione di annullamento del 
contratto per vizio del consenso Sussiste, 
277. 

-Appalto di opere pubbliche -Appalto 
a misura -Tariffa dei prezzi 
unitari per categorie di lavoro 
-Determinazione del contenuto 
di ciascuna voce della tariffa 
-Questione di interpretazione 
contrattuale -Rilevanza degli 

elementi risultanti dalle analisi 
dei prezzi e dalle stime di progetto 
-Esclusione, 277. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Motivazione -Pluralit� di motivi 
interdipendenti tra loro -Inconsistenza 
di uno dei motivi Illegittimit�, 
179. 

-Norme applicabili -Sono quelle 
vigenti non alla data di presentazione 
della domanda, bens� alla 
data di emanazione del provvedimento, 
180. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Agricoltura e foreste -Enti di 
sviluppo -Assegnazione delle 
terre di riforma -Natura e contenuto 
dei rapporti con l'assegnatario, 
121. 

-Danni di guerra -Indennizzo Cittadino 
italiano danneggiato da 
atti ablativi delle potenze nemiche 
-Diritto soggetivo all'indennizzo 
-Esclusione -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato, 129. 

-Imposte e tasse in genere -Estimazione 
semplice -Concetto, 130. 

-Ordinamento giudiziario -Atti 
del Consiglio Superiore della Magistratura 
riguardanti la convalida 
della elezione dei suoi componenti 
-Sindacato dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria -Ammissibilit�, 
128. 

-Riscossione esattoriale a carico di 
Enti di riforma fondiaria -Difetto 
di giurisdizione del Consiglio 
di Stato -Sussiste, 179. 

COMUNE 

-Controlli -Nomina di commissario 
per impossibilit� di funzionamento 
dell'amministrazione 
comunale -Competenza dello 
Stato, 30. 



INDICE 
IX 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Dfatributori di carburante -Autorizzazione 
a nuovo impianto Titolare 
di imp�anto preesistente 
sulla stessa strada -Interesse 
alla impugnativa -Sussiste, 180. 

-Distributori di carburante -Decreti 
prefettizi -Definitivit�, 180. 

CONTABILITA' GENERALE 

DELLO STATO 

-Contratti della P. A. -�Gara -In 
genere -Offerte -Prescrizione di 
una data forma -Inosservanza Esclusione 
delle offerte fatte in 
forma diversa -Non � sempre 
necessaria, con nota di R. TAMiozzo, 
181. 

-Contratti della P. A. -Gara -In 
genere -Offerte -Prescrizione 
di una data forma -Inosservanza 
-Offerta di compenso globale 
anzich� in percentuale -Ammissibilit�, 
con nota di R. TAMIOZZO, 

181. 
CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Atti normativi 
di esistenza e valore incerti 
-Privilegi aragonesi -Inammissibilit� 
della questione, 60. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Estensione 
di ufficio della questione 
oltre i limiti dell'ordinanza di 
rinvio -Inammissibilit�, 74. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Questione 
meramente eventuale -Inammissibilit� 
per irrilevanza, 40. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Questione 
sollevata da giudice privo di 
poteri decisori -Inammissibilit� 
per irrilevanza, 66. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Questione 
sollevata dopo regolamento di 
giurisdizione -Inammissibilit�, 

119. 
Giudizi di legittimit� costituzionate 
in via incidentale -Ufficio 
circoscrizionale elettorale -Mancanza 
della qualit� di giudice Inammissibilit� 
della questione, 

106. 
-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via principale -Ricorso 
dello Stato avverso leggi regionali 
-Deliberazione del Consiglio 
dei Ministri di rinvio della legge 
regionale -Perduranza degli effetti 
anche per la proposizione 
del ricorso -Ratifica successiva 
del Consiglio dei Ministri -Ammissibilit�, 
6. 

- 
Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via principale -Ricorso 
dello Stato avverso legge regionale 
-Sottoscrizione del ricorso 
da parte dell'Avvocato generale 

o di un sostituto Avvocato generale 
dello Stato -Idoneit� ad 
esprimere la volont� del Presidente 
del Consiglio dei Ministri, 
6. 
DEMANIO 

-Demanio artistico -Cose di interesse 
storico e artistico -Distanze 
e misure delle costruzioni su 
terreni adiacenti -Natura espropriativa 
ed indennizzabilit� del 
vincolo -Non sussiste, con nota 
di G. ALBISSINI, 148. 

DOGANA 

-Dichiarazione di abitualit� del 
contrabbando Equiparazione 
all'abitualit� a delinquere -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
23. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Controinteressato -Ricorso contro 
la graduatoria nel procedimento 
di avanzamento a scelta Individuazione, 
con nota di G. 
GIOVANNINI, 169. 

-Notificazione ai controinteressati 
-Omissione -Integrazione del 
contraddittorio -Inammissibilit�, 
con nota di G. GIOVANNINI, 

171. 

X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

EDILIZIA POPOLARE 

ED ECONOMICA 

-Alloggi INCIS a destinazione 
particolare -Inammissibilit� del 
diritto di riscatto -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 56. 

ELEZIONI AMMINISTRATIVE 

E POLITICHE 

-Elezioni regionali -Ineleggibilit� 
per i capi degli uffici dello 
Stato nella Regione -Illegittimit� 
costituzionale, 35. 

ESPROPRIAZIONE PER 

PUBBLICA UTILITA' 

-Piano di costruzioni autostradali 
-Occupazione temporanea Proroga 
da parte del Prefetto Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 69. 

FALLIMENTO 

-Presupposto per il reato di bancarotta 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 72. 

FRIULI-VENEZIA GIULIA 

-Giurisdizione della Corte dei 
conti -Estensione ai dipendenti 
regionali a componenti la Giunta 
regionale, 96. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Congedo e aspettativa -Aspettativa 
-Infermit� -Durata massima 
;,, Calcolo -Congedo straordinario 
-Va considerato come 
servizio attivo, con nota di R. 
TAMIOZZO, 190. 

-Dispensa dal servizio -Infermit� 
-Scadenza dal periodo massimo 
di aspettativa -Omesso iter 
procedimentale prescritto -Illegittimit�, 
con nota di R. TAMiozzo, 
190. 

-Segretario generale provinciale Nomina 
per concorso statale Trattamento 
economico -Art. 35 
legge 8 giugno 1962, n. 604 Inapplicabilit�, 
164. 

-Segretario comunale e provinciale 
-Trattamento economico -
Artt. 227 t. u. 3 marzo 1934, n. 
283 e 202 t. u. 10 gennaio 1957, n. 
3 -Inapplicabilit�, 164. 

IMPORTAZIONE 

ED ESPORTAZIONE 

-Oli minerali -Approvvigionamento 
-Maggiori oneri risultanti 
dalla crisi di Suez -Rimborso 
e restituzione dei contributi Condizioni 
Esportazione di 
merce estera importata o di prodotti 
petroliferi, comunque disponibili 
sul mercato interno, 

210. 
IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Primo 
trasferimento di propriet� di terreni 
e fabbricati -Estensione alla 
costituzione del diritto di superficie 
su bene demaniale -Legittimit�, 
256. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Ambulatorio 
INAM -Si esteridono, 241. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Casa di abitazione 
-Nozione -Vendita di 
una casa di abitazione rientrante 
in un edificio non agevolato Inapplicabilit� 
delle agevolazioni, 
270. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Vendita di 
lastrico solare di abitazione non 
ultimata -Decadenza dall'agevolazione 
per l'acquisto dell'area Fattispecie, 
242. 

-Agevolazioni per opere degli enti 
locali -Legge 29 luglio 1961, 

n. 719 -Valore innovativo -Opere 
dirette ad incrementare la fornitura 
di energia elettrica a Comuni 
che gi� ne sono provvisti,
236. . 
-Automobili usate -Atto d� trasferimento 
di propriet� -Registrazione 
a termine fisso -Dichiarazione 
unilaterale non autenticata 
-E' soggetta, 217. 



INDICE 
XI 

-Cessione di credito verso la Pubblica 
Amministrazione in relazione 
a finanziamenti concessi da 
aziende ed enti di credito a ditte 
commerciali e industriali -Aliquota 
ridotta -Correlazione fra i 
due negozi -Limitazione degli 
effetti della cessione -Divieto di 
compensazione -Necessit�, 231. 

-Solidariet� -Obbligo di denuncia 
-Parte contraente -Mandatario 
o commissionario -E' tale, 

217. 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Deduzione di passivit� -Debiti 
verso pubbliche amministrazioni 
non liquidi al momento dell'apertura 
della successione -Prova 
della illiquidit� -Termine Inosservanza 
-Decadenza, 251. 

-Deduzione di passivit� -Debito 
cambiario -Annotazione sui libri 
di commercio non anteriore 
alla apertura della successione Non 
deducibilit�, 253. 

-Presunzione per mobili denaro e 
gioielli -Inventario -Beni esistenti 
nella casa di abitazione 
dell'autore della successione Presunzione 
di appartenenza ex 
art. 621 c.p.c. -Non opera Esclusione 
di bene di appartenenza 
aliena -Legittimit�, 239. 

-Successione di quota sociale Concordato 
-Passivit� sociali riconosciute 
-Successiva esclusione 
-Necessit� della preliminare 
impugnazione del concordato, 

220. 
IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Azione civile ordinaria -Termine 
per la notifica della decisione 
della Commissione Centrale 
di cui all'art. 34 della I. 8 giugno 
1936, n. 1231 -Imposte indirette 
-Si estende, con nota di M. SALTINI, 
193. 

-Azione giudiziaria -Acquiescienza 
-Impugnazione parziale di 
decisione della Commissione Altra 
parte della pronuncia collegata 
-Acquiescienza parziale Non 
si verifica, 236. 

-Competenza e giurisdizione 
Controversia di imposta -Questioni 
sulla regolarit� formale del 
procedimento di riscossione 
Competenza del Tribunale, 240. 

-Imposta di pubblicit� -Targhe 
delle societ� di assicurazione Corresponsione 
in modo virtuale 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
103. 

-Imposte dirette -Interessi ex lege 
26 gennaio 1961, n. 29 -Applicabilit�, 
228. 

-Imposte dirette -Interessi ex lege 
26 gennaio 1961, n. 29 -Inapplicabilit�, 
229. 

-Imposte dirette -Maggiorazione 
per ritardata iscrizione a ruolo Infedele 
dichiarazione -Concetto 
-Applicazione di sanzioni Eguale 
concetto di dichiarazione 
infedele, 204. 

-Imposte indirette -Abbonamento 
-Cassa per il Mezzogiorno Portata 
-Atti di enti affidatari 
in materia di credito -Estensione 
dell'abbonamento -Limiti, 

247. 
-Imposte indirette -Concordato Impugnazione 
-Forma -Imposta 
di successione -Cespiti omessi 
-Percezione della relativa imposta 
-Preliminare impugnazio_: 
ne del concordato -Necessit�, 

220. 
-Imposte indirette -Imposta complementare 
e suppletiva -Nozione 
e distinzione -Valore legale 
di un bene -Titoli quotati in 
borsa -Adeguamento del valore 
dichiarato -Imposta suppletiva, 

233. 
- 
Imposte indirette -Ingiunzione 
fiscale -Azione giudiziaria in 
pendenza del ricorso alle Commissioni 
-Conseguente rinunzia 
al ricorso, 274. 

-Imposte indirette -Interessi Imposta 
complementare -Dichiarazione 
suppletiva di valore in 
sede . contenziosa innanzi alle 
Commissioni -Non � idonea ad 
escludere l'obbligo degli interessi, 
224. 


XII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Imposte indirette -Interessi Imposta 
complementare -Rapporto 
anteriore all'entrata in vigore 
della legge 26 gennaio 1961, 

n. 
29 -Decorrenza da tale data, 
224. 
-Interessi -Prescrizione -Termine 
di cinque anni, 208. 

-Interessi -Rapporti anteriori all'entrata 
in vigore della legge 26 
gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza 
da tale data, 208. 

-Norme di agevolazione -Interpretazione 
estensiva -Legittimit� 
-Trasferimento in propriet� Estensione 
alla costituzione del 
diritto di superficie su bene demaniale 
-Concetto di propriet� 
-Sua funzione sociale, 256. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Sottoscrizione del ricorso 
dell'Ufficio -Funzionario 
preposto al reparto -Validit�, 

201. 
-Ricorso per Cassazione contro 
decisioni di Commissioni delle 
imposte -Impugnazione della 
Finanza -Necessit� della notifica 
della decisione nel termine di 
60 giorni -Esclusione, 201. � 

Solidariet� tributaria -Procedimento 
-Litisconsorzio necessario 
-Esclusione, 248. 

ISTRUZIONE PUBBLICA 

-Istruzione superiore -Universit� 
Cattolica del S. Cuore -Placet 
dell'autorit� ecclesiastica per i 
docenti -Illegittimit� costituzionale 
-Eclusione, 75. 

LAVORO 

-Collocamento lavoratori -Richieste 
nominativi di mano d'opera 
-Disciplina -Decreto ministeriale 
-Omessa acquisizione 
del parere della Commissione 
consultiva -Illegittimit�, 187. 

-Collocamento lavoratori -Richieste 
nominativi di mano d'opera 
-Legge n. 300 del 1970 -Validit� 
per ogni settore di attivit� Conseguenza, 
187. 

MILITARE 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Autonomia dei 
singoli giudizi -Limiti -Illegittimit�, 
con nota di G. GIOVANNINI, 

176. 
-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Censure riferite 
ai precedenti di ufficiali parigrado 
-Inammissibilit�, con nota di 

G. 
GIOVANNINI, 165. 
- 
Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Comunicazione 
sintetica del rapporto personale 

o informativo -Onere dell'impugnazione 
-Fattispecie, con nota 
di G. GIOVANNINI, 165. 
-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Giudizio negativo 
-Precedenti non costantemente 
ottimi -Eccesso di potere 
-Insussistenza, con nota di G. 
GIOVANNINI, 167. 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Giudizio negativo 
-Precedenti non costantemente 
ottimi -Vizio di eccesso 
di potere -Insussistenza, con nota 
di G. GIOVANNINI, 165. 

-Ufficiale dell'Esercito -Avan�lamento 
a scelta -Impugnative 
proponibili, con nota di G. G10VANNIN1, 
169. 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Ottimo disimpegno 
dei compiti -Insufficienza, 
con nota di G. GIOVANNINI, 165. 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta .. Pluralit� di titoli 
da valutare -Mancanza di taluni 
titoli -Criteri di valutazione, 
con nota di G. GIOVANNINI, 

167. 
-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Posizione deteriore 
rispetto a precedente giudizio 
-Legittimit� -Fattispecie, 
con nota di G. GIOVANNINI, 167. 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Reclamo al Ministro 
-Omissione -Inammissibilit� 
del ricorso giurisdizionale, 
con nota di G. GIOVANNINI, 175. 



INDICE 
XIII 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Risultati uniformi 
per gruppi di titoli diversi Eccesso 
di potere -Insussistenza, 
con nota di G. GIOVANNINI, 167. 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Variet� di titoli 
-Punteggio non ripartito -Illegittimit�, 
con nota di G. G10VANNINI, 
175. 

-Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento 
a scelta -Vizio di eccesso 
di potere per contrasto con i precedenti 
di carriera non costantemente 
ottimi -Insussistenza, 
con nota di G. GIOVANNINI, 171. 

-Ufficiale dell'Esercito -Giudizi 
distinti per l'avanzamento a scelta 
-Autonomia -Limiti, con nota 
di G. GIOVANNINI, 169. 

-Ufficiale dell'Esercito -Impugnative 
avverso i documenti caratteristici 
-Termine di decadenza, 
con nota di G. GroVANNINI, 

171. 
-Ufficiale dell'Esercito -Mancanza 
di titoli -Migliore valutazione 
ai fini dell'avanzamento a scelta 
-Eccesso di potere -Non configurabilit�, 
con nota di G. G10vANNINI, 
171. 

- 
Ufficiale dell'Esercito -Seconda 
revisione -Necessit� di motivazione 
della omessa concessione 
di elogio proposta in sede di prima 
revisione -Insussistenza, con 
nota di G. GroVANNINI, 171. 

MISURE DI SICUREZZA 

-Accertamenti del giudice di sorveglianza 
-Osservanza del contraddittorio 
-Obbligo delle ricerche 
dell'interessato -Ipotesi 
varie, 40. 

-Assegnazione a casa di lavoro ed 
a colonia agricola -Applicabilit� 
anche all'inabile al lavoro -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
37. 

PENSIONI 

-Dipendenti Enti locali -Assegni 
vitalizi -Limitazione alla concessione 
-Illegittimit� costituzionale, 
91. 

-Pensioni degli Istituti di Previdenza 
-Riversibilit� a favore del 
marito -Condizione della convivenza 
a carico -Illegittimit� costituzionale 
-Eclusione, 89. 

-Pensioni del personale delle Ferrovie 
dello Stato -Perdita per 
dimissioni -Illegittimit� costituzionale, 
90. 

-Riordinamento della Previdenza 
marinara -Massimo della pensione 
per gli ufficiali naviganti Numero 
degli anni eccessivo -Illegittimit� 
costituzionale, 100. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Enti previdenziali -Acquisto di 
beni -Approvazione dei piani ai 
sensi dell'art. 65 legge 20 aprile 
1969, n. 153 -Esonero dalle procedure 
previste per gli acquisti 
dei beni in relazione all'esercizio 
finanziario cui si riferisce il piano 
-Disciplina transitoria nel periodo 
dal 1� maggio 1969 (data di 
entrata in vigore della legge) al 
31 dicembre 1969, 183. 

-Fondo sociale -Versamento di 
contributi a carico delle pensioni 
del personale addetto ai pubblici 
servizi di telefonia -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 3. 

-Pensioni dell'assicurazione obbligatoria 
-Riversibilit� solo a favore 
del marito invalido -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
88. 

-Previdenza dei giornalisti -Impignorabilit� 
delle pensioni e di altri 
assegni -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 101. 

PREZZI 

-Comitato provinciale prezzi 
Competenza -Ordine di revoca 
di provvedimento gi� adottato 
dal Comitato, impartito dal Ministro 
Presidente del C.I.P. -Illegittimit�, 
con nota di F. MARiuzzo, 
177. 

-Disciplina -Criteri e principi 
generali -Riduzione di prezzi 
gi� in precedenza determinati Legittimit�, 
con nota di F. MAnzuzzo, 
177. 


XIV 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Comparsa di risposta 
contenente appello incidentale 
nei confronti del coappellato contumace 
-Notificazione -Inosservanza 
-Effetti -Rilevabilit� 
d'Ufficio -Esclusione, 161. 

-Impugnazione -Morte o perdita 
della capacit� della parte dopo la 
pubblicazione della sentenza Notifica 
della impugnazione nei 
confronti della parte costituita Validit� 
-Condizioni, con nota 
di G. O. Russo, 134. 

-Ricorso per Cassazione -Deposito 
di documenti nuovi -Divieto 
-Limiti, 153. 

-Societ� non aventi personalit� 
giuridica -Notificazione nel luogo 
ove svolgono l'attivit� in modo 
continuativo -Efficacia, 153. 

PROCEDIMENTO PENALE 

Casellario giudiziale -Iscrizione 
di sentenza applicativa di amnistia 
dopo sentenza non irrevocabile 
di condanna -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 64. 

-Decreto di irreperibilit� -Emissione 
anteriore alla data di arrivo 
delle informazioni sulle ricerche 
effettuate per accertare il 
domicilio dell'imputato -Legittimit�, 
291. 

-Difesa e difensori -Incoll}.patibilit� 
-Estremi e limiti, 290. 

-Giudizio davanti al Pretore Mancata 
attivit� istruttoria 
Omesso avviso di procedimento 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
80. 

-Giudizio per decreto -Imputato 
assente -Illegittimit� costituzionale
� -Esclusione, 25. 

Giudizio per decreto -Mancato 
obbligo del difensore nella fase 
di opposizione -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 71. 

-Impedimento del difensore di fiducia 
-Mancato obbligo di rinvio 
del dibattimento -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

62. 
-Impugnazione del difensore 
Esclusione del patrocinatore legale 
o praticante procuratore Illegittimit� 
costituzionale -Insussistenza, 
1. 

-Incidenti di esecuzione -Mancata 
comparizione del difensore di 
ufficio -Decisione dell'incidente 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
17. 

-Istruzione sommaria -Richiesta 
di citazione a giudizio -Omesso 
previo deposito degli atti -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
79. 

-Parte offesa dal reato ,_ Irreperibilit� 
-Omissione della citazione 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
67. 

-Rito direttissimo pei reati sul 
controllo delle armi -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 47. 

-Rito direttissimo -Reati di stampa 
-Obbligatoriet� del rito e sue 
conseguenze -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 50. 

-Rito direttissimo -Sommario interrogatorio 
dell'imputato -Mancata 
assistenza del difensore -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
48. 

-Rito pretorile direttissimo -Impossibilit� 
di richiedere l'istruzione 
sommaria -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 46. 

-Tribunale per i minorenni -Deroga 
alla competenza nelle ipotesi 
di connessione con reati commessi 
da maggiorenni -Illegittimit� 
costituzionale, 82. 

REATO 

-Peculato -Momento consumativo 
del reato -Restituzione o volont� 
di restituire -Irrilevanza Peculato 
d'uso -Configurabilit� 
-Condizioni, 289. 

-Reati e pene -Dichiarazione di 
abitualit� presunta e pronunciata 
in ogni tempo -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 40. 

-Reati e pene -Oltraggio a pubblico 
ufficiale ed a pubblico impiegato 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 33. 



INDICE 
xv 

-Reati e pene -Reato continuato 
-Limitazione a pi� violazioni 
della stessa disposizione di legge 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
108. 

-Reati e pene -Recidiva -Computo 
delle condanne estinte per 
amnistia -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 28. 

REGIONE 

-Impugnativa da parte dello Stato 
di legge regionale -Promulgazione 
medio tempore della legge Carenza 
di potere del Presidente 
della Regione, 6. 

-Regione Lombarda -Legge sul 
trattamento economico del personale 
comandato per la prima 
costituzione degli uffici e dei servizi 
regionali -Illegittimit� costituzionale, 
6. 

-Regioni a statuto ordinario -Beni 
forestali -Approvazione di 
vincoli -Spettanza allo Stato, 
113. � 

-Regioni a statuto ordinario -Potere 
di riconoscimento degli Enti 
ospedalieri, o di compimento di 
atti <!onnessi -Decorrenza dalla 
durata dei decreti delegati traslativi 
delle funzioni, 25. 

-Regioni a statuto speciale -Norme 
di attuazione -Precedenza 
sulle leggi ordinarie -Ipotesi di 
conflitto e non di abrogazione fra 
le due norme -Ammissibilit� del 
giudizio di legittimit� costituzionale 
sulla legge ordinaria, 20. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Scontro tra veicoli -Presunzione 
di colpa -Limitazione al solo 
conducente il veicolo non danneggiato 
-Illegittimit� costituzionale, 
91. 

SICILIA 

-Concessione per distributori di 
carburanti -Competenza statale Ipotesi 
di esclusione -Illegitti


mit� costituzionale della relativa 
normativa -Ipotesi di riserva allo 
Stato -Infondatezza della questione, 
20. 

-Previdenza e assistenza sociale Casse 
mutue malattie -Poteri di 
vigilanza e di nomina di amministratori 
e sindaci -Competenza 
dello Stato, 113. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Diffusione di notizie false, esagerate 
e tendenziose -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 84. 

-Diffusione di scritti e disegni 
contrari agli ordinamenti costituiti 
-Illegittimit� costituzionale, 
84. 

SOCIET� 

- 
Societ� per azioni e consorzi 


� 
Adeguamento dei rispettivi statuti 
alle disposizioni del Codice 
civile del 1942 -Proroga del termine 
fino alla revision� del Codice 
civile -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 13. 

STAMPA 

-Obbligo per lo stampatore d1 
consegnare copia delle pubblicazioni 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 85. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-Competenza in materia di protezione 
della flora e della fauna Legge 
sul Parco Nazionale dello 
Stelvio -Nuova normativa statutaria 
-Inammissibilit� delle 
questioni, 111. 

VALLE D'AOSTA 

-Norme per la protezione della 
flora spontanea -Sanzioni penali 
-Rinvio al Codice penale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
94. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
24 luglio 1972, n. 145 
27 luglio 1972, n. 146 
27 luglio 1972, n. 147 
pag. 1 
3 
6 
INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
24 luglio 1972, n. 145 
27 luglio 1972, n. 146 
27 luglio 1972, n. 147 
pag. 1 
3 
6 
27 luglio 1972, n. 148 
27 luglio 1972, n. 150 
27 luglio 1972, n. 151 
15 novembre 1972, n. 157 
15 novembre 1972, n. 158 
15 novembre 1972, n. 159 

28 novembre 1972, n. 163 
28 novembre 1972, n. 164 
28 novembre 1972, n. 165 
28 novembre 1972, n. 16� 
28 novembre 1972, n. 167 
28 novembre 1972, n. 168 
12 dicembre 1972, n. 169 
12 dicembre 1972, n. 170 
12 dicembre 1972, n. 171 
12 dicembre 1972, n. 172 
12 dicembre 1972, n. 173 
12 dicembre 1972, n. 176 
12 dicembre 1972, n. 177 
21 dicembre 1972, n. 182 
21 dicembre 1972, n. 183 
21 dicembre 1972, n. 187 
21 dicembre 1972, n.� 188 
21 dicembre 1972, n. 189 
21 dicembre 1972, n. 190 
29 dicembre 1972, n. 195 
29 dicembre 1972, n. 196 
29 dicembre 1972, n. 197 
29 dicembre 1972, n. 198 
29 dicembre 1972, n. 199 
29 dicembre 1972, n. 201 
29 dicembre 1972, n. 202 
29 dicembre 1972, n. 203 
29 dicembre 1972, n. 204 
29 dicembre 1972, n. 205 
30 dicembre 1972, n. 210 
30 dicembre 1972, n. 211 
30 dicembre 1972, n. 213 
30 dicembre 1972, n. 214 
30 dicembre 1972, n. 215 
30 dicembre 1972, n. 216 
30 dicembre 1972, n. 217 
30 dicembre 1972, n. 218 

13 
17 
20 
23 
25 
25 
28 
30 
33 
35 
37 
40 
46 
47 
48 
50 
56 
60 
62 
64 
66 
67 
69 
71 
72 
74 
79 
80 
82 
84 
88 
89 
90 
91 
91 
94 
96 
100 
101 
103 
106 
108 
111 



INDICE 

30 dicembre 1972, n. 219 
30 dicembre 1972, n. 220 
30 dicembre 1972, n. 221 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 7 aprile 1972, n. 1041 
Sez. Un., 26 giugno 1972, n. 2151 
Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2392 
Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2394 
Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2852 
Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2856 
Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2864 
Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2865 
Sez. Un., 7 ottobre 1972, n. 2914 
Sez. Un., 7 ottobre 1972, n. 2918 
Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2940 . 
Sez. Un., 16 ottobre 1972, n. 3082 
Sez. I, 25 ottobre 1972, n. 3218 . 
Sez. I, 27 ottobre 1972, n. 3300 . 
Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3375 
Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3383 
Sez. I, 17 novembre 1972, n. 3419 
Sez. III, 21 novembre 1972, n. 3431 
Sez. Un., 24 novembre 1972, n. 3436 
Sez. I, 4 dicembre 1972, n. 3494 
Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3503 
Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3506 
Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3505 
Sez. I, 7 dicembre 1972, n. 3538 
Sez. III, 28 dicembre 1972, n. 3676 
Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 40 . 
Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 54 . 
Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 113 
Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 120 
Sez. I, 18 gennaio 1973, n. 171 
Sez.' I, 18 gennaio 1973, n. 179 
Sez. I, 25 gennaio 1973, n. 250 
Sez. Un., 21 febbraio 1973, n. 515 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

5 dicembre 1972, n. 45 
16 dicembre 1972, n. 49 


xvn 

pag. 113 

113 

119 

pag. 193 
201 
204 
208 
210 
217 
220 
224 
121 
128 
228 
129 
134 
231 
233 
236 
239 
240 
130 
148 
241 
153 
242 
247 
161 
248 
251 
277 
253 
229 
256 
270 
274 

pag. 280 
287 


XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 
CONSIGLIO DI STATO 
Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 667 
Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 884 
Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887 
Sez. IV, 17 ottobre 1972, n .. 891 
Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 929 
Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 943 
Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 944 
Sez. IV, 31 ottobre 1972, n. 992 
Sez. IV, 31 ottobre 1972, n. 997 
Sez. V, 17 ottobre 1972, n. 677 
Sez. V, 27 ottobre 1972, n. 733 
Sez. VI, 24 ottobre 1972, n. 600 
Sez. VI, 27 ottobre 1972, n. 672 
Sez. VI, 31 ottobre 1972, n. 700 
pag. 164 
165 
167 
169 
171 
175 
176 
177 
179 
180 
181 
183 
187 
190 

GIURISDIZIONI PENALI 
CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. VI, 3 maggio 1972, n. 2965 
Sez. VI, 31 maggio 1972, n. 3937 
Sez. I, 19 dicembre 1972, n. 8542 
pag. 289 
290 
291 

"',�, 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE QUESTIONI 


COMUNITA EUROPEE 

-CEE -Decisione del Consiglio 
dei Ministri CEE -Se possa ritenersi 
esecutiva in Italia, 1. 

-CEE -Norme di abolizione del 
diritto di statistica -Se abbiano 
immediata forza precettiva, 1. 

-CEE -Prodotti esenti da prelievo 
-Supplemento di prelievo Se 
sia applicabile, 1. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni tributarie in Sicilia 
-Atto di acquisto di case di 
nuova costruzione, 2. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Ritenuta di acconto operata da 
Enti su somme corrisposte per 

prestazioni professionali -Se sia 
applicabile anche quando il pagamento 
debba essere effettuato 
al procuratore legale distrattario, 
1. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Sgravio dai ruoli -Necessit� del 
preventivo ricorso alle Commissioni 
per adire l'A.G.O., 2. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Ingiunzione -Opposizione -Recupero 
diritti di prelievo -Trattamento 
pi� favorevole dell'importatore 
-Richiesta di applicabilit�, 
2. 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


AERONAUTICA ED AEROMOBILI 

-Aeroporto -Direttore -Poteri 
di polizia -Demanio aeronautico 
(cod. nav., artt. 692 e 718), 17. 

ALBERGHI 

-Albergo -Vincolo alberghiero Esecuzione 
forzata -Vendita Effetto 
(1. 15 febbraio 1962, n. 68; 

1. 13 marzo 1968, n. 326; c.p.c., 
art. 586), 17. 
APPALTO 

-Fallimento dell'appaltatore 
Cauzione prestata da terzo con 
beni propri -Rivalsa del committente 
-Appalto di oo.pp. Cauzione 
prestata presso Cassa 
DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione 
committente -Forma 
(art. 5 Cap. Gen. 00.PP. appr. 
con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063; 
artt. 289 segg. istruzioni servizi 
depositi Cassa DD.PP.), 17. 

-Richiesta interessi del 5% su fatture 
emesse tra il 16 gennaio e 
il 7 aprile 1971 relative a servizio 
manovalanza (art. 41 d.m. 30 giugno 
1960, n. 123; art. 1224 e.e.), 

17. 
AUTOVEICOLI 

-Incidente stradale -Dipendente 
non autorizzato all'uso del veicolo 
-Azione di regresso dell'Amministrazione 
-Natura -Termine 
prescrizionale, 17. 

CERTIFICAZIONE 

-Casse di Previdenza -Contributo 
-Cancellerie commerciali 


Deposito atti -Rilascio documenti 
(1. 12 marzo 1969, n. 410, art. 1; 

r.d. 27 dicembre 1822, n. 1139, 
artt. 5 e 10), 18. 
CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Incidente stradale -Dipendente 
non autorizzato all'uso del veicolo 
-Azione di regresso dell'Amministrazione 
-Natura -Termine 
prescrizionale, 18. 

COMPRAVENDITA 

-Alienazione, ad enti pubblici, di 
beni facenti parte del patrimonio 
disponibile dello Stato -Vincolo 
di destinazione -Clausole da inserire 
nei relativi contratti, 18. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Abbonamenti sugli autoservizi di 
linea -Rimborso in caso di sciopero 
del personale (1. 28 settembre 
1939, n. 1822, art. 3), 18. 

-Concessioni amministrative di 
beni demaniali agricoli -Legge 
11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto 
di fondi rustici -Applicabilit� 
(1. 11 febbraio 1971, n. 11), 

19. 
-Concessioni amministrative 
Gratuit� -Ad ente pubblico con 
finalit� concorrenti con quelle 
dello Stato -Ammissibilit� -Effetti, 
19. 

- 
Concessioni beni demaniali agricoli 
-Rivalutazione del canone Applicabilit� 
(1. 11 febbraio 1971, 

n. 11), 19. 
- 
Ferrovia concessa -Concessionario 
decaduto -Disavanzi precedenti 
la decadenza -Adeguamento 
della sovvenzione di esercizio 
-Sussidio integrativo di eser



INDICE 

c1z10 (1. 2 agosto 1952, n. 1221, 

artt. 2 e 5; r.d. 29 luglio 1938, 

n. 
1121, art. 27), 19. 
CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Appalto -Fallimento dell'appaltatore 
-Cauzione prestata da terzo 
con beni propri -Rivalsa del 
committente -Appalto di oo.pp. 
-Cauzione prestata presso Cassa 
DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione 
committente -Forma 
(art. 5 Cap. Gen. 00.PP. appr. 
con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063; 
artt. 289 segg. istruzioni servizi 
depositi Cassa DD.PP.), 19. 

-Fondo di rotazione per Trieste e 
Gorizia -Recupero crediti -T.rasporto 
nella contabilit� demaniale 
-Somme recuperate -Destinazione 
(1. 18 ottobre 1955, numero 
908), 19. 

CONTRATTI AGRARI 

-Concessioni amministrative di 
beni demaniali agricoli -Legge 
11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto 
di fondi rustici -Applicabilit� 

(1. 11 febbraio 1971, n. 11), 20. 
- 
Concessioni di beni demaniali 
agricoli -Rivalutazione del canone 
-Applicabilit� (1. 11 febbraio 
1971, n. 11), 20. 

CONTRIBUTI 

-Casse di Previdenza -Contributo 
-Cancellerie commerciali Depo:;
ito atti -Rilascio documenti 
(legge 12 marzo 1969, n. 410, 
art. 1; r.d. 27 dicembre 1822, numero 
1139, artt. 5 e 10), 20. 

CORTE DEI CONTI 

-Case dello Stato assegnate in locazione 
di cui l'I.A.C.P. sia gestore 
-Mancato versamento da 
parte dell'I.A.C.P. dei canoni Giurisdizione 
contabile della 

Corte dei conti (1. 30 dicembre 
1960, n. 1676, art. 4; d.l.C.P.S. 10 
aprile 1947, n. 261, art. 55; 1. 4 
marzo 1952, artt. 22, 24, 25; 1. 9 
agosto 1954, n. 640, artt. 6, 7; t.u. 
12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44, 
45), 20. 

DAZI DOGANALI 

-Importazione -Distruzione della 
merce per fatto gravemente colposo 
di terzo estraneo all'importatore 
(1. 25 settembre 1940, 

n. 1424, art. 4 bis; d.P.R. 2 febbraio 
1970, n. 62, art. 1), 21. 
DEMANIO 

-Aeroporto -Direttore -Poteri di 
polizia -Demanio aeronautico 
(Cod. nav., artt. 692 e 718), 21. 

-Alienazione, ad enti pubblici, di 
beni facenti parte del patrimonio 
disponibile dello Stato -Vincolo 
di destinazione -Clausole da inserire 
nei relativi contratti, 21. 

-Concessioni amministrative di 
beni demaniali agricoli -Legge 
11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto 
di fondi rustici -Applicabilit� 

(1. 11 febbraio 1971, n. 11), 21. 
-Concessioni amministrative 
Gratuit� -Ad ente pubblico con 
finalit� concorrenti con quelle 
dello Stato -�Ammissibilit� -Effetti, 
21. 

-Concessioni di beni demaniali 
agricoli -Rivalutazione del canone 
-Applicabilit� (legge 11 
febbraio 1971, n. 11), 22. 

DIFESA DELLO STATO 

-Attivit� consultiva dell'Avvocatura 
dello Stato a favore delle 
regioni a statuto ordinario ed agli 
uffici ex statali trasferiti alle regioni 
stesse -Ammissibilit� 


(t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; legge 
16 maggio 1970, n. 281), 22. 

XXII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Citazione in giudizio di ufficiale 
giudiziario in relazione a protesto 
cambiario -Richiesta di patrocinio 
dell'Avvocatura (r.d. 30 ottobre 
1933, n. 1611, art. 44), 22. 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 


-Case dello Stato assegnate �n locazione 
di cui l'I.A.C.P. sia gestore 
-Mancato versamento da parte 
dell'I.A.C.P. dei canoni -Giurisdizione 
contabile della Corte 
dei conti (legge 30 dicembre 
1960, n. 1676, art. 4; d.l.C.P.S. 10 
aprile 1947, n. 261, art. 55; legge 
4 marzo 1952, artt. 22, 24, 25; legge 
9 agosto 1954, n. 640, artt. 6, 
7; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, 
artt. 44, 45), 22. 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

-Servit� di elettrodotto � inamovibile� 
-Diritto all'indennit� in 
caso di spostamento (r.d. 11 dicembre 
1933, n. 1775, artt. 122, 
126), 22. 

ESECUZIONE FORZATA 

-Albergo -Vincolo alberghiero Esecuzione 
forzata -Vendita Effetto 
(legge 15 febbraio 1962, 

n. 68; legge 13 marzo 1968, n. 326; 
c.p.c., art. 586), 23. 
-Pignoramento di stipendio per 
debito tributario non contratto 
dal dipendente pubblico, ma a 
lui pervenuto per successione 


(d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, 
art. 2), 23. 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

Sicilia -Zone terremotate del 
1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� 
-Deposito -Ius superveniens 
-Pagamento diretto (d.l. 
1� giugno 1971, JJ.. 289, art. 7), 23. 

-Trasferimento e ricostruzione di 
abitati -Espropriazione aree Disciplina 
-Legge 22 ottobre 
1971, n. 865 -Applicabilit� alle 
espropriazioni in corso -Indennit� 
-Determinazione -Competenza 
(legge 9 luglio 1908, n. 446, 
art. 64; legge 9 aprile 1955, n. 279; 

d.I. 18 novembre 1966, n. 976, 
conv. con mod. in legge 23 dicembre 
1966, n. 1142; legge 22 
ottobre 1971, n. 865, artt. 9 e seguenti; 
le�gge 25 febbraio 1972, 
n. 
13, art. 1 ter), 23. 
FALLIMENTO 

-Appalto -Fallimento dell'appaltatore 
-Cauzione prestata da terzo 
con beni propri -Rivalsa del 
committente -Appalto di oo.pp. 
-Cauzione prestata presso la 
Cassa DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione 
committente -Norma 
(art. 5 Cap. Gen. 00.PP. 
appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063; artt. 289 e segg. istruzioni 
servizi depositi Cassa DD.PP.), 
24. 
FERROVIE 

-Ferrovia concessa -Concessionario 
decaduto -Disavanzi precedenti 
la decadenza -Adeguamento 
della sovvenzione di esercizio 
-Sussidio integrativo di esercizio 
(1. 2 agosto 1952, n. 1221, 
art. 2 e 5; r.d. 29 luglio 1938, numero 
1121, art. 27), 24. 

FORESTE 

-Terreni forestali da trasferirsi alle 
regioni -Crediti gi� maturati 
per loro occupazione -Titolarit� 

(I. 16 maggio 1970, n. 281, art. 
11), 24. 
- 
Trasferimento alle regioni delle 
funzioni dello Stato in materia di 
agricoltura e foreste -Applicazione 
di sanzioni amministrative 
per violazione norme di polizia 
forestale -Inclusione (d.P.R. 15 


INDICE XXIII 

gennaio 1972, n. 11; legge 9 ot


tobre 1967, n. 950), 24. 

-Trasferimento alle regioni di beni 
forestali -Terreni per i quali 
sia stata gi� emessa la dichiarazione 
dell'inesistenza del vincolo 
di destinazione (1. 16 maggio 
1970, n. 281, art. 11, comma quinto), 
25. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Citazione in giudizio di ufficiale 
giudiziario in relazione a protesto 
cambiario -Richiesta di patrocinio 
dell'Avvocatura (r.d. 30 ottobre 
1933, n. 1611, art. 44), 25. 

-Dipendente statale -Promozione 
con effetto retroattivo -Ricostruzione 
della carriera -Emolumenti 
arretrati -Interessi di mora 
(e.e., art. 1234), 25. 

-Dipendenti statali -Aggiunta di 
famiglia -Figli minori apprendisti 
(1. 10 agosto 1964, n. 656, articolo 
9; d.l. 27 novembre 1947, 

n. 1331, art. 2), 25. 
-Indennit� di rischio ex legge 30 
giugno 1971, n. 518 -Personale 
sanitario ausiliario del Poligrafico 
-Spettanza (1. 30 giugno 
1971, n. 518), 25. 

-Pignoramento di stipendio per 
debito tributario non contratto 
dal dipendente pubblico, ma a 
lui pervenuto per successione 

(d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, 
art. 2), 25. 
-Prestatore di lavoro saltuario Applicabilit� 
delle leggi n. 249 
del 1968 e n. 775 del 1970 ai fini 
dell'inquadramento (1. 28 ottobre 
1970, n. 775, art. 25; 1. 18 marzo 
1968, n. 249, art. 21), 26. 

-Pubblici dipendenti -Prescrizione 
del diritto alla retribuzione Decorrenza 
-Sent. Corte cost. 3 
giugno 1966, n. 63 -Operativit� 
nei confronti dei rapporti giuridici 
anteriori, non definiti con 
sentenza passata in giudicato 

(artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 2956 

11. 1 e.e.), 26. 
IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 


-Pubblico serv1z10 automobilistico 
-Esercizio abusivo con veicoli 
non idoneo -Tassa concessioni 
governative -Omesso pagamento 
-Conseguenze (t.u. 1 marzo 
1961, 11. 121, art. 185, Tab. all. A), 

26. 
IMPOSTA DI REGISTRO 

-Decreti ingiuntivi -Tassazione 
graduale -Ammissibilit� -Limite 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
all. A, art. 114), 26. 

-Edificio distrutto da eventi bellici 
-Compropriet� dell'area di 
risulta -Reciproche concessioni 
ad aedificandum tra comproprietari 
-Ricostruzione dell'edificio 

(1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 
67), 26. 
-Societ� -Passaggio di riserve a 
capitale per copertura perdite 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
all. A, artt. 85 e 88), 27. 
-Vendita di fabbricato o area edilizia 
tra parenti entro il terzo 
grado -Presunzione di liberalit� 
-Agevolazioni per i trasferimenti 
onerosi -Applicabilit� (d.l. 8 
marzo 1945, n. 90, art. 5; d.l. 15 
marzo 1965, n. 124, art. 44), 27. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Impresa artigiana in forma di societ� 
di persone -Classificazione 
del reddito ai fini della R.M. (t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645, art. 85), 

27. 
IMPOSTE DIRETTE 

-Esenzione decennale alle nuove 
imprese artigiane e alle nuove 
piccole industrie costituite nelle 
zone depresse del centro-nord 

(1. 29 maggio 1957, n. 635, art. 8), 
27. 

XXIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Imposta RM-C/2 -Imposta complementare 
-Sostituto d'imposta 
-Mancato pagamento -Reato 
finanziario -Azienda municipalizzata 
-Controllo sostitutivo Societ� 
per azioni -Denuncia degli 
amministratori (t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645, artt. 87, 127 e 
261; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, 
art. 19; e.e. art. 2409), 27. 

IMPOSTE E TASSE 

-Pignoramento di stipendio per 
debito tributario non contratto 
dal dipendente pubblico, ma a 
lui pervenuto per successione 

(d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, 
art. 2), 28. 
INTERESSI 

-Dipendente statale -Promozione 
con effetto retroattivo -Ricostruzione 
della carriera -Emolumenti 
arretrati -Interessi di mora 
(e.e., art. 1234), 28. 

-Richiesta di interessi del 5% su 
fatture emesse tra il 16 gennaio 
e il 7 aprile 1971 relative a servizio 
manovalanza (art. 41, d.m. 
30 giugno 1960, n. 123, art. 1224 
e.e.), 28. 

ISTRUZIONE 

-Sicilia -Scuole professionali Alunni 
e personale insegnante Assicurazione 
obbligatoria infortuni 
sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 
1965, n. 1124, art. 127), 28. 

LAVORO 

-Istituto Poligrafico dello Stato Dipendenti 
-Crediti di lavoro Prescrizione 
-Decorrenza (e.e., 
art. 2948, n. 4), 29. 

-Pubblici dipendenti -Prescrizione 
del diritto alla retribuzione 


Decorrenza -Sent. Corte Cost. 3 

�

giugno 1966, n. 63 -Operativit� i 

nei confronti dei rapporti giuri


1

dici anteriori, non definiti con \ 

sentenza passata in giudicato 

\

(artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2, 2956, I 

n. 1 e.e.), 29. I 
-Statuto dei lavoratori -ControlI 
lo dei lavoratori sull'applicazione 
delle norme di prevenzione 
infortuni e malattie professionali 
-Soggetto passivo -Datore di 
lavoro -Ispettorato del lavoro 

(1. 20 maggio 1970, n. 300, art. 9), 
29. 
NAVI 

-Trasporto marittimo -Scarico Impossibilit� 
per scioperi -Stallie 
-Decorrenza (art. 445 cod. 
nav.), 29. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Richiesta interessi del 5% su fatture 
emesse tra il 16 gennaio e 
il 7 aprile 1971 relative a servizio 
manovalanza (art. 41, d.m. 30 
giugno 1960, n. 123; art. 1224 
e.e.), 29. � 

OPERE PUBBLICHE 

-Opere in conglomerato cementizio 
-Competenza del Genio Civile 
(1. 5 novembre 1971, n. 1086), 

30. 
PENSIONI 

-Indennit� di buonuscita -Competenze 
accessorie (r.d. 8 gennaio 
1931, n. 148, ali. A, artt. 26 e 27), 

30. 
-Orfano maggiorenne di dipendenti 
o pensionati statali -Pensioni 
di riversibilit� -Cumulo 




INDICE 
xxv 

Scelta (d.P.R. 11 gennaio 1956, 

n. 20, art. 21; I. 15 febbraio 1958, 
n. 46, artt. 12 segg.), 30. 
PRESCRIZIONE 

-Incidente stradale -Dipendente 
non autorizzato all'uso del veicolo 
-Azione di regresso dell'Amministrazione 
-Natura -Termine 
prescrizionale, 30. 

-Istituto Poligrafico dello Stato Dipendenti 
-�rediti di lavoro -
Pres�rizione -Decorrenza (e.e., 
art. 2948, n. 4), 30. 

-Pubblici dipendenti -Prescrizione 
del diritto alla retribuzione Decorrenza 
-Sent. Corte Cost. 
3 giugno 1966, n. 63 -Operativit� 
nei confronti dei rapporti giuridici 
anteriori, non definiti con 
sentenza passata in giudicato 
(artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2; 2956, 

n. 1 e.e.), 31. 
PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Casse di Previdenza -Contributo 
-Cancellerie commerciali -Deposito 
atti -Rilascio documenti 

(1. 
12 marzo 1968, n. 410, art. 1; 
r.d. 27 dicembre 1882, n. 1139, 
artt. 5 e 10), 31. 
_:_ 
Sicilia -Scuole professionali Alunni 
e personale insegnante Assicurazione 
obbligatoria infortuni 
sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 
1965, n. 1124, art. 127), 31. 

PUBBqco UFFICIALE 

-Dipendenti della S.E.A. (Societ� 
esercizi aeroportuali) -Qualit� di 
pubblici ufficiali, 31. 

REATI FINANZIARI 

-Imposta RM-C/2 -Imposta complementare 
-Sostituto d'imposta 
-Mancato pagamento -Reato fi


nanziario -Azienda municipalizzata 
-Controllo sostitutivo -Societ� 
per azioni -Denuncia degli 
amministratori (t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645, artt. 87, 127 e 261; 

r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 19; 
e.e. art. 2409), 31. 
REGIONE SICILIA 

-Sicilia -Scuole professionali Alunni 
e personale insegnante Assicurazione 
obbligatoria infortuni 
sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 
1965, n. 1124, art. 127), 32. 

-Sicilia -Zone terremotate del 
1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� 
-Deposito -Ius superveniens 
-Pagamento diretto ( d.l. 
1 � giugno 1971, n. 289, art. 7), 32. 

REGIONI 

-Attivit� consultiva dell'Avvocatura 
dello Stato a favore della 
Regione a statuto ordinario ed 
agli Uffici ex statali trasferiti alle 
Regioni stesse -Ammissibilit� 

(t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; 1. 16 
maggio 1970, n. 281), 32. 
-Trasferimento alle Regioni delle 
funzioni dello Stato in materia di 
agricoltura e foreste -Applicazione 
di sanzioni amministrative 
per violazione norme di polizia 
forestale -Inclusione (d.P.R. 15 
gennaio 1972, n. 11; I. 9 ottobre 
1967, n. 950), 32. 

-Trasferimento alle Regioni di beni 
forestali -Terreni per i quali 
sia stata gi� emessa la dichiarazione 
dell'inesistenza del vincolo 
di destinazione (1. 16 maggio 
1970, n. 281, art. 11, quinto comma), 
33. 

RESPONSABILITA CIVILE 

-Incidente stradale -Dipendente 
non autorizzato all'uso del veico



XXVI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lo -Azione di regresso dell'Amministrazione 
-Natura -Termine 
prescrizionale, 33. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Provvedimento della Regione Ricorso 
straordinario al Capo 
dello Stato -Istruttoria -Organo 
competente (d.P.R. 24 novembre 
1971, n. 1199, art. 11, terzo comma), 
33. 

TRANSAZIONE 

-Procedimento penale -Risarcimento 
del danno sub�to dalla 
parte lesa -Transazione, 33. 

TRASPORTO 

-Abbonamento sugli autoservizi 
di linea -Rimborso in caso di 
sciopero del personale (1. 28 settembre 
1939, n. 1822, art. 3), 33. 

-Trasporto marittimo -Scarico Impossibilit� 
per scioperi -Stallie 
-Decorrenza (art. 445 cod. 
nav.), 34. 

VIOLAZIONI TRIBUTARIE 

-Pubblico servizio automobilistico 
-Esercizio abusivo con veicolo 
non idoneo -Tassa concessioni 
governative -Omesso pagamento 
-Conseguenze (t.u. 1� marzo 
1961, n. 121, art. 185, Tab. all. 
A), 34. 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
QUESTIONI 
LEGISLAZIONE 
pag. 1 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I. -Norme dichiarate incostituzionali 
II. -Questioni dichiarate non fondate 
III. -Questioni proposte 
INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 
pag. 3 
4 
6 
16 
17 


PARTE PRIMA 



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SEZIONE :i'RIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (*) 


CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 145 -Pres. Chiarelli -

Rel. De Marco -Marrongiello (n.c.) e Presidente Consiglio dei 

Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Procedimento penale -Impugnazione del difensore -Esclusione del 
patrocinatore legale o praticante procuratore -Illegittimit� 
costituzionale -Insussistenza. 

(Cost., artt. 3, 34; c.p.p., art. 192, ultimo comma; 529, primo comma). 

Non � fondata, con riferimento ai principi: di eguaglianza e di 
difesa, la questione di legittimit� costituzionale deli'art. 192, ultimo 
comma, c.p.p. e dell'art. 529, primo comma, dello stesso codice, in 
base ai quali viene escluso dal diritt.o di proporre� impugnazione il 
difensore dell'imputato nel giudizio a quo che sia patrocinatore legale 
o praticante procuratore (1). 

(Omissis). -1. -L'art. 192 c.p.p. dispone che il diritto di impugnativit� 
pu� essere esercitato: 
a) dall'imputato personalmente o per mezzo di procuratore speciale 
(primo comma); 
b) dai genitori, per i figli minori sottoposti alla loro potest�, o 
dal tutore, per le persone sottoposte a tutela (secondo comma); 
c) dall'avvocato o dal procuratore che ha assistito o rappresentato 
l'imputato nel procedimento (terzo �comma). 

Nel giudizio a quo, che si svolgeva in pretura nei confronti di un 

imputato dichiarato irreperibile, il pretore aveva dovuto emettere, ai 

sensi dell'art. 170 c.p.p., decreto con il quale gli nominava un difen


sore di. ufficio scelto, peraltro, nella persona di un praticante procu


ratore ammesso al patrocinio in pretura e ordinava che le notificazioni 

venissero eseguite mediante deposito in �cancelleria. Detto difensore 

ha proposto ricorso per cassazione �contro la sentenza di a�ssoluzione 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 29 lugliio 1970 dal pretore di Chieri (Gazz. Uff. n. 299 deQ 
25 novembre 1970). 
(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha 
collaborato anche l'avv. Carlo SALIMEI. 



2 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perch� estinto il reato per amnistia, riservandosi i motivi per la presentazione 
dei quali nominava all'imputato un avvocato abilitato al 
patrocinio davanti alle magistrature superiori. 

Secondo la costante giurisprudenza della Corte suprema di cassazione 
il patrocinatore legale o il prattcante procuratore ammesso al 
patrocinio, ai sensi dell'ultimo comma del riportato art. 192 c.p.p., 
non sono legittimati a proporre impugnazioni. 

Da questa giurisprudenza il giudice a quo, con l'ordinanza di rinvio, 
ha tratto argomento per denunziare a questa Corte, in riferimento 
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, detto ultimo comma dell'art. 192 

c.p.p. nonch� l'art. 529, primo comma, c.p.p., nella parte in cui non 
consente che l'avvocato 'cassazionista che sottoscrive i motivi del ricorso 
sia nominato da persona diversa dall'imputato, in quanto porrebbero 
in essere una sperequazione tra imputato che sia stato difeso 
davanti al giudice a quo da un avvocato o procuratore ed imputato 
che sia stato difeso da un patrocinatore, nonch� tra imputato che sia 
stato difeso da un avvocato cassazioni.sta o imputato che sia stato difeso 
da un avvocato non cassazionista. 
Sperequazione ancora pi� grave nel caso di imputato irreperibile, 
assistito davanti al giudice a quo da difensore nominato d'ufficio. 

2. -Cosi chiariti i termini delle questioni sottoposte all'esame 
della Corte, deve anzitutto rilevarsi che la sussistenza eventuale dei 
vizi denunziati dal giudice a quo deve esaminarsi soltanto per l'ipotesi 
di imputato non presente nel giudizio od al quale sia stato comunque 
nominato un difensore d'ufficio. 
Infatti l'imputato presente nel giudizio, anzitutto, pu� esercitare 
personalmente il diritto di impugnativa e comunque pu� esercitarlo 
mediante procuratore �speciale scelto, eventualmente, nella .persona 
dello stesso patrocinatore, dal quale, nei giudizi davanti al pretore 
abbia ritenuto opportuno di farsi difendere e, quando si prospetta la 
necessit� del patrocinio di un cassazionista, ben pu� nominarlo direttamente: 
imputet sibi, quindi, se non ha saputo avvalersi dei mezzi 
che la legge gli offre per provvedere adeguatamente alla sua difesa. 

Nell'ipotesi di imputato irreperibile o, comunque, assente dal giudizio 
oche non abbia nominato un. difensore di fiducia ed al quale 
occorre quindi nominare un difensore d'ufficio, poi, i vizi denunziati 
dal giudice a quo :non possono verificarsi quando alla nomina del difensore 
d'ufficio si proceda con l'esatta osservanza della norma di 
legge che la disciplina e l'impone. 

Come ha rilevato l'Avvocatura generale dello Sta.to, invero, l'articolo 
128 �c.p.p., al terzo comma, dispone che il �difensore di ufficio 
� nominato tra gli avvocati e i procuratori iscritti negli albi locali� 
ed il giudice a quo, non poteva ignorare che la giurisprudenza della 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

3 

Suprema Corte di cassazione ha dichiarata illegittima la nomillla di 
un difensore di ufficio scelto tra i patrocinatori legali e non fra gli 
avvocati e procuratori e, conseguentemente, ha giudicati nulli i giudizi 
svoltisi con la loro assistenza. 

N� pu� opporsi che la disparit� di trattamento dovrebbe ravvivarsi 
tra patrocinatori che, una volta ammessi al patrocinio dovrebbero 
poterlo esercitare senza limitazioni, da un lato ed avvocati e 
procuratori ,dall'altro e non fra i loro difesi, sia .pereh� tale disparit� 
deriva da una differenziata valutazione �di efficienza tecnica, sicuramente 
rientrante nella discrezionalit� del legislatill'e, sia perch� il 
giudice a quo la questione l'ha proposta soltanto sotto il profilo della 
disparit� �di trattamento tra difesi e non tra �difensori. 

D'altra parte, mentre per l'impugnato ultimo coonma dell'art. 192 

c.p.c. l'avvocato o procuratore che abbia difeso l'imputato in giudizio 
� legittimato, non soltanto a proporre l'impugnativa, ma anche ad 
enunciarne contestualmente i motivi, � ovvio che, ove se ne prospetti 
la necessit�, la difesa di ufficio ben pu� essere affidata ad wn avvocato 
abilitato' al patrocinio davanti alle magistrature superiori. 
Vengono, cosi, a cadere anche le censure mosse contro l'art. 529 
del codice di procedura penale. -(Omissis). 

CORTE �OSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 146 -Pres. Chiarelli -
Rel. Verzi -Cicu (avv. Simi, Fornario), INPS (avv. Belloni) e 
Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 


Previdenza e assistenza -Fondo sociale -Versamento di contributi a 
carico delle pensioni del personale addetto ai pubblici servizi di 
telefonia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 36, 38, 53; 1. 13 luglio 1957, n. 583, art 22; l. 20 marzo 1968, 

n. 369, articolo unico). 
N<Yn � fondata la questione di leg.ittimit� costituzionale� deit'art. 22 
della legge 13 luglio 1967, n. 583 e deU'articolo unico deLla legge 
20 marzo 1968, n. 369, che assoggettano ad un contributo straord�i1iario 
e temporaneo del 16 % le pewsioni eccedenti L. 7.20.0.000 annue, 
dagli iscritti al fondo di previdenza per i servizi di telefonia, per alimentare 
il fondo sociale dell'INPS istituito� con la legge 21 luglio� 1965, 

n. 903 (1). 
(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con o:ridinainm 
emeSJSla il 6 ottobre 1970 dal trirb:una1le di Bologna (Gazz. Uff. n. 49 
del 24 febbraio 1971). 
3 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

4 

(Omissis). -1. -L'ordinanza del tribunale di Bologna solleva 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 22 della legge 13 luglio 
1967, n. 583, e dell'articolo unico della legge 20 marzo 1968, 

n. 369, per violazione degli artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione 
osservando che: 1) il contributo di solidariet� a favore del Fondo 
sociale richiesto ai titofari di pensioni superiori a L. 7 .�200.000 annue 
non trova giustificazione, non suss.iistendo alcun collegamento fra la 
imposizione patrimoniale e le finalit� del Fondo sociale, al quale il 
personale dei telefoni rimane del tutto estraneo; 2) siffatto �prelievo 
pecuniario� viola il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 in 
relazione all'art. 53 Cost., in quanto non risulta imposto a tutti i soggetti 
trovantisi in identica situazione, atteso che rimangono esclusi i 
tit�lari di �similari trattamenti di quiescenza su fondi non attribuiti 
in gestione all'INPS; 3) l'imposizione di tale sacrificio economico contrasta 
con la particolare protezione di cui gode la retribuzione del 
lavoratore, tanto se corrisposta nel corso del rapporto di lavoro quanto 
se differita sotto forma di liquidazione o di pensione; e non rispetta 
il principio della intangibilit� della pensione, siiccome adeguata alle 
esigenze di vita del lavoratore ed alla quaut� e quantit� del lavoro 
prestato. 
2. -La questione non � fondata. 
Non soltanto i titolari di alte pensioni a carico del Fondo di previdenza 
del persooale telefonico sono soggetti al versamento di un 
contributo a favore del Fondo sociale. 

Dopo che la legge ;n. 369 del 1968, tenendo conto dei rilievi fatti 
in sede di �discussione parlamentare del progetto, ha esteso l'applica


1

zfone del contributo ai titolari di :pensioni a carico dell'assicurazione 
generale obbligatoria e dei Fondi sostitutivi od integrativi di essa, 
gestiti dall'INPS, la nortma ha assunto carattere di generalit�. Infatti, 
i lavoratori iscritti all'assicurazione generale sono in numero rilevante; 
ed i fondi sostitutivi od integrativi gestiti dalla Previdenza sociale 
comprendono il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto, i 
telefonici, il personale delle esattorie delle imposte dirette, quello 
delle imposte di consumo, quello delle aziende private del gas e della 
elettricit�, quello dipendente dall'ENEL, i coltivatori diretti, mezzadri 
e coloni, gli artigiani, gli esercenti attivi.t� commerciali, il clero, il 
personale di volo, ecc., sicch� pu� affermarsi che gli iscritti al sistema 
previdenziale facente capo all'INPS costituisc�no la quasi totalit� dei 
lavoratori retribuiti alle �dipendenze altrui. Orbene, una no:rma destinata 
ad essere applicata -senza eccezioni -nei confronti di tutti 
indistintamente agli appartenenti ad una estesa categoria razionalmente 
individuata non disattende certamente il principio di uguaglianza sancito 
dall'art. 3 della Costituzione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 

i.a suindicata sfera di applicazione 'di detta norma e l'ulteriore 
circostanza che l'INPS gestisce anche il Fondo sociale e la pensione 
di sicurezza sociale istituita con legge 30 aprile 1969, n. 153, rendono 
legittima l'esclusione di situazioni estranee al �Campo della previdenza 
generale dal pagamento del contributo. Per i dipendenti statali, al cui 
trattamento pensionistico provved,e direttamente lo Stato, e per .gli 
iscritti a taluni Fondi (liberi professionisti, giornalisti, dirigenti di 
azienda, addetti a pubblici spetta,coli, ecc.), la particolare struttura 
del rapporto di lavoro e le speciali ,discipline, che non consentono di 
affidare la gestione della previdenza all'INPS, concretano certamente 
situazioni differenti, che .giustificano un trattamento diverso. 
Appare priva di pregio l'osservazione dell'ovdinanza di rimessione 
che -non potendo il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia 
usufruire dei benefici del Fondo speciale -manchi il collegamento 
fra l'imposizione patrimoniale e le finalit� da perseguire con i proventi 
relativi. Infatti, la previdenza sociale -unitariamente concepita 
ed attuata -abb:vaccia tutte le manifestazioni della mutualit� 
ed attua un principio di collaborazione per l'aipprestamento dei mezzi 
di� prevenzione e di difesa contro l'.invalidit�, la vecchiaia, ed i rischi 
del lavoratore. Il contributo del singolo so.ggetto va a vantaggio di 
tutti gli iscritti, assicurando in tal modo il concorso dei lavoratori con 
redditi pi� alti nella copertura delle prestazioni a favore delle cate


.gorie con redditi pi� bassi. Ed in virt� del vincolo -che accomuna 
tutti gli iscritti 'all'assicurazione generale obbligatoria ed ai Fondi� sostitutivi 
od integrativi di essa, .gestiti dall'INPS -il personale telefonico 
in pensione pu� beneficiare dell'esenzione dal pagamento della 
ricchezza mobile, esenzione concessa -ai sensi dell'art. 124 del r.d.l. 
4 ottobre 1935, n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo 
della Previdenza sociale) -�per le pensioni, gli assegni, i sussidi, 
le indennit� da corrispondersi come prestazioni assicurative in forza 
del presente decreto�. 

3. -La �ritenuta progressiva� sulle alte pensioni, disposta dalle 
norme impugnate, ha sostanzialmente carattere di .prestazione imposta. 
E, pur .tenendo conto della particolare protezione �di .cui godono le 
retribuzioni dei lavoratori, � certo che le loro pensioni, salvo espresse 
eccezioni, non si sottraggono al regime tributario. E ci� non contrasta 
con i principi proclamati dagli artt. 36 e 38 della Costituzione. 
L'istituzione delle nuove pensioni sociali ha dato luogo a spese 
rilevanti, alla copertura delle quali, tanto i notevoli interventi annuali 
dello Stato, quanto i contributi del Fondo adeguamento pensioni e di 
varie gestioni speciali si sono 'dimostrati insufficienti. I suddetti interventi, 
per�, vanno gradatamente aumentando e .dal 1� gennaio 1976 
tutto l'onere della pensione sociale e di quella di �sicurezza sociale 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

6 

sar� assunto dallo Stato. Nel frattempo, per la relativa copertura, � 
stato istituito un contributo .progressivo straordinario e temporaneo 
a carico di coloro che -secoodo la valutazione del legislatore hanno 
la capacit� contributiva. 

Pertanto, la Corte ritiene che nessuno dei principi costituzionali 
invocati dall'o:vdinanza di rimessione sia violato dalle norme impugnate. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 147 -Pres. Chiarelli Rei. 
Mortati -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Lombardia (avv. Elia, 
Benvenuti). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale 
-Ricorso dello Stato avverso legge regionale -Sottoscrizione 
del ricorso da parte dell'Avvocato generale o di un sostituto 
Avvocato generale dello Stato -Idoneit� ad esprimere la volont� 
del Presidente del Consiglio dei Ministri. 

(1. 11 marzo 1953, n. 87; art. 20). 
Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via prin-� 
cipale -Ricorso dello Stato avverso leggi regionali -Deliberazione 
del Consiglio dei Ministri di rinvio della legge regionale 
Perduranza degli effetti anche per la proposizione del ricorso Ratifica 
successiva del Consiglio dei Mll,llstri -Ammissibilit�. 

(Coot., art. 127; 1. 11 mazo 1953, n. 87, art 31). 

Regione -Regione Lombarda -Legge sul trattamento economico del 
personale comandato per la prima costituzione degli uffici e dei 
servizi regionali -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 117, disp. trans. VITI, 97; st. reg., art. 6, n. 6, 47). 

Regione -Impugnativa da parte dello Stato di legge regionale -Promulgazione 
medio tempore della legge -Carenza di potere del 
Presidente della Regione. 

(Cost., art. 127). 

Nei giudizi di legittimit� costituziQ!rtale promo�ssi dallo� Stato contro 
leggi regionali, non occorre una particolare forma per la dimostrazione 
deH'esistenza ed operativit� deHa determinaziQ!rte del Rre�sidente 
del Consiglio dei Ministri, essendo requisito necessario e� sufficiente 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

7 

per l'ammissibilit� del ricorso la sottoscrizione: deU'atto da patrte dell'Avvocato 
generale dello Stato o di un suo sostituto, sreondo le nOT'me 
�d ii principio sulla rwppresentanza del Gover'no nei giudizi incidentali 
(1). 

Nei giudizi di le.gittimit� costituzionale prromossi dallo Stato contro 
leggi regionali, il rinvio del disegno di le,gge, da parte� del Consiglio 
dei Ministri, per il rie<same del Consiglio re'gionale ha anche 
una componente di volo111,t� futura ed eventuale per la successiva impugnativa 
del disegno di legge riapprovato. Pertanto, in tale perdurante 
manifestazi01J,e� di volont� del Governo, qualorra questo,, per circostanze 
eccezionali, non a,bbia potuto riunirsi e de�iiberare swti'impugnativa, 
� ammissibile la proposizione del ricorso deliberata dal solo 
Presidente del ConsigLio dei Ministri, e seguita dalla conferma esrpressa 
dal Consiglio dei Ministri prima del deposito del ricoTso davanti alla 
Corte Costituzionale (2). 

� costituzionalmente iUegittima la le.gge della Regione Lombardia 
21 febbraio 1972, n. 2, recante norme concernenti il trattamento economico 
del pers01J,a,le comandato per la prima costituzione de�gli uffici 
e dei servizi regionali (3). 

Durante la pendenza del giudizio di legittimit� costituzionale� promosso 
dallo Stato c01J,tro una legge regiO!ll,ale, il Presidente della Regione 
ha �carenza di potere di promulgare la legge, e� qualora ci� faccia, 
l'eventuale dichiarazione di illegittimit� .costituzionale va riferita alla 
legge promulgata (4). 

(Omissis). -1. -Con ricorso del 19 febbraio 1972 il Presidente 
del Consiglio dei Ministri ha promosso la questione di legittimit� costituzionale 
della legge approvata il 9 dicembre 1971 dal Consiglio 
regionale della Regiooe Lombardia e, a seguito di rinvio, riapprovata 
il 3 febbraio 1972 a ma.ggioranza assoluta �dei componenti dello stesso 
Consiglio, recante norme concernenti il .tra.ttamento economico del 
personale per la prima costituzione degli uffici e dei servizi regionali, 
per violazione dell'art. 117, dell'VIII disposizione transitoria e 
dell'art. 97 della Costituzione, nonch� dell'art. 6, comma quinto, n. 6, 
e dell'art. 47 dello Statuto approvato con legge 22 maggio 1971, n. 339. 

2. -Per la Regione Lombardia il ricorso proposto dal Presidente 
del Consiglio dei Ministri sarebbe apparente, inesistente o nullo, perch� 
non sarebbe stato preceduto da una -anche se illegittima -formale 
(1-4) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso 
del PresideiIJJ1Je del Co�IJJsiglio dei Ministri, notificato il 19 febb['aiO 1972. Per 
l'esame dei delicati problemi posti dalla situazione eccezionale evidenziata 
nella sentenza, dm. 1re1aziooe, soprialbtutto, a11 pdncilpio di continruit� fra ~ 
hlin.etto di.missiofnairio e nuovo Gover.no, v. Giurisprudenza italiana, 1973, 
I, 1, col. 5. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

8 

determinazione di esso Presidente e sarebbe stato solo sottoscritto da 

un Avvocato dello Stato, che, per mancanza di una qualsiasi delibera


zione, non avrebbe la veste di rappresentare il Governo. 

Sulle ragioni poste a fondamento delle eccezioni e sviluppate nella 

memoria di costituzione, la resistente non si sofferma pi� nella me


moria difensiva, senza peraltro rinunciarvi: � quindi necessario che 

la Corte se ne occupi. 

Risulta in punto di fatto che il Presidente del Consiglio dei Mi


nistri ha promosso la questione di legittimit� costituzionale sopra spe


cificata, a mezzo dell'Avvocatura gene:mle dello Stato; e dal ricorso 

non emerge se vi sia stata una formale deliberazione o determina


zione del Presidente del ConsigJio dei Ministri. 

Non vi � dubbio per� che la redazione e la sottoscrizione del ri


corso da parte dell'Avvocato generale dello Stato e per es,so da un 

sostituto Avvocato generale, rsiano state precedute da una determina


zione del Presidente del Consiglio dei Ministri. 

Per l'esistenza ed operativit� di un atto del genere non occorre 

una particolare forma, ma basta, come osserva l'Avvocatura generale, 

che la volont� del Presidente del Consiglio si esprima, di volta in 

volta, attraverso i ,canali necessari e sufficienti in relazione al conte. 
nuto dell'atto stesso. 

Nella specie, essendoci stata la volont� del Presidente del Con


siglio di impugnare davanti alla Corte la legge de qua, ,come inequi


vocabilmente � dimostrato dal comportamento dello stesso Presidente 

ed indirettamente � comprovato dalla deliberazione cOTIJSiliare del 22 

febbraio 1972, di cui infra, ed essendo stata tale volont� portata util


mente a conoscenza dell'Avvocatura generale dello Stato, questa le


gittimamente ha proposto il ricorso a nome e nell'interesse del Pre


sidente del Consiglio dei Ministri. 

Nei giudizi in via d'azione valgono circa la rappresentanza e 

difesa del Governo le norme che sono dettate per l'intervento nei 

giudizi incidentali (art. 20, comma terzo, della legge 11 marzo 1953, 

n. 87), e sono applicabili i principi riconoociuti validi da questa Corte 
(sentenza n. 6 del 1969) a proposito della non necessariet� di un mandato 
o �di uno specifico atto da cui risulti la volont� del Presidente del 
Consiglio dei Ministri. 
Stante ci�, la sopraddetta eccezione � infondata. 

3. -� La Regione Lomba1dia eccepisce altres� ed in modo preminente 
che il ricorso sarebbe inammissibile perch� la propo,sizione della 
questione operata dal Presidente del Consiglio non sarebbe stata preceduta 
da una conforme deliberazione del ColllSiglio �dei Ministri e 
perch� al riguardo non sarebbe consE?ntito al Presidente, neppure per 
ragioni di urgenza, di sostituirsi al Consiglio. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

Invero, alla proposizione del ricorso entro il termine di cui al


l'art.. 127, comma quarto, della Costituzione e all'art. 31, comma primo, 

della legge n. 87 del 1953, ha fatto seguito, al di l� della scadenza del 

termine stesso, una deliberazione con cui il Consiglio dei Ministri ha 

confermato l'impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale proposta in 

via d'urgenza dal Presidente del Coll!Siglio dei Ministri. 

Ed a queste premesse si riporta la tesi sostenuta dall'Avvocatura 

dello Stato, per cui, in caso di necessit� ed urgenza, il Presidente, 

salvo ratifica o conferma del Consiglio dei Ministri, � legittimato a 

sostituirsi al Consiglio stesso nell'iniziativa di promuovere una que


stione di legittimit� costituzionale in via principale relativamente ad 

una legge regionale. 

Tale tesi, per�, in linea di princ1p10, non .pu� essere cocndivisa. 

Questa Corte ha pi� volte (sentenze n. 76 del 1963, n. 119 del 

1966 e n. 8 del 1967) precisato che il potere di proporre la detta iml


pugnativa spetti al Governo, che sia il Consiglio dei Ministri a dover 

deliberare al riguardo e che il Presidente del Consiglio sia legitti


mato ad agire se ed in quanto sussista la detta determinazione del 

Consiglio dei Ministri, e correlativamente che neppure per ragioni 

di urgenza il Presidente si possa sostituire in sede decisionale al Con


siglio dei Ministri. 

Ed ora ritiene che non ricorrono nuove ragioni per mutare il 

proprio convindmento. In par.ticolare, non � dell'avviso che l'art. 127, 

ultimo �comma, come invece si legge nella difesa dello Sta.to, �non 

esclude, �di per s�, che, osservato il termine perentorio di quindici 

giorni, il Presidente del Consiglio dei Ministri .si assuma, in via di 

urgenza, i poteri del Gabinetto, di cui egli rappresenta (art. 95 della 

Costituzione) la sintesi dell'attivit� politica generale e �di quella di 

indirizzo politico, salva la suc.cessiva conferma o ratifica da parte del 

Constglio dei Ministri �. 

� vero che solo la legge ordinaria (art. 31 citato) prescTive la 
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ma tale norma non 
si presta ad essere interpretata nel senso ora detto, perch� � proprio 
_l'art. 127 della :costituzione a ricollegare al Governo e cio� al Con


siglio dei Ministri i poteri in o'rdine alla proposizione del ricorso. 

Senonch�, con il mancato accoglimento della tesi difensiva del 

Presidente del Consiglio dei Ministri, non si perviene, come vorrebbe 

la Regione Lombardia, alla dichiarazione di �nammissibilit� del ricorso. 

Bisogna anzitutto porire mente al fatto �che l'arit. 127 si occupa del 

controllo dello Stato nei confronti delle leggi regionali, prevedendone 

l'esercizio nei modi del visto e del rinvio per riesame. E che -tale con


trollo pu� essere fine a s� stesso ovvero, per quanto in questa sede 

rileva, pu� presupporre e comportare che venga instaurato il giudizio 

di legittimit� costituzionale. 


IO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In questa seconda ipotesi, qualo~a. come nel caso in esame, la 
legge regionale venga riapprpvata nell'identico testo, non appare utile 
distinguere, nel procedimento di controllo latamente inteso, due fasi, 
e ritenere che la prima finisca con la. riapprovazione della legge (come 
implicitamente ammesso con la sentenza n. 8 del 1967). E ci� pereh� 
il rinvio della legge al Consiglio regionale deve essere preceduto dal 
controllo del Consiglio dei Ministri, e quando questo rinvia con atto 
motivato, esso rileva vizi di legittimit� costituzionale della legge ed 
invita il Consiglio regionale a considerarli ed a rimuoverli, in sede di 
nuova approvazione. 

Tale atto ha una sua componente di volont� in relazione ad un 
comportamento immediatamente successivo (rinvio) o futuro ed eventuale 
(ricorso per illegittimit� costituzionale alla Corte). E come tale 
non � istantaneo, ma perdurante, sia pure a date condizioni (e soprattiltto 
a quella della riapprovazione della legge); per cui appare, siccome 
rilevato in dottrina, �come predeterminazione da parte del Governo 
delle linee j;)SSenziali dell'eventuale ricorso alla Corte e del 
conseguente giudizio di legittimit�. 

La valutazione e il giudizio espressi dal Consiglio dei Ministri 
non si caducano per decorso di tempo, ma vengono meno solo per 
il formarsi di una differente determinazione dello stesso Consiglio. 

E per ci� all'atto in cui la legge, con lo stesso contenuto di prima, 
viene riapprovata, in relazione ad essa esistono quella valutazione e 
quel giudizio. 

Di conseguenza, quando l'ar.t. 127 dice che entro 15 giorni dalla 
comunicazione della nuova approvazione della legge il Governo della 
Repubblica pu� ;promuovere la questione di legittimit� davanti alla 
Corte Costituzionale e quando l'art. 31, primo e secondo comma, della 
legge n. 87 del 1953 dispone che la questione pu� essere promossa e 
sollevata �previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, dal Presidente 
del Consiglio :., si vuole che a fronte dell'atto �di rinvio e del 
ricorso alla Corte esista una volont� attuale di opposizione per ragione 
di legittimit�, del Governo nei confronti della legge regionale perch� 
eccedente la competenza della Regione, e che codesta vo.Jont� (gi� formatasi 
ed espressa prima della negazione del visto) venga constatata 
dallo stesso Consiglio dei Ministri come esistente al tempo della proposizione 
del ricorso. 

Se per� per ragioni eccezionali tale formale constatazione di attuale 
esistenza della volont� del Consiglio dei Ministri non pu� aver 
luogo, deve ammettersi che sulla base di quella volont� per altro non 
modificata, il Presidente del Consiglio abbia il potere di promuovere 
il giudizio ed il Consiglio dei Ministri, almeno prima del deposito del 
ricorso davanti alla Corte, abbia quello di riaffermare con una formale 
deliberazione la detta volont�, in modo diretto o in modo indi




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE H. 

retto (ratificando o confermando il comportamento del Presidente del 
Consiglio), e di fornire ,di ci� la .prova nella debita sede. 

Nella specie, come risulta dall'atto di _rinvio, il cui contenuto � 
riportato nella memoria di 'Costituzione della Regione, il Consiglio dei 
Ministri ha utilmente e regolarmente effettuato il controllo spettantegli 
sulla legge regionale de qua ed ha partecipato i motivi (del proprioconvincimento 
e della ;propria determinazione ai fini) del rinvio al 
Consiglio, regionale. 

La volont� di opposizione del Governo alla promulgazione e pubblicazione 
della legge non ha sub�to alcuna mo-difica n� tanto mene> 
si � esaurita, per cui se ne pu� ritenere l'esistenza alla data in cui il 
Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto il ricorso. 

Questo atto, pertanto, proviene da un organo legittimato specificamente 
a sensi dell'art. 31, comma secondo, della legge n. 87 del 1953, 
a seguito della precedente e perdurante (almeno negli effetti) deliberazione 
del Consiglio dei Ministri. 

� mancata, � vero, in fatto la constatazione della perduranza di 
codesta volornt� all'atto della proposizione del ricorso, ma a tale omis-sione 
si � ovviato con il successivo atto di conferma. 

Da tutto ci� consegue clle il ricorso, essendo stato legittimamente 
proposto ed -essendo stato comunque sanato ogni suo eventuale vizio~ 
debba dirsi pienamente ammissibile. 

4. -Nel merito, il ricovso � fondato. 
La legg~ in questione si rnerisce non solo al trattamento economico 
ma anche allo stato giuridico del pevsonale comandato. 
Non appare sostenibile l'assunto della Regione secondo cui non 
si � voluto modificare lo stato giuridico del detto personale e si � inteso 
solo incidere sul suo trattamento economico, e non si � voluto 
dar vita ad un ruolo a .parte ed attribuire qualifiche e mansioni in 
contrasto con le qualifiche che i singoli dipendenti avevano presse> 
gli enti di appartenenza. 

� vero che il titolo della legge fa riferimento al trattamento economico, 
e che nello stesso senso � il disposto dell'art. 1, comma primo,. 
e dell'art. 2 cpv., ma non deve trascurarisd. in contrario che, come ammette 
la stessa Regione, si � posto in essere un � mansionario � valido 
per tutto il personale (compreso quello comandato) e quin-di si 
sono sostanzialmente modificate le qualifiche originarie, e tra !'altre> 
e soprattutto si � operata un'integrazione della retribuzione percepita 
rivalutata attraverso la costruzione deila carriera pregressa. 

Stante ci�, la legge � illegittima: 

a) Pereh� la Regione non ha il .potere di discipJ.inare lo stato .giuridico 
del personale che non sia regionale ma semplicemente presso 


12 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di essa comandato (e tuttavia appartenente ai ruoli dello Stato o degli 
enti locali). 
Non basta al detto fine che nella mancanza di un rapporto organico, 
vi sia un semplice rapporto funzionale. 

Nulla pu� ricavarsi in contrario (come vorrebbe invece fare la 
Regione) dall'art. 117 della Costituzione e dal citato art. 6, n. 6, dello 
Statuto r~gionale. Ch� anzi da tali testi emerge chiaramente la necessit�, 
perch� la Regione possa provvedere all'organizzazione degli uffici 
e dei servizi, che tale attivit� si rivolga, sul piano dei �soggetti, 
nei confronti di persona.le regionale. 

b) Inoltre, la Regione non pu� dettare un trattamento economico 
(qualsiasi) per il personale non regionale ancorch� dipendente funzionalmente 
da essa. 

� quanto mai significativo al riguardo il precedente in materia 
offerto dalla sentenza n. 93 del rn68, secondo cui �l'indispensabile 
presupposto della legittimit� di una legge regionale regolatrice del 
trattamento economico del personale di determinati uffici � costituito 
dal fatto che essa si riferisce a dipendenti della Regione�. 

E non vale eccepire che quello che definisce la causa degli emolumenti 
sia il momento della dipendenza funzionale perch� � evidente 
che collegando formalmente o fittiziamente il trattamento economico 
alle mansioni, e modificando queste, si viene a incidere sullo stato giuridico 
del personale che sul terreno della retribuzione � ancorato al 
grado e alle qualifiche secondo i ruoli di appartenenza. 

e) La Regione, ad ogni modo, si sarebbe dovuta adeguare ai principi 
a sensi del ripetuto art. 117 e dell'art. 67 della legge 10 febbraio 
1953, n. 62 (giusta l'interpretazione datane da questa Corte con 
la sentenza n. 40 del 1972). 

Codesti principi non sono -�Come vorrebbe la Regione -solo 
quelli che impongono certe procedure per la determinaziorne del trattamento 
economico o certi parametri minimi in relazione a certe funzioni. 
Sono .tali anche e, tra gli altri, quelli che escludono l'automaticit� 
degli scatti di stipendio e li condizionano all'assenza di demerito. 

Contro questi ultimi principi � volto il �.nuovo� sistema creato 
dalla Regione che tra l'altro si fonda sulla concessione di uno scatto 
di classe di stipendio al quinto anno ed in modo indiscriminato per 
tutti i dipendenti, e sull'attribuzione degli scatti di stipendio prescindendo 
dall'assenza di demerito. 

Appare quindi evidente la violazione delle citate norme. 

d) La Regione ha comunque violato direttamente il �citato art. 67, 
seconda parte, della legge n. 62 del 1953, pevci� �che, fissando la misura 
degli scatti al 6 % anzich� al 2,50 % , ha previsto un trattamento 
economico pi� favorevole in assoluto per il personale comandato presso 
la Regione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 

�5. -Rimane cosi assorbito l'esame delle considerazioni relative 
alla denunciata violazione dell'art. 97 della Costituzione nonch� dell'VIII 
disposizione transitoria. 

6. -Si pu� pertanto concludere per 1a fondatezza del ricorso. 
Ritenuto, infine, che il Presidente della Giunta regionale della 
Lombal'dia, nonostante la pendenza del presente giudizio, ha promulgato 
la legge e ne ha ordinato la pubblicazione e che questa ha avuto 
luogo nel Bollettino Ufficiale n. 9 del 21 febbraio 1972, non ;pu� non. 
essere rilevata la gravit� di .codesto comportamento posto in essere in 
piena carenza di poteri, senza attendere, in ol'dine al proposto ricorso, 
la decisione di questa Corte .e �cio� dell'unico organo competente ad 
-esprimere al riguardo determinazioni costituzionalmente valide. 

Ed essendo intervenuta la pubblicazione della legge, � di questa 
che deve essere dichiarata l'illegittimit� costituzionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 148 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rocchetti -Rebora (avv. Clerici) c. Soc. Montecatini Edison 
(avv. Nicol�) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Giorgio Azzariti). 

Societ� -Societ� per azioni e consorzi -Adeguamento dei rispettivi 
statuti alle disposizioni del Codice civile del 1942 -Proroga del 
termine fino alla revisione del Codice civile -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., art. 3; e.e., artt. 2368, 2369; 1. 18 ottobre 1950, n, 920, art. 1). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la 
-questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 18 ottobre 
1950, n. 920, che prornga sino aU'attuazione della .revisioine del 
�codice civile il termine per l'adeguamento de�gli statuti delle societ� 
per .azioni e dei consorzi cos.tituiti anteriorniente all'entrata in vigore 
del codice civile del 1942, aile disposizioni recafJe dagli artt. 2368 e 
2369 d�llo stesso codice (1). 

(Omissis). -1. -Gli artt. 2368 e 2369 del vigente codice civile 
stabiliscono, per la �costituzione delle assemblee e per la validit� delle 

�deliberazioni delle societ� per azioni, determinate maggioranze, inde(
1) La que1stione era stata sottoposta all'esame deil1a Cocte con Qll'dinanza 
emessa il 29 ottobre 1970 dal tribunale d� Milano (Gazz. Uff. n. 42 
-del 17 feb~aio 1971). 
La sentenza 8 Luglio 1967, n. 101 leggesi in que�sta Rassegna, 1967, I, 70~. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

14 

rogabili nel minimo, in ci� innovando alla disciplina dispositiva e suppletiva 
del codice di commercio del 1882, in cui i quorum assembleari 
previsti dal legislatore erano applicabili solo se le societ�, nell'atto 
costitutivo o nello statuto, non avessero diversamente disposto (articoli 
157 e 158). 

Per l'adeguamento degli anteriori atti statutari alle nuove norme, 
l'art. 206 delle disposizioni di attuazione del codice civile (r.d. 3() 
marzo 1942, n. 318) concedeva termine fino al 30 .giugno 1945. Tale� 
termine, �con vari provvedimenti legislativi, fu pi� volte rinviato a 
scadenze determinate, fin quando, con la legge 18 ottobre 1950, n. 920, 
esso venne ulteriormente prorogato con una formula che ne disponeva 
il differimento �fino all'attuazione della revisione del codice civile�. 

Il tribunale di Milano, considerato che la proroga da ultimo stabilita 
� collegata alla stessa revisione della disciplina attualmente vigente 
per le societ� per azioni, ritiene che la di�sposizione che la sancisce 
sia incompatibile con un sistema di diritto transitorio. perch� in 
realt� essa darebbe luogo a due regolamentazioni definitive, diverse e 
contrastanti, della stessa materia, a seconda che le societ� siano state� 
costituite anteriormente o posteriormente all'entrata �l!l vigore del nuovo 
codice. Tale duplicit� di regolamentazione � assunta dal giudice a qu0> 
a fondamento della dedotta illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della 
citata legge del 1950, per violazione dell'art. 3, primo comma, della. 
Costituzione. 

2. -Come � noto, l'originario termine entro il quale le societ� 
regolarmente costituite al giorno della entrata in vigore del codice 
dovevano provvedere ad uniformare allo stesso l'atto costitutivo e lo 
statuto, aveva lo scopo di evitare che quelle societ� potessero risentire 
danno dall'applicazione :troppo precipitosa .di una innovazione che 
aveva riflessi sulla loro or.ganizzazione interna e sulla regolarit� del 
loro funzionamento. Scaduto quel termine, a sollecitarne di volta in 
volta la .proroga contribuirono da un lato talune esigenze di carattere 
contemporaneo, connesse allo stato di guerra (d.l.lgt. 4 gennaio 1945, 
n. 11); dall'altro ragioni di carattere sostanziale che investivano le 
stesse. scelte di politica legislativa adottate dal codice del 1942, nella 
materia in esame. In particolare, si profilava, negli ambienti politici. 
ed economici, il dubbio che la ratio, che ispira il codice vigente, di rendere 
pi� rigido il sistema mediante la previsione di quorum costitutivi 
e deliberativi inderogabili, non costituisse effettivamente lo 
strumento pi� idoneo, nel mutato contesto politico-sociale, per tutelare 
le minoranze e per garantire in misura adeguata la posizione dei soci 
assenti e dissenzienti. 
Tali perplessit�, alimentate dalla impossibilit� di valutare criti-camente, 
nella diflkile situazione del Paese impegnato nella ricostru




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 

zione, tutti ,gli aspetti, politici ed economici, delle innovazioni del 
eodice vigente in materia di societ� e di consorzi, indussero il legis1a,
tore a prorogare ulteriormente i relativi termini previsti dalle disposizioni 
di attuazione, dapprima a tempo ,determinato (d.1.C.P.S. 29 
marzo 1947, n. 361; d.lg. 25 marzo 1948, n. 484; legge 19 dicembre 
1949, n. 1051), e poi fino all'attuazione della revisione del codice civile 
(legge 18 ottobre 1950, n. '920). 

3. -Cosi precisate le finalit� delle leggi di proroga, va rilevato, 
preliminarmente, ,che nessuna influenza riveste, ai fini della decisione, 
la formulazione della norma impugnata, gi� censurata in sede di Lavori 
preparatori e, successivamente, da par:te della dottrina. N� alcun contributo 
pu� recare alla soluzione del problema l'indagine, necessariamente 
astratta, delle caratteristiche delle no,rme di diritto c.d. transitorio: 
come gi� questa Corte ha avuto occasione di rilevare (sentenza' 
n. 101 del 1967), �la definizione di una norma come transitoria 
implica solo che, nel passaggio da una vecchia ad una nuova disciplina, 
alcuni fatti o rapporti, in considerazione della loro collocazione cronologica, 
sono sottratti alla efficacia del nuovo regolamento, ma nOl!l 
esclude che la norma possa trovare applicazione, per un tempo indefinito, 
tutte le volte in cui quei fatti e quei rapporti siano oggetto di 
valutazione giuridica�. 
Ci� posto, occorre esaminare se l'espressione secondo la quale i 
termini in �esame � sono ulteriormente prorogati sino alla attuazione 
della revisione del codice civile � volesse introdurre semplicemente 
una proroga sine die, �diretta a mantenere in vita a tempo praticamente 
indeterminato, per le societ� costituite anteriormente alla entrata. 
in vigore del codice civile, le disposizioni dell'atto costitutivo e 
dello statuto che non fossero ad esso conformi, oppure se que�l1a espressione 
servisse, nelle intenzioni del legislatore, a fissare nel tempo un 
termine finale alla durata del differimento della efficacia di quelle 
disposizioni. 

A questo proposito va sottolineato che il �coUegamento tra la proroga 
e la modifica de~e norme del libro V del codice trova esplicito 
riferimento non solo nella formulazione della legge impugnata, ma 
anche nei lavori preparatori dell'ultima delle leggi di proroga. a termine, 
la legge 19 dicembre 1949, n. 1051, con cui il legislatore provvide 
a rinviare di un anno l'estensione delle disposizioni del codice 
civile in tema di societ� e di consorzi. 

Quest'ultimo rilievo permette di valutare esattamente il significato 
della espressione contenuta nell'art. 1 della legge 18 ottobre 1950, 

n. 9�20, nel senso che essa aveva la funzione di indi,care il termine 
finale della proroga, che il legislatore aveva gi� preventivamente de

16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

terminato nell'an e, ragionevoln.1.ente, ritenuto determinabile nel quando 
(dr. sent. n. 16 del 1968). 

Di conseguenza, non pu� essere condiviso l'assunto del giudice a 
quo, secondo cui la legge n. 920 del 1950 attribuisce carattere definitivo 
al sistema di diritto transitorio, previsto dalle norme di attuazione; 
deve, al contrario, ritenersi che la proroga di tale sistema � riferita 
ad un termine finale che il legislatore, nell'ambito del suo potere 
discrezionale, ha determinato in modo elastico e flessibile, collegandolo 
ad un avvenimento che si aveva ragione di ritenere, se non imminente, 
quanto meno prossimo. 

4. -Decisivo �, �comunque, il rilievo che la prev1sione di un duplice 
sistema �di regolamentazione delle societ� commerciali e dei consorzi 
in tema di quorum assembleari si presentava, al momento in cui 
fu disposta la pror��ga, perfettamente corrispondente alle esigenz.e prese 
in considerazione dal legislatore. In effetti, in una situazione politica 
cara�tterizzata da non poche incertezze in ordine agli strumenti giuridici 
adeguati alle necessit� del momento per regolare istituti fondamentali 
per lo sviluppo economico del Paese, quali le societ� per azioni, 
non pu� lllOn apparire razionale la scelta del Patlamento di evitare 
l'applicazione di quelle norme del nuovo �Codice di cui si prevedeva, sin 
d'allora, una modificazione . 
. D'altra parte, che tale previsione fosse aderente alla realt� politica 
e sociale, � dimostrato dagli avvenimenti verificatisi negli anni 
successivi, in cui, a:p_che per effetto della rapida industrializzazione del 
Paese e della �diffusiol!le dell'azionariato, il problema della riforma della 
disciplina delle societ� per azioni � stato sempre considerato una esigenza 
viva, sia dagli studiosi della materia che da parte dei rappresentanti 
politici. 

A questo proposito, merita di essere ricordato �che, dopo prece


denti" studi e proposte, il Governo, nel novembre 1963, assunse im


pegno dinanzi al Parlamento di portare a compimento quella riforma 

e che, sulla base di un'ampia elaborazione effettuata da umi commis


sione di studio particolarmente qualificata, nel .gennaio 1967 fu dira


mato �per il parere uno schema di disegno di legge, che, per diverse 

ragioni, che in questa sede non � il caso di valutare, non fu poi presen


tato all'approvazione degli organi parlamentari. 

Nel frattempo, delineatasi, a livello comunitario, l'esigenza di 
eliminare taluni contrasti esistenti nella disciplina delle societ� per 
azioni nei diversi paesi della e.E.E., il Governo emanava la le�gge 
delegata 29 dicembre 1969, n. 1127, con cui, in attuazione della direttiva 
della e.E.E. 9 marzo 1968, n. 151, venivano introdotte� parziali 
modifi.che al reg1me delle societ�. i 


l 

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

17 

Attualmente, il problema relativo ad una pi� incisiva e generale 
riforma della disciplina societaria � tuttora aperto e non pu� considerarsi 
n� risolto n� superato. Infatti, nel �documento programmatico 
preliminare�, contenente elem.enti per l'impostazione del programma 
economico nazionale per il quinquennio 1971-1975, � stata ancora una 
volta sottolineata l'ur.genza di adottare � misure legislative idonee a 
rendere la struttura societaria pi� funzionale tanto ai fini dello sviluppo 
economico generale, quanto a quelli di una corretta raccolta e 
canalizzazione del risparmio �. 

In questa prospettiva, ritiene la Corte che il collegamento operato 
dalla legge impugnata tra il differimento del~a applicazione di determinate 
norme del codice e la riforma della disciplina delle societ�, 
resta tuttora valido hel suo presupposto di fatto. Di conseguenza, in 
materia di maggioranze assembleari, la diversit� di regolamentazione 
esistente tra le societ� costituite anteriormente o posteriormente alla 
entrata in vigore del codice civile, trova anche oggi una valida .giustificazione, 
nell'attesa della 'disciplina che, tenendo conto dei rilevanti 
mutamenti della situazione economico-sociale, regoli in modo unitario 
il regime giuridico delle societ�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 150 -Pres. Chiarelli -
Rel. De Marco -Vanacore (n. c.). 

Procedimento penale -Incidenti di esecuzione -Mancata comparizione 
del difensore di ufficio -Decisione dell'incidente -Ille~ittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 24, 3; c.p.p., art. 630, ultimo comma). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di difesa e' di eguaglianza, 
ia questione di legittimit� costituzionale dell'art. 630, ultimo 
comma, c.p.p., che _consente la decisione sull'incidente di eisecuzione 
anche se il difensore di ufficio, regoLarmente citato, non sia comparso 
(1). 

(Omissis). -1. -L'art. 630 c.p.p., nel disciplinare il procedimento 
per gli incidenti di esecuzione, dispone fra l'altro: 
a) in seguito alla richiesta del pubblico ministero e alla istanza 
dell'interessato, il presidente o il pretore nomina un difensore d'uf


(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emesi:\a il 5 novembre 1970 dal pretore di Napoli (Gazz. Uff. n. 22 
del 27 genooio 1971). 
La sentenza Corte Cost., 16 dicembre 1970, n. 190 leggesi in questa 
Rassegna, 1971, I, 14; per la sentenza Corte Cast., 30 marzo 1971, n. 62 id., 
1971, I, 524. 



18 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

:f�cio all'interessato ammesso al gratuito patrocinio; fissa con decreto il 
giorno della deliberazione e ne fa comunicare avviso, non meno di 
cinque giorni prima di quello stabilito, al pubblico ministero anche 
quando l'incidente � stato proposto a sua richiesta. Lo stesso avviso 
nel medesimo termine deve �essere notificato al privato che ha proposto 
l'incidente e agli altri �che vi abbiano interesse (comma primo); 

b) il pubblico ministero presso il tribunale o la corte presenta 
requisitoria scritta. I privati che ne fanno domanda, se compaiono, 
:sono uditi personalmente o per mezzo del difensore in camera di consiglio; 
se sono detenuti in luogo diverso da quello in cui risiede il .giu
�dice, sono previamente sentiti a loro domanda dal giudice di sorveglianza 
o dal pretore del luogo all'uopo delegato; essi o il difensore 
banno anche facolt� di ;presentare memoria, senza che per ci� possa 
essere ritardata la decisione ('secondo comma); 

c) si osservano quando occorre le disposizioni conce.menti la 
jstruttoria formale (ultimo comma). 

Con l'o!I'dinanza di r.invio il pretore di Napoli, che aveva :proposto 
,d'ufficio, ai sensi degli artt. 655 e 628 c.p.p., incidente di esecuzione 
per provvedere �sulla confisca di un corpo di reato, come si � esposto 
:in narrativa, ha denunciato a questa Corte l'ultimo comma del sopra 
riportato art. 630, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, 
;sostenendo, in sostanza, la tesi che anche nel procedimento per incidente 
di esecuzione la difesa tecnica dell'imputato debba ritenersi non 
:facoltativa ma obbligatoria in ogni fase e che, pertanto, !'.incidente non 
possa essere deciso, in assenza del �difensore, anche se questo sia stato 
nominato d'ufficio ed abbia avuto notificato .tempestivamente il pre'
5critto avviso, cirica il �giorno fissato per la discussione, non potendosi 
ravvisare una razionale analogia con la istruttoria formale. 

2. -Anzitutto deve rilevarsi che (a parte la considerazione che, 
�trattandosi di incidente di esecuzione di competenza del pretore e da 
..questi proposto, non era prescritto l'intervento del pubblico ministero) 
la questione � infondata, perich�, in base ai principi fissati nella 

..sentenza n. 190 del 1970 il diverso trattamento tra p.m. e difensore non 
� di per s� sufficiente a porre in essere una violazione dell'art. 3 della 
�Costituzione dell'art. 24 della Costituzione. 

3. -Anche infondata risulta sotto il profilo della violazione delTart. 
24 della Costituziooe. 
Gi� con sentenza n. 29 del 1962 questa Corte ebbe a dichiarare 
�non fondata analoga questione, rilevando, tra l'altro, che� n'ei vigenti 
nostri or�dinamenti processuali il diritto alla difesa non si identifica 
sempre con la necessit� dell'assistenza del difensore, osserv.ando, al 
::riguardo, che nel procedimento penale tale assistenza � obbligatoria 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

nella fase del giudizio, ma non lo � nella istruzione e che nel procedimento 
civile lo stare in giudizio senza l'assistenza 1del difensore � consentito 
per i giudizi davanti ai conciliatori ed anche, a date condizioni, 
in quelli davanti ai pretori. 

Afferm�, poi, il .principio .generale che il diritto di difesa deve 
ritenersi sufficientemente garantito dalle norme in virt� delle quali 
� assicurata la possibilit� di tutelare in giudizio le proprie ragioni e 
di farsi assistere dal difensore, salvi i casi in cui il legislatore ordinario 
disponga la obbligatoriet� di tale assistenza. 

Dopo la pubbUcazione delle sentenze n. 86 del 1968 nonch� di 
quelle nn. 148 e 149 del 1969 e n. 2 del 1970, con le quali venne 
dichiarata illegittima l'esclusione della difesa tecnica anche nella istruttoria 
sommaria, nelle indagini di polizia giudiziaria e, a maggior ragione, 
in taluni atti dell'istruttoria formale, la questione della legittimit� 
costituzionale dell'art. 630 c.p.p. venne riprodotta dalla Corte 
di assise di Milano per la parte del primo comma nella quale, mentre 
� prescritto che debba essere nominato un difensore all'interessato 
ammesso al gratuito patrocinio, nulla � disposto per il caso di chi non 
� ammesso a quel beneficio e non ha, tuttavia, nominato un suo difensore. 


Questa volta la Corte, con sentenza n. 68 del 1970, ha riconosciuto 
fondata la questione, dichiarando illegittimo il primo comma dell'articolo 
630 c . .p.p., niella parte nella quale non prevede la nomina del 
difensore di ufficio anche all'interessato non ammesso al gratuito patrocinio, 
che non abbia provveduto a nominarne uno di fiducia e non 
prevede che l'avviso del giorno della deliberazione dell'incidente vada 
notificata anche al difensore dell'interessato. 

La sentenza � motivata in riferimento alle citate pronunzie del 

1968, 1969 e 1970, nonch� alla legge 5 dicembr.e 1969, n. 932, e, quindi, 

non incide �stil presupposto della analogia tra istruttoria formale ed 

incidente di esecuzione, che allora non formava oggetto di contesta


zione �come lo forma, invece, nel caso presente. 

Ora, con la sentenza n. 62 del 1971, si � ritenuto: �La Corte, ri


chiamandosi ai principi costantemente affermati, secondo i quali il 

diritto .inviolabile di difesa .garantito dalla norma costituzionale di 

raffronto (art. 24) non comporta che il suo esercizio debba essere 

disciplinato in modo identico in ogni tipo di procedimento ed in ogni 

fase processuale, ritiene che, una volta che sia stato assicurato il diritto 

dell'imputato di nominare un difensore di fiducia, in mancanza di tale 

nomina, di essere assistito da un difensore di ufficio ed unq. volta che 

sia stato garanti.to il diritto del difensore a svolgere adeguati inter


venti, il legislatore abbia il potere di valutare se determinati atti 

processuali possono essere vaUdamente compiuti anche se il difensore 

si astenga dal pronunziarsi. E non esce dai limiti di questa discre



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

20 

zionalit� una disciplina che, diversamente valutando le esigenze difensive 
nella fase istruttoria ed in quella dibattimentale, ritenga, per 
quanto riguarda la prima, che esse non impongano attraverso la sanzione 
della nullit� degli atti, una necessaria partecipazione del difensore
�. 

In base a questi principi Ja questione risulta infondata in considerazione 
della tipicit� del procedimento di incidente di esecuzione, le 
cui caratteristiche lo differenziano nettamente dal procedimen.to dibattimentale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 151 -Pres. Chiarelli Rei. 
Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Coronas) e Presidente Regione Siciliana (avv. VilJari). 

Regione -Regioni a statuto speciale -Norme di attuazione -Prececenza 
sulle leggi ordinarie -Ipotesi di conflitto e non di abrogazione 
fra le due norme -Ammissibilit� del giudizio di legittimit� 

costituzionale sulla legge ordinaria. 
(Cost., art. 134: 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; d.P.R., 5 novembre 1949, n. 1182; 


d.l. 20 ottobre 1970, n. 745, art. 16). 
Sicilia -Concessione per distributoridi carburanti -Competenza statale 
-Ipotesi di esclusione -Illegittimit� costituzionale della relativa 
normativa -Ipotesi di riserva allo Stato -Infondatezza 
della questione. 

(St. Reg. Sic. art. 14, lett. b, 20; d.P.R. 5 novembre 1949, n. 1182; d.l. 
26 ottobre 1970, n. 745, art. 16). 

Le norme di attuazione degli statuti delle Regioni ad ordinamento 
speciale prevalgono sulle leggi ordinarie dello Stato, ed in ragione di 
tale procedura, non danno luogo a conflitto�, potendo�si provvedere� al 
relativo adeguamento in sede di applicazione della legge ordinaria; ma 
ci� non si verifica allorch� la legge abbia un contenuto tale da negare 
effetto alle norme di attuazione. In tale ipotesi, � consentito ii giudizio 
di le9ittimit� costituzionale sulla legge ordinaria (1). 

� costituzionalmente illegittimo, per violazione deile norme� statutarie 
e di attuazione in materia di industrie e commercio deUa Regione 
siciliana, l'art. 16 d.l. 26 otbobre 1970, n. 725, nelle parti in cui: 

(1-2) Giudizio di legittimit� costituzionale dell'art. 16 d.l. 26 ottobre 
1970, n. 745 (\Provvedimenti straoodinaxi per l~ ~esa economica), coo,vertito 
m le.gge 18 dicemblre 1970, n. 1034, piroonosso con ordinanza emessa il 
25 maggio 1972 dalla Co.rte Costituzionale (Gazz. Uff. n. 141 del 31 maggio 
1972). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

23 

che implica necessit� di contemperare anche le esigenze di Regioni 
contermini. 

Nemmeno fondato � l'a,ssunto che lede la competenza regionale 
in materia di enti locali, il comma quattol'dicesimo, il quale, per alcune 
localit�, permette di dare la concessione al comune nella concorrenza 
di specifiche circo~tanze. La norma invece d� criteri per l'attivit� 
di distribuzione dei carburanti nelle zone alle quali l'iniziativa 
privata non dimostra di avere particolare interesse, ed � perci� coerente 
alla necessit� di direttive di valore generale, destinate a dare 
ordine alla rete di impianti di distribuzione dei carburanti, e soprattutto 
ad evitare che in qualche zona abbiano a verificarsi carenze. Deil 
resto, la norma ha carattere transitorio, rife!'endos~ all'ipotesi in cui i 
comuni abbiano chiesto la concessione entro i 180 giorni dall'entrata in 
vigore della legge di conversione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 157 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Rossi -Zecchino (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Dogana -Dichiarazione di abitualit� del contrabbando -Equiparazione 
all'abitualit� a delinquere -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 


(Cost., artt. 3, 25; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 114, primo comma). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che 
a queilo di legalit�, la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 
114, primo comma, della vigente legge doganale (legge 25 settembre 
1940, n. 1424) che equipara negti effetti la dichiarazione di abitualit� 
in contrabbando alla dichiarazione di abitualit� a delinquere, di 
cui ail'art. 1-09 c.p. (1). 

(Omissis). -Le questioni sollevate dalle diverse ordinanze sono 
due: 

a) se l'art. 114, primo comma, della legge 25 settez:nbre 1940, 

n. 1424, secondo cui �gli effetti della dichiarazione di abitualit� nel 
(1) La questione era stata sottoposta all'esame della COll'rte con ordinanz.
e emesse il 22 Luglio 1970 dall giudice di SOll'V�eg;lianza del Tribunale 
di Fi�renze (Gazz. Uff. n. 299 del 25 novembre 1970) ed il 9 dicembre 197() 
dallo stesso giudice (Gazz. Uff. n. 74 del 24 marzo 1971). 

24 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contrabbando sono quelli stessi stabiliti dall'art. 109 c.p. che disciplina 
l'abitualit� a delinquere comune, non contrasti con il principio d'uguaglianza 
sancito nell'art. 3 della Costituzione, in quanto parifica, agli 
effetti di misure detentive, due ipotesi diverse, quella del contrabbandiere 
abituale che abbia riportato quattro condanne a pene eventualmente 
lievi, e quella del delinquente comune la cui abitualit� non pu� 
esse!'e dichiarata �se non in seguito a gravi condanne; 

b) se l'impugnato art. 114, primo comma, della legge 25 settembre 
1940, n. 1424, non contrasti con il principio di legalit� garantito 
dalla Costituzione anche in tema di misure di sicurezza (art. 25, 
terzo comma, Cost.), in quanto col semplice 11ichlamo all'art. 109 c.p. 
attribuisca ad una certa specie di pericolosit� sociale (l'abitualit� in 
contrabbando) le �conseguenze previste per una specie diversa. 

Entrambe le questioni sono infondate. 

1. -La valutazione della pericolosit� dei singoli reati, e il compito 
di .graduare per ciascuno le pene e le eventuali misure di sicurezza, 
spetta al legislatore, entro i limiti imposti dai principi generali 
e specificamente dagli artt. 2 e 27 della Costituzione. Ben pu� il legislatore, 
perseguendo ragionevoli fini di politica criminale, punire un 
reato in modo pi� severo di un altro che appaia a taluni meno dannoso 
o riprovevole; allo stesso modo pu� regolarsi per l'applicazione 
delle misure di sicurezza, che sono legittimamente previste anche per 
fatti non punibili. 
N� si comprende perch� la recidiva abituale in contrabbando dovrebbe 
meritare un trattamento diverso e pi� favorevole della comune 
recidiva abituale. Il contrabbando non soltanto � un reato diretto contro 
un interesse generale dello Stato, costituzionalmente protetto (articoli 
53 e 14, terzo comma, Cost.), ma � capace di creare situazioni di 
pericolo e di pubblico allarme. 

Il ricorso al principio di uguaglianza, sotto l'aspetto di un minor 
rilievo penale dell'abitualit� in �contrabbando rispetto alla generica abitualit� 
nel delitto, � del tutto fuori luogo. 

2. -Non �sussiste in alcun modo la violazione del principio di legalit� 
giustamente esteso dalla Costituzione anche alle misure di sicurezza 
(art. 25, terzo comma). L'art. 114, primo comma, della legge 
doganale, che 'con il preciso rinvio all'art. 109 c.,p. prevede per la 
dichiarazione di abitualit� in contrabbando i medesimi effetti stabiliti 
per l'abitualit� a delinquere, costituisce una completa, tassativa e non 
equivoca previsione legislativa. --(Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

-sottrae art.a Regione la competenza a provvedere alla concessione 
di distributori di carburanti nell'ambito del territo'l"io regionale, 
'ed ipotesi analoghe; 

-non prevede il pa'l"ere della Regione prima che ii CIPE deliberi 
sugU indirizzi di carattere generale in materia, per quanto riguarda 
l'interesse regionale; 

-non prevede la competenza della Regione ad emana.re� norme 
esecutive della legge statale; 
mentre non � fondata la questione relativa allo stesso articolo nella 
parte in cui demanda al Ministro pe1� l'indust.ria la competenza a rilasciare 
concessioni lungo le autostrade, o in localit� molfl,tane o nelle 
piccole isole (2). 

(Omissis). -2. -La disposizione oggetto della questione di legittimit� 
costituzionale assegna alla Regione siciliana soli.tanto urna �attivit� 
consultiva nei confronti del Ministro dell'industria, del commercio 
e dell'artigianato, da esplicarsi dopo che il comitato interministeriale 
per la programmazione avr� deliberato sui criteri di attuazione della 
legge statale (comma quinto). Ci� fa intendere che nessun altro compito 
spetta alla Regione, nemmeno quello sostitutivo del potere attribuito 
al prefetto, come risulta, del resto, dalle disposizioni regolamentari 
approvate con d.P.R. 27 ottobre 1971, n. 1269. Si ha conferma di 
ci� nel fatto che il primo comma dell'art. 16 suddetto conferisce solo 
al Presidente della Giunta valdostana competenza per il rilascio della 
conc�essione rnel territorio della Regione e, per quanto in tal modo si 
sia voluto tener conto del particolare ordinamento amministrativo 
della Valle d'Aosta, il non aver fatto salve anche le attribuziooi della 
Regione siciliana, a favore della quale lo Stato si �� gi� spogliato della 
propria competenza per il particolare settore, rivela una mens legis 
discriminatrice in pregiudizio della competenza siciliana, e rende perci� 
necessaria una pronunzia di questa Corte. 

� esatto che le norme di attuazione degli statuti delle Regioni ad 
ordinamento speciale che siano esplicazione dei principi statutari prevalgono 
sulle norme delle leggi o:r1dinarie dello Stato, e, in ragione di 
tale prevalenza, non danno luogo a �conflitto fra legge ordinaria e norme 
di attuazione degli statuti stessi. Ma all'adeguamento suddetto pu� 
provvedersi in sede �di applicazione della J.eg�ge ordinaria soltanto se 
questa non abbia un contenuto tale da negare eff.e.tto alle norme di 
attuazione; e, nella specie, la norma denundata �di illegittimit� costituzionale 
deve ritenersi che non permetta coordinamenti che lascino 
salva la competenza della Regione siciliana. 

Deve pertanto, entro questi limiti, pronunziarsi l'illegittimit� costituzionale 
dell'art. 1'6 del decreto legge 26 o�ttobre 1970, n. 745, su 
menzionato. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

3. -Un primo motivo di illegittimit� concerne il potere di rilasciare 
la concessione di impianto di esereizio e quello di autorizzare i 
trasferimenti di impianti da una localit� ad un'altra di una stessa 
provincia (commi secondo e undicesimo). Questi poteri debbono essere 
eserdtati dalla Regione siciliana, n001 dai prefetti. 

Non risultano poi coordinati con la competenza statutaria della 
Regione siciliana i poteri del comitato interministeriale della programmazione 
circa la determinazione degli indirizzi da seguire per il rilascio 
delle concessioni (comma quinto): 1a Regione, essendo chiamata a dar 
pareri al Ministro dopo che il comitato per la programmazione abbia 
deliberato sugli indirizzi che il Ministro deve seguire, non � posta in 
grado di rappresentare al comitato quali siano le necessit� locali effettive 
cosi che il comitato l,e abbia presenti nel quadro delle esigenze 
generali. Se � poss:ibile che, nella sede centrale, si stabiliscano, anche 
con riguardo alla Sicilia, indirizzi di carattere globale, queste esigenze 
risulteranno aderenti pi� alla realt� sociale quando gli indirizzi 
siano assunti avendo conoscenza della valutazione che ne fa la Regione. 
Analogamente deve dirsi che, senza voler contestare il :potere 
del Ministero �fell'industria di dettare anche per la Regione siciliana 
criteri generali di rilascio delle concessioni, sulla base degli in'dirizzi 
del ,comitato di programmazione (comma quinto gi� menzionato), deve 
spettare alla stessa Regione i1 potere ,di specificare, provincia per provincia, 
le determinazioni ministeriali; cos� ,che la ripartizione dei coefficienti 
ministeriali possa avvenire attraverso la considerazione delle 
concrete necessit� locali. 

Deve inoltre affermarsi rche spetta alla Regione la competenza ad 
accoroare l'autorizzazione alla cessione di concessioni da parte di chi 
sia proprietario di pi� impianti di distribuzione situati in diverse 
provincie del territorio siciliano (comma decimo): la competenza che � 
stata attribuita al Ministro per tutto il territorio �dello Stato si spiega 
con il fatto che il provvedimento autorizzativo riguarda anche zone 
ter:riitoriali che eccedono i limiti della cireoscrizione di un prefetto, 
ma non si giustifica quando gli impianti interessano esclusivamente 
provincie siciliane. 

Il comma tredicesimo non riconosce la competenza regionale a dettare 
norme esecutive della legge statale; viceversa tale competenza attiene 
alla funzione amministrativa che l'art. 20 del suo statuto� attribuisce 
alla Regione, 'e, nell'�mbito del regolamento statale e dei compiti 
ad essa spettanti, non pu� essere in nulla pregiudicata. 

4. -La Regione ritiene lesiva della propria competenza la norma 
del comma secondo che attribuisce al Ministro la competenza ad accordare 
le concessioni relative ai distributori di autostrade; ma la questione 
non � fondata, a motivo del carattere unitario della materia, 
! 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

25 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 158 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Rossi -Presidente Regione Umbrfa (avv. Piras) c. Presidente 
Consiglio dei Ministl'i (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Regione -Regioni a statuto ordinario -Potere di riconoscimento degli 

Enti ospedalieri, o di compimento d'atti connessi -Decorrenza 

dalla durata dei decreti delegati traslativi delle funzioni. 

(Cost., artt. 117, 118; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; 1. 12 febbraio 1968, 

n. 132). 
Il potere .di riconoscere gli Enti ospedalieri e di porre in essere 
gli atti connessi, a' sensi della legge ospedaliera 12 febbraio 1968, numero 
132, decorre, per le Regioni a statuto ordinario, solo dal 1� aprile 
1972, data di inizio di efficacia dei decret~ delegati tiraslativi delle 
funzioni: pertanto, anteriormente a tale data, non spettava alla Regione 
Umbria, ma allo Stato, il potere di individuazione dell'organo 
competente a designare gli interessi originari dell'Ente ospedaliero1 di 
Gualdo Tadino (1). 

(1) La �questione em stata ipromossa oon dco:riso del Presidente de1ila 
Regione Umbria notificato il 25 giugno 1971. � 
In particolare per la sentenza Corte Cost. 19 gennaio 1972,' n. 5 v. in 
questa Rassegna, 1972, I, 6. 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 159 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Capalozza -Crazzolara (n.c.). 

Procedimento penale -Giudizio per decreto -Imputato assente -Illegittim~
t� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 169). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza 
che a quello di difesa, la questione di legitt.imit� costituzionale dell'art. 
1'69 c.p.p., per la parte in cui esso � applicabile al procedimento 
per decreto, nei �Conf.ronti dell'imputato assente, che non abbia comunicato 
la sua meta ai domiciliatari (1). 

,. (1) La questione ere stata sottoposta all'esame della C()['te e� ordinanza 
emessa il 22 gennaio 1972 dal pretoire di Brunico (Gazz. Uff. 134 del 
24 maggio 19�7!2). 

La sentenza Corte Cost. n. 77 del 1972 leggesi in questa Rassegna, I, 
557; per Ja sentenza Corte Cost., 4 febbraio 1970, n. 16 v. id., 1970, I, 175. 



26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale riguarda 
l'art. 169 c.p.p., nel caso di sua app1icazione al procedimento per 
decl'eto penale, in relazione agli axtt. 3 e 24 della Costituzione. 

2. -La Corte ha gi� esaminato sotto diversi profili alcune questioni 
di legittimit� costituzionale dell'art. 169 c.p.p., ritenendo fondata 
solo la denunzia mossa all'ultimo capoverso (nel senso che i termini, 
anzich� dalla data di spedizione, ad opera dell'ufficiale giudiziario, 
della comunicazione dell'avvenuto deposito dell'atto presso la 
casa comunale, debbano decorrere dalla data di ricevimento della raccomandata: 
sent. n. 77 del 1972). 
3. -Tenendo conto degli argoment� posti a base di precedenti sentenze 
(n. 170 del 1963, n. 27 del 1966 e n. 48 del 1969), con le quali 
questa Corte ha disatteso J.e censure attinenti al .procedimento per decreto 
penale nelle sue peculiarit� processuali (artt. 506-510 c.p.p.), la 
questione ora proposta, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., va risolta 
nel quadro pi� generale dei prindpi affermati a proposito della prima 
notifica all'imputato non detenuto, nella .gi� citata sentenza n. 77 del 
1972. 
4. -Senza dubbio, la relativa brevit� del termine si inserisce nel 
sistema del codice. 
Nel prefissare il termine per l'opposizione al decreto penale, H 
legislatore ha operato una sua scelta tipicamente discrezionale, che 
sarebbe illegittima solo se -nell'assenza �di un metro, a livello costituzionale, 
per la congruit� del termine stesso -qu�st'ultimo vanificasse, 
sul piano dell'id quod plerumque accidit, l'azione difensiva: ci� 
che pu� dirsi qui escluso dai dati dell'esperienza. Tale congruit� 
�deve .essere valutata tanto in rapporto all'interesse del soggetto che 
ha l'onere di compi�re un cer�to atto .per salvaguardare i propri diritti, 
quanto in relazione alla funzione assegnata all'istituto nel sistema dell'intero 
ordinamento �giuridico> (Corte cost., 1962, n. 93; vedansi anche 
le sentenze n. 59 del 1969, n. 10 del 1970 e n. 136 del 1971). 

Va aggiunto, per completezza e di passaggio, che l'art. 192, secondo 
comma, �C.p.rp. introduce un'eccezione all'art. 509, primo comma, 
facultando sia i genitori per <i. figli minori sottoposti alla loro� potest� 
-soggetti penalmente capaci, se ultradiciottenni (art. 98 c.p.), e processualmente 
capaci, se ultraquattordicenni (art. 120, terzo comma, 
c.p.; art. 159, n. 1, e art. 169, quarto comma, c.p.p.) -sia il tutore 
per le persone sottoposte a tutela, a proporre l'impugnazione che spetta 
ad imputati meno atti a prevedere e a provvedere, cio� a prec'lisporre 
idonee misure per l'eventualit� �di una notifica in loro assenza. E, 
come � noto, l'opposizione al decreto monitorio rientra nella categoria 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

25 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 nov�embre 1972, n. 158 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Rossi -Presidente Regione Umbvia (avv. Piras) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Regione -Regioni a statuto ordinario -Potere di riconoscimento degli 

Enti ospedalieri, o di compimento d'atti connessi -Decorrenza 

dalla durata dei decreti delegati traslativi delle funzioni. 

(Cost., artt. 117, 118; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; 1. 12 febbraio 1968, 

n. 132). 
n potere .di riconoscere gli Enti ospedalieri e di porre in essere 
gli atti connessi, a' sensi della legge ospedaliera 12 febbraio 1968, numero 
132, decorre, per le Regioni a statuto ordinario, solo dal 1� aprile 
1972, data di inizio di efficacia dei decret~ delegati ttraslativi d.etie 
funzioni: pertanto, anteriormente a tale data, non spettava alla Regione 
Umbria, ma allo Stato, il potere di individuazione dell'organo 
competente a designare gli interessi originari dell'Ente ospedaliero� di 
Gualdo Tad.ino (1). 

(1) La �questione era stata IPl.'Olnossa oon ll"�oCOJ.'ISO del Presidente defila 
Regione Umbri�a notifiicarto il 25 giugno 1971. 
In particolare per la sentenza Corte Cost. 19 gennaio 1972,� n. 5 v. in 
questa Rassegna, 1972, I, 6. 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1972, n. 159 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Capalozza -Crazzolara (n.c.). 

Procedimento penale -Giudizio per decreto -�Imputato assente -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 169). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza 
che a .quello di difesa, la quesUone di legittimitd costituzionale dell'art. 
169 c.p.p., per la parte in cui esso � applicabile al procedimento 
per decreto, nei confronti detl'imputato assente, che non abbia comunicato 
la sua meta ai domiciLiatari (1). 

, (1) La questione era stata sottoposta all'esame della CO!l.'te oon ordinanza 
emessa il 22 geinooio 1972 dal pretore di Bruniico (Gazz. Uff. 134 del 
24 maggio 19ii!2). 

La sentenza Corte Cost. n. 77 del 1972 leggesi in questa Rassegna, I, 
557; per J.a sentenza Corte Cost., 4 febbraio 1970, n. 16 v. id., 1970, I, 175. 



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26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituziooale riguarda 
l'art. 169 c.p.p., 111.el caso di sua applicazione al .procedimento per 
decr:eto penale, in relazione agli axtt. 3 e 24 della Costituzione. 

2. -La Corte ha gi� esaminato sotto diversi profili alcune questioni 
di legittimit� costituzionale �dell'art. 169 c.p.p., ritenendo fonda<
ta solo la denunz.ia mossa all'ultimo capoverso (nel senso che i termini, 
anzich� dalla data di spedizione, ad �opera dell'ufficiale giudiziario, 
della comunicazione dell'avvenuto deposito dell'atto presso la 
casa comunale, debbano decorr:ere dalla data di ricevimento della raccomandata: 
sent. n. 77 del 1972). 
3. -'.Venendo conto degli argoment� :ixisti a base di precedenti sentenze 
(n. 170 del 1963, n. 27 del 1966 e n. 48 del 1969), con le quali 
questa Corte ha di'satteso le censure attinenti al procedimento per decreto 
penale nelle s.ue peculiarit� processuali (ar.tt. 506-510 c.p.p.), la 
questione ora proposta, in xiferimento agli artt. 3 e 24 Cost., va risolta 
nel quadro pi� generale dei prinC<ipi affermati a proposito della prima 
notifica all'imputato non detenuto, nella gi� citata sentenza n. 77 del 
1972. 
4. -Senza dubbio, la relativa brevit� del termine si inserisce nel 
sistema del codice. 
Nel prefissare il termine per l'opposizione al decreto penale, U 
legislatore ha o,perato una sua scelta tipicamente discrezionale, che 
sarebbe illegittima solo se -nell'assenza di un metro, a livello costituzionale, 
per la congruit� del termine stesso -qu�st'ultimo vanificasse, 
sul piano dell'id quod pZerumque accidit, l'azione difensiva: ci� 
che pu� dirsi qui escluso dai dati dell'esperienza. Tale congruit� 
�deve ,essere valutata tanto in rapporto all'interesse del soggetto che 
ha l'onere di compiere un cerfo atto per salvaguardare i propri diritti, 
quanto in relazione alla funzione assegnata all'istituto nel sistema dell'intero 
ordinamento .giuridico:. (Corte cost., 1962, n. 93; vedansi anche 
le sentenze n. 59 del 1969, n. 10 del 1970 e n. 136 del 1971). 

Va aggiunto, per completezza e di passaggio, che l'art. 192, secondo 
comma, c.p.p. introduce un'eccezione all'art. 509, primo comma, 
facultando sia i genitori per .i figli minori sottoposti alla loro potest� 
-soggetti penalmente capaci, se ultradiciottenni (art. 98 �c.p.), e processualmente 
capaci, se ultraquattordicenni (art. 120, terzo comma, 
c.p.; art. 159, n. 1, e art. 169, quarto comma, c.p.p.) -sia il tutore 
per le persone sottoposte a tutela, a proporre l'impugnazione che spetta 
ad imputati meno atti a prevedere e a provvedere, cio� a preilisporre 
idonee misure per l'eventualit� ,di una notifica in loro assenza. E, 
come � noto, l'opposizione al decreto monitorio rientra nella categoria 

.. .. . 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

dei mezzi di impugnazione, pur con caratteristiche che la differenziano 
dai mezzi ordinari. 

Non �, pertanto; vulnerato il diritto di difesa (art. 24, secondo 
comma, Cost.): questa Corte ha pi� volte affermato che non sono richieste 
identiche modalit� per il suo eserc.izio, potendo esso venire diversamente 
regolato ed adattato alle speciali esigenze dei singoli procedimenti, 
purch� non ne siano pregiudicati lo scopo e le funzioni 
(vedansi le sentenze n. 46 del 1967 e n. 16 del 1970; e, per qualche 
accostamento, n. 108 del 1963). 

" 

5. -Neppme sussiste la violazione del principio di eguaglianza 
(art. 3 Cost.) -come assume, invece, il pretore di Brunico -per 
1'.incompatibilit� tra la procedura per decreto penale -che consente 
solo all'imputato personalmente o per mezzo di procuratore speciale� 
di interporre pppos.izione (art. 509, primo comma, c.p.p.) -e la dichiarazione 
di irreperibilit� dell'imputato (art. 170 c.p.p.: vedasi la 
sentenza n. 90 del 1963 di questa Corte), la quale attribuisce al difunsore 
il potere di� impugnazione. La posizione dell'irreperibile � ben 
diversa da quella del precariamente assente, sicch� appare del tutto 
giustificato il differente trattamento processuale, che all'uno e all'altro 
� riservato. 
All'opposto, la compatibilit� violerebbe l'art. 3 Cost., dato che� 

essendo il dec11eto penale opponibile solo dall'interessato o da un 
suo .procuratore speciale -verrebbe meno il trattamento processuale 
unitario della categoria degli irreperibili; d'altronde, sarebbe irragionevole 
pretendere, ai fini dell'osservanza del precetto costituzionale, 
che sia notificato a mani proprie un decreto penale emesso nei confronti 
di chiunque si sia allontanato anche momentaneamente dalla 
sua abitazione o dal luogo in cui abitualmente esercita la sua attivit� 
professionale. 

Di �converso, un utile rimedio � stato escogitato dal prudente magistero 
della Cassazione, secondo la quale, per l'imputato da tempo� 
assente, che non abbia dato notizie del suo nuovo recapito, occorre procedere 
alla notificazione con il rito degli irreperibili. Ne discende che 
l'imputato erroneamente ritenuto assente e, in effetti, irreperibile, cui 
sia stato notificato il decreto di condanna, ben pu� eccepire la nullit� 
della notificazione e la conseguente mancata istituzione del rapporto 
processuale. 

6. -L'espresso obiettivo dell'ordinanza � di rendere obbligatoria, 
nel caso particolare del decreto penale, la notifica a mani proprie; 
ma � ovvio che si tratta �di r.iforma che non spetta alla Corte di attuare, 
anche a prescindere dal rilievo che ci� andrebbe contro le necessit� 
pubblicistiche d.el potere punitivo e del sollecito svolgimento 

28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

del processo, imposte dal ,carattere 'e dai fini della pretesa punitiva 
in generale e del rito per decreto penale in ispecie; necessit� che vanno 
contemperate con l'osservanza delle garanzie della difesa e non, da 
questa, vanificate. 

E qualora l'ordinanza, lamentando la brevit� del termine (che gi� 
una Commissione ministeriale di studio propose di portare a dieci 
giorni: Progetto di modificazioni per !'�aggiornamento del codice di 
procedura penale, Roma, 1950), ne volesse un allargamento, ci� non 
eliminerebbe l'eventualit� che l'interessato non ne abbia tempestiva 
contezza. 

Rilievi ,critici, se mai, vanno spostati dall'art. 169 all'art. 509, 
primo �comma, 'c.p.p., il quale, per altro, non � oggetto di discussione: 
problema di cui, de iure condendo, aveva proposto una soluzione, per 
quanto parziale ed insufficiente, la citata Commissione ministeriale di 
studio, prevedendo che la richiesta dell'ordinaxiio giuqizio in contraddittorio 
mediante l'opposizione ;potesse essere avanzata anche dal difensore 
che l'imputa.io avesse nominato. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 163 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Mortati -Pitzalis (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(vice avv. gen. dello Stato Bronzini). 

Reato -Reati e pene -Recidiva -Computo delle condanne estinte per 

amnistia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p., art. 106). 

Non � fondata, con riferimento al principio, di eguaglianza, la que.
stione di legittimit� costituzionale dell'art. 106 c.p. che, agli effetti della 
recidiva, computa anche le condanne per le quali sia intervenuta estinzione 
per amnistia (1). 

(Omissis). -1. -L'ordinanza in oggetto denuncia il primo comma 
dell'art. 106 c.p., nella parte in cui dispone che, agli effetti dell'applicazione 
della recidiva, si tiene conto anche delle condanne per le 
quali sia intervenuta amnistia, nella considerazione che incorre in violazione 
dell'art. 3, primo comma, Cost. in quanto d� luogo ad una dif


(1) La quest.tooe em stata sottoposta ail!l'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 22 febbraio 1972 dal mbuniale di Milano (Gazz. Uff. n. 134 
del 24 maggio 1972). 
La sentenza Corte Cost., 2 aprile 1964, n. 30 leggesi in questa Rassegna, 
1964, I, 442. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

ferenza di trattamento rispetto al caso in cui l'amnistia intervenga 
prima che sia stata pronunziata una condanna; differenza non giustificata 
tanto pi� quando si tenga presente che anche per l'applicazione 
dell'amnistia propria, cio� anteriore alla condanna, il giudice deve 
e:ffiettual'\e un giudizio di colpevolezza, tenendo conto delle circostanze 
-che influiscono sulla ipena, tutte le volte in cui H decreto di amnistia 
�condizioni la sua applicazione alla valutazione di tali circostanze. 

2. -La questione cos� proposta deve ritenersi infondata. 
Deve preliminarmente essere contestata l'affermazione dell'ordinanza 
per ultimo riferita, non essendo esatto che nel caso di amnistia 
propria si debba effettuare un vero e proprio giudizio di colpevolezza, 
sia pure al limitato fine della determinazione dell'entit� della pena, 
poich�, invece, una volta .intervenuta l'amnistia, non compete al giutlice 
compiere un effettivo accertamento di sussistenza del reato, dovendosi 
egli limitare ad ipotizzare tale sussistenza in quanto nec�eS
�sario all'applicazione del provvedimento di clemenza, salvo nel caso 
previsto dall'art. 152 c.p.p. della non punibilit� del fatto imputato 
'<lUando risulti di piena evidenza che esso non sussiste o non � previsto 
come reato o non � addebitabile all'indiziato. Si � pertanto in presenza 
di una obiettiva disparit� tra le due situazioni prospettate, dato 
che in una di esse, mancando ogni accertamento definitivo di colpevolezza, 
non si rende possibile far derivare alcun effetto penale, mentre 
nell'altra l'ammissibiUt� di tali effetti trova fondamento nell'avvenuta 
e non pi� contestabile qualificazione �di illecito penale del fatto di cui 
si � chiamati a rispondere. Sioch� l'art. 151 c.p., quando �dispone che 
l'amnistia sopravvenuta alla condanna fa cessare la sua esecuzione e 
le pene accessorie ma non gli altri effetti ad essa riconducibiU, non 
induce .lesione dell'art. 3 della Costituzione. In questo senso si � pronunciata 
la Corte con sentenza n. 30 del 1964 che, riguardo ad uno 
-di tali effetti, quale quello dell'obbligo del condannato poi amnistiato 
al pagamento delle spese processuali, ebbe a ritenere la razionalit� 
della differenziazione di disciplina, in corrispondenza alla diversit� 
�obiettiva costituita dall'esistenza o non esistenza di una sentenza di 
-condanna al ,sopravvenire dell'amnistia. Pertanto la norma dell'art. 106 
C.p., secondo cui, in �Caso di amnistia sopravvenuta alla condanna, si 
tiene conto di questa agli effetti della recidiva, appare in piena con-
cordanza con l'art. 151 c.p. e, come questo, giustificata dalla sussi:
stenza del presupposto del definitivo accertamento della colpevolezza, 
.che manca nell'altro caso. 

3. -L'incongruenza fatta presente dall'ordinanza del diverso trattamento 
riservato a colpevoli dello stesso reato in dipendenza della 
.cireostanza del tutto fortuita dell'essere stati giudicati prima o dopo 

RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

30 


dell'applicazione del provvedimento di amnistia, in realt� non sussiste 
pereh�, come si � detto, non � vero che nei due casi si veiri~hi, 
secondo si asserisce, una identka situazione processuale. 

Quanto poi' alla diversit� che pu� nascere fra i trattamenti a riguardo 
di due soggetti imputati dello stesso :reato per la circostanza 
fortuita del sopravvenire del decr�eto di amnistia in un momento anteriore 
o posteriore al ipassaggio �n giudicato della sentenza di condanna, 
� da osservare. come essa sia espressione di una mera disparit� di fa.tto, 
cui � estranea la legge e quindi rimanga irrilevante ai fini dell'applicazione 
dell'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 164 -Pres. Chiarelli 
-Rei. Mortati -Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. 
Berti) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. g�en. dello 
Stato Savarese). 

Comune -Controlli -� Nomina di commissario per impossibilit� di 
funzionamento dell'amministrazione comunale -Competenza 
dello Stato. 

(Cost., artt. 128, 130; I. 10 febbraio 1953, n. 62, artt. 59, 64; 1. 8 marzo 1949, 

n. 277; St. Reg. Emilia-Romagna, art. V disp. trans.). 
Spetta allo Stato (Prefetto) e non agli organi deUa Regione il 
potere di nomina di commissari per la temporanea reggenza di amministrazioni 
comunali incapaci di funzionare (1). 

(Omissis). -1. -La Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto 
di attribuzione chiedendo che venga dichiarata la propria competenza 
a provvedere alla nomina di un commissario per la provvisoria 
reggenza dell'amministrazione del Comune di Podenzano fino alla ele


(1) La sentenza appwe meritevole di ipall.'ltioola:re segna:Lazione, perch� 
ha rprevisato i limirti. del conitrollo sugli atti dei Com'llll:i, Provdncie ed altri 
Einti J.ocali, che il.'a:rt. 130 de:Lil.a Costituzione affida alla competenza delle 
Regioni a statuto ordinario: esso non pu� andare oltre il controllo sostitutivo 
su singoli atti emessi dall'Ente controJ.lato, e non comp:rende, i.nivece, 
la 1sostituzicmre, in officio, per la temporanea carenza del titolaa:e, di un 
Oll'g;ano straolr1ditnario che lo regga. T�ailJe poter.e spetta alla Sitarto anche Ln 
presenza de1l'attuato ordinrunento !l'egionale, (perch� allo Stato � riservata. 
l'intera disciplina or~zmtiva e fu:nzionail.e di C!omuni e Provincie, in 
base all'art. 128 della Costituzione. 
La sentenza deve esser�e segnalata anche per il dispositivo adottato. 
Nei giudizi rper r:egolamento di competenza, in base al combinato disposto. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 31 

zione del nuovo Consiglio, e conseguentemente annullato il provvedimento 
del Prefetto di Piacenza avente anch'esso ad oggetto la temporanea 
gestione dell'ente medesimo. 

La pretesa fatta valere dalla Regione poggia sul presupposto che 
la riforma regionale abbia importato un sostanziale mutamento nella 
posizione prima rivestita dai minori enti territoriali di amministrazioni 
indirette dello Stato, rendendo di conseguenza necessaria una 
configurazione diversa da quella prospettata nel �Passato in ordine al 
criterio distintivo fra controllo sugli atti e controllo sugli organi, nel 
senso che d.ebba competere alla Regione ogni specie di controllo sostitutivo,
� quale �che �sia il �suo oggetto, tutte le volte che si renda nec�essario 
farvi ricorso per assicurare il regolare funzionamento degli enti 
medesimi, mentre residua allo Stato solo !'�esercizio dei poteri che rivestono 
�carattere di supremazia, quali quelli a contenuto sanzionatorio, 
a �carico di singoli amministratori o dell'intero Consiglio, pel caso di 
un loro illecito comportament�. 

2. -La tesi riferita non trova alcun sostegno nelle norme costituzionali, 
apparendo invece dall'art. 128 la volont� di mantenere alle 
Provincie ed ai Comuni la figura da essi tradizionalmente rivestita di 
parti dell'ordinamento generale dello Stato, al quale pertanto deve rimanere 
riservata l'intera loro disciplina organizzativa e funzionale. 
degli artt. 41 e 38 del.la iLegge 11 marw 1953, n. 87, il dispositivo cO!lll(preltlde 
due caipi, l'uno obbligatOII"io (la dichiarazione di appartenenza delle attrlibuzion:
i 1n �contestazione in �Capo ad UJna delle due Bariti iiil contesa), l'altra 
mera.mente eventuale (l'annullamento dell'atto viziato da incompetenza, 
ove questo sia stato emainaito). 

La iegg1e non specl:fica se, in questa ipotesi, l'atto da arunull:are sia da 
identificare con 11'atto i.rrnipugnato; bench� nella stregirande maggioranza dei 
giudizi, rper regolamento di competenza, vi sia sempre stata taLe coincidenza. 

La rpal'ltico1arit� della :l�atttsp.ecie sta prorprio in questo: che la Corte, 
illlvestita del iricooso solo da pairte della Regione avve11SO il decreto prefettizio, 
aV100do dkhiairato 1a competenza dello Stato, non ha soltanto respinto 
il ricorso della Regione, ma ha annullato il provvedimento regionale che 
si pOOJ.eva diialetticamente antitetico 1rispetto al decreto pr.efettizio. 

Ci� sembra oompo:ritaxe un adattamento molto relativo dei conceitti 
P!rOoessuaJ.istid tradizionali, sulle pivecLusioni, sui t0['1Illini, sull'ultrapetizione, 
nei giudizi del genel'e davanti alla Corte Costituzionale. 

� da ritenere, vicevema, che, dato H partkolai'e tipo e funzione del 
processo 1costituzdona1e, iLa p:ron'l.Lllcia di armullaimenJto possa essere emanata 
come sel!IlPlioe conseguenza della declaratoria di riconoscimento del poteire, 
mdipendenitemente dalla posizione pirocessuaLe -:dcorrente o resistente deliLe 
due Pa!rti, e dall'oatto denunciato come fonte di coinflitto. Questo principio 
trova del resto una testuale, analoga esplicazione nie'Lla dkhiarazfone 
di illegittimit� co.stttuzdonale derivata, nei giudizi in via incidentale, .giusta 
l'art. 27 della 1egg.e n. 87 del 1953. 



32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In armonia con tale configurazione si presenta la disposizione dell'art. 
130 che, nel coordinare l'assetto dei controlli con il sopravvenutfr 
ordinamento regionale, se pure ha chiamato le Regioni a partecipare� 
all'esercizio dei medesimi, ha d'altra parte affidato alla legge statale 
la determinazione dei modi di costituzione dell'organo regionale competente 
all'esercizio stesso, limitandone, in modo testuale e tassativo, il 
sindacato di legittimit� e di merito solamente ai singoli atti, di volta 
in volta ad esso sottoposti. 

� da ammettere che il controllo sugli atti cosi inteso comprenda 
anche quello che si esercita sulla legittimit� dell'omessa emanazione 
di uno di essi quando sarebbe stato obbligatorio effettuarla, e comporti 
la conseguente sostituzione nell'esercizio del potere corrispondente 
da parte dell'organo di controllo a quello dell'ente rimasto inattivo; 
ma � invece da escludere �che possa ritenersi in esso inclusa anche 
la potest� di sostituire nell'ufficio in cui si v�erif�chi la temporanea 
carenza del titolare, un organo straordinario che lo regga. Siffatta sur



I 

roga dell'organo � espressione di un potere politico di sovranit� che 
non pu� quin�di non rimanere di pertinenza dello Stato. 
In questo senso si � pronunciata la Corte con la sentenza n. 24 del 

J 

1957, riguardante l'interpretazione dell'art. 46 dello Statuto sardo che 

i 

delimita l'ambito del controllo assegnato alla R�egione negli stessi 

Ifil 

termini espressi nell'art. 130 della Costituzione. 

t

3. -Elementi in contrasto con la conclusione cui si � giunti non 
possono desumersi dall'ultimo comma dell'art. 59 della legge n. 62 del 
19'53 che attribuisce all'organo abilitato all"esercizio del controllo, ai 
1 

sensi dei precedenti artt. 55 e 56, i poteri di controllo sostitutivo gi� 
attribuiti al Prefetto dalle leggi allora vigenti. Infatti, se � vero che 

I 

un dubbio potrebbe derivare dalla considerazione che l'art. 19 t.u. legge 

i1 

com. e prov., modificato dalla legge n. 277 del 1949, conferiva al Prefetto 
anche il potere dell'invio di appositi comm~sari per reggere temporaneamente 
le amministrazioni locali, delle quali riusciss�e comunque 
impedito il normale funzionamento, non sembra contestabile che 
tale generico rinvio all'art. 19 debba interpretars.i in senso restrittivo, 
per la. necessit� di metterlo in armonia con la fonte superiore di cui 
� esecuzione, includendovi cio�, come si � detto, solamente i poteri 
considerati nella iprima parte del quinto comma dell'articolo stesso 
relativi alla sostituzione riguardante singoli atti, e non gi� quelli della 
seconda parte, riferenti�si alla surroga di organi. 

Che questa sia l'esatta interpretazione da dare all'art. 59 risulta i_comprovato 
dalla �intitolazione data agli artt. 55 e 56 che fa menzione f 
del �controllo sugli atti�, e pi� ancora dall'art. 64, che, nel consen-I\ 
tire alle autorit� governative di richiedere alle sezioni di controllo J-
regionale gli, elementi necessari ad un eventuale provvedimento di ,_. 

-� I 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 33 

scioglimento, di sospensione o di rimozione, poi nell'ultima parte, 
lascia �ferme le attribuzioni di cui alla citata legge n. 277 �. 

Non � possibile ritenere, come fa la difesa regionale, che la norma 
cosi formulata si riferisca ai pro:vvedimenti sanzci.onatori, poich�, se 
fosse intesa in tal modo, non avrebbe senso, dato che proprio a questi 
ultimi ha riguardo J.'art. 64. 

Non vale poi invocare, a sostegno della pretesa della Regione, la 
V disposizione transitol'ia dello Statuto, che fa riferimento ai controlli 
sostitutivi da parte della Regione sugli organi degli enti locali, 
poich� essa non � attributiva di una competenza di tal genel'e (n� 
avrebbe potuto esserlo, dato che, come ha ritenuto la Corte con la 
sentenza n. 40 del 1972, l"intera materia dei controlli esula da quella 
statutaria, e non � prevista fra le potest� legislative elencate .nell'articolo 
117), ma si limita a dichiararla, sotto la condizione formulata in 
questi termini: � sinch� ed in quanto previsto dalla leg,ge �. E poich� 
si � dimostrato che nessuna previsione in questo senso � desumibile 
dall'unica fonte normativa competente, costituita dalla legge dello 
Stato, � da concludere che 1a disposizione t~�nsitoria richiamata non 
offre alcun valido argomento a favore della tesi in contestazione. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 nov�embre 1972, n. 165 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Capalozza -Foresti ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Reato -Reati e pene -Oltraggio a pubblico ufficiale ed a pubblico impiegato 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. l, 2, 3, 4, 35, 97, 98, 113; c.p., artt. 341, 344). 

Non sono fondate le questioni di legittimit� costituzionale degli 
artt. 341 e 344 c.p., sull'oltraggio, rispettivamente, a pubblico ufficiale 
od a pupblico impiegato (1). 

(Omissis). -1. -Le quattro ordinanze hanno, sostanzialmente, lo 
stesso oggetto, anche se quella del pretore �di Bologna in data 13 mar


(1) La ~esenrtenza 19 lugldo 1968, n. 109 oui la Corte si riichiama 
� pubblicata in questa Rassegna, 1968, I, 1, 887. 
In dottrina, a commento della sentenza stessa, GAGLIANI CAPUTO, In 
tema di costituzionalit� dell'art. 341 c.p., in Cons. Stato, 1968, II, 899 e 
GOLDONI, Sulla costituzionalit� dell'art. 341 c.p., in Arch. pen., 1969, II, 108. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

34 


.zo 1970 riguarda l'art. 344 c.p. (oltraggio a pubblico impiegato), mentre 
le altr�e (pretore di Carr� dell'll luglio 1970; pretore di Bologna 
del 17 ,giugno 1971 e ,pretore di Bassano del Grappa del 25 giugno 
1971) attengono all'ar�t. 341 dello stesso codi.ce (oltraggio a pubblico 
ufficiale); e, pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti 
con unica sentenza. 

2. -Per quanto concerne le ,censure che fanno riferimento agli 
.artt. 1 e 3 'della Costituzione, la soluzione da adottare � indicata dalla 
sentenza n. 109 del 196.8, i cui principi debbono essere applicati anche 
nell'attuale giudizio, non essendo state prospettate argomentazioni che 
inducano la Corte a mutare avviso. E, mentre allora l'ordinanza di rinvio 
-pur riconoscendo l'esigenza di difendere in modo pi� vigoroso la 
funzionalit� della pubblica amministrazione -si limitava a ritenere 
irragionevolmente sproporzionata la differente disciplina praUcata dal 
legislatore nei confronti di chi offende l'onore o il prestigio di un 
pubblico ufficiale rispetto a chi rechi ingiuria a colui che non riveste 
tale qualifica; le ordinanze che ora ci� oocupano vorrebbero addirittura 
equiparare il pubblico ufficiale e l'impiegato esercente un pubblico 
servizio a qualsiasi �cittadino privato. Di tal che i criteri accolti 
nella motivazione della citata sentenza -secondo la quale il diverso 
trattamento dell'oltraggio rispetto all'ingiuria non .� irrazionale .per ec
�cessiva sproporzione delle rispettive sanzioni -valgono a maggior 
ragione per respingere la tesi diretta a sottoporre alla stessa pena reati 
.aventi un altro oggetto di tutela. 
Il che, ovviamente, non esclude che competono al legislatore quei 
compiti ai quali la Corte ha fatto dchiamo nella precedente sentenza 

n. 109 del 1968. 
3. -Le affermazioni contenute nella sentenza test� ricordata con.
ducono a ritenere non fondate le rimanenti censure. Infatti, una volta 
negata la violazione dell'art. 3, ,cade quella dell'art. 4 e del correla
�tivo art. 35 Cost., perch� se � vero che tutti i cittadini hanno diritto 
al lavoro e che quest'ultimo � oggetto, nel suo complesso, di apposita 
garanzia costituzionale, � vero altresi che proprio dall'art. 35, nel suo 
primo comma, si evince il potere. del legislatore ordinario di attuare 
�una distinta protezione delle svariate forme ed applicazioni del lavoro. 
. Ci� implica che ai doveri dei pubblici funzionari e dipendenti 
dello Stato e degli �enti pubblici, quali sono posti, genericamente o 
.specificamente, da varie norme della Costituzione, possano corrispondere 
un'adeguata normativa diversa da quella dei lavoratori autonomi 
e dei prestatori d'opera dipendenti da privati, ed una particolare valu
�tazione, SIUl piano giuridico-penale, la quale -ferma restando la pari 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

35 

dignit� delle persone uti singuli -sia conforme alle esigenze di :pro


tezione delle mansioni esercitate, che, tra l'altro, postulano efficienza 

e serenit� di espletamento. 

Quanto all'art. 113 Cost., che l'ordinanza del pretore di Bologna 
del 17 giugno 1971 assume violato senza per altro darne alcuna motivazione 
-come giustamente rileva l'Avvocatura generale dello Stato 
-basti osservare che il denunziato art. 341 c.p., norma di diritto 
penale sostanziale, non limita in alcun modo la guarentigia giurisdizionale 
dei diritti e degli interessi legittimi del cittadino. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 166 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Crisafulli -Tenaglia (avv. Giannini, Lubrano). 

Elezioni amministrative e politiche -Elezioni regionali -Ineleggibilit� 

per i capi degli uffici dello Stato nella Regione -Illegittimit� co


stituzionale. 

(Cost., artt. 3, 51; I. 17 febbraio 1968, n. 108, art. 5, n. 7). 

� fondata, con riferimento al principio di eguaglianza. e di capacit� 
elettorale passiva, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
5, n. 7, legge 17 febbraio 1968, n. 108, sulla ineleggibilit� a consigliere 
comunale per i capi, e loro vice, de�gli uffici regionali, provinciali 
e locali dello� Stato nella Regione (1). 

(Omissis). -2. -Nel merito, la questione di legittimit� costituzionale, 
per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., dell'art. 5, n. 7, della 
legge 17 febbraio 1968, n. 108, nella parte in cui dichiara ineleggibili 

(1) La questione era stata sollevata con ord.irn:anza del Til'ibunale del-. 
l'Aquila 28 febooaio 1972 (Gazz. Uff. 21 giugno 1972, n. 158). 
Le decisioni. 't'iciliiamate dalla COil.'te sono pubblicate .iJil questa Rassegna, 
1969, I, 1, 377 e 378; ivi, 1971, I, 1, 501 e 1316 ed ivi, 1972, I, 1. 
H �carattere �eccezionale delle norme che pongono cause di ineleggibilit� 
� indicato con partkolaTe vigore neLlia decJ,sione n. 46 del 1969 che inciJSli:
vamente a:ffierma che, pmo il.'art. 51 Cost., l'eleggibilit� � la regola, l'ineleggibilit� 
l'ecceziOl!lJe. 

La C-OO:'te non 1si � �esplkdtamente pronunciata suNa questione, ohe pure 
era stata sollevata per !prima, deLla ruspaTit� di trattamenrto esistente per 
l'eleggibilit� a consigliere tra ae Regioni a statuto speciale e quel1e a statuto 
ord.iJilario. Ha tuttavia .colto l'occasiOiO.e per indicare al legiislatwe la necessit� 
di una normaiti.va uniforrrne in tema di cause di ineleggibil.tt�. Sul 
divieto per il legislatore regionale di introdurre deroghe non giustificate 
e non 11.'aziolllali a!l.la legislazione elettorale .statale la Clorte si filia gi� pronunciata, 
con 11iferiimento al.la Regione siciliana, ineUa decisione 108 del 1969 
SOIP'l'a cita.fa. 

5 



36 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

ai consigli delle Regioni a statuto ordinario � i capi degli uffici regionali, 
provinciali 'e locali, dello Stato nella Regione, co1oro che ne fanno 
le veci per disposizione di legge o di regolamento�, � fondata. 

Secondo la co�stante giurisprudenza di questa Corte, le cause di 
ineleggibilit� sono di stretta interpretazione e devono essere conte.
nute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle 
esigenze di pubblico interesse, ricoJ1egantisi alla funzione elettorale, 
cui sono di volta in volta preordinate (sent. nn. 46 e 108 del 1969, 
nn. 38 e 189 del 1971, n. 58 del 1972). � vero che l'art. 51 Cost. rimette 
alla legge �~i stabilire i l'equisiti di eleggibilit�, i quali possono 
essere cos� positivi come negativi od ostativi (sent. n. 38 del 1971, 
test� rammentata); ma, proprio perch� questi ultimi, risolvendosi in 
cause di ineleggibilit�, formano altrettante eccezioni al generale e 
fondamentale principio, enunciato in apertura dallo �stes�so art. 51, del 
libero accesso, in condizione di eguaglianza, �di tutti i cittadini alle 
cariche elettive, � necessario che siano t:Lpizzati dalla legge con determtnatezza 
'e precisione sufficienti ad evitare, quanto pi� possibile, situazioni 
di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni, soluzioni 
giurisprudenziali contraddittorie, che finirebbero per incrinare 
gravemente, in fatto, la proclamata pari capacit� elettorale passiva 
dei cittadini. 

Al contrario, la norma denunciata stabilisce -oltre tutto, senza 
precedenti e senza attuale riscontro nell'intera legislazione elettorale 
italiana, se si prescinde �da una disposizione, sostanzialmente analoga, 
della legge regionale siciliana del 20 marzo 19�51, n. 29 -una causa 
di ineleggibilit� dai confini estremamente generici ed elastici, suscettibile 
di essere dilatata in sede interpretativa sino a ricomprendere 
le situazioni pi� diverse, come invece all'opposto di applicazioni pratiche 
variamente restrittive, circoscritte ad una parte soltanto delle 
ipotesi che potrebbero egualmente, in astratto, giustificare ragionevolmente 
la ineleggibilit� a consigliere regionale. 

Come si riconosce, infatti, anche negli scritti difensionali della 
parte ricorrente, n� nella legge in questione, n� .in altro testo legislativo 
� dato rinvenire norme che definiscano l'� ufficio � e specifichino 
che cosa debba intendersi per tale, o che definiscano la nozione di 
� capo � di un ufficio. Allo stesso modo, sarebbe vano ricercare nell'ordinamento 
vigente criteri univoci che permettano di individuare 
con la desiderabile chiarezza quali � uffici � statali, diversi da quelli 
ad ambito regionale e provinciale, siano da qualificare �locali�. Nemmeno 
soccorrono a tali fini elementi desumibili dai lavori preparatori 
della legge del 1968, quale che sia poi il valoore che si debba a questi 
attribuire per ricostruire il significato della norma. La causa di ineleggibilit� 
.di cui � questione v�enne per la prima volta introdotta, senza 
spiegazione n� discussione alcuna, dalla prima commissione della Ca




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

37 

mera dei deputati, in sede di esame der disegno di legge governativo 
presentato il 19 maggio 1964 �e di altri progetti di legge in tema di 
elezioni dei consigli regionali; successivamente essa ricompare (ed 
anche questa volta, senza che ne risultino comunque addotte le ragioni 
giustificatrici e la portata) nel nuovo disegno di legge governativo 
presentato alla Camera il 21 giugno 1967, che diventer� poi la 
legge de qua. 

Il rilevato contrasto, per le considerazioni fin qui accennate, dell'art. 
5, n. 7, della legge n. 108 del 1968, nella parte denunciata, con 
l'art. 51 Co:st., che d'altronde rappresenta specificazione del pi� generale 
principio di eguaglianza, rende superfluo prendere in esame gli 
altri profili della questione sollevata dal tribunale di L'Aquila, con 
pi� particolare riguardo all'art. 3 Cost. nei rapporti tra elezioni dei 
consigli delle Regioni a statuto ordinario e dei consigli di quelle a 
statuto speciale. 

� tuttavia da soggiungere che, ovviamente, il legislatore, nella 
sua .prudente discrezionalit�, potr� sempre, ove lo ritenga neeessario, 
statuire, con uniforme riferimento a tutti i consigli regionali, ipotesi 
ben determinate e chiaramente cil'coscritte di ine�leggibilit� per particolari 
categorie di funzionari dello Stato esplicanti le loro mansioni 
nelle Regioni. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 167 -Pre�s. Chiarelli 
-Rel. Amadei -Zoppo (n.c.) c. Pr�esidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Misure di sicurezza -Assegnazione a casa di lavoro ed a colonia agricola 
-Applicabilit� anche all'inabile al lavoro -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., artt. 27, 38; c.p., art. 216). 

Non � fondata, con riferimento ai principi dei fondamento rieducatfivo 
deUa pena e deH'assistenza agii inabiH, ia que�stione di Legittimit� 
costituzionale dell'art. 216 c.p., neiia parte in cui omette� di distinguere 
tra soggetti abili e soggetti inabili al lavoro (1). 

(1) Merita di essere sottoilineata !l'esplicita affermazfone dell'applicabilit� 
alle misure di sicurezza delle garanzi-e costituzioo.aJ.i previste dall'art. 
27 Cost. per le pene. In pa:-ecedenza l:a Corte; plllt' affermando che le 
misure di s:Lcu'.I'ezza tendono ex se a un risultato che eguaglia quella rieducazione 
cui deve mirare la pena, aveva tuttavia escluso che l'art. 27 Cost. 
potesse estendell"si alle misure di skurezza: Corte Cost., 9 giu~o 1967, 
n. 68, in Giur. cost., 1967, 740, con nota di VASSALLI, Le presu.nzioni di peri

38 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -Le due ovdinanze investono la costituzionalit� 

dell'applicazione della misura di sicurezza detentiva dell'assegnazione 

ad una colonia agricola o ad una casa di lavorn a soggetti fisicamente 

debilitati, sotto il profilo che, non essendo tali soggetti capaci di svol


gere un'attivit� lavorativa, l'applicazione stessa si risolve in una vio


lazione degli artt. 27, terzo comma, e 38 della Costituzione. 

La questione non � fondata. 

2. -Il presupposto delle misure di sicurezza, nella loro diversa 
articolazione, poggia sulla pericolosit� sociale.. del soggetto al quale 
vengono applicate. Esse non hanno �carattere punitivo -e� ci� le differenzia 
ontologicamente dalle pene -, ma solo funzione di prevenzione 
e difesa sociale. Tale differenziazione non viene meno neppure 
quando esse, come nella specie, statuiscono una limitazione della libert� 
personale. Ci� non toglie che a dette mi,sure siano estensibili le 
garanzie costituzionali previste in tema di riduzione della libert� personale 
e, quindi, quantunque non vi sia nella norma costituzionale un 
diretto riferimento ad esse, anche le disposizioni contenute nell'art. 27, 
terzo �comma, della Costituzione, richiamate nelle due ordinanze. 
In sostanza, qualsiasi intervento coercitivo in tema di libert� personale, 
ricollegabile al fatto-reato, 'sia pure ai fini di una prevenzione 
speciale, come � quello delle misure di sicurezza, non pu� sottrarsi a 
finalit� socialmente apprezzabili, quali il senso di umanit� nel trattamento 
e la possibilit� di determinare nel soggetto colpito un impulso 
diretto al suo recupero sociale. 

L'indirizzare il sottoposto a misure di sicurezza detentiva ad una 
attivit� lavorativa � uno dei tanti aspetti in cui si sosfanzia il processo 
di recupero e di riadattamento sociale. 

Per quanto attiene alla misura di sicurezza dell'assegnazione ad 
una colonia agricola o ad una casa di lavoro, la scelta dell'una o dell'altra 
spetta al giudice, il quale deve valutare, in funzione di tale 
scelta, le particolari attitudini �e le possibilit� dei' sottoposto anche in 
relazione alle sue condizioni fisiche. 

Tanto la colonia agdcola, quanto la casa di lavoro offrono la possibilit� 
di porre a disposizione del sogg,etto aspetti diversi e articolati 
di attivit� lavorative, anche minime, proprie di una comunit� di lavoro 
autonomamente organizzata. 

Tale possibilit� viene meno solo nel caso in cui il soggetto sia incapace 
di azione e di movimento. In questa ipotesi, per�, 1a legge offre 

colosit� sociale di fronte alla Costituzione, e Corte Cost., 20 gennaio 1971, 

n. 1, in Giur. cost., 1971, 1, con nota di VASSALLI, La pericolosit� presunm del 
minore non imputabile. 
Ln .genm-ale, sul1e misur.e di �skurezza: CAPACCIOLI, I problemi generali 
sulle misure di sicurezza, MHano, 1970. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

opportuno valido rimedio, in quanto, se le condizioni fisiche del soggetto 
sono tali da far venir meno in c2ncreto la probabi1it� che commetta 
nuovi fatti preveduti dalla legge come reati, ben pu� trovare 
applicazione, secondo il rilievo dell'Avvocatura dello Stato, l'ultimo 
comma dell'art. 207 del codice penale. Infatti, tanto l'interessato, quanto 
il giudice di sorveglianza possono rivolgersi al Ministro della giustizia 
al fine di provocare la revoca della misura di sicurezza, prima che sia 
decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla Jegge. 

Peraltro, non sempre pu� trovare applicazione l'ultimo comma dell'art. 
207 del codice penale. Sogg,etti nella fisica impossibilit� di agire, 
ben possono svolgere attivit� promotrice e direttiva nel complesso 
quadro delle manifestazioni penalmente illecite. 

La pericolosit� di tali sogg,etti deve essere necessariamente preveduta. 
In sostanza se il lavoro � il mezzo pi� idoneo per conseguire 
il riadattamento sociale del soggetto, tuttavia l'impossibilit� fisica di 
questi a potervi attendere, non pu� far venir meno il fondamento 
giuridico su cui poggia la misura di sicurezza detentiva, quello di impedire 
che la persona socialmente pericolosa possa continuare liberamente 
a delinquere. Il lavo.ro � un aspetto dell'umanizzazione del _trattamento, 
ma non � il solo. Atteso il fondamento giuridico delle misure 
di sicurezza, il problema sollevato rientra nel quadro delle attribuzioni 
della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena sulla base 
delle disposizioni contenute nel regolamento carcerario (artt. 271 e 272). 

Ev.entuali disfunzioni nel settore amministrativo non possono formare 
oggetto di un giudizio costituzionale, a meno che �esse direttamente 
o indirettamente siano determinate da una ambigua formulazione 
di legge che si presti ad una interpretazione contrastante con 
le norme costituzionali. Quando la legge offre garanzia sul piano della 
legittimit� costituzionale � compito del potere esecutivo rimuovere ogni 
disfunzione che si manifesti sul piano organizzativo. 

3. -� da rilevare, infine, che le questioni prospettate nelle due 
ordinanze non investono l'art. 38 della Costituzione. L'inabile al lavoro, 
colpito da una delle due misure di sicur�ezza contemplate, non 
perde affatto i diritti previsti dall'art. 38, in forza del quale ogni cittadino 
inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha 
diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. 
Se questo la norma penale escludesse o si prestasse, nella sua interpretazione, 
ad escludere, fondamento assumer,ebbe l'invocata eccezione; 
ma in effetti essa non arriva e non pu� arrivare a tanto. Essa 
non toglie all'inabile colpito dalla misura di sicurezza quei didtti riconosciuti 
dall'art. 38 a qualsiasi cittadino ove ne ricorrano i presupposti. 
-(Omissis). 


40 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1972, n. 168 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Reale -Librera ed altri (n.c.) c. Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Questione meramente eventuale -Inammissibilit� per 
irrilevanza. 

(Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n, 87, art. 23). 

Misure di sicurezza -Accertamenti del giudice di sorveglianza -Osservanza 
del contraddittorio -Obbligo delle ricerche dell'interessato Ipotesi 
varie. 

(Cost., artt. 3, 24; c.p.p., artt. 6.36, 637, 645). 

Reato -Reati e pene -Dichiarazione di abitualit� presunta e pronunciata 
in ogni tempo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 27; c.p., artt. 102, 109, secondo comma). 

� inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� 
costituzionale riguardante l'efficacia di provvedimenti non ancora 
pronunciati in relazione all'eventuale contenuto dispositivo degli stessi 
ed alla loro supposta incidenza sull'interesse delle parti (1). 

Nel procedimento davanti al giudice di .sorveglianza devono trovare 
applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni sull'osservanza 
del contraddittorio dettate per il processo ordinario: conse�guentemente, 
non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 636 
e 637 c.p.p.; mentre � fondata la que�stione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 645 dello stesso codice, in quanto prevede� la facolt�, e non 
l'obbligo, di disporre nuove ricerche deli'interessato (2). 

Non sono fondate le questioni di legitt.imit� costituzionale degli 
artt. 102 e 109, secondo comma, c.p., sulla dichiarazione c;U abitualit� 
nel reato, presunta e pronunciabile in ogni tempo (3). 

(Omissis). -2. -In alcune di ta:li ordinanze � prospettato il dubbio 
circa la compatibilit� coi principi di cui agli artt. 3, 13, 27, secondo 
comrria, 102, primo comma, e 112 della Costituzione, dell'art. 642 c.p.rp., 

(1) La sentenza � conforme ai [l(t'incipi pi� volte enunciati daJ.la Corrte 
i!n :tema di riilevanza del1e questioni dd legittimit� costitu2lionale. Da ultimo: 
Corte Cost., 19 gennaio 1972, n. 7 e 19 aprile 1972, n. 63 in Sent. Ord. Corte 
Cast., 1972, 24 e 238. 
(2) La pronUJncia di incostitu2lionalit� relativa all'�wt. 645 c.p.p. oo�stituisoe 
il logico ,sviluppo deJ.la (p!I'ecedente pronuncia rigua11dante gli artt. 636 
e 637 c.p.JP. contenuta nella sentenza 9 maggio 1968, n. 53, i!n Giur. cost., 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

41 

nella parte in cui � disposto �che il ricorso dell'interessato non sospende 

l'esecuzione del decreto del giudice di sorvegfainza, a meno che il pub


blico ministero vi consenta, mentre ne impone la sospensione a seguito 

dell'impugnazione del pubblico mi~istero. Correlativamente � denun


ziata altresi l'incostituzionalit� dell'art. 646 dello stesso codice, in 

quanto prevede che, nelle ipotesi di revoc� delle misure di sicurezza, 

� sospesa l'esecutoriet� del provvedimento del giudice di sorveglianza, 

in pendenza del termine stabilito per la proposizione del ricorso da 

parte di quest'ultimo. 

Nei termini accennati le questioni cosi sollevate, nel corso di pro


cedimenti pendenti davanti ai giudici di sorveglianza di Pisa e Firenze, 

debbono dichiararsi inammissibili per palese difetto .di rilevanza. 

Nelle ordinanze in esame, invero, si assume la pregiudizialit� necessaria, 
nel corso della fase di primo grado del .procedimento per 
l'applicazione �di misure di sicurezza demandata al giudice di sorveglianza, 
di questioni riguardanti 1'.effi.cacia di provvedimenti non ancora 
pronunziati, in relazione all'eventuale contenuto dispositivo degli 
stessi e alla loro supposta incidenza sull'interesse delle parti; in relazione, 
cio�, a circostanze ed a requisiti futuri ed incerti e comunque 
. attinenti a fasi ulteriori del procedimento, condizionate a specifiche 
statuizioni, presentemente soltanto ipotizzabili, dei provvedimenti da 

emanarsi dai giudici che hanno sollevato dette questioni. 

Esse non rivestono, pertanto, i �caratteri di .pregiudizialit� ed in


cidentalit� quali sono richiesti dall'art. 23, secondo comma, della legge 

11 marzo 1953, n. 87, e devono in conseguenza dichiararsi inammissibili. 

3. -Con le or.dinanze iscritte ai nn. 431, 432 e 467 del registro 1971 
ed ai nn. 138 e 154 del reg.istro 1972, le disposizioni del codice di procedura 
penale concernenti l'intervento della persona interessata nel 
procedimento per misura di sicurezza (art. 636), le investigazioni del 
giudice <li sorveglianza (art. 637) e la disciplina delle comunicazioni 
all'interessato irreperibile (ar.t. 645) sono state impugnate per violazione 
degli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione. 
1968, 802, con note di DOMINION!: Presunzione criminale e diritto di difesa, 
e di CARETTI: Diritto di difesa e misure di sicurez;m post-delictum. 

(3) La decisione costituisce un'ulteriore applicazione del principio af:
fe:rnnato dalla Corte nella precedente sentenza 15 giugno 1972; n. 106 (in 
questa Rassegna, 1972, I, 929), che fa presunzione di peri.colosit� sociale 
deve ritenersi giustificata quando �Si sia in presenza di condizioni che 
consentano di far ritenere, sulla base di valutazioni obiettive ed uniformi, 
desunte dalla comune esperienza, la probabilit� di un futuro comportamento 
criminoso. 

42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A sostegno dell'impugnativa si assume che nel procedimento per 
l'applicazione di misure di sicurezza, diversamente dalla normativa 
dettata dallo stesso c.p.p. per il processo ordinario, le ricordate disposizioni 
degli artt. 636 e 637 disciplinerebbero rispettivamente in modo 
non conforme alle garanzie dell� difesa la contestazione dei fatti per 
i quali si procede e la ricerca delle prove, in ordine alle qua1i non 
sono prescritti limiti di forma, di provenienza e di contenuto dei singoli 
mezzi di investigazione. L'art. 645 non impone, infine, che siano 
disposte dal giudice di sorveglianza nuove indagini, in analogia con 
quanto � disposto, invece, dall'art. 170, per le fasi del procedimento 
ordinario, ai fini della identificazione del luogo idoneo alla notificazione 
all'interessato, quando questi risulti irreperibile alle ricerche 
svolte da un uffi.dale o agente di pubblica sicurezza incaricato delle 
comunicazioni di atti o provvedimenti. 

Tali questioni investono momenti fra loro complementari del processo 
di sicurezza e si riassumono nella prospettazione comune della 
garanzia della difesa dell'interessato nella cornice del princtpio di 
eguaglianza. 

4. -Questa Corte, per vero, con la sentenza n. 53 del 9 maggio 
1968, ha gi� dichiarato, in riferimento all'art. 24 Cost., ' la �llegittimit� 
degli artt. 636 e 637 c.p.p., nella parte in cui comportano che 
i provvedimenti del giudice di sorveglianza siano adottati senza la 
tutela del diritto di difesa, sul presupposto che la dimensione di tale 
diritto nel procedimento in esame va considerata in relazione all'interesse 
che ne � oggetto, vale a dire quello supremo della libert� personale. 
Ed ha espressamente chiarito in motivazione che, secondo lo 
spirito della norma costituzionale, si deve ritenere necessaria la conoscenza 
delle investigazioni e degli accertamenti compiuti dal giudice 
e dei loro risultati relativamente all'intero costo del proc�edimento 
e mediante l'assistenza tecnica di un difensore, da rendersi, oltretutto, 
obbligatoria e non facoltativa. Ha concluso, poi, che a seguito della 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale dei ricordati artt. 636 e 
637 c.p.p., l'esercizio della difesa, in attesa di un intervento del legislatore, 
potr� svolgersi sulla base deHe norme stabilite per la difesa 
nell'istruzione, secondo le estensioni operate dalla giurisprudenza 
di questa Corte. 
Secondo la ratio della precedente decisione, quindi, devono oggi 
ritenersi operanti nel procedimento in esame, per logica necessaria 
estensione, le parallele disposizioni dettate, per il .processo ordinario, 
nei limiti in cui le disposizioni stesse risultino, con prudente interpretazione, 
compatibili con la peculiare struttura, con l'oggetto e con 
le finalit� dello speciale giudizio per l'applicazione delle misure di 
sicurezza. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

Limiti derivanti anzitutto dalla posizione che l'interessato assume, 
non quale imputato di fatti penalmente perseguibili, in riferimento ai 
quali ne va a�ccertata e valutata la vesponsabilit�, ma, di regola, in 
quanto sottoposto a misure di sicurezza per effetto, in genere, di un 
provvedimento che ne abbia accertato la responsabilit� penale o comunque 
una personalit� susc,ettibile di creare �situazioni di pericolo. 

Ed in relazione, appunto, all'oggetto del procedimento per l'applicazione 
delle misure di ,sicurezza, concernente esclusivamente la 
valutazione, in senso sintomatologico criminale, della condotta del 
soggetto, quale pu� essere rivelata, oltre che dai fatti gi� accertati 
nella precedente sentenza del giudice penale, da altr:e circostanze rilevanti 
ai fini del giudizio circa la personalit� sociale del soggetto, 
il diritto di difesa deve potersi estrinsecare nell'ambito del principio 
del contraddittorio, in correlazione con i poteri attribuiti al pubblico 
ministero. 

Dal che discende, ovviamente, che gli artt. 636 e �637, nel contenuto 
normativo risultante dalla precedente pronunzia di questa Corte, 
resistono alle attuali censure. 

Per vero tali disposizioni, conformemente ai precetti degli artt. 3, 
primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, comportano 
ormai che l'intevessato debba essere tempestivamente edotto sui fatti 
in merito� ai quali � chiamato a fare dichiarazioni e sui quali il giudice 
intende dirigere o ha diretto le investigazioni e gli accertamenti, 
perch� in ordine ad essi ed ai relativi risulta.ti sia posto in grado di 
svolg.ere Je proprie difese. 

E va in proposito riaffermato che al soggetto passivo del procedimento 
per l'applicazione di misure di sicurezza deve essere assicurato 
l'esercizio della difesa, sia personalmente sia per mezzo del difensore, 
con facolt� di esserne assistito in tutti gli atti nei quali ne � 
ammesso l'intervento dalle disposizioni vigenti. 

5. -II .rispetto dei principi esposti conduce, per contro, a confortare 
l'ulteriore esigenza che le comunicazioni degli atti e dei provvedimenti, 
indicate nell'art. 645 c.p.p., siano volte ad una reale conoscenza 
dell'interessato o quanto meno alla conoscenza legale di esse, 
con le modalit� previste a garanzia della difesa. 
Ed al riguardo non pu� non porSi in rilievo l'insufficienza della 
disciplina contenuta nell'art. 645 sopra richiamato, nella parte in cui 
affida ,alla discrezionalit� del giudice di sorveglianza (anzich� fargliene 
obbligo) di emanare l'ordine che siano eseguite nuove ricerche dell'interessato, 
destinatario delle comunicazioni suddette, dopo quelle 
infruttuosamente svolte dagli organi incaricati delle notificazioni. 

E parimenti va accolta la ulteriore censura di incostituzionalit� 
mossa dai giudici del merito, in riferimento all'ultima parte di detto 


44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

articoli.o, nel quale � contenuta la disposizione che, nel caso di dichiarata 
irreperibilit� dell'interessato �la mancanza della comunkazione 
non impedisce l'emissione dei provvedimenti del giudice e non ne sospende 
l'esecuzione�. 

La norma denunziata risulta cio� in contrasto con la Costituzione 

(artt. 3 e 24) in quanto consente che sia pretermesso il deposito degli 

atti in cancelleria ed il contestuale avvi.so al difensore, eventualmente 

nominato dall'ufficio, previa le nuove rfoerche dell'interessato: il tutto 

secondo le modalit� indicate dall'art. 170, secondo comma, del codice 

di procedura penale, con norma di carattere generale, alla quale non 

v'� motivo per derogare nel procedimento in oggetto. 

6. -Con le stesse ordinanze dei giudici di sorveglianza presso i 
tribunali di Firenze e di Torino � sollevata la questione circa la rispondenza 
agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione dell'articolo 
102 c.p., concernente l'abitualit� nel delitto presunta dalla legge. 
Sotto il profilo della compatibilit� sia con il principio di ugua


.glianza e delle sue implicazioni di ordine sociale (contraria ad ogni 
forma di emarginazione legale) sia con quello della funzione rieducativa 
della pena, si pone in dubbio la costituzionalit� della norma, 
la quale esclude che il giudice proceda al concreto accertamento della 
pericolosit� sociale di chi ope legis deve essere consi.derato dedito abitualmente 
al .delitto. Situazione che la legge prevede allorch� risulti 
che il soggetto, gi� condannato alla reclus.ione in misura superiore 
complessivamente a cinque anni per tre del�tti non colposi, della stessa 
indole, commessi entro dieci anni, e non contestualmente, ripovti altra 
condanna per un delitto, parimenti non colposo, del1a stessa indole, e 
commesso nei dieci anni (computati nei modi stabiliti nel secondo 
comma) successivi all'ultimo dei precedenti delitti. 

La questione non ha fondamento. 

La presunzione di pericolosit� esprime, invero, le valutazioni, desunte 
da comune esperienza, secondo indicazioni sociocriminologiche 
discrezionalmente apprezzate dal legislatore, le quali alla reiterazione 
di fatti criminosi, gi� accertati a seguito di giudizi penali, danno significato 
di probabilit� o temibilit� di un ulteriore futuro comportamento 
criminoso (sent. 19/1966 e 68/1967). E ci� anche al fine dell'applicazione, 
�con provvedimento del giudice, di misure di sicurezza, le 
quali (cit. sent. 68/1967) ex se tendono ad un risultato che eguaglia 
quella rieducazione cui deve mirare la pena. Con che resta anche superata 
la censura basata sul disposto dell'art. 27, terzo comma, della 
Costituzione. 

Deve altres� escludersi che l'art. 102 violi il principio di eguaglianza. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

Non pu�, infatti, ritenersi derivi, ai sensi di detto articolo, disparit� 
di trattamento nei confronti di soggetti che, per i precedenti penali, 
in relazione al tempo, nonch� alla gravit� ed indole dei delitti 
commessi, siano passibili di qualificazione penale soggettiva ipso iiire 

(e non a seguito di valutazioni rimesse, caso per caso, al giudice), rispetto 
ad ipotesi che per la loro minore rilevanza, desumibile dai criteri 
indicati dall'art. 103 c.p., il legislatore ha ravvisato non suscettibili 
di generalizzata significazione a fini di prevenzione criminale. 

7. -Non ha, da ultimo, fondamento, alla stregua dei principi 
costituzionali test� esaminati, l'ulteriore questione sollevata dalle ordinanze 
predette circa la legittimit� dell'art. 109, secondo comma, c.p., 
nella parte in cui si stabilj.sce che la dichiarazione di delinquenza abituale, 
a carico,del soggetto che versi nelle condizioni prevedute dalle 
precedenti disposizioni degli artt. 102 e 103, pu� essere pronunziata in 
ogni tempo, anche dopo l'esecuzione della pena (e ovviamente non 
avendo a ci� provveduto il giudice della cognizione) suna base della 
condotta gi� considerata nella sentenza di condanna, senza che possa 
tenersi conto della condotta successiva del soggetto. E ci� anche quando 
tale �condotta possa far ritenere verificato il ravvedimento di lui 
e la cessazione della condizione di pericolosit� sociale. 
Ad escludere la violazione del principio di uguaglianza, ai sensi 
del primo e del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, valga 
il considerare che, al contrario, la norma impugnata � informata al 
rispetto della parit� di trattamento. Detta norma, invero, col riferire 
l'accertamento della qualit� di delinquente abituale allo stato di fatto 
e di diritto esistente al momento della pronunzia della condanna, ha 
inteso espressamente sottrarre il trattamento del condannato, ove questo 
accertamento non sia intervenuto, a successive evenienze, a ritardi 
oppur anche a disfunzioni dell'apparato giudiziario, escludendo che da 
questi eventi possa trarsi vantaggio, non altrimenti giustificato che 
da un fortuito decorso del tempo. 

N� da siffatta situazione pu� ritenersi possa derivare pregiudizio 
nei confronti di chi, nel tempo intercorso dopo la condanna, ha dato 
prova di ravvedimento e di reinserimento nell'omine sociale, in quanto 
venga assoggettato tardivamente a restrizioni della libert� personale 
anche con l'imposizione di misure di sicurezza, giacch� non mancano 
nell'ordinamento opportuni temperamenti al rigore delle �sopra ricor-
date disposizioni. 

Il che, a prescindere da ogni altra considevaz�one, vale parimenti 
ad escludere che, in riferimento ai principi dell'art. 27, terzo comma, 
Cost., abbiano fondamento le censure formulate, nelle ordinanze di 
rimessione, alla disposizione in esame, sotto il riflesso che le mi1sure 
-di sicurezza risulterebbero inutili o addirittura dannose. -(Omissis). 


46 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 169 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Bonifacio -Orioli (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Procedimento penale -Rito pretorile direttissimo -Impossibilit� di 
richiedere l'istruzione sommaria -Illegittimit� costituzionale Esclusione. 


(Cost., art. 3; c.p.p., art. 389, ultimo comma). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la 
questione di legittimit� costituzionale deli'art. 389, uitimo comma, 
c.p.p:, nella parte in cui esso non attribuisce all'imputato, qua.ndo si 
tratti di giudizio direttissimo pretorile, la facolt� di chiedere che si 
proceda ad istruzione sommaria (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. Essa � stata proposta 
dal giudice a quo sul presupposto che l'art. 389 c.p.p. e, in particolare, 
le innovazioni introdotte dalla legge n. 780 del 1969, trovino applicazione 
nel giudizio direttissimo per reati di competenza del tribunale o 
della Corte di assise: ma tale presupposto � sicuramente e manifestamente 
errato. Ed infatti la disciplina risultante dal nuovo testo dell'art. 
389 riguarda esclusivamente l'istruzione sommaria ed i rimedi 
apprestati quando l'imputato ritenga che, non ricorrendone le ipotesi, 
si debba procedere col rito formale, sioch� tutta la problematica relativa 
al giudizio direttissimo, specificamente ed autonomamente diseiplinato 
dagli artt. 502 e segg., � certamente estranea alla disposizione 
impugnata. L'errore nel quale il pretore di Milano � incorso � quello 
di ritenere che anche il rito direttissimo preveda una fase di istruzione 
sommaria : ma su ci� non si pu� consentire, giacch�, anche se il 
sommario interrogatorio dell'imputato previsto dall'art. 502 dovesse 
qualificarsi come atto istruttorio, non si tratterebbe, certo, di quella 
istruzione sommaria ,che � disciplinata dal titolo terzo del libro se


. (1) La questione � stata sollevata ,con ocdinanza del Pretore di MHano 
12 maggio 1971 (Gazz. Uff. 22 settembre 1971, n. 240). 

L'illegittimit� costituzionale del secondo e del terzo comma dell'art. 389 
c.p.p., nel testo anterime alla legge 7 novembre 1969, n. 780, � stata dichiarata 
dalla Corte con le sentenze 28 novembre 1968, n. 117 (in Giur. cost., 
1968, 2097, con nota di MADDALENA, Scelta del rito istruttorio e inderogabilit� 
del principio del giudice naturale precostituito per legge) e 4 marzo 
1971, n. 40 (in Giur. cost., 1971, 203). 

In dottrina, surl nuovo testo dell'art. 389 c.p.p.: CARLI, La scelta del rito 
istruttorio e la legge 7 novembre 1969, n. 780 in Riv. dir. proc., 1970, 228 e 

M. LEONE, Considerazioni sulla nuova disciplina dell'istruzione sommaria, 
in Giur. merito, 1970, III, 107. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

47 

condo del codice. Da qui discende l'ovvia �Conseguenza che nei reati 
di competenza del tribunale o della Corte di assise, per i quali si proceda 
col rito direttissimo, l'imputato non pu� esercitare la facolt� 
concessa dal quarto comma dell'art. 389 n� proporre il ricorso previsto 
dal sesto comma dello stesso articolo: solo il giudice del dibattimento 
-art. 504 'c.p.p. -(si tratti del pretore, del tribunale o della Corte 
di assise) � competente a verificare l'effettiva susststenza dei presupposti 
del rito direttissimo e, quindi, solo nel dibattimento l'imputato 
pu�, anche su questo punto, far valere le sue ragioni. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 170 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Bonifacio -Maffei (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Procedimento penale -Rito direttissimo pei reati sul controllo delle 
armi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 25; 1. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 9). 

Non � fondata, con riferimento al principio del giudice naturale, 
la questione di legittimitd costituzionale deii'art. 9 della legge 2 ottob1
�e 1967, n. 895, sul controllo delle armi, che consente al P. M. ia 
scelta del rito direttissimo svincolato daU'ordinario termine di cinque 
giorni (1). 

(Omissis). -Nel proporre l'attuale questione di legittimit� costituzionale 
il tribunale di Pisa sostiene che il pubblico ministero, quando 
promuova il giudizio direttissimo previsto dall'art. 9 della legge 2 
ottobre 1967, n. 895, sul ��controllo delle armi�, � svincolato dal rispetto 
del termine di dnque giorni previsto dall'art. 502 c.p.p. per il 
comune rito direttissimo e di conseguenza ha una fac�lt� di scelta 
della sezione del tribunale o del collegio giudicante, che sarebbe incompatibile 
col principio secondo il quale l'imputato non pu� essere 
distolto dal giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo 
comma, Cost.). � 

La questione non � sostanzialmente diversa da quella decisa da 
questa Corte a proposito dell'art. 502 c.p.p., nel senso dell'infonda


(1) La 1Pr�ecedente :sentenza 3 dicembire 1969, n. 146 cui la Corte si richiama 
� pubbilicaita iin Giur. cost., 1969, 2217 con nota di ScAPARONE, Giudice 
naturale e scelta della sezione nel giudizio direttissimo. 

48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tezza, con la sentenza n. 146 del 1969. I principi allora affermati -e 
dai quali non c'� ragione di discostarsi -valgono anche per l'attuale 
questione, giacch� questa non presenta particolari profili per il solo 
fatto che la vaHdit� del giudizio direttissimo previsto dalla norma 
impugnata non � condizionata dal rispetto del termine previsto dal-
l'art. 502 c.p.p. Si deve convenire che la dispo,sizione concernente tale 
termine non � ,applicabile quando, come nel caso in esame, il legislatore 
preveda che per certi reati si proceda obbligatoriamente col rito 
direttissimo e si pu� anche convenire, col giudice a quo, che la. non 
operativit� di quel termine comporti la possibilit� che il pubblico ministero 
venga a fruire di una maggiore libert� della seelta della sezione 
o del collegio giudtcante. Ma questa particolarit� non sposta i 
termini della questione, perch� -anche se non si vuol considerare 
rilevante, a causa della mancanza di sanzione, l'obbligo, certamente 
desumibile dall'ordinamento e coerente con la natura e le finalit� del 
giudizio direttissimo, di investire immediatamente il giudice -la maggior 
ampiezza temporale in cui di fatto pu� spaziare l'esercizio dell'azione 
penale non incide in alcun modo sulla validit� delle ragioni 
che, nella ricordata decisione, indussero questa Co.rte ad escludere che 
la scelta della sezione o del collegio giudicante da parte dell'organo 
requirente comportasse la violazione del principio secondo il quale il 

giudice deve esser precostituito per legge. 

La questione deve pertanto essere dichiarata non fondata. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 171 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Bonifacio -Ferrara (n.c.). 

Procedimento penale -Rito direttissimo -Sommario interrogatorio 
dell'imputato -Mancata assistenza del difensore -Ille~ittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 502, 503). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguagiianza e di 
difesa, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 502 e 503 

c.p.p. per quanto concerne il sommario interrogatorio dell'imputato, 
senza l'assistenza di difensore, prima del giudizio cJ,irettissimo (1). 
(1) S'Ull'aipplicabilit� della norma dell'art. 304 bis, c.p.p., secondo il 
testo di cui al1a legge 18 marzo 1971, n. 62, anche nei casi di giudizio 
direttissimo: Corte Cost., ord. 19 aprile 1972 e 73 (in Sent. e ord. della 
Corte Cost., 1972, 284). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 49 

(Omissis). -Nel proporre l'attuale questione di legittimit� costituzionale 
il tribunale di Caltanissetta parte dal pre-supposto che gli 
artt. 502 e 503 c.p.p. non assicurino, per quanto riguarda il sommario 
interrogatorio dell'imputato cui si deve procedere prima del giudizio 
diretti.ssimo, quelle stesse garanzie difensive (nomina ed intervento del 
difensore) che la legge predispone per l'interrogatorio nella procedura 
ordinaria: da ci� deriverebbe la violazione sia dell'art. 3 sia dell'art. 24 
della Costituzione. 

La questione non � fondata. 

Premesso che non � sufficiente leggere isolatamente le due disposizioni 
impugnate, ma che occorre interpretarle sistematicamente nella 
loro necessaria connessione con le altre norme concernenti l'interrogatorio 
dell'imputato, la Corte osserva che nel vigente ordinamento 
processuale -quale risulta a seguito della sentenza n. 190 del 1970 
e della legge 18 marzo 1971, n. 62 -il diritto del difensore ad esser 
presente al predetto atto � garantito nell'istruzione formale (art. 304 bis 
c.p.p.), nell'istruzione sommaria (art. 392: cfr. sent. n. 52 del 1965) 
e nelle indagini .di polizia giudiziaria (art. 225: �fr. anche sent. n. 86 
del 1968): sicch� non � dubbio che, quale che sia la qualificazione 
degli atti compiuti dal pretore -per il quale cfr. l'art. 231, primo 
comma, c.p.p. -o dal pubblico ministero prima del giudizio di-rettissimo, 
il difensore ha diritto di assistere all'interrogatorio sommario 
previsto dall'art. 502. N� diversamente stanno le cose a proposito della 
necessit� della previa nomina del difensore, giacch� gli artt. 304 e 
390 c.p.p., nel testo risultante dalle recenti modifiche legislative, ne 
dispongono l'obbligatoriet� nell'istruzione formale, nell'istruzione sommaria 
e nelle indagini di polizia .giudiziaria, con la conseguenza che 
l'art. 503 -nella parte in cui prevede che il presidente del tribunale 

o della Co.rte di asisise, in mancanza di un difensore di fiducia, nomini 
un difensore di ufficio ove non vi abbia provveduto il pubblico ministero 
nel primo atto del procedimento -deve essere interpretato nel 
senso ,che restano impregiudicati gli effetti invalidanti che si connettono 
all'inosservanza dell'obbligo imposto al pubblico ministero. 
Non sussistono pertanto le denunziate violazioni dell'art. 3 e dell'art. 
24 della Costituzione. Giova peraltro aggiungere, poich� l'ordinanza 
parla di �obbligatoriet� � dell'intervento del difensore, che, 
come questa Corte precis� nella sentenza n. 62 del 1971, il rispetto del 
diritto di difesa non richiede siffatta obbligatoriet�, ma � sufficientemente 
garantito dalla possibilit� che il difensore assista� al predetto 
atto. -(Omissis). 

Sul diritto del dirensore di assistere all'interrogatorio dell.'imputaito, 
ancor prima deMa modifica dell'art. 304 bis c.p.p., anche nei casi di giudizio 
direttissimo: Cass., Sez. I, 7 maggio 1971, Saltarelli, in Giu.st. pen., 1972, 
III, 327. 



RASSEGNA UELL'AVVOCATURA DELLO STATO

50 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 172 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Bonifacio -De Panicis ed altri (n.c.). 

Procedimento penale -Rito direttissimo -Reati di stampa -Obbliga


toriet� del rito e sue conseguenze -Illegittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 21, 24, 25, 33, 104, 111; I. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, commi 

terzo e quarto). 

Non sono fondate, con riferimento ai principt di eguaglianza, di 
difesa, del giudice naturale, deUa libert� di stampa, dell'indipendenza 
del giudice, le questioni di legittimit� costituzionale deU'art. 21, terzo 
e quarto comma, della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, che 
prescrivono l'obbligatorio rito direttissimo pei reati di stampa, con 
tutte le connesse conseguenze, e l'obbligo per il giudice di emettere la 
sentenza entro un mese (1). 

(Omissis). --2. -In ordine logico la prima questione da decidere 
� se il terzo comma della disposizione impugnata -in forza del quale 
per i reati commessi col mezzo della stampa si procede con il rito 
direttissimo -sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, del 
quale si denuncia la violazione sotto due diversi profili: per l'eguale 
trattamento di fattispecie diverse, quali sono, da un lato, i reati commessi 
col mezzo della stampa e, dall'altro, i casi per i quali il codice 
di procedura penale (art. 502) consente il comune rito direttissimo; per 
la disparit� di trattamento degli imputati, secondo che la imputazione 
riguardi un reato commesso con l'uso della stampa ovvero con altro 
mezzo. 

La Corte ritiene che la questione non sia fondata. Vero �, infatti, 
che anche in materia processuale, nel prevedere procedure differenziate 
da quelle ordinarie e nel determinare i casi di applicazione delle prime, 

(1) Con la precedente sentenza 26 giugno 1970, n. 109 (in Giur. cost., 
1970, 1197) la Corte avev;a gi� affermato ila leWitti.mit� costituzionale delle 
noil'me ,che escludono, iper il giudizio dil'ettissimo pr-evLsto peil' i reati c0tmmessi 
,col mezzo della stampa, la necessit� della istruttoria pr,edibattimentale 
e dell'dnterrogaitorio dell'imputato prima della citazdOilJe a giudizio. 
Con la ipresenrte sentenza la OOiI'te estende l'esame a tutte iLe altre disposizioni 
dell'atiJpico riito direttissimo. 
Sulla inapip[kabilit� dell'a:rt. 504 C.[p.rp.: SABATINI, Trattato dei procedimenti 
speciali e complementari del processo penale, Torino, 1956, 191. 
Sulla natura ordinatoria del termine fissato dall'art. 21 della l�egge sulla 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 51 

il legislatore -oltre che garantire comunque l'osservanza dei principi 
'costituzionali che presiedono alla giurisdizione ed al processo deve 
ispirarsi al canone della ragionevolezza: ma non pu� di:l'Si che 
nella legge in esame siano stati travalicati i limiti entro i quali pu� 
spaziare la sua discrezionalit� politi-ca. � in proposito da osservare che 
il particolare mezzo usato per la commissione dei reati, ai quali l'impugnato 
art. 21 si riferisce, pu� di per s� costituire non ingiustificato 
motivo per la scelta di una pi� rapida e semplificata procedura: l'omissione 
della fase istruttoria, il pronto intervento del giudice, l'immediata 
celebrazione del dibattimento possono esser giustificati sia dalla 
ragionevole valutazione, almeno in base all'id quod plerumque accidit, 
che la fattispecie in relazione alla quale si procede presenta una particolare 
evidenza, sia dalla opportunit� che denunce e querele concernenti 
fatti commessi con uno dei pi� efficienti strumenti di formazione 
della pubblica opinione diano luogo a solleciti, definitivi accertamenti, 
nell'interesse stesso della stampa, alla quale, ove l'accusa sia 
giudicata infondata dopo un pubblico dibattimento, la sentenza assolutoria 
restitui8ce rapidamente quella credibilit� e quella attendibilit� 
che inevitabilmente sono messe in forse durante la pendenza �di un 
processo penale. 

3. -Numerose denunce di illegittimit� �costituzionale sono state 
proposte dalle ordinanze con riferimento al carattere obbligatorio del 
rito direttissimo ed alle divergenze di disciplina che, rispetto al comune 
giudizio direttissimo regolato dal codice (artt. 502 e segg.), discendono 
da tale carattere secondo una consolidata giurisprudenza, 
condivisa da questa Corte -sentenze n. 56 del 1961 e n. 109 del 
1970 -e dagli stessi giudici che hanno promosso gli attuali giudizi. 
Va subito detto .che, se � stato compito della giurisprudenza accertare 
quali �disposizioni fra quelle contenute negli artt. 502 e segg. 

c.p.p. risultano applicabili alla procedura di cui qui ci si occupa, ovviamente 
ci� non significa affatto, al contrario di quanto mostra di ritenere 
il tribunale di Ascoli Piceno (ord. n. 129 del 1971), che ci si trovi 
di fronte ad una �carenza di una disciplina processuale prestabilita-� 
e che di conseguenza l'atto col quale l'imputato viene tratto �a giudizio 
sia �sostanzialmente immotivato�. Risulta invece inequivocabilmente 
stampa per la pronumda della sentenza, sulla in~licaibtlit� del termine 
stesso �e su11e esigenze di una rifomna dello speciale rito direttissimo: UNGARO, 
Le leggi per la stampa, in Riv. pen., 196�5, I, 138 e CoNso, Riformare 
la legge su.lla stampa, in Arch. pen., 1970, I, 363. 

6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

52 

chiaro il dettato della legge, che vuole che ogni reato commesso col 
mezzo della stampa sia perseguito col rito direttissimo: tanto chiaro 
e tassativo che la stessa ordinanza in altro punto della motivazione 
rivolge alla le,gge l'opposta censura -anch'essa ictu ocru:li infondata 
-di aver sottratto �al prudente arbitrio dell'autorit� giudiziaria... 
la disciplina in questione�, di aver quindi violato �il sistema 
costituzionale di garanzia�, in tal modo realizzando un'illegittima limitazione 
della libert� tutelata dall'art. 21 dell� Costituzione. 

In verit�, il fatto che il giudizio direttissimo previsto dalla disposizione 
impugnata non risulti del tutto assoggettabile, a ,causa della 
sua obbligatoriet�, alle disposizioni deUate dagli artt. 502 e segg. c.p.p. 
e, specificamente, a quelle fra esse che si collegano appunto alla non 
obbligatoriet� dell'ordinario giudizio direttissimo, � cosa che, di per 
s�, non � .certo contraria alla Costituzione. Si tratta piuttosto di verificare 
se contrastanti col precetto costituzionale siano singole regole 
cui soggiace il rito direttissimo obbligatorio e, al limite, se una eventuale 
illegittimit� di esse non investa l'intero istituto a causa della 
strettissima connessione fra tali regole e l'obbligatoriet� del rito. 

La Corte ritiene che al problema, posto in siffatti termini, debba 
darsi soluzione negativa. 

Gi� altra volta -cfr. sentenza n. 109 del 1970 -questa Corte 
ha deciso che l'inapplicabilit� al rito in esame dell'obbligo del previo, 
sommario interrogatorio dell'imputato, stabilito dall'art. 502 c.p.p., non 
contrasta con l'art. 24 della Costituzione. Alcune ordinanze propongono 
ora, a tal proposito, una diversa questione: posto che la non obbligatoriet� 
dell'interrogatorio non significa che al pubblico ministero 
sia fatto divieto di procedervi, la legge, cosi interpretata, finirebbe col 
conferire all'organo requirente un potere di libera scelta non conciliabile 
con� il principio di eguaglianza e per di pi� esercitabile con 
atto immotivato (da qui la denuncia in riferimento agli artt. 3 e 111 
Cost.). Si pu� consentire sulla premessa di questa tesi, non sulle conseguenze 
che se ne vogliono trarre sul piano della legittimit� costituzionale. 
Ed invero, per quanto riguarda la prima di esse, � sufficiente 
qui richiamare i principi affermati dalla Corte nella sentenza n. 209 
del . 1971: se � connaturale al potere istituzionale dell'organo requirente 
la scelta delle modalit� inerenti all'esercizio dell'azione penale, 
a maggior ragione ci� vale quando non si tratti, come nel caso allora 
esaminato, di optare per un rito od un altro, ma, pi� limitatamente, di 
interrogare o meno l'indiziato, ovviamente in base non ad una valutazione 
arbitraria, sibbene ad esigenze connesse col corretto promovimento 
dell'azione. N� sembra che in questo caso l'atto che dispone 
l'interrogatorio debba esser motivato pi� di quanto debba esserlo tutte 
le volte in cui a tale incombenza occorra provvedere per un adeguato 
svolgimento del processo; n�, per converso, sembra che debba esser 


-


, 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 53 

motivata l'omissione di un interrogatorio ritenuto superfluo quando 
dagli atti risultino sufficientemente specificati gli elementi obiettivi e 
subiettivi della promovenda azione penale. 

� peraltro da rilevare che la questione di cui or ora si � discorso 
si collega all'altra questione di legittimit� �costituzionale -pur essa 
proposta in alcune ordinanze -concernente l'interesse dell'imputato 
a veder riconosciuta l'innocenza prima e fuori della fase dibattimentale. 
Tuttavia, al contrario di quanto affermano i giudici che hanno 
trattato quest'ulteriore tema, siffatto interesse -al quale, nella realt� 
della vita, non si pu� negare una certa rilevanza, anche se pu� ipotizzarsi 
l'interesse a che l'innocenza sia riconosciuta in un immediato 
dibattimento, con effetti definitivi che l'assoluzione istruttoria non produrrebbe 
--non appare costituzionalmente protetto. Si deve anzitutto 
osservare che, giacch� il rit� direttissimo (si tratti di quello ordinario 
disciplinato dal 1codice processuale ovvero di quello previsto dalla 
legge in esame) � preordinato all'immediato svolgimento del dibattimento, 
non � neppure configurabile un diritto dell'imputato ad ottenere 
una verifica giurisdizionale della legittimit� .dell'iniziativa del pubblico 
ministero se non attraverso il controllo che su di .questa pu� e 
deve effettuare, appunto, il giudice del dibattimento: la questione fu 
gi� risolta da questa Corte con la gi� ricordata sentenza n. 209 del 
1971 a proposito dell'art. 502 c.p.p. e non si pone in termini sostanzialmente 
diversi quando si tratti, come nel caso in esame, di un rito 
direttissimo obbligatorio, perch� anche in questo caso � di esclusiva 
competenza del giudice del dibattimento accertare c4e ricorrano le 
ipote.si per le quali la legge prescrive quel rito. Sicch� -mentre risultano 
prive di fondamento quelle censure che sono motivate dall'impossibilit� 
che l'imputato di un reato commesso con la stampa si avvalga 
di quei mezzi ora predisposti dall'art. 389 c.p.p. per l'immediato 
controllo giurisdizionale sulla legittimit� dell'apertura dell'istruttoria 
sommaria -il vero problema consiste nell'accertare se valida � la 
tesi, .prospettata dal tribunaie di Ascoli Piceno, secondo la quale �la 
fase istruttoria... costituisce un elemento essenziale nel nostro sistema 
processuale riconosciuto e recepito dalla nostra Costituzione�. Orbene, 
a parte la palese inconsistenza della pretesa violazione del pTincipio 
costituzionale concernente il giudice naturale' (il quale, secondo la 
costante interpretazione data dalla Corte al primo comma dell'art. 25 
Cost., si risolve nella necessit� della precostituzione del giudice per 
legge), anche questa questione � stata gi� Titenuta infondata dalla 
Corte -dr. sentenze n. 11 del 1965 e n. 209 del 1971 -n� ora vengono 
prospettate nuove e valide ragioni che possano indurre a diversa 
conclusione. In particolare, del tutto inesatta � l'argomentazione che 
si vuol trarre dalla lettera del secondo comma dell'art. 24 Cost.: il 
fatto che il diritto di difesa � garantito � in ogni stato � del procedi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento non significa, certo, che la Costituzione imponga che il procedimento 
conosca necessariamente pi� stati, ma solo che, quando pi� 
fasi siano stabilite dalla legge, non ve ne sia alcuna nella quale la 
difesa sia preclusa. Val la pena di rilevare, peraltro, che una diversa 
interPretazione -specialmente se, come avviene nell'ordinanza di 
rimessione del tribunale di Ascoli Piceno, portata fino al punto da 
ritenere conforme alla Costituzione solo un sistema che in ogni caso 
consenta una pronuncia del giudice istruttore -non solo condurrebbe 
all'illegittimit� di larga parte del vigente sistema processuale, ma precluderebbe 
quelle riforme che, sollecitate dalla viva, sofferta esperienza 
delle attuali lungaggini processuali, tendono a consentire un pi� 
rapido ac�cesso al dibattimento. E non � fuor di luogo a�ggiungere che, 
quando, come nel caso in esame, gli atti istruttori vengono compiuti 
solo nel pubblico dibattimento, le garanzie della difesa vengono esaltate, 
non gi� compresse. 

Sulla base di queste considerazioni pu� essere agevolmente risolta, 
nel senso dell'infondatezza, anche la questione relativa alla cir.costanza 
che nel rito direttissimo prescritto dalla legge in esame manca la possibilit� 
(prevista invece dall'art. 504 c.p.p.) che il giudice, chiuso il 
dibattimento, disponga .che si proceda con istruttoria formale. Tale 
possibilit�, strettamente connessa alla premessa cui il �comune rito direttissimo 
� collegato (che, cio�, non siano necessarie �speciali indagini 
�), non esiste nel rito direttissimo obbligatorio proprio in conseguenza 
di tale obbUgatoriet�, la quale esclude in radtce ogni competenza 
del giudice istruttore. Non si verifica, quindi, una disparit� di 
trattamento, giacch� la diversit� di disciplina corrisponde ad una 
diversit� di presupposti. N�, come sembra al tribunale di Firenze, imputato 
e parte civile sono posti in � condizione di inferiorit� �: � del 
tutto evidente che il tribunale, se non pu� disporre che si proceda con 
istruzione formale, ha il dovere di compiere direttamente tutte quelle 
indagini, per complesse che possano essere, che siano necessarie per la 
decisione del caso. 

4. -Oggetto di impugnativa � anche il quarto �comma dell'art. 21 
della legge in esame, in forza del quale al giudice vien :fotto obbligo 
di � emettere in ogni caso la sentenza nel termine massimo di un mese � 
dalla denuncia o querela. 
Risulta dai lavori preparatori (Atti della Costituente, 19 gennaio 
1948) che a tale disposizione si volle assegnare solo una funzione di 
semplice raccomandazione, ed � certo, secondo l'univoca interpretazione 
giurisprudenziale e dottrinale, che n� il termine ha carattere 
perentorio n� alla sua inosservanza conseguono sanzioni. Non si pu� 
dunque ravvisare nella norma impugnata quell'interfeTenza nell'esercizio 
del potere giudiziario e quella v.iolazione dell'indipendenza della 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 55 

magistratura (art. 104 Cost.) che si verificherebbero solo se la prefissione 
del termine dovesse significare che, prim�. della sua scadenza, il 
giudice debba comunque decidere la causa: � vero, al contrario, che 
il giudice ha il potere ed il dovere di compiere tutte le indagini che 
siano necessarie per la decisione, anche se per l'espletamento di queste 
debba esser oltrepassato il termine fissato dalla legge. 

5. -L'ordinanza del 24 marzo 1972 (n. 171 del 1972) del tribunale 
di Pisa, facendo riferimento all'ordinanza 29 ottobre 1971 (n. 481 del 
1971) con la quale lo stesso tribunale ha impugnato l'art. 9 della legge 
2 ottobre 1967, n. 895, denuncia l'art. 21 deUa legge sulla stampa, in 
riferimento all'art. 25 della Costituzione, a causa del potere del pubblico 
ministero di scegliere, nell'ambito dell'ufficio competente, questa 
o quella sezione, questo o quel collegio. La questi-0ne non � fondata 
per gli stessi motivi che hanno indotto questa Corte -sent. n. 170 del 
1972 -a respingere le censure mosse alla legge n. 895 del 1967. 
6. -Escluso che il rito imposto dalla legge impugnata violi il 
principio. di eguaglianza e che la sua disciplina contrasti con precetti 
costituzionali, appare priva di fondamento la tes� che esso si risolva in 
un limite ed in un ostacolo alla libert� di stampa e si ponga perci� 
in contrasto con l'art. 21 Cost. (ord. n. 129 del 1971) o, nello stesso 
tempo, con questo e con l'art. 33 Cost. (ord. n. 129 dcl 1972). 
La Corte ha pi� volte affermato che la libert� di espressione del 
pensiero � fondamento della democrazia e che la stampa, considerata 
come essenziale strumento di quella libert�, deve� esser salvagua�rdata 
contro ogni minaccia o coartazione, diretta o indiretta. Nel ribadire 
la piena validit� di tale affermazione, la Co�rte non ritiene, tuttavia, che 
i principi costituzionali sui quali essa si fonda siano vulnerati dalla 
legge impugnata, giacch� l'obbligatoriet� del rito direttissimo per i 
reati commessi col mezzo della stampa non pone ostacolo alcuno alla 
libert� di questa. Non si tratta, infatti, n� di un giudizio persecutorio 
n� di una procedura sommaria e straordinaria. Se il legislatore -in 
un'epoca, nella quale, �contrariamente all'inesatta valutazion� sto.fica 
che si legge nell'ordinanza del tribunale di Ascoli Piceno, si avvertiva 
in tutta la sua urgenza l'esigenza di restituire alla stampa il ruolo 
che le compete in una libera societ� -ha �scelto, nell'esercizio della 
sua legittima discrezionalit� politica, una procedura che consenta 
l'immediato intervento del giudice del dibattimento e se, nell'ambito 
di tale procedura, al denunciato od al querelato viene assicurato pieno 
contraddittorio ed ampia possibilit� di �difesa, non � dato davvero di 
vedere in qual modo si realizzi la denunciata coartazione della libert� 
di stampa. -(Omissis). 


56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 173 -Pres. Chiarelli 
-Rel. De Marco -Stauder (avv. Ferrari) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Edilizia popolare ed economica -Alloggi IN�IS a destinazione par


ticolare -Inammissibilit� del diritto di riscatto -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 47; d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2; lett. a; 1. 21 marzo 1958, n. 447, 
articolo unico, quarto comma). 

Non � fo�ndata, con riferimento al principio di eguaglianza e di tutela 
del risparmio, la questione di legittimit�; costituzionale dell'art. 2 
lettel)'a a) d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e deWarticolo unico, quarto 
comma, della relativa legge di delega 21 marzo 1958, n. 447, che escludono 
dal diritto alla cessione in prnpriet� gli alloggi INCIS a destinazione 
particolare per gli ufficial.i ed i sottufficiali delle forze armate 
dello Stato (1). 

(Omissis). --2. -L'art. 2 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, emanato 
in attuazione della delega contenuta nella legge 21 marzo 1958, 

n. 447, ed avente per oggetto �Norme �concernenti la disciplina della 
cessione .in propriet� degli alloggi di tipo popolare ed economico�� dispone 
testualmente: 
� Sono esclusi dalla cessione in propriet�: 

a) gli alloggi costruiti o da costruirsi ai sensi dell'art. 343, secondo 
comma, del t.u. delle leggi sull'edilizia popolare ed economica, 
approvato con regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, del decreto legislativo 
C.P.S. 7 maggio 1948, n. 1152, e delle leggi 28 luglio 1950, numero 
737, 27 dicembre 1953, n. 980, e 15 maggio 1954, n. 336, e successive 
integrazioni; 

b) gli alloggi la cui concessione sia essenzialmente condizionata 
alla prestaz.ione in loco di un determinato servizio presso pubbliche 
Amministrazioni; 

c) gli alloggi che si trovano negli stessi immobili nei quali hanno 
sede uffici, comandi, reparti o servizi delle Amministrazioni predette
�. 

Con le ordinanze sopra richiamate, i tribunali di Torino e di Milano, 
nel corso di giudizi civil� promossi da ufficiali dell'Esercito con


(1) In giurisprudenza, sulla possibilit� per gli appaOC'tenenti a11e forze 
armate, nonostante 1a pvevisione di una caitegoria di alloggi con destinazione 
paJ:"tioolall'e a :fiavore di tale pervsonai1e, di concorr�ere alla conc�essione 
degli alloggi costruiti per la generaUt� degli ~lll1Pi1egati dello Stato: Cons. 
Stato, Sez. VI, 19 novembre 1965, n. 829, in Cons. Stato, 1965, I, 1980. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

tro il rifiuto dell'INCIS di ammetterli alla cessione in propriet� degli 
alloggi loro concessi in locazione, motivato sul disposto della lettera 
a) del riportato art. 2 del d.P.R. n. 2 del 1959, dubitano della 'legittimit� 
costituzionale di detta norma, in quanto violerebbe il principio di 
eguaglianza, dato che a differenza delle lettere b) e e), riguardanti i 
cosiddetti alloggi di servizio, che, pertanto, hanno uri evidente fondamento 
oggettivo, la detta lettera a) porrebbe in essere una differenziazione 
meramente soggettiva, che non ha alcuna razionale giustificazione. 


Il tribunale di Milano dubita, altres�, della legitt.5mit� costituzionale 
della prima parte del comma quarto dell'articolo unico della 
legge delega n. 447 del 1958, di cui la ripetuta lettera a) dell'art. 2 
del decreto delegato contiene esatta attuazione, non saltanto sotto il 
profilo della violazione del principio di eguaglianza, ma anche sotto 
quello della violazione del principio dell'accesso alla propriet� dell'abitazione, 
sancito dall'art. 47, secondo comma, della Costituzione. 

Chiaritine, cosi, i termini, .passando all'esame delle questioni .pro


poste si rileva : 

3. -Anzitutto � pacifico che gli alloggi dei quali gli attori nei 
giudizi pendenti davanti i tribunali che hanno emesso le ordinanze di 
rinvio hanno chiesto la cessione in propriet�, appartengono alla categoria 
che il primo comma dell'art. 376 del t.u. n. 1165 del 1938 definisce 
come soggetti a �particolare destinazione�, con espresso richiamo all'art. 
343, comma secondo, dello stesso testo unico che cosi dispone: 
� L'Istituto � autorizzato, altres�, a fornire alloggi per ufficiali e sottufficiali 
dell'esercito in servizio permanente effettivo. Tale attivit~ � 
considerata come una gestione autonoma con bilancio distinto�. 
Per l'art. 381, comma primo, dello stesso testo unico, tali alloggi 
sono concessi in locazione ad ufficiali e sottufficiali del presidio dai 
comandi militari di divisione competenti per territorio, cui spetta anche 
dichiarare la revoca delle .concessioni nei casi dell'art. 386. 

Tale articolo, poi, dispone: 
� Costituiscono motivo di risoluzione dei contratti di affitto: 


(Omissis). 

d) il collocamento a riposo, la cessazione comunque dal serv1z10 

attivo del personale militare per gli alloggi di cui agli artt. 343 (se


condo comma) e 345, lettera b) >>. 

Si viene cos� a profilare una disciplina differenziata riguardante 

non gi� i militari, come tali, ma gli alloggi a loro particolarmente 

destinati. 

Occorre, quindi, accertare se tale disciplina differenziata, nei li


miti risultanti da quanto precede, corrisponda ad una posizione ogget



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58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tiva corrispondentemente differenziata, in relazione alla quale abbia 
razionale giustificazione. 

Al riguardo � opportuno tenere presente che -come � anche 
ricordato nella relazione alla Camera dei deputati per la fogge delega 
21 marzo 1958, n. 447 -l'INCIS venne istituito nel dopo-guerra 19151918 
per far fronte ad una crisi degli alloggi che minacciava l'equilibrio 
economico del Paese, crisi che presentava particolari aspetti nei 
confronti dell'Amministrazione dello Stato, .in quanto �sia per la scarsit� 
degli alloggi disponibili, sia per l'alto livello raggiunto dai canoni 
di locazione, sia per le disagiate condizioni economiche dei ceti a reddito 
fisso e, segnatamente, degli impiegati dello Stato, la difficolt� 
per questi. di trovare un alloggio, specie nei casi di trasferimento 
per esigenze di servizio, comprometteva l'organizzazione ed il funzionamento 
della pubblica Amministrazione. 

Scopo precipuo dell'istituzione di tale Ente risulta, quindi, quello 
di far fronte ad esigenze di-interesse pubblico, rispetto alle quali gli 
aspiranti assegnatari degli alloggi si trovavano ad essere titolari di un 
mero interesse occasionalmente protetto. 

Dopo l'ultima guerra si � verificata un'analoga crisi .degli alloggi 
ancor pi� imponente, perch� aggravata dalle distruzioni operate dai 
bombardamenti aerei e dalla svalutazione della moneta, alla quale 
molto lentamente e non completamente sono stati adeguati gli stipendi 
dei dipendenti statali, con i medesimi riflessi per quanto attiene alle 
esigenze della organizzazione ed il funzionamento della pubblica Amministrazione, 
particolarmente alle esigenze dei quadri delle '.l'icostituende 
forze armate. 

L'urgenza e la seriet� di tali esigenze � dimostrata dai provvedimenti 
legislativi richiamati nella stessa lettera a) dell'art. 2 del d.1. 

n. 2 del 1959, del quale si contesta la legittimit� costituzionale, in forza 
dei quali � stata affidata all'INCIS la costruzione di alloggi a �particolare 
destinazione � anche per gli ufficiali e sottufficiali della Marina, 
dell'Aeronautica, della Guardia di finanza. 
Anche se ha sempre fatto del suo meglio per fa.r fronte ai suoi 
compiti istituzionali l'INCIS, peraltro, non ha potuto raggiungere quel 
fine ultimo, che sarebbe auspicabile, di poter avere alloggi disponibili 
p�r tutti i dipendenti dello Stato. 

Non solo, ma ha risentito in modo .particolarmente grave le ripercussioni 
dell'ultima crisi sotto un peculiare aspetto: mentre i canoni 
di locazione, a norma di legge, erano stati e sono determinati in modo 
da coprire soltanto l'importo dell'ammortamento dei capit�ali impiegati, 
le spese di ordinaria manutenzione e le spese di amministrazione, 
il blocco dei canoni di locazione e l'aumentato costo della manutenzione, 
specie per gli edifici di pi� vecchia costruzione -che sono poi 
i pi� numerosi e, per giunta, ormai occupati non da personale in at




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5\t 

tivit� di servizio ma da pensionati o loro discendenti -hanno fatto 
si che la� gestione in locazione di tali edifici � diventata notevolmente� 
passiva. 

Di qui la presentazione, nel 1950, di una proposta di legge tendente 
alla �Rinnovazione graduale del patrimonio immobiliare dell'INCIS 
e degli Istituti similari, al fine di incrementare le nuove costruzioni 
�. 

Una legge, cio�, diretta a .permettere all'INCIS -fermi restando 
i suoi compiti istituzionali -di eliminare, mediante cessione in propriet� 
agli assegnatari in locazione, le vecchie costruzioni, la �cui manutenzione 
era divenuta troppo onerosa, autofinanziandosi nel contempo 
per incrementare nuove costruzioni. 

Ma l'originario disegno di tale legge, attraverso vicende acutamente 
illustrate nella relazione alla Camera dei deputati sopra citata, 
si � concretizzato neUa legge di delega n. 447 del 1959, in forza della 
quale la cessione in propriet�, anche di alloggi da costruire, diventa 
la regola. 

All'Istituto, infatti, � data soltanto facolt� di escludere dalla cessione 
una certa quota di alloggi, ritenuta necessaria � perch� gli enti 
proprietari possano adeguatamente svolgere le loro attribuzioni nel 
settore della edilizia popolare �. Sono in ogni caso esclusi dalla cessione 
in propriet� gli alloggi a � particolare destinazione � ed, in sostanza, 
quelli di servizio. 

� chiaro, quindi, che il legislatore pur avendo ritenuto, nella sua 
insindacabile discrezionalit�, d� dover consentire l'acceSJSo alla propriet� 
della casa a vaste categorie di cittadini non abbienti (relazione 
al Senato) non ha voluto nel contempo trascurare, addirittura sopprimendole, 
le funzioni istituzionali, particolarmente, dell'INCIS, al quale, 
pertanto, per evidenti esigenze di interesse pubblico, ha conservata la 
disponibilit� di una certa quota (fissata nel 30 % del suo patrimonio 
immobiliare dall'art. 3, primo comma, de�l d.l. n. 2 del 1959) nonch� 
la gestione autonoma con bilancio se.parato degli alloggi a �destinazione 
..particolare �. 

� molto significativa, al riguardo, la legge 18 marzo 1959, n. 134, 
che commette all'INCIS, concedendo all'uopo un congruo contributo, la 
costruzione di alloggi da assegnare in locazione semplice al personale 
dell'Amministrazione della pubblica sicurezza e dell'Arma dei carabinieri, 
sia perch� emanata dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 2 
del 1959, sia perch� tali alloggi sono espressamente assimilati a tutti 
gli effetti a quelli contemplati nell'art. 343, secondo comma, del t.u. 

n. 1165 del 1938 pi� volte richiamato (art. 3, comma secondo) e, per 
giunta, prescrive che l'assegnazione pu� essere disposta solo limitatamente 
al periodo in cui il personale presta servizio nella sede nella 
quale sono situati gli alloggi e deve in ogni caso essere revocata qualora 

60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il personale medesimo sia trasferito in altra sede o cessi dal serv1z10 
alle dipendenze dell'Amministrazione della pubblica :sicurezza o dell'Arma 
dei carabinieri (art. 4, u.c.). 

4. -Da quanto precede risulta in modo evidente che la differenziata 
disciplina degli alloggi a � destinazione particolare � quali, 'come 
sopra si � chiarito, sono quelli che hanno dato origine ai due presenti 
giudizi, trova piena giustificazione in esigenze obbiettive di interesse 
della pubblica Amministrazione, che conferiscono� agli alloggi stessi se 
non proprio la natura di alloggi di servizio un carattere analogo, in 
quanto sono costruiti, assegnati ed utilizzati nell'interesse precipuo 
del servizio. 
Risulta, altres�, che dalla particolare destinazione di tali alloggi 
non deriva disparit� soggettiva di trattamento tra personale militare 
ed altro personale dello Stato, perch� anche il personale militare pu� 
avere assegnati alloggi dell'INCIS non �a destinazione particolare � 
nel qual caso, al pari degli altri dipendenti statali, ha titolo per la cessione 
in propriet� (art. 376 del t.u. approvato con r.d. n. 1165 del 1938). 

Sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, tanto 
la questione sollevata dal tribunale di Torino, quanto quella sollevata 
dal tribunale di Milano, vanno dichiarate infondate. 

5. -Anche la questione di costituzionalit� prospettata dal solo tribunale 
di Milano sotto il profilo della violazione dell'art. 47 della Costituzione 
va dichiarata infondata, dato che i motivi di �interesse della 
pubblica Amministrazione che giustificano la costruzione e la gestione 
degli alloggi �a destinazione particolare � spiegano come gli alloggi 
stessi debbono essere mantenuti disponibili e non possono essere quindi 
ceduti in propriet�. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 176 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Rossi -Lauro (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mini-. 
stri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Atti normativi di esistenza e valore incerti -Privilegi 
aragonesi -Inammissibilit� della questione. 

(Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; rescritto di Ferdinando 
d'Aragona del 1301). 

Secondo l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, incombe al 
giudice a quo s.pecij�care quali sono le disposizioni di legge che si vo




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

61 

gLiono sottoporre all'esame della Corte Costituzionale; pertanto, � 
inammissibile La questione di legittimit� costituzionale di un rescritto 
di Ferdinando d'Aragona del 1301, recante privilegi a fa,vore� dei Comuni 
di Ischia, per assoluta incertezza sull'esistenza, sulla natura giuridica 
e sull'attuale vigenza di detto rescritto (1). 

(Omissis). -Il pretore di Ischia ha sottoposto all'esame della Corte 
costituzionale il quesito se contrastino o meno con gli artt. 3, 23 e 41 
della Costituzione taluni privilegi, che si suppongono concessi dai re 
aragonesi, secondo cui le comunit� isolane prima, ed i Comuni dell'Isola 
oggi, avrebbero il potere di disciplinare e godere in esclusiva 
i lidi marittimi ischitani. Il giudice a quo ha pure prospettato l'illegittimit� 
.costituzionale degli artt. 36, 48, 50, 52 e 54 del codice della 
navigazione, per la parte in cui non contemplano detti privilegi, in 
riferimento all'art. 128 della Costituzione. 

L'ordinanza di remissione non � idonea a promuovere un giudizio 
di legittimit� co�stituzionale. Sorgono, anzitutto, gravi dubbi sull'esistenza 
materiale dei cosi detti privilegi aragonesi cui il giudice a quo 
fa riferimento. Non pu� sussistere un �rescritto del 1301 del re Ferdinando 
II d'Aragona (1296-1336) �, perch� in quel tempo il regno era 
tenuto dagli Angi�, mentre gli aragonesi ascesero al trono di Napoli 
solo nel 1442 �con Alfonso il Magnanimo, quarto d'Aragona, e primo 
di Napoli; nemmeno pu� invocarsi una conferma del rescritto ad opera 
!ii Federico d'Aragona il 10 luglio 1458 e quindi il 15 agosto 1501, perch� 
nel 1458 il re non era Federico ma Ferdinando I e il 15 agosto 1501 
regnava in Napoli Luigi XII d'Orleans. 

Secondo l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (contenente 
norme sul funzionamento della Corte costituzionale), incombe al giudice 
a quo l'onere di specificare quali sono le disposizioni di legge 
che si vogliono sottoporre all'esame della Corte, mentre nell'ordinanza 
di remissione viene riconosciuto che non � stato possibile rintracciare 
le raccolte autentiche dei rescritti aragonesi. 

(1) La questione era stata sollevata dal Pretore di Ischia con ordinanza 
28 ottobre 1969 (in Gazz. Uff. 23 dicembre 1970, n. 324). 
Sui c.d. privilegi aragonesi: Cons. Stato, Sez. III, 12 ottobre 1956, parerre 
n. 1073, tn Cons. Stato, 1957, I, 549. 
Sulla necessi.t� che l'ordilil!anza di rinvio specifichi quali siano le disposizioni 
di 1eg.g.e rper le quali viene so1leva1ta la questione di J.egittimiit� costituzionale: 
Corte Cost., 18 febbraio 1970, n. 21; in dottrina: PrzzoRusso, La 
restituzione degli atti al giudice aquo, Milano, 1965, 74. 

Sulla ammissibilit� di questioni prospettate in via ipotetica: Corte 
Cost., 20 dicembre 1968, n. 134, in Giur. cost., 1968, 2249. 



62 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'incertezza assoluta in ordine alla originaria formulazione della 
norma impugnata rende impossibile qualsiasi valutazione della natura 
giuridico-formale della stessa, costituendo ulteriore motivo di inammissibilit� 
del giudizio di legittimit� costituzionale, che pu� aver ad oggetto 
soUanto le leggi e gli atti aventi forza di legge (legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. 1). 

Non pu� tacersi infine che nella stessa ordinanza di remissione 
sono ravvisabili seri dubbi in ordine all'attuale vigore dei cosi detti 
privilegi aragonesi, sicch� la stessa questione di legittimit� costituzionale 
appare sollevata con riferimento ad una interpretazione della 
norma: che il pretore non mostra di condividere, e che viene quindi 
sostanzialmente prospettata in via ipotetica. Ulteriori .aspetti di tale 
incertezza possono ravvisarsi in una certa alternativit� tra le questioni 
propost�: incostituzionalit� dei cos� detti privilegi per violazione del 
principio di� uguaglianza e, nel contempo, eventuale illegittimit� delle 
norme generali del codice della navigazione proprio nella parte in cui. 
non contemplano i privilegi stessi. 

Gli elementi di indeterminatezza che caratterizzerebbero detti privilegi 
si estendono necessariamente alla questione prospettata in ordine 
alle impugnate norme del codice della navigazione, attesa l'intrinseca 
connessione tra le due questioni. 

Tutto ci� non permette di considerare sufficientemente delimitato, 
nei suoi vari aspetti, l'oggetto del giudizio e pertanto, secondo la giurisprudenza 
di questa Corte, la questione prospettata va dichiarata 
inammissibile. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1972, n. 177 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Rossi -Anchisi (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(vice avv. gen. dello Stato Agr�). 

Procedimento penale -Impedimento del difensore di fiducia -Mancato 
obbligo di rinvio del dibattimento -Illegittimit� costituzionale Esclusione. 


(Cost., art. 24; c.p.p., art. 498). 

Non � fondata, con 1�iferimento al diritto di difesa, la questione 
di legittimit�, costituzionale deU'art. 498 c.p.p. neUa parte in cui non 
prevede l'obbligo di rinviare il dibattimento nel caso� di legittimo impedimento 
del difensore di fiducia (1). 

(1) Ln 'giurislpruidenza, per l'esclUJsione dell'obbligo di ricnviail'e H dibattimento 
nel �Caiso di impedimento del difensore di fiducia: Oass., Sez. II,. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

63 

(Omissis). -Il pretore di Chieri solleva un problema di legittimit� 
costituzionale dell'art. 498 c.p.p. nella parte in cui non .prevede 
l'obbligo di rinviare il dibattimento nel caso di legittimo impedimento 
del difensore. 

Tale esclusione sarebbe lesiva del diritto di difesa garantito dal.
l'art. 24, secondo .comma, della Costituzione. Non vale, secondo l'ordinanza, 
il rilievo che in ogni caso il giudice deve sempre, per poter 
procedere, nominare un difensore d'ufficio, in q�anto alla difesa di 
ufficio non si dovrebbe ricorrere quando il giudicabile abbia esercitato 
il p;roprio diritto di indicare un difensore di fiducia. 

Su questo punto l'ordinanza si attarda per dimostrare che l'opera 
del difensore ufficioso, oltre a non corrispondere alla scelta elettiva 
dell'imputato, pu� per diverse ragioni risultare meno efficace. 

La questione non � fondata. Gli artt. 128 e 432 c.p.p. assicurano 
in ogni �caso la conveniente difesa dell'imputato e, secondo la giurisprudenza 
della Cassazione, anche il legittimo impedimento del difensore 
di fiducia pu� costituire di per s� motivo sufficiente per il l'invio, 

o la sospensione, del dibattimento, quando risulti che questi non possa 
venir sostituito da un difensore d'ufficio senza pregiudizio per gli interessi 
dell'imputa~o. 

A maggior garanzia per� 1a continuit� e coeren~a dell'opera difensiva, 
l'art. 127 �c.p.p. prevede altres� che i difensori nomtnati dalle 
parti possano designare tempestivamente un proprio sostituto per il 
caso di loro impedimento. 

Infine, secondo la comune prassi interpretativa e secondo la giurisprudenza 
della Corte di cassazione, non pu� essere negato al difensore 
d'ufficio, nominato statim in luogo di quello di fiducia che non si 
presenti, un congruo termine per lo studio degli atti e la preparazione 
della difesa, pena la nullit� assoluta di cui all'art. 185, n. 3, c.p.p. (
Omissis). 

18 marzo 1969, Marcato e Sez. I, 28 gennaio 1969; Di Meglio, in Cass. pe


nale, 1970, n. 505 e 526; sull'obbligo di �concedere il termine a difesa ri


chiesto dal difensore nominato d'ufficio: Cass., Sez. VI, 22 febbraio 1969, 

Giuliano, in Cass. pen., 1970, n. 512. 

In dottrina, nel senso che U legittimo impedimento del di:fensocrie dovrebbe 
comportrure l'olbbUgo di rinvio del rclibattimento: FoscHINI, Degenezione 
del processo pervale e responsabilit� della Cassazione, in Giur. it., 
1962, II, 317 e SABATINI, Del legittimo impedimento del difensore di fiducia 
a comparire al dibattimento, fu Giust. pen., 1952, II, 208. Nei!. senso che il 
di:liensocrie di ufficio deve essooe nomiTIJato anche per l'esame della istanza 
di Tlinvio motivata da imperumento del dif.ensore di fiducia: MASSA, Difensore 
impedito, imputato indifeso, in Foro pen., 1964, 154. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

64 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 182 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Capalozza -Delle Bande (n.c.). 

Procedimento penale -Casellario giudiziale -Iscrizione di sentenza 

applicativa di amnistia dopo sentenza non irrevocabile di con


danna -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 27; c.p.p., art. 604, secondo comma). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che 
a quello di presunzione di non colpevolezza, la questione di legittimit� 
costituzionale deWart. 604, secondo comma, c.p.p., relativamente all'iscrizione 
nel casellario giudiziale della sentenza di non doversi procedere 
per amnistia, che abbia fatto segu_ito a sentenza non irrevocabile 
di condanna (1). 

(Omissis). -1. -� stato denunziato, in riferimento agli artt. 3 e 
27 della Costituzione, l'art. 604, secondo comma, c.p.p., nella parte che 
attiene alla iscrizione nel casellario giudiziale di talune sentenze di non 
doversi procedere per amnistia. 

2. -La questione non � fondata sotto entrambi i profili, pur non 
riguardando, ovviamente -giusta la stessa dizione dell'ordinanza di 
rimessione -l'ipotesi della cosiddetta amnistia impropria (articolo 
593 c.p.p.). 
Nella vigente disciplina del casellario giudiziale -quale risulta 
dalle modificazioni apportate all'istituto con la legge 14 marzo 1952, 

n. i58, e dalla � novella � 18 giugno 1955, n. 517 -�, bensi, disposta 
la non iscrizione delle sentenze di non doversi procedeTe peT amnistia, 
ma, nel contempo, in deroga a tale criteTio, � richiesta l'iscrizione nel 
caso in cui fosse stata prima pronunziata sentenza di -condanna per lo 
stesso fatto di reato dichiarato poi estinto. 
(1) In giurisprudenza, sulla funzione della isorizione nel case11ario giudiziale 
delle sentenze di :non dQIVersi procedeTe peT amnistia che intervengano 
dopo una sentenza di condanna: Cass., Sez. III, 27 giugno 1966, Romano, 
in Giust. pen., 1966, 705. In dottrina: Mn.ETTO, nota con ampi richiami 
a Cass., 27 .giugrno 1966, cit., iin Cass. pen., 1967, 300. AUISPicano una rifonna 
della normativa in questiooe: FR1soL1, Osservazioni sul riordinamento del 
casellario giudiziale, in Riv. it. dir. pen., 1954, 347, e ANGIONI, Inaccettabile 
disposizione di legge in tema di iscrizione nel casellario giudiziale (art. 604 
c.p.p.), in Riv. pen., 1962, I, 797. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 65 

3. -Orbene, quanto all'art. 3 Cost., � da osservare che non � 
identica la posizione dell'imputato, al quale, prima che sia stata pronunziata 
condanna, venga applicata l'amnistia e quella dell'imputato 
che, gi� condannato con sentenza non irrevocabile, fruisca del beneficio 
in pendenza dell'impugnazione: e ci� anche perch�, in regime di 
rinunciabilit� all'amnistia (vedasi la sentenza n. 175 del 1971 di questa 
Corte), il condannato che abbia impugnato la sentenza pu� invocare 
una pronunzia di merito ex art. 152, secondo comma, c.p.p. 
Manca, dunque, quella diversit� di trattamento (o quella patente 
irragionevolezza) cui iende ovviare il precetto costituzionale di raffronto. 


4. -Circa l'altra censura, relativa alla violazione dell'art. 27 Cost., 
secondo cui l'imputato non � considerato colpevole sino alla 'Sentenza 
definitiva, � da obiettare che l'iscrizione nel casellario. giudiziale, la 
quale risponde ad esigenze di documentazione (tra l'altro, di rilevante 
interesse statistico), di per s� immune da conseguenze pregiudizievoli, 
non confligge col principio di non colpevolezza, in quanto n� tramuta 
l'amnis.tiato in colpevole, n� al colpevole lo equipara. E se pur si 
volesse indagare sulla natura giuridica dell'istituto, tutt'al pi� potrebbe 
giungersi a qualificare l'iscrizione un effetto non penale della 
(precedente) condanna,_ posto che qualsiasi effetto penale sarebbe incompatibile 
con l'estinzione del reato (art. 151, primo comma, c.p.), 
operato dall'amnistia (propria). 
5. -Per quel che concerne la certificazione rilasciata ad � ogni 
autorit� avente giurisdizione penale� e �a tutte le amministrazioni 
pubbliche ed alle aziende incaricate di pubblico servizio ( ... ) per provvedere 
ad un atto delle loro funzioni� (art. 606 c.p.p.) e la sua incidenza 
-ogniqualvolta il comportamento anteriore rilevi o possa rilevare 
-nel campo del diritto penale sostanziale (artt. 49, ultimo comma; 
62 bis; 100; 115, ultimo comma; 133, secondo comma, n. 2; 163; 
169; 175, ecc., c.p.) e nel campo del diritto penale processuale (artt. 251 
e seguenti; 277 e seguenti, ecc., c.p.p.), oltrech� nell'ambito amministrativo 
e disciplinare, l'indagine � preclusa dai limiti della questione 
attualmente sottoposta alla Corte, stante la differente funzione della 
iscrizione e della certificazione. 
N� varrebbe l'argomento che la certificazione consegue automaticamente 
all'iscrizione, per estendere, in sede di interpretazione dell'ordinanza, 
l'esame della questione ad altre norme: � vero il contrario, 
siccome risulta dal confronto dell'art. 606 c.p.p. con gli artt. 608 e 
609 e, per i minori non imputabili, con l'ultima parte del capoverso 
del medesimo art. 606 ,c.p.p. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

66 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 183 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Benedetti -Soc. Smea (n.c.). 

-Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci


dentale -Questione sollevata da giudice privo di poteri decisori 


Inammissibilit� per irrilevanza. 

(Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; c.p.c., art. 648, secondo comma). 

� inammissibile per difetto di rilevanza la questione di le�gittimit� 
�costituzionale dell'art. 648, secondo comma, c.p.c., sulla� provvisoria 
esecutoriet� del decreto ingiuntivo dietro cauzione, sollevata non dal 
giudice istruttore competente a concederla, ma dal" pretore quale giudice 
dell'esecuzione a carico del debitore ingiunto (1). 

(Omissis). --1. -Il presente giudizio trae origine dall'ordinanza 
20 gennaio 1972 emessa dal pretore di Carpi nel procedimento di opposizione 
ad esecuzione mobiliare vertente tra la societ� Manifattura 
d'Este e la societ� SMEA ed ha ad oggetto l'art. 648, comma secondo, 

c.p.c. ritenuto costituzionalmente illegittimo, ~n riferimento agli artt. 3 
e 24 della Costituzione, perch� fa obbligo al giudice istruttore di con-
cedere l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo nel caso in cui 
1a parte che l'ha chiesta offra cauzione per le eventuali restituzioni, 
spese e danni. 
2. -Non occorre scendere all'esame dei motivi di merito prospettati 
nell'ordinanza poich�, in via preliminare, va rilevata l'inammissibilit� 
della proposta questione. 
Risulta, invero, chiaro dalla esposizione dei fatti di causa e dal 
testo dell'ordinanza di rinvio 'che la norma denunciata ha gi� trovato 
.applicazione nel procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo pre
�cedentemente instauratosi tra le parti dinanzi al tribunale di Modena. 
Il giudice istruttore. della causa, con propria ordinanza del 27 novem
�bre 1969, a seguito di offerta di cauzione avanzata dalla creditrice 
~Manifattura d'Este, aveva gi� concesso l'esecuzione provvisoria, ai sensi 

dell'art. 648 cpv. del codice di rito, del decreto ingiuntivo 5 luglio 
1969 del Presidente dello stesso tribunale avverso il quale la debitrice 
.SMEA aveva proposto opposizione. 

(1) .Aipplicazione del pri!tllciipJ.o pi� volte affe.:rnniato dalla C'orte secondo 
,cui la questione di legittimit� costitu2lionale pu� di11si rilevante soJ:o quando 
il giudice a quo debba necessariamente faire applicazione della norma sospettata 
di incostituzionalit�. Da ultimo: Corte Cost., 28 nov�embre 1972, 

n. 168, in questa Rassegna, 1973, I, 1, 45. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

67 

Ora � di tutta evidenza che soltanto tale giudice, al quale la norma 
in esame riserva poteri decisori e definitivi in ordine al provvedimento 
di provvisoria esecuzione (ordinanza non impugnabile), poteva promuovere 
il processo incidentale di legittimit� costituzionale di una 
disposizione ch'egli soltanto era tenuto ad applicare. Di siffatto potere 
il giudice competente non si � avvalso ed, anzi, nella parte motiva della 
sua ordinanza egli cita la giurisprudenza di �questa Corte in argomento. 

La circostanza relativa alla intervenuta applicazione della norma 
denunciata induce a disattendere le cons1deraziorti svolte dal pretore 
in ordine alla sua competenza a promuovere la questione di legittimit� 
costituzionale ed alla rilevanza della medesima nel processo di esecuzione 
mobiliare successivamente dinanzi a lui instauratosi. 

Vero �, per contro, che nel �caso in esame � venuto .meno il presupposto 
richiesto per l'introduzione del giudizio di legittimit� costituzionale 
e manca conseguentemente il requisito di rilevanza della 
proposta questione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 187 -Pres. Chiarelli 
-Ret. Reale -Manera (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mi
�nist11i (Sost. avv. goo.. dello Stato Gioo:-gio Azzariti). 

Procedimento penale -Parte offesa dal reato -Irreperibilit� ... Omis� 

$ion:e della citazione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 175). 

Non � fondata, sia con riferimento ai principi di eguaglianza che 
di difesa, la questione di legittimit� cos.tit.uzionale dell'art. 175 c.p.p., 
che consente� di omettere la citazione delia parte offesa dal reato allorch� 
risulti frreperibile (1). 

(Omissis). -3. -Le questioni non sono fondate. 

Premesso che, come opportunamente ricorda l'Avvocatura, 'le vane 
ricerche�conclusesi col certificato negativo dell'autorit� comunale non 
equivalgono a notificazione, la prospettazione delle ordinanze appare 
infi.ciata da un comune vizio logico-giuridico, perch� sostanzialmente si 
basa sul concetto che la persona �offesa dal reato versi in definitiva in 

(1) Sugli eff.etti della 1sootenza penale nei confronti dei sog.g.etti rimasti 
estrrunei al gi'udizio penale peroh� non posti iin. condizione di intervenirvi : 
Corte Cost., 22 marzo 1971, n. 55, in Giur. cost., 1971, 573, con nota di 
SATTA, Limiti di estensione dell'art. 24 della Costituzione. 
7 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

situazione processuale analoga a quella dell'imputato, si da implicare 
per essa un pari trattamento nello svolgimento del processo penale. 

E non si � considerata,. invece, la diversa posizione giuridica che 
nel vigente sistema qualifica l'imputato nei confronti della persona offesa 
dal reato. 

L'imputato � parte principale del processo penale, nel quale ha 
diritto di esercitare la difesa, tanto personalmente quanto con il necessario 
intervento del difensore, di fiducia o nominato per lui dal 
giudice. All'esigenza della difesa sono istituzionalmente correlati i rimedi 
diretti sia a portare ad effettiva conoscenza dell'imputato l'atto 
contenente 'la contestazione dell'accusa, previe ulteriori ricerche nel 
territorio dello Stato (ed eventuale trasmissione all'estero dell'avviso 
di procedimento mediante missiva postale raccomandata con invito a 
indicare od eleggere domicilio nella Repubblica, art. 177 bis), sia a 
stabilirne quanto meno, dopo la declaratoria di irreperibilit�, la conoscenza 
legale, a seguito del deposito in cancelleria e segreteria degli 
atti da notificare, .con contestuale avviso dell'avvenuto deposito al difensore, 
gi� nominato dall'imputato o da nominarsi dall'autorit� giudiziaria 
procedente: difensore a cui � attribuita la rappresentanza processuale 
dell'imputato, salvo che per gli atti che questi deve compiere 
personalmente o per mezzo di procuratore speciale (art. 170 c.p.p.). 

L'offeso dal reato, invece, non � parte nel rapporto processuale 
penale, ancorch� egli possa assumere tale qualifica inserendosi nel 
processo con la costituzione di parte civile. 

La legge processuale penale, invero, d� rilievo a questa eventualit�, 
prevedendo che anche nei confronti dell'offeso abbia attuazione 
l'avviso di un procedimento, al quale egli possa avere interesse a partecipare 
(art. 8 legge 5 dicembre 1969, n. 932) e ;perch� in esso eserciti 
(se crede) le pretese di restituzione o di risarcimento, collaborando 
peraltro ai sensi di legge, alla ricerca della verit� ed alla formazione 
delle prove. Ma deve considerarsi che nel nostro ovdinamento la partecipazione 
dell'offeso al giudizio penale, nei modi previsti anche a seguito 
della costituzione di parte civile, non pu� mettersi sullo stesso 
piano di quello dell'imputato, cosi da esigere parit� ,di trattamento. E 
c.i� attesa la diversa efficacia che il giudicato penale ha direttamente 
nei rigual\di dell'imputato e, solo di riflesso, nei limiti della normativa 
vigente, nei riguardi dell'offeso dal reato. All'offeso in particolare non 
pu� negarsi che incomba l'onere della domanda per la tutela dei propri 
interessi civili; domanda alla cui proposizione non � estraneo anche 
un onere di diligenza nel seguire le vicende del processo penale. 

Nel processo penale, d'altro canto, la presenza dell'offeso da reato 

� richiesta anche a fini istruttori, quale testimone, spesso unico e 

solitamente essenziale, onde, a norma dell'art. 408 c:p.p., si deve, a 

pena �di nullit� (art. 412), notificare anche a lui il decreto di citazione 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 69 

al dibattimento, salvo che, secondo la giurisprudenza della Corte di 
cassazione, la notifica risulti impossibile per accertata irreperibilit� di 
fatto dell'offeso medesimo. Ma al fine di questo accertamento e in 
relazione alle accennate esigenze Ticorrenti nelle due fattispecie che 
hanno dato occasione alle ordinanze in esame, � opportuno rilevare 
che non � esclusa la facolt� per il giudice di ordinare che siano rinnovate 
le ricerche del soggetto nel territorio dello Stato, mentre, nel 
caso �di soggetto che si sappia essere emigrato all'estero, ne vanno acquisite 
nel processo le deposizioni a mezzo di rogatorie ad autorit� di 
altro Stato, quando sia possibile. 

Per il caso appunto che la parte offesa risieda all'estero, valgono 
i temperamenti al principio di territorialit� che sono apportati dalle 
convenzioni internazionali di assistenza giudiziaria, stipulate e rese esecutive 
nello Stato, per effetto delle quali (in attuazione dell'art. 656 
c.p.p.) sono rese possibili le assunzioni di testimonianze, le notificazioni 
e comunicazioni di atti processuali agli interessati, con la opportuna 
collaborazione (anche in ordine a eventuali ricerche) degli organi giudiziari 
degli altri Stati contraenti. 

E sempre in riferimento alla fattispecie considerata nell'ordinanza 
del tribunale di Torino va ricordato che una convenzione di assistenza 
giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, cui ha aderito la 
Svizzera il 20 dicembre 1966, � stata resa esecutiva in Italia con legge 
23 febbraio 1961, n. 215. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 188 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Bendetti -Consorzio autostrada Messina-Catania (avv. 
Silvestri) e Prestdente Consiglio dei Ministri (Sos.t. avv. gen. dello 
Stato Azzariti). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Piano di costruzioni autostradali 


Occupazione temporanea -Proroga da parte del Prefetto -Ille


gittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 42, 1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 11, ultimo comma). 

Non � fondata, con riferimento alla tutela del diritto di pro'P'l"iet�, 
la questione di legittimit� costituzionale� deWart. 11, ultimo comma, 
della legge 24 luglio 1961, n. 729 sul piano di nuove costruzioni autostradali, 
che autorizza il Prefetto a disporre una sola prroroga, di durata 
non superioire a due anni, dei termine per l'occupazione temporanea 
(1). 

(1) ln generale, sui requ~siti che le J:iimitaziOihi. alla propriet� privata 
debbono presentare ai fini della loro legittimit� costituzionale: Corte Cost., 
29 maggio 1968, nn. 55 e 56, Giur. cast., 1968, 838 e 884. 

70 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

La Corte ritiene che la disposizione contenuta nell'art. 11, ultimo 
comma, della legge n. 729 del 1961 debba essere interpretata nel senso 
che una sola proroga, di durata non superiore a due anni, pu� essere 
disposta, �con nuovo decreto .prefettizio, nel caso in cui sopravvenute 
esigenze impongano la modifica dei progetti originariamente approvati. 
Dal testo della norma � dato quindi desumere le condizioni che rendono 
legittimo l'esercizio del potere di proroga. I criteri della durata 
dell'ulteriore occupazione e del fine per il quale essa pu� essere accordata 
sono posti a garanzia del diritto di propriet� in quanto non consentono 
al beneficiario della proroga di continuare indefinitamente 
nell'occupazione n� di richiederla per motivi diversi da quelli espressamente 
indicati. 

3. -Nessun rilievo ha l'argomento che la norma in esame deroghi 
alla regola generale dell'art. 73 della legge n. 2359 del 1865 secondo 
la quale 'l'occupazione temporanea non pu� durare pi� di due anni. 
Questa disposizione, invero, non ha la forza di principio inderogabile 
essendo �contenuta in una norma di legge ordinaria; ben poteva, 
pertanto, il legislatore dettare una disposizione diversa per la disciplina 
di un caso particolare quale quello in esame delle occupazioni di terreni 
per nuove costruzioni stradali e autostradali. 

� peraltro da disattendere l'affermazione del tribunale secondo la 
quale scopo della norma sarebbe quello di esonerare per un altro 
biennio il soggetto espropriante dal pagamento del prezzo delle aree 
occupate. La finalit� della norma, come sopra precisato, va ricercata 
unicamente nella esigenza sopravvenuta di apportare modifiche ai progetti 
di costruzione dell'opera pubblica prima approvati. 

L'ulteriore limite al diritto di propriet� ch'essa importa non � 
del resto privo di conseguenze economiche per l'occupante essendo egli 
obbligato a corrispondere un indennizzo anche per la durata della 
proroga. 

Le considerazioni svolte valgono ad escludere l'asserito contrasto 
col principio enunciato dall'art. 42, comma secondo, della Costituzione. 
Il riconoscimento e la garanzia del diritto di propriet� non escludono 
che il legislatore possa imporre, come nella specie, una ragionevole e 
temporanea limitazione alle facolt� di godere e di disporre del proprietario 
quando ci� sia richiesto da finalit� di interesse pubblico. 

Nello stesso precetto costituzionale invocato � sancito il principio 
della funzione sociale della propriet� nel quale trova appunto fondamento 
il potere predetto. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 71 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 189 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Verz� -Meneghetti (n.c.). 

Procedimento penale -Giudizio per decreto -Mancato obbligo del 

difensore nella fase di opposizione -Illegittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., art. 24; c.p.p. art. 509). 

Non � fondata, con ,riferimento al diritto di d,ifesa, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 509 c.p.p., neiza parte in cui omette 
di disporre la nomina di un difensore di ufficio per l'opponente a 
decreto penale di condanna, ove manchi queizo di fiducia (1). 

(Omissis). -L'ordinanza del pretore di B,assano del Grappa denuncia 
la norma dell'art. 509 c.p.p., in quanto omette di disporre la 
nomina di un difensore di ufficio all'opponente al decreto di condanna, 
ove manchi quello di fiducia. E rileva in proposito che: 1) l'atto di opposizione 
costituisce una impugnazione specia'le, unico mezzo formale 
per far valere le proprie ragioni, la cui proposizione esige un'alta 
preparazione tecnica; 2) la legge richiede, a pena di inammissibilit�, 
che i motivi siano specificamente indicati, e ci� pu� essere assicurato 
soltanto mediante l'assistenza del difensore. La mancanza di tale assistenza 
nel primo atto del procedimento monitorio al quale interviene 
l'interessato, sarebbe quindi lesiva del diritto di difesa. 

La questione non � fondata. 

La Corte ritiene ,che, attesa la particolare struttura del procedimento 
per decreto penale, gi� messa in evidenza da altre precedenti 
sentenze, e riconosciuta dalla stessa ordinanza rispetto all'atto di opposizione, 
definito una �impugnazione speciale�, il diritto di difesa � 
assicurato anche se nella proposizione dell'oppo,sizione al decreto, in 
mancanza di un difensore di fiducia, non ve ne sfa uno di ufficio. 

L'opposizione, infatti, si risolve in una richiesta di dibattimento, 
sul presupposto della ritenuta ingiustizia della condanna, richiesta resa 
agevole ed alla portata anche di persona priva di cognizioni tecniche 
in quanto pu� concretarsi nella mera contestazione degli elementi risultanti 
dal decreto penale. Ed ovviamente potr� essere sviluppata e 

(1) La sentenl!la non avrebbe certo mancato di suscitare qualche riserva 
sul pWl!to in cui esclude La v�e>lazicme dell'art. 24 della Costituzione anche 
in relazione al requisito, ,richiesito a pena di inammissibd:lit�, della irndicazione 
specifica dei motivi di opposizione. Ogni perplessit� deve per� ora 
dil~si superata per e:treitto della suc,cessiva 1sentenza 27 febbraio 1973, n. 19 
con la quale La Cor,te ha dichiarato la :il1egittimit� dell'art. 509 c.p.ip., nella 
parte in cui !Pl'evedeva, appunto, la sanzione della inao:nanis'SdibdUt� dell'opposizione 
per la mancata indicazione dei motivi. 

72 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dettagliata nella sede dibattimentale, ove � assicurato l'intervento del 
difensore. 

� esatto che la norma impugnata prescrive la specificazione dei 
motivi di opposizione a pena di inammissibilit�, ma, secondo la corrente 
interpretazione giurisprudenziale, il �concetto di specificit� non 
deve essere ispirato ad un criterio di rigore perch� le censure dell'opponente, 
pur dovendo nella sostanza indicare univocamente la ragione 
per cui si chiede il dibattimento, non poi.sono non essere proporzionate 
alla motivazione necessariamente sommaria del provvedimento. 
E la Corte ritiene che, alla stregua di questa interpretazione, la norma 
denunciata non �contrasta col principio sancito dall'art. 24, secondo 
comma, della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 190 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Trimarchi -Sbarbati (n.c.). 

Fallimento -Presupposto per il reato di bancarotta -Illegittimit� co


stituzionale -Esclusione. 

(C9st., artt. 3, 27; d.P.R. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, comma primo e secondo). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 3 e 27 deila Costituzione, 
ed � manifestamente infondata, con riferimento aU'art. 3 delLa Costituzione, 
la que�stione di legittimit� costituzionale dell'art. 217, comma 
primo e secondo legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267), che considerano 
come presupposto del reato di bancarotta, anche ai fini 
del momento di applicazione deLL'amnistia, La sentenza dichiarativa di 
fallimento (1). 

(Omissis). -2. -Circa la questione di legittimit� costituzionale del 
citato art. 217 in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, prospettata 
dal tribunale di Macerata, la Corte rileva, che, pur essendosi 
essa in precedenza occupata della legittimit� costituzionale della norma 
denunciata, non � stata emessa alcuna pronuncia specificamente in ordine 
ai profili ora messi in risalto. 

Il rapporto tra la sentenza dichiarativa di fallimento e il procedimento 
penale per i reati previsti e puniti dall'art. 217, � stato infatti 
oggetto di esame da parte di questa Corte per asserita violazione del


(1) La sentenza 27 1giugno 19712, n. 110 cui !La Cor.te si richiama � pubblicata 
in questa Rassegna, I, 1, 929. 
In PTecedenza 11a Corte aveva gi� ~onunciato sulla iLegittimit� dell'iwticolo 
217 legge fallimetail.'e con le sentenze 16 lug.Uo 1970, n. 141, in Giur. 
cost., 1970, 1624, e 22 marzo 1971, n. 59, in Giur. cost., 1971, 596. 

In dottrdina: CONTI, Giudizio sulla seriet� dell'opposizione al fallimento 
e sospensione del procedimento penale per bancarotta, in Riv. dir. proc. 
pen., 19i59, 624. 

::: 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 73 

' l'art. 24 della Costituzione; e la Corte, con sentenza n. 110 del 1972, 
ha ritenuto non fondata la relativa questione concernente gli artt. 19 
e 21 c.p.p. le cui norme si assumeva che determinassero una paralisi 
della difesa nel procedimento penale a carico di un imputato del reato 
previsto e punito dall'art. 217, comma secondo, come conseguenza 
della paralisi della funzione primaria del giudice penale vincolato a 
tener fermo un presupposto (s.tatus di imprenditore) contenuto in una 
sentenza resa in un procedimento non garantito da adeguato contraddittorio. 
Con l'ordinanza del tribunale di Macerata ora si assume invece, 
anzitutto, che l'art. 3, comma primo, della Costituzione sarebbe violato 
dall'art. 217, comma secondo, nella parte in cui, resa superflua ogni 
indagine sulla qualit� di imprenditore dell'imputato ai sensi del codice 
civile, sottopone allo stesso trattamento giuridico (in ordine all'obbligo 
di tenere i libri contabili) e in maniera non ragionevole, 
situazioni (altrove ritenute dallo stesso legislatore) diverse. 
La questione cos� prospettata non � fondata. Posto che al giudice 
penale chiamato a giudicare circa l'esistenza di reati fallimentari ed 
in particolare di quello previsto e punito dall'art. 217, comma secondo, 
non � consentito di indagare sulla sussistenza delle condizioni soggettive 
e oggettive richieste per la dichiarazione di fallimento, essendo 
ogni pronuncia a quest'ultimo riguardo riservata al competente giudice 
civile, la norma richiamata dell'art. 217, comma secondo, presuppone 
e .comporta che ogni indagine sulla assoggettabilit� (in concreto) 
idi un dato imprenditore alla procedura concorsuale venga compiuta 
dal giudice civile e �che la sentenza dichiarativa di fallimento, in 
ordine a quella condizione giuridica dell'imprenditore, debba fare stato 
nel procedimento pe~ale. 
Non � prospetta�bile, quindi, una pluralit� di situazioni giuridiche 
soggettive diverse in relazione alle quali si possa parlare di trattamento 
differenziato e per giunta posto in essere in modo irrazionale. 
Del pari, non ha fondamento la prospettata violazione dell'art. 27 
della Costituzione nella parte in cui questo richiede che la responsabilit� 
penale sia personale. L'asserito contrasto con detta norma, dell'art. 
217, comma secondo, non sussiste, per�ch�, anche a voler ammettere 
che davanti al giudice penale l'imputato non possa utilmente riportarsi 
al proprio atteggiamento psicologico in ordine alla riconoscibilit� 
degli elementi della fattispecie penale (qualit� di imprenditore, 
sussistenza dell'obbligo della tenuta dei libri e di altre scritture contabili), 
ricorre nell'ipotesi criminosa de qua, a base della responsabilit� 
penale personale, il rapporto di causalit� materiale tra azione ed evento 
(art. 40 c.p.) che � sufficiente a stabilire tra il soggetto ed il fatto preveduto 
come reato il necessario carattere di suit� (sentenza numero 
107 /1957). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

74 

Pu� quindi concludersi con la dichiarazione di non fondatezza 
della questione come sopra prospettata dal tribunale di Macerata. 

3. -Deve invece dirsi manifestamente non fondata la questione di 
legittimit� costituzionale sollevata dal pretore di Bologna, a proposito 
dell'art. 217, primo e secondo comma, ed in riferimento all'art. 3 della 
Costituzione. 
Il principio di eguaglianza sarebbe violato .perch� la norma denunciata 
� facendo coincidere la consumazione del reato di bancarotta 
semplice col momento in cui viene emessa la sentenza dichiarativa di 
fallimento, non consente di godere del beneficio dell'amnistia solo a 
quegli imputati per i quali la dichiarazione di fallimento sia intervenuta 
dopo il termine ultimo di efficacia del beneficio, prescindendo 
dall'epoca in cui ebbe a realizzarsi la condotta anco:reh� anteriore 
all'indicato termine�, e quindi �in quanto per i medesimi fatti commessi 
nello stesso periodo di tempo un soggetto � ammesso ad usufruire 
del beneficio di un'amnistia, mentre un altro deve rispondere 
penalmente per gli stessi fatti soltanto perch�, per motivi indipendenti 
dalla sua volont�, la di lui qualit� di socio del gi� fallito, e come tale 
assoggettabile a declaratoria di fallimento, viene riconosciuta in un 
momento successivo allo spirare del termine utile per l'applicazione 
del beneficio di legge�. 

La questione non � nuova. Negli stessi termini sostanzialmente � 
stata gi� sollevata con ordinanza del pretore di Siracusa (n. 198 del 
reg. ord. 1971) e del pretore di Napoli (n. 406 del reg. ord. 1971) ed 
esaminata da questa Corte, che, vaiutati anche altri profili di illegittimit� 
costituzionale prospettati da altri giudici, l'ha, con �la sentenza 

n. 110 del 1972, dichiarata non fondata. 
Stante ci�, non ravvisando nell'ordinanza de qua alcuna ragione 
che possa indurla a modificare il precedente avviso, la Corte ritiene di 
doverlo confermare, con la dichiarazione di manifesta infondatezza 
della questione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 195 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Oggioni -Cordero (avv. Barile, Guarino, Piccardi), 
Universit� Cattolica del S. Cuore (avv. Balladore-Pallieri, Sorrentino, 
Lessona) e Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero 
Pubblica Istruzione (Sost. avv. gen. deJlo Stato Coronas). 

Corte Costituzionale -Giudizi di le~ittimit� costituzionale in via incidentale 
-Estensione di ufficio della questione oltre i limiti dell'ordinanza 
di rinvio -Inammissibilit�. 

(1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 75 

Istruzione pubblica -Istruzione superiore -Universit� Cattolica del 

S. Cuore -Placet dell'autorit� ecclesiastica per i docenti -Ille~
ittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cast., artt. 33, 19, 3, 7; Cane. fra l'Italia e la S. Sede, reso esecutivo con 


1. 27 maggio 1929, n. 810, art. 38). 
Nei giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale non � 
ammessa l'estensione di ufficio deUa questione oUre i limiti segnati 
daU'ordinanza di rinvio, salvo che si tratti di norme che si presentino 
come pre.giudiziali e strumentali rispetto alla definizione deila questione 
.principale (1). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale deLL'articolo 
38 del Concordato tra l�'ItaUa e la S. Sede, 1�eso esecutivo con la 
legge 27 maggio 1929, n. 810, che prescrive il placet dell'autorit� ecclesiastica 
per le nomine dei professori p1'es<so l'Universit� Cattolim 
del S. Cuore (2). 

(Omissis). -3. -Come si � riferito, l'art. 38 del Concordato risulterebbe, 
secondo l'ol'dinanza di rinvio, in contrasto con gli artt. 3, 7, 
19 e 33 della Costituzione. 

La difesa del prof. Cordero, nelle deduzioni svolte all'udienza, ha 
prospettato anche un contrasto con gli artt. 1, 5, 24, 101 e 113. :Di 
conseguenza, ha formalmente chiesto che la Corte sollevi d'ufficio 
questione di costituzionalit� dello stesso art. 38 del Concordato, estendendola 
alla rilevazione di illegittimit�, sotto il profilo desumibile dalla 
violazione degli altri articoli succitati. Ci�, soprattutto, per quanto concerne 
l'impedimento che �dall'applicazione dell'art. 38 del Concordato 

(1) P�er J.a costante gimis.rudenza della OoTte: da ultimo sent. 26 giugno 
1970, n. 1-09 e 16 luglio 1970, n. 143 in Giur. cost., 1970, 1197 e 1645. 
(2) La qru:estione era stata pro[[lOSta con ood:inanza 26 novembre 1971 
dal COOJJSi..glio di Staito, Sez. VI (Gazz. Uff. 12 aprdle 1972, n. 97}. A commento 
delle precedenti se!llteinze deJ.J.a Corte in tema di Concoodato: LAVAGNA, Prime 
decisioni della Corte sul Concordato, in Giur. it., 1971, I, 630; PUGLIESE, 
Infondatezza della possibilit� di sottaporre i Parbti lateranensi ail controllo 
di costituzionalit�, in Giur. it., 1971, I, 634; BELLINI, Sul sindacato di costituzionalit� 
delle norme di derivazione concordataria, in Giur. it., 1971, IV, 
88; MoDUGNO, LJa Corte costituzionale di fronte ai Patti lateranensi, in Giur. 
cost., 1971, 406 e LARICCIA, Patti lateranensi e principi costituzionali, in Dir. 
eccl. 19171, 341. 
Sui riapporti tra Stato e Chiesa tn riferimento alle libert� scolastiche : 
SAILIS, La costituzione itatiana e le libert� scolastiche, in Studi economicogiuridici 
dell'Universit� di Cagliari, XXXII, 1948-1949; FEDELE, LJa, libert� 
religiosa, Milooo, 1963. Sulla estensione e sui limiti deJ.J.a libert� di insegn,
ame!llto g�lll.'antita daill'art. 33 della Costituzione: CRISAFULLI, La scuola 
nella costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 67; PoTOTSHNIG, Insegnamento 
istituzione, scuola in Giur. cost., 1961, 373. 



76 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

deriverebbe alla difesa, davanti all'autorit� giurisdizionale italiana, dei 
suoi interessi legittimi, in relazione allo svolgimento di un rapporto di 
pubblico impiego. 

L'istanza non � ammissibile. 

L'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, segna l'oggetto e, nel 

contempo, i limiti della proposizione di un giudizio di legittimit� co


stituzionale, sia ad istanza �di parte che di-ufficio, con riferimento alle 

disposizioni della Costituzione che si assumono violate. Ed � l'ordi


nanza di rinvio che, con preciso riferimento a queste disposizioni, pun


tualizza e circoscrive i termini della questione. 

Nel �corso dei giudizi per conflitto di attribuzione, � tuttavia con


sentito alla Corte, secondo giurisprudenza costante, di sollevare in via 

incidentale, questione di legittimit� di disposizioni legislative, aventi 

carattere strumentale rispetto alla decisione sul conflitto. Tale facolt� 

� stata, bens�, ritenuta estensibile (ordinanza 11 novembre 1965, n. 73) 

anche nei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale, ma a condi


zione che si tratti di norme che si presentino come pregiudiziali e 

strumentali rispetto alla definizione della questione principale. 

Tutto ci� non ricorre nell'attuale situazione, nella quale i nuovi 

profili di legittimit� prospettati dalla difesa Cordero vengono posti in 
'relazione alla stessa norma sottoposta al controllo della Corte (cio� 

l'art. 38 del Concordato) e rappresentano solo una inammissibile esten


sione dell'oggetto del giudizio, gi� deferito, nei suoi limiti, alla Corte 

dal Consiglio di Stato. 

4. -Superate queste eccezioni ed al fine di precisare i dati posti 
a base delle proposte questioni, la Corte ritiene di premettere un 
cenno sulla configurazione dell'Universit� Cattolica del Sacro Cuore. 
L'Universit�, gi� canonicamente eretta con decreto della Congregazione 
dei Seminari e delle Universit� degli studi, � stata � istituita � 
dal r.d. 2 ottobre 1924, n. 1661, con riferimento agli artt. 1 e 99 del 

r.d. 30 settembre 1923, n. 2102, sull'ordinamento dell'istruzione superiore, 
ed al r.d. 6 aprile 1924, n. 674, contenente il regolamento generale 
universitario: cio�, � stata �istituita � come Universit� �libera � 
rientrante nella previsione e negli schemi di detto ordinamento, con 
lo scopo di impartire istruzione superiore, complementarmente a quella 
delle Universit� di Stato e col potere di rilasciare titoli finali di studio 
aventi valore legale. 
Nello schema generale figurano il riconoscimento di personalit� 
giuridica, l'autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, sotto la 
vigilanza dello Stato (art. 1, terzo comma, del citato r.d. 2102 del 1923, 
testualmente ripetuto nell'art. 1 del successivo testo unico delle leggi 

sull'istruzione superiore di cui al r.d. 31 agosto 1933, n. 1592). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 77 

Con il r.d. n. 1661 del 1924, alla �istituzione� della Universit� 
libera in esame, si � aggiunta l'approvazione del relativo Statuto, in 
cui (art. 1) si legge che � scopo di essa � di contribuire allo svolgimento 
degli studi e di .preparare i giovani alle ricerche scientifiche, 
agli uffici pubblici ed alle professioni liberali, con una istruzione, adeguata 
ad una educazione morale, informata ai principi del cattolicesimo
�. 

Tale Statuto, rimanendo inalterato nelle sue linee, � poi stato 
trasfuso nel successivo r.d. n. 1163 del 1939 nel quale, confermato .il 
resto, figura inserita nell'art. 22 la .formulazione testuaie dell'art. 38 
del Concordato. 

Una ulteriore precisazione si ha riguardo all'onere delle spese 
per lo stipendio dei professori, che � posto a carico del bilancio delle 
singole Universit� libere anzich� a carico del bilancio dello Stato 
(art. 100, secondo comma, r.d. n. 2102 del 1923 e art. 100,. terzo comma, 

t.u. del 1923): salvo, da parte dello Stato, la concessione di un generico 
contributo facoltativo, come per tutte le universit� libere, secondo 
l'art. 14 della legge 18 dicembre 1951, n. 1551. 
5. -Si deduce nell'ordinanza, riguardo alla denunciata violazione 
dell'art. 7 Cost. che, essendo lo Stato e la Chiesa cattolica, nel rispettivo 
ordine, indipendenti e sovrani, la subordinazione al � placet � del!'
Autorit� ecclesiastica in una materia (l'insegnamento) pertinente in 
esclusiva all'ordine �od ordinamento dello Stato, ne vulnererebbe la 
sovranit�. 
La questione non � fondata. 

Va considerato �che i requisiti della indipendenza e della sovranit�, 
riconosciuti nell'art. 7 sia allo Stato che alla Chiesa, riflettono il carattere 
originario dei due ordinamenti. Ma la separazi�ne e la reciproca 
indipendenza tra i due ordinamenti non escludono che un regolamento 
dei loro rappo.rti sia sottoponibile a disciplina pattizia, alla 
quale legittimamente pu� risalire la rilevanza di atti promananti da 
una delle parti, purch� questi non siano tali da porre in essere nei 
confronti dello Stato italiano situazioni giuridiche incompatibili con 
i principi supremi del suo ordinamento costituzionale, ai quali le norme 
pattizie non possono essere contrarie (sent. n. 30 del 1971). . 

Nella specie, dunque, si tratta di accertare se nell'art. 38 del Concordato 
si ravvisino quelle violazioni degli artt. 33, 19 e 3 della Costituzione 
che sono state denunziate. 

6. -Viene per primo in considerazione l'art. 33 della Costituzione, 
che detta i principi e le reg�le fondamentali che disciplinano l'insegnamento. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATUHA DELLO STATO 

� da rilevare, anzitutto, che, in base all'art. 33, lo Stato ha, bens�, 
l'obbligo di provvedere alla pubblica istruzione, dettando le norme 
relative ed apprestando i mezzi necessari (apertura di scuole di ogni 
ordine e grado, ecc.) ma non ha l'esclusivit� dell'insegnamento. Ch�, 
anzi, contrariamente a quanto asserito nell'ordinanza di rinvio, � lo 
stesso art. 33 a porre il principio del pluralismo scolastico, che � conforme, 
d'altronde, a quello fondamentale, di cui al primo comma, della 
libert� dell'arte e della scienza. 

Non v'� dubbio che la libert� della scuola si estende a comprendere 
le universit�, che sono previste nel contesto del medesimo articolo 
33; e sarebbe, d'altronde, illogico che le garanzie di libert� per 
la scuola in genere non fossero applicabili anche alle universit� e agli 
istituti di istruzione superiore. 

Accertato che non contrasta con l'art. 33 la creazione di universit� 
libere,. �che possono essere confessionali o comunque ideologicamente 
caratterizzate, ne deriva necessariamente che la libert� di insegnamento 
da parte dei singoli docenti -libert� pienamente garantita nelle universit� 
statali -incontra nel particolare ordinamento di siffatte universit�, 
limiti necessari a realizzarne le finalit�. 

N� vale la dedotta obiezione che l'Universit� Cattolica, risultando 
inquadrata, a seguito dell'intervenuto riconoscimento, tra le universit� 
dette �libere � sarebbe da considerarsi, ad ogni effetto, come persona 
giuridica di diritto pubblico. Da questa considerazione e dalla natura 
del predetto inquadramento, non consegue che dell'Universit� Cattolica 
siano state attenuate la originaria destinazione finalistica e la connessa 
caratterizzazione confessionale, riaffermata, anzi, �come si � ricordato, 
nel relativo Statuto debitamente approvato. Invero, l'art. 33 
garantisce � piena libert� � a tutte � le scuole non statali che chiedono 
la parit��: �non statale � appunto, �come � ritenuto anche nella pi� 
recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, deve considerarsi l'Universit� 
Cattolica del Sacro Cuore. 

Da quanto precede risulta di tutta evidenza che, negandosi ad una 
libera universit� ideologicamente qualificata il potere di s.cegliere i 
suoi docenti in base ad una� valutazione della loro personalit� e negandosi 
alla stessa il potere di recedere dal rapporto ove gli indirizzi religiosi 
o ideologici del docente siano divenuti contrastanti con quelli 
che caratterizzano la scuola, si mortificherebbe e si rinnegherebbe la 
libert� di questa, inconcepibile senza la titolarit� di quei poteri. I 
quali, giova aggiungere, costituiscono certo una indiretta limitazione 
della libert� del docente ma non ne costituiscono violazione, perch� 
libero � il docente di aderire, con il consenso alla �chiamata, alle particolari 
finalit� della scuola; libero � egli di recedere, a sua scelta, dal 
rapporto con essa quando tali finalit� pi� non condivida. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

79 

7. -Le stesse ragioni valgono a dimostrare l'infondatezza della 
addotta violazione dell'art. 19 della Costituzione. La legittima esistenza 
di libere universit�, caratterizzate dalla finalit� di diffondere un credo 
religioso, � senza dubbio uno strumento di libert�: ed anche qui giova 
ribadire che, ove l'ordinamento imponesse ad una siffatta universit� 
di avvalersi e di continuare ad avvalersi dell'opera di docenti non ispirati 
dallo stesso credo, tale disciplina fatalmente si risolv�erebbe nella 
yiolazione della fondamentale libert� di religione di quanti hanno 
dato vita o concorrano alla vita della scuola confessionale. 
Nella specie -ma giova aggiungere che l'argomentazione ha validit� 
pi� generale --la libert� dei cattolici sarebbe gravemente compromessa 
ove l'Universit� Cattolica non potesse recedere dal rapporto 
con un docente che pi� non ne condivtda le fondamentali e caratterizzanti 
finalit�. Invero, il docente che .accetta di insegnare in una universit� 
�onfessionalmente o ideologicamente caratterizzata, lo fa per 
un atto di Hbero consenso, che implica l'adesione ai principi e alle 
finalit� cui quella istituzione scolastica � informata. 

8. -Si pu� perci� concludere che l'art. 38 del Concordato, in quanto 
non costituisce uh privilegio dell'Universit� Cattolica, ma � specifi.
cazione di un principio immanente alla libert� della scuola ed al.la 
libert� religiosa -e tale da valere per qualsiasi scuola e per qualsiasi 
religione o ideologia -non risulta contrastante con alcuna delle norme 
costituzionali invocate a raffronto. -(Omissis). 
I 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 196 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Rocchetti -Fabbri (n.c.). 

Procedimento penale -Istruzione sommaria -Richiesta di citazione a 
giudizio -Omesso previo deposito degli atti -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24; c.p.p., art. 392). 

Non � fondata, con riferimento ai princip'� di eguagLianza e di 
difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 392 c.p.p. che 
consente la richiesta di citazione a giudizio senza ii previo� deposito 
degLi atti prescritti dall'art. 372 dello stesso� codice (1). 

(1) La Oorte aveva gi� in precedenza escluso che la mancata previsione 
del deposito degli atti in canceil1eria !Prima dell'emfo:;sione del decreto 
di citazione costituisca violazione dell'art. 24 della Costituzione (sent. 4 
f.ebbraio 1970, n. 16, in Giur. cost., 1970, 148, con nota di BoNETTO, Legittimit� 
dei poteri discrezionali del pretore penale). 

80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 


CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 197 -Pres. Chia


relli -Rel. Capalozza -Vivo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mii:
r: 
nistri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

I 

Procedimento penale -Giudizio davanti al Pretore -Mancata attivit� 
istruttoria -Omesso avviso di procedimento -Ille~ittimit� costi� 

I 

tuzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 24; 1. 5 dicembre 1969, n. ,-� 932, art. 3). 


Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di 

1 

difesa, la questione di legittimit� costituziomale deH'art. 8 deila legge 
5 dicembre 1969, n. 932, che consente� al Pretore di non comunicare 
avviso di procedimento se ritenga di non dovere esperire attivit� istruttoria 
(2). 

I 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

Il giudice a quo ripropone censure che questa Corte ebbe gi� a 
respingere, in riferimento al solo art. 24 Cost., con la sentenza n. 127 
del 1966. 

E la decisione allora assunta va mantenuta, nonostante la pi� 
ampia denuncia ed i nuovi profili proposti. 

Deve infatti osservarsi che la diveTsit� di regolamentazione per 
quanto concerne il deposito degli atti -che, del resto nell'istruzione 
sommaria non manca, bench� sia successiva e non anteriore alla chiusura 
.di quella fase del processo (art. 397 c.p.p.) -non viola il principio 
di eguaglianza, perch� � giustificata dall~ diversa natura dei due 
tipi di istruzione che coonporta, per quella sommaria, pi� rapido procedimento 
e minori formalit�. 

.3. -Quanto alla tutela del diritto di difesa, va innanzi tutto ricordato 
come esso sia, anche nella istruzione sommaria, ampiamente 
tutelato dall'obbligo della notifica dell'avviso di procedimento, da quello 
dell'interrogatorio con l'assistenza del difensore e da tutte le altre garanzie 
previste negli artt. 304 b�s ter e quater c.p.p. 

(2) Nel 1senso che J.'obbUgo dell'avviso di ,procedimenito sussi�ste solo 
ove vi sia attiv�t� istruttoria, in dottrina: CAPENA, SvJl'avviso di procedimento, 
mForo it., 1971, II, 642; DosI, L'avviso di procedimento, in Riv. dir. 
proc. pen., 1970, 1090. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS1 COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

N� pu� rinvenirsi �causa di menomazione di quel diritto nella rilevata 
omissione, anteriormente alla chiusura dell'istruzione sommaria, 
del deposito degli atti che, per la maggior parte almeno, sono stati 
peraltro gi� depositati in ottemperanza all'art. 304 quater c.p.p. 

Non ha infatti alcun pregio l'assunto dell'ordinanza di rinvio, che 
coo.rdina il diritto di difesa, e una sua possibile violazione, all'interesse 
dell'imputato all'eventuale risoluzione del processo in fase istruttoria; 
risoluzione che i suoi pi� informati e tempestivi interventi difensivi 
potrebbero rendere pi� probabile. 

Bench�, infatti, non possa negarsi un simile interesse dell'imputato, 
deve per� osservarsi che esiste anche un suo opposto interesse 
a .conseguire nella risonanza di un pubblico dibattimento un'assoluzione 
definitiva con importanza ed effetti ben diversi da un semplice 
proscioglimento istruttorio. 

Dal che consegue che l'interesse dell'imputato ad evitare il dibattimento, 
appunto perch� contrastante con altro suo, non meno apprezzabile 
interesse, a desiderarne la celebrazione, non pu� ritenersi 
giuridicamente rilevante e, tanto meno, costituzionalmente protetto 
(sent. n. 172 del 1972). -(Omissis). 

II 

(Omissis). -3. -La questione non � fondata~ 

La norma impugnata prescrive che sin dal primo atto di istruzione 

sia comunicato avviso di procedimento all'imputato ed a coloro che 

possono avere interesse nel processo come parti private; pone, cio�, 

la linea di demar.cazione dell'obbligo nell'espletamento del primo atto 

di istruzione (eseguito direttamente o a mezzo di ufficiali di polizia 

giudiziaria: art. 398, primo comma, c.p.p.), nel senso che il giudice, 

solo se questo voglia compiere, deve disporre la previa comunicazione. 

� esatta l'affermazione del pretore di Livorno che la ratio legis 

della normativa introdotta dalla �novella� n. 932 del 1969 sia quella 

di assicurare all'imputato e a'lle altre parti private pi� ampie e con


crete garanzie di soddisfacimento dei vari interessi contrastanti; ed � 

esatta, altresi, l'affermazione che tale .ratio sia ispirata all'art. 24 della 

Costituzione. 

Ha, per altro, osservato giustamente l'Avvocatura generale dello 

Stato che, prima dell'entrata in vigore della legge n. 932, non si era 

mai denunziata, per violazione del diritto di azione e di difesa, la man


cata previsione, nel nostro sistema processuale, dell'avviso di procedi


mento: una violazione che avrebbe -in ipotesi e per assurdo 


riguardato, per diffusa situazione di incostituzionalit� l'intiero sistema, 

dal momento dell'esercizio dell'azione penale. 


82 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Appare coerente �con la giurisprudenza costituzionale -che, pur 
avendo inciso profondamente nelle strutture del codice di rito per 
l'ampiamento e il rafforzamento del diritto di difesa, ha ripetutamente 
riconosciuto la legittimit� della citazione a giudizio senza istruttoria 
predibattimentale, del rito direttissimo e della condanna per decreto 
penale -escludere che la norma impugnata vulneri l'art. 24 della 
Costituzione. 

Proprio da questo orientamento �Consegue la legittimit� della norma, 
tanto pi� in quanto n� il diritto di difesa si spinge, a livello costituzionale, 
sino alla tutela della pur giustificata aspirazione di scongiurare 
lo strepitus fori, n� la presentazione spontanea dell'art. 250 c.p.p.. e il 
deposito di memorie, istanze e proposte degli artt. 145 e 306 dello 
stesso codice (che sono, del resto, solo modalit� accessorie ed integrative, 
cio� niente affatto essenziali e caratterizzanti dell'azione e della 
difesa di cui all'art. 24 Cost.) attribuiscono all'inquisito il diritto di 
evitare il giudizio (o la condanna per decreto) e alla parte offesa o 
danneggiata quello di far valere, nel processo penale, le proprie ragioni; 
n� alcuna discriminazione viene operata tra l'imputato e quanti 
siano civilmente interessati al processo. 

Soluzione, questa, che trova conforto nella stessa dizione dell'art. 24, 
secondo comma, Cost., che prevede la garanzia della difesa in ogni 
stato (e grado) del procedimento: non pu�, invero, ritenersi obbligatoria 
quella garanzia per uno stato (o fase: la fase istruttoria) che nel 
procedimento manchi. 

4. -N� l'art. 8 della legge confligge col princ1p10 di eguaglianza 
dell'art. 3 Cost., esistendo una differenza obiettiva tra i procedimenti 
che richiedono l'avviso e quelli che non lo richiedono, cio� tra i procedimenti 
per cui si compiono atti istruttori e quelli per i quali viene 
disposto direttamente il dibattimento. Si tratta di una differenza che 
giustifica, appunto, la diversit� di trattamento. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 198 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Benedetti -Donaggio (n.c.). 

Procedimento penale -Tribunale per i minorenni -Deroga alla compe


tenza nelle ipotesi di connessione con reati commessi da maggio


renni -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma). 

� fondata, con riferime11to ai principio di eguaglianza, La questione 
di Legittimit� costituzionale deH'art. 9, comma secondo, delLa legge 
istitutiva del tribunale pe1� i minorenni (r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404) 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 83 

nella parte in cui non Limita la deroga alla competenza del t?"ibunale 
per i minorenni aila sola ipotesi nella quale minori e maggiori degli 
anni 18 siano coimputati dello stesso reato (1). 

(Omissis). -3. -La questione � fondata. 

Nel primo comma dell'art. 9 della legge istitutiva del tribunale 
per i minorenni viene enunciata 1a regola generale-della competenza 
di detto tribunale per tutti i procedimenti penali �per reati commessi 
dai minori degli anni 18 >; nel capoverso dello stesso articolo � prevista 
l'eccezione a tale regola per il caso in cui �nel procedimento vi 
sono coimputati maggiori degli anni 18 >. 

Evidente � la stretta relazione che intercorre tra le locuzioni � reati 
commessi dai minori > e � coimputati maggiori >. 

L'ipotesi prevista � soltanto quella della compartecipazione del 
maggiore allo stesso reato compiuto dal minore: il caso tipico del 
concorso �di pi� persone nel medesimo reato. Nella previsione normativ:
a non rientrano altre forme di connessione. 

Questa interpretazione � d'altronde giustificata dallo stesso contenuto 
della disposizione in �esame. Essa prevede una eccezione alla 
generale competenza del tribunale per i minorimni ed in tema di deroghe 
non sono consentite interpretazioni estensive. 

Diversa �, per�, l'interpretazione data dalla giurisprudenza alla 
norma impugnata. 

Al termine coimputato � stato infatti costantemente attribuito un 
significato ampio e generico in modo da ricomprendervi non solo colui 
che � imputato di concorso nel reato �Commesso da altri contro cui si 
procede, ma anche colui che � imputato di un reato connesso a quello 
per il quale si procede a carico di altri. Ed � stato conseguentemente 
affermato che la competenza del giudice ordinario sussiste non solo 
nel caso in cui debba procedersi per un reato commesso da un minore 
degli anni 18 e un maggiore in concorso tra loro, ma anche in ogni 
altro caso di connessione di procedimenti. 

Cos� interpretata ed applicata la disposizione denunciata vive nella 
realt� concreta in modo incompatibile col principio di uguaglianza 
enunciato dall'art. 3 della Costituzione. 

La necessit� del simultaneus processus, che la Corte nella sua 
precedente decisione ha posto a giustificazione della deroga alla com


(1) La legittimit� costituzionale della nocma, in velazione aLl'art. 25 
e all'art. 3 deLla Costf.tuzdone, era stata aff.ermata dailla CO'.I'te con le precedenti 
semitenze 4 luglio 1963, n. 130 (in Giur. cost., 1963, 1454) e 8 febbraio 
1966, n. 10 (in Giur. cost. 1966, 119, con nota di GREVI, Davvero legittima 
la competenza del giudice non specializzato nei confronti dei minorenni 
coimputati con maggiorenni?). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

petenza del tribunale per i minorenni per l'ipotesi di procedimenti 
contro minori e maggiori coimputati dello stesso reato, non ricorre 
quando il reato commesso dal minore -come nel caso sottoposto 
al giudizio del tribunale -sia distinto e diverso da quello compiuto 
dal maggiore degli anni 18, anche se fra tali reati sussista connessione. 
Non v'� sostanziale differenza tra questa seconda ipotesi e quella relativa 
ad un minore che commetta da solo un reato; in entrambi i casi 
l'azione del minore ha un'autonomia tutta propria sicch� si giustifica 
l'identit� della loro disciplina. 

La sussistenza del denunciato contrasto con l'art. 3 Cost. della 
norma impugnata -nella parte in cui non limita la competenza del 
giudice ordinario al caso di procedimenti nei quali minori e maggiori 
degli anni 18 siano coimputati dello stesso reato -dispensa la Corte 
dall'esame dell'altro motivo di incostituzionaHt� prospettato in riferimento 
all'art. 25 della Costituzione. 

4. -Il tribunale di Venezia ha invece emesso la propria ordinanza 
in un procedimento penale instaurato a carico di tre minori degli 
anni 18 ed un maggiore di tale et�, tutti imputati di concorso nello 
stesso reato di furto aggravato continuato, ed ha ritenuto che la norma 
impugnata sia in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzion
�e in quanto al� concetto di diritto di difesa non sarebbe estranea 
la struttura particolare dell'organo giudicante. 
La questione non � fondata. 

� invero di tutta evidenza che non pu� essere lamentata la lesione 
del diritto di difesa quando viene garantita l'effettiva possibilit� di 
tutela delle proprie ragioni. La deroga alla competenza del tribunale 
per i minorenni, disposta con la norma impugnata, non preclude, n� 
limita in alcun modo il diritto di farsi assistere dal difensore nel procedimento 
dinanzi al giudke comune. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 199 -Pres. Chiarelli 
-Rei. Mortati -Adamo ed altri (n.c.). 

Sicurezza pubblica -Diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cast., art. 21; c.p., art. 656). 

Sicurezza pubblica -Diffusione di scritti e disegni contrari agli ordinamenti 
costituiti -Illegittimit� costituzionale. 
(Cast., art. 21; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 112). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 85 

Stampa -Obbligo per lo stampatore di consegnare copia delle pubbli


cazioni -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 21, 42, 53; I. 2 febbraio 1939, n. 374, artt. 1, 8). 

Non � fondata, con riferimento alla l~bert� di manifestazione del 
pensie1�0, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 656 c.p., incriminatore 
della diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose (1). 

� fondata, con ,1-iferimento alla libert� di manifestazione� del pensiern, 
la questione di legittimit� costituzionale delL'art. 112 v.u. legge 
di P. S. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) nella parte relativa al divieto di 
pubbLicazioni contrarie agli ordinamenti dello Stato o al prestigio delle 
autal'it� e lesive del sentimento nazionale (2). 

� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzio


nale degli artt. 1 e 8 deUa legge 2 febbraio 1~39, n. 374, sull'obbiigo 

deilo stampatore di consegnare un prescritto numero di esemplari deila 

pubblicazione (3). 

(Omissis). --1. -Le dieci ordinanze sottopongono questioni in 

parte analoghe ed in parte connesse sicch� si rende opportuna la foro 

riunione per la decisione con unka sentenza. 

Un primo gruppo di sette ordinanze solleva la questione di legit


timit� costituzionale dell'art. 656 c.p., nella considerazione che, confi


gurando esso quale reato la pubblicazione o diffusione di notizie false, 

esagerate o tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico, viene a porsi 

in contrasto con l'art. 21 della Costituzione, che alla manifestazione 

(1) Irn dottrilila, a commento di alcune delle oo-di.inanze di rinvio, v. nota 
in Giur. it., 1970, II, 527. 
Sulla precedelllte sentenZJa della Corte 16 mM"zo 1962, n. 19: BARILE, La 
libert� di espressione del pensiero e le notizie false, esagerate e tendenziose, 
in Foro it., 1962, I, 855; CAPACCIOLI, Brevi cenni sulla nozione di ordine 
pubblico nelt'art. 656, ilil Dir. e proc. pen., 1962, 797; ESPOSITO, La libert� 
di manifestazione del pensiero e l'ordine pubblico, !�!n Giur. cost., 196�2, 191. 

In generale, sulla ,tutela deMa iliibert� di pensiero �ilil rnippovto aM'ocdine 
pulbblico: ZuccAL�, Personalit� dello Stato, ordine pubblico e tutela della 
libert� di pensiero, in Dir. proc. penale, 1966, 1150 e MASANTE, In tema 
di pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, in 
Giur. it., 1970, II,� 151. 

(2) L'art. 112 del t. u. delle leggi di IPUbblica skurezza era stato gi� 
dJichia:raito viziato da illegiittimit� costituzionale, nella parte relativa ali1a 
propaganda di mezzi aintiiconc,eziooali, con sentenza 16 marzo 1971, n. 49 
(in q1UJesta Rassegna, 1971, I, 1, 520). .,,,., 
La sentenza 6 iLuglio 1966, n. 87, cui la Corte si :richiama per la illegittimit� 
della ciTcolazione di scritti offensivi del sentimento nazionale, � 
pubblicata ilil Giur. cast., 1966, 1090 con nota cir.ttica, imche sUJl punto della 
prop.aganda aintiin!azionale, di VASSALLI, Propaganda sovversiva e sentimento 
nazionale. 



86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del pensiero non pone altri limiti che non siano quelli del buon co


stume e della protezione dalla violenza. 

La sentenza n. 19 del 1962 che le ordinanze richiamano ha rigettato 
le censure di illegittimit� costituzionale sollevate in ordine all'art. 
656 c.p., in quanto ha ritenuto che la tutela costituzionale dei 
diritti, come quello cui ha riguardo l'art. 21, ha sempre un limite non 
derogabile nell'esigenza che attraver.so il loro esercizio non vengano 
sacrificati beni anch'essi voluti garantire dalla Costituzione, e che tale 
deve ritenersi non solo la tutela del buon costume, cui l'articolo stesso 
fa espresso riferimento, ma anche il mantenimento dell'ordine pubblico, 
che � da intendere come ordine legale su cui poggia la convivenza 
sociale. Ora non sell}bra contestabHe che anche la diffusione di 
notizie comunque consapevolmente inventate o alterate, cosi da non 
corrispondere alla realt� effettuale, deve ritenersi suscettibile di compromettere 
l'ordine che si vuole proteggere, allorch�, in considerazione 
del contenuto delle medesime o delle civcostanze di tempo e di luogo 
della diffusione stessa, risultino idonee a determinare un turbamento 
consistente nell'insorgenza di un completo ed effettivo stato di. minaccia 
dell'ordine stesso. 

La Corte ritiene che non sussistono motivi per discostarsi dalla 
precedente pronuncia, che pertanto deve essere �confevmata in ogni 
sua parte. Spetta poi al giudice di merito valutare in concreto la sussistenza 
dei requisiti prima specificati necessari alla perseguibilit� del 
reato di cui all'art. 656. 

2. -Fondata deve invece ritenersi la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 112 t.u. leggi di p.s. n. 773 del 1931, nella parte' 
in cui fa divieto di mettere in circolazione scritti, disegni, immagini 
contrari agli ordinamenti costituiti dello Stato, o lesivi del prestigio 
dello Stato o dell'autorit�, o offensivi del sentimento nazionale. Tale 
disposizione, pur se privata della sanzione del sequestro degli oggetti 
colpiti dal divieto, quale era previsto dall'ultimo suo comma, in virt� 
del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 561, � tuttavia protetta dalla disposizione 
generale dell'art. 17 dello stesso testo unico, che commina pene per 
ogni contravvenzione alle sue disposizioni. 
L'affermato contrasto con l'art. 21 della Costituzione appare paiese 
quando si consideri che l'art. 112 conferisce un potere assolutamente 
discrezionale di vietare svariate manifestazioni del pensiero, 
sempre �che queste non configurino fattispecie previste dalle leggi penali, 
per le quali, quando ricorressero, sarebbe sufficiente a reprimerle 

(3) La IP'l'ecedente s.entenza 8 luglio 1957, n. 115, cui la Corte si richiama 
� pubblicata in Giur. cast., 1957, 1053. 
La que.stione era stata ritenuta manifestamente infondata da Cass., 
Sez. III, 15 febbraio 1968, Saccone in Giust. pen., 1969, II, 52. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

la denunzia all'autorit� giudiziaria. La semplice e generica contrariet� 
agli ordinamenti costituiti non pu� essere titolo sufficiente a giustificare 
il divieto in uno Stato democratico, che non �solo consente la critica 
alle istituzioni vigenti, ma anzi da essa trae alimento per assicurare, 
in una libera dialettica delle idee, l'adeguamento delle medesime 
ai mutamenti intervenuti nella coscienza sociale. Analogamente devono 
farsi rientrare nella stessa facolt� di critica le manifes.tazioni 
suscettibili di offendere il prestigio delle pubbliche autorit�, fino a 
quando non varchino la soglia, oltre la quale ricadono nel vilipendio. 

Nei riguardi poi dell'offesa al sentimento nazionale � da rilevare 
che, se deve ritenersi affet.ta da incostituzionalit� la pena per la propaganda 
lesiva del sentimento stesso, qual era disposta dall'art. 272 c.p., 
secondo quanto ha ritenuto la Corte con J.a sentenza n. 87 del 1966, 
con pi� forti ragioni la censura di illegittimit� deve colpire la parte 
della disposizione in esame che vieta comportamenti meno gravi di 
quelli in cui si sostanzia la propaganda. 

3. -Passando infine ad un altro gruppo di ordinanze che denunciano 
gli artt. 1 e 8 della legge 2 febbraio 1939, n. 374, in quanto, 
obbligando ogni stampatore a consegnare un certo numero di esemplari 
delle pubblicazioni da lui effettuate, sarebbero in contrasto o 
solo con l'art. 21 o anche con gli artt. 42 e 53 Cost., se ne deve dichiarare 
la manifesta infondatezza. Infatti, in ordine alla dedotta violazione 
dell'art. 21, � da ricordare che gi� la Corte, con la sentenza 
n. 115 del 1957, ha dichiarato l'infondatezza della questione in un 
caso assimilabile a quello della consegna delle copie, riguardante le 
affissioni murali di scritti in copia unica per i quali la consegna � 
sostituita dal previo avviso all'autorit� di pubblica sicurezza. � ora 
da confermare che anche l'obbligo della consegna, non inducendo nessun 
potere di autorizzazione o di censura da parte dell'autorit� stessa, 
in nessun �modo contras.ta con l'art. 21. 
A diversa conclusione non pu� giungersi anche in presenza delle 
nuove prospettazioni che della questione �danno il pretore di Recanati 
e quello -di Ronciglione. Infatti non pu� ritenersi ostacolo apprezzabile 
alla diffusione del pensiero la consegna di un esiguo numero di stampati 
(tenuto anche conto delle esenzioni dall'obbligo considerate nell'art. 
7), e tanto meno essa pu� venir�si ad equiparare al sequestro, 
poich� tale provvedimento, vietato dall'art. 21, riguarda il complesso 
della tiratura di ogni pubblicazione, mentre nella specie, anche nel 
caso dell'esecuzione di ufficio prevista dall'art. 8, la sottrazione coattiva 
alla disponibilit� dello stampatore rimane limitata alle copie a"i 
obbligo. Analoghe considerazioni sono da invocare per contestare la 
fondatezza dell'allegata violazione dell'art. 42. Un'ipotesi di espropriazione 
senza indennizzo potrebbe, se mai, riscontrarsi nel �caso, che non 


88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricorre nella specie, di pubblicazioni di costo elevato (per le quali 
peraltro il cit. art. 7 prevede la dispensa); ma, ove essa si verifichi, 
l'interessato potr� trovare sufficienti garanzie del proprio diritto attraverso 
l'esperimento dei comuni rimedi contro l'attivit� discrezionale 
della pubblica Amministrazione. 

Ad eguale conclusione di infondatezza deve giungersi con riferimento 
alla denuncia di violazione dell'art. 53, poich�, a parte l'inesattezza 
di quanto si afferma circa la ratio della disposizione in esame, 
� da negare che l'obbligo di cui si tratta possa incidere sulla capacit� 
contributiva. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 201 -Pres. Mortati 
-Rel. Trimarchi -Papis (avv. Bussi) c. INPS (avv. Rizzuti). 

Previdenza e assistenza -Pensioni dell'assicurazione obbligatoria -
Riversibilit� solo a favore del marito invalido -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 29, 37, 38; r.d. I. 14 aprile 1939, n. 636 e succ. mod., art. 13). 

Non � fondata, con 1�iferimento ai principt di eguaglianza fra i 
coniugi e di assistenza, la questione di legittimit� costituzio'YULlf! dell'art. 
13 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 (modificazioni delle disposizioni 
sulle wssi-curazioni obbligatorie per l'invalidit� e la �vecchiaia, per la 
tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), conve1�tito in legge 
con legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito con l'art. 2 della legge 
4 aprile 1952, n. 218 (riorclinamento deLle pensioni dell'assicurazione 
obbligatoria per l�'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), e con l'art. 22 
della legge 21 luglio 1965, n. 903 (avviamento alla riforma e miglioramento 
dei trattamenti di pensione della previdenza sociale), nella 
parte in cui, nell'ambito della disciplina delle pensioni dell'Msicurazione 
obbligat01ia per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti, dispone 
che, se viene a morte un pensio'YULto o assicurato e se superstite � il 
marito, la pensione di riversibilit� � a questo corrisposta, nel caso in 
cui esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma 
dell'art. 10 del detto r.d.l. n. 636 del 1939 (1). 

(Omissis). -La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 13 
del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 '(modificazioni delle disposizioni sulle 
assicurazioni obbligatorie per l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi 
e per la disoccupazione involontaria), convertito in legge con 

(1) La Clotrte ha fatto aipplica2lione dei medesimi principi gi� enunciati 
nella precedente sentenza 6 .Iuglio 1972, n. 119, in questa Rassegna, 
1972, I, 1, 954. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 89 

legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito con l'art. 2 della legge 4 aprile 
1952, n. 218 (riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria 
per l'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), e con l'art. 22 della 
legge 21 luglio 1965, n. 903 (avviamento alla riforma e miglioramento 
dei trattamenti di pensione della previdenza sociale), nella parte in 
cui, nell'ambito della disciplina delle pensioni d�ll'assicurazione obbligatoria 
per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti, dispone che, se 
viene a morte un pensionato o assicurato e se superstite � il marito, 
la pensione di riversibilit� � a questo corrisposta, nel caso in cui esso 
sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del .primo comma dell'art. 10 
del detto r.d.l. n. 636 del 1939. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 202 -Pres. Mortati 
-Rel. Trimarchi -Ravenna (n.c.). 

Pensioni -Pensioni degli Istituti di Previdenza -Riversibilit� a favore 
del marito -Condizione della convivenza a carico -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; 1. 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 3 deLla Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 6, terzo comma, della 
legge 22 novembre 1962, n. 1646, nella parte in cui dispone che la 
pensione di riversibilit� spetti al marito della dipendente iscritta presso 
gli Istiituti di previdenza, quando risulti �che questi, alla data di morte 
della moglie, fosse a di lei carico (1). 

(Omissis). -1. -Secondo la Corte dei conti, che ha sollevato la 
questione con l'ordinanza indicata in epigrafe, sarebbe in contrasto 
con l'art. 3 della Costituzione, l'art. 6, comma terzo, ultima parte, 
della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti 
degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), che �per 
il conferimento della pensione di riversibilit� al vedovo di ex amministrata 
dagli Istituti di previdenza, pone, fra l'altro, la condizione 
dell'a carico della dante causa, all'epoca della morte di quest'ultima�. 

2. -La questione non � fondata. 
In effetti, dalle norme relative al trattamento pensionistico del 
coniuge superstite di un amministrato dai detti Istituti di previdenza, 
risulta che codesto trattamento � differente a seconda che si tratti di 

(1) La Corte ha applicato gli stessi principi enunciati neHa sentenza 
6 foglio 1972, n. 119, in questa Rassegna, 1972, I, 1, 954. 

90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vedovo o di vedova. Come ha esattamente osservato la Corte dei conti, 
per la vedova, dagli artt. 37 e 38 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, e 
dalle successive disposizioni intervenute in merito, non � richiesta, 
perch� essa possa conseguire il ripetuto trattamento, la condizione 
che, alla data della morte del marito, risulti a suo carico; e la norma 
denunciata, invece, dispone espressamente, che al vedovo spetti la pensione 
indiretta e di riversibilit� solo se esso risulti ess,ere stato, alla 
data di morte della moglie, a di lei carico. 

Ma ci� evidentemente non basta perch� la norma de qua possa 
dirsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Non si ha, infatti, 
una disciplina differente di situazioni eguali o ritenute tali, in modo 
razionale, dal legislatore. E quindi non si pu� dedurre che il differenziato 
trattamento del coniuge superstite, nell'ipotesi in esame, sia da 
ricollegare unicamente alla distinzione di sesso. 

Va al riguardo considerato quel che questa Corte ha gi� avuto 
occasione e modo di rilevare con la sentenza n. 119 del corrente anno, 
e cio� che, nonostante l'esistenza di� un'ampia e articolata normativa 
(soprattutto costituzionale) ,diretta a rendere possibile e realizzare la 
eguaglianza, morale e giur1dica dei cittadini, senza distinzione di sesso, 
� avvertita nella realt� sociale la minore probabilit� che sia il marito 
anzich� la moglie a dipendere economicamente dal coniuge. 

Non pu� perci� ritenersi che il legislatore, nel dettare le disposizioni 
sopra richiamate, si sia trovato a dover �iisciplinare un'unica 
situazione di fatto e di diritto o situazioni suscettibili d'essere considerate 
eguali o equivalenti. 

E appare del tutto razionale che l'accertamento in concreto dello 
stato di bisogno sia richiesto solo per il vedovo e non anche per 
la vedova. 

La norma in esame, di conseguenza, trova nella notata peculiarit� 
la sua logica ragione di essere. --(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 203 -Pres. Mortati 
-Rel. Trimarchi -Genoese (n.c.). 

Pensioni -Pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato -Perdita 

per dimissioni -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 36; r.d. 22 aprile 1909, n. 229, mod. da art. 1 d.1.1. 8 giugno 1945, 

n. 915, art. 16, lett. a). 
� fondata, con riferimento all'art. 36 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'm�t. 16, comma primo, lettera a), 
del testo unico per le pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

91 

(r.d. 22 apriie 1909, n. 229, modificato dal d.l.l. 8 giugno 1945, n. 915) 
nella parte in cui esclude dal dh'itto alla pensione gli impiegati il cui 
rnpporto sia cessato pe1� dimissioni, anche di ufficio (1). 
II 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 204 -Pres. Mortati 
-Rel. Trimarchi -Bolletta ed altri (n.c.). 

Pensioni -Dipendenti Enti locali -Assegni vitalizi -Limitazione alla 

concessione -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 36; I. 13 marzo 1950, n. 120, art. 11, primo comma). 

� fondata, con riferimento all'art. 36 della Costituzione, la questione 
di legittimitd costituzionale dell'art. 11, comma primo, deLla 
legge 13 marzo 1950, n. 120 (2). 

(Omissis). -Nella parte in cui subordina la concessione di diritto 
degli assegni vitalizi al personale alla condizione che il collocamento 
a riposo abbia luogo per motivi indipendenti dalla sua volont�, e di 
detto comma nonch� del terzo comma dello stesso articolo nella parte 
in cui le relative norme negano all'iscritto la concessione dell'assegno 
e ai suoi congiunti la riversibilit� quando ai detti aventi diritto, per 
titolo differente, spetti una pensione propria. -(Omissis). 

(1-2) Sru:lla iJlegitti.mit� delle norme che escludono il diritto a pensione 
in alcune iPotesi di cessazione del rapporto: Corte cost., 13 g,ernnaio 1966, 

n. 3 in Giur. cost., 1966, 45; 3 lug.lio 1967, n. 78 in Giur. cost., 1967, 984 e 
19 :Luglio 19'68, n. 112 in Giur. cost., 1968, 1751. 
L'm.egittimit� del divieto' di cumulo di pi� ,trattamenti ipeo:llsiooristici 
per contrasto con l'art. 36 deUa Costituzione � la logica'conseguenza della 
natura di retribuzione differita riconosciuta ai trattamenti economici successivi 
alla cessazione del vapporto. 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 205 ~ Pres. Mortati 
-Ret Bonifacio -Tambellini (n.c.) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Responsabilit� civile -Scontro tra veicoli -Presunzione di colpa -Li


mitazione al solo conducente il veicolo non danneggiato -Ille


gittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; e.e., art. 2054, secondo comma). 

� fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimitd costituzionale dell'art. 2054, secondo comma, e.e., 



92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

limitatamente alla parte in cui, nel caso di scontro fra veicoli, esclude 
che la presunzione di egual concorso dei conducenti operi anche se 
uno dei veicoli non abbia riportato danni (1). 

(Omissis). -2. -Il secondo comma dell'art. 2054 e.e. stabilisce 
che nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a P.rova contraria, 
che ciascuno dei conducenti abbia egualmente concorso a produrre il 
danno subito dai singoli veicoli. Secondo la costante giurisprudenza 
della Corte di cassazione, la disposizione viene intesa nel senso che 
la presunzione di eguale �concorso o.pera solo se entrambi i veicoli 
coinvolti nella collisione abbiano riportato danni, e non anche se uno 
di essi sia rimasto indenne: a causa della cos� delineata sfera di appUcazione 
del secondo comma, quest'ultimo caso deve trovare altrove 
la sua disciplina, precisamente nel disposto del primo comma dello 
stesso articolo, con la �conseguente presunzione a carico del solo conducente 
del .._veicolo non danneggiato. 

Sul presupposto di siffatta interpretazione -intorno alla validit� 
della quale, stante il consolidato ed univoco indirizzo giurisprudenziale 
cui si � fatto cenno, non � opportuno indugiare -questa Corte 
� chiamata a decidere se la diversit� di regime giuridico concernente 
lo scontro, secondo che ne siano derivati danni reciproci o unilaterali, 
dia luogo, in violazione dell'art. 3 Cost., ad una illegittima disparit� 
di trattamehto. 

3. -La questione � fondata. 
Vero � che le due situazioni che qui vanno raffrontate -scontro 
con danni reciproci, scontro con danni unilaterali -presentano fra 
loro una qualche diversit�, ma d�, tuttavia, non � di per s� sufficiente 
a far concludere che legittimamente esse siano state sottoposte a discipline 
differenziate. Conformemente ai principi affermati da questa 
Corte nella giurisprudenza concernente l'art. 3 Cost., occorre infatti 
verificare se il legislatore, dando rilievo all'elemento di diversificazione 
(danni reciproci o danni unilaterali) piuttosto che all'elemento 
comune alle due fattispecie (scontro tra veicoli), non abbia arbitrariamente 
considerato diverse due ipotesi che, almeno ai fini che qui 
interessano, avrebbero dovuto esser valutate come eguali. 

(1) A commento di una delle or:wnanze di rinvio: LAPICIRELLA, Scontro 
di veicoli con danni unilaterali e presunzione di colpa, in Riv. giur. circ. e 
trasp., rnn, 416. 
In giurisprudenza, in senso difforme dal consolidato indirizzo della Corte 
di Cassazicm.e: Caiss., 20 :llebbraio 1951, n. 429, in Resp. civ. e prev., 1951, 
231; Tl'l1bunale Milano, 25 febbvaio 1954, in Foro it., 1954, I, 1668 e Tribunale 
Genova, 26 dicembve 1955, I, 1144. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

In quest'ordine di idee occorre porre in rilievo che la .presunzione 
di un egual concorso nello scontro, posta a carico dei conducenti dal 
secondo comma dell'art. 2054 e.e., � del tutto svincolata dalla proporzione 
dei danni derivati ai singoli veicoli: la maggiore o minore entit� 
di tali danni gioca, � ovvio, sul quantum dovuto dall'uno all'altro 
soggetto, ma nessuna influenza spiega sulla determinazione della quota 
della loro corresponsabilit�, che per tutti � presunta eguale. Ci� significa 
che, �conformemente ad intuitive esigenze di razionalit�, le conseguenze 
della collisione alla quale i conducenti hanno materialmente 
concorso non sono assunte ad indice della loro (maggiore o minore) 
responsabilit� nell'aver provocato lo scontro, ed � perci� arbitrario ed 
ir~agionevole che tale funzione esse assumano quando non entrambi i 
veicoli siano stati danneggiati. Nel vigente regime dello scontro con 
danni unilaterali la responsabilit� presunta del solo conducente del 
veic0lo non danneggiato vien fatta discendere da un elemento accidentale 
e casuale, da una circostanza, cio�, che � razionalmente inidonea 
a far presumere, in mancanza di prova contraria, che nel determinare 
la collisione non abbia concorso anche la colpa del conducente del 
veicolo danneggiato. La conseguente disparit� di trattamep.to risulta 
di tutta evidenza ove si consideri che la operativit� della presunzione 
di egual concorso, collegata ad un fatto esterno rispetto all'azione dei 
soggetti, � affidata al mero caso: al limite, l'assenza di danno o la 
presenza di un danno di minima entit� determina l'applicazione di 
regole giuridiche profondamente diverse. 

In definitiva si deve concludere che, quanto alla responsabilit�, 
dei conducenti, la fattispecie � scontro � � sostanzialmente identica 
quali che siano le conseguenze dannose che ne son derivate e non 
pu� pel'ci� non essere assoggettata ad una disciplina unitaria: la differenza 
di regime, dipendente da mera accidentalit�, inevitabilmente 
comporta una disparit� di trattamento di situazioni sostanzialmente 
eguali e, di conseguenza, la violazione dell'art. 3 della Costituzione. 

4. -Per le considerazioni esposte, il secondo comma dell'art. 2054 
e.e. deve essere dichiarato illegittimo nella parte in cui esclude che, 
in mari.canza di prova contraria, la presunzione di egual concorso dei 
conducenti valga anche nell'ipotesi in cui uno dei veicoli coinvolti 
nello scontro non abbia subito danni. 
Con questa statuizione � esaurito l'intero thema decidendum. La 
questione proposta dal pretore di Luc�ca ha investito invero anche il 
primo comma dello stesso articolo, ma tale denuncia � stata formulata 
sul presupposto che all'ipotesi di scontro con danni unilaterali non 
fosse applicabile, de iure condito, il secondo comma: presupposto che 
ovviamente vien meno a seguito della dichiarazione di parziale illegittimit� 
di quest'ultimo. -(Omissis). 


94 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. �210 -Pres. e Rel. 
Chiarelli -Ciolino (n.c.). 

Valle d'Aosta -Norme per la protezione della fiora spontanea -Sanzioni 

penali -Rinvio al Codice penale -Ille~ittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 5, 25; I. reg. 8 novembre 1956, n. 6, art. 12, c.p., art. 734). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza, di autonomia 
regionale ne/.l'unit� dello Stato e di irretroattivit� della legge 
penale, la questione di legittimit� costituzionale deU'art. 12 della legge 
regionale della Valle d'Aosta, che dichiara punibili a sensi deH'art. 734 

c.p. le contravvenzioni alle norme suUa protezione della "flora spontanea 
(1). 
(Omissis). -3. -La questione non � fondata. 

Questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare, per quanto riguarda 
il collegamento della competenza legislativa regionale con la 
potest� penale riservata allo Stato, che non � esatto che la norma penale 
statuale si debba riconnettere a norme legislative gi� entrate in 
vigore (sent. n. 142 del 1969). Il principio della riserva penale dello 
Stato non richiede che questo intervenga di volta in volta sulla produzione 
legislativa regionale per integrarla, ove occorra, con la disciplina 
penale; il che, oltre tutto, renderebbe inoperante la legge regionale 
fino all'emanazione della legge statale. Il principio, invece, � 
osservato quando la Regione, nel regolare una materia di sua competenza, 
rimanda alla preesistente disciplina penale statale ad essa 
applicabile. In tal m�do l'autonomia legislativa attribuita dalla Costituzione 
alle Regioni si armonizza. col principio dell'unit� dello Stato, 
nel suo aspetto di unit� dell'ordinamento penale, e col principio dell'eguaglianza 
dei cittadini, ed � ottemperato il principio della irretroattivit� 
della legge penale, giacch� la legge regionale, nel richiamarsi 
alla norma statale, disponendo per il futuro non attribuisce a 
questa alcuna efficacia retroattiva. 

N� gli accennati principi escludono che la legge regionale possa richiamare 
una norma penale in bianco, la quale, com'� proprio della sua 
natura, sar� applicabile in quanto integrata nella sua parte precettiva. 

Sulla base di queste precisazioni, che dimostrano l'infondatezza 
delle premesse da cui muove l'ordinanza, va esaminata la questione 
se l'art. 12 impugnato, col richiamare le norme del codice penale, e 
implicitamente l'art. 734 di esso, abbia violato il principio della riserva 
statale in materia penale. 

(1) La sentenza 120 novembre 1969, n. 142 cui la Corte si ['ichiama � 
pubblicata in Giur. cost., 1969, 2190, con nota di PALADIN, Diritto penale e 
leggi regionali. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

4. -L'art. 734 c.p. rientra, come l'ordinanza afferma, nella categoria 
delle c.d. norme in bianco, non solo in quanto la sua applicazione 
richiede i,m atto dell'autorit� ,che abbia dichiarato la bellezza naturale 
di un luogo, ma in quanto il suo contenuto precettivo si integra con le 
disposizioni che stabiliscono la �speciale protezione� delle bellezze 
naturali. Il precetto in esso racchiuso colpisce pertanto l'opera di distruzione, 
o ,comunque di alterazione dello stato di un luogo, compiuta 
in violazione delle norme che assicurano tale protezione: in sostanza, 
in violazione della legislazione protettiva delle bellezze naturali. 
Nel caso in esame la Regione, con suo atto legislativo, ha dichiarato 
bene da tutelare, sottoponendolo a speciale protezione, la flora 
spontanea della Valle d'Aosta, �in quanto concorre a creare la bel~ 
lezza naturale dei luoghi e l'aspetto e, le caratteristiche naturali ed 
ambientali di particolari zone e localit� alpine � (art. 1). 

� fuori contestazione la competenza esclusiva della Regione in 
materia di �tutela del paesaggio�, ai sensi dell'art. 2, lett. q), dello 
Statuto. Ed � anche fuori dubbio che il campo della protezione delle 
bellezze naturali si estende alla vegetazione, com'� confermato dall'art. 
9, secondo comma, n. 1, Reg. 3 giugno 1940, n. 1357 (di applicazione 
della legge statale 29 giugno 1939, n. 1497), che del resto � 
aderente all'art. 812 e.e. 

Ma la tutela della vegetazione spontanea come bellezza naturale, 
e in particolare di quella aperta alla disponibilit� del pubblico, richiede 
che siano determinati i modi di protezione di essa. Vale a 
dire, richiede che, nello stabilirne la protezione, siano determinate le 
condizioni perch� ad essa sia conservato il carattere di elemento costitutivo 
della bellezza naturale, e, conseguentemente, richiede la individuazione 
dei fatti che, secondo le valutazioni della legge che ne 
stabilisce la speciale protezione, possono produrre l'alterazione o la 
distruzione di tale carattere. 

Pertanto, con lo stabilire la protezione della flora spontanea alpina 
e ,col vietare atti valutati come .produttivi di distruzione o alterazione 
del suo carattere di bellezza naturale, riportandosi alle sanzioni 
previste dal codice penale, la legge regionale non ha creato una nuova 
fattispecie di reato in aggiunta a quella prevista dall'art. 734, ma ha 
individuato una serie di comportamenti che in essa rientrano, specificando 
il contenuto precettivo della norma, in relazione a quella speciale 
protezione a cui essa stessa rinvia. 

N�, cosi operando, il legislatore regionale ha invaso il campo di 
apprezzamenti riservati al potere giurisdizionale, come lamenta l'ovdinanza, 
giacch� al potere giurisdizionale appartiene l'applicazione della 
norma completa nel suo contenuto. 

Pu� aggiungersi a questo proposito che la determinazione legislativa 
dei comportamenti che cadono sotto le sanzioni del codice penale, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

96 

in quanto contrastanti con la speciale protezione della bellezza naturale 
a cui l'art. 734 fa riferimento, assicura, con la sua efficacia generale, 
l'eguale applicazione della disciplina protettiva, nell'ambito del 
territorio regionale, sottraendola a valutazioni caso per ,caso, ed eventualmente 
fra loro difformi, della idoneit� dei singoli atti a costituire 
lesione della bellezza naturale protetta. 

Dall� esposte considerazioni deriva che la norma impugnata non 
viola il principio dell'esclusiva competenza dello Stato in materia penale, 
n� contraddice alle norme della Costituzione invocate nell'ordinanza 
a fondamento di tale principio. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 211 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Rocchetti -Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia 
(avv. Pacia, Varvesi, Benvenuti) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Friuli-Venezia Giulia -Giurisdizione della Corte dei conti -Estensione 

ai dipendenti re~ionali a componenti la Giunta regionale. 

(Cost., art. 103, secondo comma; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 53; r.d. 18 no


vembre 192;3, n. 2440, art. 83; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 20). 

Spetta alla P1�ocura Generale della Cortie ,dei conti promuovere 
l'azione di responsabilit� sia nei confronti dei dipendenti deUa Re'gione 
del Friuli-Venezia Giulia per i danni causati alla Regione' neWesercizio 
delle loro attribuzioni, sia nei confronti dei componenti la Giunta 
della stessa Regione per omissione della denuncia di taii danni (1). 

(Omissis). -1. -Il conflitto di attribuzione sollevato dalla Re


gione Friuli-Venezia Giulia � proposto in riferimento alla citazione 

(e successivi decreti di fissazione di udienza) intimata dal Procura


tore generale della Corte dei conti nei confronti d.i un autista dipen


dente della Regione per danni arrecati ad un'autovettura affidata alla 

sua guida, e nei confronti del Presidente della Giunta e degli asses


sori regionali che, con la deliberazione in data 6 agosto 1969, n. 2861, 

avrebbero impedito che la denunzia del danno venisse sporta da chi 

di dovere allo stesso Procuratore generale, e sarebbero perci� a tal 

titolo responsabili. 

Tale deliberazione disponeva infatti che non dovessero essere pre


sentate a quel Procuratore generale, che le sollecitava, denuncie per 

(1) Le sentenze 26 giugno 1970, n. 110 e 5 aprile 1971, n. 68 sono pubblicate 
in Giur. cost., 1970, 1203 e 1971, 627 con note dii richiami. 
In dottrina: CAPOTosrx, Giurisdizione della Corte dei Conti e autonomia 
regionale; in Giur. it., 1971, IV, 163. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 97 

danni procurati da autisti dipendenti dalla Regione per effetto della 
circolazione dei veicoli, perch� doveva ritenersi in materia competente 
l'autorit� giudiziaria 011dinaria, avanti la quale la Giunta regionale si 
riservava, dopo l'esame del caso, di decidere in merito alla proposizione 
dell'azione. Trattavasi quindi di una deliberazione di massima 
che la Giunta aveva creduto di adottare per segnare la condotta da 
tenersi in materia dai dipendenti uffici e che si ispirava ai principi 
allora ammessi, e ritenuti anche da questa Corte nella sentenza n. 17 
del 1965, circa la necessit� che, per sottoporre settori, prima non compresi, 
alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilit� 
pubblica, occorressero apposite norme legislative da emanarsi in ottemperanza 
all'art. 103, comma secondo, della Costituzione, ma non 
emanate. 

Quella deliberazione venne poi revocata con altra in data 3 maggio 
1971, n. 1611, dopo che la Corte di cassazione prima e questa stessa 
Corte poi (sentenza n. 110 del 1970), andarono in contrario avviso, ritenendo 
l'immediata precettivit� in materia del richiamato art. 103. 

Ci� precisato, devesi, prima di affrontare l'esame del merito, risolvere 
un duplice ordine di questioni: quelle attinenti alle eccezioni 
di inammissibilit� del ricorso, proposte dall'Avvocatura dello Stato, e 
quelle di legittimit� costituzionale, prospettate dalla Regione. 

2. -Sostiene l'Avvocatura che il ricorso sarebbe �inammissibile 
perch� diretto contro a~ti di natura giurisdizionale dello Stato, relativamente 
ai quali n� la Regione ha titolo a una vindicatio potestatis, 
n� essa, come Ente fornito di autonomia e svincolato dalle persone 
fisiche dei suoi organi rappresentativi, ha titolo a lamentare una lesione 
della sua competenza�. 
Ma la duplice eccezione proposta non ha fondamento. Nulla vieta 
che un conflitto di attribuzioni possa trarre origine da un atto giurisdizionale, 
se ed in quanto, come � nel caso, si deduca derivarne una 
invasione della competenza costituzionale garantita alla Regione (sentenza 
n. 110 del 1970). N� occorre che, .per dar luogo a un confHtto 
di attribuzione, vi sia una contestazione ,sull'appartenenza di un medesimo 
potere, essendo sufficiente che dall'illegittimo esercizio del potere 
altrui consegua la menomazione di una ,sfera di attribuzioni costituzionalmente 
assegnate all'altro soggetto (<stessa sentenza). 

Come pure � certo che un attentato ai poteri spettanti ai rappre


sentanti di un Ente fornito di autonomia costituzionalmente protetta 

non pu�, in tesi, non offender.e l'autonomia dell'Ente. 

Deduce ancora l'Avvocatura che, nel caso, mancherebbe l'attualit� 
di una lesione, in quanto si � in presenza soltanto di un atto introduttivo 
di un giudizio che potrebbe, in tesi, determinare la lesione 
che la Regione lamenta, solo se e quando le domande contenute nell'atto 
venissero accolte. 


98 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma la Corte, poich� non vengono dedotte nuove e convincenti ragioni 
contrarie, non ritiene vi sia motivo per rivedere sul punto la 
propria giurisprudenza, secondo la quale qualsiasi atto, anche preparatorio, 
pu� dar luogo a conflitto purch� sia idoneo ad affermare una 
competenza ed a negare, o menomare, l'altrui (sent. n. 171 del 1971). 
Ta:rito pi� che, nel caso, la Regione, oltre che la competenza della 
Corte dei conti, contesta soprattutto il potere, ed impugna l'atto, del 
suo Procuratore generale volto a promuovere d'ufficio l'instaurazione 
di un'azione giudiziaria, in merito alla cui proposizione� essa rivendica 
l'esercizio di una sua autonoma facolt� di decidere. 

Pertanto nessuna delle proposte eccezioni di inammissibilit� ha 
fondamento e pu� essere accolta. 

3. -La Regione solleva due gruppi di questioni di legittimit� costituzionale 
che vanno qui distintamente esaminate ai fini di accertarne, 
con la rilevanza, che non � dubbia, la non� manifesta infondatezza. 
Col primo gruppo si denunciano gli articoli: 

a) 53 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, �Contenente il testo unico 
sulla Corte dei conti (emanato in virt� della delega di cui all'art. 35 
della legge 3 aprile 1933, n. 255); 

b) 83 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, contenente norme 
sull'amministrazione del patrimonio e la contabilit� generale dello 
Stato (emanato in virt� della delega contenuta nella legge 3 dicembre 
1922, n. 1601); 

e) 20 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, contenente il testo unico 
delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati dello Stato 
(emanato in virt� della delega contenuta nemart. 4 della legge 20 dicembre 
1954, n. 1181); 
i quali sarebbero illegittimi nella parte in cui dispongono la responsabilit� 
per omessa denunzia da parte dei direttori generali, capi servizio 
e, in determinati casi, dei singoli ministri, relativamente a danni 
da altri arrecati allo Stato. Le citate norme non sarebbero illegittime 
di per s�, ma in quanto se ne faccia applicazione estensiva a soggetti 
non contemplati in quelle norme, quali appunto, nel caso, i direttori 
generali, i capi servizi e gli assessori delle Regioni. In tal caso quelle 
stesse norme, applicate in via interpretativa, poich� contengono sanzioni 
di natura disciplinare e di contenuto patrimoniale, violerebbero 
gli artt. 23 e 25 della Costituzione, i quali dispongono che tali sanzioni 
possano essere imposte soltanto con legge. 

La questione � manifestamente infondata, perch� l'art. 25 (commi 
secondo e terzo), riguardando unicamente la materia penale, non ha 
attinenza con l'argomento di causa; mentre non pu� parlarsi, a proposito 
dell'art. 23, di una violazione della riserva di legge in esso contenuta 
solo perch�, utilizzando legittimamente lo strumento della in




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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 99 

terpretazione, si estendono le ipotesi di cui alle norme impugnate ad 
altre prima non previste, in quanto non prevedibili, ma identiche nei 
presupposti. 

Col secondo gruppo di questioni, la Regione denuncia poi altri 
articoli dei gi� citati provvedimenti legislativi, e cio� 44 e seguenti 
del r.d. n. 1214 del 1934, 82 e 83 del r.d. n. 2440 del 1923, 18 e 19 
del d.P.R. n. 3 del 1957 e denuncia altresl gli artt. 43 e seguenti del 

r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, contenente il Regolamento per la procedura 
innanzi alla Corte dei conti, sul cui valore di atto avente o no 
forza di legge non � qui il caso di indugiare. 
Queste norme sono denunziate in riferimento agli artt. 5, 24, 25, 
33, 42, 97, 102 e 103 della Costituzi-One, ma limitatamente a quanto 
attiene alla l�ro applicazione nei confronti della Regione Friuli-Venezia 
Giulia. 

Con tale ampfo raggio di impugnative, la Regione sostanzialmente 

sostiene che essa ed i suoi amministratori e i suoi dipendenti, non sono 

assoggettabili alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di re


sponsabilit� amministrativa, n�, tanto meno, essa � tenuta a sottostare 

all'iniziativa del Procuratore generale di detta Corte nella proposizione 

delle relative azioni, perch� tutto il sistema predisposto per lo Stato e 

altri enti pubblici non si attaglierebbe a essa Regione in quanto lesive 

della sua autonomia. 

Anche tale questione � manifestamente infondata, essendo gi� stata 

ampiamente esaminata dalla Corte, e risolta nel senso della non fon


datezza, nella sentenza n. 110 del 1970 quanto all'ambito di applica


zione della norma dell'art. 1-03, comma secondo, della Costituzione; ed 

essendo gi� stata ritenuta la competenza della Corte dei conti, in ma


teria di contabilit� pubblica, anche nei confronti delle Regioni, a Sta


tuto ovdinario che a Statuto speciale, e senza che occorrano particolari 

norme legislative di applicazione. 

Essendo superfluo ripetere le ragioni esposte nella sentenza ri


chiamata, qui conviene soltanto aggiungere qualche parola sul nuovo 

rilievo proposto, e cio� che, ammessa pure la competenza in materia 

della Corte dei conti, non dovrebbe per� riconoscersi il potere del suo 

Procuratore generale ad agire d'ufficio nei confronti della Regione, cui 

spetterebbe autonomia di decisione nella proposizione delle azioni. 

Ma nemmeno entro questi pi� ristretti limiti la questione pu� non 
essere ritenuta manifestamente infondata, essendo ovvio che l'art. 103, 
comma secondo, della Costituzione, allorch� ha riconfermata, e, secondo 
si ritiene da molti, anche ampliata, la giurisdizione della Corte 
dei conti in materia di contabilit� pubblica, ha richiamato tutto l'istituto 
cosi come esso era ed � regolato dalle norme relative, e nel quadro 
delle quali l'iniziativa del Procuratore generale si colloca come ovviamente 
necessaria per evitare lassismi e contrasti di posizioni e di in



100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

teressi: relativamente ai quali, anche sul piano .giuridico, ricorrerebbero 
notevoli difficolt� per una diversa regolamentazione. 

4. -Venendo in.fine all'esame del merito, deve osservarsi che, pur 
ritenendosi ,corretto il comportamento della Giunta regionale riguardo 
all'adozione della deliberazione n. 2861 del 1969, che ora viene assunta 
come fonte di responsabilit� per i componenti della stessa, non pu� 
accogliersi il ricorso della Regione, in quanto nell'azione del Procuratore 
.generale della Corte dei conti non si rinviene alcun aspetto di 
illegittimit�, dovendosi riconoscere che egli ha agito nell'ambito dei 
poteri a lui segnati dalle J.eg.gi e nell'esercizio degli stessi. Mentre � 
ovvio che solo da un atto illegittimo pu� derivare una invasione di 
competenza. 
Se l'azione da lui proposta � o no fondata, dir� la Corte adita, la 
cui competenza a decidere in proposito, per quanto si � detto, non pu� 
essere posta in dubbio. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 213 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Benedetti -Puppo (avv. Balzano), Cassa Previdenza 
marinara (avv. Belloni) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Pensioni -Riordinamento della Previdenza marinara -Massimo della 
pensione per gli ufficiali naviganti -Numero degli anni eccessivo Illegittimit� 
costituzionale. 
(Cost., art. 3; I. 27 luglio 1967, n. 658, art. 67, primo comma). 

� fondata, con riferimento al princitpio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� cost~tuzionale deli'art. 67, p1-imo comma, della legge 
27 luglio 1967, n. 658 sul riordinamento della previdenza marinara, 
nella parte in cui -per il conseguimento del massimo deUa pensione 
-stabUisce un numero di anni di iscrizione alla gestione speciale 
non raggiungibile dagli ufficiali dello stato .maggiore� navigante 
dipendenti dalle societ� di navigazione di preminente interesse nazionale 
(1). 

(1) La Corrte ha ritenuto la norma in contrasto con iJ. prinaip.io di eguaglianza, 
perch�, a differ.enza del personaile amministrativo, il personale dello 
stato maggiore navig,ante, considerata J.'et� minima nel1a quale � cO!rl:segu~
bile il titolo dii studio necessallio per l'mgresso �IIl ca['riera, 111001 poteva 
mai perv;endre aJ. massimo della pen!!ione. 
Con la stessa sentenza la Corte ha dichiarato l'infondatezza delle altre 
questioni soHevate dal Tribunale di Genova con le due ordinanze 23 giugno 
1970 (Gazz. Uff., 10 febbraio 1971, n. 36 e 17 febbraio 1971, n. 42). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 101 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 214 -Pres. Mortati 
-Rei. Rocchetti -Esattoria comunale di Roma (avv. Mesiano) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato 
Savarese). 

Previdenza e assistenza -Previdenza dei giornalisti -Impignorabilit� 

delle pensioni e di 1altri assegni -lIllegittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., art. 3; I. 9 nov�mbre 1955, n. 1122, art. 1). 

Non � fondata, con 1�iferimento ai principio di e'guaglianza, la 
questicme di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della le�gge 9 novembre 
1955, n. 1122, che dichiara totalmente impignorabili e�d insequestrabili 
le pensioni ed altri assegni e1�ogati agli iscritti deWistituto 
nazionale di previdenza dei giornalisti (1). 

(Omissis). -1. -Il pretore di Roma, con l'ordinanza in epigrafe, 
denunzia alla Corte l'art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122, che 
dichiara totalmente insequestrabili ed impignorabili le somme corrrisposte 
agli iscritti per pensioni, assegni ed altre indennit�, dall'Istituto 
nazionale di previdenza dei giornalisti. Secondo il giudice a' quo, 
la norma in tale articolo contenuta sarebbe illegittima nella parte in 
cui esonera quelle somme anche da procedure coattive per pagamento 
di tributi ed entro la misura di un quinto di cui all'art. 545 c.p.c. 
La illegittimit� deriverebbe dalla violazione dell'art. 3, primo comma, 
della Costituzione, per difformit� di trattamento rispetto a fattispecie 
analoghe, in quanto le somme erogate per le medesime causali da 
casse di previdenza di professionisti, quali avvocati, dottori commercialisti, 
ragionieri, geometri, sono invece assoggettate alle stesse disposizioni 
vigenti per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, e 
perci� sequestrabili e pignorabili, per crediti nascenti da tributi ed 
entvo la misura di un quinto (art. 2 d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180). 

2. -La questione non � fondata. 
Va innanzi tutto rilevato che, nel nostro ordinamento, non pu� 
ritenersi esistente, secondo sostiene il giudice a quo, un principio di 
carattere generale relativo alla sequestrabilit� e pignorabilit� degli 

(1) Sulla insequestrabilit� e impignorabilit� delle pensioni corrisposte 
dall'istituto nazionale della pr�esidenza sociale: Corte cost., 4 aprile 1960, 
n.18 in Giur. cost.1960, 187 e 20 febbraio 1969, n. 22 in Giur. cost., 1969, 149. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

102 

stipendi e pensioni per determinati crediti, tra cui quelli relativi al 
pagamento dei tributi. Accanto alle norme citate, che ammettono l'assoggettabilit� 
ad atti coattivi di pensioni da pagarsi da privati o da 
pubbliche Amministrazioni, esistono le norme che escludono le pensioni 
di qualsiasi importo, erogate dall'Istituto nazionale della previdenza 
sociale, da ogni azione esecutiva, tranne che per crediti verso 
lo stesso Istituto erogante (art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, e 
art. 69 legge 30 aprile 1969, n. 1.53). 

La tesi della eccezionalit� della norma denunziata, che concerne 
l'esonero della perseguibilit� delle pensioni dei giornalisti, non trova 
quindi conforto nella realt� normativa e non pu� perci� fornire la 
base di appoggio all'eccezione di illegittimit� della stessa norma per 
violazione del principio di eguaglianza. 

3. -Parimenti � insussistente l'analogia che vi sarebbe, a detta 
dell'ordinanza, fra la cassa di previdenza dei giornalisti e quelle degli 
avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei geometri. 
Invero, n� i giornalisti sono liberi professionisti, n� la loro cassa 
di previdenza ha. gli stessi compiti delle casse che gestiscono la previdenza 
a favore dei sopraindicati esercenti professioni liberali. 

� vero, peraltro, che dalla legge che disciplina la loro attivit� 
(legge 3 febbraio 1963, n. 69) i giornalisti sono qualificati giornalistiprofessionisti, 
ma tale denominazione � loro conferita al solo fine di 
distinguerli dai �pubblicisti�, per quanto concerne la professionalit� 
dell'impegno di lavoro dei primi, che deve essere esclusivo e continuativo, 
cosa che non occorre invece per quegl� altri che, unitamente 
all'attivit� giornalistica, possono anche esercitare altre professioni o 
impieghi (art. 1, comma quarto, detta legge). 

Comunque sia poi in merito a tale qualificazione, certo � che i 
giornalisti-professionisti sono lavoratori dipendenti, il cui rapporto di 
lavoro � regolato da contratti collettivi, onde � certo che liberi professionisti 
o professionisti, nel senso tradizionale, essi non sono: 

4. -Ancora meno sussiste poi una analogia tra la struttura e gli 
scopi �della cassa dei giornalisti e le finalit� di quella dei liberi professionisti 
di cui si � detto, perch� la prima, e cio� l'Istituto nazionale 
di previdenza dei giornalisti italiani �Giovanni Amendola � (legge 
20 dtcembre 1951, n. 1564), cui possono iscriversi solo i giornalisti 
che hanno in atto un rapporto di lavoro, sostituisce a tutti gli effetti 
le corrispondenti forme d.i previdenza ed assistenza obbligatorie (art. 1) 
e cio� non solo quelle attinenti alla pensione di vecchiaia e invalidit�, 
ma anche quelle che concernono la disoccupazione involontaria, la tubercolosi, 
le malattie e gli assegni famigliari (art. 3), mentre le ricor

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 103 

date casse di liberi professionisti hanno compiti ben pi� limitati e 
cireoscritti. 

In sostanza, la cassa dei giornalisti costituisce un settore autonomo 
del complesso sistema previdenziale predisposto a tutela dei lavoratori 
dipendenti e i cui compiti sono assolti principalmente dall'INPS e 
dall'INAM. 

Appare perci� coone del tutto logico e naturale che la legge 9 novembre 
1955, n. 1122, abbia esteso all'Istituto previdenziale dei giornalisti 
tutti i benefici, privilegi ed esenzioni tributarie previsti per 
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (art. 10), e quindi anche 
la norma impugnata, contenuta nell'art. 1, concernente. la insequestrabilit� 
ed impignorabilit� delle pensioni, la quale � poi anch'essa una 
disposizione estensiva della normativa prevista in materia per l'INPS 
dall'art. 128 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827. 

Deve quindi concludersi che la lamentata violazione dell'art. 3 
della Costituzione non sussiste. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE 30 dicembre 1972, n. 215 -Pres. Mortati -
Rel. Oggioni -SAI (avv. Biamonti) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Imposte e tasse in genere -Imposta di pubblicit� -Targhe delle societ� 

di assicurazione -Corresponsione in modo virtuale -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 53; d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, art. 4, tariffa all. A). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di capacit� 
contributiva, la questione di legittimit� costituzionale deU'articolo 
4 della tariffa aU. A al d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 sulla co'l'responsione 
dell'imposta di pubblicit� in modo virtuale per le targhe 
delle societ� di assicurazione (1). 

(Omissis). -1. -L'ordinanza del tribunale di Torino solleva questione 
di costituzionalit� dell'art. 4 del decreto del Presidente della 
Repubblica 24 giugno 1954, n. 342 (tariffa allegato A), che fa obbligo 

(1) La precedente sentenza, 23 febbraio 1970, n .28 cui la Corte si 
richiama � pubblicata in questa Rassegna, 1970, I, 1, 185. 
In dottrina: GALLO, Sulla incostituzionalit� di alcune imposte c. d. in 
abbonamento, in Riv. dir. fin., 1971, II, 209. 



104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alle societ� di assicurazione di pagare l'imposta di pubblicit� sulle tabelle 
e targhe pubblicitarie in misura percentuale sui premi di competenza, 
anche nel caso in cui i detti mezzi pubblicitari siano stati soltanto 
predisposti, ma non ancora distribuiti agli assicurati per l'affissione, 
ed effettivamente affissi. Secondo l'ordinanza, tale sistema 
parrebbe importare violazione dell'art. 3 Cost., sia pel"ch� le imprese 
assicuratrici verrebbero sottoposte a trattamento pi� vincolato in 
confronto ad altre imprese non assicuratrici, sia perch�, all'interno 
della categoria degli �assicuratori, con lo stabilire che tutti siano tenuti 
ad assolvere l'imposta, abbiano o no effettuato la pubblicit�, si darebbe 
luogo a identit� di trattamento, nonostante situazioni diseguali. L'ordinanza 
aggiunge che il sistema parrebbe contrastare anche con l'articolo 
53 della Costituzione, in quanto, ai fini dell'imposizione fiscale, 
prescinderebbe dall'effettiva sussistenza del presupposto di fatto del 
tributo (concreta apposizione delle targhe) che dovrebbe manifestare 
la capacit� economica, e quindi tributaria, dell'obbligato. 

2. -La questione non � fondata. 
Va premesso che questa Corte, con sentenza n. 28 del 1970, ha 
esaminato, agli effetti degli artt. 76 e 77 Cost., la corrispondenza del 
citato decreto presidenziale n. 342 del 1954 con la legge-delega 27 
dicembre 1952, n. 3596. 

Nell'esaminare il punto allora in questione e nel ritenere che le 
regole sulla delega legislativa, sono state, nel caso, compiutamente 
osservate, la Corte ha addotto argomenti basati sull'analisi della delega, 
stil contenuto e finalit� delle norme delegate e sul sistema che ne � 
conseguito, a conferma e perfezionamento del sistema precedente, di 
cui al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3268, ed al decreto legislativo C.P.S. 
14 aprile 1947, n. 242. 

La questione ora sollevata davanti alla Corte ha bensl diversa 
impostazione, in quanto sono le norme delegate a formare �direttamente 
oggetto dell'esame di legittimit�. Tuttavia, le considerazioni 
svolte nella precedente sentenza possono utilmente essere qui richiamate 
per l'esame da compiere sotto i particolari profili ora prospettati. 

3. -Riguardo alla denunciata violazione del principio di eguaglianza, 
la Corte osserva che non � fondato il richiamo ad una pretesa 
irrazionalit� del trattamento disposto peculiarmente per le sole imprese 
assicuratrici e non anche per tutte le altre imprese in genere. 
Invero, risulta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 342 
del 1954 e dall'allegata tariffa che la categoria di pubblicit� manifestata 
mediante � tabelle e targhe distribuite dalle societ� di assicurazione 
ai propri assicurati ed affisse al pubblico sui fabbricati e sulle 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 105 

cose assicurate� � stata considerata e regolata a s� stante nel modo 
di pagamento (cosiddetto �virtuale �) dell'imposta annuale di pubblicit�, 
indipendentemente dalla effettiva loro distribuzione. 

La diversit� di trattamento dagli ordinari avvisi e manifesti pubblicitari 
esposti al pubblico, deriva la sua ragion d'essere dall'esigenza, 
costantemente riconosciuta dal legislatore, di dar luogo ad un sistema 
particolare, in cui si congiungono elementi che attengono, sia alla 
identificazione delle cose assicurate, sia alla esteriorizzazione del raggio 
d'azione delle riprese all'uopo impegnate. 

Trattasi, pertanto, di situazioni differenziate, per cui l'art. 3 Cost. 
non pu� intendersi, nel caso, vulnerato. 

Nemmeno pu� ritenersi, secondo l'altro e diverso .profilo prospettato, 
che il principio di eguaglianza verrebbe ad essere eluso, col sottoporre 
tutte le imprese assicuratrici allo stesso onere fiscale, sia che 
mettano poi in opera le targhe, sia che ci� omettano di fare in tutto 

o in parte pur dopo averne dichiarato e denunciato la predisposizione, 
poich� trattasi, dato il sistema della legge ed ai fini della sua applicazione 
pratica, di circostanze fiscalmente indifferenti. 
Sicch�, deve al contrario riconoscersi che, in luogo di una ingiustificata 
riduzione ad unicit� di trattamento per situazioni diseguali, il 
sistema � invece informato a coerente unicit� di trattamento. 

4. -Circa la denunciata violazione dell'art. 53 della Costituzione, 
nel senso che, con la non attuazione della pubblicit�, verrebbe a mancare 
il presupposto materiale, costituente la base imponibile, la Corte 
osserva che, in conformit� a quanto spiegato nel numero precedente, 
la estrinsecazione effettiva della pubblicit� non si configura come 
presupposto dell'obbligo tributario. Il presupposto risiede, invece, nella 
dichiarazione anteatta degli enti assicuratori, i quali (come gi� rilevato 
nella precedente sentenza n. 28 del 1970) �vengono a porre essi 
stessi le basi dell'accertamento� mediante l'indicazione della forma di 
pubblicit� che si apprestano ad effettuare con mezzi predisposti in 
relazione ai singoli contratti �conclusi con gli assicurati. Il calcolo del 
dovuto � rapportato ad una misura percentuale sugli incassi dei rispettivi 
premi di competenza. 
Tale �, adunque, nel sistema, la manifestazione economica da cui 
si fa derivare la formazione della base imponibile. E coerenti al sistema 
sono gli artt. �8 e 9 del citato d.P.R. n. 342 del 1954 laddove 
dispongono appunto che il pagamento dell'imposta deve essere effettuato 
al momento della presentazione della denuncia. 

Di conseguenza, l'assunto dell'ordinanza, che tenderebbe a far 
prevalere sulla rilevanza del presupposto giuridico la rilevanza del 
mero presupposto materiale, non pu� essere accolto. -(Omissis). 


106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 216 -Pres. Mortati 



~ 

Rel. Crisafulli -Tibaldi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Min1stri 
(Sost. avv. gen. dello Stato� Azzariti). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci


dentale -Ufficio circoscrizionale elettorale -Mancanza della qua


lit� di giudice -Inammissibilit� della questione. 

(Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; 1. 17 febbraio 1968, n. 108, 
art. 15). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale deli'articolo 
15 della legge 17 febb1'aio 1968, n. 108, in quanto sollevata da un 
ufficio circoscrizionale elettorale, al quale non pu� essere riconosciuta 
la qualit� di giudice (1). 

(Omissis). -Come riferito m narrativa, l'Ufficio circoscrizionale 
elettorale di Benevento si � posto preliminarmente il quesito circa la 
propria qualificazione come giudice, ai fini della idoneit� a sollevare 
questioni di legittimit� costituzionale delle norme di legge che � chiamato 
ad applicare, e lo ha risolto in senso affermativo, ravvisando il 
ricorrere di entrambi i criteri -soggettivo ed oggettivo -che, alla 
stregua della giurisprudenza di questa Corte, permettono, ai fini predetti, 
di riconoscere ad un organo il carattere di giudice ed al procedimento 
davanti ad esso svolgentesi natura di giudizio. La difesa dello 
Stato contesta, invece, tali conclusioni, richiamando anche argomenti 
di oroine pratico, inerenti alla particolare celerit� che la legge ha 
voluto imprimere alle operazioni dirette al risultato della proclamazione 
degli eletti, e chiede pertanto che la questione ;proposta sia dichiarata 
inammissibile. 

L'ec�ezione pregiudiziale � fondata. 

Sotto il profilo soggettivo, infatti, gli uffici elettorali circoscrizio


nali SOOO Ol"gani temporanei, costituiti di volta in volta �presso il tri


bunale � nella cui giurisdizione � il comune capoluogo di provincia, 

i quali, mentre non si identificano con lo stesso tribunale, nemmeno 

danno vita ad altrettante sezioni o particolari articolazioni del mede


simo, e non sono perci� istituzionalmente incardinati nel potere giuri


sdizionale dello Stato. La legge prescrive, bensi, che siano composti 

(1) Per urna breve rassegna della .giurisprudenza della Corte costituzionale 
sul carattere giurisdizionrale degli 011gani che le hanno rimesso questioni 
di ilegittimit�: DEVOTO, L'ufficio centrale per il referendum, in studi 
parlamentari e di poiitica costituzionale 1971, n. 14. 
In materia elettorale la Corte ha negato il oaraittere di OII'lgano giurisdizionale 
alla Clommissi.one elettorale maindamentaile con sentenza 17 febbraio 
1971, n. 17 (in Giur. cast. 1971, 119). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 107 

di tre �magistrati�, designati dal presidente del tribunale, ma non 
dice anche che debbano necessariamente essere formati da � giudici ad 
esso appartenenti� (che anzi, gli analoghi uffici elettorali centrali 
previsti, per le elezioni comunali nei comuni con pi� di diecimila abitanti, 
dall'art. 71 del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, sono soltanto 
:presieduti dal presidente del tribunale o da altro magistrato da 
questo delegato e costituiti, per il rimanente, dai componenti dell'ufficio 
elettorale della prima sezione, i quali non sono affatto magistrati; 
mentre, per l'art. 67, nei comuni con popolazione inferiore, in luogo 
degli uffici elettorali circoscrizionali, funzionano speciali collegi comprendenti 
i. presidenti delle varie sezioni). D'altronde, a differenza da 
quanto per regola generale avviene per gli organi giurisdizionali, ordinari 
o speciali che siano, gli uffici circoscrizionali constano, in realt�, 
di un numero variabile di membri, essendo attribuita al presidente del 
tribunale facolt� di aggregarvi, a richiesta dei rispettivi presidenti, 
� altri magistrati, nel numero necessario per il pi� sollecito espletamento 
delle operazioni�. 

Sotto il profilo oggettivo, poi, e cio� avendo riguardo alla funzione 
esplicata, � da rilevare, anzitutto, che questa si inserisce, come 
una sua fase particolare e strettamente delimitata nei compiti e nel 
tempo, entro l'arco di un complesso procedimento -al quale, nel suo 
insieme, non potrebbe in alcun modo riconoscersi natura giurisdizionale 
n� a questa assimilabile -che muove dalla formazione delle liste 
e dalla presentazione e verifica delle candidature, per sfociare nel procedimento 
di convalida degli eletti, di competenza -per quanto qui 
interessa -dei consigli regionali. Procedimento nettamente distinto e 
diverso da quelli, senza dubbio giurisdizionali, che potranno svolgersi, 
in seguito a ricorsi contro le operazioni elettorali, davanti ai tribunali 
amministrativi regionali, quali organi di giustizia amministrativa 
di primo grado, e poi, in sede di appello, davanti al Consiglio di Stato, 
ovvero, per questioni relative alla eleggibilit�, successivamente alla 
intervenuta convalida, dinanzi alla autorit� giudizi<'}ria ordinaria, attraverso 
ben tre gradi di giurisdizione. 

Il fine, cui la funzione degli uffici elettorali chiaramente � preordinata, 
.non � gi� di dichiarare o attuare nel caso concreto la volont� 
della legge, ma consiste piuttosto nel dare soddisfazione al pubblico 
interesse alla pronta costituzione, sia pure in una formazione provvisoria, 
che potr� in seguito subire dei muiamenti, delle Assemblee elettive 
degli enti regionali; ed a tale scopo essi pervengono -in esecuzione 
vincolata delle norme di legge -compiendo una serie di attivit� 
materiali e di conteggio, che, com'� stato anche recentemente ritenuto 
dalla Corte di cassazione, in relazione agli analoghi uffici istituiti 
per le elezioni politiche, sono semplici operazioni amministrative, 
dalle quali esula un momento suscettibile di configurarsi come pro



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

priamente decisorio. Potrebbe sembrare, a prima vista, fare eccezione 
quel riesame delle schede contenenti voti contestati e provvisoriamente 
non assegnati, a conclusione del quale � l'ufficio ... tenendo presenti 
le annotazioni riportate a verbale e le proteste e i reclami ,presentati 
in proposito, decide, ai fini della proclamazione, sull'assegnazione 
o meno dei voti relativi >>. Ma -anche a prescindere dal rilievo 
che, nella specie, la questione di costituzionalit� � stata sollevata nel 
corso della fase terminale, prevista dall'ultimo comma dell'art. 15 
della legge del 1968, che � di mera e stretta esecuzione di operazioni 
gi� effettuate dall'ufficio regionale -l'eccezione � soltanto apparente. 
Infatti, il compito di decidere, per intanto ed in linea provvisoria, sulle 
schede contestate e non assegnate, � attribuito agli uffici elettorali 
all'unico scopo di pervenire al pi� presto alla proclamazione (a sua 
voJta, provvisoria anch'essa) degli eletti, affinch� i consigli siano posti 
in grado di insediarsi ed iniziare il proprio funzionamento. Ed � superfluo 
soffermarsi a sottolineare quanto circoscritto sia anche siffatto 
compito, eventuale e puramente strumentale, spettante agli uffici elettorali 
circoscrizionali, dal momento che rimangono sottratte al riesame 
le schede contenenti voti del pari contestati, ma -diversamente da 
quelli -tuttavia assegnati dagli uffici di sezione. 

N� pu� trascurarsi, infine, la considerazione, sulla quale ha insistito, 
specie nella discussione orale, la difesa dello Stato, che le operazioni 
elettorali successive alle votazioni e culminanti nella proclamazione 
degli eletti non possono, per loro natura, subire sospensioni di 
pi� o meno lunga durata, n� il loro compimento pu� essere procrastinato 
a volont� dagli uffici elettorali, come accadrebbe ove questi 
fossero -in contrasto con tutti i rilievi che precedono -considerati 
giudici, legittimati pertanto a porre questioni di legittimit� costituzionale 
a questa Corte. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 217 -Pres. Mortati Rei. 
Amadei -Angelino (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Reato -Reati e pene -Reato continuato -qmitazione a pi� violazioni 

della stessa disposizione di legge -Illegittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p., art. 81 cpv.). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 81, capoverso, c.p., nella 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. �COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 109 

parte in cui limita il beneficio detia continuazione a pi� violazioni della 
stessa disposiziolfl,e di legge (1). 

(Omissis). -La questione sottoposta all'esame della Corte, con 
l'ordinanza del 27 agosto 1970 del tribunale di Orvieto, � se l'art. 81, 
cpv., c.p., nella parte in cui limita il beneficio della continuazione �a 
pi� violazioni della stessa disposizione di legge�, contrasti con l'articolo 
3 della Costituzione. 

Detta ordinanza trae� motivo dall'applicazione che la Cassazione 
fa, nel caso di concorso di reati di falso materiale e falso per soppressione, 
della interpretazione data alla formula usata dal legislatore � pi� 
violazioni della stessa disposizione di legge �, come � pi� violazioni 
della stessa norma incriminatrice comprensiva delle norme generali e 
speciali che aggravano o attenuano il reato in essa contemplato, ovvero 
da quello di consumato in tentato >>. 

La questione non � fondata. 

1. -Il codice vigente ha unificato nella determinazione degli effetti 
giuridici le due forme di concorso di reato: formale (unicit� di 
azione o d'omissione e pluralit� di violazioni simultanee di legge penale) 
e materiale (pluralit� di azioni o di omissioni e pluralit� di violazioni 
di legge penale), applicando per entrambe il metodo del cumulo 
materiale delle pene. 
� noto che la figura del reato continuato si impernia sui seguenti 
elementi costitutivi: 

a) pi� azioni od omissioni esecutive. Il che tuttavia non esclude, 
in base alla interpretazione giurisprudenziale fatta propria da questa 
Corte (sentenza n. 9 del 1966 e ordinanza n. 12 del 1969), la ipotizzazione 
del reato continuato anche� se le violazioni siano effettuate con 
una sola azione od oinissione (conco11so formale); 

(1). Per l'interpretazione giurisprudenziale deM'art. 81 cpv. c.p., nel 
senso indicato dalla sentenza: Cass., Sez. II, 17 marzo 1971, Marchetto, in 
Cass.. pen., 1972, 565, con nota di richiami; Cass., Sez. VI, lo marzo 1969; 
Magliano, e Cass., Sez. VI, O febbraio 1969; Mavolo, in Cass. pen., 1970, 
445 e 446 con ampi richiami di giurisprudenza e dottrina. 

In parlicOllare, sulla contin:uazi01ne in itema di reati di falso: Cass., 
Sez. VI, 31 marzo 1971; Macchiati e Cass., Sez. VI, 12 febbraio 1971; 
Vendrainin, in Cass. pen., 1972, 564 e 565. 

La precedente sentenza della Coote 8 febbraio 1966, n. 9 in <tema di 
reato continuato con umcdt� di azione od omissione, � pubblfoa<ta in Giwr. 
cost., 19.66, 106, con nota di VASSALLI, Concarso formale omogeneo e reato 
contin'UD,to. 



llO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

b) unicit� del disegno criminoso; 
c) pi� violazioni della stessa disposizione di legge. 


2. -La questione di legittimit� costituzionale sulla quale la Corte 
� chiamata a decidere, investe quest'ultimo elemento ed � cosi rappresentato 
: il riferimento alla stessa disposizione o norma di legge fa 
si che il concetto di continuazione improntato al favor rei, viene disatteso 
nei casi in cui si hanno figure distinte di reati che pur presentano 
elementi comuni e la cui separata considerazione non corrisponderebbe 
ad un sostanziale diverso apprezzamento della fattispecie. 
Con la formula � pi� violazioni della stessa disposizione di legge � 
non sarebbe pertanto consentita una interpretazione diversa di quella 
data dalla Corte di cassazione, mentre si sarebbe dovuto comprendere 
nel reato continuato anche una �pluralit� di violazioni di diverse disposizioni 
di legge� purch� riguardanti fatti aventi caratteri fondamentali 
comuni. 

Gli esposti argomenti non valgono ad evidenziare, sul piano del 
diritto vigente, la denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione. 

Premesso che non pu� essere considerata restrittiva della espressione 
usata dal legislatore, la giurisprudenza della Corte di cassazione 
quando intende la formula �medesima disposizione di legge � come 
� stessa norma incriminatrice � comprensiva di tutte le altre norme 
che rispetto ad essa hanno carattere integrativo e complementare, 
giova ribadire come la stessa interpretazione giurisprudenziale abbia 
esteso la portata dell'art. 81, cpv., c.p. stabilendo che, ove sussista la 
identica unit� di disegno criminoso, il trattamento del reato continuato 
debba comprendere anche la ipotesi in cui sia stata una sola azione a 
produrre pi� violazioni della stessa norma, poich� la legge parla di 
pi� azioni od omissioni non nel senso che debbano essere plurime, ma 
in quello che possono essere anche pi� di una. Potr�, se mai, il legislatore 
nella sua discrezionalit� e valutazione politica, allargare la 
sfera di applicazione dell'art. 81, cpv., c.p., ma, de iure condito, � da 
escludersi che detto capoverso contrasti con la norma costituzionale che 
si assume vulnerata. 

3. -In tema di valutazione del princ1p10 di eguaglianza sancito 
dall'art. 3 Cost., pi� volte questa Corte si � espressa nel senso che 
detto articolo mira ad impedire che a danno dei cittadini siano dalle' 
leggi disposte discriminazioni arbitrarie, senza che la disposizione obblighi 
il legislatore a fissare per tutti una identica disciplina; per cui 
gli � consentito di adeguare le norme giuridiche ai vari aspetti della 
vita sociale e, in conseguenza, di dettare norme diverse per situazioni 
diverse. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE lll 

Tale principio rientra nel piano di una inderogabile esigenza di 
logica legislativa. Un ovdinamento che non distingua situazioni da situazioni 
e tutte le consideri allo stesso modo non � nemmeno pensabile: 
finirebbe col non disporre regola alcuna. L'impostazione � valida 
non soltanto per il principio di uguaglianza in genere, ma per ogni 
norma in cui il principio di uguaglianza venga in questione, anche in 
una sua applicazione particolare (sentenza n. 64 del 1961). 

Il fatto che il legislatore abbia inteso dare al concorso di reati un 
diverso aspetto giuridico agli effetti della pena, distinguendo quando 
si deve far luogo al criterio generale del cumulo materiale e quando 
si deve far luogo al previsto criterio particolare del cumulo giuridico, 
non pone in essere discriminazioni ai sensi dell'art. 3 della Costituzione 
in quanto l'istituto trova applicazione nei riguardi di tutti coloro 
che si trovino nella situazione o condizione prevista. 

4. -Nel caso del falso, che � quello in cui il giudice a quo � chiamato 
a decidere e che l'ordinanza segnala come caso in cui emerge la 
pretesa illegittimit� della norma, esiste una obiettiva e ontologica differenza 
fra il falso materiale e quello per soppressione. Trattasi di 
reati che presentano una identit� del bene 'giuridico foso (fede pubbUca), 
ma una diversit� di elementi sostanziali che ne variano il contenuto 
specifico. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 218 -Pres. Mortati 
-Rel. Verzl -Prestdente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. 
gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Trentino-Alto 
Adige e Presidente Provincia di Bolzano (avv. Giannini, Guarino) 
e viceversa. 

Trentino-Alto Adige -Competenza in materia di protezione della 

flora� e della fauna -Legge sul Parco Nazionale dello Stelvio 


Nuova normativa statutaria -Inammissibilit� delle questioni. 

(1. cost. 10 novembre 1971, n. 1, artt. 11, 56; 1. reg. 18 gennaio 1972). 
Sono inammissibiii, per effetto delle sopravvenute mod.ifiche statutarie 
deUa Regione Trentino-Alto Adige: ii ricorso� deHo Stato� contro 
la legge� regionale suita ristrutturazione del Parco Nazionale dello Stelvio, 
che non pu� essere pi� promulgata; il rico'l'so della Regione contro 
l'atto di rinvio del Governo, pe'I' sopravvenuto difetto di interesse; il 


112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricorso deHa provincia di Bolzano contro lo stesso atto per difetto di 
competenza attuale al momento del rinvio (1). 

(Omissis). --2. -Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto 
ricorso avverso il disegno di legge �Ristrutturazione del Parco 
nazionale dello Stelvio�, riapprovato dal Consiglio regionale TrentinoAlto 
Adige nella seduta del 18 gennaio 1972, denunziandone la illegittimit� 
costituzionale nel suo complesso e nelle singole disposizioni. 

Con ricorso congiunto dell'8 marzo 1972, il Presidente della Regione 
Trentino-Alto Adige e quello della Giunta della Provincia di 
Bolzano hanno sollevato conflitto di attribuzione in merito al provvedimento 
con cui il Presidente del Consiglio dei ministri rinviava a 
nuovo esame il suindicato disegno di legge, approvato nella seduta del 
7 dicembre 1971. 

La Corte osserva che il disegno in esame � stato approvato quando 
era in �-vigore l'art. 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, 
che attribuiva alla Regione la potest� di emanare norme legislative 
nella materia �di apicoltura e di parchi per la protezione della flora 
e della fauna�, comprensiva, secondo la Regione, anche della disciplina 
del Parco nazionale dello Stelvio. Nel frattempo � intervenuta la legge 
costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 
il 5 gennaio 1972 ed entrata quindi in vigore il 20 gennaio successivo, 
la quale legge, modificando l'art. 4 sopraindicato, ha trasferito 
alle Provincie di Trento e di Bolzano la potest� legislativa nella 
stessa materia di �alpicoltura e di parchi per la protezione della flora 
e della fauna� (art. 11). 

Orbene, la sopravvenuta modifi-ca statutaria fa s� che il disegno 
di legge regionale non pu� pi� essere promulgato n� assumere forza 

. di legge, come � desumibile dalla norma transitoria per cui, � nelle 
materie trasferite�dalla competenza della Regione a quella delle Provincie, 
le leggi regionali, vigenti alla data di entrata in vigore della 
presente legge, continuano ad applicarsi fino a quando non sia diversamente 
disposto con legge provinciale � (art. 56). Ed alla data del 
20 gennaio 1972 il disegno di legge in esame non era ancora �legge 
vigente�. 

� Per quanto sopra esposto, la Provincia di Bolzano non era legittimata 
a proporre ricorso, non avendo ancora competenza nella materia 
nel momento del rinvio per nuovo esame della legge regionale. Ed 
inoltre, sia lo Stato, sia la Regione non avevano, nell'atto in cui li 
proponevano, alcun interesse ai rispettivi ricorsi. Questi, quindi, devono 
essere dichiarati inammissibili. -(Omissis). 

(1) Per un analogo caso di pronuncia di inammissibilit� del ricorso 
per sopravvenuto difetto di interesse: Corte Cost., 15 marzo 1972, n. 44, in 
Foro it.. 1972, 1886, con nota di richiami. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 113 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 219 -Pres. Mortali 
-Rei. Bonifacio -Presidente Regione Toscana (avv. Cheli) c. 
Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 


Regione -Regioni a statuto ordina:rio -Beni forestali -Approvazione 
di vincoli -Spettanza allo Stato. 

(1. 16 maggio 1970, n. 231, ai�t 11). 
Prima dell'effettivo trasferimento alle Regioni a statuto ordinario 
deHe funzioni amministrative gi� statali, lo Stato ha conservato, sui 
beni forestali, la pienezza dei suoi poteri in ordine all'imposizione di 
vincoU di tutela e di destinazione (1). 

(1) La precedente senteru:a 4 maggio 1972, n. 79 Cli.li la Corte si richiama 
� pubblicata in Sent. e Ord. Corte Cast., 1972, 314 e in Foro it., 
1972, 1534, con ampia nota di richiami. 
CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, n. 220 -Pres. Mortati 
-Rel. Crisafulli -Prestdente Regione Sicilia (avv. Maniscalco-
Basile) c. Presidente Consiglio dei Ministri e Ministro del Lavoro 
(Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Sicilia -Previdenza e assistenza sociale -Casse mutue malattie -Poteri 
di vigilanza e di nomina di amministratori e sindaci -Competenza 
dello Stato. 

(St. Reg. Sic. art. 17, lett. f, 20; d.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138). 

Spettano aHo Stato i poteri di vigilanza e di tut'e la sulle casse 
mutue provinciali malattia operanti in Sicilia: pertanto spetta allo 
Stato il potere di nominare i sindaci di tali casse mutue e non spetta 
al.la Regione siciliana il potere di scioglimento e di nomina dei commissari 
delle casse (1). 

(1) Ln dottrina, sulla struttura delLe federazioni d�lle casse mutue 
ma1ait:bie per i colitivatori d�retti, per gli artigiani e per gli esercenti di 
attivit� comrnerdali: PASTORI, Previdenza sociale, in Archivio ISAP, 1962� 
e COLOMBO, Amministrazione sociale, Milano, 1966. 
La IJIDecedente sen1ieru;a 21 gennaio n. 3 del 1967 cui la Corte fa riferimento 
� pubblicata in Giur. Cost., 1967, 37. 



114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -2. -Come detto in narrativa, con il primo ricorso, il 
Presidente della detta Regione impugna due decreti del Ministro per 
il lavoro e la previdenza sociale, con i quali sono stati nominati alcuni 
sindaci delle Casse mutue provinciali di malattia per gli esercenti attivit� 
commerciali di Palermo, Agrigento ed Enna, rivendicando la relativa 
competenza alla Regione, previa -occorrendo -risoluzione 
della questione di legittimit� costituzionale dell'art. 22 della legge� 27 
novembre rn6o, n. 1397. 

Il secondo ricorso, proposto viceve!'sa dal Ministro per il lavoro, 
all'uopo delegato dal Presidente del Consiglio, si riferisce al decreto 
19 febbraio 1972, con il quale l'Assessore regionale per il lavoro e la 
cooperazione ha sciolto la Cassa mutua malattia artigiani della Provincia 
di Catania nominando ad essa un commissario straordinario. 
Anche ai fini della decisione di tale conflitto sono sollevate, dalla resistente 
difesa regionale, questioni di legittimit� costituzionale di talune 
disposizioni della legge 29 dicembre 1956, n. 1533 (ed in particolare 
degli artt. 7, commi secondo e terzo, 12, commi secondo, terzo e quarto, 
e 18, comma primo). 

Il terzo ricorso, infine, proposto dal Presidente del Consiglio dei 

ministri, trae origine da una circolare diramata in data 13 gennaio 

1972 dall'Assessorato regionale e indirizzata, tra l'altro, ai presidenti 

delle Casse mutue malattia dei coltivatori diretti, degli artigiani e 

degli esercenti attivit� commerciali operanti nell'isola, nonch� alle 

rispettive Federazioni nazionali, ed ha per oggetto la competenza alla 

vigilanza sulle menzionate Casse mutue provinciali siciliane. Ancora 

una volta la difesa della Regione solleva questione di costituzionalit� 

di una serie di disposizioni delle leggi sopra rammentate e della legge 

9 gennaio 1963, n. 9, relativa alla previdenza dei coltivatori diretti, 

nonch� del d.P.R. 28 febbraio 1961, n. 184, contenente le norme di 

attuazione della citata legge n. 1397 del 1960. 

3. -Vanno preliminarmente disattese sia l'eccezione di inammissibilit�, 
per difetto di interesse, adombrata nel primo giudizio dalla 
difesa dello Stato, sia quelle opposte dalla difesa regionale avverso i 
ricorsi statali negli altri due giudizi i cui termini essenziali sono stati 
test� riassunti. 
Ed invero, quanto alla eccezione dell'Avvocatura dello Stato, peraltro 
non formalizzata nelle conclusioni, � agevole rilevare che la 
Regione non pu� dirsi carente di interesse sol perch� le nomine dei 
sindaci alle Casse provinciali esercenti attivit� commerciali devono 
aver luogo su designazione vincolante della Federazione, sussistendo 
del pari l'interesse della Regione alla tutela della asserita propria competenza, 
quale che ne sia poi, in pratica, l'effettiva portata. 


.PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 115 

Quanto alla eccezione sollevata, invece, dalla difesa della Regione 
sLcHiana, nel secondo giudizio, non � esatto che, 'con il ricOl'so avverso 
il provvedimento di scioglimento della Cassa artigiani di Catania, lo 
Stato lamenti invasione della sfera di competenza di un ente pubblico 
distinto e diverso, e precisamente del�a Federazione nazionale Casse 
mutue malattia artigiani, poich� l'assunto del ricorso � che il detto 
provvedimento ha per conseguenza di sottrarre al Ministro per il lavoro 
il potere di decidere sui ricorsi gerarchici impropri che possano essere 
avanzati �contro lo scioglimento, a norma dell'art. 18, lett. f, della citata 
legge n. 1533 del 1956. N� il conflitto potrebbe ritenersi meramente 
virtuale, per non esservi stato, nella specie, alc�n ricorso avverso lo 
scioglimento, essendo evidente che, una volta adottato il relativo provvedimento 
dall'Assessore regionale, anzich� dalla Federazione, vien 
meno con ci� stesso 'la possibilit� di ricorrere al Ministro e quindi, pe�r 
logica conseguenza, a quest'ultimo risulta sottratto il potere conferitogli 
dalla disposizione di legge test� rammentata. 

Per quel che concerne, infine, il conflitto proposto dallo Stato in 
merito alla circolare dell'Assessorato (oggetto del terzo giudizio), deve 
rilevar.si che la prima eccezione di inammissibilit� del conflitto per 
mancanza nel Ministro di poteri di vigilanza sulle Casse, in quanto 
enti locali, attiene, in realt�, al merito e non pu� pertanto essere presa 
in considerazione in questo momento; mentre la _seconda eccezione va 
incontro a rilievi strettamente analoghi a quelli qui sopra accennati 
in ovdine al conflitto che forma oggetto del secondo giudizio: deducendosi, 
infatti, dallo Stato ricorrente invasione, da parte della Regione, 
dei poteri di vigilanza ad esso spettanti nei confronti delle Federazioni 
nazionali e delle Casse provinciali che le costituiscono. 

4. -Nel merito, � da precisare, anzitutto, che, a norma del combinato 
disposto degli artt. 17, lett. f, e 20 dello Statuto, la Regione siciliana 
ha competenza legislativa ed amministrativa in materia di previdenza 
ed assistenza sociale (che � quella su cui incide l'attivit� delle 
Casse in oggetto e delle loro r~ederazioni); tale competenza, peraltro, 
oltre ad essere limitata dai �principi ed interessi generali cui si informa 
fa legislazione dello Stato�, deve contenersi -alla stregua dei 
criteri ripetutamente affermati da questa Corte -entro l'ambito del 
territorio regionale, per la soddisfazione degli interessi che a questo 
si riconnettono. 
In -conformit� a detti criteri, il trasferimento alla Regione delle 
funzioni amministrative �n materia, operato con il d.P.R. 25 giugno 
1952, n. 1138, ha avuto esclusivo riguardo alle attribuzioni, in� particolare 
di vigilanza e tutela, per l'innanzi esercitate da organi dell'amministrazione 
statale, concernenti enti ed istituti locali, compresi quelli 
consorziali, i quali svolgono sul territorio della Regione attivit� nelle 

10 


116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

materie di cui all'art.. 17, lett. f, dello Statuto (art. 3 del d.P.R. n. 1138 
ora citato). Vero �, bensi, che, in forza del successivo art. 4, la Regione 
ha altresl diritto ad essere � rappresentata � negli organi locali degli 
enti nazionali similari, ma questa norma non viene in considerazione 
nel presente giudizio, non avendo la Regione avanzato, con riferimento 
ad essa, alcuna pretesa. 

� da rammentare, infine, che, pur dopo il trasferimento delle 
funzioni e sino al 1966, la Regione non aveva comunque esplicato la 
sua �competenza legislativa sui settori di materia che formano oggetto 
delle leggi statali n. 1136 del 1954, n. 1533 del 1956 e n. 1397 del 1960, 
con le quali furono istituite -contestualmente -le predette Casse 
mutue di malattia e le rispettive Federazioni nazionali. 

5. -Tutto ci� premesso, si tratta ora, di accertare se le Casse 
mutue provinciali di malattia per i coltivatori diretti, gli artigiani e 
gli esercenti attivit� commerciali siano da qualificare come enti locali, 
e cio� �di interesse esclusivamente regionale�, secondo la dizione 
usata nel Regolamento dei rapporti tra il Ministero per il lavoro e la 
previdenza sociale e il corrispondente Assessorato regionale siciliano, 
concordato tra le due parti il 15 settembre 1972 per dare attuazione 
al d.P.R. n. 1138 del 1952 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della 
Regione del 30 settembre 1972, n. 45, ovvero siano integrate, pur con 
propria autonoma personalit� giuridica, entro le rispettive Federazioni 
nazionali. Con l'avvertenza che, ove�pure la prima alternativa dovesre 
rivelarsi -in ipotesi -quella esatta, la Regione non potrebbe rivendiicare 
per s� che le sole attribuzioni di organi dello Stato, direttamente 
riferentisi alle singole Casse provinciali operanti nell'isola, non rientrando 
certamente tra le funzioni trasferite dal d.P.R. n. 1138 del 
1952 quelle prima di spettanza delle Federazioni, n� quelle �di organi 
dello Stato nei confronti delle Federazioni stesse. 
Queste ultime rappresentano, com'� stato rilevato in dottrina, un 
nuovo tipo di struttura previdenziale sui generis, a livello insieme nazionale 
e di categoria, ben diversa da quella a livello nazionale e 
funzionale, in precedenza attuata nel nostro ordinamento. La disciplina 
che ne danno le leggi rispettive, pur differendo in alcuni dettagli, 
rical�a sostanzialmente un medesimo schema, consentendo in questa 
sede, ed ai fini che ora interessano, un discorso unitario. Ed � subito 
da avvertire che tale schema � nettamente diverso da quello cui � 
invece informata la regolamentazione delle Casse di soccorso del personale 
dipendente dalle aziende ferrotranviarie, alle quali aveva riguardo 
la �sentenza n. 3 del 1967 di questa Corte, che ebbe ad affermare 
nei loro confronti la competenza della Regione sidliana: di guisa 
che il �precedente� non � fondatamente invocato, nell'attuale controversia, 
dalla difesa regionale. Le Casse autoferrotranvieri, sono, in



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 117 

fatti, istituite dalle amministrazioni delle singole imprese ed operano 
limitatamente alla cerchia dei loro dipendenti; sono del tutto autonome 
l'una 'dall'altra e finanziate unicamente attraverso entrate che, 
per la loro natura e provenienza, non travalicano l'ambito delle imprese 
cui si riferiscono, 'senza che le condizioni dei rispettivi bilanci 
risentano dell'alea di gestione delle altre. 

Per contro, le Federazioni di cui � questione nei presenti giudizi 
sono finanziate in parte dai contributi degli iscritti, ma in parte anche 
dallo Stato, e la gestione del fondo di solidariet� nazionale, che le 
somme da queste erogate vanno a costituire, avviene sulla base del 
principio mutualistico, secondo piani stabiliti dagli organi centrali 
delle Federazioni stesse, tenendo conto, a fini e secondo criteri perequativi, 
delle esigenze delle singole Casse, le quali risultano perci� 
interdipendenti. Il regolamento delle prestazioni �bbligatorie � di competenza 
delle Federazioni, rimanendo affidato all'autonoma determinazione 
delle Casse locali soltanto quello delle prestazioni facoltative, 
pur sempre, tuttavia, anche qui, �entro le direttive delle Federazioni�. 
Gli organi di queste ultime hanno competenza ad approvare le pi� 
importanti deliberazioni degli organi di amministrazione delle Casse, a 
cominciare dai bilanci, e a decidere i ricorsi proposti avverso talune 
tra esse, ivi comprese quelle concernenti Je prestazioni dovute a�gli 
assistiti. Anche il regolamento del personale � deliberato dalle Federazioni, 
le quali hanno altres� una ingere.nza nella nomina dei direttori 
delle Casse provinciali: che deve essere sottoposta a controllo da parte 
della Federazione, per gli artigiani (art. 12, comma primo, lett. g), 
e comma quarto, della legge n. 1533 del 1956), ed avvenire alla stregua 
delle �norme� fissate dagli organi federali, per gli esercenti attivit� 
commerciali (art. 26, primo comma, lett. m, della leg.ge n. 1397 
del 1960); mentre, nel caso dei coltivatori diretti, � addirittura effettuata 
da questi ultimi (art. 14, comma primo, lett. �, della legge numero 
1136 del 1954). 

6. -Cosi sotto l'aspetto organizzativo come sotto l'aspetto funzionale, 
si rivela perci� nettamente prevalente, nella disciplina delle 
Casse e delle rispettive Federazioni, l'elemento unitario su scala nazionale': 
rautonomia di cui le prime sono dotate si esplica, bensi, largamente, 
a livello soprattutto di azione amministrativa, nei rapporti 
esterni; ma � un'autonomia strettamente limitata dagli ampi poteri 
normativi e �di direzione, nonch� di riesame e controllo nei confronti 
di concreti provvedimenti, spettanti agli organi centrali delle Federazioni. 
Le singole Casse provinciali non sono, perci�, suscettibili di essere 
considerate �in s� e per s� �, come altrettante istituzioni locali, avulse 
dal complesso sistema in cui sono organicamente inquadrate. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

118 

N� pu� fondatamente dubitarsi della costituzionalit� della normativa 
a suo tempo dettata dalle leggi statali che le hanno in tal modo 
configurate, attribuendo tra l'altro alle Federazioni gli svariati poteri 
cui si � sopra accennato. Ed invero, fermo restando. che, come rilevato 
dal punto 4, la potest� legislativa della Regione siciliana di cui all'articolo 
17 dello Statuto incontra il limite dei principi ed interessi della 
legislazione statale, sta di fatto che, al momento in cui quelle leggi 
furono emanate, la Regione non aveva posto in essere alcuna diversa 
disciplina della materia. Di guisa che lo Stato conservava la pienezza 
della propria potest� legislativa e poteva validamente esplicarla sull'intero 
territorio nazionale, nei modi e con i contenuti ritenuti politicamente 
pi� opportuni. N� la situazione pu� dirsi mutata a seguito 
delle leggi regionali n. 30 e n. 31 del 1966, come meglio si vedr� 
appr'esso . 

.$ono perci� manifestamente infondate le questioni di legittimit� 
costituzionale sollevate incidentalmente dalla difesa della Regione nei 
confronti delle disposizioni delle leggi nazionali (non sempre, d'altronde, 
specificamente indicate) che concorrono a determinare la struttura 
territorialmente articolata, ma sostanzialmente unitaria, delle tre 
Federaziooi. 

Dalle considerazioni fin qui svolte consegue che il ricorso regionale 
contro la nomina da parte del Ministero per il lavoro di alcuni 
sindaci di Casse provinciali siciliane per gli esercenti attivit� commerciali, 
oggetto del primo giudizio, deve essere respinto; mentre 
vanno accolti, all'inverso, quelli p:mposti dallo Stato contro il provvedimento 
di scioglimento della Cassa artigiani di Catania, adottato dal-
l'Assessore regionale per il lavoro, e contro la circolare dell'Assessorato 
medesimo che formano oggetto degli altri due giudizi. 

Non vale invocare in linea subordinata, come fa la difesa della 
Regione, le leggi regionali n. 30 e n. 31 del 25 novembre 19616 (della 
cui validit� non sorge adesso questione), giacch� l'essersi in tali leggi 
stabilita la possibilit� di controlli, peraltro non meglio specificati, dal-
l'amministrazione regionale sulla gestione dei contributi finanziari 
dalla. stessa erogati -limitatamente, si badi, alle sole Casse artigiani 
esistenti in Sicilia, nonch� nell'ambito delle loro prestazioni assistenziali 
facoltative -non rappresenterebbe base efficiente per fondarvi 
il potere della Regione di impartire ad esse direttive, n� tanto meno 
quello di scioglimento e di nomina di un commissario, essendo questo 
ultimo un potere che, spettando per l'innanzi alle Federazioni, non era 
compreso, secondo si � detto al punto 3, nel trasferimento alla Regione, 
n� rientrerebbe comunque tra quelli di vigilanza e di controllo (sent. 

n. 164 del 1972). -(Omissi.s). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZION�LE E INTERNAZIONALE 119 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1972, rl. 221 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Mortati -Cioni (n..c.), Arcispedale S. Maria Nuova 
(n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello 
Stato Savarese). 

Corte Costituzionale -Giudizi di le~ittimit� costituzionale in via inci


dentale -Questione sollevata dopo regolamento di giurisdizione 


Inammissibilit�. 

('Cost .. art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; c.p.c., artt. 41, 367; 1. 15 luglio 
1966, n. 604 e art. 1). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 
deiza le�gge 15 luglio 1966, n. 604, recante norme� sui licenziamenti individuali, 
perch� sollevata dopo la proposizione del rego,lamento di 
giurisdizione nel giudizio a quo (1). 

(Omissis). -1. -Il ~retore di Firenze ha sollevato questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 1 deUa legge n. 604 del 1966 (che 
richiede la giusta causa per la validit� dei licenziamenti individuali 
dei prestatori d'opera nei rapporti a tempo indeterminato), nella parte 
in cui viene a limitare, secondo l'interpretazione datane dalla Cassazione, 
la competenza pretorile a conoscere delle controversie derivanti 
dall'applicazione della legge stessa solamente-quando riguardano dipendenti 
da enti pubblici economici, escludendola nei �confronti di 
quelli appartenenti ad altri enti pubblici, con conseguente violazione 
dell'art. 3 della Costituzione, in quanto induce a carico di questi ultimi 
l'onere di� far ricorso a rimedi giurisdizionali meno rapidi e pi� 
dispendiosi, e con violazione altresi degli artt. 4, 25 e 35 della� Costituzione. 
Ritiene il pretore di essere abilitato a sollevare� la detta que


(1) Sulla sospensione ipso iure del giudizio per effetto della propo.
sdzicme del regolamernto di giuriiSdizione: Casis., Sez. Un., 17 febbraiio 
1965, n. 259 in Giust. civ., 1965, I, 666 e 11 dicembre 1950, n. 21705 in Foro 
it. Rep:, 1950, v. Competenza civ., nn. 450 e 451. 
Pienamente aderente alla giuriisprudenza de1ila Ooote 1n tema di rilevanza 
('SeltlJ1;. 19 ~nnaio 1972, n. 7 e 19 aipriJ.e 1972, n. 63 in Sent. Or~. Corte 
Cost. 1972, 24 �e 238) � \l'accenno ail. di:Letto attuale di ri.levanza della questione 
!(l'roposta: ii1. Pretore potrebbe d�nf�tti trOV1arsi nella nece1ssit� di dare 
applicazione alla norma sospettaita di incostituzd01I11aUt� solo nella ipotesi 
di una pronuncia afiermartiva delJ.a giuxisdizione del gli:udice ordinario. 

La questione di iegittimit� costituzionale degli artt. 41 e 367 c.p.c., che 
la Corte neUa presente sentenza non ha esaminato perch� non ritualmente 
prospettata dall'ordinanza di rimessione, � stata poi specificamente sollevata 
dal Pretore di Roma con ordinanza 10 febbraio 1971, in Giust. civ., 1971, 
III, 173, con nota. 



120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO BTATO 

stione (rilevante per il giudizio di merito) nonostante fosse stato in 
prec.edenza proposto dall'ente convenuto rico.rso per regolamento di 
giurisdizione, poich�, mentre tale ricorso non determinerebbe l'automatica 
.sospensione del corso della 'causa, la questione stes�sa deve ritenersi 
logicamente antecedente e prevalente, in quanto pregiudiziale, 
rispetto ad ogni altra. 

2. -Le deduzioni dell'ordinanza per ultimo riferite circa l'ammissibilit� 
della questione non sono da accogliere. Infatti risulta dagli 
artt. 41 e 367 c.p.c. che la proposizione del ricorso alle sezioni unite 
della Cassazione, per lo stesso carattere preventivo da essa rivestito, 
obbliga il giudice davanti a cui pende la causa a disporre, con ordinanza 
non impugnabile, l'immediata sua sospensione. Non � il caso 
di indugiare sui dubbi prospettati dal giudice a quo circa l'automaticit� 
delia sospensione e la sorte degli atti che fossero compiuti in 
deroga all'obbligo di disporre la sospensione stessa, poich�, comunque 
tali rilievi si apprezzino, � certo che il ricorso spoglia il giudice stesso 
di ogni competenza a conoscere o a disporre della o sulla questione 
giurisdizionale. Non � dubbio che richiedere alla Corte una pronuncia 
sull'eccezione di costituzionalit� costituisce atto d'esercizio di quella 
competenza, che � invece precluso. 
I

Ci� ai '8ensi del citato art. 41, in ordine al qua,le non � stata sollevata 
alcuna eccezione di incostituzionalit�, tale non� potendosi riteI 


I 
I
rn 

nere il generico accenno contenuto solo nella motivazione dell'ordi


nanza in forma del tutto eventuale e senza alcuna indicazione delle 
norme costituzionali cui la disposizione stessa contrasterebbe. 

Il �carattere pregiudiziale attribuito all'eccezione �stessa avrebbe 
giust�ficato la sua proposizione in limine litis, e comunque anteriormente 
al ricorso per regolamento. Ma, una volta intervenuto quest'ul


I

timo, il potere ad essa relativo deve ritenersi trasferito alla Corte di 

cassazione. 

Da quanto precede si deve argomentare anche il difetto di rilevanza 
dato che la pronuncia che la Corte emanasse sulla questione 
nessun effetto potrebbe avere sull'ulteriore corso del �giudizio avanti 
al pretore. Infatti la prosecuzione del medesimo si renderebbe possibile 
esclusivamente in virt� del riconoscimento della giurisdizione che 
fosse fatto da parte della suprema Corte. -� (Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 ottobre 1972, n. 2914 -Pres. 
Rossano -Rei. De Santis -P. M. Tavolaro (conf.) -D'Ambruoso 
(avv. Leonetti) c. Ente di Sviluppo in Puglia e Lucania (avv. 
Stato Carafa). 

Competenza e giurisdizione -Agricoltura e foreste -Enti di sviluppo Assegnazione 
delle terre di riforma -Natura e contenuto dei rapporti 
con l'assegnatario. 

(1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 16, 17, 18 e 23; 1. 21 ottobre 1950, n. 841; 
1. 29 maggio 1967, n. 379, art. 1). 
n contratto che ineris.ce aUa �Concessione o� che costituisce io strumento 
mediante ii quale La concessione si attua crea situazioni di diritto 
soggettivo in favore del concessionario, ma queste sit.uazioni mentre 
sono nei confronti dei terzi dei tutto inattaocabiii, costitiuendo diritti 
soggettivi perfetti, nei confronti detl'Amministrazione concedente sono 
subordinate al permanere deUa concessione, costituendo dei diritti affievoliti 
nei senso che, indipendentemente daUe cause di estinzione previste 
dal diritto privato e proprie dei rapp01-to instaurato co'lt ii contratto, 
la pubblica Amministrazione ha ii potere� di imporne� il sacrificio 
facendo venir meno ii presupposto costituito dalla concessione : fattispecie 
riguardante la posizione di un'CIJssegnatario cLi terreni da parte 
cLi un ente di sviluppo (1). 

(Omissis). -L'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione 
fondiaria in Puglia e Lucania assegnava, nel 1960, a Cosimo 

(1) La importainz:a della sentenza di cui si tratta, che conclude conseguentemente 
affermamdo per la specie la giurisdizione del Consigltio di 
Starto, sta nel :rii.esame apipll'odlondito di tutti ~ a51P�1tti della qruestione 
con:s1deTarta alla str:eg.ua anche della legige n. 379 deJ. 1967 e della prr:ecedente 
giuri.spl'udenzia. Se ne ritiene pwci� opiportuna La p1UJbblicazione 
integirale. La sentenza 10 1dicem1bve 1959, n. 3527, rfohiamata in quella, di 
cui si tratta, trovasi pubbUcata dn Giust. civ. 1960, I, 495. In argomento 
ok. pure Oass. 10 luglio 1963, n. 1863, Cass. '29 ottob:r�e 19i6�3, n. 2887, 
Cass. 11 novembre 1961, n. 2644, Cass., Sez. Un., 22 a!Priile 19-60, n. 905, 
Cass. 19 ,gJ.ugno 1957, n. 2337 e Cass. 15 mru-zo 19'57, n. 914. 
(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
anche l'avv. Carlo CARBONE. 



122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

D'Ambruoso, in applicazione delle leggi di riforma fondiaria, un fondo 
esteso ha. 19.15.50 sito in agro del comune di Mottola, stipulando in 
data 16 marzo, con esso D'Ambruoso, un contratto denominato di assegnazione 
e vendita di terreni. 

Con provvedimento in data .2 maggio 1966, il presidente dell'ente 
anzidetto, rilevato che il D'Ambruoso aveva abbandonato il podere 
affidandolo a tal Giulio Fasano, il quale da oltre cinque anni lo conduceva 
a mezzadria, che pertanto erano venuti meno i presupposti per 
l'assegnazione, deliberava di revocarlo, disponendo il rilascio del terreno 
da parte del D'Ambruoso. 

Questi insorgeva contro tale provvedimento dinanzi al Consiglio 
di Stato denunziandone l'illegittimit� e chiedendone perci� l'annulJamento. 


L'Ente di sviluppo resisteva ed il Consiglio di Stato, �con decisione 
del 24 febbraio 1970 l"espingeva la domanda. 

Il O'Ambruoso ha proposto rkorso a queste Sezioni Unite denunziando, 
con unico mezzo, illustrato successivamente con memoria, il 
difetto di giurisdizione dell'organo della giustizia amministrativa. 

L'Ente di sviluppo resiste mediante controricorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il D'Ambruoso sostiene, a fondamento del suo rkorso, che la posizione 
dell'assegnatario di terreni, in base alla legge 12 maggio 1950, 

n. 320 (colonizz�azione della Sila) ed alla legge 21 ottobre 1950, n. 841 
sulla riforma fondiaria (cosiddetta legge stralcio) � quella di titolare 
di un diritto soggettivo perfetto, la cui tutela contro atti lesivi, secondo 
i noti criteri di discriminazione, spetta all'autorit� giudiziaria ordinaria 
e non agli organi di giurisdizione amministrativa, poich� la competenza 
di questi, salvo i casi di giurisdizione esclusiva, � ristretta al 
campo degli interessi legittimi. Ulteriormente sviluppando questo assunto, 
il D'Ambruoso ricorda che l'assegnazione in suo favore, in conformit� 
dell'art. 17 legge n. 230 del 1950, ha avuto� luogo con contratto 
di vendita, con pag�amento rateale del prezzo e con patto di riservato 
dominio a favore dell'Ente di sviluppo. 
Il rapporto instaurato in tale modo rientra perci�, ad avviso del 
ricorrente, totalmente nell'ambito del diritto privato., creando a favore 
suo un diritto soggettivo perfetto. L'inadempimento agli obblighi assunti 
dall'assegnatario pu� determinare la risoluzione del rapporto e 
conseguentemente l'estinzione del �diritto, ma in caso� di controversia 
tra le parti, la sussistenza della causa di risoluzione deve essere valutata 
unicamente dall'autorit� giudiziaria ordinaria, esclus�a ogni possibilit� 
di revoca unilaterale da parte della pubblica Amministrazione. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 123 

questo assunto non pu� essere condiviso. 

Nel ricercare quale sia la natura ed il contenuto del rapporto. che 
si instaura con l'assegnazione delle terre di riforma non si puo mvero 
prescindere da un punto fondamentale, che � il seguente: gli enti di 
riforma (ora enti di sviluppo) sono enti pubblici e, quello che ancora 
pi� conta, sono pubblici, i beni oggetto dell'assegnazione. I terreni, 
provenienti da espropriazioni in danno di privati proprietari sono infatti 
trasferiti agli enti anzidetti per il raggiungimento di fini di interesse 
pubblico e cio� dei fini propri della riforma fondiaria e di quella 
agraria, che, come � noto, sono fondamentalmente quelli della migliore 
ripartizione della propriet� fondiaria e della valorizzazione delle terre, 
attraverso una trasformazione delle colture. 

Sempre per il raggiungimento di tali finalit�, la legge prescrive 
�che l'assegnazione sia fatta in favore di lavoratori manuali della terra, 

entro tre anni dal giorno dell'avvenuta presa di possesso .da parte del-

1'.ente (artt. 16 e 20 legge n. 230 del 1950). 

Movendo dalle precedenti considerazioni (natura pubblica dell'ente 

che fa l'assegnazione e natura pubblica dei beni da assegnare) queste 

Sezioni Unite ritengono non potersi dubitare che alla base del rapporto 

in esame sia una concessione amministrativa, cio� un atto amministra


tivo idoneo di per s� a costituire nuovi poteri e diritti che ampliano 

la sfera giuridica del privato concessionario, rispetto al bene che . � 

oggetto della concessione. 

Il fatto poi che la legge stessa jmponga di attuare l'assegnazione 

mediante un con.tratto qualificato di vendita, .introduce indubbiamente 

nel rapporto elementi privatistici ma non vale ad attrarre il rapporto 

stesso totalmente nell'ambito del diritto privato. 

Il contratto che la legge qualifica di vendita con pagamento ra


teale e con patto di riservato dominio non � in fondo che lo strumento 

mediante il quale l'assegnazione viene fatta. 

Che si tratti di uno strumento proprio del diritto privato sarebbe 

addirittura assurdo contestare, � ugualmente certo che l'adozione di 

tale strumento comporti l'insorgere di situazioni riconducibili nell'am


bito dei diritti soggettivi perfetti e ad un determinato momento, il 

definitivo trasferimento del bene nel patrimonio del privato e nella 

piena d~sponibilit� dello stesso, con il conseguente venir meno di ogni 

potere della pubblica Amministrazione su di esso. Ma fino a quando 

ci� non .si verifichi, la pubblica Amministrazione conserva i poteri che 

ha normalmente in caso di concessione, compreso quello di revoca, per 

esserne venuti meno i presupposti. 

Ci� del resto, per quanto attiene alla materia in esame, � conse


guenza tanto necessaria quanto evidente del fatto che con l'assegna


zione non si esaurisce la funzione dell'Amministrazione che, come si 


124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� gi� accennato, non � infatti soltanto quella della riforma fondiaria 
(migliore distribuzione della propriet� fondiaria) ma anche quella �lella 
trasformazione e del miglioramento dei terreni, che l'assegnatario ha 
l'obbligo di attuare mediante la creazione di appropriata impresa agraria, 
sotto la direzione e la sorveglianza dell'Amministrazione pubblica. 

Anche dopo l'assegnazione dunque resta all'Amministrazione una 
funzione da svolgere, funzione che caratterizza la sua ulteriore attivit� 
ed alla quale sono correlativi i poteri, che nella specie sono stati 
esercitati mediante la revoca della concessione. 

Si verifica cio� nel caso dell'assegnazione dei terreni di riforma 
quanto accade normalmente nelle ipotesi di cosiddette concessionicontratto. 


II contratto, che inerisce alla concessione o che costituisce lo strumento 
mediante il quale la concessione si attua, crea mtuazioni di 
diritto soggettivo in favore del concessionario ma mentre queste situazioni 
sono, nei confronti dei terzi, del tutto inattaccabili, costituendo 
cio� diritti soggettivi perfetti, nei confronti del!'Amministrazione concedente 
esse sono subordinate al permanere della concessione: sono 
perci� di diritti affievoliti nel senso che, indipendentemente dalle cause 
di estinzione previste dal diritto privato e proprie del rapporto instaurato 
con il contratto, la pubblica Amministrazione ha il potere 
di imporne il sacrificio, facendo venir meno il presupposto costituito 
dalla concessione. 

La disciplina positiva della particolare materia in esame non contrasta 
ma anzi pienamente conforta quanto innanzi si � esposto. Che 
il contratto di diritto privato sia un mero strumento per l'attuazione 
dell'assegnazione risulta invero testualmente dal disposto dell'-art. 17 
legge n. 230 del 1950 che recita: � L'assegnazione � fatta con contratto 
di vendita... �. 

Che l'adozione di questo strumento non implichi disinteresse della 
pubblica Amministrazione per l'ulterfore sorte dei beni si evince poi 
da una serie di disposizioni, tra cui meritano particolare menzione 
quelle degli artt. 18, primo comma, e 23 della legge sopra citata 

(n. 230 del 1950). 
La prima norma stabilisce: �Nel �contratto (cio� quello di vendita, 
mediante il quale si attua l'assegnazione) � previsto un periodo 
di prova di tre anni sotto condizione dsofativa espressa�. 

La seconda prescrive che l'assegn1;1tario faccia parte per venti anni 
dalla stipulazione del contratto di vendita, di cooperative o consorzi 
promossi o costituiti per garantire l'assistenza tecnica ed economicofinanziaria 
alle nuove piccole propriet� coltivatrici. 

Per l'inadempienza a tale obbligo � sancita nel secondo comma 
dell'art. 23 la decadenza dall'assegnazione pronunciata dall'ente. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 125 

Queste disposizioni sono tanto chiare da meritare assai breve 
commento. 

Occorre cio� soltanto osservare se l'art. 18 relativamente alla 
prescrizione del periodo di prova stabilisce che il mancato superamento 
di esso opera come condizione risolutiva espressa, tuttavia la 
terminologia adoperata non pu� significare che anche in proposito si 
sia voluto far ricorso ad uno strumento proprio dei negozi di diritto 
privato. 

Basti considerare che spetter� sempre all'ente che ha fatto l'assegnazione 
di 'stabilire se il periodo di prova � stato favorevolmente 
superato, con valutazione che, per la sua stessa natura, comporta apprezzamenti 
discrezionali. 

Il testo dell'art. 23 basta invece da solo a superare l'assunto del 
ricorrente secondo il quale, a tutto concedere, solo nei limiti temporali 
del periodo di prova, :potrebbe essere riconosciuto all'Amministrazione 
un residuo potere �di rimuovere l'assegnazione, facendone cessare 
gli effetti. 

La disposizione di legge in esame dimostra invece che il potere, 
connesso alla funzione relativa al promovimento della riforma agraria, 
perdura oltre il periodo di prova sino al definitivo trasferimento della 
propriet� del bene al privato. 

Nell'.esame della ,disciplina positiva della materia non vanno infine 
trascurate, ma h_anno invece anch'esse rilevante importanza, le 
norme che impongono la rateizzazione del prezzo con riservato dominio 
a favore dell'ente e vietano il riscatto anticipato (artt. 17 e 18 
legge n. 230 del 1950). Queste disposizioni stanno anch'esse a dimo.
strare che il legislatore, lungi dal disinteressarsi della sorte dei fondi 
nel tempo successivo all'assegnazione, ha voluto che questa non comporti 
l'immediato definitivo acquisto della propriet� da parte dell'assegnatario 
onde consentire che l'ente di riforma continui ad esercitare 
la funzione che gli � propria, relativa alla riforma agraria. 

Le norme sopra richiamate sono state peraltro modificate dalla 
legge 29 maggio 1967, n. 379 e da ci� la difesa del ricorrente ha tratto 
nuovo a.rgomento a sostegno della sua tesi, secondo la quale l'assegnazione 
attuata mediante contratto di vendita determina una situazione 
di diritto soggettivo perfetto a favore dell'assegnatario e fa venir meno 
.ogni potere dell'Amministrazione relativamente al bene assegnato. 

Senonch� la modificazione delle norme sulla riforma fondiaria, 
introducendo una deroga al divieto precedentemente stabilito dalla 
legge, non ha dato all'assegnatario una piena ed illimitata facolt� di 
riscatto delle annualit� previste dell'atto di assegnazione. 

Ha invece stabilito che il riscatto sia possibile solo dopo sei anni 
dall'ammissione in possesso e sempre 'Che l'assegnatario o l'avente 


126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

causa abbia adempiuto gli obblighi essenziali derivanti �dal rapporto 
di assegnazione (art. 1 legge n. 379 del 1967). 

Orbene se � innegabile che con le modificazioni introdotte si migliora 
la situazione dell'a..ssegnatario, consentendogli di diventare in 
tempo pi� breve titolare di un diritto di propriet� sul terreno, nondimeno 
le nuove norme confermano d'altra parte che la finalit� perseguita. 
dalla pubblica Amministrazione �, oltre che quella della riforma 
fondiaria anche quella della riforma agraria; pertanto il diritto 
di riscatto delle annualit� rimane ancora escluso per sei anni dall'ammissione 
in possesso ed anche oltre i sei anni, se non siano stati operati 
la trasformazione ed il miglioramento dei terreni. 

Ad ogni modo fino a quando il riscatto non sia stato esercitato, 
con il definitivo acquisto della propriet� da parte dell'assegnatario, 
restano pienamente valide tutte le ragioni innanzi esposte per dimostrare 
la persistenza del potere di revoca della concessione, nei limiti, 
si intende, risultanti dalla legge. 

Occorre a questo punto occuparsi, sia pur brevemente, di un altro 
argomento su cui viene fondata la difesa del ricorrente, che mostra di 
attribuire ad esso la massima importanza. 

Si sostiene cio� che questa Corte, con varie sentenze, per la maggior 
parte delle sezioni semplici, abbia gi� ripetutamente riconosciuto 
che la situazione dell'assegnatario � quella di titolare di un diritto 
soggettivo perfetto, e che costituisce pertanto una deviazione da tale 
indirizzo giurisprudenziale quello, assolutamente costante, del Consiglio 
di Stato, che si riconosce competente a decidere nelle controversie relative 
alla revoca dell'assegnazione. 

� chiaro �che quand'anche l'assunto del D'Ambruoso rispondesse 
ad esattezza, quand'anche esistessero precedenti decisioni favorevoli 
alla tesi che egli propugna nella presente causa, ci� non avrebbe esonerato 
la Co�rte dal verificarne la rispondenza ad esatti criteri giuridici. 

Tuttavia l'esame delle decisioni richiamate dal ricorrente porta ad 
escludere che se ne possa desumere argomento che giovi per la risoluzione 
della presente controversia in senso favorevole al D'Ambruoso. 

In nessuna delle sentenze anzidette, e, per quanto risulta, in nessun'altra 
decisione, questa� Corte ha avuto modo di occuparsi direttamente 
della posizione dell'assegnatario nei .confronti dell'ente di riforma 
(ora di sviluppo) che ha disposto l'assegnazione del fondo, poich� 
le controversie decise riguardano l'assegnatario e i terzi. In una sola 
controversia, quella decisa con sentenza n. 3527 del 1959, fu parte 
l'Ente di riforma, ma la disputa ebbe un oggetto del tutto particolare 
e tale da non consentire di desumerne alcun argomento utilizzabile 
nella presente causa. Un esattore delle imposte aveva infatti pi�gnorato 
per un debito di imposte dell'assegnatario il fondo che questi aveva 
ricevuto. Di qui l'opposizione, con la quale l'Ente deduceva la impi



-


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 127 

gnorabilit� del bene ai sensi dell'art. 18, ultimo comma, della legge 

n. 230 del 1950. L'esattore promosse allora regolamento preventivo di 
giurisdizione e questa Corte decise che in effetti l'opposizione non potesse 
�ssere proposta per mancato adempimento del precetto del solve 
et repete, che, come � noto, � stato poi eliminato dal nostro ordinamento, 
per riconosciuta illegittimit� costituzionale. 
In detta sentenza si espong0tno � vero alcune considerazioni, in 
gran parte desunte da altra precedente sentenza (n. 2337 del 1957) 
circa la natura del rapporto cui l'assegnazione d� luogo ma, a parte 
la �circostanza gi� accennata della particolarit� dell'oggetto della controversia, 
alla cui decisione le anzidette considerazioni non erano neppure 
necessarie, sta di fatto che queste considerazioni, come tutte 
quante le altre contenute in altre sentenze (e particolarmente in quella 

n. 2337 del 1957) non si pongono in contrasto ma, anzi, confortano 
quanto innanzi si � detto circa il persistere di un potere della pubblica 
Amministrazione dopo l'assegnazione dei terreni di riforma. 
L'indagine compiuta da questa Corte era invero nei casi precedentemente 
risolti diretta soprattutto ad identificare la vera natura 
ed il contenuto del contratto di vendita mediante il quale si attuano 
le assegnazioni dei terreni di riforma. La conclusione raggiunta era 
quella che, malgrado la denominazione datagli dalla legge, si tratta 
di uno speciale negozio sui generis, nel quale ineriscono particolari 
finalit� di diritto pubblico, sicch� solo nella situazione finale prevista 
sono identificabili gli elementi propri della vendita. 

Che, trattandosi comunque di uno strumento elaborato sulla base 
di istituti propri del diritto privato, venisse riconosciuta all'assegnatario 
una posizione di diritto soggettivo era del tutto logico�, n� tale 
affermazione sembra da rivedere o modificare, ma soltanto da completare 
e chiarire nel senso che gi� innanzi � stato spiegato. 

Quello che importa � che dai precedenti giurisprudenziali di questa 
stessa Corte � facilmente desumibile il seguente concetto informatore 
delle decisioni adottate: che �con l'assegnazione fatta mediante contratto 
di vendita non si esaurisce cio� la funzione dell'ente di riforma, 
la quale perdura invece sino al definitivo trasferimento del bene, con 
la conseguenza gi� enunciata del persistere altresi del potere di incidere, 
con� atto amministrativo, nelle posizioni di diritto soggettivo che 
l'assegnazione mediante contratto di vendita ha creato a favore dell'assegnatario. 


Insomma non vi � ragione per negare che dal contratto di vendita 
con �cui si fa l'assegnazione sorgano diritti soggettivi a favore dell'assegnatario 
ma, come si � gi� detto, trattandosi di diritti la cui origine 
ed il cui fondamento � in una concessione, esisi sono subo:vdinati al 
permanere della concessione e vengono perci� meno con la revoca 
di questa. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

128 

Da tutto quanto innanzi si � esposto deriva, relativamente al problema 
della discriminazione della giurisdizione, che quando l'Amministrazione 
si avvalga del potere di revoca della concessione, la controversia 
determinata dalla contestazione che il privato muove sulla 
legittimit� della revoca stessa, rientra nella competenza giurisdizionale 
degli organi della giustizia amministr-ativa, anche se la decisione 
� destinata a svolgere altres� effetti nel campo dei diritti soggettivi 
nascenti dal contratto. L'estinzione di questi 1sar� invero semplice conseguenza 
dal venir meno della concessione che costituisce il presupposto 
del contratto, fermo restando che oggetto della controversia � 
la legittimit� della revoca della concessione amministrativa ri1spetto 
alla quale la posizione del concessionario non pu� essere che quella 
del titolare di un interesse legittimo. 

Quando viceversa la concessione non venga in discussione ma si 
contenda unicamente de.gli obblighi derivanti dal contratto, la competenza 
a decidere spetta �all'autorit� giudiziaria ordinaria. 

Nessun dubbio pu� esservi infine, e non � stato in realt� neppure 
prospettato, che nella specie non venivano in discussione inadempienze 
di obblighi nascenti meramente dal contratto di vendita: l'obbligo di 
coltivare direttamente il fondo, al pari di quello di far parte di cooperative 
o consorzi di coltivatori diretti non � infatti in alcun modo 
ricollegabile allo schema della vendita, sia pure con le peculiarit� gi� 
poste in rilievo. 

La questione invece riguardava il venir meno delle condizioni 
necessarie per ottenere e conservare la concessione di terreni dell'Ente 
�di riforma. 

Esattamente perci� ha deciso il Consiglio di Stato ritenendo che 
la controversia rientrava nella sua competenza giurisdizionale. 

Il ricorso del D'Ambruoso deve essere pertanto rigettato con la 
conseguente sua condanna alla perdita del deposito nonch� a rimborsare 
alla controparte le spese del presente giudizio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Uri., 7 ottobre 1972, n. 2918 -Pres. 
Stella Richter -Rei. Jannitti Piromallo -P. M. Tavolaro (conf.) Consiglio 
Superiore della Magistratura (avv. Stato Azzariti Giorgio) 
<1. Pone, Boccasini ed altri (n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Atti del Consiglio 
Superiore della Magistratura riguardanti la convalida della 
elezione dei suoi componenti -Sindacato delPAutorit� giudiziaria 
ordinaria -Ammissibilit�. 

(I. 24 marzo 1958, n. 195, artt. 1, 4, 17 e 20). 
La deliberazione, co11i la quale il Consigiio superiore deUa magistratura, 
in sede di verifica dei titoli di ammissione dei C'ompo11ienti 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 129 

eletti dai magistrati e di decisione dei recl.ami attinenti aUe� elezioni, 
annuili nomine proclamate dali'ufficio elettomle centrale presso la 
Cort? di cassazione e proce.de ad aitre nomine interpretando le norme 
in materia, � soggetta al sindacato deH'autoritd giudiziaria ordinaria (1). 

(1) La impoirtante sentenza delle Sezioni Unite della Coil"te di Cassazione 
tirovasi p>UJbibUcata rper esteso in Foro it., 1972, I, 2762 COltl nota redaziooaile. 
Cass., :Sez. Un., 10. marzo 1971, n. 6�74, Cons. di Stato, 6 arp1ri'.Le 1971, n. 3, 
Corte Cost., 2 febbraio 1971, n. 12, 14 mag,gio 1968, n. 44 e 30 giugno 1964, 
n. �66, ricl�amaite nella SEmtenza, di cui si tratta, tirovansi pubblicate rispettivamente 
in questa Rassegna, 1971, I, 251; 1971, I, 808; 1971, I, 230; 1968, I, 
353 e 1964, I, 985. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 ottobre 1972, n. 3082 -Pres. 
Gionfrida -Rel. Cusani -P. M. Trotta (conf.) -Martini (avv.ti 
Danesi e Riccio) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Tracanna). 

Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo -Cittadino 
italiano danneggiato da atti ablativi delle potenze nemiche -Diritto 
soggettivo all'indennizzo -Esclusione -Giurisdizione del 
Consiglio di Stato. 

(1. 24 novembre 1948, n. 1493 e 1. 29 ottobre 1954, n. 1050). 
La posizione dei titolari di beni ed interessi italiani all'estero, 
perduti per l'applicazione� degli artt. 74 e 79 del Trattato di pace, 
non � diversa da quella degH altri danneggiati di guerra e quindi 
(fatta salva la diversa ipotesi dei beni situati in territori gid italiani 
e ceduti con il Trattato di pace) non assume la consistenza di diritto 
soggettivo n� riguardo alla concessione deU'indennitd o del contributo 
di ricostruzione n� riguardo alla determinazione della loro misura, ma 
� da configurarsi come interesse legittimo ed in quanto tale � susce-ttibile 
di tutela giurisdiz,ionale soltanto davanti agli organi della giustizia 
amministrativa (1). 

(1) Giurisrprudenza ,costante della Corte� di Cassazione e del CoIJJSiglio 
di Stato. Cfr. Oaiss., Sez. Un., 19 settembre 1967, n. 2183, in questa Rassegna, 
1967, I, 964, Cass. Sez. Un., 5 agosto 1958, n. 2872, in Foro it., 1958, I, 1246 
e Cons. Stato, 30 luglio 1965, n. 537, in Foro amm., 1965, I, 2, 952. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

130 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 novembre 1972, n. 3436 -Pre'S. 
Pece -Re.i. Miele -P. M. Secco (conf.) -Curatela del fallimento 
della ditta Formica Vito (avv. Cannizzo) c. Amministrazione delle 
Finanze dello Stato (avv. Stato Tracanna). 

Competenza e ~iurisdizione -Imposte e tasse in ~enere -Estimazione 
semplice -Concetto. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; t.u. 28 agosto 1877, n. 4021, art. 53; 
r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). 
Si ha questione di estimazione semplice tutte le voite� in cui si 
controverte sulla sussistenza del cespite tassato oLtre che sulla sua 
misura, senza che occorra procede1�e ad esaminare e risolvere questioni 
giuridiche (1). 

(Omissis). -Preliminarmente il ricorrente curatore, in relazione 
all'attuale giudizio di cassazione, eccepisce la illegittimit� costituzionale 
degli artt. 375 e segg. c.p.c. e 138 disposizioni attuazione nella 
parte in cui si prevede che la Corte pronunzi in camera di consiglio 
su richiesta del P. M. o d'ufficio, ordinanza di inammissibilit� del ricorso 
o di rigetto di esso per mancanza di motivi. Tale eccezione, di 

�cui non si indicano le ragioni, non ha alcun rilievo nella presente 
controversia, essendo stata la causa chiamata all'udienza pubblica, onde 
non si ravvisa alcuna pregiudizialit� costituzionale all'attuale controversia 
(art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87). 

Il ricorrente eccepisce ancora la illegittimit� costituzionale dell'art. 
379 c.p.c. nella parte in cui prevede che il P. M. espone le sue 
motivate conclusioni dopo la difesa delle parti, in quanto ci� sarebbe 
in contrasto con gli artt. 2, 3, 24 della Costituzione. 

L'eccezione � manifestamente infondata. Invero la circostanza che 
il P. M. concluda all'udienza dopo che le parti hanno esposte le loro 
difese, non importa menomazione alla difesa, vertendo la discussione 

(1) Giurisprudenza costante della Cm-te di Cassazione. Cfuo. per tutte 
da ultimo Cass., 24 aprile 1970, n. 2281 e Caiss. 13 maggio 1968, n. 1488", entrambe 
citate in quella, di cui si tratta, pubblicate rispeittivamente in Foro 
it., 1970, I, 1899 e in Riv. leg. fisc., 1968, 1'671. V. pure in ar<gomento I giudizi 
di costituzionalit� ed il contenzioso dello Stato nel quinquennio 1966-70, 
vol. II, 481-482. 
Si pubblicano tuttavia integralmente i motivi delila decisione petl'C:h� 
con �essa v:erigono dichiarate manifestamente infondate talune questioni di 
legittim1t� p!t'ospettate dal ric0ttenite circa La posizione del P.M. nel giudizio 
davanti alla Corte idi Cassazione, la esclusione dalla giurisdizione de:Ll.'Autorit� 
giudiziaxia ordinaa'ia delle contro'\'ersie relative ailla semplice estimazione 
dei redditi inonch� circa la nomina e ~a composizione del�le Clo:mmissioni 
tributarie. 



PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 131 

del P. M. solo sui motivi proposti dalle parti o sui quali queste ultime 
hanno avuto la possibilit� di svolgere completamente le loro ragioni. 
llloltre l'art. 379 c.p.c. d� alle parti facolt� di presentare per scritto 
brevi osservazioni siulle conclusioni del P. M., onde, anche per tal via, 
sussiste ampia possibilit� di difesa. 

Il ricorrente deduce poi che la norma la quale prescrive che il 

P. M. debba assistere alla decisione della causa. (art. 380 c.p.c.) sarebbe 
in contrasto con gli ar.tt. 24, 104 e 108 della Costituzione. 
Anche questa eccezione � manifestamente infondata. Nell'ordinamento 
giudiziario (art. 76 del r.d..30 gennaio 1'941, n. 12) e nel codice 
di procedura civile (art. 379) � stabilito che nelle udienze civili della 
Cassazione intervenga il P. M., il quale deve anche assistere (art. 380 
c.p.c.) alla deliberazione della sentenza. 

Si � gi� detto sopra che l'attivit� requirente del P. M. all'udienza 
non menoma in alcun modo le po8sibilit� di difesa delle parti intervenute 
nel giudizio. Va affermato che anche l'a�ssistenza del P. M. alla 
decisione della causa non pone affatto in posiz.ione di minorata difesa 
le parti alla decisione della causa. 

Il ricorrente deduce, che tale assistenza comporterebbe una menomazione 
del diritto di difesa, garantito in modo assoluto dall'art. 24 
della Costituzione in ogni stato e grado del procedimento. 

Tale deduzione non pu� essere condivi�sa. 

Gi� questa suprema Corte, con seJ!tenza a sezioni unite del 4 ottobre 
1969, n. 3176, ha giudicato manifestamente infondata tale eccezione. 

Con la predetta sentenza fu posto in evidenza la posizione di organo 
giurisdizionale super partes che �compete al procuratore generale 
che conclude in Cassazione essendo egli disimpegnato dalla titolarit� 
di una posizione soggettiva sostanziale e vegliando esclusivamente alla 
retta applicazione del diritto oggettivo. 

Ci� premesso, va rilevato che, pur accedendo ad una concezione 
ampia del diritto di difesa inteso come possibilit�, non solo di prospettare 
le argomentazioni a favore della propria tesi, ma anche di 
controbattere, con pienezza di cognizione, le argomentazioni delle controparti, 
tale diritto di difesa non resta menomato dall'assistenza del 
procuratore generale alla deliberazione della sentenza in camera di 
consiglio. 

Invero il P. M. non ha potere di intervenire alla deliberazione 
della decisione e la sua � assistenza � (art. 380 c.p.c.) non importa 
alcun potere di intervenire in alcun modo nella discussione che si 
svolge in camera di consiglio. 

Invero il termine � assistenza � va interpretato nel suo significato 
lessicale fondamentale di � presenza � e non gi� nell'altro signifrcato 
traslato di: �aiuto mediante suggerimenti, consigli od altro �, o ancor 
meno, in quello di � vigilanza � sulle operazioni di deliberazioni della 

Il 


132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURX DELLO STATO 

sentenza, il che costituirebbe un'ing.erenza illegittima sulla sovranit� 
delle deliberazioni dei giudici. Pertanto, come gi� sottolineato dalla 
citata sentenza n. 3176 del 1969, il procuratore generale, che non pu� 
modificare in camera di consiglio il parere motivato gi� da lui espresso 
nella pubblica udienza, assiste alla deliberazione della sentenza esclusivamente 
nell'interesse della legge al fine di integrare la conoscenza 
della giurisprudenza attraverso l'assistenza alla formazione della stessa. 

L'esposta eccezione di illegittimit� costituzionale prospettata dall'odierno 
ricorrente � quindi manifestamente infondata. 

Con il primo motivo il ricorrente deduce poi l'illegittimit� costituzionale 
degli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 53 
del t.u. 28 agosto 1877, n. 4021; 22 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, 
in relazione agli artt. 113, 2, 3, 24 della Costituzione in quanto tali 
norme, escludendo dalla competenza dell'A.G.O. le controversie relative 
alla �semplice estimazione dei redditi � comporterebbero una 
disparit� di trattamento in ordine alla tutela di diritti in materia 
tributaria. 

La dedotta eccezione � manifestamente infondata. Ha pi� volte 
affermato questa suprema Corte che le commissioni tributarie hanno 
natura giurisdizionale (Cass., 22 settembre 1970, .n. 1663; 22 settembre 
1970, n. 165�9; 21 settembre 1970, n. 1652; 19 gennaio� 1970, n. 105; 
20 giugno 1969, n. 2175). Da ci� consegue che, attribuendosi le questioni 
di estimazione semplice ad organo giurisdizionale diverso dall'autorit� 
giudiziaria ordinaria non si sottrae al cittadino la tutela 
giurisdizionale dei suoi diritti, secondo il precetto costituzionale dell'art. 
113 della Costituzione. 

Con il secondo motivo il ricorrente deduce l'illegittimit� costituzionale 
degli artt. 24, 25, 32 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; in relazione 
agli artt. 24, 102, 104, 108 della Costituzione, assumendo che i 
componenti delle Commissioni tributarie non si troverebbero in posizione 
di indipendenza. 

Con il terzo motivo il ricorrente deduce l'illegittimit� costituzionale 
dell'art. 50 del r.d. n. 1516 del 1937, in relazione all'art. 50 della 
legge n. 1 del 1956 in quanto, attribuendo al Ministero delle finanze 
fa nomina del segretario delle commissioni tributarie, determinerebbe 
la nullit� delle decisioni di questa, nei casi in cui il segretario, nominato 
dal Ministero, sia un dipendente dell'Amministrazione finanziaria, 
subordinato al procuratore delle imposte. 

Le proposte questioni di illegittimit� costituzionali sono irrilevanti 

ai fini della decisione di questa controversia, in quanto attengono alla 

pretesa illegittimit� delle decisioni delle Commissioni tributarie, deci


sioni che non hanno formato oggetto di impugnazioni in questa sede, 

avendo il ricorrente riproposta direttamente ad ex novo avanti al giu


dice ordinario le questioni della illegittimit� dell'imposizione tribu-� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 133 

taria omettendo di impugnare direttamente avanti a questa suprema 
Corte la decisione terminale del giudizio avanti alle commissioni tributarie. 


Con il quarto motivo il ricorrente, den.unziando violazione e falsa 
applicazione degli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 
53 del t.u. 26 agosto 1877, n. 4021; 22 del r.d.l. 7 ago.sto 1936, n. 1639 
in relazione all'art. 360, nn. 1, 2, 3, 5, c.p.c. afferma che la Corte di 
merito ha erroneamente qualificata questione di estimazione semplice, 
e quindi sottratta alla giurisdizione dell'A.G.O., tutte le questioni sottoposte 
al suo esame, giacch� si sarebbe trattato invece non di questione 
quantitativa ma qualitativa, riguardante la corretta interpretazione 
ed applicazione di leggi, di regolamenti e di contratti. 

La censura � infondata. Invero, con la sua impugnazione al giudice 
ordinario il ricorrente aveva chiesto che si dichiarasse che, nei periodi 
considerati dagli accertamenti, i redditi oggetto dell'imposizione, non 
si erano prodotti, in quanto o la consegna dei lavori appaltati exa 
avvenuta in un momento successivo al periodo considerato, o il risultato 
economico era stato conseguito successivamente ai periodi stessi. 
Pertanto non �Si faceva questione se il reddito accertato fosse in astratto 
soggetto ad imposizione di ric�chezza mobile ma si affermava che, in 
concreto, il preteso reddito tassato non si era prodotto nel periodo 
considerato all'accertamento. Si era dedotta in tal modo, una tipica 
fattispecie di estimazione del reddito, avendosi questione di estimazione 
semplice, come ha precisato pi� volte questa suprema Corte 
(Cass., 24 aprile 1970, n. 1181; 13 maggio 1968, n. 1488) tutte le volte 
in cui si. controverte sulla sussistenza del cespite tassato, oltrech� sulla 
sua misura, senza che occorra procedere ad esaminare e risolvere questioni 
giuridiche. 

Pertanto il ricorso, essendo infondato, va rigettato con la conseguente 
condanna del ricorrente fallimento alla perdita del deposito 
e alle spese. -(Omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE {*) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1972, n. 3218 -Pre8. Romano 
-Est. Novelli -P. M. Caristo (conf.) -D.I.L.C.A. S.p.A. 
(avv.ti Marinangeli e Andrioli) c. Ministero delle Finanze dello 
Stato (avv. Stato Savarese). 

Procedimento civile ~ Impugnazione -Morte o perdita della capacit� 

della parte dopo la pubblicazione della sentenza -Notifica della 

impugnazione nei confronti della parte costituita -Validit� 


Condizioni. 

(c.p.c., artt. 299, 328. 330). 

� ammissibile l'impugnazione notificata dopo la pubblicazione deHa 

sentenza al nome deila parte defunta o che ha perduto la capacit�, se 

cl.ella morte o degli aitri eventi di cui all'art. 299 c.p.c. il procuratore 

non ne abbia data comunicazione al soccombente (1). 

Indipendentemente dalla colpa del procuratore', la parte legittimata, 
che assume di non aver ricevuto l'atto diretto� a que�lla risultante 
tale in sentenza, ha la possibilit� di provare che la mancata 
ricezione � dovuta ad ignoranza colpevole dell'altra parte, risultando 
l'evento dagii atti processuaLi, cos� da rendere superfluo l'adempimento 
dell'obbligo di comunicazione da parte d.eZ procuratore presso cui doveva 
notificarsi l'impugnazione (2). 

(1-2) Nuovi' spunti in tema di validit� dell'impugnazione a nome della 
parte defunta o divenuta incapace dopo la pubblic'!lzione della sentenza. 

Con la sentenza in rassegna la Corte di cassazione, ancora una 
volta, si ocoupa. del tOII'mentato ;problema degli effetti SUil il:'la<pPQ'rlo processuale, 
sugli artti ad esso inerenti, e, I�ln particolare, sull'a<tto dd impu~
Ol!l:e, degli evienti dd cui alil'airt. 299 e.pie. avveratisi. in danno della 
parte vittoriosa dopo '1a pubblicazione della sentenz�a. 

Il travaglio della suprema Corte sulla questione dura ormai da oltre 
venti amni �IIl una materia cosi disartkolata 1quanto a[1�JdJa, ma importarnti-ssi!
ma dal pU1nto di vista pra�tico, .come quella della interXIUZione del pa-ocesso. 

Le difficoot� sorgono dal fatto che il codice dd rito mentre detta una 
di:scipldJnia coono;iiuta per �il caso che la morte o la pEIDdita della capacit� 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
anche l'avv. Adriano Rossi. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CI-VILE 135 

(Omissis). -Con il primo motivo la societ� DILCA denuncia la 
violazione degli artt. 159, 163, 164, 299, 324, 328, ultimo comma, 342 

c.p.c. e 504, 2909 e.e. in relazione agli arti. 360, n. 3, e 4 C'.p.c. 
Con tale motivo la ricorrente, premesso che l'atto con U quale 
la soc. Fulgor venne incorporata dalla soc. DILCA � stato depositato 
e iscritto presso la cancelleria del tribunale di Milano il 12 gennaio 1968 
e pubblicato sul foglio annunzi legali della provincia di Milano il 24 
gennaio dello stesso anno, �deduce che l'atfo di appello dell'Amministrazione 
finanziaria, notificato il 14 febbraio 1968 alla Fulgor � affetto 
da nullit� .assoluta ed insanabile, in quanto notificato ad un ente gi� 
estinto e di conseguenza la �sentenza impugnata innanzi a questa Corte 
deve essere cassata senza rinvio. 

della pwte 1si avverino inel periodo che va da1 momento della notifica del-
1',atto iintrodJUttivo filno alla ohiuSIUl'a del1a discmssione davaintd al coll.e.gio 

(v. artt. 299, 300, 302 e ss.), pex l'ipotesi, iinwoe, in OU:i i suddetti eventi si 
avverino dopo tale momento si limita a staibildre: 
a) �Che J.'evernto non produce effetto interiruttivo e ohe iLa notificaziooe 
della ,sentenza � si pu� faire �, arnche a :nmma deJ.il'ar�t. 303, seooo::ido comma, 
a coloro ai quald. spetta di stare in giudizio (art. 286); 

b) che il termirne breve per dmrpugnaire � !interrotto e rfoomincia a 
decmreire dal mOOillento in cui ila notifica della sentenza, che pu� e1sseire 
fatta agli e11edi c0i11ettivaimente nell'ultimo dorniciilio del deiliUllllto, � l'imrnoV'.
ata, e .che fil termine annuale di cui all'art. 327, � pro�lungato di 6 mesi, 
sempre che 1l':evento si sia verificato neil 2� semestre (art. 328); 

e) che il"atto di impugnazione pu� essel'e notificato, IOOi luoghi di cui 
all'art. 330, primo comma, coll.erttivaimente e :i;mperisonailmfill;te agili eredi 
della paT'te dedluinta (airt. 330, secoodo comma). 

Su .queste poche �e f:vamm.entarire norme la SUJprema Corte ha costruito 
ben qua�ttro � indir'izzi � che, come dn un'equazione, comprfill;dono due estremi 
e due mediani. I due mdirizzi estremi partano da una conc.ezione diviersa, 
anzi cootraipposta, deille fasi iin cui si articola il processo civile. 

Ritiene, il primo, che le fasi, �anzi i gradi del giudizio siano staccati e 
quindi dtstdnti ed autonomi tra lOT'o, s� ohe con la conclusione delila IJ["ima 
farse o, iin .gemere, di Uiilla fase, ila rparte diismette taile qualit� rper riacquir 
stairla con la notifica dell'atto di �impugnazione. Cessaino, alwes�, i poteri di 
rap'Pl'esentanza rdel prrocuratooe che, per .tale motivo, non ha il.'oibibUgo di 
comunfoaire aJJl'altra parte 1gili eivienti che OCJ�IPiscono iii. patrocinato. Alttesa 
l'aiutonomia tra le VlaT'ie faisi, J.'atto di impuginazione dev'essere diretto, a 
pena di nulilit� e quindi di !inammissibilit�, alla :persona l:eg1i.ttimata. Naturalmente 
la deteocmirnazione della 1egittimazfone dev'essel'e fatta con riferimento 
al momento deilila notifica deill'impugina2lione, si .che, �ve la pemoina 
che .sia 1stata pairte vittoriosa nella farse rprecedente, sia deiliul!lta o abbia 
perduto la capacit�, l'atto di appeno o il rico.rso rper Caissazione non possono 
e.sse11e diretti alila stessa, ma agli ere1di o al :nuovo rawresentante. (v. tra 
1e altre Oass., 18 .gennaio 1962, n. 81, Giust. Civ., 1962, I, 222 co:n nota di 
BIANCHI D'ESPINOSA; Caiss., 29 novembre 1971, i!l. 3474). 

Il 1secondo indirizzo sostiene dl pdncilpio � deill'unirt� deil rappol'to p!l"ocessuaiLe, 
per cui il processo continua a sussistere Ulllko tra una fase e 



136 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
In proposito la ricorrente assume che non si pu� richiamare la 

giurisprudenza della Corte di cassazione per l'ipotesi di scioglimento 

delle societ� -secondo la quale fino a quando permangono debiti, la 

cancellazione della societ� dal registro delle imprese non fa venir meno 

giuridicamente l'esistenza dell'ente sociale ~ in quanto essa si � for


mata con riferimento all'ipotesi di estinzione per scioglimento dove si 

verificano pi� successioni a titolo particolare, mentre nell'ipotesi di 

estinzione per incorporazione si ha una successione a titolo universale 

con cessazione completa dei diritti ed obbl�ghi della societ� incorpo


rata e assunzione degli stessi da parte di quella incorporante. Con la 

conseguenza che i terzi sono posti immediatamente nelle condizioni di 

conoscere, in un giudizio, il nuovo titolare della legittimazione passiva. 

Neppure pu� invocarsi la sanatoria prevista dall'art. 156 c.p.c., in 

relazione alla notificazione della sentenza al procuratore gi� costituito 

perch� la nullit� dell'atto di appello denunciata non era suscettibile 

l'altra e, irn particolare, nel !Periodo dintermedio tra la sentenza di primo 
grado 'e l'iinsta'Uil'azione del giudizio d'appello � (Caiss., 6 lugiLio 1971, n. 2116). 
La persona che � stata 1PaT!te nel periodo .precedente conserva tale $Ua 

qualit�, imen1lrte �la Tappresentamza processuale del procuratore spiega eft


(:

fetto fino a quando l'altra parte non :Compia una notificazione conseguente 

~ 

aJilia pubblicazione de1La sentenza, ,sia essa �quella sentenza medesima, sia ~ 
quella dell'atto di im!P'llgnazdone �. (Caiss., 18 ottobre 1950, n. 19<59, Foro it., 
19<51, I, 454). ~ 


Da tali premesse wsoende, per la Corte, la CootSeguenza che i'l PTOCU~; 
ratore della paTte vittoriosa ha il.'oibbligo di comuni.care all'altra parte gli 
eventi che colpi�scono dl p!!!trocinato. 

I

Ove a tale obbligo iJ. proourraitor:e non ottemperi, oppure ove gli eventi 

~;

di cui al.l'art. 29,9 non !risultino dail1a l'e1a1la di notifica dell'atto di impUigJn!
l!Zione, bene e validamente il soccombente notifica la tmpuginazione 
stessa a nome delia parte defulnta o colpita nella caJpacit� � (v. oltre alle 
sentenze citate, Cass., 21 marzo 1970, n. 767; 24 febbraio 1966, n. 574; 28 settemb!
I'e 19i62, n. 279-2). 

ll !PT�l!no indirizzo, � ovvio, sacrifica, quasi del tutto il diritto della 
parte soccombente, che � costvetta, in ogni caso, a p.r�eoOCUIParisi di ac


~ 

cerit!l!re che, per avventUTa, la parte vittoriosa IlJOil sia stata collpita da , 

<

alcuno degli eventi di cui all'art. 29.9 e, nell'ipotesi di esito posi-tivo deil.l'iindag1ne, 
di afiarn:l!arsi ad ii.ndiviiduare e a i1'1cercare ,g�i eTedi o il ruuovo 

~ 

Tarpp!resentanite del suo ex � aV'V1ersario. E i termini per l'impugnazione, 
sebbene interrotti o prolungati a norma dell'art. 328, non sempre si dimo


Il strano sufficienti a�11o scopo, come aiprp0are evidente dal!1a tr:avagiliata esperdenza 
v~ssuta dalla Corte di cassazfone. ' 

A 'SUa volta il secondo indicr>izzo non tiene ccmto, o si preocC'Ulpa ben 
poco, dei di.!ritti del soggetto che subenitra alla ;par:te vittoriosa col1);>ita 
dagli eventi in questione, il quale soggetto un bel giorno pu� trovarsi 
davanti alla sorpr.esa di un giudizio svoltosi in SJUa assenza e di una 

Isentenza, efffoace nei suoi confronti, 1pronuncia1Ja a rua drnsaputa. Di qud 
il rkor:so a .soluzioni imeno &:-astiche, pi� vicine agli opposti imteressi 
del1e parti. 

.. II m 

rrlrft~IMtsiftlit:tt#i&illf.l~frrrriJii&TiwrJ&;lfiilillfr%�11r%t'�rlll!Jlll'''� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 137 

di sanatoria tenuto conto che il procuratore si costitUl sempre in nome 
della Fulgor e non della societ� incorporante. 

Il problema che ne occupa -non potendosi nella presente fattispecie, 
come ha ben dedotto la ricorrente, far ricorso all'istituto della 
sanatoria -ripropone alla Corte, in via pregiudiziale, l'interpretazione 
di un complesso di norme processuali dalle quali trarre la regolamentazione 
degli effetti che produce la morte o la ,perdita della 
capacit� della parte costituita se avvenuta nel periodo successivo alla 
pubblicazione della sentenza ai fini della notificazione dell'atto di impugnazione. 


In proposito la Corte, nel corso �di pi� che un ventennale travaglio, 
ha seguito quattro indirizzi fondamentali: con il primo, ha .ritenuto 

&i � cosi venruta affermando, come dimostra J.a sentenza che si annota, 
che � la pi� recente, !�tl. secondo orientamento, ma cOIIl questi temperamenti 
(,che poi costituiscono il terzo e qUJarlo mdirizzo): 
a) iin mancanza della c01IX1unfoazfone del l(Woouratore ail.l'altra parte 

o di .certificazione dell'ufficiale �giiudiziaa:-io, l'appello, dil. ricOl'ISO per Cll!Ssazione 
ecc. sono considerriati validi e amrmssilbili q'UJalora il'altra parte non 
provi cihe iii. notificante ha j:gnmato l'ev;ento per colpa in g.enere o per 
colpa consistita nel non a.v;er rilevato J.'evento dalle ail.tre carte prooesSl\lali 
(v. per qruesto concetto di crurpa la sentenza che si commenta; v. pure 
Oass., 22 ottobre 1'971, n. 2917; 16 ottoW<e 1969, n. 3352); 
b) lin altre sentenze .la Corte di ca:ssazlione ha posito l'onere defila 
prova della buona :fiede, cio� della ignocanza incolpevol�e dell'evento a 
carico dell'impugnante (v. Ca:ss., 23 maggio 1972, n. J.605; 8 luglio 1965, 

n. 1424). 
II 

La soluzione del ptl'ob1ema ora dehla:JJeaito, ruota, com'� faciil.e constatare, 
attorno alla conoscenza, 1I1eJ.l'impugnante, dell'evento che ha coilpi.to 
l'�avver.sanio vittorioso dopo la pubbUcazione della sentenz�a. Nelil.'adoittarla 
fa suprema Corte si � certaJmente ii.srpfil-ata all'insegnamento del 
Chiovenda. 

L'Alutove, come ricorda l'ANDRIOLI (v. nota a Cass., 18 ottobre 1950, 

n. 1959, Foro it., 1951, I, 454), commentando l'orientamento della Suprema 
Corte sulila .questione che ne occUJpa, costante sotto il vigove del codice di 
rito aW<ogato neil. ritenere dm.valida l'impugnazione a nome delila parte 
defunta, (Cass., 6 marzo 1939, Foro it., Rep. 1939, proc. civ. nn. 217-220; Cass., 
22 g.ennaio 1935 Faro it., iRep" Ca:ss. civ., 309) ll"avvfaa:va neil.La inaprpilicabilit� 
degli arlt. 33'2 e segg. cod. ci:v. 1865, dtsciipil.inanti la interruzione 
del rprocesso, una carattenistica della fase delJa Utisrp�endenza che va dalla 
pubbiLioazione della sentenza alla proposizione dell'impugnazione, ma se 
riteneva gi1lJsti!ficaibili che all'infuori delle norttne rpa:rticO!l.ari dell"art. 486�, 
non �si v.erifica:sse inteN.uzione, lamentava che � dorpo J.a publ:>ilicazione 
della sentenza se anche il fatto 1I1uovo (mor.te di una parte, cambd.a)mento 
dello stato, cessazione di ufficio) non v.i�ene notifi�caito, l'altra parte 
deve ugualmente tenerne conto, dove cio�, neil. continuare i suoi raipp<Y.rti 
con J.'avve11sario, dinig.ere i suoi atti (notificazione della sentenza, appello 

138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che tali eventi, se non comunicati dal procuratore con atto autonomo 

o all'ufficiale giudiziale che procede alla notifica, non interrompono il 
processo e che .quindi la notificazione, al nome del titolare del diritto 
risultante in sentenza, resta valida (v. tra le altre: sent. Cass�., 6 luglio 
1971, n. 2116; 21 marzo 1970, n. 767; 9 ottobre 1969, n. 3240; 
24 febbraio 1966, n. 574; 23 febbraio 1963, n. 436; 27 luglio 1954, 
n. 2753; 18 luglio 1950, n. 1959; 28 settembre 1962, n. 2792; 23 giugno 
19�59, n. 1977; 19 ottobre 1957, n. 3971; 29 maggio 1954, n. 1753). 
Con il secondo ha invece considerato che gli eventi anzidetti, 
esaurita la fase processuale conclusasi con la sentenza, automatka


ecc.) agli �eredi, al nuovo rapupresentante e cos� via (CHIOVENDA, Rapporto 
giuricido processuale e litispendenza, Riv. dir. proc. civ., 1931, I, 16). 
Il :fondamento positivo della 1I1JU01Va costruzione della suprema Corte 
poggia tutto suil. disposto dell'arl. 328 c.p.c. 

A differenza del coclice aib!rogato che alil'art. 468, attrdibuiva efficacia 
sospensiva del t�iI"ll�l!lie !P~ impugnare solo all'evento che, dO!PO la ipubbilicazione 
delila sentenza, aivesse colpito Ila !Pall'te socoomboote, il codice 
attuale, come � xicOIIlosciuto in rflutte le maissime su citate, riconnette all'evento 
lSilesso un effetto i:lliterrluttivo o prorogativo del termdne rpex impugnaire 
sia che esso colpisca il socoomboote, sia che ri1g;uardi iii. vi.111JCitoce 

(v. art. 328). Se cos� �, e i lavori preparatori conforterebbero tale intexpiretazi()
llle (v. Cass., 1950, n. 1959 pi� volte citaita) � chiaro, si � detto, 
che la iLeggie vuole che ognuna delle parli .sta posta �IIl ~ado di sap�exe nei 
corufironti di �Chi si dovr� svolgieve l'evenrtuale giudizio d'!imjpugnazione. 
� Al triguairdo -dice Oarss., n. 1959, del i.950 -� patrtko1la.rmente 
significativa J.a noll'lma del primo comma dell'art. 328. Una volta, illlrfatti 
che iJ. vincitore ha :notifi.caito 1a ~ntenzia aJ. soccombente, ila morite o il 
cambiiamento di stato di lui non dOV111ebbexo ave.rie incidenza sulla decorrenza 
del teTlll.�Jne, gi�acch� egli ne.sSUltl atto deve pi� oompiere, a ddfferenza 
dell'allitra rparte cui spetta dli provvedexe a1l'i!!Illpuginazione. La necessi<
t� ipairimenti sentita dell'dintem"UZione del rteTmine e della nuova notificazdone 
della sentenZJa, non pu� avooe �alJtra ~ustifi.cazione che nella :ri-00nosc�IUta 
esigerwa di 11endere noto al soccombente nei oon:flvonti di chi egli 
dovr� 1110tificare l'impugnazione�. 
La stessa giU1Stificazione avvebbe, secondo la Corte Supll'ema, il prolu.
ngamento ~tutte iLe pairti del termiine (lungo di cui alil'art. 327 c.p.c1. 

Della 1stl'ag:rande maggioranzJa dei caisi l'atto di �impug�nazione, a: 111.oa:'lma 
delJ.'art. 330, primo CO!Illma, ultima parte, vi1ene notificato presso iJ. procuratore 
costituito. Si coffi!Prende allora come sia vera l'affermazione dell'~
diuoli (v. nota su citata) :liatta !P["Opda aJit1che dalla senitenm. in rassegna, 
secondo cui... �il deilicatissimo meccanismo ruota tutto attorno a~ proCUI"
atore costituito '. 

Ln aJ.we parole hl v:edcofo principale attl'av:erso il quale viene iprocu:
mta alla parte soccombente la conoscenza degli evienti che hanno colpito 
l'�altria !Parte � la comunicazdone di tali evooti fotta dal procumatore all'Ufficiale 
Giudiziario che procede a1la notifica dell'atto di impugnazione, 
OiplpJ\l!re dWettaimente alla parte soccombente. E secondo ila Corte il procuratol'e 
ha l'obbligo di furre tale comunicazione. 

NiegLi altra caisi (notifica dell'impug�nazione nella xestdenZJa dichiarata 

o :nel dom.Lcilio eletto neH'atto di notificazione della sentenza, OPIPlliI'e 
~~~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 139 

mente interrompono il processo nonostante la presenza di un :procuratore 
gi� costituito per la parte che ha subito l'evento (v. Cas.s., 
6 giugno 1972, n. 1745; 29 novembre 1971, n. 3474; 12 marzo 19>66, 

n. 717; 28 luglio 1951, n. 2190). 
Con il terzo ha operato un contemperamento al secondo indirizzo,. 
autorizzando la parte che avrebbe dovuto ricevere la notificazione di 
provare che l'errore era dovuto ad ignoranza colpevole (v. Cass., 
22 ottobre 1971, n. 2977; 16 ottobre 19<69, n. 3352; 10 febbraio 1968,. 

n. 452; 8 marzo 1965, n. 500). 
Con il quarto infine lo stesso contemperamento� della giustificazione 
dell'errore per ignoranza � visto :eon prova a carico della parte 
che procede alla notifica (v. Cass., 23 maggio 1972, n. 1605; 8 lu


notifica de11'aitto di impugnazione ail contumace o ailla parte costituita 
p011sona�lmente) H veicolo sairebbe costituito dalla certdficazdone dell'uf:
fidale � gd,udiziairio. 

Certo lo sforzo della Suprema Corte per superare gli inconvenienti 
derivanti dalla trigdida applicazione dei ![>rindpi e per conciliM'e gli 0tpposti 
interessi, � notevoile e merita sen'altro aipproyaziorne. 

Ma ci� 111orn esime J.o studioso del diritto dall'oblbLigo di iriLevarre che 
l'edifido costruito, per i :fil!li indicati, pil"esenta delle ore11Je. 

Invero, IPOtreibbe accadere ~e per 1a vierit� accade moJ.to spesso), che 
l'atto di impugnazionJe sia notificato l'ultimo giorno o negli ultimi giorni 
del termine annuale di cui all'art. 327, non prorogato perch� l'evento si 
� avverato !t1el preo semestre. Dato il poco tempo a dis!Posiziorne H soccombente 
norn farebbe certamente iLn tempo ad individuare le !111UO'Ve persone 
legittilmate, e andrebbe sicUJI'lamente incontro ad 'Uilla dichiarazione 
di manurussibilita dell'im![>ugnazione. 

E ipotrebbe pure accadere, afJ'.lZi chi ha esperienza .giJudiz;iaxia sa che 
� noT1ma1e .che accada, che iii. IP!tlOcuiratore non comu:niclli e che l'ufficiale 
giudiziairio non certifichi gli eV1enti ilil questione. Sembra allora rperico!losoper 
non 1dire strano, affdaire la sorte di UIIl atto �di impugnazione aid un'indagilile, 
che ![JIU� rivelarsi estremamente difficoltosa e dubbia, sullo stato 
so~gettivo di buona o mala fede, di i�gnoranza colpevole o incol!Pevoile del 
soccombe111te. 

E �taccio deiLl'ipotesi, :molto probabile, dJn cui il soccombente sia l�egalmente 
a conoscenza dell'evento che ha col!Pito la ,pllJ!J:lte vittOTI�osa, ma 
ignori del tutto ubi sit an sit la pEIDsona cui spetta, per effietto delil.'event<> 
stesso, dli stare in giudizio. 

D'altro canto � piuttosto eccessivo ritenere �Che taile pelt'.sona, senza 
essere stata, come dO'Veva, !Parte ilil .giudizio, debba sottostair�e ad un girudicato 
rpro111u.ncctato a sua insaput� sol ip�erch� l'al!tra parte ha ignOi!'ato, sia 
pure senza colpa, :iii fatto nuO'Vo. 

Tutto l'edificio, poi, mirnaccia di oroil.1are quando si esaimini attentamente 
l'axt. 3�28 ~che, cOlffie si. � detto, costituisce il fondamento positiivo 
dell'attuale orctentamenfo della Corte di �cassazione) e si noti come lo 
scopo dell'iinteirruzione del termine 'bir�eve e d!l :pirolungamento del teTmine 
lUIIlgo runche nel caso in cui ad essere colpita � la parte vittoriosa, pu:� 
anche non essere quello di procurare alla parte soccombente che deve 
procedere ailil'!Lmpug.nazfone � la conoscenza � dell'evento e quindi di sapere 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

140 

glio 1965, n. 1424; 7 agosto 1963, n. 2220; 29 aprile 1959, n. 1284; 
10 ottobr:e 1958, n. 3194; 19 luglio 1957, n. 3048; 28 aprile 1956, 

n. 1305). 
Tali perplessit� chiaramente dimostrano che l'elemento letterale 
e quello logico dell'interpretazione dell'art. 328 c.p.c., con riferimento 
in particolare agli artt. 286, 300, 330 e 299 e alle norme relative alla 
citazione, all'impugnazione e alla notificazione della sentenza e all'interruzione 
del processo, possono, con uguale plausibile successo, essere 
utilizzati per giustifi:care sia il primo che il secondo indirizzo ancorch� 
antitetici: meno semplice � l'utilizzazione dei pi� comuni elementi interpretativi 
per giungere al terzo e quarto indirizzo. 

Ma con la normativa a disposizione, � doveroso affermare che 
tutta la questione � stata e va vista in ragione dell'evidente portata 

a ,chi deve indirdzzare :l'atto, ma sempilicemenite quello di consentire ai 
nuovi ;Legittimati dli valuta:re se sussiste un loro irnte:vesse all'impugnazione 
rdelila IPllir fuvo:revo1e sentenza. E tale dQliteripretazi-OltlJe tar�.to pi� sembra 
vaHda in quanto il:a :noti.fica della sentenza fa decOlt"reTe, CO!lll'� giuri.
sprudenza costante (v. Caiss., 4 giugno 1965, n. 1210), il terirniine peo:-la 
impugnazione non solo per il notilkando, ma anche per il notificante (sul 
punto v. in dottrina LASERRA, � Ecletticit� della interruzione del termine 
di impugnazione �, irn Giur. it., 1960, �I, 2, p. 748). 

Ai rilievi test� fatti bisogna poi aggiiungere la cOIJJsiderazione, non 
oeiDto 'll!1tima in mdine di :importanza, che molto diff�cilmenrt;e sembra 
ipotizzabi'.Le, sulla base dei principi, una ultrattivit� del portooe di rappresentanza 
processuale del procuratore e quindi, addirittura, un obbligo dello 
stesso di fare aJil.'altra parte le comunfoaziom di cui so.pra si � detto. E 
la stessa Corte di cassa2�ione, irn alLcune sentenze ha escluso tassativamente 
la sussistenza di ta~e ultrattivit� (Cass., 29 novembre 1971, n. 3474). 

VaU,e la pena allora di esaminare 1su basi nuove fa questione per vedere 
se gli strumenti off�erti dal codice di rito non auto:dzzi,no una diversa 
soluzdone del prroiblema. 

III 

� dndubibio che l'atto dd dmpugnazdone notificato a nOlllle di perisona 
defunta o div;en1uta incapace dopo la pubblicazione della sentenza sia nultlo. 
Dirfettano, invero, 1 presu(plposti dell'eSI�Jstenza stessa della persona e della 
,capacit� di agiire inel processo, che sono condizdOl!ll� per ila vaiLiida costirtuizione. 
del rappo:rto processuai1e. Ma � sopratutto da un punto di vilSlta 
fomnale ohe l'atto � I11Ullo giacch� esso non contiene hl. veqU:isito di cui 
al n. 2 deLI'art. 163 c. p. c.. 

Ln linea d:i pirlincdJpdo il vizdo di nuLlit� della citazi-Oil!e � suscettibile 
di sanatoria ai sensi degli artt. 156 e ss. e ai sensi dell'art. 164 c.p.c. 

Tale sanatocia, che di regola viene operata attraverso la r1D;IJ:ovazione 
dell'atto (per l'ilm(pugnazdone v. per�, gli arrtt. 358 e 387) o attrav;eTso la 
costi-tuziOQlie dei!. convenuto, opera ex nunc per la iragli-One che l'ul1Jimo 
,comma dell'art. 164 fa satlvi i didtti anteidormenrte que1sditi (v. Oass., 4 settembre 
1956, n. 3175; 6 luglio 1962, n. 1746; 7 ottobr;e 19<61, n. 2046). 

E chiaro ,che nel giudizio di impugnazione quel!la sanatcmia non � 
..quasi mai realizzabile: al momento della it1innovazione dell'atto o delila 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 141 

pratica del prablema e della necessit� di escludere soluzioni che tra


scurano la tutela della parte ritenuta, nell'ipotesi di notifica di un 

atto d'impugnazione diretto a persona morta o non pi� capace, non 

colpevole o comunque pi� meritevole di tutela. 

In effetti come � stato rilevato sin dalla sentenza n. 1959 del 

18 luglio 1950, la legge attribuisce rilevanza all'evento sia che cada 

sulla parte vittoriosa che sulla parte soccombente. Ci� significa che 

essa vuole che ognuna delle parti sia posta in condizfoni di conoscere 

l'evento e cio� di sapere nei confronti di chi dovr� svolgensd. l'even


tuale giudizio di impugnazione. Ed il primo comma dell'art. 328, che 

sancisce l'interruzione del processo, presuppone la comunicazione del


l'evento all'altra parte, sia pure a mezzo della nuova notifica della 

sentenza, altrimenti la disposizione non avrebbe ragion d'essere posto 

che una notifica vi � stata; n� la ripetizione avrebbe altra finalit�. 

costituzione del convenuto, infatti, il termine per impugnare � quasi semp1re 
scaduto. 

Se ta1i prillncilpi fossero ritenuti applicaJbdli sic et simpliciter, anche 
nell'ipotesi che !l]e OOOUJPa, La conseguenza ,ineluttabile sarebbe, com'� 
intuitivo, e come dimostrano 1e numerosissime sentenze della Suprema 
Corte, antiche e r�ecenti, sul .punto (v. l'ultima del 1972 n. 1745), quel�l.a 
deil.la inammissib:Hiit� della dmpugnazion:e notificata nel modo dianzi detto. 

Ma il lll:Ost!ro 011clinamento giu;ridico iprocessual�e oltre che :prevedere 
una sanatoria del!le nrullit� 1per il a:-aggiungimento dello scopo, conosce 
e discirplilll:a altresi, il pa:-incipio de'lla non rilevanza, sotto determinate C()[ldizioni, 
delle nullit� stesse. 

Gi� H principio non � estraneo al diritto sostanz.fale che iper determinati 
fi11i, in presenza di certi presupposti ed entro deteil'minati limiti 

(che, tutti, non � qui il caso di indicare) considera irrilevanti o, pi� tecni-
eamente, non azionabili o inoppombili o imp!roduttive di effetti alcune 
IlJU!l.lit� che inifi.<ciano il negozio giuriidi.co (v. c1c. artt. 590, 799, 1424, 1415, 
1416, 128, 2332, P!fimo e q1.11arto comma, 2126 ecc.). 

Esp1ressione del'lo stesso prindpio � l'istituto, pill[''esso sostanziale, della 
validit� eV'entua!Le (co!lldizionata alla S01Pravvemenza di certi elementi o 
eondizioni), del negozio giUI'lidko (�ed artt. 462, 600, 651, seco!lldo comma, 
784 primo comma, 1347, 1349, secondo comma). Uno studio approfondito 
del fenomeno � in SANToRo PASSARELLI, Dottrine generali del Diritto Civile, 
J ovene, 1966, 248 e ss. 

Anche hl codice di 1r1ito .come .si � detto, fa sovente rkoll'so al ![)T'incipio 
test� enunciato. 

Una rilevante ed evidente applicazione dello stesso � nellla norma di 
.cui all'art. 1'6-1 che sancisce la regola dell'a.issO!rbimento delle nullit� della 
sentenza (e quindi anche del 1proced:imeillto, nei mezzi dii gravame). 

Tali n;1.tllit� diventano, in 1sostanza :irrileV<anti, se la sentenza non viene 
impugnata. 
Alrtra cospicua a[)lpUoazione dello stesso rprinoipio � n�H'isitituto della 
intel'!ruzione del proc.esso. 

Il .codi'Cle dii irito, invero, considera inval1di (v. il cormbinato disposto 
degli aritt. 304 e 008) soia glii atti processuali !Posti in essere dopo l'intelrruzione 
del ip!r0Ce0sso, sia questa automatka (v. es. a!l"ltt. 299, e 300, terzo 



142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La stessa esigenza si verifica nell'ipotesi in cui la sentenza non 
sia stata notificata e quindi sia utilizzabile il termine di un anno per! 
l'impugnazione che in ogni �caso non pu� essere superato al di fuori 

I ! 

della proroga prevista per l'ipotesi �di cui al terzo comma dell'art. e27. 

Giustamente � stato osservato che se l'evento riguarda il soccombente 
la proroga � sufficiente a garantire i diritti dell'una e dell'altra 
parte, mentre se si riferisce al vincitore occorre, necessariamente, la. 
comunicazione del procuratore, almeno in �sede di ricezione dell'atto 
all'ufficiale giudiziario che notifica l'impugnazione. 

I 

Tale ultima affermazione trova conferma nel collegamento degli 
artt. 286, primo comma, e 300 e 330, nel senso che in .presenza dei. 
ricovdati eventi, la parte pu� eseguire la notificazione della sentenza 
e quindi, se parte soccombente, dell'atto di impugnazione, sia alla 
parte legittimata a stare in giudizio che al procuratore della parte� 
costituita. 

Per superare tali argomenti si � assunto. l'erroneit� dell'espressione 
facoltativa �si pu� fare� contenuta nella disposizione del primo 

comma), o dichiarata a seguito di ceritifi1cazJi.one delrl'evento da parte dell'Ulfficdaile 
gdiuidiztario (art. 300, .quarto ooonma) o di comunicazione da parte� 
del pxocwartore costdrtiuito (,aa.-.t. 300, �pximo e secondo comma). 

Ma, nell'ipotesi dii interruzione non automatiica, gli atti processuali 
posti in 1essere, anche a nome della parte defunta o che ha perduto l�a 
capacit�, dal momento dell'e\nento fino a quello in cui, con 1a dichiarazione 
o certificazione sopra menzionate, si O\pera l'mtexiruzione, sono dalla 
legge considerati pienamente validi, o, per meglio dire, la nullit� che, 
a!lla stregua dei principi, li inficia, � irrilevante. 

La �stessa sentenza pronunciaitia a nome della parte coliptta, � in ogind 
caiso, considerata \llalida (rectius La sua nulilit� � inilevamite) ove l'eve�!lito� 
si avve:ri o � notificato dopo la chiusw1a della d!iiscussione davanti aiL 
colilegio. 

Se questi sono i principi che vigono neill'ambito del giudizio di prdmo 
graido o di awello non si vede la :ragione per cui gil.i stessi non deiblbano 
valeve anche nell'intervalilo di tempo (che il Chiovenda considerava litispendenza) 
t11a la pubblicazione della sentenza e la sua impugnazione. 

Non � 1ce11to :i!l 1ca1so qui di affrontare il pxoblema delil'aiuitonomia e del


l'imiCl!ipendenza deUe varie fasi del giudizio. Sembra senz'altro preferiJbiiile, 

perch� aderente alla realt� oltr,e che ai prindpi, la tesi che comidera i'l 

proeesso unico non solo nell'ambito di uoo fase � ma sopratutto tra una 

fose e J.'ailtra e in particolare nel periodo cintermedio tra La sentenza di 

primo grado e l'dnstaux.azione del giu,dizio di impu,ginazione � (v. Cass.,, 

6 iLuglio 1971, !Il. 2116� su citata). Non si compvende:rebbe altrimenti la 

ragione per cui il codice, chiusa una fase, continui a considEroaxe, �par.ti� 

pur ne'll"intervallo, le :persone che a quella fase hanno (partecipato (v. per� 

es. art. 328, ultimo comma, 330, secondo comma). 

Orr, � pacifico, anche se la sentenza che si commenita molto supeTficial


mente lascia appari�re fil contTario, che gli eventi di cui at!J.'art. 299, che 

si avverino nel lasso di tempo fra la chiusura della discussione e la notifica 


dell'iimpugn;azione della sentenza non determinano, a tenore del nuovo� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 143 
eomma dell'art. 286, si � ricordata l'autonomia delle fasi processuali 
e quindi il contenuto restrittivo dell'art. 300, primo e secondo comma, 
.e, per quanto riguarda la valutazione del sistema, si sono richiamate 
le presc;rizioni sul contenuto dell'atto introduttivo di impugnazione e, 
infine, si � insistito nella necessit� di tutelare la parte legittimata a 
resistere nel giudizio di impugnazione che potrebbe restare ignara dell'atto 
notificato ,al procuratore costituito. 
Il terzo e quarto in�dirizzo giurisprudenziale, in effettr restano 
�chiaramente giustificati da ragioni pratiche (v. ad es. sent. 23 maggio 
1972, n. 1605) d'indubbio peso, riconosciute appunto, anche da 
molti di �coloro che assumono, in via generale, l'operativit� automatica 
degli effetti processuali conseguenziali alla perdita o alla dimin.u.
zione della capacit� in tale fase del giudizio. 
Questo collegio ritiene che nello studio della questione non possono 
essere trascurati alcuni principi generali desumibili dal sistema 
e in particolare: � 
a) la regolamentazione delle comunicazioni e delle notificazioni 
relative agli �venti che riguardano la capacit� delle parti o dei .foro 
ooddce di rito, i'iinterruzione del processo (l'aa:-t. 328 si lt'iferisce all'ilnterruzdone 
del termine, non del processo). 
Ma :se i:l processo � unico, � il."egolarmente co,s1;iituito e non � iintetrrotto, 
l:>isogna allOit"a coerentemente concludere che �gli atti compiuti e qui�ndi 
anche Le impugnazioni, a nome della parte colpita inell'linrtervallo sono 
V'alidi o meglio la ilOil."o nu.'filit� � ill'rilevanite o � condi2fonata ailila sopravvenienza 
di � certe condfaioni �. 
Si �tratta � V'ero dii una finzioine, ma � una finzione che fil codice stesso, 
come si � visto autorizza, :per fini di ~nteresse superiOil."e o anche ;parliicolari 
(�snellezza dei procedimenti, conservazione delle posizioni il!egittdmamente 
acquisite, necessit� di eviifla:re spreco di attiv.tt� .giuxiisddzionale, salvaguardia 
di diritti di terzi ecc.) e ohe la stessa giurisprudenza (quando cOillSlideira 
vailiida l'fun:piugnazione proposta nel modo detto da chi noo conosce 
l'evento, in sostanza, ricorre aitla stessa fim.zione) non disdegna, 
A favore della itesi quli prospettata militano 'Plla'�e 1e espressioni �si 
pu� fare � di cui agli �artt. 286, primo comma e � pu� essere � di cui all'art. 
330, secondo com.ma, che a parer�e di chi scriV'e non siglllJ�.ficaino soltanto 
possibilit� di eseguire la notifica dn quel determinato modo (coillettivamente 
�e impersonalmente :nell'ultimo domicilio deil 1defumito), ma anche 
.lia faco1t� idi esegu�it"e la notifica a nome della parte colipita o degli eredi. 
Si di�ceva dianzi che la 1egige, nelLa quasi totalit� dei caisi :in cui ha 
riitenuto m1evainte o non azionabile o in@pontbile fa nru1lit� di un atto, 
lo ha :fiatto ipur.ch� sussistarno o sopravvengano deteriminaite conruzioni. 
Anche :nel caso che si esamina il codke di l'ito non senza condizioni 
ha rinunciato alla xf.gorosa applicazione dei iprincipi :iJn tema di nullit�; 
solo che la �condizfone non � dettata espliicitamenite, ma � si.curamente 
deswmibile dail sistema. 
Stabilisce, inv.ero, J.',airt. 110 c.p.-c. che quando La pairte viene meno 
peir morte o per a::Ltra causa, iii. rpirocesso � proseguito dal successore univer:
sale o in suo confronto. 
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 143 
eomma dell'art. 286, si � ricordata l'autonomia delle fasi processuali 
e quindi il contenuto restrittivo dell'art. 300, primo e secondo comma, 
.e, per quanto riguarda la valutazione del sistema, si sono richiamate 
le presc;rizioni sul contenuto dell'atto introduttivo di impugnazione e, 
infine, si � insistito nella necessit� di tutelare la parte legittimata a 
resistere nel giudizio di impugnazione che potrebbe restare ignara dell'atto 
notificato ,al procuratore costituito. 
Il terzo e quarto in�dirizzo giurisprudenziale, in effettr restano 
�chiaramente giustificati da ragioni pratiche (v. ad es. sent. 23 maggio 
1972, n. 1605) d'indubbio peso, riconosciute appunto, anche da 
molti di �coloro che assumono, in via generale, l'operativit� automatica 
degli effetti processuali conseguenziali alla perdita o alla dimin.u.
zione della capacit� in tale fase del giudizio. 
Questo collegio ritiene che nello studio della questione non possono 
essere trascurati alcuni principi generali desumibili dal sistema 
e in particolare: � 
a) la regolamentazione delle comunicazioni e delle notificazioni 
relative agli �venti che riguardano la capacit� delle parti o dei .foro 
ooddce di rito, i'iinterruzione del processo (l'aa:-t. 328 si lt'iferisce all'ilnterruzdone 
del termine, non del processo). 
Ma :se i:l processo � unico, � il."egolarmente co,s1;iituito e non � iintetrrotto, 
l:>isogna allOit"a coerentemente concludere che �gli atti compiuti e qui�ndi 
anche Le impugnazioni, a nome della parte colpita inell'linrtervallo sono 
V'alidi o meglio la ilOil."o nu.'filit� � ill'rilevanite o � condi2fonata ailila sopravvenienza 
di � certe condfaioni �. 
Si �tratta � V'ero dii una finzioine, ma � una finzione che fil codice stesso, 
come si � visto autorizza, :per fini di ~nteresse superiOil."e o anche ;parliicolari 
(�snellezza dei procedimenti, conservazione delle posizioni il!egittdmamente 
acquisite, necessit� di eviifla:re spreco di attiv.tt� .giuxiisddzionale, salvaguardia 
di diritti di terzi ecc.) e ohe la stessa giurisprudenza (quando cOillSlideira 
vailiida l'fun:piugnazione proposta nel modo detto da chi noo conosce 
l'evento, in sostanza, ricorre aitla stessa fim.zione) non disdegna, 
A favore della itesi quli prospettata militano 'Plla'�e 1e espressioni �si 
pu� fare � di cui agli �artt. 286, primo comma e � pu� essere � di cui all'art. 
330, secondo com.ma, che a parer�e di chi scriV'e non siglllJ�.ficaino soltanto 
possibilit� di eseguire la notifica dn quel determinato modo (coillettivamente 
�e impersonalmente :nell'ultimo domicilio deil 1defumito), ma anche 
.lia faco1t� idi esegu�it"e la notifica a nome della parte colipita o degli eredi. 
Si di�ceva dianzi che la 1egige, nelLa quasi totalit� dei caisi :in cui ha 
riitenuto m1evainte o non azionabile o in@pontbile fa nru1lit� di un atto, 
lo ha :fiatto ipur.ch� sussistarno o sopravvengano deteriminaite conruzioni. 
Anche :nel caso che si esamina il codke di l'ito non senza condizioni 
ha rinunciato alla xf.gorosa applicazione dei iprincipi :iJn tema di nullit�; 
solo che la �condizfone non � dettata espliicitamenite, ma � si.curamente 
deswmibile dail sistema. 
Stabilisce, inv.ero, J.',airt. 110 c.p.-c. che quando La pairte viene meno 
peir morte o per a::Ltra causa, iii. rpirocesso � proseguito dal successore univer:
sale o in suo confronto. 

146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale situazione ha determinato, in giurisprudenza, reazione di 
conternperamento. 

Peraltro questo collegio riconosce che il �contemperamento va riguardato 
con riferirnento al prirno� e pi� seguito indirizzo di questa 
Corte (v. gi� Sez. Un., 2�8 rnaggio 1948, n. 802). 

In sostanza l'atto di irnpugnazione diretto alla parte indicata in 
sentenza � valido se comunque il procuratore costituito e do:m1ciliatario 
o la stessa parte legittimata non comunichi l'evento. Peraltro, 
l'indagine sul contenuto della dichiarazione resa dal procuratore, induce 
a ritenere diversa la comunicazione sull'evento che il procuratore 
costituito esegue a seconda che essa avvenga nel corso del rapporto 
processuale in fase di contraddittorio (art. 300 c.p.c.) o successivamente 
dopo la discussione (art. 300 �C.p.c.) e dopO' la sentenza 

(artt. 286, 300, 328, 330). Orbene fino alla discussione, la comunica:
zione all'altra parte dell'avvenuta morte o di altre situazioni relative 
alla capacit� della parte rappresentata � una cornunicazione che contiene 
oltrech� una �dichiarazione di �conoscenza anche una �dichiarazione 
di volont�, manifestata in un negozio processuale in senso lato, 
e diretta a produrre essa sola, l'interruzione del processo salve le 
ipotesi di costituzione volontaria o di riassunzione (v. Cass., 22 ottobre 
1971, n. 2977). 

Al contrario tale carattere non si pu� riconoscere alla stessa dichia-
razione del procuratore dopo la sentenza in qualunque sede compiuta. 

Essa, finito il perindo per il quale vi � la regolamentazione dei 
.commi primo e secondo dell'art. 300 c.p.c., � soltanto una comunica
�zione di conoscenza, e quindi il silenzio, anche se voluto, non pu� 
impedire l'esigenza fondamentale che la successiva fase di giudizio si 
.svolga tra le parti effettivamente .legittimate. 

Ci� comporta in primo luogo la validit�, in ogni caso, dell'impu.
gnazione diretta alla persona legittimata, comunque il ricorrente sia 
venuto a conoscenza dell'evento. 

�tlei termini originali. Le indagini saranno certamente sollecitate dalle 
certificazioni delli'ufficiale giudiziario, dall!e dichiarazioni che il procu:
raitore della parte colpdta � itenuto a fare cO'ffie doonichl:iatrurio e solo in 

quanto tale, nonch� da!l'.la mancata costituzione del convenuto. 

Se il Giudice istruttore, in quest'ultima ipotesi, deve .p!l:"eoccuprursi, 

prima di dichiarare la contumacia, o ptrima di dichiarrure l'atto invalido, 

di accertare la regolarit� della notifica o della costituzione del con
�traidddtorio (v. airt. 182 e 350) non si vede rpwch� tM:i indaigind non debba 
(1si tratta di un vero e 'PiI"QPI"�O onere) compiere anche l'impugna.'DJte. 

La 1sanz.ione pe!l' l'inottemperanza sar� la revivi�scenza della nullit� 
::aissoluta della impugnazione nonch� 1della sentenza che, come si � rilevato, 
;.sar� inutiliter data. � 

GIUSEPPE ORAZIO RUSSO 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

In secondo luogo la possibilit� di prova -a carico della parte 
legittimata, la quale assume di non aver ricevuto l'atto diretto alla 
parte risultante tale in 'sentenza -che, indipendentemente dalla colpa 
del procuratore, la mancata ricezione era dovuta ad ignoranza colpevole 
dell'altra parte risultando l'evento dagli atti processuali cosi da 
rendere superfluo l'adempimento dell'obbligo di comunicazione da parte 
del procuratore presso cui doveva notificarsi l'impugnazione. 

Nella fattispecie in esame la societ� Fulgor fu incorporata con 
un atto pubblicato nel foglio annunzi legali di Milano del 24 gennaio 
1968. La sentenza di primo grado, non notificata fu pubblicata 
il 12 maggio 1967 e l'atto di �appello fu notificato il 14 febbraio 1968. 

Il procuratore costituito non soltanto non comunic� l'incorporazione, 
ma si costitui nel giudizio di appello�, e neppure nel corso di 
quel giudizio -nel quale sv�lupp� difesa di merito -dedusse l'evento 
n� ai fini dell'inammissibilit� dell'appello, n� ai fini dell'interruzione. 

In tali condizioni la nullit� dell'impugnata sentenza potrebbe conseguire 
solo riconoscendo piena automatica operativit� interruttiva ed 
ogni evento relativo alla capacit� della parte, intervenuto dopo la 
pubblicazione della sentenza oppure riconoscendo, anche nel processo, 
valore di presunzione assoluta di 'conoscenza degli eventi relativi alle 
societ� commerciali in ragione �~ella pubblidt� per esse stabilita. 

Ma n� l'una n� l'altra tesi, come si � gi� esposto, questo collegio 
ritiene di poter condividere. 

In udienza il procuratore dell'attdce ha prospettato, non rite, 
anche l'eccezione d'incostituzionalit� dell'art. 328 c.p.c. con riferimento 
all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, nell'ipotesi di un'interpretazione 
di detta norma non favorevole alla tesi dell'operativit� 
delle cause di interruzione.. 

E per� l'interpretazione della norma seguita, resa con riferimento 
al sistema e avuto riguardo al giusto contemperamento delle esigenze 
delle parti in causa esclude che possa porsi questione di violazione 
dell'art. 24, secondo comma, posto che detta questione va fatta sia con 
riferimento alla parte successivamente legittimata, verso la quale non 
pu� escludersi l'obbligo di comunicazione dell'atto �ad opera del procuratore 
domiciliatario, sia con riguardo alla parte che deve notificare 
l'impugnazione. 

Ed al limite qualunque soluzione interpretativa potrebbe dar luogo 
a doglianze d'incostituzionalit�. 

Vero � invece che la soluzione adottata non si discosta da altre 
che ruotano intorno alla diligenza del procuratore, e l'eventualit� che 
essa non sia espressa nell'espletamento degli obblighi direttamente 
previsti dalla legge, non ha mai dato luogo ad incostituzionalit� delle 
relative norme. -(Omissis). 


148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 dicembre 1972, n. 3494 -Pres. 
Rossano -Est. Mirabelli -P. M. Cutrupia (conf.) -Opera di Assistenza 
Pontifi.cia (avv. Dallari) c. Ministero della Pubblica Istruzione 
(avv. Stato Albisinni). 

Demanio -Demanio artistico -Cose di interesse storico e artistico Distanze 
e misure delle costruzioni su terreni adiacenti -Natura 
espropriativa ed indennizzabilit� del vincolo -Non sussiste. 

(1. 10 giugno 1939, n. 1089, artt. 1, 2 e 21; Cost. art. 42, secondo e terzo 
comma). 
I beni adiacenti a cose di interesse artistico e storico so,ggiacciono 

ai limiti inerenti alla salvaguardia deU'integritd, della pro~ettiva e 

deHe condizioni di ambiente e di decoro in conse:guenza della lor'o 

stessa posizione di adiacenza e non a seguito di un'attivitd deLia pub


blica Amministrazione. 

Ii provvedimento che viene emesso in applicazione deH'ar't. 21 

della legge 1� giugno 1939, n. 1089, ha mero contenuto dichiarativo 

di un limite gid incidente sui bene e la situazione che ne deriva 

rientra, pertanto, neH'ambito dei limiti aLla proprietd previsti nei se


condo comma dell'art. 42 deUa Costituzione (1). 

(1) Brevi osservazioni sul provvedimento emesso ai sensi dell'art. 21 della 
legge Io giugno 1939, n. 1089. 
La Corte di Cassazione ha, per la pxima vo1ta, risoJ.to, con 1a sentenza 
che si annota, la ,qiuestione ciil.'ca la natura del vinco<lo che, a nonrna dell'art. 
21 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, venga posto su beni adiacenti 
a cose di intel'esse artistico e storico. 

Tale art. 21 dispone, al primo comma: � Il Ministro per l'educazione Nazionale 
ha facolt� di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette 
ad evitare che sia messa in pericolo la integrit� delle cose immobili 
soggette alle disposizioni della presente legge, ne sia danneggiata la prospettiva 
e la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro �. 

In aippJIDcaziorne della disposizione di legge in disCO["SO, il Ministm della 
Pubblica Istruzione, con Decreto del 25 gennaio 1963, imponeva, su di 
un aipipez~amento di terreno di iprOPTiet� della Pontificia Opera di Assistenza 
(P.0.A.), sito nella frazione Montecchio del Comune di Sasso Marconi 
e circostante il Mausoleo MaTconiaino e la ViLla Grifone (beni soggetti 
alla disciplina di cui agli axtt. 1 e 2 delia citata legge 1� giugno 1939, 

n. 1089), il divieto di edificare per una striscia della larghezza di m. 250 
e la limitazione dell'edificabilit� a m. 7,50 di aiJ..tezza .pea-le !l'estam.ti parti. 
Con �atto di citaZJione del 5 magg:io 1966, la P.O.A., che non aveva, a 
suo tempo, proposto impugnazione contro il Decreto indicato e che non 
ne contestava nemmeno ora la legittimit�, conveniva il Mi�nistero della 
Fubblica Lstruzione iillDallZi aJ Til"i:buna:1e di Bologna e, sostenendo che 
i vincoli suddetti avessero sostanziale natura e8P["O[p(riativa e fossero fonte 
di uria rilevante diminuzione patrimoniale, chiedeva che l'Amministrazione 
fosse tenuta a pagar.e la somma corrispondente a tale diminuzione. 

Il Tll'ibunale adito irespingeva la domanda, affermando che i vincoli 
imposti con il d.m. 25 gennaio 1963 costituissero una di quelle � limi




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 149 

(Omissis). �-Con il primo motivo del ricorso la ricorrente deduce 
violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 21 
della legge 1� giugno 1939, n. 1089, e 42 della Costituzione, sostenendo 
che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere che i vincoli 
imposti a sensi del primo si sottraggano alla indennizzabilit� prevista 
dal terzo comma del secondo e rientrino, invece, nella previsione del 
secondo comma di questo; adduce, al riguardo, che nella previsione 
del secondo comma dell'art. 42 della Costituzione rientrano i beni di 
interesse artistico o storico, tali dichiarati a sensi degli artt. 1 e 2 
della legge speciale, ma non i beni adiacenti, per i quali il vincolo 
nasce con l'emanazione del provvedimento previsto dall'art. 21. 

La censura � infondata. 

tazioni � della propriet�, PtI"eviste dal 2� comma dell'mt. 42 della Costituzione, 
ohe ooncemono intere categorie di beni, rispetto ai quali la P. A. 
si limita ad emettere provvedimenti di concreta individuazione in base 
ad elemer.nti rpredetmmmati ed intriooeci, senza v:a.Lea:-si di alcuna discxezionalit� 
amm.inistrativa; e che, del resto, i vincoli stessi non comportavano 
una incisione cosi pene1IDante ne'l diritto di propriet� da potersi 
equiparaTe all'espropdazidh:e. 

Avverso la sentenza del Tribunale la P.O.A. propose ap.pel!lo e il.a Corte 
di Bologna, con decisione del 24 ottobre-18 dicembre 1969, cor.nferm� la 
sentenza di ;primo g;rado, motivando le p;roprie statuizioni con argomentazioni, 
che la Cbrte di Cassazione ha, nella sentenza che si annota, giustamente 
definite pregevoli. 

La Corte di Appello ha, dn:fatti, irilevato che, esc:liuso che alcUlll contributo 
potessero airr�ecaxe afil'assiunto dell'appellante gli wtt. 1218 e.e. e 46 
della legge 25 giugno 1865, n. 2359, pure richiamati dalla P.O.A. a giustificazione 
della sua pretesa di indennizzo, a sorreggere la domanda attrice 
rimaneva sol<tanto l'art. 42, coonma terzo, della Costituzione, del quale la 

P.O.A. chiedeva l'applicazione diretta, iperch� lo invocava come fonte del 
tJffopr�O asserito diritto e non come :nOO'lma da cui dedvasse iJ.'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, illegittimit� che la 
stessa P.OA. affermava non sussistesse, perch� -a suo �avviiso -l'art. 21 
non awebbe escluso l'indennizzo. 
La COII'te di Appello ha, qumdi, osservato che non vi � dubbio che la 
illegittimit� costituzionale di un atto legislativo possa derivare anche dalla 
mancanza, che esso presenti, di una no:ranativa che dovrebbe necessariamente
� esservi, secondo uina disposizione della Costituzione. Ha esattamente 
richiamato, in proposito, la sentenza della Corte Costituzionale 29 
maggio 1968, n. 55, che ha dichiarato � l'il!leg1ttimit� costituzionale dei 
nn. 2, 3, 4 deLl'axt. 7 della legge 17 a1gosto 1942, n. 1150, e dell'art. 40 steissa 
legge, nella parte in �cui non ;pr.ev;edono un 1ndennizzo per l'imposizione cli 
limitazioni oipeTtanti immediatamente e a temip� indeterminato nei cor.nfronti 
dei diritti reali, quando le limitazior.ni abbiano contenuto espropriativo 
�. 

La C0r>te di merito �continua, rpoi, irilevando che la �tesi dell'appellante 
(chiarramente i:spirata alLa sentenza 20 .gennaio 1966, n. 6, con la quale la 
Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 3, comma secondo, 
della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, �sulle servit� militari, in riferimento 
all'art. 42, �terzo comma della Costituzione, in quanto non pirevede inden




150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I beni adiacenti a cose di interesse artistico o storico soggiacciono 

ai limiti inerenti alla salvaguardia dell'integrit�, della prospettiva e 

delle condizioni di ambiente e di decoro in conseguenza della loro 

stessa posizione di adiacenza, e non a seguito di un'attivit� della pub


blica Amministrazione. 

Il provvedimento che viene emesso in applicazione dell'art. 21 

della legge citata ha, dunque, mero contenuto dichiarativo di un li


mite gi� incidente sul bene e la situazione che ne deriva rientra, per


tanto, come ha esattamente, e con pregevole argomentazione, affermato 

la sentenza impugnata, nell'ambito dei limiti alla propriet� previsti nel 

citato secondo comma dell'art. 42 della Costituzione. 

Con il secondo motivo, peraltro, la ricorrente deduce sotto altro 

aspetto la violazione e la falsa applicazione delle medesime norme e 

nizzo per limitazioni della piropntet� privata di natura espropriativa) � che 
il vincolo a cui � istato sottoposto di terreno di sua ;propriet� realizza quella 
penetrante incisione sul diritto che, secondo il.a giuriisprudenza della Corte 
Costituzionale, conferisce ,al vincolo stesso carattere espropriativo e fa 
scattaa:-e, a ca!l:ico dello Stato, l'obbliigo di cO!lTispondel'e l'iindennizzo. 

A tal punto la Corte di appello conside!l:a : � Senonch� l'assunto si 
rivela infCJIIlJdato proprio ailla luce dell'interip!l:etazione data dalla Clorte 
Costituzionale all'art. 42 Cost., gi� desumibile dalla sentenza n. 6 del 1966, 
e 1successivamente appxofondita e chia:rdita da altre pronunzie (specialmente 
1e senteIWe n. 20 del 1967, n. 55 e n. 516 del 1968). L'esegesi della 
di.JSposizione costituzionale -puntualissima e pienamente convincente ha 
consentito alla Corte di enunciare alcune prQPosizioni di fondamentale 
importanza, dalle quali non si ;pu� P!l:esoindere �. 

Il punto di prurteruia da teniere, secondo iLa Corte di appello, costantemente 
!p!l:esente � che, mentre � Lo Statuto Mbertino dkhiatrava inviolabile 
la propriet� �, ma consentiva, � dato il suo catrattere di flessibilit�, 
che la legg,e limitasse o addirittura sottraesse ii1 dir~tto aJ.findennizzo �, 

� la Costituzione vigente, per un verso accorda una minore tutela, ma, per 
l'altro, stante .i!1 suo carattere rigido, non ammette la legittimit� di una legge 
ordinaria che, disponendo o autorizzando misure espropriative, neghi l'indennizzo 
� (Sent. Corte Cost. n. 6 del 1966). E, secondo tale sentenza della 
Corte Costituzionale, la nozione di espropriazione � non pu� essere ristretta 
al concetto di trasferimento coattivo., dovendo invece essere estesa anche 
ai 1casi in cui � P'UII" l'estando intatta la titolarit�, H didtto di proPriet� 
(v1enga) annullato o menO!!Ilato senza indennizzo�. 
� Peraltro, se queste sono le conseguenze della tutela rigida acoordafa 
dail.la Costituzione al 1dliiritto di ip!l:opri:et�, questo, [per ci� che tri,guarda la 
sua estensione, non va inteso � come dominio assoluto ed illimitato sui 
beni J;JTOpiri, dovendosi imneoe ritenerlo caratterizzato dall'attitudine ad 
esseTe sottop0sto, nel suo contenuto, ad un regij.me che ila Costituzione 
lascia al Legislatore di determinare. Nel determinare tale regime, il LegislatO!
l:e pu� persino esclude!l:e la propriet� privata di certe categorie di 
beni, cO!!Ile pure pu� imp0trre, sempre 1per categorte di beilli, talune limitazioni 
in via g,enerale, ovvero autorizzare imposizioni a titolo p:a!l:ticolare �, 
[purch� queste ultime non eccedano, �senza indennizzo, quella porfata, 
al di l� della quale iJ. sacrificio imposto v:enga ad irncidere sul bene, oltre 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 151 

sostiene che la sentenza impugnata abbia errato nel considerare origi


nariamente intrinseco nel bene il limite di edificabilit�, laddove il 

limite stesso � sorto, quanto meno, dalla data in cui nella villa Gri


fone si sono svolti gli esperimenti marconiani od ivi � stato costruito 

il Mausoleo. 

Ma la censura � infondata in quanto il rilievo � del tutto ininfluente. 

Sia il limite che la legge impone ai beni di interesse artistico e 

storico, sia il limite gravante sui beni a questi adiacenti, hanno inizio 

e fine nel tempo, nascendo nel momento in cui viene compiuta l'opera 

d'arte o si verifica l'evento storico, da cui il limite deriva, e cessando 

quando l'opera sia distrutta od il valore storico venga a cessare. 

� ci� che � connaituriaile al diTitto dominicale, quale viene riconosciuto nel


l'attuale momento stoTico �. (Sent. Corte cost. n. 55 del 1968). 

Da tali en'Uilciazioni la Corte di appello !ritiene possa trarsi, con suf


ficiente chiarezza, quale sia il rispettivo ambito �di applicazione dei commi 

secondo e terzo deill'aTt. 42 della C'ostituziorne. p,eT potersi parlaire di espa-o


priazione, e qlllindi di diTitto all'indennizzo, occoll.'Te non solo che il prov


vedimento incida sul dd:ritto di PTOIPQ'.'iet� in modo cosi piro.fondo da svuo


tarlo di contenuto, ma anche che .questa incisione non derivi da una legige 

generale, !riguardante una inteTa categoiria di beni e diretta a disciplinare 

ii1 regime di appartenenza o di .godimento. Qualora si veirifichi quest'ultima 

ipotesi, H Legislatore si mantiene entro i limiti che il secondo comma 

dell'arrt. 42 della Costituzione pone al suo potere e pu� non disporre ailcun 

indennizzo, quale ch,e sia l'intensdt� della limitazione prevista dalla legge. 

Tale intensit� assume rilievo solamente quando la limitazione venga im


posta da un atto particolare e concrreto (non importa se amministrativo o 

legislativo), perch� allora, se la limitazione decampa dai limiti minimi 

connaturrali al!1:a nozione stessa di propriet�, 1si entra nella ,sfera della esprro


priaziorne e nasce l'obbligo dell'indennizzo, sancito dal terzo comma del


l'oot. 42. 

Nell.'esame delle singole fattispecie pu� duscirre ,talvolta difficile di


scernere !l'uno dall'aitro iregime. Ma anche a questo proposito la Corte 

d'Appello rrileva che �la ,stessa Corte costituzionale ha irilpetutamente enun


ciato criteri preci:si, che consentono dii S1JiPerare ogni incertezza, almeno 

con riferimento al caso in esame. Cosi, si tratta di limitazioni (legjittime 

miiche senza :indennizzo) e non di espropriazioni, quando ile disposizioni di 

legige imprimono &ettamente � un certo carattere a determinate categorrie 

di beni, identif�cabiili a fP["iori per ca:ratteristiche intrinseche � (Sent. n. 6 

del 1966), cosfoch� la Pubbilioo .Anuninistra?Jione, imponendo il vincolo, 

� non fa che esercitacre una potest� che le � attribuita dallo stesso regime 
di ,godimemto di quell bene ., allo scorpo di � conserrvarre le qualit� che il 
bene ha connaturali, secondo il regime che g1i � proiprrio ., secondo la PTescrizione 
di � adempimenti coorrdinati e correil.ativi a tali esigenze � (Sent. 
n. 56 dei! 1968). Si tratta, inv:ece, di espTopIDiazione quando l'atto legiislativo 
provoca il pre,giudizio dei diritti, �non di tutti in egual modo e rrutswra, 
ma di a1ooni soltanto dei componenti ila col1ettiviit� desti.natarria deil.la 
legge �, purrch� -s'intende -H vincolo operi � �!Ulla definitiva incisione 
profonda, al di l� dei limiti connaturali, sulle facolt� di uti1izzabHit� sussistenti 
al momento della imposizione � (Sent. n. 55 del 1968). 

152 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La circostanza, dunque, che il limite ha una durata individuabile 
nel tempo non incide sulla natura del limite stesso, s� che anche la 
censura sollevata con il secondo motivo deve essere respinta. 

Con il terzo motivo, poi, la ricorrente deduce violazione dello 
stesso art. 42 della Costituzione e vizio di motivazione, censurando 

la sentenza impugnata per avere negato che il vincolo di inedificabilit� 
incida sul diritto del proprietario del fondo, e con il quarto deduce 
violazione dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, censurando 
la stessa sentenza per averne ritenuto l'inapplicabilit� al caso in esame. 

Entrambe le censure sono da respingere, in quanto assorbite nel 
rigetto dei due precedenti motivi. 
Riconosciuto, infatti, che il .bene di cui si discute � assoggettato 
a limite per norma generale e che non vi � luogo ad indennizzabilit� 

La fonte del potere conferito alla Pubblica Amministrazione va sempve 
ri�cer.cata nella legg.e; ma, nel caso dell'espropriazione, l'atto specifico 
che la reailizm � un atto diiscirezionale di detea:'llli.niazione (che, tenendo 
conto della previsione a:stratta della legge, l'aipplica, :in concreto ed in relazione 
alle esigenze mutevoli da apprezzarsi caso per caso, a questo bene 
piuttosto che a quello); mentre, nel caso della limitazione ex art. 42 secondo 
comma, Cost., l'atto specifico di imposi2'liorne � un atto di setmJplice 
accerlamento, che non comporta alcun uso di disCII"eziornalit�, � non modifica 
la situazione preesistente (del 'bene) ma acclara la cornispoooenza delle 
conCII"ete sue qua1ii� alla prescrizione normativa ., il"endendo cosi e<Vidente 

� dl contra:sseg.no igiuridieo e8P['ess<> dalla sua na:tuxa �. (Sen.t. n. 56 de!I. 1968). 
La Corte di Appello ha, infine, osservato che �ia Corte Costituzionale, in 
piena aderenza con d principi :tndicati, mentre ha di�chia11ato la iliegittimit�, 
in relazione all'art. 42, terzo coonrm.a, della Costituzione, di alcune 
norme della legge sull.e servit� militari e della legge U!l'banistica (sen:.. 
tenzie n. 6 del 1966 e n. 55 del 1968) appunto ipea-ch� esse comportavano 
lianitaziond da dmpoosi mediante atti a:rnmirustrativi di dete=.inazionie 

� impartanti a criteri di larga discrezionalit� ed aventi contenuto svariato 
., sacrifi.cando cosi soltanto alcuni dei beni sottoposti allo stesso regime 
giuridico, ha, invece, escluso ognd ipotesi di illegittimit� dei vincoli 
nascenti da1'1a legge sulle cave e le toobiere e da quella sui bend dii valore 
paesistico (Sentenze n. 20 del 1967 e n. 56 del 1968). Questi ultimi vincoli, 
infatti, essendo rpll"eVisti in via generale dalla legge per tutti d bend appartenenti 
�a!lla categoria considerata, attengono a�l regime giuridico originario 
dei beni medesimi, che il iLeg1slatore ha facolt� di determinare a norma 
dell'art. 42, secondo comma, Cost., dema:nda:to evientuahnente al!1a Pubblica 
Amministrazione l'accertamento concreto della sussistenza delle caratteristiche 
obiettive e pa-edietermina:te, il"ichiste dalla legge. 
Abbi.amo ritenuto di riportare mlwga paTte la motivazione della sentenza 
defila Corte di appello, perch� essa costituisce il miglior commento 
per 1a statUJizione della Clorte di cassazione, La quale ha affermato: �I bend 
adiacenti a cose di interesse artdstico e storico soggiacciono ai limiti inerenti 
alla salvagual.1dia dell'integrit�, della prospettiva e delle condizioni 
di ambiente e di decoro in conseguenza della loro stessa posizione.di adiacenza 
e non a seguito di una attivit� della Pubblica Amministrazione. 

~~ 

r11t1r1=111r111i11r1r~w111r&rit11111a111,,tfll�111'11��~� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 153 

del pregiudizio economico 'che da tale limite deriva al proprietario del 
bene stesso, del tutto irrilevanti sono le considerazioni che attengano 
alla sussistenza, o meno, di tale pregiudizio ed alla risarcibilit� di 
questo. 

Il ricorso deve essere, quindi, rigettato, con la condanna della 

ricorrente alla perdita del deposito ed al rimborso delle spese a favore 

dell'Amministrazione controricorrente. -(Omissis). 

Il provvedimento che viene emesso in ap:plica:2J�one dell'art. 21 della 
1eg.ge citata ha, dunqiue, mero oonteniuto dichiarativo di un ili.mite gi� incidente 
sul bene e la situazione che ne deriivia :rii.entra, pertarnto, come ha 
esattamente, e con pregevole 'argomentazione, affermato la sentenza impuglllata, 
nell'ambito dei limiti alla pirqpirdet� previisti. nel citato secondo comma 
dell'art. 42 della Costituzione �. 

La statiuizione, peraltro, della Corte di cassa2l�one trova conforto e, 
potremmo dia-e, un precedente in tenni'Illi nella sentenza, richiamata dalla 
Cortedi appello, n. 56 del 9-29 maggio 1968, con la quale la Corte Costituzionale 
ha affermato che� i beni immobili qualificati di bellezza naturale hanno 
va.loce rp.aesi1stico Pe!l' una cia-costianza che <lipende dalla loro localizzazione e 
dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualit� 
indicate dalla leg:ge., traendOl'~ la conseguenza che tale reg:ime costituisce 

� un complesso normativo che determina il modo di essere e di godere dei 
diiritti stessi, legittimato datll'art. 42, secondo comma, della Costituzione �. 
Se cos� � per i vincoli pt:i.eSistici, il.o stesso non pu� non essere per i 
vincoli che vengono posti, ai sensi degli artt. 1 e 2 deN.a Leg:ge 1 giugnio 
1939, n. 1089, sultle cose dii mteresse artistico e storico nonch� per i vincoli 
che, a n<mma dell'art. 21 della stessa legge, vengono posti sui beni adiacenti 
a cose immobili soggette alle disposi2J�oni della legge mdicaita. 

GIOVANNI ALBISINNI 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 dfoembre 11972,, n. 3'506 -Pres. Favara 
-Est. Falcone -P. M. Caristo (oonf.). -s.,a.s. Immobiliare Prosem 
'(avv. Carboni Corner e Russo) c. Ministero delle �Finanze (avv. 
Stato Salto). 

Procedimento civile -Ricorso per Cassazione -Deposito di documenti 
nuovi -Divieto -Limiti. 

(c.p.c.� art. 372). 
Procedimento civile -Societ� non aventi personalit� giuridica -Noti


ficazione nel luogo ove svolgono l'attivit� in modo continuativo 


Efficacia. 

(c.p.c., artt. 19 e 145). 

La produzione in Corte di cassazione di documenti nuovi relativi 
atla nunitd della sentenza impugnata, � ammessa non soltanto nel caso 



154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di nunit� derivante da vizi, formaU o sostanziali, propri di tale� atto, 
ma anche se il vizio consegua da nullit� del procedimento dipendente 
da mancata costituzione del. contraddivtorio per l'inesistenza deUa notificazione 
dell'atto di appello (1). 

� legittima ed efficace la notificazione nei confronti di societ� non 
aventi personalit� giuridica, di associazione non riconoscente e di comi


(1) 11 divieto di produrre nel giudizio di Oassazione atti e docwnenti 
non prodotti nelie precedenti fasi del giudizio, ad esclrusione di quelli concernenti 
ila nul1it� delLa sentenza �impugnata e l'armmissi!bilit� del ricOO"SO 
e del �contvoricocso; trae fondamento ne'l. rilievo che la giurisdizione� della 
COlrte di 1caissazione, diretta ad assicurare il.'esatta osseTVanza e l'uniforme 
intexpretazd:one della legge, � di sola legi:ttim.tt�, cfr. S. U. 4 ottobre 1969, 
n. 3176, Foro it., 1969, I, 2754, che hanno ravvisato manifestamente infondata, 
in rllierimento aigli airtt. 2 e 24 Costituzione, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 372 c.p.c.; Cass. 4 g.ennaio 1969, n. 16 per la quale 
il divieto di produrre documenti diversi da quelli consentiti dalla norma in 
parola, 1ruretto a salvaguairdalt"e i limiti dstituzionali del gwdizio di legittimit�, 
� sottratto al potere disposi>tivo del1e pariti. 
La nullit� deilla sentenza'impugnata, che in ba:se a siffatta norma 
facuil.ta ila prodluzdone di documenti nuovi in Cassazione, non costituisce 
una eccezione ad un tale divieto ma consegue dal ll:'ili!evo che il giudizio 
di C!aissazdonie costituisce una fase autonoma del processo onde la Corte 
pu� e deve svolgere tutti d poteri rper !la verifica dei presuwosti del suo 
giudizio, c:fir. SATTA, Commentario 1966, sub art. 372 c.p.c. 

Pertanto in giurrisprudenza erasi sempre inteso in senso restrittivo la 
disposizione su menzionata ed 1identificata tale nullit� con quella derivante 
dal difetto dei requisiti menzionati dalla sentenza, in relazione agli a!t'tt. 132, 
141, 156, 161, 360, n. 4 c.p.c., escludendo invece la ipotesi dd i'.I'lregolarit� 
de'l. rprocedimento che si fossero. potute 11."�lpericuotere nella sentenza, ofr. 
Cass. 8 nov:embre 1971, n. 3151; 14 iluglio 1971, n. 2302; 16 ottobre 1970, 

n. 2052; 6 febbi1aio 1969, n. 403 ecc. 
In par�U.colaire si escludeva la possibilit� di Pll."Odurire documenti nuovi 
nell'ipotesi di !IliUlUt� mediata della sentenza dipendente dalil.a nullit� del 
procedimento per drrego.larit� del contraiddittOll'io, clr. Cass. 4 aprile 1959, 

n. 1005; 9 aprHe 1958, n. 1171, convenendosi che J.a irregolarit� del ra(prporto 
prooeSSU!a!le poteva essere conosciuta dalla Corte dd cassazione sulla ba:se 
dei documenti e degli altri elementi idi Pll'OVa ,gi� acquisiti al 'PTocesso nelle 
precedenti fasi di merito. Ca:ss. 21 marzo 1969, n. 907; 15 maggio 1956, 
n. 
1598; 7 giugno 1956�, n. 1951. 
Peraltro siffatto orientamento non aveva mancato di suscifare qualche 
dissenso, cfr. FAZZOLARI, Giur. Compl. Civ., XXVII, 2 Quadir. 12. 
Con la sentenza che si annota la Corte di Cassazione, sensibile a manifeste 
esigenze di giustizia sostanziale, ha puntualizzato la portata dell'mt. 372 
c,p.c. nel senso che la norma faculterebbe 1a produzione d!i nuovi documenti 
qualora la nullit� della sentenza di appello consegua dalla mancata 
coistituzi:one del contraddittorio, per inesistenza deMa notificazione deU'atto 
di appello. 

C:irca 1'asseri:te distinzdoni tra inesistenza 1e nullit� di notifica cfir. Cass. 
13 maggio 1969, n. 1'654 m Foro it. Mass., notevoli divergenze sussistono in 
dottrina, ritenendosi che -gli aitti processua!li ddve:rai dalla sentenza non 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 155 

tati di cui aU'art. 36 e.e., eseguita nella sede ove svo,lgono l'attivit� in 
modo continuativo, ancorch� diversa da quella ufficiale risuitante dai 
pubblici registri (2). 

(Omissis). �-La societ� Prosem ha effettuato, in questa fase del 

processo, il deposito in cancelleria di due nuovi documenti, assumendo 

la ammissibilit� della produzione degli stessi in quanto diretti a pro


vare che la sede legale di essa ricorrente era del tutto diversa da 

quella nella quale risulta eseguita la notificazione della citazione d'ap


pello e, quindi, a dimostrare la nullit� del procedimento e della sen.
tenza di secondo grado. 

Il primo documento, rappresentato da un certificato della Camera 

di Commercio di Milano, rilasciato il 15 novembre 1971, dal quale 

risulta che la sede della societ� Prosem venne trasferita in data 13 

marzo 1964 in Via S. Antonio n. 14 in Milano a Via Tadino n. 15 nella 

stessa citt�, � stato depositato nella Cancelleria di questa Suprema 

Corte insieme con il ricorso, nel termine stabilito dall'art. 3,69 c.p.c. 

Il secondo documento, costituito da un certificato della Cancelleria del 

Tribunale di Milano in data 4 maggio 1972 dal quale risulta che la 

societ� Prosem ha avuto la sua sede in via Cottusio n. 2 in Milano 

dalla costituzione al marzo 1955 e in via S. Antonio n. 14, nella stessa 

citt�, dall'aprile 1955 in poi (ed anche in data 17 febbraio 1971), � 

stato depositato in udienza, prima della relazione della causa, insieme 

con l'atto di avviso del deposito stesso notificato alla Amministrazione 

resistente in data 15 maggio 1972. 

La decisione drca l'ammissibilit� della produzione in questa sede� 

di detti documenti si pone ,come pregiudizale, quale che possano es


sere le conclusioni circa la fondatezza in diritto della tesi che gli stessi, 

secondo l'assunto della ricorrente, sarebbero idonei a corrobare, e� 

circa il valore che ad essi pu� essere in concreto attribuito a tale fine. 

� appena il caso di richiamare il disposto dell'art. 372 c.p.c., il 

quale -come � noto -vieta il deposito, nel giudizio di cassazione, 

di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del giudizio, 

tranne che essi non riguardino la nullit� della sentenza impugnata O' 

l'ammissibilit� �del ricorso e del controricorso. 

ammettono la confi.gureta nullit�-insussistenza in quanto iJ. v1z10, non 

escludendo l'eserciziio del ipotea.-e giurisdizionale non impedisce aJ. processo 

di approdare il Sl\lO risUltato finale, Clfr. DENTI in Novissimo Digesto, voce 

Inesistenza degli atti processuali civili. 

SUL punto, per quel che concerne l'impugnativa proposta dalJ.a ![>arte 
con1JUmace oltre l'anno d.i pubblkazione della sentenza, cfr. Cass. 7 aipriiLe 
196,2, :n. 1060, Foro it. 1972, I, 3191. 

(2) diI'. Cass. 10 febb['aio 1970, n. 331, Foro it. 1970, I, 1496 con nota di 
richiami e riferimento, cui si ;rinvia. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In relazione a questa normativa deve essere esaminato il problema 
se il significato e la portata della locuzione � nullit� della sentenza
�, consentano di ritenere ammissibile la produzione in questa 
sede di documenti idonei --in ipotesi -a dimostrare la nullit� della 
sentenza impugnata quale conseguenza dell'inesistenza della notificazione 
della citazione di appello (o di quelle di entrambi i gradi del 
giudizio di merito). 

In .proposito questa Corte si � pronunciata ripetutamente nel senso 
che l'espressione �nullit� della sentenza�, adottata nella norma che 
pone i limiti alla produzione di documenti nuovi in Cassazione, deve 
essere intesa in senso restrittivo, come comprensiva della sola nullit� 
direttamente derivante da vizi propri di tale atto, di ordine sia 
formale che sostanziale (artt. 132, 156 capoverso, 158, 161, comma 
secondo, c . .p.c.), con esclusione della nullit� che possa, per via riflessa 
e mediata, scaturire da vizi del procedimento (Cass. 14 luglio 1971, 

n. 2302; 30 aprile 1969, n. 1432; 26 luglio 1968, n. 2704). 
A questa interpretazione restrittiva, peraltro, somministra fondamento 
il solo rilievo che il legislatore, il quale proprio nella indicazione 
dei motivi di cassazione ha contropposto la nullit� della sentenza 
a quella del procedimento (art. 360 n. 4 c.p.c.), non pu� avere ammesso 
espressamente la produzione �di documenti relativi alla sola 
nullit� della sentenza se non per escludere la pos&ibilit� di esibizione 
di quelli riguardanti fa nullit� del procedimento. 

Ma questa argomentazione, legata alla lettera delle disposizioni 
normativ� cui si richiama, � stata altra volta superata da questa Corte 
ehe, prendendo espressmente in esame la fattispecie tipica che qui si 
ripresenta in concreto, ha affermato che l'espressione accolta dal le,
gislatore nella norma in esame deve essere intesa come comprensiva 
anche dell'ipotesi della nullit� che colpisce la sentenza quale conseguenza 
della nullit� inficiante il procedimento qualora in fase di appello, 
o in entrambe le fasi di merito, non sia stato costituito il contraddittorio. 
(Cass. II, Sez. Ord. 31 maggio 1959). 

Alle considerazioni che convincono a ribadire questo orientamento, 

..giova brevemente premettere, che, nel riconoscere la possibilit� di 
distinguere dalla ipotesi di nullit� della notificazione quella della inesistenza 
di essa, questa Corte ha delineato i confini delle due categorie 
affermando che la nullit� presuppone pur sempre che la notificazione 
sia materialmente avvenuta mediante rilascio di copia in luogo ed a 
persona che, pur diversi da quelli prescritti, abbiano qualche riferimento 
con il destinatario della notificazione medesima (ad esempio: 
notificazione al domicilio reale anzich� al domicilio eletto, alla parte 
anzich� al procuratore o viceversa); e che, invece, non pu� dirsi che 
vi sia stata notifica, neppure irregolare, quando questa sia avvenuta in 
luogo o a persona che non siano in nessun modo e per nessuna via 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

riferibili al soggetto passivo della notificazione, risultando assolutamente 
estranei al destinatario dell'atto da notificare (Cass. 13 maggio 
1969, n. 1654). 

In questa ipotesi, che � quella che si assume verificata nella specie, 
in quanto il luogo e la .persona presso cui la notificazione � avvenuta 
non avrebbero alcun riferimento alla sede legale della societ� -unico 
1uogo nel quale, ad avviso della dcorrente, l'attivit� di notifi<:azione 
poteva trovare il suo compimento -la radicale divergenza dell'attivit� 
processuale svolta dal modulo legale della _notificazione importa 
inesistenza di questa. 

Ci� posto, nelle ipotesi in cui l'esel'cizio della funzione �giurisdi'
Zionale sia stata svolta da parte dell'organo giudiziario su domanda 
di una parte (artt. 99 c.p.c.), ma senza che �colui �contro il quale il 
provvedimento � stato domandato ed emesso sia stato messo in contlizione 
di contraddire, la mancata instaurazione del rapporto proces.
suale non pu�, di solito, essere da questi dimostrata se non attraverso 
documenti che provano le circostanze di fatto dalle quali discende la 
inesistenza della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio; cio� 
dei documenti �che, proprio per effetto della non avvenuta costituzione 
del contraddittorio (quale possibilit� offerta al convenuto di conoscere 
1a pendenza del processo per potere contraddire ove lo creda opportuno 
nel suo interesse) non potevano essere acquisiti nel procedimento 
concluso con la sentenza impugnata. 

A questo primo rilievo, che prospetta un'esigenza di non trascurabile 
momento a favore dell'ammissibilit� del deposito in Cassazione 
�dei documenti predetti, va aggiunta la considerazione che -come � 
�stato gi� osservato --la parte, per dimostrare l'inesistenza della notificazione 
della citazione di appello (o �di quella di primo grado e di 
appello) non pu� avvalersi di alcun altro rimedio processuale, per cui, 
ove si accedesse alla tesi contraria le sarebbe tolta ogni possibilit� di 
-dimostrare che il giudizio nella fase di merito si � svolto senza che essa 
vi sia stata chiamata. 

Neppure, poi, pu� essere trascurata l'osservazione che alla parte 
rimasta �contumace in dipendenza dell'inesistenza della notificazione 
�della citazione, � consentito proporre l'impugnazione -compreso il 
ricorso per cassazione -dopo il decorso dell'anno dalla pubblicazione 
-della sentenza (art. 327 c.p.c.); e che tale impugnazione tardiva resterebbe 
una mera lustra se lo stesso documento, al quale il ricorrente 
affida la dimostrazione dell'inesistenza della notificazione per superare 
1'ostacolo della avvenuta scadenza del termine, e la cui produzione �, 
pertanto fuori discussione per la sua attinenza all'ammissibilit� del 
ricorso per cassazione (art. 372 c.p.c.), restasse poi inutilizzabile -secondo 
la .tesi che si disattende -ai fini della decisione dell'impugna:
zione eventualmente incentrata sull'unico motivo della nullit� del 


158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

procedimento e della sentenza per mancanza assoluta di contraddittoriet�. 


Non sembra, poi, che al concetto di nullit� della sentenza quale 
emerge dalla norma in esame, possa ritenersi estraneo il vizio determinato 
dalla assoluta mancanza di contraddittorio. 

Ed infatti, la sentenza, secondo il modello normativo (art. 132: 
c.p.c.) � tale in q~anto � coolldinata al processo, sicch� intanto esiste 
come provvedimento giurisdizionale che ne conclude una fase, in 
quanto un processo, pur viziato come si voglia, vi sia stato. 

Senonch� l'assoluto difetto di contraddittorio per inesistenza della 
chiamata in giudizio del convenuto rende il processo una mera parvenza, 
non essendosi in alcun m<;>do costituito il rapporto processuale 
fra i tre soggetti che ne sono i necessari partecipi. 

La regola formale del contraddittorio (art. 101 c.p.c.) ha assunto, 
invero, nell'ordinario giudizio di cognizione, come risulta dalla stessa 
rubrica dell'articolo� che la pone, il valore di un principio di garanzia 
dell'oggettiva attuazione della giustizia, cio� della realizzazione dello 
scopo del processo, la portata di una delle condizioni che, come � stato 
affermato, �fanno giudizio un giudizio�. 

Ci� posto, � subito da aggiungere che soltanto il primo dei due 
ricordati documenti pu� essere preso in esame, perch� i documenti 
relativi alla nullit� della sentenza impugnata con il ricorso per cassazione 
devono essere deposit�ti unitamente al ricorso stesso, nel termine 
perentorio di cui all'art. 369 c.p.c. La facolt� di depositare atti e documenti 
in un momento successivo fino all'inizio della discussione del 
ricorso �, invero, rigorosamente limitata, dal secondo comma dell'art. 
372 c.p'.c., ai documenti relativi all'ammissibilit� del ricorso o 
del controricor.so e non si estende anche a quelli riguardanti la nullit� 
della sentenza (Cass. 8 novembre 1971, n. 3151, 27 novembre 1970, 

n. 2521). 
Passando all'esame del ricorso, la censura con la quale la societ� 
Prosem assume violata la norma dell'�rt. 145 c.p.c., in quanto la citazione 
di 'appello risulta notificata nella sua pretesa sede in Milano 
via Baldissera n. 2 presso lo studio del dott. Cataldo, mentre la sede 
legale di essa societ� ricorrente, secondo le risultanze del certificato 
esibito, � in Milano via Tadina n. 15, appare priva di fondamento e 
non pu� essere accolta. 

Giova ricordare che, come � stato esposto nello svolgimento del 
processo, l'amministrazione finanziaria, aveva richiesto all'ufficiale giudiziario 
la notificazione della sentenza di primo grado alla soc. Prosem 
(risultata vittoriosa in quel giudizio) nello stesso luogo nel quale 
era stata effettuata la notificazione dell'atto introduttivo, cio� in via 
Tadino 15 presso il dott. Cataldo; senonch� l'ufficiale giudiziario procedente, 
in data 18 gennaio 1972 attestava di non avere potuto ese




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

guire la notificazione al detto indirizzo essendo stato informato che 
la societ� Prosem si era trasferita in via Ba1dissera n. 2 .presso lo studio 
del dott. Cataldo. 

Incaricato di procedere alla notificazione in via Baldissera n. 2 
l'ufficiale giudiziario provvedeva a tanto, dando atto, nella relazione 
in data 22 gennaio 1971, di avere consegnato la copia della sentenza 
nelle mani dell'impiegata addetta. 

Dovendo provvedere alla notificazione della citazione d'appello, 
la stessa amministrazione finanziaria incaricava l'ufficiale giudiziario 
di procedervi al medesimo indirizzo di via Baldissera n. 2 e l'ufficiale 
giudiziario, con relazione del 17 febbraio 1971, dava atto di essere 
acceduto in via Baldissera 2 presso lo studio del dott. Cataldo e di 
avere consegnato copia dell'atto nelle mani dell'impiegata del domiciliatario 
Angela Passero. 

Orbene, ai sensi del secondo comma dell'art. 145 c.p.c., la notificazione 
alle �~ociet� non aventi personalit� giuridica -quale � la 
societ� in accomandita semplice Prosem -, alle associazioni non riconosciute 
ed ai comitati di cui agli artt. 36 e segg. e.e., deve essere 
eseguita a norma del ,comma precedente (cio� mediante consegna di 
copia dell'atto al rappresentante ed alla persona incaricata di ricevere 
le notificazioni o, in man<:anza, ad altra persona addetta) nella sede 
indicata nell'art. 19 secondo comma, c.p.c.; vale a dire nella sede dove 
detti enti svolgono attivit� in modo continuativo. 

Alla stregua di tale normativa non pu� dubitarsi che per quanto 
concerne la valida instaurazione di un rapporto processuale nei confronti 
di detti enti, la notificazione nel luogo di svolgimento dell'attivit� 
continuativa, anche se diverso da quello risultante dai pubblici 
registri quale sede ufficiale di essi, � pienamente legittima ed efficace 
(Cass. 10 febbraio 1970, n. 331). E deve essere rilevato che questo 
principio si cool'dina con quello. affermato da questa Cor.te in tema di 
notificazione a societ� dotate di personalit� giuridica regolata dal 
primo comma dello 'stesso art. 145, nel senso di ritenere anche tale 
norma, che indica quale luogo di notificazione la sede della societ�, 
come norma non cogente, e di considerare validamente eseguita �la 
notificazione compiuta nella sede effettiva anzich� in quella ufficialmente 
iscritta nei pubblici registri, sotto il profilo che l'art. 46 e.e., 
ha equiparato la sede effettiva della persona giuridica a quella legale, 
agli effetti della tutela dei terzi (Cass. 13 febbraio 1970, n. 355). 

Orbene, il luogo di svolgimento della attivit� in modo continuativo 
� quello dove � posta la direzione dell'attivit� sociale, dove vengono 
trattati gli affari inerenti all'impresa ed organizzati i diversi fattori 
della produzione, quelli cio� in cui sono posti gli uffici nei quali si 
svolge l'attivit� direttiva ed amministrativa, ed a questa realt� immediatamente 
percepibile dai terzi -e non certo alla sede risultante 


160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della pubblicit� legale -si riferivano le dichiarazioni raccolte dall'ufficiale 
giudiziario quando, recatosi in via Tadina n. 15 per eseguire 
la notificazione alla soc. Prosem, apprese che la stessa si era trasferita 
in via Baldissera n. 2. 

La verit� ctelle circostanze attestate dall'ufficiale giudiziario sulla 
base delle indicazioni fornitegli e delle informazioni assunte ha trovato 
poi conferma in occasione della Soc. Prosem, presso lo studio del 
dott. Cataldo, in via Baldissera n. 2, dove sia la copia della sentenza 
di primo grado, sia la copia della citazione di appello di cui si discute, 
furono rkevuti dall'impiegata addetta. 

-In questa situazione processuale la censura cos� come prospettata 
dalla Prosem non coglie nel segno e non trova, comunque, neppure nel 
documento esibito, il sostegno di fatto sul quale pretende di fondarsi. 
Ricordato che la ricorrente configura esplicitamente la censura 
proposta nel senso della nullit� (inesistenza) della notificazione per 
non �essere avvenuta nella sede legale di essa societ�, dev'essere sottolineato 
che, facendo esclusivo riferimento al luogo risultante dai 
registri della Cancelleria Commerciale �senza neppure accennare alla 
coincidente effettivit� di tale sede, quale luogo nel quale l'attivit� 
sociale trovava svolgimento, la societ� Prosem finisce col sostenere, 
implici.tamente, ma in maniera non equivoca, che unico luogo per le 
notificazioni a societ� che pure essendo prive di personalit� giuridica 
sono assoggettate al regime di pubblicit� legale, quale la societ� in 
accomandita semplice (artt. 2313, 2295, n. 4, 2296, 2300, 2193 e.e.), 
� la sede risultante dall'atto costitutivo o da successive modificazioni 
dello stesso, ancorch� in detta sede l'ente non svoJ.ga alcuna attivit�. 
Orbene questa tesi � certamente da respingere, sfocarne in contrasto 
con il chiaro disposto delle norme dettate dagli artt. 145, capoverso 
e 19, secondo comma, c.p.c., sopra esaminate, per le quali pu� 
porsi �soltanto un problema di coordinamento con le norme avanti 
ricordate sulla pubblicit� legale in materia di societ� prive di personalit� 
giurid1ca, le cui soluzioni alternative possono peraltro profilarsi 
o nel senso di ritenere l'art. 19, secondo comma, come deroga-
tivo� del disposto dell'art. 2193 e.e. o in quello di ammettere il concorso 
del criterio del luogo di svolgimento dell'attivit� continuativo 
con quello della sede legale, ma che non consentono in alcun modo di 

accogliere l'interpretazione cui la ricorrente si richiama. 

� infine da considerare che, come si � gi� detto, l'assunto della 

ricorrente non tro�va nel documento prodotto in questa sede, costituito 

da un certificato della Camera di Commercio di Milano, quel substrato 

di fatto sul quale viene assertivamente fondata. 

Finch� non sar� attuato il registro delle imprese, gli effetti che la 

legge fa discendere dalla iscrizione nei registri medesimi degli atti e 

fatti per i quali � prescritto tale adempimento, ai fini dell'apponibilit� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

di essi ai terzi, si realizzano con la: iscrizione nei registri della Cancelleria 
del Tribunale (disp. att. e.e. artt. 100, 101), e non possono 
essere collegati alle annotazioni fatte nei registri tenuti dalle Camere 
di Commercio. 

La compilazione e la tenuta dei registri delle ditte, istituiti presso 
le Camere di Commercio (d.lgts.lgt. 21 settembre 1944, n. 315, art. 2; 

t.u. 20 settembre 1934, n. 2011 art. 50) sulla base delle dichiarazioni 
rese dagli interessati in ordine alla costituzione della societ� ed alle 
eventuali modificazioni avvenute nello stato di fatto e di diritto delle 
stesse (art. 48 t.u. cit.), hanno lo scopo non di fondare una verit�, ma 
solo di offrire una utilit� informativa, sicch� l'efficacia probatoria dei 
certificati rilasciati sulla base delle risultanze di detti registri � limitata 
alla sola esistenza delle dichiarazioni medesime e non concerne 
l'effettiva corrispondenza di esse alla realt� oggettiva (Cass. 5 gennaio 
1968, n. 18; 3 giugno 1967, n. 1293). 
Le note presentate dal difensore della Soc. Prosern. dopo le conclusioni 
del Procuratore Generale ribadiscono la tesi prospettata nel 
ricorso ed illustrata nella discussione, facendo riferimento alla pretesa 
sede legale della Soc. Pros:em in via Tadina n. 15, senza alcun ace.enne 
circa la coincidenza con essa del luogo in cui la societ� stessa svolge la 
sua attivit� in modo continuativo ed invocando a prova di tale situazione 
il Certificato della Camera di Commercio del cui valore si � 
detto, per esse � sufficiente, quin�di, riportarsi a quanto esposto per 
disattendere il motivo di ricorso. 

Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato con la condanna 
della societ� ricorrente alla perdita del deposito per il caso di soccombenza 
(ar.t. 381 c.p.c.) ed al pagamento delle spese giudiziali (artt. 383 
e 91 c.p.c.). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 dicembre 1972, n. 3676 -Pres. 
Maccarone -Est. Schermi -P. M. Raja (conf.) -Comune di Frattamaggiore 
(avv. De Stefano Donzelli) c. Cassa per il Mezzogiorno 
(aw. Stato Lombal'di), Amministrazione provinciale di Napoli (avv. 
Florio), Romano ed Altieri. 

Procedimento civile -Appello -Comparsa di risposta contenente appello 
incidentale nei confronti del coappellato contumace -Notificazione 
-Inosservanza -Effetti -Rilevabilit� d'Ufficio -Esclusione. 


(c.p.c., artt. 157, 292, 343). 

La omessa notificazione della comparsa di rispo�sta contenente a.ppello 
incidentale contro il coa.ppellato contumace, non comporta di 


162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per s� inammissibilitd del gravame ma il dove1�e giuridico di regolaTizzare 
il contraddittorio nei suoi confronti e non pu� essere rilevata 
-d'ufficio, ma deve essere dedotta dal contumace medesimo nella prima 
difesa successiva (1). 

(Omissis). -Nella memoria difensiva il ricorrente comune di 

Frattamaggiore, modificando uno dei presupposti sui quali aveva ba


sato l'originario unico motivo di ricorso, riconosce che l'Amministra


.zione provinciale di Napoli avanz�, nel giudizio di secondo grado, la 

richiesta subordinata di rivalsa di cui si � detto sopra, proponendo 

�cos� appello incidentale condizionato nei confronti di esso comune, il 

quale, rispetto all'appello principale .proposto dal Romano e dall'Al


tieri, era coappellato insieme alla detta Amministrazione provinciale 

e alla Cassa per il Mezzogiorno. Ed in base a questa reale situazione 

processuale, censura la .sentenza impugnata per non avere considerato 

�Che l'appello incidentale condizionato, proposto con la comparsa di ri


sposta, non era stato notificato ad esso comune, contuma�ce nel giudizio 

�di secondo grado. 

Questa censura � inammissibile perch� si traduce in un motivo 

aggiunto dopo la proposizione del ricorso per cassazione e solleva una 

�questione che non � rilevabile d'ufficio. 
Proposto appello principale nei confronti di pi� parti, un coappellato 
pu� proporre, nel modo e nel termine di cui all'art. 343 c.p.c., 
,appello incidentale, eventualmente condizionato, nei confronti di altro 
coappellato, se l'interesse all'impugnazione incidentale sorge dalla proposizione 
dell'impugnazione principale; e se il coappellafo ed appellato 
incidentale � contumace, deve essergli notificata la comparsa di costituzione 
con la quale � stato proposto l'appello incidentale. L'omessa 

(1). � pacificamente ammesso nella giurisprudenza e V'algono all'UO\PO 

le numerose decisioni richiamate nella motivazione della sentenza che si 
annota, che la notiffoa al contumace delle comp.a:rse contenenti domande 
nuove o riconvenzionali, prevista dall'art. 292 c.p..c., costitutsce una particolare 
a[>rplicazione del �PT'incipio del contraddittorio dettata nell'interesse 
della pB1'te contumace, alla quale soltanto� � quindi !riservato di poterne 
'0ccepire l'inosservanza. 

In dottrina, sulle notificazioni e comunicazioni al C0111V1enuto contumace, 
da faa:isi in conformit� de11'art. 292 c,p.c., cfr. GIANNozzx, La contumacia 
nel processo civile, 1963, 189 e segg. 

Sull conicetto di domanda nuova, agli effetti de11'art. 292 c.p.c. cfr. Cass. 

22 gennaio 1959, in. 151; 1 giugno 1968, n. 1638 ecc., per la quale devono 

intendersi domande nuove quelle con cui si chiede l'attribuzdone di un bene. 

In dottrina cfr. SATTA, Commentario sub art. 292 e giurisprudenza ivi 
�richiamata. 

Sui modi e termini de11'appello 'io:iddentale previsti dall'art. 343 c.p.c. 
,cfir, Cass. 10 gi'UJgno 1968, n. 1829. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

no.Uficazione di tale compar.sa non comporta l'inammissibilit� dell'appello 
incidentale, che � stato ritualmente proposto nel modo e nel termine 
di 'cui all'art. 343 ,c,p.c.; ma comporta, bens�, il dovere del giudice 
di assegnare all'appellante incidentale un termine per la regolarizzazione 
del �contraddittorio nei confronti dell'appellato incidentale, mediante 
la detta notificazione, in applicazione del disposto dell'art. 292, 
primo comma, c.p.c. (Cass., 10 giugno 1968, n. 1829; 7 aprile 1964, 

n. 1095). Invero, la proposizione rituale e tempestiva, ai sensi dell'art. 
343 c.p.c., dell'appello incidentale si traduce nella proposizione 
di una domanda nuova� (sia pure ad opeTa di un soggetto -il coappellato 
incidentale -'diverso da quello che ha proposto la domanda 
originaria -l'appellante principale) nel �processo in cui il coappellato 
ed appellato incidentale � gi� parte; sfoch� si verifica l'ipotesi di cui 
al citato art. 292. Norma, questa, che, per la parte che impone la notifica 
al �contumace delle comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali, 
costituisce una particolare applicazione del principio del 
contraddittorio ed � dettata nell'esclusivo inteTesse del contumace medesimo, 
allo scopo .di metterlo in grado di difendersi dalle domande 
proposte dopo la notifica dell'atto introduttivo del giudizio. Ne consegue 
che soltanto il contumace, costituendosi in giudizio, pu� far valere 
l'inosservanza della dtata norma, secondo il criterio generale 
stabilito dall'art. 157, seco�ndo comma, c..p.c., nella prima difesa successiva 
�alla notifica dell'atto compiuto in violazione della norma stes,sa; 
e tale violazione non pu� essere rilevata d'ufficio dal giudice (Cass., 
24 novembre 1971, n. 3435; 3 aprile 1970, n. 895; 3 marzo 1969, n. 678; 
20 dicembre 1968, n. 4039; 5 ottobre 1964, n. 2497; 27 luglio 1964, 
n. 2076; 25 luglio 1964, n. 2047; 17 ottobre 1961, n. 2177). In particolare, 
la mancata notificazione al ,contumace della �Comparsa contenente 
un appello incidentale pti.� essere dedotta soltanto dal contumace 
medesimo, sempre che l'appello incidentale sia stato accolto (Cass., 
23 gennaio 1971, n. 146), con ,conseguente esclusione della rilevabilit� 
d'ufficio. -(Omissis). 
!3 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 667 -Pres. Breglia 
-Est. Cuonzo -Amministrazione provinciale di Ferrara (avv.ti 
Betti e Silvestri) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Sernicola). 

Impiego. pubblico -Segretario comunale e provinciale -Trattamento 
economico -Artt. 227 t. u. 3 marzo 1934, n. 283 e 202 t. u.10 gennaio 
1957, n. 3 -Inapplicabilit�. 

(1. 27 giugno 1942, n. 851, art. 173, sub. 1). 
Impiego pubblico -Segretario generale provinciale -Nomina per concorso 
statale -Trattamento economico -Art. 35 legge 8 giugno 
1962, n. 604 -Inapplicabilit�. 

La disposizione� di cui all'art. 227 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, 
che fa divieto di reformatio in peius del trattamento economico degli 
impiegati e salariati dei comuni, delle province e dei consQll'zi, non 
si applica nei confronti dei seigre�tari comunali e provinciali, cui � 
riconosciuta, infatti, dall'art. 173, sub 1, deHa legge 27 giugno 1942, 

n. 851 la qua.lifica di funzionari dello Stato e l'equipamzione a questi 
ultimi a tutti gli effetti; �, peraltro, del pari inapplicabile ai segretari 
comunali e provinciali, nell'ipotesi che proverngano dalla qualifica di 
vice-segretario, l'art. 202 del.t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, essendo ii beneficio 
relativo alla conservazione del precedente tratitame:nto economico 
riservato ai soli funzionari deUo Stato nel caso di passaggio di 
carriera. presso la stessa o diversa Amminist1�azione (1). 
Non � estensibile ai segretari gen.erali della provincia nominati 
a seguito di concorso indetto ed espletato dallo Stato il beneficio stabilito 
dall'art. 35 della legge 8 giugno 1962, n. 604, di corres.ponsione, 
cio�, di tanti aumenti biennali quanvi ne occoll'rono per assicurar�e al


(1-2) Su'l trattamento economico dei segir.eiari comunali e provinciali 
con riferimento ail co11egamento e.sistente con .quello degli impiegaiti civdli 
dello Stato v;edaisi Sez. V, 27 luglio 1971, n. 726, Il Consiglio di Stato, 1971, 
1478; sul problema deUa scelta del pirocedimento di nomina (piromozione o 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
anche l'avv. Francesco MARtuzzo. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 165 

l'interessato; lo stipendio, immediatamente supe1�iore a quello' in godimento 
all'atto della nomina disposta ex a.rt. 58 della le�gge 8 giugno 
1962, n. 604: detta ultima nr;irma, infatti, cui va riconosciuta natura 
singolare, si riferisce alle mere promozioni anche se dipendenti 
da conco1"si interni, e rappresenta, quindi, una fattispecie ben diversa 
da quella. sopraindicata di concorso esterno bandito ed espletato dallo 
Stato (2). 

concorrso interno ovvero concorso esterno) cfu-. Sez. V, 23 ottob:ve 1970, 

n. 796, ivi, 1970, 1669 con ri<chiami bibUogira:fi.ci; ciirca 'La necessit� di distinguexe 
il servizio prrestato quale woe-segiretario comunale e !PTO'Vinciale ve.
dasi parr. Sez. I, 3 febbrraio 196�5, n. 64, ivi, 1966, 1932. 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 884 -Pres. Potenza 
-Est. Schinaia -Massaro (avv. Ferruggia) c. Ministero della 
Difesa (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Ottimo disimpegno 
dei compiti -Insufficienza. 

Militare -Ufficiale dell'esercito -Avanzamento a scelta -Giudizio 
negativo -Precedenti non costantemente ottimi -Vizio di eccesso 
di potere -Insussistenza. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Censure 
riferite ai precedenti di ufficiali parigrado -Inammissibilit�. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Comurticazione 
sintetica del rapporto personale o informativo -Onere dell'impugnazione 
-Fattispecie. . 

Il buon disimpegno dei compiti del proptl'�O' grado non � condizione 
sufficiente, anche se necessaria, per l'avanzamento a scelta al grado 
superiore degli ufficiali deti'Esercito (1). 

Nel giudizio negativo di avanzamento a scelta non sussiste vizio 
di eccesso di potere per contrasto con i ptl'ecedenti di carriera dell'ufficiale, 
qualora essi non siano costantemente o�ttimi (2). 

(1-19) L'orientamento della giurisprudenza in tema .di avanzamento a 
scelta degli ufficiali dell'Esercito. 

In materia di arvanzamento a scelta degli uffidali dell'Eser�oi.to, il Consiglio 
di Stato ha a~to modo di ribadire anche di recente Le ormai consolidate 
linee deJfa sua giUII'iSl[Jrrudenza. 



166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� inammissibile in sede di impugnativa del giudizio negativo di 

avanzamento a scelta la censura la quale comporti valutazione in me


rito dei preced(;'!nti di ufficiali parigrado dichiarati idonei (3). 

Sussiste l'one'l'e dell'impugnativa sotto pena di decadenza, a far 

tempo dalla data di sottoscrizione, del modulo di comunkazione, del 

rapporto personale o del rapporto informativo, qualora il Loro conte


nuto, seppure sintetico, sia inequivocabilmente negativo (4). 

Come � noto, nel sistema stabilito dalla legge 1'2 novembre 1955, n. 1137 
e �successhne modificazioni � pr.ev:iisto un primo giudizio delle commissioni 
oodinaria o superiore di avanzamento, li.a cui rispettiva competenza viene 
detemninata a seco!Ilda del diverso graido dello 1scrutinando. Tale giudizio si 
conclude con una clichliarazione di :Ldoneit� o non ~doneit� de1l'ufficiale 
all'avanzamento e, per gli idonei, con il.'attviibuzione di un punteggio di 
merito in base ai criteri predeterminati da11a '.Legge medesima, nonch� con 
la loro iscrizione in uma graduatoria. 

Quest'ultima � poi sottQ1Posta all'approvazione discrezi001:a1e del Ministro 
della Difesa. 
La questione di costituzdonalit� dell'esposto &isterma di avanzamento � 
stata gi� dkhiwafa mani!liestamente infondata (Sez. IV, 30 lrugilio 1969, 

n. 400, Il Consigtio di Stato, 1969, I, 1186). 
La massima parle delle controversie ha avuto riguardo ai gi'llJdizd. va'.LutatiVli. 
delle commiissioni, oppugnati sia iper la composimone dell'organo, sia 
per la JProced'Ul'a seguita, sia per il loro iin.triI11Seco contenuto. 

A proiposito della �composizione dell'ovgiano, il Consiglio di Stato ha 
affermato che ila regolarit� :rielativa del'.Le commissioni di avanzamento deve 
essere accertata con rifer:Lme.nrto al momento in �cui Vliiene espresso il giudizio 
e n01I1 a quello in cui l'ufficiale � iscritto in quadro (Sez. IV, 25 settembre 
1968, n. 5216, ivi, rn68, iI, 1022). 

Non costituisce d'altra parte vtiziio di composi:ziione deliLa cOlllllllldissiooe 
la circostanza che taliuni suoi membri avessero, nei .pvecedenti gradi, an,zianit� 
imeriori a queilla del giudiOOIJJdo, ove all'atto dehla valutazione detti 
membri rivestano un grado superiore, ai sensi dell'art. 10, quarto comma, 
della legge 12 novembre 19515, n. 1137 (Sez. IV, 6 novembTe 1968., n. 709, 
ivi, 1968, I, 1179). 

InoJ.~e gld. ufficiali collocati in soprannumero a determmati effetti non 
cessano, salva diversa disposizione di J.egge, di alplpartenere al servizio peTmanente 
effettivo, eppertanto ii1 foro intervento a'Lle sedute della commi.1ssione 
non viola il .disposto del medesimo art. 10, priimo comma (Sez.. IV, 
10 luglio 1968, n. 444, ivi, 1968, I, 1159; Sez. IV, 15 novembre 1967, n. 595, 
ivi, 1967, I, 2166; Sez. IV, 12 lugl'.io 1967, n. 302, ibidem, I, 1138; Sez. IV, 
7 giugno 1967, �n. 217, ibidem, I, 1022). 

Tale !l'egola non vale ovviamente per gli ufficiali collocati in S01PrannumeTo 
ai sensi del successivo art. 11 : tuttavia �anche per questi ulititmi il 
divieto di parteciipall'e an,e sedute delle com.missioni non � operante, qualora 
essi abbiano un titolo specifico detemninato ex lege per fare parte del 
colLegio (Sez. IV, 19 1giennaio 1968, n. 25, ivi, 1.968, I, 21). 

A proposito del1a procedui'a da seguire nelle valutazioni, il C'onsiglio 
di Stato ha osservato che nessuna norma n� principio esigono l'adozione di 
determii!lialte forme iper la convocazione delle oommtssion:i . .A!ll'uopo � sufficiente 
�che detto organo, ;regolarmente nominato, si sia effettivamente riu




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 167 

II 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887 -Pres. Meregazzi 
-Est. Pianese -Serafini (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero 
della Difesa (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Posizione 
deteriore rispetto a precedente giudizio -Legittimit� -Fattispecie. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Giudizio 

negativo -Precedenti non costantemente ottimi -Eccesso di po


tere -Insussistenza. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzament� a scelta -Pluralit� 
di titoli da valutare -Mancanza di taluni titoli -Criteri di valutazione. 


Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Risultati 
uniformi per gruppi di titoli diversi -Eccesso di potere -Insussistenza. 


Non sussiste illegittimit� del procedimento di avanzamento a scelta 
di ufficiale dell'Esercito, il quale sia stato collocato i'li posizione deteriore 
rispetto ad aitro precedente giudizio, qualora ci� sia dovuto alla 
partecipazione, anteriormente non verificatasi, di altri ufficiali pa.rigrado 
muniti di titoli poziori (5). 

� legittimo il giudizio negativo relativo ad un procedimento di 
avanzamento a scelta, se i precedenti di carriera dello scrutinato non 
siano tutti costantemente ottimi (6). 

Poich� la legge prevede variet� di titoli da valutare al fine dell'avanzamento 
a scelta, la manoanza di taluni di essi non comporta 

nito, tS1Pecie se aUa x.funione abbiano paTtecipato tutti i membri (Sez.. IV, 
19 gennaio 1968, n. 25, ivi, 1968, I, 2.1). 

Ln rpairticolal'e J.'oo:dine di convocazione !PU� !l.'li.�tenersi implid.fo nello 
stesso provvedimento ministeriale di nomina della commissione (Sez. IV, 
10 lugldo 1968, n. 444, ivi, 1968, I, 1159; Sez. IV, 25 settembr�e 19168, n. 498, 
ibidem, I, 1325). 

Costitu&sce poi ius receptum la non necessit� della contestualit� delle 
operazioni di valutazione. Invero, l'art. 25 della legg.e, come si � gi� accennato, 
rp<l.'evede in prrimo luogo una dichiaraZJi.one di 1doneit� o di non woneit� 
de11'uffictal�e all'avanzamento e solo � .SUJccessivarmente � il.a attribuzione 
a ciascuno degli idonei di un punto di merito e quindi, I�.n baise al 
punteggio, la compHa1Zione della graduatori-a. Appare pertanto unicamente 
necessario che l'attribuzione� del punteggio di merito segua il giudizio di 
idoneit� e preceda la compilazione della graduatoria (Sez. IV, 2 maggio 
1972, n. 343, ivi, 1972, I, 770; Sez. IV, 13 luglio 1971, n. 711, ivi, 1971, I, 1343). 

� stato altres� stabilito che, poich� la legge elenca compiutamente le 
categorie de1 Htoli da considerar'e ai fini della va�lutazione dell'ufficiale, 



168 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

automaticamente una migliore valutazione degli scrutinati i quali, vi


ceversa, di essi abbiano il possesso (7). 

Nella valutazione dei t�re gruppi di titoli ai fini dell'avanzamento 
a scelta degli ufficiali dell'Esercito, ben pu� pervenirsi a ris:ultati unif01
�mi, senza che ci� costituisca sicuro sintomo di eccesso di potere (8). 

legittimamente la commissione omette la predeterminazione dei criteri di 
massima (Sez. IV, 30 luglio 1969, n. 400, Foro amm., 1969, I, 2, 751; Sez. IV, 
10 LugUo 1900, in. 444, ivi, 1968, I, 2., 984; Sez. IV, 15 novemooe 1967, n. 595, 
Il Consiglio di Svato, 1967, I, 2166). 

L'attribuzione del punteggio ben pu� 1essere �e:ffiettuata con rpu.nti frazionati 
al centesimo, costituendo anzi ci� faccilitazione nella iricostruzione dell'iter 
logico seguito dalla commissione ai fini d~l controllo giurisdizionale 

(Sez. IV, 11 luglio 1969, n. 372, Foro amm., 1969, I, 2, 738; Sez. IV, 31 gennaio 
1968, n. 47, Foro it., 1968, III, 201; Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 312, Il 
Consiglio di Stato, 1967, I, 1141). 

Peraltro, in tutti i oasi din cui la leg:ge preveda una distinmone di categoriie 
di titoli da valuta:ire, deve procedersi alla attrtbuzione di disti!tllti !Pilllilteggi 
per ciascuna di tali categorie (Sez. IV, 24 ottobire 1972, n. 943, ivi, 
1972, I, 1644). 

In sede consultiva � stato :rilevato, che ai 1sensi dell'art. 22 della Jiegge 
12 novembre 1955, n. 1137, ~�e commissioni hanno il potere di sosipendere il 
giudizio allorch� vi sia mancanza o insufficienza di sicuri elementi di valutazione; 
senonch� ta1e potere non pu� essere esercitato per ragioni diverse, 
quali La pendenza di un gravame .gerarchico �contro la documentazione caratte�
risti�ca o una sanzione disciplinare, ovvero quali Ja sussistenza di una 
inchiesta idonea a concludersi con un procedimento disciiplinaire o penale, 
ovv�ero, ancora, quale la es~stenza di un pil'ecedente giudizio delia commissione 
di avanzamento (.par. Sez. III, 28 ottohve 1970, n. 1737, ivi, 1971, 
I, 156'9). 

A diffeirenz1a di quanto si diir� a proposito de11e censure reia.tive al contenuto 
stesso dei giudizd di val.iutaziooe, l'eventuale accoglimento dei motivi 
concernenti la pretesa illegittima composizione della commissione, l'irregoilarit� 
del iplt"Ocedimento �e degli atti connessi e conseguenti conduce alla 
caducazdone di tutte 1e 01Perazioni gi� espletate �Con e:ffietto dti!Vetto sia nei 
conrfrroruti dei1l'irn.teressato sia dei '.Pari�givado scrutina.ti: la costante giurisprudenza 
ritiene ipertanto che gli ufficiali dfohi-airati idoniei e quelli iscritti 
nel quadro di avan~amento abbiano la qualit� di controintevessati, onde 
il iricor!SO va di�chiairato irna:manissibi1e qualora non sia stato loiro notificato 
(Sez. IV, 6 girugino 19�72, n. 4'91, ivi, 1972, I, 883; Sez. IV, 26 aprile 19721, 

n. 315, ibidem, I, 597; Sez. IV, 30 ottobre 1971, n. 925, ivi, 1971, I, 1777). 
lliguairdo allie 1impugnazd.oni avverrso i1l contenuto dei giudizi delle commissioni, 
il Consitgilio di Stato ha pi� voa.te ribadito �che esula dalle ipiropo:-ie 
attribuzioni �giurtsdizionali l'a1ppir�ezzamern.to, sotto n p.rOJfiJ.o tecnico, della 
maggiore o mdnore attitudine a ricOJPII"ire il givado superi<Y.re dimostrata da 
ciascun scrutmando, tra�ttaindosi di questione di merito ir~servata escJusivam�nte 
agli organi amministrativi preposti alle operazioni per l'avanzamento 
a scelta (Sez. IV, 29 settembre 1972, n. 818, ivi, I, 1488; Sez. IV, 
26 aprile 1972, n. 315, ibidem, I, 597; Sez. IV, 21 dicembre 1971, n. 1274, ivi, 
1971, I, 2425; Sez. IV, 15 dieembre 1970, n. '972, Foro amm., 1970, I, 2, 1377). 

Per tale ragiooe deve dunque ritenersi iinammilssi:bi1e1 in quanto attinente 
al me!l'ito, la censura con 1a quale il dcorrente, neHa impugnazione 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 169 

III 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 891 -Pres. Potenza 
-Est. Battara -Pece (avv.ti C. e N. Sciacca) c.� Ministero 
della Difesa (avv. Stato Cosentino). 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Impugnative 
proponibili. 

Giustizia amministrativa -Controinteressato -Ricorso contro la graduatoria 
nel procedimento di avanzamento a scelta -Individuazione. 


Militare -Ufficiale dell'Esercito -Giudizi distinti per l'avanzamento 
a scelta -Autonomia -Limiti. 

Poich� nel sistema della legge 12 novembre 1955, n. 1137 i giudizi 
di 1,doneit� e l'iscrizione in quadro degli �fficiali hanno carattere 
individuale, l'impugnativa pu� avere ad oggetto i singoli giudizi ma � 

della mancata iscrizione nel quadro di avain:l)amento, lamenti il difetto di 
attribuzione di un !PUn1iegigio tlde da consentivgli dii ottenere la promozione 
(Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 238, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 364). 

Tuttavia in sede di ileg�ittimit� � ben possibdile il controllo sulla relazione 
:fu-a determinazione dell'Amministrazione e !l)['esup[>osti di fatto eventuaJm.
ente viziata da travisamento, illogicit� o i.ncoerenza, controllo che 
non deborda in sindacato sul merito dell'atto amminiistrativo (Sez. IV, 
14 marzo 1972, n. 185, ivi, 1972, I, 320; Sez. IV, 22 diebbiraio 1972, n. 97, 
ibidem, I, 126; Sez. IV, 12 novembre 1969, n. 704, Foro amm., 1969, I, 2, 1201) 

�e che pu� attenere sia alla fase concernente fidoneit� all'a'V'a:nzamento, sia 
alla false !l"elativa a[l'a�ttribuzione de'l punteggio (Sez. IV, 16 magigio. 1972, 

n. 415, Ii Consiglio di Stato, 1972, I, 832). 
Il �sindacato di legittimit� com.e do:manzi delineato risulta per� singolarmente 
ristretto, allorch� il giudizio di avanzamento a scelta riguardi i 
~radi di geneirale o di armmi:rag1io; in tali i.ipotesi, i!llfatti, le valutazioni delle 
coonmi:ssioni in :modo eminente ptJ:esentano il maggiore livelil.o di discrez.ionalit�, 
sicch� minore occasione vi � di riscontral'le, in casi di esito negativo 
de11a valutazione medesima, contrasto ri1evabile prima facie o viziato di 
incoerenza logica con i precedenti di carriera (Sez. IV, 1� febbraio 1971, 

n. 32, ivi, 1972, I, 87; Sez. IV, 2 \luglio 1969, n. 330, Foro amm., 1969, I, 2, 715; 
Sez. IV, 29 settembll1e 1972, n. 818, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 1488). 
Trattasi in sostanza di un controllo giurisdizionale volto essenzialmente 
all'acceirtamento della sussistenza di eventuali vizi di eccesso di poter�e, 
circa 1e cui singole figure sintomaUche il Consiglio di Stato' si � espresso 
come segue: 

a) illogidt� mani:liesta e contvaddittoriet�; conformemente a quanto. 
per esplkito disposto dall'art. 1 della ieg.ge 12 novembll1e 1955, n. 113<7, l'arver 
bene disinl!Peginato i compiti del prOptJ:io grado � condizione neoosslil'ia ma 
non sufficiente iper ottenere J.'a\TlaJnzamento a scelta (Sez. IV, 17 ottob!l"e 
1972, n. 884, Il Coosigtio di Stato, 1972, I, 1608; Sez. IV, 29 settembre 1972, 

n. 818, ibidem, I, 1488; Sez. IV, 6 lu~lio 1971, n. 681, ivi, 1971, I, 133'4). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

170 

inammissibiie se proposta avverso la graduatoria di merito redatta 
dalla commissione di avanzamento e le relative� operazioni da essa 
compiute, nonch� avverso il decreto di approvazio1ie de�l Ministro e 
di tutti gli atti connessi e conseguenziali (9). 

Al ricorso proposto da ufficiale non iscritto avverso la gmduatoria 
di merito, sono �contrninteressati i parigra.do idonei ed iscritti, in quanto 
titolari deU'interesse a 1Jener ferma la graduatoria (10). 

Malgrado l'autonomia dei singoli giudizi, deve ritenersi viziata di 
eccesso di potere la seconda v�alutazione che abbia importato, a distanza 
di pochi mesi, un'inversfone totale rispetto alla precedente graduatoria 
di merito a danno di un ufficiale (che nel periodo fm le due 
valutazioni aveva nella s.pe.cie riportato la qualifica di �ecceUente �) 
ed a vantaggio di ufficiali parigrado (11). 

Conseguentemente� vizio rdi eccesso di potere non si confi.gura per contrasto 
tra d priecedenti di carriera ed M giudizio negativo di avanzamento, qualoxa 
tali pT<ecedenti non lcisultino costantemente ottimi 0Sez. IV, 14 luglio 1972, 

n. 728, ivi, 1972, I, 1356; Sez. IV, 16 maggio 1972, n. 415, ibidem, I, 832; 
Sez. IV, 126 ottdbre 1971, n. 895, ivi, 1971, I, 1761,; Sez. IV, 2. luglio 19i69, 
n. 330, Foro amm., 1969, I, 2, 715). 
Vizio di eccesso di potere ,si ravvisa fa1vrece nella valutazione negativa, 
ove i giudizi eccezionalmente positivi riportati con costanza da1l':iinteressato 
in tutto� lo svolgimento della sua carriera e lo straOT'dina[1i.o numero di 
encomi che a quei� giudizi si sono accompagnati non ll"isultino essere stati 
dalla commissione apprezzati affatto o comunque in adeguata misUTa nel 
punteg:gio assegnato (Sez. IV, 14 marzo 1972, n. 185, Il Consiglio di Stato, 
1972, I, 320; Sez. IV, 28 marzo 19-72, n. 238, ibidem, I, 364; Sez. IV, 21 dicemb:
r-e 19-71, n. 1274, ivi, 1971, I, 2425). 

In aderenzia al disposto dell'art. 30 ultimo comma della legg:e 12 novembre 
1955, n. 1137, poi, i vari giudizi susseguentisi nel tempo relativi 
allo stesso �scrutinando sono autonomi tra loro, onde non pu� faT<si campar.
azione tra M punteg:g:io attribuito in un anno e il diverso punteggio 
attribuito in anni precedenti (Sez. IV, 1<> febbraio 1972, n. 32, ivi, 1972, 
I, 87; Sez. IV, 23 novembre 1971, n. 1037, ivi, 1971,-I, 2109). 

Peraltro '.I.a suddetta autonomia non � illimitata, giacch� l'e,sigenza di 
coerenza e di unifm"Illit� dei criteri valutativi non consente che un organo, 
chiamato a veiterare a distanza di pochi mesi M.gifUJdi:zfo nei confronti deg:Li 
stessi ufficiali, pervenga a -rirsultati affatto contrad!dittord ed a ing:iu:sti.fi.cate 
preposizioni e posposizfoni. : ci� ovviamente in mancanz�a di pairticolari 
titoli di demerito emersi medio tempore (Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 634, 
Il Consi.glio di Stato, 1972, I, 1311; Sez. IV, 16 maggio 1972, n. 422, ibidem, 
I, 849; 1Sez. IV, 21 di!cembre 1971, n. 1274, ivi, 1971, I, 2425). 

Il vizio per� non sussiste se la variazione di valutazione sia contenuta 
in limiti particolarmente moderati (Sez. IV, 29 settemb11e 1972, n. 818, ivi, 
1972, I, 1488; Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 238, ibidem, I, 364); 

b) disparit� di trattamento; il Consiglio di Stato ha pi� volte affermato 
l'autonomia dei vari giudizi �afferenti i singoli scrutinandi. Invero, la 
valutazione per �l'avanzamento a scelta degli ufficiali consiste nell'apprezzamento 
individuale degli interessati, che si estrinseca poi in una altrettanto 
individuale attribuzione di punteggio. Non trova pertanto nella specie 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 171 

IV 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 929 -Pres. Potenza 
-Est. Battara -Occorsio (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero 
della Difesa (avv. Stato Siconolfi). 

Giustizia amministrativa -Notificazione ai controinteressati -Omissione 
-Integrazione del contraddittorio -Inammissibilit�. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Impugnative avverso i documenti 
caratteristici -Termine di decadenza. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Seconda revisione -Necessit� di motivazione 
della omessa concessione di elogio proposta in sede di 
prima revisione -Insussistenza. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Vizio di 
eccesso di potere per contrasto con i precedenti di carriera non 
costantemente ottimi -Insussistenza. 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Mancanza di titoli -Migliore valutazione 
ai fini dell'avanzamento a scelta -Eccesso di potere -Non 
configurabilit�. 

Qualora il rico1�so giurisdizionale non sia stato notificato ad alcuno 
dei controinteressati, non � possibile ammet.tere L'inte�grazione de�l contrnd�ittorio 
(12). 

applicazione il procedimento di valutazione per merito comparativo 
(Sez. IV, 29 settembre 1972, n. 818, ivi, 1972, I, 1488; Sez. IV, 17 ottobre 
1972, n. 891, ibidem, I, 1613; Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 315, ibidem, I, 597; 
Sez. IV, 21 dicembr.e 1971, n. 1274, ivi, 1971, I, 2425). 

Corollario di ta!Le affermazione sta in ci� che � inammissibiile l'impugnativa 
delle operazioni della commissione, della determinazione di approvazione 
della graduatoria da parte del Ministro e di tutti gli altri atti della 
procedura connessi e. conseguenziali, i quali :rtguan:l:ino esc1usdvamente gli 
altri scrutinati (Siez. IV, 14 iluglio 1972, n. 727, ivi, 1972, I, 1353; Sez. IV, 
29 febbraio 19-72, :n. 98, ibidem, I, 128; Sez. IV, 13 ottobre 1970, n. 653, FOO'O 
amm., 1970, I, 2, 947); inoltre non pu� richiedersi la esibizione in giudizio 
della documentazione persona'.le di Wificiali diversi dai!. ricOll'Tente, a meno 
che non si tratti �di provare sintomi di eccesso di 1pQtere sulla base di� elementi 
divoosi dai gi.rurddzi contenuti nella documentazione medesima (Sez. 
IV, 30 ilugilio 1969, n. 400, Il Consiglio di Stato, 1969, I, 1186). 

Ulterioce cocol!l:ario deilla �autonomia in questione, gi� innanzi accen


nato, sta in ci� �che l'accog.Umento del ricor1so rper vizi attinenti al conte


nuto delle valutazioni deUe� commissioni non influisce n� sugli altri giudizi 

relativi ai parigrado, n� sulla complessiva graduatoria, sicch� non sussi


stono sog.getti :processualmente controinteressati (Sez. IV, 20 aiprile 1971, 

n. 465, Il ConsigLio di Stato 1971, I, 736; S�ez. IV, 5 ottobre 1971, n. 876, 
ibidem, I, 1708). Anche la suddetta autonO�illia non � peraltro incQIIldizionata, 
poich� deve essere :rispettato 'il principio della uniformit� dei criteri 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

172 

Una voita sottoscritte le note caratteristiche per presa conoscenza 
�anteriormente� aH'esibizione in giudizio del proprio libretto personale 

e non proposto tempestivo ricorso, � inammissibile L'impugnativa del 

giudizio negativo di avanzamento a sce.zta pe1� censura attinente le 

stesse note caratteristiche (13). 

di valutazione nei confronti dei vax-i scrutinati : pertanto vizio di eccesso 
potere per dispaTit� di trattamento si verifica allor.ch� aippaia che la commissione 
aibbia ingiustamente favOII'ito taluno �degli u:fi:fidali in danno ~1i'inte!
I"essato (Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 491, ivi, I, 883; Sez. IV, 5 ottobre 
197l,.n. 87�6, ivi, 1971, 1708; Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 465, ibidem, I, 736) 
sulla base di una macroscopica divergenza di apprez2lamento degli stessi 
dati di fatto (S;ez. IV, 27 ottobre 1970, n. 745, Foro amm., 1970, I, 2, 2997; 
Ad. p1en., 22 maggli.o 1964, n. 11, ivi, 1964, I, 2, 561). 

D'aUra rparte fa pluralit� degli el1ementi, che La 1e~ge ipres�riv.e siano 
valutati in 1sede di avanzamento a scelta, esclude :La sussistenza della dispall'it� 
di trattamento per La isola m.an001I1Za da parte di alcuni ufficiali di 
titoli vklev�ersa posseduti da altri e, in pairticolaire, dal ricorvente. Ben 
possono infatti essi, a giudizio della commissione, essere compensati dal 
possesso da pairte dei P!I'imi e dalla mancanza da rparte dei secondi di titoli 
diversi (Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887, ivi 1972, I, 1610; Sez. IV, 26 ottobre 
1966, n. 720, Foro amm., 1966, I, 2, 1499); 

e) difetto di motivazione; costituisce indirizzo giurisprudenziale costante 
l'afieiranazione secondo cui il g.iudizio di avanzamento a scclta non 
dev�e veniil"e motivato, essendo sufficiente, ai fini della dichiaraziione di 
idoneit�, av.er riportato un numero di voti favorevoli 1superiore ai due terzi 
dei membrr:i della commissione, ai sensi dell'art. 25, comma primo, dehla 
legge 12 novembre 1955, n. 1137 (Slez... IV, 14 luglio 1972, n. 728, Il Consiglio 
di Stato, 1972, I, 1356; Sez. IV, 29 settembre 1970, n. 609, ivi, 1970, I, 
1466; Sez. IV, 18 giugno 1969, n. 295, ivi, 1969, I, 859). 

Per quanto poi pi� strettamente riguairda li.a viera e P\l'Orpria ponderazione 
degli elementi di �giUJdizio, � stato osservato che � :ben ammi.�ssibfile 
una parificazione dei punteggi affe!I'enti '.Le varie categorie di titoli, senza 
che ci� induca a sos1pettal'e la mancanza di un serio a~ezzamento dello 
scrutinato (Sez. IV, 17 ottobre 1972, n. 887, ivi, 1972, I, 1610); 

d) traviisamento d.el fatto; sotto -tale sintomo di e.ccesso di potere � 
stato in ,genere inquadrato il g.i!udimo deMa commissione di avanzamento, il 
quale 1si sia formato sulla base di una documentazione :Lncompleta, insufciente 
o affatto manchevole (Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 314, ivi, 1972, I, 597; 
Sez. IV, 9 Juglio 1971, n. 687, ivi, 1971, I, 1340; Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 2361, 
ibidem, I, 394; Sez. IV, 7 aprile 1970, n. 240, Foro amm., 1970, I, 2, 431). 
Tuttavia tale illegittimit� si :riveTbera sull'intero giudizio solo qualora per 
sua causa nO\Il si ,stano potute aippvezzwe circostanze :rHevanti (Sez. IV, 
16 novembre 1971, n. 998, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 2095; Sez. IV, 12 giugno 
1970, n. 412, Foro amm., 1970, I, 2, 587). 

All'Oipiposto si � ritenuta l'illegittimit� del giwdizfo di avanzamento, 

qualora tale documentazione contempli dati non sog,getti ex lege a valu


tazione: cos�, ai sensi dell'art. 2 delia legige 11 maggio 19i66, n. 334, nei 

rigual1di dei tenenti colonnelli del :ruolo� dell'arma dei caraibiinieri e dei 

ruoli normali di fanteria, cavalleria, airti~eria e genio, non costitui,sce 

elemento valutabile il risultato del corso valutativo eventualmente frequen


tato, onde � illegittima l'omessa eliminazione dailla documentazione carat




�..� Ji'Aitt~ I/EJEZ'/ IV', Gl'.tlR:tSP~VPlilNZA AMMINISTRATIVA 

173 

n seconao revisore pu�., a pre>pria discrezione, omettere di concedere 
Ueiogio proposto da.i primo revisore; senza �necessit� di addurre 
alcuna motivazione (14). 

tetiiStica ~el <l'.~rto t-elativo al 1detto cOt'so (Sez. IV, 26 apdle 1972, in. 315, 
li <::'misi!l!H<> dj. ~f(.tt()I~ 1972,_ I, 1)~7; ~Z� IV, 24 marzo 1972, n. 214, ibidem, 
~� ~~~);: �gi;i, ~P'.l:eP.ti, ~ d.l~~Jttfn:i,o !l .<looomento cao:-attertstico dai quale 
r;is\_llt~ p.ayCi~il!l,()1 �tt U.:tl'ineht~�t~ bt �corso nei confronti dell'ufficiale, ad 
u~'~1li:Ofi \Q.~ ~ ~:�8,tt() ~eoche. sta ruila base dei due procedimenti (
1~, JY,_ ~fii!<$ato J912'i n. Q$, i11i, 19'72, I, 128; Sez. IV, 29 settembre 1966, 
n, 626:> faro 11i!J'>m�~ l!)6JirI,. 2, 1339); cosi, � illegittimo in relazione all'art. 7 
Cfili<J.)?~.. 15 ~g'no1965, n. 1431, dl riferimento a :fatti specifici per i quali 
l'~#�'~~ion� awebbe potuto iniziare procedim�nto diiSciplinare, ma 

. ~f~<�lt� n.on �lo abbia :fatto, non potendosi procedere a valutazione di quei 
� ~atti in .sede di formazione 1del rapporto ainnuale ~Sez. IV; 30 maiggio 1972,� 
��*� 4'tl);Jtii 197''2, I, 862); cos�, � :illegi.ttimo i!l 1giudizio negativo della coonmiisl!
l�l~l;Me; Q'.\llElf dalle note caratteristiche riisulti un accenno ad una punizione 
~l:Pt~*a.t~ i$'1J;j:)!ta dall'in~ssato ma poi annullata (Sez. IV, 20 ottdbre 
~970:< h. f�6$* Jt"Qro amm., 1970, I, 2, 953). 
.:�;~g(l.~~Ji~ iJ;);'\l'lllUJ.;;iinte � stata altresi ravvisata nella menzione di una 
~1l#Q~ 9~�,tp,ti~.fil� ~ntm..ta� nelJ.e note oairatter~stic:he e nei irap:porti 
�i~�itii~hr_ii. id~&~~Y~p.ire aoo.otata untcaimente ne1la parle terna ,dell1JbiettC> Jier$().~'E!'� :i:.l~y~i~ de}~ V'atutazione in taie ipotesi si realizza 
�(llial~.'.ti~tii�!!i~~cla:tl~che9\lella menzione abbia influito sttll'esito 
~~tivoi(�l 1gi'Uidimo (set. IV;�23 ottobre 1968, n. 001, n Consigtio di Stato, 

l$)68k:t~:t~~k>/ / /)/<<������<>�������

��.�...��. 1Jlx>aa't~�o!llit.-e ~~~~a'(ltla��dec:i$l<>ne �del Oon.sdglio di Stato, dl quaie 

..�ha .~eli@inrut'!nlel:l:~ 9s~~v11;t� eh~ 1'7fficiicia del condono delLe ~nzdoni. 

�i!lfi.i#e (! '~a intJ.lgg~ ~~~~zifooi 4isclplinari, e~a tutto il 31 gennai� 
11166 .d.ai �diipe�l.J4en,ti .�<ielle airnn:U.nistrazioni diil� Staito compresi i 
llliiHt�ri, au:. $�l)lsi'dlel!la J.egge 18 marz() 1968,. n. 250, decorre dai 2 aiprile 19168. 
]:)a� taj1e u:i.~ dat� l'~istrazione ha l'obbligo di canc6ll:1;1re le punizioni 
i.s~itt� .e1 1iil:~tre~ ~aledell'impiegato. C�nSegu~temente, in ca>SO dd 
giucUzio Aegati~o em.e�so anteriormente alla daita medesima, � !legittimo il 
riiftufo. d~amtnJin;iistrazdone di il'�esaminaire la valutazione eseguita, nQn 
�~liis@do. mutato alCIUllo dei presupposti sui qilliali essa � fondata (Sez. IV, 
'i~ :maggio 1971, n. 564, Foro amm., 1971, I, 2, 463). 

� � � Peraltvo, a seguito dell'entrata in vigore (a far tempo dal l 0 luglfo 

,, 1965) d�ella tllllova noronativa in materia di:sciplinwe, non !P'U� nemmeno !Pi� 
essere. :iJ.scdtto il suddetto :richiamo nel'.l:a parle terza del libretto perronale 
(Se,z. IV, 23 ottobre 19168, n. 66(), 1l Consiglio di Stato, 19618, I, 1496). 
L'impugnazione del g.iuiddzio delle commissioni per vizi derivati dalla 
:l,Jl~gittiim1t� della documentazione carattedstica � tuttavia di maliisima S()ggetta 
a termini di decadenza. 
Per costante giurispTudenz�a, liinfatti, debbono ritenersi tardive le censur1e
�p.ropo.ste contro detta documentazfone, ove 1riisu1ti che il.'interessato ne 
abbia da tempo preso conoscenza per sottoscrizione e non abibia prodotto 
il reclamo amministrativo contemplato dalle relative istruzioni (Sez. IV, 
17 ottobre 1972, n. 8S4, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 1608; Sez. IV, 29 settemb:
re 1972, ibidem, 1, 1483; Sez. IV, 26 aiprile 1972, n. 323, ibidem, I, 604; 
Sez. IV, 28 maTzo 1972, n. 239, ibidem, I, 3�65). 
L'impugnazione deve per� ritenersi tempestiva, qualo:ra, sottoscritto 
il modulo di COOlllUnkaziooe del II'apiporto peOC1sonale o del rapporto infor




174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n giudizio negativo di avanzamento a scelta non � vizia:to da eccesso 
di potere, se i precedenti dello scrutinato risultino non costantemente 
ottimi (15). 

La migliore valutazione di un ufficiale rispetto ad altro parigrado, 
malgrado il primo� difetti di titoli viceversa poisseduti dal se'Condo, non 
� indice di vizio di eccesso di potere, potendo quella ~anc,anza essere 
ampiamente compensa.ta dalla sussistenza di altri titoli (16). 

motivo, l'ufficiale non abbia avuto modo di rendersi conto di apprezzamenti 

o dati lesiVi. a causa della sintetidt� delle espressioni contenute in quel 
modulo (1Sez. IV, 17 ottobre 19-72, n. 884, ivi, 1972, I, 1608; Sez. JV, 6 Luglio 
1971, i!l. 681, ivi, 19-71, I, 1334). 
In ipartico1are, Jia sussistenza di taLe conoscenza non pu� evincersi da11a 
dichiarazione di completezza della documentazione :rifasci-ata dall'ufficiale 
nella imminenza del giudizio di avanzamento: a segwito dell'aib:rogazione 
dell'art. 12, ultimo comma, del1a legge 8 maggio 1940, n. 370 per effetto della 
J.eg.ge 112 nov:embre 1955, n. 1137, infatti, tale dkhiaraziOtDJe costitui1sce una 
mera attivit� di coJ.J.ab()['azdone con gli adempimenti di pertinenza dell'amministrazione 
e non ipostula, in quanto tai1e, una presunzione assoluta 
di consaipevoJ.ezza deJ. contenuto della doCUllllentazione medesima (Sez. IV, 
26 aiprile 1972, n. 323, ivi, 1972, I, 604; Sez. IV, 13 febbraio 1970, n. 111, 
ivi, 1970, I, 180; Sez. IV, 14 febbraio 1968, n. 87, ivi, 1968, I, 144). 

In base ai principi gienerali :relativi al processo amm�nistratirvo, poi, 
se la conoscenza integ:rale della doowmentazione piell'sonaLe � avvenuta da 
parte dell'ufficiale solo posteriormente a>l deposito iin giudizio, � ama:russibi:
le la proposizione di motivi aggiunti su di essa fondati (Sez. IV, 29 
:liebbraio 19-72, n.. 98, ivi, 1972, I, 128; Sez. IV, 13 febbraio 1970, n. 111, 
Foro it., 1970, III, 146). 

Il Consiglio di Stato ha inoil.tre sovente affrontato il problema del rinnovo 
del giudizio di valutazione conseguente all'annullamento del precedente 
fa sede giurisdiziona>le o di :ricor:so al Capo deJ.J.o Sfa.fo., configurando 
va:rie specie di vizi, i quali, a seconda deUe fat�tispecie, possono :rkomprendersi 
nell'una o nelJl'altra delle fiig.u:r.e gi� esaminate. In primo luo.go � stato 
affermato che la irinnovazione suddetta riguarida il solo singolo giudizio 
annUJillato, ad sensi dell'art. 54 deil.la leg.ge 12 1I10Viembre 1955, n. 11317 in 
relazione all'art. 49, restando peraltro inail.terata la g;raduato:ria degli idonei 
e deg)i iisc:rti..1Jti in quadro (Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 491, Il Consiglio di 
Stato, 1972, I, 883). 

Intervenuto :l'annullamento giurisdizdonale, in secondo luogo, l'azione 
dell'autorit� amministrativa nell'iter fo:rmativo del nuovo pTocedimento 
viene a risultare vincolata peir que.gli specifici elementi, che, esaminati dal 
giudice, siano stati dichiararti .megi�ttimi (1Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 256, ivi, 
1967, I, 1078; Sez. IV, 5 '.luglio 196�7, n. 266, ibidem, I, 1084). 

Co:rolla:ri di ta1e .p:ri.ncipio sono stati ritenuti l'ilJegittimit� del nuovo 
giudizio negativo che sia stato emesso su1la base della stessa documentazione 
gi� esaminata nel p:recedente gi1Jdizio annullato dal Consiglio dd 
Stato per contll'asto con i pirecedenti di cam"iiera ('Sez. IV, 18 a1priile 1972, 

n. 292, ivi, 1972, I, 5161); ancora, l'.iil.legittimiit4 del nuovo giudizio di non 
idoneit� deTivato dall'annullamento del precedente anche �esso negativo, pe:r 
difetto di taluno dei requisiti richies�ti da.Ua legge (Sez. IV, 28 lugliio 1971, 
n. 754, ivi, 1971, I, 1385). 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

175 

V 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 943 -Prres. Potenza 
-Est. Battara -Maras (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero 
della Difesa (avv. Stato Cosentino), Bosco ed altri (n.c.). 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Reclamo 
al Ministro -Omissione -Inammissibilit� del ricorso giurisdizionale. 


Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Variet� di 
titoli -Punteggio non ripartito -Illegittimit�. 

� inammissibile il ricorso giurisdizioinale avverso la mancata iscrizione 
nel quadro di av.anzamento, il deliberato� deile commissioni, la 
graduatoria di merito e i decreti di promozione dei parigrado, in difetto 
del previo reclamo al Ministro previsto dail'art. 64 dei r.d. 
18 giugno 1931, n. 914 (17). 

Naturalmente il.'accoglimento deil. ricOI'ISo giu:risdrnionail.e avv~so Ja mancata 
isooizione di un ufficiail.e nel quadro di avanzamento, in dipendenza di 
assegna2lione di un p1U!Ilte~gio insufficiente, non implica che il.'arrnministrazione 
in esecuzione dcl 1girudicato debba necessariamente attribuire all'ufficiale 
medesimo un punteggio idoneo, tanto elevato da consentirne l'iscrizione 
nel �quadl'o stesso: l'alllllullamento di un �giudizio di avanzamento non 
pu�, infatti, incidere sul po.tere tecni�co ruscrezfonail.e delle c�mmdssioni. 
Tuttavia il nuovo giudizio � ce~urabile sotto iii. profilo dell'eccesso di potere, 
al:loo:ich� venga efliettuato un ritocco modesto, ictu oculi meramente fm-male 
rispetto alla precedente v;alutaz-ione, taJ,e cio� da ilascia'.t'le sopravvivere nella 
sostanza la gi� dichiarata iillegittimii� (Sez. IV, 14 ao;>cile 1970, n. 270, Farro 
amm., 1970, I, 2, 393). 

Costituisce altresi principio pacifico in giruri�SIP!l"�udenza che, in sede di 
rinnovazione del .giudizio ora per allora, l'amministrazione � tenuta a vialutaire 
�gli elementi, sia a favore sia a carico acquisiti dalil'interessato sucoesshcamente 
aU'anno, con rdiferimento al quaJ,e la nuova valutazione deve 
effettuaT,si (Sez. IV, 6� lugllio 1971, n. 675, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 
1332; Sez. IV, 10 iLuglio� 1970, n. 5(}9, ivi, 19<70, I, 1224; Sez. IV, 16 aprile 
1969, n. 115, ivi, 1969, I, 527). 

Pertanto, in applicazione di quanto innanzi detto a propostto del vizio 
di travi:samento deil. fatto, � illegittimo i1 �giudizio della commissione, ove 
non risulti allegata alla precedente documentazione personale anche quella 
afferente l'alllllo o gli .anni SUJOOessivi (Sez. IV, 6 iLugil.io 1971, n. 675, ivi, 
1971, I, 1332; Sez. IV, 11 luglio 1969, n. 392, Foro amm., 1969, I, 2, 750). 

Con la necessit� della valutazione dei fatti sapravvenienti, non deve 
essere coruBuso :l'�aocertamento dei irequ~si.ti di ammiissilbilit� ail. giudizio; i 
quaili vfoeve11sa, in sede di irinnovazione, vanno determinati con rlierimento 
allo ,stato di fatto e di diritto� esistente :nell'anno di imputazione degli effetti 
derivanti dalla nuova V�ailutazione (Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 761, Foro 
amm., 1969, I, 2, 1457). Per questo tale valutazione va eseguita anche se, 
successivamente a quella annullata, lo scrutinato abbia cessato di appartenere 
al :ruolo per iJl quale si era proceduto al precedente giudizio e sia 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

176 

VI 

' 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 ottobre 1972, n. 944 -Pres. Potenza 
-Est. Carbone -Biccolini (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero 
della Difesa (avv. Stato Cosentino). 

Militare -Ufficiale dell'Esercito -Avanzamento a scelta -Autonomia 
dei singoli giudizi -Limiti -Illegittimit�. 

In ipotesi di variet� di titoli da valutare stabilita dalla fogge, ad 
ogni categoria deve corrispondere un distinto punteggio, al fine' di consentire 
ii controllo deHe operazioni compiute (18). 

Sebbene i singoli giudizi di valutazione neH'avanzamento a sceUa 
degli ufficiali dell'Esercito siano autonomi tr:a loro, � viziato di illegittimit� 
il secondo giudizio, con il quale -nell'identit� di tutti gli 
elementi e in particolare della composizione della commissione, 7!-onoh� 
nella presenza di una classificazione di � eccellente�� conseguita. dal 
ricorrente medio tempore -si attui un'inversione nella graduatoria 
fra ufficiali parigrado rispetto al precedente gi.udizio (19). 

passato ad altro ruofo (Sez. IV, 30 nov:emb11.1e 1966, n. 889, Il Consiglio di 
Stato, 1966, I, 2061). � 

In materia va infine sottolinea1o -0he, ai serJ!Si degli airtt. 54 e 49 della 
legge 12 novembre 1955, n. 1137, la rinnovazione de'l giudizio di avanzamento 
dev:e essm-e fatta m occasione della prima g;raduatoiria successiva 
all"an.Dlll'Llamento., con attdbuzione di un solo ipunte~gio aillo scrutinato. Siffatto 
,punteggio costituir�, poi, fil pairametro iai fini dell'inserimento o meno 
deH.'ruffidale nei quadri dii avanzamento dell'anino precedente (Sez. IV, 
23 novembre 1971, n. 1037, ivi, 1971, I, 2109; Sez. IV, 25 settembre 1966, 

n. 523, ivi, 1968, I, 13150). 
Di pi� scarso numero :risultano le pronunce del Consi.glio di Stato 
r1guairdanti il decreto di aippll'ovazione della graduatordia da parte del Ministro, 
secondo1 quanto stabfilto dall'art. 27 della iLeg,ge. 

In (J;liroposito � stato comunque affermato che il provvedimento positivo 
di a(J;l!Provazione non deve essere motivato (Sez. IV, l9 g,ennaio 1966, n. 25, 
ivi, 1968, I, 21), laddove motivazione � necessaria iper il provvedimento di 
disapprovazione (Sez. IV, 30 giugno 1970, n. 479, Foro amm., 1970, I, 2, 615). 

In pairtioolare, la facolt� conf1erita al Mimstro della Difesa di apPoirtaire ~ 
ne~i elenclti degili ufficiali Idonei e nel.te graduatorde di merito le esclusioni 
.ritenute giuste e necessatrie -facolt� iriconosciutagli dall'art. 27 della 
le~ge -� circoscri,tta alle sole ipotesi della esistenza di fatti accertati di 
notevole iriUevo riferilbii!li allo scrutinato e tali che, incidendo sui1 rappor1o 
di fiducia ,con l'ammill�ISt:razione, rendono mdi:spensaibile H p.rovvedimento 
di escl.usio.ne. � stata conse.guentemente ravvisata !'il.legittimit� deil. provvedimento 
di esclusione dalla ,graduatoria di un .ufficiale, nei cui coniironti 
sia :stata emessa moilto temrpo addietro ,sentenza .penale di assoliuz:ione per 
insu!fficienza di prove e per am.1n1stia (Sez. IV, 12 nove�nbr,e 1969, n. 689, 
Foro amm., 1969, I, 2, 1192). 

GIORGIO GIOV ANNINI 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 177 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 31 ottobre 1'972, n. 992 -Pres. Uccellatore 
-Est. Carbone -Lucci ed altri (avv.ti Jerardi e Lanzara) 

c. Comitato provinciale prezzi e Comitato interministeriale prezzi 
(avv. Stato Cosentino) e Comune di Roma (avv. Bozzi). 
Prezzi -Disciplina -Criteri e principi generali -Riduzione di prezzi 
gi� in precedenza determinati -Legittimit�. 

(d.l.C.p.S. 15 settembre 1947, n. 896, art. 9). 
Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Competenza -Ordine di revoca 
di provvedimento gi� adottato dal �omitato, impartito dal Mi� 
nistro Presidente del C.I.P. -Illegittimit�. 

(d.l. C.P.S. 19 ottobre 1944, n. 347, art. 4). 
Legittimamente il Comitato provinciale dei prezzi provvede aUa 
riduzione di un prezzo in pre.oedenza determinato, e StLlla base della 
gi� svolta istruttoria aUo scopo di graduare nel te.mpo l'aumento in 
un periodo di marcata tensione inflazionistica; scopo predpuo dei provvedimenti 
in materia di prezzi �, infatti, quello di contro.Zlare la spinta 
inflazionistica, trattenere e scaglionare nel tempo, aumenti di prezzo, 
evitando, cosi, l!immediata 1�ipercussione suWindice� generale dei prezzi 
e quindi suUa dinamica del sistema economico (1). 

(1-2) Il controllo autoritativo dei prezzi: attualit� di una disciplina contingente. 


Il principio fatto salvo della pronuncia in esame, che appare adevente 
alla rpivecedente ,giUTi:srprndenza in materia, r1propone pe!l' altro verso 
all'attenzione sia il profilo generale dell[.a disciplina autoritativa dei prezzi, 
risalente, come � noto, al decreto luogotenenzi�ale del 19 ottobre 1944 e a 
quello del Ciapo IJ;l['Ovvi.rsocio dello Stato del 15 settembre 1947, sia quello 
della ripairtizio!ne di competenze tra i singoli Comitati provinciali e il 
Comitato intermimsteriale, oggetto della seconda pa!l'te delila decisione. 

A �quest'ultima va, innanzitutto, dconosciuto il pregio di ave!l' posto in 
evidenza il nesso teleologico, che sta a fondamento dell'intera disciiplina 
in marteda di prezzi: se � certo, infatti, che li �.problemi del dopo guerra 
avevano una dimensione e natura del tutto particolari, dilpendenti dai guasti 
dei .conflitto e dallla penuria dei mezzi a disposizione, l'aVlelr !ricondotto la 
n-OTmati.va in esame e la cottelativa azione amm.irnistrativa a quella di 
controllo di runa fase congiruntU!l'ale � calda � e di contrasto alla tensione 
inflazionisti.ca dimostra nel modo rpi� evidente il'attuailit� delile suindicate 
disposizdoni di legge, rapportate come sono a :problemi stcuramente divevsi 
da quelli che il legislatol.'e di alloca s'era ripromesso di dsoJ.vere. 

Sotto questo protf�lo, del resto, la J.ati.tudirne della fa:scia di disc�reziona!
li�t� attribuita ai Comitati norn consente una dive111sa conclusione; resta 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

178 

La competenza a determinare i prezzi nelL'ambito di ciwscuna circos.
crizione � at!tribuita dall'art. 9 del d.i.C.P.S. 15 settembre1 1947, 

n. 896 al Comitato provinciaLe dei prezzi, fermo restando il potere 
di direttiva e coordinamento del Comitato interministeriale� di cui al-
fermo, peraltro, il. contenuto tecnico dei il'elativi poteri intesi a ll:'affironrtare 
su base documentale e !PII'evio accertamento i prezzi delle merci e dei seTvizi 
ai costi di produzione e di esercizio: da ci� il conseguente loro livellamento 
in tutti i settori assoggettati a oont't-olJLo per assicurail'e fa costante 
possibilit� di perequazione in tutto il tell.'!l'itorio :nazionale; l'esistenza dell'anzidetto, 
intrinseco limite all'esercizio della ,potest�, ha ~i, co111Senti..to 
in altra occasione aUa Sezione di dichiaEare la manifesta infondatezza delil.'
eccezione <U dlllJcostituzionailit� delle norme in qruestione !Pell" un :pTeteso 
contrasto con gli artt. 3, 23, 41 e 9�7 della Costituzione (�cdir. S:ez. IV, 16 dicembire 
19164, n. 1470, Il Consiglio di Stato, 19<64, 2171; vedasi anche Sez. IV, 
22 dicemibTe 1964, n. 1590, ivi, 2201). 

In coerenza con Le suesposte pl"errnesse apipal"e, pertanto, ineccepibile 
la pronuncia nella parte in cuii, colllStata il.a esistenza di una previa i�struttoTia 
tecnica, riconosce al Comitato provinciale .il poteTe di riesame di una 
precedente determinazione autoritativa e la sua modifica �i fin�i sopTaindicati; 
risponde, invece, ad esigenze fo:rmali Ja riconosciuta hllegittimit� del 
provvedimento con cud il Presidente del C.I.P. ha �ingj,uinto al coonpetenite 
Comitato provinciale la modifica di un !P["ovvediimento adottato in materia 
di prezzo del pane, ritenuto in contrasto con il.e concrete direttive impartite 
dal Comitato intermin�isteriale. 

Ha rilevato, infatti, iLa Sezione che l'autonomia attribuita ai singoli Comitati 
dall'oct. 9 del d;l.0.P.S. 15 settembTe 1947, n. 896, appari:rebibe in 
sostanza ferita, ove si rdconoscesse una tale estensione ai poteri di dfil-e,ttiva 
e coooidinamento dei!. Comitato interminiisteriale di cui aU'oct. 4, terzo 
comma del d.l.C.P.S. 19 ottobre 1944, n. 347: secondo 1a Sezione, infatti, 
iplUr restaindo indi�scussi i poteri dli autotutela spettanti al C.I.P., la ri1sexva 
di competenza stabilita per i Colillitati provinciaili dalla iegge non consentirebbe 
interventi dei!. tipo considerato. 

Anche sotto questo p.rof�llo ila decisione si � riportata ad una precedente 
giuri1sprudenza, essendo stata pi� volte di:chi&-a>ta l'Hlegittimit� dei concreti 
provvedimenti in materia di prezzi, ogni volta che fossero stati adottati 
su :iistruzicmi impartite dail. Comitato inte:mninistea:-iail.e (�cfT. Sez. IV 
8 maggio 1963, n. 295, n Consiglio di Stato, 1963, 684; Sez. IV 13 marzo1 
1963, n. 160, ivi, 300; per con:fironti vedasi anche Sez. VI, 8 giugno 1965, 

n. 423, ivi, 1238): � fome questo il punto, :tuttavia, ove la disciplina in materia 
di prezzi appare palesemente inade~ta ai tempi: mentre, indlatti, nel 
periodo successivo ,alla guerra il.a competenza autonoma attribuita ai Comitati 
provinciali si fondava suLla concreta e riilevaita possibilit� di costi e 
prezzi div:ersi per ogni provincia nell'ambito del tel"ritorio nazionale, tail.e 
eventualit�, che ipUT non ;pu� essere oggi del tutto negata, � perail.tro, lar.
gamente smentita dalla rea:lt� economica odierna, considerata sLa l'uniformit� 
di costi delle maiter.ie !P["ime, dipendenti dalle maggiori dimensioni 
delle imprese .produttrici, che da quelli del costo del lavoro, strettamente 
connesso con la contrattazione coLLettiva su base l!llazionai1e. 
Se, pertanto, va accolta come conforme a legge anche la seconda parte 
della decisione della Sezione, �essa appare, tuttavia, nella sostanza con>trad




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 179 

l'art. 4 del d.l.C.P.S. 19 ottobre 1944, n. 347; �, pertanto, inegittimo 
il provvedimento con cui il Ministro p1�esidente del C.I.P., riscontrato 
un cont1�asto tra le direttive impartite ed un provvedimento del Comitato 
provinciale, impone la revoca di quest'ultimo, non 1-ientrando 
detta facolt� nei limiti dei poteri di auvotutela consentiti dalla vigente 
normativa (2). 

dittoria con i principi riaffermati nella rprima parte qua.Ii finalit� precipue 
del sistema del controllo autoritativo dei prezzi, ri[)o!l'tate, infatti, a necessit� 
di ,carattere generaile in ordine alle quali l'esi,genza del rispetto formale 
delle rispettive competenze appalt'e una componente minore e collaterale 
certamente superabile nella misura in cui i suggerimenti del Comitato interministeriale 
siano fatti rpropri in via autonoma dai focali Comitati provinciali 
non soltanto in sede di esecuzione delle direttive, ma con riferimento a 
singoli e conm-eti provvedimenti-pl'ezzi. 

FRANCESCO MARIUZZO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 31 ottobre 1972, n. 997 -Pres. Meregazzi 
-Est. Eboli -Piantino (avv. Piantino) c. Ministero della 
Difesa (avv. Stato Cosentino). 

Competenza a giurisdizione -Riscossione esattoriale a carico di Enti 
di riforma fondiaria -Difetto di giurisdizione del Consiglio di 
Stato -Sussiste. 

Atto amministrativo -Motivazione -Pluralit� di motivi interdipendenti 
tra loro -Inconsistenza di uno dei motivi -Illegittimit�. 

Esula dalla competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato la 
controversia relativa aU'esecuziD'lte esattoriale subita da un Ente di 
riforma fondiaria per ii recupe1�0 di tributi e redditi agrari dovuti da 
aLcuni assegnatari, considerato che in tal caso la cognizione incide 
direttamente sul rapporto tributario e sulia conseguente responsabilit� 
solidale per il pagamento del credito erariale (1). 

L'atto amministrativo adottato suUa scorta di una pluralit� di 

motivi � sempre legittimo, ove possa rinvenirsi in uno sofo di essi 

(1) Cfr. in termini Sez. IV, 27 aprile 1971, n: 512, n Consiglio di Stato, 
1971, 767; in generaile sul punto della giurtsdizione vedasi Sez. VI, 27 aprile 
1971, n. 325, ivi, 1971, 868 e Sez. IV, 28 agosto 1970, n. 599, ivi, 1970, 1289; 
diversamente si pone, invece, il problema nell'tipotesi che sia impugnato 
l'atto generale istitutivo del tributo, wattaindosi in tal. caso di acoerta:re la 
legittimit� dell'esercizio del rpotere disc:r.ezionale d'dmrposizione: vedasi, a,l 
riguardo, Sez. V, 22 dkembre 1970, n. 1248, ivi, 2305. 
14 



180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'autonoma giustificazione del provvedimento, diversamente� da quanto 
si verifica, ove i motivi 1�isultino le�gati tra di loro da un nesso di 
interdipendenza (2). 

(2) Giurisprudenza costante. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 ottobre 1972, n. 677 -Pres. Lugo Est. 
Catalozzi -Soc. Carburanti e affini Perugia (S.C.A.P.) (avv. 
Sorrentino) c. Prefetto Perugia (avv. Stato Lancia) e Martiroli 
(avv. Cesarini). 

Concessioni amministrative -Distributori di carburante -Autorizzazione 
a nuovo impianto -Titolare di impianto preesistente sulla 
stessa strada -Interesse alla impu~nativa -Sussiste. 

Concessioni amministrative -Distributori di carburante -Decreti 
prefettizi -Definitivit�. 

Atto amministrativo -Norme applicabili -Sono quelle vi~enti non I 
alla data di presentazione <:!ella domanda, bensi alla data di ema-

I 

i ~

nazione del provvedimeno. 

Nel caso di CQ!ncentrazione di diversi distributori di carburante 
nelia stessa strada, che dete~mina un eccesso di concorrenza e, eventualmente, 
uno sviamento di clientela, il titolare di un impianto preesistente 
ha interesse a impugnare il provvedimento che autorizza un ;:: 
nuovo impianto neUa stessa strada (1). 

� definitivo il provvedimento adottato dal Prefetto in tema atti


I 

vazione e di esercizio di appareicchi erogatori di carburanti (2). 
Il provvedimento amministrativo -eccettuati i casi tassativamente 

I

previsti dall'ordinamento. -deve uniforma1�si alle norme vigenti al i:; 
momento della sua emanazione, non a queUe vigenti al momento della r~ 

~: 

p1�esentazione delle domande che ne sollecitano l'emanazio1ie (3). fil 

l ~~ 
I~ 

(1-3) La pTirrna e la terza massima sono esatte. 
La seconda confoTma una giurisprudenza costante (Sez. V, 23 marzo 


,' 

1971, n. 238, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 490) e si giustifica in base alla com


' 

.petenza escilusiva attribuita al prefetto che, come organo locale, �, da solo, 
legittimato a valutare tle iniziativ�e dei a'ichiedenti fa instaUazione, dal pro


If 
, 

filo economico-pubblicistico, con riguardo all'interesse dei consumatori che 
potrebbero 1esseT1e danneggiati da una iprolifeTazione dei punti di vendita 
se eccedenti il f.abbisogno dell'utenza (Sez. V, 13 luglio 1971, n. 699, ivi, 
1971, I, 1454) o Tifiettentisi in senso negativo sui :prezzi e sui servizi (Sez. V, 

I i:::

27 apd1e 1971, n. 38'6, ivi, 1971, I, 808) e con la possibilit�, quindi, di negare 
la autorizzazione motivando in base a concreti elementi di fatto (densit� 
d~lla popolazione, intensit� del traffico, sviluppo edilizio) (Sez. V, 13 luglio 
1971, 700, ivi, I, 1454; Ad. gen., 11 giugno 1970, n. 667, ivi, 1971, I, 332; 
13 luglio 1971, n. 697, ivi, 1971, I, 1453). 

i l 

I, 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 181 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 ottobre 1972, n. 733 -Pres. Di 
Pace -Est. Salvatore -Soc. S.P.A.I.C (avv. Golda Perini) c. Comune 
di Cermenate (avv. Monti). 

Contabilit� generale dello Stato -Contratti della P. A. -Gara -In genere 
-Offerte -Prescrizione di una data forma -Inosservanza Esclusione 
delle offerte fatte in forma diversa -Non � sempre necessaria. 


Contabilit� generale dello Stato -Contratti della P. A. -Gara -In genere 
-Offerte -Prescrizione di una data forma -Inosservanza Offerta 
di compenso globale anzich� in percentuale -Ammissibilit�. 


Le prescrizioni concernenti una data forma delle offerte in una 
ga1�a per l'aggiudicazione di un contratto della P. A. non implicano 
necessariamente l'esclusione delle offerte redatte in foTma diversa, 
quando nessun partico�lare interesse dell'Amministmzione -e pi� in 
generale del corretto svolgimento della gara -pu� indurre� ad interpretare 
come disposizione stabilita a pena di nullit� queLla c�he prescrive 
la forma in questione; ci� anche in ossequio al principio� delia 
conservazione degli atti amministrativi, che impone� il mantenimento 
dei risultati procedimentali quando la disposizione relativa alla forma 
vincolata non abbia carattere essenziale (1). 

(1-2) Sul procedimento dei contratti della P. A.: i vizi di forma. 

La piresente deci:sione costituisce una conferma della� consolidata giuriisprudenza 
del Consiglio di Stato, secondo C'U!i in mateTia di gare per l'aggiudicazione 
di contiratti pubblici 1a esclusione dailila gara per inosservanza 
di forme rpu� esser:e disposta solo qualora eissa sia esp:ressamente p:revista, 
rimanendo invece esclusa l'ipotesi in .cui non sussista alcun interesse da 
parte dell'Amministrazione al rispetto di una determinata forma. 

Gi� nel 1955, in un caso di specie ref1ativo ad una gar.a a licitazione 
privata per la �concessione di uno spaccio di vendita, il Consiglio di Stato 
iiveva sta!bilito che legittimamente era stata dichiarata nulla l'offerta di 
una ditta che invece di attenersi alle prescrizioni indicate nella lettera 
di invito �e, in particolar.e, a quella che irrnlponeV1a di offrir.e a titolo di canone 
una quota pe11centuale sulla merce fatturata, esp.t"essa in una cifra 
unka, aveva redatto l'offerta indicando percentuali diveirise su rdiv;eirise merci, 
e ci� irn quanto tale forma dell'offerta rendeva impossibile la comparazione 
con le off~te degli altri concorrenti (cfr. VI Sez. 13 giugno 1955, n. 457, 
Il Consiglio di Stato, 1955, I, 787 e in Foro amm., 1955, I, 3, 304). 

In una successiva decisione del 1956 vceniva per ['appunto precisato che 
non ogni i:r:regolarit� rprocedUTale comporta necessariamente l'illegittimit� 
della gara, ma solo quelle che risultano determinanti al fine del risultato 



182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n fatto che, in una gam per l'aggiudicazione, sia indicata la percentuale 
definitiva richiesta a titolo di compenso del servizio da prestare 
e non un ribasso percentuale dell'aggio base stabilito daU'Amministrazione, 
cos� come indicato nella lettera di invito alla licitazione, 
non � idoneo ad inficiare il corr~tto svolgimento delle operazioni di 
g.ara, n� a ledere l'interesse della pubblica Amministrazione ad otte


(dr. Sez. VI, 11 a:pri1e W56, n. 231, Foro amm. 1956, I, 3, 292 e Il Consiglio 
di Stato, 1956, I, 487). 
Si �colloca su!hlo stesso piano la decisione n. 5�8'6 della V Sez. pronun


0

data il 29 maggio 1964 (Il Consiglio di Stato, 1964, I, 977), secondo la quale 
non tutte le disposizioni che disciplinano Le fomne dell'incanto nell'ilnteresse 
della p.a. possono considerarsi di natura inderogabile e cogente, di guisa 
che l'inosservanza de�~le medesime debba in ogni caso render�e nulla la 
~a; tale valore va riiconosciuto �solo a quelle modalit� rpTescritte la cui 
violazione possa compromettere un serio e utile svolgimento della gara 
stessa, crune ad esempio queUe dettate a garanzia della se.gretezza delle 
offerte (in senso conforme anche la dee. Sez. V, 2 marzo 19�6�3, n. 99, ivi, 
1963, I, 404). 

Pi� spedf�camente, in ordine attle modalit� delle offerte, il Consiglio di 
Stato ha chiarito che le prescrizioni concernenti una data forma delle offerte 
in una gara non comportano l'automatica esclUIS�one delle offerte 
redatte in una forma divel'sa, tanto pi� che �l'art..89 rid. 23 maggio 1924, 

n. 827, non preclude la .po.ssibilit� che le ofllerte V'engano presentate in varr-ie 
forme, purch� ri1sulti da esse ol'entit� del miglioramento sul p:l'ezzo base 
(dr. Sez. V, 12 novembre 1960, n. 791, ivi, 1960, I, 2074). Nel caso specif��co 
� dato a:inveni'.l'e un inte11essante pr.eced.ente del 19�58, e precisamente la 
decisione Sez. V, 20 giugno 1958, n. 426 (Giuris. it., 1959, III, 33, nonch� 
in Il Consiglio di Stato, 1958, I, 647), secondo cui non costituiisce vizio dd 
eccesso di potere, per disparit� di t:l'attamento, del procedimento posto in 
essere dal pvesiden<te della gara, la ci'.l'costanza che, nei confronti di un 
offerente -il qual.e abbia omesso di indicare il ribasso sui !P['ezzi unitari, 
richiesto dall'avviso di Ucitazione pirivata, presentando, al posto di taJ.e 
indicazione, il'�e1enco dei lp['lezzi ofllerti -il presidente medesimo non abbia 
senz'altro disposto 'l'esclusione dal<la gara, ma si sia limitato a demandare 
alla commissione tecnica, incadcata di esamina!l'e iLe offerte, di valutare 
IJ["eliminarmente la possibilit� di considerare ii! detto elenco vaUdamente 
sostitutivo della indicazione del ribasso off�erto. 

In tal.e ordine di pri�nci:pi si colloca anche ila .pi� irecente giuriSrpTudenza 
(cfr. Sez. V, 9 giugno 1967, n. 608; 26 maggio 19i67, n. 441, Il Consigiio di 
Stato, 1967, I, 1237 e 910o; S�ez. V, 29 settembr�e 1971, n. 798, ivi, 19o71, I, 1604; 
Sez. V, 26 apiri1e 19i72, n. 341 e 9 irnag1gio 1972, ivi, 19172, I, 676 e 986), La 
quale ribadisce, anzitutto, che non tutte J.e no11ffie che disciplinano i procedimenti 
dei vari ,si,stemi di gara vanno osservate a tPena di nul:lit�, ma solo 
quelle la cui disa'[ltplicazione comprometta il serio e !P['oficuo svolgimento 
del.la gara; cosicch� deve essere ritenuto �legittimo il provvedilmento di 
esclusione dalla licitazione privata di un conco:l'rente per inosservanza di 
una p11escrizione contenuta nelfinvifo, espressamente Pl'evista a pena di 
esclusione, in quanto dette prescrizioni si presumono preovd:inate a garanzie 
sostanziali. 

Infatti, quando si tratti invece di lnO'.l'ffie legislative o r.egolamenta:ri, 
che non dettano prescrizioni a pena di esclusione, in caso di loro inois�ser




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 183 

nere offerte precise, serie e vantaggiose, essendo sufficiente una, semplice 
operazione aritmetica per convertire L'entit� globale offerta in 
entit� percentuale (2). 

vanza l'attivit� intE!['ll)retativa dell'autorit� preposta a'11a gara, prima, e del 
giudice amministrativo, poi, esplicata attraverso l'indagine della finalit� 
della norma, po;rta a distinguere tTa prescrizioni essenziali per il proficuo 
svolgimento della gara (e pertanto inderogabili) e prescrizioni meramente 
formali, la cui inosservanza � sanabile con adempimenti sostitutivi, idonei 
a perseguire ugualmente la finalit� cui la norma stessa � preordinata. 

RAFFAELE TAMIOZZO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 24 ottobre 1972, n. 600 -Pres. Mastropasqua 
-Est. Squillante -Fondo previdenza Mario Negri (avv. 
Simi) c. Ministero del Lavoro (avv. Stato Vitucci). 

Previdenza e assistenza -Enti previdenziali -Acquisto di beni -Approvazione 
dei piani ai sensi dell'art. 65 legge 20 aprile 1969, n. 153 Esonero 
dalle procedure previste per gli acquisti dei beni in relazione 
all'esercizio finanziario cui si riferisce il piano -Disciplina 
transitoria nel periodo dal 1�maggio 1969 (data di entrata in vigore 
della legge) al 31 dicembre 1969. 

Ai sensi deWart. 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153, il Ministero 
del lavom ha ii potere di approvare -per ciascun ese"l"cizio finanziario, 
a decorrere dal 1� gennaio 1970 -i piani annuali d'investimento 
redatti da enti (pubbLici e privati) che gestiscono fo'Mne di 
previdenza e assistenza sociale, e tale approvazione e'sonera gli enti 
stessi dall'osservanza delle procedure per l'autorizza.zione ail'acquisto 
di beni e valori indusi nei piani. Pertanto, gli acquisti posti in essere 
dopo il 1� maggio 1969 (data di entrata in vigore della legge) e fino 
al 31 dicembre 1969, restano sottoposti alla precedente disciptina senza 
che sia consentito all'Amministrazione sostituire l'autorizzazione ex 
art. 17 e.e. �con la propria approvazione, es�sendo il potere di approvazione 
concesso in relazione ai piani di investimento e nOIJ'l, in relazione 
ai singoli atti di acquisto (1). 

(1) La decisione apipaire esatta laddove estende la diJSci.pli111a della il�egge 
n. 153 agli enti pubblid ed a.ne persone giuridiche p:rivate che eseTcitano 
quaLsi�asi forma asstourativa, obbiUgatoria, sostit'l.l!tiva, libera o integrativa. 
Suscita inve�ce qualche pe~~essit� iladdo:vce p�er il pe:riodo successivo all'entrata 
in vigore (1� maggio 1969) della stessa ilegge che ha abrogato le 
procedw-e pll'evLste rpier gli acquisti di beni, ha :ritenuto '.legittimo applicare 
ancora tali procedure. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

184 


(Omissis). -Come si � esposto in narrativa, il Fondo ricorrente 
impugna il provvedimento del 17 ottobre 1970 con il quale il Mini


stero del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'art. 65 della 
legge 30 aprile 1969, n. 153 e della civcolare del 24 luglio 1969, n. 12, 
ha approvato il contratto di acquisto di un immobile sito in Roma. 

Sostiene in primo luogo il ricorrente l'inapplicabilit� della norma 
in esame alle persone giuridiche private che gestiscono forme aggiuntive 
o integrative delle assicurazioni sociali obbligatorie! in quanto 
nell'espressione �forme di previdenza e assistenza sociale� non possono 
rientrare che le forme di assistenza e previdenza obbligatorie. 
Diversamente ritenendo si verrebbe a sottoporre l'assistenza privata, 
la cui libert� � garantita dalla Costituzione, ad una non consentita 
vigilanza. 

In secondo luogo il ricorrente afferma che nella specie il Ministero, 
sostituendo la propria approvazione all'autorizzazione ex art. 17 
e.e., ha dato attuazione anticipata ed erronea all'art. 65 prima che vi 
fossero i presupposti di legge. Ha cio� esercitato un potere che non 
trova alcun fondamento nell'art. 65 della legge, ma che si basa sulla 
circolare del 24 luglio 19�69, che, per aver violato il principio stabilito 
nella legge (potere di approvazione dei piani annuali), deve ritenersi, 
senza alcuna possibilit� di dubbio, illegittima. 

In terzo luogo il ricorrente deduce l'illegittimit� del provvedimento 
impugnato per incompetenza, in quanto l'approvazione non doveva 
essere concessa con provvedimento del solo Ministro per il lavoro e 
la previdenza sociale, per eccesso di potere e per difetto di motivazione 
giacch� non sono state rese note le ragioni per le quali di fronte 
ad una richiesta di autorizzazione a norma del codice civile si � invece 
concessa l'approvazione ex art. 65. 

La resistente Amministrazione osserva in contrario che la consapevole 
latissima dizione della norma in esame e la mancanza di qualsiasi 
accenno circa l'applicabilit� della legge a tipi particolari di previdenza 
inducono a ritenere che anche il Fondo ricorrente sia sottoposto 
alla. legge n. 153 del 1969. 

Quanto alla legittimit� del potere esercitato l'Amministrazione fa 
rilevare che l'immediata entrata in vigore della legge e la mancanza 
di norme transitorie hanno determinato la necessit� di dettare una 
disciplina interinale e provvisoria (con la circolare del 24 luglio 1969, 

n. 
12) che � in armonia con la legge pi� volte citata. 
All'esame dei motivi di gravame � necessario premettere qualche 
cenno esplicativo in ordine alle disposizioni applicate. 
L'art. 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153 ha introdotto una sostanziale 
modifica nel regime giuridico degli acquisti di beni e valori 
da parte degli enti pubblici e delle persone giuridiche private, co




PA,RTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 185 

munque denominate, che gestiscono forme di previdenza e assistenza 
sociale. 
Detto articolo prescrive infatti: 

1) che tali enti sono tenuti a compilare annualmente piani di 
impiego dei fondi disponibili, da presentare, entro 30 giorni dalla data 
d'inizio dell'esercizio cui si riferiscono, al Ministero del lavoro ed alle 
altre ammnistrazioni vigilanti; 

2) �che la percentuale dei fondi disponibili da destinare agli investimenti 
immobiliari non pu� superare la terza parte di tali fondi 
pur ipotizzando eventuali variazioni in relazione a particolari esigenze 
di bilancio o alla forma di gestione adottata; 

3) che l'approvazione dei predetti piani, cui provvede il Ministero 
del lavoro di concerto con il Ministero del tesoro e con il Ministero 
del bilancio e la programmazione economica, esonera gli enti 
suindicati dalle procedure previste per l'autorizzazione all'acquisto di 
beni e di valori inclusi nei piani stessi, ivi comprese le procedure 
previste nella legge 5 giugno 1850, n. 1037 e nell'art. 17 e.e. e relativi 
regolamenti di attuazione e di esecuzione. 

Da tale articolo risulta, quindi, evidente che all'Amministrazione 
� stato .conferito il potere di approvare i piani d'impiego redatti annualmente 
dagli enti pubblici e dalle persone giuridiche private che 
gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale e che, una volta 
approvato il piano, i soggetti interessati non debbono ottenere alcuna 
altra autorizzazione per gli acquisti effettuati in conformit� del piano 
stesso. 

L'Amministrazione, essendo la norma entrata in vigore il giorno 
succe,ssivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, 
e cio� il 1� maggio 196�9, si � posta il problema del coordinamento 
fra le procedure seguite anteriormente al 1� maggio 1969 e quelle 
che devono essere osservate posteriormente alla data predetta e nella 
circolare impugnata lo ha risolto nel senso di sottoporre tutti gli acquisti 
immobiliari stipulati nel periodo compreso tra il 1� maggio ed 
il 31 dicembre 1969 all'approvazione del Ministero del lavoro e delle 
altre amministrazioni vigilanti, precisando inoltre che a partire dal 
1 � gennaio 1970 gli enti interessati dovranno annualmente compilare 
i previsti piani di impiego. 

Tanto premesso, la Sezione osserva che gli impugnati provvedimenti 
non si sottraggono alle censure moss�e con il secondo motivo 
di gravame, .che per investire la stessa esistenza del potere del quale 
l'Amministrazione ha inteso fare uso hanno indubbiamente carattere 
pregiudiziale ed assorbente rispetto alle censure dedotte con gli altri 
motivi di ricorso. 

Si � gi� visto che ai sensi dell'art. 65 della citata legge � stato 
attribuito all'Amministrazione del lavoro il potere di approvare i piani 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

annuali d'investimento redatti dagli enti pubblici e dalle persone giuridiche 
private, comunque denominati, i quali gestiscono forme di previdenza 
e di assistenza sociale e che l'approvazione dei piani esonera 
gli enti stessi dall'osservanza delle procedure previste per l'autorizzazione 
all'acquisto di beni e valori inclusi nei predetti piani. 

La legge, �quindi, pone come condizione necessaria e sufficiente 
per l'esonero dall'autorizzazione l'approvazione del piano d'impiego 
da redigere annualmente, coskch�, sino a quando per gli enti interessati 
non diviene operante l'obbligo della redazione del piano, gli 
acquisti di beni continuano necessariamente ad essere assoggettati alla 
precedente disciplina. 

Il problema �, pertanto, quello d'individuare il momento in cui 
la norma in esame fa sorgere, per gli enti che gestiscono � forme di 
previdenza e assistenza sociale, l'obbligo della redazione del piano 
annuale d'impiego. 

Non vi' � dubbio che la norma aggancia il piano d'impiego all'esercizio 
finanziario e poich�, come la stessa Ammiiiistrazione riconosce, 
l'esercizio finanziario ha generalmente inizio il 1� gennaio e 
termine il 31 dicembre, l'obbligo di redigere il piano di investimento 
ed il �conseguente potere dell'Amministrazione di approvare i piani 
non pu� essere sorto che a decorrere dall'esercizio finanziario 1970. 
Di conseguenza tutti gli acquisti antecedenti al 1970 posti in essere 
da enti pubblici o da persone giuridiche private, qualunque sia 
la forma di assicurazione gestita (obbligatoria o sostitutiva, libera o 
integrativa), restano sottoposti alla precedente disciplina, senza che 
sia consentito all'Amministrazione, in difetto di un'espressa norma 
sulla quale basare il potere esercitato, sostituire l'autorizzazione prevista 
dall'art. 17 e.e. con la propria approvazione, tanto pi� che, 
giova ripeterlo, il potere di approvazione � concesso in relazione al 
piano di investimento e non in relazione ai singoli atti di acquisto. 
N� dalla norma in esame sorgono problemi di diritto transitorio; 
se � infatti vero che l'art. 65 � entrato in vigore il giorno successivo 
alla pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale, altrettanto vero 
� che la sua applicazione concreta, connessa, per le ragioni che sopra 
si sono esposte, all'obbligo di .presentare i piani di investimento entro 
trenta giorni dalla data d'inizio dell'esercizio finanziario, non poteva 
che avere decorrenza dal 1� gennaio 1970. Sino a questa data, pertanto, 
il Ministero del lavoro non poteva ritenere inapplicabili nei 
confronti di tutti gli enti che comunque gestiscono forme �di previdenza 
le precedenti procedure e di conseguenza non poteva provvedere 
per conto proprio ad un'approvazione sostitutiva dell'autorizzazione, 
ignorando cos� che l'approvazione deve riguardare i piani e 

:~: 

~~i 

:~ 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

non gli acquisti singoli e che essa non � sostitutiva ma esonerativa 
delle procedure previste nella legge 5 giugno 1850, n. 1037 e nell'art. 
17 c..c. e relativi regolamenti di esecuzione e di attuazione. 

Dalle considerazioni �Che precedono risulta, pertanto, evidente che 
l'Amministrazione ha fatto uso di un potere che non trova fondamento 
in alcuna disposizione legislativa e che quindi non poteva essere esercitato 
nei confronti dei soggetti che comunque operano nel campo 
della previdenza e assistenza sociale, sia, cio�, che gestiscono forme 
di previdenza obbligatoria, sia che gestiscano forme di previdenza 
facoltativa e volontaria. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI ST~TO, Sez. VI, 27 ottobre 1972, n. 672 :. Pres. Tozzi Est. 
Varino -Soc. Vides cinematografica ed altri (avv. Sorrentino) 

c. Ministero del lavoro e della previdenza sociale (avv. Stato 
Vitucci). 
Lavoro -Collocamento lavoratori -Richieste nominativi di mano 
d'opera -Legge n. 300 del 1970 -Validit� per ogni settore di attivit� 
-Conseguenza. 

Lavoro -Collocamento lavoratori -Richieste nominative di mano 
d'opera -Disciplina -Decreto ministeriale -Omessa acquisizione 
del parere della Commissione consultiva -Illegittimit�. 

La legge 20 maggio 1970, n. 300 ha dettato precise disposizioni 
di carattere generale sulle richieste nominative di mano d'opera, valevoli 
per tutti i settori dell'attivit� produttiva, nessuno escluso, da 
attuarsi, in concreto, con decreti del Ministro per il lavoro� e la previdenza 
sociale, sentita la commissio1te di cui alla leg�ge 29 aprite 1949, 

n. 264; pertanto, la disciplina prevista dalla citata legge ha abrogato 
ogni precedente disposizione con essa contrastante (ad ecce�zione delle 
disposizioni dei �contratti collettivi e dei contratti sindacali pi� favorevoli 
ai lavoratori, ai sensi detl'art. 40 legge citata). 
Il parere della commissione di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264, 
previsto dall'art. 34 legge 20 maggio 1970, n. 300, � un parere in senso 
proprio, e cio� espressione di un giudizio sulla nuova disciplina del 
collocamento dei lavoratori per quanto attiene� alle richieste� nominative 
di mano d'opera; pe'rtanto, � ilLegittimo il provvedimento ministeriale 
emanato ai sensi deill'art. 34 cit., allorch� la detta commissione, 
per contrasti insorti nel suo seno, abbia addirittura rinunciato a.d esp1�imere 
il pare1�e prescritto dalla legge come atto dovuto. 


188 RASSEGNA DELL'AVVOCATVRA DELLO STATO 

(Omissis). -Ritiene la Sezione che non possa considerarsi positivamente 
l'eccezione di inammissibilit� del ricorso adombrata dalla 
difesa dell'Amministrazione col rilievo che la limitazione della facolt� 
di scelta dei lavoratori da assumere costituisce una lesione immediata 
e diretta di diritti soggettivi delle aziende cinema.tografiche. 

Con buon fondamento le societ� riconenti hanno replicato nella 
discussion_e orale che si tratta semmai di un diritto affievolito dall'ampio 
potere discrezionale di limitazione che la legge accorda alla 
pubblica Amministrazione e che, come tale, � tutelabile innanzi al 
giudice amministrativo. 

Le ricorrenti non negano infatti il potere esercitato, ma ne censurano 
le modalit� di esercizio in violazione della portata sostanziale 
e finale delle norme di legge. 

Nel merito deducono, col primo motivo, �Che la disciplina del collocamento 
nel settore dello spettacolo ha la sua fonte nel d.P.R. 24 settembre 
1963, n. 2053, emanato in virt� dell'art. 23 della legge 29 
aprile 1949, n. 264, che le successive disposizioni della legge 20 maggio 
1970, n. 300 non hanno n� abrogato, n� modificato. 

Il citato decreto stabilisce, quanto alla richiesta nominativa dei 
lavoratori da assumere, �disposizioni particolari in deroga all'art. 14 
della legge n. 264, costituendo un'autonoma disciplina con carattere 
di regolamento delegato. 

Le relative disposizioni, per la loro natura speciale, conservano 
l'efficacia derogatoria che � loro propria di fronte a nuove norme di 
carattere generale di diverso contenuto. 

Ne discende che il Ministro del lavoro e della previdenza sociale 
non aveva facolt� di introdurre col decreto 1� luglio 1971 una nuova 
determinazione di categorie di lavoratori altamente specializzati per 
il settore dello spettacolo ai quali � limitata la richiesta nominativa. 

Il motivo non appare tuttavia fondato per un duplice ordine di 
considerazioni. 

Da un lato, la legge n. 300 del 1970 ha espressamente abrogata 
ogni disposizione in contrasto con le norme in essa contenute, con la 
sola eccezione delle condizioni dei contratti collettivi e degli accordi 
sindacali pi� favorevoli ai lavoratori (art. 40). 

D'altro lato, � da tener presente che la disciplina dell'art. 4 del 

d.P.R. 24 settembre 1963, n. 2053, con riferimento al d.m. 1� ottobre 
1942, ha avuto fin dall'origine carattere provvisorio, essendo espressamente 
previsto che la sua efficacia sarebbe venuta meno quando, con 
disposizioni di carattere generale, fossero state fissate le qualificazioni 
e le specializzazioni che comportano la richiesta nominativa. 
Ora, non pu� dubitarsi che l'art. 34 della legge n. 300 del 1970 
abbia dettato precise disposizioni di carattere generale sulle richieste 
nominative di mano d'opera, valevoli per tutti i settori dell'attivit� 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 189 

produttiva, nessuno escluso, da attuarsi in concreto con decreti del 
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione 
di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264. 

� quindi evidente che, con l'attuazione della nuova disciplina, 
estesa al settore dello 'spettacolo in forza del decreto impugnato, veniva 
a cessare ,quella precedente a carattere provvisorio, temporaneamente 
prorogata. 

Merita invece di essere accolto il �secondo motivo, che riflette la 
violazione dei principi generali in tema di deliberazione degli organi 
collegiali ed eccesso di potere. 

Rilevano le ricorrenti che nella seduta del 30 giugno 1971, la commissione 
centrale per l'avviamento al lavoro non formul� un giudizio 
finale che formalmente e sostanzialmente rappresentasse la volont� del 
collegio debitamente obiettivata nei risultati della votazione. 

In proposito, � sufficiente rilevare che il parere previsto dall'art. 34 
della legge 1970, n. 300 � un parere in senso proprio, � cio� espressione 
di un giudizio sulla nuova disciplina del collocamento per quanto 
attiene alle richieste nominative di mano d'opera, con tutti i conseguenti 
effetti sul provvedimento cui � preordinato. 

L'esame del verbale della seduta conferma la fondatezza del motivo 
dedotto. 

Sulle proposte ministeriali relative al settore dello spettacolo i 
rappresentanti dei diversi interessi in causa si sono trovati in aperto 
dissenso sulle questioni particolari e di fondo. 

Particolarmente � stata rilevata la inidoneit� dei criteri di individuazione 
delle �ristrette categorie di lavoratori altamente specializzati
�, mentre dall'una parte e dall'altra venivano avanzate proposte 
di variazioni all'elenco proposto dal Ministero. 

La richiesta di rinvio della seduta per un pi� approfondito esame 
degli argomenti controversi � rimasta senza esito. 

In tale situazione -� dichiarato in verbale -il presidente insist� 
pi� volte sull'esigenza che i convenuti � esprimano chiaramente 
con il voto il loro avviso, ad evitare possibili successive recriminazioni 
e impugnative�. 

Il voto � tuttavia mancato, in quanto i rappresentanti delle organizzazioni 
sindacali hanno chiesto che l'Amministrazione � decida obiettivamente 
per le qualifiche sulle quali non � stato possibile raccogliere 
l'unanimit� dei consensi� ed il presidente si � limitato a prendere 
atto �che tutti i convenuti si d1chiarano d'accordo su tale soluzione�. 

Dal che si rileva chiaramente che la commissione ha addirittura 
omesso di formulare il proprio parere, previsto dalla legge �come atto 
dovuto, ed il Ministero ha rinunziato a pretenderlo, ponendo in essere 
una condizione di manifesta illegittimit� del decreto impugnato. 


(Omissis). 


190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 31 ottobre 1972, n. 700 -Pres. Mastro.
pasqua -Est. Lanza -La Cava (avv. Silvestri) c. Ministero 
dell'Agricoltura e delle Foreste (avv. Stato Pierantozzi). 

Impiego pubblico -Dispensa dal servizio -Infermit� -Scadenza dal 
periodo massimo di aspettativa -Omesso iter procedimentale 
prescritto -Illegittimit�. 

Impiego pubblico -Congedo e aspettativa -Aspettativa -Infermit� Durata 
massima -Calcolo -.Congedo straordinario -Va considerato 
come servizio attivo. 

� illegittimo il provvedimento di dispensa. dal servizio di un impiegato, 
al termine del limite massimo del periodo d� aspetta.tiva per 
infermit�, allorch� per l'emanazione del provvedimento si prescinde 
da un esame� medico-collegiale tendenve all'accertamento dell'inabilit� 
del dipendente a riprendere servizio ed ove .. prima di detto accertamento 
non si sia proceduto a comunicare all'interessato la proposta 
di scioglimento del rapporto di lavoro, con i'esplicito invito a produrre 
le proprie osservazioni entro un congruo termine, n� gli sia stato notificato 
successivamente l'invito a poter far partecipare un proprio 
medico di fiducia alla conseguente visita medico-coUegiale; una certificazione 
prodotta dalL'interessato o l'esito di una visita collegiale 
diretta ad altri fini (nella specie, ad ottenere una proroga di aspettativa) 
non possono consentire di prescindere dall'apposito iter previsto 
dalle norme in vigore (1). 

(1-2) La dispensa dal servizio per infermit� nella giurisprudenza del 
Consiglio di Stato. 

La presente decisione sancisce, anzitutto, l'illegittimit� della dispensa 
in difetto di esperimento del .prescritto esame medico-collegiale, 
nonch� di p.t'ev�entiva .comunicazione aH'inter.essato della proposta di sciogli.
mento del rapporto di lavoro. 

�Numerosi i l(>r<ecedenti in tal senso: fl!'a le aitre c:l!r. Sez. VI, 19 ottobre 
1960, n. 806, Il Consiglio di Stato, 19<60, I, 1864; VI Sez. 16 ottobre 1963, 

n. 732, ivi, 1963, I, 1435; VI Sez., 26 ottobre 1960, n. 877, ivi, 1960, I, 190~; 
V Sez., 23 .g.enn:aio 1965, n. 64, ivi, 1965, I, 76�; IV Sez. 27 ottobre 1965, n. 662, 
ivi. 1965, I, 229; VI Sez., 26 ottobre 1965, n. 711, ivi, 1965, I, 1784; V Sez.., 
19 aprile 1966, n. 576, ivi, 1966, I, 751; Cons. Giust. Amm. Regione Siciiliana, 
28 l.glio 1971, n. 373 (Spiro c. Consiglio Amministrazione Provinciale di 
Messina), ivi, 1971, II, 1547; Cons. Giust. Amm. Regione Siciliana, 17 febbraio 
1972, n. 265, ivi, 1972, II, 254; COl!ls. Stato, Sez. V, 17 f.ebbraio 1970,. 
n. 130, ivi, 1970, I, 237; Sett. Giuridica, 1970, I, 117; Foro amm., 1970, I, 2, 194. 
Fin dai iprimi anni di applicazione del t.u. del 1957, n. 3 iJ. Consiglio di 
Stato aveva preciisato che la dispensa dal servizio per infermi�t�, gi� prevista 
dall'art. 85 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960 e attuaimente daltl'art. 71 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 191 

n congedo straordinario, al pari dei congedo ordinario, va considerato 
come servizio attivo, mentre i'CI!Spettativa costituisce una sospensione 
deUa prestazione dei servizio; iUe�gittimamente, pertanto, 
L'Amministrazione, ai fine dell'appUcazione deH'art. 71 t.u. 10 gennaio 
1957, n. 3 (dispensa dai se1�vizio in seguito ai superamento dei 

del citato t.u., � un provvedhnento dichia;rativo, che J.'.Ammi:nistrazione 
deve �emettel'e quando abbia accertato, alla scadenza del periodo massimo 
di aspettativa, che l'impiegato non � in grado di il"iIJTendetl'e servizio (cf1r. 
Cons. Stato, Sez. VI, 14 maggio 1958, n. 351, n Consiglio di Stato, 19<58, 
I, 673). 

Successivamente venne sancita la ne�cessit� che il collegio medico p!t"o-ceda 
in ogni caso a vtsita e cio� ad esarrne diTetto de1l rupendente, non 
essendo sufficiente che esso esP!t"ima la diagnosi sulla base soltanto di atti 
foomm dall'ArruniJilj.strazione (dee. cit. n. 806/1960); nella stessa decisione 
si chtariva inoltre che il dfiuto dell'impiegato di sottoporsi a visi�ta medica 
col1egiale non autoriz2la l'Ammimstrazione a d1sporre la dispensa dail. sea:vizio 
rper motivi di salute, ma pu� :rendere possibile solo la pe!rsecuzione 
dtsciplinare delle omissioni �Commesse dal dilpendente con la mancata ip:re$
tazione del servizio. 

Il particolare rigore cui � tenuta l'Amministrazione in subiecta materia 
tvova stgnifi.cartiva conferma nella dectsione n. 464 del 25 ottobre 1961 (Sez. 
IV, n Consiglio di Stato, 1961, I, 1583), secondo cui il giudizio tecnico del 
col1egio medtco sulla idoneit� o meno di un impiegato a riprendere il seirvi2!
io non vincol1a tLa deUberazione dell'organo che deV1e .pronunciare ia,_ dispensa 
dal servizio sulla base di tale giudizio, trattandosi .pUT sempre di 
un rp~ere di ordine tecmco, .emesso ai fiill� di un P!t"Ovvedimento !La cui adozione 
� risea:vata alla competenza deH'organo amministrativo, corretta applicazione 
peraltro della nota distinzione fra discrezionalit� tecnica e discrezionalit� 
amministrativa. 

Con ila decisione n. 662/1965 (.che aveva avuto analogo pl'ecedente nel 
1954, dee. del 20 ottob!t"e, n. 692, ivi, W54, I, 1035) venne dichiarato iHegittimo 
il provvedimento di dispensa dal Se!t"Vizio per motivi di salute, che non 
sia pl'eceduto da vi�sita mediica col1egiale e dall'invito all'impiegato di presentare 
le proprie deduzioni avverso la piroposta; neHa decisione dello 
stesso anno (n. 64/1965) l'illegittimit� venne estesa anche al caso di dispensa 
allo scader-e del periodo massimo di aspettati.va per motivi di salute, 
poich� l'unica differ�enza fra il procedimento relativo a ta1e dispensa e 
quello relativo alla dispensa per dnalbilit� consiste nel :Batto che i�l pdmo 
ha natura dichi~ativa e il secondo matU!t"a costitUJtiva. 

Il C'onsi.glio di Giustizia Amministrativa della iR!egione stciil.iana, nel1a 
intea:essante deciisione n. 373/1971, dopo aver ;precLsato che il termine per 
l'impugnazione deJ. p;rov~edimento di 1di.spensa per infermit� decorre dalla 
data di comuntcazione o ipiena conoscenza di tale provvedimento, non dalla 
data di comunicazione del 1.'efer-to medi�co che ha ri1scontl'ato l'infermit�, 
el�enca la successione fogica delle vari�e fasi del pa:ocedimento di ilispensa 
dal �servizio per inabilit� fisica dei pubbUci dipendenti: 1) anzdtutto, l'impiegato 
dev�e essere proposto iper la disp�ensa; 2) al medesimo deve essere 
assegnato un termine per presenta11e ile P!t"opirte osSe!t"vazioni eventuali; 
3) l'impiegato deve, infine, esser�e sottaposto a visita medica collegi:a1e e 
l'Amminiistrazione, nell'invitarlo a .sottapol'si agli accertamenti ,sanitari, deve 



192 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

limite massimo di aspettativa per infermit�), cumula i periodi di 
aspettativa con queUi di congedo straordinario concessi ai ricorrenti 
trascurando di considerare le interruzioni superiori a tr�e mesi tra 
un periodo di aspett.ativa e l'altro (2). 

indi,cargli non sofo lo scopo cui detti accertamenti sono diretti, ma anche 
i motivi che sta!llino a base della determinazione. 

Ne consegue la ifilegittimit� de1l provvedimento di dispensa qualora sia 
mancata la ptrev�entiva, apposita � pa:-oposta � di dispensa e quaJ,ora all'impieg�
ato� non 1sia stato, !inol.itr1e, comunfoato cihe l'accertamento medi�co veniva 
esp,J.etato allo scorpo specifico de1la eventuale dispensa dal servizio. 

Si segnaia, !infine, anche l'altra deci1sione del Consiglio Giust. Amm. 
Reg. Sic. (n. 2165/1972), nella quale, dbaidito che 1a dispensa dail. servizio 
peT inabilit� fisica a carico del pubblico dipendente pu� essere rusposta 
so.io dopo la scaden2'Ja del periodo massimo di aspettativa e semprech� si 
accerti che l'impiegato si trova a;ncOTa nella condizione di incapacit� per 
infermi.fa al momento in cui deve riprendere servi2'lio, viene ruchiatrata illegittima 
la dispensa dal servizio per inabilit� fisica di un pubblico dipendente, 
qualora essa si basi su di un accertamento medico che sia stato effettuato 
non .gi� ai fini de11a dispensa, bens� al fine deHa concessione di un 
periodo di aspettativa. 

RAFFAELE TAMIOZZO 

:;., 

' 

:~: 

1r1111a1t11r1111g,111111r1111111111~:r1111111111111ir1111111111111�1r� 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1972, n. 1041 -Pres. Caporaso 
-Est. Brancaccio -P. M. De Marco (diff.) -Soc. CO.RE.LI. 
(avv. Emmi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). 

Imposte e tasse in genere -Azione civile ordinaria -Termine per la 
notifica della decisione della Commissione Centrale di cui allo 
art. 34 della 1. 8 giugno 1936, n. 1231 -Imposte indirette -Si estende. 


(1. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 34). 
n termine di tre mesi stabiLito nell'art. 34 della legge 8 giugno 
1936, n. 1231 per la notifica della decisione delia Commissione Cent1"
ale in materia di imposte diretve, � applicabile anche per le imposte 
indirette. Conseguentemente l'Amministrazione decade dal diritto di 
propor1�e l'azione ordinaria ove non abbia provveduto a notificare la 
decisione nel detto termine (1). 

(Omissis). -Con la prima censura svolta col primo mezzo del 
ricorso, la cooperativa CO.RE.LI. -deducendo la violazione dell'articolo 
34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231 -sostiene che la Corte 
di merito abbia errato nell'affermare che questa disposizione, la quale 
stabilisce che la decisione della �commissione centrale, ove non notificata 
dall'ufficio entro tre mesi dal giorno in cui � ad esso pervenuta, 
diventa definitiva per la Finanza, debba essere �ntesa come riferita 

(1) Sulla applicabilit� del termine stabilito nell'art. 34 legge 8 giugno 
1936, n. 1231, alle decisioni della Com.missione Centrale in materia di imposte 
indirette. 
Con questa sentenza la Corte di cassazione ha affrontato per la prima 
volta ex professo la questione se il termine di tre mesi fissato dall'art. 
34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, riguardante la materia delle 
imposte dirette, per la notifica delle decisioni della Commissione centrale, 

sia applicabilt! anche in materia di imposte indirette; e l'ha risolta in 
senso affermativo, dichiarando in conseguenza la P. A., che non aveva 
provveduto alla notifica della decisione nel detto termine, decaduta dal 
diritto di proporre l'azione giudiziaria ordinaria. In senso conforme si 
erano pronunciati il tribunale di Torino con sentenza 7 marzo 1972, Finanze 
c. Longo e Boetti, avverso la quale pende appello e il tribunale 
di Milano, con sentenza 6 marzo 1969 in causa Finanze c. Andreoletti, 
pubblicata in Mass. Trib., 1969, 336: sentenza che � stata riformata daHa 
Corte di appello di Milano (sent. 14 marzo 1972, n. 1844) in senso favore




194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

soltanto alle decisioni in materia di imposte dirette, e non anche a 
quelle concernenti le imposte indirette, e, conseguentemente, nell'escludere 
che nella specie l'Amministrazione finanziaria fosse decaduta 
dall'azione giudiziaria per non aver adempiuto l'onere di notifica 
che su di essa incombeva, per quanto riguardava la decision� 
emessa dalla commissione centrale nella controversia a cui era interessata 
la medesima CO.RE.LI. 

La censura � fondata. 

La �questione che con essa si .solleva, circa l'estensione dell'onere 
di notifica previsto dall'art. 34 legge n. 1231 del 1936 alle decisioni 
della commissione centrale in materia di imposte indirette, non risulta 
che sia mai stata affrontata espressamente da questa Suprema Corte 
in un caso in cui, come quello qui oggetto di esame, si discutesse della 
decadenza della Finanza dall'azione giudiziaria per pretesa relativa 
ad imposte indirette, instaurata successivamente alla decisione della 
commissione centrale. Tuttavia talvolta questo Supremo Collegio, dovendo 
decidere la questione se l'Amministrazione finanziaria fosse decaduta 
dall'azione giudiziaria di cui all'art. 29 r.d.I. 7 agosto 1936, 

n. 1639 (azione concessa in materia di imposte indirette), per avere 
vole alla Finanza, ma per motivi diversi da quelli che il Tribunale aveva 
accolto. � 
L'argomento posto a fondamento della decisione sia della Corte di 
cassazione che dei due tribunali, � tratto dalla lettera dell'art. 31 detl 

r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, quarto comma, il quale stabilisce � sono estese 
alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei beni tutte le 
altre norme relative al procedimento davanti alle Commissioni amministrative 
delle imposte dil'ette �. La Corte di cassazi.one, peratltro, si � resa 
conto che questa disposizione riguarda solo il procedimento innanzi alle 
Commissioni tributarie: mentre l'art. 34 della legge n. 1231/1936 pone una 
norma comminante una decadenza, che si proietta oltre il giudizio amministrativo; 
una norma cio� che disciplina l'azione daViant:i al gtludiice 
ordinario. Ma essa ha osservato: �� agevole replicare che codesta estensione 
non diretta ma .meramente riflessa, � perfettamente aderente aUa 
ragione delila disposizione, che va individuata in un'esigenza di disciplina 
unitari�a del contenzioso tributario innanzi alle Commissioni, determinata 
dagli aspetti sostanziali di analogia degli interessi in gioco ned 
due tipi di controversia relativi alle imposte dirette e a quelle indirette �. 
Tale argomentazione non ci trova consenzienti: il procedimento 

I ~ 

in materia di imposte dirette presenta infatti degli aspetti particolari che 
giustificano la norma posta da'Ll'art. 34 della legge n. 1231/1936, aspetti 
che vice\nersa non si rinvengono neil procedimento contenzioso tributario 
in materia di imposte indirette, per cui l'applicazione anche in relazione m 

t:
a queste di tale norma non ci appare logica. La norma anzidetta invero f: 
si trova inserita in un testo che� ebbe ad oggetto la conversione in legge i: 
di tre decreti-legge concernenti modifiche, interpretazioni e aggiunte alle 
leggi sulle imposte dirette, e si inquadra strettamente nel relativo sistema. li 


� noto che secondo l'art. 53 del t.u. per 1l'imposta sui redditi di rie-

I. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA. 195 

omesso la notifica in termini della decisione della Commissione provinciale, 
ha argomentato, per giusti.f�.care la soluzione negativa ora 
quella affermativa, richiamando anche il suddetto art. 34, che ha 
inteso, con riguardo rispettivo a ciascuna delle opposte soluzioni, come 
limitato a disciplinare esclusivamente la notifica delle decisioni relative 
ad imposte dirette, oppure come esteso anche alla disciplina della 
notifica delle decisioni concernenti le imposte indirette. La prima interpretazione 
� stata sostenuta nella sentenza n. 988 del 23 marzo 1957, 
considerando che l'art. 34 �contiene una disposizione eccezionale dettata 
per la sola materia delle imposte dirette -l'unica disciplinata 
dalla legge a cui essa appartiene -e pertanto non estensibile, in appHcazione 
dell'art. 14 delle preleggi, oltre il caso che espressamente 
prevede. La seconda interpretazione � stata affermata dalla sentenza 

n. 828 dell'll marzo 1958 e da numerose altre decisioni successive, 
per il rilievo che la norma sancisce un principio generale riferito alle 
decisioni in entrambi i settori tributari di cui qui si discute. Questo 
secondo orientamento si � consolidato in giurisprudenza, con affermazioni 
peraltro meramente incidentali o implicite (dr., per es., le sentenze 
delle Sez. Un., 6 giugno 1967, n. 1236 e 24 maggio 1968, numero 
1587), e da molti anni ad esso ha mostrato costantemente di 
ispirarsi l'Amministrazione finanziaria (v. per es. la Circolare delchezza 
mobi!le, approvato con r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, si riteneva improponibile 
l'azione giudiziaria finch� non fossero stati percorsi tutti i 
gradi del procedimento amministratvo (v. !NGRosso, Istituz. di dir. trib., 
Jovene, Napoli, 1937, pag. 240, n. 285, nota 1). Con sentenza della Cassazione 
27 giugno 1911 in causa Trezza-Finanze fu viceversa ritenuta sufficiente 
la decisione di una commissione di merito � che sia divenuta definitiva 
per difetto di gravame �: massima confortata dal disposto dell'art. 120 
del regolamento per l'applicazione dell'imposta di cui al r;d. 11 luglio 1907, 

n. 560. La questione era tuttavia dubbia, ma il principio fu riaffermato 
con 'l'art. 22 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, il quale ha disposto che l'� Autorit� 
giudiziaria pu� essere adita dal contribuente anche dopo che sia 
intervenuta soltanto decisione definitiva della Commissione distrettuale o 
di quella provinciaile, purch� la r�elativa imposta sia stata iscl"itta a ruooo �. 
Nel sistema quale era delineato nella legge del 1877, appariva evidente 
la opportunit� di fissare un termine perentorio alla Finanza per procedere 
alla notifica della decisione, termine che fu infatti stabHito in sessanta 
giorni negli artt. 97 e 99 del r.d. 11 luglii.o 1907 relativamente alle decisioni 
della Commissione di prima istanza e di quelJJa provinciale di appello: 
esso aveva il fine di evdtare la stagnazione del processo amministrativo, 
con evidente danno del contribuente, che aveva interesse alla sollecita 
definizione del contesto, sia per evital"e il cumulo di arretrati, essendo l'imposta 
di r.m. a carattere periodico, sia per ottenere il rimborso delle 
somme pagate, a sensi del terzo comma art. 120 r.d. 560/1907. La mancata 
notifica della decisione nel termine previsto portava perci� decadenza 
dell'ufficio dal!. diritto di appello; e poich�, secondo il sistema della 
legge del 1877, J.'Autorit� giudiziaria poteva essere adita soltanto dopo 

15 



196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO 

l'Ispettore Compartimentale Tasse II.II. di Roma 7 dicembre 1960, 

n. 770/16927). Esso in realt� � meritevole di essere condiviso. 
L'estensione della disciplina contenuta nell'art. 34, nella parte 
che qui interessa, alla materia delle imposte indirette si desume da 
un decisivo argomento testuale fornito dall'art. 31 r.d. 7 agosto 1936, 

n. 1639, quarto comma, il quale, al termine di una serie di dispo'sizioni 
che prevedono assimilazioni nei procedimenti relativi alle controversie 
in materia di imposte dirette ed indirette, stabilisce: �Sono 
estese alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei 
beni tutte le altre norme relative al procedimento davanti alle Commissioni 
amministrative delle imposte dirette�. 
Questa norma contempla una clausola generale di unificazione 
della disciplina del contenzioso nelle materie delle imposte dirette ed 
indirette innanzi alle commissioni amministrative. In questa disciplina 
certamente rientra la notifica della decisione della commissione centrale, 
perch� tale notifica costituisce il presupposto per la conclusione 
del procedimento nella sede della giurisdizione amministrativa, con 

che fosse intervenuta la decisione della Commissione centrale, la decadenza 
dal diritto di impugnativa determinava in realt� l'irreformabilit� 
per Ja Finanza della decisione emessa dalla Commissione di prima o di 
seconda istanza. 

L'art. 34 deilla legge 8 giugno 1936, n. 1231 venne perci� effettivamente 
a colmare una lacuna nel sistema: perch�, essendo indubbio anche 
nel sistema precedente la riforma di cui al d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 
che l'Autorit� giudiziaria poteva essere adita dal contribuente soltanto 
dopo che fosse intervenuta una decis�one definitiva della Commissione 
distrettuale o di que1'la provinciale (1), le norme predisposte dal legislatore 
per eviitare ila stagnazione del processo amministrativo, a tutela 
degli interessi del contribuente sopra ricordati, venivano vanificate quando 
il processo tributario aveva esaurito l'ultimo stadio: non essendo infatti 
fissato alcun termine all'Amministrazione per la notifica della decisione 
della Commissione centrale, questa poteva procrastinarne ad libitum la 
definitivit�: eludendo o comunque ritardando il diritto del contribuente 
di� adire il'Autorit� giudiziaria o di chiedere il rimborso della maggiore 
imposta corrisposta. 

Completamente diverso � il sistema, per quanto concer.ne le imposte 
indirette. 

� Nelle imposte indirette -scrive ALLoRio, Dir. proc. trib., 4� ediz., 
paragr. 101, pag. 301 -allorch�, secondo il sistema pi� antico, le relative 
(1) �Decisione definitiva in quanto non pi� soggetta a gI'avame dinanzi ad 
altro giudice tributario, per decorrenza di termine; giacch�, nel caso di soccombenzi;
t bilateI'ale, non potrebbe il contribuente, ricorrendo per saltum ai tribunali 
ordinari, togliere esplicazione al diritto della finanza di gravarsi dinanzi al giudice 
speciale tributario di grado superiore� (ALLORIO, Dir. proc. trib., 4� ediz., parag. 101. 
pag. 301). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 197 

l'effetto tipico dell'atto conclusivo dell'attivit� giurisdizionale cognitiva 
e cio� quello della costituzione del giudicato. Il correlativo dovere, 
previsto dall'art. 34 della legge n. 1231 del 1936, non pu�, 
quindi, non rientrare nella stessa disciplina, nella ricezione della quale 
non vi sarebbe motivo per operare distinzioni; e se vi � �compreso il 
dovere, non pu� non esservi compresa anche la corrispondente conseguenza 
sanzionatoria, cio� la definitivit� del provvedimento per la 
Finanza che ad esso non abbia ottemperato, con l'implicita decadenza 
della medesima dall'azione giudiziaria. 

Non si pu� osservare che con questa interpretazione dell'art. 31 
se ne estende l'ambito di riferimento oltre il procedimento innanzi 
alle Commissioni per investire quello innanzi al giudice ordinario, 
procedimento quest'ultimo la <:ui disciplina sembrerebbe del tutto 
estranea alla formula della norma. � agevole replicare che codesta 
estensione, non diretta ma meramente riflessa, � perfettamente aderente 
alla ragione della ?-isposizione, che va individuata in un'esigenza 
di disciplina unitaria dal contenzioso tributario innanzi alle Commissioni, 
determinata dagli aspetti sostanziali di analogia degli interessi 

controversie siano risolte mediante ricorsi amministrativi gerarchici, il 
previo esaurimento di questi ricorsi non �, o non era, affatto un presupposto 
del processo avanti i tribunali ordinari: � noto che, quando l'azione 
giudiziaria sia stata promossa senza che sia stata presentata domanda 
in via amministrativa, o prima che siano trascorsi novanta giorni dalla 
presentazione, fil processo avanti l'Autorit� giudiziaria ordinaria non � 
irregolarmente costituito; ma si determina a carico del ricorrente la sola 
sanzione che egli non possa pretendere dall'Amministrazione il rimborso 
delle spese di lite neanche in caso di soccombenza. 

� Ma, come si � veduto, rispetto a taluni fra i pi� dmportanti tributi 
indiretti (imposta di registro, di successione e in surrogazione, e ipotecavie; 
imposta sull'entrata riscotibile per abbonamento) il ricorso gerarchico 
amministrativo � stato sostituito dal: ricorso giurisdizionale alle 
Commissioni tributarie. Peraltro io non credo che diversamente dal ricorso 
gerarchico, i11 processo tributario davanti alle commissioni, in tema di 
imposte indirette, costituisca un antecedente necessario del processo avanti 
i giudici ordinari�. Tale opinione dell'Allol'io in materia di imposta di 
reg.istro, successoria, ecc., trova ormai conferma in una costantissima giurisprudenza. 
Ora, posto che <in materia di imposte indirette la decisione definitiva 
di una Commissione tributaria non costituisce un antecedente necessario 
del processo avanti lAutorit� giudiziaria: che anzi esiste -con l'eccezione 
del terzo comma art. 29 d.l. n. 1639/936 -piena alternativit� tra il 
processo avanti il giudice tributario e quello ordinario; e che questo giudizio 
pu� esseve iniziato in qualunque momento, indipendentemente dallo 
stadio e stato� di quello tributario, � evidente che l'estensione ai giudizi 
tributari concernenti le imposte indirette del principio posto dall'art. 34 



198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in gioco nei due tipi di controversia relativi alle imposte dirette e a 
quelle indirette: questa disciplina unitaria non tollera una diversit� 
di trattamento del procedimento di formazione del giudicato relativamente 
alle decisioni delle commissioni e, per necessaria implicazione 
logica, della conseguenziale preclusione dell'azione giudiziaria. 

Un valido motivo di distinzione tra i regimi giuridici non potrebbe 
essere rinvenuto nella considerazione che lo stesso legislatore mostra 
di intendere diversamente le tutele relative alle due categorie di 
imposte, allorch� condiziona la proponibilit� dell'azione giudiziaria al 
preventivo esperimento dell'azione innanzi alle Commissioni tributarie 
solo quando si tratta di imposte dirette e non anche quando si controverte 
in tema di imposte indirette. La diversit� di disciplina delle due 
tutele trova un limite nella ricezione del principio della stabilit� del 
giudicato amministrativo, principio di cui il legislatore mostra chiaramente 
di volere il rispetto con rigual'do ad entrambe. Per quanto 
concerne le controversie in materia di imposte dirette a questo principio 
si ispira l'art. 34 legge n. 1231 del 1936, nello stabilire termini 
perentori, per la Finanza, per la notifiea delle decisioni de!la commissione 
centrale e, per tutte le parti, per la proposizione dell'azione 

della legge n. 1231/1936, rappresenterebbe non l'eliminazione di una lacuna 
nel sistema, ma una vera anomalia nel sistema. 

A che scopo infatti limporre all'ufficio di notificare in un termine breve 
la decisione della Commissione centrale, ponendo come sanzione la sua 
decadenza, dall'impugnativa avanti all'Autorit� giudiziaria? Questo principio 
di rigore, che non si collega al sistema della alternativit� tra procedimento 
giudiziario, vigente per le imposte indirette, emergerebbe solo 
quando il processo tributario ha raggiunto l'ultimo stadio e si � esaurito 
con la decisione della Commissione centrale. 

La decadenza verrebbe infatti a colpire solo la mancata notifica delle 
decisioni della Commissione centrale, ma non quella delle decisioni della 
provinciale o delila distl'ettuale. Invero la Corte di cassazione, esaminando 
un caso particolare, quello dell'azione giudiziaria di impugnativa deille 
decisioni emesse in materia di determLnazione del valore dalle Commissioni 
provinciali di valutazione (art. 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) dopo 
un'oscillazione rappresentata dalla sentenza 11 marzo 1958, n. 828, con le 
sentenze a SS. UU. 17 luglio 1965, n. 1594 (Finanze c. Cammarata e Taormina, 
in questa Rassegna, 1965, I, 1070) e I Sez. sent. 14 maggio 1968, 

n. 1587, ha :ciconfermato il principio che la decadenza prevista dagli articoli 
35 e 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 per il caso di mancata notifica 
nei sessanta giorni dal ricevimento delle decisioni deHe Commissioni distr�ettuali 
e provinciali opera esclusivamente nell'ambito del processo tributario: 
ma non preclude �all'Amministrazione la facolt� di adire l'Autorit� 
giudiziaria nei sei mesi dalla notifica. Tale principio � indubbiamente 
esatto, non potendosi riconoscere al Governo delegato a sensi dell'art. 45 
del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 ad emanare le norme riguardanti � ��� la rinnovazione 
ed il funzionamento delle Commissioni, la procedura conten

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 199 

giudiziaria successiva a questa notifica; mentre con riguardo a quelle 
in materia di imposte indirette il principio � presente nell'a~. 146 del 

t.u. di legge del registro 30 dicembre 1923, n. 3269, come sostituito 
dall'art. 1 r.d.l. 13 gennaio 1936, n. 2312, il quale prevede che per 
tutte le relative controversie che abbiano formato oggetto di decisione 
amministrativa, il termine � per ricorrere all'autorit� giudiziaria � � 
di sei mesi a decorrere dalla data di notificazione della decisfone amministrativa. 
L'affermazione che il principio della stabilit� del giudicato amministrativo 
� comune al regime dei due tipi di controversia, nonostante 
i loro aspetti differenziali, consente di desumere dall'art. 146 
della legge sul registro un argomento ulteriore di conferma dell'esattezza 
della interpretazione qui data dall'art. 31 del r.d.l. n. 1639 del 
1936. Invero il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria contemplato 
nella prima norma in tanto � idoneo a garantire la piena 
osservanza di quel principio in quanto si raccorda col termine per la 
notifica della decisione della Commissione centrale stabilito dall'arti-. 
colo 34 della legge n. 1231 del 193,6. Se non sussistesse questo raccordo, 
la possibilit� in concreto di realizzare la stabilit� del giudicato 
amministrativo sarebbe rimessa esclusivamente all'apprezzamento assolutamente 
discrezionale della Pubblica Amministrazione in ordine al 
momento in cui provvedere alla notifica della decisione, apprezzamento 

ziosa... � (ovviamente davanti alle Commissioni), la facolt� di fissare decadenze 
operanti fuori de1lla procedura contenziosa tributaria. 

� ancora da aggiungere che la ricordata sentenza, per superare questa 
eccezione, aveva dovuto considerare il giudizio davanti all'Autorit� giudiziaria 
ex art. 29, terzo comma, del d.l. n. 1639/1936 come una fase del 
giudizio tributario. 

Ora, a parte le acute critiche svolte contro siffatta tesi da FILIPPO 
LONGO in Monitore dei Trib., 1958, pag. 476 segg., � da osservare che la 
tesi stessa non potrebbe certamente essere invocata per giustificare l'estensione 
della decadenza prevista dagli artt. 35 e 41 r.d. 1516/1937 alle altre 
ipotesi in cui l'azione giudiziaria avv�erso le decisioni delle Commissioni 
tribut�rie sia proposta a sensi del quarto comma, anzich� del terzo comma 
dell'art. 29 d.l. n. 1639/1936. 

Nel sistema della legge pertanto, la decadenza prevista dagli articoli 
35 e 41 ricordati non colpisce l'azione giudiziaria della Finanza, in 
materia di imposte indirette nemmeno nel caso che (l'azione sia proposta 
a sensi del disposto del terzo comma art. 29 d.l. n. 1639/1936. 

Ora, se nemmeno in questo caso, in cui il processo tributario rappresenti 
eccezionalmente una via necessaria per ottenere giustizia, la mancata 
notifica della decisione nel termine produce decadenza dell'azione giudiziaria, 
che senso avrebbe stabilire un termine perentovio esclusivamente 
per la notifica delle decisioni della Commissione c�entrale? 

Una norma siffatta rappresenterebbe indubbiamente, come dicevamo, 
un'anomalia nel sistema. 



200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

discrezionale che, mentre potrebbe essere gravemente lesivo degli 

interessi del contribuente, non avrebbe giustificazione in alcun interesse 

giuridicamente rilevante dell'Amministrazione; ci� significherebbe che 

il principio della stabilit� del giudicato sarebbe stato accolto nel si


stema esclusivamente a favore della Finanza con una statuizione discri


minatoria nei riguardi del contribuente affatto irragionevole; e questa 

interpretazione non si potrebbe accettare, perch� priva di fondamento 

logico, ,senza riscontri in discipline analoghe e, oltre tutto, in con


trasto con l'art. 3 della Costituzione, cos� come � stat� interpretato 

dalla consolidata giurisprudenza della eorte costituzionale. 

La soluzione qui accolta della questione dell'estensione del ter


mine previsto dall'art. 34 pi� volte citato alle decisioni della Com


missione centrale su controversie in materia di imposte dirette ha 

come conseguenza il riconoscimento del pieno fondamento della cen


sura. In applicazione di quella disposizione, la Corte, infatti, avrebbe 

dovuto rilevave, in accog.1imento delle deduzioni difensiv� della coo


perativa CO.RE.LI., che l'Amministrazione finanziaria era decaduta 

dall'azione, per non avere notificato validamente la decisione della 

commissione centrale nel termine di tre mesi dal momento in cui essa 

era pervenuta all'ufficio competente. -(Omissis). 

Talch� un'interpretazione estensiva dell'art. 31 del r.d. 1639/1936, oltrech� 
essere esclusa dalla sua formulazione, appare infondata alla luce dei 
principi fondamenti:ili che abbiamo cercato di illustrare. � La omissione 
della notifica delle decisioni delle Commissioni -come rileva E. CIACCI 
in nota critica alla sentenza in rassegn�i, in Giust. Civ, 1972, I, pag. 1259 -, 
no;n impedisce al contribuente, che ritiene ingiusta la pronuncia, di appellarla 
o di proporre contro di essa l'azione giudiziaria, nei casi �in cui 
questa � ammessa. Tali decisioni infatti si intendono pubblicate alla data 
del ricevimento da parte dell'ufficio tributario (rectius: a sensi dell'art. 50 
della legge n. 1/1956, alla data in cui la segreteria della Commissione 
ne spedisce copia all'Ufficio;' v. in arg. ZAPPAL� e LANZA, 'L'imposta sui 
redditi mobiliari, Napoli, 1968, paragr. 223, pag. 1159), e gli interessati 
hanno diritto di prenderne visione e di averne dall'ufficio stesso, previo 
�pagamento dei relativi diritti, copia autenticata (art. 34, richiamato dagli 

artt. 41, 47 e art. 49 r.d. 8 luglio 1936, n. 1516) �, 

Nulla perci� vieta al contribuente, che voglia affrettare la definizione 

del contesto, di farsi rilasciare copia autentica della decisione e di prov


vedere lui ana notifica della decisione aH'ufficio, per determinare la 

decorrenza del termine. 

Ci sembra perci� indubbio per le considerazioni sopra esposte, che 

l'eccezione di decadenza dell'ufficio dal diritto di impugnare in viia giu


diziaria la decisione della Commissione centrale, per non aver provveduto 

alla notifica nei tre mesi dal suo ricevimento, non possa ritenersi esten


sibile alla materia delle imposte indirette. 

� Si segnala, in argomento, la sentenza Sez. Un. 26 giugno 1972, n. 2151, 

che segue. 

M. SALTINI 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 201 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 giugno 1972, n. 2151 -Pres. 
Marletta -Est. Tamburrino -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Istituto Luce (avv. Perrino). 

Imposte e tasse in genere -Ricorso per Cassazione contro decisioni 
di Commissioni delle imposte -Impugnazione della Finanza Necessit� 
della notifica della decisione nel termine di 60 giorni Esclusione. 


(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 35 e 41). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni .. 
Sottoscrizione �:lel ricorso dell'Ufficio -Funzionario preposto al 
reparto -Validit�. 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 38). 
n ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. � un rimedio straordinario 
previsto per tutte le decisioni giurisdizionali, svincolato dalle 
norme speciali e particolari di un determinato procedimento, dinanzi 
alle giurisdizioni speciaH che in vista di quel procedimento stabiliscono 
decadenze; conseguentemente il ricorso per Cassazione proposto 
dall'Amministrazioine Finanziaria non � condizfonato alla preventiva 
notifica della decisioine nel termine di 60 giorni di cui agli artt. 35 e 
41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (1). 

Validamente il ricorso dell'Amministmzione alle Commissioni � 
sottoscritto dal funzionario preposto al re.parto che come ha, in forza 
del rapporto di immedesimazione organica, la capacit� di manifestare 
la volont� deWAmministrazione nei confronti dei terzi nel rapporto 
sostanziale, cos� ha iL potere nella stessa materia di compiere atti processuali 
(2). 

(Omissis). -Secondo la difesa dell'Istituto resistente, il ricorso 
per �Cassazione, proposto dall'Amministrazione finanziaria ai sensi del


(1-2) La prima massima � molto importante e da condividere p1enamente. 
Il termine per la notifica delle decisioni delle Commissioni condiziona 
l'impugnazione della Finanza solo nell'ambito del contenzioso 
tributario. E va sottolineato che la pronuncia delle Sez. Un. sembra voler 
chiaramente affermare che le limitazioni particolari stabilite per i 
procedimenti dinanzi alle giurisdizioni speciali in vista della peculiarit� 
di quei procedimenti e di quella giurisdizione, non sono applicabili in genere 
per i rimedi dinanzi alla Autorit� giudiziaria ordinaria. Quindi 



202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 111 della Costituzione, sarebbe inammissibile per non essere 
cura dell'Ufficio nel termine di. giorni sessanta dalla data di pubblicazione 
della decisione stessa. Secondo il ricorrente cio� s:i applicherebbe 
an�he alla possibilit� di ricorrere ex art. 111 della Costituzione 
la norma dettata dalle leggi fiscali (art. 35 e 41 r.d. 8 lug11.fo 1937, 

n. 1516) secondo cui l'Ufficio � decaduto dal diritto di appellare avverso 
la decisrione delle Commissioni provinciali se non abbia provveduto 
a notificare al contribuente la rispettiva decisione nel termine 
di giorni sessanta dalla pubblicazione. La questione � gi� stata sottoposta 
all'esame delle sezioni semplici di questa Corte Suprema ed 
ha dato luogo a decisioni contrastanti, onde la rimessione della stessa 
a queste Sezioni Unite. Invero, mentre con una prima sentenza (n. 1236 
del 1967) � stata ritenuta l'inapplicabilit�, al ricorso per cassazione 
ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, delle norme succitate, considerate 
proprie e particolari del procedimento tributario, 'Con una 
seconda sentenza (n. 1587 del 1968) invece � stata ammessa l'applicabilit� 
sotto il profilo fondamentale della natura del ricorso ex art. 111 
della Costituzione come una impugnativa da inserirsi nel procedimento 
tributario. Queste Sezioni Unite ritengono pi� fondata la tesi negativa. 
Ben vero � indubitabile che si tratta, secondo la previsione normativa 

degli artt. 35 e 41 della legge del 1937, di decadenze dal diritto di 
impugnazione proprie e caratteristiche del procedimento trib�tario, 
decadenze che fanno carico esclusivamente all'Ufficio: tali decadenze 
non possono appUcarsi ad un procedimento autonomo e generale, ad 
un rimedio, cio�, ammesso dall'art. 111 della Costituzione, in via �generale 
e straovdinaria avverso tutte le decisioni giurisdizionali, come controllo 
ultimo della loro legittimit�. N� pu� parlarsi di un richiamo per 
via analogica, vietato dalla natura speciale ed eccezionale dell'imposta 
decadenza. 

Con ci� queste Sezioni Unite intendono applicare la loro giurisprudenza 
secondo cui il ricorso ex art. 111 della Costituzione � un 
nuovo e straordinario rimedio concesso dalla Costituzione, cui, in 
mancanza di precise disposizioni ad hoc, si debbono richiamare le norme 
del codice di procedura civile sul ricorso per cassazione. E non 
anche --si aggiunge -le norme speciali e particolari di un determinato 
procedimento, avanti giurisdizioni speciali, che, in vista delle 

-~ 

-:= 

anche per l'azione dinanzi al tribunale, che non � un mezzo di impugnazione, 
il termine di 60 giorni per la notifica della decisione non dovrebbe 
operare. 

La seconda massima � ormai pacifica ed � riconfermata anche dalla 
sent. 23 giugno 1972, n. 2094 (in questa Rassegna, 1972, I, 828) che ha 
affermato la stessa regola anche per la sottoscrizione dell'accertamento e 
del relativo avviiso. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

peculiarit� di quel procedimento e di quella giurisdizione, stabiliscono 
decadenze inestendibili oltre i casi ristretti per i quali sono comminati 
e comunque inconcepibili per i rimedi, anche se straordinari, 
avanti l'autorit� giudiziaria ordinaria, cui la Corte di cassazione pur 
sempre appartiene. 

Pertanto ---senza le necessit� di discutere sulla richiamabilit� 
della sospensione dei termini di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742 il 
ricorso appare ammissibile e pu� essere esaminato nel merito: 

Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente censura la decisione 
della Commissione centrale per avere ritenuto che non erasi validamente 
costituito il rapporto precessuale avanti la Commissione 
provinciale e avanti la stessa Commissione centrale, per essere stato 
tanto l'appello alla prima, quanto il ricorso alla seconda sottoscritto 
non gi� dal titolare dell'Ufficio, sibbene da un capo reparto. 

La censura, che ripropone la questione della validit� �di un atto 
processuale sottoscritto non dal titolare dell'Ufficio, ma dal capo di 
un reparto del medesimo, si palesa fondata. Invero, la questione stessa 
� gi� stata recentemente decisa da queste Sezioni Unite (v. sent. numero 
2657 del 1970, conforme ad altre cinque della stessa data), nel 
senso della facolt� di impugnare le decisioni delle Commissioni tributarie 
non solo da parte del titolare dell'Ufficio, ma anche dei funzionari, 
preposti al reparto che tratta la materia controversa, validamente 
nei confronti dei terzi. Siffatta statuizione non pu� che essere 
seguita. La norma fondamentale, infatti, regolatrice della materia � 
costituita dalle disposizioni analoghe degli artt. 88 e 45 del citato 
decreto n. 1516 del 1937, le quali attribuiscono la facolt� di impugnare 
la decisione della Commissione distrettuale avanti la Commissione 
provinciale e quella della Commissione provinciale avanti la Commissione 
centrale �all'Ufficio � : l'attribuzione della detta facolt�, � 
fatta dalla legge non specificamente alla persona fisica del titolare 
dell'Ufficio o del reggente (come in altre ipotesi avviene) ma generimente 
all'Ufficio. Onde va fatto riferimento alla nozione generica amministrativa 
di Ufficio, la cui nozione, sotto il profilo soggettivo comprende 
non solo il titolare ma anche i funzionari preposti al reparto 
che trattano le materie controverse e abbiano la capacit� di manifestare 
validamente, nei confronti dei terzi, la volont� dell'Amministrazione, 
nella specifica materia, per il rapporto �di immedesimazione 
organica a suo tempo costituito ed attualmente in corso, con il pieno 
svolgimento delle attivit� specifiche del ramo per cui � avvenuta la 
preposizione. Tali considerazioni, fondate sui principi della continuit� 
dell'azione amministrativa, delle unitariet� dell'ufficio pubblico e della 
salvaguardia dei diritti dei terzi, valgono certamente non solo nel 
campo amministrativo so'stanziale, ma anche per quello processuale: 
il funzionario preposto al reparto che ha la potest� di trattare valida



204 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente �con i terzi in campo sostanziale, ha certo il potere processuale 
di impugnazione in controversie riguardanti la medesima materia. N� 
vale -come per la decisione impugnata -richiamare le disposizioni 
del r.d. 560 del 1907 che sono state abrogate del decreto del 1937, 
il quale -completamente disciplinando la materia -parla di impu! 
gnazioni da parte dell'Ufficio, nel senso suddetto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2392 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P. M. De Marco (diff.) -Soc. SAPE (avv. 
Romualdi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cerocchi). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Maggiorazione per ritar


data iscrizione a ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto -Appli


cazione di sanzioni -Eguale concetto di dichiarazione infedele. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 184 bis e 245). 
H concetto di infedele dichiamzione di cui ail'art. 184 bis del t.u. 
sulle imposte dirette, che prevede una maggiorazione di aliquota per 
le imposte o la parve di esse iscritte a ruolo con ritardo, � identico a 
quello dell'art. 245 che prevede l'applicazione di una sopratt.assa.; nell'uno 
e nell'al.tro caso la dichiarazione � infedele quando indica u.n 
imponibile inferiore di almeno u.n qua1�to a quello definitivamente 
accertato (1). 

(Omissis). --Con il primo motivo del ricorso la societ� ricorrente, 
sotto il profilo dell'inesatta interpretazione dell'art. 184 bis t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645 con riferimento all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., sostiene 
che il citato articolo non possa contenere una nozione di � infedele � 
dichiarazione dei redditi diversa da quella dell'art. 245 t.u. avendo le 
stesse espressioni un unico significato e che, quindi, la sentenza impugnata 
abbia errato nel ritenere dovuta la maggiorazione di imposta 
di cui all'art. 184 bis ogni qualvolta il reddito definitivamente accertato 
superi, quale che sia la misura, quella dichiarata dal contribuente. 

.... 

(1) Viene modificato l'orientamento stabilito con la sent. 23 aprile 1970, 
n. 1171 (in questa Rassegna, 1970, I, 641). La precedente pronunzia sembrava 
per� pi� convincente. La maggiorazione di aliquota, che per le 
imposte dirette � l'equivalente degli interessi, ponendo sullo stesso piano 
la Finanza e il contribuente, � da considerare un indennizzo per il mancato 
impiego del denaro dovuto per il sol fatto della ritardata iscrizione 
a ruolo (e alil'inverso deWanticipata riscossione di imposta non dovuta), 
mentre la sopratassa, avente carattere sanzionatorio, richiede un minimo 
di gravit�. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 205 

La doglianza � fondata. 

La sentenza impugnata ha ritenuto che per l'art. 245 t.u. � � infedele
�, non qualsiasi dichiarazione non veritiera del contribuente, 
bens� quella che indica un imponibile inferiore di almeno un quarto 
a quello definitivamente accertato sempre che detta differenza non 
sia dovuta ad indetreabilit� di oneri passivi dedotti dal contribuente, 
mentre per l'art. 184 bis t.u., introdotto con la legge 25 ottobre 1960, 

n. 1316, I'� infedele� denuncia � considerata senza alcuna limitazione 
e consiste in qualsiasi dichiarazione non veritiera. A tali conclusioni 
la sentenza impugnata � pervenuta osservando, sotto un aspetto esegetico, 
che l'art. 184 bis non contiene nessun riferimento diretto all'art. 
245 e che la maggiorazione, ivi prevista, pu� applicarsi, per 
espressa previsione, anche �indipendentemente� dalla soprattassa di 
cui all'art. 245; e, sotto un aspetto razionale, che quest'ultima norma 
colpisce la deliberata infedelt� contributiva del cittadino, mentre la 
maggiorazione prevista dall'art. 184 bis tende a compensare la Finanza 
della ritardata riscossione della maggiore imposta in caso di dichiar�izione 
non �conforme al vero. E, applicando tale principio alla fattispecie, 
ha ritenuto dovuta la maggiorazione dell'art. 184 bis, atteso 
che la diversa imposta definitivamente accertata a carico della SAPE, 
rispetto a quella iscritta a ruolo, pur non raggiungendo il limite di 
un quarto di cui all'art. 245 t.u., era dovuta alla non riconosciuta 
detraibilit� di oneri passivi. 
Il principio di diritto affermato � conforme a quello enunciato da 
questa Corte Suprema (Cass., 25 aprile 1970, n. 1181) la quale, ritenuto 
che l'infedele dichiarazione pu� avere presupposti diversi e correlativamente 
effetti diversi, ha fondato il proprio convincimento, 
oltre �che sugli argomenti contenuti nella motivazione della sentenza 
impugnata, anche sul rilievo che l'art. 245 t.u. non definisce il concetto 
di infedele dichiarazione ma fissa i criteri per l'applicazione di una 
sovrattassa avente carattere sanzionatorio non estensibili alla maggiorazione 
di imposta, avente finalit� risarcitoria, sia per il silenzio 
della legge sia per la pi� ampia sfera di applicazione dell'art. 184 bis. 
Ma questo Collegio, riesaminata la normativa sopracitata, ritiene di 
non poter condividere il principio enunciato, che non � giustificato 
dagli elementi esegetici e razionali, indotti a suo sostegno, bens� � 
fondato su di un'affermazione, sostanzialmente apodittica, e, comunque, 
in contrasto con la lettera e la ratio della legge. 

Invero, gli artt. 243, 244 e 245 t.u. prevedono sanzioni (ammenda 
e soprattassa) a carico dei contribuenti in caso di �omessa�, � tardiva
�, �incompleta� o �infedele� dichiarazione e, in particolare, nel 
prevedere la soprattassa di un terzo (ora due terzi in base all'art. 7 
legge 28 ottobre 1970, n. 801) sulla differenza tra l'imposta dovuta e 


206 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quella corrispondente alla dichiarazione, l'art. 245, intestato � dichiarazione 
infedele � limita questa nozione nel senso che ritiene infedele, 
non qualsiasi dichiarazione non veritiera, bens� quella che indica un 
imponibile inferiore di almeno un quarto a quello definitivamente accertato, 
sempre che la differenza tra il dichiarato e l'imponibile non 

sia dovuta ad indetraibilit� di oneri passivi (di,sposizione quest'ultima 
abrogata dall'art. 7 dell<;l �egge 28 ottobre 1970, n. 801). L'art. 184 bis, 
introdotto con la legge 25 ottobre 1960, n. 1316, stabilisce a carico 
del �contribuente, in caso di � omes�sa �, �incompleta� o �infedele� 
dichiarazione una maggiorazione del 2,50 % sulle imposte o .le maggiori 
imposte, dovute in base a rettifica delle dichiarazioni stesse o 
ad accertamento di ufficio, per ogni semestre intero successivo al primo dopo 
la pubbUcazione dei ruoli, in cui le imposte stesse sarebbero 
state iscritte e sino alla pubblicazione dei. ruoli, in cui � stata effettuata 
l'iscrizione delle nuove imposte. 


Ci� posto, devesi innanzitutto, osservare che gli argomenti, posti 
a base del principio enunciato da.Ila sentenza impugnata e dalla precedente 
decisione di questa Corte, non appaiono convincenti. Dall'assunto 
mancato riferimento dell'art. 184 bis all'art. 245 t.u. non 
pu� dedursi che il primo contenga diversa nozione di � infedele � dichiarazione, 
nel senso di genericamente non veritiera, in quanto, nel 
silenzio dell'art. 184 bis, introdotto �con legge successiva al t.u., non 
pu� sussumersi nella norma una nozione di dichiarazione � infedele
� diversa da quella dettata dall'art. 245 del t.u., alla quale debbono 
collegarsi tutte le altre norme che, senza, definirla, fanno riferimento 
alla dichiarazione infedele. Inoltre, dall'avverbio � indipendentemente
�, contenuto nell'art. 184 bis, il quale sta a significare � in 
aggiunta � alle sanzioni previste nel titolo XI, non pu� argomentarsi 


��che l'art. 184 bis recepisca implicitamente una nozione di infedele 
dichiarazione diversa da quella dettata dall'art. 245 t.u., ma, anzi, 
deve ritenersi che l'art. 184 bis col riferimento all'art. 245, effettuato 
col detto avverbio, abbia logicamente accolto la medesima nozione 
di dkhiarazione � infedele � non avendone data una diversa. Non � 
dubbio che le infedeli dichiarazioni possono avere effetti diversi, e la 
normativa in esame ne � un esempio, e presupposti diversi, ma questi 
ultimi debbono risultare dalle norme di legge non potendosi dedurli, 
in presenza dell'espressa disposizione dell'art. 245 t.u., dal sHenzio 
dell'art. 184 bis o dall'apodittica affermazione che questo articolo 
avrebbe una pi� ampia sfera di applicazione. N�, infine, appare convincente, 
per sostenere la tesi accolta dalla sentenza impugnata, l'argomento 
che la sovrattassa ha contenuto sanzionatorio e la maggiorazione 
contenuto risarcitorio perch�, atteso il carattere di sanzione amministrativa 
della sovrattassa, come tale suscettibile di condono, e 
quello risarcitorio della maggiorazione -entrambe possono coesistere 

�== 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 207 

e colpire lo stesso contribuente per la medesima dichiarazione allorch�, 
per infedelt�, il reddito definitivamente accertato sia inferiore di almeno 
un quarto a quello dichiarato e sussista il ritardo di cui all'articolo 
184 bis nell'iscrizione dell'imposta dovuta. 

Invece, la tesi contraria a quella accolta dalla sentenza impugnata 
e dalla citata precedente pronuncia di questa Corte � giustificata da 
argomenti; esegetici e logici, pi� convincenti. L'art. 245 t.u., invero, 
nel comminare la s:ovrattassa di un terzo (ora elevata a due terzi dall'art. 
7, primo comma, legge 28 ottobre 1970, n. 801) per stimolare il 
contribuente a soddisfare l'esatto adempimento della obbligazione tributaria 
con dichiarazione veritiera, d� la definizione di �infedele� 
dichiarazione come si deduce, oltre che dalla intestazione della norma 
�infedele dichiarazione�, dal contenuto normativo che l'infedelt� ravvisa 
nella dichiarazione che � indica un imponibile inferiore di almeno 
un quarto a quello definitivamente accertato�, dando al termine �infedele 
dichiarazione� un significato tecnico che si inserisce nel t.u. 
come un principio, di carattere generale, cui bisogna far riferimento 
ogni qualvolta le particolari disposizioni contengono la stessa locuzione. 
In mancanza di una espressa deroga a questa nozione di � infedele 
dichiarazione � non � consentito dare alla stessa espressione, contenuta 
dalle altre norme del t.u. un contenuto generico e non tecnico 
di dichiarazione comunque non conforme al vero, introducendo un 
significato, diverso da quello voluto dal legislatore, che aggrava la 
posizione del contribuente, col fargli carico di una maggiorazione 
d'imposta per un comportamento, anche semplicemente ,colposo, non 
previsto nell'unica norma che detta la nozione di infodele dichiarazione. 
L'art. 184 bis, inserito successivamente nel t.u. n. 645 del 1958 
dalla legge 25 ottobre 1960, n. 1316, se avesse voluto introdurre una 
nozione .generica di � infedele � dichiarazione, diversa da quella gi� 
enunciata dall'art. 245 t.u., al quale � collegato, come sopra si � detto, 
dall'avverbio � indipendentemente � e, cio�, � in aggiunta � -avrebbe 
dovuto espressamente indicarla. Nel silenzio dell'art. 184 bis si deve 
logicamente dare alla 'Stessa espressione il medesimo significato cosi 
come � dovuto per gli altri articoli che fanno riferimento all'infedele 
dichiarazione. 

Pertanto, il primo motivo del ricorso va accolto, e, in conseguenza, 
la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio del processo, per 
nuovo esame e per la liquidazione delle spese e degli onorari di questo 
giudizio, alla Corte di appello di Roma, affermandosi il principio che 
� ai fini dell'applicazione della maggiorazione di imposta per ritardata 
iscrizione a ruolo, prevista dall'art. 184 bis t.u. 29 gennaio 1958, 

n. 645 sulle imposte dirette, la dichiarazione � da reputare infedele 
allorch� indica un imponibile inferiore di almeno un quarto a 
quello definitivamente accertato e iscritto a ruolo�. -(Omissis). 

208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2394 -Pres. Ca


poraso -Est. Miele -P. M. Pedace (conf.) -Michelazzi c. Ministero 

delle Finanze (avv. Stato Savarese). 

Imposte e tasse. in genere -Interessi -Prescrizione -Termine di cinque 
anni. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; I. 28 marzo 1962, n. 147; e.e., art. 2948, n. 4). 
Imposte e tasse in genere -Interessi -Rapporti anteriori all'entrata 
in vigore della legge 26~gennaio 1961, n. 29-Decorrenza da tale data 

(l. 26 gennaio 1961, n. 29; I. 28 marzo 1962, n. 147). 
Gli inte1�essi sui tributi indiretti istituiti con la legge 26 gennaio 
1961, n. 29 sono soggetti alla prescrizione quinquennale deU'art. 2948 

n. 4 e.e. e non alla prescrizione stabiUta per l'imposta cui afferisco1io 
(1). 
Gli interessi sui tributi indiretti istitruiti con la legge� 26 gennaio 
1961, n. 29 sono dovuti con de�correnza dalla data di entrata in �vigore 
della legge anche sui r:apporti tributari anteriormente sorti, pur:ch� 
non esauriti (2). 

(Omissi.s). -Con il primo motivo la ricorrente afferma che erroneamente 
la Corte di merito ha ritenuto applicabile la prescrizione 
quinquennale regolata dall'art. 2-948, n. 4 e.e. in quanto trattandosi 
di interessi moratori aventi natura tributaria, essi soggiacciono alla 
prescrizione triennale posta per il debito principale d'imposta, alla 
stregua dell'art. 86 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270. 

La censura � infondata. L'art. 86 del r.d. 20 dkembre 1923, numero 
3270 sull'imposta di successione, regola la prescrizione dell'imposta 
stessa, stabilendo che essa si prescriv� dopo tre anni qualora 
vi sia stata denunzia del contribuente o venti anni nel caso in cui non 
vi sia stata denunzia. Anche la soprattassa si prescrive nello stesso termine 
(art. �88) mentre le pene pecuniarie si prescrivono dopo quattro 
anni dalla commessa infrazione. 

Con le leggi 26 gennaio 1961, n. 29 e 28 marzo 1962, n. 147 � 
stato stabilito per la prima volta, in relazione a tutte le tasse ed im


(1-2) Al contenuto della prima massima si pu� aggiungere che la 
prescrizione sugli interessi non comincia a decorrere fino a quando il 
credito di imposta sia contestato (Cass., 5 gennaio 1972, n. 20, in questa 
Rassegna, 1972, I, 281). Sulla seconda massima la giurisprudenza � ormai 
pacifica (Cass. 23 novembre 1971, n. 3396, 18 febbraio 1972, n. 441, ivi, 
1972, I, 115). � 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 209 

'poste indirette sugli affari, l'obbligo di corrispondere gli interessi definiti 
� moratori � sull'importo del tributo a partire dal momento in 
cui l'imposta o tassa � divenuta esigibile nel caso in cui vi sia stato 
un comportamento omissivo del contribuente che abbia impedito l'esatta 
determinazione del tributo. Queste leggi non regolano la prescrizione 
di tale obbligazione; onde sorge questione se essa soggiace al 
termine prescrizionale previsto dalla legge sull'imposta di sueeessione 
(per il caso ehe ne occupa) oppure a quello quinquennale degli interessi 
previsto dall'art. 2948 n. 4 del e.e. Va ricordato che le norme 
sulla prescrizione, in quanto prevedano termini pi� brevi di quelli 
ordinari, importando eccezione alla norma che prevede in via generale 
un termine pi� lungo (art. 2946 e.e.), debbono ricevere interpretazione 
tassativa senza possibilit� di estensione analogica (art. 14 disposizioni 
prel. e.e.). Nel caso di specie l'obbligazione d'interessi non 
pu� assimilarsi alla obbligazione tributaria principale ed essere considerata 
come un ampliamento, una estensione, di questa, differendone 
nella sostanza e nelle condizioni. Invero l'imposta di successione � 
determinata in relazione alla� natura e all'importo dei beni soggetti 
al tributo, laddove l'obbligazione d'interessi presuppone un ,comportamento 
omissivo del contribuente comportamento che ha impedito 
la tempestiva esazione del tributo. Indubbiamente tale obbligazione ha 
i caratteri dell'obbligazione tributaria come ha precisato questa suprema 
Corte (Cass., 23 ottobre 1967, n. 2612), avendo riferimento ad 
un rapporto d'imposta. Ma ci� non � sufficiente per una completa 
equiparazione di essa a quella principale avendo, come si � osservato, 
presupposti diversi, pur richiedendo necessariamente la sussistenza 
dell'obbligazione d'imposta. Dovendosi pertanto considerare come obbligazione 
indipendente ed autonomamente regolata, non pu� equipa


rarsi alla imposta o alla soprattassa o alla pena pecuniaria, il che 
esclude che trovino applicazione per essa le norme degli artt. 86 e 
segg. della legge sull'imposta di successione. Non � inutile rilevare, 
onde escludere che l'obbligazione d'interessi possa rientrare nella 
espressione (�tassa sulle concessioni� contenuta nell'a.rt. 86 r.d. cit.) 
che, all'epoca della entrata in vigore di tale legge, essa non era regolata 
in modo specifico onde l'Amministrazione finanziaria, per conseguire 
la corresponsione degli interessi, doveva far capo alle ordinarie 
norme del codice civile, invocando la inadempienza del debitore d'imposta. 
In tal caso non poteva sorgere dubbio sull'applicahilit� delle 
norme del codice civile a riguardo della prescrizione degli interessi, 
ma eguale conclusione si ha nella attuale situazione per quanto pi� 
sopra osservato. 

Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando la violazione 
del principio dell'irretroattivit� delle leggi sancito all'art. 11 delle 
disposizioni preliminari al codice civile; l'errata e la falsa applica



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

210 


zione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e dei principi 
sulle obbligazioni pecuniarie ed il falso riferimento agli artt. 51 
e 72 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e 15 del r.d. 7 agosto 1936, 

n. 1639, afferma che, essendo sorto il rapporto tributario in questione 
in epoca in cui il comportamento del contribuente era rilevante 
solo agli effetti di cui agli artt. 51 e 72 della legge tributaria delle 
successioni, la legge n. 29 del 1961 non pu� trovar applicazione rispetto 
ai rapporti :sorti anteriormente alla sua entrata in vigore. 
La censura � infondata. Questa Suprema Corte ha con pi� pronunce 
(da ultimo Cass., 18 febbraio 1972, n. 441) affermato che la 
legge 26 gennaio 1961, n. 29, che stabilisce l'obbligo e la misura degli 
interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte 
indirette sugli affari, si applica anche ai rapporti tributari sorti prima 
dell'entrata in vigore della legge stessa, puvch� detti rapporti non 
siano ancora esauriti al momento della entrata in vigore della legge. 
Invero, si � osservato, il pagamento degli interessi di mora non deriva 
da un fatto verificatosi anteriormente alla entrata in vigore delle 
nuove disposizioni di legge, ossia dalla apertura della successione, ma 
darritardo nell'adempimento della obbligazione tributaria, ritardo nell'adempimento 
che, sussistendo anche al momento della entrata in 
vigore della legge in questione, assoggetta alla nuova legge tale situazione 
di mora e ci� in conformit� delle norme che disciplinano la successione 
delle leggi nel tempo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2852 -Pres. Favara 
-Rel. Boselli -P. M. Cutrupia (conf.) -Societ� Petrolifera 
Italiana (avv. Satta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fanelli). 

Importazione ed esportazione -�Oli minerali -Approvvigionamento Maggiori 
oneri risultanti dalla crisi di Suez -Rimborso e restituzione 
dei contributi -Condizioni -Esportazione di merce estera 

� importata o di prodotti petroliferi, comunque disponibili sul mercato 
interno. 

A norma del d.l. 22 novembre 1956, n. 1267 e del relativo d.m. 
3 luglio 1957, n. 29, U rimborso dei maggiori oneri risultanti dalia 
crisi di Suez nel costo di approvv,igionamento degli oli minerali avveniva 
sotto la condizione che le aziende petrolifere che del rimborso 
stesso usufruivano erano, poi, tenute a restit.uire i detti contributi per 
i prodotti espo1�tati, sia che l'esportazione riguardasse prodotti ottenuti 
dalla lavorazione o rielaborazione di merce estera importata, sia in



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 211 

vece che l'esportazione concernesse prodotti ottenuti con rielaborazione 
di greggio comunque disponibile sul mercato interno, anzich� estero, 
con p1�odotti petroliferi di qualsiasi origine e provenienza (1). 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso la societ� Petrolifera 
Haliana denuncia violazione e falsa interpretazione del d.l. 22 novembre 
1956, n. 1267, del d.l. 3 luglio 1957, n. 475 (art. 3) e del d.l. 2 ottobre 
1967, n. 967 nonch� dell'art. 12 delle preleggi, a sensi dell'art. 360 
nn. 3, 4 e 5 c.p.c. e censura la sentenza impugnata per aver fatto ricorso, 
ai fini della soluzione del problema interpretativo che costituiva 
il nucleo della controversia, alla ratio del d.l. 22 novembre 1956, 

n. 1267 affidandosi -a tal fine -ad un elemento, a suo dire, inidoneo, 
quale � la semplice intitolazione del decreto, e soprattutto ad 
una serie di congetture arbitrarie ed irreali, mentre nei testi normativi 
citati vi era quanto necessario per suffragare la tesi di essa ricorrente. 
Bastava, invero, che l'espressione �prodotti petroliferi nazionali
�, contenuta nell'art. 9 del d.m. 25 gennaio 1957, n. 2.9, fosse stata 
intesa (com'era fatto palese dal suo necessario coordinamento con l'art. 2 
del d.l. n. 1267 del 1956) nel senso di � prodotti .petroliferi nazionalizzati 
� e che si fosse tenuta nella debita considerazione la formulazione 
parzialmente diversa (e, a riguardo, pi� esplicita rispetto ai provvedimenti 
legislativi del 1956) delle norme del d.l. 2 ottobre 1967 con 
le quali, in occasione del conflitto arabo-israeliano, il legislatore aveva 
fronteggiato una situazione in tutto analoga a quella disciplinata col 
d.l. 
del 1956 nel campo degli approvvigionamenti petroliferi. 
La censura � infondata. 
(1) Sentenza di particolare interesse, con la quale la Corte Suprema, 
per la prima volta, ha esaminato e risolto le varie questioni sorte sui 
rimborsi dei maggiori oneri per l'approvvigionamento di oli minerail.i e 
sul1e condizioni . cui � subordinata la restituzione dei contribuenti cos� 
liquidati. 
� noto che la crisi di Suez aveva provocato un maggior onere per 
l'approvvigionamento dei prodotti petroliferi, e ci� sia per i prodotti 
provenienti dalle zone del Medio Oriente, per i quali il trasporto, stante 
la chiusura del canale, doveva avvenire con la circumnavigazione del1'
Africa, sia per i prodotti provenienti da altre zone, a causa deil conseguente 
verificatosi generale aumento dei noli cisternieri. 

Anche nel nostro mercato interno si sar�ebbero avute le ripercussioni 
dei considerati aggravi, e si sarebbe dovuto consentire perci� un ritocco 
dei prezzi all'ingrosso ed al dettaglio, che, peraltro, mentre sarebbe valso 
ad assicurare la continuit� dei rifornimenti (perch� gli importatori, potendo 
rifarsi dei maggiori costi e noli, in sede di rivendita, non avrebbero 
ridotto il ritmo degli approvvigionamenti), si sarebbe risolto in aggravio 
indiscriminato per tutti i prodotti petroliferi, anche diversi dalla benzina

1

per autotrazione, e quindi anche per queHi destinati ad usi industriali 
(con conseguente aumento di prezzi in ulteriori settori), e, inoltre, in 

16 



212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si tratta -ancora una volta -di stabilire se la restituzione cui, 
in forza degli artt. 9 e 10 del d.m. 25 gennaio 1957, n. 29, gli espor


I 
tatori italiani erano tenuti relativamente alle somme conseguite (in t 
virt� degli artt. 1 e 2 del d.I. 22 novembre 1956, n. 1267) a titolo di ~ 
rimborso del maggior costo dei prodotti petroliferi importati per il 
consumo interno al tempo della c.d. �prima crisi di Suez�, fosse dovuto 
unicamente in relazione alle esportazioni di prodotti di origine 

Iestera od anche in relazione alle esportazioni di prodotti di origine 
nazionale (di prodotti, cio�, relativamente ai quali nessuna erogazione 
di denaro, a titolo di rimborso dei maggiori oneri di trasporto, essi 
avevano concretamente ottenuto). 

Ancora una volta, perci�, � bene riprodurre, nei limiti del necessario, 
il testo delle disposizioni ora citate. 
Disponeva il d.I. 22 novembre 1956, n. 1267 (convertito nella legge 
27 dicembre 1956, n. 1415), all'art. 1, che: 

� � concesso agli importatori di oli minerali greggi naturali o di 
residui della lavorazione, aventi le caratteristiche indicate nella tabella 
C..., il rimborso del maggior onere derivante all'importazione 
dei prodotti petroliferi dalla particolare situazione del mercato internazionale
�; ed, all'art. 2, che: 

�Il rimborso � limitato ai quantitativi dei prodotti indicati al 
precedente articolo importati e nazionalizzati per il consumo interno, 

riferimento alla stessa benzina (ll cui prezzo, come � noto, � determinato 
uniformemente con appositi provvedimenti), avrebbe determinato un ingiustificato 
profitto per i fabbricanti, che av,essero avuto la possibilit� di 
disporre di greggio di produzione nazionale. 

Si prefer�, invece, e cos� si evitarono gli accennati inconvenienti, porre 
a cardco dello Stato i maggiori oneri, conseguenti all'aumento dei costi 
e dei noli per i prodotti di origine estera, e far fronte aMa relativa spesa, 
almeno in parte, con un aumento delil'imposta di fabbricazione sulla benzina 
(artt. 1 1e 4 del citato d.l. 22 novembre 1956, n. 1267); sicch� si ottenne 
il risu1tato di c9ncentrare l'aggravio effettivo in un solo settore (con una 
scelta eminentemente discrezionale del legislatore), e di affrancare dall'onere 
medesimo i fabbricanti, i quali, sia che si fossero approvvigionati 
del greggio all'interno, sia che ne avessero importato dall'estero, avrebbero 
serripre sopportato gli stessi anteriori costi, i quali, attraverso i rimborsi 
per i prodotti importati, erano resi insensibiU agli aumenti determinatisi, 
anche per i moli, sui mercati internazionali. 

In tal modo, dunque,, le raffinerie erano poste in grado di offrire i 
propri prodotti senza maggiorazione di prezzi, quale che fosse stata la 
provenienza del greggio, e di fare quell'offerta, alle stesse condizioni, 
sia sul mercato interno che aWestero. Ma, alilora, o si sarebbe determinato 
un ingiustificato vantaggio per gli esportatori, i quali avrebbero potuto 
vendere all'estero, realizzando i maggiori prezzi del mercato dnternazionale, 
pur s�nza aver sub�to aumenti di costi, o, comunque, analogo 
beneficio avrebbero conseguito i consumatori esteri, i quali, quando l'esportatore 
Haliano avesse venduto a prezzi non maggi�rati, si sarebbero cos� 

I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 213 

ed � determinato in misura pari al maggioc onere che in base alle 
modalit� da determinarsi con decreto del Ministro per l'industria ed il 
commercio, di concerto con i Ministri per il bilancio, per il tesoro e per 
le finanze, sar� rilevato dal Comitato interministeriale dei prezzi...�. 

E disponeva, a sua volta, il d.m. 25 gennaio 1957, n. 29 emanato 
-in virt� della delega di cui all'art. 7 della legge -per stabilire le 
modalit� dei rimborsi e recuperi, che: 

�Gli esportatori di prodotti petroliferi nazionali sono tenuti a restituire 
all'erario la somma co�rrispondente al maggior onere previsto 
dall'art. 1 del d.l. 2 novembre 1956, n. 1267 ... , relativo al quantitativo 
di olio naturale greggio di petrolio o di residui della lavorazione da 
cui i prodotti stessi sono stati ottenuti, da determinarsi con i criteri... � 
(art. 9); e che: 

� La restituzione di cui al precedente articolo � dovuta sui prodotti 
nazionali ~sportati a decorrere dal giorno successivo a quello 
dell'importazione del primo carico di olio minerale greggio o di residui 
della lavorazione destinati alla trasformazione che ha titolo al rimborso 
del maggior onere� (art. 10). 

Ora, � subito evidente che si esorbiterebbe dal campo della pura 
interpretazione letterale, consistente (ex art. 12 preleggi) nell'attribuire 
alle parole adoperate dalla legge il significato loro proprio, qua


v�enuti a giovare di un contributo dato dallo Stato Italiano, e in definitiva, 
dai contribuenti dehlo stesso. Nelil'un caso e nell'altro si sarebbe pervenuti 
ad un risultato inaccettabile, ed Il J..egislatore, perci�, ebbe cura di evitare 
le inique ipotizz�ate conseguenze, disponendo che il rimborso sarebbe spettato 
limitatamente � ai quantitativi dei prodotti... importati e nazionalizzati 
per il consumo interno �, e cio�, come � chiaro, nella sola misura in cui 
le importazioni, i�l cui maggiore onere veniva addossato alla co1lettivit�, 
fossero state necessarie per il rifornimento del mercato nazionale, del 
quale soltanto, come era logico, ci si era voluti preoccupare. 

Ma questo rifornimento, come innanzi si � rilevato, si sarebbe potuto 
attuare, ed anzi in primo luogo si sarebbe dovuto fare, anche con prodotti 
ricavati dal greggio di origine nazionale, per il quale i maggiori oneri 
determinati dalla crisi internazionale non ricorrevano; ed in definitiva, 
quindi, un maggiore onere per ciascuna azienda produttrice, da riversare 
sulla collettivit�, si sarebbe potuto e dovuto considerare ned soli limiti 
in cui, avuto riguardo al complesso della produzione, ed indipendentemente 
dalla provenienza del gr�eggio, le aziende avessero destinato al 
consumo interno i loro prodotti. In questa prospettiva, perde ogni rile


1

vanza 1a distinzione tra oli minerali di provenienza estera ed oli minerali 
di origine nazionale, giacch�, se il rimborso era da ritenere concesso a 
compenso degli �oneri incontrati dalle az~ende per le sole vendite sul 
mercato interno, e se � anche vero, come non pu� revocarsi in dubbio, 
che il legislatore non potette assolutamente avere l'intenzione, specialmente 
nel considerato periodo, di favoriJ;e le esportazioni dei prodotti 
petroliferi (� anche noto, del ;resto, che una delle soluzioni escogitate, al 



214 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lora si pretendesse, secondo l'assunto della ricorrente, di istituire un 
rapporto di equivalenza fra l'espressione �prodotti nazionali � adoperata 
dall'art. 10 del d.m. e l'espressione �prodotti nazionalizzati � adoperata 
dall'art. 2 del d.l.: essendo noto che codeste locuzioni hanno 

nell'uso corrente significato diverso e che pertanto la loro postulata 

equivalenza, nel caso concreto, non potrebbe essere che frutto di una 

operazione logka idonea a giustificare l'adozione dell'aggettivo �na


zionali � da parte del legislatore in un senso inusitatamente restrit


tivo, in quanto esclusivo di quei prodotti che, per essere stati ricavati 

dalla lavorazione del greggio di estrazione italiana, meriterebbero la 

qualifica di �nazionali � per eccellenza. 

Sul piano strettamente testuale poi, se � da convenirsi con la 

Corte del merito c~e la letterale formulazione della legge del 1956 

non � per s�_ risolutiva del problema ermeneutico di cui si tratta, � 

altrettanto innegabile che a dissipare ogni possibilit� di dubbio sulla 

portata delle restituzioni di cui � caso abbia decisivamente contribuito 

il successivo d.l. 3 luglio 1957, n. 475 (<convertito nella legge 12 ago


sto 1957, n. 754) col quale si ebbe cura di precisare, con espresso ri


ferimento al d.m. del 1957, che la restituzione ivi contemplata doveva 

operarsi con riguardo ai prodotti nazionali esportati, ossia senza pos


sibilit� di discriminazione quanto alla loro origine. 

posto di quella dei rimborsi, era di disporre il razionamento dei detti prodotti), 
deve conseguentemente anche dirsi che la valutazione di quell'aggravio 
non si sarebbe potuta effettuare che in un solo modo: cio� 
considerandosi, da una parte, i maggiori oneri incontrati all'importazione, 
e, dall'altra, accertandosi quanta parte dei quantitativi importati fossero 
stati effettivamente necessari alle aziende per le vendite ail.l'interno, cos� 
escludendosi il rimborso per i quantitativi che, per essere stati esportati, 
si fossero rivelati non destinati all'appagamento di quelle esigenze. 

Si spiega, quindi, che col d.m. 25 gennaio 1957 (Gazz. Uff. 1� febbraio 
1957, n. 29), emesso in attuazione del disposto degli artt. 1 e 7 del 

d.l. n. 1267, sia stata prevista la restituzione ail:l'Erario, da parte degli 
interessati, e relativamente ai �prodotti petroliferi nazionali � esportati, 
delle somme loro corrisposte a rimborso ded maggiori oneri, e si comprende, 
in particolare, perch� non si sia fatta alcuna distinzione dei prodotti stessi 
secondo la loro origine. 
Invero, � evidente, da un lato, che i prodotti esteri, una volta nazionalizzati, 
e cio� importati col pagamento delle dovute imposte, non si 
sarebbero potuti pi� distinguere, a nessun fine, dai prodotti gi� oviginariamente 
nazionali, e non si sarebbero potuti perci� diversamente considerare 
nemmeno per una discriminazione in relazione aUa loro eventuale 
successiva destinazione. 

Ed � anche chiaro, d'altro canto, che, posta l'esigenza innanzi vista, di 
concedere il rimborso dei maggiori oneri nella sola misura corrispondente 
alle maggiori spese delle importazioni necessarie per assicurare l'approvvigionamento 
del mercato interno, ogni e qualsiasi esportazione di prodotti 
originariamente nazionali, o tali diventati a seguito di importa




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Quand'anche tuttavia potesse prescindersi da un tale rilievo, la 
soluzione adottata dalla Corte del merito (favorevole alla tesi della 
Finanza) rimarrebbe del pari saldamente ancorata ad un procedimento 
ermeneutico che, muovendo dalla intenzione del legislatore -desunta 
dallo stesso contesto normativo, oltre che dalla intitolazione del decretolegge 
-si SIVolge secondo una linea di ineccepibile rigore logicogiuridico. 


Premesso invero -come chiaramente avverte lo stesso titolo 
della legge (�Misure per assicurare l'approvvigionamento dei prodotti 
petroliferi nell'attuale momento internazionale �) che il legislatore si 
era indotto, con la legge del 1956, a far carico alla collettivit� dell'onere 
finanziario derivante dal rimborso del maggior costo dei trasporti 
(c.d. � prima crisi di Suez �) solo allo scopo di assicurare il 
fabbisogno di prodotti petroliferi .per le esigenze interne; e ritenuto 
che, non ignorando che al soddisfacimento �di tali esigenze contribuivano 
le sia pur modeste risorse petrolifere del territorio nazionale, il 
legislatore non poteva non averne tenuto conto nef calcolo di quell'onere; 
la Corte del merito ne ha logicamente inferito che l'esportazione 
di qualsiasi quantitativo �di prodotti, anche se di estrazione nazionale, 
non potesse non legittimare la pretesa di restituzione della 
Finanza, in quanto idonea a far ritenere non destinato al consumo 
interno un corrispondente quantitativo di greggio estero importato col 
beneficio del rimborso. 

zione e nazionalizzazione, sarebbe stata di per s� rivelatrice della inesistenza, 
per i corrispondenti quantitativi, di una ragione giustificatrice dell'assunzione 
di quell'onere da parte della collettivit�. 

Pu� ancora osservarsi che l'art. 2 del d.I. n. 1267, nel disporre la 
limitazione del rimborso � ai quantitativi dei prodotti... importati e nazionalizzati 
per il consumo interno�, e cos� riferendo al detto consumo sia 
il fatto dell'importazione che quello della nazionalizzazione, in definitiva 
dava precipuo rilievo, anche lessicalmente, allo stesso scopo della importazione 
( � prodotti... importati... per il consumo interno � ), che non si 
sarebbe potuto ritenere conforme a quello di legge, per quanto detto, se 
non nella misura in cui la sua realizzazione fosse stata imposta dalle considerate 
esigenze. 

E che il rimborso non spettasse, e dovesse quindi effettuarsene il 
recupero, in misura corrispondente ai quantitativi fatti oggetto di esportazione, 
indipendentemente dalla loro originaria provenienza, risulta altres� 
confermato dal d.l. 3 luglio 1957, n. 475, convertito nella legge 12 agosto 
1957, n. 754, con iii quale, facendosi espresso riferimento al detto 
recupero, quale disciplinato dal d.m. 25 gennaio 1957, e con tale specifico 
richiamo recependosi lo stesso d.m., e comunque riconoscendosi che con 
esso era stata data esatta attuazione alle disposizioni del d.l. n. 1267, 
testuaJlmente ebbe a pr�ecisarsi (art. 2) che la ripetuta restituzione doveva 
operarsi con riguardo ai � prodotti nazionali esportati! �, e cio� senza 
alcuna discriminazione quanto alla loro origine, del resto ad ogni effetto 
irrilevante. 


216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La stessa decorrenza dell'obbligo di restituzione -posta dal d.m. 
in coincidenza col giorno successivo a quello dell'importazione del 
primo carico di olio minerale greggio (art. 10) impedisce, sul piano 
logico, di ritenerne limitato il riferimento ai soli quantitativi estratti 
dal greggio di provenienza estera. 

Nel quadro di questa ragionevole e persuasiva impostazione del 
sistema dei rimborsi e dei recuperi connessi alle esigenze dell'approvvigiol;
lamento dei prodotti petroliferi al tempo della prima crisi di 
Suez, la dr.costanza che, dieci anni dopo, in occasione del riprodursi 
di quella situazione a causa del conflitto arabo-israeliano, il legislatore, 
nel ripristinare col d.l. 2 ottobre 1967, n. 867 quel precedente 
sistema, abbia espressamente eccettuato dall'obbligo della �restituzione 
del contributo i prodotti petroliferi ottenuti dalla lavorazione degli 
oli minerali greggi naturali di petrolio di produzione nazionale (art. 5), 
costituisce un elemento di conferma piuttosto che di contraddizione 
rispetto all'interpretazione ora riferita; dimostrando appunto che, in 
una sistemazione del �genere, non si sarebbero potute esentare dall'onere 
della restituzione le esportazioni di prodotti nazionali senza 
una esplicita eccezione. 

Sia, dunque, sotto il profilo letterale, sia sotto quello logico, si 
ha ragionevole motivo di riaffermare in questa sede che, a norma del 

d.l. 22 novembre 1956, n. 1267 e del relativo d.m. 3 luglio 1957, n. 29, 
il rimborso dei maggiori oneri risultanti dalla crisi di Suez nel costo 
di approvvigionamento degli oli m�nerali avveniva sotto la condizione 
che le aziende petrolifere che del rimborso stesso usufruivano erano, 
poi, tenute a restituire i detti contributi per i prodotti esportati, sia 
che l'esportazione riguardasse prodotti ottenuti dalla lavorazione o 
rielaborazione di merce estera importata, sia invece che l'esportazione 
concernesse prodotti ottenuti con la rielaborazione di greggio 
comunque disponibile sul mercato interno, anzich� estero, con prodotti 
petroliferi di qualsiasi origine o provenienza. 
Subordinatamente al rigetto del primo motivo, la Societ� Petrolifera 
Italiana, col secondo motivo del ricorso, denunzia violazione 
delle citate disposizioni di legge, in riferimento all'eccezione di incostituzionalit� 
gi� sollevata in relazione agli artt. 23, 76 e 77 della 
Costituzione (art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.), assumendo che, qualora 
dovesse accogliersi la soluzione data al problema interpretativo dalla 
Corte del merito, ne deriverebbe alternativamente: 

-o la incostituzionalit� del d.l. n. 1267 del 1956 (art. 7), per 
avere consentito all'autorit� amministrativa di istituire un vero� e proprio 
tributo senza precisarne la disciplina; 

-o la illegittimit� del d.m. n. 29 del 1957, per violazione dei 
limiti della delega e delle disposizioni della legge civile in tema 
di prova. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 217 

Anche queste ulteriori censure sono manifestamente infondate. 

Sotto il primo profilo, ove si ritenga -come rilevato in precedenza 
-che la restituzione di cui � caso, anche riguardo all'esportazione 
di prodottl ottenuti dalla lavorazione del greggio nazionale, 
si configura come �restituzione di indebito� �(ossia come restituzione 
di una proporzionale quota di rimborso percepita su un corrispondente 
quantitativo di greggio estero che, non essendo destinato all'approvvigionamento 
interno, non avrebbe dovuto fruire del beneficio), 
ci� � sufficiente ad escludere che l'onere della restituzione medesima 
possa essere equiparato ad una sorta di tributo imposto sulle esportazioni 
di prodotti petroliferi nazionali. 

E, sotto il secondo profilo, � altrettanto evidente che, una volta 
concepito il meccanismo di questi rimborsi e recuperi nei termini che 
si sono fin qui esposti, diventa del tutto inconferente, al fine di sottrarsi 
all'obbligo della restituzione, la prova che il prodotto esportato 
provenga dalla lavorazione di greggio nazionale e non dalla lavorazione 
del greggio importato col beneficio del rimbo�rso dei maggiori 
oneri. --(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2856 -Pres. leardi Est. 
Miele -P. M. Mililotti (conf.) -Sereni (avv. Fornario) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Tracanna). 

Imposta di registro -Automobili usate -Atto di trasferimento di pro


pri~t� -Registrazione a termine fisso -Dichiarazione unilaterale 

non autenticata -� soggetta. 

(r.d. 29 luglio 1927, n. 1814, art. 13: d.l. 18 giugno 1945, .n. 399, art. 2; r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, tabella D, art. 45). 
Imposta di registro -Solidariet� -Obbligo di denuncia -Parte contraente 
-Mandatario o commissionario -� tale. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 82 e 93, n. 1). 
A norma dell'art. 2 del d.l. 18 giugno 1945, n. 399, l'atto col quale 
si trasferisce la propriet� di un autoveicolo gi� immatricolato � sem'[)re 
soggetto a registrazione a termine fisso; conseguentemente anche la 
dichiarazione unilaterale del venditore non autenticata � soggetta a 
registrazione a termine fisso, in quanto l'autenticazione, necessaria '[)er 
le trascrizioni sul P.R.A., non � essenziale per il perfezionale dell'atto 
di trasferimento (1). 

(1-2) La prima massima � di evidente esattezza. Importante la seconda 
massima, che riconferma il principio della c.d. solidariet� formale nonostante 
che sul punto qualche incertezza si fosse manifestata in tempo 
recente (Cass., 5 maggio 1972, n. 1358, in questa Rassegna, 1972, I, 678). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D�ELLO STATO 

Sia ai fini dell'obbligo di denunzia di cui all'art. 82 legge di r�egistro, 
sia ai fini dell'obbligo del pagamento dell'imposta di cui all'art. 
93 n. 1, � parte c.ontraente quella che interviene neU'atto anche 
senza assumere in proprio le obbligazioni nascenti dal nego.zio concluso; 
� quindi parte contraente il mandatario e il commissionario (2). 

(Omissis). -Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo la 
erronea interpretazione degli artt. 26 e 45, ali. D, della legge di registro 
e l'inapplicabilit� della legge 18 giugno 1945, n. 399, afferma 
che, erroneamente, la Corte di merito ha ritenuto che le dichiarazioni 
unilaterali di vendita di macchine usate, prive di autentica notarile, 
siano soggette a registrazione in termine fisso, mentre, invece, si sarebbe 
dovuto procedere a registrazione solo nel caso in cui si fosse 
inteso produrre dette scritture private. al pubblico registro automobilistico 
per le volture. 

La censura � infondata. 

Il r.d. 29 luglio 1927, n. 1814 all'art. 13 stabilisce che, onde ottenere 
l'annotazione nel pubblico registro automobilistico del trasferimento 
della propriet� di un autoveicolo va esibito, con gli altri documenti, 
il titolo che d� luogo al trasferimento. Tale titolo, come precisa 
l'ultimo cpv. di detto articolo, � costituito, in caso di vendita effettuata 
verbalmente, da una dichiarazione firmata dal venditore, con firma 
autenticata, attestante l'effettuata vendita. Si precisa che tale dichiarazione 
va registrata a �tassa fissa � e nell'art. 2 del d.1.1. 18 giugno 
1945, n. 399, essendosi modificato il modo di tassazione, si sta


,bilisce che l'atto va registrato �in termine fisso�. L'essersi menzionata 
la registrazione dell'atto in relazione all'iscrizione della compravendita 
dell'autoveicolo nel pubblico registro automobilistico non vuol 
dire, come sostiene il ricorrente, che detta registrazione sia facoltativa, 
nel senso che debba essere eseguita solo nel caso in cui l'interessato 
voglia procedere all'iscrizione nel P.R.A., giacch�, avendosi un atto di 
trasferimento di propriet� di un autoveicolo, esso � soggetto a registrazione 
in termine fisso alla stregua dell'art. 1 del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, non stabilendo in proposito alcuna eccezione al precetto 
n� la legge di registro n� la citata legge n. 1814 del 1927 n� 
quella n. 399 del 1945, la quale ultima esenta da registrazione solo 
la prima iscrizione nel registro automobilistico. 

Invero la legge n. 399 del 1945 stabilisce espressamente che l'atto 
di compravendita, o la dichiarazione comprovante la vendita verbale, 
va registrata �in termine fisso�. L'espressione �in termine fis1so � con 
riferimento alla richiamata norma della legge di registro, sta a significare, 
secondo l'art. 2 della legge stessa, che vi � obbligo di registrazione 
dell'atto nel termine di cui al successivo art. 82, indipendentemente 
dall'uso che se ne voglia fare. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 219 

In tale ipotesi, adunque, perch� sorga l'obbligo della registrazione 

(e quindi del pagamento dell'imposta) � sufficiente la sola sussistenza 

del negozio giuridico traslativo, sia poi questo redatto per iscritto, o, 

se verbalmente concluso, sia comprovato nei modi di legge e cio�, nel 

caso di trasferimento di autoveicoli, � sufficiente la dichiarazione del


l'art. 13 della r.d. 29 luglio 1927, n. 1814, di cui si � fatto cenno pi� 

sopra. Tale espressa sottoposizione a registrazione dell'atto traslativo 

della propriet� dell'autoveicolo, vale ad escludere che possa prospet


tarsi una delle ipotesi dell'art. 45 della tariffa all. D della legge di 

registro. 

Nel caso di omissione della registrazione dell'atto da parte del. 
l'obbligato, la liquidazione dell'imposta � fatta, d'ufficio, dall'Ammi


nistrazione finanziaria, ove, nel caso di scrittura privata non auten


ticata, essa ne sia venuta in possesso in modo legittimo (art. 1 del 

d.l. 26 settembre 1935, n. 17 49) senza che occorra, come si � osservato, 
che la scrittura privata abbia la firma autenticata. Difatti tale formalit� 
non � affatto richiesta dall'art. 2 della legge 18 giugno 1945, n. 399, 
come sostiene il ricorrente, ai fini della registrazione, ma solo per 
l'iscrizione dell'atto nel P.R.A., formalit� questa non essenziale per 
il trasferimento dell'autoveicolo ma solo per la sua apponibilit� ai 
terzi, per cui non potrebbe ritenersi che, prima di questo momento, 
l'atto di trasferimento non siasi perfezionato. 
Con il terzo motivo il ricorrente deduce l'erronea applicazione 
dell'art. 82, ultimo .comma, della legge di registro in relazione alla 
prima parte di detto articolo ed in relazione alle disposizioni ministeriali 
n. 62797 del 29 marzo 1952; n. 170235 del 26 ottobre 1961; 

n. 217234 del 28 �febbraio 1956 ed afferma che, avendo agito quale 
mandatario del venditore e non avendo comprato o venduto autoveicoli, 
non era tenuto al pagamento dell'imposta, cos� come aveva erroneamente 
ritenuto la Corte di merito. 
Anche tale censura � infondata. Invero l'obbligo della denunzia 
e del pagamento dell'imposta grava sulla parte contraente (art. 82 
legge di registro) come pure il pagamento delle imposte di registro 
(art. 93, n. 1, legge di registro). Onde, ai fini degli obblighi suddetti 
� sufficiente la qualit� di par.t~ contraente e non occorre anche che 
il contraente abbia assunto in proprio le obbligazioni nascenti dal negozio 
giuridico concluso (come nel caso del rappresentante). A maggior 
ragione ci� vale nel caso del mandatario (e del commissionario), il 
quale contrae in proprio, sia pure per conto di altri e quirndi assume 
direttamente le obbligazioni nascenti dal negozio giuridico concluso 
per suo mezzo (artt. 1703, 1705, 1731 e.e.) in tale qualit�. Tale essendo 
il sistema della legge di registro, non vale invocare delle istruzioni 
ministeriali (peraltro ne1wure prodotte in giudizio) giacch� tali istru



220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
zioni non sarebbero state emanate in forza di delega legislativa o di 

un potere regolamentare, ma solamente in forza del potere gerarchico 
verso gli uffici dipendenti e quindi aventi valore obbligatorio solo per 
gli uffici stessi ma non nei confronti dei privati o del giudice stesso 

(Cass., 4 aprile 1970, n. 908). --(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2864 -Pres. Favara 
-Est. Alibrandi -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Franchi (avv. Leati). 

-Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Concordato -Impugnazione 
-Forma -Imposta di successione -Cespiti omessi -Percezione 
della relativa imposta -Preliminare impugnazione del concordato 
-Necessit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 34 e 35). 
Imposta di successione -Successione di quota sociale -Concordato Passivit� 
sociali riconosciute -Successiva esclusione -Necessit� 
della preliminare impugnazione del concordato. 

(r.d. .30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45; d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15). 
Sebbene il concordato sia un at;to amministrativo, L'Amministrazione 
non pu� modificare o sottoporre a 1�evisione L'accertamento compiuto 
con ii concordato se non Limitatamente all'ipot:esi deUa sopravvenuta 
conoscenza di presupposti o elementi di fatto nuovi di cui non 
abbia potuto tener conto al momento del concordato; inoltre l'Amministrazione, 
una volta intervenuto il concordato, non pu� intimare il 
pagamento di una nuova imposta (nemmeno nel caso di omessa denuncia 
di cespiti ai fini dell'imposta di successione) senza prima aver 
proceduto alla notifica di un nuovo accertamento a norma deU'art. 35 
del t.u; 29 gennaio 1958, n. 645 (1). 

Allorch� sia caduto in successione uno stabiiimento industriale, 
l'intervenuto concordato sul valore della quota del socio defunto ai 
fini dell'imposta di successione deve, a norma dell'art. 15 r.d. n. 1639 
del 1936, ricomprendere non solo l'attivit� industriale, ma anche la 
1�elativa attiv�it� commerciale. Pertanto, l'eventuale omissione di valutazione 
di tale seconda attivit�, per errore al mome1ito del concordato, 
pu� essere invocato dalL'ufficio impositore in sede di impugnativa del 
concordato e non gi� quale nuovo separato accertamento (2). 

(1-2) La sentenza in esame suscita perplessit� perch� nonostante la 

particolarit� delle fattispecie relativa ad una successione di quota sociale, 
fissa limiti troppo stretti alla impugnabilit� del concordato da parte dell'Amministrazione 
e applica senza adeguata giustificazione alle imposte 
indirette le norme del t.u. sulle imposte dirette. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 221 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, l'Amministrazione 
delle finanze, lamentando la violazione degli artt. 29 
della legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) 
e 15 e segg. d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in relazione all'art. 360 n. 3 
c.p.c., censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che, procedutosi 
alla valutazione della quota di una ,societ� personale e intervenuto 
il concordato fiscale, non � possibile agire per omissione di 
cespiti nel caso di rinvenimento di nuovi elementi attivi della societ�, 
ma soltanto di proporre impugnativa del concordato. Deduce, in via 
di censura, la ricorrente, che la fondamentale norma dell'art. 29, terzo 
comma, della citata legge tributaria sulle successioni impone l'analisi 
dei vari beni costituenti il patrimonio sociale, ai fini dell'applicazione 
del diverso criterio di tassazione per gli immobil e per i mobili, onde 
l'ufficio, impugnando il concordato, ben poteva procedere, mediante 
le notificate ingiunzioni fiscali, all'esecuzione nei confronti degli eredi 
Franchi. 

Il motivo non � fondato. 

Come questa Corte .suprema ha gi� avuto occasione di pronunciare 
(sent. n. 498 del 1966 e sent. n. 2220 del 1968), il concordato 
tributario non ha natura negoziale, di transazione o novazione, ma ha 
unicamente natura di atto unilaterale dell'Amministrazione, che pone 

L'art. 35 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 non esaurisce la materia 
della impugnazione del concordato (e de1l'accertamento); basti pensare 
che in questa norma non si prevede affatto l'impugnazione da parte del 
contribuente che non pu� essere certamente esclusa in modo assoluto o 
limitata alla sola impugnazione di nullit� dell'art. 34. 

La materia dell'impugnabilit� del concordato, specialmente per le 
imposte dirette, d� luogo a molti problemi di difficile soluzione (v. Relazione 
Avv. Stato, 1966-70, II, 465 e segg.), ma non pu� certo affermarsi 
che l'Amministrazione, intervenuto il concordato, non abbia altro rimedio 
che quello della modificazione o integrazione (che non � una impugnazione) 
dell'art. 35. 

Se � incontestabile che ile norme relative all'accertamento e al concordato 
del t.u. sulle imposte dirette sono di portata generale, � del pari 
indubitabile ch�e nell'applicare queste norme alle imposte indirette deve 
tenersi conto della diversa, e pi� modesta, funzione che per dette imposte 
hanno questi istituti. 

L'accertamento nelle imposte indirette ha per oggetto esclusivamente 
la determinazione economica della base imponibi:le, cio� il valore venale 
ai fini della tassazione dei prezzi, dei corrispettivi e dei valori risultanti da 
stipulazioni e dichiarazioni delle parti o determinate dall'Ufficio quando 
manchi una dichiarazione delle parti (art. 20 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639); 
oggetto dell'accertamento � soltanto la verifica di congruit� del valore di 
un bene, dato che sia soggetto a revisione di congruit�; di conseguenza il 
concordato contiene semplicemente la determinazione definitiva del valore 
dei beni che gi� sono stati oggetto di accertamento. Da c10 consegue 
d'un canto che appare dubbia, peir le imposte indirette, la possibilit� di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

222 

in essere, con l'adesione del contribuente, una delle operazioni tendenti 
alla liquidazione dell'imposta e, precisamente, quella relativa 
alla determinazione dell'imponibile (argom. ex art. 34 t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645, in riferimento all'art. 4 legge 5 gennaio 1956, n. 1, 

recante norme integrative della legge 11 gennaio 1951, n. 25, sulla 
perequazione tributaria). 

Tuttavia l'Amministrazione non pu� modificare o sottoporre a revisione 
l'accertamento compiuto a mezzo di concordato, se non limitatamente 
all'ipotesi della sopravvenuta conoscenza di presupposti ed 
elementi di fatto nuovi, di cui non si sia potuto tener conto al momento 
del concordato. E, anche nella detta ipotesi di conoscenza sopravvenuta, 
l'integrazione o modificazione dell'accertamento, avvenuto con 
l'adesione del contribuente, deve essere preceduta dalla no.Uficazione 
di apposito avviso di nuovo accertamento, mentre, nella specie, l'ufficio, 
ha senz'altro proceduto con le ingiunzioni fiscali notificate il 
19 giugno 1965. 

La necessit� della preventiva notificazione dell'avviso di accertamento 
� imposta dall'art. 35, comma primo, t.u. 29 gennaio 1958, 

n. 645, norma, questa, che, sebbene dettata in materia di imposte 
dirette � gi� stata ritenuta da questa Corte suprema applicabile in 
ogni ipotesi di imposizione concordata (sent. 18 ottobre 1968, n. 3847). 
integrazione o modificazione deill'accertamento e del concordato ex art. 35 
del t.u. del 1958, essendo difficilmente configurabile [a sopravvenienza di 
nuovi elementi nella valutazione a stima di un bene determinato, dall'altro 
che non pu� operare alcuna preclusione qUJando in quallunque 
modo venga in discussione l'imposta dovuta per il trasferimento di beni 
diversi da quelli ogg.etto deH'accertamento e del concordato. 

Per l'imposta di successione � �ancor pi� evidente che l'omessa denunzia 
di cespite non preclude all'Ufficio l'azione per il pagamento della relativa 
imposta quando pu11e vi sia stato concordato sul valore dei cespiti denunciati.. 


Per le imposte indirette l'accertamento ed il concordato non possono 
considerarsi come l'atto �che identifica i limiti dell'imponibilit� e, come 
invece avviene per le imposte dirette, determina in tutti i suoi elementi 
costitutivi l'obbligazione tributaria; l'accertamento e il concordato riguardano 
soltanto la valutazione di beni determinati suscettibili di stima 
secondo il valore venale e non esaurisce nemmeno la quantificazione della 
base imponibi1e, nell1a quale possono concorrere altri beni che non incidano 
affatto sul concordato, come ad esempio, i beni soggetti a valutazione 
automatica, i crediti, i beni tassabili in base a un valore nominale, 
e i beni il cui valore � determinato presuntivamente. Il concordato non 
costituisce quindi nelle imposte indirette un atto che precostituisce nell'an 
e nel quantum l'ogg�etto della imposizione; conseguentemente non � necessario 
rimuovere il concordato per poter estendere ila tassazione a cespiti 
omessi. 

Se con ~I concordato neUe imposte dirette si definisce il reddito tassabile 
nel periodo considerato, s� che non � possibile," senza rimuovere la 

~\ 

~~� 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 223 

In altri termini, se la legge, da un lato, non preclude alla Finanza, 
nel caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, di integrare 

o modificare l'accertamento avvenuto con l'adesione del contribuente, 
in base al generale principio dell'autotutela della pubblica Amministrazione, 
non fa venir meno, da un altro lato, il diritto del contribuente 
di adire le commissioni tributarie, prima che la Finanza promuova 
la procedura esecutiva fiscale, nel cui ambito va inquadrata 
l'ingiunzione fiscale (artt. 144 e 145 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
in relazione agli artt. 2 e 3 t.u. 14 aprile 1910, n. 639, per la riscossione 
delle entrate patrimoniali). 
Deve, peraltro, ritenersi che allorquando sia caduto nella successione, 
come nella specie, uno stabilimento industriale, il seguito c�n_
cordato sul valore della quota del socio defunto ai fini dell'imposta di 
successione deve, a norma dell'art. 15 del d.l. n. 1639 del 1936, ricomprendere 
non solo l'attivit� industriale, ma anche la correlativa attivit� 
commerciale. E l'eventuale omissione di valutazione di questa seconda 
attivit�, per errore al momento del concordato, pu� essere -a norma 
del citato art. 15, in relazione agli artt. 36 e 29 della legge tributaria 
sulle successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) -invocata dall'ufficio 
impositore in sede di impugnativa del concordato e non gi� quale 
nuovo separato accertamento, dovendo la valutazione della societ� (dalla 
quale sono state svolte l'attivit� in.dustriale e quella commerciale) essere 
globalmente considerata ai fini dell'imposta di successione. 

L'ambito della materia che ha formato oggetto di concordato, individuato 
nei termini dianzi esposti, � gi� stato delineato, rispetto ad 
analoga fattispecie, da precedente pronuncia di questa Corte suprema 
(sent. 21 aprile 1966, n. 1010) e non ricorrono motivi che possano 
giustificare un diverso orientamento. -(Omissis). 

preclusione da esso costituita, accertare altre fonti di reddito, nelle imposte 
indirette (e con pi� evidenza nell'imposta di successione) non si 
accerta il valore di tutti i beni caduti in successione, ma soltanto dei 
beni da valutare ,secondo M valore venale, che sono stati indicati nella 
denuncia. Mentre nel primo caso dev,e esser cura dell'Ufficio accertare tutti 
i redditi del soggetto, nel secondo caso non deve essere cura dell'Ufficio 
verifical'e che la denuncia sia completa; tutte le conseguenze negative della 
mancata denunzia, totale o parziale (art. 72 e segg.) restano identiche se 
vi sia stato o no un concordato; per questa ragione sono previste nella 
legge (e sono di uso corrente) l'e denunce integrative anche a distanza 
di tempo considerevole dalla apertura defilia successione. 

Bisogna ad ogni modo rilevare che anche per �le imposte dirette, si 
deve considerare reddito � omesso � e non semplicemente reddito � dichiarato 
da rettificare ., quello che abbia una propria autonomia economica e 
giuridica rispetto ad altro pur dichiarato (Cass., 3 maggio 1971, n. 1271 
in questa Rassegna, 1971, I, 1076). A maggior ragione per le imposte indirette 
non pu� esistere una preclusione nascente dal concordato rispetto a 
cespiti diversi da quelli in esso considerati. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

224 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2865 -Pres. Favara 
-Est. Alibrandi -P. M. Pedace (conf.) -Casissa (avv. Ermetes) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta 
complementare -Rapporto anteriore all'entrata in vigore della 
legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. 

(I. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, articolo unico). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta 
complementare -Dichiarazione suppletiva di valore in sede contenziosa 
innanzi alle Commissioni -Non � idonea ad escludere 
l'obbligo degli interessi. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. l, 2 e 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, articolo unico; 
I. 12 giugno 1930, n. 742, art. 12). 
Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere 
liquidate per mancanza, imputabile al contribuente, degli elementi necessari 
alla liquidazione, sono dovuti, per i rappo'l"ti anterio'l"mente 
sorti e non definiti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio 
W61, n. 29 (1). 

Non ha rilevanza ai fini dell'obbligo di cwrispondere� gli interessi 
sull'imposta. complementare, la dichiarazione di riconoscimento di un 
maggior valore contenuta in un atto del procedimento contenzioso innanzi 
alle commissioni, successivo alla not.ifica dell'accertamento (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente denunzia omesso 
esame ed omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia 
(art. 360, n. 5, c.p.c.), nonch� falsa applicazione e violazione 
della legge 28 marzo 1962, n. 147 e dell'art. 2 legge 26 gennaio 1961, 

n. 29, in relazione all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. 
Deduce, in :particolare, che la Corte del merito non ha preso in considerazione 
la questione prospettatale dell'applicabilit� della citata legge 
n. 29 del 1961 (e della legge interpretativa n. 147 del rn.62) ai rapporti 
tributari sorti, come nella specie, anteriormente all'entrata in vigore 
della legge stessa ed aggiunge che il giudice di appello, nel ritenere 
dovuti gli interessi moratori, in ragione del tasso del 3 % a semestre, 
secondo le norme della nuova legge del 1961, sono incorsi nella violazione 
del principio della irretroattivit� della legge. 
Il motivo non � fondato. 

(1-2) Possono ritenersi ormai ferme le due proposizioni contenute 
nelle massime. Sulla prima v. Cass., 17 aprile 1972, n. 1207 in questa Rassegna, 
1972, I, 493 e precedenti ivi richiamati; sulla seconda Cass., 9 ottobre 
1972, n. 2949, ivi, 1211. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 225 

Gi� questa Corte suprema ha avuto occasione di esaminare la 
questione se gli interessi moratori, previsti dalla legge 26 gennaio 1961, 

n. 29 (interpretata dalla legge 28 marzo 1962, n. 147) siano dovuti, 
dall'entrata in vigore della prima delle predette leggi, sull'importo 
dell'imposta complementare di ,suecessione rispetto a rapporti tributari 
che abbiano avuto origine prima dell'entrata in vigore della legge 
del 1961. E, mentre la soluzione negativa � stata accolta soltanto da 
una pronuncia di questa suprema Corte (sent. 18 dicembre 1970, 
n. 2707), rimasta isolata, la soluzione affermativa, gi� affermata in 
precedenza (sent. 7 novembre 1970, n. 2273), � stata poi seguita da 
pi� recenti decisioni (sent. 23 novembre 1971, n. 3966; sent. 18 febbraio 
1972, n. 441 e sent. 8 marzo 1972, n. 655). E da tale ultimo 
indirizzo questo collegio non reputa di allontanarsi per i motivi che 
si passa ad esporre. 
La legge 26 gennaio 1961, nello stabilire l'obbligo e la misura 
degli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse ed 
imposte indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di omissione 
di formalit� o di omessa autotassazione o di insufficiente o mancata 
denunzia, detti interessi decorrono dal giorno in cui la tassa o 
l'imposta sarebbe stata dovuta se la formalit� fosse stata es,eguita o 
l'autotassazione effettuata oppure la denuncia presentata in modo 
completo. 

Con riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed imposte 
predette, cio� a quella parte �che non pot� essere liquidata, fin 
dall'origine, per mancanza o insufficienza degli elementi all'uopo occorrenti, 
la legge interpretativa del 28 marzo 1962, n. 147, chiarisce 
che gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo principale, 
salvo che la mancanza o insufficienza, le quali abbiano impedito 
l'originaria liquidazione integrale, siano dipese da fatto non imputabile 
al contribuente (nel qual caso di interessi sul tributo complementare 
decorrono dal giorno della sua liquidazione). 

Ci� posto, rilevasi che la tesi della ricorrente, la quale sostiene 
l'inapplicabilit� della citata legge n. 29 del 1961 ai rapporti tributari 
sorti prima dell'entrata in vigore della legge medesima, si fonda su 
di una rigida ed astratta concezione della regola della irretroattivit� 
della legge, di cui al citato art. 11, la quale non tiene presente che 
nel caso di situazioni giuridiche, le quali non si esauriscono in un 
determinato momento, come quella che si verifica nella specie, detta 
regola lascia aperta la questione dell'applicabilit� della nuova legge 
alla situazione ancora in atto ed agli effetti non ancora prodotti o 
tuttora pendenti di un rapporto giuridico sorto in precedenza. E questa 
suprema Corte ha gi� risolto l'accennato problema, relativo all'individuazione 
dell'ambito d'efficacia della nuova legge, nel senso che 
questa si applica quando ,concorrono le seguenti condizioni: a) che il 


226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rapporto giuridico, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora 
esaurito i suoi effetti; b) che la norma innovatrice non sia diretta 
a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti. di 
esso (sent. n. 3304 del 1957 e sent. n. 1114 del 1963). 

A tali criteri questo supremo collegio ha fatto ricorso anche per 
stabilire l'ambito di applicabilit�, nel tempo, della citata legge n. 29 
del 1961, affermando che la decisione la quale, con riguardo ad una 
successione mortis causa, apertasi .prima dell'entrata in vigore della 
legge menzionata, dichiara il �contribuente tenuto a pagare gli interessi 
di mora sull'imposta complementare, con decorrenza dall'entrata 
in vigore della legge medesima, non comporta l'attribuzione a questa 
di effetti retroattivi (cos�, da ultimo, sent. 7 novembre 1970, n. 2273). 
Invero, il pagamento dei suddetti interessi non deriva da un fatto 
verificatosi anteriormente all'entrata in vigore delle nuove disposizioni 
di legge, ossia dall'aper.tura della successione, ma del ritavdo nell'adempimento 
dell'obbligazione tributaria e, quindi, da un fatto che, 
protraendosi nel momento in .cui le nuove norme sono entrate in vigore, 
cade sotto la disciplina di queste, in conformit� ai principi ge-. 
nerali che presidiano le successioni delle leggi nel tempo. Si ha, infatti, 
una situazione di mora che si rinnova de die in diem, onde non 
pu� dirsi che essa si sia interamente verificata sotto l'impero della 
precedente legge e per nulla 'sotto quello della nuorva. 

N� giova alla tesi della ricorrente il richiamo alle norme ed ai 
principi .comuni che richiedono la liquidit� del debito, quale presuppo.
sto degli interessi di mora, essendo evidente, come gi� questa Corte 

I 

suprema ha avuto occasione di rilevare (sent. 28 ottobre 1967, n. 2670), 
che a tali principi le leggi n. 29 del ],961 e n. 147 del 1962, hanno 

Iespressamente derogato con lo stabilire la decorrenza degli interessi 
sul tributo complementare da un momento anteriore a quello della 

I 

sua liquidazfone, cio� da quando � dovuto il tributo principale che, 
con riguardo all'imposta di successione, � esigibile entro sei mesi dalla 
morte del de cuius (art. 64 in relazione all'art. 53, n. 3, del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3270). 

Con il secondo motivo del ricorso la Casissa, nel denunziare erronea 
applicazione e falsa interpretazione dell'articolo unico, �comma 
secondo, della legge 28 marzo 1962, n. 147, in relazione all'art. 360, 

n. 3, c.p.c., censura la sentenza impugnata, perch� questa, limitandosi 
a considerare che l'ufficio impositore aveva il diritto di attendere 
l'esito del giudizio di estimazione, prima di procedere alla liquidazione 
dell'imposta complementare, non ha esaminato la vera questione da 
risolvere ai fini della decisione. Tale questione -precisa la ricorrente 
-� quella dell'applicabilit� degli interessi moratori, di cui alla 
citata legge del 1962, sebbene la mancanza o insufficienza degli elementi 
occorrenti alla liquidazione del tributo complementare non fosse 
I

~: 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dipesa da fatto imputabile alla ricorrente, perch� costei, prima della 
definizione giudiziale, aveva riconosciuto, in data �19 gennaio 1961, il 
maggior valore dell'immobile �caduto nella successione, rettificando 
quello inizialmente dichiarato. 

Neppure questo motivo � fondato. 

La Corte del merito ha accertato che la Casissa, nel corso del 
giudizio di estimazione avanti la commissione distrettuale di Novi 
Ligure, ebbe ad offrire, in data 19 gennaio 1961, di elevare il valore 
dell'asse ereditario a L. 3.700.000, in misura, cio� molto vicina 
al valore poi definitivamente accertato (L. 3.800.000). Ma la Corte 
d'appello ha escluso che tale offerta, diretta peraltro alla commissione 
tributaria e non all'ufficio impositore, avesse l'effetto di eliminare 
le conseguenze derivate, in sede di valutazione del bene ereditario, 
dalla non fedele indicazione del suo valore nella denuncia di 
successione a suo tempo presentata, onde la mancanza o insufficienza 
degli elementi occorrenti alla liquidazione dell'imposta complementare 
doveva, in definitiva, ricollegarsi a fatto imputabile all'odierna 
ricorrente. 

Tale argomentazione si ravvisa corretta. La liquidazione dell'imposta 
di successione avviene �con il concorso dell'attivit� del soggetto 
passivo del relativo rapporto tributario, chiamato dalla legge a fornire 
i necessari elementi per la determinazione quantitativa dell'obbligazione 
tributaria e, quindi, della prestazione dovuta. Tale concorso 
si realizza con l'adempimento deU'obbligo (stabilito dall'art. 51 del 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270) di fornire, mediante la prescritta denuncia, 
una particolareggiata notizia dei beni compresi nella successione, 
la dichiarazione del loro valore e le indicazioni sufficienti per 
far conoscere la natura, la .situazione e l'importanza economica dei 
vari beni (comma secondo). E l'art. 15 r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, 
con riferimento al secondo dei suddetti elementi, precisa che il valore, 
cui va commisurata l'imposta, � quello venale in comune commel'cio 
al giorno del trasferimento, determinato con riguardo agli elementi 
di cui al successivo art. 16. E, dal coordinato disposto di tali norme, 
si evfoce che il contribuente ha l'obbligo non solo di dichiarare il 
valore effettivo dei beni caduti nella successione, ma anche quello di 
provvedere a tale adempimento nei termini stabiliti per la presentazione 
della �denunzia di successione (art. 55, comma terzo, del citato 
r.d. n. 3270 del 1923). 
Conseguentemente, l'indkazione successiva da parte del contribuente 
di un maggior valore dell'asse ereditario fatta in sede di 
discussione avanti alla commissione tributaria come non obbliga l'uff�do 
ad accettarla,. cosi non elimina perch� � ormai in corso la liquidazione 
del tributo in via contenziosa, quella situazione di carenza 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

228 

o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo 
complementare che si ricollega, geneticamente, alla non esatta dichiarazione 
della contribuente nella denuncia di successione. 
Ci� trova conferma in quanto, appunto in materia di imposte di 
successione, ha avuto occasione di pronunciare questo supremo collegio 
(sent. 21 marzo 1963, n. 682), secondo cui il denunciante, anche 
oltre i limiti dell'art. 2732 e.e., pu� rettifkare in una successiva dichiarazione 
gli elementi di fatto in precedenza indicati per l'accertamento 
del valore imponibile. In tale caso, l'eventuale maggior valore 
in essa indicato � vincolativo per il contribuente e d� facolt� all'ufficio 
di acquisire immediatamente all'imposizione l'ulteriore ammontare 
del tributo, senza che ne resti paralizzato il corso del giudizio 
di congruit�. Ora, se trattasi di una facolt� dell'ufficio, ne consegue 
che questo, essendo Hbero di avvalersene, non � in alcun modo vin


colato dalla rettifica operata dal contribuente. 

E la soluzione �che la Corte ritiene di accogliere, contrariamente 
a quanto in sede di discussione orale ha dedotto la difesa della ricorrente, 
non contrasta con la sentenza di questa suprema Corte del1'
8 marzo 1972, n. 655. Infatti, in quella pronuncia si fa riferimento 
ad una dichiarazione suppletiva, cio� ad una dichiarazione eseguita 
nel termine di cui all'art. 12, comma terzo, legge 12 giugno 1930, 

n. 742 e nelle forme di cui all'art. 72 della legge organica sulle imposte 
di successione. Invece, nel �caso in esame, non si tratta di una 
dichiarazione nel senso suddetto, non solo perch� l'offerta della Casissa 
era priva dei requisiti suindicati, ma anche perch� era diretta 
alla commissione distrettuale e non gi� all'ufficio impositore. (
Omissis). 
I 

CO~TE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2940 -Pres. Caporaso 
-Est. Elia -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Carafa) c. Soc. La Columbia (avv. Uckmar). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Interessi ex lege 26 
gennaio 1961, n. 29 -Applicabilit�. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1 e 5; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 199 bis). 
I 

Le norme di fJJOrtata generale della legge 26 gennaio 1961, n. 29 sono 

i

applicabili anche alle imposte dirette e di conseguenza sono dovuti gli 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 229 

interessi dalla domanda sul 1�imborso dell'imposta indebitamente percepita 
in base ad iscrizione a ruolo definitiva (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1973, n. 171 -Pres. !cardi Est. 
Arienzo -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Soc. Perennia (avv. Capacdoli e Spolidoro). 

Imp�ste e tasse in genere -Imposte dirette -Interessi ex lege 26 gennaio 
1961, n. 29 -Inapplicabilit�. 

(I. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1 e 5; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 199 bis). 
Gli interessi moratoiri previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 
per le imposte indirette non sono applicabili per Le imposte dirette, che 
sono regolate dalla legge 25 ottobre 1960, n. 136 (2). 

I 

(Omissis). -Col secondo motivo, l'Amministrazione ricorrente denuncia 
violazione degli artt. 1 e 5 della legge 26 gennaio 1961, n. 29, 
nonch� dell'articolo unico della legge 25 ottobre 1958, n. 1316, nonch� 
degli artt. 198 e 199 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, deducendo che 
erroneamente la Corte di merito ha fissato la data degli interessi dalla 
domanda di rimborso dell'imposta, mentre alla specie non erano applicabili 
gli artt. 1 e 5 della citata legge n. 29 del 1961, trattandosi di 
imposta diretta, di ricchezza mobile, mentre i detti articoli sono applicabili 
solo alle imposte indirette. 

La censura � infondata. Come pi� volte questa Suprema Corte ha 
avuto modo di chiarire, il principio generale della decorrenza degli interessi 
moratori dalla domanda � applicabile nei �confronti dell'Amministrazione 
Finanziaria dello Stato per tutti i tributi per effetto delle 

(1-2) La prima sentenza non pu� essere condivisa. Anche se dalla legge 
26 gennaio 1961, n. 29 possono trarsi dei principi di portata generale, 
non vi � dubbio che l!a disciplina dettata per le imposte dirette � radicalmente 
diversa da quella prevista per le imposte indi!l'ette; per le 
prime non � a parlare di interessi ma di [ndennit� da determinare nei 
modi stabiliti e non rpu� ammettersi che siano dovuti gli intere<Ssi nei 
casi in cui non � previ�sta l'indennit�. P!roprio perch� il contribuente e 
l'Amministrazione vanno posti su di un piano di parit�, l'indennit� dell'ar




230 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disposizioni degli artt. 1 e 5 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 che, pur 
enunciando il principio per i tributi indiretti, ne confermano l'applicabilit� 
a� tutti i tributi, anche diretti (Cass., 14 gennaio 1967, n. 141). 

Infatti la ratio legis delle citate norme � di porre su un piede di 
eguaglianza l'Amministrazione e il contribuente, circa l'obbligo di corrispondere 
gli interessi di mora, e ci� vale anche per le imposte dirette 
(Cass. 9 agosto 1964 n. 2241). Nella specie, trattandosi di rimborso di 
somme indebitamente percepite, a seguito di decisione della Commissione 
centrale delle imposte, che rendeva definitiva l'iscrizione a ruolo, 
a termini dell'art. 174 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, non sorge questione 
circa l'appUcabilit� della norma dell'art. 199 bis dello stesso t.u., 
in relazione all'art. 1 della legge 25 ottobre 1960, n. 1316, che prevede 
un'indennit� speciale, di mancato sgravio, esclusivamente per le imposte 
iscritte a ruolo a titolo provvisorio, in applicazione degli artt. 175 e 176 
del t.u. citato. Il secondo mezzo di gravame non pu� dunque trovare 
accoglimento. --(Omissis). 

II 

(Omissis). --Fondato �, invece, il secondo motivo del detto ricorso, 
al quale non si oppone la resistente, �con cui si deduce che la Corte di 
merito ,abbia erroneamente ritenuto applicabili nella specie le disposizioni 
sugli interessi moratori previsti dalla legge 26 gennaio 1961, 

n. 29 per le imposte indirette, atteso che, trattandosi di imposte dirette, 
� applicabile la legge 25 ottobre 1960, n. 136. -(Omissis). 
ticolo 199 bis del t.u. sulle imposte dirette va posta in relazione con 
quella dell'art. 184 bis; e come l'indennit� a carico del contribuente non � 
dovuta in ogni caso per qualunque ritardo nella percezione del :tributo 

(va ricovdato in proposito che recentemente, modificando un precedente 
indirizzo, � stato stabilito che l'indennit� � dovuta dal contribuente solo 
quando la denuncia sia dnfedele secondo la definizione .che se ne da a�ll'art. 
245: Cass. 14 lugUo 1972, n. 2392, retro), cosi l'indennit� a carico 
dell'Amministrazione � dovuta nei limiti stabiliti nell'art. 199 bis del t.u. 
Il problema allora che si poteva porre consisteva nello stabilire se la 
norma dell'art. 199 bis, riferita neila sua espressione letterale alle iscrizioni 
a ruolo provvisorie, fosse applicabile anche per le iscrizioni a ruolo 
definitive successive alla decisione�della Commissione centrate (� stato gi� 
affermato che l!ai norma che si richiama alle maggiori imposte riscosse e 
risultate dovute per un ammontare inferiore si deve estendeve anche alle 
imposte iscritte a ruolo che risultano non dovute affatto: Cass., 27 maggio 
1971, n. 1579, ivi, 1971, I, 1101); ma se a ci� si d�, come n~l caso, 
risposta negativa, non potr� affermarsi che sono dovuti gli interessi della 
legge n. 29 del 1961, proprio perch� � da escludere la corresponsiOne dell'indennit�. 


E in tali sensi ha deciso la seconda delle sentenze in esame. 



PARTE I, SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 231 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1972, n. 3300 -Pres. Favara 
-Est. Lo Cigno -P. M. Caristo (conf.) -Istituto di credito 
delle. Casse di risparmio italiane (avv. Palandri) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Corsini). 

Imposta di re~istro -Cessione di credito verso la Pubblica Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti 
di credito a ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta Correlazione 
fra i due ne~ozi -Limitazione de~li effetti della cession_
e -Divieto di compensazione -Necessit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 4, lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, 
art. 1 lett. e; e.e. art. 1246 e 1853). 
La ne:cessaria correlazione fra la cessione di crediti verso la piubblica 
Amministrazione e l'operazione di finanziamento concessa da 
aziende d� credito a ditte commerciali e industriali richiesta per L'applicabilit� 
dell'aliquota ridotta dell'art. 4, lett. c, deUa tariffa A, deHa 
legge di registro, esige che con patto espresso� sia vietata la compensazione 
legale di cui agli artt. 1246 e 1853 e.e. tra proventi della cessione 
e crediti delta banca (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Istituto bancario 
denunzia violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c. 
in relazione agli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261 ed allo 
art. 8, primo �comma, della legge di registro); insufficiente e contrad


(1) Conformi sono le sentenze in pari data n. 3301 e n. 3307. 
Una nuova conferma di un orientamento ormai ben fermo: cfr. da uUimo 
Cass., 25 giugno 1971, n. 2006 in questa Rassegna, 1971, I, 1198, e precedenti 
ivi richiamati. Degna di nota � l'affermazione che la obiettiva possibilit� 
di un materiale ampliamento dell'impiego della cessione per operazioni 
diverse da quella contemplata sia sufficiente ad escludere l'applicabilit� 
dell'aliquota di :llavove; con ci� viene confutata la tesi del ricorrente 
secondo la quale non potrebbe essere di ostacolo all'agevolazione 
un �effetto della cessione che si produce in applicazione di principi generali 
e non in conseguenza del negozio soggetto a registrazione; ma poich� � 
proprio degli effetti che si preoccupa la nota aggiunta all'art. 4, questi 
vanno considerati nella loro obiettiva portata. Pure assai importante � la 
riaffermazione che la limitazione dei normali effetti della cessione, tante 
volte proclamata come nec�essaria, deve concretarsi in un espresso divieto 
di compensazione (patto contrario all'art. 1853); in questo modo dovrebbe 
essere esclusa ogni possibilit� (ancora ammessa da qualche giudice di 
merito) di considerare �Sufficientemente limitato l'effetto della cessione 
per il sol fatto che essa � posta a garanzia di un finanziamento determinato. 
� evidente che non basta stabilire un semplice legame tra la cessione e 
una operazione bancaria per �escludere che la cessione produca gli effetti 
suoi propri che vanno oltre la garanzia del finanziamento pattuito. 



232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dittoria motivazione su punti decisivi (art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere il 
giudice di merito negato l'agevolazione sul rilievo che il credito ceduto, 
oltre ad estinguere il concesso finanziamento, avrebbe, per la sua 
consistenza, potuto essere utilizzato per fini diversi dalla garanzia del 
finanziamento stesso, a cagione della mancata inserzione, nel contratto, 
di una preventiva rinunzia alla compensazione legale. 

Si duole il ricorrente che la Corte di merito non abbia considerato 
che l'eventuale compensazione legale dci residui realizzi della cessione 
dei crediti con eventuali diversi debiti potrebbe darsi esclusivamente 
solo dopo il totale esaurimento della funzione tipica (satisfattoria e di 
garanzia) della cessione stessa, cio� in un momento in cui la banca, 
non avendo pi� titolo in ordine al soddisfatto finanziamento, in �concreto 
sarebbe divenuta debitrice e deterrebbe i residui non in forza 
della cessione, a disposizione della �:liente. Sicch�, a quel momento, 
la compensazione opererebbe non in adempimento di un patto o di 
una previsione della cessione dei crediti, bens� in applicazione di 
principi generali, non attinenti all'istituto della cessione. Pertanto la 
ipotizzata compensazione, non avendo la capacit� di interrompere il 
collegamento tra finanziamento e cessione non potrebbe assumersi 
quale pretesa �causa di interruzione del predetto collegamento. 

Il motivo � infondato. 

� giurisprud~nza costante di questa Suprema Corte (v. sent. n. 760 
del 18 marzo 1971) che per potere usufruire delle agevolazioni fiscali 
di �cui all'art. 4, lett. c, della tariffa all. A, nel testo modificato degli 
artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1963, n. 261, occorre che l'atto di cessione 
di credito verso pubbliche Amministrazioni a garanzia di finanziamenti 
concessi da aziende di credito a ditte industriali e commerciali 
sia congegnato in modo da escludere fin dal primo momento che 
esso possa servire ad operazioni diverse da quelle previste e determinate 
nell'atto stesso. Pertanto � sufficiente la obiettiva possibilit� di un 
ampliamento a nuove operazioni a sottrarre l'atto all'applicazione dell'aliquota 
di maggior favore, indipendentemente dagli effetti pratici, 
apparentemente ed effettivamente perseguiti dalle parti. 

Al riguardo � stato affermato che l'indagine del giudice di merito 
non deve limitarsi a �cogliere la comune intenzione delle parti, ma 
deve considerare le circostanze del rapporto e la obiettivit� intrinseca 
fra l'importo della cessione e quello del finanziamento, la natura pro 
soluto o pro solvendo della cessione, la sua incidenza sulla clausola 
specificamente considerata, la possibilit� di deviazione o di ampliamento 
del rapporto oltre l'area della agevolazione fiscale alla stregua 
delle modalit� secondo cui il finanziamento poteva assere utilizzato, la 
sussistenza, o meno, della cautela di implicite od esplicite disposizioni 
idonee a limitare il normale effetto della cessione di credito, cos� da 
escludere che, nella specie, il suo scopo e la sua attitudine fossero 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 233 

diver,si, o maggiori, rispetto a quelli della estinzione del finanziamento. 
(Cass., Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3989). 

La Corte di merito, dopo avere ritenuto che solo un patto che 
vieti la compensazione legale (art. 1246 ed art. 1853, u.p., e.e.) ovvero 
circoscriva il potere dell'Istituto cessionario di risc~otere dalla pubblica 
Amministrazione terza debitrice, i ratei via via maturatisi del 
credito ceduto, nei limiti conseguenti alla sua contemporanea posizione 
attiva verso l'appaltatore cedente, pu� impedire che la cessione 
si presti ad essere utilizzata per fini diversi dalla garanzia del finanziamento, 
ha escluso, ,con ampia indagine di fatto, nella specie in esame, 
la sussistenza di siffatte clausole contrattuali: conseguentemente ha 
negato l'applicabilit� del trattamento agevolato per la inidoneit� della 
cessione al detto esclusivo scopo di garanzia e per la mancanza di una 
stretta interdipendenza fra finanziamento e cessione. 

La sentenza impugnata, con motivazione corretta ed immune da 
vizi logici e giuridici si � attenuta ai principi sopra enunciati; pertanto 
essa sfugge al sindacato di questa Corte Suprema. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3375 -Pres. 
Giannattasio -Est. Miele -P. M. Silocchi (conf.) -Pellizzari (avv. 
De Luca) �c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposta complementare 
e suppletiva -Nozione e distinzione -Valore legale di un bene 
-Titoli quotati in borsa -Adeguamento del valore dichiarato Imposta 
suppletiva. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 5; r.d. 7 agosto 1936, n. 16.39, art. 15, 
16 e 20). 
� complementare l'imposta che l'Ufficio non pot� li.quidare al 
momento della percezione dell'imposta principale, per mancanza o insufficienza 
degli elementi occorrenti e che pertanto costituisce una 
integrazione deLl'impostm principale di cui estende la base imponibile; 
� suppletiva l'imposta che t1�ae causa dalla rettificazione di un errore 

o una omissione dell'Ufficio e Lascia invariati gli elementi cf.i base per 
la liquidazione del tributo. Conseguentemente, ove l'imposta debba 
essere liquidata in base ad un prezzo legale fisso ed immutabile (nel 
caso deciso azioni quotate in borsa) la rettifica del valore dichiarato 
non � l'effetJfo di un giudizio di congruit� ma della applicazioine� della 
legge (correzione di un e7�1�ore di liquidazioine) si che L'imposta che 
ne deriva ha carattere suppletivo (1). 
(1) Decisione da condividere pienamente. Sono indubbiamente suppletive 
le imposte che, se pur determinano una modificazione della base 
imponibile, discendono dall'applicazione della legge e, per tale ragione, 

234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l

(Omissis). -Con l'-unico complesso motivo, i ricorrenti deducono f 

f

violazione dell'art. 17 n. 1, 20, 21 del r.d.l., 7 agosto 1936, n. 1639, I. 

i

omissione o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia 
da essi prospettati, il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 I 


a 

c.p,,c. ed affermano che la Corte ha erroneamente qualificato il tributo ff 
in questione supplementare mentre invece esso doveva qualificarsi 

i 

complementare. Ci� in quanto, secondo i ricorrenti, trattandosi di titoli 
quotati in borsa e mancando al momento della liquidazione l'indicazione 
di tale valore, l'ufficio era incorso non gi� in errore di 

1 

liquidazione dell'imposta, che solo pu� dar luogo ad imposta suppletiva, 
ma in errore di commisurazione dell'imponibile, al quale errore 
l'ufficio poteva ovviare, secondo i ricorrenti, solo con un nuovo accertamento 
da notificare nel termine di un anno dal pagamento dell'imposta 
principale secondo l'art. 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Ci� 
vale, sempre secondo i ricorrenti, anche nel caso� in cui gli imponibili 
siano soggetti a stima ex lege, dovendosi nella prima applicazione dell'imposta 
commisurare l'imposta al valore dichiarato (art. 17 del r.d.l. 
cit.), per cui la variazione di tale valore d� luogo a rettificazione. 

I ricorrenti deducono ancora che la Corte sarebbe incorsa in 

omessa motivazione su un punto decisivo da loro prospettato e cio� 

che i prezzi dei titoli quotati in borsa, da essi denunziati, quali risul


tavano dal ,certificato da essi prodotto all'Ufficio erano superiori a 

quelli di listino. 

Le censure del mezzo sono infondate. 

Stabilisce l'art. 5 del r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3270, sull'im


posta di successione, che le tasse richieste dopo la liquidazione della 

tassa principale sono complementari o suppletive. Si qualificano com


plementari quelle che l'ufficio non pot� liquidare, al momento della 

liquidazione della tassa principale, mancando, od essendo insufficienti, 

gli elementi occorrenti (oltre al caso delle imposte rimaste sospese 

danno luogo ad una controversia di diritto: cos� per i beni soggetti a valutazione 
presuntiva e� per le deduzioni di passivit� (art. 31 e 45 delila legge 
sulle successioni) la imposta che si pretende su una maggiore base imponibile 
� sicuramente suppletiva; lo stesso � a dirsi per quei beni da assoggettare 
a tributo in base ad un valore legale insuscettibi1e di valutazione 
di congruit� come appunto le azioni quotate in borsa, i terreni agricoli 
soggetti a valutazione automatica, ecc. In tali ipotesi non si fa luogo ad 
accertamento ex art. 20 e 21 del r.d. 7 agosto 1936 e non opera H relativo 
termine di decadenza, perch� l'accertamento � richiesto soltanto per quei 
beni � soggetti a revisione per indagarne la congruit� e determinare cos� 
il valore venale �. Sull'argomento meno precisa della sentenza in rassegna 
� l'altra 6 ottobre 1972, n. 2864 (in questo fascicolo) che invece ricomprende 
nell'accertamento e nell'eventuale concordato tutti i valori costituenti 
la base imponibile ed anche quelli da determinare ex lege. 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 235 

per disposizione di legge). Imposte suppletive sono invece quelle che 
traggono causa dalla rettificaziohe di un errore o di una omissione 
dell'ufficio. Ordunque, nel caso dell'imposta complementare la successiva 
acquisizione degli elementi mancanti o non sufficienti per una 
integrale liquidazione al momento della imposizione principale, porta 
ad una vera integrazione dell'imposta principale gi� riscossa, estendendosene 
la base imponibile. Nel caso, invece, della imposta supplementare, 
restano fermi gli elementi gi� acquisiti dall'ufficio con la 
denunzia del contribuente, e sulla cui base � stata liquidata l'imposta, 
e si procede solo alla rettificazione dell'errore o alla eliminazione dell'omissione 
verificatasi nella liquidazione dell'imposta principale. 
Quindi, nel caso di tale imposta, restano invariati gli elementi base 
per la liquidazione del tributo e variano solo i risultati complessivi. 

� chiaro, d'altronde, che, ove la denunzia offra tutti gli elementi 
necessari per la liquidazione del tributo, non � possibile pi� alcun 
accertamento integrativo ma � possibile solo la rettifica dei risultati 
cio� la pretesa ad un supplemento. 

Quindi ai fini della distinzione dell'imposta complementare da 
quella suppletiva va considerato se la liquidazione del tributo principale 
possa considerarsi definitiva oppure se questa debba essere 
integrata con altri elementi al momento della liquidazione, non conosciuti, 
o non considerati. 

Nel caso in cui l'oggetto del tributo, secondo l'art. 15 del d.l. 7 
agosto 1936, n. 1639, debba essere valutato al valore venale in comune 
commercio, il giudizio di congruit� previsto dall'art. 20 dello stesso r.d. 
d� luogo indubbiamente ad un accertamento complementare, non cos� 
avviene invece nel �caso in cui l'oggetto del tributo debba essere valutato 
in base ad un prezzo legale, fi.sso ed immutabile. Invero in tal 
caso l'adozione del prezzo legale che avvenga dopo la liquidazione del 
tributo principale non � effetto di un 'giudizio di congruit� ma di rettificazione 
dell'errore in cui l'ufficio � incorso adottando, �contro legge, 
un valore diverso da quello legale. Ci� � tanto pi� vero poi nel caso 
(come quello in esame) in cui, indicato nella denunzia il prezzo della 
cosa oggetto del tributo (ne1 caso i:n esame titoli quotati in borsa) 
l'ufficio, nel fare il conteggio, giunga ad un risultato diverso ed inferiore 
a quello ottenuto elaborando i dati indicati dal contribuente. 
Poich� in tal caso la base imponibile � rimasta immutata (quantit� 
di titoli quotati in borsa) ed � solo modificato il valore legale di questi 
titoli da prendere a base del calcolo l'operazione va qualificata come 
rettificazione di un errore. 

Pertanto la Corte di merito ha esattamente qual�fi.cata suppletiva 
l'imposta pretesa con il decreto ingiuntivo. 
Quanto al preteso errore dell'Ufficio di aver preso a base del 
calcolo della imposta pretesa non gi� il prezzo di listino di borsa dei 


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236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

titoli quotati ma il diverso e maggiore prezzo stimato dal Comitato 
direttivo degli agenti di cambio va osservato che i ricorrenti sia nelle 
fasi di merito che in questa sede si sono limitati solo ad affermare la 
esistenza di tale pretesa maggiorazione ma senza farne oggetto di una 
specifica domanda diretta a contenere l'importo dell'imposta richiesta 
nei limiti dell'effettivo prezzo di listino. Pertanto non essendo stata 
formulata domanda, sia pure subordinata, in tal senso, la Corte non 
era tenuta ad esaminare tale fatto che, non essendo in relazione ad 
una domanda proposta dalla parte, non era decisivo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 novembre 1972, n. 3383 -Pres. 
Capora�so -Est. Elia -P. M. Trotta (conf.) -Azienda Elettrica 
Consorziale di Bolzano e Merano (avv. Uckmar) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Agevolazioni per opere degli enti locali -Legge 
29 luglio 1961, n. 719 -Valore innovativo -Opere dirette ad incrementare 
la fornitura di energia elettrica a Comuni eh~ gi� ne 
sono provvisti. 

(1. 3 agosto 1949, n. 589, art. 10 e 18; I. 15 febbraio 1953, n. 184; 1. 26 luglio 
1961, n. 719). 
Imposte e tasse in genere -Azione giudiziaria -Acquiescienza -Impugnazione 
parziale di decisione della Commissione -Altra parte 
della pronuncia collegata -Acquiescienza parziale -Non si verifica. 

(c.p.c., art. 329). 

L'agevolazione originariamente prevista ne�gli artt. 10 e 18 delia 
legge 3 agosto 1949, n. 589, modificata con la Legge 15 febbraio 1953, 

n. 184, era limitata alle opere occorrenti per fornire di ener1gia elettrica 
i comuni e le frazioni che ne erano totalmente sprovvisti; solo 
con la legge 26 'luglio 1961, n. 719, di portata innovativa, L'a;gevolazione 
� stata estesa alle opere per incrementare la fornitura della 
energia elettrica ai comuni che ne erano gi� forniti (1). 
L'acquiescienza parziale non si verifica quando, in presenza di 
una impugnazione limitata, le diverse pm�t.i della pronuncia gravata 
siano tra loro collegate nel senso che L'una p1�esupponga l'aitra; conse


(1-2) Sulla prima massima v. in senso conforme le sent., citate ne'l 
testo, 6 marzo 1969, n. 704 e 9 aprile 1969, n. 1124 (Riv. leg. fisc., 1969, 
1512 e 1579). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 237 

guentemente ove l'Amministrazione abbia impugnato la de'Cisione di 
una commissione che riconosca spetilante una agevolazione deducendo 
l'inapplicabilit� della agevolazione al soggetto c�he� la invocava, non si 
produce acquiescenza sull'altra que�stione collegata se l'agevolazione 
fosse da escludere per obiettivo difetto di presupposto (2). 

('Omissis). --Il ricorso principale, all'accoglimento del quale � 
condizionato il ricorso incidentale, .va esaminato preliminarmente, .previa 
riunione dei due gravami, aventi per oggetto la stessa sentenza. 

Con unico mezzo, la ricorrente principale, Amministrazione delle 
Finanze dello Stato, denuncia violazione degli artt. 10 e 16 legge 3 
agosto 1949, n. 589, nonch� delle leggi 15 febbraio 1953, n. 184 e 26 
luglio 1961, n. 719, ed infine, dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge 
in generale, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. deducendo che 
erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che le agevolazioni tributarie 
previste dalle leggi sopra citate, anteriori alla citata legge 26 
luglio 1961, n. 719, avente carattere innovativo, fossero applicabili 
ad atti relativi alla esecuzione di opere dirette ad incrementare la 
fornitura di energia elettrica a Comuni e frazioni che gi� fossero provvisti 
di tale energia, sia pure in misura insufficiente al fabbisogno. 
Sostiene la ricorrente Amministrazione che invece, prima che la legge 
del 1961 estendesse il beneficio anche a localit� gi� fornite di energia 
elettrica, le agevolazioni tributarie erano attl'ibuibili solo a Con).uni 

o frazioni del tutto sfornite di energia elettrica e la legge del 1961 
deve intendersi innovativa del regime precedente, avendo appunto 
esteso il beneficio fiscale anche ai Comuni e alle frazioni gi� fornite di 
elettricit�. 
La censura � fondata. Come questa Corte Suprema ha avuto gi� 
modo di stabilire (Cass., 6 marzo 1969, n. 704 e 9 aprile 1969, n. 1124) 
la legge 26 luglio 1961, n. 719 ha carattere innovativo in quanto ha 
estese anche ai Comuni gi� forniti di energia elettrica le agevolazioni 
fiscali che le precedenti leggi 3 agosto 1949, n. 589 (art. 10) e 9 agosto 
1954, n. 649 (art. 2) limitavano invece solo ai Comuni totalmente 
sprovvisti di energia elettrica. 

Infatti gli artt. 10 e 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589 e 2 della 
legge 9 luglio 1954, n. 649 espressamente prevedevano le agevolazioni 
tributarie per gli atti e contratti riguardanti la costruzione ed il completamento 
di opere occorrenti per fornire di energia elettrica i comuni, 
le frazioni e le borgate che ne fossero totalmente privi. Essendo 

Le seconda massima � di evidente esattezza. Si pu� ancora aggiungere 
che nell'autonoma azione in sede ordinaria possono sen2ia alcuna 
preclusione dedursi titoli diversi a sostegno della stessa pretesa di imposta 
-0ggetto delle decisioni delle Commissioni. 



238 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pacifico in� fatto che i Comuni di Bolzano e Merano, all'atto della 
stipula della convenzione ipotecaria 29 luglio 1952 anteriore alla entrata 
in vigore della. successiva legge innovativa del 1961, erano forniti 
di energia elettrica, all'atto non era applicabile l'esenzione di cui 
all'art. 10 della legge 3 .agosto 1949, n. 589 ed esattamente l'Ufficio 
richiese con l'ingiunzione 23 marzo 1955, le normali imposte di registro 
sull'atto medesimo. 

Il ricorso principale, proposto dall'Amministrazione Finanziaria, 
merita dunque, pieno accoglimento. 

Col ricorso incidentale condizionato, l'Azienda Elettrica. Consorziale 
di Bolzano e Merano deduce che l'Amministrazione Finanziaria 
impugIJ.� davanti alla commissione centrale la decisione deUa .commissione 
provinciale di Bolzano sostenendo che l'agevolazione fiscale 
fosse applicabile soggettivamente solo ai comuni e non alle aziende 
elettriche gestite in consorzio fra i pi� comuni e che per effetto della 
norma dell'art. 329 c.p.c. l'aver limitata la impugnazione solo a tale 
questione di� carattere soggettivo, senza avere, anche, proposto gravame 
sulla questione obbiettiva della inapplicabilit� delle agevolazioni ai 
Comuni gi� forniti di energia elettrica, importa acquiescenza al principio 
che il beneficio sia applicabile anche ai Comuni gi� forniti di 
elettricit�. 

La censura sollevata dall'Azienda col ricorso incidentale � del t�tto 
priva di fondamento. L'acquiescenza parziale prevista dalla norma dell'art. 
329 c.p.c. non si verifica se le diverse parti della statuizione impugnata 
non siano del tutto indipendenti fra loro, ma si trovino invece 
collegate nel senso che l'una presupponga l'altra. Nel caso in cui si 
controverta sull'applicabilit� di un beneficio, se l'Amministrazione 
sostiene che esso non competa al soggetto che l'invoca, tale questione 
� preliminare all'altra sulla sussistenza dei presupposti obbiettivi dell'agevolazione 
tributaria. L'avere impugnata la decisione� che attribuiva 
il diritto al beneficio, facendo espresso riferimento al motivo 
preliminare ed assorbente che �esso fosse inapplicabile al soggetto 
che l'invocava, non pu� valere acquiescenza all'altra questione, se 
obiettivamente, vi fosse una situazione di fatto tale da attribuire. il 
beneficio, perch� questa seconda questione presuppone che il beneficio 
possa riguardare comunque il soggetto che lo richiede: se in nessuna 
ipotesi, infatti, il soggetto pu� pretendere l'agevolazione, � superfluo il 
passaggio all'altra questione, .dipendente, se in fatto, vi sia la situazione 
obiettiva tale da produrre l'esenzione tributaria. Le due questioni, 
cio�, non sono fra loro indipendenti, ma collegate, nel senso 
che quella obiettiva presuppone l'altra, subbiettiva, e ci� basta ad 
escludere ogni ipotesi di acquiescenza parziale, come gi� questa Corte 
suprema ha avuto modo di chiarire (Cass., 30 luglio 1965, n. 1845). (
Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 239 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 novembre 1972, n. 3419 -Pres. 
Giannattasio -Est. Lo Cigno -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Gaia (avv. Giusiana). 

Imposta di successione -Presunzione per mobili denaro e gioi�lli 


Inventario -Beni esistenti nella casa di abitazione dell'autore 

della successione -Presunzione di appartenenza ex art. 621 

c. p. c. -Non opera -Esclusione di bene di appartenenza aliena Legittimit�. 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; c.p.c., art. 621). 
Poich� la presunzione di appartenenza dei beni mobili di cui all'art. 
621 c.p.c., posta soltanto a tutela del creditore in sede esecutiva, 
non � applicabile ~i fini dell'imposta di successiol/ie, legittimamente 
l'ufficiale che procede� all'inventario pu� escludere da esso i beni che 
si trovano nella casa di abitazione deiL'autore della successiol/ie che a 
suo giudizio risultano di propriet� altrui (1). 

(Omissis). --Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione deduce 
violazione dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270), in relazione all'art. 775 c.p.c. e dei 
principi generali (art. 360 n. 3 c.p.c.) per avere la Corte di appello 
di To~ino ritenuto idoneo l'inventario della eredit� beneficiata di Gaia 
Enrichetta -redatto, a richiesta dell'erede Gaia Leopolda, dal notaio 
Tabacchi di Torino -a vincere la presunzione, per gioielli, denaro e 
mobilia, �di cui al primo comma del .citato art. 31 della legge tributaria 
sulle successioni. 
L'Amministrazione ricorrente deduce che il notaio avrebbe doduto, 
ai sensi dell'art. 775 c.p..c., inventariare tutto' quanto esisteva 
nell'alloggio della defunta, facendo menzione delle istanze della erede 
in ordine al diritto di propriet� da lei vantato su alcuni dei beni ivi 
rinvenuti. 

Il ricorso � infondato. 

(1) Decisione in netto contrasto con quella 11 agosto 1972, n. 2683 
(in questa Rassegna, 1972, I, 1191). 
In tale pronunzia, con argomentazioni ben pi� convincenti, si � affermato 
che la presunzione dell'art. 621 c.p.c. opera ai fini dell'appartenenza 
all'autore della successione dei beni esistenti nella sua casa di abitazione 
e che l'uffidale che procede all'inventario pu� solo raccogliere a verbale 
le dichiarazioni di terzi che vantano la propriet� di alcuni beni; si che � 
da considerare inefficace l'inventario quando l'ufficiale che ilo ha compilato 
abbia a suo criterio escluso alcuni dei beni esistenti. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo la ricorrente, essendo l'alloggio in cui abitava la defunta 
di propriet� comune della defunta e della sorella, avrebbero dovuto 
essere considerati di propriet� comune anche tutti i mobili in esso 
esistenti, in forza di un principio che troverebbe espressione nell'articolo 
621 c.p.c., quello secondo il quale il possesso per i mobili vale 

titolo ed il possesso dei mobili arredanti la causa � costituito dal fatto 
di detenerli nella propria abitazione. 

La Corte di merito ha affermato al contrario che la presunzione 
di appartenenza al debitore dei beni pignorati nella sua abitazione 
posta dall'art. 621, non trova appHcazione all'inventario dell'eredit� beneficiata 
trattandosi di una norma che ha una ratio particolare, rispondente 
all'esigenza di una efficace tutela del diritto del creditore 
in sede esecutiva e non applicabile, pertanto, fuori dei limiti delle 
opposizioni all'esecuzione. 

La stessa Corte, nella specie, con esauriente motivazione ha accertato 
che la Gaia Enrichetta aveva abitato fino al giugno del 1959 in 
altro appartamento dello stesso stabile dal quale si era trasferita nell'alloggio 
sottostante della sorella Leopolda, occupandovi una sola 
stanza, ed abitandovi fino alla sua morte. 

Tale �circostanza fu tenuta presente dal notaio che form� l'inventario, 
come emerge dall'impugnata sentenza, e la Corte ritenne, con 
suo incensurabile apprezzamento di fatto, che l'inventario nel quale 
non erano stati compresi i mobili della Gaia Leopolda fosse completo 
e redatto con piena osservanza dell'art. 775 c.p.c. 

In ogni caso, ha aggiunto la Corte, restava salva la possibilit� 
per qualunque interessato, e quindi anche per l'Amministrazione delle 
Finanze di impugnare le risultanze dell'inventario denunciando che 
esso non riproduceva l'esatta consistenza del patrimonio della defunta. 

La Corte ha per� ritenuto, con un apprezzamento insindacabile, 
che tale prova non fosse stata fornita n� offerta dall'Ammi.nistrazione 
ed ha conseguentemente considerato esclusa la applicabilit� del primo 
comma dell'art. 31 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 novembre 1972, n. 3431 -Pres. 
Lagrotta -Est. Caleca -P. M. Pedace (conf.) -Agosta c. Ministero 
delle Finanze. 


Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia 
di imposta -Questioni sulla regolarit� formale del procedimento 
di riscossione -Competenza del Tribunale. 

(t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 8). 
� controversia di imposta, 1�imessa alla competenza del Tribunale 

' 

del foro erariale, quella che, svolgendosi tra i due soggetti del rapporto 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 241 

tributario, ha per oggetto la regolarit� formale del proced.imento coattivo 
di riscossione e quindi a?vche quella riguardante la inefficacia del 
pignoramento per decorso del termine, pu1� se non vengano' in discussione 
norme e principi di carattere tributario e non si contesti la fondatezza 
sostanziale dell'imposizione (1). 

(1) Giurisprudenza pacifica, v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 531. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3503 -Pres. 
Caporaso -Est. Sandulli -P. M. Silocchi (conf.) -Cassa di Risparmio 
di Padova e Rovigo (avv. Pietrantoni) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Albisinni). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Ambulatorio INAM -Si estendono. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 18; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1; r.d. 21 giugno 
1938, n. 1094, art. 2). 
Fra gli edifici assimilati alle case di abitazione in forza dell'art. 1 
della legge 19 luglio 1961, n. 659 in relazione all'art. 2 del r.d. 21 
giugno 1938, n. 1094, vanno ricompresi gli ambulatori INAM, in vista 
della loro funzione svolta per l'utilit� e il vantaggio del corpo sociale 
(1). 

(1) Si conferma la decisione 9 ottobr�e 1972, n. 2941 (in questa Rasiegna, 
1972, I, 1209). In taJ.i condizioni va sottolineata la necessit� di porre 
giusti limiti �al concetto, invero assai vago, di utilit� di carattere sociale 
arrecata alla comunit�, e che sempre rimane indeterminato se pure l'utilit� 
sociale viene posta in relazione alle funzioni scolastica, di difesa dello 
Stato, di assistenza dei minori e dei vecchi e sanitari.a. Dovrebbe pertanto 
considerarsi d'un canto che si discute pur sempre di edifici da assimilare 
a case� di abitazione, si da escludere dall'agevolazione quegli edifici che 
da queste stru.tture troppo si differenziano anche se perseguono una funzione 
sociale e d'altro canto il concetto di servizio sociale dovrebbe essere 
inteso in senso restrittivo cio� con riferimento ad attivit� di pubblico 
interesse collettivamente esercitate. Sotto questo ultimo profilo l'estensione 
dell'agevolazione ad un ambulatorio dell'INAM, considerato neltla 
sentemia in rassegna, � 1accettabile assai di pi� di quanto lo fosse l'estensione, 
accolta nella precedente sentenza, ad un ambulatorio di privato 
professionista; non dovrebbe cio� bastar�e la funzione sociale (specificamente 
queliJ.a sanitaria), ma dovrebbe richiedersi anche uno svolgimento 
pubblicistico e collettivo della funzione stessa. Infatti nell'elencazione 
dell'art. 2 del r.d. n. 1094 del 1938 la caratteristica comune degli edifici 
considerati � sicuramente 1a gestione conettiva del servizio relativo. 

242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 dicembre 1972, n. 3505 -Pres. 
Favara -Est. Falcone -P. M. Cari.sto (conf.) -Borrelli c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Matafoni). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lus


so -Vendita di lastrico solare di abitazione non ultimata -Deca


denza dall'agevolazione per l'acquisto dell'area -Fattispecie. 

(I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). 
La decadenza daU'agevolazione dell'art. 14 della legge1 2 luglio 
1949, n. 408 per avvenuta rivendita deU'area prima che la costruzione 
sia eseguita, si verifica anche quando l'acquirente dell'area abbia venduto 
il lastrico solare� di una cost1�uzione iniziata e non portata a termine. 
Per stabilire se la costTUZione sia o no ultimata, ove dall'atto 
di acquisto dell'area non risulti un programma edilizio, deve farsi rife1
�imento alla licenza edilizia (1). 

(Omissis). -Il ricorrente, premesso che nell'atto di acquisto dell'area 
edifi:cativa, per il quale aveva ottenuto le richieste agevolazioni 
fiscali previste dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, non vi 
era alcun cenno n� al progetto del fabbricato da costruire, n� alla 
licenza edilizia e �che egli, sull'area stessa, aveva costruito un edificio 
di un sol piano diviso in appartamenti forniti di licenza di abitabilit�, 
censura la decisione impugnata, per averlo dichiarato decaduto 
dagli anzidetti benefici fiscali in conseguenza della vendita, a scopo 
edificatorio, dei lastrici solari soprastanti la costruzione realizzata. E, 
denunciando la violazione degli artt. 13, 14 e 20 della legge 2 luglio 
1949, n. 408 nonch� dell'art. 1173 e.e. in relazione all'art. 360 c.p.c., 
sostiene: che i benefici tr.ibutari concessi dal �citato art. 14 gli spettavano 
per il solo fatto dell'avvenuta costruzione, sull'area compravenduta, 
di case di abitazione non di lusso, indipendentemente dalla 
integrale realizzazione di tali case quali risultavano dal progetto approvato 
e dalla licenza di costruzione per esse rilasciata, poich� il 
contenuto di tali atti non pu� essere costitutivo di un'obbli.gazione a 
favore della Finanza; e che, in ogni caso, la decadenza dal beneficio 

(1) Decisione da condivideve pienamente e ne va posta in evidenza 
la diligente motivazione. Sul punto che si verifica _decadenza quando la 
costruzione iniziata dall'acquirente dell':area sia ultimata da terzi v. Cass., 
13 gennaio 1972, n. 102 (in questa Rassegna, 1972, I, 282); per l'unitariet� 
del programma edilizio sull'intera area acquistata con unico atto, v. Oass., 
10 novembve 1970, n. 2316 (ivi, 1970, I, 1160). Con assoluta coerenza si 
afferma che la vendita del lastrico solare di una casa non ultimata equivale 
alla vendita di una costruzione non ultimata. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

fiscale avrebbe potuto essere dichiarata, solo in proporzione dei cinque 

piani non costruiti. 
Il ricorso non merita accoglimento. 
La legge 2 luglio 1949, n. 408 subordinava -nel suo testo ori


ginario il consolidamento delle agevolazioni fiscali da essa previste 
sui contratti di compravendita di aree alla non rivendita dell'area 
prima della sua edificazione, nonch� all'inizio ed alla ultimazione della 
costruzione, avente le caratteristiche prescritte, entro determinati 
tempi. 

Prorogati, per effetto delle successive modificazioni, i termini di 
inizio e di fine della costruzione (v. legge 16 aprile 1954, n. 112 e su,ccessive) 
� stato poi abolito, con decorrenza dall'entrata in vigore della 
legge 2 febbraio 1960 (e cio� dell'8 marzo 1960), l'obbligo della ultimazione 
della costruzione entro il biennio dal suo inizio, salvi i termini 
massimi generali di validit� delle norme agevolative in discussione 
(artt. 3 legge 2 febbraio 1960, n. 35, 5 del d.l. 11 dicembre 1967, numero 
1150, convertito in legge con la legge 17 febbraio 1968, n. 26); 
rimanendo; peraltro, ferma la decadenza per il caso di rivendita della 
area inedificata, cui -s�condo la giurisprudenza costante di questa 

. Suprema Corte -deve essere equiparato il �caso di rivendita di area 
prima che la costruzione, eventualmente iniziata, sia stata ultimata. 
A questo riguardo � stato, infatti, affermato che i benefici fiscaU 
concessi dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949 sono applicabili solo 
se la costruzione sia compiuta, nel termine prescritto, ad opera delle 
parti intervenute nell'atto in ordine al quale i benefici stessi sono stati 
invocati, �con la conseguenza che si verifica la decadenza di cui all'art. 
20 della legge anzidetta se la costruzione -sia pure nel termine 
stabilito -� invece effettuata, od anche soltanto ultimata, da altro 
soggetto al quale l'area sia stata trasferita (Cass., 30 maggio 1969, 

n. 1914 e Cass., 21 dicembre 1962, n. 3398). 
Questo indirizzo si fonda, anzitutto, sulla formula dell'art. 14 che, 
col concedere i benefici fiscali ner gli atti di acquisto delle aree fabbricabili, 
dispone che tali benefici spettano quando l'atto ha � per oggetto 
la costru:llione > �di .case non di lusso, �purch� la costruzione sia 
iniziata e ultimata entro i limiti stabiliti> dal precedente art. 13, 
ponendo cos� una stretta, necessaria relazione tra concessione dei benefici, 
da una parte, e l'atto di acquisto, in r.iferimento al quale la 
concessione viene chiesta, nonch� la costruzione da effettual'lsi in attuazione 
del fine per il quale quel determinato atto di acquisto � 
stato posto in essere, dall'altra; relazione tanto stretta e necessaria da 
rimanere interrotta e travolta per effetto della successiva rivendita 

dell'area, senza che la costruzione sia stata ultimata, con la conseguenza 
della decadenza da quei benefici. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La rilevanza di tale �connessione risulta confermata dalla ratio 
della norma, che intende favorire l'assorbimento della domanda di 
abitazioni proveniente da.i ceti meno abbienti, incrementando la costruzione 
di case non di lusso con un contenimento del costo di esse 
attraverso la rinuncia parziale, ma di notevole rilievo, alle pretese 
tributarie sull'atto di trasferimento dell'area destinata alla fabbricazione. 


Orbene, la finalit� della concessione delle agevolazioni tributarie 
allo scopo di ridurre l'esborso complessivo per l'acquisto delle aree, 
quale strumento per il contenimento del costo globale della costruzione 
su cui quello esborso si ripercuote, e per favorire, quindi, il 
mer�cato delle case non di lusso, sarebbe frustrata ove fosse consentita 
la rivendita della area prima dell'inizio o del completamento della 
costruzione, poich� in tal caso la conseguita riduzione della spesa di 
acquisto dell'area per effetto degli ottenuti benefici fiscali, lungi dal 
riflettersi sul costo dell'edificio destinato ad abitazione, rimarrebbe 
assorbita nel profitto della successiva rivendita, e vanificherebbe quel 
risultato di politica economk� e quelle finalit� sociali cui la legge 
� indirizzata. 

E se questo � il principio desumibile in materia non solo dal significato 
proprio delle espressioni legislative secondo la connessione di 
esse, ma anche dalla intenzione del legislatore quale risulta dalla 
individuazione del bisogno sociale che la norma � destinata a soddisfare, 
non pu� dubitarsi che le stesse conseguenze che discendono 
dalle ipotesi gi� considerate devono essere ricollegate alla specie in 
esame, della rivendita dell'area soprastante la costruzione non ultimata. 


Si rimane invero all'interno del campo delimitato dalla fatti


specie astratta di decadenza dalle agevolazioni fiscali innanzi chiarita 

tanto se oggetto della rivendita da parte dell'acquirente dell'area edi


ficabile, che abbia chiesto ed ottenuto detti benefici, sia la stessa area 

con la soprastante costruzione non ancora ultimata, quanto se oggetto 

di essa sia il lastrico solare della costruzione non ultimata. 

Poich� la causa della decadenza dai benefici non � la rivendita in 

s�, bensi la mancata utilizzazione dell'area per la realizzazione della 

costruzione in funzione della quale i benefici stessi erano stati concessi, 

ci� che � r.ilevante nella struttura della fattispecie, � il fatto che la 

costruzione non � stata ultimata e che l'acquirente-rivenditore non 

sia pi� nella possibilit� di ultimarla, neppure nei termini finali pre


visti dalla legge per la validit� dei benefici fiscali e sotto questo pro


filo le due situazioni considerate non presentano nessuna differenza tale 

da giustificarne un diverso trattamento. 

Del resto, ai fini della legge di agevolazione di cui si discute, si 

ritiene compreso fra gli � acquisti di aree edificabili � aventi ad og



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 245 

getto la costruzione di case, anche l'acquisto, dal :proprietario di 
un'area o di un edificio, del diritto di superficie o di sopraelevazione 
(Cass., 10 marzo 1970, n. 608). 

In armonia con tali principi deve essere risolto il quesito ulteriore 
in ordine al valore da attribuirsi all'espressione �ultimazione della 
costruzione �, quale evento dal �cui verificarsi o meno dipende, nel 
concorso delle altre condizioni previste dalla legge, il consolidarsi 
dello speciale trattamento fiscale accordato su domanda �specifica, al 
momento dell'a�cquisto dell'area edificabile, o la decadenza da esso. 

Al riguardo deve essere ricordato il costante indirizzo di questa 
Suprema Corte in tema di acquisto con unico atto di area fabbricabile 
destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici;. indirizzo 
secondo il quale, per fruire in tale ipotesi dell'agevolazione sull'imposta 
di registro (art. 14 della legge n. 408 del 1949), � necessario 
che l'intero complesso edilizio venga portato a compimento entro il 
termine di legge; cio� che venga realizzat.a l'attivit� costruttiva su tutto 
il terreno :Unitariamente considerato. 

Questa giurisprudenza, che si fonda sulla ricordata ratio della 

legge, e cio� sulla stretta e necessaria relazione della concessione dei 

benefici tributar.i con l'atto in riferimento al quale la concessione viene 

richiesta e con la costruzione da effettuarsi in attuazione del fine per 

il quale quel determinato atto � stato posto in essere, sottolinea il 

collegamento che deve sussistere tra l'atto di acquisto dell'area e l'at


tivit� edificatoria che l'acquirente pro.getta di realizzare sulla stessa; 

attivit� che pu� ritenersi concretata solo con il compimento. di quelle 

costruzioni, in numero e consistenza, che costituiscono oggetto del 

�programma edilizio�, per la cui esecuzione l'atto � stato posto in 

e~ere, programma che deve, pertanto, ricevere intera esecuzione (v. in 

particolare Cass., 10 novembre 1970, n. 2316). 

N� pare seriamente contestabile �Che la coerenza del sistema im


pone di accogliere lo stesso principio anche quando l'accertamento del


l'avvenuta ultimazione della costruzione venga in rilievo agli effetti 

della decadenza per la rivendita dell'area. 

Rimane da stabilire, quando il � programma di costruzione� non 

risulti dallo stesso atto di compravendita, se e da quali elementi 

estranei all'atto esso possa desumersi. 

Sul primo punto -come osserva la sagace difesa dell'Ammini


strazione finanziaria -appare chiaro come sia la stessa legge a rinviare, 

agli effetti della determinazione della fattispecie legale agevolata, ad 

elementi estranei all'atto, cio� al fatto �costruzione�; e non sola


mente, come � ovvio, per quanto riguarda le caratteristiche strutturali 

che valgono a qualificarla come �casa di abitazione non di lusso�, ma 

anche per quanto riguavda la sua compiuta consistenza. 


246 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quanto al secondo pnnto, il dato certo ed obbiettivo che d� concreto 
contenuto alle espressioni � ultimazione del fabbricato � e � costruzione 
ultimata� (v. art. 5 d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150); che 
consente, cio�, di individuare, nell'ambito dell'ampia accezione di 
cui sono capaci tali concetti, quella che deve ritenersi propria nel 
caso concreto, in rapporto all'economia dell'atto che alla costruzione 
stessa � preordinato, � la licenza edilizia rilasciata. 

� L'obbligo di ultimazione del fabbricato a carico dell'acquirente 
dell'area, secondo il signifi.cato proprio delle parole consiste, infatti, 
nell'obbligo di portare a compimento, di condurre a termine il fabbricato 
del quale � stata iniziata la costruzione; e detto fabbricato 
non pu� essere che quello che ha formato oggetto dell'autorizzazione 
contenuta nella licenza edilizia, cio� di quello edificio che lo stesso 
acquirente ha concretamente progettato per dare esecuzione al suo 
programma costruttivo, ed in ordine al quale � stato rimosso a suo 
favore il limite all'esercizio dello ius aedificandi. 

L'esercizio dello ius aedificandi inerisce, infatti, al diritto di propriet� 
fondiaria come una delle sue concrete e peculiari manifestazioni, 
ma soggiace all'osservanza di molteplici limitazioni e prescrizioni 
commesse per legge a determinazioni della pubblica autorit�, per cui 
chiunque intenda nell'ambito del territorio com.nale procedere alla 
costruzione di un edificio deve chiedere al sindaco apposita licenza 
(art. 10 legge 6 agosto 1967, n. 755) presentando, tra l'altro, nn progetto 
tecnico dell'opera da costruire, ed � autorizzato ad edificare in 
conformit� dei progetti sottoposti all'autor.it� comunale e da questa 
approvati (in conformit� delle modalit� esecutive fissate nella licenza 
di costruzione: art. 32 legge 17 agosto 1942, n. 1150). 

In conclusione, il giudizio sulla compiutezza del "fabbricato agli 
effetti della conservazione dei benefici fiscali per il caso di rivendita 
dell'area non pu� che essere fatto con riferimento alla detta licenza, 
la quale ha autorizzato la costruzione del fabbricato il cui completamento 
viene in esame, e �Che non costituisce, pertanto -c�me sostiene 
il ricorrente -il fatto generatore di nn'obbligazione a favore del1'
Amministrazione finanziaria, ma concorre semplicemente a determinare 
in concreto la complessa fattispecie legale (acquisto dell'area per 
la costruzione di case non di lusso e costruzione delle stesse) cui la 
norma agevolatrice ha riguardo, quale elemento certo di raffronto per 
il giudizio di completezza della costruzione. 

Correttamente, pertanto, la decisione impugnata ha ritenuto che 
l'acquisto di' un'area per la costruzione di un edificio ad uso di ahitazione 
pu� usufruire deil'agevolazione sull'imposta di registro concessa 
dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, solo in quanto 
l'edificio cosi come progettato nella licenza di costruzione venga ultimato 
e portato a compimento per case non di lusso entro i termini di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 247 

legge, e che decade dal beneficio fiscale l'acquirente il quale, dopo 
avere costruito un solo piano dell'edificio progettato di sei piani, venda 
ad altri il lastrico solare su detto piano da lui costruito, perch�, il secondo 
acquirente possa, ove lo creda, ultimare l'edificio per il quale 
era �stata ottenuta la licenza. 

N� in tal caso � ammissibile -come pretende il ricorrente -la 
conservazione da parte del contribuente, di un beneficio parziale, 
perch� diventa operante il principio, vigente in materia tributaria, 
secondo il quale l'inadempimento anche parziale delle condizioni poste 
dalla legge per fruire di un'agevolazione porta alla decadenza totale 
delle agevolazioni gi� applicate; con la conseguenza che la decadenza 
inerisce all'intero contratto di acquisto, indivisibilmente riferito al 
suolo, e non alle dimensioni dell'edificio soprastante, cosi da potersi 
frazionare secondo la parte costruita rispetto a quella non costruita. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 dicembre 1972, n. 3538 -Pres. 
leardi -Est. Longo -P. M. Raya (diff.) -Compagnia Italiana dei 
Jolli Hotels (avv. Ledda) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Savarese). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Abbonamento -Cassa 

per il Mezzogiorno -Portata -Atti di enti affidatari in materia 

di credito -Estensione dell'abbonamento -Limiti. 

(1. 10 agosto 1950, n. 646, artt. 8, 17 e 26; 1. 22 dicembre 1951, n. 1575, art. 1; 
1. 29 luglio 1957, n. 634, art. 31). 
L'abbonamento di cui all'art. 26 deHa legge 10 agosto 1950, nume
�ro 646 sostituisce le imposte dovute daila Cassa per il Mezzogiorno 
per attivit� ad essa strettamente inerenti, anche se compiute in partecipazione 
con aitri enti, e per quelle afferenti ali'esecuzione1 di opere 
da parte degli enti affidatari o concessionari contemplati nell'art. 8; 
conseguentemente in materia di finanziamento e cmice�ssiolfl,e di credito 
pos�sono riteners.i inerenti alla attivit� della Cassa (che� non ha il 
potere di intervenire direttamente) le opeT.azioni eseguite:, a norma 
dell'art. 17, dagli enti affidatari che abbiano in base aile norme che li 
disciplinano, potere di esercitare ii credito nell'Italia meridionale nel 
particolare settore; non sono invece riconducibili alla attivit� della 
Cassa e soggiacciOlfl,O quindi all'imposta ordinaria, le operazioni di creditJo 
eseguite da enti non abtzitati per lo specifico setto-re o che superano 
i limiti delle relative attribuzioni (1). 

(1) Identica � l'altra sentenza in pari data n. 3539. Sulla questione 
non constano precedenti specifici. 

248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 40 -Pres. Giannattasio 
-Est. Valore -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Baccari) c. Fabrini. 

Imposte e tasse in genere -Solidariet� tributaria -Procedimento Litisconsorzio 
necessario -Esclusione. 

La solidariet� tributaria � �a ricondurre integralmente aUe regole 
della soLidariet� di diritto comune sia sotto l'aspetto sostanziale che 
sotto quello processuale; conseguentemente, non essendosi in presenza 
di un rapporto unico e inscindibile ma di una pluralit� di obbligazioni 
di identico contenuto rette da �causa unica, non si crea litisconsorzio 
necessario (1). 

(Omissis). -Con citazione 13 agosto 1962, l'Amministrazione delle 
Finanze dello Stato conveniva innanzi al Tribunale di Bologna Fabrini 
Anita, Pellecchi Ugo e Pellecchi Federico, chiedendo l'annullamento 
per mancanza di cakolo e grave errore di apprezzamento della 
decisione 19 ottobre 1961, emessa dalla Commissione Provinciale delle 
Imposte di detta citt� in merito alla determinazione di valore relativa 
alla vendita alla Fabrini di un podere appartenente ai Pellecchi. 

Costituitasi in giudizio, la Fabrini chiedeva il rigetto della domanda.
� Pellecchi Fede~ico, a sua volta, compariva di pel'sona, senza 
l'assistenza di difensore, dichiarando che il padre, Pellecchi Ugo era 
deceduto il. 31 luglio 1959. A seguito di ci�, il G.I. dichiarava l'interruzione 
del giudizio. Con ricorso 6 maggio 1963, l'Amministrazione 
attrice chiedeva la revoca di tale provvedimento, in quanto il Pellecchi 
Ugo, essendo deceduto prima della proposizione della domanda, 
non aveva assunto la qualit� di parte, e domandava, pertanto, la fissazione 
della udienza per la prosecuzione del giudiz.io. Il G.I. fissava 
l'udienza del 5 luglio successivo per la riassunzione. La Fabrini eccepiva 
l'avvenuta estinzione del processo, perch� non riassunto nel �termine 
di cui all'art. 305 c.p.c. ed, in subordine, insisteva nelle sue 
eccezioni di merito. 

Il Tribunale respingeva l'eccezione di estinzione ed accoglieva la 

domanda dell'Amministrazione, condannando alle spese la Fabrini e 

Pellecchi Federico. 

(1) Ancora una pronunzia sulla solidariet� tributaria che nega la 
necessit� del contradittorio; ed � significativa perch�, in un giudizio di 
impugnazione (per difetto di calcolo e errore di apprezzamento) di decisione 
di commissione, esclude la necessit� dell'integrazione del contradittorio 
nei confronti di una parte che aveva partecipato al giudizio nella fase 
precedente. Sull'intero problema v. C. BAFILE, I nuovi problemi della 
solidariet� tributaria, in questa Rassegna, 1972, I, 663). 
I 


II 


I 


I 


I 
I 
~~ 
~~ 




--�. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Su gravame della Fabrini, questa pronuncia veniva riformata dalla 
Corte di Appello che, con la sentenza oggi denunciata, affermava che 
l'obbligazione tributaria, nel caso di solidariet� passiva, � caratterizzata 
dall'unit� ed inscindibilit� del vincolo, in quanto il rapporto tributario 
non consente diversit� di definizione nei confronti dei singoli 
coobbligati, per l'interesse pubblico ad evitare disparit� di trattamento 
fra ,i pi� contribuenti tenuti in base allo stesso fatto generatore di 
imposta. Affermava, quindi, che al presente giudizio dovevano necessariamente 
partecipare tutti gli eredi del coobbligato Pelfocchi Ugo e 
che, pertanto, la causa andava rimessa al primo giudice, ai sensi dell'art. 
354 c.p.c., perch� disponesse l'integrazione del contraddittorio nei 
loro confronti. 

Avverso tale decisione l'Amministrazione ricorre per Cassaz.ione 
sulla base di un unico motivo. Non � presente la Fabrini. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con l'unico mezzo di ricorso, l'Amministrazione delle Finanze 

lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 331, 
354 c.p.c., 1292 e segg. e.e., nonch� l'illogicit� e contraddittoriet� della 
motivazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. si 
duole che la Corte del merito abbia ritenuto che, pur venuta meno, 
per effetto della sentenza n. 48 del 16 maggio 1968 della Corte Costituzionale, 
la rappresentanza reciproca in materia di obbligazioni 
nascenti dal rapporto di imposta, sia rimasto ugualmente fermo il 
principio della inscindibilit� ed indivisibilit� dell'obbligazione tributaria, 
affermando conseguentemente la necessit�, ai fini della instaurazione 
di un valido contraddittorio, della p~esenza in giudizio di tutti 

contribuenti in ordine allo stesso fatto generatore di imposta. 

La censura � fondata. 

In passato, questa Suprema Corte, muovendo in genere dal presupposto 
che l'obbligazione tributaria, per la sua natura pubblicistica 
che la fa essere identica nei confronti di tutti i coobbligati, � unica e 
inscindibile, aveva affermato che la solidariet� tributaria ha delle caratteristiche 
peculiari proprie che, sottraendola alla disciplina dell'analogo 
istituto di diritti privato fanno di es'sa un particolare tipo di 
consorzio originario nel quale il pericolo di decisioni e di trattamenti 
difformi viene evitato con l'attribuire a ciascuno dei coobbligati, sia 
nella fase di accertamento che in quella contenziosa, la rappresentanza 
processuale degli altri. 

Da tali principi derivava l'ulteriore conseguenza della estensione a 
tutti i coobbligati dell'efficacia del giudicato formatosi nei confronti di 
uno solo di essi. 


250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Venuto meno, al principio della mutua rappresentanza processuale, 
il conforto degli artt. 20 e 21 del r.d.l. n. 1639 del 1936 che la Corte 
Costituzionale, con la citata sentenza del 1968, ha dichiarato costituzionalmente 
illegittimi �nella parte secondo la quale, dalla contestazione 
dell'accertamento di maggior imponibile nei confronti di uno 
solo dei coobbligati, decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale 
anche nei confronti degli altri�, il problema della solidariet� 
tributaria � stato riesaminato da questa Corte Suprema che, con una 
serie di ;pronunce (Cass. 20 gennaio 1969, nn. 135 e 138; 28 ottobre 
1969, n. 3534; 3 aprile 1971, n. 943; 5 gennaio 1972, n. 13), mutando 
indirizzo, ha affermato l'esclusione di qualunque particolarit� della 
solidariet� tributaria, da ricondurre integralmente alle regole comuni 
sia sotto l'aspetto rprocessuale che sotto quello sostanziale, accogliendo 
cosi l'opinione della prevalente dottrina. 

Codesto nuovo indirizzo giurisprudenziale deve essere ribadito, 
non apparendo idonee, per discostarsene, le considerazioni della Corte 
bolognese, prevalentemente incentrate sulla natura pubblicistica della 
obbligazione tributaria. 

Tale natura invero, in mancanza di una norma concreta di diritto 
positivo, non pu� valere, da sola, a far derogare al principio generale 
secondo cui, nella obbligazione assunta da pi� soggetti identicamente 
ed in solido, si ha una pluralit� di obbligazioni rette da un'unica causa. 

N� dalle disposizioni che sanciscono la solidariet� del debito di 
imposta � possibile desumere alcun suffragio alla tesi della unit� e 
inscindibilit� della relativa obbligazione, limitandosi esse sostanzialmente 
a stabilire che i condebitori sono solidali nel pagamento: cos� 
l'art. 93 della legge di registro, l'art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 
e l'art. 12 d.l.lt. 8 marzo 1945, n. 90, in tema di imposta sulle successioni, 
l'art. 43 legge 19 giugno 1940, n. 762 in tema di imposta sull'entrata, 
e, in tema �di imposte dirette, gli artt. 16, 50, 70, 191 e 197 

t.u. 29 g.ennaio 1958, n. 645. 
Per converso, la pretesa inscindibilit� �_ nettamente contrastata, 
oltre che dalla natura stessa dell'obbligazione pecuniaria -che � 
sempre divisibile -da quella �rateizzazione � del pagamento che, 
come risulta da numerose disposizioni di legge vigenti in proposito, � 
del tutto normale in materia di imposte (artt. 12 legge registro, 65 
legge sulle successioni, 10 r.d. 22 maggio 1960, n. 316 e 195 t.u. n. 645 
del 1958). 

< 

Del pari inidoneo ad avvalorare la tesi di una diversa struttura . :: 
�: 
della solidariet� tributaria � anche l'argomento tratto dalle disposi:: 
zioni che consentono all'Amministrazione Finanziaria di compiere atti 
di accertamento in base alla dichiarazione di uno solo dei coobbligati 
(artt. 30 e 79 legge registro, 55 sulle successioni e 18 r.d.l. n. 1639 
del 1936). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Tali disposizioni mirano invero a rendere concreto ed operante il 
dovere di cooperazione che la legge pone a carico dei soggetti passivi 
dell'imposta chiamandoli a fornire gli elementi necessari per l'accertamento 
e la determinazione del tributo; e lungi dall'attribuire alle 
dichiarazioni cos� rese valore di confessione o di ricognizione di debito 
ed a farle perci� assurgere a .fonte di prova dell'obbligazione 
tributaria, valgono soltanto a fare in modo che la dichiarazione resa 
da uno dei coobbligati esoneri gli altri dall'analogo adempimento. 

Una diversa interpretazione non riuscirebbe a spiegare la presenza, 
nel sistema, di una disposizione come quella dell'art. 16, ultimo 
comma, del citato t.u. n. 645 del 1958 che -nell'ipotesi di procedure 
da proseguire nei confronti di coeredi del contribuente -con lo 
estendere a tutti l'efficacia di atti notificati ad uno di essi unicamente 
nel caso in cui gli eredi abbiano omesso di comunicare all'ufficio le 
loro generalit�, e comunque fino a sei mesi dalla morte del contribuente, 
lascia chiaramente intendere che, ove l'onere di comunicazione 
sia stato dagli eredi adempiuto, � necessario procedere a distinte 
notificazioni, con la conseguente possibilit� di autonome decorrenze 
di termini. 

Orbene, una volta accertato che la solidariet� tributaria non 
differisce dalla solidariet� comune, non pu� esservi dubbio che l'obbligazione 
solidale, non facendo sorgere un rapporto unico e inscindibile, 
ma una pluralit� di obbligazioni di identico contenuto, rette 
da una unica causa, non d� luogo a litisconsorzio necessario (Cass. 

n. 1562, del 1971), per cui non era necessaria la integrazione del contraddittorio 
nei confronti degli eredi di Ugo Pellecchi, come ha invece 
opinato la Corte bolognese, rimettendo c�nseguentemente la causa al 
primo giudice. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1973, n. 54 -Pres. Saya Est. 
Pascasio -P. M. Minetti (conf.) -Malvasia Tortorelli (avv. 
Busi e Di Segni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di successione -Deduzione di passivit� -Debiti verso pubbliche 
amministraz!oni non liquidi al momento dell'apertura della 
successione -Prova della illiquidit� -Termine -Inosservanza Decadenza. 


(r.d. :30 dicembre 1923, n. 3270, art. 50). 
I debiti verso pubbliche amministrazioni non Liquidi al momento 
deLL'wpertura del.La su,ocessione possono essere dedotti dal passivo anche 
dopo il decorso del termine di due anni daHa denuncia a condizione 
che sia dimostlrato con un certificato da presentare un mese 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

252 

prima della scadenza del biennio, cio� nel corso del 23� mese, la iLliquidit� 
del credito; ii termine del 23� mese ha riferimento sia aila certificazione 
della illiquiditd in quel tempo, sia alla presentazione all'Ufficio 
del relativo certificato (1). 

(Omissis). --Del pari infondato � il secondo motivo col quale la 
ricorrente, denunciando la v.iolazione degli artt. 50 e 115 della legge 
tributaria sulle successioni 12 e 14 delle preleggi in relazione all'articolo 
i.360 n. 3 e 5 c.p.c., sostiene che non sussisterebbe i.l'obbligo di 
produrre il .certificato di illiquidit� del debito entro l'ultimo mese 
del biennio dalla presentazione della denuncia. 

Dispone detto. articolo che � quando si tratta di debiti verso la 
Pubblica Amministrazione, non liquidi al momento dell'apertura della 
successione, � ammessa la giustificazione anche dopo la scadenza dei 
due anni dalla denuncia, se sia provato� con un certificato dell'Amministrazione 
creditrice che un mese prima di detta scadenza (quindi 
nel 23� mese) la liquidazione non era ancora avvenuta. 

In questo caso, la giustificazione deve fornirsi entro due mesi dalla 
data della liquidazione. 

Questa disposizione � stata interpretata dalla Corte d'Appello in 
conformit� della giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo la 
quale l'erede, per poter ottenere la detrazione dei debiti verso la P.A. 
oltre il biennio imposto da detto art. 50 per tutte le passivit� .in genere, 
� tenuto a produrre un mese prima dei due anni, e cio� nel corso del 
23� mese, un certificato attestante la illiquidit� del debito a quella 
data, senza possibilit� di presentare una dichiarazione precedente o 
susseguente. La �giustificazione�, ossia la prova del debito, deve essere 
fornita ne�l'ulteriore termine di due mesi dalla liquidazione (sent. 
12 agosto 1963, n. 2301; 20 novembre 1956, n. 4275). Consegue, che 
l'inosservanza del primo termine rende superflua l'osservanza del secondo. 
Peraltro, poich� la norma, nella sua testuale formulazione, condiziona 
la detraibilit� del debito alla produzione del predetto certificato: 
� se sia provato � -e lo sia entro il termine di due anni 
stabilito dal precedente comma per tutti i debiti da dedurre, compresi 
quelli verso pubbliche amministrazioni -� manifesto che la prova 
non pu� essere data successivamente, �Come si pretende dalla ricorrente. 

Trattandosi di disposizioni di carattere formale e probatorio, non 
� ammissibile diversa interpretazione che non si fondi sul letterale significato 
delle disposizioni di cui innanzi e pertanto questa Corte Suprema 
non trova motivo per una interpretazione diversa. -(Omissis). 

(1) Giurisprudenza pacifica: Cass. 12 agosto 1963, n. 2301, Riv. Leg. 
fisc., 1963, 2350; 27 gennaio 1959, n. 237, ivi, 1959, 852; 20 novembre 1956, 
n. 4275, ivi, 1957, 406. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 253 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 120 -Pres. Mirabelli 
-Est. Elia -P. M. De Marco (conf.) -Monti (avv. Cogliati 
Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di successione -Deduzione di passivit� -Debito cambiario 
-Annotazione sui libri di commercio non anteriore alla 
apertura della successione -Non deducibilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45 e 48). 
Per la deduzione dall'attivo della successfone di debito cambiario � 
necessaria, oltre� alla produzione del titolo, l'annotazione di esso nei 
libri di commercio del creditore o del debitore in data anteriore all'apertura 
della successione. Conseguentemente non � deducibile un 
debito cambiario annotato sui registri di una banca lo stesso giorno 
deU'apertura della successione (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo il ricorrente denuncia violazione 
dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle 
successioni) e successiv�e modifiche (art. 4, legge n. 206 del 1949, nonch� 
legge n. 1509 del 1960 e legge n. 69 del 1967) ed inoltre violazione degli 
artt. 1327 e.e. abrogato e 2704 e.e. vigente ed infine vizio di motivazione 
su punto decisivo, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Deduce 
il ricorrente che, erroneamente, la Corte di merito ritenne che 
il debito cambiario risultante annotato nei libri contabili della Banca 
creditrice lo stesso giorno dell'apertura della 1successione non fosse de~ 
ducibile dall'asse ereditario perch� l'annotazione non forniva la prova 
della esistenza di un debito esistente al momento della morte, ossia, 
di data certa, anteriore al decesso. Deduce il ricorrente che il quinto 
comma dell'art. 45 della legge tributaria sulle successioni stabilisce 
un trattamento particolare per la detraibilit� dall'asse ereditario dei 
debiti cambiari. Tale trattamento particolare consisterebbe nel fatto 
che, per dedurre il debito cambiario dall'asse, ove manchi il requisito 
di certezza della data, deve ritenersi sufficiente l'annotazione nei 
libri contabili. Secondo il ricorrente, mentre per i debiti risultanti da 
scrittura privata � necessaria l'acquisizione della data certa, invece 

per quelli risultanti da cambiali � sufficiente l'annotazione nei libri di 

(1) Per giurisprudenza pacifica l'annotazione del debito cambiario sui 
libri di commercio, che costituisce l'equipollente dell'acquisto della data 
certa delle scritture private, � sempre necessaria e deve essere anteriore 
all'apertur.a della successione (cfr. Cass., 22 marzo 1967, n. 652, in questa 
Rassegna, 1967, 460; 16 novembre 1971, n. 3262, Riv. leg. fisc., 1972, 1245). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

254 

commercio, oltre all'esibizione del titolo, perch� questo ha acquistata 
data certa con la morte del sottoscrittore, e l'esistenza del debito� � 
confermata dalla dichiarazione degli eredi e della Banca creditrice. 
Assume il ricorrente che, diversamente ragionand�, la disposizione del 
quinto comma dell'art. 45 della legge tributaria citata sarebbe inutile, 
in quanto le cambiali sono scritture private, e per esse, in genere, il 
secondo comma prevede il requisito della certezza di data, onde la 
disposizione del quinto comma pu� intendersi solo nel senso che, per 
le cambiali, la legge non richieda tale requisito. 

La censura � infondata. 

L'art. 1 della legge tributaria per [e successioni (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3270) assoggetta alla tassa le trasmissioni di beni e diritti 
in base al loro ammontare netto di passivit�. L'art. 20 della stessa 
legge fissa il principio .che la tassa opera al momento in cui la successione 
si apre, ossia al momento della morte de1l de cuius. Con riferimento 
implicito a tali norme l'art. 45 della stessa legge fissa, nel 
primo comma, il principio, avente valore generale, secondo cui sono 
ammessi in deduzione dall'ammontare dell'asse ereditario i debiti esistenti 
nel momento della morte. Lo stesso articolo ritiene esistenti, al 
momento della morte, le passivit� risultanti da atti pubblici o sentenze 
di data anteriore alla morte del de cuius, oppure i debiti risultanti 
da scritture private che abbiano acquistata data certa, anteriormente 
al momento della morte del dante causa, in uno dei modi previsti dall'art. 
1327 del codice abrogato (2704 del codice civHe vigente), ma 
esclude, espressamente, che la certezza di data possa derivare dalla 
morte o dalla fisica impossibilit� di scrivere �di colui, o di coloro, che 
sottoscrissero la scrittura. Per i debiti cambiari, la loro esistenza (al 
momento della morte) pu� giustificarsi quando siano annotati nei libri 
di commercio, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore. 

Risulta dal collegamento delle norme suddette il principio generale 
che la detrazione dall'asse pu� aversi solo se gli eredi dimostrano 
che '1a passivit� sia anteriore al momento della morte. Tale dimostrazione, 
che, per le scritture private, pu� darsi solo in uno dei modi di 
cui all'art. 2704 e.e., esclusa la morte o la fisica impossibilit� di scrivere 
dei sottoscrittori, invece, per i debiti cambiari, si pu� dare, anche, 
con riferimento ad un'annotazione nei libri di commercio (del debitore 
o del creditore); che, dunque, deve, in base alla rilevata ratio 
legis, essere sicuramente effettuata in un momento anteriore a quello 
della morte del de cuius. 

Ove manchi la prova, da fornirsi a cura degli eredi, nei modi 
prescritti dalla legge tributaria sulle successioni (art. 50 della legge 
medesima), che il debito esisteva anteriormente alla morte, � evidente 
che non si pu� procedere alla detrazione, nemmeno nel biennio successivo 
all'apertura della successione. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Oltre a tale prova, dell'anteriorit� del debito, rispetto al momento 
della morte del de cuius, da darsi nelle forme previste dalla legge 
fiscale, e, dunque, non con testimoni o presunzioni o altri mezzi istruttori, 
la legge esige, in aggiunta alla prova, e per maggior cautela del 
pubblico interesse, anche (art. 48, r.d. n. 3270 del 1923) che siano prodotti 
i titoli dei debiti e una dichiarazione, degli eredi debitori, e dei 
creditori, la quale affermi che il debito sussisteva �al tempo dell'aperta 
successione�, ossia al momento della morte. Il che viene a confermare 
che il presupposto della detrazione � sempre che il debito risulti esistente 
al momento della morte del de cuius. Per il combinato disposto 
dell'art. 45 e dell'art. 48 citp.ti, � chiaro che, ai fini della deducibilit� 
del debito dall'asse ereditario, non � sufficiente la dichiarazione, prevista 
dall'art. 48, n� la produzione del titolo, ma occorre dimostrare, 
coi limiti probatori fissati dalla legge fiscale, e, cio�, con atto pubblico 

o scrittura, che ahbia acquistata data certa, ai sensi dell'art. 2704 e.e. 
citato, e non per morte o fisica impossibilit� di scrivere. Per i debiti 
cambiari, la dimostrazione di anteriorit� del debito rispetto al momento 
della morte pu� essere data anche mediante l'annotazione nei 
libri di commercio, dal che deriva che tale annotazione deve risultare 
sicuramente anteriore alla morte del dante causa, debitore originario. 
L'annotazione eseguita lo stesso giorno della morte nei libri di 
commercio di un istituto bancario, essendo priva dell'indicazione dell'orario 
dell'operazione, non � sufficiente a dimostrare che essa sia 
stata eseguita anterjormente al decesso del debitore cambiario, salvo 
che l'ora del decesso risulti certamente successiva all'ora di chiusura 
del servizio bancario. 

Nella specie, come motivatamente ritenne la Corte di merito e 
come � pacifico, il de cuius decedette alle ore 10 del 1� settembre 1961 
e l'annotazione risulta eseguita lo stesso giorno della morte, e, dunque, 
poich� la morte era avvenuta prima dell'orario, notorio, di chiusura 
del servizio bancario, che alle dieci del mattino � in pieno svolgimento 
e prosegue per altre ore successive, non si pu� stabilire se l'annotazione 
sia stata posta in essere prima del decesso e, dunque, non si ha 
alcuna 'prova che il debito cambiario esistesse prima della morte. 

M legislatore fiscale ha voluto, infatti, che la deducibilit� dell'asse 
presupponga un sistema probatorio legale, dal quale esclusivamente, 
in base alla stessa legge fiscale, possa derivare la certezza, formalmente 
intesa, dell'anteriorit� del debito rispetto al momento della morte. Per 
le cambiaU, il detto sistema comprende l'annotazione nei libri di commercio, 
sempre ai fini della sicurezza che la passivit� sia anteriore 
alla morte, e, comunque, esige che l'annotazione sia anteriore al decesso, 
per poter essere efficace, alla stregua della ratio legis. 

In base a tali principi di diritto la sentenza denunciata ha accer


tato che, in fatto, nella specie, non vi era certezza che l'annotazione, 


256 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

eseguita lo stesso giorno della morte, avvenuta alle dieci del mattino, 
fosse precedente al momento del decesso, e dunque esattamente, con 
riferimento all'art. 45� della legge n. 3270 del 1923, la Corte di me1rito 
ha dichiarato che il debito cambiario di 200 milioni, rappresentato da 
cambiali emesse anche lo stesso giorno della morte, non potesse essere 
detratto dall'asse ereditario ai fini dell'imposta di successione. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1973, n. 179 -Pres. Saja Est. 
Lipari -P. M. Minetti (conf.) -Mi�listero delle Finanze (avv. 
Stato Baccari) c. Soc. Investimenti Sud Italia (avv. Gagliardi). 

Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Primo trasferimento di propriet� di terreni e fabbricati 
-Estensione alla costituzione del diritto di superficie su bene 
demaniale -Legittimit�. 

(d.I. 14 dicembre' 1947, n. 1598, art 5). 
Imposte e tasse in genere -Norme di agevolazione -Interpretazione 
estensiva -Legittimit� -Trasferimento in propriet� -Estensione 
alla costituzione del diritto di superficie su bene demaniale -Concetto 
di propriet� -Sua funzione sociale. 

Le agevolazioni tributarie previste daWart. 5 del d.l. 18 dicembre 
1947, n. 1598, coentenente disposizioni per favorire l'industrializzazione 
del Mezzogiorno, si applicano, nel concorso degli altri requisiti 
di legge, anche all'atto amministrativo di anticipata occupazione del 
demanio marittimo, con l'autorizzazione alL'immediata edificazione di 
opere permanenti per la costruzione di uno stabilimento industriale, 
in quanto tale atto, a prescindere dalla sua precariet�, pone� in essere 
un uso eccezionale del bene demaniale consentendo l'edificazione di 
uno stabilimento sul quale all'imprenditore spetter� un diritto reale 
soggettivo cor1�ispondente nei rapporti fm privati alla propriet� superficiaria 
(1). 

(1-2) La sentenza sopra riportata, con ampiezza di argomentazioni, 
affronta un problema di per s� modesto, ma estende la tr.attazione ad un 
gran numero di questioni di grande rilievo. La motivazione pu� essere 
divisa in capitoli, ciascuno rilevante anche da solo. 

La prima parte riassume l'orientamento della S.C. sulla interpretazione 
estensiva d~l d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598 e porta alla conclusione 
che l'agevolazione per il trasferimento � di propriet� " di terreni e di fabbricati 
comprende anche l'atto traslativo costituitivo del diritto di super




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 257 

In applicazione del canone ermeneutico secondo cui le norme che 
concedono agevolazioni fiscali, pur essendo insuscetitibili di interpretazione 
analogica, possono essere interpreta.te estensivamente, deve 
farsi rientrare nella finalit� di incremento industriale, accanto alla 
realizzazione di stabilimento industriale mediante trasferimento in propriet�, 
queUa che si attua a mezzo. di propriet� superficiaria dello 
stabiiimento su area demaniale, realizzando la funzione sociale della 
propriet� pubblica (2). 

(Omissis). -Il problema che questo S. C. � chiamato a risolvere 
� pertanto solo quello inter,pretativo del citato art. 5, della sua estensione 
ad atti amministrativi di concessione �precaria � di beni del 
demanio marittimo, mediante l'attribuzione del diritto di effettuare e 
mantenere le costruzioni da destinare ad impianti industriali. 

La conclusione affermativa cui � pervenuta la Corte d'appello di 
Catanzaro appare esatta, anche se la succinta linea argomentativa 
adottata merita qualche integrazione, tanto pi� opportuna in quanto 
la specifica questione viene affrontata dal S. C. per la prima volta. 

-Punto di partenza obbligato dell'indagine � il richiamo al costante 
orientamento giurisprudenziale di questo supremo collegio secondo cui 
le norme che concedono agevolazioni fiscali hanno carattere eccezionale, 
perch� derogano al principio generale dell'imposizione collegata 
ad un certo presupposto, e sono quindi insuscettibili di interpretazione 
analogica, mentre ne � ammessa l'interpretazione estensiva. (Cass., 
21 luglio 1971, n. 2376; Cass., 3 luglio 1971, n. 2074; Cass., 9 giugno 
1971, n. 1708; Cass., 29 maggio 1971, n. 1614; Cass., 10 febbraio 
1971, n. 339; Cass., 26 gennaio 1971, n. 179; Cass., 7 dicembre 
1970, n. 2585; Cass., 6 maggio 1969, n. 1540; Cass., 10 luglio 1968, 

ficie su beni privati. Segue la disamina della questione deilla creazione di 
diritti soggettivi di consistenza reale su beni demaniali risolta, secondo 
un insegnamento ormai costante, nel senso affermativo sia agli effetti 
sostanziali che a quelli tributari (Oass., 26 ottobre 1970, n. 2164, in questa 
R.assegna, 1971, 356; 7 aprile 1971, n. 1030, ivi, 860; 29 maggio 1972, n. 1680; 
ivi, 1972, I, 721); di qui l'equiparazione tra diritto di superficie su beni 
privati e uso eccezionale (concessione ad aedificandum) su beni demaniali, 
negandosi rilevanza alla temporaneit� o precariet� della concessione. 
Quest'ultima affermazione sembra invero troppo assoluta: se l'uso eccezionale 
di beni demaniali pu� creare diritti soggettivi di consistenza rea1e, 
e come tali considerati agli effetti della legge di registro, sovente accade 
che le costruzioni eseguite dal concessionario siano destinate a passare in 
propriet� dello Stato al termine della concessione, ed in tal caso, come 
pure La sentenza ricorda, il valore delle costruzioni costituisce corrispettivo 
ai fini deilla base imponibile (Cass., 7 aprile 1972, n. 1033, ivi, 1972, 
I, 483); in tale ipotesi il diritto del concessionario a tempo determinato 
su una costruzione sin dall'origine destinata a diventare di propriet� demaniale 
non sembra potersi equiparare al diritto di propriet�, cos� come pu� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

258 

n. 2392; Cass., 4 giugno 1968, n. 1688; Cass., 26 giugno 1968, n. 1269; 
Cass., 3 luglio 1967, n. 1621; Cass., 7 gennaio 1967, n. 61; Cass. 5 gennaio 
1967, n. 28; nonch� le meno recenti decisioni nn. 179-65, 2094-64, 
404-64, 699-62, 611-62, 863-61, 3030-59, 2500-59, 1191~58, 1822-57, ecc.). 
Le numerose sentenze di questa suprema Corte che hanno affrontato 
e risolto problemi interpretativi riguardanti il d.l.c.p.s. n. 1598 
in generale, e l'art. 5 in particolare, ne ribadiscono la ratio legis di 
chiarissima evidenza che � quella di favorire (incrementare, potenziare, 
incentivare, stimolare, sviluppare, attivare: secondo una gamma 
di sinonimi di sostanziale equivalenza concettuale) l'industrializzazione 
dell'Italia meridionale e insulare (cfr. ad esempio: Cass., 27 ottobre 
1966, n. 2645; Cass., 29 febbraio 1968, n. 663; Cass., 29 maggio 
1972, n. 1689). 

La valorizzazione di questa ratio ha comportato l'adozione di interpretazioni 
necessariamente estensive (e non analogiche) in coerenza 
con l'enunciato principio generale. Si � cos� ritenuto che stabilimenti 
industriali tecnicamente organizzati sono sia quelli destinati alla produzione 
di beni, sia quelli che producono servizi (Cass., 27 ottobre 
1964, n. 2645 cit.; Cass., 24 maggio 1967, n. 1134); si � allargata la 
nozione di �primo � trasferimento, precisando che l'agevolazione spetta 
non al primo trasferimento in senso cronologico, ma al primo utile ai 
fini dell'attuazione delle iniziative industriali, cio� a quel trasferimento 
di beni per mezzo tlel quale sia stata realizzata l'iniziativa (Cass., 

dubitarsi della equiparazione allo stesso diritto di propriet� della costituzione 
del diritto di superficie a. tempo determi:r;iato prevista dall'articolo 
953 e.e., sebbene ambedue questi diritti abbiano indubbiamente consistenza 
reale. 

Il capitolo che segue sUJl concetto moderno di propriet� supera il problema 
della qualificazfone dell'atto ai fini dell'imposta di registro e per 
la sua generalit� rischia di essere scarsamente utile ai fini del caso deciso 
e della definizione delle questioni tributarie connesse al trasferimento 
della propriet�; non vo1endo entrare nel vivo di tanto problema, sembra 
tuttavia si debba rilevare che appare eccessivo considerare diritto di 
propi:iet� temporanea il diritto su un bene per la durata di un solo triennio, 
entro il quale 1'1agevolazione in disamina deve consolidarsi. 

Sembra poi troppo assoluta la sottoposizione della propriet� pubblica 
agli stessi principi della funzione sociale deMa propriet� che l'art. 42 
della Costituzione riferisce alla propriet� privata; la propriet� pubblica 
svolge indubbi1amente una funzione sociale ancor pi� marcata, ma fondamentalmente 
diversa. 

L'ultima parte approfondisce il problema della interpretazione esten


siva delle norme tributarie sul solco di una giurisprudenza ormai assai 

ricca; � una trattazione assai profonda ma che pecca forse di genericit� 

perch� non offre i criteri soddisfacenti per stabilire, in riferimento alla 

specifica norma di agevolazione, il modo di individuazione della mens 

legis (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 448). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

6 novembre 1968, n. 3662; Cass., 19 ottobre 1970, n. 2080); e si � riconosciuto 
il beneficio non solo in ipotesi di trasferimento di immobili 
destinati a nuovi impianti industriali, ma anche rispetto a trasferimenti 
relativi ad opere di ampliamento, trasformazione, ricostruzione 

o riattivazione di stabilimenti gi� esistenti (Cass., 8 luglio 1971, n. 2144). 
Lo .scopo perseguito di favorire il processo di industrializzazione 
in quanto effettivamente si creino nuovi impianti industriali (o si potenzino 
quelli esistenti) impronta di s� la stessa configurazione della 
fattispecie agevolativa, scandita in due momenti : quello della concessione 
immediata, ma provvisoria, del beneficio accordato in funzione 
della prevista attuazione di una data iniziativa industriale e quello 
della definitiva conferma, o decadenza dal beneficio ove lo stesso non 
si dimostri, entro il termine di tre anni dalla registrazione dell'atto, 
che il fine sia stato raggiunto, mediante dichiarazione del Ministro per 
l'industria ed il commercio (o, dopo l'entrata in vigore della legge 
5 ottobre 1962, n. 1492 dalla Camera di commercio) costituente mezzo 
di prova esclusivo al riguardo (Cass.: 1234-58, 2288-61, 1111-63, 2334-63, 
1548-65, 553-68, 3662-68, 2046-72). 

Alla luce di questa ratio, ed in armonia con le precedenti puntualizzazioni 
giurisprudenziali, deve verificarsi la ritualit� dell'interpretazione 
estensiva: compiuta dalla sentenza impugnata. 

L'espressione �trasferimenti di propriet��, riferita ai terreni od 
ai fabbricati occorrenti all'attuazione delle iniziative industriali, ed 
apprezzata sul piano della qualificazione civilistica, certamente comporta 
l'equivalenza fra atti di trasferimento della piena propriet� ed 
atti traslativo-costitutivi del diritto di fare e mantenere al di sopra 
del suolo delle costruzioni rispetto alle quali si potr� realizzare il 
diritto di propriet� superficiaria. 

Al trasferimento di propriet� previsto per il terreno da destinare 
a fabbricati industriali corrisponde, nella previsione normativa, quello 
riguardante il fabbricato gi� costruito da utilizzare a fini industriali: 
si richiede, cio�, la � primariet� � dell'acquisto perch� si vogliono realizzare 
nuove iniziative industriali (sia pure nel senso lato del potenziamento 
di quelle esistenti); e si parla di �propriet�� rispetto alla 
acquisizione della signoria su un fabbricato da adibire ad impianti 
industriali, sia direttamente, sia attraverso il previo trasferimento delle 
aree e l'operativit� dei principi dell'accessione. 

La concessione ad aedificandum escludendo gli effetti dell'accessione, 
determina il sorgere del diritto di propriet� superficiaria sull'erigendo 
stabilimento industriale in capo all'imprenditore acquirente. 

Nessun dubbio, quindi, che sul piano civilistico, acquisto di terreno 
per costruire e acquiisto del diritto di superficie volto alla realizzazione 
della costruzione da adibire a stabilimento industriale si 
pongono su piani di sostanziale equivalenza. 


260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A suffragio dell'interpretazione restrittiva del termine � trasferimento 
di .propriet��, la difesa dello Stato non adduce alcun argomento 
nel ricorso, e nella discussione orale ha richiamato altre leggi 
agevolative in cui nell'applicazione giurisprudenziale la fattispecie dell'acquisto 
de'l diritto -di propriet� � stata mantenuta distinta da quella 
del trasferimento o della costituzione di diritti reali parziali, quali 
l'usufrutto o l'enfiteusi. Non si nega che ci� che possa farsi ove la 
struttura e la ratio della disposizione lo comportino; si tratta perci� 
di stabilire se in concreto il richiamo al trasferimento della propriet� 
di cui all'art. 5 del d.l.c.p.s. n. 1598 del 1947 sia tassativo o non riguardi 
invece situazioni di diritto reale assimilabili, come quella che, 
con specifico riguardo alla realizzazione di impianti industriali, si concreta 
nell'acquisto del diritto di propriet� sull'edificio o sul complesso 
di edifici da costruire nel suolo altrui in base alla concessione ad aedificandum, 
una volta che l'edificio sia realizzato. L'equiparazione cio� 
si pone fra il trasferimento della propriet� di un edificio a destinazione 
industriale ed il trasferimento costitutivo del diritto di costruire 
un edificio che una volta edificato diventa di propriet� del concessionario. 


Ma la sottolineatura dei tratti differenziali fra diritto reale di propriet� 
e diritto di superficie, ammesso che sia producente e rilevante 
sul piano civilistico, non presenterebbe alcuna pratica utilit� ai fini 
della disciplina dell'imposta di registro, dato che l'art. 1 della tariffa 
all. A del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 sottopone ad eguale trattamento, 
mediante assoggettamento ad imposta proporzionale � ogni altro 


, diritto reale su immobili �; dopo aver specificamente ricordato � alienazioni, 
vendite, rivendite, cessioni, retrocessioni e qualunque altro. 
atto... traslativo a titolo oneroso della propriet� dell'usufrutto, dell'uso 
e godimento di beni immobili�, senza menzionare' il diritto di 
superficie perch�-il codice civile vigente al tempo dell'emanazione 
della tariffa non ne faceva cenno (quantunque la propriert� superficiaria 
fosse gi� stata riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisP.�rudenza; 
cfr. Cass.: 330-64, 791-55, 4546-54, 1655-53). 

Consegue che l'uniformit� del trattamento impositivo ai fini dell'imposta 
di registro per gli atti traslativi onerosi di diritti reali tendenzialmente 
dovrebbe ripercuotersi sulle leggi .agevolative, le cui 
espressioni, sia tenendo presente l'eccezione introdotta alla regola deIl'impositivit�, 
vanno intes.e, ove il contra�rio non risulti puntualmentedal 
-tenore o dalla ratio della norma considernta, alla luce del principio 
della sostanziale omogeneit� fra regime impositivo che accomuna 
taluni atti e regime di esenzione introdotto per una data finalit� ri' 


I 
~:spetto� ai medesimi atti. 

Riconosciuto che il trattamento tributario di favore previsto peri 
trasferimenti ,di propriet� va applicato estensivamente anche al trasferimento 
costitutivo del diritto di superficie comportante la .pro


"' 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 261 

priet� superficiaria dell'edificio da costruire, sia in base alla qualificazione 
civilistica, sia per l'identit� del trattamento tributario dei 
trasferimenti onerosi di �diritti reali, la soluzione del caso in es1ame 
richiede due ulteriori passaggi che attengono rispettivamente alla disciplina 
giuridica dei beni demaniali �ed al regime impositivo delle 
concessioni amministrative d'us~ eccezionale relative ai beni medesimi. 

� stato ripetutamente affermato da questo supremo collegio che 
i beni che fanno parte del demanio pubblico, giusta la testuale disposizione 
dell'art. 823, primo comma, e.e., sono inalienabili, e non possono 
formare oggetto di diritti a favore di t&zi, se non nei modi e 
nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano; e che, pertanto, sono 
insuscettibili di private convenzioni anche a mezzo di negozi che non 
abbiano carattere traslativo. Tuttavia � consentito alla P. A. di costituire 
mediante concessione sui beni demaniali diritti a favore di pri� 
vati, anche con consistenza reale, nei 'limiti e con gli effetti riflettenti 
le esigenze del pubblico interesse (Cass., 31 maggio 1969, n. 1949; Cass., 
22 novembre 1969, nn. 3805 e 3806; Cass., 22 luglio 1969, n. 2764). 

Il regime dei beni demaniali dettato dalrart. 823 e.e. comporta, 

cio�, che mentre su tali beni non possono sorgere a favore di terzi 

diritti reali secondo la disciplina del codice medesimo, alla P. A. com


petente � consentito di costituire su di essi, mediante atti di conces


sione, diritti �che, fermo restando il limite del pubblico interesse, hanno 

nei confronti di tutti gli altri soggetti privati quei caratteri di assolu


tezza ed esclusivit� che sono propri dei diritti reali. Sicch� le situa


zioni giuridiche soggettive che scaturiscono da tali concessioni sono 

equiparabili a diritti soggettivi reali su cosa altrui, nei rapporti fra 

privati, mentre vanno qualificati come diritti condizionati nei con


fronti della pubblica Amministrazione concedente (Cass., 30 maggio 

1969, n. 1913; Cass., 6 agosto 1968, n. 1711; Cass., 28 febbraio 1967, 

n. 670). 
La previsione dell'insorgenza in capo al privato concessionario 
di facolt� aventi la consistenza di diritti soggettivi perfetti, assimilabili 
a diritti reali su cosa altrui � stata sempre ricondotta dalla 
giurisprudenza di questa suprema Corte alla concessione di un uso 
eccezionale su be~ demaniali (Cass., Sez. Un., 17 aprile 1971, n. 1106). 
E pur essendosi precisato che, talvolta la concessione pu� risolversi 
nell'attribuzione di diritti personali di godimento, che trovano la loro 
disciplina in un contratto ad effetti obbligatori (Cass., 18 ottobre 1971, 

n. 2932; Cass., 27 gennaio 1970, n. 176, e inoltre Cass., 3218-68; 2851-67; 
2704-64; 779-53), non si � mai dubitato� che i diritti costituiti mediante 
concessione ad aedifican,dum su beni demaniali hanno il carattere della 
realit� e vanno assimilati ai diritti reali su cosa altrui, sicch� il relativo 
atto di concessione � soggetto -di norma --all'imposta di registro 
ai sensi dell'art. 1 della tariffa all. A (Cass., 29 maggio 1972, 

262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 1680; Cass., 29 maggio 1972, n. 1688; Cass., 22 novembre 1969, 
n. 3806 cit.; Cass., 6 maggio 1968, n. 1711; Cass., 31 maggio 1969; 
Cass., 25 giugno 1960, n. 1675; Cass., 13 maggio� 1959, n. 1417). 
Deve, quindi, tenersi per fermo che la P. A. pu� concedere l'uso 
ec.cezionale del bene demaniale riconoscendo, mediante rinuncia all'accessione, 
la .propriet� separata delle costruzioni che saranno edificate 
(Cass., 31 maggio 1969, n. 1949 cit.). 

Recenti sentenze hanno affermato, a corollario della (pacifica) tassazione 
ex art. 1 della tariffa della concessione ad aedij�candum, che 

il valore della costruzione superficiaria eretta dal concessionario (nella 
specie proprio su aree del demanio marittimo) va ricondotta alla nozione 
di corrispettivo, cui fa riferimento l'art. 43, .primo comma, della 
legge reg., ai fini di stabilire la base imponibile dell'imposta proporzionale 
prevista per i trasferimenti a titolo oneroso, sicch� se nell'atto 
di concessione � stabilita l'acquisizione, a favore del concedente delle 
costruzioni superficiarie per il termine della concessione, si deve ten�er 
conto di tale valore (Cass., 19 giugno 1972, n. 1923; Cass., 1688-72; 
3806-69 e 2764-69 citate). 

Nel caso in esame l'atto di sottomissione era ordinato a consentire 

l'immediata occupaZlone di un'area del demanio marittimo del porto 
di Vibo Valentia Marittima e la societ� si impegnava ad iniziare i lavori 
giusta il progetto approvato che prevedeva l'edificazione1 di uno 
stabilimento industriale �comprendente capannoni in muratura e silos 
metallici per l'immagazzinamento e la lavorazione di mangimi e fertilizzanti 
per l'agricoltura, con tempi-differenziati e perentori per la 
realizzazione delle opere murarie e l'impianto delle attrezzature e dei 
macchinari. Il tutto in previsione di una futura concessione. 

Ma l'attribuzione del potere di erigere costruzioni stabili destinate 
alla realizzazione di un complesso industriale, integra come si � visto, 
un uso eccezionale di area appartenente al demanio marittimo, e conferisce 
al privato diritti di consistenza reale (assimilabili a quello di 
superficie). Ed, infatti, ove restasse esclusa l'applicabilit� delle norme 
ageyolative .per l'industrializzazione del Mezzogiorno, l'atto di sottomissione 
in esame sconterebbe l'imposta di registro proporzionale come 
costitutivo di diritti reali immobiliari. Tale atto (riconducibile alla 
fattispecie astratta dell'art. 38 cod. nav.) deve ritenersi, pertanto, costitutivo 
di un diritto soggettivo perfetto nei confronti dei privati a 
carattere reale e l'accessione delle costruzioni comporta il sorgere di 
una propriet� superficiaria. Ci� posto non � producente far leva sulla 
precariet� del diritto in quanto dipendente da una concessione provvisoria. 
L'eventualit� della revoca si presenta necessariamente rispetto 
a tutte le situazioni giuridiche soggettive create in base a concessioni 

f 

su beni demaniali qualificate da questo supremo collegio diritti 'I"eali 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 263 

di superficie se attribuiscono il potere di effettuare costruzioni aventi 

strutturalmente e funzionalmente carattere permanente. 

L'argomento tratto dalla possibilit� di revoca della concessione 

per escludere la realit� del diritto di erigere e mantenere costruzioni 

permanenti su suolo demaniale prova troppo perch� pretende sostan


zialmente di sovvertire il costante orientamento di questa suprema 

Corte che, nonostante la possibilit� della revoca della concessione, e 

la previsione di altri modi di estinzione del rapporto per discrezio


nale iniziativa della P. A. come il riscatto e la decadenza, considera 

le situaziqni del concessionario, che ne scaturiscono, diritti reali, sia 

pure esposti al limite del pubblico interesse. 

N� ai fini della decisione � rilevante la diversa misura di rischio 

che l'imprenditore assume nella fase di anticipata occupazione di aree 

demaniali rispetto a quella di concessione definitiva (la contrapposi


zione cio� dell'ipotesi dell'art. 38 cod. nav. a quella deil'art. 36 stesso 

codice). L'e�quiparazione da compiere ai fini tributari riguarda la si


tuazione iniziale di acquisizione di un diritto di propriet� sul suolo 

o sul fabbricato rispetto all'attribuzione di opere permanenti a destinazione 
industriale. L'uso eccezionale del suolo d� luogo alla costituzione 
di diritti reali a prescindere dalla latitudine dei poteri di diritto 
della P. A. e delle �garanzie� che l'imprenditore ha di godere nel 
tempo e mantenere i suoi diritti sugli edifici che si accinge a realizzare. 
� la struttura permanente delle costruzioni che caratterizza il 
diritto nascente dalla concessione come reale; e non la pi� o meno 
accentuata facolt� della P. A. di ordinare la riduzione in pristino. 
La difesa erariale insiste sul carattere di perpetuit�, di illimitata 
durata nel tempo quale attributo essenziale del db;�itto di propriet�, 

che non potrebbe essere temporaneo stante la sua �pienezza�. Lad


dove la propriet� superficiaria, collegata al rapporto di conceSiSione, 

integrerebbe un'ipotesi di tipica propriet� temporanea, limitata nel 

tempo dalla durata della concessione, e, pur in pendenza della con


cessione medesima, della pos�sibilit� di decadenza, revoca o riscatto 

di questa. 

Ma la contrapposizione della temporaneit� e precariet� del diritto 

del concessionario alla pretesa perpetuit� della �propriet� non appare 

. decisiva. La perpetuit�, infatti, � un carattere normale., ma non essenziale 
del diritto di propriet�, come ha messo in evidenza da tempo 
autorevole dottrina, e come � stato riaffermato vigorosamente, anche 
di recente, contro l'opinione tradizionale. Si � osservato che la propriet� 
secondo il diritto vigente, quale risulta dalla sovrapposizione 
della Costituzione al codice civile e dal superamento degli schemi del 
diritto romano classico, pu� essere concepita in termini di temporaneit�, 
e che gli elementi dai quali discende la limitazione nel tempo 
della durata del diritto di propriet� si pongono tutti all'esterno di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esso (come il termine finale) e non riguardando perci� il contenuto 
del diritto non possono assumere portata caratterizzante ed essenziale. 
Il diritto positivo del resto non sancisce direttamente la perpetuit�, 
mentre all'opposto prevede, accanto ad ipotesi di propriet� risolubile, 
casi certi di propriet� temporanea agli artt. 588, 64.9, 692, 953 e.e. 
Proprio l'art. 953 viene specificatamente .in considerazione, riguardando 
la costituzione, a tempo determinato, non solo del diritto di superficie, 
ma anche della propriet� separata, che si viene a configurare puntualmente 
come propriet� temporanea. Quindi, anche indipendentemente 
dall'esattezza della tesi circa la possibilit� di costruire una figura generale 
di propriet� temporanea, non pu� essere revocata in dubbio 
l'ammissibilit� nel nostro diritto ,della propriet� temporanea delle costruzioni 
realizzate su suolo altrui. 

La temporaneit� del diritto .di propriet� attribuito� al concessionario 
sulle costruzioni effettuate non si pone, quindi, come insormontabile 
ostacolo alla proposta interpretazione estensiva. 

E sempre dal punto di vista del diritto positivo la realit� del diritto 
sulle costruzfoni erette su suoli demaniali trova preciso riscontro 
nel codice della navigazione (prevedendosi, a proposito di concessioni 
sul demanio marittimo, la possibilit� di sottoporre a vincolo ipotecario 
le costruzioni dei concessionari). 

D'altra parte la �precariet� � della concessione sul piano di at


tribuzione del beneficio viene neutralizzata dalla struttura �del bene


ficio medesimo che, come si � gi� posto in rilievo, diviene definitivo 

solo se alla scadenza del triennio dalla (provvisoTia) registrazione a 

tas�sa fissa l'iniziativa industriale sia stata portata a termine. 

Sotto questo profilo al fisco nessun nocumento verrebbe da un 

rapporto che. non superi la durata di un triennio. Mentre la precariet� 

di una concessione ultratriennale rientra nel margine normale di du


rata proprio dell'istituto. Ma in linea di fatto, non sembra ragione


volmente prevedibile che la P. A. dopo laborioso procedimento istrut


torio si induca a consentire l'anticipato possesso e ad imporre la 

costruzione per ovdinare a breve scadenza la riduzione in pristino, 

determinando una distruzione di ricchezza e spiegando opera di disin


centivazione (disegno opposto rispetto alle finalit� di industrializza


zione perseguite), laddove l'indirizzo politico che si manifesta soprat


tutto .nelle leggi, ma opera anche al livello dell'alta amministrazione 

e delle direttive date agli uffici periferici, mira al promuovimento 

delle costruzioni industriali. 

Decorso il triennio dalla stipulazione dell'atto l'avvenuta esecu


zione delle costruzioni industriali implica la definitivit� del beneficio, 

quantunque in linea di diritto la propriet� superficiaria dello stabili


mento, dipendendo da un rapporto di concessione, resti esposta alla 

eventualit� che la P. A. eserciti la revoca o il riscatto. In questa pos



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sibilit� va ravvisato l'elemento differenziatore da superare in via di 

interpretazione estensiva, tenendo presente, oltre alle considerazioni 

svolte, che diversamente opinando dovrebbero escludersi dal regime 

di favore le iniziative industriali che si appoggiano (e talune debbono 

necessariamente farlo) a concessioni su beni demaniali. La tesi che 

qua'lora si~ lo Stato a venire incontro alle iniziative industriali con


sentendo l'erezione degli stabilimenti su aree demaniali l'imprenditore 

non possa fruire del medesimo trattamento agevolato spettante per la 

provvista di aree private lascia perplessi e non pare sostenibile. 

Tale limitazione, del tutto ingiustificata, frusterebbe, infatti, lo 

scopo della legge, circoscrivendo inopinatamente l'ambito di applica


bilit� dei benefici alle sole contrattazioni su aree e su fabbricati pri


vati, escludendo il concorso agevolato al processo di industrializzazione 

in via diretta da parte dello Stato mediante la messa a disposizione 

di aree demaniali esponendo una remora alla funzione sociale della 

propriet� pubblica. 

Il termine �propriet� � non ha nel vigente ordinamento un significato 
univoco, data la compresenza nel sistema normativo di dati apparentemente 
eterogenei come l'art. 832 e.e., l'art. 42 Cost. e le leggi 
speciali riguardanti la propriet� fondiaria, quella di aree edificabili, 
ecc. Ci� ha indotto a prospettare un orientamento pluralistico 
dell'istituto della propriet� abbracciante una molteplicit� di situazioni 
inquadrabili fra i due poli del potere di disporre in modo pieno ed 
esclusivo e della funzione sociale. Questa, pur nella diversit� delle 
�ricostruzioni offerte dalla dottrina e dall'interpretazione giurisprudenziale 
comporta, quanto meno, il riconoscimento che nella disciplina 
legislativa dei rapporti economici costituiscono fini di utilit� sociale 
da un lato gli interessi della produzione e daU'altro la protezione del 
contraente pi� debole. Propriet� e impresa, attivit� e godimento si 
presentano come diverse angolazioni di una realt� sociale che trova 
sul piano del diritto nell'iniziativa privata il suo centro unificante e 

nella funzione sociale il criterio di attuazione per realizzare nelle 

scelte individuali e pubbliche il costante adeguamento ai fini della 

collettivit�. 

La funzione sociale della propriet� �, invero, principio operante 

rispetto a ,qualsiasi situazione di propriet� sia essa privata che pub


blica (come si ricava espressamente dalla dizione dell'art. 41, terzo 

comma, Cost.); e si manifesta come dimensione dinamica, compren


siva di qualsiasi forma di 5fruttamento, godimento, utilizzazione dei 

beni (dalla semplice appropriazione di frutti alla creazione di una 

industria). 

L'art. 5 del d.l.C.P.S. n. 1598 che � stato formulato antecedente


mente all'entrata in vigore della Costituzione, nel suo riferimento ai 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

trasferimenti di propriet� ordinati a nuove iniziative industriali deve 
essere inteso alla luce dei criteri dettati dalla Costituzione medesima, 
tenendo presente il fondamentale criterio dell'unit� dell'ordinamento 
e valorizzando la ratio della legge di agevolazione che nell'iniziativa 
privata volta a realizzare l'industrializzazione del Mezzogiorno, ravvisa 
un indubbio vantaggio per la collettivit�: una funzione sociale. 

Va favorito quindi chi vuole insediarsi nel Sud per realizzare 
quelle iniziative acquistando i suoli necessari, e va favorita per converso 
la destinazione �effettiva di suoli, privati o pubblici che siano, 
ad insediamenti industriali. Caratteristica determinante � la conversione 
della propriet� del suolo, o dell'edificio, alla destinazione industriale 
e l'utilizzazione del bene (o dei diritti sul bene che assicurano 
analoga pienezza di poteri) ai fini della realizzazione della (nuova) 
impresa industriale. 

La propriet� pubblica, che non sfugge all'imperativo della funzione 
sociale, per realizzarla deve adeguarsi alla �disciplina che le � 
propria, sovrapponendo ad una forma di generica utilit� rappresentata 
dall'uso comune del bene demaniale, queila specifica destinazione 
industriale che spesso rappresenta la soluzione ottimale per l'insediamento 
di taluni impianti. 

In questa prospettiva appare evidente che il legislatore del 1947 
minus dixit quam voluit, non tenne presente specificamente il concorso 
determinante all'incremento industriale del Sud venuto dallo 
sfruttamento delle aree demaniali; ma non volle certamente escluderlo, 
impiegando l'espressione non in senso restrittivamente tecnico; e consentendo, 
comunque, tale espressione all'interprete di ricomprendere 
nella lata accezione gi� evidenziata del termine � propriet� � situazioni 
che muovendo nella direzione propriet� (pubbHca)-impresa rispondono 
pienamente alla realizzazione della funzione sociale della propriet� 
pubblica nel quadro del perseguito incremento industriale del Mezzogiorno, 
agevolato sul piano dell'imposizione tributaria, laddove si realizzi 
la conversione da una preesistente forma di propriet� in propriet�. 
industriale. 

Il richiamo della ratio della legge, da cui si sono prese le mosse, 

conferma e sugella le conclusioni raggiunte, toccando il nucleo della 

sintetica motivazione della C�rte del merito. Il trasferimento di pro


priet� cui si � riferito il legislatore riguarda tutti gli atti a cui con


seguano posizioni giuridiche soggettive di consistenza reale, equipara


bili sul piano degli effetti alla propriet� piena. Tale equiparazione 

indubbiamente opera, nella qualificazione di diritto civile, rispetto alla 

concessione ad aedificandum ed alla �conseguente propriet� superficiaria 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 267 

dell'edificio industriale. Sui beni demaniali attraverso la concessione� 
dell'uso eccezionale di edificare e mantenere costruzioni permanenti 
possono sorgere diritti soggettivi di consistenza reale corrispondenti. 
a quelli di superficie, da sottoporre in principio alla medesima disciplina 
fiscale: conseguentemente ai fini applicabili del trattamento tri-� 
butario di favore l'agevolazione prevista per il trasferimento di propriet� 
di diritto .privato va estesa alle concessioni ad aedifican.dum. 
su aree demaniali che si risolvono nella costruzione degli stabilimenti 
industriali di propriet� superficiaria dell'imprenditore, dovendosi postulare 
la funzione sociale anche e soprattutto della propriet� pubblica, 
che si realizza consentendo insediamenti industriali su aree demaniali 
da attuarsi con gli strumenti giuridici propri al regime di 
tali beni ed idonei a porre in essere posizioni sostanzialmente corri-spondenti 
a quelle privatistiche sia sul piano soggettivo che su quello 
obiettivo, donde l'ammissibilit� dell'applicazione dei benefici previsti. 
dalla legge. 

Resta da verificare se il procedimento ermeneutico fin qui seguito� 
sia da inquadrare nello schema dell'interpretazione estensiva, ovvero. 
trasmodi nell'integrazione analogica (e ci� in piena aderenza all'indirizzo 
fermissimo della giurisprudenza, e prescindendo dal saggiarne� 
la perdurante validit� alla stregua dei soggettivi orientamenti della 
dottrina che nega il fondamento della distinzione qualitativa fra processo 
di interpretazione e processo di integrazione del diritto, appiattendo, 
fino a farla scomparire, la tradizionale contrapposizione fra 
interpretazione e analogia; ed invero un'indagine del genere non sarebbe 
producente nel caso in esame in cui la .puntuale adesione ai 
criteri dettati dalla giurisprudenza consente di ricondurre agevolmente 
la soluzione accolta nell'alveo dell'interpretazione estensiva). 

Nel fissai:e i limiti dell'interpretazione estensiva questo S. C. ha 
precisato che essa � ammessa tutte le volte che nel caso non espressamente 
regolato dal legislatore ricorrono � motivi e le finalit� che� 
giustificano l'identit� della soluzione giuridica (Cass., 3 luglio 1971, 

n. 2074), ricomprendendo nell'ambito dell'agevolazione tributaria tutti 
i casi a cui �essa si possa riferire secondo� l'espressione letterale e 
la ratio tegis (Cass., 29 maggio 1971, ri.. 1614; Cass., 7 dicembre 1970, 
n. 2585; Cass., 4 maggio 1968, n. 1688; Cass., 7 gennaio 1967, n. 61), 
tutti i casi cio� oggettivamente considerati dal legislatore (Cass., 29' 
maggio 1971, n. 1612; Cass., 6 maggio 1969, n. 1540); anche se questo 
comporta che si debba attribuire un significato lessicale pi� ampio 
all'espressione letterale impiegata (Cass., 26 gennaio 1971, I).. 179) da 
determinare alla stregua dei motivi e finalit� propri della legge che 
si intende applicare per estensione (Cass., 4 febbraio 1965, n. 179). 

268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quando il significato proprio della disposizione normativa, apprezzato 
anche sulla base dei motivi obiettivi posti a fondamento della 
legge (la c.d. intenzione del legislatore) risulti pi� ampio di quanto 
un'accezione semantica rigorosamente tecnica lo comporterebbe, bisogna 
prescindere dalla terminologia impiegata (la cui correttezza e 
rigorosit� di solito non � rispecchiata nelle leggi speciali, cosi come 
avviP.ne per i codici) ricomprendendo nella norma tutti i casi che 
questa alla stregua della ratio che la sottende, � suscettibile di ab~ 
bracciare, nonostante la formula testuale cui si � fatto ricorso. Ed 
infatti ove si avesse riguardo. alla mera espressione letterale senza 
procedere ad un adeguato esame del fondamento e dello scopo della 
norma si compirebbe un'interpretazione imperfetta e contrastante con 
lo spirito della legge che va ricavato dai motivi che la detern�narono 
e dallo scopo da raggiungere (Cass., 9 giugno 1971, n. 1707). 


La dottrina tradizionale vede nell'interpretazione estensiva l'accertamento 
di una norma esistente e nell'analog�a, od integrazione, 
la � creazione � di una nuova norma. La gi1;1risprudenza di que~o 

S. C. riecheggia tale orientamento, ravvisando nell'analogia il processo 
volto a ricomprendere nella disposizione casi oggettivamente non contemplati 
dal legislatore (Cass., 29 maggio 1971, n. 1612; Cass., 6 maggio 
1969, n. 1540;. Cass., l� marzo 1967, n. 446). L'interpretazione 
analogica � consentita, quindi, per regolare una specie non prevista 
dalla legge con la disciplina prevista per un caso analogo, che abbia 
cio� lo stesso razionale fondamento, e consiste in un procedimento 
logico per risalire dalle norme espresse e particolari al principio che 
le governa per accertare se. in questo rientri anche �l caso non previsto 
(Cass., 23 novembre 1965, n. 2404; nonch� Cass., 1121-52; 2012-50; 

1802-49). 

Orbene nel caso di specie l'interpretazione � stata condotta prendendo 
per base l'espressione �trasferimento di propriet��, mirando 
ad accertare se l'espressione medesima valutata alla stregua della 
1'ati� legis ed alla luce della sopravvenuta Costituzione repubblicana, 
dovesse essere intesa secondo una restrittiva accezione tecnico-giuridica, 
oppure riguardasse anche l'acquisto della propriet� superficiaria 
dello stabilimento industriale costruito a seguito di atto di concessione 
ad aedif�candum. Si verte cio� in ipotesi di individuazione dell'oggettiva 
possibilit� di ricondurre una data fattispecie nel caso considerato, 

nonostante l'apparente rigorosit� del termine tecnico-giuridico, perch� 
il superamento di tale rigorosit� discende sia da un'esatta configurazione 
del collegamento fra diritto di superficie e propriet� superfidaria 
(che pu� essere temporanea art. 953 e.e.) sia dalla precisazione 



PARTE I, SEZ�. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 269 

della ratio Legis e si opera un'ulteriore estensione del regime agevolativo 
dal diritto di superficie regolato nel codice civile al corrispondente 
diritto reale costituito sui beni demaniali sorretta, pure, dal 
rilievo da d~rsi alla funzione sociale della propriet� pubblica. 

L'articolazione in pi� passaggi del procedimento interpretativo 
.sempre sui piano della possibilit� di ricondurre il caso in esame alla 
previsione astratta della legge intesa nella piena virtualit� del suo 
<lettato, finalisticamente orientato all'incremento dell'industrializzazione 
favorendo comunque l'utilizzazione di suoli, o fabbricati per insediamenti 
industriali, comporta una dilatazione del procedimento esten.
sivo per successive tappe, attuato mediante un consulente concorso 
di argomentazioni giuridiche, ma non incide qualitativamente sulla 
:sua essenza alla stregua del parametro distintivo dell'estensione dall'analogia. 


In conclusione: le agevolazioni tributarie previste dall'art. 5 del 
tl.l.C.P.S. 18 dicembre 1947, n. 1598, contenente disposizioni per favo-
rire l'industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare, e riguar<
ianti l'atto con -cui si pone in essere il primo trasferimento di propriet� 
di terreni o di fabbricati occorrenti per l'attuazione delle ini
�ziative industriali per l'impianto di stabilimenti tecnicamente organizzati 
in quelle regioni (percezione dell'imposta di registro e di trascri


zione in misura fissa) si applicano, nel concorso degli altri requisiti di 
legge, anche all'atto amministrativo di anticipata occupazione di aree 
�del demanio marittimo, con autorizzazione alla immediata edificazione 
di opere permanenti per la costruzione di uno stabilimento industriale 
{da portare a termine entro un perentorio termine). L'atto medesimo, 
infatti, a prescindere dalla sua precariet� (perch� ordinato ad una 
�concessione definitiva, a sua volta soggetta a revoca) pone in essere 
un uso eccezionale del bene demaniale, consentendo l'edificazione dello 
:stabilimento, sul quale all'imprenditore spetter� un diritto reale sog_
gettivo corrispondente nei rapporti fra privati, alla propriet� superficiaria 
(e sarebbe quindi assoggettabile, ove non operasse la norma 

:agevolativa, al trattamento tributario previsto dall'art. 1 della tariffa 
all. A della legge di registro per i trasferimenti di diritti reali). Per-
tanto in applicazione del canone ermeneutico secondo cui le norme che 
concedono agevolazioni fiscali, pur essendo insuscettibili di interpretazione 
analogica, possono essere Interpretate estensivamente alla stre;
gua della ratio legis deve farsi rientrare nella finalit� di incremento 
industriale accanto alla realizzazione dello stabilimento industriale me
�diante trasferimento in propriet� del terreno o del fabbricato, quella 
.che si attua a mezzo di propriet� superficiaria dello stabilimento me-
O.esimo su area di propriet� demaniale realizzando la funzione sociale 
della propriet� pubblica. �-(Omissis). 


270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 �gennaio 1973, n. 250 -Pres. Caporaso 
-Est. D'Orsi -Raspini (avv. Manfredonia) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Gargiulo). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso 
-Casa di abitazione -Nozione -Vendita di una casa di abitazione 
rientrante in un edificio non agevolato -Inapplicabilit� delle agevolazioni. 


(I. 2 luglio 1949, n. 408; 6 ottobre 1962, n. 1493; 2 dicembre 1967, n. 1212). 
La legge 2 luglio 1949, n. 408, nel prevedere le agevolazioni fiscali 
per le case di abitazione non di lusso, usa il termine� �casa � 
nei senso di �edificio�, e considera l'edificio nel suo complesso, richiedendo 
la prevalenza, in un primo tempo generica, delle unit� adibite 
ad abitazioni su quelle destinate ad uffici e negozi e, successivamente, 
in base al rapporto proporziona.le indicato dalle leggi 6 ottobre 
1962, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212. Pertanto, come viene a godere 
dell'agevolazioni la vendita separata di un'unit� adibita ad ufficio, 
quando sia compresa in un edificio rientrante nell'agevolazione, cos� 
del pari deve essere esclusa dal .beneficio la vendita separata di una 
unit� destinata ad abitazione, qualora faccia parte di un edificio non 
avente le caratteristiche richieste dall'art. 13 della legge n. 408, successivamente 
modificata con le richiamate leggi n. 1493 e n. 1212 (1). 

(Omissis). --Con il primo mezzo il ricorrente lamenta la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 17 della legge n. 408 del 2 luglio 
1949 e successive modifiche di cui alle leggi n. 1493 del 1962 e n. 1212 
del 1967, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., e sostiene che, 
essendo il beneficio previsto dalla legge n. 408 del 1949 diretto allo 
scopo di incrementare l'edilizia destinata ad abitazione, sarebbe in 
contrasto con la 'l'at'io della legge negare i benefici medesimi ad una 
singola unit� immobiliare destinata, appunto, ad abitazione. 

Il rapporto proporzionale tra unit� destinate ad abitazione ed 

unit� create ad altro scopo, avrebbe rilevanza ai fini dell'estensione dei 

benefici agli uffici e negozi, ma non influirebbe sulle unit� destinate 

ad abitazione; cui in ogni caso spetterebbero i benefici. 

Il mezzo � infondato. 

(1) Massima esatta, che si ricollega a giurisprudenza pacifica: cfr. per 
tutte, Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2176, in questa Rassegna 1969, I, 552; 
e Cass., 18 gennaio 1973, n. 176 (inedita). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 'l'RIBUTARIA 

La Corte d'appello � partita dalla premessa che le norme agevo1atrici 
(artt. 13 e 17 legge n. 408 del 1949) non fanno riferimento alle 
,singole unit� immobiliari di cui si compongono gli edifici, ma a questi 

ultimi nel loro complesso e che le singole unit�, in tanto possono go
�dere dei benefici, in quanto questi spettino all'intero edificio. Ha ritenuto 
poi che tale principio non sia stato modificato dalla legislazione 
.successiva ed ha tratto un'ulteriore conferma al suo ragionamento 
�dalla non frazionabilit� di taluni dei benefici quali quelli relativi agli 
.acquisti delle aree fabbricabili e ai contrasti di appalto e di mutuo 
-ed ha concluso che l'unica eccezione alla regola di considerare I'edi.
i�cio nel suo complesso � data dalle norme del secondo e terzo comma 
dell'art. 17 della legge n. 408 del 1949 relativamente alla vendita 
.separata dei negozi. 

Ora il ragionamento della Corte d'appello � ineccepibile. 

Questa Corte si � spesso occupata delle numerose questioni cui 
ha dato luogo l'interpretazione della legge n. 408 del 1949 e delle suc
�cessive leggi integrative e interpretative. In ordine a q.este ultime ha 
rilevato che esse hanno solo precisato la determinazione specifica del 
.criterio di prevalenza delle abitazioni rispetto agli uffici e negozi (Cass. 

10 ottobre 1971, n. 2930, 20 giugno 1969, n. 2176), di guisa che il 
carattere generale della legge n. 408 del 1949 � rimasto immutato. 

Circa il carattere della legge, pur pronunciandosi specificamente 
�su casi relativi alla spettanza o meno dei benefici a locali non destinati 
ad abitazione, questa Corte ha avuto modo di affermare il principio 
della considerazione unitaria dell'edificio ai fini del godimento o 
:meno delle agevolazioni fiscali (Cass. 23 novembre 1963, n. 3023). 

Ora � appunto nella esigenza di considerare l'edificio nel suo complesso 
che, come ha correttamente affermato la Corte d'appello, va vista 
la soluzione della causa. 

Indubbiamente la legge n. 408 del 1949 usa il termine case nel 
.senso di edificio; basti considerare la formulazione dell'art. 13 che si 
riferisce alle case di abitazione, anche se comprendono uffici e ne;
gozi, e a quella dell'art. 17, che nel primo comma si riferisce al tra;
sferimento di case, comprensive anch'01Sse di uffici e negozi. 

Anche negli altri articoli della legge le varie agevolazioni in essi 
�previste si riferiscono alle case nel loro complesso. 

Il trasferimento di parte del fabbricato (e non dell'intera casa) � 
�esplicitamente previsto dai commi secondi e terzi dell'art. 17 ai fini 
-della esclusione dal beneficio della vendita di negozi non effettuata 
�con Io stesso atto con il quale viene trasferito l'intero fabbricato o alla 
vendita isolata di negozi che costituiscono unit� economiche a s� stanti. 

Da questa esclusione � agevole dedurre, e questa Corte lo ha co.
stantemente fatto, l'inclusione nel beneficio delle vendite separate di 
.abitazioni ed uffici facenti parte di edifici agevolati. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E questa interpretazione di considerare l'edificio nel suo complesso 
e di richiedere una prevalenza, in un primo tempo generica, 
delle unit� adibite ad abitazioni su quelle destinate ad uffici e negozi 
e successivamente in base al rapporto proporzionale posto dalle leggi 
6 ottobre 1962, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212, risponde alla 
ratio della legge, quale riconosciuta dallo stesso ricorrente, di soddisfare 
il bisogno di abitazioni avvertitosi nell'immediato dopoguerra 
per le distruzioni operate dal conflitto e la stasi dell'edilizia. Ma questo 
bisogno poteva essere soddisfatto solo invogliando a costruire case di 
abitazione e non anche edifici destinati prevalentemente ad altri usi, 
anche se contenenti. qualche unit� destinata ad abitazione. La presenza 
di questa non rendeva l'edificio rispondente alle esigenze volute dal 
legislatore, come, del resto, non rispondeva a tali esigenze la costruzione 
di edifici, destinati ad abitazioni di lusso. Si volle evitare ogni 
interferenza tra agevolazioni e speculazione, viste nella previsione 
legislativa come entit� incompatibili. 

Il contenuto di alcune agevolazioni in tema di acquisto dell'area 
e di materiale esecuzione delle opere, come ha giustamente osservato 
la Corte d'appello, non pu� poi che riguardare l'intero fabbricato, di 
guisa che la regola generale resta quella della concessione del beneficio 
all'intero fabbricato ed anche ai successivi trasferimenti parziali 
con le sole eccezioni espressamente previste in ordine alla vendita 
dei negozi d�i comuni secondo e terzo dell'art. 17. 

Pertanto, come viene a godere dell'agevolazione la vendita separata 
di un'unit� adibita ad ufficio, quando sia compresa in un �fabbricato 
rientrante nell'agevolazione, cos� del pari deve essere esclusa dal 
beneficio la vendita separata di un'unit� destinata ad abitazione, qualora 
faccia parte di un edificio non avente le caratteristiche richieste 
dall'art. 13 della legge n. 408 del 1949 e successive modificazioni 
e interpretazioni legislative. 

La conclusione propugnata dal ricorrente, oltre a contrastare con 

la lettera e la ratio della legge, cos� come delineate, sarebbe anche 

illogica perch� porterebbe all'incongruenza di dover far pagare l'im


posta nella misura normale, nel caso di trasferimento dell'intero edi


ficio, anche sull'unit� destinata ad abitazione e di accordare poi l'age


volazione sull'imposta di trasferimento nel caso di vendita separata 

dell'appartamento. 

Con il secondo mezzo il ricorrente solleva la questione di legit


timit� costituzionale delle norme richiamate nel primo mezzo per con


trasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, qualora dovessero essere 

interpretate nel senso di es.eludere la spett~nza del beneficio nella fat


tispecie 'in esame. 

Vi sarebbe ingiustificata sperequazione tra l'acquirente di un ap


partamento facente parte di un edificio rientrante nell'agevolazione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

prevista dall'art. 13 della legge n. 408 del 1949 e l'acquirente di un 
appartamento similare sito in un edificio in cui siano prevalenti gli 
uffici e i negozi rispetto alle abitazioni. L'imposta poi sarebbe svincolata 
dalla capacit� contributiva del soggetto, perch� il fatto incidente 
sull'ammontare del dovuto 1sarebbe aleatorio e variabile. 

La questione negli stessi termini era stata proposta anche alla 
Corte d'appello, la quale l'ha giudicata manifestamente infondata sotto 
il profilo che ogni norma di agevolazione fiscale, posta per particolari 
finalit� legislative, comporta una situazione di favore rispetto alla 
regola generale e tale situazione per la sua intrinseca essenza non 
pu� dirsi in contrasto n� con il principio di uguaglianza, n� con quello 
della capacit� contributiva. 

E del resto, ha concluso la Corte d'appello, se in ipotesi l'eccezione 
fosse fondata, la conseguenza non potrebbe essere quella della 
concessione dell'agevolazione anche al Raspini, ma quella opposta 
del diniego dell'agevolazione a tutti i .casi agevolati con l'obbligo del 
Raspini di pagare l'imposta normale, cos� come richiestogli con l'ingiunzione. 


Questa Corte si � gi� occupata della questione relativa alla legittimit� 
costituzionale della legge 2 luglio 1949, n. 408 per il preteso 
contrasto con gli artt. 3 e 53 della costituzione e l'ha ritenuta manifestamente 
infondata (Cass. 18 febbraio 1972, n. 431; 18 ottobre 1971, 

n. 
2930). 
Tale conclusione va ribadita anche in relazione alla fattispecie 
in esame. 
Le due norme costituzionali vengono invocate sotto l'identica prospettiva 
della necessit� di assicurare al cittadino, a parit� di condizioni, 
il pagamento di una medesima imposta. Principio di uguaglianza� 
che rapportato nel campo tributario in tema di tributi indiretti e precisamente 
dell'imposta di registro, dovrebbe assicurare il pagamento 
di imposte di pari ammontare su atti di pari valore ed effetto. 

~a in realt� nella specie la normativa impugnata contempla situazioni 
�differenziate quale quella della costruzione di edifici adibiti 
in prevalenza ad abitazioni non di lusso e quella della costruzione 
di edifici non aventi tali caratteristiche. E questa diversit� di situazione 
iniziale ben pu� comportare un trattamento fiscale differenziato, 
che si pooe come eccezione alla regola generale e che ha l'intento di 
contribuire alla realizzazione dei fini propostisi dal legislatore. Per di 
pi� la situazione da cui deriva la pretesa diversit� di trattamento � 
scelta proprio dal cittadino, il quale � libero di acquistare un appartamento 
rientrante in edifici la cui costruzione � stata favorita dal 
legislatore e godere anch'egli del trattamento di favore, oppure di 
scegliere altro appartamento. 


:274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In sostanza il principio della parit� di trattamento, come ha chiarito 
la Corte Costituzionale (cfr. sentenza 6 luglio 1970, n. 114 -16 
luglio 1968, n. 102) � invocabile ogni qualvolta ci si trovi in presenza 
�di identit� di presupposti soggettivi e oggettivi, ma non anche quando 

sia razionalmente giustificata l'adozione di norme differenziate; e nella 
.specie l'adozione di norme differenziate risponde alla finalit� di politka 
legislativa sopra ricordata. -(Omissis). 

'CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 febbraio 1973, n. 515 -Pres. 
Flore -Est. Miani -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) 

c. Longo. 
�imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione fiscale 


Azione giudiziaria in pendenza del ricorso alle Commissioni 


Conseguente rinunzia al ricorso. 

In tema di imposte indirette, poich� il contribuente pu� proporre 
�contro l'ingiunzione fiscale ricorso alle commissioni oppure opposizione 
:giudiziaria, instaurando cos� due procedimenM. autonomi, deve rite


nersi che l'azione giudiziaria proposta. in pendenza del ricorso importa 
-rinunzia ad esso, con la conseguenza che viene meno la pote�st� di 
.decidere delle commissioerii (1). 

(Omissis). -Col primo motivo, l'Amministrazione ricorrente, 
�denunziando il difetto di giurisdizione della commissione centrale per 
�1e imposte, in relazione all'art. 29 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, la


menta che, sebbene fosse stata accertata la pendenza davanti all'auto


rit� giudiziaria ordinaria di un giudizio sulla medesima controversia 
.sottoposta alle commissioni amministrative, abbia ritenuto di dover 
:egualmente decidere, esercitando cosi poteri giurisdizionali che pi� 
�non le competevano in quanto l'avvenuta proposizione dell'azione giu
�diziaria importava rinunzia al ricorso in via amministrativa. 

Il motivo � fondato. 

(1) Le Sezioni Unite, con questa sentenza, si orientano a confermare 
un indiriz:z;o giurisprudenziale che aveva sub�to frequenti oscillazioni e per 
cui cfr. Cass., 23 marzo 1965, n. 478, in questa Rassegna, 1965, I, 1019, con 
:nota di G. ANGELINI ROTA con ulteriori riferimenti. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 275 

A norma dell'art. 145 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, il contribuente 
al quale viene intimato, con Lr:1giunzione fiscale, il pagamento 
di un'imposta di registro, pu� contro l'ingiunzione reclamare in via 
amministrativa o proporre opposizione in via giudiziaria. Al reclamo 
amministrativo si � poi sostituito il ricorso alle commissioni di cui 
agli artt. 22 e segg. del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, �salvo il ricorso 
all'autorit� giudiziaria � a norma dell'art. 29, comma quinto, del detto 
decreto. 

Non vi � dubbio �Che in virt� delle norme sopra dtate l'opposizione 
in via giudiziaria pu� essere proposta indipendentemente dal 
ricorso, che i due procedimenti sono autonomi e che la pendenza del 
giudizio tributario non determina la sospensione di quello ordinario. 

Non altrettanto concordi sono le opinioni circa la possibilit� che 
i due giudizi, qualora sia stato propdsto il ricorso e anche l'opposizione 
in via giudiziaria, continuino a svolgersi contemporaneamente 
fino alla loro definizione. 

Al riguardo, una corrente giurisprudenziale (Cass., Sez. Un., 30 
aprile 1949, n. 1069; Cass., 13 aprile 1960, n. 861; 13 ottobre 1961, 

n. 2125) afferma che il processo davanti alle commissioni tributarie 
e quello davanti al giudice ordinario possono continuare a coesistere 
ed hanno contemporaneo svolgimento fino a quando non sfasi formato 
un giudicato nel processo ordinario, ovvero non sia stato proposto ricorso 
per cassazione contro la decisione della commissione centrale. 
Secondo altre sentenze, invece, l'azione giudiziaria proposta in pendenza 
del ricorso importa rinunzia ad esso, con la conseguenza che 
vien meno la potest� di deddere delle commissioni tributarie (Cass., 
Sez. Un., 1� febbraio 1947, n. 123; Cass., 30 ottobre 1963, n. 2901; 
7 giugno 1966, n. 1484; 22 marzo 1969, n. 924). 
Questa seconda opinione appare preferibile. Sebbene i due sovraccennati 
proce�dimenti siano indipendenti l'uno dall'altro ed abbiano 
entrambi carattere giurisdizionale, va tuttavia rilevato che l'opposizione 
in via giudiziaria, tendente ad ottenere, attraver�so un processo 
svolgentesi con le pi� ampie garanzie del rito ordinario, una sentenza 
insuscettibile di ricorso alla giurisdizione rappresenta per il contribuente 
una maggior tutela e che perci� nell'elezione da lui fatta di 
quel mezzo di difesa del suo diritto ben pu� ravvisars�i una manifestazione 
della sua volont� di affidarsi unicamente alla decisione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, rinunziando agli atti del procedimento 
in via amministrativa. 

Tale rinunzia non abbisogna di accettazione, non avendo l'Amministrazione 
,finanziaria interesse alla prosecuzione del giudizio tributario, 
ed equivale, in questo, ad una revoca del reclamo contro l'atto 
impositivo (come ha osservato la citata sentenza n. 924 del 1969); 


276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cosfoch�, revocato il ricorso col quale il giudice amministrativo era 
stato investito dalla controversia, viene a mancare, nel giudice stesso, 
la potest� di decidere. 

Nel caso concreto le eredi Longo, come ha accertato la sentenza 
impugnata, avevano portato la controversia davanti al tribunale -di 
Lecce gi� prima dell'adunanza della commissione provinciale; esattamente, 
quindi, questa aveva ritenuta superata la procedura amministrativa. 
Tale decisione avrebbe dovuto esser confermata, per le sovraesposte 
ragioni, dalla commissione centrale; venendo in contrario 
avviso, e ritenendo di dover decidere la controversia, questa � pertanto 
incorsa nella violazione delle norme sopra indicate; e, decidendo 
ha esevcitato un potere giurisdizionale che non le competeva, stante 
la tacita rinunzia delle contribuenti, gi� nella fase di primo grado del 
giudizio amministrativo, al ricorso proposto alla commissione provinciale. 
-(Omissis). 

I 

I ~ 

II 
i: 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 113 -Pres. Caporaso 
-Est. Valore -P. M. Trotta (cornf.) -Spinelli (avv. Norrito) 

c. Mini!stero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Carusi). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto a misura -Tariffa dei 
prezzi unitari per categorie di lavoro -Determinazione del contenuto 
di ciascuna voce della tariffa -Questione di interpretazione 
contrattuale -Rilevanza degli elementi risultanti dalle analisi dei 
prezzi e dalle stime di progetto -Esclusione. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 326-330; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
art. 7). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto a misura -Riserva 
dell'appaltatore per rettifica di prezzi unitari di elenco che si 
assumono erroneamente calcolati -Improponibilit� -Sussiste Errore 
di calcolo -Esclusione -Necessit� di azione di annullamento 
del contratto per vizio del consenso -Sussiste. 
(e.e., artt. 1429 e ss.). 

Negli appalti di opere pubbliche, nei quali U prezzo sia stato pattuito 
per unit� di misura per ogni spercie o categoria di la.volT'o, la de�terminazione 
dell'esatta portata di ciascuna voce della relativa tariffa 
� questione di interpretazione�, per la soluzione� della quale� non � consentito 
il ricorso alle analisi dei prezzi o stime di pro�get.to, costituenti 
attli interni delL'Amministraziorne appaitante, destinati a rimaner�e� al 
di fuori del contenuto vincolante del contratto (1). 

L'�assunta, erronea determinaz.ione dei prezzi unitari di un contratto 
di appalto di opera pubblica noi/I. � deducibile dall'appaltatore 
mediante riserva, ma, ove ne ricorrano i pr"esupposti e le condizioni, 

(1) Sulla interpretazione del contvatto di appalto di opere pubbliche, 
v. Oass., 18 maggio 1960, n. 1255, Giust. civ., 1960, I, 2104; Cass., Sez. Un., 
22 aprile 1941, n. 1142, Foro it., 1941, I, 1098 e seg.; sulla seconda parte 
della massima, v. CrANFLONE, L'appalto di opere' pubbliche, Milano, 1964, 
584 e seg. ed ivi (note 7-9) citazioni di giurisprudenza arbitrale. 

278 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pu� da queHo esser fatta valere ne.i confronti dell'Amministrazione 
soltanto con azione di annullamento del contratto per� vizio del consenso 
(2). 

(Omissis). -La Corte del merito, nel confermare la s.entenza di 
primo grado, ha .considerato che la tesi dell'appellante -secondo cui 
i prezzi unitari complessivi per le opere da pagarsi a misura dovevano 
trovarsi in armonia con i prezzi �lementari previsti per i lavori in 
economia, dato che ad essi prezzi unitari di tariffa si perviene applicando, 
con l'impiego degli schemi di analisi tipo, i prezzi elementari 
previsti nello stesso contratto, onde i �primi andavano maggiorati per 
adeguarli ai secondi -non �era fondata; che la rappresentanza necessaria 
concordanza tra prezzi unitari e prezzi elementari, nel senso che 
questi ultimi debbono �costituire la base dei primi, non trovava, infatti, 
aLcun fondamento normativo regolamentare, n� contrattuale; che il 
regolamento del 25 magg.io 1895 era invocato a torto pevch� le norme 
in esso contenute sono dirette soltanto a prestabilire le operazioni ed 
i criteri cui la P. A. deve attenersi nella preparazione e nella compilazione 
di progetti sotto l'aspetto tecnico e sotto queno finanziario; che 
nessun elemento potevano offrire le analisi dei prezzi e le stime del 
progetto che, costituendo solo atti interni dell'Amministrazione, destinati 
a rimanere al di fuori del vincolo� contrattuale, non erano utilizzabili 
ai fini della determinazione del prez:w applicabile alle varie 
categorie di lavoro; che tale carattere interno delle analisi dei prezzi 
e dei calcoli di perizia trovava puntuale riscontro anche nelle disposizioni 
degli artt. 322 e 330 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F; 
che agli effetti del vincolo contrattuale rilevavano soltanto i prezzi 
finali, proposti dalla P. A. e liberamente accettati dall'impresa e su 
di essi non � dato tornare indietro per discutere in ordine al modo 
di formazione essendosi concluso ormai l'accordo; che l'asserita concordanza 
tra prezzi unitari e prezzi elementari resta esclusa anche 
dalla netta distinzione e indipendenza delle due tariffe, ciascuna delle 
quali risponde ad una funzione divevs�a ed assume, nell'economia del 
contratto, una posizione ed un rilievo diversi. 

Con i tre mezzi, che possono essere esaminati congiuntamente 
perch� �Connessi, il ricorrente, denunziando l'omessa e insufficiente motivazione 
circa un punto decisivo della causa, nonch� la violazione 
dell'art. 1655 e.e., in relazione all'art. 326 della legge sui LL.PP., 
degli artt. 21 e 22 regolamento n. 350 del 1895, dell'art. 1 d.l.C.P.S. 

(2) Sulla competenza arbitrale, v. Cass., 17 agosto 1946, n. 1238, Foro it., 
1944-46, 920; 19 gennaio 1948, n. 75, Giur. op. pubbl., 1948, I, 48; in dottrina, 
CIANFLONE, op. cit. a nota 1, 810. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 279 

15 luglio 1947, n. 763 e dell'art. 2 del capitolato speciale di appalto, 
si duole che 1a Corte di appello : 
a) non abbia accertato se tra i prezzi elementari e quelli unitari 
vi fosse effettiva discordanza; 

b) si sia limitata ad affermare che, non essendo stati pattuiti 
lavori in economia, i prezzi elementari sono rimasti estranei al rapporto, 
mentre detti prezzi avevano invece trovato piena applicazione 
nell'elaborazione delle analisi dei prezzi suppletori; 

c) abbia ritenuto le due tariffe (quella dei prezzi elementari e 
quella dei prezzi unitari) come ,distinte ed indipendenti --attribuendo 
ai prezzi elementari la natura di atto interno della P. A. e quindi di 
fatto estraneo all'accordo --quando, invece, dallo stesso capitolato 
speciale emergeva che l'elemento costo della mano d'ope,ra, non calcolato 
nei prezzi unitari, era venuto in contemplazione nell'incontro. 
dei consensi; 

d) non abbia conseguentemente provveduto, previa .consulenza 
tecnica, a rettificare l'errore della P. A. concernente l'omesso calcolo 
della mano d'opera. 

Le �censure non hanno fondamento. 

La tesi della necessaria concordanza tra prezzi unitari e prezzi 
elementari -nel senso che questi ultimi debbono costituire la base 
dei primi -non trova alcun fondamento � n� nelle disposizioni di 
legge n� nel contvatto, come ha posto in rilievo la sentenza impugnata. 
Alle corrette argomentazioni di quest'ultima, sopra riportate, 
va aggiunto che � un fuor d'opera voler desumere detta concol'danza 
dalle pattuizioni relative ai compensi previsti dal capitolato speciale 
per i lavori in economia, trattandosi di comp~nsi che non attengono 
al rapporto di appalto, ma ad un diverso rapporto acces,sorio, avente 
ad oggetto la fornitura di mano d'opera, materiali ed attrezzi all'Amministrazione, 
qualora la stessa li richieda, per l'esecuzione diretta a 
sua cura di alcune categorie di lavoro escluse da quelle proprie dell'opera 
data. in appalto. Non senza considerare che le suddette pattuizioni, 
nel capitolato spedale, sono previste distintamente da quelle 
relative ai prezzi unitari dell'appalto. 

Non ha, poi, maggior .consistenza il rilievo che i prezzi elementari 
avrebbero trovato piena applicazione nell'elaborazione delJ.e analisi 
dei prezzi suppletori. Le cosiddette analisi dei prezzi, cio� f'insieme 
dei calcoli compiuti per arrivare alla formazione dei prezzi base, costituiscono 
documenti extracontrattuali e non vincolanti. 

Agli effetti contrattuali, infatti, hanno rilevanza solo i prezzi finali, 
quelli cio� che sono il risultato dell'analisi e sui quali si � formato 
l'accordo. 

Ma anche a prescindere da tali considerazioni la :pretesa del ricorrente 
di disconoscere la vincolativit� dei prezzi unitari -chieden



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO 

done la rettifica -� priva di consistenza per altro assorbente motivo. 
Sulla base del dedotto errore, essenziale e riconoscibile, lo Spinelli 
avrebbe dovuto agire per l'annullamento del contratto, ma non poteva, 
sul presupposto della validit� ed efficacia 'del contratto stesso, 
formulare in corso d'opera richiesta di aumento di alcuni prezzi. Nella 
specie, infatti, non ,si tratterebbe di errore di calcolo, suscettibile di 
rettifka (art. 1430 e.e.) ma di errore sulla qualit� viziante il consenso. 
Il primo, invero, si ha quando in operazioni aritmetkhe, posti come 
chiari, sicuri e fermi i tern�ni da ,computare e il criterio matematico 
da seguire, si commette, per inesperienza o disattenzione, un errore 
materiale di cifra �che si ripercuote sul risultato finale, che � tuttavia 
rilevabile ictu ocuii, in base a quegli stessi dati e criteri, a seguito 
della ripetizione corretta del calcolo; il secondo, invece, si ha quando 
la parte ha avuto ragionevolmente una falsa rappresentazione, una 
falsa conoscenza della realt� riguardo ai dati aritmetici o al criterio 
matematico in base ai quali si debba effettuare il calcolo, che, posti 
quei dati e quel 'criterio, � invece esatto. 

Pertanto, poich� il ricorrente assume che, nel calc�lo dei prezzi 
unitari, non si sarebbe tenuto conto del costo della mano d'opera, e 
cio� sarebbe stato trascurato uno dei termini da computare,� deduce 
con ci� un errar in quantitate, �che avrebbe inficiato la sua vc5lont�, 
e non un mero errore di calcolo. 

Il ricorso va, quindi, rigettato. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 5 dicembre 1972, n. 45 -Pres. 
Flore -Est. Leone -Schoenburg Waldenburg ed altri (avv. Menghini, 
Ramalli, Ghelardi) c. Ministero dell'Agricoltura e Foreste 
(avv. Stato Tomasiechio). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Danni provocati a fondi privati dall'esecuzione 
di opere di bonifica -Proponibilit� dell'azione giudiziaria 
dei proprietari contro la P. A. esclusivamente sotto il 
profilo della richiesta di indennizzo ex art. 46 1. 25 giugno 1865, 

n. 2359 -Differenza tra indennit� e risarcimento del danno. 
(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46; r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 91; 
t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d). 
Nel caso di danni provocati a fondi privati dall'ese'cuzione di 
un'opera di bonifica, l'azione dei proprietari contro la P. A. � proponibile 
soltanto come domanda di indennizzo ex art. 46 le'gge 25 giugno 
1865, n. 2359 e, di conseguenza, l'indagine del giudice circa la 
ne,cessaria relazione causale va condotta in s�enso meramente obiet-

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 281 

tivo e riferita aLLa sussistenza o meno di u.n danno relativamente 
permanente e reale, arrecato, cio�, alia comistenza strutturate ed aUa 
naturale destinazione dei fondi dalla costruziorne dell'opera pu.bbLica, 
con escLusione di ogni diretta considerazione, come oggetto di risar�cimento, 
delle singole perdite di prodotti, di cose o di lavori, aziendali 
o di mancati lucri (1). 

(Omissi.s). In questa fase ultima del procedimento di appello, 
in cui deve provvedersi sul terzo motivo dell'appello d'�l Ministero 
dell'agricoltura e foreste, relativo alla sussistenza del nesso causale 
tra le opere di bonifica eseguite e gli eventi dannosi denunziati dall'attore, 
nesso da vedere nell'ambito dell'applicazione dell'art. 46 legge 
25 giugno 1865, n. 2359, la pronunzia � ovviamente condizionata dal-� 
l'accertamento gi� compiuto irrevocabilmente che la domanda attrice 
deve considerar.si ammissibile esclusivamente sotto il profilo dell'indennizzo 
dovuto in virt� della detta norma. Questa peraltro presuppone 
la liceit� della condotta della P. A. e circoscrive l'oggetto dell'indennizzo 
alla parte sacrificata del valore intrinseco, effettivo del 
bene che ha subito pregiudizio dall'esecuzione dell'opera pubblica, 
senza che sia possibile estenderlo alla perdita di altre utilit� e lucri. 

� stato osservato dalla Corte di cassazione (Sez. Un., 28 ottobre 
1961, n. 2481) che l'indennizzo ex art. 46 legge 2�5 giugno 1865, 

n. 2359 presuppone un danno (relativamente) permanente e reale, 
rapportabile, sul piano concettuale, ad una parziale espropriazione del 
valore intrinseco del fondo che ha subito pregiudizio, dovendo il danno 
rigual'dare il diritto di propriet� nel suo contenuto obiettivo. Questo 
contenuto i;ssenziale e limitato dell'indennizzo per cui � causa � stato 
richiamato dal tribunale regionale nella sentenza impugnata, ma non 
� stato poi mantenuto in sede di concreta applicazione nella liquidazione 
dell'indennizzo: come ha rilevato l'Amministrazione appellante, 
in tale liquidazione il tribunale, adottando i criteri di valutazione del 
consulente tecnico, ha operato piuttosto come se l'Amministrazione dovesse 
rispondere di fatto colposo, quasi che e�ssa avesse obbligo di migliorare 
la situazione anteriore degli scoli di acque nella zona di Badia 
Pozzeveri. 
Nella specie, invece, non vengono in considerazione diretta, come 
oggetto di risarcimento, le singole perdite di prodotti di cose o di lavori 
aziendali o i mancati lucri per le singole inondazioni: ma questi 
elementi debbono confluire nella valutazione del danno relativamente 

(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2.481, Foro it., 1962, I, 27l; 
ex art. 2043 e.e., v. Cass., 17 ottobre 1955, n. 3224, id. Rep., 1955, 1976, 
nn. 199-201; v. anche Cass., 12 ottobre 1.959, n. 2762, Foll'o amm., 1959, 
II, 1, 549. 

282 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D�ELLO STATO 

permanente riferibile alla diminuzione del valore intrinseco della tenuta 
Badia Poz.zeveri, causato dal pregiudizio arrecato alla consistenza 
strutturale ed alla naturale destinazione dei terreni dalla costruzione 
dell'opera pubblica. 

Quindi l'indagine circa la necessaria relazione causale va considerata 
in senso meramente obiettivo e dev'essere riferita, secondo i 
dati di fatto dedotti dalle parti, ad una situazione dete,riore per i fondi 
della tenuta suindicata, che sarebbe stata costituita con la modificazione 
del sistema di canalizzazione per il deflusso delle acque. pio'.Vane, 
disposta dalla P. A. per l'esecuzione delle opere di bonifica del comprensorio: 
;situazione deteriore per cui, in caso di precipitazioni pluviali 
consistenti o persistenti, i terreni della tenuta rimanevano allagati 
(fino all'esecuzione dei nuovi lavori di miglioramento es�eguiti nel 1954), 
con conseguenti perdite di frutti, opere lavorative, animali, ecc. 

Impostata cos� l'indagine di causalit� materiale, essa assume ovviamente 
una diversa dimensione ma approda egualmente a �rtsultato 
favorevole in buona parte all'attore� Wolf Schoenburg. 

Prima di esaminarla nel merito, deve rilevarsi, a confutazione 
di un'eccezione posta dal detto attore, che � legittima la sostituzione 
operata dal Ministero dell'agricoltura del proprio consulente di parte 
prof. De Ricco con il prof. Gaddini. La sostituzione risulta regolarmente 
dichiarata nel verbale dell'udienza del 17 aprile 1971 e tale 
dichiarazione formale, rispondente al precetto dell'art. 201 c.p.c., � pienamente 
produttiva di effetti, dato che la parte, come pu� sempre 
revocare la nomina del proprio difensore, cosi pu� revocare e sostituire 
l'ausiliare tecnico della propria difesa. Consegue che deve ammettersi 
l'esibizione delle due relazioni del nuovo consulente di parte 
ing. Gaddini, depositate nel corso dell'istruttoria in appello, relazioni 
che questo collegio � tenuto a prendere in esame insieme a tutti gli 
altri elementi relativi alla cennata residua questione di causalit� materiale, 
come precisata innanzi. 

L'indagine relativa a detto rapporto comporta anzitutto l'accertamento 
di quali fossero le condizioni della tenuta Schoenburg all'epoca 
dell'esecuzione delle opere di bonifica per cui � causa, quanto alla 
difesa nei confronti delle precipitazioni meteoriche. 

Questo collegio, che per la sua composizione si avvale di cognizioni 
tecniche specialistiche in materia di opere idrauliche e di bonifiche, 
rileva che il prof. De R1cco, non smentito dagli altri tecnici che 
hanno partecipato alle indagini nella presente controversia, . ha osservato 
che i terreni di Badia Pozzeveri sono compresi in una zona quasi 
totalmente priva di scolo naturale, tanto che il proprietario ha dovuto 
costituire un impianto idrovoro autonomo per l'eliminazione delle acque 
superficiali. Il consulente ing. Cornieri ha scritto nella sua relazione 
che prima del 1947, cio� prima che l'Ufficio del Genio civile di Pisa 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 283 

effettuasse Le opere per migliorare lo scolo dei terreni della zona, i 
fossi di scolo ivi esistenti avevano sezioni molto modeste e che anche 
dopo le opere di bonifica gi� realizzate restano tuttora sofferenze di 
scolo e impaludamenti nelle zone pi� depresse.. 

In genere � ammesso dai tecnici che la rete preesistente dei canali 
di scolo delle acque meteoriche non rispondeva ad un piano razionale 
generale, perch� realizzata secondo iniziative di beneficio privato locale. 
Deve aggiungersi che risulta dalle consulenze e dalla testimonianza 
dell'ing. Bonfanti che il controfosso della Navareccia � stato 
sempre chiuso da cateratte allo sbocco in Navareccia, con un congegno 
automatico, che consentiva il deflusso in questo colleUore delle acque 
dei �canali, che scaricavano nel controfosso, soltanto se il Navareccia 
era in grado di recepirle: �con la conseguenza che, se il Navareccia si 
trovava in piena, i canali sfocianti nel controfosso non trovavano 
sbocco e finivano per riversare le acque sui terreni limitrofi. 

Di questi allagamenti anteriori ai lavori di bonifica sono numerosi 
i cenni nelle deposizioni dei testi: anche quelli presentati dall'attore e 
per lo pi� suoi dipendenti non hanno potuto tacere che, prima dei 
lavori del Genio Civile, qualche voHa l'acqua traboccava dagli argini 
ed altre volte essa provocava piccole falle negli argini stessi (testi 
Maiocchi, Sciacqua, Santi); il teste Ceccotti ha riferito di qualche 
inondazione di limitata ampiezza in seguito alle quali con le pompe 
idrovore si riusciva sempre a smaltire l'acqua ed a riportare le cose 
alla normalit�, dopo due o tre giorni; l'ing. Bonfanti dell'Ufficio del 
Genio civile di Pisa ha riferito che egli, direttore dei lavori della bonifica 
di Bientina dal 1937, era informato che nella tenuta di Badia 
Pozzeveri si verificavano allagamenti e rotte in caso di piogge abbondanti, 
specialmente nel periodo autunnale, tanto che il proprietario dell'epoca, 
Zeloni, aveva venduto la tenuta' per disperazione. 

Un insieme di elementi validi e convergenti concorre, dunque, a 
far ritenere che i terreni di Badia Pozzeveri, per fattori naturali, presentavano 
anche prima dei lavori di bonifica per cui � causa il carattere 
di terreni soggetti ad allagamenti, in caso di precipitazioni meteoriche 
intense e prolungate. 

Intense furono le precipitazioni pluviali verificatesi nel 1949 e nell'agosto 
del 1952. L'Amministrazione appellante vorrebbe che esse 
siano qualificate eccezionali, ma i tecnici ci� hanno escluso e, mentre 
poco o nulla hanno detto per l'inondazione del maggio 1949, hanno 
de.finito le piogge del novembre 1949 e dell'agosto 1952 �precipitazioni 
di un certo rilievo, non certamente catas�trofiche o semicatastrofiche 
� : sulla base dei dati dei pluviografi pi� vicini e degli atti dell'Ufficio 
del Genio civile, il consulente ing. Carnieri ha spiegato che 
la piena del novembre 1949 fu caratterizzata, pi� che da piogge molte 
intense, da piogge abbastanza intense, susseguenti a lungo periodo pio



284 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

voso e quindi da �coefficiente di deflusso particolarmente alto; per la 
piena del 19'52 lo stesso �consulente ha rilevato che i dati pi� attendibili 
segnano la precipitazione oraria massima di mm. 30, per precipitazioni, 
per�, di breve durata. 

Anche l'ing. Gaddini, consulente del Ministero appellante, rivalutati 
i dati �disponibili, ha concluso esser solo possibile che l'alluvione 
del 1952 sia �stato eccezionale, ma che tale qualificazione non pu� dirsi 
provata; quella del 1949 fu �di portata minore. 

Deve, quindi, esser respinto il dubbio che i guasti siano stati causati 
da eventi imprevedibili ed irresistibili. Ma � un fatto certo che 
nelle cennate evenienze si � trattato di piogge di intensit� notevole, essendo 
stati abbondantemente superati gli indici medi delle precipitazioni 
nella zona in esame. E poich�, come si � detto, i terreni di Badia 
Pozzeveri, per la loro posizione e per l'insufficienza dei canali �di scolo, 
si presentavano allagabili in caso di precipitazioni meteoriche di un 
certo rilievo, deve ritenersi certo che allagamenti si sarebbero avuti 
in tali terreni per le piogge intense di maggio e novembre 1949 e di 
agosto 1952, anche senza la esecuzione delle opere di bonifica per cui 
� causa. 

A questo punto assume qualche consistenza il rilievo che le opere 
di bonifica vengono �commisu:mte, dal punto di vista tecnico, ad eventi 
normali di piena, cio� a piogge ricorrenti con frequenza annuale, l?�a 
pure valutate con un certo margine di sicurezza: questo criterio risulta 
osservato nella specie, essendo addirittura pacifico che le o.pere eseguite 
hanno caratteristiche tali da consentire lo smaltimento di acque 
pluviali. di piena normale e comunque di portate ben superiori a quelle 
dell'antica rete scolante; sembrerebbe anzi dai calcoli sulle canalizzazioni 
svolti dai diversi tecnici che le canalizzazioni stesse nei lavori di 
bonifica sono state sovradimensionate, perch� commisurate a piene di 
gran lunga superiori alle normali. 

Ma, come s'� detto, nelLa presente contestazione non vengono in 
rilievo problemi di colpa nella progettazione, esecuzione e manutenzione 
delle opere di bonifica; assume importanza primaria e decisiva il 
fatto obiettivo del pregiudizio permanente che l'opera ha prodotto ai 
terreni di Badia Pozzeveri e tale pregiudizio sussiste, nonostante il 
rispetto dei criteri tecnici riguardanti le opere di bonifica. Esso, che, 
per le cose dette innanzi, non pu� ritenersi costituito dalla condizfone 
di inondabilit� dei terreni, stato che, come si � dimostrato, preesisteva 
all'esecuzione delle opere di bonifica, � messo in evidenza dal fatto 
che nel 1949 cedette proprio l'argine dell'opera nuova, cio� del canale 
costruito per portare il Rio Tazzera a sfociare nel canale Rapecchio 
(cosidetta � allacciante �). Quest'allacciante, che taglia trasversalmente 
la tenuta, oltre che aumentare le superfici di arginatura, che di per 
s� costituiscono pericolo di inondazione per tracimazione e falle, era 



PARTE 'I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 285 

soggetta (e probabilmente � tuttora, non ostante le modifiche apportate 
al sistema di canali nel 1954) alla dinamica di correnti che determinava 
forti rigurgiti nell'allacciante medesima, con cons�eguente pericolo 
di esondazione o di falle negli argini. Il consulente tecnico ing. 
Cornieri ha appunto spiegato, sulla base dei calcoli pi� attendibili circa 
le portate dei yari �canali, che la massa d'acqua fluente dai canali 

S. Gallo e Rapecchino nel Rapecchio, non trovando adeguato ricetto, 
risali sulla destra nell'allacciante e perfino nel Tazzera, per il che nell'allacciante 
stessa si determin� un urto di onde discendenti ed ascendenti 
ed un moto ondoso certamente rilevante, che fu causa di estesa 
tracimazione, con conseguente incisione di un certo rilievo e con 
asportazione di dglio per una certa ampiezza. 
Nell'inondazione del 1952 il canale allacciante resistette, perch� 
nel frattempo era stato costruito lo scolmatore all'inizio dell'allacciante 
medesima che. smalti in parte la .piena del Tazzera : ma la corrente 
dell'allacciante passata nei Rapecchio determin� l'accumulo in detto 
canale di tale massa d'acqua, che essa, al1a stretta del ponticello sulla 
pioppeta, in parte reflui rigurgitando e determin� la frana dell'argine 
del Rapecchio medesimo ad una certa distanza dall'ostacolo del ponte. 

Quindi, da una parte, con le opere di bonifica si costru� un canale 
trasversale tra due vie di acqua, tali da determinare in caso di piena 
un contrasto di correnti nel canale stesso, pericolo.so per la resistenza 
degli argini e per:ci� causa di maggior pericolo di inondazione dei terreni 
circostanti; dall'altra, con l'allacdamento del Tazzera con il Rapeochio, 
si rese possibile l'afflusso in detto ultimo canale di ma.sse 
d'acque che lo stesso non avrebbe potuto smaltire, in caso di piena, 
per la presenza di ostacoli al deflusso di portate superiori ad un certo 
limite: anche qui con maggior pericolo di inondazione dei terreni circostanti, 
facenti parte della Badia P.ozzeveri. 

Questo maggior pericolo di esondazioni e di inondazioni � il reale 

pregiudizio della Tenuta Schoenburg indennizzabile ai sensi dell'art. 46 

della legge generale sulle espropriazioni per p.u. richiamato nell'arti


colo 140 lett. d del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. 

La riprova della derivazione causale del cennato pregiudizio dall'esecuzione 
delle opere di bonifica si ricava dal fatto che, quando 
l'Amministrazione, resasi conto degli inconvenienti procurati con le 
opere fatte, ha eseguito le modificazioni necessarie nei canali a valle 
dell'allacciante, gli inconvenienti lamentati sono cessati: anche se nel 
maggio 1965 il consulente dott. Susini ebbe ad osservare che, a seguito 
di un periodo di intense piogge, il torrente Rapecchio aveva cominciato 
a tracimare, fa�cendo temere che si ripetesse l'inondazione del 
tipo di quella del 1952, pericolo non realizzatosi perch� le piogge 
.cessarono. 


286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� ritenuto in punto di fatto, l'indennizzo� riferibile atl. danno 
cos� identificato, da una parte, non pu� essere ragguagliato ad ogni 
perdita patrimoniale risentita dallo Schoenburg peT danno emergente 

o per lucro cessante ai terreni ed all'azienda agricola di Badia Pozzeveri, 
dall'altra, deve tener conto della certezza che negli eventi 
metereologici considerati innanzi, caratterizzati da piogge intense e 
persistenti, i terreni suddetti sarebbero rimasti allagati, sia pure in 
misura meno vasta e rovinosa, anche se immutato foss�e rimasto lo stato 
dei canali e dei luoghi in genere. 
Si rende evidente cosi l'obiettiva, insuperabile impossibilit� di pervenire 
ad una determinazione dell'indennizzo esattamente rapportata 
ad elementi precisi e sicuri del pregiudizio risentito dall'attore Schoenburg. 
Di conseguenza il Collegio � costretto a stabilire tale indennizzo 
in misura equitativa, tenendo presente certamente, in via primaria, la 
notevole entit� conclamata dagli stessi organi della P. A., dei guasti 
in concreto prodotti dalle inondazioni, considerate nella maggiore portata 
distruttiva conseguente ai lavori eseguiti dall'Amministrazione 
appellante. 

Tutto valutato, questo Tribunale Superiore ritiene giusto l'indennizzo 
al netto dell'acconto versato pari al sessanta per �cento di quello 
liquidato, sulla base �di non accettabili criteri giuridici e valutativi, dal 
Tribunale Regionale nella sentenza impugnata. 

L'indennizzo, pertanto, risulta essere di L. 68. 793.330. 

L'appellato Schoenburg, che nella comparsa di costituzione in 
appello e nelle conclusioni rassegnate in questo grado aveva chiesto 
semplicemente il rigetto dell'appello proposto dal Ministero, in una 
postilla aggiunta alla memoria difensiva presentata al Coliegio ha 
chiesto l'adeguamento dell'indennizzo alla svalutazione della moneta 
intervenuta tra la data della consulenza determinativa assunta dal 
Tribunale e la data odierna di pronunzia di questo Tribunale Superiore. 


, La domanda cos� proposta non � ammissibile per violazione del 
principio del contraddittorio. N� sono conferenti i richiami alle decisioni 
�che hanno affermato essere rilevabile dal giudice anche di ufficio 
il dato della svalutazione della moneta, trattandosi di sentenze 
relative a domande di risarcimento del danno, la cui determinazione 
sia stata impugnata dal danneggiato per una maggiore valutazione del 
danno nel limite della completa reintegrazione della perdita patrimoniale 
subita: elementi questi che nella specie difettano. 

In ordine alla decorrenza degli interessi legali, che non ha costituito 
oggetto dei motivi di gravame, debbono mantenersi le decorrenze 
stabilite dal Tribunale, ovviamente tenendosi conto della riduzione al 
60 % degli importi parziali dai quali � composto l'indennizzo totale. (
Omissis). 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 287 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 16 dicembre 1972, n. 49 -Pres. 
Flore -Est. Piroso -Micillo (avv. Montuori, Marotta) c. Cassa per 
il Mezzogiorno (avv. Stato Zoboli). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Espropriazione di fondo privato occorrente 
per la costruzione di un acquedotto -Dichiarazione di 
pubblica utilit� dell'opera derivante ex lege dalla approvazione 
del relativo progetto da parte della Cassa per il Mezzogiorno Necessit� 
della contestuale pre:fissione dei termini entro i quali 
devono essere iniziati e ultimati le espropriazioni ed i lavori -Sussiste 
-Illegittimit� della deliberazione del C. di A. della Cassa 
per il Mezzogiorno d'approvazione del progetto senza pre:fissione 
ab initio dei termini ex art. 13 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Sussiste 
-S:.;tnabilit� del vizio con atto successivo -Esclusione. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13; 1. 22 marzo 1952, n. 166, art. 3). 
La prefissione dei termini entro i quali devono essere iniziate' e 
uitimate le espropriazioni e i lavori ai sensi dell'art. 13 Legge 25 giugno 
1865, n. 2359 costituisce elemento essenziale di quatsiasi dichiarazione 
di pubblica utilit� e deve essere effettuata ab origine, anche 
quando tale dichiarazione derivi ope legis dall'atto di approvazione 
del proget.to dell'opera, dovendosi escludere la possibilit� di una prefissione 
in s,anato1'ia, con apposito, successivo, atito, integrativo di queUo 
originario (1). 

(Omissis). -Passando all'esame del merito, osserva il ,collegio 
che fondato appare l'unico motivo dedotto nei primi due ricorsi. La 
giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare: Ad. Plen. 2 luglio 
1958, n. 382, e IV Sez. 14 luglio 1959, n. 767; 4 marzo 1960, n. 245) 
e di questo Tribunale Superiore 30 dicembre 1960, n. 41, 11 marzo 
1964, n. 8) � concorde nel ritenere che� la pre.fissione dei termini entro 
i quali devono essere iniziati e ultimati le espropriazioni e i lavori, ai 
sensi dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, costituisce elemento 
essenziale di qualsiasi dichiarazione di pubblica utilit� e deve 
essere effettuata anche quando tale dichiarazione derivi ope legis, come 
nella specie, dall'atto di approvazione del progetto.. Inducono a tale 
conclusione, dalla quale il collegio non ha alcuna ragione di discostarsi, 
sia l'imperativit� della formula usata nel citato art. 13 sia la 
finalit� della norma, 'Che � ovviamente quella di non lasciare all'ar


(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 marzo 1960, n. 245, Il Consiglio di Stato, 
1960, I, 357, sitb 3; Ad. Plen., 2 luglio 1958, n. 18, id., 1958, I, 773. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

288 

bitrio dell'espropriante la facolt� di attuare e portare a compimento 
iniziative che toccano i diritti del proprietario espropriato, del quale 
altrimenti verrebbe frustrato anche il diritto alla retrocessione, previsto 
nel capo VII della legge del 186,5. 

Tali considerazioni portano altres� a ritenere, anche qui in armonia 
con la precedente giurisprudenza di questo Tribunale Superiore 
(11 marzo 1964, n. 8) che l'atto iniziale del procedimento espropriativo, 
nella specie la menzionata deliberazione 25 giugno 1954, numero 
134/A-3, della Cassa per il Mezzogiorno, invalido per la mancata 
indicazione dei termini di inizio e di compimento delle espropriazioni 
e dei lavori, non pu� succes1sivamente ess'ere sanato con altro atto 
che stabilisca i termini, non fissati ab initio. Ne consegue che anche le 
deliberazioni della Cassa per il Mezzogiorno in data 4 aprile 1962, 
28 luglio 196'5 e 30 novembre 1966, che avevano il dichiarato scopo 
di .confermare e integrare quella originaria di approvazione del progetto, 
sono illegittime per tale assorbente considerazione, che rende 
superfluo l'esame degli ulteriori vizi denunciati dal ricorrente. 

In conclusione: i ricorsi in esame sono fondati e vanno accolti, 
con l'annullamento dei provvedimenti con essi impugnati. -(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 3 maggio 1972, n. 2965 " Pres. 
Leone A. -Rei. Pignataro -P. M. Bruno (conf.) -Rie. Ragazzini. 

Reato -Peculato -Momento consumativo del reato -Restituzione o 

volont� di restituire -Irrilevanza -Peculato d'uso -Configura


bilit� -Condizioni. 

(c.p., art. 314). 

n peculato avente ad oggetto cose di quantit� come il danaro si 
re-alizza nei mom�nto in cui l'agente si approrpria dolosamente deHe 
cose o d� a queste una diversa destinazio1Y1,e; il fine o i motivi per cui 
ha �agito il colpevole SOlfl,O irrilevanti rispetto aHa consumazione del 
reato, che � perfetto nonostante l'intenzione dell'agente di restituire 

o l'effettiva restituzio1Y1,e del tolto. 
Infatti il pubblico ufficiale ha l'obbligo di rispondere in ogni 
momento deLle cose affidategli per ragioni di ufficio, e il cosiddetto 
peculato d'uso � configurabile solo quando sia commesso da chi � consegnatario 
di cose di specie (1). 

(1) � affermazione costante in giurisprudenza che il peculato d'uso 
ricorre soltanto quando sia commesso su cose di specie e non di quantit�: 
Cass., 27 maggio 1967, n. 2033 in Cass. Pen. Mass. annotato, 1968, pag. 1267, 
m. 2033; 10 maggio 1963 in Giust. Pen., 1964, II, c. 181, m. 203; 23 febbraio 
1962 in Cass. Pen. Mass. annotato, pag. 535, m. 958. 
Per quanto concerne il momento consumativo del reato, � giurisprudenza 
costante che, essendo il peculato reato istantaneo, il momento consumativo 
� quello in cui si verifica la dolosa appropriazione. Perci� nel 
caso di vuoto di cassa non pu� aversi reato tentato, ma reato consumato 
anche se il reo restituisca il denaro prima della scadenza del termine di 
rendiconto (Cass., 7 giugno 1969, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, 
pag. 1178, m. 1716). Cos� � stato affermato che l'ufficiale postale che faccia 
uso del denaro pervenuto 1agili ufficd postali periferici commette peculato, 
essendo irrilevante che prima della scadenza del termine mensile fissato 
per la trasmissione alla direzione provinciale dei titoli giustificativi, 
abbia rimborsato il denaro prelevato, av�endo l'obbligo di rispondere in 
ogni momento del denaro affidatogli (Cass., 29 ottobre 1969, in Cass. Pen. 
Mass. annotato, 1970, pag. 1499, m. 2237. 

Tuttavia � stato riconosciuto insussitente il peculato quando il pubblico 
ufficiale abbia utilizzato momentaneamente sia puve a scopo per




290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA PELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 31 maggio 1972, n. 3937 -Pres. 
Leone A. -Rel. Bifani -P. M. De Sanctis (conf.) -Rie. Morgantini 
ed altra. 

Procedimento penale -Difesa e difensori -Incompatibilit� -Estremi 
e limiti. 
(c.p.p., art. 133). 

La nullit� conseguente a incompatibiUt� del difensol/"e non si verifica 
per il solo fatto che un difensore abbia assunto ii patrocinio di pi� 
imputati, e nemmeno quando alcuno di essi abb.ia chiamato in correit� 
un altro, ma soitanto quando fra due o pi� imputati, .assistiti dal mecfosimo 
difensore, vi sia un contrasto attuale ed effettivo, tale� che l'assunzione 
di una tesi difemiva a favore di uno riesca pregiudizievole 
aLL'altro (1). 

sanale una somma di cui :abbia la disponibilit� sapendo di essere in grado 
in modo certo di restituirla immediatamente: in tal caso si avrebbe infatti 
una mera operazione di scambio tra due uguali partite di denaro� costante 
(Cass., 29 settembre 1964, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1965, pag. 268, 

m. 464; v. in dottrina ANTOLISEI, Manuale di dir. pen., �parte specia~e, 
vol. II, 1960, pag. 635; R1cc10, I delitti contro la P. A., 1955, pag. 191). 
(1) Come � noto, � affermato in giurisprudenza il principio che la 
nullit� del giudizio derivante dalla inconciliabilit� dellla difesa di pi� 
imputati, affidata ad un comune difensore, ha carattere assoluto ai sensi 
dell'art. 185, n. 3 c.p.p. e ci� in conformit� alla decisione della Corte costituzionale, 
27 novembre 1959, con la quale � stata dichiarata l'illegittimit� 
costituzionaQe della norma contenuta nel primo comma, II proposizione, 
dell'art. 133 c.p.p. che prevedeva una forrp:a di sanatoria della nullit� 
(v. Cass., 22 gennaio 1968, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1968, pag. 1288, 
m. 2060). 
Per quanto concerne gli estremi e i limiti della incompatibilit� della 
difesa degli imputati, � giurisprudenza costante che la mera possibilit� 
in rastratto che si generi un contrasto fra coimputati non � sufficiente peTch� 
possa riconoscersi l'esistenza effettiva di un conflitto. � invece necessario 
che la situazione processua1e sia tale per cui la posizione difensiva di uno 
degli imputati non si concili con quella dell'altro, il che accade quando 
uno di essi abbia interesse giuridico a f1are affermazioni difensive pre:
giudizievoli all'altro e quindi a sostenere una tesi difensiva che possa riuscire 
di nocumento al coimputato (Cass., 22 gennaio 1968, in Cass. Pen. 

Mass. annotato, 1968, pag. 1416, m. 2280). 

La situazione di incompatibilit� per altro deve essere effettiva ed 
attuale e il conflitto di interessi reale ed obiettivo,. sicch� non pu� essere 
costituito da un semplice contrasto nelle dichiarazioni rese dagli imputati 
(Cass., 14 dicembre 1965, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1966, pag. 906, 

m. 1418; 21 novembre 1966, ivi, 1967, pag. 1167, m. 1799; 18 ottobre 1966, 
ivi, 1967, pag. 1018, m. 1578). � stato altres� affermato che l'incompatibilit� 
della difesa collegiale non consegue necessariamente all'imputazione di 
..concorso nel reato n� alla chiamata di correo, in quanto la valutazione 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 291 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 dicembre 1972, n. 8542 -Pres. 
Rosso -Est. Piroddi -P. M. De Sanctis (conf.) -Rie. Capitano ed 
altri. 

Procedimento penale -Decreto di irreperibilit� -Emissione anteriore 

alla data di arrivo delle informazioni sulle ricerche effettuate per 

accertare il domicilio dell'imputato -Legittimit�. 

(art. 170 c.p.p.). 

� validamente emesso il decreto di irreperibiiit� dell'imputato 
anche se sia anterio~�e al foglio di informazioni della polizia giudiziaria, 
quando dalle carte processuaLi possa trarsi la logica presunzione 
che ii magistrato che eman� ii decreto era, a conoscenza delle 
indagini compiute. (Nel caso di specie il decreto di irreperibiLit� porta 
una data di un giorno anteriore a quello del foglio di informazioni 
della poHzia giudiziaria, ma venne notificato in questo stesso giorno) (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, Mafara Francesco 
eccepisce la violazione dell'art. 170 c.p.p. per erronea dichiarazione di 
irreperibilit� e contumacia, sotto il profilo che il relativo decreto 

della incompatibilit� della difesa comune deve essere fatta con esclusivo 
riferimento alla concreta situazione processuale (Cass., 19 aprile 1969, in 
Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 1234, m. 1204). Coerentemente � stata 
esclusa la sussistenza del contrasto di interessi quando il coimputato abbia 
ritrattato fin dalla fase delle indagini della polizia giudiziaria la chiamata 
di correo ,assumendo con il proprio comportamento negativo la medesima 
posizione processuale del chiamato in correit� (Cass., 14 novembre 1968, 
in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 514, m. 701) e quando il chiamante 
in correit� non tragga n� possa trarre alcun giovamento dalla chiamata 
stessa e se quindi il dif.ensore comune nell'esplicazion~ del suo mandato 
non abbia ragione di far uso di tale elemento a scopo difensivo (Cass., 
15 ottobre 1969, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1970, pag. 1534, m. 2316). 

Per quanto concerne i limiti dell'indagine del giudice di legittimit�, 
� stato �afformato che la Corte di cassazione, quando sia chiamata a decidere 
sull'asserita violazione dell'art. 133 c.p.p., pu� accertare se la situazione 
di pi� imputati difesi nel giudizio di merito da un unico difensore 
sia stata tale da determinare incompatibilit� della dif.esa (Cass., 8 febbraio 
1965, in Cass. Pen. Mass. annotato, 1966, pag. 96, m. 91). 

(1) La decisione della Suprema Corte nella sentenza che si riporta 
appare corretta e lontana dail formalismo interpretativo che sosteneva la 
tesi esposta dalla difesa: l'art. 170 c.p.p. non pone invero una rigorosa 
subordinazione del decreto di irreperibilit� al1a previa comunicazione formale 
dell',esito delle ricerche, ma dispone soltanto che: � il giudice o il 
pubblico ministero dopo aver disposto nuove ricerche... emette decreto �. 
Se � vero quindi che nella ratio legis presupposto dell'�emanazione del 
decreto di irreperibilit� � che si abbia notizia del vano esito delle ricerche, 

21 



292 

RASSEGNA DE�LL'AVVOCATURA DELLO STATO 

venne emanato prima che pervenissero le informazioni della polizia 
giudiziaria sulle ricerche eseguite per accertare il suo domicilio. L'eccezione 
�, infatti, infondata. Se � vero, infatti, che il decreto� di irreperibilit� 
porta una data anteriore di un giorno a quello del foglio di 
informazioni della polizia giudiziaria, � pur vero che il decreto venne 
notificato lo stesso giorno, ci� che fa logicamente presumere che il 
magistrato che eman� il decreto era gi� a conoscenza delle indagini 
compiute quando l'eman�, conoscenza che poteva anche avere per informazione 
verbale ricevuta dall'organo competente. Poich� pertanto, 

non � stata posta in essere alcuna violazione del 
traddittorio e dei diritti della difesa, l'eccezione 
gersi. -(Omissis). 

principio del constessa 
deve respin


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non � men v�ero che questa notizia non deve essere formalmente documentata 
dall'anteriorit� della data sull'atto scritto che la fornisce, poich� 
tanto la legge non richiede. 

� quindi lecita la prova per presunzioni, cosi come in motivazione 
afferma la sentenza, purch� tratta dalle carte processuali. � stato infatti 
affermato in dottrina che il concetto considerato nell'art. 170 � quello della 
irreperibilit� processuale, sicch� sono irrilevanti le notizie circa il r�ecapito 
dell'imputato pervenute all'Autorit� giudiziaria da altre fonti che non 
siano quelle richieste dietro suo ordine (v. CAVALLARO, Le notificazioni nel 
processo penale, 1959; pag. 239). V. in giurisprudenza, per l'irrilevanza delle 
notizie fornite ex post dall'imputato, Cass., 22 giugno 1967, in Cass. Pen. 
Mass. annotato, 1969, pag. 159, m. 184; 6 maggio 1968, ivi, pag. 676; m. 1022; 
23 gennaio 1968, ivi, pag. 159, m. 183. 



PARTE SECONDA 



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QUESTIONI (*) 


Comunit� europee -CEE -Prodotti esenti da prelievo -Supplemento 
di prelievo -Se sia applicabile. 

Se sia legittima l'applicazione di un supplemento di prelievo su prodotti 
dichiarati esenti da prelievo. (Trattato C'EE ratificato con legge 
14 ottobre 1957, n. 1203; Circ. Min. Fin. Dir. Gen. Dogane UTCO 1966/373, 
prot. 6363, 25 luglio 1966). 

(Cont. 173/73, Alessio c. Finanze, Avv. Stato Argan). 

Comunit� europee -CEE -Decisione del Consiglio dei Ministri CEE Se 
possa ritenersi esecutiva in Italia. 

Se una decisione del Consiglio dei Ministri C.E.E. (che autorizza la 
Repubblica italiana a maggiorare i prelievi sulle importazioni da Paesi 
terzi di carni bovine) possa spiegare efficacia, pur non essendo stata resa 
esecutiva in Italia inei modi di cui all'art. 4 del d.l. 23 febbraio 1964, 

n. 1351. (Trattato e.E.E. ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, 
Circ. Min. Fin. Dir. Gen. Dogane UTCO 9166/373, prot. 6363, 25 luglio 
1966. Inoltre: d.l�. 23 febbraio 1964, n. 1351, art. 4). 
(Cont. 173/73, Alessio c. Finanze, Avv. Stato Argan). 

Comunit� Europee -CEE -Norme di abolizione del diritto di sta� 
tistica -Se abbiano immediata forza precettiva. 

Se gli artt. 18 e 20 del regol. C.E.E. 4 aprile 1962 hanno portata precettiva 
immediata di abolizione, con decorrenza dal 1 luglio 1962, del 

� diritto di statistica �; del � diritto per servizi amministrativi � e delle 
�tasse �di sbarco� per le importazioni di cereali, soggette al regime sostitutivo 
dei �prelievi agricoli �. (Regol. e.E.E. 4 aprile 1962, n. 19; artt. 42 
e segg. disposiz. prelim. tariffa d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723; l. 15 giugno 
1950, n. 330; l. 21 dicembre 1921, n. 1592). 
(Cont. 37/73; Soc. Carapel'li c. Dogane Genova; Avv. Stato Cipparone). 


(*) Vengono qui pubblicate le questioni di particolare interesse e di attualit� 
che si agitano in sede contenziosa, con l'indicazione del numero del contenzioso e 
del collega incaricato per favorire il collegamento con altri colleghi che trattano 
le stesse questioni e per aprire, possibilmente, sulle stesse un dibattito. 



2 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposta di ricchezza mobile -Ritenuta di acconto operata da Enti 
su somme corrisposte per prestazioni professionali -Se sia applicabile 
anche quando il pagamento debba essere effettuato al 

I 

procuratore legale distrattario. 

,fI 

Se gli enti, le associazioni e gli imprenditori commerciaii debbano 
operare la ritenuta di acconto dell'8% sui due terzi delle somme corrisposte 
per prestazioni professionali, anche quando il pagamento debba 
essere effettuato direttamente al procuratore legale della parte avversa, 
H quale abbia ottenuto la distrazione delle spese in suo favore. (Art. 3 
legge 28 ottobre 1970, n. 801; art. 93 cod. proc. civ.). 

(Cont. 16/73; ENEL c. Finanze e avv. Caruso Lombardo; Avv. Stato 
Vacirca). 

Imposta di registro � Agevolazioni tributarie in Sicili� -Atto di 
acquisto di case di nuova costruzione. 

Se per effetto della sanatoria prevista dalla legge Reg. 30 luglio 1969 
possano beneficiare dell'agevolazione gli atti registrati nel periodo tra il 
31 dicembre 1965 e il 13 maggio 1966, di non vigenza di alcuna legge 
agevolativa. (artt. 2 e 6 legge Reg. 28 aprile 1954, n. 11; art. 1 legge Reg. 
14 dicembre 1965, n. 41; artt. 1 e 2 legge Reg. 13 maggio 1966, n. 8; art. 1 
legge Reg. 30 luglio 1969). 

(Cont. 55173 Ispettorato delle Tasse di Palermo c. Di Filippo, Avv. 
Stato Orlando). 

Imposte e tasse in genere -Ingiunzione -Opposizione -Recupero 
diritti di prelievo -Trattamento pi� favorevole dell'importatore 
-Richiesta di applicabilit�. 

Se il trattamento pi� favorevole per l'importatore, successivo alla 
data di accettazione della dichiarazione di importazione debba essere richiesto 
con domanda scritta. (l. 19 febbraio 1965, n. 28; d.P.R. 26 giugno 
1965, n. 723; art. 6, n. 1 e n. 2; l. 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 24-27). 

(Cont. 44/73 Ditta Ultrocchi c. Finanze; Avv. Stato Olivo). 

Imposte dirette -Sgravio dai ruoli -Necessit� del preventivo ricorso 
alla Commissioni per adire l'A.G.O. 

Se, in materia di sgravio di imposte dirette iscritte nei ruoli, sia necessario 
il previo esperimento del ricoirso alle Commissioni per adire il 
Giudice oirdinario al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimit� dello 
sgiravio per omessa liquidazione dell'indennit� di ritardato sgravio e 
peir omesso sgravio dell'indennit� di mora. (artt. 198, 199, 199 bis, t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645; d.m. 12 aprile 1924, par. 5; d.m. 4 febbiraio 1969, 
articolo 4). 

(Cont. 118/73; Fallimento Giuffrida c. Ufficio Imposte di Acireale; 
Avv. Stato Genovese). 



LE.GISLAZ�ONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice civile, art. 2054, secondo comma, limitatamente alla parte in 
cui nel caso di scontro fra veicoli esclude che la presunzione di egual 
concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato 
danni. 

Sentenza 29 dicembre 1972, n. 205, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

r.d. 2,2 a.prile 1909, n. 229, art. 16, primo comma, lett. a. 
Sentenza 29 dicembre 1972, n. 203, G. U. 31 gennaio 1973, n. 3. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3.269, artt. 12 e 14 della legge del registl'O, 
nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta 
proporzionale, l'ipotesi che sia stata riformata la sentenza con la quale 
si attua il trasferimento di un diritto. 

Sentenza 29 dicembre 1972, n. 200, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 7,73, art. 112, nella parte relativa al divieto di 
pubblicazioni contrarie agli ordinamenti dello Stato o al prestigio della 
autorit� e lesive del sentimento nazionale. 
Sentenza 29 dicembre 1972, n. 199, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma, nella parte in cui 
non limita la deroga alla competenza del tribunale per i minorenni 
alla sola ipotesi nella quale minori e maggiori degli anni 18 siano coimputati 
.nello stesso reato. 
Sentenza 29 dicembre 1972, n. 198, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

r.d.I. 1� giugno 1946, n. 539, art. 3, primo comma. 
Sentenza 20 febbraio 1973, n. 10, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 

d.lg.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, art. 1, nella parte in cui statuisce 
che il professore di ruolo, il quale abbia un impiego alle dipendenze 
dello Stato o di altri Enti pubblici, � compensato in ragione di 
due terzi della misura oraria della retribuzione risultante dall'applicazione 
dell'art. 1 del regio decreto-legge 1� giugno 1946, n. 539, cosi 



4 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come modificato da esso stesso decreto legislativo del Capo provvisorio 
dello Stato 31 dicembre 1947, n. 1687, anzich� stabilire che venga 
ridotta del terzo la retribuzione minore. 

Sentenza 20 febbraio 1973, n. 10, G. U. 2.S febbraio 1973, n. 55. 

legge 13 marzo 1950, n. 120, art. 11, primo comma, nella parte in cui 
subordina la concessione .di diritto degli assegni vitalizi al personale 
alla condizione che il collocamento a riposo abbia luogo per motivi 
indipendenti dalla sua volont�, e di detto comma nonch� del terzo 
comma dello stesso articolo nella parte in cui le relative norme negano 
all'iscritto la concessione dell'assegno e ai suoi congiunti la riversibilit� 
quando ai detti aventi diritto, per titolo differente, spetti una 
pensione propria. 

Sentenza 29 dicembre 1972, n. 204, �G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 414, articolo unico. 
Sentenza 29 dicembre 1972, n. 206, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, secondo e terzo comma. 
Sentenza 20 febbraio 1973, n. 11, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 

legge 27 luglio 1967,. n. 658, art. 67, primo comma, nella parte in cui, 
per conseguire il massimo della pensione, stabilisce un numero di anni 
di iscrizione alla Gestione speciale non raggiungibile dagli ufficiali 
dello stato maggiore navigante dipendente dalle societ� di navigazione 
di preminente interesse nazionale. 

Sentenza 30 dicembre 1972, Il'. 213, G. U. 3 gennaio 1973, 11. 3. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice penale, art. 81, capoverso (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1972, n. 217, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. 

codice penale, art. 656 (art. 21 della Costituzione). 

Sentenza 29 dicembre 1972, n. 199, G. U. 3 gennaio 1973, 11. 3. 

codice di procedura penale, artt. 106, 366, 408, 441 e 449 (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Sentenza l� febbraio 1973, n. 2, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 

codice di .procedura penale, art. 392 (artt. 3, primo comma, e 24, 
secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 29 dicembre 1972, n. 196, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 21, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Sentenza 20 febbraio 1973, n. 8, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 

legge 27 maggio 1929, n. 81 O, art. 38 del Concordato fra l'Italia e la 
Santa Sede (artt. 3, 7, 19 e 33 della Costituzione). 
Sentenza 29 dicembre 1972, n. 195, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 41, ultima parte (artt. 24, secondo 
comma, e 102, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 1� febbraio 1973, n. 3, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 

r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, secondo comma (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 
Sentenza 29 dicembre 1972, n. 198, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13, nella parte in cui, nell'ambito 
della disciplina delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, 
la vecchiaia ed i superstiti, dispone che, se viene a morte un 
pensionato o assicurato e se superstite � il marito, la pensione di riversibilit� 
� a questo corrisposta, nel caso in cui esso sia riconosciuto 
invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10 (artt. 3, 29, 
37 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 29 dicembre 1972, n. 201, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, art. 4 tariffa allegato A (artt. 3, primo 
comma, e 53, primo comma, della Costituzione).� 
Sentenza 30 dicembre 1972, n. 215, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. 

legge 9 novembre 1955, n. 112.2, art. 1 (art. 3, primo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1972, n. 214, G. U. 30 dicembre 1973, n. 3. 

legge reg. Valle d'Aosta 8 novembre 1956, n. 6, art. 12 (artt. 3, 5 e 25, 
secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 30 dicembre 1972, n. 210, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, secondo comma, lettera a (articoli 
3, 24, 42 
e 113 della Costituzione). 
Sentenza 1� febbraio 1973, n. 4, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 


d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 243, secondo comma (art. 76 della 
Costituzione). 
Sentenza 1� febbraio 1973, n. 5, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 



6 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


legge 19 luglio 1961, n. 659, art. 5, primo e secondo comma (art. 3 
della Costituzione). 

Sentenza 20 febbraio 1973, n. 7, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 29 dicembre 1972, n. 202, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

legge 27 luglio 1967, n. 658, artt. 58, primo comma, 59, primo, terzo 
e quarto ,cC)mma, 62, primo e secondo comma, 64, 65, primo comma, lettera a, 
66, quinto comma, 68, terzo comma, 76, 71, ,79, secondo comma, 80, quarto 
comma, 90, quarto e sesto comma <artt. 3, primo comma, 36, primo comma,
c e 38, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 30 dicembre 1972, n. 213, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 11 luglio 1969, n. 13, art. 1 (art. 4 della 
legge ,costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1). 

Sentenza 30 dicembre 1972, n. 212, G. U. 30 gennaio 1973, n. 3. 

legge 5 dicembre 1969, n. 932, art. 8 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 29 dicembre 1972, n. 197, G. U. 3 gennaio 1973, n. 3. 

legge 29 novembre 1971, n. 1097 (artt. l, 3, 4, 35, 41 e 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 20 febbraio 1973, n. 9, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, artt. 260 e 279 (art. 30, primo comma, della Costituzione). 


Giudice tutelare della pretura di Asti, or,dinanza 7 ottobre 1972, 

G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 
codice civile, art. 1310, primo comma (art. 3, primo comma, e art. 24, 
secondo comma, della Costituzione). 

Corte dei conti, prima sezione, ordinanza 21 marzo 1972, G. U. 
24 gennaio 1973, n. 21. 

codice civile, art. 1462, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura civile, art. 247 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Martina Franca, ordinanza 2 ottobre 1972, G. U. 24 
gennaio 1973, n. 21. 

codice penale, art. 69, quarto e quinto comma (artt. 3, primo comma, 
e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 9 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

codice penale, artt. 204 e 222 (artt. 2, 3, 25, 27 e 32 della Costituzione). 


Giudice istruttore del tribunale di Enna, ordinanza 13 ottobre 
1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. 

codice penale, art. 290 (art. 21 e 3 della Costituzione). 

Corte di assise di Bari, ordinanza 8 novembre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

codice penale, art. 341 (artt. 1, 2, 3, 4, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione). 


Pretore di Avigliana, ordinanze 1 e 18 marzo 1972, 15 e 28 giugno 
1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. 
Pretore di Sampierdareria, ordinanza 4 ottobre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 
Pretore di Lugo, ordinanza 3 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

Giudice istruttore del tribunale di Torino, ordinanza 17 novembre � 
1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. 

codice penale, art. 344 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 11 gennaio 1972, G. U. 24 gennaio 
1973, n. 21. 

codice penale, art. 546 (artt. 32, primo comma, e 31, secondo comma, 
della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 2 ottobre 
1972, G. U. 24 gennaio 1973, n. 21. 

codice penale, artt. 718 e 720 (art. 3, 76 e 25 della Costituzione). 

Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

codice di procedura penale, artt. 95, 108 e 11 O (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Massa, ordinanza 9 novembre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 


8 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 102 (artt. 3 e 24� della Costituzione). 

Tribunale di Belluno, ordinanza 23 ottobre 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

codice di procedura penale, art. 390 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Treviso, ordinanza 12 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

codice di procedura penale, art. 631, ultima parte (artt. 3, prima 
parte, 13, prima e seconda parte, e 24, seconda parte, della Costituzione). 


Pretore di Locri, ordinanza 14 luglio 1972, G. U. 28 febbraio 1973, 

n. 55. 
codice di procedura penale, disp. att.. art. 43 (artt. 24, secondo comma, 
e 111, secondo comma, della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza del tribunale di Biella, ordinanza 24 novembre 
1972, G. U. 28 febbraio 1973, n. 55. 

r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 53 (artt. 3, 24, e 113 della Cos~ituzione). 
Tribunale di Potenza, ordinanza 22 giugno 1972, G. U. 31 gennaio 
1973, n. 28. 

legge 7 luglio 1907, n. 429, art. 56 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Avigliana, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 24 gennaio 
1973, n. 21. 

r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 225 (artt. 24 e 130 della Costituzione). 
Corte di appello di Palermo, ordinanza 7 giugno 1972, G. U. 
31 gennaio 1973, n. 28. 

d.lgt. 1� maggio 1916, n. 497, art. 9, prim�o comma (art. 3 della Co.. 
stituzione). 

Corte dei conti, quarta sezione, ordinanza 21 febbraio 1972, G. U. 
24 gennaio 1973, n. 21. 

r.d.I. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertiti con legge 27 dicembre 
1928, n. 3125 (artt. 3, 76 e 25 Costituzione). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Novara, ordinanza 6 ottobre 1972, G. U. 24 gennaio 
1973, n. 21. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 26, quinto comma, del regolamento alle� 
gato A (artt. 3, primo ,comma e 36, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 25 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

r.d. 18 9iugno 1931, n. 773, art. 35, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Pontremoli, ordinanza 16 ottobre 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, a:rt. 41 (artt. 2, 13 e 14 della Costitu.; 
zione). 
Pretore di Feltre, ordinanza 9 novembre 1972, G. U. 31 gennaio 
1973, n. 28. 

r.d.I. 2 marzo 1933, n. 202, convertito con legge 8 marzo 1933, n. 205 
(3, 76 e 25 della Costituzione). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1, n. 4 (art. 36 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

legge 27 febbraio 1936, n. 645, artt. 1, 166 e 251 (art. 21 della Costituzione). 


Pretore di Assisi, ordinanza 9 dicembre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

r.d.I. 16 luglio 1936, n. 1404, convertito con legge 14 gennaio 1937, 
n. 62 (3, 76 e 25 della Costituzione). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22, terzo c,omma (artt. 3, 24 e 113 
della Costituzione). 
Tribunale di Potenza, ordinanza 22 giugno 1972, G. U. 31 gennaio 
1973, n. 28. 

r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29 (artt. 104, 106, 107 e 113 della 
Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 


10 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA ..DELLO STATO 

r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (artt. 104, 106, 107 e 113 della Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 109 u.p. (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 6 marzo 1972, G. U. 24 gennaio 1973, 

n. 21. 
legge .2 febbraio 1939, n. 374, art. 1 (art. 21 deHa Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 23 
novembre 1972, G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. 

r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 8, quinto comma (art. 3. della .Costituzione). 
Pretore di Linguaglossa, ordinanza 20 ottobre 1972, G. U. 7 febbraio 
1973, n. 35. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 24, 98 e ss., 101 e 103 e ss. (artt. 3, 24 
e 25 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 18 marzo 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 51 (artt. 3, primo comma, e 25, primo 
comma della Costituzione). � 
Tribunale di Marsala, ordinanza 7 luglio 1970, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 183, primo comma (art. 24, secondo 
comma della Costituzione). 
Corte di appello di Bologna, ordinanza 13 ottobre 1972, G. U. 7 
febbraio 1973, n. 35. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della 
Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Napoli, ordinanza 12 ottobre 
1972, G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 

legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21 (artt. 3, 21, 24, 25, 104, 111 della 
Costituzione). 

Corte di assise di Pisa, ordinanza 21 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 31 luglio 1972, G. U. 7 febbraio 1973, 

n. 35. 
legge 1 O ag�osto 1950, n. 648, art. 77 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 


Corte dei conti, quinta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 
24 gennaio 1973, n. 21. 

legge 14 marzo 1952, n. 196, art. 1 (art. 21 della Costituzione). 

Pretore di Assisi, ordinanza 9 dicembre 1972, �a. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

d.lg.P. reg, siciliana 26 ottobre 1955, n. 6, art. 255 (artt. 3, 116, 117 
e 128 della Costituzione). 

Corte di appello di Palermo, ordinanza 7 giugno 1972, G. U. 31 
gennaio 1973, n. 28. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 206, primo comma (art. 3, primo 
comma, e 25, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Marsala, ordinanza 7 lugli0 1970, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 206, 208, 209 e 227 (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 
Tribunale di Venezia, ordinanza 19 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lettera a, t.u. (art. 3, primo 
comma, della Costituzione). 
Pretor� di Piacenza, ordinanza 23 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 86, quarto comma, e 87, sesto e 
ottavo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Avigliana, ordinanze 28 febbraio 1972 (G. U. 31 gennaio 
1973, n. 28) e 8 marzo 1972 (G. U. 24 gennaio 1973, n. 21). � 

legge 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3, ultima parte t.u. (art. 51 
della Costituzione). 

Corte di cassazione, prima sezione, ordinanza 3 luglio 1972, G. U. 
28 febbraio 1973, n. 55. 


12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


legge 13 giugno 1961, n. 528, art+. 2 e 3 (art. 42, terzo comma, della 

Costituzione). 

Corte di appello di Bologna, ordinanza 3 ottobre 1972, G. U. 7 febbraio 
1973, n. 35. 

legge 16 luglio 1962, n. 1085, art. 14 (artt. 101, secondo comma, 108, 
secondo comma, e 109 della Costituzione). 

Tribunale dei minorenni di Bologna, ordinanza 14 novembre 1972, 

G. U. 21 febbraio 1973, n. 48. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 e relativa tabella allegata n. 4 
(artt. 3, 35 e 38 della Costituzione). 
Tribunale di Terni, ordinanza 18 dicembre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 21, terzo comma (art. 38, secondo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22 (artt. 3, 29 e 38 della Costituzione). 


Tribunale di Trieste, ordinanza 5 maggio 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (art. 3, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 12 settembre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

legge 23 feb~raio 1967, n. 104, art+. 2, terzo comma e 3 (art. 42, terzo 
comma, della Costituzione). 

Corte di appello di Bologna, ordinanze 7 e 3 ottobre 1972 (due), 

G. U. 7 febbraio 1973, n. 35. 
legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 75 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 


Corte dei conti, quinta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 
24 gennaio 1973, n. 21. 

d.P.R. 27 a.prile 1968, n. 488, art. 36, secondo comma (art. 38, secondo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 27 marzo 1969, n 130, art. 25, quarto comma (artt. 38, primo 
comma, e 3 della Costituzione). 
Pretore di Pescara, ordinanza 16 settembre 1972, G. U. 3 gennaio 
1973, n. 3. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 38, primo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Trieste, ordinanza 29 maggio 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 27, lettera a (artt. 2, 3, 18, 39, 97 
e 99 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 
31 gennaio 1973, n. 28. 

legge 30 aprile 1969, n, 153, art. 43, seQondo comma (art. 38, secondo 
comma, e 3 primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 febbraio 
1973, n. 55. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 2, secondo comma, 4, lettera c, 
e 18 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Como,' ordinanza 13 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 11, sesto comma, e 34 (artt. 2 e 3 
della Costituzione). 

Giudice �Conciliatore di Roma, ordinanza 3 gennaio 1973, G. U. 28 
febbraio 1973, n. 55. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 10 luglio 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 
Pretore di Roma, ordinanza 30 novembre 1972, G. U. 21 feb):>raio 
1973, n. 48. 

d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 3, ultimo comma (artt. 2, 3, 18, 39, 
97 e 99 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 
31 gennaio 1973, n. 28. 


14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3, �39 e 40 della CostJituzione). 


Pretore di Trinitapoli, ordinanza 22 luglio 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 2 (artt. 7 e 138 della Costituzione). 

Corte d'appello di Napoli, ordinanza 6 luglio 1972, G. U. 24 gennaio 
1973, n. 21. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 2 (art. 42, terzo comma della 
Costituzione). 

Pretore di Aragona, ordinanza 17 ottobre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 
Pretore di Ceglie Messapico, ordinanza 5 dicembre 1972, G. U. 21 
febbraio 1973, n. 48. 

legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 3 (artt. 41, 42 e 44 della Co�stituzione). 


Tribunale di Cuneo, ordinanza 17 giugno 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

legge 25 febbraio 1971, n. 11 O (artt. 53, primo comma, e 41, primo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanze 24 giugno 1972 (due), G. U. 24 gennaio 
1973, n. 21 e 21 febbraio 1973, n. 48. 

legge 1� giugno 1971, n. 425, art. 5. 

Pretore di Cesena, ordinanza 13 novembre 1972, G. U. 21 febbraio 
1973, n. 48. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 12, secondo comma, n. 3 e 14, quarto 
comma (artt. 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e articoli 
39 e 23 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). 

Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, a: U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 
Provincia di Trento, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 

legge 11 d�icembre 1971, n. 1115, artic�olo unico (art. 42, secondo e terzo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 2 marzo 1972, G. U. 31 gennaio 
1973, n. 28. 

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PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.I. 30 giugno 1972, n. 267, art. 6, primo comma (art. 38, secondo comma, 
e 3, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Rieti, ordinanza 28 ottobre 1972, G. U. 28 ,febbraio 
1973, n. 55. 

legge 24 luglio 1972, n. 32.1, art. (art. 6 della legge costituzionale 
26 :febbraio 1948, n. 5, e artt. 39 e 23 deUa legge costituzionale 10 
novembre 1971, n. 1). 

Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 
Provincia di Trento, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, ort. 8 (art. 6 della legge costituzionale 
26 febbraio 1948, n. 5, e artt. 39 e 23 della legge costituzionale 10 novembre 
1971, n. 1). 
Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 
Provincia di Trento, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 3 (artt. 2, 3 e 6 della Costituzione, 
art. 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e artt. 2, 3, 23, 
50 e 51 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). 
Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 651 (artt. 5 e 6 della Costituzione, art. 34 
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e artt. 3, 23, 39 e 41 
della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). 
Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 21 dicembre 1972, G. U. 
3 gennaio 1973, n. 3. 


INDICE BIBLIOGRAFICO 


delle opere acqu.isite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato 

AMATO Giuliano, GH Statuti Regionali, Commento allo Statuto Regione 
Lq,zio, Giuffr�, Milano, 1972. 

CAPPELLETTI Mauro, La pregiudizialit� costituzionale nel processo civile, 
Giuffr�, MHrano, 1972. 

CATAUDELLA Antonino, La tutela civile della vita privata, Giuffr�, Milano, 
1972. 

CHELI-DE SrERVO, Gli Statuti Regionali, Commento aHo Statuto Regione 
Toscana, Giuffr�, Mifano, 1972. 

DINAccr Ugo, Contributo aHo studio del sequestro conservativo nel processo 
penale, Giuffr�, MHano, 1972. 

FRANCHINI Flaminio, Principi di riforma deHa giustizia amministrativa nei 
recenti provvedimenti normativi, Giuffr�, Milano, 1972. 

GIZZI EJio, Manuale di diritto regionale, Giuffr�, Milano, 1972. 

LEMMo Elio, L'accusa suppletiva nel dibattimento penale, Giuffr�, Milano, 
1972. 

PREDIERI Alberto, Le Societ� finanziarie regionali, Giuffr�, Milano, 1972. 

Ross Alf, Colpa, responsabilit� e pena, Giuffr�, Milano, 1972. 

RoVERSI MONACO F., Gli Statu.ti Regionali: Commento allo Statuto Regione 
Emilia-Romagna, Giuffr�, Milano, 1972. 

SERRANI Donatello, Gli Statuti Regionali: Commento allo Statuto Regione 
Marche, Giuffr�, Milano, 1972. 

TABET Andrea, La locazione-conduzione (vol. XXV del trattato di diritto 
civile e commerciale diretto da Cicu-Messineo), Giuffr�, Milano, 1972~ 

VINCI C.-GAGLIARDI M.-STrPo G., I.V.A. -Principi istituzionali, Giuffr�, 
Milano, 1972. 



CONSULTAZIONI 


AERONAUTICA ED AEROMOBILI 

Aeroporto -Direttore -Poteri di polizia -Demanio aeronautico (cod. nav., 
artt. 692 e 718). 

Se i poteri di polizia spettanti al direttore dell'aeroporto ai sensi dell'art. 
718 cod. nav. possano essere esercitati anche sui beni del demanio 
aeronautico posti all'esterno deH'aeroporto e con esso strumentalmente 
collegati (n. 27). 

ALBERGHI 

Albergo -Vincolo alberghiero -Esecuzione forzata -Vendita -Effetto 

(l. 15 febbraio 1962, n. 68; l. 13 marzo 1968, n. 326; c.p.c., art. 586). 
Se la vendita a seguito di esecuzione forzata di un immobile, soggetto 
a vincolo di destinazione alberghiera regolarmente trascritto, faccia venir 
meno il vincolo stesso (n. 19). 

APPALTO 

Fallimento dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con beni propri Rivalsa 
del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione prestata presso 
Cassa DD. PP. -Rivalsa dell'Amm.ne committente -Forma (art. 5 
Cap. Gen. 00. PP. appr. con d.P.R. 16 �uglio 1962, n. 1063; artt. 289 
segg. istruzioni servizi depositi Cassa DD: PP.). 

Se, nel caso di fallimento dell'appaltatore, il committente possa soddisfarsi 
sulla cauzione prestata da un terzo con beni propri, senza necessit� 
di insinuare iil. credito al passivo fallimentare (n. 360). 

Richiesta interessi del 5% su fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 
1971 relative a servizio manovalanza (art. 41 d.m. 30 giugno 1960, 

n. 123; art. 1224 e.e.). 
Se l'Amministrazione possa invocare quale causa di forza maggiore, 
giustificatrice del ritardo nella liquidazione di fatture (nella specie relative 
all'appalto di servizi di manovalanza) ed esimente dal!l'obbligazione di 
corrispondere i relativi interessi moratori del 5% annuo, il prolungato 
sciopero posto in essere nel periodo aprile-settembre 1971 del personale 
civile dipendente (n. 361). 

AUTOVEICOLI 

Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo Azione 
di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale. 


Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per 
il recupero delle somme pagate al danneggiato n un incidente stradale 
provocato da dipendente non autorizzato ad usare il veicolo e quale sia 
in tale ipotesi il termine prescrizionale (n. 75). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CERTIFICAZIONE 

Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali -Deposito 

atti -Rilascio documenti (l. 12 marzo 1969, n. 410, art. 1; r.d. 27 di


cembre 1822, n. 1139, artt. 5 e 10). 

Se sia dovuto il contributo alle Casse Nazionali di Previdenza e Assistenza 
a, favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e 
dei ragionieri e periti commerciali sui documenti allegati ad atti depositati 
presso le cancellerie commerciali dei tribunali, riguardanti le imprese 
commerciaH (n. 4). 

Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionali di previdenza e assistenza 
a favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e 
dei ragionieri e periti commerciali sulla certificazione di eseguita trascrizione, 
apposta dal cancelliere sulla relativa nota, di atti che vengono 
depositati nella cancelleria commerciale dei tribuna:li, riguardanti le imprese 
commerciali (n. 4). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione 
di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale. 

Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per 
il recupero delle somme pagate al danneggiato in un incidente stradale 
provocato da dipendente non autoriz2lato ad usare il veicolo e quale 
sia in tale ipotesi il termine prescrizionale (n. 36). 

COMPRAVENDITA 

Alienazione, ad enti pubblici, di beni facenti parte del patrimonio disponibile 
dello Stato -Vincolo di destinazione -Clausole da inserire nei 
relativi contratti. 

Quali clausole sia opportuno inserire nei contratti di vendita o di 
permuta dei beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile dello 
Stato od enti pubblici, al fine di garantire la destinazione dei beni alienati 
o permutati ad una particolare finalit� di pubblico interesse (n. 5). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Abbonamenti sugli autoservizi di linea -Rimborso in caso di sciopero del 
personale (l. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 3). 

Se l'Amministrazione abbia il potere di imporre alle imprese concessionarie 
di autolinee la eliminazione, dal novero delle condizioni di abbonamento, 
della clausola con la quale viene oggi escluso, in caso di sciopero 
del personale, qualsiasi rimborso, totale o parziale, del prezzo dei 
viaggi non effettuati dagli utenti (n. 110). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 febbraio 
1971, n. 11 sull'affitto di fondi rustici -Applicabilit� (l. 11 febbraio 
1971, n. 11). 

Se siano applicabili alle concessioni in uso precario di beni demaniali 
le norme dettate dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, in materia di affitto 
di fondi rustici (n. 111). 

Concessioni amministrative -Gratuit� -Ad ente pubblico con finalit� concorrenti 
con quelle dello Stato -Ammissibilit� -Effetti. 

Se l'Amministrazione la quale abbia fatto una concessione per errore 
gratuita possa pretendere poi un corrispettivo dal concessionario che sia 
stato indotto ad usufruire della concessione in ragione della sua gratuit� 
(n. 112). 

Se un ente tra i cui compiti vi siano lo svolgimento di attivit� analoghe 
e concorrenti con quelle proprie di una Amministrazione dello Stato 
possa usufruire gratuitamente in relazione a tali attivit� di concessione di 
beni o servizi dello Stato (n. 112). 

Concessioni beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� 
(l. 11 febbraio 1971, n. 11). 

Se la concessione in uso precario di terreni pascolivi demaniali sia 
soggetta ai vincoli sui contratti agrari e, di conseguenza, sia applicabile 
al rapporto relativo la rivolutazione del canone, giusta la legge 11 febbraio 
1971, n. 11 (n. 113). 

Ferrovia concessa -Concessionario decaduto -Disavanzi precedenti la de-: 
cadenza -Adeguamento della sov�venzione di esercizio -Sussidio integrativo 
di esercizio (l. 2 agosto 1952, n. 1221, artt. 2 e 5; r.d. 29 luglio 
1938, n. 1121, art 27). 

Se sia legittimo ,attribuire ad un concessionario di ferrovia decaduta 
dalla concessione l'adeguamento della sovvenzione di esercizio ovvero un 
sussidio integrativo di �esercizio a copertura dei disavanzi verificatisi prima 
della decadenza (n. 114). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Appalto -Fallimento dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con 
beni propri -Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione 
prestata presso Cassa DD. PP. -Rivalsa dell'Amministrazione committente 
-Forma (art. 5 Cap. Gen. 00. PP. appr. con d.P.R. 16 lu.. 
glio 1962, n. 1063; artt. 289 segg. istruzioni servizi depositi Cassa 
DD.PP.). 

Se, nel caso di fallimento de1l'appaltatore, il committente possa soddisfarsi 
sulla cauzione prestata da un terzo con beni propri, senza necessit� 
di insinuare il credito al passivo fallimentare (n. 266). 

Fondo di rotazione per Trieste e Gorizia -Recupero crediti -Trasporto 
nella contabilit� demaniale -Somme recuperate -Destinazione 

(l. 18 ottobre 1955, n. 908). 
Se, qualora i!l cr�edito da recuperare nei confronti di un mutuatario 
debitore del Fondo di rotazione per iniziative economiche a Trieste e 


20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Gorizia sia stato, con decreto del Ministro del Tesoro, trasportato nella 

contabilit� demaniale, le somme recuperate debbano essere incamerate da 
parte dell'Amministrazione Finanze ovvero versate nella contabilit� del 
Fondo di rotazione (n. 267). 

CONTRATTI AGRARI 

Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 feb


braio 1971, n. 11 sull'a.ffitto di fondi rustici -Applicabilit� (l. 11 feb


braio 1971, n. 11). 

Se siano applicabili alle concessioni in uso pvecario di beni demaniali 
le norme dettate dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11,. in materia di 
affitto di fondi rustici (n. 20). 

Concessioni di beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� 
(l. 11 febbraio 1971, n. 11). 

Se la concessione in uso precario di terreni pascolivi demaniali sia 
soggetta ai vincoli sui contratti agrari e, di conseguenza, sia applicabile 
al rapporto relativo la rivalutazione del canone, giusta la legge 11 febbraio 
1971, n. 11 (n. 21). 

CONTRIBUTI 

Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali -�Deposito 
atti -Rilascio documenti (legge 12 marzo 1969, n. 410, art. 1; r.d. 
27 dicembre 1822, n. 1139, artt. 5 e 10). 

l

Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionali di previdenza e assistenza 
a favove degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti 
e dei ragionieri e periti commerciali sui documenti allegati ad atti depositati
� presso le cancellerie commerciali dei tribunali, riguardanti le imprese 
commerciali (n. 105). 

Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionali di previdenza e assistenza 
a favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti 
e dei ragionieri e periti commerciali sulla certificazione di eseguita trascrizione, 
apposta dal cancelliere sulla relativa nota, di atti che vengono 
depositati nella cancelleria commerciale dei tribunali, riguardanti le imprese 
commerciali (n. 105). 

CORTE DEI CONTI 

Case dello Stato assegnate in locazione di cui l'I.A.C.P. sia gestore -Man


cato versamento da parte dell'I.A.C.P. dei canoni -Giurisdizione con


tabile della Corte dei conti (l. 30 dicembre 1960, n. 1676, art. 4; 

I 


d.l.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, art. 55; l. 4 marzo 1952, artt. 22, 24, 
25; l. 9 agosto 1954, n. 640, artt. 6, 7; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, 
artt. 44, 45). 
Se sussista la giurisdizione contabile della Corte dei conti nei confronti 
dell'Istituto autonomo case popolari ov�e questo non versi allo Stato 



PARTE II, CONSULTAZIONI 21 

i canoni dovuti dagli assegnatari delle abitazioni costruite dallo Stato per 
i lavoratori agricoli, per sfollati e senza tetto, per profughi e per elimi-, 
nazione di case malsane (n. 9). 

DAZI DOGANALI 

Importazione -Distruzione della merce per fatto gravemente colposo di 
terzo estraneo all'importatore (l. 25 settembre 1940, n. 1424, articolo 
4 bis; d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62, art. 1). 

Se l'obbligo per ]l'importatore di pagare ugualmente i diritti doganali 
anche se la merce sia andata distrutta per fatto gravemente colposo di 
un terzo presupponga che tale terzo non sia del tutto estraneo all'importatore 
(es. dipendente, custode) (n. 66). 

DEMANIO 

Aeroporto -Direttore -Poteri di polizia -Demanio aeronautico (Cod. 
nav., artt. 692 e 718). 

Se i poteri di polizia spettanti al dir�ettore dell'aeroporto ai sensi 
dell'art. 718 cod. nav. possano essere esercitati anche sui beni del demanio 
aeronautico posti all'est�rno dell'aeroporto e con esso strumentalmente 
collegati (n. 254). 

Alienazione, ad enti pubblici, di beni facenti parte del patrimonio disponibile 
dello Stato -Vincolo di destinazione -Clausole da inserire nei 
relativi contratti. 

Quali clauSO!le sia opportuno inserire nei contratti di vendita o di 
permuta dei beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile dello 
Stato od enti pubblici, al fine di garantire la destinazione dei beni alienati 
o permutati ad una particolare finalit� di pubblico interesse (n. 255). 

Concessioni amministrative di beni demaniali agricoli -Legge 11 febbraio 
1971, n. 11 sull'affitto di fondi rustici -Applicabilit� (legge 
11 febbraio 1971, n. 11). 

Se siano appilicabili alle concessioni in uso precario di beni demaniali 
le� norme dettate dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, in materia di 
. affitto di fondi rustici (n. 256). 

Concessioni amministrative -Gratuit� -Ad ente pubblico con finalit� 
concorrenti con quelle dello Stato -Ammissibilit� -Effetti. 

Se l'Amministrazione la quale abbia fatto una concessione per errore 
gratuita possa pretendere poi un corrispettivo del concessionario che sia 
stato indotto ad usufruire della concessione in ragione della sua gratuit� 

(n. 257). 
Se un ente tra i cui compiti vi siano lo svolgimento di attivit� analoghe 
e concorrenti con quelle proprie di un'Amministrazione dello Stato 
possa usufruire gratuitamente in relazione a tali attivit� di concessione 
di beni o servizi dello Stato (n. 257). 


22 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Concessioni di beni demaniali agricoli -Rivalutazione del canone -Applicabilit� 
(legge 11 febbraio 1971, n. 11). 

Se la concessione in uso precario di terreni pascolivi demaniali sia 
soggetta ai vincoli sui contratti agrari e, di conseguenza, sia applicabile 
al rapporto relativo l,a rivalutazione del canone, giusta la legge 11 febbraio 
1971, n. 11 (n. 258). 

DIFESA DELLO STATO 

Attivit� consultiva dell'Avvocatu.ra dello Stato a favore delle regioni a 

statuto ordinario ed agli uffici ex statali trasferiti alle regioni stesse 


Ammissibilit� -(t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; legge 16 maggio 1970, 

n. 281). 
Se le regioni a statuto ordinario, a seguito del trasferimento alle 
medesime del1e funzioni amministrative statali, ai sensi della legge 16 
maggio 1970, n. 281 �e successivi decreti delegati, possano avvalersi o 
meno della consulenza dell'Avvocatura dello Stato (n. 23). 

Citazione in giudizio di ufficiale giudiziario in relazione a protesto cambiario 
-Richiesta di patrocinio dell'Avvocatura (r.d. 30 ottobre 1933, 

n. 1611, art. 44). 
Se, ai sensi dell'art. 44 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, possa essere accordato 
il patrocinio dell'Avvocatura all'ufficiale giudiziario citato in giudizio 
in una causa civile promossa avverso di lu1 a seguito protesto cambiario 
dallo stesso elevato (n. 24). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Case dello Stato assegnate in locazione di cui l'I.A.C.P. sia gestore -Mancato 
versamento da parte dell'I.A.C.P. dei canoni -Giurisdizione contabile 
della Corte dei conti (legge 30 dicembre 1960, n. 1676, art. 4; 

d.l.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, art. 55; legge 4 marzo 1952, artt. 22, 
24, 25; legge 9 agosto 1954, n. 640, artt. 6, 7; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, 
artt. 44, 45). 
Se sussista la giurisdizione contabile della Corte dei conti nei confronti 
dell'Istituto autonomo case popolari ove questo non versi allo Stato 
i canoni dovuti dagli assegnatari delle abitazioni costruite dallo Stato per 
i lavoratori �agricoli, per sfollati e senza tetto, per profughi e per eliminazione 
di case malsane (n. 241). 

ELETTRICITA ED ELETTRODOTTI 

Servit� di elettrodotto � inamovibile � -Diritto all'indennit� in caso di 
spostamento (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 122, 126). 

Se per lo spostamento di un elettrodotto � inamovibile � gravante su 
area poi espropriata dall'Amministrazione deve essere corrisposta all'E.
N.E.L. indennit� (n. 53). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 23 

ESECUZIONE FORZATA 

Albergo -Vincolo alberghiero -Esecuzione forzata -Vendita -Effetto 
(legge 15 febbraio 1962, n. 08; legge 13 marzo 1968, n. 326; c.p.c., 
art. 586). 

Se la vendita a seguito di esecuzione forzata di un immobile, soggetto 
a vincolo di destinazione alberghiera regolarmente trascritto, faccia 
venir meno il vincolo stesso (n. 54). 

Pignoramento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipendente 
pubblico, ma a lui pervenuto per successione -(d.P.R. 5 gennaio 
1950, n. 180, art. 2). 

Se possa procedersi a pignoramento dello stipendio di dipendente 
statale per debiti tributari non facenti capo fin dalla loro origine all'interessato 
ma trasferiti al medesimo per successione (n. 55). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA 

Sicilia -Zone terremotate del 1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� Deposito 
-Ius superveniens -Pagamento diretto (d.l. 1� giugno 1971, 

n. 289, art. 7). 
Se le indennit� depositate per espropriazioni relative ahle zone siciliane 
colpite dal terremoto del 1968, iniziate prima dell'entrata in vigore 
del d.1. 1� giugno 1971, n. 289, possano essere direttamente pagate all'espropriato 
(n. 315). 

Trasferimento e ricostruzione di abitati -Espropriazione aree -Disciplina 
-Legge 22 ottobre 1971, n. 865 -Applicabilit� alle espropriazioni 
in corso -Indennit� -Determinazione -Competenza (legge 
9 luglio 1908, n. 446, art. 64; legge 9 aprile 1955, n. 279; d.l. 18 novembre 
1966, n. 976, conv. con mod. in legge 23 dicembre 1966, n. 1142; 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9 e segg.; legge 25 febbraio 1972, 

n. 13, art. 1 ter). 
Se le espropriazioni per pubbliche utilit� delle aree destinate a sedi 
dei nuovi abitati, nel caso di trasferimento e ricostruzione totale o parziale 
degli �abitati stessi, siano attualmente disciplinate dallia legg�e 22 ot~ 
tobre 1971, n. 865 ovvero restino disciplinate dalla legge 9 luglio 1908, 

n. 446 (n. 316). 
Se la nuova disciplina relativa al procedimento dell'espropriazione 
per pubblica utilit� dettata dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 si applichi 
anche alle espropr~azioni in corso relativ�e a materie da detta legge pre


viste (n. 316). 

Se la determinazione dell'indennit� di un'espropriazione per pubblica 
utilit� relativa a materie contemplate daUa legge 22 ottobre 1971, n. 865 
vada operata con i criteri in detta legge previsti o con quelli precedentemente 
vigenti (n. 316). 

Se l'indennit� di un'espropriazione per pubblica utilit�, relativa a 
materie contemplate dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 e determinata 
alla stregua dei criteri precedentemente vig.enti, possa essere nuovamente 
determinata in base ai criteri da detta legge previsti qualora si�a intervenuto 
accordo tra �le parti, ovvero l'indennit� sia stata accettata, ovvero 
ne sia stato ordinato il deposito o pagamento (n. 316). 


24 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se la competenza a conoscere dell'opposizione alla stima in un procedimento 
di espropriazione per pubblica utilit�, relativa a materie contemplat,
e dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, che � stato svolto secondo 
la disciplina previgente, spetti al tribunale ovvero alla Corte d'appeUo 

(n. 316). 
FALLIMENTO 

Appalto -Fallimento' dell'appaltatore -Cauzione prestata da terzo con 
beni propri -Rivalsa del committente -Appalto di oo.pp. -Cauzione 
prestata presso la Cassa DD.PP. -Rivalsa dell'Amministrazione committente 
-Norma (art. 5 Cap. Gen. 00.PP. appr. con d.P.R. 16 lugio 
1962, n. 1063; artt. 289 e segg. istruzioni servizi depositi Cassa 
DD.PP.). 

Se, nei! caso di fallimento dell'appaltatore, il committente possa soddisfarsi 
sulla cauzione prestata da un terzo con beni propri, senza necessit� 
di insinuare il credito al passivo fallimentare (n. 133). 

Con quali forme l'Amministrazione committente pu� riva1ersi, in caso 
di inadempimento dell'appaltatore fallito, sulla cauzione prestata da un 
terzo con beni propri presso la Cassa depositi e prestiti, e disciplinata 
dalla disposizione di cui all'art. 5 Capitolato Generale Appalto 00.PP. 
approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (n. 133). 

FERROVIE 

Ferrovia concessa -Concessionario decaduto -Disavanzi precedenti la 
decadenza -Adeguamento della sovvenzione di esercizio -Sussidio 
integrativo di esercizio (l. 2 agosto 1952, n. 1221, artt. 2 e 5; r.d. 
29 luglio,1938, n. 1121, art. 27). 

Se sia legittimo attribuire ad un concessionario di ferrovia decaduta 
dalla concessione� l'adeguamento della sovvenzione di esercizio ovvero un 
sussidio integrativo di esercizio a copertura dei disavanzi verificatisi prima 
della decadenza (n. 426). 

FORESTE 

Terreni forestali da trasferirsi alle regioni -Crediti gi� maturati per loro 
occu.pazione -Titolarit� (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11). 

Se si trasferiscano alle regioni i crediti per occupazione di terreni 
forestali gi� maturati al momento in cui operi il trasferimento dei terreni 
stessi alle regioni (n. 9). 

Trasferimento alle regioni delle funzioni dello Stato in materia di agricoltura 
e foreste -Applicazione di sanzioni amministrative per violazione 
norme di polizia forestale -Inclusione (d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 11; legge 9 ottobre 1967, n. 950). 

Se con l'entrata in vigore del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 siano 
divenute di competenza regionale le funzioni degli Ispettorati ripartimentali 
delle foreste in materia di applicazione delle sanzioni amministrative 
previste dalla legge 9 ottobre 1967, n. 950 per i trasgressori delle norme 
di polizia forestale (n. 10). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 25 

Trasferimento alle regioni di beni forestali -Terreni per i quali sia stata 

gi� emessa la dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destina


zione (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11, comma quinto). 

Se tra le foreste trasferite dallo Stato alle regioni in forza della legge 
16 maggio 1970, n. 281 siano compresi �anche i terreni per i quali, essendo 
in corso l'alienazione a terzi, sia stato gi� emanato il provvedimento di 
dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione degli stessi ai 
fini della tutela e dell'incremento del patrimonio boschivo (n. 11). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Citazione in giudizio di ufficiale giudiziario in relazione a protesto cambiario 
-Richiesta di patrocinio dell'Avvocatu.ra (r.d. 30 ottobre 1933, 

n. 1611, art. 44). 
Se, ai sensi dehl'art. 44 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, possa essere accordato 
il patrocinio dell'Avvocatura all'ufficiaile giudiziario citato in giudizio 
in una causa civile promossa avverso di lui a seguito protesto cambiario 
dallo stesso elevato (n. 744). 

Dipendenbe statale -Promozione con effetto retroattivo -Ricostruzione 
della carriera -Emolumenti a�rretrati -Interessi di mora (e.e., 
art. 1234). 

Se, disposta -a seguito di nuovo scrutinio -la promozione con 
effetto retroattivo del dipendente statale, rimasto escluso da precedenti 
promozioni annullate dal giudice amministrativo, spettino al dipendente 
medesimo gli interessi moratori sulle somme a lui corrisposte in base 
alla ricostruzione della carriera (n. 745). 

Dipendenti statali -Aggiunta di famiglia -Figli minori apprendisti 

(l. 10 agosto 1964, n. 656, art. 9; d.l. 27 novembre 1947, n. 1331, art. 2). 
Se al dipendente statale spettino le quote e i relativi aumenti di 
aggiunta di famigUa per il figlio minore apprendista (n. 746). 

Indennit� di rischio ex �legge 30 giugno 1971, n. 518 -Personale sanitario 
ausiliario del Poligrafico -Spettanza (l. 30 giugno 1971, n. 518). 

Se l'indennit� di rischio spettante, in forza della legge 30 giugno 1971, 

n. 518, al personale sanitario ausiliario dell'E.N.P.I. e degli enti che gestiscono 
forme obbligatorie di assicurazione sociale debba essere ricono-. 
sciuta anche al personaJle sanitario ausiliario del Poligrafico dello Stato 
(n. 747). 
Pignoramento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipendente 
pubblico, ma a lui pervenuto per successione (d.P.R. 5 gennaio 
1950, n. 180, art. 2). 

Se possa procedersi a pignoramento dello stipendio di dipendente 
statale per debiti tributari non facenti capo fin dalla loro origine all'intliol'essato 
ma trasferiti al medesimo per successione (n. 748). 


26 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Prestatore di lav-0ro mzltuario -Applicabilit� delle leggi n. 249 del 1968 
e n. 775 del 1970 ai fini dell'inquadramento (l. 28 ottobre 1970, 

n. 775, art. 25; l. 18 marzo 1968, n. 249, art. 21). 
Se possa essere� inquadrato nel personale diurnista ai sensi dell'art. 21 
legge 18 marzo 1968, n. 249 e dell'art. 25 legge 28 ottobre 1970, n. 775 chi 
abbia svolto mansioni saltuarie di dattilografia parzialmente al proprio 
domicilio e parzialmente nei locali dell'ufficio, con retribuzione gravante 
su capitoli di bilancio dell'Amministrazione (n. 749). 

Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto aUa retribuzione -Decorrenza 
-Sent. C01�te cost. 3 giugno 1966, n. 63 -Operativit� nei confronti 
dei rapporti giuridici anteriori, non definiti con sentenza passata 
in giudicato (artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 2956 n. 1 e.e.). 

Se la dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli artt. 2948 n. 4, 
2955 n. 2 e 2956 n. 1 e.e. � nslla parte in cui consentano che la prescrizione 
del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro 
subordinato � (Corte cost., sent. 3 giugno 1966, n: 63) applichi i vari effetti 
anche sui rapporti di pubblico impiego, ed in particolare cessati 
prima della pubblicazione di detta sentenza ma non ancora definiti con 
sentenza passata in giudicato (n. 750). 

IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 

Pubblico servizio automobilistico -Esercizio abusivo con veicoli non idoneo 
-Tassa concessioni governative -Omesso pagamento -Conseguenze 
(t.u. 1 marzo 1961, n. 121, art 185, Tab. all. A.). 

Se colui che eserciti abusivamente un pubblico servizio automobilistico 
di linea con v�eicorlo non idoneo ad ottenere la concessione amministrativa, 
debba rispondere anche per l'omesso pagamento della tassa dl 
concessione governativa (n. 3). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Decreti ingiuntivi -Tassazione graduale -Ammissibilit� -Limite (r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, art. 114). 

Se possano essere sottoposti a tassazione graduale di registro i decreti 
ingiuntivi che non siano stati notificati all'ingiunto (n. 379). 

Edificio distrutto da eventi bellici -Compropriet� dell'area di risulta Reciproche 
concessioni ad aedificandum tra comproprietari -Ricostruzione 
dell'edificio (l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 67). 

Se l'atto contenente reciproche concessioni di jus ad aedificandum, 
fattesi dai comproprtetari di un'area di risulta di un edificio distrutto 
da eventi bellici al fine di ricostruirlo, vada tassato con imposte di registro 
ed ipotecaria in misura normale ovvero in misura fissa ai sensi 

dell'art. 67 L 27 dicembre 1953, n. 968 (n. 380). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 27 

Societ� -Passaggio di 1�iserve a capitale per copertura perdite (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, all. A, artt. 85 e 88). 

Se sia tassabHe con l'imposta proporzionale di registro l�a delibera societaria 
con cui si stabilisce il passaggio delle riserve direttamente a capitale 
a copertura d~ parte delle perdite di esercizio, mentre contestualmente si 
riduce il capitale sociale in proporzione alla parte di tali perdite non 
coperta dal trasferimento delle riserve (n. 381). 

Vendita di fabbricato o area edilizia tra parenti entro il terzo grado Presunzione 
di liberalit� -Agevolazioni per i trasferimenti onerosi Applicabilit� 
(d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5; d.l. 15 marzo 1965, n. 124, 
art. 44). 

Se, nel caso di trasferimento tra parenti entro il terzo grado di fabbricato 
o area destinata alla costruzione edilizia, l'atto debba essere tassato 
alla stregua di una liberalit� ai sensi dell'art. 5 d.l. 8 marzo 1945, 

n. 90, ovvero con l'aliquota ridotta di registro per i trasferimenti onerosi 
di cui alla norma agevolativa dell'art. 44, primo comma, d.l. 15 marzo 1965, 
n. 124 (n. 382). 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Impresa artigiana in forma di societ� di persone -Classificazione del reddito 
ai fini della R.M. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 85). 

Se il reddito prodotto da impresa artigiana ma organizzata sotto forma 
di societ� di persone debba essere classificato, ai fini dell'imposta di R.M., 
in cat. B o in cat. C/1 (n. 54). 

IMPOSTE .DIRETTE 

Esenzione decennale alle nuove imprese artigiane e alle nuove piccole 
industrie costituite nelle zone depresse del centro-nord (l. 29 maggio 
1957, n. 635, art. 8). 

Se l'esenzione decennale dalle imposte dirette, prevista dall'art. 8 

1. 29 maggio 1957, n. 635 (modificato dall'articolo unico del!la 1. 13 giugno 
1961) a favore delle nuove imprese artigiane e piccole industrie costituite 
nelle zone depresse de<l centro-nord, sia applicabile anche alle imprese 
di autotrasporti per conto terzi (n. 10). 
Imposta RM-C/2 -Imposta complementare -Sostituto d'imposta -Mancato 
pagamento -Reato finanziario -Azienda municipalizzata -Controllo 
sostitutivo -Societ� per azioni -Denuncia degli amministratori 

(t.11.. 29 gennaio 1958, n. 645, arti. 87, 127 e 261; r.d. 3 marzo 1934, 
n. 383, art. 19; e.e. art. 2409). 
Se e quali reati siano ravvisabili nel comportamento degli amministratori 
di azienda municipalizzata che omettano di provvedere al pagamento 
di imposte di R.M. cat. C/2 e complementare di rivalsa, trattenute 
per legge sulle competenze dei dipendenti (il r�eato di cui alil'art. 261, 
primo comma, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) (n. 11). 


28 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se l'Autorit� governativa possa sostituirsi nell'attivit� di un'azienda 
municipalizzata al fine di compiere atti di pagamento di imposte di R.M. 
cat. C/2 e complementare di rivalsa, trattenute sul1e competenze dei dipendenti 
e dovute all'Erario dall'azienda medesima (n. 11). 

Se siano passibili di denunzia al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 e.e., 
gli amministratori di una societ� per azioni che omettano il pagamento 
di imposte di R.M. cat. C/2 e complementari di rivalsa, trattenute dalla 
societ� sulle competenze dei dipendenti (n. 11). 

IMPOSTE E TASSE 

Pigno1�amento di stipendio per debito tributario non contratto dal dipen


dente pu.bblico, ma a lui pervenuto per successione (d.P.R. 5 gen


naio 1950, n. 180, art. 2). 

Se possa procedersi a pignoramento dello stipendio di dipendente statale 
per debiti tributari non facenti capo fin dalla loro origine a1'1'interessato 
ma trasferiti al medesimo per successione (n. 564). 

INTERESSI 

Dipendente statale -Promozione con effetto retroattivo -Ricostruzione 
della carriera -Emolumenti arretrati -Interessi di mora (e.e., art. 1234). 

Se, disposta -a seguito di nuovo scrutinio -la promozione con effetto 
retroattivo del dipendente statale, rimasto escluso da precedenti promozioni 
annullate dal giudice amministrativo, spettino al dipendente medesimo 
gli interessi moratori sulle somme a lui corrisposte in base alla ricostruzione 
della carriera (n. 7). 

Richiesta di interessi del 5% su fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 
1971 relative a servizio manovalanza (art. 41, d.m. 30 giugno 1960, 

n. 123, art. 1224 e.e.). 
Se l'Amministrazione possa invocare quale causa di forza maggiore, 
giustificatrice del ritardo nella liquidazione di fatture (nella specie relative 
all'appalto di servizi di manovalanz_a) ed esimente dall'obbligazione 
di corrispondere i relativi interessi moratori del 5% annuo, il prolungato 
sciopero posto in essere nel periodo aprile-settembre 1971 del personale 
civile �dipendente (8). 

ISTRUZIONE 

Sicilia -Scuole professionali -Alunni e personale insegnante -Assicurazione 
obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, 

n. 1124, art. 127). 
Se siano applicabili alla Regione Siciliana le norme statali sull'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro a favore degli alunni 
e del personale insegnante e tecnico-pratico nelle scuole professionali 

(n. 27). 

29.
PARTE II, CONSULTAZIONI 

LAVORO 

Istituto Poligrafico dello Stato -Dipendenti -Crediti di lavoro -Prescrizione 
-Decorrenza (e.e., art. 2948, n. 4). 

Se la prescrizione dei crediti di lavoro dei dipendenti dell'Istituto 
Poligrafico dello Stato possa iniziare a decorrere durante il rapporto di 
lavoro (n. 75). 

Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto alla retribuzione -Decorrenza 
-Sent. Corte Cost. 3 giugno 1966, n. 63 -Operativit� nei confronti 
dei rapporti giuridici anteriori, non definiti con sentenza passata in giudicato 
(artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2, 2956, n. 1 e.e.). 

Se la dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli artt. 2948, n. 4; 
2955, n. 2 e 2956, n. 1 e.e. � nella parte in cui consentano che la prescrizione 
del diritto alla retribuzione decorra durante H rapporto di lavoro 
subordinato � (Corte Cost., sent. 3 giugno 1966, n. 63) applichi i vari effertti 
anche sui rapporti di pubblico impiego, ed in particolare cessati prima 
della pubblicazione di detta sentenza ma non ancora definiti con sentenza 
passata in giudicato (n. 76). 

Statuto dei lavoratori -Controllo dei lavoratori sull'applicazione delle 
norme di prevenzione infortuni e malattie prnfessionali -Soggetto 
passivo -Datore di lavoro -Ispettorato del lavoro (l. 20 maggio 1970, 

n. 300, art. 9). 
Se il controllo da parte dei rappresentanti dei lavoratori sulla applicazione 
del1e norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie 
professionali comporti il diritto di prendere visione, presso gli Ispettorati 
del lavoro, dei fogli di prescrizione rilasciati dagli Ispettorati stessi ai 
datori di lavoro in occasione dehle ispezioni (n. 77). 

NAVI 

Trasp01�to marittimo -Scarico -Impossibilit� per scioperi -Stallie -Decorrenza 
(art. 445 cod. nav.). 

Se nel trasporto marittimo di cose l'impossibilit� dello scarico dipendente 
da scioperi portuali sospenda la decorrenza del termine delle stallie 

(n. 129). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Richiesta interessi del 5% su. fatture emesse tra il 16 gennaio e il 7 aprile 
1971 relative a servizio manovalanza (art. 41, d.m. 30 giugno 1960, 

n. 123; art. 1224 e.e.). 
Se l'Amministrazione possa invocare quale causa di forza maggiore, 
giustificatrice del ritardo nella liquidazione di fatture (nella specie relative 
ad appalto di servizi di manovalanza) ,ed esimente dall'obbligazione 


30 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di corrispondere i relativi interessi moratori del 5% annuo, 11 prolungato 
sciopero posto in essere nel periodo aprile-settembre 1971 dal personale 
civile dipendente (n. 55). 

OPERE PUBBLICHE 

Opere in conglomerato cementizio -Competenza del Genio Civile (l. 5 novembre 
1971, n. 1086). 

Se le competenze �attribuite al Genio Civile dalla I. 5 novembre 1971, 

n. 1086 in materia di opere di conglomerato cementizio comprendano il 
sindacato di merito sugli atti al detto Ufficio consegnati in allegato alla 
denuncia dei lavori o alla relazione a strutture ultimate ovvero si limitino 
ail. mero controllo di completezza degli atti stessi (n. 101). 
PENSIONI 

Indennit� di buonuscita -Competenze accessorie (r.d. 8 gennaio 1931, 

n. 148, all. A, artt. 26 e 27). 
Se nel calcolo per la determinazione dell'ammontar.e dell'indennit� di 
buonuscita dei dipendenti delle aziende autofilotranviarie cessati dal servizio 
senza diritto a pensione, devono essere computate anche le competenze 
accessorie (n. 138). 

Orfano maggiorenne di dipendenti o pensionati statali -Pensioni di riversibilit� 
-Cumulo -Scelta (d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20, art. 21; 

Z. 15 febbraio 1958, n. 46, artt. 12 segg.). 
Se l'orfano maggiorenne di dipendente o pensionato statale abbia 
diritto a cumulare le pensioni di riversibilit� alla morte dell'altro genitore, 
anch'esso dipendente o pensionato statale, qualora il reddito, superiore 
a L. 240.000 annue, risulti costituito dalla prima pensione liquidata 

(n. 139). 
Se l'orfano maggiorenne di genitori entrambi dipendenti o pensionati 
statali, che non abbia diritto a cumulwe �le due pensioni di riversibilit�, 
possa scegliere tra l'uno e l'altro trattamento pensionistico (n. 139). 

PRESCRIZIONE 

Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione 
di regresso dell'Amministrazione -Natu.ra -Termine prescrizionale. 

Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per 
il recupero delle somme pagate al danneggiato in un incidente stradale 
provocato da dipendente non autorizzato ad usare il veicolo e quale sia 
in tale ipotesi il termine prescrizionale (n. 78). 

Istituto Poligrafico dello Stato -Dipendenti -Crediti di lavoro -Prescrizione 
-Decorrenza (e.e., art. 2948, n. 4). 

Se la prescrizione dei crediti di lavoro dei dipendenti dell'Istituto 
Poligrafico dello Stato possa iniziare a decorrere durante il rapporto di 
J.avoro (n. 79). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 31 

Pubblici dipendenti -Prescrizione del diritto alla retribuzione -Decorrenza 
-Sent. Corte Cost. 3 giugno 19'66, n. 63 -Operativit� nei confronti 
dei rapporti giuridici ante1�iori, non definiti con sentenza passata 
in giudicato (artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2; 2956, n. 1 e.e.). 

Se la dichiarazione di illegittimit� costituzional,e degli artt. ~948, n. 4; 
2955, n. 2 e 2956 n. 1 e.e. � nella parte in cui consentano che la prescrizione 
del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro 
subordinato � (Corte Cost., sent. 3 giugno 1966, n. 63) esplichi i suoi effetti 
anche sui rapporti di pubblico impiego, ed in particol1are su quelli cessati 
prima della pubblicazione di detta sentenza ma non ancora definiti con 
sentenza passata in giudicato (n. 80). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Casse di Previdenza -Contributo -Cancellerie commerciali -Deposito 
atti -Rilascio documenti (l. 12 marzo 1968, n. 410, art. 1; r.d. 27 dicembre 
1882, n. 1139, artt. 5 e 10). 

Se sia dovuto il contributo alle Casse Nazionali di Previdenza e Assistenza 
a favore degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e 
dei ragionieri ,e periti commerciali sui documenti allegati ad atti depositati 
presso le cancellerie commerciali dei tribunali, riguardanti le imprese 
commerciali (n. 94). 

Se sia dovuto il contributo alle Casse nazionail.i di previdenza e assistenza 
a favor,e degli avvocati e procuratori, dei dottori commercialisti e 
dei ragionieri e periti commerciali sulla certificazione di eseguita trascrizione, 
apposta dal cancelliere sulla relativa nota, di atti che vengono depositati 
nella cancelleria commerciale dei tribunali, riguardanti [e imprese 
commerciali (n. 94). 

Sicilia�-Scuole professionali -Alunni e personale insegnante -Assicurazione 
obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, 
art. 127). 

Se siano applicabili alla Regione Siciliana le norme statali sull'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro a favore degli alunni 
e del personale insegnante e tecnico-pratico nella scuole professionali 

(n. 95). 
PUBBLICO UFFICIALE 

Dipendenti della S.E.A. (Societ� esercizi aeroportuali) -Qualit� di pubblici 
ufficiali. 

Se a taluni dipendenti della S.E.A. (Societ� esercizi aeroportuali) 
possa riconoscersi la qualifica di pubblico ufficiale (n. 7). 

REATI FINANZIARI 

Imposta RM-C/2 -Imposta complementare -Sostituto d'imposta -Mancato 
pagamento -Reato finanziario -Azienda municipalizzata -Controllo 
sostitutivo -Societ� per azioni -Denuncia degli amministratori 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, 127 e 261; r.d. 3 marzo 1934, 
n. 383, art. 19; e.e. art. 2409). 
Se e quali reati siano ravvisabili nel comportamento degli amministratori 
di azienda municipalizzata che omettano di provvedere al paga



32 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento di imposte di R.M. cat. C/2 e complementare di rivalsa, trattenute 
per legge sulle competenze dei dipendenti (il reato di cui all'art. 261, 
primo comma, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) (n. 12). 

Se l'Autorit� governativa possa sostituirsi nell'attivit� di� un'azienda 
municipalizzata al fine di compiere atti di pagamento di imposte di R.M. 
C/2 e complementar� di rivalsa, trattenute sul!le competenze dei dipendenti 
e dovute all'Erario dall'azienda medesima (n. 12). 

Se siano passibili di denunzia al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 e.e., 
gli amministratori di una societ� per azioni che omettano il pagamento 
di imposte di R.M. cat. C/2 e complementari di riv�alsa, trattenute dalla 
scoiet� sulle competenze dei dipendenti (n. 12). 

REGIONE SICILIA 

Sicilia -Scuole professionali -Alunni e personale insegnante -Assicu


razione obbligatoria infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno'1965, n. 1124, 

art. 127). 

Se siano applicabili alla Regione Siciliana le norme statali sull'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro a favore degli alunni 
e del personale insegnante e tecnico-pratico nelle scuole professionali (n. 5). 

Sicilia -Zone terremotate del 1968 -Espropriazione p.u. -Indennit� -Deposito 
-Ius superveniens -Pagamento diretto (d.l. 1� giugno 1971, 

n. 289, art. 7). 
Se le indennit� depositate per espropriazioni relative alle zone siciliane 
colpite dal terremoto del 1968, iniziate prima delLa entrata in vigore 
del d.l. 1 giugno 1971, n. 289, possano essere direttamente pagate all'espropriato 
(n. 6). 

REGIONI 

Attivit� consultiva dell'Avvocatura dello Stato a favore della Regione a 
statuto ordinario ed agli Uffici ex statali trasferiti alle Regioni svesse Ammissibilit� 
(t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611; l. 16 maggio 1970, n. 281). 

Se le Regioni a statuto ordinario, a seguito del trasferimento alle 
medesime delle funzioni amministrativ'e statali, ai sensi della I. 16 maggio 
1970, n. 281 e successivi decreti delegati, possano avvalersi o meno 
deUa consulenza dell'Avvocatura dello Stato (n. 191). 

Trasferimento aUe Regioni delle funzioni dello Stato in materia di agricoltura 
e foreste -Applicazione di sanzioni amministrative per violazione 
norme di polizia forestale -Inclusione (d.P.R. 15 gennaio 1972, 

n. 11; l. 9 ottobre 1967, n. 950). 
Se con l'�entrata in vigore del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 siano 
divenute di competenza regionale le funzioni degli Ispettorati ripartimentali 
delle foreste in materia di applicazione delle sanzioni amministrative 
previste dallia I. 9 ottobre 1967, n. 950, per i trasgressori delle norme 
di polizia forestale (n. 192). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Trasferimento alle Regioni di beni forestali -Terreni per i quali sia stata 
gi� emessa la dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione 

(l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11, quinto comma). 
Se tra le foreste trasferite dallo Stato a1l1e Regioni in forza della 

I. 16 maggio 1970, n. 281 siano �ompr�esi anche i terreni per i quali, essendo 
in corso l'alienazione a terzi, sia stato gi� emanato il provvedimento di 
dichiarazione dell'inesistenza del vincolo di destinazione degli stessi ai 
fini della tutela e dell'incremento del patrimonio boschivo (n. 193). 
RESPONSABILIT� CIVILE 

Incidente stradale -Dipendente non autorizzato all'uso del veicolo -Azione 
di regresso dell'Amministrazione -Natura -Termine prescrizionale. 

Quale sia la natura dell'azione di regresso dell'Amministrazione per il 
recupero delle somme pagate al danneggiato in un incidente stradale provocato 
da dipendente non autorizzato ad usare il veicolo e quale sia in 
tale ipotesi il termine pr�escriziona'.le (n. 261). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Provvedimento della Regione -Ricorso straordinario al Capo dello Stato Istruttoria 
-Organo competente (d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, 
art. 11, terzo comma). 

Se, trasferite alcune funzioni amministrative alle Regioni, la competenza 
a curare l'istruttoria di un ricorso straordinario al Capo dello Stato 
avverso un provvedimento regionale spetti al!la Regione stessa ovvero alla 
Pr�esidenza del Consiglio ovvero al Ministero le cui funzioni siano correlate 
a quelle r�egionali (n. 16). 

TRANSAZIONE 

Procedimento penale -Risarcimento del danno sub�to dalla parte lesa Transazione. 


Se rientra nella disponibilit� dell'Amministrazione fa definizione transattiva 
della pretesa del danneggiato allorch� sia pendente un procedimento 
penale contro il dipendente che ha causato l'evento dannoso (n. 21). 

TRASPORTO 

Abbonamento sugli au.toservizi di linea -Rimborso in caso di sciopero del 
personale (l. 28 settembre 1939, n. 1822, art.� 3). 

Se l'Amministrazione abbia il poter�e di imporre alle imprese concessionarie 
di autolinee la eliminazione, dal novero delle condizioni di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

34 

abbonamento, della clausola con la quale viene oggi escluso, in caso di 
sciopero del personale, qualsiasi rimborso, totale o parziale, del prezzo 
dei viaggi _non effettuati dagli utenti (n. 79). 

Tmsporto marittimo -Scarico -Impossibilit� per scioperi -Stallie -Decorrenza 
(art. 445 cod. nav.). 

Se nel trasporto marittimo di cose l'impossibilit� dello scarico dipendente 
da scioperi potuali sospenda la decorrenza del termine delle stame 

(n. 80). 
VIOLAZIONI TRIBUTARIE 

Pubblico servizio automobilistico -Esercizio abusivo con veicolo non ido


neo -Tassa concessioni governative -Omesso pagamento -Conse


guenze (t.u. 1� marzo 1961, n. 121, art. 185, Tab. all. A), 

Se colui che eserciti abusivamente un pubblico servizio automobilistico 
di linea con V�eicolo non idoneo ad ottenere la concessione amministrativa, 
debba rispondere anche per l'omesso pagamento della tassa di concessione 
governativa (n. 3).