ANNO XXIV -N. l GENNAIO -FEBBRAIO 1972 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1972 



/ 

ABBONAMENTI 

ANNO � . � � � � . . � � . . . . � � . . � . . . . � . . � . . . . � L. 8.500 
UN NUMERO SEPARATO � . . . � � � . . � � � � � � . � . � 1.500 


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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(2219011) Roma, 1972 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



A decorrere dal presente numero, le Rassegne di 
dottrina e di legislazione, ai fini di una semplificazione 
e per dare maggiore spazio alle altre rubriche, 

� sono rispettivamente sostituite, la prima con l'elenco 
periodico delle opere acquisite alla Biblioteca della 
Avvocatura Generale e la seconda con segnalazione 
di leggi e decreti ed elenco deUe questioni di legittimit� 
cost{tuzionale. 

Ai colleghi Lumi MAZZELLA e ARTURO MARZANO, 
che hanno curato per otto anni te Rassegne soppresse 
e continueranno a dare la loro apprezzata collaborazione 
alle altre rubriche, va il pi� vivo ringraziamento. 
per la proficua attivit� svolta. 

LA REDAZIONE 


Sezione prima: 
Sezione seconda: 
Sezione terza: 
Sezione quarta: 
Sezione quinta: 
Sezione sesta: 

Sezione settima: 

Parte seconda: 

LEGISLAZIONE 

INDICE 

Parte prima�: GIUIRISPRUDENZA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTER~ 
NAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese} pag. 
GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdel/'
avv. Benedetto Baccari} � 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a 
tro de Francisci} � � 
cura del/'avv. Pie� 
� 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura dell'avv. 
Ugo Gargiulo} . � 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile} � 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi} . � � 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � 

QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

. . . . pag. 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 
CONSULTAZIONI � 
NOTIZIARIO . � 

36 
54 
71 
84 

161 
169 

13 
14 

30 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

CARBONE C., Procedimento amministrativo di irrogazione della 

pena pecuniaria e giudice competente a controllare l'entit� 

della sanzione inflitta . . . . . . . . . . . . . �. . . . pag. 40 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


AGRICOLTURA E FORESTE 

-Polizia forestale -Depenalizzazione 
-Ambito di applicazione, 

172. 
APPALTO 

-Appalto d'opera pubblica -Risoluzione 
-Obbligo del committente 
di pagamento all'appaltatore 
del valore venale dell'opera parzialmente 
eseguita, con riferimento 
al momento della pronuncia 
di risoluzione -Sussiste, 161. 

-Appalto di opere pubbliche Controversie 
:fra l'appaltatore e 
la Stazione appaltante -Domanda 
di arbitrato -Declinatoria 
della competenza arbitrale -Riproposizione 
della domanda innanzi 
all'A.G.O. -Necessit� dell'osservanza 
del termine di decadenza 
di sessanta giorni con 
decorrenza dalla data di notificazione 
della declinatoria -Sussiste, 
165. 

-Appalto .di opere pubbliche Controversie 
:fra l'appaltatore e 
la Stazione appaltante -Domanda 
di arbitrato, seguita, per effetto 
di declinatoria della competenza 
arbitrale da domanda innanzi 
al G. O. , Unitariet� del 
rapporto contenzioso -Sussiste, 

164. 
ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atto collegiale -Verbale -Funzione 
-Omessa indicazione degli 
intervenuti -Illegittimit�, 81. 

AVVOCATI E PROCURATORI 

-Procedimento disciplinare davanti 
al Consiglio Nazionale Forense 
-Assistenza del P. M. alla deliberazione 
-Illegittimit� costituzionale, 
28. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Illeciti amministrativi -Pena pecuniaria 
-Pagamento in misura 
ridotta -Disciplina, 58. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Amministrazione dello Stato e 
degli Enti pubblici -Controlli 
amministrativi -Posizione soggettiva 
del privato -Diritto soggettivo 
-Insussistenza -Difetto 
di giurisdizione del giudice ordinario 
-Fattispecie, 40. 

-Contratti di guerra -Deliberazione 
-Commissariato per la 
sistemazione dei contratti di guerra 
-Impugnazione -Giurisdizione 
del giudice ordinario -Fattispecie, 
52. 

Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Criteri 
di discriminazione -Fattispecie, 

~6. 

-Imposte e tasse -Pena pecuniaria 
-Controllo dell'A.G.0. sulla 
misura della stessa -Esclusione, 
con nota di c. CARBONE, 40. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Proposta di contratto a trattativa 
privata avanzata da un privato 
all'Amministrazione -Rigetto Interesse 
legittimo del privato Non 
sussiste, 81. 

-Proposta di contratto a trattativa 
privata avanzata da un privato 
all'Amministrazione Rigetto 
della proposta -Natura giuridica 
-Impugnazione -Inammissibilit�, 
80. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Referendum abrogativo -Legge 
sulla disciplina dei casi di scioglimento 
del matrimonio -Ammissibilit�, 
13. 


VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-V. anche Avvocati e procuratori 
-Impiego pubblico ~ Lavoro Pensioni 
-Piano regolatore Procedimento 
penale -Reato Regione 
-Sardegna -Sicurezza 
pubblica. 

DANNI 

-Incidenza della svalutazione nel 
giudizio di liquidazione del danno 
-Rilevabilit� ex officio judic.is 
anche in Cassazione -Sussiste, 

161. 
DANNI DI GUERRA 

-Beni perduti all'estero -Indennizzo 
-Liquidazione -Motivazione 
per relationem -Legittimit�, 

82. 
- 
Beni perduti all'estero -Indennizzo 
-Omessa valutazione di 
perizia �di .parte -Valutazione 

U.T.E. -Legittimit�, 82. 
- 
Beni perduti all'estero -Lucro 
cessante -Esclusione dall'indennizzo 
-Legittimit�, 82. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Piano ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 
-Criteri e principi generali Previsione 
di opere diverse eccedenti 
l'ambito d�l piano di zona Illegittimit�, 
73. 

-�Piano 'ex 1. 18 aprile 1.962, n. 167 
-Opere e servizi complementari 
-Nozione -Variante introduttiva 
di sistemi stradali -Illegittimit�, 

73. 
- 
Piano ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 
-Tipologia edilizia -Scelta della 

P. A. -Discrezionalit�, 73. 
-Piano ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 
-Variante -Proprietario di area 
ricompresa nel piano per effetto 
della variante -Interesse all'impugnativa 
-Sussiste, 72. 

- 
Piano ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 
-Varianti -Ammissibilit� -Ter


mine ex art. 2, 1. 18 aprile 1962, 

n. 
167 -Scadenza -Effetti, 72. 
-Piano ex 1. 18 aprile 1962; n. 167 
-Varianti -Motivazione per relationem 
-Legittimit�, 73. 

- 
Piano ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 
-Varianti introduttive di modifiche 
al piano regolatore generale 
-Legittimit�, 73. 

ENERGIA ELETTRICA 

-Nazionalizzazione delle imprese 
elettriche -Trasferimenti coattivi 
di azienda -Debito d'imposta 
-Trasferimento all'ENEL Limitazioni 
della responsabiUt� 
dei cessionari� -Non sussiste, 60. 

ESECUZIONE FORZATA 

-Opposizione di terzo -Casa del 
debitore -Presunzione di appartenenza 
dei mobili -Efficacia Prova 
contraria -Contenuto, 54. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Industrializzazione del Mezzogiorno 
-Art. 14 d. l.vo 14 dicembre 
1947, n. 1598 -Applicabilit�, 

77. 
-Occupazione d'urgenza -Industrializzazione 
del Mezzogiorno Ampliamento 
di stabilimento industriale 
-Legittimit�, 77. 

Occupazione d'urgenza -Provvedimento 
disposto a favore di 
soggetto deceduto anteriormente 
alla data dell'atto -Illegittimit�, 

77. 
Occupazione d'urgenza -Scelta 
dell'area -Valutazione -Necessit�, 
77. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Impiego pubblico -Militare Ufficiale 
-Impugnazione di giudizio 
sfavorevole all'avanzamento 
-Controinteressati -Non si 
configurano, 75. 



INDICE 
IX 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Collocamento a riposo dipendenti 
inabili -Invalidit� risalente alla 
data di assunzione in servizio Art. 
26 1. 15 febbraio 1967, n. 40 
-Applicabilit�, 76. 

-Combattenti e reduci -Riconoscimento 
della qualifica -Commissioni 
-Segretario -Svolgimento 
delle funzioni di relatore Legittimit�, 
81. 

-Combattenti e reduci -Riconoscimento 
della qualifica -Commissioni 
di secondo grado -Composizione 
e deliberazione -� Partecipazione 
di tutti i membri -Necessit�, 
81. 

-Ferrovie -Coll:ocaroento a riposo 
dipendenti inabili -Accertamento 
dell'inabilit� -Criteri, 76. 

-Ferrovie -Collocamento a riposo 
. dipendenti inabili -Invalidi di 
guerra o per servizio -Art. 26, 

1. 15 febbraio 1967, n. 40 -Applicabilit�, 
76. 
Somalia -Personale statale in 
servizio in Somalia -Magistrati 
-Indennit� Somalia -Illegittimit� 
della normativa -Esclusione, 
20. 

-Stipendi, assegni e indennit� Correzioni 
e variazione dei ruoli 
di spese fisse -Retroattivit� Limite 
-Ripetizione emolumenti 
non dovuti -Ritardo imputabile 
alla P. A. -Illegittimit�, 71. 

Stipendi, assegni e indennit� Cumulo 
con la pensione -Insegnante 
elementare -Norme applicabili 
-Legittimit�, 71. 

-Stipendi, assegni e indennit� Cumulo 
con la pensione -Limite 
-Pensioni di reversibilit� -Si 
estende, 71. 

Stipendi , assegni e indennit� Ripetizione 
emolumenti non dovuti 
-Obbligo generale -Non 
sussiste, 71. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Fusione 
e concentrazione di aziende Limite 
territoriale, 106. 

-Agevolazioni per la ricostruzione 
�edilizia -Vendita di casa ricostruita 
-Preventiva dichiarazione 
di abitabilit� -� necessaria, 

113. 
-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Case albergo 
condominiali -Esclusione, 138. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Termine 
per l'ultimazione -Limiti, 142 .. 

-Agevolazioni per le case di abitazione\ 
non di lusso -Termine 
per l'ultimazione -Soppressione 
-Rimane in vigore per le costruzioni 
iniziate anteriormente, 143. 

-Prescrizione -Interruzione -Effetti 
-Atto plurimo -Estensione 
a tutte le convenzioni contenute 
nell'atto, 141. 

-Societ� -Fusione -Accertamento 
di congruit� del patrimonio -Legittimit� 
-Avviamento commerciale 
-� tassabile, 106. 

-Societ� -Fusione -Conferimento 
di navi -Aliquota applicabile Illegittimit� 
costituzionale -Manifesta 
infondatezza, 93. 

-Societ� -Fusione -Imposta proporzionale 
-� dovuta, 93. 

- 
Societ� -Societ� di persone Scioglimento 
-Assegnazione delle 
attivit� ai soci -Eccedenza 
sulla quota di diritto -Assogettamento 
all'imposta proporzionale 
di trasferimento -Determinazione 
del valore netto del patrimonio 
-Irrilevanza, con nota di 

c. 
BAFILE, 101. 
- 
Termine per la registrazione Contratti 
degli enti pubblici Verbale 
di licitazione privata Equivale 
a contratto -Gestione 
INA-Casa Applicabilit� del 
principio, 130. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Plusvalenza tassabili -Presupposto 
-Cessione di azienda -Regolarizzazione 
di societ� di fatto Non 
si verifica, 84. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 


-Redditi prodotti all'estero percepiti 
da soggetti domiciliati in 
Italia -Tassabilit� -Condizioni, 

123. 
- 
Spese e passivit� deducibili Imposta 
sulle societ� -Esclusione, 

123. 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Coacervo delle pr�cedenti donazioni 
-Valore dei beni donati al 
momento dell'apertura della successione, 
127. 

-Denunzia di valore insufficiente 
-Interessi sull'imposta complementare 
-Sono dovuti, 115. 

Determinazione della base imponibile 
-Deduzione di passivit� 
-Imposta complementare di 
registro -Indeducibilit� -Limiti, 

157. 
Determ~nazione della base imponibile 
-Deduzione di passivit� 
-Imposta complementare sul 
reddito -Indeducibilit� -Limiti, 

158. 
IMPOSTA SULLE SOCIET� 

Soggetto passivo -Societ� estera 
operante in Italia mediante una 
stabile organizzazione -' � la societ� 
estera non la sede secondaria, 
108. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Estimazione semplice e complessa 
-Imposta di ricchezza mobile Interessi 
-Presunzione, 98. 

-Imposta generale entrate -Esenzioni 
-Art. 1 lett. h) r.d.l. 9 gennaio 
1940, n. 2 -Servizio inter


.nazionale: definizione, con nota 
di C. CARBONE, 40. 

-Imposte automobilistiche -Dom!!-
nda di rimborso -Azione ordinaria 
-Necessit� del preventivo 
ricorso amministrativo -Esclusione, 
154. 

Imposte automobilistiche -Esenzione 
semestrale -Riduzione per 
veicoli fuori strada -Cumulabilit� 
-Esclusione, 154. 

-Imposte -dirette -Azione di� accertamento 
negativo -Pendenza 
della esecuzione esatttoriale Ammissibilit� 
-Limiti, 146. 

-Imposte dirette -Azione ordinaria 
-Necessit� di una preventiva 
pronuncia di una commissione Opposizione 
del liquidatore di 
societ� dichiarato responsabile in 
proprio -Esclusione, 147. 

Imposte indirette -Accertamento 
di maggior valore -Obbligo dell'ufficio 
di indicare distintamente 
il valore <attribuito a ciascuno dei 
beni -Insussistenza quando nell'atto 
sia stato dichiarato un valore 
complessivo, con nota di E. 
VITALIANI, 88. 

-,Imposte indirette -Imposta complementare 
-Interessi ex legibus 

n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962 Decorrenza 
dal 16 marzo 1961, 
116. 
-Imposte indirette -Interessi a 
carico del contribuente -Rapporti 
anteriori all'entrata in vigore 
della legge n. 29 del 1961 -Applicabilit�, 
115. 

-Imposte indirette -Privilegio Estensione 
all'imposta principale, 
complementare e suppletiva, 134. 

Imposte indirette -Privilegio -
Poziorit� sulle ipoteche, 134. 

-Imposte indirette -Valutazione Determinazione 
del valore di un 
fabbricato fatiscente sito in zona 
urbana in ragione del valore dell'area 
di risulta -Grave ed evidente 
errore di apprezzamento 
-Esclusione, 96. � 

-Pluralit� di agevolazioni -Cumulabilit� 
-Esclusione, 153. 

-Reati finanziari -Competenza Contravvenzione 
prevista dagli 
artt. 43 e 44 r.d.l. 19 ottobre 
1938, n. 1933 -Costituisce violazione 
finanziaria relativa �ai 
tributi statali -Competenza del 
tribunale, 169. 



INDICE XI 

Reati finanziar� -Competenza Intendente 
di finanza -Competenza 
penale -Illegittimit� costituzionale 
-Efficacia retroattivia 
della declaratoria -Esclusione Fondamento 
-Fattispecie relativa 
a decreto intendentizio esecutivo, 
170. 

Reati finanziari -Esecuzione Decreto 
intendentizio divenuto 
definitivo �prima della sentenza 

n. 60 del 1969 della Corte Costituzionale 
-Validit� -Esecuzione 
successiva alla pubblicazione di 
detta sentenza -Competenza dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, 
171. 
LAVORO 

Indennit� di anzianit� -Impossibilit� 
di disporre per testamento 
-Illegittimit� costituzionale, 7. 

MILITARE 

Ufficiale Esercito -Avanz;amento 
-Autonomia dei singoli giudizi 
annuali -Limite, 75. 

Ufficiale Esercito -Avanzamento 
-Discrezionatit� e insindacabilit� 
del giudizio -Sussiste -Limiti, 
75. 

Ufficiale Esercito -Avanzamento 
-Uniformit�� dei criteri di giudizio 
relativi ai singoli aspiranti Necessit�, 
75. � 

Ufficiale Esercito -Promozione 
-Diniego -Omessa acquisizione 
del parere della Commissione di 
avanzamento -Illegittimit�, 81. 

OPERE PUBBLICHE 

Appalto -Pignoramento in corso 
d'opera dei crediti dell'appaltatore 
di risulta ed avvenuto collaudo 
-Efficacia, 56. 

PENSIONI 

Militare -Sottufficiale passato 
all'impiego civile -Revoca del 
trattamento di �pensione gi� concesso 
-Legittimit�, 71. 

Pensioni civili e militari -Personale 
delle Ferrovie dello Stato 
-Perdita del diritto per destituzione
� -Illegittimit� costituzionale, 
25. 

PIANO REGOLATORE 

Approvazione -Modifiche in sede 
di approvazione -Potere del 
Ministro dei LL. PP. -Sussiste, 

78. 
-Art. 1, 1. 10 novembre 1968, 
n. 1187 -Questione di incostituzionalit� 
-Manifesta infondatezza, 
78. 
Edilizia -Opere di urbanizzaziozione 
primaria -Rapporti con il 
P.R.G., 79. 

Espropriazione per p.u. -Facolt� 
del Comune -Rinvio dell'espropriazione 
dei piani particolareggiati 
-Legittimit�, 79. 

-Piano finanziario Redazione 
contemporanea al piano regolatore 
generale -Necessit� -Non 
sussiste, 79. 

Piano regolatore di Apuania Vincolo 
di ineditibilit� -Mancata 
previsione di indennizzo 
Inammissibilit� della questione, 

21. 
Piano regolatore di Napoli -Vincoli 
di inediticabilit� -Mancata 
previsione di indennizzo -Inammissibilit� 
della questione, 21. 

Prescrizioni e vincoli -Aree riservate 
dal P.R.G. all'edilizia 
scolastica -Leg.ittimit�, 79. 

Prescrizione e vincoli -Limitazioni 
all'attivit� edilizia -Disparit� 
di trattamento rispetto a costruzioni 
realizzate prima dell'approvazione 
del P.R.G. -Irrilevanza, 
79. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Zone verdi -Previsione di aree 
destinate a parchi pubblici nel 
piiano regolatore, anzich� nei 
piani di esecuzione -Legittimit�, 
78. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Arresto in flagranza -Maltrattamenti 
in famiglia -Ipotizzabilit� 
della flagranza -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 3. 

-Interrogatorio dell'imputato detenuto 
Mancata preventiva 
consultazione del difensore 
Sperequazione rispetto all'imputato 
non detenuto -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 25. 

-Parte civile -Sentenza di proscioglimento 
dell'imputato 
Esclusione -Illegittimit� costitu.zionale, 
32. 

REATO 

-Disciplina fiscale dei semi oleosi 
-Reati non comportanti evasioni 
-Definizione amministrativa Legittimit� 
costituzionale, 22. 

-Elemento soggettivo (psicologico) 
-Colpa dell'esercizio della 
professione medica -Valutaziol}e 
-Criteri e limiti, 173. 

-Pesca marittima -Pena accessoria 
dell'inderdizione dell'esercizio 
della pesca -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 34. 

-Reati e pene -Disciplina degli 
stupefacenti -Elenchi delle sostanze 
approvate dal Ministro 
della Sanit��-Violazione del principio 
di legalit� e sulla delega 
legislativa -Esclusione, 8. 

-Reati e pene -Disciplina degli 
stupefacenti -Identit� di sanzioni 
per gli spacciatori ed i consumatori 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 8. 

-Reati e pene -Lesioni personali 
volontarie -Aggravanti a carico 
dell'agente -Contrasto con la 
personalit� della responsabilit� 
penale -Esclusione, 6. 

-Reati e pene -Repressione dell'attivit� 
fascista -Illegittimit� 
costituzionale dell'intera legge e 
dell'art. 8 -Insussistenza, 4. 

REGIONE 

-Legge sugli interventi a favore 
del Mezzogiorno -Lesione della 
competenza regionale -Inammissibilit� 
della questione, 6 

REQUISIZIONE 

-Requisizioni disposte dalle Forze 
armate alleate -Concetto -Legge 
9 gennaio 1951, n. 10 -Salvataggio 
con navi -Applicabilit�, 

63. 
RESPONSABILIT� CIVILE 

-Requisizioni alleate -Requisizioni 
di servizi e miste -Indennizzo 
-Disciplina -Criterio equitativo,

63. 
SARDEGNA 

-Erogazione di contributi straordinari 
di autolinee -Limitazione 
alle sole concessioni statali -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
1. 

-Espropriazione per p. u. -Opere 
finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno 
Competenza dello 
Stato, 30. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Invito di P. S. -Accompagnamento. 
coattivo per l'inadempimento 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione nei sensi di cui 
in motivazione, 18. 

-Questue o collette pubbliche Autorizzazione 
del Questore Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 15. 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Trattato di pace e � Memorandum 
d'intesa � Lowet-Lombardo -Diritti 
soggettivi -Fonte -Necessit� 
di atti normativi interni, 63. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

19 gennaio 1972, n. 2 . pag. 1 
19 gennaio 1972, n. 3 . 3 
19 gennaio 1972, n. 4 . 4 
19 genr:iaio 1972, n. 5 . 6 
19 gennaio 1972, n. 6 . 6 
19 gennaio 1972, n. 8 . 7 
19 gennaio 1972, n. 9 . 8 
26 gennaio 1972, n. 10 13 
2 febbraio 1972, n. 12 15 
2 febbraio 1972, n. 13 18 
2 febbraio 1972, n. 14 20 
,2 febbraio 1972, n. 15 . 21 
2 febbraio 1972, n. 16 . 21 
17 febbraio 1972, n. 24 22 
17 febbraio 1972, n. 25 25 
17 febbraio 1972, n. 26 25 
17 febbraio 1972, n. 27 28 
17 febbraio 1972, n. 28 . 30 
17 febbraio 1972, n. 29 32 
17 febbraio 1972, n. 30 . 34 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 23 settembre 1971, n. 2645 , pag. 84 
Sez. Un., 4 ottobre 1971, n. 2719 . 88 
Sez. I, 14 ottobre 1971, n. 2893 . . 93 
Sez. I, 25 ottobre 1971, n. 3016 . 96 
Sez. Un., 27 ottobre 1971, n. 3021 146 
Sez. Un., 8 novembre 1971, n. 3141 . �93 
Sez. I, 10 novembre 1971, n. 3184 101 
Sez. I, 10 novembre 1971, n. 3186 . 106 
Sez. I, 19 novembre 1971, n, 3319 108 
Sez. I, 19 novembre 1971, n. 3326 . 113 
Sez. I, 23 novembre 1971, n. 3396 115 
Sez. Un., 4 dicembre 1971, n. 3519"_. 36 
Sez. Un., 4 dicembre 1971, n. 3527 . 123 
Sez. I, 9 dicembre 1971, n. 3555 . 127 
Sez. I, 13 dicembre 1971, n. 3610 130 
Sez. I, 14 dicembre 1971, n. 3637 . 134 
Sez. I, 14 dicembre 1971, n. 3640 . 138 
Sez. I, 14 dicembre 1971, n. 3643 . 141 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 15 dicembre 1971, n. 36-49 . 
Sez. Un., 22 dicembre 1971, n. 3738 '. 
Sez. Un., 30 dicembre 1971, n. 3792 . 
Sez. Un., 30 dicembre 1971, n. 3793 . 
Sez. I, 13 gennaio 1972, n. 106 . . 
Sez. Un., 28 gennaio 1972, n. 191 . 
Sez. I, 28 gennaio 1972, n. 196 . 
Sez. I, 1 febbraio 1972, n. 297 . 
Sez. I, 11 febbraio 1972, n. 376 . 
Sez. III, 15 febbraio 1972,. n. 398 
Sez. III, 15 febbraio 1972, n. 416 
Sez. I, 18 febbraio 1972, n. 436 . 
Sez. I, 18 febbraio 1972, n. 441 . 


Sez. Un., 18 febbraio 1972, n. 471 


Sez. I, 21 febbraio 1972, n. 504 . 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 5 ottobre 1971, n. 7 

Sez. IV, 5 ottobre 1971, n. 872 . 

Sez. IV, 5 ottobre 1971, n. 876 . 

Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 886 . 

Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 887 . 

Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 889 . 

Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 891 . 

Sez. IV, 26 ottobre 1971, n. 894 . 

Sez. IV, 26 ottobre 1971, n. 902 . 

Sez. IV, 30 ottobre 1971, n. 923 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 4 maggio 1971, n. 1270 
Sez. III, 4 maggio 1971, n. 1285 . 

Sez. III, 4 maggio 1971, n. 1309 
Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1359 . 
Sez. IV, 13 maggio 1971, n. 1395 

pag. 142 
146 
40 
153 
161 
40 
54 
157 
164 
56 
58 
60 
115 
52 
63 

pag. 71 
72 
75 
76 
77 
78 
79 
80 
81 
82 

pag. 169 
170 
172 
171 
173 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


LEGISLAZIONE 

Leggi e decreti (Segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 

QUESTIONI DI� L�GITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I. -Norme dichiarate incostituzionali pag. 1 

Il. -Questioni dichiarate. non fondate 2 

Ili. -Questioni proposte . 4 

INDICE BIBLIOGRAFICO 13 

INDICE DEI,,LE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche . pag. 14 Imposte di fabbrica-
Agricoltura . 14 zione pag. 21 
Appalto . ' . ' 14 Imposte dirette 22 
Bellezze artistiche e Imposte e tasse 22 
naturali. 15 Imposte varie 22 
Circolazione stradale 15 Interessi 22 
Comuni e province . 15 Lavoro 23 
Concessioni ammm1-Lotto e lottede 23 
strative . 16 Militari . 23 
Contabilit� generale Notificazione . 24 
dello Stato 16 Obbligazioni e con-
Contributi . 17 tratti 24 
Dazi doganali 17 Opere pubbliche 24 
Demanio 17 

Pensioni 25 

Edilizia economica e Piani regolatori 25 
popolare 19 

Pignoramento 25 

Elettricit� ed elettro-� 

Prescrizione .. 25 

dotti 19 

Previdenza e assistenza 26

Esecuzione forzata 19 

Propriet� 26

Ferrovie 19 

Reati finanziari 26

Foreste . 20 

Regione Sicilia 26

Guerra 20 

Riforma fondiaria 27

Impiego pubblico 20 

Riscossione 27

Importazione ed espor-

Sciopero 27

tazione 20 
Imposta di registro . . � 20 


Societ� 28 
Imposta di successione . 21 Strade 28 
Imposta generale sul-Successioni 29 
l'entrata 21 Titoli di credito 29 

NOTIZIARIO pag. 30 

I 


PARTE PRIMA 


( 

2 


\ 

s1111~11r1&�ljflrll~f1tltfi1111111�11tmr111r1111111111fil111�1a11r111111~1 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (*) 


CORTE COSTITUZIONALE, 19 geil1naio 1972, n. 2 -Pres. Fragali -
Rel. Rocchetti -Presidente Regfone Sardegna (avv. Guarino) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Sardegna -Erogazione di contributi straordinari di autolinee -Limitazione 
alle sole concessioni statali -Illegittimit� costituzionale Esclusione. 


(Cost. art. 3, St. Sardegna art. 3 lett. g; l. 25 febbraio 1971, n. 94). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
25 febbraio 1911, n. 94, recante erogazione di contributi straordina,ri ai 
concessionari di autolinee, l_imitatamente aUe sole Regioni a statuto ordinario 
(1). 

(Omissis). -Secondo la Regione autonoma della Sardegna, la legge 
25 febbraio 1971, n. 94, concedendo contributi ai soli concessfonari statali 
d.i autoservizi di linea, e. non anche a quelli regionali -che in atto 
sono solo gli esercenti nelle Regioni a statuto speciale -violerebbe la 
competenza che, per l'art. 3, lett. g, del suo statuto, le spetta in materia 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte a seguito 
di ricorso del Presidente della Regione autonoma della Sardegna, notificato 
il 24 aprile 1971, n. 94, avente' ad oggetto l'erogazione di contributi 
straordinari agli enti pubblici ed agli imprenditori concessionari di autoservizi 
di linea per viaggiatori. 
Per la decisione richiamata nel testo (Corte Cost. 20 febbraio 1969, 

n. 11), v. in questa Rassegna 1969, _I, 1, 17 e la nota di richiami di A. PxzZARUsso 
alla predetta sentenza in F01�0 it. 1969, I, 559. 
Per riferimenti, in dottrina, cfr. AccuRso e RAGAZZINI, L'intervento 
dei comuni in materia di trasporti pubblici su strada nel quadro regionale, 
in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 485. 

Per altri riferimenti giurisprudenziali e dottrinari V'edi in Foro it. 
1971, I, 283. 
(*) Alla redazione delle massime e delle note ha collaborato anche 
l'avv. CARLO CIAJtBONE. 



2 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di trasporti su linee automobilistiche e tranviarie, e lederebbe altres� 
il principio di eguaglianza garantito dall'art. 3 della Costituzione. 

Osserva al riguardo la Regione che sarebbe violata la sua competenza 
perch� la legge statale la� costringerebbe di fatto a provvedere, 
anche con la erogazione di mezzi finanziari,. e quindi ad adottare un 
comportamento non libero, in rapporto alla materia; nel mentre il principio 
di eguaglianza sarebbe leso dal diverso trattamento che quella 
stessa legge userebbe nei confronti delle Regioni a statuto ordinario ove 
le concessioni in oggetto e quelle amministrative in genere, sono 
ancora in pertinenza dello Stato -rispetto a quelle a statuto speciale, 
ove le stesse concessioni sono tutte di derivazione regionale. 

Con tali deduzioni, la Regione ripropone le medesime questioni di 
legittimit� costituzionale �he essa ebbe a dedurre nel suo ricorso notificato 
in data 11 maggio 196�8, avverso l'anteriore e del tutto simile legge 
statale del 28 marzo 1968, n. 375, e che furono dichiarate non fondate 
dalla Corte con la sentenza n. 11 del 1969, per ragioni che sarebbe qui 
del tutto superfluo ripetere. 

La Regione riti~ne di poter superare l'ovvia difficolt� derivante, 
per l'accoglimento delle sue tesi, da questo precedente puntuale, sostenendo 
che la situazione si sarebbe, in rapporto ad esso, sostanzialmente 
modificata, in quanto ora esistono, per essere state gi� costituite, le 
Regioni a statuto ordinario, che a quel tempo,, invece, non esistevano. 

Ma l'argomento, come la stessa ricorrente non.si nasconde, non � 
risolutivo, perch�, se ora le Ragioni esistono, in quanto sono stati eletti 
i suoi organi, esse non sono ancora funzionanti, per non essere ancora 
avvenuto il trasferimento delle competenze previsto dall'art. 17 della 
legge 16 maggio 1970, n. 281. 

N� hanno rilievo le ragioni esposte in ordine alla sostanziale identit� 
della situazione tra i concessionari delle Regioni di diritto comune 
-aventi analoga competenza in materia di trasporti -e che 
sono ancora statali ma diverranno r�gionali, e quelli delle Regioni di 
diritto speciale, che erano statali e sono gi� divenuti regionali, perch� 
qui non � la natur'a giuridica della loro posizione che conta. Quel che 
conta � la attualit�, riferita al momento della emanazione della legge, 
del funz.ionamento delle Regioni e quindi della loro capacit� di provvedere 
a determinati interessi in materia di loro competenza. Le Regioni 
a statuto ordinario non potevano, e non possono ancor oggi, assolvere 
al compito di soddisfare il pubblico interesse collegato alle necessit� 
di fornire mezzi straordinari ai concessionari di autolinee, per garantire 
la continuit� del pubblico servizio ad essi affidato. � ovvio che, in tale 
carenza di poteri, potesse e dovesse provvedere l'ente sopraordinato, e 
cio� lo Stato, che quei poteri h1ttora detiene per non averli ancora 
trasferiti. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

3 

Per le Regioni a statuto speciale che, al tempo della emanazione 
della legge tmpugnata, gi� godevan~ della pienezza dell'esercizio della 
loro_autonomia in rapporto alla materia di che� trattasi, potendo agire 
l'ente sottordinato, lo Stato non aveva alcuna necessit� di intervenire 
e doveva anzi astenel'.sene per i motivi esposti nella precedente sentenza 
della Corte n. 11 del 1969, gi� richiamata. � 

A ci� deve aggiungersi che i contributi erogati in favore dei titolari 
di concessioni statali, esercenti nel territorio delle Regioni a statuto ordinario, 
si riferiscono ad anni anteriori, e cio� ad un periodo .in C�i le 
dette Regioni -almeno per il maggior arco di tempo cui i contributi 
si rapportano -non solo non erano ancora funzionanti, ma non erano 
state ancora nemmeno costituite. 

La concessione di contributi si riferisce infatti alle gestioni dagli 
anni 1968, 1969 e 1970, essendo la loro misura rapp_ortata alle percorrenze 
chilometriche effettuate in quegli anni. Il che non costituisce 
soltanto un parametro di riferimento, ma rappresenta una integrazione 
di un dato economico ritenuto deficitario rispetto alla situazione dei 
singoli anni, oltre che un apporto di assestamento ai �bilanci di quegli 
stessi anni, volto a reintegrare la potenzialit� delle aziende e cosi garantire, 
nel pubblico interesse, la continuit� del servizio avvenire. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 gennaio 1972, n. 3 -Pres... Fragali -
Rel. Capalozza -Littera (n. c.). 

Procedimento penale -Arresto in flagranza -Maltrattamenti in fa


miglia -Ip�tizzabilit� della flagranza -Illegittimit� costituzionale


Esclusione. 

(Cast. art. 13, 24; c.p.p. art. 235, 246, 269; c.p. art. 572). 

Non sono fondate, con riferimento agli artt. 13 della Costituzione, 
le questioni di cui agli artt. 235 e 246 c. p.p., sun'arresto in flagranza, in 
combinato disposto aU'art. 572 codice procedura sul delitto di maltrattamenti 
in famiglia; mentre sono manifestamente infondate, in relazione 
aUa precedente giurisprudenza della Corte, le questioni relative 
agli artt. 246 e 269 c.p.p. (1). 

(1) La questione ea:a stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa 1'11 dicembre 1970 dal giudice istruttore del tribunale penale 
di Oristano (Gazzetta Uff. del 10 marzo 1971, n. 6�2); 
La decisione Corte cost. 14 luglio 1971, n. 173, relativa all'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 246 c.p.p. � riportata in Foro it. 1971, I, 
2449 (nota). 

V., anche, Foro it. 1972, I, 281. 



4 

RASSEGNA DELL'AVNOCATURA DELLO STATO 

-CORTE COSTITUZIONALE, 19 gennaio 1972, n. 4 -Pres. Chiarelli -
Rel. Mortati -De Sario (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Reato -Reati e l?ene -Repressione dell'attivit� fascista -Illegittimit� 
costituzionale dell'intera legge e dell'art. 8 -Insussistenza. 
(Cost. art. 138, 21; 1. 20 giugno 1952, n. 645, intero testo e art. 8). 

Non � fondata, con riferimento aU'art. 138 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge 20 giugno 1952, 

n. 645 sulla repressione dell'attivit� fascista; n�, con riferimento all'art. 
21 della Costituzione, l'art. 8 deHa stessa legge che autorizza ii 
sequestro preventivo della stampa, contenente apologia del fascismo (1). 
(Omissis). -Il tribunale di Varese ha .sollevato questione di legit.
thnit� costituzionale dell'intera legge 20 giugno 1952, n. 645, per contrasto 
con l'art. 138 della Costituzione, nonch� dell'art. 8 della medesima, 
per violazione dell'art. 21 della Costituzione. 

La questione non � fondata. 

1. -Infatti, per quanto riguarda il primo motivo, si deve richiamare 
quanto statuito con la .sentenza n. 1 del 1957, che, in rapporto 
all'intera legge n. 645 del 1952, ebbe ad escludere l'eccepita violazione 
dell'art. 138, nella considerazione che quest'ultimo trova a1pplicazione 
solo quando si debba procedere alla modifica della Costituzione o di 
una legge costituzionale. Ipotesi che non si verifica nei riguardi dell'atto 
normativo denunciando, innovativo della precedente legge 3 dicembre 
1947,--n. 1546, che era stata s� approvata dall'Assemblea costituente, 
ma nell'esercizio delle funzioni legislative ordinarie, ad essa attribuibili 
in virt� dell'art. 3 del d.l.lgt. 16 marzo 1946, n. 98. 
Nessuna ;nuova deduzione � stata proposta che possa condurre a 
modificare la precedente statuizione, che dev'essere perci� confermata. 

2. -Ad analoga conclusione si deve giungere anche nei confronti 
dell'altra censura di violazione dell'art. 21, terzo comma, della Costi(
1) La questione era stata sottoposta all'esame del.la Corte con ordinanza 
emessa il 21 gennaio 1971 dal tribunale penale di Varese (Gazzetta 
Uff. 28 aprile 1971, n. 106). ~ 
Per la decisione citata nel testo (Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 1) 
vedi Foro it. 1957, I, 354 (nota). 
Per altra decisione della Corte relativa al neo-fascismo vedi Corte 
cost. 6 dicembre 1958, n. 74 in Foro it. 1959, I, 190 (nota). 
In dottrina S. VINCIGUERRA,' Fascismo (sanzioni), in Enciclopedia del 
diritto, 1967, XVI, 902. 
Per una completa analisi dei riferimenti relativi alla materia, v. da 
ultimo Foro it., 1972, I, 280. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

tuzione. Infatti la norma del denunciato art. 8 legge n. 645 del 1952 
fa rientrare fra i casi di delitti di stampa, in ordine ai quali si rende . 
possibile procedere a sequestro preventivo, l'apologia del fascismo, elevata 
a fattispecie criminosa dal precedente art. 4, uniformandosi cos� a 
quanto la Costituzione prescrive per la val.ida adozione di quella misura 
cautelare. 

Per potere diversamente argomentare si dovrebbe conferire alla 
fol1Ill.ula �legge sulla .stampa�, adoperata dall'art. 21 per indicare la 
fonte abilitata a disciplinare la materia di cui si tratta, un particolare 
significato, e cio�, ritenere che per disporre il sequestro si renda necessario 
l'impiego non ,gi� di un qualsiasi atto legislativo, ma di uno che, 
sotto quella speciale intitolazione, raccolga ogni disposizione regolativa 
della materia stessa, con conseguente divieto ad ogni diversa legge di 
apportarvi modifiche. 

Se cos� fosse, si verrebbe a realizzare una di quelle fattispecie, 
conosc.iute dal diritto positivo, di norme che, pur emanando da una stessa 
fonte, siano tuttavia, per il fatto .di regolare una determinata materia, 
poste fra loro in un rapporto diverso da quello proprio del tipo di fonte 
da cui derivano, cosi� da conferire ad� esse una particolare resistenza di 
fronte a successive manifestazioni di volont� innovative di quelle precedentemente 
emesse. 

Per ammettere siffatta deroga ai principi generali che regolano la 
successione delle leggi nel tempo, e per fare discendere, a carico della 
legge che pretende di esplicare una forza attiva che non possiede, una 
sanzione di invalidit�, occorre poter risa,lire ad una pTecisa ed univoca 
statuizione costituzionale, che nella specie IIlon � dato rinvenire. 

Infatti, gi� risalendo ai lavori preparatori relativi all'art. 21, si pu� 
accertare che la modifica apportata dalla. pr.ima sottocommissione alla 
proposta originaria, con la sostituzione alla dizione � legge � di quella 
� legge 1sulla .stampa�, non fu espressione del proposito di dar vita ad 
un tipo speciale di riserva, essendosi anzi espressamente affermata da 
uno dei componenti della Commissione, non contraddetto dagli altri, la 
piena equivalenza fra le due dizioni. 

Ed invero, obiettivamente considerata, la formula dell'art. 21, nori 

� cosi univoca da ~tersene argomentare la volont� di introdurre una 

riserva qualificata di legge, potendo invece venire interpretata come 

indicativa del complesso delle norme riguardanti la materia, anche 

all'infuori della loro riunione formale in unica .sede. 

Pu� anche convenirsi nell'opinione che corrisponderebbe meglio 

all'esigenza di conferire organicit� alla delicata materia degF .interventi 

repressivi in ma.teria di stampa raccogliere in unico documento le dispo


sizioni ad essi relative. Si tratta tuttavia di un'esigenza di opportunit� 

suscettibile di essere soddisfatta solo dal legislatore. -(Omissis). 


6 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 gennaio 1972, n. 5 -Pres. Chiarelli -
Rel. Mortati -Presidente Regione Abruzzi (avv. Tranquilli-Leali) 

c. Pl'esidente Consiglio dei Ministri (So.st. avv. gen dello Stato 
Savarese). 
Regione -Legge sugli interventi a favore del Mezzogiorno -Lesione 
della competenza regionale -Inammissibilit� della questione. 
(Cost. art. 5, 115, 118, 119; t.u. 30 giugno 1967, n. 1523). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale del testo 
unico delie leggi sul Mezzogiorno, piroposta da una Regione a statuto 
ordinario, per asserita lesione della .sua competenza legislativa ed ammi.nistrativa, 
non essendo state ancora trasferite alle Regioni ordinarie le 
relati.ve funzioni (1). 

(1) La sentenza si allinea con le precedenti sentenze n. 119, 120 e 121 
del 1971, contenenti analogo dispositivo e richiamate in questa Rassegna, 
1971, nn. 4 e 5. 
CORTE COSTITUZIONALE, 19 gennaio 1972, n..6 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rossi -Corona (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Reato -Reati e pene -Lesioni personali volontarie -Aggravanti a carico 
dell'agente -Contrasto con la personalit� della responsabilit� 
penale -Esclusione. 

(Cost. art. 27; c.p. art. 583). 

Non � fondata, con riferimento al principio della personalit� della 
responsabilit� penale, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
583c.p., nella parte in cui pone a carico dell'agente le circostanze 
aggravanti del reato di lesione personale (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 3 dicembre 1969 dal tribunale penale di Milano (Gazzetta 
Uff. 25 marzo 1970, n. 76). 
Per la legittimit� costituzionale dell'art. 588 c.p. ritenuto non contrastante 
con l'art. 27, primo comma:, della Costituzione, v. in questa Rassegna 
1971, I, 1, 241 e, in particolare Foro it., 1971, I, 528 (nota). 

Per la dottrina relativa all'art. 583 c.p. v. in Foro it., 1972, I, 277. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

(Omissis). -Il tribunale di Milano si domanda se l'art. 383 del c.p., 
nella parte in cui dispone che le .circostanze aggravanti del reato di 
lesione pel'.so:nale sono a carico dell'agente sulla base del solo rapporto 
di causalit� materiale, contrasti o meno con l'art. 27, primo comma, 
della Costituzione, secondo cui �la responsabilit� penale � personale�. 
L'ordinanza parte quindi, dal presupposto che nell'art. 583 del c.p. sia 
configurata una fra le ipotesi della cos� detta responsab'ilit� penale 
obbiettiva. 

Diverso � l'avviso della Corte e �non occorre riprendere l'amplissima 
discussione sulla legittimit� costituzionale dell'art. 42, terzo comma c.p. 
rispetto al principio sancito nell'art. 27 della Costituzione. Non si tratta, 
nel caso dell'art. 583 del c.p., di vedere se la Costituzione escluda soltanto 
la responsabilit� penale per il fatto altrui, o non anche per ogni 
condotta al di fuori della volont�, o della colpa. Per la sussistenza del 
delitto di lesione (art. 582 c.p.), infatti, occorre oltre il rapporto di 
causalit� materiale, voluto dall'art. 40 del c.p., anche il rapporto di 
eaui;alit� psicologica, e cio� la coscienza e la volont� di recare un danno 
nel corpo della persona offesa. Tale nesso psicologico non � interrotto 
se dall'azione dolosa derivano le conseguenze previste nell'art. 583 del 
codice penale. 

L'esatta previsione della quantit� del danno, incerta in quasi tutti 
i reati, � particolarmente difficile in quello di lesioni e non rileva, ai 
fini dell'art. 27 della Costituzione, che il .colpevole, nel momento in cui 
ferisce, si rappreser,tti, o meno, tutti i possibili effetti della sua violenza. 
Potr�, eventualmente, il legislatore, nel suo discrezionale apprezzamento, 
ripristinar� la nol'!!Ila del codice Zanardelli, estendendo la preterinten~ 
zione al delitto di lesioni. 

La questione sollevata dal tribunale di Milano � dunque infondata, 
perch� nel caso degli artt. 582 e 583 del c.p. l'agente risponde penalmente 
per una condotta violenta, propria e voluta, le cui conseguenze, 
pi� o meno gravi, rientrano tuttavia nella prevedibilit�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 ,gennaio 1972, n. 8 -Pres. Chiarelli -
ReL. Trimarchi -Amministrazione delle F.inanze dello Stato ed 
altri (n. c.). 

Lavoro -Indennit� di anzianit� -Impossibilit� di disporre per testamento 
-Ille~ittimit� costituzionale. 
(Cost. art. 3; e.e. art. 2122, comma terzo). 

� fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 2122, comma terzo, codice civile, 


8 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella parte in cui esclude che il lavoratore subordinato, in mancanza 
delle persone indicate nel primo comma, possa disporre� per testamento 
delle indennit� ivi previste (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 14 novembre 1969 dal tribunale di Milano (Gazzetta Uff. 
6 maggio 1970, n. 113). 
La corte di cassazione, con sentenza 28 aprile 1961, n. 971 in Foro 
it. 1961, I, 718 (nota), aveva ritenuto manifestamente infondata la questione 
di costituzionalit� dell'art. 2122, 3<> comma, c:c., i:n riferimento agli 
artt. 1, 35, 36, 42, 46 Costituzione. 

Per -i riferimenti dottrinari all'art. 2122, 30 comm� e.e. v. R. SANsEVERINO, 
Diritto del lavoro, 1971, 505; per l'illegittimit� dell'art. 2120, 
lo comma, e.e. (abrogato� con l'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604), 

v. Corte Cost. 27 giugno 1968, n. 75, in questa Rassegna 1968, I, 1, 699. 
V. anche Corte Cost. 16 dicembre 1971, n. 203 in Foro it. 1972, I, 1, 
sull'illegittimit� costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 28 Costituzione, 
dell'art. 9 ultimo comma r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590 relativo 
al divieto del cumulo fra risarcimento del danno per lesioni personali, 
�subite da dipendenti dell'Amministrazione FF.SS., e pensione privilegiata. 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 gennaio 1972, n. 9 -Lyon (avv. Gatti) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato 
Savarese). 

Reato -Reati e pene -Disciplina degli stupefacenti -Elenchi delle sostanze 
approvate dal Ministro della Sanit� -Violazione del principio 
di legalit� e sulla delega legislativa -Esclusione. 

(Cost. art. 25, 76; 1. 22 ottobre 1954, n. 1041, art. 3, 6; c.p. art. 446). 

Reato -Reati e pene -Disciplina degli stupefacenti -Identit� di sanzioni 
per gli spacciatori ed i consumatori -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost. art. 3; 1. 22 ottobre 1954, n. 1041, art. 6 comma primo e quarto, 25). 

Sono manifestamente infondate, sia con riferimento ai principi di 
legalit� che a quelli suLla delega legislativa, le questioni di legittimit� 
costituzionale della legge sugli stupefacenti (legge 22 ottobre 1954, 

n. 1041) nella disposizione che affidano ad elenchi approvati dal Mii�istro 
della Sanit� l'indicazione delle sostanze stupefacenti (1). 
La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 28 ottobre 1970 dal tribunale penale di Venezia (Gazzetta Uff. 
27 gennaio 1971, n. 22); con ordinanza emessa il 9 ottobre 1970 dal tribu




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

9 

Non � fondata, con rifer�.mento qJ principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale degli artt. 6, primo pomma e q1.14rto, 
25 della citata legge sugli stupefacenti che irrogano identiche sanzioni 
sia per gli spacciatori che per i consumatoTi delle sostanze vietate (2)' 


(Omissis). -Con le suindicate ordinanze dei tribunali di Venezia, 
Novara, Roma e dei giudici istruttori di Siracusa e di Milano vengono 
proposte questioni di legittimit� costituzionale che riguardano disposizioni, 
connesse e interdipendenti, della stessa legge 22 ottobre 1954, 


n. 1041, e che sono basate su motivi in parte comuni. 
�, pertanto, del caso la riunione dei rispettivi giudizi, onde pervenire 
ad unica, globale decisione. 


2. -Secondo l'ordinanza del .giudice istruttore di Milano, sarebbe 
profilabile una questione di legittimit� degli artt. 3, quarto comma, 6 e 
25 della legge del 1954 in quanto la struttura del r.eato e le sue conseguenze 
sanzionarie sarebbero ivi esclusivamente collegate e condizionate 
agli elenchi delle so.stanze stupefacenti disposti dal Ministro per la 
sanit�: i quali elenchi, pur privi del crisma di legge formale, diverrebbero 
pertanto elementi costitutivi della previsione normativa, con 
violazione della garanzia data dal principio di le1galit�, di cui l'art. 25 
della Costituzione impone l'osservanza. 
La questione non � fondata. 

Trattasi di questione uguale a quella gi� decisa dalla Corte :nella 

stessa materia, con sentenza n. 36 del 1964. 

Il valore e la posizione che l'elenco deg1i stupefacenti assume, in 

relazione alla struttura del processo penale, sono stati ivi ampiamente 

considerati. �~ 

� stato ritenuto che, ai fini della riserva di legge, la formula di 
cui all'art. 6, quarto comma, della legge speciale indica tutti i necessari 
e sufficienti elementi costitutivi del precetto penale: fa condotta vietata 
e l'oggetto materiale del reato. Le singole voci degli elenchi, sottratte 

nale penale di Novara (Gazzetta Uff. 24 marzo 1971, n. 24); con ordinanza 

emessa il 14 dicembre 1970 dal giudice istruttore presso il tribunale 

penale di Milano (Gazzetta Uff. 24 marzo 1971, n. 74); con ordinanza 

emessa il 27 gennaio 1971 dal giudice istruttore presso il tribunale penale 

di Siracusa (Gazzetta Uff. 21 aprile 1971 n. 99); con ordinanza emessa il 

16 gennaio 1971 dal tribunale penale di Roma (Gazzetta Uff. 28 aprile 

1971, n. lQ.6); con ordinanza emessa il 31 marzo 1971 dal tribunale penale 

di Roma (Gazzetta Uff. 30 giugno 1971, n. 163). 

Per l'ampia disamina dei precedenti relativi all'importante decisione, 
� e, soprattutto, per la menzione dei progetti di legge attualmente pendenti 

in Parlamento, si riman\}a alla lettura della nota di richiami in Foro it., 

1972, I, 271. 



10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rn 

ill 

per loro natura ad anticipata predeterminazione e soggette ad aggior


@ 

,r:::

namenti successivi, anche in relazione ad accordi internazionali, costituiscono 
indicazioni particolareggiate atte ad offrire al giudice I.a ga~~:~ 
ranzia, estesa a tutti gli Stati aderenti, di una unitaria, e ufficialmente ~J 
controllata, qualificazione di sostanze stupefacenti. 1::: m 


In mancanza di oppost� deduzioni, che siano basate su motivi conducenti 
ad una revisione del pcr.-oblema, la Corte ritiene di dovere con~ 


~ 

fermare la V1alidit� idei predetti principi informatori, riguardanti i 

~ 

rapporti tra legislazione penale e potest� ao:nrninistrativa, principi che, ~ 

~ 

successivamente alla sentenza suindicata, sono stati ribaditi, per casi 

I ~ 

analoghi, con sentenze n. 96/1964; 26/1966; n. 61/1969; n. 69/1971. ~ 
Pur dichiarandos.i propenso a seguire, in tesi generale la surrife


....

rita giurisprudenza deHa Corte, il giudice istruttor.e di Milano perviene, � 

I �

tuttavia, a mantenere il dubbio di costituzionalit� delle impugnate 
disposizioni della legge speciale, sempre per contrasto col principio di 
legali�. Ci� perch� la riconosciuta coesistenza di dette disposizioni con 
quella dell'art. 446 del c.p. sul commercio clandestino o fraudolento di 
sostanze stupefacenti (non comprese in elenchi) porrebbe in evidenza, 
per via di confronto, e rivelerebbe che gli elenchi, lungi dallo star B

r 

~=

fuori del precetto penale � vi ineriscono intimamente, .condizionandone 
l'applicazione ed i suoi limiti�. ~ ,: 
L'assunto � manifestamente infondato. 

~~ 

A parte la contraddittoriet� della motivazione, rordinanza non tiene ~~:~ 

~~= 

conto di quanto chiaramente detto, dimostrato e portato a conseguenza r 

~::

nella citata sentenza n. 36 del 1964: la quale ha posto in rilievo il pa~== 


i:: 

rallelismo tra la formula generica del codice e quella specifica della 

i::

legge speciale, riconoscendo la perdurante validit� della prima, cui la 

I 
m 

seconda non fa che aggiungere ulteriori elementi di certezza, costituiti i:: 
dalla predeterminazione, su scala internazionale, del risultato di accertamenti 
tecnici. In altre parole, non sono i limiti di operativit� dell'articolo 
446 cod. pen. a conferire agli elenchi previsti dalla legge speciale 
quel carattere di elementi costitutivi del reato che, indipendentemente ~~ 
da quanto disposto dall'art. 44�6, non hanno, per foro stessa natura, ili 
come si � dimostrato e qui viene ribadito e come, in sostanza, l'ordinanza 
stessa �mmette. 


I

i~ 

fil 

~ 

3. -Con la stessa ordinanza viene, inoltre, prospettata l'incostituI 
~ 

zionalit� delle suindicate disposiziond della legge speciale, sotto i.il pro0 
filo di un loro contrasto con l'art. 76 deHa Costituzione che detta le 

f: 
~;

condizioni ed i limiti della delega di esercizio della funzione legislativa. 

t~ 

~=�

La questione � parimenti e manifestamente non fon,data, poich� le 

~j

precedenti considecr.-azioni e 1gli accennati richiami bastano ad escludere �:-: 

;i'.i

che si tratti, nel caso, di delega da comprendersi neH'armbito dell'art. 76. r.: 
L,a mera elencazione di sostanze stupefacenti, demandata al Ministro per 
::: 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. �coSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

la sanit�, non � atto di le.gislazio.e deleg�ta b�ns� atto di accertamento 
ammini.strativo della capacit� intrinseca di dette sostanze a conseguire 
gli scopi vietati dalla legge. 

4. -Con l'ordinanza del tribunale di Novara viene sollevata questione 
di costituzionalit� degli artt. 3 .e 6 della legge speciale in confronto 
all'art. 446 cod. pen. ed in riferimento al principio di eguaglianza 
statuito dall'art. 3 della Costituzione. Si assume che la disciplina differenziata 
in materia, derivante dalla inserzione o meno di sostanze 
stupefacenti nei predisposti elenchi, si basa, su dati formali ed esteriod, 
mentre in realt�, anche le sostanze, pur genericamente indicate 
nell'art. 446, non possono che ritenersi anche esse, salvo accertamenti 
tecnici, dotate di potere tossico. 
L'assunto va respinto. Con �ordinanza n. 15 del 1971 questa Corte 
ha dichiarato la manifesta infondatezza della stessa questione, in considerazione 
che fa ml;l.ggiore severit� delle sanzioni stabilite dalla legge 
speciale, ha la sua razionale giustificazione nel fatto che l'inserzione di 
determinate sostanze stupefancenti negli elenchi a seguito di valutazioni 
e controlli ministeriali,, ne denota la p~icolare pericolosit� e 
la maggiore potenzialit� di nocumento: il che basta a dar ragi�ne del 
trattamento differenziato. L'attuale questione � ;posta negli stessi termini 
e la Corte ribadisce la stessa soluzione. 

5. -Con l'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Siracusa, 
il contrasto con l'art. 3 Cost. viene prospettato sotto� ulteriore aspetto, 
sempre riconducibile alla coesistenza di nol'IIIle. 
Si assume che la diversit� di trattamento tra legge ordinaria e speciale 
viene in definitiva a dipendere unicamente da �n atto che costituisce 
prerogativa esclusiva deHa Pubblica Amministrazione. 

Ma si ��, gi� accennato nel numero ip.recedente alle ragioni di pi� 
efficace tutela che debbono .guidare la Pubblica Amministrazione nella 

�compilazione degli elenchi. A parte inoltre qua1nto 1gi� detto circa 
la natura giuridica degli elenchi in rapporto al comando pena.le generale 
(su di che l'ordinanza affaccia non valide riserve) la Corte osserva 
che, essendo l'addotta prerogativa giustificata, .come . sopra ritenuto, 
dalla pubblica finalit� da conseguire in modo pronto ed inequivoco, viene 
manifestamente a �cadere, per diversit� di situazioni, la censura di 
irrazionale trattamento differenziato. 
6. -Con le due ordinanze del tribunale di Roma, �l'art. 6, quarto 
comma, della legge speciale del 1954 � denunciato, in riferimento all'art. 
3 Cost., in quanto, punendo coi;i eguale sanzione detentiva e pecuniaria, 
sia nel minimo che nel massimo, chi � comunque detiene � 
stupefacenti, tanto a scopo di commercio quanto senza fini speculativi, 
ma per uso personale, non tiene conto delle condizioni soggettive ed 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

oggettive delle rispettive condotte, da ritenersi sostanzialmente diverse. 

Con l'ordinanza del tribunale di Ve~ezia si deducono gli stessi motivi, 
estend�ndoli alla comminatoria del mandato di cattura, in ogni 
caso obbligatorio, di cui all'art. 2,5 della legge speciale. In particolare, 
si �pone l'accento sul fatto che la legge colloca sullo ,stesso piano e assoggetta 
allo stesso rigoroso trattamento restrittivo della libert� personale, 
sia i detentori di quantitativi, anche minimi, di droga per uso 
personale, sia .gli spacciatori o ricettatori abituali a scopo di lucro, di 
quantitativi, sovente di rilevante consistenza. 

7. -La Corte rileva, anzitutto, che le ordinanze di questo gruppo 
non contestano ed anzi presuppongono come legittima la comminatoria 
di sanzioni penali anche a carico di coloro che, pur senza farne commerc.
io, detengano, per uso non autorizzato, sostanze stupefacenti. Ci� 
in conformit� dell'intel'pretazione data dalla giurisprudenza ordinaria 
all'inciso �comunque detiene � contenuto nell'art. 6 della legge speciale, 
nel senso di ritenere comprensiva nella formula e razionale nel concetto 
anche l'ipotesi di detenzione ,senza fini di .lucro. Siffatta ipotesi, 
sotto l'egida del principio di tutela della pubblica salute, consacrato 
nell'art. 3,2 Cost., si inserisce come parte del tutto, nel quadro generale 
e nel ciclo operativo completo, della lotta, con mezzi legali, su tutti 
i fronti, contro l'alto potere distruttivo dell'uso della droga e contro il 
dilagare del suo contagio, giunto ad un livello di manifestazioni, anche 
delittuose, tale da suscitare, in misura sempre pi� preoccupante, turbamento 
dell'ordine pubblico e di quello morale. Dall'aggravarsi della 
situaziione � derivata la necessit� di supplire alla insufficienza ded preesistenti 
rimedi sanzionatori, con l'estendere le ipotesi di reato oltre 
quelle ,gi� previste, sia dal ricordato art. 446 cod. pen. sul commercio 
di sostanze stupefacenti, sia dall'art. 729 stesso codice sull'abuso di 
dette sostanze con ripercussioni esteriori di istati soggettivi di alterazione 
psichica. Ci� sempre con ,salvezza del principio di non imputabilit� 
nel caso di cui all'art. 95 del codice penale. 
. L'esame della questione, cos� come proposta dalle ordinanze di 
rinvio, deve, tuttavia, rimanere concentrato sul punto riguardante. la 
dedotta incostituzionalit� del pari trattamento sanzionatorio penalistico 
imposto per situazioni, che si assume siano sostanzialmente diverse e diversamente 
graduabili nei presupposti e nelle finalit�: cio� situazioni 
che riguardano, dal punto di vista soggettivo, 1speculatori sul vizio, da 
un lato, e detentori abusivi di prodotti idonei ad alhnentare il vizio, 
dall'altro. 

La Corte osserva, tuttavia, che, per i motivi suaccennati, non si 
tratta df situazioni diametralmente diverse, ma tra loro concorrenti, rispetto 
al piano d'azione che il legis.latore si � chiaramente proposto. 
Diver,sa �, bens�, la materialit� e la intenzionalit� delle rispettive con



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 

dotte, ma � innegabile il nesso che l'una e l'altra azione unisce nelle 
cause e negli effetti, con influenze reciproche e condizionanti. 

L'esigenza di un trattamento differenziato non yiene ad essere, nel 
caso, imposta dal rispetto del principio di cui all'art. 3 Cost. e dalle sue 
itmplicazioni. Qui si tratta soltanto di 'problema che concerne la congruenza 
tra reato e pena (con estensione a�l punto che nel sistema riguarda 
anche l'emissione di mandato obbligatorio di cattura), intesa 
sotto un profilo di graudahile proporzionalit� equitativa;-tenuto conto 
della tipologia dell'azione delittuosa, in rapporto alla personalit� dei 
sog.getti ed ai motivi del loro delinquere. Ci� anche per meglio poter 
assegnare alla quantit� di pena da irrogare, secondo il grado di colpa, 
quel fine indirizzato alla rieducazione del colpevole, evidenziato nell'art. 
27 della Costituzione. 

Ma, il compito di determinazione della misura delle sanzioni con 
la loro armonizzazione, compito che ha in .s� stesso un margine di 
discrezional.it� va::J.utativa, spetta al potere legislativo ed ai suoi indirizzi 
di politica giuridico-�sociale e si sottrae al sindacato della Corte, secondo 
pi� volte deciso (sentenze n. 45/1967; n. 109/196'8; n. 45 e 114/1970; 

n. 22 del 1971).. 
Deve, per intanto, darsi atto che pende davanti alle Camere pi� di 
un disegno e proposta di legge per una rielaborazione della materia 
sotto aggiornate prospettive, meritevoli di ogni considerazione. Ma, nel 
riaffermare qui il principio della separazione delle competenze e rimanendo 
nei limiti delle proprie funzioni istituzionali, la Corte non pu� 
ehe concludere, 1sul punto in esame, nel caso della non fondatezza della 
questione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 gennaio 1972, n. 10 -Pres. Chiarelli -
Rel. Frag.ali (Camera di Consiglio). 

Costituzione della Repubblica -Referendum abrogativo -Legge sulla 

disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio -Ammissi


bilit�. 

(Cast. art. 75, II comma; I. 25 maggio 1970, n. 352). 

� ammissibile la richiesta di referendum abrogativo della legge 
1� dicembre 1970, n. '898 recante disciplina dei casi di scioglimento del 
matrimoinio (1). 

(1) Con la sentenza in rassegna la Corte Costituzionale si pronuncia 
per la prima volta sull'ammissibilit� di un referendum abrogativo di 
legge ordinaria a sensi della legge 25 maggio 1970, n. 352. 

14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -Deve dichiararsi irrucevibil'e la memoria prodotta 
dalla Lega ita1iana per il divo,rzio: il terzo comma dell'art. 33 
legge 25 maggio 1970, n. 352, permette di depositarne soltanto�ai pro.
motori del referendum �e al Gov.erno: gli Uni come portatori della volont� 
di coloro �che han.o sottoscritto la relativa istanza, l'�altro quale 
rappresentante dello Stato nella sua unit�, per assicurare, attraverso 
tale disciplina, le condizioni necessarie e sufficienti per un legittimo 
contraddittorio. 

2. -In via preliminare dev'ess.ere acc�ertato che questa Corte sia 
stata legittimamente investita del giudizio sull'iammissibilit� del referendum. 
� dall'ovdinanza emessa dall'Ufficio centrale suddetto che ':nasce 
per la Corte il potere-dovere di eiSercitare la competenza prevista dall'art. 
2, comma primo, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1; 
e soltanto dalla motivazione di tale ordinanza la Corte pu� desumere 
il modo �di svolgimento delle operazioni commesse all'Ufficio menzionato. 


Dall'ordinanza stessa risulta che l'Uffkio ha dichi>arato conforme a 
legge la richiesta di referendum per l'abrogazione della legge 1� dicembre 
1970, n. 898, in riferimento alla quale il relativo procedimento 
era stato promosso, dopo aver insindacabilmente accertato il deposito 
di firme vaUde per un numero superiore a quello di 500.000, prescritto 
dall'art. 75, primo comma, della Costituzione. 

3. -Constatato ~10, a questa Corte, nella sede attuale, resta affidato
� soltanto il compito di verificare se la richiesta di referendum di 
cui si tratta riguardi materie che l'art. 75, secondo comma, della Costituzione 
esclude dalla votazione popolare: l'�art. 2, primo comma, 
della� .citata legge costituzionale 11 marzo i953, n. 1, e l'art. 33, quarto 
comma, della legge 25 maggiio 1970, n. 352, danno questo limitato oggetto 
al g.iudizio che deve seguire all'ordinanza dell'Ufficio centrale. 
Il secondo comma del menzionato art. 75 della Costituzione fa divieto 
di sottoporre a votazione popolare le leg~i concernenti materie 
tributarie e di bilancio, amnistia ed indulto, autorizzazione a rratificare 
trattati internazionali. Ora, la domanda di referendum di cui si tratta 
riguarda la disciplina dei casi di scio.g1Lmento del matrimonio; ed � 
perci� evidente che la legge a cui il referendum si riferisce, nel suo 
complesso e nelle singole sue disposizioni, non concerne materia rientrante 
tra quelle eccettuate dalla Costituzione. -(Omissis). 

In generale, per le funzioni della Corte Costituzionale in materia di 
referendum cfr. I giudizi di costituzionalit� 1966-70, pag. 7. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

15 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1972, n. 12 -Pres. Fragali -
Rel. Mortati -Sinibaldi (avv. Chioccon), Papapietro e D'Onchia 
(avv. Ventura) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Chiarotti). 

I 

Sicurezza pubblica -Questue o collette pubbliche -Autorizzazione 
del Questore -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost. artt. 3, 2, 28 ed altri; r.d. 18 giugno 1931, n. 772, art. 156). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 3, 2, 38, ed altri, della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale deU'art. 156 t.u. 
di p.s. (r.d. 18 giugno 19.31, n. 773) che subordina ana autorizzazione 
del Questore L'effettuazione di questue o collette pubbliche (1). 

(Omissis). -1. -Le questioni relative, alla legittimit� costituzio-. 
nale dell'art. 156 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, e degli articoli 
285 e 286 del regolamento approvato con r.d. n. 635 del 1940, 
sono state (salvo quelle che prospettano fa violazione degli artt. 2 e 38 
Cost.) gi� esaminate dalla Corte, che le ha dichiarate non fondate con 
la sentenza n. 2 del 1957 e con le successive ordinanze n. 68 del 1958 e 

n. 54 del 1959. 
Il nuovo esame ora compiuto, non ha fatto risultare elementi sufficienti 
per modificare la precedente .statuizione, come risulta. dalle considerazioni 
che seguono. 

2. -L'in.dagine deve essere rivolta, per prima, alla censura di 
violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione perch�, oltre 
ad essere comune a tutte le ordinanze, riveste un carattere pi� generale, 
tale da conferirle rilievo prevalente sulle altre. La diseguaglianza 
di trattamento che si addebita all'art. 156 viene �prospettata sotto tre 
diversi aspetti, allegandosi in priimo.luogo che l'assoluta discrezionalit� 
del potere attribuito al questore sarebbe tale da rendere arbitrario il 
suo esercizio; inoltre che la disposta sottrazione al regime della autorizzazione 
delle questue religiose crea a favore degli enti di culto una 
ingiustificata poszione di privilegio; infine che altra sperequazione deriva 
dall'avere limitata la possibilit� del rifa.scio delle licenze solo a 
scopi �Circoscritti,.vietandolo per altri che pur sarebbero parimenti degni 
di riconoscimento. 
(1) La questione era stata sottoposta all'esame del.la Corte con ordinanza 
emessa il 12 febbraio 1965 dal tribunale penale di Reggio Emilia 
(Gazzetta Uff. 30 aprile 1965, n. 109) cui avevano fatto seguito altri analoghi 
dieci provvedimenti provenienti da giudici di merito diversi. 
Per la decisione citata nel testo (Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 2) 

v. Foro it. 1957, I, 511). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In ordine alla prima deduzione non appare esatta la tesi sulla 
quale si fonda, secondo �cui la potest� conferita al questore risulterebbe 
sfol'illita di quei limiti necessari a .garantire il rispetto del dovere dello 
eguale trattamento, a parit� delle condizioni soggettive ed oggettive inerenti 
alle richieste di licenza. Soccorrono infatti, per giungere a conclusioni 
diverse, i principi generali valevoli a preservare dall'arbitrio 
l'attivit� della pubblica amministrazione quando incida sulla sfera di 
libert� dei cittadni, quali quelli riguardanti l'obbligo di far precedere 
i provvedimenti di rifiuto della licenza da motivazioni sufficienti ~. rendere 
possibile il sindacato giudiziario sui medesimi. Rifiuto che pertanto 
potrebbe rsultare giustificato solo quando �si dimostri necessario 
alla tutela di altri interessi suscettibili di venire in �conflitto con la 
pubblica raccolta di fondi per mezzo di questue o collette, e che appunto 
si vogliono salvaguardare .con l'intervento preventivo del questore. 
Tali sono, oltre all'interesse generale al mantenimento dell'ordine 
pubblico, quello, cui la Corte ha fatto riferimento nella precedente 
sentenza, di preservare i cittadini dalle molestie, dalle velate e fastidiose 
coercizioni (che potrebbero eventualmente pregiudicare anche il 
diritto a non rivelare le piroprie. convinzioni), e talvolta anche dalle 
frodi verificabili attraverso le raccolte stesse. 

3. -Passando al secondo punto, � da rilevare come il divieto di 
trattamento differenziato in ragione della religione praticata, qual'� sancito 
dal primo comma dell'art. 3, non pu� trovare :nella specie applicazione, 
data la presenza dell'altil'a norma costituzionale, consacrata nell'art. 
7, di accoglimento del principio concordatario, nei termini risultanti 
dai �Patti lateranensi�. Infatti questi, nell'ultimo comma dell'art. 
2 del Concordato, hanno sottratto ad ogni ingerenza delle autorit� 
civile le collette disposte da quelle ecclesiastiche all'interno o all'ingresso 
delle chiese o negli edifici di ;propriet� di enti religiosi. Con le 
sentenze n. 31 e n. 3.2 dell'anno 1971 la Corte, nell'ammettere la derogabilit� 
del principio di eguaglianza in quanto venga richiesta dagli 
impegni concordatari, ha tuttavia statuito che essa trova un limite inderogabile 
nel rispetto dei principi supremi dell'ordinamento, ma � chiaro 
che in nessun modo questi possono ritenersi compromessi dalla diversit� 
di disciplina dell'esercizio della facolt� di questua. 
4. -Quanto alla violazione che si fa discendere dal circoscrivere 
il rilascio delle licenze solo alle questue indirizzate ai particolari scopi 
elencati nell'art. 156, sono da richiamare le considerazioni della citata 
sentenza n. 2 del 1957, secondo le quali, pur dovendosi riconoscere che 
il limite predetto faccia apparire non adeguata la tutela delle esigenz.e 
della vita democratica, dato che queste condurrebbero a far ritenere 
degni di soddisfazione altri scopi, quali si sono andati storicamente affer

PARTE�I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INT!!:RNAZIONALE 

17 

mando, e che essi pure si gioverebbero dell'uso di mezzi, come le questue, 
rivolti a suscitare il senso della civile solidariet�, ha tuttavia ritenuto 
che il compito di integrare la casistica dell'art. 156 non possa competere 
ad altri all'infuori degli organi legislativi, i soli idonei a valutare 
l'ambito della sua eventuale estensione, ed a stabilire in quali 
modi sia da contemperare l'uso della facolt� in esame con la salvaguardia 
degli altri interessi collettivi prim�a ricordati. 

Le difficolt� di procedere per via diversa da quella legislativa alla 
invocata estensione emergono chiaramente quando si rifletta che, mentre 
i fini patriottici, scientifici, di beneficienza, cui ha riguardo l'articolo 
156, per la diffusione a tutti i ceti e categorie dei sentimenti ad 
essi inerenti, appaiono m~glio suscettibili di incontrare l'adesione della 
generalit�, o per lo meno di non por1si in netto contrasto con interessi 
contrapposti o diversi, viceversa a contrasti di tal genere potrebbero dar 
luogo, se non fossero congruamente disciplinate, le questue dire'tte a 
finalit� diverse da quelle ora previste. 

5. -A mostrare l'infondatezza della dedotta violazione degli articoli 
3, secondo comma, 18, 19, 21, 39 e 49 della Costituzione appare 
sufficiente osservare come la disposizione impugnata non lede direttamente 
nessuno dei beni alla cui tutela �essi sono predisposti, riguardando 
solo uno dei mezzi utilizzabili pel conseguimento dei beni medesimi, 
non �legato quindi a questo da un carattere di necessariet�. Infatti 
una lesione dei diritti fondamentali, rilevabile, attraverso il con/


trollo di costituzionalit�, si verifica solo quando determinati atti o attivit� 
�siano collegati ai diritti medesimi con un rapporto di strumentalit� 
cosi stretto che il loro div.ieto o le restrizioni poste alla loro esplicazione 
abbiano per effetto la preclusione o un grave pr-egiudizfo alla 
loro soddisfazione. 

Giova peraltro aggiungere che, ove la richiesta di fondi venga rivolta, 
da singoli o da comitati, non al pubblico bensi a soggetti che siano 
qualificati da un obbiettivo e preesistente rapporto con coloro che hanno 
intrapreso l'iniziativa, le restrizioni disposte dalle norme impugnate rimangono 
inoperanti.� 

6. -Considerazioni analoghe a quelle prima svolte appaiono valide 
a contestare anche la fondatezza degli allegati motivi di violazione degli 
artt. 2 e 38 che non erano stati oggetto della precedente pronuncia. 
Infatti, a parte ogni considerazione circa il carattere direttamente precettivo 
dell'art. 2 allorch�' richiede l'adempimento dei doveri di solidariet�, 
ed anche ad ammettere che fra questi rientri anche quello di promuovere 
o sollecitare l'altrui concorso in attivit� di carattere solidaristico, 
non pu� competere ad altri che non sia il legislatore .Jo stabilire 
i modi ed i limiti dell'adempimento stesso. 

18 RASSEGNA DELL'.AVVOCATURA DELLO STATO 
Venendo infine all'art. 38, ultimo comma, � da osservare che la 
libert� dell'assistenza privata da esso garantita non � compromessa 
dalla disposizione impugnata, dovendosi, negli 1scopi di beneficenza per 
i quali essa consente le questue, comprendere anche quelli ifivolti alla 
assistenza, mentre la disciplina che il legislatore faccia del r�cor�so ad 
essa non �, come si � visto, tale da comprometterne l'esercizio. Che se 
pure si dovesse, s~lla base di un'interpretazione letterale, giungere a 
conclusione contraria, sarebbero applicabili alla specie '1e considerazioni 
pdma esposte circa il carattere non necessario dell'uso del particolare 
mezzo della questua per l'esercizio della libert� garantita dall'articolo 
in esame. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1972, 
Rel. Benedetti -Prati (n. c.). 
n. 13� -Pres. Chiarelli -
Sicurezza pubblica -Invito di P. S. -Accompagnamento coattivo per 
l'inadempimento -Illegittimit� costituzionale -Esclusione nei 
sensi di cui in motivazione. 
(Cost. art. 13; ,r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 15, comma secondo). 
Non � fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimit� 
costituzionale, con riferimento all'art. 13 deUa Costituzione, 
dell'art. 15, secondo comma, t.u. di p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) che 
prevede l'accompagnamento coattivo nei �confronti di chi, debitamente 
invitato, non si presenti all'autorit� di P. S. (1). 
(Omissis). -1. -L'art. 15 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, 
approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, dispone nel comma primo che 
�chiunque, invitato dall'autorit� di pubblica sicurezza a comparire. 
davanti ad essa, non si presenti nel termine prescritto senza giustificato 
motivo, � punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda 
fino a lire quattromila�. Il comma .secondo stabilisce che �l'autorit� 
di pubblica sicurezza pu� disporre l'accompagnamento coattivo, per 
mezzo della forza pubblica, della persona invitata a comparire e non 
presentatasi nel termine prescritto�. 
(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 13 gennaio 1970 dal tribunale penale di Forl� (Gazzetta 
Uff. 4 marzo 1970, n. 57). 
Con decisione 24 aprile 1967, n. 52 in questa Rassegna 1967, I, 1, 489 
la Corte costituzionale aveva dichiarato non fondata, con riferimento all'art. 
13 Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 15, 
primo comma, del t.u. delle leggi di P. S. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

Il tribunale di Forl� ha sollevato la question� di legittimit� costituzionale 
del comma secondo rilevando che l'accompagnamento coattivo 
� misura restrittiva della libert� personale in contrasto con l'art. 13 
della Costituzione il quale subordina ogni restrizione della libert� personale 
ad un atto motivato dall'autorit� giudiziaria ed autorizza l'autorit� 
di pubblica sicurezza ad adottare provvedimenti provvisori in materia 
solo per casi eccezionali di necessit� ed urgenza, tassativamente 
indicati dalla legge. 

2. -La Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare non fondata, in 
riferimento all'art. 13 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
della norma contenuta nel primo comma del citato articolo 
osservando che essa �si limita a sanzionare� la disobbedienza ad un 
ordine legittimo dell'autorit� � e che � alla base della legittimit� della 
norma c'� il dovere del cittadino di collaborare con l'autorit� di polizia 
per la prevenzione e la repressione dei reati, per la sicurezza e la 
pubblica tranquillit��. 
Ora � evidente il rapporto di stretta relazione esistente tra la 
disposizione di cui al primo comma e quella contenuta nel secondo comma 
dell'art. 15, configurandosi quest'ultima come complementare ed 
integrativa della precedente. Non pu� infatti disconoscersi che la facolt� 
riconosciuta all'autorit� di P.S. di ordinare l'accompagnamento 
di chi non ottemperi all'invito di comparizione rappresenta un mezzo 
indispensabile perch� la pubblica sicurezza possa svolgere con efficacia 
ed immediatezza le indicate sue funzioni. Un invito diretto a fare acquisire 
all'autorit� informazioni, notizie e chiarimenti, che si palesano necessari 
ed urgenti per l'assolvimento dei compiti di ordine e sicurezza 
pubblica ai quali sono preposti gli organi di polizia, resterebbe privo 
di ogni efficacia se non fosse assistito da uno strumento coercitivo volto 
a consentire la presenza effettiva della persona, che sebbene legittimamente 
convocata, non compare dinanzi all'autorit�, n� giustifica in alcun 
modo la sua assenza. L'accompagnamento coattivo � misur;;t che 
consegue ad un comportamento omissivo della persona invitata a comparire, 
comportamento che �hiaramente mostra la volont� del cittadino 
di sottrarsi al dovere di collaborare con gli organi di polizia. 

3.� -Posto che, per quanto innanzi si � detto, il potere di disporre 
l'accompagnamento coattivo '~ strumento necessa!rio per l'attuazione 
dei fini ai quali � preordinato l'obbligo di ottemperare all'invito previsto 
dal primo .comma dell'art. 15, ne discende la conseguenza che 
l'attuale questione di legittimit� costituzionale deve essere decisa tenendo 
presenti gli interessi generali che la normativa, valutata nel suo 
complesso,' vuol soddisfare. 

Non si pu� dubitare, certo, che l'accompagnamehto coattivo integri 
un'ipotesi di restrizione della libert� personale e che, pertanto, la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norma denunciata sia strettamente inerente alla materia disciplinata 
dall'art. 13 della Costituzione. La Corte, tuttavia, ritiene che la questione 
sia infondata giacch� nella norma impugnata � dato rinvenire i 
presupposti Tichiesti dall'art. 13 della Costituzione per il legittimo confrrimento 
all'autorit� di P.S. di poteri che incidano sulla libert� personale. 


Si � gi� posto in evidenza che le finalit� giustificatrici dell'obbligo 
di ottemperare all'invito sono tali da legittimare l'ordine rivolto dalla 
autorit� di rp.s. solo quando ,si � in presenza di ragioni che rendano necessaria 
ed urgente la comparizione dell'invitato. � ovvio che l'effettiva 
sussistenza di dette ragioni, come � condizione di legittimit� dell'ordine, 
cosi � condizione di legittimit� dell'accompagnamento coattivo in caso 
di disobbedienza a quell'ordine. 

La norma stabilisce peraltro che l'accompagnamento coattivo pu� 
essere disposto solamente nel caso in cui l'interessato -senza giustificato 
motivo -non si presenti nel termine stabilito. La tassativa indicazione 
di siffatta ipotesi vale ad escludere �che l'autorit� di P.S. poss� 
esercitare il potere di cui trattasi in modo assolutamente arbitrario ed 
indiscriminato. 

Nessun rilievo nel caso di 1Specie pu� essere attribuito alla circostanza 
che per l'ordine di accompagnamento la norma non abbia previsto 
la procedura di �convalida da parte della autorit� giudiziaria di cui 
al terzo comma dell'art. 13 della Costituzione. � evidente che tale 
procedura � necessaria solo quando si tratti di provvedimenti che danno 
luogo a restrizione duratura della ~ibert�, e nel caso dell'accompagnamento 
coattivo, detta condizione non ricorre trattandosi di� provvedi


, 
mento che incide in modo del tutto temporaneo sulla libert� personale. 
In ogni caso l'interessato, 1sia pure a posteriori, potr� sempre provocare, 
coi normali '�rimedi giurisdizionali, una verifica, da parte dell'autorit� 
giudiziaria, della legittimit� del pTovvedimento adottato dall'autorit� 
di P.S.: ed in ci� risiede la garan?Ja contro ogni abuso del potere a 
questa conferito. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1972, n. 14 -Pres. e Rel. Chiarelli 
-Mellana ed �altri (avv. Lorenzoni). 

Impiego pubblico -Somalia -Personale statale in servizio in Somalia 
Magistrati -Indennit� Somalia -Illegittimit� della normativa Esclusione. 


(Cost. art. 76; d.P.R. 21 aprile 1962, n. 200; I. 29 dicembre 1961, ri. 1528). 

Non � fondata, in relazione ai principt della delega iegislativa fissata 
nella legge 29 dicembre 19.61, n. 1528, la questione di legittimit� 


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Pt'-RTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 

costituzion.ale del d.P.R. 21 aprile 1962, n. 200, �per quanto concerne la 
indennit� Somalia, fissata nella tabeHa B deWindicato decreto, nei riguardi 
dei magistrati. , 

(1) La questione era stata rimessa all'esame de1la Corte con ordinanza 
emessa dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sez. IV, in 
data 9 luglio 1969 (Gazzetta Uff. lo aprile 1970, n. 82). 
I 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1972, n. 15 -P'res. Chiarelli 
-Rel. B�nifacio -Della Tomassina (n.c.). 

Piano regolatore -Piano regolatore di Apuania -Vincolo di inedifi.bilit� 
-Mancata previsione di indennizzo -Inammissibilit� della 
questione. 

(Cost. art. 42; 1. 23 gennaio 1941, n. 147). 

� inammissibile, per difetto asserito di rilevanza, �la questione di 
legi~timit� costituzionale della legge 23 gennaio 1941, n. 147, che approva 
il piano regolatore generale del Comune e delta Marina di Apuania, 
circa i vincoli di inedificabilit� senza indennizzo, poich� nel giudizio 
di merito non si controverteva into.rno all'indennizzo (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1972, n. 16 -Pres. Chiarelli -
Rel. Boni:liacio -D'Acierno (n.p.) e Comune di Narpo1i (avv. Gleijeses). 


P~ano regolatore -Piano regolatore di Napoli -Vincoli di inedificabilit� 
-Mancata previsione di �indennizzo -Inamissibilit� della 
questione. 

(Cost. art. 42; 1. 29 maggio 1939, n. 1208). 

� inammissibile, per difetto asserito di rilevanza, la questione di 
legittimit� costituzionale della legge 29 maggio 1939, n. 1208, che ap


(1-2) La questione trattata nella prima decisione era stata rimessa 
alla Corte dal tribunale di Massa con ordinanza 20 gennaio 1970 e 14 luglio 
1970 (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970 e 11 novembre 1970, n. 286). 



22 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prova it piano regolatore generale del Comune di Napoti, circa i vincoli 
di inedificabilitd senza indennizzo, poich� nel giud.izio di merito 
non si controverteva intorno all'indennizzo (2). 

La questione trattata nella seconda decisione era stata rimessa alla 
Corte dal Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza 11 giugno 1968 (Gazzetta 
Ufficiale 2 luglio 1969, n. 165). 

Circa le limitazioni urbanistiche e l'illegittimit� costituzionale dell'art. 
7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 per contrasto con l'art. 42 Cost., 
nella parte in cui la disposizione non prevedeva indennizzo, v. Corte Cost. 
29 maggio 1968, n. 55 in questa Rassegna 1968, I, 661. 

CORTE,COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1972, n. 24 -Pres. Chiarelli -
Rel. De Marco -Bruno ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei 
Ministr.i (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Reato -Disciplina fiscale dei semi oleosi -Reati non comportanti evasioni 
-Definizione amministrativa -Legittimit� costituzionale. 
(Cast., art. 3; d.l. 24 giugno 1961, n. 510, art. 22). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimitd costituzionale dell'art. 22 del decreto-legge 24 giugno 
1961, n. 510, recante modificazione al regime fiscale agli olii di 
semi, nella parte in cui esclude dall'oblazione i reati non comportanti 
evasione di tributi, punibili con la sola pena deLla multa (1). 

(Omissis) .. -Il t.u. delle disposizioni concernenti la disciplina fiscale 
della lavorazione dei semi oleosi e degli olii da essi ottenuti, approvato 
con d.P.R. 22 �dicembre 1954, n. 1217, contiene oltre a ;pr�escri


(1) La questione trattata era stata portata all'esame della Corte dal 
tribunale penale di Novara con ordinanza 20 gennaio 1970 (Gazzetta Ufficiale 
del 1� aprile 1970, n. 82); dal tribunale penale di Rovereto con ordinanza 
30 ottobre 1970 (Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 1971, n. 49). 
Per le decisioni 48 e 90/1971 citate nel testo, v. Foro it., 1971, I, 834; 
ibid. 1971, I, 1440 entrambe con note di richiami. Per la prima (48/1971) 

v. anche in questa RassegM 1971, I, 1, 518. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

zioni relative all'attivazione delle fabbriche e delle raffinerie di olii di 
semi, alle licenze di esercizio, alla vigilanza finanziaria, al trasporto ed 
al condizionamento, alla custodia dei !Semi oleosi nelle fabbriche, ai requisiti 
degli olii prodotti a seconda che siano destinati ad uso alimentare, 
farmaceutico o industriale, le norme relative agl1 oneri fiscali che 
si riducono, poi, all'imposta di fabbricazione ed. alla sovrimposta di 
confine, qualora si tratti di semi o olii importati dall'estero. 

Contiene, rpoi, norme penali che prevedono: 

a) semplici contravvenzioni, punibili con l'ammenda; 

b) delitti punibili con la multa e con la re.elusione; 

c) delitti punibili con la multa soltanto, stabilita .in un minimo 
ed un massimo fissi; 

d) delitti implicanti evasione o frode fiscale, punibili con la 
multa ragguagliata al doppio e fino al decuplo dell'importo della imposta 
evasa, oltre al pagamento dell'imposta stessa. 

In conformit� con l'art. 162 .c.p. e con l'art. 14 della fogge 7 gennaio 
1929, n. 4, il t.u. ammette l'oblazione volontaria soltanto per le 
contravvenzioni punibili con la sola ammenda. 

Il d.l. 24 .giugno 1961, n. 510, convertito nella legge 28 luglio 1961, 

n. 769, �concernente modificazioni al regime fiscale degli olii di semi, 
oltre a prevedere altre forme di reati per violazione di norme dirette 
a prevenire evasioni fiscali e ad assicurare la genunit� degli olii prodotti, 
all'art. 22, in espressa deroga dell'art. 162 c.ip. d� facolt� all'Intendente 
di finanza, anche rper i delitti puniti con la sola multa, di 
consentire che il tra�sgressore effettui il pagamento oltre �Che del contributo 
dovuto, di una somma non inferiore al doiprpfo e non superiore 
al decuplo del tributo stesso, con l'effetto della estinzione del reato, a 
condizione che il pagamento abbia luogo prima de1la trasmissione del 
processo verbale �di accertamento dell'autorit� giudiziaria. 
Ammette, cio�, una forma di composiziOine in via amministrativa, 
impropriamente definita come oblazione. 
Il richiamato art. 22 viene denunziato a questa Corte: 

a) sia dal tribuna�e di Novara, sia da quello �di Rovereto, sotto 
il profilo di violazione del prindpio di eguaglianza, perch� senza un 
motivo �razionale che giustifichi tale disparit� di trattamento per reati 
ugualmente punibili con la sola multa viene ammessia o esclusa la oblazione 
a seconda che comportino o no evasione fiscale; 

b) dal tribunale di Rovereto, sempre sotto il profilo della violazione 
del rprinciipio di eguaglianza, in quanto, anche per i reati per i 
quali � ammessa la oblazione, per effetto del secondo� comma dell'articolo 
22, questa non rpu� aver luogo quando la denunzia pervenga direttamente 
all'autorit� giudiziaria; 


e) dal tribunale di Novara, sotto il ,profilo della violazione degli 
artt. 101, 108 e 113 della Costituzione, in quanto sarebbero affidati all'Intendente 
di finanza, che non 'presenta le garanzie all'uopo richieste 
dagli artt. 101 �e 108, vere e proprie funzioni ,giurisdiziooali, per giunta 
senza possibilit� ,di difesa adeguata (art. 113 Cost.). 

3. -Cosi precisati i termini della controversia, poich� � pacifico, 
risultando espressamente affermato in entrambe le ordinanze di rinvdo, 
,che i procedimenti (penali, nel co11so dei quali tali ordinanze sono 
state emesse, riguardano reati che non implicano evasione fiscale e, 
quindi, non sono ammessi all'oblazione, � evidente che deve essere 
esaminata per prima la questione di legittimit� costituzionale sotto il 
[profilo della violazione del principio di eguaglianza per la esclusione 
dall'ol;>lazione dei reati che non comportano� evasione fiscale. 
Al riguardo si rileva: 

Secoo.do la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (v. da 
ultimo �sentenze �nn. 48 e 90 del 1971) non pu� ravvisarsi violazione 
del principio di eguaglianza tutte le volte che a posizioni differenziate 
corrispondano discipline 1'.azionalrnente e coniseguenternente differenziate. 


L'ammissione all'oblazione per reati costituenti delitti, puniti con 
la sola pena (pecuniaria della multa, disposta dall'art. 22 del d.l. n. 510 
del 1961, espressamente in deroga dell'art. 162 c.ip. che l'ammette, invece, 
soltanto per le ,contravvenzioni punibili con la sola ammenda, 
costituisce, evidentemente, una eccezione della quale noo � difficile 
identificare il fondamento .razionale: il preminente interess�e della finanza 
alla riscossione dei tributi. 

Sotto questo profilo le figure di reato prevedute dal d.1. n. 510 del 
1961, come si � sopra premesso, vanno ricondotte sotto dl\te tipi differenziati 
fra di loro appunto a seconda che riguardino infrazioni che 
comportano o no evasione fiscale il primo tipo (art. 16, d.l. n. 510 del 
1961) e carattere di prevenzione della evasione stessa e di tutela dei 
consumatori il secondo (artt. 17, 18, 19 e 20 stesso d.l.). 

Quando vi sia evasione fiscale l'interesse dell'Amministrazione a 
recuperare il tributo evaso � maiggiormente e specificamente evidenziato: 
di qui l'adozione di un mezzo, quale ,l'oblazione o, meglio, come 
gi� si � detto, la composizione in via amministrativa, che, senza lasciare 
del tutto impunito' (pur estinguendolo) il reato, assicuri, anzitutto, 
il recupero del tributo evaso. 

In questa esig.enza preminente di realizzazione del tributo, della 
quale non pu� essere cootestata la razionalit�, va identificato il pieno 
fondamento giuridico della differenziata disciplina per i due diversi 
tipi di reato sopra indicati. -(Omissis). 


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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

25 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1972, n. 25 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rocchetti -Caippai (n.c.). 

Pensioni -Pensioni civili e militari -Personale delle Ferrovie dello 
Stato -Perdita del diritto per destituzione -Ille~ittimit� costituzionale. 


(Cost., artt. 3, 36; r.d. 22 aprile 1909, n. 229, art. 16, comma primo, lett. b), 
mod. da d.l. I. 8 giugno 1945, n. 915; art. 2 decreto cit., mod. da I. 2 marzo 
1954, n. 32). 

Sono cootituzio111,almente illegittimi, con riferimento agli artt. 3 
e 36 ,della Costituzione, l'art. 16, primo comma, lett. b) del r.d. 22 aprile 
1909, n. 229 e le successive modifiche ed .interpretazioni, -che esdu��ono 
il diritto di pensione per il personale destituito dalle Ferrovie 
dello Stato (1). 

(1) La questione trattata era stata rimessa al giudice costituzionale 
dalla Corte dei conti, sezione III giurisdizionale (pensioni civili) con ordinanza 
17 gennaio 1970 (Gazzetta Ufficiale 6 maggio 1970, n. 113). 
Per giudizi nei quali erano state denunciate norme analoghe, v. Corte 
Cost. 30 maggio 1971, n. 147; Corte Cost. 30 .giugno 1971, n. 144; Corte 
Cost. 22 giugno 1971, n. 135 rispettivamente in Foro it. 1971, I, 2138; 2144; 
1770 con Tichiami Corte Cost. 19 luglio 1968, n. 11;3; C1orte Cost. 19 luglio 
1968, n. 112 in questa Rassegna 1968, I, 1, pagg. 891-892. Corte Cost. 3 luglio 
1968, n. 78; Corte Cost. 13 gennaio 1966 in questa Rassegna rispettivamente 
1967, 505 e 1966, 12. 

' Con legge 8 giugno 1966, n. 424 sono state abrogate le disposizioni 
che prevedevano, a seguito di condanna penale o di provV"edimento disci


.plinare, la perdita, la riduzione o la sospensione del diritto del dipendente 
dello Stato o di altro ente pubblico �l conseguimento e al godimento della 
pensione e di ogni altro assegno o indennit� da liquidarsi in conseguenza 
della cessazione del rapporto di pendenza. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1972, n. 26 -Pres. Rocchetti 
-Rel. Capalozza. 

Procedimento penale -Interro~atorio dell'imputato detenuto -Mancata 
preventiva consultazione del difensore -Sperequazione ri-: 
spetto all'imputato non detenuto -Ille~ittimit� costituzionale ~ 
Esclusione. 

(Cost. artt. 3, 24; c.p.p. art. 264, ultimo comma, art. 135). 

Non so1w fondate, nei sensi di cui in motiivazione, le questioni di 
legittimit� costituzionale degli artt. 264, ultimo comma, e 135 codice 
di procedura penale, suU'interrogatorio deU'imputato detenuto, il quale 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non ha la possibilit� di pr'evia consultazione del ptoprio difensore, con 
la precisazione, peraltro, che il giudice, anche se l'imputato si sar� avvalso 
del diritto di non rispondere, ha facolt� di consentirgli di conferire 
col p1�oprio difensore (1). 

(Omissis). -1. -Il dubbio sulla costituzionalit� riguarda l'articolo 
264, ultimo comma, c.,p.p. e l'art. 135 dello stesso codice, con rifo:
rimento, rispettivamente, agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo 
comma, della Costituzione, in quanto, limitando all'imputato non detenuto 
la possibilit� di conferire col difensore prima dell'interrogatorio, 
implicitamente la escludono per l'imputato in stato di carcerazione. 


2. -L'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Milano 
parte, evidentemente, dal presupposto implicito che l'interro.gatorio sia 
un mezzo di difesa, come questa Corte ha avuto occasione di affermare 
nella sentenza n. 190 del 1970 (e, in effetti, serve essenzialmente 
a ,contestare all'indiziato o all'imputato l'accusa e a rp11endere atto delle 
s-ue eventuali discolpe}, oltrech� essere una fonte di prova, da valutarsi 
liberamente e discrezionalmente dal giudice per il suo convincimento 
(il che si evince dalla testuale dizione dell'art. 304, terzo comma, 
c.p.p. nella nuova formulazione portata dall'art. 8 legge 5 dicembre 
1969, n. 932). 
Orbene, non pu� dirsi che l'art. 135 c.p.p., che subordina la conces,
sione del colloquio col difensore .professionale all'espletamento dell'interrogatorio, 
violi l'art. 24, secondo� comma, della Costituzione. E, 
invero, la norma costituzionale gar�ntisce, bens�, la difesa in ogni stato 
e grado del procedimento, ma non postula la presenza del difensore 
nella continuit� dell'iter processuale (vedi sent,enza n. 190 del 1970 di 
questa Corte). 

N� pu� parlarsi di �limitazione al diritto di difesa allbrquando 

(1) La questione trattata era stata sottoposta all'esame della Corte 
dal giudice istruttore del tribunale penale di Mi�ano con ordinanza 15 febbraio 
1971 (Gazzetta Ufficiale 16 giugno 1971, n. 151). 
Il dubbio di incostituzionalit�, risultato, poi, infondato (peraltro con 
le precisazioni di cui al n. 6 della decisione), trovava il suo naturale antecedente 
n<:!lla nota statuizione Corte Cost. 16 dicembre 1970, n. 190, in 
questa Rassegna 1971, I, 1, 14, la cui radicale innovazione aveva, come 
� noto, trovato immediata attuazione con l'emanazione del d.l. 23 gennaio 
1971, n. 2, convertito nella legge 18 marzo 1971, n. 62. 

Sul problema della presenza del difensore all'interrogatorio dell'imputato, 
vedi' in particolare LEONE, Intorno alla riforma del codice di procedura 
penale 1964, 225; C:AVALLARI, Contraddittorio penale, in Enciclopedia 
del diritto, 1961, IX, 728. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E, INTERNAZIONALE 27 

l'interrogatorio avvenga prima del colloquio col difensore: ch�, anzi, 
la carcerazione preventiva, iprevista dalla Costituzione (artt. 13, ultimo 
comma, e 68, secondo comma), ha, evidentemente, tra le sue finalit�, 
quella di evitare che l'inquisit.o o l'imputato distorca i fatti o 
inquini le prove, cio�, in definitiva, cerchi di eludere l'applicazione 
della proporzionata sanzione punitiva. 

D'altronde, il problema..sorge indifferentemente per �chi sia colpito 
da arresto in flagranza. o da fermo da parte della poliz.ia giudiziaria 
o da ordine o mandato di arresto o �di cattura �e, altr.esl., per chi sia 
coLpito da mandato di accompagnamento e persino da mandato di comparizione, 
se questo lasci all'imputato solo il tempo strettamente necessario 
p�er rpresentarsi (come � consentito, per motivi di urgenza, nell'ultimo 
comma dell'art. 264 c.p.ip.). 

3. -Appaiono, del resto, sufficienti garanzie la nomina del difensore 
(art. 225, terzo comma, c.p.p. modificato dall'art. 3 legge 5 dicembre 
1969, n. 932, e �dall'art. 3 legge 18 marzo 1971, :n. 62, che ha convertito, 
con modificazioni, il d.l. 23 gennaio 1971, n. 2; art. 366, secondo 
comma, c.p.rp.; art. 390 c.p.p., modificato dall'art. 9 legge n. 932 
del 1969); l'avviso di procedimento (artt. 78, 304 e 390 c.rp.p., modificati 
dagli artt. 1, 8 e 9 legge n. 932 .del 1969); il diritto del difensore 
(non l'obbligo) ad essere rpr.esente all'interrogatorio (art. 304 bis c.p.p., 
modificato dall'art. 1 legge n. 62 del 1971; vedi anche la citata sentenza 
di questa Corte n. 190 �del 1970) e il diritto che ha il prevenuto di non 
rispondere all'interrogatorio stesso (il cui eserc.izio, come � noto, � 
irrilevante ai fini dell'istruzione: art. 367, secondo comma, c.p.p.). 
Senza dire che il difensore, nel presenziare all'interrogatorio dell'imputato, 
pu� sollecitare gli opportuni chiarimenti, sia pure per il 
tramite dell'inquirente. 

4. -N� � invocabile l'art. 3 Cost., quanto all'art. 264, ultimo comma, 
c.ip.p. nella parte in cui soltanto per il mandato di comparizione 
prevede un congruo termine per la presentazione dinanzi all'inquirente 
(quando, iper�, non ricorrano motivi di urgenza), altra essendo 
la posizione di chi sia in istato di custodia preventiva (o di chi debba 
comparire illico et immediate dinanzi al giudice istruttore o al pubblico 
ministero o al rpretore), altra di chi non lo sia: una differenza 
che ha la sua ragione d'essere nella .gravit� del reato (artt. 235, primo 
e terzo comma, 236, primo e quarto comma, 253 e 254 c.�p.p.), nello 
status personale (artt. 235, secondo comma, e 236, secondo, terzo e 
quarto comma, c.p.ip.) o nelle qualit� morali del prevenuto o nelle circostanze 
del fatto (art. 254, ultimo comma, c.p.p.) o in esigenze processuali 
di analoga natura. 

"" 

28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tutto ci� . � sufficiente a ritenere rpriva di fondamento anche la 
questione di legittimit� costituzioni;i.Le dell'art. 264, ultimo comma, 

c.p.p. 
5. -V'� da ag,giungere che l'eventualit� di una (pi� agevole linea 
difensiva per chi si trovi a piede libero non � che una diretta conseguenza 
della pr.evisione legislativa della facoltativit� dell'arresto (articolo 
236 c.rp.rp.), riconosciuta costituziooa1mente legittima dalla sentenza 
n. 1 del 1971.di questa Corte; e, del pari, della previ!Sione della 
facoltativit� del fermo e della cattura (artt. 238, primo comma, e 
254 c.p.p.). 
Non �, infine, da trascurare che pu� tornare a vanta:g;gio dell'arrestato, 
o fermato o catturato) essere sottorposto subito\ a interrogatorio, 
per la (pronta adozione dei provvedimenti di cui all'art. 246 e all'art. 
277 e seguenti 1c.p.(p. (vedi artt. 238, quarto comma, 245 e 365, 
primo 1Comma, c.p.rp.). 

6. -Va, tuttavia, precisato che, effettuati gli interrogatori, il giudice, 
anche se l'imputato si sia avvalso del diritto di non rispondere, 
�ha facolt�, in base alla norma de qua, di consentirgli di conferire coJ. 
difenso�re. Sarebbe, infatti, assurdo che all'esercizio, da parte dell'imputato, 
del diritto di norn rispondere si connettesse l'obbligo, per il 
.giudke, �di non concedere il colloquio prima del deposito in cancelleria 
degli atti e dei documenti del processo com istruzone formale (art. 372 
cod. proc. rpen.) o prima della notifica della richiesta di citazione a 
.giudizio nei .processi coo istruzione sommaria (art. 397 in relazione 
all'art. 396 cod. proc. pen.) o, infine, prima della notifica della data 
fissata per il dibattimento pretorile, �Che non � precedut� da altro avv~
so e che pu� essere vicinissima alla data del dibattimento (art. 409, 
ultimo comma, cod. rproc. pen.). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1972, n. 27 -Pres. Chiarelli 
�Rel. Benedetti ~�Maiorca ~n. p.). 

Avvocati e procuratori -Procedimento disciplinare davanti al Consii?,
lio Nazionale Forense -Assistenza del P. M. alla deliberazione Illei?,
ittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 24; r.d. 22 gennaio 1934, n. 37. art. 63, secondo comma). 

� costituzionalme.nte iUegittima, per violazione del diritto di difesa, 
l'art. 63, secondo comma r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 suffordina




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 29 

mento deLle professioni di avvocato e procuratore, nella parte in cui 
esprime che il P. M. ussite alla deliberazione della decisione del Consiglio 
nazionale forense in sede disciplinare (1). 

(Omissis). -2. -La question�e sottoposita all'esame della Corte 
� se sia costituzionalmente illegittima, in riferimento all'art. 24, comma 
secondo, della Costituzione, che. sancisce l'inviolabilit� del diritto 
di difesa in ogni stato e ,grado del procedimento, la norma contenuta 
nell'art. 63, comma secondo, del r.d. 212 .gennaio 1934, n. 37, la quale 
dispone che nel procedimento d]sciplinare dinanzi al Consiglio nazionale 
fo11ense la decisone del ricorso � deliberata con l'assistenza del 
pubblico ministero e fuori della p11esenza dell'incolpato e del difensore. 

3. -Le censure mosse dalle ordinanze di rimessione alla norma 
impugnata sono fondate. 
L'esame delle disposizioni concernenti i procedimenti disciplinari 
innanzi al Consiglio nazionale forense (artt. 59 e 68 del r.d. n. 37 del 
1934) non lascia adito a dubbi sulla posizione di parte che assume il 
pubblico !lll�nistero nei casi .in cui spieghi intervento in detti procedimenti. 
� sufficiente tener presente le nol)IDe che gli attribuiscono il 
potere d'impugnare in via principale ed incidentale le decisioni pronunciate 
dai consigli Io.cali e di proporre ricorso alle sezioni unite 
della Cassazione avverso le decisioni del Consiglio nazionale, noI11Ch� 
le norme che gli attribuiscono la facolt� di prendere visione degli atti, 
proporre deduzioni, esibire documenti, richiedere ulteriori indagini 
ritenute necessarie per l'accertamento dei fatti, per rendersi conto 
che il p.m. assume la veste di contraddittore ,diretto dell'incoLpato e 
del suo difenso�re, ossia la figura tipica di parte nel processo di cui 
trattasi. 

Ora � evidente che con siffatta sua posizione non riesce in alcun 
modo a conciliarsi la norma denunciata che prevede l'assistenza del 

p.m. nel momento della deliberazione della decisione ed esclude, per 
contro, la rpr�esenza dell'.incolpato e del suo difensore. La veste e le 
attribuzioni del ;p.m. nei procedimenti disciplinari dinanzi al Consiglio 
nazionale forense non sono dissimili da quelle spettanti al p.m. nei 
(1) La .questione trattata era stata portata all'esame del giudice costituzionale 
dalla corte di cassazione, sez. unite civili, con le ordinanze 
262 e 263 emesse in data 28 gennaio 1971 (Gazzetta Ufficiale 15 settembre 
1971, n. 233). 
Su talune applicazioni del principio secondo il quale il P.M. nei procedimenti 
disciplinari dinanzi al Consiglio nazionale forense ha attribuzioni 
non dissimili da quelle spettantigli nei giudizi ordinari, v. Consiglio 
naz. forense 6 marzo 1969, G.C. in Rassegna forense, 1970, 73 relativo all'applicazione 
analogica dell'art. 206 c.p.p. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

30 

procedimenti ordinari e ci� nondimento, per questi ultimi, l'ordinamento 
giudiziario vtgente detta una norma generale di contenuto diametralmente 
opposto sane.endo appunto il divieto per il p.m. di assi'
stere allia deliberazione della decLsione delle cause civili e penali da 
parte dei giudici di merito .<art. 80, coml!Ila primo, r.d. 30 gennaio 

1941, n. 12). 

4. -La disposizione impugnata nl?n � sorretta da alcuna logica 
giustificazione. 
La deliberazione della decisione, che � la fase conclusiva pi� deli


cata del giudizio, � compito esclusivo dell'organo giudicante. In siffatto 

momento la presenza di altro organo, con funzioni istituzionalmente 

diverse, non ha ragion d'essere. 

La disposizione in esame � in �contrasto col .precetto contenuto 
nell'art. 24, comma secondo, della Costtiuzione, giacch� as5tc;ura al 
p.m., che � parte nei procedimenti di cui trattasi, una situazione di vantaggio 
con evidente menomazione del diritto di difesa dell'incolipato. 

Ritiene conseguentemente la Corte che debba essere dichiarata 
l'incostituzionalit� del :secondo comma dell'art. 63 del r.d. n. 37 del 
1934 nella parte in cui dispone l'assistenza del pubbUco ministero alle 
decisioni del Consiglio nazionale forense. -(Omissis). 

Per la posizione del .P.M. nel nuovo ordinam�nto giudiziario v. DE 
MATTEO G, in Temi nap. 1968, III, S.61; per l'ammissibilit� della presenza 
del P.M. alla decisione dei ricorsi da parte della cassazione civile, in 
veste di tutore della legge v. art. 380 c.p.c. e 76, l� comma, ordinamento 
giudiziario; per il divieto generale imposto al P.M. di assistere come 
accusatore alla deliberazione delle decisioni delle cause civili e penali 
da parte dei giudici di merito, v. art. 80, 1� comma, r.d. 30 gennaio 1941, 

n. 12. 
CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1972, n. 28 -Pres. Chiarelli -
Rel. Reale -Regione -Presidente Regione Sardegna (avv. Guarino) 

c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato 
Savarese). 
Sardegna -Espropriazione per p. u. -Opere finanziate dalla Cassa 
per il Mezzogiorno -Competenza dello Stato. 
(St. Reg. Sardegna art. 4, lett. d; d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 9, 1. 6 
ottobre 1971, n. 853). 

Spetta allo Stato la competenza amministrativa in materia di 
espropriazione per pubblica utilit� per opere da eseguirsi nel territorio 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTE~NAZIONALE 31 

detla Regione autonoma della Sardegna, con i fondi della Cassa per il 
Mezzogiorno, messi a disposizione di questa dallo Stato (1). 

(Omissis). -2. -Come assume l'Avvocatura dello Stato in rappresentanza 
del Presidente del COOlsi1glio dei n�i.nistri, � da ritenere 
che l'attribuzione della personalit� giuridica non vale, nell'ord.inramento 
vigente, quale rpr,emessa suflkiente per la risoluziooe del conflitto in 
senso favorevole 1alla Regione. 

La creazione della persona giuridica pubblica, in obbedienza ad 
esigenze organizzative genemli, pu� costituire, infatti, lo strumento 
di cui lo Stato si serve nei casi nei quali .ravvisi pi� conveniente perseguire 
fini di generale interesse, non 1con la prorpria azione diretta, 
ma mediante l'istituzione di un ente, sia pur da esso distinto, al quale

1

siano imputate, secondo l'or,dinamento giuridico ed in conformit� dell'atto 
istitutivo, le situazioni derivanti dall'attivit� ad esso riservata. 

Il che non implica, come si assume dalla Regione, che la detta 
attivit� sia estranea alla sfera istituzionale dello Stato. Ma all'azione 
di questo pu� essere, anzi, assimilata e sostanzialmente ad esso !riferita 
per effetto del rarprporto funzionale che lega la persona giuridica pub-� 
blica allo Stato medesimo. 

3. -Nella specie non � 1controverso fra le parti che la Cassa per 
il Mezzogiorno, ente dotato di personalit� giurispubblici:stica, per conseguire 
le finalit� riflettenti i programmi e le direttive politiche dello 
Stato, operi 1con mezzi finanziari da questo appositamente messi a 
disposizione. 
A carico del bilancio dello Stato risultano, invero, iscritti i fondi 
da utilizzare per gli interventi della Cassa: notevoli in proposito, per 
tacere d'altri, gli artt. 15, 20 e 25 del citato t.u. del 1967. 

(1) La questione trattata era stata portata alla cognizione della Corte 
a seguito di giudizio promosso con ricorso della Regione autonoma della 
Sardegna, notificato il 30 aprile 1971, per conflitto di attribuzione sorto 
a seguito della nota del prefetto di Cagliari 25 febbraio 1971, n. 314, in 
materia di espropriazioni per opere di pubblica utilit� eseguite con i fondi 
della Oassa per il Mezzogiorno. 
Sulla personalit� giuridica della Cassa v. art. 9 D,P.R. 30 giugno 1967, 

n. 1524 e, in giurisprudenza, circa la sua qualificazione di organo straordinario 
della P.A. �statale con autonoma imputazione formale degli interessi 
costituenti il substrato della personalit�, v. Cass. 18 marzo 1970, n. 718 
in questa Rassegna, 1970, I, 325; Cass. SS.UU. 29 dicembre 1967, n. 3025 
ibidem 1968, I, .405 (nella motivazione). 
Per l'assunto che la Cassa persegue finalit� proprie dello Stato o che 
le espropriazioni da essa finanziate rientrano nella riserva della competenza 
statale, v. legge 6 ottobre 1971, n. 853. 

4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

32 

'!1ali circostanze sono sufficienti a chiarire che le opere realizzate 
in Sardegna con i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno gravano 
sostanzialmente sul bilancio statale, senza che occorra ulteriormente, 
al fine di mettere in evidenza la stretta connessione dell'ente 
predetto con la pubblioa Amministrazione, ricordal'e come alla competenza 
di organi statali siano riservate ulteriori attribuzioni tecnicoapiministrative 
nella materia degli interventi eseguiti dalla Cassa. 

Il tutto in attuazione di una complessa normativa vigente al tempo 
dell'insorto conflitto e che, per quanto concerne la materia riferentesi 
alle opere a carico dello Stato, non ha subito, relativamente alla disciplina 
delle provvidenze riguardanti specificamente La Sardegna, sostanziali 
innovazioni per effetto della legge 6 ottobre 1971, n. 853, entrata 
in vigOl'e in pendenza del presente giudizio. 

4. -Orbene non � dubbio che l'art. 4 lett. d dello Statuto speciale 
�per la Sardegna, in forza del quale restano attribuiti all:a competenza 
dello Stato i provvedimenti espropriativi concernenti opel'e � a carico 
dello Stato ., non pu� avere significato soltanto in riferimento a specifiche 
e formali postazioni di bilancio. Ma ricqiede, al contrario, che 
l'attribuzione _del poter.e esprorpriativo segua la qualificazione statale 
della spesa effettivamente sorprportata per l'esecuzione dell'op~ra. 
Ne deriva che deve affermarsi spettare allo Stato il potere medesimo, 
quando ad esso � anc;he attribuito il .potere di disporre del 
pubblico denaro al fine del perseguimento dell'interesse generale. 

5. -Ci� pl'emesso e poich� dai provvedimenti impugnati e dalle 
deduzioni delle parti risulta che all'erario statale fanno, in definitiva, 
carico le erogazioni di spesa rper l'esecuzione delle opere, cui sono� 
pre01idinati i rprov'Vedimenti suddetti, deve concludersi, rimanendo 
assorbita ogni altra questione 1prnsrpettata dalle parti, che agli organi 
dello Stato spetta nella materia la relativa �competenza a torto riventicata 
dalla Regione autonoma della Sardegna. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1972, n. 29 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rocchetti -Topini ed altri (n. c.). 

P:i;ocedimento penale -Parte civile -Sentenza di proscioglimento dell'imputato 
-Esclusione -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. l�; c.p.p., art. 23). 

� costituzionalmente megittimo l'art. 23 codice di procedura penale 
nella parte in cui esclude che iL giudice penale possa decidere 
suWazione civile anche quando, concluso ii procedimento penale con 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. GOSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 33 

sentenza di prosciogUmento, L'azione delia parte civiie, a tutela dei 
suoi interessi civili, prosegua in sede di Cassazione ad eventuaie successivo 
giudizio di rinvio (1). 

(Omissis). -Poich� le cinque ordinanze di rimessione hanno per 
oggetto la stessa questione, i giudizi relativi vanno riuniti e decisi con 
unica sentenza. 

L'art. 195 del codice di procedura penale disponeva che la parte 
civile non ipu�, 1per tutelare i suoi interessi civili, proporre impugnazione 
contro la sentenza ,che ha prosciolto l'imputato, o lo pu� soUanto 
se sia stata essa condannata al paigamento delle spese e al risarcimento 
del danno in :liavore dell'imputato prosciolto, e limitatamente a questo 
solo capo della sentenza. 

Ma questa Corte, con sentenza n. 1 del 1970 ed ordinanza n. 154 
dellQ stesso anno, ha dichiarato, con riferin:iento all'art. 111, comma 
secondo, della Costituzione, la illegittimit� costituzionale del detto 
articolo, nella parte in cu� pone limiti a che la parte civile possa 
rproporre ricorso per cassazione contro le disposizioni della sentenza 
che concernono i suoi interessi civili. 

Divenuto cos� possibile alla parte civile, a tutela di tali interessi, 

gravarsi in Cassazione anche contro la sentenza che ha prosciolto l'im


putato, ricorsi sono pervenuti a quella Corte, ma essa.ha per� trovato 

ostacolo al loro esame nella norma dell'�rt. 23 del codice di procedura 

penale. 

� Tale no�rma -si legge infatti in una delle ordinanze di rimessione 
-avente quale suo essenziale ipresupiposto la natura accessoiria 
e subordinata del rapporto processuale dvile inserito nel processo penale, 
viene infatti a precludere, in caso di proscioglimento dell'irr,iputato, 
ogni pronunzia del giudice penale in ordine all'azione civile e 
(1) La questione trattata era stata sottoposta all'esame del giudice 
costituzionale dalla cort~ di cassazione, sezione quarta penale, con ordi.:. 
nanze 19 dicembre 1970, 16 dicembre 1970, 29 gennaio 1971 (nn. 73, 92, 
122, 309 reg. ord. 1971) (Gazzetta Ufficiale 21 aprile 1971, n. 99; 28 aprile 
1971, n. 106; 5 maggio 1971, n. 112; 13 ottobre 1971, n. 259) e, dalla sezione 
sesta della stessa corte, con ordinanza 25 gennaio 1971 (Gazzetta Ufficiale 
14 luglio 1971, n. 177). ' 
La pronuncia di incostituzionalit� consegue, per il principio generale 
di cui all'art. 23 c.p.p., dalla citata decisione 22 gennaio 1970, n. 1, in 
questa Rassegna 1970, I, 1, 9-10 con la quale la Corte aveva riscontrato � 
il contrasto dell'art. 195 c.p.p. con l'art. 111 Cost. in tema di proponibilit� 
dell'impugnazione. 

Per un'ampia disamina dei precedenti dottrinari e giurisprudenziali 
diretti ad evidenziare la posizione di menomazione processuale nella quale 
trovavasi la parte civile prima delle anzidette pronuncie, v. Foro it. 1970, 
I, 376-377. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pertanto anche la decisione da parte di questa Corte (di cassazione), 
che � pur sempre giudice penale, ancorch� di pura legittimit�, del 
ricooso proposto dalle parti civili a tutela dei loro interessi di natura 
esclusivamente privata �. 

�Detta norma ipertanto -ipros~gue 1'011dinanza -analogamente 
a quanto ha ritenuto la Corte costituzionale con la sentenza (n. 1 del 
1970), pu� apparire in contrasto con l'art. 111, comma secondo, della 
Costirtuzione, che sancisce il principio che, 'contro gli atti aventi natura 
di sentenza, � sempre �ammesso ricorso per cassazione per violazione 
di legge�. 
E _ritenendo� non irrilevante ai fini dei ,giudizi in a~to la soluzione 
di questo contrasto, la Cassazione ne ha rimesso a questa Corte la 
decisione. 

La ques~ione cos� propos~~ � fondata. 

Nei confronti dell'art. 23, avente contenuto generale di enunciazione 
di un principio, quello che l'azione civile esercitata nel procedimento 
penaJe non rpossa proseguire al cessare dell'azione penale per 
dichiarata improcedibilit� di �essa o rper assoluzione dell'imputato, 
si ripropone la stessa questione che questa Corte ha decisa, a proposito 
dell'art. 195, cl:ie, del principio enunciato nell'art. 23, costituisce 
la puntuale applicazione in tema di proposizione del gravame. 

Di fronte alla garanzia assicurata al ci.ittadino dall'art. 111, comma 
secondo, della Costituzione -che l'autorizza a invoca11e il riesame di 
legittimit� di qualsiasi sentenza -nessuna norma che, in contrario, 
restringa tale diritto, escludendolo in casi determinati, anche se a 
tutela �di altre esigenze, pu� ritenersi conforme �al dettato costituzionale. 


L'art. 23, del codice di procedura penale, inibendo ogni decisione 
sull'azione civile quando l'imputato sia stato prosciolto, � pertanto 
illegittimo ne.Ila parte in cui impedisc.e anche l'esame del ricorso per 
cassazione �proposto dalla parte civile contro la -sentenza di proscioglimento. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1972, n. 30 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozza -Romani .ed aLtri (n. c.)� e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. 1gen dello Stato Coronas). 

Reato -Pesca marittima -Pena accessoria dell'interdizione dell'esercizio 
della pesca -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost. artt. 4, 27, 35; I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 26, lett. e ed a). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale den'art. 26 
lettere c e d dell'!-legge 14 luglio 1965 n. 963 (disciplina della pesca 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 35 

marittima) che comminano le sanzioni accessorie della temporanea 
interdizione dell'esercizio della pesca, anche alle dipendenze altrui (1). 

(1) La questione trattata era stata sottoposta alla Corte dal pretore 
di Massa con ordinanza 13 novembre 1970 (Gazzetta Ufficiale 10 marzo 
1971, n. 62); dal pretore di Roma con ordinanza 16 g�ennaio 1971 {Gazzetta 
Ufficiale 5 maggio 1971, n. 112); dal pretore di Piombino con ordinanza 
14 maggio 1971, in Gazzetta Ufficiale 15 settembre 1971, n. 233. 
I primi due provvedimenti riguardavano la lettera d), il terzo la lettera 
c) dell'art. 26 legge.14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima) 
rispettivamente per dubbio di legittimit� di tale disposizione: 
a) in riferimento agli artt. 1 primo comma, 4 e 27, terzo comma, della 
C'ostituzione; b) limitatamente all'inciso �anche alle dipendenze altrui�, 
in riferimento agli artt. 4 e 35 della Costituzione; c) in riferimento all'art. 
27, primo comma della Costituzione. 



SEZIONE SECONDA 

GluRISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 dicembre 1971, n. 3519 -Pres. 
Marletta -Rel. Rid0la -P. M. Di Majo (conf.) �-Ministero degli Interni 
e Ministero della Sanit� (avv. Stato Agr�) c. Balzano (avv. 
Caruso). 

Competenza e ~iurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ~iurisdizione 
amministrativa -Criteri di discriminazione -Fattispecie. 

(c.p.c. art. 386; 1. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, art. 2; r.d. 4 febbraio 1915 
n. 148, art. 153). 
La decisione sulla giurisdizione � determinata dall'oggetto della 
domanda, ma a tal fine occorre che il petitum sia riguardato in stretto 
coordinamento con la causa petendi ed in relazione alla tutela che l'ordinamento 
accorda alla situazione giuridica soggettiva, di cui si lamenta 
la lesione; la discriminazione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa si risolve nella nota contr�ipiposizione della carenza di 
potere all'esercizio scorretto di potere realmente esistente: apiplicazione 
in materia di provvedimenti contigibili ed urgenti di sicurezza pubblica 

o di igiene pubbtica da parte del sindaco, quale ufficiale di governo (1). 
(Omissis). -Col primo motivo di ricorso le Amministrazioni ricorrenti 
ripropongono, davanti a queste Sezioni Unite, la questione del 
difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria rispetto alla 
domanda proposta dal Balzano: questione che fu decisa, dal primo giudice 
e poi dal giudice di appello, con pronunzia fra loro difformi. 

Sostengono, dunque, le Amministrazioni ricorrenti che, quando il 
Sindaco, nella sua qualit� di ufficiale di governo, abbia esercitato il po~ 
tere, che gli � attribuito dall'art. 153 del t.u. della legge comunaile e 
provinciale approvato con r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, di adottare provvedimenti 
contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica o d'igiene pubblica, 
e quando il priv.ato si faccia a pretendere, dallo Stato, il risarci


(1) La sentenza appare particolarmente interessante non solo perch� 
ribadisce i noti principi in materia di discriminazione tra giurisdizione 
ordinaria e giurisclj.zione amministrativa (sull'argomento cfr. Cass., Sez. 
Un., 13 ottobre 1967, n. 2442, in questa Rassegna, 1967, I, 768 ed ivi, 769, 
nota 1), ma pure perch� li chiarisce ulteriormente facendone applicazione 
in un caso interessante, Si pubblicano quindi per intero i motivi della 
decisione. 

PARTE I, SEZ. J'.i:, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 37 

mento del danno eventualmente cagionatogli da uno di siffatt,i provve-� 
dimenti, la �cognizione appartiene alla giurisdizione ordinaria solo in 
quanto, nell'esecuzione di esso, siano state violate le regole di comune 
diligenza, perizia e prudenza; � precluso, invece, al giudice ordinario 
l'esame della sussistenza di quei requisiti (urgenza, imprevedibilit�, pericolo 
per l'igiene o per la sicurezza pubblica) che legittimano, in concreto, 
l'esercizio del potere: il quale esame si risolverebbe in un vero 
e proprio sindacato sull'eccesso di potere amministrativo, che � riservato 
al giudice degli interessi legittimi. 

Alla luce dei principi ripetutamente enunciati dalla giurisprudenza 
di queste Sezioni Unite, in materia di discriminazione tra giurisdizione 
amministrativa e giurisdizione ordinaria, la censura appare fondata. 

A norma d&il'art. 386 c.p.c., la decisione sulla giurisdizione � determinata 
dall'oggetto della domanda, il qua1e per�, �com'� noto, non va 

� identificato, a questo fine, col solo petitum formale: non basta, cio�, 
perch� sussista la giurisdizione del giudice ordinario, che il soggetto 
attore si faccia a pretendere la reintegrazione di un diritto soggettivo 
di cui egli vanti di essere titolare e che si assume sia stato leso dall'attivit� 
amministrativa. Occorre che il petitum sia riguardato in stretto 
coordinamento con la causa petendi (.c.d. petitum sostanziale) ed in relazione 
alla tutela che l'ordinamento accorda alla situazione giuridiea . 
soggettiva di cui si lamenta la lesione: occorre, �cio�, verificare se, alla 
stregua della disciplina normativa della materia controversa, quella situazione 
sogg.ettiva, che il privato faccia valere quale diritto perfetto, 
sia tale, ed abbia titolo alla tutela che dei diritti soggettivi � propria, 
anche di fronte alla Pubblica Amministrazione, sicch� questa non possa 
SU: essa incidere, eliminandola o altrimenti sacrificandola, o se, invece, 
per essere un siffatto potere discrezionale attribuito dall'ordinamento 
alla Pubblica Amministrazione, quella stessa situazione soggettiva sia 
conf�gu_!'.abile, non pi� come diritto perfetto, ma come interesse legittimo, 
suscettibile solo di quella protezione occasionai.e e riflessa che va 
chiesta al giudiee amministrativo. 

La discriminazione fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa 
si risolve, cosi, nella nota contrapposizione dell.a carenza 
di potere all'esercizio scorretto di un potere realmente esistente. Ricorre 
la prima ipotesi non solo qu~ndo nessuna norma attribuisca all'Amministrazione 
un determinato potere, ma anche quando il potere che le � 
dalla legge attribuito venga dall'Amministrazione utilizzato in una situazione 
che non � in alcun modo inquadrabile' nella fattispecie legale 
contemplata, in astratto, dalla norma che lo conferisce: in tali casi le 
situazioni giuridiche soggettive dei cittadini, garantite dalle norme di 
relazione .che presiedono ai rapporti fra �costoro ed il potere pubblico, 
conservano la loro consistenza e trovano la loro tutela davanti al giudice 
dei diritti soggettivi. Ricorre, per contro, la seconda ipotesi quando 


38 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la legge consente all'Amministrazione di incidere sulla sfera giuridica 
dei cittadini, disponendo anche dei loro diritti soggettivi, ma l'attivit� 
amministrativa, in cui l'esercizio di quel potere si estrinsechi, pur inquadrandosi 
nella fattispeciie legale, risulti viziata, quanto aHa forma, 
quanto al �contenuto o quanto alla competenza dell'organo che l'ha posta 
in essere, per contrasto con quelle norme di azione che assicurano il 
corretto esercizio dei poteri della Pubblica Amministrazione: nel qual 
caso la situazione soggettiva del .cittadino, degradata, nei confronti di 
questa, al rango di interesse legittimo, non pu� trovare tutela se non 
davanti al giudice amministrativo. 

A radicare la giurisdizione del giudice ordinario, non basta, dunque, 
che il privato fondi la sua pretesa sulla radicale negazione dell'esistenza 
del potere discrezionale che la Pubblica Amministrazione 
ritenne di esercitare, ma occorre che quella negazione presenti so�stan-ziale 
aderenza alla norma che regola in astratto la materia controversa; 
n� :basta, a maggior r�gione, �che si denunzi, in via di mera prospettazione, 
la violazione �lei limiti entro i quali la legge volle che l'esercizio 
del potere fosse contenuto, quando tale denunzia si risolva, in realt�, 
in quella di uno dei vizi di legittimit� dell'atto amministrativo (incompetenza, 
eccesso di potere, violazione di leg.ge) dei quali solo il giudice 
amministrativo pu� conoscere. Se cos� non fosse, il sindacato del giudice 
ordinario sugli atti della Pubblica .A,mministrazione finirebbe per 
estendersi oltre ogni limite, fino a sconfinare, specialmente in presenza 
dell'eccesso di potere in una delle sue varie manifestazioni, nella pi� 
penetrante indagine sul processo formativo della volont� dell'organo 
dell'Amministrazione. 

Nel caso in esame, la Corte di merit� ritenne di ravvisare, nell'ordinanza 
del Sindaco di Crotone, un tipico caso di inesistenza del potere, 
non gi� nel senso che quell'autorit� non potesse emettere un provvedimento 
del tipo di quello adottato, ma nel senso che esso sarebbe stato 
emesso fuori dei limiti entro i quali quel potere � dalla legge riconosciuto: 
precisamente, ritenne la Corte che, mancando nel provvedimento 
ogni riferimento all'igiene �pubblica�, cio� all'igiene della collettivit�, 
il potere di cui all'art. 153 fosse stato, nella specie, esercitato 
per una finalit� diversa da quelle �contemplate dalla norma e ravvisabile, 
se m�i, nella tutela di quelle persone che avrebbero occupato i 
locali costruiti dal Balzano e definiti dal Sindaco come � antigienici �. 

Ma tale �convincimento, che, versandosi in materia di giurisdizione, 
� pienamente sindacabile in questa sede, non pu� essere condiviso. 

Va rilevato, innanzi tutto, che lo stesso Balzano, nel proporre la 
propria domanda, non neg� che il Sindaco, quale ufficiale di governo, 
avesse il potere di emettere il provvedimento d� cui si discute, ma si 
limit� ad addebitargli di averlo motivato �,genericamente e non veridicamente
� con ragioni di pubblica igiene: egli denunzi�, do�, da un 

! 

~6'.....~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 39 

canto una motivazione insufficiente o incongrua e, dall'altro, una inesatta 
rappresentazione della realt�, �che costituiscono, l'una e l'altra, 
tipici vizi di legittimit� dell'atto amministrativo, tutti inquadrabili nella 
categoria dell'eccesso di potere. 

Infondatamente, dunque, ed anche senza sufficiente aderenza alla 
impostazione originaria della domanda la Corte di merito spost� la propria 
indagine, ai fini della giurisdizione, dal piano dell'illegittimit� dell'atto 
amministrativo, cio�l da quello dell'esercizio scorretto del potere, 
al piano del difetto dei presupposti di appartenenza del potere stesso. 
E non avvert� la Corte che l'individuazione della linea di confine fra 
igiene pubblica ed igiene privata � valutazione di merito non. sindacabile 
dal giudice ordinario e che significativamente, sotto questo profilo, 
il provvedimento in questione pose in relazione le �Caratteristiche antigieniche 
dei locali �Costruiti dal Balzano col fatto che essi sorgessero 
su terreno demaniale. Comunque, posto, come dato pacifico che l'art. 153 
attribuisce all'autorit� amministrativa il potere discrezionale di incidere 
sui diritti soggettivi per la tutela degli interessi pubblici contemplati 
dalla norma, � certo, ed � decisivo, che il provvedimento di cui si di_
scute, �Cos� �come fu emanato, non si poneva fuori della f�ttispecie legale 
da quella norma astrattamente configurata, ma in essa si inquadrava, 
grazie al formale richiamo dell'art. 1.53 ed all'espresso riferimento a 
ragioni di sanit�: e tanto basta ad escludere ogni ipotesi di carenza di 
potere, nei sensi innanzi precisati. L'eventuale inconsistenza delle ragioni 
addotte, che sola fu espressamente denunziata dal Balzano nell'atto 
introduttivo, atterrebbe, piuttosto, al modo nel quale il potere fu, 
in concreto, esercitato e si risolverebbe, secondo i principi gi� enunciati, 
in un vizio di legittimit� dell'atto amministrativo, da far valere 
in sede di tutela degli interessi legittimi; e� io stesso dicasi per gli altri 
aspetti del provvedimento rilevati dal Balzano nel controricorso, quali 
l'apprezzamento dell'urgenza e della cosiddetta �contingibilit� �, la possibilit� 
di avvalersi di altra particolare disciplina (edilizia, urbanistica, 
polizia del demanio mar~ttimo), la scelta del mezzo fu attuare la volont� 
della Pubblica Amministrazione. 

Si deve dunque concludere, quanto al primo motivo, che il giudice 
ordinario difettava di giurisdizione sulla domanda del Balzano, la quale, 
perci�, non poteva essere proposta in tale sede: ne deriva, a norma dell'art. 
3182, terzo comma, c.p.c., la �Cassazione seriza rinvio della sentenza 
impugnata. 

E resta cos� assorbito il secondo e subordi~ato motivo, col quale le 
Amministrazioni ricorrenti deducono la non riferibilit� allo Stato dell'attivit� 
svolta dal Sindaco di Crotone, qualora dovesse rimaner ferma 
la pronunzia emessa dalla Corte di merito nel senso dell'arbitrariet� 
dell'operato di quell'organo: condizione, questa, che, per quanto si � 
detto innanzi, non si verifica . .__ (Omissis). 


40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1971, n. 3792 -Pres. 
Marletta -Rei. Moscone -P. M. Di Majo (conf.) -Gualandi (avv.ti 
Gualandi e Jossa) c. Ministero dell'Interno (avv. Sta.to CalI'afa) e 
Giunta Provinciale di Re.ggio Emilia (n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli 
Enti pubblici -Controlli amministrativi -Posizione soggettiva 
del privato -Diritto soggettivo -Insussistenza -Difetto. di giurisdizione 
del giudice ordinario -Fattispecie. 

(I. 20 marzo .1865 n. 2248 ali. E, art. 2). 
In ogni caso il diritto ai libero esercizio della professione di avvocato 
e procuratore non pu� risultare violato dal provvedimento della. 
Giunta provinciale amministrativa 'la quale in sede di controllo della 
deliberazione di un Consiglio Comunale di affidare a due determinati 
legali la difesa di un comune in giudizio appirovi la deliberazione stessa 
a condizione che il difensore sia uno solo di essi: nei confronti di quello 
escluso, infatti, un provvedimento di tale genere non incide certo sul 
diritto di liberamente esercitare la professione forense e di ricevere i 
relativi incarichi .dagli interessati, ma solo suHo interesse (che non importa 
qui indagare se possa o meno considerarsi legittimo) ad ottenere 
il conferimento del mandato (1). 

(1) Non risultano precedenti in terminis. Sulla posizione dell'ente controllato 
di fronte all'attivit� dell'ente esercente il controllo cfr. Cass., Sez. 
Un., 19 maggio.1967, n. 1073, in questa Riassegna, 1967, I, 958 ed ivi l'ampia 
nota di U. GIARDINI, nonch� Cass., 11 ottobre 1971, n. 2835, in questa Rassegna, 
1971, I, ed ivi, nota 1. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 gennaio 1972, n. 191 -Pres .. 
Marletta -ReL. Milano -P. M. Di Majo (conf.) -Italsider s.p.a. 
(avv.ti Guidi ed Uckmar) c. Ministero Finanze (avv. Stato Agr�). 

Competenza e giurisdizione -Imposte e tasse -Pena pecuniaria Controllo 
dell'A.G.O. sulla misura della stessa -Esclusione. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 8). 
Imposte e tasse in genere -Imposta� generale entrata -Esenzioni Servizio 
internazionale -Definizione. 

(r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 1, 3� comma lett. h). 
Il provvedimento emesso dalla pubblica Amministrazione (nella specie 
decreto del Ministro delle Finanze in materia di violazione all'IGE), 
di natura non giurisdizionale, mediante il quale viene irrogata la san




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU Q�ESTIONI DI GIURISDIZIONE 41 

zione della pena pecuniaria, non � soggetto a controllo dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria per ci� che concerne l'entit� della sanzione inflitta ove 
la sua misura, in concreto applicata, s~a contenuta nei limiti previsti dalla 
legge; infatti, entro tale ambito, la relativa determinazione � rimessa 
all'apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione. stessa 
(1). 

Per qualificare come internazionale un d~terminato servizio agli 
effetti dell'applicazione della norma di esenzione contenuta nell'art. 1, 
3� comma, lett. h) r.d.l. 9 gennaio 1942, non � sufficiente il riferimento 

Procedimento amministrativo di irrogazione della pena pecuniaria e giudice 
competente a controllare l'entit� della sanzione inflitta. 

Caduto per incostituzionalit� (1) il complesso delle attribuzioni giurisdizionali 
penali attribuite dalla legge. (2) all'intendente di finanza fino 
ad allora giudice speciale competente a conoscere delle contravvenzioni 
fiscali punibili con la pena dell'ammenda e attribuita conseguentemente 
la cognizione della materia -non riscontrandosi vuoto legislativo dato 
il generale disposto dell'art. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (3) al 
tribunale penale ordinario, originariamente competente per il caso di 
opposizione al decreto (4), l'interesse dei pratici del diritto si sta rapidamente 
e progressivamente concentrando sulla struttura del provvedimento 
amministrativo, nella parte in cui � contenuta la determinazione 
della sanzione amministrativa (pena pecuniaria). 

L'indagine, in specie, � diretta a ricercare la sede giurisdizionale cui 
sottoporre il sindacato su un eventuale � eccesso di potere � (5) nella quantificazione 
sanzionatoria. 

Problema, dunque, di tutela dell'individuo in relazione all'entit� della 
sanzione inflitta, suscettibile, in sede teorica, di sviluppi sotto il profilo 
dell'attribuzione giurisdizionale e del giudice competente. 

Gi� altri, in precedenza, autorevolmente ed esattamente hanno rile


vato che in questa materia � ...si verte in un campo nel quale le difficolt� 

di una chiara sistemazione dei principi che lo governano sono non poche 

e di non poco momento; fra le molte cause di esse � la progressiva dila


tazione dei principi di legalit� e di �effettiva tutelabilit� delle pretese del 

cittadino verso l'Amministrazione a non voler rendere agevole il fermare 

nel tempo una nozione che appaia convincente e che sia destinata ad util
�mente resistere alle esigenze evolutive che la investono� (6). 
Tenendo presente tale indubbia premessa, pu� muoversi da uno dei 
pochi dati sicuri in dottrina e giurisprudenza (7) e cio� che la pena pecu


(1) V. Corte Cost. 3 aprile 1969 n. 60, Foro it. �969, I, 1037. 
(2) V. legge 9 gennaio 1929 n. 4 e r.d. 24 settembre 1931 n. 4. 
(3) V.re Contenzioso de!!o Stato, 1966-70, vol. II, 905. 
(4) V. art. 21, n. 2, terzo comma, 1. 9 gennaio 1929. 
(5) L'espressione � tratta testualmente dai numerosi ricorsi attualmente pendenti 
e risente, evidentemente, sia del conflitto giurisprudenziale, sia dell'incertezza 
sistematica della materia. 
(6) V. l'incisiva nota a Corte Cost. 4 marzo 1970, n. 32, in questa Rassegna 
1970, I, 1, 191. 
(7) V. per tutte Cass. SS.UU. 18 settembre 1970 n. 1557 in questa Rassegna 
1970, I, 1, 895. 

RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

42 

alla mera localizzazione delle prestazioni ad esso inerenti, alla nazionalit�, 
alla residenza all.'estero o in territorio naziona.le della parte a cui 
favore esse sono eseguite; �, invece,. indispensabil~ sia la promiscuit� d�lle 
prestazioni rese nei territori aventi diversa nazionalit�, sia, soprattutto, 
la circostanza che tali prestazioni, per Loro intrinseca natura, 
richiedano una continua coUabor:azione 'con l'operatore straniero e, di 
conseguenza, l'esistenza di un'organizzazione tecnica tant'O nello Stato 
estero quanto in Italia (2). 

niaria stabilita dall'art. 3 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e dalle leggi 
finanziarie che espressamente la prevedono (8), pur avendo carattere punitivo 
e non risarcitorio (a differenza della soprattassa), va qualificata come 
sanzione non penale (9). 

L'atto terminale del relativo procedimento � da classificarsi fra i provvedimenti 
di tipo decisorio o, secondo altri, ordinatorio (10), di natura non 
giurisdizionale, quale viceversa, era unanimemente considerato il decreto 
penale emesso dall'intendente di finanza. 

Caducate altres�, per effetto dell'art. 113 Cost., le disposizioni eventualmente 
sottraenti siffatte determinazioni punitive ad ulteriol'i ricorsi, 
specie in sede giu;risdizionale, il decreto ministeriale resta soggetto, secondo 
i generali principi, contenuti negli artt. 2 e 4 della legge 20 marzo 
1865, n. 2245, all. E, al sindacato del giudice naturale (art. 25 Cost. in 
riferimento all'art. 113 Cbst.). 

Diversi, ovviamente, sono la natura del rimedio e l'organo competente 
al giudizio, secondo che � il momento � dell'attivit� amministrativa incida 
su posizioni soggettive perfette (diritto) ovvero su aspetti imperfetti o, 
comunque, degradabili (interesse legittimo). 

Punto di partenza fondamentale � la circostanza che l'A.G.O., nell'ambito 
di un diritto, pu� valutare la legi.ttimit� dell'atto medesimo, ivi ricompresi, 
per�, l'esistenza dei presupposti, sia di fatto che di diritto, considerati 
come necessari per l'emanazione del provvedimento (12). 

Sicuramente proponibile, appare, dunque (nonostante un iniziale conflitto 
fra Cassazione e Consiglio di Stato, poi composto), l'azione di legittimit� 
dinanzi al giudice ordinario, quando si controverta sull'esistenza 
della trasgressione e la conseguente responsabilit� soggettiva (13). 

Parimenti sussistente deve ammettersi la giurisdizione dell'A.G.0., 
quando venga dimostrato, contro la Pubblica Amministrazione, un � ec


(8) In specie le relative norme valutarie e I.e sanzioni c.d. � depenalizzate � 
sono tutte le ricondurre nell'orbita della citata legge fondamentale (1929/4) almeno 
per i principali aspetti generali. 
(9) Ovviamente gi~ prima della citata pronuncia della Corte Costituzionale 3 
aprile 1959 n. 60. 
(10) RASTELLO, La pena pecuniaria. nel diritto tributario, ed. 1959, pag. 326. 
(11) Per l'art. 11 del r.d.l. 5 dicembre 1938 n. 1928 relativo alla non ricorribilit� 
dei provvedimenti repressivi di violazioni in materia valutaria v. Corte Cost. 
27 gennaio 1959 n. 1 in Foro It. 1959, I, 187. 
(12) V. cit. Corte Cost. 4 marzo 1970 n. 32 in motivazione. 
(13) V. fra le altre Cass. SS.UU. 30 luglio 1953 n. 2594; SS.UU. 21 ottobre 
1957 n. 4019; Cass. Sez. I, 5 ottobre 1959 n. 2683; Cass. Sez. I, 26 luglio 1960 n. 2160; 
SS.UU. 30 luglio 1953 n. 2594 in questa Rassegna 1953, 275; Giur. it. 1954, I, 1, 151 
(nota critica di Enrico GUICCIARDI) v. anche Consiglio di Stato Sez. IV 25 settembre 
1953 n. 780 in Giur. it. 1954, III, 17. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale l'Italsider 
denuncia la violazione dell'art. 1, terzo comma, lett. h) della legge istitutiva 
dell'imposta generale sull'entrata per aver la Corte di appello, 
pur avendo esattamente qualificata come �servizio internazionale � la 
complessa attivit� posta in essere dalla societ� ARMCO in favore della 
societ� Cornigliano, erroneamente escluso che i �corrispettivi versati per 
detta attivit� rientrassero nella disposizione di esenzione di cui alla 
menzionata norma perch� non inerenti ad operazioni di esportazione. 
Sostiene, in particolare, che, come ritenuto da questa Corte Suprema 
con.la recente sentenza n. 1575 del 9 maggio 1969, il fondamento specifico 
dell'esenzione dell'IGE dei corrispettivi relativi ai servizi interna-

cesso � in concreto, sul� limite massimo sanzionatorio astrattamente previsto 
dalla legge. 

In entrambi i casi (an debeatur; quantum debeatur eccedente la previsione 
di legge), vengono investite situazioni di diritto soggettivo perfetto. 
Questa lesione comporta, in assenza di un potere amministrativo idoneo 
all'affievolimento, il generale controllo demandato alla giurisdizione ordinaria. 


Interrogativi particolari investono l'ulteriore � momento � dell'irrogazione 
concreta della pena. Il concetto va inteso sia come scelta di un 

� tipo � di sanzione (ove la legge prev.eda l'alternativa), sia nell'ambito 
di siffatto �tipo� (se la natura della sanzione lo permetta), la determinazione 
concreta del quantum in oscillazione tra i limiti minimi e massimi 
di leg�ge. 
Secondo la sentenza in rassegna, correttamente, il sindacato sulla irrogazione 
concreta della misura (quantum della pena), contenuta nei limiti 
di legge, � rimesso ,all'apprezzament� discrezionale della P. A. 

L'assunto, a completamento logico della proposizione, implicherebbe 
la usuale conoscenza del giudice degli interessi legittimi sui noti vizi di 
legittimit� dell'atto amministrativo, emesso per effetto di tale discrezionalit�. 


� peraltro contrario a tale conclusione il Consiglio di Stato (1). 

Quest'ultimo organo giurisdizionale, indagando (15) sulla natura dell'attivit� 
diretta in concreto alla determinazione della sanzione pecuniaria, 
nega che l'entit� della pena che la P. A. pu� infliggere in caso di trasgressione, 
variabile entro il massimo legislativamente posto, costituisca espressione 
di una discrezionalit� amministrativa. 

Stabilito infatti, quale presupposto di base, che, per l'irrogazione della 
predetta sanzione, vanno tenuti prei;;enti parametri di giudizi precostituiti 
per legge (circostanze .dei fatti; personalit� dell'autore), alcune conseguenze 
ne discenderebbero, attinenti alla natura dell'attivit� (decisoria), prima fra 
le quali l'osservanza di un criterio di proporzionalit� della pena e l'esclusione 
di ogni giudizio di opportunit� particolare. sull'entit� della stessa. 

In altri termini, ritenuti sussistenti in concreto i presupposti di fatto 
dai quali deriva la possibilit� di applicar.e la sanzione, esclusa, altresi, 

(14) V. per tutte e da ultimo, a quanto consta, Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 
giugno 1970, n. 487 in Riv. Cons. Stato 1970, 927. 
(15) Nello specifico campo delle repressioni valutarie, ma con espressioni perfettamente 
aderenti alle norme generali (legge 1929/4). 

44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zionali risiede, non gi� nell'intento di favorire le esportazioni, ma in 
quello dli realizzare un dima di coopera2lione tra gli Stati per lo svolgimento 
di tali servizi di interesse reciproco e che, di conseguenza, non 
rimangono fuori dell'ambito oggetti di applicazione dell'esecuzione i corrispettivi 
versati per le prestazioni di servizi internazionali connessi, 
come nella specie, ad operazioni di importazione. 

La censura non � fondata, anche se la motivazione adottata dai giudici 
d'appello va opportunamente rettificata ai sensi dell'art. 384, comma 
secondo, cod. proc. civ. 

. Con la recente sentenza, richiamata dalla societ� ricorrente, questa 
Corte, nel qualificare servizio internazionale l'attivit� dei commissionari 

l'esistenza di altra pena alternativa (16), dovrebbe ritenersi mancante il 
contenuto caratteristico della discrezionalit�. In questo caso parlare di 
sanzione adeguata, secondo legge (17), non sig'nifica consentire la possibilit� 
di scelta fra due o pi� situazioni operative dell'organo chiamato a 
realizzare lo scopo di pubblico interesse, ma, solo, l'adeguamento pressoch� 
automatico di una valutazione del fatto rispetto all'ipotesi legislativamente 
prevista (18). 

Non pare che tale soluzione del problema possa essere condivisa anche 
se notoriamente suffragata da autorevole dottrina (19). 

Non a caso, precedentemente, si � posto l'accento su distinti �mo


menti � dell'azione amministrativa, incidenti autonomamente su differenti 

posizioni giuridiche soggettive. 

Nell'ambito specifico della legge 9 gennaio 1929, n. 4 (20) l'art. 8, nei 

suoi tre commi, dando gi� per avvenuta e risolta in senso positivo la fase 

dell'accertamento dei presupposti di responsabilit� che giustificano l'irro


gazione deHa sanzione, pone una prima alternativa, di tipo discrezio


nale (21), gi� incidente sull'entit� della sanzione da infliggere. 

Pu� la Pubblica Amministrazione, secondo la citata disposizione, te


nuto conto delle circostanze dei fatti e della personalit� dell'autore delle 

violazioni, applicare per ogni trasgressione '1a pena a ciascuna di esse at


tinente; pu� anche, per�, ravvisando un medesimo disegno antigiuridico, 

comminare una sola sanzione, i;;uperiore al minimo previsto, ma, sempre, 

inferiore rispetto alla somma aritmetica risultant� dal cumulo materiale. 

Negare alla scelta dell'una o dell'altra alternativa carattere di discre


zionalit� amministrativa non sembrerebbe corretto. 

I cosiddetti parametri di legge, peraltro assai generici, in sostanza 

riferibili �alla nozione di � pericolosit� ., costituiscono il presupposto per 

la valutazione dell'interesse .Pubblico generico (prevenzione) e specifico 

(tributario-sanzionatorio) da salvaguardare, derivandosene una scelta di


retta ad eventualmente acc"ordare l'unificazione-diminuzione della pena. 

(16) Almeno nello specifico campo delle responsabilit� valutarie. 
(17) R.d.1. 12. maggio 1938, n. 794 convertito in legge 9 gennaio 1939, n. 390. 
(18) Cosi, pressoch� testualmente, cit. Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 giugno 
1970, n. 487, in Riv. Consiglio di Stato, 1970, 927. 
(19) V. RASTELLO, La pena pecuniaria nei diritto tributario, 1959, pag. 39 e 145. 
(20) Da considerarsi, come gi� detto, normativa generalizzata rispetto alle 
ipotesi specifiche. delle sanzioni valutarie e, in minor grado, delle violazioni c.d. 
e depenalizzate �. 
(21) V. RASTELLO, op. toc. cit., pag. 41. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 45 

incaricati della vendita in Italia di prodotti esteri, ha affettivamente dichiarato 
esenti dall'I.G.E., ai sensi dell'art. 1, terzo comma, lett. h) della 
legge organica i corrispettivi versati ai predetti commissionari, in base 
alla considerazione che la norma di esenzione, nell'escludere che costituiscano 
entrata imponibile i corrispettivi relativi ai servizi internazionali 
non accenna al contenuto specifico del servizio e neppure al risultato 
che esso sia di utilit� per le esportazioni, per cui essi rientrano nei 
limiti di applicazione della norma di esenzione, anche se l'attivit� intermediaria 
sia diretta all'importazione di mer.�i. 

E non � tutto; infatti, in primo luogo, ritenuta esistente la c.d. continu.
azione, ma negata l'unificazione della pena, ben potrebbe il privato dolersi, 
se del caso, di un cattivo uso di quella discrezionalit�, vantando una 
posizione soggettiva (interesse legittimo) tutelabile dinanzi al giudice amministrativo. 


In ogni caso, poi, anche verificatasi l'unificazione della sanzione e la 
diminuzione della pena, � imposta, ancora, alla pubblica amministrazione 
un'ulteriore valutazione della pericolosit�: questa volta in relazione ai predetti 
interessi pubblici generici ,e specifici preventivi e tributari-sanzionatori, 
al fine di adeguare in concreto fa sanzione all'interesse tutelato dalle 
norme in esame. 

In tale fase l'adeguamento dello specifico mezzo concreto al fine astrattamente 
previsto, non avviene automaticamente (22), ma implica un apprezzamento 
(di tipo intellettivo) della pericolosit� dell'azione compiuta 
e la valutazione (oscillante fra un minimo ed un massimo) dell'adeguatezza 
della concreta sanzione (23), in relazione alla previsione astratta di legge. 

Nella fase complessivamente considerata sc>no ravvisabili, dunque., 

almeno ,quattro � momenti � autonomamente tutelabili: l'accertamento dei 

presupposti di fatto e di diritto necessari per l'affermazione della respon


sabilit� (diritto soggettivo); la scelta discrezionale diretta all'unificazione 

eventuale della sanzione (interesse legittimo); il procedimento diretto alla 

determinazione concreta della sanzione stessa (interesse legittimo); l'ecce


denza rispetto alla pena massima precostituita per legge (diritto soggetti


vo) (24). 

* * * 

In materia valutaria (25) la struttura e la dinamica del citato processo 

logico non subiscono sostanziali diversit�. ' 

Qui deve escludersi, anzitutto, la sussistenza di una libert�, per il mi


nistro, di colpire il trasgressore �ovvero di esonerarlo dalla sanzione (26), 

ritenuti sussistenti che siano, in concreto, i presupposti per l'affermaz.ione 

della colpevolezza. 

(22) Come, invece �, esemplificando, per la progressione proporzionale delle 
aliquote tributarie al variare della base imponibile. 
(23) � Quella � quantit� di pena e non � altra .. 
(24) A parte andrebbe collocato l'erroneo accertamento sui presupposti di 
fatto e di diritto per l'accertamento della continuazione. 
(25) R.d. 12 maggio 1938, n. 794 ratificato con legge 9 gennaio 1939, n. 380; 
d.l. 6 giugno 1956, n. 476. 
(26) V. Consiglio di Stato, Ad. plen., 13 luglio 1954, n. 12; cit. Consiglio di 
Stato 30 giugno 1970, n. 487 che pone l'accento sulle disposizioni dell'art. 15 d.1. 
6 giugno 1956, n. 476 ratificato con legge 25 luglio 1956, n. 786. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La sentenza impugnata, invece, ai fini della risoluzione della questione 
sottoposta al suo esame, si � richiamata a numerose altre meno 
recenti pronuncie di questa stessa Corte, anche a Sezioni Unite, con le 
quali, proprio in tema di provvigiopi -corrisposte a commissionari di 
case estere, si � ritenuto che l'esclusione dall'IGE ricorra solo se l'attivit� 
intermediaria sia diretta all'esportazione di merci dall'Italia, argomentando 
sia dalla lettera della norma di -esenzione che accomuna 
alle �espo:rtazioni di merci, derrate e prodotti � i servizi internazionali, 
sia soprattutto della ratio di essa, consistente ~ella finalit� di proteggere 
e favorire le esportazioni, finalit~ che resterebbe frustata colpendosi 
le provvigi<?ni dei commissionari con l'estero, per l'innegabile 
incidenza di dette provvigioni sul prezzo delle merci (Cass. 19-Settembre 
1956 n. 4262, 24 luglio 1965 n~ 1756 e 19 aprile 1966 n. 951). 

Per�, oltre l'ambito del potere-do~ere incombente alla pubblica amministrazione 
di perseguire l'accertata colpa, resta pur ,sempre il problema 
della quantificazione della pena. 

Sgombrato il campo da un ulteriore equivoco e, cio�, dal fatto che 
possa applicarsi .una sanzione meramente .simbolica �equivalente a zero 
economico (equivoco originato dalla circostanza che la legge non prevede 
un minimo irrogabile), con ci� esercitandosi un potere sostanzialmente discrezionale 
diretto a condannare in forma ed assolvere in sostanza, restano, 
anche in questo campo, sussistenti ed individuati i �momenti� dell'accertamento 
dei presupposti (diritto soggettivo); dell'eventuale superamento del 
limite massimo sanzionato (diritto soggettivo), della determinazione concreta 
della pena (interesse legittimo). 

L'ultima delle citate fasi, diretta a determinare la sanzione, anche in 
tal caso, data la formulazione legisLativa, non pu� avvenire con adeguamento 
automatico, ma, sempre, mediante l'ordinario procedimento intellettivo 
da un lato rivolto ad apprezzare la pericolosit�, e dall'altro, a valutare 
la congruit� della pena _rispetto al fine. pubblico (prevenzione, economia, 
sanzione) perseguito dalla legge. 

Il manifestarsi della discrezionalit� risiede, appunto, nella puntualizzazione 
concreta della scelta fra l'oscillazione �di un minimo ritenuto idoneo 
alla prevenzione (ancorch� non espressamente previsto dal legislatore) ed 
un massimo astrattamente insuperabile. 

* * * 

Pi� spiccate analogie �con il campo penale possono riscontrarsi nel caso 
della c.d. � depenalizzazione � (27), se non altro per la circostanza di un 
repentino cambiamento di � valutazione della rilevanza deU'interesse che 
si connette all'osservanza di certi precetti� ritenuti lesivi {dal legislatore), 
fino a poco prima, dell'ambito penale e, poi, della sfera amministrativa. 

Anche in tale materia, peraltro, il pretore non sembra avere, come giudice 
ordinario, il potere di sindacare la congruit� della sanzione, trattan


(27) V. nota a Corte Cost., 4 marzo 1970, n. 32, in questa Rassegna, 1970, I, 
1, 189 segg.; legge 3 maggio 1967, n. 317. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 

Sussiste, quindi, contrasto nella giurisprudenza di questo stesso 
Supremo Collegio sulla portata e sui limiti della norma di esenzione di 
cui trattasi, ma come esattamente si � rilevato dal Procuratore Generale, 
non si ravvisa la necessit� di risolvere tale contrasto perch� nella 
specie il riferimento fatto dall'impugnata sentenza al concetto di servizio 
internazionale sia del tutto inappropriato. 

I giudici di merito, in base alle risultanze della prova documentale 
ed orale, hanno in sostanza accertato che le prestazioni svolte dal-t 
l'ARMCO in favore dell'Italsider, in esecuzione del contratto 5 giugno 
1950, consistettero nell'assistenza e nella consulenza tecnica, non sol-

dosi, appunto, di un'indagine su un �momento � dell'azione amministrativa 
incidente su posizione di interesse indirettamente protetto. 

* * * 

Le ipotesi fin qui considerate non possono del tutto ritenersi avulse dai 
procedimenti di cognizione e di sanzione disciplinare adottati, nell'ambito 
dei poteri di supremazia speciaLe attribuitile dall'ordinamento, dalla pubblica 
amministrazione nei confronti dei propri dipendenti. 

Certamente � vero che i casi prima esaminati (pena pecuniaria amministrativa; 
sanzione valutaria; repressione depenalizzata) rip.osano solo sull'estrinsecazione 
di un potere di supremazia generico, mentre la sanzione 
disciplinare � effetto del manifestarsi. dell'anzidetto potere di supremazia 
specifico. 

Peraltro non pare che la specialit� ovvero la general:it� di siffatto potere 
possano essere elevati a rango di parametri di differenziazione della 
natura, della struttura del fine dei relativi procedimenti. 

Essi hanno, nella dottrina giuspubblistica (28) un valore eminentemente 
sistematico e C'lassificatorio come tale inidoneo ad influire sulla intrinseca 
natura degli istituti considerati. 

In altri termini dal dato esterno (lesione dell'ordine generale e particolare) 
non pare potersi utilmente trarve alcun elemento idoneo per diffrenziare 
caratteri d'azione amministrativa. 

La discrezionalit� attiene piuttosto all'aspetto interiore del procedimento, 
aimeno nei suo processo formativo, proprio .perch� pi'evede la 
ponderazione degli interessi in gioco onde derivarne la scelta dei mezzi 
ritenuti idonei per il raggiungimento del fine precostituito per legge. 

Sotto altro e diverso profilo non pu� condiversi l'affermazione secondo 
la quale � l'attivit� amministrativa preordinata all'irrogazione della sanzione 
risulta ricompresa in un �Ciclo dinamico che non produce una molteplicit� 
di punti di autonoma rHevanza giudsdizionale �, 

In virt�, di tale assunto non sarebbe, cos�, ipotizzabile una pluralit� di 
prospettazioni e di giudizi essendo insussistente la �duplicit� di posizioni 
corrispondente ad una separata rifrazione processuale del rapporto tra il 
:cittadino e la P.A. � (29). 

(28) V. SANDULLI, Manuaie, 1969, pag. 120 e segg. 
(29) Cosi in Consiglio di Stato, 1970, n. 487, gi� citata. 
5 



48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tanto per la p:rogettazione del nuovo impianto siderurgicci, ma anche per 
la sua costruzione e per il suo �esercizio per :i primi dieci anni del suo 
funzionamento, e che, a tal fine, l'ARMCO: 1) aveva per drca tre anni 
operato in Italia per effettuare mediante proprio personale, rilievi ed 
atting~re notizie necessarie alla redazione del progetto, nonch� per consigliare 
la socie.t� italiana 'SU problemi specifid inerenti alla caratteristiche 
dell'impianto, alla sua ubicazione e capacit�; 2) che del pari ,in 
Italia si era svolto il controllo della esecuzione del .progetto e la prestazione 
della consulenza �continuativa per l'avviamento e nella fase successiva 
di produzione dell'impianto, installato attraverso l'intervento dei 
tecnici americani; 3) �Che per tali prestazioni erano corrisposte delle 
somme calcolate proporzionalmente al quantitativo della produzione, 
oltre al rimborso degli stipendi, spese di viaggio e trasferimento per il 
personale americano; 4) che negli Stati Uniti si era svolta l'attivit� di 
predisposizione del progetto e di ricerca dei macchinari e del personale 

specializzato. 

Sulla base di tali elementi la Corte di merito, rilevato che l'atti


vit� �svolta dall'ARMCO in favore dell'Italsider era stata posta in 

Sembra vera; viceversa, l'opposta affermazione: quella, cio�, tendente 
ad evidenziare nella contestualit� deH'atto conclusivo del procedimento, i 
precedenti � momenti � dell'azione amministraitiva, diretti all'accertamento 
della responsabilit�, al dovere di sanzionare, all'esame dei presupposti di 
pericolosit�, ai limiti massimi astratti della pena, all'apprezzamento ed 
all'adeguamento concreto della sanzione in relazione alle :finalit� ultime che 
la legge intende perseguire. 

Risulta da tutto il discorso fin qui svolto che, secondo chi scrive, tale 

atto conclusivo, attraverso la form.a di una mera contestualit�, contiene 

determinazioni risalenti a diversi momenti operativi, autonomamente ido


nei a ledere posizioni giuridiche soggettive di varia naitura, e, quindi, auto


nomamente tutelabili dinanzi a diversi giudici e secondo differenti angola


zioni. 

L'attribuire, poi, a talune fasi fondamentali del procedimento di cui si 

discute un valore meramente interno o strumentale, urterebbe contro la 

concreta realt� costituzionale .secondo la quale devono esistere giudici che 

controllino la fase della r�esponsabilit�, la scelta del tipo sanzionatorio, i 

criteri di legittimit� e di ponderazione dei pubblici interessi sulla base dei 

quali una certa �quantit�� di pena comprime in un certo modo la sfera 

individuale. Diversamente si giungerebbe ad affermare che, sull'entit� della 

pena, il privato si trova in una posizione sfornita di tutela, quale portatore 

di un. interesse di fatto non protetto, simile a queno di chi vanti una posi


zione indifferenziata diretta alla manutenzione delle strade, all'illumina


zione pubblica, al funzionamento dei pubblici servizi, al buon andamento 

della pubblica ammi�nistrazione (30). 

�, per�, palese l'inaccoglibilit� di simHe conclusione: qui si tratta di 

un provvedimento individuale, sanzionatorio, afflittivo, destinato a degradare 

e, come gi� detto, a comprimere la sfera individuale. 

(30) Per i citati esempi, SANDULLI, Manuale, 1969, pag. 70. 
' 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 

essere parte nel territorio nazionale e parte all'estero, ha senz'altro 

ritenuto che tale attivit� doveva essere inquadrata nell'ambito del ser


vfaio �internazionale. Ma tale conclusione non pu� essiere condivisa. La 

Corte di merito, invero, ai fini della qualificazione del rapport� inter


venuto tra l'ARMCO e l'Italsider, ha indubbiamente 'attribuito eccessivo 

risalto al fatto che alcune prestazioni erano state effettuate fuori dail 

territorio nazionale, mentre tale circostanza non era sufficiente per 

riconoscere il caratte!l'e internazionale del rapporto. 

Per poter, infatti, qualificare �come internazionale un determinato 

servizio, agli effetti dell'applicazione della norma di esenzione, non basta 

fare riferimento alla mera localizzazion�e delle prestazioni ad esso ine


renti, n� tanto meno alla nazionalit� o alla residenza all'estero o in 

In definitiva non pu� �Configurarsi un'identica situazione giuridica fi


nale-esposta alla concorrente ed inammissibile scelta del giudice da parte 

del perseguito. 

Trattasi, invece, di una somma di operazioni diversificate quanto alla 

natura degli interessi colpiti (e P!l'Otetti), contestualmente unificate (ma 

logicamente e giuridicamente scindibili), nell'atto terminale del procedi.
mento. 

� da ritenere, dunque, concordando con la Corte di cassazione ed in 

difformit� rispetto all'opinione espressa dal Consiglio di Stato, che il giu


dice amministrativo di legittimit� possa sindacare i criteri che conducono 

all'irrogazione della pena, incidendo il il'elativo procedimento, per questo 

aspetto, su interessi indi-rettamente protetti. 

Trattandosi di censura di legittimit�, resterebbero, solo, esclusi, i mo


tivi implicanti doglianze di merito; fra questi dovrebbe ricomprendersi 

quello, pi� spesso ricorrente, diretto a sindacare � sic et simpiiciter .,; l'ec


cessivit� della somma pretesa anche se contenuta nei limiti di legge. 

* * * 

(2) La seconda massima rappresenta un ulteriore progresso della giurisprudenza 
in 'relazione alla definizione del concetto di � servizio internazionale., 
ai fini dell'esenzione prevista dall'art. 1 lett. h) del r.d.l. 9 gennaio 
1940 n. 2. 
Il contrasto al quale si accenna in motivazione � pi� formale che s�stanziale. 
Gi� infatti, il Supremo Colleg1o (Cass., Sez. I, 9 maggio 1969 

n. 1575, in Foro it., 1969, I, 2571, con nota di richiami) aveva ammesso 
l'esenzione per operazioni di importazione. 
L'evoluzione della materia pu� reperirsi nella nota redatta da A. RoMANO 
GALLEGRA in La Finanza pubblica 1969, I, 153 sotto il titolo:Esenzione 
dall'IGE anche per le provvigioni dell'attivit� intermediaria di importazione. 
Non si mancher� di il'ilevare che la d~cisione risolve la questione 
�I'elativa alla localizzazione economica, nel senso che essa non deve 
essere riferita ad un momento preparatorio, unilateralmente formativo dell'oggetto 
della prestazione, ma al moment9 della realizzazione effetti.via 
dello scambio (cfr. Contenzioso Stato, 1966-70, voi. II, pag. 827). 

CARLO OARBONE 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

50 

territorio nazionale della parte a cui favore sono ese,guite, ma � indispensabile 
non soltanto una promiscuit� delle prestazioni rese nel territorio 
nazionale con quelle rese nel territorio estero, ma .anche e soprattutto 
che le prestazioni stesse, per la loro intrinseca natura, richiedano comunque 
e necessariamente una continua �collaborazione con l'operatore straniero 
e, di conseguenza, una organizzazione tecnica sia nello Stato 
estero come in Italia. Cosi � da dirsi nell'ipotesi di trasporti (aerei, 
terrestri, marittimi) dall'Italia all'estero oppure tra Stati esteri attraverso 
l'Italia, �come del pari in quella dei servizi telegrafici, telefonici, 
ecc. dall'Italia all'estero e viceversa e lo stesso si pu� dire nel caso, 
esaminato da questa Corte nelle summenzionate decisioni, del servizio 
prestato dal commissariato, residente in Italia di case estere, in cui, 
come si � esattamente rilevato l'attivit� prestata, per la stessa natura intermediaria 
del commercio estero, � destinata a svolgevsi necessariamente 
all'estero, non fosse altro per gli indispensabili contatti con gli 
importatori str,anieri. 

Che, del resto, il concetto di � serv1z10 internazionale � sia diverso 
da quello di attivit� internazionale, �Consistente nella prestazione di 
servizio sia in Italia che all'estero, si evince chiaramente dalla stessa 
parificazione, ai fini dell'esenzione, dei � noli � agli altri servizi internazionali, 
tenuto presente che i corrispettivi dei servizi internazionali 
di noleggio, implicando necessariamente prestazioni che si svolgono 
promiscuamente nell'ambito tra pi� Stati, sono maggiormente caratteristici 
e, perci�, esemplificativi per il concetto di internazionalit� del 
servizio. 

Qualora, inoltre, si volesse interpretare l'espressione �servizi internazionali 
� nel senso di semplice pr�estazione .di servizi in Italia e 
all'estero, significherebbe imputare al legislatore una inconcepibile e 
grave manchevolezza di tecnica impositiva, che lascerebbe aperta -mediante 
l'incarico a persona residente all'estero di eseguire determinate 
prestazioni -la via alle pi� ampie esenzioni ed ad una -inaccettabile 
dilatazione della categoria dei servizi internazionali. 

Ci� non ha considerato la Corte di merito allorch�, nella sentenza 
impugnata, rilevato che l'ARMCO aveva negli Stati Uniti svolto la sua 
unilaterale attivit� di redazione del progetto dell'impianto industriale 
e di rkerca dei macchinari, ha senz'altro ritenuto che il rapporto era 
da inquadrare nell'ambito dei servizi internazionali. 

A parte la considerazione che quell'attivit� era di trascurabile entit� 
rispetto a quella svolta in Italia, considerata unitariamente e nel 
suo effettivo e �completo contenuto, � decisivo il rilievo che in quelle 
presta~ioni non possono ravvisarsi quei caratteri di promiscuit� e di 
necessario inserimento nell'attivit� svolta in Italia, indispensabile per 
poter concludere il complesso rapporto nel concetto di servizio internazionale. 




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 

Si deve per.ci� concludere che i corrispettivi versati in dipendenza 
di tale rapporto sono stati le.gittimamente assoggettati all'imposta sull'entrata, 
non verificandosi per es.si i .presupposti richiiesti, ai fini dell'esenzione, 
dall'art. 1, terzo �Comma, lett. h) della citata legge. 

In tali sensi modificata la motivazione dell'impugnata sentenza 
ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civ., il primo motivo del ricorso principale 
deve essere rigettato perch� il dispositivo della sentenza � conforme 
a diritto. 

Con il secondo motivo del suo ricorso l'Italsider denuncia la violazione 
dell'art. 8 legge 4 gennaio 1929 n. 4 per aver la Corte di merito 
affermato la improponibilit� della domanda subo�rdinata di riduzione 
della pena pecuniaria sotto il rifiesso che la determinazione 1della pena 
pecuniaria, entro i previsti limiti edittali, sfugge al sindacato dall'autorit� 
giudiziaria ordinaria. In particolare lamenta che i giudici di 
merito, nell'escludere la potest� dell'autorit� giudiziaria di gi.dicare 
della .misura della pena pecuniaria, non abbiano tenuto conto eh.e, nella 
specie, la pena avrebbe dovuto essere applicata una sola volta ai sensi 
della summenzionata norma, e non per tante volte quante erano state le 
ripetizioni dei versamenti all'ARMCO. 

Anche tale motivo -che prosp.ettando una questione di giurisdizione, 
ha determinato la rimessione della causa a queste Sezioni Unite 
-� infondato. Esso muove dall'erronea premessa �Che l'Amministrazione 
abbia applicato, per le due infrazioni contestate all'Italsider, due 
distinte sanzioni, mentre in realt�, come ben rilevarono i giudici di. 
merito (il che questa Corte pu� controllare, attesa la natura della questione 
prospettata), il Ministro delle Finanze ha inflitto, per le due infrazioni, 
un'unica sanzione, 'in applicazione dell'art. 8 della citata legge 

n. 4 del 1924, di cui si lamenta invece la violazione e che appunto dispone 
che, in caso di pi� violazioni commesse anche in tempi diversi 
in esecuzione della medesima risoluzione, la sanzione pu� ess�re applicata, 
tenuto conto �delle circostanze dei fatti e della personalit� 
dell'autore delle violazioni�, una sola volta, anzich� per ogni violazione. 
Ed � di tutta evidenza �che la prevista variabilit� d.ella pena da 
un minimo ad un massimo e la graduazione di essa in base agli elementi 
oggettivi e soggettivi de1la violazione rport;mo necessariamente ed 
i:nevitabilmente a riconoscere all'autorit� preposta un potere discrezionale 
nell'irrogazione �concreta della pena stessa. La posizione, cio�, del1'
Autorit� amministrativa �' del tutto analoga a quella che si verifica 
nel campo penale vero e proprio, per �Cui nei limiti fissati dalla legge 
il giud!ce applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi 
che giustificano l'uso di tale potere discrezionale � (art. 132 cod. 
pen.). Identico significato si deve, pertanto, attribuire. alla legge n. 4 
del 1929 sia quando all'art. 55 dispone che l'Intendente di finanza � determina, 
con provvedimento motivato sotto forma di ordinanza, l'am

52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

montare della pena pecuniaria�, sia quando all'art. 8 stabilisce che, 
nel caso di pi� infrazioni, la pena pu� essere applicata una sola volta 
e che, in tal caso, �essa deve essere superiore a quella stabilita da�a 
legge per una sola violazione, purch� non superi la met� dell'ammontare 
complessivo della pena che si sarebbe dovuto applicare calcolando 
le singole violazioni. 

Se pertan~o non si pu� negare la competenza dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria a conoscere della legittimit� del provvedimento, certamente 
di natura non giurisdizionale, con il quale l'autorit� amministrativa 
irroga la pena pecuniaria allo scopo di accertare la esistenza 

o meno della trasgressione o la responsabilit� del trasgressore (Sez. Un., 
30 luglio 1953 n. 2,594), deve invece essere esclusa la potest� del giudice 
ordinario di giudicare sulla misura della pena inflitta, come nella 
spe�ie, entro i limiti previsti dalla legge, per essere la relativa determinazione 
rimessa, entro tali limiti, all'apprezzamento discrezionale 
della pubblica amministrazione. 
Per quanto, poi, concerne l'eccezione con la quale la societ� ricorrente 
iha riproposto, lo stesso motivo, il dubbio, gi� senza utile risultato 
prospettato nelle pregresse fasi del giudizio, sulla legittimU� 
costituzionale dell'art. 8 della legge n. 4 del 1929 per la sua ~ncompatibilit� 
con l'art. 21 della Costituzione, osservasi che tale eccezione va 
disattesa per le medesime esatte considerazioni valol1izza,te dalla sentenza 
impugnata, secondo cui la disposizione di cui al dtato art. 8, lungi 
dal rimette11e alla mera discrezionalit� della Pubblica Amministrazione 
la determinazipne della pena pecuniaria, ha invece cura di stabilire, 
anche nell'interesse del trasgressore, i criteri di massima (gravit� dell'infrazione, 
personalit� dell'autore di essa) ai quali l'Amministrazione 
deve uniformarsi nell'esercizio della sua potest� discrezionale. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 febbraio 1972, n. 471 -Pres. 
Stella Richter -Rel. De Biasi -P. M. Trotta (conf.) -Tirrenia s.p.a. 
di navigazione ~avv. Lefebre) c. Ministeri del Tesoro e della Marina 
Mercantile (avv. Stato Albisinni). 

Competenza e giurisdizione -Contratti di guerra -Deliberazione 
Commissariato per la sistemazione dei contratti di guerra -Impugnazione 
-Giurisdizione del giudice ordinario -Fattispecie. 

(d.l. 25 maggio 1948, n. 674, art. 8). 
Sussiste la giurisdizione' dell'Autorit� giudiziaria ordinarta sulle 
impugnazioni delle deliberazioni del Commissariato per la sistemazione 
dei contratti di guerra qualora i privati deducano la violazione di norme 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 

contrattuaii o legati poste a tutelia dei loro diritti: nella specie la societ� 
Tirrenia neLl'impugnare una deliberazione di detto Commissariat� 
ha chiesto ai giudice adito iL riconoscimento del suo diritto ai 
rimborso delle spese di ripa.razione di una motonave a norma dei contratti 
di noleggio contestando ia risolvibilit� di questi ct,a parte del Commissariato 
stesso e �comunque L'avvenuta risoluzione di essi ex Iege (1). 

(1) In argomento cfr. Cass., Sez. Un., 29 luglio 1~69, n. 2881, 19 settembre 
1967, n. 2179 e 24 luglio 1964, n. 2031. Ma l'affermazione cosi come � 
stata fatta nella specie sembra rieccheggiare la teoria della prospettazione 
peraltro sempre decisamente respinta dalle stesse Sezioni unite della Corte 
di Cassazione in materia di giurisdizione (v. da ultimo in questa �Rassegna> 
1972, I). In questo caso, peraltro, evidentemente la situazione 
di fatto sar� apparsa tale che non si � ritenuto di dover �aggiungere alcunch� 
a quanto riportato nella massima, dove si sono trascritti integralmente tutti 
i motivi della decisione. 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 gennaio 1972, n. 196 -Pres. Rossano 
-Est. Berarducci -P. M. Caccio1ppoli (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Carusi) c. Manea e Guerra. 

Esecuzione forzata -Opposizione di terzo -Casa del debitore -Presunzione 
di appartenenza dei mobili -Efficacia -Prova contraria Contenuto. 


(c,.p.c. art. 621). 

La presunzione di appartenenza al debitoire dei beni pignorati 
nella sua abitazione o nella sua azienda posta dall'ari. 621 c.p.c., la 
quale opera anche nei confro1iti dei familiari con costui conviventi, 
non pu� e'ssere vinta da pres�nzioni contrarie ma solo dalla prova 
certa del terzo opponente, con le limitazioni da tale noirma previste, 
di avere acquistato il diritto di propriet� od aitro diritto reale sui beni 
medesimi e di averli affidati al debitore pignorato. 

Non � pertanto opponi-bile al creditore procedente il contratto di 
vendita delle cose pignorate nell'abitazione del debitore, intercorso tra 
il terzo opponente non convivente con �il debitore ed un familiare di 
costui, ove non sia fornita altres� la prova che la pro']JTiet� de1lla co~a 
venduta spettasse al debitore. 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunciandosi la violazione 

'-,,_

degli artt. 2697 e.e., 113, 115, 513, 619 e 621 c.ip.c., in relazione al


(1) Cfr. Cass. 10 marzo 1967, n. 577 in Foro It. Rep. voce Esecuzione 
in genere n. 117 /118, per la quale un contratto di compravendita delle 
cose pignorate nell'abitazione della debitrice, intervenuto tra il marito 
ed il figlio con lei conviventi, non puc) essere opposto al creditore precedente, 
se l'acquirente non dia la prova che la propriet� delle cose vendute 
spettasse al venditore. 
Cfr. altres� Cass. 14 ottobre 1968, n. 3250 _secondo cui il terzo reclamante 
la propriet� dei mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore 
deve dimostrare, con scrittura di data certa anteriore al pignoramento, 
il proprio acquisto ed altres�, con i mezzi di prova disposti dall'art. 621 
c.p.c., che alla data del pignoramento i mobili si trovavano presso il debitore 
a titolo diverso da quello di propriet�, cfr. altresi Cass. 1� febbraio 
1968, n. 336; 3 febbraio 1968, n. 359. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

l'art. 360, nn. 3 e 4, di detto ultimo codice, si assume che erroneamente 
la sentenza denunciata ha ritenuto che la scrittura privata 1� 
apr.ile 1966, registrata a Vicenza il 6 aprile 1966 -con cui Giuliana 
Manca, opponente ex art. 619 c.p.c., avrebbe acquistato, da Emma Gasipari, 
moglie convivente del debitore esecutato, alcuni mobili pignorati 
nella casa del medesimo -costituisse titolo opponibile alla creditrice 
procedente. Il Tribunale, secondo I'Amministrazione ricorrente, 
non avrebbe tenuto 1conto dell'art. 621 scrpra citato, che escludeva la 
possibilit� che si invertisse nuovamente l'onere della prova, richiamando, 
in favore della rivendicante, la presunzione di buona fede 
ex art. 1147, ult..comma, e.e. Si deduce, infatti, che la specifica presunzione 
legale di appartenenza dei beni pignorati al debitore esecutato, 
posta dal detto art. 621, non poteva essere vinta con un'altra 
presunzione a favore� della rivendicante, e che, pertanto, il Tribunale 
doveva considerare mancante la prova utile a.gli effetti della peculiare 
revi.ndica in questione, esercitata in pregiudizio ~ella creditrice procedente. 


Il motivo � fondato. 

Pi� volte questa Suprema Corte ha avuto occasione di affermare 
(dr. sent. n. 3280 del 1968, sent. n. 577 del 1967, sent. n. 2048 del 
1966) che l'art. 621 del codice di rito pone una presunzione di appartenenza 
al debitore dei beni pignorati nella sua abitazione (o nella 
sua azienda), presunzione che, in caso di opposizione 1di terzo ex articolo 
619 c.p.c., pu� essere vinta, non da altre presunzioni, ma solo 
dalla prova certa, da fornirsi dall'opponente, con le limitazioni previste 
dallo stesso art. 621, che egli ha acquistato il di.ritto di propriet� 

o altro diritto reale su detti beni e che ha affidato gli stessi al debitore 
rpi1gnorato. 
Giova dcordare anche che la giurisprudenza di questa Suprema 
Corte. � altres� costante nel ritenere che l'anzidetta presunzione di appartenenza 
al debitore dei beni pignorati sia assoluta ed operi, quindi,

1

anche nei 1confronti dei familiari dello stesso debitore con lui conviventi, 
con la conseguenza che anche ognuno di costoro, per superare 
tale presunzione, ha l'onere di dimostrare il diritto vantato sui beni 
pignorati nella comune abitazione. 

Orbene, tutto ci� ,comporta che un contratto di vendita delle cose 
pi1gnorate nell'abitazione del debitore, intervenuto fra il terzo opponente, 
non 1convivente ,con il debitore, ed un d�amiliare di questo, con 
lo stesso debitore convivente, non � opponibile al creditore procedente, 
se il terzo acquirente non dia anche la prova che la propriet� delle 
cose vendutegli spettasse al venditore, in quanto, in difetto di tale 
prova, non essendo dimostrato il passa1ggio di detta propriet� dal debitore 
al venditore, rimane operante la .presunzione di appartenenza 
delle ,cose pignorate allo stesso debitore. 


56 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� non � stato tenuto pre,sente dai giudici del merito che hanno 
ritenuto, invece, opponibile all'Amministrazione finanziaria procedente 
il contratto di vendita dei beni pignorati nell'abitazione del debitore 
Guerra, stiipulato fra la opponente Manea ed Emma Gasperi, moglie 
del debitore, 'con lo stesso 1convivente, pur in difetto della ulteri~re 
dimostrazione 1che tali beni si appartenessero alla venditrice, e, pertanto, 
il motivo in esame non pu� non essere accolto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 febbraio 1972, n. 398 -Pres. 
Malfitano -Est. Lagrotta -P. M. De Marco (conf.) -Opera Vaforizzazione 
Sila (avv. Stato Angelini Rota) c. Esatto.ria Imposte 
dirette di Cir� Marina (avv. Martucelli e Compagno). 

Opere pubbliche -Appalto -Pi~noramento in corso d'opera dei crediti 
dell'appaltatore di risulta ed avvenuto collaudo -Efficacia. 
(legge :;io marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 351). 

Poich� l'espropriazione presso terzi � configurabile anche con riferimento 
a crediti non immediatamente esigibili, miquidi e condizionali, 
� e;Jfic.ace ai sensi deiLL'art. 351 legge 20 marzo 1865, n. 2248 
aUeg. F, anche ~enza il consenso dell'Amministraziol/ie' committente, il 
pignoramernto in corso d'opera deUe somme \che risuiteranno a cre�dito 
dell'appalbatore dopo� il collaudo definitivo. 

(Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa 
applicazione dell'art. 351 del1a legge 30 marzo 1865, n. 2248 Alleg. F 
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.rp.c. Premesso che, in mancanza di 
assenso dell'Amministrazione committente, doveva ritenersi inefficace 
il pignoramento eseguito sul prezzo di appalto quando le opere erano 
ancora in corso di esecuzione, �Sostiene l'ente .ricorrente che l'inefficacia 
doveva intendersi estesa al pignoramento nel suo complesso e 
inficiava in conseguenza la validit� del relativo atto anche in relazione 
alle somme risultanti a credito dell'arppaltatore dopo il collaudo dell'orpera. 


(1) In senso conforme cfr. Tribunale Palermo 25 giugno 1965 in Giur. 
Sic. 1965, 497. 
Contra cfr. Cass. 5 agosto 1940, n. 2791 secondo la quale <a mente 
dell'�rt. 351 1. 20 marzo 1865, ai creditori degli appaltatori di opere pubbliche, 
senza il consenso preventivo della P. A., non � permesso, durante 
l'esecuzione delle opere stesse, il sequestro neppure della parte di prezzo 
dovuta dopo la ultimazione e dopo il collaudo dei singoli lavori, che abbia 
preceduto la definitiva collaudazione dell'opera �. 


PARTE I, SEZ. ri:r, GIURISPRUDENZA CIVILE 57 

Il motivo va disatteso. � da premettere che non pu� essere presa 
in considerazione fa tesi, prospettata dal resistente nella memoda presentata 
ai sensi dell'art. 378 c.p.c., che alla data del pignoramento il 
contratto di appalto era gi� risolto, a norma dell'art. 31 della legge 
fallimentare, per effetto ,del fallimento, dichiarato anteriormente a 
quella data, dalla societ� appaltatrice. 

� :noto che, a parte le questioni <rilevabili d'ufficio e i nuovi profili 
di diritto compresi nel .thema decidendum gi� dibattutto, � precluso 
nel giudizio di cassazione l'esame di nuove questioni, specie se richiedano 
indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di 
merito, siano o non gi� acquisiti agli atti i relativi elementi. 

Esattamente. peraltro la Corte di merito h.a ritenuto che J.'invalidit� 
del pigno11amento non si estendesse alle somme residuate a credito 
dell'appaltatore dopo il collaudo definitivo dell'opera. 

Invero, il citato art. 351 della legge sui Lavori Pubblici vieta 
bensl.-che durante l'appalto siano sottoposte a misura-cautelare (o, secondo 
l'opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza, ad rspropriazione 
forzata) le somme dovute all'appaltatore, ma espressamente 
consente il 1sequestro (e il 1pignoramento) sulle somme che �rimarranno 
dovute dopo la definitiva collaudazione dell'opera �. Dal momento 
pertanto che l'espropriazione aveva ad oggetto � le somme dovute 
e debende � dalla� committente amministrazione, nulla impediva, 
tenuto presente che l'espropriazione presso terzi � configurabile (v. in 
proposito Cass. 22 ottobre 1963, n. 2803) anche in riferimento a � c,rediti 
non immediatamente esigibili, illiquidi o condizionali, che fosse 
.riconosciuta validit� al pignoramento nei limiti delle somme che fossero 
risultate a credito ,dell'appaltatore ad avvenuto collaudo. N� l'inte!
1pretazione accolta dalla sentenza impugnata � contraria alla ratio 
della norma, fondata sull'esigenza di evitare che la mancata disponibilit�, 
da pa�rte dell'arppaltatore, dell'importo dei crediti gi� maturati 
a suo :favore possa nuocere al regolare andamento dei lavo<ri. 
Tale scopo non pu� essere ovviamente frustrato da azipni cautelari 
ed esecutive dirette contro crediti non esigibili se non ad opera gi�

I 

compiuta e collaudata. -(Omissis). 

In tali sensi la dottrina pi� autorevole -cfr. CIANFLONE �L'appalto 
di opere pubbliche ., 1950, 610 per il quale � l'interprezfone � da ritenersi 
esatta, sia perch� il primo comma dell'art. 351 dispone indistintamente 
che il divieto agisce � durante la esecuzione delle stesse opere �, 
.sia perch� un sequestro praticato ora per allora non fa di per se venir 
meno la ragione del divieto, che � quella di evitare all'appaltatore, pur 
contro il diritto dei suoi creditori, la possibilit� di difficolt� :finanziarie ... 
tali difficolt� possono essergli create, specie in ordine ai finanziamenti 
di cui avesse b~sogno... �. 

Cfr. altresi Cass. 19 ottobre 1954, n. 3870 in Foro it., 1955, I, 785; 

Appello Roma 19 gennaio 1954, ivi, I, 752. 



58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 febbraio 1972, n. 416 -Pres. La
�porta -Est. Pedroni -P. M. Mililotti (conf.) -Ministero dell'Interno 
(avv. Stato Corsini) c. Pedersoli. 

/ 

Circolazione stradale -Illeciti amministrativi -Pena pecuniara -Pagamento 
in misura ridotta -Disciplina., 

J 

(1. 3 maggio 1967, n. 317, art. 5; t.u. 15 giugno 1959, n. 393, art. 138). 
L'art. 5 deHa legge 3 maggio 1967, n. 317 recmite modificazioni al 
sistema sanzionatorio in tema di circolazione stradale, neUo. ammettere 
al pagamento in misura ridotta della somma dovuta in dipendenza 
de�gli ineciti amministrativi previsti nel precedente art. 1 richiama, 
con carattere ricettizio, la disciplina contenuta neU'art. 138 t.u. 
15 giugno 1959, n. 393 anche per quel che concerne� le modalit� ed i 
termini di tale pagamento sicch�, onde questo possa conse�guire effetti 
liberatori per gli obbligati, dovr� essere efettuato nei termini e 
nella graduale misura ridotta deUa somma da tale norma all'uopo 
stabilita. 

(Omissis). -Con l'unico motivo di annullamento -nel denunciare 
la violazione e falsa apiplicazione dell'art. 5 leg.ge 23 mag:gio 
1967, n. 317, in relazione agli artt. 8 e 9 della stessa legge e 138, comma 
3 e 4; del t.u. sulle norme della circolazione stradale, approvati 
con d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, nonch� il vizio di omesso esame su 
punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.rp.c. I'Amministrazione 
ricorrente censura la sentenza impugnata per aver 
omesso di considerare che il � pagamento della somma determinata 
per l'oblazione �, addotto a fondamento della dichiarata illegittimit� 
dell'opposto provvedimento .prefettizio, era inefficace siccome effettuato 
tardivamente e cio�. oltre il quindicesimo giorno della contestazione, 
come prescritto dal combinato disposto dei citati artt. 5 deila 
legge del 1967 e 138 del t.u. del 1959. 

Il ricorso merita accoglimento sotto l'assorbente profilo del denunciato 
vizio di omesso esame, la cui indubbia sussistenza non con
�sente di �stabilire se la sentenza impugnata sia altres� incorsa nella 
violazione, pure denunciata, delle anzidette norme di diritto sostanziale. 

(1) Non constano precedenti. Circa la perentoriet� dei termini previsti 
per una va!Lda oblazione delle contravvenzioni stradali cfr. Oass. 
Pen. 30 ottobre 1964 DI SEGNI; 16 ottobre 1962, RAMICINI ecc. 
Per un profilo generale cfr. MILITERNI E VELLA �Considerazioni sulla 
depenalizzazione� in Giust. Civ. 1969, IV, 11 e segg.; METTA � Incostituzionalit� 
della disciplina rebativa alla depenalizzazione delle contravvenzioni 
stradali � in Riv. Circ. e Trasp. 1969, 205. � 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Nei lim,iti del denunciato vizio e ai fini dell'esame sulla decisivit� 
del punto che si lamenta esser stato pretermesso, 1giova ricordare 
che la legge, 3 maggio 1967, n. 317 -nel provvedere, tr.a l'altro, alla 
cosiddetta � depenalizzazione � di talune violazioni delle norme sulla 
circolazione stradale, assoggettandole alla sanzione amministrativa del 
pagamento di una somma di denaro pari all'ammontare dell'ammenda 
gi� comminata dalle norme saddette -dispone, all'a.rt. 5, 'Primo comma, 
che � � ammesso il pagamento, con effetto liberatorio per tutti 
gli obbligati, di una somma in misura ridotta ai sensi dell'art. 138 del 

t.u. approv. con d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393. Il quale, a sua volta, 
testualmente dispone, nel terzo comma, che il �contravventore � ammesso 
a pa�gare, entro quindici giorni dalla contestazione e con le modalit� 
indicate nel precedente comma, una somma covrisrpondente alla 
sesta parte del massimo della rpena stabilita qalle presenti norme per 
la contravv�nzione commessa � e, nel quarto comma che � a decorrere 
dal sedices1mo giorno e fino al �sessantesimo dalla contestazione, 
l'oblazione � ammessa mediante il pagamento di un terzo del massimo 
della pena �. 
Il richiamo a tale norme, contenuto nel citato art. 5 della legge 
del 1967, ha indubbiamente carattere ricettizio anche per quanto concerne 
le modalit� e i tevmini ivi previsti .per l'oblazione delle contravvenzioni, 
epper� questi si applicano alle violazioni amministrative in 
che le contravvenzioni medesime sono state trasformate. I termini 
anzidetti -fissati nel massimo e strettamente collegati alla graduazione 
delle somme da pagare a seconda del tempo del versamento sono 
per loro natura perentori, s� che il loro inutile decorso comporta 
necessariamente la decadenza del corrispondente diritto accol'dato all'autore 
dell'illecito di evitare il 1procedimento amministrativo ed il 
conseguente obbligo del pagamento della maggior .somma che il prefetto 
dovr� determinare. 

Ora, nel caso in esame, il Pretore di Mon.dov� ha limitato la sua 
indagine all'accertamento dell'avvenuto versamento � della somma determinata 
per l'oblazione della contravvenzione ., senza curare di verificarne 
la tempestivit� dalla quale unicamente pu� disc�endere l'effkacia 
liberatoria dall'obbligazione nascente dall'illecito amministrativo. 


Il rilevato vizio di omesso esame di punto decisivo -che determina 
l'annullamento della sentenza iimpugnata -dovr� esser emendato 
dal giudice di rinvio, il quale dovr� compiere la necessaria indagine 
diretta ad accertare la tempestivit� o meno dell'avvenuto versamento, 
con particolare riguardo al soggetto rche lo ha effettuato e che 
-secondo quanto la stessa Amministrazione ricorrente afferma risultare 
in modo certo dagli atti del merito -sarebbe non gi� l'autore 
dell'infrazione, odierno iutimato ed opponente in sede �di merito, bens� 


60 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il proprietario dell'autocarro. Ove acquista per vera questa circostanza 
-il cui accertamento, non risultando dalla sentenza impugnata, non 
pu� essere compiuto in questa sede, esulando dai compiti istituzionali 
di questo Supremo Collegio� -lo stesso giudice dovr� accertare se 
nei confronti del detto soggetto, per la sua qualit� di coobbJ.igato in 
solido espressamente affermata dall'art. 3 della dtata legge n. 317 del 
1967, sia stata effettuata fa necessaria contestazione o notificazione dell'infrazione, 
evidente essendo che, in ipotesi negativa, i termini pe;
rentori di �cui dianzi si � detto non avrebbero, nei di lui confronti, iniziato 
il loro decorso, con la conseguenza che il versamento da J.ui effettuato 
dovrebbe ritener'Si tempestivo e, come tale, produttivo di effetti 
liberatori anche per l'altro coobbltgato al quale � rivolta l'ingiuntiva 
ordinanza prefettizia della cui legittimit� si tratta. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1972, n. 436 -Pres. Giannattasio 
-Est. Spadaro -P. M. Minetti (cornf.) -ENEL (avv. Co1gliati 
Derza, Setti e Volpati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Savarese) e Soc. p. Az. Montecatini Edison (avv. Nicol�, Pizzi e 
Prinetti Castelletti). 

Energia elettrica -Nazionalizzazione delle imprese elettriche -Trasferimenti 
coattivi di azienda -Debito d'imposta -Tr�sferimento 
all'Enel -Limitazioni della responsabilit� dei cessionari -Non 
sussiste. 

(1. 6 dicembre 1962, n. 1643, artt. 1 e 4; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, artt. 2, 
(6; d.P.R. 14 marzo 1963, n. 219, art. 1; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, articolo 
197). 

Perr effetto delle leggi di nazionalizzazione de.ile avtivitd elettriche, 
si verifica il trasferimento coattivo all'ENEL deU'oerganizzazione produttiva 
concretamente 6perante presso l'imprenditore espropriato, nel 
complesso dei suoi fattori e mezzi, compresi i rapporti giuridici ad essa 
afferenti, senza alcuna disc1-iminazione per i rapport.i passivi tributari 
e senza che possa ricevere applicazione la dispo8iziolfl,e di cui all'articolo 
197 t.u, 29: gennaio 1958, n. 645 delle leggi sulle Imposte Dirette, 
circa la solidarietd, nei limitt della norma, dei cessionari nel pagamento 
delle Imposte sui redditi e delle soperatasse stabilite in vista delle cessioni 
negoziali di azienda. 

(1) In senso conforme cfr. Cass. 20 marzo 1971, n. 804 in Giust. Civ., 
1971, I, 834; S. U. 24 aprile 1970, n. 1176 e 1173 ivi 1970, I, 949. 
In dottrina cfr. ALLORIO �Tributi inerenti alla gestione della Impresa 
e tributi connessi all'esistenza della persona giuridica espropriata 
nella nazionalizzazione delle societd elettriche � in Giur. It. 1969, I, 2, 316. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 61 

(Omissis). -Con il primo motivo di rico11so, denunciandosi la 
violazion� e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 16 e 81 del t.u. 
delle leggi imposte dirette (d.P.R. ,29 genn�io 1958, n. 645), degli articoli 
1, 2 e 4 della legge 6 dicembre 1962, n. 1613, degli artt. 2, 5 e 6 
del d,.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, dell'art. 1 del d.P.R. (4 marzo 1963, 

n. 219, il tutto in relazione agli artt. 12, 14 e 15 delle disposizioni della 
legg~ in generale e all'art. 360 n. 3 c.p.c., si censura l'impugnata sentenza 
iper avere ritenuto 'che l'ENEL,. a seguito del trasferimento in 
c;ipo ad esso della impresa elettrica qella Societ� � Edison Volta., avvenuto 
per effetto della .legge di nazionalizzazione delle attivit� elettriche, 
fosse subentrato, a titolo di successione particolare, anche nelle 
obbligazioni triQ_utarie della detta Societ�. Al riiguardo si sostiene, invece, 
che le norme SJUlla nazionalizzazione non hanno derogato al principio 
fondamentale dell'ordinamento tributario, secondo cui soggetto 
passivo dell'obbligazione tributaria � solo �colui nei cui confronti si � 
verificato il presUpposto di imposta, e si deduce che, riferendosi il tributo, 
in ordine al quale � sorta contestazione, ad un periodo anteriore 
a quello del subentro dell'ENEL nella titolarit� della impresa 
elettrica della � Edison Volta �, si sarebbe dovuto escludere la successione 
dell'Ente risipetto a quel tributo. 
Il motivo � infondato. 

La questione, negli identici termini nei quali � stata sollevata dall'esposta 
1censura e con le identiche argomentazioni addotte nella censura 
stessa, ha gi� formato oggetto di ampio esame da parte di questa 
Suprema Corte, la quale, sia a Sezione Semplice che a Sezioni Unite, 
in numerose decisioni, alcune delle quali recenti, ha, costantemente, 
ribadito il principio che l'ENEL deve risipundere del debito di imposta 
di �una societ� esercente in modo esclusivo o principale un'impresa 
elettrica, che sia stata trasferita aH'Ente in seguito alla legge di 
nazionalizzazione delle attivit� 'elettriche, dato che oggetto del trasferimento 
� l'ovganizzazione iproduttiva concretamente operante presso 
l'imprenditore espropriato, nel complesso di tutti i suoi fattori e mezzi, 
compresi i rapporti 1giuridici costituiti dallo stes,so imprenditore espropriato 
ai fini dell'o11ganizzazio:ne dell'impresa, rapporti che sono connaturati 
con il concetto di tale 011ganizzazione e che sono fondamentali 
rper la continuit� dell'attivit� produttiva (Sez. Un. 24 aprile 1970, 

n. 1173, !Il. 1174, n. 1175 e n. 1176; Sez. I 20 marzo �971, n. 801). In 
sostanza, ,secondo tali decisioni, il trasferimento a1l'ENEL di tutti i 
rapporti giuridici passivi attinenti all'imipresa trasferita � 01pe11ato, senza 
alcuna dtscriminazione per i rapporti ipassivi tributari, da una norma 
cogente, specifica della materia della nazionalizzazione delle imprese 
elettriche (legge 6 dicembre 1962, n. 1643 e d.P.R. 4 febbraio 
1963, n. 36), e valida per introdurre deroga ad un principio generale, 
quale sarebbe, secondo il ricorrente, quello della immutabilit� dei sog

62 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

getti del raipporto tributario, in mancanza di una successione a titolo 
universale. 

Con riferimento a questo ,principio ,giurisprudenziale, in ordine al 
quale non sussiste n� � stata addotta alcuna nuova valida ragione per 
discostarsene, �e in relazione al caso di specie, in cui � ipacifko che la 

Societ� � Edison Volta � esercitava in via �principale la impresa. elettrica 
trasferita all'ENEL, ben fondatamente deve affermarsi che la 

j

impugnata sentenza, la quale ha ritenuto che l'ENEL era subentrato 
anche nei rappo�rti ,passivi tributari della detta Societ�, non merita 
fa �censura prospettata con l'esaminato motivo, di rico,rso, che va, perci�, 
rigettato. 

Con il terzo motivo, 1al �cui esame, per 0ragioni d'ordine logico, sembra 
opportuno procedere con priorit� rispetto a quello del secondo 
motivo, l'Ente ricorirente, denunciando la violazione e falsa aiprplicazione 
degli artt. 2555 e segg. e.e., dell'art. 197 del t.u. delle leggi sulle 
ij:niposte dirette, degli artt. 2, 4 e 10 della legge 6 dicembre 1962, numero 
1643, dell'art. 2 del d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, dell'art. 1 del 

d.P.R. 14 marzo 1963, n. 219, dell'art. 12 delle dispo,sizioni sulla legge 
in generale,. il tutto in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., censura la' impugnata 
sentenza per avere esclusa l'esistenza di un raipporto di analogia 
tra la situazione, che si verifica a seguito del trasferimento di 
un'impl"esa elettrica per effetto della legge di nazionalizzazione, e 
quella che trae origine dalla cessione negoziale di azienda; e al riguardo 
sostiene che, sussistendo un tale rapporto di analogia, avrebbe 
dovuto trovare applicazione, neJ.La !Spede, la limitazione dell'accollo dei 
debiti �dell'azienda trasferita, prevista dall'art. 197 del t.u. delle leggi 
sulle imposte dirette. 
Anche questo motivo � infondato. 

La questione, oggetto della dedotta censura, � stata, nell'ambit� 
del principio giurisprudenziale sopra ricovdato, di recente esaminata 
da questa SUJprema Corte (Ca:ss. 20 marzo 1971, n. 804), la quale ha 
affermato che la responsabilit� 'Solidale dei cessionari di un'azienda 
produttiva di reddito, stabilita dall'art. 197 del t.u. delle leggi sulle 
imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645), non � applicabile nei 
trasferimenti coattivi delle imprese elettriche all'ENEL, in quanto la 
legge di nazionalizzazi-One delle attivit� 'elettriche, mentre disciplina 
tali trasferimenti in modo particolare, sul ipresupiposto che beni e rapporti 
dell'impresa t11asferita passino nella titolarit� dell'Ente .globalmente, 
come ,effetto� diretto eql immediato del de�creto che dispone il 
trasferimento, non prevede n� 'consente la distinzione tra debiti d'im


posta e debiti di altra natura. 

Indubbiamente la particolare disci1plina, dettata dalla legge sulla 
nazionalizzazione delle imprese elettriche, ed in base alla quale la successione 
dell'Ente in tutti i rapporti attivi e passivi della impresa tra




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 63 

sferita 'si verifica con carattere di globalit� e definitivit�, costituisce il 
fond�mento della validit� del richiamato giudizio giurisprudenziale; 
tuttavia non � superfluo ag,giungere, ra suffuagio e conferma di tale validit�, 
la considerazione che, a differenza del trasferimento esiproipriativo, 
previsto dalla legge sulla nazionalizzazione, che obbedisce ad un 
interesse 1generale della collettivit�, la cessione negoziale di azienda 
� 'condizionata, invece, dalla normale dinamica degli interessi delle 
parti private contraenti, donde la esigenza, rispetto a questo negozio, 
di una pi� ri,gorosa tutela degli interessi del fi,sco, quale quella prevista 
dal citato art. 197 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette. 

In conformit� del superiore principio ,giurisprudenziale, fa esaminata 
censura non pu�, ;pertanto, che esse11e disattesa. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez.-I, 21 febbraio 1972, n. 504 -Pres. Stella 
Richter -Est. Boselli -� P. M. Antoci (conf.) -Ditta Fratelli Neri 
(avv. Romanelli, Bassano, Bartolini e Rizini) c. Ministero del Tesoro 
(avv. Stato Caraf.a). 

Trattati e convenzioni internazionali -Trattato di pace e� Memorandum 
d'intesa� Lowet-Lombardo -Diritti soggettivi -Fonte -Necessit� 
di atti normativi interni. 

(dJ.c.p.s. 28 novembre 1947, n. 1430, art. 2; d.I.c.p.s. 31 dicembre, 1947, numero 
1747). 

Requisizione -Requisizioni disposte dalle Forze armate Alleate -Concetto 
-Legge 9 gennaio 1951, n. 10 -Salvataggio con navi -Applicabilit�. 


Responsabilit� civile -Requisizioni alleate -Requisizioni di s'ervizi 
e miste -Indennizzo -Disciplina -Criterio equitativo. 

Per l'assoluta autonomia deU'ordinamento giuridico interno rispetto 
a quetio internazionale, dagli impegni Msunti datio Stato ItaUano 
con ii Trattato di pace stipulato il 10 febbraio 1947 con le Potenze 
Alleiate e con gli Accordi economico-finanziari conclusi il 14 
agosto 1947 coen gli U.S.A. (resi esecutivi rispettivamente con d.l.c.p.s. 
28 novembre 19i!7, n. 1430 e 31 dicembre �947, n. 1747), non derivano 
diritti soggettivi perfetti per i citt11Jdini Italiani se non in forza di provvedimenti 
normativi che abbiano reso tali obblighi operativi neU'ordinamento 
interno (1). 

(1) � fermo nella giurisprudenza, cosi di merito che della Corte di 
Cassazione, il principio che dagli obblighi assunti dallo Stato Italiano 
nel campo internazionale, non derivano in favore dei cittadini diritti 
6 



64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel generico concetto di requisizione enunciato dall'art. 1 deLia 
legge 4 gennaicf 1951, n. 10, con la quale hanno ricevuto esecuzione 
neLL'oerdinamento patrio gli impegni assuntn con il Governe> .U.S.A. a 
mezzo del � Memoerandum d'intesa� Lowet-Lombardo reso esecutivo 
con d.l.c.p.s. 31 dicembre� 1947, n. 1747, rientrano tutte le ipotesi distintamente 
elencate dalla norma (requisizioni di beni mobiLi, di immobili, 
presfJazioeni di servizi e requisizioni miste di beni mobili e di 
servizi ad un tempo) e pertanto, tra queste ultime, si configuramo an


I 

che le operazioni di salvataggio con navi (2). 
La legge 9 gennaio 1951, n. 10 che discipiina, in maniera compiuta 
ed autonoma, le requisizioni e servizi disposti dalle Forze Ar


I 

mate All~ate, sia direttamente che per mezzo deUe Autorit� Italiane, 
mentre ragguaglia l'indennizzo per la requisizioine di beni mobili al 
prezzo di mercato in concorrenza con il criterio di e�quit�, per le requisizioni 
di servizi o per quelle miste determina la liquidazione dell'indennizzo 
dovuto unicamente seco!flldo un criterio� di equit�, diretto ad 
attribuire al danneggiato un parziale ristoro del danno sofferto, i.n misura 
compatibile con i sacrifici sopportati dall'intera coUettivit� nazionale 
(3). 

(Omissis). -Il ricorso della Ditta Neri propone a questa Corte 

SUJPrema una serie di questioni che, in ordine logico, possono essere 

cos� formulate: 

a) se alla fattispecie dedotta in giudizio dalla Ditta Neri si ren


dano direttamente applicabili, anzich� le disposizioni della legge 9 gen


subbiettivi J?erfetti, in quanto gli interessi individuali trovano solo una 
tutela indiretta, nella responsabilit� dello Stato nei confronti con gli 
altri Stati con i quali ha stipulato gli accordi, cifr. Cass. 29 gennaio 1953, 


n. 235; 5 agosto 1958, n. 2872; 6 febbraio 1965, n. 163; 21 marzo 1967, n. 631 
in questa Rassegna 1967, I; 269 ecc.). 
In dottrina cfr. MONACO � Manwale di diritto internazionale� 1949, 
71; .ANGILOTTI �Teoria generale della responsabilit� dello Stato nel diritto 
internazionale., Firenze 1902, 133; BELLADORE PALLIERI �Diritto Internazionale. 
publico � 1946, 50. 


(2) Circa l'istituto della requisizione nel diritto amministrativo che, 
pur nella unit� concettuale, si atteggia in maniera varia, dando luogo a 
rapporti diversi per l'oggetto ed il contenuto, come la requisizione di cose 
e la requisizione di servizi regolati da norme peculiari, cifr. in dottrina 
LANDI �Requisizione, in Nuovissimo Digesto Italiano�. 
(3) Che la legge 9 gennaio 1951, n. 10 abbia dettato una disciplina 
integrale, a.utonoma e distinta dell'intera materia, onde nel suo ambito 
soltanto � possibile, per i �Casi non espressamente previsti, il ricorso alla 
interpretazione analogica senza possibilit� di integrazione aliunde cifr. 
Cass. 12 ottobre 1962, n. 2965; 4 maggio 1957, n. 1518; 2 febbraio 1957, 
n. 398. 

PARTE I, SEZ. III, GIURI&PRlfDENZA CIVILE 65 

naio 1951, n. 10, quelle degli artt. 76 del Trattato di ;pace dichiarato 
esecutivo con d.l.c.oP.S. 28 novembre 1947, n. 1430) e dall'art. 1 n. 8 
del �Memorandum d'intesa� Lowett-Lombardo (dichiarato esecutivo 
con d.l.c.�p.s. 31 dicembre 1947, n. 1747) orppure quelle degli artt. 69 e 
70 del Codice Italiano della Navigazione; 

b) ove siano direttamente applicabili le disposizioni della le1gge 
9 gennai.o 1951, n. 10, se la fattispecie medesima possa correttamente 
qualificarsi come � requisizione in uso� (di beni mobili) anzich� come 

�.prestazione di servizi� in favore delle Forze Armate alleate; 
c) ammesso inoltre che la fattispede concreti una ipotesi di 
quest'ultimo genere, se la di,sciplina del diritto fatto valere dalla Ditta 
Neri debba -quanto al suo contenuto ed ai suoi limiti -farsi scaturire 
pur seffi(l;>re ed esclusivamente dalle disposizioni della rpr-edetta 
legge n. 10 del 1951 oppure in via di appHcazione analoigica -dalle 
disposizioni degli artt. 491 e 492 del Codice Italiano della Navigazione; 

d) e finalmente se il ,concetto di equa indennit� (o di � equo 
indennizzo �) debba nella specie ritenevsi comprensivo o meno, oltre 
che del risarcimento dei danni subiti o del rimborso delle spese incontrate, 
anche dello speciale � 1compenso � previsto dall'art. 491 Cod. 
Nav. per l'irpotesi che le opera:zioni ,di soccorso in mare abbiano conseg.
uito un risultato sia pure parzialmente utile. 

Fanno variamente riferimento alla prima del1e accennate questioni 
i primi quattro motivi del ricoriso con i quali le Pitta NeTi -denunziando 
violazione del trattato di pace fra l'Italia e le Potenze alleate 
firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 e del � Memorandum d'intesa 
� coneluso a Washington il 14 agosto 1947 fra l'Italia e gli U.S.A. 
in mat1eria �economico finanziaria, in relazione alla fogge 9 gennaio 
1951, n. 10 ed agli artt. 70, 490, 491 e 492 Cod. nav. -assume che la 
legge 9 .gennaio 1951, n. 10 (vecante norme in materia �di indennizzi 
per danni arrecati con azioni non di combattimento e per reqws1zioni 
disposte dalle Forz;e Armate Alleate) non avrebbe possibilit� di applicazione 
nella specie: 

-sia perch� i citati decreti di esecutoriet� del Trattato ,di pace 

e del � Memorandum d'intesa � Lowett-Lombardo costituirebbero atti 

di produzione �giuridica nell'ambito dell'ordinamento interno italiano, 

idonei (in ispecie quest'ultimo) a provocare l'accoUo (privativo) da 

;parte del Governo italiano, nei confronti dei singoli cittadini interes


sati, dell'obbiigo 'di corrispondere una equa indennit� per le pretes�e 

che costoro avrebbero potuto far vialere nei confronti degli U.S.A. in 

dipendenza di azioni concernenti navi sotto registro o bandiera ita


liana com(piute fra il 10 settembre 1939 e la data di entrata in vigore 

del � Memorandum �; 

-sia perch�, conseguentemente, alla legge 9 gennaio 1951, numero 
10 non potrebbe.essere attribuito un contenuto prec.ettivo di ca



RASSEGNA DELL'AVVOCATUQA DELLO STATO

66 

rattere restrittivo o addirittura contrastante con le clausol'e del �Memorandum 
� e segnatamente con quella di cui all'ad. 1 n. 8; 

-sia infine pe~h� l'attivit� di soccovso di cui si tratta fu prestata 
da essa dcorrente in esecuzione di un ovdine impartito dal Comandante 
del Porto di Livorno, a' sensi �e nell'ese11cizie del potere di 
cui all'art. 70 Cod. Nav. e non per effetto di una requisizione o di un 
ordine operata o, rispettivamente, impartito dalle� Forze Al'ffiate Statunitensi. 


I motivi riferiti non hanno fondamento. 

Per principio noto e costantemente ribadito dalla giurisrprudenza 
di questa Suprema Corte, i trattati internazionali non son0; di per s� 
produttivi di effetti all'interno dello Stato. Dall'obbligo da questo assunto 
in camrpo internazionale a disporre un c�erto trattamento giuridico 
nei confronti dei propri cittadini non derivano, in favore degli 
stessi, diritti subiettivi iperfetti se non dopo che l'impegno stesso sia 
stato reso operativo nell'ovdinamento dello Stato mediante l'uso dei 
mezzi a tal fine idonei. 

Tali mezzi -.come � confermato, rper quanto co1ncerne il Trattato 
di pace stipulato il 10 febbraio 1947 fra l'Italia e le Potenze Alleate, 
dall'art. 2 del d.l.c.rp.s. 28 novembre 1947, n. 1430 -sono costituiti 
dai decreti, da �emanarsi dal Capo dello Stato, [previa deliberazion'e del 
Consiglio dei Ministri a norma dell'art. 3 della legge 31 1gennaio 1926, 

n. 100, recanti i provvedimenti necessari per l'esecuzione del Trattato 
medesimo, anche in deroga alle leggi vigenti. 
Ancora pi� in particolare, gli impegni assunti dallo Stato italiano 
nei confronti del governo degli U.S.A. col citato �Memorandum d'intesa 
� hanno trovato esecuzione, nell'ambito del nostro ordinamento, 
con la legge pi� volte citata del 9 gennaio 1951, n. 10 che reca pertanto 
le sole norme applicabili nella soggetta materia, ai rapporti fra 
Stato italiano e suoi cittadini. 

Assolutamente ingiustificate appaiono, di fronte a tali principi 
ed insegnamenti che il'�badiscono l'assoluta autonomia dell'ordiniamento 
interno rispetto a quello internazionale, sia la pretesa di disapplicare 
la legge statale recante i provvedimenti ,per l'esecuzione del �Memorandum 
� sul riflesso di una asserita difformit� del contenuto della 
prima rispetto a quello del secondo; sia so_prattutto il tentativo di operare 
in questa materia la trasposizione dell'istituto ,privatistko del~ 
l' � accollo ., per l'ovvio rilievo che operando i vari sogg,etti del (preteso) 
ac�cordo ~cveditore, debitore e terzo) su piani di diversa rilewmza 
giuridica, verrebbero a mancare ,gli � stessi presupposti per la 
configurazione della fattispecie disciplina dall'art. 1273 e.e. 

N� pu� escludersi l'applicabilit� della legge n. 10 del 1951 sul 
riflesso che, essendo stato l'ordine di prestare soccorso impartito dal 
Comandante del Porto di Livorno, la fattispecie cadrebbe sotto il go




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

verno dell'art. 70 Cod. Nav. (con le conseguenze d'ordine patrimoniale 
di cui al capov�erso di detto articolo), quando si consideri che 
-coo accertamento incensurabile in questa sede -la Corte del me1rito 
ha stabilito in fatto che l'ordine venne emesso a richiesta e rper 
conto delle Forze Armate Statunitensi, e che J.a citata legge n. 10 del 
1951 estende espressamente il suo campo di applicazione alle requisizioni 
�e servizi disrposti dalle Foo-ze Armate Alleate sia direttamente 
che �per mezzo delle Autorit� Italiane (art. 1). 

Attendono al secoindo tema di controversia (cifr. soipra, sub b) 
quegli argomenti del terfo motivo d~l ricorso con i quali J.a Ditta Neri 
contesta l'esattezza dello inquadramento della operazione di salvata1ggio 
di cui si tratta nel concetto della requisizione di berni mobili 
(di cui all'art. 1, lettera a della legge del 1951), sia iperch� una tale 
requisizione non �sarebbe state mai formalizzata, sia perch�, imrplicando 
una prestazione di caratte1,e eminentemente personale, all'attivit� 
di assistenza e salvataggio repugnerebbe il comune concetto della 
r.eq uisizione .. 

Nessuno di questi argomenti, appare giuridicamente inoppugnabile. 
Il primo si trova ,ad essere addirittura smentito dalla stessa lettera 
della legge (art. 1 cit.) che accomuna esrplicitamente, quanto al 
! loro trattamento giuridico, � le requisizioni di beni mobili ed immo. 
bili... � � operante anche senza atto formale ... � delle Forze Armate 


Alleate. 

E, quanto al secondo, � chiaro che es1so muove dal sUJpposto di 
una assoluta differenziazione fra le figure della � r.equisizione di beni 
mobili �, della � requisizione ed occupazione �di immobili � e quella 
della � prestazione di .servizi � (alle Forze Armate Alleate) contemplate 
dalla legge in esame. 

Senonch�, come � fatto palese dall'ampia elaborazione cui il concetto 
di �requisizione� � stato sottoiposto da parte della dottrina del 
diritto amministrativo (e �come � confermato da alcuni precedenti legislativi 
specifici: cfr. La legge 13 luglio 1939, n. 1134 sulle requisizioni 
del naviglio mercantile), tanto il trasferimento coattivo di un 
diritto di propriet� su di una cosa o della facolt� d'uso della medesima 
a favore di un soggtto diveriso dal proprietario, quanto J.e prestazioni 
di attivit� imposte ai .privati dalla P.A., quando costituiscono 
oggetto di contributizioni determinate -come nella specie -dalla 
necessit� di soddisfare un interesse pubblico di carattere uvgente, si 
riconducono ed inquadrano tutte nell'ambito di un unico istituto quello, 
1apipunto della requisizione -che, come pu� riguardare beni 
mobili od immobili, cos� pu� riguardare preistazioni di servizi o l'una 
cosa e l'altra insieme (le c.d. � requisitizioni miste di cui . forniscono 
esempio quelle di aziende industriali o di navi armate). 


_68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� si ha motivo di ,ritenere che il legislatore del 1951 abbia inteso 
discostarsi da questo concetto, peiich�, sebbene nel testo dell'art. 1 
queste varie figure siano elencate �e considerate. distintamente, esse 
tuttavia si trovano ad esser.e ,chiaramente accomunate nel generico 
concetto di requisizion.i che lo stesso. legislatore adopera ,(con ~dubbio 
riferimento a tutti i ,casi contemplati nel testo) nella rubrica della 
legge medesima �che s'intitola appunto � norme in materia di indennizzi 
per danni arrecati con azioni non di combattimento e per requisizioni 
disposte dalle Forze Armate Alleate �. 

Quello pertanto che si pu� dire -a miglior.e !Pr.ecisazione e rettifica, 
sul punto, delLa motivazione della sentenza impugnata -si � 
che la :fattispecie si configura non tanto come. requisizione di beni 
mobili (le navi), ma come requisizione di servizi o, se pi� aggrada, 
come requisiziooe mista (di beni mobili e di servizi ad un temp0). 

Da questa ,precisazione non discendono per� -e qui si passa all'esame 
della question.e centrale de'�la causa (dr., supra, sub. e) le 
conseguenze che intende farne scaturire la ricorrente, con riferime:
p.to al contenuto, ed ai limiti dell'indennizzo dovuto al soggetto 
passivo della S(peciale contribuzione di cui si tratta. 

Sostiene infatti la Ditta Neri col quarto ed, in parte, col quinto 
motivo del ricorso (col quale ultimo si denunzia violazione de!l'art. 360 
nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione all'art. 1 n. 8 �del � Memorandum d'intesa ., 
agli artt. 491 e ss. Cod. Nav. ed ai rprincipi di equit�) che, non rinvenendosi 
a questo particolare effetto alcun� disposizione specifica nella 
legge del 1951 fuorch� per l'ipotesi della requisizione di beni mobili 
eS(pressamente prevista all'art. 2 n. 1, i criteri di liquidazione del compenso 
dovuto per la rprestazione di servizi andrebbero determinati con 
richiamo alle diS(posizioni degli artt. 491 e segg. Cod. Nav., la cui applicazione 
per la disciplina della soggetta materia, anco�rch� esclusa 
in via diretta, tornerebbe cosi ad imporsi in via analogica, data l'incompletezza 
o la lacuna, sul punto, della legge speciale. 

L'assunto � infondato. 

A confutarne l'attendibilit� basterebbe richiamarsi a quelle deci


sioni di questa Suprema Corte nelle quali si trova ripetutamente af


fermato che la legge 9 gennaio 1951, n. 10 reca una disciplina inte


.grale ed �autonoma di tutta la materia delle controprestazioni dovute 

qallo Stato italiano per le requisizioni, ecc. operate dalle forze armate 

alleate: disciplina nell'ambito della quale � pertanto possibile l'appli-� 

cazione in via analogica, in casi non espressamente previsti, dei cri


teri �di liquidazione dettati per ,casi analoghi (Cass., Sez. Un., 12 ot


tobre 1962, n. 2965; Cass., 2 febbraio 1957, n. 398). 

Vale tuttavia la pena di rilevare che �di un problema di applica


zione analogica nella specie non si pone neppure, in quanto un'attenta 

lettura della legge, ed in ispecie deH'art. 4, secondo comma ( � all'ac



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

certamento delle condizioni indicate nell'art. 1, alla determinazione 
della misura dell'indennizzo secondo 'equit� ed in base ai criteri indicati 
nell'art. 2, nonch� alla liquidazione ed al pa'gamento degli indennizzi 
stessi, provveder�, ecc. ecc. ... �) rende avv�ertiti come :non 
sussi,sta affatto (e sarebbe altrimenti inspiegabile) l'asserta lacuna od 
incompletezza della legge, risultando chiaro dal significato delle parole 
della riferita disposizione secondo la loro connessione logica, 
che, mentre nel caso di requisizione di beni mobili l'indennit� � ragguagliata 
al rpl'ezzo di mercato del bene in concorrenza con il criterio., 
di equit� (conf. Cass., n. 398 del 1957), nel caso di requisizione di 
servizi (o di requisizioni miste) l'i9dennizzo � invece liquidato sec<
mdo equit�. 

Tale disposizione, oltre a �risultare conforme ai (principi generali 
che la dottrina del diritto amministrativo ha, elaborato in materia di 
requisizione, desumendoli -in difetto di una legge generale -dalle 
varie leggi Speciali dettate per singole fattispecie (art. �39 legge n. 2359 
del 1865 sulle espropriazioni per (p.u.; art. 62 r.d. 18 agosto 1940, n. 174 
sulle requisizioni di .guerra; art. 30 della legge 13 luglio 1939, n. 1134 
sulle requisizioni del naviglio mercantile; legge 26 ottobre 19<40, n. 1433 
sul. risarcimento dei danni di guerra, ecc.), appare altres� in armonia 
oon le disposizioni di quelle Convenzioni internazionali (i citati decreti 
priesid. � 28 novembre 1947~ n. 1430 di esecutoriet� d~l Trattato 
di pace e 31 dicembre 1947 di esecutoriet� del �Memorandum� Lowett-
Lombardo) da cui trae pi� immediata ispirazione e mediante le 
quali -come fu detto a suo luogo -il Governo italiano si obblig� 
a corrispondere, a tacitazione delle pretese dei rpropri cittadini derivanti 
da azioni delle Forze Armate statunitensi concernenti navi sotto 
registro o bandiera italiani (azioni compiute :lira il 1� settembre 1939 
ed il 31 dicembre 1947), appunto una � equa indennit� �. 

Venendo perci� all'ultima questione (cfr. supra, sub d) sollevata 
col quarto e col quinto motivo del ricorso, non pu� sussistere dubbio 
circa l'impossibilit� logica di identificare codesta � equa indennit� � 
con il particola!'e trattamento che il Codice italiano della Navigazione 
riserva, per caso di soccorso in mal'e, all'armatore ed all'equipaggio 
della nave soc,corritrice -e 'che consiste -com'� noto (artt. 491 e seg.g. 
Cod. Nav.) -oltre che nel risarcimento' dei danni subiti e nel rimborso 
delle spese incontrate, anche in uno speciale compenso, qualora 
l'operazione abbia conseguito un risultato sia pure parzialmente utile. 

Profondamente diversi sono infatti la ratio e fo scopo dei due 

ordini di disposizioni. 

Come risulta dalla Relazione ministeriale al Cod. Nav. (n. 303), 

il �compenso� dovuto .per il caso di utile risultato dell'o(perazione di 

soccorso non si identifica con l'equivalente del � mancato utile � del 

soccorritore (posto �che tale equivalente rient:va nella voce � risarc�



70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~ 

~ 

mento dei danni subiti>) ma rappresenta l'effettiva .remunerazione e, 

i'

f

al tempo stesso e quasi un � (premio � inteso (in correlazione col caf.: 


~=

rattere -eminentemente aleatorio dre codeste :prestazioni, .governate 

~~ 

dal noto principio no cure no pay, hanno tradizionalmente assunto i' 
~, 

I 
;:

nella prassi internazionale e nel regime della Convenzione di Bruxel


'i: 

les del 1910 e che, pur con qualche temip�eramento, conservano nel f: 
mostro codice) a stimolare ed incoraggiare l'opera del soccorritore. 

Inv-ece, come � fatto palese dall'inserimento della legge del 1951 
nel sistema del regime proprio delle requisizioni e come ha avuto 
modo di rilevare recentemente la Corte Costituzionale (sentenza n. 46 
del 16 marzo 1971) occupandosi rproprio della legitttmit� costituzio~ 


~ 

nale degli artt. 1 �e 2 della legge 9 gennaio 1951, n. 10, il compenso !

i

cui, in forza della legge predetta, lo Stato italiano. � tenuto altro non � 
pu� �essere se non uno degli aspetti del pi� generale fenomeno del 
risarcimento per danni di guerra : sia perch� i danni sono stati pro


I 

dotti da militari idi esel'ICiti stranieri che occupavano il territorio italiano 
per motivi bellici; sia' perch� lo Stato italiano si � assunto l'ob


I 

bligo di indennizzare i cittadini che li hanno subiti in conse1guenza ' 

" 

dell'esito della guerra. 

I 

E, come � noto, siffatto risarcimento -essendo stato ingente ed 3 

~ 

incalcolabile il depauperamento del patrimonio italiano pubblico e 

f: 
privato, conseguente all'ultimo conflitto -soggiace all'esigenza di .{:: 
attribuire ai danneggiati, anzich� un totale ristoro, un'indennit� com:~ 


[:

patibile con i sacrifici sopportabili dall'intera nazione. 
Che poi -come la Ditta Neri lamenta in altra rparte dello stesso !
1quinto motivo del rico'l.'lso -la Corte del merito abbia concretamente 

! 

inteso ed atpplicato l'anzidetto criterio di equit� a scapito anzich� a B

' ~ 

favore di �esso ricorrente, attribuendogli molto meno dell'integrale f

) f, 

ristoro del danno sofferto, � rprofilo che, afferendo all'esercizio di un � 

f

potere eminentemente discrezionale (quale � appunto quello del ri
�: 
~ 
corso ed utilizzo di criteri equitativi) sfugge al sindacato di legittimit� 
di questa Corte Supr-ema. 


Il ricorso deve pertanto essere rigettato e la Ditta Neri condannata 
alla perdita del deposito. -(Omissis). 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 5 ottobre 1971, n. � 7 -Pres. Ce� 
sareo -Est. Mastropasqua -Setti ed altri (avv. Fornario, Maresca 
e Rosati) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Vitucci). 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Cumulo con la pensione 
-Limite -Pensioni di rive~rsibilit� -Si estende. 

(1. 12 aprile 1949, n. 149, art. 14, modif. dall'art. 14 1. 8 aprile 1952, n. 212). 
Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Ripetizione emolumenti 
non dovuti -Obbligo generale -Non susiste. 

(r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 406; r.d.l. 19 gennaio 1939, n .295, art. 3). 
Impiego pubblico -Stipendi, assegni e �indennit� -Correzioni e varia


zione dei.ruoli di spese fisse -Retroattivit� -Limite -Ripetizione 

emolumenti non dovuti -Ritardo imp�tabile alla P. A. -Illegit


timit�. 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Cumulo con la pensione 
-Insegnante elementare -Norme applicabili -Legittimit�. 

(1. 12 aprile 1949, n. 149, art. 14, modif. dall'art. 14 1. 8 aprile 1952, n. 212; 
1. 26 gennaio 1962, n. 16, artt. 3 e 4; 1. 19 luglio 1862, n. 722, art. 2). Pensioni 
-Militare -Sottufficiale passato all'impiego civile -Revoca 
del trattamento di pensione gi� concesso -Legittimit�. 

(d.P.R. 5 giugno 1965, n. 758, art. 4). 
Il generale divieto di cumulo tra lo stipendio di attivit� e la pensione 
per la parte eccedente L. 60.�000 mensili, previsto dall'art. 14 
della legge 12 aprile 1949, n. 149 e successive� modificazioni, si riferisce 
non soU;1anto alle pensioni dirette, ma anche a queUe di riversibilit�, 
che costifuiscono oggetto di un diritto proprio del coniuge vivente, 
restando escluse dalla suddetta discipiina le sole pensioni privilegiate 
(1). 

(4-5) Massime esatte. 

(*) Alla �redazione dell:e massime e delle note ha collaborato anche 
l'avv. FRANCESCO MARIUZZO. 



. 

. �:.....� �.� . .-w&. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

72 

La disciplina emergente dal combinato disposto degli artt. 406 
del r.d. 23 maggio 1924, n. 827 e 3 de1l r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 
ha per oggetto la mera procedura di recupero delle somme versate 
dallo Stato e indebitamente percette da dipendenti pubblici o pensionati, 
noin ricavandosi dalla stessa alcuna prefissione di un obbligo 
generale ed indiscriminato di recupero in ogni tempo (2). 

Le correzioni e le variazioni dei ruoli deUe spese fisse, ove siano 
effettuate con' notevole ritardo rispetto al periodo di tempo normaimeinte 
occorrente per l'espletamento delle suddette operazioni, non 
possono considerarsi iUimitatamente retroattive, non essendo consentito 
per il principio� di autoresponsabilit� della Pubbiica Amministrazione 
di riversare sul dipendente o pensionato le conseguenze d.i perplessit� 
o inerzia (3). 

Legittimamente viene esclu.stt la possibiiit� di cumulo tra la pensione 
di un insegnante elementare e la retribuzione di un incaricato 
universitario � esterno � in base a quanto stabilito dail'art. 14 della 
Legge 12 aprile 1949, n. 149, che ha, infatiti, abrogato le precedenti 
disposizioni regolanti la materia, ivi compreso l'art. 2 della legge 
19 luglio 1862, n. 722 (4). I 

Legittimamente viene negato il trattamento di pensione ad un 
Sottufficiale alle dipendenze dell'Amministrazione militare, successivamente 
passato all'impiego civile, neU'ipoteisi che tra i du.e impieghi 
non sussista alcuna soluzione di continuit�, a nuUa rilevando che l'assunzione 
all'impiego civile non possa, di fatto, considerarsi operativa, 
dovendosi avere riguardo in materia di stato e�sclus~vamente alle risultanze 
degli atti formali della Pubblica Amministrazione (5). 


CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 ottobre 1971, n. 872 -Pres. Barra 
Caracciolo -Est. De Roberto -Banca Nazionale del Lavoro (avv. 
Sorrentino) c. Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Dallari) e Comune 
di Roma (avv. Rago). 

Edilizia popolare ed economica -Piano ex L. 18 aprile 1962, n. 167 Variante 
-Proprietario di area ricompresa nel piano per effetto 
della variante -Interesse all'impu~nativa -Sussiste. 

(1. 18 aprile 1962, n. 167, art. 12; I. 15 novembre 1885, n. 2892, art. 13). 
Edilizia popolare ed economica -Piano ex L. 18 aprile 1962, n. 167 Varianti 
-Ammissibilit� -Termine ex art. 2, 1. 18 aprile 1962, n. 
167 -Scadenza -Effetti. 

(1. 18 aprile 1962, n. 167, art. 2). 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 73 

Edilizia popolare ed eco:p.omica -Piano ex L. 18 aprile 1962, n. 167 Varianti 
-Motivazione per relationem -Legittimit�. 

Edilizia popolare ed economica -Pfano ex L. 18 aprile 1962, n.)67 Varianti 
introduttive di modifiche al piano regolatore generale Legittimit�. 


(1. 18 aprile 1962, n. 167, art. 8). 
Edilizia popolare ed economica -Piano ex L. 18 aprile 1962, n. 167 Tipologia 
edilizia -Scelta della P. A. -Discrezionalit�. 

(I. 14 febbraio 1963, n. 60, art. 14; I. 18 aprile 1962, n. 167, art. 25). 
Edilizia popolare ed economica -Piano ex L. 18 aprile 1962, n. 167 Criteri 
e principi generali -Previsione di opere diverse eccedenti 
l'ambito del piano di zona -Illegittimit�. 

(l. 18 aprile 1963, n. 167, art. 1). 
Edilizia popolare ed economica -Piano ex L. 18 aprile 1962, n. 167 Opere 
e servizi complementari -Nozione -Variante introduttiva 
di sistemi stradali -Illegittimit�. 

(l. 18 aprile 1962, n. 167, art. 1). 
Deve ritenersi sussistente l'interesse all'impugnativa di una variante 
al piano di zona da ptirte del proprietMio di un'area privaita, 
considerata ta minore entit� deWindennizzo previsto daU'art. 13 deUa 
legge 15 gennaio 1885, n. 2892 rispetto alta legge generale suWespropriaziazi�ne 
per p.u., a nulta rrilevando l'omissione deWimpugnativa 
del piano di zona e del piano regolatore generale (1). 

L'ammissibilit� di varianti al piano di zona si ricava direttame.nte, 

oitre che dalla regola generale delta modificabilit� degli atti ammi


nistrativi, dal 1Jtincipio informatore dei programmi che, essendo de


stinati a soddisfare esigenze future, postulano la necessit� del loro 

eventuale adeguamento alta sopravve.nuta, diversa reait�; sotto un 

diverso profilo ia scadenza del termine previsto du,ll'art. 2 della legge 

18 aprile 1962, n. 167 per l'ado.zione� deii piani non pu�, in conseguenza, 

essere considerato come un ostacolo aWadozione di v�arianti, avendo 

la suddetta norma iL solo effetto di legittimare l'azione deWAutorit� 

tutoria e non potendo, comunque, qualificar�si l'introduzio11ie di va


rianti all'.adozione di nuovi piani dopo la scadenza del termine (2). 

(1) La massima � da condividere in quanto applicazione dei princ1p1 
generali in materia d'interesse all'impugnativa di provvedimenti amministrativi. 
(2) La massima riconferma la costante giurisprudenza della Sezione 
in ordine .sia alla modificabilit� dei piani di zona che al limitato effetto 

74 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La motivazione aUa variante di un piano di zona pu� legittima


mente trarsi dalla deliberazione comunale che l'ha adorttata, nonch� 

dalla relazione mustratfoa e dal voto del Comiglio superiore dei La


vori Pubblici, da cui risultino sia la destinazione ad awa.gare� esigenze 
� futur� che la previsione di mezzi finanziari adeguati ~3). 

La possibilit� riconosciuta ai piani di zona per l'edilizia econo


mica e popolare dall'art. 8 delLa legge 18 aprile 1962, n. 167 di mo


dificare le previsioni del piano regolatore generale deve ritenersi le


gj,ttimamente comentita anche alle varianti successivamente intrrodotte 

al suddetto piano (4). 

La differenziazione tipologica del contesto m�bano delle zone ove 

sorgano ailoggi economici e popolari, tenuto anche cointo che in base 

all'art. 14 della legge 14 febbraio 1963, n. 60 questi ultimi debbono 

avere i requisiti neicessari alla civile convivenza, rienbra neWambito 

della discrezionalit� di cui gode l'Amministrazione comunale per la 

redazione del piano di zona (5). 

Tra le opere ed i s.e1�vizi complementari urbani e sociali previsti 

dall'art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 167 non rientrrano, data la 

specifica natura di questi, quegli impianti o servizi, quali gli ospedali, 

che sono, infatti, idonei a soddisfare esi.genze di carattere generale 

dell'intera comunit� cittadina; pert.anto, il piano di zona che contenga 

tali previsioni determina la conseguente vanificazione sotto tale pro


filo dello stesso piano regolatore generale e deve, quindi, ritenersi 

illegittimo, in quanto nel procedimento attraverso il quale e�s.so viene 

adottato non � assicurato� il necessario contemperamento dei vari in


teressi connessi alla programmazione urbanistica generale (6). 

Le opere ed i servizi complementari urbani e sociali di cui al


l'art. 1 deUa legge 18 aprile 1962, n. 167 debbono individuarsi iin 

quelli previsti a compl'emento deU'opera principale, costituita dal com


plesso edilizio a carattere economico e popolare da realizzare in cia


scuna zona con esclusione, in conseguenza di tutte quelle opere, quali 

i sistemi stradali, idonei a soddisfare esigenze dell'intera comunit� 

cittadina (7). 

da ricondurre al mancato rispetto del termine previsto dall'art. 2 della 

I. 18 aprile 1962, n. 167: cf.r. da ultimo: IV, 15 dicembre 1~70, n. 978 in 
questa Rassegna 1970, I, 9�1; IV, 5 marzo 1969, n. 54 ne Il Cornsiglio di 
Stato 1969, I, 269. 
(3) Massima pacifica: cfr. IV, 1� dicembre 1970, n. 9'54 in questa Rassegna 
1970, I, 85. 
(4-5) Massime esatte. 
(6-7) Sulla nozione di opere e servizi complementari vedasi anche: 
IV, 22 dicembre 1970, n. 1031_ in questa Rassegna 1970, ):~ 93; contra V, 
18 ottobre 1966, n. 1186, Il Consiglio di Stato 1966, I, 1721. 



PARTE I,. SEZ. IV, GIURISPRUiiENZA AMMINISTRATIVA 75 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 ottobre 1971, n. 876 -Pres. Potenza 
-Est. Fleltci -Oliva (avv. Sibio) c. Ministero dell'Interno 
(avv. Stato Agr�) e Bozzola (n.c.). 

Giustizia amministrativa -Impiego pubblico -Militare -Ufficiale Impugnazione 
di giudizio sfavorevole all'avanzamento -Controinteressati 
-Non si configurano. 

(I. 13 dicembre 1965, n. 1366, art. 43). 
Militare -Ufficiale Esercito -Avanzamento -Discrezionalit� e insindacabilit� 
del giudizio -Sussiste -Limiti. 

Militare -Ufficiale Esercito -Avanzamento -Unifor':llit� dei criteri 
di giudizio relativi ai singoli aspiranti -Necessit�. 

Militare -Ufficiale Esercito -Avanzamento -Autonomia dei singoli 
giudizi annuali -Limite. 

In tema d'impugnazione della valutazioine sfavorevole all'avanzamento 
non si configurano soggetti controinteressati e non �, in conseguenza, 
necessaria l'integrazione del contraddittorio (1). 

n giudizio di avanzamento a scelta, pur avendo natura discrezio�nale 
e comportando, quindi, un'ampia latitudine d'apprezza.mento, non 
non esclude il generale sindacato di legittimit� nell'ipotesi che sussistano 
inoongruit� idonee a configurare il vizio dell'ecce�sso di potere (2). 

Nei giudizi di promozione. degli Ufficiali, pur non dovendosi applicare 
la normale procedura degli scrutini per merito comparativo�, 
comportando l'.avanzame!Ytto a scelta un sistema coin criteri, modalit� 

.e parametri propri, deve esse:re assicurata l'unifoTmit� dei crit.eri in


foTmatori dei singoli giudizi individuali e la conseguente coerenza dei 

vari punteggi attribuiti (3). 

n prin~iipio gemerale dell'autonomia dei singoli giudizi annuali 
11ion compoTta akuna attenuazione della necessit� di unitariet� dell'azione 
amministmtiva, per cui non pu� diTsi violato, ove il rifell"ime.
nto ad un precedente giudizio sia effettuato al solo scopo di rendere 
evidente una disparit� di trattamento verificatasi nel procedimento
� impugnato (4). 

(1-2) Massime esatte. 
(3-4) Cfr. IV, 20 aprile 1971, n. 465, Il Consiglio di Stato 1971, I, 736. 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

76 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 886 -Pres. Potenza 
-Est. Felici -Speranza (avv. Mereu) c. Azienda autonoma 
delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pierantozzi). 

Impiego pubblico -Collocamento a riposo dipendenti inabili -Inva


lidit� risalente alla data di assunzione in servizio -Art. 26 L. 15 

febbraio 1967, n. 40 -Applicabilit�. 

(I. 15 dicembre 1967, n. 40, art. 26). 
Impiego pubblico -Ferrovie -Collocamento a riposo dipendenti inabili 
-Invalidi di guerra o per servizio -Art. 26, L. 15 febbraio 1967, 

n. 40 -Applicabilit�. 
Impiego pubblico -Ferrovie -Collocamento a riposo dipendenti inabili 
-Accertamento dell'inabilit� -Criteri. 

La legge 15 febbraio 1967, .n. 40 nel disporre la riorganizzazione 

del personale dipendente ,dati'Amministrazione� delle Ferrovie dello 

Stato prevede atl'art. 26 il coJLocamento a riposo su domanda o d'uf


ficio di quei dipendernti che, atia data di entrata in vigore de'Lla legge, 

risultino fisicamente inidonei allo svolgimento deite mansioni ine'l"enti 

aHa qualifica: legittimamente, pertanto, l'Amministrazione d� corso 

ai relativi provvedimenti a nulla rilevando a ta.l fine che l'infermit� 

risalga al momento deWassunzione in servizio (1). 

Il coUocamenfo a riposo su domanda o d'ufficio de�l personale 

fis.icamente inidoneo aUo svolgimento delle mansioni inerenti alla qua


lifica, previsto dall'art. 26 de�lla legge 15 febbra.io 1967, n. 40, viene 

legittimamente disposto .anche nei confronti di quei dipendemti, che 

siano stati assunti per invalidit� di guerra o per servizio, no11i poten


dosi considerare la tutela accordata attraverso le suddette assunzioni 

a singole categorie di lavoratori come un elemento ostativo aita rior


ganizzazione dei quadri organici ed alla cessazione dal servizio de


terminata da specifiche esigenze amministrative (2). 

L'accertamento deU'idoneiti� fisica, totale o parziale�, rilevante al 

fine del collocamento a riposo previsto dalL'art. 26 deLla legge 15 feb


braio 1967, n. 40, va motivato in relazione all'effettiva incapacit� di 

assolvere ai compiti corrispondenti a queHi riconducibiii alla sfera 

dette attuali prestazioni. 

(1-2) Massime esatte. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 77 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 ottobve 1971, n. 887 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Felici -Pistacchi (avv. Liguori) c. Prefetto di Te:
r:amo (avv. Stato Del Greco), Diodoro ed altri (avv. Marinucci). 

Espropriazione per p. u. -Industrializzazione del Mezzogiorno -Art. 
14 d. l.vo 14 dicembre 1947, n. 1598 -Applicabilit�. 

(d. l.vo 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 4; 1. 26 giugno 1965, n. 717, art. 28, 
ora art. 83 t. u. 30 giugno 1967, n. 1529). 
Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza -Industrializzazione 
del Mezzogiorno -Ampliamento di stabilimento industriale Legittimit�. 


Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza -Scelta dell'area Valutazione 
-Necessit�. 

Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza -Provvedimento 
disposto a favore di sog~etto deceduto anteriormente alla data 

dell'atto -Illegittimit~. 

. 

Le disposizioni a favore deii territori meridionali, comprese queUe 
riferite a singole regioni o a particolari territori, restano ferme� in 
base a quanto previsto dall'art. 2 8 della' legge 216 giugno 1965, n. 717 
(or:a art. 83 del t.u. 30 giugno 1967, n. 1529); da detta norrma si ricava, 
in conseguenza, che l'art. 4 del d.lgt. 14 dicembre 1947, n. 1598 � attualmente 
in vigore, avendo una funzione di integrazione degli aitri 
mezzi concessi per l'incremento dello sviluppo industriale del Mezzogiorno 
(1). 

In base all'art. 4 del d.lgt. 14 dicembre 1947, n. 1598 si ha un 
ampliamento di uno stabiiimento industriale gi�_ esistente ove la previsione 
di una modificazione sia diretta ad accrescere sia la produzione 
che l'impiego della mano d'opera; legittimamente., pertanto, viene 
disposta l'occupazione di un terreno, nell'ipo,te�si che l'ampliamento 
dello stabilimento si concreti nell'allargamento del piazzale di lavorazione 
del prodotto e nella creazione di una zona di essiccazione del 

medesimo (2). 

n provvedimento di occupazione 'd'urgenza va congruamente motivato 
in ordine alla sce.ita dell'area con riferimento sia all'effetJtivo 
stato dei luoghi che alla necessit� o meno �d� acquis.ire l'area stess� 
per il progettato ampliamento di un opificio industriale (3). 

� illegittimo il provvedimento di occupazione d'urgenza che s.ia 
pronunciato a favore di un soggetto che, alla data di emanazione dell'atto, 
sia gi� de,ceduto. 

(1-2-3) Giurisprudenza costante: vedasi sulla prima massima: IV, 
29 settembre 1966, n . 602, Il Consiglio di Stato 1966, I, 1409. 



78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 889 -Pres. Granito 
-Est. Schinaia -Cartiera Latina (avv. Giorgianni e Sorrentino) 
c. Ministeri dei LL. PP., dei Trasporti e della P. I. (avv. 
Stato Agr�) e Comune di Roma (avv. Ra.go). 

Piano regolatore -Approvazione -Modifiche in sede di approvazione Potere 
del Ministro dei LL. PP. -Sussiste. 

(1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 10, modif. dall'art. 16 della I. 9 agosto 1954, 
n. 640). 
Piano regolatore -Zone verdi -Previsione di aree destinate a parchi 
pubblici nel piano regolatore, anz.ich� nei piani di esecuzione Legittimit�. 


(1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 7, n. 3). 
Piano regolatore -Art. 1, L. 10 novembre 1968, n. 1187 -Questione di 
incostituzionalit� -Manifesta infondatezza. 

(1. 10 novembre 1968, n. 1187, art. 1). 
In tema di approv:azione del piano regolatore generale rientra. 
nel potere del Ministro per i Lavori Pubbiici l'introduzione d'ufficio 
di .modifiche al piano, senza la necessit� di un rinvio degli atti al 

� Comune interessato ed una conseguente nuova pronuncia del Consiglio 
superiore dei LL.PP. e del Consiglio di Stato, sempre che le soluzioni 
disposte investano interessi prev�alentemente statali e siano 
tali da non alterare il contenuto� del piano o incidere profondamente 
netl'interesse di terzi (1). 

Ai sensi di quanto previsto in via generale dail'art. 7, n. 3, della 
legge 17 agosto 1942, n. 115�0 � legittima la previsione di aree destinate 
a parchi pubblici contenuta direttamente nel piano !T"egolatore 
generale, anzich� nei successivi piani particolareggiati di esecuzione, 
considerata la funzione che dette zone verdi esercitano a serpizio della 
comunit� cittadina (2). 

� manifestamente infondata l'eccezione di incost.ituzionalit� dell'art. 
1 della legge 10 novembre 1968, n. 1187 che, nell'adeguare la 
disciplina urbanistica alla pronuncia detia Corte costituzionale del 
29 maggio 1968, n. 55, ha limitato� la sfera temporale di incidenza dei 
vincoU di destinazione delle aree, assicurando in tal modo il contemperamento 
del sacrificio della propriet� privata con le esigenze di una 
funzionale realizzazione dell'assettb� edilizio dei centri citrtadini (3). 

(1) Giurisprudenza costante: vedasi da ultimo IV, 24 novembre 1970, 
n. 909, Il Consiglio di Stato 1970, I, 1927; IV, 15 maggio 1970, n. 335 
in questa Rassegna 1970, I, 823. 
(2) C:l�r. IV, 10 luglio 1970, n. 52-2, Il Consiglio di Stato 1970, I, 1236. 
(3) Cfr. Corte Oost. 29 maggio 1968, n. 55 in questa Rassegna 1968, 
I, 661. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 79 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 891 -Pres. Granito 
-Est. Schinaia -Istituto Fratelli del Sacro Cuore (avv. Pallottino) 
c. Ministeri dei LL. PP., della P. I. e dei Trasporti (avv. 
Stato Agr�) e Comune di Roma (avv. Ra.go). 

Piano regolatore -Espropriazione per p. u. -Facolt� del Comune Rinvio 
dell'espropriazione dei piani particolareggiati -Legittimit�. 


� (1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 18). 

Piano regolatore -Piano finanziario -Redazione contemporanea al 
piano regolatore generale -Necessit� -Non sussiste. 

(I. 17 agosto 1942, n. �1150, art. 30). 
Piano regolatore -Edilizia -Opere di urbanizzazione primaria -Licenze 
di costruzione -Rapporti con il P. R. G. 

(1. 5� agosto 1967, ;n. 765, art. 10, 6� comma). 
Piano regolatore -Prescrizioni e vincoli -Aree riservate dal P. R. G. 
all'edilizia scolastica -Legittimit�. 

(I. 26 gennaio 1962, n. 17, art. 2). 
Piano regolatore -Prescrizione e vincoli -Limitazioni all'attivit� edilizia 
-Disparit� di trattamento rispetto a costruzioni realizzate 
prima dell'approvazione del P. R. G. -Irrilevanza. 

L'espro'.l)riazione delle aree inedificate e di quelle su cui insistono 
costruz~oni contrastanti con il piano di zona costituisce, successivamente 
aWapprovazione del P.R.G. e nell'ambito delle zone di espansione 
dell'aggregato urbano, oggetto di mera facolt� da parte de�l Comune, 
al quale va, pertanto, riconosc.iuto il po�tere di rinviare l'espro.priazione 
stessa, secondo quanto previsto dall'art. 18 della legge 17 
agosto 1942, n. 1150, alla data di approv.azione dei piani particolareggiati 
(1). 

La concreVa previsione dell'onere economico connesso al nuovo 
piano regolatore generale pu� effettuarsi anche in data successiva alla 

�sua redazione: legittimamente, pertanto, la sua formulaZ;ione viene 
rinviata al momento in cui debbono essere deliberate le espropriazioni 
delle aree private (2). 

Le prescrizioni del piano rego�latore generale non si esauris.cono 
nel momento in cui esso viene approvato e la loro legittimit� va coe


(1) Massima esatta. 
(2) Cfr. IV, 10 luglio 1970, n. 522, Il Consiglio di Stato 1970, I, 1236. 

80 

RASSEGNA DELL'AV~OCATURA DELLO STATO 

rentemente .verificata aU.a stregua d.ella legislazione vigente: pertanto, 
in base a quanto dispo�sto dail'cirt. 10 della legge 6 agosto 1965, n. 765 
la licenza di costruzione non soltanto non pu� e~ere accordata in 
CQ111Jtrasto con le suddette pres�crizioni, ma va subordinata all'esistenza 
delle opere di urbanizz,azione primaria, sia ch� la loro reaiizzazione 
sia stata prevista dal Comune mediante l'adozion�� di uno strumento 
urbanistico di esecuzione, sia che derivi da un impegno assunto da 
parte dei privati (3). 

Ai sensi di quanto previsto dall'art. 2 della legge 26 gennaio 1962, 

n. 17 i piani regolatori generali e particolareggiati non po~ono essere 
approvati, ove non� siano in essi determinate le atre�e destina.te 
all'edilizia scolastica; in sede di a�dozione del P.R.G. �, in conseguenza, 
legittima l'indicazione in percentuale nelle s.ingorle zone delle aree 
rise'Tvate alle scuole, distinte per ordine e grado, anche se La loro 
specifica localizzazione sia rinviata ad un mome.nto successivo (4). 
La circostanza che in epoca precedente all'approvazione del piano 
��regolatore generale siano state 
concesse a terzi licenze di costruzione 
riternute pi� vantaggiose di quelle che possono essere conce�sse sulla 
base delle nuove prescrizioni � del. tutto irrilevante sortto il prorfilo 
della legittimitd, risolvendosi il diverso avviso ne�Lla vanificazione del 
concetto di prog'Tammazione urbanistica e non essendo, del resto, provato 
che non si sia tenuto conto della preesistente situazione nel disporre 
l'assetto di una zona in modo ritenuto pi� consono all'ordinato 
sviluppo della cittd (5). 

(3-4) Massime da condividere. 

(5) La massima � da approvare, �Costituendo una precisa riaffermazione 
della prevalenza dell'interesse generale di una comunit� al suo 
ordinato sviluppo edilizio rispetto a situazioni consolidatesi in epoca 
anteriore all'approvazione del piano regolatore generale; vedasi, comunque, 
sia pure sotto un diverso profilo, Ad. plen. 8 gennaio 196-6, n. 1, Il , 
Consiglio di Stato, rn66, I, 1. 
CONSIGLIO DI_STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1971, n. 894 -Pres. Potenza 
-Est. Benvenuto -Soc. Immobiliare Romana VIII (avv. 
Bavaro, Golino 1e Flerrari) c. Comune di Milano (avv. Consolini, 
Mainetti e Sartogo) e Soc. Gestione Cinema Teatri Selezione in 
Milano (avv. Amorth). 

Contratti pubblici -Proposta di contratto a trattativa privata avanzata 
da un privato all'Amministrazione -Rigetto della proposta Natura 
giuridica -Impugnazione -Inammissibilit�. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA "AMMINISTRATIVA 81 

Contratti pubblici -Proposta di contratto a trattativa privata avanzata 
da un privato all'Amministrazione -Rigetto -Interesse legittimo 
del privato -Non sussist�. 

Il rifiuto a contrattare precisato daH' Amministrazione a fronte di 
una proposta di contratto a trattativa privata avanzata da un privato 
ai di fuori di una previa determinazione formale a contrattare non 
costituisce esplicazione di un potere amministrativo, ma semplice manifestazione 
dell'autonomia negoziale dell'Amministrazione e non �; 
in conseguenza, impugnabile per vizi di legittimit� ai sensi e per gli 
effetti previsti daU'art. 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 (1). 

In materia di trattativa privata non si configura alcun obbligo 
deU'Amministrazione di esaminare un'offerta di contratto� ad essa rivolta 
da un privato al di fuori di una previa determinazione formale 
a trattare e non sussiste correlatJivamente in capo all'offerente alcuna 
situazione giuridica soggettiva tutelabile in sede� di legittimit� (2). 

(1-2) Cfr. a contrada Ad. pLen. 28 gennaio 1961, n. 3, n Consiglio 
di Stato 1961, I, 8; vedasi ancora: IV, 22 novembre 1967, n. 623, ivi; 19.67, 
I, 1248; V, 18 marzo 1069, n. 194, ivi, 1969, I, 769; V, 1'5 dicembre 1970, 

n. 1091, ivi, 1970, I, 2273. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1971, n. 902 -Pres. Battara 
-Est. Bernaridinetti -De Franciscis (avv. C. e N. Sciacca) 

c. Ministero della_J>ifesa (avv. Stato Peronaci). 
Impiego pubblico -Combattenti e reduci -Riconoscimento della qualifica 
-Coni.missioni di secondo grado -Composizione e deliberazione 
-Partecipazione di tutti i membri -Necessit�. 

Impiego pubblico -Combattenti e reduci -Riconoscimento della qualifica 
-Commissioni -Segretario -Svolgimento delle funzioni di 
relatore -Legittimit�. 

(d.I.Igt. 21 agosto 1954, n. 518, art. 6). 

Militare -Ufficiale Esercito -Promozione -Diniego --Omessa acquisizione 
del parere della Commissione di avanzamento -Illegittimit�. 


(d.l.vo 6 settembre 1946, n. 94, art. 1). 

Atto amministrativo -Atto collegiale -Verbale -Funzione -Omessa 
indicazione degli intervenuti -Illegittimit�. 

La validit� della composizione e delle de.liberazioni della Commissione 
di secondo grado per il riconoscimento� delle qualifiche spet




82 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tanti ai partigiani � subordinata all'intervento di tutti i suoi componenti, 
concorrendo necessariamente cias.cuno di essi aria formazione 
della volontd collegiale (1). 

Ai sensi di quanto previsto dall'art. 6 del d.Ugt. 21 agosto 1945, 

n. 518 ogni Commissione per il riconoscimento� delle quaiifiche spettanti 
ai partigiani provvede alla nomina di un se�gretario, che nella 
sua qualitd di componente della Commissione stessa, pu� legittimamente 
�Ssolvere le funzioni di relatore (2). 
� .illegittima l'omessa promozione di un Ufficiale perr merito di 
guerra sulla base del parere espresso dalla Commissione di secondo 
grado per il ric()ll/,;oscimento delle �qualifiche spettanti ai partigiani, 
ove non risulti essere stato acquisito agli atti il parere deUa competente 
Commissione di avanzamento prevista dall'art. 1 del d.lgt. 6 novembre 
1946, n. 94 (3). 

� iUegittima la deliberazione dell'organo collegiale nell'ipotesi che 
nei verbale della riuni~e sia stata omessa la menzione dei nominativi 
degLi .intervenuti, risolvendosi detta omissione nell'impossibilitd di 
esercitare il controllo di legittimitd sull'atto collegiale (4). 

(1) Cfr. IV, 10 maggio 1955, n. 327, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 586. 
(2) Massima esatta. 
(3) Cfr. IV, 30 ottobre 1954, n. 712, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 981. 
(4) Giurisprudenza costante. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 ottobre 1971, n. 923 -Pres. ed 
Est. Battara -Coronini (avv. Zanframundo) c. Ministero del Tesoro 
(avv. Stato Mataloni). 

Danni di guerra -Beni perduti all'estero -Lucro cessante -Esclusione 
dall'indennizzo -Legittimit�. 

(1. 29 gttobre 1954, n. 1050, art. 2). 
Danni di guerra -Beni perduti all'estero -Indennizzo -Liquidazione / 
Motivazione per relationem -Legittimit�. ; lllflllli!l!I 

Danni di guerra -Beni perduti all'estero -Indennizzo -Omessa valutazione 
di perizia di parte -Valutazione U.T.E. -Legittimit�. 

11,1-tema d'indennizzo per beni perduti all'estero l'art. 2 della 
legge 29 ottobre 1954, n. 1050 esclude esplicitamente dalla valuta




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

83 

zione da compiersi il lucro cessante: legittimamente, pertanto, viene 
esclusa la spettanza di interessi sulle somme da liquidare (1). 

Il provvedimento di liquidazione dell'indennizzo per beni perduti 
all'estero � congruamente motivato per relationem con riferimento 
sia al parere della competente Commissione amministrativa che alla 
valutazione dell'Ufficio tecnico erariale (2). 

� legittimo il provvedimento di determinazione dell'indennizzo 
spettante ai titolari di beni abbandonati all'estero in conseguenza de�l 
Trattato di pace, che venga fondato suil'accertamento compiuto dall'Ufficio 
tecnico erwriale e non suila perizia di parte di gran lunga 
superiore, non concretandosi il suddetto riconoscimento neU'integrale 
soddisfacimento del danno subito (3). 

(1) Giurisprudenza costante: cfr. IV, 2 5 novembre 1969, n. 730, Il 
Consiglio di Stato 1969, I, 2106. 
(2) Massima esatta. 
(3) Cfr. IV, 22 giugno 1962, n. 421, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1108. 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 settembre 1971, n. 2645 -Pres. 
Mirabelli -Est. Alibrmndi -P. M. Secco (conf.) -Bartoletti (avv. Magrone) 
c. Ministero delle Finanze '(avv. Stato Corsini). 

Imposta di ricchezza mobile -Plusvalenze tassabili. -Presupposto Cessione 
di azienda -Re~olarizzazione di societ� di fatto -Non si 
verifica. 

(d.p. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81, 166 e 106). 
La regolarizzazione di una societ� di fatto non comporta un trasferimento 
di patrimonio da uno ad altro soggetto e non realizza quindi il 
presupposto per la creazione di plusvalenze tassabili (1). 

(Omissis). -Con il primo, secondo e quinto motivo del ricorso 
che, avendo in comune l'oggetto, possono essere esaminati congiuntamente 
-i Bartoletti denunziano, in relazione agli artt. 111 della Costituzione 
e 360, mn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione delle norme 
sulla tassazione dell'avviamento agli effotti dell'imposta di ricchezza 
mobile (art. 3 legge 8 giugno 1936, n. 1231, trasfuso negli artt. 81 e 100 
del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645), con riferimento sia agli artt. 2297, 2268, 
2270, 2�317, 2311, �e.e., ed agli artt. 2 e 8 t,u. 5 luglio 1951, n. 573 sia agli 
artt. 2457, 2448 e 2498 e.e.; violazione e falsa applicazione degli artt. 8 

t.u. 24 agosto 1887, n. 40>21 e 63 reg. 11 luglio 1907, n. 560, sulla percezione 
del reddito tassabile agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile; 
violazidne o falsa applicazione �~elle norme sulla trasformazione delle 
societ�, in relazione ai mutamenti soggettivi ed oggettivi che si verificano 
per effetto della trasformazione stessa (art. 249'8, 2328, 2369, 2361 e 
2487 e.e.). Lamentano, in particolare, i ricorrenti che la Commissione 
(1) Viene confermato, in maniera da ritenersi definitivo, il princ1p10 
che nella regolarizzazione della societ� di fatto l'originario soggetto resta 
il medesimo e quindi non si verifica trasferimento del patrimonio sociale; 
le conseguenze che ne derivano ai fini della tassabilit� di plusvalenze e 
dell'avviamento con l'imposta di ricchezza mobile e della imposizione di 
registro sono ormai note (v. FAVARA, La trasformazione delle Societ� e le 
plusvalenze imponibili; in questa Rassegna; 1969, I, 86; DI PACE, Regolarizzazione 
di societ� di fatto e imposta di registro, ivi 1970, I, 605). 

PAltTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 85 

centrale, considerando la societ� di fatto'alla ,stregua di una comunione, 
abbi~ ritenuto che la sua trasformaziotne in societ� per azioni dia luogo 
all'estinzione della prima ed alla costituzione di un nuovo soggetto, con 
conseguente cessione a questo dell'azienda avviata. Sostengono che, 
invece, la trasformazione della sodet�, come non d� origilne ad un nuovo 
soggetto, cosi non d� luogo all'alienazione dell'azienda sociale, onde non 
si ha realizzazione di un plus-valore �corrispondente all'avviamento, 1n� 
tale realizzazione .si verifica per �effetto della consegna ai soci delle 
azioni deHa nuova societ�, .perch� il plus-valore .continua ad-essere 
conglobato nel capitale che lo ha prodotto e pu� anche scomparire con 
le mutate fortune dell'aziie�nda, .senza tradursi in termini pecuniari. 
Negano, 1infine, i ricOTrenti che si sia verificato alcun mutamento, soggettivo 
ed oggettivo, a seguito della trasformazione della societ�, la 
quale ha soltanto ampliato la sfera dell'ogg�etto sociale. 

Le censure di �Cui ai suddetti mezzi sono fondate. 

Va premesso, per una migliore intelligenza delle questioni sollevate 
dai ricorrenti, che l'art. 81 del d.P.R. 29 gc:Jnnaio 1958, n. 645, che ha 
approvato il t.u. delle leggi sulle imposte dirette, ha assunto, come 
distinti presupposti dell'imposta di ricchezza mobile, da un lato, la produzione 
di un reddito netto (comma primo) e, da. un altro, taluni incre


~ menWe plus-valori patrimoniali (comma secondo). Tra questi ultimi sono 
incluse' le plus-valenze indicate dai successivi artt. 100 e 106, cio� le 
plus-valelnze, �Compreso l'avviamento, dei beni relativi ,all'impresa, le 
quali traggano origine dal vealizzo di detti beni ad un prezzo superiore 
al costo non ammortizzato o, se diverso, all'ultimo valore riconosciuto 
ai fini della determinazione del reddito. 
La plus-valenza, che non � tassabile di per s�, ma concorre a formare 
il reddito imponibile (art. 100, primo e secondo comma, e art. 106, 
primo comma), ha carattere differenziale, risultalndo dalla differenza tra 
ricavi e costi di determinati beni. 
Dalle norme sopra richiamate si deduce che il valore d'avviamento 
� tassabile, agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile, al momento 
del realizzo, il che 1si verifica allorquando 1si ha cessione della azienda 
ad un altro soggetto. Ci� � dimostrato da un argomento testuale offerto 
dall'art. 96 del t.u. n. 645 del 1958 che fa rinvio, tra l'altro, alla disposizione 
dell'art. 2427 e.e., secondo cui � L'avviamento pu� essere iscritto 
all'attivo del bilancio soltanto quando � stata pagata una somma a tale 
titolo nello acquisto dell'azienda alla quale si riferisce�. 
Del resto, che la riealizzazione del valore d'avviamento sia configurabile 
solo in caso di cessione dell'azienda, pu� desumersi dalla natura 
stessa dell'avviamento. Questo infatti_ non � un bene, sia pure immateriale, 
che abbia. esistenza giuridica autonoma, rispetto all'azieinda cui 
inerisce, e che possa concepirsi al' di fuori di questa. L.'avviamento, e, 
invece, una qualit� o un modo di essere dell'azienda: �, precisamente, 


86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'attitudine di questa, considerata nel 1suo momento dinamico, a produrre, 
a beneficio dell'imprenditore, utilit� economiche maggiori di 
quelle che, indipendentemente dall'organizzazione aziendale, potrebbero 
ricavarsi dai singoli beni che l'azienda compongono (c:fr. Cass. sent. 

n. 1889 del 1967; sent. in. 3883 del 1968 e sent. n. 174 del 1971). 
Ci� premesso, la questione che si pone all'esame del Collegio pu� 
riassumersi nei seguenti termini: se la trasformazione di una societ� di 
fatto in societ� per azioni dia luogo, oppur no, alla cessione della azienda 
sociale con conseguente realizzazione del valore d'avviamento, tassa


bile con l'imposta di ricchezza mobile, a norma dell'art. 81, comma secondo, 
e 100 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

La tesi affermativa, accolta dalla Commissione centrale, non pu� 
es.sere condivisa. 

Secondo un indirizzo giurisprudenziale pi� volte affermato da questa 
Corte Suprema, la disposizione dell'art. 2,493 c,c., relativa alla trasformazione 
di societ� di persone in societ� di capitali, si applica anche 
alle societ� di fatto e a quelle irregolarmente costituite che si trasformano 
in societ� di capitali. E la trasformazione costituisce un evento 
che incide soltanto sull'organizzaziorie e sulla struttura della societ�, 
senza che d� comporti la estinzione della prima societ� e la creazione 
di un nuovo e diverso centro d'imputazione di diritti � di obbligazioni, 
avendosi la continuazione della vecchia societ� che, in \nuova e diversa 
veste, resta titolare dei rapporti giuridici da essa costituiti precedentemente 
alla trasformazione (sent. n. 1268 del 1958, sent. n. 2502 del 1956 
e sent. n. 827 del 1967). 

Da tale indirizzo non riti�ne di recedere questo Collegio, ravvisando 
esatti i principi giuridici che lo presidiano. Invero, a superare l'obiezione 
di chi esclude la possibilit� della trasformazione, ex art. 2498, e.e., 
sul rilievo che questa presupporrebbe una societ� costituita in uno dei 
tipi legali, � sufficiente richiamare gli art. 22'97 e 23117 e.e. per i quali 
alla societ� che non � iscritta nel registro delle imprese si estendono, 
per ci� che concerne -i rapporti fra la societ� ed i terzi, le disposizioni 
relative alla societ� semplice, con rinvio che si estende alla trasformazione 
(v. Cass. sent. 25 giugno 1966, n. 1347). 

Inoltre, che la trasformazione della societ� di fatto non contrasti 
con i principi fondamentali del nostro ordinamento, pu� trarsi puntuale 
conferma dalla legge 17 febbraio 1968, n. 57' la quale, oltre a prorogare 
le agevofazioni fiscali accordate dalla precedente legge 18 marzo 1965, 

n. 170, per le trasformazioni, fusioni e concentrazioni di societ� commerciali, 
estende l'applicabilit� dei benefici tributari � alle societ� di 
fatto o irregolari che dopo la data di elntra~a in vigore della legge 
stessa � (cio� quella del 1965) � si regolarizzino mediante atto assoggettato 
alla registrazione con il pagamento flelle relative imposte � 
(art. 4 comma primo), equiparando, agli effetti fiscali, la c.d. regolariz

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

zazione delle societ� di fatto ed irregolari alla trasformazione della 
societ� ex art. 2498 e.e. (cfr. Cass. sent. n. 92 del 1970). 

Ora, una volta che si ritenga che resti identico l'originario soggetto, 
sia pure in veste giuridica mutata, per effetto della trasformazione della 
struttura e dell'organizzazione rsociale, ne consegue che deve escludersi 
il trasferimento del patrimonio sociale e, quindi, la cessione dell'azienda, 
presupponendo questa una trasmissione da un soggetto ad un altro, che 
non � dato ravvisare in caso di trasformazione di societ� di fatto, per 
le considerazioni dianzi esposte. 

Oppone la difesa dell'Amministrazione resistente che la societ� di 
fatto � priva di personalit� giuridica, distinta da quella dei soci, mentre 
la societ� per azioni � soggetto di diritti; e questo nuovo soggetto dovrebbe 
essere configurato come cessiona,rio della azienda sociale, onde 
il trasferimento di questa dai soci, titolari dell'azienda, alla societ� per 
azioni, costituirebbe realizzazione del valore d'avviamento, tassabile agli 
effetti dell'imposta di ricchezza mobile. 

Tale argomentazione noin pu� accogliersi, perch� muo;t,re da inesatto 
presupposto, cio� quello di negare ogni realt� giuridica alla societ� di 
fatto. Questa, anche se priva di personalit� giuridic1;1, � per� fornita di 
autonomia patrimoniale, come � dato desumere da quanto dispongono 
g� artt. 2268 cod. civ. sulla escussione preventiva del patrimonio sociale 
e 2271 stesso codice sull'esclusione della compeinsazione fra il debito 
del terzo verso la societ� ed il credito che egli ha verso il socio. 

Inoltre, la tesi della resistente contrasta con :i iprincipi che presidiano 
la soggettivit� tributaria, in base ai quali la capacit� giuridica, 
nel campo dei tributi, � pi� ampia rispetto a quella di diritto privato, 
essendo estesa al soggetto collettivo non personificato. Infatti, l'art. 8 
del citato t.u. delle leggi sulle imposte dirette, dopo aver precisato che 
sono soggetti passivi del rapporto tributario �le persone fisiche e giuridiche, 
le societ� e le associazioni�, aggiul'.n.ge che soggetti passivi sono 
anche �le altre organizzazioni di persone o di beni prive di personalit� 
giuridica�. Non diverso argomento pu� trarsi sia dall'art. 2 del decreto 
presidenziale 5 luglio 1951, n. 573, che approva il t.u. delle norme sulla 
dichiarazione dei redditi soggetti alle imposte dirette, norma che ha 
sostituito l'art. 9 dell'abrogato r.d. 17 settembre 1931, n. 1608; sia dall'art. 
3, n. 7 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, istitutiva di uina 
ritenuta d'acconto sugli utili delle societ�. 

Tali considerazioni dimostrano che nel caso di specie, soggetto passivo 
del rapporto tri:butario � la societ� di fatto, titolare dell'azienda, 
non gi� i soci di questa; e poich� tale soggetto � rimasto immutato, anche 
dopo la trasformazione di cui all'atto pubblico del 3 gennaio 1953, va 
escluso che vi sia stata cessione dell'azienda. 

Neppure pu� essere coindiviso l'altro argomento, svolto anche in 
sede di discussione orale dalla difesa della resiste:�ite; cio� quello secondo 


88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cui la realizzazione da parte dei ricorrenti del plus-valore corrispondente 
all'avviamento � costituita dalla commutazione di tale plus-valenza nelle 
azioni della nuov:a societ�. Infatti, il tramutamento delle quote in azioni 
inon equivale a realizzazione del valore d'avviamento, tassabile a norma 
del citato art. 81, secondo comma, in relazione al successivo art. 100, in 
quanto tale tassazione fa riferimento ad un reddito effettivo non semplicemente 
potenziale. In altre parole, la realizzazione del valore d'avviamento 
in tanto � tassabile i!n quanto ,si traduca in una determinata 
quantit� pecuniaria, succettibile di effettivo godimento. 

� Privo di fondamento �, infine, anche l'argomento che la resistente 
trae dalla circostanza che l'oggetto sociale della costituita societ� per 
azioni � pi� ampio rispet.to a quello della prece~ente societ� di :llatto. 
La circostanza, fu.vero, non �: rilevante e non pu� indurre a diversa 
conclusione, mancando, come dianzi � stato chiarito, l'elemento fondamentale 
della fattispecie legale prevista dai �citati artt. 81 e 100 del t.u. 
del 19>58, cio� quello della cessione dell'azienda sociale, alla quale 
soltanto � possibile ricollegare la realizzazione del valore di avviamento 
-(Omissis). 

i 

! 

~ 

(;

,. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 ottobre 1971, n. 2719 -Pres. Mar! 
letta -Est. Berarducci -P. M. :�Maio (conf.) -Terraghl (avv. ZapI 
fpal�) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). f 

I ~ 

Impost~ e tasse in genere -Imposte indirette -Accertamento di maggior 
valore -Ol>bligo dell'ufficio di indicare distintamente il vai


i

lore attribuito a ciascuno dei beni -Insussistenza quando nell'atto 
sia stato dichiarato un valore complessivo. I 

(r.d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21). I 
In caso di trasferimento con lo stesso atto di pi� beni immobili distinti 
ed indipendenti, l'Ufficio non ha l'obbligo di indicare distintamente 

I 

nell'avviso di accertamento di maggior valore il valore attribuito a 

I!

ciascuno di essi, quando neU'atto sia stato dichiarato un valore comples


sivo, in quanto la specificazione da parte del contribuente del valore di !

!

ciascun bene � condizione indispensabile perch� l'Ufficio possa procede.re 

! 

aWoperazione prevista daWart. 21 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (1). 

! 

! 

(1) I. -Anche in questa causa, come nella maggior parte delle con~ 
troversie tributarie, erano in discussione una serie di questioni di legitl 
timit� dell'azione amministrativa diretta all'accertamento ed alla riscosf 


sione del tributo. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 89 

(Omissis). -Con il terzo motivo si deduce violazione dell'art. 21, 
secondo comma del r.d.l. 7 ,agosto 1936, n. 16<39, e, quindi, nullit� dell'avviso 
di: accertamento, per avere, in esso, l'Ufficio indicato, per i boschi 
ed i fabbricati, un valore complessivo, anzich� distintamente il valore 
attribuito ad ognuno di tali beni, cos� come prescritto dal predetto 
art. 21, secondo comma. 

Anche questo movito � privo di fondamento. 

La tesi del ricorrente, secondo cui, in ogni caso di trasferimento 
con lo stesso atto, di pi� beni immobili distinti ed indipendenti, l'Ufficio, 
nell'avviso di accertamento di maggior valore, avrebbe l'obbligo di indicare 
distintamente il valore attribuito ad ognuno dei beni �ggetto dell'atto 
di trasf,erimento, anche quando per essi, nell'atto, sia stato dichiarato 
un valore complessivo, trova, invero, un insormontabile ostacolo 
nel testo letterale della norma di cui al secondo comma dell'art. 21 del 

r.d.l. del 1936, n. 1639, che nella parte che qui.interessa, � del seguente 
tenore: � In contrapposizione ai prezzi, corrispettivi o valori dichiarati� 
o determinati, l'ufficio, nell'avviso di accertamento, indicher� quel valore 
che I'Amministrazione reputa doversi attribuire a ciascuno dei 
beni, escludendo:ne qu�lli per i quali l'ufficio ritenesse congruo il valore, 
prezzo o corrispetti'vo dichiq.r,ato o determinato... �. 
Infatti, se le parole dal legislatore adoperate nella formulazione di 
tale norma hanno un significato, questo non pu� essere se non nel senso' 
che l'ufficio, nell'ipotesi di atto di trasferimento compl'endente pi� beni, 
ha l'obbligo, nell'avviso di accertamento, di inqilcare quel valore che 
l'Amministrazione reputa doversi attrtbuire ad ognuno di detti be;ni in 

Si doveva decidere, tra l'altro, se dovesse dichiararsi nullo l'avviso 
di accertamento di maggior valore, per mancanza di indicazione dei valori 
attribuiti distintamente ad ognuno dei beni compresi nel trasferimento 
ancorch� nell'atto fosse stato indicato il l<;>ro prezzo complessivo. 

Gi� la Corte di Appello di Firenze, con sentenza 24 gennaio 1969_, 
aveva giudicato che � nella specie nel rogito Farneti appare soltanto il 
prezzo complessivo di L. 28.000.000 per tutti i beni compravenduti, per 
modo che la Finanza era tenuta soltanto a notificare un avviso di accertamento 
di maggior valore complessivo �. 

Questa decisione � stata ora confermata dalla sentenza delle Sezioni 
Unite della Cassazione con esauriente motivazione, che ha esaminato la 
disposizione dell'art. 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, nella parte che 
regola il contenuto dell'atto di accertamento sotto il profilo letterale, logico 
� storico. , 

Mentre nulla c'� da aggiungere a quanto la sentenza ha precisato in 
ordine alla interpretazione letterale e logica della norma, pu� essere 
utile qualche pi� diffusa notizia sui suoi precedenti legislativi e la loro 
applicazione amministrativa e giurisprudenziale. 

L'art. 2 del regolamento 11 giugno 1911, n. 544, disponeva: � Quando 
nelle stipulazioni o dichiarazioni delle parti siano stati separatamente de




90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contrapposizione al minor valore che per ciascuno di essi � stato dichiarato 
dal contribuente. Che sia questo il significato della sopra riportata 
disposizione, lo conferma l'inciso contenuto nella seconda parte della 
stessa disposizione, laddove si prevede l'esclusrone, dall'avviso di accertam�nto, 
di quei beni per i quali l'ufficio ritenga congruo il valore, 
prezzo o corrispettivo dichiarato o determinato. Con tale inciso, infatti, 
la norma in esame non impone all'ufficio di indicare distintamente il 
valore di tutti i beni oggetto dell'atto di trasferimento, ma solo di quei 
beni in relazione ai quali lo stesso ufficio ritiene che il valore per essi 
dichiarato non sia congruo. Il che sta a significare che la specificazione, 
da parte del contribuente, del valore di ciascun bene, � condizione indispensabile 
perch� l'ufficio possa procedere all'operazione prevista dall'anzidetta 
disposizione, giacch� solo in tal caso l'ufficio stesso � posto 
in grado di individuare i beni in ordine ai quali � stato dichiail'ato un 
valore non congruo e di indicarli, quindi, nell'avviso di accertame!nto, 
con il diverso, maggior valore ad ognuno di essi attribuito, escludendo 
quelli per i quali ritiene che il valore dichiarato sia congruo. 

Ma, oltre che l'interpretazione letteral�e, contro la tesi del ricorrente 
sta anche l'interpretazione logica della norma in questione, laddove 

l 


questa prescrive che l'indicazione, da parte dell'ufficio, nell'avviso di 

I 

accertamento, del valore di ogni singolo,_bene, sia fatta �in contrappo-i 

scritti e valutati pi� beni immobili, la domanda di stima deve limitarsi 

ai soli beni pei quali il prezzo convenuto o il valore dichiarato sia repu


1 

tato inferiore di oltre il sesto o l'ottavo... a quello che gli stessi beni ave; 
vano in comune commercio al momento del trasferimento e deve specifi1 
carli, indicando il valore che l'Amministrazione attribuisce a ciascuno 1 
di essi�. 

Sulla base di questa disposizione la giurisprudenza afferm� che la !

i

domanda di stima -pi� tardi sostituita dalla notifica dei maggiori valori 
accertati (art. 4 d.l. 24 novembre 1919 n. 2163, all. A) -dovesse contenere, 

I 

a pena di nullit�, � l'indicazione specifica dell'aumento di valore attribuito 
ad ogni trasmissione � (Cass. Roma 25 giugno 1912, in Foro it. 1912, I, 1399 

I 
con nota di ampi richiami di giurisprudenza e dottrina; Cass. Roma 30 maggio 
1916, ivi 1916, I, 969) ma questo solo nel oaso che l'atto contenesse pi� 
disposizioni di vendita e per ognuna di esse fosse indicato un prezzo 

l 

distinto (3). 

Con regio decreto 18 agosto 1920, n. 1220, si vollero circoscrivere i 
casi in cui fosse prescritta la specificazione dei valori, stabilendo che 
questa non era necessaria qualora si trattasse di parti di uno stesso immobile 
(art. 2) e si escluse la sanzione di nullit�, dando la possibilit� al 
contribuente, cui fosse stato notificato un valore comP.lessivo, di chiedere 
la specificazione e facendo obbligo all'Ufficio di provvedervi con una nuova 
notifica. 

A seguito di queste nuove disposizioni e dell'emanazione dei regi 
decreti 30 dicembre 1923, n. 3269 e n. 3270, la giurisprudenza escluse che la 
mancata specificazione dei valori desse luogo a nullit� (Cass. Roma 21 lu




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 91 

sizione � al valore dichiarato dal contribuente. Tale �contrapposizione � 
presuppone, invero, che i due termfni del1a contrapposizione modesima 
siano omogenei quanto all'oggetto cui si riferisce il valore, nel senso 
che i due valori da opporre l'uno all'altro, abbiano per oggetto lo stesso 
bene immobile. Sarebbe, infatti, fuori di ogni criterio logico che, ove 
il contribuente, per i vari beni compresi nell'atto di trasferimento, 
avesse dichiarato u'.n valore complessivo, l'ufficio a tale valore fosse 
tenuto a contrapporre quello di alcuni di tali beni e distinto per ognuno 
di essi. 

In tal caso, una siffatta contrapposizione non avrebbe senso, per 
l'assoluta diversit� dell'oggetto dei due termini della contrapposizione 
medesima, fn quanto al valore complessivo di tutti i beni oggetto dell'atto 
di trasferimento verrebbe ad essere contrapposto il valore diverso 
di alcuni s0ltanto di tali beni. E ci� senza considerare le conseguenze 
che potrebbero derivare, a tutto danno, ovviamente, dell'Amministrazione 
finanziaria, ove al valore complessivo dei beni dichiarato dal contribuente, 
l'ufficio fosse obbligato a contrapporre il valore distinto di 
alcuni di 'essi e tale valore, nel ,suo complesso, non raggiungesse quello 
dichiarato dal contribuente. Si consideri, invero, che, in tal caso, ove 
il contribuente si acquietasse �ll'accertamento d1ell'ufficio, il valore 
complessivo dei beni dichiarato dal contribuente medesimo rima,rrebbe 

glio 1920, in Foro it. 1920, I, 819 �on nota di richiami; Cass. 10 g,ennaio 1928, 
in Dir. e prat. trib. 1929, 202). 

Con l'entrata in vigore del regio decreto legge 7 agosto 1936, n. 1639, 
convertito nella legge 7 giugno 1937, n. 1016, contenente la riforma degli 
ordinamenti tributari, si � disputato in dottrina se la mancata specificazione 
dei valori nell'avviso di accertamento determini la nullit� dell'avviso 
stesso, ma questo sempre e soltanto nel caso che da parte del contribuente 
fosse stata fatta nell'atto o nella dichiarazione analoga specificazione 
di prezzi o di valori (affermano che la mancata specificazione determini 
nullit�: UcKMAR, La legge di registro, ed. 1949, vol. I, pag. 383; 
AMADIO, Mancata specificazione del valore dei singoli beni nell'accertamento 
di maggior valore notificato dall'Ufficio, in Riv. Leg. Fiscale, 1954, 327; 
JAMMARINO, Commento alla legge sulle Imposte di Registro, ed. 1962, vol. I, 
pag. 231. Contra: RAVAGLI, Dell'accertamento del valore dei beni, ed. 1940, 
pag. 180). Mai, infatti, � stato posto in dubbio che quando l'atto o la dichiarazione
� del contribuente contenga l'indicazione di un pTezzo o valore 
complessivo, la finanza non abbia obbligo di specificazione analitica dei valori 
accertati, ma possa legittimamente contrapporTe un unico valore complessivo. 


In questo senso � la prassi amministrativa (Circolare ministeriale 21 
denza della Commissione Centrale delle Imposte (7), mentre la Oassaaprile 
1938) e la costante giurisprudenza della Commissione Centrale delle 
Imposte (dee. 30 novembre 1953, n. 54416, Riv. leg. fisc. 1954, 425; dee. 25 
giugno 1956, n. 83709, ivi, 1957, 1468; dee. 17 ottobre 1956 n. 85148, ivi, 1957, 
1475; dee. 12 ottobre 1959, n. 19878, ivi, 1961, 172) mentre la Cassazione non 
aveva avuto ancora occasione di pronunciarsi in merito dopo l'entrata in 
vigore della legge vigente. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

92 

!invariato e l'accertamento dell'ufficio cresterebbe, conseguentemente, pri


vo di pratico risultato. Il che dimostra che, oltre tutto, �1 lo stesso si


stema dell'accer:tamento del valore dei beni oggetto de.gli atti tassabiil.i 

ad escludere che la norma in esame possa essere interpretata nel senso 

che, anche quando il co:ntribuente abbia dichiarato il valore comples


sivo dei beni, l'ufficio ha ugualmente l'obbligo di indicare il valore 

distinto per ognun� Jciei beni per i quali non ritiene congruo il valore 

dichiarato. 

N� si opponga che, ad una. contrapposizione di due termj:ni aventi 

lo stesso oggetto si potrebbe ugualmente pervenire se l'ufficio indicasse 

distintamente il valore di tutti i beni oggetto dell'atto di trasferimento, 

e poi contrapponesse la somma di tali valori al valore complessivo 

dichiarato dal �contribuente. Riesce agevole, invero, osservare in con


trario, che una siffatta contrapposizione di valori costituirebbe, per 

l'ufficio non un obbUgo -importante, come tale, in caso di violazione, 

la nullit� dell'avviso di accertamento -bens� una mera. facolt�, il. 

cui esercizio sarebbe, peraltro, 0non conforme alla �ratio � della norma 

in esame, ravvisabile nell'intento del legislatore di porre le parti, contri


buente ed amministrazione, su un piano di perfetta parit� nello svolgi


mento del procedimento velativo alla determinazione del valore dei beni 

oggetto dell'atto tassabile. 

Conforta, infine, nella interpretazione ch� precede, anche l'ele


mento storico, in quanto giova ricocrdare �che le disposizioni che disci


plinavano, la materia antecedentemente alla norma in esame (v. art. 2 

del regolamento 11 giugno 1911, n. 544, e successive disposizioni) noh 

differivano sostanzialmente da quest'ultima e furono interpretate dalla 

giurisprudenza del tempo (cfr. sent. Cass. Roma 2 dicembre 1916, in 

F .I., 1917, I, 264) nello stesso senso �di che sopra. 

Sulla ba~e delle considerazioni che precedo:no, deve, quindi, con


cludersi �che la norma. del secondo comma dell'art. 21 del r.d.l. 7 ago-

II. -Questa interpretazione dell'art. 21 del regio decreto legge 7 agosto 
1936, n. 1639, che condiziona l'obbligo della Finanza di modificare distintamente 
il valore attribuito ad ognuno dei beni alla sussistenza di una 
dichiarazione analitica da parte del c�ntribuente, trova perfetta corrispondenza 
nelle disposizioni che regolano l'accertamento delle imposte 
dirette, per cui l'obbligo della motivazione introdotto con l'aTt. 6 della 
� legge 11 gennaio 1951, n. 25, e confermato dall'art. 1 della legge 5 gennaio 
1956, n. 1, � stato, con l'art. 37 del testo unico 29' gennaio 1958, n. 645, 
espressamente condizionato ad una dichiarazione del contribuente, contenente 
� l'indicazione analitica degli elementi attivi e passivi �. E la Cassazione 
ha gi� avuto occasione di applicare ripetutamente tale disposizione 
(Sez. Un. 3 maggio 1971, n. 1271, in questa Rassegna, 197, I, 1076). 

E. VITALIANI 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 93 

sto 1936, n. 1639, va interpretata nel senso che l'ufficio ha l'obbligo di 
indicare, nell'avviso di accertamento, il valore distintamente attribuito 
ad ognuno dei beni oggetto dell'atto tassabile per .i quali no:n ritiene 
congruo il valore dichiarato, solo nella ipotesi in cui dal contribuente 
sia stato dichiarato un valore distinto per ognuno di tali beni, e che, 
pertanto, tale obbligo non sussiste allQrqua;ndo il contribuente si sia 
limitato ad indicare, per detti beni, uh valore complessivo, potendo, 
in tal caso, l'ufficio, al valore indicato, contxapporre, nell'avviso di 
accertamento, un maggior valore complessivo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1971, n. 2893 -Pres. Giannattasio 
-Est. Sposato -P. M. Del Grosso (conf.) -Italsider (avv. 
Uckmar) c. Ministero deHe Finanze (avv. Stato Coronas). 

Imposta di registro -Societ� -Fusione -Imposta proporzionale -� 
dovuta. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, Tariffa A, art. 81; e.e. art. 2504). 
Imposta di registro -Societ� -Fusione -Conferimento di navi -Aliquota 
applicabile -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 3 e 81; I. 6 agosto 1954, n. 603, 
artt. 34 e 35; d.l. 5 marzo 1942, n. 192, art. 5). 
Nella fusione di societ� si avvera sempre la cessazione di uno o pi� 
soggetti sociali autonomi, ossia l'estinzione delle societ� che si fondono, 
ove ci� avvenga per concentrazione, o l'estinzione della o delle societ� 
incorporate se la fusione ha luogo per incorporazione; in tale caso si 
verifica quindi un trasferimento, assimilabile alla successione a titolo 
universale, soggetto aU'imposta proporzionale dell'art. 81 tariffa A (1). 

Solo in alcuni casi il trasferimento d.i beni � equiparato ai fini del 
tributo di registro al conferimento in societ�, ma s�no anche legislativamente 
previsti diversi regimi tributari per l'una e per l'altra ipotesi; 
ci� avviene per le navi per le quali il trasferimento (art. 3 della tariffa 

A. della legge di registro, modificato dall'art. 34 della le�gge 6 agosto 
1954, n. 603) � soggetto aU'aliquo~a dello 0,50 % , mentre il conferi(
1-2) Sulla prima massiisa v. la sent. 10 novembre 1971 n. 3186 (in 
questo fascicolo pag. 106) che ha anche precisato che � assoggettabile alla 
imposta l'avviamento commerciale e che il valore del patrimonio trasferito 
� soggetto ad accertamento di congruit�. 

Sulla seconda massima non constano precedenti. 



94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento in societ� (art. 81 tariffa A, modificato daU'art. 35 della citata 
legge n. 603) deve scontare l'aliquota dell'l % riducibile alla met� in 
caso di fusione. � quindi manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit� 
costituzionale della norma dell'art. 81 della tariffa A per contrasto 
con l'art. 3 della Costituzione, perch� il trasferimento e il conferimento 
sono specie diverse anche se dello stesso genere (2). 

(Omissis). -Con il secondo m�tivo la ricorrente -denunziando la 
violazione dell'art. 4 r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269 -ripropone la 
tesi che nella fusione di societ� non viene po.sto tn �esser alcun trasferimento 
di beni o di diritti e che,� di conseguenza, nonostante che l'articolo 
81 della Tariffa All. A) alla legge organica di registro li assoggetti 
ad imposta proporzionale, gli atti di fusione sono da .sottoporre ad 
imposta graduale, dal momento che la tariffa alleg.ata aJ.la legge non 
pu� prevalere sulla legge �e, nel caso, sul principio generale, stabilito 
dall'art. 4 della legge, per cui l'imposta proporzionale si applica alle 
trasmissioni della propriet� e degli altri diritti reali, laddove -come 
disposto dal successivo art. 5 -gli atti che non operano la trasmissione 
di valori o di diritti sono tassabili con l'imposta graduale. 

L'assunto � privo di giuridico fondamento in quanto nella fusione 
si avvera sempre la cessazione' di uno o pi� soggetti sociali autonomi, 
ossia l'estinzione delle societ� che si fondono, ove ci� avvenga per concentrazione, 
o l'estinzione della societ� o delle societ� incorpora.te se la 
fusione ha luogo per incorporazione. � evidente che, se vi � estinzione di 
soggetti, non pu� non esservi trasmissione di diritti e di obblighi; e, 
difatti, la stessa legge, nell'art. 2504 e.e., testualmente dichiara che 
la societ� incorporante, o quella �che risulta dalla fusione, assume i diritti 
� gli obblighi delle societ� estinte. Si tratta -come questa Suprema 
Corte ha avuto occasione di affermare (v. Cass. 21 giugno 1961, 

n. 1482; 29 agosto 1963, n. 2372) di un fenomeno analogo a quello 
della successione a titolo universale. Non vi �, dunque, nessun contrasto 
fra i principi generali enunciati negli artt. 4 e 5 della legge di registro 
e �l'art. 81 della tariffa ali. A) alla medesima legge. . 
L'altra tesi della ricorrente, ossia quella relativa aH'aliquota della 
imposta proporzionale applicabile al trasferimento delle navi con l'atto 
di fusione, � riproposta con il terzo motivo, �con il quale si denunzia la 
viofazione dell'art. 3 tar. all. A) della legge di registro e dell'art. 5 
del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 192. Si sostiene che -anche ad ammettere 
che la fusione operi �n trasferimento -il conferimento di navi in societ� 
� soggetto all'imposta proporzionale dello 0,50 % , stabilita dallo 
art. 34 della legg.e 6 agosto 1954, n. 603 per i trasferimenti di navi, 
e ,che, trattandosi non di costituzione, ma di fusione di societ�, la detta 
aliquota � dimezzata in virt� di quanto dispone l'art. 5 del d.l. 5 marzo � 
1952, n. 192: ci� perch� -assume la ricorrente -le navi, mobili regi



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

strati, non rientrano nella categoria dei beni mobili di cui alla lettera a) 
del citato art. 81 della tariffa; e perch� i conferimenti: in societ�, non_ 
hanno natura diversa dai trasferimenti. Che se, invece--: soggiunge la 
ricorrente -si dovesse ritenere che anche i conferimenti di l:navi rientrano 
nella previsione della lettera a) della citata norma tariffaria, 
sorgerebbe allora una fondata questione di legittimit� costituzionale di 
detta norma, .essendo evidente il contrasto con. l'art. 3 della Costituzione 
-mirante a garantire identica regolamentazione giuridica� a fattispecie 
identiche -dell'assoggettamento dei conferimenti di navi in societ� 
ad un gravame fiscale (all'imposta dell'l % stabilita� dalla lettera a) del 
citato art. 81 per i beni mobili in genere) esattamente doppio di. quello 
al quale � soggetto il trasferimento degli stessi beni in tutti gli altri 
casi (lo 0,50 % stabilito daJ.l'art. 34 della legge del 1954). 

Il motivo non ha fondamento.. 

Effettivamente da talune norme trabutarie le navi sono considerate 
alla stregua degli immo,l>ili anzich� dei beni mobili, e vi sono pure altre 
norme che prevedono, insieme e indifferentemente, le due ipotesi del 
trasferimento a titolo oneroso �e del conferimento in societ�. Cosi l'articolo 
1'5 del d.�. 7 agosto 1936, n. 1639 detta uno stesso criterio di valutazione 
sia per l'ipotesi del trasferimento, sia� per quella del conferimento 
nelle societ� e nelle fusioni di societ�, e, nello stesso tempo, 
dispone che la valutazione delle navi deve aver luogo alla stessa maniera 
di quella dei beni immobili anzich� di quella dei mobili e l'articolo 
32 della legge n. 603 del 1954 stabilisce, nella stessa misura, l'imposta 
proporzionale sia per i trasferimenti sia per i conferimenti in 
societ� di beni immopili o di altri diritti reali immobiliari. Ci�, per�, 
non autorizza la conclusione che, in via generale e ad ogni effetto, nella 
disciplina legislativa dell'imposta della quale sL tratta, i trasferimenti 
ed i conferimenti ,....--che sono, bensi, specie dello .stesso genere, ma 
specie diverse -;siano ipotesi equivaleriiti; n� che dalla categoria dei 
beni mobili debbano essere escluse, in via ge:nerale e ad ogni effetto, le 
navi. Difatti la diversit� foa le due specie viene in considerazione nell'art. 
34 della legge n. 603 del 1934 che -a ddfferenza dell'art. 32 nel 
quale � contenuto il richiamo sia all'art. 1, sia all'art. 81 della Tariffa, 
relativi, rispettivamente, agli atti traslativi a titolo oneroso ed ai con;
ferimenti in sodet� -richiama soltanto l'art. 3 della medesima Tariffa, 
riguardante gli a�tti di compravendita di navi; e viene altresi in 

considerazione nell'art. 35 della medesima legge che stabilisce nell'l % 

l'imposta proporzdonale sui conferimenti in societ� di beni mobili, rela


tivamente .ai quali l'imposta sui trasferimenti a titolo oneroso �, fnvece, 

fissata, daU'art. 2 della Tariffa, nel 2 % . D'altra parte, � �evidente che se, 

per quanto si � detto, la misura dell'imposta varia a seconda che si 

tratti di trasferimenti o di conferimenti, neppure si pu� ritenere che fra 

i beni mobili di cui alla lettera a) dell'art. 81 della Tariffa non siano 


.....,,._ 

96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da comprendere anche le navi. Diversamente, per i corilerimenti in 
societ� delle navi mancherebbe nella legge la determinazione della misura 
dell'imposta. 

La prospettata questione di legittimit� costituzionale non sarebbe 
manifestamente infondata se fosse 'esatto il .suo presupposto: che cio� 
le due ipotesi del trasferimento e del conferimento i!n socdet� siano 
legislativamente equiparate. Ma tale presupposto non � esatto. Ontologicamente 
le due 1ipotesi, pur riconducibili, sotto certi aspetti, allo 
stesso genere, sono, per�, ipotesi diverse, e l'identit�, insussistente sul 
piano ontologko, neppure pu� ritenersi stabilita dalle norme positive, fo 
quali -come gi� si � visto -soltanto in taluni casi e per taluni, ben 
determinata, effetti prevedono una parit� di trattamento. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2,5 ottobre 1971, n. 3016 -Pres. Caporaso 
-Est. Pascasio -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finainze 
(avv. Stato Soprano) c. Longhi (avv. Taranto). 

lmp.pste e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione -Determinazione 
del valore di un fabbricato fatiscente sito in zona urbana 
in ragione del valore dell'area di risulta -Grave ed evidente errore 
.di apprezzamento -Esclusione. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 16.39, artt. 15, 16 e 29). 
Non � viziata da grave ed evidente errore di apprezzamento la 
decisione della Commissione Provinciale di valutazione che stabilisce 
il valore di un fabbricato fatiscente della zona centrale urbana di una 
grande citt�, in ragione del valore dell'area che potr�, risultare dalla 
demolizione, invece� che secondo la consistenza e la destinazione del fabbricato 
aUa data del trasferimento (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale si censura la 
sentenza per avere ravvisato nella decisione della Commissione provin


(1) Decisione di evidente esattezza. Quando il valore dell'area di 
risulta dalla demolizione � superiore a quello del fabbricato esistente, 
senza dubbio quello dell'area � il valore venale in comune commercio, 
rilevante anche ai fini della liquidazione delle imposte indirette. 

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ciale un grave ed evidente errore di apprezzamento, consistente nell'avere 
valutato un vecchio e fatiscente edificio sito ilil zona centralissima 
di Milano nel valore potenziale dell'area come suscettibile di utilizzazione 
pi� intensiva e non nel suo valol'e intrinseco attuale, in�orrendo 
cos� nella violazione degli artt. 15, 16 e 29 del d.l. 7 agosto 1936, 

n. 
1639, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 c.p.c. 
La censura � fondata. 
Come questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione di affermare, il 
ricorso all'Autorit� giudizia.ria avverso le decisioni delle Commissioni 
provinciali relative alla valutazione dei berui oggetto di imposte sui 
tr:asfermenti, � ammesso, ai sensi dell'ari. 29, terzo comma, del r.d. 7 
agosto 1936, .n. 1639, e dell'art. 42 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, nei 
casi di grave ed ev�idente errore di apprezzamento o di insufficiente calcolo 
nella determinazione del valore. 

Tali vizii possono ravvisarsi solo quando sussistano nella decisione 
errori di fatto� gravi ed evidenti, la decisione stessa sia frutto di criteri 
di valutazio:ne non conformi alla legge o dalla motivazione non risultino, 
sia pure sommariamente, gli elementi di fatto tenuti a calcolo 
per la determinazic:1e dei valori imponibili (sent. 7 gennaio 1967, n. 58). 

L'errore rilevato dalla Corte d'appello nella decisione della Commissione 
tributaria, non rientra per� fra quelli ora indicati perch� 
esso consisterebbe nell'avere attribuito al bene il valor.e relativo alla 
sua possibilit� di utilizzazione futura e non quello corrispondente alla 
sua condizione al tempo dell'aperta successione. 

Questo errore li.nfattd non .si riferisce n� agli elementi di fatto posti 
a base della decisione n�1 a criteri di valutazione che non siano conformi 
alla legge. La Commissione ha seguito, nella valutazione, un criterio 
che nop. soddisfa i contribuenti, ma non pu� dirsi che-esso sfa erroneo, 
poich� esso tende ad attribuire al bene. il suo valore commerciale al 
tempo dell'apertura della successd,ne, valore sul quale ha incidenza la 
possibilit� di utli.lizzazione per la realizzazione di una pi� ampia costruzione 
che, nella ZO/Ila centrale di Milano, non pu� non avere la sua 
influenza sulla valutazione del bene: utilizzazione possibile non soltanto 
in futuro, ma al momento stesso della successione. 

Neppul'e un .simJle criterio � difforme da quelld. dalla 1egge indicati, 
poich� l'art. 16 del citato r.d.l. del 1936 prescriv�e bens� aJle Commissioni 
di tener conto delle alienazioni, divisioni e perizie gdudiziarie relative 
agli stessi immobili o che si trovano in condizioni analoghe e della capitalizzazione 
del reddito di cui sono suscettibili immobili consimili,~ ma la 
prescrti.zione non � rtassativa, sicch� � i.in facolt� c�elle predette Commissioni 
di attenersi a criteri diversi, purch� chiaramente indicati ed 
ugualmente sufficienti a sostenere il giudizio di valutazione, cosi come la 
Commissione distl'ettuale aveva operato. -(Omissis). 


98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez: Un., 8 novembre 1971, n. 3141 -Pres. 
Marletta -Est. Ridola -P. M. Di Majo (conf.) -Soc. Edilizia Nazionale 
(avv. Zauchini e Visentini) c. Mtnistero delle Finanze (avv. 
Stato Cavalli). 

Imposte e tasse in ~enere -Estimazione semplice e complessa -Imposta

,. 
di ricchezza mobile -Interessi -Presunzione. 


(t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 50; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 86). 
� questione di estimazione semplice quelLa concernente la valutazione 
delle prove documentali e presuntive ai fini delta tassazione del 
reddito di ricchezza mobile sugli interessi (1). 

(Omissis). -Col motivo unico del ricorso principale la sentenza 
della Corte di� Genova viene censurata, ai ,sensi dell'art. 360, n. 1 c.p.c., 
per violazione dell'art. 50 del testo unico 24 agosto 1877, n. 4021, sulla 
imposta sui redditi di ricchezza mobile, e dell'art. 22, comma 3�, del 
decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639, sull'o�rdinamento del colntenzioso 
tributario. 

In particolare, la Societ� ricorrente lamenta che La Corte di merito, 
ritenuto trattavsi di controversia relativa a semplice estimazione di 
redditi: abbia dichiarato hl. difetto di giurisdizione dell'autovit� giudiziaria 
ordinaria e sostiene �che, al contrario, la contestaziione non si 
esauriva nella valutazione degli elementi di fatto costituenti il presupposto 
materiale del tributo, ma verteva sull'accertamento delle condizioni 
di validit� dell'atto di imposizione e sulla qualificazione giuridica 
di determinati fatti incidenti direttamente sulla legtttdmit� del metodo 
i:mposdtivo adottato: era, cio�, dn discussione -secondo la ricorrente 
-la stessa J>OSsibilit� giuridica dii applicare il tributo 
mobiliave, indipendentemente dalla prova dell'esistenza del reddito. A 
maggior conforto,. poi, della tesi affermativa della giurisdizione ordinaria, 
aggiunge la ricorrente che al giudice di appello erano stati sottoposti 
vari que.siti di diritto, trattandosi di stabdlire: a) se le opera


(1) Sulla questione pm m generale, cfr. Relazione Avv. Stato, 1966-,,. 
70, II, 481. In senso. specifico v. Cass. 3 ottobre 1968, n. 3075 in questa 
Rassegna, 19<68, t, 1032; recentemente la sent. 3 maggio 1971 n. 1271, ivi, 
1971, I, 1076 ha con precisione tracciato i limiti della demarcazione della 
giurisdizione in materia di prove: sono di estimazione semplice le� questioni 
sulla valutazione della prova, mentre rientrano nell'estimazione complessa 
le questioni sull'onere della prova, sull'applicazione di una norma che stabilisca 
mezzi di prova particolari o limitati o sull'efficacia giuridica che 
debba essere attribuita al mezzo di prova dedotto. Sul momento determinante 
della giurisdizione in base alla domanda dinanzi alla Commissione 
di prima istanza (art. 5 c.p.c.) v. Cass. 10 febbraio 1969, n. 445, ivi, 
1969, I, 123. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR:IA 

z1oni indi~ate �in conto aumento di capitale� dovessero essere escluse 
dall'ambito dell'art. 50 del testo unico del 1877; b) se la inclusione, 
nell'ambito di quest'ultima norma, delle o�p�erazioni � iin conto vincolato 
e perdite� non vfolasse l'art. 2447 C�Od. civ., che impone la reintegrazione 
del capitale sociale; c) se, infine, alla stregua dell'art. 25 dello 
stesso testo unico, fosse consentito di utilizzare� elementi non risultanti 
dal bilancio, per integrare e modificare induttivamente le poste del 
bilanci� .stesso. 

Quest'ultimo aspetto � stato poi diffusame!nte sviluppato nella memoria, 
presentata ai sensd dell'art. 378 c.p.c., ed in sede di discussione 
orale. � stata, cos�, esplliciitamente posta la ques.tione se, in presenza di 
una tassazione :iJn base a bilancio, non impugnato, nella sua veridicit�, 
dall'ufficio, potesise l'ufficio stesso accertare un reddito per interessi non 
contabilizzati nel bilancio, il quale, a1 contrarfo, denunziava perdite 
tali da escludere che alcun interesse fosse stato corrisposto. E la questione, 
sempre in� memorta, � stata impostata su un'approfondita critica 
del concetto di presunzione, generalmente accolto nella interpretazione 
dell'art. 50 del testo untco del 1877 (ed ora del corrispondente art. 86 
del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645), e 1sulla: contestazione della 
legittiimit� dell'operato dell'ufficfo, al quale ~secondo la ricorrente le 
norme ora indicate non appresterebbero una presunzione 11egale della 
esistenza degli interessi, ma consentirebbel'o soltanto di procedere allo 
accertamento dell'esistenza del reddito di capitale con libert� di prove 
e senza essere vincolato alle :risultanze del titolo. 

Il .ricorso � infondato. A norma deU'art. 6 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E, e dell'art. 22, comma 3�, del decreto-legge in. 1639 
de� 1936, neUe controversie i.Il materia di impost�e dirette l'esercizio della 
giurisdizione st esaurisce davanti alle commissioni tributarie, senza possibilit� 
di portare la contestazione davanti all'autorit� giudiziaria, ogni 
qualvolta la controversia si riferisca a �semplice estimazione di redditi
�. E secondo la costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite, 
costituiscono controversie di semplice estimazdone -e sono, perci�, 
riservate alla giurisdizione delle commissioni tributarne -tutte quelle 
in cui, al fine dell'accertamento della sussistenza, dell'entit� e della 
natura del reddito imponibile, si debba procedere soltanto alla determinazione 
di datJ. o di �elementi di puro fatto, senza che l'apprezzamento 
dei fatti implichi la dsoluzione di questioni giuridiche attinenti 
all'interpretazione di norme o di negozi giuridici ovvero alla determinazione 
dei criteri di diritto sostanziale o proces1suale da, applicare in 
concreto (cfr. S.U., n. 1181 del 1970; n. 2048 del 1965; n. 996 del 1964, 
e numerose altre co:nformi); � .stato, in particolare, affermafo da que. 
ste Sezioni Uni�te che, mentr�e costituisce giudizio di estimaztone complessa 
stabilire se, in relazione ad una determinata imposizione, l'onere 
di prqvarne i presupposti spetti alla, finanza o al contribuente, si resta, 


100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
invece, nell'ambito d:el giudiz1io di estimazione semplice quando, adempiuito 
dall'una o daJil'altra parte tale onerie probatorfo, si tratti soltanto 
di valutare le risultanze delle prove offerte ed acquisite al processo 
(cfr. S.U., n. 1727 del 1968). Altro prdndpio basilare �, infine, che lo 
stabilire se la controver:sia sia di �estimal!)ione semplice o complessa � 
questione di giurisdizione, in quanto si risolve neUa attribuzione della 
competenza .giurtsddzionale alle sole commission� tributarie od anche 
all'autorit� giudiziaria ordinaria: occorre quindi far capo ai''P'i'incipi 
generali di cui agli artt. 5 1e 386 c.p.c., in applicazione dei quali l'accertamento 
della naitura della controversia tributaria va viferito al 
momento della proposizione della domanda davanti alla commissione 
di prima istanza ed alla situazione di fatto cOill' essa pro:spettata (cfr. 
S.U., n. 445 del 1969); con la conseguenza che urta. controversda che 
appariva di estimazione semplice in quel momento inizia!lie, tale rimane, 
al fine di determinare la giurisdizione, indipendentemente dagli sviluppi 
che il dibattito abbia avuto nelle fasi e nei gradi successivi del procedimento 
contenzioso. 

Ora, stando agli atti esibiti in questa sede, sui quali �solfanto questa 
Corte pu� portare il suo �esame ai fini della risoluzione della 
questione di giurisdizione, 1e precisamente a quel che risuHa dalle due 
decisioni della Commissione Centrale, si ha che gli accertamenti dell'Ufficio 
Imposte di Genova furono impugnati, davanti a quella commissione 
distrettuale, sul duplice riflesso che trattavasi di 1soci!et� a rii.stretta base 
azionaria e di carattere fu.miliare e che le anticipazioni fatte dai soci 
alla societ� e colpite dalla imposi:zli:one erano state rese necessarie dalla 
esiguit� del capitale sodale: il che .significa che, sul1a premessa, pac~ficamente 
accettata, della esistenza dei finanziamenti �e della applicabilit� 
della pvesunzione di produttivit� di interessi, di cui all'art. 50 
del 1esto unico del 1877, 1a Societ� contribuente intendeva contra.stare 
quella pl'esunzione con l'a11egazdone di elementi, documentali e presurrtivi, 
idonei a smentire che quei finanziamenti potessero aver prodotto un 
qualsiasi irrt�eresse. . 

E che questa e non altra fosse l'impostazione data dalla Societ� 
alla proprta pretesa fu, del resto, -confermato dalla linea difensiva che 
es.sa segui nelle pl'ec.edenti fasi del giudizio ordinario: davanti al Tribunale, 
infatti, fu espressamente precisato che non si d.ntedeva confutare 
l'esistenza del!la presunzione, mentre, in sede di appello, si rimprover� 
al Tribunale di esser.si rifiutato di vagliare le prove offerte per contrastarla. 


La domanda della Societ� contribuente pogg.iava, dunque, su queste 
indeclinabili premesse: 

a) che le operazioni di finanziamento colpite dalla tassazione 
erano da configurare come rapporti interisoggettivi, di credito e di deb1to, 
fra i soci e la s_ociet�, cio� �come mutui; 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

b) che, a favore della Finanza, era operante, fino a prova contraria, 
la presunzione legale del carattere fruttifero di quelle operazioni, 
�sul fondamento dell'art. 50 del testo unico n. 4021 del 1877; 

c) che l'onere di contrastare con la prova contraria quella presunziorne 
incombeva sulla Societ�, la quale, in eff,etti, tale onere si era 
assunto �ed aveva teintarto di adempiere; 

d) �Che, per �contro, a norma dell'art. 2�72'8 cod. civ., la Finanza 
era dispensata da ogni altra prova della sua pretesa tributaria., 

Stando cosi le cose, il giudizio, di cui le commissioni tributarie si 
trovavano.ad -essere iinvestite, si esauriva nella valutazione delle prove, 
documentali e presuntive, -con le quali la Societ� contribuenrte tntendeva 
contraddire la presunztone e dimostrare, invece, il carattere infruttifero 
dei finan:ziiamenti. La domanda, cosi come inizialmente portata alla cognizione 
dei giudici tributari, 1non lasciava, quindi, alcun margine alla 
risoluzione di questioni giuridiche. 

Il 11icol'iso in �esame, che si diffonde nella prospettazione di molteplici 
questioni di didtto, non prive, certo, di intel'essanti profili, si rivela, 
pertanto, come un tentativo, non cOinsenrtito, di ampliave l'ambito della 
controviersia e di spostarne i termini, dandole una impostazione che, se 
inizialmente adottata, avrebbe potuto dacre ingresso all'azione giudiziaria. 
La controversia, invece, cos� come iinstaurarta, era desttnata ad esaurirsi 
davanti alle commtssioni tributarie: �onde esattamente la Corte di 
merito dtchiar� il difetto di giurisdizione dell'autorit� .giudiziara ordinaria. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1971, n. 3184 -Pres. Favara 
-Est. Spadaro -P. M. Caccioppoli (conf.) -Bonzano (avv. Barbera) 
c. Ministero delle F.inanze (avv. Stato Abigneinte). 

InipoSta di registro -Societ� -Societ� di persone -Scioglimento Assegnazione 
delle attivit� ai soci -Eccedenza sulla quota di diritto 
-Assoggettamento all'imposta proporzionale di trasferimento Determinazione 
del valore netto del patrimonio -Irrilevanza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 48 e tariffa A, art. 88). 
Quando neUo scioglimento deHe societ� di persone, senza ricorrere 
alla procedura di liquidazione, vengono assegnati ai soci le attivit� 
sociali, � soggetta all'imposta proporzionale di trasferimento quella parte 
dell'assegnazione di attivit� eccedente sul valore della quota di diritto, 
anche se tale eccedenza di attivit� � iL corrispettivo di un maggiore 
accollo di passivit�. In tale situazione non ha riLevanza, ai fini della ve



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

102 

rifica della corrispondenza �tra attivit� assegnate e quota di diritto, il 
determinare ii valore netto del patrimonio con deduzione delle passivit� 
(1). 

(Omissis). -Con l'und.co motivo, il ricorrente, denUJnciarndo la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 88, n. 2 della tariffa A, alligata 
alla legge organd.ca di Tegi:stro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) nonch� 
dell'arit. 48 della stessa legge, in relazione con l'art. 360, n. 3 c.p.c., lamenta 
che la Commissione Centrale, con l'impugnata decisione, abbia 
ritenuto che le assegnazioni di attivit�, effettuate ad esso ricorrente a 
seguito dello scioglimento della Societ� in accomarndita semplice �Nover.
asco .di Bonzano Emilio e C.�, fossero di valol'e superiore alla quota 
di diritto spettantegli, e che abbia, perci�, applicata, a torto, la disposizione 
del penultimo comma dell'art. 48 della legge organica di registro, 
com il conseguente assoggettamelnito alla tassa di trasferimento del 
maggiore assegno. Irn particolare, sostiene che la quota di diritto, spettanteg1i, 
andava calcolata e determinata con rifel'imento al capitale 
sociale, costituito dalla riLsultante della diffel'enza tra attivit� e passivit� 
esistenti al momento dello scioglimento della societ�, e non gi� 
con riferimento alla quota di partecipazione risu1ta:nte dag1i apporti 
a suo tempo conferiti, tanto pi� che in una societ� in accomandita semplice, 
quale "quella disciolta, non � ipotizzabile una .comunione di debiti: 
sociali; e rileva che, se fosse stato seguito questo criterio giuridico 
per la determinazione della quota di dirirtto, l'assegnazione di attivi1� 

(1) Decisione che risolve esattamente una questione meno semplice 
di quel che potrebbe sembrare. � un fatto pacifico che nell'assegnazione 
ai soci di societ� di persone del patrimonio sociale, allo stesso modo che 
nello scioglimento di comunioni, sono soggette alla sola imposta graduale 
le assegnazioni corrispondenti alla quota di diritto, ;mentre danno luogo 
alla tassazione con l'imposta proporzionale i conguagli e le maggiori assegnazioni 
eccedenti su detta quota. L'interesse della decisione si rinviene, 
per�, in quella parte che spiega che la maggiore assegnazione d� luogo 
all'imposta proporzionale anche �quando � � �corrispettiva di un accollo 
eccedente sulla quota di diritto, e correlativamente afferma che non ha 
rilevanza il determinare il patrimonio netto della societ� ai fini di stabilire 
se sia rispettata la corrispondenza tra assegnazioni e quote di diritto. 
Una tale determinazione del vatrimonio netto, soggiunge la S. C., 
potrebbe avere importanza quando si procede a regolare scioglimento della 
societ�, non quando vengono attribuite ai soci, come in uno scioglimento 
di comunione, le attivit� sociali. Per vero la regolare liquidazione della 
societ� si muove �SU un campo del tutto diverso: le passivit� devono essere 
subito estinte sicch� la ripartizione dell'attivio fra i soci opera necessariamente 
sul netto sia che concerna denaro sia che concerna beni (articolo 
2280, 2282, 2283 c. c.); nememno in questo caso pertanto occorre 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 103 

sociali, effettuata in suo favore, :sarebbe risultata di valore uguale, e 
non gi� superiore, alia quota di diritto, spettantegli secondo tale calcolo; 
donde l'errore in cui � incorsa la impugnata decisione. 

Il motivo � .infondato. 

Va, anzttutto, putualizzato che, nel caso di specie, operato lo scioglimento 
della Socief�, non si diede corso alla procedura di liquidazione 
prevista dal codice civile, n� alla nomiina di liquidatori, ma si procedeva 
ad assegnare di..rettamente ai soci le attivit� sociali, con il contemporaneo 
accollo delle passivit�; e che :al Bonzano, il quale era titolare di 
una quota di partecipazione di L. 45.000.00-0 su un capitale sociale di 

L. 56.800.00-0, furono assegnaite attivit� sociali per un imporlto totale 
di L. 263.463.0-00 in co�rrispettivo dell'accollo da parte-dello stesso 
di tutti i debiti sociali dell"importo comp1essivo di L,. 218.463.0-00; ossia 
fu .effettuata una maggfore assegnazioine di attivit� sociale essendo il 
valore della sua quota d[ partecipazione di L. 45.0-00.00-0, con contemporaneo 
accollo �di una c�or<rispondente maggiore quota di debiti. 
Con riferimento a questa particolare situazione di fondo va esaminata 
la censura, prospettata col motivo di ricorso, e al ri.guairdo deve 
preciisarsi che l'art. 4�8 della legg.e organica di registro .Jr.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269), �Con riguardo alle assegnazioni .che hanno luogo nella 
divisione di ben1 �Comuni, stabilisce, nel suo penultimo comma, che se 
vi ha conguaglio o maggiore assegno �anche per mezzo di accollo di 
debiti comuni in una quota maggiore di quella che sarebbe a carico 

determinare il patrimonio netto, ossia calcolare sui beni assegnati al socio 
le passivit� che sul socio .gravano, perch� le passivit� non possono pi� 
esistere al momento della registrazione. Si pu� dunque affermare che nello 
scioglimento della societ� di persone bisogna sempre aver riguardo al 
valore dei beni assegnati al lordo delle passivit�, le quali andranno anche 
esse ripartite in proporzione delle quote. 

Questa proporzione �, in fondo, il rovescio dell'altra, pure contenuta 
nella sentenza in rassegna, che un maggior accollo di passivit� non pu� 
giustificare una maggiore corrispondente assegnazione di attivit�. Questa 
conclusione � assai importante. 

Per meglio comprenderne la portata serviamoci di un esempio numerico:, 
la societ� che si scioglie ha un attivo di 100 ed un 'passivo di 50; 
se i soci sono due con eguali diritti sulle quote, ciascuno deve ricevere, 
per rimanere nell'ambito del negozio non traslativo soggetto alla sola 
imposta graduale, una assegnazione di attivit� pari a 50 e un� accollo pari 
a 25; ci� corrisponderebbe ad una ricchezza .concreta pari a 25; ma ai 
fini tributari si deve tener conto del valore lordo delle attivit�. Se invece 
ad un socio si attribuiscono attivit� per un valore di 75 e passivit� per 
un valore di 50 ed all'altro socio soltanto attivit� per un valore di 25, 
non si rispetta pi� la corrispondenza con la quota di diritto e sulla eccedenza 
tra questa (50) e l'assegnazione (75) � dovuta l'imposta proporzionale 
di trasferimento; e non importa (ed era questa la sostanza della 
controversia) che, ragionando in termini di patrimonio netto, ambedue i 



104 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'assegnatario � � dovuta la tassa dli trasferimento sul conguaglio o 
sul maggiore assegno. La �xatio � di questa dispoisizione, 'che, per 
effetto dell'art. 88 della tariffa A, allegata 1alla stessa legge orgainica di 
registro, si applica anche alle ma,ggiorri assegnazioni di beni sociali, 
conseguenti allo scioglimento delle societ�, risiede, come � stato affermato 
dalla giurisprndenza di questa Corte Suprema (Cass. 15 luglio 
1963, n. 1930) nel fatto che il negozio di diwsione, rper la iparte 
dei beni oggetto del co1I1guaglio o del maggiore assegno, opera con effetti 
traslativi e non dichiarativi, in quanto, mod1ficando il rapporto reale 
preesistente, non trova pi� la sua causa giuridica nella eliminazione dell'incertezza 
dei limiti del diritto domiinicale; il che si verifica anche 
quando la maggiore assegnazione dei beni comuni costituisca il corrispettivo 
e l'equivalent'e dell'accollo di una maggiore quota di debiti. 

Ora, tenuto cott11to, con 1riguardo all'appHcabilit� della esaminata 
disposizione de1l'art. 48 alle maggiori assegnazioni efl\ettuate a seguito 
dello scioglimento della societ�, che, quando, come si verific� nel caso 
di specie, non venga seguita la procedura di liquidazione prevista dal 
codice civi1e (che importa la estinzione del 'passivo e la distribuzione 
dell'eventuale attivo tra i soci) e venga effettuata la diretta assegnazion� 
ai soci delle attivit� sociali col contemporaneo accollo dei debiti 
da pal'lte d:egli stessi, ;oc:i, la assegnazioni e gli accolli vengono operati 
in proporzione delle quote di partecipazione dei soci alla sodet�, ossia 

soci abbiano ricevuto la stessa ricchezza (75-50 il primo, 25 il secondo), 
perch� sia per l'espressa norma dell'art. 48 quarto comma della legge di 
registro, .sia per la reale portata del negozio, il socio che riceve un patTimonio 
maggiore accollandosi un debito maggiore, non fa altro che acquistare 
un bene pagandone il prezzo sotto forma di accollo di un debito 
non suo. 

Questa sentenza si discosta da quelle della S. C. 10 marzo 1971, n. 681 
e 8 ottobre 1970, n. 1850 (in questa Rassegna, 1971, I, 648 con nota di C. 
BAFILE) che, per la risoluzione di q�estioni analoghe, avevano affermato 
il principio che nella liquidazione della quota .sociale dovesse tenersi 
conto del valore netto. Il caso ora deciso offre nuovi elementi alla risoluzione 
anche della questione dibattuta in quelle precedenti decisioni. Come 
si � visto le �ssegnazioni non possono considerarsi uguali se diverso � il 
valore delle attivit� e non ha rilevanza che, in termini di utilit� netta, 
la disuguaglianza sia bilanciata dalla diversa ripartizione delle passivit�; 
ma ci� porta a concluder�e che delle passivit� non debba tenersi conto 
affatto nemmeno per determinare il valore delle assegnazioni che vanno 
tassate al lordo (art. 27), almeno per la parte corrispondente agli immobili. 
E quindi anche nel caso ora deciso la maggiore assegnazione di beni al 
socio non solo resta tale nonostante il maggiore accollo di passivit�, ma 
va considerata ai fini della determinazione del valore imponibile, per il 
suo valore reale senza detrazione gel passivo. 

C. BAFILE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 105 

del valore degli apporti a suo tempo confertti, � chial'o che le maggiori 
assegnazioni effettuate rispetto a queste quote nella fase di cui sopra, 
vengono a rivestire, secondo il principio giurisprudenziale sopra ricordato, 
carattere traslativo, e non gi� dichiarativo, per la parte delle 
attivit�, oggetto delle maggiori assegnazioni; e ci� anche quando queste 
maggiori assegnazioo� costituiscono, come nella specie, il corrispettivo 
dell'accollo di una maggiiore quota di passivit� sociali. 

Ne consegue che, in relazione alla illust11ata �ratio� della anzidetta 
dispo1sizione dell'art. 48, � ratio� questa che giustifica ed, ispira 
la estensione dell'applicazione della disposizione stessa rispetto alle 
maggiori assegnazioni conseguenti allo scio,glimento delle societ�, ben 
fondatamente deve affermarsi che la impugnata decisione ha rettamente 
applicata W.le disposizione alle maggiori assegnazioni effettuate in favore 
del Bonzano, con il �Conseguente assoggettamento delle stesse alla 
tassa di tra$ferimento. 

La censura, prospettata col motivo in esame, si incentra, in sostanzca, 
sul 1significato e sul valore �Che debbo1no attl'ibuirs�i alla � quota 
di diritto�, cui fa riferimento, per le maggiori assegnazioni conseguenti 

.Jilllo scioglimento delle societ�, l'art. 88 della tariffa A della legge di 

{ :?registro, 1e al riguardo .si sostiene che essa sarebbe costitu.i.ta dalla 
quota, alla quale il socio ha diritto rispetto al �Capitale sociale, risultante 
dalla differenza tra attivit� e passivit�. 
Ma la questione, Tiguardata con rifer.i.mento al particolare caso di 
specie, �1 del tutto� inconferente e priva di rilevanza, in quanto, come si 
� gi� sopra puntualizzato, nelLa fattispecie, non si diede cor�so aJ.la procedura 
di liquidazione, cne comportava la eliminazione delle passivit� 
e la distribuzi�ne dell'eventuale attivo �tra i soci, ma si procedette alla 
diretta assegnazione delle attivit� e passivit�, ossia ad un'operazione che 
comportava il r1iferimento, per le proporziooi con le quali le attivit� 
e le passivit� dovevano essere assunte, alla quota di parfocipazione di 
ciascun socio aJ capitale sociale, e, cio�, alla quota costituita dai relativi 
conferimenti, talch� in relazione a questa operaziione, considerando la 
quota di partecipazione, la sollevata questione (che avrebbe potuto 
assumere qualche rilevanza con riguardo alla ipotesi in cui si fosse 
segutta la pTocedura di liquidazione, prevista dal <:od.i.ce civile) non 
pu� avere alcuna incidenza. N� pu� essere cpndiviso il rilievo, secondo 
cui nella societ� di pwsone non sussistono beni comuni, costituiti sia da 
attivit� che da passivit�, giacch�, contradamente a tale rilievo, il patrimonio 
sociale, anche nepe societ� non aventi per.sonaUt� .giuridica, costituisce 
una comunione particolare qualificata dallo scopo ed unificata 
in fuinzione d:i esso, con conseguente indisponibilit�, da parte del singolo 
.s�ocio dei beni confeniti e di quelli successivamente acquisiti, che si 
considerano :appartenenti alla �collettivit� dei soci come tale (Cass. 20 
luglio 1967, n. 1880). ~ (Omissis). 


106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembr1e 1971, n. 3186 -Pres. 
Caporaso -Est. Pascasio -P. M. Pascalino (conf.) -Bartoletti (avv. 
Magrone) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsmi). 
Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Fusione e concentrazione di aziende -Limite territoriale. 
(1. 29 luglio 1957, n. 634, art. 38 lett. b ). 
Imposta di registro -Societ� -Fusione -Accertamento di congruit� 
del patrimonio -Legittimit� -Avviamento commerciale -� tassabile. 
(r.d. 30 dic.embre 1923, n. 3269, art. 31; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15). 
H beneficio den'art. 38 lett. b deUa legge 29 lugiio 1957, n. 634 
presuppone che almeno la ditta a favore delia quale avvien� il trasferimento 
o nella quale si incrementa l'apporto economico per fusione o 
concentrazione abbia sede ed operi nei territori del Mezzogiorno (1). 
Poich� la fusione di societ�, assuma essa la forma della incorporazione 
o, della unione, determina un fenomeno analogo a qudlo dell9.' . 
successione a titolo universale, l'imposta di registro, quando nel trai'> 
sferimento � compresa un'azienda, colpisce t.utti gli elementi che l'azienda 
compongono, e quindi anche l'avviamento, da valutare con stima di 
congruit� (1). 
(Omissis). -Col prii.mo motivo, denunciando la violazione dell'art. 
38 de1la legge 29 luglio 1957, n. 634, :si sostiene che erroneamente 
sarebbe stato ritenuto che le agevolazioni fiscali previste da detta norma 
siano condizionate al fatto che tutte le imprese che si fondono abbiano 
sede nel mezzogiorno, mentre il legislartore ha :inrteso favorke anche la 
fusione di aziende operanti nel meridione con altre del settentrione, 
pi� idonee, per la loro efficienza economica, a potenz'iave le imprese del 
meridione. 
La censura non � fondata. 
Il citato art. 38, lett. b) prevede infatti il beneficio della. tassa fissa 
di regisko �ed ipotecarti.a per gli atti di trasferimento, fusione e concen., 
trazione di ditte che hanno sede e svolgono la loro attivit� industriale 
(1) L'argomento della prima massima � stato ampiamente dibattuto 
nella sent. 12 maggio 1971 n. 1363, (in questa Rassegna, 1971, I, 895) che 
ha, stabilendo un cordinamento tra l'art. 36 e l'art. 38 lett. a), ritenuto 
indissolubilmente legate al fattore territorio sia la agevolazione per la 
costituzione che quella per l'aumento di capitale, precisando che, come 
non � ammessa la costituzione agevolata di societ� che, anche solo eventualmente, 
possono costituire sedi secondarie, succursali ecc. fuori territorio 
del Mezzogiorno, cos� lo stesso divieto opera al momento dell'aumento 
di capitale; allo stesso modo, ed anzi a maggior ragione, deve ritenersi \: 
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.. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 107 

e commerciale nell'Italia centro meridionale ed insulare, come indicato 
dall'art. 3 della legge 10 agosto 1950�, n. 646, al dichiarato scopo 
di favol'lire il potenziamento dell'attivit� industriale in detti territori. 

Ora, secondo la lettera della legge e la finalit� da essa pe~seguita, 
affinch� detto potenziamento possa in realt� verificarsi, occorre che 
almeno la dttta a favore della quale avvenga il trasferimento o nella 

quale si incrementi l'apporto economico per fusfone o per concentrazione, 
abbia sede ed operi negli indii.cati teriritori del Mezzogiorno 
d'Italia. 

E se, pertanto, non pu� �essere dubbio che la norma contiene una 
agevolazione concessa a favore delle ditte del sud, ritenere che essa si 
applichi anche a favore di ditte aventi sedi nel inord che operino per� 
nel Mezzogiorno i!ncrementando per tal modo il progresso industriale nei 
terriltori meridi01J:1ali, imponterebbe una interpretazione �estensiva della 
norma, non ammissibile 111elle J.eggi di carattere tributarto. 

N� vale obiettare -come si lamenta col secondo motivo -che la 
Corte di merito avrebbe tracurata l'efficacia �di una circolare del ministero 
delle finanze, secondo la quale per il godimento del beneficio fiscale 
di �cui al citato art. 38, lett. b) basterebbe che una soltanto delle societ� 
interessate alla fusione abbia sede nelle p!rovmcie meridionali. 
Con detta circolare lAmministrazione avrebbe autolimitata la proprda 
potest� impositiva a vantaggio dei contribuenti. 

Al riguardo � suffici!enite rilevare che la potest� tributaria dello 
Stato � regolata :soltanto dalla legge mentre le circolari sono atti interni 
della pubblica arru:hlnistrazione, destinati ad i!ndi<rizzare in modo uniforme 
l'attivit� degli organi inferiori, ma esse non hanno .efficacda vincolante 
n� possono spiegare alcun effietto giuridico nei confro11ti di 
soggetti estranei ali'Ammiinistrazio1ne, neppure ai fini dell'ti.nterpretazione 
di norme di legge (sent. n. 3597 del 1969; n. 1848 del 1968; n. 440 
del 1966 1e n. 2205 del 1963 di questa Corte Suprema). 

Ci� premesso, ne dei-iva all'evidenza anche l'infondatezza del�terzo 
motivo �col quaJ.e si deduce che erroneamente la Corte di merito avrebbe . 
negato rilevanza, ai fini dell'applicazione del beneficio fissato, al potenziamento 
dello stabilimento del sud, �effettuato dopo la fusione deUe due 
societ�. 

che lo stesso coordinamento debba stabilirsi tra l'art. 36 e la lett. b) dell'art. 
38, si che la fusione di aziende non deve portare a proiettare fuori 
del territorio la realizzazione dell'oggetto e degli scopi sociali; quindi non 
� soltanto l'azienda incorporante (come ha stabilito la sentenza in rassegna 
in riferimento al caso deciso), ma anche quella incorporata deve aver sede 
ed operare nel Mezzogiorno, altrimenti si creerebbe un risultato analogo 
alla creazione di sedi secondarie o succursali fuori del territorio agevolato. 

Sulla seconda massima v. la sent. 14 ottobre 1971, n. 2893, in questo 
fascicolo pag. 93. 



108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Detto potenziamento infatti concreta un fatto successivo alla registrazione 
dell'atto, dal quale questa deve del tutto prescindere, dovendosi 
tenere presente, ai fini della concessione del beneficio fiscale che qui 
interessa; unicamente la fattispecie ve:rificatasi al momento della stipula. 

Col quarto e quinto motivo, denunciando, sot.�to alitro aspetto, la 
violazione della legge di registro (art. 30, come modifi.cato dagli artt. 15 
del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 e 3 della legge 29 luglio 1961, n. 828) 
si deduce che, in caso d:i fusione, l'impo1nibile � costituito dal solo patrimo1I1Jio 
della 1societ� incorporata senza possibilit� �li procedere alla 
rivalutazione dei beni ed escludendo dall'imponibile il valore dell'avviamento 
commerciale. L'imposta inolitre doveva essere applicata sul 
valore dichiarato nell'atto. 

Anche queste censu:re non sono fondate. 

Non pu� �Contestarsi infatti �che, a seguito della fusione di societ� 
si verifichi un trasferimento di beni, .so.ggetto a giudizio di valutazione, 
cos� come .sootiene l'Amministrazione e non la semplice �costituzione di 
un patrimonio comune, come .affern;iano i ricorrenti. La fusione, assuma 
essa la forma dell'incorporaziooe o della Uinione, determina ..____. come gi� 
questa Corte Suprema ha altre volte affermato -UOCL fenomeno analogo 
a quello della successione a titolo universale in tutti ii. rappoTti giuridici 
attivi e passivi (.sent. n. 2372 del 1963� e n. 3~23 del 1958) ed il 
trapasso rende l'aitto soggetto al regime tributario dei trasferimenti di 
ricchezza. Se quii.ndi nel trasferimento � compresa un'azienda, l'imposizione 
deve colpire -ai sensi dell'art. 31 della legge di !'egistro tutti 
gli elementi che l'azienda compogono, fu-a cui l'avviamento �he di 
per s� �Concreta un incremento patrimoniale per la societ� incorporante. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1971, tn. 3319 -Pres. 
Giannattasio -Est. Mazzacane -P. M. Del Gro:s,so (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Siconolfi) c. Soc. Saint Goba1n (avv. Scandale 
e Capacdoli). 

Imposta sulle societ� -Soggetto passivo -Societ� estera operante in 

Italia mediante una stabile organizzazione -� la societ� estera 

non la sede secondaria. 

(1. 6 agosto 1954, n. 603, artt. 1 e 2). 
' 

Soggetto passivo dell'imposta sulle societ�, nel caso di societ� estera 
operante in Italia mediante una stp,bile organizzazione, � la societ� estera 
e non la sede secondaria esistente in Italia (1). 

(1) Decisione di molto interesse. La sede secondaria operante in Italia 
di societ� estera, pur non acquistando personalit� giuridica, potrebbe 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 109 

(Omissis). -La resistente assume, preliminaxmente, che il secondo 
motivo del: ricorso -�COill il quale l'Amministrazione Finanfilaria sostiene 
�che non essendovi nella .specie tassazione in base a b�lancio l'imposta 
sulle societ� � dovuta anche quanto ai due cespiti controversi 
(costo delle azioni per la componente � patrim�0inio �; dividendi relativi 
per la componente �reddito�) -� mammissibile per la parte che concerne 
l'essere stata la Fabbrica Pisana tassata in base a bilancio, poich� 
quest'ultima circostanza � stata insindacabilmente accertata dalla Corte 
del merito; che di qui deriva l'irrilevanza degli altri motivi di Ticorso 
e, in particolare, del pTimo poich� il problema con esso �riproposto -se 
il rapporto di imposta debba intender.si instaurato con la Fabbrica Pisana 

o con la Casa Madre Francese -diviene superfluo una volta che il 
memto del ricoriso non pu� essere ;pi� dliscrusso per la inammissibilit� 
del secondo motivo. 
L'assunto non pu� essere condiviso. 

L'Amministrazione finanziaria non c�mitesta -e lo ha esplicitamente 
chiarito nella memoria illustrativa del 1� aprile 1971 (p. 21) 
-che, secondo gli acc1ertamenti della Corte di Firenze, la Fabbrica Pisana, 
per i perfodi di imposta in contestazione, sia stata tassata in base � 
a bilancio. Essa peraltro Tileva ,che tale elemento obiettivo inon ha rilevanza 
nei confronti della soc. Saint Gobain che, secondo la tesi della 
Amministrazione, � i1l. soggetto passivo del tributo sulle societ�, nei 
cui confronti, sempTe ,secondo la tesi dell'Amministrazione (seguita dal 
Tribunale) l'accertamento � .stato eseguito, e nei cui confronti ancora, 
deve por.si il problema della tassabilit� in base a bilancio. Pertanto il 
tema fondamentale della controversia � quello conc.ernente la individuazione 
del soggetto passivo del tributo di cui si discute, poich� essa� costituisce 
la preme,ssa alla quale si Ticollegano �conseguenze diverse, particolarmente 
quanto all'oggetto dell'imposizione, a seconda che quel 
soggetto venga identificato nella Soc. Saini Gobain ovvero nella Fabbrica 
Pisana (sede secondaria in Italia della Saint Gobain.). 

Ora appunto l'Arnministrazio1ne finanzia�ria, con il primo motivo, denuncia 
la,violazione dell'art. 1, comma secondo, 1. 6 agosto 1954, n. 60�3, 
titolo II, r.d. 30 dicembre 1923, n. 32,80, e falsa applicazione degli articoli 
2 t.u. 5 luglio 1'951, n. 573, e 8 t.u. 29 ge,nnaio 1958, n. 645, in 

essere un soggetto passivo di imposta (sulla soggettivit� passiva tributaria 
di unioni di persone o compendi di beni sforniti di personalit� giuridica 

v. Cass. 18 settembre 1970 n. 1557 in questa Rassegna, 1970, I, 895); ma 
nel pi� ristretto ambito dell'imposta sulle societ�, la societ� estera che 
opera in Italia mediante una stabile organizzazione (seconda ipotesi dell'art. 
2 della legge 6 agosto 1954, n. 603), cio� la societ� che non � tassabile 
in base ad un suo bilancio non avendo in Italia la sua sede amm1mstrativa 
o l'oggetto principale dell'impresa, � essa soltanto il soggetto 

llO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. Sostiene che la Chrte del merito ha 
erroneamente riltenUJto, a:-iforroando su tal punto la pronuncia del Tribunale, 
che in materia di imposta sulle societ� (quale regolata dalla 

1. 6 ago:sto 1954, n. 603, appilicabile nella fattispecie), allorquando !ricorra 
l'fp9tesi di societ� estera operante in Ita1ia per il tramite d.i una 
stabile organizzazione, soggetto passivo del rapporto tributario sia questa 
ultima, anzkh� la �casa madre�, e cio� la Societ� estera. Aggiunge che 
tutto il pxegresso procedimento amministrativo 'e .contenzioso deve ritenersi 
riferibile alla Soc. Saint Gobain e conseguentemente produttivo 
degli effetti suoi propri nei confronti di essa. 
La cer:isura � fondata nei limiti che saranno precisati. 

Occorre premettere che la fattispecie non riguarda le Societ� che, 
per quanto .�o~tituite all'estero, hanno nel territorio .dello Stato la sede 
dell'amministrazione ovvero l'oggetto p!rincipale dell'impresa, e sono 

-soggette a tutte le disposizioni della legge italiana (arf. 2505 e.e.), ma 
le societ� estere (societ� Saint Gobain) con sede secon~aria (la Fabbrica 
Pisana della Saint Gobain) nel territorio de1.'lo Stato (art. 2506 e.e.). Con 
riferimento a tale fattispecie la Corte del merito ha !ritenuto che, non 
essendovi necessaria correlazione tra personalit� giuridica e sogge;ttivit� 
tributaria, l:a Fabbrica Pisana di specchi e lastre ,colorate di vetro della 
Saint Gobain, anche se .sfornita di personalit� giuridica, si' configura 
come organismo per cui il pl'esupposto tributario sii .verifica in modo 
unitario ed autonomo e, poich� essa opera in Italia, diventa soggetto 
passivo del rappm:to tributario, alla stregua della: legge italiana. 

La Cor�te del merito, quindi, sia pure incidentalmente, ha accolto il 
principio, pi� volte afformato da questa Corte Suprema (sent. n. 2881 
del 1968 e n. 1007 del 1967), per cui le sedi secondarie stabilite in Italia 
da una societ� estera non acquistano personalit� giuridica autonoma, 
ma costitutscono organi della societ� stessa, da cui sono istituite e 
dirette, per cui le forme di pubblicit� previste dalla 'legge (art. 2506 
e.e.) non sono preordinate ad evidenziare una separazione giuridica fra 
sede centrale e sede secondaria, bensl allo scopo di rendere noto ai 
terzi che un nucleo imprenditoriale 'che, di per s�, potrebbe apparire 
giuridicamente autonomo, � invece soltanto un organo della sodet� 
costituita all'estero. 

passivo. La sua sede secondaria, non essendo il sog,getto passivo, non pu�, 
presentando un suo autonomo bilancio (o meglio una sua autonoma contabilit�), 
sottoporsi alla disciplina delle societ� estere tassabili in base 
a bilancio aventi in Italia la sede amministrativa o l'oggetto principale 
dell'impresa. Per i precedenti della controversia v. Relazione Avv. Stato, 
1966-70, II, 612). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA lll 

La sentenza impugnata ha tuttavia rilevato che la soggettivit� 1)assiva 
tributaria pu� essere riconosciuta anche ad unioni di persone ed a 
compendi di beni che non siano forniti di personalit� giuridica alla 
stregua delle comuni norme del diritto civile. L'affermazione, esatta in 
via di principd.o e per alcuni tipi di tributi, non pu� essere condivisa 
in relazione all'imposta sulle societ�, come it'egolata dalla legge 6 agosto 
1954, n. 603 (applicabile alla fattispecie), che la Corte del merito ha 
omesso di esaminare particolarmente quanto all'art. 1 di essa, fondamentale 
per la individuazione del .soggetto passd.vo del tributo. 

Come � noto con la legge 6 agosto 1954, n. 603, mentre furono soppresse 
(art. 26), �Con decorrenza dal 10 gennaio dello stesso anno, l'imposta 
di negoziazione, regolata dal r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1275 e 
succ,essive modificazioni, e 'l'imposta sul capitale delle societ� straniere, 
prevista nel titolo II del �r.d. 30 dicembre 1923, n. 3280, furono istituite, 
con la medesima decorrenza, due nuove imposte: quella sulle societ� e 
quella sulle obbligazioni, disciplinate successivamente nei titoli VII e 
VIII del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

Soggetti passivi della prima (che qui interessa) sono, anzitutto, le 
societ� e gli enti tenUJti a presentar�e il bilancio o il Tendi.conto a corredo 
della dichiarazione dei redditi, ai sensi dell'art. 8 t.u. 5 lug1io 1951, 

n. 573 (art. 2 l. n. 6013/54). L'art. 8 citato stabiliva: �Le societ� per 
azioni o a respon:sabili.t� limitata, le ,cooperative ,e le mutue assicuratrici, 
gli istituti di credito e le casse di �risparmio, le provincie, i ,comuni 
e gli altri enti morali tenuti alla compilaziO!Ile di bilanci annuali, nonch�, 
le fondazOiili 1e le aziende previste nell'ultima paTte dell'art. 2 e 
�costituite dagli enti sopradetti devono presentare la loro dichiarazione, 
corredata dal bilancio o rendiconto, enitre tre mesi dall'approvazione di 
questi�. L'art. 2 del t.u. n. 573 del 1951 precisava �Lia dichiarazione 
deve essere presentata dalle persone fisiche e giuridiche, pubbliche o 
private; dalle societ� di qualsiasi tipo; dalle associazioni in paTtecipazione; 
dalle imprese agrarie e �collettive; dagli enti di fatto, nei cui confronti 
il presupposto del tributo si verifichi in modo unitario, nonch� 
dalle fondazioni e �dalle aziende aveniti finalit� prqprie, istituite da altri 
enti, anche se sfornite di pe~sonalit� giuridica ai sensi della legge civile, 
quando hanno gestione o bilancio autonomi rispetto a queili della persona 
o dell'ente che le ha costituite�. 

Soggetti passivi. della imposta in questione sono, poi, � anche le 
societ� ed associazioni estere, considerate nel titolo II del r.d. 30 dicembTe 
1923, n. 3280 e successive modifi.cazioni � (art. 1 l. n. 603/54); 
cio� le societ� ed .associazioni estere � che fanno operazioni nello Stato 
italiano�. Esse sono state intese, nella elaborazione giurisprudenziaie e 
dottrinale, come societ� od associazioni estere svolgenti nello Stato 
italiano una �continua attivit� industriiale o commerciale, mediante un 
ufficio, una agenzia generale, o una ,sede ,second~ria. La espressione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

112 

� societ�... considerate nel titolo secondo del r.d. 1923, n. 3280 ., cio� 
societ� che fanno operazioni nello Stato italiano � equivalente a quella 
dell'art. 145 del successivo t.u. n. 645 del 1958 -�socd.et� ope!I'anti in 
Italia mediante una s.tabi1e organizzazione� -che, tecnicamente pi� 
perfetta, �costituisce il risuLtato della elabOO"azione prec�edente e non una 
innovazione. 
L'elemento. del fare � opeiraz.ioni nello Sta.to italiano � (equivalente, 
come si .� detto, a quello della � stabile organizzazione � di culi all'articolo 
145 del t.u. n. 645 del 195�8), concreta estrinsecazione nel territorio 
ifaliano della attivit� della societ� estera, � considerato, nella previsione 
legislativia, 1come !requisito di lidentificazd.one oggettiva, della societ� 
estera e non come termine di riferimento 1soggettivo dell'imposizione : 
soggetto passivo del tributo � la societ� es.tera, e non la sua azienda operante 
1n Ifalia. Il richiamo della sentenza impugnata all'art. 8 del t.u. 
5 luglio 1951, n. 573, contenuto nellai :legge n. 603 del 1954, non pu� 
prescindere dal fatto .che la �1sodet� estera� � contrapposta, nella dizione 
dell'art. 1 della legge n. 603 del 1954, agli altri enti indicati nello 
art. 8 del t.u. n. 573 del 1951, ed � indicata come soggetto passivo dell'imposta 
di cui discute purch� abbia una stabile oiiganizzazione operante 
in Italia, e cio�, in sostanza, quando in Italia abbia una o pi� sedi 
secondarie �con rappresentanza stabile a normai dell'a!I't. 2.506 e.e. In 
tale posizione legislativa �si pone la Soc. Saint Gobain, costituita in 
Francia ed operante in Italia mediante [a Fabbricai Pisana, che ne � una 
sede secondaria. 

Identificato nella Compagnie de Saint Gobain il soggetto passivo 
dell'imposta, questa Corte non pu� esaminare fa seconda parte del motivo, 
con cui si sostiene la validit� del procedimento di accertamento 
e di quello contenzioso dinanzi alle Commissioni tributarie, in quanto 
riferibili appunto alla Compagnie de Saint Gobain e non gi� alla Fabbrica 
Pisana. Infatti, come risulta dalla sentenza impugnata, l'appellante 
aveva sostenuto che, se fosse stato ritenuto soggetto passivo del rapporto 
tributario la Compagnie de Saint Gobain (Casa madre francese) e non 
la Fabbrica Pisana, ne sarebbe conseguita la nullit� degli avvisi di accertamento 
e la impossibilit� di rililnovarli per iinteTvenuta prescrizione 

o decadenza. Quesrt:a conseguenza (negata da!l. Tribunale) non � stata presa 
in esame dalla Corte del merito, la quale ha rilevato la superfluit� 
di tale indagine, pe!I' aver ritenuto sogigetto passivo del rapporto tributario 
la Fabbrica Pisana e non la Casa madre fr~incese. 
Ne consegue che il motivo deve essere accolto limitatamente alla 
prima parte di esso (identificazione del soggetto. passivo del rapporto 
tributario), mentre per iLa seconda parte ogni questione deve essere riservata 
al giudice di rinvio; ne segue, ancora, l'assorbimento degli altri 
motivi di ricorso, che logicamente presuppongono la soluzione delle 
questioni indicate. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 113 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1'971, n. 3326 -Pres. 

Caporgso -Est. Falletti -P. M. Cari.sto (conf.) -Ministero delle Fi


nanze (avv. Stato' Masi) c. Soc. Laurentum. 

Imposta di registro -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia -Ven


dita di casa ricostruita -Preventiva dichiarazione di abitabilit� 


� necessaria. 

(1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 71). 
L'agevolazione dell'art. 71 della legge 27 dicembre 1953, n. 968 per 
la vendita di case di abitazione distrutte e ricostruite presuptpone la 
insostituibile dichiarazione di abitabilit� (1). 

(Omissis). -La ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 71 
della legge 2�7 dicembre 1953, n. 968 e dell'art. 14 delle preleggi, sostiene 
che la Corte d'Appello ha erroneamente applicato una norma di 
agevolazione tributaria, cio� un .provvedimento di carattere eccezionale, 
oltre i casi in essa considerati; il termine iniziale previsto dall'art. 71 
cit. non � riferito ad ~n fatto (costruzione della casa o effettiva abitazicme), 
ma aUa certi:ficaz.i.one di un documento (dichiarazione di abitabilit�); 
e questo requisito, insieme agli a1tri, deve sussistere nel momento 
in cui l'atto � sottopos.to alla registrazione, n� pu� esseTe sostituito 
con circostanz,e equipollenti. 

Il ricoTso � fondato. 

Secondo l'art. 71 della legge 27 dfoembre 1953, n. 968 � alle case 

di abitazione... distrutte e ricostruite, ... purch� non abbiano carattere 

di lusso, ... sono concessi gli ulteriori seguenti benefici: a) imposta fissa 

di registro e riduzione ad un quarto dell'imposta ipotecariia per gli ac


quisti di aree edificabili e per i contratti di appalto, quando abbiano per 

oggetto la ricostruzione degli edifici suddetti... b) r>iduzione a met� del


l'imposta di registro e al quarto dell'imposta ipotecaria, per i trasfe


rimenti che abbiano luogo entro sei anni dalla dichiarazione ili abita


bilit��. Nella specie, come � pacifico, l'appartamento di cui �trattasi fu. 

acquistato dalla Soc. Laurentum con atto notarile 18 maggio 1955, quan


(1) Si pone in giusta luce la differenza tra questa agevolazione e quella 
dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408. 

114 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

do ancora non era stata rilasciata la dichiarazione di abitabilit�. La 
Corte d'Appello, trascurando perfino di verificare 'Se nel momento dell'acquisto, 
pur in assenza della formale� ,oertificazione, la ricostruzione 
fosse quanto meno finita e l'appartamento fosse effettivamente abitabile, 
ha senz'altro T'itenuto che la successiva dichiarazione di abJ.tabHit� e 
il fatto che il term�n,e dei sei anni .non si trovasse superato (ed era anzi 
anticipato) bastassero a soddisfare, letteralmente e 'razionalmente, i requisiti 
legali dell'agevolazione tributaria. Qualunque fosse la situazione 
anteriore 'e posto in' esclusiva evidenza'il termine finale, la Corte d'Appello 
ha r.i:levato che il trasferimento era tuttavia avvenuto �non oltre � 
sei anni dalla dichiarazione di abitabilit�. Ma proprio H rigore letterale 
della legge, la coerenza intrinseca del suo scopo e del conge~no fiscale 
impiegato ad ottenerlo dimostrano l'erroneit� di questa tesi e d:el:le sue 
conseguenze. Che non si possa prescindere, neppure testualmente, dalla 
esigenza della dichiarazione di abitabilit� � fatto palese, nel sistema 
interno della legge nel suo confronto esterno, dalla concettuale rispondenza 
con cui l'identico requisito si trova anche previsto nell'art. 69 
della medesima legge n. 968/1953 (esenzione per il periodo di 25 anni 
dall'imposta sui fabbricati, decorrente dalla data della dichiarazione di 
abitabilit�), e dall'alternativa invece con cui l� legge 2 lwglio 1949, 

n. 408, introducendo un'uguale agevolazione, distingueva prima fra dichiarazione 
di abitabilit� ed effettiva abitazione (art. 17). 
La legge n. 968/1953 richiede dunque la dichiarazione di abitabilit�, 
e questa non soltanto segna la decorrenza di un termine che sarebbe 
altrimenti suscettibile di spostamenti abnormi o di: arbitrarie anticipazioni, 
ma costituisce anzitutto il presupposto ,essenziale dell'agevolazione 
tributaria e la sua imprescindibile attestazione. Il beneficio (art. 71 
lett. b) riguard_a infatti la ricostruzione del:le case di abitazione: occorre 
dunque che queste �Circostanze (la ricostruzione e la sua compiutezza 
abitativa) sussistano e siano positivamente accertate 1nel momento in 
cui del beneficio si chiede l'applicazione. Altrimenti non potrebbe esclu~ 
der,si l'eventu�lit� di un trasferimento che abbia per oggetto una casa 
non ancora ricostruita (o non finita al punto da realizza,re con la sua 
abitabilit� la testuale condizione ,e lo scopo della legge). Prima di quel 
momento altra, se ne :ricorrono i presupposti, �potr~bbe essere l'agevolazione 
applicabile: quella, ad esempio, ,;prevista dalla lett. a) dell'art. 71; 
ma la sua fattispecie (acquisto dell'area fabbricabile o appalto relativo) 
mette in distinta evidenza le ragioni che non consentono entro i suoi li-' 
miti l'anticipazione ~quivoca di effetti che seguono e appartengono invece 
�alla fattispecie autonoma dell'avvenuta ricostruzione, delimitata a 
sua volta, nell'astraHezza .giuridica della sua definizione, dal:l'accertamento 
delll'abitabilit� dichiarata. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 115 

l 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 novembre 1971, n. 3396 -Pres. Caporaiso 
-Est. Alibrandi -P. M. Gentile (conf.) -Ippolito (avv. Leone) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi a carico del 
contribuente � Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 

n. 29 del 1961 -Applicabilit�. 
(1. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1 e 2; I. 28 J'.!larzo 1962, n. 147, art. un.; disp. 
legge in generale, art. 11). 
Imposta di successione -Denunzia di valore insufficiente -Interessi 
sull'imposta complementare -Sono dovuti. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 51; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15 
e 17; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). 
Gli interessi a carico del contribuente sulle imposte complementari 
regolati dalle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, n. 147, sono 
dovuti anche relativamente ai rapporti tributari sorti anteriormente alla 
entrata in vigore di taU leggi e con decorrenza da tale d'ata (1). 

Nel caso di denunzia, ai fini della liquidazione della imposta di successione, 
di valori insufficienti, l'applicazione della imposta complementare 
� determinata da queila �insufficienza degli elementi occorrenti 
alla liquidazione � prevista dalla legge n. 147 del 1962 quale presupposto 
per la decorrenza retroattiva degli interessi (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febb>raio 1972, n. 441 -Pres. Giannattasio 
-Est. Alibrandi -P. M. Trotta (conf.) -Metella (avv. Saviano) 
c. Ministero delle Finanz�E( (avv. Stato Savarese). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi a carico del 
contribuente -Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 

n. 29 del 1961 -Applicabilit�. 
(I. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1, 2 e 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.; 
, disp. legge in generale, art. 11). 
(1-4) Con la prima delle sentenze massimate la Corte di Cassazione 
ha riesaminato funditus la questione relativa alla applicabilit� degli interessi 
di cui ..alle leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 19i62 ai debiti di imposta 



116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposta complementare


Interessi ex legibus n. 29 del 1961en.147 del 1962 -Decorrenza dal 

16 marzo 1961. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). 
Gli interessi a carico del contribuente sulle imposte complementari 
regolati dalle leggi 26 gennaio 1961, n. 29; e 28 marzo 1962, n. 147, sono 
dovuti anclie relativamente ai rapporti tributari sorti anteriormente alla 
entrata in vigore di tali leggi e con decorrenza da tale data (3). 

La legge 28 marzo 1962, n. 147 � interpretativa deHa precedente leg-. 
ge 26 gennaio 1961, n. 29. Pertanto la decorrenza degli interessi da quella 
disciplinati deve farsi risalire alLa data del 16 marzo 19.61 di entrata 
in vigore della legge interpretata (4). 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricQll'so l'Ippolito denunzia, in 
relazione all'art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione ed erronea applicazione 
della legge 26 gennaio 1961, n. 29, srugli interessi moratori, ai 
rapporti tributari sorti prima dell'entrata �ln vigore della !legge stessa, 
nonch� l'insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.� 

Ded11ce, in particolare, il ricorrente, che gli interessi di mora di cui 
alla citata legge n. 29 del 1961 aute.nticamente interpretata dalla legge 
28 marzo 1962, n. 147, costituiscono obbligazione ributaria iintrodotta 
� ex novo � e, quindi, per i:l principio dell'irretroattivit� della legge, di 
cui all'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, non sono applicabili 
ai rapporM tributari sorti prima della entrata in vigore della legge 
suindicata, anche se trattasi di rapporti non mcora esauriti; aggiunge, 
infine, �che la Corte <:l'appello nell'allontanarsi dal principio dell'irretroattivit� 
della legge non ha giustificato la sua pronuncia con esauriente 
motivazione. 

Il motivo non � fondato. 

dipendenti da rapporti sorti in epoca precedente all'entrata in vigore 
della legge del 1961, ed � giunta a canclusioni diametralmente opposte a 
quell~ di cui alla precedente sentenza 18 dicembre 1970, n. 2707, pubblicata 
in questa Rassegna 1971, 1, 99 con nota critica di C. BAFILE cui si rinvia. 

La seconda sentenza poi, rilevato tale contrasto giurisprudenziale, ha 
esplicitamente condiviso, �n diversa composizione, le stesse affermazioni; 
onde su tutti i problemi relativi alla applicabilit� degli interessi ai rapporti 
anteriori all'entrata in vigore delle nuove leggi, alla loro liquidazione 
sulla imposta complementare di successione dipendente da insufficiente 
denunzia di valore dei beni ereditari ed alla loro decorrenza, pu� 
ormai ritenersi acquisito un sicuro indirizzo giurisprudenziale. 

141r11111111r1111r11111111111111:1111trillr~ffllllllfflllllllr111r:� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La legge 26 gennaio 1961, n. 29, nello stabilire l'obbligo e la misura 
degli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte 
indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di omissione 
di formalirt� o di omessa autotassazione o di insufficiente o mancata denuncia, 
detti interessi decorrono dal giorno in �cui la tassa o la imposta 
sarebbe stata dovuta se la formalit� fosse stata eseguita o l'autotassazione 
effettuata o la denuncJ.a presentata in modo completo e fedele. 

Con riferimento, poi, al rtributo complementare sulle tasse ed imposte 
predette, cio� a quella parte che non pot� essere liquidata, fin dall'origine, 
per mancanza od iinsufficienza d~li elementi all'uopo occorrenti, 
la legg� imterpretativa del 28 marzo 1962, n. 147, chiarisce che gli 
interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo principale, salvo � 
che la mancanza o insufficienza, le quali abbiano impedito �l'originaria 
integrale liquidazione, siano dipese da fatto rnon imputabile al contribuente 
(nel qual caso gli i.interessi s~l tributo complementare decorrono 
dal giorno defila sua liquidazione). 

Ci� posto, rilevasi che la tesi del ricorrente, il quale sostiene l'inapplicabilit� 
della cit�.ta legge n. 29 del 1961 ai rapporti ~roibutari sorti 
prima della entrata in vigore della legge medesima, si :fionda su di una 
rigida ed astratta concezione della regola della irretroattivit� della legge, 
di cui al citato art. 11 delle prelegg.i, la quale non tiene presente 
che me! caso di situazioni giuridiche, che non si esauriscono in un determinato 
momento, �Come quella �che si verifica nella specie, detta regola 
lascia aperta la questione dell'applicabilit� della nuova legge alla 
situazione ancora in atto ed agli effetti non ancora prodotti o tuttora 
pendenti di un rapporto giuridico sorto in precedenza. E questa Corte . 
Suprema ha risolto l'accennato problema, relativo all'iindividuazione 
dell'ambito d'efficacia della nuova legge, nel senso che questa si applica 
quando concorrono le seguenti condizioni: a) �che il rappor�to giuridico, 
sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora �esaurito i suoi effetti, 
b) che la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o 
l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti di esso (sent. n. 3304 del 
1957 � sent. n. 1114 del 1963). A ta[i criteri questo Supremo Collegio 
ha fatto ricorso anche per stabiloire l'ambito di applicabilit�, nel tempo, 
della citata legge n. 29 del 1961, pronunciando che la decisione la quale, 
con riguardo ad runa successione �mortis causa�, apertasi prima della 
entrata in vigore della leg.ge .sopramenzionata, dichiara il contribuente 
tenuto a pagare gli interessi di mora sull'imposta complementare, con 
decorrenza dail'entrata in vigore della legge medesima, non comporta 
l'attribuzione a questa di effetti retroattivi (co,si, da ultimo, sent. 7 novembre 
1970, n. 2273). Invero, il pagamento dei suddetti interessi non 
deriva da un :fatto verificatosi anteriormente all'entrata iri vigore delle 
nuove disposizioni di legge, ossia dall'apertura della .successione, ma 
dal ritardo nell'adempimento dell'obbligo tributario e, cio�, da un fatto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

118 

che, protraendosi nel momento in cui le nuove norme sono entrate in 
vigore, rientra nella disciplina di queste, in conformit� dei principi gen�tali 
che disciplinano la successione delle leggi nel tempo. Si ha, infatti, 
una situazione di mora che si rininova �de die in diem �, onde non pu� 
dirsi che essa si sda interamente verificata sotto l'impero della precedente 
'legislazione e per 1Il\;1lla sotto quello della nuova. 

N~ giova .alla tesi del ricorrente il richiamo alle nOTme ed ai principi 
comuni che richiedono la liquidit� del debito, quale presupposto 
deglJ. interessi di mora, essendo evidente, come gi� questa Corte Suprema 
ha avuto occasione di rilevare (sent. 2'8 ottobre 1967, n. 2670), che 
a tali principi le leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 19612, hanno espressamente 
derogato col fissare ia decorrenza degli interessi sul tTibuto 
complementare da un momento anteriore a quello della sua liquidazione, 
cio� da quando � dovuto il tributo principale che, con riguardo aJfimposta 
di successione, � esigib�e entro sei mesi dalla morte del � de 
cuius � (art. 64 in relazione all'arit. 53, n. 3 del r.d. 30 d~cembre 1923, 

n. 3270). 
Col secondo motivio del rico1rso l'Ippolito, �lenunciando v.iolazione 
ed errata applicazione dell'art. 3 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e 
dell'art. unico, secondo comma, della fogge 28 marzo 1962, n. 147, in 
relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c_., si duole che la Corte d'appello abbia 
ritenuto che la denuncia da parte di esso ricorrente dei beni erediitari 
fosse stata infedele. Deduce, ~n pairticol_are, che ila Corte del merito non 
ha valutato la ci'.rcostanza che, essendo stati ripartiti fedelmente nella 
denuncia di 1successione tutti gli elementi necessari per la liquidazione, 
l'ufficio tributario era stato posto dal contribuente ne'lle condiz.ioni di 
procedere alla liquidazione deH'hnposta. Aggiunge che, in ogni caso., la 
Corte d'appello avrebbe dovuto ritenere applicabile il 'secondo comma 
dell'articolo unico della !legge n. 147 del 1962, non essendo dipeso da 
fatto imputabile al contrJ.buente la mancanza e l'ililsufficienza degli 
elementi necessari per la liquidazione del tributo. 

Anche questo mezzo � privo di fondamento. 

La ~iquidazione della imposta di succesione, come del resto quella 
della maggior parte delle imposte, avviene con il concorso dell'attivit� 
del soggetto passivo del relativo Tapporto, chiamato dalla legge a fornire 
i necessari elementi per la determinazione qua1ntitativa dell'obbligazione 
tributaria. Ta'1e concorso si realizza, nel campo d�elle imposte di successione, 
con l'adempimento dell'obbligo (stabilito dall'art. 51 del citato r.d. 

n. 3270 del 1923) di fornire, con l'apposita denuncia, una pa!rticolareggiata 
notizia dei beni compresi nella successione, la dkhiarazione del 
loro valore e le i!Ildicazioni occorrenti per farne conoscere fa natura, la 
situazione e l'importanza economica, L'art. 15 r.d.1. 7 agosto 1936, 
n. 1639, poi, con riferimento al secondo dei 1suddetti elementi, precisa 
che il valore cui va commisurata l'imposta � quello venale i1n comune 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

commercio al giorno del trasferimento, determinato con riguardo agli 

elementi di cui al 1successivo art. 16. E, dal combinato disposto di tali 

norme, :si evince che H contribuente ha l'obbligo di dichiarare il valore 

effettivo dei beni .caduti in successione, precisandone l'ammontare. 

Ora, considerato che a norma dell'art. 17 del r.d.l. n. 1639 del 1936, 

la liquidazione del tributo principale deve farsi sul valore dichiarato dal 

contribuente -valore che, quindi, rientra testualmente fra gli � ele


menti occorrenti alla liquidazione � -� evidente la diretta Jndicenza 

dell'insufficiente dichiarazione di tale valore suHa liquidazione dell'im


posta e, di conseguenza, � logicamente corretta la conclusione secondo 

cui l'appMcaZ.ione del tributo complementare �, in tal �caso, determinata 

da quella �insufficienza degli elementi occorrenti alfa liquidazione�, 

prevista dalla legge n. 147 del 1962 quale presupposto per la decorrenza 

retroattiva degli �intere�ssi. Del xesto, la stessa legge organica dell'im


posta di successione (art. 72 r.d.l. n. 3270 del 1923), comminando la 

sanzione della sopra�tiassa in particolari ipotesi di insufficiente dichia


razione di valore, presuppollle, in tali .casi, l'avvenuta violazione di un 
.preciso obbligo posto dalla legge di contribuzione. 

N�, d'altro lato, potrebbe fondatamente sostenersi che l'accenno al 
requisito della � fede'1t� � della denuncia, contenuto nell'art. 3 della 
legge n. 29 del 1961, pi� non figuri in quella .succe.ssiva n. 147 del 1962. 
Infatti, la mancata enunciazione di quell'elemento non muta la sostanza 
del de�ttato legislativo, 1n� tale enunciazione era necessaria aJ.la finalit� 
interp['etativa della legge posteriore, diretta a �hiarire che la decorrenza 
degli intere>s1si sul tributo �complementare debba essere ancorata alla 
data di esigibilit� del tributo principale, quando fa liquidazione complementare 
sia stata determinata da un fatto imputabile al contribuente. 

N� pu� accogliersi la censura che il rdcorrente muove alla sentenza 
de1nunciata � per aver ritenuto inapplicabile la disposizione del sec0ndo 
comma dell'art. unico della legg.e n. 147 del 1962. Tale censura va 
esamina.ta in base alfa premessa che l'accertare se ricorrano gli estremi 
del fatto non imputabile al contribuente, impldca un'indagine d'=lle particolari 
circostanze del caiso concreto, cio� un accertam~nto che rientra 
nei pote.ri del .giudice di merito, risolvendosi -in un apprezzamento di 
fatto (Cass. 28 ottobre 1968, n. 2670). E, nella specie, la Corte d'appello 

ha dato ragione di tale apprezzamento in modo es�auriente, osservando, 
sul punto, � �che la dichiarazio1ne di valore inferiore a quello �reale, per 
essere apprezzabile ai fini dell'elemento soggettivo della �colpa, deve 
discostarsi sensibilmente dalla mLsura definitiva, non essendo sufficiente 
una qualsiasi discordanza in un campo in cui l'apprezzarne.nito � caratterizzato 
dalla sug.gettivit� e dalla approssimazione. Nel caso in esame 
non pu� certo parlarsi di errore scusabi�le avendo il contribuente indicato 
valori del tutto arbitrari ri1spe1to a quelli reali (L. 2.545.000 anzi� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ch� L. 9.358.903), persino per i fondi rustici, sebbene valutati automaticamente 
�. 

Inoltre, la Corte di appello ha rilevato, pure esprimendo un apprezzamento 
di fatto demandato al compito istituziOlnale del giiudice di 
merito, che l'Ippolito non aveva provato che l'insufficienza degli elementi 
denunziati ai fini della liquidazione della imposta di successione, 
non fosse a lui imputabile. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Col primo motivo del !ricorso la Franceschi, d:enunziando, 
iln relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 11 
delle Disposizioni sulla legge in generale, con i'iferimento agli artt 1 e 
segg. della legge 26 gennaio 1961, n. 29, ed alla leg�ge 28 marzo 1962, 

n. 147, sostiene che queste J.eggi, �contenenti la disciplin11 degli interessi 
moratori sulle somme -dovute per tasse ed iinposte indirette, avendo 
carattere innovativo non sono appUcabili ai �rappo�rti tribufatri sorti, 
come quello di specie, anteriormente all'entrata in vigore delle leggi 
stesse, anche quando sd tratti di rapporti non ancora esauriti. 
Il motivo non � fondato. 

In materia di interessi di tributi complementari, la questione dell'applicazione 
de1la legge 26 g�enmaio 1961, n. 2-9, (interpretata in modo 
autentico della legge 28 m!M"zo 1962, n. 147) ai trapporti tributari che si 
ricolle1gano a fatto genera1tore dell'impost� verificatosi anteriormente 
all'entrata iJn vigore della legge n. 29 del 1961 (16 marzo 1961) � gi� 
stata esaminata da questa Corte Suprema, che ha ritenuto applicabile 
la nuova legge nel c-aso in cui l'i11sufficiente di1chiarazioine del valore dei 
beni, costituenti l'aSISe ereditario, abbia dato luogo a successiva liquidazione 
del tributo �complemen:tare di successione (sent. 7 novembre 
1970, n. 2273). E tale decisione si riannoda e si .coordina in tutta coerenza 
all'indirizzo gdurisprudenziale di questo Supremo Collegio che ha 
ripetutamente ritenuto l'applicabilit� dell'art. 5 de1la legge del 1961 ai 
pagamenti e.seguiti dai contribuenti anteriormente al 16 marzo 1961 
(sent. n. 1114 del 1963; sent. n. 1856 del 1963;, sent. n. 1115 del 1966 e 
sent. n. 1822 del 1966). Da tale gi� affermato orientamento questa Corte 
suprema non reputa il receder�e, anche 1se altra sentenza abbia adottato 
una decisione difforme (Cass. 18 dicembre 1970, n. 2707), ravvisandosi 
tuttora validi motivi che presidiano fa soluzione in senso affermativo 
de11a questione di diritto intertemporale dianzi annunziata. 

Lia citata legge n. 29 del 1961, nello .stabilire l'obbligo' e la misura 
degli interessi moratori sulle ,somme dovute all'erario per tasse ed imposte 
sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di omissione di formalit� 
o di omessa autotassazione o di iinsufficiente o mancata denunzia, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

detti iinteressi decorrono dal giorno in cui la tassa o l'imp0S1ta-sarebbe 

stata dovuta se la formalit� fosse stata eseguita o l'autotassazione effet


tuata o la denunzia presentata in modo fedele e �completo. 

Con riferimento, poi, al tributp complementare suHe tasse ed imposte 
predette, cio� a quella parte che non rpot� essere liquidata, fin dal1'
origine, per maincanza od insufficienza degli elementi ahl'uopo occorrenti, 
la legge .iinterpretativa del 1962 pure dianzi citata, chiarisce che 
gli interessi sono dovuti dalla data di esigibd:lit� del tributo principale, 
salvo che la mancanza o insufficienza, le quali abbiano impedito l'origi-. 
naria integraJe liquidazione, siano dipese da fatto non imputabile al contribuente 
(nel qual caso gli iinteressi sul tributo complementare deco�r-. 
rono dal giorno della sua liquidazione). 

Ci� posto, rilevasi che la tesi della ricorrente, la quale sostiene la 

inapplicab~lit� della citata legge n. 29 del 1961 a rapporto tributario 

relativo a successione ereditaria apertasi prima dell'entrata in vigore 

della legge stessa, si fonda su di una rigida ed astratta concezione della, 

regola dell'irretroattivit� del1a legge (art. 11 Disposizioni sulla legge in 

geineraile)~ conce~ione che non p.� e.ssere �Condivisa, perch� non tiene 

presente che nel caso di situazioni giuridiche, le quali non si esauriscono 

in un deter.J:ninato momento, ma proietti:tno i loro effetti nel tempo come 

appunto si verifica nella specie, detta regO'la lascia aperta la questione 

dell'app1icabilit� della nuova legge a,JJla situazione ancora iin atto ed 

agli effetti non ancora prodotti o tuttocpi pendenti di un rapporto giuri


dico sorto in precedenza. E questa Corte Suprema ha risolto l'accennato 

problema, concernente l'individuazione deJl'ambito d'�efficacda della legge 

sopravvenuta, neil senso che questa si applka allorquando concorrono 

le seguenti �condizioni: a) che il �rapporto giuridico, sebbene sorto ante


riormente, non abbia ancora esaurito i 1suoi effetti, b) che la norma 

innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del 

rapporto, ma gli elretti di esso .(sent. n. 3304 del 1957 e sent. n. 1114 

del 1963). 

TaU criteri generali sono applicabili anche quando si tratti di stabi


lire l'ambito �di applicabilit� della menzionata n. 2�9 del 1962, E, seguendo 
tale profilo dell'.indagine, resta agevole rilev~re che il pagamento 
degli inter�e.ssi del 6 % previsti daJla 'legge del 1961, non deriva da un 
fatto ver.ificatosi precedentemerute al 16 marzo 1961, cio� dall'apertura 
della successione, ma dal ritardo nell'adempimento dell'obbUgazione 
, tributaria di natura complementare, ossia da un fatto che, protraendosi 
nel momento in cui le nuove disposizioni di legge sono entrate. in vigore, 
ricade ne1la disciplina di queste, in conformit� alla regole generali che 
disciplinano la succ.essione delle leggi nel tempo. Si ha, infatti, una 
situazione di mora che sii rinnova �de die in diem �, onde non pu� dirsi 
che essa si sfa iinteramente verificata sotto l'impero della precedente 
legislazione e per nulla sotto quella deHa nuova. E trattasi di situazione 


122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che iil contri:buente ha facolt� di far cessare mediante il pagamento del 
tributo complementare da lui dovuto. 

N� ad or1ientare diversamente il giudizio della Corte vale l'argomento 
svoHo da.Ila ricorrente Ila quale sottol,inea che, per gli interessi 
dovuti da'l contribuente in applicazione delle menzionate leggi del 1961 
e del 19612 la fonte � �cositituita non dalla mora, ma da un diverso presupposto, 
cio� dalla mancanza od insufficienza degli" elementi occorrenti 
alla liquidazione del tributo, dmputabiJi a comportamento colposo 
del contribuente, assumendosi cos�, a fatto generatore dell'obbligazione 
r;elativa a.gli interessi �concernenti al debito d'imposta complementare, 
un presupposto che non era previsto dalle norme di diTitto comune in 
precedenza appliicabili. Infatti, la Corte del mevito ha ritenuto applicabili 
le citate leggi del 1961 e del 1962 non gi� al fatto che d� origine 
all'obbligazione concernente gli interessi, ma unicamente a questi e solo 
da'l momento dell'entrata in vigore deUa legge n. 29 del 1961. E tale 
applicazlione � corretta, essendo limitata agli effettd che derivano dal 
fatto genera1tore dell'obbligazione relativa agli interesisi. 

Col secondo motivo del ricorso la Ftranceschi, denunziando, in 
relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. la violazione del:l'articoilo unico della 
legg.e 2�8 marzo 1962, n. 147, c?n riiferimento all'art. 11 delle Di�sposizioni 
sulla legge in generale, sostiene che in ogni caso, essa contdbuente 
avrebbe dovuto esse�re dichiarata tenuta a corrispondere gli interessi 
moratori .sol.tanto dalla data di entrata in vigore della legge n. 147 del 
1962 la quale, innovando rispetto a quella n. 29 del 1961, pre\rede l'applicazione 
degU interessi moratori anche alle imposte di natura complementare. 


Neppure questo motivo � fondato. 

La legge n. 147 del 1962 � interpretativa, come si desume non 
soltanto dalla sua intestazione (� Interpretazione autentica defila legge 
26 gennaio 1961, n. 29, circa fa disciplina degli interessi di mora dovuti 
sulle tasse ed imposte ,indirette 1sugli affari di natura compfomentare �), 
ma anche dal suo contenuto normativo. 

Infatti, l'articolo unico di detta legge si limita a chiadre il momento 
da cui decorrono gli interessi moratori, di cui a1l'la precedente legge del 
1961, rispetto ai tributi complementari, laisCiando ferma la regola della 
corresponsione degli interessi e della loro misura contenuta nella legge 

n. 29. E tale regola gi� era operante nel campo dei tributi compilementari, 
cui si estende l'ambito d'applicazione della legge imterpretata 
autenticamente. 
Ora, se la legge n. 147 del 1962 non innova, appunto perch� soltanto 
interpretatdva, �rispetto a quanto dispone quella n. 29 del 1961, 
correttamente la Corte del merito ha stabiUto 'la decorrenza degli interessi 
dalla data di entrata in vigore di quest'ultima (16 marzo 1961). (
Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 123 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 dicembTe 1971, n. 3527 -P1�es. 
Scarpello -Est. De Santis -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Savarese) c. E.N.E.L. (avv. Cogliati Dezza e 
Andriorli) e S.I.P. (avv. Visentini, Nico1l� e Sorrentino). 

Imposta di ricchezza mobile -Redditi prodotti all'estero percepiti da 
soggetti domiciliati in Italia -Tassabilit� -Condizioni. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 82, lett. f). 
Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� deducibili -Imposta 
sulle societ� -Esclusione. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 91 e segg.). 
Agli .effetti dell'art. 82 lett. f del t.u. sulle imposte dirette (disposizione 
che non ha riscontro nella legislazione anteriore) il luogo di 
produzione d�l reddito � quello dove si verifica il fenomeno economico 
della creazione della nuova ricchezza e non quello dove avviene la 
percezione; di conseguenza le somme incassate da azionisti residenti in 
Italia per dividendi di .societd estere sono tassabili in Italia solo quando 
essi non siano tassabili nell'altro Stato in forza di accordi internazionali 
(1). 

La somma pagata a titolo di imposta suUe societd non � detraibile 
dal reddito di ricchezza mobile (2). 

(Omissis). -I ricorsi di cui a'1la narrativa che precede, vanno 
riuniti perch� proposti contro la stessa sentenza. Ci� premesso si osserva 
che il r1ico11so dell'AmministTazione delle Flinanze dello Stato investe 
la sola parte� della sentenza della Corte d'appello 1con cui � stato deciso 
che dal complesso delile ent!l'ate della societ� Vizzola relative all'esercizio 
1957, vada detratto, 1ai fini della determinazione del reddito tassabile 
in :ricchezza mobile, l'iimporto dei dividendi delle azioni della 
societ� svizzera Forze Motrici di Brusio. 

Dei tve mezzi di tale ricorso, l'ultimo riguarda la riconosciuta detraibilit� 
di detta parUta, in quanto che non assoggettabiile aY.a imposta di 
ricchezza mobile, trattandosi di reddito prodotto all'estero; i pit'imi due 
mezzi riguardano invece la identificazione del rsoggetto passivo, del 
tributo preteso, che, secondo la ricorrente Amministra:tiione dovrebbe 
essere il'Enel e non la Sip�, succeduta alla Vizzofa. 

Comiincfando, per motivi logici evidenti, dal terzo mezzo,. va precisato 
che con es1so J'Amministrazione dehle Finanze denunzia la violazrione 
e la falsa applicazione dell'art. 81 e dell'art. 82 lett. F testo unico di 

(1-2) Sulla prima massima non constano precedenti. 
Sulla seconda massima cfr. Cass. 1 marzo 1971, nn. 509 e 514 (in questa 
Rassegna, 1971, I, 443) e 30 giugno 1971, n. 2057 (ivi, 1205). 



124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

leggi sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., sostenendo che, in mancanza di convenziona. 
tra l'Italia e [a Svizzera, i:l reddito in questione sia tassabile in 
Italia, perch�' quivi precepito dalla societ� Vizzola. 

La censura � irufondata. 

Riecheggia in !'lssa una vecchia tesi in base alfa quale il problema 
della localizzazione de�l reddito dovrebbe es.sere xisolto tenendo ddistinti 
e non confondendo i concetti di rea'lizzazione o di produzione del 
reddito. 

Il fatto materiale della creazione della nuova �ricchezza cio� della 
realizzazione de�l reddito sarebbe poi irrilevante, dovendosi tener conto 
del fenomeno economico della acquisizione della nuova ricchezza nella 
sfera patrimoniale del debitore dell'imposta: la produzione del reddito 
coinciderebbe perci� con la percezione di esso e con riferimento a tale 
fenomeno andrebbe determinato il luogo di produzione. 

Questa tesi, che anche in passato fu vivacemente criticata, appare 
per� del tutto insostenibile ali. lume delle disposizioni del nuovo testo 
unico di leggi sul~e imposte dirrette ed in particolare di quella contenuta 
nell'art. 82 lett. f. 

Se fosse vero, infatti, quanto I'Amministrazione sostiene, ogni 
reddito, dovunque venuto in esistenza, dovrebbe essere localizzato in 
Ita�ia e sarebbe quivi tassabile, quando il titolare di esso fosse domiciliato 
o Tesidente nehlo Stato. Al contrario siffatta localizzazione si verifica, 
a norma del citato art. 82 lett. f solo quando il reddito prodotto 
all'estero da soggetto domiciliato o residente nello Stato non sia tassabile 
nell'altro Stato, in forza di accocdi inteim.azionaU. 

Ci� significa .che perr luogo di produzione non si pu� intendere, in 
via normaJe, quelli.o di percezione del reddito ma quello dove si � verificato 
Il fenomeno economico della creazione della nuova ricchezza, sicch� 
la localizzazione del reddito �on Italia, in deToga al principi� gen�rale, 
della territorialit� si pu� verificare, tenendo conto che i'l debitoTe deUa 
imposta � domici.Uato e resddente in Italia (e quivi per.cepdsce il reddito) 
ma solo nehla i1mtesi prevista dalla norma. 

In altri termini, con J.a disposizione dell'art. 82 lett. f, del vigente 
te�sto unico, che non ha riscontro in quelio anteriore, si � creato un 
nuovo CTiterio legale di localizzazione dei rredditi, .in aggiunta a quelli 
del testo unico di leggi sull'imposta di r.m. del 1877 (riprodotti alle 
lettere a e b dello ,stesso ax.t. 82): ci� ,significa che non bastava far 
ricorso al cTiterio naturale di focalizzazione perch� un reddito percetto 
in Italia, ma derJvante da attivit� svolta all'estero, potesse esser�e �considerato 
prrodotto nello Stato. 

La Amministrazione delle Finanze dello Stato sostiene peraltro,. 
come si � gi� accennato, che nella specie si verifichino anche esattaroente 
le �condizioni per la applicazione del pi� vo'lte menzionato art. 82: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

lett. f, che cio� la localizzaziOl!le in Italia del reddito in questione debba 
farsi in base al criterio legale stabilito dalla norma anzidetta. Senonch� 
la stessa Amministrazione riconosce, ed � pertanto padfico in causa, 
che non esiste una convenzione tra l'Italia e la Svizzera che renda 
intassabiJ.e in quest'ult.imo Stato il reddito quivi prodotto dalla societ� 
Forze Motrici di Brusio, per la parte spettante ad azionisti italiani. 

Non si vede perci� come possa trovare applicazione il criterfo legale 
di localizzazione stabilito dall'art. 82 lett. f se, in base a tale norma, 
giova ribadirlo, i redditi prodotti all'estero da sog,getti domiciliati e 
residenti in Italia, sono assoggettabili all'imposta di r.icchezza mobile, 
�quando non siano tassabili nell'a'ltro Stato in forza di accordi internazio:
p.aili �. 

La tassabilit� in Italia, dunque, � condizionata a1l'esi.stenza di un 
accordo il!1ternazionale che renda intassabile il reddito stesso nel luogo 
d( produzione. 

L'Amministrazione ricorrente opera un vero e proprio capovolgimento 
della disposizione, dntendendola nel senso che occorrra un accordo 
che renda possibile la ta1ssazione all'estero, perch� i1l reddito divenga 
intassabiJ.e in Italia. Questa interpretazione urta contro l'insuperabile 
significato letterale della norma ed � anche illogica: infatti � normale 
e pertanto � prevedibile, che un reddito prodotto alil'estero sia quivi 
assoggettato ad imposta, chiunque �ne sia il titolare. Pertanto la norma, 
intesa nei senso voluto' dalla Amministrazione, darebbe costantemente 
luogo ad una doppia imposdzione, mentre tutta fa nostira legisiazione, 
come del resto quelle degli Stati pi� progrediti, � vol:ta ad evitarla. 
Per concludere su questa parte della controversia si deve infine rilevare 
che rse il reddito in questione si potesse considerare prodotto in Italia, 
esso sarebbe soggetto ad imposta ali'atto della sua realizzazione da 
parte della societ� � Forrze Motrici di Brusio per conto di tutti i suoi 
soci e non sarebbe perci� tassabile all'atto della materiale ripartizione 
dei dividendi (art. 83 t.u. del 1958). '.Draittandosti di reddito prodotto 
all'estero e non essendo perci� applicabile il.a disposizione dell'art. 83 
del t.u. di leggi sulJ.e imposte dirette, la non localizzazione in Italia 
potrebbe aver luogo solo in ba.se all'art. 82 lett. f di cui per� non si 
v�erifica, come si � visto, iJ. presupposto legale dell'e:sistenza di wn accordo 
inter.nazionale che renda .intassabile all'estero iJ. reddito medesimo. 

Pokh� la pretesa tributaria risulta oggettivamente dnfondata, irrilev_
ante ogni questione relativa alla identificazione de1l s�ggetto che, in 
ipotesi, awebbe dovuto sostenere 1'.onere del tributo. 

Restano perci� supera.ti i primi due motivd del ricorso dell'Amministrazione 
finanziaria dello Stato, che non ha interesse a sostenere 
ulteriormente che la obbligazione tributaria stia a carico dell'Enel e 
non della Sip, una volta accertato che tale obb'li~azione non esiiste 
n� a carico dell'Enel n� di altro soggetto. 


;{ 

126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In co.nseguenza resta anche assorbito il ricorso incidentaJ.e che la 
Sip ha proposto, condizionandolo all'accoglimento del terzo mezzo del 
ricorso dell' Ammini,strazione, per sostenere �che se la pretesa tributaria 
fos1se risultata fondata, &i saJrebbe dovuto individuare neU'Enel, il soggetto 
passivo della stessa. 

Il ricorso incidentaJ.e del suddetto Ente nazionale per l'energia 
elettrica si rivolge contro l'altra paTte della sentenza della Corte di 
Milan'o, quella cio� con cui si � deciso che le somme. pagate per imposta 
sulle societ� non siano detraibili, al fine della determinazione del reddito 
assoggettabile alla imposta di ricchezza mobile e che la relativa 
obbligazione tributaria, nella specie, stia a �carico dell'EIIlel. 

Detto �rico:r;so si articola in quattro mezzi di _annuJ.lamento, di cui 
l'ultimo investe la pronuncia sulla legittimit� della pretesa tributaria, 
mentre i primi tre sono diretti contro lla operata individuazione del 
soggetto passivo del tributo. 

Anche questa volta appare �conveniente cominciare dall'esame del 
quarto mezzo, per la sua evidente prevalenza sugli altri. 

L'Enel denunzia con il detto� motivo di ricorso, che ha trovato 
consenziente la Sip, mentre resiste ad esso I'Amministrazione delle Finanze 
dello S-tato, la violazione degli artt. 31 e 32 t.u. 24 agosto 1877, 

n. 4021 delle leggi :sull'imposta di ricch�zza mobile in relazione agli 
artt. 91, 97 e 99 t.u. n. 29 gennaio 1958, n. 645 ed all'art. 360, n. 3 c.p.c. 
A fondamento di tale denunzia si ,sostiene dal riconente che l'imposta 
sulle societ�, ahneno per la :sua componente patrimoniale, costituisce 
un onere del tutto 8!1Ilalogo alJ.e spese di costituzione dell'Ente 
collettivo e di aumento di capitale nonch� alle altre perdite per distruzione 
parziale dei beni relativi all'impresa, oneri questi di cui agli 
art. 97 e 99 del vigente testo unico prevedono espressamente la detrazione, 
con la conseguenza che anche l'imposta suJ.le societ� do~ebbe 
essere detratta per la determinazione del reddito soggetto all'imposta 
di ricchezza mobile. 

La questione che n suddetto mezzo di ricorso ripropone, gi� risolta 
ne'l senso della indetraibilit� della imposta sulle societ�, con sentenza 

n. 185 del 1967, � stata oggett9 di un 1recentissimo compJ.eto riesame da 
parte di queste Sezioni Unite, che in esito ad esso hanno ritenuto di 
dover .conferma1re il precedente d.ndirizzo giurisprudenziale. Le ragioni 
addotte a sostegno delle due lt'ecentifi:Sime sentenze, pienamente comuni 
su tale punto (n. 510 e 514 del 1� marzo 1971), appaiop.o valide e convincenti 
n� :sono state addotte ragioni che valgano a dimostrarne la 
erroneit�. 
Si stima perci� poterne fare richiamo senza una inutile ripetizione, 
respingendo quindi il quarto motivo del lt'icorso Enel, che, in base ad 
esse, risulta privo di fondamento. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 127 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 dicembre 1971, n. 3555 -Pres. Mirabelii 
-Est. Della Valle -P. M. Minetti (conf.) -Tuento (avv. Bertolissi) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposta di successione -Coacervo delle precedenti donazioni -Valore 
dei beni donati al momento dell'apertura della successione. 

(d.l. 8 marzo 1965, n. 90, art. 4). 
Nella formazione del �coacervo� delle quote di eredit� e dei legati 
con le donazioni e liberalit� fatte dall'aut�re della successione allo stesso 
er�de o legat-Orio a norma dell'art. 4 del d.L. 8 marzo 19;45 n. 90, ai beni 
donati deve essere attribuito il valore che essi hanno al momento della 
apertura della successione e non il valore a suo tempo accertato al momento 
del trasferimento (1). 

(Omissis). --Coi tre mezzi dedotti -che, essendo tra loro dntimamente 
�collegati, vanno esaminati congiuntamente, sotto un profilo unitario 
-.i ricorrenti Di Trento,� denunciando la violazione de'll'art. 15 
del d.l. 7 ago.sto 1936, n: 1639 e l~ falsa applicazione degli artt. 4 d.l. 
8 marzo 194'5, n. 90 e 734 e 73,7 e.e. in relazione all'art. 360, in. 3 c.p.c., 
censurano l'impugnata sentenza per aver ritenuto che, in relazione al 
.;: coacervo � delole donazioni con le quote di eredit� disposto dal suddetto 
art. 4 de�l decreto n. 90 del 1945, ai beni donati debba essere 
attribuito non gi� il valore per essi accertato all'epoca della donazione 
ma quello risultante essere al momento dell'apertura della successione. 

In particolare essi .sostengono che iJ. coacervo del � donatum � e del 
<-: relictum � costitui:sce una mera operazione adtmetica, di natura esclusivamente 
fiscale, che, non importando alcun trasferimento effettivo, 
non vale a legittimare una nuova valutazione dei bene donato commisurata 
ai valori correnti all'epoca dell'apertura della successi�ne (primo 
mezzo); �:he lo stesso rilievo vaJ.e anche per la co11azione prevista dall'~
t. 737 e.e. che, in quanto comporta �sempilicemente la � riunione 
fittizia� e non la �risoluzione automatica� delle donazioni pregresse, 
va fatta per iJ. valore gi� tassato in occasione del1a registrazione dell'atto 
di donazione, mancando quel � trasferimento effettivo del bene� che 
costituisce il titolo per una nuova valutaZione (terzo mezzo); e, infine, 
che nessun valido argomento a sostegno della tesi della Finanza pu� 
essere tratto dal citato art. 4 d�l citato decreto n. 90 del 1945, limitandosi 
questo a disporre soltanto �Che le imposte da dedurre sono quelle dovute 

(1) Decisione di molto interesse su una questione che non ha precedenti 
giurisprudenziali della Cassazione. 
In senso .conforme SERRANO, Le imposte sulle successioni, Torino, 
1968, 313. 

10 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4-secondo la tariffa vigente nel momento della apertura della succcssione 
� e no.n anche � secondo H valore accertato � in tale momento 
(secondo mezzo). 

La censura � infondata. 

Il problema -che si presenta per la rprima volta all'esame di 
questa Suprema Corte -� quello di stabilire se il cosidetto � coacervo � 
delle precedenti donazioni e liberalit� effettuate dal de cuius a favore 
dei singoli eredi o legatari a:bbia -come si sostiene dai rkorrenti lo 
scopo di determinare l'asse ereditario globale ai soli filni dell'identificazione 
dell'aliquota dell'imposta successoria da applicare nei singoli 
casi -(aliquota �Che, essendo progressiva, aumenta ovviamente in ragione 
del valore dell'imponibile) -o se, posto che le donazioni costituiscono 
in definitiva una particolare forma di anticipata successione, non 
trovi invece la sua effettiva ragion d'essere -�come ha. ritenuto la Corte 
triestina -nell'esigenza di ricondurre ad unit�, con riferimento cio� ad 
una medesima data, la tassazione di tutti i trasferimenti a titolo gratuito 
e di rendere in tal modo operante il pirincipio dell'airt. 20 della 
legge sull'imposta di successione, 1secondo H quale l'imposta deve essere 
applicata sul valo�re che i beni hann9� al momento del�l'apertura della 
successione. 

E questa Corte ritiene esatta la soluzione �che ad esso ha data la 
Corte di Trieste con l'impugnata decisione. 

Quale sia stato il fine che il �.egi:sJatore ha dinteso per<segui�re attraverso 
il meccanismo. del ��coacervo�, risulta invero chiairamente dalla 
Relazione miniisteiriale sulla legge 23 gennaio 1902, n. 25 all. C, con 
la quale fu introdotto tale istituto, disponendosi, all'art. 4, che, per 
l'applicazione delle diverse aliquote 1stabilite dalla tabella A sulla liquidazione 
delle tasse di successione e di regtstro, alle singole quote 
trasferite per eredit�, legato o donazione si sarebbero dovute aggiungere 
� le somme soggette a collazione e le donazioni anteiriormente 
fatte dal donante e autore della 1successione allo stesso erede o legatario 
o donatario�, e detrarre, poi, da1la taissa cosi determinata l'importo 
della tassa gi� pagata sulle somme anzidette, computando per tale, 
per le donazioni �anterioiri al 1� dicembr�e 1901, quella dovuta ai termini 
di essa legge. 

Dopo aver rilevato che per sfuggire all'applicazione di �aliquote 
progressive pi� alte 'sui valorJ ingenti� potrebbero gli interessati ricorrere 
all'espediente di suddividere i valori stessi con donazioni tra vivi 
agli stessi successibili riducendo cos� le quote a cifre tassabili con le 
aliquote minori della scala, la Relazione, infatti, testualmente spiega 
che �contro simili avvedimenti in danno della Finanza, pi� ancora in 
danno della giustiz.ia, � rimedio effica�ce queUo in forza del quale sono 
da aggiungere, a1le singo!le quote ereditarie ed ai singoli legati, le preesistenti 
donazioni dallo stesso autore al medesimo donatario o lega



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 129 

tario, non gi� per ri<scuotere una seconda volta la� tassa gi� percetta, 
che dovr� anzi essere detratta, ma all'urtico scopo di ricondurre le 
quote ereditarie aM'altezza che ad esse compete nella scala della ta;riffa 
�. E �Che J.e �donazioni precedenti� siano sottoposte allo stesso trattamento 
fiscale delle singole quote � trasferite per er�edit� � � precisato 
dall'art. 4 del Regolamento 23 marzo 1902, n. 114 p&-[L'esecuzione 
della suddetta legge n. 25, ~l quale taissatiivamente stabiUsce che � la 
tassa di successione si applica �con le varie aliquote stabilite per ciascuna 
quota degli eredi e legatari, in modo da colpire di �tassa l'intero 
ammontare determinato a norma dell'articolo precedente� e che �se 
nelle quote sono compresi v;afori posti in relazione ad altre donazioni 
anteriori, dalla tassa come sopra Uquidata 1si dedurr�, per ciascuna quota, 
una parte :tn proporzione della tariffa relativa ai valori conteggiati 
per la ricostruzione del patrimonio e la formazione delle singole 
quote con le norme indicate dall'articolo precedente�. 

La disposizione dell'art. 4 deUa legge ri. 25 del 1902 fu successivamente 
riprodotta, con diversa diz.ione, ne1l'art. 3 del t.u. 30 dicembre 
1923, n. 3!270, nell'art. 5 del r.d. 30 aprile 1930, n. 431 e :infine nell'articolo 
4 del citato decreto 8 marzo 1945, n. 90, tuttora in vigore, che, 
dopo aver ribadito ancora una� volta l'obbligo di effettuaTe il � coacervo 
� e di dedurre, �correl�tivamente, dall'imposta liquidata sull'intero 
� le imposte che sarebbero dovute ai teriI�l.ini del presente capo � per 
le donazioni e le liberalit� fatte dall'autore deUa successione allo stesso 
erede o legatario, espressamente avverte �che � la stessa regola si applica 
nel caso di precedenti donazioni fatte daJ. donante allo stesso donatario 
�, sottoponendo cos� allo istesso trattamento tributario cos� le donazioni 
e le Uberalit� che �solo con l'apertura della successione diventano 
efficaci ed operative come quelle effettuat~ in precedenza, e cio� 
pdma che fosse aperta la successione. 

Da.Ile dispos1izioni surrkhiamate, e da'l fatto che sugli atti di donazione 
� dovuta la istessa imposta stabilita per le successioni, appare 
pertanto evidente che agli effetti fiscali la donazione � da considerare 
come un'anticipata successione, con la logica conseguenza che il �donatum 
� deve essere in ogni caso, e quindi~ (contrariamente a quanto 
ha ritenuto la Corte di merito aUorch�, erroneamente equiparando lo 
istituto, rprettamente fiscale, del � coacervo � a quel'lo, civilistico, della 
collazione, ha attribuito valore decisivo, ai fini della soluzione adottata, 
aJla c.ircostanza che nella specie le donazioni erano state fatte con obbligo 
di collazione, omettendo cos� di �Considerare che, come questa Suprema 
Corte ha gi� altre. volte Tilevato con sentenze 16 luglio 1969, 

n. 2633, 12 marzo 1966, n. 711 e 9 luglio 1961, n. 1845, l'imposizione 
di tale obbligo trova di regola H suo fondamento nella presunzione che 
il de cujus, �col fare in vita deJ.le donazioni ad a1cuni dei prop;ri discendenti, 
o eventualmente a tutti, non abbia voluto, per comp�rensibili 

I 

130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

I 

ragioni di equit�, alterare il trattamento loro spettante per testamento, 

~ 

in .caso di successione testamentaria, o per legge, in caso di success.ione 
t=: 

1: 
~:

legittima) -anche ne1 �caso che il donante abbia dispensato il dona;: 


taTio dall'obbligo della collazione, aggiunto al � relictum � in modo da 
['

i�" 

formare con� questo u:na unka massa ereditaria. 
~ 
~=

Attraverso dl il'imedio del coacervo tra le quote di eredit� e le dof'~ 


nazioni si � voluto, in altri termini, soddisfare !"esigenza di sottoporre fil 
ad un'identica tassazione tutti i traisferimenti a titolo gratuito, senza 
distiriguere tra quel1i avvenuti per successione e quelli effettuati in 
pr�ecedenza per donazione, assoggettando sia gli uni che gli altri all'imposta 
dovuta �con riferimento all'epoca dell'apertura della successione. 


E che tale sia il sistema da ;seguire � comprovato da, ci�, ;ehe solo 
rivalutando i beni donati �con riferimento a1la data della morte del 
de cujus riesce possibile, -senza peraltro recare alcun danno al donatario, 
rispetto al quale l'imposta risultainte ancora dovuta dopo la detrazione 
di quanto in precedenza pagato non rappresenta in definitiva 
nulla di pi� che l'eff�ettivo �residuo �tributario aff�rente dl verificatosi 
trapasso successorio (mrt. 4, comma 2<>, decreto 8 marzo 1945, n. 90 succitato) 
-conseguire il duplice scopo di mettere, da una parte, tutti 
gli eredi su un piano di assoluta parit� rispetto al fisco, colpendo col 
giusto tributo, nella sua totalit� e nei 1singoli trapassi ancorch� operati 
in tempi suc�ceissivi, i'l complesso dei beni trasferiti gratuitamente alla 
stessa persona, e di evitare, dall'altra, �l'inammissibile ed assurda conseguenza 
di dover detrarre l'imposta secondo le norme vigenti al momento 
deila delazione deil'eredit� -(rigurdanti, ovviamente, tanto 
la � tari:ffia � da applicare quanto �il valore� da attribuiTe al �donatum 
�) -su di un valore de1le donazioni accertato in tempo diverso. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1971, n. 3610 -Pres. 
Rossano -Est. Della Valle -P. M. Di Majo (diff.) -I.A.C.P. Siena 
(avv. Rescigno) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fanelli). 

Imposta di registro -Termine per la registrazione -Contratti degli 
enti pubblici~ Verbale di licitazione privata -Equivale a contratto Gestione 
Ina-Casa -Applicabilit� del principio. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80 e 110; r.d. 19 novembre 1923, n. 2440, 
art. 16; d.p. 4 luglio 1949, n. 436, art. 33). 
Il principio stabilito nell'�art. 16 del r.d. 19 novembre 1923, n. 2440 
sulla contabilit� generale dello Stato, secondo ii qwale i verbali di aggiudicazione 
nelle aste pubbliche e nelle licitazioni private equivalgono 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 131 

ad ogni legale effetto al C1J11,tratto, � appticabil.e a tutti i contratti della 
Pubblica Amministrazione sia quella diretta dello Stato sia quella indiretta 
o ausiliaria degli enti autarchici i cui fini sono propri dello Stato; 
di conseguenza, anche per effetto dell'art. 33 del d.P. 4 luglio 1949, 

n. �436, per gli aprpaiti deLla Gestione INA-Casa stipulati, quali stazioni 
aprpaitanti, dagLi Istituti Autonomi delle Case Popo�lari, il termine 
per la registrnzione di cui all'art. 80 della legge di registro decorre 
dalla data dell'aggiudicazione (o dalla relativa approvazione eventual-: 
mente richiesta) e non dalla data del successivo contratto (1). 
(Omissis). -Col prfano e col secondo mezzo -che, in quanto tra 
loro connessi, possoon essere esaminati congiuntamente -�l'Istituto ri. 
corrente, denunciando la vfolazione e la falsa applicazione degli articoli 
1326 e segg., 1350 e segg. cod. civ., 16 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 
e 6 d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, nonch� l'omess�a �d insufficiente motivazione 
su punti decisivi della controversia ai sensi dell'art. 360, 1?-� 3 
e 5 cod. proc. civ., si duole che la Corte di Firenze, estendendo arbitrariamente 
la sfera dd applicazione del summenzionato art. 16 della legge 

n. 2440 del 1923 sulla contabilit� generale dello Stato, abbia ritenuto 
che nel sistema della licitazione privata prevista per gli appalti della 
Gestione INA-Casa dall'art. 33 del d.P.R. 4 luglio 1949, n. 436 l'aggiudicazione 
al concorrente costituisca, agli effetti fiscali, �l'atto e il momento 
in cui, ai termini dell'art. 1326 cod. civ., si viene a concludere, 
con fincontro irrevocabile delle volont�, il -contratto�. 
All'uppo rileva che, dovendo la volont� contrattuale delle Amministrazioni 
statali ed equiparate essere consa�crata per iscritto, il verbale 
di aggiudicazione non � atto idoneo a far constare l'avvenuto incontro 
delle volont� delle parti, ma � una �semplice documentazione della 

(1) Il princ1p10 generale � del tutto pacifico (Cass. 20 gennaio 1971, 
n. 115, in questa Rassegna, 1971, I, 409, .con richiami). Importante � la 
precisazione che la norma vale per tutti i contratti della P. A. diretta 
e -indiretta e anche per quelli stipulati dagli I.A.C.P., la cui natura di 
soggetti di diritto pubblico � stata talvolta messa in dubbio (nello stesso 
senso v. Cass. 3 febbraio 1968, n. 349, ivi, 1968, I, 25�6). In proposito va 
rilevato che gli Istituti non solo esercitano una funzione pubblica in quanto 
enti delegati dalla Gestione INA:-Casa (o dalla GESOAL o dalla stessa 
Amministrazione dello Stato) ma sono di per s� enti pubblici, come � 
dato desumere dagli artt. 22 e segg. del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165. �Inoltre, 
� da rilevare che l'art. 80 del citato t.u. espressamente sottopone tutti 
i rapporti tra enti costruttori (di ogni genere) di case popolari e ditte appaltatrici 
alle norme in vigore per le opere in conto dello Stato. 
Quanto alla approvazione del contratto, di cui nella sentenza si fa un 
fugace cenno, bisogna precisare che i contratti degli IACP non sono soggetti 
alla vera e propria approvazione dell'art. 19 della legge di contabilit� 
di Stato, non esistendo un organo superiore a cui gli Istituti siano 



132 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fase precontrattuale, tanto � che il Capitolato generale della Gestione 
INA-Casa, avente carattere contrattuale, espressamente .stabilisce che 
all'aggiudicazione deve far seguito la stipulazione di un contratto solenne 
in forma pubblica amministrativa: stipulazione che, in quanto 
porta con s� il conferimento della �cauzione definitiva� -(per la sua 
natura di �caparra confirmatoria �, attiene alla formazfone del contratto} 
-e l'indicazione del �supplente� -(che � atto solenne, da farsi 
per iscritto) ~non pu� essere considerata come una �mera riproduzione
� di un precedente ne.gozio gi� perfetto in tutti i suoi elementi. 

Altro argomento a 1sostegno della 1sua teisi r.itiene poi l'Istituto ricorrente 
di poter trarre dalla disposizione dell'art. 8, quarto comma del 
capitolato generale della Gestione INA-Caisa che, col prevedere la facolt� 
di � esecuzione anticipata � �rispetto alla normale efficacia ed operativit� 
del negozio, non avrebbe, a suo avviso, alcuna ragion d'essere 
se il contratto si fosse gi� li.n precedenza perfezionato. 

La doglianza � priva di giuridico fondamento. 

Il problema proposto dall'Lstituto ricorrente �1 1stato gi� altre volte 
preso in esame da questa Suprema Corte, che ha dat� ad esso soluzione 
del tutto analoga a quella accolta nella sentenza impugnata. 

Ha ritenuto, infatti, questa Corte che per le opere eseguite dagli 
Istituti per le Case Popolari per incarico della Gestione INA-Casa si 
applicano le norme contenute nel regolamento approvato col d.p. 4 luglio 
1949, n. 436, ed in .particolare �quella dell'art. 33, la quale estende 
agli appalti .della predetta Gestione le disposizioni del regolamento 18 
novembre 1923, n. 2440 sulla Contabilit� .generale dello Stato, e _quindi 
anche quella dell'art. 16, che espressamente equipara a tutti gH effetti 
legali al contratto li. processi verbali di aggiudicazione in seguito ad 
incanti pubblici o a private licitazioni; che tale norma altro non rappresen1ia 
se non la � mera conferma � di un principio generale posto in 

sottoposti; tuttavia, quando essi agiscono come stazioni appaltanti della 
Gestione, il contratto, per norma di capito~ato generale, non � efficace per 
l'appaltante se non a seguito di ratifica da parte della Gestione. Questa 
ratifica non potrebbe a stretto rigore ricomprendersi nella previsione dell'art. 
81 della legge di registro, che fa riferimento alla approvazione intesa 
in senso tecnico ~Cass. 11 dicembre 1968, n. 3939, ivi, 1969, I, 287); essa 
comunque costituisce una condizione sospensiva ex art. 17. � comunque 
importante notare che -la ratifica, che pu� anche essere implicita o tacita, 
non ha la forma del decreto e non � comunciata nei modi previsti dall'art. 
81 (solitamente viene comunicata con lettera o telegramma), s� che 
la determinazione del giorno in cui il contratto diventa efficace si pone 
in relazione ad un atto non formale talvolta di incerto controllo da parte 
dell'Ufficio. Per questo accade a volte che la decorrenza del termine per 
la registrazione viene posta in relazione ad atti diversi che presuppongono 
la rratifica quali, come nel caso deciso, la consegna dei lavori o simili. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 

tenia di contratti stipulati nelle due forme anzidette dalla Pubblica 
Amministrazione; che gli Isti:tuti per le case popolari in quanto mirano 
a soddisfare un bisogno della collettivit� e quindi a perseguire un interesse 
pubblico, debbono ritenersi come facenti parte della Pubblica 
Amministrazione, �comprendendo questa, nella sua pi� ampia accezione, 
sia l'AmminJ.strazione statale diretta sia quella indiretta o ausiliaria degli 
enti autarchici i cui fini sono proipri dello Stato; che nella stipulazione 
dei contratti d'appalto col sistema del pubblico incanto o. della 
licitazione privaita l'agg.iudicazione non � un atto meramente preparatorio 
della 1succe1ssiva negoziazione ma � l'atto concfosivo dell'intero procedimento 
di gara, mediante il quale la Pubblica Amministrazione manifesta 
validamente la propria volont� di costituire, aderendo all'offerta
� fattale dal concorrente all'appalto, quel determinato vincolo giuridico, 
che tale efficacia contrattuale essa conserva ancol'ch� sia prevista 
o sia seguita una successiva stipulazione formale del contratto, 
rappresent�ndo tale stipulazione una mera fol'malit� del tutto ininfluente 
sul viincolo contrattuale gi� in precedenza validamente costituitosi 
con il verbale di aggiudicazione; ed infine �che i principi suesposti 
sono stati :recepiti dall'art. 8 del Capitolato generale della: Gestione 
INA-Casa, anche �Se poi tale norma -in applicazione del principio 
generale vigeillte in materia' di contratti della Pubblica Amministrazione, 
per cui, ove sia prevista una succ.essiva attivit� di approvazione 

o di omologazione da parte di altri organi, tali contratti non sono vincolanti 
per l'Amministrazione ~e non dopo che la prescritta attJ.vit� sia 
stata �compiuta (art. 19 legge Contabilit� generale dello Stato) -considera 
definitiva l'aggiudicazione per la stazione appaltante soltanto 
dopo la ratifica espressa o tacita della predetta Gestione (Cass., Sez. Un., 
3 maggio 1966, n. 1109; Cass., 2 dicembre 1969, n. 3350; 16 luglio 1969, 
n. 2611; 3 febbraio 1968, n. 349; 30 gennaio 1964, n. 263). 
Da tali proposizioni -e, conseguentemente, dalle conclusioni trattene 
ai fini dell'individuazione dell'atto conclusivo del 1negozio cui occorre 
fare riferimento per stabilire l'eventuale tardivit� della registrazione, 
a norma degli artt. 80, 81 e 110 della legge organica di registro, 
con la conseguente decadenza dal benefido fiscale di cui all'art. 24 della 
legge 24 febbraio 1949, n. 43, l'Istituto ricorrente dichiara di dissentire; 
ma .le ragioni addotte a sostegno del manifestato dis�senso. non sono tali 
da giustificare un i:nutamento dell'indirizzo giurisprudenziale fin qui 
adottato, essendo state esse gi� sottoposte all'attento vaglio di questa 
Suprema Corte che nelle decisioni dianzi richiamate ne ha posto chiaramente 
in risaJto l'inconsistenza giuridica. 

A quanto gi� rilevato: si pu� tuttavia aggiungere ancora che il 
fatto che l'art. 9 del capJtolato generale .stabilisca che la cauzione definitiva 
va prestata �al momento della stipulazione del contratto forma
�le � non esclude che essa possa rtforirsi ad un vincolo negoziale gi� 


134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in precedenza costituitosi, .giacch� -(a parte che non � possibile dire, 
nella specie, se tale cauzione sia assimHabile alla caparra confirmatoria 
o alla ca.parra penitenziale, essendo tale a�ccertamento riservato alla 
competenza, esclusiva del gi�dice di merito, che non � stato a suo 
tempo richiesto di compierla) -'nulla vieta che true prestazione abbia 
luogo in un momento successivo alla conclusione del contratto, a garanzia 
de1l'adempimento o dell'esatto adempimento delle obbligazioni 
assu,nte, ovvero come corrispettivo della pattuita facolt� di recesso 
(Cass., 4 maggio 1957, n. 1517; e, per quanto� attiene alfa riferibilit� 
della �caparra confirunatoria al didtto di recesso, Cass., 9 ma.gg.io 1962, 

n. 925); che, essendo il �supplente� un obbligato autonomo che assume, 
in via sussidiaria e condizionale, le obbligaz.ioni dell'obbligato principale, 
fa relativa � presentazione � va configuTata come accessorio di 
un contratto gi� esistente e non come condizione di un.a futura stipulazione 
(Cass., 3 febbraio 1968, n. 349 cit.; nonch�, sulla figura del supplente, 
Cass., 9 novembre 1966, n. 2739); ed infine che, oltre che per le 
considerazioni suesposte -ed anche a prescindere da esse -l'efficacia 
del verbale di ag.giundicazione �come atto conclusivo del negozio ai 
fini della decorrenza del termine per la registrazione � nella specie, 
incontestabile, avendo entrambe le paTti, col sottosc:rivere -com'� pacifico 
-il verbale a mezzo del loro rispettivo rappresentante, manifesto 
contestualmente e per iscritto la foro volont� contrattuale. 
11 rigetto dei primi .due motivi porta all'assorbimento del terzo ed 
ultimo motivo del ricorso principale -(col quale si sostien,e, in subordine, 
che illegittimo sarebbe anche il far decorrere l'obbligo della registrazione 
dalla data di consegna delle opere da eseguire) -nonch� 
del ricorso incidentale condizionato. -(Omissis). 

CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1971, n. 3637 -Pres. 
Favara -Est. Della Valle -P. M. Antoci (conf.) -Negri (avv. Guidi) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Privilegio -Estensione 
alla imposta pr~ncipale, complementare e suppletiva. 

(r.d. 30 dicembr�; 1923, n. 3270, art. 68; e.e. art. 2772). 
lmposte e tasse ingenere _-Imposte indirette -Privilegio -Priorit� 
sulle ipoteche. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 68; e.e. artt. 2'748 e 2772). 
Il privilegio che assiste ii credito deLlo Stato per l'imposta di successione, 
come per tutte le aitre imposte indirette, abbraccia sia l'im



PARTE I, SEZ: V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 135 

posta prlncipale che le imposte complementari e suppletive; solo nei 
confronti del terzo il privilegio con diritto di se�guito � escl'USO sull'imposta 
suppletiva. 

Il priviLegio� che assiste il credito dello Stato per l'impo-sta di successione, 
come� per tutte le altre imposte indirette, � preferito al credito 
ipotecario, in quanto i diritti che i terzi hanno acquistato ante:riormente 
sugli immobili, che a norma dell'art. 2772 e.e. non sono 
pregiudicati dal privile�gio speciale, sono soltwnt;o il diritto di propriet� 
e i diritti real� di godimento su cosa altrui e non anche i diritti reali 
di garanzia (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto il ricorrente Negri, denunciando 
la violaztone dell'art. 113 c..p.c. in relazione all'art. 12 delle 
Prele.g.gi, l'omessa motivazione siilJ.'ar:gomento esegetico; la mancata 
applicazione analogica dell'art. 2'772 e.e., nonch� la violazione e l'erronea 
aipplicazione dell'art. 68 della legge 30 dicembre 1923, n. 3270, 
censura l'impugnata sentenza per ave�r ritenuto che il credito della 
Finanza per l'imposta suppletiva di successione, pur non avendo la 
stessa natura di 1quello iper l'imposta principale, sia, al rpari di questo, 
ass~stito da privilegio speciale sugli immobili, e che detto privilegio 
possa :poi essere fatto valere anche nei �confronti dei terzi che abbiano 
iscritto ipoteca prima dell'acc�ertamento della tassa da cui trae origine. 

La censura � infondata, e va pertanto disattesa. N� valgono a mu~ 
tarne le sorti -in quanto ad .essa non pertinenti, ed estranee, comunque, 
al tema del decidere -le :generiche ed astratte considerazioni 
�svolte dal ricorrente in ordine al dovere del giudice di pronunci.
are secondo diritto, attribuendo alla legge il senso fatto palese dal 
significato proprio delle parole secondo la connessione di. esse, e dalla 
intenzione del legislatore, �e facendo ricorso all'interp�retazione �analogica 
ed ai principi .generali dell'ordinamento (artt. 113 c.ip.c. e 12 
Preleggi). 

Che il credito :per l'imposta suppletiva di successione sia, al pari 
di quello per l'imposta princ~paloe e iper l'imposta complementare, assistito 
da �privilegio speciale sugli immobili risulta, invero, in modo 
sufficientemente chiaro dal coordinato disposto degli artt. 68 della 
legge 011ganica n. 3270 deL 1923, 2758 e 2772 �C.c., �che, nell'ampia e 
generica dizione usata -(�crediti per tributi indiretti�) -ha inteso 
compr.endere tutti i tributi indiretti -(e quindi l'impoista di registro, 

(1) Decisione esattissima che riassume con esemplare limpidezza molti 
dei problemi sul privilegio per le imposte indirette. 

136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di successione, di bollo, nonch� le imposte ipotecarie, doganali, di fabbricazione, 
quelle in surrog�azione del bollo e di registro, sui contratti 
di assicurazione, su quelli di bovsa, e cosi via) -senza fare poi alcuna 
distinzione tra imposte prindpali, imposte corrl'plementari -(destinate, 
com'� noto, ad integ11are la precedente liquidazione risultata inadeguata 
per mancanza o insufficienza dei necessari elementi di valutazione, 
ovv�ero rimasta sospesa per leg.ge) -ed imposte suppletive 
(rivolte a �correggere l'errore o l'omissione in cui sia eventualmente 
incovso l'ufficio impositore sull'an o sul quantum del tributo da imporre). 


E che tale sia stata l'intenzione del legislatore � confermato, in 
particolare, dalla norma di cui all'ultima parte del primo comma del-
l'art. 2772 e.e., che, �col menzionare specificamente le � imposte suppletive 
di registro � -(sia pur.e per sancire, rispetto ad esse, il divieto 
di esercitare il privilegio �in pregiudizio dei diritti acquisiti dai terzi 
dopo la registrazione dell'atto�) -lascia intendere in modo non 
dubbio che nella vasta �categoria dei � crediti per tributi indir�etti � assistiti 
da privilegio immobiliare rientrano anche quello per imposte 
s�ppletive, comprese in queste, ovviamente, anche le imposte di successione, 
la cui affinit� �con le imposte di :r:egistro �, del resto, !rivelata, 
oltre che dal fatto che fino al 1923 esse av�evano con queste ultime 
un'unica disciplina legislativa e che anche successivamente � stata 
mantenuta una perfetta analogia tra il contenuto normativo dell'art. 68 
della �summenzionata legge ovg.anica n. 3270 del 1923 e quelle dell'articolo 
97 della legge �di registro n. 3269 del 30 dicembre 1923 cui l'articolo 
2772 e.e. fa riferimento, dalla semplice constatazione che la sola 
differenza essenziale tra loro esistent�e risiede in d�, che mentre nell'imposta 
di registro il fatto generatore del tributo � un trasferimento 
inter vivos in quella di successione �, invece, un trasferimento mortis 
causa. 

Accertato pertanto che il �credito fatto. valere dall'Amministrazione 
finanziaria dello Stato per imposta suppletiva di successione � 
assistito dal privilegio immobiliare di cui al citato art. 2772, rimane 
ora da �stabilire se esso, nella specie, prevalga ool credito ipotecario 
del Negri o se debba, .al contrario, essere a questi posposto. 

. Disattendendo l'opposta.tesi del Negri, la Corte fiorenUna ha accolto 
la �prima delle due soluzioni: e non a torto�. 

Diversamente che per il .pegno, cui attribuisce, di regola, prevalenza 
sul privilegio speciale mobiliare, l'art. 2748 comma secondo, e.e., 
stabilisce invero che, salva diversa disposizione di leg�ge, i creditori 
che hanno privilegio sui beni immobili � sono preferiti ai creditori 
ipotecari �. 

E tale regola non pu� ritenersi derogata dalla citata norma limitativa 
di cui all'ultima parte del primo comma dell;art. 2772 -(ap




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

plicabile, come si � detto, anche rispetto all'imposta suppletiva di successione) 
-essendo ,evidente che -in considerazione, presumibilmente, 
del fatto ch~.)l titolare di un diritto reale di garanzia, a diffeI'lenza 
del titolare del diritto di propriet� o di un diritto reale di godimento 
su cosa altrui, non ,pu� sottrarr,e il bene all'azione esecutiva 
del creditore privilegiato in quanto il suo diritto si risolve in un semplice 
�raipporto di prevalenza che spiega.i suoi 'effetti in sede di graduazione 
tra il privilegio e la specifica garanzia derivante dal ipegno o 
dall'ipoteca, con la conseguenza che, se non viene esercitata nel corso 
dell'esecuzione, 1a garanzia che assiste il credito rimane irrimediabilmente 
estinta -il legislatore, con l'espressione � diritti a,cquistati dai 
terzi �sugli immobili � ha inteso riferirsi soltanto al diritto di propriet� 
ed ai diritti di godimento su ,cosa altrui e non anche ai 'diritti reali di 
garanzia, avendo provveduto a determinare l'efficacia di questi ultimi 
rispetto ai privilegi speciali a mezzo di una disciplina autonoma quella, 
per l'appunto, cont.enuta nell'art. 2748, dalla quale non � lecito 
discostarsi se no:n nei casi tassativamente stabiliti dalla legge -il 
che � confermato, del resto, oltre che dal testo dell'art. 1962 comma 
secondo e.e. del 1865 che, sempre beninteso in relazione all'imposta 
suppletiva, parlava pi� esattamente di inorpponibilit� del privilegio 

� ai terzi pos'sessori dell'immobile�, nel senso di impossibilit� di esercitare 
il cosidetto diritto di seguito, dalla Relazione al Re, nella quale 
� ,espUcitamente detto che �nel secondo comma l'art. 2748 .prevede 
l'ipotesi di conflitto tra privilegi immobiliari ed ipoteche e, in conformit� 
del 1principio tradizionale, d� la preferenza ai primi, senza riguardo 
se l'ipoteca sia 'stata iscritta anteriormente o posteriormente 
al sor,gere di un privilegio � (n. 1129). � 
Alla regola gene~ale della prevalenza del privilegio speciale immobiliare 
rispett�> all'ipoteca fa eccezione -(sempre per quanto ;riguarda 
l'imposta ,di ,successione) -l'ipotesi, contemplata nel secondo 
comma dell'art. 2772, del creditore del defunto che abbia iscritto ipoteca 
nei tre mesi dalla morte di quest'ulttimo; ma nella ,specie si � 
fuori di.tale ipotesi, avendo il Negri, �com'� pacifico in causa, iscritto 
ipoteca a ,garanzia del suo .credito soltanto il 1� ,dicembre 1968, e cio� 
quando ei:ano gi� assai largamente trascorsi i tre mesi dalla morte 
della sua debitrice Gambaro, avvenuta il 1� gennaio 1955. 

Che il privilegio .per l'imposta suppletiva accertata sia stato rpoi 
fatto valere soltanto con l'ingiunzione del 20 ,giugno 1961, e quindi 
successivamente all'iscrizione ipotecaria effettuata dal Negri, � poi 
circostanza che a nulla rileva, nessuna distinzione ponendo, come si 
� visto, l'art. 2748 comma secondo tra privilegio anteriore E'. privilegio 
posteriore a tale iscrizione. 

Ma non � superfluo tuttavia aggiungere che la circostanza dedotta, 
oltre che irrilevante, � altres� priva: di fondamento giuridico, essendo 


138 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

risaput<,> che, quand'anche il relati--vo credito venga accertato e richiesto 
in un momento successivo, salvi i limiti della prescrizione estintiva 
(art. 86 della legge or.ganica n. 3270 del 1923), il fl'!tto generatore 
dell'imposta di successione � la morte del de cujus, e quindi l'apertura 
della successione, �essendo quello l'evento dal quale deriva quel 

� trapasso di ricchezza agli eredi � �che di tale tributo costituisce il 
presupposto (Cass. 17 marzo 1967, n. 604). -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1971, n. 3640 -Pres. 
Favara -Est. Falletti -P. M. Caccioppoli (diff.) -Soc. n. c. Vanzo 
(avv. Carbone) �c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Case albergo condominiali -Esclusione. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 13 e 14). 
L'ag~volazione de�gli artt. 13 e 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, 
non estensibile agli alberghi, non � applicabile a quei complessi residenziali 
di carattere prevalentemente alberghiero, (piccolissime unit� 
abitative� con ingresso dal corridoio comune, servizi centralizzati, normalmente 
destinate alla locazione), anche se le singole unit� siano vendute 
~n forma condominiale a distinti� proprietari (1). 

(Omissis). -Nei due motivi del ricorso la Soc. Vanzo propone e 
svolge le seguenti censure: 
1) Violazione degli artt. 13 e 14 della le.gge 2 luglio 1949, 

n. 408, in relazione all'art. 12 �disp. rprel. Nelle nol'me citate il legislatore 
si � riferito �alla casa di abitazione in genere, la quale si presenta 
in ttpi ed aspetti diversi, secondo l'evoluzione delle esigenze sociali ed 
economiche. Recentemente si sono creati dei complessi condominiali, 
dove trovano largo sviluppo i servizi in comune e gli accessori necessari 
alla vita delle rper.sone che vi a�bitano. Tali complessi, tuttavia, 
comprendono delle case di abitazione, mentre l'accentramento dei servizi 
di mag.giore importanza in una parte del condominio e la creazione 
�di negozi e di luoghi di svago rispondono all'intendimento di 
(1) Decisione di molto interesse che riporta nella categoria degli 
alberghi il fenomeno ormai frequente delle case-albergo, residence e simili: 
per l'inapplicabilit� dell'agevolazioni !!.ella legge n. 408 agli alberghi 
cfr. Cass. 21 giugno 1971, n. 1924 e 17 giugno 1971, n. 1841, in questa Rassegna, 
1971, I, 1180. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAHIA 

attribuire al condominio la pi� larga autonomia. La Corte d'Appello 
ha adottato un criterio intevpretativo errato, ritenendo che la legge si 
riferisse ad un concetto della casa corrispondente a quello corrente 
'nel momento della sua emanazione �e non ad altro tipo di casa, quale 

si � andato sviluppando negli anni successivi. 

2) Difetto di motivazione (art. 360 n. 5 c.;p.c.). La Corte non 
ha �spiegato perch� gli edifici condominiali in o~getto., descritti nelle 
loro parti e nel loro funzionamento, esulassero dalla fattispecie legislativa 
prevista dagli artt. 13 e 14 citt., essendosi limitata a fare un'affemnazione 
apodittica, senza es.porre il ragionamento seguito per pervcenire 
a quella esclusion�. Non bastaV'a richiamare la circostanza che 
!"autorit� di P.S. ebbe a rilascia�re una licenza di esercizio�alberghiero, 
dchiesta per permettere il funzionamento del condominio de quo, 
poich� tale lic�enza non determinava �una modifica nella natura degli 
edifici, tanto pi� che il consulente tecnico aveva accertato la prevalenza 
in essi delle unit� immobiliari destiinate �ad abitazione, anche 
se di specie particolare. 

Il ricorso non � fondato. 

Invertendo l'ordine delle censure, si deve anzitutto escluder�e' il 

difetto di motivazione; e seguendo viceversa l'esame ampio e decisivo 

dedicato dalla Corte d'appello alle cir�costanze qualificanti della fatti


specie, si. perviene :facilmente anche alla confutazione ,giuridica della 

tesi proposta nel primo motivo. Invero il .giudizio della Corte, coerente 

ai dati obiettivi e incontroversi dell'indagine tecnica esperita in sede 

istruttoria, si � basato sui seguenti .rilievi, che dimostrano e giustifi


cano pienamente l'iter logico e il fondamento giuridico della decisione 

impugnata: 

a) Le costruzicmi in oggetto, divise in due lotti e costituenti il 

� complesso Eurotel � di Gardone Riviera, comprendono nel rpiano .se�
minterrato del primo lotto una zona adibita a bar e � night club �, 
con relativi servizi, due negozi� e tre magazzini a servizio del dsto~
ante; un locale mensa per il personale, �on annessa cucina; un locale 
alloggio del consegnatario, r.a,ppresentante � l'organizzazione Eurotel ., 
con �servizi; �cinque camerette, con gabiJn.etti di uso comune per il personale 
del ristorante; quattro grandi locali adibiti a . stireria, lavanderia, 
.guardal'loba, magazzino a servizio del condominio; al rpiano terreno 
un grande atrio d'ingvesso, in parte scoperto e attrezzato a giardino 
interno; una saletta-televisione; due servizi comuni, un salone 
bar-rtstorante, con i servizi annessi; una cabina telefonica, corridoi e 
ascensori; al 1primo, secondo e terzo piano 25 unit� immobiliari per 
piano, una cabina telefonica, un locale a servizio del condominio, 
scala, corridoio, ascensore. Il secondo lotto comprende, nel piano seminterrato, 
una �sala giochi bambini; uno spogUatoio per la piscina e 
l'abitazione 1del custode; al piano terreno tre unit� immobilia�ri; otto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

camerette siingol�e, con due servizi per il personale dei condomini, un 
porticato; al primo, secondo e terzo .piano da 14 a 17 unit� immobiliari 
per <piano, scale, corridoi, ascensori, ripostigli. 
b) Tutti gli "appartamentini, prevalentemente costituiti da un 
piccolo ingresso con vano attvezzato a cucina, da un locale so:ggiornoletto 
e da un bagno, hanno accesso dal corridoio comune, sul quale si 
trovano una cabina telefonica e un locale di servizio comune. 
�C) Nell'ambito della � organizzazione Eurotel � l'acquirente diventa 
<proprietario, in forma condominiale, dell'appartamentino e� delle 
parti :comurni (sala di soggiorno, ingresso, ascensore, imrpianti); quale� 
condizione vincolante, l'amministrazione viene affidata all'organizzazione 
Eurotel, la quale, in caso di inserimento, ne cura la locazione 
destinandone i .prov;enti, dedotta una quota per le proprrie prestazioni, 
al comproprietario; caratteristic�a dell'Eurotel � l'organizzazione dei 
servizi (ristorante, lavanderia, stireria, pulizia degli appartamenti), 
di cui sia il proprietario dell'appartamento sia il ;conduttore possono 
servir:si, con liquidazione diretta al gestore. La corte d'appello ha inoltre 
rilevato che l'ufficio di P.S. di Gardone, dietro domanda presentata 
dal legale raippresentante della S.r.l. Ovganisration Eurotel, rilasci� al 
medesimo, in data 31 dicembre 1963, lic�etnza rpe['' l'esercizio di albe11go 
(101 �appartamenti, 188 letti) nel comune di Gardone, localit� Villa 
Alva, all'insegna � Eurotel Gardone Riviera �. 
Quest'ultima, bench� estrinseca e conseguenziale, � per� una circostanza 
significativa che, adeguandosi alla situazione e sanzionandola 
giuridicamente, la definisce nel concetto determinante della sua �propria 
ed originaria entit�. Non � infatti il modo dell'impiego, che per 
contingenti o arbitrarie deviazioni potrebbe non coinciderie con quello 
dell'og~ettiva e normale � destinazione ., ma � questa a!PPunto, cio� 
l'intrinseca e strutturale attitudine dell'immobile, �che imprime al 
medesimo la qualit� e ne caratte.rizza la categoria ai fini fiscali che 
qui interessano. Invero il beneficio tributar.io. di cui trattasi rigua11da 
le case di abitazione (cio� gli acquisti di aree e gli appalti ad esse inerenti, 
artt. 13 e 14 legge n. 408/1949), e non pu� diversamente e.stendersi 
alfipotesi di edifici �albe11ghieri, eventualmente suscettibili, peT 
s�, di altre e pertinenti agevolazioni. Non importa, nella spede, che 
l'Eurotel Gardone Riviera sia in parte posseduto e regolato come un 
immopile condominiale, e �che le sue .Unit� abitative e locative appartengano 
p1�0 diviso a singoli condomini. Questa � soltanto 1:a forma del 
suo regime convenzionale (che nel resto, viceverrsa, � prevalentemente 
informata �alla condizione del regime alberghiero). � la struttura degli 
edifici in questione che non li denota come �case di abitazione�, nel 
senso tecnico del requisito essenziale taissativa;i;nente prescritto dalla 
legge n. 408 cit. E come sarebbe ammissibile l'ipot�esi contraria, che 
cio� spetti l'agevolazione tributaria anche se la casa di abitazione sia I, 
. I: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 141 

temporan,eamente adibita ad uso diverso (per es. aq uffici), cosi l'eventualit� 
deUa suddistinzione ,condominiale e la gestione non esclusivamente 
alberghiera deU'edificio non valgono ad esentarlo dal suo 
proI?rio trattamento fiscale. Non si deve considerare l'impiego concreto 
ed effettivo, ma la destinazione ogg�ettiva e funzionale deUa costruzione, 
desunta daUe 1sue caratteristiche strutturali (cfr. Cass. 196-6, 

n. 1750; id. 1968, n. 3066). Non c'� dubbio, quindi, che ,gli edifici in 
questione, neUa consistenza che la� Corte d'appeno ha d:ebitame!lte accertato 
e covrettamente valutato, hanno natura di alber1go, non di casa 
di abitazione. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 dicembre 1971, n. 3643 -Pres. 
Rossano -Est. ~alletti -P. M. Trotta (conf.) -Mere (avv. Genoves�
e) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronais). 

Imposta di registro -Prescrizione -Interruzione -Effetti -Atto plurimo 
-Estensione a tutte le convenzioni contenute nel'atto. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 136, 140 e 141). 
Essendo L'obbligazione tributaria unica anche nel caso di registmzione 
di un atto plurimo, la notifica di una ingiunzione per la riscossione 
di un'imposta suppLetiva inte:rrompe la pr�escrizione peri" l'intero 
diritto deUa Finanza, quale esso � ex lege, e quind.i a.nche relativamente 
ad un negozio, diverso d4 quello cui l'ingiunzione si riferisce, 
contenuto netio stesso atto (1). 

(Omissis). -I ricorrenti propongono le seguenti censure: 

1) L'interruzione della prescdzione determinata dalla iprima ingiunzio
�ne non poteva estendere i suoi effetti oltre l'oggetto suo proprio 
e quindi non �preserv� il diritto fatto valere dalla �Flinanza con la second� 
ingiunzione; in ogni caso gli effetti interruttivi dovevano con


(1) Decisione da condividere pienamente e di notevole interesse perch�, 
riannodandosi ad una ben ferma tradizione (Cass. 21 giugno 1969, 
n. 2204, in questa Rassegna, 1969, I, 883), scioglie alcuni dubbi che alcune 
recenti pronunzie potevano far nascere; era stato infatti affermato con 
due non persuasive decisioni d'un canto che l'atto interruttivo pToduce 
l'effetto di rimettere in discussione tutta la materia tassabile � solo nei 
limiti dell'oggetto dell'atto proposto � (Cass. 26 agosto 1971, n. 2581), e d'altro 
canto che nell'atto plurimo l'imposta di registro colpisce non l'unico atto 
ma i singoli negozi, si che la solidariet� � limitata a coloro che sono contraenti 
del singolo negozio e non si estende ai partecipanti degli altri 
negozi contenuti nello stesso atto (Cass. 26 luglio 1971, n. 2500, ivi, 1464). 
Queste due proposizioni vengono ora superate con un ritorno alla consolidata 
giurisprudenza. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenersi nei limiti della somma oggetto della prima ingiunzione (violazione 
dell'art. 136 del r.d. 30 dfoembre 1923, n. 3,269). 

2) La Corte d'Appello ha erroneamente ritenuto che l'agevolazione 
fiscale invocata dguarda�sse il 'medesimo bene che .gi� ne av.eva 
usufruito; ma non esiste nella legge il iprindpio che l'agevolazione 
debba applicarsi una sola volta, anzi esistono disposizioni in sens~ 
contrario (violazione dell'art. 14 della legge 2 lu�glio 1949, n. 408). 

3) Malgrado l'�esistenza di .giusti motivi, la Corte d'Appello ha 
negato la compenS1azione delle 8pese (violazione dell'art. 92 c.p.c.). 

Le �censure sono infondate. Ciascuna trova ;puntuale confutazione 
nelle massime �giurisiprudenziali di questa Suprema Corte, che con frequente 
e consolidata valutazione di identiche fattispecie enunciano e 
svolgono i seguenti principi di diritto: 

a) L'obbligazione tributaria � �unica anche nel caso di registrazione 
'di un atto plurimo: pertanto i fatti che interrompono la pr.escrizione 
relativamente ad una delle diverse convenzioni contenute 
nell'atto registrato mantengono in vita il credito fiscale anche rispetto 
alle .altre; consegue che all'ingiunzione notificata dall'ufficio per la 
riscossione di un'imposta suppletiva sulla convenzione assogg.ettata ad 
imposizione al momento della T�egistvazione dell'atto deve riconoscersi 
efficacia interruttiva della prescrizione con riguardo all'intero diritto 
della Finanza, quale �esso � ex lege, ossia �anche in relazione ai negozi 
non tenuti presenti nelle precedenti liquidazioni come titoli tassabili. 
Invero, quando l'ufficio esegue un aec�ertamento suippletivo, esso manifesta 
la volont� �di sostituire all'imposta �erroneamente accertata 
quella realmente �dovuta a tenore �di legge per l'eseguita registrazione, 
e quindi la relativa interruzione della prescrizione non pu� ritenersi 
circoscritta alla sola pretesa in concveto fatta valere �con l'atto di accertamento 
suppletivo, ma deve essere estesa all'intero rapporto tributario 
inerente ,all'atto sottoposto a registrazione, senza alcuna limitazione 
e, se tale atto contenga pi� convenzioni, anche ad un negozio 
�diverso da quello fatto oggetto dell'iniziale accertamento suppletivo 
(Cass. 1967, n. 2565; 1969, n. 2204). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 dicembre 1971, n. 3649. -Pres. 
Rossano -Est. F1alletti -P. M. Pascalilllo (conf.) -Ministero delle 
Finanze. (avv. Stato Vitaliani) c. Soc. Immobiliare Jenner (avv. 
Pontecorvo). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso Termine 
per l'ultimazione -�Limiti. 

(I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13; I. 2 febbraio 1960, n. 35; d.l. 11 dicembre 
1967, n. 1150, art. 5). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 143 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso 


Termine per l'ultimazione -Soppressione -Rimane in vigore per 

le costruzioni iniziate anteriormente. 

(l. 2 lug�io 1949, n. 408, art.-13; I. 2 febbraio 160, n. 35; d.l. 11 dicembre 
1967, n. 1150, art. 5). 
L'art. 5 del d.L. 11 dicembre 1967, n. 1150, nell'abolire �con l'entrata 
in v.igore della legge 2 febbraio 1960, n. 35 � il termine bienna.
le stabilito dagli artt. 13 e segg. della legge 2 Zuglio 1949, n. 408 
entro cui doveva essere completata la costruzione delle case di abitazione 
per usufruire dei benefici previsti da quella lef!_ge, non ha inteso 
produrre l'effetto di una speciale sanatoria a favore delle� situazioni 
ormai esaurite, rispetto alle quali l'inosservanza dei terrmini stabiliti 
e scaduti aveva determinato la perdita del diritto alle agevolazioni, 
cos.icch� nell'applicare lo ius �suiperveniens occoTre non confo'ltd.eTe il 
roppoTto processuale, che sia pendente, con il rapporto tributario viceversa 
esaurito (1). 

Il nuovo regime deco?"re dichiaratamente dall'entrata in vigore 
della legge 2 febbraio 1960, n. 35, e l'art. 1 ultimo comma de�l d.l. 11 
dicembre 1967, n. 1150, secondo cui �restano ferme� le agevolazioni 
previste dall'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408 per i fabbricati 
la cui costruzione, anche se iniziata dopo il 31 dicembre 1959, venga 
ultimata entro il 31 dicembre 1961 �,�si riferisce specificamente e soltanto 
aUe costruzioni iniziate dopo il 31 dicembre 1959, essendo rivolto 
ad adeguare il regime fiscale _intercorrente tra l'ultima prorroga del terrmine 
previsto nel detto art. 13, scaduto il 31 dicembre 1959 (ex lege 
10 dicembre~ 1957, n. 1218), e l'entrata in vigore deHa nuova legge, 
come appunto conferma il successivo art. 3 (2). 

(1-2) Decisione esattissima. In ordine alla seconda massima � opportuno 
ricordare che dai lavori parlamentari relativi alla legge n. 35 del 
1960 (Atti Camera Deputati -3� legislatura -Discussione sesta Commissione 
(Finanze e Tesoro) in sede legislativa, pag. 52�8 e segg.) risulta che 
il testo legislativo � stato nel punto che interessa deliberatamente modificato 
ed alla formulazione del progetto, che diceva: �per i fabbricati la 
cui costruzione iniziata entro il 31 dicembre 1959 ... ., � stata sostituita 
l'altra approvata e promulgata, che dice: � per il fabbricati la cui costruzione 
anche se iniziata dopo il 31 dicembre 1959... �. E dagli stessi lavori 
parlamentari emel'ge inoltre che sia con la prima formulazione, da adottarsi 
nel caso che la legge, approvata attraverso un travagliato iter parlamentare 
che ne TitaTd� molto la promulgazione, fosse entrata in vigore 
prima del 31 dicembre 1959, sia con la seconda formulazione, si persegui 
il concorde intendimento di dettare la nuova regolamentazione per l'attivit� 
edilizia successiva a quella gi� regolata dall'antica legge. 

11 



I 

144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con i due motivi del ricorso., che per continenza d'oggetto 
rpossono esaminarsi insieme, l'Amministrazione delle Finanze 
svolge le seguenti censure: 

1) La Corte d'AJppello, adottando il criterio dello jus superveniens, 
ha ,confuso il rapporto processuale ancora pendente con il rapporto 
tributario viceversa ersau.irito: rpoich� la Soc. Jenner non aveva 
osservato il termine �bi�nnale rper la costruzione dei suoi .edifici ed era 
quindi incorsa fin dal novembre 1954 nella decadenza dal beneficio 
tributario previsto dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, l'abolizione 
del termine anzidetto successivamente disposta dal d.l. 11 dicembre 
1967, n. 1150 non poteva nella specie trovare applicazione. 

2) La Corte d'Appello ha �erroneamente interipretato gli artt. 1 
della legge 2 febbraio 1960, n. 35 e 5 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, 
ritenendo che le agevolazioini. ivi previste siano anche applicabili .a 
tutte le costruzioni iniziate rprima del 31 dkembre 1959. 

Le cenSJUr�e son�;> fondate. � pacifico. e ne d� atto la sentenza impugnata 
che le costruzioni in oggetto non furono ultimate entro il 
biennio dal loro inizio (cio� entro il novembre 1954) e che pertanto, 
nei termini e secondo le condizioni stabilite dagli artt. 13 e 14 della 
legge 2 luglio 1949, n. 408, 1a Soc. Jenner sarebbe decaduta dal bene


fido tributario ivi pr�evisto. Ma la Corte d'Alprpello, considerando ipoii 
le disposizioni introdotte dall'art. 1, ultimo comma, della legge 2 febbraio 
1960, n. 35 e dall'art. 5 del d.l. 11 dic,embre 1967, n. 1150, cm 
cui il termine biennale venne abrogato, e proponendosi il quesito � se 
nell'ambito delle nuove norme si inseriscano tutte le ipotesi di decadenza 
per trasco11so biennio, in qualsiasi tempo verificatesi �, ha ritenuto 
di poter risipondere affermativamente a tale domanda, con l'assolutezza 
di una soluzione, desunta dal tenore letterale dell'art. 1 cit., 
che appunto ammette ed anzi riabilita alle a.gevo1azioni concesse dall'art. 
13 della legge n. 408/1949 � tutti i fa_bbrkati iniziati prima o 
dopo il 31 dicembre 1959 1pu11ch� ultimati entro il 31 dic�embre 1961 �. 

Questa tesi denuncia, nell'ampiezza illimitata deUe sue affermazioni, 
-un'erronea iinterrpretazione delle norme sopra citate. 
L'art. 5 del d.l. n. 1150/1967 dichiara che il termine biennale anterio!
1mente rp11escritto dagli artt. 13 e segg. deUa legrge 2 luglio 1949, 

n. 408 deve inten,dersi abolito, anche per l'applicazione dei benefici 
tributari in materia di tasse e imposte indirette, �con l'entrata in vigOTe 
della legge 2 febbraio 1960, n. 35 �. Quest'ultima, modificando il 
regime fiscale delle nuove costruzioni, aveva disposto la loro esenzione 
dall'imposta sui redditi dei fabbricati per periodi decrescenti da 
25 e 5 anni, 1secondo il momento della loro ultimazione, da. quello 
pi� vicino del 31 dicembl'e 1961 a quello pi� lontano, oltre il 31 dicembre 
1969. Abolito cos� il termiin�e biennale relativamente alle imposte 
dirette, l'art. 5 del d.l. n. 1150/1967 ha provveduto, con inter

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

pretazione autentica e con risposta affermativa, a dirimere il dubbio 

se la medesima abolizione valesse anche nei riguardi delle imposte 

indirette sugli affari. 

Il nuovo regime decorre, ovviamente (e dichiaratamente), dal


l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35; :non pu� 11'.lJ� in


tende, retroc.edendo vevso il passato, produrre l'effetto di una � spe


ciale sanatoria � (come si legge nella sentenza impugnata) a favore di 

situazioni ormai esaurite, rispetto a cui l'inosservanza dei termini pre


cedentemente stabiliti e scaduti avesse determilnato la pevdita del di


ritto alle agevolazioni correlativamente concesse. 

E ;gi� in tal senso si � recentemente pronunciata questa Suprema 

Corte, considerando l'ip�tesi di un termine biennale non ancora com


piuto all'entrata in vigore della legge n. 35/1960, ed escludendo per 

tale motivo :che l'Amministrazione finanziaria ;potesse far valere la 

pret~sa decadenza (dr. Cass. 20 a.pdle 1971). 

La Corte d'Aiprpello ha fondato la prorpria tesi sull'art. 1 ultimo 

comma della legge, secondo cui � restano ferme le agevolazioni pre. 
viste dall'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408 per i fabblricati la 
cui costruzione, anche se iniziata dopo il 31 dicembre 1959, v�enga ultimata 
�entro il 31 dicembre 1961 �. Ma con evi.dente distorsione letterale 
la Corte ha inteso quest�. testo come se dfoes1s1e che � tutti i :fab. 
bricati iniziati sia prima sia dorpo il 31 dicembr�e 1959, ipurch� ultimati 
entro il 31 dicembre 1961, sfuggono all'ovdinaria imposta indiretta�. 

La dispos.izione, di carattere trallJSitorio, 'Sii rid:erisce specificamente 

e soltanto alle co!Struzioru iniziate � dopo � il 31 dicembre 1959, es


sendo rivolta ad adeguave il regime fiscale intevcorrente tra l'ultima 

provoga del termine previsto nell'art. 13 cit., scaduto il 31 dicembre 

1959 (ex lege 10 dicembre 1957, n. 1218) e l'entrata in vigore della 

nuova legge (come appunto �Conferma il successivo art. 3). 

L'art. 1 cit. non menziona n� riguarda le costruzioni iniziate 

�prima� del 31 dicembve 1959, ed esso quindi, iper le costruzioni ch� 

all'entrata in vigore della nuCJ1Va legge avessero gi� superato i termini 

anteriormente prescritti, :non lascia desumere alcuna sanatoria delle 

decadenze ormai incorse. 

Ed � proprio nel eone.etto �di questa presupposta sanatoria che es


senzialmente risiede l'erroneit� del, criterio adottato dalla Corte d'Ap


pello. Essa, non considerando l'ipotesi di costruzioni iniziate prima 

della nuova legge ma non ancora pregiudicate dal compimento del 

termine biennale, considerando viceversa l'ipotesi di costruzioni per le 

quali il termine anzidetto fosse .gi� 1scaduto e per le quali ormai si 

fosse verificata la decadenza, ha tuttavia rtpristinato anche per queste 

l'�a.pplLcabilit� del beneficio tributario; e per Slliperare l'ohiezio1n.e del 

rapporto (sostalllziale) ormai �esaurito ha confuso� il medesimo con la 

pendenza ancora aiperta del rapporto processruale. 


RASSEGNA D~LL'AVVOCATURA DELLO STATO

146 

Questi 'rilievi critici ricevono conferma, nell'ambito sistematico 
della stessa legge n. 35/1960, dal \Sllccessivo art. 4, il quale dichiara 
che l'aziooe della Finanza per il recupero dei tributi dovuti nella misura 
ordinaria in materia di tasse e� imposte indir,ette sugli affari.� 

per effetto di decadenza dalle agevolazioni contemplate daUa legge 
2 luglio 1949,. n. 408 � si prescrivono cOIIl il decovso di 5 anni dalla 
data di registrazione dei singoli atti. Ed anche il d.l. n. 1150/1967 (che 
ha introdotto un 'diverso criterio per la decorrenza del tel'lll1.ine di 
prescrizione, legato alla denuncia del contribuente) parimenti dispone 
che �per le decadenze gi� verificatesi le denUIIlcie relative dovranno 
esisere prodotte entro un anno dall'entrata in vigore del presente de~ 
creto �. 

Secondo questi principi la causa va pertanto riesaminata. 

(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 dicembre 1971, n. 3738 -Pres. 
Pece -Est. De Biasi -P. M. Secco (conf.) -Soc. IRCESA (avv. 
Sol'lge) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette :. Azione di accertamento 
negativo -Pendenza della esecuzione esattoriale -Ammissbilit� Limiti. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 209). 
Dopo iniziata l'esecuzione es.attoriale � consentito di proporre 
l'azione di accertamento negativo del debito d'imposta neri coinfronti 
deU'ente impositore, essendo il div.ieto dell'art. z,09 del t.u. sulle imposte 
dirette operante soitanto per l'opposizione all'esecuzione diretta 
contro l'esattore (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 ottobre 1971, n. 3021 -Pres. 
Pece -Est. Boselli -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Corolllas) c. Leooardi (avv. Medina). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione di accertamento 
negativo -Pendenza della esecuzione esattoriale -Ammissibilit� Limiti. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 209). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 147 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione ordinaria -Necessit� 
di una preventiva pronuncia di una commissione -Opposizione 
del liquidatore, di societ� dichiarato responsabile in proprio 
-Esclusione. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 649, art. 265). 
Dopo iniziata l'esecuzione esattoriale � consentUo proporre l'azione 
di .accertamento negativo del debivo di imposta nei confronti deH'ente 
impositore, essendo .ii divieto den'art. 209 dei t.u. suUe imposte dirette, 
operante soitanto per l'opposizione aU'esecuzione diretta contro l'esattore 
(2). 

n liquidatore di una societ� tassabile in base a bilancio,, dichiarato 
responsabile in proprio del pagamento deUe imposte non soddisfatte 
con le attivit�, deUa liquidazione, non � legittimato a ricorrere alle 
commissioni tributarie e pu� di conseguenza adire direttamente il giudice 
ordinario anche in pendenza della e�secuzione esattol/'iale (3). 

I 

(Omissis). -Con avviso di mora 17 novembre 1967 l'Esattoria 
di Roma intim� alla Societ� l.R.C.E.S.A. (Imprese riunite costruzioni 
societ� per azioni), quale attuale proprietaria di un lotto di terreno sito 
in Roma, localit� Arco di travertino, il pagamento di lire 10.044.770 
a norma dell'art. 65 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203 -per imposta 
straordinaria sul patrimonio .relativa al terreno predetto, iJScritta a 
ruolo, negli anni 1958-59, a nome di precedente proprietario e non 
pagata dal medesimo. 

Con citazione del 21 novembre .1967 la Societ� intimata, sull'assunto 
che l'amministrazione finanziaria dello Stato, all'uopo convenuta 
in giudizio, doveva �considerarsi decaduta dall'esevcizio del diritto di 
seguito di cui al menzionato art. 65 del t.u. del1e disposizioni :riguardanti 
la imposta strao�:vdinaria sul patrimonio, chiese che il Tribunale 
di RO'."ma dichia~asse � la illegittimit� della minacciata esecuzione con 
le conseguenze �di legge, i danni e le spese del giudizio �. 

Su contestazione dell'Amministrazione convenuta il Giudice adito, 

(1-3) Sembrerebbe, dalla semplicit� delle motivazioni, che sul problema 
di cui alla prima e seconda massima non sorgano perplessit�. Molti 
e gravi sono invece i dubbi che legittimamente sorgono sulla esattezza 
della decisione. Per una completa esposizione del problema v. Relazione 
Avv. Stato, 1966-70, II, 199 e segg., 522 e segg., 943 e segg. L'azione di 
accertamento� negativo in via generale non riconoscibile, dovrebbe ritenersi 
in ogni modo bandita nelle imposte dirette, sia per il divieto dell'art. 
209 del t. u., sia per la necessit� della preventiva pronuncia di una 
Commissione (Cass. 19 gennaio 1971, n. 89, in questa Rassegna, 1971, I, 



148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con sentenza 12 dicembre 1968, qualificando la 1proposta azione quale 
opposizione all'esecuzione, la dichiar� improponibile a norma dell'ar" 
ticolo 209 t.u. delle leggi sulle irn(poste dirette, per temporaneo difetto 
di gitll'isdizione del Giudice ordinario. 

Replic� in sede di impugnazione la Societ� Ireesa ch'essa non 
aveva inteso n� intendeva contestare la validit� e la regofarit� della 
esecuzione promossa dall'esattore delle imposte, non convenuto in 
giudizio, bensi proporre azione di accertamento negativo iper ottenere 
dichiarazione della illegittimit� della imposiziione tributaria nei confronti 
dell'Ente impositore iper decadenza o, quanto meno, per prescrizione 
dello ius impositionis. 

L'Amministrazione finanziaria, ripetendo la tesi difen~iva di primo 
grado, eccepi preliminarmente il proprio ,difetto di legittimazione 
passiva, � trattandosi di questioni relative alla procedura di riscossione 
� e, nel merito, sostenne l'infondatezza della domanda. 

La Corte di appello di Roma, con sentenza 14 gennaio 1970, conferm� 
la pronuncia ,di primo grado. 

La Soc. Ircesa ha ora chiesto a questa Corte Suprema, con rituale 
ricorso del 18 novembre 1970, la cassazione delia ,sentenza di appello 
per violazione di legge. 

L'Amministrazione finanziaria dello Stato vi si � opposta con controricorso. 
All'odierna udienza, i difensori di entrambe le parti ed il P. M. 
hanno svolto discussione orale. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Queste Sezioni Unite hanno gi� in altra occasione affermato (da 
ultimo 'con sentenze 6 maggio 1969, n. 1528 -8 giugno 1967, n. 903) 
il. ,pl'.indpio che l'art. 209, ultimo comma, del t.u. sulle imiposte dirette 
29 gennaio 195�8, n. 645, condizionante al compimento della esecuzione 
l'esercwo dell'azione di risarcimento danni contro l'�esattore, 

394; 4 aprile 1969, n. 1105, ivi, 1969, I, (!3; 3 febbraio 1968, n. 354, ivi, 1968, 
;r, 115; 21 aprile 1969, n. 1264, ivi, 1969, 513; l'ultima sentenza ha deciso 
nel senso esattamente opposto l'identica questione). 

Costituiscono dunque rare eccezioni le due pronunce invocate come 

precedenti 8 maggio 1S67, n. 903 (ivi, 1968, 417) e 6 maggio 1969, n. 1528 
(Giust. Trib., 1970, 191) che possono essere giustificate dalla particolarit� 
del caso (nella prima sentenza si discuteva della estinzione del credito 
tributario per effetto del concordato fallimentare e nella sec.onda della 
riscossione di contributi assicurativi dovuti dalla �assa di Previdenza 
Marinara, che non .sono veri e propri tributi e' per i quali non si pone il 
problema della decisione delle Commissioni). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 

non preclude la facolt� di proporre, in pendenza �della procedura esattoriale 
esecutiva, azione di accertamento negativo del debito d'imposta 
nei confronti dell'ente impositore. 

Infatti tale azione risulta indipendente dalla accennata duplice li'
mitazione, oggettiva (.per qu~ che concerne il petitum~ e soggettiva 
(per quel che concerne il ,soggetto legittimato pa,ssivamente), che condiziona 
-invece -il �diviieto di cui all'art. 209 del t.u. n. 645 del 
1958. 

Nella specie l~ domanda giudiziale; nell'univoco significato lette11ale 
�e logico impressole dalle iprecisazioini fatte dalla kcesa nello 
stesso.,giudizio di 1primo ,grado e poscia ripetute nell'atto di appello, 
� 'stata diretta non contro l'esattore ,per sentir pronunciare, con la illegittimit� 
della esec�zione, la sua condanna al risarcimento danni, 
bensi nei confronti dell'Amministrazione finanziaria dello Stato per 
ottenere semplice dichiarazione di insussistenza del debito di imposta 
per asserita verificatasi decadenza o prescrizione. 

Contrariamente a quanto d~dotto dall'Amministrazione nelle note 
illustrativ.e al controricorso, alla suespoota interpretazione della domanda 
Ivcesa queste Sezioni Unite possono procedere con valutazione 
diretta senza essere vincolate da queUa .fattane dai giudici di merito, 
posto che la identificazione del contenuto della menzionata domanda 
incide direttamente sulla �soluzione della questione di giurisdizione. 

Dalle suesposte considerazioni deriva, in aderenza alla censura del 
ricorso, che l'azione Ireesa � da qualificarsi come tipica azione di accertamento 
negativo e, come tale, ammissibile e soggetta alla giurisdizione 
dell'A.G.O. -(Omissis). 

In base a questi precedenti affermare che l'azione di accertamento, 
sol �perch� diretta contro l'ente impositore anzich� contro l'esattore diventa 
ammissibile appare alquanto opinabile, e gravissime sarebbero le conseguenze 
se si consentisse senza discriminazioni di adire il giudice ordinario, 
mentre restano fermi i limiti stabiliti dall'art. 209 per l'opposizione contro 
l'esattore; si finirebbe con !"eludere, con l'espediente dell'accertamento negativo, 
la norma dell'art. 208 che sottrae alla giurisdizione dell'A.G.O. tutte 
le controversie sull'obbligazione tributaria. 

Si deve quindi supporre che -le due pronunzie siano giustificate dalla 

particolarit� del caso: si trattava cio� di domande proposte non dal con


tribuente ma da estranei 'al rapporto tributario (il terzo possessore di un 

l:)ene gravato da privilegio nel primo caso e il liquidatore di societ� nel 

secondo caso) che non davano luogo pertanto (o cosi � stato ritenuto) a 

controversie di imposta; per questa ragione � stato superato (esplicita


mente nella seconda pronunzia, implicitamente nella prima) l'ostacolo del


l'art. 22 del r. a. 7 agosto 1936, n. 1639, che altrimenti sarebbe stato inva


licabile. (Per la generalissima applicazione del principio della giurisdi


zione condizionata anche nei casi in cui non sia impugnato l'accertamento 

v. Cass. Sez. Un., 11 giugno 1971, n. 1741, in questa Rassegna, 1971, I, 1153). 

150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

(Omissis). -Col (primo motivo del ricm:so la Finanza denunzia 
difetto di giurisdizione, violazione e falsa applicazione degli artt. 203, 
209 e '265 del t.u. 29 1gennaio 1958, n. 645 nonch� dell'art. 22 del r.d.l. 
7 agosto 1936, n. 1936 �e vfaio di motivazione su un !Punto decisivo della 
controversia -il tutto ia sensi dell'art. 360 nn. 1, 3 e 5 c.p�.c. -ed 
assum,e: 

a) che, secondo il pi� recente orientamento della giurisprudenza 
di queste Sezioni Unite' fatto palese ,dalla sentenza n. 543 del 16 febbraio 
1968, in pendenza della esecuzione 'esattoriale il giudice ordinario 
� (temporaneamente) carente dd giurisdizione non solo riguardo 
alle vere e proprie ow�osizioni alla ,esecuziQ[]:e medes1ima ma anche 
riguardo a qualsiasi altra azione del debitore d'imposta, anche se diretta 
al semplice accertamento� della illegittimit� della esecuzione per 
sopravvenuta estinzdone del 'debito o per altro motivo; 

b) che� Un. tale insegnamento non poteva non tro-vare applicazione 
nella fattispecie, avendo la stessa Corte d'Appello premesso ed 
accertato che l'attore (Leonardi) aveva proposto nei confronti dell'Amministrazione 
:finanziaria la stessa domanda di merito proposta nei 
confronti delle Esattorie (contestazione in radice della !Pl'Oipria responsabilit� 
personale ex art. 265 t.u. n. 645 del 1958 e quindi del titolo 
in base al quale era stata iriSltaurata la procedura esecutiva), ossia una 
domanda che -a giudizio della Corte medesima -concretava una 
vera e propria opposizione alla esecuzi01I1e a' sensi dell'art. 615 c.p.c.; 
riagion rper cui l',azione 1contro la Finanza avrebbe do'VUto es1sere con-

Non si tratta dunque di affermazioni che possano essere generalizzate ed 
estese alle azioni proposte in pendenza della esecuzione esattoriale dal 
contribuente. 

� poi dubbio se la domanda del liquidatore di societ� dia luogo a 

controversia di imposta e, come tale, possa (e debba) essere rivolta alle 

Commissioni. Infatti il liquidatore � nell'art. 208 parificato al contribuente 

e ai coobbligati e si trova in una posizione non dissimile da quella del ces


sionario di azienda al quale comunemente si ritiene �applicabile l'art. 209 

(v. Relazione Avv. Stato, 19.55, -70, II, 585); � stato anche affermato che � 
escluso ogni margine di discrezionalit� nel dichiararre la :responsabilit� personale 
del liquidatore ~Con Stato, Sez. VI, 21 ottobre 1966, n. 775, Riv. Leg. 
fisc., 1967, 2580) in quanto sono rigidamente predeterminati nella legge i 
presupposti di essa. Sembra dunque che la sussistenza della :responsabilit� 
del liquidatore sia l'oggetto di una vera e propria controversia di imposta 
rispetto alla quale la giurisdizione dell'A.G.O. � condizionata alla pronuncia 
delle Commissioni almeno in un grado. 
Nel senso che il terzo possessore di un bene gravato da privilegio 
quando nega l'esistenza del privilegio (ed � questa la sola domanda per la 
quale ha legittimazione) non propone una controversia di imposta, cfr. Sez. 
Un. 1'5 dicembre 1968, n. 3983, in questa Rassegna, 1968, ,I, 1099. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

siderata intempestiva, non essendo� stata �compiuta 1a es1ecuzione, e 
dunque improponibile per tempm'aneo difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario. 

Il motivo � irufondato. 

La giurisprudenza di queste Sezioni Unite � invero ferma nell'insegnamento 
(<gii� enunciato nelle sentenze n. 1629 del 1965, n. 2083 
e 1665 del 1963, n. 3258 del 1962, in quella :n. 903 del 1967 citata dalla 
Corte di merito e, ancora di recente, ribadito dalla sentenza n. 1528 
del 1969) secondo cui la disposizione delll'art. 209 ultimo comma del 

t.u. n. 645 del 1958, laddove condiziona al compimento della esecuzione 
l'esercizio dell'azione di risavciimento dei dail!Ili :nei confronti 
dell'esattove, comporta una duplice limitazione, og.gettiva rper quanto 
concerne il petitum e soggettiva in ordine alla persol/'la legittimata 
passivamente: nel senso >Cio� che il divieto di adire l'autorit� giudiziaria 
fino a quando l'esecuzione non sda stata ultimata � operante nei 
soli �confronti dell'esattO!re e relativamente all'azione risarcitoria, ma 
(a cagione del suo carattere eccezionale che la rende msuscettibile di 
interipretazione estensiva) non � anche� preclusiva dell'esereizio di 
un'autonoma azione -verso l'ente impositore diretta a contestare, in 
tutto od in (parte, la .sua pretesa creditoria; e ci� anche quando una 
tal domanda si trova ad essere eventualmente inserita in un giudizio 
di opposizione alla esecuzione tributaria, pokh� in tal �caso le due domande, 
sebbene contestualmente proposte, debbono riten�ersi tuttavia 
ben distinte fra loro, essendo ciascuna diretta a conseguire, sulla base 
di una propria causa petendi, un diverso risultato: quello cfo� di vedere 
bloccata la esecuzione esattoriale e, rispettivamente, quello di 
sentir dichiarare la insussistenza del diritto alla pretesa tributaria. 
N� da tale indirizzo si �discosta la sentenza n. 543 del 16 febbraio 
1968 invocata dall'Amministrazione ricorrente a sostegno della diversa 
premessa del proprio ragionamento, dappokh�, ribadendosi in tale 
pvonuncia clo!.e, a norma dell'art. 209, �comma terzo, del citato t.u. 29 
gennaio 1958, n. 645, il soggetto indicato nei ruoli �Come debitore tributario 
:non pu� proporre prima del compimento della esecuzione, ve~ 
runa azione �dinanzi al giudice ordinario contro l'esattore, neanche se 
diretta al semplice accertamento della illegitimmit� della esecuzione 
pex sopravvenuta estinzione del debito d'imposta o per altro motivo, 
non si � inteso affatto escludere -anche se non lo si � esplicitamente 
affermato -che un'azione del genere possa invece essere contestualmente 
proposta contro l'ente impositore. 

Non sussiste, pertanto, l'asserito mutamento della giurisprudenza 
di queste Sezioni Unite, posto dalla ricorrente a base della prima 
censura. 

La seconda censura (sup. lett. b), conseguente alla prima e relativa 
alla concreta applicazione fatta dalla Corte d'Appello del prin



152 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

c1p10 dianzi ,enunciato, si fonda anch'essa sull'inesatto 1presupposto che 
nei confronti della Amministriazioq:ie finanziaria il Le:onavdi abbia proposto 
la stess.a azione (di opiposizione alla esecuzione) che aveva proposto 
nei 'confronti delle Esattorie. 

Sulla base degli elementi desumibili dagli atti del processo -che 
a questa Suprema Corte � consentito di esaminare e valutare liberamente 
poiich� [n materia di giurisdizione essa � anche giudiice del 
fatto -non meno che sulla base della chiara e diffusa mo,tivazione 
fornita in proposito dalla sentenza irii.pugnata, � infatti evidente che, 
avendo l'attove chiesto nei confronti dell'ente impositore (Ministro delle 
Finanze) � dichiarar,si che l'istante Andrea Leonardi non � responsabile, 
nella sua qualit� di ex liquidatore della s.r.'l. Pinazzi e C., del 
pagamento delle imposte di cui al rpvovvedimento intendentizio numero 
3637 del 31 gennaio 1961 �, la relativa azione rettamente � stata 
tenuta distinta da quella (d� oiprposizione) proposta nei confronti delle 
Esattorie, ,ed � stata qualificata come azione ,di accertamento negativo' 
della pretesa fiscale rper insussistenza del suo presupposto legale (responsabilit� 
personale attribuita al Leonardi, ex art. 265 t.u. del 1958, 
in qualit� �di liquidatore della ,societ�, per colposa omissione degli 
adempimenti ivi previsti): azione com� ta1-e legittimamente demandata 
-per le ragioni che si 'sono 1sopra esposte -alla cognizione del 
g,iudice ol'dinario. 

Con il secondo motivo del ricorso l'Amministrazione finanziaria 
denuncia ancora una volta difetto di giurisdizione, violazione e falsa 
applicazione dell'art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 in relamone all'art. 
188 stesso t.u. ed all'art. 22 del �r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 nonch� 
vizio di motivazione su punti decisivi della controversia -il tutto 
a' sensi dell'art. 360 nn. 1, 3 e 5 c.p.c. -ed assume che, avendo la 
Corte d'Appello individuato nel provvedimento intendentizio del 31 
gennaio 1961 il titolo in base al quale era stata instaurata la procedura 
coattiva .di riscossione, anche se si volesse (in ipotesi) tenere ferma 
la distinzione delle azioni operata dalla Corte predetta ed a,ccedere 
alla qualifi,cazione .giuridica (di accertamento negativo di imposta) 
attribuita a quella proposta nei confronti del Ministro delle Finanze, 
non per questo potrebbe mutare la conclusione (prospettata col 
primo mezzo) [n ordine alla giurisdizione del ma1gi.strato ordinario: 
dal momento che -in forza dell'art. 22 del r.d.l. 7 agosto 1936, numero 
1639 -nelle controversie il"elative alla arpplicazione delle imposte 
dirette, e pl'edsamente in quelle in cui venga in di-scussione la 
stessa legittimit� deila imposizione fiscale, non ipu� addrsi l'autorit� 
giudiziaria ordinaria se non do;po l'i:scrizione a ruolo del tributo e 
dopo av�re adito (almeno in un grado) le Cmn.missioni Tributarie. 

Il motiv,o � infondato. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Il procedimento davanti �alle Commisl!lioni tributarie ha per og


getto il controJ.lo della legittimit� dell'accertamento tributario sotto il 

profilo dell'an e del quantum. 

Orbene, nella specie una tale legittimit� non viene in discussione 

posto che l'accertamento (e cos�-la conseguente iscrizione a ruolo) 

riguarda pur sempre ed �esclusivamente la societ� e non anche il liqui


datore. 

Come gi� questa Suprema Corte ebbe a rilevare �con sentenza nu


mero 952 del 17 gennaio 1964, 1a disposizione dell'art. 265 del t.u. nu


mero 645 del 1958 (secondo �Cui � i liquidatori dei sog.getti tassabili in 

base al bilancio che non adempiono all'obbligo di pagare, con le atti


vit� della liquidazione, le imposte dovute dal oog;getto per il periodo 

della liquidaziione e per quello anteriore rispondono in proprio del 

pagamento delle imposte stesse �) postula, come presupposto imprescin


dibile della responsabilit� del liquidatore, l'avvenuto accertamento di 

una condotta coJ.posa a carico del liquidatore medesimo e del nesso 

di causalit� fra tale condotta e l'omesso pagamento delle imposte gi� 

accertate a carko della societ�. 

Si tratta dunque di una responsabilit� che il liquidatore incontra 

nei confronti della Amrn�nistrazione finanziaria per fatto rproprio: per 

cui egli, mentre non ha veste per ad�re le Commis~on1i tributarie a' 

sensi del citato art. 2�2 del r.d.L n. 1639 del 1936, bene pu� adire invece 

il �giudice ordinario perch� sia accertata 1a insussistenza di una sua ob


bligazione da �responsabilit�, per difetto di. una qualsiasi colipa nella 
� propria condotta nel senso dianzi specificato. 

Stanti le suesposte precisazioni, il provvedimento intendentizio 

che autorizzava l'Esattore a procedere (ex art. 265 cit.) contro il Leo


nardi �in proprio non pu� essere considerato alla stregua di un attu di 

imposizione o, addirittura, di un atto di iscrizione a ruolo nei diretti 

cornfr,onti del Leonardi medesimo e non � quindi idoneo ad attribuire 

al predetto soggetto la titolarit� passiva della obbligazione tributaria 

e quindi la qualifica di contribuente, s� da onerarlo del preventivo� ri


corso alle Commissioni Tributarie. -� (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1971, n. 3793 -Pres. 
Stella Richter -Est. Boselli -P. M. Di Majo (conf.) -Ente di Sviluppo 
P.uglda, Lucania e Molise (avv. Calvariio) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Vitaliani). 

Imposte e tasse in genere -Pluralit� di agevolazioni -Cumulabilit� Esclusione. 



154 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Imposte automobilistiche -Esenzione semestrale 
-Riduzione per veicoli fuori strada -Cumulabilit� Esclusione. 


(d.p. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 19; 1. 21 maggio 1955, n. 463, art. 12). 
Imposte e tasse in genere -Imposte automobilistiche -Domanda di 
rimborso -Azione ordinaria -Necessit� del preventivo ricorso 
amministrativo -Esclusione. 

(d.p. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 39). 
Per un principio generale del diritto tributario, la medesima fattispecie 
non pu�, salvo espressa disposizione di legge, godere di due 
�diverse agevolazioini (1). 

L'esenzione dalla imposta automobilistica per un semestre� dalla 

prima immatricofazioine stabilita neil'art. 19 d.p. 5 febbraio 1953, n. 39 

(norma abrogata con l'art. 13 della legge 28 luglio 196.1, n. 855) non 

� cumulabile con la r�duzione a meti� per un quinquennio accordata 

dall'art. 12 della legge 12 maggio 1955, n. 463 per gli autoveicoli nuovi 

co11t quattro ruote motrici ido11tei all'impiego fuori strada. � invece cu


mulabile con quest'ultima agevolazione l'altra di cui alla tabella C, 

nota 4 della legge n. 463 del 1955 che aocorda un'ulteirio-re riduzione 

del 20 % per le autovetture azionate con motore Diesel (2). 

L'esperimento del ricorso in via amministra.tiva, in mancanza di 

espressa disposizione di ze,qge, non costituisce condizioine� o presup


posto per la proponibilit� dell'azione giudiziaria; conseguentemente in 

materia di imposte automobiiistiche pu� e�sse;e domandato diretta


mente con l'azione ordinaria il rimborso dell'imposta c'he si assume 

indebitamente percetva, essendo solo facoltativo il ricorso amministra


tivo previsto dall'art. 39 del d.p. 5 febbraio 1953, n. 39 (3). 

(1-3) La decisione si riallaccia intimamente a quella delle stesse Sez. 

Un., 18 settembre 1970, n. 1554 (Foro It., 1970, I, 2818). 

La prima massima � di molta utilit� per la riaffermazione di un prin


cipio comunemente ammesso, ma non abbastanza consolidato dalla giuri


sprudenza. 

La seconda massima � logica applicazione della prima. 

Sull'ultima massima sono necessarie alcune considerazioni. La neces


sit� del ri�orso amministrativo � da tener distinta dalla necessit� che 

l'imposta venga accertata in sede amministrativa dall'ente impositore: sotto 

il primo profilo pu� o non esistere una norma che condiziona la giuri


sdizione dell'A.G.0. ad altro procedimento, come per le imposte dirette; 

ma in ogni caso l'azione ordinaria non pu� esperirsi prima che vi sia stato 

un accertamento che costituisce l'oggetto di una specifica attivit� ammi


nistrativa attribuita in via esclusiva all'ente impositore (Cass. 18 giugno 

1968, n. 1766, in questa Rassegna, 1968, I, 379). Nel campo pi� specifico, 

una cosa � stabilire se il ricorso al Ministro contro l'ordinanza dell'In


tendente sia facoltativo (ovvero se l'ordinanza definitiva dell'intendente 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 

(Omissis). -I due motivi del presente ricorso ripropongono all'esame 
della Suprema Corte due questioni sulle quali queste Sezioni 
Unite hanno gi� avuto occasione di pronuncia�l'ISi recentemente, in relazione 
ad una :fattispec�ie del tutto analoga (cfr. sent. n. 1554 del 18 settembre 
1970): 

a) se cio� aigli autoveicoli del tipo � Fiat Campagnola � (immatricolati 
nel 1955 e successivamente) sia applicabile l'esenzione semestrale 
della tassa di circolazione disposta dall'art. 19 del t.u. delle leggi 
sulle tasse automobilistiche e approvato con Decr. Pres. 5 febbraio 
1953, n. 39 in :favore delle autovetture nuove di fabbrica, di produzione 
naziooiale, adibite �al trasporto di persone; 

b) �e se, relativamente alle controversie in mat�ria di tasse. di 
circolazione sugli autoveicoli, il g.iudizio daVianti all'autorit� giudiziaria 
ordinaria possa essere instaurato anche in mancanza di una decisione 
definitiva dell'Intendente di Fmanza o (nei debiti casi) della 
decisione del Ministro delle Finanze, a' sensi dell'art. 39 del citato 

d.p. n. 39 del 1953. 
Relativamente alla prima questione queste Sezioni Unite, nella rdchiamata 
decisione, hanno espresso �giudizio :negativo, per l'assorbente 
e decisivo riflesso che le � Fiat Campagnola �, rientrando -dal punto 
di vista �strutturale e funzionale -fra 1gli. � autovefooli di produzione 
nazionale a quattro o pi� ruote motrici, adatti per l'impiego fuoristrada 
e muniti di carrozzeria utilitaria� fruiscono -in quanto tali della 
riduzione del 50 per cento �sull'ammontare della tassa annua di 
ci11colazione (per .il periodo di cin,que anni dalla data del collaudo): 
ag�evolazione questa introdotta per la prima volta dall'art. 12 della 
legge 21 maggio 1955, n. 463 a favore dei consimili autoveicoli che, 

impugnabile innanzi all'A.G.O. sia non solo quella tale per sua natura 
ma anche quella non impugnata con ricorso al Ministro) come � gi� stato 
affermato in materia 'di imposta generale sull'entrata (Cass. 23 gennaio 
1969, n. 185, ivi, 1969, I, 102) e di diritti erariali sugli spettacoli (23 luglio 
1966, n. 2011, Riv. Leg. fisc. 1966, 2344); altra cosa � per� determinare se 
esista l'accertamento dell'imposta cio�, per le imposte soggette alla procedura 
della; leg�ge 7 gennaio 1929, n. 4 quali quelle in questione, l'ordinanza 
dell'Intendente. Se dunque il ricorso al Ministro pu� essere facoltativo, 
l'ordinanza dell'Intendente non pu� mai' mancare. 

Appare pertanto troppo vasta e troppo assoluta l'affermazione che in 
mancanza di una norma che lo impone, non sia mai necessario un preventivo 
ricorso amministrativo, ricomprendendo in questa nozione anche la 
prima fase dell'accertamento che si conclude con l'ordinanza. Nella fattispecie 
decisa poteva ritenersi proponibile l'azione ordinaria diretta, per.ch� 
trattavasi di domanda di rimborso di imposta pagata e quindi accertata; ma 
nell'ipotesi normale di contravvenzione contestata dagli agenti di polizia, 
non potr� adirsi il giudice ordinario prima che sia intervenuto l'accertamento 
che, come si � visto, si concreta con l'ordinanza. Sull'argomento cfr. 
Relazione Avv. Stato, 19<66-70, II, 67 e segg, 521 e segg. 



156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

.. 

non esistendo ancora al tempo in cui venne approvata la disrposizione 

dell'art. 10 'della legge 17 gennaio 1949, n. 6 (di poi trasfusa nell'arti


�colo 19 del t.u. del 1953), non potevano ovviamente ritenersi presi in 

considerazione dal legislatore; e non cumulabile con l'agevoJ.azione tri


butaria (ElSenzione semestrale) rprevista dn via generale dal citato arti


colo 19, sia rperch� le due norme riguardano fattisrpecie diverne, auto


nomamente �considerate �e disciplinate, sia perch� la formulazione del


l'art. 12 della legge del 1955 esclude la contemporanea applicabilit� 

dell'art. 19 t.u. del 1953, tanto pi� che, rper noto iprincipio g.enerale di 

diritto tributario, la medesima fattispecie 1I10n pu� -salvo espressa di-. 

sposizione di legge -fruire di due diverse agevolazioni. 

Relativamente pod alla seconda questione, queste Sezioni Unite 

-sempre nella decisdone 'dianzi richiamata -hanno esrpresso giudizio 

affermativo, considerando che -alla stregua della regola fonda


mentale 1che assicura contro gli atti della P.A. la tutela dei �diritti sog


gettivi innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria, non meno che per la 

autonomia del rprocesso ordinario rispetto a quello di accertamento 

tributario -� da escludere che l'esperimento dei. ricorsi in via am


ministrativa possa costituire, tranne espress.a disposizio<ne� di legge�, con


,dizione o presupposto !P'er la rproponibilit� dell'azione giudiziaria in 

ordin�e al tributo su cui cade controversia; e che nella soggetta mate


rfa non � dato Tavvisare una simile �disposizione nell'art. 39 del t.u. 

del 1953, dal momento che questo si limita a disciplinare il procedi


mento amministrativo � !Sulle questioni relative alla � fassa di circola


zione ., senza subovdinaxe l'azione giudiz.iaria al p�revio esperimento 
. dei ricorsi amministmtivi �che sono facoltativi rper il contribuente. 
La disposizione del siecondo comma dell'art. 39, a mente del quale 

� le decisioni contro le quali non sia stato preiientato ricorso� in revocazione 
rper errore di fatto o di 'calcolo o per recupero di un documento 
decisivo, possono impugnarsi soltanto dinanzi all'autorit� giudiziaria 
ordinaria entro il termine di sei mesi dalla notificazione � vale 
invero solo per il caso che il procedimento amministrativo -assolutamente 
facoltativ.o rper il contribuente -sia stato da questo effettivamente 
instaurato. 
Orbene, alla stregua dei principi e 1criteri risolutivi ora esposti e 
dai quali queste Sezioni Unite non hanno nella specie alcuna ragione 
per �discostarsi, nel mentre il 'primo motivo del ricorso col quale l'Ente 
di Sviluprpo -denunziando violazione �e falsa applicazione dell'art. 39 
del d.p. 5 febbraio 1953, n. 3�9, in relazione agJi artt. 2 della leg.ge 20 
marzo 1865, n. 2248 all. E, 112 e 144 Cost. �e 360 nn. 1 e 3 c.p.c. -censura 
l'imrpugnata sentenza per avere ritenuto che in riguardo alla 
domanda !relativa al rimbol1So dei 20 % della ta�ssa di drc61azione (che 
si assumeva dndebitamente pagata a' sensi della legge 21 maggio 1955, 

n. 463, Tariffa all. C, nota 4) il giudice ordinario fosse carente di giu

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR.IA 

risdizione per difetto del preventivo esperimento del ,ricorso amministrativo 
di cui all'art. 39 del d.rp. n. 39 del 1953, deve essere accolto; il 
secondo motivo del ricorso ,col quale -denunziando vioJ.azione e falsa 
appltcazione dell'art. 19 dello stesso d.rp., in relazione all'art. 360 nn. 3 
e 5 c.p.c. -l'Ente censu:m l'impugnata sentenza per avere, in relazione 
alla separata domanda di illegittimit� deJ.le ingiunzioni intimate 
il 6 giugno 1953, escluso che nella specie fosse arprplicabile l'esenzione 
semestrale prevista dal 'Citato art. 19 per le vetture nuove di fabbrica, 
di produzione nazionale, adibite al trasporto di persone, deve invece 
essere rigettato. 

Va moltl'e rilevato in relazione al primo motivo del ricorso che 
l'Amm.inistfazione resistente, pur avendo nel suo contrmkorso dichiarato 
che � non intende in questa sede 'Sostenere � l'esattezza della dedsione 
della Corte d'Appello su questo punto e negare la proponibilit� 
della domanda, ne ha 'peraltro contestato la fondatezza per tre ordini 
di motivi: 

a) perch� la predetta riduzione del 20 % non sarebbe comulabile 
con la. riduzione quinquennale del 50 % ; 

b) perch� la ,disposizione contenuta nella nota 4 della Tariffa 
all. C alla legge 21 m�gg.io 1955, n. 463 sarebbe stata formulata esclusivamente 
rper la categoria delle �autovetture� cui :ri.oo appartiene la 

� Fiat Campagnola �; 
e) e iperch� il <liritto al rimborso sarebbe comunque ormai rprescritto 
per una notevoJ.e parte dei pagamenti eseguiti dal ricorrente all'atto 
della immatricolaziorp.e degli autovetcoU in questione. 

� necessario pertanto rprecis?re che, mentre queste due _ultime eccezioni 
(lett. b e e), essendo di mero fatto, non possono essere esaminate 
se non in sede di rinvio, la prima invece -in quanto involge una 
questione di difetto di interesse alla impugnaziione -� da giudicare 
senz'altro giuridicamente infondata, in quanto la leg,g,e dei 1955 consente 
l'applicazione di entmmbi i benefici: l'uno accordato a tutti gli 
autoveicoli aventi le speciali caratteristiche a suo luogo indicate e 
l'altro concesso, in aggiunta al primo, a tutte le autov;etture azionate 
con motore �Diesel .. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 febbraio 1972, n. 297 --Pres. Favara 
-Est. Sposato -P. M. Caristo (1parz,. diff.) -Inga (avv. Monte!) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). 

Imposta di successione -Determinazione della base imponibile -Deduzione 
di passivit� -Imposta complementare di re~istro -Indeducibilit� 
-Limiti. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. _45; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, articoli 
7 e 21). 

158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposta di successione -Determinazione della base imponibile -Deduzione 
di passivit� -Imposta complementare sul reddito -lndeducibilit� 
-Limiti. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 31 
e 130). 
n terzo comma dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, stabilendo 
che i debiti verso le pubbliche amministrazioni siano deducibili 
dall'asse ereditario purch� certi al momento della a.pertura deUa 
successione, anche se liquidati posterriormente, esige che il debito di cui 
si chiede la deduziolfl,e sia gi�, in quel momento, certus an, sebbene non 
ancora liquidato nel quantum. Qualora, pertanto, l'accertamento del-
l'imposta complementare di registro sul consolidamento dell'usufrutto 
verificatosi prima della morte del de cuius sia C011,testato davanti aHe 
Commissiolfl,i tributarie, la deducibilit� di tale debito d'imposta � subordinata 
alla dimostrazione~ da fornirs,i dal contribuente, che nessuna 
questione sia stata in concreto sollevata intorno aZZ'an debeatur, essendo 
la cointestaziolfl,e limitata soltanto alla quantificazione dell'imponibile 
� dell'imposta (1). 

In bl1JSe agli stessi princ,ipt deve escludersi la deducibilit� deUe 
integrazioni della imposta complementare sul re:ddito del de cuius, 
allorch� le contestazioni pendenti al momentp della di lui morte riguardino, 
noin soltanto la misura dell'imponibile e deH'imposta, secondo 
quanto il cointribuente � tenuto a dimostrrare, bensi l'esistenza 
stessa del reddit� e dei fatti ed attivit� che l'hanno prodotto (2). 

(Omissis). -Privo di forndamento � il primo mottvo del ricorso. 
Il terzo comma dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, stabilendo 
-in parziale deroga alla disposizione del suo rprimo comma 


(1-2) Con la presente sentenza la Suprema Corte ha riesaminato le 
questioni relative alla deduzione dall'asse ereditario dei debiti di imposta, 
questioni gi� decise con sentenza 10 dicembre 1970, n. 2622, pubblicata 
in questa Rassegna 1971, I, 137 con nota che poneva in evidenza la inammissibilit� 
di una distinzione e differente valutazione, per i fini in argomento, 
fra debiti per imposta complementare di registro e per imposta 
complementare sul reddito accertata in seguito a rettifica della denunzia 
del contribuente, entrambi contestati al momento dell'apertura della successione. 


Ora la Corte di Cassazione elimina tale difformit� e pone, in entrambi 
i casi, la distinzione fra certezza e liquidit� del debito in relazione all'oggetto 
della contestazione, a seconda cio� .che esso riguardi l'an o il quantum 
dell'accertamento. Di rilievo � l'affermazione che la prova dell'oggetto 
della contestazione deve essere fornita in concreto dal contribuente, al 
quale incombe difatti l'obbligo di dimostrare le condizioni di deducibilit� 
del debito denunziato. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

che i debiti verso le pubbliche amministrazioni siano deducibili dall'asse 
ereditario purch� certi al momento dell'apertura della succes-� 
sione, anche se liquidati posteriormente, emge che il debito di cui si 
chiede la deduzione sia gJ.�, in quel momento certus an sebbene non 
ancora liquidato nel quantum. Qualora, pertanto, l'accertamento dell'imposta 
colll(plementare di registro sul consolidamento dell'usufrutto, 
verifi.catosi prima della morte del de cuius, sia contestato davanti alle 
CommiSJSioni tributarie, la deducibilit� di tale .debito d'imposta � subordinata 
alla 'dimostrazione, da fornirsi dal contribuente, che nessuna 
questione sia stata, in concreto, soJlevata intorno all'an debeatur, 
essendo la contestazione limitata soltanto alla� quantificazione dell'dmponibile 
e dell"imposta .. Nella specie -�avendo ritenuto che gli eredi 
Inga non avevano dato la detta dimostrazione -la Corte di merito ha 
esattamente escluso la deducibilit� del debito. N� ha pregio la deduzione 
dei ricorrenti che, trattandosi di un'illl(posta richiesta per �il consolidamento 
dell'usufrutto, quella dimostrazione non sarebbe stata necessaria 
in quanto l'unica contestazione possibile era quella rigual'dante 
la liquidazione del tributo. Bene, infatti, il contribuente avrebbe potuto 
contestare, oggettivamente e soggettivamente,� lo stesso obbJJgo 
tributal'lio, negando, ad esempio, qualcuno dei presupposti di fatto, ac.certati 
ai fini de1la tassazione complementare, o eccependo la prescri. 
zione, o impugnando di nullit� l'accertamento, o sostenendo di avere 
gi� assolto il suo obbligo, o ,di nulla dovere peI'ch� inesistente la dif:
llerenza, di cui all'art. 21 della legge org,anica di registro, fra il prezzo 
tassato al tempo dell'alienazione ed il valore della piena propriet� al 
momento della riunione dell'usufrutto alla nuda �:r>ropriet�. Fondate od 
infondate che fossero, le contestazioni �di questo �genere avrebbero reso 
incerto il debito tributario anche nell'an debeatur, e, di conseguenza, 
g1i eredi Ing� avrebbero dovuto dimostrare che simili contestazi9ni 
non erano 1state formulate dal loro dante causa e che i ricorsi da costui 
prorposti riguardavano soltanto la determinazione quantitativa del


l'imposta. 

Considerazioni analoghe valgono ad escludere la deducibilit� del


la integrazione della dmposta complementare sul reddito del defunto 

Inga negli anni 1951 e 1952, primo semestre. Difatti l'art. 31 t.u. delle 

leggi sulle imposte ,dirette stabilisce che l'Amministrazione finanziaria, 

previo controllo delle dichiarazioni presentate, proc,ede, se del caso, 

all'accertamento in rettifica degli. imponibili dichiarati ed all'accerta


mento d'ufficio di quelli omessi. Ci� significa che l'integrazione del


l'imposta ipu� essere richiesta o perch� il reddito denunziato dal con


tl'libuente viene accertato come quantitativamente inferiore a quello 

da lui in realt� percepito, ed, in tal caso, l'accertamento consiste uni


camente nella rettifica dell'imponibile ai fini dell'esatta determinazione 

del suo ammontare e, conseguentemente, dell'ammontare dell'imposta; 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

160 

o perch� l'ufficio >imposito;re accerta l'esistenza di altre fonti di reddito 
che il contribuente non ha dichiarato. In questo caso oggetto dell'accertamento, 
e dell'eventuale contestazione del medesimo, non � soltanto 
la misura dell'imiponibile e dell'imposta, ma l'esistenza stessa 
del 11eddito e dei fatti, ed attivit� che l'hanno prodotto. S'intende che, 
anche in questo caso, il contribuente pu� limitare la sua contestazione 
soltanto al quantum de,beatur ,e l'accertamento rimanere fermo, e l'imposta 
esseve certa nell'an debeatur, ma la prova che i suoi ricorsi siano 
stati contenuti entro i.detti limiti deve essere fornita dai successori del 
contribuente che invocano l'applicazione del terzo comma del citato 
art. 45. 

Questa Suprema Corte non ignora il precedepte giurisprudenziale 
richiamato dai rico,rrenti, cio� la sentenza 10 mcembre 1970, n. 2622 
nella quale questa stessa prima sezione ha escLuso la deducibilit� dall'asse 
ereditario del debito d'imposta complementare di registro ancora 
in contestazione al momento dell'apertura della successione e l'ha, invece, 
ammessa per il debito d'imiposta complementare sul reddito per 
il quale sia ancora in corso, nel detto momento, la contestazione dell'accertamento 
di maggior vafore. Senonch� la richiamata sentenza 
-nella quale si afferma che il debito d'imposta complementare sovge 
ed � certo nell'an debeatur, in base agli elementi indicati nella di�hiarazione 
che dl contribuente � obbligato a presentare aJl'ufficio delle j,mposte, 
sin dal momento 'di tale dichiarazione, talch�, nella ipotesi di 
un accertamento di mag,gior valore e 'di una contestazione di questo 
da parte del contribuente, la controversia va ~ riflettersi sulla liquidazione 
del debito senza investirne la sussistenza -ha un evidente 
riferimento al caso di quello ch� l'art. 31 qel citato t.u. chiama e accertamento 
in rettifica degli imponibili dichiarati> ai quali viene attribuito 
un maggfor,e valore, e non anche all'accertamento anch'esso 
previsto dall'art. 31 che l'ufficio fa degli imponibili omessi, accertamento, 
quest'ultimo, che, se contestato rende incerta anche la sussistenza 
del debito tributario. -(Omissis). 

lllAlflllllllllJJ!IJlllllJlllfJlllllllMlrlll1111111111Jrl�� 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 gennaio 1972, n. 106 -Pres. Favara 
-Est. Valore -P. M. Gentile (parz. diff.) -Merlo (avv. De 
Setf!) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Lancia). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Risoluzione -Obbligo del committente 
di pagamento all'appaltatore d~l valore venale dell'opera 
parzialmente eseguita, con riferimento al momento della pronuncia 
di risoluzione -Sussiste. 

(e.e., art. 1458). 

Danni -Incidenza della svalutazione nel giudizio di liquidazione del 
dann�' -Rilevabilit� �ex officio judicis� anche in Cassazione -Sussiste. 


(e.e., artt. 1223, 2056). 

Nel caso di risoluzione di un contratto d'appalto, il. committente 
inadempiente, nell'impossibilit� di restituire� l'opus parzialmente eseguito 
dall'appaltatore adempiente, � tenuto a corrispondergliene il 
valore venale, determinato con riferimento al momento della pronuncia 
di risoluzione e non gi� in base ai prezzi contrattuali (1). 

La questione dell'incidenza della svalutazione nel giudizio� di liquidazione 
del danno � rilevabile anche d'ufficio dal giudice di merito ed 
� deducibile anche per la prima volta in Cassazione (2). � 

"' -Con il ,primo mezzo, il ricorrente -denunciando la

(Omissis). 
violazione e falsa appl.icazione degli artt. 1218 e segg. 1223 e segg., 
1453 e seg.g e.e., 112, 115 e 116 c.p.c. e dei �Principi di diritto i"elativi 

(1) Ci� in quanto -avvei:te la sentenza in rassegna -la risoluzione 
del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo fra le parti, mentre 
l'obbligo delle reciproche !I'estituzioni nasce dalla sentenza, che ha natura 
costitutiva e correlativa efficacia ex nunc. � 
(2) Secondo la giuriSprudenza della Corte di Cassazione,.l'obbligo del 
risarcimento dei danni sia in materia extracontrattuale che in materia contrattuale 
costituisce un debito di valore, che si converte in debito di valuta 
solo al momento della pronunzia giudiziale di liquidazione, donde la necessit� 
di tener conto della svalutazione monetaria verificatasi medio tempore, 
allo scopo di rendere la reintegrazione patrimoniale sempre pi� aqeguata 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

162 

alla risoluzione dei contratti ed al risarcimento dei danni, nonch� 
l'omessa, insufficiente e 'contraddittoria motivazione -si duoJe che la 
Corte del: merito: 

a) abbia fatto riferimento alla data della domanda di arbitrato 
per determinare il termine finale del periodo da considerare ai fini 
della liquidazione del danno relativo alla perdita ed all'<immobilizzo 
dei materiali esi:stenti nel cantiere, di una betoniera e di un montacarichi, 
non tenendo presente che l'inadempimento della Cassa non era 
consistito ,soJtanto nella ,ingiustificata sospensione dei lavori; che la 
pronunzia di risoluzione deJ contratto, avendo natura costitutiva, non 
opera dalla ,data della domanda e che, per la Liquidazione del danno, � 
da adotta11si un criterio causale e non temporale; 

b) isi sia poi contraddetta con il liquidare J ratei dei premi relativi 
alla fideiussione, riconoscendo correttamente che i relativ[ esborsi, 
anche successivi alla domanda, erano stati provocati dalla Cassa; 

c) abbia omesso d.i valutar� le prove da lui fornite in ordine 
al compenso vemato al perito che aveva redatta la relazione sulla perdita 
e suirnmmobilizzo del materiale e della attrezzature, nonch� alle 
spese_--.sostenute ;per l'occupazione del suolo ed il trasporto delle attrezzature. 


La censura, sotto i suoi vari profili, � infondata. 

Per giurisprudenza ormai consolidata, spetta al giudice di merito 
valutare l'entit� del �danno da inadempimento cootrattuale e commisurarlo 
alla responsabilit� dell'agente, tenendo 'conto di tutte le particolari 
circostanze del caiso concreto, onde la valutazione che egli adotti 
� insindacabile iil Cassazione se immune da vizi logici ed errori giuridici. 


Nella specie, la Corte romana ha proceduto a detta valutazione, 
analitica �ed adeguatamente motivata, sulla base di quei principi che 
dottrina� e .giurisprudenza concordi hanno ripetutamente affermato in 

al danno subito (Cass. 19 agosto 1971, n. 2562, �Giur it., Mass. 1971, 1456; 
21 marzo 1970, n. 753, Giur. it., Mass. cit., 1970, 326). In materia di appalto 
d'opere pubbliche devesi, tuttavia, avvertire che: a) gli � indennizzi � per 
maggiori oneri incontrati dall'appaltatore si traducono in sovraprezzi, ossia 
fa obbligazioni tipicamente di valuta e non di yalore; b) la mora debendi 
'dell'Amm.ne � esclusa dalla disposizione limitativa di cui all'ultimo comma 
dell'art. 36 Cap. gen. oo.pp., appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 

(cfr. art. 40, rult. comma, Cap. gen. oo.pp., appr. con d.m. 28 maggio 1895); 
c) nel concetto di �somme contestate� di cui a tale disposizione, implicante 
quello di debito di valuta �e non di valore, rientrano anche le somme 
dovute a titolo di risarcimento per inadempienze contrattuali della Stazione 
appaltante, Testando esclusi dalla previsione solo i fatti dolosi o i fatti 
illeciti extracontrattuali, che abbiano un mero legame occasionale con la 
gestione dell'appalto (Cass., 9 novembre 1971, .n. 3161, in questa Rassegna, 
1971, I, 1513, sub 2 e 4. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 163 

tema di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno. Ha, 
infatti, tenuto presente che la disposizione dell'art. 1458, primo comma, 

e.e. -secondo cui 1a risoluzione dei contratto :per inadempimento ha 
effetto retroattivo fra le parti salvo il limite stabilito per i contratti ad 
esecuzione corntinuata o periodica -significa soltanto che la risoluzione 
toglie valore alla causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali 
gi� effettuate, mentre l'obbligo delle rec]p:mche restituzioni nasce 
dalla sentenza, che ha natura costitutiva e correlativa eflkada. ex nunc. 
Nel caso specifi.co della risoluzione di un contratto di appalto, il committente 
inadempiernte, nell'impossibilit� di restituire l'o'PUS parzialmernte 
eseguito dall'appaltatore adempciente, � obb!Lgato, per l'esigenza 
di reintegrare la situazione patrimoniale di quest'ultimo, a corrispon� 
dergli il valore venale dell'opus predetto con riferimento al momento 
della pronuncia di risoluzione, nella quale l'obbligo trova la sua fonte, 
e non con riferimernto ai prezzi contrattuali delle opere eseguite. In 
applicaziorne di tale� principio, la Corte ha integralmente accolto la 
richiesta di un compenso reyisionale dei prezzi nella misura complessiva 
di L. 725.000 per i maggiori oneri derivanti dagli aumentati costi 
dei lavori eseguiti. 
N� � vero che, ne11a liquidazione. del danno, la Corte medesima 

, abbia seguito un 1criterio tempornle e non causale. Essa, infatti, si � attenuta 
al 1princ]pio che � risarcibile ogni danno -e cio� anche quello 
prodottosi dopo la data della domanda di risoluzione -che sia conseguenza 
immediata e diretta dell'inadempimento e non si sia potuto 
evitare usando l'ordinaria diUgernza. Ci� posto, non � ravvisabile alcuna 
�Contraddittoriet� di motivaziorne nell'avere fatto riferimento alla 
data della domanda di arbitrato per detel'Ill.inare il termine finale del 
periodo da coosiderare ai fini della liquidazione dei danni indic1ati 
nella censura sub a) e :nell'avere poi liquidato i ratei dei premi relativi 
alla fideiUJSsione, comprendendovi anche quelli sborsati dal Merlo 
successivamente alla domanda di risoluzione. Invero, mentre in ordtne 
a tali ultimi danni � evidente il rapportc.> di causalit� col comportamento 
della Cassa, che, pur dopo la domanda di risoluzione, si era 
rifiutata di autorizzare lo svincolo della polizza fideiussoria, relativamente 
ai primi invece -come ha corretilamente considerato la sentenza 
impugnata -detto rapporto causale non sussisteva, in quanto, 
proposta domanda arbitrale di risoluzione, che precludeva alla Cassa 
la possibilit� di adempiere le proprie obbligazioni (art: 1453, ultimo 
comma, c..c.), il ricorrente non era pi� obbligato a tenere in cantiere i 
materiali. 

Pertanto, dei danni per la perdita, l'usura e l'immobilizzo dei 
materiali stessi -danni che avrebbero potuto .essere evitati dal Merlo, 
usando l'ordinaria diligenza (art. 1227 e.e.) -non � tenuta a rispondere 
la controricorrente. 


164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura sub e), infine, � inammissibile, concernendo apprezzamenti 
di fatto, demrundati al �giudice di merito, che, adeguatamente motivati, 
non sono censurabil.i in sede di <legittimit�. 

Fondato, .per converso, � il secondo motivo, col quale il ricorrente, 
denunciando la violazione degli artt. 1218, 1223 e segg. c.�c., nonch� 
l'omesso esame di fatto decisivo rilevabile d'ufficio (in relazione all'art. 
360, nn. 3 e 5, c.p.�c.), si duole che la Corte abbia omesso di rivalutaTe 
il danno liquidato. 

Invero, il risarcimento del danno � t�lp�co debito di valore avente 
la funzione di reintegrare il !Patrimonio del danneggiato nella� misura 
in cui esso viene diminuito: ne consegue che in tal caso la reintegrazione 
non sarebbe adeguata e completa se non si tenesse conto anche 
della svalutazione -monetaria intervenuta successivamente al verificarsi 
del danno. 

L'obiezione del controricorrente, che nessuna domanda al riguardo 
� 1stata proposta dal Merlo, non � calzante, !POich� la questione dell'incidenza 
della svalutazione nel 1giudizio di liquidazione del danno � 
rilevabile anche di ufficio dai giudici di merito ed � deducbile in sede 
di cassazione anche per la rprima volta (Cass. 30 mag;gio 1967, n. 1211). 

Nella specie (essendosi l'attore, .tra l'altro, rimesso in definitiva 
al giudice per la qualificazione del danno) la Corte ha aggiudicato i 
danni senza chiarire se era stata g.i� calcolata la svalutazione e se ve 
ne era intervenuta alcuna al momento della pronuncia giudiziale; onde 
codesta indagine deve essere effettuata m sede di rinvio. 

Con l'accoglimento del secondo mezzo rimane �assorbito il terzo 
che attiene 'alla determJnazione degli interessi compensativi sulle somme 
liquidate, che potevano anche essere ricompresi nel danno, nonch� 
di quelli moratori che si assumono dovuti in misura superio�re alla 
leg;ale (7,50 % ) sulla somma Jiquidata dal Tribunale e concernente i 
lavo!d 1gi� eseguiti. 

La sentenza va, pertanto, cassata, e la causa rinviata ad altra Corte, 

che provveder� anche sulle spese di questo giudizio di Cassazione. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 febbraio 1972, n. 376 -Pres. Giannattasio 
-Est. Scanzano -P. M. Cutrupia (conf.) -Impresa Della 
Porta (avv. Rossini) c. Consorzio di Bonifica Stornara e Tara (avv. 
Tripputi). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Controversie fra l'appaltatore 
e la Stazione appaltante -Domanda di arbitrato, seguita, per effetto 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 165 

di declinatoria della competenza arbitrale da domanda innanzi 
al G. O. -Unitariet� del rapporto contenzioso -Sussiste. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47. comma secondo). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche, -Contro:versie fra l'appaltatore 
e la Stazione appaltante -Domanda di arbitrato -Declinatoria 
della competenza arbitrale -Riproposizione della domanda innanzi 
al G. O. -Necessit� dell'osservanza del termine di decadenza 
di sessanta giorni con decorrenza dalla data di notificazione della 
declinatoria -Sussiste. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 46, 47, comma secondo). 
n giudizio che 1/appaitatore di opera pubblica instaura innanzi al 

G.0. dopo che ~a Stazione appaitante ha escluso la competenza arbitrale 
costituisce prosecuzione di quello inziato con la domanda di arbitrato, 
inserendosi in un rapporto contenzioso unitario (1). 
Allorquando l'app�altatore di opera pubblica proponga domanda di 
arbitrato e la Svazione appaltante declini la competenza arbitrale, la 
domanda del primo innanzi al G.0. competente deve essere, a pena di 
decad.enza, proposta nel termine di sessanta giorni da quello in cui gli 
� stata notificata l'anzidetta decli111atoria (2). 

(Omissis). -Con ll.'unico motivo di ricorso il Della Porta, denunziando 
violazione e falsa applicazione degli artt. 43, 46 e 47 d.P.R. 16 
luglio 19.62, n. 1063, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamenta 
che la Corte di merito abbia a torto ritenuta preclusa l'azione giudiziaria. 

Sostiene in proposito che l'appaltatore, una volta richiesto il giudizio 
arbitrale nel termine di sessanta giorni assegnato dall'art. 46 del ci


(1) Cfr. Corte App. �Roma, 18 febhraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 
1969, I, 162, nella motivazione. 
(2) Di particolare interesse � il principio enunciato in questa massima: 
la Suprema Corte di Cassazione, interpretando l'ultima disposi-zione 
del secondo comma dell'art. 47 Cap. gen. appr. con d.P.R. 16 luglio 
1962, n. 1063, a mente della _quale l'appaltatore, a cui sia stata notificata 
la declinatoria della compet�nza arbitrale, �ove intenda proseguire il 
giudizio, deve proporre domanda al giudice competente a norma del 
comma pl'ecedente., ha escluso che~la locuzione �a norma del comma 
precedente� sia da intendere come mera .specificazione �di � (giudice) 
competente �, dimostrando, viceversa, che la � norma del comma precedente� 
� stata richiamata per una finalit� pi� ampia, e, precisamente, 
per dettare anche la disciplina del termine per la proposizione della 'domanda 
innanzi al G. O. La sogg-ezione della parte a pi� termini di decadenza 
nel coxso deHo stesso pxocesso -ha avvertito la Cassazione costituisce 
un dato di diritto positivo � tutt'altro che xaro �. Notevole, 

tato decreto, non � tenuto -ove, a seguito della esclusione della competenza 
arbitrale, da parte. del committente, voglia proseguire il giudizio 
in sede ordinaria -all'osservanza di un nuovo analogo termine di 
decadenza, in quanto la portata del richiallllo al primo comma dell'articolo 
47 del Capitolato generale approvato con il ripetuto decreto (contenuto 
nel secondo comma dello stesso articolo) � limitata alla determinazione 
del giudice competente. 

� spiegabile -egli .soggiunge -che il legislatore abbia sottoposto 
a breve termine di decadenza l'impugnativa (attraverso la domanda 
di arbitrato) del provvedimento reiettivo della riserva, e la declinatoria 
della competenza arbitrale (al duplice scopo di stabilire sollecitamente 
se detto provvedimentQ debba considerarsi definitivo o meno, e 
di designare; nella seconda ipotesi, il giudice competente a dirimere la 
controversia); ma non � concepibile che egli abbia voluto comprimere 
ulteriormente il diritto dell'appaltatore, quando ormai la sollecita definizione 
della controversia interessa solo quest'ultimo. 

La censura non � fondata. 

Secondo il Capitolato ;generale di appalto per le opere pubbliche, 
approvato con d.P.R. �16 luglio 1962, n. 1063 (la cui applicabilit� al caso 
non � oggetto di discussione), nel caso in cui le controversie insorte fra 
l'appaltator� ed il committente non si siano potute risolvere in via 
amministrativa, l'appaltatore deve notificare domanda di arbitrato en


. tro 60 giorni da 9uello in cui fu notificato il provvedimento, emesso 
dall'A:mmilllristrazione, sulle riiserve (art. 46 d.P.R. cit.). 

Dispone poi l'art. 47,,primo comma, dello stesso decreto che l'appaltatore 
ha facolt� di escludere la competenza ~rbitrale, proponendo, 
entro il termine di cui all'articolo precedente, la domanda avanti al giudice 
competente a norma delle disposzioni del codice di procedura e 
del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611. 

Ove, infine, colui che � convenuto nel giudizio arbitrale escluda 
la competenza degli arbitri, notifica nei trenta giorni la sua d~terminazione 
all'altra parte, �la quale, 0\7e intenda proseguire il giudizio, deve 

altres�, il collegamento operato dalla sentenza in :rassegna della �esigenza 
della sollecita definizione delle questioni inerenti all'appalto � con le stesse 
disposizioni, che, in materia di appalto di opere pubbliche, � impongono 
l'onere di enunciare e confermare con precisione e tempestivit� tutte le 
contestazioni che sono suscettibili di complicare lo svolgimento del rapporto 
di appalto (v. artt. 53. 54, 107 r.d. 25 maggio 1895, n. 350) �. 

Per la diversa ipotesi, di declaratoria d'incompetenza da parte dello 
stesso Collegio arbitrale, per ragioni attinenti alla sua costituzione, e 
di applicazione all'art. 50 c.p.c. ai fini della disciplina del termine d� presentazione 
dell'istanza di nomina dei nuovi arbitri, assimilata ad un atto 
di riassunzione del giudizio, v. lodo 5 dicembre 1966, n. 79 (Roma), in 
Arb. App., 1966, 499, ove nota critica redazionale (sub 2). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 167 

proporre domanda al giudice competente a norma del comma precedente
� (cosi recita il secondo comma del citato arttcolo). 

Questa essendo la normativa della materia, l'onere dell'appaltatore 
di osservare il termine di sessanta giorni per adire il giudice ordinario, 
dopo che la controparte abbfa escluso la competenza arbitrale, 
discende dalla lettera della legge e dal .si,stema. 

� agevole anzitutto rilevare che, ove il richiamo al com.ma precedente, 
operato dal secondo comma dell'art. 47, avesse il limitato scopo 
di precisare che la domanda deve essere proposta al giudice competente 
ivi indicato, esso sarebbe �del tutto pleonastico, sia perch� la competenza-
del giudice :rientra tra i presupposti processuali di qualsiasi 
ritu�le domanda giudiziale, sia perch� 1a competenza de{ giudiae designato 
dal primo comma (per u;na causa dello stesso contenuto di quella 
considerata nel comma successivo) non � determinata con criteri particolari, 
ma coincide �on la competenza del foro erariale, stabilito dallo 
art. 25 c.p.c., per tutte-le cause in cui � parte l'Amministrazione dello 
Stato (il Capitolato generale riguarda appunto le opere di competenza 
del Ministero dei Lavori Pubblici). 

La �norma del comma precedente� deve, pertanto, ritenersi richiamata 
per una finalit� pi� ampia, cio� per dettare anche la disciplina 
del termine per la proposizione della domanda giudiziale. 

Concorre in tale senso un pi� decisivo argomento di ordine sistematico. 


-L'azione giudiziaria che l'appaltatore esercita dopo che la controparte 
ha escluso la competenza arbitrale costituisce, per espressa deninizione 
legislativa, prosecuzione del giudizio iniziato con la domanda di 
arbitrafo..Essa cio� si inserisce in un rapporto contenzioso che il legislatore 
considera unitario. 

Cos� essendo, � del tutto rispondente al sistema che un atto di 
impulso destinato ad introdurre una fase ulteriore di detto rapporto sia 
vincolato all'osservanza di un termine di decadenza. 

Tale soluzione si impone a pi� forle ragi01ne considerando che il 
termine di decadenza di sessanta giorni � assegnato all'appaltatore non 
solo per _chiedere l'arbitrato, ma anche nell'ipotesi in cui egli voglia 
escludere la �Competenza arbitrale e deferire subito al giudice-ordinario 
la controversia sulle riserve respinte dall'Amministrazione. Se, cio�, 
l'azione giucj.iziaria � soggetta ad un termine di decadenza quando essa 
d� inizio al rapporto contenzioso, non pu� non esserlo ugualmente quando 
essa costituisce la prosecuzione del rapporto stesso. 

Ci� non significa che l'appalta<tore sia assoggettato all'onere di una 
duplice impugnativa del provvedimento amministrativo, ma significa 
solo che egli � tenuto ad osservare tutti i termini prefissi per il compimento 
delle varie attivit� processuali. E la soggezione della parte a pi� 
termini di decadenza nel corso dello stesso processo, ed anche della 


I 

168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

stessa fase processuale (soggezione che al ricorrente sembra inconciliabile 
col diritto di difesa), costituisce un dato positivo tutt'altro che raro. 

L'opinione accolta trova infine conforto in utlla considerazione di 
ordine pi� generale. 

L'esigenza della sollecita definizione delle questioni inerenti all'appalto 
(avvertita dal legislatore anche per i contratti che concernono 
opere private, con la prefissione di termini brevi per la verifica, per la 
denuncia dei vizi e per l'esercizio-�dell'azione contro l'appaltatore: 

v. artt. 1665, 1667 e.e.) �' dimostrata in materia di appalto di opere 
pubbliche anche da quelle disposizioni che impongono l'onere di enunciare 
e confermare con precisione e tempestivit� tutte le contestazioni 
che� sono 1suscetttbili di complicare lo svolgimento �del rapporto di 
appalto (v. artt. 53, 54, 107, r.d. 25 maggio 1895, n. 350). 
Orbene, tale �Sigenza rimarrebbe frustrata se, dopo che i termini 
della contestazione siano stati enunciati; dopo che la controversia sia 
divenuta attuale ~con la reiezione delle riserve e 1a mancata acquiescenza 
dell'appaltatore) ed il giudice competente sia stato individuato 
(nella specie, il giudice ordinario, stante la declinatoria della competenza 
arbitrale), l'appaltatore stesso fosse poi libero di portare la controversia 
stessa-avanti � detto giudice nel termine di prescrizione, 
anzich� in breve termine di decadenza. 

N� a giustificare tale sua libert� � sufficiente il rilievo del ricorrente 
secondo cui la controversia, avendo ad oggetto un credito dell'appaltatore, 
concerne l'interesse meramente privato di costui, essendo 
invece evidente che sussi.ste, quale aspetto in~cindibile della questione, 
l'interesse contrapposto dell'Amministrazione appaltante. 

Deve quindi conclusivamente affermarsi che, ai sensi dell'art. 47, 
secondo comma, del Capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 
16 luglio 1962, n. 1063, allorquando l'appaltatore proponga domanda 
di arbitrato e la controparte escluda la competenza arbitrale, la domanda 
del primo avanti al giudice competente deve essere, a pena di 
decadenza, proposta nel termine di sessanta giorni da quello in cui gli 
� stato notificato l'atto che esclude la competenza degli arbitri. 


(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 maggio 1971, n. 1270 -Pres. D'Armieinto 
-Rel. Bongioannini -P. M. D'Agostino (conf.) -Rie. Confl. 
comp. Pret. Bisceglie e Trib. Trani in proc. Sasso ed altro. 

Imposte e tasse in ~enere -Reati finanziari -Competenza -Contrav� 

venzione prevista da~li artt. 43 e 44 r. d. 1. 19 ottobre 1938, n.1933 

Costituisce violazione finanziaria relativa ai tributi statali 


Competenza del tribunale. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 21 comma 1�; r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, 
artt. 43, 44, r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, art. 324). 
La contravvenzione prevista dagli artt. 43 e 44 del r.d.i. 19 ottobre 
1938, n. 1933, e succ. mod., costituisce una violazione finanziaria relativa 
ai tributi deUo Stato, come si evince dall'art. 324 del r.d. 25 lugifo 
1940, n. 1077. 

La competenza a prendere cognizione di tali violazioni, venuta 
meno (per effetto della sentenza n. 60 del 1919 della Corte Costituzionale) 
la speciale giurisdizione dell'Intendente di Finanza, � devoluta 
al Tribunale secondo un criterio qualitativo (1). 

(1) La massima � di ovvia esattezza: Le norme contenute negli articoli 
43 e 44 del r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, che prevede le autorizzazioni 
ed i concorsi e le operazioni a premi per accreditare prodotti 
commerciali, o favorirne lo smercio, sono richiamate, con l'intero testo 
legislativo nel quale sono contenute, dall'art. 324 del r.d. 25 luglio 1940, 
n. 107 concernenti il regolamento sui servizi del lotto, il quale dispone che 
per l'accertamento delle trasgressioni delle suindicate norme si applicano 
le disposizioni della 1. 7 gennaio 1919, n. 4 sulla repressione delle 
violazioni delle leggi fi�lanziarie. Non v'� dubbio quindi che si sia in presenza 
di una questione finanziaria ai tributi dello Stato. 
La sentenza n. 60 del 1969 della Oorte Costituzionale, che ha fatto venir 
la speciale giurisdizione dell'Intendente di Finanza, non ha per� fatto cadere 
il suo potere di oblazione. Essa infatti ha dichiarato costituzionalmente 
illegittimi gli artt. 21 comma I n. 1 e 36 I.'.n. 4 del 1929 (e tutte quelle 
norme che risultano ad essi sistematicamente collegate nel quadro della 
disciplina della competenza giurisdizionale dell'Intende di Finanza) per 
contrasto con gli artt. 101, II comma e 108 II comma della Costituzione, 
avendo ritenuto che fosse incompatibile con le norme stabilite dai suddetti 
articoli -norme ritenute di immediata attuazione -l'attribuzione di potere 
giurisdizionale, quale giudice speciale, ad un organo qual'� l'Intendente 
di Finanza, sfornito dei requisiti essenziali dell'indipendenza e del




170 

RASSEGNA PELL'AVVOCATURA PELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 ma~gio 1971, n. 1285 -Pres. 
Muscolo -Rel. Conti -P. M. Bigazz.i (conf.). -Rie. P. M. in proc. 
Scalpelli. 

Imposte e tasse in genere -Reati finanziari -Competenza -Intendente 

di finanza -Competenza penale -Illegittimit� costituzionale 


Efficacia retroattiva della declaratoria -Esclusione -Fondamento 


Fattispecie relativa a decreto intendentizio esecutivo. 

(Cost. art. 136; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 21). 

La dichiwrazione d'incostituzionalit� avvenuta con sentenza n. 60 
del 27 marzo 1969, dell'art. 21 legge 7 gennaio 1929, n. 4, ha investito 
una nor.ma di carattere processuale che demandava alla. cognizione 
dell'intendente di finanza i reati finanziari punibili con la sola pena 
dell'ammenda, e non gi� la stessa esistenza del giu.dice. Di conseguenza, 
la declaratoria dell'illegittimit� della norma stessa non pu� avere ef


l'imparzialit�, ma non ha dichiarato l'illegittimit� di altre norme, quali gli 
artt. 13, 14, 46 e ss. in quanto, evidentemente, non ha ravvisato contenuto 
giurisdizionale nei poteTi disciplinati nei suddetti articoli. E ci� pu� dirsi a 
maggior ragione in quanto quegli articoli non sono stati ignorati dalla 
Corte, che ne ha dichiarato l'incostituzionalit� limitatamente alle parti in 
cui si faceva riferimento appunto al potere giurisdizionale dell'Intendente 

(v. 
artt. 14 e 48). 
Tale decisione della Corte costituzionale � perfettamente coerente 
alla natura dell'oblazione e della conciliazione amministrativa. 
Come � infatti noto, l'oblazione consiste nel pagamento di una somma 
di denaro mediante il quale l'imputato di una contravvenzione punibile 
con la sola pena dell'ammenda (nella disciplina del codice penale) o di un 
altro reato (nelle ipotesi delle leggi speciali che prevedono la conciliazione 
amministrativa) determina l'estinzione del reato. Nonostante talune differenze 
fra l'oblazione e la conciliazione amministrativa (la pi� saliente 
delle quali � ir potere discrezionale riconosciuto all'autorit� amministrativa 
di accogliere o respingere la domanda di oblazione: v. art. 14, 1. n. 4 
del 1929 ultimo comma, art. 7 r.d.l. 11 aprile 1938, n. 1183 sulla pesca, 
art. 77 comma r.d. 5 giugno 1939, n. 1516 sulla caccia) l'efficacia giuridica 

"dei due istituti � identica, in entrambi verificandosi, attraverso la spon


vaneit� dell'adempimento, l'estinzione del reato per espressa previsione 

legislativa. 

� ben vero che in dottrina si sono �profilate opinioni diverse sulla 
natura giuridica dell'istituto (transazione, volontario �riconoscimento del 
torto e quindi volontaria esecuzione della pena, rinuncia dello Stato all'ulteriore 
tutela giuridica, tra>iformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo), 
ma nessun autore � mai giunto ad affermare che la ricezione 
dell'oblazione abbia natura di accertamento giurisdizionale, nemmeno cl�, 
avanzando l'originalissima tesi che l'oblazione sia una condizione attenuant� 
(in quanto la pena, pur se spontaneamente pagata, � pur sempre 
scontata, sicch� il reato non potrebbe considerarsi n� estinto n� risoluto, 



PARTE l, SEZ. VII, c-GIURISPRUDENZA PENALE 171 

ficacia retroattiva, in quanto non incide suiia stessa esistenza dell'atto 
rendendolo inesistente sin ,dall'origine, e, quindi, non soggetto a convalescenza. 
Essa, invece, priva l'atto della sua efficacia a far tempo dal 
gfolTno successivo alla pubblicazione deUa sentenza che ha dichiarato 
la illegittimit� costituzion�le della norma (art. 136 Cosi. e 30 legge 11 
marzo 1953, n. 87). Pertanto, essendo stata pubbLicata la citata sentenza 
il 9 aprile 1969, l'art. 21 della legge n. 4 del 1929 ha perduto efficacia 
e validit� solo il 1O aprile successivo: sino a tale data devono ritenersi 
pienamente validi gli effetti derivati dalla sua applicazione, e consolidatisi 
prima della dichiarazione d'illegittimit� costi~uzionale. 

(Fattispecie relativa a decreto intendentizio divenuto esecut,ivo per 
mancata opposizione prima della pubblicazione della sentenza dellq 
Corte Costituzionale) (2). 

ma solo attenuato in quanto si evita la maggior pena consistente nella 
condanna) ha riconosciuto che il volontario assoggettamento a pena tien 
luogo del riconoscimento del reato ~CANNELUTTI, Lezioni dir. pen., 252). 

D'altronde, che il procedimento di oblazione no comporti esercizio di 
potere giurisdizionale � conferm.ato, sul piano sostanziale, dalla spontaneit� 
dell'adempimento, di per s� antitetico con la posizione di soggezione di 
chi subisce l'accertamento. giurisdizionale e, sul piano, processuale, del termine 
finale previsto per la conciliazione amministrativa, o per l'oblazione 

(prima dell'apertura del dibattimento: art. 162 c.p. art. 14, 1. n. 4 del 1929). 

Anche quindi se l'oblazione interviene, come normalmente accade, 
ad azione penale gi� iniziata, il relativo procedimento si inserisce in quella 
in modo del tutto autonomo come attivit� meramente amministrativa e 
tale rimane anche nel momento in cui con potere discrezionale, l'autorit� 
amministrativa decidesse di respingere -come la legge le consente la 
domanda di oblazione costituendo ci� un tipico atto di esercizio del suo 
potere di valutazione (v. in questo senso la Sentenza n. 95 del 1967, della 
Corte Cost.). 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggiio 1971, n. 1359 -Pres. Reviglio 
Della Veneria -Rel. Donato -P. M. conif. Conifl. comp. 
Proc. .Rep. e Trib. Ferrara in proc. Chiodarelli. 

Imposte e tasse in �genere -Reati .finanziari -Esecuzione -Decreto 

intendentizio divenuto definitivo prima della sentenza n. 60 del 

1969 della Corte Costituzionale -Validit� -Esecuzione successiva 

alla pubblicazione di detta sen~enza -Competenza dell'autorit�. 

giudiziaria ordinaria. 

(cod. pen. art.. 577, comma 1�; I. 7 gennai~ 1929, n. 4, artt. 21, 43). 

Un decreto intendentizio divenuto definitivo in data anteriore alla 
sentenza 3 apr~le 1969, n. 60, della Corte Costituzionale, pubblicata 



-


172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 9 aprile 1969, resta pienamente valido 
ed operante. Ma alla sua esecuzione, che avvenga in data successiva 
a detta pubblicazione, non pu� provvedere l'Intendente di Finanza 
e ci� in conseguenza della dichi�rata illeg{ttimit� costit.uzionale anche 
dell'art. 43 delia legge 7 gennaio 1929, n. 4, che attribuiva allo stesso 
Intendente la competenza a promuovere l'esecuzione dell'omesso decreto 
di condanna (3). 

(2-3) Le decisioni costituiscono corretta applicazione dal nrinc1p10 
tempus regit actum, e fiaffermano il noto indirizzo giurisprudenziale in 
tema di declaratoria di illegittimit� di leggi ordinarie da�parte della Corte 
Costituzionale. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 maggio 1971, n. 1309 -Pres. Liprpiello 
-Rel. Leone G. -P. M. Loiacono (conf.) -Rie. Madia. 

Agricoltura e Foreste -Polizia forestale -Depenalizzazione -Ambito 
di applicazione. 

(I. 9 ottobre 1967, n. 950; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, artt. 10, 11, 26). 
La legge depenalizzatrice 9 ottobre 1967, n. 950, coincernente sanzioni 
per i trasgressori delle norme di polizia forestale, chei contempla 
la violazi()l)1,e delle nolf"me di polizia fol/'"estale contenute nei lf"eigolamenti 
di cui all'alf"t. 10 11'".d. 30 dicembre 1923, n. 3267, malgrado l'appalf"ente 
limitazione letterale, comprende tutte le infrazioni alle norme regolamentari, 
emanate a termini degli artt. 10 e 11 l/'".d. n. 3267 del 1923, 
siano esse prescrizioni di massima o norme di polizia fOl/'"estale, ancorch� 
abbiano arrecato danno ai boschi o terreni vincolati; conseguentemente, 
l'art. 26 11'".d. citato, in quanto punisce il taglio o il danneggiamento 
delle piante e dei boschi, in contravvenzione alle ncYrme emanate 
dalle Camere di Commelf"cio (che sono tanto prescriz.ioni di massima, 
quanto norme di polizia forestale), � abolito come rea1Jo dalla 
legge depenalizzatrice del 1967 e la !/'"elativa sanzione non � pi� applicabile, 
perch� sostituita da sanzione amministrativa (1). 

(1) La giurisprudenza della Suprema Corte conferma, con questa sentenza, 
un indirizzo gi� affermato (Cass. 25 ottobre 1968, n. 1410 in questa 
Rassegna 1969, 1194) che interpreta estensivamente la legge di depenalizzazione, 
interpretazione peraltro che non appare immune da critiche 
(v. in proposito L. S1coNOLFI, Illeciti in materia forestale, in questa Rassegna, 
1969, 1194). _ 
I: 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPR�DENZA PENALE 173 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 13 maggio 1971, n. 1395 -Pres. 
Piazzese -Rei. Gallesio-Piuma -P. M. Larpiccirella (conf.) -Rie. 

P. M. in proc. Lisco. 
Reato -Elemento soggettivo (psicologico) -Colpa dell'esercizio della 
professione medica -Valutazione -Criteri e limiti. 
(Cod. pen., art. 43). 

Pur dovendo "la colpa prorj'essionale del me�dico essere valutata dal 
giudice con "larghezza di vedute� e comprensione, sia perch� la scienza 
medica non determina in ordine allo stesso male un unico criterio tas
�sativo di cure, sia perch� nell'arte medica l'errore di. apprezzamento 
� sempre possibile, pur tmttavia l'esclusione del"la colpa profess'ionale 
medica trova un limite nella condotta del professionista incompatibile 
col minimo di cultura e di esperienza che deve legittimamente pretendersi 
da chi sia abilitato all'esercizio del.la professione medica (1). 

(1) La giurisprudenza � costante nell'affermare che la colpa professionale 
del sanitario deve essere interpretata con larghezza di vedute e 
con precisione (Cass. 6 marzo 1967, n. 104929 in Cass. Pen. Mass. Annotata 
1968, p. 420, m. 6S2) a causa del frequente insorgere del rischio e del 
fortuito ed ha ristretto la sfera della colpa all'euore incensurabile e macroscopico, 
alla mancanza delle cognizioni generali della scienza medica 
(Oass. 29 marzo 1963 in Cass. Pen. Mass. Annotato 1963, 690; 17 giugno 
1959 in Giust. Pen. 1959, II, c. 945; 6 giugno 1961 in Cass. Pen. Mass. 
Annotato 1961, p. 914, m. 1890) -In dottrina v. CRESPI, La responsabilit� 
penale nel trattamento medico-chirurgico con orito infausto, 1955; 
PANNAIN, La colpa professionale dell'esercente l'arte sanitaria in Riv. it. 
dir. pen. 1955, p. 32). 
' V. anche, per la prevedibilit� dell'evento nelle attivit� pericolose e 
per riferimenti alla dottrina tedesca del �rischio consentito�, MARCELLO 
GALLO, v. Colpa penale in Enciclopedia del diritto. L'accettazione del criterio 
del rischio consentito, inteso come legittimit� di una condotta pericolosa 
mantenuta entro i limiti dell'adeguatezza sociale di quella particolare 
attivit� (gare automobilistiche, chirurgia d'avanguardia, esercitazioni 
militari a fuoco e gli esempi potrebbero continuare) spezza l'equazione: 
prevedibilit� del fatto dannoso =condotta colposa, che estenderebbe 
altrimenti oltre i limiti funzionali il campo delle lesioni imputabili al 
soggetto perch� da questi riconoscibili. 



PARTE SECOr:;TDA 


tltllfllllltllllillril:llllllllllllllllllfllll&flllllMllllJJtll~llllll 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

2 

r.d. 22 a.prile 1909, n. 229, �art. 16, primo comma, lett. b (nel testo 
modificato dall'art. 1 del d. lg. lgt. 8 giugno 1945, n. 915). 
Sentenza 17 febbraio 1972, n. 25, G. U. 23 febbraio 1972, n. 50. 

r.d. 22 gennai�o 1934, n. 37, art. 63, secondo comma nella parte in cui 
dispone che � il pubblico ministero a�ssiste alla decisione ; . 
Sentenza 17 febbraio 1972, n. 27, G. U. 23 febbraio 1972, n. 50. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice penale, art. 572, in comb. disp. con l'art. 235. del c�odice di proc:e� 
dura penale (art. 13 della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1972, n. 3, G. U. 26 gennaio 1972, 1ri. 23. 

codice penale, art. 583 (art. 27, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1972, n. 6, G. U. 26 gennaio 1972, n. 23. 

codice di procedura penale, art. 88 (1art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 28 dicembr� 1971, n. 205, G. U. 5 .gennaio 1972, n. 4. 

j 

codice di procedura penale, art. 135 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 
Sentenza 17 febbraio 1972, n. 26, G. U. 23 febbraio 1972, n. 50. 

codice di procedura penale, art. 235 (art. 13 della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1972, n. 3, G. U. 26 gennaio 1972, n. 23. 

codice di procedura penale, art. 235, i�n c:omb. disp. con l'art. 572 del 
codice penale (art. 13 della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1972, n. 3, G. U. 26 gennaio 1972, n. 23. 

/ 
codice di procedura penale, art. 264, ultimo comma (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 17 febbraio 1972, n. 26, G. U. 23 febbraio 1972, n. 50. 

codice di procedura penale, artt. 306 e 185 (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 2�8 dicembre 1971, n. 206, G. U. 5 gennaio 1972, n. 4. 

codice di procedura .penale, artt. 408 e 422 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 28 dicembre 1971, n. 206, G. U. 5 gennaio 1972, n. 4. 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI * 

DD. P. R. 14 gennaio 1972, nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 15 gennaio 1972, nn. 8, 
9, 10 e 11 -Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario funzioni 
amministrative statali, con eff.etto da1la data fissata nel d.l. 28 dicembre 
1971, n. 1121 (Suppi. ord. G. U. 15 gennaio 1972, n. 12, 19 gennaio 
1972, n. 15, 22 gennaio 1972, n. 19, 27 gennaio 1972, n. 24, 29 gennaio 
197�2, h. 26, 2 febbraio 1972, n. 30, 14 febbraio 1972, n. 41, e 19 
febbraio 1972, n. 46). 

legge 25 febbraio 1972, n. 15 -Converte in legge dl d.'l. 28 � dicembre 
1971, n. 1121, con la determinazione della data di inizio dell'esercizio 
delle funzioni da parte delle Regioni a statuto ordinario (G. U. 27 febbraio 
1972, n. 54). ' 

QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codic~ civile, art. 2120, primo comma, nella parte in cui esclude che 
l'indennit� di anzianit� sia dovuta al prestatore di lavoro, il cui servizio 
abbia 'avuto una durata inferiore all'anno. 

Sentenza 28 d1cembre 1971, n. 204, G. U. 5 gennaio 1972, n. 4. 

codice civile, art. 2U2, terzo comma, nella parte dn cui esclude che 
!LI lavoratore subordinato, in mancanza delle persone indicate nel primo 
comma, possa disporre per testamento delle indennit� dli cllli allo steSJSo 
articolo. ' 

Sentenza 19 ;gennaio 1972, n. 8, G. U. 26 gennaio 1972, n. 23. 

codice di procedura penale, art. ~3. nella parte itn cui esclude che H 
giudice penale possa decidere sull~azione civile anche quando, concluso 
il procedimento penale con sentenza �di proscioglimento, l'azione della 
parte civile, a tutela dei suoli interessi civili,< prosegua in sede di cassazione 
ed eventuarle successwo .giudizio di rinvdo. 

Sentenza 17 febbraio 1972, n. 29 G. U. 23 febbraio 1972, n. 50. 

(*) Si segnalano provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

c:odic:e di proc:edura penale, art. 502, pl'limo c:omma (artt. 3 e 24, secondo 
comma, della Costituzdone). 

Sentenza 28 dicembre 1971, n. 206, G. U. 5 gennaio 1972, n. 4. 

r.d. 18 gennaio 1921, n, 773, ,art. 15, sec:ondo c:omma, nei sensi di cui 
in motivazione (art. 13 della Costituzione). 
Sentenza 2 febbraio 1972, n. 13, G. U. 9 febbraio 1972, n. 37. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156 (artt. 2, 3, 18, 19, 21, 38, 39 e 49 
della Costituzione). 
Sentenza 2 febbraio 1972, n. 12, G. U. 9 febbraio 1972, n. 37. 

d.P.R. 9 marzo 1950, n. 203, art. 65 (artt. 3, secondo comma, 4, 23, 35, 
primo comma, e 42, secondo com.ma, della Costituzione). 
Sentenza 28 dicembre 1971, n. 210, G. U. 5 gennaio 1972, n. 4. 

legge 20 giugno 19512, n. 645 (artt. 138 e 21 della Costituzione). 
Sentenza 19 ,gennaio 1972, n. 4, G. U. 26 gennaio 1972, n. 23. 

legge 22 ottobre 1954, n. 1041. artt. 6, primo e quarto c:omma, e 25 

(art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 19 gennaio 1972, n. 9 G. U. 26 gennaio 1972, n. 23. 


d.I. 24 giugno 1961, n. 510, art. 22, nella parte in ,cui esclude dall'oblazione 
i l'eati non comportanti evasione 'di tributi, purnibili con. J.a soJ.a 
pena della multa (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 17 febbraio 1972, n. 24, G. U. 23 febbrado 1972, n. 50. 

d.P.R; 21 aprile 1962, n. 200, 1per quanto concerne la indennit� Soma
�ua, fissata nella tabella B, nei riguardi dei magistl'ati (art. 76 della 
Costituzione). 

Sentenza 2 febbraio 1972, n. 14, G. U. 9 febbraio 1972, n. 37. 

legge 14 luglio 1965, n. 263, art. 26, lettera e: (art. 27, 'Primo comma, 
della CostitUZ'ione),. lettera d (artt. 1, primo comma, 4 e 27, terzo comma, 
della Costituzione) e lettera d, inciso �anche aUe dipendenze altrui 
� (artt. 4 �e 35 deHa Costituzione). 

Sentenza 17. febbraio 1972, n. 30, G. U. 23 febbraio 1972, n. 50. 

legge 8 dic:embre 1970, n. 996 (artt. 4, nn. 8, 5, nn. 2, 11, n. 14, e 13 
dello statuto della regione Trentino Alto-Adige). 

Sentenza 28 dicembre 1971, n. 208, G. U. 5 gennaio 1972, n. 4. 


4 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 25 febbraio 1971, n. 94 (art. 3, lett. g dello statuto speciale 
per la Sardegna). 

Sentenza 19 gennaio 1972, n. 2, G. U. 26 �gennaio 1972, n. 23. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 580 (art. 3, 1primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Messina, ordinanza 13 aprile 1971, G. U. 9 febbraio 
1972, n. 37. 

codice civile, art! 2120, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). 


Corte d.i appeHo di Messina, ordinan:z;a 27 maggio 1971, G. U. 
26 gennaio 1972, n. 23; 

codice di procedura civile, art. 25 (artt. 3, 24 e 113 della Cost�tuzione). 


Pretore di Ferrara, ordinanza 14 ottobre 1971, G. U. 26 g.ennaio 
1972r n. 23. 

codice di procedura civile, art. 480, terzo comma (artt. 25, primo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 29 ottobre 1971, G. U. 26 gennaio 
1972, n. 23. 

codice penale, art. 102 (art. 3, secondo comma, della Costituzione). 

Giiudtce d.i 'Sorveglianza del tribunale .e. F�i:renze, or.dinanze 24 
maggio 1971 (due) (G. U. 19 gelllllaio 1972, n: 16) e �22 novembre 1971 
� (G. U. 9 febbraio 1972, n. 37). 

codice penale, art. 109, sec,ondo comma (artt. 3, primo comma, 27, 
terzo comma, e 3, secondo comma, della Costituzione).

. 


Giudice di sorveglianza del tribunale �di F�irenze, ordinanza 24 maggio 
1971 (due) (G. U. 19 gennaio 1972, n. 16) e 22 novembre 1971 

(G. U. 9 febbraio 1972, n. 37). 
codice penale, art. 160, anche in r.elazione ~.gli artt. 304 del codice 
� di procedura penale e 8, rprimo e secondo comma, della legge 5 di. 
cembre 1969, n. 932 (art. 3, .primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 10 novembre 1971, G. U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice penale, art. 164, secondo comma, n. 1 (artt, 27, terzo comma, 
e 31, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 24 novembre 1971, G. U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 

codice penale, art. 169 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 29 settembre 1971, 

G. U. 26 1gennaio 1972, n. 23. 
codice penale, art. 222, primo e seco~do comma (art. 3 della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Nuoro ordinanza 9 settembre 
1971, G. U. 9 febbraio 1972, n. 37. 

codice penale, art. 222, prima parte (artt. 2, 3 e 13 della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale ,di Genova, ordinanza 3 dicembre 
1971, G. U. 23 febbraio 1972; n. 50. 

codice ,penale, artt. 336, prima parte e 341, pl"imo ed ultimp comma 

(art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Cassino, ordinanza 16 novembre 1971, G. U. 29 gennaio 
1972, n. 27. 

codice penale, art. 341 (artt. 3, primo comma, e 4, secondo comma, 
della Costituzione). 
Tribunale 'di Cassino, ordinanza 23 novembre 1971, G:U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 
Tribunale di Torino, ordinanza 24 novembre 1971, G. U. -23 febbraio 
1972, n. 50. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 29 novembre 1971, G. U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 

codice penale, art. 05, terzo comma, n. 2 (art. 24 della Costituzione). 

Tribwnale di Tolmezzo, ordinanza 12 ottobre 1971, G. U. 9 febbraio 
1972, n. 37. 

codice penale, art. 528 (artt. 21, primo e secondo comma, e 3 della 
Costituzione). 
Tribunale di v,enezia, ordinanza 17 novembre 1971, G. U. 9 febbraio 
1972, n. 37. 

codice penale, art. 539 (art. 27, prima parte, della Costituzione). 

Tribun,ale di S. Angelo dei Lombardi, orqinanza 29 settembre 
1971, G. U. 23 febbraio 197�2, n. 50. 

( 


6 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

c:odic:e penale, art. 665, limitatamente all'inciso relativo ana inosservanza 
delle �prescrizioni dell'autorit�,� (artt. 25, secondo comma, 
e 3 della Costituzione). 

Pretore di Barletta, ordinanze 8 luglio 1971 (due) G. U. 5 gen~ 
naio 1972, n. 4. 

c:�~dice di procedura penale, art. 28, nella parte in cui i:hclude che le 
sentenze penali istrutto.riie di proscioglimento nel merito non impugnate 
abbiano autorit� di cosa giudicata nel giudizio amministrativo 
(artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 

Consiglio �di Stato, sesta sezione, ordinanza 4 dicembre 1970 G. U. 
5 gennaio 1972, n. 4. 

codice di procedura .penale, art. 135, dalla frase � quando sono tenuti 
gli interrogatori il giudice pu� autorizzare � fino alla parola � il difensore 
... � (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 26 nov-embre 1971, G. U. 9 febbraio 
1972, n. 37. 

codice di procedura penale, art. 151, terzo comma (art. 24, secondo 
comma della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 30 agosto 1971, G. U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 


codice di procedura penale, art. 169, _quarto comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 


Pretore di Sampierdarena, ordinanza 4 settembre 1971, G. U. 19 
gennaio 1972, n. 16. 


codice di procedura penale, art. 304 bis (art. 24, secondo comma, deHa 
Costituzione). 


Pretore �di Milano, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 19 gennaio 
1972, n. 16. 


codice di procedura penale, artt. 348, ultimo� per�lodo e 465, sec�ondo 
comma (art. 24 della Costituzione). 


Tribunale di Venezia, ovdinanza 28 settembre 1971, G. U. 19 gennaio 
1972, n. 16. 


i 

codice di .procedura periale, art. 392 (artt. 3, primo comma, e 24, 
secondo comma, della Costituzione). Il 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 11 novembre 1971, G. U. 23 febi 
braio 1972, n. 50. ! 
!

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I 

I 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 7 

codice di procedura penale, art. 460 (artt. 24 e 113, primo e terzo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale dii Casale Monferrato, ordinanza 6 ottobre 1971, G. U. 
9 febbraio 1972, n. 37. 

codice di procedura penale, art. 472, ultima parte (artt. 3 e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 10 ottobr.e 1971, G. U. 26 gennaio 
1972, n. 23. 

coc:lke di procedura penale, artt. 636, 637, 642, secondo c�omma, e 645 

(artt. 24, secondo comma, e 3, primo' comma, della Costituzio~e). 

Giudice �di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanze 24 maggio 
1971 (due) (G. U. 19 gennado 1972, n. 16) e 22 novembre 1971 

(G. U. 9 febbraio 1972, n. 37). 
legge 15 luglio 1906, n. 327 art. 2, lett. d, (artt. 3 e 4 della Costituzione). 


Pretore di Mondov�, ordinanza 16 novembre 1971, G. U. 29 gennaio 
1972, n. 27. 

r.d. 4 f~bbraio 1915, n. 148, art. 132, secondo comma (artt. 117, 118 e 
130 della Costituzione). 
Corte di appello di Milano, sezione �elettorale, ordinanza 8 giugno 
1971, G. U. 5 .gennaio 1972, n. 4. 

r.d.I. U maggio 1923, n. 1324, convertito con legge 17 a.prUe 1925, 
n. 473, art. 12 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 11 novembre 1971, G. U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 

d.I. l5 marzo 1927, n. 436, convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 51 O, 
artt. 13, terzo comma e 30 (artt. 76, 77 e 23 della Costituzione). 
Pretore di Castelbaronia, ordinanza 3 dicembre 1971, G. U. 29 gennaio 
1972, n. 27. 

r.d. 29 luglio 1927, n. 1814, art. 6 (artt. 76, 77 e 23 della Costituzione). 
Pretore di Castelbaronia, ordinanza 3 dicembre 1971, G. U. 29 gennaio 
1972, n. 27. 

r.d. 26 febbraio 1928, n. 619, art. 52 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Tribunale di Padova, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 19 gennaio 
1972, n. 16. 


8 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 1 (principio di �sovranit� dello Stato 
e artt. 1, sec01I1Jdo comma, 3, primo comma, 11, 24, rprimo e secondo 
comma, 25, .pdmo 1comma, 101, primo comma, e 102, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Rovigo, ordinanza 7 maggio 1971, G. U. 5 gennaio 
1972, n. 4. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 62, primo, terzo e quarto comma (art. 3, 
primo e secondo comma, della Costituzione). 
Pretor.e di Pisa, ordinanza 28 ottobre 1971, G. U. 9 febbraio 1972 

n. 37. . ' 
r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 285 (art. 113 della Costituzione). 
Tribunale di Lucca, ordinanza 16 novembre 1971, G. U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 

legge 22 febbraio 1934, n. 370, artt. 13 e 14 (artt. 21, primo comma, 
3 e 41 deUa CostituziOi!le); art. 28 (art. 21, terzo comma, della Costituzione). 


Pretore dii Torino, ordinanza 30 settembre 1971, G. U. 26 gennaio 
1972, n. 23. ' 


r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 67, primo comma (art. 38, secondo 
comma, della Co�stituzione). 
Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 22 dicembre 1970, G. U. 19 
gennaio 1972, n. 16. 


r.d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827, art.. 53 (artt. 3 e 23 della Costituzione). 
Tribunale di Ravenna; ordinanza 10 novembre 1971, G. U. 23 febbraio 
1972,, n. 50. � 


r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29, terzo comma (art. 113, secondo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 10 maggio 1971, G. U. 26 gennaiio 
1972, n. 23. 


legge 2 febbra�io '1939, n. 374, ed �in particolare artt. 1 e 8 (artt. 21, 
42 e 53 della Costituzione). 


Pretm-e di Ronciglione, ordinanza 13 novembre 1971, G. U. 23 
febbraio 1972, n. 50. 


r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Treviglio, ordinanza 15 ottobre 1971, G. U. 9 febbraio 
1972, n. 37. 


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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 9 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 22, ultimo comma (artt. 101, ultima 
parte, e 3 della CostituzJione). 
Tribunale di Napoli, ordinanze 12 e 26 maggio 1971 e 9 giugno 
1971 (complessivamente otto), G. U. 9 febbraio 1972, n. 37. 

d.lg . .26 marzo 1948, n. 26-1, art. 14 (artt. 101 �e 108, secondo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 6 ottobre 1971, G. U. 5 gennaio 
1972, n. 4. 

,,... 

legge 29 agosto 1950, n. 860, art. 2, limitatamente alle collaboratrici 
familiiari soggette alla disciplina di cui alla legge 2 aprile 1958, rn. 339 
(artt. 3 ,e 37 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 21 ottobre 1971, G. U. 19 gennaio 
1972, n. 16. 

contr. coli. 1 O giugno 1952, art. 13. 

Tribunale di Perugia, ordinanza 25 febbraio 1971, G. U. 9 febbraio � 
1972, n. 37. 

legge 28 dicembre 1952, n. 3060, articolo unico (art. 81, ultimo comma, 
� della Costituzione). 

Pretore �di Mondov�, ordinanza 16 novembre 1971, G. U. 29 gennaid 
1972, rn. 27. 

d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (art. 73, terzo comma, e 81, ultimo 
comma, della CostituzJione). 
Pretore di Mondov�, ordinanza 16 novembre 1971, G. U. 29 gen_
naio 1972, n. 27. 

legge 15 settembre 1954, n. 756, art. 14 (artt. 41, 42 e 44 della 
Costituzione). 

Tribunale di Grosseto, sezione specializzata agra-ria, ordinanza 8 � 
luglio 1971, G. U. 26 gennaio 1972, n. 23. 

d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, artt. 57 e 58 (artt. 24 e 113, primo e 
terzo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 6 ottobre 1971, G. U. 
9 febbrafo. 1972, n. 37. 

legge '27 novembre 1956, n. 1407, art. 5 (artt. 3, 36 .e 38 della Costituzione). 


Consiglio �di Stato, sesta sezione, ordinanza 4 maggio 1971, G. U. 
9 febbraio 1972, n. 37. 


10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, paragrafo terzo (artt. 231, 242) (articoli 
24, 25 e 102 della Costituzione)~ 
Pretor.e di Cittadella, ordinanza 20 luglio 1971, G. U. 29 gennaio 
1972, n. 27. 

contr. coll. 10 gennciio 1959, esteso erga omnes con d.P.R. 16 .gennaio 
1961, n. 153, art. 27 (artt. 3. e 36 della Costituzione). 

Corte di appello di Messina, ordinanza 27 maggio 1971, G. U. 26 
maggio 1971, !J� U. 26 gennaio 1972, n. 23. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 80, nono comma, e 98, primo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Senigallia, ordinanza 13 ottobre 1971, G. U. 19 gennaio 
1972, n. 16. 

d.P.R. 9 maggio 1961, n. 847 (artt. 3, 39 e 76 della Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 15 giugno 1971, G. U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 

legge reg. sic. 27 novembre 1961, n. 22, articolo unico (art. 36 dello 
statuto della regione siciliana). 

Tribunale di Caltanissetta, ordinanze 24 novembre 1970 (cinque), 

G. U. 19 gennaio 1972, n. 16. 
d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 481 (artt. 3, 39 e 76 della Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 15 giugno 1971, G.U. 23 febbraio 
1972, n. 50. 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma (art. 3 della 
Costituzion�e). 

Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 27 febbraio 1971, G. U. 
19 gennaio 1972, n. 16. 

legge 19 genHio 1963, n. 15, art. 16, primo comma (art. 38_. secondo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Caltarnissetta, ordinanza 22 dicembre 1970, G. U. 
19 gennaio 1972, n. 16. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112,, ultim�o comma (art. 76 della 
Costituzione). 
Tribunale di Cremona, ordinanza 11 novembre 1971, G. U. 23 
febbraio 1972, n. 50. 

i


I 




PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 30 gennaio 1965, n. 1124, art. 112, primo comma (art. 38, secondo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 22 dic�embre 1970, G. U. 
19 genn,aio 1972, n. 16. 

legge 13 dicembre 1965, n. 1366, art. 27 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 


Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 7 maggio 1~71, G. U. 
19 gennaio 1972, n. 16. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, ari. 1 O (art. 3 della Costituzione). 

Corte di appello di Torino, ordinanza 9 ottobre 1971, G. U. 19 
gennaio 1972, n. 16. 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 9 (art. 25, prima pa�rte, della Costituzione). 


Tribunale di Pisa, ordinanza 29 ottobre 1971, G. U. 9 febbraio 
1972, n. 37. 

legge 17 ottobre 1967, n. 974, art. 2, secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Corte dei 1conti, quarta sezione, ordinanza 17 mag.gio 1971, G. U. 
19 gennaio 1972, n. 16. 

legge 12 febbraio 1968, n. 132, artt. 55 e 56 (artt. 117, 118 e 130 della 
Costituzione). 

Corte di appello di Milano, sezione elettorale, ordinanza 8 giugno 
1971, .a. U. 5 .gennaio 1972, n. 4. 

legge 9 aprile 1969, n. 119, art. 1, terzo comma (.artt. 33, quinto comma, 
e 3 della Costituzione). 

Tribunale di Bergamo, ordinanza 8 pttobre 1971,. G. U. 19 gennaio 
1972, n. 16. 

legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 3, terzo comma, modificato dall'art. 
56 del d.lg. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito �Con .fogge 18 dicembre 
1970, n. 1034 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 20 ottobre 1971, G. U. 23 febbralio 
1972, n. 50. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, primo comma (artt. 3 e 39 della 
Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 8 ottobre 1971, G. U. 9 febbraio 1972, 

n. 37. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 2, 24, .primo comma, e 39 
della Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 20 settembre 1971, G. U. 26 gennaio 
1972, n. 23. 

legge 20 maggio 1970, n. 200, art. 28, primo comma, limitatamente all'inciso 
� s.u riccxrso �eile associazioni sindacali nazionali che vi abbiano 
interesse � (art. 3, primo comma, della Costituzione). 

Pr�etore di Bressanone, ol'dinanza 4 ottobre 1971, G. U. 5 gennaio 
1972, n. 4. 

legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 32 (artt. 41, 42 e 44 della Costituzione). 


Tribunale di Grosseto, sezione specializzata agraria, ordinanza 8 
luglio 1971, G. U. 26 .gennaio 1972, n. 23. 

legge reg. marchigiana 22 luglio 1971 ria.ppr. 24 novembre 1971. 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 17 dicembre 
1971, G. U. 5 gennaio 1972, n. 4. 

�legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ed in particolare artt. 6 e 40 (art. 3 
dello statuto speciale per la regione �Siciliana). 

Region~ sicili�na, ricorso depositato il 21 gennaio 1972, G. U. 
9 febbraio 1972, n. 37. 

legge reg. Trentino-Alto Adige 7 dicembre 1971, riappr. 18 gennaio 1972. 

Presidente del Consiglio dei Ministl'i, ricorso depositato il 9 febbraio 

1972, G. U. 23 febbraio 

1972, n. 50. 

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INDICE BIBLIOGRAFICO 

delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stat� 

ALBANO Raffaele,, Rassegna di Giurisprudenza sulle Leggi di Pub,blica Sicurezza, 
Giuffr�, Milano, 1971, 2a ed. 

BARBIERA Lelio, Disciplina dei casi di: scioglimento del matrimonio (articolo 
149, suppl.: Commentario Codice civile di ScIALOJA-BRANCA), Zanichelli, 
Bologna, 1971. 

BASSANINI Onida, Problemi di diritto regionale, vol. II, Trasferimento 
delle funzioni e attuazione dell'ordinamento regionale, Giuffr�, Milano, 
1971. 

' CIANFLONE Antonio, L'appalto di Op�ere Pubbliche, Giuff'r�, Milano, 1971, 
4a ed. riv. e ampl. 

DE 
MARTINO Vittorio, Commento alla Legge fallimentare (artt. 69-103), 
Pem, Roma, 1 � ed., 1971. 

FINOCCHIARO Francesco, Del matrimonio (artt. 79-83 del Commentario 
Codice Oivile di ScIALOJA-BRANCA) Zanichelli, Bologna, 1971. 

FRAGOLA Augusto, La Radiotelevisione nella giurisprudenza, Cedam, Padova, 
1971. 

GALGA.N OFrancesco, Le Societ� di Persone (Trattato di Diritto Civile e 
Commerciale di C1cu-MEss1NEO, vol. XXVIII), Giuffr�, Milano, 1972. 

GHETTI Giulio, Il ,contraddittorio amministrativo, Cedam, Padova, 1971. 

GROSSO Giuseppe, Studi in onore di, vol. IV, Giappichelli, Torino, 1971. 

MANCINI-ROMAGNOLI, Il Diritto Sindacale, Il Mulino, Bologna, 1971. 

MARESCA Aldo, Il diritto dlei trattati, Giuffr�, Milano, 1971. 

MONACO Riccardo, Manuale di Diritto Internazionale Pubblico, Utet, Torino, 
1971, 2a ed. riveduta. 

PROTETTI Ettor~, Persone fisiche e giuridiche, nel Commentario al Codice 
Civile diretto da DE MARTINO V., artt. 1-78, Pem, Roma, 1 � ed., 1971. 

QUARANTA-PREDEN, Della propriet� (artt. 873-951 del Commentario 
Civile diretto da DE MARTINO V.), Pem, Roma, 1" ed., 1971. 

ROEHRSSEN Guglielmo, I Lavori Pubblici, Utet, Torino, 1971. 

SCOCA Franco Gaetano, Il silenzio della pubblica amministrazione, Giuffr�, 
Milano, 1971. 

VECCHIONE Renato, L'arbitrato nel sistema del processo civile, Giuffr�, 
Milano, 1971. 



CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Demqnio lacwale -Distanza delle costruzioni -Opere di difesa idraulica 


(r.d. 25 luglio 1904, n. 523, art. 95; artt. 873, 879 cod. civ.). 
Se il proprietario privato, confinante con il demanio lacuale, possa 
costruire in adiacenza, al confine relativo, opere di difesa idraulica, anche 
in deroga al disposto degli artt. 873 e 879 cod. civ. (n. 104). 

Impossibilit� di esercitare l'utenza -Canoni di concessione -(t.u. 11 di.
cembre 1933, n. 1775, art. 48). 

Se la riconosciuta impossibilit� di esercitare l'utenza di acque pubbliche 
configuri un caso di estinzione automatica del rapporto di concessione, 
con conseguente cessazione dell'obbligo di corrispondere il canone 

(n. 105). 
Opere idrauliche -Concorsi -Strade statali -Autostrade in concessione Contribuzione 
dell'ANAS -(r.d. 25 luglio 1904, n. 523, art. 18; legge 
24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 

Se l'A.N.A.S. sia tenuta a contribuire alle spese del consorzio costituito 
per l'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (nella specie, 
di terza categoria), relativamente a tratti di strade statali compresi nel 
perimetro interessato (n. 106). 

Se l'A.N.A.S. sia tenuta a contribuire alle spese del consorzio costituito 
per l'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (nella specie, 
di terza categoria), relativamente a tratti di autostrada compresi nel 
perimetro interessato, qualora la costruzione e gestione dell'autostrada 

"" (nella specie, Torino-Piacenza) siano state concesse a privato (n. 106). 

AGRICOLTURA. 

Assegnatario deceduto prima del riscatto -Successione -Designazione 
erede -Procedimento giurisdizionale -Natura -(legge 29 maggio 
1967, n. 379, art. 7; legge 3 giugno 1940, n. 1076, art. 7). 

Se per la designazione, da parte della autorit� giudiziaria,� dell'erede 
che deve succedere all'assegnatario deceduto nella assegnazione del fondo 
non ancora riscattato, si debba procedere con il rito della camera di 
consiglio, previsto per i provv�edimenti di volontaria giurisdizione (n. 67). 

Se per la designazione dell'erede che deve succedere all'assegnatario 
deceduto nell'assegnazione del fondo non ancora riscattato, il Tribunale 
debba sentire il P. M, e l'ispettore provinciale dell'agricoltura competente 
per territorio (n. 67). 

APPALTO 

Appalto di opere pubbliche -Esonero dal versamento di cauzione -Revisione 
prezzi -(r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 54). 

Se nel caso in cui l'Amministrazione committente abbia concesso 
l'esonero dalla cauzione ed accettato in sostituzione la garanzia fideius




PARTE II, CONSULTAZIONI 

soria, la revisione dei prezzi vada calcolata sull'importo contrattuale netto, 
intendendo come tale il prezzo migliorato per effetto del concesso esonero 

(n. 348). 
Capitolato generale -Riserve -Inerzia della P.A. -Messa in mora'-Termine 
-Domanda arbitrale -Proponibilit� -Decadenza -(D. M. 28 
maggio 1895, art. 45; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1963, art. 46). 

S'e, perdurando l'in�rzia dell'Ammlnistrazione appaltante nel decidere 
sulle riserve avanzate dall'appaltatore, la scadenza del termine assegnato 
da quest'ultimo nell'atto di diffida renda proponibile la domanda arbitrale 
e faccia decorrere il termine di decadenza per detta proposizione prevista 

(n. 349). � 
BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

D~iltruzione o alterazione di bellezze naturali -Presupposti -Sanzioni 
amministrative -Presupposti -Sanatoria -Scelta ('art. 734 C. P. Legge 
26 giugno 1939, n. 1497, art. 15). 

Se presupposto per l'applicazione delle sanzioni amministrative stabilite 
dall'art. 15 della legge 1947 /1939 sia una violazione che abbia prodotto 
danno� alle bellezze naturali e panoramiche (n. 24). 

Se per la sussistenza del �reato di distruzione o alterazione di bellezze 
naturali sia necessaria la previa apposizione del vincolo paesistico, 
ovvero sia sufficiente che le localit� siano state pubblicate negli elenchi 
ai sensi dell'art. 2, u. c., legge n. 1497 /39 (n. 24). .., 

Se la legge preveda poteri di sanatoria in materia di violazioni commesse 
e se la .scelta nell'ambito delle sanzioni previste dall'art. 15 legge 

n. 1497 /39 sia rimessa al potere discrezionale del Ministro della P. I. 
(n. 24). 
CIRCOLAZIONE STRADALE 

Violazioni al Codice della Strada -Riscossione delle sanzioni -Ordinanza 
prefettizia -Notificazione -Modalit� -(D.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, 
art. 141; artt. 479 e 137 e-segg, C.P.C.). 

Se le modalit� di notificazione delle ordinanze-ingiunzioni prefettizie 
relative a violazioni al codice stradale siano regolate dalle norme speciali 
di detto codice o da quelle del c.p.c. (n. 31). 

COMUNI E PROVINCIE 

Sicilia -Urbanistica -Deliberazioni comunali -Potere di amnullamento Competenza 
-(Legge 6 agosto 1967 n. 765, art. 7; R. d. 3 marzo 1934 

n. 383, art. 6). 
Se il potere di annullare le determinazioni ed i provvedimenti dei 
Comuni della Sicilia in materia di urbanistica spetti al Presidente della 
Regione ovvero al Governo (n. 141). 

1 

14 


16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Canoni demaniali -Ritardato pagamento -Indennit� � una tantum � -Interessi 
di mora -(R. d. 14 agosto 1920 n. 1265, art. 25; art. 1224 e.e.). 

Se l'art. 25 del Regolamento per le derivazioni e le utilizzazioni di 
acque pubbliche, approvato con r. d. 14 agosto 1920 n. 1285, in base al 
quale il concessionario � tenuto a corrispondere (trascorso un mese dalla 
data di scadenza.del canone) gli interessi di mora, possa applicarsi anche 
alle concessioni di altri beni. demaniali o patrimoniali indispohlbili (n. 103). 

Se, in caso di ritardato pagamento di canoni di concessione di beni 
demaniali o patrimoniali indisponibili, siano dovuti gli interessi di mora 
ai sensi �lel codice civile (n. 103). 

Se sulle somme liquidate una tantum a titolo di indennit� per utilizzazione 
senza titolo di beni demaniali o patrimoniali indisponibili siano 
dovuti gli interessi di mora per il tempo decorso (n. 103). 

Impossbilit� di esercitare l'utenza -Canoni di concessione -(T. u. 11 dicembre 
1933 n. 1775, art. ~8). 

Se la riconosciuta impossibilit� di esercitare un'utenza di acque pubbliche 
configuri un caso di estinzione automatica del rapporto di concessione, 
con conseguente cessazione dell'obbligo di corrispondere il canone 

(n. 104). � 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Appalto di ope_re pubbliche -Esonero dal versamento di cauzione -Revisione 
prezzi -(R. d. 23 maggio 1924 n. 827, art. 54). 

Se, nel caso in cui l'Amministrazione committente abbia concesso 
l'esonero della cauzione ed accettato in sostituzione la garanzia fideiussoria, 
la revisione dei prezzi vada calcolata sull'importo contrattuale netto, intendendo 
come tale il prezzo migliorato per effetto del concesso esonero 

(n. 250). 
Capitolato generale -Riserve -Inerzia della P.A. -Messa in mora -Termine 
-Domanda arbitrale -Proponibilit� -Decadenza -(D.M. 28 
maggio 1895, art. 45; D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, art. 46). 

Se, perdurando l'inerzia dell'Amministrazione appaltante nel decidere 
sulle dserve avanzate dall'appaltatore, la scadenza del termine assegnato 
da quest'ultimo nell'atto di diffida renda proponibile la domanda arbitrale 
e faccia decorrere il termine di decadenza per detta proposizione previsto 
(n. 251). 

Licitazione privata -Aggiudicazione -Annullamento -Atti viziati -Rinnovabilit� 
-Offerte -Termini di efficacia -Opere pubbliche per la 
Regione Siciliana -Chiusura della gara -Determinazione -(R. d. 
18 novembre 1923 n. 2440; r. d. 23 maggio 1924 n. 827; legge reg. sic. 
18 luglio 1961 n. 10, art. 5). 

Se ai procedimenti di asta e di licitazione sia applicabile, in linea di 
principio, la regola, comune a tutti i procedimenti amministrativi, della 
rinnovabilit� o riproducibilit� dei soli atti viziati, ferma la validit� e la 
efficacia degli atti da questi indipendenti (n. 252). 



PARTE II, CONSULTAZIONI l'l 

Se l'efficacia delle offerte di concorrenti non aggiudicatari permanga 
soltanto fino alla chiusura della gara, ovvero fino all'approvazione del 
contratto stipulato con l'aggiudicatario (n. 252). 


In quale momento debbano ritenersi chiuse le gare espletate nell'interesse 
dell'Assessorato ai LL.PP. per la Regione Siciliana (n. 252). 

CONTRIBUTI 

Opere idrauliche -Concorsi -Strade statali -Autostrade in concessione 


Contribuzione dell'ANAS -(R.''d. 25 luglio 1904 n. 523, art. 18; legge 

24 luglio 1961 n. 729, art. 5). 

Se l'ANAS sia tenuta a contribuire alle spese del 'consorzio costituito 
per l'esecuzione e manute:p.zione di opere idrauliche (nella specie, di 
terza categoria), relativamente a tratti di strade statali compresi nel perimetro 
interessato (n. 915). 

Se l'ANAS sia tenuta a contribuire alle spese d�l consorzio costituito 
per l'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (nella specie, di 
terza categoria) relativamente a tratti di autostrade compresi nel perimetro 
interessato, qualora la costruzione e gestione dell'autostrada medesima 
siano state concesse a privato (n. 95). 

DAZI DOGANALI 

Impdsta di fabbricazione olio di oliva -Risc~ssione -Applicabilitd art. 24 
legge doganale -Stampati per ingiunzione. 

Se alla riscossione dell'imposta di fabbricazione su oli di oliva possa 
essere applicato l'�art. 24 legge doganale anche per ci� che riguarda l'opposizione 
dell'intimato (n. 56). 

Se per la riscossione dell'imposta di fabbricazione su oli di oliva 
possa essere usato lo stampato comune alle ingiunzioni per imposte sugli 
affari (n. 56). 

Merci in custodia temporanea -Registri di carico e scarico (D.P.R. 30 dicembre 
1969 n. 1134, art. 3). 

Se i registri di carico e scarico per il movimento delle merci nei magazzini 
o recinti di temporanea custodia, possano essere affidati dalle 
Dogane agli Enti ed imprese che abbiano in gestione autorizzata gli anzidetti 
magazzini o recinti (n. 57). 

DEMANIO 

Canoni demaniali -Ritardato pagamento -Indennitd � una tantum � Interessi 
di mora -(R. d. 14 agosto 1920 n. 1285, art. 25; art. 1224 e.e.). 

Se l'art. 25 del Regolamento per le derivazioni e le utilizzazioni di 
acque pubbliche, approvato con r. d. 14 agosto 1920 n. 1285; in base al 
quale il concessionario � tenuto a corrispondere (trascorso un mese dalla 
data di scadenza del canone) gli interessi di mora, possa applicarsi anche 
alle concessioni di altri beni demaniali o patrimoniali indisponibili (n. 239). 


18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se, in caso di ritardato pagamento di canoni di concessione di beni 
demaniali o patrimoniali indisponibili,. siano dovuti gli interessi di mora 
: ai sensi del codice civile (n. 239). 

Se sulle somme liquilate una tantum a titolo di indennit� per utilizzazione 
senza titolo di beni demaniali o patrimoniali indisponibili siano dovuti 
gli interessi di mora per il tempo decorso (n. 239). 


Demano lacuale -Distanza delle costruzioni -Opere di difesa idraulica 


(R. d. 25 luglio 1904 n. 523, art. 95; artt. 873, 879 e.e.). 
Se il proprietario privato, confinante con il demanio lacuale, possa 
.costruire in adiacenza, al confine relativo, opere di difesa idraulica, anche 
in deroga al disposto degli artt. 873 e 879 e.e. (n. 240). 


Demanio marittimo -Delimitazione spiaggia -Contestazione -Decisione '(
Art. 32 cod. nav.; legge 13 luglio 1954 n. 747, art. 1). 


Se il potere di decidere le contestazioni insorte nel corso della delimitazione 
della spiaggia spetti, in via definitiva, al Direttore marittimo 
di concerto con l'Intendente di finanza (n. 241). 


Demanio marittimo -Trasformazione in demanio ferroviario -Soppressione 
strade ferrate .,, Conseguenze -(Artt. 34 e 35 cqd. nav.; art. 822 
e.e.). 


Se la cessazione della destinazione dei beni a strada ferrata comporti, 
in mancanza del provvedimento formale di sdemanializzazione previsto 
dall'art. 35 cod. nav., l'automatico ripristino del demanio marittimo, e ci� 
anche se l'originaria st:r;uttura di questo demanio abbia subito trasformazioni 
in dipendenza di opere eseguite per l'attuazione del' demanio artificiale 
(n..242). 


Impossibilit� di esercitare l'utenza -Canoni di concessione -(T. u. 11 dicembre 
1933 n. 1775, art. 48). 


Se la riconosciuta impossibilit� di esercitare l'utenza di acque pubbliche 
configuri un caso di estinzione automatica del rapporto di concessione, 
con conseguente cessazione dell'obbligo di corrispondere il canone 
(n. 243). 


Opere idrauliche -Concorsi -Strade statali -Autostrade in concessione Contribuzione 
dell'ANAS -(R. d. 25 luglio 1904 n. 523, art. 18; legge 
24 luglio 1961 n. 729, art. 8). 


Se l'ANAS sia tenuta a contribuire alle �spese del consorzio costituito 
per l'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (nella specie, di terza 
categoria), relativamente a tratti di strade statali compresi nel perimetro 
interessato (n. 244). 


Se l'ANAS sia tenuta a contribuire alle spese del consorzio costituito 
per l'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (nella specie, di terza 
categoria), relativamente a tratti di autostrada compresi nel perimetro 
interessato, qualora la costruzione e gestione dell'autostrada medesima 
siano state concesse a privato (n. 244). 




PARTE II, CONSULTAZIONI 19 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi economici e popolari -Contratto di cessione in propriet� -Risoluzione 
per volont� dell'acquirente -(D.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2; 
legge 27 aprile 1962 n. 231). 

S'e l'acquirente di alloggio popolare ed economico possa, per gravi 
motivi di famiglia, in via unilaterale ottenere la risoluzione del contratto 
di cessi�ne in propriet� (n. 233). 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Contratti di fornitura energia elettrica -Regime tributario -Utente 
Nozione -(R. d. 30 dicembre 1923 n. 3269 Tab. all. D, art. 46). 

Se il regime tributario di cui all'art. 46 Tab. all. D. legge Registro . 
si applichi anche ai contratti stipulati con soggetti che non usufruiscono 
di;rettamente dell'energia �elettrica, iessendo invece intermediari tra il 
produttore ed i diretti consumatori (n. 51). 

ESECUZIONE FORZATA 

Violazioni di norme di polizia forestale -Sanzioni pecuniarie -Riscossione, 
anche coattiva -Competenza -(Legge 9 ottobre 1967 n. 950, art. 5; 

t. u. 14 aprile 1910 n. 639). 
Se nella competenza dell'Ufficio del Registro relativa alla riscossione 
della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria comminata per violazioni 
delle norme di polizia forestale, rientri anche il potere di procedere 
alla esecuzione forzata nei confronti del trasgressore alla ese�cuzione 
forzata nei confronti del trasgressore inadempiente (n. 50). 

FERROVIE 

Demanio marittimo -T'l'asformazione in demanio ferroviario -Soppressione 
strade ferrate -Conseguenze -(Artt. 34 e 35 cod. nav.; art. 322 
e.e.). 

Se la .cessazione della destinazione dei beni a strada ferrata comporti, 
in mancanza del provvedimento formale di sdemanializzazione previsto 
dall'art. 35 cod. nav:., l'automatico ripristino del demanio marittimo, e ci� 
anche se l'originaria struttura di questo demanio abbia subito trasformazioni 
in dipendenza di opere eseguite per l'attuazione del demanio artificiale 
(n. 416). 


20 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FORESTE 

Violazioni di norme di polizia forestale -Sanzioni pecuniarie -Riscos


sione, anche coattiva -Competenza -(Legge 9 ottobre 1967 n. 950, 

art. 5; t. u. 14 aprile 1910 n. 639). 

Se nella competenza dell'Ufficio del Registro relativa alla riscossione 
della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria comminata per violazioni 
delle norme di polizia forestale, rientri anche il potere di procedere 
alla esecuzione forzata nei confronti del trasgressore inadempiente 

(n. 8). 
GUERRA 

Decorazioni per fatti non di guerra -Assegno straordinario -Riversibilit� 


(R. d. 4 novembre 1932 n. 1423, art. 18). 
Se l'assegno straordinario annesso alle decorazioni concesse per fatti 
non di guerra sia soggetto ai limiti di riversibilit� stabiliti nell'art. 18 

r. d. 4 novembre 1932 n. 1423 (n. 139). 
IMPIEGO PUBBLICO 

Personale statale femminile -Aggiunta di famiglia -Coniuge separato Obbligo 
alimentare -(Legge 8 aprile 1952 n. 212, art. 8). 

'� 
Se al personale statale femminile, legalmente separato dal marito, 
spettino le quote comp1ementari di carovita per la prole minorenne, convivente 
ed a carico, quando il marito, bench� tenuto a corrispondere un 
assegno alimentare di importo almeno uguale a quello delle quote complementari 
stesse, sia inadempiente a tale obbligo (n. 727). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Merci in custodia temporanea -Registri di carico e scarico -(D.P.R. 
30 dicembre 1969 n. 1134, art. 3). 

S:e i registri di carico e scarico per il movimento delle merci ne1 
magazzini o recinti .di temporanea custodia, possano essere affidati dalle 
Dogane agli enti ed imprese che abbiano in gestione autorizzata gli anzidetti 
magazzini o recinti (n. 63). 
IMPOSTA DI REGISTRO 

Contratti di fornitura energia elettrica -Regime tributario -Utente Nozione 
-(R. d. 30 dicembre 1923 n. 3269 Tab. all. D, art. 46). 

Se il regime tributario di cui all'art. 46 Tab. all. D Legge Registro 
si applichi anche ai contratti stipulati con soggetti che non usufruiscono 
direttamente dell'energia elettrica, essendo invece intermediari tra il produttore 
ed i diretti consumatori (n. 363). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 21 

Negoziazione di azioni -Tassa fissa -Pagamento del prezzo -Contestua


lit�. -(Legge 6 agosto 1954 n. 603, fl,rt. 36; artt. 105 Tab. A e 10, 11 

Tab. E legge regionale). 

Se, ai fini dell'applicazione della tassa .fissa di cui all'art. 36 legge 
6 agosto 1954 n. 603 all. Legge regionale) possa ritenersi contestuale il 
pagamento del prezzo delle azioni, quando nell'atto di trasferimento si 
dichiari che detto pagamento � .avvenuto in precedenza (n. 364). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Detrazione di passivit�. -Ricognizione di debito -(Legge 24 dicembre 
1969 n. 1038). 

Se sia deducibile dall'asse ereditario, agli effetti dell'imposta di successione, 
una passivit� risultante da atto di ricognizione di debito, contenente 
il riferimento al saldo passivo di conti correnti bancari (n. 71). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Prodotti petroliferi -Pagamento differito -Garanzie prestate mediante 
fideiussioni �bancarie -(Legge .28 marzo 1968 n. 393, art. 3). 

Se la P.A. possa legitti:qiamente ritenere non idonea a garantire il 
pagamento dilazionato dell'imposta di fabbricazione e dell'IGE sui prodotti 
petroliferi la fideiussione prestata da uno degli istituti aventi i requisiti 
di cui all'art. 3 della legge 28 marzo 1968, n. 393, qualora il debito 
da garantire risulti notevolmente superiore all'entit� del patrimonio dello 
istituto medesimo (n. 140). 

IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

Impostia di fabbricazione olio di oliva -Riscossione -Applicabilit�. art. 24 
legge doganale -Stampati per ingiunzione. 

Se alla riscossione dell'imposta di fabbricazione su oli di oliva possa 

essere applicato l'art. 24 legge doganale anche per ci� che riguarda la 

opposizione dell'intimato (n. 3). 

Se per la riscossione dell'imposta di fabbricazione su oli di oliva 

possa essere usato lo stampato comune alle ingiunzioni per imposte sugli 

affari (n. 3). 

Prodotti petroliferi -Pagamento differito -Garanzie prestate mediante 
fideiussioni bancarie -(Legge 28 marzo 1968 n. 393, art. 3). 

Se la P.A. possa legittimamente ritenere non idonea a garantire il 
pagamento dilazionato dell'imposta di fabbricazione e dell'IGE sui prodotti 
petroliferi, la fideiussione prestata da uno degli istituti aventi i 
requisiti di cui all'art. 3 della legge 28 marzo 1968 n. 393, ,qualora il 
debito da garantire risulti notevolmente superiore all'entit� del patrimonio 
dell'istituto medesimo (n. 4). 


22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE DIRETTE 

Societ� a r. l. -Liquidazione -Omesso pagamento di imposte dirette Precedente 
occultamento e realizzo di attivit� sociali -Responsabilit� 
del}'amministratore -Falso in bilancio -Fraudolenta sottrazione di 
beni -(Art. 2621 e.e.; artt. 261, 4� c., e 265 t. u. 29 gennaio 1958 n. 645). 

Se l'Amministrazione possa procedere ai sensi dell'art. 265 del testo 
unico delle imposte dirette contro l'amministratore di una societ� a responsabilit� 
limitata in carica all'epoca in cui furono occultate e poi 
realizzate attivit� sociali, senza provvedere al soddisfacimento del credito 
tributario e se possa, altres�, presentare denunzia a suo carico per i reati 
previsti dagli artt. 2,621 c. c. e 261, 4� comma, t. u. 29 gennaio 1958 n. 645 

(n. 3). 
IMPOSTE E TASSE 

Societ� di capitali -Notificazione di atto tributario -Amministratore giudiziario 
scaduto -Prorogatio dei poteri -(Artt. 140 e 145 c.p.c.; t. u. 
29 gennaio 1958 n. 645, art. 38; art. 2409 c. c.). 

Sulle modalit� di notificazione di un atto non giudiziale ad una 

s.p.a. priva di legale rappresentante e di cui sia sconosciuta la sede 
(n. 548). 
Se sia configurabile una � prorogatio � dei poteri dell'amministratore 
giudiziario di una societ� di capitali, dopo la scadenza del termine prefissato 
dall'AiG. al suo mandato, ai fini della notifica ex art. 145, u. c., 

c.p.c. (n. 548). 
IMPOSTE VARIE, 

Concorsi a premi -Tassa di lotteria -Base imponibile -(R. d. l. 19 ottobre 
1936 n. 1933, artt. 45 e segg.; r. d. 25 luglio 1940 n. 1077, artt. 113 
e segg.; legge 15 luglio 1950 n. 585, art. 2). 

Se la tassa di lotteria sui concorsi a premi debba essere liquidata in 
base al valore dei premi offerti, qualora esso sia determinato nel piano 
dell'operazione, ovvero in base al valore dei premi effettivamente corrisposti 
(n. 56). 

INTERESSI 

Canoni demaniali -Ritardato pagamento -Indennit� � una tantum � Interessi 
di mora -(R. d. 14 agosto 1920 n. 1285, art. 25; art. 1224 e.e.). 

Se l'art. 25 del Regolamento per le derivazioni e le utilizzazioni di 
acque pubbliche, approvato con r. d. 14 agosto 19-20 n. 1285, in base al 
quale il concessionario � tenuto a corrispondere (trascorso un mese dalla 
data di scadenza del canone) gli interessi di mora, possa applicarsi anche 
alle concessioni di adtri beni demaniali o patrimoniali indisponibili (n. 1). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 

Se, in caso di ritardato pagamento di canone di concessione di beni 
demaniali o patrimoniali indisponibili, siano dovuti gli interessi di mora 
ai sensi del codice civile (n. 1). 

Se sulle somme lquidate una tantum a titolo di indennit� per utilizzazione 
senza titolo di beni demaniali o patrimoniali indisponibili siano 
dovuti gli interessi di mora per il tempo decorso (n. 1). 

LAVORO 

I.G.E. 
-Fondi integrativi di, previdenza e di quiescenza -Disponibilit� 
(Art. 2117 e.e.; artt. 71 e 72 reg. appr. con D.M. 20 aprile 1961). 
Se siano utilizzabili, da parte dell'Istituto Nazionale per il Commercio 
Estero, i fondi per il trattamento integrativo. di previdenza e per il trattamento 
di quiescenza del personale dell'Istituto medesimo (n. 68). 

LOTTO E LOTTERIE 

Concorsi-a premi -Tassa di lotteria -Base imponibile -(R. d. l. 19 ottobre 
1936 n. 1933, artt. 45 e segg.; r. d. 25 luglio 1940 n. 1077, artt. 1'13 
e segg.; legge 15 luglio 1950 n. 585, art. 2). 

Se la tassa di lotteria sui concorsi a premi debba essere liquidata in 
base al valore dei premi offerti, qualora esso sia determinato nel piano 
dell'operazione, ovvero in base al valore dei premi effettivamente corrisposti 
(n. 39). 

Vincita al lotto -Prescrizione -Sciopero personale finanziario -Proroga 
dei termini -(Legge 19 ottobre 1938 n. 1933, art. 26; d. l. 2 giugno 
1961 n. 498, art. 1). 

Se la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza, nonch� di 
quelli di adempimento di obbligazioni e formalit�, previsti dalle norme 
riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'Erario, disposta dall'art. 1 
del d. I. n. 498/61, si applichi anche al termine di prescrizione delle vincite 
al lotto (n. 40). 

MILITARI 

Decorazioni per fatti non di guerra -Assegno straordinario -Riversib_ilit� 


(R. 
d. 4 novembre 1932 n. 1423, art. 18). 
S'e l'assegno straordinario annesso .alle decorazioni concesse per fatti 
non di guerra sia soggetto ai limiti di fiversibilit� stabiliti nell'art. 18 

r. d. 4 novembre 1932 n. 1423 (n. 23). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NOTIFICAZIONE 

Societ� di capitali -Notificazione di atto tributario -Amministratore giudiziario 
scaduto -Prorogatio dei poteri -(Artt. 140 e 145 c.p.c.; t. u. 
29 gennaio 1958 n. 645, art. 38; art. 2409 e.e.). 

Sulle modalit� di notificazione di un atto non giudiziale ad una s.p.a. 
priva di legale rappresentante e di cui sia sconosciuta la sede (n. 29). 

Se sia configurabile una � prorogatio � dei poteri dell'amministratore 
giudiziario. di una societ� di capitali, dopo la scadenza del termine prefissato 
da1l'A.G. al suo mandato, ai fini della notifica ex art. 145, u. c., 

c.p.c. (n. 29). 
Violazione al Codice della Strada -Riscossione delle sanzioni -Ordinanza 
prefettizia -Notificazione -Modalit� -(D.P.R. 15 giugno 1959 n: 393, 
artt. 479 e 137 e segg. c.p.c.). 

Se le modalit� di notificazione delle ordinanze-ingiunzioni prefettizie 
relative a violazioni al codice stradale siano regolate dalle norme speciali 
di detto codice o da quello del c.p.c. (n. 30). 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Alloggi economici e popolari -ConVratto di cessione in propriet� -Risoluzione 
per volont� dell'acquirente -(D.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2; 
legge 27 aprile 1962 n. 231). �-' 

Se l'acquirente di alloggio popolare ed economico possa, per gravi 
motivi di famiglia, in via unilaterale ottenere la risoluzione del contratto 
di cessione in pi:opriet� (n. 51). 

OPERE PUBBLICHE 

Appalto di opere pubbliche ~ Esonero dal versamento di cauzione -Revisione 
prezzi -(R. d. 23 maggio 1924 n. 827, art. 54). 

Se, nel �Caso in cui l'Amministrazione committente abbia concesso 
l'esonero della cauzione ed accettato in sostituzione la garanzia fideiussoria, 
la revisione dei prezzi vada calcolata sull'importo contrattuale netto, 
intendendo come tale��il prezzo migliorato per effetto del concesso esonero 

(n. 9l'Yj. 
Capitolato generale -Riserve -Inerzia della P.A. -Messa in mora Termine 
-Domanda arbitrale -Proponibilit� -Decadenza -(D.M. 
28 maggio 1895, art. 45; D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, art. 46). 

Se, perdurando l'inerzia dell'Amministrazione appaltante nel decidere 
sulle riserve avanzate dall'appaltatore, la scadenza del termine assegnato 
da quest'ultimo nell'atto di diffida renda proponibile la domanda arbitrale 
e faccia decorrere il termine di decadenza per detta proposizione previsto 

(n. 96). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

PENSIONI 

Credito dello Stato per rism�cimento danno causato da dipendente -Giu


dicato -Familiari non eredi -Pensione di riversibilit� -Pignorabi


lit� -Sequestrabilit� -Limiti -(Legge 8 giugno 1966 n. 424). 

Se la pensione di riversibilit� spettante alla vedova ed ai figli di un 
dipendente statale, all'eredit� del quale essi abbiano rinunziato, sia sequestrabile 
o pignorabile (fino al limite di un quinto) per il realizzo di 
crediti da risarcimento del danno causato allo Stato dal .dipendente, accertati 
mediante giudicato penale (n. 134). 

PIANI REGOLATORI 

Sicilia -Urbanistica -Deliberazioni comunali -Potere di annullamento Competenza 
-(Legge 6 ,agosto 1967 n. 765, art. 7;. r.d. 3 marzo 19,34 

n. :183, art. 6). 
Se il potere di annullare le determinazioni ed i provvedimenti dei 
Comuni della Sicilia in materia di urbanistica spetti al Presidente della 
Regione ovvero al Governo (n. 23). 

PIGNORAMENTO 

Credito dello Stato per risarcimento danno causato da dipendente -Giudioato 
-Familiari non eredi -Pensione di reversibilit� -Pignorabilit� 
-Sequestrabilit� -Limiti -(Legge 8 giugno 1966 n. 424). 

Se la pensione di reversibilit� spettante alla vedova ed ai figli di 
un dipendente statale, all'eredit� del quale essi abbiano rinunziato, sia 
sequestrabile o pignorabile (fino al limite di un quinto) per il realizzo 
di crediti da risarcimento del danno causato allo Stato dal dipendente, 
accertati mediante giudicato penale (n. 20). 

PRESCRIZIONE 

Vincita al lotto -Prescrizione -Sciopero personale finanziario -Profl'oga 
dei termini -(Legge 19 agosto 1938 n. 1933, art. 26; d.l. 2 giugno 1961 

n. 498, art. 1). 
Se la proroga dei termini di �prescnz10ne e di decadenza, nonch� di 
quelli di adempimento di obbligazioni e formalit�, previsti dalle norme 
riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'Erario, disposta dall'art. 1 
del d.I. n. 498/6,1, si applichi anche al termine di prescrizione delle vincite 
al lotto (n. 73). 


26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

I.C.E. 
-Fondi integrativi di previdenza e di q�iescenza -Disponibilit� (
Art. 2117 e.e.; artt. 71 e 72 reg. appr. con d.m. 20 aprile 19~1). 
Se siano utilizzabili, da parte dell'Istituto Nazionale per il Commercio 
Estero, i fondi per il trattamento integrativo di previdenza. e per il 
trattamento di quiescenza del personale dell'Istituto medesimo (n. 85). 

PROPRIET� 

Demanio lacuale -Distanza delle costruzioni -Opere di difesa idraulica 


(R.d. 25 luglio 1904 n. 523, art. 95; artt. 673, 879 e.e.). 
Se il proprietario privato, confinante con il demanio lacuale, possa 
costruire in adiacenza, al confine relativo, opere di dif.esa idraulica, anche 
in deroga al disposto degli artt. 873 e 879 e.e. (n. 48). 

REATI FINANZIARI 

Societ� a r.l. -Liquidazione -Omesso pagamento di imposte dirette Precedente 
occultamento e realizzo di attivit� sociali -Responsabilit� 
dell'amministratore -Falso iri bilancio -Fraudolenta sottrazione 
di beni -'(Art..2621 e.e.; artt. 261, quarto comma, e 265 t.u. 29 gennaio 
1958). 

Se l'Amministrazione possa procedere ai sensi dell'art. 265 del t.�. 
delle imposte dirette contro l'amministratore di una societ� a responsabilit� 
limitata in carica all'epoca in cui furono occultate e poi realizzate 
attivit� sociali, senza provvedere al soddisfacimento del credito tributario 
e se possa presentare denunzia a suo carico per i reati previsti dagli 
artt. 2621 e.e. e 261, quarto comma, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 (n. 8). 

REGIONE SICILIA 

Licitazione privata -Aggiudicazione -Annullamento -Atti viziati -Rinnovabilit� 
-Offerte -Termini di efficacia -Opere pubbliche per la 
Regione Siciliana -Chiusura della gara .;. Determinazione -(R.d. 
18 novembre 1923, n. 2440; r.d. 23 maggio 1924, n. 827; L. reg. Sic. 
18 luglio 1961, n. 10, art. 5). 

Se ai procedimenti d'asta e di licitazione sia applicabile, in linea di 
principio, la .regola, comune a tutti i procedimenti. amministrativi, della 
rinnovabilit� o riproducibilit� dei soli atti viziati, ferma la validit� e 
l'efficacia degli atti da questi indipendenti (n. 2). 

s�e l'efficacia delle offerte di concorrenti non aggiudicatari permanga 
soltanto fino alla chiusura della gara, ovvero fino all'approvazione del 
contratto stipulato con l'aggiudicatario (n. 2). 

In quale momento debbano ritenersi chiuse le gare espletate nell'interesse 
dell'Assessorato ai LL.PP. per la Regione Siciliana (n. 2). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Sicilia -Urbanistica -Delibemzioni comunali -Potere di annullamento Competenza 
-(Legge 6 agosto 1967� n. 765, art. 7; r.d. 2 marzo 1934 

n. 383, art. 6). 
Se il potere di annullare �e determinazioni ed i provvedimenti dei 
Comuni della Sicilia in materia di urbanistica spetti al Presidente della 
Regione ovvero al Governo (n. 3). 

RIFORMA FONDIARIA 

Assegnatario deceduto prima del riscatto -Successione -Designazione 
erede -Procedimento giurisdizionale -Natura -(Legge 29 maggio 
1967 n. 379, art. 7; legge 3 giugno 1940 n. 1078, art. 7). 

Se per la designazione, da parte dell'autorit� giudiziaria, dell'erede 
che deve succedere all'assegnatario deceduto nell'assegnazione del fondo 
non ancora riscattato, si debba procedere con il !rito della camera di 
consiglio, previsto per i provvedimenti di volontaria giurisdizione (n. 12). 

Se per la designazione dell'erede che deve succedere all'assegnatario 
deceduto nell'assegnazione del fondo non ancora riscattato, il Tribunale 
debba sentire il P. M. ,e l'ispettore provinciale dell'agricoltura competente 
per territorio (n. 12). 

RISCOSSIONE 

Credito dello Stato per risarcimento danno causato da dipendente -Giudicato 
-Familiari non eredi -Pensione di reversibilit� -Pignorabilit� 
-Sequestrabilit� -Limiti -(Legge 8 giugno 1966, n. 424). 

Se la pensione di reversibilit� gpettante alla yedova ed ai figli di 
un dipendente statale, all'eredit� del quale essi abbiano rinunziato, sia 
sequestrabile o pignorabile (fino al limite di un quinto) per il realizzo 
di crediti da risarcimento del danno causato allo Stato dal dlpendente, 
accertati mediante giudicato penale (n. 11). 

VioLazioni di norme di polizia forestale -Sanzioni pecuniarie -Riscossione, 
anche coattiva -Competenza -(Legge 9 ottobre 1967 n. 950, 
art. 5; t.u. 14 aprile 1910 n. 639). � 

Se nella competenza dell'Ufficio del Registro relativa alla riscossione 
della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria comminata per violazioni 
delle norme di polizia forestale, rientri anche il potere di procedere 
all'esecuzione forzata nei confronti del trasgressore inadempiente 

(n. 12). 
SCIOPERO 

Vincita al lotto -Prescrizione -Sciopero personale finanziario -Proroga 
dei termini -(Legge 19 ottobre 1938 n. 1933, art. 26; d.l. 2 giugno 1961 

n. 498, art 1). 
Se la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza, nonch� di 
quelli di adempimento di obbligazioni e formalit�, previsti dalle norme 


28 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'Erario, disposta dall'art. 1 
del d.l. n. 498/61, si applichi anche al termine di prescrizione delle vincite 
al lotto (n. 6). 

SOCIET� 

Negoziazione di azioni -Tassa fissa -Pagamento del prezzo -Contestualit� 
-(Legge 6 agosto 1954 n. 603, art. 36; artt. 105 Tab. A e 10, 11 
Tab. E legge reg.). 

Se, ai fini dell'applicazione della tassa fissa di cui all'art. 36 legge 
6 agosto 1954, n. 603 (che modifica l'art. 105, Tab. A, e gli artt. 10 e 11, 
Tab. E, ali. L.R.) possa ritenersi contestuale il pagamento del prezzo delle 
azioni, quando nell'atto di trasferimento si dichiari che detto pagamento 
� avvenuto in precedenza (n. 128). 

Societ� a r.l. -Liquidazione -Omesso pagamento di im.poste dirette -Precedente 
occultamento e realizzo di attivit� sociali -Responsabilit� dell'amministratore 
-Falso .in bilancio -Fraudo.Ienta sottrazione di beni (
Art. 2621 e.e.; artt. 261, quarto comma, e 265 t.u. 29 gennaio 1958 

n. 645). 
Se l'Amministrazione possa procedere ai sensi dell'art. 265 del testo 
unico delle imposte dirette contro l'amministratore di una societ� a responsabilit� 
limitata in carica all'epoca in cui' furono occultate e poi realizzate 
attivit� sodali, senza provvedere al soddisfacimento del credito 
tributario e se possa, presentare denunzia a suo carico per i reati previsti 
dagli artt. 2621 e.e. e 261, quarto comma, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 

(n. 129). 
Societ� di capitali -JVotificazione di atto tributario� -Amministratore giudiziario 
scaduto -Prorogatio dei poteri -(Artt. 140 e 145 c.p.c.; t.u. 
29 gennaio 1958 n. 645,art. 38; art. 2409 e.e.). 

Sulle modalit� di notificazione di tm atto non giudiziale ad una S.p.A. 
priva di legale rappresentante e di cui sia sconosciuta la sede (n. 130). 

Se sia configurabile una prorogatio dei poteri dell'amministratore giudiziario 
di una societ� di capitali, dopo la scadenza del termine fissato. 
dall'autorit� giudiziaria al suo mandato, ai fini della notifica ex art. 145, 
u.c., c.p.c. (n. 130). 

STRADE 

Opere idrauliche -Concorsi -Strade statali -Autostrade in concessione Contribuzione-
dell'ANAS -(R. d. 25 luglio 1904 n. 523, art. 18; legge 
24 luglio 1961 n. 729, art. 8). 

Se l'ANAS sia tenuta a contribuire alle spese del consorzio costituito 
per l'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (nella specie, di terza 
categoria), relativamente a tratti di strade statali compresi nel perimetro 
interessato (n. 90). 

Se l'ANAS sia tenuta a contribuire alle spese del consorzio costituito 
per l'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (nella specie, di terza 



PARTE II, CONSULTAZIONI 29 

categoria), relativamente a tratti di autostrada compresi nel perimetro 
interessato, qualora la costruzione e gestione 'de1l'autostrada medesima 
siano state concesse a privato (n. 90). 

SUCCESSIONI 

Eredit� -Possesso di mobilia del de cuius -Accettazione tacita -(Art. 476 
e.e.). 

Se, la utilizzazione del mobilio appartenuto all'eredit� costituisca accettazi�ne 
tacita della eredit� medesima (n. 84). 

TITOLI DI CREDITO 

Negoziazione di azioni -Tassa fissa -Pagamento del prezzo -Contestualit� 
-(Legge 6 agosto 1954 n. 603, art. 36; artt. 105 Tab. A e 10, 11 
Tab. E legge regionale). 

Se, ai fini dell'applicazione della tassa fis11a di cui all'art. 36 legge 
6 agosto 1954 n.-603 (che modifica l'art. 105 Tab. A e gli artt. 10. e 11 
Tab. E all. legge reg.) possa ritenersi contestuale il pagamento del prezzo 
delle azioni, quando nell'atto di trasferimento' si dichiari che detto pagamento 
� avvenuto in precedenza (n. 18). 


NOTIZIAR.IO 


CONVEGNI DI STUDI 

L'U.D.D.A. -�Unione Democratica Dirigenti di Azienda� -ha organizzato 
in collaborazione con la � Fabian Society ., il � Club di Roma ., la 
Rivista � Proteus � l!lla conferenza internazionale che ha avuto luogo a 
Roma nei giorni 17, 18 e 19 febbraio 1972, sul tema �Processo alla Tecnologia? 
.. 

Il convegno, che ha ottenuto il patrocinio del Ministero del Bilancio 
e della Programmazione ,;Economica nonch� di altri dicasteri e cui hanno 
gi� dato la loro adesione numerosi enti, fondazioni ed istituti nazionali 
e stranieri, � stato dedicato ai problemi di fronte a cui il mondo viene a 
trovarsi in relazione agii sconvolgimenti provocati nell'economia naturale 
e nella vita sociale da un troppo intenso ed irrazionale sviluppo delle 
attivit� umane. Dirigenti di azienda, economisti, sociologi, biologi, antropologi, 
urbanisti, giuristi sono stati chiamati a porre a confronto le loro 
opinioni in merito alla crisi della civilt� tecnologica e, soprattutto, circa 
gli indirizzi da seguire anche sul piano legislativo perch� il � progresso � 
si identifichi con il miglioramento, della qualit� della vita. 

Le diverse relazioni hanno avuto per oggetto temi come: � Tecnologia 
e risorse �, � Tecnologia ed inquinamento �, � L'uomo e l'ambiente �, � Tecnica 
e societ�., �Sviluppo demografic� e condizione umana�, �Le scelte 
di sviluppo economico e i problemi di sopravvivenza del consorzio umano� 
e � La qualit� della vita ed i valori della societ� civile�. 

Nel corso della conferenza � stato anche presentato e discusso il 
modello econometrico � WORLD 2 � elaborato da un gruppo di scienziati 
del Massachusetts Institute of Technology per iniziativa del � Club di 
Roma�. 

Tale modello � stato ideato al fine di fornire un contributo per un 
esame sistematico delle interazioni,' a livello mondiale, tra una serie di 
variabili (popolazione, risorse naturali, produzioni alimentari, fenomeni 
di inquinamento) e per agevolare l'individuazione delle �ond(~ioni per la 
transizione da un'epoca di crescita incontrollata ad uno stato di equilibrio 
ecologico globale. 

Un'ultima sezione � stata dedicata all'esame dei modi pi� op~ortuni 
di impegno dei principali problemi di convegni di massa (in particolare, 
del Servizio radiotelevisivo).