GENNAIO -FEBBRAIO 1970

ANNO XXII -N. l 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1970 


ABBONAMENTI 

ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO � � . � � . . � � � � . � . � � . � � 1.300 


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Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 ~: 
~: rr.-: 
(9211739) Roma, 1970 � Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



INDICE 

Parte prima: GILJ.R,ISPRUD,ENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALI: E INTER


NAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura deff'avv. Benedetto Saccari) � 37 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura delf'avv. Pietro 
de Francisci) � � � � � � � � � 54 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del-
f'avv. Ugo Gargiulo) � � � � � � 71 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angefini-Rota e Carlo Bafile) � 81 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura deff'avv. 
Franco Carusi) � � � � � � � � , � � 140 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura delf'avv. Antonino 
Terranova) � � � � � � 167 

Parte seconda: QU,ESTIONI � RASSEGNE � CONSULTAZIONI � NOr,JZIARIO 

RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura delf'avv. Luigi Mazzelfa) � . � pag. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura delf'avv. Arturo Marzano) � 3 
CONSULTAZIONI � 27 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

ALBl!SINNI G., Note minime in margine ad una sentenza del 
Tribunale superiore delte acque, con particolare riguardo 
al'la questione concernente la necessit� o meno di un formale 
provvedimento per la utilizzazione di acque pubbliche 
da parte dei Canali Demaniali . . . . . . . . . pag. 147 

DI TARSIA P., Il reato di attentato all'integrit� territoriale 
dello Stato e l'idoneit� della condotta . . . . . . . 167 

ROSSI A., Cenni sulla tassazione dello scioglimento delle riserve 
disponibili a favore dei soci . . . . . . . . . 109 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Concessione di utenza -Potere di 
intervento del Ministro dei lavori 
pubblici ex art. 43 t.u. acque 
e impianti elettrici -Condizioni 
per l'esercizio: esigenze non normali, 
straordinarie, fuori della 
comune prevedibilit� -Fattispecie 
-Necessit� di preservare i canali 
demaniali annualmente dal 
gelo -Necessit� di incrementare 
la portata dei canali demaniali 
nella stagione di mare -Illegittimo 
esercizio del potere -Sussiste, 
con nota di G. ALBISINNI, 

147. 
Consorzio obbligatorio per regolazione 
di invaso -Provvedimenti 
relativi alla utilizzazione delle 
acque invasate -Interesse dei 
consorziati alla impugnativa '
Sussiste, con nota di G. ALBISINNI, 
146. 

-Demanio idrico -Questione di 
demanialit� di un collettore Possibilit� 
di soluzione della questione 
incidenter tantum da parte 
del G.O. non specializzato Esclusione 
-Conversione necessaria 
della questione in controversia 
e competenza del Tribunale 
regionale delle acque pubbliche 
a deciderla col necessario 
contraddittorio della P.A. -Sussistono, 
142. 

-,-Discrezionalit� della P.A. in ordine 
alla determinazione delle 
opere e dei provvedimenti relativi 
al buon regime delle acque 
pubbliche -Sussiste -Limite 
della sottrazione al sindacato del1'
A.G.0. dell'operato della P.A. 
nel caso di negligente manutenzione 
di un'opera idraulica -Sussiste, 
143. 

Occupazioni di fondi per opere di 
bonifica inerenti il regime delle 
acque -Indennizzo per danni Indennit� 
di esproprio -Competenza 
del Tribunale Regionale 
delle Acque, 60. 

-Provvedimenti di immissione di 
nuove acque nei canali demaniali 
-Mancata comparazione di altri 
interessi pubblici concorrenti 
-Illegittimit�, con nota di G. AL� 
BISINNI, 147. 

-Requisiti -Carattere pubblico 
delle opere di canalizzazione Irrilevanza, 
60. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche 


Contratto di appalto stipulato dalla 
Cassa per il Mezzogiorno o dai 
suoi concessionari -Obbligo contrattuale 
assunto dalle parti di 
uniformarsi alle disposizioni del 
Capitolato generale della Cassa Validit� 
limitata alle materie parallelamente 
disdplinate dal Capitolato 
generale statale oo.pp. 
1962 con norme di carattere inderogabile 
-Sussiste -Applicazione 
in. materia di controversie 
fra appaltatore e Stazione appaltante, 
161. 

-Appalto di opere pubbliche -Domanda 
dell'appaltatore di un 
equo compenso per l'esecuzione 
di scavi in terreni rocciosi, argillosi 
o marnosi -Improponibilit� 
derivante dall'avvenuta sottoscrizione 
da parte dell'appaltatore 
di clausola contrattuale relativa 
alla remunerab�lit� dei 
prezzi di elenco di ogni categoria 
di scavi anche per il taglio e 
lo scasso di roccia di qualsiasi 
natura, durezza o compattezza, 
da effettuare con qualsiasi mezzo, 
e per la rimozione di trovanti 
di qualsiasi dimensione e natura 
-Sussiste, 161. 

-Appalto di opere per conto della 
Gestione INA-CASA -Capitolato 
generale predisposto dalla Gestione 
-Natura regolamentare 
-Esclusione -Necessit� di assunzione 
contrattuale -Sussiste Adeguamento 
automatico alle 
norme del Capitolato generale 
statale per le, oo.pp. per effetto di 


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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

integrazione disposta dall'art. 6 

d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340 -
Susiste -Denunciabilit� in Cassazione 
della violazione delle 
norme del predetto Capitolato 
generale INA-CASA -Esclusione, 
140. 
ARBITRATO 

-Appalto di opere pubbliche -Domanda 
di arbitrato -Natura giuridica, 
161. 

-Appalto stipulato da Ente concessionario 
della Cassa per il Mezzogiorno 
-Nomina dell'arbitro del1'
Amministrazione -Competenza 
dell'Ente concessionario -Sussiste, 
161. 

ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA 

-Nei confronti della p.a. -Risparmio 
di spesa -Riconoscimento 
della utilit� -Necessit� -Sussistenza, 
67. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Motivazione -Pluralit� di motivi 
-Validit� di alcuni soltanto _; 
Legittimit�, 78. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Annullamento d'ufficio -Omesso 
annullamento -Controversia Giurisdizione 
del Consiglio di 
Stato, 78. 

-Atto compiuto dallo Stato quale 
soggetto dell'ordinamento internazionale 
-QuaUfica di illecito 
secondo il diritto interno -Ammissibilit� 
-Domanda di risarcimento 
del danno -Giurisdizione 
dell'A.G.O. -Sussiste, 43. 

-Contratti di .guerra -Provvedimenti 
del C6mmiissario per la liquidazione 
-Violazione di norme 
contrattuali di diritto comune o 
di leggi speciali -Giurisdizione 
del giudice ordinario -Sussiste, 

37. 
-Impiegato dello 1Stato -Assistenza 
dell'ENPAS in favore del dipendente 
statale, che abbia diritto 
ad indennizzo da parte dei 
terzi -Facolt� discrezionale dell'ENPAS 
e correlativo interesse 
legittimo del dipendente statale 
-Giurisdizione del Consiglio di 
Stato, 71. 

-Improponibilit� assoluta della 
domanda -Condizioni per la 
sua configurabilit�, 37. 

-Occupazione di fondi per l'ese.
cuzione di opere concernenti il 
regime delle acque pubbliche Controversie 
-Competenza del 
Tribunale Regionale delle acque, 

69. 
CONTRATTI DI GUERRA 

-Nozione, 37. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi incidentali di legittimit� 
costituzionale -Giudice a quo Pronuncia 
sull'ammissibilit� dell'impugnazione 
-Natura giurisdizionale, 
9. 

-Giudizio di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Statuti 
,speciali regionali -Intervento del 
presidente regionale -Ammissibilit�, 
18. 

DANNI DI GUERRA 

-Contributo per la ricostruzione Presupposti 
-Danni di guerra Inosservanza 
del termine di cui 
all'art. 3 1. 17 dicembre 1956, 

n. 1238, 74. 
EDILIZIA 

-Edifici costruiti in violazione del 
piano regolatore comunale 
Inattivit� del sindaco -Inter


vento del Ministero dei lavori 
pubblici, 73. 

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INDICE VII 

-Intervento del Ministero dei laGIUSTIZIA 
AMMINISTRATIVA 
vori pubblici ex art. 26, 1. 17 ago


-Intervento -Intervento in giudi


sto 1942, n. 1150 -Legittimit� 

zio ad opponendum -Mancato

delle occupazioni temporanee, 73. 

deposito dell'avviso di ricevi


EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Atti della Commissione dell'impiego 
del fondo per l'incremento 
edilizio -Situazione giuridica del 
privato, 75. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Occupazione d'urgenza -Criteri 
e principi generali -Lavori iniziati 
prima della determinazione 
amministrativa -� fatto illecito 
che non influisce sulla legittimit� 
dell'atto dolativo, 78. 

Occupazione d'u11g'enza -Impianti 
sportivi e turistici -Seggiosciovia 
-Rilevanza sul contenuto 
definitivo del provvedimento Non 
occorre, 78. 

mento della notificazione al ri


corrente, 74. 

-Ricorso giurisdizionale -Atto 
impugnabile o non -Concorso a 
pubblico impiego -Ammissione 
con riserva -Non � impugnabile 
immediatamente -Clausola limitativa 
del bando -Impugnazione 
insieme con il provvedimento di 
es�lusione definitiva -Ammissibilit�, 
77. 

-Ricorso giurisdizionale -Notificazione 
aH'Autorit� emanante Criterio 
-Autorit� che secondo 
il ricorrente sarebbe stata competente 
a provvedere -Non occorre 
notificazione, 79. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Dimissioni volontarie -Momento 
della estinzione del rapporto di 
impiego, 75. 

-Termini di inizio dei lavori --Magistrati -Stato giuridico Scadenza 
-Non determina decaProvvedimenti 
del Consiglio Su


denza della dichiarazione di p.u., periore della Magistratura, 75. 

71. 
-Procedimento disciplinare -Com


ENTI PUBBLICI 

-Organi -Situazione d'incompatibilit� 
-Annullamento della nomina 
senza invito ad optare Illegittimit�, 
79. 

FALLIMENTO 

-Procedimento civile -Cause concernenti 
beni acquisiti al fallimento 
-Legittimatio ad processum 
del fallito -Esclusione -Rilevabilit� 
e:x: officio -Sussiste, 43. 

missione di disciplina -Composizione 
-Ricusazione -Art. 61 
cod. proc. pen. -Inapplicabilit� 
-Rinnovazione di procedimento 
a seguito di annullamento -Membro 
che si era pronunciato nel 
giudizio annullato -Pu� far parte 
della Commissione, 76. 

-Procedimento disciplinare -Seduta 
dibattimentale -Delegato 
del Capo del Personale -Facolt� 
-Intervento nella discussione ed 
espressione di pareri -Legittimit� 
-Limite, 76. 

IMPOSTA DI REGJ!STRO 

GIUDIZI DI LEGITTIMIT� COSTI-
Finanziamento bancario -ImpoTUZIONALE 
sta di bollo surrogatoria dell'imposta 
di registro -Finanziamento 

-Ordinanza di rimessione fondata 

mediante cambiali -Necessit� 

su ipotesi, 'SU previsioni o su con


dell'integrale trascrizione, 125.

getture -Inammissibilit� della 
questione di legittimit� costitu-
Societ� per azioni -Riserve dizionale, 
25. sponibili -Deliberazione di di



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stribuzione a favore dei soci Tassa 
d'obbligo -Applicabilit�, 
con nota di A. Rossi, 108. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Interessi compensativi su somme 
dovute a titolo di risarcimento 
del danno -Tass1:1bilit� -Esclusione, 
118. 

Interessi compensativi su somme 
dovute a titolo di risarcimento 
del danno -Tassabilit� -Esclusione 
-Interessi moratori su somme 
�dovute a titolo di risarcimento 
del danno giudizialmente liquidato 
-Tassabilit�, 119. 

-Ritenuta diretta -Controversie 
relative -Controversia tributaria 
-Nozione -Esclusione, 118. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Base imponibile -Onere testamentario 
-Tassabilit�, 105. 

-Crediti contestati giudizialmente 
-Sospensione esazione imposta Condizioni, 
113. 

-Deduzione dall'attivo dell'imposta 
sul valore globale -Deducibilit� 
della sola imposta in concreto 
corrisposta, 95. 

-Disposizioni a favore dell'anima 
-Erezione di cappella funeraria 
-Fine di culto -Esclusione, 105. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Regione Siciliana -Tassazione 
dei corrispettivi pagati alla Regione 
-Sostituzione della Regione 
Siciliana allo Stato -Diritto 
di rivalsa -Inammissibilit�, 

131. 
- 
Solidariet� -Eccezioni -Fattispecie 
-Esclusione, 89. 

IMPOSTE DOGANALI 

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Esenzione dall'imposta di conguaglio 
-Olii vegetali commestibili 
-Nozione, 103. 

-Imposta di fabbricazione -Contrabbando 
-Diversa destinazione 
di merci esente da imposta -Individuazione 
del .soggetto passivo 
-Accertamento -Fatto costituente 
reato -Ingiunzione fiscale Applicabilit� 
-Opposizione -Inversione 
dell'onere della prova Sussistenza 
-Indagine sulla esistenza 
del fatto-reato -Ammissibilit�, 
136. 

Imposta erariale di consumo Agevolazione 
per l'importazione 
di bucce di cacao destinate alla 
estrazione di teobromina -Utilizzazione 
della merce importata 
anche per la produzione di burro 
di cacao -Irrilevanza, 92. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Commissioni tributarie -Provvedimenti 
dell'Intendente di Finanza 
in tema di composizione 
delle Commissioni distrettuali 
delle imposte -Non sono atti 
definitivi, 72. 

-Condono di sanzioni pecuniarie 
non penali -Legge 23 dicembre 
1966, n. 1139 -Pagamento irripetibile 
del tributo -Illegittimit� 
costituzionale -Manifesta in_
fondatezza, 116. 

-Condono di sanzioni pecuniarie 
non penali -Pagamento del tributo 
in pendenza del giudizio Cessazione 
della materia del contendere, 
116. 

-Imposta di conguaglio sui prodotti 
importati -Violazione della 
riserva di legge -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 6. 

-Imposte automobilistiche -Supplemento 
-Prescrizione triennale 
-Si applica, 85. 

-Imposte dirette -Accertamento 
-Poteri della Commissione delle 
imposte, 101. 

-Imposte dirette -Azione giudiziaria 
-Necessit� del preventivo 
ricorso alle Commissioni tributarie 
-Applicabilit� nelle sole 
controversie tra Finanza e contribuenti 
-Controversia in tema 
di tassazione per ritenuta diretta 
-Inapplicabilit� -Imposte di



INDICE 
IX 

rette -Rimborso -Possibilit� di 
ricorso alle Commissioni tributarie 
-Applicabilit� nelle sole 
controversie tra Finanza e contribuenti 
-Controversia in tema 
di tassazione per ritenuta diretta 
-Inapplicabilit�, 119. 

-Imposte dirette -Proponibilit� 
dell'azione giudiziaria dopo la 
iscrizione a ruolo del tributo Violazione 
del principio di difesa 
-Illegittimit� costituzionale, 4. 

-Imposte dirette -Sgravio dai 
ruoli -Esclusione dell'indennit� 
di mora -Illegittimit� costituzionale, 
30. 

-Procedimento innanzi alle Com.. 
missioni -Impugnazione limitata 
all'A.G.O. -Questioni relative 
alla parte del rapporto non impugnata 
-Inammissibilit�, 95. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Nullit� -Errori in 
procedendo -Impugnazione innanzi 
all'A.G.0. -Esclusione, 128. 

-Riscossione imposte dirette 
Impiegati delle Esattorie -Diverso 
limite di collocamento a 
riposo per uomini e donne -Violazione 
del principio di eguaglianza 
-Esclusione, 1. 

Solidariet� tributaria -Imposte 
doganali -Ingiunzione non impugnata 
da uno dei coobbligati Decadenza 
per gli altri coobbligati 
-Non sussiste, 81. 

INFORTUNIO SUL LAVORO 

-Sentenza di non doversi procedere 
per estinzione del reato Termine 
per l'azione civile di 
risarcimento -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 28. 

OPERE PUBBLICHE 

Cooperazione di pi� Enti pubblici 
nella realizzazione dell'opera Imputazione 
degli effetti giuridici 
-Comuni danneggiati dalla 
guerra -Sostituzione del Ministero 
dei LL.PP. nella realizzazione 
dei piani di ricostruzione Concessione 
della esecuzione dei 
lavori -Effetti, 64. 

ORGANO COLLEGIALE 

-Provvedimenti di nomina e di 
decadenza -Interesse all'impugnativa, 
72. 

PIANO REGOLATORE 

-Procedimento -Parere del Consigli<> 
Superiore dei LL.PP. -Irregolare 
composizione della Sezione 
che ha emesso il parere Illegittimit� 
del parere, 80. 

PRESCRIZIONE 

-Amministrazione non legittimata 
passivamente ad causam -Atti 
interruttivi -Effetti nei confronti 
dell'amministrazione legittimata, 

43. 
PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

-Assicurazione obbligatoria contro 
gli infortuni ,sul lavoro -Estensione 
anche agli artigiani senza 
dtpendenti -Eccesso rispetto alla 
delega legislativa -Esclusione, 

15. 
PROCEnIMENTO CIVILE 

-Condanna generica al risarcimento 
del danno -Sufficienza 
del danno potenziale -Sussiste, 

143. 
-Giudizio di rinvio -Cassazione 
per difetto di motivazione -Questioni 
esplicitamente ed implicitamente 
decisive -Efficacia vincolante, 
56. 

-Giudizio di rinvio -Interpretazione 
del giudicato rescindente Presunzione 
di completezza del 
principio di diritto enunciato, 88. 

-Legittimatio ad causam -Concetto 
-Titolarit� del rapporto 
sostanziale -Distinzione -Accertamento 
-Poteri della Corte 
di Cassazione, 64. 

- 
Legittimazione alla causa -Concetto 
-Distinzione rispetto alla 


:X: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

titolarit� del rapporto sostanziale, 
ossia alla questione di merito, 
non sottratta alla disponibilit� 
delle parti e suscettibile di giudicato, 
143. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Atti compiuti dalla polizia giudiziaria 
-Fase delle indagini preliminari 
-Inapplicabilit� degli 
artt. 304 bis, ter e quater c.p.p. Infondatezza 
della questione, 12. 

-Autorizzazione a procedere -Ritardo 
nella concessione dell'autorizzazione 
-Ingiustificato all'esercizio 
dell'azione penale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
26. 

-Compimento di atti istruttori da 
parte del Pretore -Indagini di 
polizia giudiziaria -Violazione 
diritto di difesa -Mancanza di 
motivazione del decreto di citazione 
a giudizio -Illegittimit� 
costituzionale -Infondatezza delle 
questioni, 13. 

-Connessione -Sentenza di rinvio 
a giudizio dell'imputato davanti 
al Pretore competente -Questione 
infondata di costituzionalit�, 

36. 
Incidenti di esecuzione -Audizione 
del condannato detenuto in 
luogo diverso dalla sede del giudice 
competente -Violazione del 
diritto di difesa e del principio 
di eguaglianza -Esclusione, 16. 

-Parte civile -Impugnazione della 
sentenza di proscioglimento 
dell'imputato -Limitazione ai 
soli casi di condanna della P. C. 
alle spese e ai danni -Illegittimit� 
costituzionale relativamente 
al ricorso per Cassazione, 9. 

RAPPORTO DI LAVORO 

-Contratto di apprendistato 
Esclusione dell'apprendista dal 
diritto di conseguire l'indennit� 
di anzianit� -Illegittimit� costituzionale, 
33. 

REATO 

-Attentato all'integrit� territoriale 
dello Stato -Idoneit� della 
condotta -Applicazione dei principi 
desunti dall'art. 56 cod. pen. 
-Inammissibilit�, con nota di 

P. 
DI TARSIA, 167. 
- 
Liberazione condizionale -Conseguente 
libert� vLgilata -Potere 
ministeriale di revoca anticipata 
delle misure di sicurezza -Inammissibilit� 
della questione di costituzionalit�, 
29. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Fatto illecite permanente -Nozione 
-Persistenza del diritto al 
risarcimento -Decorrenza della 
prescrizione, 43. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso giurisdJ.zionale -Condizioni 
di ammissibilit� -Lesione 
dell'interesse legittimo vantato Acque 
pubbliche -Consorzio obbligatorio 
per regolazione di invaso 
-Provvedimenti che incidono 
sulla utilizzazione delle acque 
invasate -Mancanza di danni 
-Lesione dell'interesse dei 
consorziati ad evitare illegittime 
dispersioni di acque -Sussiste, 
con nota di G. ALBISINNI, 147. 

-Ricorso giurisdizionale -Intervento 
in giudizio -Interesse autonomo 
alla proposizione del ricorso 
-Inammissibilit�, con nota 
di G. ALBISINNI, 147. 

SICILIA 

-Statuto della Regione -Norme 
relative all'Alta Corte -Funzioni 
penali della stessa -Contrasto 
con la Costituzione nel suo complesso 
-Illegittimit� costituzionale 
della normativa, 18. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Apparecchi da giuoco -Divieto 
di uso -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 25. 


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INDICE Xl 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Trattato di pace -Definizione dei 
rapporti con le Potenze belligeranti 
e con i loro cittadini relativi 
a perdite o danni risultanti 
da fatti di guerra -Rapporti derivanti 
da contratti di guerra Esclusione 
dall'ambito di operativit� 
del Trattato e dell'Accordo 
italo-jugoslavo del 18 dicembre 
1954, 37. 

TURISMO 

-Piste di sci -Idoneit� di un tracciato 
-Sindacato di legittimit� Inammissibilit�, 
'72. 

VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE 
E VALUTARIE 

-Pena pecuniaria -Responsabilit� 
solidale delle persone giuridiche 
-Fatto commesso nell'interesse 
dell'Ente -Concetto, 54. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

11 luglio 1969, n. 123 
11 luglio 1969, n. 125 
11 luglio 1969, n. 126 
22 gennaici 1970, n. 1 
22 gennaio 1970, n. 2 
22 gennaio 1970, n. 3 
22 gennaio 1970, n. 4 
22 gennaio 1970, n. 5 
22 gennaio 1970, n. 6 
28 gennaio 1970, n. 8 
28 gennaio 1970, n. 9 
28 gennaio 1970, n. 10 . 
28 gennaio 1970, n. 11 . 
4 febbraio 1970, n. 12 
4 febbraio 1970, n. 13 
4 febbraio 1970, n. 14 
4 febbraio 1970, n. 15 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un. 29 luglio 1969, n. 2881 

Sez. I, 28 ottobre 1969, n. 3534 

Sez. I, 10 novembre 1969, n. 3655 

Sez. I, 15 novembre 1969, n. 3728 

Sez. I, 2 dicembre 1969, n. 3850 . 

Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3947 

Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3950 

Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3959 
Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3963 
Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3964 
Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3993 
Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3994 
Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3996 
Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 4004 
Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 4005 
Sez. I, 7 gennaio 1970, n. 21 
Sez. Un. 19 gennaio 1970, n. 100 
Sez. Un. 19 gennaio 1970, n. 101 
Sez. Un. 19 gennaio 1970, n. 102 
Sez. Un. 20 gennaio 1970, n. 111 
Sez. I, 21 gennaio 1970, n. 126 . 

pag. 1 

4 
6 
9 
12 
15 
13 
16 
18 
25 
26 
28 
29 
25 
30 
33 

35: 

pag. 37 
81 
85 
88 
140� 
92 

95. 
101 
103 
105 

108. 
113 
116 
118 
12554 
43 
56 

142: 
128 

6() 


INDICE XIII 

Sez. I, 22 gennaio 1970, n. 136 . pag. 64 
Sez. I, 28 gennaio� 1970, n. 178 . 67 
Sez. I, 30 gennaio 1970, n. 208 . 69 
Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 264 119 
Sez. I, 9 febbraio 1970, n. 300 131 
Sez. I, 9 febbraio 1970, n. 302 . 136 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

29 ottobre 1969, n. 30 . . ........ pag. 146 


LODO ARBITRALE 

3 novembre 1969, n. 61 (Roma) . . . . . . . . . . . . . pag. 161 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 631 pag. 71 
Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 642 71 
Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 668 72 
Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 676 73 
Sez. IV, 12 novembre 1969, n. 707 74 
Sez. IV, 18 novembre 1969, n. 720 . 74 
Sez. IV, 25 novembre 1969, n. 728 . 75 
Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 747 76 
Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 749 77 
Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 759 78 
Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 763 78 
Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 771 79 
Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 775 79 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 27 maggio 1961), n. 1569 .....�... pag. 167 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
RASSEGNA DI DOTTRINA 
SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
RASSEGNA DI DOTTRINA 
MoNTEL A. -PROTETTI E., Possesso e azioni possessorie nella 
giurisprudenza, CEDAM, Padova 1970 . . . . . . pag. 1 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
LEGGI E DECRETI (segnalazioni) .......... pag. 3 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
-Norme dichiarate incostituzionali: 
codice di procedura penale, art. 168, secondo comma 
codice di procedura penale, art. 195 . . . . . . . . 
d.lg. 15 maggio 1946, n. 455, artt. 26 e 27 . . . . . 
d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 198, secondo comma 
legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 10 . . 
legge reg. sic. appr. 12 novembre 1969 . . . . . . 
-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la 
questione di legittimit� costituzionale: 
codice di procedura penale, art. 15, primo e quinto 
comma .................. . 
codice di procedura penale, art. 219 . . . . . . . 
codice di procedura penale, art. 372, art. 392 e art. 398 
codice di procedura penale, art. 374 . . . . . . . 
codice di procedura penale, art. 409 . . . . . . . 
codice di procedura penale, art. 630, secondo comma 
r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, quinto comma .. 
d.lg. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 840, art. 1 . . . . . . 
d.P.R. 24 .giugno 1954, n. 342, art. 4, tariffa allegato A 
d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 113, quinto comma 
d.P.R. 27 novembre 1960, n. 1798 ... 
legge 20 maggio 1965, n. 507, art. 1 . . 
d.P.R. 30 �giugno 1965, n. 1124, art. 204 
legge reg. sic. appr. 10 dicembre 1969 . 
__: Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale 
-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di estinzione, di inammissibilit�, 
di manifesta infondatezza o di restituzione 
degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . 
3 
3 
4 
4 
4 
4 
4 
5 
5 
5 
5 
5 
5 
6 
6 
6 
6 
6 
7 
7 
7 
7 

INDICE xv 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

Caccia e pesca . pag. 27 
Concessioni amministrative 
27 
Confisca 28 
Contrabbando 28 
Costituzione 28 
Danni di guerra 28 
Dazi doganali 29 
Edilizia economica e 
popolare . 29 
Espropriazione per p.u. 29 
Fallimento 30 

(secondo l'ordine di materia) 
Foreste . pag. 30 
Imposta di registro 30 
Imposte e tasse 31 
Imposta sul patrimonio 31 
Imposte varie 32 
Locazione di cose 33 
Pensioni 33 
Rappresentanza 34 
Reati finanziari 34 
Regioni 34 
Responsabilit� civile 34 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (*) 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1969, n. 123 -Pres. Branca Rei. 
Verzi -Parrino (n. c.) e Assessore alle Finanze Regione siciliana 
(Sost. avv. gen. dello Stato Agr�). 

Imposte e tasse in genere -Riscossione imposte dirette -Impiegati 
delle Esattorie -Diverso limite di collocamento a riposo per uominie 
donne -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 37; d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 140). 

Non � fondata, con riferimento ai principi costituzionali di e�guaglianza 
e di paritd giuridica della donna l�voratrice, la questione di 
legittimitd costituzionale dell'art. 140 T.U. 15 maggio 1963, n. 858, 
sulla riscossione delle imposte dirette, nella parte in cui dispone che 
il collocamento a riposo dei dipendenti delle Esattorie abbia luogo 
al 60o anno per gli uomini e al 550 anno per le donne (1). 

(Omissis). -1. -L'ordinanza della Corte d'appello di Palermo 
solleva la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 140 del testo 
unico delle leggi sui servizi di riscossione delle imposte dirette, approvato 
con decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1963, 

n. 858, in quanto -disponendo che vengano mantenuti in servizio gli 
impiegati delle esattorie fino al 550 anno di et�, se donne, ed al 60� 
(*) A.lla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha 
collaborato anche l'avv. RAi'FAELE CANANZI. 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 22 dicembre 1967 
della Corte di Appello di Palermo (Gazzetta Ufficiale 20 aprile 1968, n. 102). 
Sulla particolare posizione della donna lavoratrice, pur nel rispetto del 
principio di eguaglianza di trattamento economico e normativo, cfr. la precedente 
sentenza della Corte 5 marzo 1969 n. 27, in questa Rass!!gna, 
1969, 197. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATtrRA DELLO STATO

2 

anno, se uomini -violerebbe ,gli artt. 3 e 37 della Costituzione, i 
quali garantiscono alla donna lavoratrice parit� di diritti rispetto al 
lavoratore. 

La questione non � fondata. 

2. -Occorre preliminarmente porre in rilievo che il fondo di previdenza 
per i dipendenti delle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette 
-riordinato con la legge 2 aprile 1958, n. 377 -ha assunto la struttura 
di una gestione autonoma in seno all'Istituto nazionale della predenza 
sociale, e si � uniformato ai princ�pi della assicurazione obbligatoria 
per ila invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti. Pertanto, l'articolo 
21 della suindicata leg�ge n. 377 del 1958 dispone -in conformit� 
con l'art. 9 del regio decreto legge 14 aprile 1939, n. 636, sul riordinamento 
delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria generale -che 
gli iscritti al fondo hanno diritto alla pensione quando possano far 
valere almeno 15 anni di contribuzione ed abbiano compiuto l'et� 
di 60 anni se uomini e di 55, se donne. 
L'art. 140 del testo unico n. 858, del 1963, che � stato impugnato, 
disciplina la posizione dei dipendenti delle esattorie o 'ricevitorie, nel 
momento della scadenza o della cessazione del contratto di esattoria, 
disponendo che il personale iscritto al fondo ha diritto di essere mantenuto 
in servizio senza soluzione di continuit�. Non hanno tuttavia 
tale diritto quegli impiegati che abbiano raggiunto l'et� di 60 anni 
se uomini e di 55 se donne ed abbiano maturato il diritto a pensione. 
Qualora all'et� sopraindicata essi non abbiano ancora maturato tale 
diritto sono mantenuti in servizio fino a quando lo maturino, ma non 
oltre i cinque anni. Pertanto, diritto al mantenimento in servizio e 
diritto alla pensione sono intimamente legati: il primo cessa quando 
sorge il secondo; per l'uno e per l'altro identica � l'et� di 60 o 
di 55 anni. 

3. -Secondo l'art. 37 della Costituzione, la donna ha gli stessi 
diritti e -a parit� di lavoro -le stesse retribuzioni che spettano al 
lavoratore. Sostanzialmente viene applicato in materia di lavoro il 
principio di uguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, 
proclamato in via generale dall'art. 3. Vale pertanto anche in questa 
materia quanto ha gi� costantemente ritenuto questa Corte, che cio� 
la Costituzione non vuole un livellamento generale, n� una uguaglianza 
meccanicamente applicata, ma -tenendo conto delle esigenze 
dell'ordine giuridico e sociale -non si pu� prescindere dalla ragionevole 
differenziazione di rapporti e di situazioni. In riferimento ad 
obibettive diversit�, sarebbe infatti contrario al prillcipio di uguaglianza 
un trattamento non differenziato. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 3 

Alla stregua di tali considerazioni, la Corte ritiene che non � n� 
irrazionale n� arbitrario il principio, discrezionalmente fissato dal 
legislatore, in termini di generalit�, che l'uomo possa essere licenziato 
quando abbia raggiunto l'et� di 60 anni e la donna quella di 55 anni, 
ed abbiano maturato il diritto a pensione. Gi� � stato rilevato che 
sussistono innegabilmente particolari attitudini, che rendono i cittadini 
dell'uno o dell'altro sesso idonei a determinati uffici, e di tali 
attitudini, il legislatore pu� tener� discrezionalmente conto (sentenza 

n. 56 del 1958). Anche la ordinanza di rimessione riconosce che un 
criterio obiettivamente attitudinario pu� essere ammesso come giusta 
causa di differenziato trattamento fra uomo e do!J-na. Orbene, il fatto 
di potere utilizzare le prestazioni della donna fino a 55 anni, piuttosto 
che fino a 60, tenendo conto deUa costituzione, della capacit�, della 
resistenza a particolari lavori faticosi, del rendimento e di altri fattori, 
che si compendiano nel termine attitudine, importa una valutazione tecnica, 
normalmente consentita al legislatore. Necessit� di adottare princ�pi 
uniformi per tutte le svariate categorie di donne lavoratrici, nel 
vasto campo della assicurazione obbligatoria generale, non consente 
evidentemente la distinzione fra lavoro e lavoro, oppure fra condizioni 
soggettive, -anche per non creare inutili e dannose discriminazioni 
nello stesso ufficio o nella stessa fabbrica -sicch� il legislatore razionalmente 
ha ritenuto di adottare un unico criterio generale, fissando 
l'et� di '55 anni perch� la donna acquisisca il diritto a pensione.' E, 
se il legislatore � partito dal presupposto che la attitudine al lavoro, 
in via di massima, viene meno nella donna prima che nell'uomo, in 
genere di maggiore resistenza fisica, non pu� dirsi che siffatta valutazione 
del legislatore sia arbitraria. 
, 4. -Pe:r altro, la norma impugnata non viola, sotto un diverso pro\ 
filo, il principio di parit� di diritti della donna lavoratrice. Ed invero, 
\~a norma costituzionale non afferma soltanto questa parit�, ma intende 
\ltresi salvaguardare l'essenzialit� della funzione familiare della donna. 
~rci�, rimette al legislatore il potere di fare alla donna un trattamento 
-,erenziato, stabilendo condizioni di lavoro che le permettano di 
\re gli interessi familiari. La Corte ritiene che rientri fra questi 
\J, sia pure in modo indiretto, anche quello di limitare nel tempo 
~odo in cui la donna venga distratta dalle cure familiari e di 
\ire che, giunta ad una certa et�, essa torni ad accudire esclusi' 
alla famiglia, con l'apporto anche di quella pensione che le 

.u.a. L'art. 37 fa espressamente una riserva di legge per il limite 
minimo di et� per il lavoro salariato della donna; e le ragioni che 
suffragano tale riserva possono, quanto meno in parte, valere per la 
fissazione di un limite massimo di et� in connessione con l'assicurazione 
generale obbligatoria. -(Omissis). 


4 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1969, n. 125 -Pres. Branca -
Rel. Benedetti -Menichini (n. c.) e Amministrazione delle Finanze 
dello Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Proponibilit� dell'azione 
giudiziaria dopo l'iscrizione a ruolo del tributo -Violazione del 

principio di difesa�-Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 24, 113; legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6, comma primo; 


r.d.l. 7 ago.sto 1936, n. 1639, art. 22). 
Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con gli artt. 24 
e 113 della Cos1Jituzione, gli artt. 6, primo comma, della legge 20 marzo 
1865, n. 2284, all. E, e 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, limitatamente 
alle parti in cui condizionano l'esercizio dell'azione del contribuente 
avanti aH'autoritd giudiziaria ordinaria alla pubblicazione del ruolo 
ed all'iscrizione a ruolo dell'imposta (1). 


(Omissis). -1. -In materia di controversie relative alle imposte 

dirette l'art. 6, comma primo, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, alle


gato E detta la regola particolare secondo la quale l'azione dinanzi 

all'autorit� giudiziaria non � proponibile fino a quando non abbia avuto 

luogo la pubblicazione dei ruoli. L'art. 22, comma quarto, del decreto 

legge 7 agosto 1936, n. 1639, a sua volta dispone che l'autorit� giudi'


ziaria pu� essere adita dal contribuente anche dopo che sia interve


nuta soltanto decisione definitiva della Commissione distrettuale o di 

quella provinciale, purch� la relativa imposta sia stata iscritta a ruolo. 

.Con l'ordinanza� di rimessione viene denunciata l'incostituzionalit� 

delle indicate disposizioni rilevandosi che, costituendo .l'iscrizione e 

pubblicazione del ruolo una indispensabile condizione per la propo


nibilit� dell'azione giudiziaria, � evidente che la tutela giurisdizionale 

del contribuente garantita dagli artt. 24 e 113 della Costituzione viene 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 30 ottobre 1967 della 
Corte di Appello di Napoli (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 1968, n. 152). 
Le norme ora espunte dall'ordinamento traevano giustificazione dottri


nale sulla teorica della inammissibilit� di un accertamento -senza imposi


zione, e quindi di una posizione di interesse legittimo del contribuente 

prima dell'atto impositivo concreto (PUGLIESE, Diritti subiettivi e interessi 

legittimi di fronte alla giuriisdizione triibutaria, Riv. it. dir. fin. 1938, I, 
� 68. ALLORIO, Diritto processuale tributario, Torino, 1953, 19). 

D'altra parte, dopo �che la giurispruden:zJa della Corte Suprema aveva 
ammesso le azioni di accertamento negativo (cfr. fra le ultime senten2ie, 
Sez. un. 8 giugno 1968, .. 1751, Giur. it., 1968, I, 1540), tale prospettazione 
dottrinale non �era pi� sostenibile; e le stesse norme di cui alla sentenza in 
rassegna avev�ano un significato quasi esclusivamente triadizionale, senza 
corrispondere neanche ad una pratica utilit� per l'Amministraizone Finanziaria. 



~ll#'"@!IW~l~Ali'iJiJIFl..J 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 

ad essere limitata ritardandosene l'esperibilit� al verificarsi di un presupposto 
che non pu� ritenersi giustificato da alcun interesse dell'Amministrazione 
finanziaria. 

2. -La questione � fondata. 
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricordata dal giudice 
a quo, i citati precetti costituzionali consentono al legislatore ordinario 
di regolare modi ed effkacia della tutela giurisdizionale e di subordinarne 
l'esercizio al verificarsi di presupposti e condizioni differendola 
nel tempo. Quel che tuttavia occorre, perch� una disciplina del genere 
non si riveli arbitraria e quindi in contrasto con il fondamentale principio 
della tutela giurisdizionale, � la presenza di concrete esigenze, 
di apprezzabili interessi il cui necessario soddisfacimento nei giustifichi 
l'emanazione. 

Ora tutto ci� non ricorre nel caso delle norme denunciate. Esse 
pongono in essere un presupposto per la valida costituzione del rapporto 
processuale dinanzi al giudice ordinario che non appare giustifi-. 
cabile in relazione alla esigenza dell'Amministrazione di attuazione 
qella .pretesa tributaria. La proposizione dell'azibne giudiziaria, dopo 
l'espedmento, almeno in un grado, del ricorso dinanzi alle Commissioni 
tributarie e prima della iscrizione a ruolo, non preclude all'Amministrazione 
il diritto di realizzare il suo credito. Anche in pendenza 
del giudizio ordinario infatti, in forza del principo generale dell'esecutoret� 
dell'atto amministrativo, pu� procedersi alla iscrizione e pubblicazione 
del ruolo nonch� alla riscossione coattiva del tributo. Sotto 
tale profilo quindi l'interesse del fisco non riceve alcuna particolare 
tutela dalle norme impugnate. 

Diversa � invece, proprio sotto l'aspetto considerato, la posizione 
del contribuente al quale le disposizioni in esame innegabilmente precludono 
di chiedere una sollecita tutela del proprio diritto ritenuto leso. 

Iscrizione e pubblicazione del ruolo sono atti necessariamente conseguenti 
all'accertamento che assolvono alla :llunzione di rendere esigibile 
l'eventuale azione esecutiva della finanza. Non � sostenibile che 
prima della pubblicazione del ruolo manchi un interesse giuridico 
concreto ed attuale del contribuente a chiedere la dichiarazione giudiziale 
di illegittimit� di un accertamento tributario gi� compiuto 
dall'Amministrazione ed in relazione al quale � altres� intervenuta 
nella fase d'impugnazione in sede amministrativa una decisione definitiva 
delle competenti Commissioni tributarie. 

Una tempestiva azione di tutela dei propri diritti offre al contribuente 
maggiori possibilit� di ottenere una decisione di accoglimento 
prima ancora che sia stata soddisfatta, in tutto o in parte, spontaneamente 
o in via coattiva, l'obbligazione tributaria. 

Le norme denunciate, quindi, poich� non assolvono allo scopo 
di tutela di un interesse dell'Amministrazione e limitano per contro. 


6 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

frapponendo un ingiustificabile ritardo, la tutela giurisdizionale del 
soggetto privato, vanno dichiarate costituzionalmente illegittime. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1969, n. 126 -Pres. Branca -
Rel. Reale -Soc. Masturzo (avv. Castelli) e Presidente del Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Imposte e tasse in genere -Imposta di conguaglio sui prodotti impor


tati -Violazione della riserva di legge -Illegittimit� costituzio


nale -Esclusione. 

(Cost., art. 23,76; legge 31 luglio 1954, n. 570, art. 1, 3). 

Poich� l'art. 23 della Costituzione non vieta che, con l'osservanza 
dei limiti del successivo art. 76, possa essere demandata al Governo 
l'emanazione di atti normativi in materia di imposte aventi lo stesso 
valore della legge ordinaria, sono costituzionalmente legittimi gli articoli 
1 e 3 della legge 31 luglio 1954 n. 570, istitutivi dell'imposta di 
conguaglio sui prodotti importati, costituendo essi l'esercizio di una 
formale delega legislativa al Governo nella materia (1). 

(Omissis). -1. -La questione sollevata con l'ordinanza sopra 
riferita della Corte d'appello di Napoli ha per oggetto .gli artt. 1 e 3 
della legge 31 luglio 1954, n. 570, concernente la disciplina dei due 
diversi regimi tributari dei prodotti industriali indicati in apposite 
tabelle: la restituzione, all'atto della loro esportazione, dell'imposta 
generale sull'entrata (art. 1, primo comma) e l'istituzione di una imposta 
di conguaglio dovuta al momento della importazione (art. 1, secondo 
comma). 

L'art. 3 dispone poi che alla formazione ed approvazione delle 
tabelle predette, quella riguardante l'elenco dei prodotti per i quali � 
stabilita la restituzione dell'LG.E. (all. A) e quella concernente, invece, 
le merci colpite da imposta di conguaglio (all. B), � autorizzato � Il 
Presidente della Repubblica, con proprio decreto, emanato su proposta 
del Ministro per le finanze, di concerto con i Ministri per il bilancio, 
per il tesoro, per l'industria e commercio e per il commercio con l'este


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 5 gennaio 1968 della 
Corte di Appello di Napoli (Gazzetta Ufficiale 6 J.uglio 1968, n. 170 . 
In giurisprudenza, per la natura ed autonomia dell'imposta in questione, 
cfr. Cass., Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2309 e 23 luglio 1969, n. 2779. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 7 

ro, sentito il Consiglio dei Ministri., � entro tre mesi dall'entrata in 

vigore della legge stessa � ed osservati i criteri stabiliti nell'art. 2. 
In quest'ultimo articolo, non impugnato, i prodotti soggetti agli 
speciali regimi sopra accennati sono classificati in quattro categorie, 

I

con riguardo alla corrispondente incidenza della imposta generale sull'entrata 
e sono determinate le aliquote, rispettivamente del rimborso 

o del conguaglio, per ciascuna di esse. 
Le tabelle, riguardanti tali prodotti, sono state poi approvate con 
decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1954, n. 676, ema


I 

nato appunto in virt� dell'autorizzazione contenuta nel citato art. 3. 
La Corte d'appello, in riferimento al caso in esame, nel quale 

I

si controverte circa l'applicazione, all'atto della loro importazione, 
della imposta di conguaglio a quantitativi di olii vegetali destinati 
alla raffinazione, in conformit� della tabella B (parte IV) allegata al 
decreto del Presidente della Repubblica summenzionato, nuove dalla 
premessa che nella specie non sia da ravvisarsi una delega legislativa, 
a norma dell'art. 76 della Costituzione. 

Il ricordato art. 3 non attribuirebbe testualmente l'esercizio di potere 
legislativo al Governo, ma conterrebbe l'autorizzazione ad emanare 
un provvedimento amministrativo (di cui l'ordinanza non indica 
la natura), volto a stabilire in quali casi l'introduzione di un prodotto 
industriale nel territorio dello Stato legittimi la pretesa dell'amministrazione 
finanziaria di esigere l'imposta di conguaglio e determinando 
cos�, in definitiva, un presupposto sostanziale dell'imposta. 

Un provvedimento, cio�, che sarebbe esercizio non di �mera discrezionalit� 
tecnica amministrativa � nella specificazione delle modalit� 
del tributo, ma di una scelta politica riservata invece agli organi 
legislativi, ai senti dell'art. 23 della Costituzione. 

La questione non � fondata. 

2. -L'art. 3 della legge in esame deve essere infatti interpretato 
come norma di delegazione legislativa e non come autorizzazione ad 
emanare un provvedimento di natura diversa, tale da giustificare le ulteriori 
illazioni della Corte d'appello. 
Si deve premettere che alla confiugrazione della delega non osta 
il principio della riserva legislativa in materia tributaria. 

La garanzia stabilita nell'art. 23 della Costituzione non vieta che, 
con l'osservanza dei limiti stabiliti dall'art. 76 della stessa Carta costituzionale, 
possa essere demandata al Governo l'emanazione di atti 
normativi in materia di imposte aventi lo stesso valore della legge 
ordinaria, purch� la volont� del Parlamento a delegare l'esercizio della 
funzione legislativa, trovi essa stessa espressione nella legge formale, 
a conclusione della � normale procedura � di esame ed approvazione 
della legge, come nella specie � appunto avvenuto, in conformit� dell'art. 
72 ultimo comma della Costituzione. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

8 

N� pu� dubitarsi che con l'art. 3 della legge n. 570 del 1954 il 
Governo sia stato legittimamente delegato ad emanare un provvedimento 
avente valore di legge nella materia in esame. 

Non vale obiettare in contrario, come si fa nell'ordinanza di rinvio, 
ehe l'autorizzazione a formare .gli elenchi dei prodotti soggetti ad 
imposta di conguaglio sarebbe di,retta non al Governo, Qosi come 
richiesto dall'art. 76 della Costituzione, ma all'autorit� amministrativa. 

La formulazione dell'art. 3 della legge in esame, invece, se pur 
non indica espressamente il Governo quale destinatario dell' � autorizzazione 
� ad emanare l'atto delegato, si riferisce sostanzialmente al 
Governo della Repubblica attesa la puntuale indicazione degli organi 
che, a norma dell'art. 92, primo comma, lo compongono. 

Tanto la legge attributiva del potere, quanto il decreto emanato. 
sulla base di esso, eqntengono la formula e sentito il Consiglio dei 
Ministri � : formula non rarwrnente usata nella prassi per indicare la 
deliberazione del Consiglio dei Ministri, necessaria all'esereizio della 
delega. 

L'intento del Parlamento di conferire al Governo la delegazione 
legislativa pe.r la formazione delle tabelle, indicate nell'art. 1 della legge, 
ed in ispecie quella dei prodotti soggetti ad imposta di conguaglio, 
emerge d'altra parte, senza possibilit� di equivoco, dai lavori preparatori
� della stessa legge impugnata. 

� inoltre confermato, e ci� vale anche ad integrare la piena osservanza 
del disposto dell'art. 76 della Costituzione, dal concorso,� nell'articolo 
3, dei requisiti univoci, che condizionano la legittimit� della 
delegazione stessa: la determinazione, cio�, dei criteri e principi drettivi 
contenuti nell'art. 2 della legge, la definizione dell'oggetto e, in 
ultimo, la prefissione del termine di tre mesi per l'esercizio del poteredovere 
delegato. Elemento quest'ultimo che riveste particolare rilievo 
in riferimento alla disposizione dell'art. 11 della legge impugnata, subordinante 
alla entrata in vigore del decreto presidenziale delegato l'efficacia 
della legge medesima. 

� poi significativo che nel preambolo del dec,reto delegato non 

risulta l'audizione del parere del Consiglio di Stato, quale organo di 

consulenza obbligatoria in materia regolamentare: parere, del resto, 

nemmeno richiesto dalla legge impugnata. Del pari nello stesso de


creto non � ad esso attribuita alcuna qualificazione di regolamento od 

altra analoga. Ci�, anehe su questo punto) in piena aderenza alla legge 

delegante. 

Di fronte a tali concordanti e decisivi rilievi rimangono privi di 

importanza gli argomenti che la Corte d'appello ha voluto trarre dalla 

successiva legge, anch'ess.a di delegazione, 7 luglio 1960, n. 633, il cui 

testo, malgrado qualche diversit� di formulazione, non �, nel suo 

contenuto, diverso da quello della legge in esame, come, del resto, si 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 9 

opin� nel corso dei lavori preparatori della suddetta legge e precisamente 
nella relazione della Commissione Finanza e Tesoro del Senato 
all'analogo disegno di legge n. 979, comunicato alla Presidenza del!'
Assemblea il 9 giugno 1960. In tale documento si accenn�, infatti, 
alla legge ora impugnata come caso aderente a prassi costante di delegazione 
al Governo di attivit� legislativa nella materia in oggetto, 
all'esercizio del quale potere delegatorio il Parlamento era nuovamente 
chiamati). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1970, n. 1 -Pres. Branca � 
Rei. Rocchetti -Zulian (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministd 
(Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit� costituzionale 
-Giudice a quo -Pronuncia sull'ammissibilit� dell'impugnazione 
-Natura giurisdizionale. 

(Cost., art. 134; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 2.3; c.p.p., art. 207). 

Procedimento penale -Parte civile -Impugnazione della sentenza di 
proscioglimento dell'imputato -Limitazione ai soli casi di condanna 
della P. C. alle spese e ai danni -Illegittimit� costituzionale 
relativamente al ricorso per Cassazione. 

(Cost., art. 3, 24, 111; c.p.p., art 195). 

� ammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata 
in via incidentale dal giudice in sede di esame delibatorio di ammissi~ 
bilit� dell'impugn<fzione, giusta l'art. 207 Cod. proc. penale (1). 

(l) La questione era stata proposta con ordinanza 23 marzo 1968 del 
Pretore di Padova (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 1968, n. 152). 
In ordine a quanto ritenuto dalla Corte con la prima massima, la giurisprudenza 
ha affermato che il provvedimento del giudice a quo, di cui 
all'art. 207 c.p.p., incidendo sulla .sottostante sentenza di merito, nel i;enso 
che J!a fa passare in giudicato (art. 576 c.p.p.), � irrevocabile, .salva la sua 
ricorribilit� in Cassazione (Cass. 1� aprile 1948 rie. Coppola, Riv. dir. proc., 
1948, 276, con nota fortemente critica di CARNELUTTI, Natura del provvedi-, 
mento che dichiara l'inammissibilit� dell'impugnazione). 

Tenuto conto degli effetti, almeno riflessi, di giudicato che l'ordinanza 
del giudice a quo dell'impugnazione pu� importare, la decisione della Corte 
Costituzionale circa la legittimazione di detto giudice a sollevare la questione 
di legittimit� costituzionale appare corretta. 

Per ampia disamina, in.dottrina, sulla legittimazione del giudice a quo 
nel processo costituzionale, ONIDA, Note critiche in tema di legittimazione 
del giudice a quo nel giudizio incidentale di costituzionalit� delle leggi, 


10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 195 c.p.p., nella parte in cui pone limiti a che la parte civile 
possa proporre ricorso per Cassazione contro le disposizioni della sen� 
tenza che concernono i suoi interessi civili, � in contrasto con l'art. 111 
della Costituzione, e va pertanto dichiarata costituzionalmente illegit� 
timo relativamente a detti limiti (2). 

(Omissis). -Il pretore di Padova, essendo chiamato a pronunziarsi, 
ai sensi dell'art. 207 del codice di procedura penale, sull'ammissibilit� 
di un gravame proposto da una parte lesa, costituita parte civile, 
contro una sua sentenza, con la quale quel pretore aveva prosciolto 
l'imputato, ha ritenuto non conforme alle norme costituzionali relative 
al diritto di difesa la disposizione dell'art. 195 dello stesso codice che, 
nella ipotesi di proscioglimento dell'imputato, consente alla parte civile 
un diritto di gravame limitato al solo caso in cui essa sia stata condannata 
ai danni e alle spese. Al riguardo l'Avvocatura dello Stato 
prospetta preliminarmente il dubbio che, al giudice chiamato ad esprimere 
il sommario giudizio di cui all'art. 207 del codice di procedura 
penale non sia consentito di sollevare questioni di costituzionalit�, per 
essere a lui sottratto l'esame dd merito, che � riservato invece al 
giudice dell'impugnazione. 

Ma, secondo questa Corte ha gi� pi� volte ritenuto, legittimato 
a sollevare eccezioni di incostituzionalit� � ogni organo investito di 

l

funzioni di giurisdizione che, per risolvere una qualsiasi questione f 

!

sottoposta al suo esame e che abbia il compito di decidere, debba interf 
pretare ed applicare una norma della cui conformit� alla Costituzione 

!

abbia motivo di dubitare. � 
E poich�, nel caso, il pretore di Padova doveva, per assolvere il 

I ! 
I 
compito commessogli dall'art. 20'7 del codice di procedura penale, 
interpretare ed applicare quanto � dal detto articolo disposto, egli era 
senza dubbio legittimato a sollevare, in rapporto ad esso, questioni di 
costituzionalit�. 

Giur. it., 1968, IV, 232; e, per quanto concerne il processo civile; ZAGREBELSKY, 
Considerazioni sulla competenza del giudice istruttore civile a sollevare 
incidenti di legittimit� costituzionale, Giur. cost., 1967, 621. 

(2) La sentenza della Corte produrr� l'effetto, come � espiressamente 
chiarito nella motivazione, di consentire il rico;rso alla P.C. solo se contro 
la sentenza non sia proposto, da altre parti, appello. Da notare la particolare 
qualificazione del diritto di difesa, che, �secondo la decisione in rassegna, 
assume una sua cQPertura costituzionale assoluta per l'impugnativa davanti 
alla Corte di Cassazione. 
In dottrina, sulla posizione della P.C. rispetto �alle iimpugnazioni, cfr. 
SELLAROLI, I limiti dell'impugnazione della P. C., Giust. pen., 1964, 22; 
GuALTIERI, Il sistema delle nullit� e delle impugnazioni con riguardo alla 
P.C., ivi, 1968, III, 97. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Il 

Ond'� che il dubbio proposto dall'Avvocatura deve ritenersi infondato. 


2. Passando all'esame del merito, � da precisare che il giudice 
a quo, bench� nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione abbia indicato, 
come norme di comparazione ai fini del giudizio di costituzionalit�, 
soltanto quelle d cui agli artt. 24, comma secondo, e 3, in realt� egli 
ha preso in considerazione anche la norma dell'art. 111 della Costituzione, 
la cui disposizione ha citata nella parte motiva della stessa ordinanza, 
sia pure per escludere che quella norma abbia importato un 
diretto effetto abrogativo -modificativo della disposizione e del sistema 
dell'art. 195 del codice di procedura penale. 


� ovvio che il giudtce a quo, nel porsi tale quesito, ha manifestato 
di avvertire un contrasto fra le due norme, quella dell'art. 195 del 
codice di procedura penale -che esclude il gravame della parte civile 
contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato (salvo il caso di 
sua condanna alle spese e ai danni) -e quella dell'art. 111,, comma 
secondo, della Costituzione, che ammette il ricorso per cassazione 
contro ogni tipo di sentenza. E deve dedursene che lo stesso giudice, 
in tanto ha omesso, nelle conclusioni, di richiamare l'art. 111 da lui 
pur menzionato (e che, nel caso era specificamente pertinente perch� 
. la parte civile Chiodetto proprio un ricorso per cassazione aveva proposto), 
in quanto ha fatto riferimento alla disposizione dell'art. 24, 
'pmma secondo, che pu� considerarsi comprensiva di ogni altra rela


va alla tutela del diritto di difesa. 
\ Ci� posto, la Corte ritiene che il giudice a quo abbia dedotto anche 
�~olazione dell'art. 111, secondo comma, della Costituzione. 
\ La norma impugnata non lede gli artt. 24 e 3 della Costi


~. 

ltti, per quanto riguavda in generale il diritto di difesa, la 

~ile ha modo di esercitarlo pienamente nel primo grado del 
\i che, sotto questo aspetto, l'art. 24 della Costituzione non 
'~i violato. Altrettanto si dica dell'art. 3: se alla parte civile 
��... certi casi, il diritto di appellare, ci� si giustifica con la 

" 

~ione che essa, coone parte lesa, ha nel processo penale; 
'11bra irragionevole che, nel silenzio dl pubblico ministero 
\ le manchi di potere di provocare il riesame sul fatto. 
~agionamento non pu� ovviamente ripetersi per il riJoazione, 
poich� l'art. 111, secondo comma, della CostituA.
rtmettendolo � sempre�, e cio� senza esclusioni, ne attribuisce 
potere a tutte le parti del giudizio di merito, quando siano consu


mate o non siano consentite altre forme di gravame. 

Deve riconoscersi quindi che alla parte civile, per il disposto dell'art. 
111, secondo comma, della Costituzione, competa il diritto di 
ricorrere in cassazione per violazione di legge anche contro la sen



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenza, sia di primo che di secondo grado, che abbia prosciolto l'imputato 
e che, non avendo condannato ai danni e alle spese essa parte 
civile, per l'art. 195 non pu� essere ora da lei in alcun modo impugnata. 

Ed � appena il caso di soggiungere che il ricorso per cassazione, 
che la parte civile � cosi ammessa a proporre nelle ipotesi in cui le era 
prima vietato, ha sempre lo stesso oggetto, e quindi g.li stessi limiti, 
dell'azione civile che essa � abilitata a esercitare nel processo penale; 
pu� cio� investire le sole disposizioni della sentenza che concernono 
i suoi interessi civili. 

Va poi anche soggiunto che il ricorso per cassazione della parte 
civile, quando � proposto contro sentenza di primo grado, per lei inappellabile, 
produrr� effetto soltanto se contro la stessa sentenza non 
segua un esame in appello, cui la parte civile ha titolo per partecipare 
in forza del disposto dell'art. 92 del codice di procedura penale, e che 
abbia luogo a seguito di gravame proposto dall'imputato o dal pubblico 
ministero. 

Deve pertanto concludersi che la disposizione dell'art. 111, secondo 
comma, della Costituzione ha reso illegittimo l'art. 195 del codice 
di procedura penale nella parte in cui questo non consente che la 
parte civile proponga ricorso per cassazione, limitatamente alle disposizioni 
concernenti i suoi interessi civili;-contro la sentenza, sia di 
primo che di secondo grado, la quale ha concluso il processo cui essa 
ha partecipato. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1970, n. 2 -Pres. Branca -
Rel. Capalozza -Briosco ed altri (avv. Clarizia) e Presidente de1l 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Atti compiuti dalla polizia giudiziaria -Fase 
delle indagini preliminari -Inapplicabilit� degli artt. 304 bis. 
ter e quater c. p. p. -Infondatezza della questione. 

(C05t., art. 3, 24; c.p.p., art. 219). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale delL'articolo 
219 c.p.p. per contrasto con l'art. 24 delLa Costituzione, in quanto, 
per effetto delle sentenze delLa Corte n. 86 del 1968 e n. 148 del 1969, 
e poi delLa legge 5 dicembre 1969 n. 932, � da escludersi che la polizia 
giudiziaria, pur in presenza di un soggetto da considerare indiziato di 
resto, possa procedere ad atti istruttori senza l'osservanza delLe dispo



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 

sizwni degli artt. 304 bis, ter e quater c.p.p., che assicurano il minimo 
delle garanzie difensive (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONAL1E, 22 gennaio 1970, n. 4 -Pres. Branc~ Rei. 
Rossi -Valentini ed altri (n. c.) e Presidente del Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Procedimento penale -Compimento di atti istruttori da parte del 
Pretore -Indagini di polizia giudiziaria -Violazione diritto di 
difesa -Mancanza di motivazione del decreto di citazione a giudizio 
-Illegittimit� costituzionale -Infondatezza delle questioni. 

(Cost., art. 3, 24, 111; c.p.p., art. 231, 398, 225, 409). 

SO'no manifestamente, infondate, in relazione ai precedenti enuncati 
della Corte Costituzionale,' le questioni di legittimit� costituzionale 

I 

degli articoli 231 e 398 c.p.p. e dell'art. 225 dello stesso codice nella 

I1

parte in cui, rispettivamente, riguardano la facolt� del Pretore di non 
interrogare l'imputato prima di rinviarlo a giudizio e disciplinare le f 

i 

indagini di polizia giudiziaria; mentre � infondata, con riferimento al


I 
! 
!

l'art. 111 della Costituzione, la questione di legittimit� co�stituzionale ~ 
dell'art. 409 dello stesso codice, che non prevede la motivaziO'lle del 
decreto di citazione a giudizio (2). 


I 

(Omissis). -3. -In conseguenza dei principi affermati nel'le due 
precedenti decisioni e delle statuizioni in esse contenute, deve esclu


I 

�lersi 1che l'art. 219 del codic� di procedura penale, ora impugnato, con-

I

(1-2) Le questioni erano state proposte con varie ordinanze di giudici 
di merito. 


Le due sentenze �costituiscono una interpretazione autentica delle precedenti 
decisioni della Corte 5 luglio 1968, n. 86 (in questa Rassegna, 1968, 
715) �e 22 dicembre 1969 n. 148 (ivi 1969), la quale � valsa a salvare l'attuale 
te�sto dell'art. 219 c.p.p. 


In considerazione della tormentata vicenda costituzionale del Codice 
di procedura penale, si.1 ravvisa sempre pi� improrogabile l'esigenza che il 
legislatore vi metta mano, oltre che per coordinare le norme gi� profondamente 
incise dalle sentenze della Corte, anche per adeguare tutte le 
restanti noil.'me ai pil.'ecetti della Costituzione. 


In dottrina, CoNso, Preistruttoria e diritto di difesa, Giur it., 1968, IV, 
305; FLORIDIA, Primi appunti sull'intervento della difesa nel periodo degli 
atti preliminari, Giust. pen., 1968, III, 617. 



14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

senta, nella genericit� della sua formulazione, che la polizia giudiziaria, 
pur in presenza di un soggetto da considerare indiziato ai sensi dell'art. 
78, secondo comma, del codice di procedura penale, possa procedere 
ad atti pre-istruttori senza l'osservanza delle disposizioni che assicurano 
un minimo di garanzia difensiva. In particolare, per quanto 
riguarda l'interrogatorio, se � vero che la poliz1a giudiziaria pu� procedervi 
nell'esercizio dei poteri conferitile dall'art. 219, non � altrettanto 
vero, come suppongono le ordinanze di rimessione, che esso possa 
essere compiuto, anche in presenza �di un indiziato di reato, senza 
l'osservanza degli artt. 304 bis, ter �e quater; in tale caso, infatti, l'obbligo 
del rispetto di dette disposiizoni -quando, ripetesi, un indizio 
di reit� si � gi� soggettivizzato nei confronti della persona intem-ogata 
-discende dalla dichiarazione di parziale illegittimit� dell'articolo 
225 del codice di procedura pena'1e. Pi� in .generale pu� dirsi che 
l'art. 219 del codice di procedura penale necessariamente prescinde 
dall'applicazione degli artt. 304 bis, ter e quater, perch� esso contempla 
tutte le attivit� che la polizia giudiziaria pu� e deve compiere fino 
al momento in uci le indagini preliminari si traducono in atti preistruttori 
aventi la funzione di predisporre prove di colpevolezza, utilizzabili 
come tali nel successivo processo, contro un determinato soggetto 
che abbia assunto la figura di indiziato di reato. � da questo 
momento -e solo da questo momento -che, nel rispetto dell'art. 24 
della Costituzione, devono operare i meccanismi idonei ad assicurare 
un minimo di contraddittorio, di assistenza e di difesa (cfr. sent. n. 149 
del 1969): e tale esigenza � gi� soddisfatta dalle statuizioni contenute 
nelle ricordate decisioni n. 86 del 1968 e n. 148 del 1969. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Nessuna delle questioni pu� trovare accoglimento. 

1) Sulla prima questione (artt. 231 e 398 del codice di procedura 
penale; artt. 24 e 3 della Costituzione) la Corte si � gi� ripetutamente 
pronunciata con la sentenza n. 46 del 1967 e con l'ordinanza n. 4 
del 1968, n� sono stati dedotti motivi che inducano a diverso avviso. 

2) La seconda questione (art. 225 c.p.p.; art. 24 della Costituzione) 
� venuta a cadere con la sentenza di questa Corte n. 86 del 1968 che 
dichiar� appunto la illegittimit� costituzionale degli .artt. 225 e 232 
c.p.p., nella parte in cui consentivano, nelle indagini di polizia ivi 
previste, il compimento di atti istruttori senza l'applicazione degli 
artt. 390, 304 bis, ter, quater cp.p. 

3) La terza questione � infondata. In dottrina si suole distinguere 
tra provvedimenti giurisdizionali soggetti all'obbUgo della motivazione 
(art. 111, primo comma, Costituzione) e provvedimenti ordinatori, nei 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 

quali si potrebbe far rientrare il decreto di citazione davanti al pretore 
che non ha alcun carattere decisorio. � certo comunque che il decreto 
di citazione a giudizio, avente i soli scopi di contestazione dell'accusa 
e di assegnazione di termini processuali, non pu� essere motivato 
altrimenti che in funzione di tali �scopi. E deve ritenersi che esso 
rispetta il principio costituzionale sancito dalla'rt. 111, primo comma, 
quando contiene l'enunciazione del fatto contestato, del titolo del 
reato, degli articoli di legge applicabili ed indica altresi i testimoni a 
�Carico e discarico che il giudice reputa utili per l'accertamento della 
verit�. 

L'intrinseca garanzia dei diritti di difesa dell'imputato nei processi 
davanti al pretore si rinviene nell'art. 398 c.p.p., cosi come esso deve 
leggersi dopo le sentenze n. 33 del 1966 e n. 151 del 1967. -(Omissis). 

COR~E COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1970, n. 3 -Pres. Branca . 
Rei. Mortati -Istituto Trentino-Alto Adige per assicurazioni (f..vv. 
Prosperetti) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Carafa). 

Previdenza e assistenza -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni 
sul lavoro -Estensione anche agli artigiani senza dipendenti 
-Eccesso rispetto alla delega legislativa -Esclusione. 

(Cost., art. 76; legge 19 gennaio 1963, n. 15, art. 30; d.P.R. 30 giugno 1965, 

n. 1124, art. 204). 
Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento 
all'art. 76 Costituzione, per violazione della legge di delega 
19 gennaio 1963, n. 15, dell'art. 204 del decreto del Presidente della 
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, recante il testo unico dell'assicurazione 
obbligatoria. contro gli infortuni sul lavoro, nella parte in cui 
pone tale oblbigo anche relativamente agli artigiani i quali prestino 

opera manuale senza concorso di dipendenti (1). 

(1) La questione era stata proposta con due ordinanze del Conciliatore 
di Trento, 31 luglio e 3 agosto 1967 (Gazzetta Ufficiale 11 novembre 1967, 
n. 282). 
In dottrina, cfr. LANFREDINI, Gli artigiani e il nuovo testo unico sugli 
infortuni lavoro, Riv. it. prev. soc., 1966, 29. 

3 



16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1970, n. 5 -Pres. Branca -
Rel. Rocchetti -Zanetto (n.c.) e .Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 


Procedimento penale -Incidenti di esecuzione -Audizione del condannato 
detenuto in luogo diverso dalla sede del giudice competente 
-Violazione del diritto di difesa e del principio di eguaglianza 
-Esclusione. 

(Cost., art. 24, 3; c.p.p.. art. 630, comma secondo). 

Non � fondata, n� con riferimento al diritto di difesa, n� con riferimento 
al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 630, secondo comma, codice di procedura 
penale, nella parte in cui consente l'audizione del condannato detenuto 
in luogo diverso dalla sede del giudice dell'incidente, non da parte 
di questi, ma solo da parte del giudice di sorveglianza o del Pretore 
del luogo di detenzione (1). 

(Omissis). -1. Il pretore di Camposampiero ritiene che nel procedimento 
per incidenti di esecuzione, regolato negli artt. 628 e 632 
del codice di procedura penale, al condannato che sia detenuto in luogo 
div.erso da quello in cui ha sede il giudice avanti al quale si svolge 


I

l'incidente, sia fatto dalla legge un trattamento che lede il suo diritto ~ 
di difesa e la condizione di eguaglianza. E ci� in quanto l'art. 630, 


I 

col prescrivere che egli possa essere sentito soltanto dal giudice di sor


Ifil 

veglianza o dal pretore del luogo ove � detenuto, non consente che 
possa essere ascoltato personalmente dal giudice competente a conoscere 
dell'incidente, cosi come � invece previsto per la parte libera e 
per quella che sia detenuta nella stessa sede. Dal che il giudice a quo 


I 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 27 maggio 1968 del 
Pretore di Camposampiero (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 1968, n. 222). 
In materia di incidenti di esecuzione � da ricOll'dare la precedente sen


tenza della Corte 27 marzo 1962 n. 29 (Giur. Cost., 1962, 225) di non fonda


tezza della questione dell'obbligo assoluto della nomina del difensore di 

ufficio. 

La giurigprudenza aveva ritenuto la nullit� assoluta del procedimento 
per la mancata osservanza delle prescrizioni dell'art. 630, secondo comma, 
c.p.p., riJguardo al condannato detenuto (Cass. 6 febbraio 1962, rie. Poner, 
Giust. pen., 1962, III, 34). Era stato ritenuto, per�, conformemente a quanto 
ha ora deciso la Corte Costituzionale, che il condannato detenuto in luogo 

�diverso da quello dell'incidente non ha diritto di presenziare di persona 

alla discussione dello stesso (Cass. 20 aprile 1966, rie. Tesfas, Cass. Pen., 

1964, 782). 

In dottrina, cfr. PISANI, Incidenti di esecuzione e inviolabilit� del diritto 
di difesa, Riv. it. dir. proc. pen., 1961, 669. 


Vedi, per�, la sentenza della Corte, di prossima pubblicazione, 18 maggio 
1970, n. 69, per l'illegittimit� costituzionale parziale dell'art. 630, primo 
comma, cod. proc. penale. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 17 

deduce che l'art. 630, nella parte citata, sarebbe in contrasto con 

l'art. 24, comma secondo, e con l'art. 3 comma primo, della Costituzione. 
La questione come sopra proposta � da ritenersi non fondata. 

2. Negli incidenti di esecuzione il condannato riceve dalla cancelleria 
del giudice competente, e con preavviso di almeno cinque giorni, 
comunicazione della data fissata per la deliberazione dell'incidente ed 
ha facolt� di provvedere alla sua difesa in uno dei seguenti modi : 
comparendo personalmente, assistito . o no dal� difensore, comparendo 
a mezzo del difensore, presentando memorie sia di persona sia a mezzo 
del difensore. 
Questa cos� vasta possibilit� di difese orali e scritte subisce una 
appena apprezzabile modificazione qualora il condannato che � parte 
nell'incidente, � detenuto in luogo diverso da quello ove ha sede 
l'ufficio del giudice competente. In tal caso il giudice, invece di ascoltarlo 
di persona, commette l'incarico di ascoltarlo al giudice di sorvegllimza 
o al pretore del luogo ove egli ~ detenuto. Ma � ovvio che, 
anche in tal �caso, il condannato oltre ad essere pur sempre sentito, 
bench� per rogatoria, seguita a usufruire delle altre possibilit� offertegli 
dalla legge, circa la comparizione a mezzo del difensore e la presentazione 
di memorie, sottoscritte da lui stesso o dal suo difensore. 

Le sue possibilit� di difesa rimangono quindi integre, senza che 
un'apprezzabile variazione la tutela 'di quel diritto possa ritenersi 
subisca dalla circostanza che l'audi:z:ione di lui non viene effettuata a 
mezzo dello stesso giudice che provvede poi alla decisione dell'incidente. 


In questo tipo di procedimento, alla parte privata condannata, 
la comparizione di persona � consentita per un fine diverso da quello 
per cui l'imputato � convocato avanti al giudice dell'istruzione o del 
giudizio, e che � un fine, almeno in parte, volto a:ll'acquisizione di 
elementi probatori. Nell'incidente di esecuzione invece la comparizione 
personale, per altro facoltativa, del condannato rappresenta soltanto 
un mezzo di difesa a lui offerto, congiunto ai vari altri mezzi di difesa 
orali e scritti a lui spettanti. 

Non pu� quindi scorgersi nessuna compressione di quel diritto in 
una comparizione personale che avviene per il tramite di un altro 
giudice. E ci� particolarmente se si tenga conto del cara~tere del procedimento, 
che � ristretto a questioni ordinariamente di so'lo diritto, ben 
circoscritte e determinate. 

� quindi da escludersi la lamentata violazione dell'art. 24, comma 
secondo, della Costituzione. 

3. Quanto alla pur dedotta violazione dell'art. 3, comma primo, 
relativa alla condizione di eguaglianza, deve innanzi tutto osservarsi 
che se l'audizione del condannato, fatta a mezzo di altro giudice, non 
menoma la sua possibilit� di difesa, nessun rilievo pu� attribuirsi alla 

18 RASSEGNA DELL'AVVOCA~URA DELLO STATO 

diversit� di trattamento che � riservata al condannato il quale sconta 

1

la pena in altra sede ed � ascoltato nel modo anzidetto, rispetto a 1 
quella del' libero, o del condannato che sconta la p�na nello stesso 
luogo ove ha sede l'ufficio del giudice ed � da questo ~scoltato di 
persona. 

1 

Ma quand'anche questa differenza, appena ravvisabile, dei due 
modi previsti per la comparizione del condannato, secondo che egli si 
trovi fuori dell;:t sede o nella stessa sede del giudice dell'incidente, 
potesse avere sul piano giuridico un qualche rilievo, � ovvio che tale 
differenza non sarebbe irrazionale. Il legislatore ha giustamente ritenute 
prevalenti in senso ostativo le difficolt� pratiche che un trasporto 
in stato di detenzione presenta, di fronte alla irrilevanza che il beneficio 
di essere ascoltato di persona dal giudice competente a decidere 
rappresenta per il detenuto, garantito nella sua difesa, dagli altri 
mezzi a lui offerti dalla legge. 

Anche la quistione sollevata in xapporto all'art. 3, comma primo, 
deve pertanto dichiararsi non fondata. -(Om�ssis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1970, n. 6 -Pres. Branca -Rel. 
Crisafulli -Lentini (n.c.) e Presidente Regione Siciliana (avv. 
Guarino, Leone). 

Corte Costituzionale -Giudizio di legittimit� costituzionale in via 
incidentale -Statuti speciali regionali -Intervento del Presidente 
regionale -Ammissibilit�. 

(Cost., art. 116; legge 11 marzo 1933, n. 87, art. 23, 25). 

Sicilia -Statuto della Regione -Norme relativa all'Alta Corte -Funzioni 
penali della stessa -Contrasto con la C�stituzione nel suo 
complesso -Illegittimit� costituzionale della normativa. 

(Cost., art. 116, disp. trans. XVII, 112, 108; St. reg. sic., art. 26, 27). 

Quando siano denunciate davanti alla Corte Costituzionale disposizioni 
contenute negli Statuti speciali regionali, e limitatamente a tale 
ipotesi, H Presidente della Regione � legittimato a costituirsi in giudizio 
cos� come � espressamente disposto per l'ipotesi che sia impugnata 
una legge regionale (1). 

(1) La que!ltione era stata proposta con ordinanza 9 maggio 1968 del 
Giudice istruttore di Palermo (Gazzetta Ufficiale 14 settembre 1968, n. 235). 
In dottrina, A.BBAMONTE, Il processo costituzionale italiano, Napoli 1957, 
I, 136.; GIANNINI, Sull'intervento nel processo davanti alla Corte Costituzionale, 
Giur. Cost., 1956, 240 segg. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 

Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con la Costituzione 
nel suo complesso, ed anche con riferimento alle norme degli 
artt. 116, XVII transitoria, 112 e 108, gli articoli 26 e 27 dello Statuto 
regionale siciliano riguardanti le funzioni penali dell'Alta Corte per 
la Regione siciliana (2). 

(Omfasis). -Deve anzitutto pr~ndersi in esame il problema della 
ammissibilit� dell'intervento proposto dal Presidente della Regione 
siciliana nel presente giudizio incidentale di legittimit� costituzionale, 
che ha per oggetto un atto con forza di legge dello Stato (il d.l. 15 maggio 
1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, 

n. 2). 
La Corte osserva che lo Statuto della Regione, anche se adottato 
con legge costituzionale dello Stato, come prescritto per le regioni ad 
autonomia speciale dall'art. 116 della Costituzione, o se contenuto in 
atto legislativo statale, cos� come originariamente � accaduto per lo 
Statuto della Regione siciliana, � pur sempre l'atto costitutivo sul 
quale direttamente si fondano le potest� legislative ed amministrative 
della Regione, la garanzia costituzionale prima ed essenziale della sua 
stessa autonomia. E pertanto, quando siano denunciate disposizioni 
contenute negli statuti speciali regionali, e limitatamente a ta-le ipotesi, 

I 

deve ritenersi implicito nel principio risultante dal combinato disposto 
degli artt. 23 e 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che il Presidente 

I 

della Regione sia legittimato a costituirsi dinanzi a questa Corte, cosi 
come � espressamente disposto per l'ipotesi in cui sia impugnata, invece, 
una legge regionale. 

2. La questione di legittimit� costituzionale degli articoli 26 e 27 
dello Statuto della Regione siciliana, per la parte relativa alla competenza 
penale dell'Alta Corte, viene prospettata � per contrasto non 
,con una singola norma, bens� con la ratio della Carta costituzionale �, 
vale a dire con i principi che stanno a fondamento del sistema costituzionale 
complessivo; ed infatti nel dispositivo la censura � formulata 
in primo luogo, e con maggiore perspicuit�, � in rapporto alla Costituzione 
della Repubblica �. L'ordinanza avverte espressamente che 
soltanto per ossequio formale alla lettera dell'art. 23 della legge 11 
marzo 1953, n. 87, e ad evitare una pronuncia di inammissibilit� della 

(2) La precedente sentenza della Corte, ricordata in motivazione, 
1� marzo 1957, n. 38, leggesi in Rassegna dir. pubbl., 1959, 362, e nota di 
DE FINA, L'Alta Corte e la Costituzione. n punto di vista dell'Avvocatura, 
conforme a quello poi sanzionato dalla Corte Costituzionale, � ampiamente I\ 
richiamato nel volume I giudizi di costituzionalit� 1956-60, 461 segg., cui ~: 
si rinvia. f 
Sui precedenti storico-giuridici relativi allo statuto della Regione siciliana, 
cfr. SALEMI, Lo Statuto della Regione siciliana, Padova 1961. 

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20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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questione per incertezza assoluta sull'oggetto di essa, viene fatto poi 
specifico riferimento all'art. 102, secondo comma, della Costituzione, 
richiamato peraltro -cosi nella motivazione come nel dispositivo 
dell'ordinanza -in stretto collegamento con la legge costituzionale 
del 26 febbraio 1948, n. 2, interpretata dal giudice istruttore come 

I 

avente cost\tuzionalizzato lo Statuto � con le modifiche di quelle parti 
in cui contrastava ,con la Costituzione �. 
In conformit� con la propria giurisprudenza (sentenze n. 48, n. 63 

~ 

e n. 67 del 1961; n. 87 del 1963; n. 44 del 1964; n. 50 del 1967) la Corte 
ritiene che dall'ordinanza del giudice istruttore di Palermo risulti con 
sufficiente chiarezza l'oggetto della sollevata questione, essendo d'altronde 
agevolmente individuabili, attraverso l'esame dei motivi addotti, 

I quali norme costituzionali, oltre quelle espressamente indicate, si assu~ 
mono violate (artt. 3, 5, 112, 116 e 134 in relazione all'art. 96). 

~ 

3. Non pu� nemmeno dubitarsi della proponibilit� della questione tjfill 
sotto il profilo della rilevanza, dal momento che l'ordinanza muove 
Iw

esplicitamente dall'affermazione che le disposizioni dello Statuto regionale 
che istituiscono la competenza penale dell'Alta Corte sono di immediata 
applicazione � ed ancora in vigore �, pur non essendo state 
costituzionalizzate con la legge costituzionale del 1948. Ed � giurisprudenza 
costante di questa Corte che il giudizio di abrogazione � di 
competenza del giudice del processo principale, di guisa che, ove questi 
non ritenga che sia intervenuta abrogazione e prospetti l'asserito contrasto 
di disposizioni anteriori con norme costituzionali in termini di 
incostituzionalit�, spetta alla esclusiva competenza della Corte giudicarne 
in questi stessi termini. Correttamente, dunque, stante la premessa 
sulla vigenza delle disposizioni dello Statuto relative alla com


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petenza penale dell'Alta Corte, il giudice istruttore, richiesto dal Pro


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curatore della Repubblica di procedere con il rito formale nei confronti 
di un ex assessore regionale per fatti commessi durante il periodo in 

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cui era in funzione e con questa connessi, ha sollevato la questione di 

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costituzionalit� in oggetto, poich� dalla risoluzione di essa dipende 

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se egli abbia competenza a procedere in materia che, a norma di quelle �% 
disposizioni, gli sarebbe invece sottratta. ;~ 

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4. Nel merito, la questione � fondata. Giova richiamarsi anzitutto �% 
alla sentenza n. 38 del 1957, con la quale questa Corte ebbe a ritenere 
assorbite nella propria competenza a giudicare sulla legittimit� costituzionale 
delle leggi, statali e regionali, nonch� sui conflitti di attribuzione 
tra lo Stato e le Regioni, le competenze per l'innanzi esercitate 
sulle medesime� materie, relativamente ai rapporti tra lo Stato e ia 
Regione siciliana, dall'Alta Corte. Dato il modo in cui il problema 
si era posto in quella occasione, e cio� dovendo la Corte costituzionale 
giudicare incidentalmente sulla propria competenza, che era contestata 
dalla Regione, in un giudizio di legittimit� costituzionale proposto in 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 

via di azione contro una legge della Regione siciliana, la sentenza 

n. 38 lasci� formalmente impregiudicato quanto concerne la competenza 
penale del!'Alta Corte: competenza che, � il caso di avvertire, 
non si era mai per il passato concretamente esplicata ed � persino 
dubbio che avrebbe potuto esplicarsi per la mancanza di qualsiasi 
norma di procedura, sia in ordine alla fase istruttoria e dell'accusa, 
sia in ordine alla fase del giudizio dibattimentale. 
Ma � significativo che a quella decisione della Corte costituzionale, 
considerata nei principi che la informano e nelle sue logiche implicazioni, 
sia stato fatto autorevole riferimento dall'allora Presidente 
della Repubblica, nella lettera indirizzata il 3 aprile del 1957 al Presidente 
della Camera quale Presidente del Parlamento in seduta comune, 
con la quale veniva rappresentata l'opportunit� di rinviare l'elezione 
-indetta per il giorno successivo -di un membro effettivo e di 
uno supplente dell'Alta Corte. Com'� noto, il suggerimento venne 
accolto, n� mai pi� in seguito, fino ad oggi, il Parlamento ha proceduto, 
per quanto di sua, competenza, ad integrare la composizione dell'Alta 
Corte, per rimetterla materialmente in grado di funzionare. Dal canto 
suo, lAssemblea regionale siciliana una sola volta ancora dopo la 
sentenza n. 38, e precisamente il 20 dicembre del 1961, ha provveduto 
alla nomina di un giudice del!' Alta Corte, poscia deceduto senza che si 
procedesse alla sua sostituzione. 

Senza voler dare alle circostanze test� rammentate un .peso eccessivo, 
sta di fatto, comunque, che il comportamento delle forze politiche 
interessate rivela come sia stata generalmente avvertita l'impossibilit� 
di considerare tuttora esistente ed operante nell'ordinamento 
un organo di giustizia costituzionale, qual'era l'Alta Corte, limitatamente 
ad una sola tra le sue competenze originarie, dopo che, per 
effetto della sentenza n. 38 del 1957 di questa Corte, tutte le altre 
erano venute a cessare. 

5. Bisogna insistere sul �carattere di provvisoriet� a suo tempo 
posto in evidenza dalla sentenza n. 38 del 1957, che ebbe a caratterizzare 
sin dall'inizio l'istituzione del!'Alta Corte: introdotta, per far 
fronte a situazioni politiche particolari e contingenti, prima ancora che 
avessero luogo le elezioni del!' Assemblea costituente, e quando perci� 
tutto si ignorava circa l'assetto che allo Stato italiano avrebbero conferito 
l'esito del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 e la successiva 
opera dell'Assemblea costituente. Una tale provvisoriet� risulta, 
d'altronde, dallo stesso testo del regio decreto legislativo del 15 maggio 
1946, prescrivente, nel secondo comma del suo articolo unico, che 
lo Statuto della Regione siciliana, comprendente tra l'altro le disposizioni 
sull'Alta Corte, avrebbe dovuto essere presentato all'Assemblea 
costituente e per essere coordinato con la nuova costituzione dello 
Stato�. 

22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Senonch� l'Assemblea� si trov� a provvedere in materia soltanto 
durante il periodo successivo all'entrata in vigore della Costituzione, 
quando cio�, a norma della XVII disposizione finale e transitoria, le sue 
attribuzioni � prorogate � erano limitate a quelle cosi specificate nella 
stessa disposizione transitoria: deliberare � sulla legge per la elezione 
del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge 
per la stampa �. Risulta dagli atti dell'Assemblea costituente che la 

� commissione dei diciotto � ebbe chiara consapevolezza del mutamento 
verifi'Catosi con l'entrata in vigore della nuova Costituzione, essendo 
ormai l'Assemblea chiamata ad attuare l'art. 116 della Costituzione, cui 
univoc.amente si refirsce, per questa parte, la XVII disposizione transitoria, 
e pertanto a adottare uno statuto speciale per la Regione siciliana 
come per le altre Regioni indicate nello stesso art. 116, al fine di 
assicurare ad esse �forme e condizioni particolari di autonomia �. Compito, 
sotto un certo aspetto pi� circoscritto, e sotto altro aspetto pi� 
largo, ma comunque sostanzialmente diverso da quello in un primo 
tempo prescritto dalla riferita formula dell'articolo unico del decreto 
legislativo del 1946. Fu soltanto per considerazioni di pratica e politica 
opportunit�, ed anche per la ristrettezza del tempo, se l'Assemblea si 
orient� nel senso di prendere a base del lavoro cui si accingeva il testo 
dello Statuto allora in vigore; ed � noto che, essendosi manifestate 
gravi divergenze e protraendosi la discussione, si fin� per approvare 
all'ultimo momento utile, e cio� il 31 gennaio del 1948, la legge 
costituzionale n. 2 del febbraio 1948, che, nel suo art. 1, genericamente 
assume lo statuto della Regione siciliana tra le leggi costituzionali dello 
Stato, � ai sensi e per gli effetti dell'art. 116 della Costituzione �. 
Fermo restando, dunque, che l'Assemblea costituente nel procedere 
alla cosidetta � costituzionalizzazione � dello statuto in regime di 
prorogatio, non avrebbe potuto oltrepassare i limiti derivanti dal combinato 
della XVII disposizione transitoria e dell'art. 116 della Costituzione, 
una corretta� interpretazione della legge costituzionale n. 2 
del 1948 porta a ritenere, come gi� ebbe ad affermare questa Corte 
con la sentenza n. 38 del 1957, che non sono state munite di efficaci 
formalmente costituzionale le norme dello Statuto che, mentre non 
rientravano tra quelel dirette a realizzare �forme e condizioni particolari 
di autonomia ., si ponevano in radicale contrasto con la Costituzione 
della Repubblica. Non � infatti immaginabili che nell'adottare, 
sia pure con rinvio a quello attual:rpente esistente, lo statuto speciale 
della Regione siciliana in ottemperanza all'art. 116 della Costituzione, 
si fosse invece dato vita ad una revisione tacita -comunque vietata 
dalla XVII disposizione transitoria -della Costituzione stessa, entrata 
in vigore da appena un mese. 

6. Ci� premesso, contrastano con la Costituzione, nel loro insieme, 
tutte le norme relative all'Alta Corte, perch� in uno Stato unitario, 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 

\ 

anche se articolantesi in un largo pluralismo di autonomie (art. 5 della 
Costituzione), il principio della unit� della giurisdizione costituzionale 
non pu� tollerare deroghe di sorta. E, come bene osservato nell'ordinanza 
di rimessione e come risulter� dalle considerazioni che seguono, 
la competenza a giudicare dei reati commessi dal presidente e dagli 
assessori regionali nell'esercizio delle loro funzioni era stata attribuita 
all'Alta Corte proprio in quanto organo di giurisdizione costituzionale, 
e non come ad �n qualsiasi giudice speciale. 

Lo COJ:lfermano le disposizioni concernenti la messa in stato di 
accusa, demandata all'Assemblea regionale ed al commissario dello Stato 
presso la Regione: organo politico-legislativo, la prima, ed organo 
amministrativo alle dipendenze del Governo nazionale, il secondo. Si 
contravviene cos� anche al principio dell'art. 1,12 della Costituzione, 
rimettendosi il promuovimento dell'azione penale a deliberazioni di 
un'assemblea a composizione politica o a valutazioni pi� o meno discrezionali 
di un organo, quale il commissario dello Stato, la cui figura non 
� certo comparabile a quella del Pubblico ministero. 

Specialit� dell'accusa e specialit� del giudice si integrano tra loro 
indissolubilmente, rispondendo a un disegno unitario, che ha come 
conseguenza la piena e totale sottrazione al regime processuale penale 
comune a tutti i cittadini, compresi gli assessori regionali delle altre 
regioni, di coloro che ricoprano o abbiano ricoperto un determinato 
ufficio in una singola e determnata regione, con palese violazione, oltre 
tutto, del principio di eguaglianza. 

Nelle sue linee generali, il sistema istituito dagli artt. 26 e 27 dello 
Statuto ricalca da vicino, ed anzi ha anticipato nel tempo, quello che 
la Costituzione riserva al Presidente della Repubblica nonch� al Presidente 
del Consiglio ed ai ministri per quel che riguarda gli illeciti 
costituzionali di cui essi possano� in ipotesi essere resi responsabili. 

Ora, prescindendo da quanto riguarda il Capo dello Stato, in ordine 
al quale vengono in considerazione principi in parte diversi, un'attenta 
analisi della ragione che giustifica, nei confronti del Presidente del 
Consiglio e dei ministri, una cos� profonda deroga al diritto comune, 
dimostra come sia impossibile estenderla ai membri del Governo regionale 
siciliano. Il Governo della Repubblica � organo costituzionale di 
indirizzo politico ed amministrativo, posto al vertice dell'iirtera organizzazione 
amministrativa dello Stato, legato dal rapporto fiduciario 
con le Assemblee legislative direttamente rappresentative del popolo, 
di fronte alle quali pu� quotidianamente esser chiamato a rispondere. 
Ed � proprio in ragione delle caratteristiche dei soggetti agenti, titolari 
di supremi uffici politici dello Stato, oltre che della natura dei reati 
ministeriali e delle loro possibili conseguenze sul sistema, che si � 
voluto derogare alle norme comuni, nel duplice intento di assicurare 
la pi� ampia tutela dell'ordinamento repubblicano e di garantire al 



24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tempo stesso la posizione e l'azione del Governo, oggettivamente considerato, 
prima ancora che le persone che di volta in volta lo compongono. 


Sotto questo profilo, l'istituto risultante dagli artt. 96 e 134 della 
Costituzione presenta evidenti analogie con quello dell'autorizzazione 
a procedere nei confronti dei membri delle Camere, previsto dall'articolo 
68, scondo comma. Ma, come le Assemblee regionali non sono 
assimilabili puramente e semplicemente alle Assemblee parlamentari, 
cosi nemmeno gli organi di governo regionali sono assimilabili al Governo 
della Repubblica..Con i dovuti adattamenti, valgono, infatti, nei 
confronti dei membri del Governo regionale siciliano, le stesse argomentazioni 
con le quali I'Alta Corte per la Regione siciliana ebbe a 
dichiarare la illegittimit� costituzionale dell'art. 64 della leg.ge regionale 
del 20 marzo 1951, n. 29, che estendeva ai deputati dell'Assemblea 
siciliana le immunit� spettanti ai membri del Parlamento, e va'lgono 
egualmente le ulteriori considerazioni svolte da questa Corte nelle precedenti 
decisioni n. 66 del 1964 e n. 143 del 1968 (quest'ultima, in 
relazione al Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia): nelle quali, 
pur riconoscendosi che le Regioni sono enti dotati di autonomia politica, 
nell'�mbito della Repubblica � una e indivisibile � si avvertiva 
peraltro come tale autonomia non sia da confondere con la sovranit�, 
negandosi in conseguenza la piena equiparazione delle assemblee legislative 
regionali alle assemblee parlamentari. 

7. N� dicasi che la giurisdizione speciale dell'Alta Corte in sede 
penale, rientrando tra quelle di cui al secondo comma dell'art. 102 
della Costituzione, sopravvivrebbe alla entrata in vigore del nuovo 
ordinamento costituzionale in forza della VI disposizione transitoria 
della Costituzione, nell'interpretazione costantemente affermatane dalla 
giurisprudenza della Corte. 
� da rilevare, infatti, che la menzionata transitoria si limita ad 
escludere che giudici speciali, anteriormente istituiti, siano -sol 
perch� tali -costituzionalmente illegittimi; ma non esclude che alcuni 
tra essi possano esserlo, se e quando le norme che li disciplinano contrastino 
con altre norme della Costituzione. E questa, per l'appunto, 
� l'ipotesi che si verifica quanto all'Alta Corte, come risulta da:lle 
considerazioni che precedono. Le quali convincono, in primo luogo, che 
I'Alta Corte sarebbe un giudice doppfamente speciale, in ragione della 
materia devoluta alla sua competenza e in ragione delle persone, che 
ad essa sono sottoposte, individuate come sono in relazione ad uffici 
ricoperti nell'ambito della sola Regione siciliana e perci� limitatamente 
ad una parte del territorio nazionale. Ma soprattutto mettono in evidenza 
che lAlta Corte � stata configurata quale giudice speciale costituzionale, 
avente carattere essenzialmente politico, come si ricava sia 
dalla specialit� del procedimento per la messa in stato di accusa, sia 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 25 

dagli stessi criteri adottati per la composizione dell'organo, la struttura 
paritetica del quale non tr~a� riscontro -di regola -neppure 
nei tribunali costituzionali degli Stati federali. 

N� pu� sottacersi che l'ol'dinamento non prevede per i componenti 
dell'Alta Corte quelle garanzie di indipendenza, che, a norma dell'art. 
108, ultima parte, della Costituzione, devono essere apprestate 
dalla leg,ge nei confronti dei giudici delle giurisdizioni speciali: nel che 
sarebbe da ravvisare un ulteriore motivo di incostituzionalit�. (
Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 gennaio 1970, n. 8 -Pres. Branca -
Rel. Fragali -Ohioetto (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Giudizi di legittimit� costituzionale -Ordinanza di rimessione fondata 
su ipotesi, su previsioni o su congetture -Inammissibilit� della 
questione di legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3, 4, 35 e 41; t.u.p.s., art. 86; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento 
agli artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione, dell'art. 86 del t.u. 
delle leggi di pubblica sicurezza, per la parte in cui sancisce l'obbligo 
della previa autorizzaziorne di pubblica sicurezza per la detenzione, in 
pubbHco esercizio, di apparecchi da tavolo, quando la que'stione sia 
proposta non perch� creduta utile al giudizio di merito ma per prevenire 
de:cisioni contrarie alla interpretazione preferita dal giudice 
a quo da parte del giudice dell'eventuale impugnazione (1). 

0 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1970, n. 12 -Pres. Branca -
Rel. Trimarohi -Associazione Lombarda Relaz ed altri (avv. Majno, 
Talamanca e Petrelli) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Sicurezza pubblica -Apparecchi da giuoco -Divieto di uso -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 
della legge 20 maggio 1965, n. 507, il quale stabilisce il divieto di 

(1-2) Il primo giudizio � stato promosso con ocdinanza 8 luglio 1968 dal 
Pretore di Padova (Gazzetta Ufficiale, 26 febbraio 1969, n. 52). 


26 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

usare anche apparecchi automatici e semiautomatici da giuoco, che 
possano dar luogo a scommesse o consenvano ia vincita di un qualsiasi 
premio in denaro o �in natura anche sotto forma di consumazione o di 
ripetizione di partita, in luoghi pubblici o aperti al pubblico e nei 
circoli ed associazione di qualunque specie, con riferimento agli articoli 
41, 3 e 18 della Costituzione (2). 

La seconda sentenza concerne i giudizi riuniti promossi con ordinanza 
24 novembre 1967 del tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale, 15 giugno 
1968, n. 152), con ordinanza 29 marzo 1968 del pretore di Padov� (Gazzetta 
Ufficiale, 14 settembre 1968, n. 235) e con ordinanza 29 gennaio 1969 del 
pretore di Adrano (Gazzetta Ufficiale, 21 maggio 1969, n. 128). 

In materia di licenze per l'uso di apparecchi o congegni per giuochi o 
scommesse vedasi Corte Cost., 9 luglio 1963, n. 125 (Giur. cost., 1963, 1393). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 gen~aio 1970, n. 9 -Pres. Branca -
Rel. Fragali -Benaglia ed altri (n. c.). 

Procedimento penale -Autorizzazione a procedere -Ritardo nella 
concessione dell'autorizzazione -Ingiustificato all'esercizio dell'azione 
penale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24 secondo comma, 68 e 112; c.p.p., art. 15, primo e quarto 
comma). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, con 'riferimento 
agli artt. 3, 24 secondo comma, 68 e 112 della Costituzione, 
dell'art. 15, primo e quinto comma, codice di procedura penale, in 
quanto i regolamenti della Camera dei Deputati e del Sena.to della Repubblica 
contengono norme di sollecitazione delle deliberazioni parlamentari 
in materia di autorizzazione a procedere e l'impedimento all'esercizio 
dell'azione punitiva in pendenza deU'autorizzazione rispecchia 
lo spMto e la lettera dell'art. 68 dela Costituzione (1). 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� del quinto comma 
dell'art. 15 del codice di procedura penale, che allega la mancanza 
di rimedi �contro i ritardi nel procedimento parlamentare di autorizzazione 
a procedere � priva del presupposto di base. 

L'art. 2 del regolamento della Camera dei Deputati e l'art. 56 
del regolamento del Senato della Repubblica prescrivono che, trascorsi 
quindici giorni per la Camera e trenta per il Senato, se � 1a commis


(1) La questione � stata introdotta con ordinanza 24 giugno 128 dal 
Pretore di Novara (Gazzetta Ufficiale, 28 settembre 1968, n. 248). 
In materia di autorizzazione a procedere contro i membri del Parlamento 
vedasi anche la sentenza n. 22 del 1959. Sull'autorizzazione a procedere 
in genere cfr. Corte Cost. n. 94 del 1963, n. 4 e n. 99 del 1965 (in questa 
Rassegna, 1965, 1114). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 27 

sione referente non ha presentato la sua relazione, rispettivamente, 
il Presidente della Camera annunzia che la domanda sar� iscritta senz'altro 
all'ordine del giorno, con precedenza assoluta su qualsiasi altro 
argomento, dopo le interrogazioni, e il Presidente del Senato dispone, 
senz'alt.ro, l'iscrizione della .domanda all'ordine del giorno con uguale 
precedenza. L'esi'Stenza di tali norme dimostra che, per la materia di 
cui si tratta, l'ordinamento contiene gi� misure di sol'lecitazione delle 
deliberazioni parlamentari: e si tratta di misure che, attenendo all'ordine 
dei lavori delle Camere, trovano sede legittima di previsione nei 
regolamenti deliberati dalle stesse. 

L'applicazione di taH disposizioni non pu� certo formare oggetto 
di controllo esterno, e comunque dar ragione ad illegittimit� costituzionale 
della disposizione denunciata. 

2. -Non � fondato che la norma stessa vulnera il principio di 
parit�. La prerogativa di cui si discute protegge la sfera di autonomia 
delle Camere e garantisce l'esercizio della funzione parlamentare; 
quindi deve coinvolgere unicamente la posizione dei soggetti che le 
Camere compongono, ed essi soli, perch� � tale posizione �che viene a 
formarne fondamento logico e giuridico. N� una disparit� viene dal 
fatto che, quando l'autorizzazione ritarda, deve disporsi lo stralcio del 
procedimento penale riguardo a quanti non godono della garanzia 
costituzionale: la sospensione del procedimento anche contro costoro, 
di fatto estenderebbe la prerogativa a soggetti estranei all'attivit� del 
Parlamento, e violerebbe perci� la lettera e lo spirito dell'art. 68 della 
Costituzione. 
Non � neppure sostenibile che, non proponendosi di ovviare alle 
remore che l'autorizzazione comporta, l'art. 15, quinto comma, del 
codice di procedura penale permette un ingiustificato impedimento 
all'esercizio dell'azione punitiva. Le procedure parlamentari possono 
trovare regola soltanto nell'esplicazione dell'autonomia conferita alle 
singole assemblee; a favore delle quali perci� deve riconoscersi, in 
materia, una riserva di competenza normativa. D'altro canto il procediimento 
per la concessione dell'autorizzazione. non pu� non avere 
regole che si coordinano cori il carattere politico dell'atto; e se � vero 
che viene sospesa l'attuazione dell'obbligo del pubblico ministero di 
esercitare l'azione penale, � dalla norma costituziona�le che l'effetto 
proviene, avendo essa dato alla singola Camera legittimazione esclusiva 
alla scelta del tempo e del modo di esercizio della competenza 
che le spetta, perch� soltanto la singola Camera � legittimata a regolare 
lo svolgimento dei propri lavori. 

3. -Circa l'altro assunto prospettato dall'ordinanza, per cui v�ola 
il diritto di difesa il divieto fatto al pubblico ministero, nell'art. 15, 
primo comma, del codice di procedura penale, di contestare l'accusa 
e di procedere� all'interrogatorio dell'imputato prima che sia concessa 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

28 

l'autorizzazione, la Corte osserva che il divieto stesso conco;rda con 
il contenuto dell'art. 68 della Costituzione. 

L'emissione di un mandato o di un ordine, anche di semplice 
comparizione, � espressione di una potest� coercitiva del giudice o del 
pubblico ministero; e l'art. 68 predetto ha escluso tassativamente che 
il magistrato possa. rivolgere tale sua potest� contro coloro che appartengono 
alle assemblee parlamentari. Lo ha escluso quando gli ha 
vietato di privare il deputato o il senatore della li!bert� personale, la 
quale, .secondo la sentenza di questa Corte del 19 giugno 1956 n. 11, 
viene ad essere ristretta ogni qualvolta si pone ad un soggetto un 
obbligo di fare o di non fare. Il parlamentare deve essere sottratto a 
limitazioni o ad ostacoli nella esplicazione della sua funzione provenienti 
da poteri che non facciano capo alla Camera cui appartiene, e 
che potrebbero assumere il carattere di interferenza nello svolgimento 
della funzione dell'organo sovrano. 

Il pretore obietta che il divieto succitato esclude quel diretto contatto 
tra l'imputato e il giudice che pu� offrire elementi per un proscioglimento 
in istruttoria. Ma se fosse consentito quel contatto, si 
permetterebbe, al parlamentare, di sottrarsi all'immunit� prima ancora 
che la Camera di appartenenza accerti l'esistenza di serie ragioni 
di privazione della prerogativa; di cui soltanto la Camera pu� disporre 
perch� � prevista a favore di essa o per lo svolgimento regolare e 
lil;iero della sua funzione, nell'interesse dell'ordinamento, e soltanto 
strumentalmente a favore di coloro che sono investiti dell'esercizio 
di quella funzione. Il carattere irrinunziabile della prerogativa, riconosciuto 
quasi unanimamente, e al quale l'ordinanza si richiama per 
desumere una ulteriore ragione di menomazione del diritto di difesa 
del parlamentare, ha radice nella necessit� di proteggere la funzione 
dell'organo costituzionale anche contro atteggiamenti del suo componente, 
che vulnererebbero l'essenza stessa della garanzia e la sua efficienza, 
anche se ispirati ad un soggettivo vantaggio immediato. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 gennaio 1970, n. 10 -Pres. Branca -
Rel. Mortati -D'Acierno ed altri, ENEL (n. c.). 

Previdenza e assistenza sociale -Infortunio sul lavoro -Sentenza di non 
doversi procedere per estinzione del reato -Termine per l'azione 
civile di risarcimento -Illeggittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 35 e 38; r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, quinto comma). 

Non � fondata la ques.tione di legittimit� costitruzionale, con riferimento 
agli artt. 3, 35 e 38 della Costituzione, deli'art. 4, quinto com


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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 29 

ma, r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, il quale stabilisce, che, qualora in 

relazione ad un infortunio sul lavoro sia stata pronunciata sentenza di 
non doversi procedere per morte dell'imputato o per amnistia, l'azione 
civile di risarcimento dei danni deve essere prolJ)o~ta entro un anno 
dalla sentenza (1). 

(1) Il giudizio era stato promosso con ordinanza 3 febbraio 1968 del 
tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale, 14 settembre 1968, n. 235) e, sotto 
diverso profilo (decorrenza del termine di decadenza), con ordinanza 18 
giugno 1969 della Corte d'Appello di Potenza (Gazzetta Ufficiale, 6 agosto 
1969, n. 200). 
Sul :principio che il termine � incongruo, sotto l'aspetto della irragionevolezza, 
solo quando venga dal legislatore determinato in modo da non 
rendere effettiva la possibilit� di esercizio del diritto cui si rifeirisce, cfr. 
Corte Cost. n. 57 e 93 del 1962, .n. 107 e 118 del 1963, n. 2 del 1964 (in questa 
Rassegna, 1964, 9), n. 92 del 1967 (ivi, 1967, 514), n. 26 del 1969 (ivi, 1969, 96). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 gennaio 1970, n. 11 -Pres. Branca -
Rel. Rossi -Rendina (n.c.). 

Reato -Liberazione condizionale -Conseguente libert� vigilata -Po


tere ministeriale di revoca anticipata delle misure di sicurezza 


Inammissibilit� della questione di costituzionalit�. 

(Cost., art. 13, primo e secondo comma; c.p., art. 207, terzo comma). 

Poich� il potere ministeriale di revoca anticipata delle norme di 
sicurezza non si estende all'ipotesi, tutta particolare, della libert�. vtigilata 
conseguente alla liberazione condizionale del condannato, � inam


missibile la questione di legittimit�. costituzionale dell'art. 207, terzo 
comma, codice penaleA con riferimento all'art. 13, primo e se�condo 
comma, della Costituzione (1). 

(1) Questione introdotta con ordinanza 25 giugno 1968 dal giudice di 
sorveg.Uanza presso il Tribunale di Foggia (Gazzetta Ufficiale, 14 settembre 
1968, n 235) 
Sulle misure di sicurezza in genere cfr. Corte Cost., 23 marzo 1964, n. 23 
e 30 giugno 1964 n. 68 in questa Rassegna 1964, 261 e 821. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1970, n. 13 -Pres. Branca Rei. 
Bonifacio -S.A.G.A.P. ed altri (avv. Fortino, Ermetes) e Am'
ministrazione finanziaria dello Stato (sost. avv. gen. dello Stato 
Cavalli). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Sgravio dai ruoli -Esclusione 
dell'indennit� di mora -Illegittimit� costituzionale. 
(Cast., art. 3; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 198, secondo comma}. 

� megittimo, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'art. 198, 
secondo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 contenente ii testo 
unico delle leggi sulle imposte dirette nella parte in cui esclude dallo 
sgravio l'indennit� di mora (1). 

(Omissis). -1. -L'art. 198 del testo unico sulle imposte dirette 

(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645), dopo aver stabilito (primo comma) 
che quando risulta che siano iscritte a ruolo somme non dovute l'ufficio 
ne dispone lo sgravio, aggiunge (secondo comma) che fa questo 
sono compresi -tranne i casi previsti dagli artt. 61 e 68 -� anche 
gli aggi di riscossione �. La Corte di cassazione, muovendo dall'esatto 
presupposto che la disposizione debba essere interpretata nel senso 
che dallo sgravio � esclusa l'indennit� di mora, dubita d~lla sua legittimit� 
costituzionale, perch�, a suo avviso, essa assoggetterebbe, per 
quanto si riferisce alla predetta indennit�, allo stesso trattamento sia 
� coloro che sono effettivamente soggetti passivi del rapporto tributario 
� sia � �coloro che non lo sono affatto e risultano solo formalmente 
iscritti nei ruoli quali debitori di imposta � : questa uniformit� di 
disciplina per situazioni del tutto diverse determinerebbe, secondo l'ordinanza 
di rimessione, un contrasto fra la legge impugnata e l'art. 3 
della Costituzione. 
2. -L'Avvocatura dello 1Stato preliminarmente obietta che la norma 
denunziata non consente un confronto fra le posizioni del contribuente 
al quale sia dovuto il rimborso delle somme iscritte a ruolo e 
pagate ed il contribuente al quale tale rimborso non sia dovuto, e ci� 
perch� quella norma, in quanto disciplina gli effetti dello sgravio, 
riguarda esclusivamente la prima ipotesi. 
Tale .dubbio sulla corretta proposizione della questione appare 
privo di fondamento. Ed infatti, pur essendo vero che l'art. 198 si 
riferisce solo allo sgravio delle somme non dovute, l'effetto della disposizione 
� precisamente quello di rendere irrilevante sulla sorte dell'indennit� 
di mora il successivo riconoscimento dell'illegittimit� dell'iscrizione 
a ruolo: vale a dire, come in sostanza rileva il giudice a quo, 
di parificare, a quel riguardo, 1a situazione del contribuente che quel 

(1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 13 marzo 1968 della 
Corte di Cassazione (Gazzetta Ufficiale, 10 agosto 1968, n 203). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 31 

riconoscimento ottenga e la situazione del contribuente che delle somme 
iscritte a ruolo sia effettivo debitore. 

3. -Definita la questione di legittimit� costituzionale nei suddetti 
termini, l'indagine deve essere volta a verifica;re se fra le indicate 
situazioni ci sia quella netta diversit� che renderebbe necessaria, nel 
rispetto del principio di eguaglianza, una disciplina corrispondentemente 
differenziata. 
A sostegno di una conclusione negativa entrambe le parti costituite 
invocano in primo luogo l'esecutoriet� che assiste il ruolo di 
imposta. In sostanza esse sostengono che se di fronte all'iscrizione a 
ruolo ed indipendentemente dalla legittimit� di questa il contriibuente 
deve telJlpestivamente pagare le singole rate di imposta e, in caso di 
ritardo, � tenuto a corrispondere l'indennit� di mora prevista dalla 
legge (art. 194 t.u.), non gli si pu� �riconoscere, in caso di successivo 
sgravio, il diritto al rimborso di tale indennit�, perch� comunque egli 
deve subire le conseguenze del ritardato adempimento di un obbligo 
�che discendeva direttamente ed autonomamente dall'iscrizione nel ruolo. 

La Corte ritiene che tale tesi non possa essere condivisa. Esatta 

nelle premesse, essa giunge a conseguenze che non appaiono concilia


bili col principio di legalit� che � un cardine del vigente ordinamento 

costituzionale. 

Non c'� dubbio che il ruolo di imposte, secondo le regole proprie 
dei provvedimenti amministrative, si caratterizza per gli attributi dell'autoritativit� 
e dell'esecutoriet�. Tale regime giuridico, predisposto 
ad assicurare alla pubblica amministrazione la pronta e regola.re disponibilit� 
dei mezzi economici necessari per fra fronte ai suoi compiti, 
soddisfa una fondamentale esigenza della vita dello Stato e trova 
perci� giustificazione costituzionale in un preminente, pubblico interesse. 
Gli scopi ai quali esso � preordinato rendono legittimo il potere di 
;riscuotere i tributi iscritti a ruolo senza che sia necessario un .previo 
accertamento della legittimit� della loro imposizione, ed autorizzano, 
in caso �di mancato adempimento, l'esecuzione forzata nei modi previsti 
dalla legge. � perci� esatto che finch� non intervenga, in via amministrativa 
o giurisdizionale, un riconoscimento dell'illegittimit� della 
iscrizione a ruolo, non v'� da distinguere secondo che il contribuente 
sia o non sia effettivo debitore dell'imposta: in ogni caso egli legittimamente 
soggiace alla pretesa della pubblica amministrazione, alle 
conseguenze che si connettono al ritardo nei pagamenti, all'eventuale 
esecuzione. Ma l'irrilevanza della legittimit� o illegittimit� dell'iscrizione 
a ruolo deve arrestarsi a questo punto. Autoritativit� ed esecutoriet� 
dell'atto, compatibili con la Costituzione nei limiti in cui costituiscono 
strumento essenziale per il soddisfacimento del pubblico interesse 
al quale innanzi si � accennato, non sono idonee a giustificare 
il permanere di effetti sanzionatori a carico del soggetto nei cui con




32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fronti e nei modi p;revisti dall'ordinamento venga acc:ertata l'illegittimit� 
del ruolo. Ed invero nel momento in cui, in conseguenza di 
tale accertamento, si dispone lo sgravio, la situazione del contribuente 
a carico del quale erano state iscritte somme risultate poi non dovute 
si defferenzia nettamente dalla situazione del contribuente che allo 
sgravio non abbia diritto, ed esige una regolamentazione giuridica che 
tenga indenne l'interessato dalle sanzioni che discendono daH'inadempimento 
di un obbligo che illegittimamente gioi era stato imposto. A 
questo proposito non ha alcuna rilevanza la disputa intorno all'esatta 
individuazione della fonte generica dell'obbligazione tributaria. Quel 
che conta � che l'ammindstrazione fianziaria ha il dovere di agire 
nell'ambito e nei limiti della legge (art. 23 Cost.), sicch�, ove risulti 
l'illegittimit� del ruolo, deve necessariamente venir meno il diritto a 
pretendere o a trattenere, per le rate scadute prima dello sgravio, 
quella indennit� di. mora che � sanzionatoria di un dovere di prestazione 
che era stato imposto fuori dei casi consentiti dalla legge. 

Tale diritto non potrebbe trovare giustificazione, contro quanto 
sostengono le difese dell'Amministrazione finanziaria e della S.A.G. 
A.P., neppure in base alla considerazione che la predetta indennit� 
svolge una funzione compensativa dell'obbligo dell'esattore di versare 
all'ente impositore le somme iscritte nei ruoli anche se ane scadenze 
fissate egli non le abbia ancora riscosse. E difatti, poich� il contribuente 
� terzo rispetto al rapporto di esattoria, sarebbe del tutto arbitrario, 
quando risulti che le somme iscritte non erano dovute, addoss�re a 
lui le conseguenze svantaggiose che all'esattore derivano da quel 
rapporto. 

4. -In base a quanto si � detto si deve concludere che la legge 
impugnata, escludendo l'indennit� di mora dagli effetti del provvedimento 
�di sgravio, ha sottoposto, per quella parte, ad una medesima 
disciplina il. contribuente effettivo debitore delle somme iscritte a ruolo 
ed il contribuente che risulti non esserlo: vale a dire, ha trattato allo 
stesso modo due situazioni nettamente differenziate ed � incorsa perci�, 
secondo i principi costantemente affermati da questa Corte, nella violazione 
dell'�rt. 3 della Costituzione. 
L'art. 198, secondo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
deve essere dichiarato, pertanto, parzialmente illegittimo. 

5. -L'ordinanza di rimessione ha denunziato anche l'art. 98 del 
r.d. 15 settembre 1923, n. 2090, che nel terzo comma egualmente esclude 
dallo sgravio � le multe per ritardati pagamenti �. Ma poich� si tratta 
di un regolamento e, quindi, di un atto non avente forza di legge, 
la relativa questione deve essere dichiarata inammissibile. Rientra nei 
poteri del giudice ordinario, al fine dell'eventuale disapplicazione, 
verificarne la compatibilit� con il testo della legge quale risulta a 
seguito della pronunzia di parziale illegittimit�. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 33 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 :febbraio 1970, n. 14 -Pres. Branca Rei. 
Oggioni -Lopez ed altri (avv. Di Stefano, Sermonti) e Presisidente 
Consiglio .dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 


Lavoro -Contratto di apprendistato -Esclusione dell'apprendista 
dal diritto di conseguire l'indennit� di anzianit� -Illegittimit� 
costituzionale. 
(Cost., art. 3, primo comma, art. 35, primo e secondo comma; 1. 15' luglio 

1966, n. 604, art. 10; e.e. art. 2095, 2120 e 2134; I. 14 gennaio 1955, n. 25, art. 2; 

I. 15 aprile 1962, n. 230). 
Poich�, in virt� dell'evoluzione legislativa, il rapporto di apprendistato 
� assimilabile all'ordinario rapporto di lavoro, � costituzionalmente 
illegittimo, per violazione del principio di uguaglianza, l'art. 10 
deJla legge 15 luglio 1966, n. 604 nella parte in cui non comprende gli 
apprendisti tra beneficiari della indennit� di anzianit� (1). 

(Omissis). -2. -Le due ordinanze prospettano la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 10 della legge n. 604 del 15 luglio 
1966 sui licenzfamenti individuali. 

Si assume che, col delimitare l'ambito di applicazione delle norme 
della legge stessa, (tra cui la norma sulla indennit� di anzianit� prevista 
nel precedente art. .9) ai prestatori di lavoro che rivestano la 
qualifica di impiegato e di operaio ai sensi dell'art. 2095 e.e. in quanto 
professionalmente gi� formati, si verrebbe implicitamente ad escludere 
gli apprendisti, nonostante si tratti di rapporto che non differisce 
sostanzialmente; per quanto attiene agli obblighi ed ai diritti dei contraenti, 
dal rapporto di lavoro ordinario. 

Da ci� deriverebbe un contrasto, sia con il principio generale di 
uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, sia anche (secondo l'ordinanza 
della Corte di Bologna) con il principio di tutela del lavoro 
e della formazione professionale enunciato nell'art. 35 della Costituzione. 

3. -L'Avvocatura dello Stato prospetta un dubbio circa la rilevanza 
della questione in quanto questa Corte si � pronunciata, con 
(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 16 maggio 1968 da:J. 
pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 1968, n. 222) e con ordinanza 
4 marzo 1969 della Corte d'Appello di Bologna 
Sul carattere retribuito della indennit� di anzianit�, cfr. Corte Cost. 
3 luglio 1967, n. 68, in questa Rassegna, 1967, I, 505 con richiami; sulla 
spettanza dell'indennit� di anzianit� �anche in caso di licenziamento per 
colpa o dimissioni volontarie del lavoratore, cfr. Corte Cost. 27 giugno 
1968, n. 75, idem, 1968, I, 699, con richiamo in dottrina. 


34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sentenza n. 75 del 27 giugno 1968, nel senso che l'indennit� di anzianit� 
ha natura di retribuzione differita al momento deHa cessazione del 
rapporto, quale parte del compenso dovuto al lavoro prestato. Ne 
deriverebbe, secondo l'Avvocatura, nel caso in esame, il riconoscimento 
non pi� discutibile che l'indennit� di anzianit� spetti senz'altro anche 
agli apprendisti, che prestano un'attivit� lavorativa dietro retribuzione. 

Ma, dal principio gi� affermato da questa Corte con la ricordata 
sentenza, non discende l'irrilevanza della questione ora proposta, la 
quale ha per suo oggetto specifico l'individuare, per il controllo di 
legittimit� costituzionale dell'art. 10, la natura del contratto di apprendistato 
in rapporto all'ordinario contratto di lavoro, ed agli effetti dell'attribuzione 
dell'indennit� di anzianit�: mentre il rilievo dell'Avv�catura 
presuppone gi� risoluta la questione nel senso della completa 
equiparaibilit� dei due contratti. 

4. -Le ordinanze dii rinvio prospettano in termini precisi e di 
dimostrata rilevanza la questione di incostituzionalit� dell'art. 10. 
Va, invero, riconosciuto esatto che la formulazione dell'articolo 
� tale da escludere un suo riferimento estensivo ai rapporti di apprendistato. 


L'art. 2095 e.e., ivi richiamato, riguarda il rapporto di lavoro 
ordinario e non l'altro, considerato e definito speciale sia dall'art. 2134 
e.e., sia dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, sulla disciplina dell'apprendistato 
(art. 2). E le � qualifiche � che vengono a rivestire i soggetti 
del rapporto, sonoanch'esse dall'art. 10 riferite direttamente al citato 
art. 2095. 

In base a queste rilevazioni d'ordine esegetico e sistematico, accompaganate 
da considerazioni sulla speciale natura del rapporto di apprendistato, 
notevole parte della giurisprudenza e della dottrina ha 
ritenuto di escludere il rapporto stesso dal novero dei rapporti in ordine 
ai quali sia assicurato il diritto alla indennit� di anzianit� in caso 
di risoluzione. 

Ci� premesso, la Corte, chiamata a decidere sulla legittimit� 
costituzionale di tale esclusione, osserva che questa pone l'apprendista, 
irrazionalmente, in situazione di inferiorit� e di disuguaglianza. 

Infatti, non varrebbe sostenere, che il contratto di apprendistato 
abbia natura di contratto a tevmine, per sottrarlo alla conseguenza 
del conseguimento della indennit� di anzianit� in caso di risoluzone, 
dovuta solo per i rapporti a tempo indeterminato (art. 2120 e.e.: 
art. 1 legge n. 604 del 1966). 

Il termine di durata massima del periodo di apprendistato � stabilito 
dall'art. 7 della legge n. 25 del 1955, come gi� dall'art. 2130 e.e., 
a tutela dell'apprendista, per evitare il protrarsi, oltre i limiti di ragione, 
di una situazione intermedia: salvo, verificandosi le condizioni 
di cui all'art. 19 della legge ora citata, che richiama appunto l'art. 2118 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 35 

del e.e. sul recesso dal contratto a tempo indeterminato, il successivo 
passaggio dall'apprendistato ad un ordinario rapporto di lavoro. 

D'altra parte, � ora la legge 15 aprile 1962, n. 230, che, nello 
stabilire la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, lo 
circoscrivere a specviale ipotesi al cui elenco (art. 1) il contratto di 
apprendistato � assolutamente estraneo. 

Tanto meno varrebbe equiparare il contratto in esame a quello 
in prova, per giustificare, costituzionalmente, l'inapplicabilit� della 
indennit� di anzianit�. 

L'assunzione in prova (art. 2096 e.e.) � contratto diverso da queHo 
di apprendistato, il quale pu�, soltanto per tempo limitatissimo e per 
volont� delle parti, essere preceduto da un periodo di prova (art. 91 
legge n. 25 del 1955). 

La prova ha un funzione di conferma di qualificazioni tecniche 
che si presuppongono gi� formalmente acquisite, mentre l'apprendistato 
ha per funzione la loro acquisizione. 

Dato ci�, va considerato se il rapporto di apprendistato sia assimilabile 
all'ordinario rapporto di lavoro. 

La Corte ritiene di dare risposta affermativa. 

La <legge 19 gennaio 1955, n. 25, sulla disciplina dell'apprendistato, 
e il relativo Regolamento di esecuzione (d.P.R. 30 dicembre 1956, 

n. 1618) costituiscono, in confronto al precedente r.d.l. n. 1906 del 
21 settembre 1938 sulla stessa disciplina, una maggiore puntualizzazione 
oin senso evolutivo della natura dell'istituto. 
L'apprendistato � definito � rapporto di lavoro � sia pure speciale, 
che intercorre tra l'apprendista e l'imprenditore che � ne utilizza la 
opera � (art. 2 della legge) inserendolo, quindi, nel ciclo produttivo. 
Da parte dell'apprendista, sussiste l'obbligo di collaborazione mediante 

� prestazione. d'opera � nonch� subordinazione, nel rispetto dell'orario 
di lavoro (artt. 10 e 12). L'assunzione degli apprendisti, che deve 
avvenire tramite l'ufficio di collocamento (art. 3), comporta, da parte 
del datore di lavoro, l'obbligo della retribuzione, ossia del corrispettivo, 
della collaborazione, anche durante l'annuale periodo di ferie 
(art. 11 lettere e ed e), nonch� l'applicazione delle norme sulla previdenza 
ed assistenza sociale, compresi gli assegni familiari (artt. 15 
e 21 modificati dalla legge 8 luglio 1956, n. 706). 
La specialit� del rapporto � data dal fatto che il periodo di tirocinio 
deve essere dall'imprenditore utilizzato anche per impartire o 
far impartire all'apprendista l'insegnamento necessario affinch� diventi 
lavoratore qualificato (art. 2). � questa una causa del contratto che 
non si sovrappone all'altra riguardante la prestazione di lavoro, tanto 
da assorbirla. Si tratta di un rapporto complesso, costituito da elementi 
che, componendosi, non perdono la loro individualit�. 


36 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ne consegu~ ,che la prirvazione per l'apprendista del diritto di conseguire 
� in ogni caso �, alla pari degli altri lavoratori, l'indennit� di 
anzianit� di cui all'art. � 9 della legge sui licenziamenti individuali 
(per effetto della omissione nel successivo art. 10) crea una situazione 
di trattamento� differenziato �ui non corrisponde una diversit� di situazione 
di fatto e di diritto nei soggetti destinatari della norma. 

Ci� con palese violazione dell'art. 3 della Costituzione. 

(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1970, n. 15 -Pres. Branca Rei. 
Reale -Gagliano (n. c.). 

Procedimento penale -Connessione -Sentenza di rinvio a giudizio 

dell'imputato davanti al pretore competente -Questione infondata 

di costituzionalit�. 

(Cost., art. 3 e 25; c.p.p., art. 374). 

In quanto il principio del giudice naturale precostituito per legge 
� rispettato anche dalle norme di competenza concernenti le ipotesi di 
connessione ed in quanto l'art. 374 del codice di procedura penale, neiza 
parte in cui stabilisce che il giudice istruttore, a chiusura della istruzione 
formale, possa disporre il rinvio a giudizio dell'imputato davanti 
al pretore competente, ove non ritenga di concedere il perdono giudiziale, 
esige che anche in ordine ai reati di competenza pretorili dei 
quali il giudice istruttore conosce per connession�, questo giudice 
proceda agli atti istruttori volti a stabilire se sussistano anche per detti. 
reiati �prove sufficienti� per il rinvio a giudizio, tale norma-del codice 
di procedura penale non contrasta con gli articoli 25 e 3 della Costituzione 
(1). 

(1) Il giudizio � stato introdotto con ordinanza 8 maggio 1968 del 
pretore di San Giovanni Rotondo. 
Sul giudice naturale precostituito per legge in materia di procedimenti 
penali comuni cfr. Corte Cost. 13 luglio 1963, n. 130 (Giur. cost., 19.63, 
1454) e 8 aprile 1958, n. 29 (ivi, 1958, 125). 


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SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 luglio 1969, n. 2881 -Pres. 
Fiore -Est. Berri -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Amministrazione 
Tesoro (avv. Stato Soprano) c. Paic (avv. Del Vicario). 

Competenza e giurisdizione -Improponibilit� assoluta della domanda Condizioni 
per la sua configurabilit�. 
(c.p.c., art. 382, 3� comma). 

Competenza e giurisdizione -Contratti di guerra -Provvedimenti 
del Commissario per la liquidazione -Violazione di norme contrattuali 
di diritto comune o di leggi speciali -Giurisdizione del 
giudice ordinario -Sussiste. 

(d. legge 25 marzo 1948, n. 674, art. 8). 
Contratti di guerra -Nozione. 

(d. legge 25 marzo 1948, n. 674, art. 4). 
Trattati e convenzioni internazionali -Trattato di pace -Definizione 
dei rapporti con le Potenze belligeranti e con i loro cittadini relativi 
a perdite o danni risultanti da fatti di guerra -Rapporti 
derivanti da contratti di guerra -Esclusione dall'ambito di operativit� 
del Trattato e ~ell'Accordo italo-iugoslavo del 18 dicem


bre 1954. 
(Trattato di pace, art. 80; Accordo italo-iugoslavo 18 dicembre 1954, reso esecutivo 
con d.P.R. 11 marzo 1955, n. 210, art. 12). 


Pu� configurarsi l'improponibilit� assoluta della domanda solo nel 
caso in cui difetti una volont� astratta di legge o un qualsiasi prindpio 
di diritto nel quale possa rientrare la fattispecie concreta dedotta in 
giudizio (1). 

(1) La problematica dell'improponibilit� assoluta della domanda � 
appena sfiorata dalla sentenza in rassegna, la quale si richiama ai principi 
elaborati dalla giurisprudenza in materia di controversie tra privati (cfr., 
in particolare: Cass., Sez. Un., 27 gennaio 1959, n. 22, in Foro amm., 1959, 
II, 1, 356), senza tener conto dei particolari aspetti che la questione presenta 
nel campo dei rapporti fra potere giurisdizionale e pubblica Amministra

38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In materia di liquidazione di contratti di guerra, sussiste la giurisdizione 
del giudice ordinario qualora si lamenti la violazione, da parte 
del commissario, di norme contrattuali di diritto comune o di leggi 

speciali, senza investire momenti di attivit� discrezionale del Commissario 
stesso (2). � 

Nella categoria dei contratti di guerra rientrano tutti i rapporti 
giuridici instaurati tra l'Amministrazione militare ed i privati per la 
prestazione di opere, lavori, beni o servizi comunque attinenti alla preparazione 
e condotta della guerra, con esclusione dei soli rapporti 
specificamente regolati dalle leggi sulle requisizioni (3). 

I contratti di guerra, al contrario delle requisizioni, non sono compresi 
fra i � fatti di guerra �, le cui conseguenze patrimoniali nei confronti 
delle Potenze Alleate e dei loro cittadini sono state disciplinate 
dal Trattato di Pace e, per quanto concerne la Jugoslavia, dall'Accordo 
del 18 dicembre 1954 (4). 

(Omissis). -Con citazione dell'8 luglio 1961 il cittadino jugoslavo 
Nicola Paic conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, il 
Ministero del Tesoro, commissariato per la liquidazione dei contratti 
di guerra e, sostenendo che il 5 settembre 1943 aveva venduto al Comando 
del Presidio Militare Italiano di Scardona (Jugoslavia) legnami 
e chiodi per l'ammontare di lire 6.761.903; che il Commissariato per 

I

la liquidazione dei contratti di guerra, su domanda di esso Paic, aveva 

~ 

liquidato con deliberazione del 22 a�gosto 1957 n. 14355 il prezzo di 
tale fornitura che, per�, con successiva deliberazione del 2 gennaio 0

I 

1961 n. 18049 lo stesso Commissariato, modificando la precedente deliberazione, 
aveva disposto la devoluzione allo stato Italiano della somma 
gi� liquidata ad esso Paic, chiedeva la condanna del convenuto 
Ministero al pagamento della somma di lire 6.761.900 con gli interessi 
legali dal 5 settembre 1943. 

zione (cfr., in proposito, Ca.ss., Sez. Un., 12 gennaio 1966, n. 207, in questa 
Rassegna, 1966, I, 56, con nota di M. CoNTI). 

Sembra evidente, in particolare, che la semplice esistenza delle norme 
sui contratti di guerra, � che manifestano l'astratta volont� dello Stato ., 
non pu� bastare a render proponibile qualunque domanda fondata sulla 
prospettazione di un determinato rapporto come nascente da un contratto 
di guerra. Se (come nella specie) dalla qualificazione del raippo�rto come 
contratto di guerra o tn altro modo (requisizione) dipende la stessa configurabilit� 
astratta di una pretesa tutelata nei �confronti della P.A., non 
sembra dubbio che la questione di qualificazione del rapporto si risolve 
in questione di giurisdizione, rilevabile, anche d'ufficio, in ogni .stato e 
grado del giudizio (cfr., per un'ipotesi analoga, Nota redazionale a Cass., 
Sez. Un., 7 febbraio 1969, n. 411, in questa Rassegna, 1969, I, 30). 

(2) Conf.: Cas.s., Sez. Un., 4 luglio 1962, n. 1712, in Foro it., 1963, I, 118. 
(3) Conf.: Cass., 29 maggio 1962, n. 1293, in questa Rassegna, 1962, 137. 
(4) Non risultano precedenti specifici. 
' . 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 39 

Costituitasi in giudizio, lAmministrazione del Tesoro sosteneva 
che, trattandosi di un credito rientrante negli impegni di compensazione 
tra l'Italia e la Jugoslavia, ai sensi dell'art. 12 dell'accordo italojugoslavo 
del 18 dicembre 1954, reso esecutivo in Italia con d.P.R. 
11 marzo 1955 n. 210 e dell'art. 80 del trattato di Paoe, la riohiesta 
di pagamento doveva essere rivolta dal Paic allo Stato Jugoslavo, 
con la conseguenza che la domanda doveva essere dichiarata improponibile 
e, subordinatamente, rigettata. 

Il Tribunale di Roma, con sentenza 25 luglio 1964, accoglieva la 
domanda e condannava l'amministrazione al pagamento della somma 
richiesta, con esclusione degli interessi per il divieto dell'art. 5 del 

d.1.1. 25 marzo 1'948 n. 674. 
Con atto del 23 lugHo 1965 il Ministero del Tesoro impugnava 
questa decisione, riproponendo le eccezioni di rito e di merito gi� 
dedotte e respinte dai primi giudici. In particolare n� nell'atto di� 
appello, n� nelle conclusioni davanti all'istruttore l'appellante contestava 
la natul'.a contrattuale del rapporto fatto valere dal Paic; soltanto 
alla fine della comparsa conclusionale sosteneva trattarsi di 
requisizione. 

Con la sentenza 25 giugno 1966, ora denunciata, la Corte di appello 
di Roma, ha respinto il gravame, osservando, in motivazione: 

-che nel caso in esame non si trattava di requisizione, ma di 
contratto di compravendita di legname e chiodi liberamente stipulato 
tra il Comando militare ed il Paic, come risultava dalle premesse 
del provvedimento commissariale del 2 gennaio 1961, non contestate 
dall'amministrazione, la quale av�eva sostenuto l'estensibilit� dell'accordo 
italo-jugoslavo a tutti i crediti, compresi quelli derivanti da 
forniture; 

-che tale atto, costituendo manifestazione di libera attivit� 
negoziale, non poteva, quindi, essere compreso tra i fatti di guerra o i 
provvedimenti adottati durante l'occupazione, cui si riferisce l'art. 80 
del trattato di Pace e l'accordo italo-jugoslavo. 

Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il Ministero 
del Tesoro, il quale deduce pregiudizialmente il difetto di 
giurisdizione dell'a.g.o. per improponibilit� assoluta della domanda. 

Resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria, il Paic. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Preliminarmente lAmministrazione del Tesoro eccepisce il difetto 
di giurisdizione del giudice ordinario. Essa assume che tutte le situazioni 
economiche di dare e di avere tra le Potenze alleate e l'Italia, 
cos� come tra i cittadini delle prime e quelli della seconda sono stati 
regolati nel conto riparazioni di guerra, conto ormai liquidato e concluso. 
L'assunto nel caso sarebbe ulteriormente rafforzato dall'accordo 


40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diretto tra l'Italia e Jugosfavfa ratificato con d.P.R. 11 marzo 1955, 

n. 210. Lo Stato italiano non sarebbe pi� quindi debitore verso cittadini 
jugoslavi, per ragioni e rapporti connessi allo stato della guerra 
passata; l'Amministrazione Italiana difetterebbe di legittimazione passiva 
per tali rapporti; l'autorit� giudiziaria difetterebbe di giurisdizione. 
Osservano le Sezioni Unite che l'eccepito difetto di giurisdizione 
non sussiste. 

L'art. 8 del d.l. 25 marzo 1948, n~ 675, stabilisce che l'interessato 
pu� impugnare le deliberazioni del Commissariato per i contratti di 
guerra davanti al Consiglio di Stato, per illeigttimit�, entro il termine 
di sessanta giorni dalla notificazione, e proporre, nello stesso termine, 
avanti al tribunale di Roma, le azioni relative alla liquidazione e agli 
indennizzi previsti dalla legge e ogni altra azione conseguente alla 
violazione di dir�itti, in dipendenza dei provvedimenti adottati. Come 
ha recentemente riaffermato questa Corte con sentenza 4 luglio 1962, 

n. 1712, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, qualora si lamenti 
la violazione, da parte del Commissario, di norme contrattuali 
di diritto comune o di leggi speciali, poste a tutela diretta dell'interesse 
individuale, senza investire momenti di attivit� discrezionale del 
Commissario stesso. E poich�, come meglio risulter� dall'esame critico 
dei motivi di ricorso, nella fattispecie si � in presenza di una deliberamone 
del Commissario per i contratti di guerra attinente ad un 
rapporto contrattuale di diritto comune, il preteso difetto di giurisdizione 
non sussiste. Si tratta tutt'al pi� di vedere se la domanda sia 
o no fondata; se l'Amministrazione italiana sia o no passivamente 
legittimata: e questi sono problemi di merito. L'assunto dell'Amministrazione 
non regge neanche sotto il profilo dell'improponibilit� assoluta 
dell'azione. Infatti poich� esistono le norme sui contratti di guerra, 
che manifestano l'astratta volont� dello Stato, si � fuori delPipotesi 
prevista dalla sentenza n. 22 del 1959, la quale ammette l'improponibilit� 
assoluta della domanda come equivalente al difetto di giurisdizione, 
solo nel caso di mancanza assoluta di una volont� astratta di 
legge o di un qualsiasi principio di diritto. 
Col primo motivo l'Amministrazione deduce violazione dell'articolo 
360 n. 5 c.p.c. per insufficiente o contraddittoria motivazione su 
un punto decisivo della controversia; art. 360 c.p.c. n. 3 in relazione 
a~i articoli 5 e segg; d.l. 21 giugno 1940, n. 856; 4 e segg. d.1.1. 25 
marzo 1948 n. 674; art. .SO Trattato di Pace fra l'Italia e le Potenze 
alleate reso esecutivo con d.l. c.p. 28 novembre 1947, n. 1430 e ratificato 
con legge 25 novembre 1952 n. 3054; art. 12 dell'accordo tra 
l'Italia e la Jugoslavia approvato con d.P.R. 11 marzo 1955, n. 210; 
art. 1470 e.e. La ricorrente censura fa sentenza denunciata per avere 
ritenuto che la pretesa di credito del Paic, nasca da un rapporto 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 41 

contrattua:le di vendita di merce, sotto un duplice profilo: per avere 
adottato una motivazione insufficiente, consistente in un rinvio alle 
premesse del provvedimento del Commissariato per la liquidazione 
dei contratti di guerra, provvedimento avente natura amministrativa, 
e per avere trascurato di rilevare che il preteso contratto di vendita 
non era stato approvato dal Ministero (art. 5 del d.l. 21 giugno 1940 

n. 856) e, comunque, mancava di un elemento costitutivo essenziale, 
quale la determinazione del prezzo. 
�Osservano le Sezioni Unite che le censure non sono meritevoli di 
accoglimento. 
La Corte d'appello non era stata investita nell'atto di appello 
della questione se il rapporto de quo tra il Paic e l'autorit� militare 
italiana dovesse essere ritenuto requisizione, anzich� contratto. Come 
sopra si � accennato nella prima parte della presente sentenza, l'Amministrazione 
del Tesoro non ha impugnato la sentenza di primo grado, 
che pur si era dilungata sulla natura contrattuale del ra:pporto, per 
errata qualificazione giuridica dello stesso, ma esclusivamente per 
l'affermazione del suo assunto, secondo il quale tutti i rapporti di 
dare ed avere tra Italia e Jugoslavia o tra i cittadini dei due Stati, 
compresi quelli attinenti a forniture, dovevano rientrare nel conto 
riparazioni di guerra. 

Soltano nella comparsa conclusionale, e cio� tardivamente, ha 
sollevato in modo marginale tail.e questione. 

Pertanto la Corte d'appello si � occupata della natura del rapporto 
fatto valere dal Paic sotto il profilo dell'applicazione degli 
articoli 80 del trattato di pace e 12 dell'accordo tra Ltalia e Jugoslavia, 
cio� per escludere che s� fosse in presenza di un fatto di guerra, nel 
cui ambito rientrano certamente le requisizioni mentre ne restano 
escil.usi i contratti. La Corte di merito ha ritenuto che si trattasse di 
un normale contratto di compravendita di legname e chiodi, liberamente 
stipulato tra il Comando del. presidio militare di Scardona e il 
Paic, sia perch� ci� risultava dalle premesse della prima deliberazione 
commissariale del 22 agosto 1957 n. 14355, sia perch� sul punto la 
Amministrazione non aveva mosso contestazioni. 

Pertanto la ricorrente non pu� ora, in sede di legittimit�, sollevare 
questioni da cui � decaduta. E P<>ich� sulla nozione di contratto 
di guerra, affermata alla stregua dell'art. 4 del d.l. 25 marzo 1948, 

n. 674, la Corte di appello si � attenuta alla giurisprudenza di questa 
Suprema Corte (sent. n. 1.293 del 1962, secondo cui rientrano in tale 
generica ed esemplificativa espressione le varie situazioni nelle quali, 
per ragioni belliche contingenti, sono instaurati rapporti giuridici tra 
l'amministrazione militare e privati per la prestazione di opere, lavori, 
beni o servizi comunque attinenti alla preparazione e condotta 
dalla guerra, con espressa esclusione dei rapporti specificamente rego

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lati dalle leggi sulle requisizioni, senza che la preminenza dell'amministrazione, 
pur importando una limitazione dell'autonomia contrattuale, 
valga ad escludere la sostanziale natura di contratti nei 
rapporti stessi, sempre inquadrabil!i neglii schemi di diritto privato) 
correttamente ritenendo che nel caso si fosse in presenza di un tipico 
contratto di guerra, perch� manifestazione di libera attivit� negoziale, 
il motivo di ricorso deve essere rigettato. 

Quanto alla deduzione relativa alla mancata approvazione ministeriale, 
a parte il rilievo che il caso � espressamente previsto dall'articolo 
7 del r.d.l. 21 giugno 1940 n. 856, relativo alla gestione patrimoniale 
e finanziaria dello Stato in� periodo di guerra, sta la circostanza 
che il Commissario per i contratti di guerra -organo del Ministero 
della difesa -ha proposto la liquidazione del relativo importo, 
determinando cos� anche il prezzo. 

Col secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 360 

n. 1 e 3 c.p.c. in relazione al trattato di Pace tra Italia e Potenze 
Alleate, reso esecutivo con d.l. P.R. 28 novembre 1947 n. 1430 e ratificato 
con legge 25 novembre 1952 n. 3054, particolarmente articoli 80 
e 81; accordo tra Italia e Jugoslavia reso esecutivo con d.P.R. 11 marzo 
1955 n. 210, particotlarmente articoli 5 e 12. 
Premesso che la dizione dell'art. 80 del trattato di Pace, con il 
quale � stato riconosciuto che l'Italia ha esaurito ogni richiesta o 
domanda delle Potenze belUgeranti e dei loro cittadini per perdite 

o danni risultanti da fatti di guerra sarebbe tanto ampia da comprendere 
anche i contratti di fornitura, come risulterebbe anche dal disposto 
del successivo art. 81, I'Amministrazione ricorrente sostiene 
che l'art. 12 dell'accordo tra l'Italia e la Jugoslavia, reso esecutivo 
con d.p. 11 maTzo 1955 n. 210 allorch� dichiarava che esso costituisce 
il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche di 
carattere economico e finanziario senza distinguere tra atti e contratti, 
comprende nel conto di riparazione tutti i rapporti economici 
connessi con lo stato di guerra, siano essi contratti, fatti dannosi o 
requisizioni. 
In conclusione ad avviso della ricorrente il Paic non sarebbe titolare 
di alcun diritto nei confronti dello Stato Italiano, ma potrebbe 
far valere la sua pretesa soltanto nei confronti dello Stato Jugoslavo. 

Anche il secondo motivo non � fondato e deve essere rigettato. 

Oltre le argomentazioni sopra svolte e confutazione del pTimo 
motivo di ricorso le� Sezioni Unite rilevano che, ferma l'interpretazione 
dell'art. 80 del trattato in relazione alla nozione di fatto di 
guerra, l'art. 12 dell'accordo italo-jugoslavo si riferisce generdcamente 
a tutte le obbligazioni � derivanti dal trattato di pace e dagli accordi 
successivi .. Ne consegue che i rapporti contrattuali vengono in considerazione 
nei liimiti in cui il trattato di pace espressamente li prevede 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 

(ad es. art. 81 per i contratti in vigore prima dell'esistenza dello stato 
di guerra). 

E poich�� il trattato di pace non prevede i contratti di guerra, 
frutto di libera attivit� negoziale, altrettanto deve dirsi per l'art. 12 
dell'accordo italo-jugoslavo che al trattato espressamente si riferisc�e. 

N� si possono richiamare gli articoli 5 e 8 dell'accordo italo-jugoslavo, 
perch�, detti articoli riguardano rapporti verificatisi nei territori 
ceduti alla Jugoslavia, come il richiamo dell'art. 5 al paT. 11 dell'allegato 
B dell'accordo del 23 dicembre 1950 dimostra. Inoltre, l'art. 5 
ha per presupposto che il debitore abbia adempiuto la sua obbligazione. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 gennaio 1970, n. 100 -Pres. 
Flore -Est. Pratillo -P. M. Tavolaro I. (conf.) ~ Ministero Affari 
Esteri (avv. Stato Peronaci) c. �Fallimento ditta F.lli Maggi (avv. 
Caruba e Cirenei) e Maggi Federico (avv. Regard e Jemolo). 

Competenza e ~urisdizione -Atto compiuto dallo Stato quale soggetto 
dell'ordinamento internazionale -Qualifica di illecito secondo il 
diritto interno -Ammissibilit� -Domanda di risarcimento del 
danno -Giurisdizione dell'A.G.O. -Sussiste. 

Fallimento -Procedimento civile -Cause concernenti beni acquisiti 
al fallimento -Legitimatio ad processum del fallito -Esclusione -
Rilevabilit� ex officio -Sussiste. 

Responsabilit� civile -Fatto illecito permanente -Nozione -Persistenza 
del diritto al risarcimento -Decorrenza della prescrizione. 

Prescrizione -Amministrazione non legittimata passivamente ad 
causam -Atti interruttivi -Effetti nei confrc;>nti dell'amministrazione 
legittimata. 

H principio della insindacabilitd da parte dell'A.G.0. di un atto 
internazionale, posto in essere dallo Stato nella esplicazione della sua 
sovranitd quale soggetto dell'ordinamento internazionale, non impedisce 
che tale atto venga in considerazione quale mero � fatto storico �, 
al quale si possa ricollegare la qualifica di fatto illecito secondo il diritto 
interno: pertanto, qualora si chieda la condanna della P. A. al 
risarcimento del danno che si assume derivato da tale fatto illecito 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(nella specie: disposizione non aii,torizzata di un bene altrui), sussiste 
in materia la giurisdizione del giudice ordinario (1). 

Non sussiste, ed il relativo difetto � rilevabile d'ufficio in ogni 
stato e grado del giudizio, la legitimatio ad processum del fallito rispetto 
alle controversie concernenti beni e rapporti acquisiti al fallimento 
e di fatto tutelati in giudizio a cura del competente organo faliimentare 
(2). 

Ai fini della qualificazione di un fatto illecito come permanente 
non ha rilevanza il perdurare dell.'effetto antigiuridico del fatto stesso, 
bens� solo il perdurare della consumazione, onde l'illiceit� del comportamento 
lesivo non si esaurisce in un unico istante, ma si protrae nel 
tempo, concretandosi in una violazione ininterrotta del diritto altrui: 
in questo caso, il diritto al risarcimento del danno sorge con l'inizio 
del fatto illecito generatore del danno stesso, ma con questo persiste 
nel tempo, rinnovandosi di momento in momento, con la conseguenza 
che la prescrizione, secondo la regola del suo computo, ha inizio da ciascun 
giorno rispetto al fatto gi� verificatosi e al corrispondente diritto 
al risarcimento (3). 

(1) Conforme: Cass. SS. UU. 1 luglio 1968, n. 2204, citata in motivazione, 
che trovasi pubblicata in Giust. civ. 1968, I, 1595. Non risultano altri 
precedenti specifici, cio� con riguardo alla giurisdizione dell'A.G.O. sugli 
atti di disposizione dell'altrui propriet� compiuti dallo Stato italiano nella 
esplicazione dell:a sua attivit� di soggetto del.l'ordinamento internazfonale 
(in particolare, in adempimento degli obblighi assunti con gli accordi esecutivi 
delle clausole del Trattato di Pace in materia di riparazioni alle 
potenze alleate). Il secondo princiipio di cui � applicazione nella massima in 
rassegna, cio� quello della giurisdizione dell'A.G.O. in materia di azione 
di risarcimento del danno derivante da fatto illecito della P.A., � pacifico: 
cfr. Oass. 17 giugno 1967, rn. 1425, in Giust. civ., 1967, I, 1405. 

Sulla giurisdizione dell'A.G.0. in materia di indennizzi per i beni italiani 
in Jugoslavia ceduti a quest'ultima per effetto delle �convenzioni esecutive 
del Trattato di Pace, cfr. Cass. SS. UU. 28 aprile 1964, n. 1017, in 
questa Rassegna, 1964, I, 683 sub 3-4 (686), con nota critica di ZAGARI. 

(2) Sulla rilevabilit� ex officio del difetto di legittimatio ad processum 
del :liallito, cfr. Cass. 15 novembre 1967, n. 2734, in Giust. civ., Mass., 1967, 
1425; contra: Cass. 7 gennaio 1967, n. 54, ibidem, 27; in dottrina: ALvINo, 
La capacit� processuale del fallito, in Dir. fall., 1963, II, 476; PROVINCIALI; 
Manuale di dir. fall., 4� ed. (1952), I, 674 ss.; SATTA, Istituzioni di dir. fall., 
4� ed. (1953), 144 e nt. 235. 
Ancora sulla rilevabilit� ex officio (peraltro solo nel caso di specie) 
cfr. Cass. SS. UU. 15 giugno 1967, n. 1390, in questa Rassegna, 1967, I, 800, 
con nota di richiami di ARGAN. 

La sentenza Cass. 24 maggio 1968, n .1569, citata in motivazione, sulla 
rilevabilit� ex officio, in linea generale, di tutte le questioni riguardanti la 
legitimatio ad processum, trovasi pubblicata in Foro it., 1968, I, 2147. 


(3) Sui concetti di fatto illecito permanente e fatto illecito istantaneo 
con effetti dannosi perrmanenti e �sulle differenti conseguenze in ordine alla 
decorrenza del termine prescrizionale, cfr. C:ass. 4 agosto 1966, n. 2167, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 45 

Gli atti interruttivi deUa prescrizione posti in essere nei confronti 
di una Amm.ne non legittimata passivamente ad causam producono i 
loro effetti anche contro l'A mm.ne effettivamente legittimata (4). 

(Omissis). -Con il primo mezzo sJ denuncia, in riferimento all'art. 
360 nn. 3 e 5 c.p.c. ed all'art. 2043 e.e., la violazione delle norme 
e dei principi sulla sovranit� dello Stato quale soggetto di diritto internazionale, 
e sulla separazione ed �autonomia dell'ordinamento giuridico 
interno da quello internazionale, nonch� degli ,artt. 76, nn. 1, 5 e 
79 del trattato di pace, 3 della legge 27 dicembre 1953, n. 968, I della 
legge n. 1050 del 29 ottobre 1954, 2 lett. a) e 6 lett. g) del D.P.R. 

n. 946 del 17 agosto 1955, dell'accordo italo-brasiliano dell'8 ottobre 
1949, reso esecutivo in Italia con legge n. 623 del 27 maggio 1950, 
dell'art. 2 della legge n. 2248 all. E del 20 maggio 1865, nonch� omesso 
esame e motivazione su punto decisivo della controversia. Sos,tiene il 
Ministero ricorrente che lo Stato italiano, nello stipulare l'accordo del 
6 dicembre 1941 con lo Stato brasiliano per la vendita fittizia di alcune 
navi battenti bandiera italiana, tra cui la � Librato � appartenente alla 
citata in motivazio11e, pubblicata in Foro it., 1966, I, 1671 e in questa 
Rassegna, 1966, I, 1253, con nota di richiami. In senso difforme Cass. 23 agosto 
1962, n. 2641, in Foro it., Rep. 1962, voce � pre,scrizione civile ., n. 29 
(secondo cui anche nella ipotesi di fatto� istantaneo con danno permanente 
la prescrizione decorre da ciascun giorno per il danno gi� verificatosi). La 
giurisprudenza ha manifestato qualche incertezza anche a proposito della 
decorrenza del,fa. prescrizione nell'ipotesi di fatto illecito a carattere pennianente: 
contro l'indirizzo dominante, secoodo cui l!a prescrizione incomincia 
a decorrere da ogni giorno rispetto al fatto gi� verificatosi (vedasi per 
tutti: Cass. SSUU. 29 aprile 1964, n. 1039, citata in motivazione, in questa 
Rassegna, 1964, I, 712 sub 4 (715); adde: Trib. Sup. AA.PP. 23 settembre 
1964, n. 24, ibidem, 1168), Cass. 24 luglio 1965, n. 1744, in Foro it., 1965, I, 
1386, ha ritenuto che la prescrizione decoITe dal momento in cui si � verificata 
la prima lesione dell'altrui ,sfera giuridica, mentre Cass. 19 � giugno 
1961, n. 1440, in Foro it., 1961, I, 1315, con nota critica di ANDRIOLI, ha ritenuto 
che la prescrizione non corre per tutta la durata dell'illecito. 

(4) Non constano precedenti specifici, cio� con riguardo all'efficacia 
interruttiva della prescrizione di atti di c-itazione notificati ad una Amm.ne 
non legittimata ad oausam nei confronti di quella effettivamente legittimata. 
Vedasi, invece, Cass. 26 ottobre 1963, n. 2843, in Foro it., 1964, I, 430, che 
ha riconosciuto efficacia di atto di costituzione in mora 'alla cltazione nulla 
per erronea indicazione e chiamata in giudizio di organo non avente la 
rappresentanza delJ.'Amm;ne in luogo di quello effettivamente investito 
della r�appresentanza. Nello stesso .senso, in precedenza, Cass. 2 aprile 1960-, 
n. 746, i!n Giust. civ., 1960, I, 1395, e, successivamente, App. Firenze 7 luglio 
1965, in Giur. toscana, 1966, 54. 
Ma questa giurisprudenza, basata sul presupposto che alla citazion-e 
null!a per un vizio formale, quale la falsa demonstratio dell'org,ano investito 
della rappresentanza processuale, non possa disconoscersi efficacia interruttiva 
della prescrizione, allorch� il giudice di merito, con suo apprezZiamento 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

societ� armatrice � Fratelli Maggi ., avrebbe agito come soggetto di 
diritto internazionale, e che l'accordo stesso avrebbe carattere internazionale 
segreto: un espediente inteso a porre al riparo da appropriazione 
bellica le navi italiane da parte alleata. Quindi afferma che, 
nello svolgimento di tale attivit�, non potrebbe configurarsi una colpa 
dello Stato italiano, che l'attivit� stessa sarebbe insindacabile sul piano 
interno e, pertanto, non potrebbero sorgere diritti o interessi legittimi 
a favore del cittadino italiano, anche perch� la scelta dei mezzi pi� 
idonei per salvare la nave era rimessa al giudizio insindacabile del 
Governo, il quale ritenne essere l'espediente migliore quello della 
vendita fittizia. Infine sostiene che, a seguito e per effetto della conclusione 
del trattato di pace, si sarebbe dovuta, comunque, abbandonare 
la nave al Brasile, con atto di indiscutibile natura internazionale, in


_sindacabile sul piano interno, con la conseguenza che lo Stato sarebbe 
tenuto a corrispondere al cittadino soltanto l'indennizzo dovuto in base 
alla speciale legislazione per il risarcimento dei danni di guerra; 
e conclude per il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 

Pur basata su elementi di fatto rispondenti a verit�, infondata � 
la eccezione del resistente fallimento secondo cui, avendo il Tribunale 
di Roma rigettata l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario con la. sentenza del 7 luglio 1959, e non avendo il Ministero 
del Tesoro impugnata sul punto la pronuncia, vi sarebbe, al riguardo, 
il giudicato. 

Invero di quel Ministero venne negata la legittimazione passiva 
ad causam, tanto che, nella seconda fase, fu estromesso dal giudizio 
e l'eccezione di cui si tratta venne subito riproposta, una volta citato, 
dal vero legittimato passivo ad causam: il Ministero degli Affari Esteri, 
nei confronti del quale non pu� parlarsi di giudicato interno, estraneo 
come fu alla prima fase del giudizio, nulla per l'irregolare costituzione 
del rapporto processuale. 

di fatto, ritenga che l'atto, bench� nullo, sia venuto a conoscenza dell'organo 
al quale avrebbe dovuto essere direttamente rivolto qualsiasi atto stragiudiziale 
di costituzione in mora (cos�: Cass. 2 aprile 1960, n. 746, cit.), ovvero 
allorch� .si tratti di organo inferiore che abbia perci� �l'obbligo di riferire 
all'organo superiore competente a p'l'ovvedere o �a resistere a1la domanda 
(cos�: App. Firenze 7 luglio 1965, cit.), non pu� evidentemente estendersi, 
n� venire in di�scussione (salvo che per desumerne ru:gomento a contrario) 
nel caso di cui alla sentenza in rassegna, ove non si trattava di vizio formale 
derivante da falsa demostratio dell'organo competente alla rappresentanza, 
bens� di difetto di legittimazione passiva ad causam deH'Amm.ne chiamata 
in giudizio: pertanto di tipico vizio extraformale della citazione, come tale 
costituente impedimento all'efficacia interruttiva della prescrizione propria 
di tale atto (arg. e contrario ex art. 2943, 3� comma, cic., che rappresenta 
appunto un'ecceziollle concernente un tipico vizio extraformale della domanda 
giudiziale, quale l'incompetenza del giudice adito). 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 

N� ha fondamento alcuno l'altra eccezione dei resistenti secondo 
cui, la prima volta in questa sede, il Ministero ricorrente avrebbe dedotto 
che la vendita fittizia, configurata a riscatto, della nave � Librato 
� al Governo brasiliano era da qualificare un accordo segreto, 
stipulato dallo Stato italiano quale soggetto di diritto internazionale, 
come tale insindacabile sul piano interno. Invero la tesi, gi� chiaramente 
prospettata dal Ministero nella comparsa di risposta del 9 dicembre 
1960 innanzi il Tribunale di Roma (nella quale si scriveva di cessione 
negoz1ata, insieme ad altre navi, della � Librato �, bloccata nelle 
acque territoriali brasiliane al momento della dichiarata non belligeranza 
dell'Italia, quale espediente per il suo passaggio temporaneo sotto 
bandiera brasiliana, al fine di assicurarne il ritorno sotto la bandiera 
nazionale una volta cessate le ostilit�, in quanto, per essere nave di 
piccola stazza: 400 tonnellate, vecchia: varata nel 1896, dotata di una 
sola caldaia, con velocit� oraria di 5 nodi e di scarsa autonomia, si pens� 
inadatta alla traversata oceanica che si presentava quasi impossibile 
per la necessit� di violare il blocco navale alleato), fu ben precisata nella 
comparsa conclusionale, innanzi lo stesso Tribunale, del 4 aprile 1963 
(pagg. 5 e 20), e riproposta in modo quanto mai esplicito nell'atto di 
appello del 24 luglio 1963 (pagg. 4, 12, 13). 

N� appare utile indugiare sul rilievo opposto dai resistenti che 
di tale accordo (asserito segreto) non sia stata data prova documentale 
alcuna perch�, anche a considerare che tale accordo segreto internazionale 
sussista, il mezzo, per quanto concerne il preteso difetto di 
giurisdizione, � infondato. Si deve premettere che l'attore ha chiesto il 
risarcimento dei danni ex art. 2043 e.e. per l'allegato illecito comportamento 
dell'Ambasciatore italiano in Brasile, il quale avrebbe venduto 
realmente, con patto di riscatto, al Governo brasiliano la nave � Librato 
� affermando, contro verit�, d'essere stato a ci� autorizzato dalla 
proprietaria societ� armatrice alla quale non vers� prezzo alcuno; o 
per non avere il Governo italiano esercitato, quando gli divenne possibile, 
cio� in sede dell'accordo internazionale stipulato con il Brasile 
1'8 ottobre 1949, il diritto di riscatto della nave suddetta, anzi per 
avere autorizzato quel Governo straniero a trattenere la nave stessa in 
i;!onto riparazioni di danni di guerra: e questa � domanda che andava 
l,dubbiamente proposta innanzi il giudice ordinario. Non ha, infatti, 
iesto il fallimento la corresponsione dello speciale indennizzo per 
\lerdita della nave rimasta in acque territoriali straniere a seguito 
_ Latti di guerra a norma della legge n. 1050 del 1054 e del d.P.R. 

n. 896 del 1955, (che trova, invece, il suo fondamento nei doveri che 
incombono alla P. A. per ragioni di solidariet� sociale: Sez. Un. sent. 
n. 2866' del 26 agosto 1953, n. 272 del 3 dicembre 1964), ed al riguardo 
del quale sussiste senz'altro la giurisdizione del Consiglio di Stato, 
del tutto diversi essendone il petitum e la causa petendi. 
5 


48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� premesso, la Corte del merito non ha affatto negato, anzi ha 
affermato il dualismo tra ordinamento internazionale. ed ordinamento 
interno, in quanto trattasi di due ordinamenti originari-i e indipendenti, 
traendo essi la loro forza imperativa da se medesimi, non l'uno dall'altro, 
e le cui norme vincolano esclusivamente i distinti, rispettivi destinatari. 


Tale concetto si esprime in dottrina affermando che, di norma, il 
~iritto internazionale � �fatto � per� il diritto interno, e viceversa: e 

�proprio su tale concetto sostanzialmente � basata la sentenza della Corte 
romana, la quale, peraltro, si adegua a principi recentemente stabiliti 
da questo Supremo Collegio (Sez. Un., sent. 2204 del 1� luglio 1968). 
Secondo i quali � errato invocare il principio della insindacabilit� giudiziaria 
interna degli atti internazionali, posti in essere dallo Stato 
nell'esplicazione della sua sovranit�, se, in un giudi21io di risarcimento 
di danni sofferti, venga dedotto, come nella fattispecie, un comportamento 
illecito, .a norma del diritto interno, del Governo italiano. � 
opportuno rilevare essere stato anche stabilito (sentt. n. 2866 del 
26 agosto 1953, n. 544 del 22 febbraio 1955, n. 272 del 3 febbraio 1964) 
che le norme sul risarcimento dei danni di guerra hanno una funzione 
meramente sussidiaria, in quanto lo Stato pu� essere chiamato a risarcire 
il danno che non sia stato ad altro titolo reintegrato, con la 
conseguenza che l'assunzione dell'onere dell'indennizzo dei danni di 
guerra da parte dello Stato a sensi della legislazione speciale (per c.d. 
responsabilit� da atti o fatti legittimi), non esclude la responsabilit�, 
per fatto illecito, in base alle norme del diritto civile, dell'autore del 
danno, anche se questo sia la P. A.: e pure se il danno rientri nella 
previsione della suddetta legislazione speciale, in quanto la pretesa 
allo speciale indennizzo di guerra nei confronti dello Stato non si 
concreta in un diritto soggettivo, bens� nell'interesse legittimo ad una 
discrezionale erogazione. Pertanfo H danno, sebb_ene possa in base 
alla legislazione speciale essere anche considerato di guerra, � risarcibile 
in base aJle norme ordinarie se di esso possa dimostrarsi essere 
stato causa efficiente il comportamento illecito anche della stessa P. A., 
fermo il divieto di c�mulo delle due liquidazioni.

I 

Orbene a torto si invoca, per negare la giurisdizione del giudice 
ordinario, il carattere di atto internazionale segreto della vendita, 
asserita fittizia, del natante � Librato � in data 6 dicembre 1941 ad 
opera del nostro Ambasciatore in Brasile, poich� anche a qua1'ificare 
cosi tale atto, esso non viene in discussl6ne nella sua rilevanza di atto 
internazionale (ii! che soltanto escluderebbe il sindacato del giudice 
interno), bens� come �fatto storico., come sempllce .antecedente dell'atto 
di disposizione arbitraria di un bene altrui nell'ambito dell'ordinamento 
interno, che si inserisce nella fattispeciie dedotta dal fallimento 
unicam~nte nella sua materialit� fenomenica. Non �, infatti, in 

~~jj 

�rtrrnrrrswmiliHiliHBWwftfimI~mmmmrrnmm~mmmmrwrrmmmmmrwrr~:::mmmmrwr;grgr,;m0rg~rmm~m1m11m~rrr~mHmxfiltttl 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 

discussione la sua rilevanza giuridica nell'ordinamento internazionale 
che resta, quindi, impregiudicata, sibbene � in discussione la ,rilevanza 
giuridica sua circoscritta a quel comportamento imputato all'Ambasciatore 
che in s� integra e assorbe .U modello legale di un illecito 
civile (ossia la indebita alienazione di un bene privato altrui, per 
essersi l'Ambascfatore presentato falsamente anche a suo nome come 
mandatario della privata societ� armatric~ proprietaria della nave da 
lui venduta), e ci� al fine di farne derivare le diverse conseguenze 
determinate dal distinto ordinamento interno. 

Il giudice ordinario non � dunque chiamato ad esercitare un sindacato 
sull'atto internazionale, ma ad accertare se, effettivamente, sia 
stato ,commesso un illecito secondo il diritto interno, e ci� non implica 
un controllo sul potere sovrano dello Stato come soggetto di diritto 
interna21ionale, dovendo il giudice stesso soltanto stabhlire se da parte 
della P. A. sia stato tenuto un comportamento contrario alle norme 
dell'ordinamento interno relative all'obbligo di non violare il diritto 
altrui di propriet�. E cos� anche per quanto riguarda l'accordo italobrasiliano 
dell'8 ottobre 1949, reso esecutivo in Italia con legge n. 623 
del 27 maggio 1950, la Corte del merito non ne ha affatto discusso la 
legittimit� quale accordo internazionale, avendo, invece, ritenuto, quale 
constatazione di fatto, che, con tale acl!ordo, la P. A. aveva rinunciato 
a far valere (mentre avirebbe potuto valersene, dato che aveva fatto 
restituire altre navi dialiane ai rispettivi proprieta:rd.) il patto di riscatto 
relativo al contratto dii venddta della � Librato �, cosi danneggiando 
la societ� armatrice �Fratelli Maggi �. 

Deve essere, ora, preso in esame H quinto mezzo con il quale il 
Ministero ricorrente, denunciando la violazione dehl'art. 43 della legge 
fallimentare, si duole che la Corte del merito abbia riconosciuta al 
fallito Federico Maggi la legittimazione processuale, nonostante che 
fosse presente in giudizio il curatore del faLlimento. 

Il mezzo � fondato. Nell'interpretare gli artt. 42, 43 della legge 
fallimentare, questo Supremo Collegio ha costantemente ritenuto (cfr. 
sentt. n. 1530 del 15 lugJ..io 1965, n. 54 del 7 gennaio 1967) che il fallita 
conservi la sua capacit� processuale non solo relativamente ai beni 
ed ai diritti non acquisibili alla massa fallimentare (art. 46 l.f.), ma 
anche vispetto a quei rapporti di diritto patrimoniale che, pur essendo 
suscettibili d'essere compresi nel fa1limento, di fatto non vi vi.entrano, 
per essersi gli organi falHmentari deliberatamente disinteressati ad. 
essi, omettendo di agire o resistere in giudizio per la tutela dei medesimi. 
Contrasto sussiste, invece, nel caso in cui il fallito intenda tutelare 
personalmente e direttamente beni o rapporti acquisiti al falli-f' 
i: 

~:

mento pur avendo, per essi, gli organi fallimentari dimostrato concreto f'.

'" 

interesse: che �, poi, H caso di specie in quanto il curatore, con citai' 
zione notificata il 6 marzo 1959, aveva convenuto il Ministero del I 

I e 

i: 
,, ~ 
jilj?~/!YfWWAWJIW~Alllmf~AY~ 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tesoro per chiedere il risarcimento dei danni seguiti alla perdita 
della � Librato � (e riassunto il relativo giudizio dopo la sentenza 

n. 2520 del 1� ottobre 1961 di questa Suprema Corte) e, poi, ancora 
citato, con atto del 4 agosto 1960, anche il Ministero degli Affal'i Esteri 
al medesimo fine, mentre soltanto con citazione del 17 aprile 1962 il 
fal1ito Federico Maggi convenne detto Ministero allo stesso scopo. 
Con alcune sentenze si � ritenuto (cfr. n. 3334 del 18 ottobre 1958, 
n. 2307 del 5 agosto 1960, n. 83 del 15 gennaio 1965) che la perdita, 
in questi casi, da parte del fallito, della capacit� processuale sia relativa 
alla massa dei creditori e non assoluta, cosicch� .soltanto al curatore 
� dato eccepirla. Con altre, invece, (sentt. n. 2292 del 30 giugno 
1936, n. 3762 del 29 dicembre 1935; quindi ancora con la recentissima 
n. 2734 del 15 novembre 1967) si � ritenuto che tale perdita sia assoluta 
e, pertanto, rdlevabile da chiunque ed anche ex officio. Queste 
Sez. un: ritengono di dover aderire a questa seconda tesi, peraltro 
seguita dalla pi� accreditata dottrina. 
� giurisprudenza costante della Cassazione (cfr. sent. n. 1569 del 
24 maggio 1968) che le questioni riguardanti la legittimatio ad processum 
sono prospettabili e rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del 
procedimento, e non si comprende perch� si debba fare eccezione per 
il caso in paroila, quando l'art. 43 l.f. dispone che: e nelle controversie, 
anche ili corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito 
compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore �; e che � il fallito 
pu� intervenire nel giudizio solo per le questioni da�1le quali pu� dipendere 
un'imputazione di bancarotta a suo carico o se l'intervento � 
previsto dalla legge �. Tale norma � conseguenza diretta e necessaria 
della perdita, da parte del fallito, dell'amministrazione e della disponibilit� 
dei suoi beni (aTt. 42 I. fal.), dato che non � concepibile, in 
relazione all'art. 75 c.p.c., la persistenza della capacit� processuale 
quando manchi la disponibilit� del relativo diritto sostanziale, sia, cio�, 
venuta meno la legittimazione negoziale. �, altresi, evidente che, nel 
caso in esame, non pu� parlarsi di causa comune tra cuTatore e fallito 
se il primo, organo pubblico dell'ufficio fallimentare, subentra (art. 31 

I. fal.) nell'intera situazione giuridica del patrimonio del secondo e 
dei rapporti reciproci tra quest'ultimo e i suoi creditori quanto ai beni 
compresi nel fallimento, e se, proprio per tale moitvo egli viene investito 
dalla legittimazione processuale che, in tale ambito, � da ritenersi 
esclusiva secondo la legge, per quella sostituzfone che in conseguenza 
del fallimento, l'ufficio opera a carico del fallito. Risulta quindi 
evidente l'interesse della controparte ad opporsi all'intervento, privo 
di giustificazione, del fallito, non fosse altro, per non essere esposto al 
pericolo di ulteriori spese processuaJ.i in caso di soccombenza. Mai, 
dunque, il fallito pu� essere parte nei giudizi promossi dal curatore 
relativi a casi come quello di specie: il fallito pu� soltanto interve

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 

nirvi nei limiti espressamente stabiliti dall'art. 43 I. fal. che non ricor


rono in questa causa. 

Con il secondo mezzo il Ministero ricorrente denunciando, in riferimento 
all'art. 360 nn. 3, 5, c.p.c., la violazione dell'art. 2947, comma 
1�, cod. civ., nonch� mancanza o insuffidenza e contraddittoriet� di 
motivazione su punto decisivo della controversia, sostiene ohe la Corte 
del merito av,rebbe errato nel rigettare l'eccezione di prescrfaione quinquennale 
del diritto della impresa armatrice fall!ita al risarcimento dei 
danni. Deduce, in particolare: che i pretesi atti interruttivi furono posti 
in essere nei confronti del Ministero del Tesoro, non di esso ricorrente, 
mentre (in virt� del noto assetto amministrativo dello Stato relativamente 
alle competenze ad impegnare pubbliche spese) gli effetti interruttivi 
della prescriz;ione non potevano prodursi che nei confronti del 
Ministero competente; che la lettera del 7 gennaio 1953 del fallimento 
della impresa Fratelli Maggi al Ministero del Tesoro fu inviata dodici 
anni dopo la vendita fittizia della nave, ciio� quando la prescrizione si 
era da tempo maturata; mentre, se avesse inteso ritenere non verificatasi 
la prescrizione quinquenn;ile rispetto aUe conseguenze dell'accordo 
italo-brasiliano deH'8 ottobre 1949, la Corte del merito avrebbe dovuto 
darne atto espressamente. Ed ancora: che la nota del 30 gennaio 1953 
del Ministero ciel Tesoro al Presidente del Tribunale di Genova sarebbe 
stata erroneamente interpretata come riconoscimento della fondatezza 
dell'azione di risarcimento dei danni, anche per aver la Corte di Appello 
omesso di porla in relazione agli altri documenti alla nota stessa 
collegati, principalmente alla lettera del 16 :febbraio 1953 (diretta pure 
al Presidente del Tribunale di Genova), dal quale collegamento sarebbe 
risultato che il Ministero del Tesoiro non aveva inteso ri:lierirsi ad una 
azione di risarcimento di danni ex art. 2043 e.e., sibbene ad un indennizzo, 
quale sarebbe stato disposto sulla base della legge in corso di 
emanazione da parte del Parlamento. Infine che nessun ostacolo giuridico 
aveva impedito alla ditta Fratelli Maggi e al suo fallimento di 
esercitare l'azione di risarcimento prima dell'emanazione del d.m. 
19 luglio 1960 con cui era stato Hquidato l'indennizzo per danni di 
guerra; che, comunque, anche ammesso che la prescrizione fosse stata 

I interrotta per effetto della lettera in data 7 gennaio 1953 e della nota 
del 30 gennaio 1953 del Ministero del Tesoro, il termine prescrizionale 
si era di nuovo maturato alla data di notificazione della citazione allo 

I 

stesso Ministero (6 marzo 1959). 

~ 

Posto che trattasi senz'altro di prescrizione quinquennale (arti-� 
colo 2947 e.e.), essendo stata indubbiamente proposta un'azione di ;; f: 
risarcimento di danni ex art. 2043 e.e. sul presupposto di un illecito i;,, 
commesso dallo Stato e non, come � stato ventilato, di prescrizione i: ( 

t 

decennale, relativa ad un'azione di revindica di cui non si � mai par-[: 
Iato nei giudi<i di mevito (e che, txa l'altxo, av,ebbe dovuto '''"". 

I 

_.&RTA17M'NJW.7&2'5&nr.ffiJ'.Jlli?.ffi.d'.Jlli?.Jb'.a&nr~l.&J 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

52 

proposta 'contro il Brasile possessore della nave), deve essere, innanzi 
tutto, disattesa la deduzione del falliimento resistente secondo cui, 
nella fattispecie, tratterebbesi di fatto illecito permanente. Invero, in 
questo l'illiceit� del comportamento lesivo non si esaurisce in un 

pl'imo, unico atto, ma, in relazione a'l contenuto della attivit� ed 
all'attitudine di questa a produme di continuo danno, perdura nel 
tempo, sino a quando permanga la situazione illegittima posta in 
essere, e nella quale si concreta una violazione indnterrotta del diritto 
altrui. In tal caso il diritto al risarcimento dei danni sorge con l'inizio 
del fatto illecito generatore del danno medesimo, ma con questo persiste 
nel tempo rinnovandosi di momento in momento con la conseguenza 
che la prescrizione, secondo la regola del suo computo (art. 2935 
e.e.), ha inizio da ciascun giorno l'ispetto al fatto gi� verificatosi ed 
al corrispondente diritto al risarcimento (cfr. Cass. sentt. n. 2167 del 
4 agosto 1966; n. 1039 del 29 aprile 1964). � evidente, tuttaviia, non 
essere questo il caso di specie, in cui, secondo le allegazioni di parte 
mantenute in tutta la fase del processo, il fatto lesivo si � consumato 
in due soli atti (vendita illegittima della nave, rinuncia a far valere 

il diritto di riscat~o: in via alternativa o al pi� successiva). Nel qualificare 
un fatto illecito come permanente non ha, infatti, rilevanza 
il perdurare dell'effetto antigiuridico posteriore alla sua consumazione, 
sibbene soltanto il protrarsi della consumazione stessa, avendo questa 
un'interrotta continuit� per tutto il tempo che corre tra il fatto iniziale 
e la cessazione della permanenza. Nel fatto illecito non permanente la 
consumazione �, invece, istantanea, non continuata, rrientre possono 
protrarsi nel tempo, come nel fatto illecito permanente, gli effetti 
dannosi: il che �, tuttavia, inidoneo ad alterare la struttura del fatto 
per quanto attiene all'istantaneit� �del suo illecito realizzarsi. Ed in tal 

I 

caso la prescrizione decorre dal momento in cui dal comportamento fil 
illecito � derivata la lesione della sfera giuridica altrui (cfr. Cass. 
sent. n. 363 del 27 febbraio 1963). 


Ci� premesso, il mezzo � fondato, sebbene debba ritenersi, contrariamente 
a quanto sostiene il Ministero ricorrente, che gli atti interruttivii 
posti in essere nei confronti del Ministero del Tesoro sono 
validi ed efficaci anche contro quello degli Affari Esteri. Ci� in considerazione 
del principio, ritenuto dalla prevalente e pi� accreditata 
dottrina pubblicistica, secondo cui lo Stato � persona giuridica pubblica 
unica, quale risulta da tutti gli elementi che lo compongono. Ad 
ogni modo lo Stato come Pubblica Amministrazione, pur nella pluralit� 
dei suoi organi destinati all'attuazione concreta dei vari fini statuali, 
si presenta quale persona giuridica unica. 

� sufficiente, qui, al riguardo, richiamare l'art. 28 della costituzione 
a proposito della responsabilit� civile dello Stato; il d. legislativo 

n. 2240 del 18 novembre 192,3 sulla contabilit� generale dello Stato; 

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 

il t.u. n. 1611 del 30 ottobre 1933 e gli artt. 4 e 5 della legge n. 260 

n. 2240 del 18 novemre 1923 ~ulla contabilit� generale dello Stato; 
Orbene � esatto che la Corte di Appello non ha precisato da 
quando doveva cominciare a decorrere il termine prescrizionale, ma 
tale omissione � derivata dal fatto che essa ha ritenuto che il Mini


stero del Tesoro avesse riconosciuto il diritto della societ� proprietaria 
del � Librato � ad ottenere il risarcimento del danno (art. 2944 e.e.) 
con la nota n. 60710 del 30 gennaio 1953. Senon:ch�, a tale riguardo 
(anche a trascurare che detta nota, diretta al Presidente del Tribunale 
di Genova, � stata posta in relazione ad una lettera del fallimento in 
data 7 gennaio 1953) si osserva che la motivazione della sentenza impugnata 
� in s� insufficiente perch�, nel riportare frasi staccate della 
nota, ha ritenuto senz'altro che si trattasse di riconoscimento del di


. 
ritto al risarcimento dei danni ex art. 2043 e.e., e non dell'indennizzo 
per danni di guerra, sebbene nella nota ministeriale, almeno secondo 
che si desume dalla motivazione stessa, non si facesse precisazione 
alcuna in merito, n� si ammettesse un illecito comportamento dell'Ambasciatore 
di Italia in Brasile, n� della P.A. nell'accordo interstatuale 
dell'8 ottobre 1949. A maggior ragione � censurabile, per omesso 
esame di documenti �decisivi, il giudizio espresso dalla Corte del merito 
ove la nota del 30 genanio 1953 venga posta in relazione, come si 
sarebbe dovuto, con la corrispondenza successiva che avrebbe precisato 
nei sensi affermati dall'Amministrazione il vero senso del riconoscimento 
dell'indennizzo. -(Omissis). 

. 

~~1~1~11?'~.-VllL.,,,I~~ 
~ 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, _Sez. I, 7 gennaio 1970, n. 21 -Pres. Rossano 
-Est. Boselli -P. M. Chir� (conf.) -S.p.Az. Albergo Regina (avv. 
Barenghi e Cimmino) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Agr�) 
e Lanzi. 

Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Re


sponsabilit� solidale delle persone giuridiche -Fatto commesso 

nell'interesse dell'Ente -Concetto. 

(r.d.I. 5 dicembre 1938, n. 1929, artt. 1, 4). 
A concretare l'interesse deUe persone giuridiche, che la disciplina 
legislativa in tema di repressione delle violazioni delle leggi 
valutarie pone a base della responsabilit� solidale dell'Ente con il 
trasgressore ed il personale dipendente che ha concorso nella violazione, 
non � sufficiente un qualunque vantaggio economicamente apprezzabile 
ma � necessario che l'infrazione sia stata commessa nel 
diretto interesse della persona giuridica (1). 

(Omissis). -Il fondamento della censura � rivelato dalla formulazione 
delle nor:me a1pplicabili (artt. 2 e 4, secondo comma, r.d.l. 5 dicembre 
1938, n. 1928, relativo alla repressione delle violazioni della 
legge valutaria), interpretate, secondo il canone di ermeneutica dell'unitariet�, 
in connessione logica tra di loro, che si trascrivono : 

Art. 2 -Senza pregiudizio delle pene stabil>ite da altre norme 
legislative, il.�Ministro per gli scambi e per le valute ha la facolt� di 

(1) La decisione in esame costituisce corretta applicazione delle norme 
e dei principi in tema di sanzioni per la viol,azione delle leggi finanziarie in 
generale, elaborata sulla scorta alllche dei concetti propri del diritto penale. 
Per quel che concerne la pena pecuniaria, � prevalente l'odentamento 
che, pur risolvendosi in una obbligazione di natura civile, � caratterizzata 
dalla funzione punitiva (cfr. Cass. 1� marzo 1967, n. 446, in questa Rassegna, 
1967, I, 305; in ordine alla prescrizione cfr. Cass. 15 giugno 1967, n. 1399 ivi, 
880), sicch� � applicabile nei �confronti di coloro che si siano resi responsabili 
dell'illecito, sia direttamente che indirettamente per avere omesso 
di impedirne la consumazione. 

All'uopo l'art. 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente norme 
generali per la repressione delle violazioni delle .leggi finanziarie, con 
disposizione analoga a quella dell'art. 4 r.d. 5 dicembre 1938, n. 1929 per la 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 55 

inflig.gere ai trasgressori, con proprio decreto, pene pecuniarie, in 
misura non superiore ad un quintuplo del valore delle divise, dei 
titoli, delle merci o delle altre cose che costituiscono l'oggetto della 
violazione. 

La stessa pena pecuniaria pu� essere inflitta a chiunque compie 
atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere una delle violazioni 
prevedute dall'articolo precedente, nonch� a chiunque agevola 
il compimento di una di dette violazioni, ovvero ne ostacola lo 
accertamento. 

Art. 4 -Per le violazioni prevedute dall'art. I che siano commesse 
da chi � soggetto all'altrui autorit�, direzione o vigilanza, la 
persona rivestita dell'autorit� o incaricata della direzione o vigilanza 
� tenuta in solido al pagamento della pena pecuniaria che venga inflitta 
al trasgressore. 

Quando il fatto che costituisce la violazione sia stato commesso 
nell'interesse di enti forniti di personalit� giuridica, eccettuati lo Stato, 
le Provincie, i Comuni e gli alt:vi enti pubblici, ovvero nell'interesse 
di societ� commerciali, l'ente o la societ� � tenuto al pagamento della 
pena pecuniaria in solido con il presidente, gli amministratori, i sindaci, 
i funzionari e gli impiegati i quali, con la loro azione od omissione, 
abbiano concorso nella violazione o ne abbiano agevolato il 
compimento o ne abbiano ostacolato l'accertamento. 

Dalla combinazione di tali norme emerge che l'art. 2 contempla 
la responsabilit� per fatto proprio dei trasgressori, persone fisiche; 
l'art. 4 concerne invece la responsabilit�, sia di persone fisiche sia di 
persone giuridiche, ;per il fatto altrui, ossia per il fatto commesso 
dal trasgressore. 

Detto articolo, in particolare, sancisce -al primo comma la 
responsabilit� solidale di chi eserciti autorit�, direzione o vigilanza 
sul trasgressore, ed -al secondo comma -: 

1) la responsabilit� solidale, con quella del trasgressore, della 
persona giuridica, ove H trasgressore abbia commesso il fatto nell'interesse 
della medesima; 

2) ed inoltre la responsabilit� solidale, cc:in quella della persona 
giuridica, del presidente, degli amministratori; sindaci, funziionari ed 
impiegati della stessa, qualora, con la loro azione od omissione, 

repressione deUa violazione della legge valutaria, disciplina la responsabilit� 
1solidale, con l'autore della violazione, delle persone rivestite di autorit� 
od incaricate della violazione o della vigilanza, ovvero dell'Ente per le 
violaziOl!li delle, leggi finanziarie che lo concernono (art. 10 1. 1929, n. 4), 
in conseguenza appunto del rapporto organico esistente tra l'Ente e la 
pel'\sona �che opera per esso. 

In dottrina cfr. CARBONE e TOMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Utet 1959 
pagg. 47 e segg. ed autori ivi citati. 

�.�~



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

abbiano concorso nella violazione (scil.: commessa dal � trasgressore � ) 

o ne abbiano agevolato il compimento od ostacolato l'accertamento. 
Da tale contenuto normativo emerge che la responsabilit� solidale 
della persona giuridica o della societ� con .quella della persona 
fisica del trasgressore � subordinata all'unica condizione che il fatto 
costitutivo della violazione sia stato commesso nell'interesse della 
persona g�iuridica o della societ�. Ma tale ipotesi, per la logica ed 
implicita correlazione in cui viene a porsi rispetto a quella in cui il 
fatto sia stato commesso dal trasgressore nell'interesse suo proprio, 
importa che l'interesse rilevante e necessario nori possa qui (come 
nel caso contrarpposto di interesse proprio del trasgressore) essere 
quello generico ed indiretto e comunque occasionalmente connesso 
alla attivit� (valutaria) nell'esercizio della quale l'illeicto venne commesso, 
bens� quello diretto, esclusivo e causalmente connesso alla 
commissione del fatto illecito. 

Erronea � pertanto la premessa che la Corte del merito ha posto 
a fondamento della applicazione al caso di specie della disposizione 
di cui si tratta, e cio� che a concretare l'interesse richiesto dalla� norma 
a base della responsabilit� solidale della . societ� � Albergo Regina � 
per gli illeciti valutari commessi dal Lanzi fosse sufficiente � una 
situazione in senso lato di un qualche vantaggio economicamente 
apprezzabile per l'ente, ancorch� concretantesi in dipendenza della 
semplice gestione, da parte del trasgressore, del servizio di cambiavalute 
nei focali della societ�. � questo un errore interpretativo cui 
non � dato a' questa Corte Suprema di porre rimedio -cosi come 
subordinatamente propone l'Amministrazione resistente -mediante 
l'esercizio dello speciale potere di cui al secondo comma dell'art. 384 
cod.proc.civ., � precisamente merc� l'applicazione alla fattispecie dell'art. 
2 (secondo comma) in sostituzione dell'art. 4: involgendo tale 
soluzione indagini, accertamenti e valutazioni di fatto che non possono 
essere compiuti in questa sede. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 gennaio 1970, n. 101 -Pres. 
Flore -Est. Perrone Capano -P. M. Tavolaro (conf.) -Taragoni 
(avv. Campione, Del Vecchio, De Gregori) c. Ministero del Tesoro 
(avv. Stato Carafa). 

Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Cassazione per difetto di 
motivazione -Questioni esplicitamente ed implicitamente decisive 
-Efficacia vincolante. 

(c.p.c., art. 384). 

La sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato per difetto 
di motivazione la sentenza denunziata, ancorch� non abbia enun



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 57 

ciato alcun principio di diritto cui ci si debba uniformare, ha efficacia 
vincolante per il giudice di rinvio per tutte quelle questioni, esplicitamente 
od implicitamente decise, le quali costituiscono il presupposto 
logico della pronunzia, come quelle concernenti la portata di una 
norma di legge o la qualificazione di una data situazione giuridica (1). 

(Omissis). -� g�iurisprudenza costante (da ultimo riaffermata con 
sentenze 10 aprile 191:i8, n. 1089; 6 giugno 1967, n. 1247; 3 settembre 
1966, n. 2309; 5 settembre 1963, n. 2435, e altre) che anche quando 
la cassazione di una sentenza sia stata pronunciata per omessa, insufficiente 
o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della 
controversia, i poteri del g.iudi'Ce di rcinvio, pur rimanendo impregiudicati 
per quanto attiene al riesame e alla rivalutazione dei fatti della 
causa, trovano pur semrpre un limite nella sentenza di cassazione, nel 
senso che questa fa stato riguardo alle questioni che siano state esplic<
itamente o implicitamente decise e che ne costituiscano il presupposto, 
quale premessa necessaria e logicamente inderogabile della 
pronuncia. In particolare, anche quando non sia stato enunciato alcun 
principio di diritto al quale il giudice di rinvio debba uniformarsi, la 
sentenza della Corte id cassazione fa stato riguardo alla decisivit� 
-ritenuta ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. -di determinati punti 
della controversia, riconosciuti potenzialmente idonei a giustificare 
una decisione diversa da quella impugnata e perci� rimessi alla valutazione 
di altro g<iudice di merito. E quando l'attribuzione del carattere 

decisivo ad un punto di fatto della controverscia (non esaminato o 
male esaminato dalla sentenza cassata) presuppone, logicamente e 
necessariamente, una certa interpretazione circa il signifiocato o l'ambito 
di applicazione di una norma di legge, ovvero presuppone una determinata 
situazione giuridica e relativa qualificazione, posta a base 

(1) Giurisprudenza pacifiica -Tra le varie richiamate in motivazione, 
la sentenza 6 giugno 1967 n. 1247 � riportata in Giur. It. 1968, I, 852 con 
ampia nota di dottrina di RICCI, In; tema di Cassazione per vizio di motivazione 
e di vincoli a carico del giudice di rinvio, corredata da numerosi richiami 
e riferimenti. 
Il principio -enunciato nella menzionata giurisprudenza, si inquadra 
nella pi� generale elaborazione dottrinale in tema di sentenl'ja 1soggettivamente 
complessa, alla �cui formazione cio� partecipano pi� organi giudiziari, 
i quali concorrono nella formazione della pronuncia definitivia. 

In bas� alla disciplina dettata dal �codice di rito, nel giudizio di rinvio 
si pone come premessa dell'adottanda decisione �tutto �quanto ha formato 
oggetto di accertamento da parte della Corte di Cassazione, sicch� la sentenza 
definitiva costituisce il risultato della collaborazione dei due organi 
giudiziari. Cfr. CALAMANDREI e FURNO, in Nuovissimo Digesto, v. Cassazione 
civile, n. 57, p. 1099. 



58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'apprezzamento circa la decisivit� di quel punto, i poteri del 
giudice di rinvio non possono non rimanere condizionati dai cennati 
presupposti di carattere giuridico, che sono vincolanti ed immodificabili, 
ancorch� nella sentenza della Suprema Corte manchi la formale 
enunciazione di un principio di diritto, ai sensi dell'art. 384 c.p.c. 
Il riesame di quei �presupposti, pertanto, � precluso al giudice di rinvio, 
cos� come � precluso alla stessa Corte di cassazione in caso di impugnazione 
della sentenza del giudice di rinvio. 

Ora, nel caso di esame, la precedente sentenza di questa Suprema 
Corte ebbe anzitutto a rilevare che i giudici di merito, pur avendo 
ritenuto che nella specie ricorresse identit� ed unicit� di violazione 
valutaria, non avevano tuttavia escluso che, in forza dell'art. 2 del 

r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, sarebbe stato possibile configurare 
�un'autonoma responsabilit� della Banca d'America e d'Italia per 
fatto proprio (omessa vdgilanza) distinta da quella del Taragoni (trasgressione 
nel proprio interesse delle norme valutarie) �. Rilev� poi 
questa Corte che i giudici d� merito, nell'interpretare il decreto ministriale 
14 settembre 1956 (col quale fu inflitta al Taragoni e al Girtanner 
una pena pecuniaria, mentre la Banca fu ammessa al pagamento 
di una minor somma a titolo di oblazione) e nel ritenere che nei 
confronti della Banca fosse stata affel'�!llata, non gi� una responsabilit� 
autonoma, sibbene una responsabilit� solidale per il pagamento 
della detta pena pecuniaria, avevano omesso di considerare una serie 
di circostanze, che costituivano punti decisiv�i della controversia, quali 
le seguenti: a) che nel testo del decreto ministeriale non si menzionava 
l'art. 4 del decreto legislativo n. 1928 del 1938, ma anzi si escludeva 
che il traffico valutario fosse stato realizzato nell'interesse della 
Banca, la cui responsabilit� (secondo il parere della Commissione 
consultiva, che' faceva parte integrante del decreto ministeriale) era 
fondata sulla disposizione dell'art. 2, secondo comma, d�ll'anzidetto 
decreto legislativo; b) che nei confronti della Banca il dispositivo del 
decreto ministeriale richiamava la � violazione specificata nella motivazione 
�; e) che nello stesso decreto erano previste tre distinte somme 
(lire 275.000.000, lire 75.000.000 e. lire 20.000.000), mentre la solidariet� 
era contemplata solo tra Ta~agoni e Girtanner (liimtatamente 
a lire 75.000.000). Ci� rilevato, questa Corte ritenne che fosse necessario 
(da parte del giudice di rinvio) un pi� approfondito esame delle 
risultanze documentali e processuali, al fine di stabilire � se i comportamenti 
dei due soggetti (Taragoni e Banca d'America e d'Italia), pur 
sostanziandosi in diverse azioni ed omissioni e pur dando luogo a 
responsabilit� di diversa misura, siano da considerarsi un unico fatto, 
stante il carattere civile delle obbligazioni per le pene pecuniarie e 
la genericit� dell'illecito civile, ovvero se da parte dell'Amministra

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 59 

zione del tesoro si sono colpite due infrazioni nettamente distinte, che 
danno luogo ad autonome responsabilit�, una per fatto proprio e l'altra 
per fatto altrui, l'una per trasgressione valutaria, l'altra per difetto 
di vigilanza che ha agevolato il compimento della trasgressione e ne 
ha reso pi� diffi.fficile l'accertamento �. Questa Corte specific�, inoltre, 
che soltanto nel primo caso (fatto unico) e non anche nel secondo 
(infrazioni nettamente distinte) era da ritenere che il pagamento della 
somma di lire venti milioni, effettuato dalla Banca a titolo di oblazione, 
avesse estinto anche le obbligazioni del Taragoni e del Girtanner, 
relative alla pena pecuniaria ad essi inflitta. 

Questa essendo la motivazione della precedente sentenza, nessun 
dubbio pu� sorgere circa l'interpretazione che fu data all'art. 2 del 
decreto del 1938 e circa la decisiva rilevanza che siffatta interpretazione 
spieg� sulla pronuncia. Non implicitamente, ma addirittura in 
forma esplicita ed inequivocabile, fu ritenuto che i fatti previsti dal 
primo e dal secondo comma del predetto art. 2 non si identificano in 
un fatto unico, e cio� non integrano, per espressa disposizione di legge 
gli estremi di un'unica violazione valutaria, ma possono costituire �infrazioni 
nettamente distinte, che danno luogo ad autonome responsabilit�
�. Fu questa l'inter;pretazione che venne data al citato art. 2 e tale 
interpretazione costitu� il presupposto logico e necessario, assolutamente 
inderogabile, della ritenuta decisivit� delle suindicate circostanze di 
fatto. Anzich� decisive, le dette circostanze sarebbero state del tutto 
irrilevanti, ove non si fosse escluso che le due responsabilit� (�una 
per fatto proprio e l'altra per fatto altrui, l'una per trasgressione valutaria, 
l'altra per difetto di vigilanza�) dovessero essere necessariamente 
ricondotte -per forza di legge e non per particolari circostanze 
del caso concreto ~ ad un'unica ed in.scindibile violazione. Se non si 
fosse esclusa codesta ipotesi, non sarebbe stato necessario cassare la 
sentenza della Corte di appello di Genova, la quale aveva gi� ritenuto 
(sia pure per motivi di fatto) 'che nella specie ricorresse identit� ed 
unicit� di violazione valutaria. 

� da concludere, pertanto, che. la questione di diritto (unica questione) 
prospettata col primo motivo di ricorso, non poteva essere esaminata 
e risolta dai giudici di rinvio, perch� gi� decisa nel processo in 
corso con la precedente sentenza di questa Corte. N� essa pu� essere 
riesaminata in questa sede, poich� (come � stato gi� rilevato con sentenze 
20 aprile 1968, n. 1202, 2 aprile 1965, n. 571, e 27 febbraio 1962, 

n. 370) nel nostro sistema processuale non � consentito -n� al giudice 
di rinvio, n� alla stessa Corte Suprema in sede di ulteriore impugnazione 
-contestare o comunque discutere l'esattezza dei principi giuridici 
enunciati nella sentenza che ha disposto il rinvio, la quale non 

~IJW4wf"4FWJif6N?<=r�~Z-~?18f.W~'.illx~.


60 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Iij1

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 genna:io 1970, n. 126 -Pres. Marletta 
-Est. Falcone -P. M. Pedace (ccmf.) -Mincarini (avv.ti Gian-
sante e Frasca) c. Conso�rzio di Bonifica e Irrigazione in destra del 
Pescara (avv. Compagno) e Ministero Agricoltura e Foreste (avv. 

ft: 

Stato Zoboli). 

Acque pubbliche -Occupazioni di fondi per opere di bonifica inerenti 
il re~ime delle acque -Indennizzo per danni -Indennit� di esproprio 
-Competenza del Tribunale Re~ionale delle Acque. 

(t.u., 11� dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d). 

Acque pubbliche -Requisiti -Carattere pubblico delle opere di canalizzazione 
-Irrilevanza. 
(e.e., art. 822 p.p. -t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 

Si appartengono alla competenza del Tribunale regionale delle 
acque le controversie originate dalla occupazione di fondi per l'esecuzione 
di opere di bonifica relative .ai regime delle acque pubbliche, 
tanto se concernono l'indennizzo per atti legittimi previsto dall'art. 46 
della legge 25 giugno 1865 n. 2359 sull'espropriazione per p.u., quanto 
se riflettono la determinazione dell'indennit� di esproprio od il risarcimento 
dei danni per le occupazioni abusive (1). 

Al f.ine di stabilire il carattere pubblico delle acque � irrilevante 
la circostanza che il manufatto per la loro regolamentazione realizzi 
un'opera pubblica in quanto, costituendo quello una entit� fisica e 
giuridica del tutto distinta, occorre far riferimento soltanto alla lom 
natura ed all'uso di pubbLico generale interesse cui sono destinate (2). 

(Omissis). -L'art. 140 lett. d) della legge sulle acque pubbliche 
attribuisce ai tribunali regionali non solo le controversie relative alle 

0 

indennit� previste per gli atti legittimi dall'art. 46 della legge sulle 

(1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Cass. 17 marzo 1943 n. 635 Foro It. 
Mass.; Cass. 11 luglio 1953 n. 2268, Giur. it., Mass., per la quale esul�ano dalla 
competenza del Triburuale regionale le controversie tra privati aventi indiretta 
attinenza con il regime delle acque o con le opere idrauliche di 
bonifica, in cui non viene in discussione un provvedimento dell'Amministrazione; 
Cass. 13 gennaio 1959, n. 67, in Giur. it. Mass.; Cass. 20 luglio 1965, 
n. 1654, Foro it., 1966, I, 759, per la quale la �competenza del Tribunale regionale 
comprende tutte �le questioni di� danno legate con rapporto di causalit� 
alla esecuzione di opere pubbliche inerenti il regime delle acque. 
(2) La sentenza costituisce corretta applic�azione delle norme in materia: 
in base alla vigente disciplina legislativa non � dato infatti di ideintificare 
un tertium genus nelle acque scorrenti nei canali demaniali rispetto 
alle acque pubbliche ed a quelle private, che esauriscono ogni distinzione 
al riguardo. Non pochi dei detti canali sono alimentati da piccoli corsi non 
aventi i requisiti richiesti per le acque pubbliche. 
In dottrina, cfr. BuscA, le acque nella legislazione italiana, 1962, 221 
e segg. 


::��-� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 61 

espropriazioni per pubblico interesse, ma anche ogni altra controversia 
di qualunque natura riguardante qualsiasi occupazione totale o parziale, 
permanente o temporanea di fondi in conseguenza dell'esecuzione o 
manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione di acque. 
Pertanto, sia le controversie per l'indennit� di espropriazione, sia quelle 
riguardanti il risarcimento dei danni per le occupazioni abusive -eseguite, 
cio�, indipendentemente dall'esistenza delle condizioni e dei presupposti 
idonei a legittimare il comportamento della pubblica -amministrazione 
~ rientrano nell'ampia categoria delle controversie riguardanti 
le occupazioni di fondi di qualsiasi genere; sempre che, naturalmente, 
tali occupazioni siano determinate dall'esecuzione o manutenzione 
delle opere anzidette. 

N� pu� valere in contrario il richiamo fatto dalla indicata norma, 
alle indennit� previste dall'art. 46 della legge sulle espropriazioni; poich� 
l'inclusione nella previsione norm�tiva, accanto ed in contrapposto 
alle ipotesi di occupazione sotto qualsiasi forma, della responsabilit� 
della pubblica amministrazione per atti legittimi significa soltanto che 
il legislatore ha voluto regolare, con disciplina uniforme, situazioni 
giuridiche che, pur essendo sostanzialmente diverse nei presupposti 
soggettivi ed obiettivi, sono in realt� collegate dalla identit� dell'interesse 
pubblico inerente al reg~me delle acque, e che per il �loro 
carattere speciale, si � ritenuto opportuno attribuire al giudizio di un 
organo specializzato della giurisdizione ordinaria (Cass. 22 giugno 
1967, n. 1478; 8 febbraio 1966, n. 410; 5 marzo 1968, n. 713). 

Con la seconda censura, la ricorrente sostiene che, al fine di stabii


lire la natura delle acque, non rileva la circostanza, valorizzata dal 

Tribunale, che esse vengono raccolte in un canale costituente opera 

pubblica. 

Afferma che invece il carattere pubblico delle acque deve essere 

stabilito con esclusivo riguardo alla loro natura ed all'uso di pubblico 

generale interesse cui le stesse sono destinate, e che, con riguardo a 

questo decisivo criterio di qualificazione, era del tutto pacifico che 

nella specie trattavasi di acque piovane avviate, attraverso un canale 

di scolo artificiale, e per di pi� di modesta portata e di limitata lun


ghezza ,allo smaltimento e si era quindi fuori del regime delle acque 

piovane e della connessa competenza del tribunale regionale. 

La censura � fondata e l'istanza deve essere accolta. 

Rappresentano, invero, circostanze !Pacifiche sulle quali nessuna 

contestazione � insorta nel giudizio di merito che le acque fluenti nel 

canale costruito, in parte, nel fondo degli istanti, sono di origine me


teorica e che la raccolta delle stesse nel manufatto � stata imposta dalla 

necessit� di regolarne il deflusso fino allo smaltimento. 

Non � stato, poi, neppure per implicito, posto in discussione il 

principio, pi� volte affermato da questa Corte e da cui non vi sono 


62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

valide ragioni per discostarsi, secondo il quale le acque piovane, 
quando sono convogliate per essere smaltite, senza essere quindi destinate 
alla derivazione e comunque ad una utilizzazione di pubblico 
generale interesse non possono essere considerate acque pubbliche 
(Cass. 20 dicembre 1947, n. 1718 e 1897 del 1942). 

Cosi la tesi accolta dai giudici di merito nel declinare la propria 
competenza, come quella diversamente argomentata esposta in questa 
sede dal Consorzio, sono basate, infatt.i, su considerazioni che non 
pongono in discussione il principio anztdetto. 

La sentenza impugnata ha ritenuto -in sintesi -che doveva 
essere affermata la competenza del tribunale regionale delle acque pubbliche 
poich� trattavasi, nella specie, di opera di bonifica di entit� 
non trascurabile, intesa alla regimentazione delle acque della zona 
collinare a ridosso della citt� di Pescara, ed in particolare, di un'opera 
pubblica costituita da un canale di scolo destinato alla raccolta ed al 
deflusso fino allo scarico, delle acque di odgine meteorica interessanti 
una vasta zona. 

Questa tesi non pu� essere condivisa, in quanto non basta che un 
canale artificiale inteso quale cavit� scoperta costruita dall'uomo per 
il contenimento e la condotta delle acque, costituisca un'opera pub~ 
blica, perch� possa essere attribuita natura pubblica anche all'acqua 
che vi fluisca. Il manufatto e l'acqua che vi sia immessa costituiscono 
due entit� fisicamente e giuridicamente distinte, sicch� .dal carattere 
dell'uno non si pu� argomentare in alcun modo circa la natura 
dell'altra. 

In particolare, il carattere di opera pubblica del canale di scolo 
realizzato dal Consorzio in destra del Pescara quale concessionario 
di lavori da eseguire a totale carico dello Stato a norma degli artt. 2 
e 7 del r.d. 13 gennaio 1933 n. 315, per regolare il deflusso delle acque 
di origine meteorica interessanti i terreni circostanti, non pu� indurre, 
di per s�, ad una qualificazione di tale acqua diversa da quella che, 
come si � detto, � stata ad essa pa'Cificamente riconosciuta e che ad essa 
deriva dalla sua origine e dai suoi caratteri fisici (acqua piovana) nonch� 
dalla sua destinazione (smaltimento senza alcuna utilizzazione). 

Il Consorzio, a sostegno della decisione declinaratoria della competenza 
svolge -come si � detto -un'argomentazione diversa da 
quella adottata dal Tribunale, sostenendo che in base alla'rt. 140 
lettera d) del t.u. n. 1775 del 1933, la specificazione di bonifica, ascrivibile, 
secondo il t.u. sulla bonifica integrale (13 gennaio 1933, n. 315) 
all'opera per la cui esecuzione l'occupazione � stata attuata, costituisce 
ragione autonoma, indipendente ed autosufficiente, per l'insorgere della 
competenza del giudice specializzato, sicch� rimane e del tutto priva 
di rilievo la circostanza della presenza di acqua e a fortiori la natura 
pubblica o privata di questa �. 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 63 

Questo assunto non pu� essere condiviso. 

Al fine di stabilire l'ampiezza dell'espressione usata dal legislatore 
nell'attribuire al giudice specializzato la cognizione di tutte le controversie 
di qualunque ��natura riguardanti l'occupazione di fondi in 
conseguenza dell'esecuzione di opere di bonifica, acquistano invero, 
valore preminente gli argomenti ermeneutici desumibili dalla legge 
in cui la norma in discussione � collocata. 

E, da questo punto di vista, va anzitutto rilevato che il t.u. n. 1775 
del 1933 per quanto riguarda la materia delle acque, detta le norme 
sulle derivazioni e utilizzazione delle acque pubbliche (tit. 1) disciplinando 
separatamente le concessioni ed i riconoscimenti di utenze 
(cap. I) ed i consorzi per l'utilizzazione delle acque pubbliche (cap. II); 
pone, quindi, le norme per la costruzione dei serbatoi e dei laghi 
artificiali (cap. III); nonch� le disposi2lioni speciali sulle acque sotterranee; 
(Tit. II); istituisce, infine, uno speciale contenzioso al quale 
sono devolute, tra le altre controversie, la cui attinenza al regime 
delle acque pubbUche risulta testualmente o � comunque fuori discussione 
anche quelle di cui si disputa (Tit. IV nonch� art. 1, 3; u.c.; 18; 
48; 30 c/). 

Orbene la necessit� che anche queste ultime involgono gli interessi 
pubblici connessi al regime delle acque, perch� sia derogata la 
competenza ordina�ria, risulta anzitutto, dalla mancanza di un'esplicita 
precisazione, che sarebbe stata necessaria al fine di estendere per 
quelle particolari controversie, con pi� ampia deroga alla collllpetenza 
del giudice ordinario, l'ambito della competenza sp~cfalizzata quale 
risulta dalle norme ricordate. 

D'altro canto l'uso, in un testo di legge sulle acque pubbliche, del-
l'espressione generica �opere di bonifica � per riferirsi soltanto a quelle, 
tra esse, che si attuino mediante l'utilizzazione delle acque o che interessino 
comunque il regime delle stesse, � agevolmente spiegabile ove si 
rifletta che quelle opere rappresentavano in passato e rappresentano 
anc�r oggi pur nel pi� ampio contesto della bonifica integrale, le opere 
di bonifica per antonomasia, dato il loro carattere preminente sia dal 
punto di vista economico �che da quello degli interessi generali della collettivit�. 


La tesi che si respinge porterebbe, infine, ad estendere la competenza 
del Tribunale Regionale delle Acque anche a controversie nelle 
quali, non essendo coinvolta alcuna questione di carattere tecnico o 
giuridico relativa al regime di acque destinate ad uso di pubblico generale 
interesse, mancherebbero il presupposto e la giustificazione del-
l'attribuzione di competenza ad un giudice la cui costituzione e composizione 
sono in funzione proprio della particolare natura di quelle questioni. 
-(Omissis). 

6 


64 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2'2 gennaio 1970, n. 136 -Pres. Rossano 
-Est. Sandulli -P. M. Pedace (parz. diff.) -Ministero LL.PP. 
(avv. Stato Salto) c. Lulli (avv. Rosicarelli) ed E.N.R.E.S.I. (avv. 
Lilla). 

Procedimento civile -Legittimatio ad causam -Concetto -Titolarit� 
del rapporto sostanziale -Distinzione -Accertamento -Poteri 
della Corte di Cassazione. 

(c.p.c., art. 100). 

Opere pubbliche -Cooperazione di pi� Enti pubblici nella realizzazione 
dell'opera -lmpt;itazione degli effetti giuridici -Comuni 
danneggiati dalla guerra -Sostituzione del Ministero dei LL.PP. 
nella realizzazione dei piani di ricostruzione -Concessione della 
esecuzione dei lavori -Effetti. 

(legge 27 ottobre �t951, n. 1402, artt. 15, 16). 

La legittimatio ad causam, quale condizione dell'azione per conseg�ire 
una decisione di merito si distingue dalla titolarit� del rapporto 
giuridico controverso e si sustanzia nel diritto potestativo ad ottenere 
una pronunzia giurisdizionale rispetto a tale rapporto, cio� nel potere 

o dovere (legittimazione attiva o passiva) di promuovere o subire il 
relativo giudizio. 
Nell'accertamento di tale legittimazione, cui � dato di procedere di 
Ufficio, i poteri della Corte di Cassazione si estendono anche all'indagine 
di fatto sulla base delle risultanze probatorie acquisite, laddove in ordine 
alla titolarit� del rapporto sostanziale sono limitate al normale 
controllo di legittimit� nell'ambito dei motivi di impugnazione (1). 

Per l'attuazione dei piani di ricostruzione nei Comuni danneggiati 
dalia guerra, che non siano in grado di provvedervi direttamente, il Ministero 
dei LL.PP., in base alla legge 27 ottobre 1951, n. 1402, pu� sostituirsi 
ad essi nella esecuzione delle Opere pubbliche ed anche delle 
eventuali espropriazioni, con facolt� di affidare la esecuzione dei relativi 
lavori, a mezzo di specifico rapporto (delegazione, affidamento pro


(1) L'orientamento della Corte di Cassazione, per il quale la legittimazione 
attiva e passiva va ricondotta esclusivamente nell'ambito della disciplina 
processuale, senza confondersi con la titolarit� attiva e passiva del 
rapporto dedotto in giudizio, � ormai fermo. 
La .sentenza 29 ottobre 1968, n. 3607 menzionata in motivazione � 
riportata in questa Rassegna, 1968, I, 974 con nota di richiami cfrr. altres� 
Cass. 28 novembre 1968, n. 3836, ivi, 975; 30 marzo 1968, n. 1012; 27 gennaio 
1968, n. 273; 6 novembre 1967, n. 2687, ecc. 

In dottrina CERINO CANOVA, Osservazioni sulla legittimatio ad causam, 
in Giur. it., 1967, I, 1151; C1Acc10 legittimatio ad causam e titolarit� del 
rapporto sostanziale, in Giust. civ., 1966, I, 1325; GARBAGNATI, In tema di 
legittimazione ad agire, in Foro pad., 1966, I , 643. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 65 

prio od improprio, sostituzione, finanziamento) nel cui ambito occorre 
esaminare quali siano i compiti in concreto trasferiti onde procedere alla 
imputazione giuridica delle conseguenti obbligazioni (2). 

(Omissis). -In via preliminare, va rilevato che, trattandosi, nel 
caso di specie, di una questione non di legitimatio ad causam, ma attinente 
alla cosidetta titolarit� passiva del rapporto sostanziale controverso, 
non possono riconoscersi al Supremo Collegio, contrariamente a 
quanto si sostiene dal ricorrente, facolt� di indagine di fatto e di valutazione 
degli atti acquisiti nei pregressi gradi del giudizio. 

Con una recente decisione delle Sezioni Unite (n. 3607 del 29 ottobre 
1968) questa Corte ha ribadito, in subietta materia, l'indirizzo 
giurisprudenziale, che, delineato per la prima volta in maniera recisa 
con sentenza n. 238 del 16 febbraio 1965 (bench� non mancassero tracce 
di tale orientamento anche in pronunce pi� remote), pu� ormai considerarsi 
prevalente. 

In precedenza le questioni relative alla legitimatio ad causam -intesa 
questa, secondo la configurazione giuridica assegnatale dalla pi� 
autorevole dottrina e dalla giurisprudenza dominante, come una �condizione 
dell'azione�, e do� quale presupposto necessario per ottenere 
una pronuncia di merito favorevole -pur considerate come questioni 
preliminari di merito (in base alla terminologia adottata dal vigente 
codice di rito, artt. 187 e 279 n. 2), furono assimilate da parte della 
dottrina e da alcune pronunce di questa Corte Suprema, per quanto atteneva 
alla disciplina concreta, alle questioni riguardanti l'esistenza dei 
presupposti processuali (in specie, a quelle relative all'esistenza della 

(2) La sentenza 31 gennaio 1968 n. 313 menzionata in motivazione e con 
la quale la Corte di Cassazione ebbe ad elaborare una classificazione sistematica 
delle varie figure giuridiche concernenti il concorso di pi� Enti 
;puibblici nella realizzazione di opere pubbliche, � rilportata in questa Rassegna 
1968, I, 419. con nota di riferimenti. 
Cfr. altres� Cass. 13 luglio 1968, n. 2496, ivi 1969, I, 45; con sentenza 6 

maggio 1969, n. 1525, ivi 1969, I, 461, le Sezioni Unite in tema di delegazione 

per l'esecuzione di opere pubbliche previste dalla legge 9 aprile 1953, n. 297, 

hanno puntualizzato il concetto �che non si pu� in astratto ed in base ai 

soli principi generali dell'ordinamento amministrativo, stabilire quali siano 

i poteri spettanti ad ognuno degli enti che cooperano nella costruzione di 

opere pubbliche, ma che occorre in primo luogo far capo all'atto ammini


strativo per accertare in concreto quali attivit� siano state commesse, e 

solo ove l'affidamento deH'opera al;>bi:a avuto luogo senza particolari limi


tazioni o disposizioni si deve far ricorso ai principi generali od alle norme 

particolari della legg�e, onde stabilire l'ambito e gli effetti dell'affidamento. 

Cfr. altres� Cass. 2 agosto 1968, n. 2751 in Giust. civ. 1968, Rep.; 27 mar


zo 1966, n. 807 ivi 1967. 

In dottrina FRANCHINI: La delegazione amministrativa. Milano 1950; 
MIELE: Delega Amm.va in Enciclopedia giur. XI, 107; SAcco: Profilo della 
delegazione amministrativa, Milano 1970. 


66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legitimatio ad processum). E c10, perch� l'identificazione dei veri soggetti 
del rapporto di diritto so.stanziale controverso (del soggetto a cui 
favore o in cui pregiudizio era posto l'astratto comando della legge) veniva 
considerata attinente alla legittimit� della costituzione del processo, 
vale a dire alla regolarit� della istituzione del contraddittorio, che 
doveva ritenersi violato in caso d'insussistenza di identit� fra i soggetti 

I

del rapporto processuale e quelli del rapporto sostanziale. 
Corollari di tale costruzione erano l'inammissibilit� della formazione 
di un giudicato implicito preclusivo e l'estensione del potere della 

~ 

Corte S�prema, quale giudice dell'impugnazione, al rilevo anche d'ufficio, 
della sussistenza o del difetto della legitimatio ad causam, con le 
stesse facolt� di indagini di fatto, consentite in tema di accertamento 
dell'esistenza o meno dei presupposti processuali, o pi� genericamente, 
dei vizi in procedendo, cio� relativi al processo �d alla valida istituzione 
e al regolare svolgimento di esso. 

La distonia, avvertita sia in dottrina che in giurisprudenza, fra la 
configurazione giuridica assegnata alla legitimatio ad causam ed il regime 
concreto ad essa riservato, � stata rettificata dal nuovo indirizzo 
giurisprudenziale, che, sulla linea delle intuizioni della moderna dottrina 
processualistica, ha dato un nuovo assetto alla delicata materia, 
ponendo una netta differenziazione, in base ad un criterio discretivo 
soddisfacente sia sul piano concettuale che su quello pratico, fra la legitimatio 
ad causam e la titolarit� del rapporto sostanziale contenzioso. 

Secondo queste .nuove prospettive, la legitimatio ad cdusam costituisce 
una condizione dell'azione, intesa �Come il diritto potestativo ad 
ottenere dal giudice non una sentenza favorevole, bens� una qualsiasi 
decisione di merito, sia essa favorevole o contraria (cfr. Cass. 5 feb 
braio 1969, n. 381). 

Essa si risolve nella titolarit� del potere o del dovere (seconlfo che 
si tratti di legittimazione attiva o passiva) di promuovere o di subire 
un giudizio, tendente ad una pronuncia su un rapporto giuridico sostanziale, 
dedotto ad oggetto della controversia, indipendentemente dalla 
sussistenza e dalla titolarit� effettiva del rapporto stesso. 

Sono quindi, questioni, di legittimazione ad �ausam quelle attinenti 
alla sussistenza di tale potere o dovere, non potendo le stesse essere 
confuse con quelle relative alla reale titolarit� del rapporto sostantivo, 
oggetto di contestazione, vale a dire con quelle riguardanti l'identificazione 
dei .soggetti del rapporto contenzioso. 

L'esistenza dell'azione non pu�, perci�, confondersi con quella della 
situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio, nemmeno sotto il 
particolare profilo della spettanza di diritto (dr. in tal senso, Cass. sent. 
27 febbraio 1969, n. 655; sent. 8 novembre 1968, n. 3706; sent. 29 ottobre 
1968, n. 3607; 1sent. 7 settembre 1968, n. 2902; sent. 2 agosto 1968, 

n. 2760). 
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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 67 

Dalla distinzione concettuale fra la situazione giuridica protetta e 
l'azione, quale potere giuridico di provocare l'esercizio della tutela giurisdizionale, 
consegue la dissociazione fra la titolarit� del diritto sostanziale 
e quella dell'azione, avente rispetto al primo funzione sussidiaria 
e strumentale. 


Devono ritenersi, pertanto questioni non di pura legittimazione ad 
causam, la cui' categoria, sia pure contenuta in limiti necessariamente 
pi� ristretti, continua a sopravvivere (basti pensare all'ipotesi definita 
� scolastica � da un'autorevole dottrina, in quanto difficilmente verificabile, 
di chi faccia valere un diritto altrui prospettandolo formalmente 
come tale ed a quella di chi faccia valere un diritto altrui assumendo 
di essere abilitato ad agire: cosiddetta legittimazione straordinaria o 
anomala, ad esempio, azione in via surrogatoria), ma questioni di merito 
quelle sulla cosiddetta � appartenenza soggettiva � all'attore del diritto 
controverso e quelle sulla cosiddetta � titolarit� passiva � del rapporto 
sostanziale contenzioso. 


In ordine ad esse il Supremo Collegio non pu� esercitare i poteri 
di giudice del fatto, di cui � investito riguardo alle questioni di legittimazione 
ad causam, e cio� non pu� esperire accertamenti di merito in 
base agli attori acquisiti nei precedent~ gradi del giudizio, ma soltanto 
esercitare il normale controllo di legittimit�, nei limiti dedotti con i 
motivi d'impugnazione. -(Omissis). 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 gennaio 1970, n. 178 -Pres. Marletta 
-Est. Ferrone Capano -P. M. Gedda (conf.) -Ministero LL.PP. 
(avv. Stato Alibrandi) c. Cester Marino (avv. Merlin). 


Arricchimento senza causa -Nei confronti della p. a. -Risparmio di 
spesa -Riconoscimento della utilit� -Necessit� -Sussistenza. 
(e.e., art. 2041). 


Ai fini della proponibiiit� dell'azione di arricchimento senza causa 
nei confronti della pubblic� amminfatrazione, � sempre necessario che 
quest'ultima riconosca, esplicitamente od implicitamente, l'utilit� derivatale. 
dall'opera compiuta dal gestore, anche quando tale utilit� si risolva 
in un risparmio di spesa necessaria (1). 


(1) Sul punto specifico oggetto della decisione in rassegna non risultano 
precedenti i.Jn termini. La �Soluzione adottata dalla Cassazione appare 
di indubbia esattezza.,giacch� -com'� ovvio -un risparmio di spesa non 
� che una specie di utilit�, per la quale valgono i �consueti giudizi affermati 
in tema di riconoscimento (al riguardo cfr., da ultimo, Cass. 5 settembre 
1968, n. 2865, in Giust. civ., 1969, I, 41). 
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68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Col terzo motivo, che ha carattere preliminare rispetto 
al secondo (e va perci� esaminato �Con precedenza), il ricorrente denuncia 
la violazione dell'art. 2041 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 �c.p.c., per 
avere la Corte di merito che � la pi� recente giurisprudenza ha equiparato 
al riconoscimento esplicito, da parte della pubblica amministrazione, 
dell'utilit� dell'opera o della prestazione compiuta dal gestore 
-riconoscimento che costituisce il presupposto dell'azione di arricchimento 
senza causa nei confronti della pubblica amministrazione -il 
caso in cui l'arricchimento consista nel risparmio di una spesa necessaria, 
conseguito in virt� di una prestazione effettuata da altri con 
propria diminuzione patrimoniale�, poich!� in tal caso �il vantaggio � 
in re ipsa e sarebbe del tutto illegittima una dichiarazione di volont� 
che lo disconosca�. E nella specie era possibile �identificare il vantaggio 
conseguito dalla pubblica amministrazione nel risparmio degli indennizzi 
che si sarebb.ero dovuti erogare, in base alle disposizioni di 
legge applicabili al caso, alle .persone ed enti che, senza l'intervento del 
Cester, sarebbero stati colpiti certamente dalla pubblica calamit� di cui 
trattasi�. 

La censura � fondata. 

Giusta la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, r~centemente 
riaffermata con sentenza 5 settembre 1968, n. 2865, l'azione di 
arricchimento senza causa, prevista dall'art. 2041 �e.e., non � proponibile 
nei �confronti della pubblica amministrazione se non quando sia intervenuto 
il riconoscimento, da parte dell'ente pubblico competente, della 
utilit� dell'opera o della prestazione da altri eseguita a proprie spese. 
Non � necessario che il riconoscimento avvenga con atto scritto, o con 
dichiarazione formale, potendo esso risultare, anche per implicito, dal 
fatto che l'ente pubblico sia addivenuto alla concreta utilizzazione dell'opera 
o della prestazione. Ma un riconosci:mento, ancorch� implicito, 
� pur sempre necessario, poich� � riservato unicamente alla pubblica 
amministrazione il potere, insindacabile dall'a.utorit� giudiziaria, di valutare 
la necessit� e l'opportunit� di una determinata opera o prestazione, 
nonch� di stabilirne le modalit� di esecuzione. 

� ovvio che l'arricchimento di un soggetto (il �vantaggio� considerato 
dalla Corte di merito) pu� consistere anche in un risparmio di 
spesa. Ma il risparmio, anche quando si riferisce ad una spesa necessaria, 
attiene all'arricchimento, non al riconoscimento della utilit� dell'opera 
o della prestazione da altri eseguita. Al riconoscimento della 
utilit� non � certo equiparabile n� pu� essere sostituita l'utilit� medesima. 
Ogni qualvolta, anche nel ca:i;npo delle spese e delle attivit� obbligatorie 
per legge, � riservato alla pubblica amministrazione un potere 
discrezionale circa i tempi e le modalit� delle prestazioni da essa 
dovute, rimane ferma la necessit�, ai fini della proponibilit� dell'azione 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 69 

di indebito arricchimento, che l'ente pubblico abbia riconosciuto, esplicitamente 
o implicitamente, la concreta utilit� dell'intervento altrui. 

Giuridicamente inaccettabile, quindi, � l'affermazione contenuta nella 
denunciata sentenza, secondo cui �il risparmio .di una spesa necessaria 
va equiparato al riconoscimento esplicito, da parte della pubblica 
amministrazione, dell'utilit� dell'opera o della prestazione compiuta dal 
gestore�. Secondo la Corte d'appello, do�, il riconoscimento della utilit� 
non � richiesto, ai fini dell'azione di indebito arricchimento, nei confronti 
della pubblica amministrazione, quando l'arricchimento consista 
nel risparmio di una spesa necessaria. Ma siffatta affermazione, nella 
sua indiscriminata assolutezza, contrasta nettamente con i suindicati 
principi, che, contrariamente a quanto ha adombrato la stessa Corte di 
merito, non sono stati affatto modificati o disapplicati con la sentenza 
di questo Supremo Collegio del 12 luglio 1965, n. 1471. 

� da concludere, pertanto, che il terzo motivo del ricorso principale 
i� fondato; che l'impugnata sentenza deve essere cassata, limitatamente 
alla parte concernente l'azione di arricchimento; e che la causa 
deve essere rinviata ad altro giudice, affinch� proceda a nuovo esame 
sulla base ed in conformit� dei principi di diritto innanzi enunciati. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 gennaio 1970, n. 208 -Pres. Favara 
-Est. D'Orsi -P. M. Pedace (conf.) -Assessorato LL.PP. della 
Regione Siciliana (avv. Stato Albisinni) c. Catalfamo e Mastroemi 
(avv. Catalfamo). 

Competenza e giurisdizione -Occupazione di fondi per l'esecuzione 
di opere concernenti il regime delle acque pubbliche -Controversie 
-Competenza del Tribunale Regionale delle acque. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d). 
Rientrano nella competenza del Tribunale Regionale delle Acque 
le controversie originate dall'occupazione permanente o temporanea dei 
fondi, senza distinzione tra occupazione legittima od illegittima, conseguenti 
all'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche di bonifica 
e derivazione ed utilizzazione delle acque pubbliche (1). 

(Omissis). -L'Assessorato ai lavori pubblici della Regione siciliana 
sostiene la �competenza del Tribunale ordinario sotto il profilo 
che la vertenza, sorta in seguito ad occupazioni ed espropriazioni per 

(1) Giurisprudenza pacifica -cfr. Cass. 5 dicembre 1950, n. 2677; 20 
giugno 1952, n. 1814; 11 luglio 1953, n. 2268; 13 gennaio 1959, n. 67, in Foro 
amm., II, 1, 33; 15 luglio 1967, n. 1785; 5 marzo 1968, n. 713. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

70 

l'esecuzione di una condotta di collegamento di alcune frazioni della 
piana di Milazzo ad un acquedotto preesistente, verserebbe in un'ipotesi 
di utilizzazione indiretta dell'acqua pubblica simile a quella relativa alla 
creazione della ret� di distribuzione dell'acqua ai vari utenti. 

La tesi � infondata. 

L'art. 140 (lett. d) del r. decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, devolve 
alla cognizione del Tribunale delle acque pubbliche le controversie di 
qualsiasi natura riguardanti l'occupazione totale o parziale, permanente 

o temporanea di fondi e le indennit� previste dall'art. 46 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359 in conseg~enza dell'esecuzione o manutenzione 
di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione delle 
acque; e per derivazione deve appunto inteRdersi l'opera effettuata 
mediante l'innesto -nella condotta preesistente -di altra condotta, 
con la quale si abbia pur sempre un modo diretto di utilizzazione dell'acqua 
da parte della P. A. 
Ora, l'avvicinare tale ipotesi a quella in cui vi sia controversia tra 
privati in ordine alla rete di distribuzione idrica non pu� ritenersi 
esatto perch� nella specie l'acqua indotta nella condota di derivazione 
era tuttora nella �piena disponibilit� della P. A., al di fuori della disponibilit� 
dei privati. Il richiamo alla sentenza 7 .giugno 1943, n. 1383, 
di questa Corte non giova, quindi, al ricorrente, perch� allora fu 
esclusa la competenza speciale solo per quanto riguardava la distribuzione 
dell'acqua agli utenti, dopo la immissione nella rete relativa. 

Va, adunque, ribadita la costante giurisprudenza di questa Corte 
(da ultimo Cass. 5 marzo 1968, n. 713 secondo cui sono devolute alla 
competenza del Tribunale regionale delle acque le controversie originate 
da occupazione di fondi a seguito dell'esecuzione o manutenzione di 
opere destinate a regolare il regime delle acque pubbliche, senza distinzione 
tra occupazione legittima e quella abusiva sempre che dette 
occupazioni siano state determinate dall'esecuzione di opere attinenti 
alla bonifica e derivazione ed utilizzazione di acque pubbliche. 

Nella specie, trattandosi appunto di impugnazione dell'indennit� 
dovuta per occupazione e permanente asservimento di una condotta 
d'acqua pubblica �. competente il Tribunale regionale delle acque. (
Omissis). 


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SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 631 -Pres. Laudi 
-Est. Mezzanotte -Gallo (avv. De Martini) c. E.N.P.A.S. (avv.ti 
Carbone e Rossi). 

Competenza e giurisdizione -Impiegato dello Stato -Assistenza dell'ENPAS 
in favore del dipedente statale, che abbia diritto ad indennizzo 
da parte dei terzi -Facolt� discrezionale dell'ENPAS 
e correlativo interesse legittimo del dipendente statale -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato. 

La� facoltd deU'E.N.P.A.S. di disporre l'assistenza sanitaria a favore 
di un dipendente statale che abbia diritto ad essere indennizzato da 
parte di terzi, a condizione che il "dipendente statale rimborsi l'Ente nei 
limiti delle somme recuperate per ii medesimo titolo (art. 13, u.c. 

r.d. 26 luglio 1942, n. 911) � discrezionale, onde la posizione giuridica 
dell'assistito degrada ad interesse legittimo, con la conseguenza che competente 
a giudicare sulle relative controversie � il Consiglio di Stato (1). 
(1) Massima esatta. Resta comunque fermo il principio secondo il qua1e 
il dipendente statale � titolare di un diritto soggettivo ad ottenere per le 
malattie �l'assistenza da iparte dell'ENPAS, nelle forme e nelle misll!re stabilite 
da1le leggi regolanti la materia, salve le eccezioni previste da particolari 
norme: in termini, Cass. S. U. 3 febbraio 1967, n. 305, in ques(ta 
Rassegna, 1967, I, 61, con nota. Una di tali eccezioni pu� considerairsi quella 
di �Cui all'art. 13, uitimo comma, r.d. 26 .luglio 1942, n. 917. Per la questione 
in genere delJ.'assistenza dell'ENPAS si veda: PALERMO A., In tema di assistenza 
sanitaria dei dipendenti statali., Riv. it. prev. soc., 1966, 1152. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 642 -Pres. Landi 
-Est. Fortini del Giglio -Risso ed altri (avv.ti Bodda e Menghini) 

c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Terranova) e S.p.A. S.L.A.T. 
(avv. Piccardi). 
Espropriazione per pubblica utilit� -Termini -Termine di inizio dei 
lavori -Scadenza -Non determina decadenza della dichiarazione 
di p. u. 

72 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sport e Turismo -Piste di sci -Idoneit� di un tracciato -Sindacato di 
legittimit� -Inammissibilit�. 

La scadenza del termine di inizio dei lavori per la esecuzione di 
opere di pubblica utilit� (art. 13, legge 25 giugno 1865, n. 2359) non 
comporta, per ci� solo, la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit�: 
infatti l'iniziale ritardo pu� essere compensato dal successivo acceleramento 
nella esecuzione delle opere, senza alcun danno per l'interesse 
pubblico (1). 

L'apprezzamento della pubblica amministrazione sulla idoneit� di 
un tracciato di piste sciistiche a garantire la sicurezza dell'impianto sportivo, 
non � sindacabile in sede di ~egittimit�, trattandosi di apprezzamento 
di merito (2). 

(1) Massima esatta: cfr. in termini Ad. pl. 5 luglio 1967, n. 7, Il Consiglio 
di Stato, 1967, I, 1011 e, in dottrina, P. CARUGNO, Ancora appunti sull'art. 
13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, ivi, 1968, II, 982. Con particolare 
riguardo aUa finalit� dei termini stabiliti dal citato art. 13 si � pronunciata 
la Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 600, ivi, 1966, I, 1403, ed id. 19 ottobre 1966, 
n. 676, ivi, 1644, nonch� Cass. S. U. 26 giugno 1965, n. 2481, Sett. giur., 1965, 
II, 56. Cfr. anche Ad. rpl. 20 dicembire 1965, rn. 40, Il Consiglio di Stato, 1965, 
I, 2057 e Sez. IV, 1 giugno 1966, ivi, 1966, I, 1127, secondo cui quando � 
stata comunque realizzata l'opera non si pu� negare che l'esigenza di 
pubblico interesse ad essa riconnessa sia stata in concreto soddisfatta: da 
ci� deriva l'inutilit� di una nuova verifica del pubbUco interesse, cio�, 
appunto, di una ulteriore dichiarazione di pubblica utillt�. 
(2) Giurisprudenza costante sul principio generale: cfr. Sez. IV, 20 
novembre 1968, n. 732, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 1796; id., 16 novembre 
1966, n. 814, ivi, 1966, I, 2037. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 668 -Pres. Granito 
-Est. Giura -Peluso (avv.ti Zinna e Mango) c. Intendente di 
finanza di Salerno (avv. Stato Terranova). 

Organo collegiale -Provvedimenti di nomina e di decadenza -Interesse 
all'impugnativa. 

Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Provvedimenti 
dell'Intendente di Finanza in tema di composizione delle Commissioni 
distrettuali delle imposte -Non sono atti definitivi. 

L'interesse ad impugnare un provvedimento di nomina o di deccidenza 
di un organo collegiale sussiste anche quando � scaduta la durata 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 73 

dell'organo: infatti L'accoglimento del ricorso determinerebbe l'annullamento 
retroattivo dell'atto impugnato (1). 

I provvedimenti dell'Intendente di finanza in tema di composizione 
delle Commissioni distrettuali delle imposte non possono essere considerati 
atti definitivi, perch�, in mancanza di norma espressa, non possono 
essere considerati definitivi i provvedimenti delle Amministrazioni 
statali periferiche (2). 

(1-2) Massime esatte. Per l'affermazione contenuta nella prima s1 e 
ormai formata una giurisprudenza �costante: cfr. Sez. V, 6 dicembre 1966, 

n. 1580, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 2310. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 676 -Pres. Landi 
-Est. Paleologo -Gallo (avv. Del Vecchio) c. Ministero dei lavori 
pubblici (avv. Stato Carafa) e Comune di Napoli (n.c.) con intervento 
di Croce (avv.ti Pallottino e Guarino). 

Edilizia -Edifici costruiti in violazione del piano regolatore comunale Inattivit� 
del sindaco -Intervento del Ministero dei lavori pubblici. 

Edilizia -Intervento del Ministero dei lavori pubblici ex art. 26, 1. 17 
agosto 1942, n. 1150 -Legittimit� delle occupazioni temporanee. 

Il Ministero dei lavori pubblici pu� disporre la demolizione di un 
immobile costruito senza la licenza edilizia ovvero in base a licenza annullata, 
quando le opere non rispondano aHe prescrizioni del piano regolatore 
comunale e il Sindaco non adotti gli opportu,ni provvedimenti 
(1). 

Poich� il Ministero dei lavori pubblici pu� disporre la demolizione 

anche parziale di immobili costruiti in volazione delle prescrizioni del 

piano regolatore comunale, � da ritenere legittima l'occupazione tem


(1-2) Per .la prima massima cfr., in termini, Sez. IV, 30 dicembre 1966, 

n. 1094, in questa Rassegna, 1967, I, 118, con nota di Tichiami; id., 18 maggio 
1966, n. 425, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 947. Per riferimenti in dottrina 
si vedano: TESTA V., Eliminazione di costruzioni illegittime, Il Consiglio di 
Stato, 1967, II, 190; .ALAGNA G., Le licenze edilizie, Amm. it., 1968, 263, 410 
e 567. � stato anche ritenuto che, �al fine di sanare la illeg.ittimit� della 
costruzione, il Sindaco pu� rtlasciare licenz�e edilizie successive alla edifiea1965, 
I, 233; id., 4 febbraio 1966, n. 172, ivi, 1966, I, 266. � arltresl da ritenere 
che il Sindaco (o il Ministro) possa procedere alla demolizione solo se non 

74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

poranea di edificio, necessaria per l'esecuzione dei lavori di demolizione 
(2). 

venga pregiudicafo alcun interesse della .collettivit�: Cass. S. U., 13 aprile 
1965, n. 666, Foro Amm., 1965, I, 275; Ad. pl., 28 luglio 1965, n. 19, Il Consiglio 
di Stato, 1965, I, 1069. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 novembre 1969, n. 707 -Pres. 
Landi -Est. Bernardinetti -Battaglia (avv. Danese) c. Ministero 
dei lavori pubblici (ayv. Stato Albisinni). 

Danni di guerra -Contributo per la ricostruzione -Presupposti Danni 
di guerra -Inosservanza del termine di cui all'art. 3 1. 17 
dicembre 1956, n. 1238. 

(legge 29 giugno 1940, n. 792, art. 6; legge 12 aprile 1948, n. 507; legge reg, 
sic. 22 marzo 1952, n. 6). 

La P.A., su domanda degli interessati, pu� revocare la concessione 
per la riparazione deU'immobile e consentire l'applicazione delle norme 
per la ricostruzione purch� iL fabbricato sia stato dichiarato o riconosciuto 
distrutto e non solo danneggiato (1). 

Eseguivi i lavori di ripristino di fabbricati adibiti ad uso di abitazione, 
senza autorizzazione, anteriormente alla entrata in vigore della 
legge 31 luglio 1954, n. 607, l'accertamento definitivo del danno, effettuato 
dall'autorit� competente prima dell'inizio dei lavori, tiene luogo 
della prescritta autorizzazione (2). 

(1-2) Sul contributo di ricostruzione e sui presupposti per la erogazione 
si veda, in genere, Sez. IV, 20 marzo 1968, n. 175, in questa Rassegna, 
1968, I, 233, con nota di richiami. Circa la finalit� di detti contributi si veda 
Cass. Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2324, ivi, 1967, I, 857, con nota di richiami 
e Cass. S.U. 12 gennaio 1965, n. 63, ivi, 1965, I, 290, con nota di P. SACCHETTO, 
con particolare riguardo alla posizione giuridka del privato (interesse 
legittimo). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 novembre 1969, n. 720 -Pres. 
Landi -Est. Benvenuto -Chiapale (avv. Magri) c. Ministero dei lavori 
pubblici (avv. Stato Sembiante) e Coop. ed. �Il Focolare� 
(avv.ti Viglino e Maineri). 

Giustizia amministrativa -Intervento -Intervento in giudizio ad opponendum 
-Mancato deposito dell'avviso di ricevimento della 
notificazione al ricorrente. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 75 

Edilizia popolare ed economica -Atti della Commissione dell'impiego 
del fondo per l'incremento edilizio -Situazione giuridica del privato. 

n mancato deposito dell'avviso di ricevimento della notificazione 
al ricorrente determina l'inammissibilit� dell'intervento in giudizio ad 
oppenendum (1). 

Le norme che regolano gli atti� della Commfasione dell'impiego del 
fondo per l'incremento edilizio sono norme di azione, onde di fronte a 
detti provvedimenti il privato versa in una situazione di mero interesse 
legittimo (2). 

(1) Giurisprudenza costante: tra le molte, si veda Sez. V, 12 aprile 
1958, n. 236, Il Coinsiglio di Stato, 1958, I, 438; Sez. VI, 2 luglio 1965, n. 489, 
i17i, 1965, I, 1302; Sez. IV, 28 settembre 1967, n. 386, ivi, 1967, I, 1577. 
(2) Massima esatta: cfr. Sez. IV, 5 giugno 1959, n. 647, Il Consiglio di 
Stato, 1959, I, 765 e Sez. VI, 18 aprile 1969, n. 194, ivi, 1969, I, 643. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 novembre 1969, n. 728 -Pres. 
Landi -Est. Granito -Marcozzi (avv.ti Gualandi, Consalvo e Sansoni) 
c. Ministero di grazia e giustizia (avv. Stato Carafa). 

Impiego pubblico -Magistrati -Stato giuridico -Provvedimenti del 
Consiglio superiore della magistratura. 

Impiego pubblico -Dimissioni volontarie -Momento della. estinzione 
del rapporto d'impiego. 

I provvedimenti del Consiglio superiore della magistratura relativi 
allo stato giuridico dei magistrati, contro i quali � ammesso il ricorso 
al Consiglio di Stato per motivi di legittimit� ex art. 17 legge 24 
marzo 1958, n. 195, risultano tanto dalla deliberazione quanto dal decreto 
che le adotta, onde il ricorso al Consiglio di Stato ha per oggetto 
sia L'una che l'altra (1). 

(1) Giurisprudenza costante. Si veda in proposito Sez. IV, 28 novembre 
1962, n. 754, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1833; Corte Cost. 14 maggio 1968, 
n. 44, in questa Rassegna, 1968, I, 354, con particolare riguardo alla nota 
questione di �legittimit� costituzionale dell'al"t. 17, 2� comma della legge 
24 marzo 1958, n. 195. 
(2) Massima esatta: cfr. Sez. IV, 15 maggio 1963, n. 262, Il Consiglio 
di Stato, 1963, I, 811 e giurisprudenza ivi richiamata. � stato infatti ritenuto 
che l'efficacia degli atti amministrativi decorre dalla data della lol"o ado

76 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'estinzione del rapporto di pubblico impiego su presentazione delle 
dimissioni volontarie si verifica di regola nel momento in cui viene 
deliberata l'accettazione di esse (2). 

zione e non da quella della comunicazione al destinatario: in termini Sez. V, 
29 marzo 1958, n. 143, n Consiglio di Stato, 1958, I, 302. Per una particolare 
modalit� delle dimissioni volontarie si veda Sez. IV, 1� febbraio 1967, n. 12 

. in questa Rassegna, 1967, I, 276. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 747 -Pres. Potenza 
-Est. Tozzi -Monici (avv. Foschini e Cervat�) c. Ministero 
dell'Interno (avv. Stato Onufrio). 

fifOf@Hffiff{�fJl@!&lf:fffff@iMEffill&fffffm�MtefPfffiw&U*fifffilfmffSfiffif@illlf~f:ff:'&tfm�fiififf:OOITf@fftlffsfo:::::::.:@ti 
Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Commissione di disci


plina -Compos~ione -Ricusazione -Art. 61 cod. proc. pen., -Inapplicabilit� 
-Rinnovazione di procedimento a seguito di annullamento 
-Membro che si era pronunciato nel giudizio annullato Pu� 
far parte della Commissione. 


Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Seduta dibattimentale 
-Delegato del Capo del Personale -Facolt� -Intervento nella 
discussione ed espressione di pareri -Legittimit� -Limite. 

L'art. 61 c.p.p. che vieta al giudice che ha pronunciato sentenza in 
un procedimento penale di partecipare al giudizio negli ulteriori gradi 
dello stesso procedimento e al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o 
per revisione, non � applicabile al procedimento disciplinare, data la 
diversa natura di quest'ultimo; di conseguenza, siccome di casi di 
cessazione del giudice disciplinare previsti dall'art. 149 t.u. 10 gennaio 
1957, n. 3 sono tassativi, i membri che hanno partecipato ad un 
precedente giudizio disciplinare, poscia annullato in sede amministrativa 
o giurisdizionale, possono far parte della Commissione di disciplina 
(1). 

In applicazione del principio del contraddittorio e del dh'itto della 
difesa dell'inquisito, che non devono mai venir meno nel provvedimento 
disciplinare, il delegato del capo del personale pu� formulare richieste 

(1-2) Per riferimenti sul procedimento disciplinare nei confronti dei 
pubblici dipendenti, cfr., N. SPERANZA, Considerazioni sul potere disciplinare 
della P.A., Nuova Rassegna, 1966, 2862; RASPONI, n potere disci


:ii::i 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 77 

istruttorie la cui ammissibilit� � rimessa alla discrezionale autorizzazione 
del Presidente, ai sensi dell'art. 112 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3; 
pertanto, le attivit� istruttorie del delegato del Capo del Personale non 
viziano il procedimento disciplinare, n� lo vizia l'espressione di pareri 
su punti della controversia, anche se tali pareri non hanno valore probatorio 
nella deliberazione finale della Commissione di disciplina (2). 

plinare, Padova 1942; v. per la giurisprudenza questione identica: Consiglio 
di Stato, Sez. IV, 31 ottobre 1950, n. 536, Il Consiglio di Stato, 
1950, 308. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 749 -Pres. Potenza 
-Est. Fortini del Giglio -Sauve (avv. Sivieri) c. Ministero 
del Tesoro (avv. Stato Vitucci). 

Giustizia Amministrativa -Ricorso giurisdizionale. -Atto impugnabile 
o non -Concorso a pubblico impiego -Ammissione con riserva 
-Non � impugnabile immediatamente. -Clausola limitativa 
del bando -Impugnazione insieme con il provvedimento di 
esclusione definitiva -Ammissibilit�. 

Sebbene il bando di concorso sia impugnabile ex se ogni volta che 
siano stati lesi definitivamente degli interessi, ove l'ammissione al concorso 
sia fatta con riserva, tale provvedimento non pu� ledere definitivamente 
l'internsse del candidato, in quanto la riserva ha finalit� dilaturia 
circa le determinazioni che l'Amministrazione avr� ad adottare 
sull'ammissione o meno del candidato, e, quindi, � solo al momento 
della decisione definitiva che il candidato ha interesse immediato a ricorrere 
contro il provvedimento di esclusione; pertanto, il candidato, 
ammesso con riserva al concorso pu� impugnare il bando insieme alla 
approvazione della graduatoria, quando sia stato successivamente escluso 
dal bando e solo in sede di approvazione della graduatoria (1). 

(1) In dottrina, cfr., G. LA TORRE, Bandi di concorso a pubblico impiego 
e loro impugnative, Amm. it., 1968, 1177; CANNATA F., I concorsi nei 
pubblici impieghi, Nuova Rassegna, 1966, 257; in giurisprudenza cfr. Consiglio 
di Stato, Sez. V, 4 febbraio 1966, n. 123, Il Consiglio di Stato, 1966, 
1, 254; Sez. V, 17 ottobre 1967, n. 1172, i1Ji, 1967, 1, 1844; Sez. VI, 22 di_
cembre 1966, n. 1031, ivi, 1966, 1, 2358; Sez. V, 21 novembre 1967, n. 1603, 
ivi, 1967, 1, 2244. 

78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dic~mbre 1969, n. 759 -Pres. Potenza 
-Est. Pezzana -Felicetti (avv. Morrica e Prosperetti) c. Mi


e. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Dallari). 
Competenza e giurisdizione -Annullamento d'ufficio -Omesso annullamento 
-Controversia -Giurisdizione del Consiglio di Stato. 

Atto amministrativo -Motivazione -Pluralit� di motivi -Validit� di 
alcuni soltanto -Legittimit�. 

La controversia circa l'annullamento d'ufficio di un provvedimento 
amministrativo incide su interessi legittimi e non su diritti soggettivi; / 
pertanto, tale controversia spetta alla giurisdizione del Consiglio di 
Stato (1). 

Nel caso in cui un provvedimento amministrativo sia plurimotivato, 
� sufficiente ai fini delLa validitd dello stesso provvedimento che almeno 
uno dei motivi sia immune da censure (2). 

(1-2) Giurisprudenza costante, cfr., fra le tante, Sez. V, 7 febbraio 
1967, n. 60, Il Consiglio di Stato,. Cfr., Sez. V, 22 ottobre 1968, n. 1283, 
ivi, 1968, I, 1550. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 763 -Pres. Meregazzi 
-Est. Benvenuto -Compagnoni (avv.ti Merizzi e Bellucci) 

c. Prefetto di Sondrio (avv. Stato Terranova) e S.p.A. Montagne 
di Valfurvo (avv.to Lorenzoni e Samblogio). 
Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Impianti 
sportivi e turistici -Seggio-sciovia -Rilevanza sul contenuto definitivo 
del provvedimento -Non occorre. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Criteri 
e principi generali -Lavori iniziati prima della determinazione 
amministrativa -� fatto illecito che non influisce sulla legittimit� 
dell'atto ablativo. 

liJj1 

Il Prefetto non � tenuto a vrecisare il contenuto definitivo del decreto 
di occupazione dei fondi necessari per l'esecuzione dei lavori dichiarati 
indifferibili ed urgenti, relativi all'impianto di seggio-sciovia, 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 79 

in quanto tale precisazione � propria del successivo provvedimento di 
espropriazione (1). 

Il fatto che l'Ente a cui favore sia stata disposta una occupazione di 
fondi necessari per l'esecuzione di lavori dichiarati urgenti ed indifferibili, 
abbia iniziato �tali lavori prima delle permissive determinazioni 
amminisfJrative costituisce un illecito che non incide suzia legittimit� 
delt'occupazione (2). 

(1-2) Per la giurisprudenza cfr. Sez. IV, 12 maggio 1965, n. 411, Il 
Consiglio di Stato, 1965, I, 846; Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 703, i�vi, 
1965, 1, 1894. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 771 -Pres. Potenza 
-Est. Melito -Consorzio ferrotramviario Pisa-Livorno (avv. 
Piccardi) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Casamassima).

,. 

Enti pubblici -Organi -Situazione d'incompatibilit� -Annullamento 
della nomina senza invito ad optare -Illegittimit�. 

Secondo il generale principio �vigente in tema d'incompatibilit�, 
quando in sede di controllo si rileva una causa d'incompatibilit� tra 
la nomina ad un ufficio ed altro gi� rivestito dal nominato, l'annullamento 
dell'atto di nomina non pu� avvenire senza l'invito al nominato 
di optare per una delle due cariche; pertanto, rilevata l'incompatibilit� 
tra la carica di rappresentante di un Ente Consorziato e di presidente 
del Consorzio, illegittimamente il Prefetto annulla l'atto di nomina a 
Presidente, senza il previo invito all'interessato di optare per una delle 
due cariche (1). 

(1) Per la 1giurisprudenza, cfr. Sez. VI del 27 ma~gio 1966, n. 481, 
Il Consiglio di Stato, 1966, 1, 1085; Sez. VI, 3 giugno 1966, id., 1966, 1, 1277; 
v. anche Cass., Sez. Un., 18 aprile 1968, n; 1157, ivi, 1968, II, 831. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 775 -Pres. Potenza 
-Est. Felici -Soc. Terra (avv. Dallari G.M.) c. Ministero lavori 
pubblici (avv. Stato Vitucci) e Comune di Castenoso (avv.ti 
Gualandi e fossa). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Notificazione 
ali'Autorit� emanante -Criterio -Autorit� che seconda il ricorrente 
sarebbe stata competente a provvedere -Non occorre notificazione. 


7 


80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Piano regolatore -Procedimento -Parere del Consiglio Superiore dei 
LL. PP. -IrregoJare composizione della Sezione che ha emesso 
il parere -Illegittimit� del parere. 

Ai sensi dell'art. 36 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e dell'art. 7 r.d. 
17 agosto 1907, n. 642, il ricorso va notificato alla Autoritd emanante 
e non all'Autorit� che secondo il ricorrente sarebbe stata competente a 
provvedere: ci� perch� le prospettazioni dell'interessato non possono 
comportare, in sede processuale, uno spostamento della legittimazione a 
contraddire. 

Ai sensi dell'art. 12 legge 18 ottobre 1942, n. 1460 le adunanze dell'Assemblea, 
delle Sezioni, e dei Comitati del Consiglio Superiore dei 
Lavori Pubblici sono valide solo in presenza della metd almeno dei componenti 
relativi; perci�, il parere espresso da una Sezione del Consiglio 
Superiore dei Lavori Pubblici � illegittimo, senza tale quorum (1). 

(1) Rif. in dottrina, G. RoEHRSSEN, Ricorso giurisdizionale amministrativo, 
Rassegna lav. pubbl., 1968, 793, 927; Sulla p.rima massima giuds. costante 
v. per tutte Sez. IV, 19 aprile 1968, n. 242, Il Consiglio di Stato, 
1968, 1, 610; sulla seconda massima giuds. costante v. per tutte Sez. IV, 
:::��� 

21 aprile 1965, n. 348, ivi, 1965, 1, 666. 

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SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 ottobre 1969, n. 3534 -Pres. Fa


vara -Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Massa (avv. Aver


sa) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in genere -Solidariet� tributaria -Imposte doganali 


Ingiunzione non impugnata da uno dei coobbligati -Decadenza 

per gli altri coobbligati -Non sussiste. 

(legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 24; d.1. 28 febbraio 1939, n. 334, art. 18). 

Nel caso in cui la Finanza abbia notificato in date diverse L'ingiu.nzione 
per il pagamento di imposte doganali a pi� condebitori di imposta, 
la mancata opposizione in termini e�L parte di colui che ricevette per 
primo la notifica non pregiudica il diritto degli altri condebitori ad opporsi 
all'ingiunzione nel termine loro spettante in relazione alla data in 
cui questa � stata notificata. La solidaritd in materia tributaria non si 
differenzia dalle regole del diritto comune (1). 

(Omissis). -Preliminarmente, per evidenti ragioni di logica priorit�, 
deve essere esaminato -in conformit� di quanto ha� fatto la Corte 
di Milano nella sentenza impugnata -il terzo mezzo, col quale, denunciando 
la violazione dell'art. 17 della legge doganale 25 settembre 1940, 

n. 1424 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. i ricorrenti -muovendo 
��. dal rilievo che lo spedizioniere � legato al proprietario della merce da 
\lll vincolo di �corresponsabilit� sostitutiva e sussidiaria � sostengono 

. (1) Per la seconda volta, dopo la sent. 20 gennaio 1969, n. 135 (in que


~assegna, 1969, I, 293) fa s.c. riafferma il suo nuovo indi.rizzo sulla 

'!riet� tributaria. A seguito delle due pronunzie deJ.la Coote Costitu


e 16 maggio 1968, n. 48 �e 28 dicembre 1968, n. 139 (ivi, 1968, I, 859 e 

. , � stata affermata in termini generali l'esclusione di qualunque parti


colarit� della solidariet� tributaria, da ricondurre integralmente alle regole 

comuni sia sotto l'aspetto processuale che sotto quello sostanziale. 

Dovendo ormai considerare definitiva questa nuova concezione, pu� 

cominciarsi a riflettere sui numerosi problemi specifici che si delineano. 

Ne offre lo spunto il caso deciso, riguardante l'opposizione contro l'ingiun


zione per dl pagamento di imposta doganale soggetta a termine di decadenza 



82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che la solidariet� sostanziale non implica anche la solidariet� processuale 
e che essa non pu� pertanto pregiudicare il diritto spettante ai 
singoli condebitori di promuovere -nei limiti temporali prefissi al-
l'azione, con decorrenza dalla notifica a ciascuno d'essi eseguita dell'atto 
impugnabile -l'azione a difesa dei propri diritti ed interessi 
legittimi, con riflessi anche sulla coobbligazione dei condebitori solidali. 

A sostegno della doglianw proposta i ricorrenti osservano, in particolare, 
che pure essendo libera di agire contro qu,ello dei condebitori 
solidali che ritiene di dover preferire, non pu� tuttavia I'Amministrazione 
finanziaria, una volta iniziata -come nella specie -l'azione 
contro tutti, negare ad un condebitore la possibilit� di difendersi �in 
dipendenza dell"operato omissivo dell'altro�. 

La doglianza � fondata. 

Per lungo tempo questa Suprema Corte, muovendo in genere dal 
presupposto che l'obbligazione tributaria, .per la sua natura pubblicistica 
che la fa essere identica 'nei confronti di tutti i pretesi coobbligati, � 
unica ed inscindrbile, ha ritenuto che la solidariet� tributaTia abbia delle 
ca~atteristiche peculiari proprie che, sottraendola alla disciplina dell'analogo 
istituto di diritto privato, fanno di essa un particolare tipo 
di consorzio originario nel quale il pericolo di decisioni o di trattamenti 
difformi viene evitato con l'attribuire a ciascuno dei coobbligati, sia 

in cui si � fatta una evidente estensione dello stesso princ1p10 che dette 
luogo alla prima pronunzia costituzionale sull'impugnazione dell'avviso di 
accertamento di valore. Sia la sentenza della Corte Costituzionale 16 marzo 
1968, n. 48 sia la decisione in rassegna contengono un vago accenno al li:tisconsOTZio 
necessario (art. 102 e 331 c. p. c.) a cui si riferiscono in via semplicemente 
ipotetica. Ma se la soliidariet� tributaria non differisce dalla 
solidariet� comune, non pu� esservi dubbio che, secondo consolidatissima 
giurisprudenza (cfr. da ultimo Cass. 4 giugno 1969, n. 1970, Foro it., 1969, I, 
2524 e 27 febbraio 1969, n. 649, ivi, 1133), l'obbligazione solidale non fa 
sorgere un raip(porto unico e �nscindibile e non d� luogo n� a litisconsorzio 
necessario n� a inscindibilit� nelJ.e fasi di gravame, ben potendosi formare 
nei con:llronti dei vari coobbligati giudicati distinti e difformi. Ne consegue 
che l'ingiunzione in materia doganale non opposta tempestivamente dal 
contribuente a cui .sia stata notificata diventa irretrattabile nei suoi confronti, 
anche se � ancora possibile l'opposizione di altro condebitore a cui 
fa stessa ingiunzione �sia stata notificata succe�ssivamente. Lo stesso prirncipio 
sar� da applicare ogni volta che termini di decadenza conferiscono 
valore di inoppugnabilit� ad atti determinati e quindi non sc>lo alle pronunzie 
giurisdizionali del giudice Olrdinario e delle commissioni, ma anche 
ad alcuni atti del procedimento amministrativo quali l'avviso di accertamento, 
l'ovdinanza dell'intendente di finanza, il decreto del ministro delle 
finanze e simili. 

In tali casi l'effetto della sentenza favorevole ad un contribuente non 
potr� essere opposto alla Finanza a ttOll'llla dell'art. 1306 �c. �C. dagli altri 
contribuenti nei confronti dei� quali .precedentemente l'obbUgazione tributaria 
.sia rimasta accertata con un atto irretrattabile. 


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 83 

nella fase di accerfamento che in quella contenziosa, la rappresentanza 

processuale degli altri. 

Ed a soste.gno di tale costruzione si � invocato, volta a� volta, o il 
disposto degli artt. 30 e 79 della legge di registro 30 dicembre 1923, numero 
3�269, o quello dell'art. 55 della legge tributaria sulle successioni 
30 dicembre 1923, n. 3270 o, infine, quello dell'art. 18 della legge 7 
agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, aggiungendo 
altres� che un eventuale accertamento condotto sulla base di pi� 
notifiche aventi ciqscuna una propria decorrenza di termini ai fini dell'impugnazione 
sarebbe, oltre tutto, in contrasto con l'intero sistema 
oltre che con le esigenze della pratica quotidiana (Cass. 30 novembre 
� 1967, n. 2850; 30 settembre 1962, n. 2717; 13 ottobre 1958, n. 3228; 30 

settembre 1955, n. 2717). 

Uniformandosi a tale indirizzo giurisprudenziale, la Corte di merito 

ha affermato che la notifica dell'ingiunzione di pagamento fatta ad un 

condebitore spiega la sua efficacia nei confronti di tutti gli altri, con 

la conseguenza che l'ingiunzione stessa non � pi� impugnabile se non �' 

stata tempestivamente opposta da colui al quale � stata a suo tempo 

notificata. 

E pertanto ha dichiarato definitivamente pregiudicato dall'inerzia 

del condebitore Falletti -protrattasi per tutto il tempo utile per pro


porre opposizione (art. 24 legge 25 settembre 1940, n. 1424 e 18 d.l. 

28 febbraio 1'939, n. 334) -il di.ritto del Massa di proporre per conto 

suo opposizione avverso l'ingiunzione notificatagli il 21 novembre 1961. 

Senonch� un rimeditato �esame del problema condotto con pi� rigo


rosa aderenza alle norme di diritto positivo, induce ora questa Suprema 

Corte a discostarsi dall'indirizzo prima d':ora seguito ed a ripudiare, di 

conseguenza, come che non sorretto dal richiesto dato normativo, il 

principio della cosidetta solidariet� processuale affermato in passato. 

Ed inve~o -a parte che nulla autorizza a �credere che �l princtpio 

posto dall'art. 1294 e.e. in tema di solidariet� possa subire deroghe o 

modifiche se trasferito nel sistema tributario, sta di fatto che invano 

si cerca nelle norme che sanciscono la solidariet� del debito d'imposta 

una indicazione qualsiasi .che suffraghi la tesi della unitariet� ed inscin


dibilit� della relativa �obbligazione. Non ne fa cenno, infatti, l'art. 93 

della legge di registro; n� di essa � traccia negli artt. 66 r.d. 30 dicembre 

1923, n. 3270 e 12 d.l. 8 marzo 1945, n. 90 in tema di imposte sulle 

successioni, o nell'art. 43 della legge 19 giugno 1940, n. 76.2,, sull'i.g.e., 

'o infine negli artt. 16, 50 e 70, 191, 197 � 231 del t.u. sulle imposte di


rette 29 gennaio 1958, n. 645. 

N� valido argomento a favore di tale tesi pu� desumersi dalla natura 

pubblicistica dell'obbligazione tributaria. 

Tale natura, invece, pu� bens� gius.tificare una diversa disciplina 

particolare rispetto a talune obbligazioni di diritto privato (come ac



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cade, ad esempio, in tema di riscossione, di interessi, di privilegi, ecc.), 
ma in mancanza di una norma concreta di diritto positiV'o, non ;pu� tuttavia 
valere, da sola, a fare derogare al principio generale secondo cui 
nella� obbligazione assunta da pi� soggetti identicamente ed in solido si 
ha una pluralit� di obbligazioni rette da un'unica causa. 

Quanto poi alla pretesa inscindibilit�, essa � nettamente contrastata, 
oltre che dalla natura ste;ssa dell'obbligazione pecuniaria -che � sempre 
divisibile -da quella �rateizzazione � del pagamento che, come 
risulta dalle numerose disposizioni di legge vigenti in proposito, � del 
tutto normale in materia di imposte (art. 12 legge registro, 65 legge 
sulle succe.ssioni, 10 r.d. 22 maggio 1960, n. 3'16 e 195 t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645). 

Del pari inidoneo ad avvalorare la tesi secondo cui la solidariet� 
tributaria avrebbe una .struttura diversa da quella della normale solidariet� 
ed assurgente a correalit� � poi anche l'argomento tratto dalle 
disposizioni che consentono all'Amministrazione finanziaria di compiere 
atti di accertamento in base alla dichiarazione di uno solo dei coobbligati 
(artt. 30 e 79 legge registro, 55 legge sulle ,successioni e 18 r.d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639). 

Tali disposizioni mirano invero a rendere concreto ed operante il 
dovere di cooperazione che la legge pone a carico dei soggetti passivi 
dell'imposta chiamandoli a fornire gli elementi necessari per l'accertamento 
e la determinazione del tributo; e lungi dall'attribuire alle dichiarazioni 
cos� rese valore di �confessione o di ricognizione di debito 
ed a farle perci� assurgere a fonte e prova dell'obbligazione tributaria, 
valgono soltanto a fare in modo che la dichiarazione resa da uno dei 
coobbligati esoneri gli altri dall'analogo adempimento. 

Che altra interpretazione non possa essere data alle disposizioni suddette 
� comprovato, del resto, dalla presenza nel sistema di una disposizione 
come quella dell'art. 16 del citato t.u. n. 645 del 1958 che -nell'ipotesi 
di procedure da proseguire nei confronti di coeredi del contribuente 
-con lo estendere a tutti l'efficacia di atti notificati ad uno di 
essi unicamente nel caso in cui gli eredi abbiano omesso di comunicare 
all'ufficio le loro generalit�, e comunque fino a sei mesi dalla morte 
del contribuente, lascia chiaramente intendere che, ove gli eredi abbiano 
adempiuto l'onere di comunicazione loro imposto, � necessario 
procedere a distinte notificazioni, con la conseguente possibilit� di autonome 
decorrenze di termini. 

Cos� come al processo civile -in cui l'inscindibilit� del rapporto 
dedotto in giudizio impone l'integrazione del contraddittorio nei confronti 
di tutti i soggetti che ne sono partecipi: art. 102 e 331 c.p.c. 
il principio della rappresentanza processuale � pertanto estraneo al sistema 
tributario, senza che argomento contrario a tale conclusione (
che trova validissimo sostegno, da ultimo, nella recente sentenza n. 48 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 85 

del 16 maggio 1968 con cui la Corte ,costituzionale ha dichiarato costituzionalmente 
illegittimi gli artt. 20 e 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, numero 
1639 �nella parte per la quale dalla contestazione dell'accertamento 
di maggiore imponibile nei confronti di uno solo dei coobbligati 
decorrono � termini �per l'impugnazione giurisdizionale anche nei confronti 
degli ,altri �) possa utilmente desumersi dall'art. 17 della legge 
doganale richiamato dall'Amministrazione finanziaria resistente. 

In accoglimento del terzo motivo e, dichiarato l'assorbimento degli 
altri tre motivi, va pertanto cassata la sentenza impugnata e rinviata 
la causa, per nuov:o esame, alla Corte di appello di Torino, la quale 
dovr� attenersi al seguente principio di diritto: 

Soggetto passivo dell'obbligazione tributaria di cui all'art. 1 del 

d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739, 
sull'imposta di fabbricazione sugli oli minerali e prodotti della loro lavorazione, 
� non soltanto il proprietario o detentore della merce, ma 
an_che lo spedizioniere per le operazioni da lui compiute ai sensi dell'art. 
17 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, tenuto al 
pagamento, sia pure in via sussidiaria, solidalmente col proprietario 
della merce su cui ricade il tributo. 
Nel caso in cui l'Amminisfrazione finanziaria abbia per ailtro notificato 
in date diverse e successive l'ingiunzione di cui all'art. 18 della 
legge n. 739 del 1939 ai condebitori dell'imposta, la mancata opposizione 
in termini da parte di colui che ebbe per primo la notifica non pregiudica 
il diritto de1l'altro condebitore di opporsi all'ingiunzione nel termine 
spettantegli in relazione alla data in cui questa � stata a lui notificata. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1969, n. 3655 -Pres. 
Pece -Est. Sposato -P. M. Sciaraffia (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Freni) c. De Paolo. 

Imposte e tasse in genere -Imposte automobilistiche -Supplemento Prescrizione 
triennale -Si applica. 

(t.u. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 9). 
Poich� la legge di registro intende per riscossione non semplicemente 
H procedimento attraverso il quale essa si compie, bens� l'attuazione 
del diritto della Finanza alla percezione dei tributi, quando una 
diversa norma, quale l'art. 9 del t.u. 5 febbraio 1953, n. 39, sulle tasse 
automobilistiche, rinvia per la riscossione dei supplementi alla legge di 
registro, deve intendersi che il rinvio sia esteso anche alle norme che re



86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

galano la prescrizione, nei limiti deUa quale � possibile i'attuazi�ne del 
diritto (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, l'Amministrazione delle 
Finanze dello Stato denunzia la violazione degli artt. 9 d.P.R. 5 febbraio 
1953, n. 39, 16 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3283; 136 r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269 �e 2946 e.e. in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c. e ripropone 
la tesi, sostenuta in sede di merito, circa il significato e la portata 
del rinvio, contenuto nell'art. 9 del decreto n. 39 del 1953, alle disposizioni 
della legge organica di regjstro per la riscossione dei supplementi 
di tassa. 

Giusta detto assunto, il menzionato rinvio.si riferisce alle modalit� 
della riscossione e non anche alle norme che, nella detta legge organica, 
stabiliscono i termini di prescrizione del diritto della Finanza al paga~ 
mento dei supplementi. 

L'assunto non � fondato. 

La legge organica di registro, nel suo art. 144, ,parlando del procedimento 
coattivo per la riscossione, d� a divedere che per riscossione 
non � da intendere il procedimento attraverso il quale essa si compie, 
Ii� il modo del suo compimento, sibbene l'attuazione del diritto della 
Finanza al pagamento dei tributi: il che � anche significativamente confermato 
dall'art. 97 della stessa legge, dove, per designare la detta attuazione, 
con i privilegi per essa stabiliti dal codice civile, si dice, senza 
altro che lo Stato ha privilegio, secondo le norme del detto codice, � per 
la riscossione�. Ma se la L.O.R. designa �come riscossione la concreta 
attuazione del diritto sostanziale della Finanza e se -come � ovvio la 
possibilit� di attuazione di un diritto in via coattiva sussiste entro i 
medesimi limiti ai quali � soggetto il diritto: ne viene� che, quando altre 
leggi rinviano alle norme dettate &Ila L.O.R. per la riscossione, il rinvio 
� fatto a tutte le norme che, in detta legge, regolano l'attuazione concreta 
del diritto al pagamento del tributo, comprese quelle che stabiliscono le 
cause estintive di ta.Ie diritto, e per ci� stesso, del potere di attuarlo in 
via coattiva. 

(1) Non pu� essere condivisa la decisione in rassegna che considera 
l'istituto della prescrizione incorporato nella riscossione�. Basta pensare che 
le norme della legge di registro ll'elative aUa prescdzione si riferiscono congiuntamente 
alla posiz!icm.e deUa Finanza ed a quella del contribuente ed 
hanno riferimento piuttosto al procedimento di liquidazione dell'imposta 
che non a quello di riscossione. N� �pu� trarsi argomento dall'art. 97 della 
legge di registro che, fogicamente, collega il privilegio della finanza al 
procedimento coattivo nel quale il privilegio assume rilevanza. Se la norma 
specifica nulla dispone sulla prescrizione in materia di tasse automobilistiche, 
non pu� far.si ricorso alla prescrizione tr.iennale per i supplementi, 
tanto pi� che in tal modo non si risolve nel suo complesso i.I problema della 
prescrizione delle tasse automobilistiche. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA .TRIBUTARIA 87 

Che tale sia la portata del rinvio del quale si tl'atta, �, del resto, 
esplici:tamente chiarito nell'art. 11 del d.l.lgt, 18 giugno 1945, n. 399, 
recante modificazioni del trattamento tributario e degli emolumenti dovuti 
sugli aitii da prodursi al Pubblico Regist:r~o Automobilistico, emanato, 
quindi, per regolare una materia strettamente affine a quella regolata 
dal t.u. del 1953 sulle tasse automobilistiche. Il citato articolo 
stabilisce, infatti, che, per l'applicazione delle tasse previste dal decreto, 
valgono le disposizioni della legge del registro, �anche per quanto 
riguarda le sanzioni ed i termini di prescrizione e di d�cadenza.�. Il 
medesimo chiarimento, seppure per implicito, si trova anche nel t.u. 
n. 39 del 1953, del quale ora si discute, giacch� il termine �riscossione�, 
usato dall'art. 9, che dispone il rinvio alle disposizioni della legge di 
registro, non compare negli artt. 5 e 6 che raggruppano le norme concernenti 
le forme ed i tempi della riscossione sotto le rubriche di � modalit� 
di pagamento della tassa per gli autoveicoli� e rispettivamente 
di �modalit� di pagamento della tassa per i motoveicoli�. Di riscossione, 
invece, si parla anche nell'art. 4 che prevede la facolt� del Ministro 
per le Finanze di affidare all'Automobile Club d'Italia, �la riscossione
� delle tasse di circolazione e dei tributi annessi, ossia l'esazione 
di quelle e d� questi, che naturalmente, pu� aver luogo entro e 
non oltre i termini di prescrizione. 
Non pu�, pertanto, esser dubbio che il rinvio dell'art. 9 alle disposizioni 
della legge di registro per la riscossione dei supplementi di tassa, 
si riferisca non .soltanto a quelle_ fra le dette disposizioni, che disciplinano 
le modalit� della riscossione, ma benanche alle altre che riguardano 
la riscossion� �come applicazione dell'imposta, o attuazione del 
diritto al pagamento dell'imposta, e quindi, l'esistenza, ovvero l'estinzione 
per prescrizione, di codesto diritto. In contrario non vale il rilievo 
che nell'art. 9 � pure previsto il rilascio di speciali bollette sprovviste 
di disco contrassegno, e che ci� evidentemente riguarda soltanto una 
modalit� della riscossione. Si tratta, invel'o, di un articolo di un testo 
unico, nel quale, per ragioni puramente tecniche, risultano raggruppate' 
norme ben distinte nelle loro fonti originarie, l'art. 16 del r.d. 20 
dicembre 1923, n. 3283, che disponeva il rinvio alla L.O.R. per la riscossione 
dei supplementi di tasse, e l'art. 1, 2� comma, del regolamento approvato 
con r.d. 1� marzo 1934, n. 338, indicante, per l'appunto, le pratiche 
e minute modalit� dell'esazione. 
Ad ulteriore conferma del gi� detto �, invece, da notare che quando ~ 
in altre leggi, il rinvio alle disposizioni della L.O.R. in materia di riscossione, 
non include le norme dettate, da questa, in materia di pre~ 
i~f; 
scrizione, e tale materia viene regolata con apposite norme delle leggi 
di rinvio, ci� avviene soltanto perch�, in tale materia, il legislatore ha 
Ilf:
f:' 
voluto stabilire, relativamente a talune altre imposte, termini di prel: 
scrizione diversi da quelli stabiliti per le imposte di registro. Tanto � ~ I . 
..
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~,c;pf~RY~~ZE~4?fl1!:47S:J 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

88 

dato constatare nella legge 25 giugno 1943, n. 540, sulle imposte ipotecarie, 
�che (art. 13) lascia invariato il termine triennale di prescrizione 
per l'imposta supplementare, e per l'azione del contribuente per la restituzione, 
ma introduce il termine di dieci anni per le imposte che 
debbono paglilrsi agli uffici dei registri immobiliari, indicando come 
dies a quo quello in cui fu eseguita la formalit�, e per le imposte che 
debbono pagarsi agli uffici del registro, indicando come termine iniziale 
il giorno dell'eseguita registrazione; nel d.P. 24 giugno 1954, numero 
342, recante nuove norme sull'imposta di pubblicit�, che (articolo 
28) stabilisce termini di cinque anni e di un anno; nella legge 29 
gennaio 1961, n. 12.16, recante nuove disposizioni tributarie in materia 
di assicurazioni private e di contratti vitalizi, che (.art. 29) invariato il 
termine triennale per la riscossione dei supplementi, stabilisce altri termini 
di cinque e di dieci anni. 

D'altra parte, se, come si � visto dall'esemplificazione che precede, 
il termine triennale per la riscossione dei supplementi rimane costantemente 
fissato nelle materie pi� varie (all'esemplificazione si possono 
aggiungere le norme in materia d( imposte di successione, e quelle gi� 
citate del d.1.lgt. n. 399 del 1945) ed anche quando, per altri diritti della 
Finanza o del contribuente, cambiano i termini �ii prescrizione stabiliti 
dalla L.0.R. non � plausibile supporre che, soltanto per i supplementi 
delle tasse di circolazione degli autoveicoli e dei motoveicoli, il legislatore 
abbia inteso, per implicito, cio� seguendo un metodo diverso da 
quello generalmente usato �quando ha voluto apportare modifiche alla 
disciplina della prescrizione delle imposte indirette, contenuta nella 
L.0.R., stabilire il termine di prescrizione ordinario della legge comune, 
termine pi� di tre volte pi� lungo del termine solito, e .adottare, per la 
riscossione delle. tasse di cui trattasi, un trattamento tutto particolare 
del quale non � dato scorgere -n� la ricorrente indica -veruna 
ragione. 

Pertanto, anche se non tutte le argomentazioni svolte dalla denunziata
� sentenza appaiono esatte o decisive, il ricorso deve essere rigettato 
in conseguenza di tutte le altre suesposte osservazioni. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1969, n. 3728 -Pres. 
Favara -Est. Leone -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. MontecatiniEdison 
(avv. Salvucci) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). 


Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Interpretazione del ~iudicato 
rescindente -Presunzione di completezza del principio di 
diritto enunciato. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 89 

Imposta generale sull'entrata -Solidariet� -Eccezioni -Fattispecie 


Esclusione. 

(legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 43, r.d.I. 3 giugno 1943, n. 452, art. 24; 

r.d. 3 maggio 1948, n. 799, art. 14). 
Nel giudizio di rinvio l'interpretazione del giudicato rescindente 
va orientata sul presupposto della completezza del principio di diritto 
stabilito dalla Corte di Cassazione e della sufficienza di esso alla definizione 
della controversia in ciascuno dei diversi profili giuridici dedotti 
dalle parti (1). 

L'art. 14 del d.l. 3 maggio 1948, n. 799 ha modificato l'art. 24 del 

r.d.l. 3 giugno 1943, n. 452 nei senso che, fatta eccezione dell'ipotesi 
in cui l'atto economico, nei confronti di chi esegue iL versamento dei 
compensi e corrispettivi costituenti entrata, non sia comunque connesso 
ad una attivit� industriale o commerciale, in ogni altro caso i soggetti 
dell'atto economico sono solidalmente obbligati al versamento delL'imposta 
(non anche della sopratassa e della pena pecuniaria) anche se il 
mancato pagamento dell'imposta sia imputabile ad uno solo dei predetti 
soggetti e quindi anche se il soggetto che realizza l'entrata, teruuto per 
legge a riscuotere in via di rivalsa preventiva la somma corrispondente 
all'imposta, non abbia versato allo Stato quanto pagato dal solvens a 
titolo di rivalsa di imposta (2). 
(Omissis). -La societ� Montecatini nel motivo di ricorso censura 
la sentenza della Corte di Venezia, per avere ritenuto preclusa, dalla 
sentenza di cassazione con rinvio, la questione relativa al punto se il 
debitore solidiale di IGE, che abbia corrisposto l'imposta in rivalsa preventiva 
unitamente al pagamento costituente l'entrata tassata, possa 
essere tenuto nuovamente a versare l'imposta nei confronti diretti con 
la Finanza. Alla Corte di Cassazione la soc. Montecatini aveva prospet\"'
to due questioni: la prima concerneva la solidariet� per infrazioni 
wuta:bili ad uno solo dei soggetti dell'atto economico tassato, l'altra, 
\()rdinata, relativa all'impossibilit� che sussista solidariet� a carico 
contribuente di fatto che abbia pagato in rivalsa preventiva l'im


�e che non pu� rispondere del successivo comportamento del coni;
i.te di d!iritto. 
Corte di Cassazione, assume la societ� ricorrente, avrebbe prov~
olo sulla prima questione, ed erroneamente, perci�, il giudice 

,,,o avrebbe, sforzando l'interpretazione della sentenza di ca1ssa~
1one, ritenuto il rigetto implicito della seconda questione, eh~, rappre


(1-2) Decisione da condividere pienamente. La sent. 22 febbraio 1966, 

n. 372, citata nel testo, � Tirportata in Mass. Foro it., 1966, 118. 

90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sentando un elemento ulteriore rispetto al principio di diritto intangibile 
affermato dalla Suprema Corte, in questo non era risolio ed era suscettibile 
d!i riesame in sede di rinvio. 

La societ� ricorrente, ribadita la sua tesi di merito, secondo cui 
quando la legge stabilisce la rivalsa preventiva rispetto ad un futuro 
versamento da farsi da altra� persona, vien meno la stessa possibilit� 
teorica della solidM'iet�, chiede che la Suprema Corte puntualizzi il 
proprio insegnamento sulla questione, nel senso auspicato dalla ricorrente 
medesima. 

La censura � infondata. 

Deve precisa:rsi che, nel caso di ricorso per cassazione contro la 
sentenza del giudice di rinvio, la Corte Suprema, nell'interpretazione 
della sua precedente pronunzia di annullamento con rinvio, da cui � 
sorta la nuova controversia attinente ai limiti dei poteri del giudice di 
rinvio, � anche giudice di fatto, implicando tale accertamento una questione 
di competenza (Cass., 17 giugno 1964, n. 1553). 

Sottoponendo, perci�, ad esame diretto la sentenza 16 luglio 1963, 

n. 1937, questo S.C. com~alida l'intel'pretazione che di essa � stata data 
dalla Corte di Venezia, nella ricerca dei limiti oggettivi posti al giudizio 
di rinvio. 
Anche la Corte di Cassazione, nello svolgimento del potere giurisdizionale 
quale org!lno supremo della giustizia, pronuncia con riferimento 
diretto e specifico alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, 
sicch� il principio di diritto da essa enunciato in caso di cassazione con 
rinvio assume il contenuto di speci.fica volont� di legge che deve regolare 
il caso concreto, compiutamente ed in ogni sua parte, fatta eccezione 
per le questioni dichiarate assorbite nella decisione di altra questione, 
che per la sua posizione logica e giuridica di prevalenza, renda 
superfluo l'esame degli altri punti controversi. Rettamente, perci�, il 
giudice di rinvio orienta il suo esame interpretativo della sentenza di 
cassazione sul preS1Upposto d!ella completezza del principio di diritto 
stabilito dal S.C. e della sufficienza di esso alla definizione della controversia 
in ciascuno dei diversi profili giuridici dedotti dalle parti: in 
applicazione indiretta ma coerente del criterio, pi� volte affermato da 
questa Corte Suprema, �che, quando una sentenza della Corte d!i. Cassazione 
ha fissato, con effetto vincolante per il giudice di rinvio, i criteri 
che debbono informare la risoluzione della causa, tutte le questioni che 
furono dedotte debbono intendersi implicitamente decise quale presupposto 
logicamente inderogabile della pronuncia espressa in diritto e 
della efficacia che questa deve conseguire per la definizione della controversia 
(Cass., SS.UU., 2 febbraio 1966, n. 37:2). 

Ora, nella specie, con perfetta aderenza ai presupposti di fatto ed 
alle tesi giuridiche svolte dalle parti, la Corte d'Appello di Trieste 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 91 

aveva accolto l'opposizfone della Montecatini, ritenendo che la disciplina 
normativa appHca�bile fosse costituita dalle disposizioni dell'art. 43 
della legge 19 giugno 1940, n. 762, riprodotte nell'art. 24 del r.d.l. 3 
giugno 1943, n. 452 e modificate con l'art. 14 r.d. 3 maggio 1948, n. 799 
e che, in J::>ase a tale disciplina, al pagamento dell'IGE non corrisposta, 
delle sopratasse e delle pene pecuniarie fossero tenuti in solido, di regola, 
entrambi i soggetti dell'atto economico, ma �che a tale pagamento 
fosse tenuto solo colui che avesse realizzato� l'entrata, qualora fosse 
fornita la prova, esclusa quella testimoniale, che l'infrazione solo a lui 
era imputabile, dovendosi in tale caso escludere la solidariet� con l'altro 
soggetto dell'atto economico tassato. La Corte triestina ne dedusse che, 
avendo la soc. Montecatini provato di avere pienamente adempiuto il 
pagamento nelle forme prescritte, senza poter prevedere il comportamento 
illecito del percipiens, l'infrazione �lel mancato versamento dell'IGE 
non era ad essa imputabile e quindi la detta societ� non era 
legata da vincolo di solidariet�. 

A seguito di ricorso, la Corte di Cassazione giudic� erronea la detta 
struttura della normativa applicabile ed afferm� che l'art. 14 del d.l. 
3 maggio 1948, n. 799 aveva innovato all'art. 24 del r.d.l. 3 giugno 1943, 

n. 452 in .tema di solidariet� per l'imposta, nel senso che, fatta eccezione 
dell'tpotesi in cui l'atto economico, nei confronti di chi esegue il versamento 
dei compensi e corrispettivi �costituenti l'entrata, non sia comunque 
connesso ad un'attivit� industriale o commerciale, in ogni altro 
caso i soggetti dell'atto economico sono solidalmente obbligati verso lo 
Stato al versamento dell'imposta (non anche della sopratassa e della 
pena pecuniaria), anche se il mancato pagamento di tale imposta sia 
imputabile ad uno solo dei predetti soggetti; con tale affermazione del 
principio generaie della solidariet� tra i soggetti dell'atto economico 
tassato con IGE, fatta salva l'unica eccezione sopraindicata, questo Supremo 
Collegio escluse che non sussistesse solidariet� a �carico del solvens 
nel caso in cui il soggetto che percepisce l'entrata sia tenuto, per legge, 
a riscuotere in via di rivalsa preventiva l'importo dell'imposta. E tale 
applicazione conseguenziale del principio enunciato la Corte Suprema 
conferm� in modo add!irittura esplicito, quando dichiar� assorbito il 
terzo mezzo del ricorso dell'Amministrazione, relativo alla vailutazione 
della prova che la soc. Montecatini non avesse comunque partecipato 
all'infrazione tributaria: � evidente che tale assorbimento fu dichiarato, 
perch� la prova appariva inutile, una volta stabilito che la solidariet� 
del solvens non veniva meno per il fatto che l'infrazione relativa al 
mancato pagamento dell'IGE non fosse a lui imputabile. 
Di conseguenza non sussiste il vizio denunciato di omessa pronunzia 

su un capo della domanda e la domanda stessa non pu� essere ulteriormente 
riproposta. -(Omissis). 

92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3947 -Pres. Favara 
-Est. Milano -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Soc. Stabilimento Farmaceutico G. Testa 
(avv. Vigotti e Ukmar). 

Imposte doganali -Imposta erariale di consumo -Agevolazione per 
l'importazione di bucce di cacao destinate all'estrazione di teobromina 
-Utilizzazione della merce importata anche per la produzione 
di burro di cacao -Irrilevanza. 

(d.1. 14 ottobre 1946, n. 206, artt. 1 e 2). 
Poich� l'imposta erariale di consumo istituita con l'art. 1 del d.l. 
14 ottobre 1946, n. 206, va inquadrata fra i diritti doganali, presupposto 
del�'obbligazione tributaria � L'importazione della merce (il passaggio 
della linea di confine) e ci� anche nel caso in cui il pagamento dell'imposta 
sia differito ad un momento successivo; cons�guentemente qualora 
l'importazione di una merce sia esente da imposta in quanto destinata 
alla creazione di un determinato prodotto (nella specie bucce di cacao 
per l'estrazione della teobromina), l'avvenuta utilizzazione della merce 
impwtata per lo scopo previsto dalla legge estingue la pretesa tributaria, 
nulla rilevando che dalla stessa merce siano stati ricavati anche altri 
prodotti (burro di cacao) (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione finanziaria 
Lripropone in questa sede la questione concernente l'applicabilit� 
dell'imposta erariale di �consumo sul burro di cacao ricavafo dalla 
lavorazione delle bucce di cacao importate in esenzione dJa dazio e da 
imposta di consumo perch� destinate all'estrazione della teobromina e 
censura la impugnata sentenza per aver dato aJ. quesito risposta negativa 
in violazione de.gli artt. 1 e 2 d.l.c.p.s. 14 ottobre 1946, 58 e 60 
della legge doganale e con omessa ed insufficiente motivazione. 

Sostiene che erroneamente la Corte d'Appello � partita dal presupposto 
che per il trattamento tributario delle merci estere importate si 
debba aver riguardo al momento del loro materiale passaggio della linea 
doganale, in quanto, nella fattispecie, non si trattava di una normale 
importazione definitiva, ma di una importazione di merci in esenzione 
.sotto vincolo cauzionale, garantita, do�, dalla c.d. � bolletta cauzione 

nerci estere�, e per queste importazioni l'accertamento dei tributi, 
dovuti in via.definitiva, avviene, non gi� con riferimento alla dichiara


(1) La decisione della Corte Cost. 15 dicembre 1967, n. 146, citata nel 
testo, � riportata in Foro it., 1968, I, 301; il.a sentenza Cass. 6 febbraio 1953, 
n. 300 � riportata in Mass. Giur. it., 1953, 82. 
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!'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 93 

zione presentata al momento del passaggio della linea doganale, bens� 
con riferimento allo stato finale delle merci, dopo la: lavorazione, vale 
a dire con riferimento a tutti i prodotti e non solo a quello agevolato. 

Il motivo non � fondato. 

Nessun dubbio, innanzi tutto, che l'imposta erariale di consumo, 
istituita con il d.1.c,p.s. 14 ottob11e 1946, n. 206, si atteggi nella sua 
fondamentale struttura giuridica e con particolare riguardo al suo momento 
generatore, come un diritto o provento doganale. Essa, invero, 
ai sensi dell'art. 2, 2� comma, del citato decreto, deve essere riscossa 
all'atto dell'importazione dei prodotti, mentre l'art. 7 della legge doganale 
considera � diritti di �Confine � tutti quei diritti che la Dogana deve 
riscuotere in forza di una legge in relazione alle operazioni doganali. 

In tali sensi, del resto, ha avuto occasione di pronunciarsi la stessa 
Covte Costituzionale con la recente sentenza n. 146 del 15 dicembre 
1967, �Con la quale ha, appunto, ritenut� che la predetta imposta, al 
pari dell'i.g.e. sull'importazione di cui all'art. 17 della le.gge 19 giugno 
1940, n. 76,2 e l'imposta di conguaglio istituita con la legge 3�1 luglio 
1954, n. 570, � da considerarsi un vero e proprio diritto doganale, 
atteso il suo stretto collegamento con il fatto dell'importazione, piuttosto 
che con quello del consumo della merce. 

Essendo, quindi, dal punto di vista giuridico, identica la qualificazione 
del dazio di importazione e dell'imposta erariale di consumo, esattamente 
la sentenza impugnata ha definito l'insorta controversia alla 
stregua della legge doganale. 

Ora � noto che, ai sensi dell'art. 4 della predetta legge, � il passaggio 
della linea doganale della merce, soggetta a diritti di confine, a 
fare s0trgere a favore dello Starto il diritto all'imposta, mentre ogni altra 
formalit�, come la dichiarazione di destinazione doganale, ne differisce 
la realizzazione ad un diverso momento, restando il relativo rapporto 
sospeso prima di essa, con la conseguenza che � rilevante solamente la 
qualificazione della merce al momento del sorgere del debito e non della 
sua realizzazione. Qualunque concezione si accolga in �oo:-dine all'atto o�al 
fatto da cui sorge l'obbligazione doganale, � in ogni caso indubbio che 
l'atto di imposizione, nel costituire il rapporto di obbligazione, deve 
fare riferimento alla situazione base o presupposto materiale del tributo, 
rappresentato daJ. passaggio attraverso la linea doganale della 
merce estera con tutte le caratteristiche e con il valore che la stessa 
presenta in quel momento. In sostanza, in materia doganale, accade 
quello che si verific.a anche in altri settori tributari, come, ad esempio, 
in materia di imposte dirette, dove ordinariamente il debito sorge con 
la notifica dell'atto d� imposizione, ma questo deve basarsi sul presup


posto quale si � configurato, nelle sue caratteristiche quantitative e 
qualitative, durante il �periodo di commisurazione:.>. Ora questi principi, 
ormai pacifici in dottrina ed in giurisprudenza, non possono non 

~ 

ff@ffffff&filf:Wi&EfffilllillM@itf0%%%FfHK@rn!FMfff@l@firn!i%FfNW@MFlKfffiFKfffililiE@Will@Fmim'Eff0ffffftrJ 


94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

trovare applicazione anche alle importazioni di merce esente dai diritti 
doganali in quanto destinata alla produzione di determinati prodotti. 
Anche in tale ipotesi, infatti, il rapporto tributario sorge al momento 
del passaggio della merce estera dalla linea doganale, ma H. diritto dello 
Stato ed il rapporto di debito tributario vero e .proprio dell'imp:oil'ta-tore 
rimangono, ci� non ostante, in istato di sospensione. All'atto dell'importazione, 
do�, il debito doganale non pu� ancora ritenersi concretato, in 
quanto la merce � destinata ad un uso che la legge ha inteso agevolare. 
Il debito tributario non �, quindi, attuale, ma soltanto eventuale, nel 
senso che esso non sorge ove si realizzi la prevista destinazione, ma se 
sorge percl11� questa destinazione non si � realizzata, esso ha per oggetto 
esclusivamente i tributi afferenti a quelle determinate merci che sono 
state introdotte attraverso la linea doganale. La legge doganale, anzi 
prevede tale fattispecie in modo esplicito all'airt. 102 come una delle 
ipotesi di contrabbando per indebito uso di merci importate con particolari 
agevolazioni in relazione alla loro destinazione o al loro impiegp. 


Ma se, come nella fattispecie � avvenuto, la merce importata ha, 
nella sua interezza, avuto quella destinazione in vista della quale, per 
motivi di ordine politico o economico, lo Stato ha rinunciato alla realizzazione 
dei tributi, cessa ogni motivo di pretesa da parte del .Irisco, 

I

mentre non vale, neppure in parte, a fare venire meno la condizione cui 
la esenzione era sospensivamente legata, la circostanza che dal�a mer<'e 
importata l'importatore abbia potuto .ricavare, oltre al prodotto aigevo


. 

lato e senza pregiudizio alcuno della quantit� massima da essa otteni.


!

bile, un altro prodotto. Oon l'avverarsi, invero, della c�ndizione cui la 

ili

rinuncia era subordinata si � determinata l'estinzione dell'obbligazione 

ili 

tributaria, e questa non pu� certo risorgere nei riguardi di altri pro~; 
dotti, �che non furono mai oggetto di importazione e, quindi, del rapporto 
tributario sospeso. 

I 

Il contrario aissunto dell'Amministrazione finanziaria, oltre a contrastare 
con i principi informatori della legislazione doganale, non trova 
fondamento in alcuna disposizione legislativa. 

Fuori di luogo, �, infatti, il richiamo alle norme della legge doganale 
(artt. 58-64) relative alla spedizione di merce estera da una 
dogana all'altra ed al �transito�. 

Nella fattispecie non 1si tratta di merci in transito attraverso il territorio 
dello Stato o spedite da una dogana all'altra per le quali la legge 
prevede un particolare procedimento di accertamento dei d!iritti doganali, 
che implica il differimento del momento generatore dei tributi 
stessi, ma si versa in tema di importazioni definitive in esenzione, condizionate 
all'impiego della merce estera in un determinato uso agevolato 
e per le quali l'attivit� dell'amministrazione doganale � limitata al 
controllo dell'avvenuto impiego. Ed una volta effettuato il concreto riscontro 
sull'impiego della merce, nella sua interezza, all'uso agevolato 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 95 

previsto dalla legge ed estinta l'obbligazione tributaria, l'Amministrazione 
non � autorizzata ad indagare se e quali altri prodotti, oltre a 
quello agevolato, l'importatore abbia eventualmente ricavato dalla lavorazione 
della merce. Doveva il legislatore che accordava l'esenzione . 
all'unica condizione del ricavo di un determinato prodotto, ben sapere 
che da quella stessa merce era possibile ricavare altri prodotti, e la 
condizion� di legge avrebbe dovuto, in tal caso, diversamente essere 
espressa. 

Pertanto, la Corte d'appello, avendo accertato in fatto che i quantitativi 
di bucce di �cacao avevano ricevuto, nella loro.interezza, il previsto 
impiego (estrazione della teobromina), tanto che per essi la Dogana 
aveva rilasciato le bollette definitive di importazione in esenzione dai 
diritti doganali, ha esattamente ritenuto illegittima la pretesa della stessa 
Dogana di sottoporre all'imposta erariale di consumo i quantitativi di 
burro di cacao che, congiuntamente al prodotto agevolato, erano stati 
estratti da quelle stesse bucce. 

Del resto, negli stessi sensi ha gi� avuto occasione di pronunciarsi, 
in una fattispecie analoga, questa Suprema Corte. con la sentenza n. 300 
del 6 febbraio 1953. Con tale sentenza, infatti, � stato ritenuto che, una 
volta raggiunto, con l'effettiva destinazione della merce importata dal-
l'estero in esenzione, lo scopo per il quale l'esenzione fu concessa, � 
del tutto indifferente, ai fini delle imposte doganali, che quanto residui 
dall'uso della merce possa essere proficuamente utilizzato, sia pure mediante 
una trasformazione industriale che permetta il recupero di un 
prodotto che, se importato dall'estero, sarebbe stato soggetto al pagamento 
dei diritti doganali. 

E per quanto dianzi si � detto non ricorre alcun motivo per discostarsi 
da tale pronuncia. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. �I, 13 dicembre 1969, n. 3950 -Pres. Favara 
-Est. Milano -P. M. Cutrupia (conf.) -Fiorini (avv. Ferrero) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione 
limitata dinanzi all'A.G.O. -Questioni relative 
alla parte del rapporto non impugnata -Inammissibilit�. 

Imposta di successione -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore 
globale -Deducibilit� della sola imposta in concreto corrisposta. 

(d.I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 13). 
Qualora sia stata proposta impugnazione dinanzi all'A,G.0. limitatamente 
alla questione di applicazione della legge, non possono nell/ulteriore 
fase del giudizio avanzarsi domande che attengono alla valuta


8 


96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione definita con decisione della Commissione non impugnata. Conseguentemente, 
ove non sia stata impugnata la decisione della Commissione, 
non sono ammissibili domande concernenti la nullit� del procedimento 
o la iHegittimit� costituzionale della norma (nella specie l'articolo 
31 della legge sulle successioni) inerente alla determinazione del 
valore tassabile (1). 

Poich� l'imposta di successione � commisurata all'entit� del lucro 
che viene a percepire in concreto l'erede, il valore dell'asse tassabile 
deve essere calcolato al netto delle passivit� e quindi anche dell'imposta 
sul valore globale; tuttavia l'imposta sul valore globale deducibile 
� quella in concreto pagata e quindi, nel caso in cui l'aliquota delfimposta 
sul valore. globale sia ridotta, deve dedursi soltanto l'ammontare 
delL'imposta ridotta e non quello dell'imposta astrattamente dovuta 
nell'ipotesi normale (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando contraddittoriet� 
di motivazione ed erronea applicazione dell'art. 50 legge 
5 gennaio 1956, n. 1, anche in relazi-One agli artt. 112 e 360 c.p.c., 
sostiene che la Corte d'appello ha errato nell'affermare la non rilevanza, 
ai fini della decisione della controversia, della dedotta nullit� 
della decisione della Commissione provinciale per essere stata tale de


(1-2) Della prima massima deve condividersi l'affermazione che la 

definitivit� dell'accertamento comunque raggiunta (per difetto di impu


gnazione, per concordato o a seguito di decisione irretrattabile della Com


missione di valutazione) non pu� dar luogo ad ulteriori questioni di valuta


zione in sede di controversia sull'applicazione de1la legge, sia innanzi 

all'A.G.0. sia innanzi alla Commissione per le questioni di diritto. 

Non pu� per� essere condivisa l'affermazione, incidentalmente esposta, 

relativa al potere del giudice ordinario di sindacare la regolarit� del pro


cedimento amministrativo nel �caso in cui i vizi del procedimento costi


tuiscono delle illegittimit� che ledono i diritti soggettivi delle parti e ren


dono inesistente il procedimento stesso. � un principio fermissimo che non � 

tleducibile innanzi all'A.G.O. l'error in procedendo (denunziabile invece con 

ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost.) non costituendo il giudizio ordi


nario una fase di impugnazione� del procedimento amministrativo (Cass. 23 

gennaio 1969, n. 182, in questa Rassegna, 1969, I, 98; 30 dicembre 1965, nu


mero 2494, ivi, 1966, I, 164); inoltre i vizi degli atti del procedimento, anche 

se tali da ripercuotersi sulla decisione determinandone la nullit�, non impe


discono che essa passi in giudicato (Ca.ss. 3 febbraio 1968, n. 350, ivi, 1968, I, 

112): pu� verificarsi bensi il caso della inesistenza de1la decisione prove


niente a non iudice o del tutto priva di sottoscrizione (Cass. 15 gennaio 1969, 

n. 526, ivi, 1969, I, 138), ma una tale rara ipotesi, concretandosi nella possibilit� 
di disconoscere in qualunque sede l'esistenza della pronunzia, non 
pu� nemmeno ricondursi al potere dell'A.G.O. di censurare la regolarit� 
del procedimento amministrativo. 
Non pu� nemmeno condividersi l'altra affermazione che l'illeggittimit� 
costituzionale dell'art. 31 della legge sulle successioni e le questioni inerenti 



e non 
complementare. 
La seconda massima � da condividere pienamente. 
e non 
complementare. 
La seconda massima � da condividere pienamente. 
PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 97 

cisione adottata con la partecipazione del rappresentante dell'Amministrazione 
finanziaria perch�, trattandosi di nullit� insanabile, nessun rilievo 
aveva il fatto che egli avesse pagato l'imposta di successione sull'imponibile 
determinato dalla suddetta Commissione. 

Con il terzo motivo, poi, il ricorrente denuncia la viofazione dell'art. 
31 della legge tributaria sulle successioni e sostiene che la Corte 
di appello ha errato nel ritenere preclusa, ai sensi dell'art. 3.45 c.p.c., 
la declaratoria di illegittimit� della richiamata disposizione, in quanto 
in proposito era stata richiesta l'applicazione della sentenza della Corte 
Costituzi�onale del 12 luglio 1965, la quale costituiva ius superveniens, 
che il .giudice doveva senza altro applicare, ove ne avesse riconosciuto 
la esistenza. 

I due motivi -che � opportuno esaminare congiuntamente -sono 
infondati. 

Come si � gi� accennato .nel trattare dello svolgimento del processo, 
l'odierno ricorrente impugn� avanti all'autorit� giudiziaria ordinaria la 
decisione della Commissione provinciale, non deducendo la nullit� della 
stessa, ma limitandosi unicamente a contestare la congruit� del valore 
accertato e sostenendo, inoltre, relativamente al successivo atto di liquidazione 
dell'imposta, l'erroneit� dell'operazione di detrazione della 
imposta sul valore globale netto. 

Nel corso del giudizio di primo grado egli rinunci� espressamente 
ad ogni questione attinente alla valutazione dell'asse ereditario, limi-

alla sua applicazione siano inammissibili nel giudizio inerente all'imponibilit� 
in quanto assorbite nella determinazione del valore definita in modo 
irretrattabile con la decisione di valutazione. La determinazione del valore 
ha per oggetto soltanto il valore in commercio dei beni suscettibili di revisione 
di congruit� e non solo non abbraccia nessuna questione di applicazione 
della legge, ma non tocca nemmeno le altre �componenti del valore 
imponibile che non sono soggette a stima economica (fondi rustici sog,getti 
a valutazione automatica, crediti, titoli, deduzioni di passivit� e, per l'appunto, 
determinazione presuntiva dei valori mobiliari). � certamente una 
questione sull'applicazione della legge, non pregiudicata dal giudizio di 
valutazione, quella nascente dall'art. 31. 

Nel caso deciso la questione era sicuramente inammissibile, perch� 
proposta per la prima volta in appello, ma non per te ragioni addotte nella 
sentenza in rassegna; l'irretrattabilit� della valutazione non impedisce n� 
al contribuente n� alla Finanza di �contestare la retta applicazione dell'articolo 
31. � infatti avvenuto in numerosi casi che, dopo un'inesatta interpretazione 
della sentenza della Corte Costituzionale 12 luglio 1965, n. 69, la 
Finanza ha legittimamente elevato supplemento per la maggiore iII,J.posta 
gravante sul valore mobiliare presuntivo dopo che in sede di liquidazione 
dell'imposta principale e complementare tale valore era stato escluso; tale 
maggioo-e pit'etesa � infatti da definire un'imposta suppletiva gi� 


98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tando la contestazione unicamente al criterio da applicare per la detrazione 
dell'imposta sul valore globale. 

Risolta dal Tribunale tale questione in senso favorevole all'Amministrazione 
finanziaria, il Fiorini, nell'atto di appello, oltre a lamenta�rsi 
per la mancata compensazione delle spese, rimise in discussione soltanto 
la predetta questione e, solamente all'udienza di precisazione delle conclusioni, 
sollev� la questione della nullit� della decisione della Commissione 
provindale, nonch� quella della incostituzionait� della presunzione 
di cui all'art. 31 della legge tributaria sulle successioni in 
merito alla esistenza di mobili, gioielli e denaro. 

In base all'esame, cos� compiuto, degli atti del processo -esame 
che la Suprema� Corte � abilitata a compiere con piena potest� d'indagine, 
trattand�si di accertare l'esistenza o meno di un vizio in procedendo, 
quale quello denunciato, della mancata pronuncia di merito su 
punti ed istanze specifiche -la decisione del1a Corte di merito di non 
poter prendere in esame le domande formulate dal Fiorini in sede di 
precisazione delle conclusioni appare sostanzialmente esatta. 

Infatti, con l'accettazione del valore dell'asse ereditario, cosi come 
determinato dalla Commissione provinciale e con la rinuncia del Fiorini 
ad ogni questione attinente appunto al procedimento di valuta.zione, 
restava evidentemente preclusa la possibilit� di rimettere in discussione 
sia la regolarit� del :procedimento amministrativo, sia la determinazione 
dell'imponibile e, in particolare, la questione se in esso dovessero o meno 
essere comprese le percentuali stabilite dall'art. 31 della legge tributaria 
sulle successioni per La presunta esistenza dei mobili, gioielli e 
denaro. 

Inoltre, avendo il giudice di primo grado circoscritto la controversia 
alla sola questione di diritto relativa alla detrazione dell'ammontare 
dell'imposta. sul valore globale e non avendo il Fiorini, con il suo appello, 
impugnato questa specifica limitazione della materia del contendere, 
il giudice di appello non poteva in alcun modo prendere in 
esame le questioni successiv�amente dedotte dal Fiorini in sede di precisazione 
delle conclusioni. 

N� la sentenza impugnata, nel rifiutar;si di prendere in esame la 
dedotta irregolari:t� :procedurale del procedimento amministrativo, � 
incorsa nel lamentato vizio di contraddittoriet�, perch� i giudici di merito, 
pur non disconoscendo in astratto, 1a ipossibilit� in materia di imposte 
indirette sui trasferimenti di ricchezza, di un .sinda�cato del giudice 
�ordinario sulla regolarit� del procedimento amministrativo nel caso 
in cui i vizi del procedimento stesso costituiscano delle illegittimit� che 
ledano i diritti soggettivi delle parti e siano tali da rendere inesistente 
il procedimento stesso, hanno tuttavia esattamente ritenuto che nella 
fattispecie la dedotta nullit� non aveva alcuna rilevanza ai fini della 
decisione giacch� l'oggetto della controversia non riguardava-il valore 

-:�: 

�:�: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 99 

imponibile dell'asse ereditario determinato dalla Commissione provinciale, 
ma concerneva il contenuto del successivo atto di liquidazione 
dell'imposta effettuata dall'Ufficio del Registro. 

E se questo soltanto era l'oggetto della controversia ne segue che 
anche la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 31 legge trtbutaria 
sulle successioni, sollevata dal ricorrente con il quarto motivo del 
ricorso, viene ad essere irrilevante perch� la norma che si assume in 
contrasto con l'art, 53 della Costituzi-one non riguarda affatto il rapporto 
dedotto nel presente giudizio. 

Pu� aggiungersi che nelle more del giudizio, la Corte Costituzionale 
con sentenza n. 109 del 12 luglio 1967 ha dichiarato non fondata la detta 
questione di costituzionalit�, sul rilievo �che la presunzione assoluta di 
esistenza, nel patrimonio ereditario, di mobili, gioielli e denaro per un 
valore fisso e predeterminato in percentuale dell'intero asse ereditario 
non contrasta con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, ma risponde a 
principi di logica, considerata anche la natura dei beni facilmen:te occultabili. 


Resta, quindi, da esaminare il secondo motivo con il quale il r.icorrente, 
denunciando l'erronea applicazione dell'art. 13 del d.l. 8 marzo 
1945, n. 90, sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte 
di merito, ai fini dell'applicazione della normale imposta successoria, 
l'ammontare dell'imposta sul valore netto .globale deve essere integralmente 
dedotto dall'imponibile, indipendentemente dall'effettivo pagamento 
di tutto o di parte del suo importo. 

Il motivo non � fondato. 

Esattamente, infatti, l'impugnata sentenza ha messo in ev�denza che 
l'imposta sul vaflore globale netto dell'asse ereditario costituisce una 
passivit� dell'eredit� e che, pertanto, la deduzione non pu� che, riguardare 
l'imposta effettivamente dovuta, non gi� l'imposta calcolata in 
astratto. Ci� trova conforto nello spirito e nella lettera dell'art. 13 del 
richiamato decreto che disciplina la percezione della imposta in questione. 


Dispone la predetta norma che, ai fini dell'applicazione della tradizionale 
imposta successoria, � detratto dall'imponibile l'ammontare 
dell'imposta sul valore globale dell'asse ereditario e a tal riguardo richiama, 
nel capoverso, tutte le disposizioni della legge tributaria sulle 
successioni in quanto compatibili e in quanto non diversamente stabilito 
nel decreto stesso. 

Ora, traendo l'imposta di successione fondamento e giustificazione 
nel fatto de~la maggiore capacit� 'contributiva acquisita dall'erede per 
effetto dell'acquisto gratuito del patrimonio lasciato dal defunto ed essendo 
l'ammontare dell'imposta stessa commisurata con l'entit� del lucro 
che, in dipendenza della successione, viene a godere, in concreto, l'erede 
stesso, � chiaro che il valore deH'esse ereditario deve essere calcolato 


100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al netto dell'ammontare delle passivit� e quindi anche dell'imposta sul 
valore globale. 

Pertanto nel ,caso in cui l'erede versa l'ammontare delil'g!liquota, 
stabilita dalla legge, relativa all'imposta sul valore globale, non gi� 
nella sua interezza, ma in misura ridotta per una specifica norma agevdlativa 
o come nella fattispecie in ragione della met�, consegue che 
una parte del patri~onio ereditario non si trasferisce a favore del suddetto 
erede nei limiti soltanto di C!,uella met� che rimane assorbita dal 
debito tributarto, posto in concreto a carico dell'eredit�. Non pu� perci� 
tenersi conto dell'altra met� dell'ammontare dell'imposta, determinata 
secondo l'aliquota sull'intero, in quanto, non venendo di fatto corrisposta, 
non comporta una ulteriore privazione della corrispondente quantit� 
del patrimonio �ereditario, sicch� permane in favore dell'erede quell'arricchimento 
che :t�a sorgere la .pretesa dello Stato di percepire la contribuzione 
tributaria relativa all'imposta sulla successione. 

La contraria tesi dal ricorrente, non soltanto viola il principi.o su 
cui � fondata l'imposta sulle successioni, che deve essere 'commisurata 
con l'effettiva entit� della ricchezza trasferita in favore dell'erede, ma 
condurrebbe all'inammissibile risultato che questi, gi� favorito in sede 
d'imposta sul valore globale, verrebbe favorito anche in sede d'imposta 
di successione e finirebbe per fruire di due riduzioni d'imposta, nonostante 
che il legislatore non aibbia affatto manifestato la volont� di porlo 
in una simile situazione doppiamente privilegiata. 

E non vale opporre, come si oppone dal ricorrente, che dallo stesso 

art. 8 del citato decreto, che regola !'.ipotesi di �concorso di eredi e di 

legatari, �Si dedurrebbe che, prima di far luogo alla riduzione o alla 

esenzione, � obbligatoria l'integrale deduzione dell'imposta globale. 

A parte la considerazione che questa interpretazione della invocata 

disposizione non � pacifica in dottrina e nella stessa giurisprudenza 

delle commissioni tributarie, va .osservato che i criteri di calcolo della 

imposta globale dettati dalla suddetta norma per le .successioni con 

concorso di eredi e di legatari. sono predisposti nella previsione �che 

le quote successorie siano diverse e che gli eredi ed i legatari abbiano 

requisiti soggetti.vi diversi. In tale i.potesi si � ritenuto indispensabile, 

per ottenere l'imposta globale da ciascuno dovuta, seguire pedissequa


mente quei criteri secondo l'ordine stabilito, in quanto, omettendo di 

detrarre ~'intero ammontare dell'imposta globale, il beneficio di cui gode 

uno dei coeredi si risolverebbe in pregiudizi.o per gli altri. Essi, infatti, 

pur non ricevendo nulla di pi� di quanto loro compete nella successione, 

sopporterebbero in proporzione anche l'onere ,che astrattamente dovrebbe 

gravare sul coerede beneficiato, al quale peraltro questi sfugge in forza 

dell'esenzione soggetti.va. 

Ma. nell'ipotesi di eredit� devoluta ad un unico erede, c�me del 

resto, in quelila di concorso in quote eguali di eredi con requisiti sog



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 101 

gettivi eguali (concorso di figli in quote eguali), l'esigenza di evitare 
sperequazioni tra erede favorito ed erede non favorito non sorge, e non 
vi � quindi motivo alcuno perch� non debba trovare applicazione quel 
principio fondamentale, secondo cui l'imposta di successione deve restare 
commisurata alla entit� patrimoniale effettivamente conseguita 
dall'erede. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3959 -Pres. Favara 
-Est. Usai -P. M. Sciaraffia (conf.) -Mazzella (avv. Di Maio) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salvatori). 
Imposte e tasse in ~enere -Imposte dirette -Accertamento -Poteri 
della CommissiQne delle imposte. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 35 e 36; legge� 5 gennaio 1956, n. l, artt. 3 e 5). 
La Commissione delle imposte ha ii poter� di sospendere la pronuncia 
e rinviare gli atti aU'Ufficio per l'integrazione dell'accertamento 
ogni volta che, in qualunque modo lecito, sia venuta a conoscenza, nel 
corso del giudizio, di nuovi elementi; non � di ostacolo a tale tjnvio il 
fatto che i nu0vi elementi fossero gi�, a conoscenza dell'Ufficio .anche 
prima della scadenza del termine per procedere direttament� all'integrazione 
dell'accertamento (1). 

(Omissis). -� Con l'unico mezzo il ricorrente, deducendo la _violazione 
degli artt. 32, 35 e 36 del t.u. sulle imposte dirette approvato 
con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 e 112, 113, U5 e 116 c.p.c., in relazione 
all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.e., sostiene che la commissio~e tributaria 
di primo grado poteva disporre l'integrazione dell'accertamento ai sensi 
dell'~rt. 36, gi� citato, solo � se nel corso del giudizi'O veniva a conoscenza 
di nuovi elementi�. Due erano, quindi, i presupposti ;richiesti 
dalla legge: a) che sopravvenissero nuovi elementi; b) che la commissione 
ne venisse a conoscenza nel -corso del giudizio. 

(1) Esatta e lineare initerpretazione delle norme di le~ge. La sopravvenienza 
di elementi nuovi (rispetto a quelli gi� acquisiti al processo) legittima 
il potere della Commissione di rinviare gli atti all'Ufficio per !'-integrazione 
. dell'accertamento ogni volta che gli elementi siano nuovi per la 
Commissione, anche se non nuovi per l'Ufficio. Il mancato esercizio del 
potere dell'Ufficio di procederie direttamente alla it'ettifica, non pregiudica 
il potere spettante in via autonoma aUa Commissione; ci� � chiaramente 
confermato dall'ultimo com.ma dell'art. 35 del t.u. 'sulle imposte dirette, che 
pur 1impedendo all'Ufficio l'integrazione diretta dopo la scadenza del termine 
dell'art. 32, fa espressamente salvo (senza distingueit'e se la conoscenza di 
elementi nuovi sia stata acquisita dall'Ufficio prima o dopo la scadenza del 
termine) il rinvio da parte della Comissione. 

102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La qualifica � nuovi � doveva, secondo il ricorrente, essere interpretata 
nel senso che dovevano essere sorti nel corso del procedimento 
contenzioso, quando ogni potere era stato trasferito a�l.la commissione. 

Se, invece, gli elementi erano noti all'Ufficio in precedenza e, non 
essendo scaduto il termine previsto dall'art. 32 del t.u., era possibile la 
rettifica dell'accertamento gi� eseguito, essi non potevano considerall'si 
nuovi. 

La novit�, poi, doveva stabilirsi obiettivamente e non con riferimento 
alla commissione, per la quale, evidentemente, tutti gli elementi 
erano nuovi in quanto di ess�i veniva a conoscenza solo dopo l'inizio 
del procedimento. 

Doveva, dunque, trattarsi di elementi ignoti fino aJ. sorgere del 
processo tributario e venuti solo dopo a conoscenza della commissione. 

In conseguenza, conclude il ricorrente, doveva ritenersi illegittima 
l'integrazione dell'accertamento dalla commissione disposta nei suoi 
confronti perch� fondata su elementi che erano a conoscenza dell'ufficio 
fin dal 19 dicembre 1960, prima che la commissione fosse _stata investita 
del procedimento, promosso con ricorso 11 gennaio 1961. 

Il motivo � infondato. 

Infatti, come risulta dalle uguali espressioni usate dagli artt. 35 e 
36 del t.u. sulle imposte dirette del 1958 ed, ancor meglio, dai precedenti 
.M'tt. 3 e 5 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in dette norme trasfusi, 
il potere di promuovere l'integrazione dell'ac�certamento attribuito tanto 
all'ufficio, che lo attua dtirettamente, quanto alla commissione tributaria 
di primo grado, che per l'esecuzione dell'integrazione rinvia gli atti all'ufficio, 
i-ichiede in ambedue le ipotesi un identico presupposto costituito 
dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. 

Dato che detto potere ha per oggetto l'integrazione di un accerta.. 
mento gi� eseguito, i nuovi elementi, che del potere stesso c:ostituiscono 
il presupposto, devono, logicamente, in entrambi i casi, essere nuovi rispetto 
al precedente accertamento, del quale giustificano la integrazione. 

Mentre il potere dell'ufficio � soggetto al termine di decadenza di 
cui all'art. 32 del citato testo unico, quello attribuito alla commissione 
pu� essere esercitato nel corso del relativo giudizio (�se questa nel 
corso del giudizio viene a conoscenza di nuovi elementi �), ossia fino a 
quando la commissione stessa non abbia deciso definitivamente il giudizio 
medesimo. 

Se, infatti, il contribuente non ricorre contro l'accertamento, il 
decorso del termine di decadenza rende definitiv:o l'accertamento, conseguendosi 
in tal modo quella certezza del diritto, che nella specie costituisce 
lo scopo fondamentale perseguito col termine di decadenza. 

Ma, qualora il contribuente, proponendo ricorso, impedisce che tale 
certezza venga ottenuta, la legge attribuisce, anche dopo la: decorrenza 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 103 

del termine d'i decadenza stabilito per l'uftkio, il potere di promuovere 
l'integrazione dell'accertamento alla commissione adita col ricorso. 

Da quanJto s'� detto risulta che esiste perfetta concordanza tra_ l'intenzione 
del legislatore e il senso fatto palese dal significato proprio delle 
parole, secondo la connessione di esse, usate dalla legge (art. 12 disposizioni 
sulla legge in .generale) e che quindi la frase � se questa 
(la commissione) nel corso del giudizio viene a conoscenza d!i nuovi elementi
� deve essere intesa nel suo significato letterale di nuovi elementi 
pervenuti (in qualunque modo lecito, dato che la norma non precisa) a 
conoscenza della commissione durante il corso del giudizio. 

N� tale significato deve essere travisato solo oerch� � ovvio che 
alla commissione gli elementi concernenti il procedimento devono necessariamente 
pervenire tutti durainte il corso del giudizio; tanto pi� 
che la frase �durante il corso del giudizio � appare usata anche al fine 
di precisare il periodo di tempo durante il quale 1a commissione pu� 
esercitare il potere di disporre che sia integrato l'accertamento. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3963 -Pres. 
MarJetta -Est. Berarducci -P. M. Trotta (conf.) -Soc. Olivera 
(avv. Vecchio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). 

Imposte doganali -Esenzione dall'imposta di conguaglio -Olii vegetali 
commestibili -Nozione. 

(d.l. 14 agosto 1954, n. 676, tab. B; legge 21 luglio 1954, n. 570, art. 1). 
Nella norma del d.l. 14 agosto 1954, n. 676, tab. B che, in relazione 
all'art. 1 della legge 21 luglio 1954, n. 570, elenca gli olii vegetali importati 
sui quali non � dovuta l'imposta di congiiaglio, L'espressione 
�allo stato commestibile � va intesa nel senso comune di � buoni a 
niangiare � senza ulteriori trattamenti di raffinazione (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo, premesso che il concetto di 
commestibilit� degli oli vegetali ha due accezioni, quella legale e quella 
commerciale, la quale non coincide con la prima, si lamenta che la 
Corte del merito non abbia chiarito a quale delle due nozioni abbia 
inteso riferirsi, e fondandosi su di una interpretazione meramente letterale, 
ne abbia .posto in ombra l'elemento logico. Si assume che la 
ratio legis risulta da tutta una serie di elementi: la disciplina tributaria 
degli oli vegetali, nella quale l'imposta di conguaglio .si � venuta 

(1) Massima esatta. Non constano precedenti specifici; per la analoga 
questione inerente all'i.g.e. v. Cass. 3 maggio 1967, n. 836, in questa Rassegna, 
1967, I, 874 con nota di F. GUICCIARDI. 

104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad inserire; le dichiarazioni rese dal Ministro in Parlamento, in sede 
di approvazione della legge n. 941 del 1949, relativa all'i.g.e. sul commercio 
degli oli vegetali allo stato commestibile, le �circolari ministeriali. 
Secondo 1a societ� ricorrente, questi elementi conforterebbero la 
tesi secondo cui, ai fini della esenzione in questione, non � richiesto i'1 

requisito della commestibilit� attuale, riguardando tale esenzione gli 
oli destinati ad uso alimentar~, _anche se essi debbano essere sottoposti, 
prima dell'uso, ad ulteriore lavorazione. 

Con il secondo motivo, che si esamina congiuntamente per la sua 
correlazione al primo, si lamenta che la Corte del merito sia addivenuta 
alla identificazione tra olio non commestibile ed olio non raffinato, senza 
giustificarla in alcun modo, ed abbia ritenuto di poter attribuire, alle 
dichiarazioni .rese in sede doganale, un valore confessorio, che esse 
non hanno. 

Le censure sono infondate. 

Esattamente la Corte del merito ha ritenuto e dichiarato che la 
lettera della norma del d.p. 14 agosto 1954, n. 676, tab. all. B ch� indica 
quali sono gli oli vegetali importati sui quali, a' sensi dell'art. 1, 2� 
comma, legge 21 luglio 1954, n. 570, � dovuta l'imposta di conguaglio, 
� chiara nel senso che sono esclusi dall'assoggettamento al tributo 
unicamente gli oli vegetali �che, all'atto dell'importazione, gi� possiedono 
il requisito della �commestibilit�� e si presentano, quindi, con caratteristiche 
d'a escludere la necessit� di un qualsiasi trattamento di raffinazione 
prima della loro immissione al consumo. Dispone, invero, la 
norma anzidetta, che l'imposta di conguaglio � dovuta per �gli oli fissi, 
fluidi e eone.reti di origine vegetale, esclusi quelli allo stato commestibile 
� e tale letterale dizione non pu� essere interpretata se non nel 
senso in cui, come sopra, l'ha interpretata la Corte milanese. L'assunto 
della ricorrente, secondo cui il concetto di commestibilit� avrebbe, nel 
linguaggio legale, un significato diverso da quello che ha nel linguaggio 
commerciale, � affatto inattendibile. Nella lingua italiana il termine 
� commestibile� (che deriva dal latino . � comestum � p.p. di �comed'ere 
� mangiare), ha il significato di �buono a mangiare� e tale significato 
� unico, ha cio� carattere generale ed �, quindi, identico sia che 
il termine venga adoperato nel linguaggio legale sia che venga usato 
nel linguaggio �commerciale. Pertanto, la locuzione � olio importato allo 
stato commestibile� usata in una norma giuridica, altro significato non 
pu� avere che quello di olio che all'atto dell'importazione sia in stato 
di essere consumato, di essere mangiato, senza ulteriori trattamenti 
fisici o chimici che siano. 

Giova aggiungere che una dizione consimile � stata adoperata dal 
legislatore nella norma dell'art. 8 della legge 24 dicembre 1949, n. 941 
in cui � detto che l'imposta sull'entrata � dovuta nella misura dell'uno 
per cento sull'entrata imponibile per gli atti economici relativi al com




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 105 

mercio degli �oli vegetali allo stato commestibile� e che tale norma, 
proprio per la sua formula.zione, � stata interpretata letteralmente da 
questa Corte iSuprema, nel senso che il beneficio fiscale in essa previsto 
� operante soltanto se gli oli, al momento dell'importazione, siano gi� 
commestibili, non rilevando la loro destinazione definitiva e la capacit� 
finale di commestibili:t� del prodotto, sicch� la norma non si applica 
all'atto economico dell'importazione di quegli oli che, al momento dell'introduzione 
in Italia, siano privi del requisito della �commestibilit� 
(cfr. sent. 3 maggio 1967, n. 836). 

Chiaro il significato letterale della rrorma in questione, discende, 
come logico c�rollario, che � del tutto fuori luogo il richiamo alla intenzione 
del legislatore, atteso che � giurisprudenza consolidata di questa. 
Corte Suprema quella secondo cui il principio enunciato, in tema di 
interpretazione della legge, nella norma del primo comma dell'art. 12 
delle disposizioni sulla legge in generale, � nel senso che, nella interpretazione 
delle norme giuridiche, si deve ricercare la effettiva mens del 
legislatore solo nel caso in cui la lettera della legge non sia chiara ed 
inequivocaibile, mentre, quando il testo della .legge non dia luogo a 
dubbi, non � consentito ricercare, neppure attraverso il ricorso ai lavori 
preparatori, se la volont� del legislatore sia stata eventualmente diversa 
da quella manifestamente resa, in quanto in tail ~aso, sotto il pretesto 
di inter.pretare la norma, si consentirebbe --come, appunto, nel caso 
che ne occupa -la ricerca di un pensiero o di una volont� del legislatore 
diversi da quelli espressi nella norma. -, (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3964 -Pres. 
Rossano -Est. Geri -P. M. Gedda (conf.) -Ospedale Fatebenefratelli 
Fatebenesorelle (avv. Visciani) c, Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Foligno). 

Imposta di successione -Base imponibile -Onere testamentario Tassabilit�. 


Imposta di su�cessione -Disposizioni a favore dell'anima -Erezione 

di cappella funeraria -Fine di culto -Esclusione. 

(legge 9 aprile 1925, n. 380, art. 1; concordato tra la S. Sede e l'~talia, art. 29, 

lett. h). 

Uimpost� di successione colpisce l'intero asse ereditario trasferito 
all'erede, compreso il valore dell'onere che non pu� essere dedotto (1). 

(1-2) La pronuncia � da condividere pienamente. Riguardo alla prima 
massima � infatti evidente che l'onere non � una passivit� preesistente aUa 
successione, ma un peso che grava sui beni entrati nel patrimonio dell'erede 



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106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'onere di costruire e mantenere una Cappella funeraria non ha 
un contenuto essenzialmente di culto o di religione e non � di conseguenza 
esente daWimposta di successione agli effetti dell'art. 1 della 
legge 9 aprile 1925, n. 380 (2). 

(Omissis). -Nel primo motivo del ricorso � stata inserita una 
postilla, con la quale l'Ospedale ricorrente sostiene che la liberalit� 
a favore di un ente di beneficenza deve ritenel'.si esente anche quando 
sia gravata da un onere. 

Quest'ultimo infatti non potrebbe essere assoggettato ad autonoma 
tassazione per difetto di una norma impositrice, onde sarebbe errato 
distinguere nell'eredit� una parte destinata all'erede ed altra parte 
destinata all'ademphnento dell'onere. 

La connessione funzionale fra lo scopo della liberalit� e quello 
dell'onere, cio� l'inerenza del secondo al primo, sarebbe diretta ad evitare 
la frode fiscale, che nella specie non potrebbe assolutamente profilarsi, 
con conseguente inapplicabilit� della legge n. 380 del 1925. 

Si censura quindi la .sentenza, sempre nel primo mezzo, per violazione 
e falsa applicazione dell'art. 1 r.d.l. 9 aprile 1925, n. 3�80 e 29 
lett. h) del concordato con la S. Sede, in quanto non avrebbe dovuto 
escludere che l'onere modale potesse godere di esenzione dal pagamento 
del tributo, con.si.stendo in una vera e propria disposizione per l'anima 
con precipuo fine di culto. 

L'Amministrazione finanziaria oppone che le dedtizioni contenute 
nella postilla del primo mezzo non furono mai in precedenza p�roposte 
e quindi sono nuove e quindi inammissibili, che in ogni caso la componente 
ereditaria rappresentata dai beni occorrenti per fronteggiare 
l'onere non potrebbe godere dell'esenzione e dovrebbe scontare l'imposta, 
non potendosi neppur considerare quale una passivit� detraibile 
ai sensi dell'art. 45 della legge tributaria sulle .successioni. 

Le censure sono prive di fondamento. 

Le deduzioni contenute nella postilla dovrebbero certamente considerarsi 
nuove e �quindi inammissibili in questa sede se, come � stato 
ritenuto, dovessero importare una indagine di fatto sulla natura di 
onere o di legato indiretto della discussa disposizione testamentaria. 

Esclusa detta ipotesi, le deduzioni stesse vanno invece esaminate 
per quanto riguarda l'affermata mancanza di una norma impositrice 
dell'onere, perch� la relativa indagine investe alla radice la sussistenza 

rispetto ai quali si � verificato per intero il tr�isferimento mortis causa 
presupposto della tassazione. 
Assai importante � la seconda massima che distingue J.o scopo di culto 

o di religione (cattolica), equiparato al fine di beneficienza, di istruzione e 
�i educazione agli effetti dell'art. 1 della legge 9 aprile 1925, n. 380, dal pi� 
generico e non essenzialmente religioso, fine di onocare i defunti. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

o meno del rapporto tributario ed attiene direttamente alla corretta 
applicazione della legge. 

Esse per� sono prive di consistenza. 

Se l'onere, in quanto tale e non nella forma di legato indiretto, 
fosse davvero sottratto alla imposizione tributaria, la norma di cui all'art. 
1 d.l. n. 380 del 1925 sarebbe priva di senso, prevedendo il tributo 
sulle liberalit� onerose. 

In tal senso infatti tutte le liberalit�, onerate o meno, sarebbero 
esenti, quando fossero state disposte per uno degli scopi favoriti dalla 
legge. 

Questa osservazione svela l'equivoco nel quale � caduto il ricorrente, 
laddove sostiene che l'onere, come tale, non � tassabile, perch� 
rappresenta un peso anzich� un incremento patrimoniale p~er l'erede, 
mentre la legge sulle successioni ha voluto colpire l'attribuzione di 
ricchezza. 

Se cos� fosse non si vede perch� l'onere non possa essere detratto, 
per pacifica giurisprudenza non contestata dal ricorrente, come una 
passivit� del compendio ereditairio. 

In realt� la legge ha voluto colpire il trasferimento o, se si vuole, 
la successione dell'erede nella titolarit� dei beni in luogo del de cuius 
indipendentemente dalla loro successiva destinazione. 

Questa infatti � irrilevante, ai fini impositivi, rilevante essendo 
invece ai soli fini dell'esenzione. 

Non pu� negarsi che tutti i beni compresi nell'asse ereditario, in 
quanto trasferibili per successione, ent;rano nel patrimonio dell'erede, 
e come tali sono soggetti al tributo, anche se una loro ,parte debba 
successivamente �essere spesa in esecuzione dell'onere e risolversi in 
una riduzione effettiva della liberalit�. 

Bastano queste considerazioni per escludere il fondamento della 
<postilla � dovendosi convenire sulla �esistenza della norma impositrice 
dell'intero asse ereditario, onere compreso, a nulla rilevando, sul punto, 
che l'Amministrazione finanziaria, soltanto ai fini della esenzione (che 
presuppone la norma impositrice) abbia ritenuto a causa del diverso 
scopo delle disposizioni ereditarie -parte dell'asse esente e parte non 
esente dal tributo. 

Tanto premesso neppure ,pu� condivider.si la censura del ricorrente 
volta a sostenere che la disposizione testame,ntaria, la quale impone la 
costruzione di una cappella funeraria, corredata di altare, nonch� la 
sua perpetua manutenzione, debba essere considerata a favore dell'anima 
ed avente perci� scopo di culto inerente, per assimilazione, a quello 
della liberalit�. 

Invero l'accertamento se la disposizione modale realizzi una liberalit� 
a fine di religione o di culto importa un'indagine di fatto sottratta 
al sindacato di legittim~t�. E tale accertamento � stato compiuto dalla 


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108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte del merito con esatta valutazione delle circostanze rilevanti, posto 
che l'onere limitato all'acquisto del terreno ed alla costruzione in esso 
di una cappella funeraria ed alla sua manutenzione, senza alcuna ulteriore 
modalit� aggiuntiva complementare o integrativa circa la celebrazione 
di messe od il compimento di riti od altri atti di suffragio e 
di devozione, non implicava necessariamente uno scopo di culto o di 
religione e non poteva quindi essere considerato alla stregua di una 
disposizione per l'anima. Peraltro se � ammissibile, in astraitto, che una 
disposizione del genere a seconda delle sue specifiche modalit�,, possa 
non avere scopo di culto, anche in relazione alla religione seguita dal 
de cuius, a maggior ragione devesi negare detto scopo, quando neppure 
ricorra il predetto carattere a favore dell'anima, ma solo quello di 
rendere onore ai defunti. 

Esattamente la denunziata sentenza accenna alla patrimonialit� del 
sepolcro, la cui rilevanza �. confermata dall'ipotesi di nullit� dell'onere. 

Neppure merita censura il rilievo secondo cui la costruzione nell'interno 
della cappella di un altare a scopo decorativo non basta a 
mutare, se non altro in base al criterio della prevalenza, la predetta 
fondamentale destinazione. 

Esatte infine sono le osservazioni contenute in sentenza circa la 
diversit� cli oggetto della tutela penale contro lai violazione dei se,polc.ri, 
che accomuna senza identificarli il sentimento religioso e la piet� dei 
defunti e non � estensibile, per analogia, al settore tributario, rispetto 
al bene protetto in ordine all'osservanza dei culti, che attiene invece 
alla tutela esclusiva dei riti e del sentimento religioso. 

L'accertato difetto della inerenza (che a rigore avrebbe potuto importare 
l'assoggettabilit� al tributo dell'intera liberalit�) ampiamente 
gius'tifica l'imposizione quanto meno� sulla minore componente patrimoniaJ.
e corrispondente all'onere. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3,993 -Pres. 
Stella Richter -Est. Leone -P. M. Silocchi (conf.) -ENEL (avv. 
Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). 

Imposta di re~istro -Societ� per azioni -Riserve disponibili -Deliberazione 
di distribuzione a favore dei soci -Tassa d'obbli~o Applicabilit�. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 28, 89 e 111 tariffa all. A). 
La delibemzione di una societ� per azioni che dispone il versamento 
delle riserve disponibili a favore dei soci � soggetta aU'imposta prevista 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA. 109 

daU'art. 28 della tariffa ali. A della legge di registro ( c.d. imposta di 
obbligo) (1). 

(Omissis). --L'Enel nel primo motivo sostiene che, contrariamente 
a quanto ha ritenuto la Corte d'Appello, la deliberazione per cui � 
causa aveva per oggetto la semplice distribuzione di una parte delle 
riserve, ci:o� di utili accantonati, ed era perci� assoggettabile ad imposta 
fissa, in applicazione derll'art. 111 della tariffa all. A alla legge di registro 
(violazione e falsa applicazione dell'art. 28 tar. suindicata e violazione 
artt. 2441, 2433, 2331 e.e.). 

Nel secondo motivo l'Enel assume che la Corte di merito non 
avrebbe spiegato come dal testo della deliberazione, che non parla di 
distribuzione di somme ai soci a compenso della rinuncia al diritto di 
opzione, abbia rica;vato che scopo della distribuzione della somma prelevata 
dalla riserva sia stato quello di compensare i soci della rinunzia 
ora detta. 

Le censure sono infongate. 

� principio generale della materia dell'imposta di registro che il 
eontenuto e la natura dell'atto da registrare debbono ricavarsi esclusivamente 
in base alle clausole di esso, senza possibilit� di integrarne i 

(1) Cenni sulla tassazione dello sciogliemento delle riserve disponibili a 
favore dei soci. 
I -A proposito del trattamento delle riserve nel diritto tributario si 
pu� dire che tutto sia in discussione, anche se la dottrina commer�ialistica 
ha da tempo fornito una nozione di tale concetto sufficientemente chiara 

(v. da ultimo CoLOMBo, Il bilancio di es&cizio delle societ� per azioni, Milano 
1965, p. 160 e segg. ove richiami). E J.a ragione della fluidit� della 
materia sembra doversi ricercare, come gi� altra volta si � segnalato in 
questa Rassegna (v. Rossi A., Trattamento tributario del sopraprezzo azionario. 
ivi 1963, 53 e segg.), nella incapacit�.della giurisprudenza ed anche 
di una parte della dottrina (v. al riguardo l'ampio studio di BosELLO, Aspetti 
fiscali dell'emissione di azioni con sopraprezzo e del conguaglio dividendo, in 
Riv. dir. fin., 1965, I, 74 e segg. ove amp[ richiami) di sottrarsi alla suggestione 
delle parole, e cio� non si riesce a dimenticare che le espressioni 
� riserva� e �capitale� hanno nel linguaggio comune un significato diverso 
da quel.Io in cui le utilizza il legislatore a proposito del bilancio delle societ� 
di capita:J.i. In quest'ultimo ambito, come � stato recentemente p�ntualizzato, 
la destinazione �di una parte di utili (o comunque del supero dell'attivo) 
a riserva non comporta -l'investimento ,in determinati beni di solido valore 
e di faciile realizzo: in altre parole alla parte � riserva � iscritta nel passivo, 
non � necessario che corrisponda all'attivo un �conto determinato, relativo 
a titoli di Stato o a depositi bancari ecc.; al contrario la riserva � soltanto 
una quota ideale di patrimonio che non corrisponde a beni determinati. 
Ci� � vero non solo per le riserve facoltative (per le quali il problema 
dell'investimento in beni sottratti ai rischi della gestione si pone in termini 
di. opportunit�, non certo di obbligatoriet�, dato che non � obbligatoria 
nemmeno )a costituzione delle riserve), ma anche per quella J.egale: nel 
silenzio della legge, di fronte al concetto di risenra come fondo ideale, 

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110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
risultati in virt� di elementi desunti aliunde: detta imposta infatti 
colpisce l'atto per quello che esso dichiara, a prescindere dalla corrispondenza 
o meno delle dichiarazioni alla reale volont� dei dichiaranti 
e perfino dalla concreta idoneit� dell'atto a produrre gli effetti giuridici 
sperati dalle parti, sempre che esso presenti le caratteristiche proprie 
di atto classificabile tra quelli tassabili in applicazione della legge di 
registro. 
Ci� posto, deve osservarsi che la deliberazione dell'assemblea dei 
soci di una societ� per azioni, che approvi l'aumento di capitale con 
emissione di nuove azioni, escludendo .per un certo numero di queste 
il diritto di opzione e che disponga .il prelievo daiJ.la riserva disponibile 
della somma necessaria a versare L. 65 per ognuna delle azioni vecchie 
in circolazione, che, per effetto di quanto disposto circa il diritto di 
opzione, rinunziano al diritto di opzione medesimo, non pu� considerarsi 
relativa ad una semplice ripartizione di utili. Le somme costituenti 
la riserva disponibile, pur essendo originariamente in tutto o in parte 
degli utili ripartibili, hanno perduto tale loro primitiva natura con la 
deliberazione che le ha sottratte al riparto e ile ha destinate ad incremento 
.patrimoniale della societ�; con tale destinazione, le somme ora 
dette divengono beni patrimoniali della societ� utilizzabili per il conseguimento 
dell'oggetto sociale ed assoggettate al vincolo relativo alla 
garanzia patrimoniarle dei creditori della societ�. 
dominante fra tecnici e giuristi, non si pu� ritenere imposta una copertura 
specifica della riserva legale� (cosi COLOMBO, op. cit., p. 164, nota 64). 
II. -Alla suggestione del linguaggio comune non si � sottratta la giurisprudenza 
delil.a Cassazione, la quale in numerosi giudicati (v. da ultimo 
Sent. 7 ottobre 1967, n. 2291, in Giur. it., 1968, I, 1, 552 con nota di BosELLo, 
Verbale di assemblea d-i societ� per azioni ed � enunciazione di convenzione 
agli effetti dell'imposta di registro; sent. 11 luglio 1966, n. 1822; sent. 25 marzo 
1965, n. 488; sent. 15 gennaio 1965, n. 85 in Foro it., 1965, I, 763; sent. 
19 novembre 1959, n. 3411, in Giust. civ., 1960, I, 518. Per ulteriori richiami 
la citata nota di Rossi A.), ha affermato che il conferimento a titolo di 
riserva � soggetto 1ad un regime tributario diverso da quello a cui � soggetto 
il conferimento a titolo di capitale. 
A giustificazione di tale affermazione, oltre al richiamo della lettera 
dell'art. 85 della tariffa ali. A, viene invero sempre ripetuto che con l'aumento 
di capitale (anche senza aumento di patrimonio) si ha per i soci 
una maggiorazione � dei rispettivi patrimoni � e � sotto il profilo della societ�, 
una sua stabile acquisizioni (di beni) a scopi produttivi., situazioni 
che non si v�erificherebbero nel caso di solo aumento di patrimonio (senza 
aumento di capitale) determinato da conferimento a titolo di riserva. Queste 
ultime sarebbero, infatti, Uberamente disponibili da parte della societ� 
potendo essere distribuite fra i soci, portate a capitale o conservate, appunto, 
come riserve. JJjj 
Ora non v'� �chi non veda come tal!i affermazioni abbiano come presupposto 
che il capitale sociale sia costituito da una somma di denaro trattenuto 
dalla societ� a digposizione dei soci e dei terz�i, mentre le riserve ~1�,.::~: 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 111 

La successiva deliberazione di prelievo di somma dalla riserva disponibile 
e di riparto di essa fra gli azionisti comporta uri atto di 
disposizione di propri beni da parte dell'ente-societ� a favore dei propri 
azionisti. Tale trasferimento non r� tassabile .con imposta graduale ai 
sensi dell'art 88 tar. all. A della legge di .registro. Sono infatti tassate 
con imposta graduale (e sono, quindi, considerate atti i quali non contengono 
obbligazione o liberazione, ma semplice dichiarazione o attribuzione 
di valori o di diritti, senza che ne operino la trasmissione, come 
si esprime l'art. 4, comma 4� del t.u. delle leggi di registro nel definire 
l'imposta graduale) le .assegnazioni ai soci, in seguito a scioglimento e 
liquidazione delle societ� anonime, di beni mobili di qualsiasi natura 
e valore, le assegnazioni cio� della quota di diritto spettante a ciascun 
socio �con l'esaurimento delle operazioni di liquidazione. 

T.ale assegnazione � atto dovuto �correlativo al diritto di partecipazione 
del socio al patrimonio della societ�, divenuto diritto reale su 
cosa concreta o diritto di credito liquido con l'approvazione del piano 
di .riparto del residuo netto della liquidazione, .se � vero che la liquidazione 
attua la liberazione degli elementi del patrimonio dalla soggezione 
al vincolo sociale per fairili entrare, in quanto esista un attivo, nel loro 
equivalente in denaro o in natura, nel patrimonio di ogni socio. 

sarebbero anch'esse un complesso di beni a disposizione della societ� che 
sarebbe libera di utilizzarli �come crede. 

III. -La Cassazion�, per�, fin dalla ormai lontana sentenza del 6 luglio 
1937, n. 2309 (in Foro it., 1937, I, 1457) e, sia pure del tutto apoditticamente 
nella motivazione delle decisioni n. 3411 del 1959; n. 85� e n. 488 del 1965, 
aveva sempre dichiarato che in caso di ripartizione fra i soci deI.le riserve 
l'imposta applicabile sulla delibera che dispone tale ripartizione � quella 
graduale. 
Tale affermazione, essendo contenuta in decisioni (salvo che la prima) 
che dichiarano non tassabile il conferimento destinato a riserv�e e costituito 
da sovrapprezzo azionario, era in palese contraddizione con il pri:ncipio 
applicato dalla Corte in relazione al caso deciso. 

Invero se la riserva costituisce una somma a disposizione della societ�, 
che � libera di utilizzarla nel modo che ritiene pi� opportuno, non pare 
dubbio che fa deliberazione, che prevede la distribu~ione delle riserve ai 
soci, non possa essere assoggettata alla sola imposta graduale. 

Tale imposta � applicabile a �norma degli art. 88 e 89 della tadffa all. A 
solo agli atti di divisione, mentre secondo la Corte fa parte del patrimonio 
sociale destinata a riserva, e.ssendo nella libera disponibilit� della societ�, 
non pu� ritenersi destinata ad essere divisa tra i soci. 

La sentenza che si annota si � resa conto della rilevata contraddizione 

ed ha, quindi, del tutto coerentemente con la giurisprudenza ormai conso


lidata della Corte in materia di tassazione dei conferimenti destinati a 

riserva, riconosciuto che la delibera che dispone la distribuzione di una 

somma a titolo di rimborso riserve ai soci � soggetta alla tassa d'obbligo. 

Poich�, infatti, secondo il consolidato insegnamento, le riserve costituiscono 
dei beni a cui la societ� pu� attribuire la destinazione che ritiene 

9 


112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Di conseguenza, contrariamente a quanto � detto nella sentenza 
impugnata, nella :Specie non si sarebbe potuto applicare il disposto del 
citato art: 88 della tariffa, dato che il prelievo di somma dalla riserva 
disponibile, .per distribuirla agli azionisti, non � atto di liquidazione, 
non � atto dovuto, bens� volontaria distrazione dal suo scopo di una 
parte dei beni del patrimnoio sociale, compiuto in virt� di un potere 
di disposizione esercitato dagli organi dell'ente societario, in costanza 
de1la vita e dell'attivit� normale dell'ent�e. 

Su un altro punto questo S.C. dissente da quanto affern�ato dai 
giudici di merito. 

La deliberazione assembleare di prelievo della somma dalla riserva 
e di attribuzione agli azionisti -valutata esclusivamente in base alle 
sue clausole in, applicazione del principio generale richiamato innanzi 
-non stabilisce un rapporto di corrispettivit� tra tale attribuzione 
e la cosiddetta rinunzia al diritto di opzione. Se tale corrispettivit� 
esistesse, la rinunzia sarebbe traslativa ed assumerebbe il contenuto 
di una cessione del diritto di opzione, salvo a stabilire, con gravi 
difficolt�, il soggetto beneficiail'io ed il mezzo di incontro delle� volont� 
dei contraenti. 

Ma nella deliberazione la societ� non ha presupposto il consenso 
di ciascun socio, n� ha riferito ai futuri consensi dei .singoli soci la 
conclusione dei negozi delle �cosiddette rinunzie con corrispettivo. 


Essa ha disposto autoritariamente che per una parte delle azioni 
da emettere i vecchi azionisti non avrebbero potuto esercitare il diritto 

pi� opportuna, � chiaro che in caso di distribuzione delle riserve ai soci 
l'impasta� applicabHe non � quella graduale, che presuppone un pil'eesistente 
vincolo di destinazione dei beni ai comproprietari, ma l'imposta d'obbligo. 

La �societ� in sostanza, deliberando la di-stribuzione della riserva, viene 
ad assumere un impegno che in precedenza non esisteva, perch� solo con il 
verificarsi dd una causa di scioglimento si determina l'obbligo della distribuzione 
ai soci del patrimonio sociale destinato a riserva (per un cenno 
in questo senso v. pure C:ELORIA, Questioni fiscali relative all'assegnazione 
dei saldi attivi agli azionisti e al passaggio a capitale degli stessi nonch� del 
sovrapprezzo delle azioni, in Dir. prat. trib., 1965, II, 500 e segg. spec. 502). 

Diversa, naturalmente, sempre seguendo il filo logico della giurisprudenza 
della Corte, la tassazione del rimborso del capitale. Essendo, infatti, 
i beni costituenti il capitale �concretamente destinati alla ripartizione fra 
i soci in virt� del �contratto sociale, non � applicabile l'imposta d'obbligo, 
ma soltanto quella graduale essendo preesistente l'obbligo della ripartizione. 

IV. -In conclusione, la sentenza che si � esaminata costituisce la 
naturale evoluzione dei principi affermati dalla Cassazione nei precedenti 
suoi giudicati in tema di tassazione delle riserve, ed occorre dare atto alla 
stessa Corte della perfetta coerenza al riguardo. Che poi la via seguita sia 
anche la pi� esatta � altra questione, su cui qualche per>plessit� pu� e�ssere 
ancora ribadita. 
A. Rossr 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

di opzione: disposizione che l'art. 2441, comma 3�, e.e. consente �quando 
l'interesse della societ� l'esige � ed essa sia approvata da soci che rappresentino 
oltre la met� del capitale sociale. 

Di conseguenza, l'attribuzione a ciascun azionista di L. 65 ad azione, 
anche se disposta dagli organi sociali come mezzo per evitare possibili 
reazioni, da parte dei soci, al cennato atto autoritario, giuridicamente 
non � collegabile alla clausola di esclusiohe del diritto di opzione. Ma, 
riconosciuto l'errore di motivazione su tale punto, deve affermarsi pure 
che rimane ancor meglio convalidata la tassabilit� ai sensi dell'art. 28 
della tar. aU. A del t.u. delle leggi di registro della deliberazione di 
distribuzione ai soci della somma ,prelevata dalla riserva disponibile. 

Infatti l'obbligazione di somma tassata nell'art. 28 suddetto � que1la 
autonoma, che trova il proprio titolo autosufficiente nella dichiarazione 
che la consacra; ch� se invece dalla stessa dichiarazione risulti che 
l'obbligazione di somma costituisce attuazione di una prestazione dovuta 
in conseguenza di un diverso titolo, previsto in modo autonomo, 
ai fini fiscali della legge di registro (come la alienazione del diritto di 
opzione), soggetto a tassazione � questo diverso atto nel quale l'obbligazione 
di somma trova la sua dichiarata causale (Cass., SS.UU., 24 
marzo 1969, n. 933). 

Nella specie, �com'� stato spiegato innanzi, l'obbligo assunto dalla 
societ� di versare agli azionisti L. 65 per azione � giuridicamente autonomo, 
essendo stato il diritto di opzione escluso autoritariamente e non 
potendovi essere, di conseguenza, rinunzia dei soci al diritto stesso, n� 
con corrispettivo, n� senza. 

Con le suddette correzioni della motivazione, la sentenza impugnata 
dev'essere dunque �confermata, essendo il dispositivo conforme a diritto 
(art: 384 cpv. c.p.c.). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3994 -Pres. 
Stella Richter -Est. Milano -P. M. Silocchi (conf.) -Renzoni (avv. 
Pelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). 

Imposta di successione -Crediti contestati giudizialmente :. Sospensione 
esazione imposta -Condizioni. 

(r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3270, art. 32). 
Sono crediti contestati giudiziaimente agii effetti deH'art. 32 delia 
Legge suHe successioni quem il cui accertamento sia oggetto di controversia 
pendente ai momento deU'apertura deUa successione; non pu� 
pertanto essi;re sospesa l'esazione deH'imposta per i crediti spontaneamente 
denunciati e in atto non contestati, anche se per ottenerne Z'adem



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pimento l'erede ha dovuto, dopo l'apertura deUa successione, agire in 
giudizio (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente denuncia la violai:
ione degli artt. 1, 20, 28, 29 e 34 legge tributaria sulle successioni, 
nonch� difetto di motivazione, e deduce �che la impugnata sentenza, 
nell'affermare che lAmministrazione ha il potere di procedere alla riscossione 
dell'imposta di successione sui crediti per i quali sia sorta 
contestazione posteriormente all'apertura della successione, senza che si 
possa pretendere la sospensione dell'esazione, ha errato perch�, ai fini 
dell'imposta di successione, sono crediti veri e propri, cio� tassabili, 
soltanto quelli �consacrati in un titolo giudiziale o negoziale e, quindi, 
esigibili, mentre non possono considerarsi tali le .semplici pretese creditorie 
o le eventuali aspettative di credito, che debbono concretarsi 
attraverso l'esperimento di un giudizio. Aggiunge che la Corte di merito 
non poteva ricavare la qualificazione di crediti tassabili dalla loro sorte 
giudiziaria, ravvis.aita, poi, nell'accertamento di un minore importo, quasi 
che la tassazione fosse fissa e non proporzionale all'importo del credito. 

Il motivo non � fondato. 

Come � noto, l'applicazione dell'imposta di successione si basa sull'arricchimento 
� di coloro che sono chiamati a succedere nella situazione 
patrimoniale del de cuius �, arricchimento, tuttavia, considerato 
in un certo modo dalla legge tributaria, la quale, perci�, detta propri 
e specifici criteri per determinare il presupposto dell'imposizione, non 
sempre coincidenti, per ovvi motivi di interesse generale intesi aJla 
�riscossione dei tributi contro ogni tentativo di evasione... � (Corte 
Costituz., 26 giugno 1965, n. 50), con quelli delle regole del diritto 
comune per la delimitazione dell'eredit�. 

La legge tributaria, tra l'altro, esige, infatti, all'art. 45, per la 
giustificazione del passivo, che i crediti vantati contro il defunto siano 
� certi e liquidi �, risultanti da atto pubblico, sentenza passata in giudicato 
o scrittura privata avente data certa. 

In �Contrapposto a tale esigenza la stessa legge, all'art. 32, impone 
l'obbligo della denuncia dei crediti vantati dal de cuius verso terzi 
anche se non risultanti �Certi ed esigibili, cio� �contestati giudizialmente 
all'apertura della ,successione � oppure di � dubbia esigibilit� �, pur ammettendo 
che essi siano o possano essere temporaneamente esclusi dalla 
tassazione fino a quando non diventino certi ed es.igibili. 

(1) Massima d'i evidente esattezza. � da sottolineare la connessione 
messa in luce nella sentenza tra gli '<l.rt. 32 e 45 deLla il:egge di successione: 
come sono deducibili dall'attivo soltanto i debiti certi e liquidi idoneamente 
accertati alla data dell'apertura della successione, a,1l'opposto debbono 
entrare nell'attivo i crediti non contestati alla stessa data, anche se astrattamente 
contestabili o di fatto contestati nei confronti dell'erede. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 115 
Considerando la prima ipotesi, che direttamente riguarda il caso 
di specie, avendo la stessa ricorrente riconosciuto la non ricorrenza 
dell'ipotesi della dubbia esigibilit�, sembra evidente, secondo l'univoca 
espressione della predetta norma, che, agli effetti della sospensione della 
esazione del tributo, la contestazi:one giudiziaria debba sussistere alla 
apertura della successione perch�, se nasce dopo, la litigiosit� del credito, 
come si � rilevato da autorevole dottrina, si avrebbe nei confronti 
dell'erede, non nei confronti dell'eredit�. 

Ed essendo, perci�, esclusivamente rilevante la �Contestazione giudiziale 
all'apertura della successione, implicitamente ma sicuramente la 
legge -palesemente intesa a prevenire ed a troncare in radice la possibilit� 
che, attraverso liti instaurate posteriormente all'indicato momento, 
possa essere frustrata la riscossione e percezione del tributo non 
si preoccupa dei futuri rapporti tra l'erede ed i debitori del de cuius. 

� vero che la contestazione sorta dopo l'apertura della successione 
pu� anche privare l'erede in tutto o in parte dell'arricchimento gi� 
conseguito per cause preesistenti alla devoluzione ereditaria; ma � evidente 
che in tale ipotesi 1l'erede potr� dimostrare che, al momento della 
apertura della successione, il credito non era esigibile ed ottenere la 
restituzione del tributo o di quella quota parte di esso corrisposta in pi�. 

La legge tributaria, infatti dispone la irripetibilit� delle ,sole imposte 
� regolarmente percette � (art. 7), ed � chiaro che se un credito 
venga a risultare, per una causa insita nel diritto stesso e preesistente 
alla devoluzione ereditaria, di misura inferiore rispetto all'ammontare 
originariamente denunciato, �non pu� parlarsi di imposta regolarmente 
percetta e sussiste il diritto alla restituzione della quota parte del tributo 
corrisposta in pi�. 

Alla stregua di tali concetti non pu� trovare accoglimento la tesi 
della ricorrente che crediti tassabili sarebbero soltanto quelli consacrati 
in un titolo giudiziale o negoziale e che sarebbe sufficiente la �contestazione 
del debitore per trasformare un credito in una mera aspettativa. 
Tale tesi contrasta �con le richiamate testuali disposizioni di ~egge, mentre 
la contestabilit� del credito � stata valutata dal legislatore ai fini 
e nei limiti dell'art. 32, e non si possono aggiungere ai casi regolati in 
dette norme ipotesi di non soggezione all'imposta basate su altre drcostanze. 


E d'altronde, qualora l'erede ritenga che non esiste un credito del 
de cuius verso ,terzi, ma solo una aspettativa non sorretta da valido 
titolo, ben pu� astenersi dal denunciarlo, come del pari egli non ha 
obbligo di denunciare un �credito inesigibile per mancanza del relativo 
titolo o perch� il diritto si sia estinto per una qualsiasi ragione. 

Correttamente, pertanto, la Corte, accertato �che i credi'ti, spontaneamente 
ed espressamente denunciati dalla ricorrente, erano reali ed 
eifettivi, trovando il loro titolo nell'attivit� professionale svolta dal de 


116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cuius in favore dei propri clienti quando �era in vita e che, in relazione 
ad essi nessun procedimento .giudiziale era pendente all'apertura della 
successione, ha esQluso la sussistenza dei presupposti per la sospensione 
dell'esazione del tributo, negando ogni rilevanza sia al fatto che per 
ottenerne il riconoscimento certo ed indiscutibile gli eredi avessero dovuto 
promuovere dei giudizi, sia al fatto che taluno di tali giudizi si 
fosse concluso con il ,riconoscimento delle pretese creditorie in misura 
inferiore ai quelle� originariamente denunciate. 

Per quanto dianzi detto, trattasi di affermazioni corrette sotto il 
profilo giurid!ico e che per la parte in cui importano apprezzamenti di 
fatto sono incensurabili in questa sede. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3996 -Pres. 
Giannattasio -Est. Gambogi -P. M. Schiaraffia (conf.) -Soc. Sacci 
e Ditta Specchio (avv. Raichlin) c. Minist�ro delle Finanze (avv. 
Stato Soprano). 

Imposte e tesse in genere -Condono di sanzioni pecuniarie non penali 


Legge 23 dicembre 1966, n. 1139 -Pagamento irripetibile del tri


buto -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. 

(legge 2.3 dicembre 1966, n. 1139, art. 6). 

Imposte e tasse in genere -Condono di sanzioni pecuniarie non penali 


Pagamento del tributo in pendenza del giudizio -Cessazione della 

materia del contendere. � 

(legge :il3 dicembre 1966, n. 1139, art. 6). 

� manifestam.ente infondata la questione di illegittimit� costituzionale 
dell'art. 6 deUa legge 23 dicembre 1966, n. 1139 che subordina 
l'applicazione del condono di sanzioni pecuniarie non pena.li .al pagamento 
del tributo senza diritto a ripetizione (1). 

Poich� il condono delle sanzioni pecuniarie non penali di cui all'art. 
6 della legge 23 dicembre 1966, n. 1139 � subordinato al pagamento 
non ripetibile del tributo, l'.avvenuto pagamento nel corso del giudizio 
in 9-Ui si discute delLa legittimit� dell'imposizione f.a venir meno la 
materia del contendere (2). 

(Omissis). -Per quanto, poi, concerne il ricorso principale va, 
ancora preliminarmente, osservato che alla udienza odierna le parti 

(1-2) Decisione ineccepibile. La manifesta infondatezza della questione 
di illeg1ttimit� costituzionale � dimostrata in modo pi� che conv:incente. 
Riguardo aHa irripetibilit� del pagamento del tributo e alla conseguente 
inammissibilit� della domanda diretta a contestare la legittimit� del



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 117 

hanno dichiarato, con deduzioni riportate nel relativo verbale, che in 
daita 5 maggio 1967 la Sacci ha provveduto al pagamento della imposta 
di registro richiesta dalla finanza per fruire del condono di sopratasse 
e penali concesso con la legge 23 dicembre 1'966, n. 1139. Da tarle fatto, 
peraltro, le parti istesse traggono conclusioni diverse, perch� mentre la 
finanza, invocando l'art. 6 di detta legge secondo il quale �i tributi... 
corrisposti per beneficiare delle disposizioni di cui alla presente legge 
non sono in nessun caso ripetibili � chiede che sia dichiarata la � cessazione 
della materia del contendere�, le ricorrenti Sacci e Specchio 
sollevano questione di legittimit� costituzionale, sostenendo che tale 
norma di legge viola l'art. 24 primo comma della Costituzione per cui 
tutti .possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi 
legittimi. 

Deve. anzitutto stabilirsi se queste nuove deduzioni e conclusioni 
possano esser prese in �Considerazione dalla Cassazione a questo punto 
del giudizio. A tale quesito si pu� dare risposta affermativa in applicazione 
del principio per �ui, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. 1 e dell'airt. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 
le questioni di legittimit� costituzionale possono essere rilevate d'ufficio 

o ,sollevate in ogni stato �e grad:o del processo, giudizio di cassazione 
compreso (Cass. n. 1859 del 1967 e n. 523 del 1966). 
Se, infatti, si ritenesse la irrilevanza della questione di costituzionalit� 
sollevata dalle ricorrenti in considerazione d!el fatto. che il pagamento 
della imposta di registro in base alla legge 23 dicembre 1966, 

n. 1139 � una circostanza nuova, non dedotta nel corso del giudizio di 
merito e non deducibile, quindi, nel giudizio di cassazione per la prima 
volta, si verrebbe sostanzia�mente a negare ingresso alla questione di 
legittimit� ,costituzionale in considerazione dello stato troppo avanzato 
del processo, violando cosi, nello spirito se non nella forma, il principio 
sopra ricordato. 
Ci� posto in tema di ammissibilit� della questione stessa, va peraltro 
rilevato che nel merito essa � manifestamente infondata. 

Deve infatti ritenersi che evidentemente non viola il principio 
costituzionale della illimitatezza del diritto alla azione in giudizio la 
disposizione di legge che sancisce la irripetibilit� del tributo pagato in 
conformit� di legge per ottenere il condono di sopratasse e pene pecuniarie. 
Non si pu�, invero, parificare, a questi effetti, la posizione d!i 

l'imposizione si � assai �discusso �con riferimento alle anteriori leggi di 
condono (crr. Relazione Avv. Stato, 1961-65, II, 372), ma la formulazione 
della legge n. 1139 del 1966 non lascia alcuna possibilit� idi dubbio. Bene a 
ragione quindi si � affermato che l'applicazione del �condono f�a venir meno 
la legittimazione ad causam; le 1sentenze 29 ottobre 1968, n. 3607 e 27 gennaio 
1968, n. 273, citate nel testo, sono riportate in Foro it., 1968, I, 2950 e 
Mass. Foro it., 1968, 66. 



118 RASSEGNA D�LL'AVVOCATURA DELLO STATO 

chi deve sottoporsi ad un danno per agire in giudizio, se non addirittura 
rinunziare alla azione per impossibilit� economica (� il caso della applicazione 
del principio del solve et repete dichiarato, come � noto, 
incostituzionale) alla posizione di chi pu� liberamente valutare se gli 
convenga accettare il condono pagando irrevocabilmente il tributo, oppure 
instaur�re o continuare la lite relativa all'esistenza dell'obbligo 
fiscale od alla estensione di questo. Si riproduce, insomma, in questa 
materia la distinzione tra colui che � certat de damno vitando � e 'colui 
che � certat de lucro captando � dovendosi affermare �che solo la leg.ge 
che imponga, per agire in giudizio, la prima di tali posizioni viola ed indebitamente 
limita il diritto costituzionale alla difesa dinanzi al giudice; 
e del resto. se diversamente si ritenesse, si dovrebbe allora giungere 
alla conseguenza �Che anche il principio per cui, salve le eccezioni di 
legge, la valida transazione �consuma il diritto di riproporre ail giudice 
la questione transatta sarebbe costituzionalmente illegittimo ai sensi 
dell'art. 24 della Costituzione; affermazione questa palesamente assurda. 

Definita cos� manifestamente infondata la questione di illegittimit� 
costituzionale sollevata dalle ricorrenti, va allora osserv.ato che la circostanza 
(ormai acquisita alla causa attraverso l'esame di detta questione) 
che le ricorrenti stesse .abbiano corrisposto il tributo richiesto 
dalla finanza per beneficiare delle disposizioni di cui alla legge 23 di:. 
cembre 1966, n. 1139 fa venir meno la loro legittimazione ad causam, 
vale a dire il loro potefe di promuovere un giudizio ed ottenere una 
pronunzia del giudice (da ultimo: cass. n. 3607 e n. 273, del 1968); 
essendo ormai irripetibili le somme pagate ed essendo invece ora inteso 
il ricorso alla ripetizione di tali somme. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 4004 -Pres. 
Favara -Est. Della Valle -P. M. Sciaraffia (diff.) -Ministero della 
Difesa-Marina (avv. Stato Agr�) c. Passeretti (avv. Vece). 

Imposta di ricchezza mobile -Ritenuta diretta -Controversie relative 


Controversia tributaria -Nozione -Esclusione. 

(t.u., 24 agosto 1877, n. 4021, art. 3, lett. B; r.d. 11 luglio 1907 n. 560, art. 6; 

t.u., 29 gennaio 1958, n. 645, art. 126). 

Imposta di ricchezza mobile -Interessi compensativi su somme do


vute a titolo di risarcimento del danno -Tassabilit� -Esclusione. 

(t.u., 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81, 85). 

Per lite tributaria, con la competenza funzionale esclusiva del giudice 
collegiale, si intende la controversia in cui il rapporto d'imposta 
sia dedotto qua.le oggetto specifico della domanda ed in cui le parti 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il!} 

siano l'Amministrazione finanziaria dello Stato, titolare della p1�etesa 
fiscale, da un lato, ed ii contribuente, tenuto per legge al relativo adempimento, 
dall'altro; pertanto, non si ha controversia tributaria quando� 
vi � estranea la Ammin.istrazione finanziaria ed il rapporto di imposta 
viene in considerazione � incidenter tantum�, al solo fine di stabiLire 
se sia, o no, da ritenere legittima la trattenuta (diretta) che uno dei due 
contendenti (diversi dalla Amministrazione finanziaria) pretende di operare 
sulla somma dovuta all'aitro, 'assumendo di volere in tal modo 
reperire l'imposta di r.m. gravante su quest'ultimo sul credito realizzato 
(1). 

Non rientrano tra i redditi soggetti ad imposta di r.m. gli interessi 
compensativi sulle somme dovute a titolo di risarcimento del danno perch� 
non costituiscono ricchezza nuova, bens� svolgono funzione ripristinatoria 
(2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 264 -Pres. Vinci 
-Est. Minerbi -P. M. Antoci (conf.) -Azienda delle Ferrovie dello 
Stato (avv. Stato De Francisci) c. Jacon-0 Caruso Aloisa (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione giudiziaria Necessit� 
del preventivo ricorso alle Commissioni tributarie Applicabilit� 
nelle sole controversie tra Finanza e contribuenti Controversia 
in tema di tassazione per ritenuta diretta -Inapplicabilit� 
-Imposte dirette -Rimborso -Possibilit� di ricorso alle 
Commissioni tributarie -Applicabilit� nelle sole controversie 
tra Finanza e contribuenti -Controversia in tema di tassazione 
per ritenuta diretta -Inapplicabilit�. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 171, 126). 
Imposta di ricchezza mobile -Interessi compensativi su somme dovute 
a titolo di risarcimento del danno -Tassabilit� -Esclusione Interessi 
moratori su somme dovute a titolo di risarcimento del 
danno giudizialmente liquidato -Tassabilit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81, 85). 
Il principio secondo il quale, ai sensi dell'art. 22 r.d. 7 agosto 1936, 

n. 1639, l'a.g.o., in materia di imposte dirette, pu� essere adita dal contribuente
� solo dopo che siano sta.te adite le Commisi;ioni t1�ibutarie e sia 
(1-4) Sulla prima massima cfr. Cass. Sez. Un. 7 ma.ggio 1969, n. 1543, 
retro, 691; sulla terza cfr. Cass. 3 febbraio 1968, n. 3541, in questa Rassegna, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

inte'i-�venuta almeno una decisione definitiva, concerne la risoluzione in 
via amministrativa delle .controversie tra la Finan~a ed i contribuenti 
e non �, pertanto, invocabile nel caso che, indipendentemente da ogni 
contestazione, una Amministrazione statale, diversa da quella finanziaria 
(nella specie, ferroviaria), abbia praticato la tassazione per ritenuta diretta, 
applicando la imposta di r.m. secondo la prescrtita aliq!Lota su un 
reddito unilateralmente determinato. Anche iZ principio secoindo iZ quale 
il contribuente, ai sensi deit'art. 171 t.u. 29 gennafo 1958., n. 645, pu� 
chiedere il rimborso di ci� che ha erroneamente pagato entro iL termine 
di sei mesi all'Intendente di Finanza -il quale pu� rimevtere il ricorso 
alle Commissioni tributarie -presuppone che la tassa.zione sia stata 
eseguita dall'Amministrazione finanziaria e non � pertanto invocabile 
nel caso di tassazione per ritenuta diretta. da altra Amministrazione 

-statale (3). 

Poich� � cespite tassabile soltanto quello che costituisce nuova ric


chezza, non sono assoggettabili all'imposta di r.m. gli interessi compen


sativi, che rappresentano la reintegrazione di un danno sofferto e che 

decorrono di pieno diritto dal giorno deLl'illecito, mentre sono assog


gettabili aHa detta imposta gti interessi moratori che sono dovuti in 

seguito alla liquidazione giudiziale del danno (che ha trasformato il 

debito di valore in debito di valuta), in quanto corrispondono ai frutti 

del capitale indebitamente trattenuto dal debitore e costituiscono incre


mento del patrimonio del danneggiato (4). 

I 

(Omissis). -Col secondo botivo la ricorrente, denunciando la 

violazione dell'art. 9 in relazione all'art. 360 n. 2, 3 e 4 c.p.c., sostiene 

poi che il Pretore, una volta esteso il � thema decidendum � alla que


stione dell'assoggettabilit� degli interessi compensativi all'imposta di 

R.M., avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza per materia 

trattandosi di una lite tributaria relativa alla sussistenza dell'obbliga


zione tributaria di cui all'art. 3 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021. 

All'uopo osserva che, avendo ammesso che, in quanto ri.ferivasi ad 

un reddito � dovuto dallo Stato�, l'imposta era stata riscossa non � per 

rivalsa� -(come avviene quando il reddito � dovuto da uno degli 

1968, I, 115; sulla seconda e quarta massima cfr. Oass. 28 dicembre 1967, 

n. 3023, ivi, 1968, I, 449, con nota di U. GARGIULO. 
Va particolarmente segnalata la quarta massima che� concerne una 
ipotesi di interessi moratori sulle somme dovute in seguito �a liquidazione 
giudiziale, che trasforma il risarcimento del danno da debito di valore in 
debi>to di valuta. � 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 121 

enti contemplati negli artt. 15, 16 e 17 del predetto testo unico) -ma 
�per trattenuta diretta�, mediante parziale compensazione col debito 
verso il �contribuente Passaretti, avrebbe dovuto il Tribunale riconoscere 
che in realt� la lite aveva per �oggetto non gi� un rapporto fondato su 
un diritto privato di ,regresso, riguardo al quale valevano le norme 
ordinarie sulla �Competenza per materia e per valore, ma una vera e 
propria questione d'imposia -consistente nell'accertare se e fino a qual 
punto fosse. da ritenere legittimo il � modo di riscossione diverso dal 
normale � seguito dallo Stato per il tramite dell'Amministrazione della 
Difesa-Marina. 

Ma anche tale motivo � infondato. 

Per lite tributaria s'intende invero la contestazione in cui il rapporto 
d'imposta sia dedotto in giudizio quale oggetto specifico della 
domanda ed in cui le parti contendenti siano rispettivamente l'Amministrazione 
finanziaria dello Stato, titolare della pretesa fiscale, da un 
lato, ed il contribuente, tenuto per legge al relativo adempimento, 
dall'altro (Cass. 18 giugno 1965, n. 1261). 

Costituendo presupposto necessario della lite tributaria il fatto che 
l'Amministrazione finanziaria partecipi processualmente alla controversia 
quale soggetto attivo del rapporto t.ributario non si ha pertanto lite 
tributaria, con la �conseguente competenza funzionale esclusiva del giudice 
collegiale, quando a<lla controversia rimane estr:anea l'Amministrazione 
predetta ed il rapporto d'imposta viene in ~onsiderazione incidenter 
tantum, al solo fine di .stabili:re se sia, o no, da ritenere legittima 
la trattenuta che uno dei due contendenti -(diversi entrambi, ripetesi, 
dall'Amministrazione finanziaria) --pre,tende di operare sulla somma 
dovuta all'altro assumendo di volere in tal modo reperire l'imposta di 

R.M. gravante su quest'ultimo sul credito realizzato: ci� che si � appunto 
verificato nella fattispecie in esame, in cui in effetti il giudice 
non � stato chiamato a pronunciarsi sul � rapporto tributario � inteso 
come relazione tra l'ente impositore (l'Amministrazione finanziaria) ed 
il contribuente, ma � stato richiesto soltanto di esaminare il diverso e 
distinto rapporto giuridico intercorrente tra l'Amministrazione della 
Difesa-Marina ed il Passaretti in forza del giudicato della Corte d'appello 
di Napoli e di stabilire, conseguentemente, se avesse o no l'attore 
Passa.retti il diritto di conseguire integralmente, senza detrazione o 
trattenuta di sorta, quanto con detto giudicato attribuitogli. 
Parimenti infondato � il terzo mezzo con cui la ricorrente, denunciando 
la violazione dell'art. 3 lett. b) del t.u. 24 agosto 1'877, n. 4021 
in relazione all'art. 6 del relativo Regolamento approvato con r.d. 11 
luglio 1907, n. 560, nonch� ai principi generali posti in tema di legittimazione 
a cont.raddire qualsiasi domanda involgente un giudizio sulla 
legittimit� di un'imposta, sostiene che la sentenza impugnata � da considerare 
come inutiliter data in quanto non � opponibile all'Ammini




122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strazio.ne Finanziaria dello Stato che �, in effetti, il solo soggetto legittimato 
a�contraddire la pretesa dell'attore Passaretti. 

� ben vero, infatti, �che tale .sentenza non � opponibile all'Amministrazione 
Finanziaria. E la spiegazione sta in ci� che, non essendosi 
trattato di lite tributaria nel senso indicato dianzi, rettamente detta 
Amministrazione � stata considerata estranea alla lite stessa e tenuta 
perci� fuori dal relativo rapporto processuale. 

Ma che sia poi una sentenza inutiliter data non �, d'altra parte, 
sostenibile. Ed � sufficiente a tal proposito considerare che essa ha sancito 
a carico del!'Amministrazione della Difesa-Marina l'obbligo di 
emettere, per la somma trattenuta, mandato supplementare di pagamento 
a favore del Passaretti, cos� consentendo a quest'ultimo di realizzare 
il fine perseguito con la domanda a suo tempo proposta. 

Resta da esaminare il quarto ed ultimo mezzo col quale la ricorrente 
Amministrazione, denunciando la violazione degli artt. 2, 3 e 11 
lett. b) del citato t.u. n. 4021 del 1877 in relazione all'art. 360 c.p.c., 
si duole che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto non assoggettabili 
all'imposta di R.M. gli interessi compensativi pagati dallo Stato. 

All'uopo, sul rilievo �Che la legge per l'imposta 1sui red!diti di R.M. 
considera come tali, all'art. 3 lett. b), �gli interessi pagati in qualunque 
luogo e da qualunque persona per conto dello Stato... � e dichiara soggetti 
all'imposta medesima mediante ritenuta diretta (art. 11 lett. b) 
� gli interessi pagati dallo Stato o per conto dello Stato dai qualunque 
persona ed in qualunque luogo�, la ricorrente Amministrazione contesta 
che nel sistema della legge tributaria sia consentita la distinzione operata 
sul terreno puramente dottrinario -tra interessi corrispettivi, 
moratori e compensativi, ed aggiunge che in ogni caso � da escludere 
che agli interessi compensativi -che, in quanto trovano la loro giustificazione 
nella mancata dispon~bilit�, durante il tempo cui viene riferita 
lai loro decorrenza, della somma corrisposta a titolo di risarcimento 
danni, rappresentano pur sempre un incremento patrimoniale da non 
confondere col �Capitale che viene corrisposto a titolo d'indennizzo possa 
essere stato riservato un trattamento fiscale di favore col dichiararli 
non assoggettabili all'imposta di R.M. 

Anche tale mezzo � infondato. 

Il problema dell'assoggettabilit� all'imposta di R.M. degli interessi 
compensativi corrisposti su somme liquidate a titolo di risarcimento 
danni � stato gi� altra volta preso in esame da questa Suprema Corte 
che, pronunciando a Sezioni Unite, con sentenza n. 761 del 14 marzo 
1959, ha dato ad esso risposta negativa sull'assorbente rilievo: che tali 
interessi non rappresentano un incremento patrimoniale ma, in quanto 
mirano a ricostruire un capitale distrutto, costituiscono un semplice 
mezzo strumentale per la produzione di cespiti tassabili senza essere 
essi stessi, di per se, cespite tassabile. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 123 

E non vi � motivo di andare ora in diverso avviso, essendo innegabile 
che gli interessi summenzionati, a differenza di quelli corrispettivi 
delle somme date a mutuo e di quelli moratori, .�corrispondenti ai frutti 
del capitale indebitamente trattenuto dal debitore, non costituiscono una 
� ricchezza nuova � �che si sovrappone a quella disponibile accrescendola 
per stratificazione, ma assolvono una funzione meramente ripristinatoria 
in quanto concorrono a colmare un vuoto, e cio� a reintegrare una 
diminuzione patrimoniale mediante la ricostituzione di una ricchezza 
perduta. 

Essendosi adeguata a tale criterio l'impugnata sentenza si sottrae 
pertanto alla censura che le � stata mossa. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con il primo mezzo l'Amministrazione delle Ferrovie 
denunzia, in relazione agli artt. 37 e 360 n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 
22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti 
tributari, in forza del quale la proponibilit� dell'azione giudiziaria nelle 
controversie tra l'Amministrazione finanziaria e i contribuenti in merito 
all'applicazione delle imposte dirette, � subordinata al preventivo esperimento 
del giudizio avanti alle Commissioni Tributarie, e censura la 
sentenza impugnata, per avere giudicato che non fosse dovuta l'imposta 
<li R.M. e che fossero illeg�ttime le ritenute pro ECA e pro Calabria, 
.appHcate per detrazione dall'importo degli int�ress� maturati sulle somme 
liquidate a titolo di risarcimento di danni. 

Con il secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione 
dell'art. 1282 in relazione all'art. 12i'9 n. 1 e.e. per avere la Corte di. 
merito ritenuto che gli interessi dovuti sulle somme liquidate a titolo 
di danni avessero carattere compensativo per l'intero ammontare accantonato 
e che, pertanto, non dovessero essere assoggettate a tributo 
mobiliare. 

Con l'ultimo motivo l'Amministrazione Ferroviaria, deducendo la 
violazione e la falsa applicazione dell'art. 1283 e.e., con riferimento 
all'art. 503 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, che approva il Regolamento 
per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilit� dello Stato, 
assume di essersi liberata da ogni obbligazione mediante il deposito di 

L. 94.000.000 alla Cassa Depositi e Prestiti e che, frattanto, non sarebbero 
dovuti gli interessi composti sulla somma di L. 2.533.437. 
Il primo e l'ultimo dei motivi di gravame non possono essere accolti. 
In e:ffet'ti � fondata la critica mossa dall'Amministrazione alla sentenza 
impugnata, che ebbe ad escludere la deroga alla giurisdizione ordinaria, 
considerando che le Ferrovie avevano fatto ricorso alla tassazione me.
diante �ritenuta di rivalsa�. Invero, con tale forma di tassazione viene 


124 

RASSEGNA DELL'AVVQCATURA DELLO STATO 

posto di fronte allo Stato un debitore diverso dal soggetto di imposta, 
al quale viene poi applicata la ritenuta in via di rivalsa1 (Cass., Sez. Un., 
14 marzo 1959, n. 761), laddove nella specie in esame l'Azienda Ferroviaria, 
quale ammhlistrazione stataJe, bench� a ordinamento autonomo, 
intese operare, a norma dell'art. 126 lett. b) del t.u. 29 gennaio 1958, 

n. 6455, la tassazione per ritenuta diretta, compensando parzialmente 
il suo debito verso il contribuente: non per questo, tuttavia,, potevasi 
opporre la preclusione dell'esercizio della giurisdizi:one ordinaria. Per 
il 3� comma dell'art. 22 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, la limitazione 
della competenza giudiziaria � stabilita �esclusivamente per le controversie 
aventi ad oggetto l'accertamento in fatto della esiistenza di un 
cespite tassabile o di un reddito imponibile, ovvero la determinazione 
quantitativa di esso, al fine della iscrizione dei redditi a ruolo; tale 
accertamento�, che � affidato a indagini empiriche e che � eseguito in 
contraddittorio del contribuente, mette capo ad un giudizio di estimazione 
semplice e solo tale .giudizio � soggetto al controllo .preventivo 
delle Commissioni tributarie, come condizione imprescindibile perch� 
si possa adire 'l'autorit� giudiziaria. (Cass., 7 giugno 1968, n. 1727; 13 
maggio 1968, n. 1488; 17 luglio 1965, n. 1590). Tale limitazione, che 
concerne .solo la risoluzione in via amministrativa delle controversie 
tra la finanza e i contribuenti, relativamente all'applicazione delle imposte 
dirette, non � invocabile nella fattispecie in �cui, indipendentemente 
da ogni contestazione, l'Amministrazione Ferroviaria ha praticato la 
tassazione per ritenuta diretta, applicando l'imposta di R.M. secondo la 
prescritta aliquota su un reddito unilateralmente determinato. N� la 
Amministrazione pu� trarre argomento a favore della propria tesi dal 
disposto dell'mrt. 171 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, per cui il contribuente 
pu� chiedere il rimborso di ci� che aibbia erroneamente pagato, 
entro il termine di sei mesi, all'Intendente di Finanza, il quale, ove 
ritenga di non accogliere� il ricorso stesso, lo trasmette alla competente 
commissione tributaria. Invero, la norma presuppone �che la tassazione 
sia stata eseguita dagli organi dell'A;mministrazione Finanziaria, e non 
per ritenuta diretta da amministrazione divers�a; n� la facolt� del contribuente 
di chiedere il rimborso nell'ambito del contenzioso amministrativo 
induce necessariamente la preclusione dell'esercizio della giurisdizione 
ordinaria ip caso di mancato esperimento avanti alle Commissioni 
tributarie. 
Anche il terzo motivo deve rigettarsi perch�, essendosi ravvisato 
dalla Corte di merito che le somme ritenute dalle Ferrovie non fossero 
dovute, da tale giudizio, motivato e insindacabile in questa sede, deriva 
la conseguenza che il deposito operato alla Cassa Depositi e Prestiti 
era insufficiente e destituito di effetto liberatorio. 

� fondato, invece, il secondo mezzo, e va accolto. 


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 125 

I

Posto che cespite tassabile � soltanto quello che costituisce nuova 
ricchezza, non sono assoggettabili all'imposta di R.M. gli interessi com


I 

pensativi, che rappresentano la reintegrazione di un danno sofferto e 

i 

commisurato ad una diminuzione pa'trimoniar.le, e che decorrono di pieno 

diritto dal giorno dell'illecito: ma qu�ndo con la sentenza di liquida-

I 
zione giudiz.iale del danno, il debito di valore si trasforma in debito di 
valuta, gli interessi dovuti acquistano il carattere di interessi moratori, 
corrispondenti ai frutti del capitale indebitamente trattenuto dal debitore, 
e costituendo incrementn del patrimonio del danneggiato, sono 
soggetti al tributo mobiliare. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 40,�'5 -Pres. Favara 
-Est. Sposato -P. M. De Marco (conf.) -Fago (avv. Li Gotti) 

c. Ministero delle E'inanze (avv. Stato Pierantozzi). 
Imposta di registro -Finanziamento bancario -Imposta di bollo 
surrogatoria dell'imposta di registro -Finanziamento mediante� 
cambiali -Necessit� dell'integrale trascrizione e della integrale 
copertura cambiaria. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 28 tab. A, nota; legge 4 aprile 1953, n. 261, 
art. 2). 
L'imposta di registro sugli atti di finanziamento �� bancario di cui 
alle letter.e b) e c) dell'art. 28 tab. A deUa Legg:e di registro � S'U,rrogata 
dall'imposta di bollo sulle cambiali mediante le quali iL finanziamento 
� realizzato a condizione che L'intero finanziamento, e non solo parte di 
esso, sia posto in essere mediante cambiali e che t'U,tte le cambi<ali siano 
integralmente trascritte nell'atto, e non sempLicemente menzionate o 
indicate per relationem; ne consegue che ove� iL finanziamento sia solo 
in parte attuato con cambiali o alcune soltanto di esse siano trascritte 
integralmente, � dovuta l'imposta di registro sull'intero (1). 

(Omissis). -Con il terzo motivo vengono denunziate la violazione 
dell'art. 2�8 della tariffa all. A) alla legge organica di registro, nel testo 
risultante dalle modifiche di cui nella pi� volte citata legge n. 261 del 
1953, e l'omessa motivazione su altro punto decisivo della controversia. 

Il ricorrente si riferisce alla nota aggiunta al citato art. 28 dall'art. 
2 della legge del 1953, secondo la quale, qualora il finanziamento 
venga posto in essere mediante cambiali, l'imposta graduale di bollo 
scontata sulle cambiali surroga ad ogni effetto le imposte proporzionali 
di registro dovute sia nella misura dello 0,25 % sia nella misura -come 

(1) Decisione esattissima di cui va segnalata l'esauriente motivazione. 
Sulla questione pi� !in generale cfr. Cass. 26 ottobre 1966, n. 2616 in questa 
Rassegna, 1967, I, 432. 

126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella specie -dello 0,50 % sempre_ch� le cambiali siano integralmente 
trascritte nell'atto. Richiamandosi a tale nota, il ricorrente deduce che 
il Tribunale aveva escluso la surroga non perch� una delle cambiali 
�era stata trascritta nell'atto soltanto per relationem, ma perch� aveva 
considerato che certamente non potevano aversi per trascritte nell'atto 
di finanziamento le eventuali cambiali che, come l'atto stesso prevedeva, 
avrebbero potuto essere rilasciate in sede di rinnovo, che egli, nell'atto 
di appello aveva impugnato tale ,situazione, sostenendo che in relazione 
al rinnovo, soltanto eventuale, al quale il debitore non vanta alcun 
diritto, la trascrizione integrale non � necessaria; e che l'impugnata 
sentenza non ha preso in esame tale sua tesi. 

Neppure tale motivo pu� essere accolto. 

Non aderente al reale contenuto della sentenza denunziata � la 
.censura di omessa motivazione. Se, in effetti, al Tribunale era parso 
che l'eventualit� dei rinnovi bastasse, da sola, ad escludere che ricorresse 
la condizione dell'integrale trascrizione delle cambiali nell'atto di 
finanziamento e se, in effetti, la Corte d'Appello non ritenne di prendere 
in esame la tesi del contribuente, ci� si spiega col fatto che il giudice 
di secondo grado ritenne la questione priva di importanza ai fini del 
decidere, avendo, sin dall'inizio della sentenza, messo in tutto rilievo, 
e persino sottolineando la parola � integralmente�, che nell'atto di 
finanziamento era trascritta integralmente soltanto una delle cambiali, 
mentre l'altra era indicata per relationem: �con il che, ripetendo le 
parole della nota aggiunta all'art. 4 della Tariffa e dando atto che le 
condizioni in questa previste non si erano verificate nella specie, veniva 
ad affermare nella maniera meno equivoca, seppure implicita, che la 
surroga della imposta di registro ha luogo soltanto quando tutte le 
cambiali .siano integralmente trascritte nell'atto di finanziamento e che, 
di conseguenza, mancando, gi� al momento della �concessione del finanziamento, 
la trascrizione integrale di una delle cambiali, era affatto 
inutile stabilire se l'eventualit� delle successive cambiali di rinnovo 
-fosse, o non fosse, di ostacolo alla surroga. 

Esclusa l'omissione di motivazione, resta da esaminare la �Censura 
�sotto il profilo della denunziata violazione di legge. Neppur questa 
sussiste. 

Univoco � il senso delle espressioni usate nella nota aggiunta all'art. 
2�8 della Tariffa e chiara l'intenzione, con esse manifestata, dal 
legislatore. La surroga, prevista dalla nota, dell'imposta proporzionale 
di registro con l'imposta graduale di bollo scontata sulle cambiali, non 
ha luogo per tutte le operazioni di finanziamento, ma soltanto per quelle 
di cui alle lettere b) e e) del citato art. 28, e costituisce un trattamento 
fiscale di favore, che � subordinato alle seguenti condizioni: 

a) che il finanziamento sia posto in essere mediante cambiali, 
.esclusa, pertanto l'ipotesi -che la norma, come norma di eccezione 

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GlVRl'.S:PRUDENZA TRIBUTARIA 127 GlVRl'.S:PRUDENZA TRIBUTARIA 127 
alla. rego~a generlllle, �avrebbe dovuto altrimenti prevedere -che esso 
sia in "l;>iirte attlJ.aito con cambiali ed in parte in modo diverso; 

b). che le cambiali, cio� le cambiali con le quali il finanziamento 
� :g>ost�. in �Ss�te, �io� -per quanto gi� .si � detto -tutte le cambiali, 
siano ilitegt"almente trascritte nell'atto di finanziamento, con la consegiteri.
z� che ove una od alcune di esse siano integralmente trascritte 
e l~ il#:t':~ p;on lo siano, la sur.roga non ha luogo per nessuna. 

Quant� alla lettera della disposizione �, infatti, da osservare che, 
se quando una norma parla di trascrizione senza ulteriori specificazioni 
(ad esempio, l'art. 63 della legge cambiaria) � ammissibile ehe il legii;
latore possa aver inteso equiparare alla traserizione anche l'indicazione 
degli estr�mi necessari e sufficienti per l'identificazione del titolo (v. la 
intefpretazione data. in tal :senso al citato art. 63 d!a Cass., 14 settembre 
1963, n. 2506 e Cass., 27 marzo 1963, n. 705) tanto non � pi� ammissibile, 
senza una palese yiolazione del dettato legislativo, se la norma 
non soltanto prescrive la trascrizione, ma indica espressamente il modo 
in cui deve esser fatto. Ora trascrivere integralmente significa soltapto 
riportare, copiando, il testo di un atto in un altro atto, in maniera che 
il testo trascritto corrisponda esattamente al testo originale, come, del 
resto, � spiegato dalla stessa legge, sia pure nella disci.pl�na di una 
materia diversa, nell'art. 480 c.p.�c. Ove, pertanto, sia richiesta dalla 
legge la trascrizione integrale del titolo, gli effetti che essa ne fa d!ipendere, 
non possono tener dietro all'indicazione degli estremi del titolo 
medesimo od all'attestazione, ancorch� :llatta da un pubblico ufficiale 
-che, nell'ipotesi, non � autorizzato a farla -della corrispondenza 
di esso con altr:o titolo integralmente trascritto nello stesso contratto. 

D'altra parte, non �Consta, n� v'ha motivo di ritenere ehe il legislatore 
abbia inteso concedere il beneficio tributario della completa 
esenzione dall'imposta cJli registro, a condizioni piu larghe e diverse da 
quelle che risultano dalle precise espressioni adoperate dalla norma. 
L'onere della trascrizione integrale delle �cambiali si spiega con 1a cautela 
della quale si � voluto circondare l'applicazione del .privilegio, 
riservando, in via esclusiva agli organi competenti della Amministrazione 
Fin�nziruria ed a quelli della giustizia tributaria, l'accertamento 
dei presupposti ai quali quell'applicazione � subordinata, attraverso 
l'esame diretto del contenuto integrale dei titoli. La limitazione, poi, 
del beneficio della surro~a al caso in cui l'intero finanziamento sia stato 
posto in essere mediante cambiali e ci�, per quanto gi� si � detto, risulti 
dall'integrale trascrizione di tutti, si spiega altrettanto facilmente, sol 
che si consideri che, rispetto al godimento del privilegio, sostanzialmente 
diversa � la situazione di chi sfasi assoggettato al bollo cambiario 
per l'intero importo del finanziamento, da quella di chi l'imposta di 
bollo abbia corrisposto soltanto pe.r una parte dli esso. E, difatti, essendo 
l'imposta di bollo �stabilita in misura superiore a quella dell'imposta 

10 


128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di registro nelle �particolari ipotesi di cui alle lettere b) e c) del prn 
volte <Citato art. 28 della Tariffa, o�ve la surroga avesse luogo anche per i 
finanziamenti attuati mediante cambiali soltanto in parte, ne deriverebbe 
che, per due operazioni di finanziamento di pari importo il tributo, 
complessivamente pagato, sarebbe maggiore nel primo e minore nel 
secondo dei due casi; di tal che, in evidente contrasto con la ratio della 
norma, l'entit� del beneficio sarebbe in proporzione inversa con quella 
del sopportato onere dell'imposta di bollo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 gennaio 1970, n. 111 -Pres. 
Marletta -Est. De Santis -P. M. Di Majo (diff.) -Ministero dell� 
Finanze (avv. Stato Soprano) c. Giarrizzo (avv. Mosca). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Nullit� 
-Errori in procedendo -Impugnazione innanzi allA.G.O. Esclusione. 


Sul presupposto che il procedimento innanzi alle Commissioni ha 
carattere giurisdizionale, le nullit� del procedimento possono essere fatte 
valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di impugnazione 
a cui siano soggette le decisioni che ne sono affette. Non � 
quindi denunciabile innanzi all'A.G.0. la nullit� derivante dall'omessa 
notificazione dell'avviso di comparizione innanzi alla Commissione, non 
risolvendosi tale vizio in una causa di inesistenza della decisione ravvisabile 
solo nell'ipotesi di difetto di sottoscrizione o di altri requisiti 
essenziali (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente 
Amministrazione denunzia la violazione dell'.art. 29 d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1639, e dell'art. 4 d.1. 5 marzo 1942, n. 186, in relazione all'art. 36(} 
nn. 2 e 3 c . .p.c. sostenendo che gli eventuali vizi della decisione della 
(1) � consoUdato 1l'orientamento giurisprudenziale che esclude la censurabilit� 
innanzi all'A.G.O. degli errores in procedendo, denundabilii 
invece con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. 23 gennaio 1969, 
n. 182 in questa Rassegna, 1969, I, 98; '30 dicembre 1965, n. 2494, ivi, 1966, 
I, 164); la nullit� del procedimento non impedisce infatti che la decisione� 
non impugnata possa passare in giudicato (Cass. 3 febbraio 1968, n. 350, 
ivi, 1968, I, 112). Notevole peraltro la motivazione del.la sentenza in rassegna 
che basa la sua affermazione sul principio generale di diritto processua~e 
secondo cui le nullit� devono convertirsi in motivi di imp~azione 
(art. 161 c.p.c.). Per le ipotesi di inesistenza della decisione delle CommissiOni 
v. Cass. 15 gennaio� 1969, n. 526, ivi, 1969, I, 138. La sent. del.le Sez. 
Unite 20 giugno 1969, n. 2175, citata nel testo, sul carattere giudsdizionale 
del ;procedimento innanzi alle Commissioni � pubblicata ivi, 1969, I, 538.. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 129 

Commissione distrettuale delle imposte potevano essere dedotti e fatti 
valere solo in sede di gravame dinanzi alla. Commissione provinciale. 
Frattanto, anche in pendenza dell'appello, in effetti proposto, nel caso 
in esame, l'Amministrazione aveva facolt� di porre in esecuzione la 
decisione della Commissione distrettuale, a norma. dell'art. 4 �comma 1 ~ 
del d.l. 5 marzo 1942, n. 186, trattandosi di una pronuncia giurisdizionale 
provvisoriamente esecutiva per legge. 

Il giudice ordinario non aveva invece alcun potere di decidere, sia 
pure in via incidentale, sugli errori in procedendo commessi dal giudice 
speciale tributario, anche percb!�1, in materia di valutazione e per le 
imposte indirette, il ricorso alla autorit� giudiziaria ordinaria � consentito 
solo avverso le decisioni della Commissione ;provinciale, per grave 
ed evidente errore di apprezzamento� o per mancanza od insufficienza 
di calcolo. 

La censura � fondata. 

La Corte d'appello ha sostanzialmente ravvisato, nella specie, un 
caso di inesistenza giuridica della decisione della Commissione distrettuale, 
che l'Ufficio del registro di Roma aveva posto in ese�cuzione ingiungendo, 
al Giarrizzo ed agli altri sopra, indicati,� il pagamento della 
imposta complementare in questione. 

La inesistenza giuridica della decisione deriverebbe poi dalla nullit� 
della notificazione al Giarrizzo dell'avviso di comparizione davanti 
alla Commissione distrettuale, con conseguente mancata instaurazione 

I 

del contraddittorio. 

i

L'errore in cui la Corte d'appello � incorsa risulta manifesto. 

Nel darne breve dimostrazione occorre innanzi tutto ricordare che 

queste Sezioni Unite hanno riaffermato in una serie di recenti sentenze 

(cfr. per tutte quella n. 2175 del 20 giugno 1969) la natura giurisdizio


nale delle decisioni delle Commissioni tributarie. 

I

Fermo tale principio, il cui fondamento non �. il caso di riesporre, 

va quindi rilevato che la legge prevede un solo �caso di inesistenza giu


ridica della sentenza e cio� quello della mancata sottoscrizione del 

giudice (art. 161, 2� comma c.p.c.). 

A tale caso altri sono stati equipara.ti attraverso la elaborazione 

giurisprudenziale, ma tutti sempre debbono ricondur.si al difetto di re


quisiti essenziali, per cui l'atto .si manifesti� inidoneo a produrre alcuno 

degli effetti giuridici che gli sono propri. 

Per quanto attiene all'elemento soggettivo, � requisito essenziale 

per l'esistenza giuridica della sentenza (e quindi �nche della decisione 

giurisdizionale di una commissiOne tributaria) che es.sa sia pronunciata 

nei confronti di soggetti, siano essi persone fisiche od enti, realmente 

esistenti non immaginari, ma non anche che il contraddittorio sia in


tegro e sia formato attraverso regolare notificazione degli atti occorrenti 

per la sua costituzione. 


130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non � dunque neppure necessario soffermarsi ad indagare se l'atto 
per la costituzione del contraddittorio del procedimento contenzioso tributario 
in questione non dovesse essere considerato quello di opposizione 
del contribuente all'accertamento dell'ufficio, sicch� il successivo avviso 
di comparizione fos,se solo volto ad assicurare la adeguata difesa del 
contribuente; � certo invero che, comunque, la irregolare notificazione 
dell'avvi:so di comparizione personale poteva dar luogo ad una nullit�, 
non alla inesistenza giuridica di esso e di tutti gli atti successivi del 
procedimento e della decisione conclusiva dello stesso. 

Le nullit�, nel vigente ordinamento processuale, possono poi essere 
fatte valere .soltanto nei limiti e secondo le regole� proprie dei mezzi di 
impugnazione a cui siano soggette le sentenze che ne sono affette 
(art. 161 c.p ..c. comma 1�). 

Ne consegue che la eventuale nulli.t� della decisione della Commissione 
distrettuale delle imposte poteva essere fatta valere solo in 
sede di appello dinanzi alla Commissione provinciale, .stabilendo l'art. 29 
del d.l. 7 aprile 1936, n. 163'9, �Le controversie che si riferiscono alla 
determinazione del valore sono decise in prima istanza dalle Commissioni 
amministrative distrettuali ed in secondo grado da quelle provinciali
�. 

V'� da aggiungere �che, nella materia in questione, il ricorso alla 
autorit� giudiziaria � consentito per grave ed evidente errore di apprezzamento 
ovvero per mancanza od in.sufficienza di calcolo nella determinazione 
del valore (comma 2� dell'art. 219 sopra citato) solo contro il 
giudizio delle Commissioni provinciali. 

Oppone il resistente che la sua azione non � rivolta contro la decisione 
della Commissione distrettuale, ma contro la ingiunzione fiscale, 
a 'base della quale � un atto di accertamento viziato, anzi inesistente. 

L'assunto Q per� inconsistente. 

Non vi � dubbio che l:a opposizione del Giarrizzo fosse diretta contro 
la ingiunzione fiscale e che, pertanto, spettasse all'autorit� giudiziaria 
ordinaria di conoscerne; sicch� infondatamente da parte della ricorrente 
Amministrazione si parla anche di un difetto di giurisdizione del giudice 
adito. 

Ma, sulla base delle considerazioni gi� svolte, deve anche escludersi 
il potere del giudice della opposizione di conoscere dei vizi del procedimento 
contenzioso tributario svolto dinanzi alla Commissione distrettuale, 
in quanto che deducibili solo mediante appello contro la decisione 
di detta Commissione, dinanzi a quella provinciale. 

Il resistente G�arrizzo incorre inoltre in equivoco quando parla di 
vizi che determinerebbero la inesistenza dell'accertamento tributario. 

Il vizio che i giudici di merito hanno riconosciuto ed in conseguenza 
del quale hanno ritenuto giuridicamente inesistente l'intero procedimento 
contenzioso tributario e la decisione con cui, in :Pirimo grado, � stato 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 131 

concluso, non riguarda infatti l'accertamento, ma solo un atto posteriore 
ad esso e cio�, come si � gi� visto, la notificazione dell'avviso di comparizione 
personale del contribuente dinanzi alla Commissione distrettuale. 


Da ci� consegue la impossibilit� di conoscere in via incidentale, ai 
soli fini del giudizio sulla opposizione ad ingiunzione, del vizio predetto. 

Operando in maniera diversa, la Corte d'appello ha altres� discpnosciuta 
l'efficacia esecutiva della decisione della Commissione distrettuale, 
sancita invece da una espressa norma di legge, che risulta perci� 
violata. 

L'art. 4 primo comma del d.l. 5 marzo 1942, n. 186, srtabilisce infatti: 
�Quando le controversie riehiamate negli articoli precedenti 
(cio� quelle per la determinazione del valore) si riferiscono a trasferimenti 
posti in essere per atto tra vivi, il contribuente � obbligato, in 
ogni caso, al pagamento dell'imposta di registro, delle relative imposte 
ipotecarie e diritti accessori che risultano dovuti in base ai valori determinati 
con la decisione della Commissione distrettuale, anche quando 
tale decisione sia gravata d'appello dal contribuente stesso o dall'Ufficio
�. Viene in tal modo affermato il principio della esecutivit� della 
decisione di primo grado, sicch� non pu� essere contestato il diritto 
dell'Amministrazione finanziaria ad esigere il pagamento, prima che la 
decisione stessa venga rimossa. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1970, n. 300 -Pres. Giannattasio 
-Est. Mazzacane -P. M. Gentile (conf.) -Assessorato Regionale 
dei LL.PP. della Regione Siciliana (avv. Stato Giorgio Azzariti) 
c. Ponte Paolo (avv. Basile). 

Imposta generale sull'entrata -Regione Siciliana -Tassazione dei 
corrispettivi pagati alla Regione -Sostituzione della Regione 
Siciliana allo Stato -Diritto di rivalsa -Inammissibilit�. 

(legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 6; legge 12 aprile 1948, n. 507; legge reg. 

sic. 22 marzo 1952, n. 6). 

La sostituzione della Regione siciliana allo Stato, attuata, in terna 
di i.g.e., dalla legge statale 12 aprile 1948, n. 507, non ha modificato iL 
trattamento giuridico unitario del tributo, inteso come rapporto di imposta 
e come rapporto di 1�ivalsa; ha, invece, fatto assumere alla Regione 
la stessa posizione giuridica che' lo Stato ha nel tributo; pertanto, con 
riguardo alla tassazione dei corrispettivi pagati alla Regione, il diritto 



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:~ 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

132 

di rivalsa non � esercitabile nei confronti della stessa, cos� .come non � 
esercitabile nei confronti dello Stato (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 d.l. 9 gennaio 1940, 

n. 2, dell'art. 1 della legge regionale 22 marzo 1952, n. 6. Essa sostiene 
che la Corte del merito ha ammesso che il Ponte avesse diritto di rivalsa 
nei suoi confronti (a norma del 3� comma dell'art. 6 della legge 
n. 762 del 1940) erroneamente ritenendo che la Regione Siciliana non 
fosse equiparata ad ogni effetto fiscale alla Amministrazione statale; 
che tale equiparazione risulta tanto dal d.l. 12 .aprile 1948, n. 507, il 
quale ha provveduto a sostituire la Regione allo Stato anche nel rapporto 
giuridico derivante dalla imposta generale sulla entrata, quanto 
dalla leg.ge regionale 22 marzo 1952, n. 6, che ha richiamato, senza limitazioni, 
le norme regolanti il trattamento tributario delle Amministrazioni 
dello Stato; ,che le conclusioni anzidette sono confermate anche 
dalla ratio legis poich� tanto per lo Stato quanto ;per la Regione Siciliana 
l'esclusione del diritto alla rivalsa da parte dell'impresa ha il suo 
fondamento nella esigenza di evitare una inutile �partita di giro�. 
La censura � fondata, pur se per consider:azioni parzialmente diverse 
da quelle esposte dal ricorrente. 

.La Corte del merito ha ritenuto �che, per quanto concerne l'imposta 
generale sull'entrata spettante alla Regione, il diritto di rivalsa sia 
esercitabile nei suoi confronti. La sentenza ha fondato il suo convincimento 
su due ordini di argomentazioni: a) l'art. 1 della legge regionale 

(1) Con questa sentenza l,a Cassazione, esattamente interpretando il 
significato e gli effetti della sostituzione della Regione Siciliana allo Stato 
con riguardo aU'i.g.e., ha respinto l'orientamento che con varie pronuncie 
la Corte di Aippello di Palermo aveva erroneamente assunto (cfr. ad es. 
App. Palermo 8 giugno 1966, Foro it., 1967, I, 197). 
La Corte di Palermo, infatti, ha .preso le mosse dal concetto di equipa


razione, previsto dall'art. 6 della legge n. 762, allo Stato di enti pubblici, 

ed ha afl\ermato che la 'legge n. 507 non ha inteso equiparare, con riguardo 

all'i.g.e., la Regione Siciliana al.lo Stato. 

Pi� precisamente, la predetta Corte ha affermato che l'equiparazione 

prevista dalla legge regiOnale non � nemmeno totale ad ogni effetto fiscale, 

e cio� non esiste in virt� di detta legge quella equiparazione alla cui ricor


renza � subordinata dall'art. 6 della legge sull'ige la esenzione degli enti 

ivi previsti dall'obbligo di rival,ere la detta imposta al contribuente di 

diritto; trattasi, invece, secondo la Corte palermitana, di una equiparazione 

parziale e limitata, e come tale non idonea a concretare la condizione pre


vista dal citato art. 6 e quindi ,a determinar�e l'effetto giuridico che detta 

legge vi ricollega. 

Codesta motivazione, come ha rilevato la Corte Suprema, � erronea 
perch� il terzo comma del�l'art 6 esclude il diritto di rivalsa in due ipotesi: 
1) nei confronti delle Amministrazioni dirette o autonome dello Stato; 

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PARTE I, SEZ. V, Gi�RISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 

22 marzo 195:2, n. 6 (per il quale � agli effetti di qualsiasi imposta, tassa 
e diritto in genere, di spettanza della Regione, stabilito da leggi generali 
e speciali, la Regione Siciliana o gli organi ed amministrazioni da 
essa dipendenti fruiscono dello stesso trattamento stabilito per le amministrazioni 
dello Stato�) ha equiparato la Regione allo Stato solo 
come soggetto passivo di imposta, di guisa che non ricorre la equiparazione
� allo Stato � ad ogni effetto fiscale � necessaria, a norma dell'art. 
6 terzo comma della legge n. 762 del 1940, per escludere il diritto 
di rivalsa anche nei confronti di enti diversi dalle amministrazioni statali; 
b) indipendentemente da ci� la legge regionale predetta ha preso 
in considerazione l'imposta in s�i considerata, ma non il diritto di rivalsa 
che d� luogo ad un rapporto di diritto privato. 

Nessuna delle predette argomentazioni � sufficiente a sorreggere la 
sentenza impugnata poich�, ad avviso di questa Corte, il divieto di rivalsa, 
in. tema di imposta generale sull'entrata, nei confronti della Regione 
Siciliana deriva dalla sostituzione di questa allo Stato nella imposta 
predetta, attuata �con la legge statale n. 507 del 1948. 

� noto che nella disciplina dell'imposta generale sulla entrata il 
legislatore ha dettato disposizioni per regolare il processo economico 
della traslazione o ripercussione dell'imposta (del quale normalmente 
si disinteressa, nel senso che non ritiene di dover intervenire con norme 
dirette ad autorizzarlo, importo o vietarlo). Infatti soggetto passivo dell'imposta 
generale sull'entrata � la persona, fisica e giuridica, a favore 
della quale si verifica l'entrata; ma ad essa � attribuito il diritto di 

2) nei �confronti di quegli enti che per legge sono equiparati in tutto, ad 
ogni effetto fiscale, alil'Amministraziione dello Stato. 

La citata disposizione, nella seconda ipotesi, � una norma che pu� dirsi 
in bianco destinata a funzional'e in mancanza di specifiche previsiond, e 
perci� rivolta a stabilire che, indipendentemente da una norma es'Pressa e 
specifica per l'IG.E., una volta che sia disposta per un qualsiasi ente l'equi� 
parazione totale alle Amministrazioni dello Stato agli effetti fiscali, ci� 
basta -ed <anche per equiparazioni disposte da le.ggi anteriori a queilla 
sull'I.G.E. -perch� debba ritenersi applicabile anche la norma che esclude 
la rivalsa per la detta imposta. 

Ma, allora, deve anche dirsi che un diverso discorso va fatto quando 

l'assimilazione, espressamente e specificamente per l'I.G.E., sia disposta con 

riguardo ad un determinato ente (prima ipotesi). 

In questo caso, non viene in �considerazione la seconda parte dell'art. 6, 

innanzi vista, bensi la prima, la quale dispone che il di:riitto alla rivalsa 

� non compete nei �confronti delle amministrazioni dirette ed autonome 
dello Stato ., giacch� � chiaro che, se la norma dichiaira applicabile a quell'ente 
il trattamento fatto, per l'I.G.E., allo Stato, � appunto a tale trattamento 
che bisogna richiamarsi, direttamente, e non gi� a quello dettato da 
altra norma, ed in via di estensione, per gli enti equiparati (in tal senso 
cfr. Cass. 8 aprile 1965, n. 612, Foro it., 1965, I, 1586). 
Orbene, la legge regionale 22 marzo 1952, n. 6, nel disporre che agli 
effetti dei tributi di spettanza della Regione Siciliana, questa, e gli organi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rivalsa nei confronti di colui che esegue il versamento (art. 6, 1� comma 
legge 19 giugno 1940, n. 762). La rivalsa, tuttavia, non compete (tranne 
che per le vendite al minuto e per le prestazioni al dettaglio) nei riguardi 
dello Stato e degli enti equiparati allo Stato ad ogni effetto fiscale 
(art. 6 comma terzo legge cit.). Il legislatore, attribuendo, per regola 
generale, a colui che ha pagato l'imposta il diritto di rivalsa, ha 
voluto agevolare, per motivi di politica tributaria, il fenomeno economico 
della traslazione o ripercussione dell'imposta. Tuttavia lo stesso 
legislatore ha voluto negare ii diritto di rivalsa quando la persona, con 
la quale il soggetto passivo della imposta � entrato in rapporto a causa 
della di.pendenza del fatto che ha determinato la sua obbligazione tributaria, 
sia lo Stato od altro ente equiparato allo Stato ad ogni effetto 
fiscale. Il divieto, in tal caso, dell'accollo dell'imposta ad una persona 
diversa dal soggetto passivo deriva dal fatto che lo Stato (o l'ente equiparato) 
� anche parte attiva del rapporto di imposta, onde l'esigenza di 
evitare una inutile partita di giro: versamento allo Stato di somme di 
cui poi si potrebbe chiedere la restituzione. Tale partita di giro si risolverebbe 
in definitiva in una esenzione dall'imposta in tutti i rapporti 
economici in cui la entrata imponibile fosse costituita da versamenti 
effettuati dallo Stato, laddove tale esenzione il legislato:re ha voluto 
evitare (salvo casi particolari che qui non interessano). 

Ci� posto, la sostituzione della Regione siciliana allo Stato, attuata 
con la legge statale 12 aprile 1948, n. 507, senza modificazione del regolamento 
del rapporto giuridico del tributo, comporta che la Regione 

dipendenti � fruiscono dello stesso trattamento stabilito per le Amministrazioni 
dello Stato�, indubbiamente stabilisce specificamente che anche per 
l'I.G.E., che � tributo di spettanza regionale (qui si parla, beninteso, della 
vera e propria I.G.E., e non dell'imposta all'importazione, di cui all'art. 17, 
che spetta allo Stato), si estende alla Regione il trattamento previsto per le 
Amministrazioni dello� Stato. 

E poich� questo trattamento comporta, come si � detto, la non esercitabilit� 
della rivalsa, giusta il disposto delJa-ricordata prima parte dell'art. 6 
in questione, appare agevole concludere che ila rivalsa non pu� essere 
opera-ta nemmeno nei confronti della Regione, e ci�, si ripete, in virt� 
di quella norma diretta e non gi� in vista della esistente o meno equiparazione 
allo Stato ad ogni altro effetto fiscale. 

Un esempi.o per altra imposta potr� -confermare l'esattezza di tale 
conclusione: !'-art. 18 deUa legge 3 agosto 1949, n. 589 sulla -esecuzione di 
opere pubbliche di enti locali, nel disporre che gli atti e contratti relativi 
sono soggetti -al trattamento fiscale stabilJ.dto per gli atti stipulati dallo Stato, 
evidentemente comporta il diretto richiamo de1l'art. 94 della legge di registro 
che prevede, negli atti �stipulati �con lo Stato, quale contraente deve 
pagare -le tasse; e tale richiamo � completo e totale per tutti gli atti iV'i 
indicati e per H criterio di tassazione, senza necessit� di ricerca:\'e altra 
disposizdone legislativa a-1 riguardo (cfr. Oass. n. 612 �cit.); cos� nel caso di 
contratto di appalto, l'imposta � a carico dell'appaltatore, e non dell'ente 
locale, come avviene per gli appalti stipulati dallo Stato. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 135 

ha assunto in esso (nell'ambito di sua competenza) la stessa posizione 
giuridica che lo Stato ha nel rapporto medesimo, e che, quindi, il diritto 
di rivalsa non � esercitabile nei suoi confronti, cos� �come non � esercitabile 
nei confronti dello Stato, poich� rimane ferma l'esigenza razionale 
della eccezione. 

Le considerazioni esposte dimostrano la ininfluenza, ai fini della 
risoluzipne della controversia, delle ragioni addotte in contrario dalla 
sentenza impugnata. 

Anzitutto la tesi secondo cui con la legge regionale n. 6 del 1952. 
il legislatore avrebbe equiparato la Regione allo Stato solo come soggetto 
passivo di imposta � contraria alla lettera ed alla ratio della legge. 
Infatti, per i tributi appartenenti alla Regione, questa � stata parificata 
allo Stato con formula ampia, senza distinzione alcuna, di guisa 
che detta parificazione deve ritenersi voluta non solo dal lato passivo 
ma anche dal lato attivo, nel senso cio� che il trattamento riservato allo 
Stato si applica alla Regione, non solo in quanto soggetto passivo del 

rapporto giuridico di imposta, ma anche in quanto soggetto attivo del 
medesimo rapporto. N� la interpretazione data alla leg~e predetta potrebbe 
dare ingresso alla questione di legittimit� costituzionale sollevata 
dal resistente (sul rilievo che la Regione avrebbe in tal modo realizzato 
una imposizione fiscale esorbitante dalla sfera dei suoi poteri 
legislativi), poich� la questione, ai fini della controversia in esame, � 
irrilevante. Infatti il divieto di rivalsa, in tema di imposta generale 
sulla entrata, nei confronti della Regione Siciliana deriva dalla sostituzione 
della stessa allo Stato quale soggetto attivo del rapporto di imposta, 
sostituzione attuata �con la legge sta.tale del 1948 sopra citata, 
non con la legge regionale, /che per quanto interessa nella controversia 
attuale, si � limitata a confermare (pur senza che ve ne fosse bisogno, 
per le ragioni anzidette) i princip� fondamentali del sistema nella materia 
in esame. 

La distinzione, poi, alla quale fa richiamo la sentenza impugnata, 
fra obbligo di imposta (da cui sorge un rapporto di diritto pubblico fra 
ente impositore e contribuente) e diritto di rivalsa (da cui sorge un rapporto 
di diritto privato fra il contribuente ed il soggetto nei cui confronti 
la rivalsa pu� essere esercitata) � esatta, ma non � idone� ad 
escludere che la sostituzione della Regione allo Stato comprende anche 
l'esonero della rivalsa di cui al 3� comma dell'art. 6 della legge n. 762 
del 1940. Si � gi� rilevato che il fenomeno economico della traslazione, 
del quale normalmente l'ordinamento giuridico si disinteressa, � invece 
regolafo, nella materia dell'i.g.e., a particolari fini, dalla legge tributaria, 
la quale determina il trattamento tributario del soggetto che 
realizza una entrata nei confronti di un qualsiasi debitore in modo diverso 
da chi la realizza nei �Confronti dello Stato. Il trattamento tributarlo 
suddetto si applica nella sua interezza alla Regione, poich� la so



136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stituzione di questa allo Stato, in tema di i.g.e., � stata attuata, come si 
� detto, senza modifiche del trattamento giuridico unitario del tributo, 
e ci�, come � evidente, in considerazione della sussistenza,. anche nei 
confronti della Regione, d~lle medesime esignze (pi� sopra illustrate) 
che ispirano il divieto di rivalsa nei confronti dello Stato. 

Pertanto, accogliendosi il ricorso, la sentenza impugnata deve essere 
cassata e la causa deve essere rinviata per nuovo esame dinanzi 
ad altro giudice di pari grado -che si designa nella Corte di appello 
di Messina ~il quale si atterr� al principio di diritto per cui il diritto 
di rivalsa previsto dall'art. 6 della legge n. 762 del 1940 non � esercitabile 
nei confronti della Regione Siciliana. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1970, n. 302 -Pres. Giannattasio 
-Est. Geri -P. M. De Marco (conf.). -Verzini (avv. Cevolotto) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Sorce). 

Imposte doganali -Imposta di fabbricazione -Contrabbando -Diversa 
destinazione di merci esenti da imposta -Individuazione del soggetto 
passivo -Accertamento -Fatto costituente reato -Ingiunzione 
fiscale -Applicabilit� -Opposizione -Inversione dell'onere 
della prova -Sussistenza -Indagine sulla esistenza del fattoreato 
-Ammissibilit�. 

(legge 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 4, 145, r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, 
(art. 18). 

Nell'ipotesi di frode fiscale, come per il caso di contrabbando (per 
indebito uso o diversa destinazione di me1�ci importate in franchigia), 
soggetto passivo dell"imposta � l'autore della frode, da cui 'IUlsce l'obbligazione 
tributaria e, ad un tempo, la pretesa punitiva dello Stato, le 
quali legittimano la Fi'IUlnza a procedere all'accertamento, in via di 
autotutela, mediante il procedimento coattivo per la riscossione� delle 
entrate patrimoniali dello Stato, in base ai fatti venuti a sua conoscenza, 
indipendentemente dall'eventuale irrogazione delLa sanzione penale; e 
a tale ingiunzione il privato pu� opporsi per contestare la pretesa tributaria, 
restando, a tal fine, indifferente che l'obbligazione tributaria 
derivi da un fatto ilLecito costituente reato, perch� anche in tal caso 
-una volta chiuso irrevocabilmente iL processo penale con formula di 
non doversi procedere preclusi'l-'a in detta sede di ulteriori indagini l'accertamento 
compiuto dalla Finanza resta discipli'IUlto dai principi 
propri dell'atto amministrativo, e cio� anche dalla pre:mnzione di legittimit� 
che concerne la responsabilit� tributaria (non quella penale) 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 137 

e determina l'inversione dell'onere probatorio, essendo ammissibile, in 
sede civile, l'indagine sull'esistenza del fatto-reato e sulla responsabilitd 
tributaria (1). 

(Omissis). -Nel primo mezzo del ricorso si sostiene la violazione 
dell'art. 18 r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 in relazione all'art. 360 n. 3 
c.p.c., poich� esso ricorrente era soltanto un autista alla dipendenza della 
societ� �Deluxe italiana lubrificanti � e non potenza quindi essere considerato 
soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione, che grava sui 
fabbricanti e commercianti dei prodotti petroliferi. 

Essendo la pretesa tributaria fondata sul presupposto, contestato, 
di un concorso d'esso Verzini nel reato di contrabbando attribuito al suo 
datore di lavoro, l'Amministrazione non avrebbe potuto ricorrere alla 
procedura ingiunzionale, senza il previo accertamento da parte del giudice 
competente del fatto illecito che costituiva la fonte dell'obbligazione 
nonch� della certezza e liquidit� del credito. 

Il mezzo � destituito di fondamento. 

Nell'ipotesi di frode fiscale che costituisce reato, come .per il caso 

di contrabbando di merci introdotte nel territorio dello Stato o di quello 

di specie consistente nell'illecita sottrazione di un prodotto al tributo, 

soggetto passivo dell'imposta � l'autore della frode, dalla quale nasce 

l'obbligazione tributaria e ad un tempo la prete.sa punitiva dello Stato. 

L'insorgenza di questi due rapporti autonomi, pur se geneticamente 

fra loro connessi, consente un distinto accertamento, al quale l'Ammi


nistrazione finanziaria ben pu� procedere, in via di autotutela, mediante 

il procedimento coattivo per la riscossione delle entrate patrimoniali 

dello Stato e degli altri enti pubblici, in base ai fatti venuti a sua 

conoscenza indipendentemente dall'eventuale irrogazione della sanzione 

penale. 

Infatti l'opposizione tributaria all'ingiunzione fiscale emessa ai sensi 

del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, d� luogo ad un ordinario processo di 

cognizione, nel quale l'opponente assume la veste di attore, diversamente 

da quanto accade nel comune procedimento monitorio, e l'Amministra


zione quella di convenuta. 

In detto procedimento l'ingiuzione corrisponde sostanzialmente ad 

un atto formale di accertamento ed ha, al tempo stesso, forza di titolo 

esecutivo e di precetto, che giustificano, in difetto di opposizione o di 

sospensione, l'esecuzione forzata contro il debitore d'imposta. 

Una volta assicurata alla parte la possibilit� di contestare e, ricor


rendone gli estremi, far cadere la pretesa tributaria, risulta indifferente 

(1) Sulla individuazione del soggetto passivo, obbligato a pagare i 
diritti doganali, nel caso di �estinzione del reato di contrabbando, cfr. Cass. 
20 febbraio 1967, n. 415, in questa Rassegna, 1967, I, 155, �con nota. 

138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che l'obbligazione derivi da un fatto .illecito, costituente reato, oppure 
da altro titolo, perch� anche nel primo caso, ferma pur sempre la pregiudizialit� 
penale, non � preclusa l'indagine in sede civile sulla sussistenza 
del fatto-reato, che per una qualsiasi causa non potesse pi� essere 
accertata in sede penale. 

Il secondo e terzo motivo del ricorso, data l'intima loro connessione, 
vanno trattati congiuntamente. Sostiene in essi il ricorrente la violazione 
dell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo (legge 
20 marzo 1865, all. E) e demart. 2697 e.e. poich� il giudice non avrebbe 
potuto ricorrere alla presunzione di legittimit� dell'atto amministrativo, 
ma avrebbe dovuto soltanto accertare, in base alle risultanze, se sussistesse 
la prova della materialit� di un fatto di contrabbando e della 
partecipazione d'esso ricorrente al fatto stesso, senza pretendere, mediante 
l'inversione dell'onere probatorio, la prova negativa della propria 
innocenza (II mezzo). Inoltre sarebbero stati violati gli artt. 2729 e.e. 
e 132 n. 4 c.p.c., poich� la denunziata sentenza, relativamente alla sussistenza 
di presunzioni gravi precise e c�mcordanti a carico di esso Verzini, 
aveva motivato �per relationem � �(quindi non aveva motivato) 
rispetto alla sentenza di primo grado, a sua volta affetta dallo stesso 
vizio di omissione circa la ricorrenza di dette presunzioni (III mezzo). 

Anche questi due motivi sono destituiti di fondamento. 

In sostanza si contesta il principio di inversione dell'onere probatorio 
-proprio della gi� accennata particolare natura del procedimento 
di opposizione ad ingiunzione fiscale -per la specifica ipotesi nella 
quale la responsabilit� tributaria lungi dal derivare dalla materiale 
commissione di un fatto, derivi dal fatto solo in quanto il medesimo 
abbia il carattere dell'illecito penale. In tal caso, si dice, non basta 
l'accertamento del fatto stesso, ma occorre anche quello del reato, il 
quale segue necessariamente la propria disciplina, ben lontana da ogni 
principio di presunzione di colpevolezza e quindi di inversione� dell'onere 
probatorio. 

�Secondo questa prospettiva� sarebbe aberrante pretendere dall'imputato 
la prova della propria innocenza anzich� dall'accusa quella della 
di lui colpevolezza, postoch� la materiale commissione del fatto non � 
sufficiente per radicare una qualche responsabilit� tributaria, nascente 
solo da reato. 

A detta impostazione ben si coordina il terzo motivo del ricorso, 
nel quale opponendosi un vizio di omessa motivazione (motivazione 
�per relationem �) sulla sussistenza di presunzioni gravi precise e concordanti 
a carico del Verzini, se ne afferma l'innocenza per difetto di 
prova della violazione addebitatagli. 

Non occorre, nella specie, esaminare il problema se la singolarit� 
della fattispecie sopra delineata deroghi al generale principio, costantemente 
affermato dalla giurisprudenza (da ultimo Cass., Sez. Un. 9 ot



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 139 

tobre 1967, n. 2339) secondo il quale ii procedimento monitorio fiscale 
si risolve in caso di opposizione -in un ordinario processo cognitivo 
diretto a contestare il diritto all'esecuzione e ad ottenere un accertamento 
negativo a favore del debitore, che assume veste di attore con 
il conseguente onere probatorio della propria �non responsabilit��. 
Infatti, mentre da un lato il primo giudice diffusamente ha motivato 
sulle risultanze a carico del Verzini in ordine al contestatogli contrabbando, 
il secondo non si � affatto limitato ad un semplice rinvio alle 
osservazioni contenute nella sentenza del Tribunale, ma le ha fatte 
proprie con distinta ed autonoma motivazione. 

Si legge nella denunziata sentenza che l'Amministrazione finanziaria, 
� a buon diritto��, riteneva di aver fornito la dimostrazione della 
colpevolezza del Verzini e quindi del fondamento della pretesa fiscale, 
attraverso le indagini e gli accertamenti svolti dalla polizia tributaria 
investigativa. Ed aggiunge, poco dopo, che il primo giudice era.si assunto 
il compito, in eccedenza, di dimostrare positivamente la sussistenza di 
codesto buon diritto dell'Amministrazione ed in ogni modo, delle presunzioni 
gravi precise e concordanti a .c'arico del Verzihi, l'une e le altre 
desum�bili dal verbale della Polizia investigativa. 

La Corte di merito dunque, pur con sobria motivazione, ha dimostrato 
di far proprie le conclusioni, alle quali era pervenutd il primo 
giudice circa la ricorrenza di prove positive sulla responsabilit� a carico 
del debitore. Poich�, contrariamente a quanto sostiene in questa sede 
il ricorrente, il Tribunale motiv� con ampiezza di indagine in ordine 
alla sufficienza delle prove a carico del Verzini, quali emergevano dalle 
risultanze di causa, e tale accertamento immune da vizi logici, trasfuso 
nella sentenza di secondo grado, si sottr.ae al sindacato di legittimit�, 
esso assorbe ogni diversa questione circa la legittimit� o meno. della 
contestata inversione dell'onere probatorio e su:pera la denegata presunzione 
con la forza cogente del riconoscimento .positivo di responsabilit�. 


Resta peraltro esclusa l'ipotesi di una possibile assoluzione penale 
del debitore o, meglio, se ne manifesta l'irrilevanza, una volta chiuso 
irrevocabilmente il procedimento penale con formula di non doversi 
procedere pr\'!clusiva in detta sede di ulteriori indagini, poich� non � 
vietato, in tal caso, l'accertamento di responsabilit� da parte del giudice 
civile, sia pure con effetti esclusivamente civilistici e tributari. (
Omissis). 



SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 
SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 
CORTE. DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 dicembre 1969, n. 3850 -Pres. Rossano 
-Est. Boselli -P. M. Silocchi (conf.) -Impresa BoneUi (avv. 
Regard) e Comune di Siena (avv. Regard) c. Ministero delle Fi


nanze (avv. Stato Soprano). 
Appalto -Appalto di opere di conto Gestione INA-Casa -Capitolato 
generale predisposto dalla Gestione -Natura regolamentare � 
Esclusione -Necessit� di assunzione contrattuale -Sussiste -
Adeguamento automatico alle norme del Capitolato generale statale 
per le oo.pp. per effetto di integrazione disposta dall'art. 6 
d. P. R. 22 giugno 1949, n. 340 -Sussiste -Den~ciabilit� in Cassazione 
della violazione delle norme del predetto Capitolato generale 
INA-Casa -Esclusione. 
(d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, art. 6; e.e., art. 1339). 
In difetto di una norma che equipari gli appaiti stipulati daLla Gestione 
INA-Casa agli appalti stipulati dallo Stato, le dausole del Capitolato 
generale INA-Casa conservano quel caratter�e contrattuale, che 
� proprio di tutti i Capitolati predisposti da enti pubblici diversi dallo 
Stato, con le conseguenze che: a) l'adeguamento di tali clausole alle 
norme del Capitolato generale statale oo.pp., disposto dall'art. 6 d.P.R. 
22 giugno 1949, n. 340, ha il carattere proprio dell'integrazione contrattuale, 
prevista dall'art. 1339 e.e.; b) la loro interpretazione sfugge al. 
sindacato della Corte di Cassazione, tranne che per violazione delle 
norme sull'interpretazione dei contratti (1). 
(Omissis). -Denunziando falsa applicazione dell'art. 6, comma 
secondo, del d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, dell'art. 9 del d.l. 4 luglio 
1949, n. 436, dell'art. 16, quarto comma, del r.d. 18 novembre 1923,. 
(1) A prescindere dalla svista in ordine all'indicazione del r. d. 18 
novembre 1923, n. 2440 (legge sulla contabilit� generale dello Stato) come 
Capitolato generale per le opere di conto del Ministero LL. PP., contenuta 
nella motivazione della sentenza in rassegna (v. supra, 181), la massima qui 
annotata si ispira ad una giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, 
che si pu� ritenere, ormai, consolidata: v., in termini, Cass., 16 dicembre� 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 141 

n. 2440, errata interpretazione degli artt. 8 e 110 r.d. 30 dicembre 1923, 
n. 3269, nonch� omessa interpretazione degli artt. 1, 2, 8, 9, 11, 12 e 14 
del Capitolato d'appalto delle opere di �conto della Gestione INA-Casa 
(approv. con d.m. 9 febbraio 1950), in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, 
c.p.c., l'Impresa ed ed ilComune subordinatamente assumono che, quando 
anche con la redazione del verbale del 6 giugno 1950 le parti fossero 
rimaste nelll'a.mbito di un regolare procedimento di licitazione privata, 
non per questo alla �aggiudicazione� :Poteva essere qui attribuito quel 
carattere definitivo di perfezione del sinallagma contrattuale, che essa 
suole assumere in ogni altro procedimento del genere, dovendo la stessa 
invece configurarsi come � l'atto meramente preparatorio � di un � iter � 
negoziale, di cui l'atto finale e conclusivo era costituito dalla sti:Pulazione 
della convenzione formale d'appalto. 
Per questa ragione non poteva trovare applicazione alla fattispecie 
l'art. 16 del r.d. n. 2440 del 1923 (che, fra l'altro, era stato male interpretato 
da!lla Corte di merito, posto che con esso il legislatore aveva inteso 
semplicemente affermare che ai processi verbali di aggiudicazione definitiva, 
in seguito ad incanti pubblici od a licitazioni private, sono applicabili 
tutte le norme che riguardano i contratti). 

N� potevano assumere, in contrario, valore decisivo le disposizioni 
degli artt. 6 e 9 del d.P.R. n. 340 del 1949, in quanto esse contengono 
norme di comportamento che si dirigono alla Gestione INA-Casa e non 
consentono -ove questa non vi si uniformi -altro fuorch� il ricorso 
ai competenti organi di vigilanza. 

Anche queste censure sono prive di fondamento. 

Al tentativo di .prospettare il procedimento di licitazione privata 
previsto dal Capitolato 9 febbraio 1950 per le opere di conto della Gestione 
INA-Casa �come un procedimento singolare, al fine di equiparare 
il vaTore giuridico del relativo verbale di aggiudicazione a quello di una 
comune proposta contrattuale, inidonea, come tale, a rendere perfetto 
il contratto prima della accettazione di controparte (nella specie, prima 
della � approvazione � della Gestione), si oppongono tre ostacoli: 

a) anzitutto la disposizione dell'art. 6 del d.P.R. 22 giugno 1949, 

n. 340, a mente del quale (secondo comma) i capitolati d'appalto previsti 
dalla legge 28 febraio 1949, n. 43 per la costruzione di case per i lavoratori 
devono uniformarsi a quello generale, approvato con r.d. 18 novembre 
1923, n. 2440, per le opere di conto del Ministero dei LL..PP. 
1966, n. 2952, in questa Rassegna, 1967, I, 254, sub 4 (256) e 263, nella motivazione; 
v. anche, analogamente, Cass., 7 marzo 1967, n. 528, ibidem, 580, 
sub 1; 6 settembre 1968, n. 2878, id., 1968, I, 842, sub 2, prima parte; v. anche 
Cass., 6 marzo 1969, n. 710, id., 1969, I, 345. In particolare, .sul punto a) 
della massima, v. Cass., 15 luglio 1965, n. 1557, Giust. civ., 1965, I, 1737; sul 
punto b) delJ.a massima, v. Cass., 16 dicembre 1966, n. 2952, cit., in questa 
Rassegna, 1967, I, 263, nella motivazione. 

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142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ed � inesatto affermare che la norma di diriga unicamente agli organi 
della Gestione INA-Casa, essendo generale principio di diritto quello 
secon�o cui le clausole imposte dalla legge sono di diritto inserite nel 
contratto anche in sostituzione di quelle eventualmente difformi apposte 
dalle parti (art. 1339 e.e.); 

b) in secondo luogo, la disposizione dell'art. 16 del predetto decreto 
n. 2440 del 1923, a mente del quale (quarto comma) � i processi 
verbali di aggiudicazione definitiva,�, in seguito ad incanti pubblici od 
a licitazioni private, �equivalgono per ogni legale effetto al contratto�: 
disposizione che -stando al significato proprio delle parole adoperate 
secondo la loro connessione logica -non si presta ad essere intesa nel 
senso generico ed anodino (preteso dal ricorrente principale) che alla 
aggiudicazione si rendano applicabili tu~te le norme applicabili ai contratti; 


e) e la interpretazione che della espressione � aggiudicaz.ione 
provvisoria � (contenuta in alcuni articoli del Capitolato d'appa1to INACasa 
e acldotta dai ricorrenti a principale argomento della loro tesi) ha 
dato la Corte del merito, considerando che detto termine significa che 
l'aggiudicazione, subito efficace e vincolante per l'appaltatore, lo diviene 
per l'ente appaltante soltanto dopo la ratifica della Gestione-INA-Casa. 

Invero, in difetto di una norma che equipari gli appalti stipulati 
dalla Gestione INA-Casa agli appalti stipulati dallo Stato, le clausole 
del Capitolato �generale INA..casa conservano quel carattere contrattuale 
che � proprio di tutti i �capitolati predisposti da enti pubblici 
diversi dallo :Stato (Cass., 2 giugno 1957, n. 1486), con la conseguenza 
che la loro interpretazione sfugge al sindacato di questa 
Corte Suprema, tranne che per i vizi di motivazione ai sensi dell'art. 360, 

n. 50, per violazione delle norme sull'interpretazione dei contratti (cfr.: 
Cass., Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2784; id., 3 febbraio 1968, n. 349). 
-(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE; Sez. Un., 19 gennaio 1970, n. IQ.2 -Pr.es. 
Flore -Est. Moscone -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero dei Lavori 
Pubblici (avv. Stato Onufrio) c. Cellucci (avv. Massari). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Demanio idrico -Questione di demanialit� 
di un collettore -Possibilit� di soluzione della questione 
� incidenter tantum� da parte del G. O. non specializzato -Esclu


' 

sione -Conversione necessaria della questione in controversia 
e competenza del Tribunale re~ionale delle acque pubbliche a 
deciderla col necessario contraddittorio della P. A. -Sussistono. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 143 

Procedimento civile -Legittimazione alla causa -Concetto -Distin' 


zione rispetto alla titolarit� del rapporto sostanziale, ossia alla 
questione di merito, non sottratta alla disponibilit� delle parti e 
suscettibile di giudicato. 

(c.p.c., artt. 81, 99, 101, 102). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Discrezionalit� della P. A. in ordine 
alla determinazione delle opere e dei provvedimenti relativi al 
buon regime delle acque pubbliche -Sussiste -Limite della sottrazione 
al sindacato dell'A.G;O. dell'operato della P. A. nel caso 
di negligente manutenzione di un'opera idraulica -Sussiste. 

(t.u. 25 luglio 1904, n. 523, mod. con I. 13 luglio 1911, n. 774, art. 2). 
Procedimento civile -Condanna generica al risarcimento del danno Sufficienza 
del danno potenziale -Sussiste. 
(c.p.c., art. 278). 

Il giudice ordinario non specializzato non pu� pronunziare incidenter 
tantum sulla appartenenza o meno di un bene al demanio idrico, 
dovendo, per legge, la questione essere necessariamente decisa, in contraddittorio 
con la P. A., con efficacia di giudicato (1). 

La legittimazione alla causa costituisce una condizione dell'azione 
e consiste esclusivamente nel diritto potestativo di ottenere dal giudice 
una qualsiasi decisione di merito, mentre, ogniqualvolta si discuta, comunque, 
deita titolarit� o meno, da parte dell'attore o del convenuto, 
del rapporto sostanziale formante oggetto della controversia, trattasi di 
questione di merito, che non � sottratta alla disponibilit�� delle parti e 
rimane coperta dal giudicato per effetto di una sentenza pronunciata 
nei gradi precedenti e non impugnata in ordine al punto specifico (2). 

La discrezionalit� della P. A. in materia di acque non si discosta 
da quella che le � attribuita in ogni .altro campo della sua attivit�. Pertanto, 
mentre devono essere riconosciute alla P. A. i pi� ampi poteri 

(1) Conf. Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1968, n. 3231, Giur. it., Mass., 1968, 
1169. 
(2) Conf. Cass., Sez. Un., 29 ottobre 1968, n. 3607 e 28 novembre 1968, 
n. 3836, in questa Rassegna, 1968, I, 974 e 975, con nota redazionale e riferimenti 
di dottrina e giurisprudenza; Cass., 23 luglio 1966, n. 2018, id., 1966, 
I, 1251, sub 1, con nota redazionale, ove ulteriori riferimenti. L'affermazione 
altra volta fatta dalla Suprema Corte regolatrice che �l'indagine sulla 
legitimatio ad causam, attiva e passiva, non si sottrae alla preclusione derivante 
dal giudicato � (Cass., 15 ottobre 1968, n. 3296, in questa Rassegna, 
1969, I, 452, nella motivazione) � intesa nel senso che J.a rilevabilit� anche 
d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, del difetto di legittimazione 
resta preclusa, allorch� la questione abbia formato oggetto di specifica decisione 
sul punto e questa non sia stata impugnata: Cass. 29 aprile 1965, 
n. 772, in questa Rassegna, 1965, I, 506, ed ivi nota 1 di ulteriori riferimenti. 
11 


144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel determinare le opere e i provvedimenti relativi al buon regime delle 

acque pubbliche,deve escludersi che dal complesso delle norme speciali

1 

vigenti in materia, cos� come anche dalla l. 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E, derivi una sottrazione dell'operato della P. _4.. al sindacato del-< 
l'A.G.O., quand'esso, come nel caso di negligente manutenzione di una 
opera idraulica, dete1�mini la< lesione di diritti soggettivi (3). 

Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni � suffi� 
ciente un danno meramente potenziale (4). 

(Omissis). -Con il primo mezzo il ricorrente denunzia, con riferimento 
ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., violazione e falsa applicazione 

' dell'art. 104, lett. a), del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, in relazione alla 
disciplina processuale della legittimazione. a contraddire, e omessa o insufficiente 
motivazione su un punto decisivo della controversia, assumendo 
che competente a decidere della demanialit� del collettore, anche 
se e incidenter tantum � ai fini della questione della legittimazione <passiva 
del Ministero, era il Tribunale Regionale delle Acque, e che la sentenza 
afferma la demanialit� del collettore con argomentazioni illogiche 
e lacunose. 
Questo motivo va disatteso, quantunque, in armonia con la pi� 
recente e convincente giurisprudenza di questa Corte Suprema (da ult., 
Sez. Un. n. 3231 del 1968), debba considerarsi non esatto nella sua 
assolutezza il principio, affermato dalla sentenza in esame, che l'Autorit� 
giudiziaria ordinaria non specializzata possa pronunziare � incidenter 
tantum � sulla demanialit� o meno di un bene, perch� nella specie 
la possibilit� di affrontare, di ufficio o su istanza di parte, la questione, 
se il collettore appartenesse allo Stato ovvero al Comune di Velletri, era 
preclusa al giudice di secondo grado. 
Invero, il Ministero dei LL.PP., solo nelle conclusioni definitive P,recisate 
in sede d'appello, neg� per la prima volta la demanialit� del :bene, 
e 1a Corte di merito asseri di poter esaminare ugualment17 una simile 
eccezione, ritenendo che, come assume anche il ricorrente, con essa 
fosse stata sollevata una questione di difetto di legittimazione passiva, 
rilevabile di ufficio. Ma, secondo l'indirizzo giurisprudenziale ormai assolutamente 
prevalente di, questa Corte Suprema (da ult., n. 3607 del 
1968, n. 896 del 1966, nn. 2119, 712 e 238 del 1965,), non si verte in 
materia di � legitimatio ad causam ., la quale costituisce una condizione 
dell'azione e consiste esclusivamente nel diritto potestativo di ottenere 
dal giudice una qualsiasi decisione di merito, ogniqualvolta si discuta, 

(3) Conf. Cass., Sez. Un., 10 giugno 1968, n. 1769, in questa Rassegna, 
1968, I, 512, ed ivi nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza. 
(4) Conf. Cass., Sez. Un., 7 marzo 1968, n. 729, in questa Rassegna, 1968, 
I, 185, sub 3. Sulla condanna generica, v. CARusr, note, in questa Rassegna, 
1964, I, 901, e 1965, I, 961. 

PAttTE l, S�Z. VI,.GitJBIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 145 

comunque, della titolarit� o meno, da parte dell'attore o tlel convenuto, 
del rapporto sostanziale formante oggetto della controv�ersia, trattandosi 
in .questi casi di una questione di merito: questione, pertanto, che non 
� sottratta <lilla disponibilit� delle parti e rimane coperta dal giudicato, 
quand'esso sia intervenuto nel corso del processo per' effetto di una 
sente.nza pronunziata nei gradi precedenti e non impugnata in ordine 
�'lpunto specifico. �Nella ,specie, a parte �che avanti al Tribunale attori 
e convenuto affermarono sempre, ora esplicitamente ed ora implicitamente, 
che il collettore � de quo � apparteneva allo Stato, ogni possibile 
questione al riguardo dovevasi ritenere risolta in tal senso da!lla sentenza 
di primo grado, giacch� la defuanialit� costituiva il presupposto 
logico e necessario per la pronunziata condanna del Ministero dei LL.PP. 
al risarcimento dei danni. Di conseguenza, l'asserzione, relativa alla propriet� 
del Comune di Velletri, anzich� dello Stato, avrebbe potuto e 
dovuto essere presa in considerazione dalla Corte di merito, anche ai 
fini della questione di competenza, soltanto se fosse stata tempestivamente 
dedotta dall'appellante come� motivo d'appello. 

Col secondo mezzo il ricorrente denunzia, in relazione ail n. 1 dell'art. 
360 c.p.c., violazione e falsa applicazione delle norme di cui alla 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, assumendo che l'azione di danno 
dipendente da difetti e ritardi nella manutenzione di un'opera idraulica 
non � proponibhle avanti all'Autorit� giudiziaria ordinaria. 

Questa censura � da rigettare. 

La discrezionalit� della P. A. in materia di acque non si 'discosta 
da quella che le � attribuita in ogni altro campo della sua attivit�. 
Pertanto, mentre devono esserle riconosciuti i pi� ampi poteri nel determinare 
le opere e i provvedimenti relativi al buon regime delle acque 
pubbliche, n� dal compllesso delle norme specifiche sulla relativa materia, 
n� dalla citata legge del 1865 deriva che l'operato della P. A. sia 
sottratto al sindacato de1l'Aut�rit� giudiziaria ordinaria, quand'esso determini 
la lesione di diritti s�ggettivi e, in particolare, quando in esso 
sia ravvisabile un difetto di diligenza, che possa dar luogo a responsab�lit� 
per colpa e al conseguente obbligo del risarcimento dei danni. 
Ora, nella sp.ecie, dai Cellucc.i si faceva appunto valere un fatto colposo 
della P. A., ossia un ritardo ingiustificato nella riparazione delle falle 
apertasi nel collettore situato sotto al !loro terreno -riparazione da 
loro sollecitata e riconosciuta necessaria dalla stessa Amministrazione, 
la quale poi vi provvide -e si richiedeva il risarcimento dei danni 
provocati da tale ritardo. 

Col terzo mezzo il ricorrente denunzia, con riferimento ai nn. 3 e 5 

dell'art. 360 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 e.e., e 

omessa e insufficiente motivazio.e su un punto decisivo, affermando 

che la sentenza: a) circa il nesso di causalit�, si basa unicamente su 

una lettera, da cui potrebbe al massimo desumersi l'esistenza di una 



146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

voragine, ma non che questa sia stata la causa diretta del preteso danno; 
b) si limita a un fugace accenno alla colpa dell'Amministrazione, senza 
riferimento a risultanze processualli; e) trascura la prova dell'es.istenza 

di un pregiudizio economico; d) omette di valutare il documento chiarificatore 
depositato dall'attuale ricorrente nell'udienza del 25 novembre 
1965. 

Tutte queste doglianze sono prive di fondamento. 

La sentenza della Corte di mevito, la quale non aveva bisogno di 
attardarsi a dimostrare l'esistenza della voragine apertasi nel terreno 
dei Cellucci, trattandosi di una circostanza incontroversa, non � sindacabile 
in sede di legittimit�, .per avere ritenuto di ravvisare nelle affermazioni 
contenute in una lettera dell'Ufficio del Genio Civile per il 
Tevere e l'Agro Romano la dimostrazione che il formarsi della voragine 
era stato direttamente provocato dall'infiltrazione d'acqua proveniente 
dalle falle del collettore. N� doveva occuparsi della prova della 
esistenza in concreto di un pregiudizio economico, sia p�erch�, ai fini 
della condanna generica al risarcimento, � sufficiente la potenzialit� di 
danni, la quale nella specie appariva � in re ipsa �, sia perch� al riguardo 
non esisteva del pari controversia. Quanto alla colpa dell'Amministrazione, 
essa � stata dalla sentenza chiaramente indicata neil fatto di avere 
provveduto alle opere di riparazione occorrenti per eliminare l'infiltrazione 
�con ritardo di quasi due anni dalla de.nunzia dei Ce1lucci: il che 
integra, senza alcun dUJbbio, un difetto di normale diligenza. Inoltre, a 
parte che anche un .siffatto ritardo costituiva una circostanza incontroversa, 
non pu� parlarsi di difetto di motivazione, allorch� il giudice di 
merito, enunciando il convincimento che ha tratto dalle risultanze processuali, 
indichi in modo specifico quali .siano tali risultanze. Infine, 
affinch� l'omesso esame di un documento possa considerarsi ritualmente 

Idenunziato in Cassazione, non basta menzionare � oer relationem � tale 
documento e �dichiararlo � chiarificatore �, ma occorre indicarne sia pure 
sommariamente il contenuto e le ragioni per cui il suo esame avrebbe 
potuto condurre a una diversa decisione. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 29 ottobre 1969, n. 30 -Pres. Stella 
Richter -Est. Daniele -Consorzio Villoresi (avv.ti Morvi1lo, Carones), 
ENEL (avv.ti Mazzullo, Setti) c. Ministero Lavori Pubblici, 
Ministero delle Finanze e Amministrazione Canali Demaniali Cavour 
(avv. Stato Albisinni) e Consorzio Ticino (avv.ti Sequi, Nonnis). 


Acque pubbliche ed elettricit� -Consorzio obbligatorio per regolazione 

di invaso -Provvedimenti relativi alla utilizzazione delle acque 

invasate -Interesse dei consorziati alla impugnativa -Sussiste. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). 
J 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 147 

Acque pubbliche ed elettricit� -Consorzio obbligatorio per regolazione 
di invaso -Provvedimenti che incidono sulla utilizzazione;'.
delle acque invasate -Interesse dei consorziati all'impugnativa 
anche in mancanza di un danno attuale -Sussiste. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). 
Ricorsi amministrativi -Ricorso giurisdizionale -Intervento in giudizio 
-Int~resse autonomo alla proposizione del ricorso -Inammissibilit�. 


(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione di utenza -Potere di intervento 
del Ministro dei �lavori pubblici ex art. 43 t. u. acque e 
impianti elettrici -Condizioni per l'esercizio: esigenze non normali, 
straordinarie, fuori della comune prevedibilit� -Fattispecie 
-Necessit� di preservare i canali demaniali annualmente dal 
gelo -Necessit� di incrementare la portata dei canali demaniali 
nella stagione il male -Illegittimo esercizio del potere -Sussiste. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 43). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Provvedimenti di immissione di nuove 
acque nei canali demaniali -Mancata comparazione di altri interessi 
pubblici concorrenti -Illegittimit�. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 7 e segg., 14, 16, 51). 
I consorziati in un consorzio obbligatorio, istituito per la regolazione 
di invaso di acque pubbliche, hanno interesse ad impugnare i 
provvedimenti che incidono sull'acqua contenuta nell'invaso, devolvendola 
a vantaggio di uno dei consorziati (1). 

(1-5) Osservazioni in margine ad una sentenza del Tribunale superiore 
delle acque, con particolare riguardo alla questione concernente la necessit� 

o meno di un formale provvedimento per la utilizzazione di acque pubbliche 
da parte dei Canali Demaniali. 
La prima massima della� sentenza in rassegna attiene all'interesse ad 
agire, che viene anche indicato come interesse alla impugnazione (cfr. SANDULLI, 
Manuale, 1969, 705), e non vi � dubbio che l'affermazione del Tribunale 
Superiore � esatta, .sussistendo certamente nei consorziati di un consorzio 
obbligatorio istituito per �la regolazione di un invaso di acque pubbliche 
l'interesse ad impugnare i provvedimenti che incidano sulle acque 
contenute nell'invaso. 

Ma, stabilita la sussistenza dell'interesse ad agire e, conseguentemente, 
la ricevibilit� del ricorso, ai fini, poi, deHa ammissibilit� del ricorso medesimo, 
occorreva ulteriormente accertare, se esistesse in concreto una lesione 


148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La circostanza che i ricorrenti, come � emerso ex post, non abbiano, 
in concreto, subito danni, dato l'andamento stagionale, non elimina tale 
interesse, che attiene all'utilit� che deriva a tutti i consorziati dall'evitare 
che si abbiano illegittime� dispersioni delle acque dell'invaso, 
che devono essere destinate a far fronte alle esigenze degli eventuali 
periodi di magra (2). 

� inammissibile l'intervento in giudizio di chi abbia autonomo interesse 
alla p11"oposizione di ricorso giurisdizionale (3). 

L'art. 43, ult. comma, t.u. sulle acque e gli impianti elettrici, appll"
OVato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 attribuisce al Ministro dei 
Lavori Pubblici, nella regolamentazione delle utenze di acque pubbliche, 
un potere di intervento, che gli consente di sacrificare i diritti dei concessionari 
con provvedimenti temporanei, sempre che sussista una delle 
seguenti condizioni:speciali motivi di pubblico interesse o deficienze eccezionali 
di acqua, che rendano necessaria una pi� opportuna ripartizione 
delle acque fra le diverse utenze. In entrambi i casi previsti dal 
citato art. 43, ult. comma, devono ricorrere, perch� l'affievolimento del 
diritto del concessionario sia legittimo, esigenze non normali, straordinarie, 
fuori della comune prevedibilit�. 

Non sono n� anormali, n� eccezionali le esigenze di p1�eservare le 
opere dei canali demaniali da danni in periodo di gelo e la necessit� di 

de1l'interesse vantato. Nella fattispecie, il Tribunale Superiore ha ritenuto, 
con le statuizioni riprodotte nella seconda massiffia, che sussistesse anche 
la lesione dell'interesse vantato e che sussistesse, quindi, quello che si qualifica, 
per distinguerlo dall'interesse all'impugnativa, come interesse alla 
decisione (SANDULLI, op. loc. citt.). 

A noi, per vero, non pare che l'affermazione del Trib. Sup. possa 
senz'altro condividersi, in quanto, escluso che il provvedimento impugnato 
determini una diminuzione della portata dell'acqua concessa, oppure impedisca 
il regolaxe esercizio della utenza, non si comprende in che possa consistere 
la lesione dell'interesse protetto spettante al concessionario. Non si 
comprende, cio�, che significato possa avere l'illegittima dispersione delle 
acque dell'invaso, che devono essere destinate a far fronte aille esigenze 
degli eventuali periodi di magra, in considerazione che tali dispersioni, in 
tanto possono determinare .una lesione dell'interesse del concessionario, in 
quanto importino una diminuzione della portata di acque concessa. Ma, se 
tale diininuzione non sussista iJil concreto, eventuali dispersioni delle acque 
da invasare non possono deterininare, di per s�, la concreta lesione del 
detto interesse. 

L'affermazione di cui alla massima n. 3 � conforme alla costante giurigprudenza 
del Cons. di Stato (Sez. IV, 23 ottobre 1968, n. 643, Il Consiglio di 
Stato, 1968, I,'1471; 2 luglio 1969, n. 314, Il Consiglio di Stato, 1969, I, 1108). 

Sull'interpretazione e sui limiti di applicabiilit� dell'art. 43 u. c. del t.u. 
sulle acque e gli impianti elettrici a noi risulta che vi sia un unico precedente 
nella giurisprudenza della Corte di Cassazione: la sentenza delle 
Sezioni Unite, n. 91, del 19 gennaio 1954 (Pres. Acampora -Est. Di Macco 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 149 

integrare la portata complessiva della rete dei canali demaniali, che, 
durante la stagione invernale, va soggetta a forti riduzioni (4). 

Il Ministero dei Lavori Pubblici, al quale spetta, nel vigente sistema, 
di amministrare le acque pubbliche, deve valutare i .vari interessi 
pubblici in contrasto, de�idendo su quella che � la migliore utilizzazione 
delle acque. La. finalit� della legge di unificare i giudizi di scelta delle 
varie forme possibili di utilizzazione deUe acque sarebbe elusa, se anche 
il Ministero delle Finanze potesse, in via generale, liberamente derivare 
acque dai corsi d'acqua pubblica e dar luogo ad autonomi procedimenti 
concessivi, al di fuori della disciplina contenuta nel t.u. sulle acque. 

Non giova approfondire sul piano concettuale, se l'atto con il quale 
� consentita l'utilizzazione dell'acqua pubblica al Demanio sia formalmente 
un atto di concessione (come sembrerebbe desumersi dal nomen 
iuris usato dall'art. 14 del t.u.), o sia un atto giuridico avente diversa 
natura. Quel che conta � che le utilizzazioni di nuove acque da parte 
dei canali demaniali debbono essere assentite con provvedimenti emanati 
dalla competente Amministrazione dei Lavori Pubblici, previa comparazione 
di eventuali altri interessi pubblici coocorrenti. Tale comparazione 
va compiuta o in sede di determinazione della riserva di corsi 
d'acqua, ai sensi dell'art. 51 del t.u,, o previa formale istruttoria, in base 
alle norme generali degli artt. 7 e segg. del t.u. stesso (5). 

-P. M. Reale -Ippolito e Pisani c. Ministero Lavori Pubblici, Societ� Forze 
Idrauli�he del' Liri e Viscogliosi, in Foro it., 1955, I, 1042), nella quale si 
afferma che �nella facolt�, concessa al Ministro dei Lavori Pubblici dall'ultimo 
comma dell'art. 43 t. u. sulle acque, di imporre temporanee limitazioni 
all'uso della derivazione o per speciali motivi di pubblico interesse o 
per eccezionali deficienze dell'acqua disponibile, non pu� intendersi compresa 
quella di autorizzare la costruzione, a spese comuni, di opere permanenti 
per dare alle varie utenze una definitiva sistemazione, quando anche 
con ci� si ottenga che, nell'a eventualit� di magre eccezionali, la riduzione 
delle acque venga a gravare non su alcuni soltanto degli utenti, ma, proporzionatamente, 
su tutti�. 

Nella fattispecie esaminata nella sentenza in rassegna non si verteva 
nella ipotesi di costruzione di opere permanenti e nemmeno nella ipotesi 
di limitazioni di carattel'e permanente. Se, comunque, pu� ritenersi, in via 
di massima, esatto il principio, in detta sentenza affermato, che il potere, 
conferito al Ministro dei LL.PP. dall'art. 43 u. c. del t.u., possa essere esercitato 
quando ricorrano esigenze non normali, straordinarie, fuori della 
comune prevedibilit�, � del tutto discutibile che, nella specie considerata, 
la necessit� di preservare i canali demaniali dal gelo non integrasse quella 
esigenza non normale, straordinaria, a cui la Legge condiziona l'esercizio 
del potere in discussione. N� a noi sembra possa av�er rilievo la circostanza 
affermata nella sentenza, che la necessit� di preservare i canali dal gelo 
si ripresentevebbe ad ogni stagione jemale. Il provvedimento ex art. 43 u. c. 

t.u. sulle acque era stato, nel caso in discussione, adottato dal Ministro dei 
Lavori Pubblici una prima volta per la stagione j<emale 1959-60 e, poi, ripetuto, 
a distanza di sei anni, per la stagione jema.le 1965-66. U che significa 

150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Il Collegio ritiene che i ricorsi siano da riunire, al 
fine di un'unica decisione. Invero, pur presentandosi per aJcuni di essi 
profili processuali essenzialmente diversi, le questioni, con i medesimi 
proposte, sono fondamentalmente analoghe ed � quindi utile esaminarle 
in unico contesto. 

Il primo ricorso, proposto dalla Soc. Vizzola con. atto notificato il 
10 marzo 1960 e poi riassunto dall'E.N.EL., ha dato luogo ad un'eccezione 
di difetto di interesse (che si ripresenta anche in altri ricorsi, sia 
pure sotto profili parziaJmente diversi), che va preliminarmente esaminata. 


� poi chiaro che dalla soluzione di questo problema preliminare di 
interesse dipende anche l'eccezione di inammissibilit� degli interventi, 
che sarebbero consentiti solo se, in effetti, non fosse da riconoscere agli 
intervenienti un interesse diretto, tutelabile con autonomo ricorso. 

L'eccezione sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato � la seguente: 
il d.m. 23 novembre 1959 ha ridotto l'acqua derivabile dal 
Consorzio Villoresi, ma non iha affatto inciso sull'utenza Vizzola (ora 
E.N.EL.); di conseguenza la Soc. Vizzola non aveva interesse a ricorrere 
e il ricorso, da essa proposto, va dichiarato inammissibile, atteso che 
l'unico interessato (il Consorzio Villoresi) ha lasciato perimere il ricorso 

che non si era inteso di provvedere ad esigenze permanenti, sibbene ad 
esigenZJe temporanee, determinate dal particoJ.are andamento stagionale, 
ben idonee, in relazione ai motivi di interesse pubblico che hanno determinato 
la costruzione e la gestione da parte dello Stato dei Canali demaniali 
di irrigazione, a ,giustificare le temporanee limitazioni all'uso di altre 
derivazioni. 

Il Tribunale Superiore, risolvendo 1a questione relativa alla necessit� 

o meno di provvedimenti formali per la immissione di acque pubb1iche nei 
Canali Demaniali di irrigazione, ha affermato che � le utilizzazioni di 
nuove acque da parte dei Canali Demaniali debbono essere assentite con 
provvedimenti emanati dalla competente Amministrazione dei Lavori Pubblici, 
previa comparazione di eventuali altri interessi pubblici concorrenti; 
e tale comparazione va compiuta o in sede di determinazione della riserva 
di corsi d'acqua, ai sensi dell'art. 51 del t.u. (che deve essere poi seguita dal 
provvedimento, che consente in concreto l'utilizzazione, da adottare, ai sensi 
dell'art. 14 -secondo comma -del t.u., sentito il Consiglio Superiore dei 
LL.PP.) o previa formale istruttoria, in base alle norme generali degli articoli 
7 e segg. del t.u. stesso�. 
La tesi non pu� essere accolta. 
Sulla questione vi � un precedente in termini (Sez. Un., 22 ottobre 1954, 


n. 3996 -Pres. Acampora -Est. Di Pilato -P. M. Pafundi -Consorzi Irrigui 
di S. Polo ed altri -Amministrazione delle Finanze, in Foro pad., 1, 854) 
nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale ha affermato � che 
lo Stato, al quale spetta ope legis la propriet� pu.bblica sulle acque fluenti 
nei fiumi, torrenti e simili, non ha bisogno di alcuna concessione per derivare 
le. acque dai suddetti corsi e per immetterle in canali propri, costruiti per 
gli scopi previsti dal t.u. sulle acque pubbliche. Nell'esercizio del potere 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 151 

a suo tempo proposto avverso il detto decreto; ne consegue che l'intervento 
fatto dal Consorzio Villoresi nella causa della soc. Vizzo'la, riassunta 
dall'E.N.E.L., � inammissibile. 

Il Tribunale osserva che �senza dubbio la Soc. ViUore&i era legittimata 
a produrre ricorso avverso il citato decreto, che, facendo uso 
del potere previsto dall'art. 43, u. c., del t. u. sulle' acque 11 dicembre 
19.33, n. 1775, aveva affievolito il suo diritto di utente, per affermate 
esigenze di pubblico interesse. 

Ma ci� non esclude che altri soggetti possano avere interesse al 
ricorso, sotto profili diversi. 

Si deve tenere presente, al fine dell'esame della delicata questione 
d'interesse qui proposta (questione che si riproduce per i ricorsi prodotti 
avverso i provvedimenti, adottati per le stagioni iemali 1966, 
1967 e 1968), che,il prov,vedimento impugnato � destinato ad inddere 
sulla regolazione delle acque da parte del Consorzio del Ticino. 

Ildetto Consorzio, istituito come consorzio obbligatorio con r.d.1. 
14 1giugno 1928, n. 1595, ha lo scopo della manutenzfone e dell'esercizio 
dell'invaso del lago Maggiore; di esso fanno' parte sia i ricorrenti, 
sia il Demanio, il quale, ai sensi dell'art. 8 dello statuto del 
Consorzi�, approvato con r.d. 13 settembre 1938 ,n. 6840, partecipa 

dominicale che gli .spetta sui beni demaniali in genere e sulle acque pu6bliche 
in particolare, lo Stato non trO'Va altro limite all'infuori della naturale 
destinazione pubblica delle acque, destinazione che con l'immissione 
deHe -acque nei canali demaniali non viene mutata o turbata, ma viene 
invece attuata per il raggiungimento di tutte quelle finalit� di pubblico 
generale interesse che costituiscono anche finalit� statali �. 

La questione risulta anche compiutamente esaminata, in un parere pro 
veritate, pubblicato in ACQUE, BONIFICHE, COSTRUZIONI, 1957, 587, del prof. 

A. C. JEMOLO, il quale giustamente conclude: � Poich� trattasi di operare 
il passaggio di acqua pubblica, cJie resta tale, da .n bene demaniale ad un 
altro, cio� dall'alveo del fiume al canale demaniabe, e di farne passare la 
utilizzazione sotto il regolamento di una anzich� dell'altra Amministrazione 
dello Stato, non possono richiamarsi, neppure per analogia, gli istituti 
e le regole della concessione a privati. Questo passaggio va operato attraverso 
una intesa delle due Amministrazioni, che non ha bisogno di estriiisecarsi 
in atti solenni: senza che la legge preveda apposita istruttoria, e 
senza che dei terzi abbiano diritto ad hiterloq'!,1,ire �� 
II problema particolare relativo alla immisS'.ione di acqua pubbliche 
nei canali demaniali si inquad<ra in un pi� ampio problema, che investe la 
utilizzazione, in via generale, di acqua pubbl!i.che da parte dello Stato per 
fini di suo interesse e, conseguentemente, la necessit� di provvedimenti formali, 
da parte dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici e dell'Amministrazione 
delle Finanze (Demanio), alle qualli spetta la competenza di disporre 
delle acque pubbliche, a favore di� altre Amministrazioni dello Stato, che 
debbano utilizzare le acque, per fini, che, anche se di carattere patrimoniale, 
rimangono sempre fini di pubblico interesse, non essendo concettualmente 
ammissibile ,che lo Stato, e per esso le singole branche di amministra:zfone 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al Consorzio stesso per il vantaggio che la regolazione del Lago Maggiore 
rappresenta per i canali demaniali e per l'interesse pubblico al 
regolare funzionamento del Consorzio. 

Ci� posto, poich� il provvedimento impugnato incide sull'acqua 
contenuta nell'invaso, devolvendola a vantaggio di un consorziato, 
la questione da risolvere � se gli altri �consorziati, in quanto tali, abbiano 
interesse ad impugnare il provvedimento stesso. 

Il Tribunale Superiore ritiene che ogni consorziato abbia ipteresse 
legittimo, tutelabile in sede di legittimit�, a che la determinazione del 
modo di utilizzazione dell'acqua sia attuata in conformit� dell'ordinamento 
proprio del Consorzio e della legge che lo disciplina (Trib. 
Super. AA.PP., 23 luglio 1936, n. 22). 

La circostanza (peraltro contestata) che i ricorrenti, come � emerso 
ex post, non abbiano, in concreto, subito danni, dato l'andamento dei 
deflussi nella stagione iemale, non vulnera tale interesse, che si concreta 
nell'utilit� che deriva a tutti i consorziati dall'evitare che si 
abbiano illegittime dispersioni delle acque dell'invaso, che devono essere 
destinate a far fronte alle esigenze degli eventuali periodi di 
magra. 

Il Collegio non ritiene di poter seguire la difesa dell'Amministrazione 
laddove sostiene che tale interesse particolare (che coincide 

in cui si articola, agisca se non per fini di pubblico interesse. Il problema 
generale, per vero, attualmente si riduce, in concreto, al problema particolare 
dell'immissione di acque pubbliche nei canali demaniali di !irrigazione. 
Prima deHa legge 6 dicembre 1962, n. 1643 sull'istituzione dell'Enel, 
il problema si poneva anche per l'Amministrazione delle Ferrovie dello 
Stato, per le utilizzazioni di acque pubbliche a scopi idroelettrici attribuite 
all'azienda ferroviaria per le necessit� dell'esercizio. Adesso per le Ferrovie 
il problema forse pi� nemmeno si pone, per i compiti che sono stati affidati 
all'~nel, in dipendenza della nazionalizzazione dell'industria elettrica, e 
per H gi� avvenuto trasferimento all'Enel delle attivit� elettriche gi� esercitate 
direttamente dall'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (d. P R. 

n. 730 del 22 maggio 1963, in G. U. n. 144 del 1� giugno 1963; d. m. 30 giugno 
1964, in G. U. n. 175 del 18 luglio 1964; d. m. 31maggio1968, in G. U. n. 168 
del 5 luglio 1968). 
Comunque, ci occupiamo in questa nota del problema particolare relativo 
ai canali demaniali, che presenta, peraltro, degli aspetti peculiari. 

Vi �, infatti, un elemento di� carattere decisivo, che il Tribunale Superiore 
ha del tutto trascurato di esaminare, e cio� che i Canali demaniali 
di irrigazione, a parte anche la qualificazfone letterale, sono beni indubbiamente 
�appartenenti al Demanio dello Stato. Sulla natura giuridica dei 
canali demaniali di irrigazione si � diffusamente soffermato fo Jemolo nel 
parere in precedenza richiamato, rilevando, fra l'altro, che il carattere di 
demanialit� dei detti canali risulta chiaramente dal r. d. 1. 25 febbraio 
1924, n. 456, che, estendendo alle utenze dei canali artificia'1i dello Stato le 
disposizioni degli artt. 2 e 125 d.l. 9 ottobre 1919, n. 2161, � implic� la inequivocabile 
affermazione della natura demanial'e di tali corsi d'acqua, i quali 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 153 

con l'interesse pubblico alla retta regolazione dell'acqua dell'invaso) 
non abbia alcuna tutela giuridica e che tutelabili sarebbero solo le 
pretese di diritto soggettivo, derivanti da concreti danni, originati 
da illegittima sottrazione di acqua agli utenti. 


Ammissibile � dunque il rticorso sopraindicato, proposto dalla 
soc. Vizzola, ora ENEL; inammissibile invece � l'intervento della Soc. 
Villoresi, �che aveva un autonomo interesse alla proposizione del ricorso 
e che, infatti, aveva a suo tempo instaurato, a difesa dei suoi 
interessi, un distinto giudizio, non riassunto nei termini di perenzione. 

Passando al ricorso proposto con atto notificato il 5 .gennafo 
1966 dal Consorzio Villoresi avverso la nota ministeriale 8 novembre 
1965, n. 24199, e ai motivi aggiunti formulati avverso il d.m. 27 ottobre 
1965, n. 1644, ritiene il Collegio che non sia fondata la tesi 
dell'Amministrazione che tali atti abbiano valore di atti interni. 

Invero, con il d.m. 27 ottobre 1965 il Ministero dei LL.PP. limit� 
la quantit� d'acqua derivabile ,dal Consorzio Villoresi a vantaggio 
dei Canali demaniali; tale decreto fu inviato al Genio Civile e, sebbene 
l'Amministrazione abbia dato la singolare istruzione di non notificare 
il decreto stesso se non Qn caso di inderogabile necessit�, esso costituiva 
un atto amministrativo pienamente efficace, che doveva essere 
portato ad esecuzione. 

venivano assoggettati alle regole fondamentali, specifiche del regime della 
demanialit�, della inammissibilit� di diritti di origine privatistica, e, 
conseguentemente, della esigenza del riconoscimento statale alle utenze in 
atto, nonch� della trasformazione di quelle gi� perpetue in temporanee�. Lo 
Jemolo richiama, altresl, le disposizioni regolamentari per i canali demaniali, 
contenute nel r.d. 3 maggio 1937, n. 8"99, emanato proprio per la dichiarata 
esigenza di adeguare la regolamentazione speciale alla nuova disciplina 
generale sulle acque. Tutte le principali disposizioni di tale nuova 
disciplina vennero, con il citato r.d. 3 maggio 1937, n. 899, dichiarate applicabili 
ai corsi d'acqua artificiali dello Stato: 

venne prescritta la esigenza del formale atto di concessione (art. 8); 
vennero ripetute le ipotesi di decadenza daHa concessione contenuta 
nell'art. 55 del t.u. n. 1775 del 1933 (art. 15); 

tutte le utenze furono sottoposte alla eventualit� di temporanee Limitazioni 
dettate dal Ministro delle Finanze per speciali motivi di pubblico 
interesse o per eccezionale deficienza dell'acqua disponibile (art. 16); 

fu riaffermata la regola, secondo la quale ogni concessione di deriva-~ 
zione s'intende fatta entro i limiti di disponibilit� dell'acqua e salvi i diritti ~ 
dei terzi (art. 17); ~ 
le utenze furono dichiarate non cedibili senza il nulla osta ministe-!i 
riale (art. 18, comma 1); �' 
fu o_rescritta la inderogabile inerenza dell'utenza al fondo (art. 18, f:i 
comma 3"); fJ 

fu prevista la sottensione (art. 20); 1. 

fu, all'art. 22, testualmente disposto: � Oltre quanto � specificamente !. 

lndkato �" ,,..<Cedenti a'tiooli, �ono apP!ioabili ai ronali demaniali tutte . . ' 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ed infatti il Genio Civile esegu� il provvedimento dando istruzioni 
al Consorzio del 'Ilicino; pertanto, l'inciso, contenuto nella nota 
8 novembre 1965, � senza, ove ne sussista la possibilit�, diminuire la 
portata a disposizione del Canale Villoresi ., va interpretato, in relazione 
al cennato decreto ministeriale, che prevedeva il sacrificio dell'utenza 
Villoresi, nel senso che l'Amministrazione avrebbe cercato di 
non sacrificare, di fatto, l'utenza suddetta, se non fosse stato necessario, 
fermo restando per� l'affievolimento del diritto della soc. Villoresi, 
gi� disposto dal d.m. 27 ottobre 1965. 

Poich� la nota 8 novembre 1965 citata � un atto di esecuzione 
e di parziale comunicazione del d.m. 27 ottobre 1965, l'interesse della 
Soc. Villoresi al ricorso va valutato in relazione al contenuto del detto 
decreto; e poich� esso, come si � detto, prevede l'affievolimento di una 
parte dell'utenza, in applicazione dell'art. 43, u.c., del t.u. sulle acque, 
non pu� dubitarsi dell'interesse della Societ� stessa al ricorso. 

La circostanza che la detta Societ� non avrebbe di fatto subito 
alcun danno (a parte la sua irrilevanza, dovendo l'interesse alla proposizione 
del ricorso essere valutato con riferimento al momento del 
ricorso, e non ex post, in base a fatti sopravvenuti) � validamente 
contraddetta dalla ricorrente, la quale ha posto in luce che dal fatto 

le norme concernenti la tutela e la polizia dei corsi d'acqua e la disciplina 
giuridica delle utenze contenute nel testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, 
salvo �he le norme speciali che li riguardano dispongano altrimenti .. 

Dall'esame deHe disposizioni richiamate, lo Jemolo trae la conseguenza, 
che -a nostro avviso -non offre ragione di discussione, che i canali 
demaniali di irrigazione, possedendo l'attitudine ad usi di pubblico, generale 
interesse, :fanno indubbiamente parte del Demanio dello Stato, ai sensi del 
l '' comma dell'art. 822 e.e. (che non ha portata innovativa), in relazione 
all'art. 1 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. 

Stabilita l'appartenenza al Demanio dello Stato dei canali demaniali di 
irrigazione, appare chiaramente insostenibile la ipotizzabilit� non soltanto 
di un provvedimento di concessione, ipotesi questa, che, sia pure in via 
dubitativa, viene anche avanzata dal Tribunale Superiore delle AA. UU., ma 
bens� anche di un p.rovvedimento formale, diversamente q11alificabile, da 
emanarsi �dalla competente Amministrazione dei Lavori Pubblici, previa 
comparazione di eventuali altri interessi pubblici concorrenti .. 

La concessione, sia nella forma tipica e tradizionale della concessione 

amministrativa, sia, a maggior ragione, nella forma della cosidetta con


cessione-contratto, � costituita da un rapporto fra due so,ggetti, giuridica


mente distinti, il concedente ed iJ1 concessionario. Da ci� deriva che lo Stato, 

quale titolare dello ius eminens sulle acque pubbliche, non pu� concedere 

a s� stesso, nella posizione, peraltro, perf,ettamente analoga, di titolare 

dello ius eminens su acque pubbliche portate nei canali demania[i di irri


gazione, quelle acque che passano, senza perdere la loro caratteristica di 

acque demaniali, dai loro naturali alvei ai canali artificiali di irrigazione. 

Il Tribunale Superiiore richiama, per ipotizzare, sia pure, come abbiamo 

detto, in via dubitativa (�come sembrerebbe desumersi dal nomen iuris 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 153 

con l'interesse pubblico alla retta regolazione dell'acqua dell'invaso) 
non abbia alcuna tutela giuddica e che tutelabili sarebbero solo le 
pretese di diritto soggettivo, derivanti da concreti danni, originati 
da illegittima sottrazione di acqua agli utenti. 

Ammissibile � dunque il ti.corso sopraindicato, proposto dalla 
soc. Vizzola, ora ENEL; inammissibile invece � l'intervento della Soc. 
Villoresi, che aveva un autonomo interesse alla proposizione del ricorso 
e che, infatti, aveva a suo tempo instaurato, a difesa dei suoi 
interessi, un distinto giudizio, non riassunto nei termini di perenzione. 

Passando al ricorso proposto con atto notificato il 5 .gennafo 
1966 dal Consorzio Villoresi avverso la nota ministeriale 8 novembre 
1965, n. 24199, e ai motivi aggiunti formulati avverso il d.m. 27 ottobre 
1965, n. 1644, ritie.ne il Colleglio che non sia fondata la tesi 
dell'Amministrazione che tali atti abbiano valore di atti interni. 

Invero, con il d.m. 27 ottobre 1965 il Ministero dei LL.PP. limit� 
la quantit� d'acqua derivabile .dal Consorzio Villoresi a vantaggio 
dei Canali demaniali; tale decreto fu inviato al Genio Civile e, sebbene 
l'Amministrazione abbia dato la singolare istruzione di non notificare 
il decreto stesso se non �in caso di inderogabile necessit�, esso costituiva 
un atto amministrativo pienamente efficace, che doveva essere 
portato ad esecuzione. 

venivano assoggettati alle regole fondamentali, specifiche del regime della 
demanialit�, della inammissibilit� di diritti di origine privatistica, e, 
conseguentemente, della esigenza del riconoscimento statale alle utenze in 
atto, nonch� della trasformazione di quelle gi� perpetue in temporanee�. Lo 
Jemolo richiama, altresi, le disposizioni regolamentari per i canali demaniali, 
contenute nel r.d. 3 maggio 1937, n. 8"99, emanato proprio per la dichiarata 
esigenza di adeguare la regolamentazione speciale alla nuova disciplina 
generale sulle acque. Tutte le principali disposizioni di tale nuova 
disciplina vennero, con il citato r.d. 3 maggio 1937, n. 899, dichiarate applicabili 
ai corsi d'acqua artificiali dello Stato: 

venne prescritta la esigenza del formale atto di concessione (art. 8); 
vennero ripetute le ipotesi di decadenza dalla concessione contenuta 
nell'art. 55 del t.u. n. 1775 del 1933 (art. 15); 

tutte le utenze furono sottoposte alla eventualit� di temporanee Limitazioni 
dettate dal Ministro delle Finanze per speciali motivi di pubblico 
interesse o per eccezionale deficienza dell'acqua disponibile (art. 16); 

fu riaffermata la regola, secondo la quale ogni concessione di derivazione 
s'intende fatta entro i limiti di disponibilit� dell'acqua e salvi i diritti 
dei terzi (art. 17); 

le utenze furono dichiarate non cedibili senza il nulla osta ministeriale 
(art. 18, comma l); � 
fu prescritta la inderogabile inerenza dell'utenza al fondo (art. 18, 
comma 3�); 

fu prevista la sottensione (art. 20); 

fu, a1l'art. 22, testualmente disposto: � Oltre quanto � specificamente 

indicato nei precedenti articoli, sono applicabili ai canali demaniali tutte 

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156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riservato di emanare, in caso di necessit�. Ci� non esclude per� che gli 
atti impugnati debbano essere considerati atti esterni, suscettibili di impugnazione; 
essi invero hanno impartito disposizioni al Consorzio del 
Ticino, che � un soggetto distinto dallo Stato, avente personalit� giuridica, 
di disporre in un certo modo dell'acqua contenuta nell'invaso. 

Tali disposizioni potevano quindi bene essere impugna~e dai consorzisti, 
per le ragioni gi� esposte nell'esame del primo ricorso. 

Le argomenti;izioni della difesa dell'Amministrazione circa la mancanza 
di danni subiti dai ricorrenti (a parte che esse sono in fatto contestate 
dai ricorrenti e soprattutto dalla soc. Villoresi che ha rappresentato 
l'impossibilit� di sviluppo delle marcite) non sono pertinenti, 
atteso che, come si � detto, l'interesse dei consorziati � di evitare l'illegittima 
erogazione delle acque invasate, che sono a garanzia �comune 
della piena utilizzazione delle derivazioni. N� si dica che non v'era in 
fatto alcuna possibilit� che l'erogazione delle acque al Canale Regina 
Elena in concreto pregiudicasse le utenze, atteso che, come non � contestato 
fra le parti, il Consiglio Superiore dei LL.PP. aveva accertato che 
non esistevano acque sovrabbondanti, da dare in concessione, e che le 
acque erano sufficienti solo a soddisfare le utenze esistenti; sicch� la 
diminuzione delle acque dell'invaso costituiva e costituisce immanente 
pericolo per i consorziati di non poter integralmente disporre dell'acqua, 
ottenuta in concessione, in caso di futuri periodi di magra. 

perch� � al Ministro delle Finanze che spetta di disporre delle acque portate 
nei canali demaniali. 

Escluso che l'art. 14 del t.u. possa offrire argomenti per far ritenere 
che iJl provvedimento formale, che il Tribunale Supedore afferma debba, 
comunque, sussistere, possa avere la natura di un provvedimento di concessione, 
� proprio dal detto articolo che -a nostro avviso -possono 
anche trarsi utili argomentazioni per dover escludere che vi sia, per la 
ipotesi in discussione, la necessit� di un provvedimento formale da emanarsi, 
peraltro--secondo la opinione del Tribunale Superiore -soltanto 

� dalla competente Amministrazione dei Lavori Pubblici � (e ci� mentre, 
come abbiamo visto, per l'art. 15 dell t.u., le Amministrazioni congiuntamente 
competenti nella materia sono quelle dei Lavori Pubblici e delle 
Finanze), �previa comparazione di eventuali altri interessi pubblici concorrenti 
.. �:, infatti, l'art. 14, 2� comma, del t.u. che stabilisce che la � concessione 
� alle Amministrazioni delllo Stato va fatta � senza bisogno di 
formale istruttoria �, cio� senza comparazione con altri interessi pubblici 
concorrenti, perch� la formale istruttoria significa appunto la comparazione 
fra gli interessi in concorrenza alla utilizzazione delle acque. Cade, perci�, 
per la esplicita disposizione della Legge, la prima ipotesi che il Tribunale 
Supeviore ha fatto, della attribuzione di acqua ad Amministrazione dello 
Stato a seguito di riserva operata ai sensi dell'art. 51 del t.u., in considerazione 
che l'art. 14 del t.u. riguarda esattamente le domande per derivazioni 
da corsi d'acqua riservati ai sensi dell'art. 51. 
Infondata �, peraltro, l'ail.tra affermazione del Trib. Sup., secondo cui 
l'obbligo di comparazione degli interessi pubblici concorrenti deriverebbe, 

I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 157 

Ci� costituisce un apprezzabile interesse, idoneo a legittimare il 

ricorso sotto il profilo processuale e sostanziale. 

L'intervento dell'ENEL nel ricorso, proposto dalla Soc. Villoresi avverso 
il provvedimento adottato per la stagione iemale 1966-67, va di.
chiarato inammissibile, perch� il detto ente, per le considerazioni gi� 
svolte, doveva produrre distinto ricorso, essendo, quale consorzista, tito


lare di un inetresse legittimo, tutelabile con autonoma impugnativa. 

Nel merito, vanno anzitutto esaminati congiuntamente i primi due 

rkorsi, proposti rispettivamente dalla Soc. Vizzola, ora ENEL, e dalla 

soc. Villoresi avverso i provvedimenti emanati dall'Amministrazione ai 

sensi dell'art. 43 u.c. del t.u. sulle acque. 

Tali ricorsi sono fondati. 

Esattamente le ricorrenti. sostengono che nella specie non sussiste


vano i presupposti per l'emanazione del provvedimento eccezionale pre


visto dall'art. 43, u.c., citato. 

Invero la detta disposizione stabilisce che il Ministro dei LL.PP. pu� 

imporre temporanee limitazioni all'uso della derivazione, che siano rite


nute necessarie, per speciali motivi di pubblico interesse, o quando si 

verifichino eccezionali deficienze d'acqua disponibile, cos� da conciliare, 

nel modo pi� opportuno, le legittime esigenze delle diverse utenze. 

Al Ministro �, dunque, riconosciuto, nella regolamentazione delle 

utenze, un potere di intervento, che gli consente di sacrificare i diritti 

dei concessionari con provvedimenti temporanei, sempre che sussista una 

nella ipotesi �che non sussista una riserva d'acqua ai sensi dell'art. 51 del 

t.u., da1le norme generali contenute neg1i artt. 7 e segg. del t.u. stesso, le 

quali disciplinano la procedura per l'assentimento delle concessioni di uti


lizzazione di acque pubbliche. 

La concessione, unitamente al riconoscimento di titoli legittimi o del 

diritto derivante dall'uso effettuato per il trentennio anteriore al 1884, co


stituisce, ai sensi dell'art. 2 del t.u., il titolo che consente di derivare e 

utilizzare acqua pubblica. Gli artt. 3 e 4 stabilliscono la procedura per il 

riconoscimento di pl'eesistenti diritti all'uso delle acque; gH artt. 7 e se


guenti la proceduxa per l'assentimento delle � concessioni �. Ma non � possi


bile ritenere applicabili le norme relative aille concessioni a situazioni per 

le quali non � ipotizzabile un rapporto di concessione. Si tratta di norme 

di diritto pubblico che regolano un particolare rapporto intersubiettivo e 

che non possono, perci�, trovare appUcazione estensiva a rapporti del tutto 

diversi, che, peraltro, non �sono rapporti giuridici fra Enti aventi distinta 

personalit� giuridica, nia, tutt'al pi� rapporti di carattere amministrativo 

fra Amministrazioni dell'unico soggetto di diritti e di poteri, che � lo 

Stato. Ed in mancanza di esplicite norme, che, al di fuori del rapporto di 

concessione, regolino espressamente quella particolare situazione di carat


tere amministrativo che � costituita dal trasferimento di acque pubbliche 

dai loro alvei naturali ad alvei artificiali, quali sono i canali demania[i di 

irrigazione, non pu� che concludersi, cosi, come ha concluso lo Jemolo 

(op. cit., 597). 

G. ALBISINNI 

158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di queste condizioni: speciali motivi di pubblico interesse, o deficienze 
eccezionali di acque, che rendano necessaria una pi� opportuna ripartizione 
delle acque fra le diverse utenze. 

Come gi� ha chiarito questo Tribunale Superiore nella sent. 20 aprile 
1937, n. 20, in entrambi i casi previsti dal citato art. 43, u.c., devono 
ricorrere, perch� l'affievolimento del diritto del concessionario sia legittimo, 
esigenze non normali, straordinarie, fuori della comune prevedibilit�. 


Ora, nella specie, i provvedimenti sono stati motivati, da una 
parte, con l'esigenza di preservare le opere del Canale Regina Elena 
da danni in periodo di gelo, e, dall'altra, con la necessit� di integrare la 
portata complessiva della rete dei Canali demaniali, che, durante la 
stagione invernale, va soggetta a forti riduzioni.. 

Ci� stante, bene rilevano le Societ� ricorrenti 'Che tali esigenze non 
sono n� anormali, n'� eccezionali. In particolare, la necessit� di preservare 
i canali dal gelo si ripresenta ad ogni stagione iemale e, per la sua periodica 
ricorrenza, � quindi prevedibile. L'esigenza di incrementare la 
portata dei Canali demaniali costituisce, poi, un'esigenza permanente, 
alla quale, ove ricorrano prevalenti motivi di pubblico interesse, pu� 
provvedersi, non gi� con il provvedimento eccezionale e temporaneo di 
cui all'art. 43, u.c., bensi con il procedimento di sottensione previsto 
nell'art. 45 del t.u. sulle acque. 

D'altronde, nella specie, non sussisteva, n� � stata affermata, l'esigenza 
della riduzione delle derivazioni, per eccezionali deficienze di 
acque; le quali, anzi, secondo quanto affermato dalla stessa difesa della 
Amministrazione, si sarebbero rivelate sovrabbondanti. 

I provvedimenti impugnati, in quanto lesivii dell'interesse della Soc. 
Vizzola, quale consorziata, e della Soc. Villoresi, nella dupli.ce veste di 
consorzista e di soggetto inciso dal provvedimento di affievolimento del 
diritto ad una parte della sua utenza, vanno quindi annullati per il 
sopracennato vizio. 

I provvedimenti, adottati per le successive stagioni iemali, come si 
� detto, non sono stati adottati ai sensi dell'art. 43, u.c., del .t.u. sulle 
acque, ma contengono disposizioni, impartite al Consorzio del Ticino, 
circa la regolazione delle acque dell'invaso, che dovrebbe essere effettuata 
in modo da assicurare al Canale Regionale Elena somministrazioni 
idonee a garantire i canali dai pericoli del gelo e ad integrare le 
portate dei Canali Cavour. 

I detti provvedimenti, come esattamente rilevano le ricorrenti, 
hanno ad oggetto le acque regolate, e non quelle sovrabbondanti, re-
fluenti dopo il raggiungimento del massimo invaso; altrimenti non 
avrebbe ragion d'essere l'emanazione di un ordine al Consorzio del 
Ticino, che esplica l'attivit� di regolazione delle acque contenute nel-
l'invaso. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 159 

Nei riguardi dei eitati provvedimenti sono fondati i motivi di ricorso 
con i quali i ricorrenti lamentano, quali consorzisti, l'eccesso di 
potere, per avere l'Amministrazione impartito disposizioni al Consorzio, 

/

imponendogli erogazioni, in contrasto con la sua precipua finalit� di 
regolamenta2lione dell'invaso, ed al fine di costituire una utenza stagionale 
a favore di un consorzista. 

� da premettere che le acque \nuove derivanti dalla regolazione 
devono formare oggetto di nuove c~ncessioni, che devono essere assentite 
dall'Amministrazione, ai sensi dell'art. 66 del t.u. sulle acque. 

Non � dubbio, quindi, che, ,ove vii fossero state acque sovrabbondanti, 
alle nuove utilizzazioni si sarebbe, nella specie, dovuto provvedere 
mediante procedimenti di concessione; ed infatti, come non � contestato 
fra le parti, un procedimento del genere ebbe inizio, ma non 
fu condotto a tel'mine, essendo so�r.ti dubbi sulla disponibilit� delle 
acque. 

Il procedimento di concessione � necessario anche quando si tratti 
di concessioni, a scopo di irrigaziione, delle acque iemali, come risulta 
.dall'ultimo comma dell'art. 36 del t.u. sulle acque. 

Ci� posto �l Collegio deve rilevare in via generale che, come esattamente 
ebbe a rilevare la II Sezione del Consiglio di Stato nel parere 
11 .gi�gno 1968, n. 451, acquisito agli atti, l'Amministrazione non pu� 
avvalersi degli strume,nti della regolazione per c�reare o ampliare le 
utenze, dovendo queste essere esercitate nei limiti risultanti dai titoli 
di concessione. 

Ne deriva che sono illegittimi i provvedimenti, che, impartendo 
istruzioni ad un Consorzio, avente il fine della regolazione delle acque, 
siano diretti a costituire nuove utenze, senza l'osserv~nza dei procedimenti 
all'UO'PO stabiliti dalla legge. 

L'Avvocatura dello Stato ha rilevato .che il Consorzio. del Ticino 
non ha solo lo scopo della regolazione dell'invaso del Lago Ma~giore e 
che, trattandosi di utilizzazione delle acque da parte del Demanio, non 
era necessario un formale atto di concessione. 

In ordine al primo rilievo � da osservare che �gli attuali compiti del 
detto Consorzio sono solo quelli della manutenzione e dell'esevcizio dell'opera 
regolatrice dell'invaso del Lago Maggiore, come risulta dall'art. 
1 del r.d.I. 14 giugno 1928, n. 1595. 

La circostanza che il Consorzio, con l'art. 1 dello Statuto approvato 
con r.d. 13 settembre 1938, n. 6840, si sia autolimitato nella facolt� di 
chiedere concessioni, intese alla migliore ed integrale utilizzazione delle 
acque nell'interesse dei consorziati, subordinandola alla �condizione che 
l'utilizzazione stessa sia compatibile con quella richiesta dai Canali demaniali, 
non dimostra che il Consorzio possa, senza un provvedimento 
di concessione, erogare acque agli utenti, che non vi abbiano titolo. 
D'altronde la richiamata norma non crea, n� pu� creare, un titolo di 

'12 


160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

precedenza dell'utenza demaniale, rispetto a qualsiasi altro richiedente, 
spettando alla competente Amministrazione dei LL.PP. stabilire, previa 
valutazione degli interessi pubblici in gioco, quale sia l'utilizzazione da 
considerare prevalente, al fine della concessione, ex art. 66 del t.u., 

delle acque contenute nell'invaso. 

Circa l'obbiezione, sollevata dall'Avvocatura, che il Demanio sarebbe 
sottratto al regime delle concessioni, � da opporre che nel vigente 
sistema spetta al Ministero dei LL.PP. amministrare le acque pubbliche 
e che il detto Ministero deve valutare i vari interessi pubblici in contrasto, 
decidendo su quella che � la migliore utilizzazione dell� acque. 
La finalit� della legge, di unificare i giudizi di scelta delle varie forme 
possibili di utilizzazione delle acque, sarebbe elusa, se anche il Ministero 
delle Finanze potesse in via generale liberamente derivare acq.e 
dai corsi d'acqua pubblica e dar luogo ad autonomi procedimenti concessionali, 
al di fuori della disciplina contenuta dal t.u. sulle acque. 

Un implicito ricono8cimento della necessit� di un titolo anche per 
il Demanio, per l'utilizzazione di acque pubbliche (anche se non provenienti 
dall'invaso) si ha nel secondo comma dell'art. 8 dello Statuto 
del Consorzio del Ticino, nel quale si fa cenno al godimento delle acque 
che �il demanio pu� e potr� fare, senza l'invaso, con i propri canali, 
in base allo stato di fatto ed ai propri titoli, presenti e futuri, di utenza 
e di concessione >. 

Detto questo, n~n giova approfondire sul piano dogmatico se l'atto 
con il quale � consentita l'utilizzazione dell'acqua pubblica al Demanio 

I sia formalmente un atto di concessione (come sembrerebbe desumersi 
dal nomen iuris usato dall'art. '14 del t.u.) o sia un atto giuridico avente 

I 

diversa natura. 

Quel che conta � che le utilizzazioni di nuove acque da parte dei 
Canali demaniali debbono essere assentite con provvedimenti �emanati 
dalla �competente Amministrazione dei Lavori Pubblici, previa comparazione 
di eventuali altri interessi pubblici concorrenti; e tale comparazione 
va compiuta o dn sede di determinazione della riserva di corsi 
d'acqua, ai sensi dell'art. 51 del t.u. (che deve essere poi seguita dal 
provvedimento, che consente in concreto l'utilizzazione, da adottare, ai 
sensi dell'art. 14, secondo comma, del t.u., sentito il Consiglio Superiore 
dei LL.PP.), o previa formale istruttoria, in base alle norme generali 
degli artt. 7 e segg. del t.u. stesso. 

� Tutto ci� considerato, illegittimi sono da considerare i provvedimenti 
impugnati, con i quali la Pubblica Amministrazione, facendo 
uso del potere di regolamentazione del regime delle acque, ha disposto 
nuove utenze iemali a favore dei Canali demoniali, al di fuori del procedimento 
all'uopo ncessario e malgrado ohe .U Consiglio Superiore 
dei LL.PP. avesse ritenuto che non esistevano i presupposti per nuove 
concessioni o utilizzazioni. '----(Omissis). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 159 

Nei riguardi dei citati provvedimenti sono fondati i motivi di ricorso 
con i quali i ricorrenti lamentano, quali consorzisti, l'eccesso di 
potere, per avere l'Amministrazione impartito disposizioni al Consorzio,

/

imponendogli erogazioni, in contrasto con la sua precipua finalit� di 
regolamentazione dell'invaso, ed al fine di costituire una utenza stagionale 
a favore di un consorzista. 

� da premettere che le acque' nuove derivanti dalla regolazione 
devono formare oggetto di nuove c~ncessioni, che devono essere assentite 
dall'Amministrazione, ai sensi dell'art. 66 del t.u. sulle acque. 

Non � dubbio, quindi, che, ove vri fossero state acque sovrabbondanti, 
alle nuove utilizzazioni si sarebbe, nella specie, dovuto provvedere 
mediante procedimenti di concessione; ed infatti, come non � contestato 
fra le parti, un procedimento del genere ebbe inizio, ma non 
fu condotto a termine, essendo sorti dubbi sulla disponibilit� delle 
acque. 

Il procedimento di concessione � necessa�rio anche quando si tratti 
di concessioni, a scopo di irriga2lione, delle acque iemali, come risulta 
dall'ultimo comma dell'art. 36 del t.u. sulle acque. 

Ci� posto il Collegio deve rilevare in via generale che, come esattamente 
ebbe a rilevare la II Sezione del Consiglio di Stato nel parere 
11 .gi�gno 1968, n. 451, acquisito agli atti, l'Amministrazione non pu� 
avvalersi degli strume.nti della regolazione per creare o ampliare le 
utenze, dovendo queste essere esercitate nei limiti risultanti dai titoli 
di concessione. 

Ne deriva che sono illegittimi i provvedimenti, che, impartendo 
istruzioni ad un Consorzio, avente il fine della regolazione delle acque, 
siano diretti a costituire nuove utenze, senza l'osserv~nza dei procedimenti 
all'uopo stabiliti dalla legge. 

L'Avvocatura dello Stato ha rilevato che il Consorzio del Ticino 
non ha solo lo scopo della regolazione dell'invaso del Lago Maggiore e 
che, trattandosi di utilizzazione delle acque da parte del Demanio, non 
era necessario un formale atto di concessione. 

In ordine al primo rilievo � da osservare che �gli attuali compiti del 
detto Consorzio sono solo quelli della manutenzione e dell'esercizio dell'opera 
regolatrice dell'invaso del Lago Maggiore, come risulta dall'art. 
1 del r.d.l. 14 giugno 1928, n. 1595. 

La circostanza che il Consorzio, con l'art. 1 dello Statuto approvato 
con r.d. 13 settembre 1938, n. 6840, si sia autolimitato nella facolt� di 
chiedere concessioni, intese alla migliore ed integrale utilizzazione delle 
acque nell'interesse dei consorziati, subordinandola alla condizione che 
l'utilizzazione stessa sia compatibile con quella richiesta dai Canali demaniali, 
non dimostra che il Consorzio possa, senza un provvedimento 
di concessione, erogare acque agli utenti, che non vi abbiano titolo. 
D'altronde la richiamata norma non crea, n� pu� creare, un titolo di 



162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Capitolato generale per le opere pubbliche dello Stato aventi carattere 

dispositivo, fra le quali non possono essere annoverate le norme sull'ar


bitravo, che sono inderogabili (1). 

Mentre per gli appalti stipulati dal Ministero dei lavori pubblici 
l'arbitro dell'Amministrazione deve essere nominato dal Ministro, per 
quelli stipulati da altri Enti e parimenti assoggettati, per legge, alla 
disciplina del Capitolato generale oo:pp. esso deve essere nominato dall'Ente 
che ha stipulato il contratto, che, tuttavia, dovr� sceglierlo tra 
i soggetti indicati nel}'art. 45, lett. d), del d.P.R. n. 1063 del 1962 (2). 

La domanda di arbitrato � un atto stragiudiziale, che tende non 
gi� ad investire il giudice della decisione della controversia, sibbene 
a provocare la manifestazione di volont� dell'altra parte, diretta alla 
nomina del. proprio arbitro (3). 

(1) Il lodo ripete il consolidato insegnamento della Corte di Cassazione, 
su cui, pi� di recente, v. Cass., 6 settembre 1968, n. 2878, in questa Rassegna, 
1968, I, 842. Sull'art. 8 I. 10 agosto 1950, n. 646 (cfr. art. 32 t.u. appr. con 
d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523), nonch�, in particolare, sul rapporto fra 
Capitolato generale oo.pp. dello Stato e Capitolato generale della Cassa 
per il Mezzogiorno, v. anche Cass., 6 aprile 1966, n. 909, in questa Rassegna, 
I 1966, I, 843 e segg. ed ivi ulteriori riferimenti. Sulla immediata operativit� 
delle norme processuali del Capitolato gene�rale oo.pp. dello Stato del 1962, 

v. Cass., 6 aprile 196�6, n. 909, ivi, 843, sub 2. 
I

(2) In tali sensi il lodo modifica una precedente giurisprudenza arbitrale, 
secondo la quale l'arbitro di cui all'art. 45, lett. d, d.P.R. 16 luglio 
1962, n. 1063 � nominato dall'ente appaltante senza obbligo di scelta fra i 
funzionari del Ministero LL.PP. o gli Avvocati dello Stato (cfr. Lodo arbitrale, 
19 luglio 1965, n. 60, in questa Rassegna, 1966, I, 725, sub 1). Nel senso 
dell'applicabilit� di entrambe le norme contenute nell'art. 45, lett. d), del 
Capitolato generale 1962 -quella sulla scelta dell'arbitro fra i funzionari 
del Ministero LL.PP. o gli Avvocati dello Stato e quella �sulla competenza 
del Ministro LL.PP. ad effettuare la nomina, pur nei casi di appalti disciplinati 
per legge dal Capitolato generale anzidetto e stiipulati da Enti diversi 
dallo Stato -v. CONTI, Applicabilit� dell'art. 45, lettera d), del Capi.tolato 
Generale LL.PP. ai procedimenti-arbitrali relativi ad appalti stipulati 
da Enti diversi dallo Stato, in questa Rassegna, 1966, I, 725 e segg. 
(3) Negando che la domanda di arbitrato ex art. 46 d. P. R. 16 luglio 
1962,,n. 1063 possa essere equiparata alla citazione, il lodo in rassegna non 
considera n� la portata del secondo comma di tale norma, secondo la quale 
�la notificazione deve essere fatta presso l'Ufficio dell'Avvocatura Generale 
dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 11 del testo unico 30 ottobre 
1933, n. 1611, modificato dalla legge 25 marzo 1958, n. 260 � (sul punto, 
v. Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2523, in questa Rassegna, 1964, I, 973), 
n� quella del secondo comma del successivo art. 47, ove, peraltro, si parla 
I 

testualmente di � parte convenuta nel giudizio arbitrale a sensi dell'arti


I 
~ colo precedente�. Sulla natura processuale -:1.ella domanda d'arbitrato, v. !' 
non solo Corte .App. Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 
1969, I, 151, in part. 161, nella motivazione, ma altres�, di recente, Cass., 22 

I 

~~f2"'P&w"'Y,"7W'7%fll2'.~1f:J7L!lf!%~4'?W~~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPAI;TI ECC. 163 

Qualora 1'el Capitolato speciale allegato ad un contratto d'apparto 
di opera pubblica sia disposto che con i prezzi d'elenco di ogni categoria 
di scavi l'appaltatore deve considerarsi compensato anche per il taglio 
e lo scasso di roccia di qualsiasi natura, durezza o compattezza, da effettuare 
con qualsiasi mezzo, e .per la rimozione di trovanti di qualsiasi 
dimensione e natura, � da escludere la proponibilit� di una domanda 
dell'appaltato1�e medesimo, di equo compenso ai sensi dell'art. 1664, com


'ma secondo, e.e., ancorch� gli scavi indicati nelle riserve siano stati 
eseguiti interame11tte in terreni rocciosi, argmosi o marnosi, essendo 
state le difficolt� di esecuzione derivanti da cause geologiche ampiamente 
previste dalle parti (4). 

(Omissis). -La Suprema Corte di Cassazione con giurisprudenza 
costante (sentenze 6 aprile 1966 e 13 maggio 1968, n. 1493) ha affermato 
che l'ultimo comma de[l'art. 8 della legge 19 agosto 1950, n. 646 (che 
� stato integralmente riportato nell'art. 32 del t.u. delle leggi sugli 
interventi nel Mezzogiorno approvato con d. P. R. 30 giugno 1967, 

n. 1523: v. 1. n. 717 del 26 giugno 1965, che dichiara applicabili agli 
appalti stipulati dalla Cassa per il Mezz9giorno le norme vigenti per 
l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei LL.PP.), si 
riferisce a tutte le ipotesi previste nei comma precedenti, e cio� sia a 
quelle in cui l'appalto sia stato conferito dalla stessa Cassa che a quelle 
in cui sia stato conferito da altro Ente per affidamento avutone dalla 
Cassa: in virt� del suddetto art. 8 della legge 646 del 1950 gli appalti 
stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno o da Enti suoi concessionari 
sono considerati .alla stregua di quelli stipulati dallo Stato e perci� ad 
essi debbono applicarsi le norme contenute nei capitolati generali per 
le opere pubbliche dello Stato, che hanno natura regolamentare e, 
pertanto, l'imperativit� esterna che � propria delle norme di diritto 
obiettivo. 
Da ci� consegue che l'obbligo, che le parti abbiano assunto nei 
contratti, di uniformarsi alle disposizioni del capitolato defila Cassa .per 
il Mezzogiorno, pu� valere solo nell'ambito delle regole del Capitolato 
per le opere pubbliche aventi carattere dispositivo, e fra queste non 
possono essere annoverate le norme sull'arbitrato, che sono, per la loro 
imperativit�, inderogabili. 

dicembre 1969, n. 4022, ivi, 1969, I, 1182, secondo la quale � cos� la domanda 
di arbitrato come la sua declinatoria e l'opzione del giudice ordinario sono 
atti meramente processuali, essendo processuale, appunto, e fondata direttamente 
sulla legge, la competenza alternativa e facoltativa dell'uno o 
dell'altro giudice � (ivi, 1183 e seg., nella motivazione. Si veda anche la 
sent. 12 febbraio 1963, n. 2 della Corte Costituzionale, Giur. cost., 1963, 36, 
nella motivazione). 

(4) Nello stesso senso, cfr. Corte App. Messina, 21 maggio 1964, in 
questa Rassegna, 1966, I, 200, sub 4. 
!


I


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! (. 



164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� perci� chiaro, che, per la nomina degli arbitri, bene l'impresa 
ha seguito la norma di cui all'art. 49 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
che, essendo norma pl'ocessuale d'immediata �pplicazione, dev'essere 
applicata anche a rapporti sorti anteriormente alla data della sua entrata 
in vigore (1� settembre 1962). 

N� ha pregio ll'oss�rvazione secondo la quale, applicandosi le norme 
sull'arbitrato di cui al d.P.R. n. 1063 del 1962, la nomina dell'arbitro 
del Co.nsorzio avrebbe dovuto essere fatta dal Ministro dei L1avori 
Pubblici. 

Va considerato, anzitutto, che l'art. 8 della legge del 1950 (riprodotto 
nell'art. 32 del t.u. del 1967) dispone che� le norme vigenti per 
la esecuzione delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei 
LL.PP. devono essere osservate dalla Ca~sa per il Mezzogiorno e dai 
suoi concessionari, in quanto applicabili. Ci� comporta che, mentre per 
gli appalti stipulati dal Ministero dei LL.PP. l'arbitro dell'Amministrazione 
dev'essere, ovviamente, nominato dal Ministro, per gli appalti 
stipulati da altri Enti l'arbitro dovr� essere nominato dall'Ente che 
ha stipulato il �contratto, il quale, tuttavia, dovr� scegliel'llo tra le persone 
indicate nell'art. 45, lett. d), della legge 1063 del 1962. La scelta 
dell'arbitro di parte �, invero, anche per la legge del 1962, affidata a 
ciascuna parte, mentre � affidata ai Presidenti dei Collegi di cui � parola 
neU'art. 45 la nomina dei tre arbitri estranei alle parti (.art. 49). 

E perci� l'arbitro del Consorzio, nominato su designazione della 

Cassa per il Mezzogiorno e scelto tra le persone indicate nella lett. d) 

dell'art. 45 anzidetto, deve considerarsi a tutti gli effetti nominato in 

app[icazi:one delle norme del d.P.R. 16 luglio 1962, ancorch� la sua 

nomina non sia stata effettuata dal Ministro dei LL.PP., che, non es


sendo parte interessata al giudizio arbitrale, non avrebbe avuto alcun 

potere per la nomina dell'arbitro del Consorzio. 

Ci� premesso, il Collegio osserva che � infondata anche la seconda 

delle eccezioni preliminari sollevate dal Consorzio, con la quale sostan.
zialmente si contesta la validit� della � vocatio in jus �, per essere stata 
la domanda di arbitrato notificata ai Consorzi di Bonifica Raggruppati di 
Reggio Calabria con sede in Reggio Calabria, nella via Marsala, n. 5, 
anzich� al Consorzio di Bonifica del Versante Calabro-Jonico Meridionale, 
che, pur facendo parte dell'anzidetto raggruppamento, � Ente di


verso dall'altro ed autonomo. 

In realt�, giova considerare che la domanda di arbitrato non pu� 

essere equiparata alla citazione, in quanto essa mira non gi� ad investire 

il giudice (che ancora non esiste, poich� solo dopo l'accettazione degli 

arbitri pu� dirsi costituito il giudice) della decis~one della controversia, 

ma rtende, piuttosto, a provocare la manifestazione di volont� dell'altra 

parte, diretta alla nomina del proprio arbitro. 

?~: 

f:lfffmffffffffiif@Effff@Efffiffff:ffffffiRiff.i)[[ffai[fiffmfHiIMrnmmmiimmmmMK@MHMHMEftM'rnEfffffffjffffffili!!Bfffffi 


PARTE I, SEZ. Vl, GIURJS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 165 

La. domanda di arbitrato �, pertanto, un atto stragiudiziale, che, se 

riesce a provocare la manifestazione di volont� diretta alla nomina .del~ 

l'arbitro della parte cui � diretta, ha indubbiamente, come nella specie, 

raggiunto il proprio scopo. 

� pacifico, infatti, che, in seguito alla notificazione della domanda 
di arbitrato, nella quale peraltro �: chiarissimo il riferimento all'ordine 
di servizio emesso dal Consorzio di Bonifica del Versante Calabro-Jonico 
Meridionale in data 11 settembre 1964, notificato il 21 settembre 1964, 
iil Consorzio stesso, con atto del 31 ottobre 1964, dichiarando di voler 
resistere nel giudizio avbitrale alle pretese della Societ� I.CO.RI., nomin� 
il proprio arbitro nella persona dell'avv. Roberto De Maio, Avvocato 
Distrettuale dello Stato. 

�, dunque, evidente che la controversia arbitrale si � regolarmente 
instaurata tra le parti che avevano rispettivamente interesse a proporre 
la domanda ed a resistervi, e cio� tra la Societ� per azioni I.CO.RI. e 
il Consorzio di Bonifica del Versante Calabro-Jonico Meridionale, e che 
deve essere in fatto esclusa ogni volont� dell'Impresa di proporre la 
domanda nei confronti dei Consorzi Raggruppati di Bonifica della provincia 
di Reggio Calabria, ai quali venne notificata la richiesta di arbi


I 

trat�o per l'unico motivo che presso di loro aveva :sede, nella via Marsala 

I ~ 

n. 5 di Reggio Calabria, il Consorzio di Bonifica del Versante CalabroJonico 
Meridionale, che aveva stipulato il contratto di appalto del 9 novembre 
1960. --(Omissis). -�, anzitutto, da respingere la richiesta di 
prova per testimoni, dedotta per la prima volta con la seconda memoria 
I

e integrata con la indicazione dell'unico teste, dipendente dell'Impresa, 
solo nella udienza fissata per la discussione orale, giacch� essa non 

I

appare utile ai fini della decisione. 
Ed, invero, anche ad ammettere� che nel corso degli scavi d'impo


I 

stazione e di fondazione delle briglie indicate nelle prime due riserve 
dall'Impresa sia stata rinvenuta una quantit� di trovanti rocciosi e di 
marne ed argille dure superiore a quella che la natura del terreno 

I avrebbe fatto prevedere all'atto della conclusione del contratto, non potrebbe 
per ci� solo riconoscersi all'Impresa un maggior compenso per 
la esecuzione di tali scavi. 

Il Capitolato speciale allegato al contratto di appalto del 9 novembre 
1960 stabilisce, infatti, specificament�, che � con i prezzi di elenco 
di ogni categoria di scavi l'a�ppaltatore deve considerarsi compensato 
anche per il taglio e lo scasso di rocda di qualsiasi natura, durezza o 
compattezza, da effettuare con qualsiasi mezzo e per la rimozione di 
trovanti di qualsiasi dimensione e natura�. 

� dunque evidente che, ancorquando gli scavi relativi alle briglie 
indicate nelle riserve fossero stati ese;guiti interamente in terreni rocciosi, 
argillosi . o marnosi, per essi non .potrebbe essere preteso dalla 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

166 


Impresa un compenso maggiore di quello convenuto, �non vertendosi nel


l'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 1664 e.e., essendo state le 
difficolt� di esecuzione derivanti da cause geologiche ampiamente previste 
dalle parti. 

�, poi, appena il caso di rilevare che il numero dei metri cubi di 
scavo, che si asserisce eseguito in terreno roccioso o comunque durissimo, 
rappresenta appena un terzo dell'intero ammontare dei metri cubi di 
scavo effettuato nel corso dell'esecuzione delle opere previste dal contratto. 
Al 1� ed al 2� quesito dell'Impresa dev'essere, perci�, data risposta 
negativa. -(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1969, n. 1569 -Pres. Colli -
Rel. Vigorita -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Muther Franz ed altri. 

Reato -Attentato all'inte~rit� territoriale dello Stato -Idoneit� della 

condotta -,Applicazione dei principi desunti dall'art. 56 cod. pen. 

-Inammissibilit�. 

(art. 241, 56 c.p.). 

Al. fine di stabilire l'idoneit� della condotta valida a realizzare iL 
reato di attentato all'integrit� territoriale dello Stato non pu� farsi / 
ricorso ai criteri di idoneit� e univocit� stabiliti dalla. norma che punisce 
il tentativo di reato, poich� questa � figura autonoma e divergente 
dal reato di attentato ad integrare il quale � sufficiente la possibilit� 
concreta dell'attingimento del fine (1). 

(Omissis). --� il motivo di fondo di tutti i ricorsi e quello di maggiore 
impegno teorico e pratico ai fini della dimensione della r�esponsabilit� 
dei ricorrenti. Sulla struttura e sui criteri interpretativi della 

.(1) Il reato di attentato all'integrit� territoriale dello Stato e l'idoneit� 
della condotta. 

La sentenza che �si annota ha risolto nel senso sempre �sostenuto dal1'
Avvocatura il problema dell'idoneit� della condotta nel reato di attentato 
che si poneva nei seguenti termini: nel reato di attentato all'integrit� territoriale 
dello Stato � richiesta per la realizzazione della fattispecie astratta 
il requisito dell'idoneit� della condotta? In caso affermativo, questa � 
valutabile con quegli stessi �riteri desumibili daglli artt. 49 e 56 del 
codice penale o altrimenti? 

Come � noto, il delitto previsto dall'art. 241 c.p. costituisce un reato 
di mera condotta (c.d. formale o a consumazione anticipata) la cui caratteristica 
sta nel fatto che esso si consuma non appena si sia relizzata 
l'azione diretta al risultato lesivo. � quindi reato di mero pericolo e per 
di pi� a fo�rma libera, che non contiene cio�, la descrizione nel modello, 
dei vari possibili modi di realizzazione della condotta. 

L'indeterminatezza della norma, che corrisponde ad evidenti ragioni 
di politica legislativa e garantisce cos� la punibilit� di ogni comportamento 
che comunque realizzi la fattispecie, costituisce la ragione di fondo della 
problematica che sorge dall'interpretazione della norma e che oscilla 
fra due tesi estreme, entrambe inaccettabili: quella che vorrebbe realizzato 
il reato con il mero esplicarsi della condotta subiettivamente volta 


168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

figura dei delitti di attentato esiste una presa di posizione fondamentale 
della nostra giurisprudenza, costituita dalla sentenza delle SS.UU. del 
19 giugno 1957, rie. Toffanin, e fatta sostanzialmente propria dalla sentenza 
impugnata. Tale sentenza si ricollega ad una non recente dottrina 
secondo la quale nei delitti di attentato non devesi compiere alcuna 
distinzione tra attivit� preparatoria ed esecutiva, avendo il legislatore 
espressamente voluto che non si facciano in sede di attentato le distinzioni 
che potrebbero compier~i in sede di tentativo, e ci� in rapporto 
ad una estremistica tutela del bene giuridico protetto. Al conectto di 
idoneit� ed univocit� degli atti diretti a commettere un reato, si sostituisce 
quello di attitudine dell'azione, con l'attributo essenziale della 
pericolosit�. Trattasi di un reato di condotta pericolosa, ove � sufficiente 
accertare se il comportamento realizzato poteva provocare l'attuazione 
del fine vietato; trattasi, anocra, di un delitto a forma libera di pericolo 
indiretto. 

Diversa, invece, � l'opinione della dottrina odierna, secondo la 
quale ci si trova dinanzi ad un delitto di pericolo concreto, al quale 
sono applicabili i principi della idoneit� ed univocit� degli atti, secondo 
lo schema del tentativo (indirizzo seguito anche da qualche giudice di 

all'attuazione del fine cnmmoso e quella che, ritenendo trattarsi di un 
illeeito di pericolo concreto, richiede un accertamento della pericolosit� 
della condotta da condursi con gli strumenti forniti dalle norme previste 
dalla parte generale del codice penale. 

Secondo questa seconda tesi il reato di attentato � quindi un delitto 
di pericolo reale che si consuma con il tentativo, al cui istituto occorre 
attingere i criteri del giudizio. 

La prima opinione, ancorando l'indagine del giudice esclusivamente 
all'elemento soggettivo del reato a causa della scarsa desorittivit� della 
norma incriminatrice porta quanto meno ad una patente violazione del 
principio di tipicit� posto dall'art. 25, II comma della Costituzione, tenuto 
conto della formulazione della norma penale. Come � noto non tutti gli 
elementi della realt� naturale riescono ad essere espressi descrittivamente 
nella fattispecie, sia per una ragione di effettiva impossibilit� materiale 
di descrizione, sia per una scelta legislativa: in quest'ultimo caso, in cui 
il legislatore si mostra indifferente ai vari possibili modi d realizzazione 
dell'evento, si � di fronte a fattispecie a forma aperta, caratterizzate proprio 
dalla indifferenza per le modalit� di realizzazione della condotta o dell'evento, 
frequentissime nel 'nostro codice penale (l'esempio pi� evidente 
� quello dell'omicidio). Fra questi reati rientra la formula dell'attentato, 
per i quali � evidente che se il legislatore ha mostrato indifferenza per 
la condotta, non potr� sostenersi che l'abbia altres� qualificata pericolosa 
senza descriverla e che quindi la formula dell'attentato non consenta riferimenti 
n� alle regole causali n� al principio di idoneit�, poich� in tal 
modo si avrebbe una norma descritta esclusivamente attraverso l'elemento 
soggettivo e cio� praticamente solo attraverso l'intenzione dell'agente. In 
tal modo si scardinerebbe il sistema dell'ordinamento penalistico portandosi 
la soglia della punibilit� al limite del pensiero. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

merito, come, ad es., nella sentenza n. 42 del 1966 della Corte di Assise 
di Milano). 

Operando direttamente sulla norma e sulle sue esplicite notazioni 
e corrE;Jazioni, e prescindendo il pi� possibile da categorie formali tanto 
note quanto discusse, osserva questa Corte che il delitto di attentato, 
allorch� risulti costituito, come negli artt. 241 e 283 c.p., dal compimento 
di atti diretti ad un determinato fine (vi sono, infatti, delitti di attentato 
integrati da condotte diverse, come, ad es., nell'art. 56�5 c.p.), vi:ene 
generalmente inquadrato nella figura dei c.d. reati di direzione, nei 
quali la caratteristica che tutti li connota � che essi possono essere 
realizzati da qualsiasi specie di condotta, purch� diretta verso un determinato 
evento, con una anticipazione del momento consumativo, che 
prescinde dal compimento degli atti necessari alla produzione dell'evento 
tendenzialmente perseguito. In questa classe di delitti, si verifica che 
le singole azioni criminose risultano tipizzate in modo generico ed indiretto, 
e, pertanto, la distinzione in specie ne � possibile esclusivamente 
con riguardo, oltre che al contenuto della volont� dell'agente, alla diversa 
natura del loro oggetto materiale. La direzione della condotta 
verso quel determinato fine ~ in mancanza di dizioni limitative nella 

I 

!

I

Del resto quella attivit� di mero accertamento della conformit� della 

I

condotta concreta a quella descritta nella fattispecie astratta che il giu


i

dice ha nei reati a condotta pericolosa � subordinata alla condizione che 

I � 

una descrizione vi ,sia (es. rissa, incendio, naufragio ecc.). In questi casi o 
vi � una precisa descrizione o la norma fa riferimento a termini ed espressioni 
del comune patrimonio linguistico o sicentif�co, sicch� il giudice pu� 
stabilire un confronto con il fatto sottoposto al suo esame e giudicare se 
corrisponde alla situazione che il legislatore ha ipotizzato dopodich�, essendo 
stata la pericolosit� gi� espressa dal legislatore all'atto della formulazione 
della norma, al giudice non � consentita altra indagine. Ci� non 

I� pi� possibile per� al giudice quando la fattispecie sia assolutamente 
muta in termini di condotta, a causa della forma aperta della norma incriminatrice. 


In tal caso il giudice, non avendo pi� un termine obiettivo di con


I

fronto e non potendo nemmeno -secondo l'assunto di questa opinione indagare 
sull'idonei.t� della condotta, sarebbe in realt� chiamato ad accertare 
l'esistenza non gi� di un reato di condotta pericolosa, bensi di un 
inammissibile reato di intenzione pericolosa. 

Se per� non � accettabile questa tesi, nemmeno lo � la seconda che 
vorrebbe la condotta qualificata da quella stessa idoneit� prevista dalle 
di cui all'art. 56 c.p. secondo criterio che non dovrebbe

norme un essere 
suscettibile di valutazioni quantitative. 
Una prima osservazione infatti si impone sul concetto di idoneit�: se 
idoneit� � il risultato di un giudizio di valutazione, da compiere fra due 
termini di un rapporto -la condotta da un lato e l'evento dall'altro -
per stabilire in termini probabilistici il collegamento fra i due, essa non 
pu� essere identica ed immutabile nel variare dei termini sottoposti a 

170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norma -non pu� che essere intesa come insieme soggettiva ed oggettiva, 
e, cio�, non solo come la direzione denunciata dal sicuro atteggiamento 
psichico dell'agente, ma anche come quella espressa dal signifkato 
dei fatti nella loro consistenza estrinseca. La direzione oggettiva, 
per essere rilevante, esige necessariamente una idoneit� causale dei 
fatti alla realizzazione di ci� cui il reato teleologicament~ tende, perch�, 
se. � vero che il conseguimento del fine � estraneo alla formazione strutturale 
della fattispecie legale, non � men vero che il legislatore non 
ha inteso incriminare il nudo pensiero: il nesso tra il fatto compiuto 
e l'evento finale risulta dallo stesso tessuto della norma, ove non manca 
la enunciazione dell'evento lesivo cui l'azione � protesa, laddove vi sono 
esempi molteplici di fattispecie crim�nose in cui la condotta dell'agente 
� priva di qualsiasi edittale riferimento alla lesione di un determinato 
bene giuridico, e nelle quali, quindi, non � consentita alcuna indagine 
di idoneit� dell'azione a realizzare un evento lesivo. D'altronde, il codice 
vigente ha adottato la concezione oggettivo-soggettiva del reato, che 
respinge l'incriminazione di un puro intento che, affidato a fatti di generica 
fisionomia, non si consolidi in .una condotta causa1mente idonea, 

valutazione. E questi indubbiamente variano nella varia casistica di fattispecie 
che il nostro codice penale offre: reati con evento di danno, reati 
con eventi di pericolo, reati a pericolo presunto, reati a consumazione 
anticipata, reati infine in cui l'evento � assolutamente al di fuori della fattispecie 
normativa. 

D'altronde ogni tentativo di riduzione dell'idoneit� ad un metro unico 
attraverso l'affermazione che l'evento contemplato dalle norme che pongono 
il principio della condotta idonea debba essere l'evento offesa, l'evento 
giuridico cio� e non l'evento naturalistico, urta contro la fondamentale 
esigenza di rapportare l'idoneit� della condotta all'evento nat.ralistico in 
tutti i reati in cui tale elemento rientra nella fattispecie descrittiva, pena 
una assoluta impossibilit� di giudicare ad esempio sull'idoneit� della condotta 
ad uccidere, a rubare ecc. 

L'idoneit� della condotta quindi nel reato d'attentato non ipu� essere 
valutata con il criterio previsto dall'art. 56 del c.p. poich� in questo, che 
pone una norma complementare, di idoneit� dell'atto si parla con la prospettiva 
del risultato finale che s'intendeva raggiungere e che non si � 
raggiunto e �che � sanzionato dalla norma primaria, mentre nel reato di 
attentato all'integrit� territoriale dello Stato non � configurato alcun risultato 
finale, non solo ma non sarebbe nemmeno astrattamente configurabile, 
per lo meno per una dell!e due ipotesi ivi alternativamente previste 
(la debellatio). 

La Corte Suprema ha poi fatto corretta applicazione del principio 
derivato dall'espressa norma dell'art. 311 c.p. che prevede un'attenuante 
oggettiva e reale, formulata in modo da consentire l'affermazione che pi� 
che una circostanza che attenua le conseguenze del reato, � una vera e 
propria � diminuente � della fattispecie criminosa, e che indica che anche 
atti meno' idonei di quelli previ.sti dal tentativo, perfezionano il reato. 
Stabilisce infatti questo articolo che le pene comminate sono diminuite 
quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalit�, le circostanze del



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 171 

ch� il 'principio sancito dall'art. 49 secondo comma c.p., r� di portata 
generale per tutto l'ordinam�nto penale e, come tale, non � derogabile 
se non in virt� di una deroga espressa:, che per i del:itti di attentato in 
esame non ,sussiste (sussiste, invece, ad esempio, la deroga espressa 
dell'art. 30i2 c.p., al principio generale di cui all'art. 115 c.p.). Trattasi, 
piuttosto, di definire la qualificazione ed il grado della idoneit� causale; 
e .sotto tal profilo, molteplici fondi di indag~e convincono. che ci si 
debba fermare alle soglie della po.ssibilit� concreta. 

In primo luogo, lo stesso art. 49 secondo comma c.p., �collegando 
1a non punibilit� del soggetto per inidoneit� dell'azione alla impossibile 
realizzazione dell'evento di danno o di .pericolo, pone una chiara equazione 
tra idoneit� e possibilit�: idonea � l'azione che rende possibile, 
l'evento. La ricerca del giudice deve, quindi, vertere sulla possibilit� 
che il comportamento del reo realizzi l'evento che � fuori della norma. 
E la giurisprudenza di questa Corte Regolatrice ha solidamente posto 
in rilievo che la id�neit� postulata dall'art. 49 secondo comma deve 
formare oggetto di una valutazione non solo ex ante, cio� che prescinda 

l'azione, ovvero per la particolare tenuit� del danno e del pericolo, il 
fatto risulti di lieve entit�.,� evidente la determinante incidenza di questa 
norma: se essa non vi fosse, l'azione sarebbe idonea o non �do~ea secondo 
il criterio desumibile dagli artt. 49 e 56 c.p. Tale criterio come � noto � 
quello della. adeguatezza o probabilit� e quindi se in tal senso fosse inidonea 
l'azione impossibile sarebbe l'attentato. � a questo punto che operaia norma quando, collegando la lieve entit� del fatto (non mutano i termini 
del discorso qualunque accezione si voglia dare del fatto) alla natura 
dell'azione, introduce una valutazione quantitativa sull'idoneit� di questa 
ultima. 

La decisione che si annota fa .riferimento in motivazione all'unico 
precedente giurisprudenziale in materia, quello costituito dalla sentenza 
delle Sezioni Unite 19 giugno 1957 nel processo Toffanin (in Riv. It. Dir. 
Pen., 1958, 140) ravvisando rispetto a quest'ultima una divergenza di motivazione 
che a ben leggere, � pi� aippartente che re~le in tutte e due le 
sentenze si legge infatti la netta distinzione fra il reato di tentativo e il 
reato di attentato, in tutte e due si esclude sia pur in termini diversi che 
la qJ.l.alificazione e il grado dell'idoneit� causale debba essere identico per 
le due fattispecie. Resta da un lato l'affermazione contenuta nella sentenza 
delle Sezioni Unite del 1957 circa l~ mera possibilit� del risultato lesivo 
che il giudice dovrebbe a�certare nel reato di attentato e dall'altro l'affermazione 
della possibilit� concreta dell'attingimento del fine statuito dalla 
sentenza che si annota, ma a ben guardare anche questo, pi� che un contrasto 
� la conseguenza di un mancato coordinamento delle varie parti 
della motivazione della prima sentenza nella quale, quando si introduce 
il criterio dell'attitudine della condotta, null'altro si vuol dire se non che 
vi � un giudizio di valutazione attitudinale affidato appunto al giudice, un 
giudizio cio� sull'idoneit� della condotta da condurre peraltro con criteri 
diversi da quelli previsti dalla norma che prevede il tentativo. 

PAOLO DI TARSIA 



I 
I
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172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 
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I

dagli effettivi risultati che la condotta criminosa abbia potuto conseguire, 
ma anche e soprattutto concreta, cio� svolta con specifica attinenza 
al tipo, alla efficacia, all'uso dei mezzi, in quel determinato caso 
ed in quelle particolari modalit� di tempo, luogo, ambiente e simili. 

In secondo luogo, va presa in considerazione la natura dei valori 
e dei beni protetti dalle incriminazioni in esame: beni che si identificano 
'con la personalit� interna ed internazionale dello Stato, nella quale 
si riflettono esigenze ed aspirazioni comunitarie di suprema importanza, ,> 
s� che il legislatore si � indotto ad attribuire rilievo, prima ancora che 
all'effettiva offesa dei valori tutelati, ad ogni azione di molestia o di 
turbativa del loro pacifico godimento da parte della comunit�. Negli 
attentati di cui agli artt. 241 e 283 c.p., l'evento di pericolo �, nel primo, 
la minaccia alla sicurezza del cittadino .di mantenere integre la sovranit�, 
indipendenza ed unit� dello Stato, e, nel secondo, la minaccia alla 
fiduciosa attesa dei singoli sul tranquillo e pacifico mantenimento dell'assetto 
�costituzionale dello Stato, o, meglio, su di un ricambio costituzionale 
attuato solo nei tempi e nei modi prescritti dalla Carta fondamentale. 
La condotta dell'agente diventa causalmente idonea non appena, 
uscita dalla sfera della preparazione e penetrata nella fase della 
esecuzione, abbia prodott-0 quella minaccia o quella turbativa. 

In terzo luogo valgono gli elementi deducibili dal sistema. Gli attentati 
sono certamente reati di pericolo, ma tale asserz.ione non porta 
a condividere automaticamente la tesi delle SS.UU. n� quella della sentenza 
impugnata: non la prima, perch� non si pu�, da una parte, ritenere 
perfezionato il reato non appena si realizzi in tutto o in parte l'azione 
subbiettivamente diretta all'attuazione del risultato lesivo, e, nel tempo 
stesso, richiedere l'ulteriore attributo �di una idoneit� oggettiva della 
condotta a provocare, grazie alle sue carattedstiche essenziali, l'attuazione 
del fine vietato; non la seconda, perch�, ove di pericolo ex lege 
presunto si trattasse, la valutazione operata gi� dal Legislatore escluderebbe 
l'indagine del giudice rivolta allo stesso fine, specie se fondata 
su di una prova liberatoria posta a carico dell'imputato (si vedano, per 
un istruttivo raffronto, i reati di cui all'art. 423 -incendio -e all'art. 
530 c.p. -corruzione di minorenni -ipotesi evidenti e risapute 
di perico'lo presunto o astratto). Il paral1elo, o addirittura l'identificazione, 
con il tentativo non � n� utile n� consentito, poich�: trattasi di 
due figure strutturalmente e funzionalmente autonome, affini ma divergenti, 
entrambe derivazioni dell'art. 49 secondo comma. Ma operanti 
con diversi caratteri in relazione alla diversa collocazione dell'evento 
nello sviluppo delle singole specie consumative ed alle implicazioni 
giuridiche che da tale diversit� discendono. Infine rileva anche l'attenuante 
prevista dall'art. 311 c.p., che sottrae la valutazione della sussistenza 
del delitto ad ogni criterio di � quantit� � del fatto; assumendo 
come causalmente idonei al fine anche episodi di lieve entit�, e, quindi, 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 173 

tali da ripercuotersi anche in esigua misura sulla integrit� dei beni 
protetti. 

Da tutto quanto innanzi detto � legittimo concludere che i delitti 

di attentato che ne interessano sono reati di pericolo, caratterizzati dalla 
possibilit� concreta dell'attingimento del fine: po;;sibilit� concreta, e 
perci� n� mera possibilit� (cio�, -astratta o generica attitudine acusale) 
n� probabilit� (cio�, quasi certezza dell'evento), ma fondata e ragionevole 
capacit� del fatto a produrre la lesione del bene, desumibile -con 
valutazione strettamente collegata alle caratteristiche del caso di specie 
-alla stregua dell'esperienza e dei comuni criteri di giudizio. 

Dalla suddetta concezione dei delitti di attentato discende agevolmente, 
in rapporto al motivo di ricorso in esame, la conseguenza che, 
una volta ricondotto il paradigma criminoso degli artt. 241 e 283 c.p. 
sotto l'impero delle re.gole generali relative alla idoneit� e causalit� 
degli atti, viene meno ogni ragione per denunciare la dedotta illegittimit� 
co~tituzionale; il prindpio di tassativit�-legalit�, di cui all'art. 1 

c.p. e all'art. 2.5 Cost., non risulta per alcun verso violato, poich� gli 
attentati si pongono come ipotesi di divieto espressamente prevedute 
e denominante dal legislatore attraverso modelli soggettivamente ed 
obbiettivamente compiuti, ai quali la opportuna indagine giudiziale pu� 
sicuramente e determinatamente adeguare i fatti concreti posti in essere 
dai singoli. -(Omissis). 

PARTE SECONDA 


13 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


A. 
MoNTEL -E. Pit�TETTI, Possesso e azioni possessorie nella giurisprudenza. 
CEDAM. Padova 1970, pagg. 645. 
Nella Raccolta sistematica di Giurisprudenza commentata, diretta da 
MARIO ROTONDI, � apparso recentemente questo volume sul � Possesso e sulle 
azioni possessorie � iniziato da .ALBERTO MONTEL e portato a termine da 
ETTORE PROTETTI. 

Al MoNTEL si devono, infatti, i primi due capitoli: quello ,su1 contenuto 
e quello sui soggetti del rapporto possessorio; ail. PROTETTI i successivi (oggetto 
del rapporto possessorio; acquisto, conservazione e perdita del possesso; 
acquisto del diritto mediante ii possesso, usucapione, diritti ed obblighi 
del possessore, le azioni possesosrie in generale, l'azione di reintegrazione, 
l'azione di manutenzione ed, infine, il procedimento possessorio) e 
la cura di un indice analitico-alfabetico e di un indice delle decisioni giurtsprudenziali. 
L'aggiornamento delle sentenze copre tutto il 1966, per 
quanto riguarda la Suprema Corte di Cassazione; ,si spinge fino al 1968 per 
le decisioni dei magistrati di merito. 

Di particolare interesse, in ispecial modo per i lettori della presente 

�Rassegna., si presenta il capitolo sulle �Azioni possessorie nei confronti 
della Pubblica Amministrazione�. Con un detta,gliato riferimento alla dottrina 
sull'argomento, vengono ricordate, nel volum,e, le pi� importanti decisioni 
che, anche recentemente (sul solco di un orientamento ormai consolidato), 
hanno riaffermato l'inammissibilit� delle azioni possessorie nei confronti 
della P. A. in ordine ad atti della medesima per la considerazione che 
la reintegrazione su1 possesso importerebbe la revoca o la modifica dell'atto 
amministrativo, vietate, ,entrambe, dall'art. 4 della J.egge 20 marzo 1865, 
all. E sull'abolizione del contenzioso amministrtivo. E ci� anche quando tali 
azioni vengano proposte da altre Pubbliche Amministrazioni (v. Pretore di 
Roma 3 dicembre 1961 nei riguardi delle Aziende Municipatizzate e Pretore 
di Legnano 28 febbraio 1957 nei confronti dell'E.N.E.L.). � largamente citata, 
inoltre, fa giurisprudenza che ricomprende tra gli atti amministrativi anche 
i comportamenti materiali della P. A. che siano estrinsecazione di un pubblico 
potere, a meno che ila legge non stabilisca una forma determinata per 
quell'attivit� (Pretore di Rossano, 1� marzo 1965; Pretore di Torino, 19 
settembre 1956). Circa i casi eccezionali di ammissibilit� di azioni possessorie 
nei confronti della P.A. nella raccolta in rassegna sono trascritti alcuni 
importanti provvedimenti e pi� precisamente: a) una sentenza (Pretore 
di Montevarchi, 21 marzo 1949) relativa all'ipotesi in cui la P.A. abbia [eso 
possesso altrui agendo quale soggetto di diritto privato e intraprenda atti 
eopra un bene patrimoniale (Cass. Sez. Un. 26 giugno 1953, n. 1980, in Mass. 
Foro it., 1953, 383), b) una ordinanza (Pretore di Bitonto 1 febhraio 1948) 
e altre sentenze !relative all'iipotesi in cui la P. A. abbia ecceduto dai limiti 
dei nuovi poteri ed abbia invaso l'attivita di altro potere deillo Stato; e) varie 
sentenze riguardanti l'ipotesi in cui gli atti siano compiuti da funzionari 
incapaci d'intendere e di volere o fisicamente impediti. Un problema 
nuovo, in quanto sorto solo recentemente, � quello, ricordato nel volume, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

2 

circa l'esperibilit� dell'azione di reintegrazione contro l'apposizione di sigilli. 
Com'� noto, il Pretore di Roma (sent. 31 ottobre 1966) ha dato soluzione 
negativa al quesito se l'opposizione dei �sigilli possa considerarsi 
spogUo ed ha negato l'azione. AUe motivazioni addotte dal Pretore vengono 
aggiunte nel testo alcune considerazioni degne di rilievo e particolarmente 
convincenti. Si rinvia infine il lettore alla parte del volume in c�i si affrontano 
i temi della lesione possessoria avvenuta per mezzo dell'ufficiale 
giudiziario e delle azioni possessorie in materia di acque pubbliche e di 
usi civici. ~ 

L.M. 
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RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 



LEGGI E DECRETI* 

Legge 24 dicembre 1969, n. 1038. -Interpreta ed integra .l'articolo 45 
della legge tributaria sulle successioni, specificando la documentazione 
necessaria per la deduzione dall'asse ereditario dei debiti derivanti da 
saldo passivo di conto corrente bancario (G. U. 13 gennaio 1970, n. 10). 

d. P. R. 29 dicembre 1969, n. 1127. -In attuazione della direttiva 9 
marzo 1968, n. 151 del Consiglio dei Mdnistri delle Comunit� europee 
modifica gli articoli 2250, 2332, 2383, 2384, 2385, ultimo comma, 2400, 
ultimo comma, 2435, 2436, 2452, 2456, primo comma, 2475, 2487, e 
2626 del codice civile, aggiungendo gli articoli 2330 bis, 2384 bis, 
2450 bis, 2457 bis, 2457 ter, 2497 bis e quattro commi all'articolo 2449 
del codice civile, e l'articolo 101 bis alle disposizioni di attuazione e 
transitorie approvate con regio decreto 10 marzo 1942, n. 318 (G. U. 10 
febbraio 1970, n. 35). 
NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura penale, art. 168 (Notificazioni all'imputato detenuto), 
secondo comma, nella parte in cui, subordinando l'obbligo della 
notificazione in mani proprie dell'imputato alle condizioni che lo stato 
di detenzione risulti dagli atti del procedimento, consente che all'imputato 
detenuto la notifica possa venir effettuata anche nelle forme di 
cui all'art. 170 del codice di procedura penale. 

Sentenza 23 febbraio 1970, n. 25, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ordinanza di rimessione 25 aprile 1968 del pretore di Empoli, G. U. 
14 settembre 1968, n. 235. 

codice di procedura penale, art. 195 (Impugnazione della parte civile), 
nella parte in cui pone limiti a che la parte civile possa proporre 
ricorso per cassazione contro le disposizioni della sentenza che concernono 
i suoi interessi chnili. 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 1, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
Ordinanza di rimessione 23 marzo 1968 del pretore di Padova, 

G. U. 15 giugno 1968, n. 152. 
(*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 

(�) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 
ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 



4 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. lg. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione 
siciliana), artt. 26 e 27. 
Sentenza 22 gennaio 1970, n. 6, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
Ordiinanza di rimessione 9 maggio 1968 del giudice istruttore del 

tribunale di Palermo, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo un.ico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 198, secondo c:omma, nella par.te in �cui esclude dallo sgravio 
l'indennit� di mora. 
Sentenza 4 febbraio 1970, n. 13, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanza di rimessione 13 marzo 1968 della prima sezione civile 
della Corte di cassazione, G. U. 10 agosto 1968, n. 203. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 10. 

Sentenza 4 febbraio 1970, n. 14, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanze di rimessione 16 maggio 1968 del pretore di Milano 

(G. U. 31 agosto 1968, n. 222) e 4 maxzo 1969 deUa corte di appello 
di Bologna (G. U. 23 luglio 1969, n. 186). 
legge reg. sic:. appr. 12 novembre 1969 (Modifica alla legge r�egionale 
l� febbraio 1963, n. 11 concernente: � Co1tglobamento ed adeguamento 
delle retribuzio1ti del persooale dell'Amministrazione regio'ltale), nella 
parte in cui, disponendo la rivalutazione dell'indennit� di buonuscita a 
favore del personale predetto cessato dal servizio prima del 1 � gennaio 
1962, la commisura agli stipendi in vigore alla data sopra hldicata, anzich� 
agli stipendi in vigore all'atto del collocamento a riposo dei. singoli 
dipendenti. 

Sentenza 18 febbraio 1970, n. 19, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 25 novembre 1969, G. U. 13 dicembre 1969, n. 324. 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGIT'.IIIMITA COSTITUZIONALE 


Codic:e di procedura .penale, art. 15 (Auio1�izzazione a procedere), 
primo e quinto c:omma (artt. 3, 24, �Secondo comma, 68 e 112 della Costituzione) 
(1). 

�Sentenza 28 gennaio 1970, n. 9, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanza di Timessione 24 giugno 1968 del pretore di Novara, 
G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 
(1) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata 
non fondata, in riferimento agli al'tt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 
27 dicembr� 1965, n. 99. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 5 

codice di procedura penale, art. 219 (Funzioni della polizia giudiziaria) 
(artt. 3 e 24 della Costtiuzione). 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 2, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
Ordinanze di rimessione 25 ottobre 1968 (due) del pretore di Scicli 

(G. U. 8 gennaio 1969, n. 6) e 29 ottobre 1968 del pretore di Bologna 
(G. U. 29 gennaio 1969, n. 25). 
codice di procedura penale, art. 372 (Deposito in cancelleria e facoUd 
dei difensori), art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione della istru:?
ione sommaria), e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con 
istruzione sommm�ia) (artt. 3 e 24 della Costituzione) (2).. 

Sentenza 4 febbraio 1970, n. 16, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanze di rimessione 22 aprile 1968 del pretore di Padova 

(G. U. 14 settembre 1968, n. 23,5) e 12 marzo 1969 del pretore di Firenze 
(G. U. 21 maggio 1969, n. 128). 
codice di procedura penale, art. 374 (Sentenza di rinvio a giudizio) 

(artt. 25, primo comma, e 3 della Costituzione). 

Sentenza 4 febbraio 1970, n. 15, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanza di rimessione 8 maggio 1968 del pretore di San Giovanni 
Rotondo, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

codice di procedura penale, art. 409 (Requisiti del decreto di citazione 
davanti al pretore) (art. 111, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 4, G. U. 28 gennaio 1970, n. 5. 
Ordinanza di rimessione 6 marzo 1968 del pretore di Roma, G. U. 
15 giugno 1968, n. 152. 

codice di procedura penale, art. 630 (Procedimento per gli incidenti 
di esecuzione), secondo comma (artt. 24, secondo comma, e 3, primo 
comma, della Costituzione) (3). 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 5, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
Ordinanza di rimessione 27 maggio 1968 del pretore di Camposampiero, 
G. U. 31 agosto 1968, n. 222. 

r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, 
quinto comma (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione) (4). 
I 

I 

(2) Il terzo comma, ultima parte, dell'art. 392 del codice di procedura penale � 
stato dichiarato incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. Per l'art. 398, 
ora sostituito con legge 7 novembre 1969, n. 780, v. infra, nota Hi. 
(3) La questione di legittimit� costituzionale del primo comma della disposizione 
� stato dichiarata non fondata con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. 
(4) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 9 marzo 1967, n. 22, 
� in quanto consente che ii giudice civile possa accertare che il fatto che ha provocato 
l'infortunio costitui~ca reato soltanto nella ipotesi di estinzione dell'azione 
penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi di prescri

6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sentenza 28 gennaio 1970, n. 10, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanze di rimessione 3 febbraio 1968 del t�ribunale di Roma 

(G. U. 14 settembre 1968, n. 235), e 18 1giugno 1969 della corte di appello 
di Potenza (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). 
d. lg. C. P. S. 29 luglio 1947, n. 804 (Riconoscimento giuridico degli 
istituti di patronato e di assistenza sociale), ratificato con legge 17 
aprile 1956, n. 561, art. 1 (art. 39, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 4 febbraio 1970, n. 17, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanza di rimessione 4 luglio 1968 del pretore di Prato, G. U. 
28 settembre 1968, n. 248. 

d. P. R. 24 giugno 1954, n. 342 (Nuove norme suzia imposta di pubblicit�,), 
art. 4, tariffa allegato A (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 23 febbraio 1970, n. 28, G. U. 2.5 febbraio 1970, n. 50. 
Ordinanze di rimessione 7 febbraio 1968 (due) della prima sezione 
civile della Corte di cassazione, G. U. 6 luglio 1968, n. 170. 

d. P. R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme 
per la elezione deLla Camera dei deputati), art. 113, quinto comma (art. 3 
della Costituzione). 
Sentenza 23 febbraio 1970, n. 26, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ovdinanza 27 maggio 1968 del pretore di Stradella, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

d. P. R. 27 novembre 1960, n. 1798 (Norme sul trattamento economico 
e normativo dei fi�voratori panettieri dipendenti dalle imprese di panificazione), 
per la parte che conferisce validit� erga omnes al contratto 
collettivo nazionale 26 luglio 1956 (artt. 76 e 877, quinto comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 23 febbraio 1970, n. 27, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 

Ordinanze di rimessione 9 marzo 1967 e 28 gennaio 1969 della 
corte di appello di Torino G. U. 25 novembre 1967, n. 295, e 18 giugno 
1969, n. 152. 

legge 20 maggio 1965, n. 507 (Divieto di uso degli apparecchi automatici 
da giuoco nei luoghi pubblici o aperti al pubbLico e nei circoli 
ed associazioni di qualsiasi genere), art. 1 (artt. 41, 3 e 18 della Costituzione). 


Sentenza 4 febbraio 1970, n. 12, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanze di rimessione 24 novembre 1967 del tribunale di Milano 
(G. U. 15 giugno 1968, n. 152), 29 marzo 1968 del pretore di Pa


zione dei reato �� La disposizione � stata riprodotta all'art. 10, quinto comma, del 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e 
negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 
1953, n. 87. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 7 

dova (G. U. 14 settembre 1968, n. 235), e 29 gennaio 1969 del pretore 
di Arano (G. U. 21 maggio 1969, n. 128). 

d. P. R. 30 9iu9no 1965, n. 1124 (Testo unico deUe disposizioni per 
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
professionali), art. 204 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 22 gennaio 1970, G. U. 24 gennaio 1970, n. 24. 
Ordinanze di rimessione 31 luglio 1967 e 3 agosto 1967 del giudice 
conciliatore di Trento, G. U. 11 novembre 1967, n. 282. 

legge reg. sic:. appr. 1 O dicembre 1969 (Provvedimenti eccezionali per 
la riconsegna ai proprietari dei terreni occupati per rimbo~chimento 
ricadenti nel comprensorio di Nebrodi). 

Sentenza 18 febbraio 1970, n. 20, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 27 dicembre 1969, G. U. 7 ,gennaio 1970, n. 5. 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 149 (Scioglimento del matrimonio), in quanto 
limita la possibd.lit� di scioglimento del matrimonio alla sola ipotesi di 
morte di uno dei coniugi, con disparit� di trattamento tra i cittadini 
non cattolici, per i quali non ricorrono deroghe, e quelli cattoldci, che 
possono invece avvalersi, nel caso di mancata consumazione, del riconoscimento 
civile delle dispense ecclesiastiche da matrimonio rato e 
non consumato (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Cosenza, ordinanza 16 settembre 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37. 

c:odic:e civile, art. 2946 (Prescrizione ordinaria), in quanto consente 
che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto 
di larvoro (artt. 3, 24 e 36 della Costituzione) (5). 

Corte di cassazione, seconda sezione, ordinanza 27 ottobre 1969, 

G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
c:odic:e di procedura civile, art. 305 (Mancata 'prosecuzione o riassunzione), 
in quanto fa decorrere dalla data dell'interruzione del processo 

(5) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 36 della Costituzione e 
nel rili,evo che la decorrenza della prescrizione durante il rapporto di lavoro � venuta 
meno, con la sentenza 10 giugno 1966, n. 63 della Corte costituzionale, solo per i 
termini di prescrizione previsti dagli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 del 
codice civile, dal tribunale di Roma (ordinanza 14 febbraio 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165). 
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8 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione anche nei casi 
regolati dal precedente articolo 299 (art. 24 della Costituzione) (6). 

Corte di appello di Potenza, ordinanza 8 ottobre 1968, G. U. 28 
gennaio 1970, n. 24. 

codice penale, art. 559 (Adulterio), terzo comma, in quanto punisce 
la relazione adulterina della moglie in ipotesi nella quale la corrispondente 
condotta del marito non costituisce reato (art. 29 della Costituzione) 
(7). 

Pretore di San Pietro VernoUco, ordinanza 8 ottobre 1969-, G. U. 
11 febbraio 1970, n. 37. 

codice penale, art. 560 (Concubinato), in quanto punisce la relazione 
adulterina del marito, con criterio diverso da quello stabilito per la 
moglie dall'art. 559, terzo comma, del ,codice penale, solo quando ricorrano 
gli ulteriori elementi della notoriet� o della 'convivenz'a dei concubini 
nella casa coniugale (artt. 3 e 39 della Costituzione) (8). 

Tribunale di Roma, ordinanza 1� ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, limitatamente 
all'inciso � da lavoratori in occasione di sciopero �, in quanto 
assume come :fondamento dell'aggravante speciale, con ingiustificata 
discriminazione a danno dei lavoratori, il nesso di occasionabilit� con 

-l'esevcizio del diritto di sciopero (art. 3, primo e secondo comma, della 
Costituzione) (9). 

Pretura di San Miniato, ordinanza 4 dicembre 1970, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50. 

codice penale, art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti della Autorit�), 
in quanto commina sanzioni penaM per la inosservanza di precetti 
lii cui contenuto � determinato dall'autorit� amministrativ�a (articoli 
25, secondo comma, e 3 della Costituzione) (10). 

Pretore di Massa Marittima, ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 
25 febbraio 1970, n. 50. 

(6) L'articolo 305 del codice di procedura civile � stato gi� dichiarato incostituzionale, 
con sentenza, 15 dicembre 1967, n. 139, nella parte in cui fa decorrere dalla 
data dell'interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione 
anche nei casi regolati dal precedente articolo 301. 
(7) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, 
n. 147. I primi due commi dell'articolo 559 del codice penale sono stati dichiarati 
incostituzionali con sentenza 12 dicembre 1968, n. 126. 
(8) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, 
n. 147. 
(9) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1957, n. 110 e gi� 
riproposta, in riferimento anche all'art. 40 della Costituzione, dal pretore di 
Brescia (ordinanza 2 ottobre 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). 
(10) La stessa questione � stata proposti!, per la legge 20 marzo 1968, n. 304, 
dal pretore di Recanati (ordinanza 31 ottobre 1969, G.U. 28 gennaio 1970, n. 24). 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 9 

codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza), 
in quanto punisce chi d� spettacoli o trattenimenti in luogo 
aperto o esposto al pubblico, senza la licenza del questore (art. 17 
della Costituzione) (11). 

Pretore di San Ginesio, ordinanza 8 settembre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

codice penale, art. 708 (Possesso ingiustificato di valori), dn quanto 
assume come elemento di reato le condizioni personali e sociali dell'imputato 
(art. 3 della Costituzione) (12) e presume la provenienza 
delittuosa degli oggetti trovati in suo possesso (art. 27 della Costituzione) 
(13). 

Pretore di Firenze, ordinanza 28 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

codice di procedura penale, art. 74 (Esercizio dell'azione pe.nale da 
parte del pubblico ministero o del pretore), in quanto consente che la 
decisione sfa emessa dallo stesso magistrato che ha istruito il processo 
(artt. 107, 108 e 112 della Costituzione) (14). 

Pretore di Roma, ordinanza 3 giugno 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5., 

codice di procedura penale., art. 106 (Esercizio dell'azione� civile e 
obbligo della testimonianza), art. 350 (Diritto dei prossimi congiunti 
d'aste.nersi dal testimoniare), secondo comma, limitatamente alle parole 
� o parti civili �, art. 408 (Notificazione del decreto di citazione davanti 
ai tribunale), secondo comma, limitatamente alla frase � la parte 
civile � citata a comparire anche nena qualit� di testimonio se � informata 
dei fatti per i quali si procede �, art. 447 (Interrogatorio delle 
parti private diverse dalZ'imputato), limitatamente all'inciso finale qua


e 

lora non debba essere e�saminata come testimonio�, art. 448 (Esame .dei 
testimoni), primo comma, limitatamente all'inciso finale � anche se si � 
costituito parte civile�, e artt. 449 (Giuramento dei testimoni), .primo 

(11) Questione gi� proposta dal pretore di Racconigi con ordinanza 5 dicembre 
1968, G. U. 26 febbraio 1969, ;n. 52. 
(12) Disposizione gi� dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con 
sentenza 19 luglio 1968, n. 110. 
(13) Questioni gi� proposte dallo stesso pretore con ordinanze 28 marzo 1969 
(G. U. 2 luglio 1969, n. 165) e 13 maggio 1969 (G. U. 26 novembre 1969, n. 299). 
(14) Questione dichiarata non fondata con sentenza 24 maggio 1967, n. 61, e 
gi� riproposta (anche per gli articoli 231, 389, ultimo comma, 398 e 403, ultimo 
comma del codice di procedura penale) dal pretore di Prato, ma in riferimento agli 
articoli 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, ed all'articolo 6, 
n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (ordinanza 
24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). La stessa questione � stata proposta 
anche per l'articolo 72 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (v. infra, e nota 29). 
Altra questione di legittimit� dell'art. 74 del codice di procedura penale � 
stato dichiarata infondata con sentenza 7 dicembre 1964, n. 102. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comma (15), limitatamente all'inciso � o parte civile � , in quanto consentono 
alla persona offesa dal reato e alla parte civile di fOTnire con 
la deposizione testimoniale mezzi di prova in un procedimento la cui 
decisione avr� autorit� di giudicato nel giudizio civile di risarcimento 
del danno (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Iseo, ordinanza 9 dicembre 1969, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50. 

codice di pl'ocedura penale, art. 199 (Termini per l'impugnazione), 
primo comma, in quanto stabilisce per l'imputato un termine minore di 
quello concesso al pubblico ministero (artt. 3 e 24, secondo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 3 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50. 

codice di procedura penale, art. 220 (Subordinazione della polizia 
giudiziaria), secondo comma, in quanto esclude, secondo la comune interpretazione, 
la necessit� del consenso dell'autorit� giudiziaria per gli 
allontanamenti temporanei dalla se�e degld ufficiali di polizia giudiziaria 
pi� elevati in grado di ogni sede giudiziaria; e in quanto esclude, per 
tali allontanamenti, la necessit� del consenso dell'autorit� gfudiziaria 
alla cui diretta dipendenza funzionale gli indicati ufficiali di polizia 
giudiziaria si trovano (art. 109 della Costituzione). 

Pretore di Recanati, ordinanza 25 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 

codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della poHzia giudiziaria), 
in quanto, nella sua formulazione generica ed approssimativa, consente 
di ascrivere l'analisi chimica alla categoria degli accertamenti 
tecnici demandati ai c.d. ausiliari della polizia giudiziaria (art. 24 della 
Costtuzione). 

Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 7 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 
197_Q, n. 37. 

codice di procedura penale, art. 370 (Richiesta d'ulteriore istruzione), 
in quanto attribuisce efficacia vincolante alle richieste del pubblico mi-. 
nistero, privando il giudice istruttore dei poteri decisivi conferitigli dall'articolo 
299 del codice di procedura penale in ordine alla valutaZ,ione 
sulla utilit� degli atti istruttori da compiersi (art. 101, secondo comma, 
della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il tribunale di Bologna, ordinanza 12 novembre 
1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24 . 

. (15) Altra questione d legittimit� costituzionale dell'art. 449 del codice di 
procedura penale � stata dichiarata non fondata con sentenza 13 luglio 1960, n. 58. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 11 

codice di procedura .penale, art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione 
sommaria), secondo comma, in quanto, rimettendo al pubblico ministero 
di stabilire se esista confessione e se non sono necessari altri atti 
istruttori, condiziona la scelta del tipo di istruzione alla discrezionale 
ed insindacabile valutazione del pubblico minitero (art. 25 della Costituzione) 
(16). 

Tribunale di Napoli, ordinanza 27 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

codice di procedura penale, art. 398 (Pote'ri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), terzo c�omma, in quanto non prevede la 
contestazione del fatto quando si proceda al compimento di atti preliminari 
alla istruzione (artt. 3, priimo comma, e 24, secondo comma, della 
Costituzione) (17) (18). 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 19 settembre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

codice di procedura penale, art. 452 (Mancata compar�zione di persone 
citate), terzo comma, in quanto esclude che l'imputato possa ottenere la 
sospensione del dibattimento per far intervenire il consulente tecnico 
che non sia comparso (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 18 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 

codice di procedura penale, art. 472 (Chiusura del dibattimento e pronuncia 
della sentenza), ultimo comma, in quanto, con disparit� di trattamento 
rispetto all'imputato contumace (art. 3 della Costituzione), 
parifica l'imputato che deve considerarsi presente nel dibattimento al


(16) Il terzo comma della disposizione � stato dichiarato incostituzionale, con 
sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit� nel corso 
del processo della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza 
della prova. 
(17) Questione gi� proposta (e con analogo riferimento alla qualificazione degli 
atti di polizia giudiziaria contenuta nella sentenza 5 luglio 1968, n. 86 della Corte 
c_ostituzionale) dal pretore di Ronciglione (ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66), dal tribunale di Ferrara (ordinanze 10 dicembre 1968 e 30 gennaio 
1969, G. U. 24. settembre 1969, n. 243, e 23 maggio 1969, G. U. 24 dicembre 1969, 
n. 324), e dal tribunale di Como (ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, 
n. 128). 
(18) L'art. .398 del codice di procedura penale, � limitatamente alla parte in cui 
nei procedimenti di competenza det pretore, non prevede ia contestazione det fatto 
e L'interrogatorio aWimputato, qualora si proceda ai compimento di atti di istruzione 
�, era stato dichiarato incostituzionale con sentenza per 28 aprile 1966, n. 33, 
mentre la questione di legittimit� costituzionale della disposizione, nella parte in 
cui non prevedeva l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si procedesse 
al com9imento di. atti di istruzione, era stata invece dichiarata non fondata, in 
riferimento all'art. 24 secondo comma, della Costituzione, con �sentenza 18 aprile 
1967, n. 46 (per altre questioni v. sentenze 24 maggio 1967, n. 61 e 15 dicembre 
1967, n. 151). L'art. 398 del codice di procedura penale � stato peraltro sostituito con 
legge 7 novembre 1969, n. 780. 

12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'imputato presente anche agli effetti della decorrenza del termine per 
l'impugnazione (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 3 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50. 

codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza 
per le contravvenzioni), art. 1240 (Competenza per territorio) 
e art. 1242 (Decreto di condanna), in quanto attribuiscono funzioni giurisdizionali 
all'autorit� amministrativa (artt. 101, secondo comma, e 108, 
secondo comma, della Costituzione) (19). 

Tribunale di Napoli, ordinanza 9 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24 (artt.' 1238, 1240 e 1242). 
Tribunale di Siracusa, or'Clinanza 12 novembre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24 (art. 1238). 
Pretore di Voltri, ordinanza 17 novembre 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37 (art. 1238). 

legge 20 marzo 1913, n. 272 (SuH'ordinamento delle Borse di commercio, 
della mediazione e tassa sui contratti di Borsa), art. 51, lin quanto 
condiziona l'esercizio dell'azione al preventivo pagamento delle tasse 
e delle ammende (art. 24 della Costituzione). 

Pretore di Milano, or'Clinanza 8 maggio 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 
Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37. 

r. d. I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni generali annesse per la 
formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai 
pubblici servizi di trasporto in concessione), art. 21, nel testo modificato 
(19) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1960, n. 41 
(art. 102 della Costituzione), 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della Costituzione) 
e 19 dicembre 1968, n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione). 
La questione � stata gi� riproposta dal pretore di Recanati in riferimento agli 
artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 11 
aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152), dal tribunale di Crotone in riferimento 
agli artt. 25 e 102 della Costituzione (ordinanze 29 aprile 1969 (due), G. U. 9 luglio 
1969, n. 172), dal comandante del porto di Castellammare di Stabia in riferimento 
agli artt. 101, 102 e 108 della Costituzione (ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 8 ottobre 
1969, n. 256), dal capo del circondario marittimo di Porto Stefano in riferimento 
agli artt. 101 e 108, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 5 luglio 1967, 

G. U. 22 ottobre 1969, n. 269), dal comandante del porto di Venezia (anche per gli 
artt. 1242 e 1243) in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 108 secondo comma, 
della Costituzione (ordinanza 5 agosto 1969, G. U. 26 novembre 1969, n. 299), e 
dal comandante del porto di Salerno (anche per l'art. 1242) in riferimento all'art. 101, 
secondo comma, della Costituzione (ordinanze 16 settembre 1969 (due), G. U. 26 novembre 
1969, n. 299). 
Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1238 al codice della navigazione 
� stata proposta, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, 
dal comandante del porto di Pesaro (ordinanza 18 luglio 1969, G. U. 22 ottobre 
1969, n. 269). 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
13 

dal r. d. 1. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il diritto d~l 
lavoratore al riposo secondo un �riterio che prescinde dalla cadenza 
settimanale (art. 36, terzo comma, della Costituzione) (20). 

Tribunale di Milano, ordinanza 8 ottobre 1969, G. U. 11 febbrafo 
1970, n. 37. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sutle successioni), 
artt. 77 e 78, in quanto condizionano l'eser'Cizio dell'azione alla preventiva 
osservanza di adempimenti fiscali (art. 24 della Costituz>ione) (21). 
Tribunale di Roma, ordinanza 10 giugno 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, Il. 24. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3278 (Legge detle tasse sui contratti di 
Bo1�sa), art. 19, in quanto condiziona l'esercizio dell'azione al preventivo 
pagamento delle tasse e delle ammende (art. 24 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 8 maggio 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 
Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37. 

r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le 
frodi nella torrefazione del caff�), artt. 5, 6 e 7, in quanto non prevejdono 
!'-intervento dell'interessato alle operazioni di analisi (art. 24 della 
Costituzione) (22). 

I 

Pretore di Melito Porto Salvo, ordinanza 15 novembre 1969, G. U. 

iI,

28 gennaio 1970, n. 24. 
. 
' 


r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preqJarazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di 
I~ 

prodotti agrari), convertito con legge 18 marzo 1926, n. 652, artt. 41, 
43, 44, primo comma, 45 e 46 (23), in quanto non consentono la partecipazione 
dell'interessato alle operazioni di prelevamento e di analisi 
dei �campioni (artt. 3 e 24 della Costituzione) (24). Wi 


Tribunale di Sant'Angelo dei Lomba11di, ordinanza 1� ottobre 1969, 

G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
(20) Questione gi� proposta, dallo stesso tribunale, con ordinanza 24 maggio 
1969 (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). L'analoga disposizione dell'articolo 16 � stata 
dichiarata incostituzionale con sentenza 15 dicembre 1967, n. 150. 
(21) Questione dichiarata inammissibile, con sentenza 9 aprile 1963, n. 44, 
perch� proposta dal giudice istruttore, carente di legittimazione. 
I

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(22) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. 
(23) Per l'articolo 46 da questione � stata proposta solo dal tribunale di 
Sant'Angelo dei Lombardi. 
(24) L'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 � stato dichiarato incostituzio�
nale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle 
analisi esclude l'applicazione degli articoli 390, 304-bis, ter e quater del codice di 
procedura penale. La questione di legittimit� agli articoli 41, 42, 4.3, 45 e 46 � stato 
invece dichiarata, con la stessa sentenza, non fondata (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


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16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

amministrativa), art. 98, primo comma, 1n relazione all'art. 97, secondo 
comma, in quanto fa decorrere il termine per proporre oppos1z10ne 
allo stato passivo dal deposito dello stato passivo in cancelleria, di cui 
l'interessato, per la natura ordinatoria dei termini previsti agli ultimi 
due commi dell'art. 96, pu� avere in concreto tardiva conoscenza 
(art. 24 della Costituzione). 

Corte di appello di' Roma, ordinanza 17 ottobre 1969, G. U. 28 
gennaio 1970, n. 24. 

r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata .e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 217, in relazione all'art. 15, nella parte in cui 
consente la declaratoria di faUimento senza preventiva audizione dell'interessato 
(art. 26 della Costituzione) (30). 
Pretore di Roma, ordinanza 6 dicembre 1969, G. U. 25 febbrai� 
1970, n. 50. 

d. lg. lgt. 3 maggio 1945, n. 232 (Disposizioni temporanee circa le 
applicazioni e supplenze di magistrati con funzioni del grado superiore 
e circa il concorso per ucHtori), prorogata nel suo vigore con la legge 
5 marzo 1951, n. 190, art. 2, in quanto consente la revocabilit� ad 
nutum, indipendentemente dal termine in precedenza stabilito, dei provvedimenti 
di applicazione in supplenza ordinaria ovvero straordinaria 
di un magistrato inamovibile ad altro ufficio giudiziario del distretto 
(artt. 25, primo comma, e 107, primo comma, della Costituzione) (31). 
Pretore di San Ginesio, ordinanza 29 settembre 1969, G. U. 28 
gennaio 1970, n. 24. 

d. lg. lgt. 9 giugno 1945, n. 387 (Modificazioni al testo unico 28 aprile 
1938, n. 1165, sutl'edilizia pe>po.Zare ed economica per quanto .concerne 
le assegnazioni di alloggi delL'I.N.C.I.S. e degli Istituti autonomi per 
le case popolari e revoca delle assegnazioni illegittime di alloggi fatte 
dagli Istituti), artt. 4, 5 e seguenti, in quanto consentono al presidente 
dell'istituto autonomo per le case popoiari di fi!mettere ovdinanza di 
rilascio (artt. 3, 24, 102, 104 e seguenti della Cosiituzione) (32). 
(30) Questione gi� proposta, direttamente per l'articolo 15 della legge fallimentare, 
dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, 
n. 78), dal tribunale di Roma (ordinanza 7 novembre 1968, G. U. 2 luglio 1969, n.165), 
dalla corte di appello di Brescia (ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, 
n. 91), dal pretore di Roma (ordinarize 11 e 12 marzo 1969, G. U. 11 �giugno 1969, 
n. 145 e 9 luglio 1969, n. 172), e dal tribunale di Roma (ordinanza 19 maggio 1969, 
G. U. 9 luglio 1969, n. 172). 
(31) Questione gi� proposta, sotto differente profilo e in riferimento anc~e 
all'art. 105 della Costituzione, dal pretore di Voltri (ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 
11 giugno 1969, n. 145). 
(32) Questione gi� proposta dallo stesso giudice conciliatore, in riferimento 
agli articoli 3 e 24 della Costituzione (ordinanza 1� ottobre 1969, G. U. 10 dicembre 
1969, n. 311). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 17 

Giudice conciliatore di L'Aquila, ordinanza 7 ottobre 1969, G. U. 
11 febbraio 1970, n. 37. 

d. lg. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione 
siciliana), art+. 26 e 27, se ed in quanto attribuiscano tuttora 
all'Alta Corte per la S~oilia la competenza a giudicare dei reati commessi 
dal Presidente e dagli assessori regionali nell'esercizio delle loro 
funzioni (artt. 3, 28, 102 e 134 della Costituzione) (33). 
Giudice istruttore presso il tribunale di Salerno, ordinanza 11 
marzo 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 

legge 2 agosto 1948, n. 1036 (Disciplina dei tipi e delle caratteristiche 
degli sfarinati, del pane e della pasta), in quanto non prevede l'intervento 
dell'interessato alle operazioni di prelievo dei campioni alimentari 
(art. 24, secondo comma, della Corte costituzionale) (34). 

' Pretore di Viggiano, ordinanza 29 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37. 

legge 21 ottobre 1950, n. 841 (Norme per la espropriazione, bonifica., 
trasformazione ed assegnazione dei terreni ,ai contadini), art. 9, quarto 
comma, in quanto esclude indennizzo per la espropriazione dei beni costituenti 
� il terzo residuo � (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (35). 

Consiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 4 marzo 1969, G. U. 
25 febbraio 1970, n. 50. 

d. m. D.A.C.A. 18 novembre 1953, in quanto non prevede l'intervento 
dell'interessato alle operazioni di prelievo dei campioni alimentari. 
Pretore di Viggiano, ordinanza 29 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37. 

d. P. R. 25 ottobre 1955, n. 932 (Norme di attuazione e di coordinamento 
della legge 18 giugno 1955, n. 517, concernente modificazioni al 
codice di procedura penale), art. 2, in quanto esclude, secondo la comune 
interpretazione, la necessit� del consenso dell'autorit� giudizdaria 
per gli allontanamenti temporanei dalla sede degli ufficiali di polizia 
giudiziaria pi� elevati in grado di ogni sede giudiziaria; e in quanto 
esclude, per tale allontanamento, la necessit� del consenso dell'autorit� 
giudiziaria alla cui diretta dipendenza funzionale gli indicati ufficdali 
di polizia giudiziaria si trovano (art. 109 della Costituzione) (36). 
(33)Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 22 gennaio 1970, n. 6. 
(34) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. 
(35) Diverse questioni di legittimit� costituzionale dell'intera legge 21 ottobre 
1950, n. 841 sono state dichiarate non fondate con sentenze 25 maggio 1957, n. 64, 
25 maggio 1957, n. 78 e 18 gennaio 1958, n. 3. 
(36) Analoga questione � stata proposta, anche per gli artt. 1 e 3, in riferimento 
anche agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal pretore di Chiusi (ordinanza 
14 agosto 1969, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269). 

18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pretore di Recanati, ordinanza 25 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica momlit�), 
artt. 1 e 2, in quanto consentono di limitaTe la Ubert� personale, senza 
provvedimento dell'autorit� giudiziaria (art. 13, secondo comma, della 
Costituzione) e senza la garanzia della difesa (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione), di peTsone consfderate pericolose secondo una aprioristica 
valutazione discriminante (art. 3 della Costituzione) (37). 

Pretore di Legnano, ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 
artt. 1 e 2, in quanto, con la dizione � possono essere diffidati dal questore 
� e � il questore pu� rimandarveli ., conferisce all'autorit� amministrativa 
un potere discrezionale (artt. 3, primo comma, e 13, secondo 
comma, della Costituzione) (27). 

Pretore di Ozieri, ordinanze 2 e 9 dicembre 1969, G. U. 11 '.febbraio 
1970, n. 37. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
deUe persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 
art. 4, secondo comma, in quanto prevede come facoltativa l'assistenza di 
1.!n difensore (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (38). 

Tribunale di Torino, ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37. 

d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento 
della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni 
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia e i 
superstiti), art. 18, secondo comma, per eccesso dad limiti della delega 
conferita con l'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, in quanto impone 
alla decorrenza della pensione una limitazione non prevista dall'art. 9 
della legge 6 luglio 1939, n. 1272 (art. 76 della Costituzione) (39). 
Tribunale di Trieste, ordinanza 16 maggio 1969, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50. 

(37) Cfr. sentenze 30 giugno 1960, n. 45, 23 marzo 1964, n. 23, 30 giugno 1964, 
n. 68 e 17 marzo 1969, n. 32 della Corte costituzionale. 
(.38) Questione gi� proposta dallo stesso tribunale con ordinanze 13 novembre 
1968 (G.U. 26 febbraio 1969, n. 52) e 10 luglio 1969 (G. U. 5 novembre 1969, :n. 280). 

(39) La questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, 
nel suo complesso, � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della 
Costituzione, con sentenza 31 maggio 1960, n. 34. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 

legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme suila costituzione e sul funzionamento 
del Consiglio superiore della Magistratura), art. 11, ferzo c:omma, 
in quanto prevede per il conf�rimento degli uffici ,direttivi la formulazione 
della proposta � di concerto � con il Ministro di grazia e giustdzia 
(artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione) (40). 

Tribunale di Milano, oTdinanza 7 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50. 

legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 
e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 
27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della 
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), artt. 1 (modificato 
dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441), e 3 (41), in quanto 
escludono l'appUcabilit� degli, articoli 390, 304-bis, ter e quater del 
codice di procedura penale alle operazioni di prelievo e analisi dei 
campioni (artt. 3 e 24 della Costituzione) (42). 1 

Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 7 ottobre 1969, a,,u. 11 
febbrnio 1970, n. 37. 
Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, ordinanza 8 ottobre 1969, 

G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Pretore di Sant'Angelo dei Lombardi, ordinanza 21 ottobre 1969, 
G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Pretore di Gallarate, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5, 

legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 
e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 
27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della 
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, terzo c:omma, 
nelle parole � presso cui � stato fatto il pl/"elievo ., in quanto prevede 
la comunicazione del risultato dell'analisi da cui sia risultata la non 
corrispondenza dei prodotti ai requisiti stabiliti dalla legge al solo 
esercente presso cui � stato fatto il prelievo (artt. 3, prima parte, e 24, 
secondo comma, della Costituzione) (42). 

Pretore di Bitonto, ordinanza 7 novembre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

(40) Il primo comma della disposizione, dichiarato incostituzionale� con sentenza 
23 dicembre 1963, n. 168 (in quanto escludeva l'iniziativa del Consiglio superiore 
della magistratura per le materie indicate nel n. 1 dell'art. 10), � stato sostituito 
con l'art. 5 della legge 18 dicembre 1967, n. �98. 
(41) Per l'articolo 3 la questione � stata proposta dal tribunale e dal pretore 
di Sant'Angelo dei Lombardi. 
(42) L'articolo 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283 � stato dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione 
delle analisi esclude l'applicazione degli articoli 390, 304-bis, ter e quater del codice 
di procedura penale. 
14* 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio 
nell'Esercito., nella Marina e nell'Aeronautica), art. 137, terzo comma, 
in quanto, nel consentire al consiglio di leva di annullare la dichiarazione 
di renitenza, e con valutazioni riferite alla configurabilit� del dolo 
e comunque subordinate all'istanza dell'interessato, condiziona la punibilit� 
di un delitto alla discrezionale valutazione dell'autorit� amministrativa 
(artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Treviso, ordinanza 1� agosto 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

d. P. R. 12 febbrai�o 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nena preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 75, in 
quanto consente agli agenti di polizia giudiziarda di effettuare prelevamenti 
di campioni ed ai laboratori dipendenti dallo Stato di procedere 
ad analisi senza l'applicazione degli articoli 390, 304~bis ter e quater 
del codice di procedura penale (artt. 3 e 24 della Costituzione) (43). 
Pretore di Palliano, ordinanza 18 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 
Pretore di Gallarate, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

d. P. R. 12 febbrai�o 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preparazione e nel �commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, 
primo comma, per ec.cesso dai limiti della delega conferita dagli articoli 
1 e 2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto pone divieti rion 
previsti dalla disciplina legislativa degli altri Stati aderenti alla e.E.E. 
(art. 76 della Costituzione) (44). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 14 novembre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro ia mafia), art. 6, 
in quanto prevede una pena pi� grave per il trasgressore che �sia indiziato 
di appartenere ad associazioni mafiose (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Cento, ordinanza 25 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 11, in quanto, in relazione agli articoli 4, 2 e 5 della stessa legge, 
limita dd fatto la po�ssibilit� del lavoratore ultrasessantadnquenne o <pensionato 
di difendersi da un licenziamento per motivi politici, religiosi 
e sindacali che non siano esplioitamente dichiarati dal datore di lavoro 
(artt. 3, 4 e 35, primo comma, della Costituzione). 

(43) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. 
(44) Questione gi� proposta dal tribunale di Vicenza (ordinanza 26 febbraio 
1967, G. U. 21 maggio 1969, n. 128) e dal tribunale di Trani (ordinanza 16 aprile 
1969, G. U. 11 giugno 1969, 1969, n. 145). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 21 

Pretore di Voltri, ordinanza 3 dicembre 1969, G. U. 11 febbraio 
1970, n. 37. 

legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavoTazione e commercio 
dei cereali, degli sfarinatii, del pane e delle paste alimentari), art. 42, 
in quanto esclude l'intervento dell'interessato alle operazioni di analisi

1

dei campioni (art. 24 della Costituzione) (45). 

Pretore di Casarano, ordinanza 27 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 

legge 27 luglio 1967, n. 658 (Riordinamento deLla pr�evidenza marinara), 
artt. 5, primo e secondo comma, 6, terzo comma, e 7, primo comma, 
e annessa tabella G. M. n. 2, in quanto prevedono un criterio contributivo 
secondo il quale l'importo dei contributi viene commisurato a retribuzioni 
fittizie e non corrispondenti a quelle pagate dagli a�rmatori ai 
marittimi (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribuna.le di Napoli, ordinanza 24 settembre 1969, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50. 

legge 17 ottobre 1967, n. 97.7 (Tutela del lavoro dei fanciulli e degli 
ado�lescenti), art. 26, primo comma, ultima parte, in quanto prevede la 
stessa pena minima per violazioni di diversa gravit�, quali l'assunzione 
per un sol giorno di un solo minore e l'assunzione per pi� giorni di 
diversi lavoratori di minore et� (art. 3 della Costituzione) (46). 

Pretore di Fondi, ordinanza 22 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 

d. I. 11 dicembre 1967, n. 1150 (ProToga dei termini per l'applicazione 
delle agevolazioni tributarie in materia di edilizia), convertito, 
con modificazioni, nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, art. 5, .primo c�omma, 
in quanto, disponendo che l'obbligo della ultimazione del fabbricato 
entro il biennio dall'inizio dei lavori deve intendersi abolito con effetto 
retroattivo, anche ai fini dell'applfoazione dei benefiCi tributari in materia 
edilizia, limita la decorrenza della retrattivit� alla data di entrata 
in Vligore della legge 2 febbraio 1960, n. 35 (art. 3 della Costituzione) 
(47). 
Corte di appello di Genova, ordinanza 16 ottobre 1969, G. U. 25 
febbraio 1970, n. 50. 

(45) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza ,3 dicembre 1969, 
n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli 
articoli 390, 304-bis, ter. e quater del codice di procedura penale. 
(46) Questione gi� proposta dal pretore di Velletri (ordina.nza 15 novembre 
1968, G. U. 12 febbriaio 1969, n. 38), dal pretore di Fondi (ordinanza 29 gennaio 
1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91), e dal pretore di Genzano di Roma (ordinanza 24 settembre 
1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). 
(47) Questione gi� proposta dalla stessa corte di appello con ordinanze 28 
aprile 1969 (G. U. 8 ottobre 1969, n. 256) e 13 giugno 1969 (G. U. 22 ottobre 1969, 
n. 269). 

22 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 marzo 1968, n. 304 (Modifica degli articoli 64 e 65 del regolamento 
di polizia, sicurezza e regolaritd dell'esercizio delle strade ferrate, 
approvato con regio decreto 31 ottobre 1873, n. 1687), artic:olo 
unic:o, in quanto commina sanmoni penali per l'inosservanza di precetti 
previsti da un regolamento amministrativo di polizia (art. 25, secondo 
comma, della Costituzione) (48). 

Pretore di Recanati, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 
1970, n. 24. 

legge reg. sic:. appr. 10 dic:embre 1969 (Provvedhnenti eccezionali per 
la riconsegna ai proprietari dei terreni oocupati per rimboschimento 
ricadenti nel comprensorio dei Nebrodi) (49). 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 27 dicembre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, 
DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codic:e penale, art. 207 (Revoca delle misure di sicurezza personali), 
sec:ondo c:apoverso (art. 13, primo e secondo comma, della� Costituzione) 
Inammissibilit�. 

Sentenza 28 gennaio 1970, n. 11, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
011dinanza di rimessione 25 giugno 1968 del giudice di sorveglianza 
presso il tribunale di Foggia, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

c:odic:e penale, art. 559 (Adulterio), terzo e quarto c:omma (artt. 3 e 
29 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (50). 

Ordinanza 23 febbraio 1970, n. 31, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50 
emessa nei giudizi riuniti promossi con trentasette ordinanze di varie 
autorit� giudiziarie. 

c:odic:e penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), primo c:omma 
(art. 29 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (51). 

(48) La stessa questione � stata proposta, per l'art. 650 del codice penale, dal 
pretore di Massa Marittima (ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, 
n. 50). 
(49) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 febbraio 1970, n. 20. 
(50) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, 
n. 147. 
(51) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 54. Nella 
parte in cui limitava il diritto di querela al solo genitore esercente la patria potest� 
l'art. 574 del ~odice penale � stato dichiarato illegittimo con sentenza 22 febbraio 
1964, n. 9. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 23 

Ordinanza 22 di'cembre 1969, n. 165, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
Ordinanza di rimessione 24 aprile 1969, del pretore di Biella, G. U. 
9 luglio 1969, n. 172. 

codice di procedura penale, art. 134 (Nomina dei difensori di fiducia), 
secondo comma, nel testo vigente anteriormente alla legge 5 dicembre 
1969, n. 932, nella parte in cui definisce grave infrazione disciiplin,are 
per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria ricevere la nomina, del 
difensore di fiducia (artt. 3, secondo comma, e 24, secondo comma, 
della Costituzione) --.,-Manifesta infondatezza (52). 

Ordinanza 23 febbraio 1970, n. 30, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ordinanza di rimessione 12 ottobre 1968 del pretore di Recanati, 

G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. 
codice di procedura penale, art. 222 (Atti concernenti l'arresto; assicurazione 
del corpo del reato), primo comma, art. 231 (Atti e informative 
del pretore), primo comma.. e art. 134 (Nomina dei difensori di fiducia), 
secondo comma -Manifesta inf�ndatezza (52). 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 2, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
Ordinanze di rimessione 19 'settembre del tribunale di Livorno 

(G. U. 14 dicembre J968, n. 318) e 29 ottobre 1968 �del pretore di 
Bologna (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25). 
codice di procedura penale, art. 224 (Perquisizioni di polizia giudiziaria), 
primo comma, ultima parte, e art. 238 (Fermo di indiziati di reato), 
primo comma -Inammissibilit� per irrilevanza. 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 2, G. U. 28 gennaio 1970; n. 24. 
Ordinanza di rimessione 29 ottobre 1968 del 'pretore di Bologna, 

G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 
codice di procedura .penale, art. 225 (Sommarie informazioni), nel 
testo antecedente alla legge 5 dicembre 1969, n. 932 -Manifesta infondatezza 
(53). 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 4, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
Ordinanza di rimessione 6 marzo 1968 del pretore di Roma, G. U. 
15 giugno 1968, n. 152. 

codice di procedura penale, art. 231 (Atti e infonnative del pretore), 
primo comma (nel testo antecedente alla legge 5 dicembre 1969, n. 932) 
e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione som


(52) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, 
n. 148 e sostituitai con legge 5 dicembre 1969, n. 232. 
(53) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 5 luglio 1968, n. 86, 
nella parte in cui rende possibile, nelle indagini di polizia giudiziaria, il compimento 
di atti istruttori senza l'applicazione degli articoli 390, 304-bis, ter e quater del 
codice di procedenza penale. La disposizione � stata sostituita con legge 5 dicembre 
1969, n. 932. 

24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

maria), secondo ,comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) 
Manifesta infondatezza (54). 

Sentenza 22 gennaio 1970, n. 4, G. U. 28 gennaio 1970, n. 5. 

Ordinanze di rimessione 6 marzo 1968 ~ 14 maggio 1968 del pretore 
di Roma (G. U. 15 giugno 1968, n. 152 e 12 ottobre 1968, n. 261) 
e 23 gennaio 1969 del �pretore di Torino (G. U. 26 marzo 1969, n. 78). 

r. d. 15 settembre 1923, n. 2090 (Testo unico delle leggi sulla riscossione 
delle imposte dirette), art. 98 (art. 3 della Costituzione) -Inammiss�
ilbilit� (55). 
~entenza 4 febbraio 1970, n. 13, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanza di rimessione 13 marzo 1968 della prima sezione civile 
della Corte di cassazione, G. U. 10 agosto 1968, n. 203. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria suUe successioni), 
art. 31, primo e secondo comma -Manifesta infondatezza (56). 
Ordinanza 22 dicembre 1969, n. 162, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5 
Ordinanza di rimessione 25� gennaio 1968 del tribunale di Brescia, 

G. U. 6 luglio 1968, n. 170. 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 86, per la parte in �cui, secondo una certa interpretazlione, 
sancisce l'obbligo della previa autorizzazione di pubblica sicur�zza per 
la detenzione, in pubblico esercizio, di apparecchi per calcio da tavolo 
(artt. 3, 4, 35 e 41 della Costitu2)ione) ..,__ Inammissibilit�. 
Sentenza 28 gennaio 1970, n. 8, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
Ordinanza di rimessione 8 luglio 1968 del pretore di Padova, G. U. 
26 febbraio 1969, n. 52. 

r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico deUe disposizioni sull'edilizia 
popolare ed economica), art. 32 (artt. 3 e 24 della Costituzlione) Manifesta 
infondatezza (57). 
Ordinanza 23 febbraio 1970, n. 29, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 

Ordinanze di rimessione 23 aprile 1969 del giudice conciliatore di 
Potenza (G. U. 16 luglio 1969, n. 179 e 19 maggio 1969 del pretore di 
Milano (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). 

(54) Questioni dichiarate non fondate con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 
(55) Per la natura regolamentare della disposizione. 
(56) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 109. I 
primi due commi della disposizione, dichiarati incostituzionali con sentenza 12 luglio 
1965, n. 69 � in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto ;per le 
aziende industriali e commerciali �, sono stati sostituiti con legge 31 ottobre 1966, 
n. 948. 
(57) Il terzo ed il settimo comma dell'articolo 32 sono stati dichiarati incostituzionali, 
con sentenza 22 dicembre 1969, n. 159, nelle parti in cui per il pagamento dei 
canoni scaduti e per l'opposizione al decreto ingiuntivo fissano termini diversi da 
quelli previsti dalll'art. 641 del codice di procedura civile per l'ordinario procedimento 
ingiuntivo. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 25 

legge 7 ottobre 1947, n. 1058 (Norme per la disciplina dell'elettorato 
attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle Liste elettorali), art. 1, 

n. 3 (art. 48 della Costituzione) -Inammissibilit� (58). 
Sentenza 18 febbraio 1970, n. 21, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ordinanza di l'imessione 3 marzo 1969 della commissione elettorale 
mandamentale di Pistoia, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. 

legge 4 aprile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione 
obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), art. 2, 
sub 12 (artt. 3, 36 e 37 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (59). 

Ol'dinanza 22 dicembre 1969, n. 163, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
Ordinanze di rimessione 25 gennaiio 1969 (tre) del giudice istruttore 
del tribunale di Genova, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 

legge 31 luglio 1954, n. 570 (Restituzione dell'imposta generale sull'entrata 
sui prodotti esportati ed istituzione di un diritto compensativo 
sulle importazioni), artt. 1 e 3 (art. 23 della Costituzione) -Manifesta 
infondatezza (60). 

Ordinanza 22 dicembre 1969, n. 164, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
Ordinanze di rimessione 11 dicembre 1968 della corte di appello 
di Napoli, G. U. 11 1giugno 1969, n. 145. 

legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per la 
energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie 
elettriche), art. 5, n. 2 (artt. 3, 42, terzo comma, e 43 della 
Costituzione) (61). 

Ordinanza 22 dicembre 1969, n. 166, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
Ordinanza di rimessione 11 novembre 1968 del tribunale di Roma, 


G. U. 9 luglio 1969, n. 172. 
legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), 
art. 46 -Manifesta infondatezza (62). 

(58) La disposizione in effetti denunciata, come gi� segnalato in questa Rassegna 
(1969, II, 94), era peraltro non quella di cui all'articolo 1, n. 3 ma quella 
di cui all'articolo 2, n. 2. 
(59) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 37, primo 
comma, della Costituzione con sentenza 15 luglio 1969, n. 1.37. 
(60) Questione dichiarata non fondata con sentenza 11 luglio 1969, n. 126. 
(61) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1969, n. 115. La 
questione di illegittimit� costituzionale dell'intera legge 6 dicembre 1962, n. 1643 
� stata dichiarata non fondata con sentenze 7 marzo 1964, n. 14 (artt. 3, 4, 43 e 67 
della Costituzione) e 12 luglio 1965, n. 66 (artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, 
secondo comma, 113 e 76 della Costituzione). 
(62) Questione dichiarata non /fondata nella motivazione ,della sentenza 10 luglio 
1968, n. 98, con la quale la disposizione � stata dichiarata incostituzionale � limitatamente 
alia parte in cui esclude che il direttore ed it vice direttO'l:e responsabiie di 
un giornale quotidiano o di un periodico o agenzia di stampa di cui al primo comma 
deH'art. 34 possa essere iscritto neH'elenco dei pubblicisti �� 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

26 

Ordinanza 22 gennaio 1970, n. 7, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
Ordinanza di rimessione 7 giugno 1968 del pretore di Firenze, 

G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 
d. P. R. 25 febbraio 1963, n. 138 (Norme relative agli indennizzi da 
corrispondere alle imprese assoggettate al trasferimento all'Enel), art. 2 
(artt. 3, 42, terzo comma, e 43 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(63). 

Ordinanza 22 dicembre 1969, n. 166, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
Ordinanza �di rimessione 11 novembre 1968 del tribunale di Roma, 

G. U. 9 luglio 1969, n. 172. 
d. P. R. 17 marzo 1965, n. 144 (Norme sul trattamento previdenziale 
del personale dipendente dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica 
(ENEL) in applicazione della delega contenuta nell'art. 13 della legge 
6 dicembre 1962, n. 1643), art. 9, ultimo comma -Restituzfone degli 
atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 
Ordinanza 18 febbraio 1970, n. 22, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ordinanza dL rimessione 10 giugno 1968 del tribunale �:�i Venezia, 
G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 

d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo 
delle pensioni a carico dell'assicurazione sociale obbligatoria) artt. 20 
e 21 -Manifesta infondatezza (64). 
Ordinanza 18 febbraio 1970, n. 23, G. U. 25 febbraio 1970, n. 25. 
Ordinanze di rimessione 27 maggio 1969 (tre) del t-ribunale di 
Salerno, G. U. 24 settembre 1969, n. 243. 

d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo 
delle pensioni a carico dell'assicurazione sociale obbligatoria), art+. 20, 
21 e 23 (artt. 3, 4, 35, 36 e 38 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(64). 
Ordinanza 18 febbraio 1970, n. 24, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
Ordinanze di rimessione 28 maggio 1969 del tribunale di Salerno 

(G. U. 24 settembre 1969, n. 243), 11 luglio 1969 del tribunale di 
Macer.ata (G. U. 22 ottobre 1969, n. 269), e 11 luglio 1969 del tribunale 
di Udine (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). 
(63) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1969, n. 115. La 
questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138 � stata 
dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, 
secondo comma, 113 e 76 della Costituzione, con sentenza 12 luglio 1965, n. 66. 
(64) Le norme di cui alle lettere a e b dell'articolo 20 sono state dichiarate 
incostituzionali, con sentenza 22 dicembre 1969, n. 155, nella parte in cui dispongono 
che le pensioni di vecchiaia non sono cumulabili con la retribuzione. Con la stessa 
sentenza sono stati dichiarati incostituzionali gli articoli 21 e 23 nelle parti in cui 
si riferiscono alla pensione di vecchiaia e non fondata, invece, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'articolo 20, 1ett. c, in riferimento agli articoli 3, 4, 35, 
36 e 38 della Costituzione. 
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CONSULTAZIONI 


CACCIA E PESCA 

Tasse sulle CC.GG. e sopratasse venatorie sulle riserve di caccia legge 2 
agosto .1967, n. 799. 

Se le pene pecuniarie previste daill'art. 10 del T.U. sulle tasse di concessione 
gove,rnativa a carico dei concessionari inadempienti debbano in 
matel'ia di caccia essere commisurate all'importo complessivo delle tasse e 
sopratasse indicato nella tabella allegata al t.u. (n. 39). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

.4.pplicqbilit� di sanzioni in caso di violazione dell'art. 74 della legge 9 
luglio 1908, n. 445. 

Se possa chiedersi la dichiar�zione giudi2liale di nullit� dei contratti 
di alienazione stipulati ai sensi dell'art. 74 della legge 9 luglio 1908, 

n. 445 (n. 94). 
Se possa applicarsi la sanzione della revoca del contributo statale sulla 
spesa occorrente ad edifici in corso di costruzione (n. 94). 

Impianto ed esercizio stazioni radioelettriche ad uso privato -Art. 251 del 
codice postale (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645) -Art. 5 legge 8 gennaio 
1931, n. 234. 

Se a norma dell'art. 251 del Codice postale (R.D. 27 febbraio 1936, 

n. 645) l'impianto e l'esercizio di stazioni radioelettriche fisse e terrestri 
ad uso esclusivamente privato possa essere concesso solo ove concorrano 
ragioni di pubblico interesse (n. 95). 
Se la �dichiarazione di pubblica utilit��, prevista dall'art. 251 citato, 
ultimo comma, ultima parte, consegua automaticamente all'assentimento 
della � concessione ., o possa essere accordata dal Ministro competente in 
via autonoma dopo assentita la concessione (n. 95). 

Se l'art. 5 della legge 8 gennaio 1931, in. 234, che disponeva in quali casi 
fossero ammessi l'impianto e l'uso di stazioni radioelettriche private, sebbene 
non possa dirsi abrogato o incompatibile con le norme del Codice 
postale in virt� dell'art. 344 stesso codice, debba ritenel'si assol'bito dalla 
pi� ampia previsione dell'art. 251 del detto Codice, ove a quei casi � stata 
sostituita la pi� ampia previsione della � concorrenza di ragioni di pubblico 
interesse�, previsione che quei casi ricomprende ma che ha diversa e 
maggiore latitudine (n. 95). 

R.equisiti per la concessione del contributo diretto in capitale di cui alla 
legge 13 luglio 1966, n. 610. 

Se la concessione del contributo diretto in capitale, di cui alla legge 13 
luglio 1966, n. 610 sia applicabile anche in ipotesi di cessione del contributo 
a soggetti non venuti ad esistenza, fiscalmente rilevante, per l'anno 
1945 (n. 96). 



28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONFISCA 

Art. 145 legge doganale -Sistema di riscossione dei tributi. 

Se in caso di contrabbando con merce interamente sequestrata il di�sposto 
dell'art. 145 della legge doganale esima il giudice dal condannare l'imputato 
riconosciuto colpevole al pagamento dei tributi �relativi aiJ.la predetta 
merce (n. 22). 

Quale sia il sistema di riscossione dei tributi relativi a merce di contrabbando 
caduta in confisca (n. 22). 

CONTRABBANDO 

Art. 145 legge doganale -Sistema di riscossione dei tributi. 

Se in caso di contrabbando con merce interamente sequestrata, il 
disposto dell'art. 145 della legge doganale esima il Giudice da[ condannare 
l'imputato riconosciuto colpevole al pagamento dei tributi relativi alla 
predetta merce (n. 46). 

Quale sia n sistema di riscossione dei tributi relativi a merce di contrabbando 
caduta 1n confisca (n. 46). 

COSTITUZIONE 

Funzioni di polizia giudiziaria dei funzionari doganali. 

Se nell'esercizio delle attribuzioni ad �essi assegnate dall'art. 33 del 
r..d. n. 1132 del 1941 gli Ispettori �compartimentali di Dogana siano da considerarsi 
Ufficiali di Polizia giudiziaria (n. 54). 

Quali siano i limiti delle attribuzioni di po!lizia giudiziaria spettanti 
agli Ispettori compartimentali di Dogana. 

Quali siano i limiti delle attribuzioni di polizia giudiziaria spettanti 
ai funzionari doganali in genere ai sensi dell'art. 132 della Legge doganale, 
per l'accertamento dei reati doganali. 

Se siano legittimi, rispetto all'art. 224 del Codice penale e all'art. 13 
della Costituzione, l'art. 16 ult. cpv. del Regolamento per l'esecuzione 
della Legge doganale (r.d. 13 febbraio 1895, n. 65) e 90 del Regolamento 
di servizio doganale (r.d. 22 maggio 1941, n. 1132) che prescrivono e disciplinano 
le visite in Dogana alla persona del viaggiatore (n. 54). 

Se sia legittimo -rispetto all'art. 227 del Codice penale -il primo 
comma dell'art. 33 del r.d. n. 1132 del 1941 (n. 54). 

DANNI DI GUERRA 

Requisiti per la concessione del contributo diretto in capitale di cui alla 
legge 13 luglio 1966, n. 610. 

Se la concessione de'l contributo diretto in capitale, di cui alla legge 13 
luglio 1966, n. 610, sia applicabile anche in ipotesi di cessione del contributo 
a soggetti non v�enuti ad esistenza, fiscalmente rilevante, per l'anno 
1945 (n. 136). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 29 

DAZI DOGANALI 

Montaggio in Italia di macchine fabbricate all'estero -Spesa relativa Materia 
imponibile 

Se la spesa relativa al montaggio in Italia, che l'importatore fa eseguire 
da tecnici della Ditta venditrice �e che la Ditta fattura a parte, erogata 
dopo che la merce ha attraversato la linea doganale (D.P.R. 21 dicembre 
1961, n. 1339, articoli 19 e 23 e note esplicativ�e ineventi) costituisca materia 
imponibile ai fini del tributo doganlrl.e (n. 44). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Assegnazione di alloggi economici ai terremotati -Diritto all'assegnazione Trasmissibilit� 
mortis causa -Esclusione. 

Se sia trasmissibile per atto mortis causa il. diritto dell'aspirante che 
ha presentato domanda al fine di ottenere l'assegnazione di un alloggio economico 
per terremotati (n 218). 

Trasferimento di alloggi dello Stato ail'IACP ex art. 5 legge 30 marzo 1965, 

n. 225 -Interpretazione della norma. 
Se il trasferimento di alloggi ail'IACP da parte dello Stato, a sensi 
dell'art. 5 legge 30 marzo 1965, n. 225, debba avvenire di volta in volta 
mediante appositi atti traslativi di propriet�, o se la predetta disposizione 
abbia posto in essere, in blocco e ope legis, il trasferimento della propriet� 
degli immobili (n. 219). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Indennit� di espropriazione legge 20 marzo 1968, n. 391. 

Se il pagamento diretto dell'indennit� di espropriazione possa essere 
chiesto dall'interessato e �consentito dall'Autorit� giudiziaria, quando e se, 
a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 391/1968, sia ancm�a applicabile 
fa disposizione contenuta nell'art. 343 delle istruzioni sul servizio di 
depositi presso la Cassa DD.PP. (approvate con D.M. 22 novembve 1954) che 
demandava al Prefetto di provvedere �COO proprio decreto in ordine alla 
restituzione all'espropriante delle somme depositate, ma eccedenti l'importo 
della indennit� effettivamente dovuta in base a sentenza passata in giudicato 
e a transazione (n. 287). 

Occupazione soltanto del sottosuolo -Diritto all'indennit�. 

Se per l'occupazione soltanto de[ .sottosuolo ai fini della costruzione 
di opere permanenti di protezione antiaeree sia dovuta l'indennit� di cui 
all'art. 2 della legge 2 dicembre 1967, n. 1231 (n. 288). 



30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FALLIMENTO 

Art. 99 L.F. -Controversie eccedenti la competenza del Pretore. 

Se l'ultimo comma dell'art. 99 L.F. che stabilisce la inammissibilit� dell'appello 
avverso le sentenze pronunciate in 'sede di opposizione a stato passivo 
per le controversie non eccedenti la competenza del Pretore, escluda 
l'appellabilit� delle sentenze pronunciate in cause attribuite alla competenza 
per materia del T;ribunale ex art. 9 c.p.c. e 8 t.u. 30 ottobre 1933, 

n. 1611 (n. 119). 
FORESTE 

Reati forestali -Depenalizzazione -Non sussiste -Artt. 10-24-26 r.d. 30 
dicembre 1923, n. 3267 legge 9 ottobre 1967, n. 950. 

Se la portata depenalizzante della legge n. 950 del 1967 si limiti alle 
trasgressioni delle norme di polizia forestale, contenute nei regolamenti 
manati dalle Camere di Commrcio, a mente dell'art. 10 del r.d. del 1923, 

n. 3267 (n. 6). 
Se la fattispecie di cui agli artt. 24 e 26 del decreto sopracitato note 
come � reati forestali � continuino ad avere natura contravvenzionale 

(n. 6). 
IMPOSTA DI REGISTRO 

Applicabilitd dei benefici fiscali a fabbricati aventi destinazione industriale. 


Se le agevolazioni fi,scali previste dall'art. 44, primo comma, del d.l. 
15 marzo 1965, n. 124, siano applicabili ai fabbricati aventi destinazione 
industriale (n. 314). 

Applicabilitd dei benefici fiscali a fabbricati destinati all'edilizia scolastica. 


Se le age�volazioni fiscali previste dal combinato disposto dagli artt. 1 
della legge 19 luglio 1961, n. 659 e 2 del �Secondo comma del r.d. 21 giugno 
1938, n. 1094, siano applicabili agli edifici appaltati di una societ� per 
la istituzione della scuola aziendale (n. 315). 

Dichiarazione di comando (art. 58 legge di registro) -Scrittura privata 
autenticata -Ammissibilit�. 

Se una scrittura privata autenticata, non registrata nei tre giorni successivi, 
sia idonea a soddisfare il precetto di cui all'art. 59 della legge di 
registro, in materia di dichiarazione di comando (n. 316). 

Legge 1949, n. 408 -Decadenza delle agevolazioni tributarie ivi previste -
Solidarietd fra compratore e venditore. 

Se, intervenuta la decadenza delle agevolazioni di cui alla legge n.. 408 
del 1949 accordate all'atto di compravendita di un suolo edificatorio, il 
venditore sia obbligato in solido con l'acquirente al pagamento delle imposte 
normali (n. 317). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 
31 

IMPOSTE E TASSE 

Diritti sulle pubbliche affissioni e imposta sulla pubblicit� affine ex legge 5 
luglio 1961, n. 641. Prescrizione. 

Se ai diritti sulle pubbliche affissioni alla imposta sulla pubblicit� affine 
previsti dalla legge 5 luglio 1961, n. 641 1si applichi fa prescrizione triennale 
prevista dall'art. 48 del t.u. per la Finanza locale approvato con r. d. 14 settembre 
1931, n. 1175 (n. 516). 

Se nel �caso in cui la gestione del servizio di affissioni comunali sia 
affidata in appalto sia applicabile ai concessionari la pl'escrizione triennale 
ex art. 48 t.u. per la Finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931, 

n. 1175 (n. 516). 
Raccolta e trasporto di rifiuti da immobili dello Stato -Imposizione di addizionale 
ex legge 7 febbraio 1968, n. 27 -Legittimit�. 

Se sia legittima l'imposizione dell'addizionale 10 % pl'evista dal1a legge 
7 febbraio 1968, n. 27 sulla tassa che viene pagata per il servizio di raccolta 
e trasporto di rifiuti solidi da immobili dello Stato (n. 517). 

T.u. 
sulle imposte dirette -Mancata presentazione nei te'l'mini del ricorso 
contro i ruoli -Poteri deWAmministrazione in ordine alla iscrizione 
erronea. 
Se l'inutile decorso del termine previsto dal t.u. per le imposte dirette 
per il ricorso contro i ruoli (art. 188) impedisca all'Amministrazione di 
esercitare il potere di rettifica di ufficio circa la iscrizione erronea. 

Se tale potere possa essere esercitato solo quando l'Amministrazione 
abbia ri�onosciuto, o ritenga di poter riconoscere, anche implicitamente, la 
detta 1erroneit� (n. 518). 

Societ� -Aumento di capitale. 

Se per le imposte reltive ad aumenti di capitale siano obbligati, in 
solido con la societ�, anche i sottoscrittori delle nuove azioni (n. 318). 

IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

Devoluzione della eredit� allo Stato in mancanza di altri successibili. 

Se l'espressione � in mancanza di altri successibili� contenuta nell"articolo 
586 del vigente e.e. possa essere il'iferita all'ipotesi di successibili 
chiamati per testamento, ovvero per legge, ad accettare l'eredit�, la cui 
delazione venga a cadere peT rinuncia all'eredit� o per prescrizione del 
diritto di accettazione (n. 14). 

Se la devoluzione allo Stato dell'eredit� ed il conseguente acquisto 
ipso jure sia configurabile sin dal momento in cui la delazione a favore 
di a1tri chiamati noti sia venuta meno per rinuncia all'eredit� (n. 14). 

Se in caso di acquisto ipso jure in capo allo Stato, ai sensi dell'articolo 
586 e.e., possa essere richiesta la nomina di un curatore di eredit� 
giacente (n. 14). 


32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE VARIE 

Agevolazioni previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 -Decadenza del contributo 
-Prescrizione triennale del diritto dell'Amministrazione. 

Se '.la prescrizione del diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte 
dovute a seguito di decadenza del contribuente dai benefici previsti dalla 
legge 2 luglio 1949, 408 sia triennale.

n7 

Se tale principio sia valido anche per atti stipulati prima della entrata 
in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35, quando la decadenza dalle agevolazioni 
,si sia verificata posteriormente all'entrata in vigore della citata 
legge n. 35 (n. 22). 

Diritti di licenza ex art. 4 r.d.l. 16 giugno 1938, n. 954 e successive modifi~ 
che -Omesso e ritardato pagamento -Sanzioni. 

Se per l'omesso o ritardato <pagamento dei dkitti di licenza dovuti ai 
sensi dell'art. 4 r,d.1. 16 giugno 1938, n. 954 (modificato dall'art. 2 d.l.lg. 26 
aprile 1945, n. 223 e dall'art. 6 d.1. 11 ottobre 1949, n. 707) sia irrogabile 
l'aumento previsto dall'art. 4 del cit. d.l.lg. n. 223/1945 oppure la pena 
pecuniaria di cui all'art. 38 d.l. 6 ottobre 1948, n. 1200, ovvero ambedue le 
sanzioni (n. 23). 

Dogane -Cali di giacenza per gli spiriti. 

Se la norma dell'art. 239 del regolamento �doganale, sui cali di giacenza 
per gli spiriti, sia applicabile anche alle. acquaviti (n. 24). 

Domicilio fiscale stabilito dalla Intendenza di finanza ai sensi dell'art. 10 
del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

Quali siano le differenze, sotto il profilo della natura e dell'efficacia, tra 
il provvedimento previsto dall'art. 18 del t.u. 5 luglio 1951, n. 573 e quello 
disciplinato dall'art. 10 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

Quale sia l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette competente a procedere, 
dopo l'emanazione del provvedimento intendentizio ex art. 10 del 

t.u. n. 645 del 1958, alla notifica di accertamenti relativi a dichiarazioni di 
redditi presentate anteriormente a detto provvedimento (n. 25). 
Imposta di fabbricazione sugli olii minerali -D.l. 28 febbraio 1939, n. 334 
art. 20 -Criteri di interpretazione. 

Se all'art. 20 d.l. 28 febbraio 1939 n. 334 (conv. in legge 2 giugno 1939, 

n. 739) siano applicabili i criteri di interpretazione fissati dalla Corte di 
cassazione per l'analoga disposizione dell'art. 29 legge 25 settembre 1940, 
n. 1424 (n. 26). 
Interpretazione deUa normativa contenuta nel d.l. 21 febbraio 1967, n. 22 
(convertito con modifiche nella legge 21 aprile 1967, n. 209) -Enti con 
fini di beneficienza, istruzione ecc. 

Se ai fini dell'applicazione della normativa contenuta nel d.1. 21 febbraio 
1967, n. 22 (convertito con modifiche nella legge 21 aprile 1967, 

n. 209) occorra fare riferimento al sistema della imposta sulle societ�. 

PARTE II, CONSULTAZIONI 33 

Se gli enti che abbiano scopo di beneficienza, educazione, istruzione, 
studio e ricerca scientifica siano esenti da ogni specie di ritenuta anche 
per quanto attiene alle attivit� commerciali ed industriali ricavate dall'esercizi~ 
di aziende gestite in economia o in forma autonoma e tenute a compilare 
un bilancio autonomo. 

Se per procedere alla ritenuta a carico dei detti enti sia esatto fare 
riferimento all'intE)stazione o a>lla girata dei titoli azionari (n. 27). 

LOCAZIONE DI COSE 

Concessione ad aedificandum di natura meramente obbligatoria e conces


sione con effetti reali. Conseguenze in ordine alla tassazione del con


tratto 

Se sia ipotizzabile una concessione ad aedificandum di natura meramente 
obbligatoria. 

Se ai fini della tassazione� del negozio s~ debba distinguere la concessione 
costitutiva di diritto reale da quella attribuitiva di un diritto personale 
di natura obbligatoria (n. 137). 

Contratto per l'estrazione di terra argillosa. � configurabile come contratto 
di locazione. 

Se il contratto con il quale l'Amministrazione concede il diritto di escavare 
un terreno per l'estrazione di terra argillosa possa essere configurato 
giuridicamente come contratto di locazione, nel quale non � assoggettabile 
a giudizio di congruit� il corrispettivo pattuito (n. 138). 

PENSIONI 

Consulenti presso l'Istituto per il Commercio con l'estero -Applicazione ctel 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 -Esclusione -Omissione adempimenti previsti 
dall'art. 21 d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 -Esercizio del potere disciplinare 
-Esclusione. 
Se le disposizioni di cui al d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 siano applicabili 
nei confronti dei Consulenti di cui si avvale l'Istituto per il Commercio 
con l'Estero (n. 130). 

Se sia esercitabile il potere disciiplinare nei confronti dei dipendenti, 
i quali omettono di restituire il modulo di dichiarazione scritta della propria 
qualit� di pensionato, di cui all'art. 21 d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (n. 130). 

Legge 18 marzo 1968, n. 249 -Art. 32, n. 3 e 4. 

Se nella riliquidazione delle pensioni relative agli impiegati collocati 
a riposo in data anteriore al 1� marzo 1968 si debba tener conto deHa posizione 
giuridica, della qualifica, del grado della durata del servizio prestato 
alla data del collocamento a riposo (n. 131). 


34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

RAPPRESENTANZA 

Contratto concluso dai falsus procurator -Effetti -Conseguenze in ordine 
alla tassazione. 

Se il contratto stipulato per la Societ� dal liquidatore, falsus procurator, 
sia improduttivo di effetti nei riguardi della Societ� -ma. non invalido tanto 
ai fini civilistici quanto ai fini dell'applicazione della legge tributaria, 
con conseguente rinvio della tassazione al momento in cui venga ad esistere 
il requisito della eseguibilit� (n. 2). 

REATI FINANZIARI 

Funzioni di polizia giudiziaria dei funzionari doganali. 

Se nell'esercizio delle attribuzioni ad �essi assegnate dall'art. 33 del 

r.d. n. 1132 del 1941 gli Ispettori Compartimentali di Dogana siano da considerarsi 
Ufficiali di Polizia giudiziaria (n. 6). 
Quali siano i limiti deile attribuzioni di polizia giudiziaria spettanti 
agli Ispettori compartimentali d Dogana. 
Qual siano i limiti delle attribuzioni di polizia giudiziaria spettanti ai 
funzionari doganali in genere, ai sensi dell'art. 132 del!la Legge doganale, 
per l'accertamento dei reati doganali. 

Se siano legittimi -Tispetto all'art. 224 del codice penale e a1l'art. 13 
della Costituzione -l'art. 46 ult. cpv. del Regolamento per !'�esecuzione 
deila Legge doganale (r.d. 13 febbraio 1895, n. 65) e 90 del Regolamento di 
servizio doganale (r.d. 22 maggio 1941, n. 1132) che prescrivono e disciplinano 
le visite in Dogana alla persona del viaggiatore (n. 6). 

Se sia il.egittimo -rispetto all'art. 227 del codice penale -il primo 
comma dell'art. 33 del r.d. n. 1132 del 1941 (n. 6). 

REGIONI 

Vigilanza sui cantieri scuola -Conflitto di attribuzione con lo Stato. 

Se .sia di competenza delle Regioni l'attivit� di approvazione dei progetti, 
di sorveglianza e collaudo dei lavori eseguiti dai cantieri-scuola 

(n. 171). 
RESPONSABILIT� CIVILE 

Concessioni di pubblico servizio -Danni arrecati ad automezzi in servizio 
di emergenza durante lo sciopero di dipendenti di aziende di pubblico 
trasporto -Applicabilit� dell'art. 23 legge 28 settembre 1939, n. 1822. 

Se le ipotesi di risarcimento dei danni arrecati ad automezzi ~n servizio 
di emergenza durante lo sciopero di dipendenti di aziende concessionarie di 
pubblico traspoirto .siano regolabili alla stregua dell'art. 23 legge 28 settembre 
1939, n. 1822 (n. 250).